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Conservazione degli uccelli selvatici
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Si prefigge la conservazione di tutte le specie di uccelli selvatici stabilendo regole per la loro protezione, conservazione, gestione e regolazione. Si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat. Codifica la legislazione adottata originariamente nel 1979 (Direttiva 79/409/CEE). La direttiva 2009/147/CE è stata modificata nel 2019 dal regolamento (UE) 2019/1010 che armonizza e semplifica gli obblighi di comunicazione in materia di diritto ambientale.
PUNTI CHIAVE
Misure per le specie minacciate di estinzione
I paesi dell’Unione europea (Unione) adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione delle specie di uccelli a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.
Misure per tutte le specie di uccelli
Vanno messe in atto misure per preservare, mantenere o ristabilire una sufficiente varietà e superficie di habitat* per tutte le specie di uccelli.
Tali misure riguardano principalmente:l’istituzione di zone di protezione; il mantenimento e la gestione degli habitat all’interno e all’esterno delle zone di protezione; e il ripristino dei biotopi* distrutti e la creazione di nuovi.Misure specialiPer le specie elencate nell’allegato I e per le specie migratrici che ritornano regolarmente sono previste misure speciali per quanto riguarda l’habitat, per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nelle aree di distribuzione. I paesi dell’Unione classificano come zone di protezione speciale (ZPS) i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva. Particolare attenzione è rivolta alle zone umide. Le ZPS fanno parte della rete Natura 2000 dei siti ecologici protetti, insieme alle zone speciali di conservazione istituite dalla direttiva sugli habitat. I paesi dell’Unione adottano misure idonee a prevenire:il deterioramento degli habitat delle specie; eperturbazioni dannose alle specie per le quali le ZPS sono state classificate, in cui le perturbazioni potrebbero avere conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della direttiva. I paesi dell’Unione sono tenuti a concordare piani o progetti solo dopo essersi accertati che non influenzeranno negativamente le ZPS interessate, sulla base di una valutazione adeguata di eventuali implicazioni per gli obiettivi di conservazione dei siti.Misure di protezione generaleLa direttiva istituisce inoltre una protezione generale per tutte le specie di uccelli selvatici nell’Unione. In particolare è vietato:uccidere o catturare deliberatamente gli uccelli selvatici;distruggere o danneggiare i nidi e le uova;raccogliere o detenere le uova;disturbarli deliberatamente quando ciò metta a rischio la conservazione; edetenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura; in determinate condizioni sono previste eccezioni alle disposizioni di cui sopra.Caccia di uccelliAlcune specie, il cui numero lo consenta, elencate nell’allegato II possono essere cacciate se si rispettano alcuni principi:il numero di uccelli presi non deve pregiudicare i livelli soddisfacenti di popolazione;le specie non devono essere cacciate durante i periodi di riproduzione o di dipendenza;le specie migratorie non devono essere cacciate durante il ritorno alle aree di riproduzione; ei metodi di uccisione su larga scala o non selettivi sono vietati. in determinate condizioni sono previste eccezioni alle disposizioni di cui sopra.Ricerca
I paesi dell’Unione devono promuovere la ricerca ai fini della gestione, protezione e saggio uso (ad esempio, per fissare l’elenco nazionale delle specie minacciate di estinzione) degli uccelli selvatici in Europa
RelazioniIl regolamento (UE) 2019/1010, che si applica dal 26 giugno 2019, impone I paesi dell’Unione di presentare una relazione alla Commissione europea ogni 6 anni sulle misure adottate per attuare la direttiva 2009/147 / CE e sulle loro conseguenze principali. Tale relazione deve essere resa accessibile al pubblico e contiene, in particolare:informazioni sullo stato e le tendenze delle specie di uccelli selvatici protette dalla direttiva;le minacce e le pressioni su di esse;le misure di conservazione adottate per loro; eil contributo della rete di ZPS agli obiettivi della direttiva. La Commissione stabilisce il formato della relazione mediante atti di esecuzione. Ogni 6 anni, la Commissione, assistita dall’Agenzia europea dell’ambiente, elabora e pubblica un rapporto composito basato sulle informazioni ricevute dai paesi dell’Unione.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva si applica dal 15 febbraio 2010. La direttiva 2009/147/CE ha codificato e sostituito la direttiva 79/409/CEE e i successivi emendamenti.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Uccelli selvatici (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Habitat: un’area naturale o il tipo di ambiente in cui un particolare tipo di animale o vegetale vive normalmente.
Biotopo: un’area dalle condizioni ambientali uniformi che fornisce uno spazio vitale per una specifica combinazione di animali e piante.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata) (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).
Le successive modifiche della direttiva 2009/147/CE sono state incluse nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2019/1010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, che armonizza gli obblighi di comunicazione nella normativa in materia di ambiente e modifica i regolamenti (CE) n. 166/2006 e (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/49/CE, 2004/35/CE, 2007/2/CE, 2009/147/CE e 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 338/97 e (CE) n. 2173/2005 del Consiglio e la direttiva 86/278/CEE del Consiglio (GU L 170 del 25.6.2019, pag. 115). | DIRETTIVA 2009/147/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
concernente la conservazione degli uccelli selvatici
(versione codificata)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che stabilisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (5), prevede azioni specifiche per la biodiversità, compresa la protezione degli uccelli e dei loro habitat.
(3)
Per molte specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri si registra una diminuzione, in certi casi rapidissima, della popolazione e tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell’ambiente naturale, in particolare poiché minaccia gli equilibri biologici.
(4)
Le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri sono in gran parte specie migratrici. Tali specie costituiscono un patrimonio comune e l’efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni.
(5)
La conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri è necessaria per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile.
(6)
Le misure da prendere devono riguardare i diversi fattori che possono influire sull’entità della popolazione aviaria, e cioè le ripercussioni delle attività umane, in particolare la distruzione e l’inquinamento degli habitat, la cattura e l’uccisione da parte dell’uomo e il commercio che ne consegue; nel quadro di una politica di conservazione bisogna adeguare la severità di tali misure alla situazione delle diverse specie.
(7)
La conservazione si prefigge la protezione a lungo termine e la gestione delle risorse naturali in quanto parte integrante del patrimonio dei popoli europei. Essa consente di regolarle disciplinandone lo sfruttamento in base a misure necessarie al mantenimento e all’adeguamento degli equilibri naturali delle specie entro i limiti di quanto è ragionevolmente possibile.
(8)
La preservazione, il mantenimento o il ripristino di una varietà e di una superficie sufficienti di habitat sono indispensabili alla conservazione di tutte le specie di uccelli. Talune specie di uccelli devono essere oggetto di speciali misure di conservazione concernenti il loro habitat per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione. Tali misure devono tener conto anche delle specie migratrici ed essere coordinate in vista della costituzione di una rete coerente.
(9)
Per evitare che gli interessi commerciali esercitino eventualmente una pressione nociva sui livelli di prelievo, è necessario istituire un divieto generale di commercializzazione e limitare le deroghe alle sole specie il cui status biologico lo consenta, tenuto conto delle condizioni specifiche che prevalgono nelle varie regioni.
(10)
A causa del livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità, talune specie possono formare oggetto di atti di caccia, ciò che costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, sempreché vengano stabiliti ed osservati determinati limiti; tali atti di caccia devono essere compatibili con il mantenimento della popolazione di tali specie a un livello soddisfacente.
(11)
I mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione in massa o non selettiva nonché l’inseguimento con taluni mezzi di trasporto devono essere vietati a causa dell’eccessiva pressione che esercitano o possono esercitare sul livello di popolazione delle specie interessate.
(12)
Data l’importanza che possono avere talune situazioni particolari, occorre prevedere la possibilità di deroghe a determinate condizioni e sotto il controllo della Commissione.
(13)
La conservazione dell’avifauna e delle specie migratrici in particolare presenta ancora dei problemi, per cui si rendono necessari lavori scientifici, lavori che permetteranno inoltre di valutare l’efficacia delle misure prese.
(14)
Si deve curare, in consultazione con la Commissione, che l’eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri non danneggi in alcun modo la flora e la fauna locali.
(15)
Ogni tre anni la Commissione elaborerà e comunicherà agli Stati membri una relazione riassuntiva basata sulle informazioni inviatele dagli Stati membri per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva.
(16)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(17)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare taluni allegati alla luce del progresso scientifico e tecnico. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(18)
La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati nell’allegato VI, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. Essa si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento.
2. La presente direttiva si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.
Articolo 3
1. Tenuto conto delle esigenze di cui all’articolo 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire, per tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, una varietà e una superficie sufficienti di habitat.
2. La preservazione, il mantenimento e il ripristino dei biotopi e degli habitat comportano anzitutto le seguenti misure:
a)
istituzione di zone di protezione;
b)
mantenimento e sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all’interno e all’esterno delle zone di protezione;
c)
ripristino dei biotopi distrutti;
d)
creazione di biotopi.
Articolo 4
1. Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.
A tal fine si tiene conto:
a)
delle specie minacciate di sparizione;
b)
delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat;
c)
delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata;
d)
di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.
Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione.
Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
2. Gli Stati membri adottano misure analoghe per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono un’importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza internazionale.
3. Gli Stati membri inviano alla Commissione tutte le informazioni opportune affinché essa possa prendere le iniziative idonee per il necessario coordinamento affinché le zone di cui al paragrafo 1, da un lato, e al paragrafo 2, dall’altro, costituiscano una rete coerente e tale da soddisfare le esigenze di protezione delle specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative in considerazionedegli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercano inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione.
Articolo 5
Fatti salvi gli articoli 7 e 9, gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, che comprenda in particolare il divieto:
a)
di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo;
b)
di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi;
c)
di raccogliere le uova nell’ambiente naturale e di detenerle anche vuote;
d)
di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;
e)
di detenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura.
Articolo 6
1. Fatti salvi i paragrafi 2 e 3, gli Stati membri vietano, per tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, la vendita, il trasporto per la vendita, la detenzione per la vendita nonché l’offerta in vendita degli uccelli vivi e degli uccelli morti, nonché di qualsiasi parte o prodotto ottenuti dagli uccelli, facilmente riconoscibili.
2. Per le specie elencate all’allegato III, parte A, le attività di cui al paragrafo 1 non sono vietate, purché gli uccelli siano stati in modo lecito uccisi o catturati o altrimenti legittimamente acquisiti.
3. Gli Stati membri possono ammettere nel loro territorio, per le specie elencate all’allegato III, parte B, le attività di cui al paragrafo 1 e prevedere limitazioni al riguardo, purché gli uccelli siano stati in modo lecito uccisi o catturati o altrimenti legittimamente acquisiti.
Gli Stati membri che intendono concedere tale permesso si consultano in via preliminare con la Commissione, con la quale esaminano se la commercializzazione degli esemplari della specie in questione contribuisca o rischi di contribuire, per quanto è ragionevolmente possibile prevedere, a mettere in pericolo il livello di popolazione, la distribuzione geografica o il tasso di riproduzione della specie stessa in tutta la Comunità. Se tale esame rivela che il permesso previsto porta o può portare, secondo la Commissione, a uno dei rischi summenzionati, la Commissione rivolge allo Stato membro una raccomandazione debitamente motivata, nella quale disapprova la commercializzazione della specie in questione. Se ritiene che non esista tale rischio, la Commissione ne informa lo Stato membro.
La raccomandazione della Commissione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Lo Stato membro che concede il permesso di cui al presente paragrafo verifica a intervalli regolari se sussistano le condizioni necessarie per la sua concessione.
Articolo 7
1. In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie elencate all’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale. Gli Stati membri faranno in modo che la caccia di queste specie non pregiudichi le azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione.
2. Le specie elencate all’allegato II, parte A, possono essere cacciate nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
3. Le specie elencate all’allegato II, parte B, possono essere cacciate soltanto negli Stati membri per i quali esse sono menzionate.
4. Gli Stati membri si accertano che l’attività venatoria, compresa eventualmente la caccia col falco, quale risulta dall’applicazione delle disposizioni nazionali in vigore, rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda la popolazione delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall’articolo 2.
Essi provvedono in particolare a che le specie a cui si applica la legislazione sulla caccia non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza.
Quando si tratta di specie migratrici, essi provvedono in particolare a che le specie a cui si applica la legislazione sulla caccia non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione.
Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni utili sull’applicazione pratica della loro legislazione sulla caccia.
Articolo 8
1. Per quanto riguarda la caccia, la cattura o l’uccisione di uccelli nel quadro della presente direttiva, gli Stati membri vietano il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all’estinzione di una specie, in particolare quelli elencati all’allegato IV, lettera a).
2. Gli Stati membri vietano inoltre qualsiasi tipo di caccia con mezzi di trasporto e alle condizioni indicati all’allegato IV, lettera b).
Articolo 9
1. Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:
a)
—
nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,
—
nell’interesse della sicurezza aerea,
—
per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,
—
per la protezione della flora e della fauna;
b)
ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;
c)
per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.
2. Le deroghe di cui al paragrafo 1 devono menzionare:
a)
le specie che formano oggetto delle medesime;
b)
i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati;
c)
le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d)
l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone;
e)
i controlli che saranno effettuati.
3. Gli Stati membri inviano ogni anno alla Commissione una relazione sull’applicazione dei paragrafi 1 e 2.
4. In base alle informazioni di cui dispone, in particolare quelle comunicatele ai sensi del paragrafo 3, la Commissione vigila costantemente affinché le conseguenze delle deroghe di cui al paragrafo 1 non siano incompatibili con la presente direttiva. Essa prende adeguate iniziative in merito.
Articolo 10
1. Gli Stati membri incoraggiano le ricerche e i lavori necessari per la protezione, la gestione e lo sfruttamento della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1. Un’attenzione particolare sarà accordata alle ricerche e ai lavori sugli argomenti elencati nell’allegato V.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni ad essa necessarie per prendere misure appropriate per coordinare le ricerche e i lavori di cui al paragrafo 1.
Articolo 11
Gli Stati membri vigilano affinché l’eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri non pregiudichi la flora e la fauna locali. Essi consultano al riguardo la Commissione.
Articolo 12
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni tre anni, a decorrere dal 7 aprile 1981, una relazione sull’applicazione delle disposizioni nazionali adottate in virtù della presente direttiva.
2. La Commissione elabora ogni tre anni una relazione riassuntiva basata sulle informazioni di cui al paragrafo 1. La parte del progetto di relazione relativa alle informazioni fornite da uno Stato membro è trasmessa per la verifica alle autorità dello Stato membro in questione. La versione definitiva della relazione è comunicata agli Stati membri.
Articolo 13
L’applicazione delle misure adottate in virtù della presente direttiva non deve provocare un deterioramento della situazione attuale per quanto riguarda la conservazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1.
Articolo 14
Gli Stati membri possono prendere misure di protezione più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva.
Articolo 15
Sono adottate le modifiche necessarie per adeguare gli allegati I e V al progresso scientifico e tecnico. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 16, paragrafo 2.
Articolo 16
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’adeguamento al progresso scientifico e tecnico.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 17
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 18
La direttiva 79/409/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato VI, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento in diritto nazionale indicati all’allegato VI, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato VII.
Articolo 19
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 20
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) Parere del 10 giugno 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 20 ottobre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 novembre 2009.
(3) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1.
(4) Cfr. allegato VI, parte A.
(5) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
ALLEGATO I
GAVIIFORMES
Gaviidae
Gavia stellata
Gavia arctica
Gavia immer
PODICIPEDIFORMES
Podicipedidae
Podiceps auritus
PROCELLARIIFORMES
Procellariidae
Pterodroma madeira
Pterodroma feae
Bulweria bulwerii
Calonectris diomedea
Puffinus puffinus mauretanicus (Puffinus mauretanicus)
Puffinus yelkouan
Puffinus assimilis
Hydrobatidae
Pelagodroma marina
Hydrobates pelagicus
Oceanodroma leucorhoa
Oceanodroma castro
PELECANIFORMES
Pelecanidae
Pelecanus onocrotalus
Pelecanus crispus
Phalacrocoracidae
Phalacrocorax aristotelis desmarestii
Phalacrocorax pygmeus
CICONIIFORMES
Ardeidae
Botaurus stellaris
Ixobrychus minutus
Nycticorax nycticorax
Ardeola ralloides
Egretta garzetta
Egretta alba (Ardea alba)
Ardea purpurea
Ciconiidae
Ciconia nigra
Ciconia ciconia
Threskiornithidae
Plegadis falcinellus
Platalea leucorodia
PHOENICOPTERIFORMES
Phoenicopteridae
Phoenicopterus ruber
ANSERIFORMES
Anatidae
Cygnus bewickii (Cygnus columbianus bewickii)
Cygnus cygnus
Anser albifrons flavirostris
Anser erythropus
Branta leucopsis
Branta ruficollis
Tadorna ferruginea
Marmaronetta angustirostris
Aythya nyroca
Polysticta stelleri
Mergus albellus (Mergellus albellus)
Oxyura leucocephala
FALCONIFORMES
Pandionidae
Pandion haliaetus
Accipitridae
Pernis apivorus
Elanus caeruleus
Milvus migrans
Milvus milvus
Haliaeetus albicilla
Gypaetus barbatus
Neophron percnopterus
Gyps fulvus
Aegypius monachus
Circaetus gallicus
Circus aeruginosus
Circus cyaneus
Circus macrourus
Circus pygargus
Accipiter gentilis arrigonii
Accipiter nisus granti
Accipiter brevipes
Buteo rufinus
Aquila pomarina
Aquila clanga
Aquila heliaca
Aquila adalberti
Aquila chrysaetos
Hieraaetus pennatus
Hieraaetus fasciatus
Falconidae
Falco naumanni
Falco vespertinus
Falco columbarius
Falco eleonorae
Falco biarmicus
Falco cherrug
Falco rusticolus
Falco peregrinus
GALLIFORMES
Tetraonidae
Bonasa bonasia
Lagopus mutus pyrenaicus
Lagopus mutus helveticus
Tetrao tetrix tetrix
Tetrao urogallus
Phasianidae
Alectoris graeca
Alectoris barbara
Perdix perdix italica
Perdix perdix hispaniensis
GRUIFORMES
Turnicidae
Turnix sylvatica
Gruidae
Grus grus
Rallidae
Porzana porzana
Porzana parva
Porzana pusilla
Crex crex
Porphyrio porphyrio
Fulica cristata
Otididae
Tetrax tetrax
Chlamydotis undulata
Otis tarda
CHARADRIIFORMES
Recurvirostridae
Himantopus himantopus
Recurvirostra avosetta
Burhinidae
Burhinus oedicnemus
Glareolidae
Cursorius cursor
Glareola pratincola
Charadriidae
Charadrius alexandrinus
Charadrius morinellus (Eudromias morinellus)
Pluvialis apricaria
Hoplopterus spinosus
Scolopacidae
Calidris alpina schinzii
Philomachus pugnax
Gallinago media
Limosa lapponica
Numenius tenuirostris
Tringa glareola
Xenus cinereus (Tringa cinerea)
Phalaropus lobatus
Laridae
Larus melanocephalus
Larus genei
Larus audouinii
Larus minutus
Sternidae
Gelochelidon nilotica (Sterna nilotica)
Sterna caspia
Sterna sandvicensis
Sterna dougallii
Sterna hirundo
Sterna paradisaea
Sterna albifrons
Chlidonias hybridus
Chlidonias niger
Alcidae
Uria aalge ibericus
PTEROCLIFORMES
Pteroclididae
Pterocles orientalis
Pterocles alchata
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba palumbus azorica
Columba trocaz
Columba bollii
Columba junoniae
STRIGIFORMES
Strigidae
Bubo bubo
Nyctea scandiaca
Surnia ulula
Glaucidium passerinum
Strix nebulosa
Strix uralensis
Asio flammeus
Aegolius funereus
CAPRIMULGIFORMES
Caprimulgidae
Caprimulgus europaeus
APODIFORMES
Apodidae
Apus caffer
CORACIIFORMES
Alcedinidae
Alcedo atthis
Coraciidae
Coracias garrulus
PICIFORMES
Picidae
Picus canus
Dryocopus martius
Dendrocopos major canariensis
Dendrocopos major thanneri
Dendrocopos syriacus
Dendrocopos medius
Dendrocopos leucotos
Picoides tridactylus
PASSERIFORMES
Alaudidae
Chersophilus duponti
Melanocorypha calandra
Calandrella brachydactyla
Galerida theklae
Lullula arborea
Motacillidae
Anthus campestris
Troglodytidae
Troglodytes troglodytes fridariensis
Muscicapidae (Turdinae)
Luscinia svecica
Saxicola dacotiae
Oenanthe leucura
Oenanthe cypriaca
Oenanthe pleschanka
Muscicapidae (Sylviinae)
Acrocephalus melanopogon
Acrocephalus paludicola
Hippolais olivetorum
Sylvia sarda
Sylvia undata
Sylvia melanothorax
Sylvia rueppelli
Sylvia nisoria
Muscicapidae (Muscicapinae)
Ficedula parva
Ficedula semitorquata
Ficedula albicollis
Paridae
Parus ater cypriotes
Sittidae
Sitta krueperi
Sitta whiteheadi
Certhiidae
Certhia brachydactyla dorotheae
Laniidae
Lanius collurio
Lanius minor
Lanius nubicus
Corvidae
Pyrrhocorax pyrrhocorax
Fringillidae (Fringillinae)
Fringilla coelebs ombriosa
Fringilla teydea
Fringillidae (Carduelinae)
Loxia scotica
Bucanetes githagineus
Pyrrhula murina (Pyrrhula pyrrhula murina)
Emberizidae (Emberizinae)
Emberiza cineracea
Emberiza hortulana
Emberiza caesia
ALLEGATO II
PARTE A
ANSERIFORMES
Anatidae
Anser fabalis
Anser anser
Branta canadensis
Anas penelope
Anas strepera
Anas crecca
Anas platyrhynchos
Anas acuta
Anas querquedula
Anas clypeata
Aythya ferina
Aythya fuligula
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus lagopus scoticus et hibernicus
Lagopus mutus
Phasianidae
Alectoris graeca
Alectoris rufa
Perdix perdix
Phasianus colchicus
GRUIFORMES
Rallidae
Fulica atra
CHARADRIIFORMES
Scolopacidae
Lymnocryptes minimus
Gallinago gallinago
Scolopax rusticola
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba livia
Columba palumbus
PARTE B
ANSERIFORMES
Anatidae
Cygnus olor
Anser brachyrhynchus
Anser albifrons
Branta bernicla
Netta rufina
Aythya marila
Somateria mollissima
Clangula hyemalis
Melanitta nigra
Melanita fusca
Bucephala clangula
Mergus serrator
Mergus merganser
GALLIFORMES
Meleagridae
Meleagris gallopavo
Tetraonidae
Bonasa bonasia
Lagopus lagopus lagopus
Tetrao tetrix
Tetrao urogallus
Phasianidae
Francolinus francolinus
Alectoris barbara
Alectoris chukar
Coturnix coturnix
GRUIFORMES
Rallidae
Rallus aquaticus
Gallinula chloropus
CHARADRIIFORMES
Haematopodidae
Haematopus ostralegus
Charadriidae
Pluvialis apricaria
Pluvialis squatarola
Vanellus vanellus
Scolopacidae
Calidris canutus
Philomachus pugnax
Limosa limosa
Limosa lapponica
Numenius phaeopus
Numenius arquata
Tringa erythropus
Tringa totanus
Tringa nebularia
Laridae
Larus ridibundus
Larus canus
Larus fuscus
Larus argentatus
Larus cachinnans
Larus marinus
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba oenas
Streptopelia decaocto
Streptopelia turtur
PASSERIFORMES
Alaudidae
Alauda arvensis
Muscicapidae
Turdus merula
Turdus pilaris
Turdus philomelos
Turdus iliacus
Turdus viscivorus
Sturnidae
Sturnus vulgaris
Corvidae
Garrulus glandarius
Pica pica
Corvus monedula
Corvus frugilegus
Corvus corone
BE
BG
CZ
DK
DE
EE
EL
ES
FR
IE
IT
CY
LV
LT
LU
HU
MT
NL
AT
PL
PT
RO
SI
SK
FI
SE
UK
Cygnus olor
+
+
Anser brachyrhynchus
+
+
+
+
Anser albifrons
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Branta bernicla
+
+
Netta rufina
+
+
Aythya marila
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Somateria mollissima
+
+
+
+
+
+
Clangula hyemalis
+
+
+
+
+
+
+
+
Melanitta nigra
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Melanitta fusca
+
+
+
+
+
+
+
+
Bucephala clangula
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Mergus serrator
+
+
+
+
+
Mergus merganser
+
+
+
+
Bonasa bonasia
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Lagopus lagopus lagopus
+
+
Tetrao tetrix
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Tetrao urogallus
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Francolinus francolinus
+
Alectoris barbara
+
+
Alectoris chukar
+
+
+
Coturnix coturnix
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Meleagris gallopavo
+
+
+
+
Rallus aquaticus
+
+
+
Gallinula chloropus
+
+
+
+
+
+
+
+
Haematopus ostralegus
+
+
Pluvialis apricaria
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Pluvialis squatarola
+
+
+
+
Vanellus vanellus
+
+
+
+
+
+
+
+
Calidris canutus
+
+
Philomachus pugnax
+
+
+
Limosa limosa
+
+
Limosa lapponica
+
+
+
Numenius phaeopus
+
+
+
Numenius arquata
+
+
+
+
Tringa erythropus
+
+
Tringa totanus
+
+
+
+
Tringa nebularia
+
+
Larus ridibundus
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Larus canus
+
+
+
+
+
Larus fuscus
+
+
Larus argentatus
+
+
+
+
+
+
+
Larus cachinnans
+
+
Larus marinus
+
+
+
+
+
Columba oenas
+
+
+
+
+
+
Streptopelia decaocto
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Streptopelia turtur
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Alauda arvensis
+
+
+
+
+
+
Turdus merula
+
+
+
+
+
+
+
Turdus pilaris
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Turdus philomelos
+
+
+
+
+
+
+
+
Turdus iliacus
+
+
+
+
+
+
+
+
Turdus viscivorus
+
+
+
+
+
+
+
Sturnus vulgaris
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Garrulus glandarius
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Pica pica
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Corvus monedula
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Corvus frugilegus
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Corvus corone
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
AT = Österreich, BE = Belgique/België, BG = България, CY = Κύπρος, CZ = Česká republika, DE = Deutschland, DK = Danmark, EE = Eesti, ES = España, FI = Suomi/Finland, FR = France, EL = Ελλάδα, HU = Magyarország, IE = Ireland, IT = Italia, LT = Lietuva, LU = Luxembourg, LV = Latvija, MT = Malta, NL = Nederland, PL = Polska, PT = Portugal, RO = România, SE = Sverige, SI = Slovenija, SK = Slovensko, UK = United Kingdom
+= Stati membri che possono autorizzare, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, la caccia delle specie elencate.
ALLEGATO III
PARTE A
ANSERIFORMES
Anatidae
Anas platyrhynchos
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus lagopus lagopus, scoticus et hibernicus
Phasianidae
Alectoris rufa
Alectoris barbara
Perdix perdix
Phasianus colchicus
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba palumbus
PARTE B
ANSERIFORMES
Anatidae
Anser albifrons albifrons
Anser anser
Anas penelope
Anas crecca
Anas acuta
Anas clypeata
Aythya ferina
Aythya fuligula
Aythya marila
Somateria mollissima
Melanitta nigra
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus mutus
Tetrao tetrix britannicus
Tetrao urogallus
GRUIFORMES
Rallidae
Fulica atra
CHARADRIIFORMES
Charadriidae
Pluvialis apricaria
Scolopacidae
Lymnocryptes minimus
Gallinago gallinago
Scolopax rusticola
ALLEGATO IV
a)
—
Lacci (con l’eccezione della Finlandia e della Svezia per la cattura di Lagopus Lagopus Lagopus e Lagopus mutus a nord della latitudine 58° N), vischio, esche, uccelli vivi accecati o mutilati impiegati come richiamo, registratori, apparecchi fulminanti,
—
sorgenti luminose artificiali, specchi, dispositivi per illuminare i bersagli, dispositivi ottici equipaggiati di convertitore d’immagine o di amplificatore elettronico d’immagine per tiro notturno,
—
esplosivi,
—
reti, trappole, esche avvelenate o tranquillanti,
—
armi semiautomatiche o automatiche con caricatore contenente più di due cartucce;
b)
—
aerei, autoveicoli,
—
battelli spinti a velocità superiore a 5 km/h. In alto mare gli Stati membri possono autorizzare, per motivi di sicurezza, l’uso di battelli a motore con velocità massima di 18 km/h. Gli Stati membri informano la Commissione delle autorizzazioni rilasciate.
ALLEGATO V
a)
Fissazione dell’elenco nazionale delle specie minacciate di estinzione o particolarmente in pericolo tenendo conto della loro area di ripartizione geografica.
b)
Censimento e descrizione ecologica delle zone di particolare importanza per le specie migratrici durante le migrazioni, lo svernamento e la nidificazione.
c)
Censimento dei dati sul livello di popolazione degli uccelli migratori sfruttando i risultati dell’inanellamento.
d)
Determinazione dell’influenza dei metodi di prelievo sul livello delle popolazioni.
e)
Messa a punto e sviluppo dei metodi ecologici per prevenire i danni causati dagli uccelli.
f)
Determinazione della funzione di certe specie come indicatori d’inquinamento.
g)
Studio degli effetti dannosi dell’inquinamento chimico sul livello della popolazione delle specie di uccelli.
ALLEGATO VI
PARTE A
DIRETTIVA ABROGATA ED ELENCO DELLE SUE MODIFICAZIONI SUCCESSIVE
(di cui all’articolo 18)
Direttiva 79/409/CEE del Consiglio
(GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1).
Atto di adesione del 1979, allegato I, punto XIII.1.F
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 111).
Direttiva 81/854/CEE del Consiglio
(GU L 319 del 7.11.1981, pag. 3).
Direttiva 85/411/CEE della Commissione
(GU L 233 del 30.8.1985, pag. 33).
Atto di adesione del 1985, allegato I, punto X.1.h) e X.6
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 218).
Direttiva 86/122/CEE del Consiglio
(GU L 100 del 16.4.1986, pag. 22).
Direttiva 91/244/CEE della Commissione
(GU L 115 dell’8.5.1991, pag. 41).
Direttiva 94/24/CE del Consiglio
(GU L 164 del 30.6.1994, pag. 9).
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto VIII.E.1
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 175).
Direttiva 97/49/CE della Commissione
(GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
limitatamente all’allegato III, punto 29
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto 16.C.1
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 667).
Direttiva 2006/105/CE del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 368).
limitatamente al riferimento fatto alla direttiva 79/409/CEE nell’articolo 1 e all’allegato, punto A.1
Direttiva 2008/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 323 del 3.12.2008, pag. 31).
PARTE B
ELENCO DEI TERMINI DI RECEPIMENTO IN DIRITTO NAZIONALE
(di cui all’articolo 18)
Direttiva
Termine di recepimento
79/409/CEE
7 aprile 1981
81/854/CEE
—
85/411/CEE
31 luglio 1986
86/122/CEE
—
91/244/CEE
31 luglio 1992
94/24/CE
29 settembre 1995
97/49/CE
30 settembre 1998
2006/105/CE
1o gennaio 2007
2008/102/CE
—
ALLEGATO VII
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 79/409/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafi 1 e 2
Articolo 1, paragrafi 1 e 2
Articolo 1, paragrafo 3
—
Articoli da 2 a 5
Articoli da 2 a 5
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafo 4
—
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafo 4, prima frase
Articolo 7, paragrafo 4, primo comma
Articolo 7, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 7, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 4, terza frase
Articolo 7, paragrafo 4, terzo comma
Articolo 7, paragrafo 4, quarta frase
Articolo 7, paragrafo 4, quarto comma
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 9, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 10, paragrafo 1, prima frase
Articolo 10, paragrafo 2, prima frase
Articolo 10, paragrafo 1, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2
Articoli da 11 a 15
Articoli da 11 a 15
Articolo 16, paragrafo 1
—
Articolo 17
Articolo 16
Articolo 18, paragrafo 1
—
Articolo 18, paragrafo 2
Articolo 17
—
Articolo 18
—
Articolo 19
Articolo 19
Articolo 20
Allegato I
Allegato I
Allegato II/1
Allegato II, parte A
Allegato II/2
Allegato II, parte B
Allegato III/1
Allegato III, parte A
Allegato III/2
Allegato III, parte B
Allegato IV
Allegato IV
Allegato V
Allegato V
—
Allegato VI
—
Allegato VII
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/147/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
concernente la conservazione degli uccelli selvatici
(versione codificata)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che stabilisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (5), prevede azioni specifiche per la biodiversità, compresa la protezione degli uccelli e dei loro habitat.
(3)
Per molte specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri si registra una diminuzione, in certi casi rapidissima, della popolazione e tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell’ambiente naturale, in particolare poiché minaccia gli equilibri biologici.
(4)
Le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri sono in gran parte specie migratrici. Tali specie costituiscono un patrimonio comune e l’efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni.
(5)
La conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri è necessaria per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile.
(6)
Le misure da prendere devono riguardare i diversi fattori che possono influire sull’entità della popolazione aviaria, e cioè le ripercussioni delle attività umane, in particolare la distruzione e l’inquinamento degli habitat, la cattura e l’uccisione da parte dell’uomo e il commercio che ne consegue; nel quadro di una politica di conservazione bisogna adeguare la severità di tali misure alla situazione delle diverse specie.
(7)
La conservazione si prefigge la protezione a lungo termine e la gestione delle risorse naturali in quanto parte integrante del patrimonio dei popoli europei. Essa consente di regolarle disciplinandone lo sfruttamento in base a misure necessarie al mantenimento e all’adeguamento degli equilibri naturali delle specie entro i limiti di quanto è ragionevolmente possibile.
(8)
La preservazione, il mantenimento o il ripristino di una varietà e di una superficie sufficienti di habitat sono indispensabili alla conservazione di tutte le specie di uccelli. Talune specie di uccelli devono essere oggetto di speciali misure di conservazione concernenti il loro habitat per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione. Tali misure devono tener conto anche delle specie migratrici ed essere coordinate in vista della costituzione di una rete coerente.
(9)
Per evitare che gli interessi commerciali esercitino eventualmente una pressione nociva sui livelli di prelievo, è necessario istituire un divieto generale di commercializzazione e limitare le deroghe alle sole specie il cui status biologico lo consenta, tenuto conto delle condizioni specifiche che prevalgono nelle varie regioni.
(10)
A causa del livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità, talune specie possono formare oggetto di atti di caccia, ciò che costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, sempreché vengano stabiliti ed osservati determinati limiti; tali atti di caccia devono essere compatibili con il mantenimento della popolazione di tali specie a un livello soddisfacente.
(11)
I mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione in massa o non selettiva nonché l’inseguimento con taluni mezzi di trasporto devono essere vietati a causa dell’eccessiva pressione che esercitano o possono esercitare sul livello di popolazione delle specie interessate.
(12)
Data l’importanza che possono avere talune situazioni particolari, occorre prevedere la possibilità di deroghe a determinate condizioni e sotto il controllo della Commissione.
(13)
La conservazione dell’avifauna e delle specie migratrici in particolare presenta ancora dei problemi, per cui si rendono necessari lavori scientifici, lavori che permetteranno inoltre di valutare l’efficacia delle misure prese.
(14)
Si deve curare, in consultazione con la Commissione, che l’eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri non danneggi in alcun modo la flora e la fauna locali.
(15)
Ogni tre anni la Commissione elaborerà e comunicherà agli Stati membri una relazione riassuntiva basata sulle informazioni inviatele dagli Stati membri per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva.
(16)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(17)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare taluni allegati alla luce del progresso scientifico e tecnico. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(18)
La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati nell’allegato VI, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. Essa si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento.
2. La presente direttiva si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.
Articolo 3
1. Tenuto conto delle esigenze di cui all’articolo 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire, per tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, una varietà e una superficie sufficienti di habitat.
2. La preservazione, il mantenimento e il ripristino dei biotopi e degli habitat comportano anzitutto le seguenti misure:
a)
istituzione di zone di protezione;
b)
mantenimento e sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all’interno e all’esterno delle zone di protezione;
c)
ripristino dei biotopi distrutti;
d)
creazione di biotopi.
Articolo 4
1. Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.
A tal fine si tiene conto:
a)
delle specie minacciate di sparizione;
b)
delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat;
c)
delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata;
d)
di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.
Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione.
Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
2. Gli Stati membri adottano misure analoghe per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono un’importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza internazionale.
3. Gli Stati membri inviano alla Commissione tutte le informazioni opportune affinché essa possa prendere le iniziative idonee per il necessario coordinamento affinché le zone di cui al paragrafo 1, da un lato, e al paragrafo 2, dall’altro, costituiscano una rete coerente e tale da soddisfare le esigenze di protezione delle specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative in considerazionedegli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercano inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione.
Articolo 5
Fatti salvi gli articoli 7 e 9, gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, che comprenda in particolare il divieto:
a)
di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo;
b)
di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi;
c)
di raccogliere le uova nell’ambiente naturale e di detenerle anche vuote;
d)
di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;
e)
di detenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura.
Articolo 6
1. Fatti salvi i paragrafi 2 e 3, gli Stati membri vietano, per tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, la vendita, il trasporto per la vendita, la detenzione per la vendita nonché l’offerta in vendita degli uccelli vivi e degli uccelli morti, nonché di qualsiasi parte o prodotto ottenuti dagli uccelli, facilmente riconoscibili.
2. Per le specie elencate all’allegato III, parte A, le attività di cui al paragrafo 1 non sono vietate, purché gli uccelli siano stati in modo lecito uccisi o catturati o altrimenti legittimamente acquisiti.
3. Gli Stati membri possono ammettere nel loro territorio, per le specie elencate all’allegato III, parte B, le attività di cui al paragrafo 1 e prevedere limitazioni al riguardo, purché gli uccelli siano stati in modo lecito uccisi o catturati o altrimenti legittimamente acquisiti.
Gli Stati membri che intendono concedere tale permesso si consultano in via preliminare con la Commissione, con la quale esaminano se la commercializzazione degli esemplari della specie in questione contribuisca o rischi di contribuire, per quanto è ragionevolmente possibile prevedere, a mettere in pericolo il livello di popolazione, la distribuzione geografica o il tasso di riproduzione della specie stessa in tutta la Comunità. Se tale esame rivela che il permesso previsto porta o può portare, secondo la Commissione, a uno dei rischi summenzionati, la Commissione rivolge allo Stato membro una raccomandazione debitamente motivata, nella quale disapprova la commercializzazione della specie in questione. Se ritiene che non esista tale rischio, la Commissione ne informa lo Stato membro.
La raccomandazione della Commissione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Lo Stato membro che concede il permesso di cui al presente paragrafo verifica a intervalli regolari se sussistano le condizioni necessarie per la sua concessione.
Articolo 7
1. In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie elencate all’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale. Gli Stati membri faranno in modo che la caccia di queste specie non pregiudichi le azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione.
2. Le specie elencate all’allegato II, parte A, possono essere cacciate nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
3. Le specie elencate all’allegato II, parte B, possono essere cacciate soltanto negli Stati membri per i quali esse sono menzionate.
4. Gli Stati membri si accertano che l’attività venatoria, compresa eventualmente la caccia col falco, quale risulta dall’applicazione delle disposizioni nazionali in vigore, rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda la popolazione delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall’articolo 2.
Essi provvedono in particolare a che le specie a cui si applica la legislazione sulla caccia non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza.
Quando si tratta di specie migratrici, essi provvedono in particolare a che le specie a cui si applica la legislazione sulla caccia non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione.
Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni utili sull’applicazione pratica della loro legislazione sulla caccia.
Articolo 8
1. Per quanto riguarda la caccia, la cattura o l’uccisione di uccelli nel quadro della presente direttiva, gli Stati membri vietano il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all’estinzione di una specie, in particolare quelli elencati all’allegato IV, lettera a).
2. Gli Stati membri vietano inoltre qualsiasi tipo di caccia con mezzi di trasporto e alle condizioni indicati all’allegato IV, lettera b).
Articolo 9
1. Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:
a)
—
nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,
—
nell’interesse della sicurezza aerea,
—
per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,
—
per la protezione della flora e della fauna;
b)
ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;
c)
per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.
2. Le deroghe di cui al paragrafo 1 devono menzionare:
a)
le specie che formano oggetto delle medesime;
b)
i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati;
c)
le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d)
l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone;
e)
i controlli che saranno effettuati.
3. Gli Stati membri inviano ogni anno alla Commissione una relazione sull’applicazione dei paragrafi 1 e 2.
4. In base alle informazioni di cui dispone, in particolare quelle comunicatele ai sensi del paragrafo 3, la Commissione vigila costantemente affinché le conseguenze delle deroghe di cui al paragrafo 1 non siano incompatibili con la presente direttiva. Essa prende adeguate iniziative in merito.
Articolo 10
1. Gli Stati membri incoraggiano le ricerche e i lavori necessari per la protezione, la gestione e lo sfruttamento della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1. Un’attenzione particolare sarà accordata alle ricerche e ai lavori sugli argomenti elencati nell’allegato V.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni ad essa necessarie per prendere misure appropriate per coordinare le ricerche e i lavori di cui al paragrafo 1.
Articolo 11
Gli Stati membri vigilano affinché l’eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri non pregiudichi la flora e la fauna locali. Essi consultano al riguardo la Commissione.
Articolo 12
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni tre anni, a decorrere dal 7 aprile 1981, una relazione sull’applicazione delle disposizioni nazionali adottate in virtù della presente direttiva.
2. La Commissione elabora ogni tre anni una relazione riassuntiva basata sulle informazioni di cui al paragrafo 1. La parte del progetto di relazione relativa alle informazioni fornite da uno Stato membro è trasmessa per la verifica alle autorità dello Stato membro in questione. La versione definitiva della relazione è comunicata agli Stati membri.
Articolo 13
L’applicazione delle misure adottate in virtù della presente direttiva non deve provocare un deterioramento della situazione attuale per quanto riguarda la conservazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1.
Articolo 14
Gli Stati membri possono prendere misure di protezione più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva.
Articolo 15
Sono adottate le modifiche necessarie per adeguare gli allegati I e V al progresso scientifico e tecnico. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 16, paragrafo 2.
Articolo 16
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’adeguamento al progresso scientifico e tecnico.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 17
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 18
La direttiva 79/409/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato VI, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento in diritto nazionale indicati all’allegato VI, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato VII.
Articolo 19
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 20
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) Parere del 10 giugno 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 20 ottobre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 novembre 2009.
(3) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1.
(4) Cfr. allegato VI, parte A.
(5) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
ALLEGATO I
GAVIIFORMES
Gaviidae
Gavia stellata
Gavia arctica
Gavia immer
PODICIPEDIFORMES
Podicipedidae
Podiceps auritus
PROCELLARIIFORMES
Procellariidae
Pterodroma madeira
Pterodroma feae
Bulweria bulwerii
Calonectris diomedea
Puffinus puffinus mauretanicus (Puffinus mauretanicus)
Puffinus yelkouan
Puffinus assimilis
Hydrobatidae
Pelagodroma marina
Hydrobates pelagicus
Oceanodroma leucorhoa
Oceanodroma castro
PELECANIFORMES
Pelecanidae
Pelecanus onocrotalus
Pelecanus crispus
Phalacrocoracidae
Phalacrocorax aristotelis desmarestii
Phalacrocorax pygmeus
CICONIIFORMES
Ardeidae
Botaurus stellaris
Ixobrychus minutus
Nycticorax nycticorax
Ardeola ralloides
Egretta garzetta
Egretta alba (Ardea alba)
Ardea purpurea
Ciconiidae
Ciconia nigra
Ciconia ciconia
Threskiornithidae
Plegadis falcinellus
Platalea leucorodia
PHOENICOPTERIFORMES
Phoenicopteridae
Phoenicopterus ruber
ANSERIFORMES
Anatidae
Cygnus bewickii (Cygnus columbianus bewickii)
Cygnus cygnus
Anser albifrons flavirostris
Anser erythropus
Branta leucopsis
Branta ruficollis
Tadorna ferruginea
Marmaronetta angustirostris
Aythya nyroca
Polysticta stelleri
Mergus albellus (Mergellus albellus)
Oxyura leucocephala
FALCONIFORMES
Pandionidae
Pandion haliaetus
Accipitridae
Pernis apivorus
Elanus caeruleus
Milvus migrans
Milvus milvus
Haliaeetus albicilla
Gypaetus barbatus
Neophron percnopterus
Gyps fulvus
Aegypius monachus
Circaetus gallicus
Circus aeruginosus
Circus cyaneus
Circus macrourus
Circus pygargus
Accipiter gentilis arrigonii
Accipiter nisus granti
Accipiter brevipes
Buteo rufinus
Aquila pomarina
Aquila clanga
Aquila heliaca
Aquila adalberti
Aquila chrysaetos
Hieraaetus pennatus
Hieraaetus fasciatus
Falconidae
Falco naumanni
Falco vespertinus
Falco columbarius
Falco eleonorae
Falco biarmicus
Falco cherrug
Falco rusticolus
Falco peregrinus
GALLIFORMES
Tetraonidae
Bonasa bonasia
Lagopus mutus pyrenaicus
Lagopus mutus helveticus
Tetrao tetrix tetrix
Tetrao urogallus
Phasianidae
Alectoris graeca
Alectoris barbara
Perdix perdix italica
Perdix perdix hispaniensis
GRUIFORMES
Turnicidae
Turnix sylvatica
Gruidae
Grus grus
Rallidae
Porzana porzana
Porzana parva
Porzana pusilla
Crex crex
Porphyrio porphyrio
Fulica cristata
Otididae
Tetrax tetrax
Chlamydotis undulata
Otis tarda
CHARADRIIFORMES
Recurvirostridae
Himantopus himantopus
Recurvirostra avosetta
Burhinidae
Burhinus oedicnemus
Glareolidae
Cursorius cursor
Glareola pratincola
Charadriidae
Charadrius alexandrinus
Charadrius morinellus (Eudromias morinellus)
Pluvialis apricaria
Hoplopterus spinosus
Scolopacidae
Calidris alpina schinzii
Philomachus pugnax
Gallinago media
Limosa lapponica
Numenius tenuirostris
Tringa glareola
Xenus cinereus (Tringa cinerea)
Phalaropus lobatus
Laridae
Larus melanocephalus
Larus genei
Larus audouinii
Larus minutus
Sternidae
Gelochelidon nilotica (Sterna nilotica)
Sterna caspia
Sterna sandvicensis
Sterna dougallii
Sterna hirundo
Sterna paradisaea
Sterna albifrons
Chlidonias hybridus
Chlidonias niger
Alcidae
Uria aalge ibericus
PTEROCLIFORMES
Pteroclididae
Pterocles orientalis
Pterocles alchata
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba palumbus azorica
Columba trocaz
Columba bollii
Columba junoniae
STRIGIFORMES
Strigidae
Bubo bubo
Nyctea scandiaca
Surnia ulula
Glaucidium passerinum
Strix nebulosa
Strix uralensis
Asio flammeus
Aegolius funereus
CAPRIMULGIFORMES
Caprimulgidae
Caprimulgus europaeus
APODIFORMES
Apodidae
Apus caffer
CORACIIFORMES
Alcedinidae
Alcedo atthis
Coraciidae
Coracias garrulus
PICIFORMES
Picidae
Picus canus
Dryocopus martius
Dendrocopos major canariensis
Dendrocopos major thanneri
Dendrocopos syriacus
Dendrocopos medius
Dendrocopos leucotos
Picoides tridactylus
PASSERIFORMES
Alaudidae
Chersophilus duponti
Melanocorypha calandra
Calandrella brachydactyla
Galerida theklae
Lullula arborea
Motacillidae
Anthus campestris
Troglodytidae
Troglodytes troglodytes fridariensis
Muscicapidae (Turdinae)
Luscinia svecica
Saxicola dacotiae
Oenanthe leucura
Oenanthe cypriaca
Oenanthe pleschanka
Muscicapidae (Sylviinae)
Acrocephalus melanopogon
Acrocephalus paludicola
Hippolais olivetorum
Sylvia sarda
Sylvia undata
Sylvia melanothorax
Sylvia rueppelli
Sylvia nisoria
Muscicapidae (Muscicapinae)
Ficedula parva
Ficedula semitorquata
Ficedula albicollis
Paridae
Parus ater cypriotes
Sittidae
Sitta krueperi
Sitta whiteheadi
Certhiidae
Certhia brachydactyla dorotheae
Laniidae
Lanius collurio
Lanius minor
Lanius nubicus
Corvidae
Pyrrhocorax pyrrhocorax
Fringillidae (Fringillinae)
Fringilla coelebs ombriosa
Fringilla teydea
Fringillidae (Carduelinae)
Loxia scotica
Bucanetes githagineus
Pyrrhula murina (Pyrrhula pyrrhula murina)
Emberizidae (Emberizinae)
Emberiza cineracea
Emberiza hortulana
Emberiza caesia
ALLEGATO II
PARTE A
ANSERIFORMES
Anatidae
Anser fabalis
Anser anser
Branta canadensis
Anas penelope
Anas strepera
Anas crecca
Anas platyrhynchos
Anas acuta
Anas querquedula
Anas clypeata
Aythya ferina
Aythya fuligula
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus lagopus scoticus et hibernicus
Lagopus mutus
Phasianidae
Alectoris graeca
Alectoris rufa
Perdix perdix
Phasianus colchicus
GRUIFORMES
Rallidae
Fulica atra
CHARADRIIFORMES
Scolopacidae
Lymnocryptes minimus
Gallinago gallinago
Scolopax rusticola
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba livia
Columba palumbus
PARTE B
ANSERIFORMES
Anatidae
Cygnus olor
Anser brachyrhynchus
Anser albifrons
Branta bernicla
Netta rufina
Aythya marila
Somateria mollissima
Clangula hyemalis
Melanitta nigra
Melanita fusca
Bucephala clangula
Mergus serrator
Mergus merganser
GALLIFORMES
Meleagridae
Meleagris gallopavo
Tetraonidae
Bonasa bonasia
Lagopus lagopus lagopus
Tetrao tetrix
Tetrao urogallus
Phasianidae
Francolinus francolinus
Alectoris barbara
Alectoris chukar
Coturnix coturnix
GRUIFORMES
Rallidae
Rallus aquaticus
Gallinula chloropus
CHARADRIIFORMES
Haematopodidae
Haematopus ostralegus
Charadriidae
Pluvialis apricaria
Pluvialis squatarola
Vanellus vanellus
Scolopacidae
Calidris canutus
Philomachus pugnax
Limosa limosa
Limosa lapponica
Numenius phaeopus
Numenius arquata
Tringa erythropus
Tringa totanus
Tringa nebularia
Laridae
Larus ridibundus
Larus canus
Larus fuscus
Larus argentatus
Larus cachinnans
Larus marinus
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba oenas
Streptopelia decaocto
Streptopelia turtur
PASSERIFORMES
Alaudidae
Alauda arvensis
Muscicapidae
Turdus merula
Turdus pilaris
Turdus philomelos
Turdus iliacus
Turdus viscivorus
Sturnidae
Sturnus vulgaris
Corvidae
Garrulus glandarius
Pica pica
Corvus monedula
Corvus frugilegus
Corvus corone
BE
BG
CZ
DK
DE
EE
EL
ES
FR
IE
IT
CY
LV
LT
LU
HU
MT
NL
AT
PL
PT
RO
SI
SK
FI
SE
UK
Cygnus olor
+
+
Anser brachyrhynchus
+
+
+
+
Anser albifrons
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Branta bernicla
+
+
Netta rufina
+
+
Aythya marila
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Somateria mollissima
+
+
+
+
+
+
Clangula hyemalis
+
+
+
+
+
+
+
+
Melanitta nigra
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Melanitta fusca
+
+
+
+
+
+
+
+
Bucephala clangula
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Mergus serrator
+
+
+
+
+
Mergus merganser
+
+
+
+
Bonasa bonasia
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Lagopus lagopus lagopus
+
+
Tetrao tetrix
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Tetrao urogallus
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Francolinus francolinus
+
Alectoris barbara
+
+
Alectoris chukar
+
+
+
Coturnix coturnix
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Meleagris gallopavo
+
+
+
+
Rallus aquaticus
+
+
+
Gallinula chloropus
+
+
+
+
+
+
+
+
Haematopus ostralegus
+
+
Pluvialis apricaria
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Pluvialis squatarola
+
+
+
+
Vanellus vanellus
+
+
+
+
+
+
+
+
Calidris canutus
+
+
Philomachus pugnax
+
+
+
Limosa limosa
+
+
Limosa lapponica
+
+
+
Numenius phaeopus
+
+
+
Numenius arquata
+
+
+
+
Tringa erythropus
+
+
Tringa totanus
+
+
+
+
Tringa nebularia
+
+
Larus ridibundus
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Larus canus
+
+
+
+
+
Larus fuscus
+
+
Larus argentatus
+
+
+
+
+
+
+
Larus cachinnans
+
+
Larus marinus
+
+
+
+
+
Columba oenas
+
+
+
+
+
+
Streptopelia decaocto
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Streptopelia turtur
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Alauda arvensis
+
+
+
+
+
+
Turdus merula
+
+
+
+
+
+
+
Turdus pilaris
+
+
+
+
+
+
+
+
+
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+
+
Turdus philomelos
+
+
+
+
+
+
+
+
Turdus iliacus
+
+
+
+
+
+
+
+
Turdus viscivorus
+
+
+
+
+
+
+
Sturnus vulgaris
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Garrulus glandarius
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Pica pica
+
+
+
+
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+
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+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Corvus monedula
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Corvus frugilegus
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Corvus corone
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
AT = Österreich, BE = Belgique/België, BG = България, CY = Κύπρος, CZ = Česká republika, DE = Deutschland, DK = Danmark, EE = Eesti, ES = España, FI = Suomi/Finland, FR = France, EL = Ελλάδα, HU = Magyarország, IE = Ireland, IT = Italia, LT = Lietuva, LU = Luxembourg, LV = Latvija, MT = Malta, NL = Nederland, PL = Polska, PT = Portugal, RO = România, SE = Sverige, SI = Slovenija, SK = Slovensko, UK = United Kingdom
+= Stati membri che possono autorizzare, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, la caccia delle specie elencate.
ALLEGATO III
PARTE A
ANSERIFORMES
Anatidae
Anas platyrhynchos
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus lagopus lagopus, scoticus et hibernicus
Phasianidae
Alectoris rufa
Alectoris barbara
Perdix perdix
Phasianus colchicus
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba palumbus
PARTE B
ANSERIFORMES
Anatidae
Anser albifrons albifrons
Anser anser
Anas penelope
Anas crecca
Anas acuta
Anas clypeata
Aythya ferina
Aythya fuligula
Aythya marila
Somateria mollissima
Melanitta nigra
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus mutus
Tetrao tetrix britannicus
Tetrao urogallus
GRUIFORMES
Rallidae
Fulica atra
CHARADRIIFORMES
Charadriidae
Pluvialis apricaria
Scolopacidae
Lymnocryptes minimus
Gallinago gallinago
Scolopax rusticola
ALLEGATO IV
a)
—
Lacci (con l’eccezione della Finlandia e della Svezia per la cattura di Lagopus Lagopus Lagopus e Lagopus mutus a nord della latitudine 58° N), vischio, esche, uccelli vivi accecati o mutilati impiegati come richiamo, registratori, apparecchi fulminanti,
—
sorgenti luminose artificiali, specchi, dispositivi per illuminare i bersagli, dispositivi ottici equipaggiati di convertitore d’immagine o di amplificatore elettronico d’immagine per tiro notturno,
—
esplosivi,
—
reti, trappole, esche avvelenate o tranquillanti,
—
armi semiautomatiche o automatiche con caricatore contenente più di due cartucce;
b)
—
aerei, autoveicoli,
—
battelli spinti a velocità superiore a 5 km/h. In alto mare gli Stati membri possono autorizzare, per motivi di sicurezza, l’uso di battelli a motore con velocità massima di 18 km/h. Gli Stati membri informano la Commissione delle autorizzazioni rilasciate.
ALLEGATO V
a)
Fissazione dell’elenco nazionale delle specie minacciate di estinzione o particolarmente in pericolo tenendo conto della loro area di ripartizione geografica.
b)
Censimento e descrizione ecologica delle zone di particolare importanza per le specie migratrici durante le migrazioni, lo svernamento e la nidificazione.
c)
Censimento dei dati sul livello di popolazione degli uccelli migratori sfruttando i risultati dell’inanellamento.
d)
Determinazione dell’influenza dei metodi di prelievo sul livello delle popolazioni.
e)
Messa a punto e sviluppo dei metodi ecologici per prevenire i danni causati dagli uccelli.
f)
Determinazione della funzione di certe specie come indicatori d’inquinamento.
g)
Studio degli effetti dannosi dell’inquinamento chimico sul livello della popolazione delle specie di uccelli.
ALLEGATO VI
PARTE A
DIRETTIVA ABROGATA ED ELENCO DELLE SUE MODIFICAZIONI SUCCESSIVE
(di cui all’articolo 18)
Direttiva 79/409/CEE del Consiglio
(GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1).
Atto di adesione del 1979, allegato I, punto XIII.1.F
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 111).
Direttiva 81/854/CEE del Consiglio
(GU L 319 del 7.11.1981, pag. 3).
Direttiva 85/411/CEE della Commissione
(GU L 233 del 30.8.1985, pag. 33).
Atto di adesione del 1985, allegato I, punto X.1.h) e X.6
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 218).
Direttiva 86/122/CEE del Consiglio
(GU L 100 del 16.4.1986, pag. 22).
Direttiva 91/244/CEE della Commissione
(GU L 115 dell’8.5.1991, pag. 41).
Direttiva 94/24/CE del Consiglio
(GU L 164 del 30.6.1994, pag. 9).
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto VIII.E.1
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 175).
Direttiva 97/49/CE della Commissione
(GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
limitatamente all’allegato III, punto 29
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto 16.C.1
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 667).
Direttiva 2006/105/CE del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 368).
limitatamente al riferimento fatto alla direttiva 79/409/CEE nell’articolo 1 e all’allegato, punto A.1
Direttiva 2008/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 323 del 3.12.2008, pag. 31).
PARTE B
ELENCO DEI TERMINI DI RECEPIMENTO IN DIRITTO NAZIONALE
(di cui all’articolo 18)
Direttiva
Termine di recepimento
79/409/CEE
7 aprile 1981
81/854/CEE
—
85/411/CEE
31 luglio 1986
86/122/CEE
—
91/244/CEE
31 luglio 1992
94/24/CE
29 settembre 1995
97/49/CE
30 settembre 1998
2006/105/CE
1o gennaio 2007
2008/102/CE
—
ALLEGATO VII
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 79/409/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafi 1 e 2
Articolo 1, paragrafi 1 e 2
Articolo 1, paragrafo 3
—
Articoli da 2 a 5
Articoli da 2 a 5
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafo 4
—
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafo 4, prima frase
Articolo 7, paragrafo 4, primo comma
Articolo 7, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 7, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 4, terza frase
Articolo 7, paragrafo 4, terzo comma
Articolo 7, paragrafo 4, quarta frase
Articolo 7, paragrafo 4, quarto comma
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 9, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 10, paragrafo 1, prima frase
Articolo 10, paragrafo 2, prima frase
Articolo 10, paragrafo 1, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2
Articoli da 11 a 15
Articoli da 11 a 15
Articolo 16, paragrafo 1
—
Articolo 17
Articolo 16
Articolo 18, paragrafo 1
—
Articolo 18, paragrafo 2
Articolo 17
—
Articolo 18
—
Articolo 19
Articolo 19
Articolo 20
Allegato I
Allegato I
Allegato II/1
Allegato II, parte A
Allegato II/2
Allegato II, parte B
Allegato III/1
Allegato III, parte A
Allegato III/2
Allegato III, parte B
Allegato IV
Allegato IV
Allegato V
Allegato V
—
Allegato VI
—
Allegato VII
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Conservazione degli uccelli selvatici
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Si prefigge la conservazione di tutte le specie di uccelli selvatici stabilendo regole per la loro protezione, conservazione, gestione e regolazione. Si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat. Codifica la legislazione adottata originariamente nel 1979 (Direttiva 79/409/CEE). La direttiva 2009/147/CE è stata modificata nel 2019 dal regolamento (UE) 2019/1010 che armonizza e semplifica gli obblighi di comunicazione in materia di diritto ambientale.
PUNTI CHIAVE
Misure per le specie minacciate di estinzione
I paesi dell’Unione europea (Unione) adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione delle specie di uccelli a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.
Misure per tutte le specie di uccelli
Vanno messe in atto misure per preservare, mantenere o ristabilire una sufficiente varietà e superficie di habitat* per tutte le specie di uccelli.
Tali misure riguardano principalmente:l’istituzione di zone di protezione; il mantenimento e la gestione degli habitat all’interno e all’esterno delle zone di protezione; e il ripristino dei biotopi* distrutti e la creazione di nuovi.Misure specialiPer le specie elencate nell’allegato I e per le specie migratrici che ritornano regolarmente sono previste misure speciali per quanto riguarda l’habitat, per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nelle aree di distribuzione. I paesi dell’Unione classificano come zone di protezione speciale (ZPS) i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva. Particolare attenzione è rivolta alle zone umide. Le ZPS fanno parte della rete Natura 2000 dei siti ecologici protetti, insieme alle zone speciali di conservazione istituite dalla direttiva sugli habitat. I paesi dell’Unione adottano misure idonee a prevenire:il deterioramento degli habitat delle specie; eperturbazioni dannose alle specie per le quali le ZPS sono state classificate, in cui le perturbazioni potrebbero avere conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della direttiva. I paesi dell’Unione sono tenuti a concordare piani o progetti solo dopo essersi accertati che non influenzeranno negativamente le ZPS interessate, sulla base di una valutazione adeguata di eventuali implicazioni per gli obiettivi di conservazione dei siti.Misure di protezione generaleLa direttiva istituisce inoltre una protezione generale per tutte le specie di uccelli selvatici nell’Unione. In particolare è vietato:uccidere o catturare deliberatamente gli uccelli selvatici;distruggere o danneggiare i nidi e le uova;raccogliere o detenere le uova;disturbarli deliberatamente quando ciò metta a rischio la conservazione; edetenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura; in determinate condizioni sono previste eccezioni alle disposizioni di cui sopra.Caccia di uccelliAlcune specie, il cui numero lo consenta, elencate nell’allegato II possono essere cacciate se si rispettano alcuni principi:il numero di uccelli presi non deve pregiudicare i livelli soddisfacenti di popolazione;le specie non devono essere cacciate durante i periodi di riproduzione o di dipendenza;le specie migratorie non devono essere cacciate durante il ritorno alle aree di riproduzione; ei metodi di uccisione su larga scala o non selettivi sono vietati. in determinate condizioni sono previste eccezioni alle disposizioni di cui sopra.Ricerca
I paesi dell’Unione devono promuovere la ricerca ai fini della gestione, protezione e saggio uso (ad esempio, per fissare l’elenco nazionale delle specie minacciate di estinzione) degli uccelli selvatici in Europa
RelazioniIl regolamento (UE) 2019/1010, che si applica dal 26 giugno 2019, impone I paesi dell’Unione di presentare una relazione alla Commissione europea ogni 6 anni sulle misure adottate per attuare la direttiva 2009/147 / CE e sulle loro conseguenze principali. Tale relazione deve essere resa accessibile al pubblico e contiene, in particolare:informazioni sullo stato e le tendenze delle specie di uccelli selvatici protette dalla direttiva;le minacce e le pressioni su di esse;le misure di conservazione adottate per loro; eil contributo della rete di ZPS agli obiettivi della direttiva. La Commissione stabilisce il formato della relazione mediante atti di esecuzione. Ogni 6 anni, la Commissione, assistita dall’Agenzia europea dell’ambiente, elabora e pubblica un rapporto composito basato sulle informazioni ricevute dai paesi dell’Unione.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva si applica dal 15 febbraio 2010. La direttiva 2009/147/CE ha codificato e sostituito la direttiva 79/409/CEE e i successivi emendamenti.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Uccelli selvatici (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Habitat: un’area naturale o il tipo di ambiente in cui un particolare tipo di animale o vegetale vive normalmente.
Biotopo: un’area dalle condizioni ambientali uniformi che fornisce uno spazio vitale per una specifica combinazione di animali e piante.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata) (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).
Le successive modifiche della direttiva 2009/147/CE sono state incluse nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2019/1010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, che armonizza gli obblighi di comunicazione nella normativa in materia di ambiente e modifica i regolamenti (CE) n. 166/2006 e (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/49/CE, 2004/35/CE, 2007/2/CE, 2009/147/CE e 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 338/97 e (CE) n. 2173/2005 del Consiglio e la direttiva 86/278/CEE del Consiglio (GU L 170 del 25.6.2019, pag. 115). |
Impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce regole per l’impiego confinato* di microrganismi geneticamente modificati (MGM)* al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente nell’UE.
PUNTI CHIAVE
Classificazioni e notifiche
Gli utilizzatori di MGM devono valutare gli impieghi confinati in merito al rischio per la salute umana e l’ambiente. La valutazione determina una delle seguenti classi:
classe 1: operazioni che presentano rischi nulli o trascurabili;
classe 2: operazioni a basso rischio;
classe 3: operazioni che presentano un rischio moderato;
classe 4: operazioni ad alto rischio.
Quando si debba eseguire per la prima volta un impiego confinato di MGM, l’utilizzatore deve sottoporre all’autorità competente del proprio paese dell’UE una notifica contenente informazioni (elencate all’allegato V della direttiva). Ciò serve a persuadere tale autorità che l’impianto proposto è idoneo agli scopi dell’operazione e, di conseguenza, non esistono rischi per la salute umana e l’ambiente.
A seguito della notifica alle autorità competenti, l’impiego confinato della classe 1 può aver luogo senza ulteriori notifiche.
L’impiego confinato della classe 2 può avere luogo immediatamente dopo la notifica, a condizione che gli impianti siano stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 2 o di una classe più elevata. Tuttavia, qualora ciò non avvenga e in assenza di un rifiuto da parte dell’autorità competente, l’impiego confinato della classe 2 può avere luogo a quarantacinque giorni dalla presentazione della notifica (o prima, con l’assenso dell’autorità).
Un impiego confinato della classe 3 o 4 non può avere luogo senza il previo consenso dell’autorità competente, che deve comunicare la sua decisione per iscritto.
Incidenti
*
Prima dell’inizio di un impiego confinato, i paesi dell’UE devono provvedere affinché:
per reagire in caso di incidente, sia redatto un piano d’emergenza per i casi in cui il mancato funzionamento delle misure di contenimento possa comportare pericoli gravi e
le persone a rischio di coinvolgimento in un incidente siano informate di tutti gli aspetti connessi alla loro sicurezza.
Qualora avvenga un incidente, il rispettivo paese dell’UE deve provvedere affinché l’utilizzatore dei MGM informi le autorità competenti e comunichi le informazioni necessarie alla valutazione della situazione e gli eventuali provvedimenti.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 10 giugno 2009.
CONTESTO
La presente direttiva abroga e unifica la direttiva 90/219/CEE e le sue successive modifiche in un atto unico.
Stabilisce le norme minime applicabili all’impiego confinato dei MGM. Ai paesi dell’UE è permesso adottare misure più rigide.
* TERMINI CHIAVE
Impiego confinato: ogni attività nella quale i microrganismi sono modificati geneticamente o messi in coltura, conservati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati, e per la quale vengono usate misure specifiche di contenimento/di sicurezza al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione e con l’ambiente.
MGM: microrganismi quali batteri, virus o funghi il cui materiale genetico è stato modificato in un modo non naturale mediante moltiplicazione o ricombinazione naturale.
Incidenti: Nel contesto della presente direttiva, il termine si riferisce a ogni evento imprevisto che comporti una diffusione significativa e non intenzionale di MGM nel corso del loro impiego confinato e che possa presentare un pericolo per la salute umana o per l’ambiente.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (rifusione) (GU L 125 del 21.5.2009, pag. 75-97). | DIRETTIVA 2009/41/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 6 maggio 2009
sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione.
(2)
Ai sensi del trattato, l'azione della Comunità in materia ambientale deve fondarsi sul principio dell'azione preventiva e deve avere come obiettivo, fra l’altro, di salvaguardare, proteggere e migliorare l'ambiente nonché tutelare la salute umana.
(3)
Le misure riguardanti la valutazione e l'uso ottimale della biotecnologia nei confronti dell'ambiente costituiscono un'area prioritaria su cui dovrebbe concentrarsi l'azione della Comunità.
(4)
Lo sviluppo della biotecnologia è tale da contribuire all'espansione economica degli Stati membri. Ciò implica che i microrganismi geneticamente modificati (MGM) saranno impiegati in operazioni di vari tipi ed entità.
(5)
L'impiego confinato di MGM dovrebbe essere effettuato in modo da limitare le loro possibili conseguenze negative sulla salute umana e sull'ambiente, con la dovuta attenzione alla prevenzione degli incidenti e al controllo dei rifiuti.
(6)
I MGM smaltiti senza che siano adeguatamente previste misure specifiche di contenimento al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l'ambiente non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. Possono applicarsi altre normative comunitarie, come la direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (5).
(7)
I microrganismi rilasciati nell'ambiente in uno Stato membro nel corso del loro impiego confinato possono riprodursi e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri.
(8)
Per permettere uno sviluppo sicuro delle biotecnologie in tutta la Comunità è necessario stabilire misure comuni per la valutazione e la riduzione dei rischi potenziali derivanti da ogni operazione che comporti l'impiego confinato di MGM e stabilire modalità appropriate per l'impiego degli stessi.
(9)
La natura precisa e l'entità dei rischi associati all'impiego confinato di MGM non sono ancora completamente note e i rischi connessi devono essere valutati caso per caso. Al fine di valutare i rischi per la salute dell'uomo e dell'ambiente, è necessario stabilire criteri di valutazione del rischio.
(10)
Gli impieghi confinati di MGM dovrebbero essere classificati in base ai rischi che comportano per la salute umana e l'ambiente. Tale classificazione dovrebbe essere coerente con la prassi internazionale e basarsi su una valutazione dei rischi.
(11)
Per garantire un livello di protezione elevato, le misure di contenimento e le altre misure di protezione applicate a un impiego confinato devono corrispondere alla classificazione di tale impiego confinato. In caso di incertezza, si dovrebbero applicare le idonee misure di contenimento e le altre misure di protezione relative alla classificazione più elevata fino a quando vi siano dati adeguati che giustifichino una riduzione delle misure.
(12)
Per tutte le attività che prevedono l'impiego di MGM si dovrebbero applicare i principi di buona prassi microbiologica nonché di buona sicurezza e igiene del lavoro, secondo la pertinente normativa comunitaria.
(13)
Si dovrebbero applicare misure di confinamento nei vari stadi dell'operazione per controllare le emissioni e lo smaltimento del materiale derivante dagli impieghi confinati di MGM, e prevenire eventuali incidenti.
(14)
Chiunque, prima di intraprendere per la prima volta l'impiego confinato di un MGM in un impianto specifico, dovrebbe presentare una notifica all'autorità competente affinché questa possa sincerarsi che l'impianto proposto è atto a svolgere l'attività in modo da non rappresentare un pericolo per la salute umana e l'ambiente.
(15)
È altresì necessario stabilire procedure appropriate per la notifica, caso per caso, di operazioni specifiche comportanti l'impiego confinato di MGM, tenendo conto del grado di rischio connesso.
(16)
Nel caso di operazioni ad alto rischio è opportuno il consenso dell'autorità competente.
(17)
Le misure di contenimento e le altre misure di protezione applicate agli impieghi confinati dovrebbero essere rivedute periodicamente.
(18)
Si potrebbe ritenere opportuno consultare il pubblico sull'impiego confinato di MGM.
(19)
Le persone che partecipano ad attività che prevedono impieghi confinati dovrebbero essere consultate in base a quanto prevede la normativa comunitaria pertinente, in particolare la direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (6).
(20)
È opportuno prendere i provvedimenti appropriati per informare qualsiasi persona che potrebbe essere coinvolta in un incidente su tutte le questioni riguardanti la sicurezza.
(21)
Dovrebbero essere stabiliti piani d'emergenza per far fronte in modo efficace agli incidenti.
(22)
Se avviene un incidente, l'utilizzatore dovrebbe informarne immediatamente l'autorità competente comunicando le informazioni necessarie per valutarne la portata e per prendere i provvedimenti appropriati.
(23)
È opportuno che la Commissione, in consultazione con gli Stati membri, stabilisca una procedura per lo scambio d'informazioni sugli incidenti e che la Commissione tenga un registro degli stessi.
(24)
L'impiego confinato dei MGM nella Comunità dovrebbe essere tenuto sotto controllo e a tal fine gli Stati membri dovrebbero fornire alla Commissione determinate informazioni.
(25)
Al fine di essere considerati sicuri per la salute umana e per l'ambiente i MGM dovrebbero corrispondere all’elenco di criteri di cui all’allegato II, parte B. Per tener conto della rapidità con la quale la biotecnologia sta avanzando, della natura dei criteri da elaborare e della portata limitata di detto elenco, è appropriato che il Consiglio definisca e riveda tali criteri, che devono, se del caso, essere completati da note esplicative dettagliate al fine di facilitare la loro applicazione
(26)
Le misure necessarie per l’applicazione della presente direttiva sono adottate in conformità alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).
(27)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare le misure necessarie per l'adeguamento tecnico degli allegati II, III, IV e V e per l'adeguamento dell'allegato II, parte C. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(28)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano esclusivamente le procedure di comitato. Non sono pertanto necessari, al riguardo, provvedimenti di recepimento da parte degli Stati membri.
(29)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell'allegato VI, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce misure comuni per l'impiego confinato dei microrganismi geneticamente modificati per tutelare la salute dell'uomo e l'ambiente.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:
a) «microrganismi»: ogni entità microbiologica, cellulare e non cellulare, capace di replicarsi o di trasferire materiale genetico, compresi virus, viroidi e cellule animali e vegetali in coltura;
b) «microrganismo geneticamente modificato» (MGM): un microrganismo il cui materiale genetico è stato modificato in un modo non naturale mediante moltiplicazione o ricombinazione naturale: nell'ambito di questa definizione:
c) «impiego confinato»: ogni attività nella quale i microrganismi sono modificati geneticamente o nella quale tali MGM sono messi in coltura, conservati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati, e per la quale vengono usate misure specifiche di contenimento al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione e con l'ambiente e per garantire a questi ultimi un livello elevato di sicurezza;
d) «incidente»: ogni evento imprevisto che comporti una diffusione significativa e non intenzionale di MGM nel corso del loro impiego confinato e che possa presentare un pericolo, immediato o differito, per la salute dell'uomo o per l'ambiente;
e) «utilizzatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica responsabile dell'impiego confinato di MGM;
f) «notifica»: la presentazione delle informazioni richieste alle autorità competenti di uno Stato membro.
Articolo 3
1. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 1, la presente direttiva non si applica:
a)
qualora la modificazione genetica sia ottenuta con l'impiego delle tecniche o delle metodologie elencate nell'allegato II, parte A; o
b)
per impieghi confinati concernenti soltanto tipi di MGM che soddisfino i criteri elencati nell'allegato II, parte B, che ne stabiliscono la sicurezza per la salute umana e per l'ambiente. Tali tipi di MGM devono essere elencati nell'allegato II, parte C.
2. L'articolo 4, paragrafi 3 e 6 e gli articoli da 5 a 11 non si applicano al trasporto di MGM su strada, per ferrovia, per via navigabile interna, per mare o per via aerea.
3. La presente direttiva non si applica alla conservazione, alla coltura, al trasporto, alla distruzione, allo smaltimento o all'impiego di MGM immessi sul mercato in base alla direttiva 2001/18/CE, o ad altra normativa comunitaria, che comporti una specifica valutazione dei rischi ambientali equivalente a quella stabilita da tale direttiva, a condizione che l'impiego confinato soddisfi gli eventuali requisiti del consenso per l'immissione sul mercato.
Articolo 4
1. Gli Stati membri provvedono affinché siano prese le misure adeguate per evitare gli effetti nocivi che l'impiego confinato di MGM potrebbe esercitare sulla salute dell'uomo e sull'ambiente.
2. A tal fine, l'utilizzatore procede a una valutazione degli impieghi confinati ai fini dei rischi per la salute umana e per l'ambiente che tale uso confinato può presentare, utilizzando quale criterio minimo gli elementi di valutazione e la procedura di cui all'allegato III, parti A e B.
3. La valutazione di cui al paragrafo 2 si ottiene dalla classificazione finale degli impieghi confinati in quattro classi mediante l'applicazione della procedura di cui all'allegato III, che determinerà l'attribuzione dei livelli di contenimento a norma dell'articolo 5:
Classe 1
:
operazioni che presentano rischi nulli o trascurabili, ovvero operazioni per le quali un livello 1 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
Classe 2
:
operazioni a basso rischio, ovvero operazioni per le quali un livello 2 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
Classe 3
:
operazioni che presentano un rischio moderato, ovvero operazioni per le quali un livello 3 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
Classe 4
:
operazioni ad alto rischio, ovvero operazioni per le quali un livello 4 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
4. Qualora sussista un dubbio su quale classe sia appropriata per l'impiego confinato proposto, si applicano le misure di protezione più rigorose, a meno che vi sia prova sufficiente, d'intesa con l'autorità competente, che giustifichi l'applicazione di misure meno rigorose.
5. La valutazione di cui al paragrafo 2 tiene in particolare considerazione il problema dello smaltimento dei rifiuti e degli effluenti. Se necessario, si applicano le necessarie misure di sicurezza ai fini della tutela della salute umana e dell'ambiente.
6. L'utilizzatore terrà un verbale della valutazione di cui al paragrafo 2 che, in forma appropriata, sarà messo a disposizione delle autorità competenti in quanto parte della notifica a norma degli articoli 6, 8 e 9 o a richiesta.
Articolo 5
1. L'utilizzatore applica, tranne quando il punto 2 dell'allegato IV consenta l'applicazione di altre misure, i principi generali e le appropriate misure di contenimento e le altre misure di protezione di cui all'allegato IV corrispondenti alla classe dell'impiego confinato, in modo da mantenere l'esposizione del luogo di lavoro e dell'ambiente a MGM al più basso livello ragionevolmente realizzabile, e assicurare un alto livello di sicurezza.
2. La valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2, le misure di confinamento e le altre misure di protezione applicate sono periodicamente riesaminate. Si procede immediatamente al riesame qualora:
a)
le misure di contenimento applicate non siano più adeguate o la classe attribuita all'impiego confinato non sia più appropriata;
b)
vi sia ragione di ritenere che la valutazione non sia più adeguata alla luce delle nuove conoscenze tecniche o scientifiche.
Articolo 6
Qualora si proceda per la prima volta in un determinato impianto a un impiego confinato, l'utilizzatore è tenuto a sottoporre alle autorità competenti, prima di iniziare tale impiego, una notifica contenente almeno le informazioni elencate nell'allegato V, parte A.
Articolo 7
Dopo la notifica di cui all'articolo 6, il successivo impiego confinato della classe 1 può aver luogo senza ulteriori notifiche. Gli utilizzatori di MGM per impieghi confinati della classe 1 devono conservare i verbali relativi alle valutazioni di cui all'articolo 4, paragrafo 6, e devono metterli a disposizione delle competenti autorità a loro richiesta.
Articolo 8
1. Per gli impieghi confinati della classe 2 in impianti notificati a norma dell'articolo 6 deve essere presentata, sia in occasione del primo impiego che di quelli successivi, una notifica che contenga le informazioni elencate nell'allegato V, parte B.
2. Se gli impianti sono stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 2 o di una classe più elevata e sono stati rispettati gli obblighi previsti dall'autorizzazione, l'impiego confinato della classe 2 può aver luogo subito dopo la nuova notifica.
Il richiedente può comunque chiedere all'autorità competente un'autorizzazione formale. Tale decisione va presa entro e non oltre quarantacinque giorni dalla notifica.
3. Se gli impianti non sono stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 2 o di una classe più elevata, l'impiego confinato della classe 2 può avere luogo, in assenza di indicazioni contrarie da parte dell'autorità competente, quarantacinque giorni dopo la presentazione della notifica di cui al paragrafo 1, o entro un termine più breve ove vi sia l'accordo dell'autorità competente.
Articolo 9
1. Per quanto riguarda gli impieghi confinati della classe 3 o della classe 4 da eseguire in impianti notificati a norma dell'articolo 6, occorre presentare, sia in occasione del primo impiego che di quelli successivi, una notifica che contenga le informazioni elencate nell'allegato V, parte C.
2. Un impiego confinato della classe 3 o di una classe più elevata non può aver luogo senza l'approvazione dell'autorità competente, che comunica la sua decisione per iscritto:
a)
entro e non oltre quarantacinque giorni dalla presentazione di una nuova notifica, se gli impianti sono stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 3 o di una classe più elevata e se sono stati rispettati gli obblighi previsti dall'autorizzazione per un impiego confinato della stessa classe o di una classe superiore a quella cui si intende ricorrere;
b)
entro e non oltre novanta giorni dalla presentazione della notifica negli altri casi.
Articolo 10
1. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti ad attuare le misure adottate in applicazione della presente direttiva e a ricevere e certificare le notifiche di cui agli articoli 6, 8 e 9.
2. L’autorità competente esamina la conformità delle notifiche alla presente direttiva, l'accuratezza e la completezza delle informazioni fornite, la correttezza della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2 e dell'attribuzione della classe di impiego confinato e, se opportuno, l'adeguatezza delle misure di contenimento e delle altre misure di protezione, della gestione dei rifiuti e delle misure relative alle situazioni di emergenza.
3. Se necessario, l'autorità competente può:
a)
chiedere all'utilizzatore di fornire ulteriori informazioni o di apportare modifiche alle modalità dell'impiego confinato proposto o di modificare la classe attribuita all'impiego o agli impieghi confinati. In questo caso, l'autorità competente può richiedere che l'impiego confinato, se proposto, non sia avviato o, se in atto, venga sospeso o vi si ponga fine, fintanto che essa non abbia dato la sua approvazione in base alle ulteriori informazioni ottenute o alle modificate modalità di impiego confinato;
b)
delimitare il periodo entro il quale l'impiego confinato è permesso o vincolarlo a condizioni specifiche.
4. Per calcolare i periodi di cui agli articoli 8 e 9, i periodi in cui l'autorità competente:
a)
è in attesa delle informazioni supplementari che abbia eventualmente richiesto al notificante a norma del paragrafo 3, lettera a); ovvero
b)
svolge una pubblica inchiesta o consultazione a norma dell'articolo 12 non sono presi in considerazione.
Articolo 11
1. L'utilizzatore, qualora disponga di nuove informazioni pertinenti o modifichi l'impiego confinato in modo che ne possano risultare significative conseguenze per i rischi che quest'ultimo comporta, ne informa il più rapidamente possibile l'autorità competente e modifica la notifica di cui agli articoli 6, 8 e 9.
2. L'autorità competente, qualora disponga di informazioni successive che possono comportare significative conseguenze per i rischi che l'impiego confinato comporta, può esigere che l'utilizzatore modifichi le modalità dell'impiego confinato, sospenda o ponga fine a quest'ultimo.
Articolo 12
Fatto salvo l'articolo 18, qualora gli Stati membri lo ritengano opportuno, possono prevedere la consultazione del pubblico sugli aspetti dell'impiego confinato proposto.
Articolo 13
1. L’autorità competente provvede affinché, prima che un impiego confinato abbia inizio:
a)
sia elaborato un piano di emergenza relativo agli impieghi confinati qualora il mancato funzionamento delle misure di contenimento possa comportare pericoli gravi nell'immediato o successivamente per gli individui al di fuori degli impianti e/o per l'ambiente, ad eccezione dei casi in cui tale piano di emergenza sia stato predisposto in applicazione di altre normative comunitarie;
b)
le informazioni sui piani di emergenza e sulle pertinenti misure di sicurezza siano fornite in modo appropriato e senza bisogno di richiesta agli organismi e alle autorità che possono essere coinvolti in un incidente. Le informazioni devono essere aggiornate a intervalli opportuni. Esse devono anche essere disponibili al pubblico.
2. Gli Stati membri interessati mettono simultaneamente a disposizione degli altri Stati membri interessati, quale base per le consultazioni necessarie nell'ambito delle loro relazioni bilaterali, le stesse informazioni comunicate ai propri cittadini.
Articolo 14
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché, in caso di incidente, l'utilizzatore sia tenuto a informare immediatamente l'autorità competente di cui all'articolo 10 e a fornire le seguenti informazioni:
a)
circostanze dell'incidente;
b)
identità e quantità degli MGM interessati;
c)
informazioni necessarie alla valutazione degli effetti dell'incidente sulla salute della popolazione e sull'ambiente;
d)
misure adottate.
2. Qualora siano state fornite le informazioni di cui al paragrafo 1, gli Stati membri devono:
a)
provvedere affinché vengano prese tutte le misure necessarie e avvertire immediatamente tutti gli Stati membri che possono essere coinvolti nell'incidente;
b)
raccogliere, ove possibile, le informazioni necessarie a un'analisi completa dell'incidente e, se del caso, fare raccomandazioni per evitare che simili incidenti si verifichino in futuro e per limitarne le conseguenze.
Articolo 15
1. Ciascuno Stato membro deve:
a)
consultarsi con gli altri Stati membri che possano essere coinvolti in un incidente, sulla proposta attuazione di piani di emergenza;
b)
informare quanto prima la Commissione di ogni incidente che rientri nel campo di applicazione della presente direttiva, fornendo elementi dettagliati sulle circostanze dell'incidente, sull'identità e sulle quantità degli MGM interessati, sulle misure correttive adottate e sulla loro efficacia, unitamente a un'analisi dell'incidente accompagnata da raccomandazioni volte a limitare gli effetti del medesimo ed evitare simili incidenti in futuro.
2. La Commissione, in consultazione con gli Stati membri, stabilisce una procedura per lo scambio di informazioni a norma del paragrafo 1. Essa inoltre compila e tiene a disposizione degli Stati membri un registro degli incidenti verificatisi che rientrano nel campo di applicazione della direttiva, contenente un'analisi delle cause di tali incidenti, informazioni circa l'esperienza acquisita nonché le misure adottate per evitare simili incidenti in futuro.
Articolo 16
Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente organizzi ispezioni e altre misure di controllo ai fini di assicurare il rispetto della presente direttiva da parte dell'utilizzatore.
Articolo 17
1. Gli Stati membri inviano alla Commissione, alla fine di ogni anno, una relazione sintetica sugli impieghi confinati della classe 3 e della classe 4 notificati durante l'anno a norma dell'articolo 9, contenente la descrizione, i fini e i rischi dell'impiego o degli impieghi confinati.
2. Ogni tre anni, e con inizio il 5 giugno 2003, gli Stati membri inviano alla Commissione una relazione sintetica sull'esperienza acquisita nel quadro della presente direttiva.
3. Ogni tre anni, e con inizio il 5 giugno 2004, la Commissione pubblica una sintesi basata sulle relazioni di cui al paragrafo 2.
4. La Commissione può pubblicare informazioni statistiche generali sull'applicazione della presente direttiva e su questioni ad essa connesse purché tali informazioni non contengano elementi che possano arrecare pregiudizio alla posizione di concorrenza di un utilizzatore.
Articolo 18
1. Qualora la divulgazione pregiudichi uno o più elementi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale (8), il notificante può indicare quali informazioni contenute nelle notifiche inoltrate a norma della presente direttiva debbano essere trattate come riservate. In tali casi deve essere fornita una motivazione verificabile.
L'autorità competente decide, previa consultazione del notificante, quali informazioni debbano essere trattate come riservate e informa il notificante della decisione adottata.
2. In nessun caso possono essere trattate come riservate le seguenti informazioni, comunicate a norma degli articoli 6, 8 o 9:
a)
le caratteristiche generali degli MGM, nome e indirizzo del notificante e località dell'impiego;
b)
classe dell'impiego confinato e misure di contenimento;
c)
valutazione degli effetti prevedibili, in particolare gli effetti nocivi per la salute umana e per l'ambiente.
3. La Commissione e l’autorità competente non divulgano a terzi informazioni dichiarate riservate a norma del paragrafo 1, secondo comma e notificate o altrimenti fornite in forza della presente direttiva, e devono tutelare i diritti di proprietà intellettuale relativi ai dati ricevuti.
4. Se per qualsiasi motivo il notificante ritira la notifica, l'autorità competente deve rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute.
Articolo 19
Le misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, relative all'adattamento al progresso tecnico degli allegati II, III, IV e V e dell'allegato II, parte C, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 20, paragrafo 2.
Articolo 20
1. La Commissione è assistita da un Comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenuto conto del disposto dell'articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenuto conto del disposto dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 21
La direttiva 90/219/CEE, come modificata dagli atti di cui all'allegato VI, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all'allegato VI, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato VII.
Articolo 22
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 23
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 6 maggio 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. KOHOUT
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 85.
(2) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 30 marzo 2009.
(3) GU L 117 dell’8.5.1990, pag. 1.
(4) Cfr. allegato VI, parte A.
(5) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1.
(6) GU L 262 del 17.10.2000, pag. 21.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26.
ALLEGATO I
PARTE A
Sono considerate, tra l'altro, tecniche di modificazione genetica di cui all'articolo 2, lettera b), punto i):
1)
tecniche di ricombinazione di acido nucleico che comportano la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento di molecole di acido nucleico prodotte con qualsiasi mezzo diverso da un organismo, in un virus, in plasmide batterico o altro sistema vettore e il loro inserimento in un organismo ospite nel quale non si presentano in natura ma nel quale sono in grado di moltiplicarsi in maniera continuativa;
2)
tecniche che ricorrono all'introduzione diretta in un microrganismo di materiale ereditabile preparato al di fuori dello stesso, comprese la microinoculazione, la macroinoculazione e la microincapsulazione;
3)
tecniche di fusione cellulare o di ibridazione che producono cellule vive con nuove combinazioni di materiale genetico ereditabile mediante la fusione di due o più cellule con metodi non presenti in natura.
PARTE B
Tecniche di cui all'articolo 2, lettera b), punto ii), che non sono considerate tecniche di modificazione genetica, se non comportano ricorso a molecole di ricombinazione di acido nucleico o a microrganismi geneticamente modificati prodotti con tecniche/metodologie diverse da quelle escluse dall'allegato II, parte A:
1)
fecondazione in vitro;
2)
processi naturali come: coniugazione, transduzione, trasformazione;
3)
induzione della poliploidia.
ALLEGATO II
PARTE A
Tecniche/metodologie di modificazione genetica che danno luogo a microrganismi che devono essere esclusi dalla presente direttiva se non comportano il ricorso a molecole ricombinanti di acido nucleico o a microrganismi geneticamente modificati diversi dagli MGM prodotti mediante una o più delle tecniche/metodologie di seguito elencate:
1)
mutagenesi;
2)
fusione cellulare (compresa la fusione di protoplasti) di specie procariotiche che scambiano materiale genetico mediante processi fisiologici noti;
3)
fusione cellulare (compresa la fusione di protoplasti) di cellule di qualsiasi specie eucariotica, compresa la produzione di ibridomi e la fusione di cellule vegetali;
4)
autoclonazione consistente nell’eliminazione di sequenze di acido nucleico da una cellula di un organismo che può essere seguita o meno dal reinserimento in tutto o in parte dell’acido nucleico interessato (o di un equivalente sintetico), che si effettui o meno, in via preliminare, un intervento enzimatico o meccanico, in cellule della stessa specie o in cellule molto vicine da un punto di vista fitogenetico, che possono scambiare materiale genetico mediante processi fisiologici naturali, qualora per il microrganismo che ne derivi sia improbabile attendersi che provochi malattie ad esseri umani, animali o piante.
L’autoclonazione può comprendere il ricorso a vettori ricombinanti il cui impiego sicuro nel microrganismo specifico sia ampiamente documentato.
PARTE B
Criteri per stabilire la sicurezza degli MGM per la salute umana e l’ambiente
Nel presente allegato sono descritti in termini generali i criteri che consentono di stabilire la sicurezza di determinati tipi di MGM per la salute umana e l’ambiente e la loro idoneità ad essere inseriti nella parte C. Note tecniche orientative potranno essere elaborate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 20, paragrafo 3, al fine di facilitare l’esecuzione e la comprensione del presente allegato.
1. Introduzione
I tipi di MGM inseriti nella parte C secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 2, non rientrano nella sfera di applicazione della presente direttiva. L’inserimento di un MGM in tale elenco avviene solo previo esame caso per caso e l’esclusione riguarda un MGM ben definito. L’esclusione riguarda solo gli MGM destinati ad un impiego confinato, come da definizione dell’articolo 2, lettera c), ma non i casi di immissione deliberata nell’ambiente di MGM. Per essere inserito nell’elenco di cui alla parte C un MGM deve essere conforme ai criteri specificati qui di seguito.
2. Criteri generali
2.1. Verifica/convalida del ceppo
Occorre stabilire con precisione l’identità del ceppo ed inoltre conoscere e verificare la modificazione.
2.2. Prove documentate e riconosciute della sicurezza dell’MGM
Occorre fornire documenti a riprova della sicurezza dell’organismo.
2.3. Stabilità genetica
Qualora un’eventuale instabilità genetica possa influire negativamente sulla sicurezza dell’organismo, occorre fornire prova della sua stabilità genetica.
3. Criteri specifici
3.1. Assenza di patogenicità
L’MGM non deve causare malattie o danni alla salute di soggetti umani, piante o animali. La patogenicità comprende anche la tossinogenicità e l’allergenicità. Di conseguenza l’MGM deve essere caratterizzato anche da:
3.1.1. Assenza di tossinogenicità
L’MGM non deve comportare un incremento della tossinogenicità a causa della modificazione genetica subita, né essere noto per le sue proprietà tossinogeniche.
3.1.2. Assenza di allergenicità
L’MGM non deve comportare un incremento dell’allergenicità a causa della modificazione genetica subita, né essere un noto allergene dotato, in particolare, di proprietà allergeniche comparabili a quelle dei microrganismi identificati nella direttiva 2000/54/CE.
3.2. Assenza di agenti nocivi avventizi
L’MGM non deve ospitare accidentalmente agenti noti, ad esempio altri microrganismi, in stato attivo o latente, presenti nei pressi o all’interno dell’MGM, che potrebbero causare danni alla salute umana o all’ambiente.
3.3. Trasferimento di geni
Il materiale genetico modificato non deve risultare dannoso se trasferito, né essere autotrasmissibile o trasferibile con frequenza superiore a quella di altri geni del microrganismo ricevente o parentale.
3.4. Sicurezza per l’ambiente in caso di dispersione significativa non intenzionale
L’MGM non deve produrre effetti negativi sull’ambiente, né nell’immediato né a distanza di tempo, qualora dovesse verificarsi un incidente che comporti una significativa dispersione non intenzionale dell’MGM.
Gli MGM che non rispondono ai criteri di cui sopra non possono essere inseriti nella parte C.
PARTE C
Tipi di MGM che soddisfano i criteri elencati nella parte B:
… (da completare secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 2).
ALLEGATO III
Principi da seguire per la valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2
Il presente allegato descrive in termini generali gli elementi da prendere in considerazione e la procedura da seguire per procedere alla valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Note tecniche orientative (1) potranno essere elaborate secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 20, paragrafo 3, al fine di facilitare l'attuazione e la comprensione del presente allegato, con particolare riferimento alla sezione B.
A. Elementi di valutazione
1.
Quelli che seguono dovrebbero essere considerati effetti potenzialmente nocivi:
—
affezioni per gli esseri umani, inclusi gli effetti tossici o allergici,
—
malattie per animali o piante,
—
effetti deleteri dovuti all'impossibilità di curare la malattia o di predisporre un'efficace profilassi,
—
effetti deleteri dovuti allo stabilimento o alla diffusione nell'ambiente,
—
effetti deleteri dovuti al trasferimento per via naturale ad altri organismi del materiale genetico inserito.
2.
La valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2 si dovrebbe basare sui seguenti elementi:
a)
l'individuazione di tutti gli effetti potenzialmente nocivi delle operazioni, in particolare quelli associati con:
i)
il microrganismo ricevente;
ii)
il materiale genetico inserito (proveniente dall'organismo donatore);
iii)
il vettore;
iv)
il microrganismo donatore (qualora esso intervenga nell'operazione);
v)
l'MGM che ne deriva;
b)
le caratteristiche delle operazioni;
c)
la gravità degli effetti potenzialmente nocivi;
d)
la probabilità che i suddetti effetti si traducano in pratica.
B. Procedura
3.
La prima fase della procedura di valutazione dovrebbe consistere nell'individuare le proprietà nocive del ricettore e, se del caso, del microrganismo donatore, le eventuali caratteristiche di pericolosità associate al vettore o al materiale inserito, compresa ogni eventuale alterazione delle proprietà proprie del ricevente.
4.
In generale, soltanto gli MGM che posseggono le seguenti caratteristiche dovrebbero essere considerati tali da poter rientrare nella classe 1 di cui all'articolo 4, paragrafo 3:
i)
è improbabile che il microrganismo ricevente o quello parentale provochino malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante (2);
ii)
la natura del vettore e dell'inserimento è tale da non conferire all'MGM un fenotipo in grado di provocare malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante (2), o di avere effetti nocivi sull'ambiente;
iii)
è improbabile che l'MGM provochi malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante (2) o abbia effetti nocivi sull'ambiente.
5.
L'utilizzatore può prendere conoscenza delle informazioni necessarie ad attuare tale procedura tenendo conto in primo luogo della normativa comunitaria pertinente (in particolare la direttiva 2000/54/CE). Possono essere presi in considerazione anche schemi di classificazione nazionali o internazionali (per esempio, Organizzazione mondiale della sanità, Istituti nazionali di sanità) e le relative versioni aggiornate in conseguenza di nuove conoscenze scientifiche e del progresso tecnico.
Questi schemi riguardano microrganismi naturali e in quanto tali si basano solitamente sulla capacità dei microrganismi di provocare malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante e sulla gravità e trasmissibilità della malattia che essi sono in grado di provocare. La direttiva 2000/54/CE classifica i microrganismi, in quanto agenti biologici, in quattro gruppi di rischio nella base dei loro effetti potenziali su un individuo adulto sano. Tali gruppi di rischio possono essere usati come riferimenti ai fini della classificazione delle attività di impiego confinato nelle quattro classi di rischio di cui all'articolo 4, paragrafo 3. L'utilizzatore può anche prendere in considerazione gli schemi di classificazione che si riferiscono agli agenti patogeni per le piante e per gli animali (di solito stabiliti su base nazionale). I suddetti schemi di classificazione forniscono solo un'indicazione provvisoria della classe di rischio dell'attività e delle relative misure di contenimento e di controllo.
6.
La procedura di individuazione del rischio, eseguita a norma dei precedenti punti 3, 4 e 5 dovrebbe portare all'individuazione del livello di rischio associato all'MGM.
7.
La selezione di misure di contenimento e di altre misure di protezione dovrebbe quindi basarsi sul livello di rischio associato all'MGM, tenendo presenti nel contempo:
i)
le caratteristiche dell'ambiente potenzialmente esposto (per esempio se nell'ambiente potenzialmente esposto agli MGM siano presenti bioti noti che possano subire effetti nocivi a causa dei microrganismi utilizzati nelle attività di impiego confinato);
ii)
le caratteristiche dell'operazione (per esempio proporzioni e/o natura);
iii)
qualsivoglia operazione fuori norma (per esempio inoculazione di MGM negli animali; uso di apparecchi potenzialmente generatori di aerosol).
La considerazione dei precedenti punti i), ii) e iii), per ogni operazione specifica può incrementare, ridurre o lasciare inalterato il livello di rischio associato all'MGM indicato al punto 6.
8.
L'analisi eseguita in base a quanto precedentemente descritto porterà all'assegnazione definitiva dell'operazione ad una delle classi di cui all'articolo 4, paragrafo 3.
9.
La classificazione definitiva dell'impiego confinato dovrebbe essere confermata mediante una revisione della valutazione completa di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
(1) Cfr. decisione 2000/608/CE della Commissione, del 27 settembre 2000, sulle note orientative per la valutazione del rischio di cui all'allegato III della direttiva 90/219/CEE sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (GU L 258 del 12.10.2000, pag. 43).
(2) Si dovrebbe applicare solo agli animali e alle piante presenti nell'ambiente potenzialmente esposto.
ALLEGATO IV
MISURE DI CONTENIMENTO E ALTRE MISURE DI PROTEZIONE
Principi generali
1.
Le presenti tabelle indicano i requisiti minimi normali e le misure necessarie per ciascun livello di contenimento.
Il contenimento si ottiene anche mediante il ricorso a buone pratiche di lavoro, alla formazione, ad attrezzature di contenimento e ad una speciale progettazione degli impianti. Per tutte le operazioni che prevedono l'impiego di MGM si applicano i principi di buona prassi microbiologica, nonché i seguenti principi di buona sicurezza e igiene del lavoro:
i)
mantenere l'esposizione del luogo di lavoro e dell'ambiente agli MGM al più basso livello ragionevolmente realizzabile;
ii)
effettuare misure di controllo tecnico alla fonte ed integrarle, se del caso, con adeguati indumenti protettivi personali ed attrezzature;
iii)
verificare adeguatamente e mantenere in funzione misure e attrezzature di controllo;
iv)
verificare, se del caso, la presenza di organismi vivi al di fuori del contenimento fisico primario;
v)
fornire al personale una formazione adeguata;
vi)
istituire, se necessario, comitati o sottocomitati di sicurezza biologica;
vii)
elaborare ed applicare, a seconda delle necessità, codici di pratica locali per la sicurezza del personale;
viii)
se del caso, esporre segnali di rischio biologico;
ix)
fornire strutture per il lavaggio e la decontaminazione del personale;
x)
conservare le adeguate registrazioni;
xi)
proibire di mangiare, bere, fumare, applicare cosmetici o conservare cibo destinato al consumo umano nell'area di lavoro;
xii)
vietare l'uso di pipette a bocca;
xiii)
fornire, se del caso, procedure operative standard scritte volte a garantire la sicurezza;
xiv)
avere a disposizione disinfettanti efficaci e procedure di disinfezione specifiche in caso di fuoriuscita di MGM;
xv)
fornire, se del caso, luoghi assolutamente sicuri per il deposito di attrezzatura e di materiali del laboratorio contaminati.
2.
I titoli delle tabelle sono indicativi.
La tabella I A indica i requisiti minimi per le attività di laboratorio.
La tabella I B riporta aggiunte e modifiche alla tabella I A relativamente alle attività in serra o in camera di crescita che prevedono l'impiego di MGM.
La tabella I C riporta aggiunte e modifiche della tabella I A relativamente alle attività con animali che prevedono l'impiego di MGM.
La tabella II indica i requisiti minimi per attività diverse da quelle di laboratorio.
In casi particolari, potrebbe essere necessario applicare una combinazione di misure dello stesso livello, indicate dalla tabella I A e dalla tabella II.
In alcuni casi gli utilizzatori, previo accordo dell'autorità competente, possono non applicare una specifica ad un particolare livello di confinamento o combinare specifiche di due livelli diversi.
Nelle presenti tabelle «facoltativo» significa che l'utilizzatore può applicare dette misure, caso per caso, sulla base della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
3.
Per maggiore chiarezza sui requisiti prescritti, in sede di applicazione del presente allegato gli Stati membri possono inoltre incorporare nelle tabelle che seguono i principi generali contenuti nei punti 1 e 2.
Tabella I A
Misure di contenimento e altre misure di protezione per le attività di laboratorio
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
1
Ambienti di laboratorio: isolamento (1)
non necessario
non necessario
necessario
necessario
2
Laboratorio: sigillabile in modo da consentire la fumigazione
non necessario
non necessario
necessario
necessario
Attrezzature
3
Superfici resistenti ad acqua, acidi, alcali, solventi, disinfettanti e agenti decontaminanti e facili da pulire
necessario (bancone)
necessario (bancone)
necessario (bancone, pavimento)
necessario (bancone, pavimento, soffitto, pareti)
4
Accesso al laboratorio attraverso camera di compensazione (2)
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
5
Pressione negativa rispetto alla pressione nelle immediate circostanze
non necessario
non necessario
necessario ad eccezione di (3)
necessario
6
L'aria immessa nel ed emessa dal laboratorio deve essere sottoposta a ultrafiltro (HEPA) (4)
non necessario
non necessario
necessario (HEPA) — aria emessa ad eccezione di (3)
necessario (HEPA) — aria immessa ed emessa (5)
7
Posto di sicurezza microbiologica
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
8
Autoclave
nel sito
nell'edificio
sul piano (6)
in laboratorio = a doppia entrata
Modalità di funzionamento
9
Accesso limitato
non necessario
necessario
necessario
necessario
10
Segnale di pericolo biologico sulla porta
non necessario
necessario
necessario
necessario
11
Misure specifiche per controllare la diffusione di aerosol
non necessario
necessario minimizzare
necessario prevenire
necessario prevenire
13
Doccia
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
14
Indumenti protettivi
indumenti di protezione adeguati
indumenti di protezione adeguati
indumenti di protezione e (facoltativo) calzature adeguate
cambio completo di indumenti e calzature all'entrata e all'uscita
15
Guanti
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
18
Controllo efficiente di possibili vettori (ad esempio per roditori ed insetti)
facoltativo
necessario
necessario
necessario
Rifiuti
19
Inattivazione degli MGM negli effluenti dei lavandini, degli scarichi o delle docce, se presenti, o in effluenti analoghi
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
20
Inattivazione degli MGM nei materiali e nei rifiuti contaminati
facoltativo
necessario
necessario
necessario
Altre misure
21
Il laboratorio deve contenere la propria attrezzatura
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
23
Deve essere presente una finestra di osservazione, o una soluzione alternativa, che consenta di vedere gli occupanti
facoltativo
facoltativo
facoltativo
necessario
Tabella I B
Misure di contenimento e altre misure di protezione per serre e camere di crescita
I termini «serra» e «camera di crescita» si riferiscono ad una struttura dotata di pareti, tetto e pavimento progettata ed utilizzata principalmente per la coltivazione di piante in un ambiente controllato e protetto.
Si applicano tutte le disposizioni della tabella I A, con le seguenti aggiunte/modifiche:
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
Edifici
1
Serra: struttura permanente (7)
non necessario
necessario
necessario
necessario
Attrezzature
3
Accesso mediante compartimento separato dotato di due porte autobloccanti
non necessario
facoltativo
facoltativo
necessario
4
Controllo degli scarichi idrici contaminati
facoltativo
minimizzare gli scarichi (8)
evitare gli scarichi
evitare gli scarichi
Modalità di funzionamento
6
Misure per il controllo delle specie indesiderate quali insetti, roditori, artropodi
necessario
necessario
necessario
necessario
7
Procedure per il trasferimento di materiale biologico tra la struttura protettiva della serra o camera di crescita e il laboratorio che frenino la diffusione di MGM
minimizzare la diffusione
minimizzarela diffusione
evitare la diffusione
evitare la diffusione
Tabella I C
Misure di contenimento e altre misure di protezione per le attività degli stabulari
Si applicano tutte le disposizioni della tabella I A con le seguenti aggiunte/modifiche:
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
Strutture
1
Isolamento dello stabulario (9)
facoltativo
necessario
necessario
necessario
2
Strutture per animali (10) separate da porte munite di serratura
facoltativo
necessario
necessario
necessario
3
Strutture per animali previste in modo da agevolare la decontaminazione [materiale impermeabile e facilmente lavabile (gabbie, ecc.)]
facoltativo
facoltativo
necessario
necessario
4
Pavimento e/o pareti facilmente lavabili
facoltativo
necessario (pavimento)
necessario (pavimento e pareti)
necessario (pavimento e pareti)
5
Animali tenuti in installazioni di contenimento adeguate, quali gabbie, recinti o acquari
facoltativo
facoltativo
facoltativo
facoltativo
6
Filtri per gli isolatori o le camere isolate (11)
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
Tabella II
Misure di contenimento e altre misure di protezione per altre attività
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
Aspetti generali
1
I microrganismi vivi dovrebbero trovarsi in un sistema che separi il processo dall'ambiente (sistema chiuso)
facoltativo
necessario
necessario
necessario
2
Controllo dei gas di scarico del sistema chiuso
non necessario
necessario minimizzare le emissioni
necessario evitare le emissioni
necessario evitare le emissioni
3
Controllo degli aerosol durante il prelievo di campioni, l'aggiunta di materiale ad un sistema chiuso o il trasferimento di materiale ad un altro sistema chiuso
facoltativo
necessario minimizzare le emissioni
necessario evitare le emissioni
necessario evitare le emissioni
4
Inattivazione della massa dei brodi di coltura prima dell'eliminazione dal sistema chiuso
facoltativo
necessario con mezzi convalidati
necessario con mezzi convalidati
necessario con mezzi convalidati
5
I sigilli dovrebbero essere previsti in modo da ridurre al minimo o evitare le emissioni
nessun requisito specifico
minimizzare le emissioni
evitare le emissioni
evitare le emissioni
6
La zona controllata dovrebbe essere prevista in modo da circoscrivere la fuoriuscita dell'intero contenuto del sistema chiuso
facoltativo
facoltativo
necessario
necessario
7
La zona controllata dovrebbe essere sigillabile in modo da consentire la fumigazione
non necessario
facoltativo
facoltativo
necessario
Attrezzature
8
Entrata attraverso una camera di compensazione
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
9
Superfici resistenti ad acqua, acidi, alcali, solventi, disinfettanti e agenti decontaminanti e facili da pulire
necessario (bancone, se presente)
necessario (bancone, se presente)
necessario (bancone, se presente, pavimento)
necessario (bancone, pavimento, soffitto, pareti)
10
Misure specifiche per ventilare adeguatamente la zona controllata in modo da ridurre al minimo la contaminazione atmosferica
facoltativo
facoltativo
facoltativo
necessario
11
La pressione atmosferica nella zona controllata dovrebbe essere mantenuta al di sotto di quella delle immediate circostanze
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
12
L'aria immessa ed emessa dalla zona controllata dovrebbe essere sottoposta ad ultrafiltro (HEPA)
non necessario
non necessario
necessario (aria emessa, facoltativo per l'aria immessa)
necessario (aria immessa ed emessa)
Modalità di funzionamento
13
I sistemi chiusi dovrebbero essere ubicati in una zona controllata
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
14
L'accesso dovrebbe essere limitato al personale addetto
non necessario
necessario
necessario
necessario
15
Deve essere apposto un segno di pericolo biologico
non necessario
necessario
necessario
necessario
17
Il personale dovrebbe fare una doccia prima di uscire dalla zona controllata
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
18
Il personale dovrebbe indossare indumenti protettivi
necessario (indumenti di lavoro)
necessario (indumenti di lavoro)
necessario
cambio completo prima dell'entrata e dell'uscita
Rifiuti
22
Inattivazione degli MGM negli effluenti dei lavandini e delle docce o in effluenti analoghi
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
23
Inattivazione degli MGM nel materiale e nei rifiuti contaminati compresi quelli contenuti negli effluenti di processo prima dello scarico finale
facoltativo
necessario, con mezzi convalidati
necessario, con mezzi convalidati
necessario, con mezzi convalidati
(1)
Isolamento= il laboratorio è separato dalle altre zone dello stesso edificio o si trova in un edificio separato.
(2)
Camera di compensazione= l’accesso deve avvenire attraverso una camera di compensazione che è un compartimento separato dal laboratorio. Il lato esente da contaminazioni della camera di compensazione deve essere separato dalla parte ad accesso limitato da uno spogliatoio o da impianti doccia e, preferibilmente, da porte autobloccanti.
(3) Attività in cui la trasmissione non avviene per via aera.
(4)
HEPA= High Efficiency Particulate Air.
(5) Quando si impiegano virus non trattenuti da filtri HEPA, si renderanno necessari requisiti supplementari per l’aria emessa.
(6) In base a procedure autorizzate, che consentano il trasferimento sicuro del materiale in un’autoclave al di fuori del laboratorio e che offrano un analogo livello di protezione.
(7) La serra deve consistere in una struttura permanente dotata di una copertura completa impermeabile, ubicata in un sito sopraelevato in modo da evitare la penetrazione di scoli superficiali e dotata di porte autochiudentisi e munite di serratura.
(8) Nel caso la trasmissione possa avvenire attraverso il terreno.
(9)
Stabulario: un edificio o un’area separata all’interno di un edificio che contiene strutture per animali e altre aree come spogliatoi, docce, autoclavi, magazzini per alimenti, ecc.
(10)
Strutture per animali: una struttura impiegata normalmente per ospitare animali da stabulare, da allevare o da esperimento o che viene utilizzata per effettuare piccoli interventi chirurgici.
(11)
Isolatori: contenitori trasparenti nei quali gli animali di piccole dimensioni vengono confinati all’interno o all’esterno di una gabbia; per gli animali di grandi dimensioni possono essere più appropriate camere isolate.
ALLEGATO V
Informazioni richieste per la notifica di cui agli articoli 6, 8 e 9
PARTE A
Informazioni da fornire nella notifica di cui all'articolo 6:
—
nome dell'utilizzatore/degli utilizzatori, compresi i responsabili della supervisione e della sicurezza,
—
informazioni sulla formazione e le qualifiche dei responsabili della supervisione e della sicurezza,
—
informazioni dettagliate circa eventuali comitati o sottocomitati biologici,
—
ubicazione e descrizione generale degli impianti,
—
descrizione della natura delle attività che saranno intraprese,
—
classe degli impieghi confinati,
—
solo per gli impieghi confinati della classe 1, riepilogo della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2 e informazioni sulla gestione dei rifiuti.
PARTE B
Informazioni da fornire nella notifica di cui all'articolo 8:
—
data di presentazione della notifica di cui all'articolo 6,
—
nomi dei responsabili della supervisione e della sicurezza nonché informazioni sulla loro formazione e sulle rispettive qualifiche,
—
microrganismo/i ricevente/i, donatore/i e/o parentale/i usato/i o, se del caso, sistema/i ospite-vettore usato/i,
—
fonte/i e funzione/i prevista/e per il/i materiale/i genetico/i utilizzato/i nella/e modificazione/i,
—
identità e caratteristiche del/i microrganismo/i geneticamente modificato/i,
—
scopo dell'impiego confinato, compresi i risultati previsti,
—
volumi di coltura approssimativi che verranno impiegati,
—
descrizione delle misure di contenimento e delle altre misure di protezione da applicare, incluse informazioni sulla gestione dei rifiuti, compresi i rifiuti che saranno generati, il loro trattamento, la forma e l'impiego finali;
—
sintesi della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2,
—
informazioni necessarie all'autorità competente per valutare i piani di intervento in caso di emergenza se previsto dall'articolo 13, paragrafo 1.
PARTE C
Informazioni da fornire nella notifica di cui dell'articolo 9:
a)
—
data di presentazione della notifica a norma dell'articolo 6,
—
nomi dei responsabili della supervisione e della sicurezza nonché informazioni sulla loro formazione e sulle rispettive qualifiche;
b)
—
microrganismo/i ricevente/i o parentale/i da impiegare,
—
sistema/i ospite-vettore usato (se del caso),
—
fonte/i e funzione/i prevista/e per il/i materiale/i genetico/i utilizzato/i nella/e modificazione/i,
—
identità e caratteristiche dell'MGM,
—
volumi di coltura che verranno impiegati;
c)
—
descrizione delle misure di contenimento e delle altre misure di protezione che saranno applicate, incluse informazioni circa la gestione dei rifiuti, compresi il tipo e la forma dei rifiuti che saranno generati, il loro trattamento, la forma e l'impiego finali,
—
scopo dell'impiego confinato, compresi i risultati previsti,
—
descrizione delle parti dell'impianto;
d)
informazioni circa la prevenzione degli incidenti e gli eventuali piani di intervento in caso di emergenza:
—
eventuali pericoli specifici derivanti dall'ubicazione dell'impianto,
—
misure di prevenzione adottate, come apparecchiature di sicurezza, sistemi di allarme e metodi di contenimento,
—
procedure e piani per la verifica dell'efficacia permanente delle misure di contenimento,
—
descrizione delle informazioni fornite al personale,
—
informazioni necessarie all'autorità competente per valutare i piani di intervento in caso di emergenza, se previsto dall'articolo 13, paragrafo 1;
e)
copia della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
ALLEGATO VI
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all'articolo 21)
Direttiva 90/219/CEE del Consiglio
(GU L 117 dell’8.5.1990, pag. 1)
Direttiva 94/51/CE della Commissione
(GU L 297 del 18.11.1994, pag. 29)
Direttiva 98/81/CE del Consiglio
(GU L 330 del 5.12.1998, pag. 13)
Decisione 2001/204/CE del Consiglio
(GU L 73 del 15.3.2001, pag. 32)
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1)
limitatamente al punto 19 dell’allegato III
PARTE B
Termini di attuazione in diritto nazionale
(di cui all’articolo 21)
Atti
Termini di attuazione
90/219/CEE
23 ottobre 1991
94/51/CE
30 aprile 1995
98/81/CE
5 giugno 2000
ALLEGATO VII
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 90/219/CEE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 4, primo comma
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 4, secondo comma
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 5
Articolo 4
Articolo 6
Articolo 5
Articolo 7
Articolo 6
Articolo 8
Articolo 7
Articolo 9
Articolo 8
Articolo 10
Articolo 9
Articolo 11, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 11, paragrafo 4, frase introduttiva
Articolo 10, paragrafo 4, frase introduttiva
Articolo 11, paragrafo 4, primo trattino
Articolo 10, paragrafo 4, lettera a)
Articolo 11, paragrafo 4, secondo trattino
Articolo 10, paragrafo 4, lettera b)
Articolo 12, primo comma
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 12, secondo comma
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 13
Articolo 12
Articolo 14, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 2
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 14, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 15, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 15, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 15, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 15, paragrafo 1, quarto trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 15, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 14, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 15, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 14, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 15, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 14, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 16
Articolo 15
Articolo 17
Articolo 16
Articolo 18
Articolo 17
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 18, paragrafo 1, primo comma
Articolo 19, paragrafo 2
Articolo 18, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 19, paragrafo 3, frase introduttiva
Articolo 18, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 19, paragrafo 3, primo trattino
Articolo 18, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 19, paragrafo 3, secondo trattino
Articolo 18, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 19, paragrafo 3, terzo trattino
Articolo 18, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 19, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 3
Articolo 19, paragrafo 5
Articolo 18, paragrafo 4
Articolo 20
Articolo 19
Articolo 20 bis
—
Articolo 21, paragrafo 1
Articolo 20, paragrafo 1
Articolo 21, paragrafo 2, primo comma
Articolo 20, paragrafo 2 e paragrafo 3, primo comma
Articolo 21, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 20, paragrafo 3, secondo comma
Articolo 21, paragrafo 3
—
Articolo 22
—
—
Articolo 21
—
Articolo 22
Articolo 23
Articolo 23
Allegati da I a V
Allegati da I a V
—
Allegato VI
—
Allegato VII
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/41/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 6 maggio 2009
sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione.
(2)
Ai sensi del trattato, l'azione della Comunità in materia ambientale deve fondarsi sul principio dell'azione preventiva e deve avere come obiettivo, fra l’altro, di salvaguardare, proteggere e migliorare l'ambiente nonché tutelare la salute umana.
(3)
Le misure riguardanti la valutazione e l'uso ottimale della biotecnologia nei confronti dell'ambiente costituiscono un'area prioritaria su cui dovrebbe concentrarsi l'azione della Comunità.
(4)
Lo sviluppo della biotecnologia è tale da contribuire all'espansione economica degli Stati membri. Ciò implica che i microrganismi geneticamente modificati (MGM) saranno impiegati in operazioni di vari tipi ed entità.
(5)
L'impiego confinato di MGM dovrebbe essere effettuato in modo da limitare le loro possibili conseguenze negative sulla salute umana e sull'ambiente, con la dovuta attenzione alla prevenzione degli incidenti e al controllo dei rifiuti.
(6)
I MGM smaltiti senza che siano adeguatamente previste misure specifiche di contenimento al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l'ambiente non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva. Possono applicarsi altre normative comunitarie, come la direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (5).
(7)
I microrganismi rilasciati nell'ambiente in uno Stato membro nel corso del loro impiego confinato possono riprodursi e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri.
(8)
Per permettere uno sviluppo sicuro delle biotecnologie in tutta la Comunità è necessario stabilire misure comuni per la valutazione e la riduzione dei rischi potenziali derivanti da ogni operazione che comporti l'impiego confinato di MGM e stabilire modalità appropriate per l'impiego degli stessi.
(9)
La natura precisa e l'entità dei rischi associati all'impiego confinato di MGM non sono ancora completamente note e i rischi connessi devono essere valutati caso per caso. Al fine di valutare i rischi per la salute dell'uomo e dell'ambiente, è necessario stabilire criteri di valutazione del rischio.
(10)
Gli impieghi confinati di MGM dovrebbero essere classificati in base ai rischi che comportano per la salute umana e l'ambiente. Tale classificazione dovrebbe essere coerente con la prassi internazionale e basarsi su una valutazione dei rischi.
(11)
Per garantire un livello di protezione elevato, le misure di contenimento e le altre misure di protezione applicate a un impiego confinato devono corrispondere alla classificazione di tale impiego confinato. In caso di incertezza, si dovrebbero applicare le idonee misure di contenimento e le altre misure di protezione relative alla classificazione più elevata fino a quando vi siano dati adeguati che giustifichino una riduzione delle misure.
(12)
Per tutte le attività che prevedono l'impiego di MGM si dovrebbero applicare i principi di buona prassi microbiologica nonché di buona sicurezza e igiene del lavoro, secondo la pertinente normativa comunitaria.
(13)
Si dovrebbero applicare misure di confinamento nei vari stadi dell'operazione per controllare le emissioni e lo smaltimento del materiale derivante dagli impieghi confinati di MGM, e prevenire eventuali incidenti.
(14)
Chiunque, prima di intraprendere per la prima volta l'impiego confinato di un MGM in un impianto specifico, dovrebbe presentare una notifica all'autorità competente affinché questa possa sincerarsi che l'impianto proposto è atto a svolgere l'attività in modo da non rappresentare un pericolo per la salute umana e l'ambiente.
(15)
È altresì necessario stabilire procedure appropriate per la notifica, caso per caso, di operazioni specifiche comportanti l'impiego confinato di MGM, tenendo conto del grado di rischio connesso.
(16)
Nel caso di operazioni ad alto rischio è opportuno il consenso dell'autorità competente.
(17)
Le misure di contenimento e le altre misure di protezione applicate agli impieghi confinati dovrebbero essere rivedute periodicamente.
(18)
Si potrebbe ritenere opportuno consultare il pubblico sull'impiego confinato di MGM.
(19)
Le persone che partecipano ad attività che prevedono impieghi confinati dovrebbero essere consultate in base a quanto prevede la normativa comunitaria pertinente, in particolare la direttiva 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (6).
(20)
È opportuno prendere i provvedimenti appropriati per informare qualsiasi persona che potrebbe essere coinvolta in un incidente su tutte le questioni riguardanti la sicurezza.
(21)
Dovrebbero essere stabiliti piani d'emergenza per far fronte in modo efficace agli incidenti.
(22)
Se avviene un incidente, l'utilizzatore dovrebbe informarne immediatamente l'autorità competente comunicando le informazioni necessarie per valutarne la portata e per prendere i provvedimenti appropriati.
(23)
È opportuno che la Commissione, in consultazione con gli Stati membri, stabilisca una procedura per lo scambio d'informazioni sugli incidenti e che la Commissione tenga un registro degli stessi.
(24)
L'impiego confinato dei MGM nella Comunità dovrebbe essere tenuto sotto controllo e a tal fine gli Stati membri dovrebbero fornire alla Commissione determinate informazioni.
(25)
Al fine di essere considerati sicuri per la salute umana e per l'ambiente i MGM dovrebbero corrispondere all’elenco di criteri di cui all’allegato II, parte B. Per tener conto della rapidità con la quale la biotecnologia sta avanzando, della natura dei criteri da elaborare e della portata limitata di detto elenco, è appropriato che il Consiglio definisca e riveda tali criteri, che devono, se del caso, essere completati da note esplicative dettagliate al fine di facilitare la loro applicazione
(26)
Le misure necessarie per l’applicazione della presente direttiva sono adottate in conformità alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).
(27)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare le misure necessarie per l'adeguamento tecnico degli allegati II, III, IV e V e per l'adeguamento dell'allegato II, parte C. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(28)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano esclusivamente le procedure di comitato. Non sono pertanto necessari, al riguardo, provvedimenti di recepimento da parte degli Stati membri.
(29)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell'allegato VI, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce misure comuni per l'impiego confinato dei microrganismi geneticamente modificati per tutelare la salute dell'uomo e l'ambiente.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:
a) «microrganismi»: ogni entità microbiologica, cellulare e non cellulare, capace di replicarsi o di trasferire materiale genetico, compresi virus, viroidi e cellule animali e vegetali in coltura;
b) «microrganismo geneticamente modificato» (MGM): un microrganismo il cui materiale genetico è stato modificato in un modo non naturale mediante moltiplicazione o ricombinazione naturale: nell'ambito di questa definizione:
c) «impiego confinato»: ogni attività nella quale i microrganismi sono modificati geneticamente o nella quale tali MGM sono messi in coltura, conservati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati, e per la quale vengono usate misure specifiche di contenimento al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione e con l'ambiente e per garantire a questi ultimi un livello elevato di sicurezza;
d) «incidente»: ogni evento imprevisto che comporti una diffusione significativa e non intenzionale di MGM nel corso del loro impiego confinato e che possa presentare un pericolo, immediato o differito, per la salute dell'uomo o per l'ambiente;
e) «utilizzatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica responsabile dell'impiego confinato di MGM;
f) «notifica»: la presentazione delle informazioni richieste alle autorità competenti di uno Stato membro.
Articolo 3
1. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 1, la presente direttiva non si applica:
a)
qualora la modificazione genetica sia ottenuta con l'impiego delle tecniche o delle metodologie elencate nell'allegato II, parte A; o
b)
per impieghi confinati concernenti soltanto tipi di MGM che soddisfino i criteri elencati nell'allegato II, parte B, che ne stabiliscono la sicurezza per la salute umana e per l'ambiente. Tali tipi di MGM devono essere elencati nell'allegato II, parte C.
2. L'articolo 4, paragrafi 3 e 6 e gli articoli da 5 a 11 non si applicano al trasporto di MGM su strada, per ferrovia, per via navigabile interna, per mare o per via aerea.
3. La presente direttiva non si applica alla conservazione, alla coltura, al trasporto, alla distruzione, allo smaltimento o all'impiego di MGM immessi sul mercato in base alla direttiva 2001/18/CE, o ad altra normativa comunitaria, che comporti una specifica valutazione dei rischi ambientali equivalente a quella stabilita da tale direttiva, a condizione che l'impiego confinato soddisfi gli eventuali requisiti del consenso per l'immissione sul mercato.
Articolo 4
1. Gli Stati membri provvedono affinché siano prese le misure adeguate per evitare gli effetti nocivi che l'impiego confinato di MGM potrebbe esercitare sulla salute dell'uomo e sull'ambiente.
2. A tal fine, l'utilizzatore procede a una valutazione degli impieghi confinati ai fini dei rischi per la salute umana e per l'ambiente che tale uso confinato può presentare, utilizzando quale criterio minimo gli elementi di valutazione e la procedura di cui all'allegato III, parti A e B.
3. La valutazione di cui al paragrafo 2 si ottiene dalla classificazione finale degli impieghi confinati in quattro classi mediante l'applicazione della procedura di cui all'allegato III, che determinerà l'attribuzione dei livelli di contenimento a norma dell'articolo 5:
Classe 1
:
operazioni che presentano rischi nulli o trascurabili, ovvero operazioni per le quali un livello 1 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
Classe 2
:
operazioni a basso rischio, ovvero operazioni per le quali un livello 2 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
Classe 3
:
operazioni che presentano un rischio moderato, ovvero operazioni per le quali un livello 3 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
Classe 4
:
operazioni ad alto rischio, ovvero operazioni per le quali un livello 4 di contenimento è adeguato a proteggere la salute umana e l'ambiente.
4. Qualora sussista un dubbio su quale classe sia appropriata per l'impiego confinato proposto, si applicano le misure di protezione più rigorose, a meno che vi sia prova sufficiente, d'intesa con l'autorità competente, che giustifichi l'applicazione di misure meno rigorose.
5. La valutazione di cui al paragrafo 2 tiene in particolare considerazione il problema dello smaltimento dei rifiuti e degli effluenti. Se necessario, si applicano le necessarie misure di sicurezza ai fini della tutela della salute umana e dell'ambiente.
6. L'utilizzatore terrà un verbale della valutazione di cui al paragrafo 2 che, in forma appropriata, sarà messo a disposizione delle autorità competenti in quanto parte della notifica a norma degli articoli 6, 8 e 9 o a richiesta.
Articolo 5
1. L'utilizzatore applica, tranne quando il punto 2 dell'allegato IV consenta l'applicazione di altre misure, i principi generali e le appropriate misure di contenimento e le altre misure di protezione di cui all'allegato IV corrispondenti alla classe dell'impiego confinato, in modo da mantenere l'esposizione del luogo di lavoro e dell'ambiente a MGM al più basso livello ragionevolmente realizzabile, e assicurare un alto livello di sicurezza.
2. La valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2, le misure di confinamento e le altre misure di protezione applicate sono periodicamente riesaminate. Si procede immediatamente al riesame qualora:
a)
le misure di contenimento applicate non siano più adeguate o la classe attribuita all'impiego confinato non sia più appropriata;
b)
vi sia ragione di ritenere che la valutazione non sia più adeguata alla luce delle nuove conoscenze tecniche o scientifiche.
Articolo 6
Qualora si proceda per la prima volta in un determinato impianto a un impiego confinato, l'utilizzatore è tenuto a sottoporre alle autorità competenti, prima di iniziare tale impiego, una notifica contenente almeno le informazioni elencate nell'allegato V, parte A.
Articolo 7
Dopo la notifica di cui all'articolo 6, il successivo impiego confinato della classe 1 può aver luogo senza ulteriori notifiche. Gli utilizzatori di MGM per impieghi confinati della classe 1 devono conservare i verbali relativi alle valutazioni di cui all'articolo 4, paragrafo 6, e devono metterli a disposizione delle competenti autorità a loro richiesta.
Articolo 8
1. Per gli impieghi confinati della classe 2 in impianti notificati a norma dell'articolo 6 deve essere presentata, sia in occasione del primo impiego che di quelli successivi, una notifica che contenga le informazioni elencate nell'allegato V, parte B.
2. Se gli impianti sono stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 2 o di una classe più elevata e sono stati rispettati gli obblighi previsti dall'autorizzazione, l'impiego confinato della classe 2 può aver luogo subito dopo la nuova notifica.
Il richiedente può comunque chiedere all'autorità competente un'autorizzazione formale. Tale decisione va presa entro e non oltre quarantacinque giorni dalla notifica.
3. Se gli impianti non sono stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 2 o di una classe più elevata, l'impiego confinato della classe 2 può avere luogo, in assenza di indicazioni contrarie da parte dell'autorità competente, quarantacinque giorni dopo la presentazione della notifica di cui al paragrafo 1, o entro un termine più breve ove vi sia l'accordo dell'autorità competente.
Articolo 9
1. Per quanto riguarda gli impieghi confinati della classe 3 o della classe 4 da eseguire in impianti notificati a norma dell'articolo 6, occorre presentare, sia in occasione del primo impiego che di quelli successivi, una notifica che contenga le informazioni elencate nell'allegato V, parte C.
2. Un impiego confinato della classe 3 o di una classe più elevata non può aver luogo senza l'approvazione dell'autorità competente, che comunica la sua decisione per iscritto:
a)
entro e non oltre quarantacinque giorni dalla presentazione di una nuova notifica, se gli impianti sono stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 3 o di una classe più elevata e se sono stati rispettati gli obblighi previsti dall'autorizzazione per un impiego confinato della stessa classe o di una classe superiore a quella cui si intende ricorrere;
b)
entro e non oltre novanta giorni dalla presentazione della notifica negli altri casi.
Articolo 10
1. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità competenti ad attuare le misure adottate in applicazione della presente direttiva e a ricevere e certificare le notifiche di cui agli articoli 6, 8 e 9.
2. L’autorità competente esamina la conformità delle notifiche alla presente direttiva, l'accuratezza e la completezza delle informazioni fornite, la correttezza della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2 e dell'attribuzione della classe di impiego confinato e, se opportuno, l'adeguatezza delle misure di contenimento e delle altre misure di protezione, della gestione dei rifiuti e delle misure relative alle situazioni di emergenza.
3. Se necessario, l'autorità competente può:
a)
chiedere all'utilizzatore di fornire ulteriori informazioni o di apportare modifiche alle modalità dell'impiego confinato proposto o di modificare la classe attribuita all'impiego o agli impieghi confinati. In questo caso, l'autorità competente può richiedere che l'impiego confinato, se proposto, non sia avviato o, se in atto, venga sospeso o vi si ponga fine, fintanto che essa non abbia dato la sua approvazione in base alle ulteriori informazioni ottenute o alle modificate modalità di impiego confinato;
b)
delimitare il periodo entro il quale l'impiego confinato è permesso o vincolarlo a condizioni specifiche.
4. Per calcolare i periodi di cui agli articoli 8 e 9, i periodi in cui l'autorità competente:
a)
è in attesa delle informazioni supplementari che abbia eventualmente richiesto al notificante a norma del paragrafo 3, lettera a); ovvero
b)
svolge una pubblica inchiesta o consultazione a norma dell'articolo 12 non sono presi in considerazione.
Articolo 11
1. L'utilizzatore, qualora disponga di nuove informazioni pertinenti o modifichi l'impiego confinato in modo che ne possano risultare significative conseguenze per i rischi che quest'ultimo comporta, ne informa il più rapidamente possibile l'autorità competente e modifica la notifica di cui agli articoli 6, 8 e 9.
2. L'autorità competente, qualora disponga di informazioni successive che possono comportare significative conseguenze per i rischi che l'impiego confinato comporta, può esigere che l'utilizzatore modifichi le modalità dell'impiego confinato, sospenda o ponga fine a quest'ultimo.
Articolo 12
Fatto salvo l'articolo 18, qualora gli Stati membri lo ritengano opportuno, possono prevedere la consultazione del pubblico sugli aspetti dell'impiego confinato proposto.
Articolo 13
1. L’autorità competente provvede affinché, prima che un impiego confinato abbia inizio:
a)
sia elaborato un piano di emergenza relativo agli impieghi confinati qualora il mancato funzionamento delle misure di contenimento possa comportare pericoli gravi nell'immediato o successivamente per gli individui al di fuori degli impianti e/o per l'ambiente, ad eccezione dei casi in cui tale piano di emergenza sia stato predisposto in applicazione di altre normative comunitarie;
b)
le informazioni sui piani di emergenza e sulle pertinenti misure di sicurezza siano fornite in modo appropriato e senza bisogno di richiesta agli organismi e alle autorità che possono essere coinvolti in un incidente. Le informazioni devono essere aggiornate a intervalli opportuni. Esse devono anche essere disponibili al pubblico.
2. Gli Stati membri interessati mettono simultaneamente a disposizione degli altri Stati membri interessati, quale base per le consultazioni necessarie nell'ambito delle loro relazioni bilaterali, le stesse informazioni comunicate ai propri cittadini.
Articolo 14
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché, in caso di incidente, l'utilizzatore sia tenuto a informare immediatamente l'autorità competente di cui all'articolo 10 e a fornire le seguenti informazioni:
a)
circostanze dell'incidente;
b)
identità e quantità degli MGM interessati;
c)
informazioni necessarie alla valutazione degli effetti dell'incidente sulla salute della popolazione e sull'ambiente;
d)
misure adottate.
2. Qualora siano state fornite le informazioni di cui al paragrafo 1, gli Stati membri devono:
a)
provvedere affinché vengano prese tutte le misure necessarie e avvertire immediatamente tutti gli Stati membri che possono essere coinvolti nell'incidente;
b)
raccogliere, ove possibile, le informazioni necessarie a un'analisi completa dell'incidente e, se del caso, fare raccomandazioni per evitare che simili incidenti si verifichino in futuro e per limitarne le conseguenze.
Articolo 15
1. Ciascuno Stato membro deve:
a)
consultarsi con gli altri Stati membri che possano essere coinvolti in un incidente, sulla proposta attuazione di piani di emergenza;
b)
informare quanto prima la Commissione di ogni incidente che rientri nel campo di applicazione della presente direttiva, fornendo elementi dettagliati sulle circostanze dell'incidente, sull'identità e sulle quantità degli MGM interessati, sulle misure correttive adottate e sulla loro efficacia, unitamente a un'analisi dell'incidente accompagnata da raccomandazioni volte a limitare gli effetti del medesimo ed evitare simili incidenti in futuro.
2. La Commissione, in consultazione con gli Stati membri, stabilisce una procedura per lo scambio di informazioni a norma del paragrafo 1. Essa inoltre compila e tiene a disposizione degli Stati membri un registro degli incidenti verificatisi che rientrano nel campo di applicazione della direttiva, contenente un'analisi delle cause di tali incidenti, informazioni circa l'esperienza acquisita nonché le misure adottate per evitare simili incidenti in futuro.
Articolo 16
Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente organizzi ispezioni e altre misure di controllo ai fini di assicurare il rispetto della presente direttiva da parte dell'utilizzatore.
Articolo 17
1. Gli Stati membri inviano alla Commissione, alla fine di ogni anno, una relazione sintetica sugli impieghi confinati della classe 3 e della classe 4 notificati durante l'anno a norma dell'articolo 9, contenente la descrizione, i fini e i rischi dell'impiego o degli impieghi confinati.
2. Ogni tre anni, e con inizio il 5 giugno 2003, gli Stati membri inviano alla Commissione una relazione sintetica sull'esperienza acquisita nel quadro della presente direttiva.
3. Ogni tre anni, e con inizio il 5 giugno 2004, la Commissione pubblica una sintesi basata sulle relazioni di cui al paragrafo 2.
4. La Commissione può pubblicare informazioni statistiche generali sull'applicazione della presente direttiva e su questioni ad essa connesse purché tali informazioni non contengano elementi che possano arrecare pregiudizio alla posizione di concorrenza di un utilizzatore.
Articolo 18
1. Qualora la divulgazione pregiudichi uno o più elementi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale (8), il notificante può indicare quali informazioni contenute nelle notifiche inoltrate a norma della presente direttiva debbano essere trattate come riservate. In tali casi deve essere fornita una motivazione verificabile.
L'autorità competente decide, previa consultazione del notificante, quali informazioni debbano essere trattate come riservate e informa il notificante della decisione adottata.
2. In nessun caso possono essere trattate come riservate le seguenti informazioni, comunicate a norma degli articoli 6, 8 o 9:
a)
le caratteristiche generali degli MGM, nome e indirizzo del notificante e località dell'impiego;
b)
classe dell'impiego confinato e misure di contenimento;
c)
valutazione degli effetti prevedibili, in particolare gli effetti nocivi per la salute umana e per l'ambiente.
3. La Commissione e l’autorità competente non divulgano a terzi informazioni dichiarate riservate a norma del paragrafo 1, secondo comma e notificate o altrimenti fornite in forza della presente direttiva, e devono tutelare i diritti di proprietà intellettuale relativi ai dati ricevuti.
4. Se per qualsiasi motivo il notificante ritira la notifica, l'autorità competente deve rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute.
Articolo 19
Le misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, relative all'adattamento al progresso tecnico degli allegati II, III, IV e V e dell'allegato II, parte C, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 20, paragrafo 2.
Articolo 20
1. La Commissione è assistita da un Comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenuto conto del disposto dell'articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenuto conto del disposto dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 21
La direttiva 90/219/CEE, come modificata dagli atti di cui all'allegato VI, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all'allegato VI, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato VII.
Articolo 22
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 23
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 6 maggio 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. KOHOUT
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 85.
(2) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 30 marzo 2009.
(3) GU L 117 dell’8.5.1990, pag. 1.
(4) Cfr. allegato VI, parte A.
(5) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1.
(6) GU L 262 del 17.10.2000, pag. 21.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26.
ALLEGATO I
PARTE A
Sono considerate, tra l'altro, tecniche di modificazione genetica di cui all'articolo 2, lettera b), punto i):
1)
tecniche di ricombinazione di acido nucleico che comportano la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento di molecole di acido nucleico prodotte con qualsiasi mezzo diverso da un organismo, in un virus, in plasmide batterico o altro sistema vettore e il loro inserimento in un organismo ospite nel quale non si presentano in natura ma nel quale sono in grado di moltiplicarsi in maniera continuativa;
2)
tecniche che ricorrono all'introduzione diretta in un microrganismo di materiale ereditabile preparato al di fuori dello stesso, comprese la microinoculazione, la macroinoculazione e la microincapsulazione;
3)
tecniche di fusione cellulare o di ibridazione che producono cellule vive con nuove combinazioni di materiale genetico ereditabile mediante la fusione di due o più cellule con metodi non presenti in natura.
PARTE B
Tecniche di cui all'articolo 2, lettera b), punto ii), che non sono considerate tecniche di modificazione genetica, se non comportano ricorso a molecole di ricombinazione di acido nucleico o a microrganismi geneticamente modificati prodotti con tecniche/metodologie diverse da quelle escluse dall'allegato II, parte A:
1)
fecondazione in vitro;
2)
processi naturali come: coniugazione, transduzione, trasformazione;
3)
induzione della poliploidia.
ALLEGATO II
PARTE A
Tecniche/metodologie di modificazione genetica che danno luogo a microrganismi che devono essere esclusi dalla presente direttiva se non comportano il ricorso a molecole ricombinanti di acido nucleico o a microrganismi geneticamente modificati diversi dagli MGM prodotti mediante una o più delle tecniche/metodologie di seguito elencate:
1)
mutagenesi;
2)
fusione cellulare (compresa la fusione di protoplasti) di specie procariotiche che scambiano materiale genetico mediante processi fisiologici noti;
3)
fusione cellulare (compresa la fusione di protoplasti) di cellule di qualsiasi specie eucariotica, compresa la produzione di ibridomi e la fusione di cellule vegetali;
4)
autoclonazione consistente nell’eliminazione di sequenze di acido nucleico da una cellula di un organismo che può essere seguita o meno dal reinserimento in tutto o in parte dell’acido nucleico interessato (o di un equivalente sintetico), che si effettui o meno, in via preliminare, un intervento enzimatico o meccanico, in cellule della stessa specie o in cellule molto vicine da un punto di vista fitogenetico, che possono scambiare materiale genetico mediante processi fisiologici naturali, qualora per il microrganismo che ne derivi sia improbabile attendersi che provochi malattie ad esseri umani, animali o piante.
L’autoclonazione può comprendere il ricorso a vettori ricombinanti il cui impiego sicuro nel microrganismo specifico sia ampiamente documentato.
PARTE B
Criteri per stabilire la sicurezza degli MGM per la salute umana e l’ambiente
Nel presente allegato sono descritti in termini generali i criteri che consentono di stabilire la sicurezza di determinati tipi di MGM per la salute umana e l’ambiente e la loro idoneità ad essere inseriti nella parte C. Note tecniche orientative potranno essere elaborate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 20, paragrafo 3, al fine di facilitare l’esecuzione e la comprensione del presente allegato.
1. Introduzione
I tipi di MGM inseriti nella parte C secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 2, non rientrano nella sfera di applicazione della presente direttiva. L’inserimento di un MGM in tale elenco avviene solo previo esame caso per caso e l’esclusione riguarda un MGM ben definito. L’esclusione riguarda solo gli MGM destinati ad un impiego confinato, come da definizione dell’articolo 2, lettera c), ma non i casi di immissione deliberata nell’ambiente di MGM. Per essere inserito nell’elenco di cui alla parte C un MGM deve essere conforme ai criteri specificati qui di seguito.
2. Criteri generali
2.1. Verifica/convalida del ceppo
Occorre stabilire con precisione l’identità del ceppo ed inoltre conoscere e verificare la modificazione.
2.2. Prove documentate e riconosciute della sicurezza dell’MGM
Occorre fornire documenti a riprova della sicurezza dell’organismo.
2.3. Stabilità genetica
Qualora un’eventuale instabilità genetica possa influire negativamente sulla sicurezza dell’organismo, occorre fornire prova della sua stabilità genetica.
3. Criteri specifici
3.1. Assenza di patogenicità
L’MGM non deve causare malattie o danni alla salute di soggetti umani, piante o animali. La patogenicità comprende anche la tossinogenicità e l’allergenicità. Di conseguenza l’MGM deve essere caratterizzato anche da:
3.1.1. Assenza di tossinogenicità
L’MGM non deve comportare un incremento della tossinogenicità a causa della modificazione genetica subita, né essere noto per le sue proprietà tossinogeniche.
3.1.2. Assenza di allergenicità
L’MGM non deve comportare un incremento dell’allergenicità a causa della modificazione genetica subita, né essere un noto allergene dotato, in particolare, di proprietà allergeniche comparabili a quelle dei microrganismi identificati nella direttiva 2000/54/CE.
3.2. Assenza di agenti nocivi avventizi
L’MGM non deve ospitare accidentalmente agenti noti, ad esempio altri microrganismi, in stato attivo o latente, presenti nei pressi o all’interno dell’MGM, che potrebbero causare danni alla salute umana o all’ambiente.
3.3. Trasferimento di geni
Il materiale genetico modificato non deve risultare dannoso se trasferito, né essere autotrasmissibile o trasferibile con frequenza superiore a quella di altri geni del microrganismo ricevente o parentale.
3.4. Sicurezza per l’ambiente in caso di dispersione significativa non intenzionale
L’MGM non deve produrre effetti negativi sull’ambiente, né nell’immediato né a distanza di tempo, qualora dovesse verificarsi un incidente che comporti una significativa dispersione non intenzionale dell’MGM.
Gli MGM che non rispondono ai criteri di cui sopra non possono essere inseriti nella parte C.
PARTE C
Tipi di MGM che soddisfano i criteri elencati nella parte B:
… (da completare secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 20, paragrafo 2).
ALLEGATO III
Principi da seguire per la valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2
Il presente allegato descrive in termini generali gli elementi da prendere in considerazione e la procedura da seguire per procedere alla valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Note tecniche orientative (1) potranno essere elaborate secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 20, paragrafo 3, al fine di facilitare l'attuazione e la comprensione del presente allegato, con particolare riferimento alla sezione B.
A. Elementi di valutazione
1.
Quelli che seguono dovrebbero essere considerati effetti potenzialmente nocivi:
—
affezioni per gli esseri umani, inclusi gli effetti tossici o allergici,
—
malattie per animali o piante,
—
effetti deleteri dovuti all'impossibilità di curare la malattia o di predisporre un'efficace profilassi,
—
effetti deleteri dovuti allo stabilimento o alla diffusione nell'ambiente,
—
effetti deleteri dovuti al trasferimento per via naturale ad altri organismi del materiale genetico inserito.
2.
La valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2 si dovrebbe basare sui seguenti elementi:
a)
l'individuazione di tutti gli effetti potenzialmente nocivi delle operazioni, in particolare quelli associati con:
i)
il microrganismo ricevente;
ii)
il materiale genetico inserito (proveniente dall'organismo donatore);
iii)
il vettore;
iv)
il microrganismo donatore (qualora esso intervenga nell'operazione);
v)
l'MGM che ne deriva;
b)
le caratteristiche delle operazioni;
c)
la gravità degli effetti potenzialmente nocivi;
d)
la probabilità che i suddetti effetti si traducano in pratica.
B. Procedura
3.
La prima fase della procedura di valutazione dovrebbe consistere nell'individuare le proprietà nocive del ricettore e, se del caso, del microrganismo donatore, le eventuali caratteristiche di pericolosità associate al vettore o al materiale inserito, compresa ogni eventuale alterazione delle proprietà proprie del ricevente.
4.
In generale, soltanto gli MGM che posseggono le seguenti caratteristiche dovrebbero essere considerati tali da poter rientrare nella classe 1 di cui all'articolo 4, paragrafo 3:
i)
è improbabile che il microrganismo ricevente o quello parentale provochino malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante (2);
ii)
la natura del vettore e dell'inserimento è tale da non conferire all'MGM un fenotipo in grado di provocare malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante (2), o di avere effetti nocivi sull'ambiente;
iii)
è improbabile che l'MGM provochi malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante (2) o abbia effetti nocivi sull'ambiente.
5.
L'utilizzatore può prendere conoscenza delle informazioni necessarie ad attuare tale procedura tenendo conto in primo luogo della normativa comunitaria pertinente (in particolare la direttiva 2000/54/CE). Possono essere presi in considerazione anche schemi di classificazione nazionali o internazionali (per esempio, Organizzazione mondiale della sanità, Istituti nazionali di sanità) e le relative versioni aggiornate in conseguenza di nuove conoscenze scientifiche e del progresso tecnico.
Questi schemi riguardano microrganismi naturali e in quanto tali si basano solitamente sulla capacità dei microrganismi di provocare malattie per gli esseri umani, gli animali o le piante e sulla gravità e trasmissibilità della malattia che essi sono in grado di provocare. La direttiva 2000/54/CE classifica i microrganismi, in quanto agenti biologici, in quattro gruppi di rischio nella base dei loro effetti potenziali su un individuo adulto sano. Tali gruppi di rischio possono essere usati come riferimenti ai fini della classificazione delle attività di impiego confinato nelle quattro classi di rischio di cui all'articolo 4, paragrafo 3. L'utilizzatore può anche prendere in considerazione gli schemi di classificazione che si riferiscono agli agenti patogeni per le piante e per gli animali (di solito stabiliti su base nazionale). I suddetti schemi di classificazione forniscono solo un'indicazione provvisoria della classe di rischio dell'attività e delle relative misure di contenimento e di controllo.
6.
La procedura di individuazione del rischio, eseguita a norma dei precedenti punti 3, 4 e 5 dovrebbe portare all'individuazione del livello di rischio associato all'MGM.
7.
La selezione di misure di contenimento e di altre misure di protezione dovrebbe quindi basarsi sul livello di rischio associato all'MGM, tenendo presenti nel contempo:
i)
le caratteristiche dell'ambiente potenzialmente esposto (per esempio se nell'ambiente potenzialmente esposto agli MGM siano presenti bioti noti che possano subire effetti nocivi a causa dei microrganismi utilizzati nelle attività di impiego confinato);
ii)
le caratteristiche dell'operazione (per esempio proporzioni e/o natura);
iii)
qualsivoglia operazione fuori norma (per esempio inoculazione di MGM negli animali; uso di apparecchi potenzialmente generatori di aerosol).
La considerazione dei precedenti punti i), ii) e iii), per ogni operazione specifica può incrementare, ridurre o lasciare inalterato il livello di rischio associato all'MGM indicato al punto 6.
8.
L'analisi eseguita in base a quanto precedentemente descritto porterà all'assegnazione definitiva dell'operazione ad una delle classi di cui all'articolo 4, paragrafo 3.
9.
La classificazione definitiva dell'impiego confinato dovrebbe essere confermata mediante una revisione della valutazione completa di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
(1) Cfr. decisione 2000/608/CE della Commissione, del 27 settembre 2000, sulle note orientative per la valutazione del rischio di cui all'allegato III della direttiva 90/219/CEE sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (GU L 258 del 12.10.2000, pag. 43).
(2) Si dovrebbe applicare solo agli animali e alle piante presenti nell'ambiente potenzialmente esposto.
ALLEGATO IV
MISURE DI CONTENIMENTO E ALTRE MISURE DI PROTEZIONE
Principi generali
1.
Le presenti tabelle indicano i requisiti minimi normali e le misure necessarie per ciascun livello di contenimento.
Il contenimento si ottiene anche mediante il ricorso a buone pratiche di lavoro, alla formazione, ad attrezzature di contenimento e ad una speciale progettazione degli impianti. Per tutte le operazioni che prevedono l'impiego di MGM si applicano i principi di buona prassi microbiologica, nonché i seguenti principi di buona sicurezza e igiene del lavoro:
i)
mantenere l'esposizione del luogo di lavoro e dell'ambiente agli MGM al più basso livello ragionevolmente realizzabile;
ii)
effettuare misure di controllo tecnico alla fonte ed integrarle, se del caso, con adeguati indumenti protettivi personali ed attrezzature;
iii)
verificare adeguatamente e mantenere in funzione misure e attrezzature di controllo;
iv)
verificare, se del caso, la presenza di organismi vivi al di fuori del contenimento fisico primario;
v)
fornire al personale una formazione adeguata;
vi)
istituire, se necessario, comitati o sottocomitati di sicurezza biologica;
vii)
elaborare ed applicare, a seconda delle necessità, codici di pratica locali per la sicurezza del personale;
viii)
se del caso, esporre segnali di rischio biologico;
ix)
fornire strutture per il lavaggio e la decontaminazione del personale;
x)
conservare le adeguate registrazioni;
xi)
proibire di mangiare, bere, fumare, applicare cosmetici o conservare cibo destinato al consumo umano nell'area di lavoro;
xii)
vietare l'uso di pipette a bocca;
xiii)
fornire, se del caso, procedure operative standard scritte volte a garantire la sicurezza;
xiv)
avere a disposizione disinfettanti efficaci e procedure di disinfezione specifiche in caso di fuoriuscita di MGM;
xv)
fornire, se del caso, luoghi assolutamente sicuri per il deposito di attrezzatura e di materiali del laboratorio contaminati.
2.
I titoli delle tabelle sono indicativi.
La tabella I A indica i requisiti minimi per le attività di laboratorio.
La tabella I B riporta aggiunte e modifiche alla tabella I A relativamente alle attività in serra o in camera di crescita che prevedono l'impiego di MGM.
La tabella I C riporta aggiunte e modifiche della tabella I A relativamente alle attività con animali che prevedono l'impiego di MGM.
La tabella II indica i requisiti minimi per attività diverse da quelle di laboratorio.
In casi particolari, potrebbe essere necessario applicare una combinazione di misure dello stesso livello, indicate dalla tabella I A e dalla tabella II.
In alcuni casi gli utilizzatori, previo accordo dell'autorità competente, possono non applicare una specifica ad un particolare livello di confinamento o combinare specifiche di due livelli diversi.
Nelle presenti tabelle «facoltativo» significa che l'utilizzatore può applicare dette misure, caso per caso, sulla base della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
3.
Per maggiore chiarezza sui requisiti prescritti, in sede di applicazione del presente allegato gli Stati membri possono inoltre incorporare nelle tabelle che seguono i principi generali contenuti nei punti 1 e 2.
Tabella I A
Misure di contenimento e altre misure di protezione per le attività di laboratorio
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
1
Ambienti di laboratorio: isolamento (1)
non necessario
non necessario
necessario
necessario
2
Laboratorio: sigillabile in modo da consentire la fumigazione
non necessario
non necessario
necessario
necessario
Attrezzature
3
Superfici resistenti ad acqua, acidi, alcali, solventi, disinfettanti e agenti decontaminanti e facili da pulire
necessario (bancone)
necessario (bancone)
necessario (bancone, pavimento)
necessario (bancone, pavimento, soffitto, pareti)
4
Accesso al laboratorio attraverso camera di compensazione (2)
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
5
Pressione negativa rispetto alla pressione nelle immediate circostanze
non necessario
non necessario
necessario ad eccezione di (3)
necessario
6
L'aria immessa nel ed emessa dal laboratorio deve essere sottoposta a ultrafiltro (HEPA) (4)
non necessario
non necessario
necessario (HEPA) — aria emessa ad eccezione di (3)
necessario (HEPA) — aria immessa ed emessa (5)
7
Posto di sicurezza microbiologica
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
8
Autoclave
nel sito
nell'edificio
sul piano (6)
in laboratorio = a doppia entrata
Modalità di funzionamento
9
Accesso limitato
non necessario
necessario
necessario
necessario
10
Segnale di pericolo biologico sulla porta
non necessario
necessario
necessario
necessario
11
Misure specifiche per controllare la diffusione di aerosol
non necessario
necessario minimizzare
necessario prevenire
necessario prevenire
13
Doccia
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
14
Indumenti protettivi
indumenti di protezione adeguati
indumenti di protezione adeguati
indumenti di protezione e (facoltativo) calzature adeguate
cambio completo di indumenti e calzature all'entrata e all'uscita
15
Guanti
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
18
Controllo efficiente di possibili vettori (ad esempio per roditori ed insetti)
facoltativo
necessario
necessario
necessario
Rifiuti
19
Inattivazione degli MGM negli effluenti dei lavandini, degli scarichi o delle docce, se presenti, o in effluenti analoghi
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
20
Inattivazione degli MGM nei materiali e nei rifiuti contaminati
facoltativo
necessario
necessario
necessario
Altre misure
21
Il laboratorio deve contenere la propria attrezzatura
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
23
Deve essere presente una finestra di osservazione, o una soluzione alternativa, che consenta di vedere gli occupanti
facoltativo
facoltativo
facoltativo
necessario
Tabella I B
Misure di contenimento e altre misure di protezione per serre e camere di crescita
I termini «serra» e «camera di crescita» si riferiscono ad una struttura dotata di pareti, tetto e pavimento progettata ed utilizzata principalmente per la coltivazione di piante in un ambiente controllato e protetto.
Si applicano tutte le disposizioni della tabella I A, con le seguenti aggiunte/modifiche:
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
Edifici
1
Serra: struttura permanente (7)
non necessario
necessario
necessario
necessario
Attrezzature
3
Accesso mediante compartimento separato dotato di due porte autobloccanti
non necessario
facoltativo
facoltativo
necessario
4
Controllo degli scarichi idrici contaminati
facoltativo
minimizzare gli scarichi (8)
evitare gli scarichi
evitare gli scarichi
Modalità di funzionamento
6
Misure per il controllo delle specie indesiderate quali insetti, roditori, artropodi
necessario
necessario
necessario
necessario
7
Procedure per il trasferimento di materiale biologico tra la struttura protettiva della serra o camera di crescita e il laboratorio che frenino la diffusione di MGM
minimizzare la diffusione
minimizzarela diffusione
evitare la diffusione
evitare la diffusione
Tabella I C
Misure di contenimento e altre misure di protezione per le attività degli stabulari
Si applicano tutte le disposizioni della tabella I A con le seguenti aggiunte/modifiche:
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
Strutture
1
Isolamento dello stabulario (9)
facoltativo
necessario
necessario
necessario
2
Strutture per animali (10) separate da porte munite di serratura
facoltativo
necessario
necessario
necessario
3
Strutture per animali previste in modo da agevolare la decontaminazione [materiale impermeabile e facilmente lavabile (gabbie, ecc.)]
facoltativo
facoltativo
necessario
necessario
4
Pavimento e/o pareti facilmente lavabili
facoltativo
necessario (pavimento)
necessario (pavimento e pareti)
necessario (pavimento e pareti)
5
Animali tenuti in installazioni di contenimento adeguate, quali gabbie, recinti o acquari
facoltativo
facoltativo
facoltativo
facoltativo
6
Filtri per gli isolatori o le camere isolate (11)
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
Tabella II
Misure di contenimento e altre misure di protezione per altre attività
Specifiche
Livelli di contenimento
1
2
3
4
Aspetti generali
1
I microrganismi vivi dovrebbero trovarsi in un sistema che separi il processo dall'ambiente (sistema chiuso)
facoltativo
necessario
necessario
necessario
2
Controllo dei gas di scarico del sistema chiuso
non necessario
necessario minimizzare le emissioni
necessario evitare le emissioni
necessario evitare le emissioni
3
Controllo degli aerosol durante il prelievo di campioni, l'aggiunta di materiale ad un sistema chiuso o il trasferimento di materiale ad un altro sistema chiuso
facoltativo
necessario minimizzare le emissioni
necessario evitare le emissioni
necessario evitare le emissioni
4
Inattivazione della massa dei brodi di coltura prima dell'eliminazione dal sistema chiuso
facoltativo
necessario con mezzi convalidati
necessario con mezzi convalidati
necessario con mezzi convalidati
5
I sigilli dovrebbero essere previsti in modo da ridurre al minimo o evitare le emissioni
nessun requisito specifico
minimizzare le emissioni
evitare le emissioni
evitare le emissioni
6
La zona controllata dovrebbe essere prevista in modo da circoscrivere la fuoriuscita dell'intero contenuto del sistema chiuso
facoltativo
facoltativo
necessario
necessario
7
La zona controllata dovrebbe essere sigillabile in modo da consentire la fumigazione
non necessario
facoltativo
facoltativo
necessario
Attrezzature
8
Entrata attraverso una camera di compensazione
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
9
Superfici resistenti ad acqua, acidi, alcali, solventi, disinfettanti e agenti decontaminanti e facili da pulire
necessario (bancone, se presente)
necessario (bancone, se presente)
necessario (bancone, se presente, pavimento)
necessario (bancone, pavimento, soffitto, pareti)
10
Misure specifiche per ventilare adeguatamente la zona controllata in modo da ridurre al minimo la contaminazione atmosferica
facoltativo
facoltativo
facoltativo
necessario
11
La pressione atmosferica nella zona controllata dovrebbe essere mantenuta al di sotto di quella delle immediate circostanze
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
12
L'aria immessa ed emessa dalla zona controllata dovrebbe essere sottoposta ad ultrafiltro (HEPA)
non necessario
non necessario
necessario (aria emessa, facoltativo per l'aria immessa)
necessario (aria immessa ed emessa)
Modalità di funzionamento
13
I sistemi chiusi dovrebbero essere ubicati in una zona controllata
non necessario
facoltativo
necessario
necessario
14
L'accesso dovrebbe essere limitato al personale addetto
non necessario
necessario
necessario
necessario
15
Deve essere apposto un segno di pericolo biologico
non necessario
necessario
necessario
necessario
17
Il personale dovrebbe fare una doccia prima di uscire dalla zona controllata
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
18
Il personale dovrebbe indossare indumenti protettivi
necessario (indumenti di lavoro)
necessario (indumenti di lavoro)
necessario
cambio completo prima dell'entrata e dell'uscita
Rifiuti
22
Inattivazione degli MGM negli effluenti dei lavandini e delle docce o in effluenti analoghi
non necessario
non necessario
facoltativo
necessario
23
Inattivazione degli MGM nel materiale e nei rifiuti contaminati compresi quelli contenuti negli effluenti di processo prima dello scarico finale
facoltativo
necessario, con mezzi convalidati
necessario, con mezzi convalidati
necessario, con mezzi convalidati
(1)
Isolamento= il laboratorio è separato dalle altre zone dello stesso edificio o si trova in un edificio separato.
(2)
Camera di compensazione= l’accesso deve avvenire attraverso una camera di compensazione che è un compartimento separato dal laboratorio. Il lato esente da contaminazioni della camera di compensazione deve essere separato dalla parte ad accesso limitato da uno spogliatoio o da impianti doccia e, preferibilmente, da porte autobloccanti.
(3) Attività in cui la trasmissione non avviene per via aera.
(4)
HEPA= High Efficiency Particulate Air.
(5) Quando si impiegano virus non trattenuti da filtri HEPA, si renderanno necessari requisiti supplementari per l’aria emessa.
(6) In base a procedure autorizzate, che consentano il trasferimento sicuro del materiale in un’autoclave al di fuori del laboratorio e che offrano un analogo livello di protezione.
(7) La serra deve consistere in una struttura permanente dotata di una copertura completa impermeabile, ubicata in un sito sopraelevato in modo da evitare la penetrazione di scoli superficiali e dotata di porte autochiudentisi e munite di serratura.
(8) Nel caso la trasmissione possa avvenire attraverso il terreno.
(9)
Stabulario: un edificio o un’area separata all’interno di un edificio che contiene strutture per animali e altre aree come spogliatoi, docce, autoclavi, magazzini per alimenti, ecc.
(10)
Strutture per animali: una struttura impiegata normalmente per ospitare animali da stabulare, da allevare o da esperimento o che viene utilizzata per effettuare piccoli interventi chirurgici.
(11)
Isolatori: contenitori trasparenti nei quali gli animali di piccole dimensioni vengono confinati all’interno o all’esterno di una gabbia; per gli animali di grandi dimensioni possono essere più appropriate camere isolate.
ALLEGATO V
Informazioni richieste per la notifica di cui agli articoli 6, 8 e 9
PARTE A
Informazioni da fornire nella notifica di cui all'articolo 6:
—
nome dell'utilizzatore/degli utilizzatori, compresi i responsabili della supervisione e della sicurezza,
—
informazioni sulla formazione e le qualifiche dei responsabili della supervisione e della sicurezza,
—
informazioni dettagliate circa eventuali comitati o sottocomitati biologici,
—
ubicazione e descrizione generale degli impianti,
—
descrizione della natura delle attività che saranno intraprese,
—
classe degli impieghi confinati,
—
solo per gli impieghi confinati della classe 1, riepilogo della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2 e informazioni sulla gestione dei rifiuti.
PARTE B
Informazioni da fornire nella notifica di cui all'articolo 8:
—
data di presentazione della notifica di cui all'articolo 6,
—
nomi dei responsabili della supervisione e della sicurezza nonché informazioni sulla loro formazione e sulle rispettive qualifiche,
—
microrganismo/i ricevente/i, donatore/i e/o parentale/i usato/i o, se del caso, sistema/i ospite-vettore usato/i,
—
fonte/i e funzione/i prevista/e per il/i materiale/i genetico/i utilizzato/i nella/e modificazione/i,
—
identità e caratteristiche del/i microrganismo/i geneticamente modificato/i,
—
scopo dell'impiego confinato, compresi i risultati previsti,
—
volumi di coltura approssimativi che verranno impiegati,
—
descrizione delle misure di contenimento e delle altre misure di protezione da applicare, incluse informazioni sulla gestione dei rifiuti, compresi i rifiuti che saranno generati, il loro trattamento, la forma e l'impiego finali;
—
sintesi della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2,
—
informazioni necessarie all'autorità competente per valutare i piani di intervento in caso di emergenza se previsto dall'articolo 13, paragrafo 1.
PARTE C
Informazioni da fornire nella notifica di cui dell'articolo 9:
a)
—
data di presentazione della notifica a norma dell'articolo 6,
—
nomi dei responsabili della supervisione e della sicurezza nonché informazioni sulla loro formazione e sulle rispettive qualifiche;
b)
—
microrganismo/i ricevente/i o parentale/i da impiegare,
—
sistema/i ospite-vettore usato (se del caso),
—
fonte/i e funzione/i prevista/e per il/i materiale/i genetico/i utilizzato/i nella/e modificazione/i,
—
identità e caratteristiche dell'MGM,
—
volumi di coltura che verranno impiegati;
c)
—
descrizione delle misure di contenimento e delle altre misure di protezione che saranno applicate, incluse informazioni circa la gestione dei rifiuti, compresi il tipo e la forma dei rifiuti che saranno generati, il loro trattamento, la forma e l'impiego finali,
—
scopo dell'impiego confinato, compresi i risultati previsti,
—
descrizione delle parti dell'impianto;
d)
informazioni circa la prevenzione degli incidenti e gli eventuali piani di intervento in caso di emergenza:
—
eventuali pericoli specifici derivanti dall'ubicazione dell'impianto,
—
misure di prevenzione adottate, come apparecchiature di sicurezza, sistemi di allarme e metodi di contenimento,
—
procedure e piani per la verifica dell'efficacia permanente delle misure di contenimento,
—
descrizione delle informazioni fornite al personale,
—
informazioni necessarie all'autorità competente per valutare i piani di intervento in caso di emergenza, se previsto dall'articolo 13, paragrafo 1;
e)
copia della valutazione di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
ALLEGATO VI
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all'articolo 21)
Direttiva 90/219/CEE del Consiglio
(GU L 117 dell’8.5.1990, pag. 1)
Direttiva 94/51/CE della Commissione
(GU L 297 del 18.11.1994, pag. 29)
Direttiva 98/81/CE del Consiglio
(GU L 330 del 5.12.1998, pag. 13)
Decisione 2001/204/CE del Consiglio
(GU L 73 del 15.3.2001, pag. 32)
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1)
limitatamente al punto 19 dell’allegato III
PARTE B
Termini di attuazione in diritto nazionale
(di cui all’articolo 21)
Atti
Termini di attuazione
90/219/CEE
23 ottobre 1991
94/51/CE
30 aprile 1995
98/81/CE
5 giugno 2000
ALLEGATO VII
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 90/219/CEE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 4, primo comma
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 4, secondo comma
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 5
Articolo 4
Articolo 6
Articolo 5
Articolo 7
Articolo 6
Articolo 8
Articolo 7
Articolo 9
Articolo 8
Articolo 10
Articolo 9
Articolo 11, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 11, paragrafo 4, frase introduttiva
Articolo 10, paragrafo 4, frase introduttiva
Articolo 11, paragrafo 4, primo trattino
Articolo 10, paragrafo 4, lettera a)
Articolo 11, paragrafo 4, secondo trattino
Articolo 10, paragrafo 4, lettera b)
Articolo 12, primo comma
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 12, secondo comma
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 13
Articolo 12
Articolo 14, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 2
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 14, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 15, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 15, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 15, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 15, paragrafo 1, quarto trattino
Articolo 14, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 15, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 14, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 15, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 14, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 15, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 14, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 16
Articolo 15
Articolo 17
Articolo 16
Articolo 18
Articolo 17
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 18, paragrafo 1, primo comma
Articolo 19, paragrafo 2
Articolo 18, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 19, paragrafo 3, frase introduttiva
Articolo 18, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 19, paragrafo 3, primo trattino
Articolo 18, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 19, paragrafo 3, secondo trattino
Articolo 18, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 19, paragrafo 3, terzo trattino
Articolo 18, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 19, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 3
Articolo 19, paragrafo 5
Articolo 18, paragrafo 4
Articolo 20
Articolo 19
Articolo 20 bis
—
Articolo 21, paragrafo 1
Articolo 20, paragrafo 1
Articolo 21, paragrafo 2, primo comma
Articolo 20, paragrafo 2 e paragrafo 3, primo comma
Articolo 21, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 20, paragrafo 3, secondo comma
Articolo 21, paragrafo 3
—
Articolo 22
—
—
Articolo 21
—
Articolo 22
Articolo 23
Articolo 23
Allegati da I a V
Allegati da I a V
—
Allegato VI
—
Allegato VII
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce regole per l’impiego confinato* di microrganismi geneticamente modificati (MGM)* al fine di proteggere la salute umana e l’ambiente nell’UE.
PUNTI CHIAVE
Classificazioni e notifiche
Gli utilizzatori di MGM devono valutare gli impieghi confinati in merito al rischio per la salute umana e l’ambiente. La valutazione determina una delle seguenti classi:
classe 1: operazioni che presentano rischi nulli o trascurabili;
classe 2: operazioni a basso rischio;
classe 3: operazioni che presentano un rischio moderato;
classe 4: operazioni ad alto rischio.
Quando si debba eseguire per la prima volta un impiego confinato di MGM, l’utilizzatore deve sottoporre all’autorità competente del proprio paese dell’UE una notifica contenente informazioni (elencate all’allegato V della direttiva). Ciò serve a persuadere tale autorità che l’impianto proposto è idoneo agli scopi dell’operazione e, di conseguenza, non esistono rischi per la salute umana e l’ambiente.
A seguito della notifica alle autorità competenti, l’impiego confinato della classe 1 può aver luogo senza ulteriori notifiche.
L’impiego confinato della classe 2 può avere luogo immediatamente dopo la notifica, a condizione che gli impianti siano stati oggetto di una precedente notifica relativa a impieghi confinati della classe 2 o di una classe più elevata. Tuttavia, qualora ciò non avvenga e in assenza di un rifiuto da parte dell’autorità competente, l’impiego confinato della classe 2 può avere luogo a quarantacinque giorni dalla presentazione della notifica (o prima, con l’assenso dell’autorità).
Un impiego confinato della classe 3 o 4 non può avere luogo senza il previo consenso dell’autorità competente, che deve comunicare la sua decisione per iscritto.
Incidenti
*
Prima dell’inizio di un impiego confinato, i paesi dell’UE devono provvedere affinché:
per reagire in caso di incidente, sia redatto un piano d’emergenza per i casi in cui il mancato funzionamento delle misure di contenimento possa comportare pericoli gravi e
le persone a rischio di coinvolgimento in un incidente siano informate di tutti gli aspetti connessi alla loro sicurezza.
Qualora avvenga un incidente, il rispettivo paese dell’UE deve provvedere affinché l’utilizzatore dei MGM informi le autorità competenti e comunichi le informazioni necessarie alla valutazione della situazione e gli eventuali provvedimenti.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 10 giugno 2009.
CONTESTO
La presente direttiva abroga e unifica la direttiva 90/219/CEE e le sue successive modifiche in un atto unico.
Stabilisce le norme minime applicabili all’impiego confinato dei MGM. Ai paesi dell’UE è permesso adottare misure più rigide.
* TERMINI CHIAVE
Impiego confinato: ogni attività nella quale i microrganismi sono modificati geneticamente o messi in coltura, conservati, trasportati, distrutti, smaltiti o altrimenti utilizzati, e per la quale vengono usate misure specifiche di contenimento/di sicurezza al fine di limitare il contatto degli stessi con la popolazione e con l’ambiente.
MGM: microrganismi quali batteri, virus o funghi il cui materiale genetico è stato modificato in un modo non naturale mediante moltiplicazione o ricombinazione naturale.
Incidenti: Nel contesto della presente direttiva, il termine si riferisce a ogni evento imprevisto che comporti una diffusione significativa e non intenzionale di MGM nel corso del loro impiego confinato e che possa presentare un pericolo per la salute umana o per l’ambiente.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati (rifusione) (GU L 125 del 21.5.2009, pag. 75-97). |
Provvedimenti inibitori a tutela degli interessi collettivi dei consumatori (fino al 2023)
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Tale direttiva introduce le normative dell’Unione Europea (Unione) per assicurare che gli inibitori siano abbastanza effettivi per terminare violazioni le quali nocive agli interessi comuni dei consumatori.
La direttiva sarà abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2020/1828 (si veda la sintesi) a partire dal 25 giugno 2023.
PUNTI CHIAVE
Gli inibitori mirano a terminare o vietare violazioni che siano contrari agli interessi comuni dei consumatori. l’allineamento della legislazione come concordato con la direttiva permette che questi inibitori siano più effettivi e inoltre abilita il mercato interno dell’Unione per il funzionamento regolare. Le violazioni interessate includono quelle relative al credito al consumopacchetto turistico, clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori contratti a distanza e pratiche commerciali sleali. L’intera lista delle direttive interessate possono essere trovate nell’Allegato I della Direttiva 2009/22/CE. Il ricorso ai provvedimenti inibitori può condurre a:La cessazione o vietare una violazione, secondo un riepilogo di procedura* appropriata;l’eliminazione di effetti continui di una violazione, particolarmente attraverso la pubblicazione della decisione;la condanna degli imputati di ottemperare ad una decisione mediante la richiesta di pagamento di una sanzione. Gli enti competenti a proporre ricorsi e azioni a norma devono avere un interesse legittimo nell’assicurare che l’interesse comune dei consumatori e lo svolgimento regolare del mercato interno siano stati rispettati. Questo è il caso, in particolare, per gli enti pubblici indipendenti responsabili per la protezione dell’interesse comune dei consumatori o per la protezione delle organizzazione del consumatore. Una lista di enti competenti potrebbero ricorrere ad azione in caso di violazioniall’interno dell’Unione è stabilito dalla Commissione europea e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Per una lista di enti competenti che devono essere in grado di agire in caso di violazioni all’interno dell’Unione, vedi qui.Gli Stati membri dell’Unione può decidere, nel caso in cui un’azione deve essere apportata, se ci dovrebbe essere una consultazione preventiva tra le due parti, in presenza o non di un ente competente proveniente da quel paese. Qualora non venga posto termine alla violazione entro le due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, il provvedimento inibitorio può essere intentato immediatamente. Uno studio sull’applicazione della direttiva 2009/22/CE è stato effettuato nel 2011 ed è stato utilizzato per la preparazione di una relazione della Commissione pubblicata nel 2012. La direttiva è stata valutata nel 2017 all’interno del ‘controllo di qualità’ del consumatore e della legge sul marketing dell’Unione.Abrogazione
La direttiva 2009/22/CE sarà abrogata e sostituita dalla Direttiva (UE) 2020/1828 dal 25 giugno 2023. Quest’ultima è stata adottata seguendo l’iniziativa del «nuovo accordo per i consumatori» della Commissione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 29 dicembre 2009. La direttiva 2009/22/CE ha codificato e sostituito la direttiva 98/27/CE e successive modifiche. La direttiva originale 98/27/CE è dovuta diventare legge negli Stati membri dal 2001.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Inibitori (Commissione europea)
TERMINI CHIAVE
Riepilogo procedure. Una procedura speciale abilita il tribunale arbitrale a rifiutare dichiarazione abusive e inammissibili allo stadio preliminare di un procedimento arbitrale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (Versione codificata) Testo rilevante ai fini del SEE (GU L 110 del 1.5.2009, pag. 30).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/22/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Relazione sul ‘controllo di qualità’ del consumatore e della legge sul marketing del 25 maggio 2017 [SWD (2017) finale 209].
Relazione della Commissione al parlamento europeo e al consiglio concernente l’applicazione della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori [COM(2012) finale 635, 6.11.2012].
Raccomandazione della Commissione 2013/396/UE dell’ 11 giugno 2013, relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (GU L 201 del 26.7.2013, pag. 60).
Notifica della Commissione concernente l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (versione codificata della direttiva 98/27/CE), riguardante gli enti legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2 di tale direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE) (GU L 361 del 30.9.2016, pag. 1).
Rettifica della notifica della Commissione concernente l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (versione codificata della direttiva 98/27/CE), riguardante gli enti legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2 di tale direttiva (GU L 6 del 6.10.2016, pag. 6). | DIRETTIVA 2009/22/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori
(Versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela dei consumatori (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, a fini di chiarezza e razionalizzazione procedere alla sua codificazione.
(2)
Alcune direttive, il cui elenco figura all’allegato I alla presente direttiva, stabiliscono regole in materia di tutela degli interessi dei consumatori.
(3)
I meccanismi attualmente esistenti per assicurare il rispetto di tali direttive a livello sia nazionale che comunitario non sempre consentono di porre termine tempestivamente alle violazioni che ledono gli interessi collettivi dei consumatori. Per interessi collettivi si intendono gli interessi che non sono la mera somma degli interessi di singoli lesi da una violazione. Ciò non pregiudica i ricorsi e le azioni individuali proposti da privati lesi da una violazione.
(4)
Al fine di far cessare pratiche illecite in base alle disposizioni nazionali applicabili, l’efficacia delle misure nazionali che recepiscono le direttive di cui trattasi, inclusi i provvedimenti di tutela che vanno oltre il livello prescritto dalle direttive stesse, purché siano compatibili con il trattato e autorizzati da tali direttive, può essere ostacolata allorché tali pratiche producono effetti in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno origine.
(5)
Tali difficoltà possono nuocere al corretto funzionamento del mercato interno, in quanto basta trasferire il luogo d’origine di una pratica illecita per essere al riparo da qualsiasi forma di applicazione della legge. Ciò costituisce una distorsione della concorrenza.
(6)
Queste stesse difficoltà sono tali da intaccare la fiducia dei consumatori nel mercato interno e possono limitare la portata dell’azione delle organizzazioni rappresentative degli interessi collettivi dei consumatori o degli organismi pubblici indipendenti preposti alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori lesi da pratiche che violano il diritto comunitario.
(7)
Pratiche del genere travalicano spesso le frontiere tra gli Stati membri. È quindi necessario e urgente ravvicinare in una certa misura le disposizioni nazionali che consentono di far cessare dette pratiche illecite, a prescindere dallo Stato membro in cui la pratica illecita ha prodotto i suoi effetti. Per quanto riguarda la giurisdizione, l’azione prevista non osta all’applicazione delle regole del diritto internazionale privato e delle convenzioni in vigore tra gli Stati membri, nel rispetto tuttavia degli obblighi generali imposti agli Stati membri dal trattato, in particolare quelli connessi al corretto funzionamento del mercato interno.
(8)
L’obiettivo dell’iniziativa prevista può essere realizzato soltanto dalla Comunità. Spetta quindi ad essa agire.
(9)
L’articolo 5, terzo comma, del trattato impone al legislatore comunitario di non andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato. A norma di tale articolo, è importante tenere conto delle peculiarità dei sistemi giuridici nazionali, nei limiti del possibile, accordando agli Stati membri la possibilità di scegliere tra diverse alternative aventi effetti equivalenti. Gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative competenti a pronunciarsi sui ricorsi o le azioni previsti dalla presente direttiva hanno il diritto di esaminare gli effetti delle decisioni precedenti.
(10)
Una di tali alternative dovrebbe prevedere che uno o più organismi pubblici indipendenti specificamente preposti alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori esercitino i diritti di ricorso e di azione contemplati dalla presente direttiva. Un’altra possibilità consisterebbe nel permettere l’esercizio di tali diritti alle organizzazioni destinate a tutelare gli interessi collettivi dei consumatori secondo i criteri stabiliti dalla legislazione nazionale.
(11)
Gli Stati membri dovrebbero disporre della facoltà di scegliere una delle due alternative ovvero di combinarle, nel designare a livello nazionale gli organismi e/o le organizzazioni legittimati ai fini della presente direttiva.
(12)
Ai fini della lotta alle violazioni intracomunitarie, il principio del riconoscimento reciproco dovrebbe essere applicato a tali organismi e organizzazioni. Gli Stati membri, su richiesta dei rispettivi enti nazionali, dovrebbero comunicare alla Commissione la denominazione e lo scopo degli enti nazionali legittimati a promuovere ricorsi o azioni nei rispettivi paesi, a norma della presente direttiva.
(13)
È compito della Commissione provvedere a pubblicare l’elenco di questi enti legittimati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Salvo pubblicazione di una dichiarazione contraria, si presume che un ente qualificato, il cui nome figuri in tale elenco, sia abilitato ad agire.
(14)
Gli Stati membri dovrebbero poter prevedere un obbligo di consultazione preliminare a carico della parte che intende chiedere un provvedimento inibitorio, onde consentire alla parte convenuta di porre termine alla violazione contestata. Gli Stati membri dovrebbero poter esigere che tale consultazione preliminare avvenga di concerto con un organismo pubblico indipendente da essi designato.
(15)
Qualora gli Stati membri abbiano stabilito che è necessaria una consultazione preliminare, occorre definire un termine massimo di due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, termine oltre il quale, ove non cessi la violazione, la parte richiedente ha il diritto di adire senza indugio l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa competente.
(16)
È opportuno che la Commissione riferisca in merito al funzionamento della presente direttiva e, in particolare, sul suo ambito di applicazione e sullo svolgimento della consultazione preliminare.
(17)
L’applicazione della presente direttiva fa salva l’applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza.
(18)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive elencate nell’allegato II, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Ambito d’applicazione
1. La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative ai provvedimenti inibitori di cui all’articolo 2, volti a tutelare gli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle direttive elencate nell’allegato I, onde garantire il corretto funzionamento del mercato interno.
2. Ai fini della presente direttiva, per violazione si intende qualsiasi atto contrario alle disposizioni delle direttive elencate nell’allegato I, quali recepite negli ordinamenti nazionali degli Stati membri, che leda gli interessi collettivi di cui al paragrafo 1.
Articolo 2
Azioni inibitorie
1. Gli Stati membri designano gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative competenti a deliberare su ricorsi o azioni proposti dagli enti legittimati ai sensi dell’articolo 3, onde:
a)
ordinare con la debita sollecitudine e, se del caso, con procedimento d’urgenza, la cessazione o l’interdizione di qualsiasi violazione;
b)
disporre, se del caso, provvedimenti quali la pubblicazione, integrale o parziale, della decisione, in una forma ritenuta consona e/o la pubblicazione di una dichiarazione rettificativa al fine di eliminare gli effetti perduranti della violazione;
c)
nella misura in cui l’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato lo permetta, condannare la parte soccombente a versare al Tesoro pubblico o ad altro beneficiario designato o previsto dalla legislazione nazionale, in caso di mancata esecuzione della decisione entro il termine fissato dagli organi giurisdizionali o dalle autorità amministrative, un importo determinato per ciascun giorno di ritardo o qualsiasi altro importo previsto dalla legislazione nazionale, al fine di garantire l’esecuzione delle decisioni.
2. La presente direttiva non osta all’applicazione delle regole di diritto internazionale privato sulla legge applicabile vale a dire, di norma, la legge dello Stato membro in cui ha origine la violazione o la legge dello Stato membro in cui la violazione produce i suoi effetti.
Articolo 3
Enti legittimati a proporre ricorsi e azioni
Ai fini della presente direttiva, per «ente legittimato» si intende qualsiasi organismo o organizzazione, debitamente costituito secondo la legislazione di uno Stato membro, che ha un legittimo interesse a far rispettare le disposizioni di cui all’articolo 1 e in particolare:
a)
uno o più organismi pubblici indipendenti, specificamente preposti alla tutela degli interessi di cui all’articolo 1, negli Stati membri in cui esistono simili organismi; e/o
b)
le organizzazioni aventi lo scopo di tutelare gli interessi di cui all’articolo 1, secondo i criteri stabiliti dal loro diritto nazionale.
Articolo 4
Violazioni intracomunitarie
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che, in caso di violazione avente origine nel proprio territorio, ogni ente legittimato di un altro Stato membro, qualora gli interessi che esso tutela risultino lesi da detta violazione, possa adire l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa di cui all’articolo 2, previa presentazione dell’elenco di cui al paragrafo 3 del presente articolo. Gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative riconoscono che gli enti figuranti su tale elenco sono abilitati ad agire, fermo restando il loro diritto di valutare se, nel caso di specie, l’azione intentata risulti giustificata.
2. Ai fini della lotta alle violazioni intracomunitarie, e fatti salvi i diritti riconosciuti dalla legislazione nazionale ad altri enti, gli Stati membri, su richiesta dei loro enti legittimati, comunicano alla Commissione che detti enti sono legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione la denominazione e lo scopo di tali enti nazionali legittimati.
3. La Commissione redige l’elenco degli enti legittimati di cui al paragrafo 2, con l’indicazione del loro scopo. Tale elenco è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea; le modifiche apportate a tale elenco sono pubblicate senza indugio; è pubblicato ogni sei mesi un elenco aggiornato.
Articolo 5
Consultazione preliminare
1. Gli Stati membri possono prevedere o lasciare in vigore disposizioni in base alle quali la parte che intende proporre ricorso o intentare un’azione inibitoria possa farlo unicamente dopo aver cercato di porre termine alla violazione di concerto con la parte convenuta oppure con la parte convenuta e con un ente legittimato a norma dell’articolo 3, lettera a) dello Stato membro in cui viene proposto il ricorso o intentata l’azione. Spetta allo Stato membro decidere se la parte che intende proporre ricorso o intentare un’azione debba consultare o no l’ente legittimato. Qualora non venga posto termine alla violazione entro le due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, la parte interessata può presentare senza indugio un ricorso o intentare un’azione per provvedimento inibitorio.
2. Le modalità di consultazione preliminare decise dagli Stati membri sono notificate alla Commissione, che le pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 6
Relazioni
1. Ogni tre anni e per la prima volta entro il 2 luglio 2003, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
2. Nella prima relazione, la Commissione esamina in particolare:
a)
l’ambito di applicazione della presente direttiva in relazione alla tutela degli interessi collettivi delle persone che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o una professione liberale;
b)
l’ambito di applicazione della presente direttiva come definito dalle direttive elencate nell’allegato I;
c)
il ruolo svolto dalla consultazione preliminare di cui all’articolo 5, al fine di tutelare efficacemente i consumatori.
Se del caso, la relazione è corredata di proposte di modifica della presente direttiva.
Articolo 7
Disposizioni relative a una più ampia legittimazione ad agire
La presente direttiva non osta al mantenimento in vigore o all’adozione da parte degli Stati membri di norme che conferiscano sul piano nazionale una più ampia legittimazione ad agire agli enti abilitati nonché a qualsiasi altro interessato.
Articolo 8
Attuazione
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 9
Abrogazione
La direttiva 98/27/CE modificata dalle direttive di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive elencate nell’allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato III.
Articolo 10
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il 29 dicembre 2009.
Articolo 11
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 161 del 13.7.2007, pag. 39.
(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2007 (GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 73) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51.
(4) Cfr. allegato II, parte A.
ALLEGATO I
ELENCO DELLE DIRETTIVE DI CUI ALL’ARTICOLO 1
(1)
1.
Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372 del 31.12.1985, pag. 31).
2.
Direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU L 42 del 12.2.1987, pag. 48) (2).
3.
Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive: articoli da 10 a 21 (GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23).
4.
Direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente viaggi, vacanze e circuiti «tutto compreso» (GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59).
5.
Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29).
6.
Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda i contratti negoziati a distanza (GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19).
7.
Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12).
8.
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
9.
Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano: articoli da 86 a 100 (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67).
10.
Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).
11.
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
12.
Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36).
13.
Direttiva 2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di cambio (GU L 33 del 3.2.2009, pag. 10).
(1) Le direttive di cui ai punti 5, 6, 9 e 11 contengono disposizioni specifiche in materia di ricorsi e azioni per provvedimenti inibitori.
(2) Detta direttiva è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori (GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66), con effetto dal 12 maggio 2010.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata e relative modifiche
(di cui all’articolo 9)
Direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51).
Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12).
limitatamente all’articolo 10
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
limitatamente all’articolo 18, paragrafo 2
Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).
limitatamente all’articolo 19
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
limitatamente all’articolo 16, paragrafo 1
Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36).
limitatamente all’articolo 42
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione
(di cui all’articolo 9)
Direttive
Termine di recepimento
Data di applicazione
98/27/CE
1o gennaio 2001
—
1999/44/CE
1o gennaio 2002
—
2000/31/CE
16 gennaio 2002
—
2002/65/CE
9 ottobre 2004
—
2005/29/CE
12 giugno 2007
12 dicembre 2007
2006/123/CE
28 dicembre 2009
—
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 98/27/CE
Presente direttiva
Articoli da 1 a 5
Articoli da 1 a 5
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, primo trattino
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera a)
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, terzo trattino
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Articolo 6, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 6, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8, paragrafo 1
—
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8
—
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 11
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/22/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori
(Versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela dei consumatori (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, a fini di chiarezza e razionalizzazione procedere alla sua codificazione.
(2)
Alcune direttive, il cui elenco figura all’allegato I alla presente direttiva, stabiliscono regole in materia di tutela degli interessi dei consumatori.
(3)
I meccanismi attualmente esistenti per assicurare il rispetto di tali direttive a livello sia nazionale che comunitario non sempre consentono di porre termine tempestivamente alle violazioni che ledono gli interessi collettivi dei consumatori. Per interessi collettivi si intendono gli interessi che non sono la mera somma degli interessi di singoli lesi da una violazione. Ciò non pregiudica i ricorsi e le azioni individuali proposti da privati lesi da una violazione.
(4)
Al fine di far cessare pratiche illecite in base alle disposizioni nazionali applicabili, l’efficacia delle misure nazionali che recepiscono le direttive di cui trattasi, inclusi i provvedimenti di tutela che vanno oltre il livello prescritto dalle direttive stesse, purché siano compatibili con il trattato e autorizzati da tali direttive, può essere ostacolata allorché tali pratiche producono effetti in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno origine.
(5)
Tali difficoltà possono nuocere al corretto funzionamento del mercato interno, in quanto basta trasferire il luogo d’origine di una pratica illecita per essere al riparo da qualsiasi forma di applicazione della legge. Ciò costituisce una distorsione della concorrenza.
(6)
Queste stesse difficoltà sono tali da intaccare la fiducia dei consumatori nel mercato interno e possono limitare la portata dell’azione delle organizzazioni rappresentative degli interessi collettivi dei consumatori o degli organismi pubblici indipendenti preposti alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori lesi da pratiche che violano il diritto comunitario.
(7)
Pratiche del genere travalicano spesso le frontiere tra gli Stati membri. È quindi necessario e urgente ravvicinare in una certa misura le disposizioni nazionali che consentono di far cessare dette pratiche illecite, a prescindere dallo Stato membro in cui la pratica illecita ha prodotto i suoi effetti. Per quanto riguarda la giurisdizione, l’azione prevista non osta all’applicazione delle regole del diritto internazionale privato e delle convenzioni in vigore tra gli Stati membri, nel rispetto tuttavia degli obblighi generali imposti agli Stati membri dal trattato, in particolare quelli connessi al corretto funzionamento del mercato interno.
(8)
L’obiettivo dell’iniziativa prevista può essere realizzato soltanto dalla Comunità. Spetta quindi ad essa agire.
(9)
L’articolo 5, terzo comma, del trattato impone al legislatore comunitario di non andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del trattato. A norma di tale articolo, è importante tenere conto delle peculiarità dei sistemi giuridici nazionali, nei limiti del possibile, accordando agli Stati membri la possibilità di scegliere tra diverse alternative aventi effetti equivalenti. Gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative competenti a pronunciarsi sui ricorsi o le azioni previsti dalla presente direttiva hanno il diritto di esaminare gli effetti delle decisioni precedenti.
(10)
Una di tali alternative dovrebbe prevedere che uno o più organismi pubblici indipendenti specificamente preposti alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori esercitino i diritti di ricorso e di azione contemplati dalla presente direttiva. Un’altra possibilità consisterebbe nel permettere l’esercizio di tali diritti alle organizzazioni destinate a tutelare gli interessi collettivi dei consumatori secondo i criteri stabiliti dalla legislazione nazionale.
(11)
Gli Stati membri dovrebbero disporre della facoltà di scegliere una delle due alternative ovvero di combinarle, nel designare a livello nazionale gli organismi e/o le organizzazioni legittimati ai fini della presente direttiva.
(12)
Ai fini della lotta alle violazioni intracomunitarie, il principio del riconoscimento reciproco dovrebbe essere applicato a tali organismi e organizzazioni. Gli Stati membri, su richiesta dei rispettivi enti nazionali, dovrebbero comunicare alla Commissione la denominazione e lo scopo degli enti nazionali legittimati a promuovere ricorsi o azioni nei rispettivi paesi, a norma della presente direttiva.
(13)
È compito della Commissione provvedere a pubblicare l’elenco di questi enti legittimati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Salvo pubblicazione di una dichiarazione contraria, si presume che un ente qualificato, il cui nome figuri in tale elenco, sia abilitato ad agire.
(14)
Gli Stati membri dovrebbero poter prevedere un obbligo di consultazione preliminare a carico della parte che intende chiedere un provvedimento inibitorio, onde consentire alla parte convenuta di porre termine alla violazione contestata. Gli Stati membri dovrebbero poter esigere che tale consultazione preliminare avvenga di concerto con un organismo pubblico indipendente da essi designato.
(15)
Qualora gli Stati membri abbiano stabilito che è necessaria una consultazione preliminare, occorre definire un termine massimo di due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, termine oltre il quale, ove non cessi la violazione, la parte richiedente ha il diritto di adire senza indugio l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa competente.
(16)
È opportuno che la Commissione riferisca in merito al funzionamento della presente direttiva e, in particolare, sul suo ambito di applicazione e sullo svolgimento della consultazione preliminare.
(17)
L’applicazione della presente direttiva fa salva l’applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza.
(18)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive elencate nell’allegato II, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Ambito d’applicazione
1. La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative ai provvedimenti inibitori di cui all’articolo 2, volti a tutelare gli interessi collettivi dei consumatori contemplati nelle direttive elencate nell’allegato I, onde garantire il corretto funzionamento del mercato interno.
2. Ai fini della presente direttiva, per violazione si intende qualsiasi atto contrario alle disposizioni delle direttive elencate nell’allegato I, quali recepite negli ordinamenti nazionali degli Stati membri, che leda gli interessi collettivi di cui al paragrafo 1.
Articolo 2
Azioni inibitorie
1. Gli Stati membri designano gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative competenti a deliberare su ricorsi o azioni proposti dagli enti legittimati ai sensi dell’articolo 3, onde:
a)
ordinare con la debita sollecitudine e, se del caso, con procedimento d’urgenza, la cessazione o l’interdizione di qualsiasi violazione;
b)
disporre, se del caso, provvedimenti quali la pubblicazione, integrale o parziale, della decisione, in una forma ritenuta consona e/o la pubblicazione di una dichiarazione rettificativa al fine di eliminare gli effetti perduranti della violazione;
c)
nella misura in cui l’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato lo permetta, condannare la parte soccombente a versare al Tesoro pubblico o ad altro beneficiario designato o previsto dalla legislazione nazionale, in caso di mancata esecuzione della decisione entro il termine fissato dagli organi giurisdizionali o dalle autorità amministrative, un importo determinato per ciascun giorno di ritardo o qualsiasi altro importo previsto dalla legislazione nazionale, al fine di garantire l’esecuzione delle decisioni.
2. La presente direttiva non osta all’applicazione delle regole di diritto internazionale privato sulla legge applicabile vale a dire, di norma, la legge dello Stato membro in cui ha origine la violazione o la legge dello Stato membro in cui la violazione produce i suoi effetti.
Articolo 3
Enti legittimati a proporre ricorsi e azioni
Ai fini della presente direttiva, per «ente legittimato» si intende qualsiasi organismo o organizzazione, debitamente costituito secondo la legislazione di uno Stato membro, che ha un legittimo interesse a far rispettare le disposizioni di cui all’articolo 1 e in particolare:
a)
uno o più organismi pubblici indipendenti, specificamente preposti alla tutela degli interessi di cui all’articolo 1, negli Stati membri in cui esistono simili organismi; e/o
b)
le organizzazioni aventi lo scopo di tutelare gli interessi di cui all’articolo 1, secondo i criteri stabiliti dal loro diritto nazionale.
Articolo 4
Violazioni intracomunitarie
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che, in caso di violazione avente origine nel proprio territorio, ogni ente legittimato di un altro Stato membro, qualora gli interessi che esso tutela risultino lesi da detta violazione, possa adire l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa di cui all’articolo 2, previa presentazione dell’elenco di cui al paragrafo 3 del presente articolo. Gli organi giurisdizionali o le autorità amministrative riconoscono che gli enti figuranti su tale elenco sono abilitati ad agire, fermo restando il loro diritto di valutare se, nel caso di specie, l’azione intentata risulti giustificata.
2. Ai fini della lotta alle violazioni intracomunitarie, e fatti salvi i diritti riconosciuti dalla legislazione nazionale ad altri enti, gli Stati membri, su richiesta dei loro enti legittimati, comunicano alla Commissione che detti enti sono legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione la denominazione e lo scopo di tali enti nazionali legittimati.
3. La Commissione redige l’elenco degli enti legittimati di cui al paragrafo 2, con l’indicazione del loro scopo. Tale elenco è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea; le modifiche apportate a tale elenco sono pubblicate senza indugio; è pubblicato ogni sei mesi un elenco aggiornato.
Articolo 5
Consultazione preliminare
1. Gli Stati membri possono prevedere o lasciare in vigore disposizioni in base alle quali la parte che intende proporre ricorso o intentare un’azione inibitoria possa farlo unicamente dopo aver cercato di porre termine alla violazione di concerto con la parte convenuta oppure con la parte convenuta e con un ente legittimato a norma dell’articolo 3, lettera a) dello Stato membro in cui viene proposto il ricorso o intentata l’azione. Spetta allo Stato membro decidere se la parte che intende proporre ricorso o intentare un’azione debba consultare o no l’ente legittimato. Qualora non venga posto termine alla violazione entro le due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, la parte interessata può presentare senza indugio un ricorso o intentare un’azione per provvedimento inibitorio.
2. Le modalità di consultazione preliminare decise dagli Stati membri sono notificate alla Commissione, che le pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 6
Relazioni
1. Ogni tre anni e per la prima volta entro il 2 luglio 2003, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
2. Nella prima relazione, la Commissione esamina in particolare:
a)
l’ambito di applicazione della presente direttiva in relazione alla tutela degli interessi collettivi delle persone che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o una professione liberale;
b)
l’ambito di applicazione della presente direttiva come definito dalle direttive elencate nell’allegato I;
c)
il ruolo svolto dalla consultazione preliminare di cui all’articolo 5, al fine di tutelare efficacemente i consumatori.
Se del caso, la relazione è corredata di proposte di modifica della presente direttiva.
Articolo 7
Disposizioni relative a una più ampia legittimazione ad agire
La presente direttiva non osta al mantenimento in vigore o all’adozione da parte degli Stati membri di norme che conferiscano sul piano nazionale una più ampia legittimazione ad agire agli enti abilitati nonché a qualsiasi altro interessato.
Articolo 8
Attuazione
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 9
Abrogazione
La direttiva 98/27/CE modificata dalle direttive di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive elencate nell’allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato III.
Articolo 10
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il 29 dicembre 2009.
Articolo 11
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 161 del 13.7.2007, pag. 39.
(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2007 (GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 73) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51.
(4) Cfr. allegato II, parte A.
ALLEGATO I
ELENCO DELLE DIRETTIVE DI CUI ALL’ARTICOLO 1
(1)
1.
Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372 del 31.12.1985, pag. 31).
2.
Direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo (GU L 42 del 12.2.1987, pag. 48) (2).
3.
Direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive: articoli da 10 a 21 (GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23).
4.
Direttiva 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente viaggi, vacanze e circuiti «tutto compreso» (GU L 158 del 23.6.1990, pag. 59).
5.
Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29).
6.
Direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda i contratti negoziati a distanza (GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19).
7.
Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12).
8.
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
9.
Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano: articoli da 86 a 100 (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67).
10.
Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).
11.
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
12.
Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36).
13.
Direttiva 2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di cambio (GU L 33 del 3.2.2009, pag. 10).
(1) Le direttive di cui ai punti 5, 6, 9 e 11 contengono disposizioni specifiche in materia di ricorsi e azioni per provvedimenti inibitori.
(2) Detta direttiva è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori (GU L 133 del 22.5.2008, pag. 66), con effetto dal 12 maggio 2010.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata e relative modifiche
(di cui all’articolo 9)
Direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 51).
Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 171 del 7.7.1999, pag. 12).
limitatamente all’articolo 10
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
limitatamente all’articolo 18, paragrafo 2
Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16).
limitatamente all’articolo 19
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
limitatamente all’articolo 16, paragrafo 1
Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 376 del 27.12.2006, pag. 36).
limitatamente all’articolo 42
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione
(di cui all’articolo 9)
Direttive
Termine di recepimento
Data di applicazione
98/27/CE
1o gennaio 2001
—
1999/44/CE
1o gennaio 2002
—
2000/31/CE
16 gennaio 2002
—
2002/65/CE
9 ottobre 2004
—
2005/29/CE
12 giugno 2007
12 dicembre 2007
2006/123/CE
28 dicembre 2009
—
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 98/27/CE
Presente direttiva
Articoli da 1 a 5
Articoli da 1 a 5
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, primo trattino
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera a)
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, terzo trattino
Articolo 6, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Articolo 6, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 6, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8, paragrafo 1
—
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8
—
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 11
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Provvedimenti inibitori a tutela degli interessi collettivi dei consumatori (fino al 2023)
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Tale direttiva introduce le normative dell’Unione Europea (Unione) per assicurare che gli inibitori siano abbastanza effettivi per terminare violazioni le quali nocive agli interessi comuni dei consumatori.
La direttiva sarà abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2020/1828 (si veda la sintesi) a partire dal 25 giugno 2023.
PUNTI CHIAVE
Gli inibitori mirano a terminare o vietare violazioni che siano contrari agli interessi comuni dei consumatori. l’allineamento della legislazione come concordato con la direttiva permette che questi inibitori siano più effettivi e inoltre abilita il mercato interno dell’Unione per il funzionamento regolare. Le violazioni interessate includono quelle relative al credito al consumopacchetto turistico, clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori contratti a distanza e pratiche commerciali sleali. L’intera lista delle direttive interessate possono essere trovate nell’Allegato I della Direttiva 2009/22/CE. Il ricorso ai provvedimenti inibitori può condurre a:La cessazione o vietare una violazione, secondo un riepilogo di procedura* appropriata;l’eliminazione di effetti continui di una violazione, particolarmente attraverso la pubblicazione della decisione;la condanna degli imputati di ottemperare ad una decisione mediante la richiesta di pagamento di una sanzione. Gli enti competenti a proporre ricorsi e azioni a norma devono avere un interesse legittimo nell’assicurare che l’interesse comune dei consumatori e lo svolgimento regolare del mercato interno siano stati rispettati. Questo è il caso, in particolare, per gli enti pubblici indipendenti responsabili per la protezione dell’interesse comune dei consumatori o per la protezione delle organizzazione del consumatore. Una lista di enti competenti potrebbero ricorrere ad azione in caso di violazioniall’interno dell’Unione è stabilito dalla Commissione europea e pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Per una lista di enti competenti che devono essere in grado di agire in caso di violazioni all’interno dell’Unione, vedi qui.Gli Stati membri dell’Unione può decidere, nel caso in cui un’azione deve essere apportata, se ci dovrebbe essere una consultazione preventiva tra le due parti, in presenza o non di un ente competente proveniente da quel paese. Qualora non venga posto termine alla violazione entro le due settimane successive al ricevimento della richiesta di consultazione, il provvedimento inibitorio può essere intentato immediatamente. Uno studio sull’applicazione della direttiva 2009/22/CE è stato effettuato nel 2011 ed è stato utilizzato per la preparazione di una relazione della Commissione pubblicata nel 2012. La direttiva è stata valutata nel 2017 all’interno del ‘controllo di qualità’ del consumatore e della legge sul marketing dell’Unione.Abrogazione
La direttiva 2009/22/CE sarà abrogata e sostituita dalla Direttiva (UE) 2020/1828 dal 25 giugno 2023. Quest’ultima è stata adottata seguendo l’iniziativa del «nuovo accordo per i consumatori» della Commissione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 29 dicembre 2009. La direttiva 2009/22/CE ha codificato e sostituito la direttiva 98/27/CE e successive modifiche. La direttiva originale 98/27/CE è dovuta diventare legge negli Stati membri dal 2001.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Inibitori (Commissione europea)
TERMINI CHIAVE
Riepilogo procedure. Una procedura speciale abilita il tribunale arbitrale a rifiutare dichiarazione abusive e inammissibili allo stadio preliminare di un procedimento arbitrale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (Versione codificata) Testo rilevante ai fini del SEE (GU L 110 del 1.5.2009, pag. 30).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/22/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Relazione sul ‘controllo di qualità’ del consumatore e della legge sul marketing del 25 maggio 2017 [SWD (2017) finale 209].
Relazione della Commissione al parlamento europeo e al consiglio concernente l’applicazione della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori [COM(2012) finale 635, 6.11.2012].
Raccomandazione della Commissione 2013/396/UE dell’ 11 giugno 2013, relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di diritti conferiti dalle norme dell’Unione (GU L 201 del 26.7.2013, pag. 60).
Notifica della Commissione concernente l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (versione codificata della direttiva 98/27/CE), riguardante gli enti legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2 di tale direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE) (GU L 361 del 30.9.2016, pag. 1).
Rettifica della notifica della Commissione concernente l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (versione codificata della direttiva 98/27/CE), riguardante gli enti legittimati a proporre ricorsi e azioni a norma dell’articolo 2 di tale direttiva (GU L 6 del 6.10.2016, pag. 6). |
Vaccinazione contro l’influenza stagionale
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Mira a incoraggiare i paesi dell'Unione europea (UE) ad adottare misure sanitarie contro l’influenza stagionale.
PUNTI CHIAVE
Sfide
L’influenza è un’infezione delle vie respiratorie di origine virale altamente contagiosa che si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. Essa può generare gravi complicazioni, anche con esito mortale.
In forma lieve, si stima che l’influenza stagionale provochi in media 8 decessi ogni 100 000 persone. Tale cifra può passare a 44 negli anni di influenza più grave.
Le epidemie di influenza possono sovraccaricare gli ospedali e i servizi medici. Ciò porta a un aumento dei costi diretti (risultanti dall’uso di risorse mediche e non mediche) e indiretti (dovuti alla perdita di produttività e alle assenze dal lavoro).
Efficacia ed efficienza del vaccino
L’influenza stagionale può essere attenuata con la vaccinazione. I gruppi «a rischio» della popolazione devono essere vaccinati contro l’influenza. Inoltre, per garantire una copertura vaccinica efficace, non deve essere sottovalutata la logistica, come l’inoltro e la distribuzione dei vaccini.
È importante agire a livello unionale per evitare che un nuovo virus influenzale si trasformi in una pandemia, come avvenne nel 1918, 1957 e 1968.
Piani e strategie nazionali
La raccomandazione invita i paesi dell'UE ad adottare un piano o una strategia nazionaleper la copertura vaccinica .
Lo scopo era di coprire il 75% della popolazione a rischio preferibilmente entro l’inverno 2014-2015, gruppo la cui definizione figurava negli orientamenti pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
I paesi dell'UE sono incoraggiati a riferire alla Commissione europea su base volontaria in merito all’applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
Occorre organizzare campagne di informazione degli operatori del settore sanitario, della popolazione delle categorie a rischio e delle rispettive famiglie.
La Commissione è invitata a riferire periodicamente al Consiglio in merito all’applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dai paesi dell'UE.
Valutazione
Una relazione pubblicata nel 2015 dall'ECDC suggerisce che tutti i paesi dell'UE possono dover riconsiderare il loro approccio al fine di raccogliere informazioni più complete e precise sulla copertura vaccinica contro l'influenza stagionale dei gruppi destinatari di popolazione.
Essa esorta i paesi dell'UE che non controllano la copertura vaccinica fra i gruppi di anziani a introdurre sistemi volti a effettuare tale controllo, per consentire alle organizzazioni della sanità pubblica di tenere traccia dei progressi e individuare gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi nazionali e unionali.
La relazione rileva che un numero maggiore di paesi è stato in grado di fornire informazioni sui tassi di copertura vaccinica per gruppi quali i lavoratori del settore sanitario e le donne incinte, e prevede delle raccomandazioni come percorso da seguire per il raggiungimento di tassi più elevati di popolazione vaccinata e di un migliore controllo.
Nel 2015, la Commissione ha organizzato un'udienza ad alto livello sul tema, sottolineando l'importanza crescente della prevenzione delle malattie nella spesa per l'assistenza sanitaria.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
Vaccinazione sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione 2009/1019/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, relativa alla vaccinazione contro l’influenza stagionale (GU L 348 del 29.12.2009, pag. 71-72) | RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
del 22 dicembre 2009
relativa alla vaccinazione contro l'influenza stagionale
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2009/1019/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 168, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L'influenza stagionale è una malattia virale contagiosa che in Europa si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. È una delle malattie trasmissibili più importanti e più comuni ed è causa importante di morbilità e di mortalità in tutti gli Stati membri.
(2)
In alcuni casi, l'infezione autolimitante delle vie respiratorie dà luogo a gravi complicazioni polmonari o ad altre complicazioni secondarie, con esiti a volta letali. Queste complicazioni sono assai più frequenti tra le persone anziane e tra quelle affette da patologie croniche.
(3)
L'influenza stagionale può essere combattuta con la vaccinazione, ma poiché la composizione antigenica del virus cambia di frequente, la composizione del vaccino è regolarmente aggiornata dai gruppi di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
(4)
L'assemblea mondiale della sanità tenutasi nel 2003 ha adottato la risoluzione 56.19 per aumentare la copertura vaccinica antinfluenzale per tutte le persone ad alto rischio, in modo da raggiungere una copertura vaccinica della popolazione anziana di almeno il 50 % nel 2006 e del 75 % nel 2010.
(5)
Il 26 ottobre 2005 e il 14 giugno 2006 il Parlamento europeo ha adottato le risoluzioni intitolate, rispettivamente, «Strategia contro la pandemia dell'influenza» e «Pianificazione della preparazione e dell'intervento della CE in caso di influenza pandemia», che invitano gli Stati membri ad intensificare la vaccinazione antinfluenzale, come raccomandato dall'OMS. Tali risoluzioni esortano altresì gli Stati membri ad accrescere la copertura vaccinica durante il periodo interpandemico conformemente alle raccomandazioni dell'OMS.
(6)
È opportuno pertanto adottare un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea per mitigare l'impatto dell'influenza stagionale incoraggiando la vaccinazione delle categorie a rischio e degli operatori del settore sanitario. La presente raccomandazione pone come obiettivo quello fissato dall'OMS, ossia il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015. L'obiettivo del 75 % dovrebbe essere esteso, se possibile, alle categorie di persone a rischio affette da patologie croniche, tenendo conto degli orientamenti espressi dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
(7)
L'aumento del tasso di vaccinazione delle categorie a rischio contribuirebbe inoltre ad elevare il tasso di vaccinazione generale, anche degli operatori del settore sanitario.
(8)
Per ottenere questi cambiamenti, un primo passo necessario consiste nell'informare tutti gli attori del sistema sanitario, le categorie a rischio, gli operatori sanitari, i medici, gli amministratori del settore sanitario e i responsabili politici sul problema dell'influenza stagionale, mediante campagne di sensibilizzazione pubbliche e professionali. Gli operatori sanitari dovrebbero essere sensibilizzati al particolare pericolo che corrono i loro pazienti più vulnerabili. Gli operatori sanitari dovrebbero essere altresì consapevoli della responsabilità che loro incombe di fornire ai propri pazienti un parere appropriato sulla vaccinazione.
(9)
È essenziale, in particolare, raccogliere a livello nazionale dati specifici e comparabili sul tasso di somministrazione del vaccino delle categorie a rischio, per valutare correttamente la situazione in tutti gli Stati membri. Sino ad oggi questi dati non sono stati sempre disponibili. Sulla base di questi dati, la Commissione e gli Stati membri potranno scambiare informazioni e le migliori pratiche con i paesi terzi mediante i canali di cooperazione internazionale esistenti nel settore sanitario.
(10)
Il regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (1) (ECDC), affida in particolare all'ECDC il compito di fornire una consulenza tecnica e scientifica alla Commissione e agli Stati membri. L'ECDC gestisce inoltre la rete specializzata istituita per la sorveglianza dell'influenza stagionale conformemente alla decisione 2000/96/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria in forza della decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). L'ECDC dovrebbe quindi assistere gli Stati membri nel fornire una consulenza scientifica sull'influenza stagionale.
(11)
Per quanto riguarda la vaccinazione contro l'influenza stagionale, è evidente che l'obiettivo raccomandato dall'OMS, ovvero il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane, sarà facilitato da un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea,
HA ADOTTATO LA SEGUENTE RACCOMANDAZIONE:
1)
Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare e attuare piani d'azione o politiche nazionali, regionali o locali, a seconda dei casi, miranti a migliorare la copertura vaccinica contro l'influenza stagionale, allo scopo di raggiungere quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015, un tasso di copertura vaccinica del 75 % per le «persone anziane» e, se possibile, per le altre categorie a rischio di cui al punto 2, lettera a), qualora già non sia stato raggiunto. Si incoraggiano inoltre gli Stati membri a migliorare la copertura vaccinica tra gli operatori del settore sanitario.
I piani d'azione o le politiche dovrebbero tenere conto delle carenze individuate a livello nazionale e organizzare le attività di cui al punto 2, lettere b) e c).
2)
Nel quadro dei piani d'azione o delle politiche di cui al punto 1, si incoraggiano gli Stati membri a:
a)
tenere conto della definizione di «persone anziane» e «categorie a rischio» contenuta negli orientamenti espressi dall'ECDC;
b)
misurare il tasso di somministrazione del vaccino in tutte le categorie a rischio e analizzare le ragioni per cui alcune persone non desiderano farsi vaccinare;
c)
promuovere l'educazione, la formazione e lo scambio di informazioni sull'influenza stagionale e sulla vaccinazione, organizzando:
i)
azioni informative degli operatori del settore sanitario;
ii)
azioni informative delle categorie a rischio e delle loro famiglie in merito ai rischi associati e alla prevenzione dell'influenza;
iii)
azioni informative efficaci per eliminare gli ostacoli alla somministrazione del vaccino.
3)
Si incoraggiano gli Stati membri a riferire alla Commissione su base volontaria in merito all'applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
4)
Si invita la Commissione a riferire periodicamente al Consiglio in merito all'applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dagli Stati membri.
5)
Si invita la Commissione a continuare a sostenere la ricerca sull'influenza tramite i programmi quadro di ricerca.
Fatto a Bruxelles, addi 22 dicembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
A. CARLGREN
(1) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 50.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
del 22 dicembre 2009
relativa alla vaccinazione contro l'influenza stagionale
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2009/1019/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 168, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L'influenza stagionale è una malattia virale contagiosa che in Europa si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. È una delle malattie trasmissibili più importanti e più comuni ed è causa importante di morbilità e di mortalità in tutti gli Stati membri.
(2)
In alcuni casi, l'infezione autolimitante delle vie respiratorie dà luogo a gravi complicazioni polmonari o ad altre complicazioni secondarie, con esiti a volta letali. Queste complicazioni sono assai più frequenti tra le persone anziane e tra quelle affette da patologie croniche.
(3)
L'influenza stagionale può essere combattuta con la vaccinazione, ma poiché la composizione antigenica del virus cambia di frequente, la composizione del vaccino è regolarmente aggiornata dai gruppi di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
(4)
L'assemblea mondiale della sanità tenutasi nel 2003 ha adottato la risoluzione 56.19 per aumentare la copertura vaccinica antinfluenzale per tutte le persone ad alto rischio, in modo da raggiungere una copertura vaccinica della popolazione anziana di almeno il 50 % nel 2006 e del 75 % nel 2010.
(5)
Il 26 ottobre 2005 e il 14 giugno 2006 il Parlamento europeo ha adottato le risoluzioni intitolate, rispettivamente, «Strategia contro la pandemia dell'influenza» e «Pianificazione della preparazione e dell'intervento della CE in caso di influenza pandemia», che invitano gli Stati membri ad intensificare la vaccinazione antinfluenzale, come raccomandato dall'OMS. Tali risoluzioni esortano altresì gli Stati membri ad accrescere la copertura vaccinica durante il periodo interpandemico conformemente alle raccomandazioni dell'OMS.
(6)
È opportuno pertanto adottare un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea per mitigare l'impatto dell'influenza stagionale incoraggiando la vaccinazione delle categorie a rischio e degli operatori del settore sanitario. La presente raccomandazione pone come obiettivo quello fissato dall'OMS, ossia il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015. L'obiettivo del 75 % dovrebbe essere esteso, se possibile, alle categorie di persone a rischio affette da patologie croniche, tenendo conto degli orientamenti espressi dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
(7)
L'aumento del tasso di vaccinazione delle categorie a rischio contribuirebbe inoltre ad elevare il tasso di vaccinazione generale, anche degli operatori del settore sanitario.
(8)
Per ottenere questi cambiamenti, un primo passo necessario consiste nell'informare tutti gli attori del sistema sanitario, le categorie a rischio, gli operatori sanitari, i medici, gli amministratori del settore sanitario e i responsabili politici sul problema dell'influenza stagionale, mediante campagne di sensibilizzazione pubbliche e professionali. Gli operatori sanitari dovrebbero essere sensibilizzati al particolare pericolo che corrono i loro pazienti più vulnerabili. Gli operatori sanitari dovrebbero essere altresì consapevoli della responsabilità che loro incombe di fornire ai propri pazienti un parere appropriato sulla vaccinazione.
(9)
È essenziale, in particolare, raccogliere a livello nazionale dati specifici e comparabili sul tasso di somministrazione del vaccino delle categorie a rischio, per valutare correttamente la situazione in tutti gli Stati membri. Sino ad oggi questi dati non sono stati sempre disponibili. Sulla base di questi dati, la Commissione e gli Stati membri potranno scambiare informazioni e le migliori pratiche con i paesi terzi mediante i canali di cooperazione internazionale esistenti nel settore sanitario.
(10)
Il regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (1) (ECDC), affida in particolare all'ECDC il compito di fornire una consulenza tecnica e scientifica alla Commissione e agli Stati membri. L'ECDC gestisce inoltre la rete specializzata istituita per la sorveglianza dell'influenza stagionale conformemente alla decisione 2000/96/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria in forza della decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). L'ECDC dovrebbe quindi assistere gli Stati membri nel fornire una consulenza scientifica sull'influenza stagionale.
(11)
Per quanto riguarda la vaccinazione contro l'influenza stagionale, è evidente che l'obiettivo raccomandato dall'OMS, ovvero il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane, sarà facilitato da un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea,
HA ADOTTATO LA SEGUENTE RACCOMANDAZIONE:
1)
Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare e attuare piani d'azione o politiche nazionali, regionali o locali, a seconda dei casi, miranti a migliorare la copertura vaccinica contro l'influenza stagionale, allo scopo di raggiungere quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015, un tasso di copertura vaccinica del 75 % per le «persone anziane» e, se possibile, per le altre categorie a rischio di cui al punto 2, lettera a), qualora già non sia stato raggiunto. Si incoraggiano inoltre gli Stati membri a migliorare la copertura vaccinica tra gli operatori del settore sanitario.
I piani d'azione o le politiche dovrebbero tenere conto delle carenze individuate a livello nazionale e organizzare le attività di cui al punto 2, lettere b) e c).
2)
Nel quadro dei piani d'azione o delle politiche di cui al punto 1, si incoraggiano gli Stati membri a:
a)
tenere conto della definizione di «persone anziane» e «categorie a rischio» contenuta negli orientamenti espressi dall'ECDC;
b)
misurare il tasso di somministrazione del vaccino in tutte le categorie a rischio e analizzare le ragioni per cui alcune persone non desiderano farsi vaccinare;
c)
promuovere l'educazione, la formazione e lo scambio di informazioni sull'influenza stagionale e sulla vaccinazione, organizzando:
i)
azioni informative degli operatori del settore sanitario;
ii)
azioni informative delle categorie a rischio e delle loro famiglie in merito ai rischi associati e alla prevenzione dell'influenza;
iii)
azioni informative efficaci per eliminare gli ostacoli alla somministrazione del vaccino.
3)
Si incoraggiano gli Stati membri a riferire alla Commissione su base volontaria in merito all'applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
4)
Si invita la Commissione a riferire periodicamente al Consiglio in merito all'applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dagli Stati membri.
5)
Si invita la Commissione a continuare a sostenere la ricerca sull'influenza tramite i programmi quadro di ricerca.
Fatto a Bruxelles, addi 22 dicembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
A. CARLGREN
(1) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 50.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Vaccinazione contro l’influenza stagionale
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Mira a incoraggiare i paesi dell'Unione europea (UE) ad adottare misure sanitarie contro l’influenza stagionale.
PUNTI CHIAVE
Sfide
L’influenza è un’infezione delle vie respiratorie di origine virale altamente contagiosa che si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. Essa può generare gravi complicazioni, anche con esito mortale.
In forma lieve, si stima che l’influenza stagionale provochi in media 8 decessi ogni 100 000 persone. Tale cifra può passare a 44 negli anni di influenza più grave.
Le epidemie di influenza possono sovraccaricare gli ospedali e i servizi medici. Ciò porta a un aumento dei costi diretti (risultanti dall’uso di risorse mediche e non mediche) e indiretti (dovuti alla perdita di produttività e alle assenze dal lavoro).
Efficacia ed efficienza del vaccino
L’influenza stagionale può essere attenuata con la vaccinazione. I gruppi «a rischio» della popolazione devono essere vaccinati contro l’influenza. Inoltre, per garantire una copertura vaccinica efficace, non deve essere sottovalutata la logistica, come l’inoltro e la distribuzione dei vaccini.
È importante agire a livello unionale per evitare che un nuovo virus influenzale si trasformi in una pandemia, come avvenne nel 1918, 1957 e 1968.
Piani e strategie nazionali
La raccomandazione invita i paesi dell'UE ad adottare un piano o una strategia nazionaleper la copertura vaccinica .
Lo scopo era di coprire il 75% della popolazione a rischio preferibilmente entro l’inverno 2014-2015, gruppo la cui definizione figurava negli orientamenti pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
I paesi dell'UE sono incoraggiati a riferire alla Commissione europea su base volontaria in merito all’applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
Occorre organizzare campagne di informazione degli operatori del settore sanitario, della popolazione delle categorie a rischio e delle rispettive famiglie.
La Commissione è invitata a riferire periodicamente al Consiglio in merito all’applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dai paesi dell'UE.
Valutazione
Una relazione pubblicata nel 2015 dall'ECDC suggerisce che tutti i paesi dell'UE possono dover riconsiderare il loro approccio al fine di raccogliere informazioni più complete e precise sulla copertura vaccinica contro l'influenza stagionale dei gruppi destinatari di popolazione.
Essa esorta i paesi dell'UE che non controllano la copertura vaccinica fra i gruppi di anziani a introdurre sistemi volti a effettuare tale controllo, per consentire alle organizzazioni della sanità pubblica di tenere traccia dei progressi e individuare gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi nazionali e unionali.
La relazione rileva che un numero maggiore di paesi è stato in grado di fornire informazioni sui tassi di copertura vaccinica per gruppi quali i lavoratori del settore sanitario e le donne incinte, e prevede delle raccomandazioni come percorso da seguire per il raggiungimento di tassi più elevati di popolazione vaccinata e di un migliore controllo.
Nel 2015, la Commissione ha organizzato un'udienza ad alto livello sul tema, sottolineando l'importanza crescente della prevenzione delle malattie nella spesa per l'assistenza sanitaria.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
Vaccinazione sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione 2009/1019/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, relativa alla vaccinazione contro l’influenza stagionale (GU L 348 del 29.12.2009, pag. 71-72) |
Protezione dall’esposizione al fumo di tabacco
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Ha lo scopo di proteggere i cittadini contro il fumo ambientale da tabacco e, quindi, di migliorare la salute pubblica in generale.
PUNTI CHIAVE
Raccomanda ai paesi dell’UE di:
assicurare un’efficace protezione dall’esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro chiusi*, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici e, se del caso, in altri luoghi pubblici, come stabilito dall’articolo 8 della convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale (OMS) della sanità sul controllo del tabacco (FCTC) e relative linee guida sull’applicazione;
sviluppare e rafforzare le misure per ridurre l’esposizione dei bambini e degli adolescenti al fumo di tabacco di seconda mano*;
integrare le politiche antifumo con misure di sostegno, come le avvertenze combinate sulle confezioni di tabacco o la promozione della disassuefazione dal fumo;
attuare, monitorare e valutare le strategie di lotta contro il tabagismo;
istituire centri di riferimento nazionali per la lotta al tabagismo;
collaborare tra loro e con la Commissione europea.
Invita la Commissione a:
riferire sull’attuazione, sul funzionamento e sull’impatto delle misure proposte;
prendere in considerazione misure per ridurre l’attrattiva e il pericolo di dipendenza dai prodotti del tabacco, come indicato nella revisione della direttiva sui prodotti del tabacco adottata nel 2014 (direttiva 2014/40/UE);
analizzare la situazione giuridica e l’impatto degli imballaggi semplici.
La FCTC dell’OMS mira a proteggere le persone dalle devastanti conseguenze sociali, ambientali ed economiche del consumo di tabacco e dell’esposizione al fumo di tabacco.
CONTESTO
Tutti i paesi dell’UE hanno adottato misure per proteggere i cittadini contro l’esposizione al fumo di tabacco e all’inizio del 2013 erano in vigore in 17 paesi dell’UE leggi antifumo generalizzate. Un sondaggio dell’Eurobarometro del marzo 2009 ha rilevato che una grande maggioranza dei cittadini europei era a favore del divieto di fumo in luoghi di lavoro, ristoranti e bar.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Ambienti con divieto di fumo» e «Politiche in materia di tabacco» sul sito Internet della Commissione europea;
La FCTC dell’OMS e le linee guida sull’applicazione dell’articolo 8 sul sito Internet dell’OMS.
* TERMINI CHIAVE
Luogo di lavoro: qualsiasi luogo utilizzato dall’uomo durante il lavoro o l’attività lavorativa.
Fumo di seconda mano: il fumo emesso dall’estremità accesa di un prodotto del tabacco, associato in genere al fumo esalato dal fumatore.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo (GU C 296 del 5.12.2009, pag. 4-14)
DOCUMENTI CORRELATI
Documento di lavoro dei servizi della Commissione «Relazione sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio del 30 novembre 2009 relativa agli ambienti senza fumo», SWD(2013) 56 final/2 del 14.3.2013
Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38) | RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
relativa agli ambienti senza fumo
2009/C 296/02
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,
vista la proposta della Commissione,
previa consultazione del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità, che completa le politiche nazionali, è volta al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana.
(2)
A norma dell'articolo 137 del trattato la Comunità sostiene e completa l'azione degli Stati membri in vari settori, tra cui quello del miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori.
(3)
L'esposizione al fumo di tabacco presente negli ambienti, noto come «fumo ambientale» o «fumo di seconda mano», rappresenta nell'Unione europea una causa diffusa di mortalità, morbilità e invalidità.
(4)
Secondo stime prudenti, 7 300 adulti (tra cui 2 800 non fumatori) sono deceduti a seguito dell'esposizione al fumo ambientale sul luogo di lavoro nell'Unione europea nel 2002. Il decesso di altri 72 000 adulti (tra cui 16 400 non fumatori) è connesso all'esposizione al fumo ambientale in casa.
(5)
L'esposizione al fumo di seconda mano è particolarmente nociva per i bambini e gli adolescenti e potrebbe rendere più probabile la loro iniziazione al fumo.
(6)
Il fumo ambientale da tabacco (ETS — environmental tobacco smoke) è stato classificato come noto agente cancerogeno per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e come cancerogeno professionale dalla Finlandia e dalla Germania.
(7)
Ogni persona ha diritto a un elevato livello di tutela della salute e dovrebbe essere protetta dall'esposizione al fumo di tabacco.
(8)
Le politiche di tipo volontaristico adottate a livello nazionale si sono dimostrate inefficaci a ridurre l'esposizione al fumo di tabacco. Una legislazione vincolante degli Stati membri, correttamente applicata e opportunamente monitorata, è uno strumento efficace per proteggere adeguatamente la popolazione dai rischi per la salute derivanti dall'esposizione al fumo di seconda mano.
(9)
L'efficacia delle norme relative agli ambienti senza fumo antifumo aumenta quando esse sono affiancate da misure quali campagne di sensibilizzazione, di promozione della disassuefazione dal fumo, di avvertenze sulla nocività del fumo apposte sulle confezioni dei prodotti del tabacco e altre norme sui prodotti del tabacco.
(10)
La società civile ha un ruolo importante nel creare consenso a favore delle norme relative agli ambienti senza fumo e nell'assicurarne il rispetto.
(11)
Le politiche antifumo dovrebbero disporre di strumenti adeguati per attuare un approccio multisettoriale nella lotta contro il tabagismo.
(12)
È necessaria una maggiore collaborazione tra gli Stati membri al fine di facilitare lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e di sviluppare un sistema di monitoraggio standard a livello dell'UE.
(13)
La risoluzione del Consiglio e dei ministri della Sanità degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 18 luglio 1989, relativa al divieto di fumare nei luoghi accessibili al pubblico (3) ha invitato gli Stati membri ad attuare misure volte a vietare il fumo in taluni locali chiusi accessibili al pubblico e a estendere il divieto di fumare a tutti i mezzi di trasporto ad uso collettivo.
(14)
Con la raccomandazione 2003/54/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (4) è stata sollecitata l'attuazione da parte degli Stati membri di norme di legge e/o di altre misure efficaci atte a garantire una protezione dall'esposizione al fumo ambientale da tabacco nei luoghi di lavoro chiusi, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici.
(15)
La direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (5), pur senza riferirsi esplicitamente al fumo di tabacco, concerne l'insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (6).
(16)
Nel suo piano d'azione per l'ambiente e la salute 2004-2010 (7), la Commissione si è impegnata ad agire per migliorare la qualità dell'aria negli ambienti interni e in particolare a adoperarsi perché il fumo sia vietato in tutti i luoghi di lavoro, ricorrendo a strumenti giuridici e a iniziative di promozione della salute a livello sia europeo sia nazionale.
(17)
La consultazione, avviata con il Libro verde della Commissione «Verso un'Europa senza fumo: opzioni per un'iniziativa dell'Unione europea» (il «Libro verde») (8), ha registrato un notevole consenso a favore sia di provvedimenti antifumo generalizzati in tutti i luoghi pubblici e i luoghi di lavoro chiusi, sia di ulteriori iniziative dell'UE finalizzate alla promozione di ambienti senza fumo in tutti gli Stati membri.
(18)
Il 30 e 31 maggio 2007 il Consiglio «Occupazione, politica sociale, salute e consumatori» ha avuto uno scambio di opinioni sulle opzioni politiche a livello comunitario sugli ambienti senza fumo. Il Consiglio ha accolto con favore il Libro verde della Commissione e ha ribadito la necessità di orientamenti comunitari volti a promuovere ulteriormente ambienti senza fumo a livello dell'UE, nonché di misure comunitarie di sostegno e di coordinamento delle iniziative nazionali.
(19)
Con la risoluzione del 24 ottobre 2007 sul Libro verde il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri ad attuare, entro due anni, norme che prevedano un divieto totale di fumo e ha invitato la Commissione a presentare, entro il 2011, una proposta di regolamentazione, in caso di progressi poco soddisfacenti in tale direzione. Ha invitato inoltre la Commissione a presentare una proposta di modifica del quadro legislativo vigente al fine di classificare il fumo ambientale da tabacco come cancerogeno e di obbligare i datori di lavoro a garantire un luogo di lavoro senza fumo.
(20)
L'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo, sottoscritta nel giugno 2003 da tutti i membri dell'OMS e ratificata finora da 167 parti, tra cui la Comunità e 26 dei suoi Stati membri, impone alle parti l'obbligo giuridico di adottare e attuare, negli ambiti di competenza nazionale definiti dalle leggi nazionali, misure efficaci per proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di seconda mano in tutti i luoghi di lavoro chiusi, nei trasporti pubblici, nei luoghi pubblici chiusi e, se del caso, negli altri luoghi pubblici, nonché di promuovere attivamente ad altri livelli giurisdizionali l'adozione e l'attuazione di tali misure.
(21)
Nel luglio 2007, nell'intento di coadiuvare le parti nell'adempiere agli obblighi che loro incombono a norma dell'articolo 8 della convenzione, la seconda conferenza delle parti della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo (FCTC — framework convention on tobacco control) ha adottato linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco (9). È opportuno che ciascuna parte si adoperi per attuare le linee guida entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della convenzione nei suoi confronti.
(22)
L'articolo 14 della convenzione quadro dell'OMS sancisce l'obbligo giuridico per le parti di elaborare e diffondere linee guida appropriate, complete e integrate, fondate su dati scientifici e sulle migliori pratiche, e di adottare misure efficaci per promuovere la disassuefazione dal fumo e l'adeguato trattamento della dipendenza nei confronti del tabacco. La terza conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS ha deciso l'istituzione di un gruppo di lavoro incaricato di elaborare linee guida sull'applicazione di tale articolo.
(23)
Nella strategia europea di lotta al tabagismo, adottata nel settembre 2002, il comitato regionale per l'Europa dell'OMS ha raccomandato che gli Stati membri tutelino il diritto dei cittadini ad ambienti senza fumo, proibendo il fumo, tra l'altro, nei luoghi pubblici, nei luoghi di lavoro e nei trasporti pubblici, nonché all'aperto in tutti gli istituti scolastici frequentati da minorenni, in tutti i luoghi in cui sono dispensate cure mediche e in occasione di manifestazioni pubbliche, e classifichino il fumo ambientale da tabacco come cancerogeno.
(24)
La presente raccomandazione non pregiudica la legislazione comunitaria che stabilisce i requisiti minimi per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori adottati in forza dell'articolo 137 del trattato, la direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco (10) e la decisione 2003/641/CE della Commissione, del 5 settembre 2003, sull'impiego di fotografie a colori o altre illustrazioni quali avvertenze per la salute sulle confezioni di prodotti del tabacco (11),
RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:
1.
di assicurare, entro cinque anni dall'entrata in vigore della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo per ogni Stato membro o, al più tardi, nei tre anni successivi all'adozione della presente raccomandazione, un'efficace protezione dall'esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro chiusi, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici e, se del caso, in altri luoghi pubblici, come stabilito dall'articolo 8 della convenzione e sulla base delle allegate linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco adottate dalla seconda conferenza delle parti della convenzione;
2.
di sviluppare e/o rafforzare strategie e misure atte a ridurre l'esposizione dei bambini e degli adolescenti al fumo di seconda mano;
3.
di integrare le politiche antifumo con iniziative di supporto, tra le quali:
a)
l'adozione di misure efficaci volte a promuovere la disassuefazione dal fumo e l'adeguato trattamento della dipendenza nei confronti del tabacco, tenendo conto delle circostanze e delle priorità nazionali, come stabilito all'articolo 14 della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo;
b)
l'introduzione di avvertenze combinate quali sono definite all'articolo 2, paragrafo 4, della decisione 2003/641/CE della Commissione, del 5 settembre 2003, sull'impiego di fotografie a colori o altre illustrazioni quali avvertenze per la salute sulle confezioni di prodotti del tabacco (12) e di informazioni sulle confezioni dei prodotti del tabacco sui servizi di promozione della disassuefazione dal fumo allo scopo di informare meglio i consumatori sui rischi per la salute derivanti dal consumo di tabacco e dall'esposizione al fumo, di incoraggiare la disassuefazione dal fumo e di dissuadere i giovani dall'iniziare a fumare;
4.
di sviluppare, attuare, aggiornare periodicamente e rivedere le strategie o i programmi generalizzati multisettoriali di lotta contro il tabagismo che affrontano, tra i vari temi, quello della protezione dall'esposizione al fumo di tabacco in tutti i luoghi accessibili al pubblico o i luoghi d'uso collettivo, indipendentemente dalla titolarità della proprietà o dalle condizioni di accesso;
5.
di fornire strumenti adeguati all'attuazione di strategie nazionali, di programmi e di politiche di lotta contro il tabagismo al fine di garantire un'efficace protezione dall'esposizione al fumo di tabacco;
6.
di comunicare alla Commissione, se possibile, entro sei mesi dall'adozione della presente raccomandazione, i centri di riferimento nazionali per la lotta al tabagismo al fine di promuovere lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e il coordinamento con gli altri Stati membri;
7.
di collaborare strettamente tra loro e con la Commissione onde creare un quadro coerente di definizioni, parametri e indicatori in vista dell'attuazione della presente raccomandazione;
8.
di monitorare e valutare l'efficacia delle iniziative adottate utilizzando gli indicatori sopramenzionati;
9.
di informare la Commissione in merito alle iniziative legislative e di altra natura adottate in risposta alla presente raccomandazione e ai risultati delle attività di monitoraggio e di valutazione.
INVITA LA COMMISSIONE:
1.
a riferire sull'attuazione, sul funzionamento e sull'impatto delle misure proposte, sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati membri;
2.
ad esaminare, nel contesto di un'eventuale revisione della direttiva 2001/37/CE, tutti i prodotti connessi alle misure intese a ridurre l'attrattiva dei prodotti del tabacco e il pericolo di dipendenza che comportano;
3.
ad analizzare le questioni giuridiche e le prove su cui si basa l'impatto dell'imballaggio semplice, anche sul funzionamento del mercato interno.
Fatto a Bruxelles, il 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
S. O. LITTORIN
(1) Risoluzione espressa a seguito di consultazione non obbligatoria (non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del 5 novembre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 189 del 26.7.1989, pag. 1.
(4) GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31.
(5) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
(6) Cfr. causa C-49/00, Commissione contro Italia, (Racc. I 85-87, punti 12 e 13).
(7) COM(2004) 416 definitivo.
(8) COM(2007) 27 definitivo.
(9) FCTC/COP2(7) Linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco, elaborate dal gruppo di lavoro convocato a norma della decisione FCTC/COP1(15) della conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo.
(10) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.
(11) GU L 226 del 10.9.2003, pag. 24.
(12) Cfr. nota 11.
ALLEGATO
Linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco adottate dalla seconda conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo
FINALITÀ, OBIETTIVI E CONSIDERAZIONI FONDAMENTALI
Finalità delle linee guida
1.
Coerentemente con altre disposizioni della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo e con i propositi espressi dalla conferenza delle parti, le presenti linee guida hanno come finalità quella di coadiuvare le parti nell'adempimento degli obblighi che loro incombono a norma dell'articolo 8 della convenzione. Esse si fondano sui migliori dati disponibili e sull'esperienza delle parti che sono riuscite ad attuare misure efficaci di riduzione dell'esposizione al fumo di tabacco.
2.
Le linee guida contengono principi comuni e definizioni dei termini utilizzati, nonché raccomandazioni concordate sulle iniziative necessarie per il rispetto degli obblighi che discendono dalla convenzione. Esse individuano inoltre le misure necessarie ai fini di un'efficace protezione dai rischi del fumo di seconda mano. Le parti sono invitate ad avvalersi di queste linee guida non solo per adempiere agli obblighi giuridici derivanti dalla convenzione, ma anche per adottare le migliori pratiche in materia di tutela della salute pubblica.
Obiettivi delle linee guida
3.
Le presenti linee guida hanno due obiettivi tra loro correlati. Il primo è quello di coadiuvare le parti nell'adempimento delle obbligazioni derivanti dall'articolo 8 della convezione quadro dell'OMS in forme coerenti con i dati scientifici sull'esposizione al fumo di seconda mano e con le migliori pratiche mondiali relative all'attuazione di misure antifumo, così da stabilire un elevato grado di responsabilità per il rispetto delle norme della convenzione e aiutare le parti nella promozione del conseguimento dei più elevati livelli di salute possibili. Il secondo obiettivo consiste nell'individuare quali siano gli elementi essenziali che devono caratterizzare le norme di legge ai fini di una tutela efficace della popolazione dall'esposizione al fumo, come prescritto dall'articolo 8.
Considerazioni di base
4.
L'elaborazione delle presenti linee guida è stata influenzata principalmente dalle seguenti considerazioni:
a)
il dovere di proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco, sancito dall'articolo 8, trova il suo fondamento nei diritti umani e nelle libertà fondamentali; considerati i pericoli derivanti dall'inalazione del fumo di seconda mano, il dovere di proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco è implicito, tra l'altro, nel diritto alla vita e nel diritto al conseguimento del più elevato livello di salute possibile, riconosciuti in molti strumenti giuridici internazionali (quali la Costituzione dell'Organizzazione mondiale della sanità, la convenzione sui diritti del fanciullo, la convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e il patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali), formalmente proclamati nel preambolo della convenzione quadro dell'OMS e riconosciuti dalle norme costituzionali di molte nazioni;
b)
il dovere di proteggere ogni persona dal fumo di tabacco implica per i governi l'obbligo di approvare leggi che tutelino ogni persona fisica dalle minacce ai diritti e alle libertà fondamentali di ciascuno; questo obbligo vale nei confronti di tutti e non semplicemente di determinati gruppi della popolazione;
c)
una serie di autorevoli organismi scientifici ha stabilito che il fumo di seconda mano è cancerogeno. Alcune parti della convenzione quadro dell'OMS (ad esempio, Finlandia e Germania) hanno classificato come cancerogeno il fumo di seconda mano e ne hanno inserito la prevenzione sul luogo di lavoro nella propria legislazione in materia di salute e sicurezza. L'obbligo delle parti di ridurre il rischio legato all'esposizione al fumo di tabacco può derivare, oltre che dagli obblighi stabiliti dall'articolo 8, dalle rispettive leggi vigenti sull'ambiente di lavoro o da altre disposizioni di legge che disciplinano l'esposizione a sostanze nocive, comprese quelle cancerogene.
PRINCIPI E DEFINIZIONI ALLA BASE DELLA PROTEZIONE DALL'ESPOSIZIONE AL FUMO DI TABACCO
Principi
5.
Come recita l'articolo 4 della convenzione quadro dell'OMS, è necessario un forte impegno politico per l'adozione di misure volte a proteggere ogni persona dall'esposizione al fumo di tabacco. L'attuazione dell'articolo 8 della convenzione dovrebbe essere ispirata ai principi comuni di seguito enunciati.
Principio 1
6.
Misure efficaci di protezione dall'esposizione al fumo di tabacco, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS, richiedono un divieto assoluto di fumare e l'eliminazione totale del fumo di tabacco in un determinato spazio o ambiente per ottenere un ambiente senza fumo al 100 %. Non esiste un livello di esposizione al fumo di tabacco che sia privo di rischi e occorre respingere nozioni quali una soglia di tossicità del fumo di seconda mano, in quanto smentite dai dati scientifici. Se si esclude la creazione di ambienti senza fumo al 100 %, altre strategie, quali la ventilazione, la filtrazione dell'aria e le zone riservate ai fumatori (dotate o prive di propri impianti di ventilazione separati) hanno a più riprese dimostrato la loro inefficacia e si dispone di prove conclusive, scientifiche e di altra natura, che dimostrano che le soluzioni tecniche non proteggono dall'esposizione al fumo di tabacco.
Principio 2
7.
Ogni persona dovrebbe essere protetta dall'esposizione al fumo di tabacco. Tutti i luoghi di lavoro chiusi e i luoghi pubblici chiusi dovrebbero essere ambienti senza fumo.
Principio 3
8.
Sono necessarie disposizioni legislative per proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco. Le politiche antifumo di tipo volontaristico hanno ripetutamente dimostrato la loro inefficacia e non garantiscono una protezione adeguata. Per essere efficaci, occorre che le disposizioni di legge siano semplici, chiare e cogenti.
Principio 4
9.
Per un'attuazione e un'applicazione efficaci della legislazione antifumo sono essenziali una buona programmazione e risorse adeguate.
Principio 5
10.
La società civile ha un ruolo centrale nel creare consenso a favore delle misure antifumo e nell'assicurarne il rispetto e dovrebbe partecipare attivamente al processo di elaborazione, attuazione e applicazione delle disposizioni di legge.
Principio 6
11.
È opportuno monitorare e valutare l'attuazione, l'applicazione e gli effetti della legislazione antifumo. In tal senso occorre monitorare e contrastare le attività dell'industria del tabacco che compromettono l'attuazione e l'applicazione della legislazione antifumo, come prevede l'articolo 20, paragrafo 4, della convenzione quadro dell'OMS.
Principio 7
12.
Occorre rafforzare e se necessario ampliare la protezione della popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco, ad esempio attraverso l'introduzione di nuove disposizioni di legge o la modifica di quelle vigenti e una loro più rigorosa applicazione, nonché attraverso altre misure fondate su recenti dati scientifici e sui risultati degli studi di casi.
Definizioni
13.
In fase di elaborazione di disposizioni legislative, è importante definire con attenzione i termini essenziali. Viene di seguito presentata una serie di raccomandazioni sulle definizioni più opportune alla luce dell'esperienza di molti paesi. Le definizioni contenute in questa sezione integrano quelle della convenzione quadro dell'OMS.
«Fumo di seconda mano» o «fumo ambientale»
14.
Per descrivere il tipo di fumo di cui all'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS, viene comunemente usata una serie di termini alternativi quali «fumo di seconda mano», «fumo ambientale» e «fumo di altri». È opportuno evitare termini quali «fumo passivo» ed «esposizione involontaria al fumo di tabacco», in quanto l'esperienza francese e di altri paesi rivela che l'industria del tabacco potrebbe utilizzare questi termini per suffragare la tesi secondo cui l'esposizione «volontaria» sarebbe accettabile. I termini consigliati sono «fumo di seconda mano» e «fumo ambientale», talvolta abbreviati rispettivamente in SHS (second-hand smoke) e ETS (environmental tobacco smoke). In queste linee guida il termine utilizzato è «fumo di seconda mano».
15.
Il fumo di seconda mano può essere definito come «il fumo emesso dall'estremità accesa della sigaretta o di altri prodotti del tabacco, associato in genere al fumo esalato dal fumatore».
16.
«Aria senza fumo» è l'aria libera dal fumo al 100 %. Questa definizione si applica, ma non esclusivamente, all'aria in cui il fumo del tabacco non è visibile, odorabile, percepibile o misurabile (1).
«Fumo»
17.
È opportuno che la definizione del termine includa la detenzione e l'utilizzo dei prodotti del tabacco accesi, indipendentemente dal fatto che il fumo sia attivamente inalato o esalato.
«Luoghi pubblici»
18.
La definizione esatta di «luoghi pubblici» può variare da un ordinamento all'altro, ma è importante che la legislazione definisca questo termine nel modo più ampio possibile. È opportuno che la definizione utilizzata copra tutti i luoghi accessibili al pubblico o i luoghi d'uso collettivo, indipendentemente dalla titolarità della proprietà o dalle condizioni di accesso.
«Luoghi chiusi» o «delimitati»
19.
L'articolo 8 impone la protezione dall'esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro «chiusi» e nei luoghi pubblici «chiusi». Definire gli ambienti «chiusi» cela potenziali insidie e per questo occorre esaminare attentamente come i vari paesi hanno definito questo termine. È opportuno che la definizione sia quanto più inclusiva e chiara possibile, evitando, in sede di definizione, di stilare elenchi interpretabili come un'esclusione di luoghi «chiusi» i quali dovrebbero potenzialmente essere inclusi. Si raccomanda di definire i luoghi «chiusi» (o «delimitati») in modo che sia compreso qualsiasi ambiente coperto da un tetto o racchiuso da uno o più muri o pareti, indipendentemente dal materiale impiegato per il tetto, i muri o le pareti o dalla natura permanente o temporanea della struttura.
«Luogo di lavoro»
20.
In generale andrebbe definito «luogo di lavoro»«qualsiasi luogo utilizzato dall'uomo durante il lavoro o l'attività lavorativa». Con lavoro si dovrebbe intendere non solo quello svolto in cambio di un corrispettivo, ma anche il lavoro volontario se si tratta di una tipologia di lavoro per la quale è di norma prevista una retribuzione. I «luoghi di lavoro» comprendono, inoltre, non solo i luoghi in cui viene svolto il lavoro, ma anche tutti i luoghi adiacenti o collegati, comunemente utilizzati dai lavoratori durante lo svolgimento dell'attività lavorativa: vi rientrano ad esempio i corridoi, gli ascensori, le trombe delle scale, gli ingressi, gli impianti comuni, le mense, i servizi igienici, i saloni, le sale da pranzo e altre dépendance, come capannoni e ricoveri. I mezzi di trasporto utilizzati durante il lavoro sono luoghi di lavoro e andrebbero pertanto specificamente indicati come tali.
21.
Una particolare attenzione andrebbe riservata ai luoghi di lavoro che rappresentano anche luoghi di abitazione o di dimora, quali ad esempio le carceri, gli istituti di igiene mentale o le case di cura e di riposo. Questi sono luoghi di lavoro per altre persone che dovrebbero essere protette dall'esposizione al fumo di tabacco.
«Trasporti pubblici»
22.
È opportuno che la definizione di «trasporti pubblici» comprenda qualsiasi veicolo impiegato per il trasporto di passeggeri, di solito dietro pagamento di un corrispettivo o a fini di lucro. Tale definizione dovrebbe comprendere i taxi.
AMBITO DI APPLICAZIONE DI UNA LEGISLAZIONE EFFICACE
23.
L'articolo 8 impone l'adozione di efficaci misure di protezione dall'esposizione al fumo del tabacco 1) nei luoghi di lavoro chiusi, 2) nei luoghi pubblici chiusi, 3) nei trasporti pubblici e 4) «se del caso» in «altri luoghi pubblici».
24.
Ne deriva l'obbligo di garantire una protezione universale in modo che tutti i luoghi pubblici chiusi, tutti i luoghi di lavoro chiusi, tutti i trasporti pubblici ed eventualmente altri luoghi pubblici (all'aperto o equiparabili) siano liberi dall'esposizione al fumo di seconda mano. Non ci sono motivazioni sanitarie o giuridiche per eventuali deroghe. Se altre motivazioni impongono di prendere in considerazione deroghe, queste ultime dovrebbero comunque essere minime. Inoltre se una parte non è in grado di assicurare immediatamente una protezione universale, è l'articolo 8 a prevedere, quale obbligo permanente, quello di adoperarsi con la massima tempestività per eliminare eventuali deroghe e pervenire alla protezione universale. È opportuno che ciascuna parte si adoperi per assicurare la protezione universale entro cinque anni dalla data in cui la convenzione quadro dell'OMS è entrata in vigore nei suoi confronti.
25.
Non esiste alcun livello sicuro di esposizione al fumo di seconda mano e, come già riconosciuto dalla conferenza delle parti nella decisione FCTC/COP1(15), soluzioni tecniche quali la ventilazione, il ricambio dell'aria e le zone riservate ai fumatori, non proteggono dall'esposizione al fumo di tabacco.
26.
Va garantita una protezione in tutti i luoghi di lavoro chiusi o delimitati, compresi i veicoli a motore utilizzati quali luoghi di lavoro (ad esempio taxi, ambulanze o mezzi adibiti alle consegne).
27.
La formulazione della convenzione impone misure di protezione non soltanto per tutti i luoghi di lavoro «chiusi», ma anche, se del caso, per «altri» luoghi pubblici (all'aperto o equiparabili). Nello stabilire quali sono i luoghi pubblici all'aperto o equiparabili nei quali è opportuna l'applicazione di misure legislative, è opportuno che le parti considerino le prove relative ai possibili rischi per la salute nei diversi contesti e adottino le misure di protezione più efficaci contro l'esposizione ogniqualvolta i dati dimostrino l'esistenza di un rischio.
INFORMAZIONE, CONSULTAZIONE E COINVOLGIMENTO DEL PUBBLICO IN MODO DA OTTENERNE IL CONSENSO E FACILITARE L'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI LEGISLATIVI
28.
La sensibilizzazione del pubblico e degli opinion leader attraverso campagne di informazione permanenti in merito ai rischi derivanti dall'esposizione al fumo di seconda mano costituisce una funzione importante cui sono chiamati gli organismi di governo in collaborazione con la società civile in modo che la popolazione comprenda e sostenga gli interventi legislativi. I principali soggetti interessati sono le imprese, le associazioni dei ristoratori e degli albergatori, le associazioni dei datori di lavoro, i sindacati, i mass media, i professionisti della sanità, le organizzazioni che rappresentano i bambini e i giovani, le istituzioni didattiche o religiose, il mondo della ricerca e il grande pubblico. L'impegno sul fronte della sensibilizzazione dovrebbe comprendere la consultazione delle aziende interessate e di altre organizzazioni e istituzioni durante l'elaborazione della legislazione.
29.
La comunicazione dovrebbe concentrarsi principalmente sul danno provocato dall'esposizione al fumo di seconda mano, sul fatto che il divieto di fumo nei luoghi chiusi rappresenta l'unica soluzione valida da un punto di vista scientifico per assicurare una protezione completa dall'esposizione, sul diritto di tutti i lavoratori a un'uguale protezione per legge e sul fatto che non c'è spazio per alcun compromesso tra salute ed economia, visto che l'esperienza in un crescente numero di paesi dimostra che gli ambienti senza fumo sono positivi per entrambe. Le campagne di educazione del pubblico dovrebbero riguardare anche quei contesti per i quali l'intervento legislativo può risultare inidoneo o non praticabile, come ad esempio le abitazioni private.
30.
Un'ampia consultazione dei soggetti interessati è essenziale anche per educare e mobilitare la collettività e promuovere il consenso a favore della legislazione adottata. Terminato l'iter legislativo, è opportuno svolgere una campagna di educazione fino alla fase di attuazione delle disposizioni di legge, informare i titolari delle imprese e i responsabili della gestione degli immobili circa i contenuti delle norme e le loro responsabilità e produrre materiale, ad esempio di tipo cartellonistico. Queste misure aumenteranno la probabilità di una corretta e agevole attuazione e di un'adesione volontaria massiccia alle norme. I messaggi per conferire un ruolo attivo ai non fumatori e per ringraziare i fumatori che rispettano la legge promuoveranno il coinvolgimento del pubblico nell'applicazione e nella corretta attuazione degli interventi legislativi.
APPLICAZIONE
Obbligo di rispettare la legge
31.
Per essere efficaci, le disposizioni di legge dovrebbero addossare ai soggetti economici interessati e ai singoli fumatori la responsabilità del rispetto delle norme e, in caso di violazioni, stabilire sanzioni applicabili ai soggetti economici e, possibilmente, ai fumatori. Dal punto di vista dell'applicazione, occorre concentrarsi sui soggetti economici. Le disposizioni di legge dovrebbero individuare nel titolare, nel gestore o in altro soggetto preposto ai locali il responsabile del rispetto delle norme e dovrebbero indicare chiaramente quali siano le misure che questi deve prendere. Tra questi obblighi dovrebbero figurare:
a)
l'obbligo di affiggere agli ingressi e in altre idonee posizioni cartelli chiari — il cui formato e contenuto dovrebbero essere stabiliti dalle autorità sanitarie o da altri enti di governo — che ricordino il divieto di fumare; i cartelli potrebbero recare anche l'indicazione di un numero di telefono o altri sistemi per la segnalazione delle infrazioni da parte del pubblico, nonché specificare il nome della persona incaricata di raccogliere le denunce sul posto;
b)
l'obbligo di eliminare i portacenere dai locali;
c)
l'obbligo di vigilare sul rispetto delle norme;
d)
l'obbligo di adottare una serie di misure ragionevoli per dissuadere le persone dal fumare nel locale. Queste iniziative potrebbero consistere nel chiedere alla persona di non fumare, nel non servirla più, nel chiederle di lasciare il locale e nel rivolgersi a un'autorità incaricata dell'applicazione delle norme o ad altra autorità.
Sanzioni
32.
Le disposizioni di legge dovrebbero specificare le ammende o le altre sanzioni pecuniarie previste per le violazioni. Queste sanzioni, la cui entità dipenderà necessariamente dalle tradizioni e dalle prassi tipiche di ciascun paese, dovrebbero comunque essere ispirate a una serie di principi. In primo luogo, l'entità delle sanzioni dovrebbe essere tale da costituire un deterrente, altrimenti le sanzioni rischiano di essere ignorate dai trasgressori o di essere considerate come un costo normale dell'attività. Per aver effetto deterrente, le sanzioni a carico dei soggetti economici che violano le norme devono essere maggiori rispetto a quelle a carico dei singoli fumatori che di solito dispongono di risorse più limitate. In caso di recidiva dovrebbero essere previste sanzioni aggravate, in linea con quanto previsto in un dato paese per altre infrazioni della stessa gravità.
33.
Oltre alle sanzioni pecuniarie la legislazione può contemplare anche sanzioni amministrative, come la sospensione delle licenze commerciali, nel rispetto delle prassi e dell'ordinamento giuridico nazionale. Queste «sanzioni di ultima istanza», pur essendo raramente impiegate, sono molto importanti per imporre il rispetto della legge a quei soggetti economici che scelgono di violarla ripetutamente.
34.
Per le infrazioni si possono prevedere sanzioni penali ove ciò risulti opportuno in un dato contesto giuridico e culturale nazionale.
Servizi incaricati dell'applicazione delle norme
35.
Le disposizioni di legge dovrebbero individuare la o le autorità responsabili dell'applicazione delle norme e prevedere un sistema che consenta di monitorarne il rispetto e di perseguire i trasgressori.
36.
Il monitoraggio dovrebbe prevedere procedure di ispezione presso le imprese per verificare il rispetto delle norme. È raro che per garantire il rispetto della legislazione antifumo occorra istituire un nuovo sistema ispettivo. Il monitoraggio del rispetto delle norme può generalmente essere effettuato attraverso uno o più tra i sistemi già esistenti per le ispezioni presso i locali commerciali e sui luoghi di lavoro. Di solito esistono per questo molte soluzioni alternative. In molti paesi le ispezioni per il rispetto delle norme antifumo possono essere integrate nelle ispezioni per la concessione delle licenze commerciali, nelle ispezioni di igiene e sanità, nelle ispezioni per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, nelle ispezioni antincendio o in programmi analoghi. Può essere utile avvalersi contemporaneamente di diversi strumenti di raccolta delle informazioni.
37.
Ove possibile, si raccomanda il ricorso a ispettori o agenti preposti all'applicazione delle norme a livello locale, in quanto ciò è destinato a far aumentare le risorse disponibili per l'applicazione delle norme e il grado di rispetto delle medesime. Questa impostazione richiede l'istituzione di un meccanismo di coordinamento nazionale per garantire un approccio coerente su scala nazionale.
38.
Indipendentemente dal meccanismo impiegato, il monitoraggio dovrebbe basarsi su un piano applicativo complessivo e prevedere un meccanismo per una formazione efficace degli ispettori. Un monitoraggio efficace può consistere in ispezioni periodiche associate a ispezioni a sorpresa, non programmate e in controlli effettuati a seguito della presentazione di denunce. All'inizio, subito dopo l'entrata in vigore della legge, questi controlli potrebbero anche avere carattere educativo, in quanto è probabile che la maggior parte delle violazioni sia involontaria. Le disposizioni di legge dovrebbero autorizzare gli ispettori a entrare nei locali nel rispetto delle condizioni previste e a raccogliere campioni e prove, ove questi poteri non siano già loro riconosciuti dalle norme esistenti. Le norme dovrebbero anche vietare ai soggetti economici di intralciare il lavoro degli ispettori.
39.
Un monitoraggio efficace non ha costi eccessivi. Non occorre assumere un gran numero di ispettori, in quanto le ispezioni possono essere effettuate nel quadro di programmi esistenti e con il personale già disponibile e l'esperienza dimostra che la legislazione antifumo finisce per «autoimporsi» (è prevalentemente il pubblico a garantirne l'applicazione). Se le disposizioni di legge vengono attuate con attenzione e se ci si impegna attivamente per educare le imprese e il pubblico, il ricorso all'azione repressiva può rimanere circoscritto.
40.
Benché questi programmi non siano costosi, sono necessarie risorse per educare le imprese, formare gli ispettori, coordinare l'iter ispettivo e retribuire il personale incaricato delle ispezioni effettuate nei locali commerciali al di fuori del normale orario di lavoro. Va a tal fine individuato un meccanismo di finanziamento. Programmi di monitoraggio efficaci si sono avvalsi di una serie di fonti di finanziamento, quali una specifica quota del gettito fiscale, le tasse di concessione delle licenze commerciali e una parte del gettito delle ammende pagate dai trasgressori.
Strategie applicative
41.
Le strategie applicative possono favorire il massimo rispetto delle norme, semplificare l'attuazione della legislazione e ridurre le risorse necessarie a garantire l'applicazione delle norme.
42.
Le attività applicative nel periodo immediatamente successivo all'entrata in vigore delle disposizioni di legge sono determinanti per il successo delle norme, del monitoraggio e dell'applicazione nelle fasi successive. Molti paesi consigliano un periodo iniziale di applicazione non coercitiva, durante il quale i trasgressori vengono diffidati senza essere puniti. Questa strategia dovrebbe essere accompagnata da una campagna attiva per sensibilizzare i titolari di attività economiche in merito alle responsabilità che la legge pone a loro carico, mentre le imprese dovrebbero comprendere che questo periodo di rodaggio iniziale e questa fase di tolleranza saranno seguiti da un'applicazione più rigorosa.
43.
Quando inizia l'applicazione attiva, molti paesi consigliano azioni repressive di particolare visibilità per ottenere un maggior effetto deterrente. L'individuazione dei principali trasgressori che hanno scelto deliberatamente di non rispettare la legge e sono ben conosciuti nella loro comunità, l'adozione di interventi rapidi e decisi e la massima sensibilizzazione possibile del pubblico in merito a queste attività consentono alle autorità di dimostrare la loro determinazione e il rigore della legge. Ciò fa sì che aumenti il rispetto volontario delle norme e si riduca il fabbisogno delle risorse necessarie per il monitoraggio e l'applicazione nelle fasi successive.
44.
Anche se è vero che le leggi antifumo finiscono rapidamente per autoimporsi, è comunque essenziale che le autorità siano pronte a reagire rapidamente e con decisione a eventuali casi isolati di manifesta provocazione. Soprattutto nella fase immediatamente successiva all'entrata in vigore di una legge, ci possono essere casi isolati di trasgressori che agiscono in aperto spregio alla legge. Una reazione forte in questi casi crea l'aspettativa che le norme verranno rispettate e ciò faciliterà gli sforzi successivi, mentre l'indecisione può rapidamente provocare violazioni diffuse.
Mobilitazione e coinvolgimento della collettività
45.
Il coinvolgimento della collettività in un programma di monitoraggio e applicazione accresce l'efficacia del programma medesimo. Se si ottiene il consenso della collettività e se si sollecitano i suoi esponenti a monitorare il rispetto delle norme e a segnalare le violazioni, il campo d'intervento degli enti preposti all'applicazione delle norme si allarga e diminuiscono le risorse necessarie per ottenerne il rispetto. In effetti, in molti ordinamenti lo strumento principale per garantire il rispetto delle norme è dato dalle denunce dei privati. Per questo, è opportuno che la legislazione antifumo specifichi che i privati possono presentare denunce e autorizzi qualsiasi soggetto od organizzazione non governativa ad avviare procedimenti che impongano il rispetto delle misure che disciplinano l'esposizione al fumo di seconda mano. Il programma di applicazione delle norme antifumo dovrebbe comprendere un numero di telefono gratuito per le denunce o altro sistema analogo che incoraggi la segnalazione delle violazioni da parte del pubblico.
MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE MISURE
46.
Il monitoraggio e la valutazione delle misure volte a ridurre l'esposizione al fumo di tabacco sono importanti per una serie di ragioni, ad esempio per:
a)
promuovere il sostegno politico e del pubblico a favore di un rafforzamento e di un ampliamento delle disposizioni di legge;
b)
documentare i risultati positivi che ispireranno e sosterranno gli sforzi di altri paesi;
c)
individuare e far conoscere gli sforzi dell'industria del tabacco tesi a vanificare le misure applicative.
47.
La portata e la complessità del monitoraggio e della valutazione varieranno da un paese all'altro, a seconda delle risorse e delle competenze disponibili. È comunque importante valutare l'esito delle misure attuate, soprattutto per quanto concerne l'indicatore chiave dell'esposizione al fumo di seconda mano nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici. Questo risultato può essere conseguito in forme efficienti in termini di costi, ad esempio utilizzando i dati o le informazioni raccolte attraverso attività di routine, quali le ispezioni nei luoghi di lavoro.
48.
Esistono otto principali indicatori di processo e risultato che dovrebbero essere considerati: (2)
Processi
a)
Conoscenza delle politiche antifumo, atteggiamenti e sostegno a favore di queste politiche tra la popolazione in generale ed eventualmente tra gruppi specifici, quali i lavoratori dei bar;
b)
applicazione e rispetto delle politiche antifumo;
Risultati
a)
riduzione dell'esposizione dei lavoratori al fumo di seconda mano nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici;
b)
riduzione della presenza di fumo di seconda mano nell'aria nei luoghi di lavoro (in particolare nei ristoranti) e nei luoghi pubblici;
c)
riduzione della mortalità e morbilità dovute all'esposizione al fumo di seconda mano;
d)
riduzione dell'esposizione al fumo di seconda mano nelle abitazioni private;
e)
evoluzione della prevalenza del fumo e dei comportamenti associati al fumo;
f)
effetti economici.
(1) È possibile che componenti del fumo di tabacco siano presenti nell'aria in quantitativi troppo modesti per la misurazione. Non va assolutamente trascurato il fatto che l'industria del tabacco o il settore alberghi, ristoranti e bar potrebbero tentare di sfruttare i limiti di questa definizione.
(2) La pubblicazione «WHO policy recommendations: protection from exposure to second-hand tobacco smoke» (Ginevra, Organizzazione mondiale della sanità, 2007) contiene riferimenti bibliografici e link a studi di monitoraggio realizzati in altre sedi su tutti questi indicatori.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
relativa agli ambienti senza fumo
2009/C 296/02
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,
vista la proposta della Commissione,
previa consultazione del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità, che completa le politiche nazionali, è volta al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana.
(2)
A norma dell'articolo 137 del trattato la Comunità sostiene e completa l'azione degli Stati membri in vari settori, tra cui quello del miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori.
(3)
L'esposizione al fumo di tabacco presente negli ambienti, noto come «fumo ambientale» o «fumo di seconda mano», rappresenta nell'Unione europea una causa diffusa di mortalità, morbilità e invalidità.
(4)
Secondo stime prudenti, 7 300 adulti (tra cui 2 800 non fumatori) sono deceduti a seguito dell'esposizione al fumo ambientale sul luogo di lavoro nell'Unione europea nel 2002. Il decesso di altri 72 000 adulti (tra cui 16 400 non fumatori) è connesso all'esposizione al fumo ambientale in casa.
(5)
L'esposizione al fumo di seconda mano è particolarmente nociva per i bambini e gli adolescenti e potrebbe rendere più probabile la loro iniziazione al fumo.
(6)
Il fumo ambientale da tabacco (ETS — environmental tobacco smoke) è stato classificato come noto agente cancerogeno per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e come cancerogeno professionale dalla Finlandia e dalla Germania.
(7)
Ogni persona ha diritto a un elevato livello di tutela della salute e dovrebbe essere protetta dall'esposizione al fumo di tabacco.
(8)
Le politiche di tipo volontaristico adottate a livello nazionale si sono dimostrate inefficaci a ridurre l'esposizione al fumo di tabacco. Una legislazione vincolante degli Stati membri, correttamente applicata e opportunamente monitorata, è uno strumento efficace per proteggere adeguatamente la popolazione dai rischi per la salute derivanti dall'esposizione al fumo di seconda mano.
(9)
L'efficacia delle norme relative agli ambienti senza fumo antifumo aumenta quando esse sono affiancate da misure quali campagne di sensibilizzazione, di promozione della disassuefazione dal fumo, di avvertenze sulla nocività del fumo apposte sulle confezioni dei prodotti del tabacco e altre norme sui prodotti del tabacco.
(10)
La società civile ha un ruolo importante nel creare consenso a favore delle norme relative agli ambienti senza fumo e nell'assicurarne il rispetto.
(11)
Le politiche antifumo dovrebbero disporre di strumenti adeguati per attuare un approccio multisettoriale nella lotta contro il tabagismo.
(12)
È necessaria una maggiore collaborazione tra gli Stati membri al fine di facilitare lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e di sviluppare un sistema di monitoraggio standard a livello dell'UE.
(13)
La risoluzione del Consiglio e dei ministri della Sanità degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 18 luglio 1989, relativa al divieto di fumare nei luoghi accessibili al pubblico (3) ha invitato gli Stati membri ad attuare misure volte a vietare il fumo in taluni locali chiusi accessibili al pubblico e a estendere il divieto di fumare a tutti i mezzi di trasporto ad uso collettivo.
(14)
Con la raccomandazione 2003/54/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (4) è stata sollecitata l'attuazione da parte degli Stati membri di norme di legge e/o di altre misure efficaci atte a garantire una protezione dall'esposizione al fumo ambientale da tabacco nei luoghi di lavoro chiusi, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici.
(15)
La direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (5), pur senza riferirsi esplicitamente al fumo di tabacco, concerne l'insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (6).
(16)
Nel suo piano d'azione per l'ambiente e la salute 2004-2010 (7), la Commissione si è impegnata ad agire per migliorare la qualità dell'aria negli ambienti interni e in particolare a adoperarsi perché il fumo sia vietato in tutti i luoghi di lavoro, ricorrendo a strumenti giuridici e a iniziative di promozione della salute a livello sia europeo sia nazionale.
(17)
La consultazione, avviata con il Libro verde della Commissione «Verso un'Europa senza fumo: opzioni per un'iniziativa dell'Unione europea» (il «Libro verde») (8), ha registrato un notevole consenso a favore sia di provvedimenti antifumo generalizzati in tutti i luoghi pubblici e i luoghi di lavoro chiusi, sia di ulteriori iniziative dell'UE finalizzate alla promozione di ambienti senza fumo in tutti gli Stati membri.
(18)
Il 30 e 31 maggio 2007 il Consiglio «Occupazione, politica sociale, salute e consumatori» ha avuto uno scambio di opinioni sulle opzioni politiche a livello comunitario sugli ambienti senza fumo. Il Consiglio ha accolto con favore il Libro verde della Commissione e ha ribadito la necessità di orientamenti comunitari volti a promuovere ulteriormente ambienti senza fumo a livello dell'UE, nonché di misure comunitarie di sostegno e di coordinamento delle iniziative nazionali.
(19)
Con la risoluzione del 24 ottobre 2007 sul Libro verde il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri ad attuare, entro due anni, norme che prevedano un divieto totale di fumo e ha invitato la Commissione a presentare, entro il 2011, una proposta di regolamentazione, in caso di progressi poco soddisfacenti in tale direzione. Ha invitato inoltre la Commissione a presentare una proposta di modifica del quadro legislativo vigente al fine di classificare il fumo ambientale da tabacco come cancerogeno e di obbligare i datori di lavoro a garantire un luogo di lavoro senza fumo.
(20)
L'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo, sottoscritta nel giugno 2003 da tutti i membri dell'OMS e ratificata finora da 167 parti, tra cui la Comunità e 26 dei suoi Stati membri, impone alle parti l'obbligo giuridico di adottare e attuare, negli ambiti di competenza nazionale definiti dalle leggi nazionali, misure efficaci per proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di seconda mano in tutti i luoghi di lavoro chiusi, nei trasporti pubblici, nei luoghi pubblici chiusi e, se del caso, negli altri luoghi pubblici, nonché di promuovere attivamente ad altri livelli giurisdizionali l'adozione e l'attuazione di tali misure.
(21)
Nel luglio 2007, nell'intento di coadiuvare le parti nell'adempiere agli obblighi che loro incombono a norma dell'articolo 8 della convenzione, la seconda conferenza delle parti della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo (FCTC — framework convention on tobacco control) ha adottato linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco (9). È opportuno che ciascuna parte si adoperi per attuare le linee guida entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della convenzione nei suoi confronti.
(22)
L'articolo 14 della convenzione quadro dell'OMS sancisce l'obbligo giuridico per le parti di elaborare e diffondere linee guida appropriate, complete e integrate, fondate su dati scientifici e sulle migliori pratiche, e di adottare misure efficaci per promuovere la disassuefazione dal fumo e l'adeguato trattamento della dipendenza nei confronti del tabacco. La terza conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS ha deciso l'istituzione di un gruppo di lavoro incaricato di elaborare linee guida sull'applicazione di tale articolo.
(23)
Nella strategia europea di lotta al tabagismo, adottata nel settembre 2002, il comitato regionale per l'Europa dell'OMS ha raccomandato che gli Stati membri tutelino il diritto dei cittadini ad ambienti senza fumo, proibendo il fumo, tra l'altro, nei luoghi pubblici, nei luoghi di lavoro e nei trasporti pubblici, nonché all'aperto in tutti gli istituti scolastici frequentati da minorenni, in tutti i luoghi in cui sono dispensate cure mediche e in occasione di manifestazioni pubbliche, e classifichino il fumo ambientale da tabacco come cancerogeno.
(24)
La presente raccomandazione non pregiudica la legislazione comunitaria che stabilisce i requisiti minimi per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori adottati in forza dell'articolo 137 del trattato, la direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco (10) e la decisione 2003/641/CE della Commissione, del 5 settembre 2003, sull'impiego di fotografie a colori o altre illustrazioni quali avvertenze per la salute sulle confezioni di prodotti del tabacco (11),
RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:
1.
di assicurare, entro cinque anni dall'entrata in vigore della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo per ogni Stato membro o, al più tardi, nei tre anni successivi all'adozione della presente raccomandazione, un'efficace protezione dall'esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro chiusi, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici e, se del caso, in altri luoghi pubblici, come stabilito dall'articolo 8 della convenzione e sulla base delle allegate linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco adottate dalla seconda conferenza delle parti della convenzione;
2.
di sviluppare e/o rafforzare strategie e misure atte a ridurre l'esposizione dei bambini e degli adolescenti al fumo di seconda mano;
3.
di integrare le politiche antifumo con iniziative di supporto, tra le quali:
a)
l'adozione di misure efficaci volte a promuovere la disassuefazione dal fumo e l'adeguato trattamento della dipendenza nei confronti del tabacco, tenendo conto delle circostanze e delle priorità nazionali, come stabilito all'articolo 14 della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo;
b)
l'introduzione di avvertenze combinate quali sono definite all'articolo 2, paragrafo 4, della decisione 2003/641/CE della Commissione, del 5 settembre 2003, sull'impiego di fotografie a colori o altre illustrazioni quali avvertenze per la salute sulle confezioni di prodotti del tabacco (12) e di informazioni sulle confezioni dei prodotti del tabacco sui servizi di promozione della disassuefazione dal fumo allo scopo di informare meglio i consumatori sui rischi per la salute derivanti dal consumo di tabacco e dall'esposizione al fumo, di incoraggiare la disassuefazione dal fumo e di dissuadere i giovani dall'iniziare a fumare;
4.
di sviluppare, attuare, aggiornare periodicamente e rivedere le strategie o i programmi generalizzati multisettoriali di lotta contro il tabagismo che affrontano, tra i vari temi, quello della protezione dall'esposizione al fumo di tabacco in tutti i luoghi accessibili al pubblico o i luoghi d'uso collettivo, indipendentemente dalla titolarità della proprietà o dalle condizioni di accesso;
5.
di fornire strumenti adeguati all'attuazione di strategie nazionali, di programmi e di politiche di lotta contro il tabagismo al fine di garantire un'efficace protezione dall'esposizione al fumo di tabacco;
6.
di comunicare alla Commissione, se possibile, entro sei mesi dall'adozione della presente raccomandazione, i centri di riferimento nazionali per la lotta al tabagismo al fine di promuovere lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e il coordinamento con gli altri Stati membri;
7.
di collaborare strettamente tra loro e con la Commissione onde creare un quadro coerente di definizioni, parametri e indicatori in vista dell'attuazione della presente raccomandazione;
8.
di monitorare e valutare l'efficacia delle iniziative adottate utilizzando gli indicatori sopramenzionati;
9.
di informare la Commissione in merito alle iniziative legislative e di altra natura adottate in risposta alla presente raccomandazione e ai risultati delle attività di monitoraggio e di valutazione.
INVITA LA COMMISSIONE:
1.
a riferire sull'attuazione, sul funzionamento e sull'impatto delle misure proposte, sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati membri;
2.
ad esaminare, nel contesto di un'eventuale revisione della direttiva 2001/37/CE, tutti i prodotti connessi alle misure intese a ridurre l'attrattiva dei prodotti del tabacco e il pericolo di dipendenza che comportano;
3.
ad analizzare le questioni giuridiche e le prove su cui si basa l'impatto dell'imballaggio semplice, anche sul funzionamento del mercato interno.
Fatto a Bruxelles, il 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
S. O. LITTORIN
(1) Risoluzione espressa a seguito di consultazione non obbligatoria (non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del 5 novembre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 189 del 26.7.1989, pag. 1.
(4) GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31.
(5) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
(6) Cfr. causa C-49/00, Commissione contro Italia, (Racc. I 85-87, punti 12 e 13).
(7) COM(2004) 416 definitivo.
(8) COM(2007) 27 definitivo.
(9) FCTC/COP2(7) Linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco, elaborate dal gruppo di lavoro convocato a norma della decisione FCTC/COP1(15) della conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo.
(10) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.
(11) GU L 226 del 10.9.2003, pag. 24.
(12) Cfr. nota 11.
ALLEGATO
Linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco adottate dalla seconda conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo
FINALITÀ, OBIETTIVI E CONSIDERAZIONI FONDAMENTALI
Finalità delle linee guida
1.
Coerentemente con altre disposizioni della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo e con i propositi espressi dalla conferenza delle parti, le presenti linee guida hanno come finalità quella di coadiuvare le parti nell'adempimento degli obblighi che loro incombono a norma dell'articolo 8 della convenzione. Esse si fondano sui migliori dati disponibili e sull'esperienza delle parti che sono riuscite ad attuare misure efficaci di riduzione dell'esposizione al fumo di tabacco.
2.
Le linee guida contengono principi comuni e definizioni dei termini utilizzati, nonché raccomandazioni concordate sulle iniziative necessarie per il rispetto degli obblighi che discendono dalla convenzione. Esse individuano inoltre le misure necessarie ai fini di un'efficace protezione dai rischi del fumo di seconda mano. Le parti sono invitate ad avvalersi di queste linee guida non solo per adempiere agli obblighi giuridici derivanti dalla convenzione, ma anche per adottare le migliori pratiche in materia di tutela della salute pubblica.
Obiettivi delle linee guida
3.
Le presenti linee guida hanno due obiettivi tra loro correlati. Il primo è quello di coadiuvare le parti nell'adempimento delle obbligazioni derivanti dall'articolo 8 della convezione quadro dell'OMS in forme coerenti con i dati scientifici sull'esposizione al fumo di seconda mano e con le migliori pratiche mondiali relative all'attuazione di misure antifumo, così da stabilire un elevato grado di responsabilità per il rispetto delle norme della convenzione e aiutare le parti nella promozione del conseguimento dei più elevati livelli di salute possibili. Il secondo obiettivo consiste nell'individuare quali siano gli elementi essenziali che devono caratterizzare le norme di legge ai fini di una tutela efficace della popolazione dall'esposizione al fumo, come prescritto dall'articolo 8.
Considerazioni di base
4.
L'elaborazione delle presenti linee guida è stata influenzata principalmente dalle seguenti considerazioni:
a)
il dovere di proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco, sancito dall'articolo 8, trova il suo fondamento nei diritti umani e nelle libertà fondamentali; considerati i pericoli derivanti dall'inalazione del fumo di seconda mano, il dovere di proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco è implicito, tra l'altro, nel diritto alla vita e nel diritto al conseguimento del più elevato livello di salute possibile, riconosciuti in molti strumenti giuridici internazionali (quali la Costituzione dell'Organizzazione mondiale della sanità, la convenzione sui diritti del fanciullo, la convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e il patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali), formalmente proclamati nel preambolo della convenzione quadro dell'OMS e riconosciuti dalle norme costituzionali di molte nazioni;
b)
il dovere di proteggere ogni persona dal fumo di tabacco implica per i governi l'obbligo di approvare leggi che tutelino ogni persona fisica dalle minacce ai diritti e alle libertà fondamentali di ciascuno; questo obbligo vale nei confronti di tutti e non semplicemente di determinati gruppi della popolazione;
c)
una serie di autorevoli organismi scientifici ha stabilito che il fumo di seconda mano è cancerogeno. Alcune parti della convenzione quadro dell'OMS (ad esempio, Finlandia e Germania) hanno classificato come cancerogeno il fumo di seconda mano e ne hanno inserito la prevenzione sul luogo di lavoro nella propria legislazione in materia di salute e sicurezza. L'obbligo delle parti di ridurre il rischio legato all'esposizione al fumo di tabacco può derivare, oltre che dagli obblighi stabiliti dall'articolo 8, dalle rispettive leggi vigenti sull'ambiente di lavoro o da altre disposizioni di legge che disciplinano l'esposizione a sostanze nocive, comprese quelle cancerogene.
PRINCIPI E DEFINIZIONI ALLA BASE DELLA PROTEZIONE DALL'ESPOSIZIONE AL FUMO DI TABACCO
Principi
5.
Come recita l'articolo 4 della convenzione quadro dell'OMS, è necessario un forte impegno politico per l'adozione di misure volte a proteggere ogni persona dall'esposizione al fumo di tabacco. L'attuazione dell'articolo 8 della convenzione dovrebbe essere ispirata ai principi comuni di seguito enunciati.
Principio 1
6.
Misure efficaci di protezione dall'esposizione al fumo di tabacco, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS, richiedono un divieto assoluto di fumare e l'eliminazione totale del fumo di tabacco in un determinato spazio o ambiente per ottenere un ambiente senza fumo al 100 %. Non esiste un livello di esposizione al fumo di tabacco che sia privo di rischi e occorre respingere nozioni quali una soglia di tossicità del fumo di seconda mano, in quanto smentite dai dati scientifici. Se si esclude la creazione di ambienti senza fumo al 100 %, altre strategie, quali la ventilazione, la filtrazione dell'aria e le zone riservate ai fumatori (dotate o prive di propri impianti di ventilazione separati) hanno a più riprese dimostrato la loro inefficacia e si dispone di prove conclusive, scientifiche e di altra natura, che dimostrano che le soluzioni tecniche non proteggono dall'esposizione al fumo di tabacco.
Principio 2
7.
Ogni persona dovrebbe essere protetta dall'esposizione al fumo di tabacco. Tutti i luoghi di lavoro chiusi e i luoghi pubblici chiusi dovrebbero essere ambienti senza fumo.
Principio 3
8.
Sono necessarie disposizioni legislative per proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco. Le politiche antifumo di tipo volontaristico hanno ripetutamente dimostrato la loro inefficacia e non garantiscono una protezione adeguata. Per essere efficaci, occorre che le disposizioni di legge siano semplici, chiare e cogenti.
Principio 4
9.
Per un'attuazione e un'applicazione efficaci della legislazione antifumo sono essenziali una buona programmazione e risorse adeguate.
Principio 5
10.
La società civile ha un ruolo centrale nel creare consenso a favore delle misure antifumo e nell'assicurarne il rispetto e dovrebbe partecipare attivamente al processo di elaborazione, attuazione e applicazione delle disposizioni di legge.
Principio 6
11.
È opportuno monitorare e valutare l'attuazione, l'applicazione e gli effetti della legislazione antifumo. In tal senso occorre monitorare e contrastare le attività dell'industria del tabacco che compromettono l'attuazione e l'applicazione della legislazione antifumo, come prevede l'articolo 20, paragrafo 4, della convenzione quadro dell'OMS.
Principio 7
12.
Occorre rafforzare e se necessario ampliare la protezione della popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco, ad esempio attraverso l'introduzione di nuove disposizioni di legge o la modifica di quelle vigenti e una loro più rigorosa applicazione, nonché attraverso altre misure fondate su recenti dati scientifici e sui risultati degli studi di casi.
Definizioni
13.
In fase di elaborazione di disposizioni legislative, è importante definire con attenzione i termini essenziali. Viene di seguito presentata una serie di raccomandazioni sulle definizioni più opportune alla luce dell'esperienza di molti paesi. Le definizioni contenute in questa sezione integrano quelle della convenzione quadro dell'OMS.
«Fumo di seconda mano» o «fumo ambientale»
14.
Per descrivere il tipo di fumo di cui all'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS, viene comunemente usata una serie di termini alternativi quali «fumo di seconda mano», «fumo ambientale» e «fumo di altri». È opportuno evitare termini quali «fumo passivo» ed «esposizione involontaria al fumo di tabacco», in quanto l'esperienza francese e di altri paesi rivela che l'industria del tabacco potrebbe utilizzare questi termini per suffragare la tesi secondo cui l'esposizione «volontaria» sarebbe accettabile. I termini consigliati sono «fumo di seconda mano» e «fumo ambientale», talvolta abbreviati rispettivamente in SHS (second-hand smoke) e ETS (environmental tobacco smoke). In queste linee guida il termine utilizzato è «fumo di seconda mano».
15.
Il fumo di seconda mano può essere definito come «il fumo emesso dall'estremità accesa della sigaretta o di altri prodotti del tabacco, associato in genere al fumo esalato dal fumatore».
16.
«Aria senza fumo» è l'aria libera dal fumo al 100 %. Questa definizione si applica, ma non esclusivamente, all'aria in cui il fumo del tabacco non è visibile, odorabile, percepibile o misurabile (1).
«Fumo»
17.
È opportuno che la definizione del termine includa la detenzione e l'utilizzo dei prodotti del tabacco accesi, indipendentemente dal fatto che il fumo sia attivamente inalato o esalato.
«Luoghi pubblici»
18.
La definizione esatta di «luoghi pubblici» può variare da un ordinamento all'altro, ma è importante che la legislazione definisca questo termine nel modo più ampio possibile. È opportuno che la definizione utilizzata copra tutti i luoghi accessibili al pubblico o i luoghi d'uso collettivo, indipendentemente dalla titolarità della proprietà o dalle condizioni di accesso.
«Luoghi chiusi» o «delimitati»
19.
L'articolo 8 impone la protezione dall'esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro «chiusi» e nei luoghi pubblici «chiusi». Definire gli ambienti «chiusi» cela potenziali insidie e per questo occorre esaminare attentamente come i vari paesi hanno definito questo termine. È opportuno che la definizione sia quanto più inclusiva e chiara possibile, evitando, in sede di definizione, di stilare elenchi interpretabili come un'esclusione di luoghi «chiusi» i quali dovrebbero potenzialmente essere inclusi. Si raccomanda di definire i luoghi «chiusi» (o «delimitati») in modo che sia compreso qualsiasi ambiente coperto da un tetto o racchiuso da uno o più muri o pareti, indipendentemente dal materiale impiegato per il tetto, i muri o le pareti o dalla natura permanente o temporanea della struttura.
«Luogo di lavoro»
20.
In generale andrebbe definito «luogo di lavoro»«qualsiasi luogo utilizzato dall'uomo durante il lavoro o l'attività lavorativa». Con lavoro si dovrebbe intendere non solo quello svolto in cambio di un corrispettivo, ma anche il lavoro volontario se si tratta di una tipologia di lavoro per la quale è di norma prevista una retribuzione. I «luoghi di lavoro» comprendono, inoltre, non solo i luoghi in cui viene svolto il lavoro, ma anche tutti i luoghi adiacenti o collegati, comunemente utilizzati dai lavoratori durante lo svolgimento dell'attività lavorativa: vi rientrano ad esempio i corridoi, gli ascensori, le trombe delle scale, gli ingressi, gli impianti comuni, le mense, i servizi igienici, i saloni, le sale da pranzo e altre dépendance, come capannoni e ricoveri. I mezzi di trasporto utilizzati durante il lavoro sono luoghi di lavoro e andrebbero pertanto specificamente indicati come tali.
21.
Una particolare attenzione andrebbe riservata ai luoghi di lavoro che rappresentano anche luoghi di abitazione o di dimora, quali ad esempio le carceri, gli istituti di igiene mentale o le case di cura e di riposo. Questi sono luoghi di lavoro per altre persone che dovrebbero essere protette dall'esposizione al fumo di tabacco.
«Trasporti pubblici»
22.
È opportuno che la definizione di «trasporti pubblici» comprenda qualsiasi veicolo impiegato per il trasporto di passeggeri, di solito dietro pagamento di un corrispettivo o a fini di lucro. Tale definizione dovrebbe comprendere i taxi.
AMBITO DI APPLICAZIONE DI UNA LEGISLAZIONE EFFICACE
23.
L'articolo 8 impone l'adozione di efficaci misure di protezione dall'esposizione al fumo del tabacco 1) nei luoghi di lavoro chiusi, 2) nei luoghi pubblici chiusi, 3) nei trasporti pubblici e 4) «se del caso» in «altri luoghi pubblici».
24.
Ne deriva l'obbligo di garantire una protezione universale in modo che tutti i luoghi pubblici chiusi, tutti i luoghi di lavoro chiusi, tutti i trasporti pubblici ed eventualmente altri luoghi pubblici (all'aperto o equiparabili) siano liberi dall'esposizione al fumo di seconda mano. Non ci sono motivazioni sanitarie o giuridiche per eventuali deroghe. Se altre motivazioni impongono di prendere in considerazione deroghe, queste ultime dovrebbero comunque essere minime. Inoltre se una parte non è in grado di assicurare immediatamente una protezione universale, è l'articolo 8 a prevedere, quale obbligo permanente, quello di adoperarsi con la massima tempestività per eliminare eventuali deroghe e pervenire alla protezione universale. È opportuno che ciascuna parte si adoperi per assicurare la protezione universale entro cinque anni dalla data in cui la convenzione quadro dell'OMS è entrata in vigore nei suoi confronti.
25.
Non esiste alcun livello sicuro di esposizione al fumo di seconda mano e, come già riconosciuto dalla conferenza delle parti nella decisione FCTC/COP1(15), soluzioni tecniche quali la ventilazione, il ricambio dell'aria e le zone riservate ai fumatori, non proteggono dall'esposizione al fumo di tabacco.
26.
Va garantita una protezione in tutti i luoghi di lavoro chiusi o delimitati, compresi i veicoli a motore utilizzati quali luoghi di lavoro (ad esempio taxi, ambulanze o mezzi adibiti alle consegne).
27.
La formulazione della convenzione impone misure di protezione non soltanto per tutti i luoghi di lavoro «chiusi», ma anche, se del caso, per «altri» luoghi pubblici (all'aperto o equiparabili). Nello stabilire quali sono i luoghi pubblici all'aperto o equiparabili nei quali è opportuna l'applicazione di misure legislative, è opportuno che le parti considerino le prove relative ai possibili rischi per la salute nei diversi contesti e adottino le misure di protezione più efficaci contro l'esposizione ogniqualvolta i dati dimostrino l'esistenza di un rischio.
INFORMAZIONE, CONSULTAZIONE E COINVOLGIMENTO DEL PUBBLICO IN MODO DA OTTENERNE IL CONSENSO E FACILITARE L'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI LEGISLATIVI
28.
La sensibilizzazione del pubblico e degli opinion leader attraverso campagne di informazione permanenti in merito ai rischi derivanti dall'esposizione al fumo di seconda mano costituisce una funzione importante cui sono chiamati gli organismi di governo in collaborazione con la società civile in modo che la popolazione comprenda e sostenga gli interventi legislativi. I principali soggetti interessati sono le imprese, le associazioni dei ristoratori e degli albergatori, le associazioni dei datori di lavoro, i sindacati, i mass media, i professionisti della sanità, le organizzazioni che rappresentano i bambini e i giovani, le istituzioni didattiche o religiose, il mondo della ricerca e il grande pubblico. L'impegno sul fronte della sensibilizzazione dovrebbe comprendere la consultazione delle aziende interessate e di altre organizzazioni e istituzioni durante l'elaborazione della legislazione.
29.
La comunicazione dovrebbe concentrarsi principalmente sul danno provocato dall'esposizione al fumo di seconda mano, sul fatto che il divieto di fumo nei luoghi chiusi rappresenta l'unica soluzione valida da un punto di vista scientifico per assicurare una protezione completa dall'esposizione, sul diritto di tutti i lavoratori a un'uguale protezione per legge e sul fatto che non c'è spazio per alcun compromesso tra salute ed economia, visto che l'esperienza in un crescente numero di paesi dimostra che gli ambienti senza fumo sono positivi per entrambe. Le campagne di educazione del pubblico dovrebbero riguardare anche quei contesti per i quali l'intervento legislativo può risultare inidoneo o non praticabile, come ad esempio le abitazioni private.
30.
Un'ampia consultazione dei soggetti interessati è essenziale anche per educare e mobilitare la collettività e promuovere il consenso a favore della legislazione adottata. Terminato l'iter legislativo, è opportuno svolgere una campagna di educazione fino alla fase di attuazione delle disposizioni di legge, informare i titolari delle imprese e i responsabili della gestione degli immobili circa i contenuti delle norme e le loro responsabilità e produrre materiale, ad esempio di tipo cartellonistico. Queste misure aumenteranno la probabilità di una corretta e agevole attuazione e di un'adesione volontaria massiccia alle norme. I messaggi per conferire un ruolo attivo ai non fumatori e per ringraziare i fumatori che rispettano la legge promuoveranno il coinvolgimento del pubblico nell'applicazione e nella corretta attuazione degli interventi legislativi.
APPLICAZIONE
Obbligo di rispettare la legge
31.
Per essere efficaci, le disposizioni di legge dovrebbero addossare ai soggetti economici interessati e ai singoli fumatori la responsabilità del rispetto delle norme e, in caso di violazioni, stabilire sanzioni applicabili ai soggetti economici e, possibilmente, ai fumatori. Dal punto di vista dell'applicazione, occorre concentrarsi sui soggetti economici. Le disposizioni di legge dovrebbero individuare nel titolare, nel gestore o in altro soggetto preposto ai locali il responsabile del rispetto delle norme e dovrebbero indicare chiaramente quali siano le misure che questi deve prendere. Tra questi obblighi dovrebbero figurare:
a)
l'obbligo di affiggere agli ingressi e in altre idonee posizioni cartelli chiari — il cui formato e contenuto dovrebbero essere stabiliti dalle autorità sanitarie o da altri enti di governo — che ricordino il divieto di fumare; i cartelli potrebbero recare anche l'indicazione di un numero di telefono o altri sistemi per la segnalazione delle infrazioni da parte del pubblico, nonché specificare il nome della persona incaricata di raccogliere le denunce sul posto;
b)
l'obbligo di eliminare i portacenere dai locali;
c)
l'obbligo di vigilare sul rispetto delle norme;
d)
l'obbligo di adottare una serie di misure ragionevoli per dissuadere le persone dal fumare nel locale. Queste iniziative potrebbero consistere nel chiedere alla persona di non fumare, nel non servirla più, nel chiederle di lasciare il locale e nel rivolgersi a un'autorità incaricata dell'applicazione delle norme o ad altra autorità.
Sanzioni
32.
Le disposizioni di legge dovrebbero specificare le ammende o le altre sanzioni pecuniarie previste per le violazioni. Queste sanzioni, la cui entità dipenderà necessariamente dalle tradizioni e dalle prassi tipiche di ciascun paese, dovrebbero comunque essere ispirate a una serie di principi. In primo luogo, l'entità delle sanzioni dovrebbe essere tale da costituire un deterrente, altrimenti le sanzioni rischiano di essere ignorate dai trasgressori o di essere considerate come un costo normale dell'attività. Per aver effetto deterrente, le sanzioni a carico dei soggetti economici che violano le norme devono essere maggiori rispetto a quelle a carico dei singoli fumatori che di solito dispongono di risorse più limitate. In caso di recidiva dovrebbero essere previste sanzioni aggravate, in linea con quanto previsto in un dato paese per altre infrazioni della stessa gravità.
33.
Oltre alle sanzioni pecuniarie la legislazione può contemplare anche sanzioni amministrative, come la sospensione delle licenze commerciali, nel rispetto delle prassi e dell'ordinamento giuridico nazionale. Queste «sanzioni di ultima istanza», pur essendo raramente impiegate, sono molto importanti per imporre il rispetto della legge a quei soggetti economici che scelgono di violarla ripetutamente.
34.
Per le infrazioni si possono prevedere sanzioni penali ove ciò risulti opportuno in un dato contesto giuridico e culturale nazionale.
Servizi incaricati dell'applicazione delle norme
35.
Le disposizioni di legge dovrebbero individuare la o le autorità responsabili dell'applicazione delle norme e prevedere un sistema che consenta di monitorarne il rispetto e di perseguire i trasgressori.
36.
Il monitoraggio dovrebbe prevedere procedure di ispezione presso le imprese per verificare il rispetto delle norme. È raro che per garantire il rispetto della legislazione antifumo occorra istituire un nuovo sistema ispettivo. Il monitoraggio del rispetto delle norme può generalmente essere effettuato attraverso uno o più tra i sistemi già esistenti per le ispezioni presso i locali commerciali e sui luoghi di lavoro. Di solito esistono per questo molte soluzioni alternative. In molti paesi le ispezioni per il rispetto delle norme antifumo possono essere integrate nelle ispezioni per la concessione delle licenze commerciali, nelle ispezioni di igiene e sanità, nelle ispezioni per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, nelle ispezioni antincendio o in programmi analoghi. Può essere utile avvalersi contemporaneamente di diversi strumenti di raccolta delle informazioni.
37.
Ove possibile, si raccomanda il ricorso a ispettori o agenti preposti all'applicazione delle norme a livello locale, in quanto ciò è destinato a far aumentare le risorse disponibili per l'applicazione delle norme e il grado di rispetto delle medesime. Questa impostazione richiede l'istituzione di un meccanismo di coordinamento nazionale per garantire un approccio coerente su scala nazionale.
38.
Indipendentemente dal meccanismo impiegato, il monitoraggio dovrebbe basarsi su un piano applicativo complessivo e prevedere un meccanismo per una formazione efficace degli ispettori. Un monitoraggio efficace può consistere in ispezioni periodiche associate a ispezioni a sorpresa, non programmate e in controlli effettuati a seguito della presentazione di denunce. All'inizio, subito dopo l'entrata in vigore della legge, questi controlli potrebbero anche avere carattere educativo, in quanto è probabile che la maggior parte delle violazioni sia involontaria. Le disposizioni di legge dovrebbero autorizzare gli ispettori a entrare nei locali nel rispetto delle condizioni previste e a raccogliere campioni e prove, ove questi poteri non siano già loro riconosciuti dalle norme esistenti. Le norme dovrebbero anche vietare ai soggetti economici di intralciare il lavoro degli ispettori.
39.
Un monitoraggio efficace non ha costi eccessivi. Non occorre assumere un gran numero di ispettori, in quanto le ispezioni possono essere effettuate nel quadro di programmi esistenti e con il personale già disponibile e l'esperienza dimostra che la legislazione antifumo finisce per «autoimporsi» (è prevalentemente il pubblico a garantirne l'applicazione). Se le disposizioni di legge vengono attuate con attenzione e se ci si impegna attivamente per educare le imprese e il pubblico, il ricorso all'azione repressiva può rimanere circoscritto.
40.
Benché questi programmi non siano costosi, sono necessarie risorse per educare le imprese, formare gli ispettori, coordinare l'iter ispettivo e retribuire il personale incaricato delle ispezioni effettuate nei locali commerciali al di fuori del normale orario di lavoro. Va a tal fine individuato un meccanismo di finanziamento. Programmi di monitoraggio efficaci si sono avvalsi di una serie di fonti di finanziamento, quali una specifica quota del gettito fiscale, le tasse di concessione delle licenze commerciali e una parte del gettito delle ammende pagate dai trasgressori.
Strategie applicative
41.
Le strategie applicative possono favorire il massimo rispetto delle norme, semplificare l'attuazione della legislazione e ridurre le risorse necessarie a garantire l'applicazione delle norme.
42.
Le attività applicative nel periodo immediatamente successivo all'entrata in vigore delle disposizioni di legge sono determinanti per il successo delle norme, del monitoraggio e dell'applicazione nelle fasi successive. Molti paesi consigliano un periodo iniziale di applicazione non coercitiva, durante il quale i trasgressori vengono diffidati senza essere puniti. Questa strategia dovrebbe essere accompagnata da una campagna attiva per sensibilizzare i titolari di attività economiche in merito alle responsabilità che la legge pone a loro carico, mentre le imprese dovrebbero comprendere che questo periodo di rodaggio iniziale e questa fase di tolleranza saranno seguiti da un'applicazione più rigorosa.
43.
Quando inizia l'applicazione attiva, molti paesi consigliano azioni repressive di particolare visibilità per ottenere un maggior effetto deterrente. L'individuazione dei principali trasgressori che hanno scelto deliberatamente di non rispettare la legge e sono ben conosciuti nella loro comunità, l'adozione di interventi rapidi e decisi e la massima sensibilizzazione possibile del pubblico in merito a queste attività consentono alle autorità di dimostrare la loro determinazione e il rigore della legge. Ciò fa sì che aumenti il rispetto volontario delle norme e si riduca il fabbisogno delle risorse necessarie per il monitoraggio e l'applicazione nelle fasi successive.
44.
Anche se è vero che le leggi antifumo finiscono rapidamente per autoimporsi, è comunque essenziale che le autorità siano pronte a reagire rapidamente e con decisione a eventuali casi isolati di manifesta provocazione. Soprattutto nella fase immediatamente successiva all'entrata in vigore di una legge, ci possono essere casi isolati di trasgressori che agiscono in aperto spregio alla legge. Una reazione forte in questi casi crea l'aspettativa che le norme verranno rispettate e ciò faciliterà gli sforzi successivi, mentre l'indecisione può rapidamente provocare violazioni diffuse.
Mobilitazione e coinvolgimento della collettività
45.
Il coinvolgimento della collettività in un programma di monitoraggio e applicazione accresce l'efficacia del programma medesimo. Se si ottiene il consenso della collettività e se si sollecitano i suoi esponenti a monitorare il rispetto delle norme e a segnalare le violazioni, il campo d'intervento degli enti preposti all'applicazione delle norme si allarga e diminuiscono le risorse necessarie per ottenerne il rispetto. In effetti, in molti ordinamenti lo strumento principale per garantire il rispetto delle norme è dato dalle denunce dei privati. Per questo, è opportuno che la legislazione antifumo specifichi che i privati possono presentare denunce e autorizzi qualsiasi soggetto od organizzazione non governativa ad avviare procedimenti che impongano il rispetto delle misure che disciplinano l'esposizione al fumo di seconda mano. Il programma di applicazione delle norme antifumo dovrebbe comprendere un numero di telefono gratuito per le denunce o altro sistema analogo che incoraggi la segnalazione delle violazioni da parte del pubblico.
MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE MISURE
46.
Il monitoraggio e la valutazione delle misure volte a ridurre l'esposizione al fumo di tabacco sono importanti per una serie di ragioni, ad esempio per:
a)
promuovere il sostegno politico e del pubblico a favore di un rafforzamento e di un ampliamento delle disposizioni di legge;
b)
documentare i risultati positivi che ispireranno e sosterranno gli sforzi di altri paesi;
c)
individuare e far conoscere gli sforzi dell'industria del tabacco tesi a vanificare le misure applicative.
47.
La portata e la complessità del monitoraggio e della valutazione varieranno da un paese all'altro, a seconda delle risorse e delle competenze disponibili. È comunque importante valutare l'esito delle misure attuate, soprattutto per quanto concerne l'indicatore chiave dell'esposizione al fumo di seconda mano nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici. Questo risultato può essere conseguito in forme efficienti in termini di costi, ad esempio utilizzando i dati o le informazioni raccolte attraverso attività di routine, quali le ispezioni nei luoghi di lavoro.
48.
Esistono otto principali indicatori di processo e risultato che dovrebbero essere considerati: (2)
Processi
a)
Conoscenza delle politiche antifumo, atteggiamenti e sostegno a favore di queste politiche tra la popolazione in generale ed eventualmente tra gruppi specifici, quali i lavoratori dei bar;
b)
applicazione e rispetto delle politiche antifumo;
Risultati
a)
riduzione dell'esposizione dei lavoratori al fumo di seconda mano nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici;
b)
riduzione della presenza di fumo di seconda mano nell'aria nei luoghi di lavoro (in particolare nei ristoranti) e nei luoghi pubblici;
c)
riduzione della mortalità e morbilità dovute all'esposizione al fumo di seconda mano;
d)
riduzione dell'esposizione al fumo di seconda mano nelle abitazioni private;
e)
evoluzione della prevalenza del fumo e dei comportamenti associati al fumo;
f)
effetti economici.
(1) È possibile che componenti del fumo di tabacco siano presenti nell'aria in quantitativi troppo modesti per la misurazione. Non va assolutamente trascurato il fatto che l'industria del tabacco o il settore alberghi, ristoranti e bar potrebbero tentare di sfruttare i limiti di questa definizione.
(2) La pubblicazione «WHO policy recommendations: protection from exposure to second-hand tobacco smoke» (Ginevra, Organizzazione mondiale della sanità, 2007) contiene riferimenti bibliografici e link a studi di monitoraggio realizzati in altre sedi su tutti questi indicatori.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Protezione dall’esposizione al fumo di tabacco
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Ha lo scopo di proteggere i cittadini contro il fumo ambientale da tabacco e, quindi, di migliorare la salute pubblica in generale.
PUNTI CHIAVE
Raccomanda ai paesi dell’UE di:
assicurare un’efficace protezione dall’esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro chiusi*, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici e, se del caso, in altri luoghi pubblici, come stabilito dall’articolo 8 della convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale (OMS) della sanità sul controllo del tabacco (FCTC) e relative linee guida sull’applicazione;
sviluppare e rafforzare le misure per ridurre l’esposizione dei bambini e degli adolescenti al fumo di tabacco di seconda mano*;
integrare le politiche antifumo con misure di sostegno, come le avvertenze combinate sulle confezioni di tabacco o la promozione della disassuefazione dal fumo;
attuare, monitorare e valutare le strategie di lotta contro il tabagismo;
istituire centri di riferimento nazionali per la lotta al tabagismo;
collaborare tra loro e con la Commissione europea.
Invita la Commissione a:
riferire sull’attuazione, sul funzionamento e sull’impatto delle misure proposte;
prendere in considerazione misure per ridurre l’attrattiva e il pericolo di dipendenza dai prodotti del tabacco, come indicato nella revisione della direttiva sui prodotti del tabacco adottata nel 2014 (direttiva 2014/40/UE);
analizzare la situazione giuridica e l’impatto degli imballaggi semplici.
La FCTC dell’OMS mira a proteggere le persone dalle devastanti conseguenze sociali, ambientali ed economiche del consumo di tabacco e dell’esposizione al fumo di tabacco.
CONTESTO
Tutti i paesi dell’UE hanno adottato misure per proteggere i cittadini contro l’esposizione al fumo di tabacco e all’inizio del 2013 erano in vigore in 17 paesi dell’UE leggi antifumo generalizzate. Un sondaggio dell’Eurobarometro del marzo 2009 ha rilevato che una grande maggioranza dei cittadini europei era a favore del divieto di fumo in luoghi di lavoro, ristoranti e bar.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Ambienti con divieto di fumo» e «Politiche in materia di tabacco» sul sito Internet della Commissione europea;
La FCTC dell’OMS e le linee guida sull’applicazione dell’articolo 8 sul sito Internet dell’OMS.
* TERMINI CHIAVE
Luogo di lavoro: qualsiasi luogo utilizzato dall’uomo durante il lavoro o l’attività lavorativa.
Fumo di seconda mano: il fumo emesso dall’estremità accesa di un prodotto del tabacco, associato in genere al fumo esalato dal fumatore.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo (GU C 296 del 5.12.2009, pag. 4-14)
DOCUMENTI CORRELATI
Documento di lavoro dei servizi della Commissione «Relazione sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio del 30 novembre 2009 relativa agli ambienti senza fumo», SWD(2013) 56 final/2 del 14.3.2013
Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38) |
Raccomandazioni sulle TIC, per aiutare l'UE a trasformarsi in un'economia più efficiente sul piano energetico e a basse emissioni di carbonio
La Commissione ha stilato una rosa di raccomandazioni, destinate al settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e agli Stati membri, per far progredire l'UE nella trasformazione in un'economia più efficiente sul piano energetico e a basse emissioni di carbonio.
ATTO
Raccomandazione della Commissione, del 9 ottobre 2009, sull'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio (2013/105/CE).
SINTESI
La Commissione europea ha prodotto due serie di raccomandazioni: una destinata al settore delle TIC e l'altra destinata agli Stati membri, per far progredire l'UE verso la trasformazione in un'economia più efficiente sul piano energetico e a basse emissioni di carbonio.
Raccomandazioni per il settore delle TIC
Un obiettivo globale, per il settore delle TIC, è dimostrare una riduzione quantificabile e verificabile dell'intensità energetica e delle emissioni di carbonio in tutti i processi che fanno parte della produzione, del trasporto e delle vendite di apparecchiature e componenti per queste tecnologie.
Un esempio di raccomandazione per il settore delle TIC riguarda l'individuazione - da parte dello stesso - di soluzioni fondate su tali tecnologie per migliorare le prestazioni ambientali degli edifici nuovi ed esistenti, nonché le pratiche di costruzione e restauro.
Altro esempio: che il settore delle TIC individui soluzioni fondate su queste tecnologie, insieme ai settori dei trasporti e della logistica, per migliorare le prestazioni ambientali ed energetiche di tali servizi.
La Commissione ha invitato altresì il settore delle TIC a concordare metodologie comuni di misurazione dei consumi energetici e delle emissioni di carbonio entro il 2020.
Raccomandazioni per gli Stati membri dell'UE
Fra le altre cose, la Commissione ha chiesto agli Stati membri dell'UE di utilizzare soluzioni fondate sulle TIC per migliorare l'efficienza energetica.
Contatori intelligenti
Le reti intelligenti e i sistemi di contatori intelligenti possono migliorare l'efficienza e il controllo della produzione dell'energia, così come la sua distribuzione e il suo consumo. Gli Stati membri avevano tempo fino a fine 2010 per concordare una specifica per i contatori intelligenti, affinché questi forniscano ai consumatori informazioni migliori e li aiutino a gestire i loro consumi di energia. Con i contatori intelligenti in casa, ad esempio, i consumatori potrebbero ridurre i consumi addirittura del 10 %. Nel 2012, la Commissione ha preparato un inventario dei progetti di reti intelligenti e sistemi di contatori intelligenti in Europa. Questo comprende 281 progetti di reti intelligenti e circa 90 progetti pilota e di sviluppo dei contatori intelligenti in 30 paesi europei.
Utilizzo delle TIC per la simulazione e la modellizzazione in campo energetico
Si esortano le pubbliche amministrazioni degli Stati membri dell'UE, sul piano nazionale, regionale e locale, a utilizzare meglio gli strumenti delle TIC per la simulazione e la modellizzazione in campo energetico (anche nella formazione dei professionisti dei settori dell'edilizia, dei trasporti e della logistica).
Altro suggerimento agli Stati membri dell'UE è di stimolare la diffusione e l'utilizzo di una tecnologia più efficiente sul piano energetico, inserendola come parte integrante nei programmi per gli appalti pubblici.
Contesto
A dicembre 2008, l'Unione ha confermato il proprio impegno a ridurre le sue emissioni di carbonio del 20 % entro il 2020. La crisi economica e finanziaria ne ha rafforzato la volontà di perseguire questi obiettivi e di costruire, nel lungo periodo, un'economia più sostenibile.
Nel raggiungimento degli obiettivi hanno un importante ruolo le TIC, poiché sono presenti quasi in ogni parte dell'economia e potrebbero concorrere a incrementare la produttività di oltre il 40 %.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Raccomandazione della Commissione 2013/105/UE
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GU L 51 del 23.2.2013
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 12 marzo 2009, sull'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio [COM(2009) 111 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 9 ottobre 2009
sull'uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio
(2013/105/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211,
considerando quanto segue:
(1)
Nell'aprile 2006, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato una direttiva sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici (1), che fissa un quadro per l'adozione di misure relative alle possibilità di risparmio energetico negli usi finali dell'energia non coperti dal sistema di scambio di quote di emissioni.
(2)
I piani nazionali d'azione in materia di efficienza energetica (PNAEE) previsti dalla direttiva 2006/32/CE svolgono un ruolo centrale nella pianificazione e nella comunicazione delle misure nazionali adottate per migliorare l'efficienza energetica, al di fuori del sistema di scambio di quote di emissioni. Nei loro primi piani nazionali d'azione una serie di Stati membri ha comunicato piani che riguardano il potenziale di risparmio energetico offerto dalle TIC (2).
(3)
Nell'ottobre 2006 la Commissione ha adottato la comunicazione Piano d'azione per l'efficienza energetica: concretizzare le potenzialità
(3) che sottolinea la necessità, per le nostre società, di un cambiamento di paradigma che induca a modificare i modelli comportamentali e a usare meno energia a parità di qualità della vita.
(4)
Successivamente, nel marzo 2007 il Consiglio europeo ha confermato l'obiettivo di un risparmio del 20 % nel consumo energetico dell'UE rispetto alle proiezioni per il 2020 e ha approvato l'obiettivo della riduzione del 20 % delle emissioni di gas serra entro il 2020. Lo stesso Consiglio europeo ha invitato anche ad elaborare una politica climatica ed energetica sostenibile dell'UE tenendo conto del nesso esistente tra il consumo energetico e le emissioni di carbonio. Si prevede che l'effettiva riduzione del 20 % del consumo energetico dell'UE permetterà di realizzare cospicui risparmi in termini di costi, con significativi benefici ambientali.
(5)
Nel gennaio del 2008 la Commissione ha adottato la comunicazione Due volte 20 per il 2020 - L'opportunità del cambiamento climatico per l'Europa, che contiene un pacchetto ambizioso di proposte concrete in campo climatico ed energetico, in cui si afferma la fattibilità, sotto il profilo tecnologico ed economico, degli obiettivi convenuti per il cambiamento climatico, che rappresentano opportunità economiche incomparabili per migliaia di imprese europee (4). Le proposte sono state adottate dal Consiglio europeo (5) e dal Parlamento europeo nel dicembre 2008.
(6)
Nel maggio 2008 la Commissione ha adottato la comunicazione Affrontare la sfida dell’efficienza energetica con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
(6), in cui riconosce il potenziale che offrono le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per fornire strumenti efficaci di miglioramento dell'efficienza energetica in tutti i settori di attività economica e, in generale, in tutta la società civile.
(7)
Nel luglio 2008 la Commissione ha adottato una comunicazione sul piano d'azione Produzione e consumo sostenibili e Politica industriale sostenibile
(7) che contiene proposte per migliorare l'efficienza ambientale dei prodotti nel loro intero ciclo di vita e aumentare la domanda di merci più sostenibili, incoraggiando l'industria europea a sfruttare le opportunità di innovazione.
(8)
Oltre al piano d'azione succitato e in base ad un mandato contenuto nella comunicazione sulla Politica integrata relativa ai prodotti - sviluppo di una riflessione ambientale incentrata sul ciclo di vita
(8) la Commissione sta elaborando, attraverso il Centro comune di ricerca, un manuale (9) sulla quantificazione e l'analisi dell'impatto ambientale dell'intero ciclo di vita di prodotti e processi, comprese le emissioni di carbonio e l'efficienza energetica.
(9)
Nel novembre 2008 la Commissione ha adottato un Piano europeo di ripresa economica (10) per un ritorno più rapido alla crescita economica, in cui sottolinea la necessità immediata di investire nell'efficienza energetica e nelle tecnologie pulite. Per l'attuazione di tale piano, nella comunicazione Investire oggi per l'Europa di domani
(11) la Commissione ha proposto un pacchetto di misure per convogliare il sostegno finanziario verso le reti di energia e la banda larga ad alta velocità.
(10)
Nel quadro del piano di ripresa, la Commissione ha avviato partenariati pubblico-privati per l'ulteriore sviluppo di tecnologie verdi e di infrastrutture intelligenti sotto il profilo dell'efficienza energetica nei settori dell'edilizia, manifatturiero e dei trasporti: l'edilizia ad alta efficienza energetica, le fabbriche del futuro e le automobili verdi.
(11)
Nel dicembre 2008, nell'ambito dell'iniziativa sui trasporti ecologici, la Commissione ha adottato un piano d'azione per la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti in Europa, accompagnato da una proposta di direttiva che istituisce il quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (12). La Commissione ha proposto misure specifiche per accelerare la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti allo scopo di migliorare l'efficienza energetica nei sistemi di trasporto.
(12)
Il consumo di energia da parte delle apparecchiature e dei servizi delle TIC rappresenta circa l'8 % dell'energia elettrica usata dall'UE e circa il 2 % delle emissioni di carbonio (13). La direttiva 2005/32/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia (14) prevede una serie di norme, applicabili su scala europea, per l'immissione sul mercato di prodotti che consumano energia, come i prodotti TIC, che tengono conto della loro efficienza energetica ed ambientale nell'intero ciclo di vita. La direttiva offre opportunità anche per iniziative volontarie dell'industria.
(13)
Nella comunicazione sull'uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) per agevolare la transizione verso un'economia ad alte prestazioni energetiche e a basse emissioni di carbonio
(15) la Commissione sottolinea l'esistenza di un potenziale non utilizzato che, se sfruttato, permetterebbe al settore delle TIC di concentrarsi sui miglioramenti sistemici dei suoi stessi processi (funzionamento, fabbricazione, prestazione di servizi, gestione della catena di approvvigionamento).
(14)
I risultati di una consultazione pubblica (16) pubblicati nel settembre 2009 hanno confermato che attualmente le varie imprese applicano strategie diverse di miglioramento delle proprie prestazioni energetiche e ambientali. Un approccio coordinato permetterebbe di evidenziare meglio le opportunità, di orientare gli investimenti e di portare vantaggi economici a tutto il settore, contribuendo contemporaneamente al raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica.
(15)
È della massima importanza che il settore delle TIC fissi obiettivi ambiziosi per aumentare l'efficienza energetica e ambientale dei propri processi. È opportuno che i progressi compiuti nel raggiungimento di tali obiettivi possano essere misurati e verificati. È necessario anche aggiornare gli obiettivi via via che si rendano disponibili dati di riferimento più affidabili. Il settore delle TIC ha dimostrato interesse per la costituzione di un Forum sull'efficienza energetica delle TIC (ICT4EE) incaricato di adottare e attuare un quadro generale per la misurazione dell'impronta energetica e carbonica del settore, di fissare obiettivi e effettuare una valutazione comparativa dei progressi compiuti.
(16)
Ai fini della presente raccomandazione, per settore delle TIC si intendono le imprese dedite alla fabbricazione di TIC, alla loro commercializzazione e all'offerta di servizi TIC, quali definite dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) (17).
(17)
Si stima che i miglioramenti resi possibili dalle TIC in altri settori potrebbero far risparmiare circa il 15 % delle emissioni totali di carbonio entro il 2020 (18). Ci si aspetta che grazie alle TIC sia possibile realizzare a breve termine decisivi incrementi di efficienza energetica nei settori dell'edilizia e della costruzione, della logistica dei trasporti e degli usi finali dell'energia.
(18)
Il settore delle TIC è in grado di produrre strumenti di simulazione, modellizzazione, analisi, monitoraggio e visualizzazione, assolutamente vitali per agevolare l'adozione di un approccio integrale alla progettazione edilizia e all'esercizio degli immobili, che tiene conto dei numerosi fattori che incidono sulla domanda di energia. Tuttavia gli investimenti sono frenati dall'assenza di metodi trasparenti e affidabili di quantificazione e di monitoraggio del risparmio di energia e dei costi nel tempo, sui quali dovrebbero invece idealmente basarsi le strategie e gli strumenti progettuali.
(19)
I settori della logistica e dei trasporti sono fortemente dipendenti dall'uso delle TIC per il funzionamento e l'ottimizzazione di tutta la loro attività, in particolare per le loro esigenze di trasporto e immagazzinamento. Per questo possono svolgere un ruolo chiave per ottimizzare l'impronta ecologica dei loro servizi in termini di energia e di carbonio e fornire ai clienti le informazioni pertinenti.
(20)
Nei settori dell'edilizia e delle costruzioni, da un lato, e della logistica e dei trasporti, dall'altro, è già stata individuata la necessità di disporre di metodologie comparabili di misura del rendimento energetico e delle emissioni di carbonio e si è già iniziato a lavorare in questa direzione. Le metodologie comuni potrebbero servire a fornire dati affidabili e una base a partire dalla quale sviluppare strumenti TIC.
(21)
I partenariati intersettoriali potrebbero accelerare lo sviluppo e la diffusione su ampia scala di soluzioni basate sulle TIC per monitorare, gestire e misurare il consumo di energia e le emissioni di carbonio di attività a forte consumo energetico, contribuendo a fornire una base attendibile per l'adozione di decisioni in tema di risparmio energetico e riduzione delle emissioni.
(22)
Grazie ai sistemi di misurazione intelligente è possibile ottenere informazioni in tempo reale e creare nuovi circuiti di controllo che permettono di gestire e controllare meglio l'energia e di influenzare il consumo finale dei consumatori, soprattutto se questo tipo di misurazione è accompagnato da una fatturazione di tipo informativo. Vari Stati membri hanno già introdotto la misurazione intelligente o stanno analizzando la possibilità di imporne l'introduzione. Un'azione concertata degli Stati membri per stabilire specifiche funzionali minime applicabili ai contatori intelligenti contribuirebbe a evitare ostacoli tecnici, a garantire l'interoperabilità e a permettere l'introduzione di applicazioni innovative basate sulle TIC per la gestione degli usi finali dell'energia.
(23)
Le reti intelligenti e i sistemi di misurazione intelligente (telelettura) sono strumenti importanti per ottimizzare i risparmi energetici negli edifici, per la diffusione dei veicoli elettrici su vasta scala, per la fornitura e la distribuzione efficiente di energia nonché per l'integrazione delle fonti di energia rinnovabili. Le applicazioni e i servizi risultanti da questi sviluppi faranno nascere probabilmente nuovi rami di attività economica in cui saranno coinvolti sia il settore dell'energia che quello delle TIC. È opportuno analizzare nell'ambito di progetti pilota e altre indagini esplorative le condizioni propizie alla nascita di nuovi mercati.
(24)
Ai fini della presente raccomandazione, per "dematerializzazione" delle TIC è opportuno intendere la riduzione del fabbisogno di infrastrutture fisiche per la prestazione di servizi elettronici. La dematerializzazione acquista particolare rilievo nell'ambito degli appalti pubblici riguardanti le TIC. Quest'obiettivo potrebbe essere raggiunto ottimizzando il ricorso alle risorse fisiche esistenti, ottimizzando la configurazione dei sistemi TIC ed evitando che l'ampliamento o le versioni ulteriori di questi sistemi siano ostacolati da limiti contrattuali o tecnici.
(25)
Come evidenzia la consultazione pubblica di cui al considerando 14, esiste a tutti i livelli di governo la volontà di impegnarsi in attività miranti a migliorare l'efficienza energetica e ridurre le emissioni di carbonio. Anche il ruolo delle TIC nel raggiungimento di questi obiettivi è al centro di iniziative avviate dalle autorità pubbliche di tutta Europa. È necessaria una cooperazione efficace tra le amministrazioni degli Stati membri, a livello nazionale, regionale e locale, per garantire la coerenza tra le misure, sfruttare le sinergie positive e costruire una base di conoscenze collettive desunte dalla condivisione delle esperienze acquisite.
(26)
Si stima che un uso più ampio di applicazioni come le applicazioni e i servizi pubblici in linea e di altre tecnologie avanzate di collaborazione permetterebbe di risparmiare su scala mondiale almeno l'1-2 % del consumo totale di energia entro il 2020 (19). Per permettere all'Unione europea di realizzare risparmi su ampia scala è indispensabile un'infrastruttura a banda larga che copra tutta l'Europa.
(27)
Le organizzazioni o associazioni di parti interessate non possano agire con efficacia se restano isolate. L'azione sinergica di un numero elevato di organizzazioni, sia del settore pubblico che di quello privato, come i partenariati tra comuni e regioni, possono dar vita a mutamenti sistemici e trasversali in tutta la società. La Commissione desidera inoltre incoraggiare lo scambio di buone pratiche sull'uso delle soluzioni TIC al servizio del miglioramento dell'efficienza energetica.
(28)
Per compiere progressi reali è necessario un impegno a livello nazionale, regionale e locale. Spetta quindi ai responsabili politici degli Stati membri a livello nazionale, regionale e locale confermare il loro pieno impegno ad agevolare una tempestiva attuazione delle misure previste dalla presente raccomandazione,
RACCOMANDA che il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione:
per limitare la quota crescente di emissioni globali di carbonio di cui è responsabile e rafforzare il ruolo centrale e cruciale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) nella transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio,
(1)
si impegni ad attuare un processo di progressiva decarbonizzazione che conduca ad una riduzione misurabile e verificabile dell'intensità energetica e delle emissioni di carbonio di tutti i processi coinvolti nella produzione, nel trasporto e nelle vendite di attrezzature e componenti TIC;
(2)
partecipi, attraverso le proprie organizzazioni di categoria, alle iniziative che saranno adottate dalla Commissione europea allo scopo di
(a)
elaborare un quadro generale per la misurazione del proprio rendimento energetico e ambientale; a questo scopo il settore dovrà fornire i dati di riferimento entro il 2010,
(b)
adottare e attuare metodologie comuni a questo fine entro il 2011,
(c)
individuare entro il 2011 obiettivi di efficienza energetica allo scopo di superare gli obiettivi UE 2020 entro il 2015,
(d)
redigere una tabella di marcia entro tre mesi dall'adozione della presente raccomandazione, seguita da relazioni annuali;
(3)
collabori con la Commissione europea e altri organismi pubblici e organizzazioni internazionali per elaborare un sistema di verifica e controllo che permetta di valutare se e in che modo le singole imprese conseguono gli obiettivi di riduzione dell'intensità energetica e delle emissioni di carbonio;
(4)
in stretta collaborazione con il settore dell'edilizia e della costruzione individui le soluzioni TIC atte a migliorare il rendimento ambientale ed energetico degli edifici nuovi e di quelli esistenti, nonché le prassi di costruzione e ripristino, in modo da definire una tabella di marcia congiunta per la diffusione di tali soluzioni su ampia scala;
(5)
in stretta collaborazione con il settore dell'edilizia e della costruzione analizzi gli ostacoli che frenano un più ampio ricorso agli strumenti TIC di modellizzazione e simulazione e ad altre applicazioni che aiutano a conformarsi più agevolmente alle disposizioni che disciplinano il rendimento dell'edilizia;
(6)
in stretta collaborazione con il settore dei trasporti e della logistica individui le soluzioni TIC atte a migliorare il rendimento ambientale ed energetico dei loro servizi in modo da definire una tabella di marcia congiunta per la diffusione di tali soluzioni su ampia scala, in collaborazione con l'attività svolta nell'ambito del piano di azione sui sistemi di trasporto intelligenti;
(7)
in stretta collaborazione con il settore dei trasporti e della logistica elabori un quadro sistematico per la fornitura, a tutti i potenziali utenti, di dati attendibili, comparabili e completi sul consumo energetico e sulle emissioni di carbonio del trasporto merci e delle operazioni e servizi di trasporto.
RACCOMANDA CHE GLI STATI MEMBRI:
per garantire la piena coerenza delle politiche TIC con le misure nazionali, locali e regionali adottate per la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio,
(8)
attraverso le autorità nazionali competenti:
(a)
adottino entro la fine del 2010 specifiche minime funzionali comuni per i sistemi di misurazione intelligente, miranti a fornire ai consumatori informazioni più pertinenti sul consumo di energia che permettano loro di gestire meglio i consumi,
(b)
stabiliscano entro la fine del 2012 un calendario coerente per l'applicazione dei sistemi di misurazione intelligente;
(9)
adottino e attuino pratiche in materia di appalti pubblici che permettano di sfruttare il peso della domanda del settore pubblico per promuovere la dematerializzazione dei beni e servizi TIC;
(10)
facilitino a tutti i livelli amministrativi l'uso dei pertinenti strumenti TIC per capire meglio le implicazioni delle varie politiche e evitare le ripercussioni negative delle loro interazioni;
(11)
incoraggiare l'uso della simulazione e della modellizzazione energetica nel percorso di formazione dei professionisti di settori critici come:
(a)
architetti, costruttori e installatori,
(b)
controllori energetici,
(c)
logistica e trasporto di merci o persone,
(d)
servizi pubblici, pianificazione e funzioni politiche;
(12)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali, portino avanti e se necessario aggiornino le strategie necessarie per costruire un'infrastruttura a banda larga e ad alta velocità affidabile, capace di agevolare il monitoraggio e la gestione dei consumi, della distribuzione e della produzione di energia, incluse le energie rinnovabili, e l'introduzione di sistemi su scala comunitaria come la misurazione intelligente, le reti intelligenti e le città intelligenti;
(13)
oltre agli obblighi ad essi incombenti a norma dell'articolo 3, paragrafo 11, e dell'allegato I, paragrafo 2, della direttiva 2009/72/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (20), coinvolgano tutte le parti interessate in progetti pilota su vasta scala e in dimostrazioni di reti intelligenti e metodi di misurazione intelligenti, in modo da costruire un ampio consenso sui presupposti delle innovazioni future rese possibili dalle tecnologie TIC;
(14)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali, facciano uso di piattaforme digitali aperte per agevolare un approccio integrato alla progettazione urbanistica e alla fornitura di servizi pubblici e per supportare la condivisione di conoscenze, la catalogazione delle migliori pratiche e la tenuta di archivi di informazioni facilmente accessibili;
(15)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali, aprano la strada a forme creative di collaborazione e di risoluzione dei problemi a livello di comunità, organizzando concorsi di idee e gare e consentendo, ove possibile, il libero accesso ad un'ampia gamma di risorse digitali pubbliche e dati pubblici;
(16)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali facciano beneficiare tutti i segmenti della popolazione dei vantaggi che comporta la sostituzione dei procedimenti amministrativi non in linea con applicazioni e servizi in linea che accrescono l'efficienza energetica.
INVITA gli Stati membri:
a informare la Commissione delle azioni intraprese in risposta alla presente raccomandazione, la prima volta entro 12 mesi dalla sua pubblicazione e successivamente una volta all'anno.
Fatto a Bruxelles, il 9 ottobre 2009
Per la Commissione
Viviane REDING
Membro della Commissione
(1) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 64.
(2) Come indicato nella sintesi della valutazione completa di tutti e 27 i piani nazionali di azione per l'efficienza energetica "Insieme verso il risparmio energetico", SEC(2009) 889 definitivo, prevista dalla direttiva 2006/32/CE.
(3) COM(2006) 545.
(4) COM(2008) 30.
(5) Conclusioni del Consiglio europeo dell'11-12 dicembre 2008 - Conclusioni della Presidenza, 17271/1/08 REV 1, 13 febbraio 2009.
(6) COM(2008) 241.
(7) COM(2008) 397.
(8) COM(2003) 302.
(9) The International Reference Life Cycle Reference System (ILCD) Handbook and supporting Data Network. http://lct.jrc.ec.europa.eu/eplca/deliverables/international-reference-life-cycle-data-system-ilcd-handbook.
(10) COM(2008) 800, Un piano europeo di ripresa economica.
(11) COM(2009) 36.
(12) COM(2008) 886, Piano d'azione per la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti in Europa e COM(2008) 887, Proposta di direttiva che istituisce il quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto.
(13) Bio Intelligence Impacts of Information and Communication Technologies on Energy Efficiency.
(14) GU L 191 del 22.7.2005, pag. 29.
(15) COM(2009) 111 definitivo.
(16) Consultazione pubblica sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per una società a basse emissioni di carbonio, svoltasi dal 30 marzo al 14 giugno 2009.
(17) OCSE Guide to Measuring the Information Society, Rev. July 2009. www.oecd.org/sti/measuring-infoeconomy/guide.
(18) SMART 2020: Enabling the low carbon economy in the information age, relazione del gruppo sul clima nell'ambito della Global eSustainability Initiative (GeSI).
(19) SMART 2020: Enabling the low carbon economy in the information age, relazione del gruppo sul clima nell'ambito della Global eSustainability Initiative (GeSI).
(20) GU L 211 del 14.8.2009, pag. 55.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 9 ottobre 2009
sull'uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio
(2013/105/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211,
considerando quanto segue:
(1)
Nell'aprile 2006, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato una direttiva sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici (1), che fissa un quadro per l'adozione di misure relative alle possibilità di risparmio energetico negli usi finali dell'energia non coperti dal sistema di scambio di quote di emissioni.
(2)
I piani nazionali d'azione in materia di efficienza energetica (PNAEE) previsti dalla direttiva 2006/32/CE svolgono un ruolo centrale nella pianificazione e nella comunicazione delle misure nazionali adottate per migliorare l'efficienza energetica, al di fuori del sistema di scambio di quote di emissioni. Nei loro primi piani nazionali d'azione una serie di Stati membri ha comunicato piani che riguardano il potenziale di risparmio energetico offerto dalle TIC (2).
(3)
Nell'ottobre 2006 la Commissione ha adottato la comunicazione Piano d'azione per l'efficienza energetica: concretizzare le potenzialità
(3) che sottolinea la necessità, per le nostre società, di un cambiamento di paradigma che induca a modificare i modelli comportamentali e a usare meno energia a parità di qualità della vita.
(4)
Successivamente, nel marzo 2007 il Consiglio europeo ha confermato l'obiettivo di un risparmio del 20 % nel consumo energetico dell'UE rispetto alle proiezioni per il 2020 e ha approvato l'obiettivo della riduzione del 20 % delle emissioni di gas serra entro il 2020. Lo stesso Consiglio europeo ha invitato anche ad elaborare una politica climatica ed energetica sostenibile dell'UE tenendo conto del nesso esistente tra il consumo energetico e le emissioni di carbonio. Si prevede che l'effettiva riduzione del 20 % del consumo energetico dell'UE permetterà di realizzare cospicui risparmi in termini di costi, con significativi benefici ambientali.
(5)
Nel gennaio del 2008 la Commissione ha adottato la comunicazione Due volte 20 per il 2020 - L'opportunità del cambiamento climatico per l'Europa, che contiene un pacchetto ambizioso di proposte concrete in campo climatico ed energetico, in cui si afferma la fattibilità, sotto il profilo tecnologico ed economico, degli obiettivi convenuti per il cambiamento climatico, che rappresentano opportunità economiche incomparabili per migliaia di imprese europee (4). Le proposte sono state adottate dal Consiglio europeo (5) e dal Parlamento europeo nel dicembre 2008.
(6)
Nel maggio 2008 la Commissione ha adottato la comunicazione Affrontare la sfida dell’efficienza energetica con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione
(6), in cui riconosce il potenziale che offrono le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per fornire strumenti efficaci di miglioramento dell'efficienza energetica in tutti i settori di attività economica e, in generale, in tutta la società civile.
(7)
Nel luglio 2008 la Commissione ha adottato una comunicazione sul piano d'azione Produzione e consumo sostenibili e Politica industriale sostenibile
(7) che contiene proposte per migliorare l'efficienza ambientale dei prodotti nel loro intero ciclo di vita e aumentare la domanda di merci più sostenibili, incoraggiando l'industria europea a sfruttare le opportunità di innovazione.
(8)
Oltre al piano d'azione succitato e in base ad un mandato contenuto nella comunicazione sulla Politica integrata relativa ai prodotti - sviluppo di una riflessione ambientale incentrata sul ciclo di vita
(8) la Commissione sta elaborando, attraverso il Centro comune di ricerca, un manuale (9) sulla quantificazione e l'analisi dell'impatto ambientale dell'intero ciclo di vita di prodotti e processi, comprese le emissioni di carbonio e l'efficienza energetica.
(9)
Nel novembre 2008 la Commissione ha adottato un Piano europeo di ripresa economica (10) per un ritorno più rapido alla crescita economica, in cui sottolinea la necessità immediata di investire nell'efficienza energetica e nelle tecnologie pulite. Per l'attuazione di tale piano, nella comunicazione Investire oggi per l'Europa di domani
(11) la Commissione ha proposto un pacchetto di misure per convogliare il sostegno finanziario verso le reti di energia e la banda larga ad alta velocità.
(10)
Nel quadro del piano di ripresa, la Commissione ha avviato partenariati pubblico-privati per l'ulteriore sviluppo di tecnologie verdi e di infrastrutture intelligenti sotto il profilo dell'efficienza energetica nei settori dell'edilizia, manifatturiero e dei trasporti: l'edilizia ad alta efficienza energetica, le fabbriche del futuro e le automobili verdi.
(11)
Nel dicembre 2008, nell'ambito dell'iniziativa sui trasporti ecologici, la Commissione ha adottato un piano d'azione per la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti in Europa, accompagnato da una proposta di direttiva che istituisce il quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (12). La Commissione ha proposto misure specifiche per accelerare la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti allo scopo di migliorare l'efficienza energetica nei sistemi di trasporto.
(12)
Il consumo di energia da parte delle apparecchiature e dei servizi delle TIC rappresenta circa l'8 % dell'energia elettrica usata dall'UE e circa il 2 % delle emissioni di carbonio (13). La direttiva 2005/32/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia (14) prevede una serie di norme, applicabili su scala europea, per l'immissione sul mercato di prodotti che consumano energia, come i prodotti TIC, che tengono conto della loro efficienza energetica ed ambientale nell'intero ciclo di vita. La direttiva offre opportunità anche per iniziative volontarie dell'industria.
(13)
Nella comunicazione sull'uso delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) per agevolare la transizione verso un'economia ad alte prestazioni energetiche e a basse emissioni di carbonio
(15) la Commissione sottolinea l'esistenza di un potenziale non utilizzato che, se sfruttato, permetterebbe al settore delle TIC di concentrarsi sui miglioramenti sistemici dei suoi stessi processi (funzionamento, fabbricazione, prestazione di servizi, gestione della catena di approvvigionamento).
(14)
I risultati di una consultazione pubblica (16) pubblicati nel settembre 2009 hanno confermato che attualmente le varie imprese applicano strategie diverse di miglioramento delle proprie prestazioni energetiche e ambientali. Un approccio coordinato permetterebbe di evidenziare meglio le opportunità, di orientare gli investimenti e di portare vantaggi economici a tutto il settore, contribuendo contemporaneamente al raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica.
(15)
È della massima importanza che il settore delle TIC fissi obiettivi ambiziosi per aumentare l'efficienza energetica e ambientale dei propri processi. È opportuno che i progressi compiuti nel raggiungimento di tali obiettivi possano essere misurati e verificati. È necessario anche aggiornare gli obiettivi via via che si rendano disponibili dati di riferimento più affidabili. Il settore delle TIC ha dimostrato interesse per la costituzione di un Forum sull'efficienza energetica delle TIC (ICT4EE) incaricato di adottare e attuare un quadro generale per la misurazione dell'impronta energetica e carbonica del settore, di fissare obiettivi e effettuare una valutazione comparativa dei progressi compiuti.
(16)
Ai fini della presente raccomandazione, per settore delle TIC si intendono le imprese dedite alla fabbricazione di TIC, alla loro commercializzazione e all'offerta di servizi TIC, quali definite dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) (17).
(17)
Si stima che i miglioramenti resi possibili dalle TIC in altri settori potrebbero far risparmiare circa il 15 % delle emissioni totali di carbonio entro il 2020 (18). Ci si aspetta che grazie alle TIC sia possibile realizzare a breve termine decisivi incrementi di efficienza energetica nei settori dell'edilizia e della costruzione, della logistica dei trasporti e degli usi finali dell'energia.
(18)
Il settore delle TIC è in grado di produrre strumenti di simulazione, modellizzazione, analisi, monitoraggio e visualizzazione, assolutamente vitali per agevolare l'adozione di un approccio integrale alla progettazione edilizia e all'esercizio degli immobili, che tiene conto dei numerosi fattori che incidono sulla domanda di energia. Tuttavia gli investimenti sono frenati dall'assenza di metodi trasparenti e affidabili di quantificazione e di monitoraggio del risparmio di energia e dei costi nel tempo, sui quali dovrebbero invece idealmente basarsi le strategie e gli strumenti progettuali.
(19)
I settori della logistica e dei trasporti sono fortemente dipendenti dall'uso delle TIC per il funzionamento e l'ottimizzazione di tutta la loro attività, in particolare per le loro esigenze di trasporto e immagazzinamento. Per questo possono svolgere un ruolo chiave per ottimizzare l'impronta ecologica dei loro servizi in termini di energia e di carbonio e fornire ai clienti le informazioni pertinenti.
(20)
Nei settori dell'edilizia e delle costruzioni, da un lato, e della logistica e dei trasporti, dall'altro, è già stata individuata la necessità di disporre di metodologie comparabili di misura del rendimento energetico e delle emissioni di carbonio e si è già iniziato a lavorare in questa direzione. Le metodologie comuni potrebbero servire a fornire dati affidabili e una base a partire dalla quale sviluppare strumenti TIC.
(21)
I partenariati intersettoriali potrebbero accelerare lo sviluppo e la diffusione su ampia scala di soluzioni basate sulle TIC per monitorare, gestire e misurare il consumo di energia e le emissioni di carbonio di attività a forte consumo energetico, contribuendo a fornire una base attendibile per l'adozione di decisioni in tema di risparmio energetico e riduzione delle emissioni.
(22)
Grazie ai sistemi di misurazione intelligente è possibile ottenere informazioni in tempo reale e creare nuovi circuiti di controllo che permettono di gestire e controllare meglio l'energia e di influenzare il consumo finale dei consumatori, soprattutto se questo tipo di misurazione è accompagnato da una fatturazione di tipo informativo. Vari Stati membri hanno già introdotto la misurazione intelligente o stanno analizzando la possibilità di imporne l'introduzione. Un'azione concertata degli Stati membri per stabilire specifiche funzionali minime applicabili ai contatori intelligenti contribuirebbe a evitare ostacoli tecnici, a garantire l'interoperabilità e a permettere l'introduzione di applicazioni innovative basate sulle TIC per la gestione degli usi finali dell'energia.
(23)
Le reti intelligenti e i sistemi di misurazione intelligente (telelettura) sono strumenti importanti per ottimizzare i risparmi energetici negli edifici, per la diffusione dei veicoli elettrici su vasta scala, per la fornitura e la distribuzione efficiente di energia nonché per l'integrazione delle fonti di energia rinnovabili. Le applicazioni e i servizi risultanti da questi sviluppi faranno nascere probabilmente nuovi rami di attività economica in cui saranno coinvolti sia il settore dell'energia che quello delle TIC. È opportuno analizzare nell'ambito di progetti pilota e altre indagini esplorative le condizioni propizie alla nascita di nuovi mercati.
(24)
Ai fini della presente raccomandazione, per "dematerializzazione" delle TIC è opportuno intendere la riduzione del fabbisogno di infrastrutture fisiche per la prestazione di servizi elettronici. La dematerializzazione acquista particolare rilievo nell'ambito degli appalti pubblici riguardanti le TIC. Quest'obiettivo potrebbe essere raggiunto ottimizzando il ricorso alle risorse fisiche esistenti, ottimizzando la configurazione dei sistemi TIC ed evitando che l'ampliamento o le versioni ulteriori di questi sistemi siano ostacolati da limiti contrattuali o tecnici.
(25)
Come evidenzia la consultazione pubblica di cui al considerando 14, esiste a tutti i livelli di governo la volontà di impegnarsi in attività miranti a migliorare l'efficienza energetica e ridurre le emissioni di carbonio. Anche il ruolo delle TIC nel raggiungimento di questi obiettivi è al centro di iniziative avviate dalle autorità pubbliche di tutta Europa. È necessaria una cooperazione efficace tra le amministrazioni degli Stati membri, a livello nazionale, regionale e locale, per garantire la coerenza tra le misure, sfruttare le sinergie positive e costruire una base di conoscenze collettive desunte dalla condivisione delle esperienze acquisite.
(26)
Si stima che un uso più ampio di applicazioni come le applicazioni e i servizi pubblici in linea e di altre tecnologie avanzate di collaborazione permetterebbe di risparmiare su scala mondiale almeno l'1-2 % del consumo totale di energia entro il 2020 (19). Per permettere all'Unione europea di realizzare risparmi su ampia scala è indispensabile un'infrastruttura a banda larga che copra tutta l'Europa.
(27)
Le organizzazioni o associazioni di parti interessate non possano agire con efficacia se restano isolate. L'azione sinergica di un numero elevato di organizzazioni, sia del settore pubblico che di quello privato, come i partenariati tra comuni e regioni, possono dar vita a mutamenti sistemici e trasversali in tutta la società. La Commissione desidera inoltre incoraggiare lo scambio di buone pratiche sull'uso delle soluzioni TIC al servizio del miglioramento dell'efficienza energetica.
(28)
Per compiere progressi reali è necessario un impegno a livello nazionale, regionale e locale. Spetta quindi ai responsabili politici degli Stati membri a livello nazionale, regionale e locale confermare il loro pieno impegno ad agevolare una tempestiva attuazione delle misure previste dalla presente raccomandazione,
RACCOMANDA che il settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione:
per limitare la quota crescente di emissioni globali di carbonio di cui è responsabile e rafforzare il ruolo centrale e cruciale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) nella transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio,
(1)
si impegni ad attuare un processo di progressiva decarbonizzazione che conduca ad una riduzione misurabile e verificabile dell'intensità energetica e delle emissioni di carbonio di tutti i processi coinvolti nella produzione, nel trasporto e nelle vendite di attrezzature e componenti TIC;
(2)
partecipi, attraverso le proprie organizzazioni di categoria, alle iniziative che saranno adottate dalla Commissione europea allo scopo di
(a)
elaborare un quadro generale per la misurazione del proprio rendimento energetico e ambientale; a questo scopo il settore dovrà fornire i dati di riferimento entro il 2010,
(b)
adottare e attuare metodologie comuni a questo fine entro il 2011,
(c)
individuare entro il 2011 obiettivi di efficienza energetica allo scopo di superare gli obiettivi UE 2020 entro il 2015,
(d)
redigere una tabella di marcia entro tre mesi dall'adozione della presente raccomandazione, seguita da relazioni annuali;
(3)
collabori con la Commissione europea e altri organismi pubblici e organizzazioni internazionali per elaborare un sistema di verifica e controllo che permetta di valutare se e in che modo le singole imprese conseguono gli obiettivi di riduzione dell'intensità energetica e delle emissioni di carbonio;
(4)
in stretta collaborazione con il settore dell'edilizia e della costruzione individui le soluzioni TIC atte a migliorare il rendimento ambientale ed energetico degli edifici nuovi e di quelli esistenti, nonché le prassi di costruzione e ripristino, in modo da definire una tabella di marcia congiunta per la diffusione di tali soluzioni su ampia scala;
(5)
in stretta collaborazione con il settore dell'edilizia e della costruzione analizzi gli ostacoli che frenano un più ampio ricorso agli strumenti TIC di modellizzazione e simulazione e ad altre applicazioni che aiutano a conformarsi più agevolmente alle disposizioni che disciplinano il rendimento dell'edilizia;
(6)
in stretta collaborazione con il settore dei trasporti e della logistica individui le soluzioni TIC atte a migliorare il rendimento ambientale ed energetico dei loro servizi in modo da definire una tabella di marcia congiunta per la diffusione di tali soluzioni su ampia scala, in collaborazione con l'attività svolta nell'ambito del piano di azione sui sistemi di trasporto intelligenti;
(7)
in stretta collaborazione con il settore dei trasporti e della logistica elabori un quadro sistematico per la fornitura, a tutti i potenziali utenti, di dati attendibili, comparabili e completi sul consumo energetico e sulle emissioni di carbonio del trasporto merci e delle operazioni e servizi di trasporto.
RACCOMANDA CHE GLI STATI MEMBRI:
per garantire la piena coerenza delle politiche TIC con le misure nazionali, locali e regionali adottate per la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio,
(8)
attraverso le autorità nazionali competenti:
(a)
adottino entro la fine del 2010 specifiche minime funzionali comuni per i sistemi di misurazione intelligente, miranti a fornire ai consumatori informazioni più pertinenti sul consumo di energia che permettano loro di gestire meglio i consumi,
(b)
stabiliscano entro la fine del 2012 un calendario coerente per l'applicazione dei sistemi di misurazione intelligente;
(9)
adottino e attuino pratiche in materia di appalti pubblici che permettano di sfruttare il peso della domanda del settore pubblico per promuovere la dematerializzazione dei beni e servizi TIC;
(10)
facilitino a tutti i livelli amministrativi l'uso dei pertinenti strumenti TIC per capire meglio le implicazioni delle varie politiche e evitare le ripercussioni negative delle loro interazioni;
(11)
incoraggiare l'uso della simulazione e della modellizzazione energetica nel percorso di formazione dei professionisti di settori critici come:
(a)
architetti, costruttori e installatori,
(b)
controllori energetici,
(c)
logistica e trasporto di merci o persone,
(d)
servizi pubblici, pianificazione e funzioni politiche;
(12)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali, portino avanti e se necessario aggiornino le strategie necessarie per costruire un'infrastruttura a banda larga e ad alta velocità affidabile, capace di agevolare il monitoraggio e la gestione dei consumi, della distribuzione e della produzione di energia, incluse le energie rinnovabili, e l'introduzione di sistemi su scala comunitaria come la misurazione intelligente, le reti intelligenti e le città intelligenti;
(13)
oltre agli obblighi ad essi incombenti a norma dell'articolo 3, paragrafo 11, e dell'allegato I, paragrafo 2, della direttiva 2009/72/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (20), coinvolgano tutte le parti interessate in progetti pilota su vasta scala e in dimostrazioni di reti intelligenti e metodi di misurazione intelligenti, in modo da costruire un ampio consenso sui presupposti delle innovazioni future rese possibili dalle tecnologie TIC;
(14)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali, facciano uso di piattaforme digitali aperte per agevolare un approccio integrato alla progettazione urbanistica e alla fornitura di servizi pubblici e per supportare la condivisione di conoscenze, la catalogazione delle migliori pratiche e la tenuta di archivi di informazioni facilmente accessibili;
(15)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali, aprano la strada a forme creative di collaborazione e di risoluzione dei problemi a livello di comunità, organizzando concorsi di idee e gare e consentendo, ove possibile, il libero accesso ad un'ampia gamma di risorse digitali pubbliche e dati pubblici;
(16)
attraverso le autorità centrali, regionali e locali facciano beneficiare tutti i segmenti della popolazione dei vantaggi che comporta la sostituzione dei procedimenti amministrativi non in linea con applicazioni e servizi in linea che accrescono l'efficienza energetica.
INVITA gli Stati membri:
a informare la Commissione delle azioni intraprese in risposta alla presente raccomandazione, la prima volta entro 12 mesi dalla sua pubblicazione e successivamente una volta all'anno.
Fatto a Bruxelles, il 9 ottobre 2009
Per la Commissione
Viviane REDING
Membro della Commissione
(1) GU L 114 del 27.4.2006, pag. 64.
(2) Come indicato nella sintesi della valutazione completa di tutti e 27 i piani nazionali di azione per l'efficienza energetica "Insieme verso il risparmio energetico", SEC(2009) 889 definitivo, prevista dalla direttiva 2006/32/CE.
(3) COM(2006) 545.
(4) COM(2008) 30.
(5) Conclusioni del Consiglio europeo dell'11-12 dicembre 2008 - Conclusioni della Presidenza, 17271/1/08 REV 1, 13 febbraio 2009.
(6) COM(2008) 241.
(7) COM(2008) 397.
(8) COM(2003) 302.
(9) The International Reference Life Cycle Reference System (ILCD) Handbook and supporting Data Network. http://lct.jrc.ec.europa.eu/eplca/deliverables/international-reference-life-cycle-data-system-ilcd-handbook.
(10) COM(2008) 800, Un piano europeo di ripresa economica.
(11) COM(2009) 36.
(12) COM(2008) 886, Piano d'azione per la diffusione di sistemi di trasporto intelligenti in Europa e COM(2008) 887, Proposta di direttiva che istituisce il quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto.
(13) Bio Intelligence Impacts of Information and Communication Technologies on Energy Efficiency.
(14) GU L 191 del 22.7.2005, pag. 29.
(15) COM(2009) 111 definitivo.
(16) Consultazione pubblica sulle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per una società a basse emissioni di carbonio, svoltasi dal 30 marzo al 14 giugno 2009.
(17) OCSE Guide to Measuring the Information Society, Rev. July 2009. www.oecd.org/sti/measuring-infoeconomy/guide.
(18) SMART 2020: Enabling the low carbon economy in the information age, relazione del gruppo sul clima nell'ambito della Global eSustainability Initiative (GeSI).
(19) SMART 2020: Enabling the low carbon economy in the information age, relazione del gruppo sul clima nell'ambito della Global eSustainability Initiative (GeSI).
(20) GU L 211 del 14.8.2009, pag. 55.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Raccomandazioni sulle TIC, per aiutare l'UE a trasformarsi in un'economia più efficiente sul piano energetico e a basse emissioni di carbonio
La Commissione ha stilato una rosa di raccomandazioni, destinate al settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e agli Stati membri, per far progredire l'UE nella trasformazione in un'economia più efficiente sul piano energetico e a basse emissioni di carbonio.
ATTO
Raccomandazione della Commissione, del 9 ottobre 2009, sull'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio (2013/105/CE).
SINTESI
La Commissione europea ha prodotto due serie di raccomandazioni: una destinata al settore delle TIC e l'altra destinata agli Stati membri, per far progredire l'UE verso la trasformazione in un'economia più efficiente sul piano energetico e a basse emissioni di carbonio.
Raccomandazioni per il settore delle TIC
Un obiettivo globale, per il settore delle TIC, è dimostrare una riduzione quantificabile e verificabile dell'intensità energetica e delle emissioni di carbonio in tutti i processi che fanno parte della produzione, del trasporto e delle vendite di apparecchiature e componenti per queste tecnologie.
Un esempio di raccomandazione per il settore delle TIC riguarda l'individuazione - da parte dello stesso - di soluzioni fondate su tali tecnologie per migliorare le prestazioni ambientali degli edifici nuovi ed esistenti, nonché le pratiche di costruzione e restauro.
Altro esempio: che il settore delle TIC individui soluzioni fondate su queste tecnologie, insieme ai settori dei trasporti e della logistica, per migliorare le prestazioni ambientali ed energetiche di tali servizi.
La Commissione ha invitato altresì il settore delle TIC a concordare metodologie comuni di misurazione dei consumi energetici e delle emissioni di carbonio entro il 2020.
Raccomandazioni per gli Stati membri dell'UE
Fra le altre cose, la Commissione ha chiesto agli Stati membri dell'UE di utilizzare soluzioni fondate sulle TIC per migliorare l'efficienza energetica.
Contatori intelligenti
Le reti intelligenti e i sistemi di contatori intelligenti possono migliorare l'efficienza e il controllo della produzione dell'energia, così come la sua distribuzione e il suo consumo. Gli Stati membri avevano tempo fino a fine 2010 per concordare una specifica per i contatori intelligenti, affinché questi forniscano ai consumatori informazioni migliori e li aiutino a gestire i loro consumi di energia. Con i contatori intelligenti in casa, ad esempio, i consumatori potrebbero ridurre i consumi addirittura del 10 %. Nel 2012, la Commissione ha preparato un inventario dei progetti di reti intelligenti e sistemi di contatori intelligenti in Europa. Questo comprende 281 progetti di reti intelligenti e circa 90 progetti pilota e di sviluppo dei contatori intelligenti in 30 paesi europei.
Utilizzo delle TIC per la simulazione e la modellizzazione in campo energetico
Si esortano le pubbliche amministrazioni degli Stati membri dell'UE, sul piano nazionale, regionale e locale, a utilizzare meglio gli strumenti delle TIC per la simulazione e la modellizzazione in campo energetico (anche nella formazione dei professionisti dei settori dell'edilizia, dei trasporti e della logistica).
Altro suggerimento agli Stati membri dell'UE è di stimolare la diffusione e l'utilizzo di una tecnologia più efficiente sul piano energetico, inserendola come parte integrante nei programmi per gli appalti pubblici.
Contesto
A dicembre 2008, l'Unione ha confermato il proprio impegno a ridurre le sue emissioni di carbonio del 20 % entro il 2020. La crisi economica e finanziaria ne ha rafforzato la volontà di perseguire questi obiettivi e di costruire, nel lungo periodo, un'economia più sostenibile.
Nel raggiungimento degli obiettivi hanno un importante ruolo le TIC, poiché sono presenti quasi in ogni parte dell'economia e potrebbero concorrere a incrementare la produttività di oltre il 40 %.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Raccomandazione della Commissione 2013/105/UE
-
-
GU L 51 del 23.2.2013
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 12 marzo 2009, sull'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio [COM(2009) 111 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. |
Gruppo consultivo per i consumatori europei
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Crea il gruppo consultivo europeo dei consumatori, sede di discussione sulle questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello dell'Unione europea (UE).
Essa abroga e spiega le disposizioni della decisione 2003/709/CE. Attraverso le esperienze acquisite, mira a rafforzare l'efficacia, la rappresentatività e l'apertura del gruppo.
PUNTI CHIAVE
Il gruppo può essere consultato su tutte le questioni a livello UE legate agli interessi dei consumatori. Esso emette pareri e consiglia la Commissione europea. Costituisce inoltre la piattaforma di scambio di informazioni tra le organizzazioni rappresentate e informa le organizzazioni nazionali sulle attività UE.
Composizione
Il gruppo è costituito da:
un rappresentante delle organizzazioni nazionali dei consumatori per ciascun paese dell'UE;
un rappresentante di ciascuna organizzazione europea dei consumatori (BEUC e ANEC).
Sono presenti due membri associati (Eurocoop e Coface) e due osservatori (Islanda e Norvegia).
Le organizzazioni europee dei consumatori rispondono a molteplici criteri. Devono essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale.
Inoltre esse devono:
avere come attività primaria la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori;
rappresentare i consumatori di almeno la metà dei paesi dell'UE;
essere in grado di fornire alla Commissione i dati della loro appartenenza, la loro regolamentazione interna e i loro fondi di finanziamento.
Oppure:
rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario;
aver ricevuto mandato in almeno due terzi dei paesi dell'UE per rappresentare gli interessi dei consumatori a livello UE.
Designazione e mandato dei membri
Questo gruppo è composto da 30 membri nominati per tre anni. Il loro mandato è rinnovabile.
I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati a seguito della proposta di candidati presentata dalle amministrazioni nazionali. La Commissione nomina un membro titolare e un membro supplente per paese dell'UE, basandosi su una serie di criteri:
i candidati devono possedere un’ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori a livello comunitario;
i candidati che non sono stati in precedenza membri del gruppo sono considerati prioritari;
l’equilibrio tra uomini e donne dovrà essere assicurato all’interno del gruppo.
I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori.
Nell’interesse delle discussioni, la Commissione può invitare dei membri associati o degli esperti membri di organizzazioni non rappresentate all’interno del Gruppo.
Funzionamento
La Commissione stabilisce il calendario delle riunioni del gruppo. Presiede il gruppo e fornisce servizi di segretariato.
Il gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione.
Il gruppo può decidere di istituire dei sottogruppi temporanei al fine di esaminare specifiche questioni. Esistono attualmente 2 sottogruppi:
energia;
mercato unico digitale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è in vigore dal 14 settembre 2009.
CONTESTO
L’Unione Europea (UE) garantisce un elevato livello di protezione ai consumatori, un’esigenza presente nell’elaborazione delle sue politiche e delle sue azioni. In questo contesto, prima di qualsiasi progetto inerente ai consumatori, la Commissione consulta le organizzazioni dei consumatori rappresentate all’interno del Gruppo consultivo dei consumatori. Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un gruppo consultivo dei consumatori creato da decisioni successive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE.
Per ulteriori informazioni si consulti:
Il gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG) sul sito internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/705/CE della Commissione del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (GU L 244 del 16.9.2009, pag. 21–24).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione della Commissione, del 18 agosto 2016 relativa alla nomina dei membri del gruppo consultivo europeo dei consumatori e dei loro supplenti (C/2016/5417) (GU C 306 del 23.8.2016, pag. 4-5) | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 14 settembre 2009
che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori
(2009/705/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
considerando quanto segue:
(1)
Nell'ambito della protezione dei consumatori di cui all'articolo 153 del trattato, è opportuno che la Commissione consulti i consumatori sui problemi riguardanti la tutela dei loro interessi a livello comunitario.
(2)
Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un Gruppo consultivo creato a questo scopo da decisioni consecutive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE della Commissione, del 9 ottobre 2003, che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (1).
(3)
Le attività del Gruppo su un lungo periodo mettono in evidenza la necessità di migliorarne l'efficienza, la rappresentatività e la trasparenza; di conseguenza occorre chiarire le disposizioni relative alla creazione di sottogruppi e all'adozione dei pareri del Gruppo comprendendo le migliori pratiche sviluppate nel corso degli ultimi anni.
(4)
A tale proposito è opportuno rivedere la procedura di nomina dei membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori e prevedere per i membri del gruppo ulteriori obblighi per la presentazione di relazioni al fine di aumentare la partecipazione delle organizzazioni nazionali dei consumatori alle attività del Gruppo stesso.
(5)
È importante assicurare che il Gruppo e i suoi membri partecipino attivamente ed efficacemente affinché il punto di vista dei consumatori sia parte integrante delle ampie deliberazioni tra le parti in causa che attualmente costituiscono la norma per la consultazione in Europa.
(6)
Per motivi di protezione dei dati è opportuno che l'elaborazione dei dati personali dei membri del Gruppo sia sottoposta alla normativa comunitaria in materia di tutela delle persone per quanto riguarda l'elaborazione dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organi comunitari,
DECIDE:
Articolo 1
Il Gruppo consultivo europeo dei consumatori
Viene istituito un Gruppo consultivo europeo dei consumatori, di seguito «il Gruppo».
Articolo 2
Compiti
1. Il Gruppo può essere consultato dalla Commissione su tutte le questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello comunitario.
2. Il Gruppo:
a)
costituisce la sede di ampie discussioni sulle questioni riguardati gli interessi dei consumatori;
b)
elabora il contributo del punto di vista dei consumatori in altri fori e partecipa, quando richiesto, ai gruppi che la Commissione consulta sulle questioni riguardanti la politica europea dei consumatori;
c)
fornisce pareri alla Commissione quando delinea politiche e attività che hanno un effetto sui consumatori;
d)
può emettere un parere sulle questioni comunitarie relative ai consumatori;
e)
informa la Commissione sugli sviluppi della politica relativa ai consumatori negli Stati membri;
f)
costituisce una fonte di informazioni e una cassa di risonanza dell'azione comunitaria per le organizzazioni nazionali.
Articolo 3
Costituzione
1. Il Gruppo sarà composto da:
a)
un membro rappresentante le organizzazioni nazionali dei consumatori di ciascuno Stato membro;
b)
un membro proveniente da ciascuna organizzazione europea dei consumatori.
2. Le organizzazioni nazionali dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera a), devono essere rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e attive a livello nazionale.
3. Le organizzazioni europee dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera b), devono soddisfare una delle due seguenti serie di criteri; esse devono:
a)
essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e
i)
avere come obiettivi e attività primari la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori nella Comunità;
ii)
aver ricevuto il mandato di rappresentare gli interessi dei consumatori a livello comunitario dalle organizzazioni nazionali di consumatori in almeno la metà degli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello regionale o nazionale; e
iii)
aver fornito alla Commissione una documentazione soddisfacente della loro appartenenza, regolamentazioni interne e fondi di finanziamento;
oppure
b)
essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e
i)
avere come obiettivo e attività di rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; nonché
ii)
aver ricevuto mandato in almeno due terzi degli Stati membri per rappresentare gli interessi di consumatori a livello comunitario tramite:
—
enti rappresentativi, in accordo con le regolamentazioni nazionali, di organizzazioni nazionali dei consumatori negli Stati membri, oppure
—
in assenza di tali enti, di organizzazioni nazionali di consumatori negli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni e le prassi nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello nazionale.
4. Nell'allegato si trova un elenco indicativo delle organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui al paragrafo 3.
Articolo 4
Designazione
1. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati in conformità dei paragrafi 2 e 3.
2. Ogni Stato membro propone un elenco di tre candidati tramite gli enti nazionali rappresentanti le organizzazioni dei consumatori istituite dagli Stati membri, laddove esse esistono, o tramite le autorità nazionali competenti. I candidati fanno parte delle organizzazioni dei consumatori nazionali più rappresentative in base alle norme o alle pratiche nazionali.
3. La Commissione nomina un membro titolare e un supplente per Stato membro in conformità dei seguenti criteri:
a)
i candidati devono avere un'ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori;
b)
i candidati che non sono stati in precedenza membri di tale gruppo saranno considerati prioritari;
c)
equilibrio tra uomini e donne.
4. I membri del gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori.
5. I supplenti sostituiscono automaticamente i titolari quando questi sono assenti.
6. La Commissione pubblicherà l'elenco dei membri titolari e dei supplenti nel sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori e nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I nominativi dei membri titolari e dei supplenti sono raccolti, trattati e pubblicati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
Articolo 5
Durata del mandato
1. Il mandato dei membri titolari e dei supplenti è triennale e rinnovabile in accordo con la procedura fissata dall'articolo 4.
2. Alle fine del periodo di tre anni, i membri e i supplenti rimangono in carica fino a che non si sia trovato un sostituto o fino a quando il loro mandato non sia rinnovato.
3. Il mandato dei membri scade prima della fine del periodo triennale
a)
in caso di dimissioni, pensionamento o morte;
b)
nel caso in cui l'ente nazionale o le autorità che li hanno presentati come candidati richiedano la loro sostituzione;
c)
nel caso in cui la Commissione richieda la sostituzione di membri o supplenti che non sono più in grado di contribuire in modo efficace o che non soddisfano gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 6.
4. I membri titolari e i supplenti sono sostituiti per il resto del periodo di tre anni ai sensi della procedura fissata dall'articolo 4. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, nel caso in cui un solo membro titolare o un supplente che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori debba essere sostituito, gli enti nazionali o le autorità propongono due nuovi candidati e tra questi la Commissione ne nomina uno in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3.
Articolo 6
Associati ed esperti
1. Su proposta della Commissione, il Gruppo può invitare rappresentanti di altre organizzazioni aventi come loro principali obiettivi la promozione degli interessi dei consumatori e attive in questo campo a livello europeo, ad associarsi ai lavori.
2. Il Gruppo può invitare qualsiasi persona che abbia un'esperienza particolare su un determinato punto dell'ordine del giorno a partecipare ai lavori in qualità di esperto.
Articolo 7
Funzionamento
1. La Commissione
a)
determina la forma e il calendario in base al quale il Gruppo si riunisce;
b)
presiede le riunioni del Gruppo;
c)
fornisce servizi di segretariato e organizza le attività del Gruppo.
2. Possono essere istituiti sottogruppi al fine di esaminare questioni specifiche nel quadro di un mandato stabilito dal Gruppo stesso. Tali gruppi vanno sciolti non appena abbiano adempiuto il proprio mandato.
3. Il Gruppo può emettere pareri su richiesta della Commissione o su proposta di un membro con l'accordo della Commissione. Quando richiede un parere la Commissione può fissare un termine entro cui questo va emesso. Per ogni parere il Gruppo può nominare uno o più relatori tra i suoi membri. Il relatore avrà la responsabilità generale della presentazione del parere.
4. IL Gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione.
5. La Commissione pubblica sul sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori, nella lingua originale del documento interessato, ogni riassunto, conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro del Gruppo.
6. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori informano e consultano le associazioni che essi rappresentano nel Gruppo. Ciascun membro istituisce meccanismi di notifica efficaci per informare sistematicamente tutte le organizzazioni nazionali di consumatori sul lavoro del Gruppo, e presenta i reciproci punti di vista.
7. Ogni membro del Gruppo presenta alla Commissione entro il 1o marzo una relazione sulle attività svolte nell'anno precedente in conformità degli obblighi previsti al paragrafo 6. Il contenuto di tale relazione sarà definito ulteriormente nel regolamento interno.
Articolo 8
Riservatezza
Senza pregiudizio dell'articolo 287 del trattato, i membri e i supplenti del Gruppo non divulgheranno le informazioni ottenute durante il loro lavoro in seno al Gruppo o ai gruppi di lavoro dello stesso quando la Commissione li informa che il parere richiesto o la questione sollevata è di natura riservata.
Articolo 9
Spese di riunione
1. La Commissione rimborsa le spese di viaggio ed eventualmente di soggiorno sostenute da membri ed esperti per le attività del Gruppo, secondo le proprie norme sul rimborso spese degli esperti esterni.
2. I membri non sono retribuiti per le funzioni esercitate.
3. Le spese di riunione sono rimborsate entro i limiti del bilancio annuale assegnato al Gruppo dal competente servizio della Commissione.
Articolo 10
Abrogazione
La decisione 2003/709/CE è abrogata.
Fatto a Bruxelles, il 14 settembre 2009.
Per la Commissione
Meglena KUNEVA
Membro della Commissione
(1) GU L 258 del 10.10.2003, pag. 35.
(2) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
ALLEGATO
Organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 3:
—
BEUC — Ufficio europeo delle unioni di consumatori,
—
ANEC — Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori nella standardizzazione.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 14 settembre 2009
che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori
(2009/705/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
considerando quanto segue:
(1)
Nell'ambito della protezione dei consumatori di cui all'articolo 153 del trattato, è opportuno che la Commissione consulti i consumatori sui problemi riguardanti la tutela dei loro interessi a livello comunitario.
(2)
Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un Gruppo consultivo creato a questo scopo da decisioni consecutive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE della Commissione, del 9 ottobre 2003, che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (1).
(3)
Le attività del Gruppo su un lungo periodo mettono in evidenza la necessità di migliorarne l'efficienza, la rappresentatività e la trasparenza; di conseguenza occorre chiarire le disposizioni relative alla creazione di sottogruppi e all'adozione dei pareri del Gruppo comprendendo le migliori pratiche sviluppate nel corso degli ultimi anni.
(4)
A tale proposito è opportuno rivedere la procedura di nomina dei membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori e prevedere per i membri del gruppo ulteriori obblighi per la presentazione di relazioni al fine di aumentare la partecipazione delle organizzazioni nazionali dei consumatori alle attività del Gruppo stesso.
(5)
È importante assicurare che il Gruppo e i suoi membri partecipino attivamente ed efficacemente affinché il punto di vista dei consumatori sia parte integrante delle ampie deliberazioni tra le parti in causa che attualmente costituiscono la norma per la consultazione in Europa.
(6)
Per motivi di protezione dei dati è opportuno che l'elaborazione dei dati personali dei membri del Gruppo sia sottoposta alla normativa comunitaria in materia di tutela delle persone per quanto riguarda l'elaborazione dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organi comunitari,
DECIDE:
Articolo 1
Il Gruppo consultivo europeo dei consumatori
Viene istituito un Gruppo consultivo europeo dei consumatori, di seguito «il Gruppo».
Articolo 2
Compiti
1. Il Gruppo può essere consultato dalla Commissione su tutte le questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello comunitario.
2. Il Gruppo:
a)
costituisce la sede di ampie discussioni sulle questioni riguardati gli interessi dei consumatori;
b)
elabora il contributo del punto di vista dei consumatori in altri fori e partecipa, quando richiesto, ai gruppi che la Commissione consulta sulle questioni riguardanti la politica europea dei consumatori;
c)
fornisce pareri alla Commissione quando delinea politiche e attività che hanno un effetto sui consumatori;
d)
può emettere un parere sulle questioni comunitarie relative ai consumatori;
e)
informa la Commissione sugli sviluppi della politica relativa ai consumatori negli Stati membri;
f)
costituisce una fonte di informazioni e una cassa di risonanza dell'azione comunitaria per le organizzazioni nazionali.
Articolo 3
Costituzione
1. Il Gruppo sarà composto da:
a)
un membro rappresentante le organizzazioni nazionali dei consumatori di ciascuno Stato membro;
b)
un membro proveniente da ciascuna organizzazione europea dei consumatori.
2. Le organizzazioni nazionali dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera a), devono essere rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e attive a livello nazionale.
3. Le organizzazioni europee dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera b), devono soddisfare una delle due seguenti serie di criteri; esse devono:
a)
essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e
i)
avere come obiettivi e attività primari la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori nella Comunità;
ii)
aver ricevuto il mandato di rappresentare gli interessi dei consumatori a livello comunitario dalle organizzazioni nazionali di consumatori in almeno la metà degli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello regionale o nazionale; e
iii)
aver fornito alla Commissione una documentazione soddisfacente della loro appartenenza, regolamentazioni interne e fondi di finanziamento;
oppure
b)
essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e
i)
avere come obiettivo e attività di rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; nonché
ii)
aver ricevuto mandato in almeno due terzi degli Stati membri per rappresentare gli interessi di consumatori a livello comunitario tramite:
—
enti rappresentativi, in accordo con le regolamentazioni nazionali, di organizzazioni nazionali dei consumatori negli Stati membri, oppure
—
in assenza di tali enti, di organizzazioni nazionali di consumatori negli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni e le prassi nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello nazionale.
4. Nell'allegato si trova un elenco indicativo delle organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui al paragrafo 3.
Articolo 4
Designazione
1. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati in conformità dei paragrafi 2 e 3.
2. Ogni Stato membro propone un elenco di tre candidati tramite gli enti nazionali rappresentanti le organizzazioni dei consumatori istituite dagli Stati membri, laddove esse esistono, o tramite le autorità nazionali competenti. I candidati fanno parte delle organizzazioni dei consumatori nazionali più rappresentative in base alle norme o alle pratiche nazionali.
3. La Commissione nomina un membro titolare e un supplente per Stato membro in conformità dei seguenti criteri:
a)
i candidati devono avere un'ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori;
b)
i candidati che non sono stati in precedenza membri di tale gruppo saranno considerati prioritari;
c)
equilibrio tra uomini e donne.
4. I membri del gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori.
5. I supplenti sostituiscono automaticamente i titolari quando questi sono assenti.
6. La Commissione pubblicherà l'elenco dei membri titolari e dei supplenti nel sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori e nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I nominativi dei membri titolari e dei supplenti sono raccolti, trattati e pubblicati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
Articolo 5
Durata del mandato
1. Il mandato dei membri titolari e dei supplenti è triennale e rinnovabile in accordo con la procedura fissata dall'articolo 4.
2. Alle fine del periodo di tre anni, i membri e i supplenti rimangono in carica fino a che non si sia trovato un sostituto o fino a quando il loro mandato non sia rinnovato.
3. Il mandato dei membri scade prima della fine del periodo triennale
a)
in caso di dimissioni, pensionamento o morte;
b)
nel caso in cui l'ente nazionale o le autorità che li hanno presentati come candidati richiedano la loro sostituzione;
c)
nel caso in cui la Commissione richieda la sostituzione di membri o supplenti che non sono più in grado di contribuire in modo efficace o che non soddisfano gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 6.
4. I membri titolari e i supplenti sono sostituiti per il resto del periodo di tre anni ai sensi della procedura fissata dall'articolo 4. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, nel caso in cui un solo membro titolare o un supplente che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori debba essere sostituito, gli enti nazionali o le autorità propongono due nuovi candidati e tra questi la Commissione ne nomina uno in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3.
Articolo 6
Associati ed esperti
1. Su proposta della Commissione, il Gruppo può invitare rappresentanti di altre organizzazioni aventi come loro principali obiettivi la promozione degli interessi dei consumatori e attive in questo campo a livello europeo, ad associarsi ai lavori.
2. Il Gruppo può invitare qualsiasi persona che abbia un'esperienza particolare su un determinato punto dell'ordine del giorno a partecipare ai lavori in qualità di esperto.
Articolo 7
Funzionamento
1. La Commissione
a)
determina la forma e il calendario in base al quale il Gruppo si riunisce;
b)
presiede le riunioni del Gruppo;
c)
fornisce servizi di segretariato e organizza le attività del Gruppo.
2. Possono essere istituiti sottogruppi al fine di esaminare questioni specifiche nel quadro di un mandato stabilito dal Gruppo stesso. Tali gruppi vanno sciolti non appena abbiano adempiuto il proprio mandato.
3. Il Gruppo può emettere pareri su richiesta della Commissione o su proposta di un membro con l'accordo della Commissione. Quando richiede un parere la Commissione può fissare un termine entro cui questo va emesso. Per ogni parere il Gruppo può nominare uno o più relatori tra i suoi membri. Il relatore avrà la responsabilità generale della presentazione del parere.
4. IL Gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione.
5. La Commissione pubblica sul sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori, nella lingua originale del documento interessato, ogni riassunto, conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro del Gruppo.
6. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori informano e consultano le associazioni che essi rappresentano nel Gruppo. Ciascun membro istituisce meccanismi di notifica efficaci per informare sistematicamente tutte le organizzazioni nazionali di consumatori sul lavoro del Gruppo, e presenta i reciproci punti di vista.
7. Ogni membro del Gruppo presenta alla Commissione entro il 1o marzo una relazione sulle attività svolte nell'anno precedente in conformità degli obblighi previsti al paragrafo 6. Il contenuto di tale relazione sarà definito ulteriormente nel regolamento interno.
Articolo 8
Riservatezza
Senza pregiudizio dell'articolo 287 del trattato, i membri e i supplenti del Gruppo non divulgheranno le informazioni ottenute durante il loro lavoro in seno al Gruppo o ai gruppi di lavoro dello stesso quando la Commissione li informa che il parere richiesto o la questione sollevata è di natura riservata.
Articolo 9
Spese di riunione
1. La Commissione rimborsa le spese di viaggio ed eventualmente di soggiorno sostenute da membri ed esperti per le attività del Gruppo, secondo le proprie norme sul rimborso spese degli esperti esterni.
2. I membri non sono retribuiti per le funzioni esercitate.
3. Le spese di riunione sono rimborsate entro i limiti del bilancio annuale assegnato al Gruppo dal competente servizio della Commissione.
Articolo 10
Abrogazione
La decisione 2003/709/CE è abrogata.
Fatto a Bruxelles, il 14 settembre 2009.
Per la Commissione
Meglena KUNEVA
Membro della Commissione
(1) GU L 258 del 10.10.2003, pag. 35.
(2) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
ALLEGATO
Organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 3:
—
BEUC — Ufficio europeo delle unioni di consumatori,
—
ANEC — Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori nella standardizzazione.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Gruppo consultivo per i consumatori europei
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Crea il gruppo consultivo europeo dei consumatori, sede di discussione sulle questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello dell'Unione europea (UE).
Essa abroga e spiega le disposizioni della decisione 2003/709/CE. Attraverso le esperienze acquisite, mira a rafforzare l'efficacia, la rappresentatività e l'apertura del gruppo.
PUNTI CHIAVE
Il gruppo può essere consultato su tutte le questioni a livello UE legate agli interessi dei consumatori. Esso emette pareri e consiglia la Commissione europea. Costituisce inoltre la piattaforma di scambio di informazioni tra le organizzazioni rappresentate e informa le organizzazioni nazionali sulle attività UE.
Composizione
Il gruppo è costituito da:
un rappresentante delle organizzazioni nazionali dei consumatori per ciascun paese dell'UE;
un rappresentante di ciascuna organizzazione europea dei consumatori (BEUC e ANEC).
Sono presenti due membri associati (Eurocoop e Coface) e due osservatori (Islanda e Norvegia).
Le organizzazioni europee dei consumatori rispondono a molteplici criteri. Devono essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale.
Inoltre esse devono:
avere come attività primaria la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori;
rappresentare i consumatori di almeno la metà dei paesi dell'UE;
essere in grado di fornire alla Commissione i dati della loro appartenenza, la loro regolamentazione interna e i loro fondi di finanziamento.
Oppure:
rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario;
aver ricevuto mandato in almeno due terzi dei paesi dell'UE per rappresentare gli interessi dei consumatori a livello UE.
Designazione e mandato dei membri
Questo gruppo è composto da 30 membri nominati per tre anni. Il loro mandato è rinnovabile.
I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati a seguito della proposta di candidati presentata dalle amministrazioni nazionali. La Commissione nomina un membro titolare e un membro supplente per paese dell'UE, basandosi su una serie di criteri:
i candidati devono possedere un’ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori a livello comunitario;
i candidati che non sono stati in precedenza membri del gruppo sono considerati prioritari;
l’equilibrio tra uomini e donne dovrà essere assicurato all’interno del gruppo.
I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori.
Nell’interesse delle discussioni, la Commissione può invitare dei membri associati o degli esperti membri di organizzazioni non rappresentate all’interno del Gruppo.
Funzionamento
La Commissione stabilisce il calendario delle riunioni del gruppo. Presiede il gruppo e fornisce servizi di segretariato.
Il gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione.
Il gruppo può decidere di istituire dei sottogruppi temporanei al fine di esaminare specifiche questioni. Esistono attualmente 2 sottogruppi:
energia;
mercato unico digitale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è in vigore dal 14 settembre 2009.
CONTESTO
L’Unione Europea (UE) garantisce un elevato livello di protezione ai consumatori, un’esigenza presente nell’elaborazione delle sue politiche e delle sue azioni. In questo contesto, prima di qualsiasi progetto inerente ai consumatori, la Commissione consulta le organizzazioni dei consumatori rappresentate all’interno del Gruppo consultivo dei consumatori. Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un gruppo consultivo dei consumatori creato da decisioni successive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE.
Per ulteriori informazioni si consulti:
Il gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG) sul sito internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/705/CE della Commissione del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (GU L 244 del 16.9.2009, pag. 21–24).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione della Commissione, del 18 agosto 2016 relativa alla nomina dei membri del gruppo consultivo europeo dei consumatori e dei loro supplenti (C/2016/5417) (GU C 306 del 23.8.2016, pag. 4-5) |
Riduzione dei gas a effetto serra entro il 2020: decisione sulla condivisione degli sforzi
La decisione sulla condivisione degli sforzi stabilisce obiettivi annuali vincolanti di emissioni di gas a effetto serra per i paesi dell’Unione europea (UE) per il periodo 2013-2020. Tali obiettivi riguardano le emissioni provenienti dalla maggior parte dei settori non inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE), come i trasporti (ad eccezione dell’aviazione e della navigazione marittima internazionale), le costruzioni, l’agricoltura e i rifiuti.
ATTO
Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri atti a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020
SINTESI
La decisione sulla condivisione degli sforzi stabilisce obiettivi annuali vincolanti di emissioni di gas a effetto serra per i paesi dell’Unione europea (UE) per il periodo 2013-2020. Tali obiettivi riguardano le emissioni provenienti dalla maggior parte dei settori non inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE), come i trasporti (ad eccezione dell’aviazione e della navigazione marittima internazionale), le costruzioni, l’agricoltura e i rifiuti.
La decisione sulla condivisione degli sforzi fa parte di una serie di politiche e misure in materia di cambiamenti climatici ed energia, nota come il pacchetto clima ed energia, che aiuterà l’Europa a passare ad un’economia a basse emissioni di carbonio e ad aumentare la sua sicurezza energetica.
COSA FA LA PRESENTE DECISIONE?
La decisione sulla condivisione degli sforzi stabilisce gli obiettivi nazionali di emissione per il 2020, espressi in variazioni percentuali dai livelli di emissione del 2005. Determina anche il numero di tonnellate di emissioni di gas a effetto serra consentite annualmente per ciascun paese dell’UE negli anni dal 2013 al 2020, nei settori contemplati dalla decisione.
PUNTI CHIAVE
Gli obiettivi di emissione per il 2020 sono stati fissati sulla base della ricchezza relativa dei paesi dell’UE (misurata in base al prodotto interno lordo - PIL pro capite). Si va da una riduzione delle emissioni del 20 % entro il 2020 (rispetto ai livelli del 2005) per i paesi più ricchi dell’UE a un aumento del 20 % per il meno ricco, la Bulgaria.
Al fine di garantire un costante progresso verso gli obiettivi del 2020 la decisione fissa anche i limiti di emissione di gas a effetto serra per ogni paese per ciascun anno. Questi limiti sono chiamati assegnazioni annuali di emissioni.
Allo stesso tempo, una certa flessibilità nel raggiungere gli obiettivi permette ai paesi dell’UE di rendere le riduzioni delle emissioni efficaci in termini di costi: i paesi dell’UE sono autorizzati a prelevare dall’anno successivo una quantità fino al 5 % della propria assegnazione annuale di emissioni e ad acquistare assegnazioni da altri paesi dell’UE o acquistare crediti da un certo progetto, ad esempio da un progetto che aiuta i paesi meno sviluppati a ridurre le loro emissioni. Qualora un paese dell’UE riduca le proprie emissioni oltre il necessario, superando in tal modo il suo obiettivo per un determinato anno, può accumulare le assegnazioni eccedenti per un uso successivo (fino al 2020) o venderle ad altri paesi dell’UE.
Ciascun paese deve comunicare ogni anno alla Commissione le sue emissioni e i progressi rispetto al suo obiettivo.
Se un paese in un anno emette più gas a effetto serra di quanto gli è concesso, deve informare la Commissione su come intende «ritornare in pista» e deve pagare una «tassa» nella forma di un obiettivo di emissione più rigoroso per l’anno successivo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Dal 2013 al 2020.
CONTESTO
Per affrontare il riscaldamento globale, l’Unione europea si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas serra di almeno il 20 % entro il 2020 rispetto al 1990. Per raggiungere questo obiettivo, l’UE ha adottato due leggi fondamentali:
1.il sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE, che copre più di 11 000 centrali elettriche e impianti industriali, nonché le compagnie aeree, e
2.la decisione sulla condivisione degli sforzi, che obbliga ciascuno dei 28 paesi dell’Unione europea a contribuire con una quota specifica rispetto all’obiettivo generale dell’UE di riduzione del 20 %. Ciò avviene attraverso la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nella maggior parte dei settori non inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE).
Per ulteriori informazioni, consultare il sito internet relativo alla decisione sulla condivisione degli sforzi della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione n. 406/2009/CE
25.6.2009
-
GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136-148
ATTI COLLEGATI
Decisione della Commissione 2013/162/UE del 26 marzo 2013, che determina le assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 90 del 28.3.2013, pag. 106-110).
Decisione di esecuzione della Commissione 2013/634/UE del 31 ottobre 2013, sugli adeguamenti delle assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 292 dell’1.11.2013, pag. 19-22). | DECISIONE N. 406/2009/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’obiettivo ultimo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), approvata a nome della Comunità europea con decisione 94/69/CE del Consiglio (3), è di stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico.
(2)
Secondo il parere della Comunità, espresso da ultimo in particolare dal Consiglio europeo del marzo 2007, questo obiettivo potrà essere conseguito solo se la temperatura mondiale media alla superficie del globo non aumenterà di oltre 2 °C rispetto ai livelli dell’era preindustriale, il che presuppone una riduzione, entro il 2050, delle emissioni mondiali di gas a effetto serra di almeno 50 % rispetto ai livelli del 1990. Le emissioni di gas a effetto serra della Comunità contemplate nella presente decisione dovrebbero continuare a diminuire dopo il 2020 come parte degli sforzi della Comunità volti a contribuire a tale obiettivo di riduzione globale delle emissioni. I paesi sviluppati, compresi gli Stati membri dell’Unione europea, dovrebbero continuare a dare l’esempio impegnandosi a ridurre collettivamente, per il 2020, le loro emissioni di gas a effetto serra del 30 % circa rispetto ai livelli del 1990. Essi dovrebbero agire in tal senso anche al fine di ridurre collettivamente le loro emissioni di gas a effetto serra del 60-80 % entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. Tutti i settori dell’economia dovrebbero contribuire a realizzare tali riduzioni delle emissioni, compresi i settori del trasporto marittimo e aereo internazionale. Il trasporto aereo contribuisce a tali riduzioni grazie alla sua inclusione nel sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra («sistema comunitario»). In caso di mancata approvazione, da parte degli Stati membri, di un accordo internazionale che includa le emissioni del trasporto marittimo internazionale nei suoi obiettivi di riduzione nel quadro dell’Organizzazione marittima internazionale, o di mancata approvazione di un siffatto accordo nel quadro dell’UNFCCC da parte della Comunità entro il 31 dicembre 2011, è opportuno che la Commissione formuli una proposta volta ad includere le emissioni del trasporto marittimo internazionale nell’obiettivo comunitario di riduzione in vista dell’entrata in vigore entro il 2013 dell’atto proposto. Tale proposta dovrebbe limitare al massimo eventuali incidenze negative sulla competitività della Comunità, tenendo conto al contempo dei potenziali vantaggi per l’ambiente.
(3)
Inoltre, per conseguire questo obiettivo, il Consiglio europeo del marzo 2007 ha approvato l’obiettivo comunitario di ridurre entro il 2020 le emissioni di gas a effetto serra del 30 % rispetto ai livelli del 1990 come suo contributo ad un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri paesi sviluppati si impegnino a realizzare riduzioni comparabili e che i paesi in via di sviluppo più avanzati sul piano economico si impegnino a contribuire in funzione delle proprie responsabilità e capacità.
(4)
Il Consiglio europeo del marzo 2007 ha posto in evidenza l’impegno della Comunità a trasformare l’Europa in un’economia con un’efficienza energetica elevata ed emissioni di gas a effetto serra ridotte e ha deciso che, sino alla conclusione di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012 e fatta salva la sua posizione nell’ambito dei negoziati internazionali, la Comunità si impegna in modo fermo ed indipendente a realizzare una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 20 % entro il 2020 rispetto al 1990.
(5)
I miglioramenti nel campo dell’efficienza energetica sono un elemento di importanza cruciale affinché gli Stati membri ottemperino ai requisiti previsti dalla presente decisione. In tale contesto, la Commissione dovrebbe seguire da vicino i progressi compiuti per la realizzazione dell’obiettivo di ridurre il consumo energetico del 20 % entro il 2020 e dovrebbe proporre azioni supplementari qualora i progressi non siano sufficienti.
(6)
La direttiva 2003/87/CE (4) istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità che riguarda alcuni settori economici. Tutti i settori economici dovrebbero contribuire alle riduzioni delle emissioni per conseguire entro il 2020, in modo efficace rispetto ai costi, l’obiettivo di una riduzione del 20 % delle emissioni dei gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990. Gli Stati membri dovrebbero pertanto attuare politiche e misure aggiuntive al fine di limitare ulteriormente le emissioni di gas a effetto serra provenienti da fonti non disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE.
(7)
È auspicabile che lo sforzo di ciascuno Stato membro sia stabilito rispetto ai livelli delle sue emissioni di gas a effetto serra del 2005 contemplate nella presente decisione, adeguata per escludere le emissioni prodotte da impianti che esistevano nel 2005 ma fatti rientrare nel sistema comunitario nel periodo che va dal 2006 al 2012. Le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo dal 2013 al 2020 in termini di tonnellate di biossido di carbonio equivalente dovrebbero essere determinate sulla base di dati rivisti e certificati.
(8)
È opportuno che gli sforzi di riduzione degli Stati membri si basino sul principio di solidarietà tra Stati membri e sulla esigenza di una crescita economica sostenibile nella Comunità, tenendo conto del PIL relativo pro capite degli Stati membri. Gli Stati membri che hanno attualmente un PIL pro capite relativamente basso e dunque grandi aspettative di crescita del PIL dovrebbero essere autorizzati ad aumentare le loro emissioni di gas a effetto serra rispetto al 2005, ma dovrebbero limitare tale aumento in modo da contribuire all’impegno di riduzione indipendente assunto dalla Comunità. Gli Stati membri che attualmente vantano un PIL pro capite relativamente elevato dovrebbero ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra rispetto ai valori del 2005.
(9)
Per garantire una ripartizione più equa fra gli Stati membri degli sforzi tesi a contribuire all’adempimento dell’impegno indipendente di riduzione della Comunità, nessuno Stato membro dovrebbe essere tenuto a ridurre, entro il 2020, le sue emissioni di gas a effetto serra di oltre 20 % rispetto ai livelli del 2005 né dovrebbe essere autorizzato ad aumentare, da oggi al 2020, le sue emissioni di gas a effetto serra di oltre il 20 % rispetto ai livelli del 2005. Le riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra dovrebbero avvenire tra il 2013 e il 2020. Ogni Stato membro dovrebbe essere autorizzato a prelevare dall’anno successivo una quantità fino al 5 % della propria assegnazione annuale di emissioni. Qualora le emissioni di uno Stato membro siano inferiori all’assegnazione annuale di emissioni, lo stesso dovrebbe essere autorizzato a riportare le sue riduzioni di emissione in eccesso agli anni successivi.
(10)
Al fine di attenuare le differenze tra i costi di abbattimento, incorsi dai vari Stati membri, consentendo una maggiore flessibilità dal punto di vista geografico e, al contempo, quale strumento per migliorare il rapporto costi-efficacia dell’impegno complessivo della Comunità, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a cedere parte dei loro diritti di emissioni annuali ad altri Stati membri. La trasparenza di tali trasferimenti dovrebbe essere garantita mediante una notifica alla Commissione e la registrazione di ciascun trasferimento nei registri di entrambi gli Stati membri interessati Tale trasferimento può essere effettuato con modalità reciprocamente convenienti, tra l’altro mediante vendita all’asta, il ricorso a intermediari del mercato operanti a titolo di agenti o accordi bilaterali.
(11)
È opportuno che in seno all’Unione si realizzino riduzioni significative delle emissioni di gas a effetto serra. L’utilizzo di crediti risultanti da attività di progetto dovrebbe essere limitato in modo da renderlo supplementare all’azione interna. L’Unione mantiene il suo impegno ai fini del continuo miglioramento del meccanismo di sviluppo pulito (CDM) e perseguirà miglioramenti attraverso gli opportuni processi internazionali. È importante che i crediti derivanti da attività di progettazione utilizzati dagli Stati membri rappresentino riduzioni di emissioni effettive, verificabili, supplementari e permanenti e apportino benefici evidenti in termini di sviluppo sostenibile senza avere incidenze negative di rilievo a livello ambientale o sociale. Gli Stati membri dovrebbero altresì riferire in merito ai criteri qualitativi che applicano per l’utilizzo di tali crediti.
(12)
Per garantire agli Stati membri una certa flessibilità nell’adempimento dei loro impegni, promuovere lo sviluppo sostenibile nei paesi terzi, in particolare nei paesi in via di sviluppo, e offrire una certa sicurezza agli investitori, è opportuno che la Comunità continui a riconoscere, anche prima che venga concluso un futuro accordo internazionale sui cambiamenti climatici («accordo internazionale sui cambiamenti climatici»), una certa quantità di crediti risultanti dai progetti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra realizzati nei paesi terzi. È opportuno che gli Stati membri garantiscano che le loro politiche di acquisto di questi crediti contribuiscono all’equa distribuzione geografica dei progetti, in particolare aumentando la quota di riduzioni di emissioni certificate (CER) acquisite presso paesi meno sviluppati e presso piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS), e alla conclusione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
(13)
È pertanto auspicabile che gli Stati membri possano utilizzare i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra emessi per riduzioni realizzate nel periodo dal 2008 al 2012 risultanti da tipi di progetti ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario in tale periodo. Gli Stati membri dovrebbero inoltre poter utilizzare i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra legati a riduzioni realizzate dopo il periodo dal 2008 al 2012 risultanti da progetti registrati nel periodo dal 2008 al 2012 e che corrispondono a tipi di progetti ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso di tale periodo.
(14)
Nei paesi meno sviluppati sono stati realizzati pochissimi progetti che si avvalgono del CDM. Visto che la Comunità si adopera per un’equa distribuzione dei progetti CDM, anche attraverso l’alleanza mondiale per la lotta contro i cambiamenti climatici istituita nella comunicazione della Commissione del 18 settembre 2007 dal titolo «Dar vita ad un’alleanza mondiale contro il cambiamento climatico tra l’Unione europea e i paesi poveri in via di sviluppo maggiormente esposti», è opportuno fornire garanzie sull’ammissibilità dei crediti risultanti da progetti avviati dopo il periodo dal 2008 al 2012 nei paesi meno sviluppati per tipi di progetti ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012. È opportuno che tale ammissibilità si prolunghi sino al 2020 o, se tale data è anteriore, fino alla conclusione di un accordo pertinente con la Comunità.
(15)
Per garantire una maggiore flessibilità per gli Stati membri e promuovere lo sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo, è opportuno che gli Stati membri possano utilizzare crediti supplementari provenienti da progetti basati su accordi conclusi dalla Comunità con paesi terzi. In assenza di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici che definisca la quantità assegnata ai paesi sviluppati, i progetti ad attuazione congiunta (JI) non possono continuare ad esistere dopo il 2012. È auspicabile tuttavia che i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra risultanti da questi progetti continuino ad essere riconosciuti attraverso accordi con paesi terzi.
(16)
Per garantire l’esistenza del mercato dei crediti CDM dopo il 2012, è necessario che gli Stati membri possano continuare ad utilizzare questi crediti. A tal fine e per garantire ulteriori riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, favorendo il conseguimento degli obiettivi della Comunità in materia di energie rinnovabili, efficienza energetica, sicurezza energetica, innovazione e competitività, si propone di autorizzare gli Stati membri ad utilizzare ogni anno, in attesa della conclusione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, crediti provenienti da progetti di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra realizzati nei paesi terzi, fino ad una quantità pari al 3 % delle emissioni di gas a effetto serra di ciascun Stato membro non disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE nel 2005, o in altri Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a cedere la parte non utilizzata di questa quantità ad altri Stati membri. Taluni Stati membri aventi un limite negativo o un limite positivo al massimo del 5 %, come stabilito nella presente decisione, dovrebbero essere autorizzati ogni anno a utilizzare, oltre ai crediti di cui sopra, crediti supplementari ammontanti all’1 % delle loro emissioni verificate nel 2005 derivanti da progetti in paesi meno sviluppati e in SIDS, a seguito del loro adempimento a una delle quattro condizioni previste dalla presente decisione.
(17)
La presente decisione non dovrebbe pregiudicare obiettivi nazionali più rigorosi. Qualora gli Stati membri limitino le emissioni di gas a effetto serra contemplate nella presente decisione superando gli obblighi da quest’ultima imposti al fine di conseguire un obiettivo più rigoroso, la limitazione prevista dalla presente decisione per l’utilizzo dei crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non dovrebbe applicarsi alle riduzioni supplementari di emissioni per il conseguimento dell’obiettivo nazionale.
(18)
Al fine di migliorare il rapporto costi-efficacia del conseguimento degli obiettivi nazionali, in particolare per gli Stati membri aventi obiettivi ambiziosi, gli Stati membri possono ricorrere ai crediti risultanti dai progetti a livello comunitario di cui all’articolo 24 bis della direttiva 2003/87/CE.
(19)
Non appena concluso un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, sarà opportuno che gli Stati membri accettino solo i crediti di riduzione delle emissioni provenienti dai paesi che hanno ratificato tale accordo, nell’ambito di una strategia comune.
(20)
Il fatto che alcune disposizioni della presente decisione facciano riferimento all’approvazione, da parte della Comunità, di un futuro accordo internazionale sui cambiamenti climatici, non pregiudica la possibilità che tale accordo sia concluso anche dagli Stati membri.
(21)
All’approvazione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici per il periodo successivo al 2012 e come previsto da tale accordo, la Comunità e i suoi Stati membri dovrebbero partecipare al finanziamento nei paesi in via di sviluppo che hanno ratificato l’accordo di azioni di mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra che siano misurabili, notificabili, verificabili e appropriate a livello nazionale, coerentemente con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura mondiale media annuale alla superficie del globo a 2 °C rispetto ai livelli preindustriali.
(22)
All’approvazione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici nel periodo successivo al 2012 e come previsto da tale accordo, la Comunità e i suoi Stati membri dovrebbero partecipare al finanziamento dell’assistenza ai paesi in via di sviluppo che hanno ratificato l’accordo, in particolare a favore delle comunità e dei paesi più a rischio a causa del cambiamento climatico, allo scopo di assisterli nelle loro strategie di adattamento e di riduzione dei rischi.
(23)
Nel caso in cui entro il 31 dicembre 2010 la Comunità non abbia approvato alcun accordo internazionale sui cambiamenti climatici, la Commissione dovrebbe presentare una proposta volta ad includere nell’impegno di riduzione assunto dalla Comunità le emissioni e gli assorbimenti connessi con l’uso del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la silvicoltura, secondo modalità armonizzate, che si basi sul lavoro svolto nel contesto dell’UNFCCC e che assicuri la permanenza e l’integrità ambientale del contributo dell’uso del suolo, dei cambiamenti di uso del suolo e della silvicoltura e attraverso un monitoraggio e una contabilità accurati in vista dell’entrata in vigore dell’atto proposto a decorrere dal 2013. La Commissione dovrebbe valutare se la ripartizione degli sforzi dei singoli Stati membri debba essere adeguata di conseguenza.
(24)
È auspicabile che i progressi realizzati nell’adempimento degli impegni assunti nell’ambito della presente decisione siano valutati ogni anno, sulla base delle relazioni trasmesse ai sensi della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (5). Ogni due anni si dovrebbero valutare i progressi previsti, mentre una valutazione complessiva dell’attuazione della presente decisione dovrebbe essere effettuata nel 2016.
(25)
Qualsiasi adeguamento dell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE dovrebbe comportare l’adeguamento corrispondente della quantità massima delle emissioni di gas a effetto serra contemplate dalla presente decisione.
(26)
Non appena la Comunità avrà approvato un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, sarà opportuno adeguare i limiti di emissione imposti agli Stati membri per adempiere all’impegno della Comunità, stabilito in tale accordo, in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, tenendo conto del principio di solidarietà tra Stati membri e della esigenza di una crescita economica sostenibile nella Comunità. La quantità di crediti risultanti da progetti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra realizzati nei paesi terzi che ogni Stato membro può utilizzare dovrebbe essere aumentata fino, al massimo, alla metà dello sforzo di riduzione supplementare a norma della presente decisione.
(27)
I registri istituiti ai sensi della decisione n. 280/2004/CE e l’amministratore centrale designato ai sensi della direttiva 2003/87/CE dovrebbero essere utilizzati per garantire un trattamento ed una contabilità precisi di tutte le operazioni ai fini dell’attuazione della presente decisione.
(28)
Poiché l’impegno di riduzione della Comunità comporta compiti non solo per i governi centrali degli Stati membri, ma anche per le loro amministrazioni locali e regionali e per altre sedi e organizzazioni di sostegno a livello locale e regionale, gli Stati membri dovrebbero garantire la cooperazione tra le loro autorità centrali e locali a vari livelli.
(29)
Oltre ai singoli Stati membri, ai governi centrali e alle organizzazioni e autorità locali e regionali, dovrebbero partecipare alla realizzazione dell’impegno comunitario di riduzione anche gli attori del mercato, insieme alle famiglie e ai singoli consumatori, indipendentemente dai livelli di emissione di gas a effetto serra loro attribuibili.
(30)
Gli Stati membri dovrebbero assicurare il finanziamento dell’impiego di tecniche nuove e innovative, che consentano agli operatori industriali di creare nuovi posti di lavoro, incrementando in tal modo la competitività e promuovendo la realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla strategia di Lisbona.
(31)
Poiché l’incremento della produzione di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili è particolarmente importante ai fini della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi a tal fine nel contesto della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (6).
(32)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente decisione dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).
(33)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di determinare le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo dal 2013 al 2020 in termini di tonnellate di biossido di carbonio equivalente, di indicare modalità che facilitino i trasferimenti operati dagli Stati membri di parte delle loro quote di emissione aumentandone la trasparenza, nonché di adottare misure per attuare le disposizioni relative ai registri e all’amministratore centrale. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(34)
Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della stessa, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto
La presente decisione stabilisce il contributo minimo degli Stati membri all’adempimento dell’impegno assunto dalla Comunità di ridurre, per il periodo dal 2013 al 2020, le emissioni di gas a effetto serra disciplinate dalla presente decisione, e le norme per la realizzazione di tali contributi e per la valutazione del rispetto di questo impegno.
La presente decisione stabilisce inoltre disposizioni per la valutazione e l’attuazione di un impegno più rigoroso della Comunità in materia di riduzioni, superiore al 20 %, da applicare previa approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale che conduca a riduzioni delle emissioni superiori a quelle previste all’articolo 3, come risulta dall’impegno di riduzione del 30 % approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione si applicano le seguenti definizioni:
1)
Per «emissioni di gas a effetto serra» si intendono le emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC) e esafluoro di zolfo (SF6) derivanti dalle categorie elencate nell’allegato I, espresse in tonnellate di biossido di carbonio equivalente, come determinate a norma della decisione n. 280/2004/CE, ad esclusione delle emissioni di gas a effetto serra disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE.
2)
Per «assegnazione annuale di emissioni» si intendono le emissioni massime di gas a effetto serra consentite annualmente negli anni dal 2013 al 2020, come specificato all’articolo 3, paragrafo 2.
Articolo 3
Livelli delle emissioni per il periodo dal 2013 al 2020
1. Ciascuno Stato membro è tenuto, entro il 2020, a limitare le sue emissioni di gas a effetto serra, rispetto alle emissioni del 2005, almeno della percentuale stabilita, per lo Stato membro in questione, all’allegato II della presente decisione.
2. Conformemente ai paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e all’articolo 5, ogni Stato membro con un limite negativo ai sensi dell’allegato II garantisce, anche ricorrendo alle flessibilità previste nella presente decisione, che le sue emissioni di gas a effetto serra nel 2013 non superino la media delle emissioni di gas a effetto serra relative agli anni 2008, 2009 e 2010, come comunicate e verificate a norma della direttiva 2003/87/CE e della decisione n. 280/2004/CE.
Conformemente ai paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e all’articolo 5, ogni Stato membro con un limite positivo ai sensi dell’allegato II garantisce, anche ricorrendo alle flessibilità previste nella presente decisione, che le sue emissioni di gas a effetto serra nel 2013 non superino un livello definito da una traiettoria lineare, la quale inizia nel 2009, dalla media delle emissioni di gas a effetto serra dello Stato membro in questione relative agli anni 2008, 2009 e 2010, come comunicate e verificate a norma della direttiva 2003/87/CE e della decisione n. 280/2004/CE, e finisce nel 2020 al limite specificato all’allegato II per quello Stato membro.
Conformemente ai paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e all’articolo 5, ogni Stato membro limita ogni anno le sue emissioni di gas a effetto serra linearmente, anche ricorrendo alle flessibilità previste nella presente decisione, al fine di garantire che non superino il suo limite per il 2020 riportato all’allegato II.
Entro sei mesi dal momento in cui i dati di emissione revisionati e verificati sono disponibili, sono adottate misure atte a determinare le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo dal 2013 al 2020 in termini di tonnellate di biossido di carbonio equivalente.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 2.
3. Nel periodo dal 2013 al 2019, uno Stato membro può utilizzare in anticipo una quantità fino al 5 % della sua assegnazione annuale di emissioni relativa all’anno successivo. Se le emissioni di gas a effetto serra di uno Stato membro sono inferiori alla sua assegnazione annuale di emissioni, tenendo conto del ricorso alle flessibilità di cui al presente paragrafo e ai paragrafi 4 e 5, esso può riportare all’anno successivo, fino al 2020, la parte della sua assegnazione annuale di emissioni di un dato anno eccedente le sue emissioni di gas a effetto serra di quell’anno.
Uno Stato membro può richiedere per il 2013 e per il 2014 che il tasso di utilizzo anticipato del 5 % venga aumentato in caso di condizioni meteorologiche estreme tali da comportare negli anni in questione un aumento sostanziale delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ad anni con condizioni meteorologiche normali. A tal fine lo Stato membro presenta una relazione alla Commissione che motivi la richiesta. Entro tre mesi la Commissione decide se accordare un aumento dell’utilizzo anticipato.
4. Uno Stato membro può trasferire fino al 5 % della sua assegnazione annuale di emissioni per un dato anno ad altri Stati membri. Uno Stato membro ricevente può usare tale quantità per ottemperare al suo obbligo ai sensi del presente articolo per l’anno in questione o qualsiasi anno successivo fino al 2020. Uno Stato membro non può trasferire nessuna parte della propria assegnazione annuale di emissioni qualora, al momento del trasferimento, risulti inadempiente rispetto ai requisiti della presente decisione.
5. Uno Stato membro può trasferire ad altri Stati membri la parte della sua assegnazione annuale di emissioni eccedente le sue emissioni di gas a effetto serra relative a quell’anno, tenendo conto del ricorso alle flessibilità di cui ai paragrafi 3 e 4. Uno Stato membro ricevente può usare tale quantità per ottemperare ai suoi obblighi ai sensi del presente articolo per l’anno in questione o qualsiasi anno successivo fino al 2020. Uno Stato membro non può trasferire alcuna parte della propria assegnazione annuale di emissioni qualora al momento del trasferimento, risulti inadempiente rispetto ai requisiti della presente decisione.
6. Onde facilitare i trasferimenti di cui ai paragrafi 4 e 5 e aumentarne la trasparenza, sono adottate misure che indicano le modalità dei trasferimenti stessi.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 2.
Articolo 4
Efficienza energetica
1. Entro il 2012 la Commissione valuta e notifica i progressi realizzati dalla Comunità e dai suoi Stati membri nel conseguimento dell’obiettivo di ridurre il consumo energetico del 20 % entro il 2020 rispetto alle proiezioni per il 2020, come delineato nel piano di azione per l’efficienza energetica di cui alla comunicazione della Commissione del 19 ottobre 2006.
2. Se del caso, in particolare al fine di assistere gli Stati membri nei loro contributi alla realizzazione degli impegni comunitari di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, la Commissione propone entro il 31 dicembre 2012 misure rafforzate o nuove per accelerare i miglioramenti nel campo dell’efficienza energetica.
Articolo 5
Utilizzo dei crediti risultanti da attività di progetto
1. Gli Stati membri possono utilizzare i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra elencati qui di seguito per adempiere ai loro obblighi di cui all’articolo 3:
a)
riduzioni di emissioni certificate (Certified Emission Reductions — CER) e unità di riduzione delle emissioni (Emission Reduction Units — ERU), di cui alla direttiva 2003/87/CE, rilasciate per riduzioni di emissioni fino al 31 dicembre 2012, ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012;
b)
CER e ERU rilasciate per riduzioni di emissioni realizzate a partire dal 1o gennaio 2013, da progetti registrati prima del 2013, ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012;
c)
CER rilasciate per riduzioni di emissioni realizzate da progetti attuati nei paesi meno sviluppati, ammissibili per essere utilizzati nell’ambito del sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012, fino a quando questi paesi non avranno ratificato un accordo pertinente con la Comunità o fino al 2020, a seconda di quale sia la data precedente tra le due;
d)
CER temporanee (tCER) o CER a lungo termine (lCER) derivanti da progetti di afforestazione e riforestazione, purché lo Stato membro, qualora abbia usato tCER e lCER per rispettare gli impegni a norma della decisione 2002/358/CE (8) per il periodo dal 2008 al 2012, si impegni a sostituire in modo continuativo tali crediti con tCER e lCER o altre unità valide ai sensi del protocollo di Kyoto prima della data di scadenza delle tCER o delle lCER, e si impegni altresì a sostituire in modo continuativo le tCER e lCER utilizzate ai sensi della presente decisione con tCER e lCER o altre unità utilizzabili ai fini del rispetto degli impegni prima della data di scadenza delle tCER o delle lCER. Qualora la sostituzione avvenga utilizzando tCER o lCER, lo Stato membro sostituisce altresì tali tCER o lCER, in modo continuativo, prima della loro data di scadenza, fino a quando non sono sostituiti con unità aventi validità illimitata.
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché le loro politiche di acquisizione di questi crediti favoriscano l’equa distribuzione geografica dei progetti e la conclusione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
2. Oltre a quanto stabilito al paragrafo 1 e qualora i negoziati per un accordo internazionale sui cambiamenti climatici non siano conclusi entro il 31 dicembre 2009, gli Stati membri, per adempiere ai loro obblighi di cui all’articolo 3, possono utilizzare crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra addizionali, risultanti da progetti o da altre attività destinate a ridurre le emissioni, ai sensi degli accordi di cui all’articolo 11 bis, paragrafo 5 della direttiva 2003/87/CE.
3. Una volta concluso un accordo internazionale sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 1, gli Stati membri potranno, a partire dal 1o gennaio 2013, utilizzare solo i crediti derivanti da progetti in paesi terzi che avranno ratificato tale accordo.
4. L’utilizzo annuale di crediti, conformemente ai paragrafi 1, 2 e 3, da parte di ciascuno Stato membro è pari ad una quantità non superiore al 3 % delle sue emissioni di gas a effetto serra nel 2005, più le quantità trasferite ai sensi del paragrafo 6.
5. Gli Stati membri aventi un limite negativo o un limite positivo, al massimo del 5 %, come stabilito all’allegato II, ed elencati all’allegato III, sono autorizzati ogni anno a utilizzare, oltre ai crediti utilizzati a norma del paragrafo 4, crediti addizionali derivanti da progetti in paesi meno sviluppati e in SIDS, in misura pari all’1 % delle loro emissioni verificate nel 2005, come conseguenza della rispondenza ad una delle quattro condizioni seguenti:
a)
i costi diretti dell’intero pacchetto superino lo 0,70 % del PIL secondo la valutazione d’impatto della Commissione a corredo del pacchetto di misure di attuazione degli obiettivi dell’Unione europea sui cambiamenti climatici e le energie rinnovabili per il 2020;
b)
si verifichi un aumento pari almeno allo 0,1 % del PIL tra l’obiettivo di fatto adottato per lo Stato membro in questione e lo scenario economicamente efficace secondo la valutazione d’impatto della Commissione di cui alla lettera a);
c)
più del 50 % delle emissioni totali disciplinate dalla presente decisione per lo Stato membro in questione siano imputabili alle emissioni connesse ai trasporti; o
d)
lo Stato membro in questione per il 2020 abbia un obiettivo di energie rinnovabili superiore al 30 % secondo quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CE.
6. Ogni anno, uno Stato membro può trasferire ad un altro Stato membro la parte inutilizzata della quantità annuale pari al 3 % di cui al paragrafo 4. Se l’utilizzo annuale dei crediti da parte di uno Stato membro non raggiunge la quantità di cui al paragrafo 4, lo Stato membro può trasferire agli anni successivi la parte inutilizzata di questa quantità.
7. Gli Stati membri inoltre possono utilizzare i crediti derivanti da progetti realizzati a livello comunitario, rilasciati a norma dell’articolo 24 bis della direttiva 2003/87/CE ai fini del rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni, senza limiti quantitativi di alcun tipo.
Articolo 6
Comunicazione, valutazione dei progressi, modifiche e revisione
1. Nelle relazioni presentate a norma dell’articolo 3 della decisione n. 280/2004/CE gli Stati membri includono quanto segue:
a)
le loro emissioni annuali dei gas a effetto serra risultanti dall’attuazione dell’articolo 3;
b)
l’utilizzazione, la distribuzione geografica e i tipi di crediti, nonché i criteri qualitativi ad essi applicabili, utilizzati conformemente all’articolo 5;
c)
i progressi previsti nell’adempimento degli obblighi ai sensi della presente decisione, comprese informazioni sulle politiche e misure nazionali e sulle proiezioni nazionali;
d)
informazioni sulle politiche e misure nazionali supplementari previste onde limitare le emissioni di gas a effetto serra al di là degli impegni da essi assunti a norma della presente decisione e ai fini dell’applicazione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 8.
2. Qualora uno Stato membro utilizzi crediti derivanti da tipi di progetti che non possono essere usati da operatori nel sistema comunitario, lo Stato membro in questione fornisce una motivazione dettagliata riguardo l’utilizzo di tali crediti.
3. Nella relazione presentata a norma dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione n. 280/2004/CE la Commissione valuta se i progressi compiuti dagli Stati membri sono ad essi sufficienti per rispettare gli obblighi loro derivanti dalla presente decisione.
La valutazione tiene conto dei progressi delle politiche e delle misure comunitarie e delle informazioni trasmesse dagli Stati membri, conformemente agli articoli 3 e 5 della decisione n. 280/2004/CE.
Ogni due anni, partendo dalle emissioni di gas a effetto serra dichiarate per il 2013, la valutazione comprende anche le previsioni concernenti i progressi della Comunità ai fini del rispetto del suo impegno di riduzione e degli Stati membri ai fini del rispetto degli obblighi derivanti dalla presente decisione.
4. Nella relazione di cui al paragrafo 3 la Commissione valuta l’applicazione generale della presente decisione, compresi l’utilizzo e la qualità dei crediti CDM e la necessità di ulteriori politiche e misure comuni e coordinate a livello comunitario nei settori disciplinati dalla presente decisione onde assistere gli Stati membri nell’adempimento dei loro impegni derivanti dalla presente decisione, e, se del caso, presenta proposte.
5. Ai fini dell’applicazione della presente decisione, la Commissione presenta, se del caso, proposte di modifica della decisione n. 280/2004/CE e adotta modifiche della decisione 2005/166/CE della Commissione (9) in vista degli atti modificativi che si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2013, onde assicurare in particolare:
a)
monitoraggio, comunicazione e verifiche di emissioni dei gas a effetto serra più celeri, efficienti, trasparenti ed efficaci in termini di costi;
b)
l’elaborazione di proiezioni nazionali delle emissioni di gas a effetto serra successivamente al 2020.
Articolo 7
Misure correttive
1. Se le emissioni di gas a effetto serra di uno Stato membro superano l’assegnazione annuale di emissioni specificata a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, tenendo conto delle flessibilità utilizzate a norma degli articoli 3 e 5, si applicano le misure seguenti:
a)
una deduzione dall’assegnazione di emissioni dello Stato membro dell’anno successivo di una quantità pari all’ammontare delle tonnellate di biossido di carbonio equivalente di emissioni in eccesso moltiplicate per un fattore di mitigazione di 1,08;
b)
lo sviluppo di un piano d’azione correttivo conformemente al paragrafo 2 del presente articolo; e
c)
la sospensione temporanea della possibilità di trasferire parte dell’assegnazione di emissioni dello Stato membro e dei suoi diritti JI/CDM a un altro Stato membro fino a quando lo Stato membro si sia conformato all’articolo 3, paragrafo 2.
2. Uno Stato membro di cui al paragrafo 1 presenta alla Commissione entro tre mesi una valutazione e un piano d’azione correttivo che includa:
a)
gli interventi che lo Stato membro attuerà al fine di adempiere ai suoi obblighi specifici in virtù dell’articolo 3, paragrafo 2, attribuendo priorità alle politiche e alle misure nazionali e all’attuazione dell’azione della Comunità;
b)
un calendario di attuazione di tali interventi, che consenta la valutazione dei progressi annuali di attuazione.
La Commissione può presentare un parere sul piano d’azione correttivo dello Stato membro in questione.
Prima di esprimere tale parere, la Commissione può sottoporre il piano d’azione correttivo al comitato sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 13, paragrafo 1, per osservazioni.
Articolo 8
Adeguamenti applicabili in caso di approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici
1. Entro tre mesi dalla firma, da parte della Comunità, di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici che comporterà, entro il 2020, riduzioni obbligatorie delle emissioni dei gas a effetto serra superiori al 20 % rispetto ai livelli del 1990, come risulta dall’impegno di riduzione del 30 % approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007, la Commissione presenta una relazione che valuta, in particolare, i seguenti elementi:
a)
la natura delle misure concordate nel quadro dei negoziati internazionali, nonché gli impegni assunti da altri paesi sviluppati a pervenire a riduzioni delle emissioni comparabili a quelle della Comunità e gli impegni assunti da paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati a contribuire adeguatamente, in funzione delle rispettive responsabilità e capacità;
b)
le implicazioni dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici e, di conseguenza, le opzioni necessarie a livello della Comunità per passare all’obiettivo di riduzione del 30 % in modo equilibrato, trasparente ed equo, tenendo conto del lavoro svolto durante il primo periodo d’impegno del protocollo di Kyoto;
c)
la competitività delle industrie manifatturiere della Comunità nel contesto dei rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio;
d)
l’impatto dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici su altri settori economici della Comunità;
e)
l’impatto sul settore agricolo della Comunità, inclusi i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio;
f)
le modalità adeguate per includere le emissioni e gli assorbimenti relativi all’uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura nella Comunità;
g)
l’afforestazione, la riforestazione, nonché le attività finalizzate ad evitare la deforestazione e il degrado forestale nei paesi terzi nell’eventualità della messa in atto di un sistema internazionalmente riconosciuto in tale ambito;
h)
la necessità di politiche e misure comunitarie addizionali, alla luce degli impegni di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra assunti dalla Comunità e dagli Stati membri.
2. Sulla base della relazione di cui al paragrafo 1 la Commissione presenta, se del caso, una proposta legislativa al Parlamento europeo e al Consiglio che modifica la presente decisione a norma del paragrafo 1, in vista dell’entrata in vigore dell’atto modificativo previa approvazione, da parte della Comunità, dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici e in vista degli impegni di riduzione delle emissioni che andranno attuati a norma di tale accordo.
La proposta si basa sui principi di trasparenza, efficienza economica ed efficacia in termini di costi, nonché di equità e solidarietà nella ripartizione degli sforzi tra gli Stati membri.
3. La proposta consente agli Stati membri, se del caso, di utilizzare, in aggiunta ai crediti previsti dalla presente decisione, CER, ERU o altri crediti approvati risultanti da progetti in paesi terzi che hanno ratificato l’accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
4. La proposta include altresì, se del caso, misure che consentono agli Stati membri di usare negli anni seguenti la parte inutilizzata della quantità aggiuntiva utilizzabile di cui al paragrafo 3 o di trasferirla ad un altro Stato membro.
5. La proposta comprende inoltre, se del caso, qualsiasi altra misura necessaria per contribuire al conseguimento delle riduzioni obbligatorie a norma del paragrafo 1 in modo trasparente, equilibrato ed equo e comprende, in particolare, misure di attuazione che prevedano l’uso da parte degli Stati membri di altri tipi di crediti di progetto o di altri meccanismi istituiti nell’ambito dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici, a seconda dei casi.
6. Sulla base di norme concordate come parte di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, la Commissione propone di includere le emissioni e gli assorbimenti derivanti da attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura, se del caso, secondo modalità armonizzate che assicurino la permanenza e l’integrità ambientale del contributo derivante da attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura, nonché un monitoraggio e una contabilità accurati. La Commissione valuta se la ripartizione degli sforzi dei singoli Stati membri debba essere adeguata di conseguenza.
7. La proposta include le opportune misure transitorie e sospensive in attesa dell’entrata in vigore dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
Articolo 9
Procedura relativa alle attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura in caso di mancato accordo internazionale sui cambiamenti climatici
In caso di mancata approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici entro il 31 dicembre 2010, gli Stati membri possono indicare le loro intenzioni per quanto concerne l’inclusione di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura nell’impegno di riduzione della Comunità, tenendo conto delle metodologie sviluppate nel contesto dell’UNFCCC. Tenendo conto di tali indicazioni da parte degli Stati membri, la Commissione valuta, entro il 30 giugno 2011, modalità di inclusione delle emissioni e degli assorbimenti derivanti da attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura nell’impegno di riduzione della Comunità, assicurando la permanenza e l’integrità ambientale del contributo delle attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura nonché un monitoraggio e una contabilità accurati, e presenta se del caso una proposta con l’obiettivo di consentire l’entrata in vigore dell’atto proposto a decorrere dal 2013. Nella valutazione la Commissione esamina se la ripartizione degli sforzi dei singoli Stati membri debba essere adeguata di conseguenza.
Articolo 10
Modifiche all’ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE e applicazione del suo articolo 24 bis
La quantità di emissioni massima per ogni Stato membro, ai sensi dell’articolo 3 della presente decisione, è adeguata in funzione della quantità di:
a)
quote di emissioni di gas a effetto serra rilasciati in applicazione dell’articolo 11 della direttiva 2003/87/CE che risulta da una modifica dell’ambito di applicazione della direttiva in questione per quanto riguarda le fonti contemplate, previa approvazione finale da parte della Commissione dei piani nazionali di assegnazione per il periodo dal 2008 al 2012, a norma della direttiva 2003/87/CE;
b)
quote o crediti rilasciati in applicazione degli articoli 24 e 24 bis della direttiva 2003/87/CE in relazione alle riduzioni delle emissioni in uno Stato membro contemplate dalla presente decisione;
c)
quote di emissione di gas a effetto serra derivanti da impianti esclusi dal sistema comunitario a norma dell’articolo 27 della direttiva 2003/87/CE per il periodo in cui sono esclusi.
La Commissione pubblica i valori risultanti da questo adeguamento.
Articolo 11
Registri e amministratore centrale
1. I registri della Comunità e dei suoi Stati membri istituiti conformemente all’articolo 6 della decisione n. 280/2004/CE garantiscono l’accurata contabilizzazione delle transazioni effettuate nell’ambito della presente decisione. Il pubblico ha accesso a queste informazioni.
2. L’amministratore centrale designato ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2003/87/CE effettua, mediante il suo catalogo delle transazioni indipendente, un controllo automatizzato delle singole transazioni nell’ambito della presente decisione e, qualora necessario, blocca le transazioni per accertarsi che non siano state commesse irregolarità. Il pubblico ha accesso a queste informazioni.
3. La Commissione adotta le misure necessarie per l’attuazione dei paragrafi 1 e 2.
Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 2.
Articolo 12
Modifiche del regolamento (CE) n. 994/2008
Ai fini dell’attuazione della presente decisione, la Commissione adotta modifiche del regolamento (CE) n. 994/2008 della Commissione, dell’8 ottobre 2008, relativo a un sistema standardizzato e sicuro di registri a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
Articolo 13
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato sui cambiamenti climatici istituito ai sensi dell’articolo 9 della decisione n. 280/2004/CE.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 14
Relazione
La Commissione redige una relazione sull’attuazione della presente decisione. La relazione valuta altresì in che modo l’attuazione della presente decisione ha influito sulla concorrenza a livello nazionale, comunitario e internazionale. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 ottobre 2016, corredandola, se del caso, di proposte, indicando in particolare se sia opportuno differenziare gli obiettivi nazionali per il periodo successivo al 2020.
Articolo 15
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 16
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 27 del 3.2.2009, pag. 71.
(2) Parere del Parlamento europeo del 17 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 aprile 2009.
(3) GU L 33 del 7.2.1994, pag. 11.
(4) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(5) GU L 49 del 19.2.2004, pag. 1.
(6) Cfr. pag. 16 della presente Gazzetta ufficiale.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) Decisione 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130 del 15.5.2002, pag. 1).
(9) Decisione 2005/166/CE della Commissione, del 10 febbraio 2005, che istituisce le modalità di applicazione della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (GU L 55 dell’1.3.2005, pag. 57).
(10) GU L 271 dell’11.10.2008, pag. 3.
ALLEGATO I
CATEGORIE DI CUI ALL’ARTICOLO 2, PARAGRAFO 1, DELLA PRESENTE DECISIONE ULTERIORMENTE SPECIFICATE NELL’ALLEGATO I, CATEGORIE DA 1 A 4 E CATEGORIA 6 DELLA DECISIONE 2005/166/CE
Energia
—
Combustione di carburanti
—
Emissioni fuggitive provenienti da combustibili
Processi industriali
Uso di solventi e altri prodotti
Agricoltura
Rifiuti
ALLEGATO II
LIMITI DELLE EMISSIONI DI GAS A EFFETTO SERRA STABILITI PER GLI STATI MEMBRI A NORMA DELL’ARTICOLO 3
Limiti delle emissioni di gas a effetto serra stabiliti per gli Stati membri per il 2020 rispetto ai livelli di emissioni di gas a effetto serra del 2005
Belgio
–15 %
Bulgaria
20 %
Repubblica ceca
9 %
Danimarca
–20 %
Germania
–14 %
Estonia
11 %
Irlanda
–20 %
Grecia
–4 %
Spagna
–10 %
Francia
–14 %
Italia
–13 %
Cipro
–5 %
Lettonia
17 %
Lituania
15 %
Lussemburgo
–20 %
Ungheria
10 %
Malta
5 %
Paesi Bassi
–16 %
Austria
–16 %
Polonia
14 %
Portogallo
1 %
Romania
19 %
Slovenia
4 %
Slovacchia
13 %
Finlandia
–16 %
Svezia
–17 %
Regno Unito
–16 %
ALLEGATO III
STATI MEMBRI DI CUI ALL’ARTICOLO 5, PARAGRAFO 5
Belgio
Danimarca
Irlanda
Spagna
Italia
Cipro
Lussemburgo
Austria
Portogallo
Slovenia
Finlandia
Svezia
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE N. 406/2009/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’obiettivo ultimo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), approvata a nome della Comunità europea con decisione 94/69/CE del Consiglio (3), è di stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico.
(2)
Secondo il parere della Comunità, espresso da ultimo in particolare dal Consiglio europeo del marzo 2007, questo obiettivo potrà essere conseguito solo se la temperatura mondiale media alla superficie del globo non aumenterà di oltre 2 °C rispetto ai livelli dell’era preindustriale, il che presuppone una riduzione, entro il 2050, delle emissioni mondiali di gas a effetto serra di almeno 50 % rispetto ai livelli del 1990. Le emissioni di gas a effetto serra della Comunità contemplate nella presente decisione dovrebbero continuare a diminuire dopo il 2020 come parte degli sforzi della Comunità volti a contribuire a tale obiettivo di riduzione globale delle emissioni. I paesi sviluppati, compresi gli Stati membri dell’Unione europea, dovrebbero continuare a dare l’esempio impegnandosi a ridurre collettivamente, per il 2020, le loro emissioni di gas a effetto serra del 30 % circa rispetto ai livelli del 1990. Essi dovrebbero agire in tal senso anche al fine di ridurre collettivamente le loro emissioni di gas a effetto serra del 60-80 % entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. Tutti i settori dell’economia dovrebbero contribuire a realizzare tali riduzioni delle emissioni, compresi i settori del trasporto marittimo e aereo internazionale. Il trasporto aereo contribuisce a tali riduzioni grazie alla sua inclusione nel sistema comunitario per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra («sistema comunitario»). In caso di mancata approvazione, da parte degli Stati membri, di un accordo internazionale che includa le emissioni del trasporto marittimo internazionale nei suoi obiettivi di riduzione nel quadro dell’Organizzazione marittima internazionale, o di mancata approvazione di un siffatto accordo nel quadro dell’UNFCCC da parte della Comunità entro il 31 dicembre 2011, è opportuno che la Commissione formuli una proposta volta ad includere le emissioni del trasporto marittimo internazionale nell’obiettivo comunitario di riduzione in vista dell’entrata in vigore entro il 2013 dell’atto proposto. Tale proposta dovrebbe limitare al massimo eventuali incidenze negative sulla competitività della Comunità, tenendo conto al contempo dei potenziali vantaggi per l’ambiente.
(3)
Inoltre, per conseguire questo obiettivo, il Consiglio europeo del marzo 2007 ha approvato l’obiettivo comunitario di ridurre entro il 2020 le emissioni di gas a effetto serra del 30 % rispetto ai livelli del 1990 come suo contributo ad un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri paesi sviluppati si impegnino a realizzare riduzioni comparabili e che i paesi in via di sviluppo più avanzati sul piano economico si impegnino a contribuire in funzione delle proprie responsabilità e capacità.
(4)
Il Consiglio europeo del marzo 2007 ha posto in evidenza l’impegno della Comunità a trasformare l’Europa in un’economia con un’efficienza energetica elevata ed emissioni di gas a effetto serra ridotte e ha deciso che, sino alla conclusione di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012 e fatta salva la sua posizione nell’ambito dei negoziati internazionali, la Comunità si impegna in modo fermo ed indipendente a realizzare una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 20 % entro il 2020 rispetto al 1990.
(5)
I miglioramenti nel campo dell’efficienza energetica sono un elemento di importanza cruciale affinché gli Stati membri ottemperino ai requisiti previsti dalla presente decisione. In tale contesto, la Commissione dovrebbe seguire da vicino i progressi compiuti per la realizzazione dell’obiettivo di ridurre il consumo energetico del 20 % entro il 2020 e dovrebbe proporre azioni supplementari qualora i progressi non siano sufficienti.
(6)
La direttiva 2003/87/CE (4) istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità che riguarda alcuni settori economici. Tutti i settori economici dovrebbero contribuire alle riduzioni delle emissioni per conseguire entro il 2020, in modo efficace rispetto ai costi, l’obiettivo di una riduzione del 20 % delle emissioni dei gas a effetto serra rispetto ai livelli del 1990. Gli Stati membri dovrebbero pertanto attuare politiche e misure aggiuntive al fine di limitare ulteriormente le emissioni di gas a effetto serra provenienti da fonti non disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE.
(7)
È auspicabile che lo sforzo di ciascuno Stato membro sia stabilito rispetto ai livelli delle sue emissioni di gas a effetto serra del 2005 contemplate nella presente decisione, adeguata per escludere le emissioni prodotte da impianti che esistevano nel 2005 ma fatti rientrare nel sistema comunitario nel periodo che va dal 2006 al 2012. Le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo dal 2013 al 2020 in termini di tonnellate di biossido di carbonio equivalente dovrebbero essere determinate sulla base di dati rivisti e certificati.
(8)
È opportuno che gli sforzi di riduzione degli Stati membri si basino sul principio di solidarietà tra Stati membri e sulla esigenza di una crescita economica sostenibile nella Comunità, tenendo conto del PIL relativo pro capite degli Stati membri. Gli Stati membri che hanno attualmente un PIL pro capite relativamente basso e dunque grandi aspettative di crescita del PIL dovrebbero essere autorizzati ad aumentare le loro emissioni di gas a effetto serra rispetto al 2005, ma dovrebbero limitare tale aumento in modo da contribuire all’impegno di riduzione indipendente assunto dalla Comunità. Gli Stati membri che attualmente vantano un PIL pro capite relativamente elevato dovrebbero ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra rispetto ai valori del 2005.
(9)
Per garantire una ripartizione più equa fra gli Stati membri degli sforzi tesi a contribuire all’adempimento dell’impegno indipendente di riduzione della Comunità, nessuno Stato membro dovrebbe essere tenuto a ridurre, entro il 2020, le sue emissioni di gas a effetto serra di oltre 20 % rispetto ai livelli del 2005 né dovrebbe essere autorizzato ad aumentare, da oggi al 2020, le sue emissioni di gas a effetto serra di oltre il 20 % rispetto ai livelli del 2005. Le riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra dovrebbero avvenire tra il 2013 e il 2020. Ogni Stato membro dovrebbe essere autorizzato a prelevare dall’anno successivo una quantità fino al 5 % della propria assegnazione annuale di emissioni. Qualora le emissioni di uno Stato membro siano inferiori all’assegnazione annuale di emissioni, lo stesso dovrebbe essere autorizzato a riportare le sue riduzioni di emissione in eccesso agli anni successivi.
(10)
Al fine di attenuare le differenze tra i costi di abbattimento, incorsi dai vari Stati membri, consentendo una maggiore flessibilità dal punto di vista geografico e, al contempo, quale strumento per migliorare il rapporto costi-efficacia dell’impegno complessivo della Comunità, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a cedere parte dei loro diritti di emissioni annuali ad altri Stati membri. La trasparenza di tali trasferimenti dovrebbe essere garantita mediante una notifica alla Commissione e la registrazione di ciascun trasferimento nei registri di entrambi gli Stati membri interessati Tale trasferimento può essere effettuato con modalità reciprocamente convenienti, tra l’altro mediante vendita all’asta, il ricorso a intermediari del mercato operanti a titolo di agenti o accordi bilaterali.
(11)
È opportuno che in seno all’Unione si realizzino riduzioni significative delle emissioni di gas a effetto serra. L’utilizzo di crediti risultanti da attività di progetto dovrebbe essere limitato in modo da renderlo supplementare all’azione interna. L’Unione mantiene il suo impegno ai fini del continuo miglioramento del meccanismo di sviluppo pulito (CDM) e perseguirà miglioramenti attraverso gli opportuni processi internazionali. È importante che i crediti derivanti da attività di progettazione utilizzati dagli Stati membri rappresentino riduzioni di emissioni effettive, verificabili, supplementari e permanenti e apportino benefici evidenti in termini di sviluppo sostenibile senza avere incidenze negative di rilievo a livello ambientale o sociale. Gli Stati membri dovrebbero altresì riferire in merito ai criteri qualitativi che applicano per l’utilizzo di tali crediti.
(12)
Per garantire agli Stati membri una certa flessibilità nell’adempimento dei loro impegni, promuovere lo sviluppo sostenibile nei paesi terzi, in particolare nei paesi in via di sviluppo, e offrire una certa sicurezza agli investitori, è opportuno che la Comunità continui a riconoscere, anche prima che venga concluso un futuro accordo internazionale sui cambiamenti climatici («accordo internazionale sui cambiamenti climatici»), una certa quantità di crediti risultanti dai progetti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra realizzati nei paesi terzi. È opportuno che gli Stati membri garantiscano che le loro politiche di acquisto di questi crediti contribuiscono all’equa distribuzione geografica dei progetti, in particolare aumentando la quota di riduzioni di emissioni certificate (CER) acquisite presso paesi meno sviluppati e presso piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS), e alla conclusione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
(13)
È pertanto auspicabile che gli Stati membri possano utilizzare i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra emessi per riduzioni realizzate nel periodo dal 2008 al 2012 risultanti da tipi di progetti ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario in tale periodo. Gli Stati membri dovrebbero inoltre poter utilizzare i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra legati a riduzioni realizzate dopo il periodo dal 2008 al 2012 risultanti da progetti registrati nel periodo dal 2008 al 2012 e che corrispondono a tipi di progetti ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso di tale periodo.
(14)
Nei paesi meno sviluppati sono stati realizzati pochissimi progetti che si avvalgono del CDM. Visto che la Comunità si adopera per un’equa distribuzione dei progetti CDM, anche attraverso l’alleanza mondiale per la lotta contro i cambiamenti climatici istituita nella comunicazione della Commissione del 18 settembre 2007 dal titolo «Dar vita ad un’alleanza mondiale contro il cambiamento climatico tra l’Unione europea e i paesi poveri in via di sviluppo maggiormente esposti», è opportuno fornire garanzie sull’ammissibilità dei crediti risultanti da progetti avviati dopo il periodo dal 2008 al 2012 nei paesi meno sviluppati per tipi di progetti ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012. È opportuno che tale ammissibilità si prolunghi sino al 2020 o, se tale data è anteriore, fino alla conclusione di un accordo pertinente con la Comunità.
(15)
Per garantire una maggiore flessibilità per gli Stati membri e promuovere lo sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo, è opportuno che gli Stati membri possano utilizzare crediti supplementari provenienti da progetti basati su accordi conclusi dalla Comunità con paesi terzi. In assenza di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici che definisca la quantità assegnata ai paesi sviluppati, i progetti ad attuazione congiunta (JI) non possono continuare ad esistere dopo il 2012. È auspicabile tuttavia che i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra risultanti da questi progetti continuino ad essere riconosciuti attraverso accordi con paesi terzi.
(16)
Per garantire l’esistenza del mercato dei crediti CDM dopo il 2012, è necessario che gli Stati membri possano continuare ad utilizzare questi crediti. A tal fine e per garantire ulteriori riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, favorendo il conseguimento degli obiettivi della Comunità in materia di energie rinnovabili, efficienza energetica, sicurezza energetica, innovazione e competitività, si propone di autorizzare gli Stati membri ad utilizzare ogni anno, in attesa della conclusione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, crediti provenienti da progetti di riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra realizzati nei paesi terzi, fino ad una quantità pari al 3 % delle emissioni di gas a effetto serra di ciascun Stato membro non disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE nel 2005, o in altri Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a cedere la parte non utilizzata di questa quantità ad altri Stati membri. Taluni Stati membri aventi un limite negativo o un limite positivo al massimo del 5 %, come stabilito nella presente decisione, dovrebbero essere autorizzati ogni anno a utilizzare, oltre ai crediti di cui sopra, crediti supplementari ammontanti all’1 % delle loro emissioni verificate nel 2005 derivanti da progetti in paesi meno sviluppati e in SIDS, a seguito del loro adempimento a una delle quattro condizioni previste dalla presente decisione.
(17)
La presente decisione non dovrebbe pregiudicare obiettivi nazionali più rigorosi. Qualora gli Stati membri limitino le emissioni di gas a effetto serra contemplate nella presente decisione superando gli obblighi da quest’ultima imposti al fine di conseguire un obiettivo più rigoroso, la limitazione prevista dalla presente decisione per l’utilizzo dei crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non dovrebbe applicarsi alle riduzioni supplementari di emissioni per il conseguimento dell’obiettivo nazionale.
(18)
Al fine di migliorare il rapporto costi-efficacia del conseguimento degli obiettivi nazionali, in particolare per gli Stati membri aventi obiettivi ambiziosi, gli Stati membri possono ricorrere ai crediti risultanti dai progetti a livello comunitario di cui all’articolo 24 bis della direttiva 2003/87/CE.
(19)
Non appena concluso un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, sarà opportuno che gli Stati membri accettino solo i crediti di riduzione delle emissioni provenienti dai paesi che hanno ratificato tale accordo, nell’ambito di una strategia comune.
(20)
Il fatto che alcune disposizioni della presente decisione facciano riferimento all’approvazione, da parte della Comunità, di un futuro accordo internazionale sui cambiamenti climatici, non pregiudica la possibilità che tale accordo sia concluso anche dagli Stati membri.
(21)
All’approvazione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici per il periodo successivo al 2012 e come previsto da tale accordo, la Comunità e i suoi Stati membri dovrebbero partecipare al finanziamento nei paesi in via di sviluppo che hanno ratificato l’accordo di azioni di mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra che siano misurabili, notificabili, verificabili e appropriate a livello nazionale, coerentemente con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura mondiale media annuale alla superficie del globo a 2 °C rispetto ai livelli preindustriali.
(22)
All’approvazione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici nel periodo successivo al 2012 e come previsto da tale accordo, la Comunità e i suoi Stati membri dovrebbero partecipare al finanziamento dell’assistenza ai paesi in via di sviluppo che hanno ratificato l’accordo, in particolare a favore delle comunità e dei paesi più a rischio a causa del cambiamento climatico, allo scopo di assisterli nelle loro strategie di adattamento e di riduzione dei rischi.
(23)
Nel caso in cui entro il 31 dicembre 2010 la Comunità non abbia approvato alcun accordo internazionale sui cambiamenti climatici, la Commissione dovrebbe presentare una proposta volta ad includere nell’impegno di riduzione assunto dalla Comunità le emissioni e gli assorbimenti connessi con l’uso del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la silvicoltura, secondo modalità armonizzate, che si basi sul lavoro svolto nel contesto dell’UNFCCC e che assicuri la permanenza e l’integrità ambientale del contributo dell’uso del suolo, dei cambiamenti di uso del suolo e della silvicoltura e attraverso un monitoraggio e una contabilità accurati in vista dell’entrata in vigore dell’atto proposto a decorrere dal 2013. La Commissione dovrebbe valutare se la ripartizione degli sforzi dei singoli Stati membri debba essere adeguata di conseguenza.
(24)
È auspicabile che i progressi realizzati nell’adempimento degli impegni assunti nell’ambito della presente decisione siano valutati ogni anno, sulla base delle relazioni trasmesse ai sensi della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (5). Ogni due anni si dovrebbero valutare i progressi previsti, mentre una valutazione complessiva dell’attuazione della presente decisione dovrebbe essere effettuata nel 2016.
(25)
Qualsiasi adeguamento dell’ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE dovrebbe comportare l’adeguamento corrispondente della quantità massima delle emissioni di gas a effetto serra contemplate dalla presente decisione.
(26)
Non appena la Comunità avrà approvato un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, sarà opportuno adeguare i limiti di emissione imposti agli Stati membri per adempiere all’impegno della Comunità, stabilito in tale accordo, in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, tenendo conto del principio di solidarietà tra Stati membri e della esigenza di una crescita economica sostenibile nella Comunità. La quantità di crediti risultanti da progetti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra realizzati nei paesi terzi che ogni Stato membro può utilizzare dovrebbe essere aumentata fino, al massimo, alla metà dello sforzo di riduzione supplementare a norma della presente decisione.
(27)
I registri istituiti ai sensi della decisione n. 280/2004/CE e l’amministratore centrale designato ai sensi della direttiva 2003/87/CE dovrebbero essere utilizzati per garantire un trattamento ed una contabilità precisi di tutte le operazioni ai fini dell’attuazione della presente decisione.
(28)
Poiché l’impegno di riduzione della Comunità comporta compiti non solo per i governi centrali degli Stati membri, ma anche per le loro amministrazioni locali e regionali e per altre sedi e organizzazioni di sostegno a livello locale e regionale, gli Stati membri dovrebbero garantire la cooperazione tra le loro autorità centrali e locali a vari livelli.
(29)
Oltre ai singoli Stati membri, ai governi centrali e alle organizzazioni e autorità locali e regionali, dovrebbero partecipare alla realizzazione dell’impegno comunitario di riduzione anche gli attori del mercato, insieme alle famiglie e ai singoli consumatori, indipendentemente dai livelli di emissione di gas a effetto serra loro attribuibili.
(30)
Gli Stati membri dovrebbero assicurare il finanziamento dell’impiego di tecniche nuove e innovative, che consentano agli operatori industriali di creare nuovi posti di lavoro, incrementando in tal modo la competitività e promuovendo la realizzazione degli obiettivi stabiliti dalla strategia di Lisbona.
(31)
Poiché l’incremento della produzione di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili è particolarmente importante ai fini della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi a tal fine nel contesto della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (6).
(32)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente decisione dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).
(33)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di determinare le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo dal 2013 al 2020 in termini di tonnellate di biossido di carbonio equivalente, di indicare modalità che facilitino i trasferimenti operati dagli Stati membri di parte delle loro quote di emissione aumentandone la trasparenza, nonché di adottare misure per attuare le disposizioni relative ai registri e all’amministratore centrale. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(34)
Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della stessa, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto
La presente decisione stabilisce il contributo minimo degli Stati membri all’adempimento dell’impegno assunto dalla Comunità di ridurre, per il periodo dal 2013 al 2020, le emissioni di gas a effetto serra disciplinate dalla presente decisione, e le norme per la realizzazione di tali contributi e per la valutazione del rispetto di questo impegno.
La presente decisione stabilisce inoltre disposizioni per la valutazione e l’attuazione di un impegno più rigoroso della Comunità in materia di riduzioni, superiore al 20 %, da applicare previa approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale che conduca a riduzioni delle emissioni superiori a quelle previste all’articolo 3, come risulta dall’impegno di riduzione del 30 % approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione si applicano le seguenti definizioni:
1)
Per «emissioni di gas a effetto serra» si intendono le emissioni di biossido di carbonio (CO2), metano (CH4), protossido di azoto (N2O), idrofluorocarburi (HFC), perfluorocarburi (PFC) e esafluoro di zolfo (SF6) derivanti dalle categorie elencate nell’allegato I, espresse in tonnellate di biossido di carbonio equivalente, come determinate a norma della decisione n. 280/2004/CE, ad esclusione delle emissioni di gas a effetto serra disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE.
2)
Per «assegnazione annuale di emissioni» si intendono le emissioni massime di gas a effetto serra consentite annualmente negli anni dal 2013 al 2020, come specificato all’articolo 3, paragrafo 2.
Articolo 3
Livelli delle emissioni per il periodo dal 2013 al 2020
1. Ciascuno Stato membro è tenuto, entro il 2020, a limitare le sue emissioni di gas a effetto serra, rispetto alle emissioni del 2005, almeno della percentuale stabilita, per lo Stato membro in questione, all’allegato II della presente decisione.
2. Conformemente ai paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e all’articolo 5, ogni Stato membro con un limite negativo ai sensi dell’allegato II garantisce, anche ricorrendo alle flessibilità previste nella presente decisione, che le sue emissioni di gas a effetto serra nel 2013 non superino la media delle emissioni di gas a effetto serra relative agli anni 2008, 2009 e 2010, come comunicate e verificate a norma della direttiva 2003/87/CE e della decisione n. 280/2004/CE.
Conformemente ai paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e all’articolo 5, ogni Stato membro con un limite positivo ai sensi dell’allegato II garantisce, anche ricorrendo alle flessibilità previste nella presente decisione, che le sue emissioni di gas a effetto serra nel 2013 non superino un livello definito da una traiettoria lineare, la quale inizia nel 2009, dalla media delle emissioni di gas a effetto serra dello Stato membro in questione relative agli anni 2008, 2009 e 2010, come comunicate e verificate a norma della direttiva 2003/87/CE e della decisione n. 280/2004/CE, e finisce nel 2020 al limite specificato all’allegato II per quello Stato membro.
Conformemente ai paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e all’articolo 5, ogni Stato membro limita ogni anno le sue emissioni di gas a effetto serra linearmente, anche ricorrendo alle flessibilità previste nella presente decisione, al fine di garantire che non superino il suo limite per il 2020 riportato all’allegato II.
Entro sei mesi dal momento in cui i dati di emissione revisionati e verificati sono disponibili, sono adottate misure atte a determinare le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo dal 2013 al 2020 in termini di tonnellate di biossido di carbonio equivalente.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 2.
3. Nel periodo dal 2013 al 2019, uno Stato membro può utilizzare in anticipo una quantità fino al 5 % della sua assegnazione annuale di emissioni relativa all’anno successivo. Se le emissioni di gas a effetto serra di uno Stato membro sono inferiori alla sua assegnazione annuale di emissioni, tenendo conto del ricorso alle flessibilità di cui al presente paragrafo e ai paragrafi 4 e 5, esso può riportare all’anno successivo, fino al 2020, la parte della sua assegnazione annuale di emissioni di un dato anno eccedente le sue emissioni di gas a effetto serra di quell’anno.
Uno Stato membro può richiedere per il 2013 e per il 2014 che il tasso di utilizzo anticipato del 5 % venga aumentato in caso di condizioni meteorologiche estreme tali da comportare negli anni in questione un aumento sostanziale delle emissioni di gas a effetto serra rispetto ad anni con condizioni meteorologiche normali. A tal fine lo Stato membro presenta una relazione alla Commissione che motivi la richiesta. Entro tre mesi la Commissione decide se accordare un aumento dell’utilizzo anticipato.
4. Uno Stato membro può trasferire fino al 5 % della sua assegnazione annuale di emissioni per un dato anno ad altri Stati membri. Uno Stato membro ricevente può usare tale quantità per ottemperare al suo obbligo ai sensi del presente articolo per l’anno in questione o qualsiasi anno successivo fino al 2020. Uno Stato membro non può trasferire nessuna parte della propria assegnazione annuale di emissioni qualora, al momento del trasferimento, risulti inadempiente rispetto ai requisiti della presente decisione.
5. Uno Stato membro può trasferire ad altri Stati membri la parte della sua assegnazione annuale di emissioni eccedente le sue emissioni di gas a effetto serra relative a quell’anno, tenendo conto del ricorso alle flessibilità di cui ai paragrafi 3 e 4. Uno Stato membro ricevente può usare tale quantità per ottemperare ai suoi obblighi ai sensi del presente articolo per l’anno in questione o qualsiasi anno successivo fino al 2020. Uno Stato membro non può trasferire alcuna parte della propria assegnazione annuale di emissioni qualora al momento del trasferimento, risulti inadempiente rispetto ai requisiti della presente decisione.
6. Onde facilitare i trasferimenti di cui ai paragrafi 4 e 5 e aumentarne la trasparenza, sono adottate misure che indicano le modalità dei trasferimenti stessi.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 2.
Articolo 4
Efficienza energetica
1. Entro il 2012 la Commissione valuta e notifica i progressi realizzati dalla Comunità e dai suoi Stati membri nel conseguimento dell’obiettivo di ridurre il consumo energetico del 20 % entro il 2020 rispetto alle proiezioni per il 2020, come delineato nel piano di azione per l’efficienza energetica di cui alla comunicazione della Commissione del 19 ottobre 2006.
2. Se del caso, in particolare al fine di assistere gli Stati membri nei loro contributi alla realizzazione degli impegni comunitari di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, la Commissione propone entro il 31 dicembre 2012 misure rafforzate o nuove per accelerare i miglioramenti nel campo dell’efficienza energetica.
Articolo 5
Utilizzo dei crediti risultanti da attività di progetto
1. Gli Stati membri possono utilizzare i crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra elencati qui di seguito per adempiere ai loro obblighi di cui all’articolo 3:
a)
riduzioni di emissioni certificate (Certified Emission Reductions — CER) e unità di riduzione delle emissioni (Emission Reduction Units — ERU), di cui alla direttiva 2003/87/CE, rilasciate per riduzioni di emissioni fino al 31 dicembre 2012, ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012;
b)
CER e ERU rilasciate per riduzioni di emissioni realizzate a partire dal 1o gennaio 2013, da progetti registrati prima del 2013, ammissibili per l’utilizzo nel sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012;
c)
CER rilasciate per riduzioni di emissioni realizzate da progetti attuati nei paesi meno sviluppati, ammissibili per essere utilizzati nell’ambito del sistema comunitario nel corso del periodo dal 2008 al 2012, fino a quando questi paesi non avranno ratificato un accordo pertinente con la Comunità o fino al 2020, a seconda di quale sia la data precedente tra le due;
d)
CER temporanee (tCER) o CER a lungo termine (lCER) derivanti da progetti di afforestazione e riforestazione, purché lo Stato membro, qualora abbia usato tCER e lCER per rispettare gli impegni a norma della decisione 2002/358/CE (8) per il periodo dal 2008 al 2012, si impegni a sostituire in modo continuativo tali crediti con tCER e lCER o altre unità valide ai sensi del protocollo di Kyoto prima della data di scadenza delle tCER o delle lCER, e si impegni altresì a sostituire in modo continuativo le tCER e lCER utilizzate ai sensi della presente decisione con tCER e lCER o altre unità utilizzabili ai fini del rispetto degli impegni prima della data di scadenza delle tCER o delle lCER. Qualora la sostituzione avvenga utilizzando tCER o lCER, lo Stato membro sostituisce altresì tali tCER o lCER, in modo continuativo, prima della loro data di scadenza, fino a quando non sono sostituiti con unità aventi validità illimitata.
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché le loro politiche di acquisizione di questi crediti favoriscano l’equa distribuzione geografica dei progetti e la conclusione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
2. Oltre a quanto stabilito al paragrafo 1 e qualora i negoziati per un accordo internazionale sui cambiamenti climatici non siano conclusi entro il 31 dicembre 2009, gli Stati membri, per adempiere ai loro obblighi di cui all’articolo 3, possono utilizzare crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra addizionali, risultanti da progetti o da altre attività destinate a ridurre le emissioni, ai sensi degli accordi di cui all’articolo 11 bis, paragrafo 5 della direttiva 2003/87/CE.
3. Una volta concluso un accordo internazionale sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 1, gli Stati membri potranno, a partire dal 1o gennaio 2013, utilizzare solo i crediti derivanti da progetti in paesi terzi che avranno ratificato tale accordo.
4. L’utilizzo annuale di crediti, conformemente ai paragrafi 1, 2 e 3, da parte di ciascuno Stato membro è pari ad una quantità non superiore al 3 % delle sue emissioni di gas a effetto serra nel 2005, più le quantità trasferite ai sensi del paragrafo 6.
5. Gli Stati membri aventi un limite negativo o un limite positivo, al massimo del 5 %, come stabilito all’allegato II, ed elencati all’allegato III, sono autorizzati ogni anno a utilizzare, oltre ai crediti utilizzati a norma del paragrafo 4, crediti addizionali derivanti da progetti in paesi meno sviluppati e in SIDS, in misura pari all’1 % delle loro emissioni verificate nel 2005, come conseguenza della rispondenza ad una delle quattro condizioni seguenti:
a)
i costi diretti dell’intero pacchetto superino lo 0,70 % del PIL secondo la valutazione d’impatto della Commissione a corredo del pacchetto di misure di attuazione degli obiettivi dell’Unione europea sui cambiamenti climatici e le energie rinnovabili per il 2020;
b)
si verifichi un aumento pari almeno allo 0,1 % del PIL tra l’obiettivo di fatto adottato per lo Stato membro in questione e lo scenario economicamente efficace secondo la valutazione d’impatto della Commissione di cui alla lettera a);
c)
più del 50 % delle emissioni totali disciplinate dalla presente decisione per lo Stato membro in questione siano imputabili alle emissioni connesse ai trasporti; o
d)
lo Stato membro in questione per il 2020 abbia un obiettivo di energie rinnovabili superiore al 30 % secondo quanto stabilito dalla direttiva 2009/28/CE.
6. Ogni anno, uno Stato membro può trasferire ad un altro Stato membro la parte inutilizzata della quantità annuale pari al 3 % di cui al paragrafo 4. Se l’utilizzo annuale dei crediti da parte di uno Stato membro non raggiunge la quantità di cui al paragrafo 4, lo Stato membro può trasferire agli anni successivi la parte inutilizzata di questa quantità.
7. Gli Stati membri inoltre possono utilizzare i crediti derivanti da progetti realizzati a livello comunitario, rilasciati a norma dell’articolo 24 bis della direttiva 2003/87/CE ai fini del rispetto degli impegni di riduzione delle emissioni, senza limiti quantitativi di alcun tipo.
Articolo 6
Comunicazione, valutazione dei progressi, modifiche e revisione
1. Nelle relazioni presentate a norma dell’articolo 3 della decisione n. 280/2004/CE gli Stati membri includono quanto segue:
a)
le loro emissioni annuali dei gas a effetto serra risultanti dall’attuazione dell’articolo 3;
b)
l’utilizzazione, la distribuzione geografica e i tipi di crediti, nonché i criteri qualitativi ad essi applicabili, utilizzati conformemente all’articolo 5;
c)
i progressi previsti nell’adempimento degli obblighi ai sensi della presente decisione, comprese informazioni sulle politiche e misure nazionali e sulle proiezioni nazionali;
d)
informazioni sulle politiche e misure nazionali supplementari previste onde limitare le emissioni di gas a effetto serra al di là degli impegni da essi assunti a norma della presente decisione e ai fini dell’applicazione di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 8.
2. Qualora uno Stato membro utilizzi crediti derivanti da tipi di progetti che non possono essere usati da operatori nel sistema comunitario, lo Stato membro in questione fornisce una motivazione dettagliata riguardo l’utilizzo di tali crediti.
3. Nella relazione presentata a norma dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della decisione n. 280/2004/CE la Commissione valuta se i progressi compiuti dagli Stati membri sono ad essi sufficienti per rispettare gli obblighi loro derivanti dalla presente decisione.
La valutazione tiene conto dei progressi delle politiche e delle misure comunitarie e delle informazioni trasmesse dagli Stati membri, conformemente agli articoli 3 e 5 della decisione n. 280/2004/CE.
Ogni due anni, partendo dalle emissioni di gas a effetto serra dichiarate per il 2013, la valutazione comprende anche le previsioni concernenti i progressi della Comunità ai fini del rispetto del suo impegno di riduzione e degli Stati membri ai fini del rispetto degli obblighi derivanti dalla presente decisione.
4. Nella relazione di cui al paragrafo 3 la Commissione valuta l’applicazione generale della presente decisione, compresi l’utilizzo e la qualità dei crediti CDM e la necessità di ulteriori politiche e misure comuni e coordinate a livello comunitario nei settori disciplinati dalla presente decisione onde assistere gli Stati membri nell’adempimento dei loro impegni derivanti dalla presente decisione, e, se del caso, presenta proposte.
5. Ai fini dell’applicazione della presente decisione, la Commissione presenta, se del caso, proposte di modifica della decisione n. 280/2004/CE e adotta modifiche della decisione 2005/166/CE della Commissione (9) in vista degli atti modificativi che si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2013, onde assicurare in particolare:
a)
monitoraggio, comunicazione e verifiche di emissioni dei gas a effetto serra più celeri, efficienti, trasparenti ed efficaci in termini di costi;
b)
l’elaborazione di proiezioni nazionali delle emissioni di gas a effetto serra successivamente al 2020.
Articolo 7
Misure correttive
1. Se le emissioni di gas a effetto serra di uno Stato membro superano l’assegnazione annuale di emissioni specificata a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, tenendo conto delle flessibilità utilizzate a norma degli articoli 3 e 5, si applicano le misure seguenti:
a)
una deduzione dall’assegnazione di emissioni dello Stato membro dell’anno successivo di una quantità pari all’ammontare delle tonnellate di biossido di carbonio equivalente di emissioni in eccesso moltiplicate per un fattore di mitigazione di 1,08;
b)
lo sviluppo di un piano d’azione correttivo conformemente al paragrafo 2 del presente articolo; e
c)
la sospensione temporanea della possibilità di trasferire parte dell’assegnazione di emissioni dello Stato membro e dei suoi diritti JI/CDM a un altro Stato membro fino a quando lo Stato membro si sia conformato all’articolo 3, paragrafo 2.
2. Uno Stato membro di cui al paragrafo 1 presenta alla Commissione entro tre mesi una valutazione e un piano d’azione correttivo che includa:
a)
gli interventi che lo Stato membro attuerà al fine di adempiere ai suoi obblighi specifici in virtù dell’articolo 3, paragrafo 2, attribuendo priorità alle politiche e alle misure nazionali e all’attuazione dell’azione della Comunità;
b)
un calendario di attuazione di tali interventi, che consenta la valutazione dei progressi annuali di attuazione.
La Commissione può presentare un parere sul piano d’azione correttivo dello Stato membro in questione.
Prima di esprimere tale parere, la Commissione può sottoporre il piano d’azione correttivo al comitato sui cambiamenti climatici di cui all’articolo 13, paragrafo 1, per osservazioni.
Articolo 8
Adeguamenti applicabili in caso di approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici
1. Entro tre mesi dalla firma, da parte della Comunità, di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici che comporterà, entro il 2020, riduzioni obbligatorie delle emissioni dei gas a effetto serra superiori al 20 % rispetto ai livelli del 1990, come risulta dall’impegno di riduzione del 30 % approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007, la Commissione presenta una relazione che valuta, in particolare, i seguenti elementi:
a)
la natura delle misure concordate nel quadro dei negoziati internazionali, nonché gli impegni assunti da altri paesi sviluppati a pervenire a riduzioni delle emissioni comparabili a quelle della Comunità e gli impegni assunti da paesi in via di sviluppo economicamente più avanzati a contribuire adeguatamente, in funzione delle rispettive responsabilità e capacità;
b)
le implicazioni dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici e, di conseguenza, le opzioni necessarie a livello della Comunità per passare all’obiettivo di riduzione del 30 % in modo equilibrato, trasparente ed equo, tenendo conto del lavoro svolto durante il primo periodo d’impegno del protocollo di Kyoto;
c)
la competitività delle industrie manifatturiere della Comunità nel contesto dei rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio;
d)
l’impatto dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici su altri settori economici della Comunità;
e)
l’impatto sul settore agricolo della Comunità, inclusi i rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio;
f)
le modalità adeguate per includere le emissioni e gli assorbimenti relativi all’uso del suolo, ai cambiamenti di uso del suolo e alla silvicoltura nella Comunità;
g)
l’afforestazione, la riforestazione, nonché le attività finalizzate ad evitare la deforestazione e il degrado forestale nei paesi terzi nell’eventualità della messa in atto di un sistema internazionalmente riconosciuto in tale ambito;
h)
la necessità di politiche e misure comunitarie addizionali, alla luce degli impegni di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra assunti dalla Comunità e dagli Stati membri.
2. Sulla base della relazione di cui al paragrafo 1 la Commissione presenta, se del caso, una proposta legislativa al Parlamento europeo e al Consiglio che modifica la presente decisione a norma del paragrafo 1, in vista dell’entrata in vigore dell’atto modificativo previa approvazione, da parte della Comunità, dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici e in vista degli impegni di riduzione delle emissioni che andranno attuati a norma di tale accordo.
La proposta si basa sui principi di trasparenza, efficienza economica ed efficacia in termini di costi, nonché di equità e solidarietà nella ripartizione degli sforzi tra gli Stati membri.
3. La proposta consente agli Stati membri, se del caso, di utilizzare, in aggiunta ai crediti previsti dalla presente decisione, CER, ERU o altri crediti approvati risultanti da progetti in paesi terzi che hanno ratificato l’accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
4. La proposta include altresì, se del caso, misure che consentono agli Stati membri di usare negli anni seguenti la parte inutilizzata della quantità aggiuntiva utilizzabile di cui al paragrafo 3 o di trasferirla ad un altro Stato membro.
5. La proposta comprende inoltre, se del caso, qualsiasi altra misura necessaria per contribuire al conseguimento delle riduzioni obbligatorie a norma del paragrafo 1 in modo trasparente, equilibrato ed equo e comprende, in particolare, misure di attuazione che prevedano l’uso da parte degli Stati membri di altri tipi di crediti di progetto o di altri meccanismi istituiti nell’ambito dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici, a seconda dei casi.
6. Sulla base di norme concordate come parte di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici, la Commissione propone di includere le emissioni e gli assorbimenti derivanti da attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura, se del caso, secondo modalità armonizzate che assicurino la permanenza e l’integrità ambientale del contributo derivante da attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura, nonché un monitoraggio e una contabilità accurati. La Commissione valuta se la ripartizione degli sforzi dei singoli Stati membri debba essere adeguata di conseguenza.
7. La proposta include le opportune misure transitorie e sospensive in attesa dell’entrata in vigore dell’accordo internazionale sui cambiamenti climatici.
Articolo 9
Procedura relativa alle attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura in caso di mancato accordo internazionale sui cambiamenti climatici
In caso di mancata approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale sui cambiamenti climatici entro il 31 dicembre 2010, gli Stati membri possono indicare le loro intenzioni per quanto concerne l’inclusione di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura nell’impegno di riduzione della Comunità, tenendo conto delle metodologie sviluppate nel contesto dell’UNFCCC. Tenendo conto di tali indicazioni da parte degli Stati membri, la Commissione valuta, entro il 30 giugno 2011, modalità di inclusione delle emissioni e degli assorbimenti derivanti da attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura nell’impegno di riduzione della Comunità, assicurando la permanenza e l’integrità ambientale del contributo delle attività di uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura nonché un monitoraggio e una contabilità accurati, e presenta se del caso una proposta con l’obiettivo di consentire l’entrata in vigore dell’atto proposto a decorrere dal 2013. Nella valutazione la Commissione esamina se la ripartizione degli sforzi dei singoli Stati membri debba essere adeguata di conseguenza.
Articolo 10
Modifiche all’ambito di applicazione della direttiva 2003/87/CE e applicazione del suo articolo 24 bis
La quantità di emissioni massima per ogni Stato membro, ai sensi dell’articolo 3 della presente decisione, è adeguata in funzione della quantità di:
a)
quote di emissioni di gas a effetto serra rilasciati in applicazione dell’articolo 11 della direttiva 2003/87/CE che risulta da una modifica dell’ambito di applicazione della direttiva in questione per quanto riguarda le fonti contemplate, previa approvazione finale da parte della Commissione dei piani nazionali di assegnazione per il periodo dal 2008 al 2012, a norma della direttiva 2003/87/CE;
b)
quote o crediti rilasciati in applicazione degli articoli 24 e 24 bis della direttiva 2003/87/CE in relazione alle riduzioni delle emissioni in uno Stato membro contemplate dalla presente decisione;
c)
quote di emissione di gas a effetto serra derivanti da impianti esclusi dal sistema comunitario a norma dell’articolo 27 della direttiva 2003/87/CE per il periodo in cui sono esclusi.
La Commissione pubblica i valori risultanti da questo adeguamento.
Articolo 11
Registri e amministratore centrale
1. I registri della Comunità e dei suoi Stati membri istituiti conformemente all’articolo 6 della decisione n. 280/2004/CE garantiscono l’accurata contabilizzazione delle transazioni effettuate nell’ambito della presente decisione. Il pubblico ha accesso a queste informazioni.
2. L’amministratore centrale designato ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2003/87/CE effettua, mediante il suo catalogo delle transazioni indipendente, un controllo automatizzato delle singole transazioni nell’ambito della presente decisione e, qualora necessario, blocca le transazioni per accertarsi che non siano state commesse irregolarità. Il pubblico ha accesso a queste informazioni.
3. La Commissione adotta le misure necessarie per l’attuazione dei paragrafi 1 e 2.
Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente decisione, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 2.
Articolo 12
Modifiche del regolamento (CE) n. 994/2008
Ai fini dell’attuazione della presente decisione, la Commissione adotta modifiche del regolamento (CE) n. 994/2008 della Commissione, dell’8 ottobre 2008, relativo a un sistema standardizzato e sicuro di registri a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
Articolo 13
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato sui cambiamenti climatici istituito ai sensi dell’articolo 9 della decisione n. 280/2004/CE.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 14
Relazione
La Commissione redige una relazione sull’attuazione della presente decisione. La relazione valuta altresì in che modo l’attuazione della presente decisione ha influito sulla concorrenza a livello nazionale, comunitario e internazionale. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 ottobre 2016, corredandola, se del caso, di proposte, indicando in particolare se sia opportuno differenziare gli obiettivi nazionali per il periodo successivo al 2020.
Articolo 15
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 16
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 27 del 3.2.2009, pag. 71.
(2) Parere del Parlamento europeo del 17 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 aprile 2009.
(3) GU L 33 del 7.2.1994, pag. 11.
(4) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(5) GU L 49 del 19.2.2004, pag. 1.
(6) Cfr. pag. 16 della presente Gazzetta ufficiale.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) Decisione 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130 del 15.5.2002, pag. 1).
(9) Decisione 2005/166/CE della Commissione, del 10 febbraio 2005, che istituisce le modalità di applicazione della decisione n. 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto (GU L 55 dell’1.3.2005, pag. 57).
(10) GU L 271 dell’11.10.2008, pag. 3.
ALLEGATO I
CATEGORIE DI CUI ALL’ARTICOLO 2, PARAGRAFO 1, DELLA PRESENTE DECISIONE ULTERIORMENTE SPECIFICATE NELL’ALLEGATO I, CATEGORIE DA 1 A 4 E CATEGORIA 6 DELLA DECISIONE 2005/166/CE
Energia
—
Combustione di carburanti
—
Emissioni fuggitive provenienti da combustibili
Processi industriali
Uso di solventi e altri prodotti
Agricoltura
Rifiuti
ALLEGATO II
LIMITI DELLE EMISSIONI DI GAS A EFFETTO SERRA STABILITI PER GLI STATI MEMBRI A NORMA DELL’ARTICOLO 3
Limiti delle emissioni di gas a effetto serra stabiliti per gli Stati membri per il 2020 rispetto ai livelli di emissioni di gas a effetto serra del 2005
Belgio
–15 %
Bulgaria
20 %
Repubblica ceca
9 %
Danimarca
–20 %
Germania
–14 %
Estonia
11 %
Irlanda
–20 %
Grecia
–4 %
Spagna
–10 %
Francia
–14 %
Italia
–13 %
Cipro
–5 %
Lettonia
17 %
Lituania
15 %
Lussemburgo
–20 %
Ungheria
10 %
Malta
5 %
Paesi Bassi
–16 %
Austria
–16 %
Polonia
14 %
Portogallo
1 %
Romania
19 %
Slovenia
4 %
Slovacchia
13 %
Finlandia
–16 %
Svezia
–17 %
Regno Unito
–16 %
ALLEGATO III
STATI MEMBRI DI CUI ALL’ARTICOLO 5, PARAGRAFO 5
Belgio
Danimarca
Irlanda
Spagna
Italia
Cipro
Lussemburgo
Austria
Portogallo
Slovenia
Finlandia
Svezia
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Riduzione dei gas a effetto serra entro il 2020: decisione sulla condivisione degli sforzi
La decisione sulla condivisione degli sforzi stabilisce obiettivi annuali vincolanti di emissioni di gas a effetto serra per i paesi dell’Unione europea (UE) per il periodo 2013-2020. Tali obiettivi riguardano le emissioni provenienti dalla maggior parte dei settori non inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE), come i trasporti (ad eccezione dell’aviazione e della navigazione marittima internazionale), le costruzioni, l’agricoltura e i rifiuti.
ATTO
Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri atti a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020
SINTESI
La decisione sulla condivisione degli sforzi stabilisce obiettivi annuali vincolanti di emissioni di gas a effetto serra per i paesi dell’Unione europea (UE) per il periodo 2013-2020. Tali obiettivi riguardano le emissioni provenienti dalla maggior parte dei settori non inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE), come i trasporti (ad eccezione dell’aviazione e della navigazione marittima internazionale), le costruzioni, l’agricoltura e i rifiuti.
La decisione sulla condivisione degli sforzi fa parte di una serie di politiche e misure in materia di cambiamenti climatici ed energia, nota come il pacchetto clima ed energia, che aiuterà l’Europa a passare ad un’economia a basse emissioni di carbonio e ad aumentare la sua sicurezza energetica.
COSA FA LA PRESENTE DECISIONE?
La decisione sulla condivisione degli sforzi stabilisce gli obiettivi nazionali di emissione per il 2020, espressi in variazioni percentuali dai livelli di emissione del 2005. Determina anche il numero di tonnellate di emissioni di gas a effetto serra consentite annualmente per ciascun paese dell’UE negli anni dal 2013 al 2020, nei settori contemplati dalla decisione.
PUNTI CHIAVE
Gli obiettivi di emissione per il 2020 sono stati fissati sulla base della ricchezza relativa dei paesi dell’UE (misurata in base al prodotto interno lordo - PIL pro capite). Si va da una riduzione delle emissioni del 20 % entro il 2020 (rispetto ai livelli del 2005) per i paesi più ricchi dell’UE a un aumento del 20 % per il meno ricco, la Bulgaria.
Al fine di garantire un costante progresso verso gli obiettivi del 2020 la decisione fissa anche i limiti di emissione di gas a effetto serra per ogni paese per ciascun anno. Questi limiti sono chiamati assegnazioni annuali di emissioni.
Allo stesso tempo, una certa flessibilità nel raggiungere gli obiettivi permette ai paesi dell’UE di rendere le riduzioni delle emissioni efficaci in termini di costi: i paesi dell’UE sono autorizzati a prelevare dall’anno successivo una quantità fino al 5 % della propria assegnazione annuale di emissioni e ad acquistare assegnazioni da altri paesi dell’UE o acquistare crediti da un certo progetto, ad esempio da un progetto che aiuta i paesi meno sviluppati a ridurre le loro emissioni. Qualora un paese dell’UE riduca le proprie emissioni oltre il necessario, superando in tal modo il suo obiettivo per un determinato anno, può accumulare le assegnazioni eccedenti per un uso successivo (fino al 2020) o venderle ad altri paesi dell’UE.
Ciascun paese deve comunicare ogni anno alla Commissione le sue emissioni e i progressi rispetto al suo obiettivo.
Se un paese in un anno emette più gas a effetto serra di quanto gli è concesso, deve informare la Commissione su come intende «ritornare in pista» e deve pagare una «tassa» nella forma di un obiettivo di emissione più rigoroso per l’anno successivo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Dal 2013 al 2020.
CONTESTO
Per affrontare il riscaldamento globale, l’Unione europea si è impegnata a ridurre le proprie emissioni di gas serra di almeno il 20 % entro il 2020 rispetto al 1990. Per raggiungere questo obiettivo, l’UE ha adottato due leggi fondamentali:
1.il sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE, che copre più di 11 000 centrali elettriche e impianti industriali, nonché le compagnie aeree, e
2.la decisione sulla condivisione degli sforzi, che obbliga ciascuno dei 28 paesi dell’Unione europea a contribuire con una quota specifica rispetto all’obiettivo generale dell’UE di riduzione del 20 %. Ciò avviene attraverso la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nella maggior parte dei settori non inclusi nel sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE).
Per ulteriori informazioni, consultare il sito internet relativo alla decisione sulla condivisione degli sforzi della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione n. 406/2009/CE
25.6.2009
-
GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136-148
ATTI COLLEGATI
Decisione della Commissione 2013/162/UE del 26 marzo 2013, che determina le assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 90 del 28.3.2013, pag. 106-110).
Decisione di esecuzione della Commissione 2013/634/UE del 31 ottobre 2013, sugli adeguamenti delle assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 292 dell’1.11.2013, pag. 19-22). |
Norme dell’Unione europea sulle acque minerali naturali
SINTESI
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
Armonizza le condizioni per la vendita delle acque minerali naturali nell’Unione europea (UE) e garantisce che queste ultime siano sicure per il consumo umano.
PUNTI CHIAVE
Le autorità nazionali devono garantire che l’acqua sia conforme alla normativa dell’UE prima di conferirle la denominazione di «acqua minerale naturale». Ciascun paese dell’UE informa la Commissione europea quando tale status viene riconosciuto o revocato.
L’acqua minerale naturale importata nell’UE deve essere certificata e rispettare i criteri imposti ai concorrenti nazionali.
L’acqua minerale naturale può subire unicamente trattamenti quale ad esempio la separazione degli elementi instabili, come i composti del ferro e dello zolfo.
Alla fonte, e quando vengono messe in vendita, le acque minerali naturali devono essere prive di parassiti, colibacilli vari (tipi di batteri) e altri ingredienti pericolosi per la salute umana.
I contenitori delle acque minerali naturali devono essere adeguatamente sigillati per evitare qualsiasi contaminazione.
Le acque minerali naturali possono essere vendute, se del caso, in base alle seguenti definizioni:
acqua minerale naturale;
acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica*;
acqua minerale naturale naturalmente gassata*;
acqua minerale naturale rinforzata col gas della sorgente.
Le etichette devono inoltre contenere le informazioni seguenti:
i dettagli relativi alla composizione analitica dell’acqua;
il nome e il luogo della sorgente utilizzata;
le informazioni circa gli eventuali trattamenti ai quali l’acqua è stata sottoposta.
È illegale utilizzare più di una designazione commerciale per commercializzare acque minerali naturali provenienti dalla stessa sorgente.
Non è lecito attribuire all’acqua caratteristiche che non possiede.
Il termine «acqua di sorgente» può essere usato solo per le acque destinate al consumo umano allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente, che soddisfino le condizioni relative alla salute e all’etichettatura previste dalla normativa.
Nel caso in cui un’autorità nazionale consideri un’acqua minerale naturale pericolosa per la salute umana, potrà limitarne o vietarne la vendita e informerà gli altri paesi dell’UE e la Commissione in merito.
La normativa non si applica alle acque considerate dei medicinali, né alle acque minerali naturali utilizzate come cure all’interno di centri termali e idrotermali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 16 luglio 2009.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, vedere la pagina «Acque minerali naturali e acque di sorgente» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINI CHIAVE
* Acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica: un’acqua in cui è stata disciolta anidride carbonica (CO2) non prelevata dalla falda o dal giacimento da cui essa proviene.
* Acqua minerale naturale naturalmente gassata: un’acqua il cui tenore di CO2 proveniente dalla sorgente, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è uguale a quello della sorgente, tenuto eventualmente conto della reintegrazione di una quantità di CO2 proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, pari a quella liberata nel corso di tali operazioni.
ATTO
Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg. 45-58) | DIRETTIVA 2009/54/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 18 giugno 2009
sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali
(Rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando conformemente alla procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 80/777/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni della suddetta direttiva, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
Le legislazioni degli Stati membri definiscono le acque minerali naturali. Tali legislazioni fissano le condizioni per il riconoscimento delle acque minerali naturali come tali, disciplinando altresì le modalità di utilizzazione delle sorgenti. Esse contengono inoltre norme particolari per la commercializzazione delle acque in questione.
(3)
Le differenze esistenti tra dette legislazioni ostacolano la libera circolazione delle acque minerali naturali, dando luogo a distorsioni della concorrenza e hanno, conseguentemente, una diretta incidenza sul funzionamento del mercato interno.
(4)
Nel caso specifico, questi ostacoli possono essere eliminati sia in forza dell’obbligo che incombe a ciascuno Stato membro di ammettere sul proprio territorio la commercializzazione delle acque minerali naturali riconosciute come tali da ciascuno degli altri Stati membri, sia in forza dell’emanazione di norme comuni specie per quanto concerne i requisiti necessari sotto il profilo microbiologico e i requisiti per l’utilizzazione di denominazioni particolari per determinate acque minerali.
(5)
Le norme in materia di acque minerali naturali perseguono l’obiettivo prioritario di proteggere la salute del consumatore, evitare che i consumatori siano ingannati e assicurare la lealtà delle operazioni commerciali.
(6)
In attesa della conclusione di accordi tra la Comunità e i paesi terzi sul riconoscimento reciproco delle acque minerali naturali, è opportuno prevedere, fino all’applicazione di tali accordi, le condizioni per l’ammissione nella Comunità in qualità di acque minerali naturali dei prodotti simili importati dai paesi terzi.
(7)
È necessario vigilare affinché le acque minerali naturali conservino, nella fase di commercializzazione, le caratteristiche in base a cui sono state riconosciute come tali. È pertanto opportuno che i recipienti utilizzati per il confezionamento delle acque siano muniti di un idoneo dispositivo di chiusura.
(8)
Le acque minerali naturali sono soggette, per quanto riguarda l’etichettatura, alle norme generali fissate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari nonché la relativa pubblicità (5). La presente direttiva può quindi limitarsi ad adottare i completamenti e le deroghe che è opportuno apportare a dette norme generali.
(9)
L’indicazione della composizione analitica dell’acqua minerale naturale dovrebbe essere obbligatoria per garantire l’informazione del consumatore.
(10)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(11)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire i limiti per le concentrazioni dei componenti delle acque minerali naturali, le disposizioni necessarie per indicare sulle etichette l’elevato tenore di alcuni componenti, le condizioni per l’impiego di aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali, le informazioni riguardanti i trattamenti delle acque minerali naturali, i metodi di analisi per determinare l’assenza di inquinamento delle acque minerali naturali e le procedure di campionamento e i metodi di analisi necessari per il controllo delle caratteristiche microbiologiche delle acque minerali naturali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(12)
Ove, per imperativi motivi d’urgenza, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo non possano essere osservati, la Commissione dovrebbe poter applicare la procedura d’urgenza prevista dall’articolo 5 bis, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE, ai fini dell’adozione di modifiche della presente direttiva che si rendano necessarie per garantire la protezione della salute pubblica.
(13)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri.
(14)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato IV, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva riguarda le acque estratte dal suolo di uno Stato membro e riconosciute dall’autorità responsabile di tale Stato membro quali acque minerali naturali conformi alle norme contenute nell’allegato I, parte I.
2. La presente direttiva si estende anche alle acque estratte dal suolo di un paese terzo, importate nella Comunità e riconosciute come acque minerali naturali dall’autorità responsabile di uno Stato membro.
Le acque di cui al primo comma possono formare oggetto di tale riconoscimento solo se l’autorità competente del paese ove le acque sono estratte dal suolo abbia accertato che esse sono conformi alle disposizioni dell’allegato I, parte I, e che si è proceduto a controlli regolari dell’applicazione delle disposizioni dell’allegato II, punto 2.
Il periodo di validità dell’accertamento di cui al secondo comma non può superare i cinque anni. Qualora l’accertamento sia rinnovato prima della fine di tale periodo non è necessario un nuovo riconoscimento ai sensi del primo comma.
3. La presente direttiva non si applica:
a)
alle acque che sono dei medicinali ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (7);
b)
alle acque minerali naturali utilizzate a fini curativi alla sorgente negli stabilimenti termali o idrotermali.
4. Il riconoscimento di cui ai paragrafi 1 e 2 è debitamente motivato dall’autorità responsabile dello Stato membro e detti motivi formano oggetto di pubblicazione ufficiale.
5. Ogni Stato membro informa la Commissione dei casi nei quali si è proceduto al riconoscimento di cui ai paragrafi 1 e 2 ovvero alla sua revoca. L’elenco delle acque minerali naturali riconosciute come tali è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché soltanto le acque di cui all’articolo 1 che siano conformi alle norme della presente direttiva possano essere commercializzate quali acque minerali naturali.
Articolo 3
Le sorgenti di acque minerali naturali debbono essere utilizzate e le loro acque imbottigliate in conformità dell’allegato II.
Articolo 4
1. Le acque minerali naturali, quali si presentano alla sorgente, possono subire unicamente i seguenti trattamenti:
a)
separazione degli elementi instabili, quali i composti del ferro e dello zolfo, mediante filtrazione o decantazione, eventualmente preceduta da ossigenazione, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà;
b)
separazione dei composti di ferro, manganese e zolfo nonché dell’arsenico da talune acque minerali naturali mediante trattamento con aria arricchita di ozono, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà e sempreché:
i)
il trattamento rispetti le condizioni di utilizzazione stabilite dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, definite dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8);
ii)
il trattamento sia notificato alle autorità competenti e da esse specificamente controllato;
c)
separazione di componenti indesiderabili diversi da quelli menzionati alle lettere a) e b), a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà e sempreché:
i)
il trattamento rispetti le condizioni di utilizzazione stabilite dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare;
ii)
il trattamento sia notificato alle autorità competenti e da esse specificamente controllato;
d)
eliminazione totale o parziale dell’anidride carbonica libera mediante procedimenti esclusivamente fisici.
Le misure di cui alle lettere b), punto i), e c), punto i), intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Il primo comma non impedisce l’utilizzazione delle acque minerali naturali o delle acque di sorgente per la fabbricazione di bevande rinfrescanti analcoliche.
2. Le acque minerali naturali, quali si presentano alla sorgente, non possono essere soggette ad aggiunte diverse dall’incorporazione o reincorporazione di anidride carbonica alle condizioni previste nell’allegato I, parte III.
3. Sono vietati qualsiasi trattamento di disinfezione e, fatto salvo il paragrafo 2, l’aggiunta di elementi batteriostatici o qualsiasi altro trattamento tale da modificare il microbismo dell’acqua minerale naturale.
Articolo 5
1. Alla sorgente, il tenore totale di microrganismi revivificabili di un’acqua minerale naturale è conforme al suo microbismo normale ed è prova di una protezione efficace della sorgente contro qualsiasi contaminazione. Tale tenore è determinato alle condizioni previste all’allegato I, parte II, punto 1.3.3.
Dopo l’imbottigliamento, tale tenore non può superare il limite di 100 per millilitro, a 20-22 °C, in 72 ore, in agar-agar o miscela agar-gelatina, e 20 per millilitro a 37 °C in 24 ore in agar-agar. Il tenore suddetto è misurato nelle 12 ore successive all’imbottigliamento; in questo periodo di 12 ore l’acqua è mantenuta a una temperatura di 4 °C ± 1 °CC.
Alla sorgente, detti valori non devono normalmente superare, rispettivamente, 20 per ml alla temperatura di 20-22 °C in 72 ore e 5 per ml a 37 °C in 24 ore, fermo restando che tali valori sono considerati indicativi e non concentrazioni massime.
2. Alla sorgente e durante la commercializzazione, un’acqua minerale naturale è esente da:
a)
parassiti e microrganismi patogeni;
b)
escherichia coli o altri colibacilli e streptococchi fecali, su 250 ml del campione esaminato;
c)
anaerobi sporigeni solfito-riduttori, su 50 ml del campione esaminato;
d)
pseudomonas aeruginosa, su 250 ml del campione esaminato.
3. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, nonché le modalità di utilizzazione di cui all’allegato II, nella fase della commercializzazione:
a)
il tenore totale di microrganismi revivificabili dell’acqua minerale naturale può risultare soltanto dall’evoluzione normale del suo tenore batteriologico alla sorgente;
b)
l’acqua minerale naturale non può presentare difetti dal punto di vista organolettico.
Articolo 6
Ogni recipiente utilizzato per il confezionamento delle acque minerali naturali è munito di un dispositivo di chiusura tale da evitare il pericolo di falsificazione o di contaminazione.
Articolo 7
1. La denominazione di vendita delle acque minerali naturali è «acqua minerale naturale» ovvero, se si tratta di un’acqua minerale naturale effervescente quale definita all’allegato I, parte III, a seconda dei casi, «acqua minerale naturale naturalmente gassata», «acqua minerale naturale rinforzata con gas della sorgente», «acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica».
La denominazione di vendita delle acque minerali naturali sottoposte a uno dei trattamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d), è completata, secondo il caso, dalle menzioni «totalmente degassata» o «parzialmente degassata».
2. Le etichette delle acque minerali naturali recano anche le seguenti informazioni obbligatorie:
a)
l’indicazione della composizione analitica, con i componenti caratteristici;
b)
il luogo di utilizzazione della sorgente e il nome della stessa;
c)
informazioni circa gli eventuali trattamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettere b) e c).
3. Qualora non esistano disposizioni comunitarie in merito alle informazioni sui trattamenti di cui al paragrafo 2, lettera c), gli Stati membri possono mantenere le loro disposizioni nazionali.
Articolo 8
1. I nomi di località, frazioni o luoghi possono entrare nella composizione di una designazione commerciale soltanto se si riferiscono a un’acqua minerale naturale la cui sorgente è utilizzata nel luogo indicato dalla designazione commerciale e purché non induca in errore circa il luogo di sfruttamento della sorgente.
2. È vietata la commercializzazione di acque minerali naturali provenienti da un’unica sorgente sotto più di una descrizione commerciale.
3. Quando le etichette o iscrizioni apposte sui recipienti nei quali le acque minerali naturali sono poste in vendita recano l’indicazione di una designazione commerciale diversa dal nome della sorgente o del suo luogo di utilizzazione, tale luogo di utilizzazione o il nome della sorgente sono indicati mediante caratteri di altezza e larghezza almeno pari a una volta e mezza il carattere più grande utilizzato per l’indicazione di tale designazione commerciale.
Nella designazione commerciale utilizzata nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, delle acque minerali naturali si applicano, mutatis mutandis e nello stesso spirito, le disposizioni di cui al primo comma in ordine all’importanza attribuita al nome della sorgente o al luogo della sua utilizzazione.
Articolo 9
1. È vietato l’uso, sia sulle confezioni o etichette, sia nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, di indicazioni, denominazioni, marchi di fabbrica o di commercio, immagini o altri segni, figurativi o meno, che:
a)
per quanto riguarda le acque minerali naturali, evochino caratteristiche non possedute dalle acque, in ordine all’origine, alla data di autorizzazione all’esercizio, ai risultati delle analisi o a riferimenti analoghi a garanzie di autenticità;
b)
per quanto riguarda un’acqua potabile confezionata in recipienti, non conforme alle disposizioni dell’allegato I, parte I, possano generare confusione con acque minerali naturali, in particolare l’espressione «acqua minerale».
2. Sono vietate tutte le indicazioni che attribuiscono a un’acqua minerale naturale proprietà per la prevenzione, la cura o la guarigione di una malattia umana.
Sono tuttavia autorizzate le menzioni di cui all’allegato III a condizione che siano rispettati i criteri corrispondenti ivi fissati o, qualora non ve ne siano, i criteri fissati dalle legislazioni nazionali e purché siano state stabilite sulla base di analisi fisico-chimiche e, se necessario, di esami farmacologici, fisiologici e clinici effettuati secondo metodi scientificamente sperimentati, conformemente alle disposizioni dell’allegato I, parte I, punto 2.
Gli Stati membri possono autorizzare le menzioni «stimola la digestione», «può favorire le funzioni epatobiliari» o menzioni analoghe. Essi possono inoltre autorizzare altre menzioni purché non siano in contrasto con i principi di cui al primo comma e siano compatibili con i principi di cui al secondo comma.
3. Gli Stati membri possono adottare disposizioni particolari per menzioni, sia sulle confezioni o sulle etichette, sia nella pubblicità, concernenti l’idoneità di un’acqua minerale naturale per l’alimentazione dei lattanti. Dette disposizioni possono riguardare anche le proprietà dell’acqua ai fini dell’utilizzazione di queste menzioni.
Gli Stati membri che hanno intenzione di adottare tali disposizioni ne informano preventivamente gli altri Stati membri e la Commissione.
4. Il termine «acqua di sorgente» è riservato alle acque destinate al consumo umano allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente, sempreché:
a)
soddisfino le condizioni di utilizzazione di cui all’allegato II, punti 2 e 3, che si applicano in toto alle acque di sorgente;
b)
soddisfino i requisiti microbiologici di cui all’articolo 5;
c)
osservino le disposizioni relative all’etichettatura di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), e all’articolo 8;
d)
non siano state sottoposte a trattamenti diversi da quelli menzionati all’articolo 4. Altri trattamenti possono essere autorizzati dalla Commissione.
Le misure di cui alla lettera d) intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Le acque di sorgente rispettano inoltre le disposizioni della direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (9).
5. Qualora non esistano disposizioni comunitarie in merito al trattamento delle acque di sorgente di cui al paragrafo 4, primo comma, lettera d), gli Stati membri possono mantenere le loro disposizioni nazionali al riguardo.
Articolo 10
Gli Stati membri adottano le opportune disposizioni affinché il commercio delle acque minerali conformi alle definizioni e alle disposizioni della presente direttiva non sia ostacolato dall’applicazione delle disposizioni nazionali non armonizzate che regolano le proprietà, la composizione, le modalità di utilizzazione, il confezionamento, l’etichettatura o la pubblicità delle acque minerali naturali o dei prodotti alimentari in genere.
Articolo 11
1. Qualsiasi Stato membro, qualora abbia circostanziati motivi per ritenere che un’acqua minerale naturale non sia conforme alle disposizioni stabilite nella presente direttiva, o presenti un pericolo per la salute pubblica, pur circolando liberamente in uno o più Stati membri, può temporaneamente sospendere o limitare, nel proprio territorio, la commercializzazione di tale prodotto. Esso ne informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri, precisando i motivi della decisione.
2. Su richiesta di qualsiasi Stato membro o della Commissione, lo Stato membro che ha riconosciuto detta acqua fornisce tutte le informazioni pertinenti relative al riconoscimento della stessa, nonché i risultati dei controlli periodici.
3. La Commissione esamina quanto prima i motivi addotti dallo Stato membro di cui al paragrafo 1 nell’ambito del comitato permanente di cui all’articolo 14, paragrafo 1, esprime senza indugio il proprio parere e prende le misure del caso.
4. Se la Commissione ritiene che siano necessarie modifiche alla presente direttiva per garantire la protezione della salute pubblica, essa adotta tali modifiche.
Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2. Per motivi imperativi di urgenza la Commissione può avvalersi della procedura d’urgenza di cui all’articolo 14, paragrafo 3.
Lo Stato membro che abbia eventualmente adottato misure di salvaguardia può mantenerle in vigore fino all’adozione delle modifiche medesime.
Articolo 12
La Commissione adotta le seguenti misure:
a)
i limiti per le concentrazioni dei componenti delle acque minerali naturali;
b)
tutte le disposizioni necessarie per indicare sulle etichette l’elevato tenore di alcuni componenti;
c)
le condizioni per l’impiego di aria arricchita di ozono, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera b);
d)
le informazioni riguardanti i trattamenti di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera c);
e)
i metodi di analisi, compresi i limiti di individuazione, per verificare l’assenza di inquinamento delle acque minerali naturali;
f)
le procedure di campionamento ed i metodi di analisi necessari per il controllo delle caratteristiche microbiologiche delle acque naturali.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Articolo 13
Le decisioni che possono avere effetti sulla salute pubblica sono adottate dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Articolo 14
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi 1, 2, 4 e 6, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 15
La presente direttiva non si applica alle acque minerali naturali destinate all’esportazione nei paesi terzi.
Articolo 16
La direttiva 80/777/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato IV, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento delle direttive indicati all’allegato IV, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato V.
Articolo 17
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 18
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, il 18 giugno 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
Š. FÜLE
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 87.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 28 maggio 2009.
(3) GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1.
(4) Cfr. allegato IV, parte A.
(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.
(8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
(9) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32.
ALLEGATO I
I. DEFINIZIONE
1.
Per «acqua minerale naturale» si intende, ai sensi dell’articolo 5, un’acqua microbiologicamente pura, la quale abbia per origine una falda o un giacimento sotterranei e provenga da una sorgente con una o più emergenze naturali o perforate.
L’acqua minerale naturale si distingue nettamente dall’acqua ordinaria da bere:
a)
per la sua natura, caratterizzata dal tenore in minerali, oligoelementi o altri costituenti ed eventualmente per taluni suoi effetti;
b)
per la sua purezza originaria;
caratteristiche, queste, rimaste entrambe intatte data l’origine sotterranea dell’acqua che è stata tenuta al riparo da ogni rischio di inquinamento.
2.
Le caratteristiche di cui al punto 1, che possono conferire all’acqua minerale naturale le sue proprietà salutari, devono essere state valutate:
a)
sui piani:
i)
geologico e idrologico;
ii)
fisico, chimico e fisico-chimico;
iii)
microbiologico;
iv)
se necessario, farmacologico, fisiologico e clinico;
b)
secondo i criteri indicati nella parte II;
c)
secondo i metodi scientificamente riconosciuti dall’autorità responsabile.
Gli esami di cui al primo comma, lettera a), punto iv), possono essere facoltativi quando l’acqua presenti quelle caratteristiche di composizione in base alle quali un’acqua è stata considerata come acqua minerale naturale nello Stato membro di origine prima del 17 luglio 1980. Ciò si verifica in particolare quando l’acqua analizzata contiene all’origine, e dopo imbottigliamento, un minimo di 1 000 mg di solidi totali in soluzione o un minimo di 250 mg di anidride carbonica libera per chilogrammo.
3.
La composizione, la temperatura e le altre caratteristiche essenziali dell’acqua minerale naturale debbono mantenersi costanti nell’ambito delle variazioni naturali; in particolare, esse non debbono subire modifiche dovute a eventuali variazioni di portata.
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, deve intendersi per microbismo normale dell’acqua minerale naturale la flora batterica percettibilmente costante, rilevata alla sorgente prima che sia intervenuta qualsiasi manipolazione e la cui composizione qualitativa e quantitativa, analizzata per il riconoscimento di detta acqua, sia sottoposta a periodici controlli.
II. PRESCRIZIONI PER L’APPLICAZIONE DELLA DEFINIZIONE
1.1. Prescrizioni applicabili per gli esami geologici e idrologici
Sono richiesti in particolare:
1.1.1.
la situazione esatta della captazione determinata dalla sua altitudine e, sul piano topografico, da una carta di scala non superiore a 1:1 000;
1.1.2.
un rapporto geologico dettagliato sull’origine e sulla natura dei terreni;
1.1.3.
la stratigrafia del giacimento idrogeologico;
1.1.4.
la descrizione dei lavori di captazione;
1.1.5.
la determinazione della zona o dettagli di altre misure di protezione della sorgente contro l’inquinamento.
1.2. Prescrizioni applicabili per gli esami fisici, chimici e fisico-chimici
Questi esami comportano in particolare la determinazione:
1.2.1.
della portata della sorgente;
1.2.2.
della temperatura dell’acqua alla sorgente e della temperatura ambiente;
1.2.3.
dei rapporti esistenti tra la natura dei terreni e la natura ed i tipi della mineralizzazione;
1.2.4.
dei residui secchi a 180 °C e 260 °C;
1.2.5.
della conduttività o della resistività elettrica, con precisazione della temperatura di misura;
1.2.6.
della concentrazione in ioni idrogeno (pH);
1.2.7.
degli anioni e cationi;
1.2.8.
degli elementi non ionizzati;
1.2.9.
degli oligo-elementi;
1.2.10.
della radio-attinologia alla sorgente;
1.2.11.
se del caso, delle proporzioni relative in isotopi degli elementi costitutivi dell’acqua, ossigeno (16O — 18O) e idrogeno (protio, deuterio, tritio);
1.2.12.
della tossicità di taluni degli elementi costitutivi dell’acqua, tenuto conto dei limiti fissati al riguardo per ciascuno di essi.
1.3. Criteri applicabili per gli esami microbiologici alla sorgente
Questi esami comportano in particolare:
1.3.1.
l’accertamento dell’assenza di parassiti e di microrganismi patogeni;
1.3.2.
la determinazione quantitativa dei microrganismi revivificabili indici di contaminazione fecale:
a)
assenza di escherichia coli e di altri colibacilli in 250 ml a 37 °C e 44,5 °C;
b)
assenza di streptococchi fecali in 250 ml;
c)
assenza di anaerobi sporigeni solfito-riduttori in 50 ml;
d)
assenza di pseudomonas aeruginosa in 250 ml;
1.3.3.
la determinazione del tenore totale di microrganismi revivificabili per ml di acqua:
a)
a 20 °C - 22 °C in 72 ore in agar-agar o miscela agar-gelatina;
b)
a 37 °C in 24 ore in agar-agar.
1.4. Prescrizioni applicabili per gli esami clinici e farmacologici
1.4.1.
La natura degli esami, cui si procede secondo metodi scientifici riconosciuti, è adattata alle caratteristiche proprie dell’acqua minerale naturale ed ai suoi effetti sull’organismo umano, quali la diuresi, il funzionamento gastrico o intestinale, la compensazione delle carenze di sostanze minerali.
1.4.2.
Eventualmente, la constatazione della costanza e della concordanza di un gran numero di osservazioni cliniche può sostituire gli esami di cui al punto 1.4.1. In casi appropriati gli esami clinici possono sostituirsi agli esami di cui al punto 1.4.1, a condizione che la costanza e la concordanza di un gran numero di osservazioni consentano di ottenere gli stessi risultati.
III. QUALIFICAZIONI COMPLEMENTARI RELATIVE ALLE ACQUE MINERALI NATURALI EFFERVESCENTI
Le acque minerali naturali effervescenti liberano, all’origine o dopo imbottigliamento, spontaneamente e in maniera nettamente percettibile, anidride carbonica alle condizioni normali di temperatura e di pressione. Esse si dividono in tre categorie alle quali si applicano rispettivamente le seguenti denominazioni riservate:
a)
«Acqua minerale naturale naturalmente gassata»: un’acqua il cui tenore di anidride carbonica proveniente dalla sorgente, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è uguale a quello della sorgente, tenuto eventualmente conto della reintegrazione di una quantità di gas proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, pari a quella liberata nel corso di tali operazioni, nonché delle tolleranze tecniche abituali;
b)
«Acqua minerale naturale rinforzata col gas della sorgente»: un’acqua il cui tenore di anidride carbonica proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è superiore a quello della sorgente;
c)
«Acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica»: un’acqua in cui è stata disciolta anidride carbonica non prelevata dalla falda o dal giacimento da cui essa proviene.
ALLEGATO II
CONDIZIONI DI UTILIZZAZIONE E DI COMMERCIALIZZAZIONE DELLE ACQUE MINERALI NATURALI
1.
L’utilizzazione di una sorgente d’acqua minerale naturale è subordinata all’autorizzazione dell’autorità responsabile del paese in cui l’acqua è stata estratta, previo accertamento della sua conformità ai criteri di cui all’allegato I, parte I.
2.
Gli impianti destinati all’utilizzazione sono realizzati in modo da escludere ogni pericolo di contaminazione e da conservare le proprietà dell’acqua corrispondenti alla sua qualificazione, esistenti alla fonte.
A tal fine, in particolare:
a)
la sorgente o il punto di emergenza sono protetti contro ogni pericolo di inquinamento;
b)
la captazione, le canalizzazioni ed i serbatoi sono realizzati con materiali adatti all’acqua e costruiti in modo da impedire qualsiasi modifica chimica, fisico-chimica e microbiologica di tale acqua;
c)
le condizioni di utilizzazione e, in particolare, gli impianti di lavaggio e di imbottigliamento soddisfano le esigenze igieniche. In particolare, i recipienti sono trattati o fabbricati in modo da evitare che le caratteristiche microbiologiche e chimiche delle acque minerali naturali vengano alterate;
d)
è proibito il trasporto dell’acqua minerale naturale a mezzo di recipienti che non siano quelli autorizzati per la distribuzione al consumatore finale.
Tuttavia si può non applicare la lettera d) alle acque minerali estratte, utilizzate e commercializzate nel territorio di uno Stato membro se in questo Stato membro, alla data del 17 luglio 1980, era autorizzato il trasporto in cisterna dell’acqua minerale naturale dalla sorgente sino allo stabilimento di imbottigliamento.
Analogamente si può non applicare la lettera d) alle acque di sorgente estratte, utilizzate e commercializzate nel territorio di uno Stato membro se in questo Stato membro, alla data del 13 dicembre 1996, era autorizzato il trasporto in cisterna dell’acqua di sorgente dalla sorgente sino allo stabilimento di imbottigliamento.
3.
Se, durante le operazioni, si constata che l’acqua minerale naturale è inquinata e non risponde più alle caratteristiche microbiologiche di cui all’articolo 5, l’imprenditore, senza indugio, sospende tutte le utilizzazioni, in particolare l’operazione di imbottigliamento, fino a quando non sia stata eliminata la causa dell’inquinamento e l’acqua non risulti conforme alle norme dell’articolo 5.
4.
L’autorità responsabile del paese di origine procede periodicamente a controlli:
a)
della conformità dell’acqua minerale naturale, di cui sia autorizzata l’utilizzazione della sorgente, alle disposizioni dell’allegato I, parte I;
b)
dell’osservanza, da parte dell’imprenditore, dei punti 2 e 3.
ALLEGATO III
MENZIONI E CRITERI PREVISTI ALL’ARTICOLO 9, PARAGRAFO 2
Menzioni
Criteri
Oligominerale o leggermente mineralizzata
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, non è superiore a 500 mg/l
Minimamente mineralizzata
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, non è superiore a 50 mg/l
Ricca in sali minerali
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, è superiore a 1 500 mg/l
Contenente bicarbonato
Il tenore di bicarbonato è superiore a 600 mg/l
Solfata
Il tenore di solfati è superiore a 200 mg/l
Clorurata
Il tenore di cloruro è superiore a 200 mg/l
Calcica
Il tenore di calcio è superiore a 150 mg/l
Magnesiaca
Il tenore di magnesio è superiore a 50 mg/l
Fluorata, o contenente fluoro
Il tenore di fluoro è superiore a 1 mg/l
Ferruginosa, o contenente ferro
Il tenore di ferro bivalente è superiore a 1 mg/l
Acidula
Il tenore di anidride carbonica libera è superiore a 250 mg/l
Sodica
Il tenore di sodio è superiore a 200 mg/l
Indicata per la preparazione degli alimenti per lattanti
—
Indicata per le diete povere di sodio
Con un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l
Può avere effetti lassativi
—
Può avere effetti diuretici
—
ALLEGATO IV
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 16)
Direttiva 80/777/CEE del Consiglio
(GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1).
Direttiva 80/1276/CEE del Consiglio
(GU L 375 del 31.12.1980, pag. 77).
limitatamente all’articolo 1, terzo trattino
Direttiva 85/7/CEE del Consiglio
(GU L 2 del 3.1.1985, pag. 22).
limitatamente all’articolo 1, punto 10
Punto B.1. o dell’allegato I all’atto di adesione del 1985
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 214).
Direttiva 96/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 299 del 23.11.1996, pag. 26).
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
limitatamente all’allegato III, punto 4
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 16)
Direttiva
Termine di attuazione
Autorizzazione del commercio dei prodotti conformi alla presente direttiva
Divieto del commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva
80/777/CEE
—
18 luglio 1982
18 luglio 1984
80/1276/CEE
—
—
—
85/7/CEE
—
—
—
96/70/CE
—
28 ottobre 1997
28 ottobre 1998 (1)
(1) Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di questa data e non conformi alla presente direttiva possono essere commercializzati sino ad esaurimento delle scorte.
ALLEGATO V
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 80/777/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 3, primo e secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 3, lettere a) e b)
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera b), primo e secondo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera b), punti i) e ii)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera c), primo e secondo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera c), punti i) e ii)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d)
—
Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 1, terzo comma
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 3, primo e secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettere a) e b)
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2 bis
Articolo 7, paragrafo 3
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, lettere a), b) e c)
Articolo 9, paragrafo 2, primo, secondo e terzo comma
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4
—
Articolo 9, paragrafo 4 bis, primo comma, dal primo al quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 4, primo comma, lettere da a) a d),
Articolo 9, paragrafo 4 bis, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 4 ter
Articolo 9, paragrafo 5
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 10
Articolo 10 bis
Articolo 11
Articolo 11, paragrafo 1, dal primo al quarto trattino
Articolo 12, lettere da a) a d)
Articolo 11, paragrafo 2, primo e secondo trattino
Articolo 12, lettere a) e b)
Articolo 11 bis
Articolo 13
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafi 2 e 3
Articolo 12, paragrafo 3
—
Articolo 13
—
Articolo 14
Articolo 15
Articolo 15
—
Articolo 16
—
—
Articolo 16
—
Articolo 17
Articolo 17
Articolo 18
Allegato I, parte I, paragrafo 1
Allegato I, parte I, paragrafo 1
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera a), punti da 1) a 4)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera a), punti da i) a iv)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, secondo comma
Allegato I, parte I, paragrafo 2, secondo comma
Allegato I, parte I, paragrafo 3
Allegato I, parte I, paragrafo 3
Allegato I, parte II, punto 1.1
Allegato I, parte II, punto 1.1
Allegato I, parte II, punto 1.2
Allegato I, parte II, punto 1.2
Allegato I, parte II, punto 1.3
Allegato I, parte II, punto 1.3
Allegato I, parte II, punto 1.3.1
Allegato I, parte II, punto 1.3.1
Allegato I, parte II, punto 1.3.2
Allegato I, parte II, punto 1.3.2
Allegato I, parte II, punto 1.3.3, punti i) e ii)
Allegato I, parte II, punto 1.3.3, lettere a) e b)
Allegato I, parte II, punto 1.4
Allegato I, parte II, punto 1.4
Allegato I, parte III
Allegato I, parte III
Allegato II
Allegato II
Allegato III
Allegato III
—
Allegato IV
—
Allegato V
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/54/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 18 giugno 2009
sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali
(Rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando conformemente alla procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 80/777/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni della suddetta direttiva, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
Le legislazioni degli Stati membri definiscono le acque minerali naturali. Tali legislazioni fissano le condizioni per il riconoscimento delle acque minerali naturali come tali, disciplinando altresì le modalità di utilizzazione delle sorgenti. Esse contengono inoltre norme particolari per la commercializzazione delle acque in questione.
(3)
Le differenze esistenti tra dette legislazioni ostacolano la libera circolazione delle acque minerali naturali, dando luogo a distorsioni della concorrenza e hanno, conseguentemente, una diretta incidenza sul funzionamento del mercato interno.
(4)
Nel caso specifico, questi ostacoli possono essere eliminati sia in forza dell’obbligo che incombe a ciascuno Stato membro di ammettere sul proprio territorio la commercializzazione delle acque minerali naturali riconosciute come tali da ciascuno degli altri Stati membri, sia in forza dell’emanazione di norme comuni specie per quanto concerne i requisiti necessari sotto il profilo microbiologico e i requisiti per l’utilizzazione di denominazioni particolari per determinate acque minerali.
(5)
Le norme in materia di acque minerali naturali perseguono l’obiettivo prioritario di proteggere la salute del consumatore, evitare che i consumatori siano ingannati e assicurare la lealtà delle operazioni commerciali.
(6)
In attesa della conclusione di accordi tra la Comunità e i paesi terzi sul riconoscimento reciproco delle acque minerali naturali, è opportuno prevedere, fino all’applicazione di tali accordi, le condizioni per l’ammissione nella Comunità in qualità di acque minerali naturali dei prodotti simili importati dai paesi terzi.
(7)
È necessario vigilare affinché le acque minerali naturali conservino, nella fase di commercializzazione, le caratteristiche in base a cui sono state riconosciute come tali. È pertanto opportuno che i recipienti utilizzati per il confezionamento delle acque siano muniti di un idoneo dispositivo di chiusura.
(8)
Le acque minerali naturali sono soggette, per quanto riguarda l’etichettatura, alle norme generali fissate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari nonché la relativa pubblicità (5). La presente direttiva può quindi limitarsi ad adottare i completamenti e le deroghe che è opportuno apportare a dette norme generali.
(9)
L’indicazione della composizione analitica dell’acqua minerale naturale dovrebbe essere obbligatoria per garantire l’informazione del consumatore.
(10)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(11)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire i limiti per le concentrazioni dei componenti delle acque minerali naturali, le disposizioni necessarie per indicare sulle etichette l’elevato tenore di alcuni componenti, le condizioni per l’impiego di aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali, le informazioni riguardanti i trattamenti delle acque minerali naturali, i metodi di analisi per determinare l’assenza di inquinamento delle acque minerali naturali e le procedure di campionamento e i metodi di analisi necessari per il controllo delle caratteristiche microbiologiche delle acque minerali naturali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(12)
Ove, per imperativi motivi d’urgenza, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo non possano essere osservati, la Commissione dovrebbe poter applicare la procedura d’urgenza prevista dall’articolo 5 bis, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE, ai fini dell’adozione di modifiche della presente direttiva che si rendano necessarie per garantire la protezione della salute pubblica.
(13)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri.
(14)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato IV, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva riguarda le acque estratte dal suolo di uno Stato membro e riconosciute dall’autorità responsabile di tale Stato membro quali acque minerali naturali conformi alle norme contenute nell’allegato I, parte I.
2. La presente direttiva si estende anche alle acque estratte dal suolo di un paese terzo, importate nella Comunità e riconosciute come acque minerali naturali dall’autorità responsabile di uno Stato membro.
Le acque di cui al primo comma possono formare oggetto di tale riconoscimento solo se l’autorità competente del paese ove le acque sono estratte dal suolo abbia accertato che esse sono conformi alle disposizioni dell’allegato I, parte I, e che si è proceduto a controlli regolari dell’applicazione delle disposizioni dell’allegato II, punto 2.
Il periodo di validità dell’accertamento di cui al secondo comma non può superare i cinque anni. Qualora l’accertamento sia rinnovato prima della fine di tale periodo non è necessario un nuovo riconoscimento ai sensi del primo comma.
3. La presente direttiva non si applica:
a)
alle acque che sono dei medicinali ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (7);
b)
alle acque minerali naturali utilizzate a fini curativi alla sorgente negli stabilimenti termali o idrotermali.
4. Il riconoscimento di cui ai paragrafi 1 e 2 è debitamente motivato dall’autorità responsabile dello Stato membro e detti motivi formano oggetto di pubblicazione ufficiale.
5. Ogni Stato membro informa la Commissione dei casi nei quali si è proceduto al riconoscimento di cui ai paragrafi 1 e 2 ovvero alla sua revoca. L’elenco delle acque minerali naturali riconosciute come tali è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché soltanto le acque di cui all’articolo 1 che siano conformi alle norme della presente direttiva possano essere commercializzate quali acque minerali naturali.
Articolo 3
Le sorgenti di acque minerali naturali debbono essere utilizzate e le loro acque imbottigliate in conformità dell’allegato II.
Articolo 4
1. Le acque minerali naturali, quali si presentano alla sorgente, possono subire unicamente i seguenti trattamenti:
a)
separazione degli elementi instabili, quali i composti del ferro e dello zolfo, mediante filtrazione o decantazione, eventualmente preceduta da ossigenazione, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà;
b)
separazione dei composti di ferro, manganese e zolfo nonché dell’arsenico da talune acque minerali naturali mediante trattamento con aria arricchita di ozono, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà e sempreché:
i)
il trattamento rispetti le condizioni di utilizzazione stabilite dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, definite dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8);
ii)
il trattamento sia notificato alle autorità competenti e da esse specificamente controllato;
c)
separazione di componenti indesiderabili diversi da quelli menzionati alle lettere a) e b), a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà e sempreché:
i)
il trattamento rispetti le condizioni di utilizzazione stabilite dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare;
ii)
il trattamento sia notificato alle autorità competenti e da esse specificamente controllato;
d)
eliminazione totale o parziale dell’anidride carbonica libera mediante procedimenti esclusivamente fisici.
Le misure di cui alle lettere b), punto i), e c), punto i), intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Il primo comma non impedisce l’utilizzazione delle acque minerali naturali o delle acque di sorgente per la fabbricazione di bevande rinfrescanti analcoliche.
2. Le acque minerali naturali, quali si presentano alla sorgente, non possono essere soggette ad aggiunte diverse dall’incorporazione o reincorporazione di anidride carbonica alle condizioni previste nell’allegato I, parte III.
3. Sono vietati qualsiasi trattamento di disinfezione e, fatto salvo il paragrafo 2, l’aggiunta di elementi batteriostatici o qualsiasi altro trattamento tale da modificare il microbismo dell’acqua minerale naturale.
Articolo 5
1. Alla sorgente, il tenore totale di microrganismi revivificabili di un’acqua minerale naturale è conforme al suo microbismo normale ed è prova di una protezione efficace della sorgente contro qualsiasi contaminazione. Tale tenore è determinato alle condizioni previste all’allegato I, parte II, punto 1.3.3.
Dopo l’imbottigliamento, tale tenore non può superare il limite di 100 per millilitro, a 20-22 °C, in 72 ore, in agar-agar o miscela agar-gelatina, e 20 per millilitro a 37 °C in 24 ore in agar-agar. Il tenore suddetto è misurato nelle 12 ore successive all’imbottigliamento; in questo periodo di 12 ore l’acqua è mantenuta a una temperatura di 4 °C ± 1 °CC.
Alla sorgente, detti valori non devono normalmente superare, rispettivamente, 20 per ml alla temperatura di 20-22 °C in 72 ore e 5 per ml a 37 °C in 24 ore, fermo restando che tali valori sono considerati indicativi e non concentrazioni massime.
2. Alla sorgente e durante la commercializzazione, un’acqua minerale naturale è esente da:
a)
parassiti e microrganismi patogeni;
b)
escherichia coli o altri colibacilli e streptococchi fecali, su 250 ml del campione esaminato;
c)
anaerobi sporigeni solfito-riduttori, su 50 ml del campione esaminato;
d)
pseudomonas aeruginosa, su 250 ml del campione esaminato.
3. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, nonché le modalità di utilizzazione di cui all’allegato II, nella fase della commercializzazione:
a)
il tenore totale di microrganismi revivificabili dell’acqua minerale naturale può risultare soltanto dall’evoluzione normale del suo tenore batteriologico alla sorgente;
b)
l’acqua minerale naturale non può presentare difetti dal punto di vista organolettico.
Articolo 6
Ogni recipiente utilizzato per il confezionamento delle acque minerali naturali è munito di un dispositivo di chiusura tale da evitare il pericolo di falsificazione o di contaminazione.
Articolo 7
1. La denominazione di vendita delle acque minerali naturali è «acqua minerale naturale» ovvero, se si tratta di un’acqua minerale naturale effervescente quale definita all’allegato I, parte III, a seconda dei casi, «acqua minerale naturale naturalmente gassata», «acqua minerale naturale rinforzata con gas della sorgente», «acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica».
La denominazione di vendita delle acque minerali naturali sottoposte a uno dei trattamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d), è completata, secondo il caso, dalle menzioni «totalmente degassata» o «parzialmente degassata».
2. Le etichette delle acque minerali naturali recano anche le seguenti informazioni obbligatorie:
a)
l’indicazione della composizione analitica, con i componenti caratteristici;
b)
il luogo di utilizzazione della sorgente e il nome della stessa;
c)
informazioni circa gli eventuali trattamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettere b) e c).
3. Qualora non esistano disposizioni comunitarie in merito alle informazioni sui trattamenti di cui al paragrafo 2, lettera c), gli Stati membri possono mantenere le loro disposizioni nazionali.
Articolo 8
1. I nomi di località, frazioni o luoghi possono entrare nella composizione di una designazione commerciale soltanto se si riferiscono a un’acqua minerale naturale la cui sorgente è utilizzata nel luogo indicato dalla designazione commerciale e purché non induca in errore circa il luogo di sfruttamento della sorgente.
2. È vietata la commercializzazione di acque minerali naturali provenienti da un’unica sorgente sotto più di una descrizione commerciale.
3. Quando le etichette o iscrizioni apposte sui recipienti nei quali le acque minerali naturali sono poste in vendita recano l’indicazione di una designazione commerciale diversa dal nome della sorgente o del suo luogo di utilizzazione, tale luogo di utilizzazione o il nome della sorgente sono indicati mediante caratteri di altezza e larghezza almeno pari a una volta e mezza il carattere più grande utilizzato per l’indicazione di tale designazione commerciale.
Nella designazione commerciale utilizzata nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, delle acque minerali naturali si applicano, mutatis mutandis e nello stesso spirito, le disposizioni di cui al primo comma in ordine all’importanza attribuita al nome della sorgente o al luogo della sua utilizzazione.
Articolo 9
1. È vietato l’uso, sia sulle confezioni o etichette, sia nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, di indicazioni, denominazioni, marchi di fabbrica o di commercio, immagini o altri segni, figurativi o meno, che:
a)
per quanto riguarda le acque minerali naturali, evochino caratteristiche non possedute dalle acque, in ordine all’origine, alla data di autorizzazione all’esercizio, ai risultati delle analisi o a riferimenti analoghi a garanzie di autenticità;
b)
per quanto riguarda un’acqua potabile confezionata in recipienti, non conforme alle disposizioni dell’allegato I, parte I, possano generare confusione con acque minerali naturali, in particolare l’espressione «acqua minerale».
2. Sono vietate tutte le indicazioni che attribuiscono a un’acqua minerale naturale proprietà per la prevenzione, la cura o la guarigione di una malattia umana.
Sono tuttavia autorizzate le menzioni di cui all’allegato III a condizione che siano rispettati i criteri corrispondenti ivi fissati o, qualora non ve ne siano, i criteri fissati dalle legislazioni nazionali e purché siano state stabilite sulla base di analisi fisico-chimiche e, se necessario, di esami farmacologici, fisiologici e clinici effettuati secondo metodi scientificamente sperimentati, conformemente alle disposizioni dell’allegato I, parte I, punto 2.
Gli Stati membri possono autorizzare le menzioni «stimola la digestione», «può favorire le funzioni epatobiliari» o menzioni analoghe. Essi possono inoltre autorizzare altre menzioni purché non siano in contrasto con i principi di cui al primo comma e siano compatibili con i principi di cui al secondo comma.
3. Gli Stati membri possono adottare disposizioni particolari per menzioni, sia sulle confezioni o sulle etichette, sia nella pubblicità, concernenti l’idoneità di un’acqua minerale naturale per l’alimentazione dei lattanti. Dette disposizioni possono riguardare anche le proprietà dell’acqua ai fini dell’utilizzazione di queste menzioni.
Gli Stati membri che hanno intenzione di adottare tali disposizioni ne informano preventivamente gli altri Stati membri e la Commissione.
4. Il termine «acqua di sorgente» è riservato alle acque destinate al consumo umano allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente, sempreché:
a)
soddisfino le condizioni di utilizzazione di cui all’allegato II, punti 2 e 3, che si applicano in toto alle acque di sorgente;
b)
soddisfino i requisiti microbiologici di cui all’articolo 5;
c)
osservino le disposizioni relative all’etichettatura di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), e all’articolo 8;
d)
non siano state sottoposte a trattamenti diversi da quelli menzionati all’articolo 4. Altri trattamenti possono essere autorizzati dalla Commissione.
Le misure di cui alla lettera d) intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Le acque di sorgente rispettano inoltre le disposizioni della direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (9).
5. Qualora non esistano disposizioni comunitarie in merito al trattamento delle acque di sorgente di cui al paragrafo 4, primo comma, lettera d), gli Stati membri possono mantenere le loro disposizioni nazionali al riguardo.
Articolo 10
Gli Stati membri adottano le opportune disposizioni affinché il commercio delle acque minerali conformi alle definizioni e alle disposizioni della presente direttiva non sia ostacolato dall’applicazione delle disposizioni nazionali non armonizzate che regolano le proprietà, la composizione, le modalità di utilizzazione, il confezionamento, l’etichettatura o la pubblicità delle acque minerali naturali o dei prodotti alimentari in genere.
Articolo 11
1. Qualsiasi Stato membro, qualora abbia circostanziati motivi per ritenere che un’acqua minerale naturale non sia conforme alle disposizioni stabilite nella presente direttiva, o presenti un pericolo per la salute pubblica, pur circolando liberamente in uno o più Stati membri, può temporaneamente sospendere o limitare, nel proprio territorio, la commercializzazione di tale prodotto. Esso ne informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri, precisando i motivi della decisione.
2. Su richiesta di qualsiasi Stato membro o della Commissione, lo Stato membro che ha riconosciuto detta acqua fornisce tutte le informazioni pertinenti relative al riconoscimento della stessa, nonché i risultati dei controlli periodici.
3. La Commissione esamina quanto prima i motivi addotti dallo Stato membro di cui al paragrafo 1 nell’ambito del comitato permanente di cui all’articolo 14, paragrafo 1, esprime senza indugio il proprio parere e prende le misure del caso.
4. Se la Commissione ritiene che siano necessarie modifiche alla presente direttiva per garantire la protezione della salute pubblica, essa adotta tali modifiche.
Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2. Per motivi imperativi di urgenza la Commissione può avvalersi della procedura d’urgenza di cui all’articolo 14, paragrafo 3.
Lo Stato membro che abbia eventualmente adottato misure di salvaguardia può mantenerle in vigore fino all’adozione delle modifiche medesime.
Articolo 12
La Commissione adotta le seguenti misure:
a)
i limiti per le concentrazioni dei componenti delle acque minerali naturali;
b)
tutte le disposizioni necessarie per indicare sulle etichette l’elevato tenore di alcuni componenti;
c)
le condizioni per l’impiego di aria arricchita di ozono, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera b);
d)
le informazioni riguardanti i trattamenti di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera c);
e)
i metodi di analisi, compresi i limiti di individuazione, per verificare l’assenza di inquinamento delle acque minerali naturali;
f)
le procedure di campionamento ed i metodi di analisi necessari per il controllo delle caratteristiche microbiologiche delle acque naturali.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Articolo 13
Le decisioni che possono avere effetti sulla salute pubblica sono adottate dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Articolo 14
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi 1, 2, 4 e 6, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 15
La presente direttiva non si applica alle acque minerali naturali destinate all’esportazione nei paesi terzi.
Articolo 16
La direttiva 80/777/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato IV, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento delle direttive indicati all’allegato IV, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato V.
Articolo 17
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 18
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, il 18 giugno 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
Š. FÜLE
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 87.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 28 maggio 2009.
(3) GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1.
(4) Cfr. allegato IV, parte A.
(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.
(8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
(9) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32.
ALLEGATO I
I. DEFINIZIONE
1.
Per «acqua minerale naturale» si intende, ai sensi dell’articolo 5, un’acqua microbiologicamente pura, la quale abbia per origine una falda o un giacimento sotterranei e provenga da una sorgente con una o più emergenze naturali o perforate.
L’acqua minerale naturale si distingue nettamente dall’acqua ordinaria da bere:
a)
per la sua natura, caratterizzata dal tenore in minerali, oligoelementi o altri costituenti ed eventualmente per taluni suoi effetti;
b)
per la sua purezza originaria;
caratteristiche, queste, rimaste entrambe intatte data l’origine sotterranea dell’acqua che è stata tenuta al riparo da ogni rischio di inquinamento.
2.
Le caratteristiche di cui al punto 1, che possono conferire all’acqua minerale naturale le sue proprietà salutari, devono essere state valutate:
a)
sui piani:
i)
geologico e idrologico;
ii)
fisico, chimico e fisico-chimico;
iii)
microbiologico;
iv)
se necessario, farmacologico, fisiologico e clinico;
b)
secondo i criteri indicati nella parte II;
c)
secondo i metodi scientificamente riconosciuti dall’autorità responsabile.
Gli esami di cui al primo comma, lettera a), punto iv), possono essere facoltativi quando l’acqua presenti quelle caratteristiche di composizione in base alle quali un’acqua è stata considerata come acqua minerale naturale nello Stato membro di origine prima del 17 luglio 1980. Ciò si verifica in particolare quando l’acqua analizzata contiene all’origine, e dopo imbottigliamento, un minimo di 1 000 mg di solidi totali in soluzione o un minimo di 250 mg di anidride carbonica libera per chilogrammo.
3.
La composizione, la temperatura e le altre caratteristiche essenziali dell’acqua minerale naturale debbono mantenersi costanti nell’ambito delle variazioni naturali; in particolare, esse non debbono subire modifiche dovute a eventuali variazioni di portata.
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, deve intendersi per microbismo normale dell’acqua minerale naturale la flora batterica percettibilmente costante, rilevata alla sorgente prima che sia intervenuta qualsiasi manipolazione e la cui composizione qualitativa e quantitativa, analizzata per il riconoscimento di detta acqua, sia sottoposta a periodici controlli.
II. PRESCRIZIONI PER L’APPLICAZIONE DELLA DEFINIZIONE
1.1. Prescrizioni applicabili per gli esami geologici e idrologici
Sono richiesti in particolare:
1.1.1.
la situazione esatta della captazione determinata dalla sua altitudine e, sul piano topografico, da una carta di scala non superiore a 1:1 000;
1.1.2.
un rapporto geologico dettagliato sull’origine e sulla natura dei terreni;
1.1.3.
la stratigrafia del giacimento idrogeologico;
1.1.4.
la descrizione dei lavori di captazione;
1.1.5.
la determinazione della zona o dettagli di altre misure di protezione della sorgente contro l’inquinamento.
1.2. Prescrizioni applicabili per gli esami fisici, chimici e fisico-chimici
Questi esami comportano in particolare la determinazione:
1.2.1.
della portata della sorgente;
1.2.2.
della temperatura dell’acqua alla sorgente e della temperatura ambiente;
1.2.3.
dei rapporti esistenti tra la natura dei terreni e la natura ed i tipi della mineralizzazione;
1.2.4.
dei residui secchi a 180 °C e 260 °C;
1.2.5.
della conduttività o della resistività elettrica, con precisazione della temperatura di misura;
1.2.6.
della concentrazione in ioni idrogeno (pH);
1.2.7.
degli anioni e cationi;
1.2.8.
degli elementi non ionizzati;
1.2.9.
degli oligo-elementi;
1.2.10.
della radio-attinologia alla sorgente;
1.2.11.
se del caso, delle proporzioni relative in isotopi degli elementi costitutivi dell’acqua, ossigeno (16O — 18O) e idrogeno (protio, deuterio, tritio);
1.2.12.
della tossicità di taluni degli elementi costitutivi dell’acqua, tenuto conto dei limiti fissati al riguardo per ciascuno di essi.
1.3. Criteri applicabili per gli esami microbiologici alla sorgente
Questi esami comportano in particolare:
1.3.1.
l’accertamento dell’assenza di parassiti e di microrganismi patogeni;
1.3.2.
la determinazione quantitativa dei microrganismi revivificabili indici di contaminazione fecale:
a)
assenza di escherichia coli e di altri colibacilli in 250 ml a 37 °C e 44,5 °C;
b)
assenza di streptococchi fecali in 250 ml;
c)
assenza di anaerobi sporigeni solfito-riduttori in 50 ml;
d)
assenza di pseudomonas aeruginosa in 250 ml;
1.3.3.
la determinazione del tenore totale di microrganismi revivificabili per ml di acqua:
a)
a 20 °C - 22 °C in 72 ore in agar-agar o miscela agar-gelatina;
b)
a 37 °C in 24 ore in agar-agar.
1.4. Prescrizioni applicabili per gli esami clinici e farmacologici
1.4.1.
La natura degli esami, cui si procede secondo metodi scientifici riconosciuti, è adattata alle caratteristiche proprie dell’acqua minerale naturale ed ai suoi effetti sull’organismo umano, quali la diuresi, il funzionamento gastrico o intestinale, la compensazione delle carenze di sostanze minerali.
1.4.2.
Eventualmente, la constatazione della costanza e della concordanza di un gran numero di osservazioni cliniche può sostituire gli esami di cui al punto 1.4.1. In casi appropriati gli esami clinici possono sostituirsi agli esami di cui al punto 1.4.1, a condizione che la costanza e la concordanza di un gran numero di osservazioni consentano di ottenere gli stessi risultati.
III. QUALIFICAZIONI COMPLEMENTARI RELATIVE ALLE ACQUE MINERALI NATURALI EFFERVESCENTI
Le acque minerali naturali effervescenti liberano, all’origine o dopo imbottigliamento, spontaneamente e in maniera nettamente percettibile, anidride carbonica alle condizioni normali di temperatura e di pressione. Esse si dividono in tre categorie alle quali si applicano rispettivamente le seguenti denominazioni riservate:
a)
«Acqua minerale naturale naturalmente gassata»: un’acqua il cui tenore di anidride carbonica proveniente dalla sorgente, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è uguale a quello della sorgente, tenuto eventualmente conto della reintegrazione di una quantità di gas proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, pari a quella liberata nel corso di tali operazioni, nonché delle tolleranze tecniche abituali;
b)
«Acqua minerale naturale rinforzata col gas della sorgente»: un’acqua il cui tenore di anidride carbonica proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è superiore a quello della sorgente;
c)
«Acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica»: un’acqua in cui è stata disciolta anidride carbonica non prelevata dalla falda o dal giacimento da cui essa proviene.
ALLEGATO II
CONDIZIONI DI UTILIZZAZIONE E DI COMMERCIALIZZAZIONE DELLE ACQUE MINERALI NATURALI
1.
L’utilizzazione di una sorgente d’acqua minerale naturale è subordinata all’autorizzazione dell’autorità responsabile del paese in cui l’acqua è stata estratta, previo accertamento della sua conformità ai criteri di cui all’allegato I, parte I.
2.
Gli impianti destinati all’utilizzazione sono realizzati in modo da escludere ogni pericolo di contaminazione e da conservare le proprietà dell’acqua corrispondenti alla sua qualificazione, esistenti alla fonte.
A tal fine, in particolare:
a)
la sorgente o il punto di emergenza sono protetti contro ogni pericolo di inquinamento;
b)
la captazione, le canalizzazioni ed i serbatoi sono realizzati con materiali adatti all’acqua e costruiti in modo da impedire qualsiasi modifica chimica, fisico-chimica e microbiologica di tale acqua;
c)
le condizioni di utilizzazione e, in particolare, gli impianti di lavaggio e di imbottigliamento soddisfano le esigenze igieniche. In particolare, i recipienti sono trattati o fabbricati in modo da evitare che le caratteristiche microbiologiche e chimiche delle acque minerali naturali vengano alterate;
d)
è proibito il trasporto dell’acqua minerale naturale a mezzo di recipienti che non siano quelli autorizzati per la distribuzione al consumatore finale.
Tuttavia si può non applicare la lettera d) alle acque minerali estratte, utilizzate e commercializzate nel territorio di uno Stato membro se in questo Stato membro, alla data del 17 luglio 1980, era autorizzato il trasporto in cisterna dell’acqua minerale naturale dalla sorgente sino allo stabilimento di imbottigliamento.
Analogamente si può non applicare la lettera d) alle acque di sorgente estratte, utilizzate e commercializzate nel territorio di uno Stato membro se in questo Stato membro, alla data del 13 dicembre 1996, era autorizzato il trasporto in cisterna dell’acqua di sorgente dalla sorgente sino allo stabilimento di imbottigliamento.
3.
Se, durante le operazioni, si constata che l’acqua minerale naturale è inquinata e non risponde più alle caratteristiche microbiologiche di cui all’articolo 5, l’imprenditore, senza indugio, sospende tutte le utilizzazioni, in particolare l’operazione di imbottigliamento, fino a quando non sia stata eliminata la causa dell’inquinamento e l’acqua non risulti conforme alle norme dell’articolo 5.
4.
L’autorità responsabile del paese di origine procede periodicamente a controlli:
a)
della conformità dell’acqua minerale naturale, di cui sia autorizzata l’utilizzazione della sorgente, alle disposizioni dell’allegato I, parte I;
b)
dell’osservanza, da parte dell’imprenditore, dei punti 2 e 3.
ALLEGATO III
MENZIONI E CRITERI PREVISTI ALL’ARTICOLO 9, PARAGRAFO 2
Menzioni
Criteri
Oligominerale o leggermente mineralizzata
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, non è superiore a 500 mg/l
Minimamente mineralizzata
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, non è superiore a 50 mg/l
Ricca in sali minerali
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, è superiore a 1 500 mg/l
Contenente bicarbonato
Il tenore di bicarbonato è superiore a 600 mg/l
Solfata
Il tenore di solfati è superiore a 200 mg/l
Clorurata
Il tenore di cloruro è superiore a 200 mg/l
Calcica
Il tenore di calcio è superiore a 150 mg/l
Magnesiaca
Il tenore di magnesio è superiore a 50 mg/l
Fluorata, o contenente fluoro
Il tenore di fluoro è superiore a 1 mg/l
Ferruginosa, o contenente ferro
Il tenore di ferro bivalente è superiore a 1 mg/l
Acidula
Il tenore di anidride carbonica libera è superiore a 250 mg/l
Sodica
Il tenore di sodio è superiore a 200 mg/l
Indicata per la preparazione degli alimenti per lattanti
—
Indicata per le diete povere di sodio
Con un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l
Può avere effetti lassativi
—
Può avere effetti diuretici
—
ALLEGATO IV
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 16)
Direttiva 80/777/CEE del Consiglio
(GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1).
Direttiva 80/1276/CEE del Consiglio
(GU L 375 del 31.12.1980, pag. 77).
limitatamente all’articolo 1, terzo trattino
Direttiva 85/7/CEE del Consiglio
(GU L 2 del 3.1.1985, pag. 22).
limitatamente all’articolo 1, punto 10
Punto B.1. o dell’allegato I all’atto di adesione del 1985
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 214).
Direttiva 96/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 299 del 23.11.1996, pag. 26).
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
limitatamente all’allegato III, punto 4
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 16)
Direttiva
Termine di attuazione
Autorizzazione del commercio dei prodotti conformi alla presente direttiva
Divieto del commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva
80/777/CEE
—
18 luglio 1982
18 luglio 1984
80/1276/CEE
—
—
—
85/7/CEE
—
—
—
96/70/CE
—
28 ottobre 1997
28 ottobre 1998 (1)
(1) Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di questa data e non conformi alla presente direttiva possono essere commercializzati sino ad esaurimento delle scorte.
ALLEGATO V
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 80/777/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 3, primo e secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 3, lettere a) e b)
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera b), primo e secondo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera b), punti i) e ii)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera c), primo e secondo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera c), punti i) e ii)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d)
—
Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 1, terzo comma
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 3, primo e secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettere a) e b)
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2 bis
Articolo 7, paragrafo 3
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, lettere a), b) e c)
Articolo 9, paragrafo 2, primo, secondo e terzo comma
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4
—
Articolo 9, paragrafo 4 bis, primo comma, dal primo al quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 4, primo comma, lettere da a) a d),
Articolo 9, paragrafo 4 bis, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 4 ter
Articolo 9, paragrafo 5
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 10
Articolo 10 bis
Articolo 11
Articolo 11, paragrafo 1, dal primo al quarto trattino
Articolo 12, lettere da a) a d)
Articolo 11, paragrafo 2, primo e secondo trattino
Articolo 12, lettere a) e b)
Articolo 11 bis
Articolo 13
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafi 2 e 3
Articolo 12, paragrafo 3
—
Articolo 13
—
Articolo 14
Articolo 15
Articolo 15
—
Articolo 16
—
—
Articolo 16
—
Articolo 17
Articolo 17
Articolo 18
Allegato I, parte I, paragrafo 1
Allegato I, parte I, paragrafo 1
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera a), punti da 1) a 4)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera a), punti da i) a iv)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, secondo comma
Allegato I, parte I, paragrafo 2, secondo comma
Allegato I, parte I, paragrafo 3
Allegato I, parte I, paragrafo 3
Allegato I, parte II, punto 1.1
Allegato I, parte II, punto 1.1
Allegato I, parte II, punto 1.2
Allegato I, parte II, punto 1.2
Allegato I, parte II, punto 1.3
Allegato I, parte II, punto 1.3
Allegato I, parte II, punto 1.3.1
Allegato I, parte II, punto 1.3.1
Allegato I, parte II, punto 1.3.2
Allegato I, parte II, punto 1.3.2
Allegato I, parte II, punto 1.3.3, punti i) e ii)
Allegato I, parte II, punto 1.3.3, lettere a) e b)
Allegato I, parte II, punto 1.4
Allegato I, parte II, punto 1.4
Allegato I, parte III
Allegato I, parte III
Allegato II
Allegato II
Allegato III
Allegato III
—
Allegato IV
—
Allegato V
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Norme dell’Unione europea sulle acque minerali naturali
SINTESI
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
Armonizza le condizioni per la vendita delle acque minerali naturali nell’Unione europea (UE) e garantisce che queste ultime siano sicure per il consumo umano.
PUNTI CHIAVE
Le autorità nazionali devono garantire che l’acqua sia conforme alla normativa dell’UE prima di conferirle la denominazione di «acqua minerale naturale». Ciascun paese dell’UE informa la Commissione europea quando tale status viene riconosciuto o revocato.
L’acqua minerale naturale importata nell’UE deve essere certificata e rispettare i criteri imposti ai concorrenti nazionali.
L’acqua minerale naturale può subire unicamente trattamenti quale ad esempio la separazione degli elementi instabili, come i composti del ferro e dello zolfo.
Alla fonte, e quando vengono messe in vendita, le acque minerali naturali devono essere prive di parassiti, colibacilli vari (tipi di batteri) e altri ingredienti pericolosi per la salute umana.
I contenitori delle acque minerali naturali devono essere adeguatamente sigillati per evitare qualsiasi contaminazione.
Le acque minerali naturali possono essere vendute, se del caso, in base alle seguenti definizioni:
acqua minerale naturale;
acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica*;
acqua minerale naturale naturalmente gassata*;
acqua minerale naturale rinforzata col gas della sorgente.
Le etichette devono inoltre contenere le informazioni seguenti:
i dettagli relativi alla composizione analitica dell’acqua;
il nome e il luogo della sorgente utilizzata;
le informazioni circa gli eventuali trattamenti ai quali l’acqua è stata sottoposta.
È illegale utilizzare più di una designazione commerciale per commercializzare acque minerali naturali provenienti dalla stessa sorgente.
Non è lecito attribuire all’acqua caratteristiche che non possiede.
Il termine «acqua di sorgente» può essere usato solo per le acque destinate al consumo umano allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente, che soddisfino le condizioni relative alla salute e all’etichettatura previste dalla normativa.
Nel caso in cui un’autorità nazionale consideri un’acqua minerale naturale pericolosa per la salute umana, potrà limitarne o vietarne la vendita e informerà gli altri paesi dell’UE e la Commissione in merito.
La normativa non si applica alle acque considerate dei medicinali, né alle acque minerali naturali utilizzate come cure all’interno di centri termali e idrotermali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 16 luglio 2009.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, vedere la pagina «Acque minerali naturali e acque di sorgente» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINI CHIAVE
* Acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica: un’acqua in cui è stata disciolta anidride carbonica (CO2) non prelevata dalla falda o dal giacimento da cui essa proviene.
* Acqua minerale naturale naturalmente gassata: un’acqua il cui tenore di CO2 proveniente dalla sorgente, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è uguale a quello della sorgente, tenuto eventualmente conto della reintegrazione di una quantità di CO2 proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, pari a quella liberata nel corso di tali operazioni.
ATTO
Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg. 45-58) |
Lavorazione sicura degli alimenti: norme comuni per i solventi da estrazione
SINTESI
L’estrazione con solventi è un modo per separare una sostanza da una o più sostanze diverse tramite l’applicazione di un solvente*. Viene usata nell’industria alimentare e deve essere regolamentata per garantire la tutela della salute umana e che i prodotti risultanti dall’impiego di tale tecnica possano essere venduti liberamente in tutta l’Unione europea (UE).
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Sostituisce la normativa precedente e istituisce un unico elenco di solventi da estrazione che possono essere usati nella lavorazione degli alimenti, dei loro ingredienti e delle materie prime seguendo buone pratiche di produzione.
PUNTI CHIAVE
I solventi da estrazione consentiti sono:
—
il propano,
—
il butano,
—
l’acetato di etile,
—
l’etanolo,
—
l’anidride carbonica,
—
l’acetone,
—
il protossido d’azoto.
I paesi dell’UE possono non proibire, limitare o impedire la vendita di alimenti o dei loro ingredienti se tali solventi sono stati usati in maniera conforme alla normativa.
I paesi dell’UE possono non autorizzare l’uso di altre sostanze o materiali in qualità di solventi da estrazione.
Le autorità nazionali possono sospendere o limitare temporaneamente l’uso di un solvente da estrazione consentito qualora ritengano, sulla base di dati comprovati, che l’uso dello stesso negli alimenti potrebbe arrecare danno alla salute umana.
Esse devono informare immediatamente gli altri paesi dell’UE e la Commissione europea, che verificherà le prove addotte a supporto della loro decisione.
Le sostanze usate in qualità di solventi da estrazione devono recare determinate informazioni in maniera visibile, leggibile e indelebile sulla confezione, sul contenitore o sull’etichetta, tra cui:
—
la denominazione commerciale;
—
una menzione chiara del fatto che la sostanza è adatta a essere impiegata per l’estrazione di prodotti alimentari o dei loro ingredienti;
—
eventuali condizioni particolari di conservazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
A decorrere dal 26 giugno 2009.
TERMINI CHIAVE
* Solvente: qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare.
* Solvente da estrazione: una sostanza impiegata durante la lavorazione di prodotti alimentari, la quale viene successivamente rimossa. Può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare. | DIRETTIVA 2009/32/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 88/344/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni di detta direttiva è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere alla sua rifusione.
(2)
Le differenze esistenti tra le legislazioni nazionali in materia di solventi da estrazione ostacolano la libera circolazione dei prodotti alimentari e possono creare condizioni di concorrenza ineguali, avendo così un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.
(3)
È necessario ravvicinare dette legislazioni per conseguire la libera circolazione dei prodotti alimentari.
(4)
Le legislazioni in merito ai solventi da estrazione destinati a essere impiegati nei prodotti alimentari dovrebbero, in primo luogo, tener conto delle esigenze della tutela della salute umana, ma anche, entro i limiti necessari per la tutela della salute, delle esigenze economiche e tecniche.
(5)
Un simile ravvicinamento dovrebbe comportare l'elaborazione di un elenco unico dei solventi da estrazione destinati alla preparazione dei prodotti alimentari o di altri ingredienti alimentari. È anche opportuno fissare criteri generali di purezza.
(6)
L'impiego di un solvente da estrazione rispettando le corrette prassi di fabbricazione dovrebbe provocare l'eliminazione della totalità o della gran parte dei residui di solventi contenuti nei prodotti alimentari o nei loro ingredienti.
(7)
In tali condizioni la presenza di residui o derivati nel prodotto alimentare finito o nell'ingrediente può essere involontaria, ma tecnicamente inevitabile.
(8)
Limitazioni specifiche, pur essendo in generale utili, non sono necessarie per le sostanze elencate nell'allegato I, parte I, e sono ammesse per quanto riguarda la sicurezza del consumatore, se tali sostanze sono state impiegate rispettando le corrette prassi di fabbricazione.
(9)
È opportuno, per tener conto della tutela della salute pubblica, determinare le condizioni di impiego di altri solventi da estrazione elencati nell'allegato I, parte II e parte III, nonché dei valori massimi dei residui autorizzati nei prodotti alimentari e nei loro ingredienti.
(10)
Dovrebbero essere definiti criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione, nonché metodi di analisi e di campionatura dei solventi da estrazione che si trovano nei e sui prodotti alimentari.
(11)
Se si dovesse ritenere che, alla luce delle nuove informazioni, l'impiego di un solvente da estrazione previsto nella presente direttiva costituisce un rischio per la salute, gli Stati membri dovrebbero poter sospenderne o limitarne l'impiego ovvero ridurre le quantità previste in attesa di una decisione a livello comunitario.
(12)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(13)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare l'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e la specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, e di adottare criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione, metodi di analisi necessari al controllo del rispetto dei criteri generali e specifici di purezza, nonché metodi di analisi e campionatura dei solventi da estrazione impiegati nei prodotti alimentari o negli ingredienti. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(14)
Per motivi di efficacia, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo dovrebbero essere abbreviati ai fini dell'adozione delle modifiche dell'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e della specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, e ai fini dell'adozione dei criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione.
(15)
Ove, per imperativi motivi d'urgenza, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo non possano essere osservati, la Commissione dovrebbe poter applicare la procedura d'urgenza prevista dall'articolo 5 bis, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE ai fini della modifica dell'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e della specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, per adottare criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione e per modificare la presente direttiva nei casi in cui risulti che l'impiego, nei prodotti alimentari, di una delle sostanze elencate nell'allegato I oppure la presenza in queste sostanze di uno o più componenti di cui all'articolo 3 è suscettibile di nuocere alla salute umana, pur essendo conforme alle disposizioni della presente direttiva.
(16)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure dei comitati. Pertanto, essi non richiedono alcuna attività di recepimento da parte degli Stati membri.
(17)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato II, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica ai solventi da estrazione impiegati o destinati a essere impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti.
La presente direttiva non si applica ai solventi da estrazione impiegati per la produzione di additivi alimentari, di vitamine e di altri additivi nutritivi, a meno che tali additivi alimentari, vitamine e additivi nutritivi figurino in uno degli elenchi dell'allegato I.
Tuttavia, gli Stati membri si accertano che l'uso di additivi alimentari, di vitamine e di altri additivi nutritivi non comporti nei prodotti alimentari residui di solventi da estrazione in proporzioni pericolose per la salute umana.
La presente direttiva si applica fatte salve le disposizioni adottate nel quadro di normative comunitarie più specifiche.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a)
«solvente»: qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare o qualsiasi componente di un prodotto alimentare, compresi gli agenti contaminanti presenti nel o sul prodotto alimentare;
b)
«solvente da estrazione»: un solvente impiegato nel corso di un procedimento di estrazione durante la lavorazione di materie prime o di prodotti alimentari, di componenti o di ingredienti di questi prodotti, il quale è rimosso, ma può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare o nell'ingrediente.
Articolo 2
1. Gli Stati membri autorizzano l'impiego, quali solventi da estrazione nella fabbricazione di prodotti alimentari o di loro ingredienti, delle sostanze e materie elencate nell'allegato I, alle condizioni d'impiego e nel rispetto delle quantità massime di residui, che sono eventualmente precisate in detto allegato.
Gli Stati membri non possono proibire, limitare od ostacolare l'immissione sul mercato dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti per motivi attinenti ai solventi da estrazione impiegati o ai loro residui se questi soddisfano le disposizioni della presente direttiva.
2. Gli Stati membri vietano l'impiego, quali solventi da estrazione, di sostanze e di materie diverse dai solventi da estrazione elencati nell'allegato I e non possono estendere queste condizioni d'impiego e le quantità massime di residui ammissibili oltre quanto ivi stabilito.
3. L'acqua, con l'eventuale aggiunta di sostanze che ne modificano l'acidità o l'alcalinità, e le altre sostanze alimentari che posseggono proprietà solventi sono autorizzate quali solventi da estrazione nella fabbricazione dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti.
Articolo 3
Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che le sostanze e le materie elencate come solventi da estrazione nell'allegato I rispettino i seguenti criteri generali e specifici di purezza:
a)
non devono contenere un quantitativo tossicologicamente pericoloso di qualsiasi elemento o sostanza;
b)
salvo deroghe eventualmente previste nei criteri specifici di purezza adottati a norma dell'articolo 4, lettera d), non devono contenere oltre 1 mg/kg di arsenico o oltre 1 mg/kg di piombo;
c)
devono soddisfare i criteri specifici di purezza adottati a norma dell'articolo 4, lettera d).
Articolo 4
La Commissione adotta:
a)
le modifiche dell'allegato I necessarie per l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico nell'ambito dell'utilizzo dei solventi, delle loro condizioni di impiego e dei limiti massimi dei residui;
b)
i metodi di analisi necessari al controllo del rispetto dei criteri generali e specifici di purezza previsti all'articolo 3;
c)
la procedura per il prelievo di campioni e i metodi di analisi qualitativa e quantitativa dei solventi da estrazione elencati nell'allegato I e impiegati nei prodotti alimentari o negli ingredienti;
d)
all'occorrenza, i criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione elencati nell'allegato I, e in particolare le quantità massime permesse di mercurio e cadmio nei solventi da estrazione.
Le misure di cui alle lettere b) e c) del primo comma, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 2.
Le misure di cui alle lettere a) e d) del primo comma, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
Ove necessario, le misure di cui alle lettere a) e d) del primo comma sono adottate secondo la procedura d'urgenza di cui all'articolo 6, paragrafo 4.
Articolo 5
1. Se uno Stato membro, a seguito di informazioni nuove o di un riesame di informazioni esistenti effettuato dopo l'adozione della presente direttiva, ha motivi precisi per stabilire che l'impiego, nei prodotti alimentari, di una sostanza elencata nell'allegato I oppure che la presenza in queste sostanze di uno o più componenti di cui all'articolo 3 è suscettibile di nuocere alla salute umana, pur essendo conforme alle disposizioni della presente direttiva, esso può sospendere o limitare temporaneamente l'applicazione delle disposizioni in questione nel proprio territorio. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione e precisa i motivi della propria decisione.
2. La Commissione esamina immediatamente i motivi addotti dallo Stato membro in questione, consulta il comitato di cui all’articolo 6, paragrafo 1, emette in seguito il proprio parere e prende gli opportuni provvedimenti che possono sostituire quelli di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
3. La Commissione adotta le modifiche della presente direttiva da essa ritenute necessarie per risolvere le difficoltà di cui al paragrafo 1 e per garantire la tutela della salute umana.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura d'urgenza di cui all'articolo 6, paragrafo 4.
In questo caso lo Stato membro che ha adottato le misure di salvaguardia può applicarle fino al momento dell'entrata in vigore delle suddette modifiche nel proprio territorio.
Articolo 6
1. La Commissione è assistita dal comitato per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (6).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4 e paragrafo 5, lettera b), e l'articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
I termini stabiliti dall'articolo 5 bis, paragrafo 3, lettera c), e paragrafo 4, lettere b) ed e), della decisione 1999/468/CE sono fissati rispettivamente a due mesi, un mese e due mesi.
4. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi 1, 2, 4 e 6, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 7
1. Gli Stati membri adottano tutti i provvedimenti necessari per garantire che le sostanze elencate nell'allegato I e destinate a essere usate nei prodotti alimentari come solventi da estrazione per uso alimentare siano immesse sul mercato soltanto se sull'imballaggio, recipiente o etichettatura figurano le seguenti indicazioni scritte in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili:
a)
la denominazione commerciale indicata conformemente all'allegato I;
b)
una menzione chiara che indica che la sostanza è di qualità adatta a essere impiegata per l'estrazione di prodotti alimentari o dei loro ingredienti;
c)
una menzione che consenta di identificare la partita;
d)
il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del fabbricante o dell'imballatore o di un venditore del prodotto stabilito all'interno della Comunità;
e)
il quantitativo netto nominale espresso in unità di volume;
f)
se del caso, le condizioni particolari di conservazione o di impiego.
2. In deroga al paragrafo 1, le indicazioni specificate alle lettere c), d), e) e f) dello stesso paragrafo possono figurare soltanto sui documenti commerciali relativi alla partita o al lotto, i quali devono accompagnare o precedere la spedizione.
3. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di pesi e misure o concernenti la classificazione, nonché il condizionamento e l'etichettatura delle sostanze e delle miscele pericolose.
4. Gli Stati membri si astengono dal fissare requisiti più dettagliati di quelli contenuti nel presente articolo in ordine alle modalità di indicazione delle indicazioni previste.
Ogni Stato membro garantisce tuttavia che la vendita di solventi da estrazione nel proprio territorio sia vietata se le indicazioni previste dal presente articolo non appaiono in un linguaggio facilmente comprensibile per gli acquirenti, salvo che l'informazione dell'acquirente non venga altrimenti garantita. La presente disposizione non impedisce che dette indicazioni siano fornite in varie lingue.
Articolo 8
1. La presente direttiva si applica anche ai solventi da estrazione impiegati o destinati a essere impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari o ingredienti alimentari importati nella Comunità.
2. La presente direttiva non si applica né ai solventi da estrazione né ai prodotti alimentari destinati all'esportazione fuori della Comunità.
Articolo 9
La direttiva 88/344/CEE, come modificata dagli atti elencati nell’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III.
Articolo 10
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 11
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 224 del 30.8.2008, pag. 87.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 157 del 24.6.1988, pag. 28.
(4) Cfr. allegato II, parte A.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
SOLVENTI DA ESTRAZIONE IMPIEGATI NEL TRATTAMENTO DI MATERIE PRIME, PRODOTTI ALIMENTARI O COMPONENTI DI PRODOTTI ALIMENTARI O LORO INGREDIENTI
PARTE I
Solventi da utilizzare, rispettando le corrette prassi di fabbricazione, per tutti gli usi
(1)
Nome:
Propano
Butano
Acetato di etile
Etanolo
Anidride carbonica
Acetone (2)
Protossido d'azoto
PARTE II
Solventi da estrazione di cui sono specificate le condizioni di impiego
Nome
Condizioni di impiego
(descrizione sommaria dell'estrazione)
Limiti massimi di residuo nel prodotto alimentare o nel suo ingrediente
Esano (3)
Produzione o frazionamento di grassi e oli e produzione di burro di cacao
1 mg/kg nel grasso o olio o nel burro di cacao
Preparazione di prodotti a base di proteine sgrassate e di farine sgrassate
10 mg/kg nei prodotti alimentari contenenti il prodotto a base di proteine sgrassate e le farine sgrassate
30 mg/kg nei prodotti sgrassati di soia venduti al consumatore finale
Preparazione di germi di cereali sgrassati
5 mg/kg nei germi di cereali sgrassati
Acetato di metile
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
20 mg/kg nel caffè o nel tè
Produzione di zucchero da melasse
1 mg/kg nello zucchero
Etilmetilchetone (4)
Frazionamento di grassi e oli
5 kg/mg nel grasso o olio
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
20 mg/kg nel caffè o nel tè
Diclorometano
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
2 mg/kg nel caffè torrefatto e 5 mg/kg nel tè
Metanolo
Per tutti gli impieghi
10 mg/kg
Propan-2-olo
Per tutti gli impieghi
10 mg/kg
PARTE III
Solventi da estrazione le cui condizioni d'utilizzazione sono precisate
Nome
Quantità massime di residui nel prodotto alimentare dovuti all'impiego di solventi da estrazione nella preparazione degli aromatizzanti a base di aromi naturali
Etere dietile
2 mg/kg
Esano (5)
1 mg/kg
Cicloesano
1 mg/kg
Acetato di metile
1 mg/kg
Butan-1-olo
1 mg/kg
Butan-2-olo
1 mg/kg
Etilmetilchetone (5)
1 mg/kg
Diclorometano
0,02 mg/kg
Propan-1-olo
1 mg/kg
1,1,1,2-tetrafluoroetano
0,02 mg/kg
(1) Si ritiene che un solvente da estrazione sia utilizzato rispettando le corrette prassi di fabbricazione se il suo uso comporta soltanto la presenza di residui o di derivati e inoltre in quantità tecnicamente inevitabili e tali da non presentare rischi per la salute umana.
(2) L'impiego di acetone nella raffinazione dell'olio di sansa di oliva è vietato.
(3) Esano: prodotto commerciale consistente essenzialmente di idrocarburi aciclici saturi, contenenti sei atomi di carbonio, che distilla fra 64 °C e 70 °C. L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
(4) La presenza di n-esano in questo solvente non deve superare 50 mg/kg. L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
(5) L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 9)
Direttiva 88/344/CEE del Consiglio
(GU L 157 del 24.6.1988, pag. 28)
Direttiva 92/115/CEE del Consiglio
(GU L 409 del 31.12.1992, pag. 31)
Direttiva 94/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 331 del 21.12.1994, pag. 10)
Direttiva 97/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 331 del 3.12.1997, pag. 7)
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1)
limitatamente al punto 9 dell'allegato III
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 9)
Direttiva
Termine di recepimento
88/344/CEE
13 giugno 1991
92/115/CEE
a)
1o luglio 1993
b)
1o gennaio 1994 (1)
94/52/CE
7 dicembre 1995
97/60/CE
a)
27 ottobre 1998
b)
27 aprile 1999 (2)
(1) A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 92/115/CEE:
«Gli Stati membri modificano le loro disposizioni legislative, regolamentari, e amministrative in modo da:
—
consentire la commercializzazione di prodotti conformi alla presente direttiva entro il 1o luglio 1993,
—
vietare la commercializzazione di prodotti non conformi alla presente direttiva con decorrenza dal 1o gennaio 1994.»
(2) A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 97/60/CE:
«Gli Stati membri modificano le proprie disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in modo da:
—
consentire la commercializzazione dei prodotti conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, non oltre il 27 ottobre 1998,
—
vietare la commercializzazione dei prodotti non conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, a decorrere dal 27 aprile 1999. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di tale data e non conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, possono essere commercializzati sino all’esaurimento delle scorte.»
ALLEGATO III
Tavola di concordanza
Direttiva 88/344/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafo 3
—
—
Articolo 6, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafo 3
—
Articolo 6, paragrafo 4
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
—
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 11
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/32/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 88/344/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni di detta direttiva è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere alla sua rifusione.
(2)
Le differenze esistenti tra le legislazioni nazionali in materia di solventi da estrazione ostacolano la libera circolazione dei prodotti alimentari e possono creare condizioni di concorrenza ineguali, avendo così un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.
(3)
È necessario ravvicinare dette legislazioni per conseguire la libera circolazione dei prodotti alimentari.
(4)
Le legislazioni in merito ai solventi da estrazione destinati a essere impiegati nei prodotti alimentari dovrebbero, in primo luogo, tener conto delle esigenze della tutela della salute umana, ma anche, entro i limiti necessari per la tutela della salute, delle esigenze economiche e tecniche.
(5)
Un simile ravvicinamento dovrebbe comportare l'elaborazione di un elenco unico dei solventi da estrazione destinati alla preparazione dei prodotti alimentari o di altri ingredienti alimentari. È anche opportuno fissare criteri generali di purezza.
(6)
L'impiego di un solvente da estrazione rispettando le corrette prassi di fabbricazione dovrebbe provocare l'eliminazione della totalità o della gran parte dei residui di solventi contenuti nei prodotti alimentari o nei loro ingredienti.
(7)
In tali condizioni la presenza di residui o derivati nel prodotto alimentare finito o nell'ingrediente può essere involontaria, ma tecnicamente inevitabile.
(8)
Limitazioni specifiche, pur essendo in generale utili, non sono necessarie per le sostanze elencate nell'allegato I, parte I, e sono ammesse per quanto riguarda la sicurezza del consumatore, se tali sostanze sono state impiegate rispettando le corrette prassi di fabbricazione.
(9)
È opportuno, per tener conto della tutela della salute pubblica, determinare le condizioni di impiego di altri solventi da estrazione elencati nell'allegato I, parte II e parte III, nonché dei valori massimi dei residui autorizzati nei prodotti alimentari e nei loro ingredienti.
(10)
Dovrebbero essere definiti criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione, nonché metodi di analisi e di campionatura dei solventi da estrazione che si trovano nei e sui prodotti alimentari.
(11)
Se si dovesse ritenere che, alla luce delle nuove informazioni, l'impiego di un solvente da estrazione previsto nella presente direttiva costituisce un rischio per la salute, gli Stati membri dovrebbero poter sospenderne o limitarne l'impiego ovvero ridurre le quantità previste in attesa di una decisione a livello comunitario.
(12)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(13)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare l'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e la specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, e di adottare criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione, metodi di analisi necessari al controllo del rispetto dei criteri generali e specifici di purezza, nonché metodi di analisi e campionatura dei solventi da estrazione impiegati nei prodotti alimentari o negli ingredienti. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(14)
Per motivi di efficacia, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo dovrebbero essere abbreviati ai fini dell'adozione delle modifiche dell'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e della specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, e ai fini dell'adozione dei criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione.
(15)
Ove, per imperativi motivi d'urgenza, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo non possano essere osservati, la Commissione dovrebbe poter applicare la procedura d'urgenza prevista dall'articolo 5 bis, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE ai fini della modifica dell'elenco dei solventi da estrazione impiegati nel trattamento di materie prime, prodotti alimentari o componenti di prodotti alimentari o loro ingredienti, e della specificazione delle relative condizioni d'impiego e dei limiti massimi dei residui, per adottare criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione e per modificare la presente direttiva nei casi in cui risulti che l'impiego, nei prodotti alimentari, di una delle sostanze elencate nell'allegato I oppure la presenza in queste sostanze di uno o più componenti di cui all'articolo 3 è suscettibile di nuocere alla salute umana, pur essendo conforme alle disposizioni della presente direttiva.
(16)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure dei comitati. Pertanto, essi non richiedono alcuna attività di recepimento da parte degli Stati membri.
(17)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato II, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica ai solventi da estrazione impiegati o destinati a essere impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti.
La presente direttiva non si applica ai solventi da estrazione impiegati per la produzione di additivi alimentari, di vitamine e di altri additivi nutritivi, a meno che tali additivi alimentari, vitamine e additivi nutritivi figurino in uno degli elenchi dell'allegato I.
Tuttavia, gli Stati membri si accertano che l'uso di additivi alimentari, di vitamine e di altri additivi nutritivi non comporti nei prodotti alimentari residui di solventi da estrazione in proporzioni pericolose per la salute umana.
La presente direttiva si applica fatte salve le disposizioni adottate nel quadro di normative comunitarie più specifiche.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a)
«solvente»: qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare o qualsiasi componente di un prodotto alimentare, compresi gli agenti contaminanti presenti nel o sul prodotto alimentare;
b)
«solvente da estrazione»: un solvente impiegato nel corso di un procedimento di estrazione durante la lavorazione di materie prime o di prodotti alimentari, di componenti o di ingredienti di questi prodotti, il quale è rimosso, ma può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare o nell'ingrediente.
Articolo 2
1. Gli Stati membri autorizzano l'impiego, quali solventi da estrazione nella fabbricazione di prodotti alimentari o di loro ingredienti, delle sostanze e materie elencate nell'allegato I, alle condizioni d'impiego e nel rispetto delle quantità massime di residui, che sono eventualmente precisate in detto allegato.
Gli Stati membri non possono proibire, limitare od ostacolare l'immissione sul mercato dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti per motivi attinenti ai solventi da estrazione impiegati o ai loro residui se questi soddisfano le disposizioni della presente direttiva.
2. Gli Stati membri vietano l'impiego, quali solventi da estrazione, di sostanze e di materie diverse dai solventi da estrazione elencati nell'allegato I e non possono estendere queste condizioni d'impiego e le quantità massime di residui ammissibili oltre quanto ivi stabilito.
3. L'acqua, con l'eventuale aggiunta di sostanze che ne modificano l'acidità o l'alcalinità, e le altre sostanze alimentari che posseggono proprietà solventi sono autorizzate quali solventi da estrazione nella fabbricazione dei prodotti alimentari o dei loro ingredienti.
Articolo 3
Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che le sostanze e le materie elencate come solventi da estrazione nell'allegato I rispettino i seguenti criteri generali e specifici di purezza:
a)
non devono contenere un quantitativo tossicologicamente pericoloso di qualsiasi elemento o sostanza;
b)
salvo deroghe eventualmente previste nei criteri specifici di purezza adottati a norma dell'articolo 4, lettera d), non devono contenere oltre 1 mg/kg di arsenico o oltre 1 mg/kg di piombo;
c)
devono soddisfare i criteri specifici di purezza adottati a norma dell'articolo 4, lettera d).
Articolo 4
La Commissione adotta:
a)
le modifiche dell'allegato I necessarie per l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico nell'ambito dell'utilizzo dei solventi, delle loro condizioni di impiego e dei limiti massimi dei residui;
b)
i metodi di analisi necessari al controllo del rispetto dei criteri generali e specifici di purezza previsti all'articolo 3;
c)
la procedura per il prelievo di campioni e i metodi di analisi qualitativa e quantitativa dei solventi da estrazione elencati nell'allegato I e impiegati nei prodotti alimentari o negli ingredienti;
d)
all'occorrenza, i criteri specifici di purezza per i solventi da estrazione elencati nell'allegato I, e in particolare le quantità massime permesse di mercurio e cadmio nei solventi da estrazione.
Le misure di cui alle lettere b) e c) del primo comma, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 2.
Le misure di cui alle lettere a) e d) del primo comma, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
Ove necessario, le misure di cui alle lettere a) e d) del primo comma sono adottate secondo la procedura d'urgenza di cui all'articolo 6, paragrafo 4.
Articolo 5
1. Se uno Stato membro, a seguito di informazioni nuove o di un riesame di informazioni esistenti effettuato dopo l'adozione della presente direttiva, ha motivi precisi per stabilire che l'impiego, nei prodotti alimentari, di una sostanza elencata nell'allegato I oppure che la presenza in queste sostanze di uno o più componenti di cui all'articolo 3 è suscettibile di nuocere alla salute umana, pur essendo conforme alle disposizioni della presente direttiva, esso può sospendere o limitare temporaneamente l'applicazione delle disposizioni in questione nel proprio territorio. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione e precisa i motivi della propria decisione.
2. La Commissione esamina immediatamente i motivi addotti dallo Stato membro in questione, consulta il comitato di cui all’articolo 6, paragrafo 1, emette in seguito il proprio parere e prende gli opportuni provvedimenti che possono sostituire quelli di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
3. La Commissione adotta le modifiche della presente direttiva da essa ritenute necessarie per risolvere le difficoltà di cui al paragrafo 1 e per garantire la tutela della salute umana.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura d'urgenza di cui all'articolo 6, paragrafo 4.
In questo caso lo Stato membro che ha adottato le misure di salvaguardia può applicarle fino al momento dell'entrata in vigore delle suddette modifiche nel proprio territorio.
Articolo 6
1. La Commissione è assistita dal comitato per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dall’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (6).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4 e paragrafo 5, lettera b), e l'articolo 7, della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
I termini stabiliti dall'articolo 5 bis, paragrafo 3, lettera c), e paragrafo 4, lettere b) ed e), della decisione 1999/468/CE sono fissati rispettivamente a due mesi, un mese e due mesi.
4. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi 1, 2, 4 e 6, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 7
1. Gli Stati membri adottano tutti i provvedimenti necessari per garantire che le sostanze elencate nell'allegato I e destinate a essere usate nei prodotti alimentari come solventi da estrazione per uso alimentare siano immesse sul mercato soltanto se sull'imballaggio, recipiente o etichettatura figurano le seguenti indicazioni scritte in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili:
a)
la denominazione commerciale indicata conformemente all'allegato I;
b)
una menzione chiara che indica che la sostanza è di qualità adatta a essere impiegata per l'estrazione di prodotti alimentari o dei loro ingredienti;
c)
una menzione che consenta di identificare la partita;
d)
il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del fabbricante o dell'imballatore o di un venditore del prodotto stabilito all'interno della Comunità;
e)
il quantitativo netto nominale espresso in unità di volume;
f)
se del caso, le condizioni particolari di conservazione o di impiego.
2. In deroga al paragrafo 1, le indicazioni specificate alle lettere c), d), e) e f) dello stesso paragrafo possono figurare soltanto sui documenti commerciali relativi alla partita o al lotto, i quali devono accompagnare o precedere la spedizione.
3. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di pesi e misure o concernenti la classificazione, nonché il condizionamento e l'etichettatura delle sostanze e delle miscele pericolose.
4. Gli Stati membri si astengono dal fissare requisiti più dettagliati di quelli contenuti nel presente articolo in ordine alle modalità di indicazione delle indicazioni previste.
Ogni Stato membro garantisce tuttavia che la vendita di solventi da estrazione nel proprio territorio sia vietata se le indicazioni previste dal presente articolo non appaiono in un linguaggio facilmente comprensibile per gli acquirenti, salvo che l'informazione dell'acquirente non venga altrimenti garantita. La presente disposizione non impedisce che dette indicazioni siano fornite in varie lingue.
Articolo 8
1. La presente direttiva si applica anche ai solventi da estrazione impiegati o destinati a essere impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari o ingredienti alimentari importati nella Comunità.
2. La presente direttiva non si applica né ai solventi da estrazione né ai prodotti alimentari destinati all'esportazione fuori della Comunità.
Articolo 9
La direttiva 88/344/CEE, come modificata dagli atti elencati nell’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale di cui all’allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III.
Articolo 10
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 11
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 224 del 30.8.2008, pag. 87.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 157 del 24.6.1988, pag. 28.
(4) Cfr. allegato II, parte A.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
SOLVENTI DA ESTRAZIONE IMPIEGATI NEL TRATTAMENTO DI MATERIE PRIME, PRODOTTI ALIMENTARI O COMPONENTI DI PRODOTTI ALIMENTARI O LORO INGREDIENTI
PARTE I
Solventi da utilizzare, rispettando le corrette prassi di fabbricazione, per tutti gli usi
(1)
Nome:
Propano
Butano
Acetato di etile
Etanolo
Anidride carbonica
Acetone (2)
Protossido d'azoto
PARTE II
Solventi da estrazione di cui sono specificate le condizioni di impiego
Nome
Condizioni di impiego
(descrizione sommaria dell'estrazione)
Limiti massimi di residuo nel prodotto alimentare o nel suo ingrediente
Esano (3)
Produzione o frazionamento di grassi e oli e produzione di burro di cacao
1 mg/kg nel grasso o olio o nel burro di cacao
Preparazione di prodotti a base di proteine sgrassate e di farine sgrassate
10 mg/kg nei prodotti alimentari contenenti il prodotto a base di proteine sgrassate e le farine sgrassate
30 mg/kg nei prodotti sgrassati di soia venduti al consumatore finale
Preparazione di germi di cereali sgrassati
5 mg/kg nei germi di cereali sgrassati
Acetato di metile
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
20 mg/kg nel caffè o nel tè
Produzione di zucchero da melasse
1 mg/kg nello zucchero
Etilmetilchetone (4)
Frazionamento di grassi e oli
5 kg/mg nel grasso o olio
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
20 mg/kg nel caffè o nel tè
Diclorometano
Decaffeinizzazione o eliminazione delle sostanze irritanti e amare del caffè e del tè
2 mg/kg nel caffè torrefatto e 5 mg/kg nel tè
Metanolo
Per tutti gli impieghi
10 mg/kg
Propan-2-olo
Per tutti gli impieghi
10 mg/kg
PARTE III
Solventi da estrazione le cui condizioni d'utilizzazione sono precisate
Nome
Quantità massime di residui nel prodotto alimentare dovuti all'impiego di solventi da estrazione nella preparazione degli aromatizzanti a base di aromi naturali
Etere dietile
2 mg/kg
Esano (5)
1 mg/kg
Cicloesano
1 mg/kg
Acetato di metile
1 mg/kg
Butan-1-olo
1 mg/kg
Butan-2-olo
1 mg/kg
Etilmetilchetone (5)
1 mg/kg
Diclorometano
0,02 mg/kg
Propan-1-olo
1 mg/kg
1,1,1,2-tetrafluoroetano
0,02 mg/kg
(1) Si ritiene che un solvente da estrazione sia utilizzato rispettando le corrette prassi di fabbricazione se il suo uso comporta soltanto la presenza di residui o di derivati e inoltre in quantità tecnicamente inevitabili e tali da non presentare rischi per la salute umana.
(2) L'impiego di acetone nella raffinazione dell'olio di sansa di oliva è vietato.
(3) Esano: prodotto commerciale consistente essenzialmente di idrocarburi aciclici saturi, contenenti sei atomi di carbonio, che distilla fra 64 °C e 70 °C. L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
(4) La presenza di n-esano in questo solvente non deve superare 50 mg/kg. L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
(5) L'impiego combinato dell'esano e dell'etilmetilchetone è vietato.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 9)
Direttiva 88/344/CEE del Consiglio
(GU L 157 del 24.6.1988, pag. 28)
Direttiva 92/115/CEE del Consiglio
(GU L 409 del 31.12.1992, pag. 31)
Direttiva 94/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 331 del 21.12.1994, pag. 10)
Direttiva 97/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 331 del 3.12.1997, pag. 7)
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1)
limitatamente al punto 9 dell'allegato III
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 9)
Direttiva
Termine di recepimento
88/344/CEE
13 giugno 1991
92/115/CEE
a)
1o luglio 1993
b)
1o gennaio 1994 (1)
94/52/CE
7 dicembre 1995
97/60/CE
a)
27 ottobre 1998
b)
27 aprile 1999 (2)
(1) A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 92/115/CEE:
«Gli Stati membri modificano le loro disposizioni legislative, regolamentari, e amministrative in modo da:
—
consentire la commercializzazione di prodotti conformi alla presente direttiva entro il 1o luglio 1993,
—
vietare la commercializzazione di prodotti non conformi alla presente direttiva con decorrenza dal 1o gennaio 1994.»
(2) A norma dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 97/60/CE:
«Gli Stati membri modificano le proprie disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in modo da:
—
consentire la commercializzazione dei prodotti conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, non oltre il 27 ottobre 1998,
—
vietare la commercializzazione dei prodotti non conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, a decorrere dal 27 aprile 1999. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di tale data e non conformi alla direttiva 88/344/CEE, quale modificata dalla presente direttiva, possono essere commercializzati sino all’esaurimento delle scorte.»
ALLEGATO III
Tavola di concordanza
Direttiva 88/344/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafo 3
—
—
Articolo 6, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafo 3
—
Articolo 6, paragrafo 4
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
—
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 11
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Lavorazione sicura degli alimenti: norme comuni per i solventi da estrazione
SINTESI
L’estrazione con solventi è un modo per separare una sostanza da una o più sostanze diverse tramite l’applicazione di un solvente*. Viene usata nell’industria alimentare e deve essere regolamentata per garantire la tutela della salute umana e che i prodotti risultanti dall’impiego di tale tecnica possano essere venduti liberamente in tutta l’Unione europea (UE).
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Sostituisce la normativa precedente e istituisce un unico elenco di solventi da estrazione che possono essere usati nella lavorazione degli alimenti, dei loro ingredienti e delle materie prime seguendo buone pratiche di produzione.
PUNTI CHIAVE
I solventi da estrazione consentiti sono:
—
il propano,
—
il butano,
—
l’acetato di etile,
—
l’etanolo,
—
l’anidride carbonica,
—
l’acetone,
—
il protossido d’azoto.
I paesi dell’UE possono non proibire, limitare o impedire la vendita di alimenti o dei loro ingredienti se tali solventi sono stati usati in maniera conforme alla normativa.
I paesi dell’UE possono non autorizzare l’uso di altre sostanze o materiali in qualità di solventi da estrazione.
Le autorità nazionali possono sospendere o limitare temporaneamente l’uso di un solvente da estrazione consentito qualora ritengano, sulla base di dati comprovati, che l’uso dello stesso negli alimenti potrebbe arrecare danno alla salute umana.
Esse devono informare immediatamente gli altri paesi dell’UE e la Commissione europea, che verificherà le prove addotte a supporto della loro decisione.
Le sostanze usate in qualità di solventi da estrazione devono recare determinate informazioni in maniera visibile, leggibile e indelebile sulla confezione, sul contenitore o sull’etichetta, tra cui:
—
la denominazione commerciale;
—
una menzione chiara del fatto che la sostanza è adatta a essere impiegata per l’estrazione di prodotti alimentari o dei loro ingredienti;
—
eventuali condizioni particolari di conservazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
A decorrere dal 26 giugno 2009.
TERMINI CHIAVE
* Solvente: qualsiasi sostanza atta a dissolvere un prodotto alimentare.
* Solvente da estrazione: una sostanza impiegata durante la lavorazione di prodotti alimentari, la quale viene successivamente rimossa. Può condurre alla presenza, non intenzionale ma tecnicamente inevitabile, di residui o di derivati nel prodotto alimentare. |
Colorazione dei medicinali (rifusione)
Di fronte al sussistere di disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali, la Commissione europea ha ritenuto necessario attuare una rifusione della direttiva 78/25/CEE. È importante non ostacolare lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi di medicinali in seno alla Comunità.
ATTO
Direttiva 2009/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE).
SINTESI
La presente direttiva riguarda le specifiche relative alla colorazione dei medicinali.
Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario possono essere utilizzate soltanto le sostanze di cui all’allegato I della direttiva 94/36/CE.
Le sostanze di cui all’allegato I devono soddisfare le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti di purezza specifici di cui all’allegato I della direttiva 95/45/CE. I metodi di analisi necessari per il controllo di tali requisiti sono disciplinati dalla direttiva 81/712/CEE.
Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall’allegato I della direttiva 94/36/CE, questo periodo di utilizzazione supplementare si applica anche ai medicinali. La Commissione ha tuttavia facoltà di modificare la durata di detto periodo.
La Commissione è assistita da un comitato per adattare le direttive ai progressi della tecnica. Il comitato è composto da rappresentanti degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.
La presente direttiva abroga la direttiva 78/25/CEE.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2009/35/CE
20.5.2009
-
GU L 109 del 30.4.2009 | DIRETTIVA 2009/35/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 78/25/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione.
(2)
Ogni legislazione relativa ai medicinali deve porsi come obiettivo primario la tutela della salute pubblica. Tuttavia, tale scopo deve essere conseguito con mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell'industria farmaceutica né gli scambi di medicinali in seno alla Comunità.
(3)
La direttiva 94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1994, sulle sostanze coloranti destinate a essere utilizzate nei prodotti alimentari (5), ha stabilito un elenco unico delle sostanze coloranti di cui è autorizzato l'impiego nei prodotti alimentari, ma continuano a sussistere disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali.
(4)
Tali disparità contribuiscono a ostacolare gli scambi di medicinali in seno alla Comunità, nonché quelli delle sostanze che possono essere aggiunte a tali prodotti ai fini della loro colorazione. Simili disparità hanno pertanto un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.
(5)
L'esperienza ha dimostrato che non è giustificato, per motivi di salute, il divieto di ricorrere, nella preparazione dei medicinali, a coloranti il cui impiego è autorizzato per la colorazione dei prodotti alimentari e che occorre pertanto far riferimento, per i medicinali, all’allegato I della direttiva 94/36/CE così come all’allegato della direttiva 95/45/CE della Commissione, del 26 luglio 1995, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per le sostanze coloranti per uso alimentare (6).
(6)
Tuttavia occorre evitare, per quanto possibile, perturbazioni di ordine tecnologico ed economico quando negli alimenti e nei medicinali è vietato l'impiego di una sostanza colorante per motivi di tutela della salute pubblica. A tal fine, dovrebbe essere prevista una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore delle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione.
(7)
Le misure necessarie per l'esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).
(8)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare il periodo limitato d'utilizzazione per alcuni medicinali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(9)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri.
(10)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario, definiti all’articolo 1 della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (8), e all'articolo 1 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (9), gli Stati membri autorizzano soltanto le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie a garantire che le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE soddisfino le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti specifici di cui all'allegato della direttiva 95/45/CE.
Articolo 3
I metodi di analisi necessari per il controllo dei requisiti di purezza generali e specifici, adottati ai sensi della prima direttiva 81/712/CEE della Commissione, del 28 luglio 1981, che fissa metodi d'analisi comunitari per il controllo dei criteri di purezza di taluni additivi alimentari (10), sono applicabili anche nell'ambito della presente direttiva.
Articolo 4
Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l'immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall'allegato I della direttiva 94/36/CE, questa disposizione si applica anche ai medicinali.
Per quanto riguarda i medicinali, tuttavia, il periodo limitato di utilizzazione può essere modificato dalla Commissione.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 2.
Articolo 5
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 6
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 7
La direttiva 78/25/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati all'allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II.
Articolo 8
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 9
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 41.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18.
(4) Cfr. allegato I, parte A.
(5) GU L 237 del 10.9.1994, pag. 13. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16).
(6) GU L 226 del 22.9.1995, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1.
(9) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.
(10) GU L 257 del 10.9.1981, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 7)
Direttiva 78/25/CEE del Consiglio
(GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18)
Atto di adesione del 1979, allegato I, sezione X, punto D
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108)
Direttiva 81/464/CEE del Consiglio
(GU L 183 del 4.7.1981, pag. 33)
Atto di adesione del 1985, allegato I, sezione IX, punto C
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 217)
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36)
limitatamente all’allegato III, punto 25
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 7)
Direttive
Termine di recepimento
78/25/CEE
15 giugno 1979 (1)
81/464/CEE
30 settembre 1981
(1) In base all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 78/25/CEE: «2. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare, fino al termine di quattro anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, l'immissione in commercio sul suo territorio di medicinali contenenti sostanze coloranti che non rispondono alle prescrizioni della direttiva, purché esse siano state autorizzate anteriormente all'adozione di quest'ultima».
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Direttiva 78/25/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, primo comma
Articolo 1
Articolo 1, secondo comma
—
Articoli 2 e 3
Articoli 2 e 3
Articolo 4, prima frase
Articolo 4, primo paragrafo
Articolo 4, seconda frase, prima parte
Articolo 4, secondo paragrafo
Articolo 4, seconda frase, seconda parte
Articolo 4, terzo paragrafo
Articolo 5, paragrafo 1, e articolo 6, paragrafi 1 e 2
Articolo 5
Articolo 6, paragrafo 3
—
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
—
Articolo 7, paragrafo 4
Articolo 6
—
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/35/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 78/25/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione.
(2)
Ogni legislazione relativa ai medicinali deve porsi come obiettivo primario la tutela della salute pubblica. Tuttavia, tale scopo deve essere conseguito con mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell'industria farmaceutica né gli scambi di medicinali in seno alla Comunità.
(3)
La direttiva 94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1994, sulle sostanze coloranti destinate a essere utilizzate nei prodotti alimentari (5), ha stabilito un elenco unico delle sostanze coloranti di cui è autorizzato l'impiego nei prodotti alimentari, ma continuano a sussistere disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali.
(4)
Tali disparità contribuiscono a ostacolare gli scambi di medicinali in seno alla Comunità, nonché quelli delle sostanze che possono essere aggiunte a tali prodotti ai fini della loro colorazione. Simili disparità hanno pertanto un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.
(5)
L'esperienza ha dimostrato che non è giustificato, per motivi di salute, il divieto di ricorrere, nella preparazione dei medicinali, a coloranti il cui impiego è autorizzato per la colorazione dei prodotti alimentari e che occorre pertanto far riferimento, per i medicinali, all’allegato I della direttiva 94/36/CE così come all’allegato della direttiva 95/45/CE della Commissione, del 26 luglio 1995, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per le sostanze coloranti per uso alimentare (6).
(6)
Tuttavia occorre evitare, per quanto possibile, perturbazioni di ordine tecnologico ed economico quando negli alimenti e nei medicinali è vietato l'impiego di una sostanza colorante per motivi di tutela della salute pubblica. A tal fine, dovrebbe essere prevista una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore delle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione.
(7)
Le misure necessarie per l'esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7).
(8)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare il periodo limitato d'utilizzazione per alcuni medicinali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(9)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri.
(10)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario, definiti all’articolo 1 della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (8), e all'articolo 1 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (9), gli Stati membri autorizzano soltanto le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie a garantire che le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE soddisfino le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti specifici di cui all'allegato della direttiva 95/45/CE.
Articolo 3
I metodi di analisi necessari per il controllo dei requisiti di purezza generali e specifici, adottati ai sensi della prima direttiva 81/712/CEE della Commissione, del 28 luglio 1981, che fissa metodi d'analisi comunitari per il controllo dei criteri di purezza di taluni additivi alimentari (10), sono applicabili anche nell'ambito della presente direttiva.
Articolo 4
Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l'immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall'allegato I della direttiva 94/36/CE, questa disposizione si applica anche ai medicinali.
Per quanto riguarda i medicinali, tuttavia, il periodo limitato di utilizzazione può essere modificato dalla Commissione.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 2.
Articolo 5
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 6
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 7
La direttiva 78/25/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati all'allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II.
Articolo 8
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 9
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 41.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18.
(4) Cfr. allegato I, parte A.
(5) GU L 237 del 10.9.1994, pag. 13. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16).
(6) GU L 226 del 22.9.1995, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1.
(9) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.
(10) GU L 257 del 10.9.1981, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 7)
Direttiva 78/25/CEE del Consiglio
(GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18)
Atto di adesione del 1979, allegato I, sezione X, punto D
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108)
Direttiva 81/464/CEE del Consiglio
(GU L 183 del 4.7.1981, pag. 33)
Atto di adesione del 1985, allegato I, sezione IX, punto C
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 217)
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36)
limitatamente all’allegato III, punto 25
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 7)
Direttive
Termine di recepimento
78/25/CEE
15 giugno 1979 (1)
81/464/CEE
30 settembre 1981
(1) In base all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 78/25/CEE: «2. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare, fino al termine di quattro anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, l'immissione in commercio sul suo territorio di medicinali contenenti sostanze coloranti che non rispondono alle prescrizioni della direttiva, purché esse siano state autorizzate anteriormente all'adozione di quest'ultima».
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Direttiva 78/25/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, primo comma
Articolo 1
Articolo 1, secondo comma
—
Articoli 2 e 3
Articoli 2 e 3
Articolo 4, prima frase
Articolo 4, primo paragrafo
Articolo 4, seconda frase, prima parte
Articolo 4, secondo paragrafo
Articolo 4, seconda frase, seconda parte
Articolo 4, terzo paragrafo
Articolo 5, paragrafo 1, e articolo 6, paragrafi 1 e 2
Articolo 5
Articolo 6, paragrafo 3
—
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
—
Articolo 7, paragrafo 4
Articolo 6
—
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Colorazione dei medicinali (rifusione)
Di fronte al sussistere di disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali, la Commissione europea ha ritenuto necessario attuare una rifusione della direttiva 78/25/CEE. È importante non ostacolare lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi di medicinali in seno alla Comunità.
ATTO
Direttiva 2009/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE).
SINTESI
La presente direttiva riguarda le specifiche relative alla colorazione dei medicinali.
Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario possono essere utilizzate soltanto le sostanze di cui all’allegato I della direttiva 94/36/CE.
Le sostanze di cui all’allegato I devono soddisfare le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti di purezza specifici di cui all’allegato I della direttiva 95/45/CE. I metodi di analisi necessari per il controllo di tali requisiti sono disciplinati dalla direttiva 81/712/CEE.
Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall’allegato I della direttiva 94/36/CE, questo periodo di utilizzazione supplementare si applica anche ai medicinali. La Commissione ha tuttavia facoltà di modificare la durata di detto periodo.
La Commissione è assistita da un comitato per adattare le direttive ai progressi della tecnica. Il comitato è composto da rappresentanti degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.
La presente direttiva abroga la direttiva 78/25/CEE.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2009/35/CE
20.5.2009
-
GU L 109 del 30.4.2009 |
Strumenti di misura e metodi di controllo metrologico — Disposizioni comuni
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Definisce le regole generali della CE (Comunità europea) per l’approvazione del modello, la verifica iniziale e i metodi di controllo metrologico degli strumenti di misura.
Altre direttive di esecuzione su varie categorie di strumenti affrontano in dettaglio i requisiti tecnici.
La direttiva abroga la direttiva 71/316/CEE.
PUNTI CHIAVE
Anteriormente alla prima utilizzazione degli strumenti di misura, gli Stati membri sono responsabili di garantirne la conformità con i requisiti tecnici. Ciò si ottiene tramite l’approvazione CE del modello e la verifica, riconosciuta in tutto il territorio dell’Unione europea (UE). La direttiva riguarda:strumenti di misura; unità di misura; l’armonizzazione dei metodi di misura e il controllo metrologico; i mezzi per l’applicazione dei metodi di armonizzazione; metodi di misurazione, controllo metrologico e marcatura dei quantitativi di prodotti confezionati. Approvazione del modello CEUna domanda di approvazione CE del modello può essere presentata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità, in un solo Stato membro. Gli Stati membri devono assicurarsi di essere informati di qualunque modifica o aggiunta apportata al modello approvato e in caso di modifiche essi ne informano gli altri Stati membri. Per il modello modificato e qualora le direttive pertinenti introducano nuovi requisiti può essere necessaria una nuova approvazione CE del modello. In seguito all’approvazione, lo Stato membro redige un certificato e il fabbricante appone il contrassegno ufficiale di approvazione all’impianto interessato. La durata di validità del certificato è di dieci anni, prorogabile per ulteriori periodi di dieci anni. Nella domanda viene indicato quanto segue:utilizzazione prevista; caratteristiche metrologiche; costruzione e funzionamento; dispositivi di registrazione e di aggiustaggio; i luoghi previsti per apporvi i marchi di verifica (qualora vengano apposti sullo strumento); disegni di massima e dettagliati dei particolari di maggiore interesse; disegni o fotografie che illustrino i principi di funzionamento. L’esame consiste nello studio dei documenti ed esame delle caratteristiche metrologiche del modello, compreso il comportamento d’insieme dello strumento nelle normali condizioni d’impiego.
Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello può revocarla se è stata concessa indebitamente o se viene successivamente rilevato un difetto nello strumento. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione europea, e fa in modo di comporre eventuali controversie, in consultazione con la Commissione dove necessario.
Ove siano impiegate tecniche nuove non previste da una direttiva particolare, può essere concessa un’approvazione CE del modello di effetto limitato fino a due anni (prorogabile a un massimo di tre anni) con alcune restrizioni, compresa una limitazione del numero di strumenti che beneficiano dell’approvazione e disposizioni limitative particolari relative alla tecnica impiegata.
Verifica prima CE
La verifica prima CE è il controllo e la conferma della conformità di uno strumento nuovo o rimesso a nuovo* per assicurarne la conformità al modello approvato CE e/o alle direttive pertinenti, e viene certificata dall’apposizione del marchio di verifica prima CE. L’esame prevede la valutazione delle caratteristiche metrologiche, degli errori massimi tollerati e una valutazione dell’affidabilità della costruzione.
Se uno strumento ha superato la verifica prima CE conformemente alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari, il marchio di verifica CE può essere apposto dal fabbricante.
Controllo degli strumenti in uso
Direttive particolari forniscono indicazioni sui requisiti per il controllo di strumenti di misurazione già in uso.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 18 maggio 2009.
Direttiva 2009/34/CE che modifica e sostituisce la direttiva 71/316/CEE — e successive modifiche.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Metrologia legale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Rimesso a nuovo: uno strumento usato che è stato rimesso in buone condizioni.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico (rifusione) (GU L 106 del 28.4.2009, pagg. 7-24)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2011/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che abroga le direttive 71/317/CEE, 71/347/CEE, 71/349/CEE, 74/148/CEE, 75/33/CEE, 76/765/CEE, 76/766/CEE e 86/217/CEE del Consiglio relative alla metrologia (GU L 71 del 18.3.2011, pagg. 1-3) | DIRETTIVA 2009/34/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 71/316/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico (3) ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per ragioni di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
In ciascuno Stato membro disposizioni cogenti fissano le caratteristiche tecniche degli strumenti di misura, nonché i metodi di controllo metrologico; tali prescrizioni differiscono da uno Stato membro all’altro. A causa della loro disparità esse ostacolano gli scambi e possono creare condizioni disuguali di concorrenza all’interno della Comunità.
(3)
I controlli esistenti in ciascuno Stato membro sono tra l’altro volti a garantire agli acquirenti che i quantitativi forniti corrispondano al prezzo pagato. Pertanto la presente direttiva non dovrebbe avere lo scopo di sopprimere tali controlli, bensì di eliminare le differenze tra le regolamentazioni, laddove esse costituiscano un ostacolo agli scambi.
(4)
Tali ostacoli all’istituzione e al funzionamento del mercato interno possono essere ridotti o eliminati se le stesse disposizioni vengono applicate in tutti gli Stati membri, inizialmente a complemento delle disposizioni nazionali vigenti, e, successivamente, quando sussisteranno le condizioni necessarie, in sostituzione di tali disposizioni nazionali.
(5)
Anche nel periodo in cui esse coesistono con le disposizioni nazionali, le prescrizioni comunitarie offrono alle imprese la possibilità di avere una produzione con caratteristiche tecniche uniformi, che può pertanto essere immessa nel commercio e utilizzata all’interno di tutta la Comunità dopo essere stata sottoposta ai controlli CE.
(6)
Le prescrizioni comunitarie in materia di costruzione e di funzionamento dovrebbero garantire che gli strumenti diano in maniera continuativa misurazioni sufficientemente esatte in funzione dell’uso cui sono destinati.
(7)
Un controllo dell’osservanza delle prescrizioni tecniche è tradizionalmente effettuato dagli Stati membri anteriormente all’immissione in commercio o alla prima utilizzazione e, se del caso, durante l’utilizzazione degli strumenti di misura, in particolare con le procedure di approvazione del modello e di verifica. Per attuare la libera circolazione di tali strumenti all’interno della Comunità è altresì necessario prevedere tra gli Stati membri un reciproco riconoscimento delle operazioni di controllo e istituire all’uopo adeguate procedure di approvazione CE del modello e di verifica prima CE nonché metodi di controllo metrologico CE in conformità della presente direttiva e alle direttive particolari.
(8)
Qualora uno strumento di misura o un prodotto rechi i contrassegni o i marchi corrispondenti ai controlli per essi prescritti, si potrà presumere che questo strumento o prodotto sia conforme alle relative prescrizioni tecniche comunitarie, il che renderà pertanto inutile, al momento dell’importazione e della sua messa in uso, la ripetizione dei controlli già effettuati.
(9)
Le normative metriche nazionali hanno come oggetto numerose categorie di strumenti di misura e di prodotti. La presente direttiva dovrebbe stabilire le norme generali relative in particolar modo alle procedure di approvazione CE del modello e di verifica prima CE, nonché i metodi di controllo metrologico CE; direttive di applicazione, particolari per ciascuna categoria di strumenti e di prodotti, stabiliranno le prescrizioni per la realizzazione tecnica, il funzionamento e la precisione, le modalità di controllo, nonché, se del caso, le condizioni per la sostituzione delle disposizioni nazionali esistenti con prescrizioni tecniche comunitarie
(10)
Le misure necessarie all’attuazione della presente decisione dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(11)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare gli allegati I e II della presente direttiva e gli allegati delle direttive particolari. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(12)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Essi non devono quindi essere recepiti nella legislazione degli Stati membri.
(13)
La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato III, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
PRINCIPI DI BASE
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica:
a)
agli strumenti come definiti al paragrafo 2;
b)
alle unità di misura, all’armonizzazione dei metodi di misurazione e di controllo metrologico e, se del caso, dei mezzi necessari alla loro applicazione;
c)
alla fissazione, al metodo di misurazione, al controllo metrologico, nonché alla marcatura dei quantitativi precondizionati.
2. Ai fini della presente direttiva, per «strumenti» si intendono le parti di strumenti di misura, i dispositivi complementari nonché gli impianti di misurazione.
3. Gli Stati membri non possono rifiutare, vietare o limitare, per i motivi contemplati nella presente direttiva e nelle direttive particolari che lo riguardano, l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio di uno strumento di misura o di un prodotto descritto nel paragrafo 1, munito dei marchi e/o dei contrassegni CE alle condizioni previste dalla presente direttiva e dalle direttive particolari che riguardano lo strumento o il prodotto in questione.
4. Gli Stati membri attribuiscono all’approvazione CE del modello e alla verifica prima CE effetti identici a quelli dei corrispondenti atti nazionali.
5. Le direttive particolari concernenti le materie di cui all’articolo 1, precisano:
—
in particolare, le procedure e le caratteristiche metrologiche e le prescrizioni tecniche in materia di costruzione e di funzionamento, avuto riguardo agli strumenti di cui al paragrafo 1, lettera a),
—
le prescrizioni relative al paragrafo 1, lettere b) e c).
6. Le direttive particolari possono fissare la data alla quale dette disposizioni comunitarie si sostituiscono alle vigenti disposizioni nazionali.
CAPO II
APPROVAZIONE CE DEL MODELLO
Articolo 2
1. Gli Stati membri procedono all’approvazione CE del modello a norma delle disposizioni della presente direttiva e delle direttive particolari.
2. L’approvazione CE del modello costituisce l’ammissione di strumenti alla verifica prima CE e, qualora non sia richiesta una verifica prima CE, l’autorizzazione di immissione sul mercato e/o di messa in servizio. Se la direttiva particolare o le direttive particolari applicabili esonerano una categoria di strumenti dall’approvazione CE del modello, gli strumenti di questa categoria sono ammessi direttamente alla verifica prima CE.
3. Se le attrezzature di controllo di cui dispongono lo permettono, gli Stati membri concedono l’approvazione CE del modello a qualsiasi strumento conforme alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari che lo riguardano.
4. Una domanda di approvazione CE del modello può essere presentata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità. Per un medesimo strumento la domanda può essere fatta in un solo Stato membro.
5. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello adotta le misure necessarie per essere informato di qualunque modifica o aggiunta apportata al modello approvato. Esso ne informa gli altri Stati membri.
Le modifiche o aggiunte ad un modello approvato devono formare oggetto di un’approvazione CE complementare del modello da parte dello Stato membro che ha concesso l’approvazione CE, qualora esse influenzino o possano influenzare il risultato della misurazione o le condizioni regolamentari di impiego dello strumento.
Per il modello modificato, tuttavia, viene concessa una nuova approvazione CE del modello anziché un complemento al certificato di approvazione CE del modello originale, se la modifica del modello è effettuata dopo una modifica oppure un adattamento della presente direttiva o della relativa direttiva particolare, tale che il modello modificato possa essere approvato soltanto con l’applicazione delle nuove disposizioni.
Articolo 3
Quando venga concessa per dispositivi complementari, l’approvazione CE del modello deve precisare:
a)
i modelli di strumenti cui detti dispositivi possono essere aggiunti o nei quali possono essere inclusi;
b)
le condizioni generali di funzionamento complessivo degli strumenti per i quali essi sono ammessi.
Articolo 4
Se uno strumento ha superato l’esame di approvazione CE del modello di cui alla presente direttiva e alle direttive particolari che riguardano tale strumento, lo Stato membro che ha effettuato tale esame redige un certificato di approvazione CE del modello.
Lo Stato membro notifica tale certificato al richiedente.
Nei casi previsti all’articolo 11 della presente direttiva o da una direttiva particolare, il richiedente deve, e negli altri casi può, apporre o fare apporre su ciascuno strumento conforme al modello approvato il contrassegno di approvazione CE indicato in detto certificato.
Articolo 5
1. La durata di validità dell’approvazione CE del modello è di dieci anni. Essa può essere successivamente prorogata per periodi di dieci anni; il numero degli strumenti che si possono fabbricare conformemente al modello approvato è illimitato.
Le approvazioni CE del modello rilasciate sulla base delle prescrizioni della presente direttiva e di una direttiva particolare non possono essere prorogate oltre la data di entrata in vigore di qualsiasi modifica o adeguamento di tali prescrizioni comunitarie, ove non sia stato possibile rilasciare le approvazioni CE del modello in base alle nuove prescrizioni.
Se l’approvazione CE del modello non è prorogata, essa resta comunque d’applicazione per gli strumenti in servizio.
2. Ove siano impiegate tecniche nuove non previste da una direttiva particolare, può essere concessa un’approvazione CE del modello di effetto limitato, previa consultazione degli altri Stati membri.
Essa può comportare le seguenti restrizioni:
a)
una limitazione del numero di strumenti che beneficiano dell’approvazione;
b)
un obbligo di notificare alle autorità competenti i luoghi di installazione;
c)
limitazioni dell’utilizzazione;
d)
disposizioni limitative particolari relative alla tecnica impiegata.
Essa può tuttavia venire concessa soltanto se:
a)
la direttiva particolare per tale categoria di strumenti è già entrata in vigore;
b)
non vi è deroga agli errori massimi tollerati fissati nelle direttive particolari.
La validità di tale approvazione è limitata a due anni e può essere prorogata di tre anni.
3. Lo Stato membro che ha concesso l’approvazione CE del modello di effetto limitato, di cui al paragrafo 2, presenta una domanda volta ad adattare al progresso tecnico gli allegati I e II della presente direttiva, se del caso, e le direttive particolari conformemente alla procedura di cui all’articolo 17, paragrafo 2, non appena esso ritenga che una nuova tecnica abbia dato esito soddisfacente.
Articolo 6
Quando per una categoria di strumenti rispondenti alle prescrizioni di una direttiva particolare non è richiesta l’approvazione CE del modello, il fabbricante può apporre sui medesimi, sotto la sua responsabilità, il contrassegno speciale di cui all’allegato I, punto 3.3.
Articolo 7
1. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello può revocarla:
a)
se gli strumenti il cui modello è stato oggetto dell’approvazione non sono conformi al modello approvato o alle disposizioni della direttiva particolare che li riguarda;
b)
se le esigenze metrologiche prescritte nel certificato d’approvazione o le disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 2, non sono rispettate;
c)
se constata che essa è stata concessa indebitamente.
2. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello deve revocarla se gli strumenti il cui modello è stato oggetto d’approvazione presentano nell’uso un difetto di carattere generale che li renda inadatti al loro scopo.
3. Se lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello è informato da un altro Stato membro dell’esistenza di uno dei casi contemplati ai paragrafi 1 e 2, esso applica anche le disposizioni previste in tali paragrafi, previa consultazione dell’altro Stato membro.
4. Lo Stato membro che ha constatato l’esistenza del caso previsto al paragrafo 2 può sospendere l’immissione sul mercato e in servizio degli strumenti in questione, fino a nuovo ordine.
Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione, precisando i motivi della propria decisione.
Lo stesso avviene nei casi previsti al paragrafo 1, per gli strumenti dispensati dalla verifica prima CE, se il fabbricante, dopo essere stato avvertito, non li rende conformi al modello approvato o alle prescrizioni della direttiva particolare che li concerne.
5. Qualora lo Stato membro che ha concesso l’approvazione CE del modello contesti l’esistenza del caso previsto al paragrafo 2 di cui è stato informato ovvero la fondatezza dei provvedimenti adottati in conformità delle disposizioni del paragrafo 4, gli Stati membri interessati fanno in modo di comporre la controversia.
La Commissione è tenuta informata. Essa procede, ove necessario, alle opportune consultazioni con lo scopo di pervenire ad un accordo.
CAPO III
VERIFICA PRIMA CE
Articolo 8
1. La verifica prima CE è il controllo e la conferma della conformità di uno strumento nuovo o rimesso a nuovo con il modello approvato e/o con le disposizioni della presente direttiva e delle direttive particolari che lo riguardano. Essa si materializza nel marchio di verifica prima CE.
2. La verifica prima CE degli strumenti può essere effettuata diversamente che con una verifica all’unità nei casi previsti dalle direttive particolari ed in base alle modalità considerate.
3. Se la loro attrezzatura lo consente, gli Stati membri procedono alla verifica prima CE degli strumenti presentati aventi le qualità metrologiche e soddisfacenti alle prescrizioni tecniche di fabbricazione e di funzionamento fissate dalle direttive particolari relative a questa categoria di strumenti.
4. Per gli strumenti muniti del marchio di verifica prima CE, l’obbligo degli Stati membri previsto all’articolo 1, paragrafo 3, è valido sino alla fine dell’anno successivo a quello in cui è stato apposto il marchio di verifica prima CE, a meno che le direttive particolari non prevedano durate superiori.
Articolo 9
1. Se uno strumento viene presentato alla verifica prima CE, lo Stato membro che procede a detta verifica controlla:
a)
se lo strumento appartiene ad una categoria esonerata dall’approvazione CE del modello e, in caso affermativo, se esso è conforme alle prescrizioni di realizzazione tecnica e di funzionamento fissate nelle direttive particolari relative a detto strumento;
b)
se lo strumento è stato oggetto di un’approvazione CE del modello e, in caso affermativo, se esso è conforme al modello approvato ed alle direttive particolari relative a questo strumento, in vigore al momento del rilascio di tale approvazione CE del modello.
2. L’esame effettuato durante la verifica prima CE riguarda in particolare, in conformità delle direttive particolari, quanto segue:
a)
le qualità metrologiche;
b)
gli errori massimi tollerati;
c)
la costruzione, per appurare se quest’ultima possa garantire che le proprietà metrologiche non si deteriorino notevolmente nell’uso normale dello strumento;
d)
l’esistenza delle indicazioni segnaletiche regolamentari e delle targhette di punzonatura o spazio che consenta l’apposizione dei marchi di verifica prima CE.
Articolo 10
Se uno strumento ha superato la verifica prima CE conformemente alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari, i marchi di verifica parziale o definitiva CE descritti all’allegato II, punto 3, vengono apposti su tale strumento sotto la responsabilità dello Stato membro interessato secondo le modalità previste da detto punto.
Articolo 11
Quando per una categoria di strumenti rispondenti alle prescrizioni di una direttiva particolare non è richiesta la verifica prima CE, il fabbricante appone su di essi, sotto la sua responsabilità, il contrassegno speciale d’approvazione CE del modello descritto nell’allegato I, punto 3.4.
CAPO IV
DISPOSIZIONI COMUNI ALL’APPROVAZIONE CE DEL MODELLO ED ALLA VERIFICA PRIMA CE
Articolo 12
Gli Stati membri emanano tutte le disposizioni atte ad impedire che per gli strumenti vengano usati marchi o iscrizioni che possano dar luogo a confusione con i contrassegni o marchi CE.
Articolo 13
Ciascuno Stato membro notifica agli altri Stati membri ed alla Commissione i servizi, gli organismi e gli istituti debitamente abilitati ad effettuare gli esami previsti dalla presente direttiva e dalle direttive particolari e a rilasciare i certificati di approvazione CE del modello nonché ad apporre il marchio di verifica prima CE.
Articolo 14
Gli Stati membri possono esigere che le iscrizioni regolamentari siano redatte nella (nelle) loro lingua (lingue) ufficiale (ufficiali).
CAPO V
CONTROLLI DEGLI STRUMENTI IN SERVIZIO
Articolo 15
Le direttive particolari prescrivono i requisiti dei controlli di strumenti in servizio muniti di marchi e contrassegni CE, in particolare gli errori massimi tollerati in servizio. Se le disposizioni nazionali relative agli strumenti non muniti di marchi e contrassegni CE prevedono requisiti inferiori, essi possono servire come criteri per i controlli.
CAPO VI
ADATTAMENTO DELLE DIRETTIVE AL PROGRESSO TECNICO
Articolo 16
Le modifiche necessarie per adattare al progresso tecnico gli allegati I e II della presente direttiva e gli allegati delle direttive particolari di cui all’articolo 1 sono adottate dalla Commissione. Tali misure, volte a modificare elementi non essenziali della presente direttiva e delle direttive particolari, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 17, paragrafo 2.
Tuttavia, questa procedura non si applica né al capo relativo alle unità di misura del sistema imperiale dell’allegato alla direttiva concernente le unità di misura, né agli allegati relativi alle gamme di qualità dei prodotti in imballaggi preconfezionati, figuranti nelle direttive relative ai prodotti in imballaggi preconfezionati.
Articolo 17
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’adeguamento al progresso tecnico delle direttive di cui all’articolo 16.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applica l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 18
Ogni decisione di rifiuto dell’approvazione CE del modello, di rifiuto della proroga o di revoca dell’approvazione CE del modello, di rifiuto di procedere alla verifica prima CE o di divieto di immissione sul mercato o in servizio, adottata in considerazione delle disposizioni per l’attuazione della presente direttiva e delle direttive particolari relative agli strumenti in questione, deve motivare le ragioni su cui si basa. Tali rifiuti, revoche o divieti sono notificati alla parte interessata, la quale deve essere altresì informata dei possibili mezzi di ricorso vigenti nelle legislazioni degli Stati membri e del termine entro il quale tali ricorsi possono essere presentati.
Articolo 19
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 20
La direttiva 71/316/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato III, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato III, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato IV.
Articolo 21
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 22
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) Parere di 22 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 4 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 202 del 6.9.1971, pag. 1.
(4) Cfr. allegato III, parte A.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
ALLEGATO I
APPROVAZIONE CE DEL MODELLO
1. Domanda di approvazione CE
1.1.
La domanda e la relativa corrispondenza sono redatte in una lingua ufficiale, conformemente alla legislazione dello Stato membro in cui la domanda viene presentata. Questo Stato membro è in diritto di esigere che anche i documenti allegati siano redatti nella lingua ufficiale di cui sopra.
Il richiedente trasmette simultaneamente ad ogni Stato membro un esemplare della domanda.
1.2.
Nella domanda di approvazione CE viene indicato quanto segue:
a)
nome e domicilio del fabbricante o della ditta, del suo mandatario e del richiedente;
b)
categoria dello strumento;
c)
utilizzazione prevista;
d)
caratteristiche metrologiche;
e)
eventuale denominazione commerciale o tipo dello strumento.
1.3.
La domanda è corredata dai documenti in duplice copia necessari al suo esame, ed in particolare di:
1.3.1.
una descrizione concernente in particolare:
a)
la costruzione e il funzionamento dello strumento;
b)
i dispositivi di sicurezza atti a garantirne il buon funzionamento;
c)
i dispositivi di registrazione e di aggiustaggio;
d)
i luoghi previsti per apporvi;
—
i marchi di verifica,
—
i sigilli (se del caso);
1.3.2.
i disegni di montaggio dell’insieme ed eventualmente i disegni costruttivi dei particolari di maggiore interesse;
1.3.3.
uno schema di massima ed eventualmente una fotografia.
1.4.
La domanda deve essere accompagnata dai documenti attestanti le approvazioni nazionali eventualmente già ottenute.
2. Esame per l’approvazione CE
2.1.
L’esame consiste in quanto segue:
2.1.1.
studio dei documenti ed esame delle caratteristiche metrologiche del modello, effettuati nei laboratori del servizio metrico o nei laboratori autorizzati o sul luogo di fabbricazione, di consegna o di installazione;
2.1.2.
qualora si conoscano dettagliatamente le caratteristiche metrologiche del modello, semplice studio dei documenti presentati.
2.2.
L’esame riguarda anche il comportamento d’insieme dello strumento nelle normali condizioni d’impiego. In tali condizioni lo strumento deve poter conservare le qualità metrologiche richieste.
2.3.
La natura e la portata dell’esame di cui al punto 2.1 possono essere fissate nelle direttive particolari.
2.4.
Il servizio metrico può esigere che il richiedente metta a sua disposizione i campioni ed i mezzi opportuni in termini di materiale e di personale ausiliario necessari per l’esecuzione delle prove relative all’approvazione.
3. Certificato e contrassegno d’approvazione CE
3.1.
Il certificato riproduce i risultati dell’esame del modello e fissa le altre esigenze da rispettare. Esso è accompagnato dalle descrizioni, piani e schemi necessari per identificare il modello e per spiegarne il funzionamento. Il contrassegno d’approvazione di cui all’articolo 4 è costituito da una ε stilizzata contenente:
—
nella parte superiore, la lettera maiuscola distintiva (o le lettere maiuscole distintive) dello Stato membro che ha concesso l’approvazione (B per il Belgio, BG per la Bulgaria, CZ per la Repubblica ceca, DK per la Danimarca, D per la Germania, EST per l’Estonia, IRL per l’Irlanda, EL per la Grecia, E per la Spagna, F per la Francia, I per l’Italia, CY per Cipro, LV per la Lettonia, LT per la Lituania, L per il Lussemburgo, H per l’Ungheria, M per Malta, NL per i Paesi Bassi, A per l’Austria, PL per la Polonia, P per il Portogallo, RO per la Romania, SI per la Slovenia, SK per la Slovacchia, FI per la Finlandia, S per la Svezia, UK per il Regno Unito) e il millesimo dell’anno di approvazione,
—
nella parte inferiore, una sigla che sarà stabilita dal servizio metrico che ha concesso l’approvazione (numero caratteristico).
Un modello di contrassegno d’approvazione figura al punto 6.1.
3.2.
In caso di approvazione CE con effetto limitato, il contrassegno è completato da una lettera «P» che ha dimensioni identiche a quelle della ε stilizzata e viene situata dinanzi a quest’ultima.
Un modello del contrassegno di approvazione con effetto limitato figura al punto 6.2.
3.3.
Il contrassegno di cui all’articolo 6 è analogo al contrassegno di approvazione CE nel quale la lettera ε stilizzata è sostituita da un’immagine simmetrica rispetto alla verticale e non comporta alcuna altra indicazione salvo deroga nelle direttive particolari.
Un modello di questo contrassegno figura al punto 6.3.
3.4.
Il contrassegno di cui all’articolo 11 è analogo al contrassegno di approvazione CE ma iscritto in un esagono.
Un modello di questo contrassegno figura al punto 6.4.
3.5.
I contrassegni contemplati ai punti da 3.1 a 3.4 e apposti dai fabbricanti conformemente alle disposizioni della presente direttiva devono risultare ben visibili ed essere realizzati con caratteri chiaramente leggibili ed indelebili su ogni strumento e dispositivo complementare presentati alla verifica. Se l’apposizione del contrassegno presenta difficoltà tecniche, eventuali eccezioni possono essere previste nelle direttive particolari oppure essere ammesse previo accordo fra i servizi metrici degli Stati membri.
4. Deposito di modello
Nei casi previsti dalle direttive particolari, il servizio che ha concesso l’approvazione può esigere, se lo ritiene necessario, il deposito di un modello dello strumento approvato. In luogo di tale modello campione il servizio può autorizzare il deposito di parti dello strumento, di modellini o disegni; in tal caso ne farà menzione sul certificato di approvazione CE.
5. Pubblicità dell’approvazione
5.1.
Al momento della notifica all’interessato, vengono inviate alla Commissione ed agli altri Stati membri le copie del certificato di approvazione CE nonché, se lo desiderano, copie dei processi verbali degli esami metrologici.
5.2.
La revoca di un’approvazione CE del modello e gli altri elementi che riguardano la portata e la validità dell’approvazione CE del modello formano parimenti oggetto della procedura di pubblicità di cui al punto 5.1.
5.3.
Lo Stato membro che rifiuta un’approvazione CE del modello ne informa gli altri Stati membri e la Commissione.
6. Contrassegni relativi all’approvazione CE del modello
6.1.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello
Esempio:
Approvazione CE del modello rilasciata dal servizio metrico della Germania nel 1971 (cfr. punto 3.1, primo trattino)
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello (cfr. punto 3.1, secondo trattino)
6.2.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello con effetto limitato (cfr. punto 3.2)
Esempio:
Approvazione CE del modello con effetto limitato rilasciata dal servizio metrico della Repubblica federale di Germania nel 1971
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello con effetto limitato
6.3.
Contrassegno dell’esonero dall’approvazione CE del modello (cfr. punto 3.3)
Esempio:
6.4.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello in caso di esonero dalla verifica prima CE (cfr. punto 3.4)
Esempio:
Approvazione CE del modello rilasciata dal servizio metrico della Germania nel 1971
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello
ALLEGATO II
VERIFICA PRIMA CE
1. Condizioni generali
1.1.
La verifica prima CE può essere effettuata in un solo tempo oppure in più tempi (generalmente due).
1.2.
Fermo restando quanto disposto nelle direttive particolari:
1.2.1.
la verifica prima CE viene effettuata in un sol tempo sugli strumenti che rappresentano un tutto unico all’uscita dall’officina, cioè su quegli strumenti che possono, in linea di massima, essere trasferiti al luogo di installazione senza bisogno di smontaggio preventivo;
1.2.2.
la verifica prima CE viene effettuata in due o più tempi per gli strumenti il cui corretto funzionamento dipende dalle condizioni d’installazione o di utilizzazione;
1.2.3.
il primo stadio di verifica deve consentire di accertare in particolare la conformità dello strumento al modello approvato oppure, per gli strumenti esonerati dall’approvazione CE del modello, la conformità alle norme ad essi applicabili.
2. Luogo della verifica prima CE
2.1.
Nell’ipotesi di verifica effettuata in un sol tempo e qualora le direttive particolari non fissino il luogo di verifica, gli strumenti sono verificati in luogo scelto dal competente servizio metrico.
2.2.
Nell’ipotesi di verifica in due o più tempi, gli strumenti sono verificati a cura del servizio metrico competente per territorio.
2.2.1.
L’ultimo stadio della verifica viene tassativamente effettuato sul luogo di installazione.
2.2.2.
Gli altri stadi della verifica si effettuano come stabilito al punto 2.1.
2.3.
Segnatamente quando la verifica non viene effettuata nell’apposito ufficio, il servizio metrico che effettua la verifica può esigere dal richiedente:
—
di mettere a sua disposizione i campioni ed i mezzi opportuni in termini di materiale e di personale ausiliario necessari per la verifica,
—
di fornire una copia del certificato di approvazione CE.
3. Marchi di verifica prima CE
3.1. Definizione dei marchi di verifica prima CE
3.1.1.
Fermo restando quanto disposto nelle direttive particolari, i marchi di verifica prima CE che vengono apposti conformemente al punto 3.3 sono i seguenti:
3.1.1.1.
il marchio di verifica finale CE, composto da due impronte:
a)
la prima impronta è costituita dalla lettera minuscola «e» contenente:
—
nella metà superiore, la lettera maiuscola distintiva (o le lettere maiuscole distintive) dello Stato membro in cui ha avuto luogo la verifica prima (B per il Belgio, BG per la Bulgaria, CZ per la Repubblica ceca, DK per la Danimarca, D per la Germania, EST per l’Estonia, IRL per l’Irlanda, EL per la Grecia, E per la Spagna, F per la Francia, I per l’Italia, CY per Cipro, LV per la Lettonia, LT per la Lituania, L per il Lussemburgo, H per l’Ungheria, M per Malta, NL per i Paesi Bassi, A per l’Austria, PL per la Polonia, P per il Portogallo, RO per la Romania, SI per la Slovenia, SK per la Slovacchia, FI per la Finlandia, S per la Svezia, UK per il Regno Unito) accompagnata, se necessario, da una o due cifre che precisano una ripartizione territoriale o funzionale,
—
nella metà inferiore, il numero distintivo dell’agente verificatore dell’ufficio di verifica;
b)
la seconda impronta è costituita dal millesimo dell’anno di verifica iscritto in un esagono.
3.1.1.2.
il marchio di verifica parziale CE, costituito unicamente dalla prima impronta. Esso serve anche come marchio di punzonatura.
3.2. Forma e dimensioni dei marchi
3.2.1.
La forma, le dimensioni ed i contorni delle lettere e delle cifre previste per i marchi di verifica prima CE al punto 3.1 sono fissati nei disegni allegati; i primi due disegni rappresentano gli elementi costitutivi del punzone e il terzo è un esempio di punzone. Le dimensioni indicate nei disegni sono in rapporto all’unità che rappresenta il diametro del cerchio circoscritto alla lettera «e» minuscola e al campo esagonale.
I diametri reali dei cerchi circoscritti dei marchi sono 1,6 mm, 3,2 mm, 6,3 mm, 12,5 mm.
3.2.2.
I servizi metrici degli Stati membri procedono allo scambio dei disegni originali dei marchi di verifica prima CE eseguiti in base ai modelli dei disegni allegati.
3.3. Apposizione dei marchi
3.3.1.
Il marchio di verifica finale CE è apposto sullo strumento totalmente verificato e riconosciuto conforme alle norme CE, nel luogo previsto a tale scopo.
3.3.2.
Il marchio di verifica parziale CE è apposto:
3.3.2.1.
nel caso di verifica in più tempi, sullo strumento o sulla parte dello strumento che soddisfa alle condizioni previste per le operazioni diverse da quelle effettuate sul luogo di installazione, a protezione delle viti che fissano la piastrina di punzonatura o in qualsiasi altro luogo previsto dalle direttive particolari;
3.3.2.2.
come marchio di punzonatura in tutti i casi e nei luoghi prescritti dalle direttive particolari.
ALLEGATO III
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 20)
Direttiva 71/316/CEE del Consiglio
(GU L 202 del 6.9.1971, pag. 1).
Atto di adesione del 1972, allegato I, punto X.12
(GU L 73 del 27.3.1972, pag. 118).
Direttiva 72/427/CEE del Consiglio
(GU L 291 del 28.12.1972, pag. 156).
Atto di adesione del 1979, allegato I, punto X.A
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108).
Direttiva 83/575/CEE del Consiglio
(GU L 332 del 28.11.1983, pag. 43).
Atto di adesione del 1985, allegato I, punto IX.A.7
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 212).
Direttiva 87/354/CEE del Consiglio
(GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 43).
limitatamente ai riferimenti alla direttiva 71/316/CEE fatti nell’articolo 1 e nell’allegato, punto 4
Direttiva 87/355/CEE del Consiglio
(GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 46).
Direttiva 88/665/CEE del Consiglio
(GU L 382 del 31.12.1988, pag. 42).
limitatamente all’articolo 1, punto 1
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto XI.C.VII.1
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 211).
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
limitatamente all’allegato III, punto 5
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto I.D.1
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 64).
Direttiva 2006/96/CE del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81).
limitatamente ai riferimenti alla direttiva 71/316/CEE fatti all’articolo 1 e all’allegato, punto B.1
Direttiva 2007/13/CE della Commissione
(GU L 73 del 13.3.2007, pag. 10)
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 20)
Direttive
Data di recepimento
71/316/CEE
30 gennaio 1973
83/575/CEE
1o gennaio 1985
87/354/CEE
31 dicembre 1987
87/355/CEE
31 dicembre 1987
2006/96/CE
1o gennaio 2007
2007/13/CE
9 marzo 2008
ALLEGATO IV
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 71/316/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera a), e articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4, primo comma
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 1, paragrafo 6
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, primo trattino
Articolo 3, lettera a)
Articolo 3, secondo trattino
Articolo 3, lettera b)
Articolo 4, prima frase
Articolo 4, primo e secondo comma
Articolo 4, seconda frase
Articolo 4, terzo comma
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, seconda comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 5, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafo 4, prima frase
Articolo 7, paragrafo 4, primo comma
Articolo 7, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 7, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 4, terza frase
Articolo 7, paragrafo 4, terzo comma
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 8, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera d)
Articoli 10 e 11
Articoli 10 e 11
Articoli 12, 13 e 14
Articoli 12, 13 e 14
Articolo 15
Articolo 15
Articolo 16, prima frase
Articolo 16, primo comma
Articolo 16, seconda frase
Articolo 16, secondo comma
Articolo 17
—
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 18, paragrafo 2, primo comma
Articolo 17, paragrafo 2
Articolo 18, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 18, paragrafo 3
—
Articolo 19
Articolo 18
Articolo 20, paragrafo 1
—
Articolo 20, paragrafo 2
Articolo 19
—
Articoli 20 e 21
Articolo 21
Articolo 22
Allegato I
Allegato I
Punti 1 e 1.1
Punti 1 e 1.1
Punto 1.2, frase introduttiva
Punto 1.2, frase introduttiva
Punto 1.2, primo trattino
Punto 1.2, lettera a)
Punto 1.2, secondo trattino
Punto 1.2, lettera b)
Punto 1.2, terzo trattino
Punto 1.2, lettera c)
Punto 1.2, quarto trattino
Punto 1.2, lettera d)
Punto 1.2, quinto trattino
Punto 1.2, lettera e)
Punto 1.3
Punto 1.3
Punto 1.3.1, frase introduttiva
Punto 1.3.1, frase introduttiva
Punto 1.3.1, primo trattino
Punto 1.3.1, lettera a)
Punto 1.3.1, secondo trattino
Punto 1.3.1, lettera b)
Punto 1.3.1, terzo trattino
Punto 1.3.1, lettera c)
Punto 1.3.1, quarto trattino
Punto 1.3.1, lettera d)
Punti da 1.3.2 a 5
Punti da 1.3.2 a 5
Punto 5.2
Punto 5.1
Punto 5.3
Punto 5.2
Punto 5.4
Punto 5.3
Punti da 6 a 6.4
Punti da 6 a 6.4
Allegato II
Allegato II
—
Allegato III
—
Allegato IV
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/34/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 71/316/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico (3) ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per ragioni di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
In ciascuno Stato membro disposizioni cogenti fissano le caratteristiche tecniche degli strumenti di misura, nonché i metodi di controllo metrologico; tali prescrizioni differiscono da uno Stato membro all’altro. A causa della loro disparità esse ostacolano gli scambi e possono creare condizioni disuguali di concorrenza all’interno della Comunità.
(3)
I controlli esistenti in ciascuno Stato membro sono tra l’altro volti a garantire agli acquirenti che i quantitativi forniti corrispondano al prezzo pagato. Pertanto la presente direttiva non dovrebbe avere lo scopo di sopprimere tali controlli, bensì di eliminare le differenze tra le regolamentazioni, laddove esse costituiscano un ostacolo agli scambi.
(4)
Tali ostacoli all’istituzione e al funzionamento del mercato interno possono essere ridotti o eliminati se le stesse disposizioni vengono applicate in tutti gli Stati membri, inizialmente a complemento delle disposizioni nazionali vigenti, e, successivamente, quando sussisteranno le condizioni necessarie, in sostituzione di tali disposizioni nazionali.
(5)
Anche nel periodo in cui esse coesistono con le disposizioni nazionali, le prescrizioni comunitarie offrono alle imprese la possibilità di avere una produzione con caratteristiche tecniche uniformi, che può pertanto essere immessa nel commercio e utilizzata all’interno di tutta la Comunità dopo essere stata sottoposta ai controlli CE.
(6)
Le prescrizioni comunitarie in materia di costruzione e di funzionamento dovrebbero garantire che gli strumenti diano in maniera continuativa misurazioni sufficientemente esatte in funzione dell’uso cui sono destinati.
(7)
Un controllo dell’osservanza delle prescrizioni tecniche è tradizionalmente effettuato dagli Stati membri anteriormente all’immissione in commercio o alla prima utilizzazione e, se del caso, durante l’utilizzazione degli strumenti di misura, in particolare con le procedure di approvazione del modello e di verifica. Per attuare la libera circolazione di tali strumenti all’interno della Comunità è altresì necessario prevedere tra gli Stati membri un reciproco riconoscimento delle operazioni di controllo e istituire all’uopo adeguate procedure di approvazione CE del modello e di verifica prima CE nonché metodi di controllo metrologico CE in conformità della presente direttiva e alle direttive particolari.
(8)
Qualora uno strumento di misura o un prodotto rechi i contrassegni o i marchi corrispondenti ai controlli per essi prescritti, si potrà presumere che questo strumento o prodotto sia conforme alle relative prescrizioni tecniche comunitarie, il che renderà pertanto inutile, al momento dell’importazione e della sua messa in uso, la ripetizione dei controlli già effettuati.
(9)
Le normative metriche nazionali hanno come oggetto numerose categorie di strumenti di misura e di prodotti. La presente direttiva dovrebbe stabilire le norme generali relative in particolar modo alle procedure di approvazione CE del modello e di verifica prima CE, nonché i metodi di controllo metrologico CE; direttive di applicazione, particolari per ciascuna categoria di strumenti e di prodotti, stabiliranno le prescrizioni per la realizzazione tecnica, il funzionamento e la precisione, le modalità di controllo, nonché, se del caso, le condizioni per la sostituzione delle disposizioni nazionali esistenti con prescrizioni tecniche comunitarie
(10)
Le misure necessarie all’attuazione della presente decisione dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(11)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare gli allegati I e II della presente direttiva e gli allegati delle direttive particolari. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(12)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Essi non devono quindi essere recepiti nella legislazione degli Stati membri.
(13)
La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato III, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
PRINCIPI DI BASE
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica:
a)
agli strumenti come definiti al paragrafo 2;
b)
alle unità di misura, all’armonizzazione dei metodi di misurazione e di controllo metrologico e, se del caso, dei mezzi necessari alla loro applicazione;
c)
alla fissazione, al metodo di misurazione, al controllo metrologico, nonché alla marcatura dei quantitativi precondizionati.
2. Ai fini della presente direttiva, per «strumenti» si intendono le parti di strumenti di misura, i dispositivi complementari nonché gli impianti di misurazione.
3. Gli Stati membri non possono rifiutare, vietare o limitare, per i motivi contemplati nella presente direttiva e nelle direttive particolari che lo riguardano, l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio di uno strumento di misura o di un prodotto descritto nel paragrafo 1, munito dei marchi e/o dei contrassegni CE alle condizioni previste dalla presente direttiva e dalle direttive particolari che riguardano lo strumento o il prodotto in questione.
4. Gli Stati membri attribuiscono all’approvazione CE del modello e alla verifica prima CE effetti identici a quelli dei corrispondenti atti nazionali.
5. Le direttive particolari concernenti le materie di cui all’articolo 1, precisano:
—
in particolare, le procedure e le caratteristiche metrologiche e le prescrizioni tecniche in materia di costruzione e di funzionamento, avuto riguardo agli strumenti di cui al paragrafo 1, lettera a),
—
le prescrizioni relative al paragrafo 1, lettere b) e c).
6. Le direttive particolari possono fissare la data alla quale dette disposizioni comunitarie si sostituiscono alle vigenti disposizioni nazionali.
CAPO II
APPROVAZIONE CE DEL MODELLO
Articolo 2
1. Gli Stati membri procedono all’approvazione CE del modello a norma delle disposizioni della presente direttiva e delle direttive particolari.
2. L’approvazione CE del modello costituisce l’ammissione di strumenti alla verifica prima CE e, qualora non sia richiesta una verifica prima CE, l’autorizzazione di immissione sul mercato e/o di messa in servizio. Se la direttiva particolare o le direttive particolari applicabili esonerano una categoria di strumenti dall’approvazione CE del modello, gli strumenti di questa categoria sono ammessi direttamente alla verifica prima CE.
3. Se le attrezzature di controllo di cui dispongono lo permettono, gli Stati membri concedono l’approvazione CE del modello a qualsiasi strumento conforme alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari che lo riguardano.
4. Una domanda di approvazione CE del modello può essere presentata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità. Per un medesimo strumento la domanda può essere fatta in un solo Stato membro.
5. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello adotta le misure necessarie per essere informato di qualunque modifica o aggiunta apportata al modello approvato. Esso ne informa gli altri Stati membri.
Le modifiche o aggiunte ad un modello approvato devono formare oggetto di un’approvazione CE complementare del modello da parte dello Stato membro che ha concesso l’approvazione CE, qualora esse influenzino o possano influenzare il risultato della misurazione o le condizioni regolamentari di impiego dello strumento.
Per il modello modificato, tuttavia, viene concessa una nuova approvazione CE del modello anziché un complemento al certificato di approvazione CE del modello originale, se la modifica del modello è effettuata dopo una modifica oppure un adattamento della presente direttiva o della relativa direttiva particolare, tale che il modello modificato possa essere approvato soltanto con l’applicazione delle nuove disposizioni.
Articolo 3
Quando venga concessa per dispositivi complementari, l’approvazione CE del modello deve precisare:
a)
i modelli di strumenti cui detti dispositivi possono essere aggiunti o nei quali possono essere inclusi;
b)
le condizioni generali di funzionamento complessivo degli strumenti per i quali essi sono ammessi.
Articolo 4
Se uno strumento ha superato l’esame di approvazione CE del modello di cui alla presente direttiva e alle direttive particolari che riguardano tale strumento, lo Stato membro che ha effettuato tale esame redige un certificato di approvazione CE del modello.
Lo Stato membro notifica tale certificato al richiedente.
Nei casi previsti all’articolo 11 della presente direttiva o da una direttiva particolare, il richiedente deve, e negli altri casi può, apporre o fare apporre su ciascuno strumento conforme al modello approvato il contrassegno di approvazione CE indicato in detto certificato.
Articolo 5
1. La durata di validità dell’approvazione CE del modello è di dieci anni. Essa può essere successivamente prorogata per periodi di dieci anni; il numero degli strumenti che si possono fabbricare conformemente al modello approvato è illimitato.
Le approvazioni CE del modello rilasciate sulla base delle prescrizioni della presente direttiva e di una direttiva particolare non possono essere prorogate oltre la data di entrata in vigore di qualsiasi modifica o adeguamento di tali prescrizioni comunitarie, ove non sia stato possibile rilasciare le approvazioni CE del modello in base alle nuove prescrizioni.
Se l’approvazione CE del modello non è prorogata, essa resta comunque d’applicazione per gli strumenti in servizio.
2. Ove siano impiegate tecniche nuove non previste da una direttiva particolare, può essere concessa un’approvazione CE del modello di effetto limitato, previa consultazione degli altri Stati membri.
Essa può comportare le seguenti restrizioni:
a)
una limitazione del numero di strumenti che beneficiano dell’approvazione;
b)
un obbligo di notificare alle autorità competenti i luoghi di installazione;
c)
limitazioni dell’utilizzazione;
d)
disposizioni limitative particolari relative alla tecnica impiegata.
Essa può tuttavia venire concessa soltanto se:
a)
la direttiva particolare per tale categoria di strumenti è già entrata in vigore;
b)
non vi è deroga agli errori massimi tollerati fissati nelle direttive particolari.
La validità di tale approvazione è limitata a due anni e può essere prorogata di tre anni.
3. Lo Stato membro che ha concesso l’approvazione CE del modello di effetto limitato, di cui al paragrafo 2, presenta una domanda volta ad adattare al progresso tecnico gli allegati I e II della presente direttiva, se del caso, e le direttive particolari conformemente alla procedura di cui all’articolo 17, paragrafo 2, non appena esso ritenga che una nuova tecnica abbia dato esito soddisfacente.
Articolo 6
Quando per una categoria di strumenti rispondenti alle prescrizioni di una direttiva particolare non è richiesta l’approvazione CE del modello, il fabbricante può apporre sui medesimi, sotto la sua responsabilità, il contrassegno speciale di cui all’allegato I, punto 3.3.
Articolo 7
1. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello può revocarla:
a)
se gli strumenti il cui modello è stato oggetto dell’approvazione non sono conformi al modello approvato o alle disposizioni della direttiva particolare che li riguarda;
b)
se le esigenze metrologiche prescritte nel certificato d’approvazione o le disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 2, non sono rispettate;
c)
se constata che essa è stata concessa indebitamente.
2. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello deve revocarla se gli strumenti il cui modello è stato oggetto d’approvazione presentano nell’uso un difetto di carattere generale che li renda inadatti al loro scopo.
3. Se lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello è informato da un altro Stato membro dell’esistenza di uno dei casi contemplati ai paragrafi 1 e 2, esso applica anche le disposizioni previste in tali paragrafi, previa consultazione dell’altro Stato membro.
4. Lo Stato membro che ha constatato l’esistenza del caso previsto al paragrafo 2 può sospendere l’immissione sul mercato e in servizio degli strumenti in questione, fino a nuovo ordine.
Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione, precisando i motivi della propria decisione.
Lo stesso avviene nei casi previsti al paragrafo 1, per gli strumenti dispensati dalla verifica prima CE, se il fabbricante, dopo essere stato avvertito, non li rende conformi al modello approvato o alle prescrizioni della direttiva particolare che li concerne.
5. Qualora lo Stato membro che ha concesso l’approvazione CE del modello contesti l’esistenza del caso previsto al paragrafo 2 di cui è stato informato ovvero la fondatezza dei provvedimenti adottati in conformità delle disposizioni del paragrafo 4, gli Stati membri interessati fanno in modo di comporre la controversia.
La Commissione è tenuta informata. Essa procede, ove necessario, alle opportune consultazioni con lo scopo di pervenire ad un accordo.
CAPO III
VERIFICA PRIMA CE
Articolo 8
1. La verifica prima CE è il controllo e la conferma della conformità di uno strumento nuovo o rimesso a nuovo con il modello approvato e/o con le disposizioni della presente direttiva e delle direttive particolari che lo riguardano. Essa si materializza nel marchio di verifica prima CE.
2. La verifica prima CE degli strumenti può essere effettuata diversamente che con una verifica all’unità nei casi previsti dalle direttive particolari ed in base alle modalità considerate.
3. Se la loro attrezzatura lo consente, gli Stati membri procedono alla verifica prima CE degli strumenti presentati aventi le qualità metrologiche e soddisfacenti alle prescrizioni tecniche di fabbricazione e di funzionamento fissate dalle direttive particolari relative a questa categoria di strumenti.
4. Per gli strumenti muniti del marchio di verifica prima CE, l’obbligo degli Stati membri previsto all’articolo 1, paragrafo 3, è valido sino alla fine dell’anno successivo a quello in cui è stato apposto il marchio di verifica prima CE, a meno che le direttive particolari non prevedano durate superiori.
Articolo 9
1. Se uno strumento viene presentato alla verifica prima CE, lo Stato membro che procede a detta verifica controlla:
a)
se lo strumento appartiene ad una categoria esonerata dall’approvazione CE del modello e, in caso affermativo, se esso è conforme alle prescrizioni di realizzazione tecnica e di funzionamento fissate nelle direttive particolari relative a detto strumento;
b)
se lo strumento è stato oggetto di un’approvazione CE del modello e, in caso affermativo, se esso è conforme al modello approvato ed alle direttive particolari relative a questo strumento, in vigore al momento del rilascio di tale approvazione CE del modello.
2. L’esame effettuato durante la verifica prima CE riguarda in particolare, in conformità delle direttive particolari, quanto segue:
a)
le qualità metrologiche;
b)
gli errori massimi tollerati;
c)
la costruzione, per appurare se quest’ultima possa garantire che le proprietà metrologiche non si deteriorino notevolmente nell’uso normale dello strumento;
d)
l’esistenza delle indicazioni segnaletiche regolamentari e delle targhette di punzonatura o spazio che consenta l’apposizione dei marchi di verifica prima CE.
Articolo 10
Se uno strumento ha superato la verifica prima CE conformemente alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari, i marchi di verifica parziale o definitiva CE descritti all’allegato II, punto 3, vengono apposti su tale strumento sotto la responsabilità dello Stato membro interessato secondo le modalità previste da detto punto.
Articolo 11
Quando per una categoria di strumenti rispondenti alle prescrizioni di una direttiva particolare non è richiesta la verifica prima CE, il fabbricante appone su di essi, sotto la sua responsabilità, il contrassegno speciale d’approvazione CE del modello descritto nell’allegato I, punto 3.4.
CAPO IV
DISPOSIZIONI COMUNI ALL’APPROVAZIONE CE DEL MODELLO ED ALLA VERIFICA PRIMA CE
Articolo 12
Gli Stati membri emanano tutte le disposizioni atte ad impedire che per gli strumenti vengano usati marchi o iscrizioni che possano dar luogo a confusione con i contrassegni o marchi CE.
Articolo 13
Ciascuno Stato membro notifica agli altri Stati membri ed alla Commissione i servizi, gli organismi e gli istituti debitamente abilitati ad effettuare gli esami previsti dalla presente direttiva e dalle direttive particolari e a rilasciare i certificati di approvazione CE del modello nonché ad apporre il marchio di verifica prima CE.
Articolo 14
Gli Stati membri possono esigere che le iscrizioni regolamentari siano redatte nella (nelle) loro lingua (lingue) ufficiale (ufficiali).
CAPO V
CONTROLLI DEGLI STRUMENTI IN SERVIZIO
Articolo 15
Le direttive particolari prescrivono i requisiti dei controlli di strumenti in servizio muniti di marchi e contrassegni CE, in particolare gli errori massimi tollerati in servizio. Se le disposizioni nazionali relative agli strumenti non muniti di marchi e contrassegni CE prevedono requisiti inferiori, essi possono servire come criteri per i controlli.
CAPO VI
ADATTAMENTO DELLE DIRETTIVE AL PROGRESSO TECNICO
Articolo 16
Le modifiche necessarie per adattare al progresso tecnico gli allegati I e II della presente direttiva e gli allegati delle direttive particolari di cui all’articolo 1 sono adottate dalla Commissione. Tali misure, volte a modificare elementi non essenziali della presente direttiva e delle direttive particolari, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 17, paragrafo 2.
Tuttavia, questa procedura non si applica né al capo relativo alle unità di misura del sistema imperiale dell’allegato alla direttiva concernente le unità di misura, né agli allegati relativi alle gamme di qualità dei prodotti in imballaggi preconfezionati, figuranti nelle direttive relative ai prodotti in imballaggi preconfezionati.
Articolo 17
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’adeguamento al progresso tecnico delle direttive di cui all’articolo 16.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applica l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 18
Ogni decisione di rifiuto dell’approvazione CE del modello, di rifiuto della proroga o di revoca dell’approvazione CE del modello, di rifiuto di procedere alla verifica prima CE o di divieto di immissione sul mercato o in servizio, adottata in considerazione delle disposizioni per l’attuazione della presente direttiva e delle direttive particolari relative agli strumenti in questione, deve motivare le ragioni su cui si basa. Tali rifiuti, revoche o divieti sono notificati alla parte interessata, la quale deve essere altresì informata dei possibili mezzi di ricorso vigenti nelle legislazioni degli Stati membri e del termine entro il quale tali ricorsi possono essere presentati.
Articolo 19
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 20
La direttiva 71/316/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato III, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato III, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato IV.
Articolo 21
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 22
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) Parere di 22 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 4 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 202 del 6.9.1971, pag. 1.
(4) Cfr. allegato III, parte A.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
ALLEGATO I
APPROVAZIONE CE DEL MODELLO
1. Domanda di approvazione CE
1.1.
La domanda e la relativa corrispondenza sono redatte in una lingua ufficiale, conformemente alla legislazione dello Stato membro in cui la domanda viene presentata. Questo Stato membro è in diritto di esigere che anche i documenti allegati siano redatti nella lingua ufficiale di cui sopra.
Il richiedente trasmette simultaneamente ad ogni Stato membro un esemplare della domanda.
1.2.
Nella domanda di approvazione CE viene indicato quanto segue:
a)
nome e domicilio del fabbricante o della ditta, del suo mandatario e del richiedente;
b)
categoria dello strumento;
c)
utilizzazione prevista;
d)
caratteristiche metrologiche;
e)
eventuale denominazione commerciale o tipo dello strumento.
1.3.
La domanda è corredata dai documenti in duplice copia necessari al suo esame, ed in particolare di:
1.3.1.
una descrizione concernente in particolare:
a)
la costruzione e il funzionamento dello strumento;
b)
i dispositivi di sicurezza atti a garantirne il buon funzionamento;
c)
i dispositivi di registrazione e di aggiustaggio;
d)
i luoghi previsti per apporvi;
—
i marchi di verifica,
—
i sigilli (se del caso);
1.3.2.
i disegni di montaggio dell’insieme ed eventualmente i disegni costruttivi dei particolari di maggiore interesse;
1.3.3.
uno schema di massima ed eventualmente una fotografia.
1.4.
La domanda deve essere accompagnata dai documenti attestanti le approvazioni nazionali eventualmente già ottenute.
2. Esame per l’approvazione CE
2.1.
L’esame consiste in quanto segue:
2.1.1.
studio dei documenti ed esame delle caratteristiche metrologiche del modello, effettuati nei laboratori del servizio metrico o nei laboratori autorizzati o sul luogo di fabbricazione, di consegna o di installazione;
2.1.2.
qualora si conoscano dettagliatamente le caratteristiche metrologiche del modello, semplice studio dei documenti presentati.
2.2.
L’esame riguarda anche il comportamento d’insieme dello strumento nelle normali condizioni d’impiego. In tali condizioni lo strumento deve poter conservare le qualità metrologiche richieste.
2.3.
La natura e la portata dell’esame di cui al punto 2.1 possono essere fissate nelle direttive particolari.
2.4.
Il servizio metrico può esigere che il richiedente metta a sua disposizione i campioni ed i mezzi opportuni in termini di materiale e di personale ausiliario necessari per l’esecuzione delle prove relative all’approvazione.
3. Certificato e contrassegno d’approvazione CE
3.1.
Il certificato riproduce i risultati dell’esame del modello e fissa le altre esigenze da rispettare. Esso è accompagnato dalle descrizioni, piani e schemi necessari per identificare il modello e per spiegarne il funzionamento. Il contrassegno d’approvazione di cui all’articolo 4 è costituito da una ε stilizzata contenente:
—
nella parte superiore, la lettera maiuscola distintiva (o le lettere maiuscole distintive) dello Stato membro che ha concesso l’approvazione (B per il Belgio, BG per la Bulgaria, CZ per la Repubblica ceca, DK per la Danimarca, D per la Germania, EST per l’Estonia, IRL per l’Irlanda, EL per la Grecia, E per la Spagna, F per la Francia, I per l’Italia, CY per Cipro, LV per la Lettonia, LT per la Lituania, L per il Lussemburgo, H per l’Ungheria, M per Malta, NL per i Paesi Bassi, A per l’Austria, PL per la Polonia, P per il Portogallo, RO per la Romania, SI per la Slovenia, SK per la Slovacchia, FI per la Finlandia, S per la Svezia, UK per il Regno Unito) e il millesimo dell’anno di approvazione,
—
nella parte inferiore, una sigla che sarà stabilita dal servizio metrico che ha concesso l’approvazione (numero caratteristico).
Un modello di contrassegno d’approvazione figura al punto 6.1.
3.2.
In caso di approvazione CE con effetto limitato, il contrassegno è completato da una lettera «P» che ha dimensioni identiche a quelle della ε stilizzata e viene situata dinanzi a quest’ultima.
Un modello del contrassegno di approvazione con effetto limitato figura al punto 6.2.
3.3.
Il contrassegno di cui all’articolo 6 è analogo al contrassegno di approvazione CE nel quale la lettera ε stilizzata è sostituita da un’immagine simmetrica rispetto alla verticale e non comporta alcuna altra indicazione salvo deroga nelle direttive particolari.
Un modello di questo contrassegno figura al punto 6.3.
3.4.
Il contrassegno di cui all’articolo 11 è analogo al contrassegno di approvazione CE ma iscritto in un esagono.
Un modello di questo contrassegno figura al punto 6.4.
3.5.
I contrassegni contemplati ai punti da 3.1 a 3.4 e apposti dai fabbricanti conformemente alle disposizioni della presente direttiva devono risultare ben visibili ed essere realizzati con caratteri chiaramente leggibili ed indelebili su ogni strumento e dispositivo complementare presentati alla verifica. Se l’apposizione del contrassegno presenta difficoltà tecniche, eventuali eccezioni possono essere previste nelle direttive particolari oppure essere ammesse previo accordo fra i servizi metrici degli Stati membri.
4. Deposito di modello
Nei casi previsti dalle direttive particolari, il servizio che ha concesso l’approvazione può esigere, se lo ritiene necessario, il deposito di un modello dello strumento approvato. In luogo di tale modello campione il servizio può autorizzare il deposito di parti dello strumento, di modellini o disegni; in tal caso ne farà menzione sul certificato di approvazione CE.
5. Pubblicità dell’approvazione
5.1.
Al momento della notifica all’interessato, vengono inviate alla Commissione ed agli altri Stati membri le copie del certificato di approvazione CE nonché, se lo desiderano, copie dei processi verbali degli esami metrologici.
5.2.
La revoca di un’approvazione CE del modello e gli altri elementi che riguardano la portata e la validità dell’approvazione CE del modello formano parimenti oggetto della procedura di pubblicità di cui al punto 5.1.
5.3.
Lo Stato membro che rifiuta un’approvazione CE del modello ne informa gli altri Stati membri e la Commissione.
6. Contrassegni relativi all’approvazione CE del modello
6.1.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello
Esempio:
Approvazione CE del modello rilasciata dal servizio metrico della Germania nel 1971 (cfr. punto 3.1, primo trattino)
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello (cfr. punto 3.1, secondo trattino)
6.2.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello con effetto limitato (cfr. punto 3.2)
Esempio:
Approvazione CE del modello con effetto limitato rilasciata dal servizio metrico della Repubblica federale di Germania nel 1971
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello con effetto limitato
6.3.
Contrassegno dell’esonero dall’approvazione CE del modello (cfr. punto 3.3)
Esempio:
6.4.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello in caso di esonero dalla verifica prima CE (cfr. punto 3.4)
Esempio:
Approvazione CE del modello rilasciata dal servizio metrico della Germania nel 1971
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello
ALLEGATO II
VERIFICA PRIMA CE
1. Condizioni generali
1.1.
La verifica prima CE può essere effettuata in un solo tempo oppure in più tempi (generalmente due).
1.2.
Fermo restando quanto disposto nelle direttive particolari:
1.2.1.
la verifica prima CE viene effettuata in un sol tempo sugli strumenti che rappresentano un tutto unico all’uscita dall’officina, cioè su quegli strumenti che possono, in linea di massima, essere trasferiti al luogo di installazione senza bisogno di smontaggio preventivo;
1.2.2.
la verifica prima CE viene effettuata in due o più tempi per gli strumenti il cui corretto funzionamento dipende dalle condizioni d’installazione o di utilizzazione;
1.2.3.
il primo stadio di verifica deve consentire di accertare in particolare la conformità dello strumento al modello approvato oppure, per gli strumenti esonerati dall’approvazione CE del modello, la conformità alle norme ad essi applicabili.
2. Luogo della verifica prima CE
2.1.
Nell’ipotesi di verifica effettuata in un sol tempo e qualora le direttive particolari non fissino il luogo di verifica, gli strumenti sono verificati in luogo scelto dal competente servizio metrico.
2.2.
Nell’ipotesi di verifica in due o più tempi, gli strumenti sono verificati a cura del servizio metrico competente per territorio.
2.2.1.
L’ultimo stadio della verifica viene tassativamente effettuato sul luogo di installazione.
2.2.2.
Gli altri stadi della verifica si effettuano come stabilito al punto 2.1.
2.3.
Segnatamente quando la verifica non viene effettuata nell’apposito ufficio, il servizio metrico che effettua la verifica può esigere dal richiedente:
—
di mettere a sua disposizione i campioni ed i mezzi opportuni in termini di materiale e di personale ausiliario necessari per la verifica,
—
di fornire una copia del certificato di approvazione CE.
3. Marchi di verifica prima CE
3.1. Definizione dei marchi di verifica prima CE
3.1.1.
Fermo restando quanto disposto nelle direttive particolari, i marchi di verifica prima CE che vengono apposti conformemente al punto 3.3 sono i seguenti:
3.1.1.1.
il marchio di verifica finale CE, composto da due impronte:
a)
la prima impronta è costituita dalla lettera minuscola «e» contenente:
—
nella metà superiore, la lettera maiuscola distintiva (o le lettere maiuscole distintive) dello Stato membro in cui ha avuto luogo la verifica prima (B per il Belgio, BG per la Bulgaria, CZ per la Repubblica ceca, DK per la Danimarca, D per la Germania, EST per l’Estonia, IRL per l’Irlanda, EL per la Grecia, E per la Spagna, F per la Francia, I per l’Italia, CY per Cipro, LV per la Lettonia, LT per la Lituania, L per il Lussemburgo, H per l’Ungheria, M per Malta, NL per i Paesi Bassi, A per l’Austria, PL per la Polonia, P per il Portogallo, RO per la Romania, SI per la Slovenia, SK per la Slovacchia, FI per la Finlandia, S per la Svezia, UK per il Regno Unito) accompagnata, se necessario, da una o due cifre che precisano una ripartizione territoriale o funzionale,
—
nella metà inferiore, il numero distintivo dell’agente verificatore dell’ufficio di verifica;
b)
la seconda impronta è costituita dal millesimo dell’anno di verifica iscritto in un esagono.
3.1.1.2.
il marchio di verifica parziale CE, costituito unicamente dalla prima impronta. Esso serve anche come marchio di punzonatura.
3.2. Forma e dimensioni dei marchi
3.2.1.
La forma, le dimensioni ed i contorni delle lettere e delle cifre previste per i marchi di verifica prima CE al punto 3.1 sono fissati nei disegni allegati; i primi due disegni rappresentano gli elementi costitutivi del punzone e il terzo è un esempio di punzone. Le dimensioni indicate nei disegni sono in rapporto all’unità che rappresenta il diametro del cerchio circoscritto alla lettera «e» minuscola e al campo esagonale.
I diametri reali dei cerchi circoscritti dei marchi sono 1,6 mm, 3,2 mm, 6,3 mm, 12,5 mm.
3.2.2.
I servizi metrici degli Stati membri procedono allo scambio dei disegni originali dei marchi di verifica prima CE eseguiti in base ai modelli dei disegni allegati.
3.3. Apposizione dei marchi
3.3.1.
Il marchio di verifica finale CE è apposto sullo strumento totalmente verificato e riconosciuto conforme alle norme CE, nel luogo previsto a tale scopo.
3.3.2.
Il marchio di verifica parziale CE è apposto:
3.3.2.1.
nel caso di verifica in più tempi, sullo strumento o sulla parte dello strumento che soddisfa alle condizioni previste per le operazioni diverse da quelle effettuate sul luogo di installazione, a protezione delle viti che fissano la piastrina di punzonatura o in qualsiasi altro luogo previsto dalle direttive particolari;
3.3.2.2.
come marchio di punzonatura in tutti i casi e nei luoghi prescritti dalle direttive particolari.
ALLEGATO III
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 20)
Direttiva 71/316/CEE del Consiglio
(GU L 202 del 6.9.1971, pag. 1).
Atto di adesione del 1972, allegato I, punto X.12
(GU L 73 del 27.3.1972, pag. 118).
Direttiva 72/427/CEE del Consiglio
(GU L 291 del 28.12.1972, pag. 156).
Atto di adesione del 1979, allegato I, punto X.A
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108).
Direttiva 83/575/CEE del Consiglio
(GU L 332 del 28.11.1983, pag. 43).
Atto di adesione del 1985, allegato I, punto IX.A.7
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 212).
Direttiva 87/354/CEE del Consiglio
(GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 43).
limitatamente ai riferimenti alla direttiva 71/316/CEE fatti nell’articolo 1 e nell’allegato, punto 4
Direttiva 87/355/CEE del Consiglio
(GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 46).
Direttiva 88/665/CEE del Consiglio
(GU L 382 del 31.12.1988, pag. 42).
limitatamente all’articolo 1, punto 1
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto XI.C.VII.1
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 211).
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
limitatamente all’allegato III, punto 5
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto I.D.1
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 64).
Direttiva 2006/96/CE del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81).
limitatamente ai riferimenti alla direttiva 71/316/CEE fatti all’articolo 1 e all’allegato, punto B.1
Direttiva 2007/13/CE della Commissione
(GU L 73 del 13.3.2007, pag. 10)
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 20)
Direttive
Data di recepimento
71/316/CEE
30 gennaio 1973
83/575/CEE
1o gennaio 1985
87/354/CEE
31 dicembre 1987
87/355/CEE
31 dicembre 1987
2006/96/CE
1o gennaio 2007
2007/13/CE
9 marzo 2008
ALLEGATO IV
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 71/316/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera a), e articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4, primo comma
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 1, paragrafo 6
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, primo trattino
Articolo 3, lettera a)
Articolo 3, secondo trattino
Articolo 3, lettera b)
Articolo 4, prima frase
Articolo 4, primo e secondo comma
Articolo 4, seconda frase
Articolo 4, terzo comma
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, seconda comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 5, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafo 4, prima frase
Articolo 7, paragrafo 4, primo comma
Articolo 7, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 7, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 4, terza frase
Articolo 7, paragrafo 4, terzo comma
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 8, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera d)
Articoli 10 e 11
Articoli 10 e 11
Articoli 12, 13 e 14
Articoli 12, 13 e 14
Articolo 15
Articolo 15
Articolo 16, prima frase
Articolo 16, primo comma
Articolo 16, seconda frase
Articolo 16, secondo comma
Articolo 17
—
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 18, paragrafo 2, primo comma
Articolo 17, paragrafo 2
Articolo 18, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 18, paragrafo 3
—
Articolo 19
Articolo 18
Articolo 20, paragrafo 1
—
Articolo 20, paragrafo 2
Articolo 19
—
Articoli 20 e 21
Articolo 21
Articolo 22
Allegato I
Allegato I
Punti 1 e 1.1
Punti 1 e 1.1
Punto 1.2, frase introduttiva
Punto 1.2, frase introduttiva
Punto 1.2, primo trattino
Punto 1.2, lettera a)
Punto 1.2, secondo trattino
Punto 1.2, lettera b)
Punto 1.2, terzo trattino
Punto 1.2, lettera c)
Punto 1.2, quarto trattino
Punto 1.2, lettera d)
Punto 1.2, quinto trattino
Punto 1.2, lettera e)
Punto 1.3
Punto 1.3
Punto 1.3.1, frase introduttiva
Punto 1.3.1, frase introduttiva
Punto 1.3.1, primo trattino
Punto 1.3.1, lettera a)
Punto 1.3.1, secondo trattino
Punto 1.3.1, lettera b)
Punto 1.3.1, terzo trattino
Punto 1.3.1, lettera c)
Punto 1.3.1, quarto trattino
Punto 1.3.1, lettera d)
Punti da 1.3.2 a 5
Punti da 1.3.2 a 5
Punto 5.2
Punto 5.1
Punto 5.3
Punto 5.2
Punto 5.4
Punto 5.3
Punti da 6 a 6.4
Punti da 6 a 6.4
Allegato II
Allegato II
—
Allegato III
—
Allegato IV
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Strumenti di misura e metodi di controllo metrologico — Disposizioni comuni
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Definisce le regole generali della CE (Comunità europea) per l’approvazione del modello, la verifica iniziale e i metodi di controllo metrologico degli strumenti di misura.
Altre direttive di esecuzione su varie categorie di strumenti affrontano in dettaglio i requisiti tecnici.
La direttiva abroga la direttiva 71/316/CEE.
PUNTI CHIAVE
Anteriormente alla prima utilizzazione degli strumenti di misura, gli Stati membri sono responsabili di garantirne la conformità con i requisiti tecnici. Ciò si ottiene tramite l’approvazione CE del modello e la verifica, riconosciuta in tutto il territorio dell’Unione europea (UE). La direttiva riguarda:strumenti di misura; unità di misura; l’armonizzazione dei metodi di misura e il controllo metrologico; i mezzi per l’applicazione dei metodi di armonizzazione; metodi di misurazione, controllo metrologico e marcatura dei quantitativi di prodotti confezionati. Approvazione del modello CEUna domanda di approvazione CE del modello può essere presentata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità, in un solo Stato membro. Gli Stati membri devono assicurarsi di essere informati di qualunque modifica o aggiunta apportata al modello approvato e in caso di modifiche essi ne informano gli altri Stati membri. Per il modello modificato e qualora le direttive pertinenti introducano nuovi requisiti può essere necessaria una nuova approvazione CE del modello. In seguito all’approvazione, lo Stato membro redige un certificato e il fabbricante appone il contrassegno ufficiale di approvazione all’impianto interessato. La durata di validità del certificato è di dieci anni, prorogabile per ulteriori periodi di dieci anni. Nella domanda viene indicato quanto segue:utilizzazione prevista; caratteristiche metrologiche; costruzione e funzionamento; dispositivi di registrazione e di aggiustaggio; i luoghi previsti per apporvi i marchi di verifica (qualora vengano apposti sullo strumento); disegni di massima e dettagliati dei particolari di maggiore interesse; disegni o fotografie che illustrino i principi di funzionamento. L’esame consiste nello studio dei documenti ed esame delle caratteristiche metrologiche del modello, compreso il comportamento d’insieme dello strumento nelle normali condizioni d’impiego.
Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello può revocarla se è stata concessa indebitamente o se viene successivamente rilevato un difetto nello strumento. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione europea, e fa in modo di comporre eventuali controversie, in consultazione con la Commissione dove necessario.
Ove siano impiegate tecniche nuove non previste da una direttiva particolare, può essere concessa un’approvazione CE del modello di effetto limitato fino a due anni (prorogabile a un massimo di tre anni) con alcune restrizioni, compresa una limitazione del numero di strumenti che beneficiano dell’approvazione e disposizioni limitative particolari relative alla tecnica impiegata.
Verifica prima CE
La verifica prima CE è il controllo e la conferma della conformità di uno strumento nuovo o rimesso a nuovo* per assicurarne la conformità al modello approvato CE e/o alle direttive pertinenti, e viene certificata dall’apposizione del marchio di verifica prima CE. L’esame prevede la valutazione delle caratteristiche metrologiche, degli errori massimi tollerati e una valutazione dell’affidabilità della costruzione.
Se uno strumento ha superato la verifica prima CE conformemente alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari, il marchio di verifica CE può essere apposto dal fabbricante.
Controllo degli strumenti in uso
Direttive particolari forniscono indicazioni sui requisiti per il controllo di strumenti di misurazione già in uso.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 18 maggio 2009.
Direttiva 2009/34/CE che modifica e sostituisce la direttiva 71/316/CEE — e successive modifiche.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Metrologia legale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Rimesso a nuovo: uno strumento usato che è stato rimesso in buone condizioni.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico (rifusione) (GU L 106 del 28.4.2009, pagg. 7-24)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2011/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che abroga le direttive 71/317/CEE, 71/347/CEE, 71/349/CEE, 74/148/CEE, 75/33/CEE, 76/765/CEE, 76/766/CEE e 86/217/CEE del Consiglio relative alla metrologia (GU L 71 del 18.3.2011, pagg. 1-3) |
Norme di commercializzazione applicabili alle uova
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento definisce le norme di commercializzazione applicabili alle uova* vendute nell’UE, comprese quelle riguardanti la classificazione, l’etichettatura, le condizioni di vita delle galline e la tenuta dei registri.
Esso attua il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei mercati agricoli nell’UE e contenente le norme sulla commercializzazione di taluni prodotti, tra i quali le uova.
PUNTI CHIAVE
Le uova possono essere classificate come categoria A o categoria B.
Le uova di categoria A devono avere le seguenti caratteristiche:guscio normale, pulito e intatto; camera d’aria all’interno dell’uovo non superiore a 6 mm; tuorlo senza contorno apparente, leggermente mobile in caso di rotazione dell’uovo; albume chiaro e translucido; non devono contenere corpi estranei o avere odori atipici; l’uovo non deve mostrare sviluppo del germe. Le uova della categoria A non sono lavate o pulite né prima né dopo la classificazione e non subiscono alcun trattamento di conservazione o di refrigerazione al di sotto di 5 °C.
Le uova della categoria A sono classificate in base al peso:XL — più di 72 g, L — da 63 a 72 g, M — da 53 a 62 g, S — peso inferiore a 53 g. Le uova della categoria B sono le uova che non presentano le caratteristiche qualitative delle uova della categoria A, o sono uova della categoria A che non presentano più le suddette caratteristiche.
Solo i centri di imballaggio possono classificare e imballare le uova ed etichettare gli imballaggi*. I centri di imballaggio sono tenuti a disporre dell’attrezzatura necessaria per la classificazione e la stampigliatura delle uova. Le uova sono classificate, stampigliate e imballate entro dieci giorni dalla data di deposizione.
L’imballaggio di trasporto delle uova deve riportare:il nome e l’indirizzo del produttore, il codice del produttore, il numero di uova e/o il relativo peso, la data o il periodo di deposizione, la data di spedizione. Gli imballaggi contenenti uova della categoria A devono essere stampigliate con il metodo di allevamento utilizzato e il termine minimo di conservazione — non superiore al ventottesimo giorno successivo alla data di deposizione.
Le uova possono essere etichettate come «uova da allevamento all’aperto», «uova da allevamento a terra» o «uova da allevamento in gabbie». Le galline in allevamento all’aperto devono avere un accesso continuo a spazi all’aperto; tuttavia il produttore può restringere l’accesso nel corso della mattinata, conformemente alle buone pratiche agricole. La dicitura «uova da galline in gabbia» indica che le galline vengono tenute in gabbie attrezzate*, poiché l’allevamento in gabbie in batteria (note come gabbie «non modificate») è vietato nell’UE dal 2012 (direttiva 1999/74/CE del Consiglio — protezione delle galline ovaiole).
Se l’UE adotta misure per tutelare la salute pubblica che prevedono che le galline vengano tenute all’interno, come durante lo sviluppo di focolai di influenza aviaria, le uova possono comunque essere commercializzate come «provenienti da allevamento all’aperto» purché il divieto di accesso ad aree all’aperto non superi le 16 settimane continuativamente.
Gli spazi all’aperto devono essere coperti prevalentemente di vegetazione e possono essere utilizzati solo come frutteto, bosco o pascolo.La densità massima di carico degli spazi all’aperto non deve mai superare 2 500 galline per ettaro di terreno disponibile, oppure una gallina per 4 m2.
Le diciture «extra» o «extra fresche» possono essere utilizzate come indicazione supplementare della qualità sulle uova di categoria A fino al nono giorno dalla data di deposizione.
I cereali come ingredienti dei mangimi possono essere indicati solo se costituiscono almeno il 60 % in peso della formula del mangime.
Produttori di uova tengono registri su:metodo di allevamento utilizzato, numero ed età delle galline, il numero di galline abbattute e la data di abbattimento, il numero e/o il peso delle uova vendute ogni giorno, il nome e l’indirizzo degli acquirenti. Gli Stati membri designano i servizi di ispezione incaricati di controllare il rispetto del presente regolamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Esso è in vigore dal 1 luglio 2008.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Strumenti di politica del settore delle uova (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Uova: le uova in guscio — escluse le uova rotte, incubate o cotte — prodotte da galline della specie Gallus gallus e adatte al consumo umano diretto o alla fabbricazione di ovoprodotti;
Imballaggio: una confezione contenente uova della categoria A o B, esclusi gli imballaggi da trasporto e i contenitori di uova industriali (uova non destinate al consumo umano);
Gabbie attrezzate: gabbie modificate per rispondere ad alcune preoccupazioni riguardanti il benessere degli animali allevati in gabbie in batteria mantenendo nel contempo alcuni dei vantaggi economici e delle pratiche di allevamento in sistemi senza gabbie.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 589/2008 della Commissione, del 23 giugno 2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova (GU L 163 del 24.6.2008, pag. 6).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 589/2008 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 1999/74/CE del Consiglio del 19 luglio 1999 che stabilisce le norme minime relative alla protezione delle galline ovaiole (GU L 203, del 3.8.1999, pag. 53).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (CE) N. 589/2008 DELLA COMMISSIONE
del 23 giugno 2008
recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1), in particolare l’articolo 121, in combinato disposto con l’articolo 4,
considerando quanto segue:
(1)
A decorrere dal 1o luglio 2008, il regolamento (CE) n. 1028/2006 del Consiglio, del 19 giugno 2006, recante norme di commercializzazione applicabili alle uova (2), è abrogato dal regolamento (CE) n. 1234/2007.
(2)
Alcune disposizioni ed obblighi previsti dal regolamento (CE) n. 1028/2006 non sono stati ripresi dal regolamento (CE) n. 1234/2007.
(3)
Di conseguenza, per permettere la continuità ed il regolare funzionamento dell’organizzazione comune di mercato, con particolare riguardo alle norme di commercializzazione, devono essere adottate talune disposizioni e obblighi appropriati, nell’ambito di un regolamento recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007.
(4)
Il regolamento (CE) n. 1234/2007 stabilisce i requisiti minimi che devono soddisfare le uova per poter essere commercializzate nella Comunità. Per motivi di chiarezza, occorre definire nuove modalità per l’applicazione di detti requisiti. Occorre pertanto abrogare il regolamento (CE) n. 557/2007 della Commissione (3), che ha stabilito le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1028/2006, e sostituirlo con un nuovo regolamento.
(5)
È opportuno estendere alle uova le disposizioni del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (4), e il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (5). Nella misura del possibile occorre pertanto far riferimento a questi regolamenti orizzontali.
(6)
Occorre determinare le caratteristiche qualitative delle uova della categoria A per poter garantire la qualità elevata delle uova da consegnare direttamente al consumatore finale e definire i criteri soggetti a verifica da parte dei servizi di ispezione. È opportuno che dette caratteristiche qualitative si basino sulla norma n. 42 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (CEE/ONU) relativa alla commercializzazione e al controllo della qualità commerciale delle uova in guscio destinate al commercio internazionale fra e verso i paesi membri della CEE/ONU.
(7)
Le uova refrigerate lasciate a temperatura ambiente possono generare una condensa che facilita la proliferazione di batteri sul guscio e probabilmente il loro ingresso nell’uovo. È pertanto opportuno che le uova siano immagazzinate e trasportate di preferenza a una temperatura costante e che di norma non siano refrigerate prima della vendita al consumatore finale.
(8)
In generale, è opportuno che le uova non siano lavate o pulite perché simili pratiche possono danneggiare il guscio, che possiede una serie di proprietà antimicrobiche e costituisce un’efficace barriera contro le contaminazioni batteriche. Tuttavia, alcune pratiche come il trattamento delle uova con raggi ultravioletti non devono essere considerate un metodo di pulizia. Un altro motivo per cui le uova della categoria A non devono essere lavate è costituito dai danni potenziali alle barriere fisiche, come la cuticola, che possono verificarsi durante o dopo il lavaggio. Questi danni possono favorire la contaminazione batterica e la perdita di umidità attraverso il guscio, aumentando in tal modo i rischi per i consumatori, soprattutto se le successive condizioni di asciugatura e magazzinaggio non risultano ottimali.
(9)
Alcuni Stati membri applicano tuttavia con buoni risultati sistemi di lavaggio delle uova debitamente autorizzati e applicati in condizioni strettamente controllate. Secondo il parere del gruppo scientifico «Rischi biologici» dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare relativo ai rischi microbiologici connessi al lavaggio delle uova da tavola, espresso su richiesta della Commissione e adottato il 7 settembre 2005 (6), i metodi di lavaggio delle uova praticati in alcuni centri di imballaggio possono essere considerati accettabili sul piano igienico a condizione in particolare che sia elaborato un codice di buona prassi in materia.
(10)
È opportuno che le uova della categoria A siano classificate in base al peso. Occorre a tale riguardo definire un numero limitato di categorie di peso e una serie di norme precise sui requisiti minimi in materia di etichettatura, il che non esclude un’etichettatura supplementare con indicazioni facoltative, purché siano rispettate le disposizioni della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (7).
(11)
È opportuno che la classificazione delle uova per categoria di qualità e di peso sia consentita solo ad imprese che dispongono di locali e di attrezzatura tecnica adatti al volume e al tipo delle attività esercitate e tali da consentire pertanto un’adeguata manipolazione delle uova.
(12)
È necessario fissare limiti di tempo massimi per la classificazione, la stampigliatura e l’imballaggio delle uova nonché la stampigliatura degli imballaggi.
(13)
In aggiunta all’obbligo generale di disporre, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione, la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime, ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8), ai fini della realizzazione dei controlli occorre definire talune informazioni che devono figurare sugli imballaggi per il trasporto delle uova e sui relativi documenti di accompagnamento.
(14)
La stampigliatura delle uova con il codice del produttore nel sito di produzione è essenziale quando le uova sono consegnate in un altro Stato membro. Per quanto riguarda in particolare le uova della categoria B, occorre precisare che se il codice del produttore da solo non consente di distinguere la categoria di qualità, le uova della categoria B devono essere stampigliate con un’altra indicazione.
(15)
Occorre stabilire la struttura del codice del produttore di cui all’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007. Occorre inoltre precisare che può essere concessa una deroga all’obbligo di stampigliatura con il codice del produttore se le attrezzature tecniche utilizzate non consentono la stampigliatura di uova incrinate o sporche.
(16)
Occorre definire le altre indicazioni che possono figurare sulle uova della categoria B, in conformità dell’allegato XIV, A, III, punto 1, secondo capoverso, del regolamento (CE) n. 1234/2007.
(17)
Se le uova sono consegnate direttamente all’industria alimentare, per la trasformazione, e sussistono sufficienti garanzie circa la loro destinazione finale, gli Stati membri possono concedere deroghe all’obbligo di stampigliatura agli operatori che ne fanno richiesta.
(18)
La direttiva 2000/13/CE stabilisce norme di natura generale applicabili a tutti i prodotti alimentari immessi sul mercato. È tuttavia necessario disporre alcuni requisiti specifici in materia di stampigliatura per quanto riguarda gli imballaggi.
(19)
L’articolo 9 della direttiva 2000/13/CE definisce il termine minimo di conservazione di un prodotto alimentare come la data fino a cui lo stesso conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Per motivi di chiarezza, tale data deve essere fissata al massimo al ventottesimo giorno successivo alla data di deposizione.
(20)
Le uova possono essere vendute con una dicitura che ne evidenzi la particolare freschezza. A tal fine, occorre fissare un limite di tempo massimo per l’utilizzo di questo tipo di dicitura.
(21)
Le uova possono essere vendute con una dicitura che indichi la composizione specifica della dieta somministrata alle galline ovaiole. Occorre fissare requisiti minimi per l’utilizzo di tali diciture.
(22)
Quando le uova sono vendute alla rinfusa, è importante rendere accessibili al consumatore alcune informazioni che figurano normalmente sull’imballaggio.
(23)
In aggiunta ai requisiti generali in materia di igiene applicabili all’imballaggio e al condizionamento dei prodotti alimentari è necessario stabilire alcune norme supplementari al fine di ridurre al minimo il rischio di deterioramento o di contaminazione delle uova durante il magazzinaggio e il trasporto. È opportuno che dette norme si basino sulla norma CEE/ONU n. 42.
(24)
Le uova industriali sono inadatte al consumo umano. È dunque opportuno prescrivere l’applicazione di fascette o etichette che consentano una facile identificazione degli imballaggi contenenti tali uova.
(25)
Solo i centri di imballaggio dispongono dei locali e delle attrezzature tecniche necessarie per il reimballaggio delle uova. È dunque opportuno limitare le operazioni di reimballaggio a questi centri.
(26)
Gli operatori del settore alimentare sono tenuti a disporre la rintracciabilità ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002. Occorre imporre ai produttori, ai raccoglitori e ai centri di imballaggio l’obbligo di tenere registri supplementari specifici per consentire ai servizi di ispezione di controllare il rispetto delle norme di commercializzazione.
(27)
Occorre definire i metodi e i criteri applicabili in materia di controlli.
(28)
È necessario che il rispetto delle norme di commercializzazione sia controllato per l’insieme della partita considerata e che la commercializzazione di una partita ritenuta non conforme sia vietata fino a quando non sia possibile dimostrarne la conformità.
(29)
Per quanto riguarda il controllo del rispetto delle norme di commercializzazione è opportuno prevedere determinate tolleranze. Dette tolleranze devono differire in funzione dei requisiti e delle fasi di commercializzazione.
(30)
È possibile che i paesi terzi applichino requisiti diversi da quelli fissati dalla Comunità con riguardo alla commercializzazione delle uova. Per facilitare le esportazioni, è opportuno provvedere a che le uova imballate e destinate all’esportazione possano conformarsi a tali requisiti.
(31)
È opportuno fissare precise modalità per la valutazione, effettuata dalla Commissione su richiesta dei paesi terzi, dell’equivalenza delle norme di commercializzazione di tali paesi con la normativa comunitaria. Occorre stabilire alcuni requisiti in materia di stampigliatura e di etichettatura per le uova importate da paesi terzi.
(32)
Per la Commissione è utile disporre di dati relativi al numero di posti per galline ovaiole registrati.
(33)
È necessario che gli Stati membri comunichino ogni infrazione grave alle norme di commercializzazione in modo che gli altri Stati membri che potrebbero risentirne possano essere messi in guardia in maniera adeguata.
(34)
La fornitura di uova per il commercio al dettaglio nei dipartimenti francesi d’oltremare dipende in parte dall’approvvigionamento di uova dal continente europeo. Tenuto conto della durata del trasporto e delle condizioni climatiche, la conservazione delle uova trasportate verso detti dipartimenti presuppone il rispetto di disposizioni specifiche che includano in particolare la possibilità di spedire uova refrigerate. Dette disposizioni specifiche possono essere giustificate dall’attuale carenza di capacità produttive locali. È opportuno prorogare tali disposizioni eccezionali, per un periodo ragionevole, fino a quando non si disponga di capacità produttive locali sufficienti.
(35)
L’allegato XIV, A, I, punto 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007 autorizza gli Stati membri ad esonerare dagli obblighi di cui al presente regolamento le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale. Per tenere conto delle condizioni specifiche di commercializzazione delle uova in alcune regioni della Finlandia è opportuno esonerare dagli obblighi contemplati dal presente regolamento e dal regolamento (CE) n. 1234/2007 le vendite dai produttori ai punti di vendita al dettaglio in queste regioni.
(36)
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole (9), gli Stati membri devono provvedere affinché l’allevamento di galline ovaiole in gabbie non modificate sia vietato a decorrere dal 1o gennaio 2012. È pertanto opportuno che la Commissione valuti prima di tale data l’applicazione delle disposizioni previste in materia di etichettatura facoltativa con riguardo alle gabbie modificate al fine di accertare la necessità di rendere tale etichettatura obbligatoria.
(37)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato di gestione dell’organizzazione comune dei mercati agricoli,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Si applicano, se del caso, le definizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 852/2004 e all’allegato I, punti 5 e 7.3, del regolamento (CE) n. 853/2004.
Ai fini del presente regolamento si applicano inoltre le seguenti definizioni:
a)
«imballaggio»: una confezione contenente uova della categoria A o B, esclusi gli imballaggi da trasporto e i contenitori di uova industriali;
b)
«vendita di uova sfuse»: l’offerta al minuto al consumatore finale di uova diverse dalle uova in imballaggi;
c)
«raccoglitore»: ogni stabilimento registrato ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 852/2004 per la raccolta di uova da un produttore ai fini della consegna a un centro di imballaggio, a un mercato che venda esclusivamente a grossisti le cui imprese sono riconosciute come centri di imballaggio o all’industria alimentare e non alimentare;
d)
«data di vendita raccomandata»: il termine massimo per la consegna dell’uovo al consumatore finale, in conformità dell’allegato III, sezione X, capitolo I, punto 3, del regolamento (CE) n. 853/2004;
e)
«industria alimentare»: ogni stabilimento dedito alla produzione di ovoprodotti destinati al consumo umano, esclusi i servizi di ristorazione per collettività;
f)
«industria non alimentare»: ogni impresa dedita alla produzione di prodotti contenenti uova non destinati al consumo umano;
g)
«servizi di ristorazione per collettività»: le entità di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2000/13/CE;
h)
«uova industriali»: le uova non destinate al consumo umano;
i)
«partita»: le uova imballate o sfuse provenienti da un unico sito di produzione o centro di imballaggio, situate in un unico luogo, contenute negli stessi imballaggi o sfuse in uno stesso contenitore, recanti la stessa data di deposizione o lo stesso termine minimo di conservazione o la stessa data di imballaggio, ottenute con lo stesso metodo di allevamento e, nel caso delle uova classificate, appartenenti alla stessa categoria di qualità e peso;
j)
«reimballaggio»: il trasferimento fisico di uova in un altro imballaggio o la ristampigliatura di un imballaggio contenente uova;
k)
«uova»: le uova in guscio, escluse le uova rotte, le uova incubate e le uova cotte, prodotte da galline della specie Gallus gallus e adatte al consumo umano diretto o alla preparazione di prodotti a base di uova;
l)
«uova rotte»: le uova che presentano difetti del guscio e delle membrane le quali provocano un’esposizione del loro contenuto;
m)
«uova incubate»: le uova dal momento della loro messa in incubazione;
n)
«commercializzazione»: la detenzione di uova per la vendita, compresa la messa in vendita, l’immagazzinamento, l’imballaggio, l’etichettatura, la consegna o qualsiasi altro tipo di trasferimento, a titolo gratuito o no;
o)
«operatore»: un produttore o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che opera nella commercializzazione di uova;
p)
«sito di produzione»: uno stabilimento che alleva galline ovaiole, riconosciuto ai sensi della direttiva 2002/4/CE della Commissione (10);
q)
«centro di imballaggio»: un centro di imballaggio ai sensi del regolamento (CE) n. 853/2004, che è autorizzato in conformità dell’articolo 5, paragrafo 2, del presente regolamento, nel quale le uova sono classificate in base alla qualità e al peso;
r)
«consumatore finale»: l’ultimo acquirente di un prodotto alimentare che non utilizzerà detto prodotto nell’ambito di un’operazione o di un’attività del settore alimentare;
s)
«codice del produttore»: il numero distintivo del sito di produzione come descritto nel punto 2 dell’allegato della direttiva 2002/4/CE.
Articolo 2
Caratteristiche di qualità delle uova
1. Le uova della categoria A presentano le seguenti caratteristiche di qualità:
a)
guscio e cuticola: forma normale, puliti e intatti;
b)
camera d’aria: altezza non superiore a 6 mm, immobile; tuttavia, per le uova commercializzate con la dicitura «extra», l’altezza non deve superare i 4 mm;
c)
tuorlo: visibile alla speratura solo come ombratura, senza contorno apparente, leggermente mobile in caso di rotazione dell’uovo, ma con ritorno in posizione centrale;
d)
albume: chiaro, traslucido;
e)
germe: sviluppo impercettibile;
f)
corpi estranei: non ammessi;
g)
odori atipici: non ammessi.
2. Le uova della categoria A non sono lavate o pulite né prima né dopo la classificazione, fatto salvo quanto disposto nell’articolo 3.
3. Le uova della categoria A non subiscono alcun trattamento di conservazione e non sono refrigerate in locali o impianti in cui la temperatura è mantenuta artificialmente al di sotto di 5 °C. Tuttavia, non sono considerate refrigerate le uova che sono state mantenute ad una temperatura inferiore a 5 °C durante il trasporto, di una durata massima di 24 ore, oppure in un punto di vendita, per una durata massima di 72 ore.
4. Nella categoria B rientrano le uova che non presentano le caratteristiche qualitative di cui al paragrafo 1. Le uova della categoria A che non presentano più le suddette caratteristiche possono essere declassate nella categoria B.
Articolo 3
Uova lavate
1. Gli Stati membri che al 1o giugno 2003 autorizzavano i centri di imballaggio a lavare le uova possono mantenere questa autorizzazione, purché detti centri operino in conformità dei manuali nazionali per i sistemi di lavaggio delle uova. Le uova lavate possono essere commercializzate esclusivamente negli Stati membri che hanno concesso questo tipo di autorizzazioni.
2. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 incoraggiano l’elaborazione, da parte degli operatori del settore alimentare, di manuali nazionali di corretta prassi operativa in materia di sistemi di lavaggio delle uova, in conformità dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 852/2004.
Articolo 4
Classificazione delle uova della categoria A in base al peso
1. Le uova della categoria A sono classificate secondo le seguenti categorie di peso:
a)
XL — grandissime: peso pari o superiore a 73 g;
b)
L — grandi: peso pari o superiore a 63 g e inferiore a 73 g;
c)
M — medie: peso pari o superiore a 53 g e inferiore a 63 g;
d)
S — piccole: peso inferiore a 53 g.
2. Le categorie di peso sono indicate dalle lettere o diciture corrispondenti di cui al paragrafo 1 oppure da una combinazione di entrambe, con l’eventuale aggiunta delle fasce di peso corrispondenti. L’uso di altre diciture supplementari è autorizzato a condizione che tali diciture non possano essere confuse con le lettere o le diciture di cui al paragrafo 1 e rispondano ai requisiti della direttiva 2000/13/CE.
3. In deroga al paragrafo 1, qualora uno stesso imballaggio contenga uova della categoria A di calibri diversi, il peso netto minimo è indicato in grammi e sulla superficie esterna dell’imballaggio figura la dicitura «uova di vario calibro».
Articolo 5
Centri di imballaggio
1. La classificazione, l’imballaggio e l’etichettatura delle uova sono effettuati solo dai centri di imballaggio.
Sono autorizzate come centri di imballaggio solo le imprese che soddisfanno le condizioni di cui al presente articolo.
2. L’autorità competente autorizza i centri di imballaggio a classificare le uova e attribuisce un numero di identificazione ad ogni operatore che dispone dei locali e dell’attrezzatura tecnica appropriati che consentono la classificazione delle uova per categoria di qualità e di peso. I centri di imballaggio che lavorano esclusivamente per l’industria alimentare e non alimentare non sono tenuti a disporre dell’attrezzatura tecnica necessaria per la classificazione delle uova in base al peso.
L’autorità competente attribuisce al centro di imballaggio un codice di identificazione iniziante con il codice relativo allo Stato membro di registrazione, riportato nel punto 2.2 dell’allegato della direttiva 2002/4/CE.
3. I centri di imballaggio dispongono delle attrezzature tecniche necessarie per garantire un’adeguata manipolazione delle uova. Esse comprendono a seconda dei casi:
a)
un impianto per la speratura adatto all’uso, automatico o permanentemente assistito, che consenta di esaminare separatamente la qualità di ciascun uovo, o un’altra attrezzatura adeguata;
b)
un dispositivo per la valutazione dell’altezza della camera d’aria;
c)
un’attrezzatura per classificare le uova in base alla categoria di peso;
d)
una o più bilance omologate per pesare le uova;
e)
un sistema per la stampigliatura delle uova.
4. L’autorizzazione di cui ai paragrafi 1 e 2 può essere ritirata in qualsiasi momento se le condizioni stabilite nel presente articolo non sono più soddisfatte.
Articolo 6
Termini applicabili alla classificazione, alla stampigliatura e all’imballaggio delle uova e alla stampigliatura degli imballaggi
1. Le uova sono classificate, stampigliate e imballate entro dieci giorni dalla data di deposizione.
2. Le uova commercializzate a norma dell’articolo 14 sono classificate, stampigliate e imballate entro quattro giorni dalla data di deposizione.
3. Il termine minimo di conservazione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera d), è apposto al momento dell’imballaggio, utilizzando le indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/13/CE.
Articolo 7
Informazioni figuranti sugli imballaggi di trasporto
1. Fatto salvo l’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002, sul sito di produzione il produttore appone su ciascun imballaggio di trasporto contenente uova le indicazioni seguenti:
a)
il nome e l’indirizzo del produttore;
b)
il codice del produttore;
c)
il numero di uova e/o il relativo peso;
d)
la data o il periodo di deposizione;
e)
la data di spedizione.
Qualora le uova siano fornite non condizionate ai centri di imballaggio da loro unità di produzione situate nello stesso sito, le suddette indicazioni possono essere apposte sugli imballaggi di trasporto presso il centro di imballaggio.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono apposte sull’imballaggio di trasporto e figurano nei documenti di accompagnamento. Una copia di questi documenti è conservata da ciascun operatore a cui sono consegnate le uova. Gli originali dei documenti di accompagnamento sono conservati dal centro di imballaggio che provvede alla classificazione delle uova.
Quando le partite ricevute da un raccoglitore sono suddivise per la consegna a più operatori, i documenti di accompagnamento possono essere sostituiti da adeguate etichette apposte sui contenitori di trasporto, a condizione che esse includano le informazioni di cui al paragrafo 1.
3. Le informazioni di cui al paragrafo 1 apposte sull’imballaggio di trasporto non sono modificate e restano su detto imballaggio fino al momento in cui le uova non ne sono estratte per essere immediatamente sottoposte a classificazione, stampigliatura, imballaggio o trasformazione.
Articolo 8
Stampigliatura delle uova per la consegna transfrontaliera
1. Le uova consegnate da un sito di produzione a un raccoglitore, un centro di imballaggio o un’industria non alimentare situati in un altro Stato membro sono stampigliate con il codice del produttore prima di lasciare il sito di produzione.
2. Qualora un produttore abbia stipulato con un centro di imballaggio situato in un altro Stato membro un contratto di fornitura che prevede l’obbligo di effettuare la stampigliatura in conformità del presente regolamento, lo Stato membro sul cui territorio si trova il sito di produzione può concedere una deroga all’obbligo di cui al paragrafo 1. Detta deroga è concessa unicamente su richiesta di entrambi gli operatori interessati e con l’accordo scritto preventivo dello Stato membro in cui è situato il centro di imballaggio. In tal caso, la spedizione è accompagnata da una copia del contratto di consegna.
3. La durata minima dei contratti di consegna di cui al paragrafo 2 non può essere inferiore a un mese.
4. I servizi di ispezione di cui all’articolo 24 dello Stato membro interessato e degli eventuali Stati membri di transito sono informati prima della concessione della deroga di cui al paragrafo 2 del presente articolo.
5. Le uova della categoria B commercializzate in un altro Stato membro sono stampigliate come indicato nell’allegato XIV, A, III, punto 1, secondo capoverso, del regolamento (CE) n. 1234/2007 e, ove necessario, recano un’indicazione a norma dell’articolo 10 del presente regolamento per poter essere facilmente distinte dalle uova della categoria A.
Articolo 9
Codice del produttore
1. Il codice del produttore è costituito dalle cifre e dalle lettere di cui al punto 2 dell’allegato della direttiva 2002/4/CE. Deve essere facilmente visibile e chiaramente leggibile, con caratteri di altezza pari almeno a 2 mm.
2. Fatte salve le disposizioni dell’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007, qualora per motivi tecnici non sia possibile stampigliare le uova incrinate o sporche, la stampigliatura con il codice del produttore non è obbligatoria.
Articolo 10
Indicazioni sulle uova della categoria B
Le indicazioni di cui all’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 consistono in un cerchio di almeno 12 mm di diametro, all’interno del quale è inserita una lettera «B» di altezza pari almeno a 5 mm o un punto colorato facilmente visibile di diametro pari almeno a 5 mm.
Articolo 11
Stampigliatura delle uova consegnate direttamente all’industria alimentare
Gli Stati membri possono esonerare gli operatori, su loro richiesta, degli obblighi in materia di stampigliatura stabiliti nell’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 qualora le uova siano consegnate direttamente dal sito di produzione all’industria alimentare.
Articolo 12
Stampigliatura degli imballaggi
1. Gli imballaggi contenenti uova della categoria A recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e chiaramente leggibili:
a)
il codice del centro di imballaggio;
b)
la categoria di qualità; gli imballaggi sono distinti con la dicitura «categoria A» o con la lettera «A», da sola o abbinata alla dicitura «fresche»;
c)
la categoria di peso in conformità dell’articolo 4, paragrafo 2, del presente regolamento;
d)
il termine minimo di conservazione, in conformità dell’articolo 13 del presente regolamento;
e)
la dicitura «uova lavate» per le uova lavate a norma dell’articolo 3 del presente regolamento;
f)
come condizione particolare di conservazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 6, della direttiva 2000/13/CE, un’indicazione che raccomandi ai consumatori di tenere le uova al fresco dopo l’acquisto.
2. In aggiunta ai requisiti di cui al paragrafo 1, gli imballaggi contenenti uova della categoria A recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e chiaramente leggibili, l’indicazione del metodo di allevamento.
Ai fini dell’identificazione del metodo di allevamento possono essere utilizzate esclusivamente le diciture seguenti:
a)
per l’allevamento tradizionale, le diciture di cui all’allegato I, parte A, e solo a condizione che siano rispettate le condizioni di cui all’allegato II;
b)
per il metodo di produzione biologica, le diciture di cui all’articolo 2 del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio (11).
La spiegazione del codice del produttore è fornita sulla superficie esterna dell’imballaggio o al suo interno.
Se le galline ovaiole sono allevate in impianti di allevamento conformi ai requisiti di cui al capo III della direttiva 1999/74/CE, l’identificazione del metodo di allevamento può essere completata da una delle diciture di cui all’allegato I, parte B, del presente regolamento.
3. Le disposizioni di cui al paragrafo 2 si applicano ferme restando eventuali misure tecniche nazionali che prevedano requisiti più rigorosi rispetto ai requisiti minimi riportati nell’allegato II e che siano applicabili esclusivamente ai produttori dello Stato membro interessato, purché compatibili con la normativa comunitaria.
4. Gli imballaggi contenenti uova della categoria B recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e chiaramente leggibili:
a)
il codice del centro di imballaggio;
b)
la categoria di qualità; gli imballaggi sono contraddistinti con la dicitura «categoria B» o con la lettera «B»;
c)
la data di imballaggio.
5. Per gli imballaggi di uova prodotte sul proprio territorio, gli Stati membri possono chiedere che le etichette siano apposte in modo tale da lacerarsi al momento dell’apertura dell’imballaggio.
Articolo 13
Indicazione del termine minimo di conservazione
Il termine minimo di conservazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2000/13/CE, è fissato al massimo al ventottesimo giorno successivo alla data di deposizione. Qualora sia indicato un periodo di deposizione, il termine minimo di conservazione è determinato a decorrere dalla data di inizio di tale periodo.
Articolo 14
Imballaggio recante la dicitura «extra»
1. Le diciture «extra» o «extra fresche» possono essere utilizzate come indicazione supplementare della qualità sugli imballaggi contenenti uova della categoria A fino al nono giorno successivo alla data di deposizione.
2. Qualora siano utilizzate le diciture di cui al paragrafo 1, la data di deposizione e il termine di nove giorni figurano sull’imballaggio in modo facilmente visibile e chiaramente leggibile.
Articolo 15
Indicazione del tipo di alimentazione delle galline ovaiole
Qualora sia utilizzata un’indicazione relativa al tipo di alimentazione delle galline ovaiole, si applicano i seguenti requisiti minimi:
a)
i cereali possono essere indicati come ingredienti dei mangimi solo se costituiscono almeno il 60 % in peso della formula del mangime, che può comprendere al massimo il 15 % di sottoprodotti di cereali;
b)
fatta salva la percentuale minima del 60 % di cui alla lettera a), qualora sia fatto riferimento a un cereale specifico, esso deve rappresentare almeno il 30 % della formula del mangime utilizzato. Qualora sia fatto riferimento a più cereali, ognuno di essi deve rappresentare almeno il 5 % della formula del mangime utilizzato.
Articolo 16
Informazioni da fornire in caso di vendita di uova sfuse
In caso di vendita di uova sfuse, devono essere fornite le seguenti informazioni, in modo tale che risultino facilmente visibili e chiaramente leggibili per il consumatore:
a)
la categoria di qualità;
b)
la categoria di peso a norma dell’articolo 4;
c)
un’indicazione del metodo di allevamento equivalente a quella di cui all’articolo 12, paragrafo 2;
d)
una spiegazione del significato del codice del produttore;
e)
il termine minimo di conservazione.
Articolo 17
Qualità degli imballaggi
Fatti salvi i requisiti di cui all’allegato II, capitolo X, del regolamento (CE) n. 852/2004, gli imballaggi debbono essere resistenti agli urti, asciutti, in ottimo stato di manutenzione e di pulizia e fabbricati con materiali idonei a preservare le uova da odori estranei e da rischi di alterazione della qualità.
Articolo 18
Uova industriali
Le uova industriali sono commercializzate in contenitori da imballaggio recanti una fascetta o un’etichetta di colore rosso.
Le fascette o le etichette recano:
a)
il nome e l’indirizzo dell’operatore destinatario;
b)
il nome e l’indirizzo dell’operatore che ha spedito le uova;
c)
la dicitura «uova industriali» in caratteri maiuscoli di 2 cm di altezza e la dicitura «inadatte al consumo umano» in caratteri di almeno 8 mm di altezza.
Articolo 19
Reimballaggio
Le uova imballate della categoria A possono essere reimballate solo ad opera di centri di imballaggio. Ciascun imballaggio contiene solo uova provenienti da una stessa partita.
Articolo 20
Registrazioni effettuate dai produttori
1. I produttori registrano le informazioni relative ai metodi di allevamento indicando, per ogni metodo di allevamento praticato:
a)
la data di introduzione, l’età al momento dell’introduzione e il numero delle galline ovaiole;
b)
il numero di galline abbattute e la data di abbattimento;
c)
la produzione giornaliera di uova;
d)
il numero e/o il peso delle uova vendute ogni giorno o consegnate secondo altre modalità;
e)
il nome e l’indirizzo degli acquirenti.
2. Qualora sia indicato il tipo di alimentazione, a norma dell’articolo 15 del presente regolamento, i produttori, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, parte A.III, del regolamento (CE) n. 852/2004, registrano le informazioni seguenti, specificando per ciascun tipo di alimentazione:
a)
la quantità e il tipo di mangimi forniti o mescolati sul posto;
b)
la data di consegna dei mangimi.
3. Qualora un produttore utilizzi diversi metodi di allevamento in uno stesso sito di produzione, le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono ripartite per pollaio.
4. Ai fini del presente articolo, anziché tenere registri delle vendite e delle consegne, i produttori possono conservare le fatture e le bollette di consegna delle uova in fascicoli recanti le diciture di cui ai paragrafi 1 e 2.
Articolo 21
Registrazioni effettuate dai raccoglitori
1. I raccoglitori registrano separatamente, per metodo di allevamento e per giorno:
a)
i quantitativi di uova raccolte, suddivisi per produttore, con l’indicazione del nome, indirizzo e codice del produttore e della data o del periodo di deposizione;
b)
i quantitativi di uova non classificate consegnati ai rispettivi centri di imballaggio, ripartiti per produttore, con l’indicazione del nome, dell’indirizzo e del codice di tali centri e della data o del periodo di deposizione.
2. Ai fini del presente articolo, invece dei registri delle vendite e delle consegne, i raccoglitori possono conservare le fatture e le bollette di consegna delle uova in fascicoli recanti le diciture di cui al paragrafo 1.
Articolo 22
Registrazioni effettuate dai centri di imballaggio
1. I centri di imballaggio registrano separatamente, per metodo di allevamento e per giorno:
a)
i quantitativi di uova non classificate ricevuti, suddivisi per produttore, con l’indicazione del nome, indirizzo e codice del produttore e della data o del periodo di deposizione;
b)
dopo aver classificato le uova, i quantitativi per categoria di qualità e di peso;
c)
i quantitativi di uova classificate ricevuti in provenienza da altri centri di imballaggio, con l’indicazione del codice dei centri suddetti e del termine minimo di conservazione;
d)
i quantitativi di uova non classificate consegnati ad altri centri di imballaggio, ripartiti per produttore, con l’indicazione del codice dei centri suddetti e della data o del periodo di deposizione;
e)
il numero e/o il peso delle uova consegnate, suddivise per qualità e categoria di peso, per data di imballaggio per le uova della categoria B o per termine minimo di conservazione per le uova della categoria A, e per acquirente, con l’indicazione del nome e dell’indirizzo del medesimo.
I centri di imballaggio aggiornano settimanalmente le scorte fisiche.
2. Qualora le uova della categoria A e i rispettivi imballaggi rechino l’indicazione del tipo di alimentazione delle galline ovaiole ai sensi dell’articolo 15, i centri di imballaggio che si avvalgono di queste indicazioni registrano separatamente tali uova, in conformità del paragrafo 1.
3. Ai fini del presente articolo, invece dei registri delle vendite e delle consegne, i centri di imballaggio possono tenere le fatture e le bollette di consegna delle uova in fascicoli recanti le diciture di cui ai paragrafi 1 e 2.
Articolo 23
Termine di conservazione dei registri
I registri e i fascicoli di cui all’articolo 7, paragrafo 2, e agli articoli 20, 21 e 22 sono conservati per almeno dodici mesi a partire dalla data della loro creazione.
Articolo 24
Controlli
1. Gli Stati membri designano i servizi di ispezione incaricati di controllare il rispetto del presente regolamento.
2. I servizi di ispezione di cui al paragrafo 1 controllano i prodotti contemplati dal presente regolamento in tutte le fasi della commercializzazione. I controlli sono effettuati per sondaggio e sulla base di un’analisi di rischio che tenga conto del tipo e della capacità di lavorazione dello stabilimento, nonché dei precedenti dell’operatore per quanto riguarda il rispetto delle norme di commercializzazione applicabili alle uova.
3. Per le uova della categoria A importate da paesi terzi, i controlli di cui al paragrafo 2 sono effettuati al momento dello sdoganamento e prima dell’immissione in libera pratica.
Le uova della categoria B importate da paesi terzi sono immesse in libera pratica soltanto dopo aver verificato, al momento dello sdoganamento, che la loro destinazione finale è l’industria di trasformazione.
4. Oltre ai controlli per sondaggio, gli operatori sono oggetto di controlli il cui ritmo è stabilito dai servizi di ispezione sulla base dell’analisi di rischio di cui al paragrafo 2, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a)
i risultati dei precedenti controlli;
b)
la complessità dei circuiti di commercializzazione delle uova;
c)
il grado di segmentazione nello stabilimento di produzione o di condizionamento;
d)
i quantitativi di uova prodotte o condizionate;
e)
ogni cambiamento sostanziale verificatosi rispetto agli anni precedenti con riguardo alla natura delle uova prodotte o trattate o al metodo di commercializzazione.
5. I controlli sono effettuati regolarmente e senza preavviso. I registri di cui agli articoli 20, 21 e 22 sono messi su richiesta a disposizione dei servizi di ispezione.
Articolo 25
Decisioni in caso di inadempienza
1. In caso di inadempienza alle disposizioni del presente regolamento, constatata nell’ambito delle ispezioni di cui all’articolo 24, le decisioni dei servizi di ispezione devono essere applicate all’intera partita controllata.
2. Qualora la partita controllata non sia ritenuta conforme al presente regolamento, il servizio di ispezione ne vieta la commercializzazione o, se essa proviene da un paese terzo, l’importazione, fino a quando e nella misura in cui sia fornita la prova che la partita stessa è stata resa conforme alle disposizioni del presente regolamento.
3. Il servizio di ispezione che ha effettuato il controllo verifica se la partita incriminata sia stata o stia per essere resa conforme alle disposizioni del presente regolamento.
Articolo 26
Tolleranza per i difetti di qualità
1. Nell’ambito del controllo di una partita di uova della categoria A sono ammesse le seguenti tolleranze:
a)
nel centro di imballaggio, subito prima della spedizione: 5 % di uova con difetti di qualità;
b)
negli altri stadi di commercializzazione: 7 % di uova con difetti di qualità.
2. Nei controlli all’imballaggio o in quelli all’importazione non è ammessa alcuna tolleranza per quanto riguarda l’altezza della camera d’aria delle uova commercializzate con le diciture «extra» o «extra fresche».
3. Nel caso in cui la partita controllata sia inferiore a 180 uova, le percentuali di cui al paragrafo 1 sono raddoppiate.
Articolo 27
Tolleranze per il peso delle uova
1. Fatto salvo il caso di cui all’articolo 4, paragrafo 3, in una partita di uova della categoria A è ammessa, all’atto del controllo, una tolleranza per quanto riguarda il peso unitario delle uova. Una partita di questo tipo può contenere al massimo il 10 % di uova delle categorie di peso contigue a quella indicata sull’imballaggio, ma non più del 5 % di uova della categoria di peso immediatamente inferiore.
2. Nel caso in cui la partita controllata sia inferiore a 180 uova, le percentuali di cui al paragrafo 1 sono raddoppiate.
Articolo 28
Tolleranze per la stampigliatura delle uova
Nell’ambito del controllo delle partite e degli imballaggi è ammessa una tolleranza del 20 % per le uova con indicazioni illeggibili.
Articolo 29
Uova destinate all’esportazione verso i paesi terzi
Le uova imballate e destinate all’esportazione possono essere soggette a requisiti diversi da quelli previsti dall’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1234/2007 e dal presente regolamento per quanto riguarda la qualità, la stampigliatura e l’etichettatura, o requisiti supplementari.
Articolo 30
Uova importate
1. Le valutazioni di equivalenza di cui all’allegato XIV, A, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 includono una valutazione dell’effettivo rispetto dei requisiti stabiliti dal presente regolamento da parte degli operatori del paese terzo interessato. Tale valutazione è regolarmente aggiornata.
La Commissione pubblica i risultati della valutazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
2. Le uova importate da paesi terzi sono stampigliate in modo chiaro e leggibile nel paese di origine con il codice ISO 3166 del paese.
3. In mancanza di sufficienti garanzie circa l’equivalenza delle norme contemplata dall’allegato XIV, A, IV, punto 3, del regolamento (CE) n. 1234/2007, gli imballaggi contenenti uova importate dai paesi di cui trattasi recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e perfettamente leggibili, l’indicazione:
a)
del paese di origine;
b)
del metodo di allevamento («non conforme alle norme CE»).
Articolo 31
Comunicazione delle informazioni
Anteriormente al 1o aprile di ogni anno, ogni Stato membro comunica alla Commissione per via elettronica il numero di siti di produzione ripartiti a seconda dei metodi di allevamento, inclusa la capacità massima dello stabilimento in numero di volatili presenti contemporaneamente.
Articolo 32
Notifica delle infrazioni
Gli Stati membri notificano alla Commissione per via elettronica, entro cinque giorni lavorativi, ogni violazione rilevata dai servizi di ispezione, od ogni serio sospetto di violazione, che possa perturbare gli scambi intracomunitari di uova. Si ritiene che gli scambi intracomunitari siano perturbati in particolare nel caso di gravi violazioni da parte di operatori che producono o commercializzano uova destinate alla vendita in un altro Stato membro.
Articolo 33
Eccezioni per i dipartimenti francesi d’oltremare
1. In deroga all’articolo 2, paragrafo 3, le uova destinate alla vendita al dettaglio nei dipartimenti francesi d’oltremare possono essere spedite refrigerate verso tali dipartimenti. In tal caso, la data di vendita raccomandata può essere estesa a 33 giorni.
2. Nel caso di cui al paragrafo 1, in aggiunta ai requisiti di cui agli articoli 12 e 16, la superficie esterna dell’imballaggio reca la dicitura «uova refrigerate» e informazioni relative alla refrigerazione.
Il marchio distintivo per le «uova refrigerate» è un triangolo equilatero di almeno 10 mm di lato.
Articolo 34
Eccezioni per alcune regioni della Finlandia
Le uova vendute direttamente dal produttore a punti di vendita nelle regioni elencate nell’allegato III sono esentate dai requisiti previsti dall’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1234/2007 e dal presente regolamento. Tuttavia, il metodo di allevamento deve essere debitamente indicato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, e dell’articolo 16, lettera c), del presente regolamento.
Articolo 35
Valutazione delle pratiche relative all’etichettatura facoltativa
Al massimo entro il 31 dicembre 2009, la Commissione valuta l’impiego effettuato dell’etichettatura facoltativa ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, ultimo comma, al fine di renderla obbligatoria, se del caso.
Articolo 36
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le norme in materia di sanzioni in caso di violazione del presente regolamento e prendono i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 37
Comunicazioni
Gli Stati membri e la Commissione si comunicano reciprocamente i dati necessari all’applicazione del presente regolamento.
Articolo 38
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 557/2007 è abrogato con effetto a decorrere dal 1o luglio 2008.
I riferimenti al regolamento abrogato e al regolamento (CE) n. 1028/2006 s’intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato IV.
Articolo 39
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o luglio 2008.
L’articolo 33 si applica fino al 30 giugno 2009.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 23 giugno 2008.
Per la Commissione
Mariann FISCHER BOEL
Membro della Commissione
(1) GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 510/2008 della Commissione (GU L 149 del 7.6.2008, pag. 61).
(2) GU L 186 del 7.7.2006, pag. 1.
(3) GU L 132 del 24.5.2007, pag. 5. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1336/2007 (GU L 298 del 16.11.2007, pag. 3).
(4) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1; rettifica nella GU L 226 del 25.6.2004, pag. 3.
(5) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55; rettifica nella GU L 226 del 25.6.2004, pag. 22. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1243/2007 della Commissione (GU L 281 del 25.10.2007, pag. 8).
(6) The EFSA Journal (2005) 269, 2005, pag. 1.
(7) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/68/CE della Commissione (GU L 310 del 28.11.2007, pag. 11).
(8) GU L 31 dell 1.2.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 202/2008 della Commissione (GU L 60 del 5.3.2008, pag. 17).
(9) GU L 203 del 3.8.1999, pag. 53. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 806/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).
(10) GU L 30 del 31.1.2002, pag. 44.
(11) GU L 198 del 22.7.1991, pag. 1.
ALLEGATO I
PARTE A
Diciture di cui all’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma, lettera a)
Codice lingue
1
2
3
BG
«Яйца от кокошки – свободно отглеждане на открито»
«Яйца от кокошки – подово отглеждане»
«Яйца от кокошки – клетъчно отглеждане»
ES
«Huevos de gallinas camperas»
«Huevos de gallinas criadas en el suelo»
«Huevos de gallinas criadas en jaula»
CS
«Vejce nosnic ve volném výběhu»
«Vejce nosnic v halách»
«Vejce nosnic v klecích»
DA
«Frilandsæg»
«Skrabeæg»
«Buræg»
DE
«Eier aus Freilandhaltung»
«Eier aus Bodenhaltung»
«Eier aus Käfighaltung»
ET
«Vabalt peetavate kanade munad»
«Õrrekanade munad»
«Puuris peetavate kanade munad»
EL
«Αυγά ελεύθερης βοσκής»
«Αυγά αχυρώνα ή αυγά στρωμνής»
«Αυγά κλωβοστοιχίας»
EN
«Free range eggs»
«Barn eggs»
«Eggs from caged hens»
FR
«Œufs de poules élevées en plein air»
«Œufs de poules élevées au sol»
«Œufs de poules élevées en cage»
GA
«Uibheacha saor-raoin»
«Uibheacha sciobóil»
«Uibheacha ó chearca chúbarnaí»
IT
«Uova da allevamento all'aperto»
«Uova da allevamento a terra»
«Uova da allevamento in gabbie»
LV
«Brīvās turēšanas apstākļos dētās olas»
«Kūtī dētas olas»
«Sprostos dētas olas»
LT
«Laisvai laikomų vištų kiaušiniai»
«Ant kraiko laikomų vištų kiaušiniai»
«Narvuose laikomų vištų kiaušiniai»
HU
«Szabad tartásban termelt tojás»
«Alternatív tartásban termelt tojás»
«Ketreces tartásból származó tojás»
MT
«Bajd tat-tiġieg imrobbija barra»
«Bajd tat-tiġieġ imrobbija ma’ l-art»
«Bajd tat-tiġieġ imrobbija fil-ġaġeġ»
NL
«Eieren van hennen met vrije uitloop»
«Scharreleieren»
«Kooieieren»
PL
«Jaja z chowu na wolnym wybiegu»
«Jaja z chowu ściółkowego»
«Jaja z chowu klatkowego»
PT
«Ovos de galinhas criadas ao ar livre»
«Ovos de galinhas criadas no solo»
«Ovos de galinhas criadas em gaiolas»
RO
«Ouă de găini crescute în aer liber»
«Ouă de găini crescute în hale la sol»
«Ouă de găini crescute în baterii»
SK
«Vajcia z chovu na voľnom výbehu»
«Vajcia z podostieľkového chovu»
«Vajcia z klietkového chovu»
SL
«Jajca iz proste reje»
«Jajca iz hlevske reje»
«Jajca iz baterijske reje»
FI
«Ulkokanojen munia»
«Lattiakanojen munia»
«Häkkikanojen munia»
SV
«Ägg från utehöns»
«Ägg från frigående höns inomhus»
«Ägg från burhöns»
PARTE B
Diciture di cui all’articolo 12, paragrafo 2, quarto comma
Codice lingue
BG
«Уголемени клетки»
ES
«Jaulas acondicionadas»
CS
«Obohacené klece»
DA
«Stimulusberigede bure»
DE
«ausgestalteter Käfig»
ET
«Täiustatud puurid»
EL
«Αναβαθμισμένοι/Διευθετημένοι κλωβοί»
EN
«Enriched cages»
FR
«Cages aménagées»
GA
«Cásanna Saibhrithe»
IT
«Gabbie attrezzate»
LV
«Uzlaboti būri»
LT
«Pagerinti narveliai»
HU
«Feljavított ketrecek»
MT
«Gaġeg arrikkiti»
NL
«Aangepaste kooi» of «Verrijkte kooi»
PL
«Klatki ulepszone»
PT
«Gaiolas melhoradas»
RO
«Cuști îmbunătățite»
SK
«Obohatené klietky»
SL
«Obogatene kletke»
FI
«Varustellut häkit»
SV
«Inredd bur»
ALLEGATO II
Requisiti minimi dei sistemi di produzione per i vari metodi di allevamento delle galline ovaiole
1.
Le «uova da allevamento all’aperto» devono essere prodotte in aziende che soddisfino almeno le condizioni di cui all’articolo 4 della direttiva 1999/74/CE.
In particolare, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:
a)
durante il giorno le galline devono avere un accesso continuo a spazi all’aperto; questo requisito non esclude tuttavia che il produttore possa restringere l’accesso a detti spazi per un periodo limitato nel corso della mattinata, conformemente alle buone pratiche agricole, incluse le buone pratiche zootecniche;
nel caso di altre restrizioni, incluse le restrizioni veterinarie adottate nell’ambito della legislazione comunitaria per proteggere la salute pubblica e animale che hanno per effetto di restringere l’accesso delle galline agli spazi all’aperto, le uova possono continuare ad essere commercializzate come «uova da allevamento all’aperto» per la durata della restrizione, ma in nessun caso per più di dodici settimane;
b)
gli spazi all’aperto ai quali hanno accesso le galline devono essere coperti prevalentemente di vegetazione e possono essere utilizzati solo come frutteto, bosco o pascolo, se quest’ultima utilizzazione è autorizzata dalle competenti autorità;
c)
la densità massima di carico degli spazi all’aperto non deve mai superare 2 500 galline per ettaro di terreno disponibile, oppure una gallina per 4 m2. tuttavia, ove siano disponibili almeno 10 m2 per gallina e si pratichi la rotazione cosicché alle galline sia consentito l’accesso a tutto il recinto durante l’intero ciclo di vita del branco, ciascun recinto utilizzato deve garantire in ogni momento almeno 2,5 m2 per gallina;
d)
gli spazi all’aperto non si estendono oltre un raggio di 150 m dall’apertura più vicina del fabbricato; può essere tuttavia ammessa una distanza maggiore, fino a 350 m di raggio dall’apertura più vicina dell’edificio, purché vi sia un numero sufficiente di ripari, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 3, lettera b), punto ii), della direttiva 1999/74/CE, uniformemente distribuiti nell’intero spazio all’aperto, con una densità di almeno quattro ripari per ettaro.
2.
Le «uova da allevamento a terra» devono essere prodotte in impianti di allevamento che soddisfino almeno le condizioni di cui all’articolo 4 della direttiva 1999/74/CE.
3.
Le «uova da allevamento in gabbie» devono essere prodotte in impianti di allevamento che soddisfino almeno:
a)
le condizioni di cui all’articolo 5 della direttiva 1999/74/CE fino al 31 dicembre 2011; oppure
b)
le condizioni di cui all’articolo 6 della direttiva 1999/74/CE.
4.
Gli Stati membri possono autorizzare deroghe ai punti 1 e 2 del presente allegato per gli stabilimenti con meno di 350 galline ovaiole o che allevano galline ovaiole riproduttrici per quanto riguarda gli obblighi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera d), seconda frase, all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera e), all’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, all’articolo 4, paragrafo 1, punto 3, lettera a), punto i) e all’articolo 4, paragrafo 1, punto 3, lettera b), punto i), della direttiva 1999/74/CE.
ALLEGATO III
Regioni della Finlandia di cui all’articolo 34
Le province di:
—
Lappi,
—
Oulu,
—
le regioni della Carelia settentrionale e del Savo settentrionale della provincia della Finlandia orientale,
—
Åland.
ALLEGATO IV
Tavola di concordanza di cui all’articolo 38
Regolamento (CE) n. 1028/2006
Regolamento (CE) n. 557/2007
Presente regolamento
—
Articolo 1, primo comma
Articolo 1, primo comma
—
Articolo 1, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 1, secondo comma, frase introduttiva
—
Articolo 1, secondo comma, lettere da a) a j)
Articolo 1, secondo comma, lettere da a) a j)
Articolo 2, punti da 1 a 9
—
Articolo 1, secondo comma, lettere da k) a s)
—
Articolo 2
Articolo 2
—
Articolo 3
Articolo 3
—
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1
—
Articolo 5, paragrafo 1, primo comma
—
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 5, paragrafo 2
—
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
—
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
—
Articolo 5, paragrafo 4
—
Articolo 6
Articolo 6
—
Articolo 7
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 8
—
Articolo 9
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 10
—
Articolo 11, paragrafo2
Articolo 11
—
Articolo 12
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 13
—
Articolo 14
Articolo 14
—
Articolo 15
Articolo 15
—
Articolo 16
Articolo 16
—
Articolo 17
Articolo 17
—
Articolo 18
Articolo 18
—
Articolo 19
Articolo 19
—
Articolo 20
Articolo 20
—
Articolo 21
Articolo 21
—
Articolo 22
Articolo 22
—
Articolo 23
Articolo 23
Articolo 7
—
Articolo 24, paragrafi 1, 2 e 3
—
Articolo 24
Articolo 24, paragrafi 4 e 5
—
Articolo 25
Articolo 25
—
Articolo 26
Articolo 26
—
Articolo 27
Articolo 27
—
Articolo 28
Articolo 28
—
Articolo 29
Articolo 29
—
Articolo 30
Articolo 30
—
Articolo 31
Articolo 31
—
Articolo 32
Articolo 32
—
Articolo 33
Articolo 33
—
Articolo 34
Articolo 34
—
Articolo 35
Articolo 35
Articolo 8
—
Articolo 36
Articolo 9
—
Articolo 37
—
Articolo 36
Articolo 38
—
Articolo 37
Articolo 39
—
Allegato I
Allegato I
—
Allegato II
Allegato II
—
Allegato III
Allegato III
—
Allegato IV
Allegato IV
—
Allegato V
—
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (CE) N. 589/2008 DELLA COMMISSIONE
del 23 giugno 2008
recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1), in particolare l’articolo 121, in combinato disposto con l’articolo 4,
considerando quanto segue:
(1)
A decorrere dal 1o luglio 2008, il regolamento (CE) n. 1028/2006 del Consiglio, del 19 giugno 2006, recante norme di commercializzazione applicabili alle uova (2), è abrogato dal regolamento (CE) n. 1234/2007.
(2)
Alcune disposizioni ed obblighi previsti dal regolamento (CE) n. 1028/2006 non sono stati ripresi dal regolamento (CE) n. 1234/2007.
(3)
Di conseguenza, per permettere la continuità ed il regolare funzionamento dell’organizzazione comune di mercato, con particolare riguardo alle norme di commercializzazione, devono essere adottate talune disposizioni e obblighi appropriati, nell’ambito di un regolamento recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007.
(4)
Il regolamento (CE) n. 1234/2007 stabilisce i requisiti minimi che devono soddisfare le uova per poter essere commercializzate nella Comunità. Per motivi di chiarezza, occorre definire nuove modalità per l’applicazione di detti requisiti. Occorre pertanto abrogare il regolamento (CE) n. 557/2007 della Commissione (3), che ha stabilito le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1028/2006, e sostituirlo con un nuovo regolamento.
(5)
È opportuno estendere alle uova le disposizioni del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (4), e il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (5). Nella misura del possibile occorre pertanto far riferimento a questi regolamenti orizzontali.
(6)
Occorre determinare le caratteristiche qualitative delle uova della categoria A per poter garantire la qualità elevata delle uova da consegnare direttamente al consumatore finale e definire i criteri soggetti a verifica da parte dei servizi di ispezione. È opportuno che dette caratteristiche qualitative si basino sulla norma n. 42 della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (CEE/ONU) relativa alla commercializzazione e al controllo della qualità commerciale delle uova in guscio destinate al commercio internazionale fra e verso i paesi membri della CEE/ONU.
(7)
Le uova refrigerate lasciate a temperatura ambiente possono generare una condensa che facilita la proliferazione di batteri sul guscio e probabilmente il loro ingresso nell’uovo. È pertanto opportuno che le uova siano immagazzinate e trasportate di preferenza a una temperatura costante e che di norma non siano refrigerate prima della vendita al consumatore finale.
(8)
In generale, è opportuno che le uova non siano lavate o pulite perché simili pratiche possono danneggiare il guscio, che possiede una serie di proprietà antimicrobiche e costituisce un’efficace barriera contro le contaminazioni batteriche. Tuttavia, alcune pratiche come il trattamento delle uova con raggi ultravioletti non devono essere considerate un metodo di pulizia. Un altro motivo per cui le uova della categoria A non devono essere lavate è costituito dai danni potenziali alle barriere fisiche, come la cuticola, che possono verificarsi durante o dopo il lavaggio. Questi danni possono favorire la contaminazione batterica e la perdita di umidità attraverso il guscio, aumentando in tal modo i rischi per i consumatori, soprattutto se le successive condizioni di asciugatura e magazzinaggio non risultano ottimali.
(9)
Alcuni Stati membri applicano tuttavia con buoni risultati sistemi di lavaggio delle uova debitamente autorizzati e applicati in condizioni strettamente controllate. Secondo il parere del gruppo scientifico «Rischi biologici» dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare relativo ai rischi microbiologici connessi al lavaggio delle uova da tavola, espresso su richiesta della Commissione e adottato il 7 settembre 2005 (6), i metodi di lavaggio delle uova praticati in alcuni centri di imballaggio possono essere considerati accettabili sul piano igienico a condizione in particolare che sia elaborato un codice di buona prassi in materia.
(10)
È opportuno che le uova della categoria A siano classificate in base al peso. Occorre a tale riguardo definire un numero limitato di categorie di peso e una serie di norme precise sui requisiti minimi in materia di etichettatura, il che non esclude un’etichettatura supplementare con indicazioni facoltative, purché siano rispettate le disposizioni della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (7).
(11)
È opportuno che la classificazione delle uova per categoria di qualità e di peso sia consentita solo ad imprese che dispongono di locali e di attrezzatura tecnica adatti al volume e al tipo delle attività esercitate e tali da consentire pertanto un’adeguata manipolazione delle uova.
(12)
È necessario fissare limiti di tempo massimi per la classificazione, la stampigliatura e l’imballaggio delle uova nonché la stampigliatura degli imballaggi.
(13)
In aggiunta all’obbligo generale di disporre, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione, la rintracciabilità degli alimenti, dei mangimi, degli animali destinati alla produzione alimentare e di qualsiasi altra sostanza destinata o atta a entrare a far parte di un alimento o di un mangime, ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8), ai fini della realizzazione dei controlli occorre definire talune informazioni che devono figurare sugli imballaggi per il trasporto delle uova e sui relativi documenti di accompagnamento.
(14)
La stampigliatura delle uova con il codice del produttore nel sito di produzione è essenziale quando le uova sono consegnate in un altro Stato membro. Per quanto riguarda in particolare le uova della categoria B, occorre precisare che se il codice del produttore da solo non consente di distinguere la categoria di qualità, le uova della categoria B devono essere stampigliate con un’altra indicazione.
(15)
Occorre stabilire la struttura del codice del produttore di cui all’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007. Occorre inoltre precisare che può essere concessa una deroga all’obbligo di stampigliatura con il codice del produttore se le attrezzature tecniche utilizzate non consentono la stampigliatura di uova incrinate o sporche.
(16)
Occorre definire le altre indicazioni che possono figurare sulle uova della categoria B, in conformità dell’allegato XIV, A, III, punto 1, secondo capoverso, del regolamento (CE) n. 1234/2007.
(17)
Se le uova sono consegnate direttamente all’industria alimentare, per la trasformazione, e sussistono sufficienti garanzie circa la loro destinazione finale, gli Stati membri possono concedere deroghe all’obbligo di stampigliatura agli operatori che ne fanno richiesta.
(18)
La direttiva 2000/13/CE stabilisce norme di natura generale applicabili a tutti i prodotti alimentari immessi sul mercato. È tuttavia necessario disporre alcuni requisiti specifici in materia di stampigliatura per quanto riguarda gli imballaggi.
(19)
L’articolo 9 della direttiva 2000/13/CE definisce il termine minimo di conservazione di un prodotto alimentare come la data fino a cui lo stesso conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Per motivi di chiarezza, tale data deve essere fissata al massimo al ventottesimo giorno successivo alla data di deposizione.
(20)
Le uova possono essere vendute con una dicitura che ne evidenzi la particolare freschezza. A tal fine, occorre fissare un limite di tempo massimo per l’utilizzo di questo tipo di dicitura.
(21)
Le uova possono essere vendute con una dicitura che indichi la composizione specifica della dieta somministrata alle galline ovaiole. Occorre fissare requisiti minimi per l’utilizzo di tali diciture.
(22)
Quando le uova sono vendute alla rinfusa, è importante rendere accessibili al consumatore alcune informazioni che figurano normalmente sull’imballaggio.
(23)
In aggiunta ai requisiti generali in materia di igiene applicabili all’imballaggio e al condizionamento dei prodotti alimentari è necessario stabilire alcune norme supplementari al fine di ridurre al minimo il rischio di deterioramento o di contaminazione delle uova durante il magazzinaggio e il trasporto. È opportuno che dette norme si basino sulla norma CEE/ONU n. 42.
(24)
Le uova industriali sono inadatte al consumo umano. È dunque opportuno prescrivere l’applicazione di fascette o etichette che consentano una facile identificazione degli imballaggi contenenti tali uova.
(25)
Solo i centri di imballaggio dispongono dei locali e delle attrezzature tecniche necessarie per il reimballaggio delle uova. È dunque opportuno limitare le operazioni di reimballaggio a questi centri.
(26)
Gli operatori del settore alimentare sono tenuti a disporre la rintracciabilità ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002. Occorre imporre ai produttori, ai raccoglitori e ai centri di imballaggio l’obbligo di tenere registri supplementari specifici per consentire ai servizi di ispezione di controllare il rispetto delle norme di commercializzazione.
(27)
Occorre definire i metodi e i criteri applicabili in materia di controlli.
(28)
È necessario che il rispetto delle norme di commercializzazione sia controllato per l’insieme della partita considerata e che la commercializzazione di una partita ritenuta non conforme sia vietata fino a quando non sia possibile dimostrarne la conformità.
(29)
Per quanto riguarda il controllo del rispetto delle norme di commercializzazione è opportuno prevedere determinate tolleranze. Dette tolleranze devono differire in funzione dei requisiti e delle fasi di commercializzazione.
(30)
È possibile che i paesi terzi applichino requisiti diversi da quelli fissati dalla Comunità con riguardo alla commercializzazione delle uova. Per facilitare le esportazioni, è opportuno provvedere a che le uova imballate e destinate all’esportazione possano conformarsi a tali requisiti.
(31)
È opportuno fissare precise modalità per la valutazione, effettuata dalla Commissione su richiesta dei paesi terzi, dell’equivalenza delle norme di commercializzazione di tali paesi con la normativa comunitaria. Occorre stabilire alcuni requisiti in materia di stampigliatura e di etichettatura per le uova importate da paesi terzi.
(32)
Per la Commissione è utile disporre di dati relativi al numero di posti per galline ovaiole registrati.
(33)
È necessario che gli Stati membri comunichino ogni infrazione grave alle norme di commercializzazione in modo che gli altri Stati membri che potrebbero risentirne possano essere messi in guardia in maniera adeguata.
(34)
La fornitura di uova per il commercio al dettaglio nei dipartimenti francesi d’oltremare dipende in parte dall’approvvigionamento di uova dal continente europeo. Tenuto conto della durata del trasporto e delle condizioni climatiche, la conservazione delle uova trasportate verso detti dipartimenti presuppone il rispetto di disposizioni specifiche che includano in particolare la possibilità di spedire uova refrigerate. Dette disposizioni specifiche possono essere giustificate dall’attuale carenza di capacità produttive locali. È opportuno prorogare tali disposizioni eccezionali, per un periodo ragionevole, fino a quando non si disponga di capacità produttive locali sufficienti.
(35)
L’allegato XIV, A, I, punto 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007 autorizza gli Stati membri ad esonerare dagli obblighi di cui al presente regolamento le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale. Per tenere conto delle condizioni specifiche di commercializzazione delle uova in alcune regioni della Finlandia è opportuno esonerare dagli obblighi contemplati dal presente regolamento e dal regolamento (CE) n. 1234/2007 le vendite dai produttori ai punti di vendita al dettaglio in queste regioni.
(36)
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole (9), gli Stati membri devono provvedere affinché l’allevamento di galline ovaiole in gabbie non modificate sia vietato a decorrere dal 1o gennaio 2012. È pertanto opportuno che la Commissione valuti prima di tale data l’applicazione delle disposizioni previste in materia di etichettatura facoltativa con riguardo alle gabbie modificate al fine di accertare la necessità di rendere tale etichettatura obbligatoria.
(37)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato di gestione dell’organizzazione comune dei mercati agricoli,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Si applicano, se del caso, le definizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 852/2004 e all’allegato I, punti 5 e 7.3, del regolamento (CE) n. 853/2004.
Ai fini del presente regolamento si applicano inoltre le seguenti definizioni:
a)
«imballaggio»: una confezione contenente uova della categoria A o B, esclusi gli imballaggi da trasporto e i contenitori di uova industriali;
b)
«vendita di uova sfuse»: l’offerta al minuto al consumatore finale di uova diverse dalle uova in imballaggi;
c)
«raccoglitore»: ogni stabilimento registrato ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 852/2004 per la raccolta di uova da un produttore ai fini della consegna a un centro di imballaggio, a un mercato che venda esclusivamente a grossisti le cui imprese sono riconosciute come centri di imballaggio o all’industria alimentare e non alimentare;
d)
«data di vendita raccomandata»: il termine massimo per la consegna dell’uovo al consumatore finale, in conformità dell’allegato III, sezione X, capitolo I, punto 3, del regolamento (CE) n. 853/2004;
e)
«industria alimentare»: ogni stabilimento dedito alla produzione di ovoprodotti destinati al consumo umano, esclusi i servizi di ristorazione per collettività;
f)
«industria non alimentare»: ogni impresa dedita alla produzione di prodotti contenenti uova non destinati al consumo umano;
g)
«servizi di ristorazione per collettività»: le entità di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2000/13/CE;
h)
«uova industriali»: le uova non destinate al consumo umano;
i)
«partita»: le uova imballate o sfuse provenienti da un unico sito di produzione o centro di imballaggio, situate in un unico luogo, contenute negli stessi imballaggi o sfuse in uno stesso contenitore, recanti la stessa data di deposizione o lo stesso termine minimo di conservazione o la stessa data di imballaggio, ottenute con lo stesso metodo di allevamento e, nel caso delle uova classificate, appartenenti alla stessa categoria di qualità e peso;
j)
«reimballaggio»: il trasferimento fisico di uova in un altro imballaggio o la ristampigliatura di un imballaggio contenente uova;
k)
«uova»: le uova in guscio, escluse le uova rotte, le uova incubate e le uova cotte, prodotte da galline della specie Gallus gallus e adatte al consumo umano diretto o alla preparazione di prodotti a base di uova;
l)
«uova rotte»: le uova che presentano difetti del guscio e delle membrane le quali provocano un’esposizione del loro contenuto;
m)
«uova incubate»: le uova dal momento della loro messa in incubazione;
n)
«commercializzazione»: la detenzione di uova per la vendita, compresa la messa in vendita, l’immagazzinamento, l’imballaggio, l’etichettatura, la consegna o qualsiasi altro tipo di trasferimento, a titolo gratuito o no;
o)
«operatore»: un produttore o qualsiasi altra persona fisica o giuridica che opera nella commercializzazione di uova;
p)
«sito di produzione»: uno stabilimento che alleva galline ovaiole, riconosciuto ai sensi della direttiva 2002/4/CE della Commissione (10);
q)
«centro di imballaggio»: un centro di imballaggio ai sensi del regolamento (CE) n. 853/2004, che è autorizzato in conformità dell’articolo 5, paragrafo 2, del presente regolamento, nel quale le uova sono classificate in base alla qualità e al peso;
r)
«consumatore finale»: l’ultimo acquirente di un prodotto alimentare che non utilizzerà detto prodotto nell’ambito di un’operazione o di un’attività del settore alimentare;
s)
«codice del produttore»: il numero distintivo del sito di produzione come descritto nel punto 2 dell’allegato della direttiva 2002/4/CE.
Articolo 2
Caratteristiche di qualità delle uova
1. Le uova della categoria A presentano le seguenti caratteristiche di qualità:
a)
guscio e cuticola: forma normale, puliti e intatti;
b)
camera d’aria: altezza non superiore a 6 mm, immobile; tuttavia, per le uova commercializzate con la dicitura «extra», l’altezza non deve superare i 4 mm;
c)
tuorlo: visibile alla speratura solo come ombratura, senza contorno apparente, leggermente mobile in caso di rotazione dell’uovo, ma con ritorno in posizione centrale;
d)
albume: chiaro, traslucido;
e)
germe: sviluppo impercettibile;
f)
corpi estranei: non ammessi;
g)
odori atipici: non ammessi.
2. Le uova della categoria A non sono lavate o pulite né prima né dopo la classificazione, fatto salvo quanto disposto nell’articolo 3.
3. Le uova della categoria A non subiscono alcun trattamento di conservazione e non sono refrigerate in locali o impianti in cui la temperatura è mantenuta artificialmente al di sotto di 5 °C. Tuttavia, non sono considerate refrigerate le uova che sono state mantenute ad una temperatura inferiore a 5 °C durante il trasporto, di una durata massima di 24 ore, oppure in un punto di vendita, per una durata massima di 72 ore.
4. Nella categoria B rientrano le uova che non presentano le caratteristiche qualitative di cui al paragrafo 1. Le uova della categoria A che non presentano più le suddette caratteristiche possono essere declassate nella categoria B.
Articolo 3
Uova lavate
1. Gli Stati membri che al 1o giugno 2003 autorizzavano i centri di imballaggio a lavare le uova possono mantenere questa autorizzazione, purché detti centri operino in conformità dei manuali nazionali per i sistemi di lavaggio delle uova. Le uova lavate possono essere commercializzate esclusivamente negli Stati membri che hanno concesso questo tipo di autorizzazioni.
2. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 incoraggiano l’elaborazione, da parte degli operatori del settore alimentare, di manuali nazionali di corretta prassi operativa in materia di sistemi di lavaggio delle uova, in conformità dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 852/2004.
Articolo 4
Classificazione delle uova della categoria A in base al peso
1. Le uova della categoria A sono classificate secondo le seguenti categorie di peso:
a)
XL — grandissime: peso pari o superiore a 73 g;
b)
L — grandi: peso pari o superiore a 63 g e inferiore a 73 g;
c)
M — medie: peso pari o superiore a 53 g e inferiore a 63 g;
d)
S — piccole: peso inferiore a 53 g.
2. Le categorie di peso sono indicate dalle lettere o diciture corrispondenti di cui al paragrafo 1 oppure da una combinazione di entrambe, con l’eventuale aggiunta delle fasce di peso corrispondenti. L’uso di altre diciture supplementari è autorizzato a condizione che tali diciture non possano essere confuse con le lettere o le diciture di cui al paragrafo 1 e rispondano ai requisiti della direttiva 2000/13/CE.
3. In deroga al paragrafo 1, qualora uno stesso imballaggio contenga uova della categoria A di calibri diversi, il peso netto minimo è indicato in grammi e sulla superficie esterna dell’imballaggio figura la dicitura «uova di vario calibro».
Articolo 5
Centri di imballaggio
1. La classificazione, l’imballaggio e l’etichettatura delle uova sono effettuati solo dai centri di imballaggio.
Sono autorizzate come centri di imballaggio solo le imprese che soddisfanno le condizioni di cui al presente articolo.
2. L’autorità competente autorizza i centri di imballaggio a classificare le uova e attribuisce un numero di identificazione ad ogni operatore che dispone dei locali e dell’attrezzatura tecnica appropriati che consentono la classificazione delle uova per categoria di qualità e di peso. I centri di imballaggio che lavorano esclusivamente per l’industria alimentare e non alimentare non sono tenuti a disporre dell’attrezzatura tecnica necessaria per la classificazione delle uova in base al peso.
L’autorità competente attribuisce al centro di imballaggio un codice di identificazione iniziante con il codice relativo allo Stato membro di registrazione, riportato nel punto 2.2 dell’allegato della direttiva 2002/4/CE.
3. I centri di imballaggio dispongono delle attrezzature tecniche necessarie per garantire un’adeguata manipolazione delle uova. Esse comprendono a seconda dei casi:
a)
un impianto per la speratura adatto all’uso, automatico o permanentemente assistito, che consenta di esaminare separatamente la qualità di ciascun uovo, o un’altra attrezzatura adeguata;
b)
un dispositivo per la valutazione dell’altezza della camera d’aria;
c)
un’attrezzatura per classificare le uova in base alla categoria di peso;
d)
una o più bilance omologate per pesare le uova;
e)
un sistema per la stampigliatura delle uova.
4. L’autorizzazione di cui ai paragrafi 1 e 2 può essere ritirata in qualsiasi momento se le condizioni stabilite nel presente articolo non sono più soddisfatte.
Articolo 6
Termini applicabili alla classificazione, alla stampigliatura e all’imballaggio delle uova e alla stampigliatura degli imballaggi
1. Le uova sono classificate, stampigliate e imballate entro dieci giorni dalla data di deposizione.
2. Le uova commercializzate a norma dell’articolo 14 sono classificate, stampigliate e imballate entro quattro giorni dalla data di deposizione.
3. Il termine minimo di conservazione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettera d), è apposto al momento dell’imballaggio, utilizzando le indicazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2000/13/CE.
Articolo 7
Informazioni figuranti sugli imballaggi di trasporto
1. Fatto salvo l’articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002, sul sito di produzione il produttore appone su ciascun imballaggio di trasporto contenente uova le indicazioni seguenti:
a)
il nome e l’indirizzo del produttore;
b)
il codice del produttore;
c)
il numero di uova e/o il relativo peso;
d)
la data o il periodo di deposizione;
e)
la data di spedizione.
Qualora le uova siano fornite non condizionate ai centri di imballaggio da loro unità di produzione situate nello stesso sito, le suddette indicazioni possono essere apposte sugli imballaggi di trasporto presso il centro di imballaggio.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono apposte sull’imballaggio di trasporto e figurano nei documenti di accompagnamento. Una copia di questi documenti è conservata da ciascun operatore a cui sono consegnate le uova. Gli originali dei documenti di accompagnamento sono conservati dal centro di imballaggio che provvede alla classificazione delle uova.
Quando le partite ricevute da un raccoglitore sono suddivise per la consegna a più operatori, i documenti di accompagnamento possono essere sostituiti da adeguate etichette apposte sui contenitori di trasporto, a condizione che esse includano le informazioni di cui al paragrafo 1.
3. Le informazioni di cui al paragrafo 1 apposte sull’imballaggio di trasporto non sono modificate e restano su detto imballaggio fino al momento in cui le uova non ne sono estratte per essere immediatamente sottoposte a classificazione, stampigliatura, imballaggio o trasformazione.
Articolo 8
Stampigliatura delle uova per la consegna transfrontaliera
1. Le uova consegnate da un sito di produzione a un raccoglitore, un centro di imballaggio o un’industria non alimentare situati in un altro Stato membro sono stampigliate con il codice del produttore prima di lasciare il sito di produzione.
2. Qualora un produttore abbia stipulato con un centro di imballaggio situato in un altro Stato membro un contratto di fornitura che prevede l’obbligo di effettuare la stampigliatura in conformità del presente regolamento, lo Stato membro sul cui territorio si trova il sito di produzione può concedere una deroga all’obbligo di cui al paragrafo 1. Detta deroga è concessa unicamente su richiesta di entrambi gli operatori interessati e con l’accordo scritto preventivo dello Stato membro in cui è situato il centro di imballaggio. In tal caso, la spedizione è accompagnata da una copia del contratto di consegna.
3. La durata minima dei contratti di consegna di cui al paragrafo 2 non può essere inferiore a un mese.
4. I servizi di ispezione di cui all’articolo 24 dello Stato membro interessato e degli eventuali Stati membri di transito sono informati prima della concessione della deroga di cui al paragrafo 2 del presente articolo.
5. Le uova della categoria B commercializzate in un altro Stato membro sono stampigliate come indicato nell’allegato XIV, A, III, punto 1, secondo capoverso, del regolamento (CE) n. 1234/2007 e, ove necessario, recano un’indicazione a norma dell’articolo 10 del presente regolamento per poter essere facilmente distinte dalle uova della categoria A.
Articolo 9
Codice del produttore
1. Il codice del produttore è costituito dalle cifre e dalle lettere di cui al punto 2 dell’allegato della direttiva 2002/4/CE. Deve essere facilmente visibile e chiaramente leggibile, con caratteri di altezza pari almeno a 2 mm.
2. Fatte salve le disposizioni dell’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007, qualora per motivi tecnici non sia possibile stampigliare le uova incrinate o sporche, la stampigliatura con il codice del produttore non è obbligatoria.
Articolo 10
Indicazioni sulle uova della categoria B
Le indicazioni di cui all’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 consistono in un cerchio di almeno 12 mm di diametro, all’interno del quale è inserita una lettera «B» di altezza pari almeno a 5 mm o un punto colorato facilmente visibile di diametro pari almeno a 5 mm.
Articolo 11
Stampigliatura delle uova consegnate direttamente all’industria alimentare
Gli Stati membri possono esonerare gli operatori, su loro richiesta, degli obblighi in materia di stampigliatura stabiliti nell’allegato XIV, A, III, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 qualora le uova siano consegnate direttamente dal sito di produzione all’industria alimentare.
Articolo 12
Stampigliatura degli imballaggi
1. Gli imballaggi contenenti uova della categoria A recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e chiaramente leggibili:
a)
il codice del centro di imballaggio;
b)
la categoria di qualità; gli imballaggi sono distinti con la dicitura «categoria A» o con la lettera «A», da sola o abbinata alla dicitura «fresche»;
c)
la categoria di peso in conformità dell’articolo 4, paragrafo 2, del presente regolamento;
d)
il termine minimo di conservazione, in conformità dell’articolo 13 del presente regolamento;
e)
la dicitura «uova lavate» per le uova lavate a norma dell’articolo 3 del presente regolamento;
f)
come condizione particolare di conservazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 6, della direttiva 2000/13/CE, un’indicazione che raccomandi ai consumatori di tenere le uova al fresco dopo l’acquisto.
2. In aggiunta ai requisiti di cui al paragrafo 1, gli imballaggi contenenti uova della categoria A recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e chiaramente leggibili, l’indicazione del metodo di allevamento.
Ai fini dell’identificazione del metodo di allevamento possono essere utilizzate esclusivamente le diciture seguenti:
a)
per l’allevamento tradizionale, le diciture di cui all’allegato I, parte A, e solo a condizione che siano rispettate le condizioni di cui all’allegato II;
b)
per il metodo di produzione biologica, le diciture di cui all’articolo 2 del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio (11).
La spiegazione del codice del produttore è fornita sulla superficie esterna dell’imballaggio o al suo interno.
Se le galline ovaiole sono allevate in impianti di allevamento conformi ai requisiti di cui al capo III della direttiva 1999/74/CE, l’identificazione del metodo di allevamento può essere completata da una delle diciture di cui all’allegato I, parte B, del presente regolamento.
3. Le disposizioni di cui al paragrafo 2 si applicano ferme restando eventuali misure tecniche nazionali che prevedano requisiti più rigorosi rispetto ai requisiti minimi riportati nell’allegato II e che siano applicabili esclusivamente ai produttori dello Stato membro interessato, purché compatibili con la normativa comunitaria.
4. Gli imballaggi contenenti uova della categoria B recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e chiaramente leggibili:
a)
il codice del centro di imballaggio;
b)
la categoria di qualità; gli imballaggi sono contraddistinti con la dicitura «categoria B» o con la lettera «B»;
c)
la data di imballaggio.
5. Per gli imballaggi di uova prodotte sul proprio territorio, gli Stati membri possono chiedere che le etichette siano apposte in modo tale da lacerarsi al momento dell’apertura dell’imballaggio.
Articolo 13
Indicazione del termine minimo di conservazione
Il termine minimo di conservazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, punto 5, della direttiva 2000/13/CE, è fissato al massimo al ventottesimo giorno successivo alla data di deposizione. Qualora sia indicato un periodo di deposizione, il termine minimo di conservazione è determinato a decorrere dalla data di inizio di tale periodo.
Articolo 14
Imballaggio recante la dicitura «extra»
1. Le diciture «extra» o «extra fresche» possono essere utilizzate come indicazione supplementare della qualità sugli imballaggi contenenti uova della categoria A fino al nono giorno successivo alla data di deposizione.
2. Qualora siano utilizzate le diciture di cui al paragrafo 1, la data di deposizione e il termine di nove giorni figurano sull’imballaggio in modo facilmente visibile e chiaramente leggibile.
Articolo 15
Indicazione del tipo di alimentazione delle galline ovaiole
Qualora sia utilizzata un’indicazione relativa al tipo di alimentazione delle galline ovaiole, si applicano i seguenti requisiti minimi:
a)
i cereali possono essere indicati come ingredienti dei mangimi solo se costituiscono almeno il 60 % in peso della formula del mangime, che può comprendere al massimo il 15 % di sottoprodotti di cereali;
b)
fatta salva la percentuale minima del 60 % di cui alla lettera a), qualora sia fatto riferimento a un cereale specifico, esso deve rappresentare almeno il 30 % della formula del mangime utilizzato. Qualora sia fatto riferimento a più cereali, ognuno di essi deve rappresentare almeno il 5 % della formula del mangime utilizzato.
Articolo 16
Informazioni da fornire in caso di vendita di uova sfuse
In caso di vendita di uova sfuse, devono essere fornite le seguenti informazioni, in modo tale che risultino facilmente visibili e chiaramente leggibili per il consumatore:
a)
la categoria di qualità;
b)
la categoria di peso a norma dell’articolo 4;
c)
un’indicazione del metodo di allevamento equivalente a quella di cui all’articolo 12, paragrafo 2;
d)
una spiegazione del significato del codice del produttore;
e)
il termine minimo di conservazione.
Articolo 17
Qualità degli imballaggi
Fatti salvi i requisiti di cui all’allegato II, capitolo X, del regolamento (CE) n. 852/2004, gli imballaggi debbono essere resistenti agli urti, asciutti, in ottimo stato di manutenzione e di pulizia e fabbricati con materiali idonei a preservare le uova da odori estranei e da rischi di alterazione della qualità.
Articolo 18
Uova industriali
Le uova industriali sono commercializzate in contenitori da imballaggio recanti una fascetta o un’etichetta di colore rosso.
Le fascette o le etichette recano:
a)
il nome e l’indirizzo dell’operatore destinatario;
b)
il nome e l’indirizzo dell’operatore che ha spedito le uova;
c)
la dicitura «uova industriali» in caratteri maiuscoli di 2 cm di altezza e la dicitura «inadatte al consumo umano» in caratteri di almeno 8 mm di altezza.
Articolo 19
Reimballaggio
Le uova imballate della categoria A possono essere reimballate solo ad opera di centri di imballaggio. Ciascun imballaggio contiene solo uova provenienti da una stessa partita.
Articolo 20
Registrazioni effettuate dai produttori
1. I produttori registrano le informazioni relative ai metodi di allevamento indicando, per ogni metodo di allevamento praticato:
a)
la data di introduzione, l’età al momento dell’introduzione e il numero delle galline ovaiole;
b)
il numero di galline abbattute e la data di abbattimento;
c)
la produzione giornaliera di uova;
d)
il numero e/o il peso delle uova vendute ogni giorno o consegnate secondo altre modalità;
e)
il nome e l’indirizzo degli acquirenti.
2. Qualora sia indicato il tipo di alimentazione, a norma dell’articolo 15 del presente regolamento, i produttori, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, parte A.III, del regolamento (CE) n. 852/2004, registrano le informazioni seguenti, specificando per ciascun tipo di alimentazione:
a)
la quantità e il tipo di mangimi forniti o mescolati sul posto;
b)
la data di consegna dei mangimi.
3. Qualora un produttore utilizzi diversi metodi di allevamento in uno stesso sito di produzione, le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono ripartite per pollaio.
4. Ai fini del presente articolo, anziché tenere registri delle vendite e delle consegne, i produttori possono conservare le fatture e le bollette di consegna delle uova in fascicoli recanti le diciture di cui ai paragrafi 1 e 2.
Articolo 21
Registrazioni effettuate dai raccoglitori
1. I raccoglitori registrano separatamente, per metodo di allevamento e per giorno:
a)
i quantitativi di uova raccolte, suddivisi per produttore, con l’indicazione del nome, indirizzo e codice del produttore e della data o del periodo di deposizione;
b)
i quantitativi di uova non classificate consegnati ai rispettivi centri di imballaggio, ripartiti per produttore, con l’indicazione del nome, dell’indirizzo e del codice di tali centri e della data o del periodo di deposizione.
2. Ai fini del presente articolo, invece dei registri delle vendite e delle consegne, i raccoglitori possono conservare le fatture e le bollette di consegna delle uova in fascicoli recanti le diciture di cui al paragrafo 1.
Articolo 22
Registrazioni effettuate dai centri di imballaggio
1. I centri di imballaggio registrano separatamente, per metodo di allevamento e per giorno:
a)
i quantitativi di uova non classificate ricevuti, suddivisi per produttore, con l’indicazione del nome, indirizzo e codice del produttore e della data o del periodo di deposizione;
b)
dopo aver classificato le uova, i quantitativi per categoria di qualità e di peso;
c)
i quantitativi di uova classificate ricevuti in provenienza da altri centri di imballaggio, con l’indicazione del codice dei centri suddetti e del termine minimo di conservazione;
d)
i quantitativi di uova non classificate consegnati ad altri centri di imballaggio, ripartiti per produttore, con l’indicazione del codice dei centri suddetti e della data o del periodo di deposizione;
e)
il numero e/o il peso delle uova consegnate, suddivise per qualità e categoria di peso, per data di imballaggio per le uova della categoria B o per termine minimo di conservazione per le uova della categoria A, e per acquirente, con l’indicazione del nome e dell’indirizzo del medesimo.
I centri di imballaggio aggiornano settimanalmente le scorte fisiche.
2. Qualora le uova della categoria A e i rispettivi imballaggi rechino l’indicazione del tipo di alimentazione delle galline ovaiole ai sensi dell’articolo 15, i centri di imballaggio che si avvalgono di queste indicazioni registrano separatamente tali uova, in conformità del paragrafo 1.
3. Ai fini del presente articolo, invece dei registri delle vendite e delle consegne, i centri di imballaggio possono tenere le fatture e le bollette di consegna delle uova in fascicoli recanti le diciture di cui ai paragrafi 1 e 2.
Articolo 23
Termine di conservazione dei registri
I registri e i fascicoli di cui all’articolo 7, paragrafo 2, e agli articoli 20, 21 e 22 sono conservati per almeno dodici mesi a partire dalla data della loro creazione.
Articolo 24
Controlli
1. Gli Stati membri designano i servizi di ispezione incaricati di controllare il rispetto del presente regolamento.
2. I servizi di ispezione di cui al paragrafo 1 controllano i prodotti contemplati dal presente regolamento in tutte le fasi della commercializzazione. I controlli sono effettuati per sondaggio e sulla base di un’analisi di rischio che tenga conto del tipo e della capacità di lavorazione dello stabilimento, nonché dei precedenti dell’operatore per quanto riguarda il rispetto delle norme di commercializzazione applicabili alle uova.
3. Per le uova della categoria A importate da paesi terzi, i controlli di cui al paragrafo 2 sono effettuati al momento dello sdoganamento e prima dell’immissione in libera pratica.
Le uova della categoria B importate da paesi terzi sono immesse in libera pratica soltanto dopo aver verificato, al momento dello sdoganamento, che la loro destinazione finale è l’industria di trasformazione.
4. Oltre ai controlli per sondaggio, gli operatori sono oggetto di controlli il cui ritmo è stabilito dai servizi di ispezione sulla base dell’analisi di rischio di cui al paragrafo 2, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a)
i risultati dei precedenti controlli;
b)
la complessità dei circuiti di commercializzazione delle uova;
c)
il grado di segmentazione nello stabilimento di produzione o di condizionamento;
d)
i quantitativi di uova prodotte o condizionate;
e)
ogni cambiamento sostanziale verificatosi rispetto agli anni precedenti con riguardo alla natura delle uova prodotte o trattate o al metodo di commercializzazione.
5. I controlli sono effettuati regolarmente e senza preavviso. I registri di cui agli articoli 20, 21 e 22 sono messi su richiesta a disposizione dei servizi di ispezione.
Articolo 25
Decisioni in caso di inadempienza
1. In caso di inadempienza alle disposizioni del presente regolamento, constatata nell’ambito delle ispezioni di cui all’articolo 24, le decisioni dei servizi di ispezione devono essere applicate all’intera partita controllata.
2. Qualora la partita controllata non sia ritenuta conforme al presente regolamento, il servizio di ispezione ne vieta la commercializzazione o, se essa proviene da un paese terzo, l’importazione, fino a quando e nella misura in cui sia fornita la prova che la partita stessa è stata resa conforme alle disposizioni del presente regolamento.
3. Il servizio di ispezione che ha effettuato il controllo verifica se la partita incriminata sia stata o stia per essere resa conforme alle disposizioni del presente regolamento.
Articolo 26
Tolleranza per i difetti di qualità
1. Nell’ambito del controllo di una partita di uova della categoria A sono ammesse le seguenti tolleranze:
a)
nel centro di imballaggio, subito prima della spedizione: 5 % di uova con difetti di qualità;
b)
negli altri stadi di commercializzazione: 7 % di uova con difetti di qualità.
2. Nei controlli all’imballaggio o in quelli all’importazione non è ammessa alcuna tolleranza per quanto riguarda l’altezza della camera d’aria delle uova commercializzate con le diciture «extra» o «extra fresche».
3. Nel caso in cui la partita controllata sia inferiore a 180 uova, le percentuali di cui al paragrafo 1 sono raddoppiate.
Articolo 27
Tolleranze per il peso delle uova
1. Fatto salvo il caso di cui all’articolo 4, paragrafo 3, in una partita di uova della categoria A è ammessa, all’atto del controllo, una tolleranza per quanto riguarda il peso unitario delle uova. Una partita di questo tipo può contenere al massimo il 10 % di uova delle categorie di peso contigue a quella indicata sull’imballaggio, ma non più del 5 % di uova della categoria di peso immediatamente inferiore.
2. Nel caso in cui la partita controllata sia inferiore a 180 uova, le percentuali di cui al paragrafo 1 sono raddoppiate.
Articolo 28
Tolleranze per la stampigliatura delle uova
Nell’ambito del controllo delle partite e degli imballaggi è ammessa una tolleranza del 20 % per le uova con indicazioni illeggibili.
Articolo 29
Uova destinate all’esportazione verso i paesi terzi
Le uova imballate e destinate all’esportazione possono essere soggette a requisiti diversi da quelli previsti dall’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1234/2007 e dal presente regolamento per quanto riguarda la qualità, la stampigliatura e l’etichettatura, o requisiti supplementari.
Articolo 30
Uova importate
1. Le valutazioni di equivalenza di cui all’allegato XIV, A, punto 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 includono una valutazione dell’effettivo rispetto dei requisiti stabiliti dal presente regolamento da parte degli operatori del paese terzo interessato. Tale valutazione è regolarmente aggiornata.
La Commissione pubblica i risultati della valutazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
2. Le uova importate da paesi terzi sono stampigliate in modo chiaro e leggibile nel paese di origine con il codice ISO 3166 del paese.
3. In mancanza di sufficienti garanzie circa l’equivalenza delle norme contemplata dall’allegato XIV, A, IV, punto 3, del regolamento (CE) n. 1234/2007, gli imballaggi contenenti uova importate dai paesi di cui trattasi recano sulla superficie esterna, in caratteri facilmente visibili e perfettamente leggibili, l’indicazione:
a)
del paese di origine;
b)
del metodo di allevamento («non conforme alle norme CE»).
Articolo 31
Comunicazione delle informazioni
Anteriormente al 1o aprile di ogni anno, ogni Stato membro comunica alla Commissione per via elettronica il numero di siti di produzione ripartiti a seconda dei metodi di allevamento, inclusa la capacità massima dello stabilimento in numero di volatili presenti contemporaneamente.
Articolo 32
Notifica delle infrazioni
Gli Stati membri notificano alla Commissione per via elettronica, entro cinque giorni lavorativi, ogni violazione rilevata dai servizi di ispezione, od ogni serio sospetto di violazione, che possa perturbare gli scambi intracomunitari di uova. Si ritiene che gli scambi intracomunitari siano perturbati in particolare nel caso di gravi violazioni da parte di operatori che producono o commercializzano uova destinate alla vendita in un altro Stato membro.
Articolo 33
Eccezioni per i dipartimenti francesi d’oltremare
1. In deroga all’articolo 2, paragrafo 3, le uova destinate alla vendita al dettaglio nei dipartimenti francesi d’oltremare possono essere spedite refrigerate verso tali dipartimenti. In tal caso, la data di vendita raccomandata può essere estesa a 33 giorni.
2. Nel caso di cui al paragrafo 1, in aggiunta ai requisiti di cui agli articoli 12 e 16, la superficie esterna dell’imballaggio reca la dicitura «uova refrigerate» e informazioni relative alla refrigerazione.
Il marchio distintivo per le «uova refrigerate» è un triangolo equilatero di almeno 10 mm di lato.
Articolo 34
Eccezioni per alcune regioni della Finlandia
Le uova vendute direttamente dal produttore a punti di vendita nelle regioni elencate nell’allegato III sono esentate dai requisiti previsti dall’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1234/2007 e dal presente regolamento. Tuttavia, il metodo di allevamento deve essere debitamente indicato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, e dell’articolo 16, lettera c), del presente regolamento.
Articolo 35
Valutazione delle pratiche relative all’etichettatura facoltativa
Al massimo entro il 31 dicembre 2009, la Commissione valuta l’impiego effettuato dell’etichettatura facoltativa ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, ultimo comma, al fine di renderla obbligatoria, se del caso.
Articolo 36
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le norme in materia di sanzioni in caso di violazione del presente regolamento e prendono i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 37
Comunicazioni
Gli Stati membri e la Commissione si comunicano reciprocamente i dati necessari all’applicazione del presente regolamento.
Articolo 38
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 557/2007 è abrogato con effetto a decorrere dal 1o luglio 2008.
I riferimenti al regolamento abrogato e al regolamento (CE) n. 1028/2006 s’intendono fatti al presente regolamento e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato IV.
Articolo 39
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o luglio 2008.
L’articolo 33 si applica fino al 30 giugno 2009.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 23 giugno 2008.
Per la Commissione
Mariann FISCHER BOEL
Membro della Commissione
(1) GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 510/2008 della Commissione (GU L 149 del 7.6.2008, pag. 61).
(2) GU L 186 del 7.7.2006, pag. 1.
(3) GU L 132 del 24.5.2007, pag. 5. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1336/2007 (GU L 298 del 16.11.2007, pag. 3).
(4) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1; rettifica nella GU L 226 del 25.6.2004, pag. 3.
(5) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55; rettifica nella GU L 226 del 25.6.2004, pag. 22. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1243/2007 della Commissione (GU L 281 del 25.10.2007, pag. 8).
(6) The EFSA Journal (2005) 269, 2005, pag. 1.
(7) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/68/CE della Commissione (GU L 310 del 28.11.2007, pag. 11).
(8) GU L 31 dell 1.2.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 202/2008 della Commissione (GU L 60 del 5.3.2008, pag. 17).
(9) GU L 203 del 3.8.1999, pag. 53. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 806/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).
(10) GU L 30 del 31.1.2002, pag. 44.
(11) GU L 198 del 22.7.1991, pag. 1.
ALLEGATO I
PARTE A
Diciture di cui all’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma, lettera a)
Codice lingue
1
2
3
BG
«Яйца от кокошки – свободно отглеждане на открито»
«Яйца от кокошки – подово отглеждане»
«Яйца от кокошки – клетъчно отглеждане»
ES
«Huevos de gallinas camperas»
«Huevos de gallinas criadas en el suelo»
«Huevos de gallinas criadas en jaula»
CS
«Vejce nosnic ve volném výběhu»
«Vejce nosnic v halách»
«Vejce nosnic v klecích»
DA
«Frilandsæg»
«Skrabeæg»
«Buræg»
DE
«Eier aus Freilandhaltung»
«Eier aus Bodenhaltung»
«Eier aus Käfighaltung»
ET
«Vabalt peetavate kanade munad»
«Õrrekanade munad»
«Puuris peetavate kanade munad»
EL
«Αυγά ελεύθερης βοσκής»
«Αυγά αχυρώνα ή αυγά στρωμνής»
«Αυγά κλωβοστοιχίας»
EN
«Free range eggs»
«Barn eggs»
«Eggs from caged hens»
FR
«Œufs de poules élevées en plein air»
«Œufs de poules élevées au sol»
«Œufs de poules élevées en cage»
GA
«Uibheacha saor-raoin»
«Uibheacha sciobóil»
«Uibheacha ó chearca chúbarnaí»
IT
«Uova da allevamento all'aperto»
«Uova da allevamento a terra»
«Uova da allevamento in gabbie»
LV
«Brīvās turēšanas apstākļos dētās olas»
«Kūtī dētas olas»
«Sprostos dētas olas»
LT
«Laisvai laikomų vištų kiaušiniai»
«Ant kraiko laikomų vištų kiaušiniai»
«Narvuose laikomų vištų kiaušiniai»
HU
«Szabad tartásban termelt tojás»
«Alternatív tartásban termelt tojás»
«Ketreces tartásból származó tojás»
MT
«Bajd tat-tiġieg imrobbija barra»
«Bajd tat-tiġieġ imrobbija ma’ l-art»
«Bajd tat-tiġieġ imrobbija fil-ġaġeġ»
NL
«Eieren van hennen met vrije uitloop»
«Scharreleieren»
«Kooieieren»
PL
«Jaja z chowu na wolnym wybiegu»
«Jaja z chowu ściółkowego»
«Jaja z chowu klatkowego»
PT
«Ovos de galinhas criadas ao ar livre»
«Ovos de galinhas criadas no solo»
«Ovos de galinhas criadas em gaiolas»
RO
«Ouă de găini crescute în aer liber»
«Ouă de găini crescute în hale la sol»
«Ouă de găini crescute în baterii»
SK
«Vajcia z chovu na voľnom výbehu»
«Vajcia z podostieľkového chovu»
«Vajcia z klietkového chovu»
SL
«Jajca iz proste reje»
«Jajca iz hlevske reje»
«Jajca iz baterijske reje»
FI
«Ulkokanojen munia»
«Lattiakanojen munia»
«Häkkikanojen munia»
SV
«Ägg från utehöns»
«Ägg från frigående höns inomhus»
«Ägg från burhöns»
PARTE B
Diciture di cui all’articolo 12, paragrafo 2, quarto comma
Codice lingue
BG
«Уголемени клетки»
ES
«Jaulas acondicionadas»
CS
«Obohacené klece»
DA
«Stimulusberigede bure»
DE
«ausgestalteter Käfig»
ET
«Täiustatud puurid»
EL
«Αναβαθμισμένοι/Διευθετημένοι κλωβοί»
EN
«Enriched cages»
FR
«Cages aménagées»
GA
«Cásanna Saibhrithe»
IT
«Gabbie attrezzate»
LV
«Uzlaboti būri»
LT
«Pagerinti narveliai»
HU
«Feljavított ketrecek»
MT
«Gaġeg arrikkiti»
NL
«Aangepaste kooi» of «Verrijkte kooi»
PL
«Klatki ulepszone»
PT
«Gaiolas melhoradas»
RO
«Cuști îmbunătățite»
SK
«Obohatené klietky»
SL
«Obogatene kletke»
FI
«Varustellut häkit»
SV
«Inredd bur»
ALLEGATO II
Requisiti minimi dei sistemi di produzione per i vari metodi di allevamento delle galline ovaiole
1.
Le «uova da allevamento all’aperto» devono essere prodotte in aziende che soddisfino almeno le condizioni di cui all’articolo 4 della direttiva 1999/74/CE.
In particolare, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:
a)
durante il giorno le galline devono avere un accesso continuo a spazi all’aperto; questo requisito non esclude tuttavia che il produttore possa restringere l’accesso a detti spazi per un periodo limitato nel corso della mattinata, conformemente alle buone pratiche agricole, incluse le buone pratiche zootecniche;
nel caso di altre restrizioni, incluse le restrizioni veterinarie adottate nell’ambito della legislazione comunitaria per proteggere la salute pubblica e animale che hanno per effetto di restringere l’accesso delle galline agli spazi all’aperto, le uova possono continuare ad essere commercializzate come «uova da allevamento all’aperto» per la durata della restrizione, ma in nessun caso per più di dodici settimane;
b)
gli spazi all’aperto ai quali hanno accesso le galline devono essere coperti prevalentemente di vegetazione e possono essere utilizzati solo come frutteto, bosco o pascolo, se quest’ultima utilizzazione è autorizzata dalle competenti autorità;
c)
la densità massima di carico degli spazi all’aperto non deve mai superare 2 500 galline per ettaro di terreno disponibile, oppure una gallina per 4 m2. tuttavia, ove siano disponibili almeno 10 m2 per gallina e si pratichi la rotazione cosicché alle galline sia consentito l’accesso a tutto il recinto durante l’intero ciclo di vita del branco, ciascun recinto utilizzato deve garantire in ogni momento almeno 2,5 m2 per gallina;
d)
gli spazi all’aperto non si estendono oltre un raggio di 150 m dall’apertura più vicina del fabbricato; può essere tuttavia ammessa una distanza maggiore, fino a 350 m di raggio dall’apertura più vicina dell’edificio, purché vi sia un numero sufficiente di ripari, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 3, lettera b), punto ii), della direttiva 1999/74/CE, uniformemente distribuiti nell’intero spazio all’aperto, con una densità di almeno quattro ripari per ettaro.
2.
Le «uova da allevamento a terra» devono essere prodotte in impianti di allevamento che soddisfino almeno le condizioni di cui all’articolo 4 della direttiva 1999/74/CE.
3.
Le «uova da allevamento in gabbie» devono essere prodotte in impianti di allevamento che soddisfino almeno:
a)
le condizioni di cui all’articolo 5 della direttiva 1999/74/CE fino al 31 dicembre 2011; oppure
b)
le condizioni di cui all’articolo 6 della direttiva 1999/74/CE.
4.
Gli Stati membri possono autorizzare deroghe ai punti 1 e 2 del presente allegato per gli stabilimenti con meno di 350 galline ovaiole o che allevano galline ovaiole riproduttrici per quanto riguarda gli obblighi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera d), seconda frase, all’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, lettera e), all’articolo 4, paragrafo 1, punto 2, all’articolo 4, paragrafo 1, punto 3, lettera a), punto i) e all’articolo 4, paragrafo 1, punto 3, lettera b), punto i), della direttiva 1999/74/CE.
ALLEGATO III
Regioni della Finlandia di cui all’articolo 34
Le province di:
—
Lappi,
—
Oulu,
—
le regioni della Carelia settentrionale e del Savo settentrionale della provincia della Finlandia orientale,
—
Åland.
ALLEGATO IV
Tavola di concordanza di cui all’articolo 38
Regolamento (CE) n. 1028/2006
Regolamento (CE) n. 557/2007
Presente regolamento
—
Articolo 1, primo comma
Articolo 1, primo comma
—
Articolo 1, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 1, secondo comma, frase introduttiva
—
Articolo 1, secondo comma, lettere da a) a j)
Articolo 1, secondo comma, lettere da a) a j)
Articolo 2, punti da 1 a 9
—
Articolo 1, secondo comma, lettere da k) a s)
—
Articolo 2
Articolo 2
—
Articolo 3
Articolo 3
—
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1
—
Articolo 5, paragrafo 1, primo comma
—
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 5, paragrafo 2
—
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
—
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
—
Articolo 5, paragrafo 4
—
Articolo 6
Articolo 6
—
Articolo 7
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 8
—
Articolo 9
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 10
—
Articolo 11, paragrafo2
Articolo 11
—
Articolo 12
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 13
—
Articolo 14
Articolo 14
—
Articolo 15
Articolo 15
—
Articolo 16
Articolo 16
—
Articolo 17
Articolo 17
—
Articolo 18
Articolo 18
—
Articolo 19
Articolo 19
—
Articolo 20
Articolo 20
—
Articolo 21
Articolo 21
—
Articolo 22
Articolo 22
—
Articolo 23
Articolo 23
Articolo 7
—
Articolo 24, paragrafi 1, 2 e 3
—
Articolo 24
Articolo 24, paragrafi 4 e 5
—
Articolo 25
Articolo 25
—
Articolo 26
Articolo 26
—
Articolo 27
Articolo 27
—
Articolo 28
Articolo 28
—
Articolo 29
Articolo 29
—
Articolo 30
Articolo 30
—
Articolo 31
Articolo 31
—
Articolo 32
Articolo 32
—
Articolo 33
Articolo 33
—
Articolo 34
Articolo 34
—
Articolo 35
Articolo 35
Articolo 8
—
Articolo 36
Articolo 9
—
Articolo 37
—
Articolo 36
Articolo 38
—
Articolo 37
Articolo 39
—
Allegato I
Allegato I
—
Allegato II
Allegato II
—
Allegato III
Allegato III
—
Allegato IV
Allegato IV
—
Allegato V
—
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Norme di commercializzazione applicabili alle uova
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento definisce le norme di commercializzazione applicabili alle uova* vendute nell’UE, comprese quelle riguardanti la classificazione, l’etichettatura, le condizioni di vita delle galline e la tenuta dei registri.
Esso attua il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 1308/2013, recante organizzazione comune dei mercati agricoli nell’UE e contenente le norme sulla commercializzazione di taluni prodotti, tra i quali le uova.
PUNTI CHIAVE
Le uova possono essere classificate come categoria A o categoria B.
Le uova di categoria A devono avere le seguenti caratteristiche:guscio normale, pulito e intatto; camera d’aria all’interno dell’uovo non superiore a 6 mm; tuorlo senza contorno apparente, leggermente mobile in caso di rotazione dell’uovo; albume chiaro e translucido; non devono contenere corpi estranei o avere odori atipici; l’uovo non deve mostrare sviluppo del germe. Le uova della categoria A non sono lavate o pulite né prima né dopo la classificazione e non subiscono alcun trattamento di conservazione o di refrigerazione al di sotto di 5 °C.
Le uova della categoria A sono classificate in base al peso:XL — più di 72 g, L — da 63 a 72 g, M — da 53 a 62 g, S — peso inferiore a 53 g. Le uova della categoria B sono le uova che non presentano le caratteristiche qualitative delle uova della categoria A, o sono uova della categoria A che non presentano più le suddette caratteristiche.
Solo i centri di imballaggio possono classificare e imballare le uova ed etichettare gli imballaggi*. I centri di imballaggio sono tenuti a disporre dell’attrezzatura necessaria per la classificazione e la stampigliatura delle uova. Le uova sono classificate, stampigliate e imballate entro dieci giorni dalla data di deposizione.
L’imballaggio di trasporto delle uova deve riportare:il nome e l’indirizzo del produttore, il codice del produttore, il numero di uova e/o il relativo peso, la data o il periodo di deposizione, la data di spedizione. Gli imballaggi contenenti uova della categoria A devono essere stampigliate con il metodo di allevamento utilizzato e il termine minimo di conservazione — non superiore al ventottesimo giorno successivo alla data di deposizione.
Le uova possono essere etichettate come «uova da allevamento all’aperto», «uova da allevamento a terra» o «uova da allevamento in gabbie». Le galline in allevamento all’aperto devono avere un accesso continuo a spazi all’aperto; tuttavia il produttore può restringere l’accesso nel corso della mattinata, conformemente alle buone pratiche agricole. La dicitura «uova da galline in gabbia» indica che le galline vengono tenute in gabbie attrezzate*, poiché l’allevamento in gabbie in batteria (note come gabbie «non modificate») è vietato nell’UE dal 2012 (direttiva 1999/74/CE del Consiglio — protezione delle galline ovaiole).
Se l’UE adotta misure per tutelare la salute pubblica che prevedono che le galline vengano tenute all’interno, come durante lo sviluppo di focolai di influenza aviaria, le uova possono comunque essere commercializzate come «provenienti da allevamento all’aperto» purché il divieto di accesso ad aree all’aperto non superi le 16 settimane continuativamente.
Gli spazi all’aperto devono essere coperti prevalentemente di vegetazione e possono essere utilizzati solo come frutteto, bosco o pascolo.La densità massima di carico degli spazi all’aperto non deve mai superare 2 500 galline per ettaro di terreno disponibile, oppure una gallina per 4 m2.
Le diciture «extra» o «extra fresche» possono essere utilizzate come indicazione supplementare della qualità sulle uova di categoria A fino al nono giorno dalla data di deposizione.
I cereali come ingredienti dei mangimi possono essere indicati solo se costituiscono almeno il 60 % in peso della formula del mangime.
Produttori di uova tengono registri su:metodo di allevamento utilizzato, numero ed età delle galline, il numero di galline abbattute e la data di abbattimento, il numero e/o il peso delle uova vendute ogni giorno, il nome e l’indirizzo degli acquirenti. Gli Stati membri designano i servizi di ispezione incaricati di controllare il rispetto del presente regolamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Esso è in vigore dal 1 luglio 2008.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Strumenti di politica del settore delle uova (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Uova: le uova in guscio — escluse le uova rotte, incubate o cotte — prodotte da galline della specie Gallus gallus e adatte al consumo umano diretto o alla fabbricazione di ovoprodotti;
Imballaggio: una confezione contenente uova della categoria A o B, esclusi gli imballaggi da trasporto e i contenitori di uova industriali (uova non destinate al consumo umano);
Gabbie attrezzate: gabbie modificate per rispondere ad alcune preoccupazioni riguardanti il benessere degli animali allevati in gabbie in batteria mantenendo nel contempo alcuni dei vantaggi economici e delle pratiche di allevamento in sistemi senza gabbie.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 589/2008 della Commissione, del 23 giugno 2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234 /2007 del Consiglio per quanto riguarda le norme di commercializzazione applicabili alle uova (GU L 163 del 24.6.2008, pag. 6).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 589/2008 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 1999/74/CE del Consiglio del 19 luglio 1999 che stabilisce le norme minime relative alla protezione delle galline ovaiole (GU L 203, del 3.8.1999, pag. 53).
Si veda la versione consolidata. |
Protezione degli ecosistemi marini vulnerabili dalla pesca di fondo in alto mare
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le regole per i pescherecci registrati nei paesi dell’Unione europea (UE) che esercitano attività di pesca con attrezzi di fondo* in alto mare, fuori dalle zone regolamentate dalle organizzazioni regionali per la gestione della pesca o laddove tali organizzazioni non abbiano adottato misure per questi tipi di pesca.
PUNTI CHIAVE
Organizzazioni regionali per la gestione della pesca (ORGP)
In linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, le ORGP sono organizzazioni internazionali attraverso le quali gli stati costieri e gli altri stati che praticano la pesca in alto mare collaborano per la conservazione e la gestione degli stock ittici, in particolare di quelli altamente migratori o transzonali*, in una specifica zona geografica.
Le ORGP hanno poteri di gestione per stabilire misure di conservazione e di gestione come i limiti di cattura e di pesca, misure tecniche e misure di controllo.
L’UE, rappresentata dalla Commissione europea, svolge un ruolo attivo in diverse ORGP.
Ambito di applicazione
Il regolamento si applica ai pescherecci che esercitano attività di pesca con attrezzi di fondo:
al di fuori di una zona di competenza di una ORGP;
in una zona per la quale è in via di istituzione una ORGP e in cui sono state adottate misure provvisorie di protezione dell’ambiente marino.
Permessi di pesca speciali
Le attività di pesca di fondo sono autorizzate solo se non presentano rischi di compromissione degli ecosistemi marini vulnerabili. I pescherecci registrati in UE che usano attrezzi da pesca di fondo in queste zone devono ottenere un permesso di pesca speciale. Le domande devono essere accompagnate da un piano di pesca particolareggiato che specifica:
la zona di pesca;
la specie bersaglio;
il tipo di attrezzo di fondo e le condizioni di utilizzo dello stesso;
la cartografia del fondo marino dove si intende operare, se l’autorità emittente non la possiede.
I permessi sono rilasciati dal paese in cui il peschereccio è registrato. Le autorità competenti di tale paese devono:
valutare i dati relativi agli ecosistemi marini nella zona specificata nel piano di pesca prima di rilasciare un permesso. Ove non sia presente o non sia stata eseguita un’adeguata valutazione scientifica, l’uso degli attrezzi da pesca di fondo è vietato;
notificare qualsiasi modifica del piano di pesca al fine di valutare se gli ecosistemi marini vulnerabili siano minacciati;
ritirare il permesso di tutti i pescherecci che non rispettano il proprio piano di pesca.
Chiusura della zona
In linea con la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite 61/105 del 2006, i paesi dell’UE devono identificare le aree in cui le informazioni scientifiche disponibili confermano l’esistenza, accertata o probabile, di ecosistemi marini vulnerabili e procedere alla chiusura di tali zone alla pesca con attrezzi di fondo. La Commissione deve essere informata di eventuali chiusure che comunicherà agli altri paesi dell’UE.
Sorveglianza
Gli osservatori sorvegliano le attività dei pescherecci cui è stato rilasciato un permesso di pesca speciale per l’intera durata di esecuzione del piano di pesca. Durante questo periodo essi sono tenuti a:
annotare le informazioni sulle catture;
prender nota di eventuali modifiche al piano di pesca;
documentare eventuali scoperte inaspettate di ecosistemi vulnerabili;
registrare le profondità a cui è utilizzato l’attrezzo di fondo.
Entro i venti giorni successivi alla loro missione, gli osservatori presentano una relazione alle autorità competenti del paese dell’UE interessato, inviandone una copia alla Commissione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica a partire dal 31 luglio 2008.
* TERMINI CHIAVE
Attrezzi di fondo: attrezzi utilizzati, durante le normali operazioni di pesca, a contatto con il fondo marino, comprese le reti a strascico, le draghe, le reti da poste ancorate, i palangari fissi, le nasse e le trappole.
Stock ittici transzonali: risorse ittiche che migrano tra le zone di esclusione economica (ovvero zone marine sulle quali un paese detiene diritti speciali per quanto riguarda l’esplorazione e l’uso delle risorse marine) e l’alto mare.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 734/2008 del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativo alla protezione degli ecosistemi marini vulnerabili d’alto mare dagli effetti negativi degli attrezzi da pesca di fondo (GU L 201 del 30.7.2008, pag. 8-13) | REGOLAMENTO (CE) N. 734/2008 DEL CONSIGLIO
del 15 luglio 2008
relativo alla protezione degli ecosistemi marini vulnerabili d’alto mare dagli effetti negativi degli attrezzi da pesca di fondo
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 37,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità è parte contraente della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e dell’accordo ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori. Tali strumenti internazionali impongono agli Stati l’obbligo di cooperare ai fini della conservazione delle risorse biologiche d’alto mare e prescrivono che tale cooperazione sia attuata direttamente dagli Stati o nell’ambito di accordi o organizzazioni subregionali o regionali di gestione della pesca.
(2)
La mancanza di un accordo o di un’organizzazione regionale di gestione della pesca non esime gli Stati dall’obbligo ad essi imposto dal diritto del mare di adottare, nei confronti dei loro cittadini, le misure necessarie per la conservazione delle risorse biologiche d’alto mare e per la protezione degli ecosistemi marini vulnerabili dagli effetti nocivi delle attività di pesca.
(3)
L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca (2), prevede che la politica comune della pesca debba applicare l’approccio precauzionale adottando le misure intese a ridurre al minimo l’impatto delle attività di pesca sugli ecosistemi marini. Ai sensi dell’articolo 7 del medesimo regolamento, la Commissione, su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro o di propria iniziativa, può decidere misure di emergenza se è stato constatato un grave rischio per la conservazione delle risorse acquatiche vive o per l’ecosistema marino, derivante dalle attività di pesca e che richiede un intervento immediato.
(4)
La Comunità si è impegnata a favore della conservazione di ecosistemi marini quali scogliere, montagne sottomarine, coralli di profondità, camini idrotermali e banchi di spugne. Numerosi dati scientifici suggeriscono che le attività di pesca praticate con attrezzi di fondo rischiano di compromettere l’integrità di tali ecosistemi. La Comunità ha già adottato provvedimenti intesi a vietare la pesca di fondo in zone delle acque comunitarie in cui sono stati identificati tali ecosistemi. Essa ha inoltre partecipato all’adozione di analoghe misure in alto mare che rientrano nell’ambito di competenza di tutte le organizzazioni regionali di gestione della pesca incaricate di disciplinare la pesca di fondo. Ha altresì contribuito attivamente all’istituzione di nuovi accordi o organizzazioni, affinché tutte le regioni oceaniche del pianeta siano soggette ad adeguati regimi regionali di gestione della pesca e di conservazione delle risorse. In alcune zone d’alto mare, tuttavia, l’istituzione di organismi di questo tipo presenta difficoltà significative.
(5)
Con la risoluzione 61/105 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata l’8 dicembre 2006, la comunità internazionale ha riconosciuto l’urgente necessità di prendere misure intese a proteggere gli ecosistemi marini vulnerabili dagli effetti distruttivi delle attività di pesca di fondo attraverso una regolamentazione rigorosa di tali attività ad opera di accordi o organizzazioni regionali di gestione della pesca o attraverso una disciplina imposta dagli Stati alle navi battenti la loro bandiera operanti in zone in cui tali accordi o organizzazioni non sono stati istituiti.
L’Assemblea generale ha formulato orientamenti sul tipo di misure da adottare a tale scopo. I lavori compiuti in sede FAO per elaborare orientamenti internazionali sulla gestione di tali attività di pesca nel quadro del codice di condotta per la pesca responsabile hanno anch’essi grande importanza ai fini della concezione e dell’adozione di tali misure, nonché per la loro attuazione da parte degli Stati membri.
(6)
Una parte non trascurabile della flotta comunitaria pratica la pesca di fondo in zone non regolamentate da accordi o organizzazioni regionali di gestione della pesca competenti per la disciplina di tali attività di pesca e nelle quali è improbabile che accordi o organizzazioni di questo tipo siano istituiti a breve termine. Ferma restando la necessità di proseguire gli sforzi volti a colmare le lacune esistenti a livello di copertura spaziale del sistema internazionale di gestione della pesca, la Comunità deve adempiere agli obblighi che le incombono in virtù del diritto del mare riguardo alla conservazione delle risorse biologiche marine nelle zone considerate ed è quindi tenuta ad imporre opportuni provvedimenti alle proprie flotte. L’azione della Comunità in tal senso deve essere conforme agli orientamenti forniti dall’Assemblea generale nella risoluzione 61/105.
(7)
Una delle principali raccomandazioni formulate dall’Assemblea generale riguarda la necessità di porre in essere misure che consentano di valutare, sulla base delle migliori informazioni scientifiche disponibili, se talune attività di pesca di fondo rischiano di produrre effetti negativi significativi sugli ecosistemi marini vulnerabili e, in caso affermativo, garantire che tali attività siano gestite in modo da prevenire tali effetti negativi o non siano autorizzate.
(8)
Per attuare tale raccomandazione è necessario che i pescherecci interessati siano autorizzati ad operare in virtù di un permesso di pesca speciale rilasciato a norma del regolamento (CE) n. 1627/94 del Consiglio, del 27 giugno 1994, che stabilisce le disposizioni generali relative ai permessi di pesca speciali (3), e del regolamento (CE) n. 2943/95 della Commissione, del 20 dicembre 1995, recante modalità d’applicazione del regolamento (CE) n. 1627/94 del Consiglio (4). Occorre inoltre che il rilascio e la validità del permesso suddetto siano subordinati a condizioni specifiche volte a garantire che l’impatto delle attività di pesca autorizzate sia stato adeguatamente valutato e che le stesse siano esercitate in base a tale valutazione.
(9)
L’attuazione delle raccomandazioni formulate dall’Assemblea generale esige altresì che siano adottate opportune misure di controllo volte a garantire l’osservanza delle condizioni cui è subordinato il rilascio dei permessi. Tali misure comprendono la presenza di osservatori a bordo delle navi e disposizioni specifiche in materia di sorveglianza satellitare (sistema VMS) applicabili in caso di guasto tecnico o di mancato funzionamento del sistema in aggiunta alle disposizioni fissate dal regolamento (CE) n. 2244/2003 della Commissione, del 18 dicembre 2003, che stabilisce disposizioni dettagliate per quanto concerne i sistemi di controllo dei pescherecci via satellite (5).
(10)
L’identificazione di ecosistemi marini vulnerabili in zone non regolamentate da un’organizzazione regionale di gestione della pesca è tuttora in corso e le informazioni scientifiche disponibili a questo riguardo sono relativamente limitate. Per questo motivo, è imperativo vietare l’utilizzo di attrezzi di fondo in zone che non sono state sottoposte ad una valutazione scientifica adeguata in ordine ai rischi di effetti negativi significativi che tali attività di pesca potrebbero avere sugli ecosistemi marini vulnerabili.
(11)
L’inosservanza di condizioni specifiche quali quelle relative a zone non sottoposte a valutazione, il funzionamento del sistema di controllo dei pescherecci via satellite e l’obbligo di cambiare zona di pesca ove si riscontri la presenza inaspettata di un ecosistema marino vulnerabile può produrre danni irreparabili a tali ecosistemi e merita pertanto di essere inclusa nell’elenco delle infrazioni gravi contenuto nel regolamento (CE) n. 1447/1999 del Consiglio, del 24 giugno 1999, recante l’elenco dei comportamenti che violano gravemente le norme della politica comune della pesca (6).
(12)
La tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali è disciplinata dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7); detto regolamento è pienamente applicabile al trattamento di dati personali ai fini del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda i diritti delle persone interessate in materia di accesso, rettifica, blocco e cancellazione dei dati e di notifica a terzi, che non sono quindi ulteriormente precisati nel presente regolamento,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento si applica ai pescherecci comunitari che esercitano attività di pesca con attrezzi di fondo in alto mare.
2. Il presente regolamento non si applica ai pescherecci comunitari operanti:
a)
in zone di competenza di un accordo o un’organizzazione regionale di gestione della pesca competente per la disciplina di tali attività di pesca;
b)
in zone per le quali è in via di istituzione un’organizzazione regionale di gestione della pesca, se i partecipanti a tale processo hanno concordato misure provvisorie volte a proteggere gli ecosistemi marini vulnerabili dagli effetti distruttivi derivanti dall’impiego di attrezzi di fondo.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a)
«ecosistema marino»: un complesso dinamico di comunità vegetali, animali e di microrganismi, con il rispettivo ambiente abiotico, che interagisce come unità funzionale;
b)
«ecosistema marino vulnerabile»: qualsiasi ecosistema marino la cui integrità (vale a dire la struttura o la funzione dell’ecosistema) è messa in pericolo, in base alle migliori informazioni scientifiche disponibili e al principio di precauzione, dagli effetti negativi significativi risultanti dal contatto fisico con gli attrezzi di fondo durante le normali operazioni di pesca e, in particolare, scogliere, montagne sottomarine, camini idrotermali, coralli d’acqua fredda e banchi di spugne d’acqua fredda. Gli ecosistemi più vulnerabili sono quelli che sono facilmente perturbati e che inoltre impiegano tempo a ristabilirsi, oppure possono non ristabilirsi più;
c)
«effetti negativi significativi»: gli effetti (valutati individualmente, in combinazione o cumulativamente) che mettono in pericolo l’integrità dell’ecosistema in un modo che nuoce alla capacità delle popolazioni di riprodursi e che riduce la produttività naturale a lungo termine degli habitat, o causa una diminuzione importante, più che temporanea, della diversità delle specie, degli habitat o dei tipi di pesci nelle acque comunitarie;
d)
«attrezzi di fondo»: attrezzi utilizzati, durante le normali operazioni di pesca, a contatto del fondo marino, comprese le reti a strascico, le draghe, le reti da poste ancorate, i palangari fissi, le nasse e le trappole.
Articolo 3
Permesso di pesca speciale
1. I pescherecci della Comunità che intendono esercitare le attività di pesca di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono in possesso di un permesso di pesca speciale.
2. Il permesso di pesca speciale è rilasciato a norma del regolamento (CE) n. 1627/94 ed è soggetto alle condizioni stabilite nel presente regolamento.
Articolo 4
Condizioni per il rilascio
1. Le domande per il rilascio di un permesso di pesca speciale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, devono essere accompagnate da un piano di pesca particolareggiato che specifica in particolare:
a)
la zona di pesca prevista;
b)
la specie bersaglio;
c)
il tipo di attrezzo e la profondità di utilizzo dello stesso; e
d)
la configurazione del profilo batimetrico del fondo marino nelle zone in cui si intende operare, ove tali informazioni non sono già a disposizione delle autorità competenti dello Stato di bandiera interessato.
2. Il rilascio di un permesso di pesca speciale da parte delle autorità competenti è subordinato ad una valutazione dell’impatto potenziale delle attività di pesca che intende esercitare la nave richiedente, dalla quale risulti che tali attività non rischiano di produrre effetti negativi significativi su ecosistemi marini vulnerabili.
3. Per realizzare la valutazione di cui al paragrafo 2 le autorità competenti si basano sulle migliori informazioni scientifiche e tecniche disponibili riguardanti l’ubicazione di ecosistemi marini vulnerabili nelle zone in cui intendono operare i pescherecci interessati. Tali informazioni comprendono, sempreché siano disponibili, dati scientifici che consentano di stimare la probabilità di incontrare tali ecosistemi. La procedura di valutazione prende in considerazione gli elementi pertinenti messi in evidenza dagli studi realizzati da esperti scientifici indipendenti.
4. La valutazione del rischio degli effetti negativi significativi sugli ecosistemi marini vulnerabili effettuata nel quadro della valutazione di cui al paragrafo 2 tiene conto, se del caso, delle differenti condizioni in cui si trovano, da un lato, le zone in cui le attività di pesca con attrezzi di fondo sono praticate in modo abituale e, dall’altro, le zone in cui tale tipo di attività di pesca non è praticato oppure è praticato soltanto occasionalmente.
5. La valutazione di cui al paragrafo 2 è realizzata dalle autorità competenti secondo criteri di precauzione. Qualora non riescano a stabilirne l’esatta entità, le autorità competenti considerano che gli effetti negativi prospettati dai pareri scientifici hanno carattere significativo.
6. Se la valutazione conclude che le attività previste dal piano di pesca rischiano di produrre effetti negativi significativi su ecosistemi marini vulnerabili, le autorità competenti specificano i rischi stimati e danno ai richiedenti la possibilità di modificare il piano di pesca in modo da evitarli. Se il piano di pesca non viene modificato le autorità competenti negano il rilascio del permesso di pesca speciale.
Articolo 5
Condizioni di validità
1. Il permesso di pesca speciale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, precisa espressamente che le attività di pesca realizzate a titolo di tale permesso devono, in qualsiasi momento, essere conformi al piano di pesca presentato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1.
2. Se per circostanze che esulano dal controllo della persona responsabile delle operazioni della nave occorre modificare i piani presentati, la persona responsabile ne informa senza indugio le autorità competenti, specificando le modifiche previste del piano originale. Le autorità competenti esaminano tali modifiche e non autorizzano che siano apportate se esse comportano un trasferimento delle attività verso zone che ospitano o che potrebbero ospitare ecosistemi marini vulnerabili.
3. In caso di mancata conformità al piano di pesca di cui all’articolo 4, paragrafo 1, in circostanze diverse da quelle specificate al paragrafo 2 del presente articolo, lo Stato di bandiera ritira il permesso di pesca rilasciato al peschereccio interessato.
Articolo 6
Zone non sottoposte a valutazione
1. Nelle zone in cui non è stata effettuata né resa disponibile un’adeguata valutazione scientifica, è vietato l’utilizzo di attrezzi di fondo. Tale divieto sarà oggetto del riesame del presente regolamento previsto all’articolo 13.
2. Sono consentite le attività di pesca demersale alle condizioni previste nel presente regolamento, laddove la valutazione scientifica indichi che gli ecosistemi marini vulnerabili rimangono impregiudicati.
Articolo 7
Scoperta inaspettata di ecosistemi marini vulnerabili
1. Se, durante le operazioni di pesca, un peschereccio scopre un ecosistema marino vulnerabile, esso sospende immediatamente le attività di pesca o evita di dare inizio a tali attività nel sito in questione. Il peschereccio riprende ad operare solo dopo aver raggiunto un sito alternativo a una distanza di almeno cinque miglia nautiche dal punto in cui è stato individuato l’ecosistema vulnerabile, sempre all’interno della zona prevista nel piano di pesca di cui all’articolo 4, paragrafo 1.
2. Se nel sito alternativo di cui al paragrafo 1 viene scoperto un altro ecosistema marino vulnerabile, la nave continua a spostarsi secondo le modalità definite nello stesso paragrafo fino a raggiungere una posizione che non presenti ecosistemi vulnerabili.
3. Il peschereccio segnala senza indugio alle autorità competenti gli ecosistemi marini vulnerabili eventualmente individuati, fornendo precise informazioni circa la natura e l’ubicazione di tali ecosistemi, nonché la data, l’ora e le circostanze in cui è avvenuta la scoperta.
Articolo 8
Chiusura di zona
1. Gli Stati membri, sulla base delle migliori informazioni scientifiche disponibili sull’esistenza, accertata o probabile, di ecosistemi marini vulnerabili nella regione in cui operano i loro pescherecci, identificano le zone che devono essere chiuse alla pesca con attrezzi di fondo. Gli Stati membri attuano senza indugio tali provvedimenti di chiusura nei confronti dei loro pescherecci e notificano immediatamente la chiusura alla Commissione. La Commissione trasmette l’informazione a tutti gli Stati membri senza indugio.
2. Fatto salvo l’articolo 7 del regolamento (CE) n. 2371/2002, la Commissione, se opportuno, presenta proposte al Consiglio, conformemente all’articolo 37 del trattato, per l’adozione di misure comunitarie destinate ad attuare le chiusure di zone, sulla base delle informazioni notificate dagli Stati membri oppure di propria iniziativa.
Articolo 9
Sistema di controllo via satellite
1. Fatto salvo l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2244/2003, in caso di guasto tecnico o di mancato funzionamento dell’impianto di localizzazione via satellite installato a bordo di un peschereccio il comandante di quest’ultimo comunica la sua posizione allo Stato di bandiera ogni due ore.
2. Una volta rientrata in porto, la nave non può salpare nuovamente prima che le autorità competenti abbiano constatato che l’impianto di localizzazione via satellite funziona adeguatamente.
Articolo 10
Infrazioni gravi
1. Le attività di pesca esercitate a partire dal momento in cui il peschereccio ha cessato di conformarsi al suo piano di pesca, in circostanze diverse da quelle specificate all’articolo 5, paragrafo 2, sono assimilate alle attività svolte in assenza di un permesso di pesca e, pertanto, ad un comportamento che viola gravemente le norme della politica comune della pesca.
2. La reiterata inosservanza degli obblighi previsti agli articoli 6, 7 e 9 è assimilata ad un comportamento che viola gravemente le norme della politica comune della pesca.
Articolo 11
Osservatori
1. Osservatori sono presenti a bordo di tutte le navi cui è stato rilasciato un permesso di pesca speciale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1. Gli osservatori sorvegliano le attività di pesca delle navi per l’intera durata di esecuzione del piano di pesca di cui all’articolo 4, paragrafo 1.
Il numero di osservatori presenti per le attività di pesca in una determinata zona di pesca è riesaminato entro il 30 luglio 2009.
2. L’osservatore:
a)
annota in modo indipendente le informazioni sulle catture ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CEE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993, che istituisce un regime di controllo applicabile nell’ambito della politica comune della pesca (8), presentandole in un formato identico a quello utilizzato per il giornale di bordo;
b)
prende nota di eventuali modifiche del piano di pesca di cui all’articolo 5, paragrafo 2;
c)
documenta eventuali scoperte inaspettate di ecosistemi marini vulnerabili i cui all’articolo 7, compresa la raccolta di informazioni rilevanti ai fini della protezione del sito;
d)
registra le profondità a cui è utilizzato l’attrezzo;
e)
presenta una relazione alle autorità competenti dello Stato membro interessato entro i venti giorni successivi alla conclusione del periodo di osservazione. Una copia di tale relazione è inviata alla Commissione entro trenta giorni successivi alla ricezione di una richiesta scritta.
3. L’osservatore non può essere:
a)
un parente del comandante della nave o di un altro ufficiale in servizio sulla nave alla quale è stato assegnato;
b)
un dipendente del comandante della nave alla quale è stato assegnato;
c)
un dipendente del rappresentante del comandante;
d)
un dipendente di una società controllata dal comandante o dal suo rappresentante;
e)
un parente del rappresentante del comandante.
Articolo 12
Obblighi di comunicazione
1. Nella misura in cui i pescherecci battenti la loro bandiera rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per ogni semestre dell’anno civile e entro i tre mesi successivi alla scadenza di tale semestre, una relazione indicante:
a)
oltre alle informazioni previste all’articolo 18 del regolamento (CEE) n. 2847/93, le catture effettuate dai pescherecci di cui all’articolo 1, ripartite per trimestre, per tipo di attrezzo e per specie e calcolate sulla base dei dati registrati nei giornali di bordo, tra cui la completa registrazione delle giornate di pesca trascorse fuori dal porto, e delle relazioni presentate dagli osservatori;
b)
il rispetto dei piani di pesca e dei requisiti fissati agli articoli 6, 7 e 8 da parte dei pescherecci di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e le misure adottate per porre rimedio alle inosservanze e alle infrazioni gravi di cui all’articolo 10 e per sanzionare tali comportamenti;
c)
informazioni riguardanti l’attuazione dell’articolo 8.
2. Le relazioni presentate conformemente al paragrafo 1 sono accompagnate dall’insieme delle valutazioni d’impatto realizzate dagli Stati membri conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, nel corso del periodo di riferimento di sei mesi.
3. La Commissione mette le informazioni ricevute a norma dei paragrafi 1 e 2 a disposizione del pubblico, anche tramite la FAO, e le trasmette senza indugio agli organismi scientifici competenti nonché agli Stati membri che lo richiedono.
Articolo 13
Riesame
La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione del presente regolamento entro il 30 giugno 2010. La relazione è corredata, se del caso, di proposte di modifica del presente regolamento.
Articolo 14
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 15 luglio 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
M. BARNIER
(1) Parere del 4 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 865/2007 (GU L 192 del 24.7.2007, pag. 1).
(3) GU L 171 del 6.7.1994, pag. 7.
(4) GU L 308 del 21.12.1995, pag. 15.
(5) GU L 333 del 20.12.2003, pag. 17.
(6) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 5.
(7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(8) GU L 261 del 20.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1967/2006 (GU L 409 del 30.12.2006, pag. 9; rettifica nella GU L 36 dell’8.2.2007, pag. 6).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (CE) N. 734/2008 DEL CONSIGLIO
del 15 luglio 2008
relativo alla protezione degli ecosistemi marini vulnerabili d’alto mare dagli effetti negativi degli attrezzi da pesca di fondo
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 37,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità è parte contraente della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e dell’accordo ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori. Tali strumenti internazionali impongono agli Stati l’obbligo di cooperare ai fini della conservazione delle risorse biologiche d’alto mare e prescrivono che tale cooperazione sia attuata direttamente dagli Stati o nell’ambito di accordi o organizzazioni subregionali o regionali di gestione della pesca.
(2)
La mancanza di un accordo o di un’organizzazione regionale di gestione della pesca non esime gli Stati dall’obbligo ad essi imposto dal diritto del mare di adottare, nei confronti dei loro cittadini, le misure necessarie per la conservazione delle risorse biologiche d’alto mare e per la protezione degli ecosistemi marini vulnerabili dagli effetti nocivi delle attività di pesca.
(3)
L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca (2), prevede che la politica comune della pesca debba applicare l’approccio precauzionale adottando le misure intese a ridurre al minimo l’impatto delle attività di pesca sugli ecosistemi marini. Ai sensi dell’articolo 7 del medesimo regolamento, la Commissione, su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro o di propria iniziativa, può decidere misure di emergenza se è stato constatato un grave rischio per la conservazione delle risorse acquatiche vive o per l’ecosistema marino, derivante dalle attività di pesca e che richiede un intervento immediato.
(4)
La Comunità si è impegnata a favore della conservazione di ecosistemi marini quali scogliere, montagne sottomarine, coralli di profondità, camini idrotermali e banchi di spugne. Numerosi dati scientifici suggeriscono che le attività di pesca praticate con attrezzi di fondo rischiano di compromettere l’integrità di tali ecosistemi. La Comunità ha già adottato provvedimenti intesi a vietare la pesca di fondo in zone delle acque comunitarie in cui sono stati identificati tali ecosistemi. Essa ha inoltre partecipato all’adozione di analoghe misure in alto mare che rientrano nell’ambito di competenza di tutte le organizzazioni regionali di gestione della pesca incaricate di disciplinare la pesca di fondo. Ha altresì contribuito attivamente all’istituzione di nuovi accordi o organizzazioni, affinché tutte le regioni oceaniche del pianeta siano soggette ad adeguati regimi regionali di gestione della pesca e di conservazione delle risorse. In alcune zone d’alto mare, tuttavia, l’istituzione di organismi di questo tipo presenta difficoltà significative.
(5)
Con la risoluzione 61/105 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata l’8 dicembre 2006, la comunità internazionale ha riconosciuto l’urgente necessità di prendere misure intese a proteggere gli ecosistemi marini vulnerabili dagli effetti distruttivi delle attività di pesca di fondo attraverso una regolamentazione rigorosa di tali attività ad opera di accordi o organizzazioni regionali di gestione della pesca o attraverso una disciplina imposta dagli Stati alle navi battenti la loro bandiera operanti in zone in cui tali accordi o organizzazioni non sono stati istituiti.
L’Assemblea generale ha formulato orientamenti sul tipo di misure da adottare a tale scopo. I lavori compiuti in sede FAO per elaborare orientamenti internazionali sulla gestione di tali attività di pesca nel quadro del codice di condotta per la pesca responsabile hanno anch’essi grande importanza ai fini della concezione e dell’adozione di tali misure, nonché per la loro attuazione da parte degli Stati membri.
(6)
Una parte non trascurabile della flotta comunitaria pratica la pesca di fondo in zone non regolamentate da accordi o organizzazioni regionali di gestione della pesca competenti per la disciplina di tali attività di pesca e nelle quali è improbabile che accordi o organizzazioni di questo tipo siano istituiti a breve termine. Ferma restando la necessità di proseguire gli sforzi volti a colmare le lacune esistenti a livello di copertura spaziale del sistema internazionale di gestione della pesca, la Comunità deve adempiere agli obblighi che le incombono in virtù del diritto del mare riguardo alla conservazione delle risorse biologiche marine nelle zone considerate ed è quindi tenuta ad imporre opportuni provvedimenti alle proprie flotte. L’azione della Comunità in tal senso deve essere conforme agli orientamenti forniti dall’Assemblea generale nella risoluzione 61/105.
(7)
Una delle principali raccomandazioni formulate dall’Assemblea generale riguarda la necessità di porre in essere misure che consentano di valutare, sulla base delle migliori informazioni scientifiche disponibili, se talune attività di pesca di fondo rischiano di produrre effetti negativi significativi sugli ecosistemi marini vulnerabili e, in caso affermativo, garantire che tali attività siano gestite in modo da prevenire tali effetti negativi o non siano autorizzate.
(8)
Per attuare tale raccomandazione è necessario che i pescherecci interessati siano autorizzati ad operare in virtù di un permesso di pesca speciale rilasciato a norma del regolamento (CE) n. 1627/94 del Consiglio, del 27 giugno 1994, che stabilisce le disposizioni generali relative ai permessi di pesca speciali (3), e del regolamento (CE) n. 2943/95 della Commissione, del 20 dicembre 1995, recante modalità d’applicazione del regolamento (CE) n. 1627/94 del Consiglio (4). Occorre inoltre che il rilascio e la validità del permesso suddetto siano subordinati a condizioni specifiche volte a garantire che l’impatto delle attività di pesca autorizzate sia stato adeguatamente valutato e che le stesse siano esercitate in base a tale valutazione.
(9)
L’attuazione delle raccomandazioni formulate dall’Assemblea generale esige altresì che siano adottate opportune misure di controllo volte a garantire l’osservanza delle condizioni cui è subordinato il rilascio dei permessi. Tali misure comprendono la presenza di osservatori a bordo delle navi e disposizioni specifiche in materia di sorveglianza satellitare (sistema VMS) applicabili in caso di guasto tecnico o di mancato funzionamento del sistema in aggiunta alle disposizioni fissate dal regolamento (CE) n. 2244/2003 della Commissione, del 18 dicembre 2003, che stabilisce disposizioni dettagliate per quanto concerne i sistemi di controllo dei pescherecci via satellite (5).
(10)
L’identificazione di ecosistemi marini vulnerabili in zone non regolamentate da un’organizzazione regionale di gestione della pesca è tuttora in corso e le informazioni scientifiche disponibili a questo riguardo sono relativamente limitate. Per questo motivo, è imperativo vietare l’utilizzo di attrezzi di fondo in zone che non sono state sottoposte ad una valutazione scientifica adeguata in ordine ai rischi di effetti negativi significativi che tali attività di pesca potrebbero avere sugli ecosistemi marini vulnerabili.
(11)
L’inosservanza di condizioni specifiche quali quelle relative a zone non sottoposte a valutazione, il funzionamento del sistema di controllo dei pescherecci via satellite e l’obbligo di cambiare zona di pesca ove si riscontri la presenza inaspettata di un ecosistema marino vulnerabile può produrre danni irreparabili a tali ecosistemi e merita pertanto di essere inclusa nell’elenco delle infrazioni gravi contenuto nel regolamento (CE) n. 1447/1999 del Consiglio, del 24 giugno 1999, recante l’elenco dei comportamenti che violano gravemente le norme della politica comune della pesca (6).
(12)
La tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali è disciplinata dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7); detto regolamento è pienamente applicabile al trattamento di dati personali ai fini del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda i diritti delle persone interessate in materia di accesso, rettifica, blocco e cancellazione dei dati e di notifica a terzi, che non sono quindi ulteriormente precisati nel presente regolamento,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento si applica ai pescherecci comunitari che esercitano attività di pesca con attrezzi di fondo in alto mare.
2. Il presente regolamento non si applica ai pescherecci comunitari operanti:
a)
in zone di competenza di un accordo o un’organizzazione regionale di gestione della pesca competente per la disciplina di tali attività di pesca;
b)
in zone per le quali è in via di istituzione un’organizzazione regionale di gestione della pesca, se i partecipanti a tale processo hanno concordato misure provvisorie volte a proteggere gli ecosistemi marini vulnerabili dagli effetti distruttivi derivanti dall’impiego di attrezzi di fondo.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a)
«ecosistema marino»: un complesso dinamico di comunità vegetali, animali e di microrganismi, con il rispettivo ambiente abiotico, che interagisce come unità funzionale;
b)
«ecosistema marino vulnerabile»: qualsiasi ecosistema marino la cui integrità (vale a dire la struttura o la funzione dell’ecosistema) è messa in pericolo, in base alle migliori informazioni scientifiche disponibili e al principio di precauzione, dagli effetti negativi significativi risultanti dal contatto fisico con gli attrezzi di fondo durante le normali operazioni di pesca e, in particolare, scogliere, montagne sottomarine, camini idrotermali, coralli d’acqua fredda e banchi di spugne d’acqua fredda. Gli ecosistemi più vulnerabili sono quelli che sono facilmente perturbati e che inoltre impiegano tempo a ristabilirsi, oppure possono non ristabilirsi più;
c)
«effetti negativi significativi»: gli effetti (valutati individualmente, in combinazione o cumulativamente) che mettono in pericolo l’integrità dell’ecosistema in un modo che nuoce alla capacità delle popolazioni di riprodursi e che riduce la produttività naturale a lungo termine degli habitat, o causa una diminuzione importante, più che temporanea, della diversità delle specie, degli habitat o dei tipi di pesci nelle acque comunitarie;
d)
«attrezzi di fondo»: attrezzi utilizzati, durante le normali operazioni di pesca, a contatto del fondo marino, comprese le reti a strascico, le draghe, le reti da poste ancorate, i palangari fissi, le nasse e le trappole.
Articolo 3
Permesso di pesca speciale
1. I pescherecci della Comunità che intendono esercitare le attività di pesca di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono in possesso di un permesso di pesca speciale.
2. Il permesso di pesca speciale è rilasciato a norma del regolamento (CE) n. 1627/94 ed è soggetto alle condizioni stabilite nel presente regolamento.
Articolo 4
Condizioni per il rilascio
1. Le domande per il rilascio di un permesso di pesca speciale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, devono essere accompagnate da un piano di pesca particolareggiato che specifica in particolare:
a)
la zona di pesca prevista;
b)
la specie bersaglio;
c)
il tipo di attrezzo e la profondità di utilizzo dello stesso; e
d)
la configurazione del profilo batimetrico del fondo marino nelle zone in cui si intende operare, ove tali informazioni non sono già a disposizione delle autorità competenti dello Stato di bandiera interessato.
2. Il rilascio di un permesso di pesca speciale da parte delle autorità competenti è subordinato ad una valutazione dell’impatto potenziale delle attività di pesca che intende esercitare la nave richiedente, dalla quale risulti che tali attività non rischiano di produrre effetti negativi significativi su ecosistemi marini vulnerabili.
3. Per realizzare la valutazione di cui al paragrafo 2 le autorità competenti si basano sulle migliori informazioni scientifiche e tecniche disponibili riguardanti l’ubicazione di ecosistemi marini vulnerabili nelle zone in cui intendono operare i pescherecci interessati. Tali informazioni comprendono, sempreché siano disponibili, dati scientifici che consentano di stimare la probabilità di incontrare tali ecosistemi. La procedura di valutazione prende in considerazione gli elementi pertinenti messi in evidenza dagli studi realizzati da esperti scientifici indipendenti.
4. La valutazione del rischio degli effetti negativi significativi sugli ecosistemi marini vulnerabili effettuata nel quadro della valutazione di cui al paragrafo 2 tiene conto, se del caso, delle differenti condizioni in cui si trovano, da un lato, le zone in cui le attività di pesca con attrezzi di fondo sono praticate in modo abituale e, dall’altro, le zone in cui tale tipo di attività di pesca non è praticato oppure è praticato soltanto occasionalmente.
5. La valutazione di cui al paragrafo 2 è realizzata dalle autorità competenti secondo criteri di precauzione. Qualora non riescano a stabilirne l’esatta entità, le autorità competenti considerano che gli effetti negativi prospettati dai pareri scientifici hanno carattere significativo.
6. Se la valutazione conclude che le attività previste dal piano di pesca rischiano di produrre effetti negativi significativi su ecosistemi marini vulnerabili, le autorità competenti specificano i rischi stimati e danno ai richiedenti la possibilità di modificare il piano di pesca in modo da evitarli. Se il piano di pesca non viene modificato le autorità competenti negano il rilascio del permesso di pesca speciale.
Articolo 5
Condizioni di validità
1. Il permesso di pesca speciale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, precisa espressamente che le attività di pesca realizzate a titolo di tale permesso devono, in qualsiasi momento, essere conformi al piano di pesca presentato ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1.
2. Se per circostanze che esulano dal controllo della persona responsabile delle operazioni della nave occorre modificare i piani presentati, la persona responsabile ne informa senza indugio le autorità competenti, specificando le modifiche previste del piano originale. Le autorità competenti esaminano tali modifiche e non autorizzano che siano apportate se esse comportano un trasferimento delle attività verso zone che ospitano o che potrebbero ospitare ecosistemi marini vulnerabili.
3. In caso di mancata conformità al piano di pesca di cui all’articolo 4, paragrafo 1, in circostanze diverse da quelle specificate al paragrafo 2 del presente articolo, lo Stato di bandiera ritira il permesso di pesca rilasciato al peschereccio interessato.
Articolo 6
Zone non sottoposte a valutazione
1. Nelle zone in cui non è stata effettuata né resa disponibile un’adeguata valutazione scientifica, è vietato l’utilizzo di attrezzi di fondo. Tale divieto sarà oggetto del riesame del presente regolamento previsto all’articolo 13.
2. Sono consentite le attività di pesca demersale alle condizioni previste nel presente regolamento, laddove la valutazione scientifica indichi che gli ecosistemi marini vulnerabili rimangono impregiudicati.
Articolo 7
Scoperta inaspettata di ecosistemi marini vulnerabili
1. Se, durante le operazioni di pesca, un peschereccio scopre un ecosistema marino vulnerabile, esso sospende immediatamente le attività di pesca o evita di dare inizio a tali attività nel sito in questione. Il peschereccio riprende ad operare solo dopo aver raggiunto un sito alternativo a una distanza di almeno cinque miglia nautiche dal punto in cui è stato individuato l’ecosistema vulnerabile, sempre all’interno della zona prevista nel piano di pesca di cui all’articolo 4, paragrafo 1.
2. Se nel sito alternativo di cui al paragrafo 1 viene scoperto un altro ecosistema marino vulnerabile, la nave continua a spostarsi secondo le modalità definite nello stesso paragrafo fino a raggiungere una posizione che non presenti ecosistemi vulnerabili.
3. Il peschereccio segnala senza indugio alle autorità competenti gli ecosistemi marini vulnerabili eventualmente individuati, fornendo precise informazioni circa la natura e l’ubicazione di tali ecosistemi, nonché la data, l’ora e le circostanze in cui è avvenuta la scoperta.
Articolo 8
Chiusura di zona
1. Gli Stati membri, sulla base delle migliori informazioni scientifiche disponibili sull’esistenza, accertata o probabile, di ecosistemi marini vulnerabili nella regione in cui operano i loro pescherecci, identificano le zone che devono essere chiuse alla pesca con attrezzi di fondo. Gli Stati membri attuano senza indugio tali provvedimenti di chiusura nei confronti dei loro pescherecci e notificano immediatamente la chiusura alla Commissione. La Commissione trasmette l’informazione a tutti gli Stati membri senza indugio.
2. Fatto salvo l’articolo 7 del regolamento (CE) n. 2371/2002, la Commissione, se opportuno, presenta proposte al Consiglio, conformemente all’articolo 37 del trattato, per l’adozione di misure comunitarie destinate ad attuare le chiusure di zone, sulla base delle informazioni notificate dagli Stati membri oppure di propria iniziativa.
Articolo 9
Sistema di controllo via satellite
1. Fatto salvo l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2244/2003, in caso di guasto tecnico o di mancato funzionamento dell’impianto di localizzazione via satellite installato a bordo di un peschereccio il comandante di quest’ultimo comunica la sua posizione allo Stato di bandiera ogni due ore.
2. Una volta rientrata in porto, la nave non può salpare nuovamente prima che le autorità competenti abbiano constatato che l’impianto di localizzazione via satellite funziona adeguatamente.
Articolo 10
Infrazioni gravi
1. Le attività di pesca esercitate a partire dal momento in cui il peschereccio ha cessato di conformarsi al suo piano di pesca, in circostanze diverse da quelle specificate all’articolo 5, paragrafo 2, sono assimilate alle attività svolte in assenza di un permesso di pesca e, pertanto, ad un comportamento che viola gravemente le norme della politica comune della pesca.
2. La reiterata inosservanza degli obblighi previsti agli articoli 6, 7 e 9 è assimilata ad un comportamento che viola gravemente le norme della politica comune della pesca.
Articolo 11
Osservatori
1. Osservatori sono presenti a bordo di tutte le navi cui è stato rilasciato un permesso di pesca speciale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1. Gli osservatori sorvegliano le attività di pesca delle navi per l’intera durata di esecuzione del piano di pesca di cui all’articolo 4, paragrafo 1.
Il numero di osservatori presenti per le attività di pesca in una determinata zona di pesca è riesaminato entro il 30 luglio 2009.
2. L’osservatore:
a)
annota in modo indipendente le informazioni sulle catture ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CEE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993, che istituisce un regime di controllo applicabile nell’ambito della politica comune della pesca (8), presentandole in un formato identico a quello utilizzato per il giornale di bordo;
b)
prende nota di eventuali modifiche del piano di pesca di cui all’articolo 5, paragrafo 2;
c)
documenta eventuali scoperte inaspettate di ecosistemi marini vulnerabili i cui all’articolo 7, compresa la raccolta di informazioni rilevanti ai fini della protezione del sito;
d)
registra le profondità a cui è utilizzato l’attrezzo;
e)
presenta una relazione alle autorità competenti dello Stato membro interessato entro i venti giorni successivi alla conclusione del periodo di osservazione. Una copia di tale relazione è inviata alla Commissione entro trenta giorni successivi alla ricezione di una richiesta scritta.
3. L’osservatore non può essere:
a)
un parente del comandante della nave o di un altro ufficiale in servizio sulla nave alla quale è stato assegnato;
b)
un dipendente del comandante della nave alla quale è stato assegnato;
c)
un dipendente del rappresentante del comandante;
d)
un dipendente di una società controllata dal comandante o dal suo rappresentante;
e)
un parente del rappresentante del comandante.
Articolo 12
Obblighi di comunicazione
1. Nella misura in cui i pescherecci battenti la loro bandiera rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per ogni semestre dell’anno civile e entro i tre mesi successivi alla scadenza di tale semestre, una relazione indicante:
a)
oltre alle informazioni previste all’articolo 18 del regolamento (CEE) n. 2847/93, le catture effettuate dai pescherecci di cui all’articolo 1, ripartite per trimestre, per tipo di attrezzo e per specie e calcolate sulla base dei dati registrati nei giornali di bordo, tra cui la completa registrazione delle giornate di pesca trascorse fuori dal porto, e delle relazioni presentate dagli osservatori;
b)
il rispetto dei piani di pesca e dei requisiti fissati agli articoli 6, 7 e 8 da parte dei pescherecci di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e le misure adottate per porre rimedio alle inosservanze e alle infrazioni gravi di cui all’articolo 10 e per sanzionare tali comportamenti;
c)
informazioni riguardanti l’attuazione dell’articolo 8.
2. Le relazioni presentate conformemente al paragrafo 1 sono accompagnate dall’insieme delle valutazioni d’impatto realizzate dagli Stati membri conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, nel corso del periodo di riferimento di sei mesi.
3. La Commissione mette le informazioni ricevute a norma dei paragrafi 1 e 2 a disposizione del pubblico, anche tramite la FAO, e le trasmette senza indugio agli organismi scientifici competenti nonché agli Stati membri che lo richiedono.
Articolo 13
Riesame
La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione del presente regolamento entro il 30 giugno 2010. La relazione è corredata, se del caso, di proposte di modifica del presente regolamento.
Articolo 14
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 15 luglio 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
M. BARNIER
(1) Parere del 4 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 865/2007 (GU L 192 del 24.7.2007, pag. 1).
(3) GU L 171 del 6.7.1994, pag. 7.
(4) GU L 308 del 21.12.1995, pag. 15.
(5) GU L 333 del 20.12.2003, pag. 17.
(6) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 5.
(7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(8) GU L 261 del 20.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1967/2006 (GU L 409 del 30.12.2006, pag. 9; rettifica nella GU L 36 dell’8.2.2007, pag. 6).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Protezione degli ecosistemi marini vulnerabili dalla pesca di fondo in alto mare
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le regole per i pescherecci registrati nei paesi dell’Unione europea (UE) che esercitano attività di pesca con attrezzi di fondo* in alto mare, fuori dalle zone regolamentate dalle organizzazioni regionali per la gestione della pesca o laddove tali organizzazioni non abbiano adottato misure per questi tipi di pesca.
PUNTI CHIAVE
Organizzazioni regionali per la gestione della pesca (ORGP)
In linea con la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, le ORGP sono organizzazioni internazionali attraverso le quali gli stati costieri e gli altri stati che praticano la pesca in alto mare collaborano per la conservazione e la gestione degli stock ittici, in particolare di quelli altamente migratori o transzonali*, in una specifica zona geografica.
Le ORGP hanno poteri di gestione per stabilire misure di conservazione e di gestione come i limiti di cattura e di pesca, misure tecniche e misure di controllo.
L’UE, rappresentata dalla Commissione europea, svolge un ruolo attivo in diverse ORGP.
Ambito di applicazione
Il regolamento si applica ai pescherecci che esercitano attività di pesca con attrezzi di fondo:
al di fuori di una zona di competenza di una ORGP;
in una zona per la quale è in via di istituzione una ORGP e in cui sono state adottate misure provvisorie di protezione dell’ambiente marino.
Permessi di pesca speciali
Le attività di pesca di fondo sono autorizzate solo se non presentano rischi di compromissione degli ecosistemi marini vulnerabili. I pescherecci registrati in UE che usano attrezzi da pesca di fondo in queste zone devono ottenere un permesso di pesca speciale. Le domande devono essere accompagnate da un piano di pesca particolareggiato che specifica:
la zona di pesca;
la specie bersaglio;
il tipo di attrezzo di fondo e le condizioni di utilizzo dello stesso;
la cartografia del fondo marino dove si intende operare, se l’autorità emittente non la possiede.
I permessi sono rilasciati dal paese in cui il peschereccio è registrato. Le autorità competenti di tale paese devono:
valutare i dati relativi agli ecosistemi marini nella zona specificata nel piano di pesca prima di rilasciare un permesso. Ove non sia presente o non sia stata eseguita un’adeguata valutazione scientifica, l’uso degli attrezzi da pesca di fondo è vietato;
notificare qualsiasi modifica del piano di pesca al fine di valutare se gli ecosistemi marini vulnerabili siano minacciati;
ritirare il permesso di tutti i pescherecci che non rispettano il proprio piano di pesca.
Chiusura della zona
In linea con la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite 61/105 del 2006, i paesi dell’UE devono identificare le aree in cui le informazioni scientifiche disponibili confermano l’esistenza, accertata o probabile, di ecosistemi marini vulnerabili e procedere alla chiusura di tali zone alla pesca con attrezzi di fondo. La Commissione deve essere informata di eventuali chiusure che comunicherà agli altri paesi dell’UE.
Sorveglianza
Gli osservatori sorvegliano le attività dei pescherecci cui è stato rilasciato un permesso di pesca speciale per l’intera durata di esecuzione del piano di pesca. Durante questo periodo essi sono tenuti a:
annotare le informazioni sulle catture;
prender nota di eventuali modifiche al piano di pesca;
documentare eventuali scoperte inaspettate di ecosistemi vulnerabili;
registrare le profondità a cui è utilizzato l’attrezzo di fondo.
Entro i venti giorni successivi alla loro missione, gli osservatori presentano una relazione alle autorità competenti del paese dell’UE interessato, inviandone una copia alla Commissione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica a partire dal 31 luglio 2008.
* TERMINI CHIAVE
Attrezzi di fondo: attrezzi utilizzati, durante le normali operazioni di pesca, a contatto con il fondo marino, comprese le reti a strascico, le draghe, le reti da poste ancorate, i palangari fissi, le nasse e le trappole.
Stock ittici transzonali: risorse ittiche che migrano tra le zone di esclusione economica (ovvero zone marine sulle quali un paese detiene diritti speciali per quanto riguarda l’esplorazione e l’uso delle risorse marine) e l’alto mare.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 734/2008 del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativo alla protezione degli ecosistemi marini vulnerabili d’alto mare dagli effetti negativi degli attrezzi da pesca di fondo (GU L 201 del 30.7.2008, pag. 8-13) |
Protezione dei vitelli da macello
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei vitelli confinati e destinati al consumo umano.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (cioè animali della specie bovina di età inferiore a sei mesi) confinati per l’allevamento e il macello. Tali norme, obbligatorie dal 1° gennaio 2007, non si applicano per i vitelli mantenuti presso la madre ai fini dell’allattamento, né alle aziende con meno di sei vitelli.
La direttiva non riguarda il trasporto dei vitelli, disciplinato dal regolamento (CE) n. 1/2005.
Recinti collettivi o individuali
I recinti devono essere costruiti in modo da consentire a ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi e accudire a se stesso senza difficoltà.
A partire dall’ottava settimana di età, sono vietati i recinti individuali (tranne in caso di malattia). La misura è in ragione della natura gregaria dei bovini.
Prima dell’ottava settimana i recinti individuali sono permessi. Essi devono essere composti da pareti divisorie traforate che consentano un contatto visivo e tattile tra i vitelli. I muri compatti possono essere utilizzati solo per isolare animali malati dal resto della mandria.
I recinti collettivi devono rispettare le seguenti norme relative allo spazio (cfr. tabella seguente).
Peso dell’animale in kg
Superficie in m2
‹ 150
1,5
‹ 220
1,7
› 220
1,8
I vitelli non devono essere legati (salvo eventualmente al momento della somministrazione di latte per un periodo massimo di un’ora) né avere la museruola.
La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati.
I pavimenti devono essere lisci ma non sdrucciolevoli per evitare lesioni ai vitelli. La zona in cui coricarsi deve essere confortevole, pulita e adeguatamente prosciugata. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere prevista una lettiera adeguata.
Salute
Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e comunque entro le prime sei ore di vita.
I vitelli che presentano sintomi di malattie o ferite devono ricevere immediatamente le opportune cure. Qualora un vitello non reagisca al trattamento dell’allevatore, dev’essere consultato al più presto un veterinario.
Alimentazione
I vitelli devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo.
Gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mmol/litro di sangue, una dose giornaliera di alimenti fibrosi deve essere somministrata ad ogni vitello dopo la seconda settimana di età.
L’alimentazione deve essere adeguata all’età e al peso dell’animale. Essa deve inoltre essere conforme alle sue esigenze comportamentali e fisiologiche.
A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca.
Controllo degli animali
Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati almeno due volte al giorno e gli impianti meccanici almeno una volta al giorno. Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un sistema di allarme (verificato regolarmente) e un opportuno sistema di ventilazione sostitutivo.
Luminosità
I vitelli devono essere tenuti in condizioni di adeguata illuminazione naturale o artificiale (almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale tra le ore 9.00 e le ore 17.00).
Ispezioni
Gli Stati membri provvedono affinché siano effettuate ispezioni annuali su un campione statisticamente rappresentativo.
La Commissione europea può inviare esperti veterinari per effettuare ispezioni sul luogo dell’allevamento con la collaborazione degli ispettori nazionali.
Importazioni
Per importare animali da paesi terzi, è richiesto un certificato che attesti che hanno beneficiato di un trattamento equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria.
Disposizioni specifiche
Gli Stati membri possono applicare nel loro territorio disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva. In tal caso, dovranno prima informare la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso.
Regolamento sui controlli ufficiali
Il Regolamento (UE) 2017/625 la nuova legislazione relativa ai controlli ufficiali sugli alimenti e sui mangimi, modifica alcuni dettagli tecnici minori della direttiva. Tali modifiche avranno effetto dal 14 dicembre 2019.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
È stato applicato dal mercoledì 4 febbraio 2009. La direttiva codifica e abroga le precedenti disposizioni (direttiva 91/629/CEE) che doveva essere incorporata nella legislazione nazionale entro il 1 gennaio 1994.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
Vitelli (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2008/119/CE del Consiglio del giovedì 18 dicembre 2008 che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei vitelli (versione codificata) (GU L 10, 15.1.2009, pagg. 7-13)
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1-142)
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate e recante modifica delle direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e del regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005, pagg. 1-44). | DIRETTIVA 2008/119/CE DEL CONSIGLIO
del 18 dicembre 2008
che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli
(Versione codificata)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 91/629/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (3) è stata modificata in modo sostanziale, a più riprese (4). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
Molti Stati membri hanno ratificato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti. Anche la Comunità ha approvato tale convenzione, con la decisione 78/923/CEE (5).
(3)
I vitelli sono compresi, in quanto animali vivi, nell'elenco dei prodotti che figura nell'allegato I del trattato.
(4)
L'allevamento di vitelli costituisce parte integrante dell'agricoltura. Esso rappresenta una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola.
(5)
Le differenze suscettibili di comportare distorsioni nelle condizioni di concorrenza hanno un'incidenza sul corretto funzionamento dell'organizzazione del mercato comune dei vitelli e dei prodotti da essi derivati.
(6)
È quindi indispensabile stabilire le norme minime comuni per la protezione dei vitelli d'allevamento e da ingrasso allo scopo di garantire un razionale sviluppo della produzione.
(7)
È scientificamente riconosciuto che i vitelli abbisognano di condizioni ambientali conformi alle esigenze della specie, la quale tende a raggrupparsi in mandrie. Pertanto, i vitelli dovrebbero essere allevati in gruppo. Il sistema di alloggiamento dei vitelli, siano essi raggruppati o in box individuali, dovrebbe prevedere sufficiente spazio per consentire un minimo di esercizio fisico, contatti con altri bovini e movimenti normali, sia in piedi che coricati.
(8)
Occorre che i servizi ufficiali, i produttori, i consumatori ed altri operatori siano tenuti al corrente degli sviluppi in questo settore. La Commissione dovrebbe pertanto, sulla base di un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, proseguire attivamente le ricerche scientifiche sul o sui migliori sistemi di allevamento che permettano di garantire il benessere dei vitelli. È pertanto opportuno prevedere un periodo provvisorio allo scopo di permettere alla Commissione di svolgere tale compito nel migliore dei modi.
(9)
Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(10)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato II, parte B,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei vitelli confinati per l'allevamento e l'ingrasso.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1)
«vitello»: un animale della specie bovina di età inferiore a sei mesi;
2)
«autorità competente»: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (7).
Articolo 3
1. A decorrere dal 1o gennaio 1998 a tutte le aziende di nuova costruzione o ricostruite e a tutte le aziende che entrano in funzione per la prima volta dopo tale data si applicano le seguenti disposizioni:
a)
nessun vitello di età superiore alle otto settimane deve essere rinchiuso in un recinto individuale, a meno che un veterinario abbia certificato che il suo stato di salute o il suo comportamento esige che sia isolato dal gruppo al fine di essere sottoposto ad un trattamento. La larghezza del recinto individuale deve essere almeno pari all'altezza al garrese del vitello, misurata quando l'animale è in posizione eretta, e la lunghezza deve essere almeno pari alla lunghezza del vitello, misurata dalla punta del naso all'estremità caudale della tuberosità ischiatica e moltiplicata per 1,1.
I recinti individuali per vitelli (salvo quelli destinati ad isolare gli animali malati) non devono avere muri compatti bensì pareti divisorie traforate che consentano un contatto diretto, visivo e tattile, tra i vitelli;
b)
per i vitelli allevati in gruppo, lo spazio libero disponibile per ciascun vitello deve essere pari ad almeno 1,5 m2 per ogni vitello di peso vivo inferiore a 150 chilogrammi, ad almeno 1,7 m2 per ogni vitello di peso vivo pari o superiore a 150 chilogrammi ma inferiore a 220 chilogrammi e ad almeno 1,8 m2 per ogni vitello di peso vivo pari o superiore a 220 chilogrammi.
Tuttavia, le disposizioni del primo comma non sono applicabili:
a)
alle aziende con meno di sei vitelli;
b)
ai vitelli mantenuti presso la madre ai fini dell'allattamento.
2. A decorrere dal 31 dicembre 2006, le disposizioni di cui al paragrafo 1 si applicano a tutte le aziende.
Articolo 4
Gli Stati membri vigilano affinché le condizioni relative all'allevamento dei vitelli siano conformi alle disposizioni generali stabilite nell'allegato I.
Articolo 5
Le prescrizioni generali contenute nell'allegato I possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, per tener conto dei progressi scientifici.
Articolo 6
Entro il 1o gennaio 2006, la Commissione presenta al Consiglio una relazione, elaborata in base ad un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, sul o sui sistemi di allevamento intensivo che rispettano i requisiti relativi al benessere dei vitelli dal punto di vista patologico, zootecnico, fisiologico e comportamentale, nonché sulle implicazioni socioeconomiche dei diversi sistemi, corredata delle opportune proposte che tengano conto delle conclusioni di tale relazione.
Articolo 7
1. Gli Stati membri provvedono affinché siano effettuate ispezioni sotto la responsabilità della competente autorità, per accertare l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva.
Queste ispezioni, che possono essere effettuate in concomitanza di controlli realizzati per altri fini, riguardano ogni anno un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento in ciascuno Stato membro.
2. La Commissione elabora, secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, un codice contenente le regole da seguire nelle ispezioni previste al paragrafo 1 del presente articolo.
3. Ogni due anni, entro l'ultimo giorno feriale del mese di aprile e per la prima volta entro il 30 aprile 1996, gli Stati membri informano la Commissione in merito ai risultati delle ispezioni effettuate nei due esercizi precedenti conformemente al presente articolo, compreso il numero di ispezioni effettuate rispetto al numero di aziende sul loro territorio.
Articolo 8
Per essere importati nella Comunità, gli animali provenienti da un paese terzo devono essere accompagnati da un certificato rilasciato dall'autorità competente di tale paese, il quale attesta che hanno beneficiato di un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria, secondo quanto previsto dalla presente direttiva.
Articolo 9
Esperti veterinari della Commissione possono, nella misura in cui lo esiga l'applicazione uniforme della presente direttiva, effettuare ispezioni in loco con la collaborazione delle autorità competenti. I controllori osservano particolari misure di igiene onde escludere qualsiasi rischio di trasmissione di malattie.
Lo Stato membro sul cui territorio viene effettuato un controllo fornisce agli esperti tutta l'assistenza necessaria per l'espletamento dei loro compiti. La Commissione comunica i risultati dei controlli effettuati all'autorità competente dello Stato membro interessato.
L'autorità competente dello Stato membro interessato prende le misure necessarie per tener conto dei risultati di tale controllo.
Per quanto riguarda le relazioni con i paesi terzi, si applicano le disposizioni del capitolo III della direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (8).
Le disposizioni generali per l'applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, della presente direttiva.
Articolo 10
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito ai sensi dell'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (9).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 11
Per quanto riguarda la protezione dei vitelli, nel loro territorio gli Stati membri possono mantenere o applicare disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva, nel rispetto delle regole generali del trattato. Essi informano la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso.
Articolo 12
La direttiva 91/629/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato III.
Articolo 13
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
M. BARNIER
(1) Parere dell'11 dicembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 324 del 30.12.2006, pag. 26.
(3) GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 28.
(4) Vedi allegato II, Parte A.
(5) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) GU L 224 del 18.8.1990, pag. 29.
(8) GU L 268 del 24.9.1991, pag. 56.
(9) GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
1.
I materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione, e in particolare dei recinti e delle attrezzature con i quali i vitelli possono venire a contatto, non devono essere nocivi per i vitelli e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati.
2.
Fino all'istituzione di regole comunitarie in materia, l'installazione delle apparecchiature e dei circuiti elettrici deve essere conforme alla regolamentazione nazionale in vigore volta ad evitare qualsiasi scossa elettrica.
3.
L'isolamento termico, il riscaldamento e la ventilazione devono consentire di mantenere entro limiti non dannosi per i vitelli la circolazione dell'aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e le concentrazioni di gas.
4.
Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere dei vitelli deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non fosse possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benessere dei vitelli fino a che non sia effettuata la riparazione, ricorrendo in particolare a metodi alternativi disponibili di alimentazione e provvedendo a mantenere condizioni ambientali soddisfacenti.
Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un opportuno sistema sostitutivo che permetta un ricambio di aria sufficiente per preservare la salute e il benessere dei vitelli in caso di guasti all'impianto, nonché un sistema di allarme che segnali i guasti all'allevatore. Il sistema di allarme deve essere verificato regolarmente.
5.
I vitelli non devono restare continuamente al buio. A tal fine, onde soddisfare le loro esigenze comportamentali e fisiologiche, è opportuno prevedere, date le diverse condizioni climatiche degli Stati membri, una illuminazione adeguata naturale o artificiale che, in quest'ultimo caso, dovrà essere almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale normalmente disponibile tra le ore 9.00 e le ore 17.00. Dovrà inoltre essere disponibile un'illuminazione adeguata (fissa o mobile) di intensità sufficiente per consentire di controllare i vitelli in qualsiasi momento.
6.
Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati dal proprietario o dalla persona responsabile almeno due volte al giorno e quelli allevati all'esterno almeno una volta al giorno. I vitelli che presentano sintomi di malattie o ferite devono ricevere immediatamente le opportune cure e, qualora un vitello non reagisca al trattamento dell'allevatore, dev'essere consultato al più presto un veterinario. Se necessario, i vitelli malati o feriti devono essere isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole.
7.
I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi ed accudire a se stesso senza difficoltà.
8.
I vitelli non devono essere legati, ad eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati per un periodo massimo di un'ora al momento della somministrazione di latte o succedanei del latte. Se si utilizzano attacchi, questi non devono provocare lesioni al vitello e devono essere regolarmente esaminati ed eventualmente aggiustati in modo da assicurare una posizione confortevole agli animali. Ogni attacco deve essere concepito in modo tale da evitare il rischio di strangolamento o ferimento e da consentire ai vitelli di muoversi secondo quanto disposto al punto 7.
9.
La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfetti regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di organismi infettivi. Gli escrementi, l'urina e i foraggi che non sono stati mangiati o che sono caduti sul pavimento devono essere rimossi con la dovuta regolarità per ridurre al minimo gli odori e la presenza di mosche o roditori.
10.
I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità, per evitare lesioni ai vitelli, e devono essere costruiti in modo da non causare lesioni o sofferenza ai vitelli in piedi o coricati. Essi devono essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei vitelli e costituire una superficie rigida, piana e stabile. La zona in cui si coricano i vitelli deve essere confortevole, pulita, adeguatamente prosciugata e non dannosa per i vitelli. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere prevista una lettiera adeguata.
11.
Ai vitelli deve essere somministrata un'alimentazione adeguata alla loro età e al loro peso e conforme alle loro esigenze comportamentali e fisiologiche, onde favorire buone condizioni di salute e di benessere. A tal fine gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mmol/litro: una dose giornaliera di alimenti fibrosi deve essere somministrata ad ogni vitello dopo la seconda settimana di età e il quantitativo deve essere portato da 50 a 250 g al giorno per i vitelli di età compresa fra le 8 e le 20 settimane. Ai vitelli non dev'essere messa la museruola.
12.
Tutti i vitelli devono essere nutriti almeno due volte al giorno. Se i vitelli sono stabulati in gruppo e non sono alimentati «ad libitum» o mediante un sistema automatico di alimentazione, ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo.
13.
A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca adeguata in quantità sufficiente oppure poter soddisfare il proprio fabbisogno in liquidi bevendo altre bevande. Tuttavia, i vitelli malati o sottoposti a condizioni atmosferiche di grande calore devono poter disporre di acqua fresca in ogni momento.
14.
Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell'acqua destinati ai vitelli.
15.
Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e comunque entro le prime sei ore di vita.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modificazioni successive
(di cui all'articolo 12)
Direttiva 91/629/CEE del Consiglio
(GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 28)
Direttiva 97/2/CE del Consiglio
(GU L 25 del 28.1.1997, pag. 24)
Decisione 97/182/CE della Commissione
(GU L 76 del 18.3.1997, pag. 30)
Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1)
Unicamente il punto 25 dell’allegato III
PARTE B
Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale
(di cui all'articolo 12)
Direttive
Termine di attuazione
91/629/CEE
1o gennaio 1994
97/2/CE
31 dicembre 1997
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 91/629/CEE
Presente direttiva
Articoli 1 e 2
Articoli 1 e 2
Articolo 3, paragrafo 1
—
Articolo 3, paragrafo 2
—
Articolo 3, paragrafo 3, primo comma
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, alinea
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, alinea
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 3, terzo comma
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 4
—
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4
Articoli da 5 a 10
Articoli da 5 a 10
Articolo 11, paragrafo 1
—
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 11
—
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 12
Articolo 14
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2008/119/CE DEL CONSIGLIO
del 18 dicembre 2008
che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli
(Versione codificata)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 91/629/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (3) è stata modificata in modo sostanziale, a più riprese (4). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
Molti Stati membri hanno ratificato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti. Anche la Comunità ha approvato tale convenzione, con la decisione 78/923/CEE (5).
(3)
I vitelli sono compresi, in quanto animali vivi, nell'elenco dei prodotti che figura nell'allegato I del trattato.
(4)
L'allevamento di vitelli costituisce parte integrante dell'agricoltura. Esso rappresenta una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola.
(5)
Le differenze suscettibili di comportare distorsioni nelle condizioni di concorrenza hanno un'incidenza sul corretto funzionamento dell'organizzazione del mercato comune dei vitelli e dei prodotti da essi derivati.
(6)
È quindi indispensabile stabilire le norme minime comuni per la protezione dei vitelli d'allevamento e da ingrasso allo scopo di garantire un razionale sviluppo della produzione.
(7)
È scientificamente riconosciuto che i vitelli abbisognano di condizioni ambientali conformi alle esigenze della specie, la quale tende a raggrupparsi in mandrie. Pertanto, i vitelli dovrebbero essere allevati in gruppo. Il sistema di alloggiamento dei vitelli, siano essi raggruppati o in box individuali, dovrebbe prevedere sufficiente spazio per consentire un minimo di esercizio fisico, contatti con altri bovini e movimenti normali, sia in piedi che coricati.
(8)
Occorre che i servizi ufficiali, i produttori, i consumatori ed altri operatori siano tenuti al corrente degli sviluppi in questo settore. La Commissione dovrebbe pertanto, sulla base di un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, proseguire attivamente le ricerche scientifiche sul o sui migliori sistemi di allevamento che permettano di garantire il benessere dei vitelli. È pertanto opportuno prevedere un periodo provvisorio allo scopo di permettere alla Commissione di svolgere tale compito nel migliore dei modi.
(9)
Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(10)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato II, parte B,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei vitelli confinati per l'allevamento e l'ingrasso.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1)
«vitello»: un animale della specie bovina di età inferiore a sei mesi;
2)
«autorità competente»: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (7).
Articolo 3
1. A decorrere dal 1o gennaio 1998 a tutte le aziende di nuova costruzione o ricostruite e a tutte le aziende che entrano in funzione per la prima volta dopo tale data si applicano le seguenti disposizioni:
a)
nessun vitello di età superiore alle otto settimane deve essere rinchiuso in un recinto individuale, a meno che un veterinario abbia certificato che il suo stato di salute o il suo comportamento esige che sia isolato dal gruppo al fine di essere sottoposto ad un trattamento. La larghezza del recinto individuale deve essere almeno pari all'altezza al garrese del vitello, misurata quando l'animale è in posizione eretta, e la lunghezza deve essere almeno pari alla lunghezza del vitello, misurata dalla punta del naso all'estremità caudale della tuberosità ischiatica e moltiplicata per 1,1.
I recinti individuali per vitelli (salvo quelli destinati ad isolare gli animali malati) non devono avere muri compatti bensì pareti divisorie traforate che consentano un contatto diretto, visivo e tattile, tra i vitelli;
b)
per i vitelli allevati in gruppo, lo spazio libero disponibile per ciascun vitello deve essere pari ad almeno 1,5 m2 per ogni vitello di peso vivo inferiore a 150 chilogrammi, ad almeno 1,7 m2 per ogni vitello di peso vivo pari o superiore a 150 chilogrammi ma inferiore a 220 chilogrammi e ad almeno 1,8 m2 per ogni vitello di peso vivo pari o superiore a 220 chilogrammi.
Tuttavia, le disposizioni del primo comma non sono applicabili:
a)
alle aziende con meno di sei vitelli;
b)
ai vitelli mantenuti presso la madre ai fini dell'allattamento.
2. A decorrere dal 31 dicembre 2006, le disposizioni di cui al paragrafo 1 si applicano a tutte le aziende.
Articolo 4
Gli Stati membri vigilano affinché le condizioni relative all'allevamento dei vitelli siano conformi alle disposizioni generali stabilite nell'allegato I.
Articolo 5
Le prescrizioni generali contenute nell'allegato I possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, per tener conto dei progressi scientifici.
Articolo 6
Entro il 1o gennaio 2006, la Commissione presenta al Consiglio una relazione, elaborata in base ad un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, sul o sui sistemi di allevamento intensivo che rispettano i requisiti relativi al benessere dei vitelli dal punto di vista patologico, zootecnico, fisiologico e comportamentale, nonché sulle implicazioni socioeconomiche dei diversi sistemi, corredata delle opportune proposte che tengano conto delle conclusioni di tale relazione.
Articolo 7
1. Gli Stati membri provvedono affinché siano effettuate ispezioni sotto la responsabilità della competente autorità, per accertare l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva.
Queste ispezioni, che possono essere effettuate in concomitanza di controlli realizzati per altri fini, riguardano ogni anno un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento in ciascuno Stato membro.
2. La Commissione elabora, secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, un codice contenente le regole da seguire nelle ispezioni previste al paragrafo 1 del presente articolo.
3. Ogni due anni, entro l'ultimo giorno feriale del mese di aprile e per la prima volta entro il 30 aprile 1996, gli Stati membri informano la Commissione in merito ai risultati delle ispezioni effettuate nei due esercizi precedenti conformemente al presente articolo, compreso il numero di ispezioni effettuate rispetto al numero di aziende sul loro territorio.
Articolo 8
Per essere importati nella Comunità, gli animali provenienti da un paese terzo devono essere accompagnati da un certificato rilasciato dall'autorità competente di tale paese, il quale attesta che hanno beneficiato di un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria, secondo quanto previsto dalla presente direttiva.
Articolo 9
Esperti veterinari della Commissione possono, nella misura in cui lo esiga l'applicazione uniforme della presente direttiva, effettuare ispezioni in loco con la collaborazione delle autorità competenti. I controllori osservano particolari misure di igiene onde escludere qualsiasi rischio di trasmissione di malattie.
Lo Stato membro sul cui territorio viene effettuato un controllo fornisce agli esperti tutta l'assistenza necessaria per l'espletamento dei loro compiti. La Commissione comunica i risultati dei controlli effettuati all'autorità competente dello Stato membro interessato.
L'autorità competente dello Stato membro interessato prende le misure necessarie per tener conto dei risultati di tale controllo.
Per quanto riguarda le relazioni con i paesi terzi, si applicano le disposizioni del capitolo III della direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (8).
Le disposizioni generali per l'applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, della presente direttiva.
Articolo 10
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito ai sensi dell'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (9).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 11
Per quanto riguarda la protezione dei vitelli, nel loro territorio gli Stati membri possono mantenere o applicare disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva, nel rispetto delle regole generali del trattato. Essi informano la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso.
Articolo 12
La direttiva 91/629/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato III.
Articolo 13
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
M. BARNIER
(1) Parere dell'11 dicembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 324 del 30.12.2006, pag. 26.
(3) GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 28.
(4) Vedi allegato II, Parte A.
(5) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) GU L 224 del 18.8.1990, pag. 29.
(8) GU L 268 del 24.9.1991, pag. 56.
(9) GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
1.
I materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione, e in particolare dei recinti e delle attrezzature con i quali i vitelli possono venire a contatto, non devono essere nocivi per i vitelli e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati.
2.
Fino all'istituzione di regole comunitarie in materia, l'installazione delle apparecchiature e dei circuiti elettrici deve essere conforme alla regolamentazione nazionale in vigore volta ad evitare qualsiasi scossa elettrica.
3.
L'isolamento termico, il riscaldamento e la ventilazione devono consentire di mantenere entro limiti non dannosi per i vitelli la circolazione dell'aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e le concentrazioni di gas.
4.
Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere dei vitelli deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non fosse possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benessere dei vitelli fino a che non sia effettuata la riparazione, ricorrendo in particolare a metodi alternativi disponibili di alimentazione e provvedendo a mantenere condizioni ambientali soddisfacenti.
Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un opportuno sistema sostitutivo che permetta un ricambio di aria sufficiente per preservare la salute e il benessere dei vitelli in caso di guasti all'impianto, nonché un sistema di allarme che segnali i guasti all'allevatore. Il sistema di allarme deve essere verificato regolarmente.
5.
I vitelli non devono restare continuamente al buio. A tal fine, onde soddisfare le loro esigenze comportamentali e fisiologiche, è opportuno prevedere, date le diverse condizioni climatiche degli Stati membri, una illuminazione adeguata naturale o artificiale che, in quest'ultimo caso, dovrà essere almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale normalmente disponibile tra le ore 9.00 e le ore 17.00. Dovrà inoltre essere disponibile un'illuminazione adeguata (fissa o mobile) di intensità sufficiente per consentire di controllare i vitelli in qualsiasi momento.
6.
Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati dal proprietario o dalla persona responsabile almeno due volte al giorno e quelli allevati all'esterno almeno una volta al giorno. I vitelli che presentano sintomi di malattie o ferite devono ricevere immediatamente le opportune cure e, qualora un vitello non reagisca al trattamento dell'allevatore, dev'essere consultato al più presto un veterinario. Se necessario, i vitelli malati o feriti devono essere isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole.
7.
I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi ed accudire a se stesso senza difficoltà.
8.
I vitelli non devono essere legati, ad eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati per un periodo massimo di un'ora al momento della somministrazione di latte o succedanei del latte. Se si utilizzano attacchi, questi non devono provocare lesioni al vitello e devono essere regolarmente esaminati ed eventualmente aggiustati in modo da assicurare una posizione confortevole agli animali. Ogni attacco deve essere concepito in modo tale da evitare il rischio di strangolamento o ferimento e da consentire ai vitelli di muoversi secondo quanto disposto al punto 7.
9.
La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfetti regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di organismi infettivi. Gli escrementi, l'urina e i foraggi che non sono stati mangiati o che sono caduti sul pavimento devono essere rimossi con la dovuta regolarità per ridurre al minimo gli odori e la presenza di mosche o roditori.
10.
I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità, per evitare lesioni ai vitelli, e devono essere costruiti in modo da non causare lesioni o sofferenza ai vitelli in piedi o coricati. Essi devono essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei vitelli e costituire una superficie rigida, piana e stabile. La zona in cui si coricano i vitelli deve essere confortevole, pulita, adeguatamente prosciugata e non dannosa per i vitelli. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere prevista una lettiera adeguata.
11.
Ai vitelli deve essere somministrata un'alimentazione adeguata alla loro età e al loro peso e conforme alle loro esigenze comportamentali e fisiologiche, onde favorire buone condizioni di salute e di benessere. A tal fine gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mmol/litro: una dose giornaliera di alimenti fibrosi deve essere somministrata ad ogni vitello dopo la seconda settimana di età e il quantitativo deve essere portato da 50 a 250 g al giorno per i vitelli di età compresa fra le 8 e le 20 settimane. Ai vitelli non dev'essere messa la museruola.
12.
Tutti i vitelli devono essere nutriti almeno due volte al giorno. Se i vitelli sono stabulati in gruppo e non sono alimentati «ad libitum» o mediante un sistema automatico di alimentazione, ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo.
13.
A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca adeguata in quantità sufficiente oppure poter soddisfare il proprio fabbisogno in liquidi bevendo altre bevande. Tuttavia, i vitelli malati o sottoposti a condizioni atmosferiche di grande calore devono poter disporre di acqua fresca in ogni momento.
14.
Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell'acqua destinati ai vitelli.
15.
Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e comunque entro le prime sei ore di vita.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modificazioni successive
(di cui all'articolo 12)
Direttiva 91/629/CEE del Consiglio
(GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 28)
Direttiva 97/2/CE del Consiglio
(GU L 25 del 28.1.1997, pag. 24)
Decisione 97/182/CE della Commissione
(GU L 76 del 18.3.1997, pag. 30)
Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1)
Unicamente il punto 25 dell’allegato III
PARTE B
Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale
(di cui all'articolo 12)
Direttive
Termine di attuazione
91/629/CEE
1o gennaio 1994
97/2/CE
31 dicembre 1997
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 91/629/CEE
Presente direttiva
Articoli 1 e 2
Articoli 1 e 2
Articolo 3, paragrafo 1
—
Articolo 3, paragrafo 2
—
Articolo 3, paragrafo 3, primo comma
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, alinea
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, alinea
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 3, terzo comma
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 4
—
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4
Articoli da 5 a 10
Articoli da 5 a 10
Articolo 11, paragrafo 1
—
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 11
—
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 12
Articolo 14
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Protezione dei vitelli da macello
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei vitelli confinati e destinati al consumo umano.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (cioè animali della specie bovina di età inferiore a sei mesi) confinati per l’allevamento e il macello. Tali norme, obbligatorie dal 1° gennaio 2007, non si applicano per i vitelli mantenuti presso la madre ai fini dell’allattamento, né alle aziende con meno di sei vitelli.
La direttiva non riguarda il trasporto dei vitelli, disciplinato dal regolamento (CE) n. 1/2005.
Recinti collettivi o individuali
I recinti devono essere costruiti in modo da consentire a ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi e accudire a se stesso senza difficoltà.
A partire dall’ottava settimana di età, sono vietati i recinti individuali (tranne in caso di malattia). La misura è in ragione della natura gregaria dei bovini.
Prima dell’ottava settimana i recinti individuali sono permessi. Essi devono essere composti da pareti divisorie traforate che consentano un contatto visivo e tattile tra i vitelli. I muri compatti possono essere utilizzati solo per isolare animali malati dal resto della mandria.
I recinti collettivi devono rispettare le seguenti norme relative allo spazio (cfr. tabella seguente).
Peso dell’animale in kg
Superficie in m2
‹ 150
1,5
‹ 220
1,7
› 220
1,8
I vitelli non devono essere legati (salvo eventualmente al momento della somministrazione di latte per un periodo massimo di un’ora) né avere la museruola.
La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati.
I pavimenti devono essere lisci ma non sdrucciolevoli per evitare lesioni ai vitelli. La zona in cui coricarsi deve essere confortevole, pulita e adeguatamente prosciugata. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere prevista una lettiera adeguata.
Salute
Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e comunque entro le prime sei ore di vita.
I vitelli che presentano sintomi di malattie o ferite devono ricevere immediatamente le opportune cure. Qualora un vitello non reagisca al trattamento dell’allevatore, dev’essere consultato al più presto un veterinario.
Alimentazione
I vitelli devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo.
Gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mmol/litro di sangue, una dose giornaliera di alimenti fibrosi deve essere somministrata ad ogni vitello dopo la seconda settimana di età.
L’alimentazione deve essere adeguata all’età e al peso dell’animale. Essa deve inoltre essere conforme alle sue esigenze comportamentali e fisiologiche.
A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca.
Controllo degli animali
Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati almeno due volte al giorno e gli impianti meccanici almeno una volta al giorno. Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un sistema di allarme (verificato regolarmente) e un opportuno sistema di ventilazione sostitutivo.
Luminosità
I vitelli devono essere tenuti in condizioni di adeguata illuminazione naturale o artificiale (almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale tra le ore 9.00 e le ore 17.00).
Ispezioni
Gli Stati membri provvedono affinché siano effettuate ispezioni annuali su un campione statisticamente rappresentativo.
La Commissione europea può inviare esperti veterinari per effettuare ispezioni sul luogo dell’allevamento con la collaborazione degli ispettori nazionali.
Importazioni
Per importare animali da paesi terzi, è richiesto un certificato che attesti che hanno beneficiato di un trattamento equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria.
Disposizioni specifiche
Gli Stati membri possono applicare nel loro territorio disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva. In tal caso, dovranno prima informare la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso.
Regolamento sui controlli ufficiali
Il Regolamento (UE) 2017/625 la nuova legislazione relativa ai controlli ufficiali sugli alimenti e sui mangimi, modifica alcuni dettagli tecnici minori della direttiva. Tali modifiche avranno effetto dal 14 dicembre 2019.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
È stato applicato dal mercoledì 4 febbraio 2009. La direttiva codifica e abroga le precedenti disposizioni (direttiva 91/629/CEE) che doveva essere incorporata nella legislazione nazionale entro il 1 gennaio 1994.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
Vitelli (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2008/119/CE del Consiglio del giovedì 18 dicembre 2008 che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei vitelli (versione codificata) (GU L 10, 15.1.2009, pagg. 7-13)
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1-142)
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate e recante modifica delle direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e del regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005, pagg. 1-44). |
Gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Essa mira a ridurre il numero dei decessi e dei feriti gravi sulla rete stradale dell’Unione europea, realizzando infrastrutture stradali più sicure.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 2008/96/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/1936 come parte del terzo pacchetto della Commissione europea «l’Europa in movimento».
La direttiva modificata impone ai paesi dell’Unione di impostare e attuare le procedure relative a:valutazioni di impatto sulla sicurezza stradale; controlli in materia di sicurezza stradale; ispezioni sulla sicurezza delle strade; valutazioni sulla sicurezza di tutta la rete stradale; scambio delle migliori prassi e loro continuo miglioramento.Ambito di applicazione
La direttiva modificata ha un campo di applicazione ampliato. Essa si applica a:le strade che fanno parte della rete stradale transeuropea, alle autostrade e alle altre strade principali, siano esse in fase di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico; altre strade situate in aree extraurbane, che non servono le proprietà che li costeggiano e che sono completate mediante il finanziamento dell’Unione, a eccezione delle strade non aperte o non destinate al traffico automobilistico generale,Valutazione della sicurezza stradaleI paesi dell’Unione sono tenuti a effettuare una valutazione della sicurezza stradale a livello di rete, entro e non oltre il 2024 e successivamente ogni cinque anni, su tutta la rete stradale aperta al traffico oggetto della direttiva. Le valutazioni valutano il rischio di incidente e di gravità dell’impatto sulla base degli elementi seguenti:un esame visivo, in loco o tramite mezzi elettronici, delle caratteristiche di progettazione della strada; eun’analisi dei tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti gravi in proporzione al flusso di traffico. Ai risultati delle valutazioni dovranno fare seguito ispezioni di sicurezza stradale mirate o interventi correttivi, se necessario. Dovranno inoltre essere effettuate ispezioni di sicurezza stradale periodiche, con frequenza sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza per l’infrastruttura stradale in questione. Le specifiche esigenze degli utenti della strada vulnerabili come i ciclisti e i pedoni dovranno essere sistematicamente considerate in tutte le procedure di gestione della sicurezza stradale. Le valutazioni sulla sicurezza devono essere pubblicate per evidenziare il livello di sicurezza delle infrastrutture stradali in tutta l’Unione.Segnaletica orizzontale e segnaletica verticaleLe procedure attuali e future in materia di segnaletica orizzontale e verticale dovranno concentrarsi sulla leggibilità e visibilità sia per i conducenti umani che per i sistemi automatizzati di assistenza alla guida. Al più tardi entro giugno 2021, la Commissione istituisce un gruppo di esperti incaricato di valutare la possibilità di stabilire specifiche comuni comprendenti:l’interazione tra le diverse tecnologie di assistenza alla guida e l’infrastruttura;gli effetti dei fenomeni meteorologici e atmosferici, nonché del traffico sulla segnaletica orizzontale e verticale presente nel territorio dell’Unione;il tipo e la frequenza degli interventi di manutenzione necessari alle diverse tecnologie, compresa una stima dei costi.Informazione e trasparenzaCiascuno paese dell’Unione trasmette alla Commissione entro il 17 dicembre 2021 l’elenco delle autostrade e delle strade principali presenti sul suo territorio e delle strade escluse perché presentano un basso rischio per la sicurezza. La Commissione pubblica una cartina della rete stradale europea nell’ambito di applicazione della presente direttiva, accessibile on-line, che evidenzia le diverse categorie in base al loro livello di sicurezza.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La Direttiva 2008/96/UE si applica dal 19 dicembre 2008, con l’obbligo di diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 19 dicembre 2010. La Direttiva (UE) 2019/1936 è entrata in vigore il 16 dicembre 2019, con l’obbligo di diventare diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 17 dicembre 2021.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sicurezza stradale — infrastrutture (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2008/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 59).
Le successive modifiche alla direttiva 2008/96/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | DIRETTIVA 2008/96/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 19 novembre 2008
sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 71, paragrafo 1, lettera c),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La rete transeuropea dei trasporti di cui alla decisione n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (3), è di fondamentale importanza per favorire l’integrazione e la coesione in Europa e assicurare un elevato livello di benessere. Occorre garantire, in particolare, un elevato livello di sicurezza.
(2)
Nel Libro bianco del 12 settembre 2001«La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte» la Commissione ha segnalato la necessità di effettuare valutazioni d’impatto sulla sicurezza e controlli in materia di sicurezza stradale onde individuare e gestire i tratti ad elevata concentrazione di incidenti sul territorio comunitario. Ha altresì fissato l’obiettivo di dimezzare il numero di decessi sulle strade nell’Unione europea fra il 2001 e il 2010.
(3)
Nella comunicazione del 2 giugno 2003«Programma di azione europeo per la sicurezza stradale — Dimezzare il numero di vittime della strada nell’Unione europea entro il 2010: una responsabilità condivisa», la Commissione ha individuato nell’infrastruttura stradale il terzo pilastro della politica di sicurezza stradale, che dovrebbe apportare un considerevole contributo alla realizzazione dell’obiettivo comunitario di riduzione degli incidenti.
(4)
Negli ultimi anni si sono registrati notevoli progressi nella progettazione dei veicoli (misure di sicurezza, concezione e applicazione di nuove tecnologie) che hanno contribuito a ridurre il numero di vittime degli incidenti stradali. Per conseguire l’obiettivo fissato per il 2010 è necessario agire anche in altri ambiti. La gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali offre un ampio margine di miglioramento, che deve essere sfruttato.
(5)
La definizione di procedure adeguate è essenziale per migliorare la sicurezza dell’infrastruttura stradale sulla rete stradale transeuropea. Le valutazioni d’impatto della sicurezza stradale dovrebbero dimostrare, a livello strategico, le implicazioni che, in un progetto di infrastruttura, le varie alternative di pianificazione hanno per la sicurezza stradale e dovrebbero svolgere un ruolo importante nella selezione degli itinerari. I risultati della valutazione d’impatto della sicurezza stradale possono essere esposti in una serie di documenti. Inoltre, i controlli sulla sicurezza stradale dovrebbero individuare attentamente gli elementi pericolosi di un progetto di infrastruttura stradale. È pertanto ragionevole sviluppare procedure da adottare in questi due settori allo scopo di rafforzare il livello di sicurezza delle infrastrutture nella rete stradale transeuropea, escludendo al contempo le gallerie stradali, che sono oggetto della direttiva 2004/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea (4).
(6)
Numerosi Stati membri dispongono già di un sistema di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali ben funzionante. A tali Stati membri dovrebbe essere consentito di continuare a utilizzare i propri metodi, purché siano coerenti con gli obiettivi della presente direttiva.
(7)
La ricerca è essenziale per aumentare la sicurezza sulle strade nell’Unione europea. Lo sviluppo e la dimostrazione di componenti, misure e metodi (compresa la telematica) e la diffusione dei risultati della ricerca svolgono un ruolo importante nel migliorare la sicurezza delle infrastrutture stradali.
(8)
Il livello di sicurezza delle strade esistenti dovrebbe essere rafforzato concentrando gli investimenti sui tratti che presentano la concentrazione più elevata di incidenti e/o il maggiore potenziale di riduzione degli incidenti. Gli automobilisti dovrebbero essere avvertiti dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti, in modo che possano adeguare il loro comportamento e rispettare con più attenzione il codice stradale, in particolare i limiti di velocità.
(9)
La classificazione della sicurezza della rete presenta un elevato potenziale nel periodo immediatamente successivo alla sua applicazione. Una volta affrontato il problema dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti e dopo aver adottato le opportune misure correttive, le ispezioni preventive della sicurezza dovrebbero svolgere un ruolo di maggiore rilevanza. Le ispezioni regolari sono uno strumento essenziale di prevenzione dei pericoli ai quali possono essere esposti tutti gli utenti della strada, segnatamente gli utenti vulnerabili, e anche in caso di lavori stradali.
(10)
La formazione e la certificazione del personale incaricato della sicurezza in base a programmi di formazione e a strumenti di qualificazione convalidati dagli Stati membri dovrebbero permettere di dispensare agli operatori del settore le conoscenze aggiornate di cui hanno bisogno.
(11)
Per incrementare la sicurezza sulle strade nell’Unione europea, sarebbe opportuno organizzare scambi più frequenti e coerenti di migliori prassi tra gli Stati membri.
(12)
Onde assicurare un elevato livello di sicurezza stradale sulle strade nell’Unione europea, gli Stati membri dovrebbero applicare orientamenti relativi alla gestione della sicurezza dell’infrastruttura. La notifica di tali orientamenti alla Commissione e la regolare elaborazione di relazioni d’applicazione dovrebbero condurre al miglioramento sistematico nel settore della sicurezza delle infrastrutture a livello europeo e fornire una base per evolvere progressivamente verso un sistema più efficace. Le relazioni d’applicazione dovrebbero inoltre consentire ad altri Stati membri di individuare le soluzioni più efficaci, mentre la sistematica rilevazione di dati provenienti da studi «prima/dopo» dovrebbe consentire di scegliere le misure più efficaci in previsione di un’azione futura.
(13)
Le disposizioni della presente direttiva relative agli investimenti nella sicurezza stradale dovrebbero applicarsi fatte salve le competenze degli Stati membri in materia di investimenti per la manutenzione della rete stradale.
(14)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia la definizione di procedure atte a garantire un livello sistematicamente elevato di sicurezza stradale in tutta la rete transeuropea, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa degli effetti dell’intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(15)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(16)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di fissare i criteri necessari per il miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza stradale e l’adeguamento degli allegati al progresso tecnico. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(17)
La creazione di un numero sufficiente di parcheggi e di aree di sosta lungo le strade riveste enorme importanza per la sicurezza del traffico, oltre che per la prevenzione del crimine. I parcheggi e le aree di sosta consentono ai conducenti dei veicoli di concedersi per tempo una pausa di riposo e di proseguire il viaggio con piena concentrazione. La creazione di un numero sufficiente di parcheggi e di aree di sosta sicuri dovrebbe pertanto costituire parte integrante della gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali.
(18)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (6), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva richiede l’istituzione e l’attuazione di procedure relative alle valutazioni d’impatto sulla sicurezza stradale, ai controlli sulla sicurezza stradale, alla gestione della sicurezza della rete stradale ed alle ispezioni di sicurezza da parte degli Stati membri.
2. La presente direttiva si applica alle strade che fanno parte della rete stradale transeuropea, siano esse in fase di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico.
3. Gli Stati membri possono anche applicare le disposizioni della presente direttiva, come codice di buone prassi, per le infrastrutture nazionali di trasporto stradale, non comprese nella rete stradale transeuropea, che sono state costruite con il finanziamento parziale o totale della Comunità.
4. La presente direttiva non si applica alle gallerie stradali disciplinate dalla direttiva 2004/54/CE.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1)
«rete stradale transeuropea»: la rete stradale descritta nell’allegato I, sezione 2, della decisione n. 1692/96/CE;
2)
«organo competente»: qualsiasi organismo pubblico, istituito a livello nazionale, regionale o locale, che partecipa, in funzione delle proprie competenze, all’attuazione della presente direttiva, inclusi gli organismi designati come organi competenti prima dell’entrata in vigore della presente direttiva, nella misura in cui rispettino i requisiti da essa stabiliti;
3)
«valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale»: un’analisi comparativa strategica dell’impatto di una nuova strada o di una modifica sostanziale della rete esistente sul livello di sicurezza della rete stradale;
4)
«controllo della sicurezza stradale»: controllo di sicurezza accurato indipendente, sistematico e tecnico delle caratteristiche di un progetto di costruzione di un’infrastruttura stradale, nelle diverse fasi dalla pianificazione al funzionamento iniziale;
5)
«classificazione di tratti ad elevata concentrazione di incidenti»: un metodo per individuare, analizzare e classificare i tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti mortali in proporzione al flusso di traffico;
6)
«classificazione della sicurezza della rete»: un metodo per individuare, analizzare e classificare le sezioni della rete stradale esistente in funzione del loro potenziale di miglioramento della sicurezza e di risparmio dei costi connessi agli incidenti;
7)
«ispezione di sicurezza»: la verifica ordinaria periodica delle caratteristiche e dei difetti che esigono un intervento di manutenzione per ragioni di sicurezza;
8)
«orientamenti»: le misure, adottate dagli Stati membri, che definiscono le tappe da seguire e gli elementi da prendere in considerazione al momento dell’applicazione delle procedure di sicurezza fissate nella presente direttiva;
9)
«progetto d’infrastruttura»: un progetto relativo alla costruzione di infrastrutture stradali nuove ovvero ad una sostanziale modifica della rete esistente che incide sul flusso del traffico.
Articolo 3
Valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura
1. Gli Stati membri assicurano che sia effettuata una valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale per tutti i progetti di infrastruttura.
2. La valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale è effettuata durante la fase di pianificazione iniziale, anteriormente all’approvazione del progetto di infrastruttura. In tale ambito gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato I.
3. La valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale espone le considerazioni in materia di sicurezza stradale che contribuiscono alla scelta della soluzione proposta. Fornisce inoltre tutte le informazioni necessarie all’analisi costi/benefici delle diverse opzioni valutate.
Articolo 4
Controlli della sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura
1. Gli Stati membri assicurano che siano effettuati controlli della sicurezza stradale per tutti i progetti di infrastruttura.
2. Nell’effettuare controlli della sicurezza stradale gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato II.
Gli Stati membri garantiscono che sia designato un controllore per effettuare il controllo delle caratteristiche di ideazione di un progetto di infrastruttura.
Il controllore è designato a norma dell’articolo 9, paragrafo 4, e deve possedere le qualifiche e le competenze necessarie previste all’articolo 9. Allorché l’esecuzione dei controlli è affidata ad una squadra, almeno un membro della medesima è titolare di un certificato di idoneità professionale di cui all’articolo 9, paragrafo 3.
3. I controlli della sicurezza stradale costituiscono parte integrante del processo di ideazione del progetto di infrastruttura nelle fasi degli studi preliminari, della progettazione particolareggiata, nella fase di ultimazione e nella prima fase di funzionamento.
4. Gli Stati membri garantiscono che il controllore definisca, in una relazione di controllo per ciascuna fase del progetto di infrastruttura, gli aspetti della progettazione che possono rivelarsi critici per la sicurezza. Se gli aspetti pericolosi sono messi in evidenza nel corso del controllo, ma la progettazione non è rettificata prima della conclusione della fase di cui trattasi, in base alle indicazioni dell’allegato II, l’organo competente è tenuto a giustificare tale scelta in un allegato alla relazione.
5. Gli Stati membri garantiscono che la relazione di cui al paragrafo 4 si traduca in raccomandazioni rilevanti da un punto di vista della sicurezza.
Articolo 5
Classificazione e gestione della sicurezza della rete stradale aperta al traffico
1. Gli Stati membri assicurano che la classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti e la classificazione della sicurezza della rete aperta al traffico siano fondate su un esame del funzionamento della rete stradale con cadenza almeno triennale. In tale ambito, gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato III.
2. Gli Stati membri garantiscono che i tratti stradali di maggiore priorità in virtù dei risultati della classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti e della classificazione della sicurezza della rete siano valutati da gruppi di esperti mediante visite in loco in base agli elementi di cui al punto 3 dell’allegato III. Almeno un membro del gruppo di esperti deve soddisfare i criteri di cui all’articolo 9, paragrafo 4, lettera a).
3. Gli Stati membri assicurano che le misure correttive siano mirate ai tratti stradali di cui al paragrafo 2. La priorità è conferita alle misure di cui al punto 3, lettera e), dell’allegato III, privilegiando quelle che presentano il miglior rapporto costi/benefici.
4. Gli Stati membri predispongono un’adeguata segnaletica per richiamare l’attenzione degli utenti della strada sui tratti dell’infrastruttura stradale in riparazione che possono mettere a repentaglio la sicurezza degli utenti. Tale segnaletica, che comprende anche segnalazioni visibili sia di giorno sia di notte e collocate a una distanza di sicurezza, è conforme alle disposizioni della convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale del 1968.
5. Gli Stati membri garantiscono che gli utenti della strada siano informati, con mezzi adeguati, della presenza di un tratto stradale ad elevata concentrazione di incidenti. Qualora uno Stato membro decida di ricorrere alla segnaletica, quest’ultima è conforme alle disposizioni della convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale del 1968.
Articolo 6
Ispezioni di sicurezza
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le strade aperte al traffico siano soggette a ispezioni di sicurezza al fine di individuare le caratteristiche connesse alla sicurezza stradale e di prevenire gli incidenti.
2. Le ispezioni di sicurezza comprendono ispezioni periodiche della rete stradale ed accertamenti circa i possibili effetti dei lavori in corso sulla sicurezza del flusso di traffico.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le ispezioni periodiche siano realizzate dall’organo competente. La frequenza di tali ispezioni deve essere sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza per l’infrastruttura stradale in questione.
4. Fatti salvi gli orientamenti adottati ai sensi dell’articolo 8, gli Stati membri adottano orientamenti relativi alle misure di sicurezza temporanee applicabili ai lavori stradali. Provvedono altresì all’attuazione di un programma d’ispezione appropriato per assicurare la corretta applicazione di tali orientamenti.
Articolo 7
Gestione dei dati
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’organo competente rediga una relazione d’incidente per ciascun incidente mortale verificatosi su una strada di cui all’articolo 1, paragrafo 2. Gli Stati membri si adoperano per includere in tale relazione tutti gli elementi d’informazione elencati nell’allegato IV.
2. Gli Stati membri calcolano il costo sociale medio di un incidente mortale ed il costo sociale medio di un incidente grave verificatosi sul loro territorio. Gli Stati membri possono optare per una differenziazione più marcata dei tassi di costo, che devono essere aggiornati perlomeno ogni cinque anni.
Articolo 8
Adozione e comunicazione di orientamenti
1. Gli Stati membri garantiscono che entro il 19 dicembre 2011 siano adottati orientamenti, qualora non esistano già, al fine di coadiuvare gli organi competenti nell’applicazione della presente direttiva.
2. Gli Stati membri notificano alla Commissione tali orientamenti entro tre mesi dalla loro adozione o modifica.
3. La Commissione li rende disponibili su un sito web pubblico.
Articolo 9
Designazione e formazione dei controllori
1. Gli Stati membri garantiscono che entro il 19 dicembre 2011 siano adottati programmi di formazione per i controllori della sicurezza stradale, qualora non esistano già.
2. Gli Stati membri garantiscono che i controllori della sicurezza che svolgono le mansioni stabilite dalla presente direttiva seguano una formazione iniziale sancita da un certificato di idoneità professionale e partecipino a ulteriori periodici corsi di formazione.
3. Gli Stati membri garantiscono che i controllori della sicurezza stradale siano titolari di un certificato di idoneità professionale. I certificati rilasciati prima dell’entrata in vigore della presente direttiva sono riconosciuti.
4. Gli Stati membri garantiscono che i controllori siano designati in base ai seguenti criteri:
a)
i controllori devono possedere pertinenti esperienze o formazione nei settori della progettazione stradale, dell’ingegneria della sicurezza stradale e dell’analisi degli incidenti;
b)
due anni dopo l’adozione degli orientamenti da parte degli Stati membri in applicazione dell’articolo 8, i controlli della sicurezza stradale sono realizzati esclusivamente da controllori o squadre di controllori che soddisfino i requisiti di cui ai paragrafi 2 e 3;
c)
ai fini del controllo del progetto di infrastruttura, durante il periodo di realizzazione del controllo il controllore non partecipa né alla progettazione né al funzionamento del progetto di infrastruttura interessato.
Articolo 10
Scambio delle migliori prassi
Per migliorare la sicurezza delle strade nell’Unione europea che non fanno parte della rete stradale transeuropea, la Commissione instaura un sistema coerente di scambio delle migliori prassi tra gli Stati membri che riguarda, fra l’altro, i progetti esistenti in materia di sicurezza dell’infrastruttura stradale e le tecnologie comprovate relative alla sicurezza stradale.
Articolo 11
Continuo miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza
1. La Commissione facilita e struttura lo scambio di conoscenze e migliori prassi tra gli Stati membri, facendo uso delle esperienze raccolte nelle competenti sedi internazionali, in modo da rendere possibile il continuo miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali nell’Unione europea.
2. La Commissione è assistita dal comitato di cui all’articolo 13. Nella misura in cui si renda necessaria l’adozione di misure specifiche, tali misure sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3.
3. Se del caso, le organizzazioni non governative specializzate operanti nel campo della sicurezza e della gestione delle infrastrutture stradali possono essere consultate su aspetti relativi alla sicurezza tecnica.
Articolo 12
Adeguamento al progresso tecnico
Gli allegati della presente direttiva sono adeguati secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3, per tenere conto del progresso tecnico.
Articolo 13
Comitologia
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 14
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 19 dicembre 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 15
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 16
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 19 novembre 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J.-P. JOUYET
(1) GU C 168 del 20.7.2007, pag. 71.
(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 ottobre 2008.
(3) GU L 228 del 9.9.1996, pag. 1.
(4) GU L 167 del 30.4.2004, pag. 39.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
ALLEGATO I
VALUTAZIONE D’IMPATTO SULLA SICUREZZA STRADALE PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
1.
Componenti di una valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale:
a)
definizione del problema;
b)
situazione attuale ed opzione dello status quo;
c)
obiettivi di sicurezza stradale;
d)
analisi dell’impatto sulla sicurezza stradale delle opzioni proposte;
e)
confronto delle opzioni, fra cui l’analisi del rapporto costi/benefici;
f)
presentazione della gamma di possibili soluzioni.
2.
Elementi da prendere in considerazione:
a)
numero delle vittime e degli incidenti, obiettivi di riduzione paragonati all’opzione dello status quo;
b)
scelta di itinerari e strutture di traffico;
c)
possibili conseguenze sulle vie di comunicazione esistenti (ad esempio uscite, incroci, intersezioni, svincoli, passaggi a livello);
d)
utenti della strada, compresi gli utenti vulnerabili (ad esempio pedoni, ciclisti motociclisti);
e)
traffico (ad esempio volume di traffico, categorizzazione del traffico per tipo);
f)
condizioni stagionali e climatiche;
g)
presenza di un numero sufficiente di parcheggi sicuri;
h)
attività sismica.
ALLEGATO II
CONTROLLI DELLA SICUREZZA STRADALE PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
1.
Criteri applicabili nella fase della progettazione preliminare:
a)
situazione geografica (ad esempio, pericolo di smottamenti, inondazioni, valanghe), condizioni climatiche e stagionali e attività sismica;
b)
tipi di incroci/svincoli e distanze fra loro;
c)
numero e tipo di corsie;
d)
tipi di traffico autorizzati sulla nuova strada;
e)
funzionalità della strada all’interno della rete;
f)
condizioni meteorologiche;
g)
velocità della circolazione;
h)
sezioni trasversali (ad esempio, larghezza della carreggiata, piste ciclabili, sentieri pedonali);
i)
allineamenti orizzontali e verticali;
j)
visibilità;
k)
disposizione di incroci e svincoli;
l)
trasporto pubblico e infrastrutture;
m)
passaggi a livello.
2.
Criteri applicabili nella fase della progettazione particolareggiata:
a)
tracciato;
b)
armonizzazione della segnaletica verticale e segnaletica orizzontale;
c)
illuminazione di strade e incroci stradali;
d)
apparecchiature lungo le strade;
e)
ambiente ai margini della strada inclusa la vegetazione;
f)
ostacoli fissi ai margini della strada;
g)
creazione di parcheggi sicuri;
h)
utenti vulnerabili (ad esempio, pedoni, ciclisti, motociclisti);
i)
adattamento ergonomico di sistemi stradali di contenimento (mezzerie stradali e guardrail di sicurezza per evitare pericoli agli utenti vulnerabili).
3.
Criteri applicabili nella fase di ultimazione:
a)
sicurezza degli utenti della strada e visibilità in varie circostanze, quali oscurità e condizioni meteorologiche prevedibili;
b)
leggibilità della segnaletica verticale e della segnaletica orizzontale;
c)
condizioni del fondo stradale.
4.
Criteri applicabili nella prima fase di funzionamento: valutazione della sicurezza stradale alla luce dell’effettivo comportamento degli utenti.
La realizzazione di un controllo in qualsiasi fase può comportare la necessità di riesaminare i criteri applicabili a fasi precedenti.
ALLEGATO III
CLASSIFICAZIONE DEI TRATTI STRADALI AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI INCIDENTI E CLASSIFICAZIONE DELLA SICUREZZA DELLA RETE
1. Criteri per l’individuazione dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti
L’individuazione dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti tiene conto perlomeno del numero di incidenti mortali nel corso degli anni precedenti per unità di distanza in rapporto al volume di traffico e, nel caso di incroci e svincoli, per punto di intersezione.
2. Criteri per l’individuazione dei tratti stradali da esaminare nell’ambito della classificazione della sicurezza della rete
L’individuazione di tratti stradali da esaminare nell’ambito della classificazione della sicurezza della rete tiene conto dei potenziali risparmi in termini di costi degli incidenti. I tratti stradali sono classificati in categorie. Per ogni categoria stradale, i tratti stradali sono esaminati e classificati sulla base di fattori collegati alla sicurezza, come la concentrazione degli incidenti, il volume di traffico e la tipologia dello stesso.
Per ogni categoria stradale, la classificazione della sicurezza della rete si traduce in un elenco prioritario dei tratti stradali in cui un miglioramento dell’infrastruttura dovrebbe rivelarsi molto efficace.
3. Elementi di valutazione per le visite in loco dei gruppi di esperti:
a)
una descrizione del tratto stradale;
b)
il riferimento ad eventuali relazioni anteriori sullo stesso tratto stradale;
c)
l’esame delle eventuali relazioni di incidente;
d)
il numero di incidenti, decessi e feriti gravi nel corso dei tre anni precedenti;
e)
un pacchetto di potenziali misure correttive da mettere in atto entro varie scadenze che preveda ad esempio:
—
eliminazione degli ostacoli fissi al margine della strada o applicazione di dispositivi di protezione dei medesimi,
—
riduzione dei limiti di velocità e aumento del controllo della velocità a livello locale,
—
miglioramento della visibilità in diverse condizioni meteorologiche e di luminosità,
—
miglioramento delle condizioni di sicurezza delle attrezzature al margine della strada quali i sistemi di ritenuta stradale,
—
miglioramento della coerenza, della visibilità, della leggibilità e della collocazione della segnaletica orizzontale (inclusa l’applicazione di rallentatori sonori) e della segnaletica verticale,
—
protezione contro la caduta di sassi, smottamenti del terreno e valanghe,
—
miglioramento dell’aderenza/ruvidità del fondo stradale,
—
nuova concezione dei sistemi di ritenuta stradale,
—
inserimento e miglioramento delle barriere protettive al centro strada,
—
modifica degli schemi di sorpasso,
—
miglioramento di incroci/svincoli/passaggi a livello,
—
modifica dell’allineamento,
—
modifica della larghezza stradale, aggiunta di una corsia d’emergenza,
—
installazione di un dispositivo di gestione e di controllo del traffico,
—
riduzione dei potenziali conflitti con gli utenti della strada più vulnerabili,
—
adeguamento della strada agli standard odierni,
—
miglioramento o sostituzione del manto stradale,
—
utilizzo di segnali stradali intelligenti,
—
miglioramento dei sistemi di trasporto intelligenti e dei servizi telematici ai fini dell’interoperabilità, dell’emergenza e della segnaletica.
ALLEGATO IV
INFORMAZIONI CHE DEVONO FIGURARE NELLE RELAZIONI DI INCIDENTI
Le relazioni di incidenti devono contenere i seguenti elementi:
1)
localizzazione quanto più esatta possibile dell’incidente;
2)
immagini e/o diagrammi del luogo dell’incidente;
3)
data e ora dell’incidente;
4)
informazioni relative alla strada, quali la natura della zona, il tipo di strada, il tipo di incrocio o di svincolo ma anche la segnaletica verticale, il numero di corsie, la segnaletica orizzontale, il rivestimento stradale, l’illuminazione e le condizioni meteorologiche, i limiti di velocità, gli ostacoli al margine della strada;
5)
gravità dell’incidente, incluso il numero delle persone decedute e ferite, eventualmente secondo criteri comuni da definire secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3;
6)
caratteristiche delle persone interessate quali età, sesso, nazionalità, tasso di alcolemia, utilizzo o meno dei dispositivi di sicurezza;
7)
dati relativi ai veicoli coinvolti (tipo, età, paese, eventuali dispositivi di sicurezza, data dell’ultima revisione periodica in conformità della legislazione applicabile);
8)
dati relativi all’incidente quali tipo di incidente, tipo di collisione, manovre del veicolo e del conducente;
9)
se del caso, informazioni relative al periodo di tempo intercorso tra l’incidente e la sua registrazione ovvero l’arrivo del servizio di soccorso.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2008/96/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 19 novembre 2008
sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 71, paragrafo 1, lettera c),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La rete transeuropea dei trasporti di cui alla decisione n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (3), è di fondamentale importanza per favorire l’integrazione e la coesione in Europa e assicurare un elevato livello di benessere. Occorre garantire, in particolare, un elevato livello di sicurezza.
(2)
Nel Libro bianco del 12 settembre 2001«La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte» la Commissione ha segnalato la necessità di effettuare valutazioni d’impatto sulla sicurezza e controlli in materia di sicurezza stradale onde individuare e gestire i tratti ad elevata concentrazione di incidenti sul territorio comunitario. Ha altresì fissato l’obiettivo di dimezzare il numero di decessi sulle strade nell’Unione europea fra il 2001 e il 2010.
(3)
Nella comunicazione del 2 giugno 2003«Programma di azione europeo per la sicurezza stradale — Dimezzare il numero di vittime della strada nell’Unione europea entro il 2010: una responsabilità condivisa», la Commissione ha individuato nell’infrastruttura stradale il terzo pilastro della politica di sicurezza stradale, che dovrebbe apportare un considerevole contributo alla realizzazione dell’obiettivo comunitario di riduzione degli incidenti.
(4)
Negli ultimi anni si sono registrati notevoli progressi nella progettazione dei veicoli (misure di sicurezza, concezione e applicazione di nuove tecnologie) che hanno contribuito a ridurre il numero di vittime degli incidenti stradali. Per conseguire l’obiettivo fissato per il 2010 è necessario agire anche in altri ambiti. La gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali offre un ampio margine di miglioramento, che deve essere sfruttato.
(5)
La definizione di procedure adeguate è essenziale per migliorare la sicurezza dell’infrastruttura stradale sulla rete stradale transeuropea. Le valutazioni d’impatto della sicurezza stradale dovrebbero dimostrare, a livello strategico, le implicazioni che, in un progetto di infrastruttura, le varie alternative di pianificazione hanno per la sicurezza stradale e dovrebbero svolgere un ruolo importante nella selezione degli itinerari. I risultati della valutazione d’impatto della sicurezza stradale possono essere esposti in una serie di documenti. Inoltre, i controlli sulla sicurezza stradale dovrebbero individuare attentamente gli elementi pericolosi di un progetto di infrastruttura stradale. È pertanto ragionevole sviluppare procedure da adottare in questi due settori allo scopo di rafforzare il livello di sicurezza delle infrastrutture nella rete stradale transeuropea, escludendo al contempo le gallerie stradali, che sono oggetto della direttiva 2004/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea (4).
(6)
Numerosi Stati membri dispongono già di un sistema di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali ben funzionante. A tali Stati membri dovrebbe essere consentito di continuare a utilizzare i propri metodi, purché siano coerenti con gli obiettivi della presente direttiva.
(7)
La ricerca è essenziale per aumentare la sicurezza sulle strade nell’Unione europea. Lo sviluppo e la dimostrazione di componenti, misure e metodi (compresa la telematica) e la diffusione dei risultati della ricerca svolgono un ruolo importante nel migliorare la sicurezza delle infrastrutture stradali.
(8)
Il livello di sicurezza delle strade esistenti dovrebbe essere rafforzato concentrando gli investimenti sui tratti che presentano la concentrazione più elevata di incidenti e/o il maggiore potenziale di riduzione degli incidenti. Gli automobilisti dovrebbero essere avvertiti dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti, in modo che possano adeguare il loro comportamento e rispettare con più attenzione il codice stradale, in particolare i limiti di velocità.
(9)
La classificazione della sicurezza della rete presenta un elevato potenziale nel periodo immediatamente successivo alla sua applicazione. Una volta affrontato il problema dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti e dopo aver adottato le opportune misure correttive, le ispezioni preventive della sicurezza dovrebbero svolgere un ruolo di maggiore rilevanza. Le ispezioni regolari sono uno strumento essenziale di prevenzione dei pericoli ai quali possono essere esposti tutti gli utenti della strada, segnatamente gli utenti vulnerabili, e anche in caso di lavori stradali.
(10)
La formazione e la certificazione del personale incaricato della sicurezza in base a programmi di formazione e a strumenti di qualificazione convalidati dagli Stati membri dovrebbero permettere di dispensare agli operatori del settore le conoscenze aggiornate di cui hanno bisogno.
(11)
Per incrementare la sicurezza sulle strade nell’Unione europea, sarebbe opportuno organizzare scambi più frequenti e coerenti di migliori prassi tra gli Stati membri.
(12)
Onde assicurare un elevato livello di sicurezza stradale sulle strade nell’Unione europea, gli Stati membri dovrebbero applicare orientamenti relativi alla gestione della sicurezza dell’infrastruttura. La notifica di tali orientamenti alla Commissione e la regolare elaborazione di relazioni d’applicazione dovrebbero condurre al miglioramento sistematico nel settore della sicurezza delle infrastrutture a livello europeo e fornire una base per evolvere progressivamente verso un sistema più efficace. Le relazioni d’applicazione dovrebbero inoltre consentire ad altri Stati membri di individuare le soluzioni più efficaci, mentre la sistematica rilevazione di dati provenienti da studi «prima/dopo» dovrebbe consentire di scegliere le misure più efficaci in previsione di un’azione futura.
(13)
Le disposizioni della presente direttiva relative agli investimenti nella sicurezza stradale dovrebbero applicarsi fatte salve le competenze degli Stati membri in materia di investimenti per la manutenzione della rete stradale.
(14)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia la definizione di procedure atte a garantire un livello sistematicamente elevato di sicurezza stradale in tutta la rete transeuropea, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa degli effetti dell’intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(15)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(16)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di fissare i criteri necessari per il miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza stradale e l’adeguamento degli allegati al progresso tecnico. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(17)
La creazione di un numero sufficiente di parcheggi e di aree di sosta lungo le strade riveste enorme importanza per la sicurezza del traffico, oltre che per la prevenzione del crimine. I parcheggi e le aree di sosta consentono ai conducenti dei veicoli di concedersi per tempo una pausa di riposo e di proseguire il viaggio con piena concentrazione. La creazione di un numero sufficiente di parcheggi e di aree di sosta sicuri dovrebbe pertanto costituire parte integrante della gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali.
(18)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (6), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva richiede l’istituzione e l’attuazione di procedure relative alle valutazioni d’impatto sulla sicurezza stradale, ai controlli sulla sicurezza stradale, alla gestione della sicurezza della rete stradale ed alle ispezioni di sicurezza da parte degli Stati membri.
2. La presente direttiva si applica alle strade che fanno parte della rete stradale transeuropea, siano esse in fase di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico.
3. Gli Stati membri possono anche applicare le disposizioni della presente direttiva, come codice di buone prassi, per le infrastrutture nazionali di trasporto stradale, non comprese nella rete stradale transeuropea, che sono state costruite con il finanziamento parziale o totale della Comunità.
4. La presente direttiva non si applica alle gallerie stradali disciplinate dalla direttiva 2004/54/CE.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1)
«rete stradale transeuropea»: la rete stradale descritta nell’allegato I, sezione 2, della decisione n. 1692/96/CE;
2)
«organo competente»: qualsiasi organismo pubblico, istituito a livello nazionale, regionale o locale, che partecipa, in funzione delle proprie competenze, all’attuazione della presente direttiva, inclusi gli organismi designati come organi competenti prima dell’entrata in vigore della presente direttiva, nella misura in cui rispettino i requisiti da essa stabiliti;
3)
«valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale»: un’analisi comparativa strategica dell’impatto di una nuova strada o di una modifica sostanziale della rete esistente sul livello di sicurezza della rete stradale;
4)
«controllo della sicurezza stradale»: controllo di sicurezza accurato indipendente, sistematico e tecnico delle caratteristiche di un progetto di costruzione di un’infrastruttura stradale, nelle diverse fasi dalla pianificazione al funzionamento iniziale;
5)
«classificazione di tratti ad elevata concentrazione di incidenti»: un metodo per individuare, analizzare e classificare i tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti mortali in proporzione al flusso di traffico;
6)
«classificazione della sicurezza della rete»: un metodo per individuare, analizzare e classificare le sezioni della rete stradale esistente in funzione del loro potenziale di miglioramento della sicurezza e di risparmio dei costi connessi agli incidenti;
7)
«ispezione di sicurezza»: la verifica ordinaria periodica delle caratteristiche e dei difetti che esigono un intervento di manutenzione per ragioni di sicurezza;
8)
«orientamenti»: le misure, adottate dagli Stati membri, che definiscono le tappe da seguire e gli elementi da prendere in considerazione al momento dell’applicazione delle procedure di sicurezza fissate nella presente direttiva;
9)
«progetto d’infrastruttura»: un progetto relativo alla costruzione di infrastrutture stradali nuove ovvero ad una sostanziale modifica della rete esistente che incide sul flusso del traffico.
Articolo 3
Valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura
1. Gli Stati membri assicurano che sia effettuata una valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale per tutti i progetti di infrastruttura.
2. La valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale è effettuata durante la fase di pianificazione iniziale, anteriormente all’approvazione del progetto di infrastruttura. In tale ambito gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato I.
3. La valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale espone le considerazioni in materia di sicurezza stradale che contribuiscono alla scelta della soluzione proposta. Fornisce inoltre tutte le informazioni necessarie all’analisi costi/benefici delle diverse opzioni valutate.
Articolo 4
Controlli della sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura
1. Gli Stati membri assicurano che siano effettuati controlli della sicurezza stradale per tutti i progetti di infrastruttura.
2. Nell’effettuare controlli della sicurezza stradale gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato II.
Gli Stati membri garantiscono che sia designato un controllore per effettuare il controllo delle caratteristiche di ideazione di un progetto di infrastruttura.
Il controllore è designato a norma dell’articolo 9, paragrafo 4, e deve possedere le qualifiche e le competenze necessarie previste all’articolo 9. Allorché l’esecuzione dei controlli è affidata ad una squadra, almeno un membro della medesima è titolare di un certificato di idoneità professionale di cui all’articolo 9, paragrafo 3.
3. I controlli della sicurezza stradale costituiscono parte integrante del processo di ideazione del progetto di infrastruttura nelle fasi degli studi preliminari, della progettazione particolareggiata, nella fase di ultimazione e nella prima fase di funzionamento.
4. Gli Stati membri garantiscono che il controllore definisca, in una relazione di controllo per ciascuna fase del progetto di infrastruttura, gli aspetti della progettazione che possono rivelarsi critici per la sicurezza. Se gli aspetti pericolosi sono messi in evidenza nel corso del controllo, ma la progettazione non è rettificata prima della conclusione della fase di cui trattasi, in base alle indicazioni dell’allegato II, l’organo competente è tenuto a giustificare tale scelta in un allegato alla relazione.
5. Gli Stati membri garantiscono che la relazione di cui al paragrafo 4 si traduca in raccomandazioni rilevanti da un punto di vista della sicurezza.
Articolo 5
Classificazione e gestione della sicurezza della rete stradale aperta al traffico
1. Gli Stati membri assicurano che la classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti e la classificazione della sicurezza della rete aperta al traffico siano fondate su un esame del funzionamento della rete stradale con cadenza almeno triennale. In tale ambito, gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato III.
2. Gli Stati membri garantiscono che i tratti stradali di maggiore priorità in virtù dei risultati della classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti e della classificazione della sicurezza della rete siano valutati da gruppi di esperti mediante visite in loco in base agli elementi di cui al punto 3 dell’allegato III. Almeno un membro del gruppo di esperti deve soddisfare i criteri di cui all’articolo 9, paragrafo 4, lettera a).
3. Gli Stati membri assicurano che le misure correttive siano mirate ai tratti stradali di cui al paragrafo 2. La priorità è conferita alle misure di cui al punto 3, lettera e), dell’allegato III, privilegiando quelle che presentano il miglior rapporto costi/benefici.
4. Gli Stati membri predispongono un’adeguata segnaletica per richiamare l’attenzione degli utenti della strada sui tratti dell’infrastruttura stradale in riparazione che possono mettere a repentaglio la sicurezza degli utenti. Tale segnaletica, che comprende anche segnalazioni visibili sia di giorno sia di notte e collocate a una distanza di sicurezza, è conforme alle disposizioni della convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale del 1968.
5. Gli Stati membri garantiscono che gli utenti della strada siano informati, con mezzi adeguati, della presenza di un tratto stradale ad elevata concentrazione di incidenti. Qualora uno Stato membro decida di ricorrere alla segnaletica, quest’ultima è conforme alle disposizioni della convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale del 1968.
Articolo 6
Ispezioni di sicurezza
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le strade aperte al traffico siano soggette a ispezioni di sicurezza al fine di individuare le caratteristiche connesse alla sicurezza stradale e di prevenire gli incidenti.
2. Le ispezioni di sicurezza comprendono ispezioni periodiche della rete stradale ed accertamenti circa i possibili effetti dei lavori in corso sulla sicurezza del flusso di traffico.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le ispezioni periodiche siano realizzate dall’organo competente. La frequenza di tali ispezioni deve essere sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza per l’infrastruttura stradale in questione.
4. Fatti salvi gli orientamenti adottati ai sensi dell’articolo 8, gli Stati membri adottano orientamenti relativi alle misure di sicurezza temporanee applicabili ai lavori stradali. Provvedono altresì all’attuazione di un programma d’ispezione appropriato per assicurare la corretta applicazione di tali orientamenti.
Articolo 7
Gestione dei dati
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’organo competente rediga una relazione d’incidente per ciascun incidente mortale verificatosi su una strada di cui all’articolo 1, paragrafo 2. Gli Stati membri si adoperano per includere in tale relazione tutti gli elementi d’informazione elencati nell’allegato IV.
2. Gli Stati membri calcolano il costo sociale medio di un incidente mortale ed il costo sociale medio di un incidente grave verificatosi sul loro territorio. Gli Stati membri possono optare per una differenziazione più marcata dei tassi di costo, che devono essere aggiornati perlomeno ogni cinque anni.
Articolo 8
Adozione e comunicazione di orientamenti
1. Gli Stati membri garantiscono che entro il 19 dicembre 2011 siano adottati orientamenti, qualora non esistano già, al fine di coadiuvare gli organi competenti nell’applicazione della presente direttiva.
2. Gli Stati membri notificano alla Commissione tali orientamenti entro tre mesi dalla loro adozione o modifica.
3. La Commissione li rende disponibili su un sito web pubblico.
Articolo 9
Designazione e formazione dei controllori
1. Gli Stati membri garantiscono che entro il 19 dicembre 2011 siano adottati programmi di formazione per i controllori della sicurezza stradale, qualora non esistano già.
2. Gli Stati membri garantiscono che i controllori della sicurezza che svolgono le mansioni stabilite dalla presente direttiva seguano una formazione iniziale sancita da un certificato di idoneità professionale e partecipino a ulteriori periodici corsi di formazione.
3. Gli Stati membri garantiscono che i controllori della sicurezza stradale siano titolari di un certificato di idoneità professionale. I certificati rilasciati prima dell’entrata in vigore della presente direttiva sono riconosciuti.
4. Gli Stati membri garantiscono che i controllori siano designati in base ai seguenti criteri:
a)
i controllori devono possedere pertinenti esperienze o formazione nei settori della progettazione stradale, dell’ingegneria della sicurezza stradale e dell’analisi degli incidenti;
b)
due anni dopo l’adozione degli orientamenti da parte degli Stati membri in applicazione dell’articolo 8, i controlli della sicurezza stradale sono realizzati esclusivamente da controllori o squadre di controllori che soddisfino i requisiti di cui ai paragrafi 2 e 3;
c)
ai fini del controllo del progetto di infrastruttura, durante il periodo di realizzazione del controllo il controllore non partecipa né alla progettazione né al funzionamento del progetto di infrastruttura interessato.
Articolo 10
Scambio delle migliori prassi
Per migliorare la sicurezza delle strade nell’Unione europea che non fanno parte della rete stradale transeuropea, la Commissione instaura un sistema coerente di scambio delle migliori prassi tra gli Stati membri che riguarda, fra l’altro, i progetti esistenti in materia di sicurezza dell’infrastruttura stradale e le tecnologie comprovate relative alla sicurezza stradale.
Articolo 11
Continuo miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza
1. La Commissione facilita e struttura lo scambio di conoscenze e migliori prassi tra gli Stati membri, facendo uso delle esperienze raccolte nelle competenti sedi internazionali, in modo da rendere possibile il continuo miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali nell’Unione europea.
2. La Commissione è assistita dal comitato di cui all’articolo 13. Nella misura in cui si renda necessaria l’adozione di misure specifiche, tali misure sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3.
3. Se del caso, le organizzazioni non governative specializzate operanti nel campo della sicurezza e della gestione delle infrastrutture stradali possono essere consultate su aspetti relativi alla sicurezza tecnica.
Articolo 12
Adeguamento al progresso tecnico
Gli allegati della presente direttiva sono adeguati secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3, per tenere conto del progresso tecnico.
Articolo 13
Comitologia
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 14
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 19 dicembre 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 15
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 16
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 19 novembre 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J.-P. JOUYET
(1) GU C 168 del 20.7.2007, pag. 71.
(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 ottobre 2008.
(3) GU L 228 del 9.9.1996, pag. 1.
(4) GU L 167 del 30.4.2004, pag. 39.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
ALLEGATO I
VALUTAZIONE D’IMPATTO SULLA SICUREZZA STRADALE PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
1.
Componenti di una valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale:
a)
definizione del problema;
b)
situazione attuale ed opzione dello status quo;
c)
obiettivi di sicurezza stradale;
d)
analisi dell’impatto sulla sicurezza stradale delle opzioni proposte;
e)
confronto delle opzioni, fra cui l’analisi del rapporto costi/benefici;
f)
presentazione della gamma di possibili soluzioni.
2.
Elementi da prendere in considerazione:
a)
numero delle vittime e degli incidenti, obiettivi di riduzione paragonati all’opzione dello status quo;
b)
scelta di itinerari e strutture di traffico;
c)
possibili conseguenze sulle vie di comunicazione esistenti (ad esempio uscite, incroci, intersezioni, svincoli, passaggi a livello);
d)
utenti della strada, compresi gli utenti vulnerabili (ad esempio pedoni, ciclisti motociclisti);
e)
traffico (ad esempio volume di traffico, categorizzazione del traffico per tipo);
f)
condizioni stagionali e climatiche;
g)
presenza di un numero sufficiente di parcheggi sicuri;
h)
attività sismica.
ALLEGATO II
CONTROLLI DELLA SICUREZZA STRADALE PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
1.
Criteri applicabili nella fase della progettazione preliminare:
a)
situazione geografica (ad esempio, pericolo di smottamenti, inondazioni, valanghe), condizioni climatiche e stagionali e attività sismica;
b)
tipi di incroci/svincoli e distanze fra loro;
c)
numero e tipo di corsie;
d)
tipi di traffico autorizzati sulla nuova strada;
e)
funzionalità della strada all’interno della rete;
f)
condizioni meteorologiche;
g)
velocità della circolazione;
h)
sezioni trasversali (ad esempio, larghezza della carreggiata, piste ciclabili, sentieri pedonali);
i)
allineamenti orizzontali e verticali;
j)
visibilità;
k)
disposizione di incroci e svincoli;
l)
trasporto pubblico e infrastrutture;
m)
passaggi a livello.
2.
Criteri applicabili nella fase della progettazione particolareggiata:
a)
tracciato;
b)
armonizzazione della segnaletica verticale e segnaletica orizzontale;
c)
illuminazione di strade e incroci stradali;
d)
apparecchiature lungo le strade;
e)
ambiente ai margini della strada inclusa la vegetazione;
f)
ostacoli fissi ai margini della strada;
g)
creazione di parcheggi sicuri;
h)
utenti vulnerabili (ad esempio, pedoni, ciclisti, motociclisti);
i)
adattamento ergonomico di sistemi stradali di contenimento (mezzerie stradali e guardrail di sicurezza per evitare pericoli agli utenti vulnerabili).
3.
Criteri applicabili nella fase di ultimazione:
a)
sicurezza degli utenti della strada e visibilità in varie circostanze, quali oscurità e condizioni meteorologiche prevedibili;
b)
leggibilità della segnaletica verticale e della segnaletica orizzontale;
c)
condizioni del fondo stradale.
4.
Criteri applicabili nella prima fase di funzionamento: valutazione della sicurezza stradale alla luce dell’effettivo comportamento degli utenti.
La realizzazione di un controllo in qualsiasi fase può comportare la necessità di riesaminare i criteri applicabili a fasi precedenti.
ALLEGATO III
CLASSIFICAZIONE DEI TRATTI STRADALI AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI INCIDENTI E CLASSIFICAZIONE DELLA SICUREZZA DELLA RETE
1. Criteri per l’individuazione dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti
L’individuazione dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti tiene conto perlomeno del numero di incidenti mortali nel corso degli anni precedenti per unità di distanza in rapporto al volume di traffico e, nel caso di incroci e svincoli, per punto di intersezione.
2. Criteri per l’individuazione dei tratti stradali da esaminare nell’ambito della classificazione della sicurezza della rete
L’individuazione di tratti stradali da esaminare nell’ambito della classificazione della sicurezza della rete tiene conto dei potenziali risparmi in termini di costi degli incidenti. I tratti stradali sono classificati in categorie. Per ogni categoria stradale, i tratti stradali sono esaminati e classificati sulla base di fattori collegati alla sicurezza, come la concentrazione degli incidenti, il volume di traffico e la tipologia dello stesso.
Per ogni categoria stradale, la classificazione della sicurezza della rete si traduce in un elenco prioritario dei tratti stradali in cui un miglioramento dell’infrastruttura dovrebbe rivelarsi molto efficace.
3. Elementi di valutazione per le visite in loco dei gruppi di esperti:
a)
una descrizione del tratto stradale;
b)
il riferimento ad eventuali relazioni anteriori sullo stesso tratto stradale;
c)
l’esame delle eventuali relazioni di incidente;
d)
il numero di incidenti, decessi e feriti gravi nel corso dei tre anni precedenti;
e)
un pacchetto di potenziali misure correttive da mettere in atto entro varie scadenze che preveda ad esempio:
—
eliminazione degli ostacoli fissi al margine della strada o applicazione di dispositivi di protezione dei medesimi,
—
riduzione dei limiti di velocità e aumento del controllo della velocità a livello locale,
—
miglioramento della visibilità in diverse condizioni meteorologiche e di luminosità,
—
miglioramento delle condizioni di sicurezza delle attrezzature al margine della strada quali i sistemi di ritenuta stradale,
—
miglioramento della coerenza, della visibilità, della leggibilità e della collocazione della segnaletica orizzontale (inclusa l’applicazione di rallentatori sonori) e della segnaletica verticale,
—
protezione contro la caduta di sassi, smottamenti del terreno e valanghe,
—
miglioramento dell’aderenza/ruvidità del fondo stradale,
—
nuova concezione dei sistemi di ritenuta stradale,
—
inserimento e miglioramento delle barriere protettive al centro strada,
—
modifica degli schemi di sorpasso,
—
miglioramento di incroci/svincoli/passaggi a livello,
—
modifica dell’allineamento,
—
modifica della larghezza stradale, aggiunta di una corsia d’emergenza,
—
installazione di un dispositivo di gestione e di controllo del traffico,
—
riduzione dei potenziali conflitti con gli utenti della strada più vulnerabili,
—
adeguamento della strada agli standard odierni,
—
miglioramento o sostituzione del manto stradale,
—
utilizzo di segnali stradali intelligenti,
—
miglioramento dei sistemi di trasporto intelligenti e dei servizi telematici ai fini dell’interoperabilità, dell’emergenza e della segnaletica.
ALLEGATO IV
INFORMAZIONI CHE DEVONO FIGURARE NELLE RELAZIONI DI INCIDENTI
Le relazioni di incidenti devono contenere i seguenti elementi:
1)
localizzazione quanto più esatta possibile dell’incidente;
2)
immagini e/o diagrammi del luogo dell’incidente;
3)
data e ora dell’incidente;
4)
informazioni relative alla strada, quali la natura della zona, il tipo di strada, il tipo di incrocio o di svincolo ma anche la segnaletica verticale, il numero di corsie, la segnaletica orizzontale, il rivestimento stradale, l’illuminazione e le condizioni meteorologiche, i limiti di velocità, gli ostacoli al margine della strada;
5)
gravità dell’incidente, incluso il numero delle persone decedute e ferite, eventualmente secondo criteri comuni da definire secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3;
6)
caratteristiche delle persone interessate quali età, sesso, nazionalità, tasso di alcolemia, utilizzo o meno dei dispositivi di sicurezza;
7)
dati relativi ai veicoli coinvolti (tipo, età, paese, eventuali dispositivi di sicurezza, data dell’ultima revisione periodica in conformità della legislazione applicabile);
8)
dati relativi all’incidente quali tipo di incidente, tipo di collisione, manovre del veicolo e del conducente;
9)
se del caso, informazioni relative al periodo di tempo intercorso tra l’incidente e la sua registrazione ovvero l’arrivo del servizio di soccorso.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Essa mira a ridurre il numero dei decessi e dei feriti gravi sulla rete stradale dell’Unione europea, realizzando infrastrutture stradali più sicure.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 2008/96/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/1936 come parte del terzo pacchetto della Commissione europea «l’Europa in movimento».
La direttiva modificata impone ai paesi dell’Unione di impostare e attuare le procedure relative a:valutazioni di impatto sulla sicurezza stradale; controlli in materia di sicurezza stradale; ispezioni sulla sicurezza delle strade; valutazioni sulla sicurezza di tutta la rete stradale; scambio delle migliori prassi e loro continuo miglioramento.Ambito di applicazione
La direttiva modificata ha un campo di applicazione ampliato. Essa si applica a:le strade che fanno parte della rete stradale transeuropea, alle autostrade e alle altre strade principali, siano esse in fase di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico; altre strade situate in aree extraurbane, che non servono le proprietà che li costeggiano e che sono completate mediante il finanziamento dell’Unione, a eccezione delle strade non aperte o non destinate al traffico automobilistico generale,Valutazione della sicurezza stradaleI paesi dell’Unione sono tenuti a effettuare una valutazione della sicurezza stradale a livello di rete, entro e non oltre il 2024 e successivamente ogni cinque anni, su tutta la rete stradale aperta al traffico oggetto della direttiva. Le valutazioni valutano il rischio di incidente e di gravità dell’impatto sulla base degli elementi seguenti:un esame visivo, in loco o tramite mezzi elettronici, delle caratteristiche di progettazione della strada; eun’analisi dei tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti gravi in proporzione al flusso di traffico. Ai risultati delle valutazioni dovranno fare seguito ispezioni di sicurezza stradale mirate o interventi correttivi, se necessario. Dovranno inoltre essere effettuate ispezioni di sicurezza stradale periodiche, con frequenza sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza per l’infrastruttura stradale in questione. Le specifiche esigenze degli utenti della strada vulnerabili come i ciclisti e i pedoni dovranno essere sistematicamente considerate in tutte le procedure di gestione della sicurezza stradale. Le valutazioni sulla sicurezza devono essere pubblicate per evidenziare il livello di sicurezza delle infrastrutture stradali in tutta l’Unione.Segnaletica orizzontale e segnaletica verticaleLe procedure attuali e future in materia di segnaletica orizzontale e verticale dovranno concentrarsi sulla leggibilità e visibilità sia per i conducenti umani che per i sistemi automatizzati di assistenza alla guida. Al più tardi entro giugno 2021, la Commissione istituisce un gruppo di esperti incaricato di valutare la possibilità di stabilire specifiche comuni comprendenti:l’interazione tra le diverse tecnologie di assistenza alla guida e l’infrastruttura;gli effetti dei fenomeni meteorologici e atmosferici, nonché del traffico sulla segnaletica orizzontale e verticale presente nel territorio dell’Unione;il tipo e la frequenza degli interventi di manutenzione necessari alle diverse tecnologie, compresa una stima dei costi.Informazione e trasparenzaCiascuno paese dell’Unione trasmette alla Commissione entro il 17 dicembre 2021 l’elenco delle autostrade e delle strade principali presenti sul suo territorio e delle strade escluse perché presentano un basso rischio per la sicurezza. La Commissione pubblica una cartina della rete stradale europea nell’ambito di applicazione della presente direttiva, accessibile on-line, che evidenzia le diverse categorie in base al loro livello di sicurezza.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La Direttiva 2008/96/UE si applica dal 19 dicembre 2008, con l’obbligo di diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 19 dicembre 2010. La Direttiva (UE) 2019/1936 è entrata in vigore il 16 dicembre 2019, con l’obbligo di diventare diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 17 dicembre 2021.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sicurezza stradale — infrastrutture (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2008/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 59).
Le successive modifiche alla direttiva 2008/96/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. |
Norme volte a promuovere il trasporto per via navigabile nell’Unione europea
QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI?
Insieme al regolamento (CE) n. 181/2008 e al regolamento (UE) n. 546/2014, il regolamento (CE) n. 718/1999 stabilisce le norme di regolazione delle capacità delle flotte dell’Unione europea (Unione). I regolamenti intendono incoraggiare lo sviluppo di un trasporto per via navigabile sostenibile e competitivo nell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Regolamento (CE) n. 718/1999Il regolamento riguarda le navi che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per le navi che operano sul Danubio o adibite esclusivamente al magazzinaggio di merci o al dragaggio. I paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio superiore a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione, sono tenuti a istituire un fondo di navigazione interna (con fondi di riserva separati per battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*). Questi fondi dovevano essere amministrati dalle autorità nazionali e dovevano essere utilizzati in due situazioni:nel caso di «grave turbativa del mercato» nel mercato dei trasporti per via navigabile (ai sensi della direttiva 96/75/CE);se richiesti unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile. Fino all’inizio del 2014, questi fondi di riserva non erano mai stati utilizzati. Il regolamento in origine conteneva un regime «vecchio per nuovo» secondo il quale i proprietari che volevano introdurre un nuovo battello nella flotta dovevano demolire il tonnellaggio del battello precedente oppure versare un contributo. Questa regola fu eliminata dal regolamento (CE) n. 411/2003 [abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione — si veda di seguito] e poteva essere ripristinata, accompagnata o meno da misure di risanamento strutturale, solo nel caso di grave turbativa del mercato, come definita nella direttiva 96/75/CE.Regolamento (CE) n. 181/2008
Il regolamento (CE) n. 181/2008 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento di esecuzione (CE) n. 718/1999. Determina l’aliquota dei contributi speciali di cui al regolamento (CE) n. 718/1999 (articolo 7), i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l’esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie.
Regolamento di modifica (UE) n. 546/2014
Ai sensi del regolamento (UE) n. 546/2014, l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999 è stato esteso. Tali provvedimenti includono:facilitare (ad esempio fornendo informazioni) ai trasportatori per via navigabile che si ritirano dall’attività il conseguimento del pensionamento anticipato oppure la riqualificazione in un’altra attività economica; organizzare corsi di formazione o di riqualificazione professionale per i lavoratori che lasciano l’attività; migliorare le competenze di navigazione interna e le conoscenze logistiche per salvaguardare lo sviluppo e il futuro della professione; promuovere il raggruppamento dei battellieri-artigiani in cooperative e rafforzare le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello dell’Unione; incoraggiare l’adeguamento tecnico dei battelli per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza; stimolare l’innovazione per quanto riguarda i battelli e il miglioramento delle loro prestazioni ambientali; promuovere l’uso dei fondi di riserva nonché di strumenti finanziari quali Orizzonte 2020 e il meccanismo per collegare l’Europa.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento (CE) n. 718/1999 è in vigore dal 29 aprile 1999. Il regolamento (CE) n. 181/2008 è in vigore dal 20 marzo 2008. Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 è in vigore dal 18 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea).
PAROLE CHIAVE
Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali).
Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio).
Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8).
Regolamento (UE) n. 546/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 163 del 29.5.2014, pag. 15).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (CE) N. 181/2008 DELLA COMMISSIONE
del 28 febbraio 2008
che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(Versione codificata)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (1), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione, del 16 aprile 1999, che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
In virtù dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, la Commissione fissa le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di regolazione della capacità delle flotte comunitarie definita da detto regolamento.
(3)
È opportuno mantenere i tassi di contributi speciali e dei tonnellaggi equivalenti fissati dal regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio (4) e dal regolamento (CEE) n. 1102/89 della Commissione (5), che si sono dimostrati efficaci.
(4)
Per far agire la solidarietà finanziaria tra i fondi della navigazione interna, è opportuno che la Commissione, di concerto con le autorità dei fondi, proceda, all'inizio di ogni anno, alla contabilizzazione delle risorse disponibili nel fondo di riserva e alla perequazione dei conti in caso di una nuova azione di risanamento.
(5)
Le misure previste dal presente regolamento sono state discusse con gli Stati membri interessati e le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello comunitario,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento determina l'aliquota dei contributi speciali di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie.
Articolo 2
Contributi speciali
1. L'importo dei contributi speciali per i vari tipi e categorie di battelli si situa in una forcella che va dal 70 % al 115 % delle seguenti aliquote:
a)
battelli da carico secco:
i)
automotori: 120 EUR/t;
ii)
Chiatte a spinta: 60 EUR/t;
iii)
Chiatte rimorchiate: 43 EUR/t;
b)
navi cisterna:
i)
automotori: 216 EUR/t;
ii)
chiatte a spinta: 108 EUR/t;
iii)
chiatte rimorchiate: 39 EUR/t;
c)
spintori: 180 EUR/kilowatt con aumento lineare fino a 240 EUR/kilowatt per una forza motrice pari o superiore a 1 000 kW.
2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, le aliquote massime dei contributi speciali di cui al paragrafo 1 sono ridotte del 30 %.
Per i battelli di portata lorda da 450 a 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali sono ridotte dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 tonnellate.
Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %; fino ai battelli di portata lorda superiore a 1 650 t restano pari al 115 %.
Articolo 3
Tonnellaggio equivalente
1. Quando un proprietario mette in servizio un battello di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 718/1999 e presenta alla demolizione un altro tipo di attrezzature fluviali, il tonnellaggio equivalente da prendere in considerazione è determinato, nell'ambito di ciascuna delle due specie di battelli in appresso indicate, in base ai seguenti coefficienti di valutazione:
a)
battelli da carico secco:
i)
automotori di oltre 650 t: 1,00;
ii)
chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50;
iii)
chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,36;
b)
navi cisterna:
i)
automotori di oltre 650 t: 1,00;
ii)
chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50;
iii)
chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,18.
2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, i coefficienti di cui al paragrafo 1 sono ridotti del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 650 a 450 t, detti coefficienti sono ridotti dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 t. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, i coefficienti subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %.
Articolo 4
Coefficienti del regime «Vecchio per nuovo»
L'entrata in servizio dei battelli è subordinata alla condizione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/1999:
1)
trattandosi di battelli da carico secco il coefficiente è fissato a 0:1 (rapporto fra il tonnellaggio vecchio e quello nuovo);
2)
trattandosi di navi cisterna il coefficiente è fissato a 0:1;
3)
trattandosi di spintori, il coefficiente è fissato a 0:1.
Articolo 5
Solidarietà finanziaria
1. Per contabilizzare le risorse disponibili nel fondo di riserva e per attuare la solidarietà finanziaria fra i conti dei diversi fondi di cui all'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 718/1999, all'inizio di ogni anno ciascun fondo comunica alla Commissione le seguenti informazioni:
a)
le entrate del fondo nel corso dell'anno precedente (Rdn) purché queste siano destinate al versamento dei premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999;
b)
gli obblighi finanziari assunti dal fondo nel corso dell'anno precedente e relativi ai premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pn);
c)
le rimanenze in data 1o gennaio dell'anno precedente, provenienti dalle entrate destinate al versamento dei premi di demolizione o da misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Sn).
2. La Commissione determina, in collaborazione con le autorità dei fondi e in base ai dati di cui al paragrafo 1:
a)
l'importo totale degli obblighi finanziari assunti da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente per il versamento di premi di demolizione o per misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pt);
b)
l'importo totale delle entrate realizzate da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente (Rdt);
c)
la somma dei disavanzi di tutti i fondi al 1o gennaio dell'anno precedente (St);
d)
gli impegni annui normalizzati (Pnn) dei singoli fondi, calcolati secondo la seguente formula:
Pnn = (Pt/(Rdt + St)) × (Rdn + Sn);
e)
per ciascun fondo, la differenza fra gli impegni annui (Pn) e gli impegni annui normalizzati (Pnn);
f)
gli importi che ciascun fondo i cui impegni annui siano inferiori agli impegni annui normalizzati (Pn < Pnn) versa a un fondo i cui impegni annui siano superiori agli impegni annui normalizzati (Pn > Pnn).
3. Anteriormente al 1o marzo dell'anno in corso ogni fondo versa agli altri fondi gli importi di cui al la lettera f) del paragrafo 2.
Articolo 6
Consultazioni
Per tutte le questioni concernenti la politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie e le modifiche del presente regolamento, la Commissione si avvale del parere di un gruppo composto di esperti delle organizzazioni professionali che rappresentano il settore della navigazione interna a livello comunitario e degli Stati membri interessati. Il gruppo è denominato «Gruppo di esperti — Politica di regolazione delle capacità e di promozione delle flotte comunitarie».
Articolo 7
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 805/1999 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2008.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1.
(2) GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 411/2003 (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18).
(3) Cfr. allegato I.
(4) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 25. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 742/98 della Commissione (GU L 103 del 3.4.1998, pag. 3).
(5) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 30. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 812/1999 (GU L 103 del 20.4.1999, pag. 5).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione
(GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64)
Regolamento (CE) n. 1532/2000 della Commissione
(GU L 175 del 14.7.2000, pag. 74)
Regolamento (CE) n. 997/2001 della Commissione
(GU L 139 del 23.5.2001, pag. 11)
Regolamento (CE) n. 336/2002 della Commissione
(GU L 53 del 23.2.2002, pag. 11)
Regolamento (CE) n. 411/2003 della Commissione
(GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18)
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 805/1999
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) i)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) ii)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) iii)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) i)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) iii)
Articolo 2, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma
Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) i)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ii)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) iii)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) i)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ii)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) iii)
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 5, paragrafo 2, sesto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera f)
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
—
—
Articolo 7
—
Articolo 8
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (CE) N. 181/2008 DELLA COMMISSIONE
del 28 febbraio 2008
che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(Versione codificata)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (1), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione, del 16 aprile 1999, che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
In virtù dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, la Commissione fissa le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di regolazione della capacità delle flotte comunitarie definita da detto regolamento.
(3)
È opportuno mantenere i tassi di contributi speciali e dei tonnellaggi equivalenti fissati dal regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio (4) e dal regolamento (CEE) n. 1102/89 della Commissione (5), che si sono dimostrati efficaci.
(4)
Per far agire la solidarietà finanziaria tra i fondi della navigazione interna, è opportuno che la Commissione, di concerto con le autorità dei fondi, proceda, all'inizio di ogni anno, alla contabilizzazione delle risorse disponibili nel fondo di riserva e alla perequazione dei conti in caso di una nuova azione di risanamento.
(5)
Le misure previste dal presente regolamento sono state discusse con gli Stati membri interessati e le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello comunitario,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento determina l'aliquota dei contributi speciali di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie.
Articolo 2
Contributi speciali
1. L'importo dei contributi speciali per i vari tipi e categorie di battelli si situa in una forcella che va dal 70 % al 115 % delle seguenti aliquote:
a)
battelli da carico secco:
i)
automotori: 120 EUR/t;
ii)
Chiatte a spinta: 60 EUR/t;
iii)
Chiatte rimorchiate: 43 EUR/t;
b)
navi cisterna:
i)
automotori: 216 EUR/t;
ii)
chiatte a spinta: 108 EUR/t;
iii)
chiatte rimorchiate: 39 EUR/t;
c)
spintori: 180 EUR/kilowatt con aumento lineare fino a 240 EUR/kilowatt per una forza motrice pari o superiore a 1 000 kW.
2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, le aliquote massime dei contributi speciali di cui al paragrafo 1 sono ridotte del 30 %.
Per i battelli di portata lorda da 450 a 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali sono ridotte dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 tonnellate.
Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %; fino ai battelli di portata lorda superiore a 1 650 t restano pari al 115 %.
Articolo 3
Tonnellaggio equivalente
1. Quando un proprietario mette in servizio un battello di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 718/1999 e presenta alla demolizione un altro tipo di attrezzature fluviali, il tonnellaggio equivalente da prendere in considerazione è determinato, nell'ambito di ciascuna delle due specie di battelli in appresso indicate, in base ai seguenti coefficienti di valutazione:
a)
battelli da carico secco:
i)
automotori di oltre 650 t: 1,00;
ii)
chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50;
iii)
chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,36;
b)
navi cisterna:
i)
automotori di oltre 650 t: 1,00;
ii)
chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50;
iii)
chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,18.
2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, i coefficienti di cui al paragrafo 1 sono ridotti del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 650 a 450 t, detti coefficienti sono ridotti dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 t. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, i coefficienti subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %.
Articolo 4
Coefficienti del regime «Vecchio per nuovo»
L'entrata in servizio dei battelli è subordinata alla condizione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/1999:
1)
trattandosi di battelli da carico secco il coefficiente è fissato a 0:1 (rapporto fra il tonnellaggio vecchio e quello nuovo);
2)
trattandosi di navi cisterna il coefficiente è fissato a 0:1;
3)
trattandosi di spintori, il coefficiente è fissato a 0:1.
Articolo 5
Solidarietà finanziaria
1. Per contabilizzare le risorse disponibili nel fondo di riserva e per attuare la solidarietà finanziaria fra i conti dei diversi fondi di cui all'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 718/1999, all'inizio di ogni anno ciascun fondo comunica alla Commissione le seguenti informazioni:
a)
le entrate del fondo nel corso dell'anno precedente (Rdn) purché queste siano destinate al versamento dei premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999;
b)
gli obblighi finanziari assunti dal fondo nel corso dell'anno precedente e relativi ai premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pn);
c)
le rimanenze in data 1o gennaio dell'anno precedente, provenienti dalle entrate destinate al versamento dei premi di demolizione o da misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Sn).
2. La Commissione determina, in collaborazione con le autorità dei fondi e in base ai dati di cui al paragrafo 1:
a)
l'importo totale degli obblighi finanziari assunti da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente per il versamento di premi di demolizione o per misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pt);
b)
l'importo totale delle entrate realizzate da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente (Rdt);
c)
la somma dei disavanzi di tutti i fondi al 1o gennaio dell'anno precedente (St);
d)
gli impegni annui normalizzati (Pnn) dei singoli fondi, calcolati secondo la seguente formula:
Pnn = (Pt/(Rdt + St)) × (Rdn + Sn);
e)
per ciascun fondo, la differenza fra gli impegni annui (Pn) e gli impegni annui normalizzati (Pnn);
f)
gli importi che ciascun fondo i cui impegni annui siano inferiori agli impegni annui normalizzati (Pn < Pnn) versa a un fondo i cui impegni annui siano superiori agli impegni annui normalizzati (Pn > Pnn).
3. Anteriormente al 1o marzo dell'anno in corso ogni fondo versa agli altri fondi gli importi di cui al la lettera f) del paragrafo 2.
Articolo 6
Consultazioni
Per tutte le questioni concernenti la politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie e le modifiche del presente regolamento, la Commissione si avvale del parere di un gruppo composto di esperti delle organizzazioni professionali che rappresentano il settore della navigazione interna a livello comunitario e degli Stati membri interessati. Il gruppo è denominato «Gruppo di esperti — Politica di regolazione delle capacità e di promozione delle flotte comunitarie».
Articolo 7
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 805/1999 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2008.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1.
(2) GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 411/2003 (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18).
(3) Cfr. allegato I.
(4) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 25. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 742/98 della Commissione (GU L 103 del 3.4.1998, pag. 3).
(5) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 30. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 812/1999 (GU L 103 del 20.4.1999, pag. 5).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione
(GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64)
Regolamento (CE) n. 1532/2000 della Commissione
(GU L 175 del 14.7.2000, pag. 74)
Regolamento (CE) n. 997/2001 della Commissione
(GU L 139 del 23.5.2001, pag. 11)
Regolamento (CE) n. 336/2002 della Commissione
(GU L 53 del 23.2.2002, pag. 11)
Regolamento (CE) n. 411/2003 della Commissione
(GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18)
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 805/1999
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) i)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) ii)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) iii)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) i)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) iii)
Articolo 2, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma
Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) i)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ii)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) iii)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) i)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ii)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) iii)
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 5, paragrafo 2, sesto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera f)
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
—
—
Articolo 7
—
Articolo 8
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Norme volte a promuovere il trasporto per via navigabile nell’Unione europea
QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI?
Insieme al regolamento (CE) n. 181/2008 e al regolamento (UE) n. 546/2014, il regolamento (CE) n. 718/1999 stabilisce le norme di regolazione delle capacità delle flotte dell’Unione europea (Unione). I regolamenti intendono incoraggiare lo sviluppo di un trasporto per via navigabile sostenibile e competitivo nell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Regolamento (CE) n. 718/1999Il regolamento riguarda le navi che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per le navi che operano sul Danubio o adibite esclusivamente al magazzinaggio di merci o al dragaggio. I paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio superiore a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione, sono tenuti a istituire un fondo di navigazione interna (con fondi di riserva separati per battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*). Questi fondi dovevano essere amministrati dalle autorità nazionali e dovevano essere utilizzati in due situazioni:nel caso di «grave turbativa del mercato» nel mercato dei trasporti per via navigabile (ai sensi della direttiva 96/75/CE);se richiesti unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile. Fino all’inizio del 2014, questi fondi di riserva non erano mai stati utilizzati. Il regolamento in origine conteneva un regime «vecchio per nuovo» secondo il quale i proprietari che volevano introdurre un nuovo battello nella flotta dovevano demolire il tonnellaggio del battello precedente oppure versare un contributo. Questa regola fu eliminata dal regolamento (CE) n. 411/2003 [abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione — si veda di seguito] e poteva essere ripristinata, accompagnata o meno da misure di risanamento strutturale, solo nel caso di grave turbativa del mercato, come definita nella direttiva 96/75/CE.Regolamento (CE) n. 181/2008
Il regolamento (CE) n. 181/2008 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento di esecuzione (CE) n. 718/1999. Determina l’aliquota dei contributi speciali di cui al regolamento (CE) n. 718/1999 (articolo 7), i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l’esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie.
Regolamento di modifica (UE) n. 546/2014
Ai sensi del regolamento (UE) n. 546/2014, l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999 è stato esteso. Tali provvedimenti includono:facilitare (ad esempio fornendo informazioni) ai trasportatori per via navigabile che si ritirano dall’attività il conseguimento del pensionamento anticipato oppure la riqualificazione in un’altra attività economica; organizzare corsi di formazione o di riqualificazione professionale per i lavoratori che lasciano l’attività; migliorare le competenze di navigazione interna e le conoscenze logistiche per salvaguardare lo sviluppo e il futuro della professione; promuovere il raggruppamento dei battellieri-artigiani in cooperative e rafforzare le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello dell’Unione; incoraggiare l’adeguamento tecnico dei battelli per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza; stimolare l’innovazione per quanto riguarda i battelli e il miglioramento delle loro prestazioni ambientali; promuovere l’uso dei fondi di riserva nonché di strumenti finanziari quali Orizzonte 2020 e il meccanismo per collegare l’Europa.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento (CE) n. 718/1999 è in vigore dal 29 aprile 1999. Il regolamento (CE) n. 181/2008 è in vigore dal 20 marzo 2008. Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 è in vigore dal 18 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea).
PAROLE CHIAVE
Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali).
Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio).
Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8).
Regolamento (UE) n. 546/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 163 del 29.5.2014, pag. 15).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12).
Si veda la versione consolidata. |
Giurisdizione nei procedimenti penali: prevenzione e risoluzione dei conflitti
Questa decisione quadro ha lo scopo di migliorare la cooperazione giudiziaria fra i paesi dell’Unione europea (UE), in modo da evitare inutili procedimenti penali paralleli riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona. Essa ha il potenziale di promuovere una gestione efficiente della giustizia penale nei casi transfrontalieri risparmiando tempo e risorse umane e finanziarie delle autorità competenti nel procedimento.
ATTO
Decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali.
SINTESI
Questa decisione quadro ha lo scopo di migliorare la cooperazione giudiziaria fra i paesi dell’Unione europea (UE), in modo da evitare inutili procedimenti penali paralleli riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona. Essa ha il potenziale di promuovere una gestione efficiente della giustizia penale nei casi transfrontalieri risparmiando tempo e risorse umane e finanziarie delle autorità competenti nel procedimento.
Delinea la procedura con cui le autorità nazionali competenti si mettono in contatto tra di loro quando hanno fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro paese dell’UE. Stabilisce inoltre il quadro di riferimento affinché tali autorità procedano a consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
Scambio di informazioni
Se l’autorità competente di un paese dell’UE ha fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro paese dell’UE, deve cercare conferma sull’esistenza di tali procedimenti paralleli da parte dell’autorità competente di quel paese. L’autorità contattata deve rispondere senza indugio, entro il termine stabilito dall’autorità contattante.
Unitamente alla sua richiesta, l’autorità contattante deve fornire almeno le seguenti informazioni:
gli estremi dell’autorità competente;
una descrizione dei fatti e delle circostanze oggetto del procedimento penale;
tutti gli elementi rilevanti in merito all’identità dell’indagato o imputato e, se del caso, in merito alle vittime;
la fase in cui si trova il procedimento penale;
se del caso, informazioni in merito alla pena detentiva preventiva o custodia cautelare cui è sottoposto l’indagato o imputato.
Nella sua risposta, l’autorità contattata deve indicare se è in corso o si è svolto un procedimento penale per alcuni o tutti i medesimi fatti oggetto del procedimento penale nel paese dell’autorità contattante. Se questo è il caso, anche l’autorità contattata deve fornire i propri estremi, nonché la fase in cui si trova il procedimento o la natura della decisione finale.
Consultazioni dirette
Quando è accertata l’esistenza di procedimenti paralleli, le autorità interessate avviano consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli. Ciò può portare alla concentrazione dei procedimenti in unico paese dell’UE.
Quando le autorità interessate avviano consultazioni dirette devono prendere in considerazione tutti i fatti e il merito del caso e tutti gli altri fattori rilevanti. Se non si trova una soluzione, la questione viene sottoposta, se del caso, a Eurojust, a condizione che rientri nella sua competenza.
Attuazione
Nel 2014, la Commissione europea ha pubblicato una relazione su come i paesi dell’UE hanno recepito la decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio. Al momento della pubblicazione, solo 15 paesi dell’UE avevano introdotto leggi che incorporavano l’atto nella loro legislazione nazionale.
La Commissione è preoccupata del fatto che un numero significativo di paesi dell’UE non ha ancora attuato la decisione quadro, che nega loro un importante strumento per risolvere i conflitti di giurisdizione dove si presentano. Esorta quindi tutti i paesi che non lo hanno ancora fatto ad adottare misure rapide per attuarla in pieno.
Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sulla cooperazione giudiziaria.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione quadro 2009/948/GAI
15.12.2009
15.6.2012
GU L 328 del 15.12.2009, pag. 42-47
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione da parte degli Stati membri della decisione quadro 2009/948/GAI, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, COM(2014) 313 final del 2.6.2014. | DECISIONE QUADRO 2009/948/GAI DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31, paragrafo 1, lettere c) e d), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista l’iniziativa della Repubblica ceca, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e del Regno di Svezia,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione europea si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
(2)
Il programma dell’Aia (1) per il rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea, che è stato approvato dal Consiglio europeo riunitosi il 4 e 5 novembre 2004, prevede che gli Stati membri prendano in considerazione la possibilità di legiferare in materia di conflitti di giurisdizione per aumentare l’efficacia dell’azione penale, garantendo al contempo la corretta amministrazione della giustizia, in modo da completare il programma globale di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali.
(3)
Le misure previste dalla presente decisione quadro dovrebbero mirare a evitare situazioni in cui la stessa persona è oggetto, in relazione agli stessi fatti, di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi, che potrebbero dar luogo a una pronuncia definitiva in due o più Stati membri. La decisione quadro intende pertanto prevenire la violazione del principio «ne bis in idem», quale enunciato all’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (2) e quale interpretato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee.
(4)
Dovrebbero aver luogo consultazioni dirette tra le autorità competenti degli Stati membri allo scopo di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti penali paralleli ed evitare perdite di tempo e risorse delle autorità competenti interessate. Tale soluzione potrebbe segnatamente consistere nella concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, ad esempio mediante il trasferimento del procedimento penale. Potrebbe altresì consistere in qualsiasi altra azione che consenta un’efficiente e ragionevole gestione di tali procedimenti, anche per quanto riguarda la loro tempestiva gestione, ad esempio mediante rinvio del caso a Eurojust quando le autorità competenti non siano in grado di raggiungere un consenso. Al riguardo, dovrebbe essere rivolta particolare attenzione alla questione della raccolta di elementi di prova, sulla quale può influire lo svolgimento di due procedimenti paralleli.
(5)
L’autorità competente di uno Stato membro, qualora abbia fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento penale parallelo in un altro Stato membro per gli stessi fatti in cui sono implicate la stessa persona e che potrebbe dar luogo a una pronuncia definitiva in due o più Stati membri, dovrebbe prendere contatto con l’autorità competente dell’altro Stato membro. La questione dell’eventuale sussistenza di fondati motivi dovrebbe essere esaminata unicamente dall’autorità contattante. Fondati motivi potrebbero tra l’altro includere i casi in cui l’indagato o l’imputato adduca, fornendo dettagli, di essere oggetto, in relazione agli stessi fatti, di un procedimento penale parallelo in un altro Stato membro o una pertinente richiesta di assistenza giudiziaria reciproca da parte di un’autorità competente di un altro Stato membro riveli la possibile esistenza di siffatto procedimento penale parallelo ovvero l’autorità di polizia fornisca informazioni in tal senso.
(6)
Il processo di scambio di informazioni tra le autorità competenti dovrebbe basarsi sullo scambio obbligatorio di una serie specifica minima di informazioni, che dovrebbero essere sempre fornite. Le informazioni in questione dovrebbero segnatamente facilitare il processo destinato a garantire la corretta identificazione delle persone interessate e della natura e fase dei rispettivi procedimenti paralleli.
(7)
L’autorità competente che sia stata contattata da un’autorità competente di un altro Stato membro dovrebbe avere l’obbligo generale di rispondere alla richiesta presentata. L’autorità contattante è incoraggiata a stabilire un termine entro il quale l’autorità contattata dovrebbe rispondere, se possibile. La specifica situazione di una persona privata della libertà dovrebbe essere presa pienamente in considerazione dalle autorità competenti nel corso dell’intera procedura di presa di contatto.
(8)
Il contatto diretto tra le autorità competenti dovrebbe essere il principio informatore della cooperazione istituita dalla presente decisione quadro. Gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di decidere quali autorità siano competenti ad agire in virtù della presente decisione quadro, in ottemperanza al principio dell’autonomia procedurale nazionale, purché tali autorità abbiano la competenza per intervenire e decidere in conformità alle disposizioni della stessa decisione quadro.
(9)
Nel tentare di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti paralleli condotti in due o più Stati membri, le autorità competenti dovrebbero tenere presente che ciascun caso ha un carattere specifico e prendere in considerazione tutti i fatti e il merito di ciascun caso. Al fine di raggiungere un consenso, le autorità competenti dovrebbero considerare criteri adeguati, che possono comprendere quelli che figurano negli orientamenti pubblicati nella relazione annuale 2003 di Eurojust ed elaborati a uso degli operatori del settore, e tenere in conto, per esempio, il luogo in cui si è verificato prevalentemente il fatto costituente reato, il luogo in cui si è subita la maggior parte dei danni, il luogo in cui si trova l’indagato o l’imputato e la possibilità di assicurare la sua consegna o estradizione in altre giurisdizioni, la cittadinanza o la residenza dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti delle vittime e dei testimoni, l’ammissibilità degli elementi probatori o possibili ritardi.
(10)
L’obbligo per le autorità competenti di procedere a consultazioni dirette al fine di raggiungere un consenso nel contesto della presente decisione quadro non dovrebbe escludere la possibilità che tali consultazioni dirette si svolgano con l’assistenza di Eurojust.
(11)
Nessuno Stato membro dovrebbe essere obbligato a rinunciare o a esercitare la competenza giurisdizionale contro la sua volontà. Finché non sia raggiunto un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali, le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero poter proseguire un procedimento penale per qualsiasi reato che rientri nella loro giurisdizione nazionale.
(12)
Poiché l’obiettivo stesso della presente decisione quadro è quello di prevenire procedimenti penali paralleli superflui che potrebbero risultare in una violazione del principio «ne bis in idem», la sua applicazione non dovrebbe dar luogo ad un conflitto nell’esercizio della giurisdizione che altrimenti non si verificherebbe. Nello spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia il principio di obbligatorietà dell’azione penale, che informa il diritto processuale in vari Stati membri, dovrebbe essere inteso e applicato in modo da ritenerlo soddisfatto quando ogni Stato membro garantisce l’azione penale in relazione ad un determinato reato.
(13)
In caso di raggiungimento di un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, le autorità competenti dell’altro Stato membro dovrebbero agire in modo compatibile con tale consenso.
(14)
Poiché Eurojust è particolarmente adatta a fornire assistenza nella risoluzione dei conflitti di giurisdizione, sottoporre un caso ad Eurojust dovrebbe essere una misura abituale quando non sia stato possibile raggiungere un consenso. Occorre notare che, conformemente all’articolo 13, paragrafo 7, lettera a), della decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (3) («decisione Eurojust»), modificata da ultimo dalla decisione 2009/426/GAI del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al rafforzamento dell’Eurojust (4), Eurojust deve essere informata di ogni caso in cui sono sorti o possono sorgere conflitti di giurisdizione e che un caso può essere sottoposto ad Eurojust in qualsiasi momento se almeno un’autorità competente coinvolta nelle consultazioni dirette lo ritiene opportuno.
(15)
La presente decisione quadro non pregiudica i procedimenti ai sensi della Convenzione europea sul trasferimento dei procedimenti penali firmata a Strasburgo il 15 maggio 1972, nonché eventuali altri accordi riguardanti il trasferimento dei procedimenti penali tra gli Stati membri.
(16)
La presente decisione quadro non dovrebbe comportare un inutile onere amministrativo laddove siano già disponibili opzioni più adatte ai problemi da essa trattati. Nel caso in cui vi siano tra gli Stati membri strumenti o accordi più flessibili, questi ultimi dovrebbero quindi prevalere sulla presente decisione quadro.
(17)
La presente decisione quadro si limita a stabilire disposizioni sullo scambio di informazioni e sulle consultazioni dirette tra le autorità competenti degli Stati membri e pertanto lascia impregiudicato il diritto delle persone di sostenere che l’azione penale nei loro confronti debba essere esercitata nella propria o in un’altra giurisdizione, qualora tale diritto sia contemplato dalla legislazione nazionale.
(18)
La decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (5), dovrebbe applicarsi al trattamento dei dati personali scambiati a norma della presente decisione quadro.
(19)
Nell’effettuare una dichiarazione concernente il regime linguistico, gli Stati membri sono incoraggiati a includervi almeno una lingua comunemente utilizzata nell’Unione europea diversa dalla loro lingua ufficiale.
(20)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
CAPO 1
PRINCIPI GENERALI
Articolo 1
Obiettivo
1. L’obiettivo della presente decisione quadro è promuovere una più stretta cooperazione tra le autorità competenti di due o più Stati membri che conducono un procedimento penale ai fini di una più efficiente e corretta amministrazione della giustizia.
2. Tale più stretta cooperazione è volta a:
a)
prevenire situazioni in cui la stessa persona sia oggetto, in relazione agli stessi fatti, di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi, che potrebbero dar luogo a una decisione definitiva in due o più Stati membri e costituire in tal modo una violazione del principio «ne bis in idem»; e
b)
raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
Articolo 2
Oggetto e ambito di applicazione
1. Ai fini del conseguimento dell’obiettivo di cui all’articolo 1, la presente decisione quadro stabilisce un quadro concernente:
a)
una procedura per stabilire contatti tra le autorità competenti degli Stati membri al fine di confermare l’esistenza di procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona;
b)
lo scambio d’informazioni, attraverso consultazioni dirette, tra le autorità competenti di due o più Stati membri che conducono procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona, qualora esse siano già a conoscenza dell’esistenza di procedimenti penali paralleli, al fine di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
2. La presente decisione quadro non si applica ai procedimenti contemplati dagli articoli 5 e 13 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (6).
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro si intende per:
a)
«procedimenti paralleli» procedimenti penali, compresa sia la fase preprocessuale che quella processuale, condotti in due o più Stati membri per gli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona;
b)
«autorità competente» l’autorità giudiziaria o altra autorità che è competente in forza della legislazione del suo Stato membro a svolgere gli atti di cui all’articolo 2, paragrafo 1 della presente decisione quadro;
c)
«autorità contattante» l’autorità competente di uno Stato membro che contatta l’autorità competente di un altro Stato membro per confermare l’esistenza di procedimenti paralleli;
d)
«autorità contattata» l’autorità competente cui l’autorità contattante chiede di confermare l’esistenza di procedimenti penali paralleli.
Articolo 4
Determinazione delle autorità competenti
1. Gli Stati membri determinano le autorità competenti in modo da promuovere il principio del contatto diretto tra autorità.
2. In conformità del paragrafo 1, ciascuno Stato membro comunica al segretariato generale del Consiglio le autorità che, a norma del proprio diritto nazionale, sono competenti ad agire conformemente alla presente decisione quadro.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, ciascuno Stato membro può designare, se necessario a motivo dell’organizzazione del proprio sistema interno, una o più autorità centrali incaricate della trasmissione e della ricezione amministrative delle richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 5 e/o di coadiuvare le autorità competenti nel processo di consultazione. Gli Stati membri che intendano avvalersi della possibilità di designare una o più autorità centrali ne informano il segretariato generale del Consiglio.
4. Il segretariato generale del Consiglio mette a disposizione degli Stati membri e della Commissione le informazioni ricevute ai sensi dei paragrafi 2 e 3.
CAPO 2
SCAMBIO DI INFORMAZIONI
Articolo 5
Obbligo di prendere contatto
1. L’autorità competente di uno Stato membro che abbia fondati motivi per ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro Stato membro prende contatto con l’autorità competente dell’altro Stato membro per confermare l’esistenza di un siffatto procedimento parallelo al fine di avviare consultazioni dirette secondo quanto previsto all’articolo 10.
2. Se non conosce l’identità dell’autorità competente da contattare, l’autorità contattante compie tutti i necessari accertamenti, anche tramite i punti di contatto della Rete giudiziaria europea, al fine di ottenere gli estremi di tale autorità competente.
3. La procedura di contatto non si applica qualora le autorità competenti che conducono procedimenti paralleli siano già state informate dell’esistenza di tali procedimenti mediante qualsiasi altro mezzo.
Articolo 6
Obbligo di rispondere
1. L’autorità contattata risponde alla richiesta presentata in conformità dell’articolo 5, paragrafo 1, entro un termine ragionevole indicato dall’autorità contattante o, se non è stato indicato alcun termine, senza indebito ritardo, e comunica all’autorità contattante se siano in corso procedimenti paralleli nel suo Stato membro. Nei casi in cui l’autorità contattante abbia informato l’autorità contattata che l’indagato o imputato è sottoposto ad una misura detentiva preventiva o custodia cautelare, quest’ultima autorità tratta la richiesta con urgenza.
2. Se non può fornire una risposta entro il termine stabilito dall’autorità contattante, l’autorità contattata informa prontamente l’autorità contattante delle relative ragioni, indicando il termine entro il quale fornirà le informazioni richieste.
3. Se l’autorità che è stata contattata dall’autorità contattante non è l’autorità competente ai sensi dell’articolo 4, essa trasmette senza indebito ritardo la richiesta di informazione all’autorità competente e ne informa l’autorità contattante.
Articolo 7
Mezzi di comunicazione
Le autorità contattante e contattata comunicano con mezzi che consentano di conservare una traccia scritta.
Articolo 8
Informazioni minime da fornire nella richiesta
1. Nel presentare una richiesta a norma dell’articolo 5, l’autorità contattante fornisce le seguenti informazioni:
a)
gli estremi dell’autorità competente;
b)
una descrizione dei fatti e delle circostanze oggetto del procedimento penale in questione;
c)
tutti gli elementi rilevanti in merito all’identità dell’indagato o imputato e, se del caso, in merito alle vittime;
d)
la fase in cui si trova il procedimento penale; e
e)
se del caso, informazioni in merito alla pena detentiva preventiva o custodia cautelare cui è sottoposto l’indagato o imputato.
2. L’autorità contattante può fornire ulteriori informazioni pertinenti in relazione al procedimento penale in corso nel suo Stato membro, per esempio su eventuali difficoltà incontrate in tale Stato.
Articolo 9
Informazioni minime da fornire nella risposta
1. La risposta dell’autorità contattata ai sensi dell’articolo 6 contiene le seguenti informazioni:
a)
se è in corso o si è svolto un procedimento penale per alcuni o tutti i medesimi fatti oggetto del procedimento penale di cui alla richiesta di informazioni presentata dall’autorità contattante e se è implicata la stessa persona;
in caso di risposta affermativa alla lettera a):
b)
gli estremi dell’autorità competente; e
c)
la fase in cui si trova il procedimento o, ove sia stata adottata una decisione finale, la natura di tale decisione finale.
2. L’autorità contattata può fornire ulteriori informazioni pertinenti sul procedimento penale in corso o svoltosi nel suo Stato membro, in particolare su eventuali fatti connessi oggetto del procedimento penale in detto Stato.
CAPO 3
CONSULTAZIONI DIRETTE
Articolo 10
Obbligo di procedere a consultazioni dirette
1. Quando è accertata l’esistenza di procedimenti paralleli, le autorità competenti degli Stati membri interessati avviano consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli, che possono eventualmente comportare la concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro.
2. Durante il periodo delle consultazioni dirette, le autorità competenti interessate si scambiano informazioni sui provvedimenti procedurali importanti che hanno adottato nei procedimenti.
3. Nel corso delle consultazioni dirette, le autorità competenti che vi partecipano rispondono ogniqualvolta sia ragionevolmente possibile alle richieste di informazioni formulate da altre autorità competenti partecipanti. Tuttavia, un’autorità competente che riceva la richiesta da parte di un’altra autorità competente di fornire informazioni specifiche che potrebbero arrecare pregiudizio a interessi nazionali essenziali in materia di sicurezza ovvero compromettere la sicurezza di una persona non è tenuta a fornire dette informazioni.
Articolo 11
Procedura per raggiungere un consenso
Quando procedono a consultazioni dirette su un caso al fine di raggiungere un consenso ai sensi dell’articolo 10, le autorità competenti degli Stati membri esaminano i fatti e il merito del caso e tutti i fattori che ritengono pertinenti.
Articolo 12
Cooperazione con Eurojust
1. La presente decisione quadro è complementare e non pregiudica la decisione Eurojust.
2. Se non è stato possibile raggiungere un consenso ai sensi dell’articolo 10, la questione è, se del caso, sottoposta a Eurojust da qualsiasi autorità competente degli Stati membri interessati qualora Eurojust sia competente in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della decisione Eurojust.
Articolo 13
Informazioni sui risultati del procedimento
Se nel corso delle consultazioni dirette in conformità dell’articolo 10 è stato raggiunto un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, l’autorità competente di tale Stato membro informa la rispettiva autorità competente o le rispettive autorità competenti dell’altro Stato membro o degli altri Stati membri dei risultati del procedimento.
CAPO 4
DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI
Articolo 14
Lingue
1. Ciascuno Stato membro indica in una dichiarazione da depositare presso il segretariato generale del Consiglio quali lingue, tra le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione, possono essere usate nel corso della procedura di presa di contatto in conformità del capo 2.
2. Le autorità competenti possono convenire di usare qualunque lingua nell’ambito delle loro consultazioni dirette in conformità dell’articolo 10.
Articolo 15
Relazione con altri strumenti giuridici e altre intese
1. Qualora altri strumenti giuridici o intese consentano di estendere gli obiettivi della presente decisione quadro o contribuiscano a semplificare o agevolare la procedura in base alla quale le autorità nazionali si scambiano informazioni sui rispettivi procedimenti penali, avviano consultazioni dirette e cercano di raggiungere un consenso su eventuali soluzioni efficaci miranti ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti penali paralleli, gli Stati membri possono:
a)
continuare ad applicare accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell’entrata in vigore della presente decisione quadro,
b)
concludere accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali successivamente all’entrata in vigore della presente decisione quadro.
2. Gli accordi e le intese di cui al paragrafo 1 non pregiudicano in alcun caso le relazioni con gli Stati membri che non sono parti degli stessi.
Articolo 16
Attuazione
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 15 giugno 2012.
Entro il 15 giugno 2012 gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro.
Articolo 17
Relazione
Entro il 15 dicembre 2012 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro, eventualmente accompagnata da proposte legislative.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(2) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19.
(3) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1.
(4) GU L 138 del 4.6.2009, pag. 14.
(5) GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.
(6) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE QUADRO 2009/948/GAI DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31, paragrafo 1, lettere c) e d), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista l’iniziativa della Repubblica ceca, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e del Regno di Svezia,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione europea si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
(2)
Il programma dell’Aia (1) per il rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea, che è stato approvato dal Consiglio europeo riunitosi il 4 e 5 novembre 2004, prevede che gli Stati membri prendano in considerazione la possibilità di legiferare in materia di conflitti di giurisdizione per aumentare l’efficacia dell’azione penale, garantendo al contempo la corretta amministrazione della giustizia, in modo da completare il programma globale di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali.
(3)
Le misure previste dalla presente decisione quadro dovrebbero mirare a evitare situazioni in cui la stessa persona è oggetto, in relazione agli stessi fatti, di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi, che potrebbero dar luogo a una pronuncia definitiva in due o più Stati membri. La decisione quadro intende pertanto prevenire la violazione del principio «ne bis in idem», quale enunciato all’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (2) e quale interpretato dalla Corte di giustizia delle Comunità europee.
(4)
Dovrebbero aver luogo consultazioni dirette tra le autorità competenti degli Stati membri allo scopo di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti penali paralleli ed evitare perdite di tempo e risorse delle autorità competenti interessate. Tale soluzione potrebbe segnatamente consistere nella concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, ad esempio mediante il trasferimento del procedimento penale. Potrebbe altresì consistere in qualsiasi altra azione che consenta un’efficiente e ragionevole gestione di tali procedimenti, anche per quanto riguarda la loro tempestiva gestione, ad esempio mediante rinvio del caso a Eurojust quando le autorità competenti non siano in grado di raggiungere un consenso. Al riguardo, dovrebbe essere rivolta particolare attenzione alla questione della raccolta di elementi di prova, sulla quale può influire lo svolgimento di due procedimenti paralleli.
(5)
L’autorità competente di uno Stato membro, qualora abbia fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento penale parallelo in un altro Stato membro per gli stessi fatti in cui sono implicate la stessa persona e che potrebbe dar luogo a una pronuncia definitiva in due o più Stati membri, dovrebbe prendere contatto con l’autorità competente dell’altro Stato membro. La questione dell’eventuale sussistenza di fondati motivi dovrebbe essere esaminata unicamente dall’autorità contattante. Fondati motivi potrebbero tra l’altro includere i casi in cui l’indagato o l’imputato adduca, fornendo dettagli, di essere oggetto, in relazione agli stessi fatti, di un procedimento penale parallelo in un altro Stato membro o una pertinente richiesta di assistenza giudiziaria reciproca da parte di un’autorità competente di un altro Stato membro riveli la possibile esistenza di siffatto procedimento penale parallelo ovvero l’autorità di polizia fornisca informazioni in tal senso.
(6)
Il processo di scambio di informazioni tra le autorità competenti dovrebbe basarsi sullo scambio obbligatorio di una serie specifica minima di informazioni, che dovrebbero essere sempre fornite. Le informazioni in questione dovrebbero segnatamente facilitare il processo destinato a garantire la corretta identificazione delle persone interessate e della natura e fase dei rispettivi procedimenti paralleli.
(7)
L’autorità competente che sia stata contattata da un’autorità competente di un altro Stato membro dovrebbe avere l’obbligo generale di rispondere alla richiesta presentata. L’autorità contattante è incoraggiata a stabilire un termine entro il quale l’autorità contattata dovrebbe rispondere, se possibile. La specifica situazione di una persona privata della libertà dovrebbe essere presa pienamente in considerazione dalle autorità competenti nel corso dell’intera procedura di presa di contatto.
(8)
Il contatto diretto tra le autorità competenti dovrebbe essere il principio informatore della cooperazione istituita dalla presente decisione quadro. Gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di decidere quali autorità siano competenti ad agire in virtù della presente decisione quadro, in ottemperanza al principio dell’autonomia procedurale nazionale, purché tali autorità abbiano la competenza per intervenire e decidere in conformità alle disposizioni della stessa decisione quadro.
(9)
Nel tentare di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti paralleli condotti in due o più Stati membri, le autorità competenti dovrebbero tenere presente che ciascun caso ha un carattere specifico e prendere in considerazione tutti i fatti e il merito di ciascun caso. Al fine di raggiungere un consenso, le autorità competenti dovrebbero considerare criteri adeguati, che possono comprendere quelli che figurano negli orientamenti pubblicati nella relazione annuale 2003 di Eurojust ed elaborati a uso degli operatori del settore, e tenere in conto, per esempio, il luogo in cui si è verificato prevalentemente il fatto costituente reato, il luogo in cui si è subita la maggior parte dei danni, il luogo in cui si trova l’indagato o l’imputato e la possibilità di assicurare la sua consegna o estradizione in altre giurisdizioni, la cittadinanza o la residenza dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti dell’indagato o dell’imputato, gli interessi rilevanti delle vittime e dei testimoni, l’ammissibilità degli elementi probatori o possibili ritardi.
(10)
L’obbligo per le autorità competenti di procedere a consultazioni dirette al fine di raggiungere un consenso nel contesto della presente decisione quadro non dovrebbe escludere la possibilità che tali consultazioni dirette si svolgano con l’assistenza di Eurojust.
(11)
Nessuno Stato membro dovrebbe essere obbligato a rinunciare o a esercitare la competenza giurisdizionale contro la sua volontà. Finché non sia raggiunto un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali, le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero poter proseguire un procedimento penale per qualsiasi reato che rientri nella loro giurisdizione nazionale.
(12)
Poiché l’obiettivo stesso della presente decisione quadro è quello di prevenire procedimenti penali paralleli superflui che potrebbero risultare in una violazione del principio «ne bis in idem», la sua applicazione non dovrebbe dar luogo ad un conflitto nell’esercizio della giurisdizione che altrimenti non si verificherebbe. Nello spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia il principio di obbligatorietà dell’azione penale, che informa il diritto processuale in vari Stati membri, dovrebbe essere inteso e applicato in modo da ritenerlo soddisfatto quando ogni Stato membro garantisce l’azione penale in relazione ad un determinato reato.
(13)
In caso di raggiungimento di un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, le autorità competenti dell’altro Stato membro dovrebbero agire in modo compatibile con tale consenso.
(14)
Poiché Eurojust è particolarmente adatta a fornire assistenza nella risoluzione dei conflitti di giurisdizione, sottoporre un caso ad Eurojust dovrebbe essere una misura abituale quando non sia stato possibile raggiungere un consenso. Occorre notare che, conformemente all’articolo 13, paragrafo 7, lettera a), della decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (3) («decisione Eurojust»), modificata da ultimo dalla decisione 2009/426/GAI del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al rafforzamento dell’Eurojust (4), Eurojust deve essere informata di ogni caso in cui sono sorti o possono sorgere conflitti di giurisdizione e che un caso può essere sottoposto ad Eurojust in qualsiasi momento se almeno un’autorità competente coinvolta nelle consultazioni dirette lo ritiene opportuno.
(15)
La presente decisione quadro non pregiudica i procedimenti ai sensi della Convenzione europea sul trasferimento dei procedimenti penali firmata a Strasburgo il 15 maggio 1972, nonché eventuali altri accordi riguardanti il trasferimento dei procedimenti penali tra gli Stati membri.
(16)
La presente decisione quadro non dovrebbe comportare un inutile onere amministrativo laddove siano già disponibili opzioni più adatte ai problemi da essa trattati. Nel caso in cui vi siano tra gli Stati membri strumenti o accordi più flessibili, questi ultimi dovrebbero quindi prevalere sulla presente decisione quadro.
(17)
La presente decisione quadro si limita a stabilire disposizioni sullo scambio di informazioni e sulle consultazioni dirette tra le autorità competenti degli Stati membri e pertanto lascia impregiudicato il diritto delle persone di sostenere che l’azione penale nei loro confronti debba essere esercitata nella propria o in un’altra giurisdizione, qualora tale diritto sia contemplato dalla legislazione nazionale.
(18)
La decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (5), dovrebbe applicarsi al trattamento dei dati personali scambiati a norma della presente decisione quadro.
(19)
Nell’effettuare una dichiarazione concernente il regime linguistico, gli Stati membri sono incoraggiati a includervi almeno una lingua comunemente utilizzata nell’Unione europea diversa dalla loro lingua ufficiale.
(20)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
CAPO 1
PRINCIPI GENERALI
Articolo 1
Obiettivo
1. L’obiettivo della presente decisione quadro è promuovere una più stretta cooperazione tra le autorità competenti di due o più Stati membri che conducono un procedimento penale ai fini di una più efficiente e corretta amministrazione della giustizia.
2. Tale più stretta cooperazione è volta a:
a)
prevenire situazioni in cui la stessa persona sia oggetto, in relazione agli stessi fatti, di procedimenti penali paralleli in Stati membri diversi, che potrebbero dar luogo a una decisione definitiva in due o più Stati membri e costituire in tal modo una violazione del principio «ne bis in idem»; e
b)
raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
Articolo 2
Oggetto e ambito di applicazione
1. Ai fini del conseguimento dell’obiettivo di cui all’articolo 1, la presente decisione quadro stabilisce un quadro concernente:
a)
una procedura per stabilire contatti tra le autorità competenti degli Stati membri al fine di confermare l’esistenza di procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona;
b)
lo scambio d’informazioni, attraverso consultazioni dirette, tra le autorità competenti di due o più Stati membri che conducono procedimenti penali paralleli in relazione agli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona, qualora esse siano già a conoscenza dell’esistenza di procedimenti penali paralleli, al fine di raggiungere un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
2. La presente decisione quadro non si applica ai procedimenti contemplati dagli articoli 5 e 13 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (6).
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro si intende per:
a)
«procedimenti paralleli» procedimenti penali, compresa sia la fase preprocessuale che quella processuale, condotti in due o più Stati membri per gli stessi fatti in cui è implicata la stessa persona;
b)
«autorità competente» l’autorità giudiziaria o altra autorità che è competente in forza della legislazione del suo Stato membro a svolgere gli atti di cui all’articolo 2, paragrafo 1 della presente decisione quadro;
c)
«autorità contattante» l’autorità competente di uno Stato membro che contatta l’autorità competente di un altro Stato membro per confermare l’esistenza di procedimenti paralleli;
d)
«autorità contattata» l’autorità competente cui l’autorità contattante chiede di confermare l’esistenza di procedimenti penali paralleli.
Articolo 4
Determinazione delle autorità competenti
1. Gli Stati membri determinano le autorità competenti in modo da promuovere il principio del contatto diretto tra autorità.
2. In conformità del paragrafo 1, ciascuno Stato membro comunica al segretariato generale del Consiglio le autorità che, a norma del proprio diritto nazionale, sono competenti ad agire conformemente alla presente decisione quadro.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, ciascuno Stato membro può designare, se necessario a motivo dell’organizzazione del proprio sistema interno, una o più autorità centrali incaricate della trasmissione e della ricezione amministrative delle richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 5 e/o di coadiuvare le autorità competenti nel processo di consultazione. Gli Stati membri che intendano avvalersi della possibilità di designare una o più autorità centrali ne informano il segretariato generale del Consiglio.
4. Il segretariato generale del Consiglio mette a disposizione degli Stati membri e della Commissione le informazioni ricevute ai sensi dei paragrafi 2 e 3.
CAPO 2
SCAMBIO DI INFORMAZIONI
Articolo 5
Obbligo di prendere contatto
1. L’autorità competente di uno Stato membro che abbia fondati motivi per ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro Stato membro prende contatto con l’autorità competente dell’altro Stato membro per confermare l’esistenza di un siffatto procedimento parallelo al fine di avviare consultazioni dirette secondo quanto previsto all’articolo 10.
2. Se non conosce l’identità dell’autorità competente da contattare, l’autorità contattante compie tutti i necessari accertamenti, anche tramite i punti di contatto della Rete giudiziaria europea, al fine di ottenere gli estremi di tale autorità competente.
3. La procedura di contatto non si applica qualora le autorità competenti che conducono procedimenti paralleli siano già state informate dell’esistenza di tali procedimenti mediante qualsiasi altro mezzo.
Articolo 6
Obbligo di rispondere
1. L’autorità contattata risponde alla richiesta presentata in conformità dell’articolo 5, paragrafo 1, entro un termine ragionevole indicato dall’autorità contattante o, se non è stato indicato alcun termine, senza indebito ritardo, e comunica all’autorità contattante se siano in corso procedimenti paralleli nel suo Stato membro. Nei casi in cui l’autorità contattante abbia informato l’autorità contattata che l’indagato o imputato è sottoposto ad una misura detentiva preventiva o custodia cautelare, quest’ultima autorità tratta la richiesta con urgenza.
2. Se non può fornire una risposta entro il termine stabilito dall’autorità contattante, l’autorità contattata informa prontamente l’autorità contattante delle relative ragioni, indicando il termine entro il quale fornirà le informazioni richieste.
3. Se l’autorità che è stata contattata dall’autorità contattante non è l’autorità competente ai sensi dell’articolo 4, essa trasmette senza indebito ritardo la richiesta di informazione all’autorità competente e ne informa l’autorità contattante.
Articolo 7
Mezzi di comunicazione
Le autorità contattante e contattata comunicano con mezzi che consentano di conservare una traccia scritta.
Articolo 8
Informazioni minime da fornire nella richiesta
1. Nel presentare una richiesta a norma dell’articolo 5, l’autorità contattante fornisce le seguenti informazioni:
a)
gli estremi dell’autorità competente;
b)
una descrizione dei fatti e delle circostanze oggetto del procedimento penale in questione;
c)
tutti gli elementi rilevanti in merito all’identità dell’indagato o imputato e, se del caso, in merito alle vittime;
d)
la fase in cui si trova il procedimento penale; e
e)
se del caso, informazioni in merito alla pena detentiva preventiva o custodia cautelare cui è sottoposto l’indagato o imputato.
2. L’autorità contattante può fornire ulteriori informazioni pertinenti in relazione al procedimento penale in corso nel suo Stato membro, per esempio su eventuali difficoltà incontrate in tale Stato.
Articolo 9
Informazioni minime da fornire nella risposta
1. La risposta dell’autorità contattata ai sensi dell’articolo 6 contiene le seguenti informazioni:
a)
se è in corso o si è svolto un procedimento penale per alcuni o tutti i medesimi fatti oggetto del procedimento penale di cui alla richiesta di informazioni presentata dall’autorità contattante e se è implicata la stessa persona;
in caso di risposta affermativa alla lettera a):
b)
gli estremi dell’autorità competente; e
c)
la fase in cui si trova il procedimento o, ove sia stata adottata una decisione finale, la natura di tale decisione finale.
2. L’autorità contattata può fornire ulteriori informazioni pertinenti sul procedimento penale in corso o svoltosi nel suo Stato membro, in particolare su eventuali fatti connessi oggetto del procedimento penale in detto Stato.
CAPO 3
CONSULTAZIONI DIRETTE
Articolo 10
Obbligo di procedere a consultazioni dirette
1. Quando è accertata l’esistenza di procedimenti paralleli, le autorità competenti degli Stati membri interessati avviano consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli, che possono eventualmente comportare la concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro.
2. Durante il periodo delle consultazioni dirette, le autorità competenti interessate si scambiano informazioni sui provvedimenti procedurali importanti che hanno adottato nei procedimenti.
3. Nel corso delle consultazioni dirette, le autorità competenti che vi partecipano rispondono ogniqualvolta sia ragionevolmente possibile alle richieste di informazioni formulate da altre autorità competenti partecipanti. Tuttavia, un’autorità competente che riceva la richiesta da parte di un’altra autorità competente di fornire informazioni specifiche che potrebbero arrecare pregiudizio a interessi nazionali essenziali in materia di sicurezza ovvero compromettere la sicurezza di una persona non è tenuta a fornire dette informazioni.
Articolo 11
Procedura per raggiungere un consenso
Quando procedono a consultazioni dirette su un caso al fine di raggiungere un consenso ai sensi dell’articolo 10, le autorità competenti degli Stati membri esaminano i fatti e il merito del caso e tutti i fattori che ritengono pertinenti.
Articolo 12
Cooperazione con Eurojust
1. La presente decisione quadro è complementare e non pregiudica la decisione Eurojust.
2. Se non è stato possibile raggiungere un consenso ai sensi dell’articolo 10, la questione è, se del caso, sottoposta a Eurojust da qualsiasi autorità competente degli Stati membri interessati qualora Eurojust sia competente in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della decisione Eurojust.
Articolo 13
Informazioni sui risultati del procedimento
Se nel corso delle consultazioni dirette in conformità dell’articolo 10 è stato raggiunto un consenso sulla concentrazione dei procedimenti penali in un unico Stato membro, l’autorità competente di tale Stato membro informa la rispettiva autorità competente o le rispettive autorità competenti dell’altro Stato membro o degli altri Stati membri dei risultati del procedimento.
CAPO 4
DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI
Articolo 14
Lingue
1. Ciascuno Stato membro indica in una dichiarazione da depositare presso il segretariato generale del Consiglio quali lingue, tra le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione, possono essere usate nel corso della procedura di presa di contatto in conformità del capo 2.
2. Le autorità competenti possono convenire di usare qualunque lingua nell’ambito delle loro consultazioni dirette in conformità dell’articolo 10.
Articolo 15
Relazione con altri strumenti giuridici e altre intese
1. Qualora altri strumenti giuridici o intese consentano di estendere gli obiettivi della presente decisione quadro o contribuiscano a semplificare o agevolare la procedura in base alla quale le autorità nazionali si scambiano informazioni sui rispettivi procedimenti penali, avviano consultazioni dirette e cercano di raggiungere un consenso su eventuali soluzioni efficaci miranti ad evitare le conseguenze negative derivanti da procedimenti penali paralleli, gli Stati membri possono:
a)
continuare ad applicare accordi o intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento dell’entrata in vigore della presente decisione quadro,
b)
concludere accordi o convenzioni bilaterali o multilaterali successivamente all’entrata in vigore della presente decisione quadro.
2. Gli accordi e le intese di cui al paragrafo 1 non pregiudicano in alcun caso le relazioni con gli Stati membri che non sono parti degli stessi.
Articolo 16
Attuazione
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 15 giugno 2012.
Entro il 15 giugno 2012 gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro.
Articolo 17
Relazione
Entro il 15 dicembre 2012 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro, eventualmente accompagnata da proposte legislative.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(2) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19.
(3) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1.
(4) GU L 138 del 4.6.2009, pag. 14.
(5) GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.
(6) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Giurisdizione nei procedimenti penali: prevenzione e risoluzione dei conflitti
Questa decisione quadro ha lo scopo di migliorare la cooperazione giudiziaria fra i paesi dell’Unione europea (UE), in modo da evitare inutili procedimenti penali paralleli riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona. Essa ha il potenziale di promuovere una gestione efficiente della giustizia penale nei casi transfrontalieri risparmiando tempo e risorse umane e finanziarie delle autorità competenti nel procedimento.
ATTO
Decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali.
SINTESI
Questa decisione quadro ha lo scopo di migliorare la cooperazione giudiziaria fra i paesi dell’Unione europea (UE), in modo da evitare inutili procedimenti penali paralleli riguardanti gli stessi fatti e la stessa persona. Essa ha il potenziale di promuovere una gestione efficiente della giustizia penale nei casi transfrontalieri risparmiando tempo e risorse umane e finanziarie delle autorità competenti nel procedimento.
Delinea la procedura con cui le autorità nazionali competenti si mettono in contatto tra di loro quando hanno fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro paese dell’UE. Stabilisce inoltre il quadro di riferimento affinché tali autorità procedano a consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli.
Scambio di informazioni
Se l’autorità competente di un paese dell’UE ha fondati motivi di ritenere che si stia conducendo un procedimento parallelo in un altro paese dell’UE, deve cercare conferma sull’esistenza di tali procedimenti paralleli da parte dell’autorità competente di quel paese. L’autorità contattata deve rispondere senza indugio, entro il termine stabilito dall’autorità contattante.
Unitamente alla sua richiesta, l’autorità contattante deve fornire almeno le seguenti informazioni:
gli estremi dell’autorità competente;
una descrizione dei fatti e delle circostanze oggetto del procedimento penale;
tutti gli elementi rilevanti in merito all’identità dell’indagato o imputato e, se del caso, in merito alle vittime;
la fase in cui si trova il procedimento penale;
se del caso, informazioni in merito alla pena detentiva preventiva o custodia cautelare cui è sottoposto l’indagato o imputato.
Nella sua risposta, l’autorità contattata deve indicare se è in corso o si è svolto un procedimento penale per alcuni o tutti i medesimi fatti oggetto del procedimento penale nel paese dell’autorità contattante. Se questo è il caso, anche l’autorità contattata deve fornire i propri estremi, nonché la fase in cui si trova il procedimento o la natura della decisione finale.
Consultazioni dirette
Quando è accertata l’esistenza di procedimenti paralleli, le autorità interessate avviano consultazioni dirette al fine di pervenire ad un consenso su una soluzione efficace volta ad evitare le conseguenze negative derivanti da tali procedimenti paralleli. Ciò può portare alla concentrazione dei procedimenti in unico paese dell’UE.
Quando le autorità interessate avviano consultazioni dirette devono prendere in considerazione tutti i fatti e il merito del caso e tutti gli altri fattori rilevanti. Se non si trova una soluzione, la questione viene sottoposta, se del caso, a Eurojust, a condizione che rientri nella sua competenza.
Attuazione
Nel 2014, la Commissione europea ha pubblicato una relazione su come i paesi dell’UE hanno recepito la decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio. Al momento della pubblicazione, solo 15 paesi dell’UE avevano introdotto leggi che incorporavano l’atto nella loro legislazione nazionale.
La Commissione è preoccupata del fatto che un numero significativo di paesi dell’UE non ha ancora attuato la decisione quadro, che nega loro un importante strumento per risolvere i conflitti di giurisdizione dove si presentano. Esorta quindi tutti i paesi che non lo hanno ancora fatto ad adottare misure rapide per attuarla in pieno.
Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sulla cooperazione giudiziaria.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione quadro 2009/948/GAI
15.12.2009
15.6.2012
GU L 328 del 15.12.2009, pag. 42-47
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione da parte degli Stati membri della decisione quadro 2009/948/GAI, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali, COM(2014) 313 final del 2.6.2014. |
Cooperazione europea in materia di prevenzione della criminalità
Decisione 2009/902/GAI del Consiglio che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC)
ATTO
Decisione 2009/902/UE del Consiglio, del 30 novembre 2009, che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI.
SINTESI
La politica sulla prevenzione della criminalità nell’Unione europea (UE) si rafforza grazie alla cooperazione tra autorità a livello nazionale e locale e altri esperti e professionisti del settore.
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Istituisce la rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) per contribuire allo sviluppo di misure di prevenzione della criminalità nell’UE. Oltre a fornire un quadro per la cooperazione tra i paesi dell’UE, la rete supporta anche le attività di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale.
PUNTI CHIAVE
La REPC si occupa di:
—
facilitare la cooperazione, i contatti e gli scambi d’informazioni tra le parti interessate;
—
raccogliere, valutare e condividere le informazioni sulla prevenzione della criminalità;
—
organizzare conferenze e attività per sviluppare la prevenzione della criminalità e condividere i risultati di questo lavoro sulla prevenzione della criminalità;
—
fornire la necessaria competenza alle istituzioni europee (Consiglio e Commissione);
—
riferire annualmente al Consiglio sulle sue attività;
—
sviluppare e attuare un programma di lavoro che tenga conto delle pertinenti minacce della criminalità.
Gli obiettivi della REPC sono raggiunti attraverso un programma di lavoro annuale, nell’ambito di una strategia pluriennale (2010-2015).
La rete è composta da:
—
un consiglio di amministrazione , responsabile della sua gestione complessiva;
—
un segretariato , che fornisce supporto amministrativo al consiglio di amministrazione;
—
punti di contatto, che sostengono gli scambi di informazioni e di competenze tra i rappresentanti nazionali.
Attività
La REPC svolge una serie di attività, tra cui:
—
la promozione di buone pratiche, attraverso un database che contiene esempi di iniziative e progetti di prevenzione della criminalità (che vanno dalla prevenzione del crimine violento alla criminalità informatica);
—
l’organizzazione della conferenza sulle migliori prassi, un evento annuale rivolto ai politici, ai professionisti e ai ricercatori per la condivisione di esperienze e buone prassi in materia di prevenzione della criminalità e di sicurezza nei paesi dell’UE;
—
la presentazione del premio europeo per la prevenzione della criminalità , volto a premiare il miglior progetto europeo di prevenzione della criminalità. Il concorso è aperto a qualsiasi progetto, iniziativa o pacchetto di misure volto a ridurre la criminalità e la paura del crimine nel quadro del tema indicato;
—
la raccolta e la promozione di risultati e attività basati sulla ricerca per prevenire la criminalità. I«kit di strumenti» su aspetti specifici della prevenzione della criminalità hanno lo scopo di informare, sostenere e ispirare gli operatori locali e i decisori politici attraverso conoscenze pratiche proposte sotto forma di un documento di facile lettura;
—
creare e mantenere un archivio di studi, articoli e altri documenti in materia di prevenzione della criminalità accessibile attraverso il motore di ricerca di una biblioteca online sul sito Web della rete REPC.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE?
A decorrere dal 30 novembre 2009.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet sulla rete europea di prevenzione della criminalità .
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2009/902/GAI
30.11.2009
-
GU L 321 dell’8.12.2009, pag. 44-46 | DECISIONE 2009/902/GAI DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica di Ungheria, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Finlandia, del Regno di Svezia, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1),
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha concluso che era necessario sviluppare misure di prevenzione della criminalità, scambiare migliori prassi e rafforzare la rete delle autorità nazionali competenti per la prevenzione della criminalità e la cooperazione tra le organizzazioni nazionali impegnate in tale settore, precisando che le priorità per tale cooperazione potrebbero essere, innanzi tutto, la delinquenza giovanile, la criminalità urbana e la criminalità connessa alla droga. A tal fine si auspicava un esame della possibilità di un programma finanziato dalla Comunità.
(2)
A norma della raccomandazione n. 6 della strategia dell'Unione europea per l'inizio del nuovo millennio relativa alla prevenzione e al controllo della criminalità organizzata (2), il Consiglio dev'essere opportunamente assistito da esperti qualificati in materia di prevenzione della criminalità, quali i punti focali nazionali, o mediante la costituzione di una rete di esperti appartenenti alle organizzazioni nazionali incaricate della prevenzione della criminalità.
(3)
La decisione 2001/427/GAI del Consiglio ha istituito la rete europea di prevenzione della criminalità (3).
(4)
Una valutazione esterna della rete europea di prevenzione della criminalità, effettuata nel 2008-2009, ha individuato possibilità di consolidamento della rete che sono state accettate dal consiglio di amministrazione della REPC e che rendono necessaria l'abrogazione della decisione 2001/427/GAI e la sua sostituzione con una nuova decisione del Consiglio relativa alla rete.
(5)
La valutazione ha individuato la necessità di un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti nazionali nelle attività della rete.
(6)
Per consolidare la rete è necessaria una serie di modifiche, ivi comprese le modifiche delle disposizioni relative ai punti di contatto, al segretariato, alla struttura del consiglio di amministrazione e alle sue funzioni, inclusa la nomina del presidente.
(7)
Le modifiche relative alla composizione della rete dovrebbero essere efficaci ed efficienti in termini di costi, in base alle precedenti esperienze degli Stati membri in materia di finanziamento ed espletamento delle attività di segretariato e delle altre attività della rete. Il consiglio di amministrazione dovrebbe cooperare maggiormente per esplorare e sfruttare appieno le possibilità di finanziamento mediante il bilancio generale dell'Unione europea. Ciò potrebbe essere realizzato sulla base di partenariati quadro o includendo la rete nell'elenco degli organismi riconosciuti in situazione di monopolio del pertinente programma di finanziamento.
(8)
Le altre disposizioni dovrebbero essere basate sulla decisione 2001/427/GAI,
DECIDE:
Articolo 1
Istituzione
È istituita una rete europea di prevenzione della criminalità (in appresso «la rete»). Essa succede alla rete europea di prevenzione della criminalità istituita con la decisione 2001/427/GAI.
Articolo 2
Oggetto
1. La rete contribuisce a sviluppare i vari aspetti della prevenzione della criminalità a livello dell'Unione, tenendo conto della strategia dell'Unione Europea in materia di prevenzione della criminalità, e fornisce sostegno alle azioni di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale.
2. La prevenzione della criminalità comprende tutte le misure che mirano, o altrimenti concorrono, a contrastare la criminalità e a diminuire il senso di insicurezza dei cittadini, sia quantitativamente che qualitativamente, scoraggiando le attività criminali direttamente o mediante il ricorso a politiche e azioni intese a ridurre il potenziale criminoso e a limitarne le cause. Essa include l'azione dei governi, delle autorità competenti, delle istituzioni giudiziarie del settore penale, delle autorità locali e delle associazioni specializzate che hanno istituito in Europa, del settore privato e del volontariato, dei ricercatori e del pubblico, con il sostegno dei mezzi di comunicazione.
Articolo 3
Struttura e composizione
1. La rete è composta da un consiglio di amministrazione e da un segretariato, così come dai punti di contatto che possono essere designati da ciascuno Stato membro.
2. Il consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti nazionali, con un presidente e un comitato esecutivo.
3. Ciascuno Stato membro nomina un rappresentante nazionale e può nominare un supplente.
4. Il presidente è nominato tra i rappresentanti nazionali.
5. Il comitato esecutivo è guidato dal presidente ed è composto da un massimo di altri sei membri del consiglio di amministrazione e da un rappresentante designato dalla Commissione.
Articolo 4
Funzioni della rete
La rete, in particolare:
a)
facilita la cooperazione, i contatti e gli scambi d'informazioni e di esperienze tra gli operatori nel settore della prevenzione della criminalità;
b)
raccoglie, valuta e comunica le informazioni basate su elementi di valutazione, incluse le buone prassi sulle azioni di prevenzione in atto;
c)
organizza conferenze, in particolare una conferenza annuale sulle migliori prassi, ed altre attività, compreso il premio annuale europeo per la prevenzione della criminalità, intese a raggiungere gli obiettivi della rete e a condividerne ampiamente i risultati;
d)
fornisce la necessaria consulenza al Consiglio e alla Commissione;
e)
riferisce ogni anno al Consiglio sulle sue attività tramite il consiglio di amministrazione e le competenti strutture operative. Il Consiglio è invitato ad approvare la relazione e a trasmetterla al Parlamento europeo;
f)
sviluppa ed attua un programma di lavoro basato su una strategia chiaramente definita che tenga conto dell'identificazione delle pertinenti minacce della criminalità e della maniera di farvi fronte.
Articolo 5
Scambio di informazioni
Per raggiungere i suoi obiettivi la rete:
a)
privilegia un approccio pluridisciplinare;
b)
si tiene in stretto rapporto, tramite i rappresentanti nazionali e i punti di contatto, con gli organismi incaricati della prevenzione della criminalità, con le autorità locali, con i partenariati locali e con la società civile, nonché con gli istituti di ricerca e le organizzazioni non governative degli Stati membri;
c)
crea e tiene aggiornato il proprio sito web contenente le relazioni periodiche e qualsiasi altra informazione utile, in particolare una raccolta delle migliori prassi;
d)
si adopera per utilizzare e promuovere i risultati dei progetti pertinenti per la prevenzione della criminalità finanziati nell'ambito dei programmi dell'Unione.
Articolo 6
Responsabilità
1. Il Comitato esecutivo sostiene il presidente per assicurare, tra l'altro:
a)
l'elaborazione della strategia della rete che è approvata dal consiglio di amministrazione;
b)
l'efficace funzionamento del consiglio di amministrazione, e
c)
l'elaborazione e l'esecuzione del programma di lavoro.
2. Tra le funzioni del consiglio di amministrazione rientrano:
a)
la garanzia del corretto funzionamento della rete conformemente alla presente decisione, comprese le decisioni sull'organizzazione pratica delle attività del segretariato;
b)
l'elaborazione e l'adozione del regolamento finanziario;
c)
l'approvazione della strategia della rete, che contribuisca a sviluppare la prevenzione della criminalità a livello dell'Unione;
d)
l'adozione e la garanzia della realizzazione del programma di lavoro della rete;
e)
l'adozione di una relazione annuale sulle attività della rete.
3. Il consiglio di amministrazione adotta all'unanimità il proprio regolamento interno che include, tra l'altro, le disposizioni sulla nomina e la durata del mandato del presidente e dei membri del comitato esecutivo, sulle modalità di decisione del consiglio di amministrazione, sul regime linguistico, sui compiti, l'organizzazione e le risorse del segretariato e sulle modalità amministrative della cooperazione con altre strutture di cui all'articolo 8.
4. Il segretariato assiste il consiglio di amministrazione, è operativo a titolo permanente, a beneficio totale della rete, nel rispetto della riservatezza richiesta e ha i seguenti compiti:
a)
fornire supporto amministrativo e generale per la preparazione di riunioni, seminari e conferenze; redigere la relazione annuale e il programma di lavoro, sostenere l'attuazione del programma di lavoro e fungere da punto focale per la comunicazione con i membri della rete;
b)
svolgere una funzione di analisi e di supporto per individuare l'attività di ricerca in corso nel settore della prevenzione della criminalità e le relative informazioni utili per la rete;
c)
assumere la responsabilità generale di ospitare, sviluppare e aggiornare il sito web della rete.
5. Ogni rappresentante nazionale promuove le attività della rete a livello nazionale e locale e facilita la fornitura, l'aggiornamento e lo scambio di materiale relativo alla prevenzione della criminalità tra il relativo Stato membro e la rete.
6. I punti di contatto assistono i rappresentanti nazionali nello scambio di informazioni e competenze sulla prevenzione della criminalità a livello nazionale nell'ambito della rete.
7. Il segretariato riferisce al presidente e al comitato esecutivo, che ne controllano l'operato.
8. Gli Stati membri sono responsabili del finanziamento della rete e delle sue attività. Tramite il consiglio di amministrazione, gli Stati membri cooperano per assicurare il finanziamento efficiente in termini di costi della rete e delle sue attività.
9. Il paragrafo 8 non osta alla possibilità di chiedere ed ottenere un sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea.
Articolo 7
Riunioni del consiglio
Il consiglio di amministrazione si riunisce almeno una volta per semestre su convocazione del presidente.
Articolo 8
Cooperazione con altre strutture
La rete può cooperare con altre strutture competenti in materia di prevenzione della criminalità qualora sia pertinente al raggiungimento dei suoi obiettivi.
Articolo 9
Valutazione
La Commissione presenta al Consiglio una relazione di valutazione in merito alle attività della rete concentrandosi in particolare sull'efficienza dei lavori della rete e del segretariato, tenendo debito conto dell'interazione tra la rete ed altri soggetti pertinenti entro 30 novembre 2012. In base ai risultati di tale valutazione sono individuate eventuali opportunità che potrebbero essere realizzate ad esempio trasferendo il segretariato ad un'agenzia esistente.
Articolo 10
Abrogazione
La decisione 2001/427/GAI è abrogata.
Articolo 11
Decorrenza degli effetti
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno dell'adozione.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU C 222 del 15.9.2009, pag. 2.
(2) GU C 124 del 3.5.2000, pag. 1.
(3) GU L 153 dell'8.6.2001, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE 2009/902/GAI DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica di Ungheria, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Finlandia, del Regno di Svezia, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1),
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha concluso che era necessario sviluppare misure di prevenzione della criminalità, scambiare migliori prassi e rafforzare la rete delle autorità nazionali competenti per la prevenzione della criminalità e la cooperazione tra le organizzazioni nazionali impegnate in tale settore, precisando che le priorità per tale cooperazione potrebbero essere, innanzi tutto, la delinquenza giovanile, la criminalità urbana e la criminalità connessa alla droga. A tal fine si auspicava un esame della possibilità di un programma finanziato dalla Comunità.
(2)
A norma della raccomandazione n. 6 della strategia dell'Unione europea per l'inizio del nuovo millennio relativa alla prevenzione e al controllo della criminalità organizzata (2), il Consiglio dev'essere opportunamente assistito da esperti qualificati in materia di prevenzione della criminalità, quali i punti focali nazionali, o mediante la costituzione di una rete di esperti appartenenti alle organizzazioni nazionali incaricate della prevenzione della criminalità.
(3)
La decisione 2001/427/GAI del Consiglio ha istituito la rete europea di prevenzione della criminalità (3).
(4)
Una valutazione esterna della rete europea di prevenzione della criminalità, effettuata nel 2008-2009, ha individuato possibilità di consolidamento della rete che sono state accettate dal consiglio di amministrazione della REPC e che rendono necessaria l'abrogazione della decisione 2001/427/GAI e la sua sostituzione con una nuova decisione del Consiglio relativa alla rete.
(5)
La valutazione ha individuato la necessità di un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti nazionali nelle attività della rete.
(6)
Per consolidare la rete è necessaria una serie di modifiche, ivi comprese le modifiche delle disposizioni relative ai punti di contatto, al segretariato, alla struttura del consiglio di amministrazione e alle sue funzioni, inclusa la nomina del presidente.
(7)
Le modifiche relative alla composizione della rete dovrebbero essere efficaci ed efficienti in termini di costi, in base alle precedenti esperienze degli Stati membri in materia di finanziamento ed espletamento delle attività di segretariato e delle altre attività della rete. Il consiglio di amministrazione dovrebbe cooperare maggiormente per esplorare e sfruttare appieno le possibilità di finanziamento mediante il bilancio generale dell'Unione europea. Ciò potrebbe essere realizzato sulla base di partenariati quadro o includendo la rete nell'elenco degli organismi riconosciuti in situazione di monopolio del pertinente programma di finanziamento.
(8)
Le altre disposizioni dovrebbero essere basate sulla decisione 2001/427/GAI,
DECIDE:
Articolo 1
Istituzione
È istituita una rete europea di prevenzione della criminalità (in appresso «la rete»). Essa succede alla rete europea di prevenzione della criminalità istituita con la decisione 2001/427/GAI.
Articolo 2
Oggetto
1. La rete contribuisce a sviluppare i vari aspetti della prevenzione della criminalità a livello dell'Unione, tenendo conto della strategia dell'Unione Europea in materia di prevenzione della criminalità, e fornisce sostegno alle azioni di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale.
2. La prevenzione della criminalità comprende tutte le misure che mirano, o altrimenti concorrono, a contrastare la criminalità e a diminuire il senso di insicurezza dei cittadini, sia quantitativamente che qualitativamente, scoraggiando le attività criminali direttamente o mediante il ricorso a politiche e azioni intese a ridurre il potenziale criminoso e a limitarne le cause. Essa include l'azione dei governi, delle autorità competenti, delle istituzioni giudiziarie del settore penale, delle autorità locali e delle associazioni specializzate che hanno istituito in Europa, del settore privato e del volontariato, dei ricercatori e del pubblico, con il sostegno dei mezzi di comunicazione.
Articolo 3
Struttura e composizione
1. La rete è composta da un consiglio di amministrazione e da un segretariato, così come dai punti di contatto che possono essere designati da ciascuno Stato membro.
2. Il consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti nazionali, con un presidente e un comitato esecutivo.
3. Ciascuno Stato membro nomina un rappresentante nazionale e può nominare un supplente.
4. Il presidente è nominato tra i rappresentanti nazionali.
5. Il comitato esecutivo è guidato dal presidente ed è composto da un massimo di altri sei membri del consiglio di amministrazione e da un rappresentante designato dalla Commissione.
Articolo 4
Funzioni della rete
La rete, in particolare:
a)
facilita la cooperazione, i contatti e gli scambi d'informazioni e di esperienze tra gli operatori nel settore della prevenzione della criminalità;
b)
raccoglie, valuta e comunica le informazioni basate su elementi di valutazione, incluse le buone prassi sulle azioni di prevenzione in atto;
c)
organizza conferenze, in particolare una conferenza annuale sulle migliori prassi, ed altre attività, compreso il premio annuale europeo per la prevenzione della criminalità, intese a raggiungere gli obiettivi della rete e a condividerne ampiamente i risultati;
d)
fornisce la necessaria consulenza al Consiglio e alla Commissione;
e)
riferisce ogni anno al Consiglio sulle sue attività tramite il consiglio di amministrazione e le competenti strutture operative. Il Consiglio è invitato ad approvare la relazione e a trasmetterla al Parlamento europeo;
f)
sviluppa ed attua un programma di lavoro basato su una strategia chiaramente definita che tenga conto dell'identificazione delle pertinenti minacce della criminalità e della maniera di farvi fronte.
Articolo 5
Scambio di informazioni
Per raggiungere i suoi obiettivi la rete:
a)
privilegia un approccio pluridisciplinare;
b)
si tiene in stretto rapporto, tramite i rappresentanti nazionali e i punti di contatto, con gli organismi incaricati della prevenzione della criminalità, con le autorità locali, con i partenariati locali e con la società civile, nonché con gli istituti di ricerca e le organizzazioni non governative degli Stati membri;
c)
crea e tiene aggiornato il proprio sito web contenente le relazioni periodiche e qualsiasi altra informazione utile, in particolare una raccolta delle migliori prassi;
d)
si adopera per utilizzare e promuovere i risultati dei progetti pertinenti per la prevenzione della criminalità finanziati nell'ambito dei programmi dell'Unione.
Articolo 6
Responsabilità
1. Il Comitato esecutivo sostiene il presidente per assicurare, tra l'altro:
a)
l'elaborazione della strategia della rete che è approvata dal consiglio di amministrazione;
b)
l'efficace funzionamento del consiglio di amministrazione, e
c)
l'elaborazione e l'esecuzione del programma di lavoro.
2. Tra le funzioni del consiglio di amministrazione rientrano:
a)
la garanzia del corretto funzionamento della rete conformemente alla presente decisione, comprese le decisioni sull'organizzazione pratica delle attività del segretariato;
b)
l'elaborazione e l'adozione del regolamento finanziario;
c)
l'approvazione della strategia della rete, che contribuisca a sviluppare la prevenzione della criminalità a livello dell'Unione;
d)
l'adozione e la garanzia della realizzazione del programma di lavoro della rete;
e)
l'adozione di una relazione annuale sulle attività della rete.
3. Il consiglio di amministrazione adotta all'unanimità il proprio regolamento interno che include, tra l'altro, le disposizioni sulla nomina e la durata del mandato del presidente e dei membri del comitato esecutivo, sulle modalità di decisione del consiglio di amministrazione, sul regime linguistico, sui compiti, l'organizzazione e le risorse del segretariato e sulle modalità amministrative della cooperazione con altre strutture di cui all'articolo 8.
4. Il segretariato assiste il consiglio di amministrazione, è operativo a titolo permanente, a beneficio totale della rete, nel rispetto della riservatezza richiesta e ha i seguenti compiti:
a)
fornire supporto amministrativo e generale per la preparazione di riunioni, seminari e conferenze; redigere la relazione annuale e il programma di lavoro, sostenere l'attuazione del programma di lavoro e fungere da punto focale per la comunicazione con i membri della rete;
b)
svolgere una funzione di analisi e di supporto per individuare l'attività di ricerca in corso nel settore della prevenzione della criminalità e le relative informazioni utili per la rete;
c)
assumere la responsabilità generale di ospitare, sviluppare e aggiornare il sito web della rete.
5. Ogni rappresentante nazionale promuove le attività della rete a livello nazionale e locale e facilita la fornitura, l'aggiornamento e lo scambio di materiale relativo alla prevenzione della criminalità tra il relativo Stato membro e la rete.
6. I punti di contatto assistono i rappresentanti nazionali nello scambio di informazioni e competenze sulla prevenzione della criminalità a livello nazionale nell'ambito della rete.
7. Il segretariato riferisce al presidente e al comitato esecutivo, che ne controllano l'operato.
8. Gli Stati membri sono responsabili del finanziamento della rete e delle sue attività. Tramite il consiglio di amministrazione, gli Stati membri cooperano per assicurare il finanziamento efficiente in termini di costi della rete e delle sue attività.
9. Il paragrafo 8 non osta alla possibilità di chiedere ed ottenere un sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea.
Articolo 7
Riunioni del consiglio
Il consiglio di amministrazione si riunisce almeno una volta per semestre su convocazione del presidente.
Articolo 8
Cooperazione con altre strutture
La rete può cooperare con altre strutture competenti in materia di prevenzione della criminalità qualora sia pertinente al raggiungimento dei suoi obiettivi.
Articolo 9
Valutazione
La Commissione presenta al Consiglio una relazione di valutazione in merito alle attività della rete concentrandosi in particolare sull'efficienza dei lavori della rete e del segretariato, tenendo debito conto dell'interazione tra la rete ed altri soggetti pertinenti entro 30 novembre 2012. In base ai risultati di tale valutazione sono individuate eventuali opportunità che potrebbero essere realizzate ad esempio trasferendo il segretariato ad un'agenzia esistente.
Articolo 10
Abrogazione
La decisione 2001/427/GAI è abrogata.
Articolo 11
Decorrenza degli effetti
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno dell'adozione.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU C 222 del 15.9.2009, pag. 2.
(2) GU C 124 del 3.5.2000, pag. 1.
(3) GU L 153 dell'8.6.2001, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Cooperazione europea in materia di prevenzione della criminalità
Decisione 2009/902/GAI del Consiglio che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC)
ATTO
Decisione 2009/902/UE del Consiglio, del 30 novembre 2009, che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI.
SINTESI
La politica sulla prevenzione della criminalità nell’Unione europea (UE) si rafforza grazie alla cooperazione tra autorità a livello nazionale e locale e altri esperti e professionisti del settore.
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Istituisce la rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) per contribuire allo sviluppo di misure di prevenzione della criminalità nell’UE. Oltre a fornire un quadro per la cooperazione tra i paesi dell’UE, la rete supporta anche le attività di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale.
PUNTI CHIAVE
La REPC si occupa di:
—
facilitare la cooperazione, i contatti e gli scambi d’informazioni tra le parti interessate;
—
raccogliere, valutare e condividere le informazioni sulla prevenzione della criminalità;
—
organizzare conferenze e attività per sviluppare la prevenzione della criminalità e condividere i risultati di questo lavoro sulla prevenzione della criminalità;
—
fornire la necessaria competenza alle istituzioni europee (Consiglio e Commissione);
—
riferire annualmente al Consiglio sulle sue attività;
—
sviluppare e attuare un programma di lavoro che tenga conto delle pertinenti minacce della criminalità.
Gli obiettivi della REPC sono raggiunti attraverso un programma di lavoro annuale, nell’ambito di una strategia pluriennale (2010-2015).
La rete è composta da:
—
un consiglio di amministrazione , responsabile della sua gestione complessiva;
—
un segretariato , che fornisce supporto amministrativo al consiglio di amministrazione;
—
punti di contatto, che sostengono gli scambi di informazioni e di competenze tra i rappresentanti nazionali.
Attività
La REPC svolge una serie di attività, tra cui:
—
la promozione di buone pratiche, attraverso un database che contiene esempi di iniziative e progetti di prevenzione della criminalità (che vanno dalla prevenzione del crimine violento alla criminalità informatica);
—
l’organizzazione della conferenza sulle migliori prassi, un evento annuale rivolto ai politici, ai professionisti e ai ricercatori per la condivisione di esperienze e buone prassi in materia di prevenzione della criminalità e di sicurezza nei paesi dell’UE;
—
la presentazione del premio europeo per la prevenzione della criminalità , volto a premiare il miglior progetto europeo di prevenzione della criminalità. Il concorso è aperto a qualsiasi progetto, iniziativa o pacchetto di misure volto a ridurre la criminalità e la paura del crimine nel quadro del tema indicato;
—
la raccolta e la promozione di risultati e attività basati sulla ricerca per prevenire la criminalità. I«kit di strumenti» su aspetti specifici della prevenzione della criminalità hanno lo scopo di informare, sostenere e ispirare gli operatori locali e i decisori politici attraverso conoscenze pratiche proposte sotto forma di un documento di facile lettura;
—
creare e mantenere un archivio di studi, articoli e altri documenti in materia di prevenzione della criminalità accessibile attraverso il motore di ricerca di una biblioteca online sul sito Web della rete REPC.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE?
A decorrere dal 30 novembre 2009.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet sulla rete europea di prevenzione della criminalità .
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2009/902/GAI
30.11.2009
-
GU L 321 dell’8.12.2009, pag. 44-46 |
Carta blu UE — ingresso e soggiorno di lavoratori altamente qualificati (fino al 2023)
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Definisce le condizioni di ingresso e di soggiorno per cittadini di paesi terzi altamente qualificati* che desiderano svolgere un lavoro altamente qualificato in uno Stato membro dell’Unione europea (Unione) (a eccezione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito (1)) e per le loro famiglie. Crea un sistema della carta blu UE*. La direttiva sarà abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2021/1883 (si veda la sintesi) a partire dal 19 novembre 2023.
PUNTI CHIAVE
I richiedenti la carta blu UE devono presentare:un contratto di lavoro valido o un’offerta di lavoro vincolante di almeno un anno, che offra uno stipendio pari ad almeno 1,5 volte lo stipendio annuo lordo medio nello Stato membro interessato;una prova documentale che certifichi il possesso delle qualifiche necessarie;un documento di viaggio valido e, dove richiesto, un visto;prova dell’assicurazione sanitaria. Gli Stati membri possono respingere una domanda se le condizioni di cui sopra non sono soddisfatte o se i documenti sono stati acquisiti illegalmente, falsificati o manomessi. Il richiedente non deve essere considerato una minaccia per l’ordine, la sicurezza o la salute pubblici. Gli Stati membri possono stabilire il numero di dipendenti altamente qualificati da ammettere. Ai richiedenti ammessi sarà rilasciata una carta blu UE valida per un periodo standard di 1–4 anni, a seconda dello Stato membro interessato o per la durata del contratto di lavoro, se questo è più breve del periodo di validità standard, più tre mesi. La domanda può essere presentata dalla persona e/o dal suo datore di lavoro, a seconda dello Stato membro. Per i primi due anni, i titolari di Carta blu UE sono limitati a posti di lavoro altamente qualificati che soddisfano i criteri di ammissione. Al termine di tale periodo possono presentare domanda a parità di condizioni con i cittadini del paese per altri lavori altamente qualificati, a seconda dello Stato membro interessato. I titolari di carte blu UE e le loro famiglie possono entrare, rientrare e soggiornare nello Stato membro che rilascia la carta e transitare in altri Stati membri. I titolari di carta blu UE godono degli stessi diritti dei cittadini del paese in termini di condizioni di lavoro, istruzione, riconoscimento delle qualifiche, sicurezza sociale e libertà di associazione. Gli Stati membri possono limitare alcuni di questi diritti, in particolare borse di studio e prestiti. Le autorità nazionali possono ritirare una carta blu UE o astenersi dal rinnovo, qualora il titolare non soddisfi più le condizioni originarie, sia stato disoccupato per oltre tre mesi o sia considerato una minaccia pubblica. Dopo 18 mesi di soggiorno legale, un titolare di carta blu UE beneficia di qualche facilitazione per ottenere il visto necessario per trasferirsi in un altro Stato membro. A condizione di soddisfare nuovamente i criteri di ammissione, possono essere autorizzati a iniziare a lavorare prima che venga presa la decisione di concedere il visto e i membri della famiglia possono immediatamente unirsi a loro. La Commissione riferisce ogni tre anni sulla modalità di applicazione della legislazione. La prima relazione è stata pubblicata a giugno 2014.Revisione e propostaNel 2016 la Commissione europea ha emanato una proposta di abrogazione della direttiva 2009/50/CE. Ciò è derivato da una revisione della direttiva, pubblicata in parallelo, che ha concluso che l’attuale direttiva ha molte debolezze intrinseche e che non viene applicata coerentemente in tutta l’Unione. Inoltre, molti Stati membri dispongono di norme e procedure parallele per la stessa categoria di lavoratori altamente qualificati. Tale frammentazione non è né efficiente, poiché crea un onere per i datori di lavoro e per i richiedenti, né efficace in quanto il numero di permessi rilasciati ai lavoratori altamente qualificati rimane ristretto. Ciò rende più difficile per l’Unione attrarre e trattenere i talenti di cui ha bisogno. La proposta cerca di affrontare le carenze della precedente direttiva e di estendere il suo ambito di applicazione in modo da includervi i beneficiari di protezione internazionale e i familiari di paesi terzi dei cittadini dell’Unione. Lo schema proposto sostituirebbe anche programmi nazionali paralleli destinati allo stesso gruppo della carta blu. La proposta include inoltre quanto segue:condizioni di ammissione più flessibili (una soglia salariale più bassa, una durata minima del contratto iniziale di meno di sei mesi, regole più semplici per i neolaureati e lavoratori in carenza di occupazione, equivalenza tra esperienza professionale e qualifiche formali);procedure più semplici (procedure più rapide e più flessibili, una procedura opzionale accelerata per i datori di lavoro affidabili);diritti più ampi (accesso più flessibile al mercato del lavoro, inclusa l’attività autonoma, ricongiungimento familiare immediato, accesso più facile allo status di soggiornante di lungo periodo dell’Unione);viaggi più facili all’interno dell’Unione (ad esempio, per viaggi di lavoro a breve termine in tutta l’Unione, accesso a una carta blu UE in un secondo Stato membro).Abrogazione
La direttiva 2009/50/CE è abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2021/1883 a partire dal 19 novembre 2023.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 19 giugno 2009 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 19 giugno 2011.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Migrazione legale e integrazione (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Dipendente altamente qualificato: una persona che possiede un insieme di competenze specifiche certificate da qualifiche professionali avanzate.
Carta blu UE: un permesso di lavoro e di soggiorno recante le parole «carta blu UE», che consente al titolare di vivere e lavorare nello Stato membro di rilascio.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (GU L 155 del 18.6.2009, pag. 17).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77). Testo ripubblicato nella rettifica (GU L 229 del 29.6.2004, pag. 35).
Le modifiche successive alla direttiva 2004/38/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa a procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60).
Direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 21).
Si veda la versione consolidata.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati («Carta blu UE») [COM(2014) 287 final del 22.5.2014].
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati [COM(2016) 378 final del 7.6.2016].
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Valutazione dell’impatto — che accompagna il documento proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati e che abroga la direttiva 2009/50/CE [SWD(2016) 193 final del 7.6.2016].
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Sintesi della Valutazione dell’Impatto — che accompagna il documento proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati [SWD(2016) 194 final del 7.6.2016]. | DIRETTIVA 2009/50/CE DEL CONSIGLIO
del 25 maggio 2009
sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 63, primo comma, punto 3, lettera a), e punto 4),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo (2),
previa consultazione del Comitato delle regioni (3),
considerando quanto segue:
(1)
Allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il trattato prevede l’adozione di misure nei settori dell’asilo, dell’immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei paesi terzi.
(2)
Il trattato prevede che il Consiglio adotti misure in materia di politica dell’immigrazione relative alle condizioni di ingresso e soggiorno, norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e permessi di soggiorno, e misure che definiscano con quali diritti e a quali condizioni i cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro possono soggiornare in altri Stati membri.
(3)
Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha fissato l’obiettivo di trasformare la Comunità, entro il 2010, nell’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Le misure volte ad attirare e trattenere lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi nel quadro di un approccio basato sulle esigenze degli Stati membri dovrebbero essere collocate nel contesto più ampio stabilito dalle strategie di Lisbona e dalla comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2007 relativa agli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione.
(4)
Nel programma dell’Aia, adottato dal Consiglio europeo del 4 e 5 novembre 2004, si è riconosciuto che la migrazione legale svolgerà un ruolo importante nel rafforzamento dell’economia basata sulla conoscenza e dello sviluppo economico in Europa, contribuendo così all’attuazione della strategia di Lisbona. Il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a presentare un programma politico in materia di migrazione legale che includa procedure di ammissione, che consentano di reagire rapidamente alla domanda fluttuante di manodopera straniera nel mercato del lavoro.
(5)
Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006 ha individuato una serie di iniziative da adottare nel 2007, tra cui l’elaborazione di politiche migratorie opportunamente gestite, nel pieno rispetto delle competenze nazionali, per aiutare gli Stati membri a soddisfare le esigenze di manodopera attuali e future.
(6)
Per conseguire gli obiettivi previsti dalla strategia di Lisbona, è importante favorire altresì la mobilità all’interno dell’Unione dei lavoratori altamente qualificati, cittadini dell’Unione, in particolare di coloro che provengono dagli Stati membri che hanno aderito all’Unione nel 2004 e nel 2007. Nell’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il principio della preferenza comunitaria enunciato, in particolare, nelle disposizioni pertinenti degli atti di adesione del 2003 e del 2005.
(7)
La presente direttiva intende contribuire al conseguimento di tali obiettivi e ovviare alle carenze di manodopera, favorendo l’ammissione e la mobilità — ai fini di attività lavorative altamente qualificate — di cittadini di paesi terzi per soggiorni di durata superiore a tre mesi, allo scopo di rendere la Comunità più attraente per tali lavoratori provenienti da tutto il mondo, e di sostenere la competitività e la crescita economica dell’Unione. Per raggiungere questi fini, occorre agevolare l’ammissione dei lavoratori altamente qualificati e delle loro famiglie, istituendo una procedura di ammissione accelerata e accordando loro diritti sociali ed economici pari a quelli dei cittadini dello Stato membro ospitante in una serie di settori. È altresì necessario tener conto delle priorità, delle esigenze dei mercati del lavoro e delle capacità di accoglienza degli Stati membri. La presente direttiva dovrebbe far salva la competenza degli Stati membri di mantenere o introdurre nuovi permessi di soggiorno ai fini di un’attività lavorativa di qualsiasi tipo. I cittadini di paesi terzi interessati dovrebbero poter richiedere una Carta blu UE o un permesso di soggiorno nazionale. La presente direttiva inoltre non dovrebbe pregiudicare la possibilità per un titolare di Carta blu UE di beneficiare di diritti e privilegi supplementari che possono essere previsti dalla legislazione nazionale e che sono compatibili con la presente direttiva.
(8)
La presente direttiva dovrebbe far salvo il diritto degli Stati membri di determinare le quote di ammissione di cittadini di paesi terzi, che fanno ingresso nel loro territorio con il fine di attività lavorativa altamente qualificata. In tale categoria dovrebbero rientrare anche i cittadini di paesi terzi che intendano rimanere sul territorio di uno Stato membro per esercitare un’attività economica retribuita e che soggiornino legalmente in tale Stato membro in virtù di altri regimi, come gli studenti che hanno appena completato gli studi o i ricercatori che sono stati ammessi rispettivamente a norma della direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (4), e della direttiva 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica (5), ma che non beneficiano di un diritto consolidato di accesso al mercato del lavoro di tale Stato membro in virtù della legge comunitaria o nazionale. Inoltre, per quanto riguarda le quote di ammissione, gli Stati membri conservano la possibilità di non concedere permessi di soggiorno a fini occupazionali per alcune professioni, per alcuni settori economici o regioni.
(9)
Ai fini della presente direttiva, per valutare se il cittadino di un paese terzo interessato possiede titoli di istruzione superiore si può far riferimento ai livelli ISCED («classificazione internazionale tipo dell’istruzione») 1997 5a e 6.
(10)
È opportuno che la presente direttiva preveda un sistema flessibile di ingresso in funzione della domanda, basato su criteri obiettivi, come una soglia salariale minima comparabile con i livelli salariali applicati negli Stati membri, nonché sulle qualifiche professionali. Occorre stabilire un minimo comune denominatore per la soglia salariale, per garantire un livello minimo di armonizzazione delle condizioni di ammissione in tutta la Comunità. La soglia salariale stabilisce un livello minimo, ma gli Stati membri possono definirne una più elevata. Gli Stati membri dovrebbero fissare la loro soglia in conformità alla situazione e all’organizzazione dei loro rispettivi mercati del lavoro e alle loro politiche generali in materia di immigrazione. Si possono prevedere deroghe al regime principale della soglia salariale per professioni specifiche, qualora lo Stato membro interessato ritenga che vi sia una particolare scarsità di forza lavoro disponibile e laddove tali professioni facciano parte delle classi 1 e 2 della classificazione ISCO («classificazione internazionale tipo delle professioni»).
(11)
La presente direttiva intende soltanto stabilire le condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendono svolgere un’attività lavorativa altamente qualificata, nell’ambito del sistema della Carta blu UE, compresi i criteri di ammissibilità connessi a una soglia salariale. L’unico scopo della soglia salariale consiste nel definire, tenuto conto delle osservazioni statistiche pubblicate dalla Commissione (Eurostat) o dagli Stati membri interessati, il campo di applicazione della Carta blu EU creata da ciascuno Stato membro sulla base di norme comuni. Tale soglia non intende fissare le retribuzioni e pertanto non può derogare alle regole e alle prassi a livello di Stati membri né tanto meno ai contratti collettivi, e non può essere utilizzata per costituire un’armonizzazione in questo campo. La presente direttiva rispetta pienamente le competenze degli Stati membri, in particolare in materia di occupazione, lavoro e questioni sociali.
(12)
Allorché uno Stato membro decida di ammettere un cittadino di un paese terzo che rispetta i criteri pertinenti, il cittadino di un paese terzo che ha richiesto una Carta Blu UE dovrebbe ricevere il permesso di soggiorno specifico previsto dalla presente direttiva; tale permesso gli dovrebbe consentire di accedere progressivamente al mercato del lavoro, e ai diritti di soggiorno e di mobilità concessi a lui e alla sua famiglia. Il termine per l’esame della domanda per una Carta blu UE non dovrebbe comprendere il periodo di tempo necessario per il riconoscimento delle qualifiche professionali o il tempo necessario per il rilascio eventuale del visto. La presente direttiva non pregiudica le procedure nazionali di riconoscimento dei diplomi. La designazione delle autorità competenti a norma della presente direttiva fa salvi il ruolo e le responsabilità di altre autorità nazionali e, ove necessario, delle parti sociali, in relazione all’esame della domanda e alla decisione sulla stessa.
(13)
Il modello della Carta blu UE dovrebbe essere conforme al regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (6), permettendo in tal modo agli Stati membri di fare riferimento alle informazioni, in particolare, a quali condizioni il titolare è autorizzato a lavorare.
(14)
È opportuno che i cittadini di paesi terzi in possesso di un documento di viaggio valido e della Carta blu UE rilasciata da uno Stato membro che applica integralmente l’acquis di Schengen siano autorizzati a entrare e circolare liberamente nel territorio di un altro Stato membro che applica intregralmente l’acquis di Schengen, per un periodo non superiore a tre mesi, in conformità del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (7), e dell’articolo 21 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni.
(15)
La mobilità occupazionale e geografica dei lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi dovrebbe essere riconosciuta come meccanismo primario per migliorare l’efficienza del mercato del lavoro, prevenire le carenze di competenze e compensare gli squilibri regionali. Per rispettare il principio della preferenza comunitaria e per impedire eventuali abusi del sistema, la mobilità occupazionale di un lavoratore altamente qualificato proveniente da un paese terzo dovrebbe essere limitata durante i primi due anni di occupazione legale in uno Stato membro.
(16)
La presente direttiva rispetta integralmente la parità di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e i titolari di Carta blu UE in materia di retribuzioni, in condizione di parità di situazioni.
(17)
La parità di trattamento dei titolari di Carta blu UE non contempla misure nel settore della formazione professionale che sono contemplate dai regimi di assistenza sociale.
(18)
I titolari di Carta blu UE dovrebbero beneficiare della parità di trattamento per quanto riguarda la sicurezza sociale. I settori della sicurezza sociale sono definiti dal regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (8). Il regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini di paesi terzi, cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (9), applica le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 ai cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nella Comunità e che sono in una situazione transfrontaliera. Le disposizioni della presente direttiva relative alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale si applicano anche alle persone che fanno ingresso nel territorio di uno Stato membro direttamente da un paese terzo, a condizione che tale persona soggiorni legalmente in qualità di titolare di Carta blu UE in corso di validità, anche durante un periodo di disoccupazione temporanea, e soddisfi le condizioni stabilite dalla legislazione nazionale per poter accedere alle prestazioni di sicurezza sociale interessate.
La presente direttiva non dovrebbe tuttavia conferire al titolare di Carta blu UE maggiori diritti rispetto a quelli che la legge comunitaria vigente già prevede in materia di sicurezza sociale per i cittadini di paesi terzi che presentano elementi transfrontalieri tra Stati membri. La presente direttiva, inoltre, non dovrebbe conferire diritti per situazioni che esulano dal campo di applicazione della normativa comunitaria, ad esempio in relazione alla situazione dei familiari soggiornanti in un paese terzo.
(19)
Le qualifiche professionali acquisite da un cittadino di un paese terzo in un altro Stato membro dovrebbero essere riconosciute allo stesso modo di quelle di un cittadino dell’Unione. Le qualifiche acquisite in un paese terzo dovrebbero essere considerate secondo la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (10).
(20)
Durante il primo periodo di soggiorno legale di un lavoratore altamente qualificato di un paese terzo, la mobilità geografica di quest’ultimo all’interno della Comunità dovrebbe essere controllata e basata sulla domanda. È opportuno prevedere deroghe alla direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (11), allo scopo di non penalizzare i lavoratori di paesi terzi altamente qualificati che sono geograficamente mobili ma che non hanno ancora acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo CE, ai sensi della presente direttiva, e al fine di incoraggiare la migrazione geografica e circolare.
(21)
Occorre favorire e sostenere la mobilità dei lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi tra la Comunità e i loro paesi di origine. È opportuno prevedere deroghe alla direttiva 2003/109/CE, allo scopo di prolungare il periodo di assenza dal territorio della Comunità senza interrompere il periodo di soggiorno legale e ininterrotto necessario per poter beneficiare dello status di soggiornante di lungo periodo. Occorre anche autorizzare periodi di assenza più lunghi di quelli previsti dalla direttiva 2003/109/CE, dopo che i lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi hanno acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo CE al fine di incoraggiare la migrazione circolare dei lavoratori altamente qualificati.
(22)
Nell’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero astenersi da politiche attive di assunzione nei paesi in via di sviluppo in settori che soffrono di carenze di risorse di personale. Nei settori chiave è opportuno elaborare politiche e principi in materia di assunzioni etiche, applicabili ai datori di lavoro dei settori pubblico e privato, ad esempio nel settore della sanità, come si sottolinea nelle conclusioni del Consiglio e degli Stati membri del 14 maggio 2007 sul Programma d’azione europeo per ovviare alla grave carenza di operatori sanitari nei paesi in via di sviluppo (2007-2013), e nel settore dell’istruzione, se del caso. Per rafforzare questa strategia, occorre definire e applicare meccanismi, orientamenti e altri strumenti destinati ad agevolare, secondo i casi, la migrazione circolare e temporanea, nonché altre misure dirette a ridurre gli effetti negativi dell’immigrazione di lavoratori altamente qualificati sui paesi in via di sviluppo e ad aumentare quelli positivi, al fine di trasformare la «fuga dei cervelli» in un «afflusso di cervelli».
(23)
Condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare e all’accesso dei coniugi al mercato del lavoro dovrebbero costituire un elemento fondamentale di questa direttiva, la quale è volta ad attrarre lavoratori altamente qualificati di paesi terzi. A tale scopo, occorre prevedere deroghe specifiche alla direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (12). La deroga prevista all’articolo 15, paragrafo 3 della presente direttiva non osta a che gli Stati membri mantengano o introducano condizioni e misure di integrazione, compreso l’apprendimento della lingua, per i familiari di un titolare di Carta blu UE.
(24)
Occorre prevedere disposizioni specifiche per quanto riguarda la presentazione di relazioni, al fine di sorvegliare l’attuazione della presente direttiva, per individuare ed eventualmente compensare le sue eventuali conseguenze in termini di «fuga dei cervelli» nei paesi in via di sviluppo ed evitare così lo «spreco di cervelli». È opportuno che gli Stati membri trasmettano annualmente i dati pertinenti alla Commissione, in conformità al regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale (13).
(25)
Dal momento che gli obiettivi della presente direttiva, ossia l’introduzione di una speciale procedura di ammissione e l’adozione di condizioni di ingresso e soggiorno per oltre tre mesi applicabili ai cittadini di Stati terzi all’interno degli Stati membri con l’intento di svolgere attività altamente qualificate e ai loro famigliari, non possono essere realizzati in maniera sufficiente dagli Stati membri, specialmente per quanto riguarda la garanzia di mobilità tra Stati membri, e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al il principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(26)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e applica i principi riconosciuti in particolare dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(27)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale del Parlamento europeo e del Consiglio «Legiferare meglio» (14), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento.
(28)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, tali Stati membri non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione.
(29)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, e non è da essa vincolata, né soggetta alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva intende determinare:
a)
le condizioni di ingresso e di soggiorno per periodi superiori a tre mesi, nel territorio degli Stati membri, di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati in quanto titolari della Carta blu UE e dei loro familiari;
b)
le condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi e dei loro familiari di cui alla lettera a), in Stati membri diversi dal primo Stato membro.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a)
«cittadino di un paese terzo», chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato;
b)
«lavoro altamente qualificato», il lavoro di una persona che:
—
nello Stato membro interessato, è tutelata in quanto lavoratore dal diritto nazionale del lavoro e/o in conformità della prassi nazionale, indipendentemente dal rapporto giuridico, al fine di esercitare un lavoro reale ed effettivo per conto o sotto la direzione di un’altra persona,
—
è retribuito, e
—
possiede una competenza specifica e adeguata, suffragata da qualifiche professionali superiori;
c)
«Carta blu UE», l’autorizzazione recante il termine «Carta blu UE», che consente al titolare di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro ai sensi della presente direttiva;
d)
«primo Stato membro», lo Stato membro che per primo concede una Carta blu UE a un cittadino di un paese terzo;
e)
«secondo Stato membro», qualsiasi Stato membro diverso dal primo Stato membro;
f)
«familiari», i cittadini di paesi terzi come definiti all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/86/CE;
g)
«qualifiche professionali superiori», qualifiche attestate da titoli di istruzione superiore o, a titolo di deroga, se previsto dalla normativa nazionale, attestate da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli di istruzione superiore e pertinente nella professione o nel settore specificati nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro;
h)
«titolo di istruzione superiore», qualsiasi diploma, certificato o altro titolo di formale qualificazione rilasciato da un’autorità competente che attesti il completamento di un programma di istruzione superiore post-secondaria, ossia di un insieme di corsi offerti da un istituto di istruzione riconosciuto come istituto di istruzione superiore dallo Stato in cui è situato. Ai fini della presente direttiva tale titolo di istruzione superiore è preso in considerazione a condizione che gli studi necessari per acquisirlo abbiano durata almeno triennale;
i)
«esperienza professionale», l’esercizio effettivo e legittimo della professione in questione;
j)
«professione regolamentata», una professione regolamentata di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36/CE.
Articolo 3
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi nel territorio di uno Stato membro per svolgere un lavoro altamente qualificato a norma della presente direttiva.
2. La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi:
a)
che sono autorizzati a soggiornare in uno Stato membro in forza di una protezione temporanea o che hanno chiesto l’autorizzazione a soggiornare su tale base e sono in attesa di una decisione sul loro status;
b)
che sono beneficiari di protezione internazionale a norma della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (15), o hanno chiesto protezione internazionale a norma di tale direttiva e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa la loro domanda;
c)
che sono beneficiari di protezione conformemente alla legge nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi dello Stato membro o hanno chiesto protezione conformemente alla legge nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi dello Stato membro e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa la loro domanda;
d)
che chiedono di soggiornare in uno Stato membro in qualità di ricercatori ai sensi della direttiva 2005/71/CE, ai fini di un progetto di ricerca;
e)
che sono familiari di cittadini dell’Unione che hanno esercitato o esercitano il loro diritto alla libera circolazione nella Comunità in conformità della direttiva 2004/38/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (16);
f)
che beneficiano dello status comunitario di soggiornante di lungo periodo in uno Stato membro ai sensi della direttiva 2003/109/CE ed esercitano il loro diritto di soggiornare in un altro Stato membro per svolgere un’attività economica subordinata o autonoma;
g)
che fanno ingresso in uno Stato membro in virtù di impegni previsti da un accordo internazionale che agevola l’ingresso e il soggiorno temporaneo di determinate categorie di persone fisiche connesse al commercio e agli investimenti;
h)
che sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro in qualità di lavoratori stagionali;
i)
la cui espulsione è stata sospesa per motivi di fatto o di diritto;
j)
che sono contemplati dalla direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (17), finché sono distaccati sul territorio dello Stato membro interessato.
Inoltre, la presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi e ai loro familiari, qualunque sia la loro nazionalità, che, in virtù di accordi conclusi tra la Comunità e i suoi Stati membri e tali paesi terzi beneficiano di diritti in materia di libera circolazione equivalenti a quelli dei cittadini dell’Unione.
3. La presente direttiva fa salvi eventuali accordi tra la Comunità e/o i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi che prevedano elenchi di professioni che non devono rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva al fine di garantire assunzioni etiche in settori che soffrono di carenza di personale, proteggendo le risorse umane nei paesi in via di sviluppo firmatari di tali accordi.
4. La presente direttiva fa salva la facoltà degli Stati membri di rilasciare permessi di soggiorno diversi dalla Carta blu UE per qualsiasi scopo occupazionale. Tali permessi non danno diritto di soggiornare negli altri Stati membri come previsto nella presente direttiva.
Articolo 4
Disposizioni più favorevoli
1. La presente direttiva fa salve le disposizioni più favorevoli:
a)
del diritto comunitario, inclusi gli accordi bilaterali e multilaterali tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi;
b)
di accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.
2. La presente direttiva fa salva la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere, per le persone a cui si applica, disposizioni più favorevoli rispetto alle disposizioni seguenti della direttiva stessa:
a)
articolo 5, paragrafo 3, in applicazione dell’articolo 18;
b)
articolo 11, articolo 12, paragrafo 1, seconda frase; articolo 12, paragrafo 2; articoli 13, 14, 15 e articolo 16, paragrafo 4.
CAPITOLO II
CONDIZIONI DI AMMISSIONE
Articolo 5
Criteri di ammissione
1. Fatto salvo l’articolo 10, paragrafo 1, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso quale titolare di una carta blu EU a norma della presente direttiva:
a)
presenta un contratto di lavoro valido o, secondo quanto eventualmente previsto dalla legge nazionale, un’offerta vincolante di lavoro per svolgere un lavoro altamente qualificato avente durata di almeno un anno nello Stato membro interessato;
b)
presenta un documento attestante il rispetto dei requisiti prescritti dalla legge nazionale per l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della professione regolamentata specificata nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro secondo la legge nazionale;
c)
per le professioni non regolamentate, presenta i documenti che attestino il possesso delle qualifiche professionali superiori per l’attività o per il settore specificato nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro disciplinati dalla legge nazionale;
d)
esibisce un documento di viaggio valido secondo quanto previsto dalla legge nazionale la domanda di visto o il visto, se richiesto, e la prova del possesso di un permesso di soggiorno valido o di un visto nazionale per soggiorno di lunga durata, se del caso. Gli Stati membri possono richiedere che la validità del documento di viaggio copra almeno la durata iniziale del permesso di soggiorno;
e)
dimostra di disporre o, se previsto dalla legge nazionale, di avere fatto richiesta di un’assicurazione sanitaria a copertura di tutti i rischi contro i quali sono normalmente coperti i cittadini dello Stato membro interessato, durante i periodi in cui non dispone di una copertura assicurativa di questo tipo né di prestazioni corrispondenti connesse al contratto di lavoro o in virtù di esso;
f)
non è considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la salute pubblica.
2. Gli Stati membri possono chiedere al richiedente di fornire il proprio indirizzo sul territorio dello Stato membro interessato.
3. In aggiunta alle condizioni di cui al paragrafo 1, lo stipendio annuale lordo come ricavato dallo stipendio mensile o annuale specificato nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro, non è inferiore alla relativa soglia salariale definita e pubblicata a tal fine dagli Stati membri, il cui ammontare corrisponde ad almeno una volta e mezza lo stipendio medio annuale lordo nello Stato membro interessato.
4. Nell’attuare il paragrafo 3, gli Stati membri possono esigere che siano soddisfatte tutte le condizioni previste dalle leggi applicabili, dai contratti collettivi o dagli usi nei pertinenti settori occupazionali per lavori altamente qualificati.
5. In deroga al paragrafo 3, e per l’occupazione in professioni che necessitano in particolare di lavoratori cittadini di paesi terzi e che appartengono ai gruppi principali 1 e 2 della ISCO, la soglia salariale può corrispondere almeno a 1,2 volte del salario medio annuale lordo nello Stato membro interessato. In tal caso, lo Stato membro in questione comunica ogni anno alla Commissione l’elenco delle professioni per le quali è stata decisa una deroga.
6. Il presente articolo fa salvi i contratti collettivi o gli usi applicabili nei pertinenti settori occupazionali per lavori altamente qualificati.
Articolo 6
Quote di ammissione
La presente direttiva non incide sul diritto di uno Stato membro di determinare la quota di ammissione di cittadini di paesi terzi che fanno ingresso nel suo territorio al fine di svolgere lavori altamente qualificati.
CAPITOLO III
CARTA BLU UE, PROCEDURA E TRASPARENZA
Articolo 7
Carta blu UE
1. La Carta blu UE viene rilasciata al cittadino di un Stato terzo che ne abbia fatto richiesta, rispetti i requisiti di cui all’articolo 5 e abbia ottenuto, a norma dell’articolo 8, una decisione positiva delle autorità competenti.
Lo Stato membro interessato agevola in ogni modo il cittadino di un paese terzo nell’ottenimento dei visti necessari.
2. Gli Stati membri stabiliscono un periodo standard di validità della Carta blu UE, che è compreso tra uno e quattro anni. Se il contratto di lavoro copre un periodo inferiore a tale periodo, la Carta blu UE è rilasciata o rinnovata per la durata del contratto di lavoro più tre mesi.
3. La Carta blu UE è rilasciata dalle autorità competenti degli Stati membri secondo il modello uniforme stabilito dal regolamento (CE) n. 1030/2002. Conformemente alla lettera a), punto 7.5-9 dell’allegato di tale regolamento, gli Stati membri indicano sulla Carta blu UE le condizioni di accesso al mercato del lavoro di cui all’articolo 12, paragrafo 1, della presente direttiva. Nella rubrica «tipo di permesso» nel permesso di soggiorno, gli Stati membri indicano «Carta blu UE».
4. Durante il periodo di validità, la Carta blu UE autorizza il titolare:
a)
ad entrare, rientrare e soggiornare nel territorio dello Stato membro che rilascia la Carta blu UE;
b)
a far valere i diritti riconosciuti dalla presente direttiva.
Articolo 8
Motivi di rifiuto
1. Gli Stati membri rifiutano la domanda di Carta blu UE se il richiedente non soddisfa le condizioni previste all’articolo 5 o se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, ovvero siano stati falsificati o manomessi.
2. Prima di decidere in merito a una domanda di Carta blu UE e nel vagliare i rinnovi o le autorizzazioni di cui all’articolo 12, paragrafi 1 e 2 durante i primi due anni di legale occupazione del titolare di una Carta blu UE, gli Stati membri possono esaminare la situazione del loro mercato del lavoro e applicare le procedure nazionali relative ai requisiti per la copertura di posti vacanti.
Gli Stati membri possono accertarsi se i posti vacanti in questione non possano essere coperti da forza lavoro nazionale o comunitaria, da cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in tale Stato membro e che fanno già parte del mercato del lavoro interno in forza della legge nazionale o comunitaria, ovvero da residenti comunitari di lungo periodo che desiderano trasferirsi in detto Stato membro per svolgervi un lavoro altamente qualificato conformemente al capo III della direttiva 2003/109/CE.
3. La domanda di Carta blu UE può inoltre essere considerata irricevibile sulla base dell’articolo 6.
4. Gli Stati membri possono rifiutare una domanda di Carta blu UE al fine di garantire assunzioni etiche in settori che soffrono di carenza di lavoratori qualificati nei paesi di origine.
5. Gli Stati membri possono rifiutare una domanda di Carta blu UE se il datore di lavoro è stato oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale, a causa di lavoro non dichiarato e/o occupazione illegale.
Articolo 9
Revoca o mancato rinnovo della Carta blu UE
1. Gli Stati membri revocano o rifiutano di rinnovare la Carta blu UE rilasciata in forza della presente direttiva nei seguenti casi:
a)
se è stata ottenuta in maniera fraudolenta, o è stata falsificata o manomessa;
b)
se risulta che il titolare non soddisfaceva o non soddisfa più le condizioni d’ingresso e di soggiorno previste dalla presente direttiva, o che soggiorna per fini diversi da quello per cui lo stesso ha ottenuto l’autorizzazione;
c)
se il titolare non ha rispettato i limiti stabiliti all’articolo 12, paragrafi 1 e 2, e all’articolo 13.
2. La mancanza della comunicazione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma e all’articolo 13, paragrafo 4, non è considerata un motivo sufficiente per revocare o non rinnovare la Carta blu UE se il titolare può dimostrare che la comunicazione non è pervenuta alle autorità competenti per motivi indipendenti dalla volontà dello stesso.
3. Gli Stati membri possono revocare o rifiutare il rinnovo della Carta blu UE rilasciata a norma della presente direttiva nei casi seguenti:
a)
per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica;
b)
qualora il titolare della Carta blu UE non abbia risorse sufficienti per mantenere se stesso e, nel caso, i propri familiari, senza ricorrere al regime di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano tali risorse con riferimento alla loro natura e alla loro regolarità e possono tenere conto del livello minimo nazionale delle retribuzioni e delle pensioni, nonché del numero dei familiari della persona interessata. Tale valutazione non ha luogo durante il periodo di disoccupazione di cui all’articolo 13;
c)
se la persona interessata non ha comunicato il suo indirizzo;
d)
se il titolare di una Carta blu UE chiede l’assistenza sociale, a condizione che gli siano state fornite anticipatamente da parte dello Stato membro interessato adeguate informazioni al riguardo per iscritto.
Articolo 10
Domande di ammissione
1. Gli Stati membri stabiliscono se le domande di Carta blu UE debbano essere presentate dal cittadino del paese terzo interessato e/o dal suo datore di lavoro.
2. La domanda è presa in considerazione ed esaminata sia quando il cittadino del paese terzo interessato soggiorna al di fuori del territorio dello Stato membro in cui chiede di essere ammesso, sia quando già soggiorna in tale Stato membro in quanto titolare di un permesso di soggiorno valido o di un visto nazionale per soggiorno di lunga durata.
3. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri possono accettare, conformemente alle rispettive leggi nazionali, una domanda presentata ancorché il cittadino del paese terzo interessato non possieda un permesso di soggiorno valido, ma sia legalmente presente sul loro territorio.
4. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la domanda possa essere unicamente presentata dal di fuori del proprio territorio, a condizione che siffatta limitazione, con riguardo a tutti i cittadini di paesi terzi ovvero a categorie specifiche di cittadini di paesi terzi, sia già stabilita dalla legge nazionale vigente al momento dell’adozione della presente direttiva.
Articolo 11
Garanzie procedurali
1. Le autorità competenti degli Stati membri adottano una decisione sulla domanda completa della Carta blu UE e la notificano per iscritto al richiedente, conformemente alle procedure di notifica previste dalla legge nazionale dello Stato membro interessato, quanto prima e comunque non oltre novanta giorni dalla presentazione della domanda.
La legge nazionale dello Stato membro interessato disciplina le conseguenze della mancata adozione di una decisione entro la scadenza del termine indicato nel primo comma.
2. Laddove le informazioni o i documenti forniti a sostegno della domanda siano insufficienti, le autorità competenti comunicano al richiedente quali informazioni supplementari siano richieste e fissano un termine ragionevole per provvedervi. Il periodo di cui al paragrafo 1 è sospeso fino al momento in cui le autorità abbiano ricevuto le informazioni o i documenti supplementari richiesti. Se questi non sono forniti entro il termine stabilito, la domanda può essere respinta.
3. Qualsiasi decisione che respinga la domanda per una Carta blu UE, che disponga il mancato rinnovo o la revoca della stessa, è notificata per iscritto al cittadino del paese terzo interessato e, laddove opportuno, al suo datore di lavoro, in conformità alle procedure di notifica previste dalla legge nazionale in questione; tale decisione è impugnabile nello Stato membro interessato, conformemente alla legge nazionale. Nella notifica sono indicati i motivi della decisione, i possibili mezzi di impugnazione di cui può avvalersi l’interessato nonché i termini entro cui proporli.
CAPITOLO IV
DIRITTI
Articolo 12
Accesso al mercato del lavoro
1. Per i primi due anni di occupazione legale nello Stato membro interessato come titolare di Carta blu UE, la persona interessata può accedere al mercato del lavoro solo per esercitare attività retribuite conformi alle condizioni di ammissione previste all’articolo 5. Dopo i primi due anni, gli Stati membri possono concedere alle persone interessate lo stesso trattamento riservato ai cittadini nazionali per quanto riguarda l’accesso al lavoro altamente qualificato.
2. I cambiamenti di datore di lavoro nel corso dei primi due anni di occupazione legale nello Stato membro interessato in quanto titolare di Carta blu UE, sono soggetti all’autorizzazione scritta preliminare delle autorità competenti dello Stato membro in cui il titolare soggiorna, in conformità alle procedure nazionali ed entro i limiti di tempo previsti all’articolo 11, paragrafo 1. Eventuali modifiche che incidono sulle condizioni di ammissione sono soggette a comunicazione preventiva o, se previsto dalla legge nazionale, ad autorizzazione preliminare.
A seguito dei primi due anni, laddove lo Stato membro interessato non si avvalga della possibilità prevista al paragrafo 1 in relazione alla parità di trattamento, la persona interessata comunica, in conformità alle procedure nazionali, alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna gli eventuali cambiamenti che incidono sulle condizioni di cui all’articolo 5.
3. Gli Stati membri possono limitare l’accesso al lavoro se le attività dello stesso comportano, anche in via occasionale, una partecipazione all’esercizio dell’autorità pubblica e la responsabilità della salvaguardia degli interessi generali dello Stato, nonché qualora, conformemente alla legge nazionale o comunitaria vigente, tali attività siano riservate ai cittadini nazionali.
4. Gli Stati membri possono limitare l’accesso al lavoro nei casi in cui, conformemente alla legge nazionale o comunitaria vigente, le attività dello stesso siano riservate ai cittadini nazionali, ai cittadini dell’Unione o ai cittadini del SEE.
5. Il presente articolo si applica fatto salvo il principio della preferenza comunitaria enunciato nelle disposizioni pertinenti degli atti di adesione del 2003 e del 2005, in particolare per quanto riguarda i diritti dei cittadini degli Stati membri interessati all’accesso al mercato del lavoro.
Articolo 13
Disoccupazione temporanea
1. La disoccupazione non costituisce di per sé un motivo di revoca di una Carta blu UE, a meno che il periodo di disoccupazione superi i tre mesi consecutivi o si registri più di un periodo di disoccupazione durante il periodo di validità di una Carta blu UE.
2. Durante il periodo di cui al paragrafo 1 il titolare di Carta blu UE è autorizzato a cercare ed assumere un impiego alle condizioni previste all’articolo 12.
3. Gli Stati membri autorizzano il titolare di Carta blu UE a rimanere nel loro territorio finché non sia stata concessa o rifiutata l’autorizzazione necessaria ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2. La comunicazione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, pone fine automaticamente al periodo di disoccupazione.
4. Il titolare di Carta blu UE comunica alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna l’inizio del periodo di disoccupazione, in conformità alle rilevanti procedure nazionali.
Articolo 14
Parità di trattamento
1. I titolari di Carta blu UE beneficiano di un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini dello Stato membro che ha rilasciato la Carta blu per quanto concerne:
a)
le condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché le prescrizioni relative alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro;
b)
la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni rappresentative di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza;
c)
l’istruzione e la formazione professionale;
d)
il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili;
e)
le disposizioni della legge nazionale relative ai settori della sicurezza sociale definiti dal regolamento (CEE) n. 1408/71. Le disposizioni particolari che figurano nell’allegato del regolamento (CE) n. 859/2003, si applicano di conseguenza;
f)
fatti salvi gli accordi bilaterali esistenti, il pagamento di importi collegati alle pensioni legali di vecchiaia, in base all’aliquota applicata secondo la legislazione dello Stato membro debitore o degli Stati membri debitori in caso di trasferimento in un paese terzo;
g)
l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e l’erogazione degli stessi, comprese le procedure per l’ottenimento di un alloggio, nonché i servizi d’informazione e consulenza forniti dai centri per l’impiego;
h)
il libero accesso a tutto il territorio dello Stato membro interessato, nei limiti previsti dalla legge nazionale.
2. Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettere c), e g), gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento, per quanto concerne le borse e i prestiti di studio e di mantenimento nonché altre sovvenzioni e prestiti concernenti l’istruzione secondaria e superiore e la formazione professionale, e le procedure per l’ottenimento di un alloggio.
Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettera c):
a)
l’accesso all’università e all’istruzione post-secondaria può essere subordinato a specifici requisiti in conformità alla legge nazionale;
b)
lo Stato membro interessato può limitare la parità di trattamento ai casi in cui il titolare di Carta blue UE, o il familiare per cui è richiesta la prestazione, abbia eletto domicilio o risieda abitualmente nel suo territorio.
Il paragrafo 1, lettera g), fa salva l’autonomia contrattuale in conformità della legge comunitaria e nazionale.
3. Il diritto alla parità di trattamento di cui al paragrafo 1 fa salvo il diritto dello Stato membro di revocare o rifiutare il rinnovo della Carta blu UE a norma dell’articolo 9.
4. Se il titolare di Carta blu UE si trasferisce in un secondo Stato membro a norma dell’articolo 18 e non è ancora stata presa una decisione positiva sul rilascio della Carta blu UE, gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento ai settori elencati al paragrafo 1, a eccezione delle lettere b), e d). Se, durante tale periodo, gli Stati membri autorizzano il richiedente a lavorare, è concessa la parità di trattamento con i cittadini del secondo Stato membro in tutti i settori di cui al paragrafo 1.
Articolo 15
Familiari
1. La direttiva 2003/86/CE si applica con le deroghe previste nel presente articolo.
2. In deroga all’articolo 3, paragrafo 1 e all’articolo 8 della direttiva 2003/86/CE, il ricongiungimento familiare non dipende dal fatto che il titolare di Carta blu UE abbia una fondata aspettativa di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, o che abbia un periodo minimo di soggiorno.
3. In deroga all’articolo 4, paragrafo 1, ultimo comma, e all’articolo 7, paragrafo 2 della direttiva 2003/86/CE, le condizioni di integrazione e le misure di cui agli stessi possono essere richieste solo dopo che sia stato concesso il ricongiungimento familiare alle persone interessate.
4. In deroga all’articolo 5, paragrafo 4, primo comma della direttiva 2003/86/CE, i permessi di soggiorno per i familiari sono concessi, laddove siano soddisfatte le condizioni per il ricongiungimento familiare, al più tardi entro sei mesi dalla data della presentazione della domanda.
5. In deroga all’articolo 13, paragrafi 2 e 3 della direttiva 2003/86/CE, la durata della validità dei permessi di soggiorno per i familiari è uguale a quella dei permessi di soggiorno rilasciati ai titolari della Carta blu UE, purché il periodo di validità dei loro documenti di viaggio lo consenta.
6. In deroga all’articolo 14, paragrafo 2, seconda frase della direttiva 2003/86/CE, gli Stati membri non applicano alcun limite di tempo rispetto all’accesso al mercato del lavoro.
Il presente paragrafo si applica a decorrere dal 19 dicembre 2011.
7. In deroga all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86/CE, ai fini del calcolo dei cinque anni di soggiorno necessari per l’acquisizione di un permesso di soggiorno autonomo, possono essere cumulati periodi di soggiorno in diversi Stati membri.
8. Se gli Stati membri ricorrono all’opzione prevista al paragrafo 7, si applicano, mutatis mutandis, le disposizioni di cui all’articolo 16 della presente direttiva per quanto riguarda il cumulo dei periodi di soggiorno in diversi Stati membri da parte del titolare di Carta blu UE.
Articolo 16
Status di soggiornante di lungo periodo-CE per i titolari di Carta blu UE
1. La direttiva 2003/109/CE del Consiglio si applica con le deroghe previste nel presente articolo.
2. In deroga all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109/CE, il titolare di Carta blu UE che si è avvalso della possibilità prevista all’articolo 18 della presente direttiva, è autorizzato a cumulare periodi di soggiorno in diversi Stati membri al fine di soddisfare il requisito relativo alla durata del soggiorno, se sono rispettate le seguenti condizioni:
a)
cinque anni di soggiorno legale e ininterrotto nel territorio della Comunità in quanto titolare di Carta blu UE; e
b)
soggiorno legale e ininterrotto per i due anni immediatamente precedenti alla presentazione della pertinente domanda quale titolare di Carta blu UE nel territorio dello Stato membro nel quale è stata presentata la domanda di permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo-CE.
3. Ai fini del calcolo del periodo di soggiorno legale e ininterrotto nella Comunità e in deroga all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma della direttiva 2003/109/CE, i periodi di assenza dal territorio della Comunità non interrompono la durata di cui al paragrafo 2, lettera a), del presente articolo se sono più brevi di dodici mesi consecutivi e se non superano complessivamente i diciotto mesi nel periodo di cui al paragrafo 2, lettera a), del presente articolo. Il presente paragrafo si applica anche nei casi in cui il titolare di Carta blu UE non si sia avvalso della possibilità prevista all’articolo 18.
4. In deroga all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109/CE, gli Stati membri estendono a ventiquattro mesi consecutivi il periodo di assenza dal territorio della Comunità concesso al soggiornante di lungo periodo-CE titolare di un permesso di soggiorno di lungo periodo con l’annotazione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, e ai suoi familiari che abbiano ottenuto lo status di soggiornanti di lungo periodo-CE.
5. Le deroghe alla direttiva 2003/109/CE previste ai paragrafi 3 e 4 del presente articolo possono essere limitate ai casi in cui il cittadino del paese terzo interessato possa dimostrare che è stato assente dal territorio della Comunità per esercitare un’attività economica subordinata o autonoma, o per svolgere un servizio volontario, o per studiare nel paese di origine.
6. L’articolo 14, paragrafo 1, lettera f), e l’articolo 15 continuano ad applicarsi ai titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo con l’annotazione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, ove del caso, dopo che il titolare di Carta blu UE è diventato un soggiornante di lungo periodo-CE.
Articolo 17
Permesso di soggiorno di lungo periodo
1. Ai titolari di Carta blu UE, che rispettano le condizioni previste all’articolo 16 della presente direttiva per l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo-CE, è rilasciato un permesso di soggiorno a norma dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1030/2002.
2. Sul permesso di soggiorno di cui al paragrafo 1 del presente articolo, nella rubrica «annotazioni», gli Stati membri iscrivono «Ex titolare di Carta blu UE».
CAPITOLO V
SOGGIORNO IN ALTRI STATI MEMBRI
Articolo 18
Condizioni
1. Dopo diciotto mesi di soggiorno legale nel primo Stato membro quale titolare di Carta blu UE, la persona interessata e i suoi familiari possono spostarsi in uno Stato membro diverso dal primo Stato membro ai fini di un’attività lavorativa altamente qualificata, alle condizioni previste dal presente articolo.
2. Quanto prima ed in ogni caso entro un mese dall’ingresso nel territorio del secondo Stato membro, il titolare di Carta blu UE e/o il suo datore di lavoro presenta domanda di rilascio di Carta blu UE alle autorità competenti di tale Stato membro insieme a tutti i documenti comprovanti il rispetto delle condizioni di cui all’articolo 5 per il secondo Stato membro. Il secondo Stato membro può decidere, in conformità al diritto nazionale, di non consentire al richiedente di lavorare finché una decisione positiva sulla domanda non sia presa dalla propria autorità competente.
3. La domanda può altresì essere presentata alle autorità competenti del secondo Stato membro se il titolare della Carta blu UE soggiorna ancora nel territorio del primo Stato membro.
4. In conformità alle procedure di cui all’articolo 11, il secondo Stato membro esamina la domanda e comunica per iscritto al richiedente e al primo Stato membro la sua decisione di:
a)
rilasciare una Carta blu UE e autorizzare il richiedente a soggiornare nel suo territorio per svolgere un lavoro altamente qualificato, laddove siano rispettate le condizioni di cui al presente articolo e agli articoli da 7 a 14; oppure
b)
rifiutare il rilascio di una Carta blu UE e obbligare il richiedente e i suoi familiari, conformemente alle procedure previste dalla legislazione nazionale, comprese quelle di allontanamento, a lasciare il territorio, laddove non siano rispettate le condizioni del presente articolo. Il primo Stato membro riammette immediatamente senza procedure formali il titolare di Carta blu UE e i suoi familiari. Tale disposizione si applica anche qualora la Carta blu UE rilasciata dal primo Stato membro sia scaduta o sia stata revocata nel corso dell’esame della domanda. In seguito alla riammissione, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13.
5. Se la Carta blu UE rilasciata dal primo Stato membro viene a scadenza durante la procedura, gli Stati membri possono rilasciare, se richiesto dalla legislazione nazionale, un permesso di soggiorno nazionale provvisorio, o un’autorizzazione equivalente, che permetta al richiedente di continuare a soggiornare legalmente nel territorio finché le autorità competenti non abbiano deciso in merito alla domanda.
6. Il richiedente e/o il suo datore di lavoro possono essere ritenuti responsabili delle spese connesse al rientro e alla riammissione del titolare di Carta blu UE e dei suoi familiari, incluse le spese a carico dei fondi pubblici, se del caso, a norma del paragrafo 4, lettera b).
7. In applicazione del presente articolo, gli Stati membri possono continuare ad applicare quote di ammissione di cui all’articolo 6.
8. A partire dalla seconda volta in cui un titolare di Carta blu UE, e se del caso, i suoi familiari, si avvalgono della possibilità di spostarsi in un altro Stato membro a norma del presente capo, per «primo Stato membro» si intende lo Stato membro da cui la persona interessata si sposta e per «secondo Stato membro» lo Stato membro in cui essa chiede di soggiornare.
Articolo 19
Soggiorno dei familiari nel secondo Stato membro
1. Quando un titolare di Carta blu UE si sposta in un secondo Stato membro a norma dell’articolo 18, e allorché la famiglia fosse già costituita nel primo Stato membro, i familiari sono autorizzati ad accompagnarlo o a raggiungerlo.
2. Al più tardi entro un mese dall’ingresso nel territorio del secondo Stato membro, i familiari interessati o il titolare di Carta blu UE, conformemente alla legge nazionale, presentano domanda di permesso di soggiorno per familiare alle autorità competenti di tale Stato membro.
Se il permesso di soggiorno dei familiari rilasciato dal primo Stato membro scade durante la procedura o non consente più al titolare di soggiornare legalmente nel territorio del secondo Stato membro, gli Stati membri permettono alla persona di soggiornare nel loro territorio, se necessario rilasciando un permesso di soggiorno nazionale provvisorio, o un’autorizzazione equivalente, che permetta al richiedente di continuare a soggiornare legalmente nel territorio con il titolare della Carta blu UE finché le autorità competenti del secondo Stato membro non abbiano deciso in merito alla domanda.
3. Il secondo Stato membro può richiedere ai familiari interessati di presentare, contestualmente alla domanda di permesso di soggiorno:
a)
il loro permesso di soggiorno nel primo Stato membro e un documento di viaggio valido o relative copie autenticate, nonché un visto, se necessario;
b)
la prova del loro soggiorno nel primo Stato membro in qualità di familiari del titolare di Carta blu UE;
c)
la prova della sussistenza di un’assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nel secondo Stato membro, o del fatto che il titolare di Carta blu UE disponga di tale assicurazione per loro.
4. Il secondo Stato membro può richiedere al titolare della Carta blu UE di comprovare che:
a)
dispone di un alloggio considerato normale per una famiglia analoga nella stessa regione e che corrisponda alle norme generali di sicurezza e di salubrità dello Stato membro interessato;
b)
dispone di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere all’assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano tali risorse con riferimento alla loro natura e regolarità e possono tenere conto del livello minimo nazionale delle retribuzioni e delle pensioni nonché del numero dei familiari.
5. Le deroghe di cui all’articolo 15 continuano ad applicarsi mutatis mutandis.
6. Se la famiglia non era già costituita nel primo Stato membro, si applica l’articolo 15.
CAPITOLO VI
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 20
Misure di esecuzione
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri se sono state promulgate misure legislative o regolamentari in relazione all’articolo 6, all’articolo 8, paragrafo 2 e all’articolo 18, paragrafo 6.
Gli Stati membri che si avvalgono delle disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 4, comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri la decisione debitamente motivata indicante i paesi e i settori interessati.
2. Annualmente, e per la prima volta entro il 19 giugno 2013, gli Stati membri, in conformità al regolamento (CE) n. 862/2007, comunicano alla Commissione le statistiche sul numero di cittadini di paesi terzi ai quali hanno rilasciato una Carta blu UE e, ove possibile, sul numero dei cittadini di paesi terzi la cui Carta blu UE è stata rinnovata o revocata nell’anno precedente, indicando la loro nazionalità e, ove possibile, la loro professione. Allo stesso modo, comunicano le statistiche sui familiari ammessi, ad eccezione delle informazioni riguardanti la loro occupazione. Relativamente ai titolari di Carta blu UE e ai loro familiari ammessi in virtù delle disposizioni degli articoli 18, 19 e 20, nelle informazioni fornite si specifica anche, per quanto possibile, lo Stato membro del precedente soggiorno.
3. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 5, paragrafo 3 e, se opportuno, dell’articolo 5, paragrafo 5, saranno fatti riferimenti ai dati della Commissione (Eurostat) e, se del caso, ai dati nazionali
Articolo 21
Relazioni
Ogni tre anni, e per la prima volta non oltre il 19 giugno 2014, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri, in particolare in merito alla valutazione dell’impatto degli articoli 3, paragrafo 4, 5 e 18 e propone, nel caso, le modifiche ritenute necessarie.
La Commissione valuta in particolare la pertinenza della soglia salariale di cui all’articolo 5 e delle deroghe previste in tale articolo, tenuto conto, fra l’altro, della diversità delle situazioni economiche, settoriali e geografiche negli Stati membri.
Articolo 22
Punti di contatto
1. Gli Stati membri designano punti di contatto responsabili del ricevimento e della trasmissione delle informazioni di cui agli articoli 16, 18 e 20.
2. Gli Stati membri assicurano un adeguato livello di cooperazione nello scambio di informazioni e di documentazione di cui al paragrafo 1.
Articolo 23
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 19 giugno 2011. Essi ne danno immediata informazione alla Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono determinate dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.
Articolo 24
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 25
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. ŠEBESTA
(1) Parere del 20 novembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del 9 luglio 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere del 18 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 375 del 23.12.2004, pag. 12.
(5) GU L 289 del 3.11.2005, pag. 15.
(6) GU L 157 del 15.6.2002, pag. 1.
(7) GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1.
(8) GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2.
(9) GU L 124 del 20.5.2003, pag. 1.
(10) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.
(11) GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44.
(12) GU L 251 del 3.10.2003, pag. 12.
(13) GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23.
(14) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(15) GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.
(16) GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77; rettifica nella GU L 229 del 29.6.2004, pag. 35.
(17) GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/50/CE DEL CONSIGLIO
del 25 maggio 2009
sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 63, primo comma, punto 3, lettera a), e punto 4),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo (2),
previa consultazione del Comitato delle regioni (3),
considerando quanto segue:
(1)
Allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il trattato prevede l’adozione di misure nei settori dell’asilo, dell’immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei paesi terzi.
(2)
Il trattato prevede che il Consiglio adotti misure in materia di politica dell’immigrazione relative alle condizioni di ingresso e soggiorno, norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e permessi di soggiorno, e misure che definiscano con quali diritti e a quali condizioni i cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro possono soggiornare in altri Stati membri.
(3)
Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha fissato l’obiettivo di trasformare la Comunità, entro il 2010, nell’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale. Le misure volte ad attirare e trattenere lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi nel quadro di un approccio basato sulle esigenze degli Stati membri dovrebbero essere collocate nel contesto più ampio stabilito dalle strategie di Lisbona e dalla comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2007 relativa agli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione.
(4)
Nel programma dell’Aia, adottato dal Consiglio europeo del 4 e 5 novembre 2004, si è riconosciuto che la migrazione legale svolgerà un ruolo importante nel rafforzamento dell’economia basata sulla conoscenza e dello sviluppo economico in Europa, contribuendo così all’attuazione della strategia di Lisbona. Il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a presentare un programma politico in materia di migrazione legale che includa procedure di ammissione, che consentano di reagire rapidamente alla domanda fluttuante di manodopera straniera nel mercato del lavoro.
(5)
Il Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre 2006 ha individuato una serie di iniziative da adottare nel 2007, tra cui l’elaborazione di politiche migratorie opportunamente gestite, nel pieno rispetto delle competenze nazionali, per aiutare gli Stati membri a soddisfare le esigenze di manodopera attuali e future.
(6)
Per conseguire gli obiettivi previsti dalla strategia di Lisbona, è importante favorire altresì la mobilità all’interno dell’Unione dei lavoratori altamente qualificati, cittadini dell’Unione, in particolare di coloro che provengono dagli Stati membri che hanno aderito all’Unione nel 2004 e nel 2007. Nell’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri sono tenuti a rispettare il principio della preferenza comunitaria enunciato, in particolare, nelle disposizioni pertinenti degli atti di adesione del 2003 e del 2005.
(7)
La presente direttiva intende contribuire al conseguimento di tali obiettivi e ovviare alle carenze di manodopera, favorendo l’ammissione e la mobilità — ai fini di attività lavorative altamente qualificate — di cittadini di paesi terzi per soggiorni di durata superiore a tre mesi, allo scopo di rendere la Comunità più attraente per tali lavoratori provenienti da tutto il mondo, e di sostenere la competitività e la crescita economica dell’Unione. Per raggiungere questi fini, occorre agevolare l’ammissione dei lavoratori altamente qualificati e delle loro famiglie, istituendo una procedura di ammissione accelerata e accordando loro diritti sociali ed economici pari a quelli dei cittadini dello Stato membro ospitante in una serie di settori. È altresì necessario tener conto delle priorità, delle esigenze dei mercati del lavoro e delle capacità di accoglienza degli Stati membri. La presente direttiva dovrebbe far salva la competenza degli Stati membri di mantenere o introdurre nuovi permessi di soggiorno ai fini di un’attività lavorativa di qualsiasi tipo. I cittadini di paesi terzi interessati dovrebbero poter richiedere una Carta blu UE o un permesso di soggiorno nazionale. La presente direttiva inoltre non dovrebbe pregiudicare la possibilità per un titolare di Carta blu UE di beneficiare di diritti e privilegi supplementari che possono essere previsti dalla legislazione nazionale e che sono compatibili con la presente direttiva.
(8)
La presente direttiva dovrebbe far salvo il diritto degli Stati membri di determinare le quote di ammissione di cittadini di paesi terzi, che fanno ingresso nel loro territorio con il fine di attività lavorativa altamente qualificata. In tale categoria dovrebbero rientrare anche i cittadini di paesi terzi che intendano rimanere sul territorio di uno Stato membro per esercitare un’attività economica retribuita e che soggiornino legalmente in tale Stato membro in virtù di altri regimi, come gli studenti che hanno appena completato gli studi o i ricercatori che sono stati ammessi rispettivamente a norma della direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (4), e della direttiva 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica (5), ma che non beneficiano di un diritto consolidato di accesso al mercato del lavoro di tale Stato membro in virtù della legge comunitaria o nazionale. Inoltre, per quanto riguarda le quote di ammissione, gli Stati membri conservano la possibilità di non concedere permessi di soggiorno a fini occupazionali per alcune professioni, per alcuni settori economici o regioni.
(9)
Ai fini della presente direttiva, per valutare se il cittadino di un paese terzo interessato possiede titoli di istruzione superiore si può far riferimento ai livelli ISCED («classificazione internazionale tipo dell’istruzione») 1997 5a e 6.
(10)
È opportuno che la presente direttiva preveda un sistema flessibile di ingresso in funzione della domanda, basato su criteri obiettivi, come una soglia salariale minima comparabile con i livelli salariali applicati negli Stati membri, nonché sulle qualifiche professionali. Occorre stabilire un minimo comune denominatore per la soglia salariale, per garantire un livello minimo di armonizzazione delle condizioni di ammissione in tutta la Comunità. La soglia salariale stabilisce un livello minimo, ma gli Stati membri possono definirne una più elevata. Gli Stati membri dovrebbero fissare la loro soglia in conformità alla situazione e all’organizzazione dei loro rispettivi mercati del lavoro e alle loro politiche generali in materia di immigrazione. Si possono prevedere deroghe al regime principale della soglia salariale per professioni specifiche, qualora lo Stato membro interessato ritenga che vi sia una particolare scarsità di forza lavoro disponibile e laddove tali professioni facciano parte delle classi 1 e 2 della classificazione ISCO («classificazione internazionale tipo delle professioni»).
(11)
La presente direttiva intende soltanto stabilire le condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendono svolgere un’attività lavorativa altamente qualificata, nell’ambito del sistema della Carta blu UE, compresi i criteri di ammissibilità connessi a una soglia salariale. L’unico scopo della soglia salariale consiste nel definire, tenuto conto delle osservazioni statistiche pubblicate dalla Commissione (Eurostat) o dagli Stati membri interessati, il campo di applicazione della Carta blu EU creata da ciascuno Stato membro sulla base di norme comuni. Tale soglia non intende fissare le retribuzioni e pertanto non può derogare alle regole e alle prassi a livello di Stati membri né tanto meno ai contratti collettivi, e non può essere utilizzata per costituire un’armonizzazione in questo campo. La presente direttiva rispetta pienamente le competenze degli Stati membri, in particolare in materia di occupazione, lavoro e questioni sociali.
(12)
Allorché uno Stato membro decida di ammettere un cittadino di un paese terzo che rispetta i criteri pertinenti, il cittadino di un paese terzo che ha richiesto una Carta Blu UE dovrebbe ricevere il permesso di soggiorno specifico previsto dalla presente direttiva; tale permesso gli dovrebbe consentire di accedere progressivamente al mercato del lavoro, e ai diritti di soggiorno e di mobilità concessi a lui e alla sua famiglia. Il termine per l’esame della domanda per una Carta blu UE non dovrebbe comprendere il periodo di tempo necessario per il riconoscimento delle qualifiche professionali o il tempo necessario per il rilascio eventuale del visto. La presente direttiva non pregiudica le procedure nazionali di riconoscimento dei diplomi. La designazione delle autorità competenti a norma della presente direttiva fa salvi il ruolo e le responsabilità di altre autorità nazionali e, ove necessario, delle parti sociali, in relazione all’esame della domanda e alla decisione sulla stessa.
(13)
Il modello della Carta blu UE dovrebbe essere conforme al regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (6), permettendo in tal modo agli Stati membri di fare riferimento alle informazioni, in particolare, a quali condizioni il titolare è autorizzato a lavorare.
(14)
È opportuno che i cittadini di paesi terzi in possesso di un documento di viaggio valido e della Carta blu UE rilasciata da uno Stato membro che applica integralmente l’acquis di Schengen siano autorizzati a entrare e circolare liberamente nel territorio di un altro Stato membro che applica intregralmente l’acquis di Schengen, per un periodo non superiore a tre mesi, in conformità del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (7), e dell’articolo 21 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni.
(15)
La mobilità occupazionale e geografica dei lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi dovrebbe essere riconosciuta come meccanismo primario per migliorare l’efficienza del mercato del lavoro, prevenire le carenze di competenze e compensare gli squilibri regionali. Per rispettare il principio della preferenza comunitaria e per impedire eventuali abusi del sistema, la mobilità occupazionale di un lavoratore altamente qualificato proveniente da un paese terzo dovrebbe essere limitata durante i primi due anni di occupazione legale in uno Stato membro.
(16)
La presente direttiva rispetta integralmente la parità di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e i titolari di Carta blu UE in materia di retribuzioni, in condizione di parità di situazioni.
(17)
La parità di trattamento dei titolari di Carta blu UE non contempla misure nel settore della formazione professionale che sono contemplate dai regimi di assistenza sociale.
(18)
I titolari di Carta blu UE dovrebbero beneficiare della parità di trattamento per quanto riguarda la sicurezza sociale. I settori della sicurezza sociale sono definiti dal regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (8). Il regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini di paesi terzi, cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (9), applica le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 ai cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente nella Comunità e che sono in una situazione transfrontaliera. Le disposizioni della presente direttiva relative alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale si applicano anche alle persone che fanno ingresso nel territorio di uno Stato membro direttamente da un paese terzo, a condizione che tale persona soggiorni legalmente in qualità di titolare di Carta blu UE in corso di validità, anche durante un periodo di disoccupazione temporanea, e soddisfi le condizioni stabilite dalla legislazione nazionale per poter accedere alle prestazioni di sicurezza sociale interessate.
La presente direttiva non dovrebbe tuttavia conferire al titolare di Carta blu UE maggiori diritti rispetto a quelli che la legge comunitaria vigente già prevede in materia di sicurezza sociale per i cittadini di paesi terzi che presentano elementi transfrontalieri tra Stati membri. La presente direttiva, inoltre, non dovrebbe conferire diritti per situazioni che esulano dal campo di applicazione della normativa comunitaria, ad esempio in relazione alla situazione dei familiari soggiornanti in un paese terzo.
(19)
Le qualifiche professionali acquisite da un cittadino di un paese terzo in un altro Stato membro dovrebbero essere riconosciute allo stesso modo di quelle di un cittadino dell’Unione. Le qualifiche acquisite in un paese terzo dovrebbero essere considerate secondo la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (10).
(20)
Durante il primo periodo di soggiorno legale di un lavoratore altamente qualificato di un paese terzo, la mobilità geografica di quest’ultimo all’interno della Comunità dovrebbe essere controllata e basata sulla domanda. È opportuno prevedere deroghe alla direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (11), allo scopo di non penalizzare i lavoratori di paesi terzi altamente qualificati che sono geograficamente mobili ma che non hanno ancora acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo CE, ai sensi della presente direttiva, e al fine di incoraggiare la migrazione geografica e circolare.
(21)
Occorre favorire e sostenere la mobilità dei lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi tra la Comunità e i loro paesi di origine. È opportuno prevedere deroghe alla direttiva 2003/109/CE, allo scopo di prolungare il periodo di assenza dal territorio della Comunità senza interrompere il periodo di soggiorno legale e ininterrotto necessario per poter beneficiare dello status di soggiornante di lungo periodo. Occorre anche autorizzare periodi di assenza più lunghi di quelli previsti dalla direttiva 2003/109/CE, dopo che i lavoratori altamente qualificati provenienti da paesi terzi hanno acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo CE al fine di incoraggiare la migrazione circolare dei lavoratori altamente qualificati.
(22)
Nell’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero astenersi da politiche attive di assunzione nei paesi in via di sviluppo in settori che soffrono di carenze di risorse di personale. Nei settori chiave è opportuno elaborare politiche e principi in materia di assunzioni etiche, applicabili ai datori di lavoro dei settori pubblico e privato, ad esempio nel settore della sanità, come si sottolinea nelle conclusioni del Consiglio e degli Stati membri del 14 maggio 2007 sul Programma d’azione europeo per ovviare alla grave carenza di operatori sanitari nei paesi in via di sviluppo (2007-2013), e nel settore dell’istruzione, se del caso. Per rafforzare questa strategia, occorre definire e applicare meccanismi, orientamenti e altri strumenti destinati ad agevolare, secondo i casi, la migrazione circolare e temporanea, nonché altre misure dirette a ridurre gli effetti negativi dell’immigrazione di lavoratori altamente qualificati sui paesi in via di sviluppo e ad aumentare quelli positivi, al fine di trasformare la «fuga dei cervelli» in un «afflusso di cervelli».
(23)
Condizioni favorevoli al ricongiungimento familiare e all’accesso dei coniugi al mercato del lavoro dovrebbero costituire un elemento fondamentale di questa direttiva, la quale è volta ad attrarre lavoratori altamente qualificati di paesi terzi. A tale scopo, occorre prevedere deroghe specifiche alla direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (12). La deroga prevista all’articolo 15, paragrafo 3 della presente direttiva non osta a che gli Stati membri mantengano o introducano condizioni e misure di integrazione, compreso l’apprendimento della lingua, per i familiari di un titolare di Carta blu UE.
(24)
Occorre prevedere disposizioni specifiche per quanto riguarda la presentazione di relazioni, al fine di sorvegliare l’attuazione della presente direttiva, per individuare ed eventualmente compensare le sue eventuali conseguenze in termini di «fuga dei cervelli» nei paesi in via di sviluppo ed evitare così lo «spreco di cervelli». È opportuno che gli Stati membri trasmettano annualmente i dati pertinenti alla Commissione, in conformità al regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale (13).
(25)
Dal momento che gli obiettivi della presente direttiva, ossia l’introduzione di una speciale procedura di ammissione e l’adozione di condizioni di ingresso e soggiorno per oltre tre mesi applicabili ai cittadini di Stati terzi all’interno degli Stati membri con l’intento di svolgere attività altamente qualificate e ai loro famigliari, non possono essere realizzati in maniera sufficiente dagli Stati membri, specialmente per quanto riguarda la garanzia di mobilità tra Stati membri, e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al il principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(26)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e applica i principi riconosciuti in particolare dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(27)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale del Parlamento europeo e del Consiglio «Legiferare meglio» (14), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento.
(28)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, tali Stati membri non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione.
(29)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, e non è da essa vincolata, né soggetta alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva intende determinare:
a)
le condizioni di ingresso e di soggiorno per periodi superiori a tre mesi, nel territorio degli Stati membri, di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati in quanto titolari della Carta blu UE e dei loro familiari;
b)
le condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi e dei loro familiari di cui alla lettera a), in Stati membri diversi dal primo Stato membro.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a)
«cittadino di un paese terzo», chiunque non sia cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato;
b)
«lavoro altamente qualificato», il lavoro di una persona che:
—
nello Stato membro interessato, è tutelata in quanto lavoratore dal diritto nazionale del lavoro e/o in conformità della prassi nazionale, indipendentemente dal rapporto giuridico, al fine di esercitare un lavoro reale ed effettivo per conto o sotto la direzione di un’altra persona,
—
è retribuito, e
—
possiede una competenza specifica e adeguata, suffragata da qualifiche professionali superiori;
c)
«Carta blu UE», l’autorizzazione recante il termine «Carta blu UE», che consente al titolare di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro ai sensi della presente direttiva;
d)
«primo Stato membro», lo Stato membro che per primo concede una Carta blu UE a un cittadino di un paese terzo;
e)
«secondo Stato membro», qualsiasi Stato membro diverso dal primo Stato membro;
f)
«familiari», i cittadini di paesi terzi come definiti all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/86/CE;
g)
«qualifiche professionali superiori», qualifiche attestate da titoli di istruzione superiore o, a titolo di deroga, se previsto dalla normativa nazionale, attestate da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli di istruzione superiore e pertinente nella professione o nel settore specificati nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro;
h)
«titolo di istruzione superiore», qualsiasi diploma, certificato o altro titolo di formale qualificazione rilasciato da un’autorità competente che attesti il completamento di un programma di istruzione superiore post-secondaria, ossia di un insieme di corsi offerti da un istituto di istruzione riconosciuto come istituto di istruzione superiore dallo Stato in cui è situato. Ai fini della presente direttiva tale titolo di istruzione superiore è preso in considerazione a condizione che gli studi necessari per acquisirlo abbiano durata almeno triennale;
i)
«esperienza professionale», l’esercizio effettivo e legittimo della professione in questione;
j)
«professione regolamentata», una professione regolamentata di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36/CE.
Articolo 3
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi nel territorio di uno Stato membro per svolgere un lavoro altamente qualificato a norma della presente direttiva.
2. La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi:
a)
che sono autorizzati a soggiornare in uno Stato membro in forza di una protezione temporanea o che hanno chiesto l’autorizzazione a soggiornare su tale base e sono in attesa di una decisione sul loro status;
b)
che sono beneficiari di protezione internazionale a norma della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione a cittadini di paesi terzi o apolidi della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (15), o hanno chiesto protezione internazionale a norma di tale direttiva e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa la loro domanda;
c)
che sono beneficiari di protezione conformemente alla legge nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi dello Stato membro o hanno chiesto protezione conformemente alla legge nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi dello Stato membro e sono ancora in attesa di una decisione definitiva circa la loro domanda;
d)
che chiedono di soggiornare in uno Stato membro in qualità di ricercatori ai sensi della direttiva 2005/71/CE, ai fini di un progetto di ricerca;
e)
che sono familiari di cittadini dell’Unione che hanno esercitato o esercitano il loro diritto alla libera circolazione nella Comunità in conformità della direttiva 2004/38/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (16);
f)
che beneficiano dello status comunitario di soggiornante di lungo periodo in uno Stato membro ai sensi della direttiva 2003/109/CE ed esercitano il loro diritto di soggiornare in un altro Stato membro per svolgere un’attività economica subordinata o autonoma;
g)
che fanno ingresso in uno Stato membro in virtù di impegni previsti da un accordo internazionale che agevola l’ingresso e il soggiorno temporaneo di determinate categorie di persone fisiche connesse al commercio e agli investimenti;
h)
che sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro in qualità di lavoratori stagionali;
i)
la cui espulsione è stata sospesa per motivi di fatto o di diritto;
j)
che sono contemplati dalla direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (17), finché sono distaccati sul territorio dello Stato membro interessato.
Inoltre, la presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi e ai loro familiari, qualunque sia la loro nazionalità, che, in virtù di accordi conclusi tra la Comunità e i suoi Stati membri e tali paesi terzi beneficiano di diritti in materia di libera circolazione equivalenti a quelli dei cittadini dell’Unione.
3. La presente direttiva fa salvi eventuali accordi tra la Comunità e/o i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi che prevedano elenchi di professioni che non devono rientrare nel campo di applicazione della presente direttiva al fine di garantire assunzioni etiche in settori che soffrono di carenza di personale, proteggendo le risorse umane nei paesi in via di sviluppo firmatari di tali accordi.
4. La presente direttiva fa salva la facoltà degli Stati membri di rilasciare permessi di soggiorno diversi dalla Carta blu UE per qualsiasi scopo occupazionale. Tali permessi non danno diritto di soggiornare negli altri Stati membri come previsto nella presente direttiva.
Articolo 4
Disposizioni più favorevoli
1. La presente direttiva fa salve le disposizioni più favorevoli:
a)
del diritto comunitario, inclusi gli accordi bilaterali e multilaterali tra la Comunità, o la Comunità e i suoi Stati membri, e uno o più paesi terzi;
b)
di accordi bilaterali o multilaterali tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi.
2. La presente direttiva fa salva la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere, per le persone a cui si applica, disposizioni più favorevoli rispetto alle disposizioni seguenti della direttiva stessa:
a)
articolo 5, paragrafo 3, in applicazione dell’articolo 18;
b)
articolo 11, articolo 12, paragrafo 1, seconda frase; articolo 12, paragrafo 2; articoli 13, 14, 15 e articolo 16, paragrafo 4.
CAPITOLO II
CONDIZIONI DI AMMISSIONE
Articolo 5
Criteri di ammissione
1. Fatto salvo l’articolo 10, paragrafo 1, il cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso quale titolare di una carta blu EU a norma della presente direttiva:
a)
presenta un contratto di lavoro valido o, secondo quanto eventualmente previsto dalla legge nazionale, un’offerta vincolante di lavoro per svolgere un lavoro altamente qualificato avente durata di almeno un anno nello Stato membro interessato;
b)
presenta un documento attestante il rispetto dei requisiti prescritti dalla legge nazionale per l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della professione regolamentata specificata nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro secondo la legge nazionale;
c)
per le professioni non regolamentate, presenta i documenti che attestino il possesso delle qualifiche professionali superiori per l’attività o per il settore specificato nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro disciplinati dalla legge nazionale;
d)
esibisce un documento di viaggio valido secondo quanto previsto dalla legge nazionale la domanda di visto o il visto, se richiesto, e la prova del possesso di un permesso di soggiorno valido o di un visto nazionale per soggiorno di lunga durata, se del caso. Gli Stati membri possono richiedere che la validità del documento di viaggio copra almeno la durata iniziale del permesso di soggiorno;
e)
dimostra di disporre o, se previsto dalla legge nazionale, di avere fatto richiesta di un’assicurazione sanitaria a copertura di tutti i rischi contro i quali sono normalmente coperti i cittadini dello Stato membro interessato, durante i periodi in cui non dispone di una copertura assicurativa di questo tipo né di prestazioni corrispondenti connesse al contratto di lavoro o in virtù di esso;
f)
non è considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la salute pubblica.
2. Gli Stati membri possono chiedere al richiedente di fornire il proprio indirizzo sul territorio dello Stato membro interessato.
3. In aggiunta alle condizioni di cui al paragrafo 1, lo stipendio annuale lordo come ricavato dallo stipendio mensile o annuale specificato nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante di lavoro, non è inferiore alla relativa soglia salariale definita e pubblicata a tal fine dagli Stati membri, il cui ammontare corrisponde ad almeno una volta e mezza lo stipendio medio annuale lordo nello Stato membro interessato.
4. Nell’attuare il paragrafo 3, gli Stati membri possono esigere che siano soddisfatte tutte le condizioni previste dalle leggi applicabili, dai contratti collettivi o dagli usi nei pertinenti settori occupazionali per lavori altamente qualificati.
5. In deroga al paragrafo 3, e per l’occupazione in professioni che necessitano in particolare di lavoratori cittadini di paesi terzi e che appartengono ai gruppi principali 1 e 2 della ISCO, la soglia salariale può corrispondere almeno a 1,2 volte del salario medio annuale lordo nello Stato membro interessato. In tal caso, lo Stato membro in questione comunica ogni anno alla Commissione l’elenco delle professioni per le quali è stata decisa una deroga.
6. Il presente articolo fa salvi i contratti collettivi o gli usi applicabili nei pertinenti settori occupazionali per lavori altamente qualificati.
Articolo 6
Quote di ammissione
La presente direttiva non incide sul diritto di uno Stato membro di determinare la quota di ammissione di cittadini di paesi terzi che fanno ingresso nel suo territorio al fine di svolgere lavori altamente qualificati.
CAPITOLO III
CARTA BLU UE, PROCEDURA E TRASPARENZA
Articolo 7
Carta blu UE
1. La Carta blu UE viene rilasciata al cittadino di un Stato terzo che ne abbia fatto richiesta, rispetti i requisiti di cui all’articolo 5 e abbia ottenuto, a norma dell’articolo 8, una decisione positiva delle autorità competenti.
Lo Stato membro interessato agevola in ogni modo il cittadino di un paese terzo nell’ottenimento dei visti necessari.
2. Gli Stati membri stabiliscono un periodo standard di validità della Carta blu UE, che è compreso tra uno e quattro anni. Se il contratto di lavoro copre un periodo inferiore a tale periodo, la Carta blu UE è rilasciata o rinnovata per la durata del contratto di lavoro più tre mesi.
3. La Carta blu UE è rilasciata dalle autorità competenti degli Stati membri secondo il modello uniforme stabilito dal regolamento (CE) n. 1030/2002. Conformemente alla lettera a), punto 7.5-9 dell’allegato di tale regolamento, gli Stati membri indicano sulla Carta blu UE le condizioni di accesso al mercato del lavoro di cui all’articolo 12, paragrafo 1, della presente direttiva. Nella rubrica «tipo di permesso» nel permesso di soggiorno, gli Stati membri indicano «Carta blu UE».
4. Durante il periodo di validità, la Carta blu UE autorizza il titolare:
a)
ad entrare, rientrare e soggiornare nel territorio dello Stato membro che rilascia la Carta blu UE;
b)
a far valere i diritti riconosciuti dalla presente direttiva.
Articolo 8
Motivi di rifiuto
1. Gli Stati membri rifiutano la domanda di Carta blu UE se il richiedente non soddisfa le condizioni previste all’articolo 5 o se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, ovvero siano stati falsificati o manomessi.
2. Prima di decidere in merito a una domanda di Carta blu UE e nel vagliare i rinnovi o le autorizzazioni di cui all’articolo 12, paragrafi 1 e 2 durante i primi due anni di legale occupazione del titolare di una Carta blu UE, gli Stati membri possono esaminare la situazione del loro mercato del lavoro e applicare le procedure nazionali relative ai requisiti per la copertura di posti vacanti.
Gli Stati membri possono accertarsi se i posti vacanti in questione non possano essere coperti da forza lavoro nazionale o comunitaria, da cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in tale Stato membro e che fanno già parte del mercato del lavoro interno in forza della legge nazionale o comunitaria, ovvero da residenti comunitari di lungo periodo che desiderano trasferirsi in detto Stato membro per svolgervi un lavoro altamente qualificato conformemente al capo III della direttiva 2003/109/CE.
3. La domanda di Carta blu UE può inoltre essere considerata irricevibile sulla base dell’articolo 6.
4. Gli Stati membri possono rifiutare una domanda di Carta blu UE al fine di garantire assunzioni etiche in settori che soffrono di carenza di lavoratori qualificati nei paesi di origine.
5. Gli Stati membri possono rifiutare una domanda di Carta blu UE se il datore di lavoro è stato oggetto di sanzioni in virtù della legge nazionale, a causa di lavoro non dichiarato e/o occupazione illegale.
Articolo 9
Revoca o mancato rinnovo della Carta blu UE
1. Gli Stati membri revocano o rifiutano di rinnovare la Carta blu UE rilasciata in forza della presente direttiva nei seguenti casi:
a)
se è stata ottenuta in maniera fraudolenta, o è stata falsificata o manomessa;
b)
se risulta che il titolare non soddisfaceva o non soddisfa più le condizioni d’ingresso e di soggiorno previste dalla presente direttiva, o che soggiorna per fini diversi da quello per cui lo stesso ha ottenuto l’autorizzazione;
c)
se il titolare non ha rispettato i limiti stabiliti all’articolo 12, paragrafi 1 e 2, e all’articolo 13.
2. La mancanza della comunicazione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, secondo comma e all’articolo 13, paragrafo 4, non è considerata un motivo sufficiente per revocare o non rinnovare la Carta blu UE se il titolare può dimostrare che la comunicazione non è pervenuta alle autorità competenti per motivi indipendenti dalla volontà dello stesso.
3. Gli Stati membri possono revocare o rifiutare il rinnovo della Carta blu UE rilasciata a norma della presente direttiva nei casi seguenti:
a)
per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica;
b)
qualora il titolare della Carta blu UE non abbia risorse sufficienti per mantenere se stesso e, nel caso, i propri familiari, senza ricorrere al regime di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano tali risorse con riferimento alla loro natura e alla loro regolarità e possono tenere conto del livello minimo nazionale delle retribuzioni e delle pensioni, nonché del numero dei familiari della persona interessata. Tale valutazione non ha luogo durante il periodo di disoccupazione di cui all’articolo 13;
c)
se la persona interessata non ha comunicato il suo indirizzo;
d)
se il titolare di una Carta blu UE chiede l’assistenza sociale, a condizione che gli siano state fornite anticipatamente da parte dello Stato membro interessato adeguate informazioni al riguardo per iscritto.
Articolo 10
Domande di ammissione
1. Gli Stati membri stabiliscono se le domande di Carta blu UE debbano essere presentate dal cittadino del paese terzo interessato e/o dal suo datore di lavoro.
2. La domanda è presa in considerazione ed esaminata sia quando il cittadino del paese terzo interessato soggiorna al di fuori del territorio dello Stato membro in cui chiede di essere ammesso, sia quando già soggiorna in tale Stato membro in quanto titolare di un permesso di soggiorno valido o di un visto nazionale per soggiorno di lunga durata.
3. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri possono accettare, conformemente alle rispettive leggi nazionali, una domanda presentata ancorché il cittadino del paese terzo interessato non possieda un permesso di soggiorno valido, ma sia legalmente presente sul loro territorio.
4. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la domanda possa essere unicamente presentata dal di fuori del proprio territorio, a condizione che siffatta limitazione, con riguardo a tutti i cittadini di paesi terzi ovvero a categorie specifiche di cittadini di paesi terzi, sia già stabilita dalla legge nazionale vigente al momento dell’adozione della presente direttiva.
Articolo 11
Garanzie procedurali
1. Le autorità competenti degli Stati membri adottano una decisione sulla domanda completa della Carta blu UE e la notificano per iscritto al richiedente, conformemente alle procedure di notifica previste dalla legge nazionale dello Stato membro interessato, quanto prima e comunque non oltre novanta giorni dalla presentazione della domanda.
La legge nazionale dello Stato membro interessato disciplina le conseguenze della mancata adozione di una decisione entro la scadenza del termine indicato nel primo comma.
2. Laddove le informazioni o i documenti forniti a sostegno della domanda siano insufficienti, le autorità competenti comunicano al richiedente quali informazioni supplementari siano richieste e fissano un termine ragionevole per provvedervi. Il periodo di cui al paragrafo 1 è sospeso fino al momento in cui le autorità abbiano ricevuto le informazioni o i documenti supplementari richiesti. Se questi non sono forniti entro il termine stabilito, la domanda può essere respinta.
3. Qualsiasi decisione che respinga la domanda per una Carta blu UE, che disponga il mancato rinnovo o la revoca della stessa, è notificata per iscritto al cittadino del paese terzo interessato e, laddove opportuno, al suo datore di lavoro, in conformità alle procedure di notifica previste dalla legge nazionale in questione; tale decisione è impugnabile nello Stato membro interessato, conformemente alla legge nazionale. Nella notifica sono indicati i motivi della decisione, i possibili mezzi di impugnazione di cui può avvalersi l’interessato nonché i termini entro cui proporli.
CAPITOLO IV
DIRITTI
Articolo 12
Accesso al mercato del lavoro
1. Per i primi due anni di occupazione legale nello Stato membro interessato come titolare di Carta blu UE, la persona interessata può accedere al mercato del lavoro solo per esercitare attività retribuite conformi alle condizioni di ammissione previste all’articolo 5. Dopo i primi due anni, gli Stati membri possono concedere alle persone interessate lo stesso trattamento riservato ai cittadini nazionali per quanto riguarda l’accesso al lavoro altamente qualificato.
2. I cambiamenti di datore di lavoro nel corso dei primi due anni di occupazione legale nello Stato membro interessato in quanto titolare di Carta blu UE, sono soggetti all’autorizzazione scritta preliminare delle autorità competenti dello Stato membro in cui il titolare soggiorna, in conformità alle procedure nazionali ed entro i limiti di tempo previsti all’articolo 11, paragrafo 1. Eventuali modifiche che incidono sulle condizioni di ammissione sono soggette a comunicazione preventiva o, se previsto dalla legge nazionale, ad autorizzazione preliminare.
A seguito dei primi due anni, laddove lo Stato membro interessato non si avvalga della possibilità prevista al paragrafo 1 in relazione alla parità di trattamento, la persona interessata comunica, in conformità alle procedure nazionali, alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna gli eventuali cambiamenti che incidono sulle condizioni di cui all’articolo 5.
3. Gli Stati membri possono limitare l’accesso al lavoro se le attività dello stesso comportano, anche in via occasionale, una partecipazione all’esercizio dell’autorità pubblica e la responsabilità della salvaguardia degli interessi generali dello Stato, nonché qualora, conformemente alla legge nazionale o comunitaria vigente, tali attività siano riservate ai cittadini nazionali.
4. Gli Stati membri possono limitare l’accesso al lavoro nei casi in cui, conformemente alla legge nazionale o comunitaria vigente, le attività dello stesso siano riservate ai cittadini nazionali, ai cittadini dell’Unione o ai cittadini del SEE.
5. Il presente articolo si applica fatto salvo il principio della preferenza comunitaria enunciato nelle disposizioni pertinenti degli atti di adesione del 2003 e del 2005, in particolare per quanto riguarda i diritti dei cittadini degli Stati membri interessati all’accesso al mercato del lavoro.
Articolo 13
Disoccupazione temporanea
1. La disoccupazione non costituisce di per sé un motivo di revoca di una Carta blu UE, a meno che il periodo di disoccupazione superi i tre mesi consecutivi o si registri più di un periodo di disoccupazione durante il periodo di validità di una Carta blu UE.
2. Durante il periodo di cui al paragrafo 1 il titolare di Carta blu UE è autorizzato a cercare ed assumere un impiego alle condizioni previste all’articolo 12.
3. Gli Stati membri autorizzano il titolare di Carta blu UE a rimanere nel loro territorio finché non sia stata concessa o rifiutata l’autorizzazione necessaria ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2. La comunicazione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, pone fine automaticamente al periodo di disoccupazione.
4. Il titolare di Carta blu UE comunica alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna l’inizio del periodo di disoccupazione, in conformità alle rilevanti procedure nazionali.
Articolo 14
Parità di trattamento
1. I titolari di Carta blu UE beneficiano di un trattamento uguale a quello riservato ai cittadini dello Stato membro che ha rilasciato la Carta blu per quanto concerne:
a)
le condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché le prescrizioni relative alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro;
b)
la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni rappresentative di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza;
c)
l’istruzione e la formazione professionale;
d)
il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili;
e)
le disposizioni della legge nazionale relative ai settori della sicurezza sociale definiti dal regolamento (CEE) n. 1408/71. Le disposizioni particolari che figurano nell’allegato del regolamento (CE) n. 859/2003, si applicano di conseguenza;
f)
fatti salvi gli accordi bilaterali esistenti, il pagamento di importi collegati alle pensioni legali di vecchiaia, in base all’aliquota applicata secondo la legislazione dello Stato membro debitore o degli Stati membri debitori in caso di trasferimento in un paese terzo;
g)
l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e l’erogazione degli stessi, comprese le procedure per l’ottenimento di un alloggio, nonché i servizi d’informazione e consulenza forniti dai centri per l’impiego;
h)
il libero accesso a tutto il territorio dello Stato membro interessato, nei limiti previsti dalla legge nazionale.
2. Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettere c), e g), gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento, per quanto concerne le borse e i prestiti di studio e di mantenimento nonché altre sovvenzioni e prestiti concernenti l’istruzione secondaria e superiore e la formazione professionale, e le procedure per l’ottenimento di un alloggio.
Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettera c):
a)
l’accesso all’università e all’istruzione post-secondaria può essere subordinato a specifici requisiti in conformità alla legge nazionale;
b)
lo Stato membro interessato può limitare la parità di trattamento ai casi in cui il titolare di Carta blue UE, o il familiare per cui è richiesta la prestazione, abbia eletto domicilio o risieda abitualmente nel suo territorio.
Il paragrafo 1, lettera g), fa salva l’autonomia contrattuale in conformità della legge comunitaria e nazionale.
3. Il diritto alla parità di trattamento di cui al paragrafo 1 fa salvo il diritto dello Stato membro di revocare o rifiutare il rinnovo della Carta blu UE a norma dell’articolo 9.
4. Se il titolare di Carta blu UE si trasferisce in un secondo Stato membro a norma dell’articolo 18 e non è ancora stata presa una decisione positiva sul rilascio della Carta blu UE, gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento ai settori elencati al paragrafo 1, a eccezione delle lettere b), e d). Se, durante tale periodo, gli Stati membri autorizzano il richiedente a lavorare, è concessa la parità di trattamento con i cittadini del secondo Stato membro in tutti i settori di cui al paragrafo 1.
Articolo 15
Familiari
1. La direttiva 2003/86/CE si applica con le deroghe previste nel presente articolo.
2. In deroga all’articolo 3, paragrafo 1 e all’articolo 8 della direttiva 2003/86/CE, il ricongiungimento familiare non dipende dal fatto che il titolare di Carta blu UE abbia una fondata aspettativa di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, o che abbia un periodo minimo di soggiorno.
3. In deroga all’articolo 4, paragrafo 1, ultimo comma, e all’articolo 7, paragrafo 2 della direttiva 2003/86/CE, le condizioni di integrazione e le misure di cui agli stessi possono essere richieste solo dopo che sia stato concesso il ricongiungimento familiare alle persone interessate.
4. In deroga all’articolo 5, paragrafo 4, primo comma della direttiva 2003/86/CE, i permessi di soggiorno per i familiari sono concessi, laddove siano soddisfatte le condizioni per il ricongiungimento familiare, al più tardi entro sei mesi dalla data della presentazione della domanda.
5. In deroga all’articolo 13, paragrafi 2 e 3 della direttiva 2003/86/CE, la durata della validità dei permessi di soggiorno per i familiari è uguale a quella dei permessi di soggiorno rilasciati ai titolari della Carta blu UE, purché il periodo di validità dei loro documenti di viaggio lo consenta.
6. In deroga all’articolo 14, paragrafo 2, seconda frase della direttiva 2003/86/CE, gli Stati membri non applicano alcun limite di tempo rispetto all’accesso al mercato del lavoro.
Il presente paragrafo si applica a decorrere dal 19 dicembre 2011.
7. In deroga all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86/CE, ai fini del calcolo dei cinque anni di soggiorno necessari per l’acquisizione di un permesso di soggiorno autonomo, possono essere cumulati periodi di soggiorno in diversi Stati membri.
8. Se gli Stati membri ricorrono all’opzione prevista al paragrafo 7, si applicano, mutatis mutandis, le disposizioni di cui all’articolo 16 della presente direttiva per quanto riguarda il cumulo dei periodi di soggiorno in diversi Stati membri da parte del titolare di Carta blu UE.
Articolo 16
Status di soggiornante di lungo periodo-CE per i titolari di Carta blu UE
1. La direttiva 2003/109/CE del Consiglio si applica con le deroghe previste nel presente articolo.
2. In deroga all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109/CE, il titolare di Carta blu UE che si è avvalso della possibilità prevista all’articolo 18 della presente direttiva, è autorizzato a cumulare periodi di soggiorno in diversi Stati membri al fine di soddisfare il requisito relativo alla durata del soggiorno, se sono rispettate le seguenti condizioni:
a)
cinque anni di soggiorno legale e ininterrotto nel territorio della Comunità in quanto titolare di Carta blu UE; e
b)
soggiorno legale e ininterrotto per i due anni immediatamente precedenti alla presentazione della pertinente domanda quale titolare di Carta blu UE nel territorio dello Stato membro nel quale è stata presentata la domanda di permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo-CE.
3. Ai fini del calcolo del periodo di soggiorno legale e ininterrotto nella Comunità e in deroga all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma della direttiva 2003/109/CE, i periodi di assenza dal territorio della Comunità non interrompono la durata di cui al paragrafo 2, lettera a), del presente articolo se sono più brevi di dodici mesi consecutivi e se non superano complessivamente i diciotto mesi nel periodo di cui al paragrafo 2, lettera a), del presente articolo. Il presente paragrafo si applica anche nei casi in cui il titolare di Carta blu UE non si sia avvalso della possibilità prevista all’articolo 18.
4. In deroga all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/109/CE, gli Stati membri estendono a ventiquattro mesi consecutivi il periodo di assenza dal territorio della Comunità concesso al soggiornante di lungo periodo-CE titolare di un permesso di soggiorno di lungo periodo con l’annotazione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, e ai suoi familiari che abbiano ottenuto lo status di soggiornanti di lungo periodo-CE.
5. Le deroghe alla direttiva 2003/109/CE previste ai paragrafi 3 e 4 del presente articolo possono essere limitate ai casi in cui il cittadino del paese terzo interessato possa dimostrare che è stato assente dal territorio della Comunità per esercitare un’attività economica subordinata o autonoma, o per svolgere un servizio volontario, o per studiare nel paese di origine.
6. L’articolo 14, paragrafo 1, lettera f), e l’articolo 15 continuano ad applicarsi ai titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo con l’annotazione di cui all’articolo 17, paragrafo 2, ove del caso, dopo che il titolare di Carta blu UE è diventato un soggiornante di lungo periodo-CE.
Articolo 17
Permesso di soggiorno di lungo periodo
1. Ai titolari di Carta blu UE, che rispettano le condizioni previste all’articolo 16 della presente direttiva per l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo-CE, è rilasciato un permesso di soggiorno a norma dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1030/2002.
2. Sul permesso di soggiorno di cui al paragrafo 1 del presente articolo, nella rubrica «annotazioni», gli Stati membri iscrivono «Ex titolare di Carta blu UE».
CAPITOLO V
SOGGIORNO IN ALTRI STATI MEMBRI
Articolo 18
Condizioni
1. Dopo diciotto mesi di soggiorno legale nel primo Stato membro quale titolare di Carta blu UE, la persona interessata e i suoi familiari possono spostarsi in uno Stato membro diverso dal primo Stato membro ai fini di un’attività lavorativa altamente qualificata, alle condizioni previste dal presente articolo.
2. Quanto prima ed in ogni caso entro un mese dall’ingresso nel territorio del secondo Stato membro, il titolare di Carta blu UE e/o il suo datore di lavoro presenta domanda di rilascio di Carta blu UE alle autorità competenti di tale Stato membro insieme a tutti i documenti comprovanti il rispetto delle condizioni di cui all’articolo 5 per il secondo Stato membro. Il secondo Stato membro può decidere, in conformità al diritto nazionale, di non consentire al richiedente di lavorare finché una decisione positiva sulla domanda non sia presa dalla propria autorità competente.
3. La domanda può altresì essere presentata alle autorità competenti del secondo Stato membro se il titolare della Carta blu UE soggiorna ancora nel territorio del primo Stato membro.
4. In conformità alle procedure di cui all’articolo 11, il secondo Stato membro esamina la domanda e comunica per iscritto al richiedente e al primo Stato membro la sua decisione di:
a)
rilasciare una Carta blu UE e autorizzare il richiedente a soggiornare nel suo territorio per svolgere un lavoro altamente qualificato, laddove siano rispettate le condizioni di cui al presente articolo e agli articoli da 7 a 14; oppure
b)
rifiutare il rilascio di una Carta blu UE e obbligare il richiedente e i suoi familiari, conformemente alle procedure previste dalla legislazione nazionale, comprese quelle di allontanamento, a lasciare il territorio, laddove non siano rispettate le condizioni del presente articolo. Il primo Stato membro riammette immediatamente senza procedure formali il titolare di Carta blu UE e i suoi familiari. Tale disposizione si applica anche qualora la Carta blu UE rilasciata dal primo Stato membro sia scaduta o sia stata revocata nel corso dell’esame della domanda. In seguito alla riammissione, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13.
5. Se la Carta blu UE rilasciata dal primo Stato membro viene a scadenza durante la procedura, gli Stati membri possono rilasciare, se richiesto dalla legislazione nazionale, un permesso di soggiorno nazionale provvisorio, o un’autorizzazione equivalente, che permetta al richiedente di continuare a soggiornare legalmente nel territorio finché le autorità competenti non abbiano deciso in merito alla domanda.
6. Il richiedente e/o il suo datore di lavoro possono essere ritenuti responsabili delle spese connesse al rientro e alla riammissione del titolare di Carta blu UE e dei suoi familiari, incluse le spese a carico dei fondi pubblici, se del caso, a norma del paragrafo 4, lettera b).
7. In applicazione del presente articolo, gli Stati membri possono continuare ad applicare quote di ammissione di cui all’articolo 6.
8. A partire dalla seconda volta in cui un titolare di Carta blu UE, e se del caso, i suoi familiari, si avvalgono della possibilità di spostarsi in un altro Stato membro a norma del presente capo, per «primo Stato membro» si intende lo Stato membro da cui la persona interessata si sposta e per «secondo Stato membro» lo Stato membro in cui essa chiede di soggiornare.
Articolo 19
Soggiorno dei familiari nel secondo Stato membro
1. Quando un titolare di Carta blu UE si sposta in un secondo Stato membro a norma dell’articolo 18, e allorché la famiglia fosse già costituita nel primo Stato membro, i familiari sono autorizzati ad accompagnarlo o a raggiungerlo.
2. Al più tardi entro un mese dall’ingresso nel territorio del secondo Stato membro, i familiari interessati o il titolare di Carta blu UE, conformemente alla legge nazionale, presentano domanda di permesso di soggiorno per familiare alle autorità competenti di tale Stato membro.
Se il permesso di soggiorno dei familiari rilasciato dal primo Stato membro scade durante la procedura o non consente più al titolare di soggiornare legalmente nel territorio del secondo Stato membro, gli Stati membri permettono alla persona di soggiornare nel loro territorio, se necessario rilasciando un permesso di soggiorno nazionale provvisorio, o un’autorizzazione equivalente, che permetta al richiedente di continuare a soggiornare legalmente nel territorio con il titolare della Carta blu UE finché le autorità competenti del secondo Stato membro non abbiano deciso in merito alla domanda.
3. Il secondo Stato membro può richiedere ai familiari interessati di presentare, contestualmente alla domanda di permesso di soggiorno:
a)
il loro permesso di soggiorno nel primo Stato membro e un documento di viaggio valido o relative copie autenticate, nonché un visto, se necessario;
b)
la prova del loro soggiorno nel primo Stato membro in qualità di familiari del titolare di Carta blu UE;
c)
la prova della sussistenza di un’assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi nel secondo Stato membro, o del fatto che il titolare di Carta blu UE disponga di tale assicurazione per loro.
4. Il secondo Stato membro può richiedere al titolare della Carta blu UE di comprovare che:
a)
dispone di un alloggio considerato normale per una famiglia analoga nella stessa regione e che corrisponda alle norme generali di sicurezza e di salubrità dello Stato membro interessato;
b)
dispone di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere all’assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano tali risorse con riferimento alla loro natura e regolarità e possono tenere conto del livello minimo nazionale delle retribuzioni e delle pensioni nonché del numero dei familiari.
5. Le deroghe di cui all’articolo 15 continuano ad applicarsi mutatis mutandis.
6. Se la famiglia non era già costituita nel primo Stato membro, si applica l’articolo 15.
CAPITOLO VI
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 20
Misure di esecuzione
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri se sono state promulgate misure legislative o regolamentari in relazione all’articolo 6, all’articolo 8, paragrafo 2 e all’articolo 18, paragrafo 6.
Gli Stati membri che si avvalgono delle disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 4, comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri la decisione debitamente motivata indicante i paesi e i settori interessati.
2. Annualmente, e per la prima volta entro il 19 giugno 2013, gli Stati membri, in conformità al regolamento (CE) n. 862/2007, comunicano alla Commissione le statistiche sul numero di cittadini di paesi terzi ai quali hanno rilasciato una Carta blu UE e, ove possibile, sul numero dei cittadini di paesi terzi la cui Carta blu UE è stata rinnovata o revocata nell’anno precedente, indicando la loro nazionalità e, ove possibile, la loro professione. Allo stesso modo, comunicano le statistiche sui familiari ammessi, ad eccezione delle informazioni riguardanti la loro occupazione. Relativamente ai titolari di Carta blu UE e ai loro familiari ammessi in virtù delle disposizioni degli articoli 18, 19 e 20, nelle informazioni fornite si specifica anche, per quanto possibile, lo Stato membro del precedente soggiorno.
3. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 5, paragrafo 3 e, se opportuno, dell’articolo 5, paragrafo 5, saranno fatti riferimenti ai dati della Commissione (Eurostat) e, se del caso, ai dati nazionali
Articolo 21
Relazioni
Ogni tre anni, e per la prima volta non oltre il 19 giugno 2014, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri, in particolare in merito alla valutazione dell’impatto degli articoli 3, paragrafo 4, 5 e 18 e propone, nel caso, le modifiche ritenute necessarie.
La Commissione valuta in particolare la pertinenza della soglia salariale di cui all’articolo 5 e delle deroghe previste in tale articolo, tenuto conto, fra l’altro, della diversità delle situazioni economiche, settoriali e geografiche negli Stati membri.
Articolo 22
Punti di contatto
1. Gli Stati membri designano punti di contatto responsabili del ricevimento e della trasmissione delle informazioni di cui agli articoli 16, 18 e 20.
2. Gli Stati membri assicurano un adeguato livello di cooperazione nello scambio di informazioni e di documentazione di cui al paragrafo 1.
Articolo 23
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 19 giugno 2011. Essi ne danno immediata informazione alla Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono determinate dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.
Articolo 24
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 25
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. ŠEBESTA
(1) Parere del 20 novembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del 9 luglio 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere del 18 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 375 del 23.12.2004, pag. 12.
(5) GU L 289 del 3.11.2005, pag. 15.
(6) GU L 157 del 15.6.2002, pag. 1.
(7) GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1.
(8) GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2.
(9) GU L 124 del 20.5.2003, pag. 1.
(10) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22.
(11) GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44.
(12) GU L 251 del 3.10.2003, pag. 12.
(13) GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23.
(14) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(15) GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12.
(16) GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77; rettifica nella GU L 229 del 29.6.2004, pag. 35.
(17) GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Carta blu UE — ingresso e soggiorno di lavoratori altamente qualificati (fino al 2023)
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Definisce le condizioni di ingresso e di soggiorno per cittadini di paesi terzi altamente qualificati* che desiderano svolgere un lavoro altamente qualificato in uno Stato membro dell’Unione europea (Unione) (a eccezione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito (1)) e per le loro famiglie. Crea un sistema della carta blu UE*. La direttiva sarà abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2021/1883 (si veda la sintesi) a partire dal 19 novembre 2023.
PUNTI CHIAVE
I richiedenti la carta blu UE devono presentare:un contratto di lavoro valido o un’offerta di lavoro vincolante di almeno un anno, che offra uno stipendio pari ad almeno 1,5 volte lo stipendio annuo lordo medio nello Stato membro interessato;una prova documentale che certifichi il possesso delle qualifiche necessarie;un documento di viaggio valido e, dove richiesto, un visto;prova dell’assicurazione sanitaria. Gli Stati membri possono respingere una domanda se le condizioni di cui sopra non sono soddisfatte o se i documenti sono stati acquisiti illegalmente, falsificati o manomessi. Il richiedente non deve essere considerato una minaccia per l’ordine, la sicurezza o la salute pubblici. Gli Stati membri possono stabilire il numero di dipendenti altamente qualificati da ammettere. Ai richiedenti ammessi sarà rilasciata una carta blu UE valida per un periodo standard di 1–4 anni, a seconda dello Stato membro interessato o per la durata del contratto di lavoro, se questo è più breve del periodo di validità standard, più tre mesi. La domanda può essere presentata dalla persona e/o dal suo datore di lavoro, a seconda dello Stato membro. Per i primi due anni, i titolari di Carta blu UE sono limitati a posti di lavoro altamente qualificati che soddisfano i criteri di ammissione. Al termine di tale periodo possono presentare domanda a parità di condizioni con i cittadini del paese per altri lavori altamente qualificati, a seconda dello Stato membro interessato. I titolari di carte blu UE e le loro famiglie possono entrare, rientrare e soggiornare nello Stato membro che rilascia la carta e transitare in altri Stati membri. I titolari di carta blu UE godono degli stessi diritti dei cittadini del paese in termini di condizioni di lavoro, istruzione, riconoscimento delle qualifiche, sicurezza sociale e libertà di associazione. Gli Stati membri possono limitare alcuni di questi diritti, in particolare borse di studio e prestiti. Le autorità nazionali possono ritirare una carta blu UE o astenersi dal rinnovo, qualora il titolare non soddisfi più le condizioni originarie, sia stato disoccupato per oltre tre mesi o sia considerato una minaccia pubblica. Dopo 18 mesi di soggiorno legale, un titolare di carta blu UE beneficia di qualche facilitazione per ottenere il visto necessario per trasferirsi in un altro Stato membro. A condizione di soddisfare nuovamente i criteri di ammissione, possono essere autorizzati a iniziare a lavorare prima che venga presa la decisione di concedere il visto e i membri della famiglia possono immediatamente unirsi a loro. La Commissione riferisce ogni tre anni sulla modalità di applicazione della legislazione. La prima relazione è stata pubblicata a giugno 2014.Revisione e propostaNel 2016 la Commissione europea ha emanato una proposta di abrogazione della direttiva 2009/50/CE. Ciò è derivato da una revisione della direttiva, pubblicata in parallelo, che ha concluso che l’attuale direttiva ha molte debolezze intrinseche e che non viene applicata coerentemente in tutta l’Unione. Inoltre, molti Stati membri dispongono di norme e procedure parallele per la stessa categoria di lavoratori altamente qualificati. Tale frammentazione non è né efficiente, poiché crea un onere per i datori di lavoro e per i richiedenti, né efficace in quanto il numero di permessi rilasciati ai lavoratori altamente qualificati rimane ristretto. Ciò rende più difficile per l’Unione attrarre e trattenere i talenti di cui ha bisogno. La proposta cerca di affrontare le carenze della precedente direttiva e di estendere il suo ambito di applicazione in modo da includervi i beneficiari di protezione internazionale e i familiari di paesi terzi dei cittadini dell’Unione. Lo schema proposto sostituirebbe anche programmi nazionali paralleli destinati allo stesso gruppo della carta blu. La proposta include inoltre quanto segue:condizioni di ammissione più flessibili (una soglia salariale più bassa, una durata minima del contratto iniziale di meno di sei mesi, regole più semplici per i neolaureati e lavoratori in carenza di occupazione, equivalenza tra esperienza professionale e qualifiche formali);procedure più semplici (procedure più rapide e più flessibili, una procedura opzionale accelerata per i datori di lavoro affidabili);diritti più ampi (accesso più flessibile al mercato del lavoro, inclusa l’attività autonoma, ricongiungimento familiare immediato, accesso più facile allo status di soggiornante di lungo periodo dell’Unione);viaggi più facili all’interno dell’Unione (ad esempio, per viaggi di lavoro a breve termine in tutta l’Unione, accesso a una carta blu UE in un secondo Stato membro).Abrogazione
La direttiva 2009/50/CE è abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2021/1883 a partire dal 19 novembre 2023.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 19 giugno 2009 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 19 giugno 2011.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Migrazione legale e integrazione (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Dipendente altamente qualificato: una persona che possiede un insieme di competenze specifiche certificate da qualifiche professionali avanzate.
Carta blu UE: un permesso di lavoro e di soggiorno recante le parole «carta blu UE», che consente al titolare di vivere e lavorare nello Stato membro di rilascio.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (GU L 155 del 18.6.2009, pag. 17).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77). Testo ripubblicato nella rettifica (GU L 229 del 29.6.2004, pag. 35).
Le modifiche successive alla direttiva 2004/38/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa a procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60).
Direttiva (UE) 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 21).
Si veda la versione consolidata.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della direttiva 2009/50/CE sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati («Carta blu UE») [COM(2014) 287 final del 22.5.2014].
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle condizioni di ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati [COM(2016) 378 final del 7.6.2016].
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Valutazione dell’impatto — che accompagna il documento proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati e che abroga la direttiva 2009/50/CE [SWD(2016) 193 final del 7.6.2016].
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Sintesi della Valutazione dell’Impatto — che accompagna il documento proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente specializzati [SWD(2016) 194 final del 7.6.2016]. |
Certezza giuridica nel commercio internazionale per le imprese dell’UE che adottano gli accordi sulla scelta del foro
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI E DELLA CONVENZIONE?
A nome dell’Unione europea (UE), firmano e approvano la convenzione dell’Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro*. La convenzione chiarisce le regole che governano le controversie nel commercio internazionale in cui le parti hanno scelto un foro esclusivamente competente. La convenzione garantisce una maggiore certezza giuridica per le aziende dell’UE che intrattengono rapporti commerciali con aziende all’esterno dell’UE assicurando che la loro scelta del foro competente in una controversia venga rispettata.
PUNTI CHIAVE
Campo di applicazione della convenzioneLa presente convenzione si applica alla scelta esclusiva degli accordi sulla scelta del foro in questioni internazionali di natura civile e commerciale in cui sono coinvolti Stati che applicano la convenzione. L’accordo sulla scelta del foro è considerato esclusivo, se non altrimenti specificato dalle parti dell’accordo. Sono esclusi alcuni casi. Gli esempi comprendono:contratti dei consumatori e contratti di lavoro,stato e capacità delle persone (fisiche),validità delle persone giuridiche e dei diritti di proprietà intellettuale e materie del diritto di famiglia,procedimenti di risoluzione alternativa delle controversie*. Inoltre, le parti della convenzione possono escludere alcune altri casi dall’ambito di applicazione. Su queste basi, l’UE ha reso una dichiarazione che esclude dall’ambito di applicazione alcuni contratti di assicurazione. Garantire il rispetto della scelta del foroVolontà delle parti — Le parti di un contratto possono giungere a un accordo sulla scelta del foro esclusivo per designare il foro di uno degli Stati che applicano la convenzione come competente per risolvere una controversia. L’accordo deve essere fatto per iscritto o con qualunque altro mezzo che consenta di accedere successivamente alle informazioni. Competenza giurisdizionale — Il giudice designato è il solo a essere competente a conoscere delle controversie cui si applica l’accordo, salvo la decisione che quest’ultimo sia nullo secondo la legge di tale Stato. Il giudice diverso dal giudice prescelto sospende o dichiara inammissibile i procedimenti presentati in violazione dell’accordo della scelta del foro, a meno che:l’accordo sia nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto;una parte fosse priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato richiesto;l’attuazione dell’accordo sia contraria alla politica pubblica dello Stato del giudice non prescelto;l’accordo non possa essere eseguito; oppureil giudice prescelto abbia deciso di non conoscere della causa. Riconoscimento ed esecuzione — Gli altri Stati che applicano la convenzione devono riconoscere ed eseguire una decisione resa dal giudice designato. Tuttavia, essi possono essere posticipare l’esecuzione se la decisione è stata impugnata nello Stato di origine o se il termine per l’impugnazione ordinaria non è ancora scaduto. La convenzione individua inoltre una serie di altre situazioni in cui il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati (ad esempio se la decisione è stata ottenuta con la frode). Il testo riporta inoltre l’elenco dei documenti necessari per richiedere il riconoscimento e l’esecuzione.
DA QUANDO SI APPLICA LA CONVENZIONE?
In seguito alla Decisione 2014/887/UE, l’Unione europea ha ratificato la convenzione il 15 giugno 2015, rendendola vincolante per tutti gli Stati membri (eccetto la Danimarca) e gli altri stati che l’hanno ratificata dal momento della sua entrata in vigore il 1o dicembre 2015.
CONTESTO
La convenzione sulla scelta del foro è stata conclusa sotto l’egida della Conferenza dell’Aia sul diritto internazionale privato il 30 giugno 2005. La convenzione è stata firmata dall’UE nel 2009. Le parti della convenzione comprendono gli Stati membri così come paesi terzi. Le regole interne dell’UE sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [regolamento (UE) n. 1215/2012] sono state riformate per garantirne la coerenza con la convenzione. Per ulteriori informazioni, consultare:«Convenzione sulla scelta del foro: Le aziende dell’UE ricevono un’importante spinta negli scambi internazionali» — Comunicato stampa (Commissione europea)Questioni di natura civile e commerciale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Accordo di scelta del foro: accordo tra le parti nel designare il giudice (uno o più giudici specifici) competente nelle controversie nate da un particolare rapporto giuridico.
Risoluzione alternativa delle controversie: risoluzione delle controversie senza andare in tribunale.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del Consiglio 2009/397/CE, del 26 febbraio 2009, relativa alla firma a nome della Comunità europea della convenzione sugli accordi di scelta del foro (GU L 133 del 29.5.2009, pag. 1).
Decisione del Consiglio 2014/887/UE, del 4 dicembre 2014, relativa all’approvazione, a nome dell’Unione europea, della convenzione dell’Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro (GU L 353 del 10.12.2014, pag. 5).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione) (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1215/2012 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentario. | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2009
relativa alla firma a nome della Comunità europea della convenzione sugli accordi di scelta del foro
(2009/397/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità europea si adopera per creare uno spazio giudiziario comune basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.
(2)
La convenzione sugli accordi di scelta del foro, conclusa il 30 giugno 2005 nell’ambito della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (di seguito «la convenzione»), apporta un valido contributo alla promozione dell’autonomia delle parti nelle operazioni commerciali internazionali e a una maggiore prevedibilità delle soluzioni giudiziarie di tali operazioni.
(3)
La convenzione incide sulle norme di diritto comunitario derivato riguardanti sia la competenza giurisdizionale basata sulla scelta delle parti sia il riconoscimento e l’esecuzione delle conseguenti decisioni, ed in particolare sul regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (1).
(4)
La Comunità ha competenza esclusiva per tutte le materie disciplinate dalla convenzione.
(5)
L’articolo 30 della convenzione legittima la Comunità a firmare, accettare e approvare la convenzione o aderirvi.
(6)
Il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione e all’applicazione della presente decisione.
(7)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione.
(8)
È opportuno firmare la convenzione e approvare la dichiarazione allegata,
DECIDE:
Articolo 1
La firma della convenzione sugli accordi di scelta del foro (di seguito «la convenzione»), conclusa all’Aia il 30 giugno 2005, è approvata a nome della Comunità europea, con riserva di un’eventuale conclusione in una data successiva.
Il testo della convenzione figura all’allegato I della presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome della Comunità e a procedere alla dichiarazione che figura all’allegato II della presente decisione.
Articolo 3
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 26 febbraio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
I. LANGER
(1) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.
TRADUZIONE
ALLEGATO I
CONVENZIONE SUGLI ACCORDI DI SCELTA DEL FORO
Gli Stati contraenti della presente convenzione,
desiderosi di promuovere gli scambi e gli investimenti internazionali attraverso una migliore cooperazione giudiziaria,
persuasi che tale cooperazione possa essere rafforzata grazie a norme uniformi concernenti la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere in materia civile e commerciale,
persuasi che tale cooperazione rafforzata richieda, in particolare, un quadro normativo internazionale che garantisca la certezza e l’efficacia degli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi tra le parti di operazioni commerciali e che disciplini il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni pronunciate nei procedimenti fondati su tali accordi,
hanno deciso di stipulare la presente convenzione e hanno convenuto le disposizioni seguenti:
CAPO I
CAMPO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Campo di applicazione
1. La presente convenzione si applica nelle fattispecie internazionali agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi in materia civile o commerciale.
2. Ai fini del capo II, una fattispecie è internazionale, salvo che le parti risiedano nello stesso Stato contraente e il loro rapporto e tutti gli altri elementi pertinenti della controversia, a prescindere dalla sede del giudice prescelto, siano connessi solamente con quello Stato.
3. Ai fini del capo III, una fattispecie è internazionale quando è chiesto il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione straniera.
Articolo 2
Esclusioni dal campo di applicazione
1. La presente convenzione non si applica agli accordi di scelta del foro esclusivi:
a)
di cui sia parte una persona fisica che agisce principalmente per fini personali, familiari o domestici (un consumatore);
b)
relativi ai contratti di lavoro, compresi gli accordi collettivi.
2. La presente convenzione non si applica alle seguenti materie:
a)
stato e capacità delle persone fisiche;
b)
obbligazioni alimentari;
c)
altre materie del diritto di famiglia, compresi i regimi patrimoniali della famiglia e gli altri diritti o obblighi derivanti dal matrimonio o da relazioni similari;
d)
testamenti e successioni;
e)
fallimenti, concordati e materie affini;
f)
trasporto passeggeri e merci;
g)
inquinamento marittimo, limitazione della responsabilità per domande risarcitorie marittime, avaria comune e rimorchio e salvataggio d’emergenza;
h)
antitrust (concorrenza);
i)
responsabilità per danni nucleari;
j)
domande di risarcimento per lesioni personali presentate da persone fisiche o in loro nome;
k)
domande di risarcimento del danno extracontrattuale alle cose;
l)
diritti reali immobiliari e contratti d’affitto di immobili;
m)
validità, nullità o scioglimento delle persone giuridiche e validità delle decisioni dei loro organi;
n)
validità dei diritti di proprietà intellettuale diversi dal diritto d’autore e dai diritti connessi;
o)
violazione dei diritti di proprietà intellettuale diversi dal diritto d’autore e dai diritti connessi, salvo che il procedimento sia, o avrebbe potuto essere, promosso per inadempimento di un contratto concernente tali diritti;
p)
validità delle trascrizioni ed iscrizioni nei pubblici registri.
3. In deroga al paragrafo 2, rientrano nel campo di applicazione della presente convenzione i procedimenti in cui le materie escluse ai sensi del suddetto paragrafo costituiscono oggetto di mere questioni preliminari e non l’oggetto del procedimento. In particolare, il solo fatto che sia sollevata un’eccezione riguardante una materia esclusa ai sensi del paragrafo 2 non comporta l’esclusione del procedimento dal campo di applicazione della convenzione, purché tale materia non costituisca l’oggetto del procedimento.
4. La presente convenzione non si applica all’arbitrato e ai procedimenti ad esso correlati.
5. Il solo fatto che uno Stato, un governo, un’agenzia governativa o qualsiasi persona che agisce per conto di uno Stato, sia parte di un procedimento non esclude quest’ultimo dal campo di applicazione della convenzione.
6. La presente convenzione non pregiudica i privilegi e le immunità di cui godono gli Stati e le organizzazioni internazionali e i loro beni.
Articolo 3
Accordi di scelta del foro esclusivi
Ai fini della presente convenzione:
a)
per «accordo di scelta del foro esclusivo» si intende un accordo avente i requisiti di cui alla lettera c), concluso tra due o più parti per designare, ai fini della competenza a conoscere delle controversie presenti o future nate da un determinato rapporto giuridico, i giudici di uno Stato contraente o uno o più giudici specifici di uno Stato contraente, escludendo la competenza di qualunque altro giudice;
b)
salvo espressa disposizione contraria delle parti, l’accordo di scelta del foro che designa i giudici di uno Stato contraente o uno o più giudici specifici di uno Stato contraente si considera esclusivo;
c)
l’accordo di scelta del foro esclusivo deve essere concluso o documentato:
i)
per iscritto; o
ii)
con qualunque altro mezzo di comunicazione che consenta di accedere alle informazioni e farvi successivamente riferimento;
d)
l’accordo di scelta del foro esclusivo inserito in un contratto si considera indipendente dalle altre clausole contrattuali. La validità dell’accordo non può essere contestata per il solo motivo che il contratto è invalido.
Articolo 4
Altre definizioni
1. Ai sensi della presente convenzione, per «decisione» si intende qualsiasi decisione giudiziaria nel merito a prescindere dalla denominazione usata, quale ad esempio sentenza o ordinanza, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del giudice (incluso il cancelliere), purché si riferisca a una decisione nel merito che possa essere riconosciuta o eseguita ai sensi della presente convenzione. I provvedimenti cautelari non sono considerati decisioni.
2. Ai fini della presente convenzione, un soggetto diverso da una persona fisica si considera residente nello Stato:
a)
della sua sede statutaria;
b)
secondo la cui legge è stato costituito;
a)
della sua amministrazione centrale; oppure
d)
del suo centro d’attività principale.
CAPO II
COMPETENZA GIURISDIZIONALE
Articolo 5
Competenza giurisdizionale del giudice prescelto
1. Il giudice o i giudici di uno Stato contraente designati in un accordo di scelta del foro esclusivo sono competenti a conoscere delle controversie cui si applica l’accordo, salvo che questo sia nullo secondo la legge di tale Stato.
2. Il giudice competente ai sensi del paragrafo 1 non può declinare la propria competenza per il motivo che la controversia dovrebbe essere decisa da un giudice di un altro Stato.
3. I paragrafi precedenti non pregiudicano le norme:
a)
sulla competenza per materia o per valore;
b)
sulla ripartizione interna delle competenze tra i giudici di uno Stato contraente. Tuttavia, qualora il giudice prescelto disponga del potere discrezionale di rinviare una causa, deve essere tenuta in debita considerazione la scelta delle parti.
Articolo 6
Obblighi del giudice non prescelto
Il giudice di uno Stato contraente diverso dal giudice prescelto sospende il procedimento o dichiara la domanda inammissibile qualora al procedimento si applichi un accordo di scelta del foro esclusivo, a meno che:
a)
l’accordo sia nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto;
b)
una parte fosse priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato del giudice adito;
c)
l’attuazione dell’accordo comporti una palese ingiustizia o sia manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato del giudice adito;
d)
per motivi eccezionali indipendenti dalla volontà delle parti, l’accordo non possa ragionevolmente essere eseguito; oppure
e)
il giudice prescelto abbia deciso di non conoscere della causa.
Articolo 7
Provvedimenti cautelari
I provvedimenti cautelari non sono disciplinati dalla presente convenzione. Questa non impone né preclude la concessione, il diniego o la revoca di provvedimenti cautelari da parte di un giudice di uno Stato contraente e non osta alla facoltà di una parte di richiedere misure di questo tipo né alla facoltà del giudice di concederle, negarle o revocarle.
CAPO III
RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE
Articolo 8
Riconoscimento ed esecuzione
1. Le decisioni rese da un giudice di uno Stato contraente designato in un accordo di scelta del foro esclusivo sono riconosciute ed eseguite negli altri Stati contraenti a norma del presente capo. Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati solo per i motivi contemplati dalla presente convenzione.
2. Fatto salvo il riesame necessario per applicare le disposizioni del presente capo, la decisione del giudice di origine non può essere riesaminata nel merito. Il giudice richiesto è vincolato dagli accertamenti di fatto su cui il giudice di origine ha basato la propria competenza, salvo che la decisione sia stata resa in contumacia.
3. La decisione è riconosciuta solo se produce effetti nello Stato di origine ed è eseguita solo se ha efficacia esecutiva nello Stato di origine.
4. Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere differiti o negati se la decisione è stata impugnata nello Stato di origine o se il termine per l’impugnazione ordinaria non è ancora scaduto. Il diniego non impedisce successive domande di riconoscimento o di esecuzione della decisione.
5. Il presente articolo si applica anche a una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente cui il giudice prescelto in quello Stato abbia rinviato la causa, come previsto dall’articolo 5, paragrafo 3. Tuttavia, se il giudice prescelto disponeva del potere discrezionale di rinviare la causa ad altro giudice, il riconoscimento e l’esecuzione della decisione possono essere negati nei confronti della parte che si è tempestivamente opposta al rinvio nello Stato di origine.
Articolo 9
Diniego del riconoscimento o dell’esecuzione
Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati se:
a)
l’accordo era nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto, a meno che questo abbia accertato la validità dell’accordo;
b)
una parte era priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato richiesto;
c)
l’atto introduttivo del procedimento o un atto equivalente contenente gli elementi essenziali della domanda:
i)
non è stato notificato al convenuto in tempo utile e in modo tale da permettergli di presentare le proprie difese, salvo che il convenuto sia comparso e abbia presentato le sue difese senza contestare la notificazione dinanzi al giudice di origine, purché la legge dello Stato di origine permetta di contestare la notificazione; oppure
ii)
è stato notificato al convenuto nello Stato richiesto in modo incompatibile con i principi fondamentali di quello Stato in materia di notificazione degli atti;
d)
la decisione è stata ottenuta con frode nella procedura;
e)
il riconoscimento e l’esecuzione sono manifestamente incompatibili con l’ordine pubblico dello Stato richiesto, compreso il caso in cui il procedimento specifico che ha condotto alla decisione risulti incompatibile con i principi fondamentali dell’equo procedimento di quello Stato;
f)
la decisione è in contrasto con una decisione resa nello Stato richiesto in una controversia tra le stesse parti; oppure
g)
la decisione è in contrasto con una decisione precedente resa in un altro Stato in una controversia tra le stesse parti avente lo stesso oggetto e lo stesso titolo, purché la decisione precedente soddisfi i requisiti di riconoscimento prescritti dallo Stato richiesto.
Articolo 10
Questioni preliminari
1. Le decisioni su questioni preliminari aventi ad oggetto materie escluse a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, o dell’articolo 21 non sono riconosciute o eseguite in conformità della presente convenzione.
2. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui questa si basa su una decisione relativa a una questione preliminare concernente una materia esclusa a norma dell’articolo 2, paragrafo 2.
3. Tuttavia, qualora la decisione sulla questione preliminare riguardi la validità di un diritto di proprietà intellettuale diverso dal diritto d’autore o da un diritto connesso, il riconoscimento e l’esecuzione della decisione possono essere negati o differiti ai sensi del paragrafo precedente soltanto se:
a)
la decisione sulla questione preliminare è in contrasto con una decisione o un provvedimento di un’autorità competente resi in quella materia nello Stato ai sensi della cui legge è sorto il diritto di proprietà intellettuale; oppure se
b)
in quello Stato è pendente un procedimento sulla validità del diritto di proprietà intellettuale.
4. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui la decisione si basa su una decisione relativa a una questione preliminare riguardante una materia esclusa ai sensi di una dichiarazione formulata dallo Stato richiesto in virtù dell’articolo 21.
Articolo 11
Risarcimento del danno
1. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui la decisone riconosce un risarcimento, anche di carattere esemplare o punitivo, che non indennizza una parte per una perdita o un danno effettivamente subiti.
2. Il giudice richiesto tiene in considerazione se e in quale misura il risarcimento concesso dal giudice di origine serve a coprire i costi e le spese del procedimento.
Articolo 12
Transazioni giudiziarie
Le transazioni giudiziarie approvate dal giudice di uno Stato contraente designato in un accordo di scelta del foro esclusivo o concluse dinanzi a tale giudice nel corso di un procedimento, che hanno la stessa efficacia esecutiva di una decisione nello Stato di origine, sono eseguite ai sensi della presente convenzione allo stesso modo di una decisione.
Articolo 13
Documenti da presentare
1. La parte che richiede il riconoscimento o l’esecuzione deve presentare:
a)
una copia integrale e autentica della decisione;
b)
l’accordo di scelta del foro esclusivo, una sua copia autentica o altra prova della sua esistenza;
c)
se la decisione è stata resa in contumacia, l’originale o una copia autentica di un documento attestante che l’atto introduttivo del procedimento o un atto equivalente è stato notificato alla parte contumace;
d)
qualunque documento idoneo a provare l’efficacia o, se del caso, l’esecutorietà della decisione nello Stato di origine;
e)
nel caso previsto dall’articolo 12, un certificato di un giudice dello Stato di origine attestante che la transazione giudiziaria ha, in tutto o in parte, la stessa efficacia esecutiva di una decisione nello Stato di origine.
2. Il giudice richiesto, se il contenuto della decisione non gli permette di verificare il rispetto dei requisiti del presente capo, può richiedere ogni documento necessario.
3. La domanda di riconoscimento o di esecuzione può essere accompagnata da un documento, rilasciato da un giudice (o un cancelliere) dello Stato di origine, nella forma raccomandata e pubblicata dalla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato.
4. I documenti di cui al presente articolo redatti in una lingua diversa da quella ufficiale dello Stato richiesto devono essere corredati di una traduzione autentica in una lingua ufficiale, salvo quanto altrimenti disposto dalla legge di tale Stato.
Articolo 14
Procedura
Le procedure di riconoscimento, exequatur o registrazione ai fini dell’esecuzione, e l’esecuzione delle decisioni sono disciplinate dalla legge dello Stato richiesto, salvo quanto altrimenti disposto dalla presente convenzione. Il giudice richiesto deve agire rapidamente.
Articolo 15
Separabilità
Sono ammessi il riconoscimento e l’esecuzione di una parte separabile di una decisione se è richiesto il riconoscimento o l’esecuzione di quella parte o se solo parte della decisione può essere riconosciuta o eseguita ai sensi della presente convenzione.
CAPO IV
CLAUSOLE GENERALI
Articolo 16
Disposizioni transitorie
1. La presente convenzione si applica agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi dopo la sua entrata in vigore nei confronti dello Stato del giudice prescelto.
2. Sono esclusi dalla presente convenzione i procedimenti instaurati prima della sua entrata in vigore per lo Stato del giudice adito.
Articolo 17
Contratti di assicurazione e di riassicurazione
1. I procedimenti inerenti un contratto di assicurazione o di riassicurazione non sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione per il fatto che il contratto riguarda una materia cui non si applica la presente convenzione.
2. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione concernente gli obblighi derivanti da un contratto di assicurazione o di riassicurazione non possono essere limitati o negati per il fatto che il contratto prevede l’obbligo di tenere indenne l’assicurato o il riassicurato in relazione a:
a)
una materia cui non si applica la presente convenzione; o in relazione a
b)
una decisione di risarcimento cui potrebbe applicarsi l’articolo 11.
Articolo 18
Esenzione dalla legalizzazione
Tutti i documenti trasmessi o rilasciati ai sensi della presente convenzione sono esenti da legalizzazione o da qualsiasi formalità equivalente, compresa l’apostille.
Articolo 19
Dichiarazioni dirette a limitare la competenza giurisdizionale
Uno Stato può dichiarare che i propri giudici possono rifiutare di conoscere delle controversie cui si applica un accordo di scelta del foro esclusivo se tra questo Stato e le parti o tra lo Stato e la controversia non sussiste alcuna connessione ad eccezione della sede del giudice prescelto.
Articolo 20
Dichiarazioni dirette a limitare il riconoscimento e l’esecuzione
Uno Stato può dichiarare che i propri giudici possono rifiutare di riconoscere o eseguire una decisione resa da un giudice di un altro Stato contraente se le parti erano residenti nello Stato richiesto e il loro rapporto e tutti gli altri elementi pertinenti della controversia, diversi dalla sede del giudice prescelto, erano connessi solamente con lo Stato richiesto.
Articolo 21
Dichiarazioni relative a materie specifiche
1. Uno Stato che abbia un forte interesse a non applicare la presente convenzione a una materia specifica può dichiarare che non applicherà la convenzione a tale materia. Se formula una dichiarazione di questo tipo, lo Stato interessato deve garantire che la portata della dichiarazione non è più ampia del necessario e che la materia specifica esclusa è definita in modo chiaro e preciso.
2. In relazione alla suddetta materia la convenzione non si applica:
a)
nello Stato contraente che ha formulato la dichiarazione;
b)
negli altri Stati contraenti, qualora un accordo di scelta del foro esclusivo designi i giudici, o uno o più giudici specifici, dello Stato che ha formulato la dichiarazione.
Articolo 22
Dichiarazioni reciproche sugli accordi di scelta del foro non esclusivi
1. Uno Stato contraente può dichiarare che i propri giudici riconosceranno ed eseguiranno le decisioni rese dai giudici di altri Stati contraenti designati in un accordo di scelta del foro che è stato concluso tra due o più parti nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 3, lettera c), e designa, ai fini della competenza a conoscere delle controversie presenti o future nate da un determinato rapporto giuridico, il giudice o i giudici di uno o più Stati contraenti (accordo di scelta del foro non esclusivo).
2. Quando il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione pronunciata in uno Stato contraente che ha formulato una dichiarazione di questo tipo è richiesto in un altro Stato contraente che ha formulato una tale dichiarazione, la decisione è riconosciuta ed eseguita ai sensi della presente convenzione se:
a)
il giudice di origine è stato designato in un accordo di scelta del foro non esclusivo;
b)
non vi è nessuna decisione resa da altro giudice dinanzi al quale possa essere promosso un procedimento in base all’accordo di scelta del foro non esclusivo, né è pendente dinanzi a tale giudice un procedimento tra le stesse parti avente lo stesso oggetto e lo stesso titolo; e
c)
il giudice di origine è stato il primo giudice adito.
Articolo 23
Interpretazione uniforme
Nell’interpretare la presente convenzione si tiene conto del suo carattere internazionale e della necessità di promuovere la sua applicazione uniforme.
Articolo 24
Esame del funzionamento pratico della convenzione
Il segretario generale della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato prende periodicamente le disposizioni necessarie per:
a)
esaminare il funzionamento pratico della presente convenzione, comprese le eventuali dichiarazioni; e
b)
valutare l’opportunità di apportare modifiche alla presente convenzione.
Articolo 25
Ordinamenti giuridici non unificati
1. Qualora in uno Stato contraente vigano, in unità territoriali diverse, due o più ordinamenti giuridici per questioni disciplinate dalle presente convenzione:
a)
ogni riferimento alla legge o alla procedura di uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla legge o alla procedura in vigore nell’unità territoriale pertinente;
b)
ogni riferimento alla residenza in uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla residenza nell’unità territoriale pertinente;
c)
ogni riferimento al giudice o ai giudici di uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento al giudice o ai giudici dell’unità territoriale pertinente;
d)
ogni riferimento alla connessione con uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla connessione con l’unità territoriale pertinente.
2. In deroga al paragrafo precedente, uno Stato contraente costituito da due o più unità territoriali diverse nelle quali vigono ordinamenti giuridici diversi non è tenuto ad applicare la presente convenzione alle fattispecie che riguardano esclusivamente le unità territoriali diverse.
3. Il giudice di un’unità territoriale di uno Stato contraente costituito da due o più unità territoriali diverse nelle quali vigono ordinamenti giuridici diversi non è tenuto a riconoscere o eseguire una decisione resa in un altro Stato contraente per il solo motivo che la decisione è stata riconosciuta o eseguita in un’altra unità territoriale del medesimo Stato contraente ai sensi della presente convenzione.
4. Il presente articolo non si applica alle organizzazioni regionali di integrazione economica.
Articolo 26
Rapporto con altri strumenti internazionali
1. La presente convenzione deve essere interpretata, per quanto possibile, in modo compatibile con gli altri trattati in vigore per gli Stati contraenti, conclusi prima o dopo la presente convenzione.
2. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima o dopo la presente convenzione, qualora nessuna delle parti risieda in uno Stato contraente che non è parte del trattato.
3. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima dell’entrata in vigore della presente convenzione in quello Stato contraente, qualora l’applicazione della presente convenzione sia incompatibile con gli obblighi di tale Stato nei confronti di uno Stato non contraente. Il presente paragrafo si applica anche ai trattati che rivedono o sostituiscono un trattato concluso prima dell’entrata in vigore della presente convenzione in tale Stato contraente, salvo che la revisione o la sostituzione crei nuove incompatibilità con la presente convenzione.
4. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima o dopo la presente convenzione per ottenere il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente che è parte di quel trattato. Tuttavia la decisione non può essere riconosciuta o eseguita in misura minore rispetto a quanto disposto dalla presente convenzione.
5. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato che disciplina la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in una materia specifica, anche se è stato concluso dopo la presente convenzione e se tutti gli Stati interessati sono parti della presente convenzione.
Questo paragrafo si applica solo se lo Stato contraente ha formulato una dichiarazione relativa al trattato ai sensi di questo paragrafo. In caso di dichiarazione, gli altri Stati contraenti non sono tenuti ad applicare la presente convenzione a quella materia particolare nella misura in cui sussistano incompatibilità, qualora un accordo di scelta del foro esclusivo designi i giudici, o uno o più giudici specifici, dello Stato contraente che ha formulato la dichiarazione.
6. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione delle norme di un’organizzazione regionale di integrazione economica che è parte della presente convenzione, adottate prima o dopo la presente convenzione:
a)
qualora nessuna delle parti risieda in uno Stato contraente che non è uno Stato membro dell’organizzazione regionale di integrazione economica;
b)
per quanto concerne il riconoscimento o l’esecuzione di decisioni tra Stati membri dell’organizzazione regionale di integrazione economica.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 27
Firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione
1. La presente convenzione è aperta alla firma di tutti gli Stati.
2. La presente convenzione è soggetta alla ratifica, accettazione o approvazione degli Stati firmatari.
3. La presente convenzione è aperta all’adesione di tutti gli Stati.
4. Gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione saranno depositati presso il ministero degli Affari esteri del Regno dei Paesi Bassi, depositario della convenzione.
Articolo 28
Dichiarazione concernente gli ordinamenti giuridici non unificati
1. Al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione, gli Stati che siano costituiti da due o più unità territoriali nelle quali, per le materie oggetto della presente convenzione, vigono ordinamenti giuridici diversi possono dichiarare che la presente convenzione si estende a tutte le rispettive unità territoriali o soltanto ad una o a più di esse e possono in ogni momento modificare tale dichiarazione presentandone una nuova.
2. La dichiarazione è notificata al depositario e indica espressamente le unità territoriali alle quali si applica la presente convenzione.
3. In mancanza di dichiarazione a norma di questo articolo, la convenzione si applica all’intero territorio dello Stato.
4. Il presente articolo non si applica alle organizzazioni regionali di integrazione economica.
Articolo 29
Organizzazioni regionali di integrazione economica
1. Un’organizzazione regionale di integrazione economica costituita esclusivamente da Stati sovrani e avente competenza per alcune o tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione può anch’essa firmare, accettare e approvare la presente convenzione o aderirvi. In tal caso l’organizzazione regionale di integrazione economica ha gli stessi diritti e obblighi di uno Stato contraente nella misura in cui è competente per le materie disciplinate dalla presente convenzione.
2. Al momento della firma, accettazione, approvazione o adesione, l’organizzazione regionale di integrazione economica notifica per iscritto al depositario le materie disciplinate dalla presente convenzione per le quali i suoi Stati membri le hanno delegato la competenza. L’organizzazione notifica senza indugio per iscritto al depositario qualunque modifica intervenuta nella delega di competenza precisata nella notifica più recente fatta in virtù del presente paragrafo.
3. Ai fini dell'entrata in vigore della presente convenzione, gli strumenti depositati da un’organizzazione regionale di integrazione economica sono presi in considerazione solo se l’organizzazione interessata dichiara, in conformità dell’articolo 30, che i suoi Stati membri non saranno parti della presente convenzione.
4. Ogni riferimento nella presente convenzione a uno «Stato contraente» o «Stato» si applica anche, se del caso, a un’organizzazione regionale di integrazione economica che è parte della convenzione.
Articolo 30
Adesione di un’organizzazione regionale di integrazione economica senza i suoi Stati membri
1. Al momento della firma, accettazione, approvazione o adesione, un’organizzazione regionale di integrazione economica può dichiarare di essere competente per tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione e che i propri Stati membri non saranno parti della presente convenzione ma ne saranno vincolati in forza della firma, accettazione, approvazione o adesione dell’organizzazione.
2. Qualora un’organizzazione regionale di integrazione economica effettui una dichiarazione ai sensi del paragrafo 1, ogni riferimento nella presente convenzione a uno «Stato contraente» o «Stato» si applica altresì, se del caso, agli Stati membri dell’organizzazione.
Articolo 31
Entrata in vigore
1. La presente convenzione entra in vigore il primo giorno del quarto mese successivo al deposito del secondo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione di cui all’articolo 27.
2. Successivamente la presente convenzione entra in vigore:
a)
per ciascuno Stato o organizzazione regionale di integrazione economica che la ratifica, accetta, approva o vi aderisce più tardi, il primo giorno del quarto mese successivo al deposito del suo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione;
b)
per le unità territoriali alle quali la presente convenzione è stata estesa in conformità dell’articolo 28, paragrafo 1, il primo giorno del quarto mese successivo alla notifica della dichiarazione di cui al predetto articolo.
Articolo 32
Dichiarazioni
1. Le dichiarazioni di cui agli articoli 19, 20, 21, 22 e 26 possono essere formulate all’atto della firma, accettazione, approvazione o adesione oppure in qualunque momento successivo e possono essere modificate o revocate in qualsiasi momento.
2. Le dichiarazioni, modifiche e revoche devono essere notificate al depositario.
3. Le dichiarazioni fatte al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione divengono efficaci al momento dell’entrata in vigore della presente convenzione nei confronti dello Stato in questione.
4. Le dichiarazioni formulate in un momento successivo e ogni modifica o revoca di una dichiarazione hanno efficacia il primo giorno del quarto mese successivo alla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.
5. Le dichiarazioni ai sensi degli articoli 19, 20, 21 e 26 non si applicano agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi prima che tali dichiarazioni divengano efficaci.
Articolo 33
Denuncia
1. La presente convenzione può essere denunciata mediante notifica scritta al depositario. La denuncia può limitarsi ad alcune unità territoriali di un ordinamento giuridico non unificato cui si applica la presente convenzione.
2. La denuncia ha efficacia il primo giorno del tredicesimo mese successivo alla data di ricevimento della notifica da parte del depositario. Quando nella notifica è indicato un periodo più lungo affinché la denuncia produca i suoi effetti, quest’ultima ha efficacia alla scadenza del predetto periodo a decorrere dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.
Articolo 34
Notifiche da parte del depositario
Il depositario notifica ai membri della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato, nonché agli altri Stati e alle organizzazioni regionali di integrazione economica che hanno firmato, ratificato, accettato, approvato o aderito conformemente agli articoli 27, 29 e 30 le seguenti informazioni:
a)
le firme, ratifiche, accettazioni, approvazioni e adesioni previste agli articoli 27, 29 e 30;
b)
la data di entrata in vigore della presente convenzione in conformità dell’articolo 31;
c)
le notifiche, dichiarazioni, modifiche e revoche delle dichiarazioni di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 26, 28, 29 e 30;
d)
le denunce ai sensi dell’articolo 33.
In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati, hanno firmato la presente convenzione.
Fatto all’Aia, il 30 giugno 2005, in francese e in inglese, entrambi i testi facenti ugualmente fede, in un solo esemplare che sarà depositato negli archivi del governo del Regno dei Paesi Bassi e di cui verrà inviata una copia autentica, per via diplomatica, a ciascuno degli Stati membri della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato alla data della sua ventesima sessione e a ciascuno Stato che ha partecipato a tale sessione.
ALLEGATO II
Dichiarazione della Comunità europea ai sensi dell’articolo 30 della convenzione sugli accordi di scelta del foro
La Comunità europea dichiara, ai sensi dell’articolo 30 della convenzione sugli accordi di scelta del foro, di essere competente per tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione. I suoi Stati membri non firmeranno, ratificheranno, accetteranno o approveranno la convenzione, ma ne saranno vincolati in forza della sua conclusione da parte della Comunità europea.
Ai fini della presente dichiarazione, il termine «Comunità europea» non include la Danimarca, in virtù degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2009
relativa alla firma a nome della Comunità europea della convenzione sugli accordi di scelta del foro
(2009/397/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità europea si adopera per creare uno spazio giudiziario comune basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.
(2)
La convenzione sugli accordi di scelta del foro, conclusa il 30 giugno 2005 nell’ambito della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (di seguito «la convenzione»), apporta un valido contributo alla promozione dell’autonomia delle parti nelle operazioni commerciali internazionali e a una maggiore prevedibilità delle soluzioni giudiziarie di tali operazioni.
(3)
La convenzione incide sulle norme di diritto comunitario derivato riguardanti sia la competenza giurisdizionale basata sulla scelta delle parti sia il riconoscimento e l’esecuzione delle conseguenti decisioni, ed in particolare sul regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (1).
(4)
La Comunità ha competenza esclusiva per tutte le materie disciplinate dalla convenzione.
(5)
L’articolo 30 della convenzione legittima la Comunità a firmare, accettare e approvare la convenzione o aderirvi.
(6)
Il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione e all’applicazione della presente decisione.
(7)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione.
(8)
È opportuno firmare la convenzione e approvare la dichiarazione allegata,
DECIDE:
Articolo 1
La firma della convenzione sugli accordi di scelta del foro (di seguito «la convenzione»), conclusa all’Aia il 30 giugno 2005, è approvata a nome della Comunità europea, con riserva di un’eventuale conclusione in una data successiva.
Il testo della convenzione figura all’allegato I della presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome della Comunità e a procedere alla dichiarazione che figura all’allegato II della presente decisione.
Articolo 3
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 26 febbraio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
I. LANGER
(1) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.
TRADUZIONE
ALLEGATO I
CONVENZIONE SUGLI ACCORDI DI SCELTA DEL FORO
Gli Stati contraenti della presente convenzione,
desiderosi di promuovere gli scambi e gli investimenti internazionali attraverso una migliore cooperazione giudiziaria,
persuasi che tale cooperazione possa essere rafforzata grazie a norme uniformi concernenti la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere in materia civile e commerciale,
persuasi che tale cooperazione rafforzata richieda, in particolare, un quadro normativo internazionale che garantisca la certezza e l’efficacia degli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi tra le parti di operazioni commerciali e che disciplini il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni pronunciate nei procedimenti fondati su tali accordi,
hanno deciso di stipulare la presente convenzione e hanno convenuto le disposizioni seguenti:
CAPO I
CAMPO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Campo di applicazione
1. La presente convenzione si applica nelle fattispecie internazionali agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi in materia civile o commerciale.
2. Ai fini del capo II, una fattispecie è internazionale, salvo che le parti risiedano nello stesso Stato contraente e il loro rapporto e tutti gli altri elementi pertinenti della controversia, a prescindere dalla sede del giudice prescelto, siano connessi solamente con quello Stato.
3. Ai fini del capo III, una fattispecie è internazionale quando è chiesto il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione straniera.
Articolo 2
Esclusioni dal campo di applicazione
1. La presente convenzione non si applica agli accordi di scelta del foro esclusivi:
a)
di cui sia parte una persona fisica che agisce principalmente per fini personali, familiari o domestici (un consumatore);
b)
relativi ai contratti di lavoro, compresi gli accordi collettivi.
2. La presente convenzione non si applica alle seguenti materie:
a)
stato e capacità delle persone fisiche;
b)
obbligazioni alimentari;
c)
altre materie del diritto di famiglia, compresi i regimi patrimoniali della famiglia e gli altri diritti o obblighi derivanti dal matrimonio o da relazioni similari;
d)
testamenti e successioni;
e)
fallimenti, concordati e materie affini;
f)
trasporto passeggeri e merci;
g)
inquinamento marittimo, limitazione della responsabilità per domande risarcitorie marittime, avaria comune e rimorchio e salvataggio d’emergenza;
h)
antitrust (concorrenza);
i)
responsabilità per danni nucleari;
j)
domande di risarcimento per lesioni personali presentate da persone fisiche o in loro nome;
k)
domande di risarcimento del danno extracontrattuale alle cose;
l)
diritti reali immobiliari e contratti d’affitto di immobili;
m)
validità, nullità o scioglimento delle persone giuridiche e validità delle decisioni dei loro organi;
n)
validità dei diritti di proprietà intellettuale diversi dal diritto d’autore e dai diritti connessi;
o)
violazione dei diritti di proprietà intellettuale diversi dal diritto d’autore e dai diritti connessi, salvo che il procedimento sia, o avrebbe potuto essere, promosso per inadempimento di un contratto concernente tali diritti;
p)
validità delle trascrizioni ed iscrizioni nei pubblici registri.
3. In deroga al paragrafo 2, rientrano nel campo di applicazione della presente convenzione i procedimenti in cui le materie escluse ai sensi del suddetto paragrafo costituiscono oggetto di mere questioni preliminari e non l’oggetto del procedimento. In particolare, il solo fatto che sia sollevata un’eccezione riguardante una materia esclusa ai sensi del paragrafo 2 non comporta l’esclusione del procedimento dal campo di applicazione della convenzione, purché tale materia non costituisca l’oggetto del procedimento.
4. La presente convenzione non si applica all’arbitrato e ai procedimenti ad esso correlati.
5. Il solo fatto che uno Stato, un governo, un’agenzia governativa o qualsiasi persona che agisce per conto di uno Stato, sia parte di un procedimento non esclude quest’ultimo dal campo di applicazione della convenzione.
6. La presente convenzione non pregiudica i privilegi e le immunità di cui godono gli Stati e le organizzazioni internazionali e i loro beni.
Articolo 3
Accordi di scelta del foro esclusivi
Ai fini della presente convenzione:
a)
per «accordo di scelta del foro esclusivo» si intende un accordo avente i requisiti di cui alla lettera c), concluso tra due o più parti per designare, ai fini della competenza a conoscere delle controversie presenti o future nate da un determinato rapporto giuridico, i giudici di uno Stato contraente o uno o più giudici specifici di uno Stato contraente, escludendo la competenza di qualunque altro giudice;
b)
salvo espressa disposizione contraria delle parti, l’accordo di scelta del foro che designa i giudici di uno Stato contraente o uno o più giudici specifici di uno Stato contraente si considera esclusivo;
c)
l’accordo di scelta del foro esclusivo deve essere concluso o documentato:
i)
per iscritto; o
ii)
con qualunque altro mezzo di comunicazione che consenta di accedere alle informazioni e farvi successivamente riferimento;
d)
l’accordo di scelta del foro esclusivo inserito in un contratto si considera indipendente dalle altre clausole contrattuali. La validità dell’accordo non può essere contestata per il solo motivo che il contratto è invalido.
Articolo 4
Altre definizioni
1. Ai sensi della presente convenzione, per «decisione» si intende qualsiasi decisione giudiziaria nel merito a prescindere dalla denominazione usata, quale ad esempio sentenza o ordinanza, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del giudice (incluso il cancelliere), purché si riferisca a una decisione nel merito che possa essere riconosciuta o eseguita ai sensi della presente convenzione. I provvedimenti cautelari non sono considerati decisioni.
2. Ai fini della presente convenzione, un soggetto diverso da una persona fisica si considera residente nello Stato:
a)
della sua sede statutaria;
b)
secondo la cui legge è stato costituito;
a)
della sua amministrazione centrale; oppure
d)
del suo centro d’attività principale.
CAPO II
COMPETENZA GIURISDIZIONALE
Articolo 5
Competenza giurisdizionale del giudice prescelto
1. Il giudice o i giudici di uno Stato contraente designati in un accordo di scelta del foro esclusivo sono competenti a conoscere delle controversie cui si applica l’accordo, salvo che questo sia nullo secondo la legge di tale Stato.
2. Il giudice competente ai sensi del paragrafo 1 non può declinare la propria competenza per il motivo che la controversia dovrebbe essere decisa da un giudice di un altro Stato.
3. I paragrafi precedenti non pregiudicano le norme:
a)
sulla competenza per materia o per valore;
b)
sulla ripartizione interna delle competenze tra i giudici di uno Stato contraente. Tuttavia, qualora il giudice prescelto disponga del potere discrezionale di rinviare una causa, deve essere tenuta in debita considerazione la scelta delle parti.
Articolo 6
Obblighi del giudice non prescelto
Il giudice di uno Stato contraente diverso dal giudice prescelto sospende il procedimento o dichiara la domanda inammissibile qualora al procedimento si applichi un accordo di scelta del foro esclusivo, a meno che:
a)
l’accordo sia nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto;
b)
una parte fosse priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato del giudice adito;
c)
l’attuazione dell’accordo comporti una palese ingiustizia o sia manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato del giudice adito;
d)
per motivi eccezionali indipendenti dalla volontà delle parti, l’accordo non possa ragionevolmente essere eseguito; oppure
e)
il giudice prescelto abbia deciso di non conoscere della causa.
Articolo 7
Provvedimenti cautelari
I provvedimenti cautelari non sono disciplinati dalla presente convenzione. Questa non impone né preclude la concessione, il diniego o la revoca di provvedimenti cautelari da parte di un giudice di uno Stato contraente e non osta alla facoltà di una parte di richiedere misure di questo tipo né alla facoltà del giudice di concederle, negarle o revocarle.
CAPO III
RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE
Articolo 8
Riconoscimento ed esecuzione
1. Le decisioni rese da un giudice di uno Stato contraente designato in un accordo di scelta del foro esclusivo sono riconosciute ed eseguite negli altri Stati contraenti a norma del presente capo. Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati solo per i motivi contemplati dalla presente convenzione.
2. Fatto salvo il riesame necessario per applicare le disposizioni del presente capo, la decisione del giudice di origine non può essere riesaminata nel merito. Il giudice richiesto è vincolato dagli accertamenti di fatto su cui il giudice di origine ha basato la propria competenza, salvo che la decisione sia stata resa in contumacia.
3. La decisione è riconosciuta solo se produce effetti nello Stato di origine ed è eseguita solo se ha efficacia esecutiva nello Stato di origine.
4. Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere differiti o negati se la decisione è stata impugnata nello Stato di origine o se il termine per l’impugnazione ordinaria non è ancora scaduto. Il diniego non impedisce successive domande di riconoscimento o di esecuzione della decisione.
5. Il presente articolo si applica anche a una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente cui il giudice prescelto in quello Stato abbia rinviato la causa, come previsto dall’articolo 5, paragrafo 3. Tuttavia, se il giudice prescelto disponeva del potere discrezionale di rinviare la causa ad altro giudice, il riconoscimento e l’esecuzione della decisione possono essere negati nei confronti della parte che si è tempestivamente opposta al rinvio nello Stato di origine.
Articolo 9
Diniego del riconoscimento o dell’esecuzione
Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati se:
a)
l’accordo era nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto, a meno che questo abbia accertato la validità dell’accordo;
b)
una parte era priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato richiesto;
c)
l’atto introduttivo del procedimento o un atto equivalente contenente gli elementi essenziali della domanda:
i)
non è stato notificato al convenuto in tempo utile e in modo tale da permettergli di presentare le proprie difese, salvo che il convenuto sia comparso e abbia presentato le sue difese senza contestare la notificazione dinanzi al giudice di origine, purché la legge dello Stato di origine permetta di contestare la notificazione; oppure
ii)
è stato notificato al convenuto nello Stato richiesto in modo incompatibile con i principi fondamentali di quello Stato in materia di notificazione degli atti;
d)
la decisione è stata ottenuta con frode nella procedura;
e)
il riconoscimento e l’esecuzione sono manifestamente incompatibili con l’ordine pubblico dello Stato richiesto, compreso il caso in cui il procedimento specifico che ha condotto alla decisione risulti incompatibile con i principi fondamentali dell’equo procedimento di quello Stato;
f)
la decisione è in contrasto con una decisione resa nello Stato richiesto in una controversia tra le stesse parti; oppure
g)
la decisione è in contrasto con una decisione precedente resa in un altro Stato in una controversia tra le stesse parti avente lo stesso oggetto e lo stesso titolo, purché la decisione precedente soddisfi i requisiti di riconoscimento prescritti dallo Stato richiesto.
Articolo 10
Questioni preliminari
1. Le decisioni su questioni preliminari aventi ad oggetto materie escluse a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, o dell’articolo 21 non sono riconosciute o eseguite in conformità della presente convenzione.
2. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui questa si basa su una decisione relativa a una questione preliminare concernente una materia esclusa a norma dell’articolo 2, paragrafo 2.
3. Tuttavia, qualora la decisione sulla questione preliminare riguardi la validità di un diritto di proprietà intellettuale diverso dal diritto d’autore o da un diritto connesso, il riconoscimento e l’esecuzione della decisione possono essere negati o differiti ai sensi del paragrafo precedente soltanto se:
a)
la decisione sulla questione preliminare è in contrasto con una decisione o un provvedimento di un’autorità competente resi in quella materia nello Stato ai sensi della cui legge è sorto il diritto di proprietà intellettuale; oppure se
b)
in quello Stato è pendente un procedimento sulla validità del diritto di proprietà intellettuale.
4. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui la decisione si basa su una decisione relativa a una questione preliminare riguardante una materia esclusa ai sensi di una dichiarazione formulata dallo Stato richiesto in virtù dell’articolo 21.
Articolo 11
Risarcimento del danno
1. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui la decisone riconosce un risarcimento, anche di carattere esemplare o punitivo, che non indennizza una parte per una perdita o un danno effettivamente subiti.
2. Il giudice richiesto tiene in considerazione se e in quale misura il risarcimento concesso dal giudice di origine serve a coprire i costi e le spese del procedimento.
Articolo 12
Transazioni giudiziarie
Le transazioni giudiziarie approvate dal giudice di uno Stato contraente designato in un accordo di scelta del foro esclusivo o concluse dinanzi a tale giudice nel corso di un procedimento, che hanno la stessa efficacia esecutiva di una decisione nello Stato di origine, sono eseguite ai sensi della presente convenzione allo stesso modo di una decisione.
Articolo 13
Documenti da presentare
1. La parte che richiede il riconoscimento o l’esecuzione deve presentare:
a)
una copia integrale e autentica della decisione;
b)
l’accordo di scelta del foro esclusivo, una sua copia autentica o altra prova della sua esistenza;
c)
se la decisione è stata resa in contumacia, l’originale o una copia autentica di un documento attestante che l’atto introduttivo del procedimento o un atto equivalente è stato notificato alla parte contumace;
d)
qualunque documento idoneo a provare l’efficacia o, se del caso, l’esecutorietà della decisione nello Stato di origine;
e)
nel caso previsto dall’articolo 12, un certificato di un giudice dello Stato di origine attestante che la transazione giudiziaria ha, in tutto o in parte, la stessa efficacia esecutiva di una decisione nello Stato di origine.
2. Il giudice richiesto, se il contenuto della decisione non gli permette di verificare il rispetto dei requisiti del presente capo, può richiedere ogni documento necessario.
3. La domanda di riconoscimento o di esecuzione può essere accompagnata da un documento, rilasciato da un giudice (o un cancelliere) dello Stato di origine, nella forma raccomandata e pubblicata dalla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato.
4. I documenti di cui al presente articolo redatti in una lingua diversa da quella ufficiale dello Stato richiesto devono essere corredati di una traduzione autentica in una lingua ufficiale, salvo quanto altrimenti disposto dalla legge di tale Stato.
Articolo 14
Procedura
Le procedure di riconoscimento, exequatur o registrazione ai fini dell’esecuzione, e l’esecuzione delle decisioni sono disciplinate dalla legge dello Stato richiesto, salvo quanto altrimenti disposto dalla presente convenzione. Il giudice richiesto deve agire rapidamente.
Articolo 15
Separabilità
Sono ammessi il riconoscimento e l’esecuzione di una parte separabile di una decisione se è richiesto il riconoscimento o l’esecuzione di quella parte o se solo parte della decisione può essere riconosciuta o eseguita ai sensi della presente convenzione.
CAPO IV
CLAUSOLE GENERALI
Articolo 16
Disposizioni transitorie
1. La presente convenzione si applica agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi dopo la sua entrata in vigore nei confronti dello Stato del giudice prescelto.
2. Sono esclusi dalla presente convenzione i procedimenti instaurati prima della sua entrata in vigore per lo Stato del giudice adito.
Articolo 17
Contratti di assicurazione e di riassicurazione
1. I procedimenti inerenti un contratto di assicurazione o di riassicurazione non sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione per il fatto che il contratto riguarda una materia cui non si applica la presente convenzione.
2. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione concernente gli obblighi derivanti da un contratto di assicurazione o di riassicurazione non possono essere limitati o negati per il fatto che il contratto prevede l’obbligo di tenere indenne l’assicurato o il riassicurato in relazione a:
a)
una materia cui non si applica la presente convenzione; o in relazione a
b)
una decisione di risarcimento cui potrebbe applicarsi l’articolo 11.
Articolo 18
Esenzione dalla legalizzazione
Tutti i documenti trasmessi o rilasciati ai sensi della presente convenzione sono esenti da legalizzazione o da qualsiasi formalità equivalente, compresa l’apostille.
Articolo 19
Dichiarazioni dirette a limitare la competenza giurisdizionale
Uno Stato può dichiarare che i propri giudici possono rifiutare di conoscere delle controversie cui si applica un accordo di scelta del foro esclusivo se tra questo Stato e le parti o tra lo Stato e la controversia non sussiste alcuna connessione ad eccezione della sede del giudice prescelto.
Articolo 20
Dichiarazioni dirette a limitare il riconoscimento e l’esecuzione
Uno Stato può dichiarare che i propri giudici possono rifiutare di riconoscere o eseguire una decisione resa da un giudice di un altro Stato contraente se le parti erano residenti nello Stato richiesto e il loro rapporto e tutti gli altri elementi pertinenti della controversia, diversi dalla sede del giudice prescelto, erano connessi solamente con lo Stato richiesto.
Articolo 21
Dichiarazioni relative a materie specifiche
1. Uno Stato che abbia un forte interesse a non applicare la presente convenzione a una materia specifica può dichiarare che non applicherà la convenzione a tale materia. Se formula una dichiarazione di questo tipo, lo Stato interessato deve garantire che la portata della dichiarazione non è più ampia del necessario e che la materia specifica esclusa è definita in modo chiaro e preciso.
2. In relazione alla suddetta materia la convenzione non si applica:
a)
nello Stato contraente che ha formulato la dichiarazione;
b)
negli altri Stati contraenti, qualora un accordo di scelta del foro esclusivo designi i giudici, o uno o più giudici specifici, dello Stato che ha formulato la dichiarazione.
Articolo 22
Dichiarazioni reciproche sugli accordi di scelta del foro non esclusivi
1. Uno Stato contraente può dichiarare che i propri giudici riconosceranno ed eseguiranno le decisioni rese dai giudici di altri Stati contraenti designati in un accordo di scelta del foro che è stato concluso tra due o più parti nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 3, lettera c), e designa, ai fini della competenza a conoscere delle controversie presenti o future nate da un determinato rapporto giuridico, il giudice o i giudici di uno o più Stati contraenti (accordo di scelta del foro non esclusivo).
2. Quando il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione pronunciata in uno Stato contraente che ha formulato una dichiarazione di questo tipo è richiesto in un altro Stato contraente che ha formulato una tale dichiarazione, la decisione è riconosciuta ed eseguita ai sensi della presente convenzione se:
a)
il giudice di origine è stato designato in un accordo di scelta del foro non esclusivo;
b)
non vi è nessuna decisione resa da altro giudice dinanzi al quale possa essere promosso un procedimento in base all’accordo di scelta del foro non esclusivo, né è pendente dinanzi a tale giudice un procedimento tra le stesse parti avente lo stesso oggetto e lo stesso titolo; e
c)
il giudice di origine è stato il primo giudice adito.
Articolo 23
Interpretazione uniforme
Nell’interpretare la presente convenzione si tiene conto del suo carattere internazionale e della necessità di promuovere la sua applicazione uniforme.
Articolo 24
Esame del funzionamento pratico della convenzione
Il segretario generale della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato prende periodicamente le disposizioni necessarie per:
a)
esaminare il funzionamento pratico della presente convenzione, comprese le eventuali dichiarazioni; e
b)
valutare l’opportunità di apportare modifiche alla presente convenzione.
Articolo 25
Ordinamenti giuridici non unificati
1. Qualora in uno Stato contraente vigano, in unità territoriali diverse, due o più ordinamenti giuridici per questioni disciplinate dalle presente convenzione:
a)
ogni riferimento alla legge o alla procedura di uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla legge o alla procedura in vigore nell’unità territoriale pertinente;
b)
ogni riferimento alla residenza in uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla residenza nell’unità territoriale pertinente;
c)
ogni riferimento al giudice o ai giudici di uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento al giudice o ai giudici dell’unità territoriale pertinente;
d)
ogni riferimento alla connessione con uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla connessione con l’unità territoriale pertinente.
2. In deroga al paragrafo precedente, uno Stato contraente costituito da due o più unità territoriali diverse nelle quali vigono ordinamenti giuridici diversi non è tenuto ad applicare la presente convenzione alle fattispecie che riguardano esclusivamente le unità territoriali diverse.
3. Il giudice di un’unità territoriale di uno Stato contraente costituito da due o più unità territoriali diverse nelle quali vigono ordinamenti giuridici diversi non è tenuto a riconoscere o eseguire una decisione resa in un altro Stato contraente per il solo motivo che la decisione è stata riconosciuta o eseguita in un’altra unità territoriale del medesimo Stato contraente ai sensi della presente convenzione.
4. Il presente articolo non si applica alle organizzazioni regionali di integrazione economica.
Articolo 26
Rapporto con altri strumenti internazionali
1. La presente convenzione deve essere interpretata, per quanto possibile, in modo compatibile con gli altri trattati in vigore per gli Stati contraenti, conclusi prima o dopo la presente convenzione.
2. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima o dopo la presente convenzione, qualora nessuna delle parti risieda in uno Stato contraente che non è parte del trattato.
3. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima dell’entrata in vigore della presente convenzione in quello Stato contraente, qualora l’applicazione della presente convenzione sia incompatibile con gli obblighi di tale Stato nei confronti di uno Stato non contraente. Il presente paragrafo si applica anche ai trattati che rivedono o sostituiscono un trattato concluso prima dell’entrata in vigore della presente convenzione in tale Stato contraente, salvo che la revisione o la sostituzione crei nuove incompatibilità con la presente convenzione.
4. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima o dopo la presente convenzione per ottenere il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente che è parte di quel trattato. Tuttavia la decisione non può essere riconosciuta o eseguita in misura minore rispetto a quanto disposto dalla presente convenzione.
5. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato che disciplina la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in una materia specifica, anche se è stato concluso dopo la presente convenzione e se tutti gli Stati interessati sono parti della presente convenzione.
Questo paragrafo si applica solo se lo Stato contraente ha formulato una dichiarazione relativa al trattato ai sensi di questo paragrafo. In caso di dichiarazione, gli altri Stati contraenti non sono tenuti ad applicare la presente convenzione a quella materia particolare nella misura in cui sussistano incompatibilità, qualora un accordo di scelta del foro esclusivo designi i giudici, o uno o più giudici specifici, dello Stato contraente che ha formulato la dichiarazione.
6. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione delle norme di un’organizzazione regionale di integrazione economica che è parte della presente convenzione, adottate prima o dopo la presente convenzione:
a)
qualora nessuna delle parti risieda in uno Stato contraente che non è uno Stato membro dell’organizzazione regionale di integrazione economica;
b)
per quanto concerne il riconoscimento o l’esecuzione di decisioni tra Stati membri dell’organizzazione regionale di integrazione economica.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 27
Firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione
1. La presente convenzione è aperta alla firma di tutti gli Stati.
2. La presente convenzione è soggetta alla ratifica, accettazione o approvazione degli Stati firmatari.
3. La presente convenzione è aperta all’adesione di tutti gli Stati.
4. Gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione saranno depositati presso il ministero degli Affari esteri del Regno dei Paesi Bassi, depositario della convenzione.
Articolo 28
Dichiarazione concernente gli ordinamenti giuridici non unificati
1. Al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione, gli Stati che siano costituiti da due o più unità territoriali nelle quali, per le materie oggetto della presente convenzione, vigono ordinamenti giuridici diversi possono dichiarare che la presente convenzione si estende a tutte le rispettive unità territoriali o soltanto ad una o a più di esse e possono in ogni momento modificare tale dichiarazione presentandone una nuova.
2. La dichiarazione è notificata al depositario e indica espressamente le unità territoriali alle quali si applica la presente convenzione.
3. In mancanza di dichiarazione a norma di questo articolo, la convenzione si applica all’intero territorio dello Stato.
4. Il presente articolo non si applica alle organizzazioni regionali di integrazione economica.
Articolo 29
Organizzazioni regionali di integrazione economica
1. Un’organizzazione regionale di integrazione economica costituita esclusivamente da Stati sovrani e avente competenza per alcune o tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione può anch’essa firmare, accettare e approvare la presente convenzione o aderirvi. In tal caso l’organizzazione regionale di integrazione economica ha gli stessi diritti e obblighi di uno Stato contraente nella misura in cui è competente per le materie disciplinate dalla presente convenzione.
2. Al momento della firma, accettazione, approvazione o adesione, l’organizzazione regionale di integrazione economica notifica per iscritto al depositario le materie disciplinate dalla presente convenzione per le quali i suoi Stati membri le hanno delegato la competenza. L’organizzazione notifica senza indugio per iscritto al depositario qualunque modifica intervenuta nella delega di competenza precisata nella notifica più recente fatta in virtù del presente paragrafo.
3. Ai fini dell'entrata in vigore della presente convenzione, gli strumenti depositati da un’organizzazione regionale di integrazione economica sono presi in considerazione solo se l’organizzazione interessata dichiara, in conformità dell’articolo 30, che i suoi Stati membri non saranno parti della presente convenzione.
4. Ogni riferimento nella presente convenzione a uno «Stato contraente» o «Stato» si applica anche, se del caso, a un’organizzazione regionale di integrazione economica che è parte della convenzione.
Articolo 30
Adesione di un’organizzazione regionale di integrazione economica senza i suoi Stati membri
1. Al momento della firma, accettazione, approvazione o adesione, un’organizzazione regionale di integrazione economica può dichiarare di essere competente per tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione e che i propri Stati membri non saranno parti della presente convenzione ma ne saranno vincolati in forza della firma, accettazione, approvazione o adesione dell’organizzazione.
2. Qualora un’organizzazione regionale di integrazione economica effettui una dichiarazione ai sensi del paragrafo 1, ogni riferimento nella presente convenzione a uno «Stato contraente» o «Stato» si applica altresì, se del caso, agli Stati membri dell’organizzazione.
Articolo 31
Entrata in vigore
1. La presente convenzione entra in vigore il primo giorno del quarto mese successivo al deposito del secondo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione di cui all’articolo 27.
2. Successivamente la presente convenzione entra in vigore:
a)
per ciascuno Stato o organizzazione regionale di integrazione economica che la ratifica, accetta, approva o vi aderisce più tardi, il primo giorno del quarto mese successivo al deposito del suo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione;
b)
per le unità territoriali alle quali la presente convenzione è stata estesa in conformità dell’articolo 28, paragrafo 1, il primo giorno del quarto mese successivo alla notifica della dichiarazione di cui al predetto articolo.
Articolo 32
Dichiarazioni
1. Le dichiarazioni di cui agli articoli 19, 20, 21, 22 e 26 possono essere formulate all’atto della firma, accettazione, approvazione o adesione oppure in qualunque momento successivo e possono essere modificate o revocate in qualsiasi momento.
2. Le dichiarazioni, modifiche e revoche devono essere notificate al depositario.
3. Le dichiarazioni fatte al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione divengono efficaci al momento dell’entrata in vigore della presente convenzione nei confronti dello Stato in questione.
4. Le dichiarazioni formulate in un momento successivo e ogni modifica o revoca di una dichiarazione hanno efficacia il primo giorno del quarto mese successivo alla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.
5. Le dichiarazioni ai sensi degli articoli 19, 20, 21 e 26 non si applicano agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi prima che tali dichiarazioni divengano efficaci.
Articolo 33
Denuncia
1. La presente convenzione può essere denunciata mediante notifica scritta al depositario. La denuncia può limitarsi ad alcune unità territoriali di un ordinamento giuridico non unificato cui si applica la presente convenzione.
2. La denuncia ha efficacia il primo giorno del tredicesimo mese successivo alla data di ricevimento della notifica da parte del depositario. Quando nella notifica è indicato un periodo più lungo affinché la denuncia produca i suoi effetti, quest’ultima ha efficacia alla scadenza del predetto periodo a decorrere dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.
Articolo 34
Notifiche da parte del depositario
Il depositario notifica ai membri della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato, nonché agli altri Stati e alle organizzazioni regionali di integrazione economica che hanno firmato, ratificato, accettato, approvato o aderito conformemente agli articoli 27, 29 e 30 le seguenti informazioni:
a)
le firme, ratifiche, accettazioni, approvazioni e adesioni previste agli articoli 27, 29 e 30;
b)
la data di entrata in vigore della presente convenzione in conformità dell’articolo 31;
c)
le notifiche, dichiarazioni, modifiche e revoche delle dichiarazioni di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 26, 28, 29 e 30;
d)
le denunce ai sensi dell’articolo 33.
In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati, hanno firmato la presente convenzione.
Fatto all’Aia, il 30 giugno 2005, in francese e in inglese, entrambi i testi facenti ugualmente fede, in un solo esemplare che sarà depositato negli archivi del governo del Regno dei Paesi Bassi e di cui verrà inviata una copia autentica, per via diplomatica, a ciascuno degli Stati membri della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato alla data della sua ventesima sessione e a ciascuno Stato che ha partecipato a tale sessione.
ALLEGATO II
Dichiarazione della Comunità europea ai sensi dell’articolo 30 della convenzione sugli accordi di scelta del foro
La Comunità europea dichiara, ai sensi dell’articolo 30 della convenzione sugli accordi di scelta del foro, di essere competente per tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione. I suoi Stati membri non firmeranno, ratificheranno, accetteranno o approveranno la convenzione, ma ne saranno vincolati in forza della sua conclusione da parte della Comunità europea.
Ai fini della presente dichiarazione, il termine «Comunità europea» non include la Danimarca, in virtù degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Certezza giuridica nel commercio internazionale per le imprese dell’UE che adottano gli accordi sulla scelta del foro
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI E DELLA CONVENZIONE?
A nome dell’Unione europea (UE), firmano e approvano la convenzione dell’Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro*. La convenzione chiarisce le regole che governano le controversie nel commercio internazionale in cui le parti hanno scelto un foro esclusivamente competente. La convenzione garantisce una maggiore certezza giuridica per le aziende dell’UE che intrattengono rapporti commerciali con aziende all’esterno dell’UE assicurando che la loro scelta del foro competente in una controversia venga rispettata.
PUNTI CHIAVE
Campo di applicazione della convenzioneLa presente convenzione si applica alla scelta esclusiva degli accordi sulla scelta del foro in questioni internazionali di natura civile e commerciale in cui sono coinvolti Stati che applicano la convenzione. L’accordo sulla scelta del foro è considerato esclusivo, se non altrimenti specificato dalle parti dell’accordo. Sono esclusi alcuni casi. Gli esempi comprendono:contratti dei consumatori e contratti di lavoro,stato e capacità delle persone (fisiche),validità delle persone giuridiche e dei diritti di proprietà intellettuale e materie del diritto di famiglia,procedimenti di risoluzione alternativa delle controversie*. Inoltre, le parti della convenzione possono escludere alcune altri casi dall’ambito di applicazione. Su queste basi, l’UE ha reso una dichiarazione che esclude dall’ambito di applicazione alcuni contratti di assicurazione. Garantire il rispetto della scelta del foroVolontà delle parti — Le parti di un contratto possono giungere a un accordo sulla scelta del foro esclusivo per designare il foro di uno degli Stati che applicano la convenzione come competente per risolvere una controversia. L’accordo deve essere fatto per iscritto o con qualunque altro mezzo che consenta di accedere successivamente alle informazioni. Competenza giurisdizionale — Il giudice designato è il solo a essere competente a conoscere delle controversie cui si applica l’accordo, salvo la decisione che quest’ultimo sia nullo secondo la legge di tale Stato. Il giudice diverso dal giudice prescelto sospende o dichiara inammissibile i procedimenti presentati in violazione dell’accordo della scelta del foro, a meno che:l’accordo sia nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto;una parte fosse priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato richiesto;l’attuazione dell’accordo sia contraria alla politica pubblica dello Stato del giudice non prescelto;l’accordo non possa essere eseguito; oppureil giudice prescelto abbia deciso di non conoscere della causa. Riconoscimento ed esecuzione — Gli altri Stati che applicano la convenzione devono riconoscere ed eseguire una decisione resa dal giudice designato. Tuttavia, essi possono essere posticipare l’esecuzione se la decisione è stata impugnata nello Stato di origine o se il termine per l’impugnazione ordinaria non è ancora scaduto. La convenzione individua inoltre una serie di altre situazioni in cui il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati (ad esempio se la decisione è stata ottenuta con la frode). Il testo riporta inoltre l’elenco dei documenti necessari per richiedere il riconoscimento e l’esecuzione.
DA QUANDO SI APPLICA LA CONVENZIONE?
In seguito alla Decisione 2014/887/UE, l’Unione europea ha ratificato la convenzione il 15 giugno 2015, rendendola vincolante per tutti gli Stati membri (eccetto la Danimarca) e gli altri stati che l’hanno ratificata dal momento della sua entrata in vigore il 1o dicembre 2015.
CONTESTO
La convenzione sulla scelta del foro è stata conclusa sotto l’egida della Conferenza dell’Aia sul diritto internazionale privato il 30 giugno 2005. La convenzione è stata firmata dall’UE nel 2009. Le parti della convenzione comprendono gli Stati membri così come paesi terzi. Le regole interne dell’UE sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [regolamento (UE) n. 1215/2012] sono state riformate per garantirne la coerenza con la convenzione. Per ulteriori informazioni, consultare:«Convenzione sulla scelta del foro: Le aziende dell’UE ricevono un’importante spinta negli scambi internazionali» — Comunicato stampa (Commissione europea)Questioni di natura civile e commerciale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Accordo di scelta del foro: accordo tra le parti nel designare il giudice (uno o più giudici specifici) competente nelle controversie nate da un particolare rapporto giuridico.
Risoluzione alternativa delle controversie: risoluzione delle controversie senza andare in tribunale.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del Consiglio 2009/397/CE, del 26 febbraio 2009, relativa alla firma a nome della Comunità europea della convenzione sugli accordi di scelta del foro (GU L 133 del 29.5.2009, pag. 1).
Decisione del Consiglio 2014/887/UE, del 4 dicembre 2014, relativa all’approvazione, a nome dell’Unione europea, della convenzione dell’Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro (GU L 353 del 10.12.2014, pag. 5).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione) (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1215/2012 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentario. |
Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Istituisce:il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS); un formato standard per lo scambio elettronico delle informazioni, in particolare sui reati e le pene, contenute nei casellari giudiziari nazionali.
PUNTI CHIAVE
ECRIS è un sistema informatico decentrato basato sulle banche dati dei casellari giudiziari nazionali. Consente lo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari nazionali tra le autorità centrali dei paesi dell’Unione europea (Unione). Il sistema comprende:un software di interconnessione che utilizza un pacchetto comune di protocolli per lo scambio di informazioni;un’infrastruttura di comunicazione comune, gestita sotto la responsabilità della Commissione europea, che forma una rete cifrata. Le autorità centrali dei paesi dell’Unione non hanno un accesso diretto in linea alle banche dati di casellari giudiziari degli altri paesi dell’Unione. La Commissione:la Commissione offre un supporto generale, assistenza tecnica e il software di implementazione di riferimento;sostiene i costi per l’attuazione, l’uso, la manutenzione e i futuri sviluppi dell’infrastruttura di comunicazione comune di ECRIS nonché per l’esecuzione e i futuri sviluppi del software di implementazione di riferimento.pubblicano una relazione periodica sull’utilizzo e il funzionamento di ECRIS. I paesi dell’Unione:nel trasmettere le informazioni menzionano il codice corrispondente al reato (allegato A) e la pena (allegato B);sostengono i costi per le proprie banche dati di casellari giudiziari e il software di interconnessione;forniscono al segretariato generale del Consiglio l’elenco dei reati nazionali e delle pene, per contribuire alla creazione di un manuale non vincolante destinato agli utenti di ECRIS;coordinano la loro azione con il Consiglio per modificare gli allegati A e B, deliberando a maggioranza qualificata. I paesi dell’Unione e la Commissione si informano e consultano reciprocamente in seno al Consiglio per:stilare un manuale non vincolante che tratti delle procedure che disciplinano lo scambio di informazioni, in particolare delle modalità di identificazione degli autori dei reati;coordinare la loro azione ai fini dello sviluppo e dell’esercizio di ECRIS, per quanto riguarda in particolare la definizione di sistemi e procedure di registrazione, di specifiche tecniche e di sicurezza e di procedure di verifica della conformità delle applicazioni informatiche nazionali. La decisione:non si prefigge di istituire una banca dati centralizzata di casellari giudiziari, poiché i dati estratti dai casellari giudiziari sono conservati nelle banche dati nazionali;attua la decisione quadro 2009/315/GAI (si veda la sintesi) che definisce i principi generali per le operazioni di scambio di informazioni tra paesi dell’Unione sulla base dei casellari giudiziari nazionali. La decisione è integrata da:direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori (si veda la sintesi), che prevede lo scambio di informazioni, se richieste, nelle procedure di reclutamento impieghi che comportano contatti regolari e diretti con minori;regolamento (UE) 2019/816 su ECRIS-TCN, che tratta delle informazioni sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di paesi terzi (si veda la sintesi);regolamento (UE) 2018/1726 che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA) (si veda la sintesi). Si noti che la direttiva (UE) 2019/884, oltre a modificare la decisione quadro 2009/315/GAI (si veda sopra), sostituisce la decisione 2009/316/GAI del Consiglio, che ha istituito ECRIS, e deve diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 28 giugno 2022.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È in vigore dal 7 aprile 2012.
CONTESTO
Prima che venisse istituito ECRIS, i tribunali nazionali spesso pronunciavano condanne senza sapere se un criminale aveva subito precedenti condanne in un altro paese dell’Unione. A partire dal 2008, la decisione quadro 2008/675/GAI (si veda la sintesi) richiede che nel corso di nuovi procedimenti penali contro un individuo, siano prese in considerazione dal tribunale le precedenti condanne penali. ECRIS supporta tale processo fornendo ai giudici, ai pubblici ministeri e alle autorità amministrative competenti informazioni complete sulla storia criminale dei cittadino dell’Unione, indipendentemente da dove siano stati condannati. Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS) (Commissione europea).ECRIS (Portale europeo della giustizia elettronica).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/316/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell’articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 33).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2019/884 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio per quanto riguarda lo scambio di informazioni sui cittadini di paesi terzi e il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS), e che sostituisce la decisione 2009/316/GAI del Consiglio (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 143).
Regolamento (UE) 2019/816 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che istituisce un sistema centralizzato per individuare gli Stati membri in possesso di informazioni sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di paesi terzi e apolidi (ECRIS-TCN) e integrare il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali, e che modifica il regolamento (UE) 2018/1726 (GU L 135 del 22.5.2019, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) 2019/816 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) 2018/1726 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, relativo all’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA), che modifica il regolamento (CE) n. 1987/2006 e la decisione 2007/533/GAI del Consiglio e che abroga il regolamento (UE) n. 1077/2011 (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 99).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 23).
Si veda la versione consolidata.
Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale (GU L 220 del 15.8.2008, pag. 32). | DECISIONE 2009/316/GAI DEL CONSIGLIO
del 6 aprile 2009
che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell’articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (1), in particolare l’articolo 11, paragrafo 4,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell’articolo 29 del trattato sull’Unione europea, l’obiettivo che l’Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questo obiettivo presuppone lo scambio sistematico fra le autorità competenti degli Stati membri di informazioni estratte dai casellari giudiziari in modo da garantire un’interpretazione uniforme di dette informazioni e l’efficacia di tale scambio.
(2)
L’attuale meccanismo della convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 non consente un’efficace circolazione delle informazioni sulle condanne pronunciate nei confronti dei cittadini degli Stati membri da parte di altri Stati membri. Sono quindi necessarie, a livello dell’Unione europea, procedure di scambio di tali informazioni più efficienti e accessibili.
(3)
Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo adottata dal Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004, è stata attribuita priorità alla necessità di migliorare lo scambio di informazioni sulle condanne e questa priorità è stata successivamente ribadita nel programma dell’Aia (3) e nel piano d’azione (4) sulla sua attuazione. L’interconnessione telematica dei casellari giudiziari a livello dell’Unione europea figura come priorità politica anche nelle conclusioni del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007.
(4)
L’interconnessione telematica dei casellari giudiziari è parte del progetto «Giustizia elettronica», cui il Consiglio europeo ha più volte riconosciuto un valore prioritario nel 2007.
(5)
È attualmente in corso un progetto pilota per l’interconnessione dei casellari giudiziari, i cui risultati costituiscono una valida base per proseguire i lavori sullo scambio informatizzato delle informazioni a livello dell’Unione europea.
(6)
Obiettivo della presente decisione è dare attuazione alla decisione quadro 2009/315/GAI per costruire e sviluppare un sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne. Tale sistema dovrebbe consentire di comunicare informazioni sulle condanne in un modo facilmente comprensibile. È quindi necessario creare un formato standard che consenta lo scambio delle informazioni in modo omogeneo, elettronico e facilmente traducibile con dispositivi automatizzati, nonché stabilire altre modalità per organizzare e agevolare gli scambi elettronici di informazioni sulle condanne fra le autorità centrali degli Stati membri.
(7)
La presente decisione si fonda sui principi fissati dalla decisione quadro 2009/315/GAI attuandoli e completandoli dal punto di vista tecnico.
(8)
Le categorie di dati da inserire nel sistema, le finalità per le quali sono inseriti, i criteri per l’inserimento, le autorità abilitate ad accedere ai dati e altre norme specifiche di protezione dei dati personali figurano nella decisione quadro 2009/315/GAI.
(9)
Né la presente decisione né la decisione quadro 2009/315/GAI istituiscono l’obbligo di scambiare informazioni su decisioni non penali.
(10)
Poiché la presente decisione non si prefigge di armonizzare i sistemi nazionali di casellario giudiziario, essa non obbliga lo Stato membro di condanna a modificare il suo sistema interno di casellario giudiziario per quanto attiene all’uso delle informazioni per scopi interni.
(11)
Il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) è un sistema informatico decentrato. È opportuno che i dati estratti dai casellari giudiziari siano conservati unicamente in banche dati gestite dagli Stati membri e che non sia possibile accedere direttamente in linea alle banche dati di casellari giudiziari di altri Stati membri. È altresì opportuno che competa agli Stati membri la responsabilità del funzionamento delle banche dati nazionali di casellari giudiziari e dell’efficacia degli scambi tra di loro. L’infrastruttura di comunicazione comune di ECRIS dovrebbe essere inizialmente la rete di servizi transeuropei sicuri per la comunicazione telematica tra amministrazioni (s-TESTA). Tutti i costi inerenti a tale infrastruttura dovrebbero essere a carico del bilancio generale dell’Unione europea.
(12)
Le tavole di riferimento delle categorie di reato e delle categorie di pene e misure di cui alla presente decisione dovrebbero facilitare, mediante un sistema di codici, la traduzione automatica e la reciproca comprensione delle informazioni trasmesse. Il contenuto delle tavole è frutto dell’analisi delle esigenze di tutti i ventisette Stati membri, nella quale si è tenuto conto della categorizzazione usata nel progetto pilota e dei risultati del raggruppamento di vari reati, pene e misure nazionali. Inoltre, per la tavola dei reati l’analisi ha tenuto conto anche delle definizioni comuni e armonizzate esistenti a livello europeo e internazionale, oltre che dei modelli di dati di Eurojust e Europol.
(13)
Per la comprensione reciproca e la trasparenza della categorizzazione comune, è opportuno che ogni Stato membro presenti l’elenco dei reati, delle pene e delle misure nazionali corrispondenti a ciascuna delle categorie di cui alla tavola rispettiva. Gli Stati membri possono fornire una descrizione dei reati, delle pene e delle misure e, data l’utilità di detta descrizione, dovrebbero essere incoraggiati a procedere in tal senso. Tali informazioni dovrebbero essere rese accessibili agli Stati membri.
(14)
Le tavole di riferimento delle categorie di reato e delle categorie delle pene e delle misure di cui alla presente decisione non sono destinate a stabilire equivalenze giuridiche tra i reati, le pene e le misure esistenti a livello nazionale. Costituiscono strumenti volti ad aiutare il destinatario a comprendere meglio i fatti e i tipi di pene e misure contenuti nelle informazioni trasmesse. L’esattezza dei codici indicati non può essere pienamente garantita dallo Stato membro che fornisce le informazioni e non dovrebbe precludere la possibilità da parte delle autorità competenti dello Stato ricevente di interpretare dette informazioni.
(15)
Le tavole di riferimento delle categorie di reato e delle categorie di pene e misure dovrebbero essere rivedute e aggiornate secondo la procedura di adozione delle misure di attuazione delle decisioni prevista dal trattato sull’Unione europea.
(16)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi e consultarsi reciprocamente in seno al Consiglio, secondo le modalità definite dal trattato sull’Unione europea, al fine di stilare un manuale non vincolante destinato agli operatori del settore che tratti delle procedure che disciplinano lo scambio di informazioni, in particolare delle modalità di identificazione degli autori dei reati, dell’interpretazione uniforme delle categorie di reato, delle pene e delle misure e della spiegazione di reati, pene e misure nazionali problematici, nonché al fine di garantire il necessario coordinamento ai fini dello sviluppo e del funzionamento di ECRIS.
(17)
Per accelerare lo sviluppo di ECRIS, la Commissione dovrebbe adottare una serie di misure tecniche con le quali assistere gli Stati membri nel preparare l’infrastruttura tecnica per l’interconnessione delle rispettive banche dati di casellari giudiziari. La Commissione può fornire un software di implementazione di riferimento, vale a dire un software ad hoc per permettere agli Stati membri di operare l’interconnessione, che questi ultimi potranno decidere di applicare invece del loro software di interconnessione per implementare un pacchetto comune di protocolli per lo scambio di informazioni fra le banche dati di casellari giudiziari.
(18)
La decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (5), dovrebbe applicarsi al contesto dello scambio elettronico delle informazioni estratte dai casellari giudiziari degli Stati membri, assicurando un livello adeguato di protezione dei dati nel quadro dello scambio di informazioni tra gli Stati membri e permettendo nel contempo agli Stati membri di richiedere standard di protezione più elevati per il trattamento dei dati nazionali
(19)
Poiché l’obiettivo della presente decisione, vale a dire lo sviluppo di un sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri unilateralmente e può dunque, a causa della necessità di un’azione coordinata nell’Unione europea, essere realizzato meglio a livello dell’Unione europea, il Consiglio può intervenire in base al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea.
(20)
La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea ed enunciati nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
DECIDE:
Articolo 1
Oggetto
La presente decisione istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS).
La presente decisione definisce anche gli elementi di un formato standard per lo scambio elettronico delle informazioni estratte dai casellari giudiziari tra gli Stati membri, con particolare riguardo alle informazioni relative al reato che ha determinato la condanna e alle informazioni relative al contenuto della condanna, e altre modalità generali e tecniche di attuazione legate all’organizzazione e all’agevolazione degli scambi di informazioni.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione si applicano le definizioni di cui alla decisione quadro 2009/315/GAI.
Articolo 3
Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS)
1. ECRIS è un sistema informatico decentrato basato sulle banche dati di casellari giudiziari di ciascuno Stato membro. È composto dei seguenti elementi:
a)
un software di interconnessione conforme a un pacchetto comune di protocolli per lo scambio di informazioni fra le banche dati di casellari giudiziari degli Stati membri;
b)
un’infrastruttura di comunicazione comune che forma una rete cifrata.
2. La presente decisione non si prefigge di istituire una banca dati centralizzata di casellari giudiziari. Tutti i dati estratti dai casellari giudiziari sono conservati unicamente nelle banche dati gestite dagli Stati membri.
3. Le autorità centrali degli Stati membri di cui all’articolo 3 della decisione quadro 2009/315/GAI non hanno un accesso diretto in linea alle banche dati di casellari giudiziari degli altri Stati membri. Gli Stati membri identificano insieme, con il sostegno della Commissione, ed utilizzano le migliori tecniche disponibili per garantire la riservatezza e l’integrità delle informazioni dei casellari giudiziari trasmesse ad altri Stati membri.
4. Lo Stato membro interessato è responsabile della gestione del software di interconnessione e delle banche dati che conservano, inviano e ricevono informazioni estratte dai casellari giudiziari.
5. L’infrastruttura di comunicazione comune è la rete di comunicazione s-TESTA. Qualsiasi ulteriore sviluppo della medesima o rete sicura alternativa garantisce che l’infrastruttura di comunicazione comune esistente continui a soddisfare le condizioni di cui al paragrafo 6.
6. L’infrastruttura di comunicazione comune è gestita sotto la responsabilità della Commissione, soddisfa i requisiti di sicurezza e risponde pienamente alle esigenze di ECRIS.
7. Per garantire il funzionamento efficiente di ECRIS, la Commissione offre un supporto generale e assistenza tecnica, comprese la raccolta e l’elaborazione delle statistiche di cui all’articolo 6, paragrafo 2, lettera b), punto i), e il software di implementazione di riferimento.
8. Nonostante la possibilità di avvalersi di programmi finanziari dell’Unione europea in conformità delle norme applicabili, ogni Stato membro sostiene i propri costi per l’attuazione, la gestione, l’uso e la manutenzione della banca dati di casellari giudiziari e del software di interconnessione di cui al paragrafo 1.
La Commissione sostiene i costi per l’attuazione, la gestione, l’uso e la manutenzione e i futuri sviluppi dell’infrastruttura di comunicazione comune di ECRIS nonché per l’esecuzione e i futuri sviluppi del software di implementazione di riferimento.
Articolo 4
Formato di trasmissione delle informazioni
1. Nel trasmettere le informazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 7 della decisione quadro 2009/315/GAI relative alla denominazione o qualificazione giuridica del reato e alle disposizioni giuridiche applicabili, gli Stati membri menzionano il codice corrispondente a ciascuno dei reati menzionati nella trasmissione in base alla tavola dei reati di cui all’allegato A. In via eccezionale, qualora il reato non corrisponda ad alcuna sottocategoria, è usato per il reato in questione il codice «categoria aperta» della pertinente o più vicina categoria di reati o, in sua mancanza, un codice «altri reati».
Gli Stati membri possono altresì fornire le informazioni disponibili riguardanti il livello di realizzazione del reato e il grado di partecipazione al reato e, se pertinente, la sussistenza di un esonero totale o parziale dalla responsabilità penale o della recidiva.
2. Nel trasmettere le informazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 7 della decisione quadro 2009/315/GAI , relative al contenuto della condanna, segnatamente la pena, eventuali pene supplementari, misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l’esecuzione della pena, gli Stati membri menzionano il codice corrispondente a ciascuna delle pene e misure menzionate nella trasmissione in base alla tavola delle pene e misure di cui all’allegato B. In via eccezionale, qualora la pena o misura non corrisponda ad alcuna sottocategoria, è usato per la pena o misura in questione il codice «categoria aperta» della pertinente o più vicina categoria di pene e misure o, in sua mancanza, il codice «altre pene e misure».
Gli Stati membri forniscono altresì, se pertinenti, le informazioni disponibili riguardanti la natura e/o le condizioni di esecuzione della pena o misura inflitta, secondo quanto previsto dai parametri di cui all’allegato B. Il parametro «decisioni non penali» è indicato soltanto nei casi in cui lo Stato membro di cui la persona interessata ha la cittadinanza fornisca, su base volontaria, informazioni su dette decisioni in risposta ad una richiesta di informazioni sulle condanne.
Articolo 5
Informazioni su reati, pene e misure nazionali
1. Gli Stati membri forniscono al segretariato generale del Consiglio le seguenti informazioni allo scopo, in particolare, di stilare il manuale non vincolante ad uso degli operatori di cui all’articolo 6, paragrafo 2, lettera a):
a)
elenco dei reati nazionali, in ognuna delle categorie della tavola dei reati di cui all’allegato A. L’elenco contiene la denominazione o qualificazione giuridica del reato e un riferimento alla disposizioni giuridiche applicabili. Può altresì comportare una breve descrizione degli elementi costitutivi del reato;
b)
elenco dei tipi di pene, eventuali pene supplementari e misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l’esecuzione della pena secondo il dettato della legge nazionale, in ognuna delle categorie della tavola delle pene e misure di cui all’allegato B. Può altresì comportare una breve descrizione della pena o misura specifica.
2. Gli Stati membri provvedono all’aggiornamento periodico degli elenchi e delle descrizioni di cui al paragrafo 1 e trasmettono le informazioni aggiornate al segretariato generale del Consiglio.
3. Il segretariato generale del Consiglio comunica agli Stati membri e alla Commissione le informazioni ricevute a norma del presente articolo.
Articolo 6
Misure di esecuzione
1. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta le modifiche degli allegati A e B che si rivelino necessarie.
2. I rappresentanti dei servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri e la Commissione si informano e si consultano reciprocamente, in seno al Consiglio, per:
a)
stilare un manuale non vincolante destinato agli operatori del settore che stabilisca le procedure di scambio delle informazioni attraverso ECRIS, trattando, in particolare, delle modalità di identificazione degli autori dei reati e recando l’interpretazione uniforme delle categorie di reato e delle pene e misure di cui, rispettivamente, agli allegati A e B;
b)
coordinare la loro azione ai fini dello sviluppo e dell’esercizio di ECRIS, per quanto riguarda in particolare:
i)
la definizione di sistemi e procedure di registrazione che consentano il monitoraggio del funzionamento di ECRIS e la realizzazione di statistiche non personali relative allo scambio, tramite ECRIS, delle informazioni estratte dai casellari giudiziari;
ii)
l’adozione di specifiche tecniche dello scambio, compresi i requisiti di sicurezza, in particolare il pacchetto comune di protocolli;
iii)
la definizione di procedure di verifica della conformità delle applicazioni informatiche nazionali alle specifiche tecniche.
Articolo 7
Relazione
I servizi della Commissione pubblicano una relazione periodica sugli scambi, tramite ECRIS, delle informazioni estratte dai casellari giudiziari basata in particolare sulle statistiche di cui all’articolo 6, paragrafo 2, lettera b), punto i). Essa è pubblicata per la prima volta un anno dopo la presentazione della relazione di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della decisione quadro 2009/315/GAI.
Articolo 8
Attuazione e termini
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione entro il 7 aprile 2012.
2. Gli Stati membri utilizzano il formato di cui all’articolo 4 e si conformano alle modalità per organizzare e agevolare gli scambi di informazioni previste dalla presente decisione a decorrere dalla data notificata in conformità dell’articolo 11, paragrafo 6, della decisione quadro 2009/315/GAI.
Articolo 9
Decorrenza degli effetti
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 6 aprile 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. POSPÍŠIL
(1) Cfr. pag. 23 della presente Gazzetta ufficiale.
(2) Parere espresso il 9 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(4) GU C 198 del 12.8.2005, pag. 1.
(5) GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.
ALLEGATO A
Tavola comune delle categorie di reato di cui all’articolo 4
Parametri
Livello di realizzazione:
Reato consumato
C
Reato tentato o preparato
A
Elemento non trasmesso
Ø
Grado di partecipazione:
Autore
M
Concorrente o istigatore/organizzatore, cospiratore
H
Elemento non trasmesso
Ø
Esonero dalla responsabilità penale:
Infermità mentale o imputabilità diminuita
S
Recidiva
R
Codice
Categorie e sottocategorie di reato
0100 00
categoria aperta
Reati che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale
0101 00
Genocidio
0102 00
Crimini contro l’umanità
0103 00
Crimini di guerra
0200 00
categoria aperta
Partecipazione a un’organizzazione criminale
0201 00
Direzione di un’organizzazione criminale
0202 00
Partecipazione intenzionale alle attività criminali di un’organizzazione criminale
0203 00
Partecipazione intenzionale alle attività non criminali di un’organizzazione criminale
0300 00
categoria aperta
Terrorismo
0301 00
Direzione di un gruppo terrorista
0302 00
Partecipazione intenzionale alle attività di un gruppo terrorista
0303 00
Finanziamento del terrorismo
0304 00
Pubblica istigazione a commettere un reato terroristico
0305 00
Reclutamento o addestramento a fini terroristici
0400 00
categoria aperta
Tratta di esseri umani
0401 00
Tratta di esseri umani a fini di sfruttamento del lavoro o di servizi
0402 00
Tratta di esseri umani a fini di sfruttamento della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale
0403 00
Tratta di esseri umani finalizzata al prelievo di organi o tessuti umani
0404 00
Tratta di esseri umani a fini di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù o alla servitù
0405 00
Tratta di minori a fini di sfruttamento del lavoro o di servizi
0406 00
Tratta di minori a fini di sfruttamento della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale
0407 00
Tratta di minori finalizzata al prelievo di organi o tessuti umani
0408 00
Tratta di minori a fini di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù o alla servitù
0500 00
categoria aperta
Traffico illecito (1) e altri reati in materia di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0501 00
Fabbricazione illecita di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0502 00
Traffico illecito di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi a livello nazionale (2)
0503 00
Importazione o esportazione illecita di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0504 00
Detenzione o uso non autorizzati di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0600 00
categoria aperta
Reati contro l’ambiente
0601 00
Danneggiamento o distruzione di specie animali e vegetali protette
0602 00
Scarico illecito di sostanze inquinanti o di radiazioni ionizzanti nell’atmosfera, nel terreno o nell’acqua
0603 00
Reati in materia di rifiuti, compresi i rifiuti pericolosi
0604 00
Reati relativi al traffico (1) illecito di specie animali e vegetali protette o di parti di esse
0605 00
Reati colposi contro l’ambiente
0700 00
categoria aperta
Reati in materia di sostanze stupefacenti o precursori e altri reati contro la salute pubblica
0701 00
Reati relativi al traffico (3) illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e di precursori non destinati esclusivamente all’uso personale
0702 00
Uso illecito di stupefacenti e acquisto, detenzione, fabbricazione o produzione di stupefacenti esclusivamente per uso personale
0703 00
Aiuto o istigazione all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope
0704 00
Fabbricazione o produzione di sostanze stupefacenti non esclusivamente per uso personale
0800 00
categoria aperta
Reati contro la persona
0801 00
Omicidio doloso
0802 00
Omicidio doloso aggravato (4)
0803 00
Omicidio colposo
0804 00
Omicidio doloso di neonato da parte della madre
0805 00
Interruzione illegale della gravidanza
0806 00
Eutanasia illegale
0807 00
Reati connessi al suicidio
0808 00
Morte come conseguenza di atti di violenza
0809 00
Lesione personale grave o gravissima
0810 00
Lesione personale colposa grave o gravissima
0811 00
Lesione personale lieve
0812 00
Lesione personale lieve colposa
0813 00
Esposizione al pericolo di morte o di lesioni personali gravi
0814 00
Tortura
0815 00
Omissione di soccorso
0816 00
Reati relativi al prelievo di organi o tessuti senza autorizzazione o consenso
0817 00
Reati relativi al traffico illecito (3) di organi e tessuti umani
0818 00
Violenza o minacce domestiche
0900 00
categoria aperta
Reati contro la libertà personale, la dignità e altri interessi privati, compresi il razzismo e la xenofobia
0901 00
Sequestro, sequestro a scopo di estorsione, privazione illegale della libertà
0902 00
Arresto illegale o privazione illegale della libertà da parte di un’autorità pubblica
0903 00
Cattura di ostaggi
0904 00
Dirottamento di aereo o nave
0905 00
Ingiuria, calunnia, diffamazione, oltraggio
0906 00
Minaccia
0907 00
Coazione, pressione, stalking, molestia o aggressione di carattere psicologico o emotivo
0908 00
Estorsione
0909 00
Estorsione aggravata
0910 00
Violazione di proprietà privata
0911 00
Invasione della sfera privata diversa dalla violazione di proprietà privata
0912 00
Reati contro la tutela dei dati personali
0913 00
Intercettazione illecita di dati o comunicazioni
0914 00
Discriminazione fondata sul sesso, la razza, l’orientamento sessuale, la religione o l’origine etnica
0915 00
Pubblica istigazione alla discriminazione razziale
0916 00
Pubblica istigazione all’odio razziale
0917 00
Ricatto
1000 00
categoria aperta
Reati sessuali
1001 00
Stupro
1002 00
Stupro aggravato (5) diverso dallo stupro di minore
1003 00
Atti di libidine violenti
1004 00
Lenocinio
1005 00
Atti osceni
1006 00
Molestie sessuali
1007 00
Adescamento finalizzato alla prostituzione
1008 00
Sfruttamento sessuale di minori
1009 00
Reati connessi alla pedopornografia o ad immagini indecenti di minori
1010 00
Stupro di minore
1011 00
Atti di libidine violenti in danno di minore
1100 00
categoria aperta
Reati contro il diritto di famiglia
1101 00
Relazioni sessuali illecite tra membri stretti della famiglia
1102 00
Poligamia
1103 00
Violazione degli obblighi alimentari
1104 00
Abbandono di minore o incapace
1105 00
Mancata osservanza dell’ordine di presentare un minore o sottrazione di minore
1200 00
categoria aperta
Reati contro lo Stato, l’ordine pubblico, l’amministrazione della giustizia o i pubblici ufficiali
1201 00
Spionaggio
1202 00
Alto tradimento
1203 00
Reati elettorali e in materia di referendum
1204 00
Attentato alla vita o alla salute del capo dello Stato
1205 00
Vilipendio allo Stato, alla nazione o ai simboli dello Stato
1206 00
Ingiuria o resistenza a un pubblico ufficiale
1207 00
Estorsione, coazione o pressione nei confronti di un pubblico ufficiale
1208 00
Aggressione o minacce nei confronti di un pubblico ufficiale
1209 00
Reati contro l’ordine pubblico, violazione della quiete pubblica
1210 00
Violenza in occasione di manifestazioni sportive
1211 00
Furto di documenti pubblici o amministrativi
1212 00
Ostruzione o intralcio alla giustizia, falsa affermazione in un procedimento penale o giudiziario, falsa testimonianza
1213 00
Usurpazione di identità o di funzioni pubbliche
1214 00
Evasione
1300 00
categoria aperta
Reati contro il patrimonio pubblico o gli interessi pubblici
1301 00
Frode in materia di prestazioni pubbliche, sociali o familiari
1302 00
Frode in materia di sussidi e prestazioni europei
1303 00
Reati connessi al gioco d’azzardo illegale
1304 00
Turbativa di appalti pubblici
1305 00
Corruzione attiva o passiva di un funzionario pubblico, di una persona che esercita una funzione pubblica o della pubblica autorità
1306 00
Peculato, appropriazione indebita o altra forma di distrazione di beni da parte di un pubblico ufficiale
1307 00
Abuso di ufficio da parte di un pubblico ufficiale
1400 00
categoria aperta
Reati fiscali e doganali
1401 00
Reati fiscali
1402 00
Reati doganali
1500 00
categoria aperta
Reati economici e legati al commercio
1501 00
Bancarotta o insolvenza fraudolenta
1502 00
Violazione della normativa contabile, peculato, dissimulazione dell’attivo o aumento illecito del passivo di una società
1503 00
Violazione delle regole della concorrenza
1504 00
Riciclaggio di proventi di reato
1505 00
Corruzione attiva o passiva nel settore privato
1506 00
Rivelazione di un segreto o violazione dell’obbligo di segretezza
1507 00
«Abuso di informazioni privilegiate»
1600 00
categoria aperta
Reati contro il patrimonio o di danneggiamento di beni
1601 00
Appropriazione illecita
1602 00
Appropriazione o diversione illecita di energia
1603 00
Frode e truffa
1604 00
Traffico di merci rubate
1605 00
Traffico illecito (6) di beni culturali, comprese le antichità e le opere d’arte
1606 00
Danneggiamento o distruzione dolosi di beni
1607 00
Danneggiamento o distruzione colposi di beni
1608 00
Sabotaggio
1609 00
Reati contro la proprietà industriale o intellettuale
1610 00
Incendio doloso
1611 00
Incendio doloso causa di morte o lesioni personali
1612 00
Incendio boschivo doloso
1700 00
categoria aperta
Reati di furto
1701 00
Furto
1702 00
Furto in seguito a violazione di proprietà privata
1703 00
Furto con uso di violenza o di armi o con la minaccia di usare la violenza o armi contro una persona
1704 00
Forme di furto aggravato senza uso di violenza o di armi, o con la minaccia di usare la violenza o armi contro una persona
1800 00
categoria aperta
Reati contro i sistemi informatici e altri reati informatici
1801 00
Accesso illegale a un sistema informatico
1802 00
Attentato all’integrità di un sistema
1803 00
Attentato all’integrità dei dati
1804 00
Fabbricazione, detenzione, divulgazione o traffico di apparecchiature o dati informatici al fine di permettere la commissione di reati informatici
1900 00
categoria aperta
Falsificazione di mezzi di pagamento
1901 00
Contraffazione o falsificazione di monete, compreso l’euro
1902 00
Falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti
1903 00
Contraffazione o falsificazione di documenti aventi pubblica fede
1904 00
Messa in circolazione/uso di monete, di mezzi di pagamento diversi dai contanti o di documenti aventi pubblica fede contraffatti o falsificati
1905 00
Detenzione di strumenti per la contraffazione o la falsificazione di monete o di documenti aventi pubblica fede
2000 00
categoria aperta
Falsificazione di documenti
2001 00
Falsificazione di documento pubblico o amministrativo da parte di un privato
2002 00
Falsificazione di documento da parte di un funzionario pubblico o un’autorità pubblica
2003 00
Cessione o acquisto di un documento pubblico o amministrativo falsificato; cessione o acquisto di un documento falsificato da parte di un funzionario pubblico o un’autorità pubblica
2004 00
Uso di documenti pubblici o amministrativi falsificati
2005 00
Detenzione di strumenti per la falsificazione di documenti pubblici o amministrativi
2006 00
Falsificazione di documenti privati da parte di un privato
2100 00
categoria aperta
Violazione delle norme sulla circolazione stradale
2101 00
Guida pericolosa
2102 00
Guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze stupefacenti
2103 00
Guida senza patente o a seguito di ritiro della patente
2104 00
Fuga in incidente stradale
2105 00
Rifiuto di sottoporsi a controllo stradale
2106 00
Reati relativi al trasporto su strada
2200 00
categoria aperta
Reati contro il diritto del lavoro
2201 00
Lavoro irregolare
2202 00
Reati relativi alla retribuzione, compresi i contributi sociali
2203 00
Reati relativi alle condizioni di lavoro, all’igiene e alla sicurezza del luogo di lavoro
2204 00
Reati relativi all’accesso o all’esercizio di una professione
2205 00
Reati relativi al tempo di lavoro e di riposo
2300 00
categoria aperta
Violazioni della legislazione sull’immigrazione
2301 00
Ingresso e soggiorno irregolari
2302 00
Favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno irregolari
2400 00
categoria aperta
Violazioni degli obblighi militari
2500 00
categoria aperta
Reati connessi alle sostanze ormonali e altri fattori di crescita
2501 00
Importazione, esportazione o cessione illecite di sostanze ormonali e altri fattori di crescita
2600 00
categoria aperta
Reati relativi ai materiali nucleari o altre sostanze radioattive pericolose
2601 00
Importazione, esportazione, cessione o acquisto illeciti di materiali nucleari o radioattivi
2700 00
categoria aperta
Altri reati
2701 00
Altri reati dolosi
2702 00
Altri reati colposi
(1) Salvo diversa indicazione nella presente categoria, s’intende per «traffico» l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(2) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(3) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(4) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(5) Per esempio: circostanze particolarmente gravi.
(6) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
ALLEGATO B
Tavola comune delle categorie delle pene e delle misure di cui all’articolo 4
Codice
Categorie e sottocategorie delle pene e delle misure
1000
categoria aperta
Privative della libertà personale
1001
Reclusione
1002
Ergastolo
2000
categoria aperta
Restrittive della libertà personale
2001
Divieto di frequentare determinati luoghi
2002
Limitazione del diritto di espatrio
2003
Divieto di dimorare in determinati luoghi
2004
Divieto di partecipare a manifestazioni di massa
2005
Divieto di avere contatti con determinate persone con qualsiasi mezzo
2006
Assoggettamento a sorveglianza elettronica (1)
2007
Obbligo di presentarsi in determinati orari presso una determinata autorità
2008
Obbligo di dimora/di residenza
2009
Obbligo di presenza nel luogo di residenza in determinati orari
2010
Obbligo di osservanza delle misure di sospensione condizionale disposte dal giudice, compreso l’obbligo di restare sotto sorveglianza
3000
categoria aperta
Divieto di esercitare determinati diritti o capacità
3001
Destituzione da un incarico
3002
Interdizione perpetua/temporanea dai pubblici uffici
3003
Perdita/sospensione del diritto di elettorato o di eleggibilità
3004
Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione
3005
Perdita del diritto a sussidi pubblici
3006
Revoca della patente di guida (2)
3007
Sospensione della patente di guida
3008
Divieto di condurre determinati veicoli
3009
Perdita/sospensione della potestà genitoriale
3010
Perdita/sospensione del diritto di partecipare in qualità di perito o giurato o di testimoniare sotto giuramento in un procedimento giudiziario
3011
Interdizione/sospensione dall’ufficio di tutore (3)
3012
Perdita/sospensione del diritto di ricevere decorazioni o titoli
3013
Interdizione dall’esercizio di un’attività professionale, commerciale o sociale
3014
Divieto di lavorare o svolgere attività a contatto con minori
3015
Obbligo di chiudere un esercizio
3016
Divieto di detenere o portare armi
3017
Revoca della licenza di caccia/pesca
3018
Divieto di emettere assegni o di usare carte di pagamento/credito
3019
Divieto di detenere animali
3020
Divieto di detenere o usare determinati articoli diversi dalle armi
3021
Divieto di praticare determinati giochi/sport
4000
categoria aperta
Interdizione o espulsione dal territorio
4001
Interdizione dal territorio nazionale
4002
Espulsione dal territorio nazionale
5000
categoria aperta
Obblighi personali
5001
Obbligo di sottoporsi a trattamento medico o altre forme di terapia
5002
Obbligo di partecipare a programmi socio-educativi
5003
Assegnazione alle cure/al controllo della famiglia
5004
Misure educative
5005
Messa alla prova
5006
Obbligo di attività formative/lavorative
5007
Obbligo di comunicare informazioni specifiche all’autorità giudiziaria
5008
Obbligo di pubblicazione della sentenza di condanna
5009
Obbligo di riparare il pregiudizio causato dal reato
6000
categoria aperta
Misure patrimoniali
6001
Confisca
6002
Demolizione
6003
Ripristino
7000
categoria aperta
Ricovero in istituto
7001
Ricovero in un istituto psichiatrico
7002
Ricovero in un centro di disintossicazione
7003
Collocamento in una struttura educativa
8000
categoria aperta
Pene pecuniarie
8001
Multa/ammenda
8002
Multa/ammenda giornaliera (4)
8003
Devoluzione dei proventi della multa/ammenda a beneficiari specifici (5)
9000
categoria aperta
Lavoro sostitutivo
9001
Lavoro o servizio di pubblica utilità
9002
Lavoro o servizio di pubblica utilità accompagnato da altre misure restrittive
10000
categoria aperta
Pene militari
10001
Rimozione (6)
10002
Degradazione
10003
Reclusione militare
11000
categoria aperta
Esenzione dalla pena/rinvio dell’esecuzione della pena/sanzione/diffida
12000
categoria aperta
Altre pene e misure
Parametri (da specificare, se applicabile)
ø
Pena
m
Misura
a
Sospensione della pena/misura
b
Sospensione parziale della pena/misura
c
Sospensione della pena/misura e affidamento in prova/sorveglianza
d
Sospensione parziale della pena/misura e affidamento in prova/sorveglianza
e
Conversione della pena/misura
f
Pena/misura alternativa inflitta a titolo di pena principale
g
Pena/misura alternativa inflitta inizialmente in caso di inosservanza della pena principale
h
Revoca della sospensione della pena/misura
i
Determinazione ulteriore di una pena complessiva
j
Interruzione dell’esecuzione/rinvio della pena/misura (7)
k
Indulto
l
Indulto della pena sospesa
n
Cessazione della pena
o
Grazia
p
Amnistia
q
Liberazione condizionale (liberazione di una persona prima del termine della pena a determinate condizioni)
r
Riabilitazione (con o senza cancellazione della condanna dal casellario giudiziario)
s
Pene e misure per i minori
t
Decisioni non penali (8)
(1) Fisso o mobile.
(2) Con obbligo di presentare una nuova domanda per ottenere una nuova patente.
(3) Titolare della tutela per la protezione di incapaci o minori.
(4) Pena pecuniaria espressa in giorni.
(5) Esempio: istituti, associazioni, fondazioni o vittime.
(6) Perdita del grado.
(7) Non permette di evitare l’esecuzione della sanzione.
(8) Questo parametro sarà indicato soltanto se tali informazioni sono fornite in risposta a una richiesta ricevuta dallo Stato membro di cui la persona interessata ha la cittadinanza.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE 2009/316/GAI DEL CONSIGLIO
del 6 aprile 2009
che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell’articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (1), in particolare l’articolo 11, paragrafo 4,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell’articolo 29 del trattato sull’Unione europea, l’obiettivo che l’Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questo obiettivo presuppone lo scambio sistematico fra le autorità competenti degli Stati membri di informazioni estratte dai casellari giudiziari in modo da garantire un’interpretazione uniforme di dette informazioni e l’efficacia di tale scambio.
(2)
L’attuale meccanismo della convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 non consente un’efficace circolazione delle informazioni sulle condanne pronunciate nei confronti dei cittadini degli Stati membri da parte di altri Stati membri. Sono quindi necessarie, a livello dell’Unione europea, procedure di scambio di tali informazioni più efficienti e accessibili.
(3)
Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo adottata dal Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004, è stata attribuita priorità alla necessità di migliorare lo scambio di informazioni sulle condanne e questa priorità è stata successivamente ribadita nel programma dell’Aia (3) e nel piano d’azione (4) sulla sua attuazione. L’interconnessione telematica dei casellari giudiziari a livello dell’Unione europea figura come priorità politica anche nelle conclusioni del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007.
(4)
L’interconnessione telematica dei casellari giudiziari è parte del progetto «Giustizia elettronica», cui il Consiglio europeo ha più volte riconosciuto un valore prioritario nel 2007.
(5)
È attualmente in corso un progetto pilota per l’interconnessione dei casellari giudiziari, i cui risultati costituiscono una valida base per proseguire i lavori sullo scambio informatizzato delle informazioni a livello dell’Unione europea.
(6)
Obiettivo della presente decisione è dare attuazione alla decisione quadro 2009/315/GAI per costruire e sviluppare un sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne. Tale sistema dovrebbe consentire di comunicare informazioni sulle condanne in un modo facilmente comprensibile. È quindi necessario creare un formato standard che consenta lo scambio delle informazioni in modo omogeneo, elettronico e facilmente traducibile con dispositivi automatizzati, nonché stabilire altre modalità per organizzare e agevolare gli scambi elettronici di informazioni sulle condanne fra le autorità centrali degli Stati membri.
(7)
La presente decisione si fonda sui principi fissati dalla decisione quadro 2009/315/GAI attuandoli e completandoli dal punto di vista tecnico.
(8)
Le categorie di dati da inserire nel sistema, le finalità per le quali sono inseriti, i criteri per l’inserimento, le autorità abilitate ad accedere ai dati e altre norme specifiche di protezione dei dati personali figurano nella decisione quadro 2009/315/GAI.
(9)
Né la presente decisione né la decisione quadro 2009/315/GAI istituiscono l’obbligo di scambiare informazioni su decisioni non penali.
(10)
Poiché la presente decisione non si prefigge di armonizzare i sistemi nazionali di casellario giudiziario, essa non obbliga lo Stato membro di condanna a modificare il suo sistema interno di casellario giudiziario per quanto attiene all’uso delle informazioni per scopi interni.
(11)
Il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) è un sistema informatico decentrato. È opportuno che i dati estratti dai casellari giudiziari siano conservati unicamente in banche dati gestite dagli Stati membri e che non sia possibile accedere direttamente in linea alle banche dati di casellari giudiziari di altri Stati membri. È altresì opportuno che competa agli Stati membri la responsabilità del funzionamento delle banche dati nazionali di casellari giudiziari e dell’efficacia degli scambi tra di loro. L’infrastruttura di comunicazione comune di ECRIS dovrebbe essere inizialmente la rete di servizi transeuropei sicuri per la comunicazione telematica tra amministrazioni (s-TESTA). Tutti i costi inerenti a tale infrastruttura dovrebbero essere a carico del bilancio generale dell’Unione europea.
(12)
Le tavole di riferimento delle categorie di reato e delle categorie di pene e misure di cui alla presente decisione dovrebbero facilitare, mediante un sistema di codici, la traduzione automatica e la reciproca comprensione delle informazioni trasmesse. Il contenuto delle tavole è frutto dell’analisi delle esigenze di tutti i ventisette Stati membri, nella quale si è tenuto conto della categorizzazione usata nel progetto pilota e dei risultati del raggruppamento di vari reati, pene e misure nazionali. Inoltre, per la tavola dei reati l’analisi ha tenuto conto anche delle definizioni comuni e armonizzate esistenti a livello europeo e internazionale, oltre che dei modelli di dati di Eurojust e Europol.
(13)
Per la comprensione reciproca e la trasparenza della categorizzazione comune, è opportuno che ogni Stato membro presenti l’elenco dei reati, delle pene e delle misure nazionali corrispondenti a ciascuna delle categorie di cui alla tavola rispettiva. Gli Stati membri possono fornire una descrizione dei reati, delle pene e delle misure e, data l’utilità di detta descrizione, dovrebbero essere incoraggiati a procedere in tal senso. Tali informazioni dovrebbero essere rese accessibili agli Stati membri.
(14)
Le tavole di riferimento delle categorie di reato e delle categorie delle pene e delle misure di cui alla presente decisione non sono destinate a stabilire equivalenze giuridiche tra i reati, le pene e le misure esistenti a livello nazionale. Costituiscono strumenti volti ad aiutare il destinatario a comprendere meglio i fatti e i tipi di pene e misure contenuti nelle informazioni trasmesse. L’esattezza dei codici indicati non può essere pienamente garantita dallo Stato membro che fornisce le informazioni e non dovrebbe precludere la possibilità da parte delle autorità competenti dello Stato ricevente di interpretare dette informazioni.
(15)
Le tavole di riferimento delle categorie di reato e delle categorie di pene e misure dovrebbero essere rivedute e aggiornate secondo la procedura di adozione delle misure di attuazione delle decisioni prevista dal trattato sull’Unione europea.
(16)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi e consultarsi reciprocamente in seno al Consiglio, secondo le modalità definite dal trattato sull’Unione europea, al fine di stilare un manuale non vincolante destinato agli operatori del settore che tratti delle procedure che disciplinano lo scambio di informazioni, in particolare delle modalità di identificazione degli autori dei reati, dell’interpretazione uniforme delle categorie di reato, delle pene e delle misure e della spiegazione di reati, pene e misure nazionali problematici, nonché al fine di garantire il necessario coordinamento ai fini dello sviluppo e del funzionamento di ECRIS.
(17)
Per accelerare lo sviluppo di ECRIS, la Commissione dovrebbe adottare una serie di misure tecniche con le quali assistere gli Stati membri nel preparare l’infrastruttura tecnica per l’interconnessione delle rispettive banche dati di casellari giudiziari. La Commissione può fornire un software di implementazione di riferimento, vale a dire un software ad hoc per permettere agli Stati membri di operare l’interconnessione, che questi ultimi potranno decidere di applicare invece del loro software di interconnessione per implementare un pacchetto comune di protocolli per lo scambio di informazioni fra le banche dati di casellari giudiziari.
(18)
La decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (5), dovrebbe applicarsi al contesto dello scambio elettronico delle informazioni estratte dai casellari giudiziari degli Stati membri, assicurando un livello adeguato di protezione dei dati nel quadro dello scambio di informazioni tra gli Stati membri e permettendo nel contempo agli Stati membri di richiedere standard di protezione più elevati per il trattamento dei dati nazionali
(19)
Poiché l’obiettivo della presente decisione, vale a dire lo sviluppo di un sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri unilateralmente e può dunque, a causa della necessità di un’azione coordinata nell’Unione europea, essere realizzato meglio a livello dell’Unione europea, il Consiglio può intervenire in base al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea.
(20)
La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare, dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea ed enunciati nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
DECIDE:
Articolo 1
Oggetto
La presente decisione istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS).
La presente decisione definisce anche gli elementi di un formato standard per lo scambio elettronico delle informazioni estratte dai casellari giudiziari tra gli Stati membri, con particolare riguardo alle informazioni relative al reato che ha determinato la condanna e alle informazioni relative al contenuto della condanna, e altre modalità generali e tecniche di attuazione legate all’organizzazione e all’agevolazione degli scambi di informazioni.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione si applicano le definizioni di cui alla decisione quadro 2009/315/GAI.
Articolo 3
Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS)
1. ECRIS è un sistema informatico decentrato basato sulle banche dati di casellari giudiziari di ciascuno Stato membro. È composto dei seguenti elementi:
a)
un software di interconnessione conforme a un pacchetto comune di protocolli per lo scambio di informazioni fra le banche dati di casellari giudiziari degli Stati membri;
b)
un’infrastruttura di comunicazione comune che forma una rete cifrata.
2. La presente decisione non si prefigge di istituire una banca dati centralizzata di casellari giudiziari. Tutti i dati estratti dai casellari giudiziari sono conservati unicamente nelle banche dati gestite dagli Stati membri.
3. Le autorità centrali degli Stati membri di cui all’articolo 3 della decisione quadro 2009/315/GAI non hanno un accesso diretto in linea alle banche dati di casellari giudiziari degli altri Stati membri. Gli Stati membri identificano insieme, con il sostegno della Commissione, ed utilizzano le migliori tecniche disponibili per garantire la riservatezza e l’integrità delle informazioni dei casellari giudiziari trasmesse ad altri Stati membri.
4. Lo Stato membro interessato è responsabile della gestione del software di interconnessione e delle banche dati che conservano, inviano e ricevono informazioni estratte dai casellari giudiziari.
5. L’infrastruttura di comunicazione comune è la rete di comunicazione s-TESTA. Qualsiasi ulteriore sviluppo della medesima o rete sicura alternativa garantisce che l’infrastruttura di comunicazione comune esistente continui a soddisfare le condizioni di cui al paragrafo 6.
6. L’infrastruttura di comunicazione comune è gestita sotto la responsabilità della Commissione, soddisfa i requisiti di sicurezza e risponde pienamente alle esigenze di ECRIS.
7. Per garantire il funzionamento efficiente di ECRIS, la Commissione offre un supporto generale e assistenza tecnica, comprese la raccolta e l’elaborazione delle statistiche di cui all’articolo 6, paragrafo 2, lettera b), punto i), e il software di implementazione di riferimento.
8. Nonostante la possibilità di avvalersi di programmi finanziari dell’Unione europea in conformità delle norme applicabili, ogni Stato membro sostiene i propri costi per l’attuazione, la gestione, l’uso e la manutenzione della banca dati di casellari giudiziari e del software di interconnessione di cui al paragrafo 1.
La Commissione sostiene i costi per l’attuazione, la gestione, l’uso e la manutenzione e i futuri sviluppi dell’infrastruttura di comunicazione comune di ECRIS nonché per l’esecuzione e i futuri sviluppi del software di implementazione di riferimento.
Articolo 4
Formato di trasmissione delle informazioni
1. Nel trasmettere le informazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 7 della decisione quadro 2009/315/GAI relative alla denominazione o qualificazione giuridica del reato e alle disposizioni giuridiche applicabili, gli Stati membri menzionano il codice corrispondente a ciascuno dei reati menzionati nella trasmissione in base alla tavola dei reati di cui all’allegato A. In via eccezionale, qualora il reato non corrisponda ad alcuna sottocategoria, è usato per il reato in questione il codice «categoria aperta» della pertinente o più vicina categoria di reati o, in sua mancanza, un codice «altri reati».
Gli Stati membri possono altresì fornire le informazioni disponibili riguardanti il livello di realizzazione del reato e il grado di partecipazione al reato e, se pertinente, la sussistenza di un esonero totale o parziale dalla responsabilità penale o della recidiva.
2. Nel trasmettere le informazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 7 della decisione quadro 2009/315/GAI , relative al contenuto della condanna, segnatamente la pena, eventuali pene supplementari, misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l’esecuzione della pena, gli Stati membri menzionano il codice corrispondente a ciascuna delle pene e misure menzionate nella trasmissione in base alla tavola delle pene e misure di cui all’allegato B. In via eccezionale, qualora la pena o misura non corrisponda ad alcuna sottocategoria, è usato per la pena o misura in questione il codice «categoria aperta» della pertinente o più vicina categoria di pene e misure o, in sua mancanza, il codice «altre pene e misure».
Gli Stati membri forniscono altresì, se pertinenti, le informazioni disponibili riguardanti la natura e/o le condizioni di esecuzione della pena o misura inflitta, secondo quanto previsto dai parametri di cui all’allegato B. Il parametro «decisioni non penali» è indicato soltanto nei casi in cui lo Stato membro di cui la persona interessata ha la cittadinanza fornisca, su base volontaria, informazioni su dette decisioni in risposta ad una richiesta di informazioni sulle condanne.
Articolo 5
Informazioni su reati, pene e misure nazionali
1. Gli Stati membri forniscono al segretariato generale del Consiglio le seguenti informazioni allo scopo, in particolare, di stilare il manuale non vincolante ad uso degli operatori di cui all’articolo 6, paragrafo 2, lettera a):
a)
elenco dei reati nazionali, in ognuna delle categorie della tavola dei reati di cui all’allegato A. L’elenco contiene la denominazione o qualificazione giuridica del reato e un riferimento alla disposizioni giuridiche applicabili. Può altresì comportare una breve descrizione degli elementi costitutivi del reato;
b)
elenco dei tipi di pene, eventuali pene supplementari e misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l’esecuzione della pena secondo il dettato della legge nazionale, in ognuna delle categorie della tavola delle pene e misure di cui all’allegato B. Può altresì comportare una breve descrizione della pena o misura specifica.
2. Gli Stati membri provvedono all’aggiornamento periodico degli elenchi e delle descrizioni di cui al paragrafo 1 e trasmettono le informazioni aggiornate al segretariato generale del Consiglio.
3. Il segretariato generale del Consiglio comunica agli Stati membri e alla Commissione le informazioni ricevute a norma del presente articolo.
Articolo 6
Misure di esecuzione
1. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta le modifiche degli allegati A e B che si rivelino necessarie.
2. I rappresentanti dei servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri e la Commissione si informano e si consultano reciprocamente, in seno al Consiglio, per:
a)
stilare un manuale non vincolante destinato agli operatori del settore che stabilisca le procedure di scambio delle informazioni attraverso ECRIS, trattando, in particolare, delle modalità di identificazione degli autori dei reati e recando l’interpretazione uniforme delle categorie di reato e delle pene e misure di cui, rispettivamente, agli allegati A e B;
b)
coordinare la loro azione ai fini dello sviluppo e dell’esercizio di ECRIS, per quanto riguarda in particolare:
i)
la definizione di sistemi e procedure di registrazione che consentano il monitoraggio del funzionamento di ECRIS e la realizzazione di statistiche non personali relative allo scambio, tramite ECRIS, delle informazioni estratte dai casellari giudiziari;
ii)
l’adozione di specifiche tecniche dello scambio, compresi i requisiti di sicurezza, in particolare il pacchetto comune di protocolli;
iii)
la definizione di procedure di verifica della conformità delle applicazioni informatiche nazionali alle specifiche tecniche.
Articolo 7
Relazione
I servizi della Commissione pubblicano una relazione periodica sugli scambi, tramite ECRIS, delle informazioni estratte dai casellari giudiziari basata in particolare sulle statistiche di cui all’articolo 6, paragrafo 2, lettera b), punto i). Essa è pubblicata per la prima volta un anno dopo la presentazione della relazione di cui all’articolo 13, paragrafo 3, della decisione quadro 2009/315/GAI.
Articolo 8
Attuazione e termini
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione entro il 7 aprile 2012.
2. Gli Stati membri utilizzano il formato di cui all’articolo 4 e si conformano alle modalità per organizzare e agevolare gli scambi di informazioni previste dalla presente decisione a decorrere dalla data notificata in conformità dell’articolo 11, paragrafo 6, della decisione quadro 2009/315/GAI.
Articolo 9
Decorrenza degli effetti
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 6 aprile 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. POSPÍŠIL
(1) Cfr. pag. 23 della presente Gazzetta ufficiale.
(2) Parere espresso il 9 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(4) GU C 198 del 12.8.2005, pag. 1.
(5) GU L 350 del 30.12.2008, pag. 60.
ALLEGATO A
Tavola comune delle categorie di reato di cui all’articolo 4
Parametri
Livello di realizzazione:
Reato consumato
C
Reato tentato o preparato
A
Elemento non trasmesso
Ø
Grado di partecipazione:
Autore
M
Concorrente o istigatore/organizzatore, cospiratore
H
Elemento non trasmesso
Ø
Esonero dalla responsabilità penale:
Infermità mentale o imputabilità diminuita
S
Recidiva
R
Codice
Categorie e sottocategorie di reato
0100 00
categoria aperta
Reati che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale
0101 00
Genocidio
0102 00
Crimini contro l’umanità
0103 00
Crimini di guerra
0200 00
categoria aperta
Partecipazione a un’organizzazione criminale
0201 00
Direzione di un’organizzazione criminale
0202 00
Partecipazione intenzionale alle attività criminali di un’organizzazione criminale
0203 00
Partecipazione intenzionale alle attività non criminali di un’organizzazione criminale
0300 00
categoria aperta
Terrorismo
0301 00
Direzione di un gruppo terrorista
0302 00
Partecipazione intenzionale alle attività di un gruppo terrorista
0303 00
Finanziamento del terrorismo
0304 00
Pubblica istigazione a commettere un reato terroristico
0305 00
Reclutamento o addestramento a fini terroristici
0400 00
categoria aperta
Tratta di esseri umani
0401 00
Tratta di esseri umani a fini di sfruttamento del lavoro o di servizi
0402 00
Tratta di esseri umani a fini di sfruttamento della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale
0403 00
Tratta di esseri umani finalizzata al prelievo di organi o tessuti umani
0404 00
Tratta di esseri umani a fini di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù o alla servitù
0405 00
Tratta di minori a fini di sfruttamento del lavoro o di servizi
0406 00
Tratta di minori a fini di sfruttamento della prostituzione o di altre forme di sfruttamento sessuale
0407 00
Tratta di minori finalizzata al prelievo di organi o tessuti umani
0408 00
Tratta di minori a fini di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù o alla servitù
0500 00
categoria aperta
Traffico illecito (1) e altri reati in materia di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0501 00
Fabbricazione illecita di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0502 00
Traffico illecito di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi a livello nazionale (2)
0503 00
Importazione o esportazione illecita di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0504 00
Detenzione o uso non autorizzati di armi, armi da fuoco, loro parti e componenti, munizioni ed esplosivi
0600 00
categoria aperta
Reati contro l’ambiente
0601 00
Danneggiamento o distruzione di specie animali e vegetali protette
0602 00
Scarico illecito di sostanze inquinanti o di radiazioni ionizzanti nell’atmosfera, nel terreno o nell’acqua
0603 00
Reati in materia di rifiuti, compresi i rifiuti pericolosi
0604 00
Reati relativi al traffico (1) illecito di specie animali e vegetali protette o di parti di esse
0605 00
Reati colposi contro l’ambiente
0700 00
categoria aperta
Reati in materia di sostanze stupefacenti o precursori e altri reati contro la salute pubblica
0701 00
Reati relativi al traffico (3) illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope e di precursori non destinati esclusivamente all’uso personale
0702 00
Uso illecito di stupefacenti e acquisto, detenzione, fabbricazione o produzione di stupefacenti esclusivamente per uso personale
0703 00
Aiuto o istigazione all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope
0704 00
Fabbricazione o produzione di sostanze stupefacenti non esclusivamente per uso personale
0800 00
categoria aperta
Reati contro la persona
0801 00
Omicidio doloso
0802 00
Omicidio doloso aggravato (4)
0803 00
Omicidio colposo
0804 00
Omicidio doloso di neonato da parte della madre
0805 00
Interruzione illegale della gravidanza
0806 00
Eutanasia illegale
0807 00
Reati connessi al suicidio
0808 00
Morte come conseguenza di atti di violenza
0809 00
Lesione personale grave o gravissima
0810 00
Lesione personale colposa grave o gravissima
0811 00
Lesione personale lieve
0812 00
Lesione personale lieve colposa
0813 00
Esposizione al pericolo di morte o di lesioni personali gravi
0814 00
Tortura
0815 00
Omissione di soccorso
0816 00
Reati relativi al prelievo di organi o tessuti senza autorizzazione o consenso
0817 00
Reati relativi al traffico illecito (3) di organi e tessuti umani
0818 00
Violenza o minacce domestiche
0900 00
categoria aperta
Reati contro la libertà personale, la dignità e altri interessi privati, compresi il razzismo e la xenofobia
0901 00
Sequestro, sequestro a scopo di estorsione, privazione illegale della libertà
0902 00
Arresto illegale o privazione illegale della libertà da parte di un’autorità pubblica
0903 00
Cattura di ostaggi
0904 00
Dirottamento di aereo o nave
0905 00
Ingiuria, calunnia, diffamazione, oltraggio
0906 00
Minaccia
0907 00
Coazione, pressione, stalking, molestia o aggressione di carattere psicologico o emotivo
0908 00
Estorsione
0909 00
Estorsione aggravata
0910 00
Violazione di proprietà privata
0911 00
Invasione della sfera privata diversa dalla violazione di proprietà privata
0912 00
Reati contro la tutela dei dati personali
0913 00
Intercettazione illecita di dati o comunicazioni
0914 00
Discriminazione fondata sul sesso, la razza, l’orientamento sessuale, la religione o l’origine etnica
0915 00
Pubblica istigazione alla discriminazione razziale
0916 00
Pubblica istigazione all’odio razziale
0917 00
Ricatto
1000 00
categoria aperta
Reati sessuali
1001 00
Stupro
1002 00
Stupro aggravato (5) diverso dallo stupro di minore
1003 00
Atti di libidine violenti
1004 00
Lenocinio
1005 00
Atti osceni
1006 00
Molestie sessuali
1007 00
Adescamento finalizzato alla prostituzione
1008 00
Sfruttamento sessuale di minori
1009 00
Reati connessi alla pedopornografia o ad immagini indecenti di minori
1010 00
Stupro di minore
1011 00
Atti di libidine violenti in danno di minore
1100 00
categoria aperta
Reati contro il diritto di famiglia
1101 00
Relazioni sessuali illecite tra membri stretti della famiglia
1102 00
Poligamia
1103 00
Violazione degli obblighi alimentari
1104 00
Abbandono di minore o incapace
1105 00
Mancata osservanza dell’ordine di presentare un minore o sottrazione di minore
1200 00
categoria aperta
Reati contro lo Stato, l’ordine pubblico, l’amministrazione della giustizia o i pubblici ufficiali
1201 00
Spionaggio
1202 00
Alto tradimento
1203 00
Reati elettorali e in materia di referendum
1204 00
Attentato alla vita o alla salute del capo dello Stato
1205 00
Vilipendio allo Stato, alla nazione o ai simboli dello Stato
1206 00
Ingiuria o resistenza a un pubblico ufficiale
1207 00
Estorsione, coazione o pressione nei confronti di un pubblico ufficiale
1208 00
Aggressione o minacce nei confronti di un pubblico ufficiale
1209 00
Reati contro l’ordine pubblico, violazione della quiete pubblica
1210 00
Violenza in occasione di manifestazioni sportive
1211 00
Furto di documenti pubblici o amministrativi
1212 00
Ostruzione o intralcio alla giustizia, falsa affermazione in un procedimento penale o giudiziario, falsa testimonianza
1213 00
Usurpazione di identità o di funzioni pubbliche
1214 00
Evasione
1300 00
categoria aperta
Reati contro il patrimonio pubblico o gli interessi pubblici
1301 00
Frode in materia di prestazioni pubbliche, sociali o familiari
1302 00
Frode in materia di sussidi e prestazioni europei
1303 00
Reati connessi al gioco d’azzardo illegale
1304 00
Turbativa di appalti pubblici
1305 00
Corruzione attiva o passiva di un funzionario pubblico, di una persona che esercita una funzione pubblica o della pubblica autorità
1306 00
Peculato, appropriazione indebita o altra forma di distrazione di beni da parte di un pubblico ufficiale
1307 00
Abuso di ufficio da parte di un pubblico ufficiale
1400 00
categoria aperta
Reati fiscali e doganali
1401 00
Reati fiscali
1402 00
Reati doganali
1500 00
categoria aperta
Reati economici e legati al commercio
1501 00
Bancarotta o insolvenza fraudolenta
1502 00
Violazione della normativa contabile, peculato, dissimulazione dell’attivo o aumento illecito del passivo di una società
1503 00
Violazione delle regole della concorrenza
1504 00
Riciclaggio di proventi di reato
1505 00
Corruzione attiva o passiva nel settore privato
1506 00
Rivelazione di un segreto o violazione dell’obbligo di segretezza
1507 00
«Abuso di informazioni privilegiate»
1600 00
categoria aperta
Reati contro il patrimonio o di danneggiamento di beni
1601 00
Appropriazione illecita
1602 00
Appropriazione o diversione illecita di energia
1603 00
Frode e truffa
1604 00
Traffico di merci rubate
1605 00
Traffico illecito (6) di beni culturali, comprese le antichità e le opere d’arte
1606 00
Danneggiamento o distruzione dolosi di beni
1607 00
Danneggiamento o distruzione colposi di beni
1608 00
Sabotaggio
1609 00
Reati contro la proprietà industriale o intellettuale
1610 00
Incendio doloso
1611 00
Incendio doloso causa di morte o lesioni personali
1612 00
Incendio boschivo doloso
1700 00
categoria aperta
Reati di furto
1701 00
Furto
1702 00
Furto in seguito a violazione di proprietà privata
1703 00
Furto con uso di violenza o di armi o con la minaccia di usare la violenza o armi contro una persona
1704 00
Forme di furto aggravato senza uso di violenza o di armi, o con la minaccia di usare la violenza o armi contro una persona
1800 00
categoria aperta
Reati contro i sistemi informatici e altri reati informatici
1801 00
Accesso illegale a un sistema informatico
1802 00
Attentato all’integrità di un sistema
1803 00
Attentato all’integrità dei dati
1804 00
Fabbricazione, detenzione, divulgazione o traffico di apparecchiature o dati informatici al fine di permettere la commissione di reati informatici
1900 00
categoria aperta
Falsificazione di mezzi di pagamento
1901 00
Contraffazione o falsificazione di monete, compreso l’euro
1902 00
Falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti
1903 00
Contraffazione o falsificazione di documenti aventi pubblica fede
1904 00
Messa in circolazione/uso di monete, di mezzi di pagamento diversi dai contanti o di documenti aventi pubblica fede contraffatti o falsificati
1905 00
Detenzione di strumenti per la contraffazione o la falsificazione di monete o di documenti aventi pubblica fede
2000 00
categoria aperta
Falsificazione di documenti
2001 00
Falsificazione di documento pubblico o amministrativo da parte di un privato
2002 00
Falsificazione di documento da parte di un funzionario pubblico o un’autorità pubblica
2003 00
Cessione o acquisto di un documento pubblico o amministrativo falsificato; cessione o acquisto di un documento falsificato da parte di un funzionario pubblico o un’autorità pubblica
2004 00
Uso di documenti pubblici o amministrativi falsificati
2005 00
Detenzione di strumenti per la falsificazione di documenti pubblici o amministrativi
2006 00
Falsificazione di documenti privati da parte di un privato
2100 00
categoria aperta
Violazione delle norme sulla circolazione stradale
2101 00
Guida pericolosa
2102 00
Guida in stato di ebbrezza o sotto l’influenza di sostanze stupefacenti
2103 00
Guida senza patente o a seguito di ritiro della patente
2104 00
Fuga in incidente stradale
2105 00
Rifiuto di sottoporsi a controllo stradale
2106 00
Reati relativi al trasporto su strada
2200 00
categoria aperta
Reati contro il diritto del lavoro
2201 00
Lavoro irregolare
2202 00
Reati relativi alla retribuzione, compresi i contributi sociali
2203 00
Reati relativi alle condizioni di lavoro, all’igiene e alla sicurezza del luogo di lavoro
2204 00
Reati relativi all’accesso o all’esercizio di una professione
2205 00
Reati relativi al tempo di lavoro e di riposo
2300 00
categoria aperta
Violazioni della legislazione sull’immigrazione
2301 00
Ingresso e soggiorno irregolari
2302 00
Favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno irregolari
2400 00
categoria aperta
Violazioni degli obblighi militari
2500 00
categoria aperta
Reati connessi alle sostanze ormonali e altri fattori di crescita
2501 00
Importazione, esportazione o cessione illecite di sostanze ormonali e altri fattori di crescita
2600 00
categoria aperta
Reati relativi ai materiali nucleari o altre sostanze radioattive pericolose
2601 00
Importazione, esportazione, cessione o acquisto illeciti di materiali nucleari o radioattivi
2700 00
categoria aperta
Altri reati
2701 00
Altri reati dolosi
2702 00
Altri reati colposi
(1) Salvo diversa indicazione nella presente categoria, s’intende per «traffico» l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(2) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(3) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(4) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
(5) Per esempio: circostanze particolarmente gravi.
(6) Ai fini della presente sottocategoria, il traffico comprende l’importazione, l’esportazione, l’acquisizione, la vendita, la consegna, il trasporto o il trasferimento.
ALLEGATO B
Tavola comune delle categorie delle pene e delle misure di cui all’articolo 4
Codice
Categorie e sottocategorie delle pene e delle misure
1000
categoria aperta
Privative della libertà personale
1001
Reclusione
1002
Ergastolo
2000
categoria aperta
Restrittive della libertà personale
2001
Divieto di frequentare determinati luoghi
2002
Limitazione del diritto di espatrio
2003
Divieto di dimorare in determinati luoghi
2004
Divieto di partecipare a manifestazioni di massa
2005
Divieto di avere contatti con determinate persone con qualsiasi mezzo
2006
Assoggettamento a sorveglianza elettronica (1)
2007
Obbligo di presentarsi in determinati orari presso una determinata autorità
2008
Obbligo di dimora/di residenza
2009
Obbligo di presenza nel luogo di residenza in determinati orari
2010
Obbligo di osservanza delle misure di sospensione condizionale disposte dal giudice, compreso l’obbligo di restare sotto sorveglianza
3000
categoria aperta
Divieto di esercitare determinati diritti o capacità
3001
Destituzione da un incarico
3002
Interdizione perpetua/temporanea dai pubblici uffici
3003
Perdita/sospensione del diritto di elettorato o di eleggibilità
3004
Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione
3005
Perdita del diritto a sussidi pubblici
3006
Revoca della patente di guida (2)
3007
Sospensione della patente di guida
3008
Divieto di condurre determinati veicoli
3009
Perdita/sospensione della potestà genitoriale
3010
Perdita/sospensione del diritto di partecipare in qualità di perito o giurato o di testimoniare sotto giuramento in un procedimento giudiziario
3011
Interdizione/sospensione dall’ufficio di tutore (3)
3012
Perdita/sospensione del diritto di ricevere decorazioni o titoli
3013
Interdizione dall’esercizio di un’attività professionale, commerciale o sociale
3014
Divieto di lavorare o svolgere attività a contatto con minori
3015
Obbligo di chiudere un esercizio
3016
Divieto di detenere o portare armi
3017
Revoca della licenza di caccia/pesca
3018
Divieto di emettere assegni o di usare carte di pagamento/credito
3019
Divieto di detenere animali
3020
Divieto di detenere o usare determinati articoli diversi dalle armi
3021
Divieto di praticare determinati giochi/sport
4000
categoria aperta
Interdizione o espulsione dal territorio
4001
Interdizione dal territorio nazionale
4002
Espulsione dal territorio nazionale
5000
categoria aperta
Obblighi personali
5001
Obbligo di sottoporsi a trattamento medico o altre forme di terapia
5002
Obbligo di partecipare a programmi socio-educativi
5003
Assegnazione alle cure/al controllo della famiglia
5004
Misure educative
5005
Messa alla prova
5006
Obbligo di attività formative/lavorative
5007
Obbligo di comunicare informazioni specifiche all’autorità giudiziaria
5008
Obbligo di pubblicazione della sentenza di condanna
5009
Obbligo di riparare il pregiudizio causato dal reato
6000
categoria aperta
Misure patrimoniali
6001
Confisca
6002
Demolizione
6003
Ripristino
7000
categoria aperta
Ricovero in istituto
7001
Ricovero in un istituto psichiatrico
7002
Ricovero in un centro di disintossicazione
7003
Collocamento in una struttura educativa
8000
categoria aperta
Pene pecuniarie
8001
Multa/ammenda
8002
Multa/ammenda giornaliera (4)
8003
Devoluzione dei proventi della multa/ammenda a beneficiari specifici (5)
9000
categoria aperta
Lavoro sostitutivo
9001
Lavoro o servizio di pubblica utilità
9002
Lavoro o servizio di pubblica utilità accompagnato da altre misure restrittive
10000
categoria aperta
Pene militari
10001
Rimozione (6)
10002
Degradazione
10003
Reclusione militare
11000
categoria aperta
Esenzione dalla pena/rinvio dell’esecuzione della pena/sanzione/diffida
12000
categoria aperta
Altre pene e misure
Parametri (da specificare, se applicabile)
ø
Pena
m
Misura
a
Sospensione della pena/misura
b
Sospensione parziale della pena/misura
c
Sospensione della pena/misura e affidamento in prova/sorveglianza
d
Sospensione parziale della pena/misura e affidamento in prova/sorveglianza
e
Conversione della pena/misura
f
Pena/misura alternativa inflitta a titolo di pena principale
g
Pena/misura alternativa inflitta inizialmente in caso di inosservanza della pena principale
h
Revoca della sospensione della pena/misura
i
Determinazione ulteriore di una pena complessiva
j
Interruzione dell’esecuzione/rinvio della pena/misura (7)
k
Indulto
l
Indulto della pena sospesa
n
Cessazione della pena
o
Grazia
p
Amnistia
q
Liberazione condizionale (liberazione di una persona prima del termine della pena a determinate condizioni)
r
Riabilitazione (con o senza cancellazione della condanna dal casellario giudiziario)
s
Pene e misure per i minori
t
Decisioni non penali (8)
(1) Fisso o mobile.
(2) Con obbligo di presentare una nuova domanda per ottenere una nuova patente.
(3) Titolare della tutela per la protezione di incapaci o minori.
(4) Pena pecuniaria espressa in giorni.
(5) Esempio: istituti, associazioni, fondazioni o vittime.
(6) Perdita del grado.
(7) Non permette di evitare l’esecuzione della sanzione.
(8) Questo parametro sarà indicato soltanto se tali informazioni sono fornite in risposta a una richiesta ricevuta dallo Stato membro di cui la persona interessata ha la cittadinanza.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Istituisce:il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS); un formato standard per lo scambio elettronico delle informazioni, in particolare sui reati e le pene, contenute nei casellari giudiziari nazionali.
PUNTI CHIAVE
ECRIS è un sistema informatico decentrato basato sulle banche dati dei casellari giudiziari nazionali. Consente lo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari nazionali tra le autorità centrali dei paesi dell’Unione europea (Unione). Il sistema comprende:un software di interconnessione che utilizza un pacchetto comune di protocolli per lo scambio di informazioni;un’infrastruttura di comunicazione comune, gestita sotto la responsabilità della Commissione europea, che forma una rete cifrata. Le autorità centrali dei paesi dell’Unione non hanno un accesso diretto in linea alle banche dati di casellari giudiziari degli altri paesi dell’Unione. La Commissione:la Commissione offre un supporto generale, assistenza tecnica e il software di implementazione di riferimento;sostiene i costi per l’attuazione, l’uso, la manutenzione e i futuri sviluppi dell’infrastruttura di comunicazione comune di ECRIS nonché per l’esecuzione e i futuri sviluppi del software di implementazione di riferimento.pubblicano una relazione periodica sull’utilizzo e il funzionamento di ECRIS. I paesi dell’Unione:nel trasmettere le informazioni menzionano il codice corrispondente al reato (allegato A) e la pena (allegato B);sostengono i costi per le proprie banche dati di casellari giudiziari e il software di interconnessione;forniscono al segretariato generale del Consiglio l’elenco dei reati nazionali e delle pene, per contribuire alla creazione di un manuale non vincolante destinato agli utenti di ECRIS;coordinano la loro azione con il Consiglio per modificare gli allegati A e B, deliberando a maggioranza qualificata. I paesi dell’Unione e la Commissione si informano e consultano reciprocamente in seno al Consiglio per:stilare un manuale non vincolante che tratti delle procedure che disciplinano lo scambio di informazioni, in particolare delle modalità di identificazione degli autori dei reati;coordinare la loro azione ai fini dello sviluppo e dell’esercizio di ECRIS, per quanto riguarda in particolare la definizione di sistemi e procedure di registrazione, di specifiche tecniche e di sicurezza e di procedure di verifica della conformità delle applicazioni informatiche nazionali. La decisione:non si prefigge di istituire una banca dati centralizzata di casellari giudiziari, poiché i dati estratti dai casellari giudiziari sono conservati nelle banche dati nazionali;attua la decisione quadro 2009/315/GAI (si veda la sintesi) che definisce i principi generali per le operazioni di scambio di informazioni tra paesi dell’Unione sulla base dei casellari giudiziari nazionali. La decisione è integrata da:direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori (si veda la sintesi), che prevede lo scambio di informazioni, se richieste, nelle procedure di reclutamento impieghi che comportano contatti regolari e diretti con minori;regolamento (UE) 2019/816 su ECRIS-TCN, che tratta delle informazioni sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di paesi terzi (si veda la sintesi);regolamento (UE) 2018/1726 che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA) (si veda la sintesi). Si noti che la direttiva (UE) 2019/884, oltre a modificare la decisione quadro 2009/315/GAI (si veda sopra), sostituisce la decisione 2009/316/GAI del Consiglio, che ha istituito ECRIS, e deve diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 28 giugno 2022.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È in vigore dal 7 aprile 2012.
CONTESTO
Prima che venisse istituito ECRIS, i tribunali nazionali spesso pronunciavano condanne senza sapere se un criminale aveva subito precedenti condanne in un altro paese dell’Unione. A partire dal 2008, la decisione quadro 2008/675/GAI (si veda la sintesi) richiede che nel corso di nuovi procedimenti penali contro un individuo, siano prese in considerazione dal tribunale le precedenti condanne penali. ECRIS supporta tale processo fornendo ai giudici, ai pubblici ministeri e alle autorità amministrative competenti informazioni complete sulla storia criminale dei cittadino dell’Unione, indipendentemente da dove siano stati condannati. Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS) (Commissione europea).ECRIS (Portale europeo della giustizia elettronica).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/316/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell’articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 33).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2019/884 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio per quanto riguarda lo scambio di informazioni sui cittadini di paesi terzi e il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS), e che sostituisce la decisione 2009/316/GAI del Consiglio (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 143).
Regolamento (UE) 2019/816 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che istituisce un sistema centralizzato per individuare gli Stati membri in possesso di informazioni sulle condanne pronunciate a carico di cittadini di paesi terzi e apolidi (ECRIS-TCN) e integrare il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali, e che modifica il regolamento (UE) 2018/1726 (GU L 135 del 22.5.2019, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) 2019/816 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) 2018/1726 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, relativo all’Agenzia dell’Unione europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-LISA), che modifica il regolamento (CE) n. 1987/2006 e la decisione 2007/533/GAI del Consiglio e che abroga il regolamento (UE) n. 1077/2011 (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 99).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 23).
Si veda la versione consolidata.
Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale (GU L 220 del 15.8.2008, pag. 32). |
Ridurre le interferenze tra i dispositivi elettrici ed elettronici
SINTESI
COSA FA QUESTA DIRETTIVA?
—
Intende fare sì che le apparecchiature elettriche ed elettroniche si conformino a un adeguato livello di compatibilità elettromagnetica.
—
Essa stabilisce norme uniformi per assicurare la protezione dalle perturbazioni elettromagnetiche al fine di garantire la libera circolazione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche nel mercato interno dell’Unione europea (UE).
—
Le apparecchiature contemplate da questa direttiva comprendono sia gli apparecchi che gli impianti fissi.
—
Non si applica a:
—
apparecchiature terminali di radio e di telecomunicazione;
—
aeromobili e apparecchiature destinate a essere installate a bordo di aeromobili;
—
kit di valutazione realizzati su misura per l’uso professionale nei laboratori di ricerca e sviluppo;
—
apparecchiature radio utilizzate da radioamatori a meno che le apparecchiature non siano messe a disposizione sul mercato.
PUNTI CHIAVE
La direttiva definisce le responsabilità dei fabbricanti, degli importatori e dei distributori per quanto riguarda la vendita delle apparecchiature elettromagnetiche:
—
tutte le apparecchiature in vendita nell’UE devono recare la marcatura CE di conformità per dimostrare di rispettare tutti i requisiti essenziali della legislazione dell’UE;
—
prima di ottenere la marcatura CE, il produttore deve condurre una valutazione della conformità e compilare la documentazione tecnica necessaria per l’apparecchiatura; le apparecchiature immesse sul mercato per essere integrate in un impianto fisso sono esenti da tale valutazione;
—
gli importatori devono assicurarsi che i fabbricanti abbiano svolto correttamente la valutazione della conformità e informare l’organismo nazionale responsabile per la vigilanza del mercato nel caso in cui ritengano che l’apparecchiatura non sia conforme ai requisiti essenziali;
—
tutta la documentazione necessaria deve essere conservata per 10 anni;
—
i fabbricanti possono utilizzare mezzi elettronici per dimostrare la conformità in una lingua di facile comprensione per l’autorità nazionale competente;
—
i fabbricanti e gli importatori devono indicare il proprio indirizzo postale sull’apparecchio.
La direttiva specifica inoltre il modo in cui le autorità nazionali devono identificare ed evitare di immettere sul mercato apparecchi che non risultano conformi con i requisiti essenziali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Questa direttiva è entrata in vigore il 18 aprile 2014 ed è applicabile dal 20 aprile 2016. Essa abroga la direttiva 2004/108/CE.
CONTESTO
La direttiva aggiorna le norme dell’UE relative all’immissione sul mercato delle apparecchiature elettromagnetiche. Essa si inserisce nel quadro degli sforzi atti a modernizzare la legislazione dell’UE in un ampio spettro di settori industriali per semplificare le norme, ridurre gli oneri amministrativi e stabilire norme più chiare e coerenti.
—
Compatibilità elettromagnetica
ATTO
Direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (GU L 96, 29.3.2014, pagg. 79-106)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2004/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE (GU L 390, 31.12.2004, pagg. 24-37) | DIRETTIVA 2014/30/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2014
concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Poiché si rendono necessarie varie modifiche della direttiva 2004/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE (3), a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2)
Il regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti (4) stabilisce norme riguardanti l’accreditamento degli organismi di valutazione della conformità, fornisce un quadro per la vigilanza del mercato dei prodotti e per i controlli sui prodotti provenienti dai paesi terzi e stabilisce i principi generali della marcatura CE.
(3)
La decisione 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (5), stabilisce principi generali e disposizioni di riferimento da applicare in tutta la normativa settoriale, in modo da fornire una base coerente per la revisione o la rifusione di tale normativa. La direttiva 2004/108/CE dovrebbe essere adattata a tale decisione.
(4)
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le radiocomunicazioni, inclusi la ricezione di emissioni di radiodiffusione e il servizio radioamatoriale operante conformemente ai regolamenti sulle radiocomunicazioni dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT), le reti di erogazione dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni nonché le apparecchiature connesse siano protette dalle perturbazioni elettromagnetiche.
(5)
Le disposizioni di diritto nazionale che assicurano la protezione contro le perturbazioni elettromagnetiche dovrebbero essere armonizzate per garantire la libera circolazione degli apparecchi elettrici ed elettronici senza ridurre i livelli giustificati di protezione negli Stati membri.
(6)
La presente direttiva disciplina i prodotti che sono nuovi sul mercato dell’Unione al momento della loro immissione sul mercato, vale a dire i prodotti nuovi prodotti da un fabbricante stabilito nell’Unione o quelli, nuovi o usati, importati da un paese terzo.
(7)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi a tutte le forme di fornitura, compresa la vendita a distanza.
(8)
Le apparecchiature oggetto della presente direttiva dovrebbero comprendere sia gli apparecchi che gli impianti fissi. Dovrebbero tuttavia essere adottate disposizioni distinte per gli uni e per gli altri dal momento che, mentre gli apparecchi in quanto tali possono circolare liberamente all’interno dell’Unione, gli impianti fissi sono installati e destinati ad essere utilizzati in modo permanente in un luogo prestabilito e sono costituiti di apparecchi di vari tipi nonché, se necessario, di altri dispositivi. La composizione e la funzione di tali impianti corrispondono nella maggior parte dei casi ad esigenze particolari degli operatori.
(9)
Nei casi in cui la presente direttiva disciplina un apparecchio si dovrebbe fare riferimento all’apparecchio finito immesso sul mercato. Alcuni componenti o sottounità dovrebbero, in presenza di determinate condizioni, essere considerati apparecchi se sono messi a disposizione dell’utilizzatore finale.
(10)
La presente direttiva non dovrebbe concernere le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione, già disciplinate dalla direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità (6). I requisiti in materia di compatibilità elettromagnetica delle due direttive assicurano lo stesso livello di protezione.
(11)
La presente direttiva non dovrebbe concernere gli aeromobili e le apparecchiature destinate ad essere installate a bordo di aeromobili, che sono già oggetto di norme dell’Unione o internazionali speciali in materia di compatibilità elettromagnetica.
(12)
La presente direttiva non dovrebbe disciplinare le apparecchiature che, per loro natura, non presentano rischi in termini di compatibilità elettromagnetica.
(13)
La presente direttiva non dovrebbe concernere la sicurezza delle apparecchiature, poiché essa fa l’oggetto di disposizioni legislative dell’Unione o nazionali distinte.
(14)
I fabbricanti di apparecchiature destinate a essere collegate alle reti dovrebbero costruire tali apparecchiature in modo tale da evitare che le reti subiscano un deterioramento inaccettabile del servizio quando sono utilizzate in condizioni di funzionamento normali. Gli operatori delle reti dovrebbero costruire le loro reti in modo tale che i fabbricanti di apparecchiature suscettibili di essere collegate alle reti non debbano sopportare un onere sproporzionato per evitare che le reti subiscano un deterioramento inaccettabile del servizio. Gli enti di normazione europei dovrebbero tenere nella dovuta considerazione tale obiettivo (anche per quanto concerne gli effetti cumulativi dei pertinenti tipi di fenomeni elettromagnetici) in sede di elaborazione di norme armonizzate.
(15)
La protezione contro le perturbazioni elettromagnetiche esige l’imposizione di obblighi ai vari operatori economici che dovrebbero essere applicati in modo equo ed efficace per garantire una tale protezione.
(16)
Gli operatori economici dovrebbero essere responsabili della conformità degli apparecchi alla presente direttiva, in funzione del ruolo che rivestono nella catena di fornitura, in modo da garantire un elevato livello di protezione degli interessi pubblici contemplati dalla presente direttiva, nonché una concorrenza leale sul mercato dell’Unione.
(17)
Tutti gli operatori economici che intervengono nella catena di fornitura e distribuzione dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire la messa a disposizione sul mercato solo di apparecchi conformi alla presente direttiva. È necessario stabilire una ripartizione chiara e proporzionata degli obblighi corrispondenti al ruolo di ogni operatore economico nella catena di fornitura e distribuzione.
(18)
Per facilitare la comunicazione tra gli operatori economici, le autorità di vigilanza del mercato e i consumatori, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare gli operatori economici a fornire l’indirizzo del sito Internet in aggiunta a quello postale.
(19)
Il fabbricante, possedendo le conoscenze dettagliate relative al processo di progettazione e produzione, si trova nella posizione migliore per eseguire la procedura di valutazione della conformità. La valutazione della conformità dovrebbe quindi rimanere obbligo esclusivo del fabbricante.
(20)
È necessario garantire che i prodotti provenienti da paesi terzi che entrano nel mercato dell’Unione siano conformi alla presente direttiva e in particolare che i fabbricanti abbiano effettuato adeguate procedure di valutazione della conformità in merito a tali apparecchi. Occorre pertanto prevedere che gli importatori si assicurino di immettere sul mercato apparecchi conformi alle prescrizioni stabilite dalla presente direttiva e di non immettere sul mercato apparecchi che non sono conformi a tali prescrizioni o presentano un rischio. Dovrebbe essere inoltre previsto che gli importatori si assicurino che siano state effettuate le procedure di valutazione della conformità e che la marcatura degli apparecchi e la documentazione elaborata dai fabbricanti siano a disposizione delle autorità nazionali competenti a fini di controllo.
(21)
All’atto dell’immissione di un apparecchio sul mercato ogni importatore dovrebbe indicare sull’apparecchio il proprio nome, la propria denominazione commerciale registrata o il proprio marchio registrato e l’indirizzo postale al quale può essere contattato. Dovrebbero essere previste eccezioni qualora le dimensioni o la natura dell’apparecchio non lo consentano. Si dovrebbero prevedere eccezioni per i casi in cui l’importatore debba aprire l’imballaggio per apporre il proprio nome e indirizzo sull’apparecchio.
(22)
Il distributore mette un apparecchio a disposizione sul mercato dopo che il fabbricante o l’importatore lo ha immesso sul mercato e dovrebbe agire con la dovuta cautela per garantire che la manipolazione dell’apparecchio non incida negativamente sulla sua conformità.
(23)
Qualsiasi operatore economico che immetta sul mercato un apparecchio con il proprio nome o marchio commerciale oppure modifichi un apparecchio in modo tale da incidere sulla conformità alla presente direttiva dovrebbe esserne considerato il fabbricante e assumersi pertanto i relativi obblighi.
(24)
I distributori e gli importatori, vista la loro vicinanza al mercato, dovrebbero essere coinvolti nei compiti di vigilanza del mercato svolti dalle autorità nazionali competenti e dovrebbero essere pronti a parteciparvi attivamente, fornendo a tali autorità tutte le informazioni necessarie sull’apparecchio in questione.
(25)
Garantire la rintracciabilità di un apparecchio in tutta la catena di fornitura contribuisce a semplificare la vigilanza del mercato e a migliorarne l’efficienza. Un sistema efficiente di rintracciabilità facilita il compito delle autorità di vigilanza del mercato di rintracciare l’operatore economico che abbia messo a disposizione sul mercato apparecchi non conformi. Nel conservare le informazioni richieste ai sensi della presente direttiva per l’identificazione di altri operatori economici, questi ultimi non dovrebbero essere tenuti ad aggiornare tali informazioni concernenti gli altri operatori economici che hanno fornito loro apparecchi o ai quali essi hanno fornito apparecchi.
(26)
Gli impianti fissi, comprese le macchine di grandi dimensioni e le reti, possono generare perturbazioni elettromagnetiche o essere da esse interessati. Può esistere un’interfaccia tra impianti fissi e apparecchi, e le perturbazioni elettromagnetiche prodotte da impianti fissi possono influire su apparecchi, e viceversa. Dal punto di vista della compatibilità elettromagnetica, è irrilevante se le perturbazioni elettromagnetiche provengono da apparecchi o da impianti fissi. Di conseguenza, gli impianti fissi e gli apparecchi dovrebbero essere sottoposti ad un regime coerente e completo di requisiti essenziali.
(27)
È opportuno che la presente direttiva si limiti a formulare i requisiti essenziali. Per agevolare la valutazione della conformità a tali requisiti, è necessario, al fine della formulazione di specifiche tecniche dettagliate, conferire la presunzione di conformità alle apparecchiature conformi alle norme armonizzate adottate ai sensi del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normalizzazione europea (7). Le norme armonizzate rispecchiano lo stato dell’arte generalmente riconosciuto per quanto attiene alla compatibilità elettromagnetica nell’Unione.
(28)
Il regolamento (UE) n. 1025/2012 prevede una procedura relativa alle obiezioni alle norme armonizzate che non soddisfino completamente le prescrizioni della presente direttiva.
(29)
Per consentire agli operatori economici di dimostrare e alle autorità competenti di garantire che gli apparecchi messi a disposizione sul mercato sono conformi ai requisiti essenziali, è necessario prevedere procedure di valutazione della conformità. La decisione n. 768/2008/CE contiene una serie di moduli per le procedure di valutazione della conformità, che vanno dalla procedura meno severa a quella più severa con un rigore proporzionale al livello di rischio effettivo. Per garantire la coerenza intersettoriale ed evitare varianti ad hoc, è opportuno che le procedure di valutazione della conformità siano scelte tra questi moduli.
(30)
L’obbligo di valutazione della conformità dovrebbe imporre al fabbricante di procedere a una valutazione della compatibilità elettromagnetica dell’apparecchio in relazione ai fenomeni pertinenti, per determinare se l’apparecchio sia conforme ai requisiti essenziali della presente direttiva.
(31)
Se un apparecchio può assumere diverse configurazioni, la valutazione della compatibilità elettromagnetica dovrebbe accertare che l’apparecchio è conforme ai requisiti essenziali nelle configurazioni che il fabbricante può prevedere come rappresentative di un uso normale nelle applicazioni cui è destinato. In tali casi dovrebbe essere sufficiente effettuare una valutazione sulla base della configurazione che ha la maggiore probabilità di produrre la massima perturbazione e della configurazione più suscettibile di perturbazione.
(32)
Non è opportuno effettuare la valutazione della conformità di un apparecchio immesso sul mercato per essere integrato in un dato impianto fisso, e non altrimenti messo a disposizione sul mercato, separatamente dall’impianto fisso nel quale deve essere integrato. Un tale apparecchio dovrebbe quindi essere esonerato dalle procedure di valutazione della conformità normalmente applicabili agli apparecchi, senza possibilità che l’apparecchio stesso comprometta la conformità dell’impianto fisso in cui è integrato. Qualora un apparecchio sia integrato in più impianti fissi identici, l’identificazione delle caratteristiche di compatibilità elettromagnetica di tali impianti dovrebbe essere sufficiente a garantire l’esonero dalla procedura di valutazione della conformità.
(33)
I fabbricanti dovrebbero redigere una dichiarazione di conformità UE che fornisca le informazioni richieste a norma della presente direttiva sulla conformità di un apparecchio alla presente direttiva e altri atti pertinenti della normativa di armonizzazione dell’Unione.
(34)
Per garantire un accesso effettivo alle informazioni a fini di vigilanza del mercato, le informazioni necessarie per identificare tutti gli atti dell’Unione applicabili dovrebbero essere disponibili in un’unica dichiarazione di conformità UE. Al fine di ridurre gli oneri amministrativi a carico degli operatori economici, tale dichiarazione unica UE può essere un fascicolo comprendente le dichiarazioni di conformità individuali pertinenti.
(35)
La marcatura CE, che indica la conformità dell’apparecchio, è la conseguenza visibile di un intero processo che comprende la valutazione della conformità in senso lato. I principi generali che disciplinano il marchio CE sono esposti nel regolamento (CE) n. 765/2008, mentre la presente direttiva dovrebbe dettare le norme che disciplinano l’apposizione della marcatura CE.
(36)
Per le loro caratteristiche specifiche, non è necessario che gli impianti fissi siano soggetti all’obbligo di apposizione della marcatura CE o della dichiarazione di conformità UE.
(37)
Una delle procedure di valutazione della conformità di cui alla presente direttiva richiede l’intervento di organismi di valutazione della conformità, che sono notificati dagli Stati membri alla Commissione.
(38)
L’esperienza ha dimostrato che i criteri stabiliti dalla direttiva 2004/108/CE, cui si devono attenere gli organismi di valutazione della conformità per essere notificati alla Commissione, non sono sufficienti a garantire un livello uniformemente alto di risultati degli organismi notificati in tutta l’Unione. È tuttavia indispensabile che tutti gli organismi notificati svolgano le proprie funzioni allo stesso livello e nelle stesse condizioni di concorrenza leale. A tal fine è necessario stabilire prescrizioni obbligatorie per gli organismi di valutazione della conformità che desiderano essere notificati per fornire servizi di valutazione della conformità.
(39)
Qualora dimostri la propria conformità ai criteri stabiliti nelle norme armonizzate, un organismo di valutazione della conformità dovrebbe essere considerato conforme alle corrispondenti prescrizioni di cui alla presente direttiva.
(40)
Per garantire un livello uniforme di qualità nella prestazione della valutazione della conformità, è necessario stabilire le prescrizioni da applicare alle autorità di notifica e agli altri organismi coinvolti nella valutazione, nella notifica e nel controllo degli organismi notificati.
(41)
Il sistema previsto dalla direttiva è completato dal sistema di accreditamento di cui al regolamento (CE) n. 765/2008. Poiché l’accreditamento è un mezzo essenziale per la verifica della competenza degli organismi di valutazione della conformità, è opportuno impiegarlo anche ai fini della notifica.
(42)
L’accreditamento trasparente, quale previsto dal regolamento (CE) n. 765/2008, che garantisce il necessario livello di fiducia nei certificati, dovrebbe essere considerato dalle autorità pubbliche nazionali in tutta l’Unione lo strumento preferito per dimostrare la competenza tecnica di tali organismi. Tuttavia, le autorità nazionali possono ritenere di possedere gli strumenti idonei a effettuare da sé tale valutazione. In tal caso, onde assicurare l’opportuno livello di credibilità delle valutazioni effettuate dalle altre autorità nazionali, dovrebbero fornire alla Commissione e agli altri Stati membri le necessarie prove documentali che dimostrino che gli organismi di valutazione della conformità valutati rispettano le pertinenti prescrizioni regolamentari.
(43)
Spesso gli organismi di valutazione della conformità subappaltano parti delle loro attività connesse alla valutazione della conformità o fanno ricorso ad un’affiliata. Al fine di salvaguardare il livello di tutela richiesto per gli apparecchi da immettere sul mercato dell’Unione, è indispensabile che i subappaltatori e le affiliate di valutazione della conformità rispettino le stesse prescrizioni applicate agli organismi notificati in relazione allo svolgimento di compiti di valutazione della conformità. È pertanto importante che la valutazione della competenza e delle prestazioni degli organismi da notificare e la vigilanza degli organismi già notificati siano estese anche alle attività eseguite dai subappaltatori e dalle affiliate.
(44)
È necessario aumentare l’efficienza e la trasparenza della procedura di notifica e, in particolare, adattarla alle nuove tecnologie in modo da consentire la notifica elettronica.
(45)
Poiché gli organismi notificati possono offrire i propri servizi in tutta l’Unione, è opportuno conferire agli altri Stati membri e alla Commissione la possibilità di sollevare obiezioni relative a un organismo notificato. È pertanto importante prevedere un periodo durante il quale sia possibile chiarire eventuali dubbi o preoccupazioni circa la competenza degli organismi di valutazione della conformità prima che essi inizino ad operare in qualità di organismi notificati.
(46)
Nell’interesse della competitività, è fondamentale che gli organismi notificati applichino le procedure di valutazione della conformità senza creare oneri superflui per gli operatori economici. Per lo stesso motivo, e per garantire la parità di trattamento degli operatori economici, dovrebbe essere garantita la coerenza nell’applicazione tecnica delle procedure di valutazione della conformità, che può essere realizzata meglio mediante un coordinamento appropriato e la cooperazione tra organismi notificati.
(47)
Per garantire la certezza del diritto, è necessario chiarire che agli apparecchi oggetto della presente direttiva si applicano le norme in materia di vigilanza del mercato dell’Unione e di controlli sui prodotti che entrano nel mercato dell’Unione di cui al regolamento (CE) n. 765/2008. La presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di scegliere le autorità competenti incaricate dello svolgimento di tali compiti.
(48)
La direttiva 2004/108/CE prevede già una procedura di salvaguardia. Per aumentare la trasparenza e ridurre i tempi procedurali è necessario migliorare la procedura di salvaguardia attuale al fine di migliorarne l’efficienza e avvalersi delle conoscenze disponibili negli Stati membri.
(49)
È opportuno completare il sistema attuale con una procedura che consente di informare le parti interessate delle misure di cui è prevista l’adozione in relazione agli apparecchi che presentano un rischio per gli aspetti inerenti alla protezione di interessi pubblici disciplinati dalla presente direttiva. Esso dovrebbe consentire inoltre alle autorità di vigilanza del mercato, in cooperazione con gli operatori economici interessati, di intervenire in una fase più precoce per quanto riguarda tali apparecchi.
(50)
Qualora gli Stati membri e la Commissione concordino sul fatto che una misura presa da uno Stato membro sia giustificata, non occorre prevedere ulteriori interventi della Commissione, ad eccezione dei casi in cui la non conformità possa essere attribuita a carenze di una norma armonizzata.
(51)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (8).
(52)
Per l’adozione di atti di esecuzione che richiedono allo Stato membro notificante di adottare le necessarie misure correttive nei confronti degli organismi notificati che non soddisfano o non soddisfano più i requisiti per la loro notifica, si dovrebbe ricorrere alla procedura consultiva.
(53)
In linea con la prassi consolidata, il comitato istituito a norma della presente direttiva può svolgere un ruolo utile esaminando le questioni concernenti l’applicazione della direttiva stessa sollevate dal suo presidente o dal rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
(54)
Ogniqualvolta si esaminino questioni relative alla presente direttiva, ad eccezione della sua attuazione o di sue violazioni, vale a dire in un gruppo di esperti della Commissione, il Parlamento europeo dovrebbe ricevere, in linea con la prassi corrente, tutte le informazioni e la documentazione, nonché, ove opportuno, l’invito a partecipare a tali riunioni.
(55)
La Commissione dovrebbe determinare mediante atti di esecuzione e, in virtù della loro natura speciale, senza applicare il regolamento (UE) n. 182/2011, se le misure adottate dagli Stati membri nei confronti di apparecchi non conformi siano giustificate o meno.
(56)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire regole quanto alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e assicurare che esse siano applicate. Le sanzioni previste dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
(57)
È necessario pertanto prevedere un regime transitorio ragionevole che consenta di mettere a disposizione sul mercato e mettere in servizio, senza che sia necessario rispettare altri requisiti relativi ai prodotti, gli apparecchi che sono già stati immessi sul mercato a norma della direttiva 2004/108/CE prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva. I distributori dovrebbero quindi poter fornire apparecchi immessi sul mercato, vale a dire gli stock che si trovano già nella catena di distribuzione, prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva.
(58)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire assicurare il funzionamento del mercato interno introducendo l’obbligo di conformità delle apparecchiature ad un livello adeguato di compatibilità elettromagnetica, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(59)
L’obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva precedente. L’obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.
(60)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e alla data di applicazione della direttiva di cui all’allegato V,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva disciplina la compatibilità elettromagnetica delle apparecchiature. Essa mira a garantire il funzionamento del mercato interno prescrivendo che le apparecchiature siano conformi a un livello adeguato di compatibilità elettromagnetica.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica alle apparecchiature definite all’articolo 3.
2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva:
a)
le apparecchiature oggetto della direttiva 1999/5/CE;
b)
i prodotti aeronautici, parti e pertinenze di cui al regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza aerea, e che abroga la direttiva 91/670/CEE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 1592/2002 e la direttiva 2004/36/CE (9);
c)
alle apparecchiature radio utilizzate da radioamatori, ai sensi delle disposizioni relative alle radiocomunicazioni adottate nel quadro della costituzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni e della convenzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (10), a meno che tali apparecchiature siano messe a disposizione sul mercato;
d)
le apparecchiature che, per loro natura e per le loro caratteristiche fisiche:
i)
sono incapaci di generare o contribuire a generare emissioni elettromagnetiche che superano un livello compatibile con il regolare funzionamento delle apparecchiature radio e di telecomunicazione e di altre apparecchiature; e
ii)
funzionano senza deterioramento inaccettabile in presenza delle perturbazioni elettromagnetiche abitualmente derivanti dall’uso al quale sono destinate;
e)
i kit di valutazione su misura per professionisti destinati ad essere utilizzati unicamente in strutture di ricerca e sviluppo a tali fini.
Ai fini del primo comma, lettera c), i kit di componenti destinati a essere assemblati da radioamatori e le apparecchiature messe a disposizione sul mercato nonché modificate e utilizzate da radioamatori non sono considerati apparecchiature messe a disposizione sul mercato.
3. Qualora, per le apparecchiature di cui al paragrafo 1, i requisiti essenziali di cui all’allegato I siano interamente o parzialmente stabiliti in maniera più specifica da altra normativa dell’Unione, la presente direttiva non si applica, o cessa di applicarsi, a tali apparecchiature in relazione ai suddetti requisiti a decorrere dalla data di attuazione di di detta normativa dell’Unione.
4. La presente direttiva non incide sull’applicazione della legislazione dell’Unione o nazionale che disciplina la sicurezza delle apparecchiature.
Articolo 3
Definizioni
1. Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «apparecchiatura»: ogni apparecchio o impianto fisso;
2) «apparecchio»: ogni dispositivo finito, o combinazione di dispositivi finiti, messo a disposizione sul mercato come unità funzionale indipendente, destinato all’utilizzatore finale e in grado di generare perturbazioni elettromagnetiche, o il cui funzionamento può subire gli effetti di tali perturbazioni;
3) «impianto fisso»: una combinazione particolare di apparecchi di vario tipo ed eventualmente di altri dispositivi, che sono assemblati, installati e destinati ad essere utilizzati in modo permanente in un luogo prestabilito;
4) «compatibilità elettromagnetica»: l’idoneità di un’apparecchiatura a funzionare nel proprio ambiente elettromagnetico in modo soddisfacente e senza produrre perturbazioni elettromagnetiche inaccettabili in altre apparecchiature in tale ambiente;
5) «perturbazione elettromagnetica»: ogni fenomeno elettromagnetico che può alterare il funzionamento di un’apparecchiatura; una perturbazione elettromagnetica può essere costituita da un rumore elettromagnetico, un segnale non desiderato o da un’alterazione del mezzo stesso di propagazione;
6) «immunità»: l’idoneità di un’apparecchiatura a funzionare normalmente senza deterioramento in presenza di una perturbazione elettromagnetica;
7) «scopi di sicurezza»: scopi di preservazione della vita umana o dei beni;
8) «ambiente elettromagnetico»: il complesso di tutti i fenomeni elettromagnetici osservabili in un determinato luogo;
9) «messa a disposizione sul mercato»: la fornitura di un apparecchio per la distribuzione, il consumo o l’uso nel mercato dell’Unione nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito;
10) «immissione sul mercato»: la prima messa a disposizione sul mercato dell’Unione di un apparecchio;
11) «fabbricante»: una persona fisica o giuridica che fabbrica un apparecchio, o che lo fa progettare o fabbricare, e commercializza tale apparecchio con il proprio nome o marchio commerciale;
12) «rappresentante autorizzato»: una persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che ha ricevuto da un fabbricante un mandato scritto che la autorizza ad agire a suo nome in relazione a determinati compiti;
13) «importatore»: la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che immette sul mercato dell’Unione un apparecchio originario di un paese terzo;
14) «distributore»: la persona fisica o giuridica presente nella catena di fornitura, diversa dal fabbricante e dall’importatore, che mette a disposizione un apparecchio sul mercato;
15) «operatori economici»: il fabbricante, il rappresentante autorizzato, l’importatore e il distributore;
16) «specifica tecnica»: un documento che prescrive i requisiti tecnici che l’apparecchiatura deve soddisfare;
17) «norma armonizzata»: la norma armonizzata di cui all’articolo 2, punto 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 1025/2012;
18) «accreditamento»: accreditamento quale definito all’articolo 2, punto 10, del regolamento (CE) n. 765/2008;
19) «organismo nazionale di accreditamento»: organismo nazionale di accreditamento di cui all’articolo 2, punto 11, del regolamento (CE) n. 765/2008;
20) «valutazione della conformità»: il processo atto a dimostrare il rispetto dei requisiti essenziali della presente direttiva relativi a un apparecchio;
21) «organismo di valutazione della conformità»: un organismo che svolge attività di valutazione della conformità, fra cui tarature, prove, certificazioni e ispezioni;
22) «richiamo»: qualsiasi misura volta a ottenere la restituzione di un apparecchio già messo a disposizione dell’utilizzatore finale;
23) «ritiro»: qualsiasi misura volta a impedire la messa a disposizione sul mercato di un apparecchio presente nella catena di fornitura;
24) «normativa di armonizzazione dell’Unione»: la normativa dell’Unione che armonizza le condizioni per la commercializzazione dei prodotti;
25) «marcatura CE»: una marcatura mediante la quale il fabbricante indica che l’apparecchio è conforme ai requisiti applicabili stabiliti nella normativa di armonizzazione dell’Unione che ne prevede l’apposizione.
2. Ai fini della presente direttiva sono considerati apparecchi:
1)
i «componenti» o le «sottounità» che sono destinati a essere integrati in un apparecchio dall’utilizzatore finale e sono in grado di generare perturbazioni elettromagnetiche, o il cui funzionamento può subire gli effetti di tali perturbazioni;
2)
gli «impianti mobili» definiti come combinazione di apparecchi ed eventualmente altri dispositivi destinata ad essere spostata e utilizzata in ubicazioni diverse.
Articolo 4
Messa a disposizione sul mercato e/o messa in servizio
Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni appropriate per assicurare che le apparecchiature siano messe a disposizione sul mercato e/o messe in servizio soltanto se, adeguatamente installate, sottoposte a manutenzione e usate ai fini cui sono destinate, sono conformi alla presente direttiva.
Articolo 5
Libera circolazione delle apparecchiature
1. Gli Stati membri non ostacolano, per motivi relativi alla compatibilità elettromagnetica, la messa a disposizione sul mercato e/o la messa in servizio sul loro territorio delle apparecchiature conformi alla presente direttiva.
2. Le prescrizioni della presente direttiva non ostano all’applicazione in uno Stato membro delle seguenti misure speciali riguardanti la messa in servizio o l’uso di un’apparecchiatura:
a)
misure atte a superare un problema di compatibilità elettromagnetica esistente o prevedibile in uno specifico luogo;
b)
misure adottate per motivi di sicurezza per proteggere le reti pubbliche di telecomunicazione o le stazioni riceventi o emittenti quando sono utilizzate per scopi di sicurezza in situazioni relative allo spettro chiaramente definite.
Fatta salva la direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (11), gli Stati membri notificano tali misure speciali alla Commissione e agli altri Stati membri.
Le misure speciali che sono state accettate sono pubblicate dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
3. Nelle fiere campionarie, nelle mostre o manifestazioni simili gli Stati membri non ostacolano la presentazione e/o la dimostrazione di apparecchiature non conformi alla presente direttiva, a condizione che un’evidente indicazione grafica indichi chiaramente che tali apparecchiature non possono essere messe a disposizione sul mercato e/o messe in servizio fintanto che non siano messe in conformità con la presente direttiva. La dimostrazione del funzionamento può avvenire solo a condizione che siano state adottate misure adeguate per evitare perturbazioni elettromagnetiche.
Articolo 6
Requisiti essenziali
Le apparecchiature devono essere conformi ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
CAPO 2
OBBLIGHI DEGLI OPERATORI ECONOMICI
Articolo 7
Obblighi dei fabbricanti
1. All’atto dell’immissione dei loro apparecchi sul mercato, i fabbricanti assicurano che siano stati progettati e fabbricati conformemente ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
2. I fabbricanti preparano la documentazione tecnica di cui all’allegato II o all’allegato III ed eseguono o fanno eseguire la procedura di valutazione della conformità di cui all’articolo 14.
Qualora la conformità di un apparecchio ai requisiti applicabili sia stata dimostrata da tale procedura, i fabbricanti redigono una dichiarazione di conformità UE e appongono la marcatura CE.
3. I fabbricanti conservano la documentazione tecnica e la dichiarazione di conformità UE per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato.
4. I fabbricanti garantiscono che siano predisposte le procedure necessarie affinché la produzione in serie continui a essere conforme alla presente direttiva. Si tiene debitamente conto delle modifiche della progettazione o delle caratteristiche del prodotto, nonché delle modifiche delle norme armonizzate o delle altre specifiche tecniche con riferimento alle quali è dichiarata la conformità dell’apparecchio.
5. I fabbricanti garantiscono che sugli apparecchi da essi immessi sul mercato sia apposto un numero di tipo, di lotto, di serie oppure qualsiasi altro elemento che consenta la loro identificazione, oppure, qualora le dimensioni o la natura dell’apparecchio non lo consentano, che le informazioni richieste siano fornite sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento dell’apparecchio.
6. I fabbricanti indicano sull’apparecchio il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento dell’apparecchio. L’indirizzo indica un unico punto in cui il fabbricante può essere contattato. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
7. I fabbricanti garantiscono che l’apparecchio sia accompagnato dalle istruzioni e dalle informazioni di cui all’articolo 18 in una lingua che può essere facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato. Tali istruzioni e informazioni, al pari di qualunque etichettatura, devono essere chiare, comprensibili e intelligibili.
8. I fabbricanti che ritengono o hanno motivo di ritenere che un apparecchio da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale apparecchio, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora l’apparecchio presenti un rischio, i fabbricanti ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato l’apparecchio, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
9. I fabbricanti, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio alla presente direttiva, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dagli apparecchi da essi immessi sul mercato.
Articolo 8
Rappresentanti autorizzati
1. Il fabbricante può nominare, mediante mandato scritto, un rappresentante autorizzato.
Gli obblighi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, e l’obbligo di redigere la documentazione tecnica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, non rientrano nel mandato del rappresentante autorizzato.
2. Il rappresentante autorizzato esegue i compiti specificati nel mandato ricevuto dal fabbricante. Il mandato consente al rappresentante autorizzato di eseguire almeno i seguenti compiti:
a)
mantenere la dichiarazione di conformità UE e la documentazione tecnica a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza del mercato per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato;
b)
a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, fornire a tale autorità tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio;
c)
cooperare con le autorità nazionali competenti, su loro richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dall’apparecchio che rientra nel mandato del rappresentante autorizzato.
Articolo 9
Obblighi degli importatori
1. Gli importatori immettono sul mercato solo apparecchi conformi.
2. Prima di immettere un apparecchio sul mercato gli importatori assicurano che il fabbricante abbia eseguito l’appropriata procedura di valutazione della conformità di cui all’articolo 14. Essi assicurano che il fabbricante abbia preparato la documentazione tecnica, che la marcatura CE sia apposta sull’apparecchio, che quest’ultimo sia accompagnato dai documenti prescritti, e che il fabbricante abbia rispettato le prescrizioni di cui all’articolo 7, paragrafi 5 e 6.
L’importatore, se ritiene o ha motivo di ritenere che un apparecchio non sia conforme all’allegato I, non immette l’apparecchio sul mercato fino a quando non sia stato reso conforme. Inoltre, quando l’apparecchio presenta un rischio, l’importatore ne informa il fabbricante e le autorità di vigilanza del mercato.
3. Gli importatori indicano sull’apparecchio il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento dell’apparecchio. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
4. Gli importatori garantiscono che l’apparecchio sia accompagnato dalle istruzioni e dalle informazioni di cui all’articolo 18 in una lingua che può essere facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato.
5. Gli importatori garantiscono che, mentre un apparecchio è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
6. Gli importatori che ritengono o hanno motivo di ritenere che un apparecchio da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale apparecchio, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora l’apparecchio presenti un rischio, gli importatori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato l’apparecchio, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
7. Per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato gli importatori mantengono la dichiarazione di conformità UE a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato; garantiscono inoltre che, su richiesta, la documentazione tecnica sarà messa a disposizione di tali autorità.
8. Gli importatori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio in una lingua facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dagli apparecchi da essi immessi sul mercato.
Articolo 10
Obblighi dei distributori
1. Quando mettono un apparecchio a disposizione sul mercato, i distributori applicano con la dovuta diligenza le prescrizioni della presente direttiva.
2. Prima di mettere un apparecchio a disposizione sul mercato i distributori verificano che esso rechi la marcatura CE, sia accompagnato dalla documentazione necessaria nonché dalle istruzioni e dalle informazioni di cui all’articolo 18 in una lingua facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali nello Stato membro in cui l’apparecchio deve essere messo a disposizione sul mercato e che il fabbricante e l’importatore si siano conformati alle prescrizioni di cui rispettivamente all’articolo 7, paragrafi 5 e 6, e all’articolo 9, paragrafo 3.
Il distributore, se ritiene o ha motivo di ritenere che un apparecchio non sia conforme alle prescrizioni di cui all’allegato I, non mette l’apparecchio a disposizione sul mercato fino a quando esso non sia stato reso conforme. Inoltre, se l’apparecchio presenta un rischio, il distributore ne informa il fabbricante o l’importatore e le autorità di vigilanza del mercato.
3. I distributori garantiscono che, mentre l’apparecchio è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
4. I distributori che ritengono o hanno motivo di ritenere che un apparecchio da essi messo a disposizione sul mercato non sia conforme alla presente direttiva si assicurano che siano prese le misure correttive necessarie per rendere conforme tale apparecchio, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora l’apparecchio presenti un rischio, i distributori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato l’apparecchio, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
5. I distributori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dall’apparecchio da essi messo a disposizione sul mercato.
Articolo 11
Casi in cui gli obblighi dei fabbricanti si applicano agli importatori e ai distributori
Un importatore o distributore è ritenuto un fabbricante ai fini della presente direttiva ed è soggetto agli obblighi del fabbricante di cui all’articolo 7 quando immette sul mercato un apparecchio con il proprio nome o marchio commerciale o modifica un apparecchio già immesso sul mercato in modo tale da poterne condizionare la conformità alla presente direttiva.
Articolo 12
Identificazione degli operatori economici
Gli operatori economici indicano alle autorità di vigilanza che ne facciano richiesta:
a)
qualsiasi operatore economico che abbia fornito loro un apparecchio;
b)
qualsiasi operatore economico cui abbiano fornito un apparecchio.
Gli operatori economici devono essere in grado di presentare le informazioni di cui al primo comma per dieci anni dal momento in cui siano stati loro forniti apparecchi e per dieci anni dal momento in cui essi abbiano fornito apparecchi.
CAPO 3
CONFORMITÀ DELLE APPARECCHIATURE
Articolo 13
Presunzione di conformità delle apparecchiature
Le apparecchiature che sono conformi alle norme armonizzate o a parti di esse i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sono considerati conformi ai requisiti essenziali di cui all’allegato I disciplinati da tali norme o parti di esse.
Articolo 14
Procedure di valutazione della conformità degli apparecchi
La conformità di un apparecchio ai requisiti essenziali di cui all’allegato I è dimostrata mediante una delle seguenti procedure di valutazione della conformità:
a)
il controllo interno della produzione di cui all’allegato II;
b)
l’esame UE del tipo seguito dalla conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione di cui all’allegato III.
Il fabbricante può scegliere di limitare l’applicazione della procedura di cui al primo comma, lettera b), ad alcuni aspetti dei requisiti essenziali, a condizione che agli altri aspetti dei requisiti essenziali sia applicata la procedura di cui al primo comma, lettera a).
Articolo 15
Dichiarazione di conformità UE
1. La dichiarazione di conformità UE attesta il rispetto dei requisiti essenziali di cui all’allegato I.
2. La dichiarazione di conformità UE ha la struttura tipo di cui all’allegato IV, contiene gli elementi specificati nei pertinenti moduli di cui agli allegati II e III ed è continuamente aggiornata. Essa è tradotta nella lingua o nelle lingue richieste dallo Stato membro nel quale l’apparecchio è immesso o messo a disposizione sul mercato.
3. Se all’apparecchio si applicano più atti dell’Unione che prescrivono una dichiarazione di conformità UE, è compilata un’unica dichiarazione di conformità UE in rapporto a tutti questi atti dell’Unione. La dichiarazione contiene gli estremi degli atti dell’Unione, compresi i riferimenti della loro pubblicazione.
4. Con la dichiarazione di conformità UE il fabbricante si assume la responsabilità della conformità dell’apparecchio ai requisiti stabiliti dalla presente direttiva.
Articolo 16
Principi generali della marcatura CE
La marcatura CE è soggetta ai principi generali esposti all’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 17
Regole e condizioni per l’apposizione della marcatura CE
1. La marcatura CE è apposta in modo visibile, leggibile e indelebile sull’apparecchio o sulla sua targhetta. Qualora non sia possibile o la natura dell’apparecchio non lo consenta, essa è apposta sul suo imballaggio e sui documenti di accompagnamento.
2. La marcatura CE è apposta sull’apparecchio prima della sua immissione sul mercato.
3. Gli Stati membri si avvalgono dei meccanismi esistenti per garantire un’applicazione corretta del regime che disciplina la marcatura CE e promuovono le azioni opportune in caso di uso improprio di tale marcatura.
Articolo 18
Informazioni sull’uso dell’apparecchio
1. L’apparecchio è accompagnato da informazioni sulle precauzioni specifiche eventualmente da adottare nell’assemblaggio, l’installazione, la manutenzione o l’uso dell’apparecchio affinché, quando sia messo in servizio, esso sia conforme ai requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
2. Qualora la conformità di un apparecchio ai requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I non sia assicurata nelle zone residenziali, la relativa restrizione d’uso è chiaramente indicata, se del caso, anche sull’imballaggio.
3. Le informazioni richieste per consentire l’impiego conforme ai fini cui l’apparecchio è destinato figurano nelle istruzioni accluse all’apparecchio.
Articolo 19
Impianti fissi
1. Gli apparecchi che sono stati messi a disposizione sul mercato e che possono essere integrati in impianti fissi sono soggetti a tutte le pertinenti disposizioni relative agli apparecchi previste dalla presente direttiva.
Le prescrizioni degli articoli da 6 a 12 e da 14 a 18 non hanno tuttavia carattere obbligatorio nel caso degli apparecchi destinati ad essere integrati in un particolare impianto fisso e non altrimenti messi a disposizione sul mercato.
In tali casi la documentazione di accompagnamento identifica l’impianto fisso e le relative caratteristiche di compatibilità elettromagnetica e indica le precauzioni da prendere per l’integrazione dell’apparecchio nell’impianto fisso al fine di non pregiudicare la conformità dell’impianto in questione. La documentazione comprende inoltre le informazioni di cui all’articolo 7, paragrafi 5 e 6, e all’articolo 9, paragrafo 3.
Le buone prassi di ingegneria industriale di cui all’allegato I, punto 2, sono documentate e la persona o le persone responsabili tengono la documentazione a disposizione delle autorità nazionali competenti a fini di controllo fintantoché gli impianti fissi sono in funzione.
2. Quando vi è motivo di supporre la non conformità dell’impianto fisso, in particolare quando vi sono reclami riguardanti perturbazioni prodotte dall’impianto, le autorità competenti dello Stato membro interessato possono chiedere la prova della conformità dell’impianto fisso in questione e, se necessario, avviare una valutazione.
Laddove sia accertata una non conformità, le autorità competenti impongono le misure necessarie per rendere gli impianti fissi conformi ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
3. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per identificare la persona o le persone responsabili della messa in conformità di un impianto fisso ai pertinenti requisiti essenziali.
CAPO 4
NOTIFICA DEGLI ORGANISMI DI VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ
Articolo 20
Notifica
Gli Stati membri notificano alla Commissione e agli altri Stati membri gli organismi autorizzati ad eseguire, in qualità di terzi, compiti di valutazione della conformità a norma della presente direttiva.
Articolo 21
Autorità di notifica
1. Gli Stati membri designano un’autorità di notifica che è responsabile dell’istituzione e dell’esecuzione delle procedure necessarie per la valutazione e la notifica degli organismi di valutazione della conformità e il controllo degli organismi notificati, anche per quanto riguarda l’ottemperanza all’articolo 26.
2. Gli Stati membri possono decidere che la valutazione e il controllo di cui al paragrafo 1 siano eseguiti da un organismo nazionale di accreditamento ai sensi e in conformità del regolamento (CE) n. 765/2008.
3. Se l’autorità di notifica delega o altrimenti affida la valutazione, la notifica o il monitoraggio di cui al paragrafo 1 ad un organismo che non è un ente pubblico, detto organismo è una persona giuridica e rispetta mutatis mutandis le prescrizioni di cui all’articolo 22. Inoltre, esso adotta disposizioni per la copertura della responsabilità civile connessa alle proprie attività.
4. L’autorità di notifica si assume la piena responsabilità per i compiti svolti dall’organismo di cui al paragrafo 3.
Articolo 22
Prescrizioni relative alle autorità di notifica
1. L’autorità di notifica è stabilita in modo che non sorgano conflitti di interesse con gli organismi di valutazione della conformità.
2. L’autorità di notifica è organizzata e gestita in modo che sia salvaguardata l’obiettività e l’imparzialità delle sue attività.
3. L’autorità di notifica è organizzata in modo che ogni decisione relativa alla notifica di un organismo di valutazione della conformità sia presa da persone competenti diverse da quelle che hanno effettuato la valutazione.
4. L’autorità di notifica non offre e non effettua attività eseguite dagli organismi di valutazione della conformità o servizi di consulenza commerciali o su base concorrenziale.
5. L’autorità di notifica salvaguarda la riservatezza delle informazioni ottenute.
6. L’autorità di notifica ha a sua disposizione personale competente in numero sufficiente per l’adeguata esecuzione dei suoi compiti.
Articolo 23
Obbligo di informazione delle autorità di notifica
Gli Stati membri informano la Commissione delle loro procedure per la valutazione e la notifica degli organismi di valutazione della conformità e per il controllo degli organismi notificati, nonché di qualsiasi modifica delle stesse.
La Commissione rende pubbliche tali informazioni.
Articolo 24
Prescrizioni relative agli organismi notificati
1. Ai fini della notifica, l’organismo di valutazione della conformità rispetta le prescrizioni di cui ai paragrafi da 2 a 11.
2. L’organismo di valutazione della conformità è stabilito a norma della legge nazionale di uno Stato membro e ha personalità giuridica.
3. L’organismo di valutazione della conformità è un organismo terzo indipendente dall’organizzazione o dall’apparecchio che valuta.
Un organismo appartenente a un’associazione di imprese o a una federazione professionale che rappresenta imprese coinvolte nella progettazione, nella fabbricazione, nella fornitura, nell’assemblaggio, nell’utilizzo o nella manutenzione di apparecchi sottoposti alla sua valutazione può essere ritenuto un organismo di valutazione della conformità a condizione che siano dimostrate la sua indipendenza e l’assenza di qualsiasi conflitto di interesse.
4. L’organismo di valutazione della conformità, i suoi alti dirigenti e il personale addetto alla valutazione della conformità non sono né il progettista, né il fabbricante, né il fornitore, né l’installatore, né l’acquirente, né il proprietario, né l’utilizzatore o il responsabile della manutenzione degli apparecchi sottoposti alla sua valutazione, né il rappresentante di uno di questi soggetti. Ciò non preclude l’uso degli apparecchi valutati che sono necessari per il funzionamento dell’organismo di valutazione della conformità o l’uso di tali apparecchi per scopi privati.
L’organismo di valutazione della conformità, i suoi alti dirigenti e il personale addetto alla valutazione della conformità non intervengono direttamente nella progettazione, fabbricazione o nella costruzione, nella commercializzazione, nell’installazione, nell’utilizzo o nella manutenzione di tali apparecchi, né rappresentano i soggetti impegnati in tali attività. Non intraprendono alcuna attività che possa essere in conflitto con la loro indipendenza di giudizio o la loro integrità per quanto riguarda le attività di valutazione della conformità per cui sono notificati. Ciò vale in particolare per i servizi di consulenza.
Gli organismi di valutazione della conformità garantiscono che le attività delle loro affiliate o dei loro subappaltatori non si ripercuotano sulla riservatezza, sull’obiettività o sull’imparzialità delle loro attività di valutazione della conformità.
5. Gli organismi di valutazione della conformità e il loro personale eseguono le operazioni di valutazione della conformità con il massimo dell’integrità professionale e della competenza tecnica e sono liberi da qualsivoglia pressione e incentivo, soprattutto di ordine finanziario, che possa influenzare il loro giudizio o i risultati delle loro attività di valutazione, in particolare da persone o gruppi di persone interessati ai risultati di tali attività.
6. L’organismo di valutazione della conformità è in grado di eseguire tutti i compiti di valutazione della conformità assegnatigli in base all’allegato III e per cui è stato notificato, indipendentemente dal fatto che siano eseguiti dall’organismo stesso o per suo conto e sotto la sua responsabilità.
In ogni momento, per ogni procedura di valutazione della conformità e per ogni tipo o categoria di apparecchi per i quali è stato notificato, l’organismo di valutazione della conformità ha a sua disposizione:
a)
personale con conoscenze tecniche ed esperienza sufficiente e appropriata per eseguire i compiti di valutazione della conformità;
b)
le necessarie descrizioni delle procedure in base alle quali avviene la valutazione della conformità, garantendo la trasparenza e la capacità di riproduzione di tali procedure; una politica e procedure appropriate che distinguano i compiti che svolge in qualità di organismo notificato dalle altre attività;
c)
le procedure per svolgere le attività che tengono debitamente conto delle dimensioni di un’impresa, del settore in cui opera, della sua struttura, del grado di complessità della tecnologia dell’apparecchio in questione e della natura di massa o seriale del processo produttivo.
L’organismo di valutazione della conformità dispone dei mezzi necessari per eseguire in modo appropriato i compiti tecnici e amministrativi connessi alle attività di valutazione della conformità e ha accesso a tutti gli strumenti o impianti occorrenti.
7. Il personale responsabile dell’esecuzione dei compiti di valutazione della conformità dispone di quanto segue:
a)
una formazione tecnica e professionale solida che includa tutte le attività di valutazione della conformità in relazione a cui l’organismo di valutazione della conformità è stato notificato;
b)
soddisfacenti conoscenze delle prescrizioni relative alle valutazioni che esegue e un’adeguata autorità per eseguire tali valutazioni;
c)
una conoscenza e una comprensione adeguate dei requisiti essenziali di cui all’allegato I, delle norme armonizzate applicabili e delle disposizioni pertinenti della normativa armonizzata dell’Unione e della normativa nazionale;
d)
la capacità di elaborare certificati, registri e rapporti atti a dimostrare che le valutazioni sono state eseguite.
8. È garantita l’imparzialità degli organismi di valutazione della conformità, dei loro alti dirigenti e del personale addetto alla valutazione della conformità.
La remunerazione degli alti dirigenti e del personale addetto alla valutazione della conformità di un organismo di valutazione della conformità non dipende dal numero di valutazioni eseguite o dai risultati di tali valutazioni.
9. Gli organismi di valutazione della conformità sottoscrivono un contratto di assicurazione per la responsabilità civile, a meno che detta responsabilità non sia direttamente coperta dallo Stato a norma del diritto nazionale o che lo Stato membro stesso non sia direttamente responsabile della valutazione della conformità.
10. Il personale di un organismo di valutazione della conformità è tenuto al segreto professionale per tutto ciò di cui viene a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni a norma dell’allegato III o di qualsiasi disposizione esecutiva di diritto interno, tranne nei confronti delle autorità competenti dello Stato in cui esercita le sue attività. Sono tutelati i diritti di proprietà.
11. Gli organismi di valutazione della conformità partecipano alle attività di normalizzazione pertinenti e alle attività del gruppo di coordinamento degli organismi notificati, istituito a norma della pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione, o garantiscono che il loro personale addetto alla valutazione della conformità ne sia informato, e applicano come guida generale le decisioni e i documenti amministrativi prodotti da tale gruppo.
Articolo 25
Presunzione di conformità degli organismi notificati
Qualora dimostri la propria conformità ai criteri stabiliti nelle pertinenti norme armonizzate o in parti di esse i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, un organismo di valutazione della conformità è considerato conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 24 nella misura in cui le norme applicabili armonizzate coprano tali prescrizioni.
Articolo 26
Affiliate e subappaltatori degli organismi notificati
1. Un organismo notificato, qualora subappalti compiti specifici connessi alla valutazione della conformità oppure ricorra a un’affiliata, garantisce che il subappaltatore o l’affiliata rispettino le prescrizioni di cui all’articolo 24 e ne informa di conseguenza l’autorità di notifica.
2. Gli organismi notificati si assumono la completa responsabilità delle mansioni eseguite da subappaltatori o affiliate, ovunque questi siano stabiliti.
3. Le attività possono essere subappaltate o eseguite da un’affiliata solo con il consenso del cliente.
4. Gli organismi notificati mantengono a disposizione dell’autorità di notifica i documenti pertinenti riguardanti la valutazione delle qualifiche del subappaltatore o dell’affiliata e del lavoro eseguito da questi ultimi a norma dell’allegato III.
Articolo 27
Domanda di notifica
1. L’organismo di valutazione della conformità presenta una domanda di notifica all’autorità di notifica dello Stato membro in cui è stabilito.
2. La domanda di notifica è accompagnata da una descrizione delle attività di valutazione della conformità, del modulo o dei moduli di valutazione della conformità e dell’apparecchio per il quale tale organismo dichiara di essere competente, nonché da un certificato di accreditamento, se disponibile, rilasciato da un organismo nazionale di accreditamento che attesti che l’organismo di valutazione della conformità è conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 24.
3. Qualora l’organismo di valutazione della conformità non possa fornire un certificato di accreditamento, esso fornisce all’autorità di notifica tutte le prove documentali necessarie per la verifica, il riconoscimento e il controllo periodico della sua conformità alle prescrizioni di cui all’articolo 24.
Articolo 28
Procedura di notifica
1. Le autorità di notifica possono notificare solo gli organismi di valutazione della conformità che soddisfino le prescrizioni di cui all’articolo 24.
2. Esse notificano tali organismi alla Commissione e agli altri Stati membri utilizzando lo strumento elettronico di notifica elaborato e gestito dalla Commissione.
3. La notifica include tutti i dettagli riguardanti le attività di valutazione della conformità, il modulo o i moduli di valutazione della conformità e l’apparecchio interessato, nonché la relativa attestazione di competenza.
4. Qualora una notifica non sia basata su un certificato di accreditamento di cui all’articolo 27, paragrafo 2, l’autorità di notifica fornisce alla Commissione e agli altri Stati membri le prove documentali che attestino la competenza dell’organismo di valutazione della conformità nonché le disposizioni predisposte per fare in modo che tale organismo sia controllato periodicamente e continui a soddisfare le prescrizioni di cui all’articolo 24.
5. L’organismo interessato può eseguire le attività di un organismo notificato solo se non sono sollevate obiezioni da parte della Commissione o degli altri Stati membri entro due settimane dalla notifica, qualora sia usato un certificato di accreditamento, o entro due mesi dalla notifica qualora non sia usato un certificato di accreditamento.
Solo tale organismo è considerato un organismo notificato ai fini della presente direttiva.
6. L’autorità di notifica alla Commissione e agli altri Stati membri eventuali modifiche di rilievo apportate successivamente alla notifica.
Articolo 29
Numeri di identificazione ed elenchi degli organismi notificati
1. La Commissione assegna un numero di identificazione all’organismo notificato.
La Commissione assegna un numero unico anche se l’organismo è notificato ai sensi di diversi atti dell’Unione.
2. La Commissione mette a disposizione del pubblico un elenco degli organismi notificati a norma della presente direttiva con i rispettivi numeri d’identificazione assegnati e con l’indicazione delle attività per le quali sono stati notificati.
La Commissione provvede ad aggiornare l’elenco.
Articolo 30
Modifiche delle notifiche
1. Qualora accerti o sia informata che un organismo notificato non è più conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 24, o non adempie ai suoi obblighi, l’autorità di notifica limita, sospende o ritira la notifica, a seconda dei casi, in funzione della gravità del mancato rispetto di tali prescrizioni o dell’inadempimento di tali obblighi. L’autorità di notifica informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri.
2. Nei casi di limitazione, sospensione o ritiro della notifica, oppure di cessazione dell’attività dell’organismo notificato, lo Stato membro notificante prende le misure appropriate per garantire che le pratiche di tale organismo siano evase da un altro organismo notificato o siano messe a disposizione delle autorità di notifica e di vigilanza del mercato responsabili, su loro richiesta.
Articolo 31
Contestazione della competenza degli organismi notificati
1. La Commissione indaga su tutti i casi in cui abbia dubbi o siano portati alla sua attenzione dubbi sulla competenza di un organismo notificato o sull’ottemperanza di un organismo notificato alle prescrizioni e responsabilità cui è sottoposto.
2. Lo Stato membro notificante fornisce alla Commissione, su richiesta, tutte le informazioni relative alla base della notifica o del mantenimento della competenza dell’organismo notificato in questione.
3. La Commissione garantisce la riservatezza di tutte le informazioni sensibili raccolte nel corso delle sue indagini.
4. La Commissione, qualora accerti che un organismo notificato non soddisfa o non soddisfa più le prescrizioni per la sua notifica, adotta un atto di esecuzione con cui richiede allo Stato membro notificante di adottare le misure correttive necessarie e, all’occorrenza, di ritirare la notifica.
Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 41, paragrafo 2.
Articolo 32
Obblighi operativi degli organismi notificati
1. Gli organismi notificati eseguono le valutazioni della conformità conformemente alle procedure di valutazione della conformità di cui all’allegato III.
2. Le valutazioni della conformità sono eseguite in modo proporzionato, evitando oneri superflui per gli operatori economici.
Gli organismi di valutazione della conformità svolgono le loro attività tenendo debitamente conto delle dimensioni di un’impresa, del settore in cui opera, della sua struttura, del grado di complessità della tecnologia dell’apparecchio in questione e della natura seriale o di massa del processo di produzione.
Nel far ciò rispettano tuttavia il grado di rigore e il livello di protezione necessari per la conformità dell’apparecchio alla presente direttiva.
3. Qualora un organismo notificato riscontri che i requisiti essenziali di cui all’allegato I, le norme armonizzate corrispondenti o altre specifiche tecniche non siano stati rispettati da un fabbricante, chiede a tale fabbricante di prendere le misure correttive appropriate e non rilascia il certificato.
4. Un organismo notificato che nel corso del monitoraggio della conformità successivo al rilascio di un certificato riscontri che un prodotto non è più conforme chiede al fabbricante di prendere le misure correttive opportune e all’occorrenza sospende o ritira il certificato.
5. Qualora non siano prese misure correttive o non producano il risultato richiesto, l’organismo notificato limita, sospende o ritira i certificati, a seconda dei casi.
Articolo 33
Ricorso contro le decisioni degli organismi notificati
Gli Stati membri provvedono affinché sia disponibile una procedura di ricorso contro le decisioni degli organismi notificati.
Articolo 34
Obbligo di informazione a carico degli organismi notificati
1. Gli organismi notificati informano l’autorità di notifica:
a)
di qualunque rifiuto, limitazione, sospensione o ritiro di un certificato;
b)
di qualunque circostanza che possa influire sull’ambito e sulle condizioni della notifica;
c)
di eventuali richieste di informazioni che abbiano ricevuto dalle autorità di vigilanza del mercato in relazione alle attività di valutazione della conformità;
d)
su richiesta, delle attività di valutazione della conformità eseguite nell’ambito della loro notifica e di qualsiasi altra attività, incluse quelle transfrontaliere e di subappalto.
2. Gli organismi notificati forniscono agli altri organismi notificati a norma della presente direttiva, le cui attività di valutazione della conformità sono simili e coprono gli stessi apparecchi, informazioni pertinenti sulle questioni relative ai risultati negativi e, su richiesta, positivi delle valutazioni della conformità.
Articolo 35
Scambio di esperienze
La Commissione provvede all’organizzazione di uno scambio di esperienze tra le autorità nazionali degli Stati membri responsabili della politica di notifica.
Articolo 36
Coordinamento degli organismi notificati
La Commissione garantisce un coordinamento e una cooperazione adeguati tra organismi notificati a norma della presente direttiva e che funzioni correttamente sotto forma di gruppo settoriale di organismi notificati.
Gli Stati membri garantiscono che gli organismi da essi notificati partecipino ai lavori di tale gruppo, direttamente o mediante rappresentanti designati.
CAPO 5
VIGILANZA DEL MERCATO DELL’UNIONE, CONTROLLO DEGLI APPARECCHI CHE ENTRANO NEL MERCATO DELL’UNIONE E PROCEDURA DI SALVAGUARDIA DELL’UNIONE
Articolo 37
Vigilanza del mercato dell’Unione e controllo degli apparecchi che entrano nel mercato dell’Unione
Agli apparecchi si applicano l’articolo 15, paragrafo 3, e gli articoli da 16 a 29 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 38
Procedura a livello nazionale per gli apparecchi che presentano rischi
1. Qualora le autorità di vigilanza del mercato di uno Stato membro abbiano motivi sufficienti per ritenere che un apparecchio disciplinato dalla presente direttiva presenti un rischio per aspetti della protezione del pubblico interesse di cui alla presente direttiva, essi effettuano una valutazione dell’apparecchio interessato che investa tutte le prescrizioni pertinenti di cui alla presente direttiva. A tal fine, gli operatori economici interessati cooperano ove necessario con le autorità di vigilanza del mercato.
Se nel corso della valutazione di cui al primo comma le autorità di vigilanza del mercato concludono che l’apparecchio non rispetta le prescrizioni di cui alla presente direttiva, chiedono tempestivamente all’operatore economico interessato di adottare tutte le misure correttive del caso al fine di rendere l’apparecchio conforme alle suddette prescrizioni oppure di ritirarlo o di richiamarlo dal mercato entro un termine ragionevole e proporzionato alla natura del rischio, a seconda dei casi.
Le autorità di vigilanza del mercato ne informano l’organismo notificato competente.
L’articolo 21 del regolamento (CE) n. 765/2008 si applica alle misure di cui al secondo comma del presente paragrafo.
2. Qualora ritengano che l’inadempienza non sia ristretta al territorio nazionale, le autorità di vigilanza del mercato informano la Commissione e gli altri Stati membri dei risultati della valutazione e dei provvedimenti che hanno chiesto all’operatore economico di prendere.
3. L’operatore economico prende tutte le opportune misure correttive nei confronti di tutti gli apparecchi interessati che ha messo a disposizione sull’intero mercato dell’Unione.
4. Qualora l’operatore economico interessato non prenda le misure correttive adeguate entro il periodo di cui al paragrafo 1, secondo comma, le autorità di vigilanza del mercato adottano tutte le opportune misure provvisorie per proibire o limitare la messa a disposizione degli apparecchi sul loro mercato nazionale, per ritirarli da tale mercato o per richiamarli.
Le autorità di vigilanza del mercato informano immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri di tali misure.
5. Le informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, includono tutti i particolari disponibili, soprattutto i dati necessari all’identificazione dell’apparecchio non conforme, la sua origine, la natura della presunta non conformità e dei rischi connessi, la natura e la durata delle misure nazionali adottate, nonché gli argomenti espressi dall’operatore economico interessato. In particolare, le autorità di vigilanza del mercato indicano se l’inadempienza sia dovuta:
a)
alla non conformità dell’apparecchio alle prescrizioni relative agli aspetti di protezione del pubblico interesse contemplati dalla presente direttiva; oppure
b)
alle carenze nelle norme armonizzate di cui all’articolo 13, che conferiscono la presunzione di conformità.
6. Gli Stati membri che non siano quello che ha avviato la procedura a norma del presente articolo informano senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri di tutti i provvedimenti adottati, di tutte le altre informazioni a loro disposizione sulla non conformità dell’apparecchio interessato e, in caso di disaccordo con la misura nazionale adottata, delle loro obiezioni.
7. Qualora, entro tre mesi dal ricevimento delle informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, uno Stato membro o la Commissione non sollevino obiezioni contro la misura provvisoria presa da uno Stato membro, tale misura è ritenuta giustificata.
8. Gli Stati membri garantiscono che siano adottate senza indugio le opportune misure restrittive in relazione all’apparecchio in questione, quale il suo ritiro dal mercato.
Articolo 39
Procedura di salvaguardia dell’Unione
1. Se in esito alla procedura di cui all’articolo 38, paragrafi 3 e 4, sono sollevate obiezioni contro una misura assunta da uno Stato membro o qualora la Commissione ritenga che una misura nazionale sia contraria alla legislazione dell’Unione, la Commissione si consulta senza indugio con gli Stati membri e con l’operatore o gli operatori economici interessati e valuta la misura nazionale. In base ai risultati di tale valutazione, la Commissione determina mediante un atto di esecuzione se la misura nazionale sia giustificata o meno.
La Commissione indirizza la propria decisione a tutti gli Stati membri e la comunica immediatamente ad essi e all’operatore o agli operatori economici interessati.
2. Se la misura nazionale è considerata giustificata, tutti gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che l’apparecchio non conforme sia ritirato dal proprio mercato e ne informano la Commissione. Se la misura nazionale è considerata ingiustificata, lo Stato membro interessato la revoca.
3. Se la misura nazionale è considerata giustificata e la non conformità dell’apparecchio è attribuita a una carenza delle norme armonizzate di cui all’articolo 38, paragrafo 5, lettera b), della presente direttiva, la Commissione applica la procedura di cui all’articolo 11 del regolamento (UE) n. 1025/2012.
Articolo 40
Non conformità formale
1. Fatto salvo l’articolo 38, se uno Stato membro giunge a una delle seguenti conclusioni, chiede all’operatore economico interessato di porre fine allo stato di non conformità in questione:
a)
la marcatura CE è stata apposta in violazione dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008 o dell’articolo 17 della presente direttiva;
b)
la marcatura CE non è stata apposta;
c)
non è stata compilata la dichiarazione di conformità UE;
d)
non è stata compilata correttamente la dichiarazione di conformità UE;
e)
la documentazione tecnica non è disponibile o è incompleta;
f)
le informazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 6, o all’articolo 9, paragrafo 3, sono assenti, false o incomplete;
g)
qualsiasi altra prescrizione amministrativa di cui all’articolo 7 o all’articolo 9 non è rispettata.
2. Qualora la non conformità di cui al paragrafo 1 permanga, lo Stato membro interessato provvede a limitare o proibire la messa a disposizione sul mercato dell’apparecchio o garantisce che sia richiamato o ritirato dal mercato.
CAPO 6
COMITATO, DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Articolo 41
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per la compatibilità elettromagnetica. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. La Commissione consulta il comitato sulle questioni per le quali la consultazione di esperti del settore è richiesta a norma del regolamento (UE) n. 1025/2012 o di un’altra normativa dell’Unione.
Il comitato può inoltre esaminare qualsiasi altra questione riguardante l’applicazione della presente direttiva che può essere sollevata dal suo presidente o da un rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
Articolo 42
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le disposizioni in materia di sanzioni applicabili alle infrazioni da parte degli operatori economici delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e prendono tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Tali disposizioni possono includere sanzioni penali in caso di violazioni gravi.
Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 43
Disposizioni transitorie
Gli Stati membri non impediscono la messa a disposizione sul mercato e/o la messa in servizio delle apparecchiature oggetto della direttiva 2004/108/CE che sono conformi a detta direttiva e sono state immesse sul mercato anteriormente al 20 aprile 2016.
Articolo 44
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 19 aprile 2016, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’articolo 2, paragrafo 2, punti da 9 a 25, all’articolo 3, paragrafo 1, all’articolo 4, all’articolo 5, paragrafo 1, agli articoli da 7 a 12, agli articoli 15, 16 e 17, all’articolo 19, paragrafo 1, primo comma, agli articoli da 20 a 43 e agli allegati II, III e IV. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 20 aprile 2016.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva si intendono fatti a quest’ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell’indicazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 45
Abrogazione
La direttiva 2004/108/CE è abrogata a decorrere dal 20 aprile 2016, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e alla data di applicazione di tale direttiva di cui all’allegato V.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VI.
Articolo 46
Entrata in vigore e applicazione
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’articolo 1, l’articolo 2, l’articolo 3, paragrafo 1, punti da 1 a 8, l’articolo 3, paragrafo 2, l’articolo 5, paragrafi 2 e 3, l’articolo 6, l’articolo 13, l’articolo 19, paragrafo 3, e l’allegato I si applicano a decorrere dal 20 aprile 2016.
Articolo 47
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 26 febbraio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 105.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 febbraio 2014
(3) GU L 390 del 31.12.2004, pag. 24.
(4) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30.
(5) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 82.
(6) GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10.
(7) GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12.
(8) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
(9) GU L 79 del 19.3.2008, pag. 1.
(10) Costituzione e convenzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni adottate dalla conferenza plenipotenziaria aggiuntiva (Ginevra, 1992), come modificate dalla conferenza plenipotenziaria (Kyoto, 1994).
(11) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37.
ALLEGATO I
REQUISITI ESSENZIALI
1. Requisiti generali
Le apparecchiature sono progettate e fabbricate tenendo conto del progresso tecnologico, in modo tale che:
a)
le perturbazioni elettromagnetiche prodotte non superino il livello al di sopra del quale le apparecchiature radio e di telecomunicazione o altre apparecchiature non possono funzionare normalmente;
b)
presentino un livello di immunità alle perturbazioni elettromagnetiche prevedibili in base all’uso al quale sono destinate che ne consenta il normale funzionamento senza deterioramenti inaccettabili.
2. Requisiti specifici per gli impianti fissi
Installazione dei componenti e uso al quale sono destinati.
Gli impianti fissi sono installati secondo le buone prassi di ingegneria industriale e nel rispetto delle indicazioni sull’uso al quale i loro componenti sono destinati, al fine di soddisfare i requisiti essenziali di cui al punto 1.
ALLEGATO II
MODULO A: CONTROLLO INTERNO DELLA PRODUZIONE
1. Il controllo interno della produzione è la procedura di valutazione della conformità in cui il fabbricante ottempera agli obblighi di cui ai punti 2, 3, 4 e 5 del presente allegato e si accerta e dichiara, sotto la sua esclusiva responsabilità, che gli apparecchi in questione soddisfano i requisiti della presente direttiva ad essi applicabili.
2. Valutazione della compatibilità elettromagnetica
Il fabbricante effettua una valutazione della compatibilità elettromagnetica degli apparecchi, sulla base dei pertinenti fenomeni, al fine di soddisfare i requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
La valutazione della compatibilità elettromagnetica tiene conto di tutte le normali condizioni di funzionamento cui gli apparecchi sono destinati. Se gli apparecchi possono assumere varie configurazioni, la valutazione della compatibilità elettromagnetica accerta che gli apparecchi soddisfino i requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I, in tutte le configurazioni possibili identificate dal fabbricante come rappresentative dell’uso al quale gli apparecchi sono destinati.
3. Documentazione tecnica
Il fabbricante compila la documentazione tecnica. La documentazione permette di valutare la conformità dell’apparecchio ai requisiti pertinenti e comprende un’analisi e una valutazione adeguate dei rischi.
La documentazione tecnica precisa le prescrizioni applicabili e include, se necessario ai fini della valutazione, il progetto, la fabbricazione e il funzionamento dell’apparecchio. La documentazione tecnica contiene, laddove applicabile, almeno gli elementi seguenti:
a)
una descrizione generale dell’apparecchio;
b)
i disegni di progettazione e fabbricazione nonché gli schemi di componenti, sottounità, circuiti ecc.;
c)
le descrizioni e le spiegazioni necessarie alla comprensione di tali disegni e schemi e del funzionamento dell’apparecchio;
d)
un elenco delle norme armonizzate, applicate completamente o in parte, i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, qualora non siano state applicate tali norme armonizzate, le descrizioni delle soluzioni adottate per soddisfare i requisiti essenziali della presente direttiva, compreso un elenco delle altre pertinenti specifiche tecniche applicate. In caso di applicazione parziale delle norme armonizzate la documentazione tecnica specifica le parti che sono state applicate;
e)
i risultati dei calcoli di progettazione realizzati, degli esami effettuati ecc.;
f)
le relazioni sulle prove effettuate.
4. Produzione
Il fabbricante prende tutte le misure necessarie affinché il processo di fabbricazione e il suo controllo garantiscano la conformità degli apparecchi prodotti alla documentazione tecnica di cui al punto 3 del presente allegato e ai requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
5. Marcatura CE e dichiarazione di conformità UE
5.1.
Il fabbricante appone la marcatura CE a ogni singolo apparecchio conforme alle prescrizioni della presente direttiva ad esso applicabili.
5.2.
Il fabbricante compila una dichiarazione scritta di conformità UE per un modello dell’apparecchio e la tiene a disposizione delle autorità nazionali, insieme alla documentazione tecnica, per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato. La dichiarazione di conformità UE identifica l’apparecchio per cui è stata compilata.
Una copia della dichiarazione di conformità UE è messa a disposizione delle autorità competenti su richiesta.
6. Rappresentante autorizzato
Gli obblighi del fabbricante previsti al punto 5 possono essere adempiuti dal suo rappresentante autorizzato, a nome del fabbricante e sotto la sua responsabilità, purché siano specificati nel mandato.
ALLEGATO III
PARTE A
Modulo B: esame UE del tipo
1.
L’esame UE del tipo è la parte di una procedura di valutazione della conformità con cui un organismo notificato esamina il progetto tecnico di un apparecchio, nonché verifica e certifica che il progetto tecnico di tale apparecchio rispetta i requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
2.
L’esame UE del tipo è effettuato mediante una valutazione dell’adeguatezza del progetto tecnico dell’apparecchio effettuata esaminando la documentazione tecnica di cui al punto 3, senza esame di un campione (tipo di progetto). Può essere limitato ad alcuni aspetti dei requisiti essenziali quali precisati dal fabbricante o dal suo rappresentante autorizzato.
3.
Il fabbricante presenta una domanda di esame UE del tipo a un unico organismo notificato di sua scelta.
La domanda deve specificare nel dettaglio gli aspetti dei requisiti essenziali per i quali è richiesto un esame e contenere:
a)
il nome e l’indirizzo del fabbricante e, nel caso in cui la domanda sia presentata dal rappresentante autorizzato, il nome e l’indirizzo di quest’ultimo;
b)
una dichiarazione scritta che la stessa domanda non è stata presentata a nessun altro organismo notificato;
c)
la documentazione tecnica che deve consentire di valutare la conformità dell’apparecchio alle prescrizioni applicabili della presente direttiva e comprende un’analisi e una valutazione adeguate dei rischi. La documentazione tecnica precisa le prescrizioni applicabili e include, se necessario ai fini della valutazione, il progetto, la fabbricazione e il funzionamento dell’apparecchio. Inoltre contiene, laddove applicabile, almeno gli elementi seguenti:
i)
una descrizione generale dell’apparecchio;
ii)
i disegni di progettazione e fabbricazione nonché gli schemi di componenti, sottounità, circuiti ecc.;
iii)
le descrizioni e le spiegazioni necessarie alla comprensione di tali disegni e schemi e del funzionamento dell’apparecchio;
iv)
un elenco delle norme armonizzate, applicate completamente o in parte, i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, qualora non siano state applicate tali norme armonizzate, le descrizioni delle soluzioni adottate per soddisfare i requisiti essenziali della presente direttiva, compreso un elenco delle altre pertinenti specifiche tecniche applicate. In caso di applicazione parziale delle norme armonizzate la documentazione tecnica specifica le parti che sono state applicate;
v)
i risultati dei calcoli di progettazione realizzati, degli esami effettuati ecc.;
vi)
le relazioni sulle prove effettuate.
4.
L’organismo notificato esamina la documentazione tecnica per valutare l’adeguatezza del progetto tecnico dell’apparecchio in relazione agli aspetti dei requisiti essenziali per i quali è richiesto un esame.
5.
L’organismo notificato redige una relazione di valutazione che elenca le iniziative intraprese in conformità al punto 4 e i relativi risultati. Senza pregiudicare i propri obblighi di fronte alle autorità di notifica, l’organismo notificato rende pubblico l’intero contenuto della relazione, o parte di esso, solo con l’accordo del fabbricante.
6.
Se il tipo risulta conforme alle prescrizioni della presente direttiva applicabili all’apparecchio in questione, l’organismo notificato rilascia al fabbricante un certificato di esame UE del tipo. Tale certificato riporta il nome e l’indirizzo del fabbricante, le conclusioni dell’esame, gli aspetti dei requisiti essenziali oggetto di esame, le eventuali condizioni di validità e i dati necessari per l’identificazione del tipo approvato. Il certificato di esame UE del tipo può comprendere uno o più allegati.
Il certificato di esame UE del tipo e i suoi allegati devono contenere ogni utile informazione che permetta di valutare la conformità degli apparecchi fabbricati al tipo esaminato e consentire il controllo del prodotto in funzione.
Se il tipo non soddisfa i requisiti della presente direttiva ad esso applicabili, l’organismo notificato rifiuta di rilasciare un certificato di esame UE del tipo e informa di tale decisione il richiedente, motivando dettagliatamente il suo rifiuto.
7.
L’organismo notificato segue l’evoluzione del progresso tecnologico generalmente riconosciuto e valuta se il tipo approvato non è più conforme alle prescrizioni applicabili della presente direttiva. Esso decide se tale progresso richieda ulteriori indagini e in caso affermativo l’organismo notificato ne informa il fabbricante.
Il fabbricante informa l’organismo notificato che detiene la documentazione tecnica relativa al certificato di esame UE del tipo di tutte le modifiche al tipo approvato, qualora possano influire sulla conformità dell’apparecchio ai requisiti essenziali della presente direttiva o sulle condizioni di validità di tale certificato. Tali modifiche comportano una nuova approvazione sotto forma di un supplemento al certificato di esame UE del tipo.
8.
Ogni organismo notificato informa la propria autorità di notifica in merito ai certificati di esame UE del tipo e/o agli eventuali supplementi che esso ha rilasciato o revocato e, periodicamente o su richiesta, mette a disposizione dell’autorità di notifica l’elenco di tali certificati e/o degli eventuali supplementi respinti, sospesi o altrimenti sottoposti a restrizioni.
Ogni organismo notificato informa gli altri organismi notificati dei certificati di esame UE del tipo e/o dei supplementi da esso respinti, ritirati, sospesi o altrimenti sottoposti a restrizioni, e, su richiesta, di tali certificati e/o dei supplementi da esso rilasciati.
La Commissione, gli Stati membri e gli altri organismi notificati possono ottenere, su richiesta, copia dei certificati di esame UE del tipo e/o dei relativi supplementi. La Commissione e gli Stati membri possono ottenere, su richiesta, copia della documentazione tecnica e dei risultati degli esami effettuati dall’organismo notificato. L’organismo notificato conserva una copia del certificato di esame UE del tipo, degli allegati e dei supplementi, nonché il fascicolo tecnico contenente la documentazione presentata dal fabbricante, fino alla scadenza della validità di tale certificato.
9.
Il fabbricante tiene a disposizione delle autorità nazionali una copia del certificato di esame UE del tipo, degli allegati e dei supplementi insieme alla documentazione tecnica per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato.
10.
Il rappresentante autorizzato del fabbricante può presentare la domanda di cui al punto 3 ed adempiere agli obblighi di cui ai punti 7 e 9, purché siano specificati nel mandato.
PARTE B
Modulo C: conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione
1. La conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione è la parte di una procedura di valutazione della conformità con cui il fabbricante ottempera agli obblighi di cui ai punti 2 e 3 e garantisce e dichiara che gli apparecchi interessati sono conformi al tipo descritto nel certificato di esame UE del tipo e soddisfano i requisiti della presente direttiva ad essi applicabili.
2. Produzione
Il fabbricante prende tutte le misure necessarie affinché il processo di fabbricazione e il suo controllo garantiscano la conformità degli apparecchi prodotti al tipo approvato oggetto del certificato di esame UE e ai requisiti applicabili della presente direttiva.
3. Marcatura CE e dichiarazione di conformità UE
3.1.
Il fabbricante appone la marcatura CE a ogni singolo apparecchio conforme al tipo descritto nel certificato di esame UE del tipo e alle prescrizioni della presente direttiva ad esso applicabili.
3.2.
Il fabbricante compila una dichiarazione scritta di conformità UE per ogni modello dell’apparecchio e la tiene a disposizione delle autorità nazionali per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato. La dichiarazione di conformità UE identifica l’apparecchio per cui è stata compilata.
Una copia della dichiarazione di conformità UE è messa a disposizione delle autorità competenti su richiesta.
4. Rappresentante autorizzato
Gli obblighi del fabbricante previsti al punto 3 possono essere adempiuti dal suo rappresentante autorizzato, a nome del fabbricante e sotto la sua responsabilità, purché siano specificati nel mandato.
ALLEGATO IV
Dichiarazione di conformità UE (N. XXXX)
(1)
1.
Modello di apparecchio/Prodotto (numero di prodotto, tipo, lotto o serie):
2.
Nome e indirizzo del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato:
3.
La presente dichiarazione di conformità è rilasciata sotto la responsabilità esclusiva del fabbricante.
4.
Oggetto della dichiarazione (identificazione dell’apparecchio che ne consenta la rintracciabilità; può comprendere un’immagine a colori di chiarezza sufficiente laddove necessario per l’identificazione dell’apparecchio):
5.
L’oggetto della dichiarazione di cui sopra è conforme alla pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione:
6.
Riferimento alle pertinenti norme armonizzate utilizzate, compresa la data delle norme, o riferimenti alle altre specifiche tecniche in relazione alle quali è dichiarata la conformità, compresa la data delle specifiche:
7.
Se del caso, l’organismo notificato … (denominazione, numero) ha effettuato … (descrizione dell’intervento) e rilasciato il certificato:
8.
Informazioni supplementari:
Firmato a nome e per conto di:
(luogo e data del rilascio):
(nome, funzione) (firma):
(1) L’assegnazione di un numero, da parte del fabbricante, alla dichiarazione di conformità è opzionale.
ALLEGATO V
Termine di recepimento nel diritto interno e data di applicazione
(di cui all’articolo 45)
Direttiva
Termine di recepimento
Data di applicazione
2004/108/CE
20 gennaio 2007
20 luglio 2007
ALLEGATO VI
Tavola di concordanza
Direttiva 2004/108/CE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1 e articolo 2, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2, lettere da a) a c)
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 1
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 2
Articolo 2, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 3
Articolo 2, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 4
Articolo 2, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 5
Articolo 2, paragrafo 1, lettera f)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 6
Articolo 2, paragrafo 1, lettera g)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 7
Articolo 2, paragrafo 1, lettera h)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 8
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 13
Articolo 7
Articolo 14
Articolo 8
Articoli 16 e 17
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 6
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 5
Articolo 18, paragrafo 3
Articoli 10 e 11
Articoli 37, 38 e 39
Articolo 12
Capo 4
Articolo 13
Articolo 19
Articolo 14
Articolo 45
Articolo 15
Articolo 43
Articolo 16
Articolo 44
Articolo 17
Articolo 46
Articolo 18
Articolo 47
Allegato I
Allegato I
Allegato II e allegato IV, punto 1
Allegato II
Allegato III
Allegato III
Allegato IV, punto 2
Allegato IV
Allegato V
Articoli 16 e 17
Allegato VI
Articolo 24
Allegato VII
Allegato VI
DICHIARAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Il Parlamento europeo ritiene che le commissioni possano essere considerate comitati di «comitatologia» ai sensi dell'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea unicamente se e nella misura in cui tali commissioni nelle loro riunioni discutono di atti di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. Le riunioni delle commissioni rientrano quindi nell'ambito di applicazione del punto 15 dell'accordo quadro se e nella misura in cui vengono discussi altri temi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2014/30/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2014
concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Poiché si rendono necessarie varie modifiche della direttiva 2004/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE (3), a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2)
Il regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti (4) stabilisce norme riguardanti l’accreditamento degli organismi di valutazione della conformità, fornisce un quadro per la vigilanza del mercato dei prodotti e per i controlli sui prodotti provenienti dai paesi terzi e stabilisce i principi generali della marcatura CE.
(3)
La decisione 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (5), stabilisce principi generali e disposizioni di riferimento da applicare in tutta la normativa settoriale, in modo da fornire una base coerente per la revisione o la rifusione di tale normativa. La direttiva 2004/108/CE dovrebbe essere adattata a tale decisione.
(4)
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le radiocomunicazioni, inclusi la ricezione di emissioni di radiodiffusione e il servizio radioamatoriale operante conformemente ai regolamenti sulle radiocomunicazioni dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT), le reti di erogazione dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni nonché le apparecchiature connesse siano protette dalle perturbazioni elettromagnetiche.
(5)
Le disposizioni di diritto nazionale che assicurano la protezione contro le perturbazioni elettromagnetiche dovrebbero essere armonizzate per garantire la libera circolazione degli apparecchi elettrici ed elettronici senza ridurre i livelli giustificati di protezione negli Stati membri.
(6)
La presente direttiva disciplina i prodotti che sono nuovi sul mercato dell’Unione al momento della loro immissione sul mercato, vale a dire i prodotti nuovi prodotti da un fabbricante stabilito nell’Unione o quelli, nuovi o usati, importati da un paese terzo.
(7)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi a tutte le forme di fornitura, compresa la vendita a distanza.
(8)
Le apparecchiature oggetto della presente direttiva dovrebbero comprendere sia gli apparecchi che gli impianti fissi. Dovrebbero tuttavia essere adottate disposizioni distinte per gli uni e per gli altri dal momento che, mentre gli apparecchi in quanto tali possono circolare liberamente all’interno dell’Unione, gli impianti fissi sono installati e destinati ad essere utilizzati in modo permanente in un luogo prestabilito e sono costituiti di apparecchi di vari tipi nonché, se necessario, di altri dispositivi. La composizione e la funzione di tali impianti corrispondono nella maggior parte dei casi ad esigenze particolari degli operatori.
(9)
Nei casi in cui la presente direttiva disciplina un apparecchio si dovrebbe fare riferimento all’apparecchio finito immesso sul mercato. Alcuni componenti o sottounità dovrebbero, in presenza di determinate condizioni, essere considerati apparecchi se sono messi a disposizione dell’utilizzatore finale.
(10)
La presente direttiva non dovrebbe concernere le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione, già disciplinate dalla direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità (6). I requisiti in materia di compatibilità elettromagnetica delle due direttive assicurano lo stesso livello di protezione.
(11)
La presente direttiva non dovrebbe concernere gli aeromobili e le apparecchiature destinate ad essere installate a bordo di aeromobili, che sono già oggetto di norme dell’Unione o internazionali speciali in materia di compatibilità elettromagnetica.
(12)
La presente direttiva non dovrebbe disciplinare le apparecchiature che, per loro natura, non presentano rischi in termini di compatibilità elettromagnetica.
(13)
La presente direttiva non dovrebbe concernere la sicurezza delle apparecchiature, poiché essa fa l’oggetto di disposizioni legislative dell’Unione o nazionali distinte.
(14)
I fabbricanti di apparecchiature destinate a essere collegate alle reti dovrebbero costruire tali apparecchiature in modo tale da evitare che le reti subiscano un deterioramento inaccettabile del servizio quando sono utilizzate in condizioni di funzionamento normali. Gli operatori delle reti dovrebbero costruire le loro reti in modo tale che i fabbricanti di apparecchiature suscettibili di essere collegate alle reti non debbano sopportare un onere sproporzionato per evitare che le reti subiscano un deterioramento inaccettabile del servizio. Gli enti di normazione europei dovrebbero tenere nella dovuta considerazione tale obiettivo (anche per quanto concerne gli effetti cumulativi dei pertinenti tipi di fenomeni elettromagnetici) in sede di elaborazione di norme armonizzate.
(15)
La protezione contro le perturbazioni elettromagnetiche esige l’imposizione di obblighi ai vari operatori economici che dovrebbero essere applicati in modo equo ed efficace per garantire una tale protezione.
(16)
Gli operatori economici dovrebbero essere responsabili della conformità degli apparecchi alla presente direttiva, in funzione del ruolo che rivestono nella catena di fornitura, in modo da garantire un elevato livello di protezione degli interessi pubblici contemplati dalla presente direttiva, nonché una concorrenza leale sul mercato dell’Unione.
(17)
Tutti gli operatori economici che intervengono nella catena di fornitura e distribuzione dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire la messa a disposizione sul mercato solo di apparecchi conformi alla presente direttiva. È necessario stabilire una ripartizione chiara e proporzionata degli obblighi corrispondenti al ruolo di ogni operatore economico nella catena di fornitura e distribuzione.
(18)
Per facilitare la comunicazione tra gli operatori economici, le autorità di vigilanza del mercato e i consumatori, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare gli operatori economici a fornire l’indirizzo del sito Internet in aggiunta a quello postale.
(19)
Il fabbricante, possedendo le conoscenze dettagliate relative al processo di progettazione e produzione, si trova nella posizione migliore per eseguire la procedura di valutazione della conformità. La valutazione della conformità dovrebbe quindi rimanere obbligo esclusivo del fabbricante.
(20)
È necessario garantire che i prodotti provenienti da paesi terzi che entrano nel mercato dell’Unione siano conformi alla presente direttiva e in particolare che i fabbricanti abbiano effettuato adeguate procedure di valutazione della conformità in merito a tali apparecchi. Occorre pertanto prevedere che gli importatori si assicurino di immettere sul mercato apparecchi conformi alle prescrizioni stabilite dalla presente direttiva e di non immettere sul mercato apparecchi che non sono conformi a tali prescrizioni o presentano un rischio. Dovrebbe essere inoltre previsto che gli importatori si assicurino che siano state effettuate le procedure di valutazione della conformità e che la marcatura degli apparecchi e la documentazione elaborata dai fabbricanti siano a disposizione delle autorità nazionali competenti a fini di controllo.
(21)
All’atto dell’immissione di un apparecchio sul mercato ogni importatore dovrebbe indicare sull’apparecchio il proprio nome, la propria denominazione commerciale registrata o il proprio marchio registrato e l’indirizzo postale al quale può essere contattato. Dovrebbero essere previste eccezioni qualora le dimensioni o la natura dell’apparecchio non lo consentano. Si dovrebbero prevedere eccezioni per i casi in cui l’importatore debba aprire l’imballaggio per apporre il proprio nome e indirizzo sull’apparecchio.
(22)
Il distributore mette un apparecchio a disposizione sul mercato dopo che il fabbricante o l’importatore lo ha immesso sul mercato e dovrebbe agire con la dovuta cautela per garantire che la manipolazione dell’apparecchio non incida negativamente sulla sua conformità.
(23)
Qualsiasi operatore economico che immetta sul mercato un apparecchio con il proprio nome o marchio commerciale oppure modifichi un apparecchio in modo tale da incidere sulla conformità alla presente direttiva dovrebbe esserne considerato il fabbricante e assumersi pertanto i relativi obblighi.
(24)
I distributori e gli importatori, vista la loro vicinanza al mercato, dovrebbero essere coinvolti nei compiti di vigilanza del mercato svolti dalle autorità nazionali competenti e dovrebbero essere pronti a parteciparvi attivamente, fornendo a tali autorità tutte le informazioni necessarie sull’apparecchio in questione.
(25)
Garantire la rintracciabilità di un apparecchio in tutta la catena di fornitura contribuisce a semplificare la vigilanza del mercato e a migliorarne l’efficienza. Un sistema efficiente di rintracciabilità facilita il compito delle autorità di vigilanza del mercato di rintracciare l’operatore economico che abbia messo a disposizione sul mercato apparecchi non conformi. Nel conservare le informazioni richieste ai sensi della presente direttiva per l’identificazione di altri operatori economici, questi ultimi non dovrebbero essere tenuti ad aggiornare tali informazioni concernenti gli altri operatori economici che hanno fornito loro apparecchi o ai quali essi hanno fornito apparecchi.
(26)
Gli impianti fissi, comprese le macchine di grandi dimensioni e le reti, possono generare perturbazioni elettromagnetiche o essere da esse interessati. Può esistere un’interfaccia tra impianti fissi e apparecchi, e le perturbazioni elettromagnetiche prodotte da impianti fissi possono influire su apparecchi, e viceversa. Dal punto di vista della compatibilità elettromagnetica, è irrilevante se le perturbazioni elettromagnetiche provengono da apparecchi o da impianti fissi. Di conseguenza, gli impianti fissi e gli apparecchi dovrebbero essere sottoposti ad un regime coerente e completo di requisiti essenziali.
(27)
È opportuno che la presente direttiva si limiti a formulare i requisiti essenziali. Per agevolare la valutazione della conformità a tali requisiti, è necessario, al fine della formulazione di specifiche tecniche dettagliate, conferire la presunzione di conformità alle apparecchiature conformi alle norme armonizzate adottate ai sensi del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normalizzazione europea (7). Le norme armonizzate rispecchiano lo stato dell’arte generalmente riconosciuto per quanto attiene alla compatibilità elettromagnetica nell’Unione.
(28)
Il regolamento (UE) n. 1025/2012 prevede una procedura relativa alle obiezioni alle norme armonizzate che non soddisfino completamente le prescrizioni della presente direttiva.
(29)
Per consentire agli operatori economici di dimostrare e alle autorità competenti di garantire che gli apparecchi messi a disposizione sul mercato sono conformi ai requisiti essenziali, è necessario prevedere procedure di valutazione della conformità. La decisione n. 768/2008/CE contiene una serie di moduli per le procedure di valutazione della conformità, che vanno dalla procedura meno severa a quella più severa con un rigore proporzionale al livello di rischio effettivo. Per garantire la coerenza intersettoriale ed evitare varianti ad hoc, è opportuno che le procedure di valutazione della conformità siano scelte tra questi moduli.
(30)
L’obbligo di valutazione della conformità dovrebbe imporre al fabbricante di procedere a una valutazione della compatibilità elettromagnetica dell’apparecchio in relazione ai fenomeni pertinenti, per determinare se l’apparecchio sia conforme ai requisiti essenziali della presente direttiva.
(31)
Se un apparecchio può assumere diverse configurazioni, la valutazione della compatibilità elettromagnetica dovrebbe accertare che l’apparecchio è conforme ai requisiti essenziali nelle configurazioni che il fabbricante può prevedere come rappresentative di un uso normale nelle applicazioni cui è destinato. In tali casi dovrebbe essere sufficiente effettuare una valutazione sulla base della configurazione che ha la maggiore probabilità di produrre la massima perturbazione e della configurazione più suscettibile di perturbazione.
(32)
Non è opportuno effettuare la valutazione della conformità di un apparecchio immesso sul mercato per essere integrato in un dato impianto fisso, e non altrimenti messo a disposizione sul mercato, separatamente dall’impianto fisso nel quale deve essere integrato. Un tale apparecchio dovrebbe quindi essere esonerato dalle procedure di valutazione della conformità normalmente applicabili agli apparecchi, senza possibilità che l’apparecchio stesso comprometta la conformità dell’impianto fisso in cui è integrato. Qualora un apparecchio sia integrato in più impianti fissi identici, l’identificazione delle caratteristiche di compatibilità elettromagnetica di tali impianti dovrebbe essere sufficiente a garantire l’esonero dalla procedura di valutazione della conformità.
(33)
I fabbricanti dovrebbero redigere una dichiarazione di conformità UE che fornisca le informazioni richieste a norma della presente direttiva sulla conformità di un apparecchio alla presente direttiva e altri atti pertinenti della normativa di armonizzazione dell’Unione.
(34)
Per garantire un accesso effettivo alle informazioni a fini di vigilanza del mercato, le informazioni necessarie per identificare tutti gli atti dell’Unione applicabili dovrebbero essere disponibili in un’unica dichiarazione di conformità UE. Al fine di ridurre gli oneri amministrativi a carico degli operatori economici, tale dichiarazione unica UE può essere un fascicolo comprendente le dichiarazioni di conformità individuali pertinenti.
(35)
La marcatura CE, che indica la conformità dell’apparecchio, è la conseguenza visibile di un intero processo che comprende la valutazione della conformità in senso lato. I principi generali che disciplinano il marchio CE sono esposti nel regolamento (CE) n. 765/2008, mentre la presente direttiva dovrebbe dettare le norme che disciplinano l’apposizione della marcatura CE.
(36)
Per le loro caratteristiche specifiche, non è necessario che gli impianti fissi siano soggetti all’obbligo di apposizione della marcatura CE o della dichiarazione di conformità UE.
(37)
Una delle procedure di valutazione della conformità di cui alla presente direttiva richiede l’intervento di organismi di valutazione della conformità, che sono notificati dagli Stati membri alla Commissione.
(38)
L’esperienza ha dimostrato che i criteri stabiliti dalla direttiva 2004/108/CE, cui si devono attenere gli organismi di valutazione della conformità per essere notificati alla Commissione, non sono sufficienti a garantire un livello uniformemente alto di risultati degli organismi notificati in tutta l’Unione. È tuttavia indispensabile che tutti gli organismi notificati svolgano le proprie funzioni allo stesso livello e nelle stesse condizioni di concorrenza leale. A tal fine è necessario stabilire prescrizioni obbligatorie per gli organismi di valutazione della conformità che desiderano essere notificati per fornire servizi di valutazione della conformità.
(39)
Qualora dimostri la propria conformità ai criteri stabiliti nelle norme armonizzate, un organismo di valutazione della conformità dovrebbe essere considerato conforme alle corrispondenti prescrizioni di cui alla presente direttiva.
(40)
Per garantire un livello uniforme di qualità nella prestazione della valutazione della conformità, è necessario stabilire le prescrizioni da applicare alle autorità di notifica e agli altri organismi coinvolti nella valutazione, nella notifica e nel controllo degli organismi notificati.
(41)
Il sistema previsto dalla direttiva è completato dal sistema di accreditamento di cui al regolamento (CE) n. 765/2008. Poiché l’accreditamento è un mezzo essenziale per la verifica della competenza degli organismi di valutazione della conformità, è opportuno impiegarlo anche ai fini della notifica.
(42)
L’accreditamento trasparente, quale previsto dal regolamento (CE) n. 765/2008, che garantisce il necessario livello di fiducia nei certificati, dovrebbe essere considerato dalle autorità pubbliche nazionali in tutta l’Unione lo strumento preferito per dimostrare la competenza tecnica di tali organismi. Tuttavia, le autorità nazionali possono ritenere di possedere gli strumenti idonei a effettuare da sé tale valutazione. In tal caso, onde assicurare l’opportuno livello di credibilità delle valutazioni effettuate dalle altre autorità nazionali, dovrebbero fornire alla Commissione e agli altri Stati membri le necessarie prove documentali che dimostrino che gli organismi di valutazione della conformità valutati rispettano le pertinenti prescrizioni regolamentari.
(43)
Spesso gli organismi di valutazione della conformità subappaltano parti delle loro attività connesse alla valutazione della conformità o fanno ricorso ad un’affiliata. Al fine di salvaguardare il livello di tutela richiesto per gli apparecchi da immettere sul mercato dell’Unione, è indispensabile che i subappaltatori e le affiliate di valutazione della conformità rispettino le stesse prescrizioni applicate agli organismi notificati in relazione allo svolgimento di compiti di valutazione della conformità. È pertanto importante che la valutazione della competenza e delle prestazioni degli organismi da notificare e la vigilanza degli organismi già notificati siano estese anche alle attività eseguite dai subappaltatori e dalle affiliate.
(44)
È necessario aumentare l’efficienza e la trasparenza della procedura di notifica e, in particolare, adattarla alle nuove tecnologie in modo da consentire la notifica elettronica.
(45)
Poiché gli organismi notificati possono offrire i propri servizi in tutta l’Unione, è opportuno conferire agli altri Stati membri e alla Commissione la possibilità di sollevare obiezioni relative a un organismo notificato. È pertanto importante prevedere un periodo durante il quale sia possibile chiarire eventuali dubbi o preoccupazioni circa la competenza degli organismi di valutazione della conformità prima che essi inizino ad operare in qualità di organismi notificati.
(46)
Nell’interesse della competitività, è fondamentale che gli organismi notificati applichino le procedure di valutazione della conformità senza creare oneri superflui per gli operatori economici. Per lo stesso motivo, e per garantire la parità di trattamento degli operatori economici, dovrebbe essere garantita la coerenza nell’applicazione tecnica delle procedure di valutazione della conformità, che può essere realizzata meglio mediante un coordinamento appropriato e la cooperazione tra organismi notificati.
(47)
Per garantire la certezza del diritto, è necessario chiarire che agli apparecchi oggetto della presente direttiva si applicano le norme in materia di vigilanza del mercato dell’Unione e di controlli sui prodotti che entrano nel mercato dell’Unione di cui al regolamento (CE) n. 765/2008. La presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di scegliere le autorità competenti incaricate dello svolgimento di tali compiti.
(48)
La direttiva 2004/108/CE prevede già una procedura di salvaguardia. Per aumentare la trasparenza e ridurre i tempi procedurali è necessario migliorare la procedura di salvaguardia attuale al fine di migliorarne l’efficienza e avvalersi delle conoscenze disponibili negli Stati membri.
(49)
È opportuno completare il sistema attuale con una procedura che consente di informare le parti interessate delle misure di cui è prevista l’adozione in relazione agli apparecchi che presentano un rischio per gli aspetti inerenti alla protezione di interessi pubblici disciplinati dalla presente direttiva. Esso dovrebbe consentire inoltre alle autorità di vigilanza del mercato, in cooperazione con gli operatori economici interessati, di intervenire in una fase più precoce per quanto riguarda tali apparecchi.
(50)
Qualora gli Stati membri e la Commissione concordino sul fatto che una misura presa da uno Stato membro sia giustificata, non occorre prevedere ulteriori interventi della Commissione, ad eccezione dei casi in cui la non conformità possa essere attribuita a carenze di una norma armonizzata.
(51)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (8).
(52)
Per l’adozione di atti di esecuzione che richiedono allo Stato membro notificante di adottare le necessarie misure correttive nei confronti degli organismi notificati che non soddisfano o non soddisfano più i requisiti per la loro notifica, si dovrebbe ricorrere alla procedura consultiva.
(53)
In linea con la prassi consolidata, il comitato istituito a norma della presente direttiva può svolgere un ruolo utile esaminando le questioni concernenti l’applicazione della direttiva stessa sollevate dal suo presidente o dal rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
(54)
Ogniqualvolta si esaminino questioni relative alla presente direttiva, ad eccezione della sua attuazione o di sue violazioni, vale a dire in un gruppo di esperti della Commissione, il Parlamento europeo dovrebbe ricevere, in linea con la prassi corrente, tutte le informazioni e la documentazione, nonché, ove opportuno, l’invito a partecipare a tali riunioni.
(55)
La Commissione dovrebbe determinare mediante atti di esecuzione e, in virtù della loro natura speciale, senza applicare il regolamento (UE) n. 182/2011, se le misure adottate dagli Stati membri nei confronti di apparecchi non conformi siano giustificate o meno.
(56)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire regole quanto alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e assicurare che esse siano applicate. Le sanzioni previste dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
(57)
È necessario pertanto prevedere un regime transitorio ragionevole che consenta di mettere a disposizione sul mercato e mettere in servizio, senza che sia necessario rispettare altri requisiti relativi ai prodotti, gli apparecchi che sono già stati immessi sul mercato a norma della direttiva 2004/108/CE prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva. I distributori dovrebbero quindi poter fornire apparecchi immessi sul mercato, vale a dire gli stock che si trovano già nella catena di distribuzione, prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva.
(58)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire assicurare il funzionamento del mercato interno introducendo l’obbligo di conformità delle apparecchiature ad un livello adeguato di compatibilità elettromagnetica, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(59)
L’obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva precedente. L’obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.
(60)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e alla data di applicazione della direttiva di cui all’allegato V,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva disciplina la compatibilità elettromagnetica delle apparecchiature. Essa mira a garantire il funzionamento del mercato interno prescrivendo che le apparecchiature siano conformi a un livello adeguato di compatibilità elettromagnetica.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica alle apparecchiature definite all’articolo 3.
2. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva:
a)
le apparecchiature oggetto della direttiva 1999/5/CE;
b)
i prodotti aeronautici, parti e pertinenze di cui al regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza aerea, e che abroga la direttiva 91/670/CEE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 1592/2002 e la direttiva 2004/36/CE (9);
c)
alle apparecchiature radio utilizzate da radioamatori, ai sensi delle disposizioni relative alle radiocomunicazioni adottate nel quadro della costituzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni e della convenzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni (10), a meno che tali apparecchiature siano messe a disposizione sul mercato;
d)
le apparecchiature che, per loro natura e per le loro caratteristiche fisiche:
i)
sono incapaci di generare o contribuire a generare emissioni elettromagnetiche che superano un livello compatibile con il regolare funzionamento delle apparecchiature radio e di telecomunicazione e di altre apparecchiature; e
ii)
funzionano senza deterioramento inaccettabile in presenza delle perturbazioni elettromagnetiche abitualmente derivanti dall’uso al quale sono destinate;
e)
i kit di valutazione su misura per professionisti destinati ad essere utilizzati unicamente in strutture di ricerca e sviluppo a tali fini.
Ai fini del primo comma, lettera c), i kit di componenti destinati a essere assemblati da radioamatori e le apparecchiature messe a disposizione sul mercato nonché modificate e utilizzate da radioamatori non sono considerati apparecchiature messe a disposizione sul mercato.
3. Qualora, per le apparecchiature di cui al paragrafo 1, i requisiti essenziali di cui all’allegato I siano interamente o parzialmente stabiliti in maniera più specifica da altra normativa dell’Unione, la presente direttiva non si applica, o cessa di applicarsi, a tali apparecchiature in relazione ai suddetti requisiti a decorrere dalla data di attuazione di di detta normativa dell’Unione.
4. La presente direttiva non incide sull’applicazione della legislazione dell’Unione o nazionale che disciplina la sicurezza delle apparecchiature.
Articolo 3
Definizioni
1. Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «apparecchiatura»: ogni apparecchio o impianto fisso;
2) «apparecchio»: ogni dispositivo finito, o combinazione di dispositivi finiti, messo a disposizione sul mercato come unità funzionale indipendente, destinato all’utilizzatore finale e in grado di generare perturbazioni elettromagnetiche, o il cui funzionamento può subire gli effetti di tali perturbazioni;
3) «impianto fisso»: una combinazione particolare di apparecchi di vario tipo ed eventualmente di altri dispositivi, che sono assemblati, installati e destinati ad essere utilizzati in modo permanente in un luogo prestabilito;
4) «compatibilità elettromagnetica»: l’idoneità di un’apparecchiatura a funzionare nel proprio ambiente elettromagnetico in modo soddisfacente e senza produrre perturbazioni elettromagnetiche inaccettabili in altre apparecchiature in tale ambiente;
5) «perturbazione elettromagnetica»: ogni fenomeno elettromagnetico che può alterare il funzionamento di un’apparecchiatura; una perturbazione elettromagnetica può essere costituita da un rumore elettromagnetico, un segnale non desiderato o da un’alterazione del mezzo stesso di propagazione;
6) «immunità»: l’idoneità di un’apparecchiatura a funzionare normalmente senza deterioramento in presenza di una perturbazione elettromagnetica;
7) «scopi di sicurezza»: scopi di preservazione della vita umana o dei beni;
8) «ambiente elettromagnetico»: il complesso di tutti i fenomeni elettromagnetici osservabili in un determinato luogo;
9) «messa a disposizione sul mercato»: la fornitura di un apparecchio per la distribuzione, il consumo o l’uso nel mercato dell’Unione nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito;
10) «immissione sul mercato»: la prima messa a disposizione sul mercato dell’Unione di un apparecchio;
11) «fabbricante»: una persona fisica o giuridica che fabbrica un apparecchio, o che lo fa progettare o fabbricare, e commercializza tale apparecchio con il proprio nome o marchio commerciale;
12) «rappresentante autorizzato»: una persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che ha ricevuto da un fabbricante un mandato scritto che la autorizza ad agire a suo nome in relazione a determinati compiti;
13) «importatore»: la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che immette sul mercato dell’Unione un apparecchio originario di un paese terzo;
14) «distributore»: la persona fisica o giuridica presente nella catena di fornitura, diversa dal fabbricante e dall’importatore, che mette a disposizione un apparecchio sul mercato;
15) «operatori economici»: il fabbricante, il rappresentante autorizzato, l’importatore e il distributore;
16) «specifica tecnica»: un documento che prescrive i requisiti tecnici che l’apparecchiatura deve soddisfare;
17) «norma armonizzata»: la norma armonizzata di cui all’articolo 2, punto 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 1025/2012;
18) «accreditamento»: accreditamento quale definito all’articolo 2, punto 10, del regolamento (CE) n. 765/2008;
19) «organismo nazionale di accreditamento»: organismo nazionale di accreditamento di cui all’articolo 2, punto 11, del regolamento (CE) n. 765/2008;
20) «valutazione della conformità»: il processo atto a dimostrare il rispetto dei requisiti essenziali della presente direttiva relativi a un apparecchio;
21) «organismo di valutazione della conformità»: un organismo che svolge attività di valutazione della conformità, fra cui tarature, prove, certificazioni e ispezioni;
22) «richiamo»: qualsiasi misura volta a ottenere la restituzione di un apparecchio già messo a disposizione dell’utilizzatore finale;
23) «ritiro»: qualsiasi misura volta a impedire la messa a disposizione sul mercato di un apparecchio presente nella catena di fornitura;
24) «normativa di armonizzazione dell’Unione»: la normativa dell’Unione che armonizza le condizioni per la commercializzazione dei prodotti;
25) «marcatura CE»: una marcatura mediante la quale il fabbricante indica che l’apparecchio è conforme ai requisiti applicabili stabiliti nella normativa di armonizzazione dell’Unione che ne prevede l’apposizione.
2. Ai fini della presente direttiva sono considerati apparecchi:
1)
i «componenti» o le «sottounità» che sono destinati a essere integrati in un apparecchio dall’utilizzatore finale e sono in grado di generare perturbazioni elettromagnetiche, o il cui funzionamento può subire gli effetti di tali perturbazioni;
2)
gli «impianti mobili» definiti come combinazione di apparecchi ed eventualmente altri dispositivi destinata ad essere spostata e utilizzata in ubicazioni diverse.
Articolo 4
Messa a disposizione sul mercato e/o messa in servizio
Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni appropriate per assicurare che le apparecchiature siano messe a disposizione sul mercato e/o messe in servizio soltanto se, adeguatamente installate, sottoposte a manutenzione e usate ai fini cui sono destinate, sono conformi alla presente direttiva.
Articolo 5
Libera circolazione delle apparecchiature
1. Gli Stati membri non ostacolano, per motivi relativi alla compatibilità elettromagnetica, la messa a disposizione sul mercato e/o la messa in servizio sul loro territorio delle apparecchiature conformi alla presente direttiva.
2. Le prescrizioni della presente direttiva non ostano all’applicazione in uno Stato membro delle seguenti misure speciali riguardanti la messa in servizio o l’uso di un’apparecchiatura:
a)
misure atte a superare un problema di compatibilità elettromagnetica esistente o prevedibile in uno specifico luogo;
b)
misure adottate per motivi di sicurezza per proteggere le reti pubbliche di telecomunicazione o le stazioni riceventi o emittenti quando sono utilizzate per scopi di sicurezza in situazioni relative allo spettro chiaramente definite.
Fatta salva la direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (11), gli Stati membri notificano tali misure speciali alla Commissione e agli altri Stati membri.
Le misure speciali che sono state accettate sono pubblicate dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
3. Nelle fiere campionarie, nelle mostre o manifestazioni simili gli Stati membri non ostacolano la presentazione e/o la dimostrazione di apparecchiature non conformi alla presente direttiva, a condizione che un’evidente indicazione grafica indichi chiaramente che tali apparecchiature non possono essere messe a disposizione sul mercato e/o messe in servizio fintanto che non siano messe in conformità con la presente direttiva. La dimostrazione del funzionamento può avvenire solo a condizione che siano state adottate misure adeguate per evitare perturbazioni elettromagnetiche.
Articolo 6
Requisiti essenziali
Le apparecchiature devono essere conformi ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
CAPO 2
OBBLIGHI DEGLI OPERATORI ECONOMICI
Articolo 7
Obblighi dei fabbricanti
1. All’atto dell’immissione dei loro apparecchi sul mercato, i fabbricanti assicurano che siano stati progettati e fabbricati conformemente ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
2. I fabbricanti preparano la documentazione tecnica di cui all’allegato II o all’allegato III ed eseguono o fanno eseguire la procedura di valutazione della conformità di cui all’articolo 14.
Qualora la conformità di un apparecchio ai requisiti applicabili sia stata dimostrata da tale procedura, i fabbricanti redigono una dichiarazione di conformità UE e appongono la marcatura CE.
3. I fabbricanti conservano la documentazione tecnica e la dichiarazione di conformità UE per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato.
4. I fabbricanti garantiscono che siano predisposte le procedure necessarie affinché la produzione in serie continui a essere conforme alla presente direttiva. Si tiene debitamente conto delle modifiche della progettazione o delle caratteristiche del prodotto, nonché delle modifiche delle norme armonizzate o delle altre specifiche tecniche con riferimento alle quali è dichiarata la conformità dell’apparecchio.
5. I fabbricanti garantiscono che sugli apparecchi da essi immessi sul mercato sia apposto un numero di tipo, di lotto, di serie oppure qualsiasi altro elemento che consenta la loro identificazione, oppure, qualora le dimensioni o la natura dell’apparecchio non lo consentano, che le informazioni richieste siano fornite sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento dell’apparecchio.
6. I fabbricanti indicano sull’apparecchio il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento dell’apparecchio. L’indirizzo indica un unico punto in cui il fabbricante può essere contattato. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
7. I fabbricanti garantiscono che l’apparecchio sia accompagnato dalle istruzioni e dalle informazioni di cui all’articolo 18 in una lingua che può essere facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato. Tali istruzioni e informazioni, al pari di qualunque etichettatura, devono essere chiare, comprensibili e intelligibili.
8. I fabbricanti che ritengono o hanno motivo di ritenere che un apparecchio da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale apparecchio, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora l’apparecchio presenti un rischio, i fabbricanti ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato l’apparecchio, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
9. I fabbricanti, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio alla presente direttiva, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dagli apparecchi da essi immessi sul mercato.
Articolo 8
Rappresentanti autorizzati
1. Il fabbricante può nominare, mediante mandato scritto, un rappresentante autorizzato.
Gli obblighi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, e l’obbligo di redigere la documentazione tecnica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, non rientrano nel mandato del rappresentante autorizzato.
2. Il rappresentante autorizzato esegue i compiti specificati nel mandato ricevuto dal fabbricante. Il mandato consente al rappresentante autorizzato di eseguire almeno i seguenti compiti:
a)
mantenere la dichiarazione di conformità UE e la documentazione tecnica a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza del mercato per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato;
b)
a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, fornire a tale autorità tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio;
c)
cooperare con le autorità nazionali competenti, su loro richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dall’apparecchio che rientra nel mandato del rappresentante autorizzato.
Articolo 9
Obblighi degli importatori
1. Gli importatori immettono sul mercato solo apparecchi conformi.
2. Prima di immettere un apparecchio sul mercato gli importatori assicurano che il fabbricante abbia eseguito l’appropriata procedura di valutazione della conformità di cui all’articolo 14. Essi assicurano che il fabbricante abbia preparato la documentazione tecnica, che la marcatura CE sia apposta sull’apparecchio, che quest’ultimo sia accompagnato dai documenti prescritti, e che il fabbricante abbia rispettato le prescrizioni di cui all’articolo 7, paragrafi 5 e 6.
L’importatore, se ritiene o ha motivo di ritenere che un apparecchio non sia conforme all’allegato I, non immette l’apparecchio sul mercato fino a quando non sia stato reso conforme. Inoltre, quando l’apparecchio presenta un rischio, l’importatore ne informa il fabbricante e le autorità di vigilanza del mercato.
3. Gli importatori indicano sull’apparecchio il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento dell’apparecchio. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
4. Gli importatori garantiscono che l’apparecchio sia accompagnato dalle istruzioni e dalle informazioni di cui all’articolo 18 in una lingua che può essere facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato.
5. Gli importatori garantiscono che, mentre un apparecchio è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
6. Gli importatori che ritengono o hanno motivo di ritenere che un apparecchio da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale apparecchio, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora l’apparecchio presenti un rischio, gli importatori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato l’apparecchio, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
7. Per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato gli importatori mantengono la dichiarazione di conformità UE a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato; garantiscono inoltre che, su richiesta, la documentazione tecnica sarà messa a disposizione di tali autorità.
8. Gli importatori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio in una lingua facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dagli apparecchi da essi immessi sul mercato.
Articolo 10
Obblighi dei distributori
1. Quando mettono un apparecchio a disposizione sul mercato, i distributori applicano con la dovuta diligenza le prescrizioni della presente direttiva.
2. Prima di mettere un apparecchio a disposizione sul mercato i distributori verificano che esso rechi la marcatura CE, sia accompagnato dalla documentazione necessaria nonché dalle istruzioni e dalle informazioni di cui all’articolo 18 in una lingua facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali nello Stato membro in cui l’apparecchio deve essere messo a disposizione sul mercato e che il fabbricante e l’importatore si siano conformati alle prescrizioni di cui rispettivamente all’articolo 7, paragrafi 5 e 6, e all’articolo 9, paragrafo 3.
Il distributore, se ritiene o ha motivo di ritenere che un apparecchio non sia conforme alle prescrizioni di cui all’allegato I, non mette l’apparecchio a disposizione sul mercato fino a quando esso non sia stato reso conforme. Inoltre, se l’apparecchio presenta un rischio, il distributore ne informa il fabbricante o l’importatore e le autorità di vigilanza del mercato.
3. I distributori garantiscono che, mentre l’apparecchio è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
4. I distributori che ritengono o hanno motivo di ritenere che un apparecchio da essi messo a disposizione sul mercato non sia conforme alla presente direttiva si assicurano che siano prese le misure correttive necessarie per rendere conforme tale apparecchio, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora l’apparecchio presenti un rischio, i distributori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato l’apparecchio, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
5. I distributori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità dell’apparecchio. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dall’apparecchio da essi messo a disposizione sul mercato.
Articolo 11
Casi in cui gli obblighi dei fabbricanti si applicano agli importatori e ai distributori
Un importatore o distributore è ritenuto un fabbricante ai fini della presente direttiva ed è soggetto agli obblighi del fabbricante di cui all’articolo 7 quando immette sul mercato un apparecchio con il proprio nome o marchio commerciale o modifica un apparecchio già immesso sul mercato in modo tale da poterne condizionare la conformità alla presente direttiva.
Articolo 12
Identificazione degli operatori economici
Gli operatori economici indicano alle autorità di vigilanza che ne facciano richiesta:
a)
qualsiasi operatore economico che abbia fornito loro un apparecchio;
b)
qualsiasi operatore economico cui abbiano fornito un apparecchio.
Gli operatori economici devono essere in grado di presentare le informazioni di cui al primo comma per dieci anni dal momento in cui siano stati loro forniti apparecchi e per dieci anni dal momento in cui essi abbiano fornito apparecchi.
CAPO 3
CONFORMITÀ DELLE APPARECCHIATURE
Articolo 13
Presunzione di conformità delle apparecchiature
Le apparecchiature che sono conformi alle norme armonizzate o a parti di esse i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sono considerati conformi ai requisiti essenziali di cui all’allegato I disciplinati da tali norme o parti di esse.
Articolo 14
Procedure di valutazione della conformità degli apparecchi
La conformità di un apparecchio ai requisiti essenziali di cui all’allegato I è dimostrata mediante una delle seguenti procedure di valutazione della conformità:
a)
il controllo interno della produzione di cui all’allegato II;
b)
l’esame UE del tipo seguito dalla conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione di cui all’allegato III.
Il fabbricante può scegliere di limitare l’applicazione della procedura di cui al primo comma, lettera b), ad alcuni aspetti dei requisiti essenziali, a condizione che agli altri aspetti dei requisiti essenziali sia applicata la procedura di cui al primo comma, lettera a).
Articolo 15
Dichiarazione di conformità UE
1. La dichiarazione di conformità UE attesta il rispetto dei requisiti essenziali di cui all’allegato I.
2. La dichiarazione di conformità UE ha la struttura tipo di cui all’allegato IV, contiene gli elementi specificati nei pertinenti moduli di cui agli allegati II e III ed è continuamente aggiornata. Essa è tradotta nella lingua o nelle lingue richieste dallo Stato membro nel quale l’apparecchio è immesso o messo a disposizione sul mercato.
3. Se all’apparecchio si applicano più atti dell’Unione che prescrivono una dichiarazione di conformità UE, è compilata un’unica dichiarazione di conformità UE in rapporto a tutti questi atti dell’Unione. La dichiarazione contiene gli estremi degli atti dell’Unione, compresi i riferimenti della loro pubblicazione.
4. Con la dichiarazione di conformità UE il fabbricante si assume la responsabilità della conformità dell’apparecchio ai requisiti stabiliti dalla presente direttiva.
Articolo 16
Principi generali della marcatura CE
La marcatura CE è soggetta ai principi generali esposti all’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 17
Regole e condizioni per l’apposizione della marcatura CE
1. La marcatura CE è apposta in modo visibile, leggibile e indelebile sull’apparecchio o sulla sua targhetta. Qualora non sia possibile o la natura dell’apparecchio non lo consenta, essa è apposta sul suo imballaggio e sui documenti di accompagnamento.
2. La marcatura CE è apposta sull’apparecchio prima della sua immissione sul mercato.
3. Gli Stati membri si avvalgono dei meccanismi esistenti per garantire un’applicazione corretta del regime che disciplina la marcatura CE e promuovono le azioni opportune in caso di uso improprio di tale marcatura.
Articolo 18
Informazioni sull’uso dell’apparecchio
1. L’apparecchio è accompagnato da informazioni sulle precauzioni specifiche eventualmente da adottare nell’assemblaggio, l’installazione, la manutenzione o l’uso dell’apparecchio affinché, quando sia messo in servizio, esso sia conforme ai requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
2. Qualora la conformità di un apparecchio ai requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I non sia assicurata nelle zone residenziali, la relativa restrizione d’uso è chiaramente indicata, se del caso, anche sull’imballaggio.
3. Le informazioni richieste per consentire l’impiego conforme ai fini cui l’apparecchio è destinato figurano nelle istruzioni accluse all’apparecchio.
Articolo 19
Impianti fissi
1. Gli apparecchi che sono stati messi a disposizione sul mercato e che possono essere integrati in impianti fissi sono soggetti a tutte le pertinenti disposizioni relative agli apparecchi previste dalla presente direttiva.
Le prescrizioni degli articoli da 6 a 12 e da 14 a 18 non hanno tuttavia carattere obbligatorio nel caso degli apparecchi destinati ad essere integrati in un particolare impianto fisso e non altrimenti messi a disposizione sul mercato.
In tali casi la documentazione di accompagnamento identifica l’impianto fisso e le relative caratteristiche di compatibilità elettromagnetica e indica le precauzioni da prendere per l’integrazione dell’apparecchio nell’impianto fisso al fine di non pregiudicare la conformità dell’impianto in questione. La documentazione comprende inoltre le informazioni di cui all’articolo 7, paragrafi 5 e 6, e all’articolo 9, paragrafo 3.
Le buone prassi di ingegneria industriale di cui all’allegato I, punto 2, sono documentate e la persona o le persone responsabili tengono la documentazione a disposizione delle autorità nazionali competenti a fini di controllo fintantoché gli impianti fissi sono in funzione.
2. Quando vi è motivo di supporre la non conformità dell’impianto fisso, in particolare quando vi sono reclami riguardanti perturbazioni prodotte dall’impianto, le autorità competenti dello Stato membro interessato possono chiedere la prova della conformità dell’impianto fisso in questione e, se necessario, avviare una valutazione.
Laddove sia accertata una non conformità, le autorità competenti impongono le misure necessarie per rendere gli impianti fissi conformi ai requisiti essenziali di cui all’allegato I.
3. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per identificare la persona o le persone responsabili della messa in conformità di un impianto fisso ai pertinenti requisiti essenziali.
CAPO 4
NOTIFICA DEGLI ORGANISMI DI VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ
Articolo 20
Notifica
Gli Stati membri notificano alla Commissione e agli altri Stati membri gli organismi autorizzati ad eseguire, in qualità di terzi, compiti di valutazione della conformità a norma della presente direttiva.
Articolo 21
Autorità di notifica
1. Gli Stati membri designano un’autorità di notifica che è responsabile dell’istituzione e dell’esecuzione delle procedure necessarie per la valutazione e la notifica degli organismi di valutazione della conformità e il controllo degli organismi notificati, anche per quanto riguarda l’ottemperanza all’articolo 26.
2. Gli Stati membri possono decidere che la valutazione e il controllo di cui al paragrafo 1 siano eseguiti da un organismo nazionale di accreditamento ai sensi e in conformità del regolamento (CE) n. 765/2008.
3. Se l’autorità di notifica delega o altrimenti affida la valutazione, la notifica o il monitoraggio di cui al paragrafo 1 ad un organismo che non è un ente pubblico, detto organismo è una persona giuridica e rispetta mutatis mutandis le prescrizioni di cui all’articolo 22. Inoltre, esso adotta disposizioni per la copertura della responsabilità civile connessa alle proprie attività.
4. L’autorità di notifica si assume la piena responsabilità per i compiti svolti dall’organismo di cui al paragrafo 3.
Articolo 22
Prescrizioni relative alle autorità di notifica
1. L’autorità di notifica è stabilita in modo che non sorgano conflitti di interesse con gli organismi di valutazione della conformità.
2. L’autorità di notifica è organizzata e gestita in modo che sia salvaguardata l’obiettività e l’imparzialità delle sue attività.
3. L’autorità di notifica è organizzata in modo che ogni decisione relativa alla notifica di un organismo di valutazione della conformità sia presa da persone competenti diverse da quelle che hanno effettuato la valutazione.
4. L’autorità di notifica non offre e non effettua attività eseguite dagli organismi di valutazione della conformità o servizi di consulenza commerciali o su base concorrenziale.
5. L’autorità di notifica salvaguarda la riservatezza delle informazioni ottenute.
6. L’autorità di notifica ha a sua disposizione personale competente in numero sufficiente per l’adeguata esecuzione dei suoi compiti.
Articolo 23
Obbligo di informazione delle autorità di notifica
Gli Stati membri informano la Commissione delle loro procedure per la valutazione e la notifica degli organismi di valutazione della conformità e per il controllo degli organismi notificati, nonché di qualsiasi modifica delle stesse.
La Commissione rende pubbliche tali informazioni.
Articolo 24
Prescrizioni relative agli organismi notificati
1. Ai fini della notifica, l’organismo di valutazione della conformità rispetta le prescrizioni di cui ai paragrafi da 2 a 11.
2. L’organismo di valutazione della conformità è stabilito a norma della legge nazionale di uno Stato membro e ha personalità giuridica.
3. L’organismo di valutazione della conformità è un organismo terzo indipendente dall’organizzazione o dall’apparecchio che valuta.
Un organismo appartenente a un’associazione di imprese o a una federazione professionale che rappresenta imprese coinvolte nella progettazione, nella fabbricazione, nella fornitura, nell’assemblaggio, nell’utilizzo o nella manutenzione di apparecchi sottoposti alla sua valutazione può essere ritenuto un organismo di valutazione della conformità a condizione che siano dimostrate la sua indipendenza e l’assenza di qualsiasi conflitto di interesse.
4. L’organismo di valutazione della conformità, i suoi alti dirigenti e il personale addetto alla valutazione della conformità non sono né il progettista, né il fabbricante, né il fornitore, né l’installatore, né l’acquirente, né il proprietario, né l’utilizzatore o il responsabile della manutenzione degli apparecchi sottoposti alla sua valutazione, né il rappresentante di uno di questi soggetti. Ciò non preclude l’uso degli apparecchi valutati che sono necessari per il funzionamento dell’organismo di valutazione della conformità o l’uso di tali apparecchi per scopi privati.
L’organismo di valutazione della conformità, i suoi alti dirigenti e il personale addetto alla valutazione della conformità non intervengono direttamente nella progettazione, fabbricazione o nella costruzione, nella commercializzazione, nell’installazione, nell’utilizzo o nella manutenzione di tali apparecchi, né rappresentano i soggetti impegnati in tali attività. Non intraprendono alcuna attività che possa essere in conflitto con la loro indipendenza di giudizio o la loro integrità per quanto riguarda le attività di valutazione della conformità per cui sono notificati. Ciò vale in particolare per i servizi di consulenza.
Gli organismi di valutazione della conformità garantiscono che le attività delle loro affiliate o dei loro subappaltatori non si ripercuotano sulla riservatezza, sull’obiettività o sull’imparzialità delle loro attività di valutazione della conformità.
5. Gli organismi di valutazione della conformità e il loro personale eseguono le operazioni di valutazione della conformità con il massimo dell’integrità professionale e della competenza tecnica e sono liberi da qualsivoglia pressione e incentivo, soprattutto di ordine finanziario, che possa influenzare il loro giudizio o i risultati delle loro attività di valutazione, in particolare da persone o gruppi di persone interessati ai risultati di tali attività.
6. L’organismo di valutazione della conformità è in grado di eseguire tutti i compiti di valutazione della conformità assegnatigli in base all’allegato III e per cui è stato notificato, indipendentemente dal fatto che siano eseguiti dall’organismo stesso o per suo conto e sotto la sua responsabilità.
In ogni momento, per ogni procedura di valutazione della conformità e per ogni tipo o categoria di apparecchi per i quali è stato notificato, l’organismo di valutazione della conformità ha a sua disposizione:
a)
personale con conoscenze tecniche ed esperienza sufficiente e appropriata per eseguire i compiti di valutazione della conformità;
b)
le necessarie descrizioni delle procedure in base alle quali avviene la valutazione della conformità, garantendo la trasparenza e la capacità di riproduzione di tali procedure; una politica e procedure appropriate che distinguano i compiti che svolge in qualità di organismo notificato dalle altre attività;
c)
le procedure per svolgere le attività che tengono debitamente conto delle dimensioni di un’impresa, del settore in cui opera, della sua struttura, del grado di complessità della tecnologia dell’apparecchio in questione e della natura di massa o seriale del processo produttivo.
L’organismo di valutazione della conformità dispone dei mezzi necessari per eseguire in modo appropriato i compiti tecnici e amministrativi connessi alle attività di valutazione della conformità e ha accesso a tutti gli strumenti o impianti occorrenti.
7. Il personale responsabile dell’esecuzione dei compiti di valutazione della conformità dispone di quanto segue:
a)
una formazione tecnica e professionale solida che includa tutte le attività di valutazione della conformità in relazione a cui l’organismo di valutazione della conformità è stato notificato;
b)
soddisfacenti conoscenze delle prescrizioni relative alle valutazioni che esegue e un’adeguata autorità per eseguire tali valutazioni;
c)
una conoscenza e una comprensione adeguate dei requisiti essenziali di cui all’allegato I, delle norme armonizzate applicabili e delle disposizioni pertinenti della normativa armonizzata dell’Unione e della normativa nazionale;
d)
la capacità di elaborare certificati, registri e rapporti atti a dimostrare che le valutazioni sono state eseguite.
8. È garantita l’imparzialità degli organismi di valutazione della conformità, dei loro alti dirigenti e del personale addetto alla valutazione della conformità.
La remunerazione degli alti dirigenti e del personale addetto alla valutazione della conformità di un organismo di valutazione della conformità non dipende dal numero di valutazioni eseguite o dai risultati di tali valutazioni.
9. Gli organismi di valutazione della conformità sottoscrivono un contratto di assicurazione per la responsabilità civile, a meno che detta responsabilità non sia direttamente coperta dallo Stato a norma del diritto nazionale o che lo Stato membro stesso non sia direttamente responsabile della valutazione della conformità.
10. Il personale di un organismo di valutazione della conformità è tenuto al segreto professionale per tutto ciò di cui viene a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni a norma dell’allegato III o di qualsiasi disposizione esecutiva di diritto interno, tranne nei confronti delle autorità competenti dello Stato in cui esercita le sue attività. Sono tutelati i diritti di proprietà.
11. Gli organismi di valutazione della conformità partecipano alle attività di normalizzazione pertinenti e alle attività del gruppo di coordinamento degli organismi notificati, istituito a norma della pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione, o garantiscono che il loro personale addetto alla valutazione della conformità ne sia informato, e applicano come guida generale le decisioni e i documenti amministrativi prodotti da tale gruppo.
Articolo 25
Presunzione di conformità degli organismi notificati
Qualora dimostri la propria conformità ai criteri stabiliti nelle pertinenti norme armonizzate o in parti di esse i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, un organismo di valutazione della conformità è considerato conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 24 nella misura in cui le norme applicabili armonizzate coprano tali prescrizioni.
Articolo 26
Affiliate e subappaltatori degli organismi notificati
1. Un organismo notificato, qualora subappalti compiti specifici connessi alla valutazione della conformità oppure ricorra a un’affiliata, garantisce che il subappaltatore o l’affiliata rispettino le prescrizioni di cui all’articolo 24 e ne informa di conseguenza l’autorità di notifica.
2. Gli organismi notificati si assumono la completa responsabilità delle mansioni eseguite da subappaltatori o affiliate, ovunque questi siano stabiliti.
3. Le attività possono essere subappaltate o eseguite da un’affiliata solo con il consenso del cliente.
4. Gli organismi notificati mantengono a disposizione dell’autorità di notifica i documenti pertinenti riguardanti la valutazione delle qualifiche del subappaltatore o dell’affiliata e del lavoro eseguito da questi ultimi a norma dell’allegato III.
Articolo 27
Domanda di notifica
1. L’organismo di valutazione della conformità presenta una domanda di notifica all’autorità di notifica dello Stato membro in cui è stabilito.
2. La domanda di notifica è accompagnata da una descrizione delle attività di valutazione della conformità, del modulo o dei moduli di valutazione della conformità e dell’apparecchio per il quale tale organismo dichiara di essere competente, nonché da un certificato di accreditamento, se disponibile, rilasciato da un organismo nazionale di accreditamento che attesti che l’organismo di valutazione della conformità è conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 24.
3. Qualora l’organismo di valutazione della conformità non possa fornire un certificato di accreditamento, esso fornisce all’autorità di notifica tutte le prove documentali necessarie per la verifica, il riconoscimento e il controllo periodico della sua conformità alle prescrizioni di cui all’articolo 24.
Articolo 28
Procedura di notifica
1. Le autorità di notifica possono notificare solo gli organismi di valutazione della conformità che soddisfino le prescrizioni di cui all’articolo 24.
2. Esse notificano tali organismi alla Commissione e agli altri Stati membri utilizzando lo strumento elettronico di notifica elaborato e gestito dalla Commissione.
3. La notifica include tutti i dettagli riguardanti le attività di valutazione della conformità, il modulo o i moduli di valutazione della conformità e l’apparecchio interessato, nonché la relativa attestazione di competenza.
4. Qualora una notifica non sia basata su un certificato di accreditamento di cui all’articolo 27, paragrafo 2, l’autorità di notifica fornisce alla Commissione e agli altri Stati membri le prove documentali che attestino la competenza dell’organismo di valutazione della conformità nonché le disposizioni predisposte per fare in modo che tale organismo sia controllato periodicamente e continui a soddisfare le prescrizioni di cui all’articolo 24.
5. L’organismo interessato può eseguire le attività di un organismo notificato solo se non sono sollevate obiezioni da parte della Commissione o degli altri Stati membri entro due settimane dalla notifica, qualora sia usato un certificato di accreditamento, o entro due mesi dalla notifica qualora non sia usato un certificato di accreditamento.
Solo tale organismo è considerato un organismo notificato ai fini della presente direttiva.
6. L’autorità di notifica alla Commissione e agli altri Stati membri eventuali modifiche di rilievo apportate successivamente alla notifica.
Articolo 29
Numeri di identificazione ed elenchi degli organismi notificati
1. La Commissione assegna un numero di identificazione all’organismo notificato.
La Commissione assegna un numero unico anche se l’organismo è notificato ai sensi di diversi atti dell’Unione.
2. La Commissione mette a disposizione del pubblico un elenco degli organismi notificati a norma della presente direttiva con i rispettivi numeri d’identificazione assegnati e con l’indicazione delle attività per le quali sono stati notificati.
La Commissione provvede ad aggiornare l’elenco.
Articolo 30
Modifiche delle notifiche
1. Qualora accerti o sia informata che un organismo notificato non è più conforme alle prescrizioni di cui all’articolo 24, o non adempie ai suoi obblighi, l’autorità di notifica limita, sospende o ritira la notifica, a seconda dei casi, in funzione della gravità del mancato rispetto di tali prescrizioni o dell’inadempimento di tali obblighi. L’autorità di notifica informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri.
2. Nei casi di limitazione, sospensione o ritiro della notifica, oppure di cessazione dell’attività dell’organismo notificato, lo Stato membro notificante prende le misure appropriate per garantire che le pratiche di tale organismo siano evase da un altro organismo notificato o siano messe a disposizione delle autorità di notifica e di vigilanza del mercato responsabili, su loro richiesta.
Articolo 31
Contestazione della competenza degli organismi notificati
1. La Commissione indaga su tutti i casi in cui abbia dubbi o siano portati alla sua attenzione dubbi sulla competenza di un organismo notificato o sull’ottemperanza di un organismo notificato alle prescrizioni e responsabilità cui è sottoposto.
2. Lo Stato membro notificante fornisce alla Commissione, su richiesta, tutte le informazioni relative alla base della notifica o del mantenimento della competenza dell’organismo notificato in questione.
3. La Commissione garantisce la riservatezza di tutte le informazioni sensibili raccolte nel corso delle sue indagini.
4. La Commissione, qualora accerti che un organismo notificato non soddisfa o non soddisfa più le prescrizioni per la sua notifica, adotta un atto di esecuzione con cui richiede allo Stato membro notificante di adottare le misure correttive necessarie e, all’occorrenza, di ritirare la notifica.
Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 41, paragrafo 2.
Articolo 32
Obblighi operativi degli organismi notificati
1. Gli organismi notificati eseguono le valutazioni della conformità conformemente alle procedure di valutazione della conformità di cui all’allegato III.
2. Le valutazioni della conformità sono eseguite in modo proporzionato, evitando oneri superflui per gli operatori economici.
Gli organismi di valutazione della conformità svolgono le loro attività tenendo debitamente conto delle dimensioni di un’impresa, del settore in cui opera, della sua struttura, del grado di complessità della tecnologia dell’apparecchio in questione e della natura seriale o di massa del processo di produzione.
Nel far ciò rispettano tuttavia il grado di rigore e il livello di protezione necessari per la conformità dell’apparecchio alla presente direttiva.
3. Qualora un organismo notificato riscontri che i requisiti essenziali di cui all’allegato I, le norme armonizzate corrispondenti o altre specifiche tecniche non siano stati rispettati da un fabbricante, chiede a tale fabbricante di prendere le misure correttive appropriate e non rilascia il certificato.
4. Un organismo notificato che nel corso del monitoraggio della conformità successivo al rilascio di un certificato riscontri che un prodotto non è più conforme chiede al fabbricante di prendere le misure correttive opportune e all’occorrenza sospende o ritira il certificato.
5. Qualora non siano prese misure correttive o non producano il risultato richiesto, l’organismo notificato limita, sospende o ritira i certificati, a seconda dei casi.
Articolo 33
Ricorso contro le decisioni degli organismi notificati
Gli Stati membri provvedono affinché sia disponibile una procedura di ricorso contro le decisioni degli organismi notificati.
Articolo 34
Obbligo di informazione a carico degli organismi notificati
1. Gli organismi notificati informano l’autorità di notifica:
a)
di qualunque rifiuto, limitazione, sospensione o ritiro di un certificato;
b)
di qualunque circostanza che possa influire sull’ambito e sulle condizioni della notifica;
c)
di eventuali richieste di informazioni che abbiano ricevuto dalle autorità di vigilanza del mercato in relazione alle attività di valutazione della conformità;
d)
su richiesta, delle attività di valutazione della conformità eseguite nell’ambito della loro notifica e di qualsiasi altra attività, incluse quelle transfrontaliere e di subappalto.
2. Gli organismi notificati forniscono agli altri organismi notificati a norma della presente direttiva, le cui attività di valutazione della conformità sono simili e coprono gli stessi apparecchi, informazioni pertinenti sulle questioni relative ai risultati negativi e, su richiesta, positivi delle valutazioni della conformità.
Articolo 35
Scambio di esperienze
La Commissione provvede all’organizzazione di uno scambio di esperienze tra le autorità nazionali degli Stati membri responsabili della politica di notifica.
Articolo 36
Coordinamento degli organismi notificati
La Commissione garantisce un coordinamento e una cooperazione adeguati tra organismi notificati a norma della presente direttiva e che funzioni correttamente sotto forma di gruppo settoriale di organismi notificati.
Gli Stati membri garantiscono che gli organismi da essi notificati partecipino ai lavori di tale gruppo, direttamente o mediante rappresentanti designati.
CAPO 5
VIGILANZA DEL MERCATO DELL’UNIONE, CONTROLLO DEGLI APPARECCHI CHE ENTRANO NEL MERCATO DELL’UNIONE E PROCEDURA DI SALVAGUARDIA DELL’UNIONE
Articolo 37
Vigilanza del mercato dell’Unione e controllo degli apparecchi che entrano nel mercato dell’Unione
Agli apparecchi si applicano l’articolo 15, paragrafo 3, e gli articoli da 16 a 29 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 38
Procedura a livello nazionale per gli apparecchi che presentano rischi
1. Qualora le autorità di vigilanza del mercato di uno Stato membro abbiano motivi sufficienti per ritenere che un apparecchio disciplinato dalla presente direttiva presenti un rischio per aspetti della protezione del pubblico interesse di cui alla presente direttiva, essi effettuano una valutazione dell’apparecchio interessato che investa tutte le prescrizioni pertinenti di cui alla presente direttiva. A tal fine, gli operatori economici interessati cooperano ove necessario con le autorità di vigilanza del mercato.
Se nel corso della valutazione di cui al primo comma le autorità di vigilanza del mercato concludono che l’apparecchio non rispetta le prescrizioni di cui alla presente direttiva, chiedono tempestivamente all’operatore economico interessato di adottare tutte le misure correttive del caso al fine di rendere l’apparecchio conforme alle suddette prescrizioni oppure di ritirarlo o di richiamarlo dal mercato entro un termine ragionevole e proporzionato alla natura del rischio, a seconda dei casi.
Le autorità di vigilanza del mercato ne informano l’organismo notificato competente.
L’articolo 21 del regolamento (CE) n. 765/2008 si applica alle misure di cui al secondo comma del presente paragrafo.
2. Qualora ritengano che l’inadempienza non sia ristretta al territorio nazionale, le autorità di vigilanza del mercato informano la Commissione e gli altri Stati membri dei risultati della valutazione e dei provvedimenti che hanno chiesto all’operatore economico di prendere.
3. L’operatore economico prende tutte le opportune misure correttive nei confronti di tutti gli apparecchi interessati che ha messo a disposizione sull’intero mercato dell’Unione.
4. Qualora l’operatore economico interessato non prenda le misure correttive adeguate entro il periodo di cui al paragrafo 1, secondo comma, le autorità di vigilanza del mercato adottano tutte le opportune misure provvisorie per proibire o limitare la messa a disposizione degli apparecchi sul loro mercato nazionale, per ritirarli da tale mercato o per richiamarli.
Le autorità di vigilanza del mercato informano immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri di tali misure.
5. Le informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, includono tutti i particolari disponibili, soprattutto i dati necessari all’identificazione dell’apparecchio non conforme, la sua origine, la natura della presunta non conformità e dei rischi connessi, la natura e la durata delle misure nazionali adottate, nonché gli argomenti espressi dall’operatore economico interessato. In particolare, le autorità di vigilanza del mercato indicano se l’inadempienza sia dovuta:
a)
alla non conformità dell’apparecchio alle prescrizioni relative agli aspetti di protezione del pubblico interesse contemplati dalla presente direttiva; oppure
b)
alle carenze nelle norme armonizzate di cui all’articolo 13, che conferiscono la presunzione di conformità.
6. Gli Stati membri che non siano quello che ha avviato la procedura a norma del presente articolo informano senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri di tutti i provvedimenti adottati, di tutte le altre informazioni a loro disposizione sulla non conformità dell’apparecchio interessato e, in caso di disaccordo con la misura nazionale adottata, delle loro obiezioni.
7. Qualora, entro tre mesi dal ricevimento delle informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, uno Stato membro o la Commissione non sollevino obiezioni contro la misura provvisoria presa da uno Stato membro, tale misura è ritenuta giustificata.
8. Gli Stati membri garantiscono che siano adottate senza indugio le opportune misure restrittive in relazione all’apparecchio in questione, quale il suo ritiro dal mercato.
Articolo 39
Procedura di salvaguardia dell’Unione
1. Se in esito alla procedura di cui all’articolo 38, paragrafi 3 e 4, sono sollevate obiezioni contro una misura assunta da uno Stato membro o qualora la Commissione ritenga che una misura nazionale sia contraria alla legislazione dell’Unione, la Commissione si consulta senza indugio con gli Stati membri e con l’operatore o gli operatori economici interessati e valuta la misura nazionale. In base ai risultati di tale valutazione, la Commissione determina mediante un atto di esecuzione se la misura nazionale sia giustificata o meno.
La Commissione indirizza la propria decisione a tutti gli Stati membri e la comunica immediatamente ad essi e all’operatore o agli operatori economici interessati.
2. Se la misura nazionale è considerata giustificata, tutti gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che l’apparecchio non conforme sia ritirato dal proprio mercato e ne informano la Commissione. Se la misura nazionale è considerata ingiustificata, lo Stato membro interessato la revoca.
3. Se la misura nazionale è considerata giustificata e la non conformità dell’apparecchio è attribuita a una carenza delle norme armonizzate di cui all’articolo 38, paragrafo 5, lettera b), della presente direttiva, la Commissione applica la procedura di cui all’articolo 11 del regolamento (UE) n. 1025/2012.
Articolo 40
Non conformità formale
1. Fatto salvo l’articolo 38, se uno Stato membro giunge a una delle seguenti conclusioni, chiede all’operatore economico interessato di porre fine allo stato di non conformità in questione:
a)
la marcatura CE è stata apposta in violazione dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008 o dell’articolo 17 della presente direttiva;
b)
la marcatura CE non è stata apposta;
c)
non è stata compilata la dichiarazione di conformità UE;
d)
non è stata compilata correttamente la dichiarazione di conformità UE;
e)
la documentazione tecnica non è disponibile o è incompleta;
f)
le informazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 6, o all’articolo 9, paragrafo 3, sono assenti, false o incomplete;
g)
qualsiasi altra prescrizione amministrativa di cui all’articolo 7 o all’articolo 9 non è rispettata.
2. Qualora la non conformità di cui al paragrafo 1 permanga, lo Stato membro interessato provvede a limitare o proibire la messa a disposizione sul mercato dell’apparecchio o garantisce che sia richiamato o ritirato dal mercato.
CAPO 6
COMITATO, DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Articolo 41
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per la compatibilità elettromagnetica. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. La Commissione consulta il comitato sulle questioni per le quali la consultazione di esperti del settore è richiesta a norma del regolamento (UE) n. 1025/2012 o di un’altra normativa dell’Unione.
Il comitato può inoltre esaminare qualsiasi altra questione riguardante l’applicazione della presente direttiva che può essere sollevata dal suo presidente o da un rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
Articolo 42
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le disposizioni in materia di sanzioni applicabili alle infrazioni da parte degli operatori economici delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e prendono tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Tali disposizioni possono includere sanzioni penali in caso di violazioni gravi.
Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 43
Disposizioni transitorie
Gli Stati membri non impediscono la messa a disposizione sul mercato e/o la messa in servizio delle apparecchiature oggetto della direttiva 2004/108/CE che sono conformi a detta direttiva e sono state immesse sul mercato anteriormente al 20 aprile 2016.
Articolo 44
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano entro il 19 aprile 2016, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’articolo 2, paragrafo 2, punti da 9 a 25, all’articolo 3, paragrafo 1, all’articolo 4, all’articolo 5, paragrafo 1, agli articoli da 7 a 12, agli articoli 15, 16 e 17, all’articolo 19, paragrafo 1, primo comma, agli articoli da 20 a 43 e agli allegati II, III e IV. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 20 aprile 2016.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva si intendono fatti a quest’ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell’indicazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 45
Abrogazione
La direttiva 2004/108/CE è abrogata a decorrere dal 20 aprile 2016, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e alla data di applicazione di tale direttiva di cui all’allegato V.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VI.
Articolo 46
Entrata in vigore e applicazione
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’articolo 1, l’articolo 2, l’articolo 3, paragrafo 1, punti da 1 a 8, l’articolo 3, paragrafo 2, l’articolo 5, paragrafi 2 e 3, l’articolo 6, l’articolo 13, l’articolo 19, paragrafo 3, e l’allegato I si applicano a decorrere dal 20 aprile 2016.
Articolo 47
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 26 febbraio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 105.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 febbraio 2014
(3) GU L 390 del 31.12.2004, pag. 24.
(4) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30.
(5) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 82.
(6) GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10.
(7) GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12.
(8) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
(9) GU L 79 del 19.3.2008, pag. 1.
(10) Costituzione e convenzione dell’Unione internazionale delle telecomunicazioni adottate dalla conferenza plenipotenziaria aggiuntiva (Ginevra, 1992), come modificate dalla conferenza plenipotenziaria (Kyoto, 1994).
(11) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37.
ALLEGATO I
REQUISITI ESSENZIALI
1. Requisiti generali
Le apparecchiature sono progettate e fabbricate tenendo conto del progresso tecnologico, in modo tale che:
a)
le perturbazioni elettromagnetiche prodotte non superino il livello al di sopra del quale le apparecchiature radio e di telecomunicazione o altre apparecchiature non possono funzionare normalmente;
b)
presentino un livello di immunità alle perturbazioni elettromagnetiche prevedibili in base all’uso al quale sono destinate che ne consenta il normale funzionamento senza deterioramenti inaccettabili.
2. Requisiti specifici per gli impianti fissi
Installazione dei componenti e uso al quale sono destinati.
Gli impianti fissi sono installati secondo le buone prassi di ingegneria industriale e nel rispetto delle indicazioni sull’uso al quale i loro componenti sono destinati, al fine di soddisfare i requisiti essenziali di cui al punto 1.
ALLEGATO II
MODULO A: CONTROLLO INTERNO DELLA PRODUZIONE
1. Il controllo interno della produzione è la procedura di valutazione della conformità in cui il fabbricante ottempera agli obblighi di cui ai punti 2, 3, 4 e 5 del presente allegato e si accerta e dichiara, sotto la sua esclusiva responsabilità, che gli apparecchi in questione soddisfano i requisiti della presente direttiva ad essi applicabili.
2. Valutazione della compatibilità elettromagnetica
Il fabbricante effettua una valutazione della compatibilità elettromagnetica degli apparecchi, sulla base dei pertinenti fenomeni, al fine di soddisfare i requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
La valutazione della compatibilità elettromagnetica tiene conto di tutte le normali condizioni di funzionamento cui gli apparecchi sono destinati. Se gli apparecchi possono assumere varie configurazioni, la valutazione della compatibilità elettromagnetica accerta che gli apparecchi soddisfino i requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I, in tutte le configurazioni possibili identificate dal fabbricante come rappresentative dell’uso al quale gli apparecchi sono destinati.
3. Documentazione tecnica
Il fabbricante compila la documentazione tecnica. La documentazione permette di valutare la conformità dell’apparecchio ai requisiti pertinenti e comprende un’analisi e una valutazione adeguate dei rischi.
La documentazione tecnica precisa le prescrizioni applicabili e include, se necessario ai fini della valutazione, il progetto, la fabbricazione e il funzionamento dell’apparecchio. La documentazione tecnica contiene, laddove applicabile, almeno gli elementi seguenti:
a)
una descrizione generale dell’apparecchio;
b)
i disegni di progettazione e fabbricazione nonché gli schemi di componenti, sottounità, circuiti ecc.;
c)
le descrizioni e le spiegazioni necessarie alla comprensione di tali disegni e schemi e del funzionamento dell’apparecchio;
d)
un elenco delle norme armonizzate, applicate completamente o in parte, i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, qualora non siano state applicate tali norme armonizzate, le descrizioni delle soluzioni adottate per soddisfare i requisiti essenziali della presente direttiva, compreso un elenco delle altre pertinenti specifiche tecniche applicate. In caso di applicazione parziale delle norme armonizzate la documentazione tecnica specifica le parti che sono state applicate;
e)
i risultati dei calcoli di progettazione realizzati, degli esami effettuati ecc.;
f)
le relazioni sulle prove effettuate.
4. Produzione
Il fabbricante prende tutte le misure necessarie affinché il processo di fabbricazione e il suo controllo garantiscano la conformità degli apparecchi prodotti alla documentazione tecnica di cui al punto 3 del presente allegato e ai requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
5. Marcatura CE e dichiarazione di conformità UE
5.1.
Il fabbricante appone la marcatura CE a ogni singolo apparecchio conforme alle prescrizioni della presente direttiva ad esso applicabili.
5.2.
Il fabbricante compila una dichiarazione scritta di conformità UE per un modello dell’apparecchio e la tiene a disposizione delle autorità nazionali, insieme alla documentazione tecnica, per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato. La dichiarazione di conformità UE identifica l’apparecchio per cui è stata compilata.
Una copia della dichiarazione di conformità UE è messa a disposizione delle autorità competenti su richiesta.
6. Rappresentante autorizzato
Gli obblighi del fabbricante previsti al punto 5 possono essere adempiuti dal suo rappresentante autorizzato, a nome del fabbricante e sotto la sua responsabilità, purché siano specificati nel mandato.
ALLEGATO III
PARTE A
Modulo B: esame UE del tipo
1.
L’esame UE del tipo è la parte di una procedura di valutazione della conformità con cui un organismo notificato esamina il progetto tecnico di un apparecchio, nonché verifica e certifica che il progetto tecnico di tale apparecchio rispetta i requisiti essenziali di cui al punto 1 dell’allegato I.
2.
L’esame UE del tipo è effettuato mediante una valutazione dell’adeguatezza del progetto tecnico dell’apparecchio effettuata esaminando la documentazione tecnica di cui al punto 3, senza esame di un campione (tipo di progetto). Può essere limitato ad alcuni aspetti dei requisiti essenziali quali precisati dal fabbricante o dal suo rappresentante autorizzato.
3.
Il fabbricante presenta una domanda di esame UE del tipo a un unico organismo notificato di sua scelta.
La domanda deve specificare nel dettaglio gli aspetti dei requisiti essenziali per i quali è richiesto un esame e contenere:
a)
il nome e l’indirizzo del fabbricante e, nel caso in cui la domanda sia presentata dal rappresentante autorizzato, il nome e l’indirizzo di quest’ultimo;
b)
una dichiarazione scritta che la stessa domanda non è stata presentata a nessun altro organismo notificato;
c)
la documentazione tecnica che deve consentire di valutare la conformità dell’apparecchio alle prescrizioni applicabili della presente direttiva e comprende un’analisi e una valutazione adeguate dei rischi. La documentazione tecnica precisa le prescrizioni applicabili e include, se necessario ai fini della valutazione, il progetto, la fabbricazione e il funzionamento dell’apparecchio. Inoltre contiene, laddove applicabile, almeno gli elementi seguenti:
i)
una descrizione generale dell’apparecchio;
ii)
i disegni di progettazione e fabbricazione nonché gli schemi di componenti, sottounità, circuiti ecc.;
iii)
le descrizioni e le spiegazioni necessarie alla comprensione di tali disegni e schemi e del funzionamento dell’apparecchio;
iv)
un elenco delle norme armonizzate, applicate completamente o in parte, i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e, qualora non siano state applicate tali norme armonizzate, le descrizioni delle soluzioni adottate per soddisfare i requisiti essenziali della presente direttiva, compreso un elenco delle altre pertinenti specifiche tecniche applicate. In caso di applicazione parziale delle norme armonizzate la documentazione tecnica specifica le parti che sono state applicate;
v)
i risultati dei calcoli di progettazione realizzati, degli esami effettuati ecc.;
vi)
le relazioni sulle prove effettuate.
4.
L’organismo notificato esamina la documentazione tecnica per valutare l’adeguatezza del progetto tecnico dell’apparecchio in relazione agli aspetti dei requisiti essenziali per i quali è richiesto un esame.
5.
L’organismo notificato redige una relazione di valutazione che elenca le iniziative intraprese in conformità al punto 4 e i relativi risultati. Senza pregiudicare i propri obblighi di fronte alle autorità di notifica, l’organismo notificato rende pubblico l’intero contenuto della relazione, o parte di esso, solo con l’accordo del fabbricante.
6.
Se il tipo risulta conforme alle prescrizioni della presente direttiva applicabili all’apparecchio in questione, l’organismo notificato rilascia al fabbricante un certificato di esame UE del tipo. Tale certificato riporta il nome e l’indirizzo del fabbricante, le conclusioni dell’esame, gli aspetti dei requisiti essenziali oggetto di esame, le eventuali condizioni di validità e i dati necessari per l’identificazione del tipo approvato. Il certificato di esame UE del tipo può comprendere uno o più allegati.
Il certificato di esame UE del tipo e i suoi allegati devono contenere ogni utile informazione che permetta di valutare la conformità degli apparecchi fabbricati al tipo esaminato e consentire il controllo del prodotto in funzione.
Se il tipo non soddisfa i requisiti della presente direttiva ad esso applicabili, l’organismo notificato rifiuta di rilasciare un certificato di esame UE del tipo e informa di tale decisione il richiedente, motivando dettagliatamente il suo rifiuto.
7.
L’organismo notificato segue l’evoluzione del progresso tecnologico generalmente riconosciuto e valuta se il tipo approvato non è più conforme alle prescrizioni applicabili della presente direttiva. Esso decide se tale progresso richieda ulteriori indagini e in caso affermativo l’organismo notificato ne informa il fabbricante.
Il fabbricante informa l’organismo notificato che detiene la documentazione tecnica relativa al certificato di esame UE del tipo di tutte le modifiche al tipo approvato, qualora possano influire sulla conformità dell’apparecchio ai requisiti essenziali della presente direttiva o sulle condizioni di validità di tale certificato. Tali modifiche comportano una nuova approvazione sotto forma di un supplemento al certificato di esame UE del tipo.
8.
Ogni organismo notificato informa la propria autorità di notifica in merito ai certificati di esame UE del tipo e/o agli eventuali supplementi che esso ha rilasciato o revocato e, periodicamente o su richiesta, mette a disposizione dell’autorità di notifica l’elenco di tali certificati e/o degli eventuali supplementi respinti, sospesi o altrimenti sottoposti a restrizioni.
Ogni organismo notificato informa gli altri organismi notificati dei certificati di esame UE del tipo e/o dei supplementi da esso respinti, ritirati, sospesi o altrimenti sottoposti a restrizioni, e, su richiesta, di tali certificati e/o dei supplementi da esso rilasciati.
La Commissione, gli Stati membri e gli altri organismi notificati possono ottenere, su richiesta, copia dei certificati di esame UE del tipo e/o dei relativi supplementi. La Commissione e gli Stati membri possono ottenere, su richiesta, copia della documentazione tecnica e dei risultati degli esami effettuati dall’organismo notificato. L’organismo notificato conserva una copia del certificato di esame UE del tipo, degli allegati e dei supplementi, nonché il fascicolo tecnico contenente la documentazione presentata dal fabbricante, fino alla scadenza della validità di tale certificato.
9.
Il fabbricante tiene a disposizione delle autorità nazionali una copia del certificato di esame UE del tipo, degli allegati e dei supplementi insieme alla documentazione tecnica per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato.
10.
Il rappresentante autorizzato del fabbricante può presentare la domanda di cui al punto 3 ed adempiere agli obblighi di cui ai punti 7 e 9, purché siano specificati nel mandato.
PARTE B
Modulo C: conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione
1. La conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione è la parte di una procedura di valutazione della conformità con cui il fabbricante ottempera agli obblighi di cui ai punti 2 e 3 e garantisce e dichiara che gli apparecchi interessati sono conformi al tipo descritto nel certificato di esame UE del tipo e soddisfano i requisiti della presente direttiva ad essi applicabili.
2. Produzione
Il fabbricante prende tutte le misure necessarie affinché il processo di fabbricazione e il suo controllo garantiscano la conformità degli apparecchi prodotti al tipo approvato oggetto del certificato di esame UE e ai requisiti applicabili della presente direttiva.
3. Marcatura CE e dichiarazione di conformità UE
3.1.
Il fabbricante appone la marcatura CE a ogni singolo apparecchio conforme al tipo descritto nel certificato di esame UE del tipo e alle prescrizioni della presente direttiva ad esso applicabili.
3.2.
Il fabbricante compila una dichiarazione scritta di conformità UE per ogni modello dell’apparecchio e la tiene a disposizione delle autorità nazionali per dieci anni dalla data in cui l’apparecchio è stato immesso sul mercato. La dichiarazione di conformità UE identifica l’apparecchio per cui è stata compilata.
Una copia della dichiarazione di conformità UE è messa a disposizione delle autorità competenti su richiesta.
4. Rappresentante autorizzato
Gli obblighi del fabbricante previsti al punto 3 possono essere adempiuti dal suo rappresentante autorizzato, a nome del fabbricante e sotto la sua responsabilità, purché siano specificati nel mandato.
ALLEGATO IV
Dichiarazione di conformità UE (N. XXXX)
(1)
1.
Modello di apparecchio/Prodotto (numero di prodotto, tipo, lotto o serie):
2.
Nome e indirizzo del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato:
3.
La presente dichiarazione di conformità è rilasciata sotto la responsabilità esclusiva del fabbricante.
4.
Oggetto della dichiarazione (identificazione dell’apparecchio che ne consenta la rintracciabilità; può comprendere un’immagine a colori di chiarezza sufficiente laddove necessario per l’identificazione dell’apparecchio):
5.
L’oggetto della dichiarazione di cui sopra è conforme alla pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione:
6.
Riferimento alle pertinenti norme armonizzate utilizzate, compresa la data delle norme, o riferimenti alle altre specifiche tecniche in relazione alle quali è dichiarata la conformità, compresa la data delle specifiche:
7.
Se del caso, l’organismo notificato … (denominazione, numero) ha effettuato … (descrizione dell’intervento) e rilasciato il certificato:
8.
Informazioni supplementari:
Firmato a nome e per conto di:
(luogo e data del rilascio):
(nome, funzione) (firma):
(1) L’assegnazione di un numero, da parte del fabbricante, alla dichiarazione di conformità è opzionale.
ALLEGATO V
Termine di recepimento nel diritto interno e data di applicazione
(di cui all’articolo 45)
Direttiva
Termine di recepimento
Data di applicazione
2004/108/CE
20 gennaio 2007
20 luglio 2007
ALLEGATO VI
Tavola di concordanza
Direttiva 2004/108/CE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1 e articolo 2, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2, lettere da a) a c)
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 1
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 2
Articolo 2, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 3
Articolo 2, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 4
Articolo 2, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 5
Articolo 2, paragrafo 1, lettera f)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 6
Articolo 2, paragrafo 1, lettera g)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 7
Articolo 2, paragrafo 1, lettera h)
Articolo 3, paragrafo 1, punto 8
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 13
Articolo 7
Articolo 14
Articolo 8
Articoli 16 e 17
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 6
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 5
Articolo 18, paragrafo 3
Articoli 10 e 11
Articoli 37, 38 e 39
Articolo 12
Capo 4
Articolo 13
Articolo 19
Articolo 14
Articolo 45
Articolo 15
Articolo 43
Articolo 16
Articolo 44
Articolo 17
Articolo 46
Articolo 18
Articolo 47
Allegato I
Allegato I
Allegato II e allegato IV, punto 1
Allegato II
Allegato III
Allegato III
Allegato IV, punto 2
Allegato IV
Allegato V
Articoli 16 e 17
Allegato VI
Articolo 24
Allegato VII
Allegato VI
DICHIARAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Il Parlamento europeo ritiene che le commissioni possano essere considerate comitati di «comitatologia» ai sensi dell'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea unicamente se e nella misura in cui tali commissioni nelle loro riunioni discutono di atti di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. Le riunioni delle commissioni rientrano quindi nell'ambito di applicazione del punto 15 dell'accordo quadro se e nella misura in cui vengono discussi altri temi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Ridurre le interferenze tra i dispositivi elettrici ed elettronici
SINTESI
COSA FA QUESTA DIRETTIVA?
—
Intende fare sì che le apparecchiature elettriche ed elettroniche si conformino a un adeguato livello di compatibilità elettromagnetica.
—
Essa stabilisce norme uniformi per assicurare la protezione dalle perturbazioni elettromagnetiche al fine di garantire la libera circolazione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche nel mercato interno dell’Unione europea (UE).
—
Le apparecchiature contemplate da questa direttiva comprendono sia gli apparecchi che gli impianti fissi.
—
Non si applica a:
—
apparecchiature terminali di radio e di telecomunicazione;
—
aeromobili e apparecchiature destinate a essere installate a bordo di aeromobili;
—
kit di valutazione realizzati su misura per l’uso professionale nei laboratori di ricerca e sviluppo;
—
apparecchiature radio utilizzate da radioamatori a meno che le apparecchiature non siano messe a disposizione sul mercato.
PUNTI CHIAVE
La direttiva definisce le responsabilità dei fabbricanti, degli importatori e dei distributori per quanto riguarda la vendita delle apparecchiature elettromagnetiche:
—
tutte le apparecchiature in vendita nell’UE devono recare la marcatura CE di conformità per dimostrare di rispettare tutti i requisiti essenziali della legislazione dell’UE;
—
prima di ottenere la marcatura CE, il produttore deve condurre una valutazione della conformità e compilare la documentazione tecnica necessaria per l’apparecchiatura; le apparecchiature immesse sul mercato per essere integrate in un impianto fisso sono esenti da tale valutazione;
—
gli importatori devono assicurarsi che i fabbricanti abbiano svolto correttamente la valutazione della conformità e informare l’organismo nazionale responsabile per la vigilanza del mercato nel caso in cui ritengano che l’apparecchiatura non sia conforme ai requisiti essenziali;
—
tutta la documentazione necessaria deve essere conservata per 10 anni;
—
i fabbricanti possono utilizzare mezzi elettronici per dimostrare la conformità in una lingua di facile comprensione per l’autorità nazionale competente;
—
i fabbricanti e gli importatori devono indicare il proprio indirizzo postale sull’apparecchio.
La direttiva specifica inoltre il modo in cui le autorità nazionali devono identificare ed evitare di immettere sul mercato apparecchi che non risultano conformi con i requisiti essenziali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Questa direttiva è entrata in vigore il 18 aprile 2014 ed è applicabile dal 20 aprile 2016. Essa abroga la direttiva 2004/108/CE.
CONTESTO
La direttiva aggiorna le norme dell’UE relative all’immissione sul mercato delle apparecchiature elettromagnetiche. Essa si inserisce nel quadro degli sforzi atti a modernizzare la legislazione dell’UE in un ampio spettro di settori industriali per semplificare le norme, ridurre gli oneri amministrativi e stabilire norme più chiare e coerenti.
—
Compatibilità elettromagnetica
ATTO
Direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (GU L 96, 29.3.2014, pagg. 79-106)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2004/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE (GU L 390, 31.12.2004, pagg. 24-37) |
Sicurezza elettrica: materiale elettrico a bassa tensione
La politica dell'Unione europea (UE) sulla vendita del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione mira a garantire elevati livelli di tutela della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e delle proprietà.
ATTO
Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione.
SINTESI
La politica dell'Unione europea (UE) sulla vendita del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione mira a garantire elevati livelli di tutela della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e delle proprietà.
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
La direttiva crea condizioni uniformi in tutta l'UE per la vendita di materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione. Si applica al materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro limiti di tensione compresi fra 50 e 1 000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua.
La direttiva copre tutti i rischi per la salute e la sicurezza, garantendo così che il materiale elettrico venga usato in sicurezza e nelle applicazioni per il quale è stato fabbricato.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce le responsabilità dei fabbricanti, degli importatori e dei distributori relativamente alla vendita di materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione:
tutto il materiale elettrico in vendita nell'UE deve essere provvisto della marcatura di conformità CE per dimostrarne la conformità a tutti i requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla legislazione dell'UE;
prima di ottenere la marcatura CE, il fabbricante deve eseguire una valutazione di sicurezza e conformità, preparare la documentazione tecnica che dimostra la conformità del materiale e redigere e firmare una dichiarazione di conformità UE;
gli importatori devono controllare se i fabbricanti hanno svolto correttamente la procedura di valutazione di conformità e informare le autorità di vigilanza nel caso in cui ritengano che il materiale non sia conforme ai requisiti essenziali di sicurezza;
la dichiarazione di conformità UE e la documentazione tecnica devono essere conservate per dieci anni;
le istruzioni e le informazioni di sicurezza devono essere scritte in una lingua facilmente comprensibile per gli utilizzatori finali, come stabilito dall'autorità di vigilanza interessata;
i fabbricanti e gli importatori devono indicare le loro informazioni relative al contatto sul materiale elettrico;
Inoltre, la direttiva specifica i passi che le autorità nazionali di vigilanza devono compiere per individuare e prevenire la vendita di materiale elettrico pericoloso nell'UE.
QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La presente direttiva si applica a partire dal 20 aprile 2016 e abroga la direttiva 2006/95/CE con effetto a partire dal 20 aprile 2016.
CONTESTO
La direttiva aggiorna le norme dell'UE per la vendita di materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione. Essa fa parte degli sforzi di modernizzare la legislazione europea in un ampio spettro di settori industriali per semplificare le norme, ridurre gli oneri amministrativi e stabilire norme più chiare e coerenti.
Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della direzione generale del Mercato interno, dell'industria, dell'imprenditoria e delle PMI della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2014/35/UE
18.4.2014
19.4.2016
GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357-374 | DIRETTIVA 2014/35/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2014
concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Poiché si rendono necessarie varie modifiche della direttiva 2006/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (3), a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2)
Il regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti (4) stabilisce norme riguardanti l’accreditamento degli organismi di valutazione della conformità, fornisce un quadro per la vigilanza del mercato dei prodotti e per i controlli sui prodotti provenienti dai paesi terzi e stabilisce i principi generali della marcatura CE.
(3)
La decisione n. 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (5), stabilisce un quadro comune di principi generali e di disposizioni di riferimento da applicare in tutta la normativa settoriale, in modo da fornire una base coerente per la revisione o la rifusione di tale normativa. La direttiva 2006/95/CE dovrebbe pertanto essere adeguata a tale decisione.
(4)
La presente direttiva disciplina il materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione che è nuovo sul mercato dell’Unione al momento della sua immissione sul mercato, vale a dire il materiale elettrico nuovo prodotto da un fabbricante stabilito nell’Unione o quello, nuovo o usato, importato da un paese terzo.
(5)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi a tutte le forme di fornitura, compresa la vendita a distanza.
(6)
Gli operatori economici dovrebbero essere responsabili della conformità del materiale elettrico alla presente direttiva, in funzione del rispettivo ruolo che rivestono nella catena di fornitura, in modo da garantire un elevato livello di protezione d'interessi pubblici, quali la salute e la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni, nonché una concorrenza leale sul mercato dell’Unione.
(7)
Tutti gli operatori economici che intervengono nella catena di fornitura e distribuzione dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire la messa a disposizione sul mercato solo di materiale elettrico conforme alla presente direttiva. È necessario stabilire una ripartizione chiara e proporzionata degli obblighi corrispondenti al ruolo di ogni operatore economico nella catena di fornitura e distribuzione.
(8)
Per facilitare la comunicazione tra gli operatori economici, le autorità di vigilanza del mercato e i consumatori, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare gli operatori economici a fornire l’indirizzo del sito Internet in aggiunta a quello postale.
(9)
Il fabbricante, possedendo le conoscenze dettagliate relative al processo di progettazione e produzione, si trova nella posizione migliore per eseguire la procedura di valutazione della conformità. La valutazione della conformità dovrebbe quindi rimanere obbligo esclusivo del fabbricante. La presente direttiva non prevede alcuna procedura di valutazione della conformità che richieda l’intervento di un organismo notificato.
(10)
È necessario garantire che il materiale elettrico proveniente da paesi terzi che entra nel mercato dell’Unione sia conforme alla presente direttiva e in particolare che i fabbricanti abbiano effettuato adeguate procedure di valutazione della conformità in merito a tale materiale elettrico. Occorre pertanto prevedere che gli importatori si assicurino di immettere sul mercato materiale elettrico conforme alle prescrizioni stabilite dalla presente direttiva e di non immettere sul mercato materiale elettrico che non è conforme a tali prescrizioni o presenta un rischio. Dovrebbe essere inoltre previsto che gli importatori si assicurino che siano state effettuate le procedure di valutazione della conformità e che la marcatura del materiale elettrico e la documentazione elaborata dai fabbricanti siano a disposizione delle autorità nazionali competenti a fini di controllo.
(11)
All’atto dell’immissione del materiale elettrico sul mercato, ogni importatore dovrebbe indicare sul materiale elettrico in questione il proprio nome, la propria denominazione commerciale registrata o il proprio marchio registrato e l’indirizzo postale al quale può essere contattato. È opportuno prevedere eccezioni qualora le dimensioni o la natura del materiale elettrico non consentano tale indicazione. Le eccezioni comprendono il caso in cui l’importatore dovrebbe aprire l’imballaggio per apporre il proprio nome e indirizzo sul materiale elettrico.
(12)
Il distributore mette il materiale elettrico a disposizione sul mercato dopo che il fabbricante o l’importatore lo ha immesso sul mercato e dovrebbe agire con la dovuta cautela per garantire che la manipolazione del materiale elettrico non incida negativamente sulla sua conformità.
(13)
Qualsiasi operatore economico che immetta sul mercato materiale elettrico con il proprio nome o marchio commerciale oppure modifichi materiale elettrico in modo tale da incidere sulla conformità alla presente direttiva dovrebbe esserne considerato il fabbricante e assumersi pertanto i relativi obblighi.
(14)
I distributori e gli importatori, vista la loro vicinanza al mercato, dovrebbero essere coinvolti nei compiti di vigilanza del mercato svolti dalle autorità nazionali competenti e dovrebbero essere pronti a parteciparvi attivamente, fornendo a tali autorità tutte le informazioni necessarie sul materiale elettrico in questione.
(15)
Garantire la tracciabilità del materiale elettrico in tutta la catena di fornitura contribuisce a semplificare la vigilanza del mercato e a migliorarne l’efficienza. Un sistema efficiente di tracciabilità facilita alle autorità di vigilanza del mercato il compito di rintracciare l’operatore economico che ha messo a disposizione sul mercato materiale elettrico non conforme. Nel conservare le informazioni richieste ai sensi della presente direttiva per l’identificazione di altri operatori economici, questi ultimi non dovrebbero essere tenuti ad aggiornare tali informazioni concernenti gli altri operatori economici che hanno fornito loro materiale elettrico o ai quali essi hanno fornito materiale elettrico.
(16)
È opportuno che la presente direttiva si limiti a formulare gli obiettivi di sicurezza. Per agevolare la valutazione della conformità a tali obiettivi, è necessario, al fine della formulazione di specifiche tecniche dettagliate, conferire la presunzione di conformità al materiale elettrico conforme alle norme armonizzate adottate ai sensi del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normalizzazione europea (6).
(17)
Il regolamento (UE) n. 1025/2012 prevede una procedura relativa alle obiezioni alle norme armonizzate che non soddisfino completamente gli obiettivi di sicurezza di cui alla presente direttiva.
(18)
Le norme armonizzate pertinenti per la presente direttiva dovrebbero tenere conto anche della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (7).
(19)
Per il materiale elettrico per il quale non esistono ancora norme armonizzate, la libera circolazione dovrebbe essere assicurata ricorrendo alle disposizioni in materia di sicurezza delle norme internazionali elaborate dalla Commissione elettrotecnica internazionale o a norme nazionali.
(20)
Per consentire agli operatori economici di dimostrare e alle autorità competenti di garantire che il materiale elettrico messo a disposizione sul mercato è conforme agli obiettivi di sicurezza, è necessario prevedere procedure di valutazione della conformità. La decisione n. 768/2008/CE contiene una serie di moduli per le procedure di valutazione della conformità, che vanno dalla procedura meno severa a quella più severa con un rigore proporzionale al livello di rischio effettivo e di sicurezza richiesto. Per garantire la coerenza intersettoriale ed evitare varianti ad hoc, è opportuno che le procedure di valutazione della conformità siano scelte tra questi moduli.
(21)
I fabbricanti dovrebbero redigere una dichiarazione di conformità UE che fornisca le informazioni richieste a norma della presente direttiva sulla conformità del materiale elettrico alla presente direttiva e altri atti pertinenti della normativa di armonizzazione dell’Unione.
(22)
Per garantire un accesso effettivo alle informazioni a fini di vigilanza del mercato, le informazioni necessarie per identificare tutti gli atti dell’Unione applicabili dovrebbero essere disponibili in un’unica dichiarazione di conformità UE. Al fine di ridurre gli oneri amministrativi a carico degli operatori economici, tale dichiarazione unica UE può essere un fascicolo comprendente le dichiarazioni di conformità individuali pertinenti.
(23)
La marcatura CE, che indica la conformità del materiale elettrico, è la conseguenza visibile di un intero processo che comprende la valutazione della conformità in senso lato. I principi generali che disciplinano il marchio CE sono esposti nel regolamento (CE) n. 765/2008, mentre la presente direttiva dovrebbe dettare le norme che disciplinano l’apposizione della marcatura CE.
(24)
Per garantire la certezza del diritto, è necessario chiarire che al materiale elettrico si applicano le norme in materia di vigilanza del mercato dell’Unione e di controlli sui prodotti che entrano nel mercato dell’Unione di cui al regolamento (CE) n. 765/2008. La presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di scegliere le autorità competenti incaricate dello svolgimento di tali compiti.
(25)
Gli Stati membri dovrebbero adottare tutti i provvedimenti opportuni per assicurare che il materiale elettrico possa essere immesso sul mercato soltanto se, adeguatamente immagazzinato e usato ai fini cui è destinato, o in condizioni d’uso ragionevolmente prevedibili, non mette in pericolo la salute e la sicurezza delle persone. Il materiale elettrico dovrebbe essere considerato non conforme agli obiettivi di sicurezza stabiliti dalla presente direttiva soltanto in condizioni d’uso ragionevolmente prevedibili, vale a dire quando tale uso possa derivare da un comportamento umano lecito e facilmente prevedibile.
(26)
La direttiva 2006/95/CE prevede già una procedura di salvaguardia che si applica solo in caso di disaccordo tra Stati membri sulle misure prese da uno Stato membro. Per aumentare la trasparenza e ridurre i tempi procedurali è necessario migliorare la procedura di salvaguardia attuale al fine di migliorarne l’efficienza e avvalersi delle conoscenze disponibili negli Stati membri.
(27)
È opportuno completare il sistema attuale con una procedura che consente di informare le parti interessate delle misure di cui è prevista l’adozione in relazione al materiale elettrico che presenta un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni. Esso dovrebbe consentire inoltre alle autorità di vigilanza del mercato, in cooperazione con gli operatori economici interessati, di intervenire in una fase più precoce per quanto riguarda tale materiale elettrico.
(28)
Qualora gli Stati membri e la Commissione concordino sul fatto che una misura presa da uno Stato membro sia giustificata, non occorre prevedere ulteriori interventi della Commissione, ad eccezione dei casi in cui la non conformità possa essere attribuita a carenze di una norma armonizzata.
(29)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (8).
(30)
Per l’adozione di atti di esecuzione relativi al materiale elettrico conforme che presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone o altri aspetti di protezione del pubblico interesse si dovrebbe ricorrere alla procedura d’esame.
(31)
Per imperativi motivi d’urgenza debitamente giustificati connessi al materiale elettrico conforme che presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili.
(32)
In linea con la prassi corrente, il comitato istituito a norma della presente direttiva può svolgere un ruolo utile esaminando le questioni concernenti l’applicazione della direttiva stessa sollevate dal suo presidente o dal rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
(33)
Ogniqualvolta si esaminino questioni relative alla presente direttiva, ad eccezione della sua attuazione o di sue violazioni, vale a dire in un gruppo di esperti della Commissione, il Parlamento europeo dovrebbe ricevere, in linea con la prassi corrente, tutte le informazioni e la documentazione, nonché, ove opportuno, l’invito a partecipare a tali riunioni.
(34)
La Commissione dovrebbe determinare mediante atti di esecuzione e, in virtù della loro natura speciale, senza applicare il regolamento (UE) n. 182/2011, se le misure adottate dagli Stati membri nei confronti del materiale elettrico non conforme siano giustificate o meno.
(35)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire regole quanto alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e assicurare che esse siano applicate. Le sanzioni previste dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
(36)
È necessario prevedere un regime transitorio ragionevole che consenta di mettere a disposizione sul mercato, senza che sia necessario rispettare altri requisiti relativi ai prodotti, materiale elettrico che, prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva, è già stato immesso sul mercato a norma della direttiva 2006/95/CE. I distributori dovrebbero quindi poter fornire materiale elettrico immesso sul mercato, vale a dire gli stock che si trovano già nella catena di distribuzione, prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali di recepimento della presente direttiva.
(37)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire garantire che il materiale elettrico sul mercato soddisfi obiettivi di sicurezza che offrano un livello elevato di protezione della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni, assicurando nel contempo il funzionamento del mercato interno, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(38)
L’obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva precedente. L’obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.
(39)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e alla data di applicazione delle direttive di cui all’allegato V,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
L’obiettivo della presente direttiva è garantire che il materiale elettrico sul mercato soddisfi requisiti che offrano un livello elevato di protezione della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni, assicurando nel contempo il funzionamento del mercato interno.
La presente direttiva si applica al materiale elettrico destinato ad essere adoperato ad una tensione nominale compresa fra 50 e 1 000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua, fatta eccezione per i materiali e per i fenomeni di cui all’allegato II.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «messa a disposizione sul mercato»: la fornitura di materiale elettrico per la distribuzione, il consumo o l’uso sul mercato dell’Unione nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito;
2) «immissione sul mercato»: la prima messa a disposizione sul mercato dell’Unione di materiale elettrico;
3) «fabbricante»: la persona fisica o giuridica che fabbrica materiale elettrico, o che lo fa progettare o fabbricare, e commercializza tale materiale con il proprio nome o marchio commerciale;
4) «rappresentante autorizzato»: la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che ha ricevuto da un fabbricante un mandato scritto che la autorizza ad agire a suo nome in relazione a determinati compiti;
5) «importatore»: la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che immette sul mercato dell’Unione materiale elettrico originario di un paese terzo;
6) «distributore»: la persona fisica o giuridica presente nella catena di fornitura, diversa dal fabbricante o dall’importatore, che mette a disposizione sul mercato materiale elettrico;
7) «operatori economici»: il fabbricante, il rappresentante autorizzato, l’importatore e il distributore;
8) «specifica tecnica»: un documento che prescrive i requisiti tecnici che il materiale elettrico deve soddisfare;
9) «norma armonizzata»: la norma armonizzata di cui all’articolo 2, punto 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 1025/2012;
10) «valutazione della conformità»: il processo atto a dimostrare il rispetto degli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I relativi al materiale elettrico;
11) «richiamo»: qualsiasi misura volta a ottenere la restituzione di materiale elettrico già messo a disposizione dell’utilizzatore finale;
12) «ritiro»: qualsiasi misura volta a impedire la messa a disposizione sul mercato di materiale elettrico presente nella catena di fornitura;
13) «normativa di armonizzazione dell’Unione»: qualunque normativa dell’Unione che armonizza le condizioni di commercializzazione dei prodotti;
14) «marcatura CE»: una marcatura mediante la quale il fabbricante indica che il materiale elettrico è conforme ai requisiti applicabili stabiliti nella normativa di armonizzazione dell’Unione che ne prevede l’apposizione.
Articolo 3
Messa a disposizione sul mercato e obiettivi di sicurezza
Il materiale elettrico può essere messo a disposizione sul mercato dell’Unione solo se, costruito conformemente alla regola dell’arte in materia di sicurezza valida all’interno dell’Unione, non compromette, in caso di installazione e di manutenzione non difettose e di utilizzazione conforme alla sua destinazione, la salute e la sicurezza delle persone e degli animali domestici o dei beni.
L’allegato I elenca i principali elementi degli obiettivi di sicurezza.
Articolo 4
Libera circolazione
Gli Stati membri non ostacolano, relativamente agli aspetti disciplinati dalla presente direttiva, la messa a disposizione sul mercato di materiale elettrico che risulta conforme alla presente direttiva.
Articolo 5
Fornitura di elettricità
Gli Stati membri assicurano che le imprese distributrici di elettricità, per quanto riguarda il materiale elettrico, non subordinino il raccordo e la fornitura di elettricità agli utenti a requisiti di sicurezza più rigorosi degli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
CAPO 2
OBBLIGHI DEGLI OPERATORI ECONOMICI
Articolo 6
Obblighi dei fabbricanti
1. All’atto dell’immissione del loro materiale elettrico sul mercato, i fabbricanti assicurano che sia stato progettato e fabbricato conformemente agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
2. I fabbricanti preparano la documentazione tecnica di cui all’allegato III ed eseguono o fanno eseguire la procedura di valutazione della conformità di cui al medesimo allegato.
Qualora la conformità del materiale elettrico agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I sia stata dimostrata mediante la procedura di valutazione della conformità di cui al primo comma, i fabbricanti redigono una dichiarazione di conformità UE e appongono la marcatura CE.
3. I fabbricanti conservano la documentazione tecnica di cui all’allegato III e la dichiarazione di conformità UE per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato.
4. I fabbricanti garantiscono che siano predisposte le procedure necessarie affinché la produzione in serie continui a essere conforme alla presente direttiva. Si tiene debitamente conto delle modifiche della progettazione o delle caratteristiche del prodotto, nonché delle modifiche delle norme armonizzate di cui all’articolo 12, delle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14 o delle altre specifiche tecniche con riferimento alle quali è dichiarata la conformità del materiale elettrico.
Laddove ritenuto necessario in considerazione dei rischi presentati dal materiale elettrico, i fabbricanti eseguono, per proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori, una prova a campione sul materiale elettrico messo a disposizione sul mercato, esaminano i reclami, il materiale elettrico non conforme e i richiami del materiale elettrico non conforme, mantengono, se del caso, un registro degli stessi e informano i distributori di tale monitoraggio.
5. I fabbricanti garantiscono che sul materiale elettrico da essi immesso sul mercato sia apposto un numero di tipo, di lotto, di serie oppure qualsiasi altro elemento che ne consenta l’identificazione, oppure, qualora le dimensioni o la natura del materiale elettrico non lo consentano, che le informazioni prescritte siano fornite sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del materiale elettrico.
6. I fabbricanti indicano sul materiale elettrico il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del materiale elettrico. L’indirizzo indica un unico punto presso il quale il fabbricante può essere contattato. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
7. I fabbricanti garantiscono che il materiale elettrico sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua che può essere facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato. Tali istruzioni e informazioni sulla sicurezza, al pari di qualunque etichettatura, devono essere chiare, comprensibili e intelligibili.
8. I fabbricanti che ritengono o hanno motivo di ritenere che il materiale elettrico da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale materiale elettrico, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora il materiale elettrico presenti un rischio, i fabbricanti ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato il materiale elettrico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
9. I fabbricanti, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico alla presente direttiva, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico da essi immesso sul mercato.
Articolo 7
Rappresentanti autorizzati
1. Il fabbricante può nominare, mediante mandato scritto, un rappresentante autorizzato.
Gli obblighi di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e l’obbligo di redigere la documentazione tecnica di cui all’articolo 6, paragrafo 2, non rientrano nel mandato del rappresentante autorizzato.
2. Il rappresentante autorizzato esegue i compiti specificati nel mandato ricevuto dal fabbricante. Il mandato consente al rappresentante autorizzato di eseguire almeno i seguenti compiti:
a)
mantenere a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza del mercato la dichiarazione di conformità UE e la documentazione tecnica per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato;
b)
a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, fornire a tale autorità tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico;
c)
cooperare con le autorità nazionali competenti, su loro richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico che rientra nel mandato del rappresentante autorizzato.
Articolo 8
Obblighi degli importatori
1. Gli importatori immettono sul mercato solo il materiale elettrico conforme.
2. Prima di immettere il materiale elettrico sul mercato, gli importatori assicurano che il fabbricante abbia eseguito l’appropriata procedura di valutazione della conformità. Essi assicurano che il fabbricante abbia preparato la documentazione tecnica, che sul materiale elettrico sia apposta la marcatura CE, che quest’ultimo sia accompagnato dai documenti prescritti e che il fabbricante abbia rispettato le prescrizioni di cui all’articolo 6, paragrafi 5 e 6.
L’importatore, se ritiene o ha motivo di ritenere che il materiale elettrico non sia conforme agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I, non immette il materiale elettrico sul mercato fino a quando non sia stato reso conforme. Inoltre, quando il materiale elettrico presenta un rischio, l’importatore ne informa il fabbricante e le autorità di vigilanza del mercato.
3. Gli importatori indicano sul materiale elettrico il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del materiale elettrico. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
4. Gli importatori garantiscono che il materiale elettrico sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato.
5. Gli importatori garantiscono che, mentre il materiale elettrico è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
6. Laddove ritenuto necessario in considerazione dei rischi presentati dal materiale elettrico, gli importatori eseguono, per proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori, una prova a campione sul materiale elettrico messo a disposizione sul mercato, esaminano i reclami, il materiale elettrico non conforme e i richiami del materiale elettrico non conforme, mantengono, se del caso, un registro degli stessi e informano i distributori di tale monitoraggio.
7. Gli importatori che ritengono o hanno motivo di ritenere che il materiale elettrico da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale materiale elettrico, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora il materiale elettrico presenti un rischio, gli importatori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato il materiale elettrico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
8. Per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato gli importatori mantengono la dichiarazione di conformità UE a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato; garantiscono inoltre che, su richiesta, la documentazione tecnica sarà messa a disposizione di tali autorità.
9. Gli importatori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico da essi immesso sul mercato.
Articolo 9
Obblighi dei distributori
1. Quando mettono il materiale elettrico a disposizione sul mercato, i distributori applicano con la dovuta diligenza le prescrizioni della presente direttiva.
2. Prima di mettere il materiale elettrico a disposizione sul mercato i distributori verificano che esso rechi la marcatura CE, sia accompagnato dalla documentazione richiesta nonché da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali nello Stato membro in cui il materiale elettrico deve essere messo a disposizione sul mercato e che il fabbricante e l’importatore si siano conformati alle prescrizioni di cui rispettivamente all’articolo 6, paragrafi 5 e 6, e all’articolo 8, paragrafo 3.
Il distributore, se ritiene o ha motivo di ritenere che il materiale elettrico non sia conforme agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I, non mette il materiale elettrico a disposizione sul mercato fino a quando esso non sia stato reso conforme. Inoltre, quando il materiale elettrico presenta un rischio, il distributore ne informa il fabbricante o l’importatore e le autorità di vigilanza del mercato.
3. Gli importatori garantiscono che, mentre il materiale elettrico è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
4. I distributori che ritengono o hanno motivo di ritenere che il materiale elettrico da essi messo a disposizione sul mercato non sia conforme alla presente direttiva si assicurano che siano prese le misure correttive necessarie per rendere conforme tale materiale elettrico, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora il materiale elettrico presenti un rischio, i distributori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato il materiale elettrico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
5. I distributori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico da essi messo a disposizione sul mercato.
Articolo 10
Casi in cui gli obblighi dei fabbricanti si applicano agli importatori e ai distributori
Un importatore o distributore è ritenuto un fabbricante ai fini della presente direttiva ed è soggetto agli obblighi del fabbricante di cui all’articolo 6 quando immette sul mercato materiale elettrico con il proprio nome o marchio commerciale o modifica materiale elettrico già immesso sul mercato in modo tale da poterne condizionare la conformità alla presente direttiva.
Articolo 11
Identificazione degli operatori economici
Gli operatori economici indicano alle autorità di vigilanza che ne facciano richiesta:
a)
qualsiasi operatore economico che abbia fornito loro materiale elettrico;
b)
qualsiasi operatore economico cui abbiano fornito materiale elettrico.
Gli operatori economici devono essere in grado di presentare le informazioni di cui al primo comma per dieci anni dal momento in cui sia stato loro fornito materiale elettrico e per dieci anni dal momento in cui essi abbiano fornito materiale elettrico.
CAPO 3
CONFORMITÀ DEL MATERIALE ELETTRICO
Articolo 12
Presunzione di conformità sulla base di norme armonizzate
Il materiale elettrico che è conforme alle norme armonizzate o a parti di esse i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è considerato conforme agli obiettivi di sicurezza di tali norme o parti di esse menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
Articolo 13
Presunzione di conformità sulla base di norme internazionali
1. Ove non siano state elaborate e pubblicate norme armonizzate di cui all’articolo 12, gli Stati membri adottano ogni misura opportuna affinché le autorità competenti, ai fini della messa a disposizione sul mercato di cui all’articolo 3 o della libera circolazione di cui all’articolo 4, considerino del pari rispondente agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I il materiale elettrico conforme alle disposizioni in materia di sicurezza delle norme internazionali elaborate dalla «International Electrotechnical Commission» (IEC) (Commissione elettrotecnica internazionale) per le quali sia stata espletata la procedura di pubblicazione di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo.
2. Le disposizioni in materia di sicurezza di cui al paragrafo 1 sono notificate dalla Commissione agli Stati membri. La Commissione, dopo aver consultato gli Stati membri, indica le disposizioni in materia di sicurezza e, in particolare, le varianti di cui raccomanda la pubblicazione.
3. Entro tre mesi gli Stati membri comunicano alla Commissione le loro eventuali obiezioni alle disposizioni in materia di sicurezza notificate conformemente al paragrafo 2, menzionando le ragioni di sicurezza che si oppongono all’accettazione di questa o quella disposizione.
I riferimenti alle disposizioni in materia di sicurezza nei cui confronti non sia stata mossa alcuna obiezione sono pubblicati, a titolo d’informazione, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Presunzione di conformità sulla base di norme nazionali
Ove non siano state elaborate e pubblicate norme armonizzate di cui all’articolo 12 e siano state pubblicate norme internazionali di cui all’articolo 13, gli Stati membri adottano ogni misura opportuna affinché le autorità competenti, ai fini della messa a disposizione sul mercato di cui all’articolo 3 o della libera circolazione di cui all’articolo 4, considerino del pari rispondente agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I il materiale elettrico costruito in conformità delle disposizioni in materia di sicurezza delle norme applicate nello Stato membro in cui è stato fabbricato, quando detto materiale garantisce un livello di sicurezza equivalente a quello richiesto sul proprio territorio.
Articolo 15
Dichiarazione di conformità UE
1. La dichiarazione di conformità UE attesta il rispetto degli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
2. La dichiarazione di conformità UE ha la struttura tipo di cui all’allegato IV, contiene gli elementi specificati nel modulo A di cui all’allegato III ed è continuamente aggiornata. Essa è tradotta nella lingua o nelle lingue richieste dallo Stato membro nel quale il materiale elettrico è immesso o messo a disposizione sul mercato.
3. Se al materiale elettrico si applicano più atti dell’Unione che prescrivono una dichiarazione di conformità UE, viene compilata un’unica dichiarazione di conformità UE in rapporto a tutti questi atti dell’Unione. La dichiarazione contiene gli estremi degli atti dell’Unione, compresi i riferimenti della loro pubblicazione.
4. Con la dichiarazione di conformità UE il fabbricante si assume la responsabilità della conformità del materiale elettrico alle prescrizioni di cui alla presente direttiva.
Articolo 16
Principi generali della marcatura CE
La marcatura CE è soggetta ai principi generali esposti all’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 17
Regole e condizioni per l’apposizione della marcatura CE
1. La marcatura CE è apposta in modo visibile, leggibile e indelebile sul materiale elettrico o sulla sua targhetta. Qualora non sia possibile o la natura del materiale elettrico non lo consenta, essa è apposta sul suo imballaggio e sui documenti di accompagnamento.
2. La marcatura CE è apposta sul materiale elettrico prima della sua immissione sul mercato.
3. Gli Stati membri si avvalgono dei meccanismi esistenti per garantire un’applicazione corretta del regime che disciplina la marcatura CE e promuovono le azioni opportune contro l’uso improprio di tale marcatura.
CAPO 4
VIGILANZA DEL MERCATO DELL’UNIONE, CONTROLLO DEL MATERIALE ELETTRICO CHE ENTRA NEL MERCATO DELL’UNIONE E PROCEDURA DI SALVAGUARDIA DELL’UNIONE
Articolo 18
Vigilanza del mercato dell’Unione e controllo del materiale elettrico che entra nel mercato dell’Unione
Al materiale elettrico si applicano l’articolo 15, paragrafo 3, e gli articoli da 16 a 29 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 19
Procedura a livello nazionale per il materiale elettrico che presenta rischi
1. Qualora le autorità di vigilanza del mercato di uno Stato membro abbiano motivi sufficienti per ritenere che un materiale elettrico disciplinato dalla presente direttiva presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, essi effettuano una valutazione del materiale elettrico interessato che investa tutte le prescrizioni pertinenti di cui alla presente direttiva. A tal fine, gli operatori economici interessati cooperano ove necessario con le autorità di vigilanza del mercato.
Se nel corso della valutazione di cui al primo comma le autorità di vigilanza del mercato concludono che il materiale elettrico non rispetta le prescrizioni di cui alla presente direttiva, chiedono tempestivamente all’operatore economico interessato di adottare tutte le misure correttive del caso al fine di rendere il materiale elettrico conforme alle suddette prescrizioni oppure di ritirarlo o di richiamarlo dal mercato entro un termine ragionevole e proporzionato alla natura del rischio, a seconda dei casi.
L’articolo 21 del regolamento (CE) n. 765/2008 si applica alle misure di cui al secondo comma del presente paragrafo.
2. Qualora ritengano che l’inadempienza non sia ristretta al territorio nazionale, le autorità di vigilanza del mercato informano la Commissione e gli altri Stati membri dei risultati della valutazione e dei provvedimenti che hanno chiesto all’operatore economico di prendere.
3. L’operatore economico prende tutte le misure correttive opportune nei confronti del materiale elettrico interessato che ha messo a disposizione sull’intero mercato dell’Unione.
4. Qualora l’operatore economico interessato non prenda le misure correttive adeguate entro il termine di cui al paragrafo 1, secondo comma, le autorità di vigilanza del mercato adottano tutte le misure provvisorie opportune per proibire o limitare la messa a disposizione del materiale elettrico sul loro mercato nazionale, per ritirarlo da tale mercato o per richiamarlo.
Le autorità di vigilanza del mercato informano senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri di tali misure.
5. Le informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, includono tutti i particolari disponibili, soprattutto i dati necessari all’identificazione del materiale elettrico non conforme, la sua origine, la natura della presunta non conformità e dei rischi connessi, la natura e la durata delle misure nazionali adottate, nonché gli argomenti espressi dall’operatore economico interessato. In particolare, le autorità di vigilanza del mercato indicano se l’inadempienza sia dovuta:
a)
alla non conformità del materiale elettrico agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I relativi alla salute o alla sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni; oppure
b)
alle carenze nelle norme armonizzate di cui all’articolo 12 o nelle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14 che conferiscono la presunzione di conformità.
6. Gli Stati membri diversi da quello che ha avviato la procedura a norma del presente articolo informano senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri di tutti i provvedimenti adottati, di tutte le altre informazioni a loro disposizione sulla non conformità del materiale elettrico e, in caso di disaccordo con la misura nazionale adottata, delle loro obiezioni.
7. Qualora, entro tre mesi dal ricevimento delle informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, uno Stato membro o la Commissione non sollevino obiezioni contro la misura provvisoria presa da uno Stato membro, tale misura è ritenuta giustificata.
8. Gli Stati membri garantiscono che siano adottate senza indugio le misure restrittive opportune in relazione al materiale elettrico in questione, quale il suo ritiro dal mercato.
Articolo 20
Procedura di salvaguardia dell’Unione
1. Se in esito alla procedura di cui all’articolo 19, paragrafi 3 e 4, sono sollevate obiezioni contro una misura assunta da uno Stato membro o qualora la Commissione ritenga che la misura nazionale sia contraria alla legislazione dell’Unione, la Commissione si consulta senza indugio con gli Stati membri e con l’operatore o gli operatori economici interessati e valuta la misura nazionale. In base ai risultati di tale valutazione, la Commissione determina mediante un atto di esecuzione se la misura nazionale sia giustificata o meno.
La Commissione indirizza la propria decisione a tutti gli Stati membri e la comunica immediatamente a essi e all’operatore o agli operatori economici interessati.
2. Se la misura nazionale è considerata giustificata, tutti gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il materiale elettrico non conforme sia ritirato dal mercato nazionale e ne informano la Commissione. Se la misura nazionale è considerata ingiustificata, lo Stato membro interessato la revoca.
3. Se la misura nazionale è considerata giustificata e la non conformità del materiale elettrico è attribuita a una carenza delle norme armonizzate di cui all’articolo 19, paragrafo 5, lettera b), della presente direttiva, la Commissione applica la procedura di cui all’articolo 11 del regolamento (UE) n. 1025/2012.
Articolo 21
Materiale elettrico conforme che presenta rischi
1. Se uno Stato membro, dopo aver effettuato una valutazione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, ritiene il materiale elettrico, pur conforme alla presente direttiva, presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, chiede all’operatore economico interessato di far sì che tale materiale elettrico, all’atto della sua immissione sul mercato, non presenti più tale rischio o che sia, a seconda dei casi, ritirato dal mercato o richiamato entro un periodo di tempo ragionevole, proporzionato alla natura del rischio.
2. L’operatore economico garantisce che siano prese misure correttive nei confronti di tutti i materiali elettrici interessati da esso messi a disposizione sull’intero mercato dell’Unione.
3. Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri. Tali informazioni includono tutti i particolari disponibili, in particolare i dati necessari all’identificazione del materiale elettrico interessato, la sua origine e la catena di fornitura del prodotto, la natura dei rischi connessi, nonché la natura e la durata delle misure nazionali adottate.
4. La Commissione avvia immediatamente consultazioni con gli Stati membri e l’operatore o gli operatori economici interessati e valuta le misure nazionali adottate. In base ai risultati della valutazione, la Commissione decide mediante atti di esecuzione se la misura nazionale sia giustificata o meno e propone, all’occorrenza, opportune misure.
Gli atti di esecuzione di cui al presente paragrafo, primo comma, sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 23, paragrafo 2.
Per motivi imperativi di urgenza debitamente giustificati connessi alla protezione della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 3.
5. La Commissione indirizza la propria decisione a tutti gli Stati membri e la comunica immediatamente a essi e all’operatore o agli operatori economici interessati.
Articolo 22
Non conformità formale
1. Fatto salvo l’articolo 19, se uno Stato membro giunge a una delle seguenti conclusioni, chiede all’operatore economico interessato di porre fine allo stato di non conformità in questione:
a)
la marcatura CE è stata apposta in violazione dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008 o dell’articolo 17 della presente direttiva;
b)
la marcatura CE non è stata apposta;
c)
non è stata compilata la dichiarazione di conformità UE;
d)
non è stata compilata correttamente la dichiarazione di conformità UE;
e)
la documentazione tecnica non è disponibile o è incompleta;
f)
le informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 6, o all’articolo 8, paragrafo 3, sono assenti, false o incomplete;
g)
qualsiasi altra prescrizione amministrativa di cui all’articolo 6 o all’articolo 8 non è rispettata.
2. Se la non conformità di cui al paragrafo 1 permane, lo Stato membro interessato provvede a limitare o proibire la messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico o garantisce che sia richiamato o ritirato dal mercato.
CAPO 5
COMITATO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Articolo 23
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per il materiale elettrico. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l’articolo 5.
4. La Commissione consulta il comitato sulle questioni per le quali la consultazione di esperti del settore è richiesta a norma del regolamento (UE) n. 1025/2012 o di un’altra normativa dell’Unione.
Il comitato può inoltre esaminare qualsiasi altra questione riguardante l’applicazione della presente direttiva che può essere sollevata dal suo presidente o da un rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
Articolo 24
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le disposizioni in materia di sanzioni applicabili alle violazioni, da parte degli operatori economici, delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e prendono tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Tali disposizioni possono includere sanzioni penali in caso di violazioni gravi.
Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 25
Disposizioni transitorie
Gli Stati membri non ostacolano la messa a disposizione sul mercato di materiale elettrico rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/95/CE e a essa conforme, immesso sul mercato anteriormente al 20 aprile 2016.
Articolo 26
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 19 aprile 2016, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’articolo 2, all’articolo 3, primo comma, all’articolo 4, agli articoli da 6 a 12, all’articolo 13, paragrafo 1, agli articoli da 14 a 25 e agli allegati II, III e IV. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 20 aprile 2016.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva si intendono fatti a quest’ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell’indicazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 27
Abrogazione
La direttiva 2006/95/CE è abrogata a decorrere dal 20 aprile 2016, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione delle direttive di cui all’allegato V.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VI.
Articolo 28
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’articolo 1, l’articolo 3, secondo comma, l’articolo 5, l’articolo 13, paragrafi 2 e 3, e gli allegati I, V e VI si applicano a decorrere dal 20 aprile 2016.
Articolo 29
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 26 febbraio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 105.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio 20 febbraio 2014.
(3) GU L 374 del 27.12.2006, pag. 10. La direttiva 2006/95/CE è la codificazione della direttiva 73/23/CEE del Consiglio, del 19 febbraio 1973, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione (GU L 77 del 26.3.1973, pag. 29).
(4) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30.
(5) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 82.
(6) GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12.
(7) Adottata con decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (GU L 23 del 27.1.2010, pag. 35).
(8) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
ALLEGATO I
ELEMENTI PRINCIPALI DEGLI OBIETTIVI DI SICUREZZA DEL MATERIALE ELETTRICO DESTINATO A ESSERE ADOPERATO ENTRO TALUNI LIMITI DI TENSIONE
1. Requisiti generali
a)
Le caratteristiche essenziali del materiale elettrico, la cui conoscenza e osservanza sono indispensabili per un impiego conforme alla destinazione ed esente da pericolo, sono indicate sul materiale elettrico stesso oppure, qualora ciò non sia possibile, su un documento che l’accompagna;
b)
il materiale elettrico e le sue parti costitutive sono costruiti in modo da poter essere assemblati e collegati in maniera sicura ed adeguata;
c)
il materiale elettrico è progettato e fabbricato in modo da assicurare la protezione dai pericoli citati ai punti 2 e 3, sempre che esso sia adoperato in conformità della sua destinazione e osservando le norme di manutenzione.
2. Protezione dai pericoli che possono derivare dal materiale elettrico
In conformità del punto 1, sono previste misure di carattere tecnico affinché:
a)
le persone e gli animali domestici siano adeguatamente protetti dal pericolo di lesioni fisiche o altri danni che possono derivare da contatti diretti o indiretti;
b)
non possano prodursi sovratemperature, archi elettrici o radiazioni che possano causare un pericolo;
c)
le persone, gli animali domestici e i beni siano adeguatamente protetti dai pericoli di natura non elettrica che, come insegna l’esperienza, possono derivare dal materiale elettrico;
d)
l’isolamento sia proporzionato alle sollecitazioni prevedibili.
3. Protezione dai pericoli dovuti all’influenza di fattori esterni sul materiale elettrico
In conformità del punto 1, sono previste misure di ordine tecnico affinché il materiale elettrico:
a)
presenti le caratteristiche meccaniche richieste in modo da non causare pericolo alle persone, agli animali domestici e ai beni;
b)
sia resistente a fenomeni di natura non meccanica nelle condizioni ambientali previste, in modo da non causare pericolo alle persone, agli animali domestici e ai beni;
c)
nelle condizioni di sovraccarico prevedibili, non causi pericolo alle persone, agli animali domestici e ai beni.
ALLEGATO II
MATERIALI E FENOMENI ESCLUSI DALL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA PRESENTE DIRETTIVA
Materiali elettrici destinati ad essere usati in ambienti esposti a pericoli di esplosione.
Materiali elettrici per radiologia e uso clinico.
Parti elettriche di ascensori e montacarichi.
Contatori elettrici.
Prese di corrente (basi e spine) a uso domestico.
Dispositivi di alimentazione di recinti elettrici.
Disturbi radioelettrici.
Materiali elettrici speciali, destinati ad essere usati sulle navi o sugli aeromobili e per le ferrovie, conformi alle disposizioni di sicurezza stabilite da organismi internazionali cui partecipano gli Stati membri.
Kit di valutazione su misura per professionisti, destinati ad essere utilizzati unicamente in strutture di ricerca e sviluppo a tali fini.
ALLEGATO III
MODULO A
Controllo interno della produzione
1. Il controllo interno della produzione è la procedura di valutazione della conformità con cui il fabbricante ottempera agli obblighi di cui ai punti 2, 3 e 4 e si accerta e dichiara, sotto la sua esclusiva responsabilità, che il materiale elettrico interessato soddisfa le prescrizioni della presente direttiva ad esso applicabili.
2. Documentazione tecnica
Il fabbricante compila la documentazione tecnica. La documentazione permette di valutare la conformità del materiale elettrico ai requisiti pertinenti e comprende un’analisi e una valutazione adeguate dei rischi. La documentazione tecnica precisa le prescrizioni applicabili e include, se necessario ai fini della valutazione, il progetto, la fabbricazione e il funzionamento del materiale elettrico. La documentazione tecnica contiene, laddove applicabile, almeno gli elementi seguenti:
a)
una descrizione generale del materiale elettrico;
b)
i disegni di progettazione e fabbricazione, nonché gli schemi di componenti, sottounità, circuiti ecc.;
c)
le descrizioni e le spiegazioni necessarie alla comprensione di tali disegni e schemi e del funzionamento del materiale elettrico;
d)
un elenco delle norme armonizzate, applicate completamente o in parte, i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o delle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14, e, qualora non siano state applicate tali norme armonizzate o tali norme internazionali o nazionali, le descrizioni delle soluzioni adottate per soddisfare gli obiettivi di sicurezza della presente direttiva, compreso un elenco delle altre pertinenti specifiche tecniche applicate. In caso di applicazione parziale delle norme armonizzate o delle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14, la documentazione tecnica specifica le parti che sono state applicate;
e)
i risultati dei calcoli di progettazione realizzati, degli esami effettuati ecc.; e
f)
le relazioni sulle prove effettuate.
3. Produzione
Il fabbricante prende tutte le misure necessarie affinché il processo di fabbricazione e il relativo controllo assicurino la conformità del materiale elettrico fabbricato alla documentazione tecnica di cui al punto 2 e alle prescrizioni della presente direttiva a esso applicabili.
4. Marcatura CE e dichiarazione di conformità UE
4.1.
Il fabbricante appone la marcatura CE su ogni singolo materiale elettrico conforme alle prescrizioni applicabili della presente direttiva.
4.2.
Il fabbricante compila una dichiarazione scritta di conformità UE per ogni modello del prodotto che, insieme alla documentazione tecnica, tiene a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza del mercato per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato. La dichiarazione di conformità UE identifica il materiale elettrico per cui è stata compilata.
Una copia della dichiarazione di conformità UE è messa a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato su richiesta.
5. Rappresentante autorizzato
Gli obblighi del fabbricante previsti al punto 4 possono essere adempiuti dal suo rappresentante autorizzato, a nome del fabbricante e sotto la sua responsabilità, purché siano specificati nel mandato.
ALLEGATO IV
DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ UE (N. XXXX) (1)
1.
Modello di prodotto/prodotto (numero di prodotto, tipo, lotto o serie):
2.
Nome e indirizzo del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato:
3.
La presente dichiarazione di conformità è rilasciata sotto la responsabilità esclusiva del fabbricante.
4.
Oggetto della dichiarazione (identificazione del materiale elettrico che ne consenta la rintracciabilità; può comprendere un’immagine a colori di chiarezza sufficiente se necessario per l’identificazione del materiale elettrico):
5.
L’oggetto della dichiarazione di cui sopra è conforme alla pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione:
6.
Riferimento alle pertinenti norme armonizzate utilizzate o riferimenti alle altre specifiche tecniche in relazione alle quali è dichiarata la conformità:
7.
Informazioni supplementari:
Firmato a nome e per conto di:
(luogo e data del rilascio):
(nome, funzione) (firma):
(1) L’assegnazione di un numero, da parte del fabbricante, alla dichiarazione di conformità è opzionale.
ALLEGATO V
Termini di recepimento nel diritto interno e date di applicazione delle direttive di cui all’allegato V, parte B, della direttiva 2006/95/CE
(di cui all’articolo 27)
Direttiva
Termine di recepimento
Data di applicazione
73/23/CEE
21 agosto 1974 (1)
—
93/68/CEE
1o luglio 1994
1o gennaio 1995 (2)
(1) Nel caso della Danimarca il termine è stato prorogato di cinque anni, vale a dire fino al 21 febbraio 1978. Cfr. articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 73/23/CEE.
(2) Gli Stati membri dovevano consentire fino al 1o gennaio 1997 l’immissione sul mercato e la messa in servizio dei prodotti conformi ai sistemi di marcatura vigenti anteriormente al 1o gennaio 1995. Cfr. articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 93/68/CEE.
ALLEGATO VI
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 2006/95/CE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1, secondo comma
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 12
Articolo 6
Articolo 13
Articolo 7
Articolo 14
Articolo 8, paragrafo 1
Articoli 16 e 17
Articolo 8, paragrafo 2
—
Articolo 8, paragrafo 3
—
Articolo 9
Articoli da 18 a 20
Articolo 10
Articoli 16 e 17
Articolo 11
—
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 26, paragrafo 2
Articolo 14
Articolo 27
Articolo 15
Articolo 28
Allegato I
Allegato I
Allegato II
Allegato II
Allegato III
Articoli 15 e 16 e allegato IV
Allegato IV
Allegato III
Allegato V
Allegato V
DICHIARAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Il Parlamento europeo ritiene che le commissioni possano essere considerate comitati di «comitatologia» ai sensi dell'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea, unicamente se e nella misura in cui tali commissioni nelle loro riunioni discutono di atti di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. Le riunioni delle commissioni rientrano quindi nell'ambito di applicazione del punto 15 dell'accordo quadro se e nella misura in cui vengono discussi altri temi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2014/35/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2014
concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Poiché si rendono necessarie varie modifiche della direttiva 2006/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (3), a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2)
Il regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti (4) stabilisce norme riguardanti l’accreditamento degli organismi di valutazione della conformità, fornisce un quadro per la vigilanza del mercato dei prodotti e per i controlli sui prodotti provenienti dai paesi terzi e stabilisce i principi generali della marcatura CE.
(3)
La decisione n. 768/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (5), stabilisce un quadro comune di principi generali e di disposizioni di riferimento da applicare in tutta la normativa settoriale, in modo da fornire una base coerente per la revisione o la rifusione di tale normativa. La direttiva 2006/95/CE dovrebbe pertanto essere adeguata a tale decisione.
(4)
La presente direttiva disciplina il materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione che è nuovo sul mercato dell’Unione al momento della sua immissione sul mercato, vale a dire il materiale elettrico nuovo prodotto da un fabbricante stabilito nell’Unione o quello, nuovo o usato, importato da un paese terzo.
(5)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi a tutte le forme di fornitura, compresa la vendita a distanza.
(6)
Gli operatori economici dovrebbero essere responsabili della conformità del materiale elettrico alla presente direttiva, in funzione del rispettivo ruolo che rivestono nella catena di fornitura, in modo da garantire un elevato livello di protezione d'interessi pubblici, quali la salute e la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni, nonché una concorrenza leale sul mercato dell’Unione.
(7)
Tutti gli operatori economici che intervengono nella catena di fornitura e distribuzione dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire la messa a disposizione sul mercato solo di materiale elettrico conforme alla presente direttiva. È necessario stabilire una ripartizione chiara e proporzionata degli obblighi corrispondenti al ruolo di ogni operatore economico nella catena di fornitura e distribuzione.
(8)
Per facilitare la comunicazione tra gli operatori economici, le autorità di vigilanza del mercato e i consumatori, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare gli operatori economici a fornire l’indirizzo del sito Internet in aggiunta a quello postale.
(9)
Il fabbricante, possedendo le conoscenze dettagliate relative al processo di progettazione e produzione, si trova nella posizione migliore per eseguire la procedura di valutazione della conformità. La valutazione della conformità dovrebbe quindi rimanere obbligo esclusivo del fabbricante. La presente direttiva non prevede alcuna procedura di valutazione della conformità che richieda l’intervento di un organismo notificato.
(10)
È necessario garantire che il materiale elettrico proveniente da paesi terzi che entra nel mercato dell’Unione sia conforme alla presente direttiva e in particolare che i fabbricanti abbiano effettuato adeguate procedure di valutazione della conformità in merito a tale materiale elettrico. Occorre pertanto prevedere che gli importatori si assicurino di immettere sul mercato materiale elettrico conforme alle prescrizioni stabilite dalla presente direttiva e di non immettere sul mercato materiale elettrico che non è conforme a tali prescrizioni o presenta un rischio. Dovrebbe essere inoltre previsto che gli importatori si assicurino che siano state effettuate le procedure di valutazione della conformità e che la marcatura del materiale elettrico e la documentazione elaborata dai fabbricanti siano a disposizione delle autorità nazionali competenti a fini di controllo.
(11)
All’atto dell’immissione del materiale elettrico sul mercato, ogni importatore dovrebbe indicare sul materiale elettrico in questione il proprio nome, la propria denominazione commerciale registrata o il proprio marchio registrato e l’indirizzo postale al quale può essere contattato. È opportuno prevedere eccezioni qualora le dimensioni o la natura del materiale elettrico non consentano tale indicazione. Le eccezioni comprendono il caso in cui l’importatore dovrebbe aprire l’imballaggio per apporre il proprio nome e indirizzo sul materiale elettrico.
(12)
Il distributore mette il materiale elettrico a disposizione sul mercato dopo che il fabbricante o l’importatore lo ha immesso sul mercato e dovrebbe agire con la dovuta cautela per garantire che la manipolazione del materiale elettrico non incida negativamente sulla sua conformità.
(13)
Qualsiasi operatore economico che immetta sul mercato materiale elettrico con il proprio nome o marchio commerciale oppure modifichi materiale elettrico in modo tale da incidere sulla conformità alla presente direttiva dovrebbe esserne considerato il fabbricante e assumersi pertanto i relativi obblighi.
(14)
I distributori e gli importatori, vista la loro vicinanza al mercato, dovrebbero essere coinvolti nei compiti di vigilanza del mercato svolti dalle autorità nazionali competenti e dovrebbero essere pronti a parteciparvi attivamente, fornendo a tali autorità tutte le informazioni necessarie sul materiale elettrico in questione.
(15)
Garantire la tracciabilità del materiale elettrico in tutta la catena di fornitura contribuisce a semplificare la vigilanza del mercato e a migliorarne l’efficienza. Un sistema efficiente di tracciabilità facilita alle autorità di vigilanza del mercato il compito di rintracciare l’operatore economico che ha messo a disposizione sul mercato materiale elettrico non conforme. Nel conservare le informazioni richieste ai sensi della presente direttiva per l’identificazione di altri operatori economici, questi ultimi non dovrebbero essere tenuti ad aggiornare tali informazioni concernenti gli altri operatori economici che hanno fornito loro materiale elettrico o ai quali essi hanno fornito materiale elettrico.
(16)
È opportuno che la presente direttiva si limiti a formulare gli obiettivi di sicurezza. Per agevolare la valutazione della conformità a tali obiettivi, è necessario, al fine della formulazione di specifiche tecniche dettagliate, conferire la presunzione di conformità al materiale elettrico conforme alle norme armonizzate adottate ai sensi del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normalizzazione europea (6).
(17)
Il regolamento (UE) n. 1025/2012 prevede una procedura relativa alle obiezioni alle norme armonizzate che non soddisfino completamente gli obiettivi di sicurezza di cui alla presente direttiva.
(18)
Le norme armonizzate pertinenti per la presente direttiva dovrebbero tenere conto anche della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (7).
(19)
Per il materiale elettrico per il quale non esistono ancora norme armonizzate, la libera circolazione dovrebbe essere assicurata ricorrendo alle disposizioni in materia di sicurezza delle norme internazionali elaborate dalla Commissione elettrotecnica internazionale o a norme nazionali.
(20)
Per consentire agli operatori economici di dimostrare e alle autorità competenti di garantire che il materiale elettrico messo a disposizione sul mercato è conforme agli obiettivi di sicurezza, è necessario prevedere procedure di valutazione della conformità. La decisione n. 768/2008/CE contiene una serie di moduli per le procedure di valutazione della conformità, che vanno dalla procedura meno severa a quella più severa con un rigore proporzionale al livello di rischio effettivo e di sicurezza richiesto. Per garantire la coerenza intersettoriale ed evitare varianti ad hoc, è opportuno che le procedure di valutazione della conformità siano scelte tra questi moduli.
(21)
I fabbricanti dovrebbero redigere una dichiarazione di conformità UE che fornisca le informazioni richieste a norma della presente direttiva sulla conformità del materiale elettrico alla presente direttiva e altri atti pertinenti della normativa di armonizzazione dell’Unione.
(22)
Per garantire un accesso effettivo alle informazioni a fini di vigilanza del mercato, le informazioni necessarie per identificare tutti gli atti dell’Unione applicabili dovrebbero essere disponibili in un’unica dichiarazione di conformità UE. Al fine di ridurre gli oneri amministrativi a carico degli operatori economici, tale dichiarazione unica UE può essere un fascicolo comprendente le dichiarazioni di conformità individuali pertinenti.
(23)
La marcatura CE, che indica la conformità del materiale elettrico, è la conseguenza visibile di un intero processo che comprende la valutazione della conformità in senso lato. I principi generali che disciplinano il marchio CE sono esposti nel regolamento (CE) n. 765/2008, mentre la presente direttiva dovrebbe dettare le norme che disciplinano l’apposizione della marcatura CE.
(24)
Per garantire la certezza del diritto, è necessario chiarire che al materiale elettrico si applicano le norme in materia di vigilanza del mercato dell’Unione e di controlli sui prodotti che entrano nel mercato dell’Unione di cui al regolamento (CE) n. 765/2008. La presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di scegliere le autorità competenti incaricate dello svolgimento di tali compiti.
(25)
Gli Stati membri dovrebbero adottare tutti i provvedimenti opportuni per assicurare che il materiale elettrico possa essere immesso sul mercato soltanto se, adeguatamente immagazzinato e usato ai fini cui è destinato, o in condizioni d’uso ragionevolmente prevedibili, non mette in pericolo la salute e la sicurezza delle persone. Il materiale elettrico dovrebbe essere considerato non conforme agli obiettivi di sicurezza stabiliti dalla presente direttiva soltanto in condizioni d’uso ragionevolmente prevedibili, vale a dire quando tale uso possa derivare da un comportamento umano lecito e facilmente prevedibile.
(26)
La direttiva 2006/95/CE prevede già una procedura di salvaguardia che si applica solo in caso di disaccordo tra Stati membri sulle misure prese da uno Stato membro. Per aumentare la trasparenza e ridurre i tempi procedurali è necessario migliorare la procedura di salvaguardia attuale al fine di migliorarne l’efficienza e avvalersi delle conoscenze disponibili negli Stati membri.
(27)
È opportuno completare il sistema attuale con una procedura che consente di informare le parti interessate delle misure di cui è prevista l’adozione in relazione al materiale elettrico che presenta un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni. Esso dovrebbe consentire inoltre alle autorità di vigilanza del mercato, in cooperazione con gli operatori economici interessati, di intervenire in una fase più precoce per quanto riguarda tale materiale elettrico.
(28)
Qualora gli Stati membri e la Commissione concordino sul fatto che una misura presa da uno Stato membro sia giustificata, non occorre prevedere ulteriori interventi della Commissione, ad eccezione dei casi in cui la non conformità possa essere attribuita a carenze di una norma armonizzata.
(29)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (8).
(30)
Per l’adozione di atti di esecuzione relativi al materiale elettrico conforme che presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone o altri aspetti di protezione del pubblico interesse si dovrebbe ricorrere alla procedura d’esame.
(31)
Per imperativi motivi d’urgenza debitamente giustificati connessi al materiale elettrico conforme che presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili.
(32)
In linea con la prassi corrente, il comitato istituito a norma della presente direttiva può svolgere un ruolo utile esaminando le questioni concernenti l’applicazione della direttiva stessa sollevate dal suo presidente o dal rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
(33)
Ogniqualvolta si esaminino questioni relative alla presente direttiva, ad eccezione della sua attuazione o di sue violazioni, vale a dire in un gruppo di esperti della Commissione, il Parlamento europeo dovrebbe ricevere, in linea con la prassi corrente, tutte le informazioni e la documentazione, nonché, ove opportuno, l’invito a partecipare a tali riunioni.
(34)
La Commissione dovrebbe determinare mediante atti di esecuzione e, in virtù della loro natura speciale, senza applicare il regolamento (UE) n. 182/2011, se le misure adottate dagli Stati membri nei confronti del materiale elettrico non conforme siano giustificate o meno.
(35)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire regole quanto alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e assicurare che esse siano applicate. Le sanzioni previste dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
(36)
È necessario prevedere un regime transitorio ragionevole che consenta di mettere a disposizione sul mercato, senza che sia necessario rispettare altri requisiti relativi ai prodotti, materiale elettrico che, prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali che recepiscono la presente direttiva, è già stato immesso sul mercato a norma della direttiva 2006/95/CE. I distributori dovrebbero quindi poter fornire materiale elettrico immesso sul mercato, vale a dire gli stock che si trovano già nella catena di distribuzione, prima della data di applicazione delle disposizioni nazionali di recepimento della presente direttiva.
(37)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire garantire che il materiale elettrico sul mercato soddisfi obiettivi di sicurezza che offrano un livello elevato di protezione della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni, assicurando nel contempo il funzionamento del mercato interno, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(38)
L’obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva precedente. L’obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.
(39)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e alla data di applicazione delle direttive di cui all’allegato V,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
L’obiettivo della presente direttiva è garantire che il materiale elettrico sul mercato soddisfi requisiti che offrano un livello elevato di protezione della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni, assicurando nel contempo il funzionamento del mercato interno.
La presente direttiva si applica al materiale elettrico destinato ad essere adoperato ad una tensione nominale compresa fra 50 e 1 000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua, fatta eccezione per i materiali e per i fenomeni di cui all’allegato II.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «messa a disposizione sul mercato»: la fornitura di materiale elettrico per la distribuzione, il consumo o l’uso sul mercato dell’Unione nel corso di un’attività commerciale, a titolo oneroso o gratuito;
2) «immissione sul mercato»: la prima messa a disposizione sul mercato dell’Unione di materiale elettrico;
3) «fabbricante»: la persona fisica o giuridica che fabbrica materiale elettrico, o che lo fa progettare o fabbricare, e commercializza tale materiale con il proprio nome o marchio commerciale;
4) «rappresentante autorizzato»: la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che ha ricevuto da un fabbricante un mandato scritto che la autorizza ad agire a suo nome in relazione a determinati compiti;
5) «importatore»: la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che immette sul mercato dell’Unione materiale elettrico originario di un paese terzo;
6) «distributore»: la persona fisica o giuridica presente nella catena di fornitura, diversa dal fabbricante o dall’importatore, che mette a disposizione sul mercato materiale elettrico;
7) «operatori economici»: il fabbricante, il rappresentante autorizzato, l’importatore e il distributore;
8) «specifica tecnica»: un documento che prescrive i requisiti tecnici che il materiale elettrico deve soddisfare;
9) «norma armonizzata»: la norma armonizzata di cui all’articolo 2, punto 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 1025/2012;
10) «valutazione della conformità»: il processo atto a dimostrare il rispetto degli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I relativi al materiale elettrico;
11) «richiamo»: qualsiasi misura volta a ottenere la restituzione di materiale elettrico già messo a disposizione dell’utilizzatore finale;
12) «ritiro»: qualsiasi misura volta a impedire la messa a disposizione sul mercato di materiale elettrico presente nella catena di fornitura;
13) «normativa di armonizzazione dell’Unione»: qualunque normativa dell’Unione che armonizza le condizioni di commercializzazione dei prodotti;
14) «marcatura CE»: una marcatura mediante la quale il fabbricante indica che il materiale elettrico è conforme ai requisiti applicabili stabiliti nella normativa di armonizzazione dell’Unione che ne prevede l’apposizione.
Articolo 3
Messa a disposizione sul mercato e obiettivi di sicurezza
Il materiale elettrico può essere messo a disposizione sul mercato dell’Unione solo se, costruito conformemente alla regola dell’arte in materia di sicurezza valida all’interno dell’Unione, non compromette, in caso di installazione e di manutenzione non difettose e di utilizzazione conforme alla sua destinazione, la salute e la sicurezza delle persone e degli animali domestici o dei beni.
L’allegato I elenca i principali elementi degli obiettivi di sicurezza.
Articolo 4
Libera circolazione
Gli Stati membri non ostacolano, relativamente agli aspetti disciplinati dalla presente direttiva, la messa a disposizione sul mercato di materiale elettrico che risulta conforme alla presente direttiva.
Articolo 5
Fornitura di elettricità
Gli Stati membri assicurano che le imprese distributrici di elettricità, per quanto riguarda il materiale elettrico, non subordinino il raccordo e la fornitura di elettricità agli utenti a requisiti di sicurezza più rigorosi degli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
CAPO 2
OBBLIGHI DEGLI OPERATORI ECONOMICI
Articolo 6
Obblighi dei fabbricanti
1. All’atto dell’immissione del loro materiale elettrico sul mercato, i fabbricanti assicurano che sia stato progettato e fabbricato conformemente agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
2. I fabbricanti preparano la documentazione tecnica di cui all’allegato III ed eseguono o fanno eseguire la procedura di valutazione della conformità di cui al medesimo allegato.
Qualora la conformità del materiale elettrico agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I sia stata dimostrata mediante la procedura di valutazione della conformità di cui al primo comma, i fabbricanti redigono una dichiarazione di conformità UE e appongono la marcatura CE.
3. I fabbricanti conservano la documentazione tecnica di cui all’allegato III e la dichiarazione di conformità UE per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato.
4. I fabbricanti garantiscono che siano predisposte le procedure necessarie affinché la produzione in serie continui a essere conforme alla presente direttiva. Si tiene debitamente conto delle modifiche della progettazione o delle caratteristiche del prodotto, nonché delle modifiche delle norme armonizzate di cui all’articolo 12, delle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14 o delle altre specifiche tecniche con riferimento alle quali è dichiarata la conformità del materiale elettrico.
Laddove ritenuto necessario in considerazione dei rischi presentati dal materiale elettrico, i fabbricanti eseguono, per proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori, una prova a campione sul materiale elettrico messo a disposizione sul mercato, esaminano i reclami, il materiale elettrico non conforme e i richiami del materiale elettrico non conforme, mantengono, se del caso, un registro degli stessi e informano i distributori di tale monitoraggio.
5. I fabbricanti garantiscono che sul materiale elettrico da essi immesso sul mercato sia apposto un numero di tipo, di lotto, di serie oppure qualsiasi altro elemento che ne consenta l’identificazione, oppure, qualora le dimensioni o la natura del materiale elettrico non lo consentano, che le informazioni prescritte siano fornite sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del materiale elettrico.
6. I fabbricanti indicano sul materiale elettrico il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del materiale elettrico. L’indirizzo indica un unico punto presso il quale il fabbricante può essere contattato. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
7. I fabbricanti garantiscono che il materiale elettrico sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua che può essere facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato. Tali istruzioni e informazioni sulla sicurezza, al pari di qualunque etichettatura, devono essere chiare, comprensibili e intelligibili.
8. I fabbricanti che ritengono o hanno motivo di ritenere che il materiale elettrico da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale materiale elettrico, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora il materiale elettrico presenti un rischio, i fabbricanti ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato il materiale elettrico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
9. I fabbricanti, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico alla presente direttiva, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico da essi immesso sul mercato.
Articolo 7
Rappresentanti autorizzati
1. Il fabbricante può nominare, mediante mandato scritto, un rappresentante autorizzato.
Gli obblighi di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e l’obbligo di redigere la documentazione tecnica di cui all’articolo 6, paragrafo 2, non rientrano nel mandato del rappresentante autorizzato.
2. Il rappresentante autorizzato esegue i compiti specificati nel mandato ricevuto dal fabbricante. Il mandato consente al rappresentante autorizzato di eseguire almeno i seguenti compiti:
a)
mantenere a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza del mercato la dichiarazione di conformità UE e la documentazione tecnica per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato;
b)
a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, fornire a tale autorità tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico;
c)
cooperare con le autorità nazionali competenti, su loro richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico che rientra nel mandato del rappresentante autorizzato.
Articolo 8
Obblighi degli importatori
1. Gli importatori immettono sul mercato solo il materiale elettrico conforme.
2. Prima di immettere il materiale elettrico sul mercato, gli importatori assicurano che il fabbricante abbia eseguito l’appropriata procedura di valutazione della conformità. Essi assicurano che il fabbricante abbia preparato la documentazione tecnica, che sul materiale elettrico sia apposta la marcatura CE, che quest’ultimo sia accompagnato dai documenti prescritti e che il fabbricante abbia rispettato le prescrizioni di cui all’articolo 6, paragrafi 5 e 6.
L’importatore, se ritiene o ha motivo di ritenere che il materiale elettrico non sia conforme agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I, non immette il materiale elettrico sul mercato fino a quando non sia stato reso conforme. Inoltre, quando il materiale elettrico presenta un rischio, l’importatore ne informa il fabbricante e le autorità di vigilanza del mercato.
3. Gli importatori indicano sul materiale elettrico il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo postale al quale possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del materiale elettrico. Le informazioni relative al contatto sono in una lingua facilmente comprensibile per l’utilizzatore finale e le autorità di vigilanza del mercato.
4. Gli importatori garantiscono che il materiale elettrico sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali, secondo quanto determinato dallo Stato membro interessato.
5. Gli importatori garantiscono che, mentre il materiale elettrico è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
6. Laddove ritenuto necessario in considerazione dei rischi presentati dal materiale elettrico, gli importatori eseguono, per proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori, una prova a campione sul materiale elettrico messo a disposizione sul mercato, esaminano i reclami, il materiale elettrico non conforme e i richiami del materiale elettrico non conforme, mantengono, se del caso, un registro degli stessi e informano i distributori di tale monitoraggio.
7. Gli importatori che ritengono o hanno motivo di ritenere che il materiale elettrico da essi immesso sul mercato non sia conforme alla presente direttiva prendono immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale materiale elettrico, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora il materiale elettrico presenti un rischio, gli importatori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato il materiale elettrico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
8. Per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato gli importatori mantengono la dichiarazione di conformità UE a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato; garantiscono inoltre che, su richiesta, la documentazione tecnica sarà messa a disposizione di tali autorità.
9. Gli importatori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico, in una lingua che può essere facilmente compresa da tale autorità. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico da essi immesso sul mercato.
Articolo 9
Obblighi dei distributori
1. Quando mettono il materiale elettrico a disposizione sul mercato, i distributori applicano con la dovuta diligenza le prescrizioni della presente direttiva.
2. Prima di mettere il materiale elettrico a disposizione sul mercato i distributori verificano che esso rechi la marcatura CE, sia accompagnato dalla documentazione richiesta nonché da istruzioni e informazioni sulla sicurezza in una lingua facilmente compresa dai consumatori e dagli altri utilizzatori finali nello Stato membro in cui il materiale elettrico deve essere messo a disposizione sul mercato e che il fabbricante e l’importatore si siano conformati alle prescrizioni di cui rispettivamente all’articolo 6, paragrafi 5 e 6, e all’articolo 8, paragrafo 3.
Il distributore, se ritiene o ha motivo di ritenere che il materiale elettrico non sia conforme agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I, non mette il materiale elettrico a disposizione sul mercato fino a quando esso non sia stato reso conforme. Inoltre, quando il materiale elettrico presenta un rischio, il distributore ne informa il fabbricante o l’importatore e le autorità di vigilanza del mercato.
3. Gli importatori garantiscono che, mentre il materiale elettrico è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non mettano a rischio la sua conformità agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
4. I distributori che ritengono o hanno motivo di ritenere che il materiale elettrico da essi messo a disposizione sul mercato non sia conforme alla presente direttiva si assicurano che siano prese le misure correttive necessarie per rendere conforme tale materiale elettrico, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora il materiale elettrico presenti un rischio, i distributori ne informano immediatamente le autorità nazionali competenti degli Stati membri in cui hanno messo a disposizione sul mercato il materiale elettrico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva presa.
5. I distributori, a seguito di una richiesta motivata di un’autorità nazionale competente, forniscono a quest’ultima tutte le informazioni e la documentazione, in formato cartaceo o elettronico, necessarie per dimostrare la conformità del materiale elettrico. Cooperano con tale autorità, su sua richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dal materiale elettrico da essi messo a disposizione sul mercato.
Articolo 10
Casi in cui gli obblighi dei fabbricanti si applicano agli importatori e ai distributori
Un importatore o distributore è ritenuto un fabbricante ai fini della presente direttiva ed è soggetto agli obblighi del fabbricante di cui all’articolo 6 quando immette sul mercato materiale elettrico con il proprio nome o marchio commerciale o modifica materiale elettrico già immesso sul mercato in modo tale da poterne condizionare la conformità alla presente direttiva.
Articolo 11
Identificazione degli operatori economici
Gli operatori economici indicano alle autorità di vigilanza che ne facciano richiesta:
a)
qualsiasi operatore economico che abbia fornito loro materiale elettrico;
b)
qualsiasi operatore economico cui abbiano fornito materiale elettrico.
Gli operatori economici devono essere in grado di presentare le informazioni di cui al primo comma per dieci anni dal momento in cui sia stato loro fornito materiale elettrico e per dieci anni dal momento in cui essi abbiano fornito materiale elettrico.
CAPO 3
CONFORMITÀ DEL MATERIALE ELETTRICO
Articolo 12
Presunzione di conformità sulla base di norme armonizzate
Il materiale elettrico che è conforme alle norme armonizzate o a parti di esse i cui riferimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è considerato conforme agli obiettivi di sicurezza di tali norme o parti di esse menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
Articolo 13
Presunzione di conformità sulla base di norme internazionali
1. Ove non siano state elaborate e pubblicate norme armonizzate di cui all’articolo 12, gli Stati membri adottano ogni misura opportuna affinché le autorità competenti, ai fini della messa a disposizione sul mercato di cui all’articolo 3 o della libera circolazione di cui all’articolo 4, considerino del pari rispondente agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I il materiale elettrico conforme alle disposizioni in materia di sicurezza delle norme internazionali elaborate dalla «International Electrotechnical Commission» (IEC) (Commissione elettrotecnica internazionale) per le quali sia stata espletata la procedura di pubblicazione di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo.
2. Le disposizioni in materia di sicurezza di cui al paragrafo 1 sono notificate dalla Commissione agli Stati membri. La Commissione, dopo aver consultato gli Stati membri, indica le disposizioni in materia di sicurezza e, in particolare, le varianti di cui raccomanda la pubblicazione.
3. Entro tre mesi gli Stati membri comunicano alla Commissione le loro eventuali obiezioni alle disposizioni in materia di sicurezza notificate conformemente al paragrafo 2, menzionando le ragioni di sicurezza che si oppongono all’accettazione di questa o quella disposizione.
I riferimenti alle disposizioni in materia di sicurezza nei cui confronti non sia stata mossa alcuna obiezione sono pubblicati, a titolo d’informazione, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Presunzione di conformità sulla base di norme nazionali
Ove non siano state elaborate e pubblicate norme armonizzate di cui all’articolo 12 e siano state pubblicate norme internazionali di cui all’articolo 13, gli Stati membri adottano ogni misura opportuna affinché le autorità competenti, ai fini della messa a disposizione sul mercato di cui all’articolo 3 o della libera circolazione di cui all’articolo 4, considerino del pari rispondente agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I il materiale elettrico costruito in conformità delle disposizioni in materia di sicurezza delle norme applicate nello Stato membro in cui è stato fabbricato, quando detto materiale garantisce un livello di sicurezza equivalente a quello richiesto sul proprio territorio.
Articolo 15
Dichiarazione di conformità UE
1. La dichiarazione di conformità UE attesta il rispetto degli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I.
2. La dichiarazione di conformità UE ha la struttura tipo di cui all’allegato IV, contiene gli elementi specificati nel modulo A di cui all’allegato III ed è continuamente aggiornata. Essa è tradotta nella lingua o nelle lingue richieste dallo Stato membro nel quale il materiale elettrico è immesso o messo a disposizione sul mercato.
3. Se al materiale elettrico si applicano più atti dell’Unione che prescrivono una dichiarazione di conformità UE, viene compilata un’unica dichiarazione di conformità UE in rapporto a tutti questi atti dell’Unione. La dichiarazione contiene gli estremi degli atti dell’Unione, compresi i riferimenti della loro pubblicazione.
4. Con la dichiarazione di conformità UE il fabbricante si assume la responsabilità della conformità del materiale elettrico alle prescrizioni di cui alla presente direttiva.
Articolo 16
Principi generali della marcatura CE
La marcatura CE è soggetta ai principi generali esposti all’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 17
Regole e condizioni per l’apposizione della marcatura CE
1. La marcatura CE è apposta in modo visibile, leggibile e indelebile sul materiale elettrico o sulla sua targhetta. Qualora non sia possibile o la natura del materiale elettrico non lo consenta, essa è apposta sul suo imballaggio e sui documenti di accompagnamento.
2. La marcatura CE è apposta sul materiale elettrico prima della sua immissione sul mercato.
3. Gli Stati membri si avvalgono dei meccanismi esistenti per garantire un’applicazione corretta del regime che disciplina la marcatura CE e promuovono le azioni opportune contro l’uso improprio di tale marcatura.
CAPO 4
VIGILANZA DEL MERCATO DELL’UNIONE, CONTROLLO DEL MATERIALE ELETTRICO CHE ENTRA NEL MERCATO DELL’UNIONE E PROCEDURA DI SALVAGUARDIA DELL’UNIONE
Articolo 18
Vigilanza del mercato dell’Unione e controllo del materiale elettrico che entra nel mercato dell’Unione
Al materiale elettrico si applicano l’articolo 15, paragrafo 3, e gli articoli da 16 a 29 del regolamento (CE) n. 765/2008.
Articolo 19
Procedura a livello nazionale per il materiale elettrico che presenta rischi
1. Qualora le autorità di vigilanza del mercato di uno Stato membro abbiano motivi sufficienti per ritenere che un materiale elettrico disciplinato dalla presente direttiva presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, essi effettuano una valutazione del materiale elettrico interessato che investa tutte le prescrizioni pertinenti di cui alla presente direttiva. A tal fine, gli operatori economici interessati cooperano ove necessario con le autorità di vigilanza del mercato.
Se nel corso della valutazione di cui al primo comma le autorità di vigilanza del mercato concludono che il materiale elettrico non rispetta le prescrizioni di cui alla presente direttiva, chiedono tempestivamente all’operatore economico interessato di adottare tutte le misure correttive del caso al fine di rendere il materiale elettrico conforme alle suddette prescrizioni oppure di ritirarlo o di richiamarlo dal mercato entro un termine ragionevole e proporzionato alla natura del rischio, a seconda dei casi.
L’articolo 21 del regolamento (CE) n. 765/2008 si applica alle misure di cui al secondo comma del presente paragrafo.
2. Qualora ritengano che l’inadempienza non sia ristretta al territorio nazionale, le autorità di vigilanza del mercato informano la Commissione e gli altri Stati membri dei risultati della valutazione e dei provvedimenti che hanno chiesto all’operatore economico di prendere.
3. L’operatore economico prende tutte le misure correttive opportune nei confronti del materiale elettrico interessato che ha messo a disposizione sull’intero mercato dell’Unione.
4. Qualora l’operatore economico interessato non prenda le misure correttive adeguate entro il termine di cui al paragrafo 1, secondo comma, le autorità di vigilanza del mercato adottano tutte le misure provvisorie opportune per proibire o limitare la messa a disposizione del materiale elettrico sul loro mercato nazionale, per ritirarlo da tale mercato o per richiamarlo.
Le autorità di vigilanza del mercato informano senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri di tali misure.
5. Le informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, includono tutti i particolari disponibili, soprattutto i dati necessari all’identificazione del materiale elettrico non conforme, la sua origine, la natura della presunta non conformità e dei rischi connessi, la natura e la durata delle misure nazionali adottate, nonché gli argomenti espressi dall’operatore economico interessato. In particolare, le autorità di vigilanza del mercato indicano se l’inadempienza sia dovuta:
a)
alla non conformità del materiale elettrico agli obiettivi di sicurezza menzionati all’articolo 3 ed enunciati nell’allegato I relativi alla salute o alla sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni; oppure
b)
alle carenze nelle norme armonizzate di cui all’articolo 12 o nelle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14 che conferiscono la presunzione di conformità.
6. Gli Stati membri diversi da quello che ha avviato la procedura a norma del presente articolo informano senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri di tutti i provvedimenti adottati, di tutte le altre informazioni a loro disposizione sulla non conformità del materiale elettrico e, in caso di disaccordo con la misura nazionale adottata, delle loro obiezioni.
7. Qualora, entro tre mesi dal ricevimento delle informazioni di cui al paragrafo 4, secondo comma, uno Stato membro o la Commissione non sollevino obiezioni contro la misura provvisoria presa da uno Stato membro, tale misura è ritenuta giustificata.
8. Gli Stati membri garantiscono che siano adottate senza indugio le misure restrittive opportune in relazione al materiale elettrico in questione, quale il suo ritiro dal mercato.
Articolo 20
Procedura di salvaguardia dell’Unione
1. Se in esito alla procedura di cui all’articolo 19, paragrafi 3 e 4, sono sollevate obiezioni contro una misura assunta da uno Stato membro o qualora la Commissione ritenga che la misura nazionale sia contraria alla legislazione dell’Unione, la Commissione si consulta senza indugio con gli Stati membri e con l’operatore o gli operatori economici interessati e valuta la misura nazionale. In base ai risultati di tale valutazione, la Commissione determina mediante un atto di esecuzione se la misura nazionale sia giustificata o meno.
La Commissione indirizza la propria decisione a tutti gli Stati membri e la comunica immediatamente a essi e all’operatore o agli operatori economici interessati.
2. Se la misura nazionale è considerata giustificata, tutti gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il materiale elettrico non conforme sia ritirato dal mercato nazionale e ne informano la Commissione. Se la misura nazionale è considerata ingiustificata, lo Stato membro interessato la revoca.
3. Se la misura nazionale è considerata giustificata e la non conformità del materiale elettrico è attribuita a una carenza delle norme armonizzate di cui all’articolo 19, paragrafo 5, lettera b), della presente direttiva, la Commissione applica la procedura di cui all’articolo 11 del regolamento (UE) n. 1025/2012.
Articolo 21
Materiale elettrico conforme che presenta rischi
1. Se uno Stato membro, dopo aver effettuato una valutazione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, ritiene il materiale elettrico, pur conforme alla presente direttiva, presenti un rischio per la salute o la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, chiede all’operatore economico interessato di far sì che tale materiale elettrico, all’atto della sua immissione sul mercato, non presenti più tale rischio o che sia, a seconda dei casi, ritirato dal mercato o richiamato entro un periodo di tempo ragionevole, proporzionato alla natura del rischio.
2. L’operatore economico garantisce che siano prese misure correttive nei confronti di tutti i materiali elettrici interessati da esso messi a disposizione sull’intero mercato dell’Unione.
3. Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri. Tali informazioni includono tutti i particolari disponibili, in particolare i dati necessari all’identificazione del materiale elettrico interessato, la sua origine e la catena di fornitura del prodotto, la natura dei rischi connessi, nonché la natura e la durata delle misure nazionali adottate.
4. La Commissione avvia immediatamente consultazioni con gli Stati membri e l’operatore o gli operatori economici interessati e valuta le misure nazionali adottate. In base ai risultati della valutazione, la Commissione decide mediante atti di esecuzione se la misura nazionale sia giustificata o meno e propone, all’occorrenza, opportune misure.
Gli atti di esecuzione di cui al presente paragrafo, primo comma, sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 23, paragrafo 2.
Per motivi imperativi di urgenza debitamente giustificati connessi alla protezione della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 3.
5. La Commissione indirizza la propria decisione a tutti gli Stati membri e la comunica immediatamente a essi e all’operatore o agli operatori economici interessati.
Articolo 22
Non conformità formale
1. Fatto salvo l’articolo 19, se uno Stato membro giunge a una delle seguenti conclusioni, chiede all’operatore economico interessato di porre fine allo stato di non conformità in questione:
a)
la marcatura CE è stata apposta in violazione dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 765/2008 o dell’articolo 17 della presente direttiva;
b)
la marcatura CE non è stata apposta;
c)
non è stata compilata la dichiarazione di conformità UE;
d)
non è stata compilata correttamente la dichiarazione di conformità UE;
e)
la documentazione tecnica non è disponibile o è incompleta;
f)
le informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 6, o all’articolo 8, paragrafo 3, sono assenti, false o incomplete;
g)
qualsiasi altra prescrizione amministrativa di cui all’articolo 6 o all’articolo 8 non è rispettata.
2. Se la non conformità di cui al paragrafo 1 permane, lo Stato membro interessato provvede a limitare o proibire la messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico o garantisce che sia richiamato o ritirato dal mercato.
CAPO 5
COMITATO E DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Articolo 23
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per il materiale elettrico. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l’articolo 5.
4. La Commissione consulta il comitato sulle questioni per le quali la consultazione di esperti del settore è richiesta a norma del regolamento (UE) n. 1025/2012 o di un’altra normativa dell’Unione.
Il comitato può inoltre esaminare qualsiasi altra questione riguardante l’applicazione della presente direttiva che può essere sollevata dal suo presidente o da un rappresentante di uno Stato membro in conformità del suo regolamento interno.
Articolo 24
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le disposizioni in materia di sanzioni applicabili alle violazioni, da parte degli operatori economici, delle disposizioni di diritto nazionale adottate ai sensi della presente direttiva e prendono tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Tali disposizioni possono includere sanzioni penali in caso di violazioni gravi.
Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 25
Disposizioni transitorie
Gli Stati membri non ostacolano la messa a disposizione sul mercato di materiale elettrico rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/95/CE e a essa conforme, immesso sul mercato anteriormente al 20 aprile 2016.
Articolo 26
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 19 aprile 2016, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’articolo 2, all’articolo 3, primo comma, all’articolo 4, agli articoli da 6 a 12, all’articolo 13, paragrafo 1, agli articoli da 14 a 25 e agli allegati II, III e IV. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 20 aprile 2016.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva si intendono fatti a quest’ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell’indicazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 27
Abrogazione
La direttiva 2006/95/CE è abrogata a decorrere dal 20 aprile 2016, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione delle direttive di cui all’allegato V.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VI.
Articolo 28
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’articolo 1, l’articolo 3, secondo comma, l’articolo 5, l’articolo 13, paragrafi 2 e 3, e gli allegati I, V e VI si applicano a decorrere dal 20 aprile 2016.
Articolo 29
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 26 febbraio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 105.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio 20 febbraio 2014.
(3) GU L 374 del 27.12.2006, pag. 10. La direttiva 2006/95/CE è la codificazione della direttiva 73/23/CEE del Consiglio, del 19 febbraio 1973, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione (GU L 77 del 26.3.1973, pag. 29).
(4) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 30.
(5) GU L 218 del 13.8.2008, pag. 82.
(6) GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12.
(7) Adottata con decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (GU L 23 del 27.1.2010, pag. 35).
(8) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
ALLEGATO I
ELEMENTI PRINCIPALI DEGLI OBIETTIVI DI SICUREZZA DEL MATERIALE ELETTRICO DESTINATO A ESSERE ADOPERATO ENTRO TALUNI LIMITI DI TENSIONE
1. Requisiti generali
a)
Le caratteristiche essenziali del materiale elettrico, la cui conoscenza e osservanza sono indispensabili per un impiego conforme alla destinazione ed esente da pericolo, sono indicate sul materiale elettrico stesso oppure, qualora ciò non sia possibile, su un documento che l’accompagna;
b)
il materiale elettrico e le sue parti costitutive sono costruiti in modo da poter essere assemblati e collegati in maniera sicura ed adeguata;
c)
il materiale elettrico è progettato e fabbricato in modo da assicurare la protezione dai pericoli citati ai punti 2 e 3, sempre che esso sia adoperato in conformità della sua destinazione e osservando le norme di manutenzione.
2. Protezione dai pericoli che possono derivare dal materiale elettrico
In conformità del punto 1, sono previste misure di carattere tecnico affinché:
a)
le persone e gli animali domestici siano adeguatamente protetti dal pericolo di lesioni fisiche o altri danni che possono derivare da contatti diretti o indiretti;
b)
non possano prodursi sovratemperature, archi elettrici o radiazioni che possano causare un pericolo;
c)
le persone, gli animali domestici e i beni siano adeguatamente protetti dai pericoli di natura non elettrica che, come insegna l’esperienza, possono derivare dal materiale elettrico;
d)
l’isolamento sia proporzionato alle sollecitazioni prevedibili.
3. Protezione dai pericoli dovuti all’influenza di fattori esterni sul materiale elettrico
In conformità del punto 1, sono previste misure di ordine tecnico affinché il materiale elettrico:
a)
presenti le caratteristiche meccaniche richieste in modo da non causare pericolo alle persone, agli animali domestici e ai beni;
b)
sia resistente a fenomeni di natura non meccanica nelle condizioni ambientali previste, in modo da non causare pericolo alle persone, agli animali domestici e ai beni;
c)
nelle condizioni di sovraccarico prevedibili, non causi pericolo alle persone, agli animali domestici e ai beni.
ALLEGATO II
MATERIALI E FENOMENI ESCLUSI DALL’AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA PRESENTE DIRETTIVA
Materiali elettrici destinati ad essere usati in ambienti esposti a pericoli di esplosione.
Materiali elettrici per radiologia e uso clinico.
Parti elettriche di ascensori e montacarichi.
Contatori elettrici.
Prese di corrente (basi e spine) a uso domestico.
Dispositivi di alimentazione di recinti elettrici.
Disturbi radioelettrici.
Materiali elettrici speciali, destinati ad essere usati sulle navi o sugli aeromobili e per le ferrovie, conformi alle disposizioni di sicurezza stabilite da organismi internazionali cui partecipano gli Stati membri.
Kit di valutazione su misura per professionisti, destinati ad essere utilizzati unicamente in strutture di ricerca e sviluppo a tali fini.
ALLEGATO III
MODULO A
Controllo interno della produzione
1. Il controllo interno della produzione è la procedura di valutazione della conformità con cui il fabbricante ottempera agli obblighi di cui ai punti 2, 3 e 4 e si accerta e dichiara, sotto la sua esclusiva responsabilità, che il materiale elettrico interessato soddisfa le prescrizioni della presente direttiva ad esso applicabili.
2. Documentazione tecnica
Il fabbricante compila la documentazione tecnica. La documentazione permette di valutare la conformità del materiale elettrico ai requisiti pertinenti e comprende un’analisi e una valutazione adeguate dei rischi. La documentazione tecnica precisa le prescrizioni applicabili e include, se necessario ai fini della valutazione, il progetto, la fabbricazione e il funzionamento del materiale elettrico. La documentazione tecnica contiene, laddove applicabile, almeno gli elementi seguenti:
a)
una descrizione generale del materiale elettrico;
b)
i disegni di progettazione e fabbricazione, nonché gli schemi di componenti, sottounità, circuiti ecc.;
c)
le descrizioni e le spiegazioni necessarie alla comprensione di tali disegni e schemi e del funzionamento del materiale elettrico;
d)
un elenco delle norme armonizzate, applicate completamente o in parte, i cui riferimenti siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o delle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14, e, qualora non siano state applicate tali norme armonizzate o tali norme internazionali o nazionali, le descrizioni delle soluzioni adottate per soddisfare gli obiettivi di sicurezza della presente direttiva, compreso un elenco delle altre pertinenti specifiche tecniche applicate. In caso di applicazione parziale delle norme armonizzate o delle norme internazionali o nazionali di cui agli articoli 13 e 14, la documentazione tecnica specifica le parti che sono state applicate;
e)
i risultati dei calcoli di progettazione realizzati, degli esami effettuati ecc.; e
f)
le relazioni sulle prove effettuate.
3. Produzione
Il fabbricante prende tutte le misure necessarie affinché il processo di fabbricazione e il relativo controllo assicurino la conformità del materiale elettrico fabbricato alla documentazione tecnica di cui al punto 2 e alle prescrizioni della presente direttiva a esso applicabili.
4. Marcatura CE e dichiarazione di conformità UE
4.1.
Il fabbricante appone la marcatura CE su ogni singolo materiale elettrico conforme alle prescrizioni applicabili della presente direttiva.
4.2.
Il fabbricante compila una dichiarazione scritta di conformità UE per ogni modello del prodotto che, insieme alla documentazione tecnica, tiene a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza del mercato per dieci anni dalla data in cui il materiale elettrico è stato immesso sul mercato. La dichiarazione di conformità UE identifica il materiale elettrico per cui è stata compilata.
Una copia della dichiarazione di conformità UE è messa a disposizione delle autorità di vigilanza del mercato su richiesta.
5. Rappresentante autorizzato
Gli obblighi del fabbricante previsti al punto 4 possono essere adempiuti dal suo rappresentante autorizzato, a nome del fabbricante e sotto la sua responsabilità, purché siano specificati nel mandato.
ALLEGATO IV
DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ UE (N. XXXX) (1)
1.
Modello di prodotto/prodotto (numero di prodotto, tipo, lotto o serie):
2.
Nome e indirizzo del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato:
3.
La presente dichiarazione di conformità è rilasciata sotto la responsabilità esclusiva del fabbricante.
4.
Oggetto della dichiarazione (identificazione del materiale elettrico che ne consenta la rintracciabilità; può comprendere un’immagine a colori di chiarezza sufficiente se necessario per l’identificazione del materiale elettrico):
5.
L’oggetto della dichiarazione di cui sopra è conforme alla pertinente normativa di armonizzazione dell’Unione:
6.
Riferimento alle pertinenti norme armonizzate utilizzate o riferimenti alle altre specifiche tecniche in relazione alle quali è dichiarata la conformità:
7.
Informazioni supplementari:
Firmato a nome e per conto di:
(luogo e data del rilascio):
(nome, funzione) (firma):
(1) L’assegnazione di un numero, da parte del fabbricante, alla dichiarazione di conformità è opzionale.
ALLEGATO V
Termini di recepimento nel diritto interno e date di applicazione delle direttive di cui all’allegato V, parte B, della direttiva 2006/95/CE
(di cui all’articolo 27)
Direttiva
Termine di recepimento
Data di applicazione
73/23/CEE
21 agosto 1974 (1)
—
93/68/CEE
1o luglio 1994
1o gennaio 1995 (2)
(1) Nel caso della Danimarca il termine è stato prorogato di cinque anni, vale a dire fino al 21 febbraio 1978. Cfr. articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 73/23/CEE.
(2) Gli Stati membri dovevano consentire fino al 1o gennaio 1997 l’immissione sul mercato e la messa in servizio dei prodotti conformi ai sistemi di marcatura vigenti anteriormente al 1o gennaio 1995. Cfr. articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 93/68/CEE.
ALLEGATO VI
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 2006/95/CE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1, secondo comma
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 12
Articolo 6
Articolo 13
Articolo 7
Articolo 14
Articolo 8, paragrafo 1
Articoli 16 e 17
Articolo 8, paragrafo 2
—
Articolo 8, paragrafo 3
—
Articolo 9
Articoli da 18 a 20
Articolo 10
Articoli 16 e 17
Articolo 11
—
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 26, paragrafo 2
Articolo 14
Articolo 27
Articolo 15
Articolo 28
Allegato I
Allegato I
Allegato II
Allegato II
Allegato III
Articoli 15 e 16 e allegato IV
Allegato IV
Allegato III
Allegato V
Allegato V
DICHIARAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO
Il Parlamento europeo ritiene che le commissioni possano essere considerate comitati di «comitatologia» ai sensi dell'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea, unicamente se e nella misura in cui tali commissioni nelle loro riunioni discutono di atti di esecuzione ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. Le riunioni delle commissioni rientrano quindi nell'ambito di applicazione del punto 15 dell'accordo quadro se e nella misura in cui vengono discussi altri temi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sicurezza elettrica: materiale elettrico a bassa tensione
La politica dell'Unione europea (UE) sulla vendita del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione mira a garantire elevati livelli di tutela della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e delle proprietà.
ATTO
Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione.
SINTESI
La politica dell'Unione europea (UE) sulla vendita del materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione mira a garantire elevati livelli di tutela della salute e della sicurezza delle persone, degli animali domestici e delle proprietà.
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
La direttiva crea condizioni uniformi in tutta l'UE per la vendita di materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione. Si applica al materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro limiti di tensione compresi fra 50 e 1 000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua.
La direttiva copre tutti i rischi per la salute e la sicurezza, garantendo così che il materiale elettrico venga usato in sicurezza e nelle applicazioni per il quale è stato fabbricato.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce le responsabilità dei fabbricanti, degli importatori e dei distributori relativamente alla vendita di materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione:
tutto il materiale elettrico in vendita nell'UE deve essere provvisto della marcatura di conformità CE per dimostrarne la conformità a tutti i requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla legislazione dell'UE;
prima di ottenere la marcatura CE, il fabbricante deve eseguire una valutazione di sicurezza e conformità, preparare la documentazione tecnica che dimostra la conformità del materiale e redigere e firmare una dichiarazione di conformità UE;
gli importatori devono controllare se i fabbricanti hanno svolto correttamente la procedura di valutazione di conformità e informare le autorità di vigilanza nel caso in cui ritengano che il materiale non sia conforme ai requisiti essenziali di sicurezza;
la dichiarazione di conformità UE e la documentazione tecnica devono essere conservate per dieci anni;
le istruzioni e le informazioni di sicurezza devono essere scritte in una lingua facilmente comprensibile per gli utilizzatori finali, come stabilito dall'autorità di vigilanza interessata;
i fabbricanti e gli importatori devono indicare le loro informazioni relative al contatto sul materiale elettrico;
Inoltre, la direttiva specifica i passi che le autorità nazionali di vigilanza devono compiere per individuare e prevenire la vendita di materiale elettrico pericoloso nell'UE.
QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La presente direttiva si applica a partire dal 20 aprile 2016 e abroga la direttiva 2006/95/CE con effetto a partire dal 20 aprile 2016.
CONTESTO
La direttiva aggiorna le norme dell'UE per la vendita di materiale elettrico destinato ad essere utilizzato entro taluni limiti di tensione. Essa fa parte degli sforzi di modernizzare la legislazione europea in un ampio spettro di settori industriali per semplificare le norme, ridurre gli oneri amministrativi e stabilire norme più chiare e coerenti.
Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della direzione generale del Mercato interno, dell'industria, dell'imprenditoria e delle PMI della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2014/35/UE
18.4.2014
19.4.2016
GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357-374 |
Programma metrologico europeo di innovazione e ricerca (EMPIR)
EMPIR è un programma congiunto incentrato sulle tecnologie di metrologia e misurazione. Esso mira a creare un sistema europeo di ricerca metrologica integrato.
ATTO
Decisione n. 555/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla partecipazione dell’Unione al programma metrologico europeo di innovazione
SINTESI
EMPIR, che fa seguito al programma europeo di ricerca metrologica (EMRP), è co-finanziato dal programma Orizzonte 2020 dell’Unione europea (UE) e dai bilanci nazionali dei paesi partecipanti. L’UE partecipa a questo programma congiunto sulla base dell’articolo 185 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (partenariato pubblico-pubblico).
Obiettivi
EMPIR ha lo scopo di sostenere la creazione di un sistema europeo di ricerca metrologica integrato, attivo a livello regionale, nazionale, europeo e internazionale.
Un ulteriore obiettivo è quello di fornire soluzioni adeguate e integrate di metrologia a sostegno della competitività, nonché tecnologie di misurazione in grado di affrontare le sfide sociali (ad esempio, la salute, l’ambiente e l’energia).
Campo di azione
EMPIR comprende attività su:
—
innovazione e sfruttamento industriale;
—
ricerca su norme;
—
normalizzazione e regolamentazione;
—
sviluppo di capacità.
Partecipazione e finanziamenti
La partecipazione ai progetti EMPIR si svolge in linea con le regole di Orizzonte 2020 per la partecipazione e la diffusione [regolamento (UE) n. 1290/2013] e le condizioni specifiche contenute nella decisione EMPIR.
Un elenco degli istituti nazionali di metrologia (INM) e degli istituti designati (ID) EURAMET, ammessi a partecipare ai progetti EMPIR, è disponibile sul Portale dei partecipanti EMPIR.
Attuazione
EURAMET, l’Organizzazione metrologica regionale europea, è stata designata dai paesi partecipanti per l’attuazione di EMPIR. EURAMET organizza gli inviti a presentare proposte, la valutazione inter pares, la selezione e il monitoraggio dei progetti nonché l’assegnazione del contributo dell’UE.
L’EMPIR viene attuato sulla base di piani di lavoro annuali. Il sostegno finanziario viene principalmente offerto sotto forma di sovvenzioni a favore dei progetti selezionati.
EURAMET invita gli individui e le organizzazioni della comunità di ricerca metrologica e gli utenti a suggerire potenziali temi di ricerca prima di identificare le tematiche per ogni invito a presentare proposte.
Dotazione finanziaria
Il contributo finanziario dell’UE per il programma è di 300 milioni di EUR per il periodo 2014-2024. Tale contributo è equivalente a quello pagato dai paesi partecipanti ai progetti EMPIR, esclusi i contributi dei paesi partecipanti alle spese amministrative che superano il 5 % del bilancio EMPIR.
Il contributo dei paesi partecipanti è costituito da pagamenti effettuati attraverso il finanziamento istituzionale dall’INM nell’UE e nei paesi dell’Associazione europea di libero scambio così come dagli ID che partecipano a EMPIR.
Per maggiori informazioni consultare:
—
EMPIR sul sito internet di EURAMET
—
informazioni sull’EMPIR sul sito Internet di EURAMET.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione n. 555/2014/UE
27.6.2014
-
GU L 169 del 7.6.2014, pag. 27-37.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104-173).
Decisione 2013/743/UE del Consiglio, del 3 dicembre 2013, che stabilisce il programma specifico recante attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020 e che abroga le decisioni 2006/971/CE, 2006/972/CE, 2006/973/CE, 2006/974/CE e 2006/975/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 965-1041).
Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell’ambito del «programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020» e che abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 81-103). | DECISIONE N. 555/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
sulla partecipazione dell’Unione al programma metrologico europeo di innovazione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 185 e l’articolo 188, secondo comma,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Nella comunicazione del 3 marzo 2010 dal titolo "Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" ("strategia Europa 2020"), la Commissione ha evidenziato la necessità di creare condizioni favorevoli agli investimenti nella conoscenza e nell’innovazione in modo da conseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’Unione. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato la strategia.
(2)
Il regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) ha istituito il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 ("Orizzonte 2020"). Orizzonte 2020 intende conseguire un impatto maggiore sulla ricerca e l’innovazione, contribuendo a rafforzare i partenariati pubblico-pubblico, anche attraverso la partecipazione dell’Unione ai programmi avviati da più Stati membri conformemente all’articolo 185 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(3)
I partenariati pubblico-pubblico dovrebbero mirare allo sviluppo di sinergie più strette, a un maggiore coordinamento e ad evitare inutili duplicazioni con i programmi di ricerca dell’Unione, internazionali, nazionali e regionali, rispettando appieno i principi generali di Orizzonte 2020, in particolare quelli relativi all’apertura e alla trasparenza. Inoltre, dovrebbe essere assicurato l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche.
(4)
Con decisione n. 912/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), l’Unione ha deciso di concedere un contributo finanziario al programma europeo di ricerca metrologica ("EMRP") corrispondente a quello degli Stati partecipanti ma non superiore a 200 000 000 EUR per la durata del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), istituito con decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(5)
Ad aprile 2012 la Commissione ha trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla valutazione intermedia del programma europeo di ricerca metrologica - EMRP. Tale valutazione intermedia era stata effettuata da un gruppo di esperti tre anni dopo l’avvio del programma. Il parere globale del gruppo di esperti è che l’EMRP sia un programma comune europeo di ricerca ben gestito che ha già raggiunto un livello relativamente elevato di integrazione scientifica, amministrativa e finanziaria. Il gruppo di esperti ne osserva tuttavia il limitato sfruttamento industriale, una scarsa apertura all’eccellenza scientifica al di fuori degli istituti di metrologia nonché un insufficiente sviluppo di capacità. Il gruppo di esperti è altresì del parere che attuando l’EMRP sia possibile costruire uno spazio di ricerca metrologica europea più inclusivo.
(6)
Ai sensi della decisione 2013/743/UE del Consiglio (6), è possibile fornire ulteriore sostegno all’EMRP.
(7)
Il programma metrologico europeo di innovazione e ricerca ("EMPIR"), in linea con la strategia Europa 2020 e le sue iniziative emblematiche, in particolare "L’Unione dell’innovazione", "Un’Agenda digitale europea", "Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse" e "Una politica industriale per l’era della globalizzazione", sarà un programma più ambizioso e inclusivo, attuato nell’arco di dieci anni (2014-2024) da 28 Stati partecipanti. Nell’ambito dei miglioramenti rispetto al programma precedente, l’EMPIR comprenderà attività relative all’innovazione e allo sfruttamento industriale, alla ricerca su norme e a fini di normalizzazione e di regolamentazione, e allo sviluppo di capacità.
(8)
Gli Stati partecipanti intendono contribuire all’attuazione dell’EMPIR nel periodo coperto dal programma, vale a dire dal 2014 al 2024. Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
(9)
Le attività dell’EMPIR dovrebbero essere in linea con gli obiettivi e le priorità di ricerca e innovazione di Orizzonte 2020 e con i principi e le condizioni generali di cui all’articolo 26 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
(10)
È opportuno stabilire un massimale per la partecipazione finanziaria dell’Unione all’EMPIR per la durata di Orizzonte 2020. Entro i limiti di tale massimale è opportuno che il contributo dell’Unione sia equivalente al contributo degli Stati partecipanti all’EMPIR per conseguire un forte effetto di leva e garantire una maggiore integrazione dei programmi degli Stati partecipanti.
(11)
In linea con gli obiettivi del regolamento (UE) n. 1291/2013, è auspicabile che ogni Stato membro ed ogni paese associato a Orizzonte 2020 abbiano la facoltà di partecipare all’EMPIR.
(12)
Il contributo finanziario dell’Unione dovrebbe essere subordinato a impegni formali da parte degli Stati partecipanti a contribuire all’attuazione dell’EMPIR, nonché all’adempimento di tali impegni. È opportuno che i contributi degli Stati partecipanti all’EMPIR siano comprensivi di un contributo alle spese amministrative, con riserva di un massimale del 5 % del bilancio del programma. Gli Stati partecipanti dovrebbero impegnarsi ad aumentare, se necessario, il loro contributo all’EMPIR di una capacità di finanziamento di riserva pari al 50 % del loro impegno affinché possano finanziare le loro entità nazionali, gli istituti nazionali di metrologia ("INM") e gli istituti designati ("ID") che partecipano a progetti selezionati.
(13)
L’attuazione comune dell’EMPIR necessita di una struttura esecutiva. Gli Stati partecipanti hanno approvato la struttura esecutiva dell’EMPIR e nel 2007 hanno istituito EURAMET e.V. ("EURAMET"), organizzazione metrologica regionale europea e associazione senza fini di lucro di diritto tedesco. EURAMET espleta anche compiti e obblighi afferenti alla più ampia armonizzazione della metrologia a livello europeo e mondiale. L’adesione a EURAMET è aperta a tutti gli INM europei, in qualità di membri, e agli ID, in qualità di associati. L’adesione a EURAMET non è subordinata all’esistenza di programmi nazionali di ricerca in metrologia. Considerato che, secondo la relazione sulla valutazione intermedia dell’EMRP, la struttura di governance di EURAMET ha dimostrato di essere efficiente e di qualità elevata per l’attuazione dell’EMRP, è auspicabile avvalersi di EURAMET anche per l’attuazione dell’EMPIR. È quindi opportuno che EURAMET sia il destinatario del contributo finanziario dell’Unione.
(14)
Al fine di conseguire gli obiettivi dell’EMPIR, EURAMET dovrebbe erogare un sostegno finanziario essenzialmente sotto forma di sovvenzioni ai partecipanti alle azioni selezionate a livello di EURAMET. È opportuno che tali azioni siano selezionate a seguito di inviti a presentare proposte sotto la responsabilità di EURAMET. La graduatoria dovrebbe essere vincolante per quanto riguarda la selezione delle proposte e l’assegnazione dei fondi a titolo di contributo finanziario dell’Unione e di contributi degli Stati partecipanti per progetti EMPIR.
(15)
La partecipazione finanziaria dell’Unione dovrebbe essere gestita conformemente al principio della sana gestione finanziaria e alle pertinenti norme in materia di gestione indiretta stabilite dal regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) e del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (8).
(16)
Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione dovrebbe avere il diritto di ridurre, sospendere o sopprimere il contributo finanziario dell’Unione in caso di inadeguata, parziale o tardiva attuazione dell’EMPIR, oppure se gli Stati partecipanti non contribuiscono o contribuiscono solo parzialmente o in ritardo al finanziamento del programma. È opportuno che tali diritti siano previsti nell’accordo di delega da concludere tra l’Unione ed EURAMET.
(17)
Ai fini della semplificazione, si dovrebbero ridurre gli oneri amministrativi per tutte le parti. È opportuno evitare la duplicazione degli audit e documentazione e relazioni sproporzionate. Nello svolgimento degli audit è opportuno tenere conto, se del caso, delle specificità dei programmi nazionali.
(18)
Gli audit sui destinatari dei fondi dell’Unione erogati a norma della presente decisione dovrebbero garantire una riduzione degli oneri amministrativi, conformemente al regolamento (UE) n. 1291/2013.
(19)
La partecipazione ad azioni indirette finanziate nell’ambito dell’EMPIR è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). A causa di particolari esigenze operative dell’EMPIR è tuttavia necessario disporre deroghe a detto regolamento a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, dello stesso.
(20)
Il contributo degli Stati partecipanti è costituito essenzialmente dai finanziamenti istituzionali degli INM e degli ID che partecipano ai progetti selezionati. È opportuno che i contributi degli Stati partecipanti comprendano anche un contributo in denaro alle spese amministrative dell’EMPIR. Una quota del contributo dell’Unione dovrebbe essere assegnata a entità diverse dagli INM e dagli ID che partecipano ai progetti selezionati. È opportuno che il calcolo del contributo finanziario dell’Unione per gli INM e gli ID che partecipano ai progetti dell’EMPIR garantisca che il contributo dell’Unione all’EMPIR non superi il contributo degli Stati partecipanti. Considerato che i finanziamenti istituzionali degli INM e degli ID provenienti dagli Stati partecipanti corrispondono alle spese generali assegnate ai progetti dell’EMPIR non rimborsate dal contributo dell’Unione, è opportuno adeguare il tasso forfettario per il finanziamento dei costi indiretti ammissibili degli INM e degli ID rispetto a quello stabilito dal regolamento (UE) n. 1290/2013. È opportuno che tale tasso forfettario per il finanziamento dei costi indiretti ammissibili degli INM e degli ID sia determinato sulla base dell’integralità dei costi indiretti dichiarati ammissibili dagli INM e dagli ID che partecipano a progetti dell’EMRP, che sono stabili e costituiscono un’approssimazione attendibile dei costi indiretti sostenuti dagli INM e dagli ID che partecipano a progetti dell’EMPIR. Dal momento che tali costi indiretti ammontano al 140 % dei costi diretti ammissibili totali degli INM e degli ID, ad esclusione dei costi diretti ammissibili per il subappalto e i contributi in natura a titolo gratuito non utilizzati nei locali dei beneficiari, è opportuno abbassare il tasso forfettario per il finanziamento dei costi indiretti degli INM e degli ID dal 25 %, come stabilito dal regolamento (UE) n. 1290/2013, al 5 %. È pertanto opportuno prevedere una deroga all’articolo 29 del medesimo regolamento per gli INM e gli ID. È auspicabile che le altre entità che partecipano a progetti dell’EMPIR siano finanziate in conformità con tale regolamento.
(21)
Gli inviti a presentare proposte dell’EMPIR dovrebbero inoltre essere pubblicati sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di diffusione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
(22)
È opportuno riesaminare l’adeguatezza del modello di finanziamento per quanto riguarda il principio di congruenza tra fondi dell’Unione e non dell’Unione al momento della valutazione intermedia dell’EMPIR.
(23)
È opportuno tutelare gli interessi finanziari dell’Unione in tutto il ciclo di spesa mediante misure proporzionate, tra cui la prevenzione, l’individuazione e l’investigazione delle irregolarità, il recupero dei fondi perduti, indebitamente pagati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni amministrative e finanziarie a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
(24)
È opportuno che la Commissione effettui una valutazione intermedia per analizzare in particolare la qualità e l’efficienza dell’EMPIR e i progressi compiuti rispetto agli obiettivi fissati, nonché una valutazione finale, e stenda una relazione in merito a tali valutazioni.
(25)
Su richiesta della Commissione, EURAMET e gli Stati partecipanti dovrebbero trasmettere tutte le informazioni che la Commissione è tenuta a inserire nelle relazioni sulla valutazione dell’EMPIR.
(26)
Finalità della presente decisione è la partecipazione dell’Unione all’EMPIR, ossia sostenere l’elaborazione di soluzioni metrologiche adeguate, integrate e ad hoc nonché la creazione di un sistema europeo di ricerca metrologica integrato avente una massa critica e un impegno attivo a livello regionale, nazionale, europeo e internazionale che non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri. L’ampiezza e la complessità dei requisiti metrologici esige che siano realizzati investimenti superiori ai bilanci di base per la ricerca degli INM e dei loro ID. L’eccellenza necessaria per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni metrologiche d’avanguardia è disseminata tra i vari paesi e non può quindi essere riunita al solo livello nazionale. Poiché l’obiettivo può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione integrando gli sforzi nazionali in un’impostazione europea coerente, raggruppando programmi nazionali di ricerca compartimentati, favorendo l’elaborazione di una ricerca comune e di strategie di finanziamento transnazionali e realizzando la massa critica di operatori e di investimenti richiesti, l’Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Partecipazione al programma metrologico europeo di innovazione e ricerca
1. L’Unione partecipa al programma metrologico europeo d’innovazione e ricerca ("EMPIR") avviato congiuntamente da Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e Ungheria ("Stati partecipanti"), alle condizioni stabilite nella presente decisione.
2. Qualsiasi Stato membro che non sia elencato al paragrafo 1 e qualsiasi altro paese associato a Orizzonte 2020 può partecipare all’EMPIR purché soddisfi la condizione stabilita all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della presente decisione. Se soddisfa le condizioni stabilite all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), è considerato Stato partecipante ai fini della presente decisione.
Articolo 2
Contributo finanziario dell’Unione
1. L’importo del contributo finanziario dell’Unione all’EMPIR, compresi gli stanziamenti EFTA, ammonta a un massimo di 300 000 000 EUR. Il contributo finanziario dell’Unione proviene dagli stanziamenti iscritti nel bilancio generale dell’Unione assegnati alle parti pertinenti del programma specifico di attuazione di Orizzonte 2020 istituito dalla decisione 2013/743/UE, conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto vi), e agli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, in particolare la parte II, "Leadership industriale", e la parte III, "Sfide per la società".
2. Senza superare l’importo fissato al paragrafo 1, il contributo finanziario dell’Unione è pari ai contributi degli Stati partecipanti all’EMPIR, esclusi i contributi degli Stati partecipanti alle spese amministrative superiori al 5 % del bilancio dell’EMPIR.
3. Il contributo finanziario dell’Unione non è destinato a coprire le spese amministrative dell’EMPIR.
Articolo 3
Condizioni del contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione è subordinato a quanto segue:
a)
la dimostrazione da parte degli Stati partecipanti che l’EMPIR è istituito in conformità con gli allegati I e II;
b)
la designazione, da parte degli Stati partecipanti o degli INM designati dagli Stati partecipanti, di EURAMET e.V. ("EURAMET") quale struttura responsabile dell’attuazione dell’EMPIR nonché della ricezione, dell’assegnazione e del monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione;
c)
l’assunzione dell’impegno, da parte di ogni Stato partecipante, a contribuire al finanziamento dell’EMPIR e a stabilire una capacità di finanziamento di riserva pari al 50 % dell’importo dell’impegno;
d)
la dimostrazione da parte di EURAMET della sua capacità di attuare l’EMPIR, compresi ricezione, assegnazione e monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione nell’ambito della gestione indiretta del bilancio dell’Unione a norma degli articoli 58, 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
e)
l’istituzione di un modello di governance per l’EMPIR conforme a quanto disposto dall’allegato III.
2. Durante l’attuazione dell’EMPIR il contributo finanziario dell’Unione è inoltre subordinato a quanto segue:
a)
l’attuazione da parte di EURAMET degli obiettivi dell’EMPIR di cui all’allegato I e delle attività di cui all’allegato II, secondo le regole di partecipazione e di diffusione di cui all’articolo 5;
b)
il mantenimento di un modello di governance appropriato ed efficiente in conformità con l’allegato III;
c)
il rispetto da parte di EURAMET degli obblighi di comunicazione stabiliti all’articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
d)
l’adempimento degli impegni di cui al paragrafo 1, lettera c), del presente articolo.
Articolo 4
Contributi degli Stati partecipanti
I contributi degli Stati partecipanti consistono in:
a)
contributi attraverso finanziamenti istituzionali degli INM e degli ID che partecipano a progetti dell’EMPIR;
b)
contributi finanziari alle spese amministrative dell’EMPIR.
Articolo 5
Regole di partecipazione e diffusione
1. Ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) n. 1290/2013, EURAMET è considerato un organismo di finanziamento e fornisce sostegno finanziario alle azioni indirette conformemente all’allegato II della presente decisione.
2. In deroga all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1290/2013, i costi indiretti ammissibili degli INM e degli ID che partecipano a progetti finanziati dall’EMPIR sono determinati applicando un tasso forfettario del 5 % del totale dei loro costi diretti ammissibili, esclusi i costi diretti ammissibili di subappalto e i costi delle risorse messe a disposizione da terzi che non sono utilizzate nei locali del beneficiario, nonché il sostegno finanziario a terzi.
3. La valutazione intermedia dell’EMPIR di cui all’articolo 12 comprende una valutazione dell’integralità dei costi indiretti degli INM e degli ID che partecipano a progetti dell’EMPIR e dei relativi finanziamenti istituzionali.
4. Sulla base di tale valutazione e ai fini dell’articolo 2, paragrafo 2, EURAMET può adattare il tasso forfettario di cui al presente articolo, paragrafo 2.
5. Se insufficiente, EURAMET può, in deroga all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1290/2013, applicare un tasso di rimborso inferiore per le spese ammissibili degli INM e degli ID che partecipano a progetti finanziati dall’EMPIR.
Articolo 6
Attuazione dell’EMPIR
1. L’EMPIR è attuato sulla base di piani di lavoro annuali.
2. EURAMET fornisce un sostegno finanziario principalmente sotto forma di sovvenzioni ai partecipanti a seguito di inviti a presentare proposte.
Prima di identificare i temi di ciascun invito a presentare proposte, EURAMET invita le persone o le organizzazioni interessate appartenenti alla comunità di ricerca metrologica e gli utilizzatori a suggerire potenziali temi di ricerca.
Articolo 7
Accordi tra l’Unione ed EURAMET
1. Previa valutazione ex ante positiva da parte di EURAMET a norma dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, la Commissione, a nome dell’Unione, stipula un accordo di delega ed accordi di trasferimento annuo di fondi con EURAMET.
2. L’accordo di delega di cui al paragrafo 1 è concluso a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e degli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché dell’articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012. Si definisce inoltre quanto segue:
a)
i requisiti per il contributo di EURAMET relativamente agli indicatori di prestazione di cui all’allegato II della decisione n. 2013/743/UE;
b)
i requisiti per il contributo di EURAMET relativamente al monitoraggio di cui all’allegato III della decisione n. 2013/743/UE;
c)
gli specifici indicatori di prestazione correlati al funzionamento di EURAMET;
d)
i requisiti di EURAMET relativi alla comunicazione di informazioni sui costi amministrativi e di cifre dettagliate sull’attuazione dell’EMPIR;
e)
le disposizioni in merito alla trasmissione dei dati necessari ad assicurare che la Commissione sia in grado di soddisfare i suoi obblighi di diffusione e informazione;
f)
le disposizioni per la pubblicazione degli inviti a presentare proposte da parte dell’EMPIR, in particolare sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di diffusione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
Articolo 8
Soppressione, riduzione o sospensione del contributo finanziario dell’Unione
Se l’EMPIR non è attuato o è attuato in maniera inadeguata, parziale o tardiva, la Commissione può sopprimere, ridurre in proporzione o sospendere il contributo finanziario dell’Unione, in funzione dell’effettiva attuazione dell’EMPIR.
Se gli Stati partecipanti non contribuiscono, contribuiscono parzialmente o tardivamente al finanziamento dell’EMPIR, la Commissione può sopprimere, ridurre in proporzione o sospendere il contributo finanziario dell’Unione, tenendo conto dell’importo del finanziamento assegnato dagli Stati partecipanti all’attuazione dell’EMPIR.
Articolo 9
Audit ex post
1. A norma dell’articolo 29 del regolamento (UE) n. 1291/2013, EURAMET effettua audit ex post delle spese relative alle azioni indirette.
2. La Commissione può decidere di effettuare autonomamente gli audit di cui al paragrafo 1. In tali casi procede conformemente alle norme applicabili, in particolare le disposizioni dei regolamenti (UE, Euratom) n. 966/2012 e (UE) n. 1291/2013.
Articolo 10
Tutela degli interessi finanziari dell’Unione
1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nella realizzazione delle azioni finanziate ai sensi della presente decisione, gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove siano rilevate irregolarità, mediante il recupero degli importi indebitamente versati, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. EURAMET concede al personale della Commissione e alle altre persone da essa autorizzate nonché alla Corte dei conti l’accesso ai propri siti e locali, nonché a tutte le informazioni, anche in formato elettronico, necessarie per lo svolgimento degli audit.
3. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può svolgere indagini, inclusi controlli e verifiche in loco, conformemente alle disposizioni e alle procedure stabilite dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (10) e dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), al fine di determinare se vi sia stata frode, corruzione o qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione in relazione a una convenzione di sovvenzione o ad una decisione di sovvenzione o ad un contratto finanziato a norma della presente decisione.
4. I contratti, le convenzioni di sovvenzione e le decisioni di sovvenzione risultanti dall’attuazione della presente decisione contengono disposizioni che abilitano espressamente la Commissione, EURAMET, la Corte dei conti e l’OLAF a svolgere tali audit e indagini conformemente alle loro rispettive competenze.
5. Nell’attuare l’EMPIR gli Stati partecipanti adottano le disposizioni legislative, regolamentari, amministrative e di altra natura necessarie a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, in particolare a garantire il recupero integrale di qualunque importo di cui l’Unione sia creditrice, a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. Su richiesta della Commissione, EURAMET trasmette tutte le informazioni necessarie per l’elaborazione delle relazioni di cui all’articolo 12.
2. Attraverso EURAMET gli Stati partecipanti presentano alla Commissione eventuali informazioni richieste dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Corte dei conti in merito alla gestione finanziaria dell’EMPIR.
3. La Commissione inserisce le informazioni di cui al presente articolo, paragrafo 2, nelle relazioni di cui all’articolo 12.
Articolo 12
Valutazione
1. La Commissione effettua, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia dell’EMPIR entro il 30 giugno 2017. La Commissione stila una relazione riguardante tale valutazione, in cui include le conclusioni della valutazione e le proprie osservazioni. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2017. I risultati della valutazione intermedia dell’EMPIR sono tenuti in considerazione nella valutazione intermedia di Orizzonte 2020.
2. Alla fine della partecipazione dell’Unione all’EMPIR, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024, la Commissione effettua una valutazione finale dell’EMPIR. La Commissione stila una relazione riguardante tale valutazione comprensiva dei risultati di quest’ultima e trasmette tale relazione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) Parere del 10 dicembre 2013 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014.
(3) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014–2020) - Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104).
(4) Decisione n. 912/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente la partecipazione della Comunità ad un programma europeo di ricerca e sviluppo in metrologia realizzato da alcuni Stati membri (GU L 257 del 30.9.2009, pag. 12).
(5) Decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (GU L 412 del 30.12.2006, pag. 1).
(6) Decisione 2013/743/UE del Consiglio, del 3 dicembre 2013, che stabilisce il programma specifico di attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga le decisioni 2006/971/CE, 2006/972/CE, 2006/973/CE, 2006/974/CE e 2006/975/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 965).
(7) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(8) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell'ambito del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020 e che abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 81).
(10) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
(11) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
ALLEGATO I
OBIETTIVI DELL’EMPIR
L’EMPIR persegue i seguenti obiettivi generali:
a)
fornire soluzioni metrologiche adeguate, integrate e ad hoc a sostegno dell’innovazione e della competitività industriale, nonché tecnologie di misurazione per affrontare le problematiche della società, come la sanità, l’ambiente e l’energia, compreso il sostegno allo sviluppo e all’attuazione di politiche;
b)
creare un sistema europeo di ricerca metrologica integrato avente una massa critica e un impegno attivo a livello regionale, nazionale, europeo e internazionale.
ALLEGATO II
AZIONI INDIRETTE SOSTENUTE DALL’EMPIR
1.
L’EMPIR può sostenere le seguenti azioni indirette nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico comuni:
1.1.
azioni di tipo tecnico-scientifico a sostegno della metrologia scientifica di base, per preparare tutte le fasi successive, compresi la ricerca e lo sviluppo in metrologia applicata e i servizi correlati alla metrologia;
1.2.
ricerca metrologica volta a offrire soluzioni alle problematiche della società incentrate sui contributi per l’energia, l’ambiente e la sanità;
1.3.
ricerca intesa a favorire lo sviluppo di nuovi strumenti di misurazione per l’adozione in ambito industriale di tecnologie metrologiche atte a stimolare l’innovazione industriale;
1.4.
ricerca metrologica prenormativa e conormativa nonché sviluppo di norme documentarie prioritarie destinate a utilizzare le competenze degli istituti di metrologia degli Stati partecipanti per sostenere l’attuazione della strategia e accelerare l’immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi;
1.5.
attività di sviluppo di capacità della metrologia a diversi livelli tecnologici, al fine di realizzare un sistema metrologico equilibrato e integrato negli Stati partecipanti, mettendoli in grado di sviluppare le proprie capacità scientifiche e tecniche nell’ambito della metrologia.
2.
L’EMPIR può sostenere ulteriori iniziative per la diffusione e lo sfruttamento dei risultati della ricerca metrologica.
L’EMPIR può sostenere altre azioni che interessano specificamente gli istituti di metrologia che hanno scarse o nulle capacità scientifiche, sostenendoli mediante il ricorso ad altri programmi dell’Unione europea, nazionali o regionali per la formazione e la mobilità, la cooperazione transfrontaliera o gli investimenti in infrastrutture metrologiche.
3.
L’EMPIR ha la facoltà di sostenere l’organizzazione di attività di rete per promuoversi e massimizzare il proprio impatto.
4.
Le azioni indirette di cui al punto 1 sono eseguite dagli INM e dagli ID in conformità con la designazione da parte dell’autorità nazionale competente. L’EMPIR tuttavia promuove e sostiene la partecipazione di altre entità a tutti gli inviti banditi dall’EMPIR. In base a tale approccio circa il 15 % del bilancio dell’EMPIR dovrebbe essere destinato a tali entità.
ALLEGATO III
ATTUAZIONE E GOVERNANCE DELL’EMPIR
I Ruolo di EURAMET
1.
EURAMET è responsabile dell’attuazione dell’EMPIR, subordinatamente alle disposizioni dell’articolo 3. Si occupa della gestione del contributo finanziario dell’Unione all’EMPIR ed è responsabile della stesura e dell’attuazione del piano di lavoro annuale, dell’organizzazione degli inviti a presentare proposte, della valutazione e della classifica delle proposte nonché di qualsiasi altra attività risultante dal piano di lavoro annuale. EURAMET è responsabile della gestione delle sovvenzioni, ivi compresi la firma delle convenzioni di sovvenzione, la ricezione, l’assegnazione e il monitoraggio dell’uso del contributo finanziario dell’Unione e dei pagamenti ai partecipanti EMPIR ai progetti selezionati.
Il monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione comprende tutte le attività di controllo e audit, i controlli ex ante e/o ex post necessari per svolgere i compiti delegati dalla Commissione a EURAMET. Tali attività sono intese a fornire ragionevoli garanzie sulla legalità e regolarità delle operazioni sottostanti e sull’ammissibilità dei costi dichiarati nell’ambito delle convenzioni di sovvenzione.
2.
EURAMET può affidare agli Stati partecipanti alcune mansioni amministrative e logistiche relative all’attuazione dell’EMPIR.
II La struttura organizzativa di EURAMET impegnata nell’attuazione dell’EMPIR
1.
L’assemblea generale è la massima autorità per tutte le questioni relative a EURAMET. Il comitato dell’EMPIR gestisce il programma in un quadro definito da EURAMET in modo tale che EURAMET possa assicurare che il programma eseguito consegua i suoi obiettivi.
Il comitato dell’EMPIR è composto da rappresentanti dei membri di EURAMET provenienti dagli Stati partecipanti. La ponderazione dei voti è calcolata sulla base degli impegni nazionali secondo il metodo Penrose.
Il comitato dell’EMPIR adotta in particolare le decisioni relative all’agenda strategica di ricerca e innovazione, alla programmazione degli inviti a presentare proposte, alla procedura di riesame della valutazione, alla selezione dei progetti da finanziare in base alle graduatorie e al monitoraggio dei progressi dei progetti finanziati. Esso adotta il piano di lavoro annuale previa approvazione della Commissione.
La Commissione gode dello status di osservatore alle riunioni del comitato dell’EMPIR. L’adozione del piano di lavoro annuale da parte del comitato dell’EMPIR richiede tuttavia il consenso preliminare della Commissione. Il comitato dell’EMPIR invita la Commissione alle sue riunioni e le trasmette i documenti pertinenti. La Commissione può prendere parte alle discussioni del comitato dell’EMPIR.
2.
Il presidente del comitato dell’EMPIR e il suo vice sono eletti dal comitato stesso. Il presidente del comitato dell’EMPIR è uno dei due vicepresidenti di EURAMET. Il presidente del comitato dell’EMPIR rappresenta EURAMET nelle questioni legate all’EMPIR.
3.
Il consiglio di ricerca è composto da esperti di alto livello provenienti dall’industria, dalla ricerca, dal mondo accademico e dalle organizzazioni internazionali delle parti interessate. Esso fornisce consulenza strategica indipendente sul piano di lavoro annuale dell’EMPIR. I membri del Consiglio di ricerca sono nominati dall’assemblea generale di EURAMET.
4.
Il segretariato di EURAMET, responsabile del supporto amministrativo generale di EURAMET, gestisce i conti bancari per conto dell’EMPIR.
5.
L’unità di sostegno gestionale è parte del segretariato di EURAMET ed è responsabile dell’attuazione e della gestione corrente dell’EMPIR.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE N. 555/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
sulla partecipazione dell’Unione al programma metrologico europeo di innovazione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 185 e l’articolo 188, secondo comma,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Nella comunicazione del 3 marzo 2010 dal titolo "Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" ("strategia Europa 2020"), la Commissione ha evidenziato la necessità di creare condizioni favorevoli agli investimenti nella conoscenza e nell’innovazione in modo da conseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’Unione. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato la strategia.
(2)
Il regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) ha istituito il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 ("Orizzonte 2020"). Orizzonte 2020 intende conseguire un impatto maggiore sulla ricerca e l’innovazione, contribuendo a rafforzare i partenariati pubblico-pubblico, anche attraverso la partecipazione dell’Unione ai programmi avviati da più Stati membri conformemente all’articolo 185 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(3)
I partenariati pubblico-pubblico dovrebbero mirare allo sviluppo di sinergie più strette, a un maggiore coordinamento e ad evitare inutili duplicazioni con i programmi di ricerca dell’Unione, internazionali, nazionali e regionali, rispettando appieno i principi generali di Orizzonte 2020, in particolare quelli relativi all’apertura e alla trasparenza. Inoltre, dovrebbe essere assicurato l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche.
(4)
Con decisione n. 912/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), l’Unione ha deciso di concedere un contributo finanziario al programma europeo di ricerca metrologica ("EMRP") corrispondente a quello degli Stati partecipanti ma non superiore a 200 000 000 EUR per la durata del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), istituito con decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(5)
Ad aprile 2012 la Commissione ha trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla valutazione intermedia del programma europeo di ricerca metrologica - EMRP. Tale valutazione intermedia era stata effettuata da un gruppo di esperti tre anni dopo l’avvio del programma. Il parere globale del gruppo di esperti è che l’EMRP sia un programma comune europeo di ricerca ben gestito che ha già raggiunto un livello relativamente elevato di integrazione scientifica, amministrativa e finanziaria. Il gruppo di esperti ne osserva tuttavia il limitato sfruttamento industriale, una scarsa apertura all’eccellenza scientifica al di fuori degli istituti di metrologia nonché un insufficiente sviluppo di capacità. Il gruppo di esperti è altresì del parere che attuando l’EMRP sia possibile costruire uno spazio di ricerca metrologica europea più inclusivo.
(6)
Ai sensi della decisione 2013/743/UE del Consiglio (6), è possibile fornire ulteriore sostegno all’EMRP.
(7)
Il programma metrologico europeo di innovazione e ricerca ("EMPIR"), in linea con la strategia Europa 2020 e le sue iniziative emblematiche, in particolare "L’Unione dell’innovazione", "Un’Agenda digitale europea", "Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse" e "Una politica industriale per l’era della globalizzazione", sarà un programma più ambizioso e inclusivo, attuato nell’arco di dieci anni (2014-2024) da 28 Stati partecipanti. Nell’ambito dei miglioramenti rispetto al programma precedente, l’EMPIR comprenderà attività relative all’innovazione e allo sfruttamento industriale, alla ricerca su norme e a fini di normalizzazione e di regolamentazione, e allo sviluppo di capacità.
(8)
Gli Stati partecipanti intendono contribuire all’attuazione dell’EMPIR nel periodo coperto dal programma, vale a dire dal 2014 al 2024. Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
(9)
Le attività dell’EMPIR dovrebbero essere in linea con gli obiettivi e le priorità di ricerca e innovazione di Orizzonte 2020 e con i principi e le condizioni generali di cui all’articolo 26 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
(10)
È opportuno stabilire un massimale per la partecipazione finanziaria dell’Unione all’EMPIR per la durata di Orizzonte 2020. Entro i limiti di tale massimale è opportuno che il contributo dell’Unione sia equivalente al contributo degli Stati partecipanti all’EMPIR per conseguire un forte effetto di leva e garantire una maggiore integrazione dei programmi degli Stati partecipanti.
(11)
In linea con gli obiettivi del regolamento (UE) n. 1291/2013, è auspicabile che ogni Stato membro ed ogni paese associato a Orizzonte 2020 abbiano la facoltà di partecipare all’EMPIR.
(12)
Il contributo finanziario dell’Unione dovrebbe essere subordinato a impegni formali da parte degli Stati partecipanti a contribuire all’attuazione dell’EMPIR, nonché all’adempimento di tali impegni. È opportuno che i contributi degli Stati partecipanti all’EMPIR siano comprensivi di un contributo alle spese amministrative, con riserva di un massimale del 5 % del bilancio del programma. Gli Stati partecipanti dovrebbero impegnarsi ad aumentare, se necessario, il loro contributo all’EMPIR di una capacità di finanziamento di riserva pari al 50 % del loro impegno affinché possano finanziare le loro entità nazionali, gli istituti nazionali di metrologia ("INM") e gli istituti designati ("ID") che partecipano a progetti selezionati.
(13)
L’attuazione comune dell’EMPIR necessita di una struttura esecutiva. Gli Stati partecipanti hanno approvato la struttura esecutiva dell’EMPIR e nel 2007 hanno istituito EURAMET e.V. ("EURAMET"), organizzazione metrologica regionale europea e associazione senza fini di lucro di diritto tedesco. EURAMET espleta anche compiti e obblighi afferenti alla più ampia armonizzazione della metrologia a livello europeo e mondiale. L’adesione a EURAMET è aperta a tutti gli INM europei, in qualità di membri, e agli ID, in qualità di associati. L’adesione a EURAMET non è subordinata all’esistenza di programmi nazionali di ricerca in metrologia. Considerato che, secondo la relazione sulla valutazione intermedia dell’EMRP, la struttura di governance di EURAMET ha dimostrato di essere efficiente e di qualità elevata per l’attuazione dell’EMRP, è auspicabile avvalersi di EURAMET anche per l’attuazione dell’EMPIR. È quindi opportuno che EURAMET sia il destinatario del contributo finanziario dell’Unione.
(14)
Al fine di conseguire gli obiettivi dell’EMPIR, EURAMET dovrebbe erogare un sostegno finanziario essenzialmente sotto forma di sovvenzioni ai partecipanti alle azioni selezionate a livello di EURAMET. È opportuno che tali azioni siano selezionate a seguito di inviti a presentare proposte sotto la responsabilità di EURAMET. La graduatoria dovrebbe essere vincolante per quanto riguarda la selezione delle proposte e l’assegnazione dei fondi a titolo di contributo finanziario dell’Unione e di contributi degli Stati partecipanti per progetti EMPIR.
(15)
La partecipazione finanziaria dell’Unione dovrebbe essere gestita conformemente al principio della sana gestione finanziaria e alle pertinenti norme in materia di gestione indiretta stabilite dal regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) e del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (8).
(16)
Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione dovrebbe avere il diritto di ridurre, sospendere o sopprimere il contributo finanziario dell’Unione in caso di inadeguata, parziale o tardiva attuazione dell’EMPIR, oppure se gli Stati partecipanti non contribuiscono o contribuiscono solo parzialmente o in ritardo al finanziamento del programma. È opportuno che tali diritti siano previsti nell’accordo di delega da concludere tra l’Unione ed EURAMET.
(17)
Ai fini della semplificazione, si dovrebbero ridurre gli oneri amministrativi per tutte le parti. È opportuno evitare la duplicazione degli audit e documentazione e relazioni sproporzionate. Nello svolgimento degli audit è opportuno tenere conto, se del caso, delle specificità dei programmi nazionali.
(18)
Gli audit sui destinatari dei fondi dell’Unione erogati a norma della presente decisione dovrebbero garantire una riduzione degli oneri amministrativi, conformemente al regolamento (UE) n. 1291/2013.
(19)
La partecipazione ad azioni indirette finanziate nell’ambito dell’EMPIR è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). A causa di particolari esigenze operative dell’EMPIR è tuttavia necessario disporre deroghe a detto regolamento a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, dello stesso.
(20)
Il contributo degli Stati partecipanti è costituito essenzialmente dai finanziamenti istituzionali degli INM e degli ID che partecipano ai progetti selezionati. È opportuno che i contributi degli Stati partecipanti comprendano anche un contributo in denaro alle spese amministrative dell’EMPIR. Una quota del contributo dell’Unione dovrebbe essere assegnata a entità diverse dagli INM e dagli ID che partecipano ai progetti selezionati. È opportuno che il calcolo del contributo finanziario dell’Unione per gli INM e gli ID che partecipano ai progetti dell’EMPIR garantisca che il contributo dell’Unione all’EMPIR non superi il contributo degli Stati partecipanti. Considerato che i finanziamenti istituzionali degli INM e degli ID provenienti dagli Stati partecipanti corrispondono alle spese generali assegnate ai progetti dell’EMPIR non rimborsate dal contributo dell’Unione, è opportuno adeguare il tasso forfettario per il finanziamento dei costi indiretti ammissibili degli INM e degli ID rispetto a quello stabilito dal regolamento (UE) n. 1290/2013. È opportuno che tale tasso forfettario per il finanziamento dei costi indiretti ammissibili degli INM e degli ID sia determinato sulla base dell’integralità dei costi indiretti dichiarati ammissibili dagli INM e dagli ID che partecipano a progetti dell’EMRP, che sono stabili e costituiscono un’approssimazione attendibile dei costi indiretti sostenuti dagli INM e dagli ID che partecipano a progetti dell’EMPIR. Dal momento che tali costi indiretti ammontano al 140 % dei costi diretti ammissibili totali degli INM e degli ID, ad esclusione dei costi diretti ammissibili per il subappalto e i contributi in natura a titolo gratuito non utilizzati nei locali dei beneficiari, è opportuno abbassare il tasso forfettario per il finanziamento dei costi indiretti degli INM e degli ID dal 25 %, come stabilito dal regolamento (UE) n. 1290/2013, al 5 %. È pertanto opportuno prevedere una deroga all’articolo 29 del medesimo regolamento per gli INM e gli ID. È auspicabile che le altre entità che partecipano a progetti dell’EMPIR siano finanziate in conformità con tale regolamento.
(21)
Gli inviti a presentare proposte dell’EMPIR dovrebbero inoltre essere pubblicati sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di diffusione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
(22)
È opportuno riesaminare l’adeguatezza del modello di finanziamento per quanto riguarda il principio di congruenza tra fondi dell’Unione e non dell’Unione al momento della valutazione intermedia dell’EMPIR.
(23)
È opportuno tutelare gli interessi finanziari dell’Unione in tutto il ciclo di spesa mediante misure proporzionate, tra cui la prevenzione, l’individuazione e l’investigazione delle irregolarità, il recupero dei fondi perduti, indebitamente pagati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni amministrative e finanziarie a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
(24)
È opportuno che la Commissione effettui una valutazione intermedia per analizzare in particolare la qualità e l’efficienza dell’EMPIR e i progressi compiuti rispetto agli obiettivi fissati, nonché una valutazione finale, e stenda una relazione in merito a tali valutazioni.
(25)
Su richiesta della Commissione, EURAMET e gli Stati partecipanti dovrebbero trasmettere tutte le informazioni che la Commissione è tenuta a inserire nelle relazioni sulla valutazione dell’EMPIR.
(26)
Finalità della presente decisione è la partecipazione dell’Unione all’EMPIR, ossia sostenere l’elaborazione di soluzioni metrologiche adeguate, integrate e ad hoc nonché la creazione di un sistema europeo di ricerca metrologica integrato avente una massa critica e un impegno attivo a livello regionale, nazionale, europeo e internazionale che non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri. L’ampiezza e la complessità dei requisiti metrologici esige che siano realizzati investimenti superiori ai bilanci di base per la ricerca degli INM e dei loro ID. L’eccellenza necessaria per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni metrologiche d’avanguardia è disseminata tra i vari paesi e non può quindi essere riunita al solo livello nazionale. Poiché l’obiettivo può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione integrando gli sforzi nazionali in un’impostazione europea coerente, raggruppando programmi nazionali di ricerca compartimentati, favorendo l’elaborazione di una ricerca comune e di strategie di finanziamento transnazionali e realizzando la massa critica di operatori e di investimenti richiesti, l’Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Partecipazione al programma metrologico europeo di innovazione e ricerca
1. L’Unione partecipa al programma metrologico europeo d’innovazione e ricerca ("EMPIR") avviato congiuntamente da Austria, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia e Ungheria ("Stati partecipanti"), alle condizioni stabilite nella presente decisione.
2. Qualsiasi Stato membro che non sia elencato al paragrafo 1 e qualsiasi altro paese associato a Orizzonte 2020 può partecipare all’EMPIR purché soddisfi la condizione stabilita all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della presente decisione. Se soddisfa le condizioni stabilite all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), è considerato Stato partecipante ai fini della presente decisione.
Articolo 2
Contributo finanziario dell’Unione
1. L’importo del contributo finanziario dell’Unione all’EMPIR, compresi gli stanziamenti EFTA, ammonta a un massimo di 300 000 000 EUR. Il contributo finanziario dell’Unione proviene dagli stanziamenti iscritti nel bilancio generale dell’Unione assegnati alle parti pertinenti del programma specifico di attuazione di Orizzonte 2020 istituito dalla decisione 2013/743/UE, conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto vi), e agli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, in particolare la parte II, "Leadership industriale", e la parte III, "Sfide per la società".
2. Senza superare l’importo fissato al paragrafo 1, il contributo finanziario dell’Unione è pari ai contributi degli Stati partecipanti all’EMPIR, esclusi i contributi degli Stati partecipanti alle spese amministrative superiori al 5 % del bilancio dell’EMPIR.
3. Il contributo finanziario dell’Unione non è destinato a coprire le spese amministrative dell’EMPIR.
Articolo 3
Condizioni del contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione è subordinato a quanto segue:
a)
la dimostrazione da parte degli Stati partecipanti che l’EMPIR è istituito in conformità con gli allegati I e II;
b)
la designazione, da parte degli Stati partecipanti o degli INM designati dagli Stati partecipanti, di EURAMET e.V. ("EURAMET") quale struttura responsabile dell’attuazione dell’EMPIR nonché della ricezione, dell’assegnazione e del monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione;
c)
l’assunzione dell’impegno, da parte di ogni Stato partecipante, a contribuire al finanziamento dell’EMPIR e a stabilire una capacità di finanziamento di riserva pari al 50 % dell’importo dell’impegno;
d)
la dimostrazione da parte di EURAMET della sua capacità di attuare l’EMPIR, compresi ricezione, assegnazione e monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione nell’ambito della gestione indiretta del bilancio dell’Unione a norma degli articoli 58, 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
e)
l’istituzione di un modello di governance per l’EMPIR conforme a quanto disposto dall’allegato III.
2. Durante l’attuazione dell’EMPIR il contributo finanziario dell’Unione è inoltre subordinato a quanto segue:
a)
l’attuazione da parte di EURAMET degli obiettivi dell’EMPIR di cui all’allegato I e delle attività di cui all’allegato II, secondo le regole di partecipazione e di diffusione di cui all’articolo 5;
b)
il mantenimento di un modello di governance appropriato ed efficiente in conformità con l’allegato III;
c)
il rispetto da parte di EURAMET degli obblighi di comunicazione stabiliti all’articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
d)
l’adempimento degli impegni di cui al paragrafo 1, lettera c), del presente articolo.
Articolo 4
Contributi degli Stati partecipanti
I contributi degli Stati partecipanti consistono in:
a)
contributi attraverso finanziamenti istituzionali degli INM e degli ID che partecipano a progetti dell’EMPIR;
b)
contributi finanziari alle spese amministrative dell’EMPIR.
Articolo 5
Regole di partecipazione e diffusione
1. Ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) n. 1290/2013, EURAMET è considerato un organismo di finanziamento e fornisce sostegno finanziario alle azioni indirette conformemente all’allegato II della presente decisione.
2. In deroga all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1290/2013, i costi indiretti ammissibili degli INM e degli ID che partecipano a progetti finanziati dall’EMPIR sono determinati applicando un tasso forfettario del 5 % del totale dei loro costi diretti ammissibili, esclusi i costi diretti ammissibili di subappalto e i costi delle risorse messe a disposizione da terzi che non sono utilizzate nei locali del beneficiario, nonché il sostegno finanziario a terzi.
3. La valutazione intermedia dell’EMPIR di cui all’articolo 12 comprende una valutazione dell’integralità dei costi indiretti degli INM e degli ID che partecipano a progetti dell’EMPIR e dei relativi finanziamenti istituzionali.
4. Sulla base di tale valutazione e ai fini dell’articolo 2, paragrafo 2, EURAMET può adattare il tasso forfettario di cui al presente articolo, paragrafo 2.
5. Se insufficiente, EURAMET può, in deroga all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1290/2013, applicare un tasso di rimborso inferiore per le spese ammissibili degli INM e degli ID che partecipano a progetti finanziati dall’EMPIR.
Articolo 6
Attuazione dell’EMPIR
1. L’EMPIR è attuato sulla base di piani di lavoro annuali.
2. EURAMET fornisce un sostegno finanziario principalmente sotto forma di sovvenzioni ai partecipanti a seguito di inviti a presentare proposte.
Prima di identificare i temi di ciascun invito a presentare proposte, EURAMET invita le persone o le organizzazioni interessate appartenenti alla comunità di ricerca metrologica e gli utilizzatori a suggerire potenziali temi di ricerca.
Articolo 7
Accordi tra l’Unione ed EURAMET
1. Previa valutazione ex ante positiva da parte di EURAMET a norma dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, la Commissione, a nome dell’Unione, stipula un accordo di delega ed accordi di trasferimento annuo di fondi con EURAMET.
2. L’accordo di delega di cui al paragrafo 1 è concluso a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e degli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché dell’articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012. Si definisce inoltre quanto segue:
a)
i requisiti per il contributo di EURAMET relativamente agli indicatori di prestazione di cui all’allegato II della decisione n. 2013/743/UE;
b)
i requisiti per il contributo di EURAMET relativamente al monitoraggio di cui all’allegato III della decisione n. 2013/743/UE;
c)
gli specifici indicatori di prestazione correlati al funzionamento di EURAMET;
d)
i requisiti di EURAMET relativi alla comunicazione di informazioni sui costi amministrativi e di cifre dettagliate sull’attuazione dell’EMPIR;
e)
le disposizioni in merito alla trasmissione dei dati necessari ad assicurare che la Commissione sia in grado di soddisfare i suoi obblighi di diffusione e informazione;
f)
le disposizioni per la pubblicazione degli inviti a presentare proposte da parte dell’EMPIR, in particolare sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di diffusione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
Articolo 8
Soppressione, riduzione o sospensione del contributo finanziario dell’Unione
Se l’EMPIR non è attuato o è attuato in maniera inadeguata, parziale o tardiva, la Commissione può sopprimere, ridurre in proporzione o sospendere il contributo finanziario dell’Unione, in funzione dell’effettiva attuazione dell’EMPIR.
Se gli Stati partecipanti non contribuiscono, contribuiscono parzialmente o tardivamente al finanziamento dell’EMPIR, la Commissione può sopprimere, ridurre in proporzione o sospendere il contributo finanziario dell’Unione, tenendo conto dell’importo del finanziamento assegnato dagli Stati partecipanti all’attuazione dell’EMPIR.
Articolo 9
Audit ex post
1. A norma dell’articolo 29 del regolamento (UE) n. 1291/2013, EURAMET effettua audit ex post delle spese relative alle azioni indirette.
2. La Commissione può decidere di effettuare autonomamente gli audit di cui al paragrafo 1. In tali casi procede conformemente alle norme applicabili, in particolare le disposizioni dei regolamenti (UE, Euratom) n. 966/2012 e (UE) n. 1291/2013.
Articolo 10
Tutela degli interessi finanziari dell’Unione
1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nella realizzazione delle azioni finanziate ai sensi della presente decisione, gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove siano rilevate irregolarità, mediante il recupero degli importi indebitamente versati, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. EURAMET concede al personale della Commissione e alle altre persone da essa autorizzate nonché alla Corte dei conti l’accesso ai propri siti e locali, nonché a tutte le informazioni, anche in formato elettronico, necessarie per lo svolgimento degli audit.
3. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può svolgere indagini, inclusi controlli e verifiche in loco, conformemente alle disposizioni e alle procedure stabilite dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (10) e dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), al fine di determinare se vi sia stata frode, corruzione o qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione in relazione a una convenzione di sovvenzione o ad una decisione di sovvenzione o ad un contratto finanziato a norma della presente decisione.
4. I contratti, le convenzioni di sovvenzione e le decisioni di sovvenzione risultanti dall’attuazione della presente decisione contengono disposizioni che abilitano espressamente la Commissione, EURAMET, la Corte dei conti e l’OLAF a svolgere tali audit e indagini conformemente alle loro rispettive competenze.
5. Nell’attuare l’EMPIR gli Stati partecipanti adottano le disposizioni legislative, regolamentari, amministrative e di altra natura necessarie a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, in particolare a garantire il recupero integrale di qualunque importo di cui l’Unione sia creditrice, a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. Su richiesta della Commissione, EURAMET trasmette tutte le informazioni necessarie per l’elaborazione delle relazioni di cui all’articolo 12.
2. Attraverso EURAMET gli Stati partecipanti presentano alla Commissione eventuali informazioni richieste dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Corte dei conti in merito alla gestione finanziaria dell’EMPIR.
3. La Commissione inserisce le informazioni di cui al presente articolo, paragrafo 2, nelle relazioni di cui all’articolo 12.
Articolo 12
Valutazione
1. La Commissione effettua, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia dell’EMPIR entro il 30 giugno 2017. La Commissione stila una relazione riguardante tale valutazione, in cui include le conclusioni della valutazione e le proprie osservazioni. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2017. I risultati della valutazione intermedia dell’EMPIR sono tenuti in considerazione nella valutazione intermedia di Orizzonte 2020.
2. Alla fine della partecipazione dell’Unione all’EMPIR, e comunque non oltre il 31 dicembre 2024, la Commissione effettua una valutazione finale dell’EMPIR. La Commissione stila una relazione riguardante tale valutazione comprensiva dei risultati di quest’ultima e trasmette tale relazione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) Parere del 10 dicembre 2013 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014.
(3) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014–2020) - Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104).
(4) Decisione n. 912/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente la partecipazione della Comunità ad un programma europeo di ricerca e sviluppo in metrologia realizzato da alcuni Stati membri (GU L 257 del 30.9.2009, pag. 12).
(5) Decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (GU L 412 del 30.12.2006, pag. 1).
(6) Decisione 2013/743/UE del Consiglio, del 3 dicembre 2013, che stabilisce il programma specifico di attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga le decisioni 2006/971/CE, 2006/972/CE, 2006/973/CE, 2006/974/CE e 2006/975/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 965).
(7) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(8) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell'ambito del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020 e che abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 81).
(10) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
(11) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
ALLEGATO I
OBIETTIVI DELL’EMPIR
L’EMPIR persegue i seguenti obiettivi generali:
a)
fornire soluzioni metrologiche adeguate, integrate e ad hoc a sostegno dell’innovazione e della competitività industriale, nonché tecnologie di misurazione per affrontare le problematiche della società, come la sanità, l’ambiente e l’energia, compreso il sostegno allo sviluppo e all’attuazione di politiche;
b)
creare un sistema europeo di ricerca metrologica integrato avente una massa critica e un impegno attivo a livello regionale, nazionale, europeo e internazionale.
ALLEGATO II
AZIONI INDIRETTE SOSTENUTE DALL’EMPIR
1.
L’EMPIR può sostenere le seguenti azioni indirette nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico comuni:
1.1.
azioni di tipo tecnico-scientifico a sostegno della metrologia scientifica di base, per preparare tutte le fasi successive, compresi la ricerca e lo sviluppo in metrologia applicata e i servizi correlati alla metrologia;
1.2.
ricerca metrologica volta a offrire soluzioni alle problematiche della società incentrate sui contributi per l’energia, l’ambiente e la sanità;
1.3.
ricerca intesa a favorire lo sviluppo di nuovi strumenti di misurazione per l’adozione in ambito industriale di tecnologie metrologiche atte a stimolare l’innovazione industriale;
1.4.
ricerca metrologica prenormativa e conormativa nonché sviluppo di norme documentarie prioritarie destinate a utilizzare le competenze degli istituti di metrologia degli Stati partecipanti per sostenere l’attuazione della strategia e accelerare l’immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi;
1.5.
attività di sviluppo di capacità della metrologia a diversi livelli tecnologici, al fine di realizzare un sistema metrologico equilibrato e integrato negli Stati partecipanti, mettendoli in grado di sviluppare le proprie capacità scientifiche e tecniche nell’ambito della metrologia.
2.
L’EMPIR può sostenere ulteriori iniziative per la diffusione e lo sfruttamento dei risultati della ricerca metrologica.
L’EMPIR può sostenere altre azioni che interessano specificamente gli istituti di metrologia che hanno scarse o nulle capacità scientifiche, sostenendoli mediante il ricorso ad altri programmi dell’Unione europea, nazionali o regionali per la formazione e la mobilità, la cooperazione transfrontaliera o gli investimenti in infrastrutture metrologiche.
3.
L’EMPIR ha la facoltà di sostenere l’organizzazione di attività di rete per promuoversi e massimizzare il proprio impatto.
4.
Le azioni indirette di cui al punto 1 sono eseguite dagli INM e dagli ID in conformità con la designazione da parte dell’autorità nazionale competente. L’EMPIR tuttavia promuove e sostiene la partecipazione di altre entità a tutti gli inviti banditi dall’EMPIR. In base a tale approccio circa il 15 % del bilancio dell’EMPIR dovrebbe essere destinato a tali entità.
ALLEGATO III
ATTUAZIONE E GOVERNANCE DELL’EMPIR
I Ruolo di EURAMET
1.
EURAMET è responsabile dell’attuazione dell’EMPIR, subordinatamente alle disposizioni dell’articolo 3. Si occupa della gestione del contributo finanziario dell’Unione all’EMPIR ed è responsabile della stesura e dell’attuazione del piano di lavoro annuale, dell’organizzazione degli inviti a presentare proposte, della valutazione e della classifica delle proposte nonché di qualsiasi altra attività risultante dal piano di lavoro annuale. EURAMET è responsabile della gestione delle sovvenzioni, ivi compresi la firma delle convenzioni di sovvenzione, la ricezione, l’assegnazione e il monitoraggio dell’uso del contributo finanziario dell’Unione e dei pagamenti ai partecipanti EMPIR ai progetti selezionati.
Il monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione comprende tutte le attività di controllo e audit, i controlli ex ante e/o ex post necessari per svolgere i compiti delegati dalla Commissione a EURAMET. Tali attività sono intese a fornire ragionevoli garanzie sulla legalità e regolarità delle operazioni sottostanti e sull’ammissibilità dei costi dichiarati nell’ambito delle convenzioni di sovvenzione.
2.
EURAMET può affidare agli Stati partecipanti alcune mansioni amministrative e logistiche relative all’attuazione dell’EMPIR.
II La struttura organizzativa di EURAMET impegnata nell’attuazione dell’EMPIR
1.
L’assemblea generale è la massima autorità per tutte le questioni relative a EURAMET. Il comitato dell’EMPIR gestisce il programma in un quadro definito da EURAMET in modo tale che EURAMET possa assicurare che il programma eseguito consegua i suoi obiettivi.
Il comitato dell’EMPIR è composto da rappresentanti dei membri di EURAMET provenienti dagli Stati partecipanti. La ponderazione dei voti è calcolata sulla base degli impegni nazionali secondo il metodo Penrose.
Il comitato dell’EMPIR adotta in particolare le decisioni relative all’agenda strategica di ricerca e innovazione, alla programmazione degli inviti a presentare proposte, alla procedura di riesame della valutazione, alla selezione dei progetti da finanziare in base alle graduatorie e al monitoraggio dei progressi dei progetti finanziati. Esso adotta il piano di lavoro annuale previa approvazione della Commissione.
La Commissione gode dello status di osservatore alle riunioni del comitato dell’EMPIR. L’adozione del piano di lavoro annuale da parte del comitato dell’EMPIR richiede tuttavia il consenso preliminare della Commissione. Il comitato dell’EMPIR invita la Commissione alle sue riunioni e le trasmette i documenti pertinenti. La Commissione può prendere parte alle discussioni del comitato dell’EMPIR.
2.
Il presidente del comitato dell’EMPIR e il suo vice sono eletti dal comitato stesso. Il presidente del comitato dell’EMPIR è uno dei due vicepresidenti di EURAMET. Il presidente del comitato dell’EMPIR rappresenta EURAMET nelle questioni legate all’EMPIR.
3.
Il consiglio di ricerca è composto da esperti di alto livello provenienti dall’industria, dalla ricerca, dal mondo accademico e dalle organizzazioni internazionali delle parti interessate. Esso fornisce consulenza strategica indipendente sul piano di lavoro annuale dell’EMPIR. I membri del Consiglio di ricerca sono nominati dall’assemblea generale di EURAMET.
4.
Il segretariato di EURAMET, responsabile del supporto amministrativo generale di EURAMET, gestisce i conti bancari per conto dell’EMPIR.
5.
L’unità di sostegno gestionale è parte del segretariato di EURAMET ed è responsabile dell’attuazione e della gestione corrente dell’EMPIR.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Programma metrologico europeo di innovazione e ricerca (EMPIR)
EMPIR è un programma congiunto incentrato sulle tecnologie di metrologia e misurazione. Esso mira a creare un sistema europeo di ricerca metrologica integrato.
ATTO
Decisione n. 555/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla partecipazione dell’Unione al programma metrologico europeo di innovazione
SINTESI
EMPIR, che fa seguito al programma europeo di ricerca metrologica (EMRP), è co-finanziato dal programma Orizzonte 2020 dell’Unione europea (UE) e dai bilanci nazionali dei paesi partecipanti. L’UE partecipa a questo programma congiunto sulla base dell’articolo 185 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (partenariato pubblico-pubblico).
Obiettivi
EMPIR ha lo scopo di sostenere la creazione di un sistema europeo di ricerca metrologica integrato, attivo a livello regionale, nazionale, europeo e internazionale.
Un ulteriore obiettivo è quello di fornire soluzioni adeguate e integrate di metrologia a sostegno della competitività, nonché tecnologie di misurazione in grado di affrontare le sfide sociali (ad esempio, la salute, l’ambiente e l’energia).
Campo di azione
EMPIR comprende attività su:
—
innovazione e sfruttamento industriale;
—
ricerca su norme;
—
normalizzazione e regolamentazione;
—
sviluppo di capacità.
Partecipazione e finanziamenti
La partecipazione ai progetti EMPIR si svolge in linea con le regole di Orizzonte 2020 per la partecipazione e la diffusione [regolamento (UE) n. 1290/2013] e le condizioni specifiche contenute nella decisione EMPIR.
Un elenco degli istituti nazionali di metrologia (INM) e degli istituti designati (ID) EURAMET, ammessi a partecipare ai progetti EMPIR, è disponibile sul Portale dei partecipanti EMPIR.
Attuazione
EURAMET, l’Organizzazione metrologica regionale europea, è stata designata dai paesi partecipanti per l’attuazione di EMPIR. EURAMET organizza gli inviti a presentare proposte, la valutazione inter pares, la selezione e il monitoraggio dei progetti nonché l’assegnazione del contributo dell’UE.
L’EMPIR viene attuato sulla base di piani di lavoro annuali. Il sostegno finanziario viene principalmente offerto sotto forma di sovvenzioni a favore dei progetti selezionati.
EURAMET invita gli individui e le organizzazioni della comunità di ricerca metrologica e gli utenti a suggerire potenziali temi di ricerca prima di identificare le tematiche per ogni invito a presentare proposte.
Dotazione finanziaria
Il contributo finanziario dell’UE per il programma è di 300 milioni di EUR per il periodo 2014-2024. Tale contributo è equivalente a quello pagato dai paesi partecipanti ai progetti EMPIR, esclusi i contributi dei paesi partecipanti alle spese amministrative che superano il 5 % del bilancio EMPIR.
Il contributo dei paesi partecipanti è costituito da pagamenti effettuati attraverso il finanziamento istituzionale dall’INM nell’UE e nei paesi dell’Associazione europea di libero scambio così come dagli ID che partecipano a EMPIR.
Per maggiori informazioni consultare:
—
EMPIR sul sito internet di EURAMET
—
informazioni sull’EMPIR sul sito Internet di EURAMET.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione n. 555/2014/UE
27.6.2014
-
GU L 169 del 7.6.2014, pag. 27-37.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104-173).
Decisione 2013/743/UE del Consiglio, del 3 dicembre 2013, che stabilisce il programma specifico recante attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020 e che abroga le decisioni 2006/971/CE, 2006/972/CE, 2006/973/CE, 2006/974/CE e 2006/975/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 965-1041).
Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell’ambito del «programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) - Orizzonte 2020» e che abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 81-103). |
Cooperazione scientifica e tecnologica con la Giordania
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO?
La decisione del Consiglio autorizza la sottoscrizione e l’attuazione provvisoria dell’accordo.
L’accordo istituisce una struttura formale per la cooperazione nella ricerca scientifica e tecnologica tra le parti per incoraggiare, sviluppare e facilitare attività di cooperazione di interesse comune in questo campo.
PUNTI CHIAVE
La cooperazione tra l’UE e la Giordania in campo scientifico e tecnologico si basa, in particolare, sui principi del vantaggio reciproco e della promozione della società basata sulla conoscenza. È inoltre destinato a contribuire allo sviluppo socioeconomico di entrambe le parti.
L’attuazione dell’accordo è gestito da un Comitato congiunto.
Meccanismi di cooperazione
Le attività di cooperazione possono essere attuate da persone fisiche o giuridiche. A tale riguardo, l’UE e la Giordania devono garantire la libera circolazione e la residenza dei ricercatori nei rispettivi territori e la circolazione delle merci destinate a essere utilizzate in tali attività, ai sensi della legislazione applicabile.
I partecipanti situati in Giordania possono partecipare ad azioni indirette ai sensi del Programma quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione (Orizzonte 2020) conformemente alle sue disposizioni e ai suoi termini e condizioni.
I partecipanti situati nell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca in Giordania ai sensi di quanto si applica ai partecipanti giordani, fatte salve le normative nazionali applicabili e i termini e le condizioni dell’accordo.
Le attività di cooperazione possono includere, ad esempio:dialogo politico regolare sulla ricerca; scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche; scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; scambi di attrezzature, materiali e servizi di test; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Inoltre, le autorità giordane e la Commissione europea condividono le informazioni su programmi attuali e nuove opportunità di cooperazione.
Diritti di proprietà intellettuale
Le norme relative alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale e alla diffusione delle conoscenze risultanti dalle attività di ricerca svolte nell’ambito dell’accordo, sono stabilite nell’Allegato II dello stesso. Tali disposizioni sono compatibili con le normative nazionali e internazionali.
DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
L’accordo è stato sottoscritto il 30 novembre 2009 divenendo provvisoriamente applicabile (effetti legali prodotti) dalla data di sottoscrizione. Si applica dal 29 marzo 2011.
CONTESTO GENERALE
Per maggiori informazioni consultare:Cooperazione internazionale in materia di ricerca e sviluppo con la Giordania (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del Consiglio 2011/348/CE, del 10 novembre 2009, sulla sottoscrizione, a nome della Comunità europea, e sull’applicazione provvisoria dell’accordo tra l’UE e il Regno hascemita di Giordania in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 107).
Accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 108).
Informazione sull’entrata in vigore dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 116 del 28.4.2012, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione del Consiglio 2011/343/UE, del 9 marzo 2011, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 1). | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 10 novembre 2009
relativa alla firma, a nome della Comunità, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania
(2011/348/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
La Commissione ha negoziato a nome della Comunità un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica (l’«accordo») col Regno hascemita di Giordania.
(2)
I negoziati hanno dato luogo all’accordo siglato il 28 gennaio 2009.
(3)
Occorre firmare l’accordo, con riserva della sua conclusione in una data successiva,
DECIDE:
Articolo 1
La firma dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania di cooperazione scientifica e tecnologica è approvata a nome della Comunità, con riserva della conclusione di tale accordo.
Il testo dell’accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l’accordo, a nome della Comunità europea, con riserva della sua conclusione.
Articolo 3
L’accordo è applicato su base provvisoria come stabilito all’articolo 7, paragrafo 2, dell’accordo stesso, a decorrere dalla data della firma, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua formale conclusione.
Fatto a Bruxelles, addì 10 novembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
A. BORG
17.6.2011
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 159/108
ACCORDO
di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania
LA COMUNITÀ EUROPEA, di seguito denominata la «Comunità»,
da una parte, e
IL REGNO HASCEMITA DI GIORDANIA, di seguito denominato «la Giordania»,
dall’altra,
di seguito denominati «le parti»;
VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase, nonché il paragrafo 3, primo comma;
CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per lo sviluppo economico e sociale delle parti e il relativo riferimento di cui all’articolo 43 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno hascemita di Giordania, dall’altra, entrato in vigore il 1o maggio 2002;
CONSIDERANDO la politica europea di vicinato e la strategia UE per rafforzare le relazioni con i paesi vicini, nel cui ambito le parti si sono incontrate e hanno concordato un piano d’azione che tra le sue priorità menzionava «il rafforzamento della cooperazione nel settore scientifico e tecnico». Il piano d’azione congiunto della politica europea di vicinato è conforme al programma esecutivo del governo giordano (2007-2009) per il piano nazionale «Kuluna Al Urdun» che mira a sviluppare un processo sostenibile di riforme socioeconomiche;
CONSIDERANDO che la Comunità e la Giordania hanno intrapreso attività congiunte di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti potrebbero trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell’altra a condizioni di reciprocità;
DESIDERANDO istituire un quadro ufficiale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che renda possibile ampliare e rafforzare le attività di cooperazione nei settori di interesse comune e promuovere l’utilizzo dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;
DESIDERANDO aprire lo Spazio europeo della ricerca ai paesi terzi e in particolare ai paesi partner mediterranei;
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Ambito d’applicazione e principi
1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e la Giordania in settori di interesse comune in cui svolgono attività di ricerca e sviluppo nel settore della scienza e della tecnologia.
2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:
—
promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti,
—
beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi,
—
accesso reciproco alle attività dei programmi e dei progetti di ricerca intrapresi da ciascuna parte,
—
scambio tempestivo delle informazioni che possono agevolare le attività di cooperazione,
—
scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale,
—
partecipazione e finanziamento nel rispetto delle leggi e dei regolamenti pertinenti delle parti.
Articolo 2
Mezzi di cooperazione
1. I soggetti giuridici stabiliti in Giordania, come definiti all’allegato I, comprese le persone fisiche e le persone giuridiche di diritto pubblico o privato, partecipano alle azioni di cooperazione indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca («il programma quadro»), fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
I soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri della Comunità, definiti all’allegato I, partecipano ai programmi e progetti di ricerca della Giordania in settori analoghi a quelli del programma quadro alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici giordani, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
2. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:
—
regolari discussioni sugli orientamenti e le priorità della politica e della programmazione in materia di ricerca della Giordania e della Comunità,
—
discussioni sulle prospettive e lo sviluppo della cooperazione,
—
trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione dei programmi e progetti di ricerca della Giordania e della Comunità e sui risultati di lavori intrapresi nell’ambito del presente accordo,
—
riunioni congiunte,
—
visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione,
—
scambio e condivisione di apparecchiature, materiali e servizi di test,
—
contatti tra responsabili di programmi o progetti giordani e della Comunità,
—
partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop,
—
scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,
—
formazione tramite progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico,
—
accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica nell’ambito della cooperazione in questione,
—
qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica Comunità europea-Giordania, di cui all’articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili ad entrambe le parti.
Articolo 3
Rafforzamento della cooperazione
1. Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare la circolazione transfrontaliera di beni destinati a essere utilizzati in queste attività.
2. Qualora, in applicazione della propria normativa, la Comunità europea accordi un finanziamento a un soggetto giuridico stabilito in Giordania che partecipa a un’azione indiretta di cooperazione comunitaria, la Giordania garantisce che a questa transazione non saranno imposti oneri o prelievi.
Articolo 4
Gestione dell’accordo
1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per la Giordania, dall’Alto Consiglio per la scienza e la tecnologia, e, per la Comunità, dai servizi dalla Commissione europea, in qualità di agenti esecutivi delle parti («agenti esecutivi»).
2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato «Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica Comunità europea-Giordania» («il comitato misto»), le cui funzioni comprendono:
—
assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti,
—
individuare annualmente i settori in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure,
—
esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Giordania e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo,
—
formulare raccomandazioni alle parti circa l’attuazione del presente accordo, includendovi la definizione e la raccomandazione di aggiunte alle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e misure concrete per migliorare l’accesso reciproco previsto all’articolo 1, paragrafo 2.
3. Il comitato misto, composto da rappresentanti degli agenti esecutivi, adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta l’anno, alternativamente nella Comunità e in Giordania. Riunioni straordinarie sono convocate laddove necessario e previo accordo di entrambe le parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto saranno trasmesse per informazione al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo tra l’Unione europea e il Regno hascemita di Giordania.
Articolo 5
Finanziamento
La reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e delle modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.
Se una delle parti prevede un aiuto finanziario per i partecipanti dell’altra parte in relazione ad attività di cooperazione indirette, tutte le sovvenzioni e i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo dalla parte finanziatrice ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse.
Articolo 6
Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioni
La diffusione e l’uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle disposizioni di cui all’allegato II.
Articolo 7
Disposizioni finali
1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo. Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.
2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa del completamento di tali procedure, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso. Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, le parti concordano che i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.
3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di sei mesi. I progetti e le attività in corso al momento della denuncia del presente accordo sono portati a compimento alle condizioni stabilite dallo stesso.
4. Il presente accordo resta in vigore fino a quando una delle parti notifica per iscritto all’altra parte la sua intenzione di porre fine all’accordo. In tal caso il presente accordo cessa di avere effetto trascorsi sei mesi dal ricevimento di tale notifica.
5. Qualora una della parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell’articolo 1, l’agente esecutivo della parte in questione notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso di dette modifiche. In deroga a quanto disposto dal paragrafo 3 del presente articolo, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui al presente paragrafo, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.
6. Il presente accordo si applica, da una parte, al territorio cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni stabilite da quest’ultimo, e, dall’altra, al territorio del Regno hascemita di Giordania. Questa disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio extra-atmosferico o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.
IN FEDE DI CHE, i plenipotenziari sottoscritti, debitamente abilitati a questo fine rispettivamente dalla Comunità europea e dal Regno hascemita di Giordania, hanno firmato il presente accordo.
Fatto in duplice copia a Bruxelles, addì trenta novembre 2009 in bulgaro, ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e arabo, ciascun testo facente ugualmente fede.
За Европейската общност
Por la Comunidad Europea
Za Evropské společenství
For Det Europæiske Fællesskab
Für die Europäische Gemeinschaft
Euroopa Ühenduse nimel
Για την Ευρωπαϊκή Κοινότητα
For the European Community
Pour la Communauté européenne
Per la Comunità europea
Eiropas Kopienas vārdā –
Europos bendrijos vardu
Az Európai Közösség részéről
Għall-Komunità Ewropea
Voor de Europese Gemeenschap
W imieniu Wspólnoty Europejskiej
Pela Comunidade Europeia
Pentru Comunitatea Europeană
Za Európske spoločenstvo
Za Evropsko skupnost
Euroopan yhteisön puolesta
För Europeiska gemenskapen
За Хашемитското кралство Йордания
Por el Reino Hachemí de Jordania
Za Jordánské hášimovské království
For Det Hashemitiske Kongerige Jordan
Für das Haschemitische Königreich Jordanien
Jordaania Hašimiidi Kuningriigi nimel
Για το Χασεμιτικό Βασίλειο της Ιορδανίας
For the Hashemite Kingdom of Jordan
Pour le Royaume hachémite de Jordanie
Per il Regno Hashemita di Giordania
Jordānijas Hāšimītu Karalistes vārdā –
Jordanijos Hašimitų Karalystės vardu
A Jordán Hasimita Királyság részéről
Għar-Renju Ħaxemita tal-Ġordan
Voor het Hasjemitisch Koninkrijk Jordanië
W imieniu Jordańskiego Królestwa Haszymidzkiego
Pelo Reino Hachemita da Jordânia
Pentru Regatul Hașemit al Iordaniei
Za Jordánske hašimovské král’ovstvo
Za Hašemitsko kraljevino Jordanijo
Jordanian hašemiittisen kuningaskunnan puolesta
För Hashemitiska konungariket Jordanien
ALLEGATO I
MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA E DEL REGNO HASCEMITA DI GIORDANIA
Ai fini del presente accordo, per «soggetto giuridico» si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
I. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Giordania alle azioni indirette del programma quadro
1.
La partecipazione alle azioni indirette del programma quadro di soggetti giuridici stabiliti in Giordania è soggetta alle condizioni stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea.
I soggetti giuridici stabiliti in Giordania possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell’articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.
2.
La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Giordania che partecipano alle azioni indirette menzionate al punto 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio [regolamento (CE) n. 1906/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che stabilisce le regole per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università alle azioni nell’ambito del settimo programma quadro e per la diffusione dei risultati della ricerca (2007-2013) (1)], conformemente all’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, al regolamento finanziario della Comunità europea e alla legislazione comunitaria applicabile.
3.
Le convenzioni di sovvenzione o i contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Giordania che partecipano ad un’azione indiretta devono prevedono il diritto della Commissione europea e della Corte dei conti delle Comunità europee di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.
Le competenti autorità giordane provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, ogni assistenza ragionevole e realizzabile, qualora necessaria o utile per eseguire tali controlli e verifiche contabili.
II. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea a programmi e progetti di ricerca giordani
1.
I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo della Giordania in cooperazione con soggetti giuridici giordani.
2.
Fatto salvo il punto 1 e l’allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, che partecipano a progetti giordani di ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo, le modalità e le condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative giordane che disciplinano lo svolgimento di programmi di ricerca e sviluppo, applicabili ai soggetti giuridici giordani e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra la Giordania e la Comunità in questo settore.
Il finanziamento di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità che partecipano ai pertinenti progetti di ricerca giordani nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative che disciplinano lo svolgimento di tali programmi, applicabili ai soggetti giuridici non giordani.
III. Informazioni sulle possibilità di partecipazione
La Giordania e la Commissione europea renderanno regolarmente disponibili informazioni in merito ai programmi in corso e alle possibilità di partecipazione esistenti per i soggetti giuridici stabiliti nei due paesi.
(1) GU L 391 del 30.12.2006, pag. 1.
ALLEGATO II
PRINCIPI DI ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
I. Applicazione
Agli effetti del presente accordo, per «proprietà intellettuale» si intende la definizione data dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, stipulata a Stoccolma il 14 luglio 1967.
Agli effetti del presente accordo, per «conoscenze» si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti su dette informazioni acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.
II. Diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici delle parti che partecipano alle azioni indirette di cooperazione
1.
Ciascuna parte garantisce che i diritti e gli obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte che partecipano ad attività di cooperazione indirette svolte conformemente al presente accordo, e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione, siano coerenti con le leggi e i regolamenti pertinenti, nonché con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971 della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma del 14 luglio 1967 della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
2.
Ciascuna delle parti garantisce che, nel quadro delle leggi e dei regolamenti applicabili, i soggetti di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, abbiano gli stessi diritti e gli stessi obblighi in materia di proprietà intellettuale dei partecipanti dell’altra parte nelle stesse attività di cooperazione indirette.
III. Diritti di proprietà intellettuale delle parti
1.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti, nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2 del presente accordo, si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
la parte che genera queste conoscenze è proprietaria delle stesse. Quando il loro ruolo rispettivo nei lavori non può essere verificato, le parti sono proprietarie congiuntamente di tali conoscenze;
b)
la parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2 del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.
2.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle opere letterarie di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
nel caso di pubblicazione, ad opera di una parte, di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto o siano collegate ad attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere;
b)
tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, indicano i nomi dell’autore o degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Esse contengono inoltre una menzione chiara e visibile del sostegno cooperativo delle parti.
3.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle informazioni riservate si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte indica quali siano le informazioni che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la loro riservatezza;
b)
la parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;
c)
previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della precedente lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta ed ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche;
d)
le informazioni riservate non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni tra le parti indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di impianti o l’esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a);
e)
ciascuna parte si impegna a assicurare l’osservanza delle disposizioni del presente accordo per quanto riguarda l’obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d). Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sulla riservatezza contenute nelle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 10 novembre 2009
relativa alla firma, a nome della Comunità, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania
(2011/348/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
La Commissione ha negoziato a nome della Comunità un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica (l’«accordo») col Regno hascemita di Giordania.
(2)
I negoziati hanno dato luogo all’accordo siglato il 28 gennaio 2009.
(3)
Occorre firmare l’accordo, con riserva della sua conclusione in una data successiva,
DECIDE:
Articolo 1
La firma dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania di cooperazione scientifica e tecnologica è approvata a nome della Comunità, con riserva della conclusione di tale accordo.
Il testo dell’accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l’accordo, a nome della Comunità europea, con riserva della sua conclusione.
Articolo 3
L’accordo è applicato su base provvisoria come stabilito all’articolo 7, paragrafo 2, dell’accordo stesso, a decorrere dalla data della firma, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua formale conclusione.
Fatto a Bruxelles, addì 10 novembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
A. BORG
17.6.2011
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 159/108
ACCORDO
di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania
LA COMUNITÀ EUROPEA, di seguito denominata la «Comunità»,
da una parte, e
IL REGNO HASCEMITA DI GIORDANIA, di seguito denominato «la Giordania»,
dall’altra,
di seguito denominati «le parti»;
VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase, nonché il paragrafo 3, primo comma;
CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per lo sviluppo economico e sociale delle parti e il relativo riferimento di cui all’articolo 43 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno hascemita di Giordania, dall’altra, entrato in vigore il 1o maggio 2002;
CONSIDERANDO la politica europea di vicinato e la strategia UE per rafforzare le relazioni con i paesi vicini, nel cui ambito le parti si sono incontrate e hanno concordato un piano d’azione che tra le sue priorità menzionava «il rafforzamento della cooperazione nel settore scientifico e tecnico». Il piano d’azione congiunto della politica europea di vicinato è conforme al programma esecutivo del governo giordano (2007-2009) per il piano nazionale «Kuluna Al Urdun» che mira a sviluppare un processo sostenibile di riforme socioeconomiche;
CONSIDERANDO che la Comunità e la Giordania hanno intrapreso attività congiunte di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti potrebbero trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell’altra a condizioni di reciprocità;
DESIDERANDO istituire un quadro ufficiale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che renda possibile ampliare e rafforzare le attività di cooperazione nei settori di interesse comune e promuovere l’utilizzo dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;
DESIDERANDO aprire lo Spazio europeo della ricerca ai paesi terzi e in particolare ai paesi partner mediterranei;
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Ambito d’applicazione e principi
1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e la Giordania in settori di interesse comune in cui svolgono attività di ricerca e sviluppo nel settore della scienza e della tecnologia.
2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:
—
promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti,
—
beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi,
—
accesso reciproco alle attività dei programmi e dei progetti di ricerca intrapresi da ciascuna parte,
—
scambio tempestivo delle informazioni che possono agevolare le attività di cooperazione,
—
scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale,
—
partecipazione e finanziamento nel rispetto delle leggi e dei regolamenti pertinenti delle parti.
Articolo 2
Mezzi di cooperazione
1. I soggetti giuridici stabiliti in Giordania, come definiti all’allegato I, comprese le persone fisiche e le persone giuridiche di diritto pubblico o privato, partecipano alle azioni di cooperazione indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca («il programma quadro»), fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
I soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri della Comunità, definiti all’allegato I, partecipano ai programmi e progetti di ricerca della Giordania in settori analoghi a quelli del programma quadro alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici giordani, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
2. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:
—
regolari discussioni sugli orientamenti e le priorità della politica e della programmazione in materia di ricerca della Giordania e della Comunità,
—
discussioni sulle prospettive e lo sviluppo della cooperazione,
—
trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione dei programmi e progetti di ricerca della Giordania e della Comunità e sui risultati di lavori intrapresi nell’ambito del presente accordo,
—
riunioni congiunte,
—
visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione,
—
scambio e condivisione di apparecchiature, materiali e servizi di test,
—
contatti tra responsabili di programmi o progetti giordani e della Comunità,
—
partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop,
—
scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,
—
formazione tramite progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico,
—
accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica nell’ambito della cooperazione in questione,
—
qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica Comunità europea-Giordania, di cui all’articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili ad entrambe le parti.
Articolo 3
Rafforzamento della cooperazione
1. Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare la circolazione transfrontaliera di beni destinati a essere utilizzati in queste attività.
2. Qualora, in applicazione della propria normativa, la Comunità europea accordi un finanziamento a un soggetto giuridico stabilito in Giordania che partecipa a un’azione indiretta di cooperazione comunitaria, la Giordania garantisce che a questa transazione non saranno imposti oneri o prelievi.
Articolo 4
Gestione dell’accordo
1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per la Giordania, dall’Alto Consiglio per la scienza e la tecnologia, e, per la Comunità, dai servizi dalla Commissione europea, in qualità di agenti esecutivi delle parti («agenti esecutivi»).
2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato «Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica Comunità europea-Giordania» («il comitato misto»), le cui funzioni comprendono:
—
assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti,
—
individuare annualmente i settori in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure,
—
esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Giordania e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo,
—
formulare raccomandazioni alle parti circa l’attuazione del presente accordo, includendovi la definizione e la raccomandazione di aggiunte alle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e misure concrete per migliorare l’accesso reciproco previsto all’articolo 1, paragrafo 2.
3. Il comitato misto, composto da rappresentanti degli agenti esecutivi, adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta l’anno, alternativamente nella Comunità e in Giordania. Riunioni straordinarie sono convocate laddove necessario e previo accordo di entrambe le parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto saranno trasmesse per informazione al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo tra l’Unione europea e il Regno hascemita di Giordania.
Articolo 5
Finanziamento
La reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e delle modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.
Se una delle parti prevede un aiuto finanziario per i partecipanti dell’altra parte in relazione ad attività di cooperazione indirette, tutte le sovvenzioni e i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo dalla parte finanziatrice ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse.
Articolo 6
Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioni
La diffusione e l’uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle disposizioni di cui all’allegato II.
Articolo 7
Disposizioni finali
1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo. Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.
2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa del completamento di tali procedure, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso. Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, le parti concordano che i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.
3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di sei mesi. I progetti e le attività in corso al momento della denuncia del presente accordo sono portati a compimento alle condizioni stabilite dallo stesso.
4. Il presente accordo resta in vigore fino a quando una delle parti notifica per iscritto all’altra parte la sua intenzione di porre fine all’accordo. In tal caso il presente accordo cessa di avere effetto trascorsi sei mesi dal ricevimento di tale notifica.
5. Qualora una della parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell’articolo 1, l’agente esecutivo della parte in questione notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso di dette modifiche. In deroga a quanto disposto dal paragrafo 3 del presente articolo, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui al presente paragrafo, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.
6. Il presente accordo si applica, da una parte, al territorio cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni stabilite da quest’ultimo, e, dall’altra, al territorio del Regno hascemita di Giordania. Questa disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio extra-atmosferico o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.
IN FEDE DI CHE, i plenipotenziari sottoscritti, debitamente abilitati a questo fine rispettivamente dalla Comunità europea e dal Regno hascemita di Giordania, hanno firmato il presente accordo.
Fatto in duplice copia a Bruxelles, addì trenta novembre 2009 in bulgaro, ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e arabo, ciascun testo facente ugualmente fede.
За Европейската общност
Por la Comunidad Europea
Za Evropské společenství
For Det Europæiske Fællesskab
Für die Europäische Gemeinschaft
Euroopa Ühenduse nimel
Για την Ευρωπαϊκή Κοινότητα
For the European Community
Pour la Communauté européenne
Per la Comunità europea
Eiropas Kopienas vārdā –
Europos bendrijos vardu
Az Európai Közösség részéről
Għall-Komunità Ewropea
Voor de Europese Gemeenschap
W imieniu Wspólnoty Europejskiej
Pela Comunidade Europeia
Pentru Comunitatea Europeană
Za Európske spoločenstvo
Za Evropsko skupnost
Euroopan yhteisön puolesta
För Europeiska gemenskapen
За Хашемитското кралство Йордания
Por el Reino Hachemí de Jordania
Za Jordánské hášimovské království
For Det Hashemitiske Kongerige Jordan
Für das Haschemitische Königreich Jordanien
Jordaania Hašimiidi Kuningriigi nimel
Για το Χασεμιτικό Βασίλειο της Ιορδανίας
For the Hashemite Kingdom of Jordan
Pour le Royaume hachémite de Jordanie
Per il Regno Hashemita di Giordania
Jordānijas Hāšimītu Karalistes vārdā –
Jordanijos Hašimitų Karalystės vardu
A Jordán Hasimita Királyság részéről
Għar-Renju Ħaxemita tal-Ġordan
Voor het Hasjemitisch Koninkrijk Jordanië
W imieniu Jordańskiego Królestwa Haszymidzkiego
Pelo Reino Hachemita da Jordânia
Pentru Regatul Hașemit al Iordaniei
Za Jordánske hašimovské král’ovstvo
Za Hašemitsko kraljevino Jordanijo
Jordanian hašemiittisen kuningaskunnan puolesta
För Hashemitiska konungariket Jordanien
ALLEGATO I
MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA E DEL REGNO HASCEMITA DI GIORDANIA
Ai fini del presente accordo, per «soggetto giuridico» si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
I. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Giordania alle azioni indirette del programma quadro
1.
La partecipazione alle azioni indirette del programma quadro di soggetti giuridici stabiliti in Giordania è soggetta alle condizioni stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea.
I soggetti giuridici stabiliti in Giordania possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell’articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.
2.
La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Giordania che partecipano alle azioni indirette menzionate al punto 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio [regolamento (CE) n. 1906/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che stabilisce le regole per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università alle azioni nell’ambito del settimo programma quadro e per la diffusione dei risultati della ricerca (2007-2013) (1)], conformemente all’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, al regolamento finanziario della Comunità europea e alla legislazione comunitaria applicabile.
3.
Le convenzioni di sovvenzione o i contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Giordania che partecipano ad un’azione indiretta devono prevedono il diritto della Commissione europea e della Corte dei conti delle Comunità europee di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.
Le competenti autorità giordane provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, ogni assistenza ragionevole e realizzabile, qualora necessaria o utile per eseguire tali controlli e verifiche contabili.
II. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea a programmi e progetti di ricerca giordani
1.
I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo della Giordania in cooperazione con soggetti giuridici giordani.
2.
Fatto salvo il punto 1 e l’allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, che partecipano a progetti giordani di ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo, le modalità e le condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative giordane che disciplinano lo svolgimento di programmi di ricerca e sviluppo, applicabili ai soggetti giuridici giordani e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra la Giordania e la Comunità in questo settore.
Il finanziamento di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità che partecipano ai pertinenti progetti di ricerca giordani nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative che disciplinano lo svolgimento di tali programmi, applicabili ai soggetti giuridici non giordani.
III. Informazioni sulle possibilità di partecipazione
La Giordania e la Commissione europea renderanno regolarmente disponibili informazioni in merito ai programmi in corso e alle possibilità di partecipazione esistenti per i soggetti giuridici stabiliti nei due paesi.
(1) GU L 391 del 30.12.2006, pag. 1.
ALLEGATO II
PRINCIPI DI ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
I. Applicazione
Agli effetti del presente accordo, per «proprietà intellettuale» si intende la definizione data dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, stipulata a Stoccolma il 14 luglio 1967.
Agli effetti del presente accordo, per «conoscenze» si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti su dette informazioni acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.
II. Diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici delle parti che partecipano alle azioni indirette di cooperazione
1.
Ciascuna parte garantisce che i diritti e gli obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte che partecipano ad attività di cooperazione indirette svolte conformemente al presente accordo, e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione, siano coerenti con le leggi e i regolamenti pertinenti, nonché con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971 della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma del 14 luglio 1967 della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
2.
Ciascuna delle parti garantisce che, nel quadro delle leggi e dei regolamenti applicabili, i soggetti di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, abbiano gli stessi diritti e gli stessi obblighi in materia di proprietà intellettuale dei partecipanti dell’altra parte nelle stesse attività di cooperazione indirette.
III. Diritti di proprietà intellettuale delle parti
1.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti, nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2 del presente accordo, si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
la parte che genera queste conoscenze è proprietaria delle stesse. Quando il loro ruolo rispettivo nei lavori non può essere verificato, le parti sono proprietarie congiuntamente di tali conoscenze;
b)
la parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2 del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.
2.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle opere letterarie di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
nel caso di pubblicazione, ad opera di una parte, di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto o siano collegate ad attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere;
b)
tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, indicano i nomi dell’autore o degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Esse contengono inoltre una menzione chiara e visibile del sostegno cooperativo delle parti.
3.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle informazioni riservate si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte indica quali siano le informazioni che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la loro riservatezza;
b)
la parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;
c)
previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della precedente lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta ed ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche;
d)
le informazioni riservate non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni tra le parti indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di impianti o l’esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a);
e)
ciascuna parte si impegna a assicurare l’osservanza delle disposizioni del presente accordo per quanto riguarda l’obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d). Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sulla riservatezza contenute nelle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Cooperazione scientifica e tecnologica con la Giordania
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO?
La decisione del Consiglio autorizza la sottoscrizione e l’attuazione provvisoria dell’accordo.
L’accordo istituisce una struttura formale per la cooperazione nella ricerca scientifica e tecnologica tra le parti per incoraggiare, sviluppare e facilitare attività di cooperazione di interesse comune in questo campo.
PUNTI CHIAVE
La cooperazione tra l’UE e la Giordania in campo scientifico e tecnologico si basa, in particolare, sui principi del vantaggio reciproco e della promozione della società basata sulla conoscenza. È inoltre destinato a contribuire allo sviluppo socioeconomico di entrambe le parti.
L’attuazione dell’accordo è gestito da un Comitato congiunto.
Meccanismi di cooperazione
Le attività di cooperazione possono essere attuate da persone fisiche o giuridiche. A tale riguardo, l’UE e la Giordania devono garantire la libera circolazione e la residenza dei ricercatori nei rispettivi territori e la circolazione delle merci destinate a essere utilizzate in tali attività, ai sensi della legislazione applicabile.
I partecipanti situati in Giordania possono partecipare ad azioni indirette ai sensi del Programma quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione (Orizzonte 2020) conformemente alle sue disposizioni e ai suoi termini e condizioni.
I partecipanti situati nell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca in Giordania ai sensi di quanto si applica ai partecipanti giordani, fatte salve le normative nazionali applicabili e i termini e le condizioni dell’accordo.
Le attività di cooperazione possono includere, ad esempio:dialogo politico regolare sulla ricerca; scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche; scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; scambi di attrezzature, materiali e servizi di test; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Inoltre, le autorità giordane e la Commissione europea condividono le informazioni su programmi attuali e nuove opportunità di cooperazione.
Diritti di proprietà intellettuale
Le norme relative alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale e alla diffusione delle conoscenze risultanti dalle attività di ricerca svolte nell’ambito dell’accordo, sono stabilite nell’Allegato II dello stesso. Tali disposizioni sono compatibili con le normative nazionali e internazionali.
DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
L’accordo è stato sottoscritto il 30 novembre 2009 divenendo provvisoriamente applicabile (effetti legali prodotti) dalla data di sottoscrizione. Si applica dal 29 marzo 2011.
CONTESTO GENERALE
Per maggiori informazioni consultare:Cooperazione internazionale in materia di ricerca e sviluppo con la Giordania (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del Consiglio 2011/348/CE, del 10 novembre 2009, sulla sottoscrizione, a nome della Comunità europea, e sull’applicazione provvisoria dell’accordo tra l’UE e il Regno hascemita di Giordania in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 107).
Accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 108).
Informazione sull’entrata in vigore dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 116 del 28.4.2012, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione del Consiglio 2011/343/UE, del 9 marzo 2011, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 1). |
Tutela dei diritti e delle libertà delle persone con disabilità a livello internazionale
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI E DELLA CONVENZIONE?
La decisione adotta per conto della Comunità Europea (ora UE) la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, inclusa nell’allegato alla decisione.
PUNTI CHIAVE
Questa convenzione internazionale mira a garantire che le persone con disabilità godano di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
A tal fine, la convenzione si basa su una serie di principi:il rispetto per la dignità, l’autonomia e l’indipendenza delle persone; la non discriminazione; la partecipazione e l’inclusione nella società; il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone; la parità di opportunità; l’accessibilità, soprattutto dei trasporti, dell’informazione e delle comunicazioni, delle apparecchiature e dei servizi pubblici nelle aree urbane e rurali; la parità tra uomini e donne; il rispetto per l’identità dei minori con disabilità e per lo sviluppo delle loro capacità. Gli Stati che sono parti contraenti della convenzione devono adottare tutte le misure necessarie per garantire il progressivo rispetto di questi principi. Essi si impegnano inoltre ad agire a favore dei diritti economici, sociali e culturali delle persone con disabilità.
Inoltre, le persone con disabilità devono essere consultate durante l’elaborazione e l’attuazione della legislazione e delle politiche che le riguardano.
Protezione contro le discriminazioni
Ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità è vietata, e le persone con disabilità ricevono una protezione giuridica effettiva sulla base dell’uguaglianza con le altre persone.
La convenzione contiene disposizioni specifiche relativamente a due gruppi di popolazione:le donne con disabilità, che sono soggette a discriminazioni multiple. Devono essere adottate misure per garantire il loro pieno sviluppo e la loro indipendenza; i minori con disabilità, che hanno diritto alla protezione del loro superiore interesse in caso di decisioni che li riguardano e godono anche del diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni e di ricevere un aiuto adeguato. Gli Stati che sono parti contraenti della convenzione si impegnano a combattere gli stereotipi e a fare conoscere meglio le capacità delle persone con disabilità.
Diritti riconosciuti dalla convenzione
La convenzione afferma una serie di diritti e di libertà che devono essere riconosciuti alle persone con disabilità. Si tratta in particolare:del diritto alla vita; della protezione in situazioni di rischio e di emergenza umanitaria; del riconoscimento della personalità e della capacità giuridica, soprattutto al fine di accedere alla proprietà e alla libera gestione finanziaria, sempre restando protetti dagli abusi; dell’accesso alla giustizia attraverso accomodamenti procedurali; della libertà e della sicurezza; del diritto di non essere sottoposti a tortura, a pene o trattamenti crudeli inumani o degradanti; del diritto di non essere sottoposti a sfruttamento, violenza e maltrattamenti; della protezione dell’integrità fisica e mentale; del diritto di circolare liberamente, di scegliere il luogo di residenza e la nazionalità; della vita indipendente e dell’inclusione nella società; della mobilità personale, in particolare attraverso apparati e tecnologie di supporto alla mobilità; della libertà di espressione e di accesso all’informazione; del rispetto della vita privata; del rispetto del domicilio e della vita familiare; del diritto all’istruzione; dell’accesso ai servizi sanitari; dell’abilitazione e della riabilitazione, attraverso la piena realizzazione del potenziale fisico, mentale, sociale e professionale; del diritto al lavoro, senza discriminazioni e in condizioni eque e favorevoli; del diritto ad adeguati livelli di vita e alla protezione sociale; della partecipazione alla vita politica e pubblica, comprese le votazioni e le elezioni; della partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport. Applicazione della convenzione
Le azioni di cooperazione internazionale intraprese devono includere persone con disabilità, in particolare in partenariato con le organizzazioni internazionali e regionali competenti.
Gli Stati istituiscono uno o più punti di contatto responsabili dell’applicazione della convenzione e di informare il pubblico riguardo alla convenzione. Essi devono istituire un meccanismo indipendente di monitoraggio dell’attuazione della convenzione. La società civile deve essere pienamente coinvolta nel processo di monitoraggio delle azioni.
Infine, ogni Stato deve presentare un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi, entro due anni dalla sua adesione alla convenzione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LA CONVENZIONE?
La decisione è stata applicata dal giovedì 26 novembre 2009. La convenzione è entrata in vigore il 3 maggio 2008 e viene applicata nell’UE dal 22 gennaio 2011.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Persone con disabilità (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (GU L 23 del 27.1.2010, pag. 35). | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 26 novembre 2009
relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
(2010/48/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 13 e 95, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, seconda frase, e paragrafo 3, primo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Nel maggio 2004 il Consiglio ha autorizzato la Commissione a condurre, a nome della Comunità europea, i negoziati relativi alla convenzione delle Nazioni Unite sulla tutela e promozione dei diritti e della dignità delle persone con disabilità («convenzione ONU»).
(2)
La convenzione ONU è stata adottata il 13 dicembre 2006 dall’assemblea generale delle Nazioni Unite ed è entrata in vigore il 3 maggio 2008.
(3)
Fatta salva la sua eventuale conclusione in data successiva, la convenzione ONU è stata firmata il 30 marzo 2007 a nome della Comunità.
(4)
La convenzione ONU costituisce un pilastro importante ed efficace della promozione e della tutela dei diritti delle persone con disabilità all’interno dell’Unione europea, cui sia la Comunità che i suoi Stati membri attribuiscono la massima importanza.
(5)
La convenzione ONU dovrebbe pertanto essere approvata, a nome della Comunità, nel più breve tempo possibile.
(6)
Tale approvazione dovrebbe tuttavia essere accompagnata da una riserva, formulata dalla Comunità europea, relativa all’articolo 27, paragrafo 1, della convenzione ONU, in cui si dichiari che la Comunità conclude la convenzione ONU fatto salvo il diritto dei suoi Stati membri di non applicare alle forze armate il principio della parità di trattamento in relazione alla disabilità, basato sul diritto comunitario, quale previsto all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio (2).
(7)
Sia la Comunità che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione ONU. La Comunità e gli Stati membri dovrebbero di conseguenza diventare parti contraenti della stessa affinché possano insieme adempiere agli obblighi fissati dalla convenzione ONU ed esercitare in modo coerente i diritti loro conferiti in situazioni di competenza mista.
(8)
Al momento di depositare lo strumento di conferma formale, la Comunità dovrebbe inoltre depositare, conformemente all’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione, una dichiarazione che specifichi le materie disciplinate dalla convenzione per le quali le competenze le sono state trasferite dagli Stati membri,
DECIDE:
Articolo 1
1. La convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è approvata a nome della Comunità, fatta salva una riserva relativa all’articolo 27, paragrafo 1.
2. Il testo della convenzione ONU figura nell’allegato I della presente decisione.
Il testo della riserva figura nell’allegato III della presente decisione.
Articolo 2
1. Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a depositare, a nome della Comunità europea, lo strumento di conferma formale della convenzione presso il segretario generale delle Nazioni Unite, in conformità degli articoli 41 e 43 della convenzione ONU.
2. All’atto del deposito dello strumento di conferma formale, la persona o le persone abilitate, conformemente all’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione, depositano altresì la dichiarazione di competenza e la riserva di cui rispettivamente agli allegati II e III della presente decisione.
Articolo 3
Per le questioni che rientrano nella sfera di competenza della Comunità e fatte salve le rispettive competenze degli Stati membri, la Commissione rappresenta il punto di contatto per gli aspetti relativi all’applicazione della convenzione ONU, in conformità dell’articolo 33, paragrafo 1, della stessa. I dettagli della funzione di punto di contatto al riguardo sono definiti in un codice di condotta prima del deposito dello strumento di conferma formale a nome della Comunità.
Articolo 4
1. Quanto alle questioni di competenza esclusiva della Comunità, la Commissione rappresenta quest’ultima in occasione delle riunioni degli organismi istituiti dalla convenzione ONU, in particolare in occasione della conferenza degli Stati parti di cui all’articolo 40 della convenzione in questione e agisce a nome della Comunità in merito alle questioni che rientrano nella sfera di competenza degli organismi suddetti.
2. Quanto alle questioni di competenza condivisa tra la Comunità e gli Stati membri, la Commissione e gli Stati membri stabiliscono in anticipo le modalità appropriate per rappresentare la posizione della Comunità nelle riunioni degli organismi creati dalla convenzione ONU. I dettagli di tale rappresentazione sono definiti in un codice di condotta convenuto prima del deposito dello strumento di conferma formale a nome della Comunità.
3. Nelle riunioni di cui ai paragrafi 1 e 2 la Commissione e gli Stati membri, se del caso previa consultazione delle altre istituzioni comunitarie interessate, cooperano strettamente in particolare sulle questioni attinenti alle modalità di monitoraggio, relazione e voto. Le disposizioni volte ad assicurare una stretta cooperazione sono anch’esse trattate nel codice di condotta di cui al paragrafo 2.
Articolo 5
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 26 novembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. BJÖRKLUND
(1) Parere del 27 aprile 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.
ALLEGATO I
CONVENZIONE SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
Preambolo
GLI STATI PARTI ALLA PRESENTE CONVENZIONE,
a)
richiamando i principi proclamati nello statuto delle Nazioni Unite che riconoscono la dignità ed il valore connaturati a tutti i membri della famiglia umana ed i diritti uguali e inalienabili come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo;
b)
riconoscendo che le Nazioni Unite, nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nei patti internazionali sui diritti umani, hanno proclamato e convenuto che ciascun individuo è titolare di tutti i diritti e delle libertà ivi indicate, senza alcuna distinzione;
c)
riaffermando l’universalità, l’indivisibilità, l’interdipendenza e interrelazione di tutti i diritti umani e tutte le libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno godimento da parte delle persone con disabilità senza discriminazioni;
d)
richiamando il patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, il patto internazionale sui diritti civili e politici, la convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, la convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, la convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la convenzione sui diritti del fanciullo e la convenzione internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie;
e)
riconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri;
f)
riconoscendo l’importanza dei principi e delle linee guida contenute nel programma mondiale di azione riguardante le persone con disabilità e nelle regole standard sulle pari opportunità delle persone con disabilità e la loro influenza sulla promozione, formulazione e valutazione delle politiche, dei piani, dei programmi e delle azioni a livello nazionale, regionale ed internazionale al fine di perseguire pari opportunità per le persone con disabilità;
g)
sottolineando l’importanza di integrare i temi della disabilità nelle pertinenti strategie relative allo sviluppo sostenibile;
h)
riconoscendo altresì che la discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità e del valore connaturati alla persona umana;
i)
riconoscendo inoltre la diversità delle persone con disabilità;
j)
riconoscendo la necessità di promuovere e proteggere i diritti umani di tutte le persone con disabilità, incluse quelle che richiedono un maggiore sostegno;
k)
preoccupati per il fatto che, nonostante questi vari strumenti ed impegni, le persone con disabilità continuano a incontrare ostacoli nella loro partecipazione alla società come membri eguali della stessa e ad essere oggetto di violazioni dei loro diritti umani in ogni parte del mondo;
l)
riconoscendo l’importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità in ogni paese, in particolare nei paesi in via di sviluppo;
m)
riconoscendo gli utili contributi, esistenti e potenziali, delle persone con disabilità in favore del benessere generale e della diversità delle loro comunità e che la promozione del pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali e della piena partecipazione delle persone con disabilità accrescerà il senso di appartenenza ed apporterà significativi progressi nello sviluppo umano, sociale ed economico della società e nello sradicamento della povertà;
n)
riconoscendo l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte;
o)
considerando che le persone con disabilità dovrebbero avere la possibilità di essere coinvolte attivamente nei processi decisionali relativi alle politiche e ai programmi, inclusi quelli che li riguardano direttamente;
p)
preoccupati delle difficili condizioni affrontate dalle persone con disabilità, che sono soggette a molteplici o più gravi forme di discriminazione basate su razza, colore della pelle, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o di altra natura, origine nazionale, etnica, indigena o sociale, patrimonio, nascita, età o altra condizione;
q)
riconoscendo che, nell’ambiente domestico ed all’esterno, le donne e le minori con disabilità corrono spesso maggiori rischi di violenze, lesioni o abusi, abbandono o mancanza di cure, maltrattamento o sfruttamento;
r)
riconoscendo che i minori con disabilità dovrebbero poter godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali su base di uguaglianza rispetto agli altri minori e richiamando gli obblighi assunti a tal fine dagli Stati parti alla convenzione sui diritti del fanciullo;
s)
sottolineando la necessità di incorporare la prospettiva di genere in tutti gli sforzi tesi a promuovere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità;
t)
evidenziando il fatto che la maggior parte delle persone con disabilità vive in condizioni di povertà e riconoscendo a questo proposito la fondamentale necessità di affrontare l’impatto negativo della povertà sulle persone con disabilità;
u)
consapevoli che le condizioni di pace e sicurezza basate sul pieno rispetto degli scopi e dei principi contenuti nello statuto delle Nazioni Unite e che l’osservanza degli strumenti applicabili in materia di diritti umani sono indispensabili per la piena protezione delle persone con disabilità, in particolare durante i conflitti armati e le occupazioni straniere;
v)
riconoscendo l’importanza dell’accessibilità alle strutture fisiche, sociali, economiche e culturali, alla salute, all’istruzione, all’informazione e alla comunicazione, per consentire alle persone con disabilità di godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
w)
consapevoli che ogni individuo, in ragione dei propri obblighi nei confronti degli altri individui e della comunità di appartenenza, ha una responsabilità propria per la promozione e l’osservanza dei diritti riconosciuti dalla carta internazionale dei diritti dell’uomo;
x)
convinti che la famiglia sia il nucleo naturale e fondamentale della società e che abbia diritto alla protezione da parte della società e dello Stato, e che le persone con disabilità ed i membri delle loro famiglie debbano ricevere la protezione e l’assistenza necessarie a permettere alle famiglie di contribuire al pieno ed uguale godimento dei diritti delle persone con disabilità;
y)
convinti che una convenzione internazionale globale ed integrata per la promozione e la protezione dei diritti e della dignità delle persone con disabilità contribuirà in modo significativo a riequilibrare i profondi svantaggi sociali delle persone con disabilità e a promuovere la loro partecipazione nella sfera civile, politica, economica, sociale e culturale, con pari opportunità, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo,
CONVENGONO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Scopo
Scopo della presente convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.
Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente convenzione:
per «comunicazione» si intendono le lingue, la visualizzazione di testi, il Braille, la comunicazione tattile, la stampa a grandi caratteri, i supporti multimediali accessibili nonché i sistemi, gli strumenti ed i formati di comunicazione aumentativa ed alternativa scritta, sonora, semplificata, con ausilio di lettori umani, comprese le tecnologie dell’informazione e della comunicazione accessibili;
per «linguaggio» si intendono le lingue parlate e la lingua dei segni, come pure altre forme di espressione non verbale;
per «discriminazione fondata sulla disabilità» si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole;
per «accomodamento ragionevole» si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
per «progettazione universale» si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La «progettazione universale» non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari.
Articolo 3
Principi generali
I principi della presente convenzione sono:
a)
il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone;
b)
la non discriminazione;
c)
la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società;
d)
il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa;
e)
la parità di opportunità;
f)
l’accessibilità;
g)
la parità tra uomini e donne;
h)
il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità.
Articolo 4
Obblighi generali
1. Gli Stati parti si impegnano a garantire e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo sulla base della disabilità. A tal fine, gli Stati parti si impegnano:
a)
ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura adeguate ad attuare i diritti riconosciuti nella presente convenzione;
b)
ad adottare tutte le misure, incluse quelle legislative, idonee a modificare o ad abrogare qualsiasi legge, regolamento, consuetudine e pratica vigente che costituisca una discriminazione nei confronti di persone con disabilità;
c)
a tener conto della protezione e della promozione dei diritti umani delle persone con disabilità in tutte le politiche e in tutti i programmi;
d)
ad astenersi dall’intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la presente convenzione ed a garantire che le autorità pubbliche e le istituzioni agiscano in conformità con la presente convenzione;
e)
ad adottare tutte le misure adeguate ad eliminare la discriminazione sulla base della disabilità da parte di qualsiasi persona, organizzazione o impresa privata;
f)
ad intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo di beni, servizi, apparecchiature e attrezzature progettati universalmente, secondo la definizione di cui all’articolo 2 della presente convenzione, che richiedano il minimo adattamento possibile ed il costo più contenuto possibile per venire incontro alle esigenze specifiche delle persone con disabilità, promuoverne disponibilità ed uso, ed incoraggiare la progettazione universale nell’elaborazione di norme e linee guida;
g)
ad intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo, nonché a promuovere la disponibilità e l’uso di nuove tecnologie, incluse tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ausilii alla mobilità, dispositivi e tecnologie di sostegno, adatti alle persone con disabilità, dando priorità alle tecnologie dai costi più accessibili;
h)
a fornire alle persone con disabilità informazioni accessibili in merito ad ausilii alla mobilità, dispositivi e tecnologie di sostegno, comprese le nuove tecnologie, così come altre forme di assistenza, servizi di supporto ed attrezzature;
i)
a promuovere la formazione di professionisti e di personale che lavora con persone con disabilità sui diritti riconosciuti nella presente convenzione, così da fornire una migliore assistenza e migliori servizi garantiti da questi stessi diritti.
2. Con riferimento ai diritti economici, sociali e culturali, ogni Stato parte si impegna a prendere misure, sino al massimo delle risorse di cui dispone e, ove necessario, nel quadro della cooperazione internazionale, al fine di conseguire progressivamente la piena realizzazione di tali diritti, senza pregiudizio per gli obblighi contenuti nella presente convenzione che siano immediatamente applicabili in conformità al diritto internazionale.
3. Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative.
4. Nessuna disposizione della presente convenzione può pregiudicare provvedimenti più favorevoli per la realizzazione dei diritti delle persone con disabilità, contenuti nella legislazione di uno Stato parte o nella legislazione internazionale in vigore per quello Stato. Non sono ammesse restrizioni o deroghe ai diritti umani e alle libertà fondamentali riconosciuti o esistenti in ogni Stato parte alla presente convenzione in virtù di leggi, convenzioni, regolamenti o consuetudini, con il pretesto che la presente convenzione non riconosca tali diritti o libertà o che li riconosca in minor misura.
5. Le disposizioni della presente convenzione si estendono a tutte le unità costitutive degli Stati federali senza limitazione ed eccezione alcuna.
Articolo 5
Uguaglianza e non discriminazione
1. Gli Stati parti riconoscono che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a uguale protezione e uguale beneficio dalla legge.
2. Gli Stati parti vietano ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità e garantiscono alle persone con disabilità uguale ed effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione qualunque ne sia il fondamento.
3. Al fine di promuovere l’uguaglianza ed eliminare le discriminazioni, gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati, per garantire che siano forniti accomodamenti ragionevoli.
4. Le misure specifiche che sono necessarie ad accelerare o conseguire de facto l’uguaglianza delle persone con disabilità non costituiscono una discriminazione ai sensi della presente convenzione.
Articolo 6
Donne con disabilità
1. Gli Stati parti riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire loro il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
2. Gli Stati parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso e piena emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente convenzione.
Articolo 7
Minori con disabilità
1. Gli Stati parti adottano ogni misura necessaria a garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori.
2. In tutte le azioni concernenti i minori con disabilità, il superiore interesse del minore costituisce la considerazione preminente.
3. Gli Stati parti garantiscono ai minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni su tutte le questioni che li riguardano e le loro opinioni sono debitamente prese in considerazione, tenendo conto della loro età e grado di maturità, assicurando che sia fornita adeguata assistenza in relazione alla disabilità e all’età, allo scopo di realizzare tale diritto.
Articolo 8
Sensibilizzazione
1. Gli Stati parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed adeguate allo scopo di:
a)
sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità;
b)
combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in tutti gli ambiti;
c)
promuovere la consapevolezza delle capacità e dei contributi delle persone con disabilità.
2. Nell’ambito delle misure che adottano a tal fine, gli Stati parti:
a)
avviano e conducono efficaci campagne di sensibilizzazione del pubblico al fine di:
i)
favorire un atteggiamento recettivo verso i diritti delle persone con disabilità;
ii)
promuovere una percezione positiva ed una maggiore consapevolezza sociale nei confronti delle persone con disabilità;
iii)
promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo nell’ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro;
b)
promuovono a tutti i livelli del sistema educativo, includendo specialmente tutti i minori, sin dalla più tenera età, un atteggiamento di rispetto per i diritti delle persone con disabilità;
c)
incoraggiano tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente convenzione;
d)
promuovono programmi di formazione per accrescere la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai diritti delle persone con disabilità.
Articolo 9
Accessibilità
1. Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli Stati parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali. Queste misure, che includono l’identificazione e l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicano, tra l’altro, a:
a)
edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, comprese scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro;
b)
ai servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i servizi informatici e quelli di emergenza.
2. Gli Stati parti inoltre adottano misure adeguate per:
a)
sviluppare ed emanare norme minime e linee guida per l’accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico e verificarne l’applicazione;
b)
garantire che gli organismi privati che forniscono strutture e servizi aperti o forniti al pubblico tengano conto di tutti gli aspetti dell’accessibilità per le persone con disabilità;
c)
fornire una formazione relativa ai problemi di accesso con cui si confrontano le persone con disabilità a tutti gli interessati;
d)
dotare le strutture e gli edifici aperti al pubblico di segnaletica in caratteri Braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili;
e)
mettere a disposizione forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione, incluse guide, lettori e interpreti professionisti esperti nella lingua dei segni, allo scopo di agevolare l’accessibilità a edifici ed altre strutture aperte al pubblico;
f)
promuovere altre forme idonee di assistenza e di sostegno a persone con disabilità per garantire il loro accesso all’informazione;
g)
promuovere l’accesso delle persone con disabilità alle nuove tecnologie ed ai sistemi di informazione e comunicazione, compreso Internet;
h)
promuovere alle primissime fasi la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di tecnologie e sistemi di informazione e comunicazione, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano accessibili al minor costo.
Articolo 10
Diritto alla vita
Gli Stati parti riaffermano che il diritto alla vita è connaturato alla persona umana ed adottano tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 11
Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
Gli Stati parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale in materia di diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali.
Articolo 12
Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
1. Gli Stati parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica.
2. Gli Stati parti riconoscono che le persone con disabilità godono della capacità giuridica su base di uguaglianza con gli altri in tutti gli aspetti della vita.
3. Gli Stati parti adottano misure adeguate per consentire l’accesso da parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero necessitare per esercitare la propria capacità giuridica.
4. Gli Stati parti assicurano che tutte le misure relative all’esercizio della capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire abusi in conformità al diritto internazionale in materia di diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono essere proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui diritti e sugli interessi delle persone.
5. Fatto salvo quanto disposto nel presente articolo, gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate ed efficaci per garantire l’uguale diritto delle persone con disabilità alla proprietà o ad ereditarla, al controllo dei propri affari finanziari e ad avere pari accesso a prestiti bancari, mutui e altre forme di credito finanziario, e assicurano che le persone con disabilità non vengano arbitrariamente private della loro proprietà.
Articolo 13
Accesso alla giustizia
1. Gli Stati parti garantiscono l’accesso effettivo alla giustizia per le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, anche attraverso la previsione di idonei accomodamenti procedurali e accomodamenti in funzione dell’età, allo scopo di facilitare la loro partecipazione effettiva, diretta e indiretta, anche in qualità di testimoni, in tutte le fasi del procedimento giudiziario, inclusa la fase investigativa e le altre fasi preliminari.
2. Allo scopo di aiutare a garantire l’effettivo accesso delle persone con disabilità alla giustizia, gli Stati parti promuovono una formazione adeguata per coloro che operano nel campo dell’amministrazione della giustizia, comprese le forze di polizia ed il personale penitenziario.
Articolo 14
Libertà e sicurezza della persona
1. Gli Stati parti garantiscono che le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri:
a)
godano del diritto alla libertà e alla sicurezza personale;
b)
non siano private della loro libertà illegalmente o arbitrariamente, che qualsiasi privazione della libertà sia conforme alla legge e che l’esistenza di una disabilità non giustifichi in nessun caso una privazione della libertà.
2. Gli Stati parti assicurano che, nel caso in cui siano private della libertà a seguito di qualsiasi procedura, le persone con disabilità abbiano diritto, su base di uguaglianza con gli altri, alle garanzie previste dal diritto internazionale in materia di diritti umani e siano trattate conformemente agli scopi ed ai principi della presente convenzione, compreso quello di ricevere un accomodamento ragionevole.
Articolo 15
Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti
1. Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. In particolare, nessuno può essere sottoposto, senza il proprio libero consenso, a sperimentazioni mediche o scientifiche.
2. Gli Stati parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, giudiziarie o di altra natura idonee ad impedire che persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, siano sottoposte a tortura, a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
Articolo 16
Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti
1. Gli Stati parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all’interno e all’esterno della loro dimora, contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, compresi gli aspetti legati al genere.
2. Gli Stati parti adottano altresì tutte le misure adeguate ad impedire ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, assicurando alle persone con disabilità, alle loro famiglie ed a coloro che se ne prendono cura, in particolare, appropriate forme di assistenza e sostegno adatte al genere ed all’età, anche mettendo a disposizione informazioni e servizi educativi sulle modalità per evitare, riconoscere e denunciare casi di sfruttamento, violenza e abuso. Gli Stati parti assicurano che i servizi di protezione tengano conto dell’età, del genere e della disabilità.
3. Allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza e abuso, gli Stati parti assicurano che tutte le strutture e i programmi destinati alle persone con disabilità siano effettivamente controllati da autorità indipendenti.
4. Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate per facilitare il recupero fisico, cognitivo e psicologico, la riabilitazione e la reintegrazione sociale delle persone con disabilità vittime di qualsiasi forma di sfruttamento, violenza o maltrattamento, in particolare prevedendo servizi di protezione. Il recupero e la reintegrazione devono aver luogo in un ambiente che promuova la salute, il benessere, l’autostima, la dignità e l’autonomia della persona e che prenda in considerazione le esigenze specifiche legate al genere ed all’età.
5. Gli Stati parti adottano una legislazione e delle politiche efficaci, ivi comprese una legislazione e delle politiche specifiche per le donne ed i minori, per garantire che i casi di sfruttamento, di violenza e di abuso contro persone con disabilità siano identificati, indagati e, ove del caso, perseguiti.
Articolo 17
Protezione dell’integrità della persona
Ogni persona con disabilità ha diritto al rispetto della propria integrità fisica e mentale su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 18
Libertà di movimento e cittadinanza
1. Gli Stati parti riconoscono alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, il diritto alla libertà di movimento, alla libertà di scelta della propria residenza e il diritto alla cittadinanza, anche assicurando che le persone con disabilità:
a)
abbiano il diritto di acquisire e cambiare la cittadinanza e non siano private della cittadinanza arbitrariamente o a causa della loro disabilità;
b)
non siano private, a causa della disabilità, della capacità di ottenere, detenere ed utilizzare la documentazione attinente alla loro cittadinanza o altra documentazione di identificazione, o di utilizzare le procedure pertinenti, quali le procedure di immigrazione, che si rendano necessarie per facilitare l’esercizio del diritto alla libertà di movimento;
c)
siano libere di lasciare qualunque paese, incluso il proprio;
d)
non siano private, arbitrariamente o a motivo della loro disabilità, del diritto di entrare nel proprio paese.
2. I minori con disabilità devono essere registrati immediatamente dopo la nascita e hanno diritto sin dalla nascita a un nome, al diritto di acquisire una cittadinanza e, per quanto possibile, al diritto di conoscere i propri genitori e di essere da questi allevati.
Articolo 19
Vita indipendente ed inclusione nella società
Gli Stati parti alla presente convenzione riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità e la loro piena integrazione e partecipazione nella società, anche assicurando che:
a)
le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione;
b)
le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione;
c)
i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni.
Articolo 20
Mobilità personale
Gli Stati parti adottano misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a:
a)
facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti e a costi accessibili;
b)
agevolare l’accesso da parte delle persone con disabilità ad ausilii per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili;
c)
fornire alle persone con disabilità e al personale specializzato che lavora con esse una formazione sulle tecniche di mobilità;
d)
incoraggiare i produttori di ausilii alla mobilità, apparati e accessori e tecnologie di supporto a prendere in considerazione tutti gli aspetti della mobilità delle persone con disabilità.
Articolo 21
Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione
Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta, come definito dall’articolo 2 della presente convenzione, provvedendo in particolare a:
a)
mettere a disposizione delle persone con disabilità le informazioni destinate al grande pubblico in forme accessibili e mediante tecnologie adeguate ai differenti tipi di disabilità, tempestivamente e senza costi aggiuntivi;
b)
accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità alla lingua dei segni, al Braille, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta;
c)
richiedere agli enti privati che offrono servizi al grande pubblico, anche attraverso Internet, di fornire informazioni e servizi con sistemi accessibili e utilizzabili dalle persone con disabilità;
d)
incoraggiare i mezzi di comunicazione di massa, inclusi gli erogatori di informazione tramite Internet, a rendere i loro servizi accessibili alle persone con disabilità;
e)
riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni.
Articolo 22
Rispetto della vita privata
1. Nessuna persona con disabilità, indipendentemente dal luogo di residenza o dalla propria sistemazione, può essere soggetta ad interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza o in altri tipi di comunicazione, o a lesioni illegali al proprio onore o alla propria reputazione. Le persone con disabilità hanno il diritto di essere protette dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
2. Gli Stati parti tutelano il carattere confidenziale delle informazioni personali, di quelle relative alla salute e alla riabilitazione delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 23
Rispetto del domicilio e della famiglia
1. Gli Stati parti adottano misure efficaci ed adeguate ad eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità in tutto ciò che attiene al matrimonio, alla famiglia, alla genitorialità e alle relazioni personali, su base di uguaglianza con gli altri, in modo da garantire che:
a)
sia riconosciuto il diritto di ogni persona con disabilità, che sia in età per contrarre matrimonio, di sposarsi e fondare una famiglia sulla base del pieno e libero consenso dei contraenti;
b)
sia riconosciuto il diritto delle persone con disabilità di decidere liberamente e responsabilmente riguardo al numero dei figli e all’intervallo tra le nascite e di avere accesso, in modo appropriato secondo l’età, alle informazioni in materia di procreazione e pianificazione familiare, e siano forniti i mezzi necessari ad esercitare tali diritti;
c)
le persone con disabilità, inclusi i minori, conservino la loro fertilità su base di uguaglianza con gli altri.
2. Gli Stati parti garantiscono i diritti e le responsabilità delle persone con disabilità in materia di tutela, di curatela, di custodia e di adozione di minori o di simili istituti, ove tali istituti siano previsti dalla legislazione nazionale; in ogni caso l’interesse superiore del minore resta la considerazione preminente. Gli Stati parti forniscono un aiuto appropriato alle persone con disabilità nell’esercizio delle loro responsabilità di genitori.
3. Gli Stati parti garantiscono che i minori con disabilità abbiano pari diritti per quanto riguarda la vita in famiglia. Ai fini della realizzazione di tali diritti e per prevenire l’occultamento, l’abbandono, la mancanza di cure e la segregazione di minori con disabilità, gli Stati parti si impegnano a fornire informazioni, servizi e sostegni tempestivi e completi ai minori con disabilità e alle loro famiglie.
4. Gli Stati parti garantiscono che un minore non sia separato dai propri genitori contro la sua volontà, a meno che le autorità competenti, soggette a verifica giurisdizionale, non decidano, conformemente alla legge e alle procedure applicabili, che tale separazione è necessaria nel superiore interesse del minore. In nessun caso un minore deve essere separato dai suoi genitori in ragione della propria disabilità o di quella di uno o di entrambi i genitori.
5. Gli Stati parti si impegnano, qualora i familiari più stretti non siano in condizioni di prendersi cura di un minore con disabilità, a non tralasciare alcuno sforzo per assicurare una sistemazione alternativa all’interno della famiglia allargata e, ove ciò non sia possibile, all’interno della comunità in un contesto familiare.
Articolo 24
Istruzione
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati:
a)
al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana;
b)
allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità;
c)
a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera.
2. Nell’attuazione di tale diritto, gli Stati parti assicurano che:
a)
le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale in ragione della disabilità e che i minori con disabilità non siano esclusi in ragione della disabilità da un’istruzione primaria gratuita ed obbligatoria o dall’istruzione secondaria;
b)
le persone con disabilità possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono, ad un’istruzione primaria inclusiva, di qualità e libera ed all’istruzione secondaria;
c)
venga fornito un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno;
d)
le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione;
e)
siano fornite efficaci misure di sostegno personalizzato in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione.
3. Gli Stati parti offrono alle persone con disabilità la possibilità di acquisire le competenze pratiche e sociali necessarie in modo da facilitare la loro piena ed uguale partecipazione al sistema di istruzione ed alla vita della comunità. A questo scopo, gli Stati parti adottano misure adeguate, in particolare al fine di:
a)
agevolare l’apprendimento del Braille, della scrittura alternativa, delle modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, delle capacità di orientamento e di mobilità ed agevolare il sostegno tra pari ed attraverso un mentore;
b)
agevolare l’apprendimento della lingua dei segni e la promozione dell’identità linguistica della comunità dei sordi;
c)
garantire che le persone cieche, sorde o sordocieche, ed in particolare i minori, ricevano un’istruzione impartita nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di comunicazione più adeguati per ciascuno ed in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione.
4. Allo scopo di facilitare l’esercizio di tale diritto, gli Stati parti adottano misure adeguate nell’impiegare insegnanti, ivi compresi insegnanti con disabilità, che siano qualificati nella lingua dei segni o nel Braille e per formare i dirigenti ed il personale che lavora a tutti i livelli del sistema educativo. Tale formazione include la consapevolezza della disabilità e l’utilizzo di appropriate modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, e di tecniche e materiali didattici adatti alle persone con disabilità.
5. Gli Stati parti garantiscono che le persone con disabilità possano avere accesso all’istruzione secondaria superiore, alla formazione professionale, all’istruzione per adulti e all’apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita senza discriminazioni e su base di uguaglianza con gli altri. A questo scopo, gli Stati parti garantiscono che sia fornito alle persone con disabilità un accomodamento ragionevole.
Articolo 25
Salute
Gli Stati parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità. Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate a garantire loro l’accesso a servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere, inclusi i servizi di riabilitazione. In particolare, gli Stati parti devono:
a)
fornire alle persone con disabilità servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della stessa qualità e dello stesso livello dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica destinati alla popolazione;
b)
fornire alle persone con disabilità i servizi sanitari di cui hanno necessità proprio in ragione delle loro disabilità, compresi i servizi di diagnosi precoce e di intervento d’urgenza, e i servizi destinati a ridurre al minimo e a prevenire ulteriori disabilità, segnatamente tra i minori e gli anziani;
c)
fornire questi servizi sanitari alle persone con disabilità il più vicino possibile alle proprie comunità, comprese le aree rurali;
d)
richiedere agli specialisti sanitari di prestare alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli altri, anche sulla base di un consenso libero e informato, mediante un’opera di sensibilizzazione, in particolare, in materia di diritti umani, dignità, autonomia, e necessità delle persone con disabilità attraverso la formazione e l’adozione di regole deontologiche nel campo della sanità pubblica e privata;
e)
vietare nel settore delle assicurazioni le discriminazioni a danno delle persone con disabilità, le quali devono poter ottenere, a condizioni eque e ragionevoli, un’assicurazione per malattia e, nei paesi nei quali sia consentito dalla legislazione nazionale, un’assicurazione sulla vita;
f)
prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità.
Articolo 26
Abilitazione e riabilitazione
1. Gli Stati parti adottano misure efficaci e adeguate, in particolare facendo ricorso a forme di mutuo sostegno, al fine di permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali, il pieno inserimento e la piena partecipazione in tutti gli ambiti della vita. A questo scopo, gli Stati parti organizzano, rafforzano e sviluppano servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione, in particolare nei settori della sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali, in modo che questi servizi e programmi:
a)
abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e delle abilità di ciascuno;
b)
facilitino la partecipazione e l’integrazione nella comunità e in tutti gli aspetti della società, siano volontari e siano a disposizione delle persone con disabilità il più vicino possibile alle loro comunità, comprese le aree rurali.
2. Gli Stati parti promuovono lo sviluppo della formazione iniziale e permanente per i professionisti e per il personale che lavora nei servizi di abilitazione e riabilitazione.
3. Gli Stati parti promuovono l’offerta, la conoscenza e l’utilizzo di tecnologie e strumenti di sostegno, progettati per le persone con disabilità, che ne facilitino l’abilitazione e la riabilitazione.
Articolo 27
Lavoro e occupazione
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, inclusivo e accessibile alle persone con disabilità. Gli Stati parti garantiscono e favoriscono l’esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno acquisito una disabilità durante l’impiego, prendendo appropriate iniziative, anche legislative, in particolare al fine di:
a)
vietare la discriminazione fondata sulla disabilità per tutto ciò che concerne il lavoro in ogni forma di occupazione, in particolare per quanto riguarda le condizioni di reclutamento, assunzione e impiego, la continuità dell’impiego, l’avanzamento di carriera e le condizioni di sicurezza e di igiene sul lavoro;
b)
proteggere il diritto delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, di beneficiare di condizioni lavorative eque e favorevoli, compresa la parità di opportunità e l’uguaglianza di remunerazione per un lavoro di pari valore, condizioni di lavoro sicure e salubri, la protezione da molestie e le procedure di composizione delle controversie;
c)
garantire che le persone con disabilità siano in grado di esercitare i propri diritti di lavoratori e sindacali su base di uguaglianza con gli altri;
d)
consentire alle persone con disabilità di avere effettivo accesso ai programmi di orientamento tecnico e professionale, ai servizi per l’impiego e alla formazione professionale e continua;
e)
promuovere opportunità di impiego e l’avanzamento di carriera per le persone con disabilità nel mercato del lavoro, quali l’assistenza nella ricerca, nell’ottenimento e nel mantenimento di un lavoro, e nel reinserimento nello stesso;
f)
promuovere opportunità di lavoro autonomo, l’imprenditorialità, l’organizzazione di cooperative e l’avvio di attività economiche in proprio;
g)
assumere persone con disabilità nel settore pubblico;
h)
favorire l’impiego di persone con disabilità nel settore privato attraverso politiche e misure adeguate che possono includere programmi di azione antidiscriminatoria, incentivi e altre misure;
i)
garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro;
j)
promuovere l’acquisizione, da parte delle persone con disabilità, di esperienze lavorative nel mercato del lavoro;
k)
promuovere programmi di orientamento e riabilitazione professionale, di mantenimento del posto di lavoro e di reinserimento nel lavoro per le persone con disabilità.
2. Gli Stati parti assicurano che le persone con disabilità non siano tenute in schiavitù o in stato di servitù e siano protette, su base di uguaglianza con gli altri, dal lavoro forzato o coatto.
Articolo 28
Adeguati livelli di vita e protezione sociale
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto ad un livello di vita adeguato alle persone con disabilità e alle loro famiglie, incluse adeguate condizioni di alimentazione, abbigliamento e alloggio, e al miglioramento continuo delle loro condizioni di vita, e adottano misure adeguate per tutelare e promuovere l’esercizio di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità.
2. Gli Stati parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità alla protezione sociale e al godimento di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità, e adottano misure adeguate a tutelare e promuovere l’esercizio di questo diritto, ivi incluse misure per:
a)
garantire alle persone con disabilità parità di accesso ai servizi di acqua salubre, ed assicurare loro l’accesso a servizi, attrezzature e altri tipi di assistenza per i bisogni derivanti dalla disabilità che siano appropriati ed a costi accessibili;
b)
garantire l’accesso delle persone con disabilità, in particolare delle donne e delle minori con disabilità nonché delle persone anziane con disabilità, ai programmi di protezione sociale e a quelli di riduzione della povertà;
c)
garantire alle persone con disabilità e alle loro famiglie in situazioni di povertà l’accesso all’aiuto pubblico per sostenere le spese collegate alle disabilità, includendo una formazione adeguata, forme di sostegno e orientamento, aiuto economico o forme di presa in carico;
d)
garantire l’accesso delle persone con disabilità ai programmi di alloggio sociale;
e)
garantire alle persone con disabilità pari accesso ai programmi ed ai trattamenti pensionistici.
Articolo 29
Partecipazione alla vita politica e pubblica
Gli Stati parti garantiscono alle persone con disabilità il godimento dei diritti politici e la possibilità di esercitarli su base di uguaglianza con gli altri, e si impegnano a:
a)
garantire che le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla vita politica e pubblica su base di uguaglianza con gli altri, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente scelti, compreso il diritto e la possibilità per le persone con disabilità di votare ed essere elette, tra l’altro:
i)
assicurando che le procedure, le strutture e i materiali elettorali siano appropriati, accessibili e di facile comprensione e utilizzo;
ii)
proteggendo il diritto delle persone con disabilità a votare tramite scrutinio segreto, senza intimidazioni, in elezioni e in referendum popolari, e a candidarsi alle elezioni, a esercitare effettivamente i mandati elettivi e svolgere tutte le funzioni pubbliche a tutti i livelli di governo, agevolando, ove appropriato, il ricorso a tecnologie nuove e di supporto;
iii)
garantendo la libera espressione della volontà delle persone con disabilità come elettori e a questo scopo, ove necessario, su loro richiesta, autorizzandole a farsi assistere da una persona di loro scelta per votare.
b)
promuovere attivamente un ambiente in cui le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla conduzione degli affari pubblici, senza discriminazione e su base di uguaglianza con gli altri, e incoraggiare la loro partecipazione alla vita pubblica, in particolare attraverso:
i)
la partecipazione ad associazioni e organizzazioni non governative impegnate nella vita pubblica e politica del paese e alle attività e all’amministrazione dei partiti politici;
ii)
la costituzione di organizzazioni di persone con disabilità e l’adesione alle stesse al fine di rappresentarle a livello internazionale, nazionale, regionale e locale.
Articolo 30
Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità:
a)
abbiano accesso ai prodotti culturali in formati accessibili;
b)
abbiano accesso a programmi televisivi, film, spettacoli teatrali e altre attività culturali, in formati accessibili;
c)
abbiano accesso a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici, e, per quanto possibile, abbiano accesso a monumenti e siti importanti per la cultura nazionale.
2. Gli Stati parti adottano misure adeguate a consentire alle persone con disabilità di sviluppare e realizzare il loro potenziale creativo, artistico e intellettuale, non solo a proprio vantaggio, ma anche per l’arricchimento della società.
3. Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate, in conformità al diritto internazionale, a garantire che le norme che tutelano i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano un ostacolo irragionevole o discriminatorio all’accesso da parte delle persone con disabilità ai prodotti culturali.
4. Le persone con disabilità hanno il diritto, su base di uguaglianza con gli altri, al riconoscimento e al sostegno della loro specifica identità culturale e linguistica, ivi comprese la lingua dei segni e la cultura dei sordi.
5. Al fine di consentire alle persone con disabilità di partecipare su base di uguaglianza con gli altri alle attività ricreative, agli svaghi e allo sport, gli Stati parti adottano misure adeguate a:
a)
incoraggiare e promuovere la partecipazione più estesa possibile delle persone con disabilità alle attività sportive ordinarie a tutti i livelli;
b)
garantire che le persone con disabilità abbiano la possibilità di organizzare, sviluppare e partecipare ad attività sportive e ricreative specifiche per le persone con disabilità e, a tal fine, incoraggiare la messa a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, di adeguati mezzi di istruzione, formazione e risorse;
c)
garantire che le persone con disabilità abbiano accesso a luoghi che ospitano attività sportive, ricreative e turistiche;
d)
garantire che i minori con disabilità possano partecipare, su base di uguaglianza con gli altri minori, alle attività ludiche, ricreative, agli svaghi ed allo sport, incluse le attività previste dal sistema scolastico;
e)
garantire che le persone con disabilità abbiano accesso ai servizi forniti da coloro che sono impegnati nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive.
Articolo 31
Statistiche e raccolta dei dati
1. Gli Stati parti si impegnano a raccogliere le informazioni appropriate, compresi i dati statistici e i risultati di ricerche, che permettano loro di formulare e attuare politiche allo scopo di dare attuazione alla presente convenzione. Il processo di raccolta e di conservazione di tali informazioni deve:
a)
essere coerente con le garanzie stabilite per legge, compresa la legislazione sulla protezione dei dati, per garantire la riservatezza e il rispetto della vita privata e familiare delle persone con disabilità;
b)
essere coerente con le norme accettate a livello internazionale per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dei principi etici che regolano la raccolta e l’uso delle statistiche.
2. Le informazioni raccolte in conformità al presente articolo devono essere disaggregate in maniera appropriata e devono essere utilizzate per valutare l’adempimento degli obblighi contratti dagli Stati parti alla presente convenzione e per identificare e rimuovere le barriere che le persone con disabilità affrontano nell’esercizio dei propri diritti.
3. Gli Stati parti assumono la responsabilità della diffusione di tali statistiche e garantiscono la loro accessibilità sia alle persone con disabilità che agli altri.
Articolo 32
Cooperazione internazionale
1. Gli Stati parti riconoscono l’importanza della cooperazione internazionale e della sua promozione, a sostegno degli sforzi dispiegati a livello nazionale per la realizzazione degli scopi e degli obiettivi della presente convenzione, e adottano adeguate ed efficaci misure in questo senso, nei rapporti reciproci e al proprio interno e, ove del caso, in partenariato con le organizzazioni internazionali e regionali competenti e con la società civile, in particolare con organizzazioni di persone con disabilità. Possono, in particolare, adottare misure destinate a:
a)
far sì che la cooperazione internazionale, compresi i programmi internazionali di sviluppo, includa le persone con disabilità e sia a loro accessibile;
b)
agevolare e sostenere lo sviluppo di competenze, anche attraverso lo scambio e la condivisione di informazioni, esperienze, programmi di formazione e migliori prassi;
c)
agevolare la cooperazione nella ricerca e nell’accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche;
d)
fornire, ove del caso, assistenza tecnica ed economica, anche attraverso agevolazioni all’acquisto e alla condivisione di tecnologie di accesso e di assistenza e operando trasferimenti di tecnologie.
2. Le disposizioni del presente articolo fanno salvo l’obbligo di ogni Stato parte di adempiere agli obblighi che ha assunto in virtù della presente convenzione.
Articolo 33
Applicazione a livello nazionale e monitoraggio
1. Gli Stati parti designano, in conformità al proprio sistema di governo, uno o più punti di contatto per le questioni relative all’attuazione della presente convenzione, e si propongono di creare o individuare in seno alla propria amministrazione una struttura di coordinamento incaricata di facilitare le azioni legate all’attuazione della presente convenzione nei differenti settori e a differenti livelli.
2. Gli Stati parti, conformemente ai propri sistemi giuridici e amministrativi, mantengono, rafforzano, designano o istituiscono al proprio interno una struttura, includendo uno o più meccanismi indipendenti, ove opportuno, per promuovere, proteggere e monitorare l’attuazione della presente convenzione. Nel designare o stabilire tale meccanismo, gli Stati parti tengono in considerazione i principi relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani.
3. La società civile, in particolare le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative, è associata e pienamente partecipe al processo di monitoraggio.
Articolo 34
Comitato sui diritti delle persone con disabilità
1. È istituito un comitato sui diritti delle persone con disabilità (il «comitato»), che svolge le funzioni qui di seguito indicate.
2. Il comitato si compone, al momento dell’entrata in vigore della presente convenzione, di dodici esperti. Alla data del deposito di sessanta ratifiche o adesioni alla presente convenzione sono aggiunti sei membri al comitato, che raggiungerà la composizione massima di diciotto membri.
3. I membri del Comitato siedono a titolo personale e sono personalità di alta levatura morale e di riconosciuta competenza ed esperienza nel settore oggetto della presente convenzione. Nella designazione dei propri candidati, gli Stati parti sono invitati a tenere in debita considerazione le disposizioni stabilite nell’articolo 4, paragrafo 3, della presente convenzione.
4. I membri del comitato sono eletti dagli Stati parti, tenendo in considerazione i principi di equa ripartizione geografica, la rappresentanza delle diverse forme di civiltà e dei principali sistemi giuridici, la rappresentanza bilanciata di genere e la partecipazione di esperti con disabilità.
5. I membri del comitato sono eletti a scrutinio segreto su una lista di persone designate dagli Stati parti tra i propri cittadini in occasione delle riunioni della conferenza degli Stati parti. A tali riunioni, ove il quorum è costituito dai due terzi degli Stati parti, sono eletti membri del comitato i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei voti dei rappresentanti degli Stati parti presenti e votanti.
6. La prima elezione ha luogo entro sei mesi dopo l’entrata in vigore della presente convenzione. Almeno quattro mesi prima della data di ogni elezione, il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite invita per iscritto gli Stati parti a proporre i propri candidati nel termine di due mesi. Successivamente il segretario generale prepara una lista in ordine alfabetico dei candidati così designati, indicando gli Stati parti che li hanno proposti, e la comunica agli Stati parti della presente convenzione.
7. I membri del comitato sono eletti per quattro anni. Sono rieleggibili una sola volta. Tuttavia, il mandato di sei dei membri eletti alla prima elezione scade al termine di due anni; subito dopo la prima elezione, i nominativi dei sei membri sono estratti a sorte dal presidente della riunione di cui al paragrafo 5 del presente articolo.
8. L’elezione dei sei membri addizionali del comitato si tiene in occasione delle elezioni ordinarie, secondo le pertinenti disposizioni del presente articolo.
9. In caso di decesso o di dimissioni di un membro del comitato o se, per qualsiasi altro motivo, questi dichiari di non potere più svolgere le sue funzioni, lo Stato parte che ne aveva proposto la candidatura nomina un altro esperto in possesso delle qualifiche e dei requisiti stabiliti dalle pertinenti disposizioni del presente articolo per ricoprire il posto vacante fino allo scadere del mandato corrispondente.
10. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
11. Il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite mette a disposizione del comitato il personale e le strutture necessari ad esplicare efficacemente le funzioni che gli sono attribuite in virtù della presente convenzione e convoca la prima riunione.
12. I membri del comitato ricevono, con l’approvazione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, emolumenti provenienti dalle risorse delle Nazioni Unite nei termini e alle condizioni fissate dall’assemblea generale, tenendo in considerazione l’importanza delle funzioni del comitato.
13. I membri del comitato beneficiano delle facilitazioni, dei privilegi e delle immunità accordate agli esperti in missione per conto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite come stabilito nelle pertinenti sezioni della convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite.
Articolo 35
I rapporti degli Stati parti
1. Ogni Stato parte presenta al comitato, tramite il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi in virtù della presente convenzione e sui progressi conseguiti al riguardo, entro due anni dall’entrata in vigore della presente convenzione per lo Stato parte interessato.
2. Successivamente, gli Stati parti presentano rapporti complementari almeno ogni quattro anni e ogni altro rapporto che il comitato richieda.
3. Il comitato stabilisce le linee guida applicabili per quanto attiene al contenuto dei rapporti.
4. Gli Stati parti che hanno presentato al comitato un rapporto iniziale completo non sono tenuti, nei propri rapporti successivi, a ripetere informazioni già fornite. Gli Stati parti sono invitati a redigere i propri rapporti secondo una procedura aperta e trasparente e a tenere in dovuta considerazione le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della presente convenzione.
5. I rapporti possono indicare i fattori e le difficoltà che incidono sull’adempimento degli obblighi previsti dalla presente convenzione.
Articolo 36
Esame dei rapporti
1. Ogni rapporto viene esaminato dal comitato, il quale formula su di esso i suggerimenti e le raccomandazioni di carattere generale che ritiene appropriati e li trasmette allo Stato parte interessato. Lo Stato parte può rispondere fornendo al comitato tutte le informazioni che ritenga utili. Il comitato può richiedere ulteriori informazioni agli Stati parti in relazione all’attuazione della presente convenzione.
2. Se uno Stato parte è significativamente in ritardo nella presentazione del rapporto, il comitato può notificare allo Stato parte in causa che esso sarà costretto ad esaminare l’applicazione della presente convenzione nello Stato parte sulla base di attendibili informazioni di cui possa disporre, a meno che il rapporto atteso non venga consegnato entro i tre mesi successivi alla notifica. Il comitato invita lo Stato parte interessato a partecipare a tale esame. Qualora lo Stato parte risponda presentando il suo rapporto, si applicano le disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo.
3. Il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite mette i rapporti a disposizione di tutti gli Stati parti.
4. Gli Stati parti rendono i propri rapporti ampiamente disponibili al pubblico nei rispettivi paesi e facilitano l’accesso ai suggerimenti e alle raccomandazioni generali che fanno seguito a questi rapporti.
5. Il comitato trasmette, se lo ritiene necessario, alle agenzie specializzate, ai fondi e programmi delle Nazioni Unite, ed agli altri organismi competenti, i rapporti degli Stati parti che contengano una richiesta o indichino l’esigenza di un parere o di assistenza tecnica, accompagnati, ove del caso, da osservazioni e suggerimenti del comitato, concernenti tale richiesta o esigenza.
Articolo 37
Cooperazione tra gli Stati parti ed il comitato
1. Gli Stati parti collaborano con il comitato e assistono i suoi membri nell’adempimento del loro mandato.
2. Nelle sue relazioni con gli Stati parti, il comitato accorda tutta l’attenzione necessaria alle modalità e ai mezzi per incrementare le capacità nazionali al fine dell’attuazione della presente convenzione, in particolare attraverso la cooperazione internazionale.
Articolo 38
Relazione del comitato con altri organismi
Per promuovere l’applicazione effettiva della presente convenzione ed incoraggiare la cooperazione internazionale nel settore interessato dalla presente convenzione:
a)
le agenzie specializzate e gli altri organismi delle Nazioni Unite hanno il diritto di farsi rappresentare in occasione dell’esame dell’attuazione delle disposizioni della presente convenzione che rientrano nel loro mandato. Il comitato può invitare le istituzioni specializzate e ogni altro organismo che ritenga adeguato a fornire pareri specialistici sull’attuazione della convenzione nei settori che rientrano nell’ambito dei loro rispettivi mandati. Il comitato può invitare le istituzioni specializzate e gli altri organismi delle Nazioni Unite a presentare rapporti sull’applicazione della convenzione nei settori che rientrano nel loro ambito di attività;
b)
il comitato, nell’esecuzione del proprio mandato, consulta, ove lo ritenga opportuno, altri organismi istituiti dai trattati internazionali sui diritti umani, al fine di garantire la coerenza delle rispettive linee guida sulla stesura dei rapporti, dei suggerimenti e delle raccomandazioni generali e di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell’esercizio delle rispettive funzioni.
Articolo 39
Rapporto del comitato
Il comitato riferisce sulle proprie attività ogni due anni all’assemblea generale e al Consiglio economico e sociale, e può formulare suggerimenti e raccomandazioni generali basati sull’esame dei rapporti e delle informazioni ricevute dagli Stati parti. Tali suggerimenti e raccomandazioni generali sono inclusi nel rapporto del comitato accompagnati dai commenti, ove del caso, degli Stati parti.
Articolo 40
Conferenza degli Stati parti
1. Gli Stati parti si riuniscono regolarmente in una conferenza degli Stati parti per esaminare ogni questione concernente l’applicazione della presente convenzione.
2. La conferenza degli Stati parti viene convocata dal segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente convenzione. Le riunioni successive vengono convocate dal segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ogni biennio o su decisione della conferenza degli Stati parti.
Articolo 41
Depositario
Il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è il depositario della presente convenzione.
Articolo 42
Firma
La presente convenzione è aperta alla firma da parte di tutti gli Stati e delle Organizzazioni d’integrazione regionale presso la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, a decorrere dal 30 marzo 2007.
Articolo 43
Consenso ad essere vincolato
La presente convenzione è sottoposta a ratifica degli Stati firmatari e alla conferma formale delle organizzazioni d’integrazione regionale firmatarie. È aperta all’adesione di ogni Stato o organizzazione d’integrazione regionale che non abbia firmato la convenzione stessa.
Articolo 44
Organizzazioni d’integrazione regionale
1. Per «organizzazione d’integrazione regionale» si intende ogni organizzazione costituita dagli Stati sovrani di una determinata regione, a cui gli Stati membri hanno trasferito competenze per quanto riguarda le questioni disciplinate dalla presente convenzione. Nei propri strumenti di conferma o adesione formale, tali organizzazioni dichiarano l’estensione delle loro competenze nell’ambito disciplinato dalla presente convenzione. Successivamente, esse notificano al depositario qualsiasi modifica sostanziale dell’estensione delle proprie competenze.
2. I riferimenti agli «Stati parti» nella presente convenzione si applicano a tali organizzazioni nei limiti delle loro competenze.
3. Ai fini dell’articolo 45, paragrafo 1, e dell’articolo 47, paragrafi 2 e 3, della presente convenzione, non vengono tenuti in conto gli strumenti depositati da un’organizzazione d’integrazione regionale.
4. Le organizzazioni d’integrazione regionale possono esercitare il loro diritto di voto nelle questioni rientranti nell’ambito delle loro competenze, nella conferenza degli Stati parti, con un numero di voti uguale al numero dei propri Stati membri che sono parti alla presente convenzione. Tali organizzazioni non esercitano il diritto di voto se uno degli Stati membri esercita il proprio diritto, e viceversa.
Articolo 45
Entrata in vigore
1. La presente convenzione entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione.
2. Per ogni Stato o organizzazione d’integrazione regionale che ratifichi o confermi formalmente la presente convenzione o vi aderisca dopo il deposito del ventesimo strumento, la convenzione entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito da parte dello Stato o dell’organizzazione del proprio strumento di ratifica, di adesione o di conferma formale.
Articolo 46
Riserve
1. Non sono ammesse riserve incompatibili con l’oggetto e lo scopo della presente convenzione.
2. Le riserve possono essere ritirate in qualsiasi momento.
Articolo 47
Emendamenti
1. Ogni Stato parte può proporre un emendamento alla presente convenzione e sottoporlo al segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il segretario generale comunica le proposte di emendamento agli Stati parti, chiedendo loro di far conoscere se sono favorevoli alla convocazione di una conferenza degli Stati parti al fine di esaminare tali proposte e di pronunziarsi su di esse. Se, entro quattro mesi dalla data di tale comunicazione, almeno un terzo degli Stati parti si pronunzia a favore della convocazione di tale conferenza, il segretario generale convoca la conferenza sotto gli auspici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ogni emendamento adottato dalla maggioranza dei due terzi degli Stati parti presenti e votanti è sottoposto dal segretario generale all’assemblea generale delle Nazioni Unite per l’approvazione e a tutti gli Stati parti per la successiva accettazione.
2. Ogni emendamento adottato e approvato in conformità del paragrafo 1 del presente articolo entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data in cui il numero di strumenti di accettazione depositati raggiunga i due terzi del numero degli Stati parti alla data dell’adozione dell’emendamento. Successivamente, l’emendamento entra in vigore per ogni Stato parte il trentesimo giorno seguente al deposito del proprio strumento di accettazione. L’emendamento è vincolante solo per gli Stati parti che lo hanno accettato.
3. Se la conferenza degli Stati parti decide in questi termini per consenso, un emendamento adottato e approvato in conformità del paragrafo 1 del presente articolo e riguardante esclusivamente gli articoli 34, 38, 39 e 40 entra in vigore per tutti gli Stati parti il trentesimo giorno successivo alla data in cui il numero di strumenti di accettazione depositati raggiunga i due terzi del numero degli Stati parti alla data dell’adozione dell’emendamento.
Articolo 48
Denuncia
Ogni Stato parte può denunciare la presente convenzione per mezzo di notifica scritta al segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Gli effetti della denuncia decorrono un anno dopo la data di ricezione della notifica da parte del segretario generale.
Articolo 49
Formati accessibili
Il testo della presente convenzione viene reso disponibile in formati accessibili.
Articolo 50
Testi autentici
I testi in arabo, cinese, francese, inglese, spagnolo e russo della presente convenzione fanno ugualmente fede.
IN FEDE DI CHE i sottoscritti plenipotenziari, debitamente autorizzati dai rispettivi governi, hanno firmato la presente convenzione.
ALLEGATO II
DICHIARAZIONE RELATIVA ALLA COMPETENZA DELLA COMUNITÀ EUROPEA NELL’AMBITO DISCIPLINATO DALLA CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
(Dichiarazione ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione)
L’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità («la convenzione») prevede che le organizzazioni regionali d’integrazione dichiarino nei loro strumenti di conferma o adesione formale l’estensione delle loro competenze nell’ambito disciplinato dalla convenzione.
Gli Stati membri della Comunità europea sono attualmente il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
La Comunità europea rileva che, ai fini della convenzione, i termini «Stati parti» si applicano alle organizzazioni regionali d’integrazione nei limiti delle loro competenze.
La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si applica, per quanto riguarda le competenze della Comunità europea, ai territori nei quali è applicato il trattato che istituisce la Comunità europea ed alle condizioni enunciate nel trattato stesso, in particolare all’articolo 299.
Ai sensi dell’articolo 299, la presente dichiarazione non si applica ai territori degli Stati membri ai quali non si applica detto trattato e non pregiudica misure o posizioni che gli Stati membri interessati potrebbero adottare in virtù della convenzione a nome e nell’interesse di quei territori.
In conformità dell’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione, la presente dichiarazione indica le competenze trasferite alla Comunità dagli Stati membri, nell’ambito del trattato che istituisce la Comunità europea, relativamente ai settori contemplati dalla convenzione.
La portata e l’esercizio delle competenze comunitarie sono soggetti, per loro stessa natura, ad una continua evoluzione e, all’occorrenza, la Comunità completerà o modificherà la presente dichiarazione, in conformità dell’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione.
In talune materie la Comunità europea ha competenza esclusiva, in altre la competenza è condivisa tra la Comunità europea e gli Stati membri. Gli Stati membri restano competenti su tutte le materie per le quali non è stata trasferita alla Comunità europea alcuna competenza.
Attualmente:
1)
La Comunità ha competenza esclusiva in materia di compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune e la tariffa doganale comune.
Nella misura in cui le disposizioni della convenzione incidono sulle disposizioni del diritto comunitario, la Comunità europea ha una competenza esclusiva per accettare tali obblighi per quanto riguarda la propria pubblica amministrazione. A tale proposito, la Comunità dichiara di avere competenza a trattare la regolamentazione dell’assunzione, delle condizioni di servizio, della retribuzione, della formazione ecc. per i funzionari e non eletti, in base agli statuti e alle norme di applicazione di tali statuti (1).
2)
La Comunità condivide competenze con gli Stati membri per quanto riguarda le misure intese a combattere la discriminazione fondata sulla disabilità, la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali, l’agricoltura, i trasporti ferroviari, stradali, marittimi e aerei, la tassazione, il mercato interno, la parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, la politica relativa alla rete transeuropea di trasporto e le statistiche.
La Comunità europea ha competenza esclusiva di aderire alla convenzione per quanto riguarda i suddetti settori solo nella misura in cui le disposizioni della convenzione o i relativi strumenti giuridici di esecuzione incidono su norme comuni precedentemente stabilite dalla Comunità europea. Laddove le norme comunitarie esistono ma restano impregiudicate, in particolare laddove le disposizioni comunitarie in vigore stabiliscono solo norme minime, gli Stati membri sono competenti, fatta salva la competenza della Comunità europea di intervenire in materia. Altrimenti la competenza è degli Stati membri. In appendice figura un elenco degli atti pertinenti adottati dalla Comunità europea. L’estensione della competenza comunitaria derivante da tali atti va valutata con riferimento alle disposizioni precise di ciascuna misura, in particolare la misura in cui tali disposizioni stabiliscono norme comuni.
3)
Le seguenti politiche CE possono altresì avere pertinenza per la convenzione ONU: gli Stati membri e la Comunità si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione; la Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione; la Comunità attua una politica di formazione professionale che rafforza ed integra le azioni degli Stati membri; per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della coesione economica e sociale; la Comunità persegue una politica di cooperazione allo sviluppo e di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi, fatte salve le rispettive competenze degli Stati membri.
Appendice
ATTI COMUNITARI RELATIVI ALLE MATERIE DISCIPLINATE DALLA CONVENZIONE
Gli atti comunitari figuranti di seguito illustrano la sfera di competenza della Comunità in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea. In particolare la Comunità europea ha competenza esclusiva in talune materie, in altre la competenza è condivisa tra Comunità e Stati membri. L’estensione della competenza comunitaria derivante da tali atti va valutata con riferimento alle disposizioni precise di ciascuna misura, in particolare in che misura tali disposizioni stabiliscono norme comuni sulle quali le disposizioni della convenzione incidono.
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Accessibilità
Direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità (GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10).
Direttiva 2001/85/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2001, relativa alle disposizioni speciali da applicare ai veicoli adibiti al trasporto passeggeri aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e recante modifica delle direttive 70/156/CEE e 97/27/CE (GU L 42 del 13.2.2002, pag. 1).
Direttiva 96/48/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità (GU L 235 del 17.9.1996, pag. 6), modificata dalla direttiva 2004/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 114).
Direttiva 2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale (GU L 110 del 20.4.2001, pag. 1), modificata dalla direttiva 2004/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 114).
Direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna e che abroga la direttiva 82/714/CEE del Consiglio (GU L 389 del 30.12.2006, pag. 1).
Direttiva 2003/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, che modifica la direttiva 98/18/CE del Consiglio relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri (GU L 123 del 17.5.2003, pag. 18).
Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1).
Decisione 2008/164/CE della Commissione, del 21 dicembre 2007, relativa ad una specifica tecnica di interoperabilità concernente le persone a mobilità ridotta nel sistema ferroviario transeuropeo convenzionale e ad alta velocità (GU L 64 del 7.3.2008, pag. 72).
Direttiva 95/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 1995, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori (GU L 213 del 7.9.1995, pag. 1), modificata dalla direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (GU L 157 del 9.6.2006, pag. 24).
Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33).
Direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 51).
Direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (GU L 15 del 21.1.1998, pag. 14), modificata dalla direttiva 2002/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l’ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità (GU L 176 del 5.7.2002, pag. 21) e modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU L 52 del 27.2.2008, pag. 3).
Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999 (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25).
Direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 1).
Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114).
Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14), modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici (GU L 335 del 20.12.2007, pag. 31).
Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 33), modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici (GU L 335 del 20.12.2007, pag. 31).
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Vita indipendente e inclusione nella società, lavoro e occupazione
Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16).
Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria) (GU L 214 del 9.8.2008, pag. 3).
Regolamento (CEE) n. 2289/83 della Commissione, del 29 luglio 1983, che determina le disposizioni d’applicazione degli articoli da 70 a 78 del regolamento (CEE) n. 918/83 del Consiglio relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (GU L 220 dell’11.8.1983, pag. 15).
Direttiva 83/181/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, che determina il campo di applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 77/388/CEE per quanto concerne l’esenzione dell’imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 38).
Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23).
Regolamento (CEE) n. 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 1).
Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1), modificata dalla direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5 maggio 2009, recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto (GU L 116 del 9.5.2009, pag. 18).
Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1).
Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51).
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Mobilità personale
Direttiva 91/439/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, concernente la patente di guida (GU L 237 del 24.8.1991, pag. 1).
Direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 18).
Direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri, che modifica il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio e la direttiva 91/439/CEE del Consiglio e che abroga la direttiva 76/914/CEE del Consiglio (GU L 226 del 10.9.2003, pag. 4).
Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (GU L 46 del 17.2.2004, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1899/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che modifica il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU L 377 del 27.12.2006, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 14).
Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 8/2008 della Commissione, dell’11 dicembre 2007, recante modifica del regolamento (CEE) n. 3922/91 per quanto riguarda i requisiti tecnici comuni e le procedure amministrative applicabili al trasporto commerciale mediante aeromobili (GU L 10 del 12.1.2008, pag. 1).
—
Accesso all’informazione
Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67), modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).
Direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 332 del 18.12.2007, pag. 27).
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10).
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
—
Statistiche e raccolta dei dati
Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
Regolamento (CE) n. 577/98 del Consiglio, del 9 marzo 1998, relativo all’organizzazione di un’indagine per campione sulle forze di lavoro nella Comunità (GU L 77 del 14.3.1998, pag. 3) con relativi regolamenti di applicazione.
Regolamento (CE) n. 1177/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, relativo alle statistiche comunitarie sul reddito e sulle condizioni di vita (EU-SILC) (GU L 165 del 3.7.2003, pag. 1) con relativi regolamenti di applicazione.
Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 aprile 2007, sul sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 3) con relativi regolamenti di applicazione.
Regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 70).
—
Cooperazione internazionale
Regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41).
Regolamento (CE) n. 1889/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (GU L 386 del 29.12.2006, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 718/2007 della Commissione, del 12 giugno 2007, che attua il regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU L 170 del 29.6.2007, pag. 1).
(1) Regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità (GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1).
ALLEGATO III
RISERVA DELLA COMUNITÀ EUROPEA RELATIVA ALL’ARTICOLO 27, PARAGRAFO 1, DELLA CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
La Comunità europea afferma che secondo la legislazione comunitaria (segnatamente la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro), gli Stati membri possono, nel caso, esprimere le proprie riserve in merito all’articolo 27, paragrafo 1, della convenzione sulla disabilità in quanto l’articolo 3, paragrafo 4, della suddetta direttiva del Consiglio conferisce loro il diritto di escludere la non discriminazione fondata sulla disabilità dal campo d’applicazione della direttiva per quanto riguarda l’impiego nelle forze armate. La Comunità dichiara pertanto di concludere la convenzione fatto salvo il diritto summenzionato, conferito agli Stati membri a norma della legislazione comunitaria.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 26 novembre 2009
relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
(2010/48/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 13 e 95, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, seconda frase, e paragrafo 3, primo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Nel maggio 2004 il Consiglio ha autorizzato la Commissione a condurre, a nome della Comunità europea, i negoziati relativi alla convenzione delle Nazioni Unite sulla tutela e promozione dei diritti e della dignità delle persone con disabilità («convenzione ONU»).
(2)
La convenzione ONU è stata adottata il 13 dicembre 2006 dall’assemblea generale delle Nazioni Unite ed è entrata in vigore il 3 maggio 2008.
(3)
Fatta salva la sua eventuale conclusione in data successiva, la convenzione ONU è stata firmata il 30 marzo 2007 a nome della Comunità.
(4)
La convenzione ONU costituisce un pilastro importante ed efficace della promozione e della tutela dei diritti delle persone con disabilità all’interno dell’Unione europea, cui sia la Comunità che i suoi Stati membri attribuiscono la massima importanza.
(5)
La convenzione ONU dovrebbe pertanto essere approvata, a nome della Comunità, nel più breve tempo possibile.
(6)
Tale approvazione dovrebbe tuttavia essere accompagnata da una riserva, formulata dalla Comunità europea, relativa all’articolo 27, paragrafo 1, della convenzione ONU, in cui si dichiari che la Comunità conclude la convenzione ONU fatto salvo il diritto dei suoi Stati membri di non applicare alle forze armate il principio della parità di trattamento in relazione alla disabilità, basato sul diritto comunitario, quale previsto all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio (2).
(7)
Sia la Comunità che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione ONU. La Comunità e gli Stati membri dovrebbero di conseguenza diventare parti contraenti della stessa affinché possano insieme adempiere agli obblighi fissati dalla convenzione ONU ed esercitare in modo coerente i diritti loro conferiti in situazioni di competenza mista.
(8)
Al momento di depositare lo strumento di conferma formale, la Comunità dovrebbe inoltre depositare, conformemente all’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione, una dichiarazione che specifichi le materie disciplinate dalla convenzione per le quali le competenze le sono state trasferite dagli Stati membri,
DECIDE:
Articolo 1
1. La convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è approvata a nome della Comunità, fatta salva una riserva relativa all’articolo 27, paragrafo 1.
2. Il testo della convenzione ONU figura nell’allegato I della presente decisione.
Il testo della riserva figura nell’allegato III della presente decisione.
Articolo 2
1. Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a depositare, a nome della Comunità europea, lo strumento di conferma formale della convenzione presso il segretario generale delle Nazioni Unite, in conformità degli articoli 41 e 43 della convenzione ONU.
2. All’atto del deposito dello strumento di conferma formale, la persona o le persone abilitate, conformemente all’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione, depositano altresì la dichiarazione di competenza e la riserva di cui rispettivamente agli allegati II e III della presente decisione.
Articolo 3
Per le questioni che rientrano nella sfera di competenza della Comunità e fatte salve le rispettive competenze degli Stati membri, la Commissione rappresenta il punto di contatto per gli aspetti relativi all’applicazione della convenzione ONU, in conformità dell’articolo 33, paragrafo 1, della stessa. I dettagli della funzione di punto di contatto al riguardo sono definiti in un codice di condotta prima del deposito dello strumento di conferma formale a nome della Comunità.
Articolo 4
1. Quanto alle questioni di competenza esclusiva della Comunità, la Commissione rappresenta quest’ultima in occasione delle riunioni degli organismi istituiti dalla convenzione ONU, in particolare in occasione della conferenza degli Stati parti di cui all’articolo 40 della convenzione in questione e agisce a nome della Comunità in merito alle questioni che rientrano nella sfera di competenza degli organismi suddetti.
2. Quanto alle questioni di competenza condivisa tra la Comunità e gli Stati membri, la Commissione e gli Stati membri stabiliscono in anticipo le modalità appropriate per rappresentare la posizione della Comunità nelle riunioni degli organismi creati dalla convenzione ONU. I dettagli di tale rappresentazione sono definiti in un codice di condotta convenuto prima del deposito dello strumento di conferma formale a nome della Comunità.
3. Nelle riunioni di cui ai paragrafi 1 e 2 la Commissione e gli Stati membri, se del caso previa consultazione delle altre istituzioni comunitarie interessate, cooperano strettamente in particolare sulle questioni attinenti alle modalità di monitoraggio, relazione e voto. Le disposizioni volte ad assicurare una stretta cooperazione sono anch’esse trattate nel codice di condotta di cui al paragrafo 2.
Articolo 5
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 26 novembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. BJÖRKLUND
(1) Parere del 27 aprile 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.
ALLEGATO I
CONVENZIONE SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
Preambolo
GLI STATI PARTI ALLA PRESENTE CONVENZIONE,
a)
richiamando i principi proclamati nello statuto delle Nazioni Unite che riconoscono la dignità ed il valore connaturati a tutti i membri della famiglia umana ed i diritti uguali e inalienabili come fondamento di libertà, giustizia e pace nel mondo;
b)
riconoscendo che le Nazioni Unite, nella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nei patti internazionali sui diritti umani, hanno proclamato e convenuto che ciascun individuo è titolare di tutti i diritti e delle libertà ivi indicate, senza alcuna distinzione;
c)
riaffermando l’universalità, l’indivisibilità, l’interdipendenza e interrelazione di tutti i diritti umani e tutte le libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno godimento da parte delle persone con disabilità senza discriminazioni;
d)
richiamando il patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, il patto internazionale sui diritti civili e politici, la convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, la convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, la convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, la convenzione sui diritti del fanciullo e la convenzione internazionale per la tutela dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie;
e)
riconoscendo che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri;
f)
riconoscendo l’importanza dei principi e delle linee guida contenute nel programma mondiale di azione riguardante le persone con disabilità e nelle regole standard sulle pari opportunità delle persone con disabilità e la loro influenza sulla promozione, formulazione e valutazione delle politiche, dei piani, dei programmi e delle azioni a livello nazionale, regionale ed internazionale al fine di perseguire pari opportunità per le persone con disabilità;
g)
sottolineando l’importanza di integrare i temi della disabilità nelle pertinenti strategie relative allo sviluppo sostenibile;
h)
riconoscendo altresì che la discriminazione contro qualsiasi persona sulla base della disabilità costituisce una violazione della dignità e del valore connaturati alla persona umana;
i)
riconoscendo inoltre la diversità delle persone con disabilità;
j)
riconoscendo la necessità di promuovere e proteggere i diritti umani di tutte le persone con disabilità, incluse quelle che richiedono un maggiore sostegno;
k)
preoccupati per il fatto che, nonostante questi vari strumenti ed impegni, le persone con disabilità continuano a incontrare ostacoli nella loro partecipazione alla società come membri eguali della stessa e ad essere oggetto di violazioni dei loro diritti umani in ogni parte del mondo;
l)
riconoscendo l’importanza della cooperazione internazionale per il miglioramento delle condizioni di vita delle persone con disabilità in ogni paese, in particolare nei paesi in via di sviluppo;
m)
riconoscendo gli utili contributi, esistenti e potenziali, delle persone con disabilità in favore del benessere generale e della diversità delle loro comunità e che la promozione del pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali e della piena partecipazione delle persone con disabilità accrescerà il senso di appartenenza ed apporterà significativi progressi nello sviluppo umano, sociale ed economico della società e nello sradicamento della povertà;
n)
riconoscendo l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte;
o)
considerando che le persone con disabilità dovrebbero avere la possibilità di essere coinvolte attivamente nei processi decisionali relativi alle politiche e ai programmi, inclusi quelli che li riguardano direttamente;
p)
preoccupati delle difficili condizioni affrontate dalle persone con disabilità, che sono soggette a molteplici o più gravi forme di discriminazione basate su razza, colore della pelle, sesso, lingua, religione, opinioni politiche o di altra natura, origine nazionale, etnica, indigena o sociale, patrimonio, nascita, età o altra condizione;
q)
riconoscendo che, nell’ambiente domestico ed all’esterno, le donne e le minori con disabilità corrono spesso maggiori rischi di violenze, lesioni o abusi, abbandono o mancanza di cure, maltrattamento o sfruttamento;
r)
riconoscendo che i minori con disabilità dovrebbero poter godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali su base di uguaglianza rispetto agli altri minori e richiamando gli obblighi assunti a tal fine dagli Stati parti alla convenzione sui diritti del fanciullo;
s)
sottolineando la necessità di incorporare la prospettiva di genere in tutti gli sforzi tesi a promuovere il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità;
t)
evidenziando il fatto che la maggior parte delle persone con disabilità vive in condizioni di povertà e riconoscendo a questo proposito la fondamentale necessità di affrontare l’impatto negativo della povertà sulle persone con disabilità;
u)
consapevoli che le condizioni di pace e sicurezza basate sul pieno rispetto degli scopi e dei principi contenuti nello statuto delle Nazioni Unite e che l’osservanza degli strumenti applicabili in materia di diritti umani sono indispensabili per la piena protezione delle persone con disabilità, in particolare durante i conflitti armati e le occupazioni straniere;
v)
riconoscendo l’importanza dell’accessibilità alle strutture fisiche, sociali, economiche e culturali, alla salute, all’istruzione, all’informazione e alla comunicazione, per consentire alle persone con disabilità di godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
w)
consapevoli che ogni individuo, in ragione dei propri obblighi nei confronti degli altri individui e della comunità di appartenenza, ha una responsabilità propria per la promozione e l’osservanza dei diritti riconosciuti dalla carta internazionale dei diritti dell’uomo;
x)
convinti che la famiglia sia il nucleo naturale e fondamentale della società e che abbia diritto alla protezione da parte della società e dello Stato, e che le persone con disabilità ed i membri delle loro famiglie debbano ricevere la protezione e l’assistenza necessarie a permettere alle famiglie di contribuire al pieno ed uguale godimento dei diritti delle persone con disabilità;
y)
convinti che una convenzione internazionale globale ed integrata per la promozione e la protezione dei diritti e della dignità delle persone con disabilità contribuirà in modo significativo a riequilibrare i profondi svantaggi sociali delle persone con disabilità e a promuovere la loro partecipazione nella sfera civile, politica, economica, sociale e culturale, con pari opportunità, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo,
CONVENGONO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Scopo
Scopo della presente convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.
Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente convenzione:
per «comunicazione» si intendono le lingue, la visualizzazione di testi, il Braille, la comunicazione tattile, la stampa a grandi caratteri, i supporti multimediali accessibili nonché i sistemi, gli strumenti ed i formati di comunicazione aumentativa ed alternativa scritta, sonora, semplificata, con ausilio di lettori umani, comprese le tecnologie dell’informazione e della comunicazione accessibili;
per «linguaggio» si intendono le lingue parlate e la lingua dei segni, come pure altre forme di espressione non verbale;
per «discriminazione fondata sulla disabilità» si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole;
per «accomodamento ragionevole» si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento o l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali;
per «progettazione universale» si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La «progettazione universale» non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari.
Articolo 3
Principi generali
I principi della presente convenzione sono:
a)
il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone;
b)
la non discriminazione;
c)
la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società;
d)
il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa;
e)
la parità di opportunità;
f)
l’accessibilità;
g)
la parità tra uomini e donne;
h)
il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità.
Articolo 4
Obblighi generali
1. Gli Stati parti si impegnano a garantire e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo sulla base della disabilità. A tal fine, gli Stati parti si impegnano:
a)
ad adottare tutte le misure legislative, amministrative e di altra natura adeguate ad attuare i diritti riconosciuti nella presente convenzione;
b)
ad adottare tutte le misure, incluse quelle legislative, idonee a modificare o ad abrogare qualsiasi legge, regolamento, consuetudine e pratica vigente che costituisca una discriminazione nei confronti di persone con disabilità;
c)
a tener conto della protezione e della promozione dei diritti umani delle persone con disabilità in tutte le politiche e in tutti i programmi;
d)
ad astenersi dall’intraprendere ogni atto o pratica che sia in contrasto con la presente convenzione ed a garantire che le autorità pubbliche e le istituzioni agiscano in conformità con la presente convenzione;
e)
ad adottare tutte le misure adeguate ad eliminare la discriminazione sulla base della disabilità da parte di qualsiasi persona, organizzazione o impresa privata;
f)
ad intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo di beni, servizi, apparecchiature e attrezzature progettati universalmente, secondo la definizione di cui all’articolo 2 della presente convenzione, che richiedano il minimo adattamento possibile ed il costo più contenuto possibile per venire incontro alle esigenze specifiche delle persone con disabilità, promuoverne disponibilità ed uso, ed incoraggiare la progettazione universale nell’elaborazione di norme e linee guida;
g)
ad intraprendere o promuovere la ricerca e lo sviluppo, nonché a promuovere la disponibilità e l’uso di nuove tecnologie, incluse tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ausilii alla mobilità, dispositivi e tecnologie di sostegno, adatti alle persone con disabilità, dando priorità alle tecnologie dai costi più accessibili;
h)
a fornire alle persone con disabilità informazioni accessibili in merito ad ausilii alla mobilità, dispositivi e tecnologie di sostegno, comprese le nuove tecnologie, così come altre forme di assistenza, servizi di supporto ed attrezzature;
i)
a promuovere la formazione di professionisti e di personale che lavora con persone con disabilità sui diritti riconosciuti nella presente convenzione, così da fornire una migliore assistenza e migliori servizi garantiti da questi stessi diritti.
2. Con riferimento ai diritti economici, sociali e culturali, ogni Stato parte si impegna a prendere misure, sino al massimo delle risorse di cui dispone e, ove necessario, nel quadro della cooperazione internazionale, al fine di conseguire progressivamente la piena realizzazione di tali diritti, senza pregiudizio per gli obblighi contenuti nella presente convenzione che siano immediatamente applicabili in conformità al diritto internazionale.
3. Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative.
4. Nessuna disposizione della presente convenzione può pregiudicare provvedimenti più favorevoli per la realizzazione dei diritti delle persone con disabilità, contenuti nella legislazione di uno Stato parte o nella legislazione internazionale in vigore per quello Stato. Non sono ammesse restrizioni o deroghe ai diritti umani e alle libertà fondamentali riconosciuti o esistenti in ogni Stato parte alla presente convenzione in virtù di leggi, convenzioni, regolamenti o consuetudini, con il pretesto che la presente convenzione non riconosca tali diritti o libertà o che li riconosca in minor misura.
5. Le disposizioni della presente convenzione si estendono a tutte le unità costitutive degli Stati federali senza limitazione ed eccezione alcuna.
Articolo 5
Uguaglianza e non discriminazione
1. Gli Stati parti riconoscono che tutte le persone sono uguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a uguale protezione e uguale beneficio dalla legge.
2. Gli Stati parti vietano ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità e garantiscono alle persone con disabilità uguale ed effettiva protezione giuridica contro ogni discriminazione qualunque ne sia il fondamento.
3. Al fine di promuovere l’uguaglianza ed eliminare le discriminazioni, gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati, per garantire che siano forniti accomodamenti ragionevoli.
4. Le misure specifiche che sono necessarie ad accelerare o conseguire de facto l’uguaglianza delle persone con disabilità non costituiscono una discriminazione ai sensi della presente convenzione.
Articolo 6
Donne con disabilità
1. Gli Stati parti riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire loro il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
2. Gli Stati parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso e piena emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l’esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente convenzione.
Articolo 7
Minori con disabilità
1. Gli Stati parti adottano ogni misura necessaria a garantire il pieno godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte dei minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori.
2. In tutte le azioni concernenti i minori con disabilità, il superiore interesse del minore costituisce la considerazione preminente.
3. Gli Stati parti garantiscono ai minori con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri minori, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni su tutte le questioni che li riguardano e le loro opinioni sono debitamente prese in considerazione, tenendo conto della loro età e grado di maturità, assicurando che sia fornita adeguata assistenza in relazione alla disabilità e all’età, allo scopo di realizzare tale diritto.
Articolo 8
Sensibilizzazione
1. Gli Stati parti si impegnano ad adottare misure immediate, efficaci ed adeguate allo scopo di:
a)
sensibilizzare la società nel suo insieme, anche a livello familiare, sulla situazione delle persone con disabilità e accrescere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità;
b)
combattere gli stereotipi, i pregiudizi e le pratiche dannose concernenti le persone con disabilità, compresi quelli fondati sul sesso e l’età, in tutti gli ambiti;
c)
promuovere la consapevolezza delle capacità e dei contributi delle persone con disabilità.
2. Nell’ambito delle misure che adottano a tal fine, gli Stati parti:
a)
avviano e conducono efficaci campagne di sensibilizzazione del pubblico al fine di:
i)
favorire un atteggiamento recettivo verso i diritti delle persone con disabilità;
ii)
promuovere una percezione positiva ed una maggiore consapevolezza sociale nei confronti delle persone con disabilità;
iii)
promuovere il riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, del loro contributo nell’ambiente lavorativo e sul mercato del lavoro;
b)
promuovono a tutti i livelli del sistema educativo, includendo specialmente tutti i minori, sin dalla più tenera età, un atteggiamento di rispetto per i diritti delle persone con disabilità;
c)
incoraggiano tutti i mezzi di comunicazione a rappresentare le persone con disabilità in modo conforme agli obiettivi della presente convenzione;
d)
promuovono programmi di formazione per accrescere la consapevolezza riguardo alle persone con disabilità e ai diritti delle persone con disabilità.
Articolo 9
Accessibilità
1. Al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli Stati parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali. Queste misure, che includono l’identificazione e l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicano, tra l’altro, a:
a)
edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, comprese scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro;
b)
ai servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i servizi informatici e quelli di emergenza.
2. Gli Stati parti inoltre adottano misure adeguate per:
a)
sviluppare ed emanare norme minime e linee guida per l’accessibilità alle strutture ed ai servizi aperti o forniti al pubblico e verificarne l’applicazione;
b)
garantire che gli organismi privati che forniscono strutture e servizi aperti o forniti al pubblico tengano conto di tutti gli aspetti dell’accessibilità per le persone con disabilità;
c)
fornire una formazione relativa ai problemi di accesso con cui si confrontano le persone con disabilità a tutti gli interessati;
d)
dotare le strutture e gli edifici aperti al pubblico di segnaletica in caratteri Braille e in formati facilmente leggibili e comprensibili;
e)
mettere a disposizione forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione, incluse guide, lettori e interpreti professionisti esperti nella lingua dei segni, allo scopo di agevolare l’accessibilità a edifici ed altre strutture aperte al pubblico;
f)
promuovere altre forme idonee di assistenza e di sostegno a persone con disabilità per garantire il loro accesso all’informazione;
g)
promuovere l’accesso delle persone con disabilità alle nuove tecnologie ed ai sistemi di informazione e comunicazione, compreso Internet;
h)
promuovere alle primissime fasi la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di tecnologie e sistemi di informazione e comunicazione, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano accessibili al minor costo.
Articolo 10
Diritto alla vita
Gli Stati parti riaffermano che il diritto alla vita è connaturato alla persona umana ed adottano tutte le misure necessarie a garantire l’effettivo godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 11
Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
Gli Stati parti adottano, in conformità agli obblighi derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale in materia di diritti umani, tutte le misure necessarie per garantire la protezione e la sicurezza delle persone con disabilità in situazioni di rischio, incluse le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e le catastrofi naturali.
Articolo 12
Uguale riconoscimento dinanzi alla legge
1. Gli Stati parti riaffermano che le persone con disabilità hanno il diritto al riconoscimento in ogni luogo della loro personalità giuridica.
2. Gli Stati parti riconoscono che le persone con disabilità godono della capacità giuridica su base di uguaglianza con gli altri in tutti gli aspetti della vita.
3. Gli Stati parti adottano misure adeguate per consentire l’accesso da parte delle persone con disabilità al sostegno di cui dovessero necessitare per esercitare la propria capacità giuridica.
4. Gli Stati parti assicurano che tutte le misure relative all’esercizio della capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire abusi in conformità al diritto internazionale in materia di diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario. Queste garanzie devono essere proporzionate al grado in cui le suddette misure incidono sui diritti e sugli interessi delle persone.
5. Fatto salvo quanto disposto nel presente articolo, gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate ed efficaci per garantire l’uguale diritto delle persone con disabilità alla proprietà o ad ereditarla, al controllo dei propri affari finanziari e ad avere pari accesso a prestiti bancari, mutui e altre forme di credito finanziario, e assicurano che le persone con disabilità non vengano arbitrariamente private della loro proprietà.
Articolo 13
Accesso alla giustizia
1. Gli Stati parti garantiscono l’accesso effettivo alla giustizia per le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, anche attraverso la previsione di idonei accomodamenti procedurali e accomodamenti in funzione dell’età, allo scopo di facilitare la loro partecipazione effettiva, diretta e indiretta, anche in qualità di testimoni, in tutte le fasi del procedimento giudiziario, inclusa la fase investigativa e le altre fasi preliminari.
2. Allo scopo di aiutare a garantire l’effettivo accesso delle persone con disabilità alla giustizia, gli Stati parti promuovono una formazione adeguata per coloro che operano nel campo dell’amministrazione della giustizia, comprese le forze di polizia ed il personale penitenziario.
Articolo 14
Libertà e sicurezza della persona
1. Gli Stati parti garantiscono che le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri:
a)
godano del diritto alla libertà e alla sicurezza personale;
b)
non siano private della loro libertà illegalmente o arbitrariamente, che qualsiasi privazione della libertà sia conforme alla legge e che l’esistenza di una disabilità non giustifichi in nessun caso una privazione della libertà.
2. Gli Stati parti assicurano che, nel caso in cui siano private della libertà a seguito di qualsiasi procedura, le persone con disabilità abbiano diritto, su base di uguaglianza con gli altri, alle garanzie previste dal diritto internazionale in materia di diritti umani e siano trattate conformemente agli scopi ed ai principi della presente convenzione, compreso quello di ricevere un accomodamento ragionevole.
Articolo 15
Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti
1. Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. In particolare, nessuno può essere sottoposto, senza il proprio libero consenso, a sperimentazioni mediche o scientifiche.
2. Gli Stati parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, giudiziarie o di altra natura idonee ad impedire che persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, siano sottoposte a tortura, a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
Articolo 16
Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti
1. Gli Stati parti adottano tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all’interno e all’esterno della loro dimora, contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, compresi gli aspetti legati al genere.
2. Gli Stati parti adottano altresì tutte le misure adeguate ad impedire ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, assicurando alle persone con disabilità, alle loro famiglie ed a coloro che se ne prendono cura, in particolare, appropriate forme di assistenza e sostegno adatte al genere ed all’età, anche mettendo a disposizione informazioni e servizi educativi sulle modalità per evitare, riconoscere e denunciare casi di sfruttamento, violenza e abuso. Gli Stati parti assicurano che i servizi di protezione tengano conto dell’età, del genere e della disabilità.
3. Allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza e abuso, gli Stati parti assicurano che tutte le strutture e i programmi destinati alle persone con disabilità siano effettivamente controllati da autorità indipendenti.
4. Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate per facilitare il recupero fisico, cognitivo e psicologico, la riabilitazione e la reintegrazione sociale delle persone con disabilità vittime di qualsiasi forma di sfruttamento, violenza o maltrattamento, in particolare prevedendo servizi di protezione. Il recupero e la reintegrazione devono aver luogo in un ambiente che promuova la salute, il benessere, l’autostima, la dignità e l’autonomia della persona e che prenda in considerazione le esigenze specifiche legate al genere ed all’età.
5. Gli Stati parti adottano una legislazione e delle politiche efficaci, ivi comprese una legislazione e delle politiche specifiche per le donne ed i minori, per garantire che i casi di sfruttamento, di violenza e di abuso contro persone con disabilità siano identificati, indagati e, ove del caso, perseguiti.
Articolo 17
Protezione dell’integrità della persona
Ogni persona con disabilità ha diritto al rispetto della propria integrità fisica e mentale su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 18
Libertà di movimento e cittadinanza
1. Gli Stati parti riconoscono alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, il diritto alla libertà di movimento, alla libertà di scelta della propria residenza e il diritto alla cittadinanza, anche assicurando che le persone con disabilità:
a)
abbiano il diritto di acquisire e cambiare la cittadinanza e non siano private della cittadinanza arbitrariamente o a causa della loro disabilità;
b)
non siano private, a causa della disabilità, della capacità di ottenere, detenere ed utilizzare la documentazione attinente alla loro cittadinanza o altra documentazione di identificazione, o di utilizzare le procedure pertinenti, quali le procedure di immigrazione, che si rendano necessarie per facilitare l’esercizio del diritto alla libertà di movimento;
c)
siano libere di lasciare qualunque paese, incluso il proprio;
d)
non siano private, arbitrariamente o a motivo della loro disabilità, del diritto di entrare nel proprio paese.
2. I minori con disabilità devono essere registrati immediatamente dopo la nascita e hanno diritto sin dalla nascita a un nome, al diritto di acquisire una cittadinanza e, per quanto possibile, al diritto di conoscere i propri genitori e di essere da questi allevati.
Articolo 19
Vita indipendente ed inclusione nella società
Gli Stati parti alla presente convenzione riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità e la loro piena integrazione e partecipazione nella società, anche assicurando che:
a)
le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione;
b)
le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l’assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione;
c)
i servizi e le strutture sociali destinate a tutta la popolazione siano messe a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattate ai loro bisogni.
Articolo 20
Mobilità personale
Gli Stati parti adottano misure efficaci a garantire alle persone con disabilità la mobilità personale con la maggiore autonomia possibile, provvedendo in particolare a:
a)
facilitare la mobilità personale delle persone con disabilità nei modi e nei tempi da loro scelti e a costi accessibili;
b)
agevolare l’accesso da parte delle persone con disabilità ad ausilii per la mobilità, apparati ed accessori, tecnologie di supporto, a forme di assistenza da parte di persone o animali e servizi di mediazione di qualità, in particolare rendendoli disponibili a costi accessibili;
c)
fornire alle persone con disabilità e al personale specializzato che lavora con esse una formazione sulle tecniche di mobilità;
d)
incoraggiare i produttori di ausilii alla mobilità, apparati e accessori e tecnologie di supporto a prendere in considerazione tutti gli aspetti della mobilità delle persone con disabilità.
Articolo 21
Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione
Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta, come definito dall’articolo 2 della presente convenzione, provvedendo in particolare a:
a)
mettere a disposizione delle persone con disabilità le informazioni destinate al grande pubblico in forme accessibili e mediante tecnologie adeguate ai differenti tipi di disabilità, tempestivamente e senza costi aggiuntivi;
b)
accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità alla lingua dei segni, al Braille, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta;
c)
richiedere agli enti privati che offrono servizi al grande pubblico, anche attraverso Internet, di fornire informazioni e servizi con sistemi accessibili e utilizzabili dalle persone con disabilità;
d)
incoraggiare i mezzi di comunicazione di massa, inclusi gli erogatori di informazione tramite Internet, a rendere i loro servizi accessibili alle persone con disabilità;
e)
riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni.
Articolo 22
Rispetto della vita privata
1. Nessuna persona con disabilità, indipendentemente dal luogo di residenza o dalla propria sistemazione, può essere soggetta ad interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza o in altri tipi di comunicazione, o a lesioni illegali al proprio onore o alla propria reputazione. Le persone con disabilità hanno il diritto di essere protette dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
2. Gli Stati parti tutelano il carattere confidenziale delle informazioni personali, di quelle relative alla salute e alla riabilitazione delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri.
Articolo 23
Rispetto del domicilio e della famiglia
1. Gli Stati parti adottano misure efficaci ed adeguate ad eliminare le discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità in tutto ciò che attiene al matrimonio, alla famiglia, alla genitorialità e alle relazioni personali, su base di uguaglianza con gli altri, in modo da garantire che:
a)
sia riconosciuto il diritto di ogni persona con disabilità, che sia in età per contrarre matrimonio, di sposarsi e fondare una famiglia sulla base del pieno e libero consenso dei contraenti;
b)
sia riconosciuto il diritto delle persone con disabilità di decidere liberamente e responsabilmente riguardo al numero dei figli e all’intervallo tra le nascite e di avere accesso, in modo appropriato secondo l’età, alle informazioni in materia di procreazione e pianificazione familiare, e siano forniti i mezzi necessari ad esercitare tali diritti;
c)
le persone con disabilità, inclusi i minori, conservino la loro fertilità su base di uguaglianza con gli altri.
2. Gli Stati parti garantiscono i diritti e le responsabilità delle persone con disabilità in materia di tutela, di curatela, di custodia e di adozione di minori o di simili istituti, ove tali istituti siano previsti dalla legislazione nazionale; in ogni caso l’interesse superiore del minore resta la considerazione preminente. Gli Stati parti forniscono un aiuto appropriato alle persone con disabilità nell’esercizio delle loro responsabilità di genitori.
3. Gli Stati parti garantiscono che i minori con disabilità abbiano pari diritti per quanto riguarda la vita in famiglia. Ai fini della realizzazione di tali diritti e per prevenire l’occultamento, l’abbandono, la mancanza di cure e la segregazione di minori con disabilità, gli Stati parti si impegnano a fornire informazioni, servizi e sostegni tempestivi e completi ai minori con disabilità e alle loro famiglie.
4. Gli Stati parti garantiscono che un minore non sia separato dai propri genitori contro la sua volontà, a meno che le autorità competenti, soggette a verifica giurisdizionale, non decidano, conformemente alla legge e alle procedure applicabili, che tale separazione è necessaria nel superiore interesse del minore. In nessun caso un minore deve essere separato dai suoi genitori in ragione della propria disabilità o di quella di uno o di entrambi i genitori.
5. Gli Stati parti si impegnano, qualora i familiari più stretti non siano in condizioni di prendersi cura di un minore con disabilità, a non tralasciare alcuno sforzo per assicurare una sistemazione alternativa all’interno della famiglia allargata e, ove ciò non sia possibile, all’interno della comunità in un contesto familiare.
Articolo 24
Istruzione
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati:
a)
al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana;
b)
allo sviluppo, da parte delle persone con disabilità, della propria personalità, dei talenti e della creatività, come pure delle proprie abilità fisiche e mentali, sino alle loro massime potenzialità;
c)
a porre le persone con disabilità in condizione di partecipare effettivamente a una società libera.
2. Nell’attuazione di tale diritto, gli Stati parti assicurano che:
a)
le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale in ragione della disabilità e che i minori con disabilità non siano esclusi in ragione della disabilità da un’istruzione primaria gratuita ed obbligatoria o dall’istruzione secondaria;
b)
le persone con disabilità possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono, ad un’istruzione primaria inclusiva, di qualità e libera ed all’istruzione secondaria;
c)
venga fornito un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno;
d)
le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione;
e)
siano fornite efficaci misure di sostegno personalizzato in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione.
3. Gli Stati parti offrono alle persone con disabilità la possibilità di acquisire le competenze pratiche e sociali necessarie in modo da facilitare la loro piena ed uguale partecipazione al sistema di istruzione ed alla vita della comunità. A questo scopo, gli Stati parti adottano misure adeguate, in particolare al fine di:
a)
agevolare l’apprendimento del Braille, della scrittura alternativa, delle modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, delle capacità di orientamento e di mobilità ed agevolare il sostegno tra pari ed attraverso un mentore;
b)
agevolare l’apprendimento della lingua dei segni e la promozione dell’identità linguistica della comunità dei sordi;
c)
garantire che le persone cieche, sorde o sordocieche, ed in particolare i minori, ricevano un’istruzione impartita nei linguaggi, nelle modalità e con i mezzi di comunicazione più adeguati per ciascuno ed in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione.
4. Allo scopo di facilitare l’esercizio di tale diritto, gli Stati parti adottano misure adeguate nell’impiegare insegnanti, ivi compresi insegnanti con disabilità, che siano qualificati nella lingua dei segni o nel Braille e per formare i dirigenti ed il personale che lavora a tutti i livelli del sistema educativo. Tale formazione include la consapevolezza della disabilità e l’utilizzo di appropriate modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, e di tecniche e materiali didattici adatti alle persone con disabilità.
5. Gli Stati parti garantiscono che le persone con disabilità possano avere accesso all’istruzione secondaria superiore, alla formazione professionale, all’istruzione per adulti e all’apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita senza discriminazioni e su base di uguaglianza con gli altri. A questo scopo, gli Stati parti garantiscono che sia fornito alle persone con disabilità un accomodamento ragionevole.
Articolo 25
Salute
Gli Stati parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità. Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate a garantire loro l’accesso a servizi sanitari che tengano conto delle specifiche differenze di genere, inclusi i servizi di riabilitazione. In particolare, gli Stati parti devono:
a)
fornire alle persone con disabilità servizi sanitari gratuiti o a costi accessibili, che coprano la stessa varietà e che siano della stessa qualità e dello stesso livello dei servizi e programmi sanitari forniti alle altre persone, compresi i servizi sanitari nella sfera della salute sessuale e riproduttiva e i programmi di salute pubblica destinati alla popolazione;
b)
fornire alle persone con disabilità i servizi sanitari di cui hanno necessità proprio in ragione delle loro disabilità, compresi i servizi di diagnosi precoce e di intervento d’urgenza, e i servizi destinati a ridurre al minimo e a prevenire ulteriori disabilità, segnatamente tra i minori e gli anziani;
c)
fornire questi servizi sanitari alle persone con disabilità il più vicino possibile alle proprie comunità, comprese le aree rurali;
d)
richiedere agli specialisti sanitari di prestare alle persone con disabilità cure della medesima qualità di quelle fornite agli altri, anche sulla base di un consenso libero e informato, mediante un’opera di sensibilizzazione, in particolare, in materia di diritti umani, dignità, autonomia, e necessità delle persone con disabilità attraverso la formazione e l’adozione di regole deontologiche nel campo della sanità pubblica e privata;
e)
vietare nel settore delle assicurazioni le discriminazioni a danno delle persone con disabilità, le quali devono poter ottenere, a condizioni eque e ragionevoli, un’assicurazione per malattia e, nei paesi nei quali sia consentito dalla legislazione nazionale, un’assicurazione sulla vita;
f)
prevenire il rifiuto discriminatorio di assistenza medica o di prestazione di cure e servizi sanitari o di cibo e liquidi in ragione della disabilità.
Articolo 26
Abilitazione e riabilitazione
1. Gli Stati parti adottano misure efficaci e adeguate, in particolare facendo ricorso a forme di mutuo sostegno, al fine di permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali, il pieno inserimento e la piena partecipazione in tutti gli ambiti della vita. A questo scopo, gli Stati parti organizzano, rafforzano e sviluppano servizi e programmi complessivi per l’abilitazione e la riabilitazione, in particolare nei settori della sanità, dell’occupazione, dell’istruzione e dei servizi sociali, in modo che questi servizi e programmi:
a)
abbiano inizio nelle fasi più precoci possibili e siano basati su una valutazione multidisciplinare dei bisogni e delle abilità di ciascuno;
b)
facilitino la partecipazione e l’integrazione nella comunità e in tutti gli aspetti della società, siano volontari e siano a disposizione delle persone con disabilità il più vicino possibile alle loro comunità, comprese le aree rurali.
2. Gli Stati parti promuovono lo sviluppo della formazione iniziale e permanente per i professionisti e per il personale che lavora nei servizi di abilitazione e riabilitazione.
3. Gli Stati parti promuovono l’offerta, la conoscenza e l’utilizzo di tecnologie e strumenti di sostegno, progettati per le persone con disabilità, che ne facilitino l’abilitazione e la riabilitazione.
Articolo 27
Lavoro e occupazione
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, inclusivo e accessibile alle persone con disabilità. Gli Stati parti garantiscono e favoriscono l’esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno acquisito una disabilità durante l’impiego, prendendo appropriate iniziative, anche legislative, in particolare al fine di:
a)
vietare la discriminazione fondata sulla disabilità per tutto ciò che concerne il lavoro in ogni forma di occupazione, in particolare per quanto riguarda le condizioni di reclutamento, assunzione e impiego, la continuità dell’impiego, l’avanzamento di carriera e le condizioni di sicurezza e di igiene sul lavoro;
b)
proteggere il diritto delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, di beneficiare di condizioni lavorative eque e favorevoli, compresa la parità di opportunità e l’uguaglianza di remunerazione per un lavoro di pari valore, condizioni di lavoro sicure e salubri, la protezione da molestie e le procedure di composizione delle controversie;
c)
garantire che le persone con disabilità siano in grado di esercitare i propri diritti di lavoratori e sindacali su base di uguaglianza con gli altri;
d)
consentire alle persone con disabilità di avere effettivo accesso ai programmi di orientamento tecnico e professionale, ai servizi per l’impiego e alla formazione professionale e continua;
e)
promuovere opportunità di impiego e l’avanzamento di carriera per le persone con disabilità nel mercato del lavoro, quali l’assistenza nella ricerca, nell’ottenimento e nel mantenimento di un lavoro, e nel reinserimento nello stesso;
f)
promuovere opportunità di lavoro autonomo, l’imprenditorialità, l’organizzazione di cooperative e l’avvio di attività economiche in proprio;
g)
assumere persone con disabilità nel settore pubblico;
h)
favorire l’impiego di persone con disabilità nel settore privato attraverso politiche e misure adeguate che possono includere programmi di azione antidiscriminatoria, incentivi e altre misure;
i)
garantire che alle persone con disabilità siano forniti accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro;
j)
promuovere l’acquisizione, da parte delle persone con disabilità, di esperienze lavorative nel mercato del lavoro;
k)
promuovere programmi di orientamento e riabilitazione professionale, di mantenimento del posto di lavoro e di reinserimento nel lavoro per le persone con disabilità.
2. Gli Stati parti assicurano che le persone con disabilità non siano tenute in schiavitù o in stato di servitù e siano protette, su base di uguaglianza con gli altri, dal lavoro forzato o coatto.
Articolo 28
Adeguati livelli di vita e protezione sociale
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto ad un livello di vita adeguato alle persone con disabilità e alle loro famiglie, incluse adeguate condizioni di alimentazione, abbigliamento e alloggio, e al miglioramento continuo delle loro condizioni di vita, e adottano misure adeguate per tutelare e promuovere l’esercizio di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità.
2. Gli Stati parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità alla protezione sociale e al godimento di questo diritto senza alcuna discriminazione fondata sulla disabilità, e adottano misure adeguate a tutelare e promuovere l’esercizio di questo diritto, ivi incluse misure per:
a)
garantire alle persone con disabilità parità di accesso ai servizi di acqua salubre, ed assicurare loro l’accesso a servizi, attrezzature e altri tipi di assistenza per i bisogni derivanti dalla disabilità che siano appropriati ed a costi accessibili;
b)
garantire l’accesso delle persone con disabilità, in particolare delle donne e delle minori con disabilità nonché delle persone anziane con disabilità, ai programmi di protezione sociale e a quelli di riduzione della povertà;
c)
garantire alle persone con disabilità e alle loro famiglie in situazioni di povertà l’accesso all’aiuto pubblico per sostenere le spese collegate alle disabilità, includendo una formazione adeguata, forme di sostegno e orientamento, aiuto economico o forme di presa in carico;
d)
garantire l’accesso delle persone con disabilità ai programmi di alloggio sociale;
e)
garantire alle persone con disabilità pari accesso ai programmi ed ai trattamenti pensionistici.
Articolo 29
Partecipazione alla vita politica e pubblica
Gli Stati parti garantiscono alle persone con disabilità il godimento dei diritti politici e la possibilità di esercitarli su base di uguaglianza con gli altri, e si impegnano a:
a)
garantire che le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla vita politica e pubblica su base di uguaglianza con gli altri, direttamente o attraverso rappresentanti liberamente scelti, compreso il diritto e la possibilità per le persone con disabilità di votare ed essere elette, tra l’altro:
i)
assicurando che le procedure, le strutture e i materiali elettorali siano appropriati, accessibili e di facile comprensione e utilizzo;
ii)
proteggendo il diritto delle persone con disabilità a votare tramite scrutinio segreto, senza intimidazioni, in elezioni e in referendum popolari, e a candidarsi alle elezioni, a esercitare effettivamente i mandati elettivi e svolgere tutte le funzioni pubbliche a tutti i livelli di governo, agevolando, ove appropriato, il ricorso a tecnologie nuove e di supporto;
iii)
garantendo la libera espressione della volontà delle persone con disabilità come elettori e a questo scopo, ove necessario, su loro richiesta, autorizzandole a farsi assistere da una persona di loro scelta per votare.
b)
promuovere attivamente un ambiente in cui le persone con disabilità possano effettivamente e pienamente partecipare alla conduzione degli affari pubblici, senza discriminazione e su base di uguaglianza con gli altri, e incoraggiare la loro partecipazione alla vita pubblica, in particolare attraverso:
i)
la partecipazione ad associazioni e organizzazioni non governative impegnate nella vita pubblica e politica del paese e alle attività e all’amministrazione dei partiti politici;
ii)
la costituzione di organizzazioni di persone con disabilità e l’adesione alle stesse al fine di rappresentarle a livello internazionale, nazionale, regionale e locale.
Articolo 30
Partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport
1. Gli Stati parti riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità:
a)
abbiano accesso ai prodotti culturali in formati accessibili;
b)
abbiano accesso a programmi televisivi, film, spettacoli teatrali e altre attività culturali, in formati accessibili;
c)
abbiano accesso a luoghi di attività culturali, come teatri, musei, cinema, biblioteche e servizi turistici, e, per quanto possibile, abbiano accesso a monumenti e siti importanti per la cultura nazionale.
2. Gli Stati parti adottano misure adeguate a consentire alle persone con disabilità di sviluppare e realizzare il loro potenziale creativo, artistico e intellettuale, non solo a proprio vantaggio, ma anche per l’arricchimento della società.
3. Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate, in conformità al diritto internazionale, a garantire che le norme che tutelano i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano un ostacolo irragionevole o discriminatorio all’accesso da parte delle persone con disabilità ai prodotti culturali.
4. Le persone con disabilità hanno il diritto, su base di uguaglianza con gli altri, al riconoscimento e al sostegno della loro specifica identità culturale e linguistica, ivi comprese la lingua dei segni e la cultura dei sordi.
5. Al fine di consentire alle persone con disabilità di partecipare su base di uguaglianza con gli altri alle attività ricreative, agli svaghi e allo sport, gli Stati parti adottano misure adeguate a:
a)
incoraggiare e promuovere la partecipazione più estesa possibile delle persone con disabilità alle attività sportive ordinarie a tutti i livelli;
b)
garantire che le persone con disabilità abbiano la possibilità di organizzare, sviluppare e partecipare ad attività sportive e ricreative specifiche per le persone con disabilità e, a tal fine, incoraggiare la messa a disposizione, su base di uguaglianza con gli altri, di adeguati mezzi di istruzione, formazione e risorse;
c)
garantire che le persone con disabilità abbiano accesso a luoghi che ospitano attività sportive, ricreative e turistiche;
d)
garantire che i minori con disabilità possano partecipare, su base di uguaglianza con gli altri minori, alle attività ludiche, ricreative, agli svaghi ed allo sport, incluse le attività previste dal sistema scolastico;
e)
garantire che le persone con disabilità abbiano accesso ai servizi forniti da coloro che sono impegnati nell’organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive.
Articolo 31
Statistiche e raccolta dei dati
1. Gli Stati parti si impegnano a raccogliere le informazioni appropriate, compresi i dati statistici e i risultati di ricerche, che permettano loro di formulare e attuare politiche allo scopo di dare attuazione alla presente convenzione. Il processo di raccolta e di conservazione di tali informazioni deve:
a)
essere coerente con le garanzie stabilite per legge, compresa la legislazione sulla protezione dei dati, per garantire la riservatezza e il rispetto della vita privata e familiare delle persone con disabilità;
b)
essere coerente con le norme accettate a livello internazionale per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dei principi etici che regolano la raccolta e l’uso delle statistiche.
2. Le informazioni raccolte in conformità al presente articolo devono essere disaggregate in maniera appropriata e devono essere utilizzate per valutare l’adempimento degli obblighi contratti dagli Stati parti alla presente convenzione e per identificare e rimuovere le barriere che le persone con disabilità affrontano nell’esercizio dei propri diritti.
3. Gli Stati parti assumono la responsabilità della diffusione di tali statistiche e garantiscono la loro accessibilità sia alle persone con disabilità che agli altri.
Articolo 32
Cooperazione internazionale
1. Gli Stati parti riconoscono l’importanza della cooperazione internazionale e della sua promozione, a sostegno degli sforzi dispiegati a livello nazionale per la realizzazione degli scopi e degli obiettivi della presente convenzione, e adottano adeguate ed efficaci misure in questo senso, nei rapporti reciproci e al proprio interno e, ove del caso, in partenariato con le organizzazioni internazionali e regionali competenti e con la società civile, in particolare con organizzazioni di persone con disabilità. Possono, in particolare, adottare misure destinate a:
a)
far sì che la cooperazione internazionale, compresi i programmi internazionali di sviluppo, includa le persone con disabilità e sia a loro accessibile;
b)
agevolare e sostenere lo sviluppo di competenze, anche attraverso lo scambio e la condivisione di informazioni, esperienze, programmi di formazione e migliori prassi;
c)
agevolare la cooperazione nella ricerca e nell’accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche;
d)
fornire, ove del caso, assistenza tecnica ed economica, anche attraverso agevolazioni all’acquisto e alla condivisione di tecnologie di accesso e di assistenza e operando trasferimenti di tecnologie.
2. Le disposizioni del presente articolo fanno salvo l’obbligo di ogni Stato parte di adempiere agli obblighi che ha assunto in virtù della presente convenzione.
Articolo 33
Applicazione a livello nazionale e monitoraggio
1. Gli Stati parti designano, in conformità al proprio sistema di governo, uno o più punti di contatto per le questioni relative all’attuazione della presente convenzione, e si propongono di creare o individuare in seno alla propria amministrazione una struttura di coordinamento incaricata di facilitare le azioni legate all’attuazione della presente convenzione nei differenti settori e a differenti livelli.
2. Gli Stati parti, conformemente ai propri sistemi giuridici e amministrativi, mantengono, rafforzano, designano o istituiscono al proprio interno una struttura, includendo uno o più meccanismi indipendenti, ove opportuno, per promuovere, proteggere e monitorare l’attuazione della presente convenzione. Nel designare o stabilire tale meccanismo, gli Stati parti tengono in considerazione i principi relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani.
3. La società civile, in particolare le persone con disabilità e le loro organizzazioni rappresentative, è associata e pienamente partecipe al processo di monitoraggio.
Articolo 34
Comitato sui diritti delle persone con disabilità
1. È istituito un comitato sui diritti delle persone con disabilità (il «comitato»), che svolge le funzioni qui di seguito indicate.
2. Il comitato si compone, al momento dell’entrata in vigore della presente convenzione, di dodici esperti. Alla data del deposito di sessanta ratifiche o adesioni alla presente convenzione sono aggiunti sei membri al comitato, che raggiungerà la composizione massima di diciotto membri.
3. I membri del Comitato siedono a titolo personale e sono personalità di alta levatura morale e di riconosciuta competenza ed esperienza nel settore oggetto della presente convenzione. Nella designazione dei propri candidati, gli Stati parti sono invitati a tenere in debita considerazione le disposizioni stabilite nell’articolo 4, paragrafo 3, della presente convenzione.
4. I membri del comitato sono eletti dagli Stati parti, tenendo in considerazione i principi di equa ripartizione geografica, la rappresentanza delle diverse forme di civiltà e dei principali sistemi giuridici, la rappresentanza bilanciata di genere e la partecipazione di esperti con disabilità.
5. I membri del comitato sono eletti a scrutinio segreto su una lista di persone designate dagli Stati parti tra i propri cittadini in occasione delle riunioni della conferenza degli Stati parti. A tali riunioni, ove il quorum è costituito dai due terzi degli Stati parti, sono eletti membri del comitato i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e la maggioranza assoluta dei voti dei rappresentanti degli Stati parti presenti e votanti.
6. La prima elezione ha luogo entro sei mesi dopo l’entrata in vigore della presente convenzione. Almeno quattro mesi prima della data di ogni elezione, il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite invita per iscritto gli Stati parti a proporre i propri candidati nel termine di due mesi. Successivamente il segretario generale prepara una lista in ordine alfabetico dei candidati così designati, indicando gli Stati parti che li hanno proposti, e la comunica agli Stati parti della presente convenzione.
7. I membri del comitato sono eletti per quattro anni. Sono rieleggibili una sola volta. Tuttavia, il mandato di sei dei membri eletti alla prima elezione scade al termine di due anni; subito dopo la prima elezione, i nominativi dei sei membri sono estratti a sorte dal presidente della riunione di cui al paragrafo 5 del presente articolo.
8. L’elezione dei sei membri addizionali del comitato si tiene in occasione delle elezioni ordinarie, secondo le pertinenti disposizioni del presente articolo.
9. In caso di decesso o di dimissioni di un membro del comitato o se, per qualsiasi altro motivo, questi dichiari di non potere più svolgere le sue funzioni, lo Stato parte che ne aveva proposto la candidatura nomina un altro esperto in possesso delle qualifiche e dei requisiti stabiliti dalle pertinenti disposizioni del presente articolo per ricoprire il posto vacante fino allo scadere del mandato corrispondente.
10. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
11. Il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite mette a disposizione del comitato il personale e le strutture necessari ad esplicare efficacemente le funzioni che gli sono attribuite in virtù della presente convenzione e convoca la prima riunione.
12. I membri del comitato ricevono, con l’approvazione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, emolumenti provenienti dalle risorse delle Nazioni Unite nei termini e alle condizioni fissate dall’assemblea generale, tenendo in considerazione l’importanza delle funzioni del comitato.
13. I membri del comitato beneficiano delle facilitazioni, dei privilegi e delle immunità accordate agli esperti in missione per conto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite come stabilito nelle pertinenti sezioni della convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite.
Articolo 35
I rapporti degli Stati parti
1. Ogni Stato parte presenta al comitato, tramite il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi in virtù della presente convenzione e sui progressi conseguiti al riguardo, entro due anni dall’entrata in vigore della presente convenzione per lo Stato parte interessato.
2. Successivamente, gli Stati parti presentano rapporti complementari almeno ogni quattro anni e ogni altro rapporto che il comitato richieda.
3. Il comitato stabilisce le linee guida applicabili per quanto attiene al contenuto dei rapporti.
4. Gli Stati parti che hanno presentato al comitato un rapporto iniziale completo non sono tenuti, nei propri rapporti successivi, a ripetere informazioni già fornite. Gli Stati parti sono invitati a redigere i propri rapporti secondo una procedura aperta e trasparente e a tenere in dovuta considerazione le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della presente convenzione.
5. I rapporti possono indicare i fattori e le difficoltà che incidono sull’adempimento degli obblighi previsti dalla presente convenzione.
Articolo 36
Esame dei rapporti
1. Ogni rapporto viene esaminato dal comitato, il quale formula su di esso i suggerimenti e le raccomandazioni di carattere generale che ritiene appropriati e li trasmette allo Stato parte interessato. Lo Stato parte può rispondere fornendo al comitato tutte le informazioni che ritenga utili. Il comitato può richiedere ulteriori informazioni agli Stati parti in relazione all’attuazione della presente convenzione.
2. Se uno Stato parte è significativamente in ritardo nella presentazione del rapporto, il comitato può notificare allo Stato parte in causa che esso sarà costretto ad esaminare l’applicazione della presente convenzione nello Stato parte sulla base di attendibili informazioni di cui possa disporre, a meno che il rapporto atteso non venga consegnato entro i tre mesi successivi alla notifica. Il comitato invita lo Stato parte interessato a partecipare a tale esame. Qualora lo Stato parte risponda presentando il suo rapporto, si applicano le disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo.
3. Il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite mette i rapporti a disposizione di tutti gli Stati parti.
4. Gli Stati parti rendono i propri rapporti ampiamente disponibili al pubblico nei rispettivi paesi e facilitano l’accesso ai suggerimenti e alle raccomandazioni generali che fanno seguito a questi rapporti.
5. Il comitato trasmette, se lo ritiene necessario, alle agenzie specializzate, ai fondi e programmi delle Nazioni Unite, ed agli altri organismi competenti, i rapporti degli Stati parti che contengano una richiesta o indichino l’esigenza di un parere o di assistenza tecnica, accompagnati, ove del caso, da osservazioni e suggerimenti del comitato, concernenti tale richiesta o esigenza.
Articolo 37
Cooperazione tra gli Stati parti ed il comitato
1. Gli Stati parti collaborano con il comitato e assistono i suoi membri nell’adempimento del loro mandato.
2. Nelle sue relazioni con gli Stati parti, il comitato accorda tutta l’attenzione necessaria alle modalità e ai mezzi per incrementare le capacità nazionali al fine dell’attuazione della presente convenzione, in particolare attraverso la cooperazione internazionale.
Articolo 38
Relazione del comitato con altri organismi
Per promuovere l’applicazione effettiva della presente convenzione ed incoraggiare la cooperazione internazionale nel settore interessato dalla presente convenzione:
a)
le agenzie specializzate e gli altri organismi delle Nazioni Unite hanno il diritto di farsi rappresentare in occasione dell’esame dell’attuazione delle disposizioni della presente convenzione che rientrano nel loro mandato. Il comitato può invitare le istituzioni specializzate e ogni altro organismo che ritenga adeguato a fornire pareri specialistici sull’attuazione della convenzione nei settori che rientrano nell’ambito dei loro rispettivi mandati. Il comitato può invitare le istituzioni specializzate e gli altri organismi delle Nazioni Unite a presentare rapporti sull’applicazione della convenzione nei settori che rientrano nel loro ambito di attività;
b)
il comitato, nell’esecuzione del proprio mandato, consulta, ove lo ritenga opportuno, altri organismi istituiti dai trattati internazionali sui diritti umani, al fine di garantire la coerenza delle rispettive linee guida sulla stesura dei rapporti, dei suggerimenti e delle raccomandazioni generali e di evitare duplicazioni e sovrapposizioni nell’esercizio delle rispettive funzioni.
Articolo 39
Rapporto del comitato
Il comitato riferisce sulle proprie attività ogni due anni all’assemblea generale e al Consiglio economico e sociale, e può formulare suggerimenti e raccomandazioni generali basati sull’esame dei rapporti e delle informazioni ricevute dagli Stati parti. Tali suggerimenti e raccomandazioni generali sono inclusi nel rapporto del comitato accompagnati dai commenti, ove del caso, degli Stati parti.
Articolo 40
Conferenza degli Stati parti
1. Gli Stati parti si riuniscono regolarmente in una conferenza degli Stati parti per esaminare ogni questione concernente l’applicazione della presente convenzione.
2. La conferenza degli Stati parti viene convocata dal segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente convenzione. Le riunioni successive vengono convocate dal segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite ogni biennio o su decisione della conferenza degli Stati parti.
Articolo 41
Depositario
Il segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite è il depositario della presente convenzione.
Articolo 42
Firma
La presente convenzione è aperta alla firma da parte di tutti gli Stati e delle Organizzazioni d’integrazione regionale presso la sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, a decorrere dal 30 marzo 2007.
Articolo 43
Consenso ad essere vincolato
La presente convenzione è sottoposta a ratifica degli Stati firmatari e alla conferma formale delle organizzazioni d’integrazione regionale firmatarie. È aperta all’adesione di ogni Stato o organizzazione d’integrazione regionale che non abbia firmato la convenzione stessa.
Articolo 44
Organizzazioni d’integrazione regionale
1. Per «organizzazione d’integrazione regionale» si intende ogni organizzazione costituita dagli Stati sovrani di una determinata regione, a cui gli Stati membri hanno trasferito competenze per quanto riguarda le questioni disciplinate dalla presente convenzione. Nei propri strumenti di conferma o adesione formale, tali organizzazioni dichiarano l’estensione delle loro competenze nell’ambito disciplinato dalla presente convenzione. Successivamente, esse notificano al depositario qualsiasi modifica sostanziale dell’estensione delle proprie competenze.
2. I riferimenti agli «Stati parti» nella presente convenzione si applicano a tali organizzazioni nei limiti delle loro competenze.
3. Ai fini dell’articolo 45, paragrafo 1, e dell’articolo 47, paragrafi 2 e 3, della presente convenzione, non vengono tenuti in conto gli strumenti depositati da un’organizzazione d’integrazione regionale.
4. Le organizzazioni d’integrazione regionale possono esercitare il loro diritto di voto nelle questioni rientranti nell’ambito delle loro competenze, nella conferenza degli Stati parti, con un numero di voti uguale al numero dei propri Stati membri che sono parti alla presente convenzione. Tali organizzazioni non esercitano il diritto di voto se uno degli Stati membri esercita il proprio diritto, e viceversa.
Articolo 45
Entrata in vigore
1. La presente convenzione entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito del ventesimo strumento di ratifica o di adesione.
2. Per ogni Stato o organizzazione d’integrazione regionale che ratifichi o confermi formalmente la presente convenzione o vi aderisca dopo il deposito del ventesimo strumento, la convenzione entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data del deposito da parte dello Stato o dell’organizzazione del proprio strumento di ratifica, di adesione o di conferma formale.
Articolo 46
Riserve
1. Non sono ammesse riserve incompatibili con l’oggetto e lo scopo della presente convenzione.
2. Le riserve possono essere ritirate in qualsiasi momento.
Articolo 47
Emendamenti
1. Ogni Stato parte può proporre un emendamento alla presente convenzione e sottoporlo al segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il segretario generale comunica le proposte di emendamento agli Stati parti, chiedendo loro di far conoscere se sono favorevoli alla convocazione di una conferenza degli Stati parti al fine di esaminare tali proposte e di pronunziarsi su di esse. Se, entro quattro mesi dalla data di tale comunicazione, almeno un terzo degli Stati parti si pronunzia a favore della convocazione di tale conferenza, il segretario generale convoca la conferenza sotto gli auspici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ogni emendamento adottato dalla maggioranza dei due terzi degli Stati parti presenti e votanti è sottoposto dal segretario generale all’assemblea generale delle Nazioni Unite per l’approvazione e a tutti gli Stati parti per la successiva accettazione.
2. Ogni emendamento adottato e approvato in conformità del paragrafo 1 del presente articolo entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla data in cui il numero di strumenti di accettazione depositati raggiunga i due terzi del numero degli Stati parti alla data dell’adozione dell’emendamento. Successivamente, l’emendamento entra in vigore per ogni Stato parte il trentesimo giorno seguente al deposito del proprio strumento di accettazione. L’emendamento è vincolante solo per gli Stati parti che lo hanno accettato.
3. Se la conferenza degli Stati parti decide in questi termini per consenso, un emendamento adottato e approvato in conformità del paragrafo 1 del presente articolo e riguardante esclusivamente gli articoli 34, 38, 39 e 40 entra in vigore per tutti gli Stati parti il trentesimo giorno successivo alla data in cui il numero di strumenti di accettazione depositati raggiunga i due terzi del numero degli Stati parti alla data dell’adozione dell’emendamento.
Articolo 48
Denuncia
Ogni Stato parte può denunciare la presente convenzione per mezzo di notifica scritta al segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Gli effetti della denuncia decorrono un anno dopo la data di ricezione della notifica da parte del segretario generale.
Articolo 49
Formati accessibili
Il testo della presente convenzione viene reso disponibile in formati accessibili.
Articolo 50
Testi autentici
I testi in arabo, cinese, francese, inglese, spagnolo e russo della presente convenzione fanno ugualmente fede.
IN FEDE DI CHE i sottoscritti plenipotenziari, debitamente autorizzati dai rispettivi governi, hanno firmato la presente convenzione.
ALLEGATO II
DICHIARAZIONE RELATIVA ALLA COMPETENZA DELLA COMUNITÀ EUROPEA NELL’AMBITO DISCIPLINATO DALLA CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
(Dichiarazione ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione)
L’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità («la convenzione») prevede che le organizzazioni regionali d’integrazione dichiarino nei loro strumenti di conferma o adesione formale l’estensione delle loro competenze nell’ambito disciplinato dalla convenzione.
Gli Stati membri della Comunità europea sono attualmente il Regno del Belgio, la Repubblica di Bulgaria, la Repubblica ceca, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Estonia, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, la Repubblica italiana, la Repubblica di Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, il Granducato di Lussemburgo, la Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d’Austria, la Repubblica di Polonia, la Repubblica portoghese, la Romania, la Repubblica di Slovenia, la Repubblica slovacca, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
La Comunità europea rileva che, ai fini della convenzione, i termini «Stati parti» si applicano alle organizzazioni regionali d’integrazione nei limiti delle loro competenze.
La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità si applica, per quanto riguarda le competenze della Comunità europea, ai territori nei quali è applicato il trattato che istituisce la Comunità europea ed alle condizioni enunciate nel trattato stesso, in particolare all’articolo 299.
Ai sensi dell’articolo 299, la presente dichiarazione non si applica ai territori degli Stati membri ai quali non si applica detto trattato e non pregiudica misure o posizioni che gli Stati membri interessati potrebbero adottare in virtù della convenzione a nome e nell’interesse di quei territori.
In conformità dell’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione, la presente dichiarazione indica le competenze trasferite alla Comunità dagli Stati membri, nell’ambito del trattato che istituisce la Comunità europea, relativamente ai settori contemplati dalla convenzione.
La portata e l’esercizio delle competenze comunitarie sono soggetti, per loro stessa natura, ad una continua evoluzione e, all’occorrenza, la Comunità completerà o modificherà la presente dichiarazione, in conformità dell’articolo 44, paragrafo 1, della convenzione.
In talune materie la Comunità europea ha competenza esclusiva, in altre la competenza è condivisa tra la Comunità europea e gli Stati membri. Gli Stati membri restano competenti su tutte le materie per le quali non è stata trasferita alla Comunità europea alcuna competenza.
Attualmente:
1)
La Comunità ha competenza esclusiva in materia di compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune e la tariffa doganale comune.
Nella misura in cui le disposizioni della convenzione incidono sulle disposizioni del diritto comunitario, la Comunità europea ha una competenza esclusiva per accettare tali obblighi per quanto riguarda la propria pubblica amministrazione. A tale proposito, la Comunità dichiara di avere competenza a trattare la regolamentazione dell’assunzione, delle condizioni di servizio, della retribuzione, della formazione ecc. per i funzionari e non eletti, in base agli statuti e alle norme di applicazione di tali statuti (1).
2)
La Comunità condivide competenze con gli Stati membri per quanto riguarda le misure intese a combattere la discriminazione fondata sulla disabilità, la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitali, l’agricoltura, i trasporti ferroviari, stradali, marittimi e aerei, la tassazione, il mercato interno, la parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, la politica relativa alla rete transeuropea di trasporto e le statistiche.
La Comunità europea ha competenza esclusiva di aderire alla convenzione per quanto riguarda i suddetti settori solo nella misura in cui le disposizioni della convenzione o i relativi strumenti giuridici di esecuzione incidono su norme comuni precedentemente stabilite dalla Comunità europea. Laddove le norme comunitarie esistono ma restano impregiudicate, in particolare laddove le disposizioni comunitarie in vigore stabiliscono solo norme minime, gli Stati membri sono competenti, fatta salva la competenza della Comunità europea di intervenire in materia. Altrimenti la competenza è degli Stati membri. In appendice figura un elenco degli atti pertinenti adottati dalla Comunità europea. L’estensione della competenza comunitaria derivante da tali atti va valutata con riferimento alle disposizioni precise di ciascuna misura, in particolare la misura in cui tali disposizioni stabiliscono norme comuni.
3)
Le seguenti politiche CE possono altresì avere pertinenza per la convenzione ONU: gli Stati membri e la Comunità si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione; la Comunità contribuisce allo sviluppo di un’istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione; la Comunità attua una politica di formazione professionale che rafforza ed integra le azioni degli Stati membri; per promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della coesione economica e sociale; la Comunità persegue una politica di cooperazione allo sviluppo e di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi, fatte salve le rispettive competenze degli Stati membri.
Appendice
ATTI COMUNITARI RELATIVI ALLE MATERIE DISCIPLINATE DALLA CONVENZIONE
Gli atti comunitari figuranti di seguito illustrano la sfera di competenza della Comunità in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea. In particolare la Comunità europea ha competenza esclusiva in talune materie, in altre la competenza è condivisa tra Comunità e Stati membri. L’estensione della competenza comunitaria derivante da tali atti va valutata con riferimento alle disposizioni precise di ciascuna misura, in particolare in che misura tali disposizioni stabiliscono norme comuni sulle quali le disposizioni della convenzione incidono.
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Accessibilità
Direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazione e il reciproco riconoscimento della loro conformità (GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10).
Direttiva 2001/85/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2001, relativa alle disposizioni speciali da applicare ai veicoli adibiti al trasporto passeggeri aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e recante modifica delle direttive 70/156/CEE e 97/27/CE (GU L 42 del 13.2.2002, pag. 1).
Direttiva 96/48/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità (GU L 235 del 17.9.1996, pag. 6), modificata dalla direttiva 2004/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 114).
Direttiva 2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale (GU L 110 del 20.4.2001, pag. 1), modificata dalla direttiva 2004/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 164 del 30.4.2004, pag. 114).
Direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna e che abroga la direttiva 82/714/CEE del Consiglio (GU L 389 del 30.12.2006, pag. 1).
Direttiva 2003/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, che modifica la direttiva 98/18/CE del Consiglio relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri (GU L 123 del 17.5.2003, pag. 18).
Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1).
Decisione 2008/164/CE della Commissione, del 21 dicembre 2007, relativa ad una specifica tecnica di interoperabilità concernente le persone a mobilità ridotta nel sistema ferroviario transeuropeo convenzionale e ad alta velocità (GU L 64 del 7.3.2008, pag. 72).
Direttiva 95/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 1995, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli ascensori (GU L 213 del 7.9.1995, pag. 1), modificata dalla direttiva 2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (GU L 157 del 9.6.2006, pag. 24).
Direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33).
Direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 51).
Direttiva 97/67/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 1997, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e il miglioramento della qualità del servizio (GU L 15 del 21.1.1998, pag. 14), modificata dalla direttiva 2002/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda l’ulteriore apertura alla concorrenza dei servizi postali della Comunità (GU L 176 del 5.7.2002, pag. 21) e modificata dalla direttiva 2008/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 2008, che modifica la direttiva 97/67/CE per quanto riguarda il pieno completamento del mercato interno dei servizi postali comunitari (GU L 52 del 27.2.2008, pag. 3).
Regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999 (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 25).
Direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 1).
Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114).
Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14), modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici (GU L 335 del 20.12.2007, pag. 31).
Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 33), modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici (GU L 335 del 20.12.2007, pag. 31).
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Vita indipendente e inclusione nella società, lavoro e occupazione
Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16).
Regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria) (GU L 214 del 9.8.2008, pag. 3).
Regolamento (CEE) n. 2289/83 della Commissione, del 29 luglio 1983, che determina le disposizioni d’applicazione degli articoli da 70 a 78 del regolamento (CEE) n. 918/83 del Consiglio relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (GU L 220 dell’11.8.1983, pag. 15).
Direttiva 83/181/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, che determina il campo di applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 77/388/CEE per quanto concerne l’esenzione dell’imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 38).
Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23).
Regolamento (CEE) n. 918/83 del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 1).
Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1), modificata dalla direttiva 2009/47/CE del Consiglio, del 5 maggio 2009, recante modifica della direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda le aliquote ridotte dell’imposta sul valore aggiunto (GU L 116 del 9.5.2009, pag. 18).
Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU L 277 del 21.10.2005, pag. 1).
Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51).
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Mobilità personale
Direttiva 91/439/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, concernente la patente di guida (GU L 237 del 24.8.1991, pag. 1).
Direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 18).
Direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri, che modifica il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio e la direttiva 91/439/CEE del Consiglio e che abroga la direttiva 76/914/CEE del Consiglio (GU L 226 del 10.9.2003, pag. 4).
Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e che abroga il regolamento (CEE) n. 295/91 (GU L 46 del 17.2.2004, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1107/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo (GU L 204 del 26.7.2006, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1899/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che modifica il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU L 377 del 27.12.2006, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1371/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 14).
Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 8/2008 della Commissione, dell’11 dicembre 2007, recante modifica del regolamento (CEE) n. 3922/91 per quanto riguarda i requisiti tecnici comuni e le procedure amministrative applicabili al trasporto commerciale mediante aeromobili (GU L 10 del 12.1.2008, pag. 1).
—
Accesso all’informazione
Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67), modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).
Direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 332 del 18.12.2007, pag. 27).
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10).
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
—
Statistiche e raccolta dei dati
Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
Regolamento (CE) n. 577/98 del Consiglio, del 9 marzo 1998, relativo all’organizzazione di un’indagine per campione sulle forze di lavoro nella Comunità (GU L 77 del 14.3.1998, pag. 3) con relativi regolamenti di applicazione.
Regolamento (CE) n. 1177/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, relativo alle statistiche comunitarie sul reddito e sulle condizioni di vita (EU-SILC) (GU L 165 del 3.7.2003, pag. 1) con relativi regolamenti di applicazione.
Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 aprile 2007, sul sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 3) con relativi regolamenti di applicazione.
Regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 70).
—
Cooperazione internazionale
Regolamento (CE) n. 1905/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (GU L 378 del 27.12.2006, pag. 41).
Regolamento (CE) n. 1889/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (GU L 386 del 29.12.2006, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 718/2007 della Commissione, del 12 giugno 2007, che attua il regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU L 170 del 29.6.2007, pag. 1).
(1) Regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità (GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1).
ALLEGATO III
RISERVA DELLA COMUNITÀ EUROPEA RELATIVA ALL’ARTICOLO 27, PARAGRAFO 1, DELLA CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ
La Comunità europea afferma che secondo la legislazione comunitaria (segnatamente la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro), gli Stati membri possono, nel caso, esprimere le proprie riserve in merito all’articolo 27, paragrafo 1, della convenzione sulla disabilità in quanto l’articolo 3, paragrafo 4, della suddetta direttiva del Consiglio conferisce loro il diritto di escludere la non discriminazione fondata sulla disabilità dal campo d’applicazione della direttiva per quanto riguarda l’impiego nelle forze armate. La Comunità dichiara pertanto di concludere la convenzione fatto salvo il diritto summenzionato, conferito agli Stati membri a norma della legislazione comunitaria.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Tutela dei diritti e delle libertà delle persone con disabilità a livello internazionale
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI E DELLA CONVENZIONE?
La decisione adotta per conto della Comunità Europea (ora UE) la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, inclusa nell’allegato alla decisione.
PUNTI CHIAVE
Questa convenzione internazionale mira a garantire che le persone con disabilità godano di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali.
A tal fine, la convenzione si basa su una serie di principi:il rispetto per la dignità, l’autonomia e l’indipendenza delle persone; la non discriminazione; la partecipazione e l’inclusione nella società; il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone; la parità di opportunità; l’accessibilità, soprattutto dei trasporti, dell’informazione e delle comunicazioni, delle apparecchiature e dei servizi pubblici nelle aree urbane e rurali; la parità tra uomini e donne; il rispetto per l’identità dei minori con disabilità e per lo sviluppo delle loro capacità. Gli Stati che sono parti contraenti della convenzione devono adottare tutte le misure necessarie per garantire il progressivo rispetto di questi principi. Essi si impegnano inoltre ad agire a favore dei diritti economici, sociali e culturali delle persone con disabilità.
Inoltre, le persone con disabilità devono essere consultate durante l’elaborazione e l’attuazione della legislazione e delle politiche che le riguardano.
Protezione contro le discriminazioni
Ogni forma di discriminazione fondata sulla disabilità è vietata, e le persone con disabilità ricevono una protezione giuridica effettiva sulla base dell’uguaglianza con le altre persone.
La convenzione contiene disposizioni specifiche relativamente a due gruppi di popolazione:le donne con disabilità, che sono soggette a discriminazioni multiple. Devono essere adottate misure per garantire il loro pieno sviluppo e la loro indipendenza; i minori con disabilità, che hanno diritto alla protezione del loro superiore interesse in caso di decisioni che li riguardano e godono anche del diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni e di ricevere un aiuto adeguato. Gli Stati che sono parti contraenti della convenzione si impegnano a combattere gli stereotipi e a fare conoscere meglio le capacità delle persone con disabilità.
Diritti riconosciuti dalla convenzione
La convenzione afferma una serie di diritti e di libertà che devono essere riconosciuti alle persone con disabilità. Si tratta in particolare:del diritto alla vita; della protezione in situazioni di rischio e di emergenza umanitaria; del riconoscimento della personalità e della capacità giuridica, soprattutto al fine di accedere alla proprietà e alla libera gestione finanziaria, sempre restando protetti dagli abusi; dell’accesso alla giustizia attraverso accomodamenti procedurali; della libertà e della sicurezza; del diritto di non essere sottoposti a tortura, a pene o trattamenti crudeli inumani o degradanti; del diritto di non essere sottoposti a sfruttamento, violenza e maltrattamenti; della protezione dell’integrità fisica e mentale; del diritto di circolare liberamente, di scegliere il luogo di residenza e la nazionalità; della vita indipendente e dell’inclusione nella società; della mobilità personale, in particolare attraverso apparati e tecnologie di supporto alla mobilità; della libertà di espressione e di accesso all’informazione; del rispetto della vita privata; del rispetto del domicilio e della vita familiare; del diritto all’istruzione; dell’accesso ai servizi sanitari; dell’abilitazione e della riabilitazione, attraverso la piena realizzazione del potenziale fisico, mentale, sociale e professionale; del diritto al lavoro, senza discriminazioni e in condizioni eque e favorevoli; del diritto ad adeguati livelli di vita e alla protezione sociale; della partecipazione alla vita politica e pubblica, comprese le votazioni e le elezioni; della partecipazione alla vita culturale e ricreativa, agli svaghi e allo sport. Applicazione della convenzione
Le azioni di cooperazione internazionale intraprese devono includere persone con disabilità, in particolare in partenariato con le organizzazioni internazionali e regionali competenti.
Gli Stati istituiscono uno o più punti di contatto responsabili dell’applicazione della convenzione e di informare il pubblico riguardo alla convenzione. Essi devono istituire un meccanismo indipendente di monitoraggio dell’attuazione della convenzione. La società civile deve essere pienamente coinvolta nel processo di monitoraggio delle azioni.
Infine, ogni Stato deve presentare un rapporto dettagliato sulle misure prese per adempiere ai propri obblighi, entro due anni dalla sua adesione alla convenzione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LA CONVENZIONE?
La decisione è stata applicata dal giovedì 26 novembre 2009. La convenzione è entrata in vigore il 3 maggio 2008 e viene applicata nell’UE dal 22 gennaio 2011.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Persone con disabilità (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (GU L 23 del 27.1.2010, pag. 35). |
Sostegno finanziario all’Ungheria
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito un sostegno finanziario all’Ungheria tra il 2008 e il 2010,
sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002 che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti.
PUNTI CHIAVE
Nel novembre 2008, l’UE ha stabilito che l’Ungheria avrebbe dovuto ricevere 20 miliardi di EUR per il periodo 2008-2009. Il finanziamento è stato erogato da:
UE: 6,5 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti;
Fondo monetario internazionale (FMI): circa 12,5 miliardi di euro;
Banca mondiale: 1 miliardo di euro.
In cambio dei prestiti, l’Ungheria ha accettato di fare progressi:
nel consolidamento fiscale* e nel controllo delle spese;
nella riforma della governance di bilancio;
nella stabilità dei prezzi;
nella stabilità del settore bancario;
nelle riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario;
in varie riforme strutturali.
Complessivamente l’Ungheria ha ricevuto 5,5 miliardi di euro dall’UE e 8,7 miliardi di euro dall’FMI. Non ha richiesto il sostegno della Banca mondiale.
Con la fine del programma nel novembre 2010, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese.
La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che l’Ungheria aveva rimborsato più del 70 % del prestito dell’UE.
Nel novembre 2011, l’Ungheria ha chiesto una seconda tornata di aiuti finanziari all’UE ma alla fine non si sono rivelati necessari perché il paese è stato in grado di finanziarsi da solo sui mercati internazionali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 5 novembre 2008.
CONTESTO
Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali.
Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro.
L’Ungheria ha avanzato una prima richiesta di assistenza nell’ottobre 2008 in seguito a gravi turbolenze sui mercati e alle difficoltà del governo a rifinanziare il proprio debito.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Assistenza per la bilancia dei pagamenti all’Ungheria» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Consolidamento fiscale: il processo di riduzione del disavanzo pubblico e dell’accumulo del debito.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/102/CE del Consiglio, del 4 novembre 2008, relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (GU L 37 del 6.2.2009, pagg. 5-6)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 1-3)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 4 novembre 2008
relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria
(2009/102/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF),
considerando quanto segue:
(1)
Con decisione 2009/103/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco all’Ungheria.
(2)
Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti l’Ungheria deve far fronte ad un fabbisogno di finanziamento esterno importante per il 2008 e il 2009 stimato in circa 20 miliardi di EUR, dato che a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e finanziario potrebbero registrare un importante deterioramento, con un accelerazione dei flussi netti in uscita dei portafogli di capitali.
(3)
È opportuno fornire all’Ungheria un sostegno comunitario fino a 6,5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che è stato istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. È opportuno che tale assistenza sia fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale di 10,5 miliardi di DSP (circa 12,5 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 novembre 2008. Anche la Banca mondiale ha accettato di fornire all’Ungheria un prestito di 1 miliardo di EUR.
(4)
È opportuno che l’assistenza sia gestita dalla Commissione, la quale, previa consultazione del CEF, dovrebbe convenire con le autorità ungheresi le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario. Tali condizioni dovrebbero essere fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie dovrebbero essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
(5)
È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Ungheria ed in questo modo contribuire all’attuazione del programma di politica economica del governo nell'ambito delle attuali condizioni economiche e finanziarie,
DECIDE:
Articolo 1
1. La Comunità mette a disposizione dell’Ungheria un prestito di medio termine per un importo massimo di 6,5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di cinque anni.
2. Questo sostegno finanziario della Comunità copre un periodo di due anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione.
Articolo 2
1. La Commissione gestisce l'assistenza in modo coerente con gli impegni dell’Ungheria e con le raccomandazioni del Consiglio, in particolare nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme, del programma di convergenza e della procedura relativa ai disavanzi eccessivi.
2. La Commissione concorda con le autorità ungheresi, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare l’assistenza finanziaria come previsto all’articolo 3, paragrafo 4. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Le condizioni finanziarie devono essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
3. La Commissione, in collaborazione con il CEF, verifica periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o la ristrutturazione delle condizioni finanziarie.
Articolo 3
1. La Commissione mette a disposizione il sostegno finanziario comunitario all’Ungheria in un massimo di cinque quote, la cui entità è fissata nel memorandum d’intesa.
2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa, nonché sulla base della proposta del Parlamento ungherese di modifiche legislative del progetto preliminare del bilancio 2009, che mira a raggiungere un deficit del 2,6 % del PIL e che comprende le misure di previsione degli obiettivi di bilancio.
3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata.
4. La Commissione, dopo aver ottenuto il parere del CEF, decide in merito allo svincolo delle quote successive. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo ungherese rafforzato dall'accordo dell’FMI e incluso altresì nel prossimo programma di convergenza dell’Ungheria ed in particolare nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa.
Tali condizioni politiche dovrebbero includere, tra l'altro:
a)
i progressi nel risanamento di bilancio previsto dal governo nell'ambito del nuovo programma che è in linea con la raccomandazione del Consiglio a titolo della procedura per i disavanzi eccessivi del 10 ottobre 2006, nonché con il parere del Consiglio del novembre 2007 relativo all’aggiornamento del programma di convergenza, con particolare riguardo agli obiettivi in materia di disavanzo per il 2009;
b)
misure specifiche di controllo della spesa sottostanti il programmato processo di risanamento;
c)
progressi nel processo di riforma della governance di bilancio attraverso il rafforzamento del quadro istituzionale e l'introduzione a medio termine di norme fiscali sulla falsariga del progetto preliminare attualmente in discussione dinanzi al Parlamento ungherese;
d)
riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario e miglioramento della capacità delle autorità di affrontare efficacemente questioni relative alla solvibilità e alla liquidità; e
e)
altre riforme strutturali sostenute nel contesto della strategia di Lisbona, come il rafforzamento degli incentivi a lavorare al fine di sostenere l’occupazione e contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine.
La Repubblica di Ungheria è destinataria della presente decisione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 4 novembre 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
A. VONDRA
(1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1.
(2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 4 novembre 2008
relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria
(2009/102/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF),
considerando quanto segue:
(1)
Con decisione 2009/103/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco all’Ungheria.
(2)
Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti l’Ungheria deve far fronte ad un fabbisogno di finanziamento esterno importante per il 2008 e il 2009 stimato in circa 20 miliardi di EUR, dato che a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e finanziario potrebbero registrare un importante deterioramento, con un accelerazione dei flussi netti in uscita dei portafogli di capitali.
(3)
È opportuno fornire all’Ungheria un sostegno comunitario fino a 6,5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che è stato istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. È opportuno che tale assistenza sia fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale di 10,5 miliardi di DSP (circa 12,5 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 novembre 2008. Anche la Banca mondiale ha accettato di fornire all’Ungheria un prestito di 1 miliardo di EUR.
(4)
È opportuno che l’assistenza sia gestita dalla Commissione, la quale, previa consultazione del CEF, dovrebbe convenire con le autorità ungheresi le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario. Tali condizioni dovrebbero essere fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie dovrebbero essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
(5)
È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Ungheria ed in questo modo contribuire all’attuazione del programma di politica economica del governo nell'ambito delle attuali condizioni economiche e finanziarie,
DECIDE:
Articolo 1
1. La Comunità mette a disposizione dell’Ungheria un prestito di medio termine per un importo massimo di 6,5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di cinque anni.
2. Questo sostegno finanziario della Comunità copre un periodo di due anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione.
Articolo 2
1. La Commissione gestisce l'assistenza in modo coerente con gli impegni dell’Ungheria e con le raccomandazioni del Consiglio, in particolare nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme, del programma di convergenza e della procedura relativa ai disavanzi eccessivi.
2. La Commissione concorda con le autorità ungheresi, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare l’assistenza finanziaria come previsto all’articolo 3, paragrafo 4. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Le condizioni finanziarie devono essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
3. La Commissione, in collaborazione con il CEF, verifica periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o la ristrutturazione delle condizioni finanziarie.
Articolo 3
1. La Commissione mette a disposizione il sostegno finanziario comunitario all’Ungheria in un massimo di cinque quote, la cui entità è fissata nel memorandum d’intesa.
2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa, nonché sulla base della proposta del Parlamento ungherese di modifiche legislative del progetto preliminare del bilancio 2009, che mira a raggiungere un deficit del 2,6 % del PIL e che comprende le misure di previsione degli obiettivi di bilancio.
3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata.
4. La Commissione, dopo aver ottenuto il parere del CEF, decide in merito allo svincolo delle quote successive. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo ungherese rafforzato dall'accordo dell’FMI e incluso altresì nel prossimo programma di convergenza dell’Ungheria ed in particolare nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa.
Tali condizioni politiche dovrebbero includere, tra l'altro:
a)
i progressi nel risanamento di bilancio previsto dal governo nell'ambito del nuovo programma che è in linea con la raccomandazione del Consiglio a titolo della procedura per i disavanzi eccessivi del 10 ottobre 2006, nonché con il parere del Consiglio del novembre 2007 relativo all’aggiornamento del programma di convergenza, con particolare riguardo agli obiettivi in materia di disavanzo per il 2009;
b)
misure specifiche di controllo della spesa sottostanti il programmato processo di risanamento;
c)
progressi nel processo di riforma della governance di bilancio attraverso il rafforzamento del quadro istituzionale e l'introduzione a medio termine di norme fiscali sulla falsariga del progetto preliminare attualmente in discussione dinanzi al Parlamento ungherese;
d)
riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario e miglioramento della capacità delle autorità di affrontare efficacemente questioni relative alla solvibilità e alla liquidità; e
e)
altre riforme strutturali sostenute nel contesto della strategia di Lisbona, come il rafforzamento degli incentivi a lavorare al fine di sostenere l’occupazione e contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine.
La Repubblica di Ungheria è destinataria della presente decisione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 4 novembre 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
A. VONDRA
(1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1.
(2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sostegno finanziario all’Ungheria
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito un sostegno finanziario all’Ungheria tra il 2008 e il 2010,
sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002 che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti.
PUNTI CHIAVE
Nel novembre 2008, l’UE ha stabilito che l’Ungheria avrebbe dovuto ricevere 20 miliardi di EUR per il periodo 2008-2009. Il finanziamento è stato erogato da:
UE: 6,5 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti;
Fondo monetario internazionale (FMI): circa 12,5 miliardi di euro;
Banca mondiale: 1 miliardo di euro.
In cambio dei prestiti, l’Ungheria ha accettato di fare progressi:
nel consolidamento fiscale* e nel controllo delle spese;
nella riforma della governance di bilancio;
nella stabilità dei prezzi;
nella stabilità del settore bancario;
nelle riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario;
in varie riforme strutturali.
Complessivamente l’Ungheria ha ricevuto 5,5 miliardi di euro dall’UE e 8,7 miliardi di euro dall’FMI. Non ha richiesto il sostegno della Banca mondiale.
Con la fine del programma nel novembre 2010, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese.
La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che l’Ungheria aveva rimborsato più del 70 % del prestito dell’UE.
Nel novembre 2011, l’Ungheria ha chiesto una seconda tornata di aiuti finanziari all’UE ma alla fine non si sono rivelati necessari perché il paese è stato in grado di finanziarsi da solo sui mercati internazionali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 5 novembre 2008.
CONTESTO
Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali.
Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro.
L’Ungheria ha avanzato una prima richiesta di assistenza nell’ottobre 2008 in seguito a gravi turbolenze sui mercati e alle difficoltà del governo a rifinanziare il proprio debito.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Assistenza per la bilancia dei pagamenti all’Ungheria» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Consolidamento fiscale: il processo di riduzione del disavanzo pubblico e dell’accumulo del debito.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/102/CE del Consiglio, del 4 novembre 2008, relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (GU L 37 del 6.2.2009, pagg. 5-6)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 1-3)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. |
Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e il Giappone
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO DI PARTENARIATO STRATEGICO (APS)?
L’APS è il primo accordo quadro bilaterale tre l’Unione europea e il Giappone. Ha lo scopo di assicurare una più stretta cooperazione politica ed economica su un ampio raggio di aspetti bilaterali, regionali e multilaterali.
Al di là della collaborazione in specifiche aree normative, l’APS sancisce l’impegno delle parti ad operare per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, e a promuovere valori e principi democratici comuni.
La decisione rende concluso l’accordo a nome dell’UE.
PUNTI CHIAVE
L’APS copre una vasta gamma di ambiti di collaborazione finalizzati a:promuovere la pace e la sicurezza, la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani, le libertà fondamentali, la cooperazione regionale ed interregionale e la riforma dell’ONU; affrontando:le armi di distruzione di massa,i crimini internazionali di grande portata,il terrorismo (incluse le sue fonti di finanziamento),i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari,il traffico illecito di armi leggere,la corruzione e crimine organizzato,il riciclaggio di denaro,le droghe illecite, ela criminalità informatica; supportare la gestione della crisi e dei disastri, le attività umanitarie, lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà; cooperare in diverse politiche interne qualiaffari economici, finanziari e giudiziariscienza, tecnologia e innovazionedogana, tassazione, energia, agricoltura e occupazione; scambiare valutazioni, informazioni e migliori prassi su temi quali il cambiamento del clima, lo spazio, la società dell’informazione e l’ambiente. L’APS da indicazioni su:un comitato congiunto per coordinamento generale del partenariato; una procedure par la risoluzione delle dispute.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Considerata l’importanza di attuare l’accordo quanto prima possibile, l’Unione ed il Giappone hanno concordato di applicare provvisoriamente un numero di articoli dell’accordo, in attesa della sua entrata in vigore. Tali articoli riguardano:le aree riguardanti la promozione della pace e della sicurezza; politiche in ambito di trasporto, turismo e ambiente; e la creazione di un comitato congiunto; L’accordo entrerà in vigore dopo il completamento delle procedure di ratifica dei paesi membri e dopo che il Parlamento europeo ha fornito il suo consenso.
CONTESTO
Parallelamente alla negoziazione dell’accordo strategico, il 29 novembre 2012 l’Unione ed i suoi paesi membri hanno aperto la negoziazione di un accordo di partnerariato economico con il Giapppone. Questa negoziazione è iniziata nell’aprile 2013. Il contenuto del primo accordo quadro bilaterale in assoluto tra l’Unione europea ed il Giappone è stato finalizzato nell’aprile 2018.
Il 26 giugno 2018, il Consiglio dell’Unione ha autorizzato la firma dell’accordo strategico di partenariato a nome dell’Unione. L’accordo è stato firmato dall Unione e dal Giappone al 25o summit UE-Giappone tenutosi in Tokyo il 17 luglio 2018. Anche l’accordo di partenariato economico UE-Giappone è stato firmato a Tokyo il 17 luglio 2018.
Per ulteriori informazioni consultare:L’Unione europea e il Giappone concludono la negoziazione dell’Accordo di partenariato strategico (Servizio europeo per l’azione esterna) Accordo di partenariato strategico UE-Giappone — scheda informativa (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2018/1197 del Consiglio, del 26 giugno 2018, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i paesi dell’UE, da una parte, e il Giappone, dall’altra (GU L 216 del 24.8.2018, pag. 1).
Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i paesi dell’UE, da una parte, e il Giappone, dall’altra (GU L 216 del 24.8.2018, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2018/966 del Consiglio, del 6 luglio 2018, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di partenariato economico tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 174 del 10.7.2018, pag. 1).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — Articolo 37 (ex articolo 24 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 36).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo III — Cooperazione con i paesi terzi e aiuti umanitari — Capo 2 — Cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi — Articolo 212 (ex articolo 181a del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 142). | ACCORDO DI PARTENARIATO STRATEGICO
tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Giappone, dall'altra
L'UNIONE EUROPEA, di seguito denominata «l'Unione»,
e
IL REGNO DEL BELGIO,
LA REPUBBLICA DI BULGARIA,
LA REPUBBLICA CECA,
IL REGNO DI DANIMARCA,
LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,
LA REPUBBLICA DI ESTONIA,
L'IRLANDA,
LA REPUBBLICA ELLENICA,
IL REGNO DI SPAGNA,
LA REPUBBLICA FRANCESE,
LA REPUBBLICA DI CROAZIA,
LA REPUBBLICA ITALIANA,
LA REPUBBLICA DI CIPRO,
LA REPUBBLICA DI LETTONIA,
LA REPUBBLICA DI LITUANIA,
IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,
L'UNGHERIA,
LA REPUBBLICA DI MALTA,
IL REGNO DEI PAESI BASSI,
LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,
LA REPUBBLICA DI POLONIA,
LA REPUBBLICA PORTOGHESE,
LA ROMANIA,
LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,
LA REPUBBLICA SLOVACCA,
LA REPUBBLICA DI FINLANDIA,
IL REGNO DI SVEZIA, e
IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,
parti contraenti del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di seguito «Stati membri»,
di seguito denominati «parte Unione»,
da un lato,
e
il GIAPPONE,
dall'altro,
di seguito denominati congiuntamente «parti»,
RIAFFERMANDO il loro impegno a favore dei valori e dei principi comuni, in particolare la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali, che sono alla base della loro cooperazione profonda e duratura in quanto partner strategici;
RICORDANDO i legami sempre più stretti che le uniscono dal 1991, anno della dichiarazione congiunta sulle relazioni tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e il Giappone;
DESIDEROSE di sfruttare e rafforzare il prezioso contributo dato alle loro relazioni dagli accordi esistenti tra di esse in diversi settori;
RICONOSCENDO che la sempre maggiore interdipendenza a livello mondiale impone di approfondire la cooperazione internazionale;
CONSAPEVOLI, in quanto partner che condividono la stessa visione, della responsabilità e dell'impegno comuni finalizzati all'instaurazione di un ordine internazionale equo e stabile, conformemente ai principi e alle finalità della Carta delle Nazioni Unite, al raggiungimento della pace, della stabilità e della prosperità nel mondo e alla sicurezza umana;
DETERMINATE a operare in stretta collaborazione per affrontare le grandi sfide mondiali che si pongono alla comunità internazionale, come la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il terrorismo, i cambiamenti climatici, la povertà e le malattie infettive, e le minacce all'interesse comune relative al settore marittimo, al ciberspazio e allo spazio extra-atmosferico;
CONVINTE inoltre che i crimini più gravi, motivo di preoccupazione per la comunità internazionale nel suo complesso, non devono rimanere impuniti;
DETERMINATE a rafforzare il loro partenariato globale mediante l'estensione dei vincoli politici, economici e culturali e la conclusione di accordi;
DETERMINATE inoltre a rafforzare la cooperazione e a mantenerne la coerenza globale, anche intensificando le consultazioni a tutti i livelli e intraprendendo azioni comuni su tutte le questioni di comune interesse;
PRENDENDO ATTO del fatto che, qualora le parti decidessero, nel quadro del presente accordo, di concludere accordi specifici riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia che debbano essere conclusi dall'Unione a norma della parte terza, titolo V, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, le disposizioni di tali futuri accordi non sarebbero vincolanti per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o per l'Irlanda a meno che l'Unione, contemporaneamente al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o all'Irlanda per quanto concerne le loro rispettive relazioni bilaterali precedenti, non notifichi al Giappone che tali accordi sono divenuti vincolanti per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o l'Irlanda, in quanto parti dell'Unione, conformemente al protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea;prendendo atto che qualsiasi ulteriore misura interna dell'Unione che dovesse essere adottata a norma del titolo V, parte terza, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea ai fini dell'attuazione del presente accordo non sarebbe vincolante per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o per l'Irlanda a meno che tali paesi non abbiano notificato la propria intenzione di aderire a tali misure o di accettarle in conformità al protocollo n. 21; e prendendo atto inoltre che tali futuri accordi specifici o tali successive misure interne dell'Unione rientrerebbero nell'ambito di applicazione del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Finalità e principi generali
1. Il presente accordo prevede che le parti:
a)
rafforzino il partenariato globale tra le parti intensificando la cooperazione politica e settoriale e le azioni congiunte su questioni di reciproco interesse, comprese le sfide regionali e mondiali;
b)
pongano basi giuridiche durature per intensificare la cooperazione bilaterale e la cooperazione nelle organizzazioni e nelle sedi internazionali e regionali;
c)
contribuiscano congiuntamente alla pace e alla stabilità internazionali promuovendo la risoluzione pacifica delle controversie conformemente ai principi della giustizia e del diritto internazionale;
d)
contribuiscano congiuntamente alla promozione dei valori e dei principi condivisi, in particolare la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali.
2. Per conseguire le finalità di cui al paragrafo 1, le parti attuano il presente accordo in base ai principi del rispetto reciproco, del partenariato equo e dell'osservanza del diritto internazionale.
3. Le parti rafforzano il loro partenariato attraverso il dialogo e la cooperazione sui temi di reciproco interesse riguardanti le questioni politiche, la politica estera e di sicurezza e la cooperazione in altri settori. A tal fine, le parti tengono riunioni a tutti i livelli (leader, ministri e alti funzionari) e promuovono scambi più ampi tra i loro cittadini e parlamenti.
Articolo 2
Democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali
1. Le parti continuano a sostenere i valori e i principi condivisi di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali su cui si basano le loro politiche interne e internazionali. A questo riguardo, le parti ribadiscono il rispetto della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei trattati internazionali pertinenti in materia di diritti umani di cui sono firmatarie.
2. Le parti promuovono detti valori e principi condivisi nei consessi internazionali. Le parti collaborano e assicurano, se del caso, il necessario coordinamento per promuovere e realizzare detti valori e principi, anche con i paesi terzi o all'interno di questi.
Articolo 3
Promozione della pace e della sicurezza
1. Le parti collaborano per promuovere la pace e la sicurezza a livello internazionale e regionale.
2. Le parti promuovono congiuntamente la risoluzione pacifica delle controversie, anche nelle rispettive regioni, e incoraggiano la comunità internazionale a risolvere le eventuali controversie con mezzi pacifici in conformità del diritto internazionale.
Articolo 4
Gestione delle crisi
Le parti intensificano gli scambi di opinioni e si sforzano di agire congiuntamente sulle questioni di comune interesse connesse alla gestione delle crisi e alla costruzione della pace, anche promuovendo posizioni comuni, collaborando in merito alle risoluzioni e alle decisioni nelle organizzazioni e nei consessi internazionali, sostenendo le iniziative nazionali dei paesi che escono da un conflitto finalizzate a una pace sostenibile e collaborando per realizzare operazioni di gestione delle crisi e altri programmi e progetti pertinenti.
Articolo 5
Armi di distruzione di massa
1. Le parti collaborano al rafforzamento del regime di non proliferazione e disarmo per impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, garantendo il pieno rispetto e l'attuazione degli obblighi assunti a norma del diritto internazionale, compresi gli accordi internazionali pertinenti e gli altri obblighi internazionali applicabili alle parti.
2. Le parti promuovono il trattato di non proliferazione delle armi nucleari), stipulato nelle città di Londra, Mosca e Washington il 1o luglio 1968 («trattato di non proliferazione») presupposto essenziale per la prosecuzione del disarmo nucleare, pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare e base per la promozione degli usi pacifici dell'energia nucleare. Le parti attuano inoltre politiche e continuano a contribuire attivamente agli sforzi profusi a livello mondiale per perseguire un mondo più sicuro per tutti, sottolineando l'importanza di affrontare tutte le sfide per il regime di non proliferazione e disarmo e la necessità di sostenere e rafforzare il trattato di non proliferazione e di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari, conformemente agli obiettivi del trattato di non proliferazione, in modo da promuovere la stabilità internazionale e in base al principio di un livello invariato di sicurezza per tutti.
3. Le parti continuano a contrastare la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, in particolare sviluppando e mantenendo un sistema efficace di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso e di beni e tecnologie connessi alle armi di distruzione di massa, compresi il controllo dell'uso finale e sanzioni efficaci in caso di violazione dei controlli all'esportazione.
4. Le parti mantengono e intensificano il dialogo in questo campo per consolidare i loro impegni come stabilito nel presente articolo.
Articolo 6
Armi convenzionali, comprese le armi leggere e di piccolo calibro
1. Le parti collaborano e assicurano il necessario coordinamento in materia di controllo dei trasferimenti di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso, a livello mondiale, regionale, subregionale e nazionale, onde evitarne la diversione, contribuire alla pace, alla sicurezza e alla stabilità e ridurre le sofferenze umane a ciascuno di questi livelli. Le parti definiscono e attuano le loro politiche di controllo dei trasferimenti in modo responsabile, tenendo debitamente conto delle reciproche preoccupazioni in materia di sicurezza, sia a livello mondiale che in relazione alle rispettive regioni e ad altre regioni.
2. Ribadendo i propri impegni a rispettare i quadri degli strumenti internazionali pertinenti, come il trattato sul commercio delle armi, stipulato a New York il 2 aprile 2013, il programma d'azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti e le risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite, le parti collaborano e assicurano, se del caso, il necessario coordinamento nell'ambito di questi strumenti per regolamentare il commercio internazionale nonché prevenire e porre fine al commercio illegale e alla diversione delle armi convenzionali, comprese le armi leggere e di piccolo calibro e le relative munizioni. La cooperazione ai sensi del presente paragrafo comprende, ove opportuno, la promozione dell'universalizzazione e il sostegno alla piena attuazione di detti quadri nei paesi terzi.
3. Le parti mantengono e intensificano il dialogo che accompagnerà e consoliderà i loro impegni a norma del presente articolo.
Articolo 7
Crimini gravi di rilevanza internazionale e Corte penale internazionale
1. Le parti collaborano per promuovere le indagini e le azioni penali riguardo ai crimini gravi di rilevanza internazionale, anche attraverso la Corte penale internazionale e, ove opportuno, i tribunali istituiti in conformità delle risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite.
2. Le parti collaborano per promuovere gli obiettivi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, firmato a Roma il 17 luglio 1998 («Statuto»). A tal fine esse:
a)
continuano a promuovere l'universalità dello Statuto, anche condividendo, ove opportuno, le esperienze nell'adozione delle misure necessarie per la sua conclusione e attuazione;
b)
salvaguardano l'integrità dello Statuto tutelandone i principi fondamentali;
c)
collaborano per aumentare ulteriormente l'efficacia della Corte penale internazionale.
Articolo 8
Lotta al terrorismo
1. Le parti collaborano a livello bilaterale, regionale e internazionale per prevenire e combattere il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni in conformità del diritto internazionale applicabile, compresi gli accordi internazionali connessi alla lotta contro il terrorismo, il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale in materia di diritti umani, applicabili alle parti, e nel rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
2. Le parti intensificano la cooperazione tenendo conto della strategia globale delle Nazioni Unite contro il terrorismo e delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
3. Le parti promuovono il dialogo e gli scambi di informazioni e opinioni su tutti gli atti di terrorismo, nonché sui relativi metodi e sulle pratiche correlate, pur rispettando la protezione della vita privata e dei dati personali conformemente al diritto internazionale e alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari.
Articolo 9
Mitigazione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari
1. Le parti intensificano la cooperazione in materia di prevenzione, riduzione e controllo dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari e di risposta a tali rischi.
2. Le parti intensificano la cooperazione per migliorare le capacità istituzionali dei paesi terzi a fini di gestione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari.
Articolo 10
Cooperazione internazionale e regionale e riforma delle Nazioni Unite
1. Per sostenere il loro impegno a favore di un multilateralismo efficace, le parti si adoperano per scambiare opinioni e intensificare la cooperazione nonché, ove opportuno, coordinare le loro posizioni nell'ambito delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni e sedi internazionali e regionali.
2. Le parti collaborano per promuovere la riforma delle Nazioni Unite nell'intento di migliorare l'efficienza, l'efficacia, la trasparenza, la rendicontabilità, la capacità e la rappresentatività dell'intero sistema delle Nazioni Unite, compreso il Consiglio di sicurezza.
Articolo 11
Politica di sviluppo
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni sulle politiche di sviluppo, anche attraverso un dialogo regolare, e, ove opportuno, coordinano le loro politiche specifiche in materia di sviluppo sostenibile ed eliminazione della povertà a livello mondiale.
2. Ove opportuno, le parti coordinano le loro posizioni sulle questioni connesse allo sviluppo nei consessi internazionali e regionali.
3. Le parti si sforzano di incoraggiare ulteriormente gli scambi di informazioni e la cooperazione tra le rispettive agenzie e i rispettivi ministeri per lo sviluppo nonché, se del caso, il coordinamento delle attività nazionali.
4. Le parti si adoperano inoltre per scambiare informazioni, migliori pratiche ed esperienze nel settore dell'assistenza allo sviluppo e si sforzano di collaborare per ridurre i flussi finanziari illeciti nonché per prevenire e combattere le irregolarità, le frodi, la corruzione e le altre attività illegali che ledono i loro interessi finanziari e quelli dei paesi beneficiari, a tutti i livelli.
Articolo 12
Gestione delle catastrofi e azione umanitaria
1. Le parti intensificano la cooperazione e, ove opportuno, promuovono il coordinamento a livello bilaterale, regionale e internazionale in materia di prevenzione, mitigazione, preparazione, risposta e ripresa post-catastrofe per ridurre i rischi di catastrofi e aumentare la resilienza in questo campo.
2. Le parti si sforzano di collaborare nell'ambito delle azioni umanitarie, comprese le operazioni di soccorso nei casi di emergenza, per fornire una risposta efficace e coordinata.
Articolo 13
Politica economica e finanziaria
1. Le parti intensificano gli scambi di informazioni e di esperienze per promuovere uno stretto coordinamento delle politiche a livello bilaterale e multilaterale a sostegno dei loro obiettivi condivisi di crescita sostenibile ed equilibrata, stimolare la creazione di posti di lavoro, correggere gli squilibri macroeconomici eccessivi e lottare contro tutte le forme di protezionismo.
2. Le parti intensificano gli scambi di informazioni sulle rispettive politiche e normative finanziarie, nell'intento di rafforzare la cooperazione per garantire la stabilità finanziaria e la sostenibilità di bilancio, anche migliorando il regime di regolamentazione e vigilanza in materia di contabilità, revisione contabile, banche, assicurazioni, mercati finanziari e altri comparti finanziari, a sostegno del lavoro svolto attualmente nelle organizzazioni e nei consessi internazionali pertinenti.
Articolo 14
Scienza, tecnologia e innovazione
In base all'accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone sulla cooperazione nel settore scientifico e tecnologico, firmato a Bruxelles il 30 novembre 2009, e alle sue eventuali modifiche, le parti intensificano la cooperazione in materia di scienza, tecnologia e innovazione, concentrandosi in modo particolare sulle priorità di reciproco interesse.
Articolo 15
Trasporti
1. Le parti perseguono la cooperazione intensificando gli scambi di informazioni e il dialogo sulle politiche e sulle prassi nel settore dei trasporti e in altri ambiti di reciproco interesse in relazione a tutti i modi di trasporto e coordinano, ove opportuno, le loro posizioni nei consessi internazionali che si occupano di trasporti.
2. La cooperazione di cui al paragrafo 1 riguarda i seguenti settori:
a)
aviazione (sicurezza aerea, gestione del traffico aereo, altre normative pertinenti ecc.) al fine di agevolare relazioni più ampie e reciprocamente vantaggiose in materia di trasporto aereo, anche perseguendo, ove opportuno, la cooperazione tecnica e normativa e altri accordi basati sul consenso e sull'interesse reciproco;
b)
trasporto marittimo; e
c)
trasporto ferroviario.
Articolo 16
Spazio extra-atmosferico
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche e attività nel settore spaziale.
2. Le parti si sforzano di collaborare ove opportuno, anche attraverso un dialogo regolare, ai fini dell'esplorazione e degli usi pacifico dello spazio extra-atmosferico. La cooperazione comprende la compatibilità reciproca dei loro sistemi di navigazione satellitare, l'osservazione e il monitoraggio della terra, i cambiamenti climatici, le scienze e le tecnologie spaziali, gli aspetti relativi alla sicurezza delle attività spaziali e altri ambiti di reciproco interesse.
Articolo 17
Cooperazione industriale
1. Le parti promuovono la cooperazione industriale per migliorare la competitività delle loro imprese. A tal fine, esse intensificano gli scambi di opinioni e di migliori pratiche sulle rispettive politiche industriali in ambiti quali l'innovazione, i cambiamenti climatici, l'efficienza energetica, la standardizzazione, la responsabilità sociale delle imprese, il miglioramento della competitività delle piccole e medie imprese e il sostegno all'internazionalizzazione di queste ultime.
2. Le parti agevolano le attività di cooperazione intraprese dai reciproci settori pubblico e privato per migliorare la competitività e la collaborazione delle rispettive imprese, anche attraverso il dialogo fra di esse.
Articolo 18
Dogane
Le parti intensificano la cooperazione in campo doganale, compresa l'agevolazione del commercio legittimo, garantendo al contempo controlli doganali efficaci e la conformità con le disposizioni legislative e regolamentari doganali in base all'accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone sulla cooperazione e sull'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale, firmato a Bruxelles il 30 gennaio 2008, e alle sue eventuali modifiche. Inoltre esse si scambiano opinioni e collaborano nei consessi internazionali pertinenti.
Articolo 19
Fiscalità
Nell'intento di promuovere la buona governance in materia fiscale, le parti si sforzano di intensificare la cooperazione in linea con le norme fiscali stabilite a livello internazionale, incoraggiando in particolare i paesi terzi ad aumentare la trasparenza, a garantire lo scambio delle informazioni e a eliminare le pratiche fiscali dannose.
Articolo 20
Turismo
Le parti intensificano la cooperazione per favorire lo sviluppo sostenibile del turismo e la maggiore competitività delle industrie turistiche, che possono contribuire alla crescita economica e agli scambi culturali e interpersonali.
Articolo 21
Società dell'informazione
Le parti si scambiano opinioni sulle rispettive politiche e normative riguardanti le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per intensificare la cooperazione negli ambiti fondamentali seguenti:
a)
comunicazioni elettroniche, comprese la gestione di Internet e la sicurezza online;
b)
interconnessione delle reti di ricerca, anche in un contesto regionale;
c)
promozione delle attività di ricerca e innovazione;
d)
standardizzazione e diffusione delle nuove tecnologie.
Articolo 22
Politica dei consumatori
Le parti promuovono dialogo e scambi di opinioni su politiche e disposizioni legislative e regolamentari volte a garantire un livello elevato di tutela dei consumatori e intensificano la cooperazione in ambiti fondamentali, quali la sicurezza dei prodotti, l'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari sulla tutela dei consumatori, l'educazione dei consumatori, il rafforzamento del loro potere e i mezzi di ricorso a loro disposizione.
Articolo 23
Ambiente
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni, di informazioni delle migliori pratiche, sulle politiche e normative ambientali e rafforzano la cooperazione in settori quali:
a)
l'uso efficiente delle risorse;
b)
la biodiversità;
c)
il consumo e la produzione sostenibili;
d)
le tecnologie, i beni e i servizi che promuovono la tutela dell'ambiente;
e)
la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste, compreso, ove opportuno, il disboscamento illegale;
f)
gli altri settori concordati durante il dialogo politico pertinente.
2. Le parti si sforzano di intensificare la cooperazione nell'ambito degli accordi e degli strumenti internazionali pertinenti eventualmente applicabili alle parti e nei consessi internazionali.
Articolo 24
Cambiamenti climatici
1. Riconoscendo la necessità di una riduzione urgente, profonda e sostenuta delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, in modo da mantenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e proseguire gli sforzi volti a limitare l'aumento della temperatura a 1,5 °C rispetto a detti livelli, le parti assumeranno un ruolo guida nella lotta contro i cambiamenti climatici e i loro effetti negativi, anche attraverso azioni a livello nazionale e internazionale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra di origine antropica. Le parti collaborano, ove opportuno, nell'ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stipulata a New York il 9 maggio 1992, per conseguire l'obiettivo della convenzione, attuando l'accordo di Parigi, stipulato a Parigi il 12 dicembre 2015, e potenziare il quadro giuridico multilaterale. Esse si sforzano inoltre di intensificare la cooperazione negli altri consessi internazionali pertinenti.
2. Nell'intento di promuovere lo sviluppo sostenibile, le parti perseguono inoltre la cooperazione intensificando gli scambi delle informazioni e delle migliori pratiche e promuovendo, ove opportuno, il coordinamento delle politiche sulle questioni di reciproco interesse attinenti ai cambiamenti climatici, fra cui:
a)
la mitigazione dei cambiamenti climatici, attraverso varie misure quali la ricerca e lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, meccanismi basati sul mercato e la riduzione degli inquinanti climatici a vita breve;
b)
l'adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici;
c)
l'assistenza ai paesi terzi.
Articolo 25
Politica urbana
Le parti intensificano gli scambi di esperienze e buone pratiche relative alle politiche urbane, in particolare per affrontare le sfide comuni in questo campo, comprese quelle derivanti dalle dinamiche demografiche e dai cambiamenti climatici. Ove opportuno, le parti incoraggiano inoltre questi scambi di esperienze e buone pratiche tra le amministrazioni locali o le autorità comunali.
Articolo 26
Energia
Le parti si sforzano di intensificare la cooperazione e, ove opportuno, il coordinamento nelle organizzazioni e nei consessi internazionali in materia di energia (sicurezza energetica, commercio e investimenti nel settore dell'energia a livello mondiale, funzionamento dei mercati mondiali dell'energia, tecnologie connesse all'energia).
Articolo 27
Agricoltura
1. Le parti intensificano la cooperazione sulle politiche relative all'agricoltura, allo sviluppo rurale e alla gestione delle foreste, comprese agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, integrazione dei requisiti ambientali nelle politiche agricola, politiche di sviluppo per le zone rurali, politiche di promozione e di qualità dei prodotti agroalimentari, comprese le indicazioni geografiche, produzione biologica, prospettive dell'agricoltura a livello internazionale, gestione sostenibile delle foreste e collegamenti tra le politiche in materia di agricoltura sostenibile, sviluppo rurale e silvicoltura, nonché su quelle relative all'ambiente e ai cambiamenti climatici.
2. Le parti intensificano la cooperazione sulla ricerca e sull'innovazione relative all'agricoltura e alla gestione delle foreste.
Articolo 28
Pesca
1. Le parti promuovono il dialogo e intensificano la cooperazione sulle politiche della pesca, secondo approcci precauzionali ed ecosistemici, per promuovere la conservazione a lungo termine, la gestione efficace e l'uso sostenibile delle risorse alieutiche in base alle migliori informazioni scientifiche disponibili.
2. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni e promuovono la cooperazione internazionale per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
3. Le parti intensificano la cooperazione nell'ambito delle competenti organizzazioni regionali di gestione della pesca.
Articolo 29
Affari marittimi
In conformità delle norme di diritto internazionale figuranti nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, stipulata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 («UNCLOS»), le parti promuovono il dialogo sugli affari marittimi, ne migliorano la comprensione reciproca e collaborano per promuovere:
a)
lo Stato di diritto in questo ambito, comprese le libertà di navigazione e di sorvolo e le altre libertà dell'alto mare di cui all'articolo 87 dell'UNCLOS;
b)
la conservazione a lungo termine, la gestione sostenibile e una migliore conoscenza degli ecosistemi e delle risorse non biologiche dei mari e degli oceani in conformità del diritto internazionale applicabile.
Articolo 30
Occupazione e affari sociali
1. Le parti intensificano la cooperazione in materia di occupazione, affari sociali e lavoro dignitoso, ad esempio per quanto riguarda le politiche occupazionali e i sistemi previdenziali nel contesto della dimensione sociale della globalizzazione e dei cambiamenti demografici, attraverso scambi di opinioni e di esperienze e, ove opportuno, attività di cooperazione sulle questioni di reciproco interesse.
2. Le parti si sforzano di rispettare, promuovere e applicare le norme sociali e del lavoro riconosciute a livello internazionale e di promuovere il lavoro dignitoso in base ai rispettivi impegni assunti nel quadro di strumenti internazionali pertinenti quali la dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro dell'Organizzazione internazionale del lavoro, adottata il 18 giugno 1998, e la dichiarazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa, adottata il 10 giugno 2008.
Articolo 31
Sanità
Le parti intensificano gli scambi di opinioni, informazioni ed esperienze in campo sanitario per affrontare in modo efficace i problemi sanitari a carattere transfrontaliero, in particolare collaborando per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili e non trasmissibili anche attraverso la promozione, ove opportuno, di accordi sanitari internazionali.
Articolo 32
Cooperazione giudiziaria
1. Le parti intensificano la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, soprattutto per quanto riguarda la promozione e l'efficacia delle convenzioni sulla cooperazione giudiziaria in materia civile.
2. Le parti intensificano la cooperazione giudiziaria in materia penale in base all'accordo tra l'Unione europea e il Giappone sull'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, firmato a Bruxelles il 30 novembre 2009 e a Tokyo il 15 dicembre 2009, e alle sue eventuali modifiche.
Articolo 33
Lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata
Le parti intensificano la cooperazione nel prevenire e combattere la corruzione e la criminalità organizzata transnazionale, compresi il traffico di armi da fuoco e la criminalità economica e finanziaria, anche attraverso la promozione, ove opportuno, di accordi internazionali pertinenti.
Articolo 34
Lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo
Le parti intensificano la cooperazione, anche attraverso scambi di informazioni, nell'impedire che i rispettivi sistemi finanziari siano utilizzati per il riciclaggio dei proventi di reato e il finanziamento del terrorismo, tenendo conto delle norme universalmente riconosciute nell'ambito degli organismi internazionali pertinenti, come il gruppo di azione finanziaria internazionale.
Articolo 35
Lotta contro le droghe illecite
Le parti intensificano la cooperazione in materia di prevenzione e lotta contro le droghe illecite al fine di:
a)
ridurre l'offerta, il traffico e la domanda di droghe illecite;
b)
prevenire l'utilizzazione abusiva di precursori per la produzione illecita di stupefacenti e sostanze psicotrope;
c)
tutelare la salute e il benessere dei cittadini;
d)
smantellare le reti criminali transnazionali coinvolte nel traffico di droga, in particolare per impedirne l'infiltrazione in attività commerciali e finanziarie lecite, anche attraverso gli scambi di informazioni e di migliori pratiche.
Articolo 36
Cooperazione sulle questioni riguardanti il ciberspazio
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche e attività relative alle questioni informatiche e incoraggiano tali scambi nei consessi internazionali e regionali.
2. Le parti intensificano la cooperazione per promuovere e tutelare i diritti umani e la libera circolazione delle informazioni nella massima misura possibile all'interno del ciberspazio. A tal fine, fermo restando che il diritto internazionale si applica nel ciberspazio, le parti collaborano, ove opportuno, nell'elaborare e sviluppare norme internazionali e promuovere la fiducia all'interno del ciberspazio.
3. Le parti collaborano, ove opportuno, per migliorare la capacità dei paesi terzi di potenziare la cibersicurezza e lottare contro la cibercriminalità.
4. Le parti intensificano la cooperazione nel prevenire e combattere la cibercriminalità, compresa la diffusione di contenuti illegali via Internet.
Articolo 37
Codici di prenotazione
Le parti si sforzano di utilizzare, in misura compatibile con le rispettive disposizioni legislative e regolamentari, gli strumenti disponibili, quali i codici di prenotazione, per prevenire e combattere gli atti di terrorismo e i reati gravi, pur rispettando il diritto alla privacy e la protezione dei dati personali.
Articolo 38
Migrazione
1. Le parti promuovono il dialogo sulle politiche in materia di migrazione, quali la migrazione legale, la migrazione irregolare, la tratta di esseri umani, l'asilo e la gestione delle frontiere, compresi i visti e la sicurezza dei documenti di viaggio, tenendo conto delle realtà socioeconomiche della migrazione.
2. Le parti intensificano la cooperazione per prevenire e controllare l'immigrazione irregolare, anche garantendo senza indebiti ritardi la riammissione dei propri cittadini e fornendo loro documenti di viaggio appropriati.
Articolo 39
Protezione dei dati personali
Le parti rafforzano la cooperazione per garantire un livello elevato di protezione dei dati personali.
Articolo 40
Istruzione, giovani e sport
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche in materia di istruzione, giovani e sport.
2. Ove opportuno, le parti incoraggiano le attività di cooperazione in materia di istruzione, giovani e sport, quali programmi congiunti e scambi di persone, di conoscenze e di esperienze.
Articolo 41
Cultura
1. Le parti si adoperano per rafforzare lo scambio di persone che svolgono attività relative alla cultura e di opere d'arte e per attuare, ove opportuno, iniziative congiunte in diversi ambiti culturali, comprese le opere audiovisive come i film.
2. Le parti incoraggiano il dialogo e la cooperazione tra le rispettive società civili e istituzioni negli ambiti culturali per rafforzare la conoscenza e la comprensione reciproche.
3. Le parti si sforzano di collaborare sulle questioni di reciproco interesse nei pertinenti consessi internazionali, in particolare l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, al fine di perseguire obiettivi comuni e di promuovere la diversità culturale e la tutela del patrimonio culturale.
Articolo 42
Comitato misto
1. È istituito un comitato misto composto da rappresentanti delle parti. Il comitato misto è copresieduto dai rappresentanti delle parti.
2. Il comitato misto:
a)
coordina il partenariato globale basato sul presente accordo;
b)
chiede, se del caso, informazioni ai comitati o ad altri organismi istituiti nell'ambito di altri accordi o intese tra le parti e scambia opinioni sulle questioni di comune interesse;
c)
decide in merito a settori di cooperazione aggiuntivi non elencati nel presente accordo, purché siano coerenti con gli obiettivi dello stesso;
d)
garantisce il buon funzionamento e l'attuazione efficace del presente accordo;
e)
si adopera per risolvere le controversie derivanti dall'interpretazione, dall'applicazione o dall'attuazione del presente accordo;
f)
è una sede in cui spiegare tutte le eventuali modifiche di politiche, programmi o competenze pertinenti per il presente accordo;
g)
formula raccomandazioni e adotta decisioni, se del caso, e agevola aspetti specifici della cooperazione basata sul presente accordo.
3. Il comitato misto adotta le proprie decisioni per consenso.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta all'anno, a turno a Tokyo e a Bruxelles. Esso si riunisce anche su richiesta di una delle parti.
5. Il comitato misto adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 43
Risoluzione delle controversie
1. Le parti intraprendono tutte le azioni generali o specifiche necessarie per rispettare i loro obblighi a norma del presente accordo in base ai principi del rispetto reciproco, del partenariato equo e dell'osservanza del diritto internazionale.
2. In caso di controversie relative all'interpretazione, all'applicazione o all'attuazione del presente accordo, le parti intensificano i loro sforzi di consultazione e cooperazione al fine di risolvere le controversie in modo tempestivo e amichevole.
3. Qualora una controversia non possa essere risolta a norma del paragrafo 2, ciascuna parte può chiedere che la controversia sia sottoposta al comitato misto per ulteriore discussione e studio.
4. Le parti considerano che un'inosservanza particolarmente grave e sostanziale degli obblighi di cui all'articolo 2, paragrafo 1, e all'articolo 5, paragrafo 1, elementi essenziali su cui si fonda la cooperazione a norma del presente accordo, la cui gravità e natura eccezionali minaccino la pace e la sicurezza e abbiano ripercussioni internazionali, può essere trattata come un caso di particolare urgenza.
5. Nell'improbabile e inattesa eventualità che nel territorio di una parte si verifichi un caso di particolare urgenza ai sensi del paragrafo 4, su richiesta dell'altra parte il comitato misto organizza una consultazione urgente entro 15 giorni.
Se non riesce a trovare una soluzione reciprocamente accettabile, il comitato misto indice urgentemente una riunione a livello ministeriale sulla questione.
6. In un caso di particolare urgenza per il quale non sia stata trovata una soluzione reciprocamente accettabile a livello ministeriale, la parte che ha presentato la richiesta di cui al paragrafo 5 può decidere di sospendere le disposizioni del presente accordo in conformità del diritto internazionale. Le parti prendono inoltre atto del fatto che la parte che ha presentato la richiesta di cui al paragrafo 5 può adottare altre misure appropriate al di fuori del quadro del presente accordo in conformità del diritto internazionale. La parte informa immediatamente, per iscritto, l'altra parte della propria decisione e applica la decisione per il periodo di tempo minimo necessario a risolvere la questione in modo accettabile per entrambe le parti.
7. Le parti seguono costantemente gli sviluppi del caso di particolare urgenza che ha motivato la decisione di sospendere le disposizioni del presente accordo. La parte che invoca la sospensione delle disposizioni del presente accordo la ritira non appena ciò sia giustificato e, comunque, non appena viene meno il carattere di particolare urgenza.
8. Il presente accordo non condiziona né pregiudica l'interpretazione o l'applicazione di altri accordi tra le parti. In particolare, le disposizioni sulla risoluzione delle controversie contenute nel presente accordo non sostituiscono né condizionano in alcun modo le disposizioni sulla risoluzione delle controversie di altri accordi tra le parti.
Articolo 44
Varie
La cooperazione e le azioni a norma del presente accordo sono attuate in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari delle parti.
Articolo 45
Definizione delle parti
Ai fini del presente accordo, per «parti» si intendono l'Unione o i suoi Stati membri oppure l'Unione e i suoi Stati membri, secondo le rispettive competenze, da un lato, e il Giappone, dall'altro.
Articolo 46
Divulgazione di informazioni
Nessuna disposizione del presente accordo deve essere interpretata come obbligo per una parte di fornire informazioni la cui divulgazione sia considerata contraria ai suoi interessi essenziali in materia di sicurezza.
Articolo 47
Entrata in vigore e applicazione in attesa dell'entrata in vigore
1. Il presente accordo è ratificato dal Giappone e approvato o ratificato dalla parte Unione secondo le rispettive procedure giuridiche applicabili. Lo strumento di ratifica del Giappone e lo strumento che conferma il completamento dell'approvazione e della ratifica a opera della parte Unione sono scambiati a Tokyo. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data dello scambio degli strumenti.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, l'Unione e il Giappone applicano le disposizioni degli articoli 1, 2, 3 e 4, dell'articolo 5, paragrafo 1, degli articoli 11, 12, 13, 14, 15 (a eccezione del paragrafo 2, lettera b)], 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 e 37, dell'articolo 38, paragrafo 1, degli articoli 39, 40, 41, 42 (a eccezione del paragrafo 2, lettera c)], 43, 44, 45, 46 e 47, dell'articolo 48, paragrafo 3, e degli articoli 49, 50 e 51 del presente accordo in attesa della sua entrata in vigore. L'applicazione inizia il primo giorno del secondo mese che segue la data in cui il Giappone notifica all'Unione di aver completato la ratifica oppure, se successiva, la data in cui l'Unione notifica al Giappone di aver completato la procedura giuridica applicabile necessaria a tale scopo. Le notifiche sono effettuate mediante note diplomatiche.
3. Le disposizioni del presente accordo da applicare in attesa dell'entrata in vigore del presente accordo a norma del paragrafo 2 hanno gli stessi effetti giuridici che avrebbero se il presente accordo fosse già in vigore tra le parti.
Articolo 48
Denuncia
1. Il presente accordo resta in vigore salvo denuncia ai sensi del paragrafo 2.
2. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la sua intenzione di denunciare il presente accordo. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data in cui l'altra parte ha ricevuto la notifica.
3. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la sua intenzione di porre fine all'applicazione in attesa dell'entrata in vigore di cui all'articolo 47, paragrafo 2. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data in cui l'altra parte ha ricevuto la notifica.
Articolo 49
Future adesioni all'Unione
1. L'Unione informa il Giappone di qualsiasi richiesta di adesione all'Unione presentata da un paese terzo.
2. Le parti discutono, anche in sede di comitato misto, su tutte le implicazioni che l'adesione del paese terzo all'Unione potrebbe avere per il presente accordo.
3. L'Unione informa il Giappone della firma e dell'entrata in vigore di un trattato relativo all'adesione di un paese terzo all'Unione.
Articolo 50
Applicazione territoriale
Il presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applicano il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, al territorio del Giappone.
Articolo 51
Testi facenti fede
Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede. Le parti sottopongono al comitato misto le eventuali divergenze tra le versioni del presente accordo.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti plenipotenziari, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente accordo.
Съставено в Токио на седемнадесети юли две хиляди и осемнадесета година.
Hecho en Tokio, el diecisiete de julio de dos mil dieciocho.
V Tokiu dne sedmnáctého července dva tisíce osmnáct.
Udfærdiget i Tokyo den syttende juli to tusind og atten.
Geschehen zu Tokyo am siebzehnten Juli zweitausendachtzehn.
Kahe tuhande kaheksateistkümnenda aasta juulikuu seitsmeteistkümnendal päeval Tōkyōs.
Έγινε στο Τόκιο, στις δεκαεπτά Ιουλίου δύο χιλιάδες δεκαοκτώ.
Done at Tokyo on the seventeenth day of July in the year two thousand and eighteen.
Fait à Tokyo, le dix-sept juillet deux mille dix-huit.
Sastavljeno u Tokiju sedamnaestog srpnja godine dvije tisuće osamnaeste.
Fatto a Tokyo, addì diciassette luglio duemiladiciotto.
Tokijā, divtūkstoš astoņpadsmitā gada septiņpadsmitajā jūlijā.
Priimta du tūkstančiai aštuonioliktų metų liepos septynioliktą dieną Tokijuje.
Kelt Tokióban, a kétezer-tizennyolcadik év július havának tizenhetedik napján.
Magħmul f'Tokyo fis-sbatax-il jum ta' Lulju fis-sena elfejn u tmintax.
Gedaan te Tokio, zeventien juli tweeduizend achttien.
Sporządzono w Tokio dnia siedemnastego lipca roku dwa tysiące osiemnastego.
Feito em Tóquio aos dezassete dias do mês de julho de dois mil e dezoito.
Întocmit la Tokyo la șaptesprezece iulie două mii optsprezece.
V Tokiu sedemnásteho júla dvetisícosemnásť.
V Tokiu, sedemnajstega julija leta dva tisoč osemnajst.
Tehty Tokiossa seitsemäntenätoista päivänä heinäkuuta vuonna kaksituhattakahdeksantoista.
Som skedde i Tokyo den sjuttonde juli år tjugohundraarton.
Voor het Koninkrijk België
Pour le Royaume de Belgique
Für das Königreich Belgien
Deze handtekening verbindt eveneens de Vlaamse Gemeenschap, de Franse Gemeenschap, de Duitstalige Gemeenschap, het Vlaamse Gewest, het Waalse Gewest en het Brussels Hoofdstedelijk Gewest.
Cette signature engage également la Communauté française, la Communauté flamande, la Communauté germanophone, la Région wallonne, la Région flamande et la Région de Bruxelles-Capitale.
Diese Unterschrift bindet zugleich die Deutschsprachige Gemeinschaft, die Flämische Gemeinschaft, die Französische Gemeinschaft, die Wallonische Region, die Flämische Region und die Region Brüssel-Hauptstadt.
За Република България
Za Českou republiku
For Kongeriget Danmark
Für die Bundesrepublik Deutschland
Eesti Vabariigi nimel
Thar cheann Na hÉireann
For Ireland
Για την Ελληνική Δημοκρατία
Por el Reino de España
Pour la République française
Za Republiku Hrvatsku
Per la Repubblica italiana
Για την Κυπριακή Δημοκρατία
Latvijas Republikas vārdā –
Lietuvos Respublikos vardu
Pour le Grand-Duché de Luxembourg
Magyarország részéről
Għar-Repubblika ta' Malta
Voor het Koninkrijk der Nederlanden
Für die Republik Österreich
W imieniu Rzeczypospolitej Polskiej
Pela República Portuguesa
Pentru România
Za Republiko Slovenijo
Za Slovenskú republiku
Suomen tasavallan puolesta
För Republiken Finland
För Konungariket Sverige
For the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
За Европейския съюз
Рог la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Za Europsku uniju
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | ACCORDO DI PARTENARIATO STRATEGICO
tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Giappone, dall'altra
L'UNIONE EUROPEA, di seguito denominata «l'Unione»,
e
IL REGNO DEL BELGIO,
LA REPUBBLICA DI BULGARIA,
LA REPUBBLICA CECA,
IL REGNO DI DANIMARCA,
LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,
LA REPUBBLICA DI ESTONIA,
L'IRLANDA,
LA REPUBBLICA ELLENICA,
IL REGNO DI SPAGNA,
LA REPUBBLICA FRANCESE,
LA REPUBBLICA DI CROAZIA,
LA REPUBBLICA ITALIANA,
LA REPUBBLICA DI CIPRO,
LA REPUBBLICA DI LETTONIA,
LA REPUBBLICA DI LITUANIA,
IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,
L'UNGHERIA,
LA REPUBBLICA DI MALTA,
IL REGNO DEI PAESI BASSI,
LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,
LA REPUBBLICA DI POLONIA,
LA REPUBBLICA PORTOGHESE,
LA ROMANIA,
LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,
LA REPUBBLICA SLOVACCA,
LA REPUBBLICA DI FINLANDIA,
IL REGNO DI SVEZIA, e
IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,
parti contraenti del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di seguito «Stati membri»,
di seguito denominati «parte Unione»,
da un lato,
e
il GIAPPONE,
dall'altro,
di seguito denominati congiuntamente «parti»,
RIAFFERMANDO il loro impegno a favore dei valori e dei principi comuni, in particolare la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali, che sono alla base della loro cooperazione profonda e duratura in quanto partner strategici;
RICORDANDO i legami sempre più stretti che le uniscono dal 1991, anno della dichiarazione congiunta sulle relazioni tra la Comunità europea e i suoi Stati membri e il Giappone;
DESIDEROSE di sfruttare e rafforzare il prezioso contributo dato alle loro relazioni dagli accordi esistenti tra di esse in diversi settori;
RICONOSCENDO che la sempre maggiore interdipendenza a livello mondiale impone di approfondire la cooperazione internazionale;
CONSAPEVOLI, in quanto partner che condividono la stessa visione, della responsabilità e dell'impegno comuni finalizzati all'instaurazione di un ordine internazionale equo e stabile, conformemente ai principi e alle finalità della Carta delle Nazioni Unite, al raggiungimento della pace, della stabilità e della prosperità nel mondo e alla sicurezza umana;
DETERMINATE a operare in stretta collaborazione per affrontare le grandi sfide mondiali che si pongono alla comunità internazionale, come la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il terrorismo, i cambiamenti climatici, la povertà e le malattie infettive, e le minacce all'interesse comune relative al settore marittimo, al ciberspazio e allo spazio extra-atmosferico;
CONVINTE inoltre che i crimini più gravi, motivo di preoccupazione per la comunità internazionale nel suo complesso, non devono rimanere impuniti;
DETERMINATE a rafforzare il loro partenariato globale mediante l'estensione dei vincoli politici, economici e culturali e la conclusione di accordi;
DETERMINATE inoltre a rafforzare la cooperazione e a mantenerne la coerenza globale, anche intensificando le consultazioni a tutti i livelli e intraprendendo azioni comuni su tutte le questioni di comune interesse;
PRENDENDO ATTO del fatto che, qualora le parti decidessero, nel quadro del presente accordo, di concludere accordi specifici riguardanti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia che debbano essere conclusi dall'Unione a norma della parte terza, titolo V, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, le disposizioni di tali futuri accordi non sarebbero vincolanti per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o per l'Irlanda a meno che l'Unione, contemporaneamente al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o all'Irlanda per quanto concerne le loro rispettive relazioni bilaterali precedenti, non notifichi al Giappone che tali accordi sono divenuti vincolanti per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o l'Irlanda, in quanto parti dell'Unione, conformemente al protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea;prendendo atto che qualsiasi ulteriore misura interna dell'Unione che dovesse essere adottata a norma del titolo V, parte terza, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea ai fini dell'attuazione del presente accordo non sarebbe vincolante per il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e/o per l'Irlanda a meno che tali paesi non abbiano notificato la propria intenzione di aderire a tali misure o di accettarle in conformità al protocollo n. 21; e prendendo atto inoltre che tali futuri accordi specifici o tali successive misure interne dell'Unione rientrerebbero nell'ambito di applicazione del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Finalità e principi generali
1. Il presente accordo prevede che le parti:
a)
rafforzino il partenariato globale tra le parti intensificando la cooperazione politica e settoriale e le azioni congiunte su questioni di reciproco interesse, comprese le sfide regionali e mondiali;
b)
pongano basi giuridiche durature per intensificare la cooperazione bilaterale e la cooperazione nelle organizzazioni e nelle sedi internazionali e regionali;
c)
contribuiscano congiuntamente alla pace e alla stabilità internazionali promuovendo la risoluzione pacifica delle controversie conformemente ai principi della giustizia e del diritto internazionale;
d)
contribuiscano congiuntamente alla promozione dei valori e dei principi condivisi, in particolare la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali.
2. Per conseguire le finalità di cui al paragrafo 1, le parti attuano il presente accordo in base ai principi del rispetto reciproco, del partenariato equo e dell'osservanza del diritto internazionale.
3. Le parti rafforzano il loro partenariato attraverso il dialogo e la cooperazione sui temi di reciproco interesse riguardanti le questioni politiche, la politica estera e di sicurezza e la cooperazione in altri settori. A tal fine, le parti tengono riunioni a tutti i livelli (leader, ministri e alti funzionari) e promuovono scambi più ampi tra i loro cittadini e parlamenti.
Articolo 2
Democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali
1. Le parti continuano a sostenere i valori e i principi condivisi di democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali su cui si basano le loro politiche interne e internazionali. A questo riguardo, le parti ribadiscono il rispetto della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dei trattati internazionali pertinenti in materia di diritti umani di cui sono firmatarie.
2. Le parti promuovono detti valori e principi condivisi nei consessi internazionali. Le parti collaborano e assicurano, se del caso, il necessario coordinamento per promuovere e realizzare detti valori e principi, anche con i paesi terzi o all'interno di questi.
Articolo 3
Promozione della pace e della sicurezza
1. Le parti collaborano per promuovere la pace e la sicurezza a livello internazionale e regionale.
2. Le parti promuovono congiuntamente la risoluzione pacifica delle controversie, anche nelle rispettive regioni, e incoraggiano la comunità internazionale a risolvere le eventuali controversie con mezzi pacifici in conformità del diritto internazionale.
Articolo 4
Gestione delle crisi
Le parti intensificano gli scambi di opinioni e si sforzano di agire congiuntamente sulle questioni di comune interesse connesse alla gestione delle crisi e alla costruzione della pace, anche promuovendo posizioni comuni, collaborando in merito alle risoluzioni e alle decisioni nelle organizzazioni e nei consessi internazionali, sostenendo le iniziative nazionali dei paesi che escono da un conflitto finalizzate a una pace sostenibile e collaborando per realizzare operazioni di gestione delle crisi e altri programmi e progetti pertinenti.
Articolo 5
Armi di distruzione di massa
1. Le parti collaborano al rafforzamento del regime di non proliferazione e disarmo per impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, garantendo il pieno rispetto e l'attuazione degli obblighi assunti a norma del diritto internazionale, compresi gli accordi internazionali pertinenti e gli altri obblighi internazionali applicabili alle parti.
2. Le parti promuovono il trattato di non proliferazione delle armi nucleari), stipulato nelle città di Londra, Mosca e Washington il 1o luglio 1968 («trattato di non proliferazione») presupposto essenziale per la prosecuzione del disarmo nucleare, pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare e base per la promozione degli usi pacifici dell'energia nucleare. Le parti attuano inoltre politiche e continuano a contribuire attivamente agli sforzi profusi a livello mondiale per perseguire un mondo più sicuro per tutti, sottolineando l'importanza di affrontare tutte le sfide per il regime di non proliferazione e disarmo e la necessità di sostenere e rafforzare il trattato di non proliferazione e di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari, conformemente agli obiettivi del trattato di non proliferazione, in modo da promuovere la stabilità internazionale e in base al principio di un livello invariato di sicurezza per tutti.
3. Le parti continuano a contrastare la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, in particolare sviluppando e mantenendo un sistema efficace di controllo delle esportazioni di prodotti a duplice uso e di beni e tecnologie connessi alle armi di distruzione di massa, compresi il controllo dell'uso finale e sanzioni efficaci in caso di violazione dei controlli all'esportazione.
4. Le parti mantengono e intensificano il dialogo in questo campo per consolidare i loro impegni come stabilito nel presente articolo.
Articolo 6
Armi convenzionali, comprese le armi leggere e di piccolo calibro
1. Le parti collaborano e assicurano il necessario coordinamento in materia di controllo dei trasferimenti di armi convenzionali e di beni e tecnologie a duplice uso, a livello mondiale, regionale, subregionale e nazionale, onde evitarne la diversione, contribuire alla pace, alla sicurezza e alla stabilità e ridurre le sofferenze umane a ciascuno di questi livelli. Le parti definiscono e attuano le loro politiche di controllo dei trasferimenti in modo responsabile, tenendo debitamente conto delle reciproche preoccupazioni in materia di sicurezza, sia a livello mondiale che in relazione alle rispettive regioni e ad altre regioni.
2. Ribadendo i propri impegni a rispettare i quadri degli strumenti internazionali pertinenti, come il trattato sul commercio delle armi, stipulato a New York il 2 aprile 2013, il programma d'azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti e le risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite, le parti collaborano e assicurano, se del caso, il necessario coordinamento nell'ambito di questi strumenti per regolamentare il commercio internazionale nonché prevenire e porre fine al commercio illegale e alla diversione delle armi convenzionali, comprese le armi leggere e di piccolo calibro e le relative munizioni. La cooperazione ai sensi del presente paragrafo comprende, ove opportuno, la promozione dell'universalizzazione e il sostegno alla piena attuazione di detti quadri nei paesi terzi.
3. Le parti mantengono e intensificano il dialogo che accompagnerà e consoliderà i loro impegni a norma del presente articolo.
Articolo 7
Crimini gravi di rilevanza internazionale e Corte penale internazionale
1. Le parti collaborano per promuovere le indagini e le azioni penali riguardo ai crimini gravi di rilevanza internazionale, anche attraverso la Corte penale internazionale e, ove opportuno, i tribunali istituiti in conformità delle risoluzioni pertinenti delle Nazioni Unite.
2. Le parti collaborano per promuovere gli obiettivi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, firmato a Roma il 17 luglio 1998 («Statuto»). A tal fine esse:
a)
continuano a promuovere l'universalità dello Statuto, anche condividendo, ove opportuno, le esperienze nell'adozione delle misure necessarie per la sua conclusione e attuazione;
b)
salvaguardano l'integrità dello Statuto tutelandone i principi fondamentali;
c)
collaborano per aumentare ulteriormente l'efficacia della Corte penale internazionale.
Articolo 8
Lotta al terrorismo
1. Le parti collaborano a livello bilaterale, regionale e internazionale per prevenire e combattere il terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni in conformità del diritto internazionale applicabile, compresi gli accordi internazionali connessi alla lotta contro il terrorismo, il diritto umanitario internazionale e il diritto internazionale in materia di diritti umani, applicabili alle parti, e nel rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
2. Le parti intensificano la cooperazione tenendo conto della strategia globale delle Nazioni Unite contro il terrorismo e delle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
3. Le parti promuovono il dialogo e gli scambi di informazioni e opinioni su tutti gli atti di terrorismo, nonché sui relativi metodi e sulle pratiche correlate, pur rispettando la protezione della vita privata e dei dati personali conformemente al diritto internazionale e alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari.
Articolo 9
Mitigazione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari
1. Le parti intensificano la cooperazione in materia di prevenzione, riduzione e controllo dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari e di risposta a tali rischi.
2. Le parti intensificano la cooperazione per migliorare le capacità istituzionali dei paesi terzi a fini di gestione dei rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari.
Articolo 10
Cooperazione internazionale e regionale e riforma delle Nazioni Unite
1. Per sostenere il loro impegno a favore di un multilateralismo efficace, le parti si adoperano per scambiare opinioni e intensificare la cooperazione nonché, ove opportuno, coordinare le loro posizioni nell'ambito delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni e sedi internazionali e regionali.
2. Le parti collaborano per promuovere la riforma delle Nazioni Unite nell'intento di migliorare l'efficienza, l'efficacia, la trasparenza, la rendicontabilità, la capacità e la rappresentatività dell'intero sistema delle Nazioni Unite, compreso il Consiglio di sicurezza.
Articolo 11
Politica di sviluppo
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni sulle politiche di sviluppo, anche attraverso un dialogo regolare, e, ove opportuno, coordinano le loro politiche specifiche in materia di sviluppo sostenibile ed eliminazione della povertà a livello mondiale.
2. Ove opportuno, le parti coordinano le loro posizioni sulle questioni connesse allo sviluppo nei consessi internazionali e regionali.
3. Le parti si sforzano di incoraggiare ulteriormente gli scambi di informazioni e la cooperazione tra le rispettive agenzie e i rispettivi ministeri per lo sviluppo nonché, se del caso, il coordinamento delle attività nazionali.
4. Le parti si adoperano inoltre per scambiare informazioni, migliori pratiche ed esperienze nel settore dell'assistenza allo sviluppo e si sforzano di collaborare per ridurre i flussi finanziari illeciti nonché per prevenire e combattere le irregolarità, le frodi, la corruzione e le altre attività illegali che ledono i loro interessi finanziari e quelli dei paesi beneficiari, a tutti i livelli.
Articolo 12
Gestione delle catastrofi e azione umanitaria
1. Le parti intensificano la cooperazione e, ove opportuno, promuovono il coordinamento a livello bilaterale, regionale e internazionale in materia di prevenzione, mitigazione, preparazione, risposta e ripresa post-catastrofe per ridurre i rischi di catastrofi e aumentare la resilienza in questo campo.
2. Le parti si sforzano di collaborare nell'ambito delle azioni umanitarie, comprese le operazioni di soccorso nei casi di emergenza, per fornire una risposta efficace e coordinata.
Articolo 13
Politica economica e finanziaria
1. Le parti intensificano gli scambi di informazioni e di esperienze per promuovere uno stretto coordinamento delle politiche a livello bilaterale e multilaterale a sostegno dei loro obiettivi condivisi di crescita sostenibile ed equilibrata, stimolare la creazione di posti di lavoro, correggere gli squilibri macroeconomici eccessivi e lottare contro tutte le forme di protezionismo.
2. Le parti intensificano gli scambi di informazioni sulle rispettive politiche e normative finanziarie, nell'intento di rafforzare la cooperazione per garantire la stabilità finanziaria e la sostenibilità di bilancio, anche migliorando il regime di regolamentazione e vigilanza in materia di contabilità, revisione contabile, banche, assicurazioni, mercati finanziari e altri comparti finanziari, a sostegno del lavoro svolto attualmente nelle organizzazioni e nei consessi internazionali pertinenti.
Articolo 14
Scienza, tecnologia e innovazione
In base all'accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone sulla cooperazione nel settore scientifico e tecnologico, firmato a Bruxelles il 30 novembre 2009, e alle sue eventuali modifiche, le parti intensificano la cooperazione in materia di scienza, tecnologia e innovazione, concentrandosi in modo particolare sulle priorità di reciproco interesse.
Articolo 15
Trasporti
1. Le parti perseguono la cooperazione intensificando gli scambi di informazioni e il dialogo sulle politiche e sulle prassi nel settore dei trasporti e in altri ambiti di reciproco interesse in relazione a tutti i modi di trasporto e coordinano, ove opportuno, le loro posizioni nei consessi internazionali che si occupano di trasporti.
2. La cooperazione di cui al paragrafo 1 riguarda i seguenti settori:
a)
aviazione (sicurezza aerea, gestione del traffico aereo, altre normative pertinenti ecc.) al fine di agevolare relazioni più ampie e reciprocamente vantaggiose in materia di trasporto aereo, anche perseguendo, ove opportuno, la cooperazione tecnica e normativa e altri accordi basati sul consenso e sull'interesse reciproco;
b)
trasporto marittimo; e
c)
trasporto ferroviario.
Articolo 16
Spazio extra-atmosferico
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche e attività nel settore spaziale.
2. Le parti si sforzano di collaborare ove opportuno, anche attraverso un dialogo regolare, ai fini dell'esplorazione e degli usi pacifico dello spazio extra-atmosferico. La cooperazione comprende la compatibilità reciproca dei loro sistemi di navigazione satellitare, l'osservazione e il monitoraggio della terra, i cambiamenti climatici, le scienze e le tecnologie spaziali, gli aspetti relativi alla sicurezza delle attività spaziali e altri ambiti di reciproco interesse.
Articolo 17
Cooperazione industriale
1. Le parti promuovono la cooperazione industriale per migliorare la competitività delle loro imprese. A tal fine, esse intensificano gli scambi di opinioni e di migliori pratiche sulle rispettive politiche industriali in ambiti quali l'innovazione, i cambiamenti climatici, l'efficienza energetica, la standardizzazione, la responsabilità sociale delle imprese, il miglioramento della competitività delle piccole e medie imprese e il sostegno all'internazionalizzazione di queste ultime.
2. Le parti agevolano le attività di cooperazione intraprese dai reciproci settori pubblico e privato per migliorare la competitività e la collaborazione delle rispettive imprese, anche attraverso il dialogo fra di esse.
Articolo 18
Dogane
Le parti intensificano la cooperazione in campo doganale, compresa l'agevolazione del commercio legittimo, garantendo al contempo controlli doganali efficaci e la conformità con le disposizioni legislative e regolamentari doganali in base all'accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone sulla cooperazione e sull'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale, firmato a Bruxelles il 30 gennaio 2008, e alle sue eventuali modifiche. Inoltre esse si scambiano opinioni e collaborano nei consessi internazionali pertinenti.
Articolo 19
Fiscalità
Nell'intento di promuovere la buona governance in materia fiscale, le parti si sforzano di intensificare la cooperazione in linea con le norme fiscali stabilite a livello internazionale, incoraggiando in particolare i paesi terzi ad aumentare la trasparenza, a garantire lo scambio delle informazioni e a eliminare le pratiche fiscali dannose.
Articolo 20
Turismo
Le parti intensificano la cooperazione per favorire lo sviluppo sostenibile del turismo e la maggiore competitività delle industrie turistiche, che possono contribuire alla crescita economica e agli scambi culturali e interpersonali.
Articolo 21
Società dell'informazione
Le parti si scambiano opinioni sulle rispettive politiche e normative riguardanti le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per intensificare la cooperazione negli ambiti fondamentali seguenti:
a)
comunicazioni elettroniche, comprese la gestione di Internet e la sicurezza online;
b)
interconnessione delle reti di ricerca, anche in un contesto regionale;
c)
promozione delle attività di ricerca e innovazione;
d)
standardizzazione e diffusione delle nuove tecnologie.
Articolo 22
Politica dei consumatori
Le parti promuovono dialogo e scambi di opinioni su politiche e disposizioni legislative e regolamentari volte a garantire un livello elevato di tutela dei consumatori e intensificano la cooperazione in ambiti fondamentali, quali la sicurezza dei prodotti, l'applicazione delle disposizioni legislative e regolamentari sulla tutela dei consumatori, l'educazione dei consumatori, il rafforzamento del loro potere e i mezzi di ricorso a loro disposizione.
Articolo 23
Ambiente
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni, di informazioni delle migliori pratiche, sulle politiche e normative ambientali e rafforzano la cooperazione in settori quali:
a)
l'uso efficiente delle risorse;
b)
la biodiversità;
c)
il consumo e la produzione sostenibili;
d)
le tecnologie, i beni e i servizi che promuovono la tutela dell'ambiente;
e)
la conservazione e la gestione sostenibile delle foreste, compreso, ove opportuno, il disboscamento illegale;
f)
gli altri settori concordati durante il dialogo politico pertinente.
2. Le parti si sforzano di intensificare la cooperazione nell'ambito degli accordi e degli strumenti internazionali pertinenti eventualmente applicabili alle parti e nei consessi internazionali.
Articolo 24
Cambiamenti climatici
1. Riconoscendo la necessità di una riduzione urgente, profonda e sostenuta delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, in modo da mantenere l'aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e proseguire gli sforzi volti a limitare l'aumento della temperatura a 1,5 °C rispetto a detti livelli, le parti assumeranno un ruolo guida nella lotta contro i cambiamenti climatici e i loro effetti negativi, anche attraverso azioni a livello nazionale e internazionale per ridurre le emissioni di gas a effetto serra di origine antropica. Le parti collaborano, ove opportuno, nell'ambito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, stipulata a New York il 9 maggio 1992, per conseguire l'obiettivo della convenzione, attuando l'accordo di Parigi, stipulato a Parigi il 12 dicembre 2015, e potenziare il quadro giuridico multilaterale. Esse si sforzano inoltre di intensificare la cooperazione negli altri consessi internazionali pertinenti.
2. Nell'intento di promuovere lo sviluppo sostenibile, le parti perseguono inoltre la cooperazione intensificando gli scambi delle informazioni e delle migliori pratiche e promuovendo, ove opportuno, il coordinamento delle politiche sulle questioni di reciproco interesse attinenti ai cambiamenti climatici, fra cui:
a)
la mitigazione dei cambiamenti climatici, attraverso varie misure quali la ricerca e lo sviluppo di tecnologie a basse emissioni di carbonio, meccanismi basati sul mercato e la riduzione degli inquinanti climatici a vita breve;
b)
l'adattamento agli effetti negativi dei cambiamenti climatici;
c)
l'assistenza ai paesi terzi.
Articolo 25
Politica urbana
Le parti intensificano gli scambi di esperienze e buone pratiche relative alle politiche urbane, in particolare per affrontare le sfide comuni in questo campo, comprese quelle derivanti dalle dinamiche demografiche e dai cambiamenti climatici. Ove opportuno, le parti incoraggiano inoltre questi scambi di esperienze e buone pratiche tra le amministrazioni locali o le autorità comunali.
Articolo 26
Energia
Le parti si sforzano di intensificare la cooperazione e, ove opportuno, il coordinamento nelle organizzazioni e nei consessi internazionali in materia di energia (sicurezza energetica, commercio e investimenti nel settore dell'energia a livello mondiale, funzionamento dei mercati mondiali dell'energia, tecnologie connesse all'energia).
Articolo 27
Agricoltura
1. Le parti intensificano la cooperazione sulle politiche relative all'agricoltura, allo sviluppo rurale e alla gestione delle foreste, comprese agricoltura sostenibile, sicurezza alimentare, integrazione dei requisiti ambientali nelle politiche agricola, politiche di sviluppo per le zone rurali, politiche di promozione e di qualità dei prodotti agroalimentari, comprese le indicazioni geografiche, produzione biologica, prospettive dell'agricoltura a livello internazionale, gestione sostenibile delle foreste e collegamenti tra le politiche in materia di agricoltura sostenibile, sviluppo rurale e silvicoltura, nonché su quelle relative all'ambiente e ai cambiamenti climatici.
2. Le parti intensificano la cooperazione sulla ricerca e sull'innovazione relative all'agricoltura e alla gestione delle foreste.
Articolo 28
Pesca
1. Le parti promuovono il dialogo e intensificano la cooperazione sulle politiche della pesca, secondo approcci precauzionali ed ecosistemici, per promuovere la conservazione a lungo termine, la gestione efficace e l'uso sostenibile delle risorse alieutiche in base alle migliori informazioni scientifiche disponibili.
2. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni e promuovono la cooperazione internazionale per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
3. Le parti intensificano la cooperazione nell'ambito delle competenti organizzazioni regionali di gestione della pesca.
Articolo 29
Affari marittimi
In conformità delle norme di diritto internazionale figuranti nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, stipulata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 («UNCLOS»), le parti promuovono il dialogo sugli affari marittimi, ne migliorano la comprensione reciproca e collaborano per promuovere:
a)
lo Stato di diritto in questo ambito, comprese le libertà di navigazione e di sorvolo e le altre libertà dell'alto mare di cui all'articolo 87 dell'UNCLOS;
b)
la conservazione a lungo termine, la gestione sostenibile e una migliore conoscenza degli ecosistemi e delle risorse non biologiche dei mari e degli oceani in conformità del diritto internazionale applicabile.
Articolo 30
Occupazione e affari sociali
1. Le parti intensificano la cooperazione in materia di occupazione, affari sociali e lavoro dignitoso, ad esempio per quanto riguarda le politiche occupazionali e i sistemi previdenziali nel contesto della dimensione sociale della globalizzazione e dei cambiamenti demografici, attraverso scambi di opinioni e di esperienze e, ove opportuno, attività di cooperazione sulle questioni di reciproco interesse.
2. Le parti si sforzano di rispettare, promuovere e applicare le norme sociali e del lavoro riconosciute a livello internazionale e di promuovere il lavoro dignitoso in base ai rispettivi impegni assunti nel quadro di strumenti internazionali pertinenti quali la dichiarazione sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro dell'Organizzazione internazionale del lavoro, adottata il 18 giugno 1998, e la dichiarazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sulla giustizia sociale per una globalizzazione equa, adottata il 10 giugno 2008.
Articolo 31
Sanità
Le parti intensificano gli scambi di opinioni, informazioni ed esperienze in campo sanitario per affrontare in modo efficace i problemi sanitari a carattere transfrontaliero, in particolare collaborando per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili e non trasmissibili anche attraverso la promozione, ove opportuno, di accordi sanitari internazionali.
Articolo 32
Cooperazione giudiziaria
1. Le parti intensificano la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, soprattutto per quanto riguarda la promozione e l'efficacia delle convenzioni sulla cooperazione giudiziaria in materia civile.
2. Le parti intensificano la cooperazione giudiziaria in materia penale in base all'accordo tra l'Unione europea e il Giappone sull'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, firmato a Bruxelles il 30 novembre 2009 e a Tokyo il 15 dicembre 2009, e alle sue eventuali modifiche.
Articolo 33
Lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata
Le parti intensificano la cooperazione nel prevenire e combattere la corruzione e la criminalità organizzata transnazionale, compresi il traffico di armi da fuoco e la criminalità economica e finanziaria, anche attraverso la promozione, ove opportuno, di accordi internazionali pertinenti.
Articolo 34
Lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo
Le parti intensificano la cooperazione, anche attraverso scambi di informazioni, nell'impedire che i rispettivi sistemi finanziari siano utilizzati per il riciclaggio dei proventi di reato e il finanziamento del terrorismo, tenendo conto delle norme universalmente riconosciute nell'ambito degli organismi internazionali pertinenti, come il gruppo di azione finanziaria internazionale.
Articolo 35
Lotta contro le droghe illecite
Le parti intensificano la cooperazione in materia di prevenzione e lotta contro le droghe illecite al fine di:
a)
ridurre l'offerta, il traffico e la domanda di droghe illecite;
b)
prevenire l'utilizzazione abusiva di precursori per la produzione illecita di stupefacenti e sostanze psicotrope;
c)
tutelare la salute e il benessere dei cittadini;
d)
smantellare le reti criminali transnazionali coinvolte nel traffico di droga, in particolare per impedirne l'infiltrazione in attività commerciali e finanziarie lecite, anche attraverso gli scambi di informazioni e di migliori pratiche.
Articolo 36
Cooperazione sulle questioni riguardanti il ciberspazio
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche e attività relative alle questioni informatiche e incoraggiano tali scambi nei consessi internazionali e regionali.
2. Le parti intensificano la cooperazione per promuovere e tutelare i diritti umani e la libera circolazione delle informazioni nella massima misura possibile all'interno del ciberspazio. A tal fine, fermo restando che il diritto internazionale si applica nel ciberspazio, le parti collaborano, ove opportuno, nell'elaborare e sviluppare norme internazionali e promuovere la fiducia all'interno del ciberspazio.
3. Le parti collaborano, ove opportuno, per migliorare la capacità dei paesi terzi di potenziare la cibersicurezza e lottare contro la cibercriminalità.
4. Le parti intensificano la cooperazione nel prevenire e combattere la cibercriminalità, compresa la diffusione di contenuti illegali via Internet.
Articolo 37
Codici di prenotazione
Le parti si sforzano di utilizzare, in misura compatibile con le rispettive disposizioni legislative e regolamentari, gli strumenti disponibili, quali i codici di prenotazione, per prevenire e combattere gli atti di terrorismo e i reati gravi, pur rispettando il diritto alla privacy e la protezione dei dati personali.
Articolo 38
Migrazione
1. Le parti promuovono il dialogo sulle politiche in materia di migrazione, quali la migrazione legale, la migrazione irregolare, la tratta di esseri umani, l'asilo e la gestione delle frontiere, compresi i visti e la sicurezza dei documenti di viaggio, tenendo conto delle realtà socioeconomiche della migrazione.
2. Le parti intensificano la cooperazione per prevenire e controllare l'immigrazione irregolare, anche garantendo senza indebiti ritardi la riammissione dei propri cittadini e fornendo loro documenti di viaggio appropriati.
Articolo 39
Protezione dei dati personali
Le parti rafforzano la cooperazione per garantire un livello elevato di protezione dei dati personali.
Articolo 40
Istruzione, giovani e sport
1. Le parti intensificano gli scambi di opinioni e di informazioni sulle rispettive politiche in materia di istruzione, giovani e sport.
2. Ove opportuno, le parti incoraggiano le attività di cooperazione in materia di istruzione, giovani e sport, quali programmi congiunti e scambi di persone, di conoscenze e di esperienze.
Articolo 41
Cultura
1. Le parti si adoperano per rafforzare lo scambio di persone che svolgono attività relative alla cultura e di opere d'arte e per attuare, ove opportuno, iniziative congiunte in diversi ambiti culturali, comprese le opere audiovisive come i film.
2. Le parti incoraggiano il dialogo e la cooperazione tra le rispettive società civili e istituzioni negli ambiti culturali per rafforzare la conoscenza e la comprensione reciproche.
3. Le parti si sforzano di collaborare sulle questioni di reciproco interesse nei pertinenti consessi internazionali, in particolare l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, al fine di perseguire obiettivi comuni e di promuovere la diversità culturale e la tutela del patrimonio culturale.
Articolo 42
Comitato misto
1. È istituito un comitato misto composto da rappresentanti delle parti. Il comitato misto è copresieduto dai rappresentanti delle parti.
2. Il comitato misto:
a)
coordina il partenariato globale basato sul presente accordo;
b)
chiede, se del caso, informazioni ai comitati o ad altri organismi istituiti nell'ambito di altri accordi o intese tra le parti e scambia opinioni sulle questioni di comune interesse;
c)
decide in merito a settori di cooperazione aggiuntivi non elencati nel presente accordo, purché siano coerenti con gli obiettivi dello stesso;
d)
garantisce il buon funzionamento e l'attuazione efficace del presente accordo;
e)
si adopera per risolvere le controversie derivanti dall'interpretazione, dall'applicazione o dall'attuazione del presente accordo;
f)
è una sede in cui spiegare tutte le eventuali modifiche di politiche, programmi o competenze pertinenti per il presente accordo;
g)
formula raccomandazioni e adotta decisioni, se del caso, e agevola aspetti specifici della cooperazione basata sul presente accordo.
3. Il comitato misto adotta le proprie decisioni per consenso.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta all'anno, a turno a Tokyo e a Bruxelles. Esso si riunisce anche su richiesta di una delle parti.
5. Il comitato misto adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 43
Risoluzione delle controversie
1. Le parti intraprendono tutte le azioni generali o specifiche necessarie per rispettare i loro obblighi a norma del presente accordo in base ai principi del rispetto reciproco, del partenariato equo e dell'osservanza del diritto internazionale.
2. In caso di controversie relative all'interpretazione, all'applicazione o all'attuazione del presente accordo, le parti intensificano i loro sforzi di consultazione e cooperazione al fine di risolvere le controversie in modo tempestivo e amichevole.
3. Qualora una controversia non possa essere risolta a norma del paragrafo 2, ciascuna parte può chiedere che la controversia sia sottoposta al comitato misto per ulteriore discussione e studio.
4. Le parti considerano che un'inosservanza particolarmente grave e sostanziale degli obblighi di cui all'articolo 2, paragrafo 1, e all'articolo 5, paragrafo 1, elementi essenziali su cui si fonda la cooperazione a norma del presente accordo, la cui gravità e natura eccezionali minaccino la pace e la sicurezza e abbiano ripercussioni internazionali, può essere trattata come un caso di particolare urgenza.
5. Nell'improbabile e inattesa eventualità che nel territorio di una parte si verifichi un caso di particolare urgenza ai sensi del paragrafo 4, su richiesta dell'altra parte il comitato misto organizza una consultazione urgente entro 15 giorni.
Se non riesce a trovare una soluzione reciprocamente accettabile, il comitato misto indice urgentemente una riunione a livello ministeriale sulla questione.
6. In un caso di particolare urgenza per il quale non sia stata trovata una soluzione reciprocamente accettabile a livello ministeriale, la parte che ha presentato la richiesta di cui al paragrafo 5 può decidere di sospendere le disposizioni del presente accordo in conformità del diritto internazionale. Le parti prendono inoltre atto del fatto che la parte che ha presentato la richiesta di cui al paragrafo 5 può adottare altre misure appropriate al di fuori del quadro del presente accordo in conformità del diritto internazionale. La parte informa immediatamente, per iscritto, l'altra parte della propria decisione e applica la decisione per il periodo di tempo minimo necessario a risolvere la questione in modo accettabile per entrambe le parti.
7. Le parti seguono costantemente gli sviluppi del caso di particolare urgenza che ha motivato la decisione di sospendere le disposizioni del presente accordo. La parte che invoca la sospensione delle disposizioni del presente accordo la ritira non appena ciò sia giustificato e, comunque, non appena viene meno il carattere di particolare urgenza.
8. Il presente accordo non condiziona né pregiudica l'interpretazione o l'applicazione di altri accordi tra le parti. In particolare, le disposizioni sulla risoluzione delle controversie contenute nel presente accordo non sostituiscono né condizionano in alcun modo le disposizioni sulla risoluzione delle controversie di altri accordi tra le parti.
Articolo 44
Varie
La cooperazione e le azioni a norma del presente accordo sono attuate in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari delle parti.
Articolo 45
Definizione delle parti
Ai fini del presente accordo, per «parti» si intendono l'Unione o i suoi Stati membri oppure l'Unione e i suoi Stati membri, secondo le rispettive competenze, da un lato, e il Giappone, dall'altro.
Articolo 46
Divulgazione di informazioni
Nessuna disposizione del presente accordo deve essere interpretata come obbligo per una parte di fornire informazioni la cui divulgazione sia considerata contraria ai suoi interessi essenziali in materia di sicurezza.
Articolo 47
Entrata in vigore e applicazione in attesa dell'entrata in vigore
1. Il presente accordo è ratificato dal Giappone e approvato o ratificato dalla parte Unione secondo le rispettive procedure giuridiche applicabili. Lo strumento di ratifica del Giappone e lo strumento che conferma il completamento dell'approvazione e della ratifica a opera della parte Unione sono scambiati a Tokyo. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data dello scambio degli strumenti.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, l'Unione e il Giappone applicano le disposizioni degli articoli 1, 2, 3 e 4, dell'articolo 5, paragrafo 1, degli articoli 11, 12, 13, 14, 15 (a eccezione del paragrafo 2, lettera b)], 16, 17, 18, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 e 37, dell'articolo 38, paragrafo 1, degli articoli 39, 40, 41, 42 (a eccezione del paragrafo 2, lettera c)], 43, 44, 45, 46 e 47, dell'articolo 48, paragrafo 3, e degli articoli 49, 50 e 51 del presente accordo in attesa della sua entrata in vigore. L'applicazione inizia il primo giorno del secondo mese che segue la data in cui il Giappone notifica all'Unione di aver completato la ratifica oppure, se successiva, la data in cui l'Unione notifica al Giappone di aver completato la procedura giuridica applicabile necessaria a tale scopo. Le notifiche sono effettuate mediante note diplomatiche.
3. Le disposizioni del presente accordo da applicare in attesa dell'entrata in vigore del presente accordo a norma del paragrafo 2 hanno gli stessi effetti giuridici che avrebbero se il presente accordo fosse già in vigore tra le parti.
Articolo 48
Denuncia
1. Il presente accordo resta in vigore salvo denuncia ai sensi del paragrafo 2.
2. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la sua intenzione di denunciare il presente accordo. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data in cui l'altra parte ha ricevuto la notifica.
3. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la sua intenzione di porre fine all'applicazione in attesa dell'entrata in vigore di cui all'articolo 47, paragrafo 2. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data in cui l'altra parte ha ricevuto la notifica.
Articolo 49
Future adesioni all'Unione
1. L'Unione informa il Giappone di qualsiasi richiesta di adesione all'Unione presentata da un paese terzo.
2. Le parti discutono, anche in sede di comitato misto, su tutte le implicazioni che l'adesione del paese terzo all'Unione potrebbe avere per il presente accordo.
3. L'Unione informa il Giappone della firma e dell'entrata in vigore di un trattato relativo all'adesione di un paese terzo all'Unione.
Articolo 50
Applicazione territoriale
Il presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applicano il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, al territorio del Giappone.
Articolo 51
Testi facenti fede
Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede. Le parti sottopongono al comitato misto le eventuali divergenze tra le versioni del presente accordo.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti plenipotenziari, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente accordo.
Съставено в Токио на седемнадесети юли две хиляди и осемнадесета година.
Hecho en Tokio, el diecisiete de julio de dos mil dieciocho.
V Tokiu dne sedmnáctého července dva tisíce osmnáct.
Udfærdiget i Tokyo den syttende juli to tusind og atten.
Geschehen zu Tokyo am siebzehnten Juli zweitausendachtzehn.
Kahe tuhande kaheksateistkümnenda aasta juulikuu seitsmeteistkümnendal päeval Tōkyōs.
Έγινε στο Τόκιο, στις δεκαεπτά Ιουλίου δύο χιλιάδες δεκαοκτώ.
Done at Tokyo on the seventeenth day of July in the year two thousand and eighteen.
Fait à Tokyo, le dix-sept juillet deux mille dix-huit.
Sastavljeno u Tokiju sedamnaestog srpnja godine dvije tisuće osamnaeste.
Fatto a Tokyo, addì diciassette luglio duemiladiciotto.
Tokijā, divtūkstoš astoņpadsmitā gada septiņpadsmitajā jūlijā.
Priimta du tūkstančiai aštuonioliktų metų liepos septynioliktą dieną Tokijuje.
Kelt Tokióban, a kétezer-tizennyolcadik év július havának tizenhetedik napján.
Magħmul f'Tokyo fis-sbatax-il jum ta' Lulju fis-sena elfejn u tmintax.
Gedaan te Tokio, zeventien juli tweeduizend achttien.
Sporządzono w Tokio dnia siedemnastego lipca roku dwa tysiące osiemnastego.
Feito em Tóquio aos dezassete dias do mês de julho de dois mil e dezoito.
Întocmit la Tokyo la șaptesprezece iulie două mii optsprezece.
V Tokiu sedemnásteho júla dvetisícosemnásť.
V Tokiu, sedemnajstega julija leta dva tisoč osemnajst.
Tehty Tokiossa seitsemäntenätoista päivänä heinäkuuta vuonna kaksituhattakahdeksantoista.
Som skedde i Tokyo den sjuttonde juli år tjugohundraarton.
Voor het Koninkrijk België
Pour le Royaume de Belgique
Für das Königreich Belgien
Deze handtekening verbindt eveneens de Vlaamse Gemeenschap, de Franse Gemeenschap, de Duitstalige Gemeenschap, het Vlaamse Gewest, het Waalse Gewest en het Brussels Hoofdstedelijk Gewest.
Cette signature engage également la Communauté française, la Communauté flamande, la Communauté germanophone, la Région wallonne, la Région flamande et la Région de Bruxelles-Capitale.
Diese Unterschrift bindet zugleich die Deutschsprachige Gemeinschaft, die Flämische Gemeinschaft, die Französische Gemeinschaft, die Wallonische Region, die Flämische Region und die Region Brüssel-Hauptstadt.
За Република България
Za Českou republiku
For Kongeriget Danmark
Für die Bundesrepublik Deutschland
Eesti Vabariigi nimel
Thar cheann Na hÉireann
For Ireland
Για την Ελληνική Δημοκρατία
Por el Reino de España
Pour la République française
Za Republiku Hrvatsku
Per la Repubblica italiana
Για την Κυπριακή Δημοκρατία
Latvijas Republikas vārdā –
Lietuvos Respublikos vardu
Pour le Grand-Duché de Luxembourg
Magyarország részéről
Għar-Repubblika ta' Malta
Voor het Koninkrijk der Nederlanden
Für die Republik Österreich
W imieniu Rzeczypospolitej Polskiej
Pela República Portuguesa
Pentru România
Za Republiko Slovenijo
Za Slovenskú republiku
Suomen tasavallan puolesta
För Republiken Finland
För Konungariket Sverige
For the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
За Европейския съюз
Рог la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Za Europsku uniju
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e il Giappone
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO DI PARTENARIATO STRATEGICO (APS)?
L’APS è il primo accordo quadro bilaterale tre l’Unione europea e il Giappone. Ha lo scopo di assicurare una più stretta cooperazione politica ed economica su un ampio raggio di aspetti bilaterali, regionali e multilaterali.
Al di là della collaborazione in specifiche aree normative, l’APS sancisce l’impegno delle parti ad operare per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, e a promuovere valori e principi democratici comuni.
La decisione rende concluso l’accordo a nome dell’UE.
PUNTI CHIAVE
L’APS copre una vasta gamma di ambiti di collaborazione finalizzati a:promuovere la pace e la sicurezza, la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani, le libertà fondamentali, la cooperazione regionale ed interregionale e la riforma dell’ONU; affrontando:le armi di distruzione di massa,i crimini internazionali di grande portata,il terrorismo (incluse le sue fonti di finanziamento),i rischi chimici, biologici, radiologici e nucleari,il traffico illecito di armi leggere,la corruzione e crimine organizzato,il riciclaggio di denaro,le droghe illecite, ela criminalità informatica; supportare la gestione della crisi e dei disastri, le attività umanitarie, lo sviluppo sostenibile e lo sradicamento della povertà; cooperare in diverse politiche interne qualiaffari economici, finanziari e giudiziariscienza, tecnologia e innovazionedogana, tassazione, energia, agricoltura e occupazione; scambiare valutazioni, informazioni e migliori prassi su temi quali il cambiamento del clima, lo spazio, la società dell’informazione e l’ambiente. L’APS da indicazioni su:un comitato congiunto per coordinamento generale del partenariato; una procedure par la risoluzione delle dispute.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Considerata l’importanza di attuare l’accordo quanto prima possibile, l’Unione ed il Giappone hanno concordato di applicare provvisoriamente un numero di articoli dell’accordo, in attesa della sua entrata in vigore. Tali articoli riguardano:le aree riguardanti la promozione della pace e della sicurezza; politiche in ambito di trasporto, turismo e ambiente; e la creazione di un comitato congiunto; L’accordo entrerà in vigore dopo il completamento delle procedure di ratifica dei paesi membri e dopo che il Parlamento europeo ha fornito il suo consenso.
CONTESTO
Parallelamente alla negoziazione dell’accordo strategico, il 29 novembre 2012 l’Unione ed i suoi paesi membri hanno aperto la negoziazione di un accordo di partnerariato economico con il Giapppone. Questa negoziazione è iniziata nell’aprile 2013. Il contenuto del primo accordo quadro bilaterale in assoluto tra l’Unione europea ed il Giappone è stato finalizzato nell’aprile 2018.
Il 26 giugno 2018, il Consiglio dell’Unione ha autorizzato la firma dell’accordo strategico di partenariato a nome dell’Unione. L’accordo è stato firmato dall Unione e dal Giappone al 25o summit UE-Giappone tenutosi in Tokyo il 17 luglio 2018. Anche l’accordo di partenariato economico UE-Giappone è stato firmato a Tokyo il 17 luglio 2018.
Per ulteriori informazioni consultare:L’Unione europea e il Giappone concludono la negoziazione dell’Accordo di partenariato strategico (Servizio europeo per l’azione esterna) Accordo di partenariato strategico UE-Giappone — scheda informativa (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2018/1197 del Consiglio, del 26 giugno 2018, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i paesi dell’UE, da una parte, e il Giappone, dall’altra (GU L 216 del 24.8.2018, pag. 1).
Accordo di partenariato strategico tra l’Unione europea e i paesi dell’UE, da una parte, e il Giappone, dall’altra (GU L 216 del 24.8.2018, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2018/966 del Consiglio, del 6 luglio 2018, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di partenariato economico tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 174 del 10.7.2018, pag. 1).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — Articolo 37 (ex articolo 24 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 36).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo III — Cooperazione con i paesi terzi e aiuti umanitari — Capo 2 — Cooperazione economica, finanziaria e tecnica con i paesi terzi — Articolo 212 (ex articolo 181a del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 142). |
Orientamenti sulle politiche a favore dell’occupazione
QUAL È LO SCOPO DEGLI ORIENTAMENTI?
Forniscono indicazioni ai paesi dell’Unione europea (Unione) nell’elaborazione delle loro politiche e nell’impostazione di obiettivi nazionali, per garantire politiche coordinate a livello dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
I quattro orientamenti sulle politiche per l’occupazione [previsti dall’articolo 148 del trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE)] fanno parte dei 10 orientamenti integrati, che comprendono anche sei orientamenti di massima delle politiche economiche (articolo 121 del TFUE). Mentre gli orientamenti di massima per le politiche economiche restano validi per un certo periodo di tempo, gli orientamenti per l’occupazione devono essere elaborati ogni anno. Questi ultimi sono stati adottati insieme per la prima volta («pacchetto integrato») nel 2010, a sostegno della strategia Europa 2020. Gli orientamenti sull’occupazione sono allineati con il pilastro europeo dei diritti sociali, integrano le quattro dimensioni della strategia annuale per la crescita sostenibile e, in particolare, nel 2020 per la prima volta integrano la dimensione della sostenibilità ambientale, riflettendo la narrativa di un’«Europa sociale forte per transizioni giuste». Inoltre, integrano gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite e affrontano le conseguenze della pandemia di COVID-19.I nuovi orientamenti 2020 si concentrano sui seguenti aspetti:
Rilanciare la domanda di lavoro
I paesi dell’Unione dovrebbero adottare una serie di misure, tra cui:promuovere attivamente un’economia sociale di mercato e agevolare e sostenere gli investimenti per la creazione di posti di lavoro di qualità; trasferire l’onere fiscale dal lavoro ad altre fonti di imposizione più favorevoli all’occupazione e alla crescita inclusiva e che siano in linea con gli obiettivi climatici e ambientali; garantire che tutti i lavoratori ricevano salari adeguati ed equi beneficiando, direttamente o indirettamente, di contratti collettivi o di salari minimi legali adeguati.Potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, le abilità e le competenze
I paesi dell’Unione dovrebbero:promuovere la sostenibilità, la produttività, l’occupabilità e il capitale umano, promuovendo le conoscenze, le capacità e le competenze pertinenti lungo tutto l’arco della vita e rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro; promuovere le pari opportunità per tutti affrontando le disuguaglianze nei sistemi di istruzione e formazione; fornire ai disoccupati e alle persone inattive un’assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura; sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità; affrontare i divari di genere a livello di occupazione e di retribuzioni.Migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
I paesi dell’Unione dovrebbero:collaborare con le parti sociali per creare condizioni di lavoro eque, trasparenti e prevedibili, equilibrando diritti e obblighi; favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro; fornire adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali in materia di ammissibilità; sostenere adeguatamente la mobilità dei discenti e dei lavoratori con l’obiettivo di migliorare le competenze e l’occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo; garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche e delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche.Promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
I paesi dell’Unione dovrebbero:promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere le pari opportunità per tutti; garantire la parità di trattamento ai gruppi sottorappresentati riguardo a:occupazioneprotezione socialesalute e assistenza di lungo periodoistruzione eaccesso a beni e servizi; modernizzare i regimi di protezione sociale; sviluppare e integrare i tre settori dell’inclusione attiva, che sono:sostegno a un reddito adeguatomercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità erisposta alle esigenze individuali; garantire a tutti, anche ai bambini, l’accesso ai servizi essenziali; garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È in vigore dal 20 ottobre 2020.
CONTESTO
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita e con le altre leggi e iniziative dell’Unione comprese quelle che riguardano:Garanzia per i giovani; Reinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro; Percorsi di miglioramento del livello delle competenze.Queste iniziative sono combinate nel semestre europeo, che attua la strategia europea per l’occupazione e sostiene il raggiungimento degli SDG.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2020/1512 del Consiglio, del 13 ottobre 2020, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 344 del 19.10.2020, pag. 22).
DOCUMENTI CORRELATI
Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU L 428 del 13.12.2017, pag. 10).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 1 — Politica economica — Articolo 121 (ex articolo 99 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 97).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte 3 — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo IX — Occupazione — Articolo 148 (ex articolo 128 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 112).
Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
Decisione (UE) 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46). | DECISIONE (UE) 2020/1512 DEL CONSIGLIO
del 13 ottobre 2020
relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 148, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
previa consultazione con del Comitato delle regioni,
visto il parere del comitato per l’occupazione (3),
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri e l’Unione devono adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro qualificata, formata e adattabile nonché di mercati del lavoro orientati al futuro e in grado di rispondere ai mutamenti economici, al fine di realizzare gli obiettivi della piena occupazione e del progresso sociale, di una crescita equilibrata, di un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente di cui all’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Gli Stati membri, tenuto conto delle prassi nazionali in materia di responsabilità delle parti sociali, devono considerare la promozione dell’occupazione una questione di interesse comune e coordinare in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo.
(2)
L’Unione deve combattere l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuovere la giustizia e la protezione sociali nonché la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione deve tenere conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana quali enunciati all’articolo 9 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
(3)
Conformemente TFUE, l’Unione ha creato e applicato strumenti di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali. Nell’ambito di tali strumenti, gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione («orientamenti») quali figurano nell’allegato della presente decisione costituiscono, insieme agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione quali figurano nella raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio (4), gli orientamenti integrati. Essi devono guidare l’attuazione delle politiche negli Stati membri e nell’Unione, rispecchiando l’interdipendenza tra gli Stati membri. Lo scopo è ottenere, grazie alla risultante serie coordinata di politiche e riforme a livello europeo e nazionale, una combinazione generale adeguata e sostenibile di politiche economiche e occupazionali che comporti ricadute positive.
(4)
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita, la vigente legislazione dell’Unione e diverse iniziative dell’Unione, comprese la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 (5) («garanzia per i giovani»), la raccomandazione del Consiglio del 15 febbraio 2016 (6), la raccomandazione del Consiglio del 19 dicembre 2016 (7), la raccomandazione del Consiglio del 15 marzo 2018 (8), la raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 (9), la raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2019 (10)
, la raccomandazione del Consiglio dell’8 novembre 2019 (11) e la raccomandazione del Consiglio del 10 marzo 2014 (12).
(5)
Il semestre europeo combina i vari strumenti in un quadro generale per la sorveglianza e il coordinamento multilaterali integrati delle politiche economiche e occupazionali. Perseguendo la sostenibilità ambientale, la produttività, l’equità e la stabilità, il semestre europeo integra i principi del pilastro europeo dei diritti sociali, comprendenti un forte coinvolgimento delle parti sociali, della società civile e delle altre parti interessate. Il semestre europeo sostiene il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Le politiche economiche e occupazionali dell’Unione e degli Stati membri dovrebbero andare di pari passo con la transizione dell’Europa verso un’economia digitale, a impatto climatico zero e sostenibile dal punto di vista ambientale, migliorando la competitività, promuovendo l’innovazione, la giustizia sociale e le pari opportunità, e affrontando le disuguaglianze e le disparità regionali.
(6)
Le sfide legate ai cambiamenti climatici e all’ambiente, la globalizzazione, la digitalizzazione e i cambiamenti demografici trasformeranno le economie e le società europee. L’Unione e i suoi Stati membri dovrebbero collaborare per affrontare efficacemente questi fattori strutturali e adeguare i sistemi esistenti sulla base delle necessità, riconoscendo la stretta interdipendenza tra le economie e i mercati del lavoro degli Stati membri e le politiche correlate. Ciò richiede un’azione politica coordinata, ambiziosa ed efficace a livello sia di Unione sia nazionale, conformemente al TFUE e alle disposizioni dell’Unione in materia di governance economica. Tale azione politica dovrebbe comprendere un rilancio degli investimenti sostenibili, un rinnovato impegno a favore di riforme strutturali opportunamente cadenzate che migliorino la produttività, la crescita economica, la coesione sociale e territoriale, la convergenza verso l’alto, la resilienza e la responsabilità di bilancio. Dovrebbe combinare misure sul versante dell’offerta e della domanda, tenendo conto del loro impatto ambientale, occupazionale e sociale.
(7)
Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno proclamato il pilastro europeo dei diritti sociali (13) («Pilastro»). Il Pilastro stabilisce venti principi e diritti volti a sostenere il buon funzionamento e l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale, strutturandoli secondo tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali. I principi e i diritti orientano la strategia dell’Unione, facendo in modo che le transizioni verso la neutralità climatica e la sostenibilità ambientale, la digitalizzazione e i cambiamenti demografici siano socialmente equi e giusti. Il pilastro costituisce un quadro di riferimento per monitorare i risultati degli Stati membri in materia di occupazione e prestazioni sociali, guidare le riforme a livello nazionale, regionale e locale e conciliare la dimensione sociale e quella di mercato nell’economia moderna attuale, anche attraverso la promozione dell’economia sociale.
(8)
Le riforme del mercato del lavoro, compresi i meccanismi nazionali di determinazione dei salari, dovrebbero seguire prassi nazionali di dialogo sociale e prevedere il margine di manovra necessario per un ampio esame delle questioni socio-economiche, compresi miglioramenti della sostenibilità, della competitività, dell’innovazione, della creazione di posti di lavoro, delle politiche per l’apprendimento e la formazione permanenti, delle condizioni di lavoro, dell’istruzione e delle competenze, della salute pubblica e dell’inclusione nonché dei redditi reali.
(9)
Gli Stati membri e l’Unione dovrebbero garantire che l’impatto sociale, occupazionale ed economico della crisi COVID-19 sia attenuato e che le trasformazioni siano eque e socialmente giuste, rafforzando la ripresa e la spinta verso una società inclusiva e resiliente in cui le persone siano protette e in grado di anticipare e gestire il cambiamento, e possano partecipare attivamente alla società e all’economia. Dovrebbe essere contrastata la discriminazione in tutte le sue forme. Dovrebbero essere garantiti accesso e opportunità per tutti e dovrebbero essere ridotte povertà ed esclusione sociale, anche dei minori, in particolare assicurando un efficace funzionamento dei mercati del lavoro e dei regimi di protezione sociale, ed eliminando gli ostacoli all’istruzione, alla formazione e alla partecipazione al mercato del lavoro, anche tramite investimenti nell’educazione e nella cura della prima infanzia nonché nelle competenze digitali. L’accesso tempestivo e paritario a servizi di assistenza a lungo termine e di assistenza sanitaria a prezzi accessibili, comprese la prevenzione e la promozione dell’assistenza sanitaria, è particolarmente importante alla luce della crisi COVID-19 e in un contesto di società che invecchiano. È opportuno realizzare ulteriormente il potenziale delle persone con disabilità di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. Sui luoghi di lavoro nell’Unione emergono nuovi modelli economici e di business e cambiano quindi anche i rapporti di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i rapporti di lavoro derivanti dalle nuove forme di lavoro mantengano e rafforzino il modello sociale europeo.
(10)
Gli orientamenti integrati dovrebbero costituire la base di raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio può rivolgere agli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero fare pieno uso del Fondo sociale europeo Plus e di altri fondi dell’Unione, compresi il Fondo per una transizione giusta e InvestEU, per promuovere l’occupazione, gli investimenti sociali, l’inclusione sociale, l’accessibilità, le opportunità di miglioramento delle competenze e di riqualificazione della forza lavoro, l’apprendimento permanente e l’istruzione e la formazione di qualità elevata per tutti, compresa l’alfabetizzazione e le competenze digitali. Sebbene siano destinati agli Stati membri e all’Unione, gli orientamenti integrati dovrebbero essere attuati in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali, con lo stretto coinvolgimento dei parlamenti, delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile.
(11)
In conformità dei rispettivi mandati che hanno fondamento nel trattato, il comitato per l’occupazione e il comitato per la protezione sociale dovrebbero monitorare in che modo si attuano le pertinenti politiche alla luce degli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione. Tali comitati e altri organi preparatori del Consiglio coinvolti nel coordinamento delle politiche economiche e sociali dovrebbero operare in stretta cooperazione. È opportuno mantenere il dialogo politico tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, in particolare riguardo agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.
(12)
Il comitato per la protezione sociale è stato consultato,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Sono adottati gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione («orientamenti»), quali figurano all’allegato. Tali orientamenti fanno parte degli «orientamenti integrati».
Articolo 2
Gli Stati membri tengono conto degli orientamenti di cui all’allegato nelle loro politiche a favore dell’occupazione e nei loro programmi di riforma, di cui è fornita una relazione in conformità dell’articolo 148, paragrafo 3, del TFUE.
Articolo 3
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Lussemburgo, il 13 ottobre 2020
Per il Consiglio
Il presidente
M. ROTH
(1) Parere del 10 luglio 2020 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 232 del 14.7.2020, pag. 18.
(3) Parere del 18 settembre 2020 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
(5) Raccomandazione del Consiglio, del 22 aprile 2013, sull’istituzione di una garanzia per i giovani (GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1).
(6) Raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (GU C 67 del 20.2.2016, pag. 1).
(7) Raccomandazione del Consiglio, del 19 dicembre 2016, sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze: nuove opportunità per gli adulti (GU C 484 del 24.12.2016, pag. 1).
(8) Raccomandazione del Consiglio, del 15 marzo 2018, relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (GU C 153 del 2.5.2018, pag. 1).
(9) Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2018, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (GU C 189 del 4.6.2018, pag. 1).
(10) Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2019, relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia (GU C 189 del 5.6.2019, pag. 4).
(11) Raccomandazione del Consiglio, dell’8 novembre 2019, sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi (GU C 387 del 15.11.2019, pag. 1).
(12) Raccomandazione del Consiglio, del 10 marzo 2014, su un quadro di qualità per i tirocini (GU C 88 del 27.3.2014, pag. 1).
(13) Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 428 del 13.12.2017, pag. 10).
ALLEGATO
Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro
Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente un’economia sociale di mercato sostenibile e agevolare e sostenere gli investimenti nella creazione di posti di lavoro di qualità. A tal fine dovrebbero ridurre gli ostacoli che le imprese incontrano nell’assunzione di personale, promuovere l’imprenditorialità responsabile e il lavoro autonomo vero e proprio e, in particolare, sostenere la creazione e la crescita di micro, piccole e medie imprese, anche attraverso l’accesso ai finanziamenti. Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente lo sviluppo dell’economia sociale, promuovere l’innovazione sociale e le imprese sociali nonché incoraggiare tali forme innovative di lavoro, creando opportunità di lavoro di qualità e generando benefici sociali a livello locale.
Alla luce delle gravi ripercussioni economiche e sociali della pandemia di COVID-19, dovrebbero essere messi a disposizione regimi di riduzione dell’orario lavorativo e meccanismi analoghi ben concepiti al fine di preservare l’occupazione, limitare la perdita di posti di lavoro ed evitare effetti negativi a lungo termine sull’economia, sulle imprese e sul capitale umano. Dovrebbe inoltre essere presa in considerazione l’introduzione di incentivi all’assunzione e di misure di riqualificazione ben concepiti al fine di sostenere la creazione di posti di lavoro durante la ripresa.
La tassazione dovrebbe essere trasferita dal lavoro ad altre fonti di imposizione più favorevoli all’occupazione e alla crescita inclusiva e in linea con gli obiettivi climatici e ambientali, tenendo conto dell’effetto ridistribuivo del sistema fiscale e preservando al contempo le entrate necessarie a un’adeguata protezione sociale e a una spesa che stimoli la crescita.
Gli Stati membri, compresi quelli che dispongono di meccanismi nazionali per la fissazione di salari minimi legali, dovrebbero garantire un efficace coinvolgimento delle parti sociali in modo trasparente e prevedibile, consentendo l’adeguamento dei salari all’andamento della produttività e garantendo salari equi che consentano un tenore di vita dignitoso, prestando al contempo particolare attenzione ai gruppi a reddito medio-basso nell’ottica di una convergenza verso l’alto. I meccanismi di determinazione dei salari dovrebbero tenere conto dei risultati raggiunti in ambito economico nei vari settori e regioni. Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva in vista della fissazione dei salari. Nel rispetto delle prassi nazionali e dell’autonomia delle parti sociali, gli Stati membri e le parti sociali dovrebbero garantire che tutti i lavoratori ricevano salari adeguati ed equi beneficiando, direttamente o indirettamente, di contratti collettivi o di salari minimi legali adeguati, tenendo conto del loro impatto sulla competitività, sulla creazione di posti di lavoro e sulla povertà lavorativa.
Orientamento 6: potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, le abilità e le competenze
Nel contesto delle transizioni tecnologica e ambientale, così come del cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero promuovere la sostenibilità, la produttività, l’occupabilità e il capitale umano, promuovendo le conoscenze, le capacità e le competenze pertinenti lungo tutto l’arco della vita e rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero inoltre investire nei loro sistemi di istruzione e formazione e adeguarli al fine di fornire un’istruzione di elevata qualità e inclusiva, compresa l’istruzione e la formazione professionale, nonché l’accesso all’apprendimento digitale. Dovrebbero collaborare con le parti sociali, gli erogatori di istruzione e formazione, le imprese e le altre parti interessate per affrontare le debolezze strutturali dei sistemi di istruzione e formazione e migliorarne la qualità e pertinenza per il mercato del lavoro, anche per preparare le transizioni ambientale e digitale. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata alle sfide della professione di insegnante, anche investendo nelle competenze digitali degli insegnanti. I sistemi di istruzione e formazione dovrebbero dotare tutti i discenti di competenze chiave, comprese le competenze di base e digitali nonché le competenze trasversali, per gettare le fondamenta per l’adattabilità e la resilienza durante tutta la vita. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per rafforzare le disposizioni relative ai diritti alla formazione individuale e garantirne la trasferibilità durante le transizioni professionali, anche, se del caso, attraverso conti individuali di apprendimento. Dovrebbero consentire a tutti di anticipare e adeguarsi meglio alle esigenze del mercato del lavoro, in particolare attraverso un continuo miglioramento delle competenze e una continua riqualificazione nonché attraverso l’offerta di servizi integrati di orientamento e consulenza al fine di sostenere transizioni eque e giuste per tutti, rafforzare i risultati in ambito sociale, affrontare le carenze del mercato del lavoro, migliorare la resilienza complessiva dell’economia di fronte alle crisi e facilitare gli adeguamenti necessari dopo la crisi COVID-19.
Gli Stati membri dovrebbero promuovere le pari opportunità per tutti affrontando le disuguaglianze nei sistemi di istruzione e formazione, anche fornendo l’accesso a un’educazione della prima infanzia di qualità. Dovrebbero innalzare i livelli globali di istruzione, ridurre il numero di giovani che abbandonano la scuola precocemente, incrementare l’accesso all’istruzione e formazione professionale (IFP) e all’istruzione terziaria nonché il completamento dei relativi studi e aumentare la partecipazione degli adulti alla formazione continua, in particolare tra i discenti provenienti da contesti svantaggiati e i discenti meno qualificati. Tenendo conto delle nuove esigenze nel contesto di società digitali, verdi e che invecchiano, gli Stati membri dovrebbero potenziare l’apprendimento basato sul lavoro nei loro sistemi di IFP, anche grazie ad apprendistati di qualità ed efficaci, e aumentare il numero delle persone che completano il percorso di IFP e il numero dei laureati in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico (science, technology, engineering and mathematics — STEM), in particolare tra le donne. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rafforzare la pertinenza dell’istruzione e, se del caso, della ricerca universitaria per il mercato del lavoro; migliorare il monitoraggio e le previsioni delle competenze, conferire maggiore visibilità alle competenze e rendere comparabili le qualifiche, comprese quelle acquisite all’estero, e aumentare le opportunità per il riconoscimento e la convalida delle competenze acquisite al di fuori dell’istruzione e della formazione formali. Dovrebbero migliorare e incrementare l’offerta di un’IFP continua flessibile e la partecipazione a essa. Gli Stati membri dovrebbero inoltre sostenere gli adulti scarsamente qualificati nel mantenere o sviluppare l’occupabilità a lungo termine stimolando l’accesso e la partecipazione a occasioni di apprendimento di qualità, mediante l’attuazione di percorsi di miglioramento del livello delle competenze, compresa una valutazione delle stesse, un’offerta di istruzione e formazione che corrispondano alle opportunità del mercato del lavoro e la convalida e il riconoscimento delle competenze acquisite.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati e alle persone inattive un’assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura, basata sul sostegno alla ricerca di un impiego, sulla formazione, sulla riqualificazione e sull’accesso ad altri servizi abilitanti, prestando particolare attenzione ai gruppi vulnerabili e alle persone particolarmente colpite dalle transizioni verde e digitale e dalla crisi COVID-19. Dovrebbero essere perseguite tempestivamente, al più tardi dopo 18 mesi di disoccupazione, strategie globali che includano valutazioni individuali approfondite dei disoccupati, al fine di ridurre e prevenire in misura significativa la disoccupazione strutturale e di lungo periodo. La disoccupazione giovanile e il fenomeno dei giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (not in employment, education or training — NEET) dovrebbero continuare ad essere affrontati mediante la prevenzione dell’abbandono scolastico precoce e il miglioramento strutturale della transizione dalla scuola al lavoro, anche grazie alla piena attuazione della garanzia per i giovani.
Gli Stati membri dovrebbero mirare a rimuovere gli ostacoli e i disincentivi, mettendo in atto incentivi, in relazione alla partecipazione al mercato del lavoro, in particolare per i lavoratori a basso reddito, i secondi percettori di reddito e le persone che sono più lontane dal mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità, anche mediante un sostegno finanziario mirato e servizi che consentano loro di partecipare al mercato del lavoro e alla società.
Occorre affrontare il problema dei divari di genere a livello di occupazione e di retribuzioni. Gli Stati membri dovrebbero garantire la parità di genere e una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche offrendo pari opportunità e pari avanzamento di carriera ed eliminando gli ostacoli alla partecipazione alla leadership a tutti i livelli decisionali. Dovrebbe essere garantita la parità di retribuzione per lo stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, e la trasparenza della retribuzione. Dovrebbe essere promossa la conciliazione tra lavoro, famiglia e vita privata sia per le donne che per gli uomini, in particolare mediante l’accesso a servizi di assistenza a lungo termine e di educazione e cura della prima infanzia di qualità e a prezzi accessibili. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i genitori e le altre persone con responsabilità di assistenza abbiano accesso a un congedo familiare adeguato e a modalità di lavoro flessibili per conciliare lavoro, famiglia e vita privata, oltre a promuovere un uso equilibrato di tali diritti tra uomini e donne.
Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
Al fine di trarre vantaggio da una forza lavoro più dinamica e produttiva e da nuovi modelli di lavoro e di business, gli Stati membri dovrebbero collaborare con le parti sociali per creare condizioni di lavoro eque, trasparenti e prevedibili, equilibrando diritti e obblighi. Dovrebbero ridurre ed evitare la segmentazione all’interno dei mercati del lavoro, contrastare il lavoro non dichiarato e il lavoro autonomo fittizio e favorire la transizione a forme di lavoro a tempo indeterminato. Le norme in materia di protezione dell’occupazione, il diritto del lavoro e le istituzioni dovrebbero tutti concorrere a creare un ambiente appropriato all’assunzione e la flessibilità necessaria per consentire ai datori di lavoro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico, pur tutelando i diritti del lavoro e garantendo ai lavoratori la protezione sociale, un adeguato livello di sicurezza e ambienti di lavoro sani, sicuri e appropriati, anche alla luce dei rischi posti dalla crisi COVID-19. Promuovere l’uso di modalità di lavoro flessibili, come il telelavoro, è importante per preservare l’occupazione e la produzione nel contesto della crisi COVID-19. È opportuno evitare i rapporti di lavoro che portano a condizioni precarie, anche nel caso dei lavoratori delle piattaforme digitali e combattendo l’abuso dei contratti atipici. In caso di licenziamento ingiustificato dovrebbero essere garantiti l’accesso a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale e il diritto di ricorso, compresa una compensazione adeguata.
Le politiche dovrebbero essere volte a migliorare e sostenere la partecipazione al mercato del lavoro, la corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro e le transizioni verso il mondo del lavoro, anche nelle regioni svantaggiate. Gli Stati membri dovrebbero favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro. Dovrebbero rafforzare l’efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, ampliandone gli obiettivi, la portata e il campo d’azione e migliorandone la connessione ai servizi sociali e al sostegno al reddito per i disoccupati mentre sono alla ricerca di un’occupazione, sulla base dei loro diritti e responsabilità. Dovrebbero ambire a servizi pubblici per l’impiego più efficaci ed efficienti, garantendo un’assistenza tempestiva e su misura per assistere le persone in cerca di lavoro, sostenendo le esigenze attuali e future del mercato del lavoro e attuando una gestione basata sui risultati.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e con le norme nazionali in materia di ammissibilità. Sebbene si debbano prendere in considerazione un allentamento temporaneo dei requisiti di ammissibilità e un’estensione della durata delle prestazioni per attenuare l’impatto della COVID-19, le prestazioni di disoccupazione non dovrebbero disincentivare un rapido ritorno all’occupazione e dovrebbero essere affiancate da politiche attive del mercato del lavoro.
La mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere sostenuta in modo adeguato con l’obiettivo di migliorare le competenze e l’occupabilità e di sfruttare l’intero potenziale del mercato del lavoro europeo, assicurando nel contempo condizioni eque per tutti coloro che svolgono un’attività transfrontaliera, e di rafforzare la cooperazione amministrativa tra le amministrazioni nazionali in relazione ai lavoratori mobili, beneficiando dell’assistenza fornita dall’Autorità europea del lavoro. La mobilità dei lavoratori che esercitano professioni critiche e dei lavoratori transfrontalieri, stagionali e distaccati dovrebbe essere sostenuta in caso di chiusure temporanee delle frontiere dovute alla pandemia di COVID-19, fatte salve considerazioni di sanità pubblica. Dovrebbero essere eliminati gli ostacoli alla mobilità nel settore dell’istruzione e della formazione, delle pensioni professionali e individuali e il riconoscimento delle qualifiche dovrebbe essere semplificato. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure affinché le procedure amministrative non siano un ostacolo inutile per i lavoratori di altri Stati membri, compresi i lavoratori transfrontalieri, che accedono a un’attività lavorativa. Dovrebbero inoltre prevenire abusi delle norme vigenti e affrontare le cause sottostanti della «fuga di cervelli» da alcune regioni, anche con opportune misure di sviluppo regionale.
Sulla base delle prassi nazionali in vigore e al fine di conseguire un dialogo sociale più efficace e migliori risultati socioeconomici, gli Stati membri dovrebbero garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche, anche attraverso un sostegno per potenziare la capacità delle parti sociali. Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva. Le parti sociali dovrebbero essere incoraggiate a negoziare e concludere contratti collettivi negli ambiti di loro interesse, nel pieno rispetto della loro autonomia e del diritto all’azione collettiva.
Ove pertinente e sulla base delle prassi nazionali in vigore, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell’esperienza delle organizzazioni della società civile competenti in tema di occupazione e questioni sociali.
Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
Gli Stati membri dovrebbero promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere pari opportunità per tutti, in particolare per i gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro, dedicando la debita attenzione alla dimensione regionale e territoriale. Dovrebbero garantire la parità di trattamento in materia di occupazione, protezione sociale, salute e assistenza di lungo periodo, istruzione e accesso a beni e servizi, a prescindere da genere, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.
Gli Stati membri dovrebbero modernizzare i regimi di protezione sociale per fornire a tutti una protezione sociale efficace, efficiente, adeguata e sostenibile, in tutte le fasi della vita, favorendo l’inclusione sociale e la mobilità sociale ascendente, incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, sostenendo gli investimenti sociali, combattendo la povertà e affrontando le disuguaglianze, anche mediante l’impostazione dei sistemi fiscali e previdenziali e una valutazione dell’impatto distributivo delle politiche. Integrando gli approcci universali con quelli selettivi si migliorerà l’efficacia dei regimi di protezione sociale. La modernizzazione dei regimi di protezione sociale dovrebbe inoltre mirare a migliorarne la resilienza di fronte a sfide complesse, come quelle poste dalla pandemia di COVID-19.
Gli Stati membri dovrebbero sviluppare e integrare i tre settori dell’inclusione attiva: sostegno a un reddito adeguato, mercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di sostegno di qualità, per rispondere alle esigenze individuali. I regimi di protezione sociale dovrebbero garantire un adeguato reddito minimo per chiunque non disponga di risorse sufficienti e promuovere l’inclusione sociale incoraggiando le persone a partecipare attivamente al mercato del lavoro e alla società, anche attraverso una fornitura mirata di servizi sociali.
La disponibilità di servizi a costi ragionevoli, accessibili e di qualità, in materia di educazione e assistenza alla prima infanzia, assistenza al di fuori dell’orario scolastico, istruzione, formazione, alloggio e servizi sanitari e di assistenza di lungo periodo, costituisce una condizione necessaria per garantire pari opportunità. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, compresa la povertà lavorativa e infantile, anche in relazione all’impatto della crisi COVID-19. Gli Stati membri dovrebbero garantire a tutti, anche i bambini, l’accesso ai servizi essenziali. Gli Stati membri dovrebbero garantire alle persone in stato di bisogno o in situazione vulnerabile, l’accesso ad alloggi sociali o a un’assistenza abitativa adeguati e contrastarne la povertà energetica. In relazione a tali servizi dovrebbero essere prese in considerazione le necessità specifiche delle persone con disabilità, anche in termini di accessibilità. La deprivazione abitativa dovrebbe essere affrontata in modo specifico. Gli Stati membri dovrebbero garantire l’accesso tempestivo a servizi di assistenza sanitaria preventiva, curativa e di lungo periodo di buona qualità e a prezzi accessibili, salvaguardandone nel contempo la sostenibilità sul lungo periodo.
In un contesto di maggiore longevità e di cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, offrendo a donne e uomini pari opportunità di maturare diritti a pensione, anche mediante regimi integrativi, per assicurare un reddito di vecchiaia adeguato. Le riforme pensionistiche dovrebbero essere sostenute da politiche volte a ridurre il divario pensionistico di genere e da misure che prolungano la vita lavorativa, ad esempio aumentando l’età effettiva di pensionamento, e dovrebbero essere inquadrate nell’ambito di strategie per l’invecchiamento attivo. Gli Stati membri dovrebbero stabilire un dialogo costruttivo con le parti sociali e altri soggetti interessati e consentire un’opportuna introduzione progressiva delle riforme.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE (UE) 2020/1512 DEL CONSIGLIO
del 13 ottobre 2020
relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 148, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
previa consultazione con del Comitato delle regioni,
visto il parere del comitato per l’occupazione (3),
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri e l’Unione devono adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro qualificata, formata e adattabile nonché di mercati del lavoro orientati al futuro e in grado di rispondere ai mutamenti economici, al fine di realizzare gli obiettivi della piena occupazione e del progresso sociale, di una crescita equilibrata, di un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente di cui all’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Gli Stati membri, tenuto conto delle prassi nazionali in materia di responsabilità delle parti sociali, devono considerare la promozione dell’occupazione una questione di interesse comune e coordinare in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo.
(2)
L’Unione deve combattere l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuovere la giustizia e la protezione sociali nonché la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione deve tenere conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana quali enunciati all’articolo 9 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
(3)
Conformemente TFUE, l’Unione ha creato e applicato strumenti di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali. Nell’ambito di tali strumenti, gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione («orientamenti») quali figurano nell’allegato della presente decisione costituiscono, insieme agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione quali figurano nella raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio (4), gli orientamenti integrati. Essi devono guidare l’attuazione delle politiche negli Stati membri e nell’Unione, rispecchiando l’interdipendenza tra gli Stati membri. Lo scopo è ottenere, grazie alla risultante serie coordinata di politiche e riforme a livello europeo e nazionale, una combinazione generale adeguata e sostenibile di politiche economiche e occupazionali che comporti ricadute positive.
(4)
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita, la vigente legislazione dell’Unione e diverse iniziative dell’Unione, comprese la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 (5) («garanzia per i giovani»), la raccomandazione del Consiglio del 15 febbraio 2016 (6), la raccomandazione del Consiglio del 19 dicembre 2016 (7), la raccomandazione del Consiglio del 15 marzo 2018 (8), la raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 (9), la raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2019 (10)
, la raccomandazione del Consiglio dell’8 novembre 2019 (11) e la raccomandazione del Consiglio del 10 marzo 2014 (12).
(5)
Il semestre europeo combina i vari strumenti in un quadro generale per la sorveglianza e il coordinamento multilaterali integrati delle politiche economiche e occupazionali. Perseguendo la sostenibilità ambientale, la produttività, l’equità e la stabilità, il semestre europeo integra i principi del pilastro europeo dei diritti sociali, comprendenti un forte coinvolgimento delle parti sociali, della società civile e delle altre parti interessate. Il semestre europeo sostiene il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Le politiche economiche e occupazionali dell’Unione e degli Stati membri dovrebbero andare di pari passo con la transizione dell’Europa verso un’economia digitale, a impatto climatico zero e sostenibile dal punto di vista ambientale, migliorando la competitività, promuovendo l’innovazione, la giustizia sociale e le pari opportunità, e affrontando le disuguaglianze e le disparità regionali.
(6)
Le sfide legate ai cambiamenti climatici e all’ambiente, la globalizzazione, la digitalizzazione e i cambiamenti demografici trasformeranno le economie e le società europee. L’Unione e i suoi Stati membri dovrebbero collaborare per affrontare efficacemente questi fattori strutturali e adeguare i sistemi esistenti sulla base delle necessità, riconoscendo la stretta interdipendenza tra le economie e i mercati del lavoro degli Stati membri e le politiche correlate. Ciò richiede un’azione politica coordinata, ambiziosa ed efficace a livello sia di Unione sia nazionale, conformemente al TFUE e alle disposizioni dell’Unione in materia di governance economica. Tale azione politica dovrebbe comprendere un rilancio degli investimenti sostenibili, un rinnovato impegno a favore di riforme strutturali opportunamente cadenzate che migliorino la produttività, la crescita economica, la coesione sociale e territoriale, la convergenza verso l’alto, la resilienza e la responsabilità di bilancio. Dovrebbe combinare misure sul versante dell’offerta e della domanda, tenendo conto del loro impatto ambientale, occupazionale e sociale.
(7)
Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno proclamato il pilastro europeo dei diritti sociali (13) («Pilastro»). Il Pilastro stabilisce venti principi e diritti volti a sostenere il buon funzionamento e l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale, strutturandoli secondo tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali. I principi e i diritti orientano la strategia dell’Unione, facendo in modo che le transizioni verso la neutralità climatica e la sostenibilità ambientale, la digitalizzazione e i cambiamenti demografici siano socialmente equi e giusti. Il pilastro costituisce un quadro di riferimento per monitorare i risultati degli Stati membri in materia di occupazione e prestazioni sociali, guidare le riforme a livello nazionale, regionale e locale e conciliare la dimensione sociale e quella di mercato nell’economia moderna attuale, anche attraverso la promozione dell’economia sociale.
(8)
Le riforme del mercato del lavoro, compresi i meccanismi nazionali di determinazione dei salari, dovrebbero seguire prassi nazionali di dialogo sociale e prevedere il margine di manovra necessario per un ampio esame delle questioni socio-economiche, compresi miglioramenti della sostenibilità, della competitività, dell’innovazione, della creazione di posti di lavoro, delle politiche per l’apprendimento e la formazione permanenti, delle condizioni di lavoro, dell’istruzione e delle competenze, della salute pubblica e dell’inclusione nonché dei redditi reali.
(9)
Gli Stati membri e l’Unione dovrebbero garantire che l’impatto sociale, occupazionale ed economico della crisi COVID-19 sia attenuato e che le trasformazioni siano eque e socialmente giuste, rafforzando la ripresa e la spinta verso una società inclusiva e resiliente in cui le persone siano protette e in grado di anticipare e gestire il cambiamento, e possano partecipare attivamente alla società e all’economia. Dovrebbe essere contrastata la discriminazione in tutte le sue forme. Dovrebbero essere garantiti accesso e opportunità per tutti e dovrebbero essere ridotte povertà ed esclusione sociale, anche dei minori, in particolare assicurando un efficace funzionamento dei mercati del lavoro e dei regimi di protezione sociale, ed eliminando gli ostacoli all’istruzione, alla formazione e alla partecipazione al mercato del lavoro, anche tramite investimenti nell’educazione e nella cura della prima infanzia nonché nelle competenze digitali. L’accesso tempestivo e paritario a servizi di assistenza a lungo termine e di assistenza sanitaria a prezzi accessibili, comprese la prevenzione e la promozione dell’assistenza sanitaria, è particolarmente importante alla luce della crisi COVID-19 e in un contesto di società che invecchiano. È opportuno realizzare ulteriormente il potenziale delle persone con disabilità di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. Sui luoghi di lavoro nell’Unione emergono nuovi modelli economici e di business e cambiano quindi anche i rapporti di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i rapporti di lavoro derivanti dalle nuove forme di lavoro mantengano e rafforzino il modello sociale europeo.
(10)
Gli orientamenti integrati dovrebbero costituire la base di raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio può rivolgere agli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero fare pieno uso del Fondo sociale europeo Plus e di altri fondi dell’Unione, compresi il Fondo per una transizione giusta e InvestEU, per promuovere l’occupazione, gli investimenti sociali, l’inclusione sociale, l’accessibilità, le opportunità di miglioramento delle competenze e di riqualificazione della forza lavoro, l’apprendimento permanente e l’istruzione e la formazione di qualità elevata per tutti, compresa l’alfabetizzazione e le competenze digitali. Sebbene siano destinati agli Stati membri e all’Unione, gli orientamenti integrati dovrebbero essere attuati in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali, con lo stretto coinvolgimento dei parlamenti, delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile.
(11)
In conformità dei rispettivi mandati che hanno fondamento nel trattato, il comitato per l’occupazione e il comitato per la protezione sociale dovrebbero monitorare in che modo si attuano le pertinenti politiche alla luce degli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione. Tali comitati e altri organi preparatori del Consiglio coinvolti nel coordinamento delle politiche economiche e sociali dovrebbero operare in stretta cooperazione. È opportuno mantenere il dialogo politico tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, in particolare riguardo agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.
(12)
Il comitato per la protezione sociale è stato consultato,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Sono adottati gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione («orientamenti»), quali figurano all’allegato. Tali orientamenti fanno parte degli «orientamenti integrati».
Articolo 2
Gli Stati membri tengono conto degli orientamenti di cui all’allegato nelle loro politiche a favore dell’occupazione e nei loro programmi di riforma, di cui è fornita una relazione in conformità dell’articolo 148, paragrafo 3, del TFUE.
Articolo 3
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Lussemburgo, il 13 ottobre 2020
Per il Consiglio
Il presidente
M. ROTH
(1) Parere del 10 luglio 2020 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 232 del 14.7.2020, pag. 18.
(3) Parere del 18 settembre 2020 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
(5) Raccomandazione del Consiglio, del 22 aprile 2013, sull’istituzione di una garanzia per i giovani (GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1).
(6) Raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (GU C 67 del 20.2.2016, pag. 1).
(7) Raccomandazione del Consiglio, del 19 dicembre 2016, sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze: nuove opportunità per gli adulti (GU C 484 del 24.12.2016, pag. 1).
(8) Raccomandazione del Consiglio, del 15 marzo 2018, relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (GU C 153 del 2.5.2018, pag. 1).
(9) Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2018, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (GU C 189 del 4.6.2018, pag. 1).
(10) Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2019, relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia (GU C 189 del 5.6.2019, pag. 4).
(11) Raccomandazione del Consiglio, dell’8 novembre 2019, sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi (GU C 387 del 15.11.2019, pag. 1).
(12) Raccomandazione del Consiglio, del 10 marzo 2014, su un quadro di qualità per i tirocini (GU C 88 del 27.3.2014, pag. 1).
(13) Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 428 del 13.12.2017, pag. 10).
ALLEGATO
Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro
Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente un’economia sociale di mercato sostenibile e agevolare e sostenere gli investimenti nella creazione di posti di lavoro di qualità. A tal fine dovrebbero ridurre gli ostacoli che le imprese incontrano nell’assunzione di personale, promuovere l’imprenditorialità responsabile e il lavoro autonomo vero e proprio e, in particolare, sostenere la creazione e la crescita di micro, piccole e medie imprese, anche attraverso l’accesso ai finanziamenti. Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente lo sviluppo dell’economia sociale, promuovere l’innovazione sociale e le imprese sociali nonché incoraggiare tali forme innovative di lavoro, creando opportunità di lavoro di qualità e generando benefici sociali a livello locale.
Alla luce delle gravi ripercussioni economiche e sociali della pandemia di COVID-19, dovrebbero essere messi a disposizione regimi di riduzione dell’orario lavorativo e meccanismi analoghi ben concepiti al fine di preservare l’occupazione, limitare la perdita di posti di lavoro ed evitare effetti negativi a lungo termine sull’economia, sulle imprese e sul capitale umano. Dovrebbe inoltre essere presa in considerazione l’introduzione di incentivi all’assunzione e di misure di riqualificazione ben concepiti al fine di sostenere la creazione di posti di lavoro durante la ripresa.
La tassazione dovrebbe essere trasferita dal lavoro ad altre fonti di imposizione più favorevoli all’occupazione e alla crescita inclusiva e in linea con gli obiettivi climatici e ambientali, tenendo conto dell’effetto ridistribuivo del sistema fiscale e preservando al contempo le entrate necessarie a un’adeguata protezione sociale e a una spesa che stimoli la crescita.
Gli Stati membri, compresi quelli che dispongono di meccanismi nazionali per la fissazione di salari minimi legali, dovrebbero garantire un efficace coinvolgimento delle parti sociali in modo trasparente e prevedibile, consentendo l’adeguamento dei salari all’andamento della produttività e garantendo salari equi che consentano un tenore di vita dignitoso, prestando al contempo particolare attenzione ai gruppi a reddito medio-basso nell’ottica di una convergenza verso l’alto. I meccanismi di determinazione dei salari dovrebbero tenere conto dei risultati raggiunti in ambito economico nei vari settori e regioni. Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva in vista della fissazione dei salari. Nel rispetto delle prassi nazionali e dell’autonomia delle parti sociali, gli Stati membri e le parti sociali dovrebbero garantire che tutti i lavoratori ricevano salari adeguati ed equi beneficiando, direttamente o indirettamente, di contratti collettivi o di salari minimi legali adeguati, tenendo conto del loro impatto sulla competitività, sulla creazione di posti di lavoro e sulla povertà lavorativa.
Orientamento 6: potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, le abilità e le competenze
Nel contesto delle transizioni tecnologica e ambientale, così come del cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero promuovere la sostenibilità, la produttività, l’occupabilità e il capitale umano, promuovendo le conoscenze, le capacità e le competenze pertinenti lungo tutto l’arco della vita e rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero inoltre investire nei loro sistemi di istruzione e formazione e adeguarli al fine di fornire un’istruzione di elevata qualità e inclusiva, compresa l’istruzione e la formazione professionale, nonché l’accesso all’apprendimento digitale. Dovrebbero collaborare con le parti sociali, gli erogatori di istruzione e formazione, le imprese e le altre parti interessate per affrontare le debolezze strutturali dei sistemi di istruzione e formazione e migliorarne la qualità e pertinenza per il mercato del lavoro, anche per preparare le transizioni ambientale e digitale. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata alle sfide della professione di insegnante, anche investendo nelle competenze digitali degli insegnanti. I sistemi di istruzione e formazione dovrebbero dotare tutti i discenti di competenze chiave, comprese le competenze di base e digitali nonché le competenze trasversali, per gettare le fondamenta per l’adattabilità e la resilienza durante tutta la vita. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per rafforzare le disposizioni relative ai diritti alla formazione individuale e garantirne la trasferibilità durante le transizioni professionali, anche, se del caso, attraverso conti individuali di apprendimento. Dovrebbero consentire a tutti di anticipare e adeguarsi meglio alle esigenze del mercato del lavoro, in particolare attraverso un continuo miglioramento delle competenze e una continua riqualificazione nonché attraverso l’offerta di servizi integrati di orientamento e consulenza al fine di sostenere transizioni eque e giuste per tutti, rafforzare i risultati in ambito sociale, affrontare le carenze del mercato del lavoro, migliorare la resilienza complessiva dell’economia di fronte alle crisi e facilitare gli adeguamenti necessari dopo la crisi COVID-19.
Gli Stati membri dovrebbero promuovere le pari opportunità per tutti affrontando le disuguaglianze nei sistemi di istruzione e formazione, anche fornendo l’accesso a un’educazione della prima infanzia di qualità. Dovrebbero innalzare i livelli globali di istruzione, ridurre il numero di giovani che abbandonano la scuola precocemente, incrementare l’accesso all’istruzione e formazione professionale (IFP) e all’istruzione terziaria nonché il completamento dei relativi studi e aumentare la partecipazione degli adulti alla formazione continua, in particolare tra i discenti provenienti da contesti svantaggiati e i discenti meno qualificati. Tenendo conto delle nuove esigenze nel contesto di società digitali, verdi e che invecchiano, gli Stati membri dovrebbero potenziare l’apprendimento basato sul lavoro nei loro sistemi di IFP, anche grazie ad apprendistati di qualità ed efficaci, e aumentare il numero delle persone che completano il percorso di IFP e il numero dei laureati in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico (science, technology, engineering and mathematics — STEM), in particolare tra le donne. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rafforzare la pertinenza dell’istruzione e, se del caso, della ricerca universitaria per il mercato del lavoro; migliorare il monitoraggio e le previsioni delle competenze, conferire maggiore visibilità alle competenze e rendere comparabili le qualifiche, comprese quelle acquisite all’estero, e aumentare le opportunità per il riconoscimento e la convalida delle competenze acquisite al di fuori dell’istruzione e della formazione formali. Dovrebbero migliorare e incrementare l’offerta di un’IFP continua flessibile e la partecipazione a essa. Gli Stati membri dovrebbero inoltre sostenere gli adulti scarsamente qualificati nel mantenere o sviluppare l’occupabilità a lungo termine stimolando l’accesso e la partecipazione a occasioni di apprendimento di qualità, mediante l’attuazione di percorsi di miglioramento del livello delle competenze, compresa una valutazione delle stesse, un’offerta di istruzione e formazione che corrispondano alle opportunità del mercato del lavoro e la convalida e il riconoscimento delle competenze acquisite.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati e alle persone inattive un’assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura, basata sul sostegno alla ricerca di un impiego, sulla formazione, sulla riqualificazione e sull’accesso ad altri servizi abilitanti, prestando particolare attenzione ai gruppi vulnerabili e alle persone particolarmente colpite dalle transizioni verde e digitale e dalla crisi COVID-19. Dovrebbero essere perseguite tempestivamente, al più tardi dopo 18 mesi di disoccupazione, strategie globali che includano valutazioni individuali approfondite dei disoccupati, al fine di ridurre e prevenire in misura significativa la disoccupazione strutturale e di lungo periodo. La disoccupazione giovanile e il fenomeno dei giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (not in employment, education or training — NEET) dovrebbero continuare ad essere affrontati mediante la prevenzione dell’abbandono scolastico precoce e il miglioramento strutturale della transizione dalla scuola al lavoro, anche grazie alla piena attuazione della garanzia per i giovani.
Gli Stati membri dovrebbero mirare a rimuovere gli ostacoli e i disincentivi, mettendo in atto incentivi, in relazione alla partecipazione al mercato del lavoro, in particolare per i lavoratori a basso reddito, i secondi percettori di reddito e le persone che sono più lontane dal mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità, anche mediante un sostegno finanziario mirato e servizi che consentano loro di partecipare al mercato del lavoro e alla società.
Occorre affrontare il problema dei divari di genere a livello di occupazione e di retribuzioni. Gli Stati membri dovrebbero garantire la parità di genere e una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche offrendo pari opportunità e pari avanzamento di carriera ed eliminando gli ostacoli alla partecipazione alla leadership a tutti i livelli decisionali. Dovrebbe essere garantita la parità di retribuzione per lo stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, e la trasparenza della retribuzione. Dovrebbe essere promossa la conciliazione tra lavoro, famiglia e vita privata sia per le donne che per gli uomini, in particolare mediante l’accesso a servizi di assistenza a lungo termine e di educazione e cura della prima infanzia di qualità e a prezzi accessibili. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i genitori e le altre persone con responsabilità di assistenza abbiano accesso a un congedo familiare adeguato e a modalità di lavoro flessibili per conciliare lavoro, famiglia e vita privata, oltre a promuovere un uso equilibrato di tali diritti tra uomini e donne.
Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
Al fine di trarre vantaggio da una forza lavoro più dinamica e produttiva e da nuovi modelli di lavoro e di business, gli Stati membri dovrebbero collaborare con le parti sociali per creare condizioni di lavoro eque, trasparenti e prevedibili, equilibrando diritti e obblighi. Dovrebbero ridurre ed evitare la segmentazione all’interno dei mercati del lavoro, contrastare il lavoro non dichiarato e il lavoro autonomo fittizio e favorire la transizione a forme di lavoro a tempo indeterminato. Le norme in materia di protezione dell’occupazione, il diritto del lavoro e le istituzioni dovrebbero tutti concorrere a creare un ambiente appropriato all’assunzione e la flessibilità necessaria per consentire ai datori di lavoro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico, pur tutelando i diritti del lavoro e garantendo ai lavoratori la protezione sociale, un adeguato livello di sicurezza e ambienti di lavoro sani, sicuri e appropriati, anche alla luce dei rischi posti dalla crisi COVID-19. Promuovere l’uso di modalità di lavoro flessibili, come il telelavoro, è importante per preservare l’occupazione e la produzione nel contesto della crisi COVID-19. È opportuno evitare i rapporti di lavoro che portano a condizioni precarie, anche nel caso dei lavoratori delle piattaforme digitali e combattendo l’abuso dei contratti atipici. In caso di licenziamento ingiustificato dovrebbero essere garantiti l’accesso a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale e il diritto di ricorso, compresa una compensazione adeguata.
Le politiche dovrebbero essere volte a migliorare e sostenere la partecipazione al mercato del lavoro, la corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro e le transizioni verso il mondo del lavoro, anche nelle regioni svantaggiate. Gli Stati membri dovrebbero favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro. Dovrebbero rafforzare l’efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, ampliandone gli obiettivi, la portata e il campo d’azione e migliorandone la connessione ai servizi sociali e al sostegno al reddito per i disoccupati mentre sono alla ricerca di un’occupazione, sulla base dei loro diritti e responsabilità. Dovrebbero ambire a servizi pubblici per l’impiego più efficaci ed efficienti, garantendo un’assistenza tempestiva e su misura per assistere le persone in cerca di lavoro, sostenendo le esigenze attuali e future del mercato del lavoro e attuando una gestione basata sui risultati.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e con le norme nazionali in materia di ammissibilità. Sebbene si debbano prendere in considerazione un allentamento temporaneo dei requisiti di ammissibilità e un’estensione della durata delle prestazioni per attenuare l’impatto della COVID-19, le prestazioni di disoccupazione non dovrebbero disincentivare un rapido ritorno all’occupazione e dovrebbero essere affiancate da politiche attive del mercato del lavoro.
La mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere sostenuta in modo adeguato con l’obiettivo di migliorare le competenze e l’occupabilità e di sfruttare l’intero potenziale del mercato del lavoro europeo, assicurando nel contempo condizioni eque per tutti coloro che svolgono un’attività transfrontaliera, e di rafforzare la cooperazione amministrativa tra le amministrazioni nazionali in relazione ai lavoratori mobili, beneficiando dell’assistenza fornita dall’Autorità europea del lavoro. La mobilità dei lavoratori che esercitano professioni critiche e dei lavoratori transfrontalieri, stagionali e distaccati dovrebbe essere sostenuta in caso di chiusure temporanee delle frontiere dovute alla pandemia di COVID-19, fatte salve considerazioni di sanità pubblica. Dovrebbero essere eliminati gli ostacoli alla mobilità nel settore dell’istruzione e della formazione, delle pensioni professionali e individuali e il riconoscimento delle qualifiche dovrebbe essere semplificato. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure affinché le procedure amministrative non siano un ostacolo inutile per i lavoratori di altri Stati membri, compresi i lavoratori transfrontalieri, che accedono a un’attività lavorativa. Dovrebbero inoltre prevenire abusi delle norme vigenti e affrontare le cause sottostanti della «fuga di cervelli» da alcune regioni, anche con opportune misure di sviluppo regionale.
Sulla base delle prassi nazionali in vigore e al fine di conseguire un dialogo sociale più efficace e migliori risultati socioeconomici, gli Stati membri dovrebbero garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche, anche attraverso un sostegno per potenziare la capacità delle parti sociali. Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva. Le parti sociali dovrebbero essere incoraggiate a negoziare e concludere contratti collettivi negli ambiti di loro interesse, nel pieno rispetto della loro autonomia e del diritto all’azione collettiva.
Ove pertinente e sulla base delle prassi nazionali in vigore, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell’esperienza delle organizzazioni della società civile competenti in tema di occupazione e questioni sociali.
Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
Gli Stati membri dovrebbero promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere pari opportunità per tutti, in particolare per i gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro, dedicando la debita attenzione alla dimensione regionale e territoriale. Dovrebbero garantire la parità di trattamento in materia di occupazione, protezione sociale, salute e assistenza di lungo periodo, istruzione e accesso a beni e servizi, a prescindere da genere, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.
Gli Stati membri dovrebbero modernizzare i regimi di protezione sociale per fornire a tutti una protezione sociale efficace, efficiente, adeguata e sostenibile, in tutte le fasi della vita, favorendo l’inclusione sociale e la mobilità sociale ascendente, incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, sostenendo gli investimenti sociali, combattendo la povertà e affrontando le disuguaglianze, anche mediante l’impostazione dei sistemi fiscali e previdenziali e una valutazione dell’impatto distributivo delle politiche. Integrando gli approcci universali con quelli selettivi si migliorerà l’efficacia dei regimi di protezione sociale. La modernizzazione dei regimi di protezione sociale dovrebbe inoltre mirare a migliorarne la resilienza di fronte a sfide complesse, come quelle poste dalla pandemia di COVID-19.
Gli Stati membri dovrebbero sviluppare e integrare i tre settori dell’inclusione attiva: sostegno a un reddito adeguato, mercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di sostegno di qualità, per rispondere alle esigenze individuali. I regimi di protezione sociale dovrebbero garantire un adeguato reddito minimo per chiunque non disponga di risorse sufficienti e promuovere l’inclusione sociale incoraggiando le persone a partecipare attivamente al mercato del lavoro e alla società, anche attraverso una fornitura mirata di servizi sociali.
La disponibilità di servizi a costi ragionevoli, accessibili e di qualità, in materia di educazione e assistenza alla prima infanzia, assistenza al di fuori dell’orario scolastico, istruzione, formazione, alloggio e servizi sanitari e di assistenza di lungo periodo, costituisce una condizione necessaria per garantire pari opportunità. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, compresa la povertà lavorativa e infantile, anche in relazione all’impatto della crisi COVID-19. Gli Stati membri dovrebbero garantire a tutti, anche i bambini, l’accesso ai servizi essenziali. Gli Stati membri dovrebbero garantire alle persone in stato di bisogno o in situazione vulnerabile, l’accesso ad alloggi sociali o a un’assistenza abitativa adeguati e contrastarne la povertà energetica. In relazione a tali servizi dovrebbero essere prese in considerazione le necessità specifiche delle persone con disabilità, anche in termini di accessibilità. La deprivazione abitativa dovrebbe essere affrontata in modo specifico. Gli Stati membri dovrebbero garantire l’accesso tempestivo a servizi di assistenza sanitaria preventiva, curativa e di lungo periodo di buona qualità e a prezzi accessibili, salvaguardandone nel contempo la sostenibilità sul lungo periodo.
In un contesto di maggiore longevità e di cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, offrendo a donne e uomini pari opportunità di maturare diritti a pensione, anche mediante regimi integrativi, per assicurare un reddito di vecchiaia adeguato. Le riforme pensionistiche dovrebbero essere sostenute da politiche volte a ridurre il divario pensionistico di genere e da misure che prolungano la vita lavorativa, ad esempio aumentando l’età effettiva di pensionamento, e dovrebbero essere inquadrate nell’ambito di strategie per l’invecchiamento attivo. Gli Stati membri dovrebbero stabilire un dialogo costruttivo con le parti sociali e altri soggetti interessati e consentire un’opportuna introduzione progressiva delle riforme.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Orientamenti sulle politiche a favore dell’occupazione
QUAL È LO SCOPO DEGLI ORIENTAMENTI?
Forniscono indicazioni ai paesi dell’Unione europea (Unione) nell’elaborazione delle loro politiche e nell’impostazione di obiettivi nazionali, per garantire politiche coordinate a livello dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
I quattro orientamenti sulle politiche per l’occupazione [previsti dall’articolo 148 del trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE)] fanno parte dei 10 orientamenti integrati, che comprendono anche sei orientamenti di massima delle politiche economiche (articolo 121 del TFUE). Mentre gli orientamenti di massima per le politiche economiche restano validi per un certo periodo di tempo, gli orientamenti per l’occupazione devono essere elaborati ogni anno. Questi ultimi sono stati adottati insieme per la prima volta («pacchetto integrato») nel 2010, a sostegno della strategia Europa 2020. Gli orientamenti sull’occupazione sono allineati con il pilastro europeo dei diritti sociali, integrano le quattro dimensioni della strategia annuale per la crescita sostenibile e, in particolare, nel 2020 per la prima volta integrano la dimensione della sostenibilità ambientale, riflettendo la narrativa di un’«Europa sociale forte per transizioni giuste». Inoltre, integrano gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite e affrontano le conseguenze della pandemia di COVID-19.I nuovi orientamenti 2020 si concentrano sui seguenti aspetti:
Rilanciare la domanda di lavoro
I paesi dell’Unione dovrebbero adottare una serie di misure, tra cui:promuovere attivamente un’economia sociale di mercato e agevolare e sostenere gli investimenti per la creazione di posti di lavoro di qualità; trasferire l’onere fiscale dal lavoro ad altre fonti di imposizione più favorevoli all’occupazione e alla crescita inclusiva e che siano in linea con gli obiettivi climatici e ambientali; garantire che tutti i lavoratori ricevano salari adeguati ed equi beneficiando, direttamente o indirettamente, di contratti collettivi o di salari minimi legali adeguati.Potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, le abilità e le competenze
I paesi dell’Unione dovrebbero:promuovere la sostenibilità, la produttività, l’occupabilità e il capitale umano, promuovendo le conoscenze, le capacità e le competenze pertinenti lungo tutto l’arco della vita e rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro; promuovere le pari opportunità per tutti affrontando le disuguaglianze nei sistemi di istruzione e formazione; fornire ai disoccupati e alle persone inattive un’assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura; sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità; affrontare i divari di genere a livello di occupazione e di retribuzioni.Migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
I paesi dell’Unione dovrebbero:collaborare con le parti sociali per creare condizioni di lavoro eque, trasparenti e prevedibili, equilibrando diritti e obblighi; favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro; fornire adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali in materia di ammissibilità; sostenere adeguatamente la mobilità dei discenti e dei lavoratori con l’obiettivo di migliorare le competenze e l’occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo; garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche e delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche.Promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
I paesi dell’Unione dovrebbero:promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere le pari opportunità per tutti; garantire la parità di trattamento ai gruppi sottorappresentati riguardo a:occupazioneprotezione socialesalute e assistenza di lungo periodoistruzione eaccesso a beni e servizi; modernizzare i regimi di protezione sociale; sviluppare e integrare i tre settori dell’inclusione attiva, che sono:sostegno a un reddito adeguatomercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità erisposta alle esigenze individuali; garantire a tutti, anche ai bambini, l’accesso ai servizi essenziali; garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È in vigore dal 20 ottobre 2020.
CONTESTO
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita e con le altre leggi e iniziative dell’Unione comprese quelle che riguardano:Garanzia per i giovani; Reinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro; Percorsi di miglioramento del livello delle competenze.Queste iniziative sono combinate nel semestre europeo, che attua la strategia europea per l’occupazione e sostiene il raggiungimento degli SDG.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2020/1512 del Consiglio, del 13 ottobre 2020, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 344 del 19.10.2020, pag. 22).
DOCUMENTI CORRELATI
Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU L 428 del 13.12.2017, pag. 10).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 1 — Politica economica — Articolo 121 (ex articolo 99 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 97).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte 3 — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo IX — Occupazione — Articolo 148 (ex articolo 128 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 112).
Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
Decisione (UE) 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46). |
Accordo tra l’Unione europea e la Somalia sulla missione dell’UE in Somalia (EUCAP Somalia)
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo definisce lo status e le condizioni operative della missione e del personale dell’Unione europea (Unione) per lo sviluppo delle capacità, rafforzando la capacità della Somalia di applicare il diritto civile marittimo. La decisione dà all’Unione l’approvazione formale dell’accordo.
PUNTI CHIAVE
L’accordo stabilisce quanto segue.La missione e il suo personale:rispettano le disposizioni legislative e regolamentari della Somalia;Sono identificabili da tessere di riconoscimento, contrassegni d’identificazione o targhe dei veicoli e dalla bandiera dell’Unione;entrano ed escono dallo Stato ospitante ai valichi di frontiera senza impedimenti;possono spostarsi liberamente all’interno del paese;godono di vari privilegi e immunità, quali l’esenzione dalla tassazione e dalle ispezioni dei loro bagagli personali e l’immunità dalla giurisdizione del paese nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali;rimangono soggetti alla giurisdizione penale e ai poteri disciplinari dello Stato di origine;sono autorizzati, previa decisione del capomissione, a portare armi leggere e munizioni;possono impiegare la forza necessaria e commisurata per proteggere il personale, i locali, i veicoli e i mezzi dai pericoli;indossano uniformi nazionali o abiti civili con segni distintivi di identificazione di EUCAP Somalia;non sono responsabili per i danni e le perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche, inerenti alle esigenze operative o causati da attività relative a disordini civili. La Somalia;assume la piena responsabilità della sicurezza del personale dell’EUCAP.offre alla missione e ai suoi membri piena cooperazione e sostegno, compreso l’accesso ai locali, veicoli e alle informazioni all’EUCAP Somalia e al relativo personale;su richiesta, assiste la missione nel trovare locali adeguati messi a disposizione a titolo gratuito;concede l’accesso gratuito alle frequenze radio;agevola l’attuazione da parte della missione dei contratti commerciali conclusi;è responsabile dell’attuazione e del rispetto da parte delle sue autorità locali dei privilegi, delle immunità e dei diritti della missione e del relativo personale. EUCAP Somalia è autorizzata a:costruire o modificare i locali in funzione delle necessità operative, senza corrispondere alcun indennizzo;installare e far funzionare stazioni radio e sistemi satellitari con diritti di comunicazione illimitati. Le richieste di indennizzo per decesso, lesioni, danni o perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche sono presentate a una commissione per le richieste di indennizzo e, se la controversia non può essere composta per via amichevole, viene sottoposta a un collegio arbitrale. Il capomissione è responsabile del rimpatrio delle salme dei membri di EUCAP Somalia e dei loro effetti personali. Eventuali controversie connesse all’applicazione dell’accordo sono gestite dalla missione e dalle autorità nazionali competenti e, ove necessario, risolte diplomaticamente a un livello superiore.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’11 gennaio 2020.
CONTESTO
EUCAP Somalia ha sostituito EUCAP Nestor (avviata nel luglio 2012 per sviluppare la capacità marittime regionali nel Corno d’Africa) nel dicembre 2016. Il suo specifico ambito di competenza è quello di aiutare il paese ad applicare il diritto marittimo con maggiore efficacia e a combattere la pirateria. Il mandato della missione è valido fino al 31 dicembre 2021. La sua dotazione finanziaria è di 66,1 milioni di EUR per il periodo che va dall’1o gennaio 2019 al 31 dicembre 2020. EUCAP Somalia fa parte di una strategia generale dell’Unione per il paese. Essa riguarda la diplomazia e il supporto allo sviluppo degli aiuti umanitari e all’applicazione delle leggi. La strategia comprende due missioni militari:Eunavfor operazione Atalanta per combattere la pirateria costiera; eEUTM Somalia per fornire consulenza e formazione militare, politica e strategica. Per ulteriori informazioni consultare:EUCAP Somalia (Servizio europeo per l’azione esterna)
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP SOMALIA) (GU L 34 del 6.2.2020, pag. 5).
Decisione (PESC) 2020/155 del Consiglio, del 24 ottobre 2019, relativa alla firma e alla conclusione, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia) (GU L 34 del 6.2.2020, pag. 3).
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione 2012/389/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità marittime regionali nel Corno d’Africa (EUCAP NESTOR) (GU L 187 del 17.7.2012, pag. 40).
Le successive modifiche alla decisione 2012/389/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | TRADUZIONE
ACCORDO
tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP SOMALIA)
L’UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «UE»,
da una parte, e
LA REPUBBLICA FEDERALE DI SOMALIA, in seguito denominata «Stato ospitante»,
dall’altra,
in seguito insieme denominate «Parti»,
TENUTO CONTO:
—
della lettera datata 11 gennaio 2013 inviata dal primo ministro del governo federale della Repubblica di Somalia all’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
—
della decisione 2012/389/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia) (1),
—
che il presente accordo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi delle parti derivanti da accordi internazionali e da altri strumenti che istituiscono tribunali internazionali, compreso lo Statuto della Corte penale internazionale,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Ambito d’applicazione e definizioni
1. Il presente accordo si applica alla missione per lo sviluppo delle capacità dell’Unione europea in Somalia (EUCAP Somalia) e al suo personale.
2. Il presente accordo si applica esclusivamente nel territorio dello Stato ospitante.
3. Ai fini del presente accordo, valgono le seguenti definizioni:
a)
«EUCAP Somalia» o «missione»: la missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia), istituita dalla decisione 2012/389/PESC del Consiglio dell’Unione europea, compresi componenti, unità, quartier generale e personale della stessa dispiegati nel territorio dello Stato ospitante e assegnati all’EUCAP Somalia;
b)
«capomissione»: il capomissione dell’EUCAP Somalia nominato dal Consiglio dell’Unione europea;
c)
«Unione europea» o «UE»: gli organi permanenti dell’UE, nonché il relativo personale;
d)
«Stato d’origine»: lo Stato membro dell’UE o il paese terzo che ha distaccato personale presso la missione;
e)
«personale dell’EUCAP Somalia»: il capomissione, il personale distaccato dagli Stati membri dell’UE, dal servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), dalle istituzioni dell’UE e dai paesi terzi invitati dall’UE a partecipare all’EUCAP Somalia, nonché il personale internazionale assunto su base contrattuale dall’EUCAP Somalia, incaricato di preparare, sostenere e attuare la missione e il personale che viaggia su richiesta di uno Stato d’origine, un’istituzione dell’UE o il SEAE nel quadro della missione, esclusi i fornitori commerciali e il personale assunto in loco;
f)
«quartier generale»: il quartier generale dell’EUCAP Somalia a Mogadiscio;
g)
«locali»: tutti gli edifici, le strutture, le installazioni e i terreni richiesti per lo svolgimento delle attività della missione, nonché per l’alloggio del personale dell’EUCAP Somalia;
h)
«personale assunto in loco»: il personale che ha la cittadinanza dello Stato ospitante o che vi risiede in modo permanente;
i)
«corrispondenza ufficiale»: tutta la corrispondenza relativa all’EUCAP Somalia e alle sue funzioni;
j)
«fornitore»: la persona che fornisce all’EUCAP Somalia beni o servizi in relazione alle attività della missione;
k)
«mezzi dell’EUCAP Somalia»: le attrezzature, compresi i mezzi di trasporto, e i beni di consumo necessari all’EUCAP Somalia.
Articolo 2
Disposizioni generali
1. L’EUCAP Somalia e il relativo personale rispettano le disposizioni legislative e regolamentari dello Stato ospitante e si astengono dal compiere qualsiasi azione o attività incompatibile con gli obiettivi dell’EUCAP Somalia.
2. L’EUCAP Somalia è autonoma per quanto riguarda l’esecuzione delle sue funzioni nell’ambito del presente accordo. Lo Stato ospitante rispetta il carattere unitario e internazionale dell’EUCAP Somalia.
3. Il capomissione informa periodicamente il governo dello Stato ospitante del numero dei membri del personale dell’EUCAP Somalia presenti nel territorio dello Stato ospitante.
Articolo 3
Identificazione
1. Il personale dell’EUCAP Somalia è munito di, e identificato da, una tessera di riconoscimento della missione che ha l’obbligo di portare in permanenza. Alle autorità competenti dello Stato ospitante è fornito un facsimile della tessera di riconoscimento della missione.
2. I veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia recano contrassegni d’identificazione o targhe o entrambi, distintivi dell’EUCAP Somalia, se le condizioni di sicurezza lo consentono. I facsimile di tali contrassegni e targhe sono forniti alle autorità competenti dello Stato ospitante.
3. L’EUCAP Somalia è autorizzata a esporre la bandiera dell’UE presso il quartier generale e altrove, da sola o assieme alla bandiera dello Stato ospitante, a seconda della decisione del capomissione. Le bandiere nazionali o insegne dei contingenti nazionali che costituiscono l’EUCAP Somalia possono essere esposte sui locali, sui veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto, e sulle uniformi dell’EUCAP Somalia, su decisione del capomissione.
Articolo 4
Attraversamento delle frontiere e circolazione nel territorio dello Stato ospitante
1. Il personale, i mezzi, i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia attraversano le frontiere della parte ospitante ai valichi di frontiera ufficiali, nei porti marittimi e attraverso i corridoi aerei internazionali.
2. Lo Stato ospitante facilita l’ingresso nel suo territorio e l’uscita dallo stesso del personale, dei mezzi, dei veicoli e di tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia. Fatto salvo il controllo dei passaporti all’atto dell’ingresso nel territorio dello Stato ospitante e dell’uscita dallo stesso, il personale dell’EUCAP Somalia, in possesso della tessera di riconoscimento della missione o della prova provvisoria della partecipazione all’EUCAP Somalia, non è soggetto alle disposizioni regolamentari in materia di controlli e procedure doganali, visti e immigrazione, né a qualsiasi forma di ispezione dei servizi per l’immigrazione nel territorio dello Stato ospitante.
3. Il personale dell’EUCAP Somalia è esonerato dall’applicazione delle disposizioni regolamentari dello Stato ospitante in materia di registrazione e controllo degli stranieri, ma non acquisisce il diritto alla residenza o al domicilio permanenti nel territorio dello Stato ospitante.
4. I mezzi, i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia in ingresso, in transito o in uscita dal territorio dello Stato ospitante a supporto della missione sono esonerati dalla produzione di inventari e di altra documentazione doganale nonché da ogni ispezione.
5. I veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto utilizzati a sostegno dell’EUCAP Somalia non sono soggetti agli obblighi locali di immatricolazione e autorizzazione. Restano applicabili le norme e i regolamenti internazionali pertinenti.
Se necessario, sono conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19.
6. Il personale dell’EUCAP Somalia è autorizzato alla guida di veicoli, al governo di mezzi navali e al pilotaggio di aeromobili e di tutti gli altri mezzi di trasporto nel territorio dello Stato ospitante purché sia in possesso, rispettivamente, di una patente di guida, di un certificato di comandante o di una licenza di pilota nazionale o internazionale in corso di validità. Lo Stato ospitante accetta come validi, senza sottoporli a tasse o diritti, le patenti e i permessi di guida detenuti dal personale dell’EUCAP Somalia.
7. L’EUCAP Somalia e il relativo personale, nonché i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto, le attrezzature e le forniture possono spostarsi liberamente e senza restrizioni attraverso il territorio dello Stato ospitante, compresi il mare territoriale e il suo spazio aereo.
Se necessario, possono essere conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19.
8. Ai fini del viaggio in adempimento delle proprie mansioni ufficiali, il personale e il personale assunto in loco dall’EUCAP Somalia sono autorizzati a utilizzare strade, ponti, traghetti, aeroporti e porti pubblici senza il pagamento di dazi doganali, tariffe, pedaggi, tasse o altri oneri. L’EUCAP Somalia non è esonerata dal pagamento di ragionevoli oneri per servizi richiesti e ricevuti, alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato ospitante.
Articolo 5
Privilegi e immunità dell’EUCAP Somalia concessi dallo Stato ospitante
1. I locali dell’EUCAP Somalia sono inviolabili. Non è consentito agli agenti dello Stato ospitante di penetrarvi, tranne che con il consenso del capomissione.
2. I locali dell’EUCAP Somalia, il loro mobilio e gli altri mezzi che vi si trovano, nonché i mezzi di trasporto, non possono essere oggetto di perquisizione, requisizione, sequestro o altro provvedimento esecutivo.
3. L’EUCAP Somalia, i suoi beni e mezzi, ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell’immunità giurisdizionale di ogni genere.
4. Gli archivi e i documenti dell’EUCAP Somalia sono inviolabili in ogni tempo e ovunque essi si trovino.
5. La corrispondenza ufficiale dell’EUCAP Somalia è inviolabile.
6. L’EUCAP Somalia, nonché i suoi fornitori di merci o servizi, sono esonerati dal pagamento di qualsiasi imposta e tassa, nazionale, regionale e comunale e di ogni onere di natura analoga per quanto riguarda le merci acquistate e importate, i servizi forniti e i locali utilizzati dall’EUCAP Somalia ai fini della missione stessa. L’EUCAP Somalia non è esonerata dal pagamento di imposte, tasse o oneri percepiti in remunerazione di servizi resi.
7. Per gli articoli richiesti ai fini dell’EUCAP Somalia lo Stato ospitante consente l’ingresso e concede per questi articoli l’esenzione dal pagamento di dazi doganali, tariffe, pedaggi, tasse e oneri analoghi, diversi dagli oneri per l’immagazzinamento, il trasporto e altri servizi prestati.
Articolo 6
Privilegi e immunità del personale dell’EUCAP Somalia concessi dallo Stato ospitante
1. Il personale dell’EUCAP Somalia non è soggetto ad alcuna forma di arresto o di detenzione.
2. I documenti, la corrispondenza e i mezzi del personale dell’EUCAP Somalia godono dell’inviolabilità, salvo in caso di provvedimenti esecutivi consentiti ai sensi del paragrafo 7.
3. Lo Stato ospitante, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, fornisce al personale dell’EUCAP Somalia una carta d’identità diplomatica.
4. Il personale dell’EUCAP Somalia gode dell’immunità dalla giurisdizione penale dello Stato ospitante in ogni circostanza. Lo Stato d’origine o l’istituzione UE interessata, secondo i casi, può rinunciare all’immunità dalla giurisdizione penale per il personale dell’EUCAP Somalia. Tale rinuncia deve sempre essere una rinuncia espressa.
5. I membri del personale dell’EUCAP Somalia godono dell’immunità dalla giurisdizione civile e amministrativa dello Stato ospitante per quanto concerne le parole pronunciate o scritte e tutti gli atti da essi compiuti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. Il capomissione e l’autorità competente dello Stato d’origine o l’istituzione UE sono immediatamente informati di ogni procedimento civile avviato nei confronti di un membro del personale dell’EUCAP Somalia dinanzi a un giudice dello Stato ospitante. Prima dell’avvio del procedimento dinanzi al giudice, il capomissione e l’autorità competente dello Stato d’origine o l’istituzione UE certificano al suddetto giudice se l’atto in questione è stato compiuto dal membro del personale dell’EUCAP Somalia nell’esercizio delle sue funzioni ufficiali. Se l’atto è stato compiuto nell’esercizio di funzioni ufficiali, il procedimento non è avviato e si applica l’articolo 16. Se l’atto non è stato compiuto nell’esercizio di funzioni ufficiali, il procedimento può essere avviato. La certificazione da parte del capomissione e dell’autorità competente dello Stato d’origine o dell’istituzione UE è vincolante per la giurisdizione dello Stato ospitante che non può contestarla. Il membro del personale dell’EUCAP Somalia che avvia un procedimento non ha più il diritto di invocare l’immunità dalla giurisdizione nei confronti di ogni controricorso direttamente collegato all’azione in giudizio principale.
6. Il personale dell’EUCAP Somalia non è tenuto all’obbligo di rendere testimonianza.
7. Nessun provvedimento esecutivo può essere preso nei confronti di un membro del personale dell’EUCAP Somalia, salvo quando a suo carico è avviato un procedimento civile non connesso con le sue funzioni ufficiali. I beni dei membri del personale dell’EUCAP Somalia, certificati dal capomissione come necessari per l’esercizio delle loro funzioni ufficiali, non possono essere oggetto di sequestro in esecuzione di una sentenza, decisione o ordine. Nei procedimenti civili, i membri del personale dell’EUCAP Somalia non sono soggetti ad alcuna limitazione della libertà personale o a ogni altra misura restrittiva.
8. L’immunità di un membro del personale dell’EUCAP Somalia dalla giurisdizione dello Stato ospitante non lo esenta dalla giurisdizione dello Stato d’origine.
9. Il personale dell’EUCAP Somalia è esentato, per quanto riguarda le prestazioni rese per conto dell’EUCAP Somalia, dalle norme di sicurezza sociale in vigore nello Stato ospitante.
10. Sulle retribuzioni e sugli emolumenti loro versati dall’EUCAP Somalia o dagli Stati d’origine, nonché su ogni entrata percepita al di fuori dello Stato ospitante, i membri del personale dell’EUCAP Somalia sono esenti da qualunque forma di imposizione nello Stato ospitante.
11. Lo Stato ospitante, in base alle disposizioni legislative e regolamentari che può adottare, concede l’ingresso di oggetti destinati all’uso personale di membri del personale dell’EUCAP Somalia e l’esenzione dal pagamento di dazi doganali, tasse e altri oneri connessi, diversi dagli oneri per l’immagazzinamento, il trasporto e altri servizi analoghi, in relazione a tali oggetti. Lo Stato ospitante autorizza altresì l’esportazione di tali oggetti. L’acquisto di beni e servizi sul mercato interno da parte del personale dell’EUCAP Somalia è esentato dal pagamento dell’IVA e delle imposte in conformità delle leggi dello Stato ospitante.
12. I membri del personale dell’EUCAP Somalia sono esenti dall’ispezione del loro bagaglio personale, a meno che non sussistano fondati motivi di ritenere che detto bagaglio contenga oggetti non destinati a uso personale, oppure oggetti la cui importazione o esportazione sia proibita dalla legislazione o soggetta alle norme di quarantena dello Stato ospitante. L’ispezione di detto bagaglio personale avviene solo alla presenza del membro del personale dell’EUCAP Somalia interessato o di un rappresentante autorizzato dell’EUCAP Somalia.
Articolo 7
Personale assunto in loco
Il personale assunto in loco gode dei privilegi e delle immunità a esso riconosciuti dallo Stato ospitante. Tuttavia lo Stato ospitante esercita la propria giurisdizione su detto personale in maniera da non interferire indebitamente con lo svolgimento delle funzioni dell’EUCAP Somalia.
Articolo 8
Giurisdizione penale
Le autorità competenti dello Stato d’origine hanno il diritto di esercitare nel territorio dello Stato ospitante i poteri di giurisdizione penale e disciplinare loro conferiti dalla legge dello Stato d’origine sui membri del personale dell’EUCAP Somalia.
Articolo 9
Sicurezza
1. Lo Stato ospitante, tramite mezzi propri, assume la piena responsabilità della sicurezza del personale dell’EUCAP Somalia.
2. Ai fini del paragrafo 1, lo Stato ospitante adotta tutte le misure necessarie per la protezione, l’incolumità e la sicurezza dell’EUCAP Somalia e del relativo personale. Eventuali disposizioni specifiche, proposte dallo Stato ospitante, sono convenute con il capomissione prima di essere attuate. Lo Stato ospitante consente e sostiene gratuitamente le attività connesse all’evacuazione medica del personale dell’EUCAP Somalia.
Se necessario, sono conclusi accordi supplementari ai sensi dell’articolo 19.
3. Il personale dell’EUCAP Somalia è autorizzato, previa decisione del capomissione, a portare armi leggere e munizioni.
4. L’EUCAP Somalia è autorizzata a tale proposito ad adottare, nel territorio dello Stato ospitante, tutte le misure necessarie, compreso l’impiego della forza necessaria e commisurata, per proteggere il personale, i locali, i veicoli e i mezzi dell’EUCAP Somalia da atti che potrebbero mettere in pericolo la vita dei membri del personale dell’EUCAP Somalia o causare loro danni fisici e, ove necessario, per proteggere simultaneamente altre persone che fanno fronte alla stessa minaccia, nelle immediate vicinanze della missione, da atti che metterebbero in pericolo la vita di tali persone o che potrebbero causare loro gravi danni fisici.
5. L’elenco del personale dell’EUCAP Somalia designato e autorizzato dal capomissione a portare armi da fuoco e munizioni, compreso il trasporto di tali armi, è comunicato alle competenti autorità dello Stato ospitante. Le autorità competenti dello Stato ospitante provvedono a fornire licenze di trasporto e di porto d’armi a tale personale dell’EUCAP Somalia specificamente designato e autorizzato.
Articolo 10
Uniformi
1. Il personale dell’EUCAP Somalia indossa uniformi nazionali o abiti civili con segni distintivi di identificazione della missione stessa.
2. L’uso dell’uniforme è soggetto a norme emanate dal capomissione.
Articolo 11
Cooperazione e accesso all’informazione
1. Lo Stato ospitante offre piena cooperazione e sostegno all’EUCAP Somalia e al relativo personale.
2. Se richiesto e se necessario per il compimento della missione, lo Stato ospitante fornisce al personale dell’EUCAP Somalia effettivo accesso a:
a)
locali, siti e veicoli ufficiali sotto il controllo dello Stato ospitante, che sono rilevanti per l’espletamento del mandato dell’EUCAP Somalia;
b)
documenti, materiali e informazioni sotto il controllo dello Stato ospitante, nella misura in cui sono necessari per l’espletamento del mandato dell’EUCAP Somalia.
Se necessario ai fini del presente comma, sono conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19.
3. Il capomissione e lo Stato ospitante si consultano regolarmente e adottano opportune misure per assicurare contatti stretti e reciproci a ogni livello appropriato. Lo Stato ospitante può nominare un ufficiale di collegamento presso l’EUCAP Somalia.
Articolo 12
Supporto dello Stato ospitante e contratti
1. Lo Stato ospitante assiste, su richiesta, l’EUCAP Somalia a trovare locali adeguati.
2. Se necessari e disponibili, lo Stato ospitante mette a disposizione a titolo gratuito i locali di sua proprietà o di proprietà di enti privati, nella misura in cui i locali in questione siano richiesti per lo svolgimento delle attività amministrative e operative dell’EUCAP Somalia.
3. Lo Stato ospitante, nei limiti dei mezzi e delle capacità di cui dispone, asseconda la preparazione, la costituzione, l’esecuzione e il supporto della missione, anche per quanto riguarda i locali comuni e le attrezzature destinati agli esperti dell’EUCAP Somalia.
4. Lo Stato ospitante presta assistenza e supporto all’EUCAP Somalia alle stesse condizioni previste per i propri cittadini.
5. L’EUCAP Somalia ha la capacità giuridica necessaria, a norma delle disposizioni legislative e regolamentari dello Stato ospitante, per lo svolgimento della sua missione e, in particolare, per aprire conti bancari, acquisire o alienare mezzi e per essere parte di procedimenti giudiziari.
6. La legislazione applicabile ai contratti conclusi dall’EUCAP Somalia nello Stato ospitante è determinata dalle pertinenti disposizioni in detti contratti.
7. I contratti conclusi dall’EUCAP Somalia possono stipulare che la procedura di composizione delle controversie, di cui all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, è applicabile alle controversie derivanti dall’attuazione di detto contratto.
8. Lo Stato ospitante agevola l’attuazione dei contratti conclusi dall’EUCAP Somalia con gli enti commerciali ai fini della missione.
Articolo 13
Modifiche dei locali
1. L’EUCAP Somalia è autorizzata a costruire, variare o modificare in altro modo i locali in funzione delle necessità operative.
2. Lo Stato ospitante non richiede alcun indennizzo dall’EUCAP Somalia in relazione a tali costruzioni, variazioni o modifiche dei locali.
Articolo 14
Decesso di membri del personale dell’EUCAP Somalia
1. Il capomissione ha il diritto di provvedere, adottando le disposizioni necessarie, al rimpatrio delle salme dei membri del personale dell’EUCAP Somalia, nonché dei loro effetti personali.
2. Sulla salma del personale dell’EUCAP Somalia non possono essere praticate autopsie senza il consenso dello Stato d’origine interessato e la presenza di un rappresentante dell’EUCAP Somalia o un rappresentante dello Stato d’origine interessato o di entrambi.
3. Lo Stato ospitante e l’EUCAP Somalia si prestano la massima cooperazione possibile ai fini di un tempestivo rimpatrio delle salme dei membri del personale dell’EUCAP Somalia.
Articolo 15
Comunicazioni
1. L’EUCAP Somalia può installare e far funzionare stazioni radio trasmittenti e riceventi e sistemi satellitari. Essa coopera con le autorità competenti dello Stato ospitante per evitare conflitti quanto all’utilizzazione delle frequenze idonee. L’accesso allo spettro di frequenze è concesso dallo Stato ospitante a titolo gratuito.
2. L’EUCAP Somalia ha diritto a comunicazioni illimitate via radio (incluse radio satellitari, mobili e portatili), telefono, telegrafo, fax e altri mezzi, e gode del diritto di installare le apparecchiature necessarie al mantenimento di tali comunicazioni all’interno dei locali dell’EUCAP Somalia e tra questi, inclusa la posa di cavi e linee di terra, ai fini dell’EUCAP Somalia.
3. All’interno dei suoi locali l’EUCAP Somalia può prendere le disposizioni necessarie per l’inoltro della corrispondenza postale indirizzata all’EUCAP Somalia o al suo personale, o da essi spedita.
Articolo 16
Richieste di indennizzo in seguito a decesso, lesioni, danni o perdite
1. L’EUCAP Somalia e il relativo personale non sono responsabili per i danni e le perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche, inerenti alle esigenze operative o causati da attività relative a disordini civili o alla protezione dell’EUCAP Somalia.
2. Al fine di giungere a una composizione amichevole, le richieste di indennizzo in caso di danni o perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche non contemplati dal paragrafo 1, nonché le richieste di indennizzo in caso di decesso o lesioni alle persone e le richieste di indennizzo in caso di danni o perdite riguardanti beni dell’EUCAP Somalia, sono trasmesse all’EUCAP Somalia tramite le autorità competenti dello Stato ospitante, in relazione alle richieste di indennizzo presentate da persone fisiche o giuridiche dello Stato ospitante, e alle autorità competenti dello Stato ospitante, in relazione alle richieste di indennizzo presentate dall’EUCAP Somalia.
3. Se non è possibile giungere a una composizione amichevole, le richieste di indennizzo sono presentate a una commissione per le richieste di indennizzo composta pariteticamente di rappresentanti dell’EUCAP Somalia e di rappresentanti dello Stato ospitante. La decisione sulle richieste di indennizzo è presa di comune accordo.
4. La controversia, se non può essere composta nell’ambito della commissione per le richieste di indennizzo, è composta per via diplomatica tra lo Stato ospitante e i rappresentanti dell’UE, per le richieste di indennizzo di un importo massimo pari a 40 000 EUR. Per le richieste di indennizzo superiori al suddetto importo, la controversia è sottoposta a un collegio arbitrale, le cui decisioni sono vincolanti.
5. Il collegio arbitrale di cui al paragrafo 4 è composto di tre arbitri, di cui uno nominato dallo Stato ospitante, uno dall’EUCAP Somalia e il terzo congiuntamente dallo Stato ospitante e dall’EUCAP Somalia. Se entro due mesi una delle parti non ha nominato un arbitro oppure se lo Stato ospitante e l’EUCAP Somalia non hanno raggiunto un accordo sulla nomina del terzo arbitro, l’arbitro in questione è nominato dal presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea.
6. L’EUCAP Somalia e le autorità amministrative dello Stato ospitante concludono un accordo amministrativo inteso a definire il mandato della commissione per le richieste di indennizzo e del collegio arbitrale, le procedure applicabili all’interno di tali organi e le condizioni cui è soggetta la presentazione delle richieste di indennizzo.
Articolo 17
Collegamenti e controversie
1. Tutte le questioni relative all’applicazione del presente accordo sono esaminate congiuntamente da rappresentanti dell’EUCAP Somalia e delle competenti autorità dello Stato ospitante.
2. Se non si giunge a una composizione, le controversie connesse all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo sono composte dallo Stato ospitante e dai rappresentanti dell’UE esclusivamente per via diplomatica.
Articolo 18
Disposizioni varie
1. Il governo dello Stato ospitante è responsabile dell’attuazione e del rispetto da parte delle sue autorità locali competenti dei privilegi, delle immunità e dei diritti dell’EUCAP Somalia e del relativo personale, come contemplato dal presente accordo.
2. Nessuna disposizione del presente accordo è intesa o può essere interpretata come una deroga ai diritti di cui godono, ai sensi di altri accordi, uno Stato membro dell’UE o qualsiasi altro Stato che contribuisce all’EUCAP Somalia.
Articolo 19
Modalità di attuazione
Ai fini dell’attuazione del presente accordo, le questioni operative, amministrative e tecniche possono essere oggetto di accordi separati conclusi tra il capomissione e le autorità amministrative dello Stato ospitante.
Articolo 20
Entrata in vigore e cessazione
1. Il presente accordo entra in vigore il giorno della sua firma e resta in vigore fino alla data di partenza dell’ultimo membro del personale dell’EUCAP Somalia, secondo quanto notificato dalla missione stessa.
2. In deroga al paragrafo 1, si considera che le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 8, all’articolo 5, paragrafi 1, 2, 3, 6 e 7, all’articolo 6, paragrafi 1, 3, 4, 6, 8, 9 e 10 e agli articoli 13 e 16 sono state applicate dalla data in cui il primo membro del personale dell’EUCAP Somalia è stato schierato, qualora detta data sia anteriore a quella di entrata in vigore del presente accordo.
3. Il presente accordo può essere oggetto di modifica o cessazione con un accordo scritto tra le parti.
4. La cessazione del presente accordo non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti dall’esecuzione dell’accordo stesso prima della cessazione.
Fatto a Mogadiscio, l’11 gennaio 2020, in duplice copia, in lingua inglese
Per l’Unione europea
Per la Repubblica federale di Somalia
(1) GU UE L 187 del 17.7.2012, pag. 40.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | TRADUZIONE
ACCORDO
tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP SOMALIA)
L’UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «UE»,
da una parte, e
LA REPUBBLICA FEDERALE DI SOMALIA, in seguito denominata «Stato ospitante»,
dall’altra,
in seguito insieme denominate «Parti»,
TENUTO CONTO:
—
della lettera datata 11 gennaio 2013 inviata dal primo ministro del governo federale della Repubblica di Somalia all’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
—
della decisione 2012/389/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia) (1),
—
che il presente accordo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi delle parti derivanti da accordi internazionali e da altri strumenti che istituiscono tribunali internazionali, compreso lo Statuto della Corte penale internazionale,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Ambito d’applicazione e definizioni
1. Il presente accordo si applica alla missione per lo sviluppo delle capacità dell’Unione europea in Somalia (EUCAP Somalia) e al suo personale.
2. Il presente accordo si applica esclusivamente nel territorio dello Stato ospitante.
3. Ai fini del presente accordo, valgono le seguenti definizioni:
a)
«EUCAP Somalia» o «missione»: la missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia), istituita dalla decisione 2012/389/PESC del Consiglio dell’Unione europea, compresi componenti, unità, quartier generale e personale della stessa dispiegati nel territorio dello Stato ospitante e assegnati all’EUCAP Somalia;
b)
«capomissione»: il capomissione dell’EUCAP Somalia nominato dal Consiglio dell’Unione europea;
c)
«Unione europea» o «UE»: gli organi permanenti dell’UE, nonché il relativo personale;
d)
«Stato d’origine»: lo Stato membro dell’UE o il paese terzo che ha distaccato personale presso la missione;
e)
«personale dell’EUCAP Somalia»: il capomissione, il personale distaccato dagli Stati membri dell’UE, dal servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), dalle istituzioni dell’UE e dai paesi terzi invitati dall’UE a partecipare all’EUCAP Somalia, nonché il personale internazionale assunto su base contrattuale dall’EUCAP Somalia, incaricato di preparare, sostenere e attuare la missione e il personale che viaggia su richiesta di uno Stato d’origine, un’istituzione dell’UE o il SEAE nel quadro della missione, esclusi i fornitori commerciali e il personale assunto in loco;
f)
«quartier generale»: il quartier generale dell’EUCAP Somalia a Mogadiscio;
g)
«locali»: tutti gli edifici, le strutture, le installazioni e i terreni richiesti per lo svolgimento delle attività della missione, nonché per l’alloggio del personale dell’EUCAP Somalia;
h)
«personale assunto in loco»: il personale che ha la cittadinanza dello Stato ospitante o che vi risiede in modo permanente;
i)
«corrispondenza ufficiale»: tutta la corrispondenza relativa all’EUCAP Somalia e alle sue funzioni;
j)
«fornitore»: la persona che fornisce all’EUCAP Somalia beni o servizi in relazione alle attività della missione;
k)
«mezzi dell’EUCAP Somalia»: le attrezzature, compresi i mezzi di trasporto, e i beni di consumo necessari all’EUCAP Somalia.
Articolo 2
Disposizioni generali
1. L’EUCAP Somalia e il relativo personale rispettano le disposizioni legislative e regolamentari dello Stato ospitante e si astengono dal compiere qualsiasi azione o attività incompatibile con gli obiettivi dell’EUCAP Somalia.
2. L’EUCAP Somalia è autonoma per quanto riguarda l’esecuzione delle sue funzioni nell’ambito del presente accordo. Lo Stato ospitante rispetta il carattere unitario e internazionale dell’EUCAP Somalia.
3. Il capomissione informa periodicamente il governo dello Stato ospitante del numero dei membri del personale dell’EUCAP Somalia presenti nel territorio dello Stato ospitante.
Articolo 3
Identificazione
1. Il personale dell’EUCAP Somalia è munito di, e identificato da, una tessera di riconoscimento della missione che ha l’obbligo di portare in permanenza. Alle autorità competenti dello Stato ospitante è fornito un facsimile della tessera di riconoscimento della missione.
2. I veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia recano contrassegni d’identificazione o targhe o entrambi, distintivi dell’EUCAP Somalia, se le condizioni di sicurezza lo consentono. I facsimile di tali contrassegni e targhe sono forniti alle autorità competenti dello Stato ospitante.
3. L’EUCAP Somalia è autorizzata a esporre la bandiera dell’UE presso il quartier generale e altrove, da sola o assieme alla bandiera dello Stato ospitante, a seconda della decisione del capomissione. Le bandiere nazionali o insegne dei contingenti nazionali che costituiscono l’EUCAP Somalia possono essere esposte sui locali, sui veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto, e sulle uniformi dell’EUCAP Somalia, su decisione del capomissione.
Articolo 4
Attraversamento delle frontiere e circolazione nel territorio dello Stato ospitante
1. Il personale, i mezzi, i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia attraversano le frontiere della parte ospitante ai valichi di frontiera ufficiali, nei porti marittimi e attraverso i corridoi aerei internazionali.
2. Lo Stato ospitante facilita l’ingresso nel suo territorio e l’uscita dallo stesso del personale, dei mezzi, dei veicoli e di tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia. Fatto salvo il controllo dei passaporti all’atto dell’ingresso nel territorio dello Stato ospitante e dell’uscita dallo stesso, il personale dell’EUCAP Somalia, in possesso della tessera di riconoscimento della missione o della prova provvisoria della partecipazione all’EUCAP Somalia, non è soggetto alle disposizioni regolamentari in materia di controlli e procedure doganali, visti e immigrazione, né a qualsiasi forma di ispezione dei servizi per l’immigrazione nel territorio dello Stato ospitante.
3. Il personale dell’EUCAP Somalia è esonerato dall’applicazione delle disposizioni regolamentari dello Stato ospitante in materia di registrazione e controllo degli stranieri, ma non acquisisce il diritto alla residenza o al domicilio permanenti nel territorio dello Stato ospitante.
4. I mezzi, i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto dell’EUCAP Somalia in ingresso, in transito o in uscita dal territorio dello Stato ospitante a supporto della missione sono esonerati dalla produzione di inventari e di altra documentazione doganale nonché da ogni ispezione.
5. I veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto utilizzati a sostegno dell’EUCAP Somalia non sono soggetti agli obblighi locali di immatricolazione e autorizzazione. Restano applicabili le norme e i regolamenti internazionali pertinenti.
Se necessario, sono conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19.
6. Il personale dell’EUCAP Somalia è autorizzato alla guida di veicoli, al governo di mezzi navali e al pilotaggio di aeromobili e di tutti gli altri mezzi di trasporto nel territorio dello Stato ospitante purché sia in possesso, rispettivamente, di una patente di guida, di un certificato di comandante o di una licenza di pilota nazionale o internazionale in corso di validità. Lo Stato ospitante accetta come validi, senza sottoporli a tasse o diritti, le patenti e i permessi di guida detenuti dal personale dell’EUCAP Somalia.
7. L’EUCAP Somalia e il relativo personale, nonché i veicoli e tutti gli altri mezzi di trasporto, le attrezzature e le forniture possono spostarsi liberamente e senza restrizioni attraverso il territorio dello Stato ospitante, compresi il mare territoriale e il suo spazio aereo.
Se necessario, possono essere conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19.
8. Ai fini del viaggio in adempimento delle proprie mansioni ufficiali, il personale e il personale assunto in loco dall’EUCAP Somalia sono autorizzati a utilizzare strade, ponti, traghetti, aeroporti e porti pubblici senza il pagamento di dazi doganali, tariffe, pedaggi, tasse o altri oneri. L’EUCAP Somalia non è esonerata dal pagamento di ragionevoli oneri per servizi richiesti e ricevuti, alle stesse condizioni previste per i cittadini dello Stato ospitante.
Articolo 5
Privilegi e immunità dell’EUCAP Somalia concessi dallo Stato ospitante
1. I locali dell’EUCAP Somalia sono inviolabili. Non è consentito agli agenti dello Stato ospitante di penetrarvi, tranne che con il consenso del capomissione.
2. I locali dell’EUCAP Somalia, il loro mobilio e gli altri mezzi che vi si trovano, nonché i mezzi di trasporto, non possono essere oggetto di perquisizione, requisizione, sequestro o altro provvedimento esecutivo.
3. L’EUCAP Somalia, i suoi beni e mezzi, ovunque si trovino e chiunque li detenga, godono dell’immunità giurisdizionale di ogni genere.
4. Gli archivi e i documenti dell’EUCAP Somalia sono inviolabili in ogni tempo e ovunque essi si trovino.
5. La corrispondenza ufficiale dell’EUCAP Somalia è inviolabile.
6. L’EUCAP Somalia, nonché i suoi fornitori di merci o servizi, sono esonerati dal pagamento di qualsiasi imposta e tassa, nazionale, regionale e comunale e di ogni onere di natura analoga per quanto riguarda le merci acquistate e importate, i servizi forniti e i locali utilizzati dall’EUCAP Somalia ai fini della missione stessa. L’EUCAP Somalia non è esonerata dal pagamento di imposte, tasse o oneri percepiti in remunerazione di servizi resi.
7. Per gli articoli richiesti ai fini dell’EUCAP Somalia lo Stato ospitante consente l’ingresso e concede per questi articoli l’esenzione dal pagamento di dazi doganali, tariffe, pedaggi, tasse e oneri analoghi, diversi dagli oneri per l’immagazzinamento, il trasporto e altri servizi prestati.
Articolo 6
Privilegi e immunità del personale dell’EUCAP Somalia concessi dallo Stato ospitante
1. Il personale dell’EUCAP Somalia non è soggetto ad alcuna forma di arresto o di detenzione.
2. I documenti, la corrispondenza e i mezzi del personale dell’EUCAP Somalia godono dell’inviolabilità, salvo in caso di provvedimenti esecutivi consentiti ai sensi del paragrafo 7.
3. Lo Stato ospitante, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, fornisce al personale dell’EUCAP Somalia una carta d’identità diplomatica.
4. Il personale dell’EUCAP Somalia gode dell’immunità dalla giurisdizione penale dello Stato ospitante in ogni circostanza. Lo Stato d’origine o l’istituzione UE interessata, secondo i casi, può rinunciare all’immunità dalla giurisdizione penale per il personale dell’EUCAP Somalia. Tale rinuncia deve sempre essere una rinuncia espressa.
5. I membri del personale dell’EUCAP Somalia godono dell’immunità dalla giurisdizione civile e amministrativa dello Stato ospitante per quanto concerne le parole pronunciate o scritte e tutti gli atti da essi compiuti nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. Il capomissione e l’autorità competente dello Stato d’origine o l’istituzione UE sono immediatamente informati di ogni procedimento civile avviato nei confronti di un membro del personale dell’EUCAP Somalia dinanzi a un giudice dello Stato ospitante. Prima dell’avvio del procedimento dinanzi al giudice, il capomissione e l’autorità competente dello Stato d’origine o l’istituzione UE certificano al suddetto giudice se l’atto in questione è stato compiuto dal membro del personale dell’EUCAP Somalia nell’esercizio delle sue funzioni ufficiali. Se l’atto è stato compiuto nell’esercizio di funzioni ufficiali, il procedimento non è avviato e si applica l’articolo 16. Se l’atto non è stato compiuto nell’esercizio di funzioni ufficiali, il procedimento può essere avviato. La certificazione da parte del capomissione e dell’autorità competente dello Stato d’origine o dell’istituzione UE è vincolante per la giurisdizione dello Stato ospitante che non può contestarla. Il membro del personale dell’EUCAP Somalia che avvia un procedimento non ha più il diritto di invocare l’immunità dalla giurisdizione nei confronti di ogni controricorso direttamente collegato all’azione in giudizio principale.
6. Il personale dell’EUCAP Somalia non è tenuto all’obbligo di rendere testimonianza.
7. Nessun provvedimento esecutivo può essere preso nei confronti di un membro del personale dell’EUCAP Somalia, salvo quando a suo carico è avviato un procedimento civile non connesso con le sue funzioni ufficiali. I beni dei membri del personale dell’EUCAP Somalia, certificati dal capomissione come necessari per l’esercizio delle loro funzioni ufficiali, non possono essere oggetto di sequestro in esecuzione di una sentenza, decisione o ordine. Nei procedimenti civili, i membri del personale dell’EUCAP Somalia non sono soggetti ad alcuna limitazione della libertà personale o a ogni altra misura restrittiva.
8. L’immunità di un membro del personale dell’EUCAP Somalia dalla giurisdizione dello Stato ospitante non lo esenta dalla giurisdizione dello Stato d’origine.
9. Il personale dell’EUCAP Somalia è esentato, per quanto riguarda le prestazioni rese per conto dell’EUCAP Somalia, dalle norme di sicurezza sociale in vigore nello Stato ospitante.
10. Sulle retribuzioni e sugli emolumenti loro versati dall’EUCAP Somalia o dagli Stati d’origine, nonché su ogni entrata percepita al di fuori dello Stato ospitante, i membri del personale dell’EUCAP Somalia sono esenti da qualunque forma di imposizione nello Stato ospitante.
11. Lo Stato ospitante, in base alle disposizioni legislative e regolamentari che può adottare, concede l’ingresso di oggetti destinati all’uso personale di membri del personale dell’EUCAP Somalia e l’esenzione dal pagamento di dazi doganali, tasse e altri oneri connessi, diversi dagli oneri per l’immagazzinamento, il trasporto e altri servizi analoghi, in relazione a tali oggetti. Lo Stato ospitante autorizza altresì l’esportazione di tali oggetti. L’acquisto di beni e servizi sul mercato interno da parte del personale dell’EUCAP Somalia è esentato dal pagamento dell’IVA e delle imposte in conformità delle leggi dello Stato ospitante.
12. I membri del personale dell’EUCAP Somalia sono esenti dall’ispezione del loro bagaglio personale, a meno che non sussistano fondati motivi di ritenere che detto bagaglio contenga oggetti non destinati a uso personale, oppure oggetti la cui importazione o esportazione sia proibita dalla legislazione o soggetta alle norme di quarantena dello Stato ospitante. L’ispezione di detto bagaglio personale avviene solo alla presenza del membro del personale dell’EUCAP Somalia interessato o di un rappresentante autorizzato dell’EUCAP Somalia.
Articolo 7
Personale assunto in loco
Il personale assunto in loco gode dei privilegi e delle immunità a esso riconosciuti dallo Stato ospitante. Tuttavia lo Stato ospitante esercita la propria giurisdizione su detto personale in maniera da non interferire indebitamente con lo svolgimento delle funzioni dell’EUCAP Somalia.
Articolo 8
Giurisdizione penale
Le autorità competenti dello Stato d’origine hanno il diritto di esercitare nel territorio dello Stato ospitante i poteri di giurisdizione penale e disciplinare loro conferiti dalla legge dello Stato d’origine sui membri del personale dell’EUCAP Somalia.
Articolo 9
Sicurezza
1. Lo Stato ospitante, tramite mezzi propri, assume la piena responsabilità della sicurezza del personale dell’EUCAP Somalia.
2. Ai fini del paragrafo 1, lo Stato ospitante adotta tutte le misure necessarie per la protezione, l’incolumità e la sicurezza dell’EUCAP Somalia e del relativo personale. Eventuali disposizioni specifiche, proposte dallo Stato ospitante, sono convenute con il capomissione prima di essere attuate. Lo Stato ospitante consente e sostiene gratuitamente le attività connesse all’evacuazione medica del personale dell’EUCAP Somalia.
Se necessario, sono conclusi accordi supplementari ai sensi dell’articolo 19.
3. Il personale dell’EUCAP Somalia è autorizzato, previa decisione del capomissione, a portare armi leggere e munizioni.
4. L’EUCAP Somalia è autorizzata a tale proposito ad adottare, nel territorio dello Stato ospitante, tutte le misure necessarie, compreso l’impiego della forza necessaria e commisurata, per proteggere il personale, i locali, i veicoli e i mezzi dell’EUCAP Somalia da atti che potrebbero mettere in pericolo la vita dei membri del personale dell’EUCAP Somalia o causare loro danni fisici e, ove necessario, per proteggere simultaneamente altre persone che fanno fronte alla stessa minaccia, nelle immediate vicinanze della missione, da atti che metterebbero in pericolo la vita di tali persone o che potrebbero causare loro gravi danni fisici.
5. L’elenco del personale dell’EUCAP Somalia designato e autorizzato dal capomissione a portare armi da fuoco e munizioni, compreso il trasporto di tali armi, è comunicato alle competenti autorità dello Stato ospitante. Le autorità competenti dello Stato ospitante provvedono a fornire licenze di trasporto e di porto d’armi a tale personale dell’EUCAP Somalia specificamente designato e autorizzato.
Articolo 10
Uniformi
1. Il personale dell’EUCAP Somalia indossa uniformi nazionali o abiti civili con segni distintivi di identificazione della missione stessa.
2. L’uso dell’uniforme è soggetto a norme emanate dal capomissione.
Articolo 11
Cooperazione e accesso all’informazione
1. Lo Stato ospitante offre piena cooperazione e sostegno all’EUCAP Somalia e al relativo personale.
2. Se richiesto e se necessario per il compimento della missione, lo Stato ospitante fornisce al personale dell’EUCAP Somalia effettivo accesso a:
a)
locali, siti e veicoli ufficiali sotto il controllo dello Stato ospitante, che sono rilevanti per l’espletamento del mandato dell’EUCAP Somalia;
b)
documenti, materiali e informazioni sotto il controllo dello Stato ospitante, nella misura in cui sono necessari per l’espletamento del mandato dell’EUCAP Somalia.
Se necessario ai fini del presente comma, sono conclusi accordi supplementari a norma dell’articolo 19.
3. Il capomissione e lo Stato ospitante si consultano regolarmente e adottano opportune misure per assicurare contatti stretti e reciproci a ogni livello appropriato. Lo Stato ospitante può nominare un ufficiale di collegamento presso l’EUCAP Somalia.
Articolo 12
Supporto dello Stato ospitante e contratti
1. Lo Stato ospitante assiste, su richiesta, l’EUCAP Somalia a trovare locali adeguati.
2. Se necessari e disponibili, lo Stato ospitante mette a disposizione a titolo gratuito i locali di sua proprietà o di proprietà di enti privati, nella misura in cui i locali in questione siano richiesti per lo svolgimento delle attività amministrative e operative dell’EUCAP Somalia.
3. Lo Stato ospitante, nei limiti dei mezzi e delle capacità di cui dispone, asseconda la preparazione, la costituzione, l’esecuzione e il supporto della missione, anche per quanto riguarda i locali comuni e le attrezzature destinati agli esperti dell’EUCAP Somalia.
4. Lo Stato ospitante presta assistenza e supporto all’EUCAP Somalia alle stesse condizioni previste per i propri cittadini.
5. L’EUCAP Somalia ha la capacità giuridica necessaria, a norma delle disposizioni legislative e regolamentari dello Stato ospitante, per lo svolgimento della sua missione e, in particolare, per aprire conti bancari, acquisire o alienare mezzi e per essere parte di procedimenti giudiziari.
6. La legislazione applicabile ai contratti conclusi dall’EUCAP Somalia nello Stato ospitante è determinata dalle pertinenti disposizioni in detti contratti.
7. I contratti conclusi dall’EUCAP Somalia possono stipulare che la procedura di composizione delle controversie, di cui all’articolo 16, paragrafi 3 e 4, è applicabile alle controversie derivanti dall’attuazione di detto contratto.
8. Lo Stato ospitante agevola l’attuazione dei contratti conclusi dall’EUCAP Somalia con gli enti commerciali ai fini della missione.
Articolo 13
Modifiche dei locali
1. L’EUCAP Somalia è autorizzata a costruire, variare o modificare in altro modo i locali in funzione delle necessità operative.
2. Lo Stato ospitante non richiede alcun indennizzo dall’EUCAP Somalia in relazione a tali costruzioni, variazioni o modifiche dei locali.
Articolo 14
Decesso di membri del personale dell’EUCAP Somalia
1. Il capomissione ha il diritto di provvedere, adottando le disposizioni necessarie, al rimpatrio delle salme dei membri del personale dell’EUCAP Somalia, nonché dei loro effetti personali.
2. Sulla salma del personale dell’EUCAP Somalia non possono essere praticate autopsie senza il consenso dello Stato d’origine interessato e la presenza di un rappresentante dell’EUCAP Somalia o un rappresentante dello Stato d’origine interessato o di entrambi.
3. Lo Stato ospitante e l’EUCAP Somalia si prestano la massima cooperazione possibile ai fini di un tempestivo rimpatrio delle salme dei membri del personale dell’EUCAP Somalia.
Articolo 15
Comunicazioni
1. L’EUCAP Somalia può installare e far funzionare stazioni radio trasmittenti e riceventi e sistemi satellitari. Essa coopera con le autorità competenti dello Stato ospitante per evitare conflitti quanto all’utilizzazione delle frequenze idonee. L’accesso allo spettro di frequenze è concesso dallo Stato ospitante a titolo gratuito.
2. L’EUCAP Somalia ha diritto a comunicazioni illimitate via radio (incluse radio satellitari, mobili e portatili), telefono, telegrafo, fax e altri mezzi, e gode del diritto di installare le apparecchiature necessarie al mantenimento di tali comunicazioni all’interno dei locali dell’EUCAP Somalia e tra questi, inclusa la posa di cavi e linee di terra, ai fini dell’EUCAP Somalia.
3. All’interno dei suoi locali l’EUCAP Somalia può prendere le disposizioni necessarie per l’inoltro della corrispondenza postale indirizzata all’EUCAP Somalia o al suo personale, o da essi spedita.
Articolo 16
Richieste di indennizzo in seguito a decesso, lesioni, danni o perdite
1. L’EUCAP Somalia e il relativo personale non sono responsabili per i danni e le perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche, inerenti alle esigenze operative o causati da attività relative a disordini civili o alla protezione dell’EUCAP Somalia.
2. Al fine di giungere a una composizione amichevole, le richieste di indennizzo in caso di danni o perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche non contemplati dal paragrafo 1, nonché le richieste di indennizzo in caso di decesso o lesioni alle persone e le richieste di indennizzo in caso di danni o perdite riguardanti beni dell’EUCAP Somalia, sono trasmesse all’EUCAP Somalia tramite le autorità competenti dello Stato ospitante, in relazione alle richieste di indennizzo presentate da persone fisiche o giuridiche dello Stato ospitante, e alle autorità competenti dello Stato ospitante, in relazione alle richieste di indennizzo presentate dall’EUCAP Somalia.
3. Se non è possibile giungere a una composizione amichevole, le richieste di indennizzo sono presentate a una commissione per le richieste di indennizzo composta pariteticamente di rappresentanti dell’EUCAP Somalia e di rappresentanti dello Stato ospitante. La decisione sulle richieste di indennizzo è presa di comune accordo.
4. La controversia, se non può essere composta nell’ambito della commissione per le richieste di indennizzo, è composta per via diplomatica tra lo Stato ospitante e i rappresentanti dell’UE, per le richieste di indennizzo di un importo massimo pari a 40 000 EUR. Per le richieste di indennizzo superiori al suddetto importo, la controversia è sottoposta a un collegio arbitrale, le cui decisioni sono vincolanti.
5. Il collegio arbitrale di cui al paragrafo 4 è composto di tre arbitri, di cui uno nominato dallo Stato ospitante, uno dall’EUCAP Somalia e il terzo congiuntamente dallo Stato ospitante e dall’EUCAP Somalia. Se entro due mesi una delle parti non ha nominato un arbitro oppure se lo Stato ospitante e l’EUCAP Somalia non hanno raggiunto un accordo sulla nomina del terzo arbitro, l’arbitro in questione è nominato dal presidente della Corte di giustizia dell’Unione europea.
6. L’EUCAP Somalia e le autorità amministrative dello Stato ospitante concludono un accordo amministrativo inteso a definire il mandato della commissione per le richieste di indennizzo e del collegio arbitrale, le procedure applicabili all’interno di tali organi e le condizioni cui è soggetta la presentazione delle richieste di indennizzo.
Articolo 17
Collegamenti e controversie
1. Tutte le questioni relative all’applicazione del presente accordo sono esaminate congiuntamente da rappresentanti dell’EUCAP Somalia e delle competenti autorità dello Stato ospitante.
2. Se non si giunge a una composizione, le controversie connesse all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo sono composte dallo Stato ospitante e dai rappresentanti dell’UE esclusivamente per via diplomatica.
Articolo 18
Disposizioni varie
1. Il governo dello Stato ospitante è responsabile dell’attuazione e del rispetto da parte delle sue autorità locali competenti dei privilegi, delle immunità e dei diritti dell’EUCAP Somalia e del relativo personale, come contemplato dal presente accordo.
2. Nessuna disposizione del presente accordo è intesa o può essere interpretata come una deroga ai diritti di cui godono, ai sensi di altri accordi, uno Stato membro dell’UE o qualsiasi altro Stato che contribuisce all’EUCAP Somalia.
Articolo 19
Modalità di attuazione
Ai fini dell’attuazione del presente accordo, le questioni operative, amministrative e tecniche possono essere oggetto di accordi separati conclusi tra il capomissione e le autorità amministrative dello Stato ospitante.
Articolo 20
Entrata in vigore e cessazione
1. Il presente accordo entra in vigore il giorno della sua firma e resta in vigore fino alla data di partenza dell’ultimo membro del personale dell’EUCAP Somalia, secondo quanto notificato dalla missione stessa.
2. In deroga al paragrafo 1, si considera che le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 8, all’articolo 5, paragrafi 1, 2, 3, 6 e 7, all’articolo 6, paragrafi 1, 3, 4, 6, 8, 9 e 10 e agli articoli 13 e 16 sono state applicate dalla data in cui il primo membro del personale dell’EUCAP Somalia è stato schierato, qualora detta data sia anteriore a quella di entrata in vigore del presente accordo.
3. Il presente accordo può essere oggetto di modifica o cessazione con un accordo scritto tra le parti.
4. La cessazione del presente accordo non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti dall’esecuzione dell’accordo stesso prima della cessazione.
Fatto a Mogadiscio, l’11 gennaio 2020, in duplice copia, in lingua inglese
Per l’Unione europea
Per la Repubblica federale di Somalia
(1) GU UE L 187 del 17.7.2012, pag. 40.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Accordo tra l’Unione europea e la Somalia sulla missione dell’UE in Somalia (EUCAP Somalia)
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo definisce lo status e le condizioni operative della missione e del personale dell’Unione europea (Unione) per lo sviluppo delle capacità, rafforzando la capacità della Somalia di applicare il diritto civile marittimo. La decisione dà all’Unione l’approvazione formale dell’accordo.
PUNTI CHIAVE
L’accordo stabilisce quanto segue.La missione e il suo personale:rispettano le disposizioni legislative e regolamentari della Somalia;Sono identificabili da tessere di riconoscimento, contrassegni d’identificazione o targhe dei veicoli e dalla bandiera dell’Unione;entrano ed escono dallo Stato ospitante ai valichi di frontiera senza impedimenti;possono spostarsi liberamente all’interno del paese;godono di vari privilegi e immunità, quali l’esenzione dalla tassazione e dalle ispezioni dei loro bagagli personali e l’immunità dalla giurisdizione del paese nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali;rimangono soggetti alla giurisdizione penale e ai poteri disciplinari dello Stato di origine;sono autorizzati, previa decisione del capomissione, a portare armi leggere e munizioni;possono impiegare la forza necessaria e commisurata per proteggere il personale, i locali, i veicoli e i mezzi dai pericoli;indossano uniformi nazionali o abiti civili con segni distintivi di identificazione di EUCAP Somalia;non sono responsabili per i danni e le perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche, inerenti alle esigenze operative o causati da attività relative a disordini civili. La Somalia;assume la piena responsabilità della sicurezza del personale dell’EUCAP.offre alla missione e ai suoi membri piena cooperazione e sostegno, compreso l’accesso ai locali, veicoli e alle informazioni all’EUCAP Somalia e al relativo personale;su richiesta, assiste la missione nel trovare locali adeguati messi a disposizione a titolo gratuito;concede l’accesso gratuito alle frequenze radio;agevola l’attuazione da parte della missione dei contratti commerciali conclusi;è responsabile dell’attuazione e del rispetto da parte delle sue autorità locali dei privilegi, delle immunità e dei diritti della missione e del relativo personale. EUCAP Somalia è autorizzata a:costruire o modificare i locali in funzione delle necessità operative, senza corrispondere alcun indennizzo;installare e far funzionare stazioni radio e sistemi satellitari con diritti di comunicazione illimitati. Le richieste di indennizzo per decesso, lesioni, danni o perdite riguardanti proprietà civili o pubbliche sono presentate a una commissione per le richieste di indennizzo e, se la controversia non può essere composta per via amichevole, viene sottoposta a un collegio arbitrale. Il capomissione è responsabile del rimpatrio delle salme dei membri di EUCAP Somalia e dei loro effetti personali. Eventuali controversie connesse all’applicazione dell’accordo sono gestite dalla missione e dalle autorità nazionali competenti e, ove necessario, risolte diplomaticamente a un livello superiore.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’11 gennaio 2020.
CONTESTO
EUCAP Somalia ha sostituito EUCAP Nestor (avviata nel luglio 2012 per sviluppare la capacità marittime regionali nel Corno d’Africa) nel dicembre 2016. Il suo specifico ambito di competenza è quello di aiutare il paese ad applicare il diritto marittimo con maggiore efficacia e a combattere la pirateria. Il mandato della missione è valido fino al 31 dicembre 2021. La sua dotazione finanziaria è di 66,1 milioni di EUR per il periodo che va dall’1o gennaio 2019 al 31 dicembre 2020. EUCAP Somalia fa parte di una strategia generale dell’Unione per il paese. Essa riguarda la diplomazia e il supporto allo sviluppo degli aiuti umanitari e all’applicazione delle leggi. La strategia comprende due missioni militari:Eunavfor operazione Atalanta per combattere la pirateria costiera; eEUTM Somalia per fornire consulenza e formazione militare, politica e strategica. Per ulteriori informazioni consultare:EUCAP Somalia (Servizio europeo per l’azione esterna)
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP SOMALIA) (GU L 34 del 6.2.2020, pag. 5).
Decisione (PESC) 2020/155 del Consiglio, del 24 ottobre 2019, relativa alla firma e alla conclusione, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica federale di Somalia sullo status della missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità in Somalia (EUCAP Somalia) (GU L 34 del 6.2.2020, pag. 3).
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione 2012/389/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell’Unione europea per lo sviluppo delle capacità marittime regionali nel Corno d’Africa (EUCAP NESTOR) (GU L 187 del 17.7.2012, pag. 40).
Le successive modifiche alla decisione 2012/389/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. |
Gestione delle crisi — Accordo quadro sulla partecipazione
QUAL È LO SCOPO DEGLI ACCORDI E DELLE DECISIONI?
L’accordo quadro tra l’Unione e le Nazioni Unite stabilisce le regole per la prestazione di reciproco sostegno logistico, amministrativo e di sicurezza da parte delle missioni dell’ONU e delle operazioni dell’Unione impegnate nelle crisi e nelle situazioni postconflitto sul campo. Gli accordi definiscono i termini della partecipazione dei paesi terzi alle operazioni di gestione delle crisi dell’Unione, nonché il rapporto di tali paesi con l’Unione nello svolgimento delle missioni. Le decisioni approvano i rispettivi accordi per conto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
L’articolo 37 del trattato sull’Unione europea e l’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea forniscono il necessario quadro giuridico conferendo all’Unione europea l’autorità per concludere accordi con i paesi terzi relativamente alla loro partecipazione alle operazioni dell’Unione per la gestione delle crisi.
Gestione delle crisi dell’UnioneIl dipartimento per il coordinamento operativo e di risposta alle crisi del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) è responsabile dell’attivazione del Sistema di risposta alle crisi del SEAE (piattaforma di crisi, sala situazione dell’Unione, comitato di gestione delle crisi), e gioca un ruolo centrale nel garantire una risposta rapida ed efficace in tutto il sistema dell’Unione oltre ad azioni e a una politica coerente in tutte le varie fasi del ciclo di vita della crisi. Il sistema di risposta alle crisi si occupa delle crisi che possono incidere sulla sicurezza e sugli interessi dell’Unione che si verificano all’esterno dell’Unione, comprese quelle che interessano le delegazioni dell’Unione o qualsiasi altra risorsa o persona dell’Unione in paesi terzi. Si occupa inoltre delle crisi che si verificano all’interno dell’Unione che hanno una dimensione esterna. Il sistema di risposta alle crisi va dalla prevenzione e dalla preparazione alla risposta e al recupero, con l’obiettivo di dare una risposta globale alle crisi e massimizzare la capacità di gestione dell’Unione.Partecipazione alle operazioni di gestione delle crisi dell’UnioneCiascun paese terzo che rientra negli accordi decide di accettare l’invito a partecipare alle operazioni guidate dall’Unione caso per caso. Se accetta, il paese si impegna anche a rispettare i termini della decisione del Consiglio con cui l’Unione ha deciso di condurre l’operazione in questione. Il contributo dei paesi può includere personale civile, personale militare e materiali. Le parti sono inoltre concordi su un possibile contributo al bilancio dell’operazione. Il paese terzo si fa carico di tutti i costi associati alla sua partecipazione, eccetto i casi in cui tali costi siano previsti nel bilancio. In qualsiasi momento, il paese può decidere di ritirarsi in tutto o in parte dall’operazione militare, previa consultazione con l’Unione. La decisione di terminare l’operazione di gestione della crisi è essenzialmente una decisione dell’Unione, sebbene questa debba consultare tutti i paesi paese che stanno ancora dando un contributo nel momento in cui è prevista la decisione. Eventuali controversie riguardanti l’interpretazione o l’applicazione di un accordo vengono risolte attraverso i canali diplomatici.Status del contingente di un paese terzo distaccato in un’operazione guidata dall’Unione.Lo status del contingente del paese terzo è disciplinato dallo status dell’accordo di missione tra l’Unione e il paese in cui si svolge l’operazione. Se tale accordo non è stato ancora concluso, le parti concordano un accordo equivalente prima dello schieramento. Lo status di accordo di ammissione definisce i privilegi e le immunità del personale distaccato. Il paese conserva il diritto di esercitare la giurisdizione sul proprio personale distaccato nel paese in cui si svolge l’operazione. Sarà inoltre responsabile di rispondere a qualsiasi pretesa risarcitoria relativa alla sua partecipazione in conformità con la propria legislazione nazionale.Svolgimento delle operazioniL’Unione è responsabile della conduzione delle operazioni di gestione delle crisi e definisce gli obiettivi e le linee guida delle missioni. Il paese terzo garantisce che il proprio personale e le proprie unità svolgano i propri compiti conformemente ai presenti orientamenti e che il proprio personale segua la direzione del capomissione dell’Unione o del comandante dell’Unione, pur rimanendo pienamente sotto il proprio comando. Il paese terzo designa un punto di contatto nazionale che rappresenti il proprio contingente nazionale nell’operazione, riferendo al capomissione e al responsabile per le questioni disciplinari all’interno del contingente del paese.Rinuncia alle richieste risarcitorie
Nell’ambito di ciascun accordo, l’Unione e il paese terzo rinunciano alle richieste risarcitorie contro l’altra parte per i danni derivanti dall’esercizio delle loro funzioni ufficiali, salvo in caso di negligenza grave o dolo. La rinuncia alle richieste risarcitorie deve essere dichiarata dal paese interessato così come da ciascun paese dell’Unione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI E GLI ACCORDI?
L’accordo quadro tra l’Unione e le Nazioni Unite è entrato in vigore il 29 settembre 2020.
Paese
Decisione
Accordo
Vietnam
18 luglio 2019
-
Giordania
18 febbraio 2019
-
Bosnia-Erzegovina
9 marzo 2012
-
Australia
22 luglio 2013
-
Colombia
8 luglio 2014
-
Corea del Sud
28 gennaio 2014
-
Cile
18 novembre 2013
-
Georgia
18 novembre 2013
-
Moldova
25 ottobre 2012
-
Macedonia
9 marzo 2012
29 ottobre 2012
Albania
23 marzo 2012
5 giugno 2012
Nuova Zelanda
19 dicembre 2011
-
Serbia
20 dicembre 2010
8 giugno 2011
Stati Uniti
31 marzo 2011
17 maggio 2011
Montenegro
21 febbraio 2011
22 febbraio 2011
Turchia
10 marzo 2006
-
Canada
21 novembre 2005
-
Ucraina
13 giugno 2005
1 maggio 2008
Norvegia
18 ottobre 2004
1 gennaio 2005
Islanda
18 ottobre 2004
1 aprile 2005
Note:Alcuni accordi non sono ancora entrati in vigore. Gli accordi entrano in vigore il primo giorno del primo mese dopo che le parti si sono reciprocamente notificate il completamento delle necessarie procedure legali interne. Accordi simili sono stati siglati con la Bulgaria e la Romania prima che entrassero a far parte dell’Unione.
CONTESTO
Si veda anche:La risposta alle crisi (Azione esterna dell’Unione) Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza in Asia e con l’Asia (Azione esterna dell’Unione) Capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) (Azione esterna dell’Unione).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo quadro tra l’Unione europea e le Nazioni Unite per la prestazione di reciproco sostegno nell’ambito delle rispettive missioni e operazioni sul campo (GU L 389 del 19.11.2020, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e il governo della Repubblica socialista del Vietnam che istituisce un quadro per la partecipazione del Vietnam alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 276 del 29.10.2019, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e il Regno hascemita di Giordania che istituisce un quadro per la partecipazione del Regno hascemita di Giordania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 207 del 7.8.2019, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Bosnia-Erzegovina che istituisce un quadro per la partecipazione della Bosnia-Erzegovina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 288 del 4.11.2015, pag. 4).
Accordo tra l’Unione europea e l’Australia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Australia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 149 del 16.6.2015, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Colombia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Colombia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 251 del 23.8.2014, pag. 8).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Corea alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 166 del 5.6.2014, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica del Cile alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 40 dell’11.2.2014, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Georgia che istituisce un quadro per la partecipazione della Georgia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 14 del 18.1.2014, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica moldova che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica moldova alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 8 dell’12.1.2013, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 338 del 12.12.2012, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Albania che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Albania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 169 del 29.6.2012, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Nuova Zelanda che istituisce un quadro per la partecipazione della Nuova Zelanda alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 160 del 21.6.2012, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Serbia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Serbia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 163 del 23.6.2011, pag. 2).
Accordo quadro tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sulla partecipazione degli Stati Uniti d’America alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 143 del 31.5.2011, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 57 del 2.3.2011, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Turchia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 189 del 12.7.2006, pag. 17).
Accordo tra l’Unione europea e il Canada che istituisce un quadro per la partecipazione del Canada alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 315 dell’1.12.2005, pag. 21).
Accordo tra l’Unione europea e l’Ucraina che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Ucraina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 29).
Accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia che istituisce un quadro per la partecipazione del il Regno di Norvegia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 67 del 14.3.2005, pag. 8).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Islanda alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 67 del 14.3.2005, pag. 2).
Decisione (UE) 2019/1803 del Consiglio del 18 luglio 2019 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il governo della Repubblica socialista del Vietnam che istituisce un quadro per la partecipazione del Vietnam alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 276 del 29.10.2019, pag. 1).
Decisione (PESC) 2019/1328 del Consiglio del 18 febbraio 2019 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno hascemita di Giordania che istituisce un quadro per la partecipazione del Regno hascemita di Giordania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (OJ L 207 del 7.8.2019, pag. 1)
Decisione (PESC) 2015/1967 del Consiglio, del 9 marzo 2012, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Bosnia-Erzegovina che istituisce un quadro per la partecipazione della Bosnia-Erzegovina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 288 del 4.11.2015, pag. 2).
Decisione (UE) 2015/916 del Consiglio del 22 luglio 2013 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’Australia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Australia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 149 del 16.6.2015, pag. 1).
Decisione 2014/15/PESC del Consiglio del 18 novembre 2013 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Georgia che istituisce un quadro per la partecipazione della Georgia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 14 del 18.1.2014, pag. 1).
Le successive modifiche alla decisione 2014/15/PESC sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione 2014/71/PESC del Consiglio del 18 novembre 2013 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica del Cile alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 40 dell’11.2.2014, pag. 1).
Decisione 2014/538/PESC del Consiglio dell’8 luglio 2014 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Colombia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Colombia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 251 del 23.8.2014, pag. 7).
Decisione 2014/326/PESC del Consiglio del 28 gennaio 2014 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Corea alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 166 del 5.6.2014, pag. 1).
Decisione 2013/12/PESC del Consiglio del 25 ottobre 2012 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica moldova che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica moldova alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 8 del 12.1.2013, pag. 1).
Decisione 2012/768/PESC del Consiglio del 9 marzo 2012 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 338 del 12.12.2012, pag. 1).
Decisione 2012/344/PESC del Consiglio del 23 marzo 2012 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Albania che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Albania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 169 del 29.6.2012, pag. 1).
Decisione 2012/315/PESC del Consiglio del 19 dicembre 2011 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Nuova Zelanda che istituisce un quadro per la partecipazione della Nuova Zelanda alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 160 del 21.6.2012, pag. 1).
Decisione del Consiglio 2011/361/PESC del 20 dicembre 2010 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Serbia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Serbia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 163 del 23.6.2011, pag. 1).
Decisione 2011/318/PESC del Consiglio del 31 marzo 2011 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo quadro tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sulla partecipazione degli Stati Uniti d’America alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 143 del 31.5.2011, pag. 1).
Decisione 2011/133/PESC del Consiglio del 21 febbraio 2011 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 57 del 2.3.2011, pag. 1).
Decisione 2006/482/PESC del Consiglio del 10 aprile 2006 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Turchia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 189 del 12.7.2006, pag. 16).
Decisione 2005/851/PESC del Consiglio del 21 novembre 2005 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il Canada che istituisce un quadro per la partecipazione del Canada alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 315 del 1.12.2005, pag. 20).
Decisione 2005/495/PESC del Consiglio del 13 giugno 2005 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’Ucraina che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Ucraina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 28).
Decisione 2005/191/PESC del Consiglio del 18 ottobre 2004 relativa alla conclusione degli accordi tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda, il Regno di Norvegia e la Romania che istituiscono un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Islanda, del Regno di Norvegia e della Romania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 67 del 14.3.2005, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea, titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche in materia di politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune, sezione 1: Disposizioni comuni, articolo 37 (ex articolo 24 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 36).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo V — Accordi internazionali — articolo 218 (ex articolo 300 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 144). | TRADUZIONE
ACCORDO QUADRO
tra l’Unione europea e le Nazioni Unite per la prestazione di reciproco sostegno nell’ambito delle rispettive missioni e operazioni sul campo
CONSIDERANDO che nella dichiarazione comune sulla cooperazione ONU-UE nella gestione delle crisi firmata il 7 giugno 2007, il segretario generale delle Nazioni Unite e la presidenza del Consiglio dell’Unione europea hanno ribadito la loro determinazione a rafforzare la cooperazione e il coordinamento reciproci nel settore della gestione delle crisi, incluso tramite l’istituzione di meccanismi di coordinamento e di cooperazione specifici per le situazioni di crisi e post-conflitto in cui le Nazioni Unite e l’Unione europea sono impegnate;
CONSIDERANDO che per rafforzare la cooperazione e il coordinamento reciproci di cui sopra le Nazioni Unite e l’Unione europea hanno convenuto di istituire un accordo quadro per la prestazione di reciproco sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza da parte delle operazioni di pace e missioni politiche delle Nazioni Unite (in appresso «missioni ONU») e da parte delle operazioni di gestione militare e civile delle crisi della politica di sicurezza e di difesa comune dell’Unione europea (in appresso «operazioni UE») impegnate in situazioni di crisi e post-conflitto sul campo;
CONSIDERANDO che le spese derivanti dalle operazioni civili dell’Unione europea sono a carico del bilancio dell’Unione europea e sono eseguite dalla Commissione europea;
CONSIDERANDO che, a norma dell’articolo 41, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea, le spese derivanti da operazioni UE che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa sono a carico degli Stati membri dell’Unione europea;
CONSIDERANDO che, a norma della decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, Athena è il meccanismo cui è affidata l’amministrazione dei costi comuni e a carico degli Stati delle operazioni UE che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa;
CONSIDERANDO che le Nazioni Unite e l’Unione europea confermano entrambe di essere autorizzate a sottoscrivere il presente accordo quadro e ad assumersi le responsabilità ivi contenute;
PERTANTO, le Nazioni Unite e l’Unione europea (singolarmente una «parte» e collettivamente «parti») convengono quanto segue:
Articolo 1
Scopo e ambito di applicazione
1.1 Il presente accordo («accordo») definisce il quadro per la prestazione di reciproco sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza da parte delle missioni ONU e delle operazioni UE impegnate in situazioni di crisi e post-conflitto sul campo.
1.2 Il presente accordo non si applica:
i)
alla logistica o ad altro sostegno fornito alle missioni ONU o alle operazioni UE dai loro rispettivi Stati membri su base bilaterale;
ii)
agli accordi di cooperazione o assistenza tra le missioni ONU e le operazioni UE diversi dalla prestazione di sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza; o
iii)
agli accordi di cooperazione o assistenza tra le missioni ONU e le operazioni UE conclusi anteriormente alla data del presente accordo.
Articolo 2
Principi generali
2.1 Le autorità competenti delle parti possono concludere accordi per la prestazione di reciproco sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza (in appresso «sostegno») da parte delle missioni ONU e delle operazioni UE impegnate in situazioni di crisi e post-conflitto sul campo.
2.2 La prestazione di sostegno è soggetta alle rispettive capacità e zone di schieramento delle missioni ONU e delle operazioni UE e fatta salva la loro capacità di svolgere i rispettivi mandati.
2.3 La prestazione di sostegno è soggetta ai rispettivi regolamenti, norme, prassi e procedure consolidate delle parti (in appresso «regolamenti e norme»).
Articolo 3
Accordi di esecuzione tecnica
3.1 Le modalità e disposizioni finanziarie dettagliate applicabili alla prestazione di sostegno sono concordate caso per caso e stabilite in accordi di esecuzione tecnica specifici della missione conclusi a norma dell’articolo 2 del presente accordo (in appresso «accordi di esecuzione tecnica»). Se del caso, l’Unione europea provvede affinché gli accordi di esecuzione tecnica siano conclusi dalle autorità competenti che agiscono per conto di Athena.
3.2 Nessuna delle parti: i) è tenuta a prestare sostegno all’altra, eccetto se sancito espressamente in un accordo di esecuzione tecnica; o ii) è responsabile dinnanzi all’altra parte in caso di incapacità, totale o parziale, a prestare tale sostegno.
3.3 In caso di conflitto tra il presente accordo e un accordo di esecuzione tecnica, i termini del presente accordo prevalgono.
Articolo 4
Pianificazione e coordinamento
4.1 Le parti designano ciascuna un funzionario (in appresso rispettivamente il «coordinatore ONU» e il «coordinatore UE») per coordinare la prestazione di sostegno a norma del presente accordo.
4.2 Eccetto diverso accordo tra le parti, il coordinatore ONU e il coordinatore UE fungono da punto di contatto per tutte le questioni relative al presente accordo.
4.3 Il coordinatore ONU e il coordinatore UE si consultano su base periodica per esaminare e coordinare il tempestivo scambio reciproco di tutte le pertinenti informazioni che possono rivelarsi necessarie per la pianificazione, l’individuazione, la definizione quale priorità e il coordinamento delle esigenze in materia di sostegno delle missioni ONU e delle operazioni UE.
Articolo 5
Categorie di sostegno
5.1 Gli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo possono includere le seguenti categorie di sostegno:
i)
la prestazione di beni, forniture o servizi di logistica;
ii)
il trasferimento (vendita) di materiali;
iii)
la costruzione, la rimessa a nuovo e/o la consegna di infrastrutture;
iv)
la prestazione di servizi di sicurezza o di protezione al personale e/o ai beni e/o;
v)
lo scambio di informazioni classificate.
5.2 Le suddette categorie di sostegno sono riportate a fini puramente illustrativi e non devono essere ritenute esclusive né un impegno a prestare tale sostegno.
Articolo 6
Disposizioni relative al sostegno
6.1 La prestazione di beni, forniture o servizi di logistica a norma di un accordo di esecuzione tecnica può includere, pur senza limitarvisi, le categorie di beni, forniture o servizi di logistica di cui all’allegato 1 del presente accordo.
i)
Salvo se altrimenti convenuto per iscritto nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile, la qualità dei beni, delle forniture o dei servizi di logistica prestati dalla missione ONU all’operazione UE o viceversa è uguale e dello stesso calibro di quella di cui usufruisce il personale del prestatore;
ii)
ai fini della prestazione di beni, forniture o servizi di logistica, la missione ONU e l’operazione UE possono avvalersi di contratti o accordi esistenti conclusi dal prestatore o per suo conto. Le parti garantiscono che tutti i servizi, i materiali e le forniture acquistati dal prestatore o per suo conto siano appaltati conformemente ai regolamenti e alle norme del prestatore.
6.2 Il trasferimento di materiali a norma di un accordo di esecuzione tecnica può includere, pur senza limitarvisi, le categorie di materiali di cui all’allegato 2 del presente accordo.
i)
Nella misura in cui l’accordo di esecuzione tecnica prevede il trasferimento (vendita) di materiali, la missione ONU o l’operazione UE, agendo sempre in conformità dei rispettivi regolamenti e norme, può trasferire, vendere o cedere materiali all’altra in base alle condizioni seguenti:
a)
il prestatore dichiara e garantisce di essere l’unico proprietario dei materiali e che i suddetti sono interamente pagati e esenti da diritti, ipoteche e gravami di terzi;
b)
il destinatario riconosce che i materiali sono venduti nello stato e nel luogo in cui si trovano e che il prestatore non fornisce alcuna dichiarazione o garanzia, esplicita o implicita, quanto allo stato dei materiali o alla loro adeguatezza e idoneità per qualsiasi uso previsto, e che il fornitore non è responsabile in caso di pretese risarcitorie, richieste, perdite o responsabilità derivanti dall’utilizzo o dal funzionamento dei materiali, o ad essi connessi, dopo il loro trasferimento al destinatario;
c)
Se non diversamente convenuto espressamente negli accordi di esecuzione tecnica applicabili, il trasferimento di proprietà dei materiali avviene 1) quando il prezzo di acquisto è stato integralmente versato sul conto bancario indicato dal prestatore; e 2) quando il destinatario ha firmato un certificato di consegna che conferma la consegna fisica e il ricevimento dei materiali;
d)
immediatamente prima del trasferimento di proprietà, il prestatore e il destinatario redigono congiuntamente un inventario dei materiali e li ispezionano;
e)
immediatamente dopo il trasferimento di proprietà, il destinatario si assume la completa responsabilità dei materiali, anche in caso di perdita, danno o distruzione degli stessi (ivi compresa l’assicurazione dei materiali); e,
f)
il prestatore trasferisce al destinatario le garanzie in essere riguardanti i materiali.
ii)
I termini e le condizioni aggiuntivi che disciplinano il trasferimento dei materiali sono indicati nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile.
6.3 I termini e le condizioni specifici che disciplinano la costruzione, la rimessa a nuovo e/o la consegna di infrastrutture sono concordati, ove applicabile, caso per caso e indicati nell’accordo di esecuzione tecnica. Ai fini della costruzione, della rimessa a nuovo e/o della consegna di infrastrutture, le autorità competenti delle parti si consultano inoltre con il governo ospitante o il proprietario terriero e cercano di ottenere le approvazioni o l’accordo del caso, secondo necessità.
6.4 I termini e le condizioni specifici in base a cui può avvenire lo scambio di informazioni classificate o riservate sul campo sono stabiliti negli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo. La prestazione o lo scambio di informazioni classificate o riservate sono soggetti alle rispettive politiche, procedure e prassi consolidate delle parti.
6.5 I termini e le condizioni specifici che disciplinano la prestazione di servizi di sicurezza o di protezione sono definiti nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile. La prestazione di servizi di sicurezza o di protezione è soggetta ai rispettivi mandati delle missioni ONU e delle operazioni UE e non deroga alla responsabilità del destinatario di adottare misure adeguate per tutelare il proprio personale e i propri beni.
Articolo 7
Disposizioni finanziarie
7.1 Gli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo includono adeguate disposizioni finanziarie basate, tra l’altro, sugli elementi che seguono.
I. Principi generali
7.2 Salvo disposizione contraria contenuta nel presente accordo o concordata dalle parti per iscritto, il sostegno prestato da una parte all’altra a norma del presente accordo avviene sulla base del rimborso dei costi. I dettagli specifici dei costi per ciascuna attività di sostegno e il relativo metodo di calcolo saranno ulteriormente precisati nei pertinenti accordi di esecuzione tecnica di cui all’articolo 3.
7.3 Le parti garantiscono che i costi sostenuti per la prestazione di sostegno:
i)
sono corredati di registrazioni e documenti accurati e aggiornati e comprendono soltanto i costi effettivamente sostenuti direttamente imputabili al sostegno ricevuto dall’altra parte e
ii)
saranno rimborsati se rispettano i criteri stabiliti nel presente accordo, nonché le eventuali condizioni aggiuntive stabilite negli accordi di esecuzione tecnica e concordate in precedenza.
7.4 Il prestatore presenta le fatture al destinatario a seguito della consegna o dell’esecuzione del sostegno. Il prestatore emette una fattura per il destinatario almeno una volta all’anno per tutte le operazioni non fatturate in precedenza. Le fatture sono corredate della necessaria documentazione di supporto e sono pagate entro sessanta (60) giorni dalla data della fattura. I pagamenti sono effettuati nella valuta del prestatore o come altrimenti concordato.
II. Prestazione di beni, forniture o servizi di logistica e di sostegno alla sicurezza
7.5 I beni, le forniture e i servizi di logistica e la prestazione di servizi di sicurezza o di protezione sono fatturati sulla base dei costi diretti effettivi che il prestatore sostiene a motivo della prestazione del sostegno.
III. Trasferimento di materiali e infrastrutture
7.6 Il prezzo di acquisto (eventuale) è determinato sulla base del valore netto di mercato oppure, qualora non sia possibile determinare il valore di mercato, è equo e ragionevole tenuto conto delle condizioni specifiche locali e dei tassi di deprezzamento applicati dalle rispettive autorità competenti.
7.7 Il destinatario dei materiali è responsabile dei costi associati al trasferimento dei materiali stessi, comprese, senza limitazioni, eventuali spese di trasporto.
7.8 Se del caso, le parti possono, agendo in conformità dei rispettivi regolamenti e norme, contribuire al costo delle infrastrutture costruite, rimesse a nuovo o migliorate da una delle parti per essere utilizzate dall’altra e/o da entrambe. I termini e le condizioni che disciplinano tali contributi sono concordati per iscritto dalle autorità competenti caso per caso e stabiliti nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile.
7.9 Nella misura in cui la fornitura o la consegna di infrastrutture riguarda locali, campi o altre infrastrutture costruiti, rimessi a nuovo o migliorati da una delle parti per finalità proprie nell’esecuzione del suo mandato, le modalità di consegna, comprese le eventuali disposizioni finanziarie, sono stabilite, se del caso, in un accordo di esecuzione tecnica.
IV. Scambio di informazioni classificate
7.10 Lo scambio di informazioni classificate tra le operazioni UE e le missioni ONU è gratuito.
Articolo 8
Disposizioni supplementari degli accordi di esecuzione tecnica
8.1 I termini e le condizioni degli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo sono coerenti con il presente accordo e comprendono:
i)
adeguate disposizioni in materia di responsabilità e risarcimenti, basate sulle disposizioni di cui all’articolo 9 in appresso. A tali disposizioni in materia di responsabilità e risarcimenti sono apportate le necessarie modifiche per tenere conto delle parti dell’accordo di esecuzione tecnica applicabile. In particolare, ai fini degli accordi di esecuzione tecnica relativi a operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, si considera che i funzionari, il personale, i dipendenti e gli agenti dell’Unione europea di cui all’articolo 9 in appresso includano i funzionari, il personale, i dipendenti e gli agenti di Athena e degli Stati partecipanti dell’Unione europea;
ii)
adeguate disposizioni in materia di consultazione e risoluzione delle controversie, basate sulle disposizioni di cui all’articolo 11 in appresso;
iii)
disposizioni sulla politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani e sui privilegi e le immunità di cui agli articoli 10 e 12 in appresso.
8.2 Gli accordi di esecuzione tecnica comprendono, tra l’altro, opportune disposizioni riguardanti le procedure di collegamento e coordinamento, le procedure di attuazione e le procedure di fatturazione e pagamento, nonché disposizioni in materia di tenuta dei registri, audit e indagini.
Articolo 9
Responsabilità e risarcimenti
9.1 Salvo espressa disposizione contraria contenuta nel presente accordo, le Nazioni Unite — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — e l’Unione europea — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — non sono soggette ad alcuna responsabilità derivante dall’attuazione del presente accordo o ad essa connessa. In particolare, e fatta salva la portata generale di quanto precede, le Nazioni Unite — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — e l’Unione europea — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — non sono in alcun modo responsabili delle operazioni o delle attività militari o di altro tipo condotte dall’altra parte, compreso dai funzionari, dal personale, dai dipendenti o dagli agenti di tale altra parte.
9.2 Le Nazioni Unite e l’Unione europea sono individualmente responsabili della risoluzione delle controversie e garantiscono e manlevano l’altra parte, i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti, da ogni pretesa risarcitoria, richiesta, perdita e responsabilità di qualsiasi natura o tipo in caso di decesso, lesioni, malattia o perdite e danni materiali subiti dai loro rispettivi funzionari, membri del personale, dipendenti o agenti a seguito dell’attuazione del presente accordo o ad essa connessi, salvo nella misura in cui tali pretese o richieste risultino da una negligenza grave o un comportamento doloso dell’altra parte o dei suoi funzionari, membri del personale, dipendenti o agenti.
9.3 Le Nazioni Unite e l’Unione europea sono individualmente responsabili della risoluzione delle controversie e garantiscono e manlevano l’altra parte, i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti, da ogni pretesa risarcitoria, richiesta, perdita e responsabilità di qualsiasi natura o tipo intentata o fatta valere da terzi in base o in relazione a loro atti o omissioni, o ad atti o omissioni commessi dai rispettivi funzionari, membri del personale, dipendenti e agenti nell’attuazione del presente accordo.
Articolo 10
Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani
Le responsabilità assunte dalle Nazioni Unite a norma del presente accordo sono soggette ai termini della politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani per quanto riguarda il sostegno delle Nazioni Unite alle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU (S/2013/110), di cui una copia è riportata nell’allegato 3 del presente accordo.
Articolo 11
Consultazione e risoluzione delle controversie
11.1 Le Nazioni Unite e l’Unione europea seguono attentamente l’attuazione del presente accordo e a tal fine si consultano regolarmente e strettamente.
11.2 Il coordinatore ONU e il coordinatore UE, nell’ambito delle rispettive responsabilità, procedono periodicamente a reciproche consultazioni, su richiesta dell’uno o dell’altro, in merito a difficoltà, problemi, motivi di preoccupazione o controversie che dovessero sorgere nel corso dell’attuazione del presente accordo, e si adoperano al meglio per discutere e raggiungere una risoluzione amichevole per via negoziale.
11.3 Qualora il coordinatore ONU e il coordinatore UE non siano in grado di risolvere eventuali difficoltà, problemi, motivi di preoccupazione o controversie in modo soddisfacente per le parti, le consultazioni proseguono tra il sottosegretario generale per il sostegno operativo e il segretario generale aggiunto per la politica di sicurezza e di difesa comune e la gestione delle crisi, e in ultima istanza, se necessario e su richiesta di una delle due parti, tra il segretario generale delle Nazioni Unite e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al fine di raggiungere una risoluzione amichevole.
11.4 Qualsiasi pretesa risarcitoria che non sia stata soddisfatta o qualsiasi controversia che non sia stata risolta conformemente al presente articolo può essere sottoposta a un conciliatore o a un mediatore designato di comune accordo. In caso di insuccesso della procedura di conciliazione o di mediazione, le pretese risarcitorie o le controversie possono essere sottoposte ad arbitrato su richiesta di una delle parti. Ciascuna parte nomina un arbitro e i due arbitri così nominati designano un terzo arbitro, che eserciterà le funzioni di presidente. Se entro trenta (30) giorni dalla data in cui è stata presentata la richiesta di arbitrato una delle parti non ha nominato un arbitro, o se entro trenta (30) giorni dalla nomina dei due arbitri non è stato designato il terzo arbitro, una delle parti può chiedere al presidente della Corte internazionale di giustizia di nominare un arbitro. Le procedure di arbitrato sono conformi al vigente regolamento arbitrale UNCITRAL. Gli arbitri non sono abilitati a riconoscere risarcimenti di carattere punitivo. La sentenza arbitrale contiene la motivazione sulla quale si basa ed è accettata come risoluzione definitiva delle suddette pretese risarcitorie o controversie.
Articolo 12
Privilegi e immunità
Nessun elemento del presente accordo o ad esso afferente implica una rinuncia, esplicita o implicita, ai privilegi e alle immunità delle Nazioni Unite, compresi i suoi organi sussidiari, o dell’Unione europea, comprese le sue istituzioni e i suoi organismi competenti.
Articolo 13
Disposizioni finali
13.1 Il presente accordo entra in vigore alla data della firma delle parti.
13.2 Il presente accordo può essere modificato, integrato o emendato in qualsiasi momento mediante accordo scritto tra le parti.
13.3 Il presente accordo è riesaminato cinque (5) anni dopo l’entrata in vigore.
13.4 Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da una delle parti mediante preavviso di sessanta (60) giorni all’altra parte. Nonostante la denuncia del presente accordo, le disposizioni degli articoli 9, 11 e 12 dello stesso rimangono in vigore fino a quando non sia stata trovata una soluzione a tutte le controversie, pretese risarcitorie o responsabilità derivanti dal presente accordo.
13.5 Gli allegati del presente accordo costituiscono parte integrante del medesimo.
IN FEDE DI CHE, il presente accordo è stato firmato dai rappresentanti debitamente autorizzati dell’Unione europea e delle Nazioni Unite.
Fatto a New York, il 29 settembre 2020, in duplice esemplare, in lingua inglese.
A nome e per conto dell’Unione europea:
A nome e per conto delle Nazioni Unite:
ALLEGATO 1
Categorie di beni, forniture o servizi di logistica che possono essere oggetto di prestazione:
Servizi di trasporto e movimentazione
Servizi d’infrastruttura e di ingegneria
—
Alloggio
—
Spazi per uffici
—
Infrastrutture di ruoli da 1 a 3
Installazioni tecniche
—
Stoccaggio
—
Officine
—
Stazioni di rifornimento
—
Depositi di munizioni
—
Parcheggi (per veicoli o aeromobili); piazzole di atterraggio per elicotteri
—
Energia elettrica
—
Acqua per usi sanitari
Servizi generali
—
Manutenzione di terreni
—
Servizi di pulizia/custodia di edifici
—
Protezione ambientale (evacuazione delle acque di scarico/rimozione dei rifiuti)
—
Piccoli interventi di riparazione e manutenzione
—
Protezione/prevenzione antincendio e lotta contro gli incendi
Servizi di gestione
—
Servizi di gestione dei campi
—
Protezione ambientale
Servizi di controllo
—
Controllo veterinario e degli alimenti
—
Controllo dei rifiuti
—
Controllo delle acque
—
Controllo dell’igiene
—
Controllo degli organismi nocivi
Sostegno per aspetti logistici (real life support)
—
Razioni/servizi di ristorazione
—
Lavanderia
—
Assistenza morale e sociale
—
Energia
—
Servizi igienico-sanitari
—
Pulizie
—
Smaltimento dei rifiuti
Servizi di approvvigionamento
—
Carburanti e lubrificanti (POL)
Servizi di comunicazione
Supporto medico
—
Prodotti farmaceutici
—
Materiale medico
—
Evacuazione dei feriti/evacuazione sanitaria (CASEVAC/MEDEVAC)
—
Cure mediche (servizi di ruolo 1, ruolo 2 e ruolo 3)
—
Smaltimento dei rifiuti medici
—
Cellula di coordinamento di evacuazione dei pazienti (PECC)
Servizi di sicurezza
ALLEGATO 2
Categorie di materiali che possono essere trasferiti:
—
Alloggi (compresi edifici e alloggi temporanei/tendati)
Altre infrastrutture
—
Veicoli (veicoli per uso generale, veicoli blindati, veicoli speciali)
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Attrezzature e macchinari per la costruzione e la movimentazione e altre attrezzature e macchinari specializzati
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Pompe nonché attrezzature e macchine per il trattamento dell’acqua
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Prodotti non letali delle attrezzature militari
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Carburanti e lubrificanti
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Indumenti
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Apparecchiature informatiche e per la comunicazione
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Forniture e attrezzature mediche e/o prodotti farmaceutici
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Munizioni
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Pezzi di ricambio
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Generatori
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Mobili
ALLEGATO 3
Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani delle Nazioni Unite
Allegato
[Originale: inglese e francese]
Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani per quanto riguarda il sostegno delle Nazioni Unite alle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU
I. Principi fondamentali
1.
Il sostegno prestato da organismi delle Nazioni Unite alle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU deve essere coerente con i fini e i principi dell’Organizzazione stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite e con gli obblighi di diritto internazionale che le Nazioni Unite sono tenute ad adempiere per osservare, promuovere e incoraggiare il rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati. Un tale sostegno deve aiutare i destinatari a raggiungere una fase in cui l’osservanza di tali principi e corpus ormativi diventi la norma, garantita dallo Stato di diritto. Coerentemente con tali obblighi, il sostegno delle Nazioni Unite non può essere prestato laddove vi siano fondati motivi di ritenere che esiste un rischio reale che i destinatari commettano gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati e laddove le autorità competenti non prendano le necessarie misure correttive o di mitigazione. Per le stesse ragioni, se le Nazioni Unite ricevono informazioni attendibili che forniscono fondati motivi di ritenere che un destinatario del sostegno delle Nazioni Unite stia commettendo gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati, gli organismi delle Nazioni Unite che prestano detto sostegno devono intervenire presso le autorità competenti al fine di far cessare tali violazioni. Qualora, nonostante tale intervento, la situazione dovesse persistere, le Nazioni Unite devono sospendere il loro sostegno ai soggetti inadempienti. Nonostante la presente politica, gli obblighi vigenti a norma del diritto internazionale dei diritti umani, del diritto internazionale umanitario o del diritto internazionale dei rifugiati continuano ad applicarsi a tutte le attività delle Nazioni Unite.
2.
Gli organismi delle Nazioni Unite che intendono prestare o che prestano sostegno a forze di sicurezza non facenti capo all’ONU devono pertanto perseguire una politica di dovuta diligenza, comprendente i seguenti elementi chiave:
a)
prima di prestare il sostegno, una valutazione dei rischi che la prestazione, o la mancata prestazione, di tale sostegno comporterebbe, in particolare il rischio che il destinatario commetta gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati;
b)
la trasparenza nei confronti dei destinatari in merito agli obblighi giuridici che vincolano l’Organizzazione e ai principi fondamentali che disciplinano la prestazione del sostegno, e
c)
un quadro di attuazione efficace, comprendente:
i)
procedure per il monitoraggio dell’osservanza da parte del destinatario del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati;
ii)
procedure per determinare quando e come intervenire al fine di far cessare gravi violazioni di uno qualsiasi di tali corpus ormativi e per decidere, se necessario, in merito alla sospensione o alla revoca del sostegno; e
iii)
orientamenti operativi generali, a seconda delle necessità, da parte dei rispettivi organismi delle Nazioni Unite a livello di paese sull’attuazione della politica.
3.
L’adesione alla politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani è importante per mantenere la legittimità, la credibilità e l’immagine pubblica delle Nazioni Unite e per assicurare la coerenza con la Carta e gli obblighi di diritto internazionale che l’Organizzazione è tenuta a rispettare.
4.
Le politiche e gli orientamenti pertinenti riguardanti specifici settori di sostegno, comprese le note di orientamento sviluppate nell’ambito della Task Force interagenzie sulla riforma del settore della sicurezza, devono essere coerenti con la politica di dovuta diligenza.
5.
La presente politica non intende in alcun modo ostacolare il normale lavoro dell’Organizzazione volto a incoraggiare il rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati, inclusi lo sviluppo di capacità, indagini e denunce di casi di violazione di tali corpus normativi e interventi presso le autorità competenti al fine di contrastare dette violazioni, assicurare azioni correttive e prevenire il ripetersi delle violazioni stesse. La presente politica è intesa a integrare tali normali processi.
II. Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani
A. Ambito di applicazione della politica
6.
La politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani si applica a tutti gli organismi delle Nazioni Unite che prestano sostegno a forze di sicurezza non facenti capo all’ONU. Si applica pertanto non solo alle operazioni di mantenimento della pace e alle missioni politiche speciali, ma anche agli uffici, alle agenzie, ai fondi e ai programmi delle Nazioni Unite nel loro complesso che svolgono tali attività.
B. Definizioni
7.
Ai fini della presente politica si intende per «forze di sicurezza non facenti capo all’ONU»:
a)
le forze nazionali militari, paramilitari, di polizia, i servizi di intelligence e le forze preposte al controllo delle frontiere e forze di sicurezza analoghe;
b)
le autorità civili, paramilitari o militari nazionali direttamente responsabili della gestione, dell’amministrazione o del comando o controllo di tali forze;
c)
le forze di mantenimento della pace delle organizzazioni internazionali regionali.
8.
Si intende per «sostegno» una qualsiasi delle attività seguenti:
a)
l’addestramento, il tutoraggio, i servizi consultivi, lo sviluppo di capacità e istituzionale e altre forme di cooperazione tecnica finalizzate a rafforzare le capacità operative delle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU;
b)
il supporto ad hoc o programmatico ad autorità civili o militari direttamente responsabili della gestione, dell’amministrazione o del comando o controllo delle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU;
c)
il sostegno finanziario, compreso il pagamento di retribuzioni, borse, indennità e spese, a prescindere dall’origine dei fondi;
d)
il supporto logistico strategico o tattico a operazioni sul campo condotte da forze di sicurezza non facenti capo all’ONU;
e)
il supporto operativo ad azioni sul campo condotte da forze di sicurezza non facenti capo all’ONU, compresi l’appoggio di fuoco e la pianificazione strategica o tattica;
f)
operazioni congiunte condotte da forze delle Nazioni Unite e da forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite.
9.
Non rientrano nel «sostegno»:
a)
le attività di formazione o sensibilizzazione riguardo al diritto internazionale umanitario, al diritto internazionale dei diritti umani e al diritto internazionale dei rifugiati;
b)
la definizione di norme (per esempio, consulenza ed esame con riguardo a legislazione, codici e politiche) e il sostegno in termini di capacità direttamente correlato all’attuazione e alla promozione del rispetto della legislazione e delle norme in materia di diritti umani e alla promozione della governance democratica delle istituzioni di sicurezza;
c)
l’impegno a promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati o a negoziare l’accesso umanitario e condurre operazioni di soccorso;
d)
la mediazione e il relativo sostegno;
e)
lo sgombero sanitario (MEDEVAC) e l’evacuazione dei feriti (CASEVAC).
10.
Il «sostegno» può essere diretto o indiretto — ossia, prestato attraverso partner esecutivi.
11.
Nel determinare se un’attività costituisca o meno sostegno a norma dei precedenti punti 8 e 9, gli organismi delle Nazioni Unite dovrebbero valutare la necessità di promuovere la coerenza nell’attuazione della politica nell’intero sistema delle Nazioni Unite secondo i punti 18 e 20 in appresso.
12.
Ai sensi della presente politica si intende per «gravi violazioni»:
a)
nel caso di un’unità:
i)
la commissione di «crimini di guerra» o di «crimini contro l’umanità», quali definiti nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, o di «gravi violazioni» dei diritti umani, compresi esecuzioni sommarie e esecuzioni extragiudiziali, atti di tortura, sparizioni forzate, riduzione in schiavitù, stupro e violenza sessuale di gravità comparabile, o atti di respingimento a norma del diritto dei rifugiati commessi su larga scala o con un notevole grado di frequenza (tali dunque da non essere solo casi isolati o fenomeni meramente sporadici), o
ii)
uno schema di violazioni ripetute e sistematiche del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati commesse da un numero significativo di membri dell’unità, o
iii)
la presenza, ai vertici di comando dell’unità, di uno o più ufficiali nei cui confronti vi sono fondati motivi di sospettare:
•
una responsabilità diretta nella commissione di «crimini di guerra», «gravi violazioni» dei diritti umani o atti di respingimento, o
•
una responsabilità gerarchica, quale definita nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, riguardo alla commissione di tali crimini, violazioni o atti da parte di persone poste sotto il loro comando, o
•
la mancata adozione di misure efficaci per prevenire, reprimere, indagare o perseguire altre violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati commesse su larga scala da persone poste sotto il loro comando;
b)
in caso di autorità civili o militari direttamente responsabili della gestione, dell’amministrazione o del comando di forze di sicurezza non facenti capo all’ONU:
i)
la commissione di gravi violazioni da parte di una o più unità poste sotto il loro comando;
ii)
abbinata alla mancata adozione di misure efficaci per indagare e perseguire gli autori delle violazioni.
13.
Si intende per «Nazioni Unite» qualsiasi ufficio, dipartimento, agenzia, programma, fondo, operazione o missione delle Nazioni Unite.
C. Valutazione del rischio
14.
Prima di prestare il sostegno, l’organismo delle Nazioni Unite direttamente interessato deve svolgere una valutazione dei potenziali rischi e benefici connessi con il sostegno stesso. In tale valutazione dovrebbe rientrare un esame dei seguenti elementi (qualora un organismo delle Nazioni Unite disponga di un meccanismo già in vigore, questo può essere utilizzato per svolgere la valutazione conformemente al punto 19 in appresso):
a)
i comportamenti pregressi dei destinatari previsti in termini di rispetto o mancato rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati, compresi eventuali trascorsi specifici di violazioni gravi;
b)
i comportamenti pregressi dei destinatari per quanto riguarda l’adozione o la mancata adozione di misure efficaci per far sì che gli autori di siffatte violazioni rispondano delle loro azioni;
c)
l’eventuale adozione di misure correttive o introduzione di istituzioni, protocolli o procedure che impediscano il ripetersi di siffatte violazioni e, qualora esistano, la loro adeguatezza, comprese le istituzioni necessarie a garantire che eventuali futuri responsabili rispondano delle loro azioni;
d)
una misurazione del potenziale impatto che la prestazione o la mancata prestazione di sostegno avrebbe sulla capacità delle Nazioni Unite di influenzare il comportamento del destinatario in termini di rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati;
e)
la possibilità che le Nazioni Unite mettano in atto meccanismi efficaci per monitorare l’uso e l’impatto del sostegno prestato;
f)
una valutazione - sulla base dei fattori sopraelencati e del contesto generale del sostegno - del rischio che il destinatario possa in ogni caso commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati.
15.
Le informazioni relative ai comportamenti pregressi del destinatario previsto in termini di rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati dovrebbero essere ottenute dalle Nazioni Unite o da altre fonti attendibili.
16.
L’organismo delle Nazioni Unite direttamente interessato non deve avviare la prestazione di sostegno a favore del destinatario previsto qualora, a seguito della valutazione del rischio, concluda che vi sono fondati motivi per ritenere che sussiste un rischio concreto che il destinatario previsto commetta gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati, nonostante le eventuali misure di mitigazione che le Nazioni Unite potrebbero adottare. L’organismo in questione dovrebbe precisare che non sarà possibile prestare sostegno salvo e fino a che il destinatario previsto non abbia adottato misure adeguate affinché non vi siano più fondati motivi per ritenere che sussiste un rischio concreto che si commettano tali gravi violazioni. Dette misure possono includere, a titolo di esempio, la rimozione di un ufficiale da una posizione ai vertici di comando qualora vi siano fondati motivi per sospettare che si sia reso responsabile di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati.
17.
L’organismo delle Nazioni Unite direttamente interessato può procedere con l’avvio della prestazione del sostegno, fatto salvo il rispetto dei punti in appresso della presente politica, qualora a seguito della valutazione del rischio concluda che non vi sono fondati motivi per ritenere che sussiste un rischio concreto che il destinatario previsto commetta siffatte violazioni.
D. Trasparenza
18.
Per attuare efficacemente la presente politica sono necessarie la comprensione e la cooperazione di tutte le parti interessate, compresi i paesi donatori e i paesi partecipanti al programma, i paesi contributori di truppe e di forze di polizia e i paesi che ospitano missioni politiche o di mantenimento della pace delle Nazioni Unite. Ciascun organismo incaricato o che prevede di prestare sostegno a forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite avvia un dialogo proattivo con gli Stati membri e altri partner e parti interessate al fine di spiegare la presente politica.
19.
Prima di avviare il sostegno alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite, il o gli alti funzionari competenti delle Nazioni Unite (ad esempio il rappresentante speciale del segretario generale, il coordinatore residente, il rappresentante nel paese) dovrebbero informare per iscritto la o le autorità destinatarie circa i principi fondamentali delle Nazioni Unite per il sostegno alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite nel quadro della presente politica. In particolare, ai destinatari dovrebbe essere comunicato che le Nazioni Unite non possono prestare sostegno a unità poste sotto il comando di persone nei confronti delle quali esistono accuse fondate di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati. L’autorità destinataria dovrebbe essere informata anche circa le procedure o i meccanismi di attuazione della presente politica di cui alla sezione III in appresso. Occorre inoltre comunicare chiaramente al destinatario che, ai fini della prosecuzione del sostegno, le Nazioni Unite sono tenute a valutare costantemente la coerenza tra le azioni del destinatario e gli obblighi dell’Organizzazione ai sensi dei pertinenti corpus ormativi. Le attività di sensibilizzazione e comunicazione, sebbene possano essere intraprese da un organismo specifico delle Nazioni Unite, dovrebbero essere coordinate al fine di promuovere la coerenza dell’azione delle Nazioni Unite a livello di paese e il più alto funzionario delle Nazioni Unite in un determinato paese (rappresentante speciale del segretario generale e/o coordinatore residente) dovrebbe essere informato in merito a tali iniziative.
III. Garantire un’attuazione effettiva
A. Elementi di un quadro di attuazione
20.
L’attuazione della politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani deve tenere conto dei mandati specifici dell’organismo delle Nazioni Unite interessato, nonché della natura e della portata del sostegno, come pure del contesto politico e operativo in cui tale sostegno è fornito.
21.
Ciascun organismo delle Nazioni Unite che presta sostegno deve mettere a punto un quadro di attuazione in conformità delle proprie procedure di gestione al fine di garantire l’osservanza della presente politica. Tale quadro dovrebbe essere chiaramente delineato in una procedura operativa permanente o in uno strumento analogo. Se del caso il quadro dovrebbe essere comunicato all’organo che ha conferito il mandato all’organismo. Tale quadro dovrebbe comprendere, a seconda dei casi:
a)
le risorse necessarie per gestire in modo efficace la fornitura del sostegno e per monitorarne e valutarne l’impatto;
b)
incentivi o altre misure di accompagnamento al fine di migliorare il rispetto, da parte del destinatario, del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati;
c)
meccanismi per il monitoraggio efficace del comportamento del destinatario al fine di individuare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati e le risposte dell’istituzione destinataria a eventuali violazioni (tali meccanismi dovrebbero includere procedure per la presentazione di relazioni periodiche da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) e del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), come pure del rappresentante speciale del segretario generale per i bambini nei conflitti armati e del rappresentante speciale del segretario generale sulla violenza sessuale nei conflitti);
d)
sistemi ben definiti per il raffronto e l’esame efficace delle informazioni raccolte grazie a tale monitoraggio e da altre fonti, comprese le reti locali di protezione della popolazione civile;
e)
procedure ben definite per orientare le decisioni dei funzionari competenti delle Nazioni Unite sull’eventuale necessità di intervenire presso il destinatario o i suoi elementi di comando in merito a violazioni commesse dal destinatario, ovvero, come soluzione di ultima istanza, di sospendere o revocare il sostegno nel quadro della presente politica;
f)
procedure chiare di comunicazione con le autorità competenti ove si rendano necessari un intervento delle Nazioni Unite ovvero la sospensione o la revoca del sostegno nel quadro della presente politica;
g)
procedure chiare ed efficaci per valutare ed esaminare i potenziali rischi in caso di sospensione o revoca del sostegno - compresi i rischi per la sicurezza e la protezione del personale delle Nazioni Unite e del personale associato - nonché per individuare adeguate misure di mitigazione e garantirne l’adozione.
22.
Nell’applicazione della politica e nel ricorso alle misure di cui al punto 21, lettere da a) a g), a livello di paese, ciascun organismo delle Nazioni Unite dovrebbe tenere conto dell’esigenza di promuovere un’attuazione coerente della presente politica in tutto il sistema delle Nazioni Unite. Al più alto funzionario delle Nazioni Unite nel paese (rappresentante speciale del segretario generale e/o coordinatore residente) incombe la responsabilità di avviare consultazioni sul quadro di attuazione con tutte le parti interessate nazionali e internazionali. In caso di missioni integrate, le consultazioni tra la missione e l’agenzia locale delle Nazioni Unite dovrebbero essere disciplinate da una procedura consolidata.
B. Notifica preventiva agli organi legislativi delle Nazioni Unite
23.
Le azioni degli organismi delle Nazioni Unite a sostegno di forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite richiedono una considerazione particolarmente attenta per via dei rischi specifici, delle potenziali responsabilità e dell’elevata visibilità che esse comportano. È quindi importante che, prima dell’adozione di un mandato o di una direttiva per la prestazione di sostegno a forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite, gli organismi delle Nazioni Unite esercitino la dovuta diligenza, in particolare effettuando una valutazione del rischio. I risultati della valutazione dovrebbero essere inseriti in relazioni o informative destinate agli organi legislativi, a seconda dei casi. Nel contesto del mantenimento della pace, tali valutazioni dovrebbero contribuire a dare forma e corpo alle proposte in materia di mandati presentate dal segretario generale agli organi legislativi.
C. Relazioni e vigilanza
24.
Le pertinenti relazioni ufficiali delle Nazioni Unite (ad esempio le relazioni del segretario generale al Consiglio di sicurezza, le relazioni tematiche e per paese elaborate da uffici, programmi, agenzie e fondi delle Nazioni Unite) dovrebbero riguardare il sostegno prestato alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite, comprese la natura e la portata del sostegno, le misure impiegate per garantire l’osservanza della politica di «dovuta diligenza», le azioni correlate volte a promuovere il rispetto dei principi fondamentali del sostegno delle Nazioni Unite e una valutazione dell’impatto del sostegno.
25.
Ove sorgano gravi difficoltà in relazione a tale sostegno, gli organismi delle Nazioni Unite dovrebbero riferire immediatamente ai pertinenti funzionari e organi legislativi delle Nazioni Unite aventi poteri decisionali, a seconda dei casi, sugli sviluppi connessi agli elementi che, secondo la valutazione del rischio, potrebbero associare l’Organizzazione o il suo personale a gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati. Gli organismi delle Nazioni Unite interessati dovrebbero riferire in merito alle circostanze del caso e a eventuali misure adottate per mitigare la situazione o porvi rimedio e formulare raccomandazioni per azioni di follow-up.
D. Misure di mitigazione
26.
Se le Nazioni Unite ricevono informazioni attendibili che forniscono fondati motivi di ritenere che un destinatario del sostegno delle Nazioni Unite sta commettendo gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati, l’organismo delle Nazioni Unite che presta il sostegno dovrebbe portare le informazioni all’attenzione delle autorità nazionali competenti allo scopo di porre fine a tali violazioni.
27.
Se, nonostante l’intervento dell’organismo delle Nazioni Unite interessato, le Nazioni Unite ricevono informazioni attendibili che forniscono fondati motivi di sospettare che il destinatario continua a commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati, l’organismo delle Nazioni Unite deve sospendere o revocare il sostegno al destinatario.
E. Sfide operative
28.
Nel contesto del mantenimento della pace, la non prestazione o la revoca del sostegno a fronte del mancato rispetto, da parte delle forze di sicurezza destinatarie, dei principi fondamentali della presente politica può ridurre in modo significativo la capacità della missione di adempiere il mandato e gli obiettivi generali stabiliti dal Consiglio di Sicurezza. La sospensione o la revoca del sostegno logistico, materiale o tecnico possono tuttavia rendersi necessari laddove la prosecuzione del sostegno rischierebbe di implicare l’Organizzazione in gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati. Il segretario generale dovrebbe tenere informato il Consiglio circa le misure adottate da un’operazione di mantenimento della pace nel quadro della presente politica e, ove si ritenga che l’applicazione della presente politica abbia un impatto significativo sulla capacità dell’operazione di adempiere il suo mandato, dovrebbe informarne tempestivamente il Consiglio e chiedere il parere di quest’ultimo riguardo alla via da seguire. Analogamente, qualora la non prestazione o la revoca del sostegno da parte di un’agenzia, di un fondo o di un programma delle Nazioni Unite dovesse incidere sulla capacità di tale organismo di adempiere il suo mandato, il capo esecutivo dell’agenzia, fondo o programma in questione informerà tempestivamente l’organo direttivo dell’agenzia, fondo o programma chiedendo il parere di quest’ultimo riguardo alla via da seguire.
F. Responsabilità
29.
A seguito dell’approvazione del presente quadro politico da parte del segretario generale, incombe agli alti dirigenti presso la sede (sottosegretari generali, l’amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), i direttori esecutivi di fondi e programmi) la responsabilità di garantire, nell’ambito della rispettiva sfera di competenza, il riesame periodico del sostegno prestato alle forze di sicurezza e alle istituzioni non facenti capo alle Nazioni Unite e dell’attuazione della presente politica. Spetta loro inoltre la responsabilità di garantire che gli sviluppi significativi nell’attuazione della presente politica, comprese le azioni di mitigazioni adottate nell’ambito della stessa, siano portati tempestivamente all’attenzione del segretario generale e degli organi legislativi competenti.
30.
Se del caso, le task force integrate nelle missioni e le task force integrate dovrebbero includere in via permanente nelle rispettive agende un punto relativo al riesame e alla valutazione del sostegno prestato alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite.
31.
Entro un anno dovrebbe essere preparata, alla luce dell’esperienza acquisita, un’ulteriore presentazione al comitato delle politiche, al fine di stabilire, tra l’altro, se sia necessario predisporre ulteriori misure o meccanismi di attuazione.
ALLEGATO 4
Punti di contatto ONU e UE
UE
—
EUMS D.2, DIR LOG/RES
Stato maggiore dell’Unione europea — Logistica
Risorse e supporto
EUMS-LOGISTICS-DIRECTORATE@eeas.europa.eu
—
CPCC
(Capacità civile di pianificazione e condotta)
cpcc.secretariat@eeas.europa.eu
ONU
—
DOS/DSA/SPS
Dipartimento di Supporto operativo
Divisione «Attività speciali», Servizio «Supporto ai partenariati»
dos-sps@un.org
—
DOS/OSCM/OASG
Dipartimento di Supporto operativo
Ufficio del sottosegretario generale per la gestione della catena di approvvigionamento
oscm-oasg@un.org
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | TRADUZIONE
ACCORDO QUADRO
tra l’Unione europea e le Nazioni Unite per la prestazione di reciproco sostegno nell’ambito delle rispettive missioni e operazioni sul campo
CONSIDERANDO che nella dichiarazione comune sulla cooperazione ONU-UE nella gestione delle crisi firmata il 7 giugno 2007, il segretario generale delle Nazioni Unite e la presidenza del Consiglio dell’Unione europea hanno ribadito la loro determinazione a rafforzare la cooperazione e il coordinamento reciproci nel settore della gestione delle crisi, incluso tramite l’istituzione di meccanismi di coordinamento e di cooperazione specifici per le situazioni di crisi e post-conflitto in cui le Nazioni Unite e l’Unione europea sono impegnate;
CONSIDERANDO che per rafforzare la cooperazione e il coordinamento reciproci di cui sopra le Nazioni Unite e l’Unione europea hanno convenuto di istituire un accordo quadro per la prestazione di reciproco sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza da parte delle operazioni di pace e missioni politiche delle Nazioni Unite (in appresso «missioni ONU») e da parte delle operazioni di gestione militare e civile delle crisi della politica di sicurezza e di difesa comune dell’Unione europea (in appresso «operazioni UE») impegnate in situazioni di crisi e post-conflitto sul campo;
CONSIDERANDO che le spese derivanti dalle operazioni civili dell’Unione europea sono a carico del bilancio dell’Unione europea e sono eseguite dalla Commissione europea;
CONSIDERANDO che, a norma dell’articolo 41, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea, le spese derivanti da operazioni UE che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa sono a carico degli Stati membri dell’Unione europea;
CONSIDERANDO che, a norma della decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, Athena è il meccanismo cui è affidata l’amministrazione dei costi comuni e a carico degli Stati delle operazioni UE che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa;
CONSIDERANDO che le Nazioni Unite e l’Unione europea confermano entrambe di essere autorizzate a sottoscrivere il presente accordo quadro e ad assumersi le responsabilità ivi contenute;
PERTANTO, le Nazioni Unite e l’Unione europea (singolarmente una «parte» e collettivamente «parti») convengono quanto segue:
Articolo 1
Scopo e ambito di applicazione
1.1 Il presente accordo («accordo») definisce il quadro per la prestazione di reciproco sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza da parte delle missioni ONU e delle operazioni UE impegnate in situazioni di crisi e post-conflitto sul campo.
1.2 Il presente accordo non si applica:
i)
alla logistica o ad altro sostegno fornito alle missioni ONU o alle operazioni UE dai loro rispettivi Stati membri su base bilaterale;
ii)
agli accordi di cooperazione o assistenza tra le missioni ONU e le operazioni UE diversi dalla prestazione di sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza; o
iii)
agli accordi di cooperazione o assistenza tra le missioni ONU e le operazioni UE conclusi anteriormente alla data del presente accordo.
Articolo 2
Principi generali
2.1 Le autorità competenti delle parti possono concludere accordi per la prestazione di reciproco sostegno in materia di logistica, amministrazione e sicurezza (in appresso «sostegno») da parte delle missioni ONU e delle operazioni UE impegnate in situazioni di crisi e post-conflitto sul campo.
2.2 La prestazione di sostegno è soggetta alle rispettive capacità e zone di schieramento delle missioni ONU e delle operazioni UE e fatta salva la loro capacità di svolgere i rispettivi mandati.
2.3 La prestazione di sostegno è soggetta ai rispettivi regolamenti, norme, prassi e procedure consolidate delle parti (in appresso «regolamenti e norme»).
Articolo 3
Accordi di esecuzione tecnica
3.1 Le modalità e disposizioni finanziarie dettagliate applicabili alla prestazione di sostegno sono concordate caso per caso e stabilite in accordi di esecuzione tecnica specifici della missione conclusi a norma dell’articolo 2 del presente accordo (in appresso «accordi di esecuzione tecnica»). Se del caso, l’Unione europea provvede affinché gli accordi di esecuzione tecnica siano conclusi dalle autorità competenti che agiscono per conto di Athena.
3.2 Nessuna delle parti: i) è tenuta a prestare sostegno all’altra, eccetto se sancito espressamente in un accordo di esecuzione tecnica; o ii) è responsabile dinnanzi all’altra parte in caso di incapacità, totale o parziale, a prestare tale sostegno.
3.3 In caso di conflitto tra il presente accordo e un accordo di esecuzione tecnica, i termini del presente accordo prevalgono.
Articolo 4
Pianificazione e coordinamento
4.1 Le parti designano ciascuna un funzionario (in appresso rispettivamente il «coordinatore ONU» e il «coordinatore UE») per coordinare la prestazione di sostegno a norma del presente accordo.
4.2 Eccetto diverso accordo tra le parti, il coordinatore ONU e il coordinatore UE fungono da punto di contatto per tutte le questioni relative al presente accordo.
4.3 Il coordinatore ONU e il coordinatore UE si consultano su base periodica per esaminare e coordinare il tempestivo scambio reciproco di tutte le pertinenti informazioni che possono rivelarsi necessarie per la pianificazione, l’individuazione, la definizione quale priorità e il coordinamento delle esigenze in materia di sostegno delle missioni ONU e delle operazioni UE.
Articolo 5
Categorie di sostegno
5.1 Gli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo possono includere le seguenti categorie di sostegno:
i)
la prestazione di beni, forniture o servizi di logistica;
ii)
il trasferimento (vendita) di materiali;
iii)
la costruzione, la rimessa a nuovo e/o la consegna di infrastrutture;
iv)
la prestazione di servizi di sicurezza o di protezione al personale e/o ai beni e/o;
v)
lo scambio di informazioni classificate.
5.2 Le suddette categorie di sostegno sono riportate a fini puramente illustrativi e non devono essere ritenute esclusive né un impegno a prestare tale sostegno.
Articolo 6
Disposizioni relative al sostegno
6.1 La prestazione di beni, forniture o servizi di logistica a norma di un accordo di esecuzione tecnica può includere, pur senza limitarvisi, le categorie di beni, forniture o servizi di logistica di cui all’allegato 1 del presente accordo.
i)
Salvo se altrimenti convenuto per iscritto nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile, la qualità dei beni, delle forniture o dei servizi di logistica prestati dalla missione ONU all’operazione UE o viceversa è uguale e dello stesso calibro di quella di cui usufruisce il personale del prestatore;
ii)
ai fini della prestazione di beni, forniture o servizi di logistica, la missione ONU e l’operazione UE possono avvalersi di contratti o accordi esistenti conclusi dal prestatore o per suo conto. Le parti garantiscono che tutti i servizi, i materiali e le forniture acquistati dal prestatore o per suo conto siano appaltati conformemente ai regolamenti e alle norme del prestatore.
6.2 Il trasferimento di materiali a norma di un accordo di esecuzione tecnica può includere, pur senza limitarvisi, le categorie di materiali di cui all’allegato 2 del presente accordo.
i)
Nella misura in cui l’accordo di esecuzione tecnica prevede il trasferimento (vendita) di materiali, la missione ONU o l’operazione UE, agendo sempre in conformità dei rispettivi regolamenti e norme, può trasferire, vendere o cedere materiali all’altra in base alle condizioni seguenti:
a)
il prestatore dichiara e garantisce di essere l’unico proprietario dei materiali e che i suddetti sono interamente pagati e esenti da diritti, ipoteche e gravami di terzi;
b)
il destinatario riconosce che i materiali sono venduti nello stato e nel luogo in cui si trovano e che il prestatore non fornisce alcuna dichiarazione o garanzia, esplicita o implicita, quanto allo stato dei materiali o alla loro adeguatezza e idoneità per qualsiasi uso previsto, e che il fornitore non è responsabile in caso di pretese risarcitorie, richieste, perdite o responsabilità derivanti dall’utilizzo o dal funzionamento dei materiali, o ad essi connessi, dopo il loro trasferimento al destinatario;
c)
Se non diversamente convenuto espressamente negli accordi di esecuzione tecnica applicabili, il trasferimento di proprietà dei materiali avviene 1) quando il prezzo di acquisto è stato integralmente versato sul conto bancario indicato dal prestatore; e 2) quando il destinatario ha firmato un certificato di consegna che conferma la consegna fisica e il ricevimento dei materiali;
d)
immediatamente prima del trasferimento di proprietà, il prestatore e il destinatario redigono congiuntamente un inventario dei materiali e li ispezionano;
e)
immediatamente dopo il trasferimento di proprietà, il destinatario si assume la completa responsabilità dei materiali, anche in caso di perdita, danno o distruzione degli stessi (ivi compresa l’assicurazione dei materiali); e,
f)
il prestatore trasferisce al destinatario le garanzie in essere riguardanti i materiali.
ii)
I termini e le condizioni aggiuntivi che disciplinano il trasferimento dei materiali sono indicati nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile.
6.3 I termini e le condizioni specifici che disciplinano la costruzione, la rimessa a nuovo e/o la consegna di infrastrutture sono concordati, ove applicabile, caso per caso e indicati nell’accordo di esecuzione tecnica. Ai fini della costruzione, della rimessa a nuovo e/o della consegna di infrastrutture, le autorità competenti delle parti si consultano inoltre con il governo ospitante o il proprietario terriero e cercano di ottenere le approvazioni o l’accordo del caso, secondo necessità.
6.4 I termini e le condizioni specifici in base a cui può avvenire lo scambio di informazioni classificate o riservate sul campo sono stabiliti negli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo. La prestazione o lo scambio di informazioni classificate o riservate sono soggetti alle rispettive politiche, procedure e prassi consolidate delle parti.
6.5 I termini e le condizioni specifici che disciplinano la prestazione di servizi di sicurezza o di protezione sono definiti nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile. La prestazione di servizi di sicurezza o di protezione è soggetta ai rispettivi mandati delle missioni ONU e delle operazioni UE e non deroga alla responsabilità del destinatario di adottare misure adeguate per tutelare il proprio personale e i propri beni.
Articolo 7
Disposizioni finanziarie
7.1 Gli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo includono adeguate disposizioni finanziarie basate, tra l’altro, sugli elementi che seguono.
I. Principi generali
7.2 Salvo disposizione contraria contenuta nel presente accordo o concordata dalle parti per iscritto, il sostegno prestato da una parte all’altra a norma del presente accordo avviene sulla base del rimborso dei costi. I dettagli specifici dei costi per ciascuna attività di sostegno e il relativo metodo di calcolo saranno ulteriormente precisati nei pertinenti accordi di esecuzione tecnica di cui all’articolo 3.
7.3 Le parti garantiscono che i costi sostenuti per la prestazione di sostegno:
i)
sono corredati di registrazioni e documenti accurati e aggiornati e comprendono soltanto i costi effettivamente sostenuti direttamente imputabili al sostegno ricevuto dall’altra parte e
ii)
saranno rimborsati se rispettano i criteri stabiliti nel presente accordo, nonché le eventuali condizioni aggiuntive stabilite negli accordi di esecuzione tecnica e concordate in precedenza.
7.4 Il prestatore presenta le fatture al destinatario a seguito della consegna o dell’esecuzione del sostegno. Il prestatore emette una fattura per il destinatario almeno una volta all’anno per tutte le operazioni non fatturate in precedenza. Le fatture sono corredate della necessaria documentazione di supporto e sono pagate entro sessanta (60) giorni dalla data della fattura. I pagamenti sono effettuati nella valuta del prestatore o come altrimenti concordato.
II. Prestazione di beni, forniture o servizi di logistica e di sostegno alla sicurezza
7.5 I beni, le forniture e i servizi di logistica e la prestazione di servizi di sicurezza o di protezione sono fatturati sulla base dei costi diretti effettivi che il prestatore sostiene a motivo della prestazione del sostegno.
III. Trasferimento di materiali e infrastrutture
7.6 Il prezzo di acquisto (eventuale) è determinato sulla base del valore netto di mercato oppure, qualora non sia possibile determinare il valore di mercato, è equo e ragionevole tenuto conto delle condizioni specifiche locali e dei tassi di deprezzamento applicati dalle rispettive autorità competenti.
7.7 Il destinatario dei materiali è responsabile dei costi associati al trasferimento dei materiali stessi, comprese, senza limitazioni, eventuali spese di trasporto.
7.8 Se del caso, le parti possono, agendo in conformità dei rispettivi regolamenti e norme, contribuire al costo delle infrastrutture costruite, rimesse a nuovo o migliorate da una delle parti per essere utilizzate dall’altra e/o da entrambe. I termini e le condizioni che disciplinano tali contributi sono concordati per iscritto dalle autorità competenti caso per caso e stabiliti nell’accordo di esecuzione tecnica applicabile.
7.9 Nella misura in cui la fornitura o la consegna di infrastrutture riguarda locali, campi o altre infrastrutture costruiti, rimessi a nuovo o migliorati da una delle parti per finalità proprie nell’esecuzione del suo mandato, le modalità di consegna, comprese le eventuali disposizioni finanziarie, sono stabilite, se del caso, in un accordo di esecuzione tecnica.
IV. Scambio di informazioni classificate
7.10 Lo scambio di informazioni classificate tra le operazioni UE e le missioni ONU è gratuito.
Articolo 8
Disposizioni supplementari degli accordi di esecuzione tecnica
8.1 I termini e le condizioni degli accordi di esecuzione tecnica conclusi a norma del presente accordo sono coerenti con il presente accordo e comprendono:
i)
adeguate disposizioni in materia di responsabilità e risarcimenti, basate sulle disposizioni di cui all’articolo 9 in appresso. A tali disposizioni in materia di responsabilità e risarcimenti sono apportate le necessarie modifiche per tenere conto delle parti dell’accordo di esecuzione tecnica applicabile. In particolare, ai fini degli accordi di esecuzione tecnica relativi a operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, si considera che i funzionari, il personale, i dipendenti e gli agenti dell’Unione europea di cui all’articolo 9 in appresso includano i funzionari, il personale, i dipendenti e gli agenti di Athena e degli Stati partecipanti dell’Unione europea;
ii)
adeguate disposizioni in materia di consultazione e risoluzione delle controversie, basate sulle disposizioni di cui all’articolo 11 in appresso;
iii)
disposizioni sulla politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani e sui privilegi e le immunità di cui agli articoli 10 e 12 in appresso.
8.2 Gli accordi di esecuzione tecnica comprendono, tra l’altro, opportune disposizioni riguardanti le procedure di collegamento e coordinamento, le procedure di attuazione e le procedure di fatturazione e pagamento, nonché disposizioni in materia di tenuta dei registri, audit e indagini.
Articolo 9
Responsabilità e risarcimenti
9.1 Salvo espressa disposizione contraria contenuta nel presente accordo, le Nazioni Unite — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — e l’Unione europea — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — non sono soggette ad alcuna responsabilità derivante dall’attuazione del presente accordo o ad essa connessa. In particolare, e fatta salva la portata generale di quanto precede, le Nazioni Unite — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — e l’Unione europea — compresi i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti — non sono in alcun modo responsabili delle operazioni o delle attività militari o di altro tipo condotte dall’altra parte, compreso dai funzionari, dal personale, dai dipendenti o dagli agenti di tale altra parte.
9.2 Le Nazioni Unite e l’Unione europea sono individualmente responsabili della risoluzione delle controversie e garantiscono e manlevano l’altra parte, i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti, da ogni pretesa risarcitoria, richiesta, perdita e responsabilità di qualsiasi natura o tipo in caso di decesso, lesioni, malattia o perdite e danni materiali subiti dai loro rispettivi funzionari, membri del personale, dipendenti o agenti a seguito dell’attuazione del presente accordo o ad essa connessi, salvo nella misura in cui tali pretese o richieste risultino da una negligenza grave o un comportamento doloso dell’altra parte o dei suoi funzionari, membri del personale, dipendenti o agenti.
9.3 Le Nazioni Unite e l’Unione europea sono individualmente responsabili della risoluzione delle controversie e garantiscono e manlevano l’altra parte, i suoi funzionari, il suo personale, i suoi dipendenti e i suoi agenti, da ogni pretesa risarcitoria, richiesta, perdita e responsabilità di qualsiasi natura o tipo intentata o fatta valere da terzi in base o in relazione a loro atti o omissioni, o ad atti o omissioni commessi dai rispettivi funzionari, membri del personale, dipendenti e agenti nell’attuazione del presente accordo.
Articolo 10
Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani
Le responsabilità assunte dalle Nazioni Unite a norma del presente accordo sono soggette ai termini della politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani per quanto riguarda il sostegno delle Nazioni Unite alle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU (S/2013/110), di cui una copia è riportata nell’allegato 3 del presente accordo.
Articolo 11
Consultazione e risoluzione delle controversie
11.1 Le Nazioni Unite e l’Unione europea seguono attentamente l’attuazione del presente accordo e a tal fine si consultano regolarmente e strettamente.
11.2 Il coordinatore ONU e il coordinatore UE, nell’ambito delle rispettive responsabilità, procedono periodicamente a reciproche consultazioni, su richiesta dell’uno o dell’altro, in merito a difficoltà, problemi, motivi di preoccupazione o controversie che dovessero sorgere nel corso dell’attuazione del presente accordo, e si adoperano al meglio per discutere e raggiungere una risoluzione amichevole per via negoziale.
11.3 Qualora il coordinatore ONU e il coordinatore UE non siano in grado di risolvere eventuali difficoltà, problemi, motivi di preoccupazione o controversie in modo soddisfacente per le parti, le consultazioni proseguono tra il sottosegretario generale per il sostegno operativo e il segretario generale aggiunto per la politica di sicurezza e di difesa comune e la gestione delle crisi, e in ultima istanza, se necessario e su richiesta di una delle due parti, tra il segretario generale delle Nazioni Unite e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al fine di raggiungere una risoluzione amichevole.
11.4 Qualsiasi pretesa risarcitoria che non sia stata soddisfatta o qualsiasi controversia che non sia stata risolta conformemente al presente articolo può essere sottoposta a un conciliatore o a un mediatore designato di comune accordo. In caso di insuccesso della procedura di conciliazione o di mediazione, le pretese risarcitorie o le controversie possono essere sottoposte ad arbitrato su richiesta di una delle parti. Ciascuna parte nomina un arbitro e i due arbitri così nominati designano un terzo arbitro, che eserciterà le funzioni di presidente. Se entro trenta (30) giorni dalla data in cui è stata presentata la richiesta di arbitrato una delle parti non ha nominato un arbitro, o se entro trenta (30) giorni dalla nomina dei due arbitri non è stato designato il terzo arbitro, una delle parti può chiedere al presidente della Corte internazionale di giustizia di nominare un arbitro. Le procedure di arbitrato sono conformi al vigente regolamento arbitrale UNCITRAL. Gli arbitri non sono abilitati a riconoscere risarcimenti di carattere punitivo. La sentenza arbitrale contiene la motivazione sulla quale si basa ed è accettata come risoluzione definitiva delle suddette pretese risarcitorie o controversie.
Articolo 12
Privilegi e immunità
Nessun elemento del presente accordo o ad esso afferente implica una rinuncia, esplicita o implicita, ai privilegi e alle immunità delle Nazioni Unite, compresi i suoi organi sussidiari, o dell’Unione europea, comprese le sue istituzioni e i suoi organismi competenti.
Articolo 13
Disposizioni finali
13.1 Il presente accordo entra in vigore alla data della firma delle parti.
13.2 Il presente accordo può essere modificato, integrato o emendato in qualsiasi momento mediante accordo scritto tra le parti.
13.3 Il presente accordo è riesaminato cinque (5) anni dopo l’entrata in vigore.
13.4 Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da una delle parti mediante preavviso di sessanta (60) giorni all’altra parte. Nonostante la denuncia del presente accordo, le disposizioni degli articoli 9, 11 e 12 dello stesso rimangono in vigore fino a quando non sia stata trovata una soluzione a tutte le controversie, pretese risarcitorie o responsabilità derivanti dal presente accordo.
13.5 Gli allegati del presente accordo costituiscono parte integrante del medesimo.
IN FEDE DI CHE, il presente accordo è stato firmato dai rappresentanti debitamente autorizzati dell’Unione europea e delle Nazioni Unite.
Fatto a New York, il 29 settembre 2020, in duplice esemplare, in lingua inglese.
A nome e per conto dell’Unione europea:
A nome e per conto delle Nazioni Unite:
ALLEGATO 1
Categorie di beni, forniture o servizi di logistica che possono essere oggetto di prestazione:
Servizi di trasporto e movimentazione
Servizi d’infrastruttura e di ingegneria
—
Alloggio
—
Spazi per uffici
—
Infrastrutture di ruoli da 1 a 3
Installazioni tecniche
—
Stoccaggio
—
Officine
—
Stazioni di rifornimento
—
Depositi di munizioni
—
Parcheggi (per veicoli o aeromobili); piazzole di atterraggio per elicotteri
—
Energia elettrica
—
Acqua per usi sanitari
Servizi generali
—
Manutenzione di terreni
—
Servizi di pulizia/custodia di edifici
—
Protezione ambientale (evacuazione delle acque di scarico/rimozione dei rifiuti)
—
Piccoli interventi di riparazione e manutenzione
—
Protezione/prevenzione antincendio e lotta contro gli incendi
Servizi di gestione
—
Servizi di gestione dei campi
—
Protezione ambientale
Servizi di controllo
—
Controllo veterinario e degli alimenti
—
Controllo dei rifiuti
—
Controllo delle acque
—
Controllo dell’igiene
—
Controllo degli organismi nocivi
Sostegno per aspetti logistici (real life support)
—
Razioni/servizi di ristorazione
—
Lavanderia
—
Assistenza morale e sociale
—
Energia
—
Servizi igienico-sanitari
—
Pulizie
—
Smaltimento dei rifiuti
Servizi di approvvigionamento
—
Carburanti e lubrificanti (POL)
Servizi di comunicazione
Supporto medico
—
Prodotti farmaceutici
—
Materiale medico
—
Evacuazione dei feriti/evacuazione sanitaria (CASEVAC/MEDEVAC)
—
Cure mediche (servizi di ruolo 1, ruolo 2 e ruolo 3)
—
Smaltimento dei rifiuti medici
—
Cellula di coordinamento di evacuazione dei pazienti (PECC)
Servizi di sicurezza
ALLEGATO 2
Categorie di materiali che possono essere trasferiti:
—
Alloggi (compresi edifici e alloggi temporanei/tendati)
Altre infrastrutture
—
Veicoli (veicoli per uso generale, veicoli blindati, veicoli speciali)
—
Attrezzature e macchinari per la costruzione e la movimentazione e altre attrezzature e macchinari specializzati
—
Pompe nonché attrezzature e macchine per il trattamento dell’acqua
—
Prodotti non letali delle attrezzature militari
—
Carburanti e lubrificanti
—
Indumenti
—
Apparecchiature informatiche e per la comunicazione
—
Forniture e attrezzature mediche e/o prodotti farmaceutici
—
Munizioni
—
Pezzi di ricambio
—
Generatori
—
Mobili
ALLEGATO 3
Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani delle Nazioni Unite
Allegato
[Originale: inglese e francese]
Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani per quanto riguarda il sostegno delle Nazioni Unite alle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU
I. Principi fondamentali
1.
Il sostegno prestato da organismi delle Nazioni Unite alle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU deve essere coerente con i fini e i principi dell’Organizzazione stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite e con gli obblighi di diritto internazionale che le Nazioni Unite sono tenute ad adempiere per osservare, promuovere e incoraggiare il rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati. Un tale sostegno deve aiutare i destinatari a raggiungere una fase in cui l’osservanza di tali principi e corpus ormativi diventi la norma, garantita dallo Stato di diritto. Coerentemente con tali obblighi, il sostegno delle Nazioni Unite non può essere prestato laddove vi siano fondati motivi di ritenere che esiste un rischio reale che i destinatari commettano gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati e laddove le autorità competenti non prendano le necessarie misure correttive o di mitigazione. Per le stesse ragioni, se le Nazioni Unite ricevono informazioni attendibili che forniscono fondati motivi di ritenere che un destinatario del sostegno delle Nazioni Unite stia commettendo gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati, gli organismi delle Nazioni Unite che prestano detto sostegno devono intervenire presso le autorità competenti al fine di far cessare tali violazioni. Qualora, nonostante tale intervento, la situazione dovesse persistere, le Nazioni Unite devono sospendere il loro sostegno ai soggetti inadempienti. Nonostante la presente politica, gli obblighi vigenti a norma del diritto internazionale dei diritti umani, del diritto internazionale umanitario o del diritto internazionale dei rifugiati continuano ad applicarsi a tutte le attività delle Nazioni Unite.
2.
Gli organismi delle Nazioni Unite che intendono prestare o che prestano sostegno a forze di sicurezza non facenti capo all’ONU devono pertanto perseguire una politica di dovuta diligenza, comprendente i seguenti elementi chiave:
a)
prima di prestare il sostegno, una valutazione dei rischi che la prestazione, o la mancata prestazione, di tale sostegno comporterebbe, in particolare il rischio che il destinatario commetta gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati;
b)
la trasparenza nei confronti dei destinatari in merito agli obblighi giuridici che vincolano l’Organizzazione e ai principi fondamentali che disciplinano la prestazione del sostegno, e
c)
un quadro di attuazione efficace, comprendente:
i)
procedure per il monitoraggio dell’osservanza da parte del destinatario del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati;
ii)
procedure per determinare quando e come intervenire al fine di far cessare gravi violazioni di uno qualsiasi di tali corpus ormativi e per decidere, se necessario, in merito alla sospensione o alla revoca del sostegno; e
iii)
orientamenti operativi generali, a seconda delle necessità, da parte dei rispettivi organismi delle Nazioni Unite a livello di paese sull’attuazione della politica.
3.
L’adesione alla politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani è importante per mantenere la legittimità, la credibilità e l’immagine pubblica delle Nazioni Unite e per assicurare la coerenza con la Carta e gli obblighi di diritto internazionale che l’Organizzazione è tenuta a rispettare.
4.
Le politiche e gli orientamenti pertinenti riguardanti specifici settori di sostegno, comprese le note di orientamento sviluppate nell’ambito della Task Force interagenzie sulla riforma del settore della sicurezza, devono essere coerenti con la politica di dovuta diligenza.
5.
La presente politica non intende in alcun modo ostacolare il normale lavoro dell’Organizzazione volto a incoraggiare il rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati, inclusi lo sviluppo di capacità, indagini e denunce di casi di violazione di tali corpus normativi e interventi presso le autorità competenti al fine di contrastare dette violazioni, assicurare azioni correttive e prevenire il ripetersi delle violazioni stesse. La presente politica è intesa a integrare tali normali processi.
II. Politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani
A. Ambito di applicazione della politica
6.
La politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani si applica a tutti gli organismi delle Nazioni Unite che prestano sostegno a forze di sicurezza non facenti capo all’ONU. Si applica pertanto non solo alle operazioni di mantenimento della pace e alle missioni politiche speciali, ma anche agli uffici, alle agenzie, ai fondi e ai programmi delle Nazioni Unite nel loro complesso che svolgono tali attività.
B. Definizioni
7.
Ai fini della presente politica si intende per «forze di sicurezza non facenti capo all’ONU»:
a)
le forze nazionali militari, paramilitari, di polizia, i servizi di intelligence e le forze preposte al controllo delle frontiere e forze di sicurezza analoghe;
b)
le autorità civili, paramilitari o militari nazionali direttamente responsabili della gestione, dell’amministrazione o del comando o controllo di tali forze;
c)
le forze di mantenimento della pace delle organizzazioni internazionali regionali.
8.
Si intende per «sostegno» una qualsiasi delle attività seguenti:
a)
l’addestramento, il tutoraggio, i servizi consultivi, lo sviluppo di capacità e istituzionale e altre forme di cooperazione tecnica finalizzate a rafforzare le capacità operative delle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU;
b)
il supporto ad hoc o programmatico ad autorità civili o militari direttamente responsabili della gestione, dell’amministrazione o del comando o controllo delle forze di sicurezza non facenti capo all’ONU;
c)
il sostegno finanziario, compreso il pagamento di retribuzioni, borse, indennità e spese, a prescindere dall’origine dei fondi;
d)
il supporto logistico strategico o tattico a operazioni sul campo condotte da forze di sicurezza non facenti capo all’ONU;
e)
il supporto operativo ad azioni sul campo condotte da forze di sicurezza non facenti capo all’ONU, compresi l’appoggio di fuoco e la pianificazione strategica o tattica;
f)
operazioni congiunte condotte da forze delle Nazioni Unite e da forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite.
9.
Non rientrano nel «sostegno»:
a)
le attività di formazione o sensibilizzazione riguardo al diritto internazionale umanitario, al diritto internazionale dei diritti umani e al diritto internazionale dei rifugiati;
b)
la definizione di norme (per esempio, consulenza ed esame con riguardo a legislazione, codici e politiche) e il sostegno in termini di capacità direttamente correlato all’attuazione e alla promozione del rispetto della legislazione e delle norme in materia di diritti umani e alla promozione della governance democratica delle istituzioni di sicurezza;
c)
l’impegno a promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati o a negoziare l’accesso umanitario e condurre operazioni di soccorso;
d)
la mediazione e il relativo sostegno;
e)
lo sgombero sanitario (MEDEVAC) e l’evacuazione dei feriti (CASEVAC).
10.
Il «sostegno» può essere diretto o indiretto — ossia, prestato attraverso partner esecutivi.
11.
Nel determinare se un’attività costituisca o meno sostegno a norma dei precedenti punti 8 e 9, gli organismi delle Nazioni Unite dovrebbero valutare la necessità di promuovere la coerenza nell’attuazione della politica nell’intero sistema delle Nazioni Unite secondo i punti 18 e 20 in appresso.
12.
Ai sensi della presente politica si intende per «gravi violazioni»:
a)
nel caso di un’unità:
i)
la commissione di «crimini di guerra» o di «crimini contro l’umanità», quali definiti nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, o di «gravi violazioni» dei diritti umani, compresi esecuzioni sommarie e esecuzioni extragiudiziali, atti di tortura, sparizioni forzate, riduzione in schiavitù, stupro e violenza sessuale di gravità comparabile, o atti di respingimento a norma del diritto dei rifugiati commessi su larga scala o con un notevole grado di frequenza (tali dunque da non essere solo casi isolati o fenomeni meramente sporadici), o
ii)
uno schema di violazioni ripetute e sistematiche del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati commesse da un numero significativo di membri dell’unità, o
iii)
la presenza, ai vertici di comando dell’unità, di uno o più ufficiali nei cui confronti vi sono fondati motivi di sospettare:
•
una responsabilità diretta nella commissione di «crimini di guerra», «gravi violazioni» dei diritti umani o atti di respingimento, o
•
una responsabilità gerarchica, quale definita nello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, riguardo alla commissione di tali crimini, violazioni o atti da parte di persone poste sotto il loro comando, o
•
la mancata adozione di misure efficaci per prevenire, reprimere, indagare o perseguire altre violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati commesse su larga scala da persone poste sotto il loro comando;
b)
in caso di autorità civili o militari direttamente responsabili della gestione, dell’amministrazione o del comando di forze di sicurezza non facenti capo all’ONU:
i)
la commissione di gravi violazioni da parte di una o più unità poste sotto il loro comando;
ii)
abbinata alla mancata adozione di misure efficaci per indagare e perseguire gli autori delle violazioni.
13.
Si intende per «Nazioni Unite» qualsiasi ufficio, dipartimento, agenzia, programma, fondo, operazione o missione delle Nazioni Unite.
C. Valutazione del rischio
14.
Prima di prestare il sostegno, l’organismo delle Nazioni Unite direttamente interessato deve svolgere una valutazione dei potenziali rischi e benefici connessi con il sostegno stesso. In tale valutazione dovrebbe rientrare un esame dei seguenti elementi (qualora un organismo delle Nazioni Unite disponga di un meccanismo già in vigore, questo può essere utilizzato per svolgere la valutazione conformemente al punto 19 in appresso):
a)
i comportamenti pregressi dei destinatari previsti in termini di rispetto o mancato rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati, compresi eventuali trascorsi specifici di violazioni gravi;
b)
i comportamenti pregressi dei destinatari per quanto riguarda l’adozione o la mancata adozione di misure efficaci per far sì che gli autori di siffatte violazioni rispondano delle loro azioni;
c)
l’eventuale adozione di misure correttive o introduzione di istituzioni, protocolli o procedure che impediscano il ripetersi di siffatte violazioni e, qualora esistano, la loro adeguatezza, comprese le istituzioni necessarie a garantire che eventuali futuri responsabili rispondano delle loro azioni;
d)
una misurazione del potenziale impatto che la prestazione o la mancata prestazione di sostegno avrebbe sulla capacità delle Nazioni Unite di influenzare il comportamento del destinatario in termini di rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati;
e)
la possibilità che le Nazioni Unite mettano in atto meccanismi efficaci per monitorare l’uso e l’impatto del sostegno prestato;
f)
una valutazione - sulla base dei fattori sopraelencati e del contesto generale del sostegno - del rischio che il destinatario possa in ogni caso commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati.
15.
Le informazioni relative ai comportamenti pregressi del destinatario previsto in termini di rispetto del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati dovrebbero essere ottenute dalle Nazioni Unite o da altre fonti attendibili.
16.
L’organismo delle Nazioni Unite direttamente interessato non deve avviare la prestazione di sostegno a favore del destinatario previsto qualora, a seguito della valutazione del rischio, concluda che vi sono fondati motivi per ritenere che sussiste un rischio concreto che il destinatario previsto commetta gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati, nonostante le eventuali misure di mitigazione che le Nazioni Unite potrebbero adottare. L’organismo in questione dovrebbe precisare che non sarà possibile prestare sostegno salvo e fino a che il destinatario previsto non abbia adottato misure adeguate affinché non vi siano più fondati motivi per ritenere che sussiste un rischio concreto che si commettano tali gravi violazioni. Dette misure possono includere, a titolo di esempio, la rimozione di un ufficiale da una posizione ai vertici di comando qualora vi siano fondati motivi per sospettare che si sia reso responsabile di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati.
17.
L’organismo delle Nazioni Unite direttamente interessato può procedere con l’avvio della prestazione del sostegno, fatto salvo il rispetto dei punti in appresso della presente politica, qualora a seguito della valutazione del rischio concluda che non vi sono fondati motivi per ritenere che sussiste un rischio concreto che il destinatario previsto commetta siffatte violazioni.
D. Trasparenza
18.
Per attuare efficacemente la presente politica sono necessarie la comprensione e la cooperazione di tutte le parti interessate, compresi i paesi donatori e i paesi partecipanti al programma, i paesi contributori di truppe e di forze di polizia e i paesi che ospitano missioni politiche o di mantenimento della pace delle Nazioni Unite. Ciascun organismo incaricato o che prevede di prestare sostegno a forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite avvia un dialogo proattivo con gli Stati membri e altri partner e parti interessate al fine di spiegare la presente politica.
19.
Prima di avviare il sostegno alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite, il o gli alti funzionari competenti delle Nazioni Unite (ad esempio il rappresentante speciale del segretario generale, il coordinatore residente, il rappresentante nel paese) dovrebbero informare per iscritto la o le autorità destinatarie circa i principi fondamentali delle Nazioni Unite per il sostegno alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite nel quadro della presente politica. In particolare, ai destinatari dovrebbe essere comunicato che le Nazioni Unite non possono prestare sostegno a unità poste sotto il comando di persone nei confronti delle quali esistono accuse fondate di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati. L’autorità destinataria dovrebbe essere informata anche circa le procedure o i meccanismi di attuazione della presente politica di cui alla sezione III in appresso. Occorre inoltre comunicare chiaramente al destinatario che, ai fini della prosecuzione del sostegno, le Nazioni Unite sono tenute a valutare costantemente la coerenza tra le azioni del destinatario e gli obblighi dell’Organizzazione ai sensi dei pertinenti corpus ormativi. Le attività di sensibilizzazione e comunicazione, sebbene possano essere intraprese da un organismo specifico delle Nazioni Unite, dovrebbero essere coordinate al fine di promuovere la coerenza dell’azione delle Nazioni Unite a livello di paese e il più alto funzionario delle Nazioni Unite in un determinato paese (rappresentante speciale del segretario generale e/o coordinatore residente) dovrebbe essere informato in merito a tali iniziative.
III. Garantire un’attuazione effettiva
A. Elementi di un quadro di attuazione
20.
L’attuazione della politica di dovuta diligenza in materia di diritti umani deve tenere conto dei mandati specifici dell’organismo delle Nazioni Unite interessato, nonché della natura e della portata del sostegno, come pure del contesto politico e operativo in cui tale sostegno è fornito.
21.
Ciascun organismo delle Nazioni Unite che presta sostegno deve mettere a punto un quadro di attuazione in conformità delle proprie procedure di gestione al fine di garantire l’osservanza della presente politica. Tale quadro dovrebbe essere chiaramente delineato in una procedura operativa permanente o in uno strumento analogo. Se del caso il quadro dovrebbe essere comunicato all’organo che ha conferito il mandato all’organismo. Tale quadro dovrebbe comprendere, a seconda dei casi:
a)
le risorse necessarie per gestire in modo efficace la fornitura del sostegno e per monitorarne e valutarne l’impatto;
b)
incentivi o altre misure di accompagnamento al fine di migliorare il rispetto, da parte del destinatario, del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati;
c)
meccanismi per il monitoraggio efficace del comportamento del destinatario al fine di individuare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati e le risposte dell’istituzione destinataria a eventuali violazioni (tali meccanismi dovrebbero includere procedure per la presentazione di relazioni periodiche da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) e del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), come pure del rappresentante speciale del segretario generale per i bambini nei conflitti armati e del rappresentante speciale del segretario generale sulla violenza sessuale nei conflitti);
d)
sistemi ben definiti per il raffronto e l’esame efficace delle informazioni raccolte grazie a tale monitoraggio e da altre fonti, comprese le reti locali di protezione della popolazione civile;
e)
procedure ben definite per orientare le decisioni dei funzionari competenti delle Nazioni Unite sull’eventuale necessità di intervenire presso il destinatario o i suoi elementi di comando in merito a violazioni commesse dal destinatario, ovvero, come soluzione di ultima istanza, di sospendere o revocare il sostegno nel quadro della presente politica;
f)
procedure chiare di comunicazione con le autorità competenti ove si rendano necessari un intervento delle Nazioni Unite ovvero la sospensione o la revoca del sostegno nel quadro della presente politica;
g)
procedure chiare ed efficaci per valutare ed esaminare i potenziali rischi in caso di sospensione o revoca del sostegno - compresi i rischi per la sicurezza e la protezione del personale delle Nazioni Unite e del personale associato - nonché per individuare adeguate misure di mitigazione e garantirne l’adozione.
22.
Nell’applicazione della politica e nel ricorso alle misure di cui al punto 21, lettere da a) a g), a livello di paese, ciascun organismo delle Nazioni Unite dovrebbe tenere conto dell’esigenza di promuovere un’attuazione coerente della presente politica in tutto il sistema delle Nazioni Unite. Al più alto funzionario delle Nazioni Unite nel paese (rappresentante speciale del segretario generale e/o coordinatore residente) incombe la responsabilità di avviare consultazioni sul quadro di attuazione con tutte le parti interessate nazionali e internazionali. In caso di missioni integrate, le consultazioni tra la missione e l’agenzia locale delle Nazioni Unite dovrebbero essere disciplinate da una procedura consolidata.
B. Notifica preventiva agli organi legislativi delle Nazioni Unite
23.
Le azioni degli organismi delle Nazioni Unite a sostegno di forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite richiedono una considerazione particolarmente attenta per via dei rischi specifici, delle potenziali responsabilità e dell’elevata visibilità che esse comportano. È quindi importante che, prima dell’adozione di un mandato o di una direttiva per la prestazione di sostegno a forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite, gli organismi delle Nazioni Unite esercitino la dovuta diligenza, in particolare effettuando una valutazione del rischio. I risultati della valutazione dovrebbero essere inseriti in relazioni o informative destinate agli organi legislativi, a seconda dei casi. Nel contesto del mantenimento della pace, tali valutazioni dovrebbero contribuire a dare forma e corpo alle proposte in materia di mandati presentate dal segretario generale agli organi legislativi.
C. Relazioni e vigilanza
24.
Le pertinenti relazioni ufficiali delle Nazioni Unite (ad esempio le relazioni del segretario generale al Consiglio di sicurezza, le relazioni tematiche e per paese elaborate da uffici, programmi, agenzie e fondi delle Nazioni Unite) dovrebbero riguardare il sostegno prestato alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite, comprese la natura e la portata del sostegno, le misure impiegate per garantire l’osservanza della politica di «dovuta diligenza», le azioni correlate volte a promuovere il rispetto dei principi fondamentali del sostegno delle Nazioni Unite e una valutazione dell’impatto del sostegno.
25.
Ove sorgano gravi difficoltà in relazione a tale sostegno, gli organismi delle Nazioni Unite dovrebbero riferire immediatamente ai pertinenti funzionari e organi legislativi delle Nazioni Unite aventi poteri decisionali, a seconda dei casi, sugli sviluppi connessi agli elementi che, secondo la valutazione del rischio, potrebbero associare l’Organizzazione o il suo personale a gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati. Gli organismi delle Nazioni Unite interessati dovrebbero riferire in merito alle circostanze del caso e a eventuali misure adottate per mitigare la situazione o porvi rimedio e formulare raccomandazioni per azioni di follow-up.
D. Misure di mitigazione
26.
Se le Nazioni Unite ricevono informazioni attendibili che forniscono fondati motivi di ritenere che un destinatario del sostegno delle Nazioni Unite sta commettendo gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati, l’organismo delle Nazioni Unite che presta il sostegno dovrebbe portare le informazioni all’attenzione delle autorità nazionali competenti allo scopo di porre fine a tali violazioni.
27.
Se, nonostante l’intervento dell’organismo delle Nazioni Unite interessato, le Nazioni Unite ricevono informazioni attendibili che forniscono fondati motivi di sospettare che il destinatario continua a commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati, l’organismo delle Nazioni Unite deve sospendere o revocare il sostegno al destinatario.
E. Sfide operative
28.
Nel contesto del mantenimento della pace, la non prestazione o la revoca del sostegno a fronte del mancato rispetto, da parte delle forze di sicurezza destinatarie, dei principi fondamentali della presente politica può ridurre in modo significativo la capacità della missione di adempiere il mandato e gli obiettivi generali stabiliti dal Consiglio di Sicurezza. La sospensione o la revoca del sostegno logistico, materiale o tecnico possono tuttavia rendersi necessari laddove la prosecuzione del sostegno rischierebbe di implicare l’Organizzazione in gravi violazioni del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani o del diritto internazionale dei rifugiati. Il segretario generale dovrebbe tenere informato il Consiglio circa le misure adottate da un’operazione di mantenimento della pace nel quadro della presente politica e, ove si ritenga che l’applicazione della presente politica abbia un impatto significativo sulla capacità dell’operazione di adempiere il suo mandato, dovrebbe informarne tempestivamente il Consiglio e chiedere il parere di quest’ultimo riguardo alla via da seguire. Analogamente, qualora la non prestazione o la revoca del sostegno da parte di un’agenzia, di un fondo o di un programma delle Nazioni Unite dovesse incidere sulla capacità di tale organismo di adempiere il suo mandato, il capo esecutivo dell’agenzia, fondo o programma in questione informerà tempestivamente l’organo direttivo dell’agenzia, fondo o programma chiedendo il parere di quest’ultimo riguardo alla via da seguire.
F. Responsabilità
29.
A seguito dell’approvazione del presente quadro politico da parte del segretario generale, incombe agli alti dirigenti presso la sede (sottosegretari generali, l’amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), i direttori esecutivi di fondi e programmi) la responsabilità di garantire, nell’ambito della rispettiva sfera di competenza, il riesame periodico del sostegno prestato alle forze di sicurezza e alle istituzioni non facenti capo alle Nazioni Unite e dell’attuazione della presente politica. Spetta loro inoltre la responsabilità di garantire che gli sviluppi significativi nell’attuazione della presente politica, comprese le azioni di mitigazioni adottate nell’ambito della stessa, siano portati tempestivamente all’attenzione del segretario generale e degli organi legislativi competenti.
30.
Se del caso, le task force integrate nelle missioni e le task force integrate dovrebbero includere in via permanente nelle rispettive agende un punto relativo al riesame e alla valutazione del sostegno prestato alle forze di sicurezza non facenti capo alle Nazioni Unite.
31.
Entro un anno dovrebbe essere preparata, alla luce dell’esperienza acquisita, un’ulteriore presentazione al comitato delle politiche, al fine di stabilire, tra l’altro, se sia necessario predisporre ulteriori misure o meccanismi di attuazione.
ALLEGATO 4
Punti di contatto ONU e UE
UE
—
EUMS D.2, DIR LOG/RES
Stato maggiore dell’Unione europea — Logistica
Risorse e supporto
EUMS-LOGISTICS-DIRECTORATE@eeas.europa.eu
—
CPCC
(Capacità civile di pianificazione e condotta)
cpcc.secretariat@eeas.europa.eu
ONU
—
DOS/DSA/SPS
Dipartimento di Supporto operativo
Divisione «Attività speciali», Servizio «Supporto ai partenariati»
dos-sps@un.org
—
DOS/OSCM/OASG
Dipartimento di Supporto operativo
Ufficio del sottosegretario generale per la gestione della catena di approvvigionamento
oscm-oasg@un.org
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Gestione delle crisi — Accordo quadro sulla partecipazione
QUAL È LO SCOPO DEGLI ACCORDI E DELLE DECISIONI?
L’accordo quadro tra l’Unione e le Nazioni Unite stabilisce le regole per la prestazione di reciproco sostegno logistico, amministrativo e di sicurezza da parte delle missioni dell’ONU e delle operazioni dell’Unione impegnate nelle crisi e nelle situazioni postconflitto sul campo. Gli accordi definiscono i termini della partecipazione dei paesi terzi alle operazioni di gestione delle crisi dell’Unione, nonché il rapporto di tali paesi con l’Unione nello svolgimento delle missioni. Le decisioni approvano i rispettivi accordi per conto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
L’articolo 37 del trattato sull’Unione europea e l’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea forniscono il necessario quadro giuridico conferendo all’Unione europea l’autorità per concludere accordi con i paesi terzi relativamente alla loro partecipazione alle operazioni dell’Unione per la gestione delle crisi.
Gestione delle crisi dell’UnioneIl dipartimento per il coordinamento operativo e di risposta alle crisi del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) è responsabile dell’attivazione del Sistema di risposta alle crisi del SEAE (piattaforma di crisi, sala situazione dell’Unione, comitato di gestione delle crisi), e gioca un ruolo centrale nel garantire una risposta rapida ed efficace in tutto il sistema dell’Unione oltre ad azioni e a una politica coerente in tutte le varie fasi del ciclo di vita della crisi. Il sistema di risposta alle crisi si occupa delle crisi che possono incidere sulla sicurezza e sugli interessi dell’Unione che si verificano all’esterno dell’Unione, comprese quelle che interessano le delegazioni dell’Unione o qualsiasi altra risorsa o persona dell’Unione in paesi terzi. Si occupa inoltre delle crisi che si verificano all’interno dell’Unione che hanno una dimensione esterna. Il sistema di risposta alle crisi va dalla prevenzione e dalla preparazione alla risposta e al recupero, con l’obiettivo di dare una risposta globale alle crisi e massimizzare la capacità di gestione dell’Unione.Partecipazione alle operazioni di gestione delle crisi dell’UnioneCiascun paese terzo che rientra negli accordi decide di accettare l’invito a partecipare alle operazioni guidate dall’Unione caso per caso. Se accetta, il paese si impegna anche a rispettare i termini della decisione del Consiglio con cui l’Unione ha deciso di condurre l’operazione in questione. Il contributo dei paesi può includere personale civile, personale militare e materiali. Le parti sono inoltre concordi su un possibile contributo al bilancio dell’operazione. Il paese terzo si fa carico di tutti i costi associati alla sua partecipazione, eccetto i casi in cui tali costi siano previsti nel bilancio. In qualsiasi momento, il paese può decidere di ritirarsi in tutto o in parte dall’operazione militare, previa consultazione con l’Unione. La decisione di terminare l’operazione di gestione della crisi è essenzialmente una decisione dell’Unione, sebbene questa debba consultare tutti i paesi paese che stanno ancora dando un contributo nel momento in cui è prevista la decisione. Eventuali controversie riguardanti l’interpretazione o l’applicazione di un accordo vengono risolte attraverso i canali diplomatici.Status del contingente di un paese terzo distaccato in un’operazione guidata dall’Unione.Lo status del contingente del paese terzo è disciplinato dallo status dell’accordo di missione tra l’Unione e il paese in cui si svolge l’operazione. Se tale accordo non è stato ancora concluso, le parti concordano un accordo equivalente prima dello schieramento. Lo status di accordo di ammissione definisce i privilegi e le immunità del personale distaccato. Il paese conserva il diritto di esercitare la giurisdizione sul proprio personale distaccato nel paese in cui si svolge l’operazione. Sarà inoltre responsabile di rispondere a qualsiasi pretesa risarcitoria relativa alla sua partecipazione in conformità con la propria legislazione nazionale.Svolgimento delle operazioniL’Unione è responsabile della conduzione delle operazioni di gestione delle crisi e definisce gli obiettivi e le linee guida delle missioni. Il paese terzo garantisce che il proprio personale e le proprie unità svolgano i propri compiti conformemente ai presenti orientamenti e che il proprio personale segua la direzione del capomissione dell’Unione o del comandante dell’Unione, pur rimanendo pienamente sotto il proprio comando. Il paese terzo designa un punto di contatto nazionale che rappresenti il proprio contingente nazionale nell’operazione, riferendo al capomissione e al responsabile per le questioni disciplinari all’interno del contingente del paese.Rinuncia alle richieste risarcitorie
Nell’ambito di ciascun accordo, l’Unione e il paese terzo rinunciano alle richieste risarcitorie contro l’altra parte per i danni derivanti dall’esercizio delle loro funzioni ufficiali, salvo in caso di negligenza grave o dolo. La rinuncia alle richieste risarcitorie deve essere dichiarata dal paese interessato così come da ciascun paese dell’Unione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI E GLI ACCORDI?
L’accordo quadro tra l’Unione e le Nazioni Unite è entrato in vigore il 29 settembre 2020.
Paese
Decisione
Accordo
Vietnam
18 luglio 2019
-
Giordania
18 febbraio 2019
-
Bosnia-Erzegovina
9 marzo 2012
-
Australia
22 luglio 2013
-
Colombia
8 luglio 2014
-
Corea del Sud
28 gennaio 2014
-
Cile
18 novembre 2013
-
Georgia
18 novembre 2013
-
Moldova
25 ottobre 2012
-
Macedonia
9 marzo 2012
29 ottobre 2012
Albania
23 marzo 2012
5 giugno 2012
Nuova Zelanda
19 dicembre 2011
-
Serbia
20 dicembre 2010
8 giugno 2011
Stati Uniti
31 marzo 2011
17 maggio 2011
Montenegro
21 febbraio 2011
22 febbraio 2011
Turchia
10 marzo 2006
-
Canada
21 novembre 2005
-
Ucraina
13 giugno 2005
1 maggio 2008
Norvegia
18 ottobre 2004
1 gennaio 2005
Islanda
18 ottobre 2004
1 aprile 2005
Note:Alcuni accordi non sono ancora entrati in vigore. Gli accordi entrano in vigore il primo giorno del primo mese dopo che le parti si sono reciprocamente notificate il completamento delle necessarie procedure legali interne. Accordi simili sono stati siglati con la Bulgaria e la Romania prima che entrassero a far parte dell’Unione.
CONTESTO
Si veda anche:La risposta alle crisi (Azione esterna dell’Unione) Rafforzare la cooperazione in materia di sicurezza in Asia e con l’Asia (Azione esterna dell’Unione) Capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) (Azione esterna dell’Unione).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo quadro tra l’Unione europea e le Nazioni Unite per la prestazione di reciproco sostegno nell’ambito delle rispettive missioni e operazioni sul campo (GU L 389 del 19.11.2020, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e il governo della Repubblica socialista del Vietnam che istituisce un quadro per la partecipazione del Vietnam alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 276 del 29.10.2019, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e il Regno hascemita di Giordania che istituisce un quadro per la partecipazione del Regno hascemita di Giordania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 207 del 7.8.2019, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Bosnia-Erzegovina che istituisce un quadro per la partecipazione della Bosnia-Erzegovina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 288 del 4.11.2015, pag. 4).
Accordo tra l’Unione europea e l’Australia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Australia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 149 del 16.6.2015, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Colombia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Colombia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 251 del 23.8.2014, pag. 8).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Corea alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 166 del 5.6.2014, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica del Cile alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 40 dell’11.2.2014, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Georgia che istituisce un quadro per la partecipazione della Georgia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 14 del 18.1.2014, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica moldova che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica moldova alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 8 dell’12.1.2013, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 338 del 12.12.2012, pag. 3).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Albania che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Albania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 169 del 29.6.2012, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Nuova Zelanda che istituisce un quadro per la partecipazione della Nuova Zelanda alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 160 del 21.6.2012, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Serbia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Serbia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 163 del 23.6.2011, pag. 2).
Accordo quadro tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sulla partecipazione degli Stati Uniti d’America alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 143 del 31.5.2011, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 57 del 2.3.2011, pag. 2).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Turchia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 189 del 12.7.2006, pag. 17).
Accordo tra l’Unione europea e il Canada che istituisce un quadro per la partecipazione del Canada alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 315 dell’1.12.2005, pag. 21).
Accordo tra l’Unione europea e l’Ucraina che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Ucraina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 29).
Accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia che istituisce un quadro per la partecipazione del il Regno di Norvegia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 67 del 14.3.2005, pag. 8).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Islanda alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 67 del 14.3.2005, pag. 2).
Decisione (UE) 2019/1803 del Consiglio del 18 luglio 2019 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il governo della Repubblica socialista del Vietnam che istituisce un quadro per la partecipazione del Vietnam alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 276 del 29.10.2019, pag. 1).
Decisione (PESC) 2019/1328 del Consiglio del 18 febbraio 2019 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno hascemita di Giordania che istituisce un quadro per la partecipazione del Regno hascemita di Giordania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (OJ L 207 del 7.8.2019, pag. 1)
Decisione (PESC) 2015/1967 del Consiglio, del 9 marzo 2012, relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Bosnia-Erzegovina che istituisce un quadro per la partecipazione della Bosnia-Erzegovina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 288 del 4.11.2015, pag. 2).
Decisione (UE) 2015/916 del Consiglio del 22 luglio 2013 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’Australia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Australia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 149 del 16.6.2015, pag. 1).
Decisione 2014/15/PESC del Consiglio del 18 novembre 2013 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Georgia che istituisce un quadro per la partecipazione della Georgia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 14 del 18.1.2014, pag. 1).
Le successive modifiche alla decisione 2014/15/PESC sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione 2014/71/PESC del Consiglio del 18 novembre 2013 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica del Cile alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 40 dell’11.2.2014, pag. 1).
Decisione 2014/538/PESC del Consiglio dell’8 luglio 2014 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Colombia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Colombia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 251 del 23.8.2014, pag. 7).
Decisione 2014/326/PESC del Consiglio del 28 gennaio 2014 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Corea alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 166 del 5.6.2014, pag. 1).
Decisione 2013/12/PESC del Consiglio del 25 ottobre 2012 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica moldova che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica moldova alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 8 del 12.1.2013, pag. 1).
Decisione 2012/768/PESC del Consiglio del 9 marzo 2012 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia che istituisce un quadro per la partecipazione dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 338 del 12.12.2012, pag. 1).
Decisione 2012/344/PESC del Consiglio del 23 marzo 2012 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica d’Albania che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Albania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 169 del 29.6.2012, pag. 1).
Decisione 2012/315/PESC del Consiglio del 19 dicembre 2011 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Nuova Zelanda che istituisce un quadro per la partecipazione della Nuova Zelanda alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 160 del 21.6.2012, pag. 1).
Decisione del Consiglio 2011/361/PESC del 20 dicembre 2010 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Serbia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Serbia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 163 del 23.6.2011, pag. 1).
Decisione 2011/318/PESC del Consiglio del 31 marzo 2011 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo quadro tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sulla partecipazione degli Stati Uniti d’America alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 143 del 31.5.2011, pag. 1).
Decisione 2011/133/PESC del Consiglio del 21 febbraio 2011 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il Montenegro che istituisce un quadro per la partecipazione del Montenegro alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 57 del 2.3.2011, pag. 1).
Decisione 2006/482/PESC del Consiglio del 10 aprile 2006 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Turchia che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Turchia alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 189 del 12.7.2006, pag. 16).
Decisione 2005/851/PESC del Consiglio del 21 novembre 2005 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e il Canada che istituisce un quadro per la partecipazione del Canada alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 315 del 1.12.2005, pag. 20).
Decisione 2005/495/PESC del Consiglio del 13 giugno 2005 relativa alla firma e alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e l’Ucraina che istituisce un quadro per la partecipazione dell’Ucraina alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 28).
Decisione 2005/191/PESC del Consiglio del 18 ottobre 2004 relativa alla conclusione degli accordi tra l’Unione europea e la Repubblica d’Islanda, il Regno di Norvegia e la Romania che istituiscono un quadro per la partecipazione della Repubblica d’Islanda, del Regno di Norvegia e della Romania alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 67 del 14.3.2005, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea, titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche in materia di politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune, sezione 1: Disposizioni comuni, articolo 37 (ex articolo 24 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 36).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo V — Accordi internazionali — articolo 218 (ex articolo 300 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 144). |
Procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Aggiorna i principi, i requisiti e le procedure che i fabbricanti* devono rispettare per ricevere, da parte della Banca centrale europea (BCE), l’accreditamento* per eseguire attività inerenti agli elementi dell’euro.
PUNTI CHIAVE
La decisione prevede principi, requisiti (relativi a sicurezza, qualità, protezione ambientale, salute, posizione, gestione internazionale della qualità ed etica) e procedure di accreditamento aggiornati cui i fabbricanti pertinenti e la BCE devono attenersi. La decisione aggiunge la condotta etica dell’attività di impresa quale nuovo principale requisito per l’accreditamento dei fabbricanti.
Inoltre, la decisione stabilisce nello specifico i casi di mancato rispetto di tali norme e le loro conseguenze (che vanno dalle diffide alla revoca dell’accreditamento fino a sanzioni pecuniarie), nonché i mezzi di ricorso disponibili per la risoluzione delle controversie.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione (UE) 2020/637 sarà in vigore dal 18 maggio 2021.
Per garantire una transizione graduale dalle precedenti procedure di accreditamento, il precedente regime giuridico (Decisione BCE/2013/54) rimarrà in vigore per 12 mesi e i fabbricanti avranno 30 mesi, fino al 16 novembre 2022, per conformarsi ai nuovi requisiti etici.
TERMINI CHIAVE
Fabbricante: un’entità giuridica autorizzata a eseguire un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro, fatta eccezione per le entità giuridiche che siano coinvolte esclusivamente nel trasporto o nella distruzione di elementi di sicurezza dell’euro.
Accreditamento: l’autorizzazione, concessa a un fabbricante mediante una decisione della BCE, a eseguire un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro presso uno specifico sito di fabbricazione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2020/637 della Banca centrale europea, del 27 aprile 2020, sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro (BCE/2020/24) (rifusione) (GU L 149 del 12.5.2020, pag. 12).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Parte terza – Politica e azioni interne dell’Unione – Titolo VIII – Politica economica e monetaria – Capo 2 – Politica monetaria – Articolo 128 (ex articolo 106 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 103).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Protocollo (N. 4) sullo Statuto del sistema europeo di banche centrali e della banca centrale europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 230).
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2532/98 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | DECISIONE (UE) 2020/637 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 27 aprile 2020
sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro (BCE/2020/24)
(rifusione)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ed in particolare l’articolo 128, paragrafo 1,
visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 16 e 34.3,
visto il Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (1), in particolare l’articolo 2,
considerando quanto segue:
(1)
La decisione BCE/2013/54 (2) è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese (3). Poiché devono essere apportate ulteriori modifiche, ai fini di chiarezza, è opportuno provvedere alla rifusione della decisione BCE/2013/54.
(2)
Sulla scorta dell'esperienza acquisita dalla Banca centrale europea (BCE) nell'applicazione della decisione BCE/2013/54, il sistema di accreditamento dovrebbe essere semplificato eliminando la fase di valutazione di accreditamento provvisorio e introducendo una procedura di valutazione in un’unica fase.
(3)
La BCE attribuisce la massima importanza alla condotta etica nell’attività d’impresa dei fabbricanti accreditati e dei loro soggetti controllanti, che devono tutti svolgere la loro attività secondo i più alti standard di etica professionale. Di conseguenza, la condotta etica nell’attività d’impresa dovrebbe far parte dei requisiti inerenti all’accreditamento, in aggiunta ai requisiti in materia di qualità, ambiente, salute e sicurezza.
(4)
Anche i requisiti in materia di sicurezza rientrano tra i requisiti inerenti all’accreditamento. Per ragioni di certezza del diritto e di chiarezza, le ispezioni e i controlli specifici di sicurezza della banca centrale nazionale relativi ai requisiti di sicurezza dovrebbero essere integrati in una decisione distinta e non fare più parte della presente decisione.
(5)
Anche i requisiti in materia di ambiente, salute e sicurezza rientrano tra i requisiti inerenti all'accreditamento. Per ragioni di certezza del diritto e di chiarezza, l'obbligo per le stamperie accreditate di svolgere analisi di sostanze ed elementi chimici delle banconote in euro finite e di riferirne i risultati alla BCE dovrebbe essere integrato in una decisione distinta e non dovrebbe più far parte della presente decisione.
(6)
Di conseguenza, è necessario abrogare la decisione BCE/2013/54 e sostituirla con la presente decisione. Al fine di garantire un'agevole transizione dalle precedenti procedure di accreditamento a quelle previste dalla presente decisione, è opportuno stabilire un periodo transitorio di dodici mesi. Per quanto riguarda le nuove disposizioni in materia di condotta etica nell’attività d’impresa, è opportuno fissare un periodo transitorio di trenta mesi. Ciò consentirà ai fabbricanti accreditati di predisporre tutte le misure necessarie per conformarsi ai pertinenti requisiti e obblighi inerenti all’accreditamento ai sensi della presente decisione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
Ai fini della presente decisione:
1)
per «originazione» si intende la trasformazione del bozzetto delle banconote in euro in layout, separazione dei colori, elementi grafici e lastre di stampa, nonché la preparazione dei layout e dei prototipi per le componenti proposte in tali bozzetti;
2)
per «fabbricante» si intende un soggetto giuridico che può essere in grado di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro, fatta eccezione per i soggetti giuridici che sono coinvolti esclusivamente nel trasporto o nella distruzione di elementi di sicurezza dell’euro;
3)
per «attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro» si intende una qualsiasi delle seguenti attività: originazione, produzione, trattamento, distruzione, stoccaggio, analisi, spostamento all’interno del sito di fabbricazione o trasporto di elementi di sicurezza dell’euro;
4)
per «attività inerente agli elementi dell’euro» si intende la produzione di elementi dell’euro;
5)
per «sito di fabbricazione» si intende un luogo utilizzato dal fabbricante, o che questi può utilizzare, per svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro;
6)
per «elemento di sicurezza dell’euro» si intende uno dei seguenti elementi: (a) una banconota in euro finita; (b) una banconota in euro parzialmente stampata; (c) carta per le banconote finita; (d) carta per le banconote parzialmente finita; (e) un inchiostro di sicurezza utilizzato per produrre banconote in euro o carta per le banconote in euro; (f) filo e lamina metallizzata utilizzati per produrre carta per le banconote in euro; (g) un pigmento di sicurezza; (h) un sensore di sicurezza; (i) una banconota in euro in fase di sviluppo al fine di sostituire le banconote in circolazione o ritirate dalla circolazione; (j) qualsiasi componente o informazione ad essa collegata indicata separatamente dalla BCE; e che necessita di protezione in quanto la perdita, il furto o la divulgazione non autorizzata potrebbe danneggiare l’integrità delle banconote in euro quali mezzi di pagamento;
7)
per «elemento dell’euro» si intende uno dei seguenti elementi: (a) una banconota in euro finita; (b) una banconota in euro parzialmente stampata; (c) carta per le banconote finita; (d) carta per le banconote parzialmente finita; (e) un inchiostro utilizzato per produrre banconote in euro o carta per le banconote in euro; (f) filo e lamina metallizzata utilizzati per produrre carta per le banconote in euro;
8)
per «accreditamento» si intende il permesso, concesso a un fabbricante con una decisione della BCE, di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro in uno specifico sito di fabbricazione;
9)
«per fabbricante accreditato» si intende un fabbricante che ha ottenuto l’accreditamento ai sensi della presente decisione;
10)
per «banca centrale nazionale (BCN)» si intende la banca centrale nazionale di uno Stato membro la cui moneta è l'euro;
11)
per «banca centrale nazionale (BCN) responsabile» si intende una BCN che ha commissionato un ordine di produzione di banconote in euro;
12)
per «requisito inerente all’accreditamento» si intende uno dei requisiti relativi a, qualità, ambiente, salute e sicurezza, un requisito di ordine etico o inerente l’ubicazione o ogni altro obbligo, stabilito dalla presente decisione o da qualsiasi altro strumento giuridico correlato, che la BCE imponga al fabbricante di soddisfare al fine di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro;
13)
per «informazioni riservate della BCE» si intendono tutti i requisiti inerenti all’accreditamento, qualsiasi registrazione correlata, a prescindere dal suo supporto di memorizzazione, o tutte le informazioni consistenti in informazioni oggetto di diritto di proprietà intellettuale, tecniche e/o commerciali, e classificate come «ECB-Confidential»;
14)
per «procedura di accreditamento» si intende una procedura nella quale viene valutata la conformità dei fabbricanti ai requisiti inerenti all’accreditamento di cui alla presente decisione, che ha luogo in caso di richiesta di accreditamento da parte dei fabbricanti e nel periodo durante il quale questi ultimi vengono accreditati, e che può comportare sanzioni, anche pecuniarie, in caso di inosservanza di tali requisiti;
15)
per «requisito di ordine etico» si intende ogni obbligo di cui all'articolo 4 della presente decisione;
16)
per «requisito inerente l’ubicazione» si intende ogni obbligo di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della presente decisione;
17)
per «certificazione» si intende un documento rilasciato da un organismo di certificazione indipendente accreditato da un'autorità nazionale di accreditamento, le cui certificazioni sono riconosciute nello Stato membro in cui il fabbricante è situato;
18)
per «sistema di gestione» si intende il quadro di politiche, processi e procedure istituito da un fabbricante al fine di garantire il rispetto di tutti i requisiti inerenti all’accreditamento;
19)
per «misura» si intende un'azione svolta da un fabbricante per ottemperare ai requisiti inerenti all’accreditamento;
20)
per «extranet delle banconote della BCE» si intende un sistema informatico istituito e gestito dalla BCE per fornire informazioni relative ai requisiti inerenti all’accreditamento e accessibile ai fabbricanti accreditati;
21)
per «distruzione» si intende un'azione o un processo per rendere un elemento di sicurezza dell'euro praticamente inutilizzabile da parte dei falsari;
22)
per «soggetto controllante» si intende qualsiasi organismo amministrativo, direttivo o di vigilanza del fabbricante o qualsiasi persona giuridica ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio (4), che può rappresentare il fabbricante, prendere decisioni per suo conto o esercitare un controllo sul medesimo;
23)
per «organizzazione criminale» si intende un’organizzazione criminale ai sensi dell’articolo 1, punto 1), della decisione quadro 2008/841/GAI;
24)
«corruzione attiva e passiva» ha il medesimo significato di cui all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio (5);
25)
per «frode» si intende: (a) l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua l’appropriazione indebita o la ritenzione illecita di fondi; la mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto, la distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per i quali erano stati originariamente concessi; (b) per quanto riguarda le entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua la diminuzione illecita di risorse; la mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; la distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto;
26)
«reato di terrorismo» ha il medesimo significato di cui all'articolo 3 della direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio (6);
27)
«riciclaggio» ha il medesimo significato di cui all'articolo 1, paragrafi 3 e 4, della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio (7);
28)
«tratta di esseri umani» ha il medesimo significato di cui all'articolo 2 della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);
29)
per «produzione d'inchiostro» si intende la preparazione di inchiostro pronto all’uso nella stampa di banconote in euro mediante miscelazione e macinazione delle materie prime e/o dell'inchiostro di base. Tale preparazione non comprende l'aggiunta di componenti specifici a un inchiostro da parte di stamperie o di fabbricanti di carta per banconote in euro, quando rappresenta meno del 12 % in peso dell'inchiostro originale e il solo scopo della loro aggiunta è quello di consentire l'indurimento dell'inchiostro secondo una formulazione predefinita, di adattarne la reologia o l'ombreggiatura o di migliorarne l'essiccazione;
30)
per «identificativo dell'entità giuridica (Legal Entity Identifier, LEI)» si intende un codice alfanumerico di riferimento conforme alla norma ISO 17442 assegnato a una entità giuridica;
31)
per «revisore indipendente» si intende il pertinente dipartimento interno di una BCN o di un ente riconosciuto competente a valutare e dichiarare che un programma di conformità aziendale di un fabbricante è conforme ai principi, alle norme e alle procedure in materia di condotta etica dell’attività d’impresa, in entrambi i casi indipendente rispetto al fabbricante accreditato;
32)
per «ispezione» si intende una procedura di valutazione dell’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti inerenti all’accreditamento, che può consistere in un’ispezione in loco o in un’ispezione a distanza e che si conclude con una relazione concernente l’esito di tale valutazione;
33)
per «ispezione in loco» si intende un’ispezione effettuata dalla BCE presso un sito di fabbricazione;
34)
per «ispezione a distanza» si intende un’ispezione effettuata dalla BCE mediante la valutazione della documentazione richiesta a un fabbricante condotta al di fuori del sito di fabbricazione;
35)
per «giorno lavorativo» si intende ogni giorno eccetto il sabato e la domenica ed eventuali vacanze pubbliche della BCE, come pubblicate sul sito Internet della BCE;
36)
per «caso grave di inosservanza» si intende:
a)
un caso di inosservanza che ha o ha avuto, effettivamente o potenzialmente, un impatto immediato, grave e negativo, sul rispetto da parte del fabbricante accreditato dei requisiti inerenti all’accreditamento per un’attività inerente agli elementi dell’euro o un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro;
b)
una molteplicità di casi di inosservanza che singolarmente non sarebbero considerati come rilevanti, ma verificandosi simultaneamente o ripetutamente nel corso di un determinato procedimento, hanno o hanno avuto un impatto immediato, grave e negativo.
Articolo 2
Principi in materia di accreditamento
1. Un fabbricante è tenuto a svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro esclusivamente presso un sito di fabbricazione in relazione al quale la BCE abbia concesso un accreditamento ai sensi dell'articolo 7.
2. Un fabbricante accreditato può produrre o fornire elementi di sicurezza dell'euro o elementi dell’euro esclusivamente se è autorizzato dalla BCE o al fine di eseguire un ordine commissionato da uno dei seguenti soggetti:
a)
un altro fabbricante accreditato che necessita di elementi di sicurezza dell’euro o elementi dell’euro nell’ambito della propria attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro;
b)
una BCN responsabile;
c)
su decisione del Consiglio direttivo, una futura BCN dell’Eurosistema;
d)
la BCE.
3. Un fabbricante accreditato può svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro presso un altro sito di fabbricazione a condizione che sussista la valutazione preliminare della BCE della conformità del fabbricante accreditato rispetto a tutti i requisiti inerenti all’accreditamento nell'altro sito di fabbricazione nonché l'accreditamento del fabbricante da parte della BCE per la richiesta attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro presso l'altro sito di fabbricazione.
4. Nel valutare le richieste di accreditamento dei fabbricanti o nel valutare la conformità di un fabbricante accreditato con i requisiti inerenti all’accreditamento, la BCE rispetta i principi di parità di trattamento e trasparenza. In particolare, la valutazione della BCE non deve comportare un trattamento preferenziale né attribuire un vantaggio competitivo per alcun fabbricante.
5. La BCE informa i fabbricanti accreditati attraverso l’extranet delle banconote della BCE in merito a qualsiasi aggiornamento dei requisiti inerenti all’accreditamento riguardanti l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro in riferimento alle quali essi hanno ottenuto un accreditamento.
6. I fabbricanti accreditati gestiscono le informazioni riservate della BCE conformemente al regime di riservatezza della BCE, disponibile sull’extranet delle banconote della BCE.
7. La BCE può condividere con le BCN tutte le informazioni pertinenti ricevute dai fabbricanti accreditati.
8. Solo i fabbricanti accreditati sono ammessi a partecipare alle gare d'appalto per gli elementi di sicurezza dell'euro o per gli elementi dell'euro.
9. I fabbricanti accreditati non trasferiscono o cedono il proprio accreditamento a una società controllata, una società consociata o un terzo, senza previo consenso scritto della BCE.
10. Tutte le procedure di accreditamento sono condotte in inglese, a meno che non sussistano circostanze eccezionali relative alla procedura o all'oggetto del contratto che richiedono l'uso di una lingua diversa.
11. I fabbricanti sopportano tutte le spese sostenute e le relative perdite subite in conseguenza dell’applicazione della presente decisione.
Articolo 3
Requisiti inerenti all’accreditamento
1. Un fabbricante accreditato rispetta tutti i seguenti requisiti inerenti all’accreditamento:
a)
i requisiti relativi a qualità, ambiente, salute e sicurezza, stabiliti dalla presente decisione o da qualsiasi altro strumento giuridico correlato, che la BCE imponga al fabbricante di soddisfare al fine di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro;
b)
i requisiti di ordine etico di cui all'articolo 4;
c)
i seguenti requisiti inerenti all’ubicazione:
i)
salvo che il fabbricante sia una stamperia, il sito di fabbricazione deve essere situato in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato membro dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA); o
ii)
se il fabbricante è una stamperia, il sito di fabbricazione deve essere situato in uno Stato membro dell’Unione europea;
d)
il possesso di un certificato attestante che, presso il pertinente sito di fabbricazione per la relativa attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro, il proprio sistema di gestione rispetta tutte le norme seguenti:
i)
la norma ISO 9001;
ii)
la norma ISO 14001;
iii)
la norma ISO 45001 o la norma sulla salute e la sicurezza nel lavoro (Occupational Health- and Safety Assessment Series, OHSAS) 18001 fino all'11 marzo 2021, e successivamente solo la norma ISO 45001.
2. I fabbricanti possono adottare e attuare requisiti più stringenti rispetto ai requisiti di cui al paragrafo 1, lettere a) e b).
3. Se un fabbricante rispetta i requisiti relativi all'ubicazione di cui al paragrafo 1, lettera c), ma la sua attività è controllata da un soggetto giuridico stabilito al di fuori di uno Stato membro dell'Unione o dell’EFTA, la BCE, nel considerare se respingere la richiesta di accreditamento ai sensi dell'articolo 6 o concedere il proprio previo consenso scritto ai sensi dell’articolo 9, punto 7), lettera b), per tutelare l'integrità delle banconote in euro, tiene debitamente conto di quanto segue:
a)
una decisione o un regolamento del Consiglio dell'Unione europea su sanzioni economiche nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune che già si applicano o che il Consiglio intende adottare;
b)
un obbligo per gli Stati membri ed eventuali disposizioni, misure o obblighi derivanti da tale obbligo, previsti da atti giuridici dell'Unione direttamente applicabili per l'attuazione di sanzioni economiche nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune;
c)
un accordo internazionale ed eventuali disposizioni o misure o obblighi conseguenti o derivanti da tale accordo, approvati dagli organi legislativi dell'Unione o da tutti gli Stati membri la cui moneta è l'euro.
4. La BCE può, ove ciò sia giustificato dalle circostanze, concedere una deroga relativamente ai requisiti di cui al paragrafo 1, lettera c).
Articolo 4
Requisiti di ordine etico
1. Un fabbricante accreditato o un suo soggetto controllante non deve essere stato condannato con sentenza definitiva nei cinque anni precedenti la data della sua richiesta di accreditamento per:
a)
partecipazione a un’organizzazione criminale;
b)
corruzione attiva e passiva;
c)
frode;
d)
reati di terrorismo;
e)
riciclaggio;
f)
tratta di esseri umani;
g)
qualsiasi altra attività illecita che leda gli interessi finanziari dell'Unione, della BCE o delle BCN.
2. Ai fini dell'accreditamento, un fabbricante accreditato o un suo soggetto controllante non deve:
a)
non aver ottemperato agli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali o delle imposte e delle tasse secondo la legislazione del paese dove è stabilito o dove si svolge l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro;
b)
essere in stato di fallimento, oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, in stato di amministrazione controllata, aver stipulato un concordato preventivo con i creditori, aver cessato le sue attività o trovarsi in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una procedura simile ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari nazionali;
c)
essersi reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
d)
concludere accordi con altri fabbricanti allo scopo di provocare distorsioni della concorrenza;
e)
trovarsi in una situazione di conflitto di interesse che non può essere risolto con altre misure meno intrusive; o
f)
intraprendere attività che possono nuocere all'integrità o alla reputazione delle banconote in euro quale mezzo di pagamento.
3. Un fabbricante accreditato deve disporre di un programma di conformità aziendale pienamente attuato e operativo, che preveda norme complete e adeguate da seguire per evitare che il fabbricante o il suo soggetto controllante sia coinvolto in una delle situazioni o partecipi alle attività di cui ai paragrafi 1 e 2. Il programma di conformità aziendale deve rispettare, come minimo, i principi, le norme e le procedure pertinenti descritti in uno qualsiasi dei seguenti:
a)
l’articolo 10 delle regole della Camera di commercio internazionale sulla lotta alla corruzione (9);
b)
l’iniziativa etica per le banconote (10);
c)
la norma ISO 37001;
d)
qualsiasi altro programma equivalente.
SEZIONE II
PROCEDURA DI ACCREDITAMENTO
Articolo 5
Richiesta di accreditamento
1. Un fabbricante che intende ottenere l’accreditamento per svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro presso uno specifico sito di fabbricazione trasmette per iscritto alla BCE una richiesta di avvio della procedura di accreditamento. Ciò si applica anche ai fabbricanti coinvolti nella produzione di inchiostro ai sensi all'articolo 1, paragrafo 29.
2. La richiesta scritta di accreditamento comprende:
a)
una descrizione dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi di sicurezza dell’euro oppure dell’attività inerente agli elementi dell’euro e degli elementi dell’euro;
b)
il nome del fabbricante e, se del caso, il soggetto giuridico che richiede l'accreditamento a nome del fabbricante e il suo LEI, se disponibile;
c)
l'ubicazione e l'indirizzo esatti del sito di fabbricazione in cui il fabbricante intenda svolgere l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o agli elementi dell’euro;
d)
una dichiarazione scritta firmata dai rappresentanti legali del fabbricante che confermi che il fabbricante manterrà riservati i requisiti inerenti all'accreditamento;
e)
una descrizione delle attività del fabbricante che elenca i soggetti controllanti e la loro ubicazione;
f)
una dichiarazione scritta firmata dai rappresentanti legali del fabbricante che confermi che il fabbricante rispetta tutti i requisiti di cui agli articoli 3 e 4 della presente decisione e che non viola le disposizioni di cui ai presenti articoli;
g)
una dichiarazione scritta rilasciata e firmata da un revisore indipendente che confermi il rispetto da parte del fabbricante dei requisiti di ordine etico di cui all'articolo 4;
h)
le copie delle certificazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d);
i)
una descrizione delle società controllate o consociate del fabbricante che questi intende coinvolgere nell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro;
j)
una descrizione dei terzi, comprese le società controllate o consociate del fabbricante, alle quali il costruttore intende subappaltare o che il fabbricante intende impiegare per l'esecuzione dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro;
k)
una sintesi del motivo per cui il fabbricante richiede l'accreditamento e i potenziali vantaggi per l'Eurosistema in caso di concessione dell’accreditamento.
3. Un fabbricante accreditato che chiede l'accreditamento per qualsiasi altra attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro o inerente agli elementi dell’euro presenta una richiesta scritta alla BCE. La BCE informa il fabbricante accreditato della documentazione specifica di cui al paragrafo 2 che deve essere presentata per ciascun caso specifico.
Articolo 6
Valutazione dell’osservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento
1. La BCE può rigettare una richiesta di accreditamento prima di valutare l’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi del presente articolo se la BCE stabilisce che l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro per la quale è stato richiesto l'accreditamento avrebbe un impatto negativo sull'integrità e sulla catena di produzione delle banconote in euro.
2. La BCE valuta l’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere da b) a d), e all’articolo 3, paragrafo 3, sulla base alla documentazione presentata ai sensi dell'articolo 5 della presente decisione.
3. In casi eccezionali, la BCE può concedere una deroga all'obbligo di conformarsi ai requisiti di cui all'articolo 4, se ritiene che la non conformità di un fabbricante non abbia un impatto significativo sull’osservanza da parte del fabbricante dei requisiti inerenti all’accreditamento o sull'integrità delle banconote in euro o sulla reputazione della BCE.
4. Se un fabbricante soddisfa i requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere c) e d), e all'articolo 4, o, in virtù dell'articolo 3, paragrafo 4, beneficia di un’esenzione dal rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), la BCE fornisce al fabbricante la documentazione contenente i requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a). La BCE fornisce inoltre al fabbricante dei questionari che il fabbricante compila indicando in che modo soddisfa i requisiti inerenti all’accreditamento. Il fabbricante compila e restituisce i questionari compilati alla BCE entro un termine ragionevole, come definito dalla BCE. Il fabbricante indica in che modo le proprie misure soddisfano i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento e comunica espressamente eventuali limitazioni che potrebbero impedire al fabbricante di conformarsi ai requisiti inerenti all’accreditamento, in particolare eventuali disposizioni normative nazionali relative all'utilizzo di impianti di distruzione specializzati ove non sia possibile rendere tali impianti disponibili presso il sito di fabbricazione.
5. La BCE, nell'ambito della valutazione dell’osservanza da parte del fabbricante dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), verifica innanzitutto che il fabbricante rispetti tutti i requisiti di sicurezza, indicati in una distinta decisione. Una volta verificata l’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti di sicurezza, la BCE verifica l’osservanza degli altri requisiti inerenti all’accreditamento definiti a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a). Tutte le valutazioni possono consistere in ispezioni in loco o ispezioni a distanza in conformità all'articolo 11.
6. Se necessario, la BCE può chiedere al fabbricante di presentare, chiarire o completare entro un termine ragionevole, come definito dalla BCE:
a)
la documentazione da presentare ai sensi dell'articolo 5;
b)
la documentazione da compilare ai sensi del paragrafo 4;
c)
le informazioni da fornire ai sensi del paragrafo 5.
7. La BCE rigetta una richiesta di accreditamento incompleta o errata o non completata entro il termine, a seguito della richiesta da parte della BCE di informazioni aggiuntive, chiarimenti o completamento ai sensi del paragrafo 6. La BCE rigetta altresì una richiesta di accreditamento se la richiesta e la documentazione da fornire sono complete, ma indicano che il fabbricante non rispetta i requisiti inerenti all’accreditamento di cui agli articoli 3 e 4.
Articolo 7
Concessione dell'accreditamento
1. La BCE può concedere a un fabbricante l'accreditamento per l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro presso un sito di fabbricazione, se tale fabbricante ha efficacemente dimostrato l’osservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento di cui agli articoli 3 e 4 o se la BCE concede una deroga conformemente all'articolo 6, paragrafo 3.
2. La BCE concede un accreditamento sotto forma di decisione in cui specifica il soggetto giuridico, il sito di fabbricazione e l’attività inerente agli elementi di sicurezza o l'attività inerente agli elementi dell'euro per cui è stato concesso l'accreditamento.
3. In seguito alla notifica dell'accreditamento, il fabbricante accreditato informa la BCE, in modo tempestivo, prima della data di avvio della rispettiva attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro, affinché la BCE proceda alle pertinenti ispezioni nel corso dell’attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro.
Articolo 8
Registro degli accreditamenti della BCE
1. La BCE tiene un registro degli accreditamenti, che è reso disponibile alle BCN e alle future BCN dell’Eurosistema e ai fabbricanti accreditati attraverso la extranet delle banconote della BCE. Il registro degli accreditamenti contiene:
a)
un elenco di tutti i fabbricanti a cui è stato concesso un accreditamento;
b)
in relazione a ogni fabbricante accreditato:
i)
l’indicazione dell’attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro per cui è stato concesso un accreditamento;
ii)
il sito di fabbricazione per l’attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro per cui è stato concesso un accreditamento;
iii)
informazioni relative agli elementi di sicurezza dell’euro o agli elementi dell’euro prodotti in ciascun sito di fabbricazione.
2. La BCE aggiorna periodicamente il registro degli accreditamenti con lo status di accreditamento dei fabbricanti accreditati, nonché con le informazioni fornite dai fabbricanti accreditati ai sensi della presente decisione. Al fine di procedere all’aggiornamento periodico del registro degli accreditamenti, la BCE può raccogliere dai fabbricanti accreditati, dalle BCN e dalle future BCN dell’Eurosistema ogni altra informazione rilevante che essa reputi necessaria per mantenere l’accuratezza e la correttezza delle informazioni contenute nel registro.
3. Qualora adotti una decisione di sospensione ai sensi dell’articolo 17, la BCE registra senza indugio, dopo avere notificato al fabbricante accreditato la propria decisione, tutte le seguenti informazioni nel registro degli accreditamenti:
a)
la portata e la durata della sospensione;
b)
tutte le modifiche che incidono sullo status di accreditamento del fabbricante accreditato concernenti:
i)
il nome;
ii)
il sito di fabbricazione pertinente;
iii)
l’elemento di sicurezza dell’euro o l’elemento dell’euro e l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro interessato/a dalla sospensione, in conformità alle conclusioni della decisione di sospensione.
4. Qualora adotti una decisione di revoca ai sensi dell’articolo 18, la BCE rimuove senza indugio, dopo aver notificato al fabbricante accreditato la propria decisione, le seguenti informazioni dal registro degli accreditamenti in conformità alle conclusioni della decisione di revoca:
a)
il nome del fabbricante accreditato;
b)
il sito di fabbricazione;
c)
l’elemento di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro;
d)
l’elemento dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro.
5. Un fabbricante accreditato informa la BCE se le informazioni sul fabbricante accreditato contenute nel registro degli accreditamenti sono incomplete o errate. Se accerta che tali informazioni sono incomplete o errate, la BCE modifica il registro degli accreditamenti.
Articolo 9
Obblighi dei fabbricanti accreditati al fine di conservare l’accreditamento
Un fabbricante accreditato adempie ai seguenti obblighi al fine di conservare il proprio accreditamento per il sito di fabbricazione interessato:
1)
mantenere riservati i requisiti di accreditamento e rispettare la classificazione di riservatezza della BCE di tutti i documenti come indicata nell’extranet delle banconote della BCE;
2)
informare per iscritto la BCE di ogni rinnovo o modifica delle certificazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), fornendo ogni volta una copia del certificato nuovo o modificato, entro tre mesi dalla data del rinnovo o della modifica;
3)
informare immediatamente per iscritto la BCE in caso di revoca dei certificati relativi ai requisiti inerenti all’accreditamento di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), o, se del caso, all'articolo 4, paragrafo 3;
4)
fornire su base annua, entro due mesi dalla fine dell’anno civile, una dichiarazione di un revisore indipendente che certifichi:
a)
l'attuazione e l’operatività di un programma di conformità aziendale di cui all'articolo 4, paragrafo 3;
b)
che il fabbricante accreditato non è coinvolto in nessuna delle circostanze di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2;
5)
informare immediatamente per iscritto la BCE in merito al decorso di un periodo ininterrotto di 36 mesi durante il quale il fabbricante accreditato non ha svolto alcuna attività inerente agli elementi dell’euro, ad eccezione della distruzione, dello stoccaggio, dell'analisi o dello spostamento all'interno di un sito di fabbricazione di elementi di sicurezza dell'euro, o non ha condotto alcuna attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro;
6)
riferire per iscritto alla BCE, quando svolge un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro, conformemente ai requisiti di sicurezza, in merito a qualsiasi discrepanza nei quantitativi di elementi di sicurezza dell'euro individuati nel corso dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro presso il proprio sito di fabbricazione accreditato;
7)
informare immediatamente la BCE e chiederne il previo consenso scritto qualora intenda svolgere una delle seguenti attività:
a)
la modifica di qualsiasi misura adottata presso il sito di fabbricazione interessato che incida o sia suscettibile di incidere, in qualsiasi modo, sull'osservanza dei pertinenti requisiti inerenti all'accreditamento;
b)
la modifica dell’assetto proprietario;
c)
l’avvio di una procedura di liquidazione del fabbricante accreditato o di qualunque procedura analoga;
d)
la riorganizzazione della propria impresa o della propria struttura con modalità suscettibili di incidere sull'attività per la quale l'accreditamento è stato concesso;
e)
il subappalto o il coinvolgimento di parti terze, comprese le società controllate o consociate del fabbricante accreditato, in un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro o agli elementi dell'euro per i quali il fabbricante ha ricevuto l'accreditamento, a prescindere dal fatto che il subappalto o il coinvolgimento di parti terze in un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro o agli elementi di dell'euro sia destinato a svolgersi presso il pertinente sito di fabbricazione o altrove;
8)
informare immediatamente per iscritto le BCN responsabili nel caso in cui si verifichi una delle situazioni di cui al punto 7), lettera e);
9)
informare immediatamente per iscritto la BCE qualora si verifichi uno dei seguenti eventi:
a)
il fabbricante accreditato o uno dei suoi soggetti controllanti è stato condannato con sentenza definitiva per una delle attività di cui all'articolo 4, paragrafo 1;
b)
il fabbricante accreditato o uno dei suoi soggetti controllanti è coinvolto in una delle situazioni di cui all'articolo 4, paragrafo 2;
10)
informare immediatamente per iscritto la BCE quando intende avviare un processo di qualificazione, come stabilito separatamente dalla BCE nei pertinenti requisiti di qualità, per qualsiasi elemento di sicurezza dell'euro o elemento dell'euro. La notifica comprende informazioni sulle previste date di avvio e di conclusione del processo di qualificazione;
11)
istituire le procedure necessarie per garantire che le versioni più recenti di tutti i documenti pertinenti disponibili per i fabbricanti accreditati attraverso l’extranet delle banconote della BCE siano state adeguatamente distribuite presso il sito di fabbricazione accreditato.
Articolo 10
Previo consenso scritto della BCE
1. La BCE concede il proprio previo consenso scritto entro un termine ragionevole per le attività elencate all’articolo 9, punto 7), nei casi in cui il fabbricante accreditato richiedente soddisfi tutti i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento e tutti i pertinenti obblighi.
2. La BCE può concedere il proprio previo consenso scritto a condizione che il fabbricante accreditato richiedente ottemperi a tutte le restrizioni o obbligazioni che la BCE può imporre allo stesso.
3. La BCE può negare il proprio previo consenso scritto qualora pervenga alla conclusione che la capacità del fabbricante accreditato di ottemperare ai requisiti o agli obblighi inerenti all’accreditamento sarà compromessa nel caso in cui il fabbricante accreditato svolga una delle attività di cui all’articolo 9, punto 7).
Articolo 11
Ispezioni
1. La BCE valuta se un fabbricante accreditato rispetta i requisiti inerenti all’accreditamento mediante ispezioni in loco o ispezioni a distanza
2. La BCE effettua le ispezioni a distanza in riferimento a qualunque documento richiesto dalla BCE che sia rilevante al fine di valutare l’osservanza da parte del fabbricante accreditato dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento. Le richieste di documentazione che la BCE rivolge a un fabbricante accreditato non costituiscono un'ispezione a distanza del sito, a meno che la richiesta non faccia esplicito riferimento a un'ispezione a distanza.
3. La BCE può effettuare ispezioni in loco, con o senza preavviso.
4. Nel corso di un'ispezione in loco la BCE valuta il rispetto da parte del fabbricante accreditato dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento presso il sito di fabbricazione.
5. La BCE avvia le ispezioni in loco con preavviso alla data previamente concordata con il fabbricante accreditato. Il fabbricante accreditato garantisce che nel corso dell'ispezione la pertinente attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro sia svolta presso il sito di fabbricazione.
6. La BCE decide in merito alla durata dell'ispezione in loco, con o senza preavviso, al fine di garantire che siano ottenute informazioni sufficienti per valutare il rispetto da parte del fabbricante accreditato di tutti i requisiti inerenti all’accreditamento. La BCE può sospendere un'ispezione in loco in corso al fine di consentire al fabbricante accreditato di dimostrare la conformità ai pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento.
7. Il fabbricante accreditato accorda alla BCE l'accesso a tutte le aree del sito di fabbricazione e a tutti i documenti che essa ritiene pertinenti per l'ispezione.
8. Il fabbricante accreditato restituisce alla BCE tutta la documentazione richiesta per l'ispezione, come il questionario di ispezione compilato, disponibile nell'extranet delle banconote della BCE, o ogni altra documentazione che la BCE fornisca al fabbricante accreditato prima dell'ispezione, almeno dieci giorni lavorativi prima della data prevista per l'inizio dell'ispezione in loco o come altrimenti specificato dalla BCE.
Articolo 12
Casi di inosservanza
1. Ognuna delle seguenti condotte di un fabbricante accreditato costituisce un caso di inosservanza:
a)
l’inosservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento elencati all’articolo 3, paragrafo 1;
b)
per quanto riguarda i casi di inosservanza individuati in precedenza, la mancata attuazione delle migliorie entro i termini come concordato con la BCE;
c)
l’inosservanza degli obblighi elencati all’articolo 9;
d)
il rifiuto di consentire alla BCE l'accesso immediato al sito di fabbricazione o a tutti i documenti che la BCE ritiene necessari per l'ispezione;
e)
una discrepanza nei registri degli elementi di sicurezza dell'euro connessa a una violazione dei requisiti di sicurezza da parte del fabbricante accreditato;
f)
la trasmissione alla BCE e, ove applicabile, a una BCN, di dichiarazioni dimostratesi false o ingannevoli o di documenti dimostratisi falsificati, nell’ambito di qualsiasi procedura prevista dalla presente decisione;
g)
la violazione dell’obbligo di rispettare la classificazione di riservatezza di tutti i documenti relativi alla presente decisione.
2. La BCE notifica al fabbricante accreditato qualsiasi caso di inosservanza dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento di cui agli articoli 3 e 4 o degli obblighi di cui all'articolo 9 entro un termine ragionevole dopo che la BCE è venuta a conoscenza del caso di inosservanza.
3. Un fabbricante accreditato pone rimedio a qualsiasi caso di inosservanza entro un termine concordato con la BCE conformemente all'articolo 13, paragrafo 3.
Articolo 13
Esito dell’ispezione
1. La BCE invia al fabbricante accreditato una relazione di ispezione preliminare, in cui specifica eventuali casi di inosservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento individuati nel corso di un'ispezione, nei termini seguenti:
a)
entro 30 giorni lavorativi dalla data in cui la relativa ispezione in loco è terminata;
b)
entro 40 giorni lavorativi dal ricevimento, da parte della BCE, di qualsiasi documento pertinente nell’ambito di un’ispezione a distanza, con particolare riferimento agli obblighi di cui all’articolo 9.
2. Nella relazione di ispezione preliminare la BCE può prevedere raccomandazioni al fabbricante accreditato. Tali raccomandazioni costituiscono suggerimenti per il miglioramento di una misura comunque conforme ai requisiti inerenti all’accreditamento.
3. Entro 15 giorni lavorativi dal ricevimento della relazione di ispezione preliminare, il fabbricante accreditato trasmette alla BCE, per iscritto, le proprie osservazioni in relazione ai casi di inosservanza individuati nel corso dell’ispezione e alle raccomandazioni formulate ai sensi del paragrafo 2. Il fabbricante accreditato fornisce i dettagli relativi a eventuali misure che intende attuare in riferimento ai casi di inosservanza, compresi i termini proposti per l'attuazione di tali misure. La BCE valuta le proposte e impone termini, proporzionati alla gravità del caso di inosservanza.
4. La BCE trasmette la relazione di ispezione al fabbricante accreditato entro 40 giorni lavorativi:
a)
dal ricevimento, da parte della BCE, dei commenti scritti del fabbricante accreditato in riferimento alla relazione di ispezione preliminare e di ogni altra informazione pertinente richiesta dalla BCE per completare la sua valutazione;
b)
dalla scadenza del termine per la trasmissione di commenti scritti in riferimento alla relazione di ispezione preliminare, nel caso in cui tali commenti non siano stati ricevuti.
5. La BCE include nella relazione di ispezione le constatazioni rilevate nel corso dell’ispezione, la relativa documentazione di ispezione, i commenti ricevuti dal fabbricante accreditato, una valutazione di azioni, misure o migliorie che il fabbricante accreditato intende attuare e i relativi termini di attuazione. Sulla base dei risultati dell'ispezione, la relazione di ispezione trae conclusioni in merito al fatto che il fabbricante accreditato sia conforme ai requisiti inerenti all’accreditamento, o possa diventarlo entro i termini proposti, e che la BCE debba adottare una delle decisioni di cui agli articoli di 16 a 18.
6. Entro 15 giorni lavorativi dal ricevimento della relazione di ispezione di cui al paragrafo 4, il fabbricante accreditato può presentare alla BCE commenti scritti in merito al contenuto di tale relazione.
7. La BCE prende in esame i commenti ricevuti dal fabbricante accreditato e porta a termine l'ispezione attuando le conclusioni della relazione di ispezione e informando il fabbricante accreditato e, se del caso, tutti gli altri fabbricanti accreditati.
8. Possono essere effettuate ispezioni di controllo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1, in loco o a distanza, per verificare che le misure indicate nella relazione di ispezione siano effettivamente attuate e soddisfino i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento.
9. In casi rilevanti di inosservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento che richiedono una decisione urgente della BCE e che possono, ragionevolmente, essere reputati tali da giustificare una decisione di sospensione ai sensi dell’articolo 17 o una decisione di revoca ai sensi dell’articolo 18, la BCE può decidere di abbreviare il procedimento indicato ai paragrafi da 1 a 3, accordando al fabbricante un termine massimo di cinque giorni lavorativi per trasmettere i propri commenti in ordine ai relativi casi rilevanti di inosservanza. La BCE enuncia i motivi di tale urgenza.
10. La BCE può decidere di prolungare i termini di cui al presente articolo.
Articolo 14
Decisione su un'interruzione immediata dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro
1. Quando la BCE riscontra un caso grave di inosservanza che potrebbe determinare la perdita o il furto di elementi di sicurezza dell’euro o la divulgazione non autorizzata di informazioni relative a elementi di sicurezza dell'euro che potrebbero danneggiare l’integrità delle banconote in euro quali mezzi di pagamento, salvo che siano immediatamente adottate azioni correttive, la BCE può richiedere al fabbricante accreditato di interrompere con effetto immediato la pertinente attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro, fino a quando non sia posto rimedio al caso grave di inosservanza. In tal caso, il fabbricante accreditato non può riprendere l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro senza il previo consenso scritto della BCE.
2. Un fabbricante accreditato cui è stato richiesto di interrompere con effetto immediato un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro deve fornire alla BCE informazioni relative a qualsiasi altro fabbricante accreditato che, in qualità di cliente o fornitore, potrebbe indirettamente subire ripercussioni per effetto dell’interruzione dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro. La BCE può altresì richiedere al fabbricante accreditato di adottare le misure di cui all’articolo 18, paragrafo 5, al fine di garantire che questi non rimanga in possesso di specifici elementi di sicurezza dell’euro nel corso del periodo di interruzione dell’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro.
3. La BCE informa tutti i fabbricanti accreditati, menzionati al paragrafo 2, che potrebbero subire delle ripercussioni se un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro è interrotta ai sensi del paragrafo 1. In tal caso, la BCE informa tali fabbricanti accreditati se vi è una modifica dello status del fabbricante accreditato la cui attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro è stata interrotta a norma del paragrafo 1.
4. Fatta salva ogni altra decisione adottata ai sensi degli articoli da 16 a 18, la BCE revoca prontamente l’interruzione di un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro, se un’ispezione ai sensi dell’articolo 11 ha dimostrato che è stato posto rimedio a tutti i casi rilevanti di inosservanza di cui al paragrafo 1.
SEZIONE III
CONSEGUENZE DELL’INOSSERVANZA
Articolo 15
Decisioni della BCE su casi di inosservanza
1. In caso di inosservanza da parte di un fabbricante accreditato, la BCE può adottare una delle decisioni di cui agli articoli da 16 a 19. Tali decisioni specificano:
a)
il caso di inosservanza e tutti commenti formulati dal fabbricante accreditato, ove applicabile;
b)
il sito di fabbricazione, l'elemento di sicurezza dell'euro e/o l'elemento dell'euro e l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro e/o inerente agli elementi dell'euro ai quali la decisione si riferisce;
c)
la data in cui la decisione avrà effetto e, se del caso, una o entrambe le seguenti informazioni:
i)
la data in cui la decisione cesserà di produrre effetti;
ii)
le circostanze in cui la decisione cesserà di produrre effetti;
d)
il termine entro il quale porre rimedio all’inosservanza, ove applicabile;
e)
i motivi della decisione.
2. La decisione è proporzionata alla gravità del caso di inosservanza e tiene conto di tutti i seguenti elementi:
a)
i precedenti del fabbricante accreditato per quanto concerne altri casi di inosservanza e la loro correzione;
b)
tutti i pertinenti chiarimenti forniti dal fabbricante accreditato in relazione al pertinente caso di inosservanza;
c)
una descrizione del modo in cui il fabbricante accreditato ha rimediato, o ha intenzione di rimediare, al pertinente caso di inosservanza.
3. Nel fissare i termini, la BCE assicura che siano proporzionati alla gravità del pertinente caso di inosservanza.
4. La BCE informa per iscritto il fabbricante accreditato interessato della decisione presa.
5. La BCE può informare le BCN e gli altri fabbricanti accreditati di ogni decisione adottata ai sensi degli articoli da 16 a 19, ad esempio mediante il registro degli accreditamenti o per iscritto. Le informazioni fornite dalla BCE possono comprendere l'identità del fabbricante accreditato, il tipo e la natura dell’inosservanza e la validità della decisione, se del caso.
Articolo 16
Decisione di avvertimento
1. La BCE può adottare una decisione di avvertimento nei confronti di un fabbricante accreditato in una delle seguenti ipotesi:
a)
un caso grave di inosservanza;
b)
reiterazione di casi di inosservanza;
c)
omessa correzione di un caso di inosservanza in modo tempestivo ed efficace.
2. Una decisione di avvertimento stabilisce che, se non è posto rimedio al caso di inosservanza nel termine fissato, trova applicazione l’articolo 17 o l’articolo 18.
3. Se la BCE ritiene che una mera decisione di avvertimento non rappresenti un deterrente sufficiente data la gravità del caso di inosservanza riscontrato, può adottare una decisione ai sensi degli articoli 17 o 18.
Articolo 17
Decisione di sospensione relativa ai nuovi ordini
1. Se un fabbricante accreditato non si conforma a una decisione di interruzione immediata di un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro ai sensi dell'articolo 14, la BCE può adottare una decisione di sospensione nei confronti di tale fabbricante accreditato. Al fabbricante accreditato è vietato accettare nuovi ordini fino alla revoca della decisione di sospensione.
2. Se un fabbricante accreditato non pone rimedio a un caso di inosservanza precisato in una decisione di avvertimento ai sensi dell'articolo 16 entro il termine specificato, la BCE può adottare una decisione di sospensione nei confronti di tale fabbricante accreditato. Il fabbricante accreditato può completare gli ordini di produzione pendenti, ma non può accettarne di nuovi fino alla revoca della decisione di sospensione.
3. Una decisione di sospensione stabilisce che, se non è posto rimedio al caso di inosservanza nel termine fissato, trova applicazione l’articolo 18.
4. Se la BCE ritiene che una mera decisione di sospensione non rappresenti un deterrente sufficiente data la gravità del caso di inosservanza riscontrato, può adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18.
5. Una decisione di sospensione è revocata soltanto se a seguito di un’ispezione ai sensi dell’articolo 11 si reputa che sia stato posto rimedio a tutti i pertinenti casi di inosservanza.
Articolo 18
Decisione di revoca dell’accreditamento
1. La BCE può adottare una decisione di revoca in caso di mancato rispetto, da parte di un fabbricante accreditato, di una decisione di sospensione ai sensi dell'articolo 17.
2. La BCE adotta una decisione di revoca nei seguenti casi:
a)
un fabbricante accreditato richiede di trasferire la propria attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro e/o inerente agli elementi dell’euro presso un nuovo sito di fabbricazione. In tal caso, la portata della revoca include il sito di fabbricazione dal quale è trasferita l’attività pertinente;
b)
modifiche all’assetto proprietario del fabbricante accreditato, ove tali modifiche, direttamente o indirettamente, possano consentire a un soggetto coinvolto nelle programmate modifiche all'assetto proprietario di avere accesso a informazioni riservate della BCE relative alla presente decisione, ad atti giuridici della BCE applicabili o ad accordi contrattuali nei confronti della BCE, di una o più BCN o di uno o più fabbricanti accreditati;
c)
la richiesta da parte di un fabbricante accreditato di ritirare il proprio accreditamento.
3. La BCE può adottare una decisione di revoca quando reputa che la revoca sia necessaria, tenendo conto dei seguenti elementi:
a)
la gravità dello specifico caso di inosservanza;
b)
le dimensioni della perdita o del furto, effettivi o potenziali, di qualsiasi elemento di sicurezza dell’euro o elemento dell’euro;
c)
la presenza di danni finanziari e di immagine conseguenti a causa della divulgazione non autorizzata di informazioni relative a elementi di sicurezza dell'euro;
d)
l’adeguatezza della risposta del fabbricante accreditato, della sua capacità e possibilità di mitigare il caso di inosservanza;
e)
il fatto che circostanze specifiche nel sito di fabbricazione potrebbero danneggiare l'integrità delle banconote in euro come mezzo di pagamento.
4. La BCE può adottare una decisione di revoca nei confronti di un fabbricante accreditato che non ha prodotto elementi di sicurezza dell'euro o elementi dell'euro per un periodo ininterrotto di 36 mesi. Nell'adottare una decisione di revoca su tale base, la BCE prende in considerazione le circostanze specifiche del fabbricante accreditato.
5. Nei casi in cui il possesso di elementi di sicurezza dell’euro da parte del fabbricante può costituire un rischio per l’integrità delle banconote in euro come mezzo di pagamento una volta che la decisione di revoca avrà effetto, la BCE può richiedere al fabbricante di adottare misure quali la distruzione di specifici elementi di sicurezza dell’euro o la loro consegna alla BCE o a una BCN, al fine di assicurare che il fabbricante non sia in possesso di alcun elemento di sicurezza dell’euro una volta che la revoca è divenuta effettiva. La BCE può effettuare controlli in loco per verificare l'effettiva attuazione di tali misure.
6. La decisione di revoca fissa la data a partire dalla quale un fabbricante può richiedere nuovamente un accreditamento. Tale data è determinata sulla base delle circostanze che hanno condotto alla revoca e non può essere inferiore a un anno a partire dalla data in cui la decisione di revoca è divenuta efficace.
Articolo 19
Sanzioni pecuniarie in caso di discrepanze nel quantitativo di banconote in euro o di carta per le banconote
1. Se una discrepanza nel quantitativo di banconote in euro parzialmente stampate o finite o nel quantitativo di carta per le banconote in euro parzialmente finita o finita è portata all’attenzione della BCE ai sensi dell’articolo 9, punto 6), ovvero si verifica nel corso di un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro presso un sito di fabbricazione del fabbricante accreditato, la BCE può irrogare nei confronti del fabbricante accreditato una sanzione pecuniaria, in aggiunta a qualsiasi decisione adottata a norma degli articoli 16, 17 e 18, in uno dei seguenti casi accertati:
a)
il fabbricante accreditato non ha individuato tale discrepanza;
b)
il fabbricante accreditato non ha comunicato la discrepanza conformemente all’articolo 9, punto 6);
c)
il fabbricante accreditato ha segnalato la discrepanza conformemente all’articolo 9, punto 6), ma in seguito non ha individuato e comunicato alla BCE la causa della discrepanza entro il termine stabilito dalla decisione separata sui requisiti di sicurezza.
2. Prima di prendere una decisione in merito a una sanzione pecuniaria, la BCE verifica se la discrepanza nel quantitativo di banconote in euro parzialmente stampate o finite o nel quantitativo di carta per le banconote in euro parzialmente finita o finita sia dovuta a un caso di inosservanza dei requisiti di sicurezza stabiliti in una decisione separata.
3. Nel determinare l'importo della sanzione pecuniaria da irrogare in relazione a una discrepanza accertata, la BCE tiene conto del valore nominale di uno dei seguenti elementi:
a)
le banconote in euro parzialmente stampate o finite;
b)
le potenziali banconote in euro che avrebbero potuto essere stampate utilizzando la carta per le banconote in euro parzialmente finita o finita.
4. La BCE può applicare una sanzione pecuniaria diversa dal valore nominale o dal valore nominale equivalente determinato a norma del paragrafo 3, tenendo conto della gravità dell'inosservanza dei requisiti di sicurezza in ogni caso specifico.
5. In nessun caso la BCE può irrogare una sanzione pecuniaria superiore a 5 00. 000 euro.
6. Quando adotta una decisione sulle sanzioni pecuniarie, la BCE si conforma alle procedure previste dal regolamento (CE) n. 2532/98 e al regolamento (CE) n. 2157/1999 della Banca centrale europea (ECB/1999/4) (11).
Articolo 20
Delega e subdelega
1. Il Consiglio direttivo delega al Comitato esecutivo il potere di adottare tutte le decisioni riguardanti l'accreditamento di un fabbricante ai sensi dell'articolo 6, paragrafi 1, 3 e 7, dell'articolo 7, dell'articolo 10, dell'articolo 14, paragrafi 1 e 4, e degli articoli da 16 a 19.
2. Il Comitato esecutivo può subdelegare a uno dei propri membri il potere di adottare tutte le decisioni relative all'accreditamento di un fabbricante ai sensi dell'articolo 6, paragrafi 1, 3 e 7, e dell'articolo 7.
3. Il Comitato esecutivo può subdelegare al livello operativo il potere di:
a)
concedere il previo consenso scritto della BCE a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, nei casi in cui un fabbricante accreditato abbia rispettato tutti i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi degli articoli 3 e 4 e tutti gli obblighi pertinenti ai sensi dell'articolo 9;
b)
adottare decisioni relative a un’interruzione immediata dell’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro ai sensi dell’articolo 14.
4. Il Comitato esecutivo informa il Consiglio direttivo di qualsiasi decisione adottata su delega o subdelega ai sensi del presente articolo.
Articolo 21
Procedimento di riesame
1. La BCE valuta tutte le richieste e le informazioni fornite da un fabbricante in relazione alla presente decisione e informa per iscritto il fabbricante della decisione di accettare o rigettare la richiesta o la validità delle informazioni ricevute entro 50 giorni lavorativi dal ricevimento:
a)
della richiesta di accreditamento;
b)
delle informazioni aggiuntive o dei chiarimenti forniti dal fabbricanti su richiesta dalla BCE.
2. Un fabbricante può presentare al Consiglio direttivo un’istanza di riesame della decisione della BCE:
a)
adottata ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 7, e dell'articolo 7;
b)
adottata ai sensi dell’articolo 14 e degli articoli da 16 a 18.
Il fabbricante presenta l’istanza di riesame entro 30 giorni lavorativi dalla notifica della decisione di cui al paragrafo 1. Il fabbricante ne indica i motivi e include tutte le informazioni a sostegno di dell’istanza.
3. Il riesame non ha effetto sospensivo. In via eccezionale, se un fabbricante fa esplicita richiesta che il riesame abbia effetto sospensivo e motiva tale richiesta, il Consiglio direttivo può sospendere l’applicazione della decisione oggetto di riesame.
4. Il Consiglio direttivo riesamina la decisione di cui al paragrafo 1 alla luce dell’istanza di riesame del fabbricante. Se il Consiglio direttivo ritiene che la decisione di cui al paragrafo 1 violi la presente decisione, ordina la ripetizione della procedura o adotta una decisione definitiva. Se il Consiglio direttivo non ritiene che la decisione di cui al paragrafo 1 violi la presente decisione, rigetta l’istanza di riesame del fabbricante. Al fabbricante è notificato l’esito del riesame per iscritto entro 60 giorni lavorativi dal ricevimento dell’istanza di riesame. La decisione del Consiglio direttivo enuncia i motivi sui quali è fondata.
5. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha competenza esclusiva per tutte le controversie fra la BCE e un fabbricante relative alla presente decisione. Se è disponibile una procedura di riesame ai sensi del paragrafo 2, il fabbricante deve attendere la decisione del Consiglio direttivo sul riesame prima di adire la Corte di giustizia. Tutti i termini previsti dal trattato iniziano a decorrere dal ricevimento della decisione di riesame.
6. In deroga ai paragrafi da 1 a 4, la procedura di riesame delle decisioni che irrogano sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 19 si svolge in conformità al Regolamento (CE) n. 2532/98 e al Regolamento della Banca centrale europea (CE) n. 2157/1999 (BCE/1999/4).
7. Se deciso di comune accordo, la BCE e il fabbricante possono risolvere eventuali controversie sull'applicazione della presente decisione mediante arbitrato. Tutte le controversie tra la BCE e un fabbricante accreditato sono risolte in via definitiva a norma del regolamento di arbitrato della Camera di commercio internazionale da uno o più arbitri designati in conformità a tale regolamento. La lingua dell'arbitrato è l'inglese.
SEZIONE IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 22
Abrogazione
1. La decisione BCE/2013/54 è abrogata a decorrere dal 18 maggio 2021.
2. I riferimenti alla decisione abrogata sono da interpretarsi come riferimenti alla presente decisione e sono intesi conformemente alla tavola di concordanza contenuta nell’allegato II.
Articolo 23
Disposizioni transitorie
1. La decisione BCE/2013/54 continua ad applicarsi per un periodo di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente decisione.
2. I fabbricanti accreditati che hanno ottenuto l'accreditamento o l'accreditamento provvisorio ai sensi della decisione BCE/2013/54 si considerano accreditati ai sensi della presente decisione a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione.
3. Tutte le procedure avviate o pendenti in relazione agli accreditamenti concessi a norma della decisione BCE/2013/54 sono completate in conformità alla presente decisione, in particolare tutte le procedure avviate o pendenti in relazione a:
a)
ispezioni di sicurezza o di qualità, iniziali o di controllo, ai sensi dell'articolo 11;
b)
valutazione dell’osservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi dell'articolo 6;
c)
concessione di accreditamenti ai sensi dell'articolo 7;
d)
adozione di una decisione ai sensi degli articoli da 16 a 19;
e)
riesame di azioni o decisioni di cui alle lettere da a) a d).
Tutte le procedure avviate o pendenti sono completate entro la scadenza del termine di cui al paragrafo 1.
Articolo 24
Efficacia
1. Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della notifica ai destinatari.
2. Si applica a decorrere dal 18 maggio 2021.
3. L’articolo 4 e l’articolo 9, punto 4), si applicano a decorrere dal 16 novembre 2022.
Articolo 25
Destinatari
Destinatari della presente decisione sono i fabbricanti e i fabbricanti accreditati di elementi di sicurezza dell’euro e di elementi dell'euro.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 27 aprile 2020.
La Presidente della BCE
Christine LAGARDE
(1) GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.
(2) Decisione BCE/2013/54 della Banca centrale europea, del 20 dicembre 2013, sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro e che modifica la decisione BCE/2008/3 (GU L 57 del 27.2.2014, pag. 29).
(3) Cfr. l'allegato I.
(4) Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell'11.11.2008, pag. 42).
(5) Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54).
(6) Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6).
(7) Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 73)
(8) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1).
(9) Disponibile sul sito internet della Camera di commercio internazionale all'indirizzo www.iccwbo.org.
(10) Disponibile sul sito internet dell'Iniziativa etica per le banconote all'indirizzo www.bnei.com.
(11) Regolamento della Banca centrale europea (CE) n. 2157/1999, del 23 settembre 1999, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (BCE/1999/4) (GU L 264 del 12.10.1999, pag. 21).
ALLEGATO I
Decisione abrogata con l'elenco delle successive modifiche
(di cui all'articolo 22)
Decisione BCE/2013/54 della Banca centrale europea, del 20 dicembre 2013, sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro e che modifica la decisione BCE/2008/3 (GU L 57 del 27.2.2014, pag. 29).
Decisione (UE) 2016/955 della Banca centrale europea, del 6 maggio 2016, che modifica la Decisione BCE/2013/54 sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell'euro e degli elementi dell'euro (BCE/2016/12) (GU L 159 del 16.6.2016, pag. 19).
Decisione (UE) 2016/1734 della Banca centrale europea, del 21 settembre 2016, che modifica la Decisione BCE/2013/54 sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell'euro e degli elementi dell'euro (BCE/2016/25) (GU L 262 del 29.9.2016, pag. 30).
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Decisione BCE/2013/54
Presente decisione
SEZIONE I — DISPOSIZIONI GENERALI
SEZIONE I — DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
-
Articolo 2, paragrafi 3, 4, 7 e 11
Articolo 2, paragrafo 2
-
Articolo 2, paragrafo 3
-
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 5, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) e paragrafo 2
-
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 5, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 6
Articolo 3, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 7
Articolo 2, paragrafo 8
Articolo 2, paragrafo 8
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 9
Articolo 2, paragrafo 11
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 19, paragrafo 2
-
Articolo 20, paragrafo 3
-
Articolo 4
SEZIONE II — PROCEDURA DI ACCREDITAMENTO
SEZIONE II — PROCEDURA DI ACCREDITAMENTO
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e c)
Articolo 4, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, lettera d) e articolo 9, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, lettera f)
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 2, lettera h) e articolo 3, paragrafo 1, lettera d)
-
Articolo 5, paragrafo 2, lettere b), e), g), i), j) e k)
-
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4, e articolo 5, paragrafo 3, primo periodo
Articolo 6, paragrafi 2 e 6
Articolo 4, paragrafo 5 e articolo 5, paragrafo 3, secondo periodo
Articolo 6, paragrafo 7
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 4, primo, secondo, terzo e quarto periodo
Articolo 5, paragrafo 2
articolo 6, paragrafo 4, quarto periodo
-
Articolo 6, paragrafi 1, 3 e 5
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 1
-
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 3
Articolo 7, paragrafo 3
Articolo 7
-
Articolo 8
-
-
Articolo 9, punti 8), 9), 10) e 11)
SEZIONE III - ISPEZIONI E CONTROLLI SPECIFICI DI SICUREZZA DELLA BCN
SEZIONE III - CONSEGUENZE DELL’INOSSERVANZA
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 3, primo periodo
Articolo 11, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 3, secondo periodo
-
Articolo 9, paragrafo 4, primo e terzo periodo
Articolo 11, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4, secondo periodo
Articolo 11, paragrafo 5, primo periodo
-
Articolo 11, paragrafo 5, secondo periodo
-
Articolo 11, paragrafi 6 e 7
Articolo 9, paragrafo 5
Articolo 11, paragrafo 8
Articolo 9, paragrafo 6
-
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 10, paragrafo 2
-
Articolo 10, paragrafo 3, frase introduttiva e lettere b) e c)
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 10, paragrafo 3, lettera a)
-
Articolo 10, paragrafo 3, secondo e terzo periodo
Articolo 13, paragrafo 5
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 13, paragrafi 3 e 4
Articolo 10, paragrafo 4, secondo periodo
Articolo 13, paragrafo 7
Articolo 10, paragrafo 5, primo periodo
Articolo 13, paragrafo 8
Articolo 10, paragrafo 5, secondo periodo
-
-
Articolo 13, paragrafo 6
Articolo 10, paragrafo 6
Articolo 13, paragrafo 9
Articolo 10, paragrafo 7
Articolo 13, paragrafo 10
Articolo 11
-
SEZIONE IV — OBBLIGHI CONTINUATIVI
SEZIONE IV —DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 6
Articolo 12, paragrafo 2, primo periodo
Articolo 9, punto 2)
Articolo 12, paragrafo 2, secondo periodo
Articolo 9, punto 3)
-
Articolo 9, punto 4)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera b)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera e)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera d)
Articolo 12, paragrafo 3, lettere f) e g), e articolo 12, paragrafo 4, primo periodo
Articolo 9, paragrafo 7, lettera e) e Articolo 9 punto 8)
Articolo 12, paragrafo 4, secondo e terzo periodo
-
Articolo 12, paragrafo 5, primo periodo
Articolo 9, punto 7)
Articolo 12, paragrafo 5, parte introduttiva del secondo periodo
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, lettera a)
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, lettera b), punti i), ii) e iii)
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, secondo comma
-
Articolo 20, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, terzo comma
Articolo 20, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 6, frase introduttiva
Articolo 9, punto 7), frase introduttiva
Articolo 12, paragrafo 6, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 6, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera d)
Articolo 12, paragrafo 6, lettera c)
-
Articolo 12, paragrafo 6, lettera d)
Articolo 9, punto 5)
Articolo 12, paragrafo 7
Articolo 7, paragrafo 3)
Articolo 12, paragrafo 8
-
Articolo 12, paragrafo 9
-
Articolo 13
Articolo 2, paragrafo 5
SEZIONE V - CONSEGUENZE DELL’INOSSERVANZA
-
Articolo 14, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 1, lettera b)-
Articolo 12, paragrafo 1, lettere a) e b) )
Articolo 14, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 14, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 12, paragrafo 1, lettera f)
Articolo 14, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 12, paragrafo 1, lettera g)
Articolo 14, paragrafo 2, primo periodo
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafo 2, secondo periodo
Articolo 12, paragrafo 3
Articolo 14, paragrafo 2, terzo periodo
Articolo 15, paragrafo 3
Articolo 14, paragrafo 3
Articolo 1, punto 36)
Articolo 14, paragrafo 4
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 15, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2, frase introduttiva e lettera a)
Articoli 16, paragrafo 2, 17, paragrafo 2, 18 paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 15, paragrafo 2, lettera c
Articolo 15, paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 5
Articolo 16, paragrafo 1
Articolo 16, paragrafo 1
Articolo 16, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 16, paragrafi 3 e 4
Articolo 16, paragrafi 2 e 3
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 17, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 17, paragrafo 3
Articolo 17, paragrafo 3
Articolo 17, paragrafi 4 e 5
Articolo 17, paragrafi 4 e 5
Articolo 18, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 18, paragrafo 1, lettera b)
-
Articolo 18, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 18, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 18, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 18, paragrafo 2, lettere a) e b)
Articolo 18, paragrafo 3, lettere a), b) e c)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 18, paragrafo 3, lettera d)
-
Articolo 18, paragrafo 3, lettera e)
-
Articolo 18, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 3
-
Articolo 18, paragrafi 4 e 5
Articolo 18, paragrafi 5 e 6
Articolo 19
Articolo 14
Articolo 20, paragrafo 1
Articolo 9, punto 6) e articolo 12, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 20, paragrafo 2
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 20, paragrafo 3, primo, secondo e terzo periodo
Articolo 19, paragrafi 2 e 3 e articolo 19, paragrafo 4
Articolo 20, paragrafo 3, quarto periodo
Articolo 19, paragrafo 5
Articolo 20, paragrafo 4, primo periodo
Articolo 19, paragrafo 2
Articolo 20, paragrafo 4, secondo periodo
Articolo 19, paragrafo 6
Articolo 20, paragrafo 4, terzo periodo
-
Articolo 21
Articolo 21
Articolo 22
Articolo 8
SEZIONE VI - MODIFICA, DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
-
Articolo 23
-
Articolo 24
Articolo 22
Articolo 25
Articolo 23
Articolo 26
Articolo 24
Articolo 27
Articolo 25
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE (UE) 2020/637 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 27 aprile 2020
sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro (BCE/2020/24)
(rifusione)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ed in particolare l’articolo 128, paragrafo 1,
visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 16 e 34.3,
visto il Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (1), in particolare l’articolo 2,
considerando quanto segue:
(1)
La decisione BCE/2013/54 (2) è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese (3). Poiché devono essere apportate ulteriori modifiche, ai fini di chiarezza, è opportuno provvedere alla rifusione della decisione BCE/2013/54.
(2)
Sulla scorta dell'esperienza acquisita dalla Banca centrale europea (BCE) nell'applicazione della decisione BCE/2013/54, il sistema di accreditamento dovrebbe essere semplificato eliminando la fase di valutazione di accreditamento provvisorio e introducendo una procedura di valutazione in un’unica fase.
(3)
La BCE attribuisce la massima importanza alla condotta etica nell’attività d’impresa dei fabbricanti accreditati e dei loro soggetti controllanti, che devono tutti svolgere la loro attività secondo i più alti standard di etica professionale. Di conseguenza, la condotta etica nell’attività d’impresa dovrebbe far parte dei requisiti inerenti all’accreditamento, in aggiunta ai requisiti in materia di qualità, ambiente, salute e sicurezza.
(4)
Anche i requisiti in materia di sicurezza rientrano tra i requisiti inerenti all’accreditamento. Per ragioni di certezza del diritto e di chiarezza, le ispezioni e i controlli specifici di sicurezza della banca centrale nazionale relativi ai requisiti di sicurezza dovrebbero essere integrati in una decisione distinta e non fare più parte della presente decisione.
(5)
Anche i requisiti in materia di ambiente, salute e sicurezza rientrano tra i requisiti inerenti all'accreditamento. Per ragioni di certezza del diritto e di chiarezza, l'obbligo per le stamperie accreditate di svolgere analisi di sostanze ed elementi chimici delle banconote in euro finite e di riferirne i risultati alla BCE dovrebbe essere integrato in una decisione distinta e non dovrebbe più far parte della presente decisione.
(6)
Di conseguenza, è necessario abrogare la decisione BCE/2013/54 e sostituirla con la presente decisione. Al fine di garantire un'agevole transizione dalle precedenti procedure di accreditamento a quelle previste dalla presente decisione, è opportuno stabilire un periodo transitorio di dodici mesi. Per quanto riguarda le nuove disposizioni in materia di condotta etica nell’attività d’impresa, è opportuno fissare un periodo transitorio di trenta mesi. Ciò consentirà ai fabbricanti accreditati di predisporre tutte le misure necessarie per conformarsi ai pertinenti requisiti e obblighi inerenti all’accreditamento ai sensi della presente decisione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
Ai fini della presente decisione:
1)
per «originazione» si intende la trasformazione del bozzetto delle banconote in euro in layout, separazione dei colori, elementi grafici e lastre di stampa, nonché la preparazione dei layout e dei prototipi per le componenti proposte in tali bozzetti;
2)
per «fabbricante» si intende un soggetto giuridico che può essere in grado di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro, fatta eccezione per i soggetti giuridici che sono coinvolti esclusivamente nel trasporto o nella distruzione di elementi di sicurezza dell’euro;
3)
per «attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro» si intende una qualsiasi delle seguenti attività: originazione, produzione, trattamento, distruzione, stoccaggio, analisi, spostamento all’interno del sito di fabbricazione o trasporto di elementi di sicurezza dell’euro;
4)
per «attività inerente agli elementi dell’euro» si intende la produzione di elementi dell’euro;
5)
per «sito di fabbricazione» si intende un luogo utilizzato dal fabbricante, o che questi può utilizzare, per svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro;
6)
per «elemento di sicurezza dell’euro» si intende uno dei seguenti elementi: (a) una banconota in euro finita; (b) una banconota in euro parzialmente stampata; (c) carta per le banconote finita; (d) carta per le banconote parzialmente finita; (e) un inchiostro di sicurezza utilizzato per produrre banconote in euro o carta per le banconote in euro; (f) filo e lamina metallizzata utilizzati per produrre carta per le banconote in euro; (g) un pigmento di sicurezza; (h) un sensore di sicurezza; (i) una banconota in euro in fase di sviluppo al fine di sostituire le banconote in circolazione o ritirate dalla circolazione; (j) qualsiasi componente o informazione ad essa collegata indicata separatamente dalla BCE; e che necessita di protezione in quanto la perdita, il furto o la divulgazione non autorizzata potrebbe danneggiare l’integrità delle banconote in euro quali mezzi di pagamento;
7)
per «elemento dell’euro» si intende uno dei seguenti elementi: (a) una banconota in euro finita; (b) una banconota in euro parzialmente stampata; (c) carta per le banconote finita; (d) carta per le banconote parzialmente finita; (e) un inchiostro utilizzato per produrre banconote in euro o carta per le banconote in euro; (f) filo e lamina metallizzata utilizzati per produrre carta per le banconote in euro;
8)
per «accreditamento» si intende il permesso, concesso a un fabbricante con una decisione della BCE, di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro in uno specifico sito di fabbricazione;
9)
«per fabbricante accreditato» si intende un fabbricante che ha ottenuto l’accreditamento ai sensi della presente decisione;
10)
per «banca centrale nazionale (BCN)» si intende la banca centrale nazionale di uno Stato membro la cui moneta è l'euro;
11)
per «banca centrale nazionale (BCN) responsabile» si intende una BCN che ha commissionato un ordine di produzione di banconote in euro;
12)
per «requisito inerente all’accreditamento» si intende uno dei requisiti relativi a, qualità, ambiente, salute e sicurezza, un requisito di ordine etico o inerente l’ubicazione o ogni altro obbligo, stabilito dalla presente decisione o da qualsiasi altro strumento giuridico correlato, che la BCE imponga al fabbricante di soddisfare al fine di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro;
13)
per «informazioni riservate della BCE» si intendono tutti i requisiti inerenti all’accreditamento, qualsiasi registrazione correlata, a prescindere dal suo supporto di memorizzazione, o tutte le informazioni consistenti in informazioni oggetto di diritto di proprietà intellettuale, tecniche e/o commerciali, e classificate come «ECB-Confidential»;
14)
per «procedura di accreditamento» si intende una procedura nella quale viene valutata la conformità dei fabbricanti ai requisiti inerenti all’accreditamento di cui alla presente decisione, che ha luogo in caso di richiesta di accreditamento da parte dei fabbricanti e nel periodo durante il quale questi ultimi vengono accreditati, e che può comportare sanzioni, anche pecuniarie, in caso di inosservanza di tali requisiti;
15)
per «requisito di ordine etico» si intende ogni obbligo di cui all'articolo 4 della presente decisione;
16)
per «requisito inerente l’ubicazione» si intende ogni obbligo di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della presente decisione;
17)
per «certificazione» si intende un documento rilasciato da un organismo di certificazione indipendente accreditato da un'autorità nazionale di accreditamento, le cui certificazioni sono riconosciute nello Stato membro in cui il fabbricante è situato;
18)
per «sistema di gestione» si intende il quadro di politiche, processi e procedure istituito da un fabbricante al fine di garantire il rispetto di tutti i requisiti inerenti all’accreditamento;
19)
per «misura» si intende un'azione svolta da un fabbricante per ottemperare ai requisiti inerenti all’accreditamento;
20)
per «extranet delle banconote della BCE» si intende un sistema informatico istituito e gestito dalla BCE per fornire informazioni relative ai requisiti inerenti all’accreditamento e accessibile ai fabbricanti accreditati;
21)
per «distruzione» si intende un'azione o un processo per rendere un elemento di sicurezza dell'euro praticamente inutilizzabile da parte dei falsari;
22)
per «soggetto controllante» si intende qualsiasi organismo amministrativo, direttivo o di vigilanza del fabbricante o qualsiasi persona giuridica ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio (4), che può rappresentare il fabbricante, prendere decisioni per suo conto o esercitare un controllo sul medesimo;
23)
per «organizzazione criminale» si intende un’organizzazione criminale ai sensi dell’articolo 1, punto 1), della decisione quadro 2008/841/GAI;
24)
«corruzione attiva e passiva» ha il medesimo significato di cui all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio (5);
25)
per «frode» si intende: (a) l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua l’appropriazione indebita o la ritenzione illecita di fondi; la mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto, la distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per i quali erano stati originariamente concessi; (b) per quanto riguarda le entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua la diminuzione illecita di risorse; la mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; la distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto;
26)
«reato di terrorismo» ha il medesimo significato di cui all'articolo 3 della direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio (6);
27)
«riciclaggio» ha il medesimo significato di cui all'articolo 1, paragrafi 3 e 4, della direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio (7);
28)
«tratta di esseri umani» ha il medesimo significato di cui all'articolo 2 della direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);
29)
per «produzione d'inchiostro» si intende la preparazione di inchiostro pronto all’uso nella stampa di banconote in euro mediante miscelazione e macinazione delle materie prime e/o dell'inchiostro di base. Tale preparazione non comprende l'aggiunta di componenti specifici a un inchiostro da parte di stamperie o di fabbricanti di carta per banconote in euro, quando rappresenta meno del 12 % in peso dell'inchiostro originale e il solo scopo della loro aggiunta è quello di consentire l'indurimento dell'inchiostro secondo una formulazione predefinita, di adattarne la reologia o l'ombreggiatura o di migliorarne l'essiccazione;
30)
per «identificativo dell'entità giuridica (Legal Entity Identifier, LEI)» si intende un codice alfanumerico di riferimento conforme alla norma ISO 17442 assegnato a una entità giuridica;
31)
per «revisore indipendente» si intende il pertinente dipartimento interno di una BCN o di un ente riconosciuto competente a valutare e dichiarare che un programma di conformità aziendale di un fabbricante è conforme ai principi, alle norme e alle procedure in materia di condotta etica dell’attività d’impresa, in entrambi i casi indipendente rispetto al fabbricante accreditato;
32)
per «ispezione» si intende una procedura di valutazione dell’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti inerenti all’accreditamento, che può consistere in un’ispezione in loco o in un’ispezione a distanza e che si conclude con una relazione concernente l’esito di tale valutazione;
33)
per «ispezione in loco» si intende un’ispezione effettuata dalla BCE presso un sito di fabbricazione;
34)
per «ispezione a distanza» si intende un’ispezione effettuata dalla BCE mediante la valutazione della documentazione richiesta a un fabbricante condotta al di fuori del sito di fabbricazione;
35)
per «giorno lavorativo» si intende ogni giorno eccetto il sabato e la domenica ed eventuali vacanze pubbliche della BCE, come pubblicate sul sito Internet della BCE;
36)
per «caso grave di inosservanza» si intende:
a)
un caso di inosservanza che ha o ha avuto, effettivamente o potenzialmente, un impatto immediato, grave e negativo, sul rispetto da parte del fabbricante accreditato dei requisiti inerenti all’accreditamento per un’attività inerente agli elementi dell’euro o un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro;
b)
una molteplicità di casi di inosservanza che singolarmente non sarebbero considerati come rilevanti, ma verificandosi simultaneamente o ripetutamente nel corso di un determinato procedimento, hanno o hanno avuto un impatto immediato, grave e negativo.
Articolo 2
Principi in materia di accreditamento
1. Un fabbricante è tenuto a svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro esclusivamente presso un sito di fabbricazione in relazione al quale la BCE abbia concesso un accreditamento ai sensi dell'articolo 7.
2. Un fabbricante accreditato può produrre o fornire elementi di sicurezza dell'euro o elementi dell’euro esclusivamente se è autorizzato dalla BCE o al fine di eseguire un ordine commissionato da uno dei seguenti soggetti:
a)
un altro fabbricante accreditato che necessita di elementi di sicurezza dell’euro o elementi dell’euro nell’ambito della propria attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro;
b)
una BCN responsabile;
c)
su decisione del Consiglio direttivo, una futura BCN dell’Eurosistema;
d)
la BCE.
3. Un fabbricante accreditato può svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro presso un altro sito di fabbricazione a condizione che sussista la valutazione preliminare della BCE della conformità del fabbricante accreditato rispetto a tutti i requisiti inerenti all’accreditamento nell'altro sito di fabbricazione nonché l'accreditamento del fabbricante da parte della BCE per la richiesta attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro presso l'altro sito di fabbricazione.
4. Nel valutare le richieste di accreditamento dei fabbricanti o nel valutare la conformità di un fabbricante accreditato con i requisiti inerenti all’accreditamento, la BCE rispetta i principi di parità di trattamento e trasparenza. In particolare, la valutazione della BCE non deve comportare un trattamento preferenziale né attribuire un vantaggio competitivo per alcun fabbricante.
5. La BCE informa i fabbricanti accreditati attraverso l’extranet delle banconote della BCE in merito a qualsiasi aggiornamento dei requisiti inerenti all’accreditamento riguardanti l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro in riferimento alle quali essi hanno ottenuto un accreditamento.
6. I fabbricanti accreditati gestiscono le informazioni riservate della BCE conformemente al regime di riservatezza della BCE, disponibile sull’extranet delle banconote della BCE.
7. La BCE può condividere con le BCN tutte le informazioni pertinenti ricevute dai fabbricanti accreditati.
8. Solo i fabbricanti accreditati sono ammessi a partecipare alle gare d'appalto per gli elementi di sicurezza dell'euro o per gli elementi dell'euro.
9. I fabbricanti accreditati non trasferiscono o cedono il proprio accreditamento a una società controllata, una società consociata o un terzo, senza previo consenso scritto della BCE.
10. Tutte le procedure di accreditamento sono condotte in inglese, a meno che non sussistano circostanze eccezionali relative alla procedura o all'oggetto del contratto che richiedono l'uso di una lingua diversa.
11. I fabbricanti sopportano tutte le spese sostenute e le relative perdite subite in conseguenza dell’applicazione della presente decisione.
Articolo 3
Requisiti inerenti all’accreditamento
1. Un fabbricante accreditato rispetta tutti i seguenti requisiti inerenti all’accreditamento:
a)
i requisiti relativi a qualità, ambiente, salute e sicurezza, stabiliti dalla presente decisione o da qualsiasi altro strumento giuridico correlato, che la BCE imponga al fabbricante di soddisfare al fine di svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro;
b)
i requisiti di ordine etico di cui all'articolo 4;
c)
i seguenti requisiti inerenti all’ubicazione:
i)
salvo che il fabbricante sia una stamperia, il sito di fabbricazione deve essere situato in uno Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato membro dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA); o
ii)
se il fabbricante è una stamperia, il sito di fabbricazione deve essere situato in uno Stato membro dell’Unione europea;
d)
il possesso di un certificato attestante che, presso il pertinente sito di fabbricazione per la relativa attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro, il proprio sistema di gestione rispetta tutte le norme seguenti:
i)
la norma ISO 9001;
ii)
la norma ISO 14001;
iii)
la norma ISO 45001 o la norma sulla salute e la sicurezza nel lavoro (Occupational Health- and Safety Assessment Series, OHSAS) 18001 fino all'11 marzo 2021, e successivamente solo la norma ISO 45001.
2. I fabbricanti possono adottare e attuare requisiti più stringenti rispetto ai requisiti di cui al paragrafo 1, lettere a) e b).
3. Se un fabbricante rispetta i requisiti relativi all'ubicazione di cui al paragrafo 1, lettera c), ma la sua attività è controllata da un soggetto giuridico stabilito al di fuori di uno Stato membro dell'Unione o dell’EFTA, la BCE, nel considerare se respingere la richiesta di accreditamento ai sensi dell'articolo 6 o concedere il proprio previo consenso scritto ai sensi dell’articolo 9, punto 7), lettera b), per tutelare l'integrità delle banconote in euro, tiene debitamente conto di quanto segue:
a)
una decisione o un regolamento del Consiglio dell'Unione europea su sanzioni economiche nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune che già si applicano o che il Consiglio intende adottare;
b)
un obbligo per gli Stati membri ed eventuali disposizioni, misure o obblighi derivanti da tale obbligo, previsti da atti giuridici dell'Unione direttamente applicabili per l'attuazione di sanzioni economiche nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune;
c)
un accordo internazionale ed eventuali disposizioni o misure o obblighi conseguenti o derivanti da tale accordo, approvati dagli organi legislativi dell'Unione o da tutti gli Stati membri la cui moneta è l'euro.
4. La BCE può, ove ciò sia giustificato dalle circostanze, concedere una deroga relativamente ai requisiti di cui al paragrafo 1, lettera c).
Articolo 4
Requisiti di ordine etico
1. Un fabbricante accreditato o un suo soggetto controllante non deve essere stato condannato con sentenza definitiva nei cinque anni precedenti la data della sua richiesta di accreditamento per:
a)
partecipazione a un’organizzazione criminale;
b)
corruzione attiva e passiva;
c)
frode;
d)
reati di terrorismo;
e)
riciclaggio;
f)
tratta di esseri umani;
g)
qualsiasi altra attività illecita che leda gli interessi finanziari dell'Unione, della BCE o delle BCN.
2. Ai fini dell'accreditamento, un fabbricante accreditato o un suo soggetto controllante non deve:
a)
non aver ottemperato agli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali o delle imposte e delle tasse secondo la legislazione del paese dove è stabilito o dove si svolge l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro;
b)
essere in stato di fallimento, oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, in stato di amministrazione controllata, aver stipulato un concordato preventivo con i creditori, aver cessato le sue attività o trovarsi in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una procedura simile ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari nazionali;
c)
essersi reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
d)
concludere accordi con altri fabbricanti allo scopo di provocare distorsioni della concorrenza;
e)
trovarsi in una situazione di conflitto di interesse che non può essere risolto con altre misure meno intrusive; o
f)
intraprendere attività che possono nuocere all'integrità o alla reputazione delle banconote in euro quale mezzo di pagamento.
3. Un fabbricante accreditato deve disporre di un programma di conformità aziendale pienamente attuato e operativo, che preveda norme complete e adeguate da seguire per evitare che il fabbricante o il suo soggetto controllante sia coinvolto in una delle situazioni o partecipi alle attività di cui ai paragrafi 1 e 2. Il programma di conformità aziendale deve rispettare, come minimo, i principi, le norme e le procedure pertinenti descritti in uno qualsiasi dei seguenti:
a)
l’articolo 10 delle regole della Camera di commercio internazionale sulla lotta alla corruzione (9);
b)
l’iniziativa etica per le banconote (10);
c)
la norma ISO 37001;
d)
qualsiasi altro programma equivalente.
SEZIONE II
PROCEDURA DI ACCREDITAMENTO
Articolo 5
Richiesta di accreditamento
1. Un fabbricante che intende ottenere l’accreditamento per svolgere un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro presso uno specifico sito di fabbricazione trasmette per iscritto alla BCE una richiesta di avvio della procedura di accreditamento. Ciò si applica anche ai fabbricanti coinvolti nella produzione di inchiostro ai sensi all'articolo 1, paragrafo 29.
2. La richiesta scritta di accreditamento comprende:
a)
una descrizione dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi di sicurezza dell’euro oppure dell’attività inerente agli elementi dell’euro e degli elementi dell’euro;
b)
il nome del fabbricante e, se del caso, il soggetto giuridico che richiede l'accreditamento a nome del fabbricante e il suo LEI, se disponibile;
c)
l'ubicazione e l'indirizzo esatti del sito di fabbricazione in cui il fabbricante intenda svolgere l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o agli elementi dell’euro;
d)
una dichiarazione scritta firmata dai rappresentanti legali del fabbricante che confermi che il fabbricante manterrà riservati i requisiti inerenti all'accreditamento;
e)
una descrizione delle attività del fabbricante che elenca i soggetti controllanti e la loro ubicazione;
f)
una dichiarazione scritta firmata dai rappresentanti legali del fabbricante che confermi che il fabbricante rispetta tutti i requisiti di cui agli articoli 3 e 4 della presente decisione e che non viola le disposizioni di cui ai presenti articoli;
g)
una dichiarazione scritta rilasciata e firmata da un revisore indipendente che confermi il rispetto da parte del fabbricante dei requisiti di ordine etico di cui all'articolo 4;
h)
le copie delle certificazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d);
i)
una descrizione delle società controllate o consociate del fabbricante che questi intende coinvolgere nell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro;
j)
una descrizione dei terzi, comprese le società controllate o consociate del fabbricante, alle quali il costruttore intende subappaltare o che il fabbricante intende impiegare per l'esecuzione dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro;
k)
una sintesi del motivo per cui il fabbricante richiede l'accreditamento e i potenziali vantaggi per l'Eurosistema in caso di concessione dell’accreditamento.
3. Un fabbricante accreditato che chiede l'accreditamento per qualsiasi altra attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro o inerente agli elementi dell’euro presenta una richiesta scritta alla BCE. La BCE informa il fabbricante accreditato della documentazione specifica di cui al paragrafo 2 che deve essere presentata per ciascun caso specifico.
Articolo 6
Valutazione dell’osservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento
1. La BCE può rigettare una richiesta di accreditamento prima di valutare l’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi del presente articolo se la BCE stabilisce che l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro per la quale è stato richiesto l'accreditamento avrebbe un impatto negativo sull'integrità e sulla catena di produzione delle banconote in euro.
2. La BCE valuta l’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere da b) a d), e all’articolo 3, paragrafo 3, sulla base alla documentazione presentata ai sensi dell'articolo 5 della presente decisione.
3. In casi eccezionali, la BCE può concedere una deroga all'obbligo di conformarsi ai requisiti di cui all'articolo 4, se ritiene che la non conformità di un fabbricante non abbia un impatto significativo sull’osservanza da parte del fabbricante dei requisiti inerenti all’accreditamento o sull'integrità delle banconote in euro o sulla reputazione della BCE.
4. Se un fabbricante soddisfa i requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere c) e d), e all'articolo 4, o, in virtù dell'articolo 3, paragrafo 4, beneficia di un’esenzione dal rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), la BCE fornisce al fabbricante la documentazione contenente i requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a). La BCE fornisce inoltre al fabbricante dei questionari che il fabbricante compila indicando in che modo soddisfa i requisiti inerenti all’accreditamento. Il fabbricante compila e restituisce i questionari compilati alla BCE entro un termine ragionevole, come definito dalla BCE. Il fabbricante indica in che modo le proprie misure soddisfano i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento e comunica espressamente eventuali limitazioni che potrebbero impedire al fabbricante di conformarsi ai requisiti inerenti all’accreditamento, in particolare eventuali disposizioni normative nazionali relative all'utilizzo di impianti di distruzione specializzati ove non sia possibile rendere tali impianti disponibili presso il sito di fabbricazione.
5. La BCE, nell'ambito della valutazione dell’osservanza da parte del fabbricante dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), verifica innanzitutto che il fabbricante rispetti tutti i requisiti di sicurezza, indicati in una distinta decisione. Una volta verificata l’osservanza da parte di un fabbricante dei requisiti di sicurezza, la BCE verifica l’osservanza degli altri requisiti inerenti all’accreditamento definiti a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a). Tutte le valutazioni possono consistere in ispezioni in loco o ispezioni a distanza in conformità all'articolo 11.
6. Se necessario, la BCE può chiedere al fabbricante di presentare, chiarire o completare entro un termine ragionevole, come definito dalla BCE:
a)
la documentazione da presentare ai sensi dell'articolo 5;
b)
la documentazione da compilare ai sensi del paragrafo 4;
c)
le informazioni da fornire ai sensi del paragrafo 5.
7. La BCE rigetta una richiesta di accreditamento incompleta o errata o non completata entro il termine, a seguito della richiesta da parte della BCE di informazioni aggiuntive, chiarimenti o completamento ai sensi del paragrafo 6. La BCE rigetta altresì una richiesta di accreditamento se la richiesta e la documentazione da fornire sono complete, ma indicano che il fabbricante non rispetta i requisiti inerenti all’accreditamento di cui agli articoli 3 e 4.
Articolo 7
Concessione dell'accreditamento
1. La BCE può concedere a un fabbricante l'accreditamento per l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro presso un sito di fabbricazione, se tale fabbricante ha efficacemente dimostrato l’osservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento di cui agli articoli 3 e 4 o se la BCE concede una deroga conformemente all'articolo 6, paragrafo 3.
2. La BCE concede un accreditamento sotto forma di decisione in cui specifica il soggetto giuridico, il sito di fabbricazione e l’attività inerente agli elementi di sicurezza o l'attività inerente agli elementi dell'euro per cui è stato concesso l'accreditamento.
3. In seguito alla notifica dell'accreditamento, il fabbricante accreditato informa la BCE, in modo tempestivo, prima della data di avvio della rispettiva attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro, affinché la BCE proceda alle pertinenti ispezioni nel corso dell’attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro.
Articolo 8
Registro degli accreditamenti della BCE
1. La BCE tiene un registro degli accreditamenti, che è reso disponibile alle BCN e alle future BCN dell’Eurosistema e ai fabbricanti accreditati attraverso la extranet delle banconote della BCE. Il registro degli accreditamenti contiene:
a)
un elenco di tutti i fabbricanti a cui è stato concesso un accreditamento;
b)
in relazione a ogni fabbricante accreditato:
i)
l’indicazione dell’attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro per cui è stato concesso un accreditamento;
ii)
il sito di fabbricazione per l’attività inerente agli elementi di sicurezza o inerente agli elementi dell'euro per cui è stato concesso un accreditamento;
iii)
informazioni relative agli elementi di sicurezza dell’euro o agli elementi dell’euro prodotti in ciascun sito di fabbricazione.
2. La BCE aggiorna periodicamente il registro degli accreditamenti con lo status di accreditamento dei fabbricanti accreditati, nonché con le informazioni fornite dai fabbricanti accreditati ai sensi della presente decisione. Al fine di procedere all’aggiornamento periodico del registro degli accreditamenti, la BCE può raccogliere dai fabbricanti accreditati, dalle BCN e dalle future BCN dell’Eurosistema ogni altra informazione rilevante che essa reputi necessaria per mantenere l’accuratezza e la correttezza delle informazioni contenute nel registro.
3. Qualora adotti una decisione di sospensione ai sensi dell’articolo 17, la BCE registra senza indugio, dopo avere notificato al fabbricante accreditato la propria decisione, tutte le seguenti informazioni nel registro degli accreditamenti:
a)
la portata e la durata della sospensione;
b)
tutte le modifiche che incidono sullo status di accreditamento del fabbricante accreditato concernenti:
i)
il nome;
ii)
il sito di fabbricazione pertinente;
iii)
l’elemento di sicurezza dell’euro o l’elemento dell’euro e l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro interessato/a dalla sospensione, in conformità alle conclusioni della decisione di sospensione.
4. Qualora adotti una decisione di revoca ai sensi dell’articolo 18, la BCE rimuove senza indugio, dopo aver notificato al fabbricante accreditato la propria decisione, le seguenti informazioni dal registro degli accreditamenti in conformità alle conclusioni della decisione di revoca:
a)
il nome del fabbricante accreditato;
b)
il sito di fabbricazione;
c)
l’elemento di sicurezza dell’euro o l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro;
d)
l’elemento dell’euro o l’attività inerente agli elementi dell’euro.
5. Un fabbricante accreditato informa la BCE se le informazioni sul fabbricante accreditato contenute nel registro degli accreditamenti sono incomplete o errate. Se accerta che tali informazioni sono incomplete o errate, la BCE modifica il registro degli accreditamenti.
Articolo 9
Obblighi dei fabbricanti accreditati al fine di conservare l’accreditamento
Un fabbricante accreditato adempie ai seguenti obblighi al fine di conservare il proprio accreditamento per il sito di fabbricazione interessato:
1)
mantenere riservati i requisiti di accreditamento e rispettare la classificazione di riservatezza della BCE di tutti i documenti come indicata nell’extranet delle banconote della BCE;
2)
informare per iscritto la BCE di ogni rinnovo o modifica delle certificazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), fornendo ogni volta una copia del certificato nuovo o modificato, entro tre mesi dalla data del rinnovo o della modifica;
3)
informare immediatamente per iscritto la BCE in caso di revoca dei certificati relativi ai requisiti inerenti all’accreditamento di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), o, se del caso, all'articolo 4, paragrafo 3;
4)
fornire su base annua, entro due mesi dalla fine dell’anno civile, una dichiarazione di un revisore indipendente che certifichi:
a)
l'attuazione e l’operatività di un programma di conformità aziendale di cui all'articolo 4, paragrafo 3;
b)
che il fabbricante accreditato non è coinvolto in nessuna delle circostanze di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2;
5)
informare immediatamente per iscritto la BCE in merito al decorso di un periodo ininterrotto di 36 mesi durante il quale il fabbricante accreditato non ha svolto alcuna attività inerente agli elementi dell’euro, ad eccezione della distruzione, dello stoccaggio, dell'analisi o dello spostamento all'interno di un sito di fabbricazione di elementi di sicurezza dell'euro, o non ha condotto alcuna attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro;
6)
riferire per iscritto alla BCE, quando svolge un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro, conformemente ai requisiti di sicurezza, in merito a qualsiasi discrepanza nei quantitativi di elementi di sicurezza dell'euro individuati nel corso dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro presso il proprio sito di fabbricazione accreditato;
7)
informare immediatamente la BCE e chiederne il previo consenso scritto qualora intenda svolgere una delle seguenti attività:
a)
la modifica di qualsiasi misura adottata presso il sito di fabbricazione interessato che incida o sia suscettibile di incidere, in qualsiasi modo, sull'osservanza dei pertinenti requisiti inerenti all'accreditamento;
b)
la modifica dell’assetto proprietario;
c)
l’avvio di una procedura di liquidazione del fabbricante accreditato o di qualunque procedura analoga;
d)
la riorganizzazione della propria impresa o della propria struttura con modalità suscettibili di incidere sull'attività per la quale l'accreditamento è stato concesso;
e)
il subappalto o il coinvolgimento di parti terze, comprese le società controllate o consociate del fabbricante accreditato, in un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro o agli elementi dell'euro per i quali il fabbricante ha ricevuto l'accreditamento, a prescindere dal fatto che il subappalto o il coinvolgimento di parti terze in un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro o agli elementi di dell'euro sia destinato a svolgersi presso il pertinente sito di fabbricazione o altrove;
8)
informare immediatamente per iscritto le BCN responsabili nel caso in cui si verifichi una delle situazioni di cui al punto 7), lettera e);
9)
informare immediatamente per iscritto la BCE qualora si verifichi uno dei seguenti eventi:
a)
il fabbricante accreditato o uno dei suoi soggetti controllanti è stato condannato con sentenza definitiva per una delle attività di cui all'articolo 4, paragrafo 1;
b)
il fabbricante accreditato o uno dei suoi soggetti controllanti è coinvolto in una delle situazioni di cui all'articolo 4, paragrafo 2;
10)
informare immediatamente per iscritto la BCE quando intende avviare un processo di qualificazione, come stabilito separatamente dalla BCE nei pertinenti requisiti di qualità, per qualsiasi elemento di sicurezza dell'euro o elemento dell'euro. La notifica comprende informazioni sulle previste date di avvio e di conclusione del processo di qualificazione;
11)
istituire le procedure necessarie per garantire che le versioni più recenti di tutti i documenti pertinenti disponibili per i fabbricanti accreditati attraverso l’extranet delle banconote della BCE siano state adeguatamente distribuite presso il sito di fabbricazione accreditato.
Articolo 10
Previo consenso scritto della BCE
1. La BCE concede il proprio previo consenso scritto entro un termine ragionevole per le attività elencate all’articolo 9, punto 7), nei casi in cui il fabbricante accreditato richiedente soddisfi tutti i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento e tutti i pertinenti obblighi.
2. La BCE può concedere il proprio previo consenso scritto a condizione che il fabbricante accreditato richiedente ottemperi a tutte le restrizioni o obbligazioni che la BCE può imporre allo stesso.
3. La BCE può negare il proprio previo consenso scritto qualora pervenga alla conclusione che la capacità del fabbricante accreditato di ottemperare ai requisiti o agli obblighi inerenti all’accreditamento sarà compromessa nel caso in cui il fabbricante accreditato svolga una delle attività di cui all’articolo 9, punto 7).
Articolo 11
Ispezioni
1. La BCE valuta se un fabbricante accreditato rispetta i requisiti inerenti all’accreditamento mediante ispezioni in loco o ispezioni a distanza
2. La BCE effettua le ispezioni a distanza in riferimento a qualunque documento richiesto dalla BCE che sia rilevante al fine di valutare l’osservanza da parte del fabbricante accreditato dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento. Le richieste di documentazione che la BCE rivolge a un fabbricante accreditato non costituiscono un'ispezione a distanza del sito, a meno che la richiesta non faccia esplicito riferimento a un'ispezione a distanza.
3. La BCE può effettuare ispezioni in loco, con o senza preavviso.
4. Nel corso di un'ispezione in loco la BCE valuta il rispetto da parte del fabbricante accreditato dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento presso il sito di fabbricazione.
5. La BCE avvia le ispezioni in loco con preavviso alla data previamente concordata con il fabbricante accreditato. Il fabbricante accreditato garantisce che nel corso dell'ispezione la pertinente attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o inerente agli elementi dell’euro sia svolta presso il sito di fabbricazione.
6. La BCE decide in merito alla durata dell'ispezione in loco, con o senza preavviso, al fine di garantire che siano ottenute informazioni sufficienti per valutare il rispetto da parte del fabbricante accreditato di tutti i requisiti inerenti all’accreditamento. La BCE può sospendere un'ispezione in loco in corso al fine di consentire al fabbricante accreditato di dimostrare la conformità ai pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento.
7. Il fabbricante accreditato accorda alla BCE l'accesso a tutte le aree del sito di fabbricazione e a tutti i documenti che essa ritiene pertinenti per l'ispezione.
8. Il fabbricante accreditato restituisce alla BCE tutta la documentazione richiesta per l'ispezione, come il questionario di ispezione compilato, disponibile nell'extranet delle banconote della BCE, o ogni altra documentazione che la BCE fornisca al fabbricante accreditato prima dell'ispezione, almeno dieci giorni lavorativi prima della data prevista per l'inizio dell'ispezione in loco o come altrimenti specificato dalla BCE.
Articolo 12
Casi di inosservanza
1. Ognuna delle seguenti condotte di un fabbricante accreditato costituisce un caso di inosservanza:
a)
l’inosservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento elencati all’articolo 3, paragrafo 1;
b)
per quanto riguarda i casi di inosservanza individuati in precedenza, la mancata attuazione delle migliorie entro i termini come concordato con la BCE;
c)
l’inosservanza degli obblighi elencati all’articolo 9;
d)
il rifiuto di consentire alla BCE l'accesso immediato al sito di fabbricazione o a tutti i documenti che la BCE ritiene necessari per l'ispezione;
e)
una discrepanza nei registri degli elementi di sicurezza dell'euro connessa a una violazione dei requisiti di sicurezza da parte del fabbricante accreditato;
f)
la trasmissione alla BCE e, ove applicabile, a una BCN, di dichiarazioni dimostratesi false o ingannevoli o di documenti dimostratisi falsificati, nell’ambito di qualsiasi procedura prevista dalla presente decisione;
g)
la violazione dell’obbligo di rispettare la classificazione di riservatezza di tutti i documenti relativi alla presente decisione.
2. La BCE notifica al fabbricante accreditato qualsiasi caso di inosservanza dei pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento di cui agli articoli 3 e 4 o degli obblighi di cui all'articolo 9 entro un termine ragionevole dopo che la BCE è venuta a conoscenza del caso di inosservanza.
3. Un fabbricante accreditato pone rimedio a qualsiasi caso di inosservanza entro un termine concordato con la BCE conformemente all'articolo 13, paragrafo 3.
Articolo 13
Esito dell’ispezione
1. La BCE invia al fabbricante accreditato una relazione di ispezione preliminare, in cui specifica eventuali casi di inosservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento individuati nel corso di un'ispezione, nei termini seguenti:
a)
entro 30 giorni lavorativi dalla data in cui la relativa ispezione in loco è terminata;
b)
entro 40 giorni lavorativi dal ricevimento, da parte della BCE, di qualsiasi documento pertinente nell’ambito di un’ispezione a distanza, con particolare riferimento agli obblighi di cui all’articolo 9.
2. Nella relazione di ispezione preliminare la BCE può prevedere raccomandazioni al fabbricante accreditato. Tali raccomandazioni costituiscono suggerimenti per il miglioramento di una misura comunque conforme ai requisiti inerenti all’accreditamento.
3. Entro 15 giorni lavorativi dal ricevimento della relazione di ispezione preliminare, il fabbricante accreditato trasmette alla BCE, per iscritto, le proprie osservazioni in relazione ai casi di inosservanza individuati nel corso dell’ispezione e alle raccomandazioni formulate ai sensi del paragrafo 2. Il fabbricante accreditato fornisce i dettagli relativi a eventuali misure che intende attuare in riferimento ai casi di inosservanza, compresi i termini proposti per l'attuazione di tali misure. La BCE valuta le proposte e impone termini, proporzionati alla gravità del caso di inosservanza.
4. La BCE trasmette la relazione di ispezione al fabbricante accreditato entro 40 giorni lavorativi:
a)
dal ricevimento, da parte della BCE, dei commenti scritti del fabbricante accreditato in riferimento alla relazione di ispezione preliminare e di ogni altra informazione pertinente richiesta dalla BCE per completare la sua valutazione;
b)
dalla scadenza del termine per la trasmissione di commenti scritti in riferimento alla relazione di ispezione preliminare, nel caso in cui tali commenti non siano stati ricevuti.
5. La BCE include nella relazione di ispezione le constatazioni rilevate nel corso dell’ispezione, la relativa documentazione di ispezione, i commenti ricevuti dal fabbricante accreditato, una valutazione di azioni, misure o migliorie che il fabbricante accreditato intende attuare e i relativi termini di attuazione. Sulla base dei risultati dell'ispezione, la relazione di ispezione trae conclusioni in merito al fatto che il fabbricante accreditato sia conforme ai requisiti inerenti all’accreditamento, o possa diventarlo entro i termini proposti, e che la BCE debba adottare una delle decisioni di cui agli articoli di 16 a 18.
6. Entro 15 giorni lavorativi dal ricevimento della relazione di ispezione di cui al paragrafo 4, il fabbricante accreditato può presentare alla BCE commenti scritti in merito al contenuto di tale relazione.
7. La BCE prende in esame i commenti ricevuti dal fabbricante accreditato e porta a termine l'ispezione attuando le conclusioni della relazione di ispezione e informando il fabbricante accreditato e, se del caso, tutti gli altri fabbricanti accreditati.
8. Possono essere effettuate ispezioni di controllo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1, in loco o a distanza, per verificare che le misure indicate nella relazione di ispezione siano effettivamente attuate e soddisfino i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento.
9. In casi rilevanti di inosservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento che richiedono una decisione urgente della BCE e che possono, ragionevolmente, essere reputati tali da giustificare una decisione di sospensione ai sensi dell’articolo 17 o una decisione di revoca ai sensi dell’articolo 18, la BCE può decidere di abbreviare il procedimento indicato ai paragrafi da 1 a 3, accordando al fabbricante un termine massimo di cinque giorni lavorativi per trasmettere i propri commenti in ordine ai relativi casi rilevanti di inosservanza. La BCE enuncia i motivi di tale urgenza.
10. La BCE può decidere di prolungare i termini di cui al presente articolo.
Articolo 14
Decisione su un'interruzione immediata dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro
1. Quando la BCE riscontra un caso grave di inosservanza che potrebbe determinare la perdita o il furto di elementi di sicurezza dell’euro o la divulgazione non autorizzata di informazioni relative a elementi di sicurezza dell'euro che potrebbero danneggiare l’integrità delle banconote in euro quali mezzi di pagamento, salvo che siano immediatamente adottate azioni correttive, la BCE può richiedere al fabbricante accreditato di interrompere con effetto immediato la pertinente attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro, fino a quando non sia posto rimedio al caso grave di inosservanza. In tal caso, il fabbricante accreditato non può riprendere l’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro senza il previo consenso scritto della BCE.
2. Un fabbricante accreditato cui è stato richiesto di interrompere con effetto immediato un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro deve fornire alla BCE informazioni relative a qualsiasi altro fabbricante accreditato che, in qualità di cliente o fornitore, potrebbe indirettamente subire ripercussioni per effetto dell’interruzione dell'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro. La BCE può altresì richiedere al fabbricante accreditato di adottare le misure di cui all’articolo 18, paragrafo 5, al fine di garantire che questi non rimanga in possesso di specifici elementi di sicurezza dell’euro nel corso del periodo di interruzione dell’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro.
3. La BCE informa tutti i fabbricanti accreditati, menzionati al paragrafo 2, che potrebbero subire delle ripercussioni se un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro è interrotta ai sensi del paragrafo 1. In tal caso, la BCE informa tali fabbricanti accreditati se vi è una modifica dello status del fabbricante accreditato la cui attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro è stata interrotta a norma del paragrafo 1.
4. Fatta salva ogni altra decisione adottata ai sensi degli articoli da 16 a 18, la BCE revoca prontamente l’interruzione di un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro, se un’ispezione ai sensi dell’articolo 11 ha dimostrato che è stato posto rimedio a tutti i casi rilevanti di inosservanza di cui al paragrafo 1.
SEZIONE III
CONSEGUENZE DELL’INOSSERVANZA
Articolo 15
Decisioni della BCE su casi di inosservanza
1. In caso di inosservanza da parte di un fabbricante accreditato, la BCE può adottare una delle decisioni di cui agli articoli da 16 a 19. Tali decisioni specificano:
a)
il caso di inosservanza e tutti commenti formulati dal fabbricante accreditato, ove applicabile;
b)
il sito di fabbricazione, l'elemento di sicurezza dell'euro e/o l'elemento dell'euro e l'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro e/o inerente agli elementi dell'euro ai quali la decisione si riferisce;
c)
la data in cui la decisione avrà effetto e, se del caso, una o entrambe le seguenti informazioni:
i)
la data in cui la decisione cesserà di produrre effetti;
ii)
le circostanze in cui la decisione cesserà di produrre effetti;
d)
il termine entro il quale porre rimedio all’inosservanza, ove applicabile;
e)
i motivi della decisione.
2. La decisione è proporzionata alla gravità del caso di inosservanza e tiene conto di tutti i seguenti elementi:
a)
i precedenti del fabbricante accreditato per quanto concerne altri casi di inosservanza e la loro correzione;
b)
tutti i pertinenti chiarimenti forniti dal fabbricante accreditato in relazione al pertinente caso di inosservanza;
c)
una descrizione del modo in cui il fabbricante accreditato ha rimediato, o ha intenzione di rimediare, al pertinente caso di inosservanza.
3. Nel fissare i termini, la BCE assicura che siano proporzionati alla gravità del pertinente caso di inosservanza.
4. La BCE informa per iscritto il fabbricante accreditato interessato della decisione presa.
5. La BCE può informare le BCN e gli altri fabbricanti accreditati di ogni decisione adottata ai sensi degli articoli da 16 a 19, ad esempio mediante il registro degli accreditamenti o per iscritto. Le informazioni fornite dalla BCE possono comprendere l'identità del fabbricante accreditato, il tipo e la natura dell’inosservanza e la validità della decisione, se del caso.
Articolo 16
Decisione di avvertimento
1. La BCE può adottare una decisione di avvertimento nei confronti di un fabbricante accreditato in una delle seguenti ipotesi:
a)
un caso grave di inosservanza;
b)
reiterazione di casi di inosservanza;
c)
omessa correzione di un caso di inosservanza in modo tempestivo ed efficace.
2. Una decisione di avvertimento stabilisce che, se non è posto rimedio al caso di inosservanza nel termine fissato, trova applicazione l’articolo 17 o l’articolo 18.
3. Se la BCE ritiene che una mera decisione di avvertimento non rappresenti un deterrente sufficiente data la gravità del caso di inosservanza riscontrato, può adottare una decisione ai sensi degli articoli 17 o 18.
Articolo 17
Decisione di sospensione relativa ai nuovi ordini
1. Se un fabbricante accreditato non si conforma a una decisione di interruzione immediata di un'attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro ai sensi dell'articolo 14, la BCE può adottare una decisione di sospensione nei confronti di tale fabbricante accreditato. Al fabbricante accreditato è vietato accettare nuovi ordini fino alla revoca della decisione di sospensione.
2. Se un fabbricante accreditato non pone rimedio a un caso di inosservanza precisato in una decisione di avvertimento ai sensi dell'articolo 16 entro il termine specificato, la BCE può adottare una decisione di sospensione nei confronti di tale fabbricante accreditato. Il fabbricante accreditato può completare gli ordini di produzione pendenti, ma non può accettarne di nuovi fino alla revoca della decisione di sospensione.
3. Una decisione di sospensione stabilisce che, se non è posto rimedio al caso di inosservanza nel termine fissato, trova applicazione l’articolo 18.
4. Se la BCE ritiene che una mera decisione di sospensione non rappresenti un deterrente sufficiente data la gravità del caso di inosservanza riscontrato, può adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18.
5. Una decisione di sospensione è revocata soltanto se a seguito di un’ispezione ai sensi dell’articolo 11 si reputa che sia stato posto rimedio a tutti i pertinenti casi di inosservanza.
Articolo 18
Decisione di revoca dell’accreditamento
1. La BCE può adottare una decisione di revoca in caso di mancato rispetto, da parte di un fabbricante accreditato, di una decisione di sospensione ai sensi dell'articolo 17.
2. La BCE adotta una decisione di revoca nei seguenti casi:
a)
un fabbricante accreditato richiede di trasferire la propria attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro e/o inerente agli elementi dell’euro presso un nuovo sito di fabbricazione. In tal caso, la portata della revoca include il sito di fabbricazione dal quale è trasferita l’attività pertinente;
b)
modifiche all’assetto proprietario del fabbricante accreditato, ove tali modifiche, direttamente o indirettamente, possano consentire a un soggetto coinvolto nelle programmate modifiche all'assetto proprietario di avere accesso a informazioni riservate della BCE relative alla presente decisione, ad atti giuridici della BCE applicabili o ad accordi contrattuali nei confronti della BCE, di una o più BCN o di uno o più fabbricanti accreditati;
c)
la richiesta da parte di un fabbricante accreditato di ritirare il proprio accreditamento.
3. La BCE può adottare una decisione di revoca quando reputa che la revoca sia necessaria, tenendo conto dei seguenti elementi:
a)
la gravità dello specifico caso di inosservanza;
b)
le dimensioni della perdita o del furto, effettivi o potenziali, di qualsiasi elemento di sicurezza dell’euro o elemento dell’euro;
c)
la presenza di danni finanziari e di immagine conseguenti a causa della divulgazione non autorizzata di informazioni relative a elementi di sicurezza dell'euro;
d)
l’adeguatezza della risposta del fabbricante accreditato, della sua capacità e possibilità di mitigare il caso di inosservanza;
e)
il fatto che circostanze specifiche nel sito di fabbricazione potrebbero danneggiare l'integrità delle banconote in euro come mezzo di pagamento.
4. La BCE può adottare una decisione di revoca nei confronti di un fabbricante accreditato che non ha prodotto elementi di sicurezza dell'euro o elementi dell'euro per un periodo ininterrotto di 36 mesi. Nell'adottare una decisione di revoca su tale base, la BCE prende in considerazione le circostanze specifiche del fabbricante accreditato.
5. Nei casi in cui il possesso di elementi di sicurezza dell’euro da parte del fabbricante può costituire un rischio per l’integrità delle banconote in euro come mezzo di pagamento una volta che la decisione di revoca avrà effetto, la BCE può richiedere al fabbricante di adottare misure quali la distruzione di specifici elementi di sicurezza dell’euro o la loro consegna alla BCE o a una BCN, al fine di assicurare che il fabbricante non sia in possesso di alcun elemento di sicurezza dell’euro una volta che la revoca è divenuta effettiva. La BCE può effettuare controlli in loco per verificare l'effettiva attuazione di tali misure.
6. La decisione di revoca fissa la data a partire dalla quale un fabbricante può richiedere nuovamente un accreditamento. Tale data è determinata sulla base delle circostanze che hanno condotto alla revoca e non può essere inferiore a un anno a partire dalla data in cui la decisione di revoca è divenuta efficace.
Articolo 19
Sanzioni pecuniarie in caso di discrepanze nel quantitativo di banconote in euro o di carta per le banconote
1. Se una discrepanza nel quantitativo di banconote in euro parzialmente stampate o finite o nel quantitativo di carta per le banconote in euro parzialmente finita o finita è portata all’attenzione della BCE ai sensi dell’articolo 9, punto 6), ovvero si verifica nel corso di un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell'euro presso un sito di fabbricazione del fabbricante accreditato, la BCE può irrogare nei confronti del fabbricante accreditato una sanzione pecuniaria, in aggiunta a qualsiasi decisione adottata a norma degli articoli 16, 17 e 18, in uno dei seguenti casi accertati:
a)
il fabbricante accreditato non ha individuato tale discrepanza;
b)
il fabbricante accreditato non ha comunicato la discrepanza conformemente all’articolo 9, punto 6);
c)
il fabbricante accreditato ha segnalato la discrepanza conformemente all’articolo 9, punto 6), ma in seguito non ha individuato e comunicato alla BCE la causa della discrepanza entro il termine stabilito dalla decisione separata sui requisiti di sicurezza.
2. Prima di prendere una decisione in merito a una sanzione pecuniaria, la BCE verifica se la discrepanza nel quantitativo di banconote in euro parzialmente stampate o finite o nel quantitativo di carta per le banconote in euro parzialmente finita o finita sia dovuta a un caso di inosservanza dei requisiti di sicurezza stabiliti in una decisione separata.
3. Nel determinare l'importo della sanzione pecuniaria da irrogare in relazione a una discrepanza accertata, la BCE tiene conto del valore nominale di uno dei seguenti elementi:
a)
le banconote in euro parzialmente stampate o finite;
b)
le potenziali banconote in euro che avrebbero potuto essere stampate utilizzando la carta per le banconote in euro parzialmente finita o finita.
4. La BCE può applicare una sanzione pecuniaria diversa dal valore nominale o dal valore nominale equivalente determinato a norma del paragrafo 3, tenendo conto della gravità dell'inosservanza dei requisiti di sicurezza in ogni caso specifico.
5. In nessun caso la BCE può irrogare una sanzione pecuniaria superiore a 5 00. 000 euro.
6. Quando adotta una decisione sulle sanzioni pecuniarie, la BCE si conforma alle procedure previste dal regolamento (CE) n. 2532/98 e al regolamento (CE) n. 2157/1999 della Banca centrale europea (ECB/1999/4) (11).
Articolo 20
Delega e subdelega
1. Il Consiglio direttivo delega al Comitato esecutivo il potere di adottare tutte le decisioni riguardanti l'accreditamento di un fabbricante ai sensi dell'articolo 6, paragrafi 1, 3 e 7, dell'articolo 7, dell'articolo 10, dell'articolo 14, paragrafi 1 e 4, e degli articoli da 16 a 19.
2. Il Comitato esecutivo può subdelegare a uno dei propri membri il potere di adottare tutte le decisioni relative all'accreditamento di un fabbricante ai sensi dell'articolo 6, paragrafi 1, 3 e 7, e dell'articolo 7.
3. Il Comitato esecutivo può subdelegare al livello operativo il potere di:
a)
concedere il previo consenso scritto della BCE a norma dell'articolo 10, paragrafo 1, nei casi in cui un fabbricante accreditato abbia rispettato tutti i pertinenti requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi degli articoli 3 e 4 e tutti gli obblighi pertinenti ai sensi dell'articolo 9;
b)
adottare decisioni relative a un’interruzione immediata dell’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro ai sensi dell’articolo 14.
4. Il Comitato esecutivo informa il Consiglio direttivo di qualsiasi decisione adottata su delega o subdelega ai sensi del presente articolo.
Articolo 21
Procedimento di riesame
1. La BCE valuta tutte le richieste e le informazioni fornite da un fabbricante in relazione alla presente decisione e informa per iscritto il fabbricante della decisione di accettare o rigettare la richiesta o la validità delle informazioni ricevute entro 50 giorni lavorativi dal ricevimento:
a)
della richiesta di accreditamento;
b)
delle informazioni aggiuntive o dei chiarimenti forniti dal fabbricanti su richiesta dalla BCE.
2. Un fabbricante può presentare al Consiglio direttivo un’istanza di riesame della decisione della BCE:
a)
adottata ai sensi dell’articolo 6, paragrafi 1 e 7, e dell'articolo 7;
b)
adottata ai sensi dell’articolo 14 e degli articoli da 16 a 18.
Il fabbricante presenta l’istanza di riesame entro 30 giorni lavorativi dalla notifica della decisione di cui al paragrafo 1. Il fabbricante ne indica i motivi e include tutte le informazioni a sostegno di dell’istanza.
3. Il riesame non ha effetto sospensivo. In via eccezionale, se un fabbricante fa esplicita richiesta che il riesame abbia effetto sospensivo e motiva tale richiesta, il Consiglio direttivo può sospendere l’applicazione della decisione oggetto di riesame.
4. Il Consiglio direttivo riesamina la decisione di cui al paragrafo 1 alla luce dell’istanza di riesame del fabbricante. Se il Consiglio direttivo ritiene che la decisione di cui al paragrafo 1 violi la presente decisione, ordina la ripetizione della procedura o adotta una decisione definitiva. Se il Consiglio direttivo non ritiene che la decisione di cui al paragrafo 1 violi la presente decisione, rigetta l’istanza di riesame del fabbricante. Al fabbricante è notificato l’esito del riesame per iscritto entro 60 giorni lavorativi dal ricevimento dell’istanza di riesame. La decisione del Consiglio direttivo enuncia i motivi sui quali è fondata.
5. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha competenza esclusiva per tutte le controversie fra la BCE e un fabbricante relative alla presente decisione. Se è disponibile una procedura di riesame ai sensi del paragrafo 2, il fabbricante deve attendere la decisione del Consiglio direttivo sul riesame prima di adire la Corte di giustizia. Tutti i termini previsti dal trattato iniziano a decorrere dal ricevimento della decisione di riesame.
6. In deroga ai paragrafi da 1 a 4, la procedura di riesame delle decisioni che irrogano sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 19 si svolge in conformità al Regolamento (CE) n. 2532/98 e al Regolamento della Banca centrale europea (CE) n. 2157/1999 (BCE/1999/4).
7. Se deciso di comune accordo, la BCE e il fabbricante possono risolvere eventuali controversie sull'applicazione della presente decisione mediante arbitrato. Tutte le controversie tra la BCE e un fabbricante accreditato sono risolte in via definitiva a norma del regolamento di arbitrato della Camera di commercio internazionale da uno o più arbitri designati in conformità a tale regolamento. La lingua dell'arbitrato è l'inglese.
SEZIONE IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 22
Abrogazione
1. La decisione BCE/2013/54 è abrogata a decorrere dal 18 maggio 2021.
2. I riferimenti alla decisione abrogata sono da interpretarsi come riferimenti alla presente decisione e sono intesi conformemente alla tavola di concordanza contenuta nell’allegato II.
Articolo 23
Disposizioni transitorie
1. La decisione BCE/2013/54 continua ad applicarsi per un periodo di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente decisione.
2. I fabbricanti accreditati che hanno ottenuto l'accreditamento o l'accreditamento provvisorio ai sensi della decisione BCE/2013/54 si considerano accreditati ai sensi della presente decisione a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione.
3. Tutte le procedure avviate o pendenti in relazione agli accreditamenti concessi a norma della decisione BCE/2013/54 sono completate in conformità alla presente decisione, in particolare tutte le procedure avviate o pendenti in relazione a:
a)
ispezioni di sicurezza o di qualità, iniziali o di controllo, ai sensi dell'articolo 11;
b)
valutazione dell’osservanza dei requisiti inerenti all’accreditamento ai sensi dell'articolo 6;
c)
concessione di accreditamenti ai sensi dell'articolo 7;
d)
adozione di una decisione ai sensi degli articoli da 16 a 19;
e)
riesame di azioni o decisioni di cui alle lettere da a) a d).
Tutte le procedure avviate o pendenti sono completate entro la scadenza del termine di cui al paragrafo 1.
Articolo 24
Efficacia
1. Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della notifica ai destinatari.
2. Si applica a decorrere dal 18 maggio 2021.
3. L’articolo 4 e l’articolo 9, punto 4), si applicano a decorrere dal 16 novembre 2022.
Articolo 25
Destinatari
Destinatari della presente decisione sono i fabbricanti e i fabbricanti accreditati di elementi di sicurezza dell’euro e di elementi dell'euro.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 27 aprile 2020.
La Presidente della BCE
Christine LAGARDE
(1) GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.
(2) Decisione BCE/2013/54 della Banca centrale europea, del 20 dicembre 2013, sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro e che modifica la decisione BCE/2008/3 (GU L 57 del 27.2.2014, pag. 29).
(3) Cfr. l'allegato I.
(4) Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell'11.11.2008, pag. 42).
(5) Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54).
(6) Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6).
(7) Direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU L 141 del 5.6.2015, pag. 73)
(8) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1).
(9) Disponibile sul sito internet della Camera di commercio internazionale all'indirizzo www.iccwbo.org.
(10) Disponibile sul sito internet dell'Iniziativa etica per le banconote all'indirizzo www.bnei.com.
(11) Regolamento della Banca centrale europea (CE) n. 2157/1999, del 23 settembre 1999, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (BCE/1999/4) (GU L 264 del 12.10.1999, pag. 21).
ALLEGATO I
Decisione abrogata con l'elenco delle successive modifiche
(di cui all'articolo 22)
Decisione BCE/2013/54 della Banca centrale europea, del 20 dicembre 2013, sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro e che modifica la decisione BCE/2008/3 (GU L 57 del 27.2.2014, pag. 29).
Decisione (UE) 2016/955 della Banca centrale europea, del 6 maggio 2016, che modifica la Decisione BCE/2013/54 sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell'euro e degli elementi dell'euro (BCE/2016/12) (GU L 159 del 16.6.2016, pag. 19).
Decisione (UE) 2016/1734 della Banca centrale europea, del 21 settembre 2016, che modifica la Decisione BCE/2013/54 sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell'euro e degli elementi dell'euro (BCE/2016/25) (GU L 262 del 29.9.2016, pag. 30).
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Decisione BCE/2013/54
Presente decisione
SEZIONE I — DISPOSIZIONI GENERALI
SEZIONE I — DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
-
Articolo 2, paragrafi 3, 4, 7 e 11
Articolo 2, paragrafo 2
-
Articolo 2, paragrafo 3
-
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 5, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) e paragrafo 2
-
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 5, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 6
Articolo 3, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 7
Articolo 2, paragrafo 8
Articolo 2, paragrafo 8
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 9
Articolo 2, paragrafo 11
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 19, paragrafo 2
-
Articolo 20, paragrafo 3
-
Articolo 4
SEZIONE II — PROCEDURA DI ACCREDITAMENTO
SEZIONE II — PROCEDURA DI ACCREDITAMENTO
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere a) e c)
Articolo 4, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, lettera d) e articolo 9, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, lettera f)
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 2, lettera h) e articolo 3, paragrafo 1, lettera d)
-
Articolo 5, paragrafo 2, lettere b), e), g), i), j) e k)
-
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4, e articolo 5, paragrafo 3, primo periodo
Articolo 6, paragrafi 2 e 6
Articolo 4, paragrafo 5 e articolo 5, paragrafo 3, secondo periodo
Articolo 6, paragrafo 7
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 4, primo, secondo, terzo e quarto periodo
Articolo 5, paragrafo 2
articolo 6, paragrafo 4, quarto periodo
-
Articolo 6, paragrafi 1, 3 e 5
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 1
-
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 3
Articolo 7, paragrafo 3
Articolo 7
-
Articolo 8
-
-
Articolo 9, punti 8), 9), 10) e 11)
SEZIONE III - ISPEZIONI E CONTROLLI SPECIFICI DI SICUREZZA DELLA BCN
SEZIONE III - CONSEGUENZE DELL’INOSSERVANZA
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 3, primo periodo
Articolo 11, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 3, secondo periodo
-
Articolo 9, paragrafo 4, primo e terzo periodo
Articolo 11, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4, secondo periodo
Articolo 11, paragrafo 5, primo periodo
-
Articolo 11, paragrafo 5, secondo periodo
-
Articolo 11, paragrafi 6 e 7
Articolo 9, paragrafo 5
Articolo 11, paragrafo 8
Articolo 9, paragrafo 6
-
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 10, paragrafo 2
-
Articolo 10, paragrafo 3, frase introduttiva e lettere b) e c)
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 10, paragrafo 3, lettera a)
-
Articolo 10, paragrafo 3, secondo e terzo periodo
Articolo 13, paragrafo 5
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 13, paragrafi 3 e 4
Articolo 10, paragrafo 4, secondo periodo
Articolo 13, paragrafo 7
Articolo 10, paragrafo 5, primo periodo
Articolo 13, paragrafo 8
Articolo 10, paragrafo 5, secondo periodo
-
-
Articolo 13, paragrafo 6
Articolo 10, paragrafo 6
Articolo 13, paragrafo 9
Articolo 10, paragrafo 7
Articolo 13, paragrafo 10
Articolo 11
-
SEZIONE IV — OBBLIGHI CONTINUATIVI
SEZIONE IV —DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 6
Articolo 12, paragrafo 2, primo periodo
Articolo 9, punto 2)
Articolo 12, paragrafo 2, secondo periodo
Articolo 9, punto 3)
-
Articolo 9, punto 4)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera b)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 3, lettera e)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera d)
Articolo 12, paragrafo 3, lettere f) e g), e articolo 12, paragrafo 4, primo periodo
Articolo 9, paragrafo 7, lettera e) e Articolo 9 punto 8)
Articolo 12, paragrafo 4, secondo e terzo periodo
-
Articolo 12, paragrafo 5, primo periodo
Articolo 9, punto 7)
Articolo 12, paragrafo 5, parte introduttiva del secondo periodo
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, lettera a)
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, lettera b), punti i), ii) e iii)
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, secondo comma
-
Articolo 20, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 5, terzo comma
Articolo 20, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 6, frase introduttiva
Articolo 9, punto 7), frase introduttiva
Articolo 12, paragrafo 6, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 6, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 7, lettera d)
Articolo 12, paragrafo 6, lettera c)
-
Articolo 12, paragrafo 6, lettera d)
Articolo 9, punto 5)
Articolo 12, paragrafo 7
Articolo 7, paragrafo 3)
Articolo 12, paragrafo 8
-
Articolo 12, paragrafo 9
-
Articolo 13
Articolo 2, paragrafo 5
SEZIONE V - CONSEGUENZE DELL’INOSSERVANZA
-
Articolo 14, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 1, lettera b)-
Articolo 12, paragrafo 1, lettere a) e b) )
Articolo 14, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 12, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 14, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 12, paragrafo 1, lettera f)
Articolo 14, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 12, paragrafo 1, lettera g)
Articolo 14, paragrafo 2, primo periodo
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafo 2, secondo periodo
Articolo 12, paragrafo 3
Articolo 14, paragrafo 2, terzo periodo
Articolo 15, paragrafo 3
Articolo 14, paragrafo 3
Articolo 1, punto 36)
Articolo 14, paragrafo 4
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 15, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2, frase introduttiva e lettera a)
Articoli 16, paragrafo 2, 17, paragrafo 2, 18 paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 15, paragrafo 2, lettera c
Articolo 15, paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 5
Articolo 16, paragrafo 1
Articolo 16, paragrafo 1
Articolo 16, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 16, paragrafi 3 e 4
Articolo 16, paragrafi 2 e 3
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 17, paragrafo 2
Articolo 15, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 17, paragrafo 3
Articolo 17, paragrafo 3
Articolo 17, paragrafi 4 e 5
Articolo 17, paragrafi 4 e 5
Articolo 18, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 18, paragrafo 1, lettera b)
-
Articolo 18, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 18, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 18, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 18, paragrafo 2, lettere a) e b)
Articolo 18, paragrafo 3, lettere a), b) e c)
Articolo 18, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 18, paragrafo 3, lettera d)
-
Articolo 18, paragrafo 3, lettera e)
-
Articolo 18, paragrafo 4
Articolo 18, paragrafo 3
-
Articolo 18, paragrafi 4 e 5
Articolo 18, paragrafi 5 e 6
Articolo 19
Articolo 14
Articolo 20, paragrafo 1
Articolo 9, punto 6) e articolo 12, paragrafo 1, lettera e)
Articolo 20, paragrafo 2
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 20, paragrafo 3, primo, secondo e terzo periodo
Articolo 19, paragrafi 2 e 3 e articolo 19, paragrafo 4
Articolo 20, paragrafo 3, quarto periodo
Articolo 19, paragrafo 5
Articolo 20, paragrafo 4, primo periodo
Articolo 19, paragrafo 2
Articolo 20, paragrafo 4, secondo periodo
Articolo 19, paragrafo 6
Articolo 20, paragrafo 4, terzo periodo
-
Articolo 21
Articolo 21
Articolo 22
Articolo 8
SEZIONE VI - MODIFICA, DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
-
Articolo 23
-
Articolo 24
Articolo 22
Articolo 25
Articolo 23
Articolo 26
Articolo 24
Articolo 27
Articolo 25
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Aggiorna i principi, i requisiti e le procedure che i fabbricanti* devono rispettare per ricevere, da parte della Banca centrale europea (BCE), l’accreditamento* per eseguire attività inerenti agli elementi dell’euro.
PUNTI CHIAVE
La decisione prevede principi, requisiti (relativi a sicurezza, qualità, protezione ambientale, salute, posizione, gestione internazionale della qualità ed etica) e procedure di accreditamento aggiornati cui i fabbricanti pertinenti e la BCE devono attenersi. La decisione aggiunge la condotta etica dell’attività di impresa quale nuovo principale requisito per l’accreditamento dei fabbricanti.
Inoltre, la decisione stabilisce nello specifico i casi di mancato rispetto di tali norme e le loro conseguenze (che vanno dalle diffide alla revoca dell’accreditamento fino a sanzioni pecuniarie), nonché i mezzi di ricorso disponibili per la risoluzione delle controversie.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione (UE) 2020/637 sarà in vigore dal 18 maggio 2021.
Per garantire una transizione graduale dalle precedenti procedure di accreditamento, il precedente regime giuridico (Decisione BCE/2013/54) rimarrà in vigore per 12 mesi e i fabbricanti avranno 30 mesi, fino al 16 novembre 2022, per conformarsi ai nuovi requisiti etici.
TERMINI CHIAVE
Fabbricante: un’entità giuridica autorizzata a eseguire un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro, fatta eccezione per le entità giuridiche che siano coinvolte esclusivamente nel trasporto o nella distruzione di elementi di sicurezza dell’euro.
Accreditamento: l’autorizzazione, concessa a un fabbricante mediante una decisione della BCE, a eseguire un’attività inerente agli elementi di sicurezza dell’euro o un’attività inerente agli elementi dell’euro presso uno specifico sito di fabbricazione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2020/637 della Banca centrale europea, del 27 aprile 2020, sulle procedure di accreditamento dei fabbricanti degli elementi di sicurezza dell’euro e degli elementi dell’euro (BCE/2020/24) (rifusione) (GU L 149 del 12.5.2020, pag. 12).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Parte terza – Politica e azioni interne dell’Unione – Titolo VIII – Politica economica e monetaria – Capo 2 – Politica monetaria – Articolo 128 (ex articolo 106 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 103).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Protocollo (N. 4) sullo Statuto del sistema europeo di banche centrali e della banca centrale europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 230).
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2532/98 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. |
Misure restrittive dell’Unione europea contro gli attacchi informatici
QUALI SONO GLI OBIETTIVI DELLA DECISIONE E DEL REGOLAMENTO?
Esse istituiscono un quadro che consente all’Unione di imporre sanzioni per scoraggiare e rispondere agli attacchi informatici* che costituiscono una minaccia esterna per l’Unione o gli Stati membri. Questi attacchi informatici comprendono quelli contro paesi terzi o organizzazioni internazionali in cui si ritiene che sia necessaria un’azione per conseguire gli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Sanzioni per le persone fisiche o giuridiche elencateQuesto quadro consente all’Unione di imporre sanzioni a persone fisiche o giuridiche responsabili di attacchi informatici o tentati attacchi informatici, che forniscono sostegno finanziario, tecnico o materiale per tali attacchi o che sono altrimenti coinvolte. Le sanzioni possono essere imposte anche a persone fisiche o giuridiche ad esse associate. Le misure restrittive comprendono divieti alle persone che viaggiano verso l’Unione e il congelamento dei fondi. Le persone soggette a tali sanzioni sono elencate nell’allegato I della decisione (PESC) 2019/797, come identificate dal Consiglio; tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da persone fisiche o giuridiche, entità o organismi elencati nell’allegato I saranno congelati. Gli Stati membri sono responsabili di stabilire norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni.Attacchi informatici
Gli attacchi informatici che rientrano nell’ambito di applicazione di questo nuovo regime di sanzioni sono quelli che hanno effetti significativi e che:provengono o sono sferrati dall’esterno dell’Unione; o impiegano infrastrutture esterne all’Unione; o sono compiuti da persone o entità stabilite o operanti al di fuori dell’Unione; o sono commessi con il sostegno di persone o entità operanti al di fuori dell’Unione.Gli attacchi informatici che costituiscono una minaccia per gli Stati membri comprendono quelli che incidono su sistemi di informazione relativi a:infrastrutture critiche essenziali per le funzioni vitali della società o della salute, dell’incolumità, della sicurezza e del benessere economico o sociale della popolazione; servizi necessari per le attività sociali e/o economiche fondamentali, in particolare nei settori dell’energia, dei trasporti, nel settore bancario, nei mercati finanziari, nel settore sanitario, dell’acqua potabile, delle infrastrutture digitali; funzioni statali essenziali, in particolare nei settori della difesa, della governance e del funzionamento di istituzioni, delle elezioni pubbliche, del funzionamento di infrastrutture economiche e civili, della sicurezza interna e delle relazioni esterne, anche attraverso missioni diplomatiche; conservazione o trattamento di informazioni classificate; o squadre di pronto intervento governative.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E IL REGOLAMENTO?
Si applicano dal 18 maggio 2019.
CONTESTO
Una comunicazione congiunta pubblicata nel giugno 2018 ha sottolineato che le attività di attori statali e non statali come gli attacchi informatici che perturbano l’economia e i servizi pubblici attraverso campagne di disinformazione mirate ad azioni militari ostili continuino a rappresentare una seria e grave minaccia per l’Unione e per gli Stati membri. Ha identificato le aree in cui si dovrebbero intensificare le azioni per approfondire e rafforzare ulteriormente il contributo dell’Unione alla risoluzione di tali minacce e ha invitato gli Stati membri e la Commissione a garantire un tempestivo seguito.
Nell’ottobre 2018, sulla scia degli attacchi informatici all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, il Consiglio europeo ha adottato conclusioni che chiedevano l’elaborazione di misure per rafforzare ulteriormente la deterrenza, la resilienza e la risposta dell’Unione a minacce ibride, cibernetiche nonché chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. Il Consiglio è stato invitato a elaborare un regime di sanzioni specifico per gli attacchi informatici.
Si veda anche:Resilienza, deterrenza e difesa: Verso una cibersicurezza forte per l’UE (Commissione europea). Riforma della cibersicurezza in Europa (Consiglio europeo e Consiglio dell’Unione europea) Attacchi informatici: ora il Consiglio può imporre sanzioni — Comunicato stampa (Consiglio europeo e Consiglio dell’Unione europea).
TERMINI CHIAVE
Attacchi informatici: azioni non autorizzate che comportano l’accesso a o interferenze con i sistemi di informazione, interferenza nei dati o intercettazione dei dati.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (PESC) 2019/797 del Consiglio, del 17 maggio 2019, concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l’Unione o i suoi Stati membri (GU L 129I del 17.5.2019, pag. 13).
Regolamento (UE) 2019/796 del Consiglio, del 17 maggio 2019, concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l’Unione o i suoi Stati membri (GU L 129I del 17.5.2019, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio — Rafforzamento della resilienza e potenziamento delle capacità di affrontare minacce ibride [JOIN(2018) 16 final, del 13.6.2018]. | REGOLAMENTO (UE) 2019/796 DEL CONSIGLIO
del 17 maggio 2019
concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l'Unione o i suoi Stati membri
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 215,
vista la decisione (PESC) 2019/797 del Consiglio, del 17 maggio 2019, concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l'Unione o i suoi Stati membri (1),
vista la proposta congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 18 ottobre 2018 il Consiglio europeo, facendo seguito alle conclusioni del Consiglio del 19 giugno 2017, ha adottato conclusioni in cui si chiedeva di portare avanti i lavori sulla capacità di scoraggiare gli attacchi informatici e di rispondervi attraverso misure restrittive dell'Unione.
(2)
Il 17 maggio 2019 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2019/797. La decisione (PESC) 2019/797 istituisce un quadro per misure restrittive mirate volte a scoraggiarere e rispondere agli attacchi informatici con effetti significativi, che costituiscono una minaccia esterna per l'Unione o i suoi Stati membri. Le persone, le entità e gli organismi oggetto di misure restrittive sono elencati nell'allegato di tale decisione.
(3)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e il diritto alla protezione dei dati personali. Il presente regolamento dovrebbe essere applicato conformemente a tali diritti.
(4)
Il potere di redigere e modificare l'elenco di cui all'allegato I del presente regolamento dovrebbe essere esercitato dal Consiglio per garantire la coerenza con la procedura di redazione, modifica e revisione dell'allegato della decisione (PESC) 2019/797.
(5)
Ai fini dell'attuazione del presente regolamento e per garantire la massima certezza giuridica all'interno dell'Unione, dovrebbero essere pubblicati i nomi e gli altri dati pertinenti relativi alle persone fisiche e giuridiche, alle entità e agli organismi i cui fondi e le cui risorse economiche devono essere congelati a norma del presente regolamento. Qualsiasi trattamento di dati personali dovrebbe essere conforme ai regolamenti (UE) 2016/679 (2) e (UE) 2018/1725 (3) del Parlamento europeo e del Consiglio.
(6)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e comunicarsi ogni altra informazione pertinente in loro possesso relativa al presente regolamento.
(7)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni delle disposizioni del presente regolamento e garantirne l'attuazione. Tali sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. Il presente regolamento si applica agli attacchi informatici con effetti significativi, inclusi i tentati attacchi informatici con effetti potenzialmente significativi, che costituiscono una minaccia esterna per l'Unione o i suoi Stati membri.
2. Gli attacchi informatici che costituiscono una minaccia esterna includono quelli che:
a)
provengono o sono sferrati dall'esterno dell'Unione;
b)
impiegano infrastrutture esterne all'Unione;
c)
sono compiuti da una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo stabiliti o operanti al di fuori dell'Unione; o
d)
sono commessi con il sostegno, sotto la direzione o sotto il controllo di una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo operanti al di fuori dell'Unione.
3. A tal fine, gli attacchi informatici sono azioni che comportano:
a)
accesso a sistemi di informazione;
b)
interferenza in sistemi di informazione;
c)
interferenza in dati; o
d)
intercettazione di dati,
se tali azioni non sono debitamente autorizzate dal proprietario o da un altro titolare di diritti sul sistema o sui dati o su parte di essi ovvero non sono consentite a norma del diritto dell'Unione o dello Stato membro interessato.
4. Gli attacchi informatici che costituiscono una minaccia per gli Stati membri comprendono quelli che incidono su sistemi di informazione relativi, tra l'altro, a:
a)
infrastrutture critiche, compresi i cavi sottomarini e gli oggetti lanciati nello spazio extratmosferico, essenziali per il mantenimento di funzioni vitali della società o della salute, dell'incolumità, della sicurezza e del benessere economico o sociale della popolazione;
b)
servizi necessari per il mantenimento di attività sociali e/o economiche fondamentali, in particolare nei settori dell'energia (energia elettrica, petrolio e gas); trasporti (aerei, ferroviari, per idrovia e stradali); settore bancario; infrastrutture dei mercati finanziari; settore sanitario (prestatori di assistenza sanitaria, ospedali e cliniche private); fornitura e distribuzione di acqua potabile; infrastrutture digitali, e qualsiasi altro settore che sia essenziale per lo Stato membro interessato;
c)
funzioni statali essenziali, in particolare nei settori della difesa, della governance e del funzionamento di istituzioni, anche per elezioni pubbliche o la procedura elettorale, del funzionamento di infrastrutture economiche e civili, della sicurezza interna e delle relazioni esterne, anche attraverso missioni diplomatiche;
d)
conservazione o trattamento di informazioni classificate; o
e)
squadre di pronto intervento governative.
5. Gli attacchi informatici, che costituiscono una minaccia per l'Unione, comprendono quelli sferrati contro le sue istituzioni, i suoi organi e organismi, le sue delegazioni presso paesi terzi o organizzazioni internazionali, le sue operazioni e missioni di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e i suoi rappresentanti speciali.
6. Ove ritenuto necessario ai fini del conseguimento degli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune (PESC) nelle pertinenti disposizioni dell'articolo 21 del trattato sull'Unione europea, è possibile applicare misure restrittive ai sensi del presente regolamento possono anche in risposta ad attacchi informatici con effetti significativi nei confronti di Stati terzi od organizzazioni internazionali.
7. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «sistemi di informazione»: dispositivo o gruppo di dispositivi interconnessi o collegati, uno o più dei quali eseguono, in base a un programma, un trattamento automatico di dati digitali, nonché i dati digitali conservati, trattati, estratti o trasmessi da tale dispositivo o gruppo di dispositivi ai fini del loro funzionamento, del loro uso, della loro protezione e della loro manutenzione;
b) «interferenza in un sistema di informazione»: il fatto di ostacolare o interrompere il funzionamento di un sistema di informazione inserendo, trasmettendo, danneggiando, cancellando, deteriorando, alterando, sopprimendo o rendendo inaccessibili dati digitali;
c) «interferenza in dati»: il fatto di cancellare, danneggiare, deteriorare, alterare o sopprimere dati digitali contenuti in un sistema di informazione o di rendere tali dati inaccessibili; comprende inoltre il furto di dati, fondi, risorse economiche o proprietà intellettuale;
d) «intercettazione di dati»: il fatto di intercettare, tramite strumenti tecnici, trasmissioni non pubbliche di dati digitali verso, da o all'interno di un sistema di informazione, incluse le emissioni elettromagnetiche provenienti da un sistema di informazione contenente tali dati digitali.
8. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni aggiuntive:
a) «richiesta»: qualsiasi richiesta, sotto forma contenziosa o meno, presentata anteriormente o posteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento, derivante da un contratto o da un'operazione o a essi collegata, e in particolare:
i)
una richiesta volta a ottenere l'adempimento di un obbligo derivante da un contratto o da un'operazione o a essi collegata;
ii)
una richiesta volta a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma;
iii)
una richiesta di compensazione relativa a un contratto o a un'operazione;
iv)
una domanda riconvenzionale;
v)
una richiesta volta a ottenere, anche mediante exequatur, il riconoscimento o l'esecuzione di una sentenza, di un lodo arbitrale o di una decisione equivalente, indipendentemente dal luogo in cui sono stati pronunciati;
b) «contratto o operazione»: qualsiasi operazione, indipendentemente dalla sua forma e dal diritto a essa applicabile, che comprenda uno o più contratti o obblighi analoghi stipulati fra le stesse parti o fra parti diverse; a tal fine il termine «contratto» include qualsiasi forma di garanzia, in particolare una garanzia o controgaranzia finanziaria, e qualsiasi credito, anche giuridicamente indipendente, nonché qualsiasi clausola annessa derivante da siffatta operazione o a essa correlata;
c) «autorità competenti»: le autorità competenti degli Stati membri i cui siti web sono elencati nell'allegato II;
d) «risorse economiche»: attività di ogni tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi;
e) «congelamento di risorse economiche»: il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso, tra gli altri, la vendita, la locazione o le ipoteche;
f) «congelamento di fondi»: il divieto di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso a essi così da modificarne il volume, l'importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura o la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consenta l'uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio;
g) «fondi»: tutte le attività e i benefici finanziari di qualsiasi natura, compresi, tra gli altri:
i)
contanti, assegni, cambiali, vaglia postali e altri strumenti di pagamento;
ii)
depositi presso istituti finanziari o altre entità, saldi sui conti, debiti e obblighi;
iii)
titoli negoziati a livello pubblico e privato e strumenti di debito, tra cui azioni, certificati azionari, titolo a reddito fisso, pagherò, warrant, obbligazioni e contratti derivati;
iv)
interessi, dividendi o altri redditi generati dalle attività;
v)
credito, diritto di compensazione, garanzie, fideiussioni o altri impegni finanziari;
vi)
lettere di credito, polizze di carico e atti di cessione; e
vii)
documenti da cui risulti un interesse riguardante capitali o risorse finanziarie;
h) «territorio dell'Unione»: i territori degli Stati membri cui si applica il trattato, alle condizioni ivi stabilite, compreso lo spazio aereo.
Articolo 2
I fattori che determinano se un attacco informatico ha effetti significativi di cui all'articolo 1, paragrafo 1, comprendono:
a)
portata, entità, impatto o gravità delle turbative causate, anche per quanto riguarda le attività economiche e sociali, i servizi essenziali, le funzioni statali essenziali, l'ordine pubblico o la sicurezza pubblica;
b)
numero di persone fisiche o giuridiche, entità o organismi interessati;
c)
numero di Stati membri interessati;
d)
importo della perdita economica causata per esempio mediante furti su larga scala di fondi, risorse economiche o proprietà intellettuale;
e)
vantaggio economico ottenuto dall'autore dell'atto per se stesso o per terzi;
f)
quantità o natura dei dati oggetto del furto o entità delle violazioni dei dati; o
g)
natura dei dati sensibili sotto il profilo commerciale cui si è avuto accesso.
Articolo 3
1. Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I.
2. Non sono messi a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche, né sono destinati a loro vantaggio.
3. Nell'allegato I figurano i seguenti soggetti, quali identificati dal Consiglio a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, della decisione (PESC) 2019/797:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che sono responsabili di attacchi informatici o tentati attacchi informatici;
b)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che forniscono sostegno finanziario, tecnico o materiale per attacchi informatici o tentati attacchi informatici, o che sono altrimenti coinvolti in tali attacchi o tentati attacchi, anche pianificandoli, preparandoli, partecipandovi, dirigendoli, assistendoli o incoraggiandoli, o agevolandoli per azione o omissione;
c)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi associati alle persone fisiche o giuridiche, alle entità o agli organismi di cui alle lettere a) e b) del presente paragrafo.
Articolo 4
1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver accertato che i fondi o le risorse economiche in questione sono:
a)
necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche elencate nell'allegato I e dei familiari a loro carico, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, locazioni o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenze di servizi pubblici;
b)
destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli o al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;
c)
destinati esclusivamente al pagamento di diritti o spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati;
d)
necessari per coprire spese straordinarie, a condizione che la pertinente autorità competente abbia notificato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione, almeno due settimane prima dell'autorizzazione, i motivi per i quali ritiene che debba essere concessa una determinata autorizzazione; o
e)
pagabili su o da un conto di una missione diplomatica o consolare o di un'organizzazione internazionale che gode di immunità in conformità del diritto internazionale, nella misura in cui tali pagamenti servono per scopi ufficiali della missione diplomatica o consolare o dell'organizzazione internazionale.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1 entro due settimane dall'autorizzazione.
Articolo 5
1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati a condizione che:
a)
i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell'inserimento della persona fisica o giuridica, dell'entità o dell'organismo di cui all'articolo 4 nell'elenco figurante nell'allegato I, o siano oggetto di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell'Unione, o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, prima o dopo tale data;
b)
i fondi o le risorse economiche siano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o siano riconosciuti validi dalla stessa, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei creditori;
c)
la decisione non vada a favore di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo elencati nell'allegato I; e
d)
il riconoscimento della decisione non sia contrario all'ordine pubblico dello Stato membro interessato.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1 entro due settimane dall'autorizzazione.
Articolo 6
1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, e purché un pagamento da parte di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo di cui all'allegato I sia dovuto in forza di un contratto o di un accordo concluso o di un'obbligazione sorta per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo in questione prima della data di inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità od organismo nell'allegato I, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, alle condizioni che ritengono appropriate, lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati purché l'autorità competente interessata abbia accertato che:
a)
i fondi o le risorse economiche saranno usati per un pagamento da una persona fisica o giuridica, da un'entità o da un organismo di cui all'allegato I; e
b)
il pagamento non viola l'articolo 3, paragrafo 2.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1 entro due settimane dall'autorizzazione.
Articolo 7
1. L'articolo 3, paragrafo 2, non osta a che gli enti finanziari o creditizi accreditino sui conti congelati fondi trasferiti da terzi verso i conti di una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo che figura nell'elenco, purché tali versamenti siano anch'essi congelati. L'ente finanziario o creditizio informa senza indugio l'autorità competente pertinente in merito a tali operazioni.
2. L'articolo 3, paragrafo 2, non si applica al versamento sui conti congelati di:
a)
interessi o altri profitti dovuti su detti conti;
b)
pagamenti dovuti nel quadro di contratti, accordi o obblighi conclusi o sorti anteriormente alla data in cui la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, sono stati inseriti nell'allegato I; o
c)
pagamenti dovuti nel quadro di decisioni giudiziarie, amministrative o arbitrali emesse in uno Stato membro o esecutive nello Stato membro interessato,
purché tali interessi, altri profitti e pagamenti continuino a essere soggetti alle misure di cui all'articolo 3, paragrafo 1.
Articolo 8
1. Fatte salve le norme applicabili in materia di relazioni, riservatezza e segreto professionale, le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi sono tenuti a:
a)
fornire immediatamente qualsiasi informazione atta a facilitare il rispetto del presente regolamento, quali le informazioni relative ai conti e agli importi congelati a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, all'autorità competente dello Stato membro in cui risiedono o sono situati, e a trasmettere tali informazioni, direttamente o attraverso lo Stato membro, alla Commissione; e
b)
collaborare con l'autorità competente alla verifica delle informazioni di cui alla lettera a).
2. Le ulteriori informazioni ricevute direttamente dalla Commissione sono messe a disposizione degli Stati membri.
3. Le informazioni fornite o ricevute ai sensi del presente articolo sono utilizzate unicamente per i fini gli scopi per i quali sono state fornite o ricevute.
Articolo 9
È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o l'effetto di eludere le misure di cui all'articolo 3.
Articolo 10
1. Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo che lo attua, né per i suoi dirigenti o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza.
2. Le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità o organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se questi non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento.
Articolo 11
1. Non è soddisfatta alcuna richiesta in relazione a contratti o operazioni sulla cui esecuzione hanno inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite ai sensi del presente regolamento, comprese richieste di indennizzo o richieste analoghe, per esempio richieste di compensazione o richieste nell'ambito di una garanzia, in particolare richieste volte a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare di una garanzia o controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi designati elencati nell'allegato I;
b)
qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo che agisca per tramite o per conto di una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo di cui alla lettera a).
2. In ogni procedura volta al soddisfacimento di una richiesta, l'onere della prova che il soddisfacimento della richiesta non è vietato dal paragrafo 1 incombe alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo che richiede il soddisfacimento di tale richiesta.
3. Il presente articolo lascia impregiudicato il diritto delle persone fisiche o giuridiche, delle entità e degli organismi di cui al paragrafo 1 al controllo giurisdizionale della legittimità dell'inadempimento degli obblighi contrattuali a norma del presente regolamento.
Articolo 12
1. La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e condividono qualsiasi altra informazione pertinente a loro disposizione riguardante il presente regolamento, in particolare le informazioni riguardanti:
a)
i fondi congelati a norma dell'articolo 4 e le autorizzazioni concesse a norma degli articoli da 4, 5 e 6; e
b)
i problemi di violazione e di applicazione delle norme e le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali nazionali.
2. Gli Stati membri comunicano immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione tutte le altre informazioni pertinenti in loro possesso tali da pregiudicare l'effettiva attuazione del presente regolamento.
Articolo 13
1. Qualora decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un'entità o a un organismo le misure di cui all'articolo 3, il Consiglio modifica di conseguenza l'allegato I.
2. Il Consiglio comunica la decisione di cui al paragrafo 1, compresi i motivi dell'inserimento in elenco, alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo interessato, direttamente, se l'indirizzo è noto, o attraverso la pubblicazione di un avviso, dando loro la possibilità di formulare osservazioni.
3. Qualora siano formulate osservazioni o siano presentate nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione di cui al paragrafo 1 e ne informa la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo interessato.
4. L'elenco di cui all'allegato I è riesaminato periodicamente e almeno ogni 12 mesi.
5. La Commissione ha il potere di modificare l'allegato II sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri.
Articolo 14
1. L'allegato I indica i motivi dell'inserimento nell'elenco delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi interessati.
2. L'allegato I contiene, ove disponibili, le informazioni necessarie per identificare le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi interessati. Per le persone fisiche, tali informazioni possono includere: i nomi e gli pseudonimi; la data e il luogo di nascita; la cittadinanza; i numeri del passaporto e della carta d'identità; il sesso; l'indirizzo, se noto; e la funzione o professione. Per le persone giuridiche, le entità o gli organismi, tali informazioni possono comprendere le denominazioni, la data e il luogo di registrazione, il numero di registrazione e la sede di attività.
Articolo 15
1. Gli Stati membri stabiliscono le norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione le norme di cui al paragrafo 1 dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, come pure ogni successiva modifica che le riguardi.
Articolo 16
1. La Commissione tratta i dati personali per svolgere i propri compiti a norma del presente regolamento. Tali compiti comprendono:
a)
l'aggiunta del contenuto dell'allegato I nell'elenco elettronico consolidato delle persone, dei gruppi e delle entità oggetto di sanzioni finanziarie dell'Unione e nella mappa interattiva delle sanzioni, entrambi pubblicamente disponibili;
b)
il trattamento delle informazioni relative all'impatto delle misure contemplate dal presente regolamento, come il valore dei fondi congelati e le informazioni sulle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti.
2. Ai fini del presente regolamento, il servizio della Commissione indicato nell'allegato II è designato come «titolare del trattamento» per la Commissione ai sensi dell'articolo 3, punto 8), del regolamento (UE) 2018/1725, per garantire che le persone fisiche interessate possano esercitare i loro diritti a norma dello stesso.
Articolo 17
1. Gli Stati membri designano le autorità competenti di cui al presente regolamento e le identificano sui siti web elencati nell'allegato II. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le eventuali modifiche degli indirizzi dei loro siti web elencati nell'allegato II.
2. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione le proprie autorità competenti, compresi gli estremi delle stesse, dopo l'entrata in vigore del presente regolamento e informano la Commissione di ogni eventuale successiva modifica.
3. Laddove il presente regolamento imponga di notificare, informare o comunicare in altro modo con la Commissione, l'indirizzo e gli altri estremi da usare per queste comunicazioni sono quelli indicati nell'allegato II.
Articolo 18
Il presente regolamento si applica:
a)
nel territorio dell'Unione, compreso il suo spazio aereo;
b)
a bordo di tutti gli aeromobili o i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
c)
a qualsiasi persona fisica cittadina di uno Stato membro che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione;
d)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro;
e)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all'interno dell'Unione.
Articolo 19
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 17 maggio 2019
Per il Consiglio
Il presidente
E.O. TEODOROVICI
(1) Cfr. pagina 13 della presente Gazzetta ufficiale.
(2) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(3) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
ALLEGATO I
Elenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all'articolo 3
[…]
ALLEGATO II
Siti web contenenti informazioni sulle autorità competenti e l'indirizzo per le notifiche alla Commissione
BELGIO
https://diplomatie.belgium.be/nl/Beleid/beleidsthemas/vrede_en_veiligheid/sancties
https://diplomatie.belgium.be/fr/politique/themes_politiques/paix_et_securite/sanctions
https://diplomatie.belgium.be/en/policy/policy_areas/peace_and_security/sanctions
BULGARIA
https://www.mfa.bg/en/101
CECHIA
www.financnianalytickyurad.cz/mezinarodni-sankce.html
DANIMARCA
http://um.dk/da/Udenrigspolitik/folkeretten/sanktioner/
GERMANIA
http://www.bmwi.de/DE/Themen/Aussenwirtschaft/aussenwirtschaftsrecht,did=404888.html
ESTONIA
http://www.vm.ee/est/kat_622/
IRLANDA
http://www.dfa.ie/home/index.aspx?id=28519
GRECIA
http://www.mfa.gr/en/foreign-policy/global-issues/international-sanctions.html
SPAGNA
http://www.exteriores.gob.es/Portal/en/PoliticaExteriorCooperacion/GlobalizacionOportunidadesRiesgos/Paginas/SancionesInternacionales.aspx
FRANCIA
http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/autorites-sanctions/
CROAZIA
http://www.mvep.hr/sankcije
ITALIA
https://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/politica_europea/misure_deroghe
CIPRO
http://www.mfa.gov.cy/mfa/mfa2016.nsf/mfa35_en/mfa35_en?OpenDocument
LETTONIA
http://www.mfa.gov.lv/en/security/4539
LITUANIA
http://www.urm.lt/sanctions
LUSSEMBURGO
https://maee.gouvernement.lu/fr/directions-du-ministere/affaires-europeennes/mesures-restrictives.html
UNGHERIA
http://www.kormany.hu/download/9/2a/f0000/EU%20szankci%C3%B3s%20t%C3%A1j%C3%A9koztat%C3%B3_20170214_final.pdf
MALTA
https://foreignaffairs.gov.mt/en/Government/SMB/Pages/Sanctions-Monitoring-Board.aspx
PAESI BASSI
https://www.rijksoverheid.nl/onderwerpen/internationale-sancties
AUSTRIA
http://www.bmeia.gv.at/view.php3?f_id=12750&LNG=en&version=
POLONIA
https://www.gov.pl/web/dyplomacja
PORTOGALLO
http://www.portugal.gov.pt/pt/ministerios/mne/quero-saber-mais/sobre-o-ministerio/medidas-restritivas/medidas-restritivas.aspx
ROMANIA
http://www.mae.ro/node/1548
SLOVENIA
http://www.mzz.gov.si/si/omejevalni_ukrepi
SLOVACCHIA
https://www.mzv.sk/europske_zalezitosti/europske_politiky-sankcie_eu
FINLANDIA
http://formin.finland.fi/kvyhteistyo/pakotteet
SVEZIA
http://www.ud.se/sanktioner
REGNO UNITO
https://www.gov.uk/sanctions-embargoes-and-restrictions
Indirizzo per le notifiche alla Commissione:
Commissione europea
Servizio degli strumenti di politica estera (FPI)
EEAS 07/99
B-1049 Bruxelles, Belgio
e-mail: relex-sanctions@ec.europa.eu
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) 2019/796 DEL CONSIGLIO
del 17 maggio 2019
concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l'Unione o i suoi Stati membri
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 215,
vista la decisione (PESC) 2019/797 del Consiglio, del 17 maggio 2019, concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l'Unione o i suoi Stati membri (1),
vista la proposta congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 18 ottobre 2018 il Consiglio europeo, facendo seguito alle conclusioni del Consiglio del 19 giugno 2017, ha adottato conclusioni in cui si chiedeva di portare avanti i lavori sulla capacità di scoraggiare gli attacchi informatici e di rispondervi attraverso misure restrittive dell'Unione.
(2)
Il 17 maggio 2019 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2019/797. La decisione (PESC) 2019/797 istituisce un quadro per misure restrittive mirate volte a scoraggiarere e rispondere agli attacchi informatici con effetti significativi, che costituiscono una minaccia esterna per l'Unione o i suoi Stati membri. Le persone, le entità e gli organismi oggetto di misure restrittive sono elencati nell'allegato di tale decisione.
(3)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e il diritto alla protezione dei dati personali. Il presente regolamento dovrebbe essere applicato conformemente a tali diritti.
(4)
Il potere di redigere e modificare l'elenco di cui all'allegato I del presente regolamento dovrebbe essere esercitato dal Consiglio per garantire la coerenza con la procedura di redazione, modifica e revisione dell'allegato della decisione (PESC) 2019/797.
(5)
Ai fini dell'attuazione del presente regolamento e per garantire la massima certezza giuridica all'interno dell'Unione, dovrebbero essere pubblicati i nomi e gli altri dati pertinenti relativi alle persone fisiche e giuridiche, alle entità e agli organismi i cui fondi e le cui risorse economiche devono essere congelati a norma del presente regolamento. Qualsiasi trattamento di dati personali dovrebbe essere conforme ai regolamenti (UE) 2016/679 (2) e (UE) 2018/1725 (3) del Parlamento europeo e del Consiglio.
(6)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e comunicarsi ogni altra informazione pertinente in loro possesso relativa al presente regolamento.
(7)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni delle disposizioni del presente regolamento e garantirne l'attuazione. Tali sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. Il presente regolamento si applica agli attacchi informatici con effetti significativi, inclusi i tentati attacchi informatici con effetti potenzialmente significativi, che costituiscono una minaccia esterna per l'Unione o i suoi Stati membri.
2. Gli attacchi informatici che costituiscono una minaccia esterna includono quelli che:
a)
provengono o sono sferrati dall'esterno dell'Unione;
b)
impiegano infrastrutture esterne all'Unione;
c)
sono compiuti da una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo stabiliti o operanti al di fuori dell'Unione; o
d)
sono commessi con il sostegno, sotto la direzione o sotto il controllo di una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo operanti al di fuori dell'Unione.
3. A tal fine, gli attacchi informatici sono azioni che comportano:
a)
accesso a sistemi di informazione;
b)
interferenza in sistemi di informazione;
c)
interferenza in dati; o
d)
intercettazione di dati,
se tali azioni non sono debitamente autorizzate dal proprietario o da un altro titolare di diritti sul sistema o sui dati o su parte di essi ovvero non sono consentite a norma del diritto dell'Unione o dello Stato membro interessato.
4. Gli attacchi informatici che costituiscono una minaccia per gli Stati membri comprendono quelli che incidono su sistemi di informazione relativi, tra l'altro, a:
a)
infrastrutture critiche, compresi i cavi sottomarini e gli oggetti lanciati nello spazio extratmosferico, essenziali per il mantenimento di funzioni vitali della società o della salute, dell'incolumità, della sicurezza e del benessere economico o sociale della popolazione;
b)
servizi necessari per il mantenimento di attività sociali e/o economiche fondamentali, in particolare nei settori dell'energia (energia elettrica, petrolio e gas); trasporti (aerei, ferroviari, per idrovia e stradali); settore bancario; infrastrutture dei mercati finanziari; settore sanitario (prestatori di assistenza sanitaria, ospedali e cliniche private); fornitura e distribuzione di acqua potabile; infrastrutture digitali, e qualsiasi altro settore che sia essenziale per lo Stato membro interessato;
c)
funzioni statali essenziali, in particolare nei settori della difesa, della governance e del funzionamento di istituzioni, anche per elezioni pubbliche o la procedura elettorale, del funzionamento di infrastrutture economiche e civili, della sicurezza interna e delle relazioni esterne, anche attraverso missioni diplomatiche;
d)
conservazione o trattamento di informazioni classificate; o
e)
squadre di pronto intervento governative.
5. Gli attacchi informatici, che costituiscono una minaccia per l'Unione, comprendono quelli sferrati contro le sue istituzioni, i suoi organi e organismi, le sue delegazioni presso paesi terzi o organizzazioni internazionali, le sue operazioni e missioni di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e i suoi rappresentanti speciali.
6. Ove ritenuto necessario ai fini del conseguimento degli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune (PESC) nelle pertinenti disposizioni dell'articolo 21 del trattato sull'Unione europea, è possibile applicare misure restrittive ai sensi del presente regolamento possono anche in risposta ad attacchi informatici con effetti significativi nei confronti di Stati terzi od organizzazioni internazionali.
7. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «sistemi di informazione»: dispositivo o gruppo di dispositivi interconnessi o collegati, uno o più dei quali eseguono, in base a un programma, un trattamento automatico di dati digitali, nonché i dati digitali conservati, trattati, estratti o trasmessi da tale dispositivo o gruppo di dispositivi ai fini del loro funzionamento, del loro uso, della loro protezione e della loro manutenzione;
b) «interferenza in un sistema di informazione»: il fatto di ostacolare o interrompere il funzionamento di un sistema di informazione inserendo, trasmettendo, danneggiando, cancellando, deteriorando, alterando, sopprimendo o rendendo inaccessibili dati digitali;
c) «interferenza in dati»: il fatto di cancellare, danneggiare, deteriorare, alterare o sopprimere dati digitali contenuti in un sistema di informazione o di rendere tali dati inaccessibili; comprende inoltre il furto di dati, fondi, risorse economiche o proprietà intellettuale;
d) «intercettazione di dati»: il fatto di intercettare, tramite strumenti tecnici, trasmissioni non pubbliche di dati digitali verso, da o all'interno di un sistema di informazione, incluse le emissioni elettromagnetiche provenienti da un sistema di informazione contenente tali dati digitali.
8. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni aggiuntive:
a) «richiesta»: qualsiasi richiesta, sotto forma contenziosa o meno, presentata anteriormente o posteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento, derivante da un contratto o da un'operazione o a essi collegata, e in particolare:
i)
una richiesta volta a ottenere l'adempimento di un obbligo derivante da un contratto o da un'operazione o a essi collegata;
ii)
una richiesta volta a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma;
iii)
una richiesta di compensazione relativa a un contratto o a un'operazione;
iv)
una domanda riconvenzionale;
v)
una richiesta volta a ottenere, anche mediante exequatur, il riconoscimento o l'esecuzione di una sentenza, di un lodo arbitrale o di una decisione equivalente, indipendentemente dal luogo in cui sono stati pronunciati;
b) «contratto o operazione»: qualsiasi operazione, indipendentemente dalla sua forma e dal diritto a essa applicabile, che comprenda uno o più contratti o obblighi analoghi stipulati fra le stesse parti o fra parti diverse; a tal fine il termine «contratto» include qualsiasi forma di garanzia, in particolare una garanzia o controgaranzia finanziaria, e qualsiasi credito, anche giuridicamente indipendente, nonché qualsiasi clausola annessa derivante da siffatta operazione o a essa correlata;
c) «autorità competenti»: le autorità competenti degli Stati membri i cui siti web sono elencati nell'allegato II;
d) «risorse economiche»: attività di ogni tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi;
e) «congelamento di risorse economiche»: il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso, tra gli altri, la vendita, la locazione o le ipoteche;
f) «congelamento di fondi»: il divieto di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso a essi così da modificarne il volume, l'importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura o la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consenta l'uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio;
g) «fondi»: tutte le attività e i benefici finanziari di qualsiasi natura, compresi, tra gli altri:
i)
contanti, assegni, cambiali, vaglia postali e altri strumenti di pagamento;
ii)
depositi presso istituti finanziari o altre entità, saldi sui conti, debiti e obblighi;
iii)
titoli negoziati a livello pubblico e privato e strumenti di debito, tra cui azioni, certificati azionari, titolo a reddito fisso, pagherò, warrant, obbligazioni e contratti derivati;
iv)
interessi, dividendi o altri redditi generati dalle attività;
v)
credito, diritto di compensazione, garanzie, fideiussioni o altri impegni finanziari;
vi)
lettere di credito, polizze di carico e atti di cessione; e
vii)
documenti da cui risulti un interesse riguardante capitali o risorse finanziarie;
h) «territorio dell'Unione»: i territori degli Stati membri cui si applica il trattato, alle condizioni ivi stabilite, compreso lo spazio aereo.
Articolo 2
I fattori che determinano se un attacco informatico ha effetti significativi di cui all'articolo 1, paragrafo 1, comprendono:
a)
portata, entità, impatto o gravità delle turbative causate, anche per quanto riguarda le attività economiche e sociali, i servizi essenziali, le funzioni statali essenziali, l'ordine pubblico o la sicurezza pubblica;
b)
numero di persone fisiche o giuridiche, entità o organismi interessati;
c)
numero di Stati membri interessati;
d)
importo della perdita economica causata per esempio mediante furti su larga scala di fondi, risorse economiche o proprietà intellettuale;
e)
vantaggio economico ottenuto dall'autore dell'atto per se stesso o per terzi;
f)
quantità o natura dei dati oggetto del furto o entità delle violazioni dei dati; o
g)
natura dei dati sensibili sotto il profilo commerciale cui si è avuto accesso.
Articolo 3
1. Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I.
2. Non sono messi a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche, né sono destinati a loro vantaggio.
3. Nell'allegato I figurano i seguenti soggetti, quali identificati dal Consiglio a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, della decisione (PESC) 2019/797:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che sono responsabili di attacchi informatici o tentati attacchi informatici;
b)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che forniscono sostegno finanziario, tecnico o materiale per attacchi informatici o tentati attacchi informatici, o che sono altrimenti coinvolti in tali attacchi o tentati attacchi, anche pianificandoli, preparandoli, partecipandovi, dirigendoli, assistendoli o incoraggiandoli, o agevolandoli per azione o omissione;
c)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi associati alle persone fisiche o giuridiche, alle entità o agli organismi di cui alle lettere a) e b) del presente paragrafo.
Articolo 4
1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver accertato che i fondi o le risorse economiche in questione sono:
a)
necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche elencate nell'allegato I e dei familiari a loro carico, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, locazioni o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenze di servizi pubblici;
b)
destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli o al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;
c)
destinati esclusivamente al pagamento di diritti o spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati;
d)
necessari per coprire spese straordinarie, a condizione che la pertinente autorità competente abbia notificato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione, almeno due settimane prima dell'autorizzazione, i motivi per i quali ritiene che debba essere concessa una determinata autorizzazione; o
e)
pagabili su o da un conto di una missione diplomatica o consolare o di un'organizzazione internazionale che gode di immunità in conformità del diritto internazionale, nella misura in cui tali pagamenti servono per scopi ufficiali della missione diplomatica o consolare o dell'organizzazione internazionale.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1 entro due settimane dall'autorizzazione.
Articolo 5
1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati a condizione che:
a)
i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell'inserimento della persona fisica o giuridica, dell'entità o dell'organismo di cui all'articolo 4 nell'elenco figurante nell'allegato I, o siano oggetto di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell'Unione, o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, prima o dopo tale data;
b)
i fondi o le risorse economiche siano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o siano riconosciuti validi dalla stessa, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei creditori;
c)
la decisione non vada a favore di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo elencati nell'allegato I; e
d)
il riconoscimento della decisione non sia contrario all'ordine pubblico dello Stato membro interessato.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1 entro due settimane dall'autorizzazione.
Articolo 6
1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, e purché un pagamento da parte di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo di cui all'allegato I sia dovuto in forza di un contratto o di un accordo concluso o di un'obbligazione sorta per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo in questione prima della data di inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità od organismo nell'allegato I, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, alle condizioni che ritengono appropriate, lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati purché l'autorità competente interessata abbia accertato che:
a)
i fondi o le risorse economiche saranno usati per un pagamento da una persona fisica o giuridica, da un'entità o da un organismo di cui all'allegato I; e
b)
il pagamento non viola l'articolo 3, paragrafo 2.
2. Lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1 entro due settimane dall'autorizzazione.
Articolo 7
1. L'articolo 3, paragrafo 2, non osta a che gli enti finanziari o creditizi accreditino sui conti congelati fondi trasferiti da terzi verso i conti di una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo che figura nell'elenco, purché tali versamenti siano anch'essi congelati. L'ente finanziario o creditizio informa senza indugio l'autorità competente pertinente in merito a tali operazioni.
2. L'articolo 3, paragrafo 2, non si applica al versamento sui conti congelati di:
a)
interessi o altri profitti dovuti su detti conti;
b)
pagamenti dovuti nel quadro di contratti, accordi o obblighi conclusi o sorti anteriormente alla data in cui la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, sono stati inseriti nell'allegato I; o
c)
pagamenti dovuti nel quadro di decisioni giudiziarie, amministrative o arbitrali emesse in uno Stato membro o esecutive nello Stato membro interessato,
purché tali interessi, altri profitti e pagamenti continuino a essere soggetti alle misure di cui all'articolo 3, paragrafo 1.
Articolo 8
1. Fatte salve le norme applicabili in materia di relazioni, riservatezza e segreto professionale, le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi sono tenuti a:
a)
fornire immediatamente qualsiasi informazione atta a facilitare il rispetto del presente regolamento, quali le informazioni relative ai conti e agli importi congelati a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, all'autorità competente dello Stato membro in cui risiedono o sono situati, e a trasmettere tali informazioni, direttamente o attraverso lo Stato membro, alla Commissione; e
b)
collaborare con l'autorità competente alla verifica delle informazioni di cui alla lettera a).
2. Le ulteriori informazioni ricevute direttamente dalla Commissione sono messe a disposizione degli Stati membri.
3. Le informazioni fornite o ricevute ai sensi del presente articolo sono utilizzate unicamente per i fini gli scopi per i quali sono state fornite o ricevute.
Articolo 9
È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o l'effetto di eludere le misure di cui all'articolo 3.
Articolo 10
1. Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo che lo attua, né per i suoi dirigenti o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza.
2. Le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità o organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se questi non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento.
Articolo 11
1. Non è soddisfatta alcuna richiesta in relazione a contratti o operazioni sulla cui esecuzione hanno inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite ai sensi del presente regolamento, comprese richieste di indennizzo o richieste analoghe, per esempio richieste di compensazione o richieste nell'ambito di una garanzia, in particolare richieste volte a ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare di una garanzia o controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi designati elencati nell'allegato I;
b)
qualsiasi persona fisica o giuridica, entità o organismo che agisca per tramite o per conto di una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo di cui alla lettera a).
2. In ogni procedura volta al soddisfacimento di una richiesta, l'onere della prova che il soddisfacimento della richiesta non è vietato dal paragrafo 1 incombe alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo che richiede il soddisfacimento di tale richiesta.
3. Il presente articolo lascia impregiudicato il diritto delle persone fisiche o giuridiche, delle entità e degli organismi di cui al paragrafo 1 al controllo giurisdizionale della legittimità dell'inadempimento degli obblighi contrattuali a norma del presente regolamento.
Articolo 12
1. La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e condividono qualsiasi altra informazione pertinente a loro disposizione riguardante il presente regolamento, in particolare le informazioni riguardanti:
a)
i fondi congelati a norma dell'articolo 4 e le autorizzazioni concesse a norma degli articoli da 4, 5 e 6; e
b)
i problemi di violazione e di applicazione delle norme e le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali nazionali.
2. Gli Stati membri comunicano immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione tutte le altre informazioni pertinenti in loro possesso tali da pregiudicare l'effettiva attuazione del presente regolamento.
Articolo 13
1. Qualora decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un'entità o a un organismo le misure di cui all'articolo 3, il Consiglio modifica di conseguenza l'allegato I.
2. Il Consiglio comunica la decisione di cui al paragrafo 1, compresi i motivi dell'inserimento in elenco, alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo interessato, direttamente, se l'indirizzo è noto, o attraverso la pubblicazione di un avviso, dando loro la possibilità di formulare osservazioni.
3. Qualora siano formulate osservazioni o siano presentate nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione di cui al paragrafo 1 e ne informa la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo interessato.
4. L'elenco di cui all'allegato I è riesaminato periodicamente e almeno ogni 12 mesi.
5. La Commissione ha il potere di modificare l'allegato II sulla base delle informazioni fornite dagli Stati membri.
Articolo 14
1. L'allegato I indica i motivi dell'inserimento nell'elenco delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi interessati.
2. L'allegato I contiene, ove disponibili, le informazioni necessarie per identificare le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi interessati. Per le persone fisiche, tali informazioni possono includere: i nomi e gli pseudonimi; la data e il luogo di nascita; la cittadinanza; i numeri del passaporto e della carta d'identità; il sesso; l'indirizzo, se noto; e la funzione o professione. Per le persone giuridiche, le entità o gli organismi, tali informazioni possono comprendere le denominazioni, la data e il luogo di registrazione, il numero di registrazione e la sede di attività.
Articolo 15
1. Gli Stati membri stabiliscono le norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione le norme di cui al paragrafo 1 dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, come pure ogni successiva modifica che le riguardi.
Articolo 16
1. La Commissione tratta i dati personali per svolgere i propri compiti a norma del presente regolamento. Tali compiti comprendono:
a)
l'aggiunta del contenuto dell'allegato I nell'elenco elettronico consolidato delle persone, dei gruppi e delle entità oggetto di sanzioni finanziarie dell'Unione e nella mappa interattiva delle sanzioni, entrambi pubblicamente disponibili;
b)
il trattamento delle informazioni relative all'impatto delle misure contemplate dal presente regolamento, come il valore dei fondi congelati e le informazioni sulle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti.
2. Ai fini del presente regolamento, il servizio della Commissione indicato nell'allegato II è designato come «titolare del trattamento» per la Commissione ai sensi dell'articolo 3, punto 8), del regolamento (UE) 2018/1725, per garantire che le persone fisiche interessate possano esercitare i loro diritti a norma dello stesso.
Articolo 17
1. Gli Stati membri designano le autorità competenti di cui al presente regolamento e le identificano sui siti web elencati nell'allegato II. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le eventuali modifiche degli indirizzi dei loro siti web elencati nell'allegato II.
2. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione le proprie autorità competenti, compresi gli estremi delle stesse, dopo l'entrata in vigore del presente regolamento e informano la Commissione di ogni eventuale successiva modifica.
3. Laddove il presente regolamento imponga di notificare, informare o comunicare in altro modo con la Commissione, l'indirizzo e gli altri estremi da usare per queste comunicazioni sono quelli indicati nell'allegato II.
Articolo 18
Il presente regolamento si applica:
a)
nel territorio dell'Unione, compreso il suo spazio aereo;
b)
a bordo di tutti gli aeromobili o i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
c)
a qualsiasi persona fisica cittadina di uno Stato membro che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione;
d)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro;
e)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all'interno dell'Unione.
Articolo 19
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 17 maggio 2019
Per il Consiglio
Il presidente
E.O. TEODOROVICI
(1) Cfr. pagina 13 della presente Gazzetta ufficiale.
(2) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(3) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell'Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
ALLEGATO I
Elenco delle persone fisiche e giuridiche, delle entità e degli organismi di cui all'articolo 3
[…]
ALLEGATO II
Siti web contenenti informazioni sulle autorità competenti e l'indirizzo per le notifiche alla Commissione
BELGIO
https://diplomatie.belgium.be/nl/Beleid/beleidsthemas/vrede_en_veiligheid/sancties
https://diplomatie.belgium.be/fr/politique/themes_politiques/paix_et_securite/sanctions
https://diplomatie.belgium.be/en/policy/policy_areas/peace_and_security/sanctions
BULGARIA
https://www.mfa.bg/en/101
CECHIA
www.financnianalytickyurad.cz/mezinarodni-sankce.html
DANIMARCA
http://um.dk/da/Udenrigspolitik/folkeretten/sanktioner/
GERMANIA
http://www.bmwi.de/DE/Themen/Aussenwirtschaft/aussenwirtschaftsrecht,did=404888.html
ESTONIA
http://www.vm.ee/est/kat_622/
IRLANDA
http://www.dfa.ie/home/index.aspx?id=28519
GRECIA
http://www.mfa.gr/en/foreign-policy/global-issues/international-sanctions.html
SPAGNA
http://www.exteriores.gob.es/Portal/en/PoliticaExteriorCooperacion/GlobalizacionOportunidadesRiesgos/Paginas/SancionesInternacionales.aspx
FRANCIA
http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/autorites-sanctions/
CROAZIA
http://www.mvep.hr/sankcije
ITALIA
https://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/politica_europea/misure_deroghe
CIPRO
http://www.mfa.gov.cy/mfa/mfa2016.nsf/mfa35_en/mfa35_en?OpenDocument
LETTONIA
http://www.mfa.gov.lv/en/security/4539
LITUANIA
http://www.urm.lt/sanctions
LUSSEMBURGO
https://maee.gouvernement.lu/fr/directions-du-ministere/affaires-europeennes/mesures-restrictives.html
UNGHERIA
http://www.kormany.hu/download/9/2a/f0000/EU%20szankci%C3%B3s%20t%C3%A1j%C3%A9koztat%C3%B3_20170214_final.pdf
MALTA
https://foreignaffairs.gov.mt/en/Government/SMB/Pages/Sanctions-Monitoring-Board.aspx
PAESI BASSI
https://www.rijksoverheid.nl/onderwerpen/internationale-sancties
AUSTRIA
http://www.bmeia.gv.at/view.php3?f_id=12750&LNG=en&version=
POLONIA
https://www.gov.pl/web/dyplomacja
PORTOGALLO
http://www.portugal.gov.pt/pt/ministerios/mne/quero-saber-mais/sobre-o-ministerio/medidas-restritivas/medidas-restritivas.aspx
ROMANIA
http://www.mae.ro/node/1548
SLOVENIA
http://www.mzz.gov.si/si/omejevalni_ukrepi
SLOVACCHIA
https://www.mzv.sk/europske_zalezitosti/europske_politiky-sankcie_eu
FINLANDIA
http://formin.finland.fi/kvyhteistyo/pakotteet
SVEZIA
http://www.ud.se/sanktioner
REGNO UNITO
https://www.gov.uk/sanctions-embargoes-and-restrictions
Indirizzo per le notifiche alla Commissione:
Commissione europea
Servizio degli strumenti di politica estera (FPI)
EEAS 07/99
B-1049 Bruxelles, Belgio
e-mail: relex-sanctions@ec.europa.eu
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Misure restrittive dell’Unione europea contro gli attacchi informatici
QUALI SONO GLI OBIETTIVI DELLA DECISIONE E DEL REGOLAMENTO?
Esse istituiscono un quadro che consente all’Unione di imporre sanzioni per scoraggiare e rispondere agli attacchi informatici* che costituiscono una minaccia esterna per l’Unione o gli Stati membri. Questi attacchi informatici comprendono quelli contro paesi terzi o organizzazioni internazionali in cui si ritiene che sia necessaria un’azione per conseguire gli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Sanzioni per le persone fisiche o giuridiche elencateQuesto quadro consente all’Unione di imporre sanzioni a persone fisiche o giuridiche responsabili di attacchi informatici o tentati attacchi informatici, che forniscono sostegno finanziario, tecnico o materiale per tali attacchi o che sono altrimenti coinvolte. Le sanzioni possono essere imposte anche a persone fisiche o giuridiche ad esse associate. Le misure restrittive comprendono divieti alle persone che viaggiano verso l’Unione e il congelamento dei fondi. Le persone soggette a tali sanzioni sono elencate nell’allegato I della decisione (PESC) 2019/797, come identificate dal Consiglio; tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da persone fisiche o giuridiche, entità o organismi elencati nell’allegato I saranno congelati. Gli Stati membri sono responsabili di stabilire norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni.Attacchi informatici
Gli attacchi informatici che rientrano nell’ambito di applicazione di questo nuovo regime di sanzioni sono quelli che hanno effetti significativi e che:provengono o sono sferrati dall’esterno dell’Unione; o impiegano infrastrutture esterne all’Unione; o sono compiuti da persone o entità stabilite o operanti al di fuori dell’Unione; o sono commessi con il sostegno di persone o entità operanti al di fuori dell’Unione.Gli attacchi informatici che costituiscono una minaccia per gli Stati membri comprendono quelli che incidono su sistemi di informazione relativi a:infrastrutture critiche essenziali per le funzioni vitali della società o della salute, dell’incolumità, della sicurezza e del benessere economico o sociale della popolazione; servizi necessari per le attività sociali e/o economiche fondamentali, in particolare nei settori dell’energia, dei trasporti, nel settore bancario, nei mercati finanziari, nel settore sanitario, dell’acqua potabile, delle infrastrutture digitali; funzioni statali essenziali, in particolare nei settori della difesa, della governance e del funzionamento di istituzioni, delle elezioni pubbliche, del funzionamento di infrastrutture economiche e civili, della sicurezza interna e delle relazioni esterne, anche attraverso missioni diplomatiche; conservazione o trattamento di informazioni classificate; o squadre di pronto intervento governative.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E IL REGOLAMENTO?
Si applicano dal 18 maggio 2019.
CONTESTO
Una comunicazione congiunta pubblicata nel giugno 2018 ha sottolineato che le attività di attori statali e non statali come gli attacchi informatici che perturbano l’economia e i servizi pubblici attraverso campagne di disinformazione mirate ad azioni militari ostili continuino a rappresentare una seria e grave minaccia per l’Unione e per gli Stati membri. Ha identificato le aree in cui si dovrebbero intensificare le azioni per approfondire e rafforzare ulteriormente il contributo dell’Unione alla risoluzione di tali minacce e ha invitato gli Stati membri e la Commissione a garantire un tempestivo seguito.
Nell’ottobre 2018, sulla scia degli attacchi informatici all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, il Consiglio europeo ha adottato conclusioni che chiedevano l’elaborazione di misure per rafforzare ulteriormente la deterrenza, la resilienza e la risposta dell’Unione a minacce ibride, cibernetiche nonché chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari. Il Consiglio è stato invitato a elaborare un regime di sanzioni specifico per gli attacchi informatici.
Si veda anche:Resilienza, deterrenza e difesa: Verso una cibersicurezza forte per l’UE (Commissione europea). Riforma della cibersicurezza in Europa (Consiglio europeo e Consiglio dell’Unione europea) Attacchi informatici: ora il Consiglio può imporre sanzioni — Comunicato stampa (Consiglio europeo e Consiglio dell’Unione europea).
TERMINI CHIAVE
Attacchi informatici: azioni non autorizzate che comportano l’accesso a o interferenze con i sistemi di informazione, interferenza nei dati o intercettazione dei dati.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (PESC) 2019/797 del Consiglio, del 17 maggio 2019, concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l’Unione o i suoi Stati membri (GU L 129I del 17.5.2019, pag. 13).
Regolamento (UE) 2019/796 del Consiglio, del 17 maggio 2019, concernente misure restrittive contro gli attacchi informatici che minacciano l’Unione o i suoi Stati membri (GU L 129I del 17.5.2019, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio — Rafforzamento della resilienza e potenziamento delle capacità di affrontare minacce ibride [JOIN(2018) 16 final, del 13.6.2018]. |
Il rappresentante speciale dell’UE per i diritti umani
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Essa nomina il Rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per i diritti umani.
PUNTI CHIAVE
Il ruolo degli RSUE è quello di promuovere gli obiettivi della politica per i diritti umani definiti nei trattati dell’UE, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nel Quadro strategico dell’UE sui diritti umani e la democrazia. Essi comprendono:rafforzare l’efficacia, la presenza e la visibilità dell’Unione per la protezione e promozione dei diritti umani, in particolare agendo nei pertinenti consessi internazionali e tramite la cooperazione e il dialogo politico coni paesi terzi,i partner pertinenti,le imprese,la società civile,le organizzazioni internazionali e regionali; potenziare il contributo dell’Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo; migliorare la coerenza dell’azione dell’Unione in materia di diritti umani e l’inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell’azione esterna dell’Unione. L’RSUE è responsabile dell’attuazione dei suddetti obiettivi politici e opera sotto l’autorità dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). Il comitato politico e di sicurezza (CPS) del Consiglio fornisce all’RSUE un orientamento strategico e una direzione politica e costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio dell’Unione europea. L’RSUE opera in pieno coordinamento con il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) per assicurare la coerenza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani.
L’RSUE è responsabile della costituzione di una squadra e di garantire che essa sia in possesso delle competenze necessarie ad adempiere ai propri incarichi. I membri della squadra sono alle dipendenze amministrative delle istituzioni europee, degli Stati membri e del SEAE e assolvono i loro compiti e agiscono nell’interesse del mandato dell’RSUE.
L’RSUE deve adottare tutte le misure ragionevolmente praticabili, per la sicurezza dei membri della squadra che opera sotto al sua diretta autorità.
L’RSUE riferisce periodicamente:all’AR, al CPS, al al gruppo «Diritti umani» del Consiglio. Le relazioni scritte periodiche sono diffuse mediante la rete COREU.
La decisione originale è stata modificata ed estesa più volte, la più recente delle quali nel 2018. La decisione (PESC) 2018/225 assegna all’RSUE un importo di 894 178 euro per il periodo fino al 28 febbraio 2019, data della scadenza del mandato dell’RSUE.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
La decisione è stata applicata dal 1o marzo 2019.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:rappresentanti speciali dell’Unione europea (Servizio europeo per l’azione esterna); quadro strategico e piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia (Consiglio dell’Unione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (PESC) 2019/346 del Consiglio, del 28 febbraio 2019, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 62 del 1.3.2019, pag. 12).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21).
Le modifiche successive alla decisione 2012/440/PESC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Decisione (PESC) 2015/260 del Consiglio, del 17 febbraio 2015, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 18.2.2015, pag. 29).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (PESC) 2017/346 del Consiglio, del 27 febbraio 2017, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 50 del 28.2.2017, pag. 66).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (PESC) 2018/225 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, che modifica la decisione (PESC) 2017/346 che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 16.2.2018, pag. 14). | DECISIONE (PESC) 2019/346 DEL CONSIGLIO
del 28 febbraio 2019
che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 33 e l'articolo 31, paragrafo 2,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 25 luglio 2012 il Consiglio ha adottato la decisione 2012/440/PESC (1) che nomina il sig. Stavros LAMBRINIDIS rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani. Il mandato dell'RSUE giunge a scadenza il 28 febbraio 2019.
(2)
È opportuno nominare un nuovo RSUE per i diritti umani per un periodo di 24 mesi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Rappresentante speciale dell'Unione europea
Il signor Eamon GILMORE è nominato rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani fino al 28 febbraio 2021. Il Consiglio può decidere che il mandato dell'RSUE termini in anticipo, sulla base di una valutazione del comitato politico e di sicurezza (CPS) e di una proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR).
Articolo 2
Obiettivi politici
Il mandato dell'RSUE si basa sugli obiettivi politici dell'Unione in materia di diritti umani, stabiliti nel trattato sull'Unione europea, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché nel quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, vale a dire:
a)
rafforzare l'efficacia, la presenza e la visibilità dell'Unione per la protezione e promozione dei diritti umani nel mondo e portare avanti una narrazione positiva in materia di diritti umani, in particolare approfondendo la cooperazione e il dialogo politico dell'Unione con i paesi terzi, i partner pertinenti, le imprese, la società civile e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché agendo nei pertinenti consessi internazionali;
b)
potenziare il contributo dell'Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo;
c)
migliorare la coerenza dell'azione dell'Unione in materia di diritti umani e l'inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell'azione esterna dell'Unione.
Articolo 3
Mandato
Al fine di raggiungere gli obiettivi politici, l'RSUE ha il mandato di:
a)
contribuire all'attuazione della politica dell'Unione sui diritti umani, in particolare il quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, nonché all'attuazione degli orientamenti, strumenti e piani d'azione dell'Unione sui diritti umani, anche formulando raccomandazioni a tale riguardo;
b)
contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere l'osservanza del diritto internazionale umanitario;
c)
contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere il sostegno alla giustizia penale internazionale, in particolare la decisione 2011/168/PESC del Consiglio (2) sulla Corte penale internazionale;
d)
contribuire a rafforzare la voce dell'Europa attraverso i dialoghi sui diritti umani con i governi dei paesi terzi e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché con le organizzazioni della società civile e altri attori pertinenti al fine di garantire l'efficacia e la visibilità della politica dell'Unione in materia di diritti umani; portare avanti dialoghi importanti sui diritti umani con paesi terzi;
e)
contribuire a una maggiore coerenza e concordanza delle politiche e azioni dell'Unione nei settori della protezione e promozione dei diritti umani, in particolare apportando contributi alla formulazione di politiche pertinenti dell'Unione;
f)
contribuire, in consultazione con gli Stati membri, a una maggiore coerenza delle posizioni dell'Unione di cui alle lettere b) e c).
Articolo 4
Esecuzione del mandato
1. L'RSUE è responsabile dell'esecuzione del mandato, sotto l'autorità dell'AR.
2. Il CPS è un interlocutore privilegiato dell'RSUE e ne costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio. Il CPS fornisce all'RSUE un orientamento strategico e una direzione politica nell'ambito del mandato, fatte salve le competenze dell'AR.
3. L'RSUE opera in stretto coordinamento con il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e i suoi uffici competenti per assicurare la coerenza e la concordanza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani.
Articolo 5
Finanziamento
1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse con il mandato dell'RSUE per il periodo dal 1o marzo 2019 al 28 febbraio 2021 è pari a 2 100 270,50 EUR.
2. Le spese sono gestite nel rispetto delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell'Unione.
3. La gestione delle spese è oggetto di un contratto fra l'RSUE e la Commissione. L'RSUE è responsabile dinanzi alla Commissione di tutte le spese.
Articolo 6
Costituzione e composizione della squadra
1. Nei limiti del mandato dell'RSUE e dei corrispondenti mezzi finanziari messi a disposizione, l'RSUE è responsabile della costituzione di una squadra. La squadra dispone delle competenze necessarie su problemi politici specifici, secondo le esigenze del mandato. L'RSUE informa senza indugio il Consiglio e la Commissione della composizione della squadra.
2. Gli Stati membri, le istituzioni dell'Unione e il SEAE possono proporre il distacco di personale che lavori con l'RSUE. La retribuzione di tale personale distaccato è a carico, rispettivamente, dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato, o del SEAE. Anche gli esperti distaccati dagli Stati membri presso le istituzioni dell'Unione o il SEAE possono essere assegnati all'RSUE. Il personale internazionale a contratto ha la cittadinanza di uno Stato membro.
3. Ciascun membro del personale distaccato resta, rispettivamente, alle dipendenze amministrative dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato ovvero del SEAE e assolve i propri compiti e agisce nell'interesse del mandato dell'RSUE.
4. Il personale dell'RSUE condivide gli uffici dei pertinenti servizi del SEAE o delle delegazioni dell'Unione per assicurare la coerenza e corrispondenza delle loro rispettive attività.
Articolo 7
Sicurezza delle informazioni classificate UE
L'RSUE e i membri della sua squadra rispettano i principi e le norme minime di sicurezza fissati dalla decisione 2013/488/UE del Consiglio (3).
Articolo 8
Accesso alle informazioni e supporto logistico
1. Gli Stati membri, la Commissione, il SEAE e il segretariato generale del Consiglio assicurano che l'RSUE abbia accesso a ogni pertinente informazione.
2. Le delegazioni dell'Unione e le rappresentanze diplomatiche degli Stati membri, a seconda dei casi, forniscono il supporto logistico all'RSUE.
Articolo 9
Sicurezza
Conformemente alla politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nell'ambito di una capacità operativa ai sensi del titolo V del trattato, l'RSUE adotta tutte le misure ragionevolmente praticabili, in conformità del mandato dell'RSUE e in funzione della situazione di sicurezza nell'area di competenza, per garantire la sicurezza di tutto il personale sotto la diretta autorità dell'RSUE, in particolare:
a)
stabilendo un piano di sicurezza specifico, basato su orientamenti forniti dal SEAE, che contempli specifiche misure di sicurezza fisiche, organizzative e procedurali che regolano la gestione della sicurezza dei movimenti del personale verso l'area di competenza e al suo interno, nonché la gestione degli incidenti di sicurezza, e fornisca un piano di emergenza e di evacuazione;
b)
assicurando che tutto il personale schierato al di fuori dell'Unione abbia una copertura assicurativa contro i rischi gravi, in funzione delle condizioni esistenti nell'area di competenza;
c)
assicurando che tutti i membri della squadra dell'RSUE schierati al di fuori dell'Unione, compreso il personale assunto a livello locale, ricevano un'adeguata formazione su questioni relative alla sicurezza, prima o al momento dell'arrivo nell'area di competenza, sulla base dei livelli di rischio assegnati dal SEAE a tale area;
d)
assicurando che siano attuate tutte le raccomandazioni formulate di comune accordo in seguito a valutazioni periodiche della sicurezza, e presentando al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni scritte sull'attuazione di tali raccomandazioni e su altre questioni di sicurezza nell'ambito delle relazioni sui progressi compiuti e della relazione di esecuzione del mandato.
Articolo 10
Relazioni
L'RSUE riferisce periodicamente all'AR e al CPS oralmente e per iscritto. Se del caso, l'RSUE riferisce anche ai gruppi di lavoro del Consiglio, in particolare al Gruppo «Diritti umani». Le relazioni periodiche sono diffuse mediante la rete COREU. L'RSUE può presentare relazioni al Consiglio «Affari esteri». A norma dell'articolo 36 del trattato, l'RSUE può essere associato all'informazione del Parlamento europeo.
Articolo 11
Coordinamento
1. L'RSUE contribuisce all'unità, alla coerenza e all'efficacia dell'azione dell'Unione e concorre ad assicurare che tutti gli strumenti dell'Unione e le azioni degli Stati membri siano impiegati in un quadro coerente, ai fini del raggiungimento degli obiettivi politici dell'Unione. Le attività dell'RSUE sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Commissione nonché, se del caso, con quelle degli altri RSUE. L'RSUE informa regolarmente le missioni degli Stati membri e le delegazioni dell'Unione.
2. Sono mantenuti stretti contatti sul campo con i pertinenti capi delle missioni degli Stati membri, con i capi delle delegazioni dell'Unione, nonché con i capi o comandanti delle missioni e operazioni di politica di sicurezza e di difesa comune e, se del caso, altri RSUE, Essi si adoperano al massimo per assistere l'RSUE nell'esecuzione del mandato.
3. L'RSUE inoltre mantiene stretti contatti e ricerca complementarità e sinergie con altri attori internazionali e regionali a livello centrale e sul campo. L'RSUE ricerca contatti regolari con le organizzazioni della società civile, sia a livello centrale che sul campo.
Articolo 12
Riesame
L'attuazione della presente decisione e la coerenza della stessa con altri contributi dell'Unione sono riesaminate periodicamente. L'RSUE presenta al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni periodiche sui progressi compiuti e una relazione esauriente sull'esecuzione del mandato entro il 30 novembre 2020.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Essa si applica a decorrere dal 1o marzo 2019.
Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2019
Per il Consiglio
Il presidente
G. CIAMBA
(1) Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21).
(2) Decisione 2011/168/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, sulla Corte penale internazionale e che abroga la posizione comune 2003/444/PESC (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 56).
(3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE (PESC) 2019/346 DEL CONSIGLIO
del 28 febbraio 2019
che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 33 e l'articolo 31, paragrafo 2,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 25 luglio 2012 il Consiglio ha adottato la decisione 2012/440/PESC (1) che nomina il sig. Stavros LAMBRINIDIS rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani. Il mandato dell'RSUE giunge a scadenza il 28 febbraio 2019.
(2)
È opportuno nominare un nuovo RSUE per i diritti umani per un periodo di 24 mesi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Rappresentante speciale dell'Unione europea
Il signor Eamon GILMORE è nominato rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani fino al 28 febbraio 2021. Il Consiglio può decidere che il mandato dell'RSUE termini in anticipo, sulla base di una valutazione del comitato politico e di sicurezza (CPS) e di una proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR).
Articolo 2
Obiettivi politici
Il mandato dell'RSUE si basa sugli obiettivi politici dell'Unione in materia di diritti umani, stabiliti nel trattato sull'Unione europea, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché nel quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, vale a dire:
a)
rafforzare l'efficacia, la presenza e la visibilità dell'Unione per la protezione e promozione dei diritti umani nel mondo e portare avanti una narrazione positiva in materia di diritti umani, in particolare approfondendo la cooperazione e il dialogo politico dell'Unione con i paesi terzi, i partner pertinenti, le imprese, la società civile e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché agendo nei pertinenti consessi internazionali;
b)
potenziare il contributo dell'Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo;
c)
migliorare la coerenza dell'azione dell'Unione in materia di diritti umani e l'inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell'azione esterna dell'Unione.
Articolo 3
Mandato
Al fine di raggiungere gli obiettivi politici, l'RSUE ha il mandato di:
a)
contribuire all'attuazione della politica dell'Unione sui diritti umani, in particolare il quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, nonché all'attuazione degli orientamenti, strumenti e piani d'azione dell'Unione sui diritti umani, anche formulando raccomandazioni a tale riguardo;
b)
contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere l'osservanza del diritto internazionale umanitario;
c)
contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere il sostegno alla giustizia penale internazionale, in particolare la decisione 2011/168/PESC del Consiglio (2) sulla Corte penale internazionale;
d)
contribuire a rafforzare la voce dell'Europa attraverso i dialoghi sui diritti umani con i governi dei paesi terzi e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché con le organizzazioni della società civile e altri attori pertinenti al fine di garantire l'efficacia e la visibilità della politica dell'Unione in materia di diritti umani; portare avanti dialoghi importanti sui diritti umani con paesi terzi;
e)
contribuire a una maggiore coerenza e concordanza delle politiche e azioni dell'Unione nei settori della protezione e promozione dei diritti umani, in particolare apportando contributi alla formulazione di politiche pertinenti dell'Unione;
f)
contribuire, in consultazione con gli Stati membri, a una maggiore coerenza delle posizioni dell'Unione di cui alle lettere b) e c).
Articolo 4
Esecuzione del mandato
1. L'RSUE è responsabile dell'esecuzione del mandato, sotto l'autorità dell'AR.
2. Il CPS è un interlocutore privilegiato dell'RSUE e ne costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio. Il CPS fornisce all'RSUE un orientamento strategico e una direzione politica nell'ambito del mandato, fatte salve le competenze dell'AR.
3. L'RSUE opera in stretto coordinamento con il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e i suoi uffici competenti per assicurare la coerenza e la concordanza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani.
Articolo 5
Finanziamento
1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse con il mandato dell'RSUE per il periodo dal 1o marzo 2019 al 28 febbraio 2021 è pari a 2 100 270,50 EUR.
2. Le spese sono gestite nel rispetto delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell'Unione.
3. La gestione delle spese è oggetto di un contratto fra l'RSUE e la Commissione. L'RSUE è responsabile dinanzi alla Commissione di tutte le spese.
Articolo 6
Costituzione e composizione della squadra
1. Nei limiti del mandato dell'RSUE e dei corrispondenti mezzi finanziari messi a disposizione, l'RSUE è responsabile della costituzione di una squadra. La squadra dispone delle competenze necessarie su problemi politici specifici, secondo le esigenze del mandato. L'RSUE informa senza indugio il Consiglio e la Commissione della composizione della squadra.
2. Gli Stati membri, le istituzioni dell'Unione e il SEAE possono proporre il distacco di personale che lavori con l'RSUE. La retribuzione di tale personale distaccato è a carico, rispettivamente, dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato, o del SEAE. Anche gli esperti distaccati dagli Stati membri presso le istituzioni dell'Unione o il SEAE possono essere assegnati all'RSUE. Il personale internazionale a contratto ha la cittadinanza di uno Stato membro.
3. Ciascun membro del personale distaccato resta, rispettivamente, alle dipendenze amministrative dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato ovvero del SEAE e assolve i propri compiti e agisce nell'interesse del mandato dell'RSUE.
4. Il personale dell'RSUE condivide gli uffici dei pertinenti servizi del SEAE o delle delegazioni dell'Unione per assicurare la coerenza e corrispondenza delle loro rispettive attività.
Articolo 7
Sicurezza delle informazioni classificate UE
L'RSUE e i membri della sua squadra rispettano i principi e le norme minime di sicurezza fissati dalla decisione 2013/488/UE del Consiglio (3).
Articolo 8
Accesso alle informazioni e supporto logistico
1. Gli Stati membri, la Commissione, il SEAE e il segretariato generale del Consiglio assicurano che l'RSUE abbia accesso a ogni pertinente informazione.
2. Le delegazioni dell'Unione e le rappresentanze diplomatiche degli Stati membri, a seconda dei casi, forniscono il supporto logistico all'RSUE.
Articolo 9
Sicurezza
Conformemente alla politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nell'ambito di una capacità operativa ai sensi del titolo V del trattato, l'RSUE adotta tutte le misure ragionevolmente praticabili, in conformità del mandato dell'RSUE e in funzione della situazione di sicurezza nell'area di competenza, per garantire la sicurezza di tutto il personale sotto la diretta autorità dell'RSUE, in particolare:
a)
stabilendo un piano di sicurezza specifico, basato su orientamenti forniti dal SEAE, che contempli specifiche misure di sicurezza fisiche, organizzative e procedurali che regolano la gestione della sicurezza dei movimenti del personale verso l'area di competenza e al suo interno, nonché la gestione degli incidenti di sicurezza, e fornisca un piano di emergenza e di evacuazione;
b)
assicurando che tutto il personale schierato al di fuori dell'Unione abbia una copertura assicurativa contro i rischi gravi, in funzione delle condizioni esistenti nell'area di competenza;
c)
assicurando che tutti i membri della squadra dell'RSUE schierati al di fuori dell'Unione, compreso il personale assunto a livello locale, ricevano un'adeguata formazione su questioni relative alla sicurezza, prima o al momento dell'arrivo nell'area di competenza, sulla base dei livelli di rischio assegnati dal SEAE a tale area;
d)
assicurando che siano attuate tutte le raccomandazioni formulate di comune accordo in seguito a valutazioni periodiche della sicurezza, e presentando al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni scritte sull'attuazione di tali raccomandazioni e su altre questioni di sicurezza nell'ambito delle relazioni sui progressi compiuti e della relazione di esecuzione del mandato.
Articolo 10
Relazioni
L'RSUE riferisce periodicamente all'AR e al CPS oralmente e per iscritto. Se del caso, l'RSUE riferisce anche ai gruppi di lavoro del Consiglio, in particolare al Gruppo «Diritti umani». Le relazioni periodiche sono diffuse mediante la rete COREU. L'RSUE può presentare relazioni al Consiglio «Affari esteri». A norma dell'articolo 36 del trattato, l'RSUE può essere associato all'informazione del Parlamento europeo.
Articolo 11
Coordinamento
1. L'RSUE contribuisce all'unità, alla coerenza e all'efficacia dell'azione dell'Unione e concorre ad assicurare che tutti gli strumenti dell'Unione e le azioni degli Stati membri siano impiegati in un quadro coerente, ai fini del raggiungimento degli obiettivi politici dell'Unione. Le attività dell'RSUE sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Commissione nonché, se del caso, con quelle degli altri RSUE. L'RSUE informa regolarmente le missioni degli Stati membri e le delegazioni dell'Unione.
2. Sono mantenuti stretti contatti sul campo con i pertinenti capi delle missioni degli Stati membri, con i capi delle delegazioni dell'Unione, nonché con i capi o comandanti delle missioni e operazioni di politica di sicurezza e di difesa comune e, se del caso, altri RSUE, Essi si adoperano al massimo per assistere l'RSUE nell'esecuzione del mandato.
3. L'RSUE inoltre mantiene stretti contatti e ricerca complementarità e sinergie con altri attori internazionali e regionali a livello centrale e sul campo. L'RSUE ricerca contatti regolari con le organizzazioni della società civile, sia a livello centrale che sul campo.
Articolo 12
Riesame
L'attuazione della presente decisione e la coerenza della stessa con altri contributi dell'Unione sono riesaminate periodicamente. L'RSUE presenta al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni periodiche sui progressi compiuti e una relazione esauriente sull'esecuzione del mandato entro il 30 novembre 2020.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Essa si applica a decorrere dal 1o marzo 2019.
Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2019
Per il Consiglio
Il presidente
G. CIAMBA
(1) Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21).
(2) Decisione 2011/168/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, sulla Corte penale internazionale e che abroga la posizione comune 2003/444/PESC (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 56).
(3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Il rappresentante speciale dell’UE per i diritti umani
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Essa nomina il Rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per i diritti umani.
PUNTI CHIAVE
Il ruolo degli RSUE è quello di promuovere gli obiettivi della politica per i diritti umani definiti nei trattati dell’UE, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nel Quadro strategico dell’UE sui diritti umani e la democrazia. Essi comprendono:rafforzare l’efficacia, la presenza e la visibilità dell’Unione per la protezione e promozione dei diritti umani, in particolare agendo nei pertinenti consessi internazionali e tramite la cooperazione e il dialogo politico coni paesi terzi,i partner pertinenti,le imprese,la società civile,le organizzazioni internazionali e regionali; potenziare il contributo dell’Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo; migliorare la coerenza dell’azione dell’Unione in materia di diritti umani e l’inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell’azione esterna dell’Unione. L’RSUE è responsabile dell’attuazione dei suddetti obiettivi politici e opera sotto l’autorità dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). Il comitato politico e di sicurezza (CPS) del Consiglio fornisce all’RSUE un orientamento strategico e una direzione politica e costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio dell’Unione europea. L’RSUE opera in pieno coordinamento con il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) per assicurare la coerenza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani.
L’RSUE è responsabile della costituzione di una squadra e di garantire che essa sia in possesso delle competenze necessarie ad adempiere ai propri incarichi. I membri della squadra sono alle dipendenze amministrative delle istituzioni europee, degli Stati membri e del SEAE e assolvono i loro compiti e agiscono nell’interesse del mandato dell’RSUE.
L’RSUE deve adottare tutte le misure ragionevolmente praticabili, per la sicurezza dei membri della squadra che opera sotto al sua diretta autorità.
L’RSUE riferisce periodicamente:all’AR, al CPS, al al gruppo «Diritti umani» del Consiglio. Le relazioni scritte periodiche sono diffuse mediante la rete COREU.
La decisione originale è stata modificata ed estesa più volte, la più recente delle quali nel 2018. La decisione (PESC) 2018/225 assegna all’RSUE un importo di 894 178 euro per il periodo fino al 28 febbraio 2019, data della scadenza del mandato dell’RSUE.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
La decisione è stata applicata dal 1o marzo 2019.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:rappresentanti speciali dell’Unione europea (Servizio europeo per l’azione esterna); quadro strategico e piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia (Consiglio dell’Unione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (PESC) 2019/346 del Consiglio, del 28 febbraio 2019, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 62 del 1.3.2019, pag. 12).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21).
Le modifiche successive alla decisione 2012/440/PESC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Decisione (PESC) 2015/260 del Consiglio, del 17 febbraio 2015, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 18.2.2015, pag. 29).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (PESC) 2017/346 del Consiglio, del 27 febbraio 2017, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 50 del 28.2.2017, pag. 66).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (PESC) 2018/225 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, che modifica la decisione (PESC) 2017/346 che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 16.2.2018, pag. 14). |
Accordo tra l’UE e il Regno di Norvegia RIGUARDANTE la cooperazione amministrativa in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA)
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo stabilisce la cooperazione amministrativa tra l’UE e la Norvegia pergarantire il rispetto della legislazione sull’IVA nelle rispettive giurisdizioni;tutelare il gettito IVA dei firmatari. La decisione (UE) 2017/2381 riguarda la sottoscrizione e la decisione (UE) 2018/1089 fornisce l’approvazione formale dell’UE all’accordo.
PUNTI CHIAVE
L’accordo prevede:lo scambio di informazioni che possano consentire di accertare correttamente l’IVA, sorvegliarne la corretta applicazione e combattere le frodi; il recupero dei crediti risultanti dall’IVA;, comprese penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa, interessi e spese relative ai crediti.Gli Stati membri e la Norvegia:designano:un’autorità competente responsabile dell’applicazione dell’accordo;due uffici centrali di collegamento: uno per la cooperazione amministrativa, l’altro per assistere nel recupero del gettito IVA; considerano le informazioni che ricevono riservate, ma possono:comunicarle alle persone o alle autorità incaricate dell’applicazione della legislazione sull’IVA;utilizzarle per l’accertamento e l’esecuzione di misure di recupero e cautelari di altre imposte e di contributi previdenziali obbligatorie per irrogare sanzioni amministrative o penali; consentire l’accesso ad altri funzionari presso i propri uffici al fine di scambiare le informazioni e di essere presenti durante le indagini amministrative come osservatori; convenire di procedere a controlli simultanei nel caso in cui ritengano che tali controlli siano più efficaci di un controllo eseguito da un solo Stato; trasmettere al comitato congiunto (vedere di seguito ulteriori dettagli sul comitato) i dati statistici annuali, entro il 30 giugno.Gli Stati trasmettono le informazioni utilizzando un modulo standard e possono richiedere un feedback:su richiesta di un’altra autorità, solitamente entro tre mesi, ma entro un mese se le informazioni sono già in possesso dell’autorità interpellata. spontaneamente, se:le informazioni di cui sono in possesso sono necessarie a un altro Stato per applicare in modo efficace il proprio sistema di controllo;uno Stato ha motivo di credere che nell’altro Stato è stata o potrebbe essere stata violata la legislazione sull’IVA;esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell’altro Stato; automaticamente per le categorie stabilite dal comitato congiunto.Uno Stato può rifiutarsi di fornire le informazioni quando ciò comporterebbe:l’imposizione di nuovi obblighi ai debitori dell’IVA; sproporzionati oneri amministrativi allo Stato; la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale o di un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico; oppure se l’autorità richiedente non ha esaurito le fonti di informazione consuete.Gli Stati si assistono reciprocamente nel recupero dei crediti risultanti dall’IVA:fornendo informazioni pertinenti; eseguendo le necessarie indagini amministrative; consentendo ai funzionari di essere presenti nei rispettivi uffici, durante le indagini amministrative e nei procedimenti giurisdizionali; notificando ai destinatari tutti i documenti inoltrati da un’altra autorità; recuperando un credito in seguito a un titolo esecutivo o adottando le necessarie misure cautelari.Gli Stati:sospendono immediatamente le procedure esecutive richieste se il recupero crediti viene contestato nello Stato richiedente; possono rifiutarsi di soddisfare la richiesta se il recupero crediti:creerebbe difficoltà economiche o sociali nella loro giurisdizione;si riferisce a crediti che risalgono a più di cinque anni prima, o più di dieci anni prima in determinate condizioni;è inferiore a 1 500 EUR. Le controversie concernenti il credito e il titolo iniziale rientrano nella competenza degli organismi competenti dello Stato dell’autorità richiedente, quelle concernenti le modalità in cui un altro Stato risponde a tale richiesta sono portate dinanzi all’organo competente di tale Stato.
L’accordo consente alla Norvegia di partecipare a Eurofisc, una rete di esperti di amministrazione fiscale e anti-frode.
L’accordo istituisce un comitato congiunto composto da rappresentanti dell’UE e della Norvegia che assicura il corretto funzionamento e la corretta attuazione dell’accordo. Esso:formula raccomandazioni e adotta decisioni; determinare le nuove categorie di informazioni oggetto di scambio automatico; determina le diverse modalità pratiche: delibera all’unanimità; si riunisce almeno una volta ogni due anni; gestisce le controversie in relazione all’interpretazione o all’applicazione.L’accordo è concluso per un periodo illimitato. può terminare 6 mesi dopo la notifica scritta all’altra parte circa la propria intenzione di denunciare l’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1o settembre 2018.
CONTESTO
La Norvegia è il primo Stato con cui l’UE abbia un accordo di cooperazione sull’IVA. Membro dello Spazio economico europeo, ha un sistema IVA simile e una solida esperienza nella cooperazione in materia di IVA con l’UE, in particolare nel settore dell’energia. L’accordo segue la stessa struttura utilizzata per la cooperazione tra i paesi dell’UE ai sensi del regolamento (UE) n. 904/2010 per l’IVA (si veda la sintesi) e della direttiva 2010/24/UE del Consiglio (si veda lasitesi) per il recupero dei crediti IVA. Per ulteriori informazioni, si veda:IVA e cooperazione amministrativa (Commissione europea)
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 195 del 1.8.2018, pag. 3).
Decisione (UE) 2017/2381 del Consiglio, del 5 dicembre 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 340 del 20.12.2017, pag. 4).
Decisione (UE) 2018/1089 del Consiglio, del 22 giugno 2018, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 195 del 1.8.2018, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Informazione riguardante l’entrata in vigore dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 199 del 7.8.2018, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU L 268 del 12.10.2010, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 904/2010 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2010/24/UE del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU L 84 del 31.3.2010, pag. 1). | ACCORDO
tra l'Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto
L'UNIONE EUROPEA, di seguito «l'Unione», e
IL REGNO DI NORVEGIA, di seguito «la Norvegia»,
di seguito «le parti»,
DESIDEROSE di garantire la corretta determinazione, valutazione e riscossione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e il corretto recupero dei crediti IVA per evitare la doppia imposizione o la non imposizione e combattere la frode IVA,
CONSAPEVOLI del fatto che la lotta contro la frode IVA e l'evasione dell'IVA transfrontaliere esigono una stretta cooperazione tra le autorità competenti incaricate dell'applicazione della normativa in materia,
RICONOSCENDO che la frode IVA e l'evasione dell'IVA transfrontaliere presentano caratteristiche e meccanismi specifici che le distinguono da altri tipi di frode fiscale e richiedono pertanto specifici strumenti giuridici di cooperazione amministrativa, in particolare ai fini dello scambio reciproco di informazioni,
DECISE a contribuire alla rete Eurofisc per lo scambio di informazioni mirate al fine di combattere la frode IVA transfrontaliera, fatte salve le restrizioni a norma del presente accordo,
CONSAPEVOLI del fatto che tutte le parti contraenti dovrebbero applicare le norme in materia di riservatezza e tutela dei dati personali in conformità della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, anche nell'ambito di Eurofisc,
CONSIDERANDO che solo la cooperazione internazionale può consentire un'efficace valutazione della corretta applicazione dell'IVA ai servizi di telecomunicazione e radiodiffusione e ai servizi prestati tramite mezzi elettronici,
CONSIDERANDO che, oltre a essere geograficamente vicine, l'Unione e la Norvegia sono partner commerciali dinamici e sono altresì parti dell'accordo sullo Spazio economico europeo («accordo SEE»), volto a promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti contraenti in pari condizioni di concorrenza e il rispetto delle stesse regole, nell'intento di instaurare uno spazio economico europeo omogeneo,
RICONOSCENDO che benché le questioni fiscali non rientrino nell'ambito di applicazione dell'accordo SEE, la cooperazione finalizzata a una più efficace applicazione dell'IVA e al maggiore rispetto delle relative norme è nell'interesse dell'Unione e della Norvegia,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Obiettivo
Obiettivo del presente accordo è porre in essere il quadro per la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri dell'Unione e la Norvegia onde consentire alle autorità incaricate dell'applicazione della legislazione sull'IVA di prestarsi reciproca assistenza per garantire il rispetto di tale legislazione e tutelare il gettito IVA.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. Il presente accordo definisce norme e procedure in materia di cooperazione al fine di:
a)
procedere allo scambio di ogni informazione che possa consentire di accertare correttamente l'IVA, sorvegliarne la corretta applicazione e combattere le frodi a danno dell'IVA;
b)
recuperare:
i)
i crediti risultanti dall'IVA;
ii)
penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa relative ai crediti di cui al punto i), irrogate dalle autorità amministrative competenti per la riscossione dell'IVA o lo svolgimento di indagini amministrative al riguardo, o confermate da organi amministrativi o giudiziari su richiesta di tali autorità amministrative;
iii)
interessi e spese riguardanti i crediti di cui ai punti i) e ii).
2. Il presente accordo non pregiudica l'applicazione delle norme riguardanti la cooperazione amministrativa, la lotta contro le frodi e l'assistenza ai fini del recupero dei crediti IVA tra gli Stati membri dell'Unione.
3. Il presente accordo non pregiudica l'applicazione delle norme sulla reciproca assistenza in materia penale.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini del presente accordo si intende per:
a) «IVA»: l'imposta sul valore aggiunto ai sensi della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (2) per l'Unione e l'imposta sul valore aggiunto ai sensi della legge norvegese 19 giugno 2009, n. 58 relativa all'imposta sul valore aggiunto per la Norvegia;
b) «Stato»: uno Stato membro dell'Unione o la Norvegia;
c) «Stati»: gli Stati membri dell'Unione e la Norvegia;
d) «paese terzo»: paese diverso da uno Stato membro dell'Unione e dalla Norvegia;
e) «autorità competente»: l'autorità designata a norma dell'articolo 4, paragrafo 1;
f) «ufficio centrale di collegamento»: l'ufficio designato a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, quale responsabile principale dei contatti per l'applicazione del titolo II o del titolo III;
g) «servizio di collegamento»: qualsiasi ufficio diverso dell'ufficio centrale di collegamento designato come tale a norma dell'articolo 4, paragrafo 3, per richiedere o accordare reciproca assistenza ai sensi del titolo II o del titolo III;
h) «funzionario competente»: qualsiasi funzionario designato a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, che può scambiare direttamente informazioni ai sensi del titolo II;
i) «autorità richiedente»: un ufficio centrale di collegamento, un servizio di collegamento o un funzionario competente che formula una richiesta di assistenza ai sensi del titolo II a nome di un'autorità competente;
j) «autorità richiedente»: un ufficio centrale di collegamento o un servizio di collegamento di uno Stato che formula una richiesta ai sensi del titolo III;
k) «autorità interpellata»: l'ufficio centrale di collegamento, il servizio di collegamento o, per quanto riguarda la cooperazione ai sensi del titolo II, il funzionario competente che riceve una richiesta da un'autorità richiedente;
l) «persona»:
i)
una persona fisica;
ii)
una persona giuridica;
iii)
ove la normativa vigente lo preveda, un'associazione di persone alla quale è riconosciuta la capacità di compiere atti giuridici, ma che è priva di personalità giuridica, oppure
iv)
qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma, dotato o meno di personalità giuridica, soggetto all'IVA o tenuto al pagamento dei crediti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b);
m) «comitato congiunto»: il comitato responsabile del buon funzionamento e della corretta attuazione del presente accordo a norma dell'articolo 41;
n) «indagine amministrativa»: tutti i controlli, le verifiche e gli interventi eseguiti dagli Stati nell'esercizio delle loro funzioni allo scopo di assicurare la corretta applicazione della legislazione sull'IVA;
o) «scambio spontaneo»: la comunicazione occasionale, in qualsiasi momento e senza preventiva richiesta, di informazioni a un altro Stato;
p) «scambio automatico»: la comunicazione sistematica e senza preventiva richiesta di informazioni predeterminate a un altro Stato;
q) «controllo simultaneo»: il controllo coordinato degli obblighi fiscali di uno o più soggetti passivi collegati fra loro organizzato da almeno due Stati che presentano interessi comuni o complementari;
r) «per via elettronica»: mediante attrezzature elettroniche per il trattamento (compresa la compressione digitale) e l'archiviazione di dati e tramite cavo, onde radio, tecnologie ottiche o altri mezzi elettromagnetici;
s) «rete CCN/CSI»: la piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione («CCN») e sull'interfaccia comune di sistema («CSI»), sviluppata dall'Unione per assicurare tutte le trasmissioni per via elettronica tra le autorità competenti nel settore della fiscalità;
t) «servizi di telecomunicazione, servizi di teleradiodiffusione e servizi prestati per via elettronica»: i servizi quali definiti agli articoli 6 bis, 6 ter e 7 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (3).
Articolo 4
Organizzazione
1. Ciascuno Stato designa un'autorità competente responsabile dell'applicazione del presente accordo.
2. Ciascuno Stato designa:
a)
un ufficio centrale di collegamento quale responsabile principale dell'applicazione del titolo II del presente accordo e
b)
un ufficio centrale di collegamento quale responsabile principale dell'applicazione del titolo III del presente accordo.
3. Ciascuna autorità competente può designare, direttamente o mediante delega:
a)
servizi di collegamento incaricati dello scambio diretto di informazioni ai sensi del titolo II del presente accordo;
b)
servizi di collegamento incaricati di chiedere o accordare assistenza reciproca ai sensi del titolo III del presente accordo nel quadro delle rispettive competenze territoriali o funzionali specifiche.
4. Ciascuna autorità competente può designare, direttamente o mediante delega, funzionari competenti che possono scambiare direttamente informazioni in base al titolo II del presente accordo.
5. Gli uffici centrali di collegamento tengono aggiornato l'elenco dei servizi di collegamento e dei funzionari competenti e lo mettono a disposizione degli altri uffici centrali di collegamento.
6. Quando un servizio di collegamento o un funzionario competente invia o riceve una richiesta di assistenza ai sensi del presente accordo, ne informa il proprio ufficio centrale di collegamento.
7. Quando un ufficio centrale di collegamento, un servizio di collegamento o un funzionario competente riceve una richiesta di assistenza reciproca che rende necessaria un'azione che non rientra nelle sue competenze, trasmette senza indugio la richiesta al competente ufficio centrale di collegamento o servizio di collegamento e ne informa l'autorità richiedente. In tal caso il termine di cui all'articolo 8 inizia a decorrere il giorno successivo a quello in cui la richiesta di assistenza è stata trasmessa all'ufficio centrale di collegamento o al servizio di collegamento competenti.
8. Ciascuno Stato segnala alla Commissione europea l'autorità competente ai fini del presente accordo entro un mese dalla firma del presente accordo e ne comunica senza indugio ogni eventuale cambiamento. La Commissione europea tiene aggiornato l'elenco delle autorità competenti e lo mette a disposizione del comitato congiunto.
Articolo 5
Accordo sui livelli dei servizi
Un accordo sui livelli dei servizi che garantisca la quantità e la qualità tecnica dei servizi per il funzionamento dei sistemi per la comunicazione e lo scambio di informazioni è concluso secondo la procedura stabilita dal comitato congiunto.
Articolo 6
Riservatezza e protezione dei dati personali
1. Qualsiasi informazione ottenuta da uno Stato conformemente al presente accordo è considerata riservata e tutelata allo stesso modo delle informazioni ottenute conformemente al diritto nazionale e, nella misura necessaria alla protezione dei dati personali, in conformità della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle eventuali salvaguardie specificate dal diritto dello Stato che fornisce le informazioni.
2. Tali informazioni possono essere comunicate alle persone o alle autorità (compresi i tribunali e gli organi amministrativi o di vigilanza) incaricate dell'applicazione della legislazione sull'IVA e ai fini di un corretto accertamento dell'IVA, nonché ai fini dell'applicazione di misure di esecuzione, comprese misure di recupero o cautelari in relazione ai crediti IVA.
3. Le informazioni di cui al paragrafo 1 possono essere utilizzate altresì per l'accertamento e l'esecuzione, compreso il recupero di altre imposte e di contributi previdenziali obbligatori. Se rivelano, o permettono di dimostrare, l'esistenza di violazioni della legislazione fiscale, le informazioni scambiate possono essere utilizzate anche per irrogare sanzioni amministrative o penali. Le informazioni possono essere utilizzate solo dalle persone o dalle autorità indicate nell'articolo 2 e unicamente per i fini di cui alle frasi precedenti del presente paragrafo. Dette persone e autorità possono rivelare tali informazioni in udienze pubbliche dinanzi ai tribunali o in decisioni giudiziali.
4. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, lo Stato che fornisce le informazioni ne consente l'uso da parte dello Stato che le riceve, sulla base di una richiesta motivata, per scopi diversi da quelli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, quando l'uso per scopi analoghi sia consentito dalla legislazione dello Stato che fornisce le informazioni. L'autorità interpellata accetta o rifiuta tale richiesta entro un mese.
5. Relazioni, attestati e altri documenti, o copie conformi o estratti degli stessi, ottenuti da uno Stato nell'ambito dell'assistenza prevista dal presente accordo, possono essere addotti come elementi di prova in tale Stato allo stesso titolo di documenti analoghi forniti da un'altra autorità di detto Stato.
6. Le informazioni fornite da uno Stato a un altro Stato possono essere trasmesse da quest'ultimo a un terzo Stato, previa autorizzazione dell'autorità competente da cui provengono. Lo Stato di origine delle informazioni può opporsi a tale condivisione entro dieci giorni lavorativi dalla data in cui ha ricevuto la comunicazione dallo Stato che desidera condividere le informazioni.
7. Gli Stati possono trasmettere a paesi terzi le informazioni ottenute in conformità del presente accordo alle condizioni seguenti:
a)
la trasmissione di informazioni è disciplinata dalla legislazione nazionale dello Stato che le trasmette, che attua l'articolo 25 della direttiva 95/46/CE relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, soprattutto per quanto riguarda il livello di protezione adeguato garantito dal paese terzo in questione;
b)
l'autorità competente da cui provengono le informazioni ha acconsentito a tale comunicazione;
c)
la trasmissione è permessa da accordi di assistenza tra lo Stato che trasmette le informazioni e il paese terzo in questione.
8. Quando uno Stato riceve informazioni da un paese terzo, gli Stati possono scambiare tali informazioni, ove ciò sia consentito dagli accordi di assistenza con il paese terzo in questione.
9. Ciascuno Stato notifica immediatamente agli altri Stati interessati qualsiasi violazione della riservatezza e qualsiasi disfunzionamento delle salvaguardie delle regole di protezione dei dati personali, nonché tutte le eventuali sanzioni e azioni correttive imposte.
10. Le persone debitamente accreditate dall'autorità di accreditamento in materia di sicurezza della Commissione europea possono accedere a tali informazioni soltanto nella misura in cui ciò sia necessario per l'assistenza, la manutenzione e lo sviluppo della rete CCN/CSI.
TITOLO II
COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA E LOTTA CONTRO LA FRODE
CAPO 1
Scambio di informazioni su richiesta
Articolo 7
Scambio di informazioni e indagini amministrative
1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), in relazione a uno o più casi specifici.
2. Ai fini della comunicazione di informazioni di cui al paragrafo 1, l'autorità interpellata fa eseguire le indagini amministrative necessarie per ottenere le informazioni in oggetto.
3. La richiesta di cui al paragrafo 1 può contenere una richiesta motivata relativa a un'indagine amministrativa. Se l'autorità interpellata ritiene che le indagini amministrative non siano necessarie, ne comunica immediatamente i motivi all'autorità richiedente.
4. L'autorità interpellata che rifiuti un'indagine amministrativa relativa agli importi dichiarati da un soggetto passivo in relazione alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi di cui all'allegato, effettuate da un soggetto passivo stabilito nello Stato dell'autorità interpellata e imponibili nello Stato dell'autorità richiedente, comunica all'autorità richiedente almeno le date e i valori di tutte le pertinenti cessioni e prestazioni effettuate negli ultimi due anni dal soggetto passivo nello Stato dell'autorità richiedente.
5. Per procurarsi le informazioni richieste o condurre l'indagine amministrativa richiesta l'autorità interpellata, o l'autorità amministrativa cui essa si rivolge, procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un'altra autorità del proprio Stato.
6. Su richiesta dell'autorità richiedente l'autorità interpellata le trasmette, sotto forma di relazioni, di attestati e di qualsiasi altro documento, o di copie conformi o estratti degli stessi, tutte le informazioni pertinenti che si è procurata o di cui dispone, nonché i risultati delle indagini amministrative.
7. I documenti originali sono trasmessi soltanto ove ciò non sia vietato dalle disposizioni vigenti nello Stato dell'autorità interpellata.
Articolo 8
Termine per la comunicazione di informazioni
1. L'autorità interpellata comunica le informazioni di cui all'articolo 7 quanto prima e comunque entro tre mesi dalla data di ricevimento della richiesta. Tuttavia, se le informazioni di cui trattasi sono già in possesso dell'autorità interpellata, il termine è ridotto a un periodo massimo di un mese.
2. Per alcune categorie di casi specifici, tra l'autorità interpellata e l'autorità richiedente possono essere convenuti termini diversi da quelli di cui al paragrafo 1.
3. Qualora non possa rispondere alla richiesta entro il termine di cui ai paragrafi 1 e 2, l'autorità interpellata informa immediatamente per iscritto l'autorità richiedente delle circostanze che ostano al rispetto di tale termine indicando quando ritiene che le sarà possibile dar seguito alla richiesta.
CAPO 2
Scambio di informazioni senza preventiva richiesta
Articolo 9
Tipi di scambio di informazioni
Lo scambio di informazioni senza preventiva richiesta è spontaneo, conformemente all'articolo 10, o automatico, conformemente all'articolo 11.
Articolo 10
Scambio spontaneo di informazioni
L'autorità competente di uno Stato trasmette senza preventiva richiesta all'autorità competente di un altro Stato le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), che non sono state trasmesse ai sensi dello scambio automatico di cui all'articolo 11 e di cui sono a conoscenza, nei seguenti casi:
a)
se la tassazione deve aver luogo nello Stato di destinazione e se le informazioni provenienti dallo Stato di origine sono necessarie all'efficacia del sistema di controllo dello Stato di destinazione;
b)
se uno Stato ha motivo di credere che nell'altro Stato è stata o potrebbe essere stata violata la legislazione sull'IVA;
c)
se esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell'altro Stato.
Articolo 11
Scambio automatico di informazioni
1. Le categorie di informazioni oggetto di scambio automatico sono stabilite dal comitato congiunto in conformità dell'articolo 41.
2. Uno Stato può astenersi dal partecipare allo scambio automatico di una o più categorie di informazioni di cui al paragrafo 1 quando la raccolta delle informazioni ai fini di tale scambio comporterebbe l'imposizione di nuovi obblighi ai debitori dell'IVA o di sproporzionati oneri amministrativi allo Stato.
3. Ciascuno Stato notifica per iscritto al comitato congiunto la propria decisione, adottata a norma del paragrafo precedente.
CAPO 3
Altre forme di cooperazione
Articolo 12
Notifica amministrativa
1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata notifica al destinatario, conformemente alle norme sulla notifica di atti analoghi vigenti nel proprio Stato, tutti gli atti e le decisioni delle autorità richiedenti relativi all'applicazione della legislazione sull'IVA nello Stato dell'autorità richiedente.
2. La richiesta di notifica, che precisa il contenuto dell'atto o della decisione da notificare, indica il nome, l'indirizzo e ogni altro elemento utile per l'identificazione del destinatario.
3. L'autorità interpellata informa immediatamente l'autorità richiedente del seguito dato alla richiesta di notifica e, in particolare, della data in cui la decisione o l'atto sono stati notificati al destinatario.
Articolo 13
Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative
1. Previo accordo fra l'autorità richiedente e l'autorità interpellata, e secondo le modalità fissate da quest'ultima, l'autorità interpellata può consentire a funzionari autorizzati dall'autorità richiedente di essere presenti negli uffici dell'autorità interpellata o in qualsiasi altro luogo in cui tali autorità esercitano le proprie funzioni, al fine di scambiare le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). Qualora le informazioni richieste siano contenute in una documentazione cui possono accedere i funzionari dell'autorità interpellata, ne è fornita copia ai funzionari dell'autorità richiedente.
2. Previo accordo fra l'autorità richiedente e l'autorità interpellata, e secondo le modalità fissate da quest'ultima, l'autorità interpellata può consentire a funzionari autorizzati dall'autorità richiedente di essere presenti durante le indagini amministrative svolte nel territorio dello Stato dell'autorità interpellata al fine di scambiare le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). Tali indagini amministrative sono svolte esclusivamente dai funzionari dell'autorità interpellata. I funzionari dell'autorità richiedente non esercitano i poteri di indagine conferiti ai funzionari dell'autorità interpellata. Possono tuttavia avere accesso agli stessi locali e agli stessi documenti cui hanno accesso questi ultimi, per il tramite dei funzionari dell'autorità interpellata ed esclusivamente ai fini dello svolgimento dell'indagine amministrativa.
3. I funzionari dell'autorità richiedente che sono presenti in un altro Stato a norma dei paragrafi 1 e 2 devono essere in grado di produrre, in qualsiasi momento, un mandato scritto in cui siano indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale.
Articolo 14
Controlli simultanei
1. Gli Stati possono convenire di procedere a controlli simultanei nel caso in cui ritengano che tali controlli siano più efficaci di un controllo eseguito da un solo Stato.
2. Uno Stato individua autonomamente i soggetti passivi sui quali intende proporre un controllo simultaneo. L'autorità competente di detto Stato informa l'autorità competente dell'altro Stato interessato circa i casi proposti per un controllo simultaneo. Per quanto possibile, motiva la sua scelta fornendo le informazioni che l'hanno determinata. Indica il periodo di tempo durante il quale occorre eseguire detti controlli.
3. Un'autorità competente che riceve la proposta di controllo simultaneo conferma all'autorità omologa il proprio assenso o comunica il proprio rifiuto motivato in linea di massima entro due settimane, e al più tardi entro un mese, dal ricevimento della proposta.
4. Le autorità competenti interessate designano un rappresentante incaricato di dirigere e coordinare il controllo.
CAPO 4
Eurofisc
Articolo 15
Partecipazione della Norvegia a Eurofisc
1. Al fine di poter promuovere e facilitare la cooperazione multilaterale nella lotta contro le frodi in materia di IVA, la Norvegia è invitata a partecipare alla rete denominata Eurofisc, di cui al capo X del regolamento (UE) n. 904/2010 relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (4), alle condizioni previste dal presente capo.
2. La partecipazione della Norvegia a Eurofisc non consente l'accesso dei funzionari di collegamento di Eurofisc designati dall'autorità competente di uno Stato alle basi di dati dell'altro Stato.
Articolo 16
Funzionari di collegamento di Eurofisc
1. L'autorità competente della Norvegia designa almeno un funzionario di collegamento di Eurofisc responsabile dello scambio di informazioni negli ambiti di attività di Eurofisc cui partecipa la Norvegia.
2. I funzionari di collegamento di Eurofisc sono funzionari competenti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4. Essi continuano a rispondere esclusivamente alle loro amministrazioni nazionali.
3. I funzionari di collegamento di Eurofisc della Norvegia non sono designati quali coordinatori dell'ambito di attività di Eurofisc o alla presidenza di Eurofisc e non partecipano ad alcuna procedura di votazione prevista dal regolamento interno di Eurofisc.
CAPO 5
Disposizioni generali
Articolo 17
Condizioni relative allo scambio di informazioni
1. L'autorità interpellata fornisce all'autorità richiedente le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), o una notifica amministrativa di cui all'articolo 12, a condizione che:
a)
il numero e il tipo delle richieste di informazioni presentate dall'autorità richiedente non impongano all'autorità interpellata un onere amministrativo eccessivo;
b)
l'autorità richiedente abbia esaurito le fonti di informazione consuete, che avrebbe potuto utilizzare, a seconda delle circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento del risultato perseguito.
2. Il presente accordo non impone di far effettuare indagini o di trasmettere informazioni su un caso determinato quando la legislazione o la prassi amministrativa dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni non consentano a detto Stato di effettuare tali indagini né di raccogliere o utilizzare tali informazioni per le proprie esigenze.
3. L'autorità interpellata può rifiutare di fornire informazioni allorché, per motivi di diritto, l'autorità richiedente non sia in grado di fornire informazioni equivalenti. Tale rifiuto motivato è comunicato al comitato congiunto dall'autorità interpellata.
4. La trasmissione di informazioni può essere rifiutata qualora comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale, di un processo commerciale o di un'informazione la cui divulgazione sia contraria all'ordine pubblico.
5. I paragrafi 2, 3 e 4 non possono in nessun caso essere interpretati nel senso di autorizzare l'autorità interpellata a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona giuridica.
6. L'autorità interpellata informa l'autorità richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta di assistenza.
Articolo 18
Feedback
L'autorità competente che fornisce informazioni a norma degli articoli 7 o 10 può chiedere all'autorità competente che riceve le informazioni di inviare un feedback. Laddove tale richiesta sia formulata, l'autorità competente che riceve le informazioni, fatte salve le norme sul segreto fiscale e la protezione dei dati applicabili nel suo Stato, invia il feedback il più rapidamente possibile a condizione che ciò non imponga un onere amministrativo eccessivo.
Articolo 19
Regime linguistico
Le richieste di assistenza, comprese le richieste di notifica e la documentazione acclusa, sono formulate in una lingua convenuta tra l'autorità interpellata e l'autorità richiedente.
Articolo 20
Statistiche
Entro il 30 giugno di ogni anno le parti trasmettono al comitato congiunto, per via elettronica, un elenco dei dati statistici sull'applicazione del presente titolo.
Articolo 21
Moduli standard e mezzi di comunicazione
1. Le informazioni comunicate a norma degli articoli 7, 10, 11, 12 e 18 e le statistiche trasmesse a norma dell'articolo 20 sono inviate utilizzando un modulo standard di cui all'articolo 41, paragrafo 2, lettera d).
2. I moduli standard sono inviati, entro i limiti del possibile, per via elettronica.
3. Qualora la richiesta non sia stata presentata interamente tramite i sistemi elettronici, l'autorità interpellata accusa ricevuta della richiesta per via elettronica quanto prima e comunque entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento della stessa.
4. Qualora un'autorità abbia ricevuto una richiesta di informazioni di cui non è il destinatario previsto, ne informa il mittente per via elettronica senza indugio e comunque entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento della stessa.
TITOLO III
ASSISTENZA IN MATERIA DI RECUPERO
CAPO 1
Scambio di informazioni
Articolo 22
Richiesta di informazioni
1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata fornisce tutte le informazioni che possono prevedibilmente aiutare l'autorità richiedente a recuperare i crediti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b).
Ai fini della comunicazione di dette informazioni, l'autorità interpellata fa eseguire le indagini amministrative necessarie per ottenerle.
2. L'autorità interpellata non è tenuta a trasmettere informazioni:
a)
che non sarebbe in grado di ottenere per il recupero di crediti analoghi per proprio conto;
b)
che rivelerebbero un segreto commerciale, industriale o professionale;
c)
la cui divulgazione sarebbe tale da pregiudicare la sicurezza o l'ordine pubblico dello Stato dell'autorità interpellata.
3. Il paragrafo 2 non può in nessun caso essere interpretato nel senso di autorizzare l'autorità interpellata a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona.
4. L'autorità interpellata informa l'autorità richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta di informazioni.
Articolo 23
Scambio di informazioni senza preventiva richiesta
Qualora un rimborso di dazi o imposte riguardi una persona stabilita o residente in un altro Stato al cui territorio si applica il presente accordo, lo Stato cui spetta effettuare il rimborso può informare lo Stato di stabilimento o di residenza del rimborso pendente.
Articolo 24
Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative
1. Previo accordo fra l'autorità richiedente e l'autorità interpellata, e secondo le modalità fissate da quest'ultima, al fine di promuovere l'assistenza reciproca prevista dal presente titolo i funzionari autorizzati dall'autorità richiedente possono:
a)
essere presenti negli uffici in cui funzionari dello Stato interpellato esercitano le proprie funzioni;
b)
essere presenti durante le indagini amministrative condotte sul territorio dello Stato interpellato.
c)
assistere i funzionari competenti dello Stato interpellato nell'ambito dei procedimenti giurisdizionali in corso in tale Stato.
2. Ove consentito dalla legislazione applicabile nello Stato interpellato, l'accordo di cui al paragrafo 1, lettera b), può prevedere che i funzionari dell'autorità richiedente interroghino le persone ed esaminino i registri.
3. I funzionari autorizzati dall'autorità richiedente che si avvalgono della possibilità offerta dai paragrafi 1 e 2 devono essere in grado di produrre, in qualsiasi momento, un mandato scritto in cui siano indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale.
CAPO 2
Assistenza per la notifica di documenti
Articolo 25
Domanda di notifica di alcuni documenti relativi ai crediti
1. Su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata notifica al destinatario tutti i documenti, anche di natura giudiziaria, concernenti un credito di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o il suo recupero, provenienti dallo Stato dell'autorità richiedente.
La domanda di notifica è accompagnata da un modulo standard contenente almeno le seguenti informazioni:
a)
nome, indirizzo e altri dati utili ai fini dell'identificazione del destinatario;
b)
obiettivo della notifica e termine entro il quale deve essere effettuata;
c)
descrizione del documento allegato nonché natura e importo del credito;
d)
nome, indirizzo e altri estremi riguardanti:
i)
l'ufficio responsabile per il documento allegato e, se diverso,
ii)
l'ufficio presso il quale possono essere ottenute ulteriori informazioni sul documento notificato o sulle possibilità di contestare l'obbligo di pagamento.
2. L'autorità richiedente presenta una domanda di notifica ai sensi del presente articolo solo qualora non sia in grado di provvedere alla notifica conformemente alle norme che disciplinano la notifica dei documenti in questione nello proprio Stato o qualora tale notifica dia luogo a difficoltà eccessive.
3. L'autorità interpellata informa immediatamente l'autorità richiedente del seguito dato alla domanda di notifica e, in particolare, della data di notifica del documento al destinatario.
Articolo 26
Modalità di notifica
1. L'autorità interpellata provvede affinché la notifica nello Stato interpellato sia effettuata conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari e alle prassi amministrative nazionali applicabili.
2. Il paragrafo 1 non pregiudica qualsiasi altra forma di notifica effettuata da un'autorità competente dello Stato richiedente in conformità delle norme in esso vigenti.
Un'autorità competente stabilita nello Stato richiedente può notificare direttamente, per raccomandata o per posta elettronica, qualsiasi documento a una persona stabilita in un altro Stato al cui territorio si applica il presente accordo.
CAPO 3
Misure di recupero o misure cautelari
Articolo 27
Domanda di recupero
1. Su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata procede al recupero dei crediti oggetto di un titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente.
2. L'autorità richiedente invia all'autorità interpellata, non appena ne sia a conoscenza, ogni informazione utile relativa al caso che ha motivato la domanda di recupero.
Articolo 28
Condizioni che disciplinano le domande di recupero
1. L'autorità richiedente non può presentare una domanda di recupero se e finché il credito e/o il titolo che ne consente l'esecuzione sono contestati nel proprio Stato, tranne nei casi in cui si applica l'articolo 31, paragrafo 4, terzo comma.
2. Prima che l'autorità richiedente presenti una domanda di recupero, si applicano le procedure di recupero adeguate disponibili nello Stato di tale autorità, tranne nei casi seguenti:
a)
quando è ovvio che non vi sono beni utili al recupero in tale Stato o che tali procedure non porteranno al pagamento integrale del credito e l'autorità richiedente è in possesso di specifiche informazioni secondo cui l'interessato dispone di beni nello Stato dell'autorità interpellata;
b)
quando il ricorso a tali procedure nello Stato dell'autorità richiedente provocherebbe difficoltà eccessive.
Articolo 29
Titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata e altri documenti di accompagnamento
1. Le domande di recupero sono accompagnate da un titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata.
Il titolo uniforme che consente l'esecuzione rispecchia nella sostanza il contenuto del titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente e costituisce l'unica base per le misure di recupero e le misure cautelari nello Stato dell'autorità interpellata. Nessun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione è richiesto in tale Stato.
Il titolo uniforme che consente l'esecuzione contiene almeno le seguenti informazioni:
a)
informazioni utili ai fini dell'identificazione del titolo iniziale che consente l'esecuzione, una descrizione del credito, ivi compresa la natura dello stesso, il periodo interessato, tutte le date utili per il processo di esecuzione, nonché l'importo del credito e le sue varie componenti, come il capitale, gli interessi maturati ecc.;
b)
nome e altri dati utili ai fini dell'identificazione del debitore;
c)
nome, indirizzo e altri estremi riguardanti:
i)
l'ufficio responsabile per l'accertamento del credito; e, se diverso,
ii)
l'ufficio presso il quale possono essere ottenute ulteriori informazioni sul credito o sulle possibilità di contestare l'obbligo di pagamento.
2. La domanda di recupero di un credito può essere corredata di altri documenti relativi al credito rilasciati dallo Stato dell'autorità richiedente.
Articolo 30
Esecuzione della domanda di recupero
1. Ai fini del recupero nello Stato dell'autorità interpellata, ogni credito per il quale è stata presentata una domanda di recupero è trattato come un credito di tale Stato, salvo diversa disposizione del presente accordo. L'autorità interpellata esercita le competenze conferitele e si avvale delle procedure previste dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di tale Stato applicabili ai medesimi crediti, salvo diversa disposizione del presente accordo.
Lo Stato dell'autorità interpellata non è tenuto a concedere ai crediti dei quali si chiede il recupero le preferenze accordate per crediti analoghi sorti nello Stato dell'autorità interpellata, salvo diverso accordo o diversa disposizione nella legislazione di tale Stato. Lo Stato che, nell'eseguire il presente accordo, conceda preferenze ai crediti sorti in un altro Stato non può, alle stesse condizioni, rifiutare di accordare le stesse preferenze ai medesimi crediti o a crediti analoghi di altri Stati membri dell'Unione.
Lo Stato dell'autorità interpellata recupera il credito nella propria valuta.
2. L'autorità interpellata informa con la dovuta diligenza l'autorità richiedente del seguito dato alla domanda di recupero.
3. A partire dalla data in cui riceve la domanda di recupero, l'autorità interpellata applica gli interessi di mora previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili ai propri crediti.
4. Se le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative applicabili lo consentono, l'autorità interpellata può concedere al debitore una dilazione di pagamento o autorizzare un pagamento rateale e può applicare i relativi interessi. Essa informa l'autorità richiedente di qualsiasi decisione in tal senso.
5. Fatto salvo l'articolo 37, paragrafo 1, l'autorità interpellata trasferisce all'autorità richiedente gli importi recuperati in relazione al credito e gli interessi di cui ai paragrafi 3 e 4 del presente articolo.
Articolo 31
Controversie
1. Le controversie concernenti il credito, il titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente o il titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata, nonché le controversie riguardanti la validità di una notifica effettuata da un'autorità richiedente rientrano nella competenza degli organismi competenti dello Stato dell'autorità richiedente. Se nel corso della procedura di recupero un soggetto interessato contesta il credito, il titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente o il titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata, quest'ultima informa tale soggetto che l'azione deve essere da esso promossa dinanzi all'organo competente dello Stato dell'autorità richiedente in conformità delle norme di legge in esso vigenti.
2. Le controversie concernenti le misure esecutive adottate nello Stato dell'autorità interpellata o la validità di una notifica effettuata da un'autorità dello Stato interpellato sono portate dinanzi all'organo competente di tale Stato in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari in esso vigenti.
3. Se è stata promossa un'azione di cui al paragrafo 1, l'autorità richiedente ne informa l'autorità interpellata e indica gli elementi del credito che non sono oggetto di contestazione.
4. Non appena riceve le informazioni di cui al paragrafo 3 dall'autorità richiedente o dal soggetto interessato, l'autorità interpellata sospende la procedura di esecuzione per quanto riguarda la parte contestata del credito in attesa della decisione dell'organo competente in materia, salvo domanda contraria formulata dall'autorità richiedente ai sensi del terzo comma del presente paragrafo.
Su domanda dell'autorità richiedente, o se lo ritiene altrimenti necessario, e fatto salvo l'articolo 33, l'autorità interpellata può adottare misure cautelari per garantire il recupero, se le disposizioni legislative o regolamentari applicabili lo consentono.
L'autorità richiedente può chiedere all'autorità interpellata, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari e delle prassi amministrative vigenti nel proprio Stato, di recuperare un credito contestato o la parte contestata di un credito se le disposizioni legislative e regolamentari e le prassi amministrative vigenti nello Stato dell'autorità interpellata lo consentono. Le domande di questo tipo devono essere motivate. Se l'esito della contestazione risulta favorevole al debitore, l'autorità richiedente è tenuta alla restituzione di ogni importo recuperato unitamente a ogni compensazione dovuta, in conformità della legislazione in vigore nello Stato dell'autorità interpellata.
Se lo Stato dell'autorità richiedente e lo Stato dell'autorità interpellata hanno avviato una procedura amichevole, e l'esito della procedura può incidere sul credito per il quale è stata richiesta l'assistenza, le misure di recupero sono sospese o interrotte fino alla conclusione della procedura, a meno che si tratti di un caso di estrema urgenza per frode o insolvenza. Se le misure di recupero sono sospese o interrotte, si applica il secondo comma.
Articolo 32
Modifica o ritiro della domanda di assistenza al recupero
1. L'autorità richiedente informa immediatamente l'autorità interpellata di qualsiasi modifica apportata alla propria domanda di recupero o del ritiro della stessa, precisando i motivi della modifica o del ritiro.
2. Se la modifica della domanda è dovuta a una decisione dell'organo competente di cui all'articolo 31, paragrafo 1, l'autorità richiedente trasmette tale decisione corredata di un nuovo titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata. L'autorità interpellata prosegue quindi la procedura di recupero sulla base del nuovo titolo.
Le misure di recupero o le misure cautelari già adottate sulla base del titolo uniforme originale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata possono continuare sulla base del nuovo titolo, a meno che la modifica della domanda sia dovuta all'invalidità del titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente o del titolo uniforme originale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata.
Gli articoli 29 e 31 si applicano in relazione al nuovo titolo.
Articolo 33
Domanda di misure cautelari
1. Su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata procede all'adozione di misure cautelari, se consentito dalla legislazione nazionale e conformemente alle proprie prassi amministrative, per garantire il recupero qualora un credito o il titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente sia contestato al momento della presentazione della domanda o qualora il credito non sia ancora oggetto di un titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente, purché l'adozione di misure cautelari sia possibile, in una situazione analoga, in base alla legislazione e alle prassi amministrative dello Stato dell'autorità richiedente.
Il documento redatto, se del caso, ai fini dell'adozione di misure cautelari nello Stato dell'autorità richiedente e relativo al credito per il quale è domandata l'assistenza reciproca è allegato alla domanda di misure cautelari nello Stato dell'autorità interpellata. Tale documento non è oggetto di alcun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione nello Stato dell'autorità interpellata.
2. La domanda di misure cautelari può essere corredata di altri documenti relativi al credito.
Articolo 34
Disposizioni che disciplinano la domanda di misure cautelari
Per l'attuazione dell'articolo 33 si applicano, mutatis mutandis, l'articolo 27, paragrafo 2, l'articolo 30, paragrafi 1 e 2, e gli articoli 31 e 32.
Articolo 35
Limitazioni agli obblighi dell'autorità interpellata
1. L'autorità interpellata non è tenuta ad accordare l'assistenza di cui agli articoli da 27 a 33 se il recupero del credito è di natura tale da provocare, a causa della situazione del debitore, gravi difficoltà di ordine economico o sociale nello Stato dell'autorità interpellata, purché le disposizioni legislative e regolamentari e le prassi amministrative vigenti in detto Stato consentano tale eccezione per i crediti nazionali.
2. L'autorità interpellata non è tenuta ad accordare l'assistenza prevista all'articolo 22 e agli articoli da 24 a 33 se la domanda iniziale ai sensi degli articoli 22, 24, 25, 27 o 33 si riferisce a crediti che risalgono a più di cinque anni prima, a decorrere dalla data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato dell'autorità richiedente alla data della suddetta domanda iniziale.
Tuttavia, qualora il credito o il titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente siano oggetto di contestazione, il periodo di cinque anni decorre dalla data in cui nello Stato dell'autorità richiedente si stabilisce che il credito o il titolo che consente l'esecuzione non possono più essere oggetto di contestazione.
Inoltre, nei casi in cui una dilazione di pagamento o un piano di pagamento rateale è stato concesso dallo Stato dell'autorità richiedente, il periodo di cinque anni decorre dalla data di scadenza dell'intero termine di pagamento.
Tuttavia, in tali casi l'autorità interpellata non è tenuta a concedere assistenza per i crediti che risalgono a più di dieci anni prima, a decorrere dalla data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato dell'autorità richiedente.
3. Uno Stato non è tenuto a concedere assistenza se l'importo totale dei crediti contemplati dal presente accordo per i quali è richiesta assistenza è inferiore a 1 500 EUR.
4. L'autorità interpellata informa l'autorità richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della domanda di assistenza.
Articolo 36
Problemi concernenti la prescrizione
1. I problemi concernenti i termini di prescrizione sono disciplinati esclusivamente dalle norme di legge in vigore nello Stato dell'autorità richiedente.
2. Con riguardo alla sospensione, all'interruzione o alla proroga dei termini di prescrizione, si considera che gli atti di recupero effettuati dall'autorità interpellata, o per conto della stessa, in conformità di una domanda di assistenza che hanno l'effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione secondo le norme di legge vigenti nello Stato dell'autorità interpellata abbiano lo stesso effetto nello Stato dell'autorità richiedente, a condizione che sia previsto l'effetto corrispondente secondo le norme di legge vigenti in quest'ultimo.
Se la sospensione, l'interruzione o la proroga dei termini di prescrizione non è possibile secondo le norme di legge vigenti nello Stato dell'autorità interpellata, gli atti di recupero effettuati dall'autorità interpellata, o per conto della stessa, in conformità della domanda di assistenza che, se fossero stati effettuati dall'autorità richiedente o per conto della stessa nel proprio Stato, avrebbero avuto l'effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione secondo le norme di legge di tale Stato, si considerano, a questo effetto, compiuti in quest'ultimo Stato.
Il primo e il secondo comma non pregiudicano il diritto dello Stato dell'autorità richiedente di prendere provvedimenti che hanno l'effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione in conformità delle norme di legge vigenti in tale Stato.
3. L'autorità richiedente e l'autorità interpellata si informano a vicenda di qualsiasi provvedimento che interrompe, sospende o proroga i termini di prescrizione del credito per il quale sono chieste le misure di recupero o le misure cautelari o che può produrre tale effetto.
Articolo 37
Spese
1. Oltre agli importi di cui all'articolo 30, paragrafo 5, l'autorità interpellata tenta di recuperare dalla persona interessata e trattiene le spese da essa sostenute in connessione con il recupero, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari del proprio Stato.
2. Gli Stati rinunciano tra loro a qualsiasi rimborso delle spese derivanti dall'assistenza reciproca che si prestino in applicazione del presente accordo.
Tuttavia, qualora il recupero presenti una difficoltà particolare, riguardi spese molto elevate o si ricolleghi alla lotta contro le organizzazioni criminali, l'autorità richiedente e l'autorità interpellata possono convenire modalità specifiche di rimborso caso per caso.
3. Fatto salvo il paragrafo 2, lo Stato dell'autorità richiedente resta responsabile, nei confronti dello Stato dell'autorità interpellata, delle spese e delle perdite conseguenti ad azioni riconosciute infondate quanto all'esistenza del credito o alla validità del titolo che consente l'esecuzione e/o l'adozione di misure cautelari emesso dall'autorità richiedente.
CAPO 4
Disposizioni generali che disciplinano tutti i tipi di domande di assistenza
Articolo 38
Regime linguistico
1. Tutte le domande di assistenza, i moduli standard per la notifica e i titoli uniformi che consentono l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata sono inviati o corredati della traduzione nella lingua ufficiale, o in una delle lingue ufficiali, dello Stato dell'autorità interpellata. Il fatto che alcune loro parti siano redatte in una lingua diversa dalla lingua ufficiale, o da una delle lingue ufficiali, di tale Stato, non pregiudica la loro validità o la validità della procedura, nella misura in cui l'altra lingua sia una lingua convenuta dagli Stati interessati.
2. I documenti per i quali è necessaria una notifica a norma dell'articolo 25 possono essere trasmessi all'autorità interpellata in una lingua ufficiale dello Stato dell'autorità richiedente.
3. Se una richiesta è corredata di documenti diversi da quelli di cui ai paragrafi 1 e 2, l'autorità interpellata può, se del caso, chiedere all'autorità richiedente la traduzione di tali documenti nella lingua ufficiale, o in una delle lingue ufficiali, dello Stato dell'autorità interpellata o in una qualsiasi altra lingua convenuta dagli Stati interessati.
Articolo 39
Statistiche
Entro il 30 giugno di ogni anno le parti trasmettono al comitato congiunto, per via elettronica, un elenco dei dati statistici sull'applicazione del presente titolo.
Articolo 40
Moduli standard e mezzi di comunicazione
1. Le domande di informazioni di cui all'articolo 22, paragrafo 1, le domande di notifica di cui all'articolo 25, paragrafo 1, le domande di recupero di cui all'articolo 27, paragrafo 1, le domande di misure cautelari di cui all'articolo 33, paragrafo 1, e la comunicazione di dati statistici di cui all'articolo 39 sono inviate per via elettronica utilizzando un modulo standard, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici. Nella misura del possibile, questi moduli sono utilizzati anche per tutte le comunicazioni successive inerenti alla domanda.
Sono da inviare per via elettronica, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici, anche il titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata, il documento che consente l'adozione di misure cautelari nello Stato dell'autorità richiedente e gli altri documenti di cui agli articoli 29 e 33.
Se del caso, i moduli standard possono essere accompagnati da relazioni, attestati e qualsiasi altro documento, o copie conformi o estratti degli stessi, che sono ugualmente inviati per via elettronica, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici.
I moduli standard e la comunicazione per via elettronica possono essere utilizzati anche ai fini dello scambio di informazioni a norma dell'articolo 23.
2. Il paragrafo 1 non si applica alle informazioni e alla documentazione ottenute tramite la presenza di funzionari negli uffici amministrativi di un altro Stato o la partecipazione alle indagini amministrative in un altro Stato in conformità dell'articolo 24.
3. Il fatto che la comunicazione non sia effettuata per via elettronica o mediante i moduli standard non pregiudica la validità delle informazioni ottenute né delle misure adottate nell'esecuzione di una domanda di assistenza.
4. La rete di comunicazione elettronica e i moduli standard adottati per l'attuazione del presente accordo possono essere utilizzati anche per l'assistenza riguardante il recupero di crediti diversi da quelli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), se tale assistenza è possibile a norma di altri strumenti bilaterali o multilaterali giuridicamente vincolanti in materia di cooperazione amministrativa tra gli Stati.
5. Finché, e nella misura in cui, il comitato congiunto non adotti modalità di applicazione per l'attuazione del presente titolo, le autorità competenti ricorrono alle modalità, compresi i moduli standard, attualmente seguite per l'attuazione della direttiva 2010/24/UE del Consiglio (5), in cui il termine «Stato membro» viene interpretato in modo da comprendere la Norvegia.
Fatto salvo il comma precedente, lo Stato dell'autorità interpellata utilizza l'euro per trasferire gli importi recuperati allo Stato dell'autorità richiedente, salvo altrimenti convenuto tra gli Stati interessati. Gli Stati la cui moneta ufficiale non è l'euro convengono con la Norvegia la valuta per il trasferimento degli importi recuperati e la notificano al comitato congiunto.
TITOLO IV
ATTUAZIONE E APPLICAZIONE
Articolo 41
Comitato congiunto
1. Le parti istituiscono un comitato congiunto composto da rappresentanti delle parti. Il comitato congiunto assicura il corretto funzionamento e la corretta attuazione del presente accordo.
2. Il comitato congiunto formula raccomandazioni per promuovere gli obiettivi del presente accordo e adotta decisioni volte a:
a)
determinare la periodicità, le modalità pratiche e le esatte categorie di informazioni oggetto di scambio automatico di cui all'articolo 11;
b)
riesaminare i risultati dello scambio automatico di informazioni per ciascuna categoria stabilita a norma della lettera a), in modo da garantire che questo tipo di scambio abbia luogo solo quando rappresenta il mezzo più efficace per lo scambio delle informazioni;
c)
definire nuove categorie di informazioni da scambiare a norma dell'articolo 11 qualora lo scambio automatico risultasse essere il mezzo di cooperazione più efficace;
d)
adottare il modulo standard per la comunicazione di informazioni a norma dell'articolo 21, paragrafo 1, e dell'articolo 40, paragrafo 1;
e)
stabilire ciò che sarà trasmesso attraverso la rete CCN/CSI o altri mezzi;
f)
stabilire l'importo e le modalità del contributo finanziario che la Norvegia dovrà versare al bilancio generale dell'Unione a concorrenza dei costi generati dalla sua partecipazione ai sistemi di informazione europei, tenendo conto delle decisioni di cui ai punti d) ed e);
g)
adottare le norme di applicazione delle modalità pratiche relative all'organizzazione dei contatti tra gli uffici centrali di collegamento e i servizi di collegamento di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 3, lettera b);
h)
stabilire le modalità pratiche relative agli uffici centrali di collegamento per l'attuazione dell'articolo 4, paragrafo 5;
i)
adottare le norme di applicazione relative alla conversione delle somme da recuperare e al trasferimento delle somme recuperate;
j)
adottare la procedura per la conclusione dell'accordo sui livelli dei servizi di cui all'articolo 5;
k)
modificare i riferimenti ad atti giuridici dell'Unione e della Norvegia contenuti nel presente accordo.
3. Il comitato congiunto delibera all'unanimità. Le decisioni del comitato congiunto sono vincolanti per le parti. Il comitato congiunto adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato congiunto si riunisce almeno una volta ogni due anni. Ciascuna parte può chiedere che sia convocata una riunione. Il comitato congiunto è presieduto, a turno, da una delle parti. La data, il luogo e l'ordine del giorno delle riunioni sono stabiliti di comune intesa tra le parti.
5. Se una parte desidera rivedere il presente accordo, ne presenta proposta al comitato congiunto, che formulerà raccomandazioni al riguardo, in particolare per l'avvio di negoziati secondo le norme per i negoziati internazionali delle parti.
Articolo 42
Risoluzione delle controversie
Eventuali controversie tra le parti relative all'interpretazione o all'applicazione del presente accordo sono risolte tramite consultazione nell'ambito del comitato congiunto. Le parti forniscono al comitato congiunto le informazioni pertinenti necessarie per un esame approfondito della questione, al fine di risolvere la controversia.
TITOLO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 43
Ambito di applicazione territoriale
Il presente accordo si applica al territorio della Norvegia, conformemente a quanto disposto dall'articolo 1-2 della legge norvegese 19 giugno 2009, n. 58 relativa all'imposta sul valore aggiunto, e ai territori in cui si applicano il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni in essi stabilite, a eccezione dei territori di cui all'articolo 6 della direttiva 2006/112/CE.
Articolo 44
Entrata in vigore, durata e denuncia
1. Il presente accordo è approvato dalle parti secondo le rispettive procedure giuridiche interne.
2. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui le parti si sono reciprocamente notificate l'avvenuto espletamento delle procedure giuridiche interne di cui al paragrafo 1.
3. Il presente accordo è concluso per un periodo illimitato. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la propria intenzione di denunciare il presente accordo. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data di notifica.
4. Le notifiche a norma del presente articolo sono inviate, nel caso dell'Unione, al segretariato generale del Consiglio dell'Unione e, nel caso della Norvegia, al ministero degli Affari esteri.
Articolo 45
Allegato
L'allegato del presente accordo ne costituisce parte integrante.
Articolo 46
Rapporto con accordi o intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati
Le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle degli strumenti bilaterali o multilaterali giuridicamente vincolanti riguardanti la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto conclusi tra uno o più Stati membri dell'Unione e la Norvegia, qualora le disposizioni di detti strumenti risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.
Articolo 47
Testi facenti fede
Il presente accordo è redatto in due originali rispettivamente in lingua bulgara, ceca, croata, danese, estone, francese, finlandese, greca, inglese, irlandese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, tedesca, svedese, ungherese e norvegese, ciascun testo facente ugualmente fede.
Articolo 48
Estensione del presente accordo a nuovi Stati membri dell'Unione
Quando un paese diventa uno Stato membro dell'Unione, il testo del presente accordo nella lingua, quale è stabilita dal Consiglio dell'Unione, del nuovo Stato membro che diviene parte dell'accordo stesso viene autenticato previo scambio di lettere tra l'Unione e la Norvegia.
Съставено в София на шести февруари две хиляди и осемнадесета година.
Hecho en Sofía, el seis de febrero de dos mil dieciocho.
V Sofii dne šestého února dva tisíce osmnáct.
Udfærdiget i Sofia den sjette februar to tusind og atten.
Geschehen zu Sofia am sechsten Februar zweitausendachtzehn.
Kahe tuhande kaheksateistkümnenda aasta veebruarikuu kuuendal päeval Sofias.
Έγινε στη Σόφια, στις έξι Φεβρουαρίου δύο χιλιάδες δεκαοκτώ.
Done at Sofia on the sixth day of February in the year two thousand and eighteen.
Fait à Sofia, le six février deux mille dix-huit.
Sastavljeno u Sofiji šestog veljače godine dvije tisuće osamnaeste.
Fatto a Sofia, addì sei febbraio duemiladiciotto.
Sofijā, divi tūkstoši astoņpadsmitā gada sestajā februārī.
Priimta du tūkstančiai aštuonioliktų metų vasario šeštą dieną Sofijoje.
Kelt Szófiában, a kétezer-tizennyolcadik év február havának hatodik napján.
Magħmul f'Sofija fis-sitt jum ta’ Frar fis-sena elfejn u tmintax.
Gedaan te Sofia, zes februari tweeduizend achttien.
Sporządzono w Sofii dnia szóstego lutego dwa tysiące osiemnastego roku.
Feito em Sófia, em seis de fevereiro de dois mil e dezoito.
Întocmit la Sofia, la șase februarie două mii optsprezece.
V Sofii šiesteho februára dvetisícosemnásť.
V Sofiji, dne šestega februarja leta dva tisoč osemnajst.
Tehty Sofiassa kuudentena päivänä helmikuuta vuonna kaksituhattakahdeksantoista.
Som skedde i Sofia den sjätte februari år tjugohundraarton.
Utferdiget i Sofia, den sjette februar totusenogatten.
За Европейския съюз
Рог la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Za Europsku uniju
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
For Den europeiske union
За Кралство Норвегия
Por el Reino de Noruega
Za Norské království
For Kongeriget Norge
Für das Königreich Norwegen
Norra Kuningriigi nimel
Για το Βασίλειο της Νορβηγίας
For the Kingdom of Norway
Pour le Royaume de Norvège
Za Kraljevinu Norvešku
Per il Regno di Norvegia
Norvēģijas Karalistes vārdā –
Norvegijos Karalystės vardu
A Norvég Királyság részéről
Għar-Renju tan-Norveġja
Voor het Koninkrijk Noorwegen
W imieniu Królestwa Norwegii
Pelo Reino da Noruega
Pentru Regatul Norvegiei
Za Nórske kráľovstvo
Za Kraljevino Norveško
Norjan kuningaskunnan puolesta
För Konungariket Norge
For Kongeriket Norge
(1) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(2) GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1.
(3) Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011 recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 77 del 23.3.2011, pag. 1).
(4) Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010 relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (GU L 268 del 12.10.2010, pag. 1).
(5) Direttiva 2010/24/UE del Consiglio del 16 marzo 2010 sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure (GU L 84 del 31.3.2010, pag. 1).
ALLEGATO
Elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi a cui si applica l'articolo 7, paragrafo 4:
1)
importazioni di valore trascurabile (articolo 23 della direttiva 2009/132/CE del Consiglio (1));
2)
servizi relativi a beni immobili (articolo 47 della direttiva 2006/112/CE);
3)
servizi di telecomunicazione, servizi di teleradiodiffusione e servizi prestati per via elettronica (articolo 3, lettera t), del presente accordo).
(1) Direttiva 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, che determina l'ambito d'applicazione dell'articolo 143, lettere b) e c), della direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni (GU L 292 del 10.11.2009, pag. 5).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | ACCORDO
tra l'Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto
L'UNIONE EUROPEA, di seguito «l'Unione», e
IL REGNO DI NORVEGIA, di seguito «la Norvegia»,
di seguito «le parti»,
DESIDEROSE di garantire la corretta determinazione, valutazione e riscossione dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e il corretto recupero dei crediti IVA per evitare la doppia imposizione o la non imposizione e combattere la frode IVA,
CONSAPEVOLI del fatto che la lotta contro la frode IVA e l'evasione dell'IVA transfrontaliere esigono una stretta cooperazione tra le autorità competenti incaricate dell'applicazione della normativa in materia,
RICONOSCENDO che la frode IVA e l'evasione dell'IVA transfrontaliere presentano caratteristiche e meccanismi specifici che le distinguono da altri tipi di frode fiscale e richiedono pertanto specifici strumenti giuridici di cooperazione amministrativa, in particolare ai fini dello scambio reciproco di informazioni,
DECISE a contribuire alla rete Eurofisc per lo scambio di informazioni mirate al fine di combattere la frode IVA transfrontaliera, fatte salve le restrizioni a norma del presente accordo,
CONSAPEVOLI del fatto che tutte le parti contraenti dovrebbero applicare le norme in materia di riservatezza e tutela dei dati personali in conformità della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, anche nell'ambito di Eurofisc,
CONSIDERANDO che solo la cooperazione internazionale può consentire un'efficace valutazione della corretta applicazione dell'IVA ai servizi di telecomunicazione e radiodiffusione e ai servizi prestati tramite mezzi elettronici,
CONSIDERANDO che, oltre a essere geograficamente vicine, l'Unione e la Norvegia sono partner commerciali dinamici e sono altresì parti dell'accordo sullo Spazio economico europeo («accordo SEE»), volto a promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti contraenti in pari condizioni di concorrenza e il rispetto delle stesse regole, nell'intento di instaurare uno spazio economico europeo omogeneo,
RICONOSCENDO che benché le questioni fiscali non rientrino nell'ambito di applicazione dell'accordo SEE, la cooperazione finalizzata a una più efficace applicazione dell'IVA e al maggiore rispetto delle relative norme è nell'interesse dell'Unione e della Norvegia,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Obiettivo
Obiettivo del presente accordo è porre in essere il quadro per la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri dell'Unione e la Norvegia onde consentire alle autorità incaricate dell'applicazione della legislazione sull'IVA di prestarsi reciproca assistenza per garantire il rispetto di tale legislazione e tutelare il gettito IVA.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. Il presente accordo definisce norme e procedure in materia di cooperazione al fine di:
a)
procedere allo scambio di ogni informazione che possa consentire di accertare correttamente l'IVA, sorvegliarne la corretta applicazione e combattere le frodi a danno dell'IVA;
b)
recuperare:
i)
i crediti risultanti dall'IVA;
ii)
penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa relative ai crediti di cui al punto i), irrogate dalle autorità amministrative competenti per la riscossione dell'IVA o lo svolgimento di indagini amministrative al riguardo, o confermate da organi amministrativi o giudiziari su richiesta di tali autorità amministrative;
iii)
interessi e spese riguardanti i crediti di cui ai punti i) e ii).
2. Il presente accordo non pregiudica l'applicazione delle norme riguardanti la cooperazione amministrativa, la lotta contro le frodi e l'assistenza ai fini del recupero dei crediti IVA tra gli Stati membri dell'Unione.
3. Il presente accordo non pregiudica l'applicazione delle norme sulla reciproca assistenza in materia penale.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini del presente accordo si intende per:
a) «IVA»: l'imposta sul valore aggiunto ai sensi della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (2) per l'Unione e l'imposta sul valore aggiunto ai sensi della legge norvegese 19 giugno 2009, n. 58 relativa all'imposta sul valore aggiunto per la Norvegia;
b) «Stato»: uno Stato membro dell'Unione o la Norvegia;
c) «Stati»: gli Stati membri dell'Unione e la Norvegia;
d) «paese terzo»: paese diverso da uno Stato membro dell'Unione e dalla Norvegia;
e) «autorità competente»: l'autorità designata a norma dell'articolo 4, paragrafo 1;
f) «ufficio centrale di collegamento»: l'ufficio designato a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, quale responsabile principale dei contatti per l'applicazione del titolo II o del titolo III;
g) «servizio di collegamento»: qualsiasi ufficio diverso dell'ufficio centrale di collegamento designato come tale a norma dell'articolo 4, paragrafo 3, per richiedere o accordare reciproca assistenza ai sensi del titolo II o del titolo III;
h) «funzionario competente»: qualsiasi funzionario designato a norma dell'articolo 4, paragrafo 4, che può scambiare direttamente informazioni ai sensi del titolo II;
i) «autorità richiedente»: un ufficio centrale di collegamento, un servizio di collegamento o un funzionario competente che formula una richiesta di assistenza ai sensi del titolo II a nome di un'autorità competente;
j) «autorità richiedente»: un ufficio centrale di collegamento o un servizio di collegamento di uno Stato che formula una richiesta ai sensi del titolo III;
k) «autorità interpellata»: l'ufficio centrale di collegamento, il servizio di collegamento o, per quanto riguarda la cooperazione ai sensi del titolo II, il funzionario competente che riceve una richiesta da un'autorità richiedente;
l) «persona»:
i)
una persona fisica;
ii)
una persona giuridica;
iii)
ove la normativa vigente lo preveda, un'associazione di persone alla quale è riconosciuta la capacità di compiere atti giuridici, ma che è priva di personalità giuridica, oppure
iv)
qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma, dotato o meno di personalità giuridica, soggetto all'IVA o tenuto al pagamento dei crediti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b);
m) «comitato congiunto»: il comitato responsabile del buon funzionamento e della corretta attuazione del presente accordo a norma dell'articolo 41;
n) «indagine amministrativa»: tutti i controlli, le verifiche e gli interventi eseguiti dagli Stati nell'esercizio delle loro funzioni allo scopo di assicurare la corretta applicazione della legislazione sull'IVA;
o) «scambio spontaneo»: la comunicazione occasionale, in qualsiasi momento e senza preventiva richiesta, di informazioni a un altro Stato;
p) «scambio automatico»: la comunicazione sistematica e senza preventiva richiesta di informazioni predeterminate a un altro Stato;
q) «controllo simultaneo»: il controllo coordinato degli obblighi fiscali di uno o più soggetti passivi collegati fra loro organizzato da almeno due Stati che presentano interessi comuni o complementari;
r) «per via elettronica»: mediante attrezzature elettroniche per il trattamento (compresa la compressione digitale) e l'archiviazione di dati e tramite cavo, onde radio, tecnologie ottiche o altri mezzi elettromagnetici;
s) «rete CCN/CSI»: la piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione («CCN») e sull'interfaccia comune di sistema («CSI»), sviluppata dall'Unione per assicurare tutte le trasmissioni per via elettronica tra le autorità competenti nel settore della fiscalità;
t) «servizi di telecomunicazione, servizi di teleradiodiffusione e servizi prestati per via elettronica»: i servizi quali definiti agli articoli 6 bis, 6 ter e 7 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (3).
Articolo 4
Organizzazione
1. Ciascuno Stato designa un'autorità competente responsabile dell'applicazione del presente accordo.
2. Ciascuno Stato designa:
a)
un ufficio centrale di collegamento quale responsabile principale dell'applicazione del titolo II del presente accordo e
b)
un ufficio centrale di collegamento quale responsabile principale dell'applicazione del titolo III del presente accordo.
3. Ciascuna autorità competente può designare, direttamente o mediante delega:
a)
servizi di collegamento incaricati dello scambio diretto di informazioni ai sensi del titolo II del presente accordo;
b)
servizi di collegamento incaricati di chiedere o accordare assistenza reciproca ai sensi del titolo III del presente accordo nel quadro delle rispettive competenze territoriali o funzionali specifiche.
4. Ciascuna autorità competente può designare, direttamente o mediante delega, funzionari competenti che possono scambiare direttamente informazioni in base al titolo II del presente accordo.
5. Gli uffici centrali di collegamento tengono aggiornato l'elenco dei servizi di collegamento e dei funzionari competenti e lo mettono a disposizione degli altri uffici centrali di collegamento.
6. Quando un servizio di collegamento o un funzionario competente invia o riceve una richiesta di assistenza ai sensi del presente accordo, ne informa il proprio ufficio centrale di collegamento.
7. Quando un ufficio centrale di collegamento, un servizio di collegamento o un funzionario competente riceve una richiesta di assistenza reciproca che rende necessaria un'azione che non rientra nelle sue competenze, trasmette senza indugio la richiesta al competente ufficio centrale di collegamento o servizio di collegamento e ne informa l'autorità richiedente. In tal caso il termine di cui all'articolo 8 inizia a decorrere il giorno successivo a quello in cui la richiesta di assistenza è stata trasmessa all'ufficio centrale di collegamento o al servizio di collegamento competenti.
8. Ciascuno Stato segnala alla Commissione europea l'autorità competente ai fini del presente accordo entro un mese dalla firma del presente accordo e ne comunica senza indugio ogni eventuale cambiamento. La Commissione europea tiene aggiornato l'elenco delle autorità competenti e lo mette a disposizione del comitato congiunto.
Articolo 5
Accordo sui livelli dei servizi
Un accordo sui livelli dei servizi che garantisca la quantità e la qualità tecnica dei servizi per il funzionamento dei sistemi per la comunicazione e lo scambio di informazioni è concluso secondo la procedura stabilita dal comitato congiunto.
Articolo 6
Riservatezza e protezione dei dati personali
1. Qualsiasi informazione ottenuta da uno Stato conformemente al presente accordo è considerata riservata e tutelata allo stesso modo delle informazioni ottenute conformemente al diritto nazionale e, nella misura necessaria alla protezione dei dati personali, in conformità della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle eventuali salvaguardie specificate dal diritto dello Stato che fornisce le informazioni.
2. Tali informazioni possono essere comunicate alle persone o alle autorità (compresi i tribunali e gli organi amministrativi o di vigilanza) incaricate dell'applicazione della legislazione sull'IVA e ai fini di un corretto accertamento dell'IVA, nonché ai fini dell'applicazione di misure di esecuzione, comprese misure di recupero o cautelari in relazione ai crediti IVA.
3. Le informazioni di cui al paragrafo 1 possono essere utilizzate altresì per l'accertamento e l'esecuzione, compreso il recupero di altre imposte e di contributi previdenziali obbligatori. Se rivelano, o permettono di dimostrare, l'esistenza di violazioni della legislazione fiscale, le informazioni scambiate possono essere utilizzate anche per irrogare sanzioni amministrative o penali. Le informazioni possono essere utilizzate solo dalle persone o dalle autorità indicate nell'articolo 2 e unicamente per i fini di cui alle frasi precedenti del presente paragrafo. Dette persone e autorità possono rivelare tali informazioni in udienze pubbliche dinanzi ai tribunali o in decisioni giudiziali.
4. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, lo Stato che fornisce le informazioni ne consente l'uso da parte dello Stato che le riceve, sulla base di una richiesta motivata, per scopi diversi da quelli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, quando l'uso per scopi analoghi sia consentito dalla legislazione dello Stato che fornisce le informazioni. L'autorità interpellata accetta o rifiuta tale richiesta entro un mese.
5. Relazioni, attestati e altri documenti, o copie conformi o estratti degli stessi, ottenuti da uno Stato nell'ambito dell'assistenza prevista dal presente accordo, possono essere addotti come elementi di prova in tale Stato allo stesso titolo di documenti analoghi forniti da un'altra autorità di detto Stato.
6. Le informazioni fornite da uno Stato a un altro Stato possono essere trasmesse da quest'ultimo a un terzo Stato, previa autorizzazione dell'autorità competente da cui provengono. Lo Stato di origine delle informazioni può opporsi a tale condivisione entro dieci giorni lavorativi dalla data in cui ha ricevuto la comunicazione dallo Stato che desidera condividere le informazioni.
7. Gli Stati possono trasmettere a paesi terzi le informazioni ottenute in conformità del presente accordo alle condizioni seguenti:
a)
la trasmissione di informazioni è disciplinata dalla legislazione nazionale dello Stato che le trasmette, che attua l'articolo 25 della direttiva 95/46/CE relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, soprattutto per quanto riguarda il livello di protezione adeguato garantito dal paese terzo in questione;
b)
l'autorità competente da cui provengono le informazioni ha acconsentito a tale comunicazione;
c)
la trasmissione è permessa da accordi di assistenza tra lo Stato che trasmette le informazioni e il paese terzo in questione.
8. Quando uno Stato riceve informazioni da un paese terzo, gli Stati possono scambiare tali informazioni, ove ciò sia consentito dagli accordi di assistenza con il paese terzo in questione.
9. Ciascuno Stato notifica immediatamente agli altri Stati interessati qualsiasi violazione della riservatezza e qualsiasi disfunzionamento delle salvaguardie delle regole di protezione dei dati personali, nonché tutte le eventuali sanzioni e azioni correttive imposte.
10. Le persone debitamente accreditate dall'autorità di accreditamento in materia di sicurezza della Commissione europea possono accedere a tali informazioni soltanto nella misura in cui ciò sia necessario per l'assistenza, la manutenzione e lo sviluppo della rete CCN/CSI.
TITOLO II
COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA E LOTTA CONTRO LA FRODE
CAPO 1
Scambio di informazioni su richiesta
Articolo 7
Scambio di informazioni e indagini amministrative
1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), in relazione a uno o più casi specifici.
2. Ai fini della comunicazione di informazioni di cui al paragrafo 1, l'autorità interpellata fa eseguire le indagini amministrative necessarie per ottenere le informazioni in oggetto.
3. La richiesta di cui al paragrafo 1 può contenere una richiesta motivata relativa a un'indagine amministrativa. Se l'autorità interpellata ritiene che le indagini amministrative non siano necessarie, ne comunica immediatamente i motivi all'autorità richiedente.
4. L'autorità interpellata che rifiuti un'indagine amministrativa relativa agli importi dichiarati da un soggetto passivo in relazione alle cessioni di beni o alle prestazioni di servizi di cui all'allegato, effettuate da un soggetto passivo stabilito nello Stato dell'autorità interpellata e imponibili nello Stato dell'autorità richiedente, comunica all'autorità richiedente almeno le date e i valori di tutte le pertinenti cessioni e prestazioni effettuate negli ultimi due anni dal soggetto passivo nello Stato dell'autorità richiedente.
5. Per procurarsi le informazioni richieste o condurre l'indagine amministrativa richiesta l'autorità interpellata, o l'autorità amministrativa cui essa si rivolge, procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un'altra autorità del proprio Stato.
6. Su richiesta dell'autorità richiedente l'autorità interpellata le trasmette, sotto forma di relazioni, di attestati e di qualsiasi altro documento, o di copie conformi o estratti degli stessi, tutte le informazioni pertinenti che si è procurata o di cui dispone, nonché i risultati delle indagini amministrative.
7. I documenti originali sono trasmessi soltanto ove ciò non sia vietato dalle disposizioni vigenti nello Stato dell'autorità interpellata.
Articolo 8
Termine per la comunicazione di informazioni
1. L'autorità interpellata comunica le informazioni di cui all'articolo 7 quanto prima e comunque entro tre mesi dalla data di ricevimento della richiesta. Tuttavia, se le informazioni di cui trattasi sono già in possesso dell'autorità interpellata, il termine è ridotto a un periodo massimo di un mese.
2. Per alcune categorie di casi specifici, tra l'autorità interpellata e l'autorità richiedente possono essere convenuti termini diversi da quelli di cui al paragrafo 1.
3. Qualora non possa rispondere alla richiesta entro il termine di cui ai paragrafi 1 e 2, l'autorità interpellata informa immediatamente per iscritto l'autorità richiedente delle circostanze che ostano al rispetto di tale termine indicando quando ritiene che le sarà possibile dar seguito alla richiesta.
CAPO 2
Scambio di informazioni senza preventiva richiesta
Articolo 9
Tipi di scambio di informazioni
Lo scambio di informazioni senza preventiva richiesta è spontaneo, conformemente all'articolo 10, o automatico, conformemente all'articolo 11.
Articolo 10
Scambio spontaneo di informazioni
L'autorità competente di uno Stato trasmette senza preventiva richiesta all'autorità competente di un altro Stato le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), che non sono state trasmesse ai sensi dello scambio automatico di cui all'articolo 11 e di cui sono a conoscenza, nei seguenti casi:
a)
se la tassazione deve aver luogo nello Stato di destinazione e se le informazioni provenienti dallo Stato di origine sono necessarie all'efficacia del sistema di controllo dello Stato di destinazione;
b)
se uno Stato ha motivo di credere che nell'altro Stato è stata o potrebbe essere stata violata la legislazione sull'IVA;
c)
se esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell'altro Stato.
Articolo 11
Scambio automatico di informazioni
1. Le categorie di informazioni oggetto di scambio automatico sono stabilite dal comitato congiunto in conformità dell'articolo 41.
2. Uno Stato può astenersi dal partecipare allo scambio automatico di una o più categorie di informazioni di cui al paragrafo 1 quando la raccolta delle informazioni ai fini di tale scambio comporterebbe l'imposizione di nuovi obblighi ai debitori dell'IVA o di sproporzionati oneri amministrativi allo Stato.
3. Ciascuno Stato notifica per iscritto al comitato congiunto la propria decisione, adottata a norma del paragrafo precedente.
CAPO 3
Altre forme di cooperazione
Articolo 12
Notifica amministrativa
1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata notifica al destinatario, conformemente alle norme sulla notifica di atti analoghi vigenti nel proprio Stato, tutti gli atti e le decisioni delle autorità richiedenti relativi all'applicazione della legislazione sull'IVA nello Stato dell'autorità richiedente.
2. La richiesta di notifica, che precisa il contenuto dell'atto o della decisione da notificare, indica il nome, l'indirizzo e ogni altro elemento utile per l'identificazione del destinatario.
3. L'autorità interpellata informa immediatamente l'autorità richiedente del seguito dato alla richiesta di notifica e, in particolare, della data in cui la decisione o l'atto sono stati notificati al destinatario.
Articolo 13
Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative
1. Previo accordo fra l'autorità richiedente e l'autorità interpellata, e secondo le modalità fissate da quest'ultima, l'autorità interpellata può consentire a funzionari autorizzati dall'autorità richiedente di essere presenti negli uffici dell'autorità interpellata o in qualsiasi altro luogo in cui tali autorità esercitano le proprie funzioni, al fine di scambiare le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). Qualora le informazioni richieste siano contenute in una documentazione cui possono accedere i funzionari dell'autorità interpellata, ne è fornita copia ai funzionari dell'autorità richiedente.
2. Previo accordo fra l'autorità richiedente e l'autorità interpellata, e secondo le modalità fissate da quest'ultima, l'autorità interpellata può consentire a funzionari autorizzati dall'autorità richiedente di essere presenti durante le indagini amministrative svolte nel territorio dello Stato dell'autorità interpellata al fine di scambiare le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). Tali indagini amministrative sono svolte esclusivamente dai funzionari dell'autorità interpellata. I funzionari dell'autorità richiedente non esercitano i poteri di indagine conferiti ai funzionari dell'autorità interpellata. Possono tuttavia avere accesso agli stessi locali e agli stessi documenti cui hanno accesso questi ultimi, per il tramite dei funzionari dell'autorità interpellata ed esclusivamente ai fini dello svolgimento dell'indagine amministrativa.
3. I funzionari dell'autorità richiedente che sono presenti in un altro Stato a norma dei paragrafi 1 e 2 devono essere in grado di produrre, in qualsiasi momento, un mandato scritto in cui siano indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale.
Articolo 14
Controlli simultanei
1. Gli Stati possono convenire di procedere a controlli simultanei nel caso in cui ritengano che tali controlli siano più efficaci di un controllo eseguito da un solo Stato.
2. Uno Stato individua autonomamente i soggetti passivi sui quali intende proporre un controllo simultaneo. L'autorità competente di detto Stato informa l'autorità competente dell'altro Stato interessato circa i casi proposti per un controllo simultaneo. Per quanto possibile, motiva la sua scelta fornendo le informazioni che l'hanno determinata. Indica il periodo di tempo durante il quale occorre eseguire detti controlli.
3. Un'autorità competente che riceve la proposta di controllo simultaneo conferma all'autorità omologa il proprio assenso o comunica il proprio rifiuto motivato in linea di massima entro due settimane, e al più tardi entro un mese, dal ricevimento della proposta.
4. Le autorità competenti interessate designano un rappresentante incaricato di dirigere e coordinare il controllo.
CAPO 4
Eurofisc
Articolo 15
Partecipazione della Norvegia a Eurofisc
1. Al fine di poter promuovere e facilitare la cooperazione multilaterale nella lotta contro le frodi in materia di IVA, la Norvegia è invitata a partecipare alla rete denominata Eurofisc, di cui al capo X del regolamento (UE) n. 904/2010 relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (4), alle condizioni previste dal presente capo.
2. La partecipazione della Norvegia a Eurofisc non consente l'accesso dei funzionari di collegamento di Eurofisc designati dall'autorità competente di uno Stato alle basi di dati dell'altro Stato.
Articolo 16
Funzionari di collegamento di Eurofisc
1. L'autorità competente della Norvegia designa almeno un funzionario di collegamento di Eurofisc responsabile dello scambio di informazioni negli ambiti di attività di Eurofisc cui partecipa la Norvegia.
2. I funzionari di collegamento di Eurofisc sono funzionari competenti ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4. Essi continuano a rispondere esclusivamente alle loro amministrazioni nazionali.
3. I funzionari di collegamento di Eurofisc della Norvegia non sono designati quali coordinatori dell'ambito di attività di Eurofisc o alla presidenza di Eurofisc e non partecipano ad alcuna procedura di votazione prevista dal regolamento interno di Eurofisc.
CAPO 5
Disposizioni generali
Articolo 17
Condizioni relative allo scambio di informazioni
1. L'autorità interpellata fornisce all'autorità richiedente le informazioni di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), o una notifica amministrativa di cui all'articolo 12, a condizione che:
a)
il numero e il tipo delle richieste di informazioni presentate dall'autorità richiedente non impongano all'autorità interpellata un onere amministrativo eccessivo;
b)
l'autorità richiedente abbia esaurito le fonti di informazione consuete, che avrebbe potuto utilizzare, a seconda delle circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento del risultato perseguito.
2. Il presente accordo non impone di far effettuare indagini o di trasmettere informazioni su un caso determinato quando la legislazione o la prassi amministrativa dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni non consentano a detto Stato di effettuare tali indagini né di raccogliere o utilizzare tali informazioni per le proprie esigenze.
3. L'autorità interpellata può rifiutare di fornire informazioni allorché, per motivi di diritto, l'autorità richiedente non sia in grado di fornire informazioni equivalenti. Tale rifiuto motivato è comunicato al comitato congiunto dall'autorità interpellata.
4. La trasmissione di informazioni può essere rifiutata qualora comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale, di un processo commerciale o di un'informazione la cui divulgazione sia contraria all'ordine pubblico.
5. I paragrafi 2, 3 e 4 non possono in nessun caso essere interpretati nel senso di autorizzare l'autorità interpellata a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona giuridica.
6. L'autorità interpellata informa l'autorità richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta di assistenza.
Articolo 18
Feedback
L'autorità competente che fornisce informazioni a norma degli articoli 7 o 10 può chiedere all'autorità competente che riceve le informazioni di inviare un feedback. Laddove tale richiesta sia formulata, l'autorità competente che riceve le informazioni, fatte salve le norme sul segreto fiscale e la protezione dei dati applicabili nel suo Stato, invia il feedback il più rapidamente possibile a condizione che ciò non imponga un onere amministrativo eccessivo.
Articolo 19
Regime linguistico
Le richieste di assistenza, comprese le richieste di notifica e la documentazione acclusa, sono formulate in una lingua convenuta tra l'autorità interpellata e l'autorità richiedente.
Articolo 20
Statistiche
Entro il 30 giugno di ogni anno le parti trasmettono al comitato congiunto, per via elettronica, un elenco dei dati statistici sull'applicazione del presente titolo.
Articolo 21
Moduli standard e mezzi di comunicazione
1. Le informazioni comunicate a norma degli articoli 7, 10, 11, 12 e 18 e le statistiche trasmesse a norma dell'articolo 20 sono inviate utilizzando un modulo standard di cui all'articolo 41, paragrafo 2, lettera d).
2. I moduli standard sono inviati, entro i limiti del possibile, per via elettronica.
3. Qualora la richiesta non sia stata presentata interamente tramite i sistemi elettronici, l'autorità interpellata accusa ricevuta della richiesta per via elettronica quanto prima e comunque entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento della stessa.
4. Qualora un'autorità abbia ricevuto una richiesta di informazioni di cui non è il destinatario previsto, ne informa il mittente per via elettronica senza indugio e comunque entro cinque giorni lavorativi dal ricevimento della stessa.
TITOLO III
ASSISTENZA IN MATERIA DI RECUPERO
CAPO 1
Scambio di informazioni
Articolo 22
Richiesta di informazioni
1. Su richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata fornisce tutte le informazioni che possono prevedibilmente aiutare l'autorità richiedente a recuperare i crediti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b).
Ai fini della comunicazione di dette informazioni, l'autorità interpellata fa eseguire le indagini amministrative necessarie per ottenerle.
2. L'autorità interpellata non è tenuta a trasmettere informazioni:
a)
che non sarebbe in grado di ottenere per il recupero di crediti analoghi per proprio conto;
b)
che rivelerebbero un segreto commerciale, industriale o professionale;
c)
la cui divulgazione sarebbe tale da pregiudicare la sicurezza o l'ordine pubblico dello Stato dell'autorità interpellata.
3. Il paragrafo 2 non può in nessun caso essere interpretato nel senso di autorizzare l'autorità interpellata a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona.
4. L'autorità interpellata informa l'autorità richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della richiesta di informazioni.
Articolo 23
Scambio di informazioni senza preventiva richiesta
Qualora un rimborso di dazi o imposte riguardi una persona stabilita o residente in un altro Stato al cui territorio si applica il presente accordo, lo Stato cui spetta effettuare il rimborso può informare lo Stato di stabilimento o di residenza del rimborso pendente.
Articolo 24
Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini amministrative
1. Previo accordo fra l'autorità richiedente e l'autorità interpellata, e secondo le modalità fissate da quest'ultima, al fine di promuovere l'assistenza reciproca prevista dal presente titolo i funzionari autorizzati dall'autorità richiedente possono:
a)
essere presenti negli uffici in cui funzionari dello Stato interpellato esercitano le proprie funzioni;
b)
essere presenti durante le indagini amministrative condotte sul territorio dello Stato interpellato.
c)
assistere i funzionari competenti dello Stato interpellato nell'ambito dei procedimenti giurisdizionali in corso in tale Stato.
2. Ove consentito dalla legislazione applicabile nello Stato interpellato, l'accordo di cui al paragrafo 1, lettera b), può prevedere che i funzionari dell'autorità richiedente interroghino le persone ed esaminino i registri.
3. I funzionari autorizzati dall'autorità richiedente che si avvalgono della possibilità offerta dai paragrafi 1 e 2 devono essere in grado di produrre, in qualsiasi momento, un mandato scritto in cui siano indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale.
CAPO 2
Assistenza per la notifica di documenti
Articolo 25
Domanda di notifica di alcuni documenti relativi ai crediti
1. Su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata notifica al destinatario tutti i documenti, anche di natura giudiziaria, concernenti un credito di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o il suo recupero, provenienti dallo Stato dell'autorità richiedente.
La domanda di notifica è accompagnata da un modulo standard contenente almeno le seguenti informazioni:
a)
nome, indirizzo e altri dati utili ai fini dell'identificazione del destinatario;
b)
obiettivo della notifica e termine entro il quale deve essere effettuata;
c)
descrizione del documento allegato nonché natura e importo del credito;
d)
nome, indirizzo e altri estremi riguardanti:
i)
l'ufficio responsabile per il documento allegato e, se diverso,
ii)
l'ufficio presso il quale possono essere ottenute ulteriori informazioni sul documento notificato o sulle possibilità di contestare l'obbligo di pagamento.
2. L'autorità richiedente presenta una domanda di notifica ai sensi del presente articolo solo qualora non sia in grado di provvedere alla notifica conformemente alle norme che disciplinano la notifica dei documenti in questione nello proprio Stato o qualora tale notifica dia luogo a difficoltà eccessive.
3. L'autorità interpellata informa immediatamente l'autorità richiedente del seguito dato alla domanda di notifica e, in particolare, della data di notifica del documento al destinatario.
Articolo 26
Modalità di notifica
1. L'autorità interpellata provvede affinché la notifica nello Stato interpellato sia effettuata conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari e alle prassi amministrative nazionali applicabili.
2. Il paragrafo 1 non pregiudica qualsiasi altra forma di notifica effettuata da un'autorità competente dello Stato richiedente in conformità delle norme in esso vigenti.
Un'autorità competente stabilita nello Stato richiedente può notificare direttamente, per raccomandata o per posta elettronica, qualsiasi documento a una persona stabilita in un altro Stato al cui territorio si applica il presente accordo.
CAPO 3
Misure di recupero o misure cautelari
Articolo 27
Domanda di recupero
1. Su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata procede al recupero dei crediti oggetto di un titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente.
2. L'autorità richiedente invia all'autorità interpellata, non appena ne sia a conoscenza, ogni informazione utile relativa al caso che ha motivato la domanda di recupero.
Articolo 28
Condizioni che disciplinano le domande di recupero
1. L'autorità richiedente non può presentare una domanda di recupero se e finché il credito e/o il titolo che ne consente l'esecuzione sono contestati nel proprio Stato, tranne nei casi in cui si applica l'articolo 31, paragrafo 4, terzo comma.
2. Prima che l'autorità richiedente presenti una domanda di recupero, si applicano le procedure di recupero adeguate disponibili nello Stato di tale autorità, tranne nei casi seguenti:
a)
quando è ovvio che non vi sono beni utili al recupero in tale Stato o che tali procedure non porteranno al pagamento integrale del credito e l'autorità richiedente è in possesso di specifiche informazioni secondo cui l'interessato dispone di beni nello Stato dell'autorità interpellata;
b)
quando il ricorso a tali procedure nello Stato dell'autorità richiedente provocherebbe difficoltà eccessive.
Articolo 29
Titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata e altri documenti di accompagnamento
1. Le domande di recupero sono accompagnate da un titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata.
Il titolo uniforme che consente l'esecuzione rispecchia nella sostanza il contenuto del titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente e costituisce l'unica base per le misure di recupero e le misure cautelari nello Stato dell'autorità interpellata. Nessun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione è richiesto in tale Stato.
Il titolo uniforme che consente l'esecuzione contiene almeno le seguenti informazioni:
a)
informazioni utili ai fini dell'identificazione del titolo iniziale che consente l'esecuzione, una descrizione del credito, ivi compresa la natura dello stesso, il periodo interessato, tutte le date utili per il processo di esecuzione, nonché l'importo del credito e le sue varie componenti, come il capitale, gli interessi maturati ecc.;
b)
nome e altri dati utili ai fini dell'identificazione del debitore;
c)
nome, indirizzo e altri estremi riguardanti:
i)
l'ufficio responsabile per l'accertamento del credito; e, se diverso,
ii)
l'ufficio presso il quale possono essere ottenute ulteriori informazioni sul credito o sulle possibilità di contestare l'obbligo di pagamento.
2. La domanda di recupero di un credito può essere corredata di altri documenti relativi al credito rilasciati dallo Stato dell'autorità richiedente.
Articolo 30
Esecuzione della domanda di recupero
1. Ai fini del recupero nello Stato dell'autorità interpellata, ogni credito per il quale è stata presentata una domanda di recupero è trattato come un credito di tale Stato, salvo diversa disposizione del presente accordo. L'autorità interpellata esercita le competenze conferitele e si avvale delle procedure previste dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di tale Stato applicabili ai medesimi crediti, salvo diversa disposizione del presente accordo.
Lo Stato dell'autorità interpellata non è tenuto a concedere ai crediti dei quali si chiede il recupero le preferenze accordate per crediti analoghi sorti nello Stato dell'autorità interpellata, salvo diverso accordo o diversa disposizione nella legislazione di tale Stato. Lo Stato che, nell'eseguire il presente accordo, conceda preferenze ai crediti sorti in un altro Stato non può, alle stesse condizioni, rifiutare di accordare le stesse preferenze ai medesimi crediti o a crediti analoghi di altri Stati membri dell'Unione.
Lo Stato dell'autorità interpellata recupera il credito nella propria valuta.
2. L'autorità interpellata informa con la dovuta diligenza l'autorità richiedente del seguito dato alla domanda di recupero.
3. A partire dalla data in cui riceve la domanda di recupero, l'autorità interpellata applica gli interessi di mora previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili ai propri crediti.
4. Se le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative applicabili lo consentono, l'autorità interpellata può concedere al debitore una dilazione di pagamento o autorizzare un pagamento rateale e può applicare i relativi interessi. Essa informa l'autorità richiedente di qualsiasi decisione in tal senso.
5. Fatto salvo l'articolo 37, paragrafo 1, l'autorità interpellata trasferisce all'autorità richiedente gli importi recuperati in relazione al credito e gli interessi di cui ai paragrafi 3 e 4 del presente articolo.
Articolo 31
Controversie
1. Le controversie concernenti il credito, il titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente o il titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata, nonché le controversie riguardanti la validità di una notifica effettuata da un'autorità richiedente rientrano nella competenza degli organismi competenti dello Stato dell'autorità richiedente. Se nel corso della procedura di recupero un soggetto interessato contesta il credito, il titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente o il titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata, quest'ultima informa tale soggetto che l'azione deve essere da esso promossa dinanzi all'organo competente dello Stato dell'autorità richiedente in conformità delle norme di legge in esso vigenti.
2. Le controversie concernenti le misure esecutive adottate nello Stato dell'autorità interpellata o la validità di una notifica effettuata da un'autorità dello Stato interpellato sono portate dinanzi all'organo competente di tale Stato in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari in esso vigenti.
3. Se è stata promossa un'azione di cui al paragrafo 1, l'autorità richiedente ne informa l'autorità interpellata e indica gli elementi del credito che non sono oggetto di contestazione.
4. Non appena riceve le informazioni di cui al paragrafo 3 dall'autorità richiedente o dal soggetto interessato, l'autorità interpellata sospende la procedura di esecuzione per quanto riguarda la parte contestata del credito in attesa della decisione dell'organo competente in materia, salvo domanda contraria formulata dall'autorità richiedente ai sensi del terzo comma del presente paragrafo.
Su domanda dell'autorità richiedente, o se lo ritiene altrimenti necessario, e fatto salvo l'articolo 33, l'autorità interpellata può adottare misure cautelari per garantire il recupero, se le disposizioni legislative o regolamentari applicabili lo consentono.
L'autorità richiedente può chiedere all'autorità interpellata, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari e delle prassi amministrative vigenti nel proprio Stato, di recuperare un credito contestato o la parte contestata di un credito se le disposizioni legislative e regolamentari e le prassi amministrative vigenti nello Stato dell'autorità interpellata lo consentono. Le domande di questo tipo devono essere motivate. Se l'esito della contestazione risulta favorevole al debitore, l'autorità richiedente è tenuta alla restituzione di ogni importo recuperato unitamente a ogni compensazione dovuta, in conformità della legislazione in vigore nello Stato dell'autorità interpellata.
Se lo Stato dell'autorità richiedente e lo Stato dell'autorità interpellata hanno avviato una procedura amichevole, e l'esito della procedura può incidere sul credito per il quale è stata richiesta l'assistenza, le misure di recupero sono sospese o interrotte fino alla conclusione della procedura, a meno che si tratti di un caso di estrema urgenza per frode o insolvenza. Se le misure di recupero sono sospese o interrotte, si applica il secondo comma.
Articolo 32
Modifica o ritiro della domanda di assistenza al recupero
1. L'autorità richiedente informa immediatamente l'autorità interpellata di qualsiasi modifica apportata alla propria domanda di recupero o del ritiro della stessa, precisando i motivi della modifica o del ritiro.
2. Se la modifica della domanda è dovuta a una decisione dell'organo competente di cui all'articolo 31, paragrafo 1, l'autorità richiedente trasmette tale decisione corredata di un nuovo titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata. L'autorità interpellata prosegue quindi la procedura di recupero sulla base del nuovo titolo.
Le misure di recupero o le misure cautelari già adottate sulla base del titolo uniforme originale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata possono continuare sulla base del nuovo titolo, a meno che la modifica della domanda sia dovuta all'invalidità del titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente o del titolo uniforme originale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata.
Gli articoli 29 e 31 si applicano in relazione al nuovo titolo.
Articolo 33
Domanda di misure cautelari
1. Su domanda dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata procede all'adozione di misure cautelari, se consentito dalla legislazione nazionale e conformemente alle proprie prassi amministrative, per garantire il recupero qualora un credito o il titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente sia contestato al momento della presentazione della domanda o qualora il credito non sia ancora oggetto di un titolo che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente, purché l'adozione di misure cautelari sia possibile, in una situazione analoga, in base alla legislazione e alle prassi amministrative dello Stato dell'autorità richiedente.
Il documento redatto, se del caso, ai fini dell'adozione di misure cautelari nello Stato dell'autorità richiedente e relativo al credito per il quale è domandata l'assistenza reciproca è allegato alla domanda di misure cautelari nello Stato dell'autorità interpellata. Tale documento non è oggetto di alcun atto di riconoscimento, completamento o sostituzione nello Stato dell'autorità interpellata.
2. La domanda di misure cautelari può essere corredata di altri documenti relativi al credito.
Articolo 34
Disposizioni che disciplinano la domanda di misure cautelari
Per l'attuazione dell'articolo 33 si applicano, mutatis mutandis, l'articolo 27, paragrafo 2, l'articolo 30, paragrafi 1 e 2, e gli articoli 31 e 32.
Articolo 35
Limitazioni agli obblighi dell'autorità interpellata
1. L'autorità interpellata non è tenuta ad accordare l'assistenza di cui agli articoli da 27 a 33 se il recupero del credito è di natura tale da provocare, a causa della situazione del debitore, gravi difficoltà di ordine economico o sociale nello Stato dell'autorità interpellata, purché le disposizioni legislative e regolamentari e le prassi amministrative vigenti in detto Stato consentano tale eccezione per i crediti nazionali.
2. L'autorità interpellata non è tenuta ad accordare l'assistenza prevista all'articolo 22 e agli articoli da 24 a 33 se la domanda iniziale ai sensi degli articoli 22, 24, 25, 27 o 33 si riferisce a crediti che risalgono a più di cinque anni prima, a decorrere dalla data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato dell'autorità richiedente alla data della suddetta domanda iniziale.
Tuttavia, qualora il credito o il titolo iniziale che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità richiedente siano oggetto di contestazione, il periodo di cinque anni decorre dalla data in cui nello Stato dell'autorità richiedente si stabilisce che il credito o il titolo che consente l'esecuzione non possono più essere oggetto di contestazione.
Inoltre, nei casi in cui una dilazione di pagamento o un piano di pagamento rateale è stato concesso dallo Stato dell'autorità richiedente, il periodo di cinque anni decorre dalla data di scadenza dell'intero termine di pagamento.
Tuttavia, in tali casi l'autorità interpellata non è tenuta a concedere assistenza per i crediti che risalgono a più di dieci anni prima, a decorrere dalla data in cui il credito è divenuto esigibile nello Stato dell'autorità richiedente.
3. Uno Stato non è tenuto a concedere assistenza se l'importo totale dei crediti contemplati dal presente accordo per i quali è richiesta assistenza è inferiore a 1 500 EUR.
4. L'autorità interpellata informa l'autorità richiedente dei motivi che ostano all'accoglimento della domanda di assistenza.
Articolo 36
Problemi concernenti la prescrizione
1. I problemi concernenti i termini di prescrizione sono disciplinati esclusivamente dalle norme di legge in vigore nello Stato dell'autorità richiedente.
2. Con riguardo alla sospensione, all'interruzione o alla proroga dei termini di prescrizione, si considera che gli atti di recupero effettuati dall'autorità interpellata, o per conto della stessa, in conformità di una domanda di assistenza che hanno l'effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione secondo le norme di legge vigenti nello Stato dell'autorità interpellata abbiano lo stesso effetto nello Stato dell'autorità richiedente, a condizione che sia previsto l'effetto corrispondente secondo le norme di legge vigenti in quest'ultimo.
Se la sospensione, l'interruzione o la proroga dei termini di prescrizione non è possibile secondo le norme di legge vigenti nello Stato dell'autorità interpellata, gli atti di recupero effettuati dall'autorità interpellata, o per conto della stessa, in conformità della domanda di assistenza che, se fossero stati effettuati dall'autorità richiedente o per conto della stessa nel proprio Stato, avrebbero avuto l'effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione secondo le norme di legge di tale Stato, si considerano, a questo effetto, compiuti in quest'ultimo Stato.
Il primo e il secondo comma non pregiudicano il diritto dello Stato dell'autorità richiedente di prendere provvedimenti che hanno l'effetto di sospendere, interrompere o prorogare i termini di prescrizione in conformità delle norme di legge vigenti in tale Stato.
3. L'autorità richiedente e l'autorità interpellata si informano a vicenda di qualsiasi provvedimento che interrompe, sospende o proroga i termini di prescrizione del credito per il quale sono chieste le misure di recupero o le misure cautelari o che può produrre tale effetto.
Articolo 37
Spese
1. Oltre agli importi di cui all'articolo 30, paragrafo 5, l'autorità interpellata tenta di recuperare dalla persona interessata e trattiene le spese da essa sostenute in connessione con il recupero, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari del proprio Stato.
2. Gli Stati rinunciano tra loro a qualsiasi rimborso delle spese derivanti dall'assistenza reciproca che si prestino in applicazione del presente accordo.
Tuttavia, qualora il recupero presenti una difficoltà particolare, riguardi spese molto elevate o si ricolleghi alla lotta contro le organizzazioni criminali, l'autorità richiedente e l'autorità interpellata possono convenire modalità specifiche di rimborso caso per caso.
3. Fatto salvo il paragrafo 2, lo Stato dell'autorità richiedente resta responsabile, nei confronti dello Stato dell'autorità interpellata, delle spese e delle perdite conseguenti ad azioni riconosciute infondate quanto all'esistenza del credito o alla validità del titolo che consente l'esecuzione e/o l'adozione di misure cautelari emesso dall'autorità richiedente.
CAPO 4
Disposizioni generali che disciplinano tutti i tipi di domande di assistenza
Articolo 38
Regime linguistico
1. Tutte le domande di assistenza, i moduli standard per la notifica e i titoli uniformi che consentono l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata sono inviati o corredati della traduzione nella lingua ufficiale, o in una delle lingue ufficiali, dello Stato dell'autorità interpellata. Il fatto che alcune loro parti siano redatte in una lingua diversa dalla lingua ufficiale, o da una delle lingue ufficiali, di tale Stato, non pregiudica la loro validità o la validità della procedura, nella misura in cui l'altra lingua sia una lingua convenuta dagli Stati interessati.
2. I documenti per i quali è necessaria una notifica a norma dell'articolo 25 possono essere trasmessi all'autorità interpellata in una lingua ufficiale dello Stato dell'autorità richiedente.
3. Se una richiesta è corredata di documenti diversi da quelli di cui ai paragrafi 1 e 2, l'autorità interpellata può, se del caso, chiedere all'autorità richiedente la traduzione di tali documenti nella lingua ufficiale, o in una delle lingue ufficiali, dello Stato dell'autorità interpellata o in una qualsiasi altra lingua convenuta dagli Stati interessati.
Articolo 39
Statistiche
Entro il 30 giugno di ogni anno le parti trasmettono al comitato congiunto, per via elettronica, un elenco dei dati statistici sull'applicazione del presente titolo.
Articolo 40
Moduli standard e mezzi di comunicazione
1. Le domande di informazioni di cui all'articolo 22, paragrafo 1, le domande di notifica di cui all'articolo 25, paragrafo 1, le domande di recupero di cui all'articolo 27, paragrafo 1, le domande di misure cautelari di cui all'articolo 33, paragrafo 1, e la comunicazione di dati statistici di cui all'articolo 39 sono inviate per via elettronica utilizzando un modulo standard, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici. Nella misura del possibile, questi moduli sono utilizzati anche per tutte le comunicazioni successive inerenti alla domanda.
Sono da inviare per via elettronica, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici, anche il titolo uniforme che consente l'esecuzione nello Stato dell'autorità interpellata, il documento che consente l'adozione di misure cautelari nello Stato dell'autorità richiedente e gli altri documenti di cui agli articoli 29 e 33.
Se del caso, i moduli standard possono essere accompagnati da relazioni, attestati e qualsiasi altro documento, o copie conformi o estratti degli stessi, che sono ugualmente inviati per via elettronica, a meno che ciò risulti impossibile per motivi tecnici.
I moduli standard e la comunicazione per via elettronica possono essere utilizzati anche ai fini dello scambio di informazioni a norma dell'articolo 23.
2. Il paragrafo 1 non si applica alle informazioni e alla documentazione ottenute tramite la presenza di funzionari negli uffici amministrativi di un altro Stato o la partecipazione alle indagini amministrative in un altro Stato in conformità dell'articolo 24.
3. Il fatto che la comunicazione non sia effettuata per via elettronica o mediante i moduli standard non pregiudica la validità delle informazioni ottenute né delle misure adottate nell'esecuzione di una domanda di assistenza.
4. La rete di comunicazione elettronica e i moduli standard adottati per l'attuazione del presente accordo possono essere utilizzati anche per l'assistenza riguardante il recupero di crediti diversi da quelli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), se tale assistenza è possibile a norma di altri strumenti bilaterali o multilaterali giuridicamente vincolanti in materia di cooperazione amministrativa tra gli Stati.
5. Finché, e nella misura in cui, il comitato congiunto non adotti modalità di applicazione per l'attuazione del presente titolo, le autorità competenti ricorrono alle modalità, compresi i moduli standard, attualmente seguite per l'attuazione della direttiva 2010/24/UE del Consiglio (5), in cui il termine «Stato membro» viene interpretato in modo da comprendere la Norvegia.
Fatto salvo il comma precedente, lo Stato dell'autorità interpellata utilizza l'euro per trasferire gli importi recuperati allo Stato dell'autorità richiedente, salvo altrimenti convenuto tra gli Stati interessati. Gli Stati la cui moneta ufficiale non è l'euro convengono con la Norvegia la valuta per il trasferimento degli importi recuperati e la notificano al comitato congiunto.
TITOLO IV
ATTUAZIONE E APPLICAZIONE
Articolo 41
Comitato congiunto
1. Le parti istituiscono un comitato congiunto composto da rappresentanti delle parti. Il comitato congiunto assicura il corretto funzionamento e la corretta attuazione del presente accordo.
2. Il comitato congiunto formula raccomandazioni per promuovere gli obiettivi del presente accordo e adotta decisioni volte a:
a)
determinare la periodicità, le modalità pratiche e le esatte categorie di informazioni oggetto di scambio automatico di cui all'articolo 11;
b)
riesaminare i risultati dello scambio automatico di informazioni per ciascuna categoria stabilita a norma della lettera a), in modo da garantire che questo tipo di scambio abbia luogo solo quando rappresenta il mezzo più efficace per lo scambio delle informazioni;
c)
definire nuove categorie di informazioni da scambiare a norma dell'articolo 11 qualora lo scambio automatico risultasse essere il mezzo di cooperazione più efficace;
d)
adottare il modulo standard per la comunicazione di informazioni a norma dell'articolo 21, paragrafo 1, e dell'articolo 40, paragrafo 1;
e)
stabilire ciò che sarà trasmesso attraverso la rete CCN/CSI o altri mezzi;
f)
stabilire l'importo e le modalità del contributo finanziario che la Norvegia dovrà versare al bilancio generale dell'Unione a concorrenza dei costi generati dalla sua partecipazione ai sistemi di informazione europei, tenendo conto delle decisioni di cui ai punti d) ed e);
g)
adottare le norme di applicazione delle modalità pratiche relative all'organizzazione dei contatti tra gli uffici centrali di collegamento e i servizi di collegamento di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 3, lettera b);
h)
stabilire le modalità pratiche relative agli uffici centrali di collegamento per l'attuazione dell'articolo 4, paragrafo 5;
i)
adottare le norme di applicazione relative alla conversione delle somme da recuperare e al trasferimento delle somme recuperate;
j)
adottare la procedura per la conclusione dell'accordo sui livelli dei servizi di cui all'articolo 5;
k)
modificare i riferimenti ad atti giuridici dell'Unione e della Norvegia contenuti nel presente accordo.
3. Il comitato congiunto delibera all'unanimità. Le decisioni del comitato congiunto sono vincolanti per le parti. Il comitato congiunto adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato congiunto si riunisce almeno una volta ogni due anni. Ciascuna parte può chiedere che sia convocata una riunione. Il comitato congiunto è presieduto, a turno, da una delle parti. La data, il luogo e l'ordine del giorno delle riunioni sono stabiliti di comune intesa tra le parti.
5. Se una parte desidera rivedere il presente accordo, ne presenta proposta al comitato congiunto, che formulerà raccomandazioni al riguardo, in particolare per l'avvio di negoziati secondo le norme per i negoziati internazionali delle parti.
Articolo 42
Risoluzione delle controversie
Eventuali controversie tra le parti relative all'interpretazione o all'applicazione del presente accordo sono risolte tramite consultazione nell'ambito del comitato congiunto. Le parti forniscono al comitato congiunto le informazioni pertinenti necessarie per un esame approfondito della questione, al fine di risolvere la controversia.
TITOLO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 43
Ambito di applicazione territoriale
Il presente accordo si applica al territorio della Norvegia, conformemente a quanto disposto dall'articolo 1-2 della legge norvegese 19 giugno 2009, n. 58 relativa all'imposta sul valore aggiunto, e ai territori in cui si applicano il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni in essi stabilite, a eccezione dei territori di cui all'articolo 6 della direttiva 2006/112/CE.
Articolo 44
Entrata in vigore, durata e denuncia
1. Il presente accordo è approvato dalle parti secondo le rispettive procedure giuridiche interne.
2. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui le parti si sono reciprocamente notificate l'avvenuto espletamento delle procedure giuridiche interne di cui al paragrafo 1.
3. Il presente accordo è concluso per un periodo illimitato. Ciascuna delle parti può notificare per iscritto all'altra parte la propria intenzione di denunciare il presente accordo. La denuncia ha effetto sei mesi dopo la data di notifica.
4. Le notifiche a norma del presente articolo sono inviate, nel caso dell'Unione, al segretariato generale del Consiglio dell'Unione e, nel caso della Norvegia, al ministero degli Affari esteri.
Articolo 45
Allegato
L'allegato del presente accordo ne costituisce parte integrante.
Articolo 46
Rapporto con accordi o intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati
Le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle degli strumenti bilaterali o multilaterali giuridicamente vincolanti riguardanti la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto conclusi tra uno o più Stati membri dell'Unione e la Norvegia, qualora le disposizioni di detti strumenti risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.
Articolo 47
Testi facenti fede
Il presente accordo è redatto in due originali rispettivamente in lingua bulgara, ceca, croata, danese, estone, francese, finlandese, greca, inglese, irlandese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, tedesca, svedese, ungherese e norvegese, ciascun testo facente ugualmente fede.
Articolo 48
Estensione del presente accordo a nuovi Stati membri dell'Unione
Quando un paese diventa uno Stato membro dell'Unione, il testo del presente accordo nella lingua, quale è stabilita dal Consiglio dell'Unione, del nuovo Stato membro che diviene parte dell'accordo stesso viene autenticato previo scambio di lettere tra l'Unione e la Norvegia.
Съставено в София на шести февруари две хиляди и осемнадесета година.
Hecho en Sofía, el seis de febrero de dos mil dieciocho.
V Sofii dne šestého února dva tisíce osmnáct.
Udfærdiget i Sofia den sjette februar to tusind og atten.
Geschehen zu Sofia am sechsten Februar zweitausendachtzehn.
Kahe tuhande kaheksateistkümnenda aasta veebruarikuu kuuendal päeval Sofias.
Έγινε στη Σόφια, στις έξι Φεβρουαρίου δύο χιλιάδες δεκαοκτώ.
Done at Sofia on the sixth day of February in the year two thousand and eighteen.
Fait à Sofia, le six février deux mille dix-huit.
Sastavljeno u Sofiji šestog veljače godine dvije tisuće osamnaeste.
Fatto a Sofia, addì sei febbraio duemiladiciotto.
Sofijā, divi tūkstoši astoņpadsmitā gada sestajā februārī.
Priimta du tūkstančiai aštuonioliktų metų vasario šeštą dieną Sofijoje.
Kelt Szófiában, a kétezer-tizennyolcadik év február havának hatodik napján.
Magħmul f'Sofija fis-sitt jum ta’ Frar fis-sena elfejn u tmintax.
Gedaan te Sofia, zes februari tweeduizend achttien.
Sporządzono w Sofii dnia szóstego lutego dwa tysiące osiemnastego roku.
Feito em Sófia, em seis de fevereiro de dois mil e dezoito.
Întocmit la Sofia, la șase februarie două mii optsprezece.
V Sofii šiesteho februára dvetisícosemnásť.
V Sofiji, dne šestega februarja leta dva tisoč osemnajst.
Tehty Sofiassa kuudentena päivänä helmikuuta vuonna kaksituhattakahdeksantoista.
Som skedde i Sofia den sjätte februari år tjugohundraarton.
Utferdiget i Sofia, den sjette februar totusenogatten.
За Европейския съюз
Рог la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Za Europsku uniju
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
For Den europeiske union
За Кралство Норвегия
Por el Reino de Noruega
Za Norské království
For Kongeriget Norge
Für das Königreich Norwegen
Norra Kuningriigi nimel
Για το Βασίλειο της Νορβηγίας
For the Kingdom of Norway
Pour le Royaume de Norvège
Za Kraljevinu Norvešku
Per il Regno di Norvegia
Norvēģijas Karalistes vārdā –
Norvegijos Karalystės vardu
A Norvég Királyság részéről
Għar-Renju tan-Norveġja
Voor het Koninkrijk Noorwegen
W imieniu Królestwa Norwegii
Pelo Reino da Noruega
Pentru Regatul Norvegiei
Za Nórske kráľovstvo
Za Kraljevino Norveško
Norjan kuningaskunnan puolesta
För Konungariket Norge
For Kongeriket Norge
(1) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(2) GU L 347 dell'11.12.2006, pag. 1.
(3) Regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio del 15 marzo 2011 recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 77 del 23.3.2011, pag. 1).
(4) Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010 relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (GU L 268 del 12.10.2010, pag. 1).
(5) Direttiva 2010/24/UE del Consiglio del 16 marzo 2010 sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte e altre misure (GU L 84 del 31.3.2010, pag. 1).
ALLEGATO
Elenco delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi a cui si applica l'articolo 7, paragrafo 4:
1)
importazioni di valore trascurabile (articolo 23 della direttiva 2009/132/CE del Consiglio (1));
2)
servizi relativi a beni immobili (articolo 47 della direttiva 2006/112/CE);
3)
servizi di telecomunicazione, servizi di teleradiodiffusione e servizi prestati per via elettronica (articolo 3, lettera t), del presente accordo).
(1) Direttiva 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, che determina l'ambito d'applicazione dell'articolo 143, lettere b) e c), della direttiva 2006/112/CE per quanto concerne l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di talune importazioni definitive di beni (GU L 292 del 10.11.2009, pag. 5).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Accordo tra l’UE e il Regno di Norvegia RIGUARDANTE la cooperazione amministrativa in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA)
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo stabilisce la cooperazione amministrativa tra l’UE e la Norvegia pergarantire il rispetto della legislazione sull’IVA nelle rispettive giurisdizioni;tutelare il gettito IVA dei firmatari. La decisione (UE) 2017/2381 riguarda la sottoscrizione e la decisione (UE) 2018/1089 fornisce l’approvazione formale dell’UE all’accordo.
PUNTI CHIAVE
L’accordo prevede:lo scambio di informazioni che possano consentire di accertare correttamente l’IVA, sorvegliarne la corretta applicazione e combattere le frodi; il recupero dei crediti risultanti dall’IVA;, comprese penali, sanzioni, tasse e soprattasse di natura amministrativa, interessi e spese relative ai crediti.Gli Stati membri e la Norvegia:designano:un’autorità competente responsabile dell’applicazione dell’accordo;due uffici centrali di collegamento: uno per la cooperazione amministrativa, l’altro per assistere nel recupero del gettito IVA; considerano le informazioni che ricevono riservate, ma possono:comunicarle alle persone o alle autorità incaricate dell’applicazione della legislazione sull’IVA;utilizzarle per l’accertamento e l’esecuzione di misure di recupero e cautelari di altre imposte e di contributi previdenziali obbligatorie per irrogare sanzioni amministrative o penali; consentire l’accesso ad altri funzionari presso i propri uffici al fine di scambiare le informazioni e di essere presenti durante le indagini amministrative come osservatori; convenire di procedere a controlli simultanei nel caso in cui ritengano che tali controlli siano più efficaci di un controllo eseguito da un solo Stato; trasmettere al comitato congiunto (vedere di seguito ulteriori dettagli sul comitato) i dati statistici annuali, entro il 30 giugno.Gli Stati trasmettono le informazioni utilizzando un modulo standard e possono richiedere un feedback:su richiesta di un’altra autorità, solitamente entro tre mesi, ma entro un mese se le informazioni sono già in possesso dell’autorità interpellata. spontaneamente, se:le informazioni di cui sono in possesso sono necessarie a un altro Stato per applicare in modo efficace il proprio sistema di controllo;uno Stato ha motivo di credere che nell’altro Stato è stata o potrebbe essere stata violata la legislazione sull’IVA;esiste un rischio di perdita di gettito fiscale nell’altro Stato; automaticamente per le categorie stabilite dal comitato congiunto.Uno Stato può rifiutarsi di fornire le informazioni quando ciò comporterebbe:l’imposizione di nuovi obblighi ai debitori dell’IVA; sproporzionati oneri amministrativi allo Stato; la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale o di un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico; oppure se l’autorità richiedente non ha esaurito le fonti di informazione consuete.Gli Stati si assistono reciprocamente nel recupero dei crediti risultanti dall’IVA:fornendo informazioni pertinenti; eseguendo le necessarie indagini amministrative; consentendo ai funzionari di essere presenti nei rispettivi uffici, durante le indagini amministrative e nei procedimenti giurisdizionali; notificando ai destinatari tutti i documenti inoltrati da un’altra autorità; recuperando un credito in seguito a un titolo esecutivo o adottando le necessarie misure cautelari.Gli Stati:sospendono immediatamente le procedure esecutive richieste se il recupero crediti viene contestato nello Stato richiedente; possono rifiutarsi di soddisfare la richiesta se il recupero crediti:creerebbe difficoltà economiche o sociali nella loro giurisdizione;si riferisce a crediti che risalgono a più di cinque anni prima, o più di dieci anni prima in determinate condizioni;è inferiore a 1 500 EUR. Le controversie concernenti il credito e il titolo iniziale rientrano nella competenza degli organismi competenti dello Stato dell’autorità richiedente, quelle concernenti le modalità in cui un altro Stato risponde a tale richiesta sono portate dinanzi all’organo competente di tale Stato.
L’accordo consente alla Norvegia di partecipare a Eurofisc, una rete di esperti di amministrazione fiscale e anti-frode.
L’accordo istituisce un comitato congiunto composto da rappresentanti dell’UE e della Norvegia che assicura il corretto funzionamento e la corretta attuazione dell’accordo. Esso:formula raccomandazioni e adotta decisioni; determinare le nuove categorie di informazioni oggetto di scambio automatico; determina le diverse modalità pratiche: delibera all’unanimità; si riunisce almeno una volta ogni due anni; gestisce le controversie in relazione all’interpretazione o all’applicazione.L’accordo è concluso per un periodo illimitato. può terminare 6 mesi dopo la notifica scritta all’altra parte circa la propria intenzione di denunciare l’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1o settembre 2018.
CONTESTO
La Norvegia è il primo Stato con cui l’UE abbia un accordo di cooperazione sull’IVA. Membro dello Spazio economico europeo, ha un sistema IVA simile e una solida esperienza nella cooperazione in materia di IVA con l’UE, in particolare nel settore dell’energia. L’accordo segue la stessa struttura utilizzata per la cooperazione tra i paesi dell’UE ai sensi del regolamento (UE) n. 904/2010 per l’IVA (si veda la sintesi) e della direttiva 2010/24/UE del Consiglio (si veda lasitesi) per il recupero dei crediti IVA. Per ulteriori informazioni, si veda:IVA e cooperazione amministrativa (Commissione europea)
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 195 del 1.8.2018, pag. 3).
Decisione (UE) 2017/2381 del Consiglio, del 5 dicembre 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 340 del 20.12.2017, pag. 4).
Decisione (UE) 2018/1089 del Consiglio, del 22 giugno 2018, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione, dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 195 del 1.8.2018, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Informazione riguardante l’entrata in vigore dell’accordo tra l’Unione europea e il Regno di Norvegia riguardante la cooperazione amministrativa, la lotta contro la frode e il recupero dei crediti in materia di imposta sul valore aggiunto (GU L 199 del 7.8.2018, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 904/2010 del Consiglio, del 7 ottobre 2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto (GU L 268 del 12.10.2010, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 904/2010 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2010/24/UE del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (GU L 84 del 31.3.2010, pag. 1). |
Politiche dei paesi dell’Unione europea a favore dell’occupazione: orientamenti (2018)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa fornisce indicazioni agli Stati membri durante l’elaborazione delle loro politiche e nell’impostazione di obiettivi nazionali.
PUNTI CHIAVE
Tali indicazioni, unitamente agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea, costituiscono gli orientamenti integrati per l’esecuzione della strategia Europa 2020. Esse sono state pubblicate su base annua dal 2010. Sono allineate con il Pilastro europeo dei diritti sociali. Gli orientamenti del 2018 si concentrano su:
Rilanciare la domanda di lavoro
I paesi dell’Unione europea (UE) dovrebbero adottare una serie di misure, tra cui:facilitare la creazione di posti di lavoro di qualità promuovendo l’imprenditorialità responsabile e il lavoro veramente autonomo; promuovere attivamente l’economia sociale e favorire l’innovazione sociale; incoraggiare le forme innovative di lavoro che creano opportunità di lavoro di qualità; favorire meccanismi di determinazione dei salari trasparenti e prevedibili; insieme alle parti sociali, garantire livelli salariali minimi adeguati. Potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, abilità e competenze
Gli Stati membri dovrebbero:promuovere la produttività e l’occupabilità, in collaborazione con le parti sociali; innalzare globalmente i livelli dell’istruzione, soprattutto per i meno qualificati e i discenti provenienti da contesti svantaggiati; attuare strategie globali per affrontare la disoccupazione strutturale e di lungo periodo; mirare a rimuovere gli ostacoli e i disincentivi alla partecipazione al mercato del lavoro; garantire la parità di genere e una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro; affrontare il divario retributivo di genere. Migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
Gli Stati membri dovrebbero:collaborare con le parti sociali in materia di flessibilità e di principi di sicurezza, equilibrando diritti e obblighi; favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro; fornire ai disoccupati adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali in materia di ammissibilità; la mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere promossa con l’obiettivo di migliorare le competenze in termini di occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo; garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle riforme e delle politiche pertinenti. Promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
Gli Stati membri dovrebbero:promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere le pari opportunità per i gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro; modernizzare i regimi di protezione sociale; elaborare e attuare strategie preventive e integrate combinandosostegno a un reddito adeguatomercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità in funzione delle esigenze individuali; garantire la disponibilità di servizi a costi ragionevoli, accessibili e di qualità, comel’educazione e la cura della prima infanzial’assistenza al di fuori dell’orario scolasticol’istruzionela formazionel’alloggio i servizi sanitari e diassistenza a lungo termine; garantire l’accesso tempestivo a servizi di assistenza sanitaria preventiva e curativa e a lungo termine di buona qualità e a prezzi accessibili; garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È entrata in vigore il 19 luglio 2018.
CONTESTO
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita e con le altre leggi e iniziative dell’UE comprese quelle che riguardano:Garanzia per i giovaniReinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro;Percorsi di miglioramento del livello delle competenze. Queste iniziative sono combinate nel semestre europeo, che attua la strategia europea per l’occupazione e controlla le varie politiche per raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2018/1215 del Consiglio, del 16 luglio 2018, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 224 del 5.9.2018, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Raccomandazione del Consiglio, del 15 marzo 2018, relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (GU L 153 del 2.5.2018, pag. 1).
Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU L 428 del 13.12.2017, pag. 10).
Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
Decisione (UE) 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46). | DECISIONE (UE) 2018/1215 DEL CONSIGLIO
del 16 luglio 2018
sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione
Il CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 148, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
visto il parere del Comitato per l'occupazione (3),
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri e l'Unione si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici, al fine di realizzare gli obiettivi della piena occupazione e del progresso sociale di cui all'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Gli Stati membri, tenuto conto delle prassi nazionali in materia di responsabilità delle parti sociali, considerano la promozione dell'occupazione una questione di interesse comune e coordinano in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo.
(2)
L'Unione deve combattere l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, così come la parità tra donne e uomini. Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione deve tenere conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione e formazione.
(3)
Conformemente al trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'Unione ha creato e applicato strumenti di coordinamento delle politiche di bilancio, macroeconomiche e strutturali. Nell'ambito di tali strumenti, i presenti orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, insieme agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione definiti nella raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio (4), costituiscono gli orientamenti integrati per l'attuazione della strategia Europa 2020. Essi devono guidare l'attuazione delle politiche negli Stati membri e nell'Unione, rispecchiando l'interdipendenza tra gli Stati membri. Lo scopo è ottenere, grazie alla risultante serie coordinata di politiche e riforme a livello europeo e nazionale, a un'adeguata combinazione generale di politiche economiche e sociali che comporti ricadute positive.
(4)
Gli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione sono coerenti con il patto di stabilità e crescita, la vigente legislazione dell'Unione e diverse iniziative dell'Unione, comprese la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una garanzia per i giovani (5), la raccomandazione del Consiglio del 15 febbraio 2016 sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (6), la raccomandazione del Consiglio del 19 dicembre 2016 sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze (7) e la raccomandazione del Consiglio del 15 marzo 2018 relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (8).
(5)
Il semestre europeo combina i vari strumenti in un quadro generale per la sorveglianza multilaterale integrata delle politiche economiche, di bilancio, occupazionali e sociali e mira a conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020, compresi quelli in materia di occupazione, istruzione e riduzione della povertà, come stabilito dalla decisione 2010/707/UE del Consiglio (9). Nel promuovere gli obietti politici di promozione degli investimenti, avanzamento delle riforme strutturali e ottenimento di politiche di bilancio responsabili, dal 2015 il semestre europeo è stato continuamente rafforzato e razionalizzato. In particolare ne è stato potenziato l'aspetto occupazionale e sociale ed è stato approfondito il dialogo con gli Stati membri, le parti sociali e i rappresentanti della società civile.
(6)
La ripresa dell'Unione dalla crisi economica sostiene le tendenze positive del mercato del lavoro, ma tra gli Stati membri e al loro interno permangono importanti difficoltà e disparità in termini di risultati economici e sociali. La crisi ha evidenziato la stretta interdipendenza fra le economie e i mercati del lavoro degli Stati membri. Assicurare che l'Unione progredisca verso uno stato di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e verso la creazione di posti di lavoro è la sfida principale di oggi. Ciò richiede un'azione politica coordinata, ambiziosa ed efficace a livello sia di Unione sia nazionale, conformemente al TFUE e alle disposizioni dell'Unione in materia di governance economica. Combinando misure relative alla domanda e all'offerta, tale azione dovrebbe rilanciare gli investimenti, rinnovare l'impegno a favore di riforme strutturali opportunamente cadenzate che migliorino la produttività, la crescita economica, la coesione sociale e la resilienza economica di fronte alle crisi, come pure promuovere la responsabilità di bilancio, tenendo conto della loro incidenza in ambito occupazionale e sociale.
(7)
Le riforme del mercato del lavoro, compresi i meccanismi nazionali di determinazione dei salari, dovrebbero seguire prassi nazionali di dialogo sociale e prevedere il margine di manovra necessario per un ampio esame delle questioni socio-economiche, compreso il miglioramento della competitività, della creazione di posti di lavoro, dei programmi di apprendimento e formazione permanenti e dei redditi reali.
(8)
Gli Stati membri e l'Unione dovrebbero affrontare anche le conseguenze sociali della crisi economica e finanziaria e mirare a costruire una società inclusiva in cui i cittadini siano messi in grado di prepararsi ai cambiamenti e di gestirli e possano partecipare attivamente alla società e all'economia, come indicato nella raccomandazione 2008/867/CE della Commissione (10). Ineguaglianza e discriminazione dovrebbero essere combattute. Dovrebbero essere garantiti accesso e opportunità per tutti e dovrebbero essere ridotte povertà ed esclusione sociale (anche dei bambini), in particolare garantendo un efficace funzionamento dei mercati del lavoro e dei regimi di protezione sociale ed eliminando gli ostacoli all'istruzione, alla formazione e alla partecipazione al mercato del lavoro, anche tramite investimenti nell'educazione e cura della prima infanzia. È necessario realizzare ulteriormente il potenziale delle persone con disabilità di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. Sui luoghi di lavoro nell'Unione emergono nuovi modelli economici e di business e cambiano anche i rapporti di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i nuovi rapporti di lavoro mantengano e rafforzino il modello sociale europeo.
(9)
Il 17 novembre 2017, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno firmato una proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (11), a seguito di un'ampia e approfondita consultazione pubblica. Il pilastro stabilisce venti principi e diritti per sostenere il buon funzionamento e l'equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. Questi principi e diritti sono strutturati in tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali. Il pilastro costituisce un quadro di riferimento per monitorare i risultati occupazionali e sociali degli Stati membri, indirizzare le riforme a livello nazionale e fungere da bussola per orientare un rinnovato processo di convergenza in Europa. Data l'importanza di tali principi per il coordinamento delle politiche strutturali, gli orientamenti in materia di occupazione sono conformi ai principi del pilastro europeo dei diritti sociali.
(10)
Il pilastro europeo dei diritti sociali è accompagnato da un quadro di valutazione che dovrebbe seguire l'attuazione e i progressi del pilastro monitorando tendenze e risultati negli Stati membri e valutare i progressi compiuti nella convergenza socioeconomica verso l'alto. Ove appropriato, i risultati confluiranno nel semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche.
(11)
Gli orientamenti integrati dovrebbero costituire la base di eventuali raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio può rivolgere agli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero sfruttare appieno il Fondo sociale europeo e gli altri fondi dell'Unione al fine di promuovere l'occupazione, l'inclusione sociale, il miglioramento delle competenze della forza lavoro, l'apprendimento e l'istruzione permanenti e migliorare la pubblica amministrazione. Sebbene siano destinati agli Stati membri e all'Unione, gli orientamenti integrati dovrebbero essere attuati in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali, con lo stretto coinvolgimento dei parlamenti, delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile.
(12)
In conformità del rispettivo mandato che ha fondamento nel trattato, il Comitato per l'occupazione e il Comitato per la protezione sociale dovrebbero monitorare in che modo si attuano le pertinenti politiche alla luce degli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione. Tali comitati e altri organi preparatori del Consiglio coinvolti nel coordinamento delle politiche economiche e sociali dovrebbero operare in stretta cooperazione. Occorre mantenere il dialogo politico tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, in particolare sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri in materia di occupazione.
(13)
Il Comitato per la protezione sociale è stato consultato,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Sono adottati gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione di cui all'allegato. Tali orientamenti fanno parte degli orientamenti integrati di Europa 2020.
Articolo 2
Gli Stati membri tengono conto degli orientamenti di cui all'allegato nelle loro politiche a favore dell'occupazione e nei programmi di riforma, di cui è fornita una relazione in conformità dell'articolo 148, paragrafo 3, TFUE.
Articolo 3
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 16 luglio 2018
Per il Consiglio
La presidente
J. BOGNER-STRAUSS
(1) Parere del 19 aprile 2018 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del 14 marzo 2018 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere del 3 maggio 2018 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
(5) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1.
(6) GU C 67 del 20.2.2016, pag. 1.
(7) GU C 484 del 24.12.2016, pag. 1.
(8) GU C 153 del 2.5.2018, pag. 1.
(9) Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46).
(10) Raccomandazione 2008/867/CE della Commissione, del 3 ottobre 2008, sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro (GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11).
(11) GU C 428 del 13.12.2017, pag. 10.
ALLEGATO
Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro
Gli Stati membri dovrebbero agevolare la creazione di posti di lavoro di qualità, anche riducendo gli ostacoli che le imprese incontrano nell'assumere personale, promuovendo l'imprenditorialità responsabile e il lavoro veramente autonomo e, in particolare, sostenendo la creazione e la crescita delle microimprese e delle piccole imprese. Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente l'economia sociale e favorire l'innovazione sociale. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le forme innovative di lavoro che creano opportunità di lavoro di qualità.
L'onere fiscale dovrebbe essere trasferito dal lavoro ad altre fonti di imposizione meno sfavorevoli all'occupazione e alla crescita, tenendo conto dell'effetto ridistribuivo del sistema fiscale, preservando al contempo le entrate necessarie a un'adeguata protezione sociale e a una spesa che stimoli la crescita.
È opportuno che gli Stati membri, pur rispettando l'autonomia delle parti sociali, favoriscano meccanismi di determinazione dei salari trasparenti e prevedibili, che permettono l'adeguamento dei salari all'andamento della produttività e garantiscono retribuzioni eque per un tenore di vita dignitoso. Tali meccanismi dovrebbero tenere in considerazione le differenze tra i livelli di competenze e le divergenze in termini di risultati economici tra regioni, settori e imprese. Nel rispetto delle prassi nazionali, gli Stati membri e le parti sociali dovrebbero garantire livelli salariali minimi adeguati, tenendo conto degli effetti su competitività, creazione di posti di lavoro e livelli di povertà lavorativa.
Orientamento 6: potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze
Nell'ambito di cambiamenti tecnologici, ambientali e demografici, gli Stati membri dovrebbero promuovere la produttività e l'occupabilità, in collaborazione con le parti sociali, mediante un'adeguata offerta di conoscenze, abilità e competenze pertinenti per tutto l'arco della vita lavorativa delle persone, rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero effettuare i necessari investimenti nella formazione e istruzione iniziale e continua (apprendimento permanente). Essi dovrebbero collaborare con le parti sociali, gli erogatori di istruzione e formazione, le imprese e le altre parti interessate per affrontare le debolezze strutturali dei sistemi di istruzione e formazione, fornire un'istruzione, una formazione e un apprendimento permanente di qualità e inclusivi. Dovrebbero cercare di garantire il trasferimento dei diritti in materia di formazione durante le transizioni professionali. Ciò dovrebbe consentire a tutti di prepararsi e adattarsi meglio alle esigenze del mercato del lavoro e di gestire con successo le transizioni, rafforzando così la resilienza complessiva dell'economia di fronte alle crisi.
Gli Stati membri dovrebbero promuovere pari opportunità per tutti nell'istruzione, compresa l'educazione della prima infanzia. Dovrebbero innalzare globalmente i livelli dell'istruzione, soprattutto per i meno qualificati e i discenti provenienti da contesti svantaggiati. Dovrebbero garantire la qualità dei risultati dell'apprendimento, rafforzare le competenze di base, ridurre il numero di giovani che abbandonano la scuola precocemente e aumentare la partecipazione degli adulti all'istruzione e formazione continue. Gli Stati membri dovrebbero rafforzare l'apprendimento basato sul lavoro nei loro sistemi di istruzione e formazione professionale, anche mediante apprendistati efficaci e di qualità, potenziare la pertinenza dell'istruzione superiore rispetto al mercato del lavoro, migliorare le capacità di monitoraggio e previsione delle competenze, rendere le competenze più visibili e comparabili e aumentare le possibilità di avere riconosciute e convalidate le qualifiche e le competenze acquisite al di fuori dell'istruzione e della formazione formali. Essi dovrebbero migliorare e incrementare l'offerta di formazione e istruzione professionali continue flessibili e la partecipazione a esse. Gli Stati membri dovrebbero inoltre sostenere gli adulti scarsamente qualificati nel mantenere o sviluppare l'occupabilità a lungo termine stimolando l'accesso e la partecipazione a opportunità di apprendimento di qualità, mediante la creazione di percorsi di miglioramento del livello delle competenze, compresa una valutazione delle competenze, un'offerta di istruzione e formazione che corrispondano alle opportunità del mercato del lavoro e la convalida e il riconoscimento delle competenze acquisite.
Si dovrebbe porre rimedio alla disoccupazione e inattività, anche mediante un'assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura basata sul sostegno alla ricerca di un impiego, alla formazione e alla riqualificazione. Strategie globali che includano la valutazione individuale approfondita entro 18 mesi dall'inizio della disoccupazione dovrebbero essere perseguite al fine di ridurre e prevenire in misura significativa la disoccupazione strutturale e di lungo periodo. La disoccupazione giovanile e il fenomeno dei giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione dovrebbero continuare ad essere affrontati mediante la prevenzione dell'abbandono scolastico precoce e il miglioramento strutturale della transizione dalla scuola al lavoro, anche grazie alla piena attuazione della garanzia per i giovani (1).
Gli Stati membri dovrebbero mirare a rimuovere gli ostacoli e i disincentivi, mettendo in atto incentivi, in relazione alla partecipazione al mercato del lavoro, in particolare per le persone più lontane dallo stesso. Gli Stati membri dovrebbero sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità, anche mediante un sostegno finanziario mirato e servizi che consentano loro di partecipare al mercato del lavoro e alla società.
Gli Stati membri dovrebbero garantire la parità di genere e una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche offrendo pari opportunità e un avanzamento di carriera ed eliminando gli ostacoli alla partecipazione. È necessario affrontare il divario retributivo di genere, tra l'altro mediante la parità di retribuzione per un lavoro identico o di pari valore. Dovrebbe essere promossa la conciliazione tra lavoro, famiglia e vita privata sia per le donne che per gli uomini, in particolare mediante l'accesso a servizi di assistenza a lungo termine e di educazione e cura della prima infanzia di qualità e a prezzi accessibili. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i genitori e le altre persone con responsabilità di assistenza abbiano accesso a un congedo familiare adeguato e a modalità di lavoro flessibili per conciliare lavoro, famiglia e vita privata, oltre a promuovere un uso equilibrato di tali diritti tra uomini e donne.
Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale
Al fine di trarre vantaggio da una forza lavoro più dinamica e produttiva e da nuovi modelli di lavoro e di business, gli Stati membri dovrebbero collaborare con le parti sociali in materia di flessibilità e di principi di sicurezza, equilibrando diritti e obblighi. Dovrebbero ridurre e impedire la segmentazione all'interno dei mercati del lavoro, contrastare il lavoro non dichiarato e favorire la transizione a forme di lavoro a tempo indeterminato. Le norme in materia di protezione dell'occupazione, il diritto del lavoro e le istituzioni dovrebbero tutti concorrere a creare un ambiente appropriato all'assunzione e la flessibilità necessaria per consentire ai datori di lavoro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico, pur preservando un'adeguata sicurezza e ambienti di lavoro sani, sicuri e adeguati per i lavoratori. È opportuno prevenire, anche combattendo l'abuso dei contratti atipici, i rapporti di lavoro che portano a condizioni di lavoro precarie. In caso di licenziamento ingiustificato dovrebbero essere garantiti l'accesso a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale e il diritto di ricorso, compresa una compensazione adeguata.
Le politiche dovrebbero essere volte a migliorare e sostenere la partecipazione al mercato del lavoro, la corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro e le transizioni verso il mondo del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero favorire efficacemente l'inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro. Dovrebbero rafforzare l'efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, ampliandone gli obiettivi, la portata, il campo d'azione e migliorandone la connessione al sostegno al reddito per i disoccupati mentre sono alla ricerca di un'occupazione, sulla base dei loro diritti e responsabilità. Gli Stati membri dovrebbero ambire a servizi pubblici per l'impiego più efficaci ed efficienti, garantendo un'assistenza tempestiva e su misura per assistere le persone in cerca di lavoro, sostenendo la domanda del mercato del lavoro e attuando una gestione basata sui risultati.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali in materia di ammissibilità. Tali prestazioni non dovrebbero disincentivare un rapido ritorno all'occupazione e dovrebbero essere affiancate a politiche attive del mercato del lavoro.
La mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere promossa con l'obiettivo di migliorare le competenze in termini di occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo. Dovrebbero essere eliminati gli ostacoli alla mobilità nel settore dell'istruzione e della formazione, delle pensioni professionali e individuali e nel riconoscimento delle qualifiche. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure affinché le procedure amministrative non siano un ostacolo inutile per i lavoratori di altri Stati membri che accedono a un'attività lavorativa. Gli Stati membri dovrebbero inoltre prevenire abusi delle norme vigenti e affrontare la potenziale «fuga di cervelli» da alcune regioni.
Sulla base delle prassi nazionali in vigore e al fine di conseguire un dialogo sociale più efficace e migliori risultati socioeconomici, gli Stati membri dovrebbero garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche, anche attraverso un sostegno per potenziare la capacità delle parti sociali. Le parti sociali dovrebbero essere incoraggiate a negoziare e concludere accordi collettivi negli ambiti di loro interesse, nel pieno rispetto della loro autonomia e del diritto all'azione collettiva.
Ove pertinente e sulla base delle prassi nazionali in vigore, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell'esperienza delle organizzazioni della società civile competenti in tema di occupazione e questioni sociali.
Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà
Gli Stati membri dovrebbero promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere le pari opportunità per i gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro. Essi dovrebbero garantire la parità di trattamento in materia di occupazione, protezione sociale, istruzione e accesso a beni e servizi, a prescindere da sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.
Gli Stati membri dovrebbero modernizzare i regimi di protezione sociale per fornire un'efficace, efficiente, sostenibile e adeguata protezione sociale in tutte le fasi della vita di un individuo, favorendo l'inclusione sociale e la mobilità sociale verso l'alto, incentivando la partecipazione al mercato del lavoro e lottando contro le disuguaglianze, anche mediante l'impostazione dei sistemi fiscali e previdenziali. Integrando gli approcci universali con quelli selettivi si migliorerà l'efficacia dei regimi di protezione sociale. La modernizzazione dei regimi di protezione sociale dovrebbe portare a un accesso, una sostenibilità, un'adeguatezza e una qualità migliori.
Gli Stati membri dovrebbero elaborare e attuare strategie preventive e integrate combinando i tre elementi del coinvolgimento attivo: sostegno a un reddito adeguato, mercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità, in funzione delle esigenze individuali. I regimi di protezione sociale dovrebbero garantire un adeguato reddito minimo per chiunque non disponga di risorse sufficienti e promuovere l'inclusione sociale incoraggiando le persone a partecipare attivamente al mercato del lavoro e alla società.
La disponibilità di servizi a costi ragionevoli, accessibili e di qualità, come l'educazione e l'assistenza alla prima infanzia, l'assistenza al di fuori dell'orario scolastico, l'istruzione, la formazione, l'alloggio, i servizi sanitari e di assistenza a lungo termine, sono fondamentali per garantire pari opportunità, anche per le donne, i bambini e i giovani. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, tra l'altro riducendo la povertà lavorativa e infantile. Gli Stati membri dovrebbero garantire che tutti abbiano accesso ai servizi essenziali. Alle persone in stato di bisogno o in una situazione vulnerabile, gli Stati membri dovrebbero garantire l'accesso a un'assistenza sociale adeguata in materia di alloggio. La deprivazione abitativa dovrebbe essere affrontata in modo specifico. Dovrebbero essere prese in considerazione le necessità specifiche delle persone con disabilità.
Gli Stati membri dovrebbero garantire l'accesso tempestivo a servizi di assistenza sanitaria preventiva e curativa e a lungo termine di buona qualità e a prezzi accessibili, salvaguardando nel contempo la sostenibilità sul lungo periodo.
In un contesto di maggiore longevità e di cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero garantire l'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, offrendo pari opportunità per donne e uomini di maturare diritti a pensione, anche mediante regimi integrativi per assicurare un reddito adeguato. Le riforme pensionistiche dovrebbero essere sostenute da misure che prolungano la vita lavorativa, ad esempio aumentando l'età effettiva di pensionamento, ed essere inquadrate nell'ambito di strategie per l'invecchiamento attivo. Gli Stati membri dovrebbero stabilire un dialogo costruttivo con le pertinenti parti interessate e consentire un'opportuna introduzione progressiva delle riforme.
(1) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE (UE) 2018/1215 DEL CONSIGLIO
del 16 luglio 2018
sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione
Il CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 148, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
visto il parere del Comitato per l'occupazione (3),
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri e l'Unione si adoperano per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici, al fine di realizzare gli obiettivi della piena occupazione e del progresso sociale di cui all'articolo 3 del trattato sull'Unione europea. Gli Stati membri, tenuto conto delle prassi nazionali in materia di responsabilità delle parti sociali, considerano la promozione dell'occupazione una questione di interesse comune e coordinano in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo.
(2)
L'Unione deve combattere l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, così come la parità tra donne e uomini. Nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni, l'Unione deve tenere conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un'adeguata protezione sociale, la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale e un elevato livello di istruzione e formazione.
(3)
Conformemente al trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'Unione ha creato e applicato strumenti di coordinamento delle politiche di bilancio, macroeconomiche e strutturali. Nell'ambito di tali strumenti, i presenti orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione, insieme agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione definiti nella raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio (4), costituiscono gli orientamenti integrati per l'attuazione della strategia Europa 2020. Essi devono guidare l'attuazione delle politiche negli Stati membri e nell'Unione, rispecchiando l'interdipendenza tra gli Stati membri. Lo scopo è ottenere, grazie alla risultante serie coordinata di politiche e riforme a livello europeo e nazionale, a un'adeguata combinazione generale di politiche economiche e sociali che comporti ricadute positive.
(4)
Gli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione sono coerenti con il patto di stabilità e crescita, la vigente legislazione dell'Unione e diverse iniziative dell'Unione, comprese la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull'istituzione di una garanzia per i giovani (5), la raccomandazione del Consiglio del 15 febbraio 2016 sull'inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (6), la raccomandazione del Consiglio del 19 dicembre 2016 sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze (7) e la raccomandazione del Consiglio del 15 marzo 2018 relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (8).
(5)
Il semestre europeo combina i vari strumenti in un quadro generale per la sorveglianza multilaterale integrata delle politiche economiche, di bilancio, occupazionali e sociali e mira a conseguire gli obiettivi della strategia Europa 2020, compresi quelli in materia di occupazione, istruzione e riduzione della povertà, come stabilito dalla decisione 2010/707/UE del Consiglio (9). Nel promuovere gli obietti politici di promozione degli investimenti, avanzamento delle riforme strutturali e ottenimento di politiche di bilancio responsabili, dal 2015 il semestre europeo è stato continuamente rafforzato e razionalizzato. In particolare ne è stato potenziato l'aspetto occupazionale e sociale ed è stato approfondito il dialogo con gli Stati membri, le parti sociali e i rappresentanti della società civile.
(6)
La ripresa dell'Unione dalla crisi economica sostiene le tendenze positive del mercato del lavoro, ma tra gli Stati membri e al loro interno permangono importanti difficoltà e disparità in termini di risultati economici e sociali. La crisi ha evidenziato la stretta interdipendenza fra le economie e i mercati del lavoro degli Stati membri. Assicurare che l'Unione progredisca verso uno stato di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e verso la creazione di posti di lavoro è la sfida principale di oggi. Ciò richiede un'azione politica coordinata, ambiziosa ed efficace a livello sia di Unione sia nazionale, conformemente al TFUE e alle disposizioni dell'Unione in materia di governance economica. Combinando misure relative alla domanda e all'offerta, tale azione dovrebbe rilanciare gli investimenti, rinnovare l'impegno a favore di riforme strutturali opportunamente cadenzate che migliorino la produttività, la crescita economica, la coesione sociale e la resilienza economica di fronte alle crisi, come pure promuovere la responsabilità di bilancio, tenendo conto della loro incidenza in ambito occupazionale e sociale.
(7)
Le riforme del mercato del lavoro, compresi i meccanismi nazionali di determinazione dei salari, dovrebbero seguire prassi nazionali di dialogo sociale e prevedere il margine di manovra necessario per un ampio esame delle questioni socio-economiche, compreso il miglioramento della competitività, della creazione di posti di lavoro, dei programmi di apprendimento e formazione permanenti e dei redditi reali.
(8)
Gli Stati membri e l'Unione dovrebbero affrontare anche le conseguenze sociali della crisi economica e finanziaria e mirare a costruire una società inclusiva in cui i cittadini siano messi in grado di prepararsi ai cambiamenti e di gestirli e possano partecipare attivamente alla società e all'economia, come indicato nella raccomandazione 2008/867/CE della Commissione (10). Ineguaglianza e discriminazione dovrebbero essere combattute. Dovrebbero essere garantiti accesso e opportunità per tutti e dovrebbero essere ridotte povertà ed esclusione sociale (anche dei bambini), in particolare garantendo un efficace funzionamento dei mercati del lavoro e dei regimi di protezione sociale ed eliminando gli ostacoli all'istruzione, alla formazione e alla partecipazione al mercato del lavoro, anche tramite investimenti nell'educazione e cura della prima infanzia. È necessario realizzare ulteriormente il potenziale delle persone con disabilità di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. Sui luoghi di lavoro nell'Unione emergono nuovi modelli economici e di business e cambiano anche i rapporti di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i nuovi rapporti di lavoro mantengano e rafforzino il modello sociale europeo.
(9)
Il 17 novembre 2017, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno firmato una proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (11), a seguito di un'ampia e approfondita consultazione pubblica. Il pilastro stabilisce venti principi e diritti per sostenere il buon funzionamento e l'equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale. Questi principi e diritti sono strutturati in tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali. Il pilastro costituisce un quadro di riferimento per monitorare i risultati occupazionali e sociali degli Stati membri, indirizzare le riforme a livello nazionale e fungere da bussola per orientare un rinnovato processo di convergenza in Europa. Data l'importanza di tali principi per il coordinamento delle politiche strutturali, gli orientamenti in materia di occupazione sono conformi ai principi del pilastro europeo dei diritti sociali.
(10)
Il pilastro europeo dei diritti sociali è accompagnato da un quadro di valutazione che dovrebbe seguire l'attuazione e i progressi del pilastro monitorando tendenze e risultati negli Stati membri e valutare i progressi compiuti nella convergenza socioeconomica verso l'alto. Ove appropriato, i risultati confluiranno nel semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche.
(11)
Gli orientamenti integrati dovrebbero costituire la base di eventuali raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio può rivolgere agli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero sfruttare appieno il Fondo sociale europeo e gli altri fondi dell'Unione al fine di promuovere l'occupazione, l'inclusione sociale, il miglioramento delle competenze della forza lavoro, l'apprendimento e l'istruzione permanenti e migliorare la pubblica amministrazione. Sebbene siano destinati agli Stati membri e all'Unione, gli orientamenti integrati dovrebbero essere attuati in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali, con lo stretto coinvolgimento dei parlamenti, delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile.
(12)
In conformità del rispettivo mandato che ha fondamento nel trattato, il Comitato per l'occupazione e il Comitato per la protezione sociale dovrebbero monitorare in che modo si attuano le pertinenti politiche alla luce degli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione. Tali comitati e altri organi preparatori del Consiglio coinvolti nel coordinamento delle politiche economiche e sociali dovrebbero operare in stretta cooperazione. Occorre mantenere il dialogo politico tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, in particolare sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri in materia di occupazione.
(13)
Il Comitato per la protezione sociale è stato consultato,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Sono adottati gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione di cui all'allegato. Tali orientamenti fanno parte degli orientamenti integrati di Europa 2020.
Articolo 2
Gli Stati membri tengono conto degli orientamenti di cui all'allegato nelle loro politiche a favore dell'occupazione e nei programmi di riforma, di cui è fornita una relazione in conformità dell'articolo 148, paragrafo 3, TFUE.
Articolo 3
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 16 luglio 2018
Per il Consiglio
La presidente
J. BOGNER-STRAUSS
(1) Parere del 19 aprile 2018 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del 14 marzo 2018 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Parere del 3 maggio 2018 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
(5) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1.
(6) GU C 67 del 20.2.2016, pag. 1.
(7) GU C 484 del 24.12.2016, pag. 1.
(8) GU C 153 del 2.5.2018, pag. 1.
(9) Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46).
(10) Raccomandazione 2008/867/CE della Commissione, del 3 ottobre 2008, sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro (GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11).
(11) GU C 428 del 13.12.2017, pag. 10.
ALLEGATO
Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro
Gli Stati membri dovrebbero agevolare la creazione di posti di lavoro di qualità, anche riducendo gli ostacoli che le imprese incontrano nell'assumere personale, promuovendo l'imprenditorialità responsabile e il lavoro veramente autonomo e, in particolare, sostenendo la creazione e la crescita delle microimprese e delle piccole imprese. Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente l'economia sociale e favorire l'innovazione sociale. Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le forme innovative di lavoro che creano opportunità di lavoro di qualità.
L'onere fiscale dovrebbe essere trasferito dal lavoro ad altre fonti di imposizione meno sfavorevoli all'occupazione e alla crescita, tenendo conto dell'effetto ridistribuivo del sistema fiscale, preservando al contempo le entrate necessarie a un'adeguata protezione sociale e a una spesa che stimoli la crescita.
È opportuno che gli Stati membri, pur rispettando l'autonomia delle parti sociali, favoriscano meccanismi di determinazione dei salari trasparenti e prevedibili, che permettono l'adeguamento dei salari all'andamento della produttività e garantiscono retribuzioni eque per un tenore di vita dignitoso. Tali meccanismi dovrebbero tenere in considerazione le differenze tra i livelli di competenze e le divergenze in termini di risultati economici tra regioni, settori e imprese. Nel rispetto delle prassi nazionali, gli Stati membri e le parti sociali dovrebbero garantire livelli salariali minimi adeguati, tenendo conto degli effetti su competitività, creazione di posti di lavoro e livelli di povertà lavorativa.
Orientamento 6: potenziare l'offerta di forza lavoro e migliorare l'accesso all'occupazione, abilità e competenze
Nell'ambito di cambiamenti tecnologici, ambientali e demografici, gli Stati membri dovrebbero promuovere la produttività e l'occupabilità, in collaborazione con le parti sociali, mediante un'adeguata offerta di conoscenze, abilità e competenze pertinenti per tutto l'arco della vita lavorativa delle persone, rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero effettuare i necessari investimenti nella formazione e istruzione iniziale e continua (apprendimento permanente). Essi dovrebbero collaborare con le parti sociali, gli erogatori di istruzione e formazione, le imprese e le altre parti interessate per affrontare le debolezze strutturali dei sistemi di istruzione e formazione, fornire un'istruzione, una formazione e un apprendimento permanente di qualità e inclusivi. Dovrebbero cercare di garantire il trasferimento dei diritti in materia di formazione durante le transizioni professionali. Ciò dovrebbe consentire a tutti di prepararsi e adattarsi meglio alle esigenze del mercato del lavoro e di gestire con successo le transizioni, rafforzando così la resilienza complessiva dell'economia di fronte alle crisi.
Gli Stati membri dovrebbero promuovere pari opportunità per tutti nell'istruzione, compresa l'educazione della prima infanzia. Dovrebbero innalzare globalmente i livelli dell'istruzione, soprattutto per i meno qualificati e i discenti provenienti da contesti svantaggiati. Dovrebbero garantire la qualità dei risultati dell'apprendimento, rafforzare le competenze di base, ridurre il numero di giovani che abbandonano la scuola precocemente e aumentare la partecipazione degli adulti all'istruzione e formazione continue. Gli Stati membri dovrebbero rafforzare l'apprendimento basato sul lavoro nei loro sistemi di istruzione e formazione professionale, anche mediante apprendistati efficaci e di qualità, potenziare la pertinenza dell'istruzione superiore rispetto al mercato del lavoro, migliorare le capacità di monitoraggio e previsione delle competenze, rendere le competenze più visibili e comparabili e aumentare le possibilità di avere riconosciute e convalidate le qualifiche e le competenze acquisite al di fuori dell'istruzione e della formazione formali. Essi dovrebbero migliorare e incrementare l'offerta di formazione e istruzione professionali continue flessibili e la partecipazione a esse. Gli Stati membri dovrebbero inoltre sostenere gli adulti scarsamente qualificati nel mantenere o sviluppare l'occupabilità a lungo termine stimolando l'accesso e la partecipazione a opportunità di apprendimento di qualità, mediante la creazione di percorsi di miglioramento del livello delle competenze, compresa una valutazione delle competenze, un'offerta di istruzione e formazione che corrispondano alle opportunità del mercato del lavoro e la convalida e il riconoscimento delle competenze acquisite.
Si dovrebbe porre rimedio alla disoccupazione e inattività, anche mediante un'assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura basata sul sostegno alla ricerca di un impiego, alla formazione e alla riqualificazione. Strategie globali che includano la valutazione individuale approfondita entro 18 mesi dall'inizio della disoccupazione dovrebbero essere perseguite al fine di ridurre e prevenire in misura significativa la disoccupazione strutturale e di lungo periodo. La disoccupazione giovanile e il fenomeno dei giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione dovrebbero continuare ad essere affrontati mediante la prevenzione dell'abbandono scolastico precoce e il miglioramento strutturale della transizione dalla scuola al lavoro, anche grazie alla piena attuazione della garanzia per i giovani (1).
Gli Stati membri dovrebbero mirare a rimuovere gli ostacoli e i disincentivi, mettendo in atto incentivi, in relazione alla partecipazione al mercato del lavoro, in particolare per le persone più lontane dallo stesso. Gli Stati membri dovrebbero sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità, anche mediante un sostegno finanziario mirato e servizi che consentano loro di partecipare al mercato del lavoro e alla società.
Gli Stati membri dovrebbero garantire la parità di genere e una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche offrendo pari opportunità e un avanzamento di carriera ed eliminando gli ostacoli alla partecipazione. È necessario affrontare il divario retributivo di genere, tra l'altro mediante la parità di retribuzione per un lavoro identico o di pari valore. Dovrebbe essere promossa la conciliazione tra lavoro, famiglia e vita privata sia per le donne che per gli uomini, in particolare mediante l'accesso a servizi di assistenza a lungo termine e di educazione e cura della prima infanzia di qualità e a prezzi accessibili. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i genitori e le altre persone con responsabilità di assistenza abbiano accesso a un congedo familiare adeguato e a modalità di lavoro flessibili per conciliare lavoro, famiglia e vita privata, oltre a promuovere un uso equilibrato di tali diritti tra uomini e donne.
Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l'efficacia del dialogo sociale
Al fine di trarre vantaggio da una forza lavoro più dinamica e produttiva e da nuovi modelli di lavoro e di business, gli Stati membri dovrebbero collaborare con le parti sociali in materia di flessibilità e di principi di sicurezza, equilibrando diritti e obblighi. Dovrebbero ridurre e impedire la segmentazione all'interno dei mercati del lavoro, contrastare il lavoro non dichiarato e favorire la transizione a forme di lavoro a tempo indeterminato. Le norme in materia di protezione dell'occupazione, il diritto del lavoro e le istituzioni dovrebbero tutti concorrere a creare un ambiente appropriato all'assunzione e la flessibilità necessaria per consentire ai datori di lavoro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico, pur preservando un'adeguata sicurezza e ambienti di lavoro sani, sicuri e adeguati per i lavoratori. È opportuno prevenire, anche combattendo l'abuso dei contratti atipici, i rapporti di lavoro che portano a condizioni di lavoro precarie. In caso di licenziamento ingiustificato dovrebbero essere garantiti l'accesso a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale e il diritto di ricorso, compresa una compensazione adeguata.
Le politiche dovrebbero essere volte a migliorare e sostenere la partecipazione al mercato del lavoro, la corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro e le transizioni verso il mondo del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero favorire efficacemente l'inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro. Dovrebbero rafforzare l'efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, ampliandone gli obiettivi, la portata, il campo d'azione e migliorandone la connessione al sostegno al reddito per i disoccupati mentre sono alla ricerca di un'occupazione, sulla base dei loro diritti e responsabilità. Gli Stati membri dovrebbero ambire a servizi pubblici per l'impiego più efficaci ed efficienti, garantendo un'assistenza tempestiva e su misura per assistere le persone in cerca di lavoro, sostenendo la domanda del mercato del lavoro e attuando una gestione basata sui risultati.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali in materia di ammissibilità. Tali prestazioni non dovrebbero disincentivare un rapido ritorno all'occupazione e dovrebbero essere affiancate a politiche attive del mercato del lavoro.
La mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere promossa con l'obiettivo di migliorare le competenze in termini di occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo. Dovrebbero essere eliminati gli ostacoli alla mobilità nel settore dell'istruzione e della formazione, delle pensioni professionali e individuali e nel riconoscimento delle qualifiche. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure affinché le procedure amministrative non siano un ostacolo inutile per i lavoratori di altri Stati membri che accedono a un'attività lavorativa. Gli Stati membri dovrebbero inoltre prevenire abusi delle norme vigenti e affrontare la potenziale «fuga di cervelli» da alcune regioni.
Sulla base delle prassi nazionali in vigore e al fine di conseguire un dialogo sociale più efficace e migliori risultati socioeconomici, gli Stati membri dovrebbero garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell'elaborazione e nell'attuazione delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche, anche attraverso un sostegno per potenziare la capacità delle parti sociali. Le parti sociali dovrebbero essere incoraggiate a negoziare e concludere accordi collettivi negli ambiti di loro interesse, nel pieno rispetto della loro autonomia e del diritto all'azione collettiva.
Ove pertinente e sulla base delle prassi nazionali in vigore, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell'esperienza delle organizzazioni della società civile competenti in tema di occupazione e questioni sociali.
Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l'inclusione sociale e combattere la povertà
Gli Stati membri dovrebbero promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere le pari opportunità per i gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro. Essi dovrebbero garantire la parità di trattamento in materia di occupazione, protezione sociale, istruzione e accesso a beni e servizi, a prescindere da sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.
Gli Stati membri dovrebbero modernizzare i regimi di protezione sociale per fornire un'efficace, efficiente, sostenibile e adeguata protezione sociale in tutte le fasi della vita di un individuo, favorendo l'inclusione sociale e la mobilità sociale verso l'alto, incentivando la partecipazione al mercato del lavoro e lottando contro le disuguaglianze, anche mediante l'impostazione dei sistemi fiscali e previdenziali. Integrando gli approcci universali con quelli selettivi si migliorerà l'efficacia dei regimi di protezione sociale. La modernizzazione dei regimi di protezione sociale dovrebbe portare a un accesso, una sostenibilità, un'adeguatezza e una qualità migliori.
Gli Stati membri dovrebbero elaborare e attuare strategie preventive e integrate combinando i tre elementi del coinvolgimento attivo: sostegno a un reddito adeguato, mercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità, in funzione delle esigenze individuali. I regimi di protezione sociale dovrebbero garantire un adeguato reddito minimo per chiunque non disponga di risorse sufficienti e promuovere l'inclusione sociale incoraggiando le persone a partecipare attivamente al mercato del lavoro e alla società.
La disponibilità di servizi a costi ragionevoli, accessibili e di qualità, come l'educazione e l'assistenza alla prima infanzia, l'assistenza al di fuori dell'orario scolastico, l'istruzione, la formazione, l'alloggio, i servizi sanitari e di assistenza a lungo termine, sono fondamentali per garantire pari opportunità, anche per le donne, i bambini e i giovani. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, tra l'altro riducendo la povertà lavorativa e infantile. Gli Stati membri dovrebbero garantire che tutti abbiano accesso ai servizi essenziali. Alle persone in stato di bisogno o in una situazione vulnerabile, gli Stati membri dovrebbero garantire l'accesso a un'assistenza sociale adeguata in materia di alloggio. La deprivazione abitativa dovrebbe essere affrontata in modo specifico. Dovrebbero essere prese in considerazione le necessità specifiche delle persone con disabilità.
Gli Stati membri dovrebbero garantire l'accesso tempestivo a servizi di assistenza sanitaria preventiva e curativa e a lungo termine di buona qualità e a prezzi accessibili, salvaguardando nel contempo la sostenibilità sul lungo periodo.
In un contesto di maggiore longevità e di cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero garantire l'adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, offrendo pari opportunità per donne e uomini di maturare diritti a pensione, anche mediante regimi integrativi per assicurare un reddito adeguato. Le riforme pensionistiche dovrebbero essere sostenute da misure che prolungano la vita lavorativa, ad esempio aumentando l'età effettiva di pensionamento, ed essere inquadrate nell'ambito di strategie per l'invecchiamento attivo. Gli Stati membri dovrebbero stabilire un dialogo costruttivo con le pertinenti parti interessate e consentire un'opportuna introduzione progressiva delle riforme.
(1) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Politiche dei paesi dell’Unione europea a favore dell’occupazione: orientamenti (2018)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa fornisce indicazioni agli Stati membri durante l’elaborazione delle loro politiche e nell’impostazione di obiettivi nazionali.
PUNTI CHIAVE
Tali indicazioni, unitamente agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea, costituiscono gli orientamenti integrati per l’esecuzione della strategia Europa 2020. Esse sono state pubblicate su base annua dal 2010. Sono allineate con il Pilastro europeo dei diritti sociali. Gli orientamenti del 2018 si concentrano su:
Rilanciare la domanda di lavoro
I paesi dell’Unione europea (UE) dovrebbero adottare una serie di misure, tra cui:facilitare la creazione di posti di lavoro di qualità promuovendo l’imprenditorialità responsabile e il lavoro veramente autonomo; promuovere attivamente l’economia sociale e favorire l’innovazione sociale; incoraggiare le forme innovative di lavoro che creano opportunità di lavoro di qualità; favorire meccanismi di determinazione dei salari trasparenti e prevedibili; insieme alle parti sociali, garantire livelli salariali minimi adeguati. Potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, abilità e competenze
Gli Stati membri dovrebbero:promuovere la produttività e l’occupabilità, in collaborazione con le parti sociali; innalzare globalmente i livelli dell’istruzione, soprattutto per i meno qualificati e i discenti provenienti da contesti svantaggiati; attuare strategie globali per affrontare la disoccupazione strutturale e di lungo periodo; mirare a rimuovere gli ostacoli e i disincentivi alla partecipazione al mercato del lavoro; garantire la parità di genere e una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro; affrontare il divario retributivo di genere. Migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
Gli Stati membri dovrebbero:collaborare con le parti sociali in materia di flessibilità e di principi di sicurezza, equilibrando diritti e obblighi; favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro; fornire ai disoccupati adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali in materia di ammissibilità; la mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere promossa con l’obiettivo di migliorare le competenze in termini di occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo; garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle riforme e delle politiche pertinenti. Promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
Gli Stati membri dovrebbero:promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere le pari opportunità per i gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro; modernizzare i regimi di protezione sociale; elaborare e attuare strategie preventive e integrate combinandosostegno a un reddito adeguatomercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità in funzione delle esigenze individuali; garantire la disponibilità di servizi a costi ragionevoli, accessibili e di qualità, comel’educazione e la cura della prima infanzial’assistenza al di fuori dell’orario scolasticol’istruzionela formazionel’alloggio i servizi sanitari e diassistenza a lungo termine; garantire l’accesso tempestivo a servizi di assistenza sanitaria preventiva e curativa e a lungo termine di buona qualità e a prezzi accessibili; garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È entrata in vigore il 19 luglio 2018.
CONTESTO
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita e con le altre leggi e iniziative dell’UE comprese quelle che riguardano:Garanzia per i giovaniReinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro;Percorsi di miglioramento del livello delle competenze. Queste iniziative sono combinate nel semestre europeo, che attua la strategia europea per l’occupazione e controlla le varie politiche per raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2018/1215 del Consiglio, del 16 luglio 2018, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 224 del 5.9.2018, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Raccomandazione del Consiglio, del 15 marzo 2018, relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (GU L 153 del 2.5.2018, pag. 1).
Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU L 428 del 13.12.2017, pag. 10).
Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
Decisione (UE) 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46). |
Sostegno finanziario alla Grecia
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E IN COSA CONSISTE L’ASSISTENZA FINANZIARIA ALLA GRECIA?
il regolamento (UE) n. 472/2013 è volto al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria. Dal maggio del 2010 all’agosto del 2018 la Grecia ha ricevuto sostegno finanziario da parte dei paesi della zona euro e dal Fondo monetario internazionale (FMI) per far fronte alle difficoltà finanziarie e alle sfide economiche. Dopo la conclusione, il 20 agosto 2018, del programma di sostegno alla stabilità, la Grecia è stata pienamente integrata nel quadro del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche e sociali. Allo stesso tempo, il quadro di sorveglianza rafforzata * è stato attivato per la Grecia, come previsto dal regolamento 472 del 2013.
PUNTI CHIAVE
Il primo programma di aggiustamento:è stato annunciato dall’Eurogruppo il 2 maggio 2010;ha stanziato 52,9 miliardi di euro in prestiti bilaterali alla Grecia da parte dei paesi membri della zona euro nell’ambito dello strumento di prestito in favore della Grecia;l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 20 miliardi di euro. Il secondo programma di aggiustamento:è stato approvato dall’Eurogruppo il 9 marzo 2012 ed è rimasto in vigore fino al giugno 2015;ha fornito prestiti per 141,8 miliardi di euro da parte dei paesi della zona euro attraverso il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF);l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 12 miliardi di euro. Il terzo programma di aggiustamento:è iniziato il 19 agosto 2015 e si è concluso il 20 agosto 2018 come previsto;concede prestiti fino a 86 miliardi di euro provenienti dal MES. Per poter avviare i negoziati con l’UE sui termini del terzo programma di aggiustamento, la Grecia ha dovuto impegnarsi a:riformare il regime IVA e pensionistico;attuare la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche dell’UE;salvaguardare l’indipendenza dell’autorità greca di statistica;adottare un codice di procedura civile. Inoltre, la Grecia ha accettato di:ripristinare la sostenibilità fiscale riformando i sistemi IVA e previdenziali e combattendo l’evasione fiscale;salvaguardare la stabilità finanziaria tramite la ricapitalizzazione delle banche (ossia ristrutturando il debito e il capitale di rischio) e il rafforzamento della loro governance;attuare riforme che promuovano la crescita economica, la creazione di occupazione, la competitività e gli investimenti;modernizzare lo Stato e la pubblica amministrazione, migliorando in particolare l’efficienza del sistema giudiziario e rafforzando la lotta alla corruzione. Alla conclusione positiva del terzo programma di aggiustamento, la Commissione europea ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 che ha attivato una sorveglianza economica e di bilancio rafforzata per la Grecia, con effetto a decorrere dal 21 agosto 2018. Un primo rapporto di sorveglianza rafforzata sulla Grecia è stato pubblicato a novembre 2018 e un secondo a febbraio 2019. La decisione di esecuzione (UE) 2019/338 ha prorogato il periodo di sorveglianza rafforzata per un ulteriore periodo di sei mesi a decorrere dal 21 febbraio 2019.Il 5 giugno 2019 è stato pubblicato il terzo rapporto di sorveglianza rafforzata per la Grecia.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicato dal 30 maggio 2013.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Assistenza finanziaria alla Grecia (Commissione europea) Quadro di sorveglianza rafforzata per la Grecia (Commissione europea) Programma MES per la Grecia (Meccanismo europeo di stabilità).
TERMINI CHIAVE
Sorveglianza rafforzata: un quadro post-programma adattato alla Grecia in vista della crisi di lunga data e delle sfide affrontate. Esso sosterrà la realizzazione, il completamento e la continuità dell’attuazione delle riforme concordate nell’ambito del programma, in linea con gli impegni assunti dalle autorità greche attraverso il monitoraggio rigoroso della situazione economica, fiscale e finanziaria e la sua evoluzione.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/338 della Commissione, del 20 febbraio 2019, sulla proroga della sorveglianza rafforzata della Grecia (GU L 60 del 28.2.2019, pag. 17).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 della Commissione, dell’11 luglio 2018, sull’attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia (GU L 211 del 22.8.2018, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1411 del Consiglio, del 19 agosto 2015, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico della Grecia (GU L 219 del 20.8.2015, pag. 12).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1181 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che fornisce alla Grecia sostegno finanziario dell’Unione a breve termine (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 15).
Decisione di esecuzione (EU) 2015/1182 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che approva il programma di aggiustamento della Grecia (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 19). | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2018/1192 DELLA COMMISSIONE
dell'11 luglio 2018
sull'attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia
[notificata con il numero C(2018) 4495]
(Il testo in lingua greca è il solo facente fede)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (1), in particolare l'articolo 2, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Dal 2010 la Grecia riceve assistenza finanziaria dagli Stati membri della zona euro. In particolare, a sostegno del primo programma di aggiustamento macroeconomico, tra maggio 2010 e dicembre 2011 la Grecia ha ricevuto dagli Stati membri la cui moneta è l'euro 52 900 milioni di euro di prestiti bilaterali, che la Commissione ha raccolto e messo a disposizione nel quadro del meccanismo di prestito alla Grecia; a sostegno del secondo programma di aggiustamento macroeconomico, tra marzo 2012 e febbraio 2015 la Grecia ha ricevuto ulteriori prestiti per 130 900 milioni di euro forniti dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (2); tra agosto 2015 e giugno 2018 la Grecia ha poi ricevuto un importo supplementare di 59 900 milioni di euro (3) sotto forma di prestiti da parte del meccanismo europeo di stabilità. Nel complesso, le passività in essere della Grecia nei confronti degli Stati membri della zona euro, del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del meccanismo europeo di stabilità ammontano a 243 700 milioni di euro. Inoltre, a sostegno del primo e del secondo programma di aggiustamento economico, la Grecia ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale un'assistenza finanziaria pari a 32 100 milioni di euro.
(2)
L'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità scadrà il 20 agosto 2018.
(3)
Le condizioni di natura politica associate all'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità sono state definite nella decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio (4), successivamente modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio (5). Tali condizioni sono state ulteriormente specificate nel memorandum d'intesa del meccanismo europeo di stabilità sulle condizioni specifiche di natura economica (il «memorandum d'intesa») firmato dalla Commissione, a nome del meccanismo europeo di stabilità, e dalla Grecia il 19 agosto 2015 e nelle sue successive quattro modifiche.
(4)
Nel quadro dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha attuato un gran numero di riforme che riguardano un'ampia gamma di settori strategici: (i) la sostenibilità di bilancio, (ii) la stabilità finanziaria, (iii) le riforme strutturali volte a rafforzare la competitività e la crescita e (iv) la pubblica amministrazione. Sulla base del considerevole numero di azioni realizzate nell'ambito del programma, è opportuno nel medio termine proseguire le principali riforme strutturali e istituzionali, per assicurarne il completamento e la piena efficacia.
(5)
Grazie alle azioni intraprese dal governo greco, gli squilibri del bilancio e dei flussi esterni sono stati in larga misura corretti. Il saldo delle amministrazioni pubbliche è stato positivo nel 2016 e nel 2017 e la Grecia è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di un avanzo primario pari al 3,5 % del prodotto interno lordo nel 2018 e nel medio termine. I prestiti esterni netti sono tornati su valori positivi nel 2015 e hanno successivamente evidenziato soltanto disavanzi modesti. L'economia è in ripresa, con una crescita dell'1,4 % nel 2017, e la disoccupazione è in calo. La Grecia ha migliorato la propria posizione per quanto riguarda le componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance dei paesi.
(6)
Tuttavia, nonostante le riforme, la Grecia continua a registrare notevoli squilibri degli stock e significative debolezze, retaggio del passato. In particolare, come risulta anche dalla relazione della Commissione del 2018 sul meccanismo di allerta [preparata conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6)], la Grecia si trova ad affrontare i problemi qui di seguito elencati. Dopo il picco del 180,8 % del prodotto interno lordo raggiunto alla fine del 2016, alla fine del 2017 il debito pubblico rimaneva elevato, attestandosi al 178,6 % del PIL, il livello più alto dell'Unione. Anche la posizione patrimoniale netta sull'estero, pari a quasi – 140 % del prodotto interno lordo nel 2016, continua a rimanere molto elevata; inoltre, sebbene sia prossimo al pareggio, il saldo delle partite correnti è ancora insufficiente per permettere che l'elevata posizione patrimoniale netta sull'estero scenda a livelli prudenti ad un ritmo soddisfacente. La disoccupazione, pur in calo rispetto al picco del 27,9 % registrato nel 2013, era ancora al 20,1 % nel marzo 2018. Sia il tasso di disoccupazione di lunga durata (15,3 % alla fine del 2017) che il tasso di disoccupazione giovanile (43,8 % nel marzo 2018) rimangono molto elevati. Il contesto imprenditoriale continua a necessitare di ulteriori miglioramenti significativi, essendo la Grecia ancora ben lontana dalle migliori posizioni per quanto riguarda molte delle componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance (ad esempio, l'esecuzione dei contratti, la registrazione dei beni immobili, la risoluzione delle situazioni di insolvenza, ecc.).
(7)
Pur rimanendo sufficientemente capitalizzato, il settore bancario continua a dover affrontare problemi legati ai bassi livelli di redditività e agli ingenti stock di esposizioni deteriorate; inoltre, permangono forti legami con lo Stato. A fine marzo 2018 lo stock delle esposizioni deteriorate era ancora molto elevato, essendo pari a 92,4 miliardi di EUR, corrispondenti al 48,5 % del totale delle esposizioni in bilancio. Nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha adottato atti legislativi fondamentali per agevolare il risanamento dei bilanci delle banche, ma saranno necessari sforzi costanti per portare il tasso di esposizioni deteriorate a livelli sostenibili e consentire agli istituti finanziari di svolgere in maniera continuativa le loro funzioni di intermediazione e di gestione del rischio. È stata inoltre adottata una tabella di marcia per l'allentamento dei controlli sui capitali, che ha lo scopo di ripristinare la fiducia dei depositanti. Mentre alcuni controlli sui capitali sono stati allentati, è opportuno proseguire il lavoro intrapreso, sulla base di parametri di riferimento concordati.
(8)
Dopo essere stata esclusa dai mercati finanziari nel 2010, dal luglio 2017 la Grecia può nuovamente contrarre prestiti su tali mercati attraverso l'emissione di titoli di Stato. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da episodi di volatilità sui mercati finanziari, i rendimenti dei titoli di Stato greci rimangono a livelli elevati rispetto ad altri Stati membri della zona euro, mentre le condizioni di prestito della Grecia rimangono fragili a fronte dei rischi economici esterni. Sono quindi necessari ulteriori sforzi per garantire l'accesso stabile e continuo dello Stato al mercato.
(9)
Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che la Grecia continua ad essere esposta a rischi di instabilità finanziaria che, se si dovessero concretizzare, potrebbero avere ripercussioni negative sugli altri Stati membri della zona euro. Queste ricadute negative potrebbero manifestarsi indirettamente incidendo sulla fiducia degli investitori e, di conseguenza, sui costi di rifinanziamento delle banche e degli emittenti sovrani in altri Stati membri della zona euro.
(10)
Il 22 giugno 2018 l'Eurogruppo ha concordato a livello politico di attuare ulteriori misure volte a garantire la sostenibilità del debito. La Grecia ha un elevato stock di debito pubblico, che alla fine del 2017 era pari al 178,6 % del prodotto interno lordo. La Grecia ha già beneficiato di generosi aiuti finanziari dei partner europei a condizioni agevolate, mentre misure specifiche volte a ricondurre il debito su basi più sostenibili sono state adottate nel 2012 e nuovamente dal meccanismo europeo di stabilità nel 2017. L'analisi della sostenibilità del debito del giugno 2018 realizzata dalla Commissione di concerto con la Banca centrale europea e in collaborazione con il meccanismo europeo di stabilità ha rilevato che, in assenza di ulteriori misure, si configuravano notevoli rischi relativi alla sostenibilità del debito, poiché secondo le proiezioni il fabbisogno finanziario lordo della Grecia supererà nel lungo periodo il 20 % del prodotto interno lordo, valore che corrisponde alla soglia stabilita dall'Eurogruppo come punto di riferimento per la valutazione dei rischi relativi alla sostenibilità del debito. Le misure che l'Eurogruppo ha concordato il 22 giugno 2018 su tale base comprendono la proroga di altri 10 anni delle durate medie ponderate, il rinvio di altri 10 anni del pagamento degli interessi e dell'ammortamento e l'attuazione di altre misure relative al debito. Combinate con un esborso di 15 000 milioni di euro, grazie al quale la riserva di liquidità dovrebbe coprire il fabbisogno di finanziamento del debito sovrano per circa 22 mesi dopo la fine del programma, tali misure dovrebbero, secondo le previsioni basate sulle ipotesi dello scenario di base della Commissione, essere sufficienti per assicurare la sostenibilità del debito e garantire che il fabbisogno di finanziamento lordo rimanga al di sotto del 20 % del prodotto interno lordo fino al 2060. Secondo lo scenario negativo, le misure a medio termine concordate dall'Eurogruppo darebbero un contributo positivo alla sostenibilità del debito per un certo tempo, garantendo che le percentuali del fabbisogno finanziario lordo rimangano al di sotto delle soglie concordate fino al 2036. L'Eurogruppo ha convenuto di riesaminare alla fine del periodo di tolleranza dello Strumento europeo di stabilità finanziaria, ossia nel 2032, se saranno necessarie misure supplementari relative al debito per assicurare il rispetto degli obiettivi concordati in materia di fabbisogno finanziario lordo, a condizione che sia rispettato il quadro di bilancio dell'Unione europea, e se necessario adottare le opportune azioni.
(11)
Tuttavia, nel medio periodo, la Grecia deve continuare ad adottare misure volte ad affrontare le cause e le cause potenziali di difficoltà e ad attuare riforme strutturali a sostegno di una ripresa economica solida e sostenibile, tenuto conto degli effetti di diversi fattori ereditati dal passato. Tali fattori comprendono il grave e prolungato rallentamento dell'economia durante la crisi, l'entità dell'onere del debito della Grecia, le debolezze del suo settore finanziario, il permanere di legami relativamente forti tra il settore finanziario e le finanze pubbliche greche, anche sotto forma di proprietà statale, il rischio che gravi tensioni nell'uno o nell'altro settore si propaghino ad altri Stati membri, nonché l'esposizione degli Stati membri della zona euro al debito sovrano greco.
(12)
A tal fine, la Grecia ha assunto l'impegno, in sede di Eurogruppo, di proseguire e completare tutte le principali riforme adottate nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità e di garantire che vengano salvaguardati gli obiettivi delle importanti riforme adottate nell'ambito dei programmi di assistenza finanziaria.
(13)
La Grecia si è inoltre impegnata a realizzare azioni specifiche nei settori delle politiche di bilancio, ivi comprese quelle strutturali, della previdenza sociale, della stabilità finanziaria, dei mercati del lavoro e dei prodotti, della privatizzazione e della pubblica amministrazione. Tali azioni specifiche, che sono illustrate in un allegato della dichiarazione dell'Eurogruppo del 22 giugno 2018, contribuiranno a risolvere le potenziali cause di difficoltà economiche.
(14)
Al fine di affrontare i rischi residui e monitorare il rispetto degli impegni adottati per farvi fronte, risulta necessario e opportuno sottoporre la Grecia a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013.
(15)
La Grecia è stata ufficialmente consultata, anche tramite una lettera formale inviata il 4 luglio 2018, ed ha avuto la possibilità di esprimere il proprio parere in merito alla valutazione della Commissione. Nella sua risposta del 6 luglio 2018, la Grecia ha condiviso il giudizio della Commissione in merito alle sfide economiche che il paese si trova ad affrontare, che costituisce la base per l'attivazione della sorveglianza rafforzata.
(16)
La Grecia continuerà a beneficiare di assistenza tecnica nell'ambito del programma di sostegno alle riforme strutturali [di cui al regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio (7)] per l'elaborazione e l'attuazione delle riforme, così come per il proseguimento e il completamento delle principali riforme in linea con gli impegni politici soggetti a monitoraggio nell'ambito della sorveglianza rafforzata.
(17)
Nell'attuazione della sorveglianza rafforzata, la Commissione intende collaborare strettamente con il meccanismo europeo di stabilità, nel quadro del sistema di allarme rapido,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La Grecia è sottoposta a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013 per un periodo di sei mesi, a decorrere dal 21 agosto 2018.
Articolo 2
La Repubblica ellenica è destinataria della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, l'11 luglio 2018
Per la Commissione
Pierre MOSCOVICI
Membro della Commissione
(1) GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1.
(2) Al netto delle obbligazioni del FESF di valore pari a 10 900 milioni di euro trasferite al Fondo ellenico di stabilità finanziaria nel marzo 2012 che sono state restituite nel febbraio 2015.
(3) Al netto dei prestiti per la ricapitalizzazione delle banche pari a 2 000 milioni di EUR che sono stati restituiti nel febbraio 2017.
(4) Decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio, del 15 febbraio 2016, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 91 del 7.4.2016, pag. 27).
(5) Decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio, del 30 giugno 2017, recante modifica della decisione di esecuzione (UE) 2016/544 che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 174 del 7.7.2017, pag. 22).
(6) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).
(7) Regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce il programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e che modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 (GU L 129 del 19.5.2017, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2018/1192 DELLA COMMISSIONE
dell'11 luglio 2018
sull'attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia
[notificata con il numero C(2018) 4495]
(Il testo in lingua greca è il solo facente fede)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (1), in particolare l'articolo 2, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Dal 2010 la Grecia riceve assistenza finanziaria dagli Stati membri della zona euro. In particolare, a sostegno del primo programma di aggiustamento macroeconomico, tra maggio 2010 e dicembre 2011 la Grecia ha ricevuto dagli Stati membri la cui moneta è l'euro 52 900 milioni di euro di prestiti bilaterali, che la Commissione ha raccolto e messo a disposizione nel quadro del meccanismo di prestito alla Grecia; a sostegno del secondo programma di aggiustamento macroeconomico, tra marzo 2012 e febbraio 2015 la Grecia ha ricevuto ulteriori prestiti per 130 900 milioni di euro forniti dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (2); tra agosto 2015 e giugno 2018 la Grecia ha poi ricevuto un importo supplementare di 59 900 milioni di euro (3) sotto forma di prestiti da parte del meccanismo europeo di stabilità. Nel complesso, le passività in essere della Grecia nei confronti degli Stati membri della zona euro, del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del meccanismo europeo di stabilità ammontano a 243 700 milioni di euro. Inoltre, a sostegno del primo e del secondo programma di aggiustamento economico, la Grecia ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale un'assistenza finanziaria pari a 32 100 milioni di euro.
(2)
L'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità scadrà il 20 agosto 2018.
(3)
Le condizioni di natura politica associate all'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità sono state definite nella decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio (4), successivamente modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio (5). Tali condizioni sono state ulteriormente specificate nel memorandum d'intesa del meccanismo europeo di stabilità sulle condizioni specifiche di natura economica (il «memorandum d'intesa») firmato dalla Commissione, a nome del meccanismo europeo di stabilità, e dalla Grecia il 19 agosto 2015 e nelle sue successive quattro modifiche.
(4)
Nel quadro dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha attuato un gran numero di riforme che riguardano un'ampia gamma di settori strategici: (i) la sostenibilità di bilancio, (ii) la stabilità finanziaria, (iii) le riforme strutturali volte a rafforzare la competitività e la crescita e (iv) la pubblica amministrazione. Sulla base del considerevole numero di azioni realizzate nell'ambito del programma, è opportuno nel medio termine proseguire le principali riforme strutturali e istituzionali, per assicurarne il completamento e la piena efficacia.
(5)
Grazie alle azioni intraprese dal governo greco, gli squilibri del bilancio e dei flussi esterni sono stati in larga misura corretti. Il saldo delle amministrazioni pubbliche è stato positivo nel 2016 e nel 2017 e la Grecia è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di un avanzo primario pari al 3,5 % del prodotto interno lordo nel 2018 e nel medio termine. I prestiti esterni netti sono tornati su valori positivi nel 2015 e hanno successivamente evidenziato soltanto disavanzi modesti. L'economia è in ripresa, con una crescita dell'1,4 % nel 2017, e la disoccupazione è in calo. La Grecia ha migliorato la propria posizione per quanto riguarda le componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance dei paesi.
(6)
Tuttavia, nonostante le riforme, la Grecia continua a registrare notevoli squilibri degli stock e significative debolezze, retaggio del passato. In particolare, come risulta anche dalla relazione della Commissione del 2018 sul meccanismo di allerta [preparata conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6)], la Grecia si trova ad affrontare i problemi qui di seguito elencati. Dopo il picco del 180,8 % del prodotto interno lordo raggiunto alla fine del 2016, alla fine del 2017 il debito pubblico rimaneva elevato, attestandosi al 178,6 % del PIL, il livello più alto dell'Unione. Anche la posizione patrimoniale netta sull'estero, pari a quasi – 140 % del prodotto interno lordo nel 2016, continua a rimanere molto elevata; inoltre, sebbene sia prossimo al pareggio, il saldo delle partite correnti è ancora insufficiente per permettere che l'elevata posizione patrimoniale netta sull'estero scenda a livelli prudenti ad un ritmo soddisfacente. La disoccupazione, pur in calo rispetto al picco del 27,9 % registrato nel 2013, era ancora al 20,1 % nel marzo 2018. Sia il tasso di disoccupazione di lunga durata (15,3 % alla fine del 2017) che il tasso di disoccupazione giovanile (43,8 % nel marzo 2018) rimangono molto elevati. Il contesto imprenditoriale continua a necessitare di ulteriori miglioramenti significativi, essendo la Grecia ancora ben lontana dalle migliori posizioni per quanto riguarda molte delle componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance (ad esempio, l'esecuzione dei contratti, la registrazione dei beni immobili, la risoluzione delle situazioni di insolvenza, ecc.).
(7)
Pur rimanendo sufficientemente capitalizzato, il settore bancario continua a dover affrontare problemi legati ai bassi livelli di redditività e agli ingenti stock di esposizioni deteriorate; inoltre, permangono forti legami con lo Stato. A fine marzo 2018 lo stock delle esposizioni deteriorate era ancora molto elevato, essendo pari a 92,4 miliardi di EUR, corrispondenti al 48,5 % del totale delle esposizioni in bilancio. Nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha adottato atti legislativi fondamentali per agevolare il risanamento dei bilanci delle banche, ma saranno necessari sforzi costanti per portare il tasso di esposizioni deteriorate a livelli sostenibili e consentire agli istituti finanziari di svolgere in maniera continuativa le loro funzioni di intermediazione e di gestione del rischio. È stata inoltre adottata una tabella di marcia per l'allentamento dei controlli sui capitali, che ha lo scopo di ripristinare la fiducia dei depositanti. Mentre alcuni controlli sui capitali sono stati allentati, è opportuno proseguire il lavoro intrapreso, sulla base di parametri di riferimento concordati.
(8)
Dopo essere stata esclusa dai mercati finanziari nel 2010, dal luglio 2017 la Grecia può nuovamente contrarre prestiti su tali mercati attraverso l'emissione di titoli di Stato. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da episodi di volatilità sui mercati finanziari, i rendimenti dei titoli di Stato greci rimangono a livelli elevati rispetto ad altri Stati membri della zona euro, mentre le condizioni di prestito della Grecia rimangono fragili a fronte dei rischi economici esterni. Sono quindi necessari ulteriori sforzi per garantire l'accesso stabile e continuo dello Stato al mercato.
(9)
Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che la Grecia continua ad essere esposta a rischi di instabilità finanziaria che, se si dovessero concretizzare, potrebbero avere ripercussioni negative sugli altri Stati membri della zona euro. Queste ricadute negative potrebbero manifestarsi indirettamente incidendo sulla fiducia degli investitori e, di conseguenza, sui costi di rifinanziamento delle banche e degli emittenti sovrani in altri Stati membri della zona euro.
(10)
Il 22 giugno 2018 l'Eurogruppo ha concordato a livello politico di attuare ulteriori misure volte a garantire la sostenibilità del debito. La Grecia ha un elevato stock di debito pubblico, che alla fine del 2017 era pari al 178,6 % del prodotto interno lordo. La Grecia ha già beneficiato di generosi aiuti finanziari dei partner europei a condizioni agevolate, mentre misure specifiche volte a ricondurre il debito su basi più sostenibili sono state adottate nel 2012 e nuovamente dal meccanismo europeo di stabilità nel 2017. L'analisi della sostenibilità del debito del giugno 2018 realizzata dalla Commissione di concerto con la Banca centrale europea e in collaborazione con il meccanismo europeo di stabilità ha rilevato che, in assenza di ulteriori misure, si configuravano notevoli rischi relativi alla sostenibilità del debito, poiché secondo le proiezioni il fabbisogno finanziario lordo della Grecia supererà nel lungo periodo il 20 % del prodotto interno lordo, valore che corrisponde alla soglia stabilita dall'Eurogruppo come punto di riferimento per la valutazione dei rischi relativi alla sostenibilità del debito. Le misure che l'Eurogruppo ha concordato il 22 giugno 2018 su tale base comprendono la proroga di altri 10 anni delle durate medie ponderate, il rinvio di altri 10 anni del pagamento degli interessi e dell'ammortamento e l'attuazione di altre misure relative al debito. Combinate con un esborso di 15 000 milioni di euro, grazie al quale la riserva di liquidità dovrebbe coprire il fabbisogno di finanziamento del debito sovrano per circa 22 mesi dopo la fine del programma, tali misure dovrebbero, secondo le previsioni basate sulle ipotesi dello scenario di base della Commissione, essere sufficienti per assicurare la sostenibilità del debito e garantire che il fabbisogno di finanziamento lordo rimanga al di sotto del 20 % del prodotto interno lordo fino al 2060. Secondo lo scenario negativo, le misure a medio termine concordate dall'Eurogruppo darebbero un contributo positivo alla sostenibilità del debito per un certo tempo, garantendo che le percentuali del fabbisogno finanziario lordo rimangano al di sotto delle soglie concordate fino al 2036. L'Eurogruppo ha convenuto di riesaminare alla fine del periodo di tolleranza dello Strumento europeo di stabilità finanziaria, ossia nel 2032, se saranno necessarie misure supplementari relative al debito per assicurare il rispetto degli obiettivi concordati in materia di fabbisogno finanziario lordo, a condizione che sia rispettato il quadro di bilancio dell'Unione europea, e se necessario adottare le opportune azioni.
(11)
Tuttavia, nel medio periodo, la Grecia deve continuare ad adottare misure volte ad affrontare le cause e le cause potenziali di difficoltà e ad attuare riforme strutturali a sostegno di una ripresa economica solida e sostenibile, tenuto conto degli effetti di diversi fattori ereditati dal passato. Tali fattori comprendono il grave e prolungato rallentamento dell'economia durante la crisi, l'entità dell'onere del debito della Grecia, le debolezze del suo settore finanziario, il permanere di legami relativamente forti tra il settore finanziario e le finanze pubbliche greche, anche sotto forma di proprietà statale, il rischio che gravi tensioni nell'uno o nell'altro settore si propaghino ad altri Stati membri, nonché l'esposizione degli Stati membri della zona euro al debito sovrano greco.
(12)
A tal fine, la Grecia ha assunto l'impegno, in sede di Eurogruppo, di proseguire e completare tutte le principali riforme adottate nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità e di garantire che vengano salvaguardati gli obiettivi delle importanti riforme adottate nell'ambito dei programmi di assistenza finanziaria.
(13)
La Grecia si è inoltre impegnata a realizzare azioni specifiche nei settori delle politiche di bilancio, ivi comprese quelle strutturali, della previdenza sociale, della stabilità finanziaria, dei mercati del lavoro e dei prodotti, della privatizzazione e della pubblica amministrazione. Tali azioni specifiche, che sono illustrate in un allegato della dichiarazione dell'Eurogruppo del 22 giugno 2018, contribuiranno a risolvere le potenziali cause di difficoltà economiche.
(14)
Al fine di affrontare i rischi residui e monitorare il rispetto degli impegni adottati per farvi fronte, risulta necessario e opportuno sottoporre la Grecia a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013.
(15)
La Grecia è stata ufficialmente consultata, anche tramite una lettera formale inviata il 4 luglio 2018, ed ha avuto la possibilità di esprimere il proprio parere in merito alla valutazione della Commissione. Nella sua risposta del 6 luglio 2018, la Grecia ha condiviso il giudizio della Commissione in merito alle sfide economiche che il paese si trova ad affrontare, che costituisce la base per l'attivazione della sorveglianza rafforzata.
(16)
La Grecia continuerà a beneficiare di assistenza tecnica nell'ambito del programma di sostegno alle riforme strutturali [di cui al regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio (7)] per l'elaborazione e l'attuazione delle riforme, così come per il proseguimento e il completamento delle principali riforme in linea con gli impegni politici soggetti a monitoraggio nell'ambito della sorveglianza rafforzata.
(17)
Nell'attuazione della sorveglianza rafforzata, la Commissione intende collaborare strettamente con il meccanismo europeo di stabilità, nel quadro del sistema di allarme rapido,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La Grecia è sottoposta a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013 per un periodo di sei mesi, a decorrere dal 21 agosto 2018.
Articolo 2
La Repubblica ellenica è destinataria della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, l'11 luglio 2018
Per la Commissione
Pierre MOSCOVICI
Membro della Commissione
(1) GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1.
(2) Al netto delle obbligazioni del FESF di valore pari a 10 900 milioni di euro trasferite al Fondo ellenico di stabilità finanziaria nel marzo 2012 che sono state restituite nel febbraio 2015.
(3) Al netto dei prestiti per la ricapitalizzazione delle banche pari a 2 000 milioni di EUR che sono stati restituiti nel febbraio 2017.
(4) Decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio, del 15 febbraio 2016, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 91 del 7.4.2016, pag. 27).
(5) Decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio, del 30 giugno 2017, recante modifica della decisione di esecuzione (UE) 2016/544 che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 174 del 7.7.2017, pag. 22).
(6) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).
(7) Regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce il programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e che modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 (GU L 129 del 19.5.2017, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sostegno finanziario alla Grecia
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E IN COSA CONSISTE L’ASSISTENZA FINANZIARIA ALLA GRECIA?
il regolamento (UE) n. 472/2013 è volto al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria. Dal maggio del 2010 all’agosto del 2018 la Grecia ha ricevuto sostegno finanziario da parte dei paesi della zona euro e dal Fondo monetario internazionale (FMI) per far fronte alle difficoltà finanziarie e alle sfide economiche. Dopo la conclusione, il 20 agosto 2018, del programma di sostegno alla stabilità, la Grecia è stata pienamente integrata nel quadro del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche e sociali. Allo stesso tempo, il quadro di sorveglianza rafforzata * è stato attivato per la Grecia, come previsto dal regolamento 472 del 2013.
PUNTI CHIAVE
Il primo programma di aggiustamento:è stato annunciato dall’Eurogruppo il 2 maggio 2010;ha stanziato 52,9 miliardi di euro in prestiti bilaterali alla Grecia da parte dei paesi membri della zona euro nell’ambito dello strumento di prestito in favore della Grecia;l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 20 miliardi di euro. Il secondo programma di aggiustamento:è stato approvato dall’Eurogruppo il 9 marzo 2012 ed è rimasto in vigore fino al giugno 2015;ha fornito prestiti per 141,8 miliardi di euro da parte dei paesi della zona euro attraverso il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF);l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 12 miliardi di euro. Il terzo programma di aggiustamento:è iniziato il 19 agosto 2015 e si è concluso il 20 agosto 2018 come previsto;concede prestiti fino a 86 miliardi di euro provenienti dal MES. Per poter avviare i negoziati con l’UE sui termini del terzo programma di aggiustamento, la Grecia ha dovuto impegnarsi a:riformare il regime IVA e pensionistico;attuare la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche dell’UE;salvaguardare l’indipendenza dell’autorità greca di statistica;adottare un codice di procedura civile. Inoltre, la Grecia ha accettato di:ripristinare la sostenibilità fiscale riformando i sistemi IVA e previdenziali e combattendo l’evasione fiscale;salvaguardare la stabilità finanziaria tramite la ricapitalizzazione delle banche (ossia ristrutturando il debito e il capitale di rischio) e il rafforzamento della loro governance;attuare riforme che promuovano la crescita economica, la creazione di occupazione, la competitività e gli investimenti;modernizzare lo Stato e la pubblica amministrazione, migliorando in particolare l’efficienza del sistema giudiziario e rafforzando la lotta alla corruzione. Alla conclusione positiva del terzo programma di aggiustamento, la Commissione europea ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 che ha attivato una sorveglianza economica e di bilancio rafforzata per la Grecia, con effetto a decorrere dal 21 agosto 2018. Un primo rapporto di sorveglianza rafforzata sulla Grecia è stato pubblicato a novembre 2018 e un secondo a febbraio 2019. La decisione di esecuzione (UE) 2019/338 ha prorogato il periodo di sorveglianza rafforzata per un ulteriore periodo di sei mesi a decorrere dal 21 febbraio 2019.Il 5 giugno 2019 è stato pubblicato il terzo rapporto di sorveglianza rafforzata per la Grecia.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicato dal 30 maggio 2013.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Assistenza finanziaria alla Grecia (Commissione europea) Quadro di sorveglianza rafforzata per la Grecia (Commissione europea) Programma MES per la Grecia (Meccanismo europeo di stabilità).
TERMINI CHIAVE
Sorveglianza rafforzata: un quadro post-programma adattato alla Grecia in vista della crisi di lunga data e delle sfide affrontate. Esso sosterrà la realizzazione, il completamento e la continuità dell’attuazione delle riforme concordate nell’ambito del programma, in linea con gli impegni assunti dalle autorità greche attraverso il monitoraggio rigoroso della situazione economica, fiscale e finanziaria e la sua evoluzione.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/338 della Commissione, del 20 febbraio 2019, sulla proroga della sorveglianza rafforzata della Grecia (GU L 60 del 28.2.2019, pag. 17).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 della Commissione, dell’11 luglio 2018, sull’attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia (GU L 211 del 22.8.2018, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1411 del Consiglio, del 19 agosto 2015, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico della Grecia (GU L 219 del 20.8.2015, pag. 12).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1181 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che fornisce alla Grecia sostegno finanziario dell’Unione a breve termine (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 15).
Decisione di esecuzione (EU) 2015/1182 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che approva il programma di aggiustamento della Grecia (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 19). |
Accordo tra l’Unione europea e il Giappone sulla sicurezza dell’aviazione civile
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo intende facilitare il commercio di prodotti aeronautici e correlati tra l’Unione europea (Unione) e il Giappone. Si tratta di un’azione stabilita nella strategia per l’aviazione in Europa della Commissione europea — si veda la sintesi. La decisione (UE) 2020/1026 del Consiglio autorizza la firma e l’applicazione provvisoria dell’Accordo da parte dell’Unione. La decisione (UE) 2021/112 del Consiglio approva l’accordo per conto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
L’accordo mira a:ridurre inutili duplicazioni delle valutazioni dei prodotti aeronautici civili*; ridurre i costi per le autorità e l’industria aeronautica; promuovere la cooperazione tra le autorità dell’aviazione civile dell’Unione, l’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (si veda la sintesi), e l’Ufficio per l’aviazione civile del Giappone.Ambito della cooperazione
L’accordo può comprendere la cooperazione in varie aree, tra cui:certificati di aeronavigabilità e monitoraggio dei prodotti aeronautici civili; certificati ambientali e prove sui prodotti aeronautici civili; certificati di progettazione e produzione e monitoraggio delle imprese di progettazione e di produzione; certificati delle imprese di manutenzione e monitoraggio delle imprese di manutenzione; l’addestramento del personale e il rilascio di relative licenze; valutazione della qualificazione dei simulatori di volo; esercizio degli aeromobili.Obblighi generali
L’Unione e il Giappone concordano di accettare i riscontri di conformità effettuati e i certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate dell’altra parte, come specificato nell’allegato su aeronavigabilità e certificazione ambientale dell’accordo.
Attuazione dell’accordo
È istituito un comitato misto composto da rappresentanti dell’Unione e del Giappone al fine di garantire l’efficace attuazione dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è stato applicato in via provvisoria dal 22 giugno 2020.
È entrato in vigore il 30 giugno 2021.
CONTESTO
Relazioni politiche più ampie tra l’Unione e il Giappone sono disciplinate da un accordo di partenariato economico — si veda la sintesi. Per maggiori informazioni, si veda:Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aereaPolitica estera in materia di aviazione (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Prodotto aeronautico civile: qualsiasi aeromobile civile, motore di aeromobile o propulsore a elica o qualunque sottogruppo, apparecchio, parte o componente che risulta installato o da installare sull’aeromobile.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 229 del 16.7.2020, pag. 4).
Decisione (UE) 2020/1026 del Consiglio, del 24 aprile 2020, relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all’applicazione provvisoria dell’accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 229 del 16.7.2020, pag. 1).
Decisione (UE) 2021/112 del Consiglio, del 25 gennaio 2021, relativa alla conclusione dell’accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 36 del 2.2.2021, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 230 del 30.6.2021, pag. 4).
Accordo tra l’Unione europea e il Giappone per un partenariato economico (GU L 330 del 27.12.2018, pag. 3).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Una strategia per l’aviazione in Europa [COM(2015) 598 final del 7.12.2015]. | ACCORDO
Sulla sicurezza dell'aviazione civile tra l'unione Europea e il Giappone
L'UNIONE EUROPEA e il GIAPPONE (in appresso denominate "le parti"),
RICONOSCENDO la persistente tendenza all'internazionalizzazione nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione di prodotti aeronautici civili;
DESIDERANDO promuovere la sicurezza dell'aviazione civile e la compatibilità ambientale e facilitare la libera circolazione dei prodotti aeronautici civili;
DESIDERANDO accrescere la cooperazione e migliorare l'efficienza in aspetti connessi alla sicurezza dell'aviazione civile;
CONSIDERANDO che la loro cooperazione può contribuire positivamente a promuovere una maggiore armonizzazione internazionale degli standard e delle procedure relative alla sicurezza dell'aviazione civile e alla compatibilità ambientale;
CONSIDERANDO la possibilità di ridurre l'onere economico imposto all'industria aeronautica eliminando la duplicazione di ispezioni, valutazioni e prove tecniche;
RICONOSCENDO che qualunque forma di accettazione reciproca dei riscontri di conformità e dei certificati deve essere basata sulla reciproca fiducia tra le parti sul fatto che i rispettivi sistemi regolamentari in materia di sicurezza dell'aviazione civile garantiscono un livello di sicurezza sufficientemente equivalente;
RICONOSCENDO che tale accettazione reciproca richiede inoltre il persistere della fiducia di ciascuna parte nell'affidabilità dei processi di riscontro della conformità attuati dall'altra parte in tutti gli ambiti oggetto del presente accordo;
RICONOSCENDO il desiderio delle parti di una cooperazione in materia di sicurezza dell'aviazione civile e compatibilità ambientale sulla base di una continua comunicazione e della reciproca fiducia;
RICONOSCENDO i rispettivi impegni delle parti nell'ambito di accordi bilaterali, regionali e multilaterali in materia di sicurezza dell'aviazione civile e di compatibilità ambientale,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Obiettivi
Il presente accordo persegue i seguenti obiettivi:
a)
consentire l'accettazione reciproca, come previsto negli allegati del presente accordo, dei riscontri di conformità effettuati e dei certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate di ciascuna parte;
b)
promuovere la cooperazione diretta a un elevato livello di sicurezza dell'aviazione civile e di compatibilità ambientale;
c)
facilitare l'internazionalizzazione del settore dell'aviazione civile; e
d)
facilitare e promuovere la libera circolazione di prodotti e servizi dell'aviazione civile.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente accordo, si intende per
a)
"organizzazione approvata": qualsiasi persona giuridica certificata dall'autorità competente di una delle parti affinché eserciti i privilegi connessi all'ambito di applicazione del presente accordo;
b)
"certificato": qualsiasi approvazione, licenza o altro documento rilasciato a titolo di riconoscimento della conformità di un prodotto aeronautico civile, un'organizzazione o una persona fisica o giuridica ai requisiti applicabili stabiliti dalle disposizioni legislative e regolamentari di una parte;
c)
"prodotto aeronautico civile": qualsiasi aeromobile civile, motore o elica di aeromobile o sottogruppo, impianto, parte o componente installato o da installare sull'aeromobile;
d)
"autorità competente": un'agenzia governativa o un ente governativo responsabile della sicurezza dell'aviazione civile, designato da una parte ai fini del presente accordo per svolgere le seguenti funzioni:
i)
valutare la conformità di prodotti aeronautici civili, organizzazioni, impianti, operazioni e servizi soggetti alla sua sorveglianza ai requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale parte;
ii)
monitorare il mantenimento della conformità a tali requisiti; e
iii)
adottare misure coercitive per garantire la loro conformità a tali requisiti;
e)
"riscontri di conformità": la constatazione della conformità ai requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative e regolamentari di una parte in seguito ad azioni quali prove, ispezioni, qualificazioni, approvazioni e monitoraggi;
f)
"monitoraggio": la regolare attività di sorveglianza effettuata da un'autorità competente di una parte, volta a determinare il permanere della conformità ai requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative e regolamentari di tale parte; e
g)
"agente tecnico": per l'Unione europea l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea (in appresso denominata "AESA"), o il suo successore, e per il Giappone l'Ufficio dell'aviazione civile del ministero del Territorio, delle infrastrutture, dei trasporti e del turismo (in appresso denominato "JCAB"), o il suo successore. Benché AESA e JCAB siano autorità competenti ai sensi della lettera d) del presente articolo, se del caso, nel presente accordo e nei relativi allegati sono indicati come "agente tecnico".
Articolo 3
Ambito di applicazione e attuazione
1. La portata della cooperazione a norma del presente accordo può comprendere i seguenti ambiti:
a)
certificati di aeronavigabilità e monitoraggio dei prodotti aeronautici civili;
b)
certificati ambientali e prove sui prodotti aeronautici civili;
c)
certificati di progettazione e produzione e monitoraggio delle imprese di progettazione e di produzione;
d)
certificati delle imprese di manutenzione e monitoraggio delle imprese di manutenzione;
e)
addestramento del personale e rilascio delle relative licenze;
f)
valutazione della qualificazione dei simulatori di volo;
g)
esercizio degli aeromobili; e
h)
altri ambiti relativi alla sicurezza aerea oggetto degli allegati della Convenzione sull'aviazione civile internazionale, firmata a Chicago il 7 dicembre 1944.
2. Ai fini dell'attuazione di ciascun ambito di cooperazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo, le parti elaborano un singolo allegato che descrive i termini, le condizioni e i metodi per l'accettazione reciproca di riscontri di conformità e certificati e, se del caso, accordi provvisori, quando convengono che le rispettive norme, regole, prassi, procedure e i rispettivi sistemi in materia di aviazione civile garantiscono un livello di sicurezza sufficientemente equivalente, tale da consentire l'accettazione dei riscontri di conformità effettuati e dei certificati rilasciati dalle rispettive autorità competenti o organizzazioni approvate. Le procedure di attuazione del singolo allegato sono definite dagli agenti tecnici. Le differenze tecniche tra le norme, le regole, le prassi, le procedure e i sistemi delle parti in materia di aviazione civile sono trattate negli allegati e nelle procedure di attuazione.
Articolo 4
Obblighi generali
1. Ciascuna parte accetta i riscontri di conformità effettuati e i certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate dell'altra parte, conformemente ai termini e alle condizioni di cui agli allegati del presente accordo.
2. Le parti possono inoltre accettare approvazioni, licenze o altri documenti rilasciati da un paese terzo a titolo di riconoscimento della conformità di un prodotto aeronautico civile, di un'organizzazione o di una persona fisica o giuridica ai requisiti applicabili stabiliti dalle disposizioni legislative e regolamentari di tale paese terzo. I termini e le condizioni di tale accettazione sono specificati negli opportuni allegati.
3. Nulla di quanto contenuto nel presente accordo implica l'accettazione reciproca delle norme o dei regolamenti tecnici delle parti.
4. Ciascuna parte provvede affinché le rispettive autorità competenti restino idonee e adempiano alle responsabilità loro incombenti in forza del presente accordo.
Articolo 5
Protezione dell'autorità di regolamentazione e misure di salvaguardia
1. In nessun caso il presente accordo è inteso a limitare l'autorità di una parte di:
a)
determinare, mediante le proprie misure legislative, regolamentari e amministrative, il livello di protezione che ritiene adeguato per la sicurezza e l'ambiente;
b)
adottare immediatamente tutte le opportune misure ogniqualvolta vi sia un ragionevole rischio che un prodotto aeronautico civile, un servizio o qualsiasi attività rientrante nell'ambito di applicazione del presente accordo possano:
i)
compromettere la sicurezza o l'ambiente;
ii)
non essere conformi alle misure legislative, regolamentari o amministrative applicabili di tale parte; o
iii)
non soddisfare altrimenti un requisito stabilito nell'allegato applicabile del presente accordo.
2. Quando una delle parti adotta misure ai sensi del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo, ne informa l'altra parte per iscritto entro 15 giorni lavorativi dall'adozione di tali misure, illustrandone le motivazioni.
3. Le misure adottate a norma del presente articolo non costituiscono una violazione del presente accordo.
Articolo 6
Comunicazione
1. Le parti designano e si comunicano reciprocamente i rispettivi punti di contatto per le comunicazioni relative all'attuazione del presente accordo. Tutte le comunicazioni sono in lingua inglese.
2. Al momento dell'entrata in vigore del presente accordo, le parti si comunicano reciprocamente l'elenco delle autorità competenti e, successivamente, un elenco aggiornato ogniqualvolta risulti necessario.
Articolo 7
Trasparenza, cooperazione nella regolamentazione e reciproca assistenza
1. Ciascuna parte garantisce che l'altra parte sia tenuta informata in merito alle sue disposizioni legislative e regolamentari attinenti al presente accordo e a modifiche sostanziali delle stesse.
2. Per quanto possibile, le parti si informano reciprocamente in merito alle rispettive proposte di revisioni rilevanti di leggi, regolamenti, norme e requisiti pertinenti, nonché ai rispettivi sistemi di rilascio dei certificati, nella misura in cui tali modifiche possano avere un'incidenza sul presente accordo. Nella misura del possibile, le parti si offrono a vicenda la possibilità di commentare le rispettive revisioni, tenendo in debito conto tali osservazioni.
3. A fini di indagine e risoluzione di questioni in materia di sicurezza, le autorità competenti di ciascuna parte possono autorizzare le autorità competenti dell'altra parte a partecipare in qualità di osservatori alle rispettive attività di sorveglianza, secondo quanto specificato nell'allegato pertinente.
4. Ai fini del monitoraggio e delle ispezioni, le autorità competenti di ciascuna parte prestano assistenza, ove necessario, alle autorità competenti dell'altra parte nell'intento di fornire l'accesso senza restrizioni agli organismi regolamentati soggetti alla loro sorveglianza.
5. Per garantire il persistere della fiducia di ciascuna parte nell'affidabilità dei processi di riscontro della conformità dell'altra parte, ciascun agente tecnico può partecipare alle relative attività di sorveglianza in qualità di osservatore, secondo le procedure di cui agli allegati del presente accordo.
Articolo 8
Scambio di informazioni in materia di sicurezza
Fatto salvo l'articolo 10 e ferma restando la legislazione applicabile, le parti provvedono:
a)
a fornirsi reciprocamente, su richiesta e tempestivamente, le informazioni a disposizione dei rispettivi agenti tecnici relative a incidenti, gravi inconvenienti o episodi connessi a prodotti aeronautici civili, servizi o attività disciplinati dagli allegati del presente accordo, e
b)
a scambiare altre informazioni in materia di sicurezza, secondo quanto deciso dagli agenti tecnici.
Articolo 9
Cooperazione nelle attività di esecuzione
Le parti, attraverso i rispettivi agenti tecnici o le autorità competenti, forniscono su richiesta e nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, nonché in funzione della disponibilità delle risorse necessarie, la reciproca cooperazione e assistenza in attività di indagine o di esecuzione riguardanti presunte o sospette violazioni di disposizioni legislative o regolamentari rientranti nell'ambito di applicazione del presente accordo. Ciascuna parte inoltre notifica immediatamente all'altra qualsiasi indagine che incida su interessi comuni.
Articolo 10
Riservatezza e tutela delle informazioni e dei dati
1. Ciascuna parte, conformemente alle proprie disposizioni legislative e regolamentari, mantiene la riservatezza dei dati e delle informazioni ricevuti dall'altra parte nell'ambito del presente accordo. Tali dati e informazioni possono essere utilizzati solo dalla parte che li riceve ai fini del presente accordo.
2. In particolare, ferme restando le rispettive disposizioni legislative e regolamentari, le parti non comunicano a terzi, incluso il pubblico, né consentono alle loro autorità competenti di comunicare a terzi, incluso il pubblico, dati e informazioni ricevuti dall'altra parte nell'ambito del presente accordo che costituiscono segreti commerciali, proprietà intellettuale, informazioni riservate di carattere commerciale o finanziario, dati proprietari o informazioni relative a un'indagine in corso. A tal fine, tali dati e informazioni si intendono riservati.
3. Una parte o una sua autorità competente può, nel fornire dati o informazioni all'altra parte o a un'autorità competente di tale altra parte, designare dati o informazioni che ritiene riservati e non soggetti a divulgazione. In tal caso, la parte o la sua autorità competente contrassegna chiaramente tali dati o informazioni come riservati.
4. Se una parte non è d'accordo con la designazione effettuata dall'altra parte o da un'autorità competente di tale parte a norma del paragrafo 3 del presente articolo, può chiedere consultazioni con l'altra parte secondo quanto disposto dall'articolo 16 per affrontare la questione.
5. Ciascuna parte adotta tutte le ragionevoli precauzioni necessarie per impedire la divulgazione non autorizzata di dati e informazioni ricevuti nell'ambito del presente accordo.
6. La parte che riceve dati e informazioni dall'altra parte nell'ambito del presente accordo non acquisisce diritti proprietari su tali dati e informazioni per il fatto di averli ricevuti dall'altra parte.
Articolo 11
Comitato misto delle parti
1. È istituito un comitato misto, composto da rappresentanti di ciascuna parte, in quanto organismo responsabile dell'effettiva attuazione del presente accordo. Il comitato prende decisioni e formula raccomandazioni per consenso. Esso si riunisce a intervalli regolari su richiesta di una delle parti, sotto la copresidenza delle parti.
2. Il comitato misto può esaminare qualsiasi questione relativa all'attuazione del presente accordo. In particolare esso è incaricato di:
a)
risolvere eventuali questioni tra le parti relative all'attuazione del presente accordo;
b)
esaminare le modalità per migliorare l'attuazione del presente accordo e formulare le opportune raccomandazioni alle parti per la modifica dello stesso ai sensi dell'articolo 20;
c)
adottare nuovi allegati o modificare o eliminare quelli esistenti, fatto salvo l'articolo 20, paragrafo 7; e
d)
prendere le opportune decisioni in merito a procedure operative in materia di cooperazione per tutti gli ambiti di cooperazione di cui all'articolo 3.
3. Il comitato misto provvede a formulare e adottare il proprio regolamento interno entro un anno dall'entrata in vigore del presente accordo.
Articolo 12
Recupero dei costi
Ciascuna parte si adopera affinché eventuali commissioni o spese imposte da una parte o dal suo agente tecnico a persone fisiche o giuridiche le cui attività sono disciplinate dal presente accordo siano eque, ragionevoli e proporzionate ai servizi prestati e non costituiscano un ostacolo agli scambi.
Articolo 13
Altri accordi e intese precedenti
1. Al momento della sua entrata in vigore, il presente accordo sostituisce eventuali accordi o intese bilaterali sulla sicurezza aerea tra gli Stati membri dell'Unione europea e il Giappone per quanto riguarda tutte le materie disciplinate dal presente accordo e attuate conformemente all'articolo 3.
2. Durante il periodo di applicazione provvisoria a norma dell'articolo 20, paragrafo 2, eventuali accordi o intese bilaterali sulla sicurezza aerea tra gli Stati membri dell'Unione europea e il Giappone si intendono sospesi rispetto alle materie disciplinate dal presente accordo e attuate conformemente all'articolo 3.
3. Gli agenti tecnici adottano le misure necessarie per rivedere o sopprimere, se del caso, le intese precedenti concluse tra di loro.
4. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2 del presente articolo, nulla di quanto contenuto nel presente accordo pregiudica i diritti e gli obblighi che derivano alle parti da qualsiasi altro accordo internazionale.
Articolo 14
Applicazione
Salvo quanto diversamente specificato negli allegati del presente accordo, quest'ultimo si applica, da un lato, al sistema regolamentare dell'aviazione civile dell'Unione europea e, dall'altro, al sistema regolamentare dell'aviazione civile del Giappone.
Articolo 15
Partecipazione di paesi terzi
Le parti condividono l'obiettivo di massimizzare i vantaggi del presente accordo grazie alla possibile partecipazione di paesi terzi alla cooperazione nell'ambito dello stesso. A tale proposito, il comitato misto istituito a norma dell'articolo 11 considera, se del caso, le condizioni e le procedure per tale partecipazione, che possono comportare la necessità di eventuali modifiche del presente accordo.
Articolo 16
Consultazioni e composizione di controversie
1. Le parti si adoperano per risolvere qualsiasi controversia che possa sorgere tra loro in merito all'interpretazione o all'applicazione del presente accordo mediante consultazioni reciproche, anche tramite le riunioni del comitato misto istituito a norma dell'articolo 11.
2. Gli agenti tecnici si adoperano per risolvere qualsiasi controversia che possa sorgere tra loro in merito all'interpretazione o all'applicazione delle procedure di attuazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, mediante consultazioni reciproche. Qualora un'eventuale controversia non sia risolta mediante consultazione tra gli agenti tecnici, ciascun agente tecnico può deferirla alle parti, che si consultano in materia anche tramite le riunioni del comitato misto.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, ciascuna parte può chiedere consultazioni con l'altra parte su qualsiasi questione relativa al presente accordo. Le parti avviano le consultazioni entro 45 giorni dalla richiesta, a una data concordata dalle stesse. Le consultazioni possono avvenire durante le riunioni del comitato misto.
Articolo 17
Sospensione degli obblighi di accettazione reciproca
1. Una parte ha il diritto di sospendere, in tutto o in parte, i propri obblighi di accettazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, qualora l'altra parte compia una violazione sostanziale degli obblighi a essa derivanti dal presente accordo.
2. Prima di esercitare il diritto di sospendere i propri obblighi di accettazione, una parte è tenuta a chiedere consultazioni a norma dell'articolo 16 nell'intento di ottenere misure correttive dall'altra parte. Durante le consultazioni, le parti considerano, se del caso, gli effetti della sospensione.
3. I diritti di cui al presente articolo sono esercitati soltanto se l'altra parte non adotta misure correttive entro un termine adeguato dopo le consultazioni. La parte che esercita il diritto notifica per iscritto all'altra parte la propria intenzione di sospendere gli obblighi di accettazione, specificando i motivi di sospensione.
4. Tale sospensione prende effetto trenta giorni dopo la data della notifica, sempre che, entro tale periodo, la parte, che ha avviato la sospensione, non notifichi per iscritto all'altra parte di volerla revocare.
5. Tale sospensione non incide sulla validità dei riscontri di conformità e dei certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate dell'altra parte anteriormente alla data in cui la sospensione ha preso effetto. Qualunque sospensione divenuta effettiva può essere immediatamente revocata mediante uno scambio di note diplomatiche in tal senso tra le parti.
Articolo 18
Intestazioni
Le intestazioni degli articoli del presente accordo sono inserite soltanto per comodità di riferimento e non incidono sull'interpretazione dell'accordo stesso.
Articolo 19
Allegati
Gli allegati del presente accordo costituiscono parte integrante dell'accordo stesso e qualsiasi riferimento all'"accordo" si riferisce anche agli allegati, salvo disposizione contraria.
Articolo 20
Entrata in vigore, applicazione provvisoria, denuncia e modifica
1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si sono scambiate note diplomatiche che confermano l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie per l'entrata in vigore del presente accordo.
2. In attesa dell'entrata in vigore, il presente accordo è applicato a titolo provvisorio a decorrere dalla sua firma, conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari delle parti.
3. Una parte può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento con un preavviso scritto di sei mesi notificato all'altra parte, a meno che detta notifica sia ritirata per reciproco consenso delle parti prima dello scadere del suddetto termine.
4. In seguito alla notifica di denuncia del presente accordo, le parti continuano a ottemperare gli obblighi loro derivanti a norma dello stesso accordo fino alla data di denuncia effettiva.
5. La denuncia del presente accordo non pregiudica la validità di eventuali certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate a norma del presente accordo.
6. Le parti possono modificare il presente accordo mediante accordo scritto. La modifica entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui le parti si sono scambiate note diplomatiche che confermano l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie per l'entrata in vigore della modifica.
7. In deroga al paragrafo 6, l'adozione di nuovi allegati, le modifiche o la soppressione di allegati esistenti entrano in vigore alla data di ricezione da parte dell'Unione europea della notifica scritta del governo del Giappone dell'avvenuto espletamento delle necessarie procedure interne.
Articolo 21
Testi autentici
1. Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede.
2. In caso di divergenza sull'interpretazione prevale il testo in lingua inglese.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente accordo.
ALLEGATO 1
AERONAVIGABILITÀ E CERTIFICAZIONE AMBIENTALE
Sezione A
Disposizioni generali
Articolo 1
Scopo e ambito di applicazione
1. Il presente allegato è elaborato ai fini dell'attuazione della cooperazione nei seguenti ambiti, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del presente accordo, e descrive i termini, le condizioni e i metodi per l'accettazione reciproca dei riscontri di conformità e dei certificati:
a)
certificati di aeronavigabilità e monitoraggio dei prodotti aeronautici civilidi cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del presente accordo;
b)
certificati ambientali e prove sui prodotti aeronautici civili di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del presente accordo; e
c)
certificati di progettazione e produzione e monitoraggio delle imprese di progettazione e produzione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del presente accordo.
2. In deroga al paragrafo 1, i prodotti aeronautici civili usati, diversi dagli aeromobili usati, sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente allegato.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente allegato, si intende per
a)
"certificato di ammissione in servizio": un certificato rilasciato da un'autorità competente o da un'organizzazione approvata della parte esportatrice a titolo di riconoscimento del fatto che un nuovo prodotto aeronautico civile, diverso da un aeromobile, è conforme a un progetto approvato dalla parte esportatrice ed è in condizioni di funzionare in sicurezza;
b)
"autorità di certificazione": l'agente tecnico della parte esportatrice che rilascia un certificato di progettazione per un prodotto aeronautico civile nella sua veste di autorità che esercita le responsabilità dello Stato di progettazione di cui all'allegato 8 della convenzione sull'aviazione civile internazionale;
c)
"certificato di progettazione": un certificato rilasciato dall'agente tecnico o da un'organizzazione approvata di una parte a titolo di riconoscimento del fatto che il progetto o la modifica di un progetto di un prodotto aeronautico civile è conforme ai requisiti di aeronavigabilità e, se del caso, ai requisiti di protezione ambientale, in particolare per quanto riguarda la rumorosità, le fuoriuscite intenzionali di combustibile dagli sfiati (fuel venting) o le emissioni di scarico, stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale parte;
d)
"requisiti operativi connessi alla progettazione": i requisiti operativi, compresi i requisiti di protezione ambientale che incidono sulle caratteristiche di progettazione, o i dati di progettazione di un prodotto aeronautico civile concernenti il suo funzionamento o la sua manutenzione che lo rendono idoneo per un particolare tipo di operazione;
e)
"esportazione": il processo mediante il quale un prodotto aeronautico civile passa dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile di una parte a quello dell'altra parte;
f)
"certificato di aeronavigabilità per l'esportazione": un certificato rilasciato dall'autorità competente della parte esportatrice o, per gli aeromobili usati, dall'autorità competente dello Stato di immatricolazione dal quale il prodotto è esportato, a titolo di riconoscimento del fatto che un aeromobile è conforme ai requisiti applicabili in materia di aeronavigabilità e protezione ambientale notificati dalla parte importatrice;
g)
"parte esportatrice": la parte dal cui sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile è esportato un prodotto aeronautico civile;
h)
"importazione": il processo mediante il quale un prodotto aeronautico civile esportato dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile di una parte è introdotto in quello dell'altra parte;
i)
"parte importatrice": la parte nel cui sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile è importato un prodotto aeronautico civile;
j)
"modifica di maggiore entità": tutte le modifiche apportate a un progetto di tipo che non sono "modifiche di minore entità";
k)
"modifica di minore entità": una modifica apportata a un progetto di tipo che non ha conseguenze di rilievo su massa, bilanciamento, resistenza strutturale, affidabilità, caratteristiche operative, rumorosità, fuoriuscite intenzionali di combustibile dagli sfiati, emissioni di scarico, o altre caratteristiche che incidono sull'aeronavigabilità del prodotto aeronautico civile;
l)
"dati di idoneità operativa": la serie di dati richiesta per sostenere e consentire gli aspetti operativi specifici di determinati tipi di aeromobili disciplinati dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile dell'Unione europea. Tale serie di dati deve essere progettata dal richiedente o dal titolare del certificato di omologazione dell'aeromobile e rientrare nel certificato di omologazione. A norma del sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile dell'Unione europea, una domanda iniziale di certificato di omologazione o certificato di omologazione ristretto comprende la domanda di approvazione dei dati di idoneità operativa applicabili al tipo di aeromobile o è successivamente integrata dalla stessa;
m)
"approvazione di produzione": un certificato rilasciato dall'autorità competente di una parte a un fabbricante di prodotti aeronautici civili, a titolo di riconoscimento del fatto che il fabbricante soddisfa i requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale parte per la produzione dei particolari prodotti aeronautici civili;
n)
"approvazione di produzione indipendente": un'approvazione di produzione rilasciata al fabbricante di un prodotto aeronautico civile che non è un'estensione dell'approvazione di produzione rilasciata a un soggetto affiliato al fabbricante;
o)
"procedure di attuazione tecnica": le procedure di attuazione per il presente allegato elaborate dagli agenti tecnici conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del presente accordo; e
p)
"autorità di convalida": l'agente tecnico della parte importatrice che accetta automaticamente o convalida, come specificato nel presente allegato, un certificato di progettazione rilasciato dall'autorità di certificazione o da un'organizzazione approvata.
Sezione B
Consiglio di supervisione della certificazione
Articolo 3
Istituzione e composizione
1. Il Consiglio di supervisione della certificazione, che risponde al comitato misto istituito a norma dell'articolo 11 del presente accordo, è istituito sotto la copresidenza degli agenti tecnici quale organismo di coordinamento tecnico incaricato dell'effettiva attuazione del presente allegato. Esso è composto da rappresentanti dell'agente tecnico di ciascuna parte e può invitare altri partecipanti allo scopo di agevolare l'adempimento del suo mandato.
2. Il Consiglio di supervisione della certificazione si riunisce a intervalli regolari su richiesta di un agente tecnico e prende decisioni e formula raccomandazioni per consenso. Esso stabilisce e adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 4
Mandato
Il mandato del Consiglio di supervisione della certificazione comprende in particolare le seguenti funzioni:
a)
elaborare, adottare e rivedere le procedure di attuazione tecnica di cui all'articolo 6 del presente allegato;
b)
condividere informazioni sulle principali questioni in materia di sicurezza e, ove opportuno, elaborare piani d'azione intesi ad affrontarle;
c)
risolvere le questioni tecniche rientranti nelle responsabilità delle autorità competenti e che incidono sull'attuazione del presente allegato;
d)
ove opportuno, elaborare metodi efficaci di cooperazione, assistenza tecnica e scambio di informazioni in materia di requisiti di sicurezza e protezione ambientale, sistemi di certificazione e sistemi di gestione della qualità e di normazione;
e)
presentare proposte di modifica del presente allegato al comitato misto;
f)
conformemente all'articolo 29 del presente allegato, definire procedure atte a garantire il persistere della fiducia di ciascuna parte nell'affidabilità dei processi di riscontro della conformità dell'altra parte;
g)
analizzare l'attuazione delle procedure di cui alla lettera f) e intervenire in proposito; e
h)
deferire le questioni irrisolte al comitato misto e garantire l'esecuzione delle decisioni adottate dal comitato misto in merito al presente allegato.
Sezione C
Attuazione
Articolo 5
Autorità competenti per la certificazione della progettazione, la certificazione della produzione e i certificati per l'esportazione
1. Le autorità competenti per la certificazione della progettazione sono:
a)
per l'Unione europea: l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea e
b)
per il Giappone: l'Ufficio per l'aviazione civile del ministero del Territorio, delle infrastrutture, dei trasporti e del turismo del Giappone.
2. Le autorità competenti per la certificazione della produzione e i certificati per l'esportazione sono:
a)
per l'Unione europea: l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea e le autorità competenti degli Stati membri dell'Unione europea. Per quanto concerne il certificato per l'esportazione di un aeromobile usato, si tratta dell'autorità competente dello Stato di immatricolazione dell'aeromobile dal quale quest'ultimo è esportato; e
b)
per il Giappone: l'Ufficio per l'aviazione civile del ministero del Territorio, delle infrastrutture, dei trasporti e del turismo del Giappone.
Articolo 6
Procedure di attuazione tecnica
1. Le procedure di attuazione tecnica sono elaborate dagli agenti tecnici tramite il Consiglio di supervisione della certificazione nell'intento di fornire procedure specifiche per agevolare l'esecuzione del presente allegato, definendo le procedure per le attività di comunicazione tra le autorità competenti delle parti.
2. Le procedure di attuazione tecnica riguardano anche le differenze tra le norme, le regole, le prassi, le procedure e i sistemi in materia di aviazione civile delle parti per quanto concerne l'attuazione del presente allegato, come disposto dall'articolo 3, paragrafo 2, del presente accordo.
Articolo 7
Scambio e tutela di dati e informazioni riservati e proprietari
1. I dati e le informazioni scambiati nell'attuazione del presente allegato sono soggetti all'articolo 10 del presente accordo.
2. I dati e le informazioni scambiati durante il processo di convalida devono essere limitati, in termini di natura e contenuti, a quanto necessario per la dimostrazione di conformità ai requisiti tecnici applicabili, secondo quanto precisato nelle procedure di attuazione tecnica.
3. Qualsiasi controversia in relazione a uno scambio di dati e informazioni tra le autorità competenti delle parti è gestita come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica. Ciascuna parte si riserva il diritto di sottoporre la controversia al Consiglio di supervisione della certificazione per la sua risoluzione.
Sezione D
Certificazione della progettazione
Articolo 8
Principi generali
1. La presente sezione riguarda tutti i certificati di progettazione e le relative modifiche rientranti nell'ambito di applicazione del presente allegato, in particolare:
a)
certificati di omologazione.
b)
omologazioni e approvazioni di specifiche;
c)
certificati di omologazione supplementari;
d)
approvazioni di progetti di riparazione;
e)
approvazioni di prescrizioni relative a norme tecniche (technical standard order, TSO); e
f)
certificati di omologazione ristretti. I certificati di omologazione ristretti sono rilasciati dagli agenti tecnici e saranno trattati caso per caso dagli agenti tecnici secondo quanto specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
2. L'autorità di convalida, in considerazione del livello di coinvolgimento di cui all'articolo 12 del presente allegato, convalida o accetta automaticamente un certificato di progettazione o una modifica che sono stati o stanno per essere rilasciati o approvati dall'autorità di certificazione, secondo i termini e le condizioni stabiliti nel presente allegato e specificati nelle procedure di attuazione tecnica, ivi comprese le modalità di accettazione automatica e convalida dei certificati.
3. Ai fini dell'attuazione del presente allegato, ciascuna parte garantisce che nel proprio sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile, la dimostrazione della capacità di un'impresa di progettazione di assumersi le proprie responsabilità sia sufficientemente controllata mediante un sistema di certificazione delle imprese di progettazione.
Articolo 9
Processo di convalida
1. La domanda di convalida di un certificato di progettazione di un prodotto aeronautico civile deve essere presentata all'autorità di convalida tramite l'autorità di certificazione, come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
2. L'autorità di certificazione garantisce che l'autorità di convalida riceva tutti i dati e le informazioni pertinenti che sono necessari per la convalida del certificato di progettazione, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
3. Al ricevimento della domanda di convalida del certificato di progettazione, l'autorità di convalida stabilisce la base di certificazione per la convalida a norma dell'articolo 11 del presente allegato, come pure il proprio livello di coinvolgimento nel processo di convalida a norma dell'articolo 12 del presente allegato.
4. Come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica, l'autorità di convalida si basa per quanto possibile su valutazioni tecniche, prove, ispezioni e riscontri di conformità effettuati dall'autorità di certificazione.
5. Dopo aver esaminato i dati e le informazioni pertinenti forniti dall'autorità di certificazione, l'autorità di convalida rilascia il proprio certificato di progettazione per il prodotto aeronautico civile convalidato (in appresso il "certificato di progettazione convalidato"), nei casi in cui:
a)
è confermato che l'autorità di certificazione ha rilasciato il proprio certificato di progettazione per il prodotto aeronautico civile;
b)
l'autorità di certificazione ha dichiarato che il prodotto aeronautico civile è conforme alla base di certificazione di cui all'articolo 11 del presente allegato;
c)
tutte le questioni sorte durante il processo di convalida condotto dall'autorità di convalida sono state risolte; e
d)
ulteriori requisiti amministrativi, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, sono stati soddisfatti dal richiedente.
6. Ciascuna parte garantisce che, al fine di ottenere e conservare un certificato di progettazione convalidato, il richiedente sia in possesso e tenga a disposizione dell'autorità di certificazione tutte le pertinenti informazioni progettuali, i disegni e i resoconti delle prove, compresi i fascicoli di ispezione del prodotto aeronautico civile certificato, al fine di fornire le informazioni necessarie per garantire il mantenimento dell'aeronavigabilità e la conformità del prodotto aeronautico civile ai requisiti di protezione ambientale applicabili.
Articolo 10
Modalità di convalida dei certificati di progettazione
1. I certificati di omologazione rilasciati dall'Unione europea in quanto autorità di certificazione sono convalidati dal Giappone in quanto autorità di convalida. Alcuni dati, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, sono accettati automaticamente. Tali dati comprendono i seguenti documenti, a seconda dei casi:
a)
manuale di installazione del motore (per il certificato di omologazione del motore);
b)
manuale delle riparazioni strutturali;
c)
istruzioni per il mantenimento dell'aeronavigabilità dei sistemi di interconnessione dell'impianto elettrico; e
d)
manuale sul bilanciamento del peso.
2. I certificati di omologazione supplementari significativi e le approvazioni di modifiche di maggiore entità significative rilasciati dall'Unione europea in quanto autorità di certificazione sono convalidati dal Giappone in quanto autorità di convalida. In linea di principio si applica un processo di convalida semplificato, limitato alla familiarizzazione tecnica senza l'intervento dell'autorità di convalida nella presentazione delle attività di conformità da parte del richiedente, salvo diversa decisione degli agenti tecnici a seconda dei casi.
3. I certificati di omologazione e le omologazioni per un motore o un'elica di aeromobile rilasciati dal Giappone in quanto autorità di certificazione sono convalidati dall'Unione europea in quanto autorità di convalida.
4. Le omologazioni per prodotti aeronautici civili diversi da motori o eliche di aeromobili, i certificati di omologazione supplementari, e le approvazioni di modifiche e riparazioni di maggiore entità e di specifiche rilasciati dal Giappone in quanto autorità di certificazione sono convalidati dall'Unione europea in quanto autorità di convalida. Un processo di convalida semplificato, limitato alla familiarizzazione tecnica senza l'intervento dell'autorità di convalida nella presentazione delle attività di conformità da parte del richiedente, può essere applicato su decisione degli agenti tecnici, a seconda dei casi.
Articolo 11
Base di certificazione per la convalida
1. Ai fini della convalida di un certificato di progettazione di un prodotto aeronautico civile, l'autorità di convalida fa riferimento ai seguenti requisiti stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative della propria parte nel determinare la base di certificazione:
a)
i requisiti di aeronavigabilità relativi a un analogo prodotto aeronautico civile in vigore alla data effettiva della domanda, stabiliti dall'autorità di certificazione e integrati, se del caso, da ulteriori condizioni tecniche come specificato nelle procedure di attuazione tecnica; e
b)
i requisiti di protezione ambientale relativi ai prodotti aeronautici civili, in vigore alla data della domanda di convalida presentata all'autorità di convalida.
2. L'autorità di convalida specifica, se del caso, eventuali:
a)
esenzioni dai requisiti applicabili;
b)
divergenze dai requisiti applicabili; o
c)
fattori di compensazione che offrono un livello di sicurezza equivalente quando non sono rispettati i requisiti applicabili.
3. In aggiunta ai requisiti indicati ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, l'autorità di convalida specifica eventuali condizioni speciali da applicare qualora i relativi codici di aeronavigabilità e le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative non contengano requisiti di sicurezza adeguati o opportuni per il prodotto aeronautico civile, poiché:
a)
il prodotto aeronautico civile presenta caratteristiche progettuali nuove o inusuali rispetto alle prassi di progettazione su cui si basano i codici di aeronavigabilità e le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili;
b)
l'uso previsto del prodotto aeronautico civile non è convenzionale; o
c)
l'esperienza acquisita con altri prodotti aeronautici civili analoghi in servizio o prodotti aeronautici civili con caratteristiche di progettazione simili ha dimostrato che possono crearsi condizioni di non sicurezza.
4. Quando specifica esenzioni, divergenze, fattori di compensazione o condizioni speciali, l'autorità di convalida tiene in debita considerazione quanto applicato dall'autorità di certificazione e non deve risultare più esigente per i prodotti aeronautici civili da convalidare rispetto a quanto sarebbe per prodotti simili propri. L'autorità di convalida comunica all'autorità di certificazione eventuali esenzioni, divergenze, fattori compensativi o condizioni speciali.
Articolo 12
Livello di coinvolgimento dell'autorità di convalida
1. Il livello di coinvolgimento dell'autorità di convalida di una parte durante il processo di convalida di cui all'articolo 9 del presente allegato e come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica è determinato principalmente in base:
a)
all'esperienza e ai documenti dell'autorità competente dell'altra parte in quanto autorità di certificazione;
b)
all'esperienza già acquisita da tale autorità di convalida durante gli esercizi di convalida precedenti con l'autorità competente dell'altra parte;
c)
alla natura del progetto da convalidare;
d)
alle prestazioni e all'esperienza del richiedente con l'autorità di convalida; e
e)
all'esito delle valutazioni dei requisiti di qualificazione di cui agli articoli 28 e 29 del presente allegato.
2. L'autorità di convalida esercita procedure e controlli speciali, in particolare per quanto concerne i processi e i metodi dell'autorità di certificazione, in occasione della prima convalida di una data categoria di prodotto, come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
3. L'effettiva attuazione dei principi di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo sarà regolarmente valutata, monitorata e riesaminata dal Consiglio di supervisione della certificazione, applicando i parametri specificati nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 13
Processo di accettazione automatica
1. Per i certificati di progettazione soggetti all'accettazione automatica, l'autorità di convalida accetta il certificato rilasciato dall'autorità di certificazione senza alcuna attività di convalida. In questo caso, l'autorità di convalida riconosce il certificato di progettazione come equivalente a un certificato rilasciato secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative della propria parte e non rilascia il proprio certificato corrispondente.
2. I certificati di omologazione supplementari non significativi, le modifiche o le riparazioni di maggiore entità non significative e le approvazioni di prescrizioni relative a norme tecniche rilasciati dall'agente tecnico dell'Unione europea in quanto autorità di certificazione sono automaticamente accettati dall'agente tecnico del Giappone in quanto autorità di convalida.
3. Le modifiche e le riparazioni di minore entità approvate dall'agente tecnico dell'Unione europea in quanto autorità di certificazione o da un'organizzazione approvata a norma del diritto dell'Unione europea sono automaticamente accettate dall'agente tecnico del Giappone in quanto autorità di convalida.
4. Le modifiche e le riparazioni di minore entità approvate dall'agente tecnico del Giappone in quanto autorità di certificazione o da un'organizzazione approvata a norma di disposizioni legislative e regolamentari del Giappone sono automaticamente accettate dall'agente tecnico dell'Unione europea in quanto autorità di convalida.
Articolo 14
Disposizioni di attuazione per gli articoli 10 e 13
1. Le classificazioni come modifiche di minore o maggiore entità sono stabilite dall'autorità di certificazione conformemente alle definizioni contenute nel presente allegato e interpretate secondo le norme e le procedure applicabili dell'autorità di certificazione.
2. Per classificare come significativo o non significativo un certificato di omologazione supplementare o una modifica di maggiore entità, l'autorità di certificazione considera la modifica nel contesto di tutte le precedenti modifiche progettuali pertinenti e di tutte le relative revisioni delle specifiche di certificazione applicabili integrate nel certificato di omologazione del prodotto aeronautico civile. Sono automaticamente considerate significative le modifiche che soddisfano uno dei seguenti criteri:
a)
la configurazione generale o i principi di costruzione non sono conservati; o
b)
i presupposti su cui si basa l'omologazione del prodotto aeronautico civile da modificare non restano validi.
Articolo 15
Trasferimento di un certificato di progettazione
Nel caso in cui il titolare di un certificato di progettazione trasferisca il proprio certificato a un altro soggetto, l'autorità di certificazione responsabile del certificato di progettazione informa tempestivamente l'autorità di convalida in merito al trasferimento e applica la procedura relativa al trasferimento dei certificati di progettazione specificata nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 16
Requisiti operativi connessi alla progettazione
1. Gli agenti tecnici garantiscono che, ove necessario, i dati e le informazioni relativi a requisiti operativi connessi alla progettazione siano scambiati durante il processo di convalida.
2. Fatta salva la decisione tra gli agenti tecnici per alcuni requisiti operativi connessi alla progettazione, l'autorità di convalida può accettare la dichiarazione di conformità dell'autorità di certificazione mediante il processo di convalida.
Articolo 17
Documenti operativi e dati relativi al tipo
1. Alcune serie di documenti e dati operativi specifici del tipo, inclusi i dati di idoneità operativa nel sistema dell'Unione europea e i dati equivalenti nel sistema giapponese, forniti dal titolare del certificato di omologazione, sono approvate o accettate dall'autorità di certificazione e, ove necessario, scambiate nel corso del processo di convalida.
2. I documenti e i dati operativi di cui al paragrafo 1 del presente articolo possono essere accettati o convalidati automaticamente dall'autorità di convalida secondo quanto descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 18
Convalida concomitante
Se così deciso dal richiedente e dagli agenti tecnici, può essere utilizzato un processo di convalida concomitante, ove opportuno e come specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 19
Mantenimento dell'aeronavigabilità
1. Gli agenti tecnici adottano misure per porre rimedio alle condizioni di non sicurezza di prodotti aeronautici civili soggetti alla loro certificazione.
2. Su richiesta, un'autorità competente di una parte, con riguardo ai prodotti aeronautici civili progettati o costruiti secondo il proprio sistema regolamentare, assiste l'autorità competente dell'altra parte nella determinazione di eventuali azioni ritenute necessarie per il mantenimento dell'aeronavigabilità di tali prodotti.
3. Quando le difficoltà che si verificano durante il funzionamento o altri potenziali problemi di sicurezza che interessano un prodotto aeronautico civile rientrante nell'ambito di applicazione del presente allegato comportano un'indagine condotta dall'agente tecnico di una parte che è l'autorità di certificazione del prodotto, l'agente tecnico dell'altra parte, su richiesta, fornisce sostegno a tale indagine anche fornendo informazioni pertinenti riferite da organismi competenti in merito a avarie, malfunzionamenti, difetti o altri episodi che interessano tale prodotto aeronautico civile.
4. Si considera che gli obblighi di segnalazione dei titolari di certificati di progettazione all'autorità di certificazione e il meccanismo per lo scambio di informazioni istituito dal presente allegato soddisfino l'obbligo incombente a ciascun titolare di un certificato di progettazione di segnalare all'autorità di convalida avarie, malfunzionamenti, difetti o altri episodi che interessano il prodotto aeronautico civile.
5. Le misure intese a porre rimedio alle condizioni di non sicurezza e gli scambi di informazioni in materia di sicurezza di cui ai paragrafi da 1 a 4 del presente articolo sono specificati nelle procedure di attuazione tecnica.
6. L'agente tecnico di una parte tiene informato l'agente tecnico dell'altra parte in merito a tutte le informazioni obbligatorie sul mantenimento dell'aeronavigabilità in relazione ai prodotti aeronautici civili progettati o costruiti secondo il proprio sistema di sorveglianza e che rientrano nell'ambito di applicazione del presente allegato.
7. Qualsiasi modifica dello stato di aeronavigabilità attestato da un certificato rilasciato dall'agente tecnico di una parte è comunicata tempestivamente all'agente tecnico dell'altra parte.
Sezione E
Certificazione della produzione
Articolo 20
Riconoscimento del sistema di certificazione della produzione e di sorveglianza della produzione
1. La parte importatrice riconosce il sistema di certificazione della produzione e di sorveglianza della produzione della parte esportatrice, poiché il sistema è considerato sufficientemente equivalente al sistema della parte importatrice nell'ambito di applicazione del presente allegato, fatto salvo l'articolo 26, paragrafo 2, del presente allegato.
2. Il paragrafo 1 del presente articolo si applica inoltre:
a)
alla produzione di un prodotto aeronautico civile per il quale le responsabilità dello Stato di progettazione sono esercitate da un paese diverso dalla parte esportatrice del prodotto, purché l'autorità competente della parte esportatrice abbia stabilito e attuato le necessarie procedure presso l'autorità pertinente dello Stato di progettazione per controllare l'interfaccia tra il titolare del certificato di progettazione e il titolare dell'approvazione di produzione in relazione a tale prodotto aeronautico civile;
b)
alla produzione di un prodotto aeronautico civile diverso da un aeromobile civile, da un motore o da un'elica di aeromobile, realizzato dal titolare di un'approvazione di produzione indipendente della parte esportatrice, situato al di fuori dei territori delle parti; e
c)
alla produzione di un motore o di un'elica di aeromobile realizzati dal titolare di un'approvazione di produzione indipendente della parte esportatrice situato al di fuori dei territori delle parti, previo esame degli agenti tecnici, caso per caso.
Articolo 21
Estensione dell'approvazione di produzione e approvazione di produzione indipendente
1. Un'approvazione di produzione rilasciata dall'autorità competente della parte esportatrice a un fabbricante stabilito principalmente nel territorio della parte esportatrice e riconosciuto ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 1, del presente allegato, può essere estesa anche ai siti e agli impianti di produzione del fabbricante situati nel territorio della parte importatrice o nel territorio di un paese terzo, a prescindere dallo status giuridico di tali siti e impianti di produzione e dal tipo di prodotto aeronautico civile fabbricato negli stessi. In questo caso, l'autorità competente della parte esportatrice resta responsabile della sorveglianza di tali siti e impianti di produzione e l'autorità competente della parte importatrice non rilascia la propria approvazione di produzione a tali siti e impianti di produzione per il medesimo prodotto aeronautico civile.
2. Le approvazioni di produzione indipendenti rilasciate dall'autorità competente di una parte a un fabbricante stabilito nel territorio dell'altra parte che sono ancora in vigore al momento della firma del presente accordo sono riesaminate caso per caso dagli agenti tecnici. Previa consultazione dei titolari delle approvazioni di produzione indipendenti, alcune di queste approvazioni possono essere revocate entro un periodo di tempo ragionevole.
Articolo 22
Interfaccia tra il titolare dell'approvazione di produzione e il titolare del certificato di progettazione
1. Nei casi in cui il titolare dell'approvazione di produzione per un prodotto aeronautico civile sia soggetto alla regolamentazione dell'autorità competente di una parte e il titolare del certificato di progettazione per lo stesso prodotto sia soggetto alla regolamentazione dell'autorità competente dell'altra parte, le autorità competenti delle parti stabiliscono le procedure per definire le responsabilità di ciascuna parte in merito al controllo dell'interfaccia tra il titolare dell'approvazione di produzione e il titolare del certificato di progettazione.
2. Ai fini dell'esportazione di prodotti aeronautici civili nel quadro del presente allegato, quando il titolare del certificato di progettazione e il titolare dell'approvazione di produzione non costituiscono il medesimo soggetto, le autorità competenti delle parti garantiscono che il titolare del certificato di progettazione prenda opportuni accordi con il titolare dell'approvazione di produzione per assicurare un coordinamento soddisfacente tra progettazione e produzione e l'adeguato sostegno del mantenimento dell'aeronavigabilità del prodotto aeronautico civile.
Articolo 23
Misure per evitare la duplicazione delle approvazioni di produzione
Salvo diversa decisione degli agenti tecnici, l'autorità competente della parte importatrice non rilascia un'approvazione di produzione al titolare di un'approvazione di produzione della parte esportatrice, laddove tale approvazione di produzione riguarderebbe prodotti aeronautici civili già inclusi nell'approvazione di produzione rilasciata dall'autorità competente della parte esportatrice.
Sezione F
Certificati di esportazione
Articolo 24
Ambito di applicazione
Il presente allegato riguarda i seguenti certificati di esportazione rientranti nell'ambito di applicazione del presente allegato, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica:
a)
certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di aeromobili nuovi e usati; e
b)
certificato di ammissione in servizio per nuovi prodotti aeronautici civili diversi da aeromobili.
Articolo 25
Rilascio di un certificato di esportazione
1. In caso di rilascio di un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di un nuovo aeromobile o di un certificato di ammissione in servizio per un nuovo prodotto aeronautico civile diverso da un aeromobile, l'autorità competente della parte esportatrice garantisce che tale prodotto aeronautico civile:
a)
sia conforme al progetto automaticamente accettato o convalidato, o certificato dalla parte importatrice a norma del presente allegato e come specificato nelle procedure tecniche di attuazione;
b)
sia in condizioni di funzionare in sicurezza;
c)
soddisfi tutti i requisiti supplementari notificati dalla parte importatrice; e
d)
per quanto riguarda aeromobili civili, motori ed eliche di aeromobili, sia conforme alle informazioni obbligatorie applicabili sul mantenimento dell'aeronavigabilità, incluse le direttive di aeronavigabilità della parte importatrice, come notificato da tale parte.
2. In caso di rilascio di un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di un aeromobile usato immatricolato presso la parte esportatrice, in aggiunta ai requisiti di cui al paragrafo 1, lettere da a) a d), del presente articolo, l'autorità competente della parte esportatrice garantisce che tale aeromobile sia stato sottoposto a corretta manutenzione nel corso dell'intera durata di servizio, secondo procedure e metodi approvati della parte esportatrice, come comprovato dai giornali di bordo e dai registri di manutenzione.
Articolo 26
Accettazione di un certificato di esportazione per un nuovo prodotto aeronautico civile
1. Fatte salve le disposizioni della sezione E del presente allegato e il paragrafo 2 del presente articolo, l'autorità competente della parte importatrice accetta un certificato di esportazione rilasciato dall'autorità competente o dal titolare di un'approvazione di produzione in quanto organizzazione approvata della parte esportatrice per un nuovo prodotto aeronautico civile, conformemente ai termini e alle condizioni indicati nel presente allegato e specificati nelle procedure di attuazione tecnica.
2. Nel caso di categorie di prodotti aeronautici civili che non sono state precedentemente accettate nel quadro del sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile della parte importatrice, l'autorità competente della parte importatrice può decidere, prima di accettare i certificati di esportazione per i prodotti aeronautici civili di cui al presente articolo, di effettuare una valutazione del titolare dell'approvazione di produzione come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, nell'intento di confermare che i requisiti previsti dall'articolo 25, paragrafo 1, del presente allegato siano effettivamente soddisfatti. La parte importatrice informa la parte esportatrice della sua intenzione di effettuare una simile valutazione. L'elenco dei titolari di approvazioni di produzione che hanno completato con esito positivo tale valutazione sarà pubblicato nella pubblicazione ufficiale dell'agente tecnico della parte importatrice.
Articolo 27
Accettazione di un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione relativo a un aeromobile usato
1. L'autorità competente della parte importatrice accetta un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione rilasciato dall'autorità competente della parte esportatrice per un aeromobile usato conformemente ai termini e alle condizioni indicati nel presente allegato e alle procedure di attuazione tecnica soltanto se esiste il titolare del certificato di omologazione o del certificato di omologazione ristretto per l'aeromobile usato che possa garantire il mantenimento dello stato di aeronavigabilità di quel tipo di aeromobile.
2. Affinché un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di un aeromobile usato fabbricato secondo il sistema di sorveglianza della produzione della parte esportatrice sia accettato a norma del paragrafo 1 del presente articolo, l'autorità competente della parte esportatrice assiste, su richiesta, l'autorità competente della parte importatrice nell'ottenimento di dati e informazioni riguardanti:
a)
la configurazione dell'aeromobile al momento della spedizione da parte del fabbricante; e
b)
le successive modifiche e riparazioni dell'aeromobile che sono state approvate.
3. La parte importatrice può richiedere i documenti di ispezione e manutenzione come specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
4. Se, nel corso della valutazione dello stato di aeronavigabilità di un aeromobile usato considerato per l'esportazione, l'autorità competente della parte esportatrice non è in grado di soddisfare tutti i requisiti specificati nell'articolo 25, paragrafo 2, del presente allegato e nei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, essa:
a)
informa l'autorità competente della parte importatrice;
b)
coordina con l'autorità competente della parte importatrice, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, l'accettazione o il rifiuto delle deroghe ai requisiti applicabili; e
c)
documenta le deroghe accettate all'atto dell'esportazione.
Sezione G
Qualificazione Delle Autorità Competenti
Articolo 28
Requisiti di qualificazione per l'accettazione di riscontri di conformità e certificati
Ciascuna parte dispone di un sistema di certificazione e sorveglianza strutturato ed efficace per l'attuazione del presente allegato, che comprende:
a)
un quadro giuridico e normativo, che garantisce in particolare poteri normativi sui soggetti disciplinati dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile della parte;
b)
una struttura organizzativa che preveda una chiara descrizione delle responsabilità;
c)
risorse sufficienti, inclusa la disponibilità di personale qualificato con sufficienti conoscenze, esperienza e formazione;
d)
processi adeguati documentati in politiche e procedure;
e)
documentazione e registri; e
f)
un programma di ispezioni consolidato che garantisca un livello uniforme di attuazione del quadro giuridico e normativo tra le varie componenti del sistema di sorveglianza.
Articolo 29
Qualificazione continuativa delle autorità competenti
1. Al fine di mantenere la fiducia reciproca nei rispettivi sistemi regolamentari concernenti l'attuazione del presente allegato, affinché garantiscano un livello di sicurezza sufficientemente equivalente, l'agente tecnico di ciascuna parte valuta regolarmente la conformità delle autorità competenti dell'altra parte ai requisiti di qualificazione di cui all'articolo 28 del presente allegato. Le modalità di tali valutazioni reciproche continue sono descritte in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
2. L'autorità competente di una parte coopera con l'autorità competente dell'altra parte ogniqualvolta siano richieste tali valutazioni, garantendo che gli organismi regolamentate soggetti alla sua sorveglianza consentano l'accesso agli agenti tecnici.
3. Se l'agente tecnico di una parte ritiene che la competenza tecnica di un'autorità competente dell'altra parte non sia più adeguata, o che l'accettazione dei riscontri di conformità effettuati o dei certificati rilasciati da tale autorità competente debba essere sospeso poiché i sistemi dell'altra parte concernenti l'attuazione del presente allegato non garantiscono più un livello di sicurezza equivalente in misura sufficiente per consentire tale accettazione, gli agenti tecnici si consultano per individuare azioni correttive.
4. Se la fiducia reciproca non viene ristabilita con modalità reciprocamente accettabili, l'agente tecnico di ciascuna parte può deferire la questione di cui al paragrafo 3 del presente articolo al Consiglio di supervisione della certificazione.
5. Se la questione non viene risolta dal Consiglio di supervisione della certificazione, ciascuna parte può deferire la questione di cui al paragrafo 3 del presente articolo al comitato misto istituito dall'articolo 11 del presente accordo.
Sezione H
Comunicazioni, consultazioni e sostegno
Articolo 30
Comunicazioni
Fatte salve le deroghe decise dagli agenti tecnici caso per caso, tutte le comunicazioni tra le autorità competenti delle parti, inclusa la documentazione specificata nelle procedure di attuazione tecnica, sono effettuate in lingua inglese.
Articolo 31
Consultazioni tecniche
1. Gli agenti tecnici trattano le questioni concernenti l'attuazione del presente allegato mediante consultazioni.
2. Se dalle consultazioni a norma del paragrafo 1 del presente articolo non emerge una soluzione reciprocamente accettabile, l'agente tecnico di ciascuna parte può deferire la questione di cui al paragrafo 1 del presente articolo al Consiglio di supervisione della certificazione.
3. Se la questione non viene risolta dal Consiglio di supervisione della certificazione, ciascuna parte può sottoporre la questione di cui al paragrafo 1 del presente articolo all'esame del comitato misto istituito dall'articolo 11 del presente accordo.
Articolo 32
Sostegno per le attività di sorveglianza in materia di certificazione e mantenimento dell'aeronavigabilità
Su richiesta, previo accordo reciproco e nella misura consentita dalle risorse disponibili, l'autorità competente di una parte può fornire assistenza tecnica, dati e informazioni all'autorità competente dell'altra parte nell'ambito delle attività di sorveglianza in materia di certificazione e mantenimento dell'aeronavigabilità in relazione a progettazione, produzione e protezione ambientale. Il sostegno da fornire e le relative modalità sono descritti in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | ACCORDO
Sulla sicurezza dell'aviazione civile tra l'unione Europea e il Giappone
L'UNIONE EUROPEA e il GIAPPONE (in appresso denominate "le parti"),
RICONOSCENDO la persistente tendenza all'internazionalizzazione nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione di prodotti aeronautici civili;
DESIDERANDO promuovere la sicurezza dell'aviazione civile e la compatibilità ambientale e facilitare la libera circolazione dei prodotti aeronautici civili;
DESIDERANDO accrescere la cooperazione e migliorare l'efficienza in aspetti connessi alla sicurezza dell'aviazione civile;
CONSIDERANDO che la loro cooperazione può contribuire positivamente a promuovere una maggiore armonizzazione internazionale degli standard e delle procedure relative alla sicurezza dell'aviazione civile e alla compatibilità ambientale;
CONSIDERANDO la possibilità di ridurre l'onere economico imposto all'industria aeronautica eliminando la duplicazione di ispezioni, valutazioni e prove tecniche;
RICONOSCENDO che qualunque forma di accettazione reciproca dei riscontri di conformità e dei certificati deve essere basata sulla reciproca fiducia tra le parti sul fatto che i rispettivi sistemi regolamentari in materia di sicurezza dell'aviazione civile garantiscono un livello di sicurezza sufficientemente equivalente;
RICONOSCENDO che tale accettazione reciproca richiede inoltre il persistere della fiducia di ciascuna parte nell'affidabilità dei processi di riscontro della conformità attuati dall'altra parte in tutti gli ambiti oggetto del presente accordo;
RICONOSCENDO il desiderio delle parti di una cooperazione in materia di sicurezza dell'aviazione civile e compatibilità ambientale sulla base di una continua comunicazione e della reciproca fiducia;
RICONOSCENDO i rispettivi impegni delle parti nell'ambito di accordi bilaterali, regionali e multilaterali in materia di sicurezza dell'aviazione civile e di compatibilità ambientale,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Obiettivi
Il presente accordo persegue i seguenti obiettivi:
a)
consentire l'accettazione reciproca, come previsto negli allegati del presente accordo, dei riscontri di conformità effettuati e dei certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate di ciascuna parte;
b)
promuovere la cooperazione diretta a un elevato livello di sicurezza dell'aviazione civile e di compatibilità ambientale;
c)
facilitare l'internazionalizzazione del settore dell'aviazione civile; e
d)
facilitare e promuovere la libera circolazione di prodotti e servizi dell'aviazione civile.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente accordo, si intende per
a)
"organizzazione approvata": qualsiasi persona giuridica certificata dall'autorità competente di una delle parti affinché eserciti i privilegi connessi all'ambito di applicazione del presente accordo;
b)
"certificato": qualsiasi approvazione, licenza o altro documento rilasciato a titolo di riconoscimento della conformità di un prodotto aeronautico civile, un'organizzazione o una persona fisica o giuridica ai requisiti applicabili stabiliti dalle disposizioni legislative e regolamentari di una parte;
c)
"prodotto aeronautico civile": qualsiasi aeromobile civile, motore o elica di aeromobile o sottogruppo, impianto, parte o componente installato o da installare sull'aeromobile;
d)
"autorità competente": un'agenzia governativa o un ente governativo responsabile della sicurezza dell'aviazione civile, designato da una parte ai fini del presente accordo per svolgere le seguenti funzioni:
i)
valutare la conformità di prodotti aeronautici civili, organizzazioni, impianti, operazioni e servizi soggetti alla sua sorveglianza ai requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale parte;
ii)
monitorare il mantenimento della conformità a tali requisiti; e
iii)
adottare misure coercitive per garantire la loro conformità a tali requisiti;
e)
"riscontri di conformità": la constatazione della conformità ai requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative e regolamentari di una parte in seguito ad azioni quali prove, ispezioni, qualificazioni, approvazioni e monitoraggi;
f)
"monitoraggio": la regolare attività di sorveglianza effettuata da un'autorità competente di una parte, volta a determinare il permanere della conformità ai requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative e regolamentari di tale parte; e
g)
"agente tecnico": per l'Unione europea l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea (in appresso denominata "AESA"), o il suo successore, e per il Giappone l'Ufficio dell'aviazione civile del ministero del Territorio, delle infrastrutture, dei trasporti e del turismo (in appresso denominato "JCAB"), o il suo successore. Benché AESA e JCAB siano autorità competenti ai sensi della lettera d) del presente articolo, se del caso, nel presente accordo e nei relativi allegati sono indicati come "agente tecnico".
Articolo 3
Ambito di applicazione e attuazione
1. La portata della cooperazione a norma del presente accordo può comprendere i seguenti ambiti:
a)
certificati di aeronavigabilità e monitoraggio dei prodotti aeronautici civili;
b)
certificati ambientali e prove sui prodotti aeronautici civili;
c)
certificati di progettazione e produzione e monitoraggio delle imprese di progettazione e di produzione;
d)
certificati delle imprese di manutenzione e monitoraggio delle imprese di manutenzione;
e)
addestramento del personale e rilascio delle relative licenze;
f)
valutazione della qualificazione dei simulatori di volo;
g)
esercizio degli aeromobili; e
h)
altri ambiti relativi alla sicurezza aerea oggetto degli allegati della Convenzione sull'aviazione civile internazionale, firmata a Chicago il 7 dicembre 1944.
2. Ai fini dell'attuazione di ciascun ambito di cooperazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo, le parti elaborano un singolo allegato che descrive i termini, le condizioni e i metodi per l'accettazione reciproca di riscontri di conformità e certificati e, se del caso, accordi provvisori, quando convengono che le rispettive norme, regole, prassi, procedure e i rispettivi sistemi in materia di aviazione civile garantiscono un livello di sicurezza sufficientemente equivalente, tale da consentire l'accettazione dei riscontri di conformità effettuati e dei certificati rilasciati dalle rispettive autorità competenti o organizzazioni approvate. Le procedure di attuazione del singolo allegato sono definite dagli agenti tecnici. Le differenze tecniche tra le norme, le regole, le prassi, le procedure e i sistemi delle parti in materia di aviazione civile sono trattate negli allegati e nelle procedure di attuazione.
Articolo 4
Obblighi generali
1. Ciascuna parte accetta i riscontri di conformità effettuati e i certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate dell'altra parte, conformemente ai termini e alle condizioni di cui agli allegati del presente accordo.
2. Le parti possono inoltre accettare approvazioni, licenze o altri documenti rilasciati da un paese terzo a titolo di riconoscimento della conformità di un prodotto aeronautico civile, di un'organizzazione o di una persona fisica o giuridica ai requisiti applicabili stabiliti dalle disposizioni legislative e regolamentari di tale paese terzo. I termini e le condizioni di tale accettazione sono specificati negli opportuni allegati.
3. Nulla di quanto contenuto nel presente accordo implica l'accettazione reciproca delle norme o dei regolamenti tecnici delle parti.
4. Ciascuna parte provvede affinché le rispettive autorità competenti restino idonee e adempiano alle responsabilità loro incombenti in forza del presente accordo.
Articolo 5
Protezione dell'autorità di regolamentazione e misure di salvaguardia
1. In nessun caso il presente accordo è inteso a limitare l'autorità di una parte di:
a)
determinare, mediante le proprie misure legislative, regolamentari e amministrative, il livello di protezione che ritiene adeguato per la sicurezza e l'ambiente;
b)
adottare immediatamente tutte le opportune misure ogniqualvolta vi sia un ragionevole rischio che un prodotto aeronautico civile, un servizio o qualsiasi attività rientrante nell'ambito di applicazione del presente accordo possano:
i)
compromettere la sicurezza o l'ambiente;
ii)
non essere conformi alle misure legislative, regolamentari o amministrative applicabili di tale parte; o
iii)
non soddisfare altrimenti un requisito stabilito nell'allegato applicabile del presente accordo.
2. Quando una delle parti adotta misure ai sensi del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo, ne informa l'altra parte per iscritto entro 15 giorni lavorativi dall'adozione di tali misure, illustrandone le motivazioni.
3. Le misure adottate a norma del presente articolo non costituiscono una violazione del presente accordo.
Articolo 6
Comunicazione
1. Le parti designano e si comunicano reciprocamente i rispettivi punti di contatto per le comunicazioni relative all'attuazione del presente accordo. Tutte le comunicazioni sono in lingua inglese.
2. Al momento dell'entrata in vigore del presente accordo, le parti si comunicano reciprocamente l'elenco delle autorità competenti e, successivamente, un elenco aggiornato ogniqualvolta risulti necessario.
Articolo 7
Trasparenza, cooperazione nella regolamentazione e reciproca assistenza
1. Ciascuna parte garantisce che l'altra parte sia tenuta informata in merito alle sue disposizioni legislative e regolamentari attinenti al presente accordo e a modifiche sostanziali delle stesse.
2. Per quanto possibile, le parti si informano reciprocamente in merito alle rispettive proposte di revisioni rilevanti di leggi, regolamenti, norme e requisiti pertinenti, nonché ai rispettivi sistemi di rilascio dei certificati, nella misura in cui tali modifiche possano avere un'incidenza sul presente accordo. Nella misura del possibile, le parti si offrono a vicenda la possibilità di commentare le rispettive revisioni, tenendo in debito conto tali osservazioni.
3. A fini di indagine e risoluzione di questioni in materia di sicurezza, le autorità competenti di ciascuna parte possono autorizzare le autorità competenti dell'altra parte a partecipare in qualità di osservatori alle rispettive attività di sorveglianza, secondo quanto specificato nell'allegato pertinente.
4. Ai fini del monitoraggio e delle ispezioni, le autorità competenti di ciascuna parte prestano assistenza, ove necessario, alle autorità competenti dell'altra parte nell'intento di fornire l'accesso senza restrizioni agli organismi regolamentati soggetti alla loro sorveglianza.
5. Per garantire il persistere della fiducia di ciascuna parte nell'affidabilità dei processi di riscontro della conformità dell'altra parte, ciascun agente tecnico può partecipare alle relative attività di sorveglianza in qualità di osservatore, secondo le procedure di cui agli allegati del presente accordo.
Articolo 8
Scambio di informazioni in materia di sicurezza
Fatto salvo l'articolo 10 e ferma restando la legislazione applicabile, le parti provvedono:
a)
a fornirsi reciprocamente, su richiesta e tempestivamente, le informazioni a disposizione dei rispettivi agenti tecnici relative a incidenti, gravi inconvenienti o episodi connessi a prodotti aeronautici civili, servizi o attività disciplinati dagli allegati del presente accordo, e
b)
a scambiare altre informazioni in materia di sicurezza, secondo quanto deciso dagli agenti tecnici.
Articolo 9
Cooperazione nelle attività di esecuzione
Le parti, attraverso i rispettivi agenti tecnici o le autorità competenti, forniscono su richiesta e nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, nonché in funzione della disponibilità delle risorse necessarie, la reciproca cooperazione e assistenza in attività di indagine o di esecuzione riguardanti presunte o sospette violazioni di disposizioni legislative o regolamentari rientranti nell'ambito di applicazione del presente accordo. Ciascuna parte inoltre notifica immediatamente all'altra qualsiasi indagine che incida su interessi comuni.
Articolo 10
Riservatezza e tutela delle informazioni e dei dati
1. Ciascuna parte, conformemente alle proprie disposizioni legislative e regolamentari, mantiene la riservatezza dei dati e delle informazioni ricevuti dall'altra parte nell'ambito del presente accordo. Tali dati e informazioni possono essere utilizzati solo dalla parte che li riceve ai fini del presente accordo.
2. In particolare, ferme restando le rispettive disposizioni legislative e regolamentari, le parti non comunicano a terzi, incluso il pubblico, né consentono alle loro autorità competenti di comunicare a terzi, incluso il pubblico, dati e informazioni ricevuti dall'altra parte nell'ambito del presente accordo che costituiscono segreti commerciali, proprietà intellettuale, informazioni riservate di carattere commerciale o finanziario, dati proprietari o informazioni relative a un'indagine in corso. A tal fine, tali dati e informazioni si intendono riservati.
3. Una parte o una sua autorità competente può, nel fornire dati o informazioni all'altra parte o a un'autorità competente di tale altra parte, designare dati o informazioni che ritiene riservati e non soggetti a divulgazione. In tal caso, la parte o la sua autorità competente contrassegna chiaramente tali dati o informazioni come riservati.
4. Se una parte non è d'accordo con la designazione effettuata dall'altra parte o da un'autorità competente di tale parte a norma del paragrafo 3 del presente articolo, può chiedere consultazioni con l'altra parte secondo quanto disposto dall'articolo 16 per affrontare la questione.
5. Ciascuna parte adotta tutte le ragionevoli precauzioni necessarie per impedire la divulgazione non autorizzata di dati e informazioni ricevuti nell'ambito del presente accordo.
6. La parte che riceve dati e informazioni dall'altra parte nell'ambito del presente accordo non acquisisce diritti proprietari su tali dati e informazioni per il fatto di averli ricevuti dall'altra parte.
Articolo 11
Comitato misto delle parti
1. È istituito un comitato misto, composto da rappresentanti di ciascuna parte, in quanto organismo responsabile dell'effettiva attuazione del presente accordo. Il comitato prende decisioni e formula raccomandazioni per consenso. Esso si riunisce a intervalli regolari su richiesta di una delle parti, sotto la copresidenza delle parti.
2. Il comitato misto può esaminare qualsiasi questione relativa all'attuazione del presente accordo. In particolare esso è incaricato di:
a)
risolvere eventuali questioni tra le parti relative all'attuazione del presente accordo;
b)
esaminare le modalità per migliorare l'attuazione del presente accordo e formulare le opportune raccomandazioni alle parti per la modifica dello stesso ai sensi dell'articolo 20;
c)
adottare nuovi allegati o modificare o eliminare quelli esistenti, fatto salvo l'articolo 20, paragrafo 7; e
d)
prendere le opportune decisioni in merito a procedure operative in materia di cooperazione per tutti gli ambiti di cooperazione di cui all'articolo 3.
3. Il comitato misto provvede a formulare e adottare il proprio regolamento interno entro un anno dall'entrata in vigore del presente accordo.
Articolo 12
Recupero dei costi
Ciascuna parte si adopera affinché eventuali commissioni o spese imposte da una parte o dal suo agente tecnico a persone fisiche o giuridiche le cui attività sono disciplinate dal presente accordo siano eque, ragionevoli e proporzionate ai servizi prestati e non costituiscano un ostacolo agli scambi.
Articolo 13
Altri accordi e intese precedenti
1. Al momento della sua entrata in vigore, il presente accordo sostituisce eventuali accordi o intese bilaterali sulla sicurezza aerea tra gli Stati membri dell'Unione europea e il Giappone per quanto riguarda tutte le materie disciplinate dal presente accordo e attuate conformemente all'articolo 3.
2. Durante il periodo di applicazione provvisoria a norma dell'articolo 20, paragrafo 2, eventuali accordi o intese bilaterali sulla sicurezza aerea tra gli Stati membri dell'Unione europea e il Giappone si intendono sospesi rispetto alle materie disciplinate dal presente accordo e attuate conformemente all'articolo 3.
3. Gli agenti tecnici adottano le misure necessarie per rivedere o sopprimere, se del caso, le intese precedenti concluse tra di loro.
4. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2 del presente articolo, nulla di quanto contenuto nel presente accordo pregiudica i diritti e gli obblighi che derivano alle parti da qualsiasi altro accordo internazionale.
Articolo 14
Applicazione
Salvo quanto diversamente specificato negli allegati del presente accordo, quest'ultimo si applica, da un lato, al sistema regolamentare dell'aviazione civile dell'Unione europea e, dall'altro, al sistema regolamentare dell'aviazione civile del Giappone.
Articolo 15
Partecipazione di paesi terzi
Le parti condividono l'obiettivo di massimizzare i vantaggi del presente accordo grazie alla possibile partecipazione di paesi terzi alla cooperazione nell'ambito dello stesso. A tale proposito, il comitato misto istituito a norma dell'articolo 11 considera, se del caso, le condizioni e le procedure per tale partecipazione, che possono comportare la necessità di eventuali modifiche del presente accordo.
Articolo 16
Consultazioni e composizione di controversie
1. Le parti si adoperano per risolvere qualsiasi controversia che possa sorgere tra loro in merito all'interpretazione o all'applicazione del presente accordo mediante consultazioni reciproche, anche tramite le riunioni del comitato misto istituito a norma dell'articolo 11.
2. Gli agenti tecnici si adoperano per risolvere qualsiasi controversia che possa sorgere tra loro in merito all'interpretazione o all'applicazione delle procedure di attuazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, mediante consultazioni reciproche. Qualora un'eventuale controversia non sia risolta mediante consultazione tra gli agenti tecnici, ciascun agente tecnico può deferirla alle parti, che si consultano in materia anche tramite le riunioni del comitato misto.
3. In deroga ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, ciascuna parte può chiedere consultazioni con l'altra parte su qualsiasi questione relativa al presente accordo. Le parti avviano le consultazioni entro 45 giorni dalla richiesta, a una data concordata dalle stesse. Le consultazioni possono avvenire durante le riunioni del comitato misto.
Articolo 17
Sospensione degli obblighi di accettazione reciproca
1. Una parte ha il diritto di sospendere, in tutto o in parte, i propri obblighi di accettazione a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, qualora l'altra parte compia una violazione sostanziale degli obblighi a essa derivanti dal presente accordo.
2. Prima di esercitare il diritto di sospendere i propri obblighi di accettazione, una parte è tenuta a chiedere consultazioni a norma dell'articolo 16 nell'intento di ottenere misure correttive dall'altra parte. Durante le consultazioni, le parti considerano, se del caso, gli effetti della sospensione.
3. I diritti di cui al presente articolo sono esercitati soltanto se l'altra parte non adotta misure correttive entro un termine adeguato dopo le consultazioni. La parte che esercita il diritto notifica per iscritto all'altra parte la propria intenzione di sospendere gli obblighi di accettazione, specificando i motivi di sospensione.
4. Tale sospensione prende effetto trenta giorni dopo la data della notifica, sempre che, entro tale periodo, la parte, che ha avviato la sospensione, non notifichi per iscritto all'altra parte di volerla revocare.
5. Tale sospensione non incide sulla validità dei riscontri di conformità e dei certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate dell'altra parte anteriormente alla data in cui la sospensione ha preso effetto. Qualunque sospensione divenuta effettiva può essere immediatamente revocata mediante uno scambio di note diplomatiche in tal senso tra le parti.
Articolo 18
Intestazioni
Le intestazioni degli articoli del presente accordo sono inserite soltanto per comodità di riferimento e non incidono sull'interpretazione dell'accordo stesso.
Articolo 19
Allegati
Gli allegati del presente accordo costituiscono parte integrante dell'accordo stesso e qualsiasi riferimento all'"accordo" si riferisce anche agli allegati, salvo disposizione contraria.
Articolo 20
Entrata in vigore, applicazione provvisoria, denuncia e modifica
1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si sono scambiate note diplomatiche che confermano l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie per l'entrata in vigore del presente accordo.
2. In attesa dell'entrata in vigore, il presente accordo è applicato a titolo provvisorio a decorrere dalla sua firma, conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari delle parti.
3. Una parte può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento con un preavviso scritto di sei mesi notificato all'altra parte, a meno che detta notifica sia ritirata per reciproco consenso delle parti prima dello scadere del suddetto termine.
4. In seguito alla notifica di denuncia del presente accordo, le parti continuano a ottemperare gli obblighi loro derivanti a norma dello stesso accordo fino alla data di denuncia effettiva.
5. La denuncia del presente accordo non pregiudica la validità di eventuali certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate a norma del presente accordo.
6. Le parti possono modificare il presente accordo mediante accordo scritto. La modifica entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui le parti si sono scambiate note diplomatiche che confermano l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie per l'entrata in vigore della modifica.
7. In deroga al paragrafo 6, l'adozione di nuovi allegati, le modifiche o la soppressione di allegati esistenti entrano in vigore alla data di ricezione da parte dell'Unione europea della notifica scritta del governo del Giappone dell'avvenuto espletamento delle necessarie procedure interne.
Articolo 21
Testi autentici
1. Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede.
2. In caso di divergenza sull'interpretazione prevale il testo in lingua inglese.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato il presente accordo.
ALLEGATO 1
AERONAVIGABILITÀ E CERTIFICAZIONE AMBIENTALE
Sezione A
Disposizioni generali
Articolo 1
Scopo e ambito di applicazione
1. Il presente allegato è elaborato ai fini dell'attuazione della cooperazione nei seguenti ambiti, conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del presente accordo, e descrive i termini, le condizioni e i metodi per l'accettazione reciproca dei riscontri di conformità e dei certificati:
a)
certificati di aeronavigabilità e monitoraggio dei prodotti aeronautici civilidi cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del presente accordo;
b)
certificati ambientali e prove sui prodotti aeronautici civili di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del presente accordo; e
c)
certificati di progettazione e produzione e monitoraggio delle imprese di progettazione e produzione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del presente accordo.
2. In deroga al paragrafo 1, i prodotti aeronautici civili usati, diversi dagli aeromobili usati, sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente allegato.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente allegato, si intende per
a)
"certificato di ammissione in servizio": un certificato rilasciato da un'autorità competente o da un'organizzazione approvata della parte esportatrice a titolo di riconoscimento del fatto che un nuovo prodotto aeronautico civile, diverso da un aeromobile, è conforme a un progetto approvato dalla parte esportatrice ed è in condizioni di funzionare in sicurezza;
b)
"autorità di certificazione": l'agente tecnico della parte esportatrice che rilascia un certificato di progettazione per un prodotto aeronautico civile nella sua veste di autorità che esercita le responsabilità dello Stato di progettazione di cui all'allegato 8 della convenzione sull'aviazione civile internazionale;
c)
"certificato di progettazione": un certificato rilasciato dall'agente tecnico o da un'organizzazione approvata di una parte a titolo di riconoscimento del fatto che il progetto o la modifica di un progetto di un prodotto aeronautico civile è conforme ai requisiti di aeronavigabilità e, se del caso, ai requisiti di protezione ambientale, in particolare per quanto riguarda la rumorosità, le fuoriuscite intenzionali di combustibile dagli sfiati (fuel venting) o le emissioni di scarico, stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale parte;
d)
"requisiti operativi connessi alla progettazione": i requisiti operativi, compresi i requisiti di protezione ambientale che incidono sulle caratteristiche di progettazione, o i dati di progettazione di un prodotto aeronautico civile concernenti il suo funzionamento o la sua manutenzione che lo rendono idoneo per un particolare tipo di operazione;
e)
"esportazione": il processo mediante il quale un prodotto aeronautico civile passa dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile di una parte a quello dell'altra parte;
f)
"certificato di aeronavigabilità per l'esportazione": un certificato rilasciato dall'autorità competente della parte esportatrice o, per gli aeromobili usati, dall'autorità competente dello Stato di immatricolazione dal quale il prodotto è esportato, a titolo di riconoscimento del fatto che un aeromobile è conforme ai requisiti applicabili in materia di aeronavigabilità e protezione ambientale notificati dalla parte importatrice;
g)
"parte esportatrice": la parte dal cui sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile è esportato un prodotto aeronautico civile;
h)
"importazione": il processo mediante il quale un prodotto aeronautico civile esportato dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile di una parte è introdotto in quello dell'altra parte;
i)
"parte importatrice": la parte nel cui sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile è importato un prodotto aeronautico civile;
j)
"modifica di maggiore entità": tutte le modifiche apportate a un progetto di tipo che non sono "modifiche di minore entità";
k)
"modifica di minore entità": una modifica apportata a un progetto di tipo che non ha conseguenze di rilievo su massa, bilanciamento, resistenza strutturale, affidabilità, caratteristiche operative, rumorosità, fuoriuscite intenzionali di combustibile dagli sfiati, emissioni di scarico, o altre caratteristiche che incidono sull'aeronavigabilità del prodotto aeronautico civile;
l)
"dati di idoneità operativa": la serie di dati richiesta per sostenere e consentire gli aspetti operativi specifici di determinati tipi di aeromobili disciplinati dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile dell'Unione europea. Tale serie di dati deve essere progettata dal richiedente o dal titolare del certificato di omologazione dell'aeromobile e rientrare nel certificato di omologazione. A norma del sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile dell'Unione europea, una domanda iniziale di certificato di omologazione o certificato di omologazione ristretto comprende la domanda di approvazione dei dati di idoneità operativa applicabili al tipo di aeromobile o è successivamente integrata dalla stessa;
m)
"approvazione di produzione": un certificato rilasciato dall'autorità competente di una parte a un fabbricante di prodotti aeronautici civili, a titolo di riconoscimento del fatto che il fabbricante soddisfa i requisiti applicabili stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale parte per la produzione dei particolari prodotti aeronautici civili;
n)
"approvazione di produzione indipendente": un'approvazione di produzione rilasciata al fabbricante di un prodotto aeronautico civile che non è un'estensione dell'approvazione di produzione rilasciata a un soggetto affiliato al fabbricante;
o)
"procedure di attuazione tecnica": le procedure di attuazione per il presente allegato elaborate dagli agenti tecnici conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del presente accordo; e
p)
"autorità di convalida": l'agente tecnico della parte importatrice che accetta automaticamente o convalida, come specificato nel presente allegato, un certificato di progettazione rilasciato dall'autorità di certificazione o da un'organizzazione approvata.
Sezione B
Consiglio di supervisione della certificazione
Articolo 3
Istituzione e composizione
1. Il Consiglio di supervisione della certificazione, che risponde al comitato misto istituito a norma dell'articolo 11 del presente accordo, è istituito sotto la copresidenza degli agenti tecnici quale organismo di coordinamento tecnico incaricato dell'effettiva attuazione del presente allegato. Esso è composto da rappresentanti dell'agente tecnico di ciascuna parte e può invitare altri partecipanti allo scopo di agevolare l'adempimento del suo mandato.
2. Il Consiglio di supervisione della certificazione si riunisce a intervalli regolari su richiesta di un agente tecnico e prende decisioni e formula raccomandazioni per consenso. Esso stabilisce e adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 4
Mandato
Il mandato del Consiglio di supervisione della certificazione comprende in particolare le seguenti funzioni:
a)
elaborare, adottare e rivedere le procedure di attuazione tecnica di cui all'articolo 6 del presente allegato;
b)
condividere informazioni sulle principali questioni in materia di sicurezza e, ove opportuno, elaborare piani d'azione intesi ad affrontarle;
c)
risolvere le questioni tecniche rientranti nelle responsabilità delle autorità competenti e che incidono sull'attuazione del presente allegato;
d)
ove opportuno, elaborare metodi efficaci di cooperazione, assistenza tecnica e scambio di informazioni in materia di requisiti di sicurezza e protezione ambientale, sistemi di certificazione e sistemi di gestione della qualità e di normazione;
e)
presentare proposte di modifica del presente allegato al comitato misto;
f)
conformemente all'articolo 29 del presente allegato, definire procedure atte a garantire il persistere della fiducia di ciascuna parte nell'affidabilità dei processi di riscontro della conformità dell'altra parte;
g)
analizzare l'attuazione delle procedure di cui alla lettera f) e intervenire in proposito; e
h)
deferire le questioni irrisolte al comitato misto e garantire l'esecuzione delle decisioni adottate dal comitato misto in merito al presente allegato.
Sezione C
Attuazione
Articolo 5
Autorità competenti per la certificazione della progettazione, la certificazione della produzione e i certificati per l'esportazione
1. Le autorità competenti per la certificazione della progettazione sono:
a)
per l'Unione europea: l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea e
b)
per il Giappone: l'Ufficio per l'aviazione civile del ministero del Territorio, delle infrastrutture, dei trasporti e del turismo del Giappone.
2. Le autorità competenti per la certificazione della produzione e i certificati per l'esportazione sono:
a)
per l'Unione europea: l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza aerea e le autorità competenti degli Stati membri dell'Unione europea. Per quanto concerne il certificato per l'esportazione di un aeromobile usato, si tratta dell'autorità competente dello Stato di immatricolazione dell'aeromobile dal quale quest'ultimo è esportato; e
b)
per il Giappone: l'Ufficio per l'aviazione civile del ministero del Territorio, delle infrastrutture, dei trasporti e del turismo del Giappone.
Articolo 6
Procedure di attuazione tecnica
1. Le procedure di attuazione tecnica sono elaborate dagli agenti tecnici tramite il Consiglio di supervisione della certificazione nell'intento di fornire procedure specifiche per agevolare l'esecuzione del presente allegato, definendo le procedure per le attività di comunicazione tra le autorità competenti delle parti.
2. Le procedure di attuazione tecnica riguardano anche le differenze tra le norme, le regole, le prassi, le procedure e i sistemi in materia di aviazione civile delle parti per quanto concerne l'attuazione del presente allegato, come disposto dall'articolo 3, paragrafo 2, del presente accordo.
Articolo 7
Scambio e tutela di dati e informazioni riservati e proprietari
1. I dati e le informazioni scambiati nell'attuazione del presente allegato sono soggetti all'articolo 10 del presente accordo.
2. I dati e le informazioni scambiati durante il processo di convalida devono essere limitati, in termini di natura e contenuti, a quanto necessario per la dimostrazione di conformità ai requisiti tecnici applicabili, secondo quanto precisato nelle procedure di attuazione tecnica.
3. Qualsiasi controversia in relazione a uno scambio di dati e informazioni tra le autorità competenti delle parti è gestita come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica. Ciascuna parte si riserva il diritto di sottoporre la controversia al Consiglio di supervisione della certificazione per la sua risoluzione.
Sezione D
Certificazione della progettazione
Articolo 8
Principi generali
1. La presente sezione riguarda tutti i certificati di progettazione e le relative modifiche rientranti nell'ambito di applicazione del presente allegato, in particolare:
a)
certificati di omologazione.
b)
omologazioni e approvazioni di specifiche;
c)
certificati di omologazione supplementari;
d)
approvazioni di progetti di riparazione;
e)
approvazioni di prescrizioni relative a norme tecniche (technical standard order, TSO); e
f)
certificati di omologazione ristretti. I certificati di omologazione ristretti sono rilasciati dagli agenti tecnici e saranno trattati caso per caso dagli agenti tecnici secondo quanto specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
2. L'autorità di convalida, in considerazione del livello di coinvolgimento di cui all'articolo 12 del presente allegato, convalida o accetta automaticamente un certificato di progettazione o una modifica che sono stati o stanno per essere rilasciati o approvati dall'autorità di certificazione, secondo i termini e le condizioni stabiliti nel presente allegato e specificati nelle procedure di attuazione tecnica, ivi comprese le modalità di accettazione automatica e convalida dei certificati.
3. Ai fini dell'attuazione del presente allegato, ciascuna parte garantisce che nel proprio sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile, la dimostrazione della capacità di un'impresa di progettazione di assumersi le proprie responsabilità sia sufficientemente controllata mediante un sistema di certificazione delle imprese di progettazione.
Articolo 9
Processo di convalida
1. La domanda di convalida di un certificato di progettazione di un prodotto aeronautico civile deve essere presentata all'autorità di convalida tramite l'autorità di certificazione, come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
2. L'autorità di certificazione garantisce che l'autorità di convalida riceva tutti i dati e le informazioni pertinenti che sono necessari per la convalida del certificato di progettazione, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
3. Al ricevimento della domanda di convalida del certificato di progettazione, l'autorità di convalida stabilisce la base di certificazione per la convalida a norma dell'articolo 11 del presente allegato, come pure il proprio livello di coinvolgimento nel processo di convalida a norma dell'articolo 12 del presente allegato.
4. Come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica, l'autorità di convalida si basa per quanto possibile su valutazioni tecniche, prove, ispezioni e riscontri di conformità effettuati dall'autorità di certificazione.
5. Dopo aver esaminato i dati e le informazioni pertinenti forniti dall'autorità di certificazione, l'autorità di convalida rilascia il proprio certificato di progettazione per il prodotto aeronautico civile convalidato (in appresso il "certificato di progettazione convalidato"), nei casi in cui:
a)
è confermato che l'autorità di certificazione ha rilasciato il proprio certificato di progettazione per il prodotto aeronautico civile;
b)
l'autorità di certificazione ha dichiarato che il prodotto aeronautico civile è conforme alla base di certificazione di cui all'articolo 11 del presente allegato;
c)
tutte le questioni sorte durante il processo di convalida condotto dall'autorità di convalida sono state risolte; e
d)
ulteriori requisiti amministrativi, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, sono stati soddisfatti dal richiedente.
6. Ciascuna parte garantisce che, al fine di ottenere e conservare un certificato di progettazione convalidato, il richiedente sia in possesso e tenga a disposizione dell'autorità di certificazione tutte le pertinenti informazioni progettuali, i disegni e i resoconti delle prove, compresi i fascicoli di ispezione del prodotto aeronautico civile certificato, al fine di fornire le informazioni necessarie per garantire il mantenimento dell'aeronavigabilità e la conformità del prodotto aeronautico civile ai requisiti di protezione ambientale applicabili.
Articolo 10
Modalità di convalida dei certificati di progettazione
1. I certificati di omologazione rilasciati dall'Unione europea in quanto autorità di certificazione sono convalidati dal Giappone in quanto autorità di convalida. Alcuni dati, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, sono accettati automaticamente. Tali dati comprendono i seguenti documenti, a seconda dei casi:
a)
manuale di installazione del motore (per il certificato di omologazione del motore);
b)
manuale delle riparazioni strutturali;
c)
istruzioni per il mantenimento dell'aeronavigabilità dei sistemi di interconnessione dell'impianto elettrico; e
d)
manuale sul bilanciamento del peso.
2. I certificati di omologazione supplementari significativi e le approvazioni di modifiche di maggiore entità significative rilasciati dall'Unione europea in quanto autorità di certificazione sono convalidati dal Giappone in quanto autorità di convalida. In linea di principio si applica un processo di convalida semplificato, limitato alla familiarizzazione tecnica senza l'intervento dell'autorità di convalida nella presentazione delle attività di conformità da parte del richiedente, salvo diversa decisione degli agenti tecnici a seconda dei casi.
3. I certificati di omologazione e le omologazioni per un motore o un'elica di aeromobile rilasciati dal Giappone in quanto autorità di certificazione sono convalidati dall'Unione europea in quanto autorità di convalida.
4. Le omologazioni per prodotti aeronautici civili diversi da motori o eliche di aeromobili, i certificati di omologazione supplementari, e le approvazioni di modifiche e riparazioni di maggiore entità e di specifiche rilasciati dal Giappone in quanto autorità di certificazione sono convalidati dall'Unione europea in quanto autorità di convalida. Un processo di convalida semplificato, limitato alla familiarizzazione tecnica senza l'intervento dell'autorità di convalida nella presentazione delle attività di conformità da parte del richiedente, può essere applicato su decisione degli agenti tecnici, a seconda dei casi.
Articolo 11
Base di certificazione per la convalida
1. Ai fini della convalida di un certificato di progettazione di un prodotto aeronautico civile, l'autorità di convalida fa riferimento ai seguenti requisiti stabiliti da disposizioni legislative, regolamentari e amministrative della propria parte nel determinare la base di certificazione:
a)
i requisiti di aeronavigabilità relativi a un analogo prodotto aeronautico civile in vigore alla data effettiva della domanda, stabiliti dall'autorità di certificazione e integrati, se del caso, da ulteriori condizioni tecniche come specificato nelle procedure di attuazione tecnica; e
b)
i requisiti di protezione ambientale relativi ai prodotti aeronautici civili, in vigore alla data della domanda di convalida presentata all'autorità di convalida.
2. L'autorità di convalida specifica, se del caso, eventuali:
a)
esenzioni dai requisiti applicabili;
b)
divergenze dai requisiti applicabili; o
c)
fattori di compensazione che offrono un livello di sicurezza equivalente quando non sono rispettati i requisiti applicabili.
3. In aggiunta ai requisiti indicati ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, l'autorità di convalida specifica eventuali condizioni speciali da applicare qualora i relativi codici di aeronavigabilità e le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative non contengano requisiti di sicurezza adeguati o opportuni per il prodotto aeronautico civile, poiché:
a)
il prodotto aeronautico civile presenta caratteristiche progettuali nuove o inusuali rispetto alle prassi di progettazione su cui si basano i codici di aeronavigabilità e le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili;
b)
l'uso previsto del prodotto aeronautico civile non è convenzionale; o
c)
l'esperienza acquisita con altri prodotti aeronautici civili analoghi in servizio o prodotti aeronautici civili con caratteristiche di progettazione simili ha dimostrato che possono crearsi condizioni di non sicurezza.
4. Quando specifica esenzioni, divergenze, fattori di compensazione o condizioni speciali, l'autorità di convalida tiene in debita considerazione quanto applicato dall'autorità di certificazione e non deve risultare più esigente per i prodotti aeronautici civili da convalidare rispetto a quanto sarebbe per prodotti simili propri. L'autorità di convalida comunica all'autorità di certificazione eventuali esenzioni, divergenze, fattori compensativi o condizioni speciali.
Articolo 12
Livello di coinvolgimento dell'autorità di convalida
1. Il livello di coinvolgimento dell'autorità di convalida di una parte durante il processo di convalida di cui all'articolo 9 del presente allegato e come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica è determinato principalmente in base:
a)
all'esperienza e ai documenti dell'autorità competente dell'altra parte in quanto autorità di certificazione;
b)
all'esperienza già acquisita da tale autorità di convalida durante gli esercizi di convalida precedenti con l'autorità competente dell'altra parte;
c)
alla natura del progetto da convalidare;
d)
alle prestazioni e all'esperienza del richiedente con l'autorità di convalida; e
e)
all'esito delle valutazioni dei requisiti di qualificazione di cui agli articoli 28 e 29 del presente allegato.
2. L'autorità di convalida esercita procedure e controlli speciali, in particolare per quanto concerne i processi e i metodi dell'autorità di certificazione, in occasione della prima convalida di una data categoria di prodotto, come descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
3. L'effettiva attuazione dei principi di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo sarà regolarmente valutata, monitorata e riesaminata dal Consiglio di supervisione della certificazione, applicando i parametri specificati nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 13
Processo di accettazione automatica
1. Per i certificati di progettazione soggetti all'accettazione automatica, l'autorità di convalida accetta il certificato rilasciato dall'autorità di certificazione senza alcuna attività di convalida. In questo caso, l'autorità di convalida riconosce il certificato di progettazione come equivalente a un certificato rilasciato secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative della propria parte e non rilascia il proprio certificato corrispondente.
2. I certificati di omologazione supplementari non significativi, le modifiche o le riparazioni di maggiore entità non significative e le approvazioni di prescrizioni relative a norme tecniche rilasciati dall'agente tecnico dell'Unione europea in quanto autorità di certificazione sono automaticamente accettati dall'agente tecnico del Giappone in quanto autorità di convalida.
3. Le modifiche e le riparazioni di minore entità approvate dall'agente tecnico dell'Unione europea in quanto autorità di certificazione o da un'organizzazione approvata a norma del diritto dell'Unione europea sono automaticamente accettate dall'agente tecnico del Giappone in quanto autorità di convalida.
4. Le modifiche e le riparazioni di minore entità approvate dall'agente tecnico del Giappone in quanto autorità di certificazione o da un'organizzazione approvata a norma di disposizioni legislative e regolamentari del Giappone sono automaticamente accettate dall'agente tecnico dell'Unione europea in quanto autorità di convalida.
Articolo 14
Disposizioni di attuazione per gli articoli 10 e 13
1. Le classificazioni come modifiche di minore o maggiore entità sono stabilite dall'autorità di certificazione conformemente alle definizioni contenute nel presente allegato e interpretate secondo le norme e le procedure applicabili dell'autorità di certificazione.
2. Per classificare come significativo o non significativo un certificato di omologazione supplementare o una modifica di maggiore entità, l'autorità di certificazione considera la modifica nel contesto di tutte le precedenti modifiche progettuali pertinenti e di tutte le relative revisioni delle specifiche di certificazione applicabili integrate nel certificato di omologazione del prodotto aeronautico civile. Sono automaticamente considerate significative le modifiche che soddisfano uno dei seguenti criteri:
a)
la configurazione generale o i principi di costruzione non sono conservati; o
b)
i presupposti su cui si basa l'omologazione del prodotto aeronautico civile da modificare non restano validi.
Articolo 15
Trasferimento di un certificato di progettazione
Nel caso in cui il titolare di un certificato di progettazione trasferisca il proprio certificato a un altro soggetto, l'autorità di certificazione responsabile del certificato di progettazione informa tempestivamente l'autorità di convalida in merito al trasferimento e applica la procedura relativa al trasferimento dei certificati di progettazione specificata nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 16
Requisiti operativi connessi alla progettazione
1. Gli agenti tecnici garantiscono che, ove necessario, i dati e le informazioni relativi a requisiti operativi connessi alla progettazione siano scambiati durante il processo di convalida.
2. Fatta salva la decisione tra gli agenti tecnici per alcuni requisiti operativi connessi alla progettazione, l'autorità di convalida può accettare la dichiarazione di conformità dell'autorità di certificazione mediante il processo di convalida.
Articolo 17
Documenti operativi e dati relativi al tipo
1. Alcune serie di documenti e dati operativi specifici del tipo, inclusi i dati di idoneità operativa nel sistema dell'Unione europea e i dati equivalenti nel sistema giapponese, forniti dal titolare del certificato di omologazione, sono approvate o accettate dall'autorità di certificazione e, ove necessario, scambiate nel corso del processo di convalida.
2. I documenti e i dati operativi di cui al paragrafo 1 del presente articolo possono essere accettati o convalidati automaticamente dall'autorità di convalida secondo quanto descritto in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 18
Convalida concomitante
Se così deciso dal richiedente e dagli agenti tecnici, può essere utilizzato un processo di convalida concomitante, ove opportuno e come specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
Articolo 19
Mantenimento dell'aeronavigabilità
1. Gli agenti tecnici adottano misure per porre rimedio alle condizioni di non sicurezza di prodotti aeronautici civili soggetti alla loro certificazione.
2. Su richiesta, un'autorità competente di una parte, con riguardo ai prodotti aeronautici civili progettati o costruiti secondo il proprio sistema regolamentare, assiste l'autorità competente dell'altra parte nella determinazione di eventuali azioni ritenute necessarie per il mantenimento dell'aeronavigabilità di tali prodotti.
3. Quando le difficoltà che si verificano durante il funzionamento o altri potenziali problemi di sicurezza che interessano un prodotto aeronautico civile rientrante nell'ambito di applicazione del presente allegato comportano un'indagine condotta dall'agente tecnico di una parte che è l'autorità di certificazione del prodotto, l'agente tecnico dell'altra parte, su richiesta, fornisce sostegno a tale indagine anche fornendo informazioni pertinenti riferite da organismi competenti in merito a avarie, malfunzionamenti, difetti o altri episodi che interessano tale prodotto aeronautico civile.
4. Si considera che gli obblighi di segnalazione dei titolari di certificati di progettazione all'autorità di certificazione e il meccanismo per lo scambio di informazioni istituito dal presente allegato soddisfino l'obbligo incombente a ciascun titolare di un certificato di progettazione di segnalare all'autorità di convalida avarie, malfunzionamenti, difetti o altri episodi che interessano il prodotto aeronautico civile.
5. Le misure intese a porre rimedio alle condizioni di non sicurezza e gli scambi di informazioni in materia di sicurezza di cui ai paragrafi da 1 a 4 del presente articolo sono specificati nelle procedure di attuazione tecnica.
6. L'agente tecnico di una parte tiene informato l'agente tecnico dell'altra parte in merito a tutte le informazioni obbligatorie sul mantenimento dell'aeronavigabilità in relazione ai prodotti aeronautici civili progettati o costruiti secondo il proprio sistema di sorveglianza e che rientrano nell'ambito di applicazione del presente allegato.
7. Qualsiasi modifica dello stato di aeronavigabilità attestato da un certificato rilasciato dall'agente tecnico di una parte è comunicata tempestivamente all'agente tecnico dell'altra parte.
Sezione E
Certificazione della produzione
Articolo 20
Riconoscimento del sistema di certificazione della produzione e di sorveglianza della produzione
1. La parte importatrice riconosce il sistema di certificazione della produzione e di sorveglianza della produzione della parte esportatrice, poiché il sistema è considerato sufficientemente equivalente al sistema della parte importatrice nell'ambito di applicazione del presente allegato, fatto salvo l'articolo 26, paragrafo 2, del presente allegato.
2. Il paragrafo 1 del presente articolo si applica inoltre:
a)
alla produzione di un prodotto aeronautico civile per il quale le responsabilità dello Stato di progettazione sono esercitate da un paese diverso dalla parte esportatrice del prodotto, purché l'autorità competente della parte esportatrice abbia stabilito e attuato le necessarie procedure presso l'autorità pertinente dello Stato di progettazione per controllare l'interfaccia tra il titolare del certificato di progettazione e il titolare dell'approvazione di produzione in relazione a tale prodotto aeronautico civile;
b)
alla produzione di un prodotto aeronautico civile diverso da un aeromobile civile, da un motore o da un'elica di aeromobile, realizzato dal titolare di un'approvazione di produzione indipendente della parte esportatrice, situato al di fuori dei territori delle parti; e
c)
alla produzione di un motore o di un'elica di aeromobile realizzati dal titolare di un'approvazione di produzione indipendente della parte esportatrice situato al di fuori dei territori delle parti, previo esame degli agenti tecnici, caso per caso.
Articolo 21
Estensione dell'approvazione di produzione e approvazione di produzione indipendente
1. Un'approvazione di produzione rilasciata dall'autorità competente della parte esportatrice a un fabbricante stabilito principalmente nel territorio della parte esportatrice e riconosciuto ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 1, del presente allegato, può essere estesa anche ai siti e agli impianti di produzione del fabbricante situati nel territorio della parte importatrice o nel territorio di un paese terzo, a prescindere dallo status giuridico di tali siti e impianti di produzione e dal tipo di prodotto aeronautico civile fabbricato negli stessi. In questo caso, l'autorità competente della parte esportatrice resta responsabile della sorveglianza di tali siti e impianti di produzione e l'autorità competente della parte importatrice non rilascia la propria approvazione di produzione a tali siti e impianti di produzione per il medesimo prodotto aeronautico civile.
2. Le approvazioni di produzione indipendenti rilasciate dall'autorità competente di una parte a un fabbricante stabilito nel territorio dell'altra parte che sono ancora in vigore al momento della firma del presente accordo sono riesaminate caso per caso dagli agenti tecnici. Previa consultazione dei titolari delle approvazioni di produzione indipendenti, alcune di queste approvazioni possono essere revocate entro un periodo di tempo ragionevole.
Articolo 22
Interfaccia tra il titolare dell'approvazione di produzione e il titolare del certificato di progettazione
1. Nei casi in cui il titolare dell'approvazione di produzione per un prodotto aeronautico civile sia soggetto alla regolamentazione dell'autorità competente di una parte e il titolare del certificato di progettazione per lo stesso prodotto sia soggetto alla regolamentazione dell'autorità competente dell'altra parte, le autorità competenti delle parti stabiliscono le procedure per definire le responsabilità di ciascuna parte in merito al controllo dell'interfaccia tra il titolare dell'approvazione di produzione e il titolare del certificato di progettazione.
2. Ai fini dell'esportazione di prodotti aeronautici civili nel quadro del presente allegato, quando il titolare del certificato di progettazione e il titolare dell'approvazione di produzione non costituiscono il medesimo soggetto, le autorità competenti delle parti garantiscono che il titolare del certificato di progettazione prenda opportuni accordi con il titolare dell'approvazione di produzione per assicurare un coordinamento soddisfacente tra progettazione e produzione e l'adeguato sostegno del mantenimento dell'aeronavigabilità del prodotto aeronautico civile.
Articolo 23
Misure per evitare la duplicazione delle approvazioni di produzione
Salvo diversa decisione degli agenti tecnici, l'autorità competente della parte importatrice non rilascia un'approvazione di produzione al titolare di un'approvazione di produzione della parte esportatrice, laddove tale approvazione di produzione riguarderebbe prodotti aeronautici civili già inclusi nell'approvazione di produzione rilasciata dall'autorità competente della parte esportatrice.
Sezione F
Certificati di esportazione
Articolo 24
Ambito di applicazione
Il presente allegato riguarda i seguenti certificati di esportazione rientranti nell'ambito di applicazione del presente allegato, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica:
a)
certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di aeromobili nuovi e usati; e
b)
certificato di ammissione in servizio per nuovi prodotti aeronautici civili diversi da aeromobili.
Articolo 25
Rilascio di un certificato di esportazione
1. In caso di rilascio di un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di un nuovo aeromobile o di un certificato di ammissione in servizio per un nuovo prodotto aeronautico civile diverso da un aeromobile, l'autorità competente della parte esportatrice garantisce che tale prodotto aeronautico civile:
a)
sia conforme al progetto automaticamente accettato o convalidato, o certificato dalla parte importatrice a norma del presente allegato e come specificato nelle procedure tecniche di attuazione;
b)
sia in condizioni di funzionare in sicurezza;
c)
soddisfi tutti i requisiti supplementari notificati dalla parte importatrice; e
d)
per quanto riguarda aeromobili civili, motori ed eliche di aeromobili, sia conforme alle informazioni obbligatorie applicabili sul mantenimento dell'aeronavigabilità, incluse le direttive di aeronavigabilità della parte importatrice, come notificato da tale parte.
2. In caso di rilascio di un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di un aeromobile usato immatricolato presso la parte esportatrice, in aggiunta ai requisiti di cui al paragrafo 1, lettere da a) a d), del presente articolo, l'autorità competente della parte esportatrice garantisce che tale aeromobile sia stato sottoposto a corretta manutenzione nel corso dell'intera durata di servizio, secondo procedure e metodi approvati della parte esportatrice, come comprovato dai giornali di bordo e dai registri di manutenzione.
Articolo 26
Accettazione di un certificato di esportazione per un nuovo prodotto aeronautico civile
1. Fatte salve le disposizioni della sezione E del presente allegato e il paragrafo 2 del presente articolo, l'autorità competente della parte importatrice accetta un certificato di esportazione rilasciato dall'autorità competente o dal titolare di un'approvazione di produzione in quanto organizzazione approvata della parte esportatrice per un nuovo prodotto aeronautico civile, conformemente ai termini e alle condizioni indicati nel presente allegato e specificati nelle procedure di attuazione tecnica.
2. Nel caso di categorie di prodotti aeronautici civili che non sono state precedentemente accettate nel quadro del sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile della parte importatrice, l'autorità competente della parte importatrice può decidere, prima di accettare i certificati di esportazione per i prodotti aeronautici civili di cui al presente articolo, di effettuare una valutazione del titolare dell'approvazione di produzione come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, nell'intento di confermare che i requisiti previsti dall'articolo 25, paragrafo 1, del presente allegato siano effettivamente soddisfatti. La parte importatrice informa la parte esportatrice della sua intenzione di effettuare una simile valutazione. L'elenco dei titolari di approvazioni di produzione che hanno completato con esito positivo tale valutazione sarà pubblicato nella pubblicazione ufficiale dell'agente tecnico della parte importatrice.
Articolo 27
Accettazione di un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione relativo a un aeromobile usato
1. L'autorità competente della parte importatrice accetta un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione rilasciato dall'autorità competente della parte esportatrice per un aeromobile usato conformemente ai termini e alle condizioni indicati nel presente allegato e alle procedure di attuazione tecnica soltanto se esiste il titolare del certificato di omologazione o del certificato di omologazione ristretto per l'aeromobile usato che possa garantire il mantenimento dello stato di aeronavigabilità di quel tipo di aeromobile.
2. Affinché un certificato di aeronavigabilità per l'esportazione di un aeromobile usato fabbricato secondo il sistema di sorveglianza della produzione della parte esportatrice sia accettato a norma del paragrafo 1 del presente articolo, l'autorità competente della parte esportatrice assiste, su richiesta, l'autorità competente della parte importatrice nell'ottenimento di dati e informazioni riguardanti:
a)
la configurazione dell'aeromobile al momento della spedizione da parte del fabbricante; e
b)
le successive modifiche e riparazioni dell'aeromobile che sono state approvate.
3. La parte importatrice può richiedere i documenti di ispezione e manutenzione come specificato nelle procedure di attuazione tecnica.
4. Se, nel corso della valutazione dello stato di aeronavigabilità di un aeromobile usato considerato per l'esportazione, l'autorità competente della parte esportatrice non è in grado di soddisfare tutti i requisiti specificati nell'articolo 25, paragrafo 2, del presente allegato e nei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, essa:
a)
informa l'autorità competente della parte importatrice;
b)
coordina con l'autorità competente della parte importatrice, come specificato nelle procedure di attuazione tecnica, l'accettazione o il rifiuto delle deroghe ai requisiti applicabili; e
c)
documenta le deroghe accettate all'atto dell'esportazione.
Sezione G
Qualificazione Delle Autorità Competenti
Articolo 28
Requisiti di qualificazione per l'accettazione di riscontri di conformità e certificati
Ciascuna parte dispone di un sistema di certificazione e sorveglianza strutturato ed efficace per l'attuazione del presente allegato, che comprende:
a)
un quadro giuridico e normativo, che garantisce in particolare poteri normativi sui soggetti disciplinati dal sistema regolamentare in materia di sicurezza dell'aviazione civile della parte;
b)
una struttura organizzativa che preveda una chiara descrizione delle responsabilità;
c)
risorse sufficienti, inclusa la disponibilità di personale qualificato con sufficienti conoscenze, esperienza e formazione;
d)
processi adeguati documentati in politiche e procedure;
e)
documentazione e registri; e
f)
un programma di ispezioni consolidato che garantisca un livello uniforme di attuazione del quadro giuridico e normativo tra le varie componenti del sistema di sorveglianza.
Articolo 29
Qualificazione continuativa delle autorità competenti
1. Al fine di mantenere la fiducia reciproca nei rispettivi sistemi regolamentari concernenti l'attuazione del presente allegato, affinché garantiscano un livello di sicurezza sufficientemente equivalente, l'agente tecnico di ciascuna parte valuta regolarmente la conformità delle autorità competenti dell'altra parte ai requisiti di qualificazione di cui all'articolo 28 del presente allegato. Le modalità di tali valutazioni reciproche continue sono descritte in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
2. L'autorità competente di una parte coopera con l'autorità competente dell'altra parte ogniqualvolta siano richieste tali valutazioni, garantendo che gli organismi regolamentate soggetti alla sua sorveglianza consentano l'accesso agli agenti tecnici.
3. Se l'agente tecnico di una parte ritiene che la competenza tecnica di un'autorità competente dell'altra parte non sia più adeguata, o che l'accettazione dei riscontri di conformità effettuati o dei certificati rilasciati da tale autorità competente debba essere sospeso poiché i sistemi dell'altra parte concernenti l'attuazione del presente allegato non garantiscono più un livello di sicurezza equivalente in misura sufficiente per consentire tale accettazione, gli agenti tecnici si consultano per individuare azioni correttive.
4. Se la fiducia reciproca non viene ristabilita con modalità reciprocamente accettabili, l'agente tecnico di ciascuna parte può deferire la questione di cui al paragrafo 3 del presente articolo al Consiglio di supervisione della certificazione.
5. Se la questione non viene risolta dal Consiglio di supervisione della certificazione, ciascuna parte può deferire la questione di cui al paragrafo 3 del presente articolo al comitato misto istituito dall'articolo 11 del presente accordo.
Sezione H
Comunicazioni, consultazioni e sostegno
Articolo 30
Comunicazioni
Fatte salve le deroghe decise dagli agenti tecnici caso per caso, tutte le comunicazioni tra le autorità competenti delle parti, inclusa la documentazione specificata nelle procedure di attuazione tecnica, sono effettuate in lingua inglese.
Articolo 31
Consultazioni tecniche
1. Gli agenti tecnici trattano le questioni concernenti l'attuazione del presente allegato mediante consultazioni.
2. Se dalle consultazioni a norma del paragrafo 1 del presente articolo non emerge una soluzione reciprocamente accettabile, l'agente tecnico di ciascuna parte può deferire la questione di cui al paragrafo 1 del presente articolo al Consiglio di supervisione della certificazione.
3. Se la questione non viene risolta dal Consiglio di supervisione della certificazione, ciascuna parte può sottoporre la questione di cui al paragrafo 1 del presente articolo all'esame del comitato misto istituito dall'articolo 11 del presente accordo.
Articolo 32
Sostegno per le attività di sorveglianza in materia di certificazione e mantenimento dell'aeronavigabilità
Su richiesta, previo accordo reciproco e nella misura consentita dalle risorse disponibili, l'autorità competente di una parte può fornire assistenza tecnica, dati e informazioni all'autorità competente dell'altra parte nell'ambito delle attività di sorveglianza in materia di certificazione e mantenimento dell'aeronavigabilità in relazione a progettazione, produzione e protezione ambientale. Il sostegno da fornire e le relative modalità sono descritti in dettaglio nelle procedure di attuazione tecnica.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Accordo tra l’Unione europea e il Giappone sulla sicurezza dell’aviazione civile
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo intende facilitare il commercio di prodotti aeronautici e correlati tra l’Unione europea (Unione) e il Giappone. Si tratta di un’azione stabilita nella strategia per l’aviazione in Europa della Commissione europea — si veda la sintesi. La decisione (UE) 2020/1026 del Consiglio autorizza la firma e l’applicazione provvisoria dell’Accordo da parte dell’Unione. La decisione (UE) 2021/112 del Consiglio approva l’accordo per conto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
L’accordo mira a:ridurre inutili duplicazioni delle valutazioni dei prodotti aeronautici civili*; ridurre i costi per le autorità e l’industria aeronautica; promuovere la cooperazione tra le autorità dell’aviazione civile dell’Unione, l’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (si veda la sintesi), e l’Ufficio per l’aviazione civile del Giappone.Ambito della cooperazione
L’accordo può comprendere la cooperazione in varie aree, tra cui:certificati di aeronavigabilità e monitoraggio dei prodotti aeronautici civili; certificati ambientali e prove sui prodotti aeronautici civili; certificati di progettazione e produzione e monitoraggio delle imprese di progettazione e di produzione; certificati delle imprese di manutenzione e monitoraggio delle imprese di manutenzione; l’addestramento del personale e il rilascio di relative licenze; valutazione della qualificazione dei simulatori di volo; esercizio degli aeromobili.Obblighi generali
L’Unione e il Giappone concordano di accettare i riscontri di conformità effettuati e i certificati rilasciati dalle autorità competenti o dalle organizzazioni approvate dell’altra parte, come specificato nell’allegato su aeronavigabilità e certificazione ambientale dell’accordo.
Attuazione dell’accordo
È istituito un comitato misto composto da rappresentanti dell’Unione e del Giappone al fine di garantire l’efficace attuazione dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è stato applicato in via provvisoria dal 22 giugno 2020.
È entrato in vigore il 30 giugno 2021.
CONTESTO
Relazioni politiche più ampie tra l’Unione e il Giappone sono disciplinate da un accordo di partenariato economico — si veda la sintesi. Per maggiori informazioni, si veda:Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aereaPolitica estera in materia di aviazione (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Prodotto aeronautico civile: qualsiasi aeromobile civile, motore di aeromobile o propulsore a elica o qualunque sottogruppo, apparecchio, parte o componente che risulta installato o da installare sull’aeromobile.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 229 del 16.7.2020, pag. 4).
Decisione (UE) 2020/1026 del Consiglio, del 24 aprile 2020, relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all’applicazione provvisoria dell’accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 229 del 16.7.2020, pag. 1).
Decisione (UE) 2021/112 del Consiglio, del 25 gennaio 2021, relativa alla conclusione dell’accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 36 del 2.2.2021, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo sulla sicurezza dell’aviazione civile tra l’Unione europea e il Giappone (GU L 230 del 30.6.2021, pag. 4).
Accordo tra l’Unione europea e il Giappone per un partenariato economico (GU L 330 del 27.12.2018, pag. 3).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Una strategia per l’aviazione in Europa [COM(2015) 598 final del 7.12.2015]. |
Specifiche per la progettazione ecocompatibile: server e prodotti di archiviazione dati
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Punta a limitare l’impatto ambientale dei server e dei prodotti di archiviazione dei dati con una serie di regole sull’efficienza energetica.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento stabilisce specifiche di progettazione ecocompatibile* per l’immissione sul mercato e la messa in funzione di server e prodotti di archiviazione dati online. Il regolamento non si applica a:server* destinati ad applicazioni integrate* (embedded);server classificati come server di piccole dimensioni conformemente al regolamento (UE) n. 617/2013;server con più di quattro socket per processori*;server appliance*;server di grandi dimensioni*;server con tolleranza completa ai guasti*;server di rete*;prodotti di archiviazione dati* di piccole dimensioni;prodotti di archiviazione dati di grandi dimensioni. Il regolamento modifica il regolamento (UE) n. 617/2013 per escludere i server dal suo ambito di applicazione. Le specifiche per la progettazione ecocompatibile sono riportate nell’allegato II. Il regolamento specifica le procedure di valutazione della conformità applicabili. Le autorità nazionali devono applicare le procedure di verifica stabilite dall’allegato IV quando effettuano le verifiche di sorveglianza del mercato. L’allegato V stabilisce parametri di riferimento indicativi per i server e i prodotti di archiviazione dati più efficienti disponibili sul mercato. La Commissione europea deve rivedere il regolamento alla luce dei progressi tecnologici e presentarne i risultati, compresa, se del caso, una bozza di proposta di revisione entro marzo 2022.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 7 aprile 2019. Le modifiche del regolamento al regolamento (UE) n. 617/2013 si applicano dal 1o marzo 2020.
CONTESTO
La direttiva 2009/125/CE stabilisce un quadro per definire i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia. La Commissione imposta tali requisiti per i prodotti che sono ampiamente venduti e commercializzati nell’Unione e che hanno un impatto ambientale significativo.
Per maggiori informazioni consultare:Server e prodotti di archiviazione dati: Specifiche per la progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Spiegazione delle nuove misure di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Informazioni sull’etichetta energetica e sulla progettazione ecocompatibile — Risparmio energetico (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Progettazione ecocompatibile. Politica per migliorare, attraverso una migliore progettazione, le prestazioni ambientali dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita, in particolare l’efficienza energetica.
Server. Un prodotto informatico che fornisce servizi e gestisce le risorse di rete per i dispositivi client, quali computer desktop, computer portatili, ecc.
Applicazione integrata. Un’applicazione software permanentemente integrata in un dispositivo industriale o per consumatori, generalmente archiviata in una memoria non volatile come la memoria a sola lettura o la memoria flash.
Server con più di quattro socket per processori. Server contenente più di quattro interfacce progettate per l’installazione di un processore.
Server appliance. Un server che non è pensato per eseguire software fornito dall’utente, che eroga servizi tramite una o più reti, è generalmente gestito attraverso un’interfaccia web o a linea di comando ed è dotato di un sistema operativo pre-installato e di un software applicativo utilizzato per svolgere una funzione specifica o una serie di funzioni strettamente collegate;
Server di grandi dimensioni. Un server resiliente messo in commercio come sistema preintegrato/pretestato alloggiato in uno o più rack (armadi) completi e dotato di un sottosistema I/O ad alta connettività con un minimo di 32 slot I/O dedicati.
Server con tolleranza completa ai guasti. Un server dotato di ridondanza hardware completa (per eseguire contemporaneamente e ripetutamente un unico carico di lavoro in modo da assicurare disponibilità continua in un’applicazione essenziale), in cui ciascun componente informatico è replicato tra due nodi che eseguono in parallelo carichi di lavoro identici.
Server di rete. Un prodotto di rete che contiene gli stessi componenti di un server e, in aggiunta, oltre 11 porte di rete con una velocità di linea complessiva di almeno 12 Gb/s, la capacità di riconfigurare dinamicamente le porte e la velocità e un supporto per un ambiente di virtualizzazione di rete tramite una rete SDN (software defined network).
Prodotto di archiviazione dati. Un sistema di memorizzazione pienamente operativo che offre servizi di archiviazione dei dati a client e dispositivi connessi, direttamente o attraverso una rete.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) 2019/424 della Commissione, del 15 marzo 2019, che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile di server e prodotti di archiviazione dati a norma della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento (UE) n. 617/2013 (Testo rilevante ai fini del SEE.) (GU L 74 del 18.3.2019, pag. 46).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2019/424 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 617/2013 della Commissione, del 26 giugno 2013, recante misure di esecuzione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in merito alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di computer e server informatici (GU L 175 del 27.6.2013, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (UE) 2019/424 DELLA COMMISSIONE
del 15 marzo 2019
che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile di server e prodotti di archiviazione dati a norma della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento (UE) n. 617/2013
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (1), in particolare l'articolo 15, paragrafo 1,
previa consultazione del forum consultivo di cui all'articolo 18 della direttiva 2009/125/CE,
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi della direttiva 2009/125/CE la Commissione è tenuta a fissare specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia che rappresentano un significativo volume di vendite e di scambi commerciali e dotati di un significativo impatto ambientale e significative potenzialità di miglioramento, senza che tali specifiche comportino costi eccessivi.
(2)
La Commissione ha effettuato uno studio preparatorio per analizzare gli aspetti tecnici, ambientali ed economici dei server e dei prodotti di archiviazione dati tradizionalmente utilizzati a scopo commerciale. Lo studio è stato realizzato in cooperazione con le parti in causa e le parti interessate dell'Unione e dei paesi terzi e i suoi risultati sono stati resi pubblici.
(3)
I server e i prodotti di archiviazione dati sono generalmente immessi sul mercato per essere utilizzati nei centri di elaborazione dati e presso uffici e realtà aziendali.
(4)
Gli aspetti ambientali dei server e dei prodotti di archiviazione dati identificati come importanti ai fini del presente regolamento sono il consumo di energia durante l'utilizzo e l'efficienza delle risorse, in particolare con riferimento agli aspetti correlati alla riparabilità, riutilizzabilità, possibilità di aggiornamento (upgrading) e riciclabilità per la sicurezza dell'approvvigionamento.
(5)
È opportuno che le specifiche per la progettazione ecocompatibile armonizzino le prescrizioni in termini di consumo di energia ed efficienza delle risorse dei server e dei prodotti di archiviazione dati in tutta l'Unione, affinché il mercato interno funzioni meglio e siano migliorate le prestazioni ambientali di tali prodotti.
(6)
Si prevede che il consumo annuale di energia direttamente riconducibile ai server sarà pari a 48 TWh nel 2030, oppure a 75 TWh se si considera anche il consumo annuale di energia delle infrastrutture (per esempio sistemi di raffreddamento e gruppi di continuità). Per quanto riguarda i prodotti di archiviazione dati, il consumo annuale di energia dovrebbe essere pari nel 2030 a 30 TWh, o a 47 TWh se si considerano anche le infrastrutture. Lo studio preparatorio dimostra che è possibile ridurre in misura significativa il consumo di energia durante l'uso dei server e dei prodotti di archiviazione dati.
(7)
Si prevede che entro il 2030 l'applicazione delle specifiche per la progettazione ecocompatibile definite nel presente regolamento comporterà risparmi annuali di energia pari a circa 9 TWh (approssimativamente il consumo annuo di energia elettrica dell'Estonia nel 2014). In particolare, si stima che entro il 2030 l'effetto delle specifiche per la progettazione ecocompatibile dei server di cui al presente regolamento genererà un risparmio annuale diretto di energia di circa 2,4 TWh e un risparmio annuale indiretto (relativo alle infrastrutture) di 3,7 TWh, per un risparmio complessivo di 6,1 TWh, corrispondente a un totale di 2,1 Mt di tonnellate di CO2 equivalente. Si calcola inoltre che entro il 2030 l'effetto delle specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti di archiviazione dati stabilite dal presente regolamento genererà un risparmio annuale diretto di energia di circa 0,8 TWh e un risparmio annuale indiretto (relativo alle infrastrutture) di 2 TWh, per un risparmio complessivo di 2,8 TWh, corrispondente a un totale di 0,9 Mt di tonnellate di CO2 equivalente.
(8)
In linea con il piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare (2), la Commissione dovrebbe fare in modo che, in sede di fissazione o revisione dei criteri di progettazione ecocompatibile, sia prestata particolare attenzione agli aspetti inerenti all'economia circolare, quali durabilità e riparabilità. È auspicabile quindi definire specifiche concernenti gli aspetti non energetici, tra cui l'estrazione di componenti chiave e di materie prime essenziali (CRM), la disponibilità di funzionalità per la cancellazione sicura dei dati e la fornitura della versione più recente di firmware.
(9)
La specifica relativa all'estrazione di componenti essenziali dovrebbe favorire la riparabilità e la possibilità di aggiornamento (upgrading) di server e prodotti di archiviazione dati, in particolare da parte di terzi (tra cui imprese di riparazione di ricambi e di manutenzione).
(10)
Si è accennato alla possibilità di disciplinare le materie prime essenziali nei regolamenti sulla progettazione ecocompatibile (anche per i server delle imprese) nel recente documento dei servizi della Commissione dal titolo «Report on Critical Raw Materials and the Circular Economy» (Relazione sulle materie prime essenziali e sull'economia circolare) (3).
(11)
La specifica relativa a una funzionalità per la cancellazione sicura dei dati potrebbe essere applicata con soluzioni tecniche come, per esempio, una funzione integrata in un firmware, generalmente nel sistema BIOS (Basic Input/Output System), in un software incorporato in un ambiente di caricamento autonomo fornito su CD (compact disc), DVD (digital versatile disc) o dispositivo di memoria USB di avvio compreso nel prodotto, o in un software installabile nei sistemi operativi supportati forniti con il prodotto.
(12)
Si ritiene che le prescrizioni relative agli aspetti non energetici concorreranno a prolungare il ciclo di vita dei server facilitandone l'ammodernamento e il riutilizzo, mantenendo al tempo stesso la conformità ai principi del rispetto della vita privata e della protezione dei dati personali sanciti dal regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).
(13)
Il consumo energetico dei server e dei prodotti di archiviazione dati può essere ridotto applicando le tecnologie non proprietarie esistenti senza che aumentino i costi combinati di acquisto e funzionamento di tali prodotti.
(14)
Le specifiche per la progettazione ecocompatibile non dovrebbero incidere sulla funzionalità o sull'accessibilità economica dei server e dei prodotti di archiviazione dati dal punto di vista dell'utilizzatore finale, né ripercuotersi negativamente sulla salute, la sicurezza o l'ambiente.
(15)
Il presente regolamento si applica fatte salve le disposizioni della normativa dell'Unione in materia di sicurezza e salute, in particolare la direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), che riguarda tutti i rischi per la salute e sicurezza presentati dal materiale elettrico destinato a essere adoperato a una tensione nominale compresa fra 50 e 1 000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua.
(16)
È opportuno che l'introduzione di specifiche per la progettazione ecocompatibile lasci ai produttori un tempo sufficiente per riprogettare i propri prodotti disciplinati dal presente regolamento. È auspicabile che il calendario tenga conto delle ripercussioni sui costi dei produttori, in particolare per le piccole e medie imprese, assicurando nel contempo che gli obiettivi del presente regolamento siano raggiunti nei tempi previsti.
(17)
I parametri di prodotto dovrebbero essere misurati e calcolati con metodi di misurazione affidabili, accurati e riproducibili, che tengano conto delle metodologie di misurazione e calcolo più avanzate e riconosciute, comprese le eventuali norme armonizzate adottate su richiesta della Commissione dagli organismi europei di normazione in applicazione delle procedure di cui al regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6).
(18)
Ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, il presente regolamento specifica le procedure di valutazione della conformità applicabili.
(19)
Per agevolare i controlli della conformità è opportuno che i fabbricanti forniscano le informazioni contenute nella documentazione tecnica di cui agli allegati IV e V della direttiva 2009/125/CE, sempreché tali informazioni si riferiscano alle specifiche stabilite nel presente regolamento.
(20)
Oltre alle specifiche giuridicamente vincolanti stabilite nel presente regolamento, è necessario definire parametri di riferimento indicativi per le migliori tecnologie disponibili, al fine di garantire la massima disponibilità e accessibilità delle informazioni relative alle prestazioni ambientali durante il ciclo di vita dei server e dei prodotti di archiviazione dati.
(21)
Il regolamento (UE) n. 617/2013 della Commissione (7) dovrebbe essere modificato per escludere i server informatici dal suo ambito di applicazione, onde evitare sovrapposizioni con gli stessi prodotti nell'ambito di applicazione del presente regolamento.
(22)
Le definizioni del presente regolamento relative ai prodotti di archiviazione dati sono coerenti con la terminologia elaborata nell'ambito dell'iniziativa «Green Storage Initiative» dell'associazione Storage Networking Industry Association (SNIA) come definita nella tassonomia Emerald della SNIA.
(23)
In particolare, la definizione di prodotti di archiviazione dati di piccole dimensioni corrisponde all'apparecchiatura online 1 di cui alla tassonomia Emerald della SNIA, mentre la definizione di prodotti di archiviazione dati di grandi dimensioni corrisponde alle apparecchiature online 5 e 6 della tassonomia Emerald.
(24)
Le definizioni del presente regolamento concernenti i tipi di prodotti server, l'efficienza e le prestazioni dei server e la potenza massima sono coerenti con la terminologia adottata in EN 303 470:2018. I metodi di misurazione e calcolo per l'efficienza dei server sono coerenti con i metodi adottati in EN 303 470:2018.
(25)
Le classi di condizioni operative e le loro caratteristiche sono coerenti con la classificazione di cui alle «Thermal Guidelines for Data Processing Environments» (Linee guida sulle condizioni ambientali nei locali informatizzati) dell'American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers. In particolare, le condizioni limite per ciascuna classe di condizione operativa (come temperatura e umidità) rispettano gli intervalli di parametri ambientali consentiti indicati nelle «Thermal Guidelines for Data Processing Environments», in cui i produttori testano le loro apparecchiature per verificare che funzionino entro tali limiti.
(26)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce le specifiche per la progettazione ecocompatibile relative all'immissione sul mercato e alla messa in funzione di server e prodotti di archiviazione dati online.
2. Il presente regolamento non si applica ai seguenti prodotti:
a)
server destinati ad applicazioni integrate (embedded);
b)
server classificati come server di piccole dimensioni conformemente al regolamento (UE) n. 617/2013;
c)
server con più di quattro socket per processori;
d)
server appliance;
e)
server di grandi dimensioni;
f)
server con tolleranza completa ai guasti;
g)
server di rete;
h)
prodotti di archiviazione dati di piccole dimensioni;
i)
prodotti di archiviazione dati di grandi dimensioni.
Articolo 2
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
1)
«server»: un apparecchio informatico che fornisce servizi e gestisce risorse in rete per dispositivi client, come ad esempio computer da tavolo (desktop), computer portatili, desktop thin client, telefoni IP, smartphone, tablet, sistemi di telecomunicazione, sistemi automatizzati o altri server. Vi si accede principalmente tramite connessioni di rete e non attraverso componenti per l'immissione diretta dei dati da parte dell'utente, quali una tastiera o un mouse. Un server presenta le seguenti caratteristiche:
a)
è progettato per supportare i sistemi operativi (OS) per server e/o gli hypervisor, e per l'esecuzione di applicativi aziendali installati dall'utente;
b)
supporta il codice autocorrettore (error-correcting code - ERR) e/o una memoria tampone [compresi i moduli di memoria DIMM (dual in-line memory modules) bufferizzati e le configurazioni con memoria BOB (buffered on board)];
c)
tutti i processori hanno accesso a una memoria di sistema condivisa e sono visibili in maniera indipendente da un unico OS o hypervisor;
2)
«server con più di quattro socket per processori»: un server contenente più di quattro interfacce progettate per l'installazione di un processore. Per i server multinodo questo termine si riferisce ai server che presentano più di quattro socket per processori in ogni nodo server;
3)
«applicazione integrata»: un'applicazione software permanentemente integrata in un dispositivo industriale o per consumatori, generalmente archiviata in una memoria non volatile come la memoria a sola lettura o la memoria flash;
4)
«server appliance»: un server che non è pensato per eseguire software fornito dall'utente, che eroga servizi tramite una o più reti, è generalmente gestito attraverso un'interfaccia web o a linea di comando ed è dotato di un sistema operativo pre-installato e di un software applicativo utilizzato per svolgere una funzione specifica o una serie di funzioni strettamente collegate;
5)
«server resiliente»: un server dotato di ampie funzionalità RAS (Reliability, Availability, Serviceability) e caratteristiche di scalabilità integrate nella microarchitettura del sistema, dell'unità di elaborazione centrale (central processing unit - CPU) e del chipset;
6)
«server di grandi dimensioni»: un server resiliente messo in commercio come sistema preintegrato/pretestato alloggiato in uno o più rack (armadi) completi e dotato di un sottosistema I/O ad alta connettività con un minimo di 32 slot I/O dedicati;
7)
«server multinodo»: un server progettato con due o più nodi server indipendenti che condividono un unico involucro e una o più unità di alimentazione. In un server multinodo l'energia elettrica è distribuita a tutti i nodi mediante le unità di alimentazione condivise. I nodi server in un server multinodo non sono progettati per essere sostituiti a caldo (hot-swappable);
8)
«server con tolleranza completa ai guasti»: un server dotato di ridondanza hardware completa (per eseguire contemporaneamente e ripetutamente un unico carico di lavoro in modo da assicurare disponibilità continua in un'applicazione essenziale), in cui ciascun componente informatico è replicato tra due nodi che eseguono in parallelo carichi di lavoro identici (ossia, se un nodo smette di funzionare oppure deve essere riparato, il secondo nodo può eseguire le operazioni da solo per evitare che il server resti inattivo);
9)
«server di rete»: un prodotto di rete che contiene gli stessi componenti di un server e, in aggiunta, oltre 11 porte di rete con una velocità di linea complessiva di almeno 12 Gb/s, la capacità di riconfigurare dinamicamente le porte e la velocità e un supporto per un ambiente di virtualizzazione di rete tramite una rete SDN (software defined network);
10)
«prodotto di archiviazione dati»: un sistema di memorizzazione pienamente operativo che offre servizi di archiviazione dei dati a client e dispositivi connessi, direttamente o attraverso una rete. I componenti e i sottosistemi che sono parte integrante dell'architettura del prodotto di archiviazione dati (per esempio, per fornire comunicazioni interne tra controllori e dischi) sono considerati parti del prodotto di archiviazione dati. Al contrario, i componenti normalmente associati a un ambiente di archiviazione a livello di centro di elaborazione dati [per esempio dispositivi necessari per il funzionamento di una rete SAN (storage area network) esterna] non sono considerati parte del prodotto di archiviazione dati. Il prodotto può essere costituito da controller di archiviazione integrati, dispositivi di archiviazione dati, elementi di rete incorporati, software e altri dispositivi;
11)
«unità disco rigido» (hard disk drive, HDD), dispositivo di archiviazione dati che legge e scrive su uno o più dischi magnetici rotanti;
12)
«unità disco a stato solido» (solid state drive, SSD), dispositivo di archiviazione dati che legge e scrive su una memoria a stato solido non volatile invece che su dischi magnetici rotanti;
13)
«dispositivo di archiviazione dati»: un dispositivo che consente la memorizzazione non volatile dei dati, a eccezione degli elementi di archiviazione con funzioni di aggregazione come i sottosistemi di RAID (redundant arrays of indipendent disks, insiemi ridondanti di dischi indipendenti), le librerie a nastri robotizzate, gli storage filer, i server di archivio e i dispositivi di archiviazione non direttamente accessibili da programmi applicativi per l'utente finale, ma che vengono impiegati come una cache interna;
14)
«prodotto di archiviazione dati online»: un prodotto di archiviazione dati ideato per l'accesso casuale online dei dati, che consente l'accesso casuale o sequenziale, con un tempo massimo di accesso ai primi dati inferiore a 80 millisecondi;
15)
«prodotto di archiviazione dati di piccole dimensioni»: un prodotto di archiviazione dati contenente al massimo tre dispositivi di archiviazione dati;
16)
«prodotto di archiviazione dati di grandi dimensioni»: un prodotto di archiviazione dati mainframe o di elevata qualità che nella sua configurazione massima può supportare oltre 400 dispositivi di archiviazione dati, dotato delle seguenti caratteristiche obbligatorie: nessun SPF (single point of failure, singolo punto di vulnerabilità), facilità di manutenzione di tipo non distruttivo e controller di archiviazione integrato.
2. Ai fini degli allegati da II a V, l'allegato I reca definizioni supplementari.
Articolo 3
Specifiche per la progettazione ecocompatibile e calendario
1. Le specifiche per la progettazione ecocompatibile per server e prodotti di archiviazione dati online sono stabilite nell'allegato II.
2. A decorrere dal 1o marzo 2020 i server devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui ai punti 1.1.1, 1.2.1, 1.2.2, 2.1, 2.2, 3.1, 3.3 e 3.4 dell'allegato II.
3. A decorrere dal 1o marzo 2020 i prodotti di archiviazione dati online devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui ai punti 1.1.1, 1.2.1, 1.2.2, 3.2, 3.3 e 3.4 dell'allegato II.
a)
A decorrere dal 1o marzo 2021 i server e i prodotti di archiviazione dati online devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui al punto 1.2.3 dell'allegato II.
b)
A decorrere dal 1o gennaio 2023 i server e i prodotti di archiviazione dati online devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui al punto 1.1.2 dell'allegato II.
c)
La conformità alle specifiche per la progettazione ecocompatibile è misurata e calcolata in base ai metodi che figurano nell'allegato III.
Articolo 4
Valutazione di conformità
1. La procedura applicabile per la valutazione di conformità di cui all'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE è il sistema per il controllo interno della progettazione di cui all'allegato IV della suddetta direttiva o il sistema di gestione di cui all'allegato V della stessa.
2. Ai fini della valutazione di conformità di cui all'articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, la documentazione tecnica contiene le informazioni stabilite all'allegato II, punto 3.4, del presente regolamento.
Articolo 5
Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato
Quando effettuano le verifiche a fini di sorveglianza del mercato di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, gli Stati membri applicano la procedura di verifica di cui all'allegato IV del presente regolamento.
Articolo 6
Elusione
Il fabbricante o l'importatore non immette sul mercato prodotti progettati per essere in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova (ad esempio riconoscendo le condizioni o il ciclo di prova) e per reagire in modo specifico alterando le loro prestazioni durante la prova allo scopo di raggiungere un livello più favorevole per qualsiasi parametro dichiarato dal fabbricante o dall'importatore nella documentazione tecnica o in qualsiasi altra documentazione fornita.
Articolo 7
Parametri di riferimento indicativi
I parametri di riferimento indicativi per i server e i prodotti di archiviazione dati più efficienti disponibili sul mercato al 7 aprile 2019 sono stabiliti all'allegato V.
Articolo 8
Riesame
La Commissione valuta il presente regolamento e presenta i risultati di tale valutazione, compreso, se del caso, un progetto di proposta di revisione, al forum consultivo entro marzo 2022. Tale valutazione riesamina le specifiche alla luce del progresso tecnologico e considera in particolare se sia opportuno:
a)
aggiornare particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative all'efficienza dei server allo stato attivo;
b)
aggiornare particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative ai server allo stato inattivo;
c)
aggiornare le definizioni o l'ambito di applicazione del regolamento;
d)
aggiornare le specifiche per l'efficienza dei materiali per i server e i prodotti di archiviazione dati, compresi gli obblighi in materia di informazione sulle materie prime essenziali supplementari (tantalio, gallio, disprosio e palladio), tenendo conto delle esigenze delle imprese di riciclaggio;
e)
escludere i server appliance, i server di grandi dimensioni, i server con tolleranza completa ai guasti e i server di rete dall'ambito di applicazione del regolamento,
f)
escludere i server resilienti, i server HPC (High Performance Computing, calcolo ad alte prestazioni) e i server con APA integrato dalle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui all'allegato II, punti 2.1 e 2.2;
g)
stabilire particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative alla funzione di gestione dell'alimentazione del processore dei server;
h)
stabilire particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative alla classe di condizione operativa;
i)
stabilire particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative all'efficienza, alle prestazioni e al consumo energetico dei prodotti di archiviazione dati.
Articolo 9
Modifica del regolamento (UE) n. 617/2013
Il regolamento (UE) n. 617/2013 è così modificato:
1.
l'articolo 1 è così modificato:
a)
il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il presente regolamento definisce le specifiche per la progettazione ecocompatibile per l'immissione sul mercato di computer.»;
b)
al paragrafo 2, è soppressa la lettera h);
c)
al paragrafo 3, le lettere da a) a d) sono soppresse.
2.
L'articolo 2 è così modificato:
a)
il punto 2 è soppresso;
b)
il punto 4 è sostituito dal seguente:
«4)
«unità di alimentazione interna», un componente progettato per convertire la tensione alternata in ingresso in tensione(i) continua(e) ai fini dell'alimentazione del computer; presenta le seguenti caratteristiche:
a)
si trova all'interno dell'alloggiamento del computer ma è separata dalla scheda principale del computer;
b)
l'alimentatore si collega alla rete elettrica mediante un singolo cavo, senza circuiti intermedi fra l'alimentatore e la rete elettrica; e
c)
tutte le connessioni elettriche dall'alimentatore ai componenti del computer, ad eccezione di una connessione a corrente continua allo schermo di un computer da tavolo (desktop) integrato, si trovano all'interno dell'alloggiamento del computer.
I convertitori interni CC-CC utilizzati per convertire una singola tensione continua da un alimentatore esterno in tensioni multiple da utilizzare nel computer non sono considerati alimentatori interni;»;
c)
i punti da 12 a 16 sono soppressi;
d)
il punto 22 è sostituito dal seguente:
«22)
«tipo di prodotto», desktop, desktop integrato, computer portatile, desktop thin client, stazione di lavoro, stazione di lavoro mobile, server di piccole dimensioni, console per videogiochi, docking station, alimentatore interno o alimentatore esterno.».
3.
L'articolo 3 è sostituito dal seguente:
«Articolo 3
Specifiche per la progettazione ecocompatibile
Le specifiche per la progettazione ecocompatibile dei computer sono definite nell'allegato II.
La conformità dei computer alle specifiche di progettazione ecocompatibile è misurata secondo i metodi di cui all'allegato III.».
4.
All'articolo 7, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Il controllo della conformità dei computer alle specifiche per la progettazione ecocompatibile applicabili deve essere effettuato a norma della procedura di verifica di cui al punto 2 dell'allegato III del presente regolamento.».
5.
L'allegato II è così modificato:
a)
il punto 5.2 è soppresso;
b)
il titolo del punto 7.3 è sostituito dal seguente:
«Stazioni di lavoro, stazioni di lavoro mobili, desktop thin client e server di piccole dimensioni».
Articolo 10
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Tuttavia, l'articolo 9 si applica a decorrere dal 1o marzo 2020.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 15 marzo 2019
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10.
(2) COM(2015) 614 final.
(3) SWD(2018) 36 final.
(4) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(5) Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357).
(6) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).
(7) Regolamento (UE) n. 617/2013, del 26 giugno 2013, recante misure di esecuzione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in merito alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di computer e server informatici (GU L 175 del 27.6.2013, pag. 13).
ALLEGATO I
Definizioni applicabili agli allegati da II a V
Ai fini degli allegati da II a V si intende per:
1)
«server con uno o due socket per processori», un server contenente uno o due interfacce progettate per l'installazione di un processore. Per i server multinodo, questo termine si riferisce ad un server con uno o due socket per processori in ciascun nodo server;
2)
«dispositivo di ingresso/uscita» (Input/Output - I/O), un dispositivo che consente l'immissione e la restituzione di dati tra un server o un prodotto di archiviazione dati e altri dispositivi. Può essere parte integrante della scheda madre del server o essere collegato a quest'ultima tramite slot di espansione [ad esempio PCI (Peripheral Component Interconnect, interconnessione di componente periferica) o PCIe (Peripheral Component Interconnect Express, standard di interfaccia d'espansione a bus seriale)];
3)
«scheda madre», il circuito principale del server. Ai fini del presente regolamento, la scheda madre contiene i connettori per collegare altre schede e, di norma, i seguenti componenti: processore, memoria, BIOS e slot di espansione;
4)
«processore», il circuito logico che elabora ed esegue le istruzioni di base che fanno funzionare il server. Ai fini del presente regolamento, il processore è la CPU del server. La CPU tipica è un pacchetto fisico installato sulla scheda madre del server mediante un socket o saldatura diretta. Il pacchetto della CPU può comprendere uno o più nuclei fisici;
5)
«memoria», una parte del server esterna al processore in cui sono conservate le informazioni per uso immediato da parte del processore, espressa in gigabyte (GB);
6)
«scheda di espansione», un componente interno collegato da una connessione EDGE a un'interfaccia comune/standard come una PCIe e che fornisce funzionalità aggiuntive;
7)
«scheda grafica», una scheda di espansione contenente una o più unità di elaborazione grafica con un'interfaccia di controllo della memoria locale e una memoria locale specifica per la grafica;
8)
«canale a doppia velocità bufferizzato» (buffered double data rate - DDR), un canale o una porta di memoria che collega un controller di memoria a un numero definito di dispositivi di memoria in un server. Un server standard può contenere svariati controller di memoria, che a loro volta possono supportare uno o più canali DDR bufferizzati, ciascuno dei quali serve soltanto una parte dello spazio totale di memoria indirizzabile del server;
9)
«server blade», un server progettato per essere utilizzato in un alloggiamento blade. Si tratta di un dispositivo ad alta densità, costituito da almeno un processore e una memoria di sistema, che funge da server indipendente ma il cui funzionamento dipende da risorse condivise site nell'alloggiamento blade (ad esempio unità di alimentazione, raffreddamento). Un processore o un modulo di memoria che, secondo la documentazione tecnica del prodotto, non è inteso ad espandere un server autonomo non è considerato un server blade;
10)
«alloggiamento blade» (a lame), un involucro contenente risorse condivise per il funzionamento di server blade, unità di memoria blade e altri dispositivi blade. Tra le risorse condivise contenute nell'alloggiamento blade possono rientrare unità di alimentazione, memoria dati, hardware per la distribuzione di corrente continua, gestione termica, gestione del sistema e servizi di rete;
11)
«server HPC (High Performance Computing, calcolo ad alte prestazioni)», un server progettato e ottimizzato per eseguire applicazioni altamente parallele, per applicazioni informatiche a prestazioni elevate o applicazioni di intelligenza artificiale per l'apprendimento profondo. I server HPC devono soddisfare tutti i seguenti criteri:
a)
presentare vari nodi informatici, raggruppati principalmente per aumentare la capacità di calcolo;
b)
essere dotati di interconnessioni (inter-processing connections - IPC) nodali ad alta velocità;
12)
«famiglia di server», una descrizione di alto livello riguardante un gruppo di server aventi la stessa combinazione di alloggiamento e scheda madre che può contenere più configurazioni hardware e software. Tutte le configurazioni di una famiglia di server devono avere le seguenti caratteristiche comuni:
a)
appartenere alla stessa linea di modelli o allo stesso tipo di macchina;
b)
presentare lo stesso fattore di forma (ad esempio alloggiamento rack, blade, su piedistallo) o la stessa progettazione meccanica ed elettrica, con leggere differenze dal punto di vista meccanico per consentire la compatibilità con più fattori di forma;
c)
disporre degli stessi processori appartenenti a un'unica serie specifica o che possano essere ospitati in un tipo di socket comune;
d)
condividere la stessa o le stesse unità di alimentazione;
e)
avere lo stesso numero di socket per processori disponibili e lo stesso numero di socket per processori popolati;
13)
«unità di alimentazione», un dispositivo che trasforma la corrente alternata (CA) o continua (CC) in ingresso in una o più correnti continue in uscita ai fini dell'alimentazione di un server o di un prodotto di archiviazione dati. L'unità di alimentazione per server o prodotti di archiviazione dati deve essere autonoma e fisicamente separabile dalla scheda madre e deve collegarsi al sistema tramite una connessione elettrica amovibile o fissa;
14)
«fattore di potenza», il rapporto tra il consumo energetico reale in Watt e la potenza apparente assorbita in volt ampere;
15)
«unità di alimentazione monouscita», un'unità di alimentazione concepita in modo da fornire la maggior parte della sua potenza nominale a un'uscita in corrente continua principale ai fini dell'alimentazione di un server o di un prodotto di archiviazione dati. Questo tipo di unità di alimentazione può offrire una o più uscite in modalità attesa che restano attive se collegate a una fonte di alimentazione. La potenza nominale totale in uscita di eventuali uscite di unità di alimentazione aggiuntive che non siano principali né in modalità attesa non deve essere superiore a 20 Watt. Le unità di alimentazione che possiedono più uscite con la stessa tensione dell'uscita principale sono considerate unità di alimentazione monouscita a meno che tali tensioni:
a)
siano generate da convertitori separati o abbiano stadi separati di raddrizzamento della tensione di uscita, oppure
b)
abbiano limiti di corrente indipendenti;
16)
«unità di alimentazione pluriuscita», un'unità di alimentazione concepita in modo da fornire la maggior parte della sua potenza nominale a più di un'uscita in corrente continua principale ai fini dell'alimentazione di un server o di un prodotto di archiviazione dati. Questo tipo di unità di alimentazione può offrire una o più uscite in modalità attesa che restano attive se collegate a una fonte di alimentazione. La potenza nominale totale in uscita di eventuali uscite di unità di alimentazione aggiuntive che non siano principali né in modalità attesa non deve essere pari o superiore a 20 Watt.
17)
«server a corrente continua», un server progettato unicamente per funzionare con alimentazione fornita da una fonte di corrente continua;
18)
«prodotto di archiviazione dati a corrente continua», un prodotto di archiviazione dati progettato unicamente per funzionare con alimentazione fornita da una fonte di corrente continua;
19)
«stato inattivo», stato operativo in cui è stato completato il caricamento del sistema operativo e degli altri software, il server è in grado di completare le transazioni del carico di lavoro, ma il sistema non chiede alcuna transazione attiva né vi sono transazioni attive in sospeso (ossia, il server è operativo ma non svolge alcuna operazione utile). Per i server cui si applicano le norme ACPI (Advanced Configuration and Power Interface - interfaccia di alimentazione e configurazione avanzata), lo stato inattivo corrisponde soltanto allo stato di livello S0;
20)
«consumo di energia allo stato inattivo (Pidle)», il consumo di energia, in Watt, allo stato inattivo;
21)
«configurazione per prestazioni basse» di una famiglia di server, la combinazione di due dispositivi di archiviazione dati, un processore con il prodotto più basso di numero di nuclei (core count) e frequenza (in GHz) e capacità di memoria (in GB) quanto meno pari al prodotto del numero di canali di memoria, nonché la capacità DIMM (dual in-line memory modules) minima (in GB) offerta sul server che rappresenta il modello di prodotto con le prestazioni più basse nell'ambito della famiglia di server. Tutti i canali di memoria devono essere popolati con DIMM aventi la medesima progettazione e capacità;
22)
«configurazione per prestazioni elevate» di una famiglia di server, la combinazione di due dispositivi di archiviazione dati, un processore con il prodotto più elevato di numero di nuclei (core count) e frequenza e capacità di memoria (in GB) pari o superiore a 3 volte il prodotto del numero di CPU, nuclei fisici (core) e thread hardware che rappresenta il modello di prodotto con le prestazioni più elevate nell'ambito della famiglia di prodotti. Tutti i canali di memoria devono essere popolati con DIMM aventi la medesima progettazione e capacità;
23)
«thread hardware», le risorse hardware presenti nel nucleo fisico di una CPU necessarie per eseguire un flusso di istruzioni software. Il nucleo di una CPU può avere le risorse per eseguire simultaneamente più di un thread;
24)
«efficienza allo stato attivo» (Effserver), il valore numerico per l'efficienza dei server, misurato e calcolato a norma dell'allegato III, punto 3;
25)
«stato attivo», stato operativo in cui il server esegue operazioni in risposta a richieste esterne precedenti o simultanee (ad esempio un'istruzione impartita mediante la rete). Questo stato include sia l'elaborazione attiva sia la ricerca o il recupero dei dati archiviati nella memoria, nella cache o in dispositivi interni/esterni di archiviazione durante l'attesa di ulteriori istruzioni impartite mediante la rete;
26)
«prestazioni del server», il numero di operazioni per unità di tempo eseguite dal server nell'ambito di test standardizzati dei componenti di sistema discreti (per esempio processori, memoria e archiviazione) e dei sottosistemi (per esempio, RAM e CPU);
27)
«potenza massima» (Pmax), la potenza più elevata, in Watt, registrata sugli undici punteggi (scores) di worklet conformemente alla norma;
28)
«prestazioni della CPU (PerfCPU)», il numero di operazioni per unità di tempo eseguite dal server nell'ambito di test standardizzati del sottosistema CPU;
29)
«acceleratore ausiliare di elaborazione» (Auxiliary Processing Accelerator - APA), un processore specializzato, e il sottosistema ad esso associato, che fornisce un incremento della capacità di elaborazione, come per esempio GPU (graphical processing units - unità di elaborazione grafica) o dispositivi programmabili FPGA (field programmable gate arrays). Un APA non può funzionare in un server senza una CPU. Gli APA possono essere installati su un server su schede grafiche o su schede aggiuntive di espansione installate in slot di espansione aggiuntivi universali o integrati in un componente del server come la scheda madre;
30)
«APA di espansione», un APA presente su una scheda aggiuntiva installata in uno slot di espansione aggiuntivo. Una scheda aggiuntiva con APA di espansione può contenere uno o più APA e/o commutatori amovibili, dedicati e separati;
31)
«APA integrato», un APA integrato nella scheda madre o nel pacchetto CPU;
32)
«tipo di prodotto», il modello del server o del prodotto di archiviazione dati compreso l'alloggiamento (rack, a torre o blade), il numero di socket e, per i server, il fatto che si tratti di un server resiliente, di un server blade, di un server multinodo, di un server HPC, di un server con APA integrato, di un server a corrente continua o di un server che non rientra in nessuna delle precedenti categorie;
33)
«smontaggio», un'operazione per cui un elemento viene rimosso in modo da poter essere successivamente rimontato e messo in funzione;
34)
«firmware», un sistema, un hardware, un componente o una programmazione periferica forniti con il prodotto per impartire istruzioni di base per il funzionamento dell'hardware, compresi tutti gli aggiornamenti pertinenti dei programmi e dell'hardware;
35)
«cancellazione sicura dei dati», la cancellazione efficace di tutti i dati di un dispositivo di archiviazione dati, che sovrascriva completamente i dati in modo che l'accesso ai dati originali, o a loro parti, diventi impraticabile a un determinato livello di sforzo.
ALLEGATO II
Specifiche per la progettazione ecocompatibile
1. SPECIFICHE PER LA PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE RELATIVE A SERVER E PRODOTTI DI ARCHIVIAZIONE DATI ONLINE
1.1. Specifiche relative all'efficienza delle unità di alimentazione e al fattore di potenza
1.1.1. Dal 1o marzo 2020, per i server e i prodotti di archiviazione dati online, ad eccezione dei server a corrente continua e dei prodotti di archiviazione dati a corrente continua, l'efficienza dell'unità di alimentazione al livello di carico nominale del 10 %, 20 %, 50 % e 100 % e il fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 % non devono essere inferiori ai valori riportati nella tabella 1.
Tabella 1
Specifiche minime relative all'efficienza delle unità di alimentazione e al fattore di potenza a partire dal 1o marzo 2020
Efficienza minima dell'unità di alimentazione
Fattore di potenza minimo
% del carico nominale
10 %
20 %
50 %
100 %
50 %
Pluriuscita
—
88 %
92 %
88 %
0,90
Monouscita
—
90 %
94 %
91 %
0,95
1.1.2. Dal 1o gennaio 2023, per i server e i prodotti di archiviazione dati online, ad eccezione dei server a corrente continua e dei prodotti di archiviazione dati a corrente continua, l'efficienza dell'unità di alimentazione al livello di carico nominale del 10 %, 20 %, 50 % e 100 % e il fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 % non devono essere inferiori ai valori riportati nella tabella 2.
Tabella 2
Specifiche minime relative all'efficienza delle unità di alimentazione e al fattore di potenza a partire dal 1o gennaio 2023
Efficienza minima dell'unità di alimentazione
Fattore di potenza minimo
% del carico nominale
10 %
20 %
50 %
100 %
50 %
Pluriuscita
—
90 %
94 %
91 %
0,95
Monouscita
90 %
94 %
96 %
91 %
0,95
1.2. Specifiche relative all'efficienza dei materiali
1.2.1. Dal 1o marzo 2020 i fabbricanti devono garantire che le tecniche di giunzione, fissaggio o saldatura non impediscano lo smontaggio, a fini di riparazione o riutilizzo, dei seguenti componenti, se presenti:
a)
dispositivi di archiviazione dati;
b)
memoria;
c)
processore (CPU);
d)
scheda madre;
e)
scheda di espansione/scheda grafica;
f)
unità di alimentazione;
g)
alloggiamento;
h)
batterie.
1.2.2. Dal 1o marzo 2020 deve essere fornita una funzione di cancellazione sicura dei dati che permetta di cancellare i dati contenuti in tutti i dispositivi di archiviazione dati del prodotto.
1.2.3. Dal 1o marzo 2021 deve essere messa a disposizione, gratuitamente o a un costo equo, trasparente e non discriminatorio, la versione più recente disponibile del firmware a partire da due anni dopo l'immissione sul mercato del primo prodotto di un determinato modello di prodotto, per un periodo minimo di otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto. L'ultimo aggiornamento di sicurezza del firmware disponibile deve essere messo a disposizione gratuitamente dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto.
2. SPECIFICHE PER LA PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE ESCLUSIVE PER SERVER CON UNO O DUE SOCKET PER PROCESSORI
2.1. Consumo di energia allo stato inattivo
Dal 1o marzo 2020 il consumo di energia allo stato inattivo (Pidle
) dei server, ad eccezione dei server resilienti, dei server HPC e dei server con APA integrato, non deve superare il valore calcolato utilizzando la seguente equazione:
Pidle
= Pbase
+ΣPadd_i
dove Pbase è la tolleranza di base per il consumo allo stato inattivo di cui alla tabella 3 e ΣPadd_i
è la somma dei consumi di energia allo stato inattivo tollerati per componenti aggiuntivi applicabili, specificate nella tabella 4. Per i server blade, Pidle
è calcolato come il consumo totale misurato diviso il numero di server blade installati nell'alloggiamento blade sottoposto a prova. Per i server multinodo, il numero di socket è conteggiato per nodo mentre Pidle
è calcolato come il consumo totale misurato diviso il numero di nodi installati nell'alloggiamento sottoposto a prova.
Tabella 3
Tolleranze di base per il consumo allo stato inattivo
Tipo di prodotto
Tolleranza di base per il consumo allo stato inattivo, Pbase (W)
Server a 1 socket (né server blade né server multinodo)
25
Server a 2 socket (né server blade né server multinodo)
38
Server blade o multinodo
40
Tabella 4
Tolleranze supplementari per il consumo allo stato inattivo per componenti aggiuntivi
Caratteristiche del sistema
Applicabile a
Tolleranza supplementare per il consumo allo stato inattivo
Prestazioni della CPU
Tutti i server
1 socket: 10 × PerfCPU W
2 socket: 7 × PerfCPU W
Unità di alimentazione aggiuntiva
Unità di alimentazione installate esplicitamente per la ridondanza dell'alimentazione
10 W per unità di alimentazione
HDD o SSD
Per HDD o SSD installati
5,0 W per HDD o SSD
Memoria supplementare
Memoria installata superiore a 4 GB
0,18 W per GB
Canale DDR con buffer aggiuntivo
Più di 8 canali DDR con buffer installati
4,0 watt per canale DDR con buffer
Dispositivi I/O aggiuntivi
Dispositivi installati equivalenti a più di 2 porte con velocità ≥ 1 Gbit, funzionalità Ethernet di serie
< 1 Gb/s: nessuna tolleranza
= 1 Gb/s: 2,0 watt/porta attiva
> 1 Gb/s e < 10 Gb/s: 4,0 watt/porta attiva
≥ 10 Gb/s e < 25Gb/s: 15,0 W/porta attiva
≥ 25 Gb/s e < 50Gb/s: 20,0 W/porta attiva
≥ 50 Gb/s 26,0 W/porta attiva
2.2. Criteri di efficienza allo stato attivo
Dal 1o marzo 2020 l'efficienza allo stato attivo (Effserver) dei server, ad eccezione dei server resilienti, dei server HPC e dei server con APA integrato, non deve essere inferiore ai valori riportati nella tabella 5:
Tabella 5
Specifiche relative all'efficienza allo stato attivo
Tipo di prodotto
Efficienza minima allo stato attivo
Server a 1 socket
9,0
Server a 2 socket
9,5
Server blade o multinodo
8,0
3. INFORMAZIONI FORNITE DAI FABBRICANTI
3.1. Dal 1o marzo 2020, fatta eccezione per i server personalizzati, non fabbricati in serie, nel manuale di istruzioni destinato agli installatori e agli utenti finali (se fornito con il prodotto) e nei siti web a libero accesso dei fabbricanti, dei loro mandatari e dei loro importatori, devono essere fornite le seguenti informazioni di prodotto sui server dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto:
a)
tipo di prodotto;
b)
nome del fabbricante, denominazione commerciale registrata e marchio registrato, indirizzo al quale può essere contattato;
c)
numero di modello del prodotto e, ove applicabile, i numeri di modello della configurazione per prestazioni basse e della configurazione per prestazioni elevate;
d)
anno di fabbricazione;
e)
efficienza dell'unità di alimentazione al 10 % (ove applicabile), 20 %, 50 % e 100 % della potenza nominale di uscita, espressa in % e arrotondata al primo decimale, ad eccezione dei server a corrente continua;
f)
fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 %, arrotondato al terzo decimale, ad eccezione dei server a corrente continua;
g)
potenza nominale di uscita dell'unità di alimentazione (Watt), arrotondata al numero intero più vicino. Se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server, insieme alle informazioni di cui alle lettere e) ed f) devono essere dichiarate tutte le unità di alimentazione offerte all'interno di una famiglia di server;
h)
consumo di energia allo stato inattivo, espresso in Watt e arrotondato al primo decimale;
i)
elenco di componenti per tolleranze supplementari per il consumo allo stato inattivo, se presenti (unità di alimentazione aggiuntive, HHD o SSD, memoria supplementare, canali DDR con buffer aggiuntivi, dispositivi I/O aggiuntivi);
j)
potenza massima, espressa in Watt e arrotondata al primo decimale;
k)
classe di condizione operativa dichiarata, specificata nella tabella 6;
l)
consumo di energia allo stato inattivo (Watt) al limite superiore di temperatura della classe di condizione operativa dichiarata;
m)
efficienza e prestazioni del server allo stato attivo;
n)
informazioni sulla funzione di cancellazione sicura dei dati di cui al punto 1.2.2 del presente allegato, comprese le istruzioni su come utilizzare tale funzione, le tecniche usate e lo standard o gli standard supportati per la cancellazione sicura dei dati, se del caso;
o)
per i server blade, un elenco delle combinazioni raccomandate con alloggiamenti compatibili;
p)
se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server, deve essere fornito un elenco di tutte le configurazioni del modello rappresentate dallo stesso.
Se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server, devono essere fornite le informazioni sul prodotto richieste per le voci da e) a m) di cui al punto 3.1 per le configurazioni per prestazioni basse e per prestazioni elevate della famiglia di server.
3.2. Dal 1o marzo 2020, fatta eccezione per i prodotti di archiviazione dati personalizzati, non fabbricati in serie, nel manuale di istruzioni destinato agli installatori e agli utenti finali (se fornito con il prodotto) e nei siti web a libero accesso dei fabbricanti, dei loro mandatari e dei loro importatori, devono essere fornite le seguenti informazioni sui prodotti di archiviazione dati online dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto:
a)
tipo di prodotto;
b)
nome del fabbricante, denominazione commerciale registrata e marchio registrato, indirizzo al quale può essere contattato;
c)
numero di modello del prodotto;
d)
anno di fabbricazione;
e)
efficienza dell'unità di alimentazione al 10 % (ove applicabile), 20 %, 50 % e 100 % della potenza nominale di uscita, espressa in % e arrotondata al primo decimale, ad eccezione dei prodotti di archiviazione dati online a corrente continua;
f)
fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 %, arrotondato al terzo decimale, ad eccezione dei prodotti di archiviazione dati online a corrente continua;
g)
classe di condizione operativa dichiarata, specificata nella tabella 6; va specificato inoltre che «Questo prodotto è stato sottoposto a prove per verificare che funzioni nei limiti (relativi, per esempio, a temperatura e umidità) della classe di condizione operativa dichiarata»;
h)
informazioni sullo strumento o sugli strumenti di cancellazione dei dati di cui al punto 1.2.2 del presente allegato, comprese le istruzioni su come utilizzare tale funzione, le tecniche impiegate e lo standard o gli standard supportati per la cancellazione sicura dei dati, se del caso.
3.3. Dal 1o marzo 2020 i fabbricanti, i loro mandatari e i loro importatori devono mettere gratuitamente a disposizione di parti terze che si occupano di manutenzione, riparazione, riutilizzo, riciclo e aggiornamento (upgrading) dei server (compresi intermediari, imprese di riparazione di pezzi di ricambio, imprese fornitrici di pezzi di ricambio, imprese di riciclaggio e imprese di manutenzione per conto terzi), dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto e previa registrazione della parte terza interessata, le seguenti informazioni:
a)
intervallo del peso indicativo (meno di 5 g, tra 5 g e 25 g, più di 25 g), a livello di componenti, delle seguenti materie prime essenziali, se presenti:
a)
cobalto nelle batterie;
b)
neodimio negli HDD;
b)
istruzioni sulle operazioni di smontaggio di cui al punto 1.2.1 del presente allegato, tra cui, per ciascuna operazione e ciascun componente necessari:
a)
il tipo di operazione;
b)
il tipo e il numero di tecniche di fissaggio da sbloccare;
c)
lo strumento o gli strumenti necessari.
Nel caso dei server, se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server devono essere fornite le informazioni sul prodotto richieste per le voci a) e b) di cui al punto 3.3 per il modello o, in alternativa, per le configurazioni per prestazioni basse e per prestazioni elevate della famiglia di server.
3.4. Dal 1o marzo 2020 devono essere fornite nella documentazione tecnica, ai fini della valutazione di conformità di cui all'articolo 4, le seguenti informazioni per i server e i prodotti di archiviazione dati online:
a)
le informazioni di cui ai punti 3.1 e 3.3, nel caso dei server;
b)
le informazioni di cui ai punti 3.2 e 3.3, nel caso dei prodotti di archiviazione dati.
Tabella 6
Classi di condizione operativa
Temperatura di bulbo secco (°C)
Intervallo di umidità, non condensante
Classe di condizione operativa
Intervallo consentito
Intervallo raccomandato
Intervallo consentito
Intervallo raccomandato
Punto di rugiada massimo (°C)
Velocità massima di variazione (°C/hr)
A1
15-32
18-27
Punto di rugiada (DP) tra – 12 °C e 17 °C
e umidità relativa (RH) tra l'8 % e l'80 %
DP tra – 9 °C e
15 °C e RH del 60 %
17
5/20
A2
10-35
18-27
DP tra –12 °C e 21 °C
e RH tra l'8 % e l'80 %
Come in A1
21
5/20
A3
5-40
18-27
DP tra –12 °C e 24 °C
e RH tra l'8 % e l'85 %
Come in A1
24
5/20
A4
5-45
18-27
DP tra –12 °C e 24 °C
e RH tra l'8 % e il 90 %
Come in A1
24
5/20
ALLEGATO III
Misurazioni e calcoli
1.
Ai fini della conformità e della verifica della conformità alle specifiche applicabili del presente regolamento, le misurazioni e i calcoli devono essere effettuati avvalendosi di norme armonizzate, i cui estremi siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, o di altri metodi affidabili, accurati e riproducibili, che prendano in considerazione lo stato dell'arte generalmente riconosciuto, i cui risultati si ritiene abbiano un ridotto livello di incertezza.
2.
I server devono essere sottoposti a prova nella configurazione singola di modello di prodotto o, per i server che fanno parte di una famiglia di server, nella configurazione per prestazioni basse e nella configurazione per prestazioni elevate, come stabilito nell'allegato II, punto 3.1, lettera p), che comprende sia la configurazione hardware che le impostazioni di sistema, salvo se diversamente specificato.
Tutte le configurazioni offerte all'interno di una famiglia di server devono contenere lo stesso numero di socket per processori popolati utilizzati durante la prova. È possibile definire una famiglia di server per un server con socket solo parzialmente popolati (ad esempio un processore popolato in un server a due socket), purché la/le configurazione/i sia(no) sottoposta/e a prova come famiglia separata di server, secondo quanto richiesto, e soddisfi(no) gli stessi requisiti per il numero di socket popolati all'interno di quella famiglia separata di server.
Se l'unità in prova è un server con APA di espansione, quando si misurano il consumo di energia allo stato inattivo, l'efficienza allo stato attivo e le prestazioni del server allo stato attivo è necessario effettuare la prova dopo aver rimosso l'APA di espansione. Quando un APA di espansione dipende, per la comunicazione tra l'APA e la CPU, da un commutatore PCIe separato, occorre rimuovere la/le scheda/e e la/le scheda/e riser del PCIe separato per la prova di tutte le configurazioni allo stato attivo e allo stato inattivo.
Se l'unità in prova è un server multinodo, è necessario effettuare la prova verificando i consumi per ciascun nodo dopo aver configurato l'alloggiamento in modo che sia completamente popolato. Tutti i server multinodo installati nell'alloggiamento multinodo devono presentare la stessa configurazione.
Se l'unità in prova è un server blade, è necessario effettuare la prova verificando i consumi per ciascun server blade dopo aver configurato l'alloggiamento in modo che sia popolato a metà; l'alloggiamento deve essere popolato come segue:
1)
Configurazione dei singoli server blade
a)
Tutti i singoli server blade installati nell'alloggiamento devono essere identici e presentare la stessa configurazione.
2)
Popolamento parziale (a metà) dell'alloggiamento
a)
Il numero di server blade necessari per popolare metà degli slot singoli per server blade disponibili nell'alloggiamento blade.
b)
In presenza di un alloggiamento blade con più domini di alimentazione, selezionare il numero di domini di alimentazione che più si avvicina al valore corrispondente all'occupazione di metà dello spazio dell'alloggiamento. Nel caso in cui vi siano due possibilità, entrambe vicine al valore di occupazione di metà dello spazio dell'alloggiamento, la prova va eseguita con il dominio o la combinazione di domini che utilizza il maggior numero di server blade.
c)
Devono essere seguite tutte le istruzioni fornite dal produttore o riportate nel manuale dell'utente per il popolamento parziale dell'alloggiamento, operazione che potrebbe richiedere lo scollegamento di alcune unità di alimentazione e ventole di raffreddamento per i domini di alimentazione non popolati.
d)
Qualora tali informazioni non fossero disponibili o fossero incomplete, fare riferimento alle seguenti istruzioni:
i)
popolare completamente i domini di alimentazione;
ii)
se possibile, scollegare le unità di alimentazione e le ventole di raffreddamento per i domini di alimentazione non popolati;
iii)
riempire tutti gli alloggiamenti vuoti con pannelli o altro materiale equivalente che consenta di limitare il flusso d'aria durante l'intera prova.
3.
I dati per calcolare l'efficienza allo stato attivo (Effserver) e il consumo allo stato inattivo (Pidle
) devono essere misurati durante la stessa prova conformemente alla norma applicabile, mentre il consumo allo stato inattivo può essere misurato prima o dopo aver effettuato una parte della prova per l'efficienza allo stato attivo.
L'efficienza allo stato attivo (Effserver) dei server è calcolata come segue:
Effserver = exp [Wcpu
× ln (Effcpu
) + WMemory
× ln (EffMemory
) + WStorage
× ln (EffStorage
)]
dove: WCPU
, WMemory
e WStorage
sono le ponderazioni applicate ai worklet rispettivamente di CPU, memoria e archiviazione, come segue:
—
WCPU
è la ponderazione attribuita ai worklet della CPU = 0,65
—
WMemory
è la ponderazione attribuita ai worklet di memoria = 0,30
—
WStorage
è la ponderazione attribuita ai worklet di archiviazione = 0,05
e
dove:
—
i = 1 per workletCompress;
—
i = 2 per workletLU;
—
i = 3 per workletSOR;
—
i = 4 per workletCrypto;
—
i = 5 per workletSort;
—
i = 6 per workletSHA256;
—
i = 7 per workletHybrid SSJ;
dove:
—
i = 1 per workletFlood3;
—
i = 2 per workletCapacity3;
dove:
—
i = 1 per workletSequential;
—
i = 2 per workletRandom;
e
dove
—
:
Perfi
:
media geometrica delle misurazioni delle prestazioni dell'intervallo normalizzato;
—
:
Pwri
:
media geometrica dei valori del consumo energetico misurato.
Al fine di creare uno standard di misurazione unico dell'efficienza energetica per un server, i valori dell'efficienza degli intervalli per tutti i diversi worklet devono essere combinati applicando la seguente procedura:
a)
combinare i valori dell'efficienza degli intervalli per i singoli worklet utilizzando la media geometrica per ottenere i valori dell'efficienza del singolo worklet;
b)
combinare i punteggi assegnati all'efficienza del worklet utilizzando la funzione della media geometrica per tipo di carico di lavoro (CPU, memoria, archiviazione) al fine di ottenere un valore per tipo di carico di lavoro;
c)
combinare i tre tipi di carico di lavoro utilizzando una funzione della media geometrica ponderata per ottenere un unico valore dell'efficienza complessiva del server.
ALLEGATO IV
Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato
Le tolleranze definite nel presente allegato si applicano esclusivamente alla verifica dei parametri misurati dalle autorità dello Stato membro e non devono essere utilizzate dal fabbricante o dall'importatore per stabilire i valori riportati nella documentazione tecnica o per interpretare tali valori al fine di conseguire la conformità o comunicare prestazioni migliori con qualsiasi mezzo.
Un modello è considerato non conforme quando è progettato per essere in grado di rilevare il fatto di essere sottoposto a prova (ad esempio riconoscendo le condizioni o il ciclo di prova) e per reagire in modo specifico alterando automaticamente le sue prestazioni durante la prova allo scopo di raggiungere un livello più favorevole per qualsiasi parametro specificato nel presente regolamento o incluso nella documentazione tecnica o in qualsiasi altra documentazione fornita.
Per verificare la conformità di un modello di prodotto alle specifiche stabilite nel presente regolamento a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, per le specifiche di cui al presente allegato, le autorità degli Stati membri applicano la seguente procedura:
1.
Le autorità dello Stato membro verificano una singola unità del modello o, nel caso in cui il fabbricante dichiari una famiglia di server, della configurazione del modello. Se la verifica è effettuata sulla configurazione per prestazioni basse o sulla configurazione per prestazioni elevate, i valori dichiarati devono essere quelli relativi alla configurazione pertinente. Se la verifica è effettuata su una configurazione del modello selezionata in maniera casuale o ordinata, i valori dichiarati devono essere quelli relativi alla configurazione per prestazioni elevate.
2.
si considera il modello o la configurazione del modello conforme alle specifiche applicabili se:
a)
i valori riportati nella documentazione tecnica a norma dell'allegato IV, punto 2, della direttiva 2009/125/CE (valori dichiarati) e, se del caso, i valori usati per calcolarli, non sono più favorevoli per il fabbricante o l'importatore dei risultati delle misurazioni effettuate a norma della lettera g) dello stesso; e
b)
i valori dichiarati soddisfano le specifiche stabilite nel presente regolamento, e le informazioni di prodotto prescritte pubblicate dal fabbricante o dall'importatore non contengono valori più favorevoli per il fabbricante o l'importatore dei valori dichiarati; e
c)
quando le autorità dello Stato membro sottopongono a prova l'unità del modello o, in alternativa, qualora il fabbricante abbia dichiarato che il server è rappresentato da una famiglia di server, l'unità della configurazione per prestazioni basse o della configurazione per prestazioni elevate della famiglia di server, i valori determinati (i valori dei pertinenti parametri misurati nelle prove e i valori calcolati da tali misurazioni) rientrano nelle rispettive tolleranze di verifica riportate nella tabella 7.
3.
Se non si ottengono i risultati indicati al punto 2, lettere a) o b), il modello e tutte le configurazioni del modello descritte dalle stesse informazioni di prodotto [di cui all'allegato II, punto 3.1, lettera p)] sono da ritenersi non conformi al presente regolamento.
4.
Se non si ottiene quanto indicato al punto 2, lettera c):
a)
per i modelli o le configurazioni del modello appartenenti a una famiglia di server prodotti in quantità inferiori a cinque all'anno, il modello e tutte le configurazioni del modello descritti dalle stesse informazioni di prodotto [di cui all'allegato II, punto 3.1, lettera p)] sono da ritenersi non conformi al presente regolamento;
b)
nel caso dei modelli prodotti in quantitativi pari o superiori a cinque unità l'anno, le autorità dello Stato membro selezionano per la prova tre unità supplementari dello stesso modello o, in alternativa, qualora il fabbricante abbia dichiarato che il server è rappresentato da una famiglia di server, un'unità di entrambe le configurazioni (per prestazioni basse e per prestazioni elevate).
5.
Il modello o la configurazione del modello sono considerati conformi alle specifiche applicabili se, per queste tre unità, la media aritmetica dei valori determinati rientra nelle rispettive tolleranze di verifica riportate nella tabella 7.
6.
Se non si ottiene il risultato indicato al punto 4, lettera b), il modello e tutte le configurazioni del modello descritti dalle stesse informazioni di prodotto [di cui all'allegato II, punto 3.1, lettera p)] sono da ritenersi non conformi al presente regolamento.
7.
Le autorità dello Stato membro comunicano tutte le informazioni pertinenti alle autorità degli altri Stati membri e alla Commissione subito dopo l'adozione della decisione relativa alla non conformità del modello ai sensi dei punti 3 e 6.
Le autorità dello Stato membro si avvalgono dei metodi di calcolo e misurazione stabiliti nell'allegato III.
Le autorità dello Stato membro applicano esclusivamente le tolleranze di verifica stabilite nella tabella 7 del presente allegato e si avvalgono unicamente della procedura descritta ai punti da 1 a 7 per le specifiche di cui al presente allegato. Non si applicano altre tolleranze.
Tabella 7
Tolleranze di verifica
Parametri
Tolleranze di verifica
Efficienza dell'unità di alimentazione (%)
Il valore determinato non deve essere inferiore al valore dichiarato di oltre il 2 %.
Fattore di potenza
Il valore determinato non deve essere inferiore al valore dichiarato di oltre il 10 %.
Consumo di energia allo stato inattivo, Pidle e potenza massima (W)
Il valore determinato non deve superare il valore dichiarato di oltre il 10 %.
Efficienza allo stato attivo e prestazioni allo stato attivo
Il valore determinato non deve essere inferiore al valore dichiarato di oltre il 10 %.
ALLEGATO V
Parametri di riferimento indicativi di cui all'articolo 6
Ai fini della parte 3, punto 2, dell'allegato I della direttiva 2009/125/CE, sono stati individuati i seguenti parametri di riferimento indicativi.
Essi si richiamano alla migliore tecnologia disponibile al 7 aprile 2019.
Seguono i parametri di riferimento indicativi relativi alla migliore tecnologia disponibile sul mercato per i server e i prodotti di archiviazione dati online.
Tabella 8
Parametri di riferimento per il consumo energetico allo stato inattivo, l'efficienza del server e la condizione operativa
Tipo di prodotto
Consumo allo stato inattivo (W)
Criteri di efficienza allo stato attivo
Classe di condizione operativa
Server con alloggiamento a torre, 1 socket
21,3
17
A3
Server rack, 1 socket
18
17,7
A4
Server rack, 2 socket, basse prestazioni
49,9
18
A4
Server rack, 2 socket, alte prestazioni
67
26,1
A4
Server rack, 4 socket
65,1
34,8
A4
Server blade, 2 socket
75
47,3
A3
Server blade, 4 socket
63,3
21,9
A3
Server resiliente, 2 socket
222
9,6
A3
Prodotti di archiviazione dati
Non applicabile
Non applicabile
A3
Tabella 9
Parametri di riferimento per l'efficienza dell'unità di alimentazione a livello di carico al 10 %, 20 %, 50 % e 100 % e fattore di potenza a livello di carico al 20 % o al 50 %
Potenza nominale dell'unità di alimentazione
10 %
20 %
50 %
100 %
< 750 W
91,17 %
93,76 %
94,72 %
Fattore di potenza > 0,95
94,14 %
≥ 750 W
95,02 %
95,99 %
Fattore di potenza > 0,95
96,09 %
94,69 %
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) 2019/424 DELLA COMMISSIONE
del 15 marzo 2019
che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile di server e prodotti di archiviazione dati a norma della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento (UE) n. 617/2013
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (1), in particolare l'articolo 15, paragrafo 1,
previa consultazione del forum consultivo di cui all'articolo 18 della direttiva 2009/125/CE,
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi della direttiva 2009/125/CE la Commissione è tenuta a fissare specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia che rappresentano un significativo volume di vendite e di scambi commerciali e dotati di un significativo impatto ambientale e significative potenzialità di miglioramento, senza che tali specifiche comportino costi eccessivi.
(2)
La Commissione ha effettuato uno studio preparatorio per analizzare gli aspetti tecnici, ambientali ed economici dei server e dei prodotti di archiviazione dati tradizionalmente utilizzati a scopo commerciale. Lo studio è stato realizzato in cooperazione con le parti in causa e le parti interessate dell'Unione e dei paesi terzi e i suoi risultati sono stati resi pubblici.
(3)
I server e i prodotti di archiviazione dati sono generalmente immessi sul mercato per essere utilizzati nei centri di elaborazione dati e presso uffici e realtà aziendali.
(4)
Gli aspetti ambientali dei server e dei prodotti di archiviazione dati identificati come importanti ai fini del presente regolamento sono il consumo di energia durante l'utilizzo e l'efficienza delle risorse, in particolare con riferimento agli aspetti correlati alla riparabilità, riutilizzabilità, possibilità di aggiornamento (upgrading) e riciclabilità per la sicurezza dell'approvvigionamento.
(5)
È opportuno che le specifiche per la progettazione ecocompatibile armonizzino le prescrizioni in termini di consumo di energia ed efficienza delle risorse dei server e dei prodotti di archiviazione dati in tutta l'Unione, affinché il mercato interno funzioni meglio e siano migliorate le prestazioni ambientali di tali prodotti.
(6)
Si prevede che il consumo annuale di energia direttamente riconducibile ai server sarà pari a 48 TWh nel 2030, oppure a 75 TWh se si considera anche il consumo annuale di energia delle infrastrutture (per esempio sistemi di raffreddamento e gruppi di continuità). Per quanto riguarda i prodotti di archiviazione dati, il consumo annuale di energia dovrebbe essere pari nel 2030 a 30 TWh, o a 47 TWh se si considerano anche le infrastrutture. Lo studio preparatorio dimostra che è possibile ridurre in misura significativa il consumo di energia durante l'uso dei server e dei prodotti di archiviazione dati.
(7)
Si prevede che entro il 2030 l'applicazione delle specifiche per la progettazione ecocompatibile definite nel presente regolamento comporterà risparmi annuali di energia pari a circa 9 TWh (approssimativamente il consumo annuo di energia elettrica dell'Estonia nel 2014). In particolare, si stima che entro il 2030 l'effetto delle specifiche per la progettazione ecocompatibile dei server di cui al presente regolamento genererà un risparmio annuale diretto di energia di circa 2,4 TWh e un risparmio annuale indiretto (relativo alle infrastrutture) di 3,7 TWh, per un risparmio complessivo di 6,1 TWh, corrispondente a un totale di 2,1 Mt di tonnellate di CO2 equivalente. Si calcola inoltre che entro il 2030 l'effetto delle specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti di archiviazione dati stabilite dal presente regolamento genererà un risparmio annuale diretto di energia di circa 0,8 TWh e un risparmio annuale indiretto (relativo alle infrastrutture) di 2 TWh, per un risparmio complessivo di 2,8 TWh, corrispondente a un totale di 0,9 Mt di tonnellate di CO2 equivalente.
(8)
In linea con il piano d'azione dell'Unione europea per l'economia circolare (2), la Commissione dovrebbe fare in modo che, in sede di fissazione o revisione dei criteri di progettazione ecocompatibile, sia prestata particolare attenzione agli aspetti inerenti all'economia circolare, quali durabilità e riparabilità. È auspicabile quindi definire specifiche concernenti gli aspetti non energetici, tra cui l'estrazione di componenti chiave e di materie prime essenziali (CRM), la disponibilità di funzionalità per la cancellazione sicura dei dati e la fornitura della versione più recente di firmware.
(9)
La specifica relativa all'estrazione di componenti essenziali dovrebbe favorire la riparabilità e la possibilità di aggiornamento (upgrading) di server e prodotti di archiviazione dati, in particolare da parte di terzi (tra cui imprese di riparazione di ricambi e di manutenzione).
(10)
Si è accennato alla possibilità di disciplinare le materie prime essenziali nei regolamenti sulla progettazione ecocompatibile (anche per i server delle imprese) nel recente documento dei servizi della Commissione dal titolo «Report on Critical Raw Materials and the Circular Economy» (Relazione sulle materie prime essenziali e sull'economia circolare) (3).
(11)
La specifica relativa a una funzionalità per la cancellazione sicura dei dati potrebbe essere applicata con soluzioni tecniche come, per esempio, una funzione integrata in un firmware, generalmente nel sistema BIOS (Basic Input/Output System), in un software incorporato in un ambiente di caricamento autonomo fornito su CD (compact disc), DVD (digital versatile disc) o dispositivo di memoria USB di avvio compreso nel prodotto, o in un software installabile nei sistemi operativi supportati forniti con il prodotto.
(12)
Si ritiene che le prescrizioni relative agli aspetti non energetici concorreranno a prolungare il ciclo di vita dei server facilitandone l'ammodernamento e il riutilizzo, mantenendo al tempo stesso la conformità ai principi del rispetto della vita privata e della protezione dei dati personali sanciti dal regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).
(13)
Il consumo energetico dei server e dei prodotti di archiviazione dati può essere ridotto applicando le tecnologie non proprietarie esistenti senza che aumentino i costi combinati di acquisto e funzionamento di tali prodotti.
(14)
Le specifiche per la progettazione ecocompatibile non dovrebbero incidere sulla funzionalità o sull'accessibilità economica dei server e dei prodotti di archiviazione dati dal punto di vista dell'utilizzatore finale, né ripercuotersi negativamente sulla salute, la sicurezza o l'ambiente.
(15)
Il presente regolamento si applica fatte salve le disposizioni della normativa dell'Unione in materia di sicurezza e salute, in particolare la direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), che riguarda tutti i rischi per la salute e sicurezza presentati dal materiale elettrico destinato a essere adoperato a una tensione nominale compresa fra 50 e 1 000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua.
(16)
È opportuno che l'introduzione di specifiche per la progettazione ecocompatibile lasci ai produttori un tempo sufficiente per riprogettare i propri prodotti disciplinati dal presente regolamento. È auspicabile che il calendario tenga conto delle ripercussioni sui costi dei produttori, in particolare per le piccole e medie imprese, assicurando nel contempo che gli obiettivi del presente regolamento siano raggiunti nei tempi previsti.
(17)
I parametri di prodotto dovrebbero essere misurati e calcolati con metodi di misurazione affidabili, accurati e riproducibili, che tengano conto delle metodologie di misurazione e calcolo più avanzate e riconosciute, comprese le eventuali norme armonizzate adottate su richiesta della Commissione dagli organismi europei di normazione in applicazione delle procedure di cui al regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6).
(18)
Ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, il presente regolamento specifica le procedure di valutazione della conformità applicabili.
(19)
Per agevolare i controlli della conformità è opportuno che i fabbricanti forniscano le informazioni contenute nella documentazione tecnica di cui agli allegati IV e V della direttiva 2009/125/CE, sempreché tali informazioni si riferiscano alle specifiche stabilite nel presente regolamento.
(20)
Oltre alle specifiche giuridicamente vincolanti stabilite nel presente regolamento, è necessario definire parametri di riferimento indicativi per le migliori tecnologie disponibili, al fine di garantire la massima disponibilità e accessibilità delle informazioni relative alle prestazioni ambientali durante il ciclo di vita dei server e dei prodotti di archiviazione dati.
(21)
Il regolamento (UE) n. 617/2013 della Commissione (7) dovrebbe essere modificato per escludere i server informatici dal suo ambito di applicazione, onde evitare sovrapposizioni con gli stessi prodotti nell'ambito di applicazione del presente regolamento.
(22)
Le definizioni del presente regolamento relative ai prodotti di archiviazione dati sono coerenti con la terminologia elaborata nell'ambito dell'iniziativa «Green Storage Initiative» dell'associazione Storage Networking Industry Association (SNIA) come definita nella tassonomia Emerald della SNIA.
(23)
In particolare, la definizione di prodotti di archiviazione dati di piccole dimensioni corrisponde all'apparecchiatura online 1 di cui alla tassonomia Emerald della SNIA, mentre la definizione di prodotti di archiviazione dati di grandi dimensioni corrisponde alle apparecchiature online 5 e 6 della tassonomia Emerald.
(24)
Le definizioni del presente regolamento concernenti i tipi di prodotti server, l'efficienza e le prestazioni dei server e la potenza massima sono coerenti con la terminologia adottata in EN 303 470:2018. I metodi di misurazione e calcolo per l'efficienza dei server sono coerenti con i metodi adottati in EN 303 470:2018.
(25)
Le classi di condizioni operative e le loro caratteristiche sono coerenti con la classificazione di cui alle «Thermal Guidelines for Data Processing Environments» (Linee guida sulle condizioni ambientali nei locali informatizzati) dell'American Society of Heating, Refrigerating and Air-Conditioning Engineers. In particolare, le condizioni limite per ciascuna classe di condizione operativa (come temperatura e umidità) rispettano gli intervalli di parametri ambientali consentiti indicati nelle «Thermal Guidelines for Data Processing Environments», in cui i produttori testano le loro apparecchiature per verificare che funzionino entro tali limiti.
(26)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce le specifiche per la progettazione ecocompatibile relative all'immissione sul mercato e alla messa in funzione di server e prodotti di archiviazione dati online.
2. Il presente regolamento non si applica ai seguenti prodotti:
a)
server destinati ad applicazioni integrate (embedded);
b)
server classificati come server di piccole dimensioni conformemente al regolamento (UE) n. 617/2013;
c)
server con più di quattro socket per processori;
d)
server appliance;
e)
server di grandi dimensioni;
f)
server con tolleranza completa ai guasti;
g)
server di rete;
h)
prodotti di archiviazione dati di piccole dimensioni;
i)
prodotti di archiviazione dati di grandi dimensioni.
Articolo 2
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
1)
«server»: un apparecchio informatico che fornisce servizi e gestisce risorse in rete per dispositivi client, come ad esempio computer da tavolo (desktop), computer portatili, desktop thin client, telefoni IP, smartphone, tablet, sistemi di telecomunicazione, sistemi automatizzati o altri server. Vi si accede principalmente tramite connessioni di rete e non attraverso componenti per l'immissione diretta dei dati da parte dell'utente, quali una tastiera o un mouse. Un server presenta le seguenti caratteristiche:
a)
è progettato per supportare i sistemi operativi (OS) per server e/o gli hypervisor, e per l'esecuzione di applicativi aziendali installati dall'utente;
b)
supporta il codice autocorrettore (error-correcting code - ERR) e/o una memoria tampone [compresi i moduli di memoria DIMM (dual in-line memory modules) bufferizzati e le configurazioni con memoria BOB (buffered on board)];
c)
tutti i processori hanno accesso a una memoria di sistema condivisa e sono visibili in maniera indipendente da un unico OS o hypervisor;
2)
«server con più di quattro socket per processori»: un server contenente più di quattro interfacce progettate per l'installazione di un processore. Per i server multinodo questo termine si riferisce ai server che presentano più di quattro socket per processori in ogni nodo server;
3)
«applicazione integrata»: un'applicazione software permanentemente integrata in un dispositivo industriale o per consumatori, generalmente archiviata in una memoria non volatile come la memoria a sola lettura o la memoria flash;
4)
«server appliance»: un server che non è pensato per eseguire software fornito dall'utente, che eroga servizi tramite una o più reti, è generalmente gestito attraverso un'interfaccia web o a linea di comando ed è dotato di un sistema operativo pre-installato e di un software applicativo utilizzato per svolgere una funzione specifica o una serie di funzioni strettamente collegate;
5)
«server resiliente»: un server dotato di ampie funzionalità RAS (Reliability, Availability, Serviceability) e caratteristiche di scalabilità integrate nella microarchitettura del sistema, dell'unità di elaborazione centrale (central processing unit - CPU) e del chipset;
6)
«server di grandi dimensioni»: un server resiliente messo in commercio come sistema preintegrato/pretestato alloggiato in uno o più rack (armadi) completi e dotato di un sottosistema I/O ad alta connettività con un minimo di 32 slot I/O dedicati;
7)
«server multinodo»: un server progettato con due o più nodi server indipendenti che condividono un unico involucro e una o più unità di alimentazione. In un server multinodo l'energia elettrica è distribuita a tutti i nodi mediante le unità di alimentazione condivise. I nodi server in un server multinodo non sono progettati per essere sostituiti a caldo (hot-swappable);
8)
«server con tolleranza completa ai guasti»: un server dotato di ridondanza hardware completa (per eseguire contemporaneamente e ripetutamente un unico carico di lavoro in modo da assicurare disponibilità continua in un'applicazione essenziale), in cui ciascun componente informatico è replicato tra due nodi che eseguono in parallelo carichi di lavoro identici (ossia, se un nodo smette di funzionare oppure deve essere riparato, il secondo nodo può eseguire le operazioni da solo per evitare che il server resti inattivo);
9)
«server di rete»: un prodotto di rete che contiene gli stessi componenti di un server e, in aggiunta, oltre 11 porte di rete con una velocità di linea complessiva di almeno 12 Gb/s, la capacità di riconfigurare dinamicamente le porte e la velocità e un supporto per un ambiente di virtualizzazione di rete tramite una rete SDN (software defined network);
10)
«prodotto di archiviazione dati»: un sistema di memorizzazione pienamente operativo che offre servizi di archiviazione dei dati a client e dispositivi connessi, direttamente o attraverso una rete. I componenti e i sottosistemi che sono parte integrante dell'architettura del prodotto di archiviazione dati (per esempio, per fornire comunicazioni interne tra controllori e dischi) sono considerati parti del prodotto di archiviazione dati. Al contrario, i componenti normalmente associati a un ambiente di archiviazione a livello di centro di elaborazione dati [per esempio dispositivi necessari per il funzionamento di una rete SAN (storage area network) esterna] non sono considerati parte del prodotto di archiviazione dati. Il prodotto può essere costituito da controller di archiviazione integrati, dispositivi di archiviazione dati, elementi di rete incorporati, software e altri dispositivi;
11)
«unità disco rigido» (hard disk drive, HDD), dispositivo di archiviazione dati che legge e scrive su uno o più dischi magnetici rotanti;
12)
«unità disco a stato solido» (solid state drive, SSD), dispositivo di archiviazione dati che legge e scrive su una memoria a stato solido non volatile invece che su dischi magnetici rotanti;
13)
«dispositivo di archiviazione dati»: un dispositivo che consente la memorizzazione non volatile dei dati, a eccezione degli elementi di archiviazione con funzioni di aggregazione come i sottosistemi di RAID (redundant arrays of indipendent disks, insiemi ridondanti di dischi indipendenti), le librerie a nastri robotizzate, gli storage filer, i server di archivio e i dispositivi di archiviazione non direttamente accessibili da programmi applicativi per l'utente finale, ma che vengono impiegati come una cache interna;
14)
«prodotto di archiviazione dati online»: un prodotto di archiviazione dati ideato per l'accesso casuale online dei dati, che consente l'accesso casuale o sequenziale, con un tempo massimo di accesso ai primi dati inferiore a 80 millisecondi;
15)
«prodotto di archiviazione dati di piccole dimensioni»: un prodotto di archiviazione dati contenente al massimo tre dispositivi di archiviazione dati;
16)
«prodotto di archiviazione dati di grandi dimensioni»: un prodotto di archiviazione dati mainframe o di elevata qualità che nella sua configurazione massima può supportare oltre 400 dispositivi di archiviazione dati, dotato delle seguenti caratteristiche obbligatorie: nessun SPF (single point of failure, singolo punto di vulnerabilità), facilità di manutenzione di tipo non distruttivo e controller di archiviazione integrato.
2. Ai fini degli allegati da II a V, l'allegato I reca definizioni supplementari.
Articolo 3
Specifiche per la progettazione ecocompatibile e calendario
1. Le specifiche per la progettazione ecocompatibile per server e prodotti di archiviazione dati online sono stabilite nell'allegato II.
2. A decorrere dal 1o marzo 2020 i server devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui ai punti 1.1.1, 1.2.1, 1.2.2, 2.1, 2.2, 3.1, 3.3 e 3.4 dell'allegato II.
3. A decorrere dal 1o marzo 2020 i prodotti di archiviazione dati online devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui ai punti 1.1.1, 1.2.1, 1.2.2, 3.2, 3.3 e 3.4 dell'allegato II.
a)
A decorrere dal 1o marzo 2021 i server e i prodotti di archiviazione dati online devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui al punto 1.2.3 dell'allegato II.
b)
A decorrere dal 1o gennaio 2023 i server e i prodotti di archiviazione dati online devono essere conformi alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui al punto 1.1.2 dell'allegato II.
c)
La conformità alle specifiche per la progettazione ecocompatibile è misurata e calcolata in base ai metodi che figurano nell'allegato III.
Articolo 4
Valutazione di conformità
1. La procedura applicabile per la valutazione di conformità di cui all'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE è il sistema per il controllo interno della progettazione di cui all'allegato IV della suddetta direttiva o il sistema di gestione di cui all'allegato V della stessa.
2. Ai fini della valutazione di conformità di cui all'articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, la documentazione tecnica contiene le informazioni stabilite all'allegato II, punto 3.4, del presente regolamento.
Articolo 5
Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato
Quando effettuano le verifiche a fini di sorveglianza del mercato di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, gli Stati membri applicano la procedura di verifica di cui all'allegato IV del presente regolamento.
Articolo 6
Elusione
Il fabbricante o l'importatore non immette sul mercato prodotti progettati per essere in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova (ad esempio riconoscendo le condizioni o il ciclo di prova) e per reagire in modo specifico alterando le loro prestazioni durante la prova allo scopo di raggiungere un livello più favorevole per qualsiasi parametro dichiarato dal fabbricante o dall'importatore nella documentazione tecnica o in qualsiasi altra documentazione fornita.
Articolo 7
Parametri di riferimento indicativi
I parametri di riferimento indicativi per i server e i prodotti di archiviazione dati più efficienti disponibili sul mercato al 7 aprile 2019 sono stabiliti all'allegato V.
Articolo 8
Riesame
La Commissione valuta il presente regolamento e presenta i risultati di tale valutazione, compreso, se del caso, un progetto di proposta di revisione, al forum consultivo entro marzo 2022. Tale valutazione riesamina le specifiche alla luce del progresso tecnologico e considera in particolare se sia opportuno:
a)
aggiornare particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative all'efficienza dei server allo stato attivo;
b)
aggiornare particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative ai server allo stato inattivo;
c)
aggiornare le definizioni o l'ambito di applicazione del regolamento;
d)
aggiornare le specifiche per l'efficienza dei materiali per i server e i prodotti di archiviazione dati, compresi gli obblighi in materia di informazione sulle materie prime essenziali supplementari (tantalio, gallio, disprosio e palladio), tenendo conto delle esigenze delle imprese di riciclaggio;
e)
escludere i server appliance, i server di grandi dimensioni, i server con tolleranza completa ai guasti e i server di rete dall'ambito di applicazione del regolamento,
f)
escludere i server resilienti, i server HPC (High Performance Computing, calcolo ad alte prestazioni) e i server con APA integrato dalle specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui all'allegato II, punti 2.1 e 2.2;
g)
stabilire particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative alla funzione di gestione dell'alimentazione del processore dei server;
h)
stabilire particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative alla classe di condizione operativa;
i)
stabilire particolari specifiche per la progettazione ecocompatibile relative all'efficienza, alle prestazioni e al consumo energetico dei prodotti di archiviazione dati.
Articolo 9
Modifica del regolamento (UE) n. 617/2013
Il regolamento (UE) n. 617/2013 è così modificato:
1.
l'articolo 1 è così modificato:
a)
il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il presente regolamento definisce le specifiche per la progettazione ecocompatibile per l'immissione sul mercato di computer.»;
b)
al paragrafo 2, è soppressa la lettera h);
c)
al paragrafo 3, le lettere da a) a d) sono soppresse.
2.
L'articolo 2 è così modificato:
a)
il punto 2 è soppresso;
b)
il punto 4 è sostituito dal seguente:
«4)
«unità di alimentazione interna», un componente progettato per convertire la tensione alternata in ingresso in tensione(i) continua(e) ai fini dell'alimentazione del computer; presenta le seguenti caratteristiche:
a)
si trova all'interno dell'alloggiamento del computer ma è separata dalla scheda principale del computer;
b)
l'alimentatore si collega alla rete elettrica mediante un singolo cavo, senza circuiti intermedi fra l'alimentatore e la rete elettrica; e
c)
tutte le connessioni elettriche dall'alimentatore ai componenti del computer, ad eccezione di una connessione a corrente continua allo schermo di un computer da tavolo (desktop) integrato, si trovano all'interno dell'alloggiamento del computer.
I convertitori interni CC-CC utilizzati per convertire una singola tensione continua da un alimentatore esterno in tensioni multiple da utilizzare nel computer non sono considerati alimentatori interni;»;
c)
i punti da 12 a 16 sono soppressi;
d)
il punto 22 è sostituito dal seguente:
«22)
«tipo di prodotto», desktop, desktop integrato, computer portatile, desktop thin client, stazione di lavoro, stazione di lavoro mobile, server di piccole dimensioni, console per videogiochi, docking station, alimentatore interno o alimentatore esterno.».
3.
L'articolo 3 è sostituito dal seguente:
«Articolo 3
Specifiche per la progettazione ecocompatibile
Le specifiche per la progettazione ecocompatibile dei computer sono definite nell'allegato II.
La conformità dei computer alle specifiche di progettazione ecocompatibile è misurata secondo i metodi di cui all'allegato III.».
4.
All'articolo 7, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Il controllo della conformità dei computer alle specifiche per la progettazione ecocompatibile applicabili deve essere effettuato a norma della procedura di verifica di cui al punto 2 dell'allegato III del presente regolamento.».
5.
L'allegato II è così modificato:
a)
il punto 5.2 è soppresso;
b)
il titolo del punto 7.3 è sostituito dal seguente:
«Stazioni di lavoro, stazioni di lavoro mobili, desktop thin client e server di piccole dimensioni».
Articolo 10
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Tuttavia, l'articolo 9 si applica a decorrere dal 1o marzo 2020.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 15 marzo 2019
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10.
(2) COM(2015) 614 final.
(3) SWD(2018) 36 final.
(4) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(5) Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357).
(6) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).
(7) Regolamento (UE) n. 617/2013, del 26 giugno 2013, recante misure di esecuzione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in merito alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di computer e server informatici (GU L 175 del 27.6.2013, pag. 13).
ALLEGATO I
Definizioni applicabili agli allegati da II a V
Ai fini degli allegati da II a V si intende per:
1)
«server con uno o due socket per processori», un server contenente uno o due interfacce progettate per l'installazione di un processore. Per i server multinodo, questo termine si riferisce ad un server con uno o due socket per processori in ciascun nodo server;
2)
«dispositivo di ingresso/uscita» (Input/Output - I/O), un dispositivo che consente l'immissione e la restituzione di dati tra un server o un prodotto di archiviazione dati e altri dispositivi. Può essere parte integrante della scheda madre del server o essere collegato a quest'ultima tramite slot di espansione [ad esempio PCI (Peripheral Component Interconnect, interconnessione di componente periferica) o PCIe (Peripheral Component Interconnect Express, standard di interfaccia d'espansione a bus seriale)];
3)
«scheda madre», il circuito principale del server. Ai fini del presente regolamento, la scheda madre contiene i connettori per collegare altre schede e, di norma, i seguenti componenti: processore, memoria, BIOS e slot di espansione;
4)
«processore», il circuito logico che elabora ed esegue le istruzioni di base che fanno funzionare il server. Ai fini del presente regolamento, il processore è la CPU del server. La CPU tipica è un pacchetto fisico installato sulla scheda madre del server mediante un socket o saldatura diretta. Il pacchetto della CPU può comprendere uno o più nuclei fisici;
5)
«memoria», una parte del server esterna al processore in cui sono conservate le informazioni per uso immediato da parte del processore, espressa in gigabyte (GB);
6)
«scheda di espansione», un componente interno collegato da una connessione EDGE a un'interfaccia comune/standard come una PCIe e che fornisce funzionalità aggiuntive;
7)
«scheda grafica», una scheda di espansione contenente una o più unità di elaborazione grafica con un'interfaccia di controllo della memoria locale e una memoria locale specifica per la grafica;
8)
«canale a doppia velocità bufferizzato» (buffered double data rate - DDR), un canale o una porta di memoria che collega un controller di memoria a un numero definito di dispositivi di memoria in un server. Un server standard può contenere svariati controller di memoria, che a loro volta possono supportare uno o più canali DDR bufferizzati, ciascuno dei quali serve soltanto una parte dello spazio totale di memoria indirizzabile del server;
9)
«server blade», un server progettato per essere utilizzato in un alloggiamento blade. Si tratta di un dispositivo ad alta densità, costituito da almeno un processore e una memoria di sistema, che funge da server indipendente ma il cui funzionamento dipende da risorse condivise site nell'alloggiamento blade (ad esempio unità di alimentazione, raffreddamento). Un processore o un modulo di memoria che, secondo la documentazione tecnica del prodotto, non è inteso ad espandere un server autonomo non è considerato un server blade;
10)
«alloggiamento blade» (a lame), un involucro contenente risorse condivise per il funzionamento di server blade, unità di memoria blade e altri dispositivi blade. Tra le risorse condivise contenute nell'alloggiamento blade possono rientrare unità di alimentazione, memoria dati, hardware per la distribuzione di corrente continua, gestione termica, gestione del sistema e servizi di rete;
11)
«server HPC (High Performance Computing, calcolo ad alte prestazioni)», un server progettato e ottimizzato per eseguire applicazioni altamente parallele, per applicazioni informatiche a prestazioni elevate o applicazioni di intelligenza artificiale per l'apprendimento profondo. I server HPC devono soddisfare tutti i seguenti criteri:
a)
presentare vari nodi informatici, raggruppati principalmente per aumentare la capacità di calcolo;
b)
essere dotati di interconnessioni (inter-processing connections - IPC) nodali ad alta velocità;
12)
«famiglia di server», una descrizione di alto livello riguardante un gruppo di server aventi la stessa combinazione di alloggiamento e scheda madre che può contenere più configurazioni hardware e software. Tutte le configurazioni di una famiglia di server devono avere le seguenti caratteristiche comuni:
a)
appartenere alla stessa linea di modelli o allo stesso tipo di macchina;
b)
presentare lo stesso fattore di forma (ad esempio alloggiamento rack, blade, su piedistallo) o la stessa progettazione meccanica ed elettrica, con leggere differenze dal punto di vista meccanico per consentire la compatibilità con più fattori di forma;
c)
disporre degli stessi processori appartenenti a un'unica serie specifica o che possano essere ospitati in un tipo di socket comune;
d)
condividere la stessa o le stesse unità di alimentazione;
e)
avere lo stesso numero di socket per processori disponibili e lo stesso numero di socket per processori popolati;
13)
«unità di alimentazione», un dispositivo che trasforma la corrente alternata (CA) o continua (CC) in ingresso in una o più correnti continue in uscita ai fini dell'alimentazione di un server o di un prodotto di archiviazione dati. L'unità di alimentazione per server o prodotti di archiviazione dati deve essere autonoma e fisicamente separabile dalla scheda madre e deve collegarsi al sistema tramite una connessione elettrica amovibile o fissa;
14)
«fattore di potenza», il rapporto tra il consumo energetico reale in Watt e la potenza apparente assorbita in volt ampere;
15)
«unità di alimentazione monouscita», un'unità di alimentazione concepita in modo da fornire la maggior parte della sua potenza nominale a un'uscita in corrente continua principale ai fini dell'alimentazione di un server o di un prodotto di archiviazione dati. Questo tipo di unità di alimentazione può offrire una o più uscite in modalità attesa che restano attive se collegate a una fonte di alimentazione. La potenza nominale totale in uscita di eventuali uscite di unità di alimentazione aggiuntive che non siano principali né in modalità attesa non deve essere superiore a 20 Watt. Le unità di alimentazione che possiedono più uscite con la stessa tensione dell'uscita principale sono considerate unità di alimentazione monouscita a meno che tali tensioni:
a)
siano generate da convertitori separati o abbiano stadi separati di raddrizzamento della tensione di uscita, oppure
b)
abbiano limiti di corrente indipendenti;
16)
«unità di alimentazione pluriuscita», un'unità di alimentazione concepita in modo da fornire la maggior parte della sua potenza nominale a più di un'uscita in corrente continua principale ai fini dell'alimentazione di un server o di un prodotto di archiviazione dati. Questo tipo di unità di alimentazione può offrire una o più uscite in modalità attesa che restano attive se collegate a una fonte di alimentazione. La potenza nominale totale in uscita di eventuali uscite di unità di alimentazione aggiuntive che non siano principali né in modalità attesa non deve essere pari o superiore a 20 Watt.
17)
«server a corrente continua», un server progettato unicamente per funzionare con alimentazione fornita da una fonte di corrente continua;
18)
«prodotto di archiviazione dati a corrente continua», un prodotto di archiviazione dati progettato unicamente per funzionare con alimentazione fornita da una fonte di corrente continua;
19)
«stato inattivo», stato operativo in cui è stato completato il caricamento del sistema operativo e degli altri software, il server è in grado di completare le transazioni del carico di lavoro, ma il sistema non chiede alcuna transazione attiva né vi sono transazioni attive in sospeso (ossia, il server è operativo ma non svolge alcuna operazione utile). Per i server cui si applicano le norme ACPI (Advanced Configuration and Power Interface - interfaccia di alimentazione e configurazione avanzata), lo stato inattivo corrisponde soltanto allo stato di livello S0;
20)
«consumo di energia allo stato inattivo (Pidle)», il consumo di energia, in Watt, allo stato inattivo;
21)
«configurazione per prestazioni basse» di una famiglia di server, la combinazione di due dispositivi di archiviazione dati, un processore con il prodotto più basso di numero di nuclei (core count) e frequenza (in GHz) e capacità di memoria (in GB) quanto meno pari al prodotto del numero di canali di memoria, nonché la capacità DIMM (dual in-line memory modules) minima (in GB) offerta sul server che rappresenta il modello di prodotto con le prestazioni più basse nell'ambito della famiglia di server. Tutti i canali di memoria devono essere popolati con DIMM aventi la medesima progettazione e capacità;
22)
«configurazione per prestazioni elevate» di una famiglia di server, la combinazione di due dispositivi di archiviazione dati, un processore con il prodotto più elevato di numero di nuclei (core count) e frequenza e capacità di memoria (in GB) pari o superiore a 3 volte il prodotto del numero di CPU, nuclei fisici (core) e thread hardware che rappresenta il modello di prodotto con le prestazioni più elevate nell'ambito della famiglia di prodotti. Tutti i canali di memoria devono essere popolati con DIMM aventi la medesima progettazione e capacità;
23)
«thread hardware», le risorse hardware presenti nel nucleo fisico di una CPU necessarie per eseguire un flusso di istruzioni software. Il nucleo di una CPU può avere le risorse per eseguire simultaneamente più di un thread;
24)
«efficienza allo stato attivo» (Effserver), il valore numerico per l'efficienza dei server, misurato e calcolato a norma dell'allegato III, punto 3;
25)
«stato attivo», stato operativo in cui il server esegue operazioni in risposta a richieste esterne precedenti o simultanee (ad esempio un'istruzione impartita mediante la rete). Questo stato include sia l'elaborazione attiva sia la ricerca o il recupero dei dati archiviati nella memoria, nella cache o in dispositivi interni/esterni di archiviazione durante l'attesa di ulteriori istruzioni impartite mediante la rete;
26)
«prestazioni del server», il numero di operazioni per unità di tempo eseguite dal server nell'ambito di test standardizzati dei componenti di sistema discreti (per esempio processori, memoria e archiviazione) e dei sottosistemi (per esempio, RAM e CPU);
27)
«potenza massima» (Pmax), la potenza più elevata, in Watt, registrata sugli undici punteggi (scores) di worklet conformemente alla norma;
28)
«prestazioni della CPU (PerfCPU)», il numero di operazioni per unità di tempo eseguite dal server nell'ambito di test standardizzati del sottosistema CPU;
29)
«acceleratore ausiliare di elaborazione» (Auxiliary Processing Accelerator - APA), un processore specializzato, e il sottosistema ad esso associato, che fornisce un incremento della capacità di elaborazione, come per esempio GPU (graphical processing units - unità di elaborazione grafica) o dispositivi programmabili FPGA (field programmable gate arrays). Un APA non può funzionare in un server senza una CPU. Gli APA possono essere installati su un server su schede grafiche o su schede aggiuntive di espansione installate in slot di espansione aggiuntivi universali o integrati in un componente del server come la scheda madre;
30)
«APA di espansione», un APA presente su una scheda aggiuntiva installata in uno slot di espansione aggiuntivo. Una scheda aggiuntiva con APA di espansione può contenere uno o più APA e/o commutatori amovibili, dedicati e separati;
31)
«APA integrato», un APA integrato nella scheda madre o nel pacchetto CPU;
32)
«tipo di prodotto», il modello del server o del prodotto di archiviazione dati compreso l'alloggiamento (rack, a torre o blade), il numero di socket e, per i server, il fatto che si tratti di un server resiliente, di un server blade, di un server multinodo, di un server HPC, di un server con APA integrato, di un server a corrente continua o di un server che non rientra in nessuna delle precedenti categorie;
33)
«smontaggio», un'operazione per cui un elemento viene rimosso in modo da poter essere successivamente rimontato e messo in funzione;
34)
«firmware», un sistema, un hardware, un componente o una programmazione periferica forniti con il prodotto per impartire istruzioni di base per il funzionamento dell'hardware, compresi tutti gli aggiornamenti pertinenti dei programmi e dell'hardware;
35)
«cancellazione sicura dei dati», la cancellazione efficace di tutti i dati di un dispositivo di archiviazione dati, che sovrascriva completamente i dati in modo che l'accesso ai dati originali, o a loro parti, diventi impraticabile a un determinato livello di sforzo.
ALLEGATO II
Specifiche per la progettazione ecocompatibile
1. SPECIFICHE PER LA PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE RELATIVE A SERVER E PRODOTTI DI ARCHIVIAZIONE DATI ONLINE
1.1. Specifiche relative all'efficienza delle unità di alimentazione e al fattore di potenza
1.1.1. Dal 1o marzo 2020, per i server e i prodotti di archiviazione dati online, ad eccezione dei server a corrente continua e dei prodotti di archiviazione dati a corrente continua, l'efficienza dell'unità di alimentazione al livello di carico nominale del 10 %, 20 %, 50 % e 100 % e il fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 % non devono essere inferiori ai valori riportati nella tabella 1.
Tabella 1
Specifiche minime relative all'efficienza delle unità di alimentazione e al fattore di potenza a partire dal 1o marzo 2020
Efficienza minima dell'unità di alimentazione
Fattore di potenza minimo
% del carico nominale
10 %
20 %
50 %
100 %
50 %
Pluriuscita
—
88 %
92 %
88 %
0,90
Monouscita
—
90 %
94 %
91 %
0,95
1.1.2. Dal 1o gennaio 2023, per i server e i prodotti di archiviazione dati online, ad eccezione dei server a corrente continua e dei prodotti di archiviazione dati a corrente continua, l'efficienza dell'unità di alimentazione al livello di carico nominale del 10 %, 20 %, 50 % e 100 % e il fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 % non devono essere inferiori ai valori riportati nella tabella 2.
Tabella 2
Specifiche minime relative all'efficienza delle unità di alimentazione e al fattore di potenza a partire dal 1o gennaio 2023
Efficienza minima dell'unità di alimentazione
Fattore di potenza minimo
% del carico nominale
10 %
20 %
50 %
100 %
50 %
Pluriuscita
—
90 %
94 %
91 %
0,95
Monouscita
90 %
94 %
96 %
91 %
0,95
1.2. Specifiche relative all'efficienza dei materiali
1.2.1. Dal 1o marzo 2020 i fabbricanti devono garantire che le tecniche di giunzione, fissaggio o saldatura non impediscano lo smontaggio, a fini di riparazione o riutilizzo, dei seguenti componenti, se presenti:
a)
dispositivi di archiviazione dati;
b)
memoria;
c)
processore (CPU);
d)
scheda madre;
e)
scheda di espansione/scheda grafica;
f)
unità di alimentazione;
g)
alloggiamento;
h)
batterie.
1.2.2. Dal 1o marzo 2020 deve essere fornita una funzione di cancellazione sicura dei dati che permetta di cancellare i dati contenuti in tutti i dispositivi di archiviazione dati del prodotto.
1.2.3. Dal 1o marzo 2021 deve essere messa a disposizione, gratuitamente o a un costo equo, trasparente e non discriminatorio, la versione più recente disponibile del firmware a partire da due anni dopo l'immissione sul mercato del primo prodotto di un determinato modello di prodotto, per un periodo minimo di otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto. L'ultimo aggiornamento di sicurezza del firmware disponibile deve essere messo a disposizione gratuitamente dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto.
2. SPECIFICHE PER LA PROGETTAZIONE ECOCOMPATIBILE ESCLUSIVE PER SERVER CON UNO O DUE SOCKET PER PROCESSORI
2.1. Consumo di energia allo stato inattivo
Dal 1o marzo 2020 il consumo di energia allo stato inattivo (Pidle
) dei server, ad eccezione dei server resilienti, dei server HPC e dei server con APA integrato, non deve superare il valore calcolato utilizzando la seguente equazione:
Pidle
= Pbase
+ΣPadd_i
dove Pbase è la tolleranza di base per il consumo allo stato inattivo di cui alla tabella 3 e ΣPadd_i
è la somma dei consumi di energia allo stato inattivo tollerati per componenti aggiuntivi applicabili, specificate nella tabella 4. Per i server blade, Pidle
è calcolato come il consumo totale misurato diviso il numero di server blade installati nell'alloggiamento blade sottoposto a prova. Per i server multinodo, il numero di socket è conteggiato per nodo mentre Pidle
è calcolato come il consumo totale misurato diviso il numero di nodi installati nell'alloggiamento sottoposto a prova.
Tabella 3
Tolleranze di base per il consumo allo stato inattivo
Tipo di prodotto
Tolleranza di base per il consumo allo stato inattivo, Pbase (W)
Server a 1 socket (né server blade né server multinodo)
25
Server a 2 socket (né server blade né server multinodo)
38
Server blade o multinodo
40
Tabella 4
Tolleranze supplementari per il consumo allo stato inattivo per componenti aggiuntivi
Caratteristiche del sistema
Applicabile a
Tolleranza supplementare per il consumo allo stato inattivo
Prestazioni della CPU
Tutti i server
1 socket: 10 × PerfCPU W
2 socket: 7 × PerfCPU W
Unità di alimentazione aggiuntiva
Unità di alimentazione installate esplicitamente per la ridondanza dell'alimentazione
10 W per unità di alimentazione
HDD o SSD
Per HDD o SSD installati
5,0 W per HDD o SSD
Memoria supplementare
Memoria installata superiore a 4 GB
0,18 W per GB
Canale DDR con buffer aggiuntivo
Più di 8 canali DDR con buffer installati
4,0 watt per canale DDR con buffer
Dispositivi I/O aggiuntivi
Dispositivi installati equivalenti a più di 2 porte con velocità ≥ 1 Gbit, funzionalità Ethernet di serie
< 1 Gb/s: nessuna tolleranza
= 1 Gb/s: 2,0 watt/porta attiva
> 1 Gb/s e < 10 Gb/s: 4,0 watt/porta attiva
≥ 10 Gb/s e < 25Gb/s: 15,0 W/porta attiva
≥ 25 Gb/s e < 50Gb/s: 20,0 W/porta attiva
≥ 50 Gb/s 26,0 W/porta attiva
2.2. Criteri di efficienza allo stato attivo
Dal 1o marzo 2020 l'efficienza allo stato attivo (Effserver) dei server, ad eccezione dei server resilienti, dei server HPC e dei server con APA integrato, non deve essere inferiore ai valori riportati nella tabella 5:
Tabella 5
Specifiche relative all'efficienza allo stato attivo
Tipo di prodotto
Efficienza minima allo stato attivo
Server a 1 socket
9,0
Server a 2 socket
9,5
Server blade o multinodo
8,0
3. INFORMAZIONI FORNITE DAI FABBRICANTI
3.1. Dal 1o marzo 2020, fatta eccezione per i server personalizzati, non fabbricati in serie, nel manuale di istruzioni destinato agli installatori e agli utenti finali (se fornito con il prodotto) e nei siti web a libero accesso dei fabbricanti, dei loro mandatari e dei loro importatori, devono essere fornite le seguenti informazioni di prodotto sui server dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto:
a)
tipo di prodotto;
b)
nome del fabbricante, denominazione commerciale registrata e marchio registrato, indirizzo al quale può essere contattato;
c)
numero di modello del prodotto e, ove applicabile, i numeri di modello della configurazione per prestazioni basse e della configurazione per prestazioni elevate;
d)
anno di fabbricazione;
e)
efficienza dell'unità di alimentazione al 10 % (ove applicabile), 20 %, 50 % e 100 % della potenza nominale di uscita, espressa in % e arrotondata al primo decimale, ad eccezione dei server a corrente continua;
f)
fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 %, arrotondato al terzo decimale, ad eccezione dei server a corrente continua;
g)
potenza nominale di uscita dell'unità di alimentazione (Watt), arrotondata al numero intero più vicino. Se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server, insieme alle informazioni di cui alle lettere e) ed f) devono essere dichiarate tutte le unità di alimentazione offerte all'interno di una famiglia di server;
h)
consumo di energia allo stato inattivo, espresso in Watt e arrotondato al primo decimale;
i)
elenco di componenti per tolleranze supplementari per il consumo allo stato inattivo, se presenti (unità di alimentazione aggiuntive, HHD o SSD, memoria supplementare, canali DDR con buffer aggiuntivi, dispositivi I/O aggiuntivi);
j)
potenza massima, espressa in Watt e arrotondata al primo decimale;
k)
classe di condizione operativa dichiarata, specificata nella tabella 6;
l)
consumo di energia allo stato inattivo (Watt) al limite superiore di temperatura della classe di condizione operativa dichiarata;
m)
efficienza e prestazioni del server allo stato attivo;
n)
informazioni sulla funzione di cancellazione sicura dei dati di cui al punto 1.2.2 del presente allegato, comprese le istruzioni su come utilizzare tale funzione, le tecniche usate e lo standard o gli standard supportati per la cancellazione sicura dei dati, se del caso;
o)
per i server blade, un elenco delle combinazioni raccomandate con alloggiamenti compatibili;
p)
se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server, deve essere fornito un elenco di tutte le configurazioni del modello rappresentate dallo stesso.
Se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server, devono essere fornite le informazioni sul prodotto richieste per le voci da e) a m) di cui al punto 3.1 per le configurazioni per prestazioni basse e per prestazioni elevate della famiglia di server.
3.2. Dal 1o marzo 2020, fatta eccezione per i prodotti di archiviazione dati personalizzati, non fabbricati in serie, nel manuale di istruzioni destinato agli installatori e agli utenti finali (se fornito con il prodotto) e nei siti web a libero accesso dei fabbricanti, dei loro mandatari e dei loro importatori, devono essere fornite le seguenti informazioni sui prodotti di archiviazione dati online dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto:
a)
tipo di prodotto;
b)
nome del fabbricante, denominazione commerciale registrata e marchio registrato, indirizzo al quale può essere contattato;
c)
numero di modello del prodotto;
d)
anno di fabbricazione;
e)
efficienza dell'unità di alimentazione al 10 % (ove applicabile), 20 %, 50 % e 100 % della potenza nominale di uscita, espressa in % e arrotondata al primo decimale, ad eccezione dei prodotti di archiviazione dati online a corrente continua;
f)
fattore di potenza al livello di carico nominale del 50 %, arrotondato al terzo decimale, ad eccezione dei prodotti di archiviazione dati online a corrente continua;
g)
classe di condizione operativa dichiarata, specificata nella tabella 6; va specificato inoltre che «Questo prodotto è stato sottoposto a prove per verificare che funzioni nei limiti (relativi, per esempio, a temperatura e umidità) della classe di condizione operativa dichiarata»;
h)
informazioni sullo strumento o sugli strumenti di cancellazione dei dati di cui al punto 1.2.2 del presente allegato, comprese le istruzioni su come utilizzare tale funzione, le tecniche impiegate e lo standard o gli standard supportati per la cancellazione sicura dei dati, se del caso.
3.3. Dal 1o marzo 2020 i fabbricanti, i loro mandatari e i loro importatori devono mettere gratuitamente a disposizione di parti terze che si occupano di manutenzione, riparazione, riutilizzo, riciclo e aggiornamento (upgrading) dei server (compresi intermediari, imprese di riparazione di pezzi di ricambio, imprese fornitrici di pezzi di ricambio, imprese di riciclaggio e imprese di manutenzione per conto terzi), dal momento in cui un modello di prodotto è immesso sul mercato fino ad almeno otto anni dopo l'immissione sul mercato dell'ultimo prodotto di un determinato modello di prodotto e previa registrazione della parte terza interessata, le seguenti informazioni:
a)
intervallo del peso indicativo (meno di 5 g, tra 5 g e 25 g, più di 25 g), a livello di componenti, delle seguenti materie prime essenziali, se presenti:
a)
cobalto nelle batterie;
b)
neodimio negli HDD;
b)
istruzioni sulle operazioni di smontaggio di cui al punto 1.2.1 del presente allegato, tra cui, per ciascuna operazione e ciascun componente necessari:
a)
il tipo di operazione;
b)
il tipo e il numero di tecniche di fissaggio da sbloccare;
c)
lo strumento o gli strumenti necessari.
Nel caso dei server, se un modello di prodotto fa parte di una famiglia di server devono essere fornite le informazioni sul prodotto richieste per le voci a) e b) di cui al punto 3.3 per il modello o, in alternativa, per le configurazioni per prestazioni basse e per prestazioni elevate della famiglia di server.
3.4. Dal 1o marzo 2020 devono essere fornite nella documentazione tecnica, ai fini della valutazione di conformità di cui all'articolo 4, le seguenti informazioni per i server e i prodotti di archiviazione dati online:
a)
le informazioni di cui ai punti 3.1 e 3.3, nel caso dei server;
b)
le informazioni di cui ai punti 3.2 e 3.3, nel caso dei prodotti di archiviazione dati.
Tabella 6
Classi di condizione operativa
Temperatura di bulbo secco (°C)
Intervallo di umidità, non condensante
Classe di condizione operativa
Intervallo consentito
Intervallo raccomandato
Intervallo consentito
Intervallo raccomandato
Punto di rugiada massimo (°C)
Velocità massima di variazione (°C/hr)
A1
15-32
18-27
Punto di rugiada (DP) tra – 12 °C e 17 °C
e umidità relativa (RH) tra l'8 % e l'80 %
DP tra – 9 °C e
15 °C e RH del 60 %
17
5/20
A2
10-35
18-27
DP tra –12 °C e 21 °C
e RH tra l'8 % e l'80 %
Come in A1
21
5/20
A3
5-40
18-27
DP tra –12 °C e 24 °C
e RH tra l'8 % e l'85 %
Come in A1
24
5/20
A4
5-45
18-27
DP tra –12 °C e 24 °C
e RH tra l'8 % e il 90 %
Come in A1
24
5/20
ALLEGATO III
Misurazioni e calcoli
1.
Ai fini della conformità e della verifica della conformità alle specifiche applicabili del presente regolamento, le misurazioni e i calcoli devono essere effettuati avvalendosi di norme armonizzate, i cui estremi siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, o di altri metodi affidabili, accurati e riproducibili, che prendano in considerazione lo stato dell'arte generalmente riconosciuto, i cui risultati si ritiene abbiano un ridotto livello di incertezza.
2.
I server devono essere sottoposti a prova nella configurazione singola di modello di prodotto o, per i server che fanno parte di una famiglia di server, nella configurazione per prestazioni basse e nella configurazione per prestazioni elevate, come stabilito nell'allegato II, punto 3.1, lettera p), che comprende sia la configurazione hardware che le impostazioni di sistema, salvo se diversamente specificato.
Tutte le configurazioni offerte all'interno di una famiglia di server devono contenere lo stesso numero di socket per processori popolati utilizzati durante la prova. È possibile definire una famiglia di server per un server con socket solo parzialmente popolati (ad esempio un processore popolato in un server a due socket), purché la/le configurazione/i sia(no) sottoposta/e a prova come famiglia separata di server, secondo quanto richiesto, e soddisfi(no) gli stessi requisiti per il numero di socket popolati all'interno di quella famiglia separata di server.
Se l'unità in prova è un server con APA di espansione, quando si misurano il consumo di energia allo stato inattivo, l'efficienza allo stato attivo e le prestazioni del server allo stato attivo è necessario effettuare la prova dopo aver rimosso l'APA di espansione. Quando un APA di espansione dipende, per la comunicazione tra l'APA e la CPU, da un commutatore PCIe separato, occorre rimuovere la/le scheda/e e la/le scheda/e riser del PCIe separato per la prova di tutte le configurazioni allo stato attivo e allo stato inattivo.
Se l'unità in prova è un server multinodo, è necessario effettuare la prova verificando i consumi per ciascun nodo dopo aver configurato l'alloggiamento in modo che sia completamente popolato. Tutti i server multinodo installati nell'alloggiamento multinodo devono presentare la stessa configurazione.
Se l'unità in prova è un server blade, è necessario effettuare la prova verificando i consumi per ciascun server blade dopo aver configurato l'alloggiamento in modo che sia popolato a metà; l'alloggiamento deve essere popolato come segue:
1)
Configurazione dei singoli server blade
a)
Tutti i singoli server blade installati nell'alloggiamento devono essere identici e presentare la stessa configurazione.
2)
Popolamento parziale (a metà) dell'alloggiamento
a)
Il numero di server blade necessari per popolare metà degli slot singoli per server blade disponibili nell'alloggiamento blade.
b)
In presenza di un alloggiamento blade con più domini di alimentazione, selezionare il numero di domini di alimentazione che più si avvicina al valore corrispondente all'occupazione di metà dello spazio dell'alloggiamento. Nel caso in cui vi siano due possibilità, entrambe vicine al valore di occupazione di metà dello spazio dell'alloggiamento, la prova va eseguita con il dominio o la combinazione di domini che utilizza il maggior numero di server blade.
c)
Devono essere seguite tutte le istruzioni fornite dal produttore o riportate nel manuale dell'utente per il popolamento parziale dell'alloggiamento, operazione che potrebbe richiedere lo scollegamento di alcune unità di alimentazione e ventole di raffreddamento per i domini di alimentazione non popolati.
d)
Qualora tali informazioni non fossero disponibili o fossero incomplete, fare riferimento alle seguenti istruzioni:
i)
popolare completamente i domini di alimentazione;
ii)
se possibile, scollegare le unità di alimentazione e le ventole di raffreddamento per i domini di alimentazione non popolati;
iii)
riempire tutti gli alloggiamenti vuoti con pannelli o altro materiale equivalente che consenta di limitare il flusso d'aria durante l'intera prova.
3.
I dati per calcolare l'efficienza allo stato attivo (Effserver) e il consumo allo stato inattivo (Pidle
) devono essere misurati durante la stessa prova conformemente alla norma applicabile, mentre il consumo allo stato inattivo può essere misurato prima o dopo aver effettuato una parte della prova per l'efficienza allo stato attivo.
L'efficienza allo stato attivo (Effserver) dei server è calcolata come segue:
Effserver = exp [Wcpu
× ln (Effcpu
) + WMemory
× ln (EffMemory
) + WStorage
× ln (EffStorage
)]
dove: WCPU
, WMemory
e WStorage
sono le ponderazioni applicate ai worklet rispettivamente di CPU, memoria e archiviazione, come segue:
—
WCPU
è la ponderazione attribuita ai worklet della CPU = 0,65
—
WMemory
è la ponderazione attribuita ai worklet di memoria = 0,30
—
WStorage
è la ponderazione attribuita ai worklet di archiviazione = 0,05
e
dove:
—
i = 1 per workletCompress;
—
i = 2 per workletLU;
—
i = 3 per workletSOR;
—
i = 4 per workletCrypto;
—
i = 5 per workletSort;
—
i = 6 per workletSHA256;
—
i = 7 per workletHybrid SSJ;
dove:
—
i = 1 per workletFlood3;
—
i = 2 per workletCapacity3;
dove:
—
i = 1 per workletSequential;
—
i = 2 per workletRandom;
e
dove
—
:
Perfi
:
media geometrica delle misurazioni delle prestazioni dell'intervallo normalizzato;
—
:
Pwri
:
media geometrica dei valori del consumo energetico misurato.
Al fine di creare uno standard di misurazione unico dell'efficienza energetica per un server, i valori dell'efficienza degli intervalli per tutti i diversi worklet devono essere combinati applicando la seguente procedura:
a)
combinare i valori dell'efficienza degli intervalli per i singoli worklet utilizzando la media geometrica per ottenere i valori dell'efficienza del singolo worklet;
b)
combinare i punteggi assegnati all'efficienza del worklet utilizzando la funzione della media geometrica per tipo di carico di lavoro (CPU, memoria, archiviazione) al fine di ottenere un valore per tipo di carico di lavoro;
c)
combinare i tre tipi di carico di lavoro utilizzando una funzione della media geometrica ponderata per ottenere un unico valore dell'efficienza complessiva del server.
ALLEGATO IV
Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato
Le tolleranze definite nel presente allegato si applicano esclusivamente alla verifica dei parametri misurati dalle autorità dello Stato membro e non devono essere utilizzate dal fabbricante o dall'importatore per stabilire i valori riportati nella documentazione tecnica o per interpretare tali valori al fine di conseguire la conformità o comunicare prestazioni migliori con qualsiasi mezzo.
Un modello è considerato non conforme quando è progettato per essere in grado di rilevare il fatto di essere sottoposto a prova (ad esempio riconoscendo le condizioni o il ciclo di prova) e per reagire in modo specifico alterando automaticamente le sue prestazioni durante la prova allo scopo di raggiungere un livello più favorevole per qualsiasi parametro specificato nel presente regolamento o incluso nella documentazione tecnica o in qualsiasi altra documentazione fornita.
Per verificare la conformità di un modello di prodotto alle specifiche stabilite nel presente regolamento a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, per le specifiche di cui al presente allegato, le autorità degli Stati membri applicano la seguente procedura:
1.
Le autorità dello Stato membro verificano una singola unità del modello o, nel caso in cui il fabbricante dichiari una famiglia di server, della configurazione del modello. Se la verifica è effettuata sulla configurazione per prestazioni basse o sulla configurazione per prestazioni elevate, i valori dichiarati devono essere quelli relativi alla configurazione pertinente. Se la verifica è effettuata su una configurazione del modello selezionata in maniera casuale o ordinata, i valori dichiarati devono essere quelli relativi alla configurazione per prestazioni elevate.
2.
si considera il modello o la configurazione del modello conforme alle specifiche applicabili se:
a)
i valori riportati nella documentazione tecnica a norma dell'allegato IV, punto 2, della direttiva 2009/125/CE (valori dichiarati) e, se del caso, i valori usati per calcolarli, non sono più favorevoli per il fabbricante o l'importatore dei risultati delle misurazioni effettuate a norma della lettera g) dello stesso; e
b)
i valori dichiarati soddisfano le specifiche stabilite nel presente regolamento, e le informazioni di prodotto prescritte pubblicate dal fabbricante o dall'importatore non contengono valori più favorevoli per il fabbricante o l'importatore dei valori dichiarati; e
c)
quando le autorità dello Stato membro sottopongono a prova l'unità del modello o, in alternativa, qualora il fabbricante abbia dichiarato che il server è rappresentato da una famiglia di server, l'unità della configurazione per prestazioni basse o della configurazione per prestazioni elevate della famiglia di server, i valori determinati (i valori dei pertinenti parametri misurati nelle prove e i valori calcolati da tali misurazioni) rientrano nelle rispettive tolleranze di verifica riportate nella tabella 7.
3.
Se non si ottengono i risultati indicati al punto 2, lettere a) o b), il modello e tutte le configurazioni del modello descritte dalle stesse informazioni di prodotto [di cui all'allegato II, punto 3.1, lettera p)] sono da ritenersi non conformi al presente regolamento.
4.
Se non si ottiene quanto indicato al punto 2, lettera c):
a)
per i modelli o le configurazioni del modello appartenenti a una famiglia di server prodotti in quantità inferiori a cinque all'anno, il modello e tutte le configurazioni del modello descritti dalle stesse informazioni di prodotto [di cui all'allegato II, punto 3.1, lettera p)] sono da ritenersi non conformi al presente regolamento;
b)
nel caso dei modelli prodotti in quantitativi pari o superiori a cinque unità l'anno, le autorità dello Stato membro selezionano per la prova tre unità supplementari dello stesso modello o, in alternativa, qualora il fabbricante abbia dichiarato che il server è rappresentato da una famiglia di server, un'unità di entrambe le configurazioni (per prestazioni basse e per prestazioni elevate).
5.
Il modello o la configurazione del modello sono considerati conformi alle specifiche applicabili se, per queste tre unità, la media aritmetica dei valori determinati rientra nelle rispettive tolleranze di verifica riportate nella tabella 7.
6.
Se non si ottiene il risultato indicato al punto 4, lettera b), il modello e tutte le configurazioni del modello descritti dalle stesse informazioni di prodotto [di cui all'allegato II, punto 3.1, lettera p)] sono da ritenersi non conformi al presente regolamento.
7.
Le autorità dello Stato membro comunicano tutte le informazioni pertinenti alle autorità degli altri Stati membri e alla Commissione subito dopo l'adozione della decisione relativa alla non conformità del modello ai sensi dei punti 3 e 6.
Le autorità dello Stato membro si avvalgono dei metodi di calcolo e misurazione stabiliti nell'allegato III.
Le autorità dello Stato membro applicano esclusivamente le tolleranze di verifica stabilite nella tabella 7 del presente allegato e si avvalgono unicamente della procedura descritta ai punti da 1 a 7 per le specifiche di cui al presente allegato. Non si applicano altre tolleranze.
Tabella 7
Tolleranze di verifica
Parametri
Tolleranze di verifica
Efficienza dell'unità di alimentazione (%)
Il valore determinato non deve essere inferiore al valore dichiarato di oltre il 2 %.
Fattore di potenza
Il valore determinato non deve essere inferiore al valore dichiarato di oltre il 10 %.
Consumo di energia allo stato inattivo, Pidle e potenza massima (W)
Il valore determinato non deve superare il valore dichiarato di oltre il 10 %.
Efficienza allo stato attivo e prestazioni allo stato attivo
Il valore determinato non deve essere inferiore al valore dichiarato di oltre il 10 %.
ALLEGATO V
Parametri di riferimento indicativi di cui all'articolo 6
Ai fini della parte 3, punto 2, dell'allegato I della direttiva 2009/125/CE, sono stati individuati i seguenti parametri di riferimento indicativi.
Essi si richiamano alla migliore tecnologia disponibile al 7 aprile 2019.
Seguono i parametri di riferimento indicativi relativi alla migliore tecnologia disponibile sul mercato per i server e i prodotti di archiviazione dati online.
Tabella 8
Parametri di riferimento per il consumo energetico allo stato inattivo, l'efficienza del server e la condizione operativa
Tipo di prodotto
Consumo allo stato inattivo (W)
Criteri di efficienza allo stato attivo
Classe di condizione operativa
Server con alloggiamento a torre, 1 socket
21,3
17
A3
Server rack, 1 socket
18
17,7
A4
Server rack, 2 socket, basse prestazioni
49,9
18
A4
Server rack, 2 socket, alte prestazioni
67
26,1
A4
Server rack, 4 socket
65,1
34,8
A4
Server blade, 2 socket
75
47,3
A3
Server blade, 4 socket
63,3
21,9
A3
Server resiliente, 2 socket
222
9,6
A3
Prodotti di archiviazione dati
Non applicabile
Non applicabile
A3
Tabella 9
Parametri di riferimento per l'efficienza dell'unità di alimentazione a livello di carico al 10 %, 20 %, 50 % e 100 % e fattore di potenza a livello di carico al 20 % o al 50 %
Potenza nominale dell'unità di alimentazione
10 %
20 %
50 %
100 %
< 750 W
91,17 %
93,76 %
94,72 %
Fattore di potenza > 0,95
94,14 %
≥ 750 W
95,02 %
95,99 %
Fattore di potenza > 0,95
96,09 %
94,69 %
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Specifiche per la progettazione ecocompatibile: server e prodotti di archiviazione dati
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Punta a limitare l’impatto ambientale dei server e dei prodotti di archiviazione dei dati con una serie di regole sull’efficienza energetica.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento stabilisce specifiche di progettazione ecocompatibile* per l’immissione sul mercato e la messa in funzione di server e prodotti di archiviazione dati online. Il regolamento non si applica a:server* destinati ad applicazioni integrate* (embedded);server classificati come server di piccole dimensioni conformemente al regolamento (UE) n. 617/2013;server con più di quattro socket per processori*;server appliance*;server di grandi dimensioni*;server con tolleranza completa ai guasti*;server di rete*;prodotti di archiviazione dati* di piccole dimensioni;prodotti di archiviazione dati di grandi dimensioni. Il regolamento modifica il regolamento (UE) n. 617/2013 per escludere i server dal suo ambito di applicazione. Le specifiche per la progettazione ecocompatibile sono riportate nell’allegato II. Il regolamento specifica le procedure di valutazione della conformità applicabili. Le autorità nazionali devono applicare le procedure di verifica stabilite dall’allegato IV quando effettuano le verifiche di sorveglianza del mercato. L’allegato V stabilisce parametri di riferimento indicativi per i server e i prodotti di archiviazione dati più efficienti disponibili sul mercato. La Commissione europea deve rivedere il regolamento alla luce dei progressi tecnologici e presentarne i risultati, compresa, se del caso, una bozza di proposta di revisione entro marzo 2022.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 7 aprile 2019. Le modifiche del regolamento al regolamento (UE) n. 617/2013 si applicano dal 1o marzo 2020.
CONTESTO
La direttiva 2009/125/CE stabilisce un quadro per definire i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia. La Commissione imposta tali requisiti per i prodotti che sono ampiamente venduti e commercializzati nell’Unione e che hanno un impatto ambientale significativo.
Per maggiori informazioni consultare:Server e prodotti di archiviazione dati: Specifiche per la progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Spiegazione delle nuove misure di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Informazioni sull’etichetta energetica e sulla progettazione ecocompatibile — Risparmio energetico (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Progettazione ecocompatibile. Politica per migliorare, attraverso una migliore progettazione, le prestazioni ambientali dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita, in particolare l’efficienza energetica.
Server. Un prodotto informatico che fornisce servizi e gestisce le risorse di rete per i dispositivi client, quali computer desktop, computer portatili, ecc.
Applicazione integrata. Un’applicazione software permanentemente integrata in un dispositivo industriale o per consumatori, generalmente archiviata in una memoria non volatile come la memoria a sola lettura o la memoria flash.
Server con più di quattro socket per processori. Server contenente più di quattro interfacce progettate per l’installazione di un processore.
Server appliance. Un server che non è pensato per eseguire software fornito dall’utente, che eroga servizi tramite una o più reti, è generalmente gestito attraverso un’interfaccia web o a linea di comando ed è dotato di un sistema operativo pre-installato e di un software applicativo utilizzato per svolgere una funzione specifica o una serie di funzioni strettamente collegate;
Server di grandi dimensioni. Un server resiliente messo in commercio come sistema preintegrato/pretestato alloggiato in uno o più rack (armadi) completi e dotato di un sottosistema I/O ad alta connettività con un minimo di 32 slot I/O dedicati.
Server con tolleranza completa ai guasti. Un server dotato di ridondanza hardware completa (per eseguire contemporaneamente e ripetutamente un unico carico di lavoro in modo da assicurare disponibilità continua in un’applicazione essenziale), in cui ciascun componente informatico è replicato tra due nodi che eseguono in parallelo carichi di lavoro identici.
Server di rete. Un prodotto di rete che contiene gli stessi componenti di un server e, in aggiunta, oltre 11 porte di rete con una velocità di linea complessiva di almeno 12 Gb/s, la capacità di riconfigurare dinamicamente le porte e la velocità e un supporto per un ambiente di virtualizzazione di rete tramite una rete SDN (software defined network).
Prodotto di archiviazione dati. Un sistema di memorizzazione pienamente operativo che offre servizi di archiviazione dei dati a client e dispositivi connessi, direttamente o attraverso una rete.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) 2019/424 della Commissione, del 15 marzo 2019, che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile di server e prodotti di archiviazione dati a norma della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento (UE) n. 617/2013 (Testo rilevante ai fini del SEE.) (GU L 74 del 18.3.2019, pag. 46).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2019/424 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 617/2013 della Commissione, del 26 giugno 2013, recante misure di esecuzione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in merito alle specifiche per la progettazione ecocompatibile di computer e server informatici (GU L 175 del 27.6.2013, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
Si veda la versione consolidata. |
Misure restrittive dell’UE contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche
QUALI SONO GLI SCOPI DEL REGOLAMENTO E DELLA DECISIONE?
Insieme, la decisione (adottata nel contesto della politica estera e di sicurezza comune dell’UE) e il regolamento (adottato in base all’articolo 215 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) introducono un nuovo regime «tematico» di sanzioni UE, per contrastare la minaccia rappresentata dall’uso e dalla proliferazione delle armi chimiche*.La decisione obbliga i paesi dell’UE a imporre un divieto di viaggio all’interno dell’UE e prevede un congelamento dei beni per gli individui, le entità o gli organismi coinvolti nello sviluppo e nell’uso di armi chimiche. Il regolamento attua le misure che rientrano nel TFUE, in particolare sul congelamento dei beni. Tali misure contribuiscono agli sforzi dell’UE di far fronte alla proliferazione e all’uso delle armi chimiche e di sostenere l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) e il suo segretariato tecnico.
PUNTI CHIAVE
Decisione (PESC) 2018/1544
La decisione impone agli Stati membri di impedire l’ingresso o il transito attraverso il loro territorio di persone ed entità interessate direttamente responsabili dello sviluppo e dell’uso di armi chimiche, nonché di coloro che forniscono supporto finanziario, tecnico o materiale e coloro che assistono, incoraggiano o sono ad esse associate.
Sono ammesse alcune eccezioni che comprendono, ad esempio:gli Stati membri non sono obbligati a vietare ai loro cittadini l’ingresso nel proprio territorio; uno Stato membro che è vincolato da un obbligo derivante dal diritto internazionale, ad esempio se ospita un’organizzazione intergovernativa internazionale; uno Stato membro che ospita l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Gli Stati membri devono congelare tutti i fondi e le risorse economiche* appartenenti a, detenuti o controllati dalle persone o entità interessate. Eccezionalmente, essi possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi se, ad esempio, essi sono necessari a:soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche o giuridiche; pagare i servizi legali; pagare diritti o spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati; a soddisfare una decisione giudiziaria o arbitrale emessa anteriormente alla data di congelamento dei beni. In questi casi, gli Stati membri devono informare gli altri Stati membri e la Commissione europea.
Il Consiglio è responsabile di predisporre e modificare l’elenco delle persone e delle entità interessate nell’allegato alla presente decisione. Il Consiglio agisce all’unanimità su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Il Consiglio trasmette la sua decisione alla persona fisica o giuridica (o alle persone fisiche o giuridiche), all’entità o all’organismo (o alle entità o organismi) direttamente (se l’indirizzo è noto) o indirettamente mediante la pubblicazione di un avviso.
Regolamento (UE) 2018/1542
Il regolamento:integra la decisione e definisce una serie di definizioni; impone che siano congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi identificati dal Consiglio ed elencati nell’allegato I; individua le istanze eccezionali che autorizzano lo svincolo di taluni fondi congelati e le condizioni che devono essere soddisfatte — si veda al riguardo la Decisione (PESC) 2018/1544. Gli enti finanziari o creditizi che ricevono fondi trasferiti da terzi sui conti di una persona fisica o giuridica o di un organismo che figura nell’elenco possono accreditare tali fondi congelati, purché anche i versamenti siano congelati. L’istituzione informa senza indugio l’autorità competente pertinente in merito a tali operazioni.
Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo che lo attua, né per i suoi dirigenti o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza.
È vietato qualsiasi coinvolgimento, consapevole o intenzionale, in attività aventi l’obiettivo di eludere le misure (divieto di viaggio e/o congelamento dei beni).
Il regolamento si applica:nel territorio dell’Unione, compreso il suo spazio aereo; a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro; a qualsiasi persona fisica all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione che sia cittadina di un paese dell’UE; a qualsiasi persona giuridica od organismo, all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro; a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all’interno dell’Unione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E IL REGOLAMENTO?
La decisione e il regolamento si applicano dal 16 ottobre 2018.
CONTESTO
Il nuovo regime di misure restrittive, o sanzioni, è stato adottato dall’UE il 15 ottobre 2018 come seguito delle conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2018, che chiedeva l’adozione il più presto possibile di un nuovo regime UE restrittivo misure per affrontare l’uso e la proliferazione delle armi chimiche.
Le prime sanzioni previste dal nuovo regime sono state introdotte nel gennaio 2019 con la conseguente modifica della decisione e del regolamento (cfr. «Documenti correlati»).
TERMINI CHIAVE
Armi chimiche: le armi chimiche, come definite nella Convenzione sulle armi chimiche (CWC), sono le seguenti, considerate insieme o separatamente:a) prodotti chimici tossici e loro precursori, eccetto se destinati a scopi non vietati dalla presente convenzione, purché i tipi e le quantità siano conformi a tali scopi;(b) munizioni e dispositivi, progettati specificatamente per provocare la morte o altri danni attraverso le proprietà tossiche delle sostanze chimiche tossiche di cui al punto (a), che verrebbero rilasciate a seguito dell’impiego di tali munizioni e dispositivi;(c) qualsiasi apparecchiatura specificatamente progettata per essere utilizzata direttamente in relazione all’uso di munizioni e dispositivi di cui al punto (b).
Risorse economiche: le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che potrebbero essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (PESC) 2018/1544 del Consiglio, del 15 ottobre 2018, relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 259 del 16.10.2018, pag. 25).
Le modifiche successive alla decisione (PESC) 2018/1544 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) 2018/1542 del Consiglio, del 15 ottobre 2018, relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 259 del 16.10.2018, pag. 12).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/84 del Consiglio, del 21 gennaio 2019, che attua il regolamento (UE) 2018/1542 relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 18I del 21.1.2019, pag. 1).
Decisione (PESC) 2019/86 del Consiglio, del 21 gennaio 2019, che modifica la decisione (PESC) 2018/1544 relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 18I del 21.1.2019, pag. 10).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo IV — Misure restrittive — Articolo 215 (ex articolo 301 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 144). | REGOLAMENTO (UE) 2018/1542 DEL CONSIGLIO
del 15 ottobre 2018
relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 215,
vista la decisione (PESC) 2018/1544 del Consiglio, del 15 ottobre 2018, relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche (1),
vista la proposta congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 22 marzo 2018 il Consiglio europeo ha concluso che il ricorso ad armi chimiche, compreso l'utilizzo di qualsiasi sostanza chimica tossica come arma, in qualunque circostanza, è del tutto inaccettabile, deve essere condannato sistematicamente e fermamente e rappresenta una minaccia alla sicurezza per tutti noi. Il 28 giugno 2018 il Consiglio europeo ha chiesto che sia adottato quanto prima un nuovo regime dell'Unione di misure restrittive per affrontare la questione dell'uso e della proliferazione delle armi chimiche
(2)
Il 15 ottobre 2018 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2018/1544, relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche. La decisione (PESC) 2018/1544 dispone restrizioni ai viaggi e il congelamento dei fondi e delle risorse economiche di persone, entità od organismi responsabili o fornitori di sostegno finanziario, tecnico o materiale o altrimenti coinvolti nella produzione e nell'uso di armi chimiche o nei preparativi per l'uso di armi chimiche, nonché di coloro che aiutano e incoraggiano tali attività. Tali persone, entità e organismi sono elencati nell'allegato della decisione (PESC) 2018/1544.
(3)
Occorre un'ulteriore azione dell'Unione per attuare certe disposizioni della decisione (PESC) 2018/1544.
(4)
È opportuno che l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e la Commissione europea presentino una proposta di regolamento relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche.
(5)
Il presente regolamento sostiene la strategia dell'UE del 2003 contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, nonché il quadro internazionale relativo alla proliferazione delle armi chimiche: la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (Chemical Weapons Convention — «CWC»), la decisione adottata il 27 giugno 2018 dalla conferenza degli Stati parte della CWC e intesa ad affrontare la minaccia posta dall'uso di armi chimiche, il gruppo Australia, l'Iniziativa di sicurezza contro la proliferazione e il Partenariato internazionale contro l'impunità per l'uso di armi chimiche. Il presente regolamento sostiene inoltre l'attuazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare le risoluzioni 1540 (2004), 2118 (2013), 2209 (2015), 2235 (2015) e 2325 (2016).
(6)
Il presente regolamento contribuisce agli sforzi profusi dall'Unione per contrastare la proliferazione e l'uso delle armi chimiche e a sostegno dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons – OPCW) e del relativo segretariato tecnico. La portata delle armi chimiche di cui al presente regolamento si basa sulla portata e sulla definizione specificate nella CWC.
(7)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e il diritto alla protezione dei dati personali. Il presente regolamento dovrebbe essere applicato conformemente a tali diritti.
(8)
La facoltà di stabilire e modificare l'elenco di cui all'allegato I del presente regolamento dovrebbe essere esercitata dal Consiglio per garantire la coerenza con la procedura intesa a stabilire, modificare e rivedere l'allegato della decisione (PESC) 2018/1544.
(9)
Ai fini dell'attuazione del presente regolamento e per garantire la massima certezza giuridica all'interno dell'Unione, è opportuno che siano pubblicati i nomi e gli altri dati pertinenti relativi alle persone fisiche e giuridiche, alle entità e agli organismi i cui fondi e le cui risorse economiche devono essere congelati a norma del presente regolamento. Qualsiasi trattamento di dati personali dovrebbe essere conforme al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(10)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e in ordine a qualsiasi altra informazione pertinente a loro disposizione riguardante il presente regolamento.
(11)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e garantirne l'attuazione. Le sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive.
(12)
Il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore immediatamente dopo la sua pubblicazione per garantire l'efficacia delle misure ivi contemplate,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «armi chimiche»: le armi chimiche definite all'articolo II della Convenzione sulle armi chimiche («CWC»);
b) «richiesta»: qualsiasi richiesta, sotto forma contenziosa o meno, presentata anteriormente o posteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento, derivante da un contratto o da un'operazione o ad essi collegata, e in particolare:
i)
una richiesta volta a ottenere l'adempimento di un obbligo derivante da un contratto o da un'operazione o a essi collegata;
ii)
una richiesta volta ad ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma;
iii)
una richiesta di compensazione relativa a un contratto o a un'operazione;
iv)
una domanda riconvenzionale;
v)
una richiesta volta ad ottenere, anche mediante exequatur, il riconoscimento o l'esecuzione di una sentenza, di un lodo arbitrale o di una decisione equivalente, indipendentemente dal luogo in cui sono stati pronunziati;
c) «contratto o operazione»: qualsiasi operazione, indipendentemente dalla sua forma e dal diritto a essa applicabile, che comprenda uno o più contratti o obblighi analoghi stipulati fra le stesse parti o fra parti diverse; a tal fine il termine «contratto» include qualsiasi forma di garanzia, in particolare una garanzia o controgaranzia finanziaria, e qualsiasi credito, anche giuridicamente indipendente, nonché qualsiasi clausola annessa derivante da siffatta operazione o ad essa correlata;
d) «autorità competenti»: le autorità competenti degli Stati membri i cui siti web sono elencati nell'allegato II;
e) «risorse economiche»: le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che potrebbero essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi;
f) «congelamento di risorse economiche»: il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso la vendita, la locazione e le ipoteche;
g) «congelamento di fondi»: il divieto di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso ad essi così da modificarne il volume, l'importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura, la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consente l'uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio;
h) «fondi»: tutte le attività e i benefici finanziari di qualsiasi natura, compresi, tra gli altri:
i)
contanti, assegni, cambiali, vaglia postali e altri strumenti di pagamento;
ii)
depositi presso istituti finanziari o altre entità, saldi sui conti, debiti e obblighi;
iii)
titoli negoziati a livello pubblico o privato e strumenti di debito, tra cui azioni, certificati azionari, titolo a reddito fisso, pagherò, warrant, obbligazioni e contratti derivati;
iv)
interessi, dividendi o altri redditi generati dalle attività;
v)
credito, diritto di compensazione, garanzie, fideiussioni o altri impegni finanziari;
vi)
lettere di credito, polizze di carico e atti di cessione;
vii)
documenti da cui risulti un interesse riguardante capitali o risorse finanziarie;
i) «territorio dell'Unione»: i territori degli Stati membri cui si applica il trattato, alle condizioni ivi stabilite, compreso lo spazio aereo.
Articolo 2
1. Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I.
2. Non sono messi a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche, né sono destinati a loro vantaggio.
3. Nell'allegato I figurano le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi che il Consiglio ha identificato, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, della decisione (PESC) 2018/1544 del Consiglio, come:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi responsabili o fornitori di sostegno finanziario, tecnico o materiale o altrimenti coinvolti nelle seguenti attività:
i)
produzione, acquisto, possesso, sviluppo, trasporto, stoccaggio o trasferimento di armi chimiche;
ii)
uso di armi chimiche; o
iii)
qualsiasi preparativo ai fini dell'uso di armi chimiche;
b)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che aiutano, incoraggiano o inducono una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo a intraprendere una delle attività di cui alla lettera a) del presente paragrafo e in tal modo causano o contribuiscono al pericolo che tali attività possano essere svolte; e
c)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi associati alle persone fisiche o giuridiche, alle entità o agli organismi di cui alle lettere a) e b) del presente paragrafo.
Articolo 3
1. In deroga all'articolo 2, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver accertato che i fondi o le risorse economiche in questione sono:
a)
necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I e dei familiari a carico di tali persone fisiche, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, locazioni o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenze di servizi pubblici;
b)
destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli o al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;
c)
destinati esclusivamente al pagamento di diritti o di spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati;
d)
necessari per coprire spese straordinarie, a condizione che l'autorità competente abbia notificato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione, almeno due settimane prima dell'autorizzazione, i motivi per i quali ritiene che debba essere concessa una determinata autorizzazione; o
e)
pagabili su o da un conto di una missione diplomatica o consolare o di un'organizzazione internazionale che gode di immunità in conformità del diritto internazionale, nella misura in cui tali pagamenti servono per scopi ufficiali della missione diplomatica o consolare o dell'organizzazione internazionale.
2. Entro due settimane, lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1.
Articolo 4
1. In deroga all'articolo 2, paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati a condizione che:
a)
i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell'inserimento della persona fisica o giuridica, dell'entità o dell'organismo di cui all'articolo 2 nell'elenco figurante nell'allegato I, o siano oggetto di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell'Unione o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, prima o dopo tale data;
b)
i fondi o le risorse economiche vengano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o riconosciuti validi dalla stessa, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei creditori;
c)
la decisione non vada a favore di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo elencati all'allegato I;
d)
il riconoscimento della decisione non sia contrario all'ordine pubblico nello Stato membro interessato.
2. Entro due settimane, lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1.
Articolo 5
1. In deroga all'articolo 2, paragrafo 1, e purché un pagamento da parte di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo di cui all'allegato I sia dovuto in forza di un contratto o di un accordo concluso o di un'obbligazione sorta per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo in questione prima della data di inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità od organismo nell'allegato I, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, alle condizioni che ritengono appropriate, lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati purché l'autorità competente interessata abbia accertato che:
a)
i fondi o le risorse economiche saranno usati per un pagamento da una persona fisica o giuridica, da un'entità o da un organismo di cui all'allegato I; e
b)
il pagamento non viola l'articolo 2, paragrafo 2.
2. Entro due settimane, lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1.
Articolo 6
1. L'articolo 2, paragrafo 2, non osta a che gli enti finanziari o creditizi che ricevono fondi trasferiti da terzi sui conti di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo che figura nell'elenco accreditino tali fondi sui conti congelati, purché anche i versamenti siano congelati. L'ente finanziario o creditizio informa senza indugio l'autorità competente pertinente in merito a tali operazioni.
2. L'articolo 2, paragrafo 2, non si applica al versamento sui conti congelati di:
a)
interessi o altri profitti dovuti su detti conti;
b)
pagamenti dovuti nel quadro di contratti, accordi conclusi o obbligazioni sorte anteriormente alla data in cui la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo di cui all'articolo 2 sono stati inseriti nell'allegato I; o
c)
pagamenti dovuti nel quadro di decisioni giudiziarie, amministrative o arbitrali emesse in uno Stato membro o esecutive nello Stato membro interessato.
Articolo 7
1. Fatte salve le norme applicabili in materia di relazioni, riservatezza e segreto professionale, le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi sono tenuti a:
a)
fornire immediatamente qualsiasi informazione atta a facilitare il rispetto del presente regolamento, quali le informazioni relative ai conti e agli importi congelati a norma dell'articolo 2, all'autorità competente dello Stato membro in cui risiedono o sono situati e a trasmettere tali informazioni, direttamente o attraverso lo Stato membro, alla Commissione; e
b)
collaborare con l'autorità competente alla verifica di tali informazioni.
2. Le ulteriori informazioni ricevute direttamente dalla Commissione sono messe a disposizione degli Stati membri.
3. Le informazioni fornite o ricevute ai sensi del presente articolo sono utilizzate unicamente per gli scopi per i quali sono state fornite o ricevute.
Articolo 8
È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o il risultato di eludere le misure di cui all'articolo 2.
Articolo 9
1. Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo che lo attua, né per i suoi dirigenti o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza.
2. Le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se questi non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento.
Articolo 10
1. Non è soddisfatta alcuna richiesta in relazione a contratti o operazioni sulla cui esecuzione abbiano inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite dal presente regolamento, comprese richieste di indennizzo o richieste analoghe, ad esempio richieste di compensazione o richieste nel quadro di una garanzia, segnatamente richieste volte ad ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare di una garanzia o controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità od organismi designati elencati nell'allegato I;
b)
qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo che agisca per tramite o per conto di una delle persone, delle entità o degli organismi di cui alla lettera a).
2. In ogni procedura volta al soddisfacimento di una richiesta, l'onere della prova che il soddisfacimento della richiesta non è vietato dal paragrafo 1 incombe alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo che richiede il soddisfacimento di tale richiesta.
3. Il presente articolo lascia impregiudicato il diritto delle persone fisiche o giuridiche, delle entità e degli organismi di cui al paragrafo 1 al controllo giurisdizionale della legittimità dell'inadempimento degli obblighi contrattuali a norma del presente regolamento.
Articolo 11
1. La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e condividono qualsiasi altra informazione pertinente a loro disposizione riguardante il presente regolamento, in particolare le informazioni riguardanti:
a)
i fondi congelati a norma dell'articolo 2 e le autorizzazioni concesse a norma degli articoli 3, 4 e 5;
b)
i problemi di violazione e di applicazione delle norme e le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali nazionali.
2. Ciascuno Stato membro comunica immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione tutte le altre informazioni pertinenti in suo possesso tali da pregiudicare l'effettiva attuazione del presente regolamento.
Articolo 12
1. Qualora il Consiglio decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un'entità o a un organismo le misure di cui all'articolo 2, esso modifica di conseguenza l'allegato I.
2. Il Consiglio trasmette la sua decisione, compresi i motivi dell'inserimento nell'elenco, alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo di cui al paragrafo 1 direttamente, se l'indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo la possibilità di formulare osservazioni.
3. Qualora siano presentate osservazioni o siano addotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione e ne informa di conseguenza la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo interessati.
4. L'elenco riportato nell'allegato I è riesaminato periodicamente e almeno ogni dodici mesi.
5. La Commissione è autorizzata a modificare l'allegato II in base alle informazioni fornite dagli Stati membri.
Articolo 13
1. L'allegato I indica i motivi dell'inserimento nell'elenco delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi interessati.
2. L'allegato I include, ove disponibili, le informazioni necessarie per identificare le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi interessati. Per le persone fisiche, tali informazioni possono includere i nomi, compresi gli pseudonimi, la data e il luogo di nascita, la cittadinanza, il numero del passaporto e della carta d'identità, il sesso, l'indirizzo, se noto, e la funzione o la professione. Per le persone giuridiche, le entità e gli organismi, tali informazioni possono comprendere le denominazioni, la data e il luogo di registrazione, il numero di registrazione e la sede di attività.
Articolo 14
1. Gli Stati membri stabiliscono norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri comunicano senza indugio tali norme alla Commissione dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, come pure ogni successiva modifica.
Articolo 15
1. La Commissione tratta i dati personali per svolgere i propri compiti a norma del presente regolamento. Tali compiti comprendono:
a)
l'inclusione del contenuto dell'allegato I nell'elenco elettronico consolidato delle persone, dei gruppi e delle entità oggetto di sanzioni finanziarie dell'Unione e nella mappa interattiva delle sanzioni dell'Unione, entrambi pubblicamente disponibili;
b)
il trattamento delle informazioni relative all'impatto delle misure contemplate dal presente regolamento, come il valore dei fondi congelati e le informazioni sulle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti.
2. Ai fini del paragrafo 1, il servizio della Commissione indicato nell'allegato II è designato come «responsabile del trattamento» per la Commissione ai sensi dell'articolo 2, lettera d), del regolamento (CE) n. 45/2001 per garantire che le persone fisiche interessate possano esercitare i loro diritti a norma del regolamento (CE) n. 45/2001.
Articolo 16
1. Gli Stati membri designano le autorità competenti di cui al presente regolamento e le identificano sui siti web elencati nell'allegato II. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le eventuali modifiche degli indirizzi dei loro siti web elencati nell'allegato II.
2. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione le proprie autorità competenti, compresi gli estremi delle stesse, dopo l'entrata in vigore del presente regolamento e informano la Commissione di ogni eventuale successiva modifica.
3. Laddove il presente regolamento imponga di notificare, informare o comunicare in altro modo con la Commissione, l'indirizzo e gli altri estremi da usare per dette comunicazioni sono quelli indicati nell'allegato II.
Articolo 17
Il presente regolamento si applica:
a)
nel territorio dell'Unione, compreso il suo spazio aereo;
b)
a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
c)
a qualsiasi persona fisica cittadina di uno Stato membro che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione;
d)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro;
e)
a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all'interno dell'Unione.
Articolo 18
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Lussemburgo, il 15 ottobre 2018
Per il Consiglio
La presidente
F. MOGHERINI
(1) Cfr. la pagina 25 della presente Gazzetta ufficiale.
(2) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(3) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
ALLEGATO I
ELENCO DELLE PERSONE FISICHE E GIURIDICHE, DELLE ENTITÀ E DEGLI ORGANISMI DI CUI ALL'ARTICOLO 2
ALLEGATO II
SITI WEB CONTENENTI INFORMAZIONI SULLE AUTORITÀ COMPETENTI E INDIRIZZO PER LE NOTIFICHE ALLA COMMISSIONE
BELGIO
https://diplomatie.belgium.be/nl/Beleid/beleidsthemas/vrede_en_veiligheid/sancties
https://diplomatie.belgium.be/fr/politique/themes_politiques/paix_et_securite/sanctions
https://diplomatie.belgium.be/en/policy/policy_areas/peace_and_security/sanctions
BULGARIA
https://www.mfa.bg/en/101
REPUBBLICA CECA
www.financnianalytickyurad.cz/mezinarodni-sankce.html
DANIMARCA
http://um.dk/da/Udenrigspolitik/folkeretten/sanktioner/
GERMANIA
http://www.bmwi.de/DE/Themen/Aussenwirtschaft/aussenwirtschaftsrecht,did=404888.html
ESTONIA
http://www.vm.ee/est/kat_622/
IRLANDA
http://www.dfa.ie/home/index.aspx?id=28519
GRECIA
http://www.mfa.gr/en/foreign-policy/global-issues/international-sanctions.html
SPAGNA
http://www.exteriores.gob.es/Portal/en/PoliticaExteriorCooperacion/GlobalizacionOportunidadesRiesgos/Paginas/SancionesInternacionales.aspx
FRANCIA
http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/autorites-sanctions/
CROAZIA
http://www.mvep.hr/sankcije
ITALIA
https://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/politica_europea/misure_deroghe
CIPRO
http://www.mfa.gov.cy/sanctions
LETTONIA
http://www.mfa.gov.lv/en/security/4539
LITUANIA
http://www.urm.lt/sanctions
LUSSEMBURGO
https://maee.gouvernement.lu/fr/directions-du-ministere/affaires-europeennes/mesures-restrictives.html
UNGHERIA
http://www.kormany.hu/download/9/2a/f0000/EU%20szankci%C3%B3s%20t%C3%A1j%C3%A9koztat%C3%B3_20170214_final.pdf
MALTA
https://www.gov.mt/en/Government/Government%20of%20Malta/Ministries%20and%20Entities/Officially%20Appointed%20Bodies/Pages/Boards/Sanctions-Monitoring-Board-.aspx
PAESI BASSI
https://www.rijksoverheid.nl/onderwerpen/internationale-sancties
AUSTRIA
https://www.bmeia.gv.at/en/european-foreign-policy/foreign-policy/europe/eu-sanctions-national-authorities/
POLONIA
http://www.msz.gov.pl
PORTOGALLO
http://www.portugal.gov.pt/pt/ministerios/mne/quero-saber-mais/sobre-o-ministerio/medidas-restritivas/medidas-restritivas.aspx
ROMANIA
http://www.mae.ro/node/1548
SLOVENIA
http://www.mzz.gov.si/si/omejevalni_ukrepi
SLOVACCHIA
https://www.mzv.sk/europske_zalezitosti/europske_politiky-sankcie_eu
FINLANDIA
http://formin.finland.fi/kvyhteistyo/pakotteet
SVEZIA
http://www.ud.se/sanktioner
REGNO UNITO
https://www.gov.uk/sanctions-embargoes-and-restrictions
Indirizzo per le notifiche alla Commissione europea:
Commissione europea
Servizio degli strumenti di politica estera (FPI)
EEAS 07/99
1049 Bruxelles, Belgio
Email: relex-sanctions@ec.europa.eu
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) 2018/1542 DEL CONSIGLIO
del 15 ottobre 2018
relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 215,
vista la decisione (PESC) 2018/1544 del Consiglio, del 15 ottobre 2018, relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche (1),
vista la proposta congiunta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 22 marzo 2018 il Consiglio europeo ha concluso che il ricorso ad armi chimiche, compreso l'utilizzo di qualsiasi sostanza chimica tossica come arma, in qualunque circostanza, è del tutto inaccettabile, deve essere condannato sistematicamente e fermamente e rappresenta una minaccia alla sicurezza per tutti noi. Il 28 giugno 2018 il Consiglio europeo ha chiesto che sia adottato quanto prima un nuovo regime dell'Unione di misure restrittive per affrontare la questione dell'uso e della proliferazione delle armi chimiche
(2)
Il 15 ottobre 2018 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2018/1544, relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche. La decisione (PESC) 2018/1544 dispone restrizioni ai viaggi e il congelamento dei fondi e delle risorse economiche di persone, entità od organismi responsabili o fornitori di sostegno finanziario, tecnico o materiale o altrimenti coinvolti nella produzione e nell'uso di armi chimiche o nei preparativi per l'uso di armi chimiche, nonché di coloro che aiutano e incoraggiano tali attività. Tali persone, entità e organismi sono elencati nell'allegato della decisione (PESC) 2018/1544.
(3)
Occorre un'ulteriore azione dell'Unione per attuare certe disposizioni della decisione (PESC) 2018/1544.
(4)
È opportuno che l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e la Commissione europea presentino una proposta di regolamento relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l'uso delle armi chimiche.
(5)
Il presente regolamento sostiene la strategia dell'UE del 2003 contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, nonché il quadro internazionale relativo alla proliferazione delle armi chimiche: la Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione (Chemical Weapons Convention — «CWC»), la decisione adottata il 27 giugno 2018 dalla conferenza degli Stati parte della CWC e intesa ad affrontare la minaccia posta dall'uso di armi chimiche, il gruppo Australia, l'Iniziativa di sicurezza contro la proliferazione e il Partenariato internazionale contro l'impunità per l'uso di armi chimiche. Il presente regolamento sostiene inoltre l'attuazione delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare le risoluzioni 1540 (2004), 2118 (2013), 2209 (2015), 2235 (2015) e 2325 (2016).
(6)
Il presente regolamento contribuisce agli sforzi profusi dall'Unione per contrastare la proliferazione e l'uso delle armi chimiche e a sostegno dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons – OPCW) e del relativo segretariato tecnico. La portata delle armi chimiche di cui al presente regolamento si basa sulla portata e sulla definizione specificate nella CWC.
(7)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente, dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in particolare il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e il diritto alla protezione dei dati personali. Il presente regolamento dovrebbe essere applicato conformemente a tali diritti.
(8)
La facoltà di stabilire e modificare l'elenco di cui all'allegato I del presente regolamento dovrebbe essere esercitata dal Consiglio per garantire la coerenza con la procedura intesa a stabilire, modificare e rivedere l'allegato della decisione (PESC) 2018/1544.
(9)
Ai fini dell'attuazione del presente regolamento e per garantire la massima certezza giuridica all'interno dell'Unione, è opportuno che siano pubblicati i nomi e gli altri dati pertinenti relativi alle persone fisiche e giuridiche, alle entità e agli organismi i cui fondi e le cui risorse economiche devono essere congelati a norma del presente regolamento. Qualsiasi trattamento di dati personali dovrebbe essere conforme al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(10)
Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero informarsi reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e in ordine a qualsiasi altra informazione pertinente a loro disposizione riguardante il presente regolamento.
(11)
Gli Stati membri dovrebbero stabilire norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e garantirne l'attuazione. Le sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive.
(12)
Il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore immediatamente dopo la sua pubblicazione per garantire l'efficacia delle misure ivi contemplate,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «armi chimiche»: le armi chimiche definite all'articolo II della Convenzione sulle armi chimiche («CWC»);
b) «richiesta»: qualsiasi richiesta, sotto forma contenziosa o meno, presentata anteriormente o posteriormente alla data di entrata in vigore del presente regolamento, derivante da un contratto o da un'operazione o ad essi collegata, e in particolare:
i)
una richiesta volta a ottenere l'adempimento di un obbligo derivante da un contratto o da un'operazione o a essi collegata;
ii)
una richiesta volta ad ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma;
iii)
una richiesta di compensazione relativa a un contratto o a un'operazione;
iv)
una domanda riconvenzionale;
v)
una richiesta volta ad ottenere, anche mediante exequatur, il riconoscimento o l'esecuzione di una sentenza, di un lodo arbitrale o di una decisione equivalente, indipendentemente dal luogo in cui sono stati pronunziati;
c) «contratto o operazione»: qualsiasi operazione, indipendentemente dalla sua forma e dal diritto a essa applicabile, che comprenda uno o più contratti o obblighi analoghi stipulati fra le stesse parti o fra parti diverse; a tal fine il termine «contratto» include qualsiasi forma di garanzia, in particolare una garanzia o controgaranzia finanziaria, e qualsiasi credito, anche giuridicamente indipendente, nonché qualsiasi clausola annessa derivante da siffatta operazione o ad essa correlata;
d) «autorità competenti»: le autorità competenti degli Stati membri i cui siti web sono elencati nell'allegato II;
e) «risorse economiche»: le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che potrebbero essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi;
f) «congelamento di risorse economiche»: il divieto di utilizzare risorse economiche per ottenere fondi, beni o servizi in qualsiasi modo, anche attraverso la vendita, la locazione e le ipoteche;
g) «congelamento di fondi»: il divieto di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso ad essi così da modificarne il volume, l'importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura, la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consente l'uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio;
h) «fondi»: tutte le attività e i benefici finanziari di qualsiasi natura, compresi, tra gli altri:
i)
contanti, assegni, cambiali, vaglia postali e altri strumenti di pagamento;
ii)
depositi presso istituti finanziari o altre entità, saldi sui conti, debiti e obblighi;
iii)
titoli negoziati a livello pubblico o privato e strumenti di debito, tra cui azioni, certificati azionari, titolo a reddito fisso, pagherò, warrant, obbligazioni e contratti derivati;
iv)
interessi, dividendi o altri redditi generati dalle attività;
v)
credito, diritto di compensazione, garanzie, fideiussioni o altri impegni finanziari;
vi)
lettere di credito, polizze di carico e atti di cessione;
vii)
documenti da cui risulti un interesse riguardante capitali o risorse finanziarie;
i) «territorio dell'Unione»: i territori degli Stati membri cui si applica il trattato, alle condizioni ivi stabilite, compreso lo spazio aereo.
Articolo 2
1. Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I.
2. Non sono messi a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I, direttamente o indirettamente, fondi o risorse economiche, né sono destinati a loro vantaggio.
3. Nell'allegato I figurano le persone fisiche o giuridiche, le entità e gli organismi che il Consiglio ha identificato, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, della decisione (PESC) 2018/1544 del Consiglio, come:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi responsabili o fornitori di sostegno finanziario, tecnico o materiale o altrimenti coinvolti nelle seguenti attività:
i)
produzione, acquisto, possesso, sviluppo, trasporto, stoccaggio o trasferimento di armi chimiche;
ii)
uso di armi chimiche; o
iii)
qualsiasi preparativo ai fini dell'uso di armi chimiche;
b)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi che aiutano, incoraggiano o inducono una persona fisica o giuridica, un'entità o un organismo a intraprendere una delle attività di cui alla lettera a) del presente paragrafo e in tal modo causano o contribuiscono al pericolo che tali attività possano essere svolte; e
c)
persone fisiche o giuridiche, entità o organismi associati alle persone fisiche o giuridiche, alle entità o agli organismi di cui alle lettere a) e b) del presente paragrafo.
Articolo 3
1. In deroga all'articolo 2, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati o la messa a disposizione di taluni fondi o risorse economiche, alle condizioni che ritengono appropriate, dopo aver accertato che i fondi o le risorse economiche in questione sono:
a)
necessari per soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell'allegato I e dei familiari a carico di tali persone fisiche, compresi i pagamenti relativi a generi alimentari, locazioni o ipoteche, medicinali e cure mediche, imposte, premi assicurativi e utenze di servizi pubblici;
b)
destinati esclusivamente al pagamento di onorari ragionevoli o al rimborso delle spese sostenute per la prestazione di servizi legali;
c)
destinati esclusivamente al pagamento di diritti o di spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati;
d)
necessari per coprire spese straordinarie, a condizione che l'autorità competente abbia notificato alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione, almeno due settimane prima dell'autorizzazione, i motivi per i quali ritiene che debba essere concessa una determinata autorizzazione; o
e)
pagabili su o da un conto di una missione diplomatica o consolare o di un'organizzazione internazionale che gode di immunità in conformità del diritto internazionale, nella misura in cui tali pagamenti servono per scopi ufficiali della missione diplomatica o consolare o dell'organizzazione internazionale.
2. Entro due settimane, lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1.
Articolo 4
1. In deroga all'articolo 2, paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati a condizione che:
a)
i fondi o le risorse economiche siano oggetto di una decisione arbitrale emessa anteriormente alla data dell'inserimento della persona fisica o giuridica, dell'entità o dell'organismo di cui all'articolo 2 nell'elenco figurante nell'allegato I, o siano oggetto di una decisione giudiziaria o amministrativa emessa nell'Unione o di una decisione giudiziaria esecutiva nello Stato membro interessato, prima o dopo tale data;
b)
i fondi o le risorse economiche vengano usati esclusivamente per soddisfare i crediti garantiti da tale decisione o riconosciuti validi dalla stessa, entro i limiti fissati dalle leggi e dai regolamenti applicabili che disciplinano i diritti dei creditori;
c)
la decisione non vada a favore di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo elencati all'allegato I;
d)
il riconoscimento della decisione non sia contrario all'ordine pubblico nello Stato membro interessato.
2. Entro due settimane, lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1.
Articolo 5
1. In deroga all'articolo 2, paragrafo 1, e purché un pagamento da parte di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo di cui all'allegato I sia dovuto in forza di un contratto o di un accordo concluso o di un'obbligazione sorta per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo in questione prima della data di inserimento di tale persona fisica o giuridica, entità od organismo nell'allegato I, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, alle condizioni che ritengono appropriate, lo svincolo di taluni fondi o risorse economiche congelati purché l'autorità competente interessata abbia accertato che:
a)
i fondi o le risorse economiche saranno usati per un pagamento da una persona fisica o giuridica, da un'entità o da un organismo di cui all'allegato I; e
b)
il pagamento non viola l'articolo 2, paragrafo 2.
2. Entro due settimane, lo Stato membro interessato informa gli altri Stati membri e la Commissione di ogni autorizzazione concessa ai sensi del paragrafo 1.
Articolo 6
1. L'articolo 2, paragrafo 2, non osta a che gli enti finanziari o creditizi che ricevono fondi trasferiti da terzi sui conti di una persona fisica o giuridica, di un'entità o di un organismo che figura nell'elenco accreditino tali fondi sui conti congelati, purché anche i versamenti siano congelati. L'ente finanziario o creditizio informa senza indugio l'autorità competente pertinente in merito a tali operazioni.
2. L'articolo 2, paragrafo 2, non si applica al versamento sui conti congelati di:
a)
interessi o altri profitti dovuti su detti conti;
b)
pagamenti dovuti nel quadro di contratti, accordi conclusi o obbligazioni sorte anteriormente alla data in cui la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo di cui all'articolo 2 sono stati inseriti nell'allegato I; o
c)
pagamenti dovuti nel quadro di decisioni giudiziarie, amministrative o arbitrali emesse in uno Stato membro o esecutive nello Stato membro interessato.
Articolo 7
1. Fatte salve le norme applicabili in materia di relazioni, riservatezza e segreto professionale, le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi sono tenuti a:
a)
fornire immediatamente qualsiasi informazione atta a facilitare il rispetto del presente regolamento, quali le informazioni relative ai conti e agli importi congelati a norma dell'articolo 2, all'autorità competente dello Stato membro in cui risiedono o sono situati e a trasmettere tali informazioni, direttamente o attraverso lo Stato membro, alla Commissione; e
b)
collaborare con l'autorità competente alla verifica di tali informazioni.
2. Le ulteriori informazioni ricevute direttamente dalla Commissione sono messe a disposizione degli Stati membri.
3. Le informazioni fornite o ricevute ai sensi del presente articolo sono utilizzate unicamente per gli scopi per i quali sono state fornite o ricevute.
Articolo 8
È vietato partecipare, consapevolmente e deliberatamente, ad attività aventi l'obiettivo o il risultato di eludere le misure di cui all'articolo 2.
Articolo 9
1. Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo che lo attua, né per i suoi dirigenti o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza.
2. Le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se questi non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento.
Articolo 10
1. Non è soddisfatta alcuna richiesta in relazione a contratti o operazioni sulla cui esecuzione abbiano inciso, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, le misure istituite dal presente regolamento, comprese richieste di indennizzo o richieste analoghe, ad esempio richieste di compensazione o richieste nel quadro di una garanzia, segnatamente richieste volte ad ottenere la proroga o il pagamento di una garanzia o di una controgaranzia, in particolare di una garanzia o controgaranzia finanziaria, indipendentemente dalla sua forma, se la richiesta è presentata da:
a)
persone fisiche o giuridiche, entità od organismi designati elencati nell'allegato I;
b)
qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo che agisca per tramite o per conto di una delle persone, delle entità o degli organismi di cui alla lettera a).
2. In ogni procedura volta al soddisfacimento di una richiesta, l'onere della prova che il soddisfacimento della richiesta non è vietato dal paragrafo 1 incombe alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo che richiede il soddisfacimento di tale richiesta.
3. Il presente articolo lascia impregiudicato il diritto delle persone fisiche o giuridiche, delle entità e degli organismi di cui al paragrafo 1 al controllo giurisdizionale della legittimità dell'inadempimento degli obblighi contrattuali a norma del presente regolamento.
Articolo 11
1. La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e condividono qualsiasi altra informazione pertinente a loro disposizione riguardante il presente regolamento, in particolare le informazioni riguardanti:
a)
i fondi congelati a norma dell'articolo 2 e le autorizzazioni concesse a norma degli articoli 3, 4 e 5;
b)
i problemi di violazione e di applicazione delle norme e le sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali nazionali.
2. Ciascuno Stato membro comunica immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione tutte le altre informazioni pertinenti in suo possesso tali da pregiudicare l'effettiva attuazione del presente regolamento.
Articolo 12
1. Qualora il Consiglio decida di applicare a una persona fisica o giuridica, a un'entità o a un organismo le misure di cui all'articolo 2, esso modifica di conseguenza l'allegato I.
2. Il Consiglio trasmette la sua decisione, compresi i motivi dell'inserimento nell'elenco, alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo di cui al paragrafo 1 direttamente, se l'indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dando alla persona fisica o giuridica, all'entità o all'organismo la possibilità di formulare osservazioni.
3. Qualora siano presentate osservazioni o siano addotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la decisione e ne informa di conseguenza la persona fisica o giuridica, l'entità o l'organismo interessati.
4. L'elenco riportato nell'allegato I è riesaminato periodicamente e almeno ogni dodici mesi.
5. La Commissione è autorizzata a modificare l'allegato II in base alle informazioni fornite dagli Stati membri.
Articolo 13
1. L'allegato I indica i motivi dell'inserimento nell'elenco delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi interessati.
2. L'allegato I include, ove disponibili, le informazioni necessarie per identificare le persone fisiche o giuridiche, le entità o gli organismi interessati. Per le persone fisiche, tali informazioni possono includere i nomi, compresi gli pseudonimi, la data e il luogo di nascita, la cittadinanza, il numero del passaporto e della carta d'identità, il sesso, l'indirizzo, se noto, e la funzione o la professione. Per le persone giuridiche, le entità e gli organismi, tali informazioni possono comprendere le denominazioni, la data e il luogo di registrazione, il numero di registrazione e la sede di attività.
Articolo 14
1. Gli Stati membri stabiliscono norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri comunicano senza indugio tali norme alla Commissione dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, come pure ogni successiva modifica.
Articolo 15
1. La Commissione tratta i dati personali per svolgere i propri compiti a norma del presente regolamento. Tali compiti comprendono:
a)
l'inclusione del contenuto dell'allegato I nell'elenco elettronico consolidato delle persone, dei gruppi e delle entità oggetto di sanzioni finanziarie dell'Unione e nella mappa interattiva delle sanzioni dell'Unione, entrambi pubblicamente disponibili;
b)
il trattamento delle informazioni relative all'impatto delle misure contemplate dal presente regolamento, come il valore dei fondi congelati e le informazioni sulle autorizzazioni rilasciate dalle autorità competenti.
2. Ai fini del paragrafo 1, il servizio della Commissione indicato nell'allegato II è designato come «responsabile del trattamento» per la Commissione ai sensi dell'articolo 2, lettera d), del regolamento (CE) n. 45/2001 per garantire che le persone fisiche interessate possano esercitare i loro diritti a norma del regolamento (CE) n. 45/2001.
Articolo 16
1. Gli Stati membri designano le autorità competenti di cui al presente regolamento e le identificano sui siti web elencati nell'allegato II. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le eventuali modifiche degli indirizzi dei loro siti web elencati nell'allegato II.
2. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione le proprie autorità competenti, compresi gli estremi delle stesse, dopo l'entrata in vigore del presente regolamento e informano la Commissione di ogni eventuale successiva modifica.
3. Laddove il presente regolamento imponga di notificare, informare o comunicare in altro modo con la Commissione, l'indirizzo e gli altri estremi da usare per dette comunicazioni sono quelli indicati nell'allegato II.
Articolo 17
Il presente regolamento si applica:
a)
nel territorio dell'Unione, compreso il suo spazio aereo;
b)
a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;
c)
a qualsiasi persona fisica cittadina di uno Stato membro che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione;
d)
a qualsiasi persona giuridica, entità od organismo che si trovi all'interno o all'esterno del territorio dell'Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro;
e)
a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all'interno dell'Unione.
Articolo 18
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Lussemburgo, il 15 ottobre 2018
Per il Consiglio
La presidente
F. MOGHERINI
(1) Cfr. la pagina 25 della presente Gazzetta ufficiale.
(2) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(3) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
ALLEGATO I
ELENCO DELLE PERSONE FISICHE E GIURIDICHE, DELLE ENTITÀ E DEGLI ORGANISMI DI CUI ALL'ARTICOLO 2
ALLEGATO II
SITI WEB CONTENENTI INFORMAZIONI SULLE AUTORITÀ COMPETENTI E INDIRIZZO PER LE NOTIFICHE ALLA COMMISSIONE
BELGIO
https://diplomatie.belgium.be/nl/Beleid/beleidsthemas/vrede_en_veiligheid/sancties
https://diplomatie.belgium.be/fr/politique/themes_politiques/paix_et_securite/sanctions
https://diplomatie.belgium.be/en/policy/policy_areas/peace_and_security/sanctions
BULGARIA
https://www.mfa.bg/en/101
REPUBBLICA CECA
www.financnianalytickyurad.cz/mezinarodni-sankce.html
DANIMARCA
http://um.dk/da/Udenrigspolitik/folkeretten/sanktioner/
GERMANIA
http://www.bmwi.de/DE/Themen/Aussenwirtschaft/aussenwirtschaftsrecht,did=404888.html
ESTONIA
http://www.vm.ee/est/kat_622/
IRLANDA
http://www.dfa.ie/home/index.aspx?id=28519
GRECIA
http://www.mfa.gr/en/foreign-policy/global-issues/international-sanctions.html
SPAGNA
http://www.exteriores.gob.es/Portal/en/PoliticaExteriorCooperacion/GlobalizacionOportunidadesRiesgos/Paginas/SancionesInternacionales.aspx
FRANCIA
http://www.diplomatie.gouv.fr/fr/autorites-sanctions/
CROAZIA
http://www.mvep.hr/sankcije
ITALIA
https://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/politica_europea/misure_deroghe
CIPRO
http://www.mfa.gov.cy/sanctions
LETTONIA
http://www.mfa.gov.lv/en/security/4539
LITUANIA
http://www.urm.lt/sanctions
LUSSEMBURGO
https://maee.gouvernement.lu/fr/directions-du-ministere/affaires-europeennes/mesures-restrictives.html
UNGHERIA
http://www.kormany.hu/download/9/2a/f0000/EU%20szankci%C3%B3s%20t%C3%A1j%C3%A9koztat%C3%B3_20170214_final.pdf
MALTA
https://www.gov.mt/en/Government/Government%20of%20Malta/Ministries%20and%20Entities/Officially%20Appointed%20Bodies/Pages/Boards/Sanctions-Monitoring-Board-.aspx
PAESI BASSI
https://www.rijksoverheid.nl/onderwerpen/internationale-sancties
AUSTRIA
https://www.bmeia.gv.at/en/european-foreign-policy/foreign-policy/europe/eu-sanctions-national-authorities/
POLONIA
http://www.msz.gov.pl
PORTOGALLO
http://www.portugal.gov.pt/pt/ministerios/mne/quero-saber-mais/sobre-o-ministerio/medidas-restritivas/medidas-restritivas.aspx
ROMANIA
http://www.mae.ro/node/1548
SLOVENIA
http://www.mzz.gov.si/si/omejevalni_ukrepi
SLOVACCHIA
https://www.mzv.sk/europske_zalezitosti/europske_politiky-sankcie_eu
FINLANDIA
http://formin.finland.fi/kvyhteistyo/pakotteet
SVEZIA
http://www.ud.se/sanktioner
REGNO UNITO
https://www.gov.uk/sanctions-embargoes-and-restrictions
Indirizzo per le notifiche alla Commissione europea:
Commissione europea
Servizio degli strumenti di politica estera (FPI)
EEAS 07/99
1049 Bruxelles, Belgio
Email: relex-sanctions@ec.europa.eu
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Misure restrittive dell’UE contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche
QUALI SONO GLI SCOPI DEL REGOLAMENTO E DELLA DECISIONE?
Insieme, la decisione (adottata nel contesto della politica estera e di sicurezza comune dell’UE) e il regolamento (adottato in base all’articolo 215 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) introducono un nuovo regime «tematico» di sanzioni UE, per contrastare la minaccia rappresentata dall’uso e dalla proliferazione delle armi chimiche*.La decisione obbliga i paesi dell’UE a imporre un divieto di viaggio all’interno dell’UE e prevede un congelamento dei beni per gli individui, le entità o gli organismi coinvolti nello sviluppo e nell’uso di armi chimiche. Il regolamento attua le misure che rientrano nel TFUE, in particolare sul congelamento dei beni. Tali misure contribuiscono agli sforzi dell’UE di far fronte alla proliferazione e all’uso delle armi chimiche e di sostenere l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) e il suo segretariato tecnico.
PUNTI CHIAVE
Decisione (PESC) 2018/1544
La decisione impone agli Stati membri di impedire l’ingresso o il transito attraverso il loro territorio di persone ed entità interessate direttamente responsabili dello sviluppo e dell’uso di armi chimiche, nonché di coloro che forniscono supporto finanziario, tecnico o materiale e coloro che assistono, incoraggiano o sono ad esse associate.
Sono ammesse alcune eccezioni che comprendono, ad esempio:gli Stati membri non sono obbligati a vietare ai loro cittadini l’ingresso nel proprio territorio; uno Stato membro che è vincolato da un obbligo derivante dal diritto internazionale, ad esempio se ospita un’organizzazione intergovernativa internazionale; uno Stato membro che ospita l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Gli Stati membri devono congelare tutti i fondi e le risorse economiche* appartenenti a, detenuti o controllati dalle persone o entità interessate. Eccezionalmente, essi possono autorizzare lo svincolo di taluni fondi se, ad esempio, essi sono necessari a:soddisfare le esigenze di base delle persone fisiche o giuridiche; pagare i servizi legali; pagare diritti o spese connessi alla normale gestione o alla custodia dei fondi o delle risorse economiche congelati; a soddisfare una decisione giudiziaria o arbitrale emessa anteriormente alla data di congelamento dei beni. In questi casi, gli Stati membri devono informare gli altri Stati membri e la Commissione europea.
Il Consiglio è responsabile di predisporre e modificare l’elenco delle persone e delle entità interessate nell’allegato alla presente decisione. Il Consiglio agisce all’unanimità su proposta di uno Stato membro o dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Il Consiglio trasmette la sua decisione alla persona fisica o giuridica (o alle persone fisiche o giuridiche), all’entità o all’organismo (o alle entità o organismi) direttamente (se l’indirizzo è noto) o indirettamente mediante la pubblicazione di un avviso.
Regolamento (UE) 2018/1542
Il regolamento:integra la decisione e definisce una serie di definizioni; impone che siano congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti a, posseduti, detenuti o controllati da una qualsiasi delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi identificati dal Consiglio ed elencati nell’allegato I; individua le istanze eccezionali che autorizzano lo svincolo di taluni fondi congelati e le condizioni che devono essere soddisfatte — si veda al riguardo la Decisione (PESC) 2018/1544. Gli enti finanziari o creditizi che ricevono fondi trasferiti da terzi sui conti di una persona fisica o giuridica o di un organismo che figura nell’elenco possono accreditare tali fondi congelati, purché anche i versamenti siano congelati. L’istituzione informa senza indugio l’autorità competente pertinente in merito a tali operazioni.
Il congelamento di fondi e risorse economiche o il rifiuto di rendere disponibili fondi o risorse economiche, se effettuato ritenendo in buona fede che tale azione sia conforme al presente regolamento, non comporta alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo che lo attua, né per i suoi dirigenti o dipendenti, a meno che non si dimostri che i fondi e le risorse economiche sono stati congelati o trattenuti in seguito a negligenza.
È vietato qualsiasi coinvolgimento, consapevole o intenzionale, in attività aventi l’obiettivo di eludere le misure (divieto di viaggio e/o congelamento dei beni).
Il regolamento si applica:nel territorio dell’Unione, compreso il suo spazio aereo; a bordo di tutti gli aeromobili o di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro; a qualsiasi persona fisica all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione che sia cittadina di un paese dell’UE; a qualsiasi persona giuridica od organismo, all’interno o all’esterno del territorio dell’Unione e sia registrata/o o costituita/o conformemente al diritto di uno Stato membro; a qualsiasi persona giuridica, entità o organismo relativamente ad attività economiche esercitate, interamente o parzialmente, all’interno dell’Unione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E IL REGOLAMENTO?
La decisione e il regolamento si applicano dal 16 ottobre 2018.
CONTESTO
Il nuovo regime di misure restrittive, o sanzioni, è stato adottato dall’UE il 15 ottobre 2018 come seguito delle conclusioni del Consiglio europeo del giugno 2018, che chiedeva l’adozione il più presto possibile di un nuovo regime UE restrittivo misure per affrontare l’uso e la proliferazione delle armi chimiche.
Le prime sanzioni previste dal nuovo regime sono state introdotte nel gennaio 2019 con la conseguente modifica della decisione e del regolamento (cfr. «Documenti correlati»).
TERMINI CHIAVE
Armi chimiche: le armi chimiche, come definite nella Convenzione sulle armi chimiche (CWC), sono le seguenti, considerate insieme o separatamente:a) prodotti chimici tossici e loro precursori, eccetto se destinati a scopi non vietati dalla presente convenzione, purché i tipi e le quantità siano conformi a tali scopi;(b) munizioni e dispositivi, progettati specificatamente per provocare la morte o altri danni attraverso le proprietà tossiche delle sostanze chimiche tossiche di cui al punto (a), che verrebbero rilasciate a seguito dell’impiego di tali munizioni e dispositivi;(c) qualsiasi apparecchiatura specificatamente progettata per essere utilizzata direttamente in relazione all’uso di munizioni e dispositivi di cui al punto (b).
Risorse economiche: le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, che non sono fondi ma che potrebbero essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (PESC) 2018/1544 del Consiglio, del 15 ottobre 2018, relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 259 del 16.10.2018, pag. 25).
Le modifiche successive alla decisione (PESC) 2018/1544 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) 2018/1542 del Consiglio, del 15 ottobre 2018, relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 259 del 16.10.2018, pag. 12).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/84 del Consiglio, del 21 gennaio 2019, che attua il regolamento (UE) 2018/1542 relativo a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 18I del 21.1.2019, pag. 1).
Decisione (PESC) 2019/86 del Consiglio, del 21 gennaio 2019, che modifica la decisione (PESC) 2018/1544 relativa a misure restrittive contro la proliferazione e l’uso delle armi chimiche (GU L 18I del 21.1.2019, pag. 10).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte quinta — Azione esterna dell’Unione — Titolo IV — Misure restrittive — Articolo 215 (ex articolo 301 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 144). |
Adesione dell’Unione europea alla convenzione di Istanbul
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
È autorizzata, a nome dell’Unione europea (Unione), la firma della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione. Questo è un passo importante per l’Unione nel far parte interamente, insieme agli Stati membri dell’Unione, alla Convenzione di Istanbul.
PUNTI CHIAVE
Convenzione di Istanbul ricopre materie ricadenti nella competenza dell’Unione e dei suoi Stati membri.L’Unione dovrebbe dunque diventare parte della convenzione insieme agli Stati membri cosicché questi possano ottemperare efficacemente dagli obblighi stabiliti nella convenzione. È opportuno firmare la convenzione a nome dell’Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all’asilo e al non respingimento (protezione di una persona contro l’espulsione o ritornare in un paese dove ci sarebbe ragione di paura per persecuzione, uno dei componenti essenziali di status di rifugiato e diritto di asilo).
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Esse si applicano dal 9 giugno 2017.
CONTESTO
La convenzione di Istanbul si è confermato come il regime internazionale del trattato nella prevenzione e la lotto contro la violenza sulle donne* e violenza domestica*. È stata presentata e aperta per la firma nel 2011 ed è entrata in vigore dall’agosto del 2014. È aperta alla firma da parte dell’Unione, il quale ha partecipato insieme agli stati membri come un osservatore nella sua negoziazione. Decisione (UE) 2017/865 e (UE) 2017/866 sono state adottate nel contesto del 2017 , essendo dichiarato dalla Commissione europea come anno incentrato sulle azione per combattere la violenze sulle donne. Per ulteriori informazioni, si veda:Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne- scheda (Commissione Europea)
TERMINI CHIAVE
Violenza domestica contro le donne Come definito nella convenzione di Istanbul, atti di violenza di genere (ossia violenza diretta sulla donna, perché identificata come donna, o che influisce sulle donne sproporzionatamente) che producono, o possa produrre danni o sofferenze fisica, psicologica, sessuale ed economica per le donne nonché la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata.
Violenza domestica Come definito nella convenzione di Istanbul, tutti gli atti di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica che si verificano nel contesto domestico o familiare, tra ex o attuale coniuge, o compagni, se non autore di condivisioni o che abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2017/865 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 11).
Decisione (UE) 2017/866 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda l’asilo e il non-respingimento (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 13).
DOCUMENTI CORRELATI
Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), Strasbourg 12 aprile 2011. | DECISIONE (UE) 2017/865 DEL CONSIGLIO
dell'11 maggio 2017
relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, e l'articolo 83, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L'Unione europea ha partecipato insieme agli Stati membri in qualità di osservatore ai negoziati per la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica («convenzione»), che è stata adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011. La convenzione è stata aperta alla firma l'11 maggio 2011.
(2)
In conformità dell'articolo 75 della convenzione, la convenzione è aperta alla firma dell'Unione.
(3)
La convenzione istituisce un quadro giuridico completo e multiforme per tutelare le donne contro tutte le forme di violenza. Essa mira a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze e la violenza domestica. La convenzione contempla una vasta gamma di misure, dalla raccolta dei dati e la sensibilizzazione alle misure legali per qualificare come reati diverse forme di violenza contro le donne. Essa comprende misure per la protezione delle vittime e la messa a disposizione di servizi di sostegno, e affronta la dimensione della violenza di genere in materia di asilo e migrazione. La convenzione istituisce uno specifico meccanismo di controllo per garantire l'attuazione efficace delle sue disposizioni a opera delle parti.
(4)
La firma della convenzione a nome dell'Unione contribuirà alla realizzazione della parità tra uomini e donne in tutti gli ambiti, quale valore e obiettivo fondamentale dell'Unione che quest'ultima deve perseguire in tutte le sue attività, ai sensi degli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea (TUE), dell'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)e dell'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La violenza contro le donne è una violazione dei loro diritti umani e una forma estrema di discriminazione, radicata nella disparità fra i generi e che contribuisce a mantenerla e rafforzarla. Impegnandosi ad attuare la convenzione, l'Unione conferma il proprio impegno a combattere la violenza contro le donne nel proprio territorio e a livello globale, e rafforza l'attuale azione politica e il quadro giuridico sostanziale esistente nel settore del diritto di procedura penale che è di particolare importanza per le donne e le ragazze.
(5)
Sia l'Unione che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione.
(6)
È opportuno firmare la convenzione a nome dell'Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell'Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all'asilo e al non respingimento. Gli Stati membri mantengono le rispettive competenze nella misura in cui la convenzione non incide sulle norme comuni o ne modifica la portata.
(7)
L'Unione ha altresì competenza esclusiva per accettare gli obblighi stabiliti dalla convenzione per quanto riguarda le proprie istituzioni e l'amministrazione pubblica.
(8)
Poiché la competenza dell'Unione e le competenze degli Stati membri sono interconnesse, l'Unione dovrebbe aderire alla convenzione unitamente ai suoi Stati membri, così da poter adempiere insieme agli obblighi stabiliti dalla convenzione ed esercitare in maniera coerente i diritti loro conferiti.
(9)
La presente decisione riguarda le disposizioni della convenzione sulla cooperazione giudiziaria in materia penale nella misura in cui tali disposizioni incidono sulle norme comuni o ne modificano la portata. Non riguarda gli articoli 60 e 61 della convenzione, i quali sono oggetto di una distinta decisione del Consiglio relativa alla firma, che sarà adottata in parallelo alla presente decisione.
(10)
L'Irlanda e il Regno Unito sono vincolati dalle direttive 2011/36/UE (1) e 2011/93/UE (2) del Parlamento europeo e del Consiglio e partecipano quindi all'adozione della presente decisione.
(11)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(12)
È opportuno firmare la convenzione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
È autorizzata, a nome dell'Unione europea, la firma della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale, con riserva della conclusione di tale convenzione (3).
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome dell'Unione.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2017
Per il Consiglio
Il presidente
R. GALDES
(1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1).
(2) Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1).
(3) Il testo della convenzione sarà pubblicato unitamente alla decisione sulla sua conclusione.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE (UE) 2017/865 DEL CONSIGLIO
dell'11 maggio 2017
relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, e l'articolo 83, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L'Unione europea ha partecipato insieme agli Stati membri in qualità di osservatore ai negoziati per la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica («convenzione»), che è stata adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011. La convenzione è stata aperta alla firma l'11 maggio 2011.
(2)
In conformità dell'articolo 75 della convenzione, la convenzione è aperta alla firma dell'Unione.
(3)
La convenzione istituisce un quadro giuridico completo e multiforme per tutelare le donne contro tutte le forme di violenza. Essa mira a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze e la violenza domestica. La convenzione contempla una vasta gamma di misure, dalla raccolta dei dati e la sensibilizzazione alle misure legali per qualificare come reati diverse forme di violenza contro le donne. Essa comprende misure per la protezione delle vittime e la messa a disposizione di servizi di sostegno, e affronta la dimensione della violenza di genere in materia di asilo e migrazione. La convenzione istituisce uno specifico meccanismo di controllo per garantire l'attuazione efficace delle sue disposizioni a opera delle parti.
(4)
La firma della convenzione a nome dell'Unione contribuirà alla realizzazione della parità tra uomini e donne in tutti gli ambiti, quale valore e obiettivo fondamentale dell'Unione che quest'ultima deve perseguire in tutte le sue attività, ai sensi degli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea (TUE), dell'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)e dell'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La violenza contro le donne è una violazione dei loro diritti umani e una forma estrema di discriminazione, radicata nella disparità fra i generi e che contribuisce a mantenerla e rafforzarla. Impegnandosi ad attuare la convenzione, l'Unione conferma il proprio impegno a combattere la violenza contro le donne nel proprio territorio e a livello globale, e rafforza l'attuale azione politica e il quadro giuridico sostanziale esistente nel settore del diritto di procedura penale che è di particolare importanza per le donne e le ragazze.
(5)
Sia l'Unione che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione.
(6)
È opportuno firmare la convenzione a nome dell'Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell'Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all'asilo e al non respingimento. Gli Stati membri mantengono le rispettive competenze nella misura in cui la convenzione non incide sulle norme comuni o ne modifica la portata.
(7)
L'Unione ha altresì competenza esclusiva per accettare gli obblighi stabiliti dalla convenzione per quanto riguarda le proprie istituzioni e l'amministrazione pubblica.
(8)
Poiché la competenza dell'Unione e le competenze degli Stati membri sono interconnesse, l'Unione dovrebbe aderire alla convenzione unitamente ai suoi Stati membri, così da poter adempiere insieme agli obblighi stabiliti dalla convenzione ed esercitare in maniera coerente i diritti loro conferiti.
(9)
La presente decisione riguarda le disposizioni della convenzione sulla cooperazione giudiziaria in materia penale nella misura in cui tali disposizioni incidono sulle norme comuni o ne modificano la portata. Non riguarda gli articoli 60 e 61 della convenzione, i quali sono oggetto di una distinta decisione del Consiglio relativa alla firma, che sarà adottata in parallelo alla presente decisione.
(10)
L'Irlanda e il Regno Unito sono vincolati dalle direttive 2011/36/UE (1) e 2011/93/UE (2) del Parlamento europeo e del Consiglio e partecipano quindi all'adozione della presente decisione.
(11)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(12)
È opportuno firmare la convenzione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
È autorizzata, a nome dell'Unione europea, la firma della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale, con riserva della conclusione di tale convenzione (3).
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome dell'Unione.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2017
Per il Consiglio
Il presidente
R. GALDES
(1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1).
(2) Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1).
(3) Il testo della convenzione sarà pubblicato unitamente alla decisione sulla sua conclusione.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Adesione dell’Unione europea alla convenzione di Istanbul
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
È autorizzata, a nome dell’Unione europea (Unione), la firma della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione. Questo è un passo importante per l’Unione nel far parte interamente, insieme agli Stati membri dell’Unione, alla Convenzione di Istanbul.
PUNTI CHIAVE
Convenzione di Istanbul ricopre materie ricadenti nella competenza dell’Unione e dei suoi Stati membri.L’Unione dovrebbe dunque diventare parte della convenzione insieme agli Stati membri cosicché questi possano ottemperare efficacemente dagli obblighi stabiliti nella convenzione. È opportuno firmare la convenzione a nome dell’Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all’asilo e al non respingimento (protezione di una persona contro l’espulsione o ritornare in un paese dove ci sarebbe ragione di paura per persecuzione, uno dei componenti essenziali di status di rifugiato e diritto di asilo).
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Esse si applicano dal 9 giugno 2017.
CONTESTO
La convenzione di Istanbul si è confermato come il regime internazionale del trattato nella prevenzione e la lotto contro la violenza sulle donne* e violenza domestica*. È stata presentata e aperta per la firma nel 2011 ed è entrata in vigore dall’agosto del 2014. È aperta alla firma da parte dell’Unione, il quale ha partecipato insieme agli stati membri come un osservatore nella sua negoziazione. Decisione (UE) 2017/865 e (UE) 2017/866 sono state adottate nel contesto del 2017 , essendo dichiarato dalla Commissione europea come anno incentrato sulle azione per combattere la violenze sulle donne. Per ulteriori informazioni, si veda:Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne- scheda (Commissione Europea)
TERMINI CHIAVE
Violenza domestica contro le donne Come definito nella convenzione di Istanbul, atti di violenza di genere (ossia violenza diretta sulla donna, perché identificata come donna, o che influisce sulle donne sproporzionatamente) che producono, o possa produrre danni o sofferenze fisica, psicologica, sessuale ed economica per le donne nonché la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata.
Violenza domestica Come definito nella convenzione di Istanbul, tutti gli atti di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica che si verificano nel contesto domestico o familiare, tra ex o attuale coniuge, o compagni, se non autore di condivisioni o che abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2017/865 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 11).
Decisione (UE) 2017/866 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda l’asilo e il non-respingimento (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 13).
DOCUMENTI CORRELATI
Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), Strasbourg 12 aprile 2011. |
Metodi di campionamento e di analisi per il controllo di alcuni elementi nei prodotti alimentari
QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI?
Stabiliscono i metodi di campionamento e analisi per il controllo dei tenori di contaminanti negli alimenti.
PUNTI CHIAVE
I contaminanti sono sostanze presenti negli alimenti come risultato delle diverse fasi di produzione, imballaggio, trasporto e conservazione o in relazione all’ambiente. Dato che la contaminazione ha in genere ripercussioni negative sulla qualità degli alimenti e comporta dei rischi per la salute umana, l’Unione europea (Unione) ha adottato misure volte a minimizzare i contaminanti presenti negli alimenti. Sono stabiliti i tenori massimi per i contaminanti dei prodotti alimentari che preoccupano maggiormente i consumatori dell’Unione.
I quattro regolamenti fanno riferimento al regolamento (CE) n. 882/2004 sui controlli ufficiali (articolo 11, paragrafo 4, sui metodi di campionamento e di analisi). Tale regolamento è stato successivamente abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2017/625 (si veda la sintesi), il cui articolo 34 riguarda i metodi di campionamento e analisi.
Regolamento (UE) 2017/644
Le diossine e i composti diossina-simili sono inquinanti ambientali persistenti, principalmente sottoprodotti di processi di combustione o industriali. I PCB venivano utilizzati nella produzione di materiale elettrico, inchiostri, adesivi, ritardanti di fiamma e vernici. Sono molto persistenti e molto solubili nel grasso, il che spiega perché i PCB sono ancora presenti e possono accumularsi nel grasso animale e lungo la catena alimentare.La parte 5 dell’allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 ne definisce i massimi tenori consentiti (si veda la sintesi). I metodi di campionamento sono descritti nell’allegato II del regolamento (UE) 2017/644. La preparazione e l’analisi dei campioni vengono effettuate utilizzando i metodi e applicando i criteri di performance di cui agli allegati III e IV del regolamento (UE) 2017/644. Il regolamento (UE) n. 589/2014 è abrogato e ogni riferimento a esso è rinviato al regolamento (UE) 2017/644.Regolamento (UE) 2015/705
L’acido erucico è un normale costituente di alcuni oli di semi che ha dimostrato di avere effetti dannosi sulla salute se consumato in grandi quantità.La parte 8 dell’allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 ne definisce i massimi tenori consentiti. Il campionamento e l’analisi dei campioni vengono effettuati utilizzando i metodi e applicando i criteri di performance descritti nell’allegato al regolamento (UE) 2015/705. La direttiva 80/891/CEE è abrogata e ogni riferimento a essa è rinviato al regolamento (UE) 2015/705.Regolamento (CE) n. 333/2007
Piombo, cadmio, mercurio, stagno inorganico, 3-MCPD, esteri di acidi grassi 3-MCPD, glicidil esteri degli acidi grassi, acrilammide, benzo(a)pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono presenti negli alimenti come conseguenza della contaminazione ambientale e della migrazione dagli imballaggi e possono anche entrare nella catena alimentare durante la lavorazione con bioaccumulo nei tessuti umani.
Il piombo, il cadmio, il mercurio e il perclorato sono presenti principalmente negli alimenti come conseguenza della contaminazione ambientale e dei processi industriali. Lo stagno è presente negli alimenti in scatola in seguito alla migrazione di stagno dalla lattina all’alimento.
Gli esteri di acidi grassi 3-MCPD e i glicidil esteri degli acidi grassi si trovano negli oli vegetali raffinati e negli alimenti che contengono questi oli, con effetti sui reni e sulla fertilità maschile se si superano quantità di sicurezza.
L’acrilammide si forma in alimenti ricchi di carboidrati durante la cottura, la tostatura, la grigliatura, la frittura e l’arrostitura. Il benzo(a)pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici derivano dalla incompleta combustione della materia organica e si trovano in molti alimenti, in particolare nelle carni alla griglia.Le parti 3, 4 e 6 dell’allegato al regolamento (CE) n. 1881/2006 ne definiscono i massimi tenori consentiti. Il campionamento e l’analisi dei campioni vengono effettuati utilizzando i metodi descritti nell’allegato del regolamento (CE) n. 333/2007. Le direttive 2001/22/CE, 2004/16/CE e 2005/10/CE sono abrogate e ogni riferimento alle stesse è rinviato al Regolamento (CE) n. 333/2007.Regolamento (CE) n. 401/2006
Le micotossine sono sostanze tossiche prodotte da funghi potenzialmente contaminanti per gli alimenti e i mangimi in tutte le fasi della filiera alimentare. Alcune micotossine possono avere effetti cancerogeni (fegato e reni).La parte 2 dell’allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 definisce i massimi tenori consentiti di talune micotossine in alcuni prodotti alimentari. I metodi di campionamento sono descritti nell’allegato I del regolamento (CE) n. 401/2006. La preparazione e l’analisi dei campioni vengono effettuate utilizzando i metodi e applicando i criteri di performance di cui agli allegati III e IV del regolamento (CE) n. 401/2006. Le direttive 98/53/CE, 2002/26/CE, 2003/78/CE e 2005/38/CE sono abrogate e ogni riferimento alle stesse è rinviato al regolamento (CE) n. 401/2006.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento (UE) n. 2017/644 (diossine e PCB) si applica dal 26 aprile 2017. Il regolamento (UE) n. 2015/705 (acido erucico) si applica dal 21 maggio 2015 Il regolamento (CE) n. 333/2007 (elementi in tracce e contaminanti) si applica dal 1o giugno 2007. Il regolamento (CE) n. 401/2006 (micotossine) si applica dal 1o luglio 2006
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Campionamento e analisi (Commissione europea) Centri e laboratori di riferimento (Commissione europea) Contaminanti (Commissione europea) Scheda informativa sui contaminanti negli alimenti (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) 2017/644 della Commissione, del 5 aprile 2017, che stabilisce i metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in alcuni prodotti alimentari e che abroga il regolamento (UE) n. 589/2014 (GU L 92 del 6.4.2017, pag. 9).
Regolamento (UE) 2015/705 della Commissione, del 30 aprile 2015, che stabilisce i metodi di campionamento e i criteri di rendimento per i metodi di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di acido erucico negli alimenti e che abroga la direttiva 80/891/CEE della Commissione (GU L 113 dell’1.5.2015, pag. 29).
Regolamento (CE) n. 333/2007 della Commissione, del 28 marzo 2007, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei tenori di elementi in tracce e contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 88 del 29.3.2007, pag. 29).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 333/2007 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2093 della Commissione, del 29 novembre 2019, che modifica il regolamento (CE) n. 333/2007 per quanto riguarda l’analisi di 3-monocloro-1,2-propandiolo (3-MCPD) esteri degli acidi grassi, glicidil esteri degli acidi grassi, perclorato e acrilammide (GU L 317 del 9.12.2019, pag. 96).
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (Regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CEE) n. 1881/2006 del Consiglio, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 364 del 20.12.2006, pag. 5).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (UE) 2017/644 DELLA COMMISSIONE
del 5 aprile 2017
che stabilisce i metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in alcuni prodotti alimentari e che abroga il regolamento (UE) n. 589/2014
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l'articolo 11, paragrafo 4,
considerando quando segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione (2) definisce i tenori massimi per i policlorobifenili (PCB) non diossina-simili, le diossine e i furani e per la somma di diossine, furani e PCB diossina-simili in alcuni prodotti alimentari.
(2)
La raccomandazione 2013/711/UE della Commissione (3) definisce i livelli di azione al fine di stimolare un approccio proattivo volto a ridurre la presenza di policlorodibenzo-para-diossine e di policlorodibenzofurani (PCDD/F) nonché di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari. Tali livelli d'azione costituiscono uno strumento utilizzato dalle autorità competenti e dagli operatori per mettere in luce quei casi nei quali è opportuno individuare una fonte di contaminazione e adottare le misure necessarie per ridurla o eliminarla.
(3)
Il regolamento (UE) n. 589/2014 della Commissione (4) stabilisce disposizioni specifiche relative ai metodi di campionamento e di analisi da applicare per il controllo ufficiale dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili.
(4)
Le disposizioni del presente regolamento riguardano unicamente i metodi di campionamento e di analisi di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in applicazione del regolamento (CE) n. 1881/2006 e della raccomandazione 2013/711/UE. Esse non modificano la strategia di campionamento, i livelli e la frequenza del campionamento definiti negli allegati III e IV della direttiva 96/23/CE del Consiglio (5) né i criteri da seguire per un campionamento mirato di cui alla decisione 98/179/CE della Commissione (6).
(5)
È opportuno garantire che gli operatori del settore alimentare che effettuano i controlli nel quadro dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) applichino procedure di campionamento equivalenti alle procedure previste dal presente regolamento affinché i campioni prelevati per tali controlli siano rappresentativi. Il laboratorio di riferimento dell'Unione europea per le diossine e i PCB ha inoltre fornito elementi di prova del fatto che in alcuni casi i risultati analitici non sono attendibili se i laboratori che eseguono l'analisi dei campioni prelevati dagli operatori del settore alimentare nel quadro dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004 non applicano i criteri di prestazione previsti dal presente regolamento. È pertanto opportuno rendere obbligatoria l'applicazione dei criteri di prestazione anche per l'analisi di tali campioni.
(6)
Considerato che il metodo che prevede l'uso di un limite di decisione per garantire che un risultato analitico superi il livello massimo con una certa probabilità, di cui alla decisione 2002/657/CE della Commissione (8), non viene più applicato all'analisi delle diossine e dei PCB negli alimenti, è opportuno eliminare questo metodo e mantenere solo quello dell'incertezza estesa, utilizzando un fattore di copertura pari a 2, corrispondente a un livello di fiducia del 95 % circa.
(7)
In linea con le prescrizioni di reporting per i metodi di screening bioanalitici, è opportuno prevedere prescrizioni specifiche di reporting anche per i metodi di screening fisico-chimici.
(8)
Considerato che le analisi di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili sono nella maggior parte dei casi determinate insieme, è opportuno armonizzare i criteri di prestazione per i PCB non diossina-simili con quelli per i PCB diossina-simili. Si tratta di una semplificazione che non comporta sostanziali cambiamenti nella pratica, in quanto nel caso dei PCB non diossina-simili l'intensità relativa degli ioni qualificatori rispetto agli ioni bersaglio è > 50 %.
(9)
Sono inoltre proposte altre piccole modifiche alle attuali disposizioni, che impongono l'abrogazione del regolamento (UE) n. 589/2014 e la sua sostituzione con un nuovo regolamento al fine di preservare la leggibilità del testo.
(10)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni e le abbreviazioni figuranti nell'allegato I.
Articolo 2
Il campionamento per il controllo ufficiale dei livelli di diossine, furani, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari elencati nella sezione 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 è effettuato secondo i metodi di cui all'allegato II del presente regolamento.
Articolo 3
La preparazione dei campioni e le analisi per il controllo dei livelli di diossine, furani e PCB diossina-simili nei prodotti alimentari elencati nella parte 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 sono effettuate secondo i metodi di cui all'allegato III del presente regolamento.
Articolo 4
Le analisi per il controllo dei livelli di PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari elencati nella sezione 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 sono effettuate in conformità alle prescrizioni per i metodi di analisi di cui all'allegato IV del presente regolamento.
Articolo 5
Il regolamento (UE) n. 589/2014 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento.
Articolo 6
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 5 aprile 2017
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) Regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 364 del 20.12.2006, pag. 5).
(3) Raccomandazione 2013/711/UE della Commissione, del 3 dicembre 2013, sulla riduzione della presenza di diossine, furani e PCB nei mangimi e negli alimenti (GU L 323 del 4.12.2013, pag. 37).
(4) Regolamento (UE) n. 589/2014 della Commissione, del 2 giugno 2014, che stabilisce i metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in alcuni prodotti alimentari e che abroga il regolamento (UE) n. 252/2012 (GU L 164 del 3.6.2014, pag. 18).
(5) Direttiva 96/23/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, concernente le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti e che abroga le direttive 85/358/CEE e 86/469/CEE e le decisioni 89/187/CEE e 91/664/CEE (GU L 125 del 23.5.1996, pag. 10).
(6) Decisione 98/179/CE della Commissione, del 23 febbraio 1998, recante modalità d'applicazione per il prelievo ufficiale di campioni al fine della sorveglianza su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei prodotti di origine animale (GU L 65 del 5.3.1998, pag. 31).
(7) Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1).
(8) Decisione 2002/657/CE della Commissione, del 14 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all'interpretazione dei risultati (GU L 221 del 17.8.2002, pag. 8).
ALLEGATO I
DEFINIZIONI E ABBREVIAZIONI
I. DEFINIZIONI
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all'allegato I della decisione 2002/657/CE.
Ai fini del presente regolamento si applicano inoltre le seguenti definizioni:
1.1. Livello di azione: livello di una data sostanza, definito nell'allegato della raccomandazione 2013/711/UE, che, nel caso in cui ne sia rilevato il superamento, determina l'avvio di indagini per individuare la fonte di tale sostanza.
1.2. Metodi di screening: metodi impiegati per la selezione di campioni con livelli di PCDD/F e di PCB diossina-simili superiori ai livelli massimi o di azione, in grado di consentire l'analisi di un elevato numero di campioni a costi commisurati all'efficacia, accrescendo la possibilità di scoprire nuovi casi nei quali l'alta esposizione può comportare rischi per la salute dei consumatori. I metodi di screening si basano su metodi bioanalitici o GC-MS. I risultati derivanti da campioni che superano il valore di cut-off stabilito per controllare la conformità al livello massimo sono verificati mediante una nuova analisi completa del campione originale impiegando un metodo di conferma.
1.3. Metodi di conferma: metodi che forniscono informazioni complete o complementari che permettono di identificare e di quantificare in modo inequivoco i PCDD/F e i PCB diossina-simili al livello massimo o, se del caso, al livello di azione. Tali metodi utilizzano la gascromatografia/spettrometria di massa ad alta risoluzione (GC-HRMS) o la gascromatografia/spettrometria di massa tandem (GC-MS/MS).
1.4. Metodi bioanalitici: metodi basati sull'applicazione di principi biologici, come dosaggi cellulari, dosaggi dei recettori o immunodosaggi. Questi metodi non danno risultati al livello del congenere, ma solo un'indicazione (1) del livello di TEQ, espresso in equivalenti bioanalitici (BEQ) in considerazione del fatto che non tutti i composti presenti in un estratto di campione che produce una risposta nel test possono soddisfare i requisiti del principio di TEQ.
1.5. Recupero apparente del biodosaggio: livello di BEQ calcolato a partire dalla curva di calibrazione della TCDD o del PCB 126 corretto del bianco e poi diviso per il livello TEQ determinato mediante il metodo di conferma. Mira a correggere fattori quali la perdita di PCDD/F e composti diossina-simili durante le fasi di estrazione e clean-up, composti coestratti che aumentano o diminuiscono la risposta (effetti agonistici e antagonistici), la qualità del fit della curva o le differenze tra i valori TEF e REP. Il recupero apparente del biodosaggio è calcolato a partire da idonei campioni di riferimento con pattern di congeneri rappresentativi attorno al livello massimo o di azione.
1.6. Analisi in doppio: analisi separata degli analiti di interesse utilizzando una seconda aliquota dello stesso campione omogeneizzato.
1.7. Limite di quantificazione (2) specifico accettato di un singolo congenere in un campione: tenore più basso dell'analita che può essere misurato con ragionevole certezza statistica nel rispetto dei criteri di identificazione definiti in norme internazionalmente riconosciute quali, ad esempio, la norma EN 16215:2012 (Alimenti per animali — Determinazione di diossine e PCB diossina-simili mediante GC/HRMS e di PCB indicatori mediante GC/HRMS) e/o nei metodi EPA 1613 e 1668 revisionati.
Il limite di quantificazione di un singolo congenere può essere identificato come:
a)
la concentrazione di un analita nell'estratto di un campione che produce una risposta strumentale a due diversi ioni da monitorare con un rapporto S/R (segnale/rumore) di 3:1 riferito al segnale meno intenso;
oppure, se per motivi tecnici il calcolo del rapporto segnale/rumore non fornisce risultati affidabili,
b)
il punto di concentrazione più basso su una curva di calibrazione che produce una deviazione accettabile (≤ 30 %) e coerente (misurata almeno all'inizio e alla fine della serie analitica di campioni) rispetto al fattore di risposta relativo medio calcolato per tutti i punti sulla curva di calibrazione per ciascuna serie di campioni (3).
1.8. Upperbound: valore calcolato considerando pari al limite di quantificazione il contributo di ogni congenere non quantificato.
1.9. Lowerbound: valore calcolato considerando pari a zero il contributo di ogni congenere non quantificato.
1.10. Mediumbound: valore calcolato considerando pari alla metà del limite di quantificazione il contributo di ogni congenere non quantificato.
1.11. Partita: quantità identificabile di un alimento contenuta in un'unica consegna e avente caratteristiche comuni ufficialmente riconosciute quali l'origine, la varietà, il tipo di imballaggio, l'imballatore, lo speditore e la marcatura. Nel caso del pesce e dei prodotti della pesca, deve essere comparabile anche la dimensione dei pesci. La partita può essere considerata tale anche se la dimensione e/o il peso dei pesci non sono comparabili, ma in tal caso deve essere applicata una procedura di campionamento specifica.
1.12. Sottopartita: porzione di una partita di grandi dimensioni cui è applicato il metodo di campionamento; ogni sottopartita deve essere fisicamente separata e identificabile.
1.13. Campione elementare: quantità di materiale prelevato in un solo punto della partita o della sottopartita.
1.14. Campione globale: campione ottenuto riunendo tutti i campioni elementari prelevati dalla partita o dalla sottopartita.
1.15. Campione di laboratorio: parte o quantità rappresentativa del campione globale destinata al laboratorio.
II. ABBREVIAZIONI
BEQ
Equivalenti bioanalitici
GC
Gascromatografia
HRMS
Spettrometria di massa ad alta risoluzione
LRMS
Spettrometria di massa a bassa risoluzione
MS/MS
Spettrometria di massa tandem
PCB
Policlorobifenili
PCB non diossina-simili
PCB 28, PCB 52, PCB 101, PCB 138, PCB 153 e PCB 180
PCDD
Policlorodibenzo-p-diossine
PCDF
Policlorodibenzofurani
QC
Controllo di qualità
REP
Potenziale relativo
TEF
Fattore di equivalenza tossica
TEQ
Equivalenti tossici
TCDD
2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina
U
Incertezza di misura estesa
(1) I metodi bioanalitici non sono specifici ai congeneri inclusi nel sistema TEF. Nell'estratto del campione possono essere presenti altri composti strutturalmente affini AhR-attivi che contribuiscono alla risposta globale. Pertanto, i risultati bioanalitici non sono una stima, ma piuttosto un'indicazione del livello di TEQ nel campione.
(2) Se del caso si applicano i principi descritti nel «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(3) Il limite di quantificazione è calcolato a partire dal punto di concentrazione più basso, tenendo conto del recupero degli standard interni e delle grandezze dei campioni.
ALLEGATO II
METODI DI CAMPIONAMENTO PER IL CONTROLLO UFFICIALE DEI LIVELLI DI DIOSSINE (PCDD/PCDF), PCB DIOSSINA-SIMILI E PCB NON DIOSSINA-SIMILI IN ALCUNI PRODOTTI ALIMENTARI
I. CAMPO DI APPLICAZIONE
I campioni destinati al controllo ufficiale dei livelli di diossine (PCDD/F), PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari sono prelevati secondo le modalità indicate nel presente allegato. I campioni globali così ottenuti sono considerati rappresentativi delle partite o sottopartite da cui sono prelevati. La conformità ai livelli massimi fissati nel regolamento (CE) n. 1881/2006 viene stabilita in base ai livelli determinati nei campioni di laboratorio.
Per garantire la conformità alle disposizioni dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004, al momento di prelevare campioni per controllare i livelli di diossine (PCDD/F) gli operatori del settore alimentare utilizzano i metodi di cui al capo III del presente allegato o applicano un metodo di campionamento equivalente che è risultato avere lo stesso livello di rappresentatività del metodo di campionamento di cui al capo III del presente allegato.
II. DISPOSIZIONI GENERALI
1. Personale
Il prelievo ufficiale dei campioni è effettuato da personale autorizzato designato dallo Stato membro.
2. Prodotto da campionare
Ciascuna partita o sottopartita da analizzare è campionata separatamente.
3. Precauzioni
Nel corso del prelievo e della preparazione dei campioni sono prese precauzioni per evitare qualsiasi alterazione che possa modificare il tenore di diossine e di PCB, incidere negativamente sulla determinazione analitica o compromettere la rappresentatività dei campioni globali.
4. Campioni elementari
I campioni elementari devono essere prelevati per quanto possibile in vari punti distribuiti nell'insieme della partita o della sottopartita. Ogni deroga a tale procedura è segnalata nel verbale di cui al punto II.8.
5. Preparazione del campione globale
Il campione globale è ottenuto unendo i campioni elementari. Il suo peso è di almeno 1 kg, a meno che questo non sia possibile per ragioni pratiche, ad esempio nel caso in cui il campione sia costituito da una sola confezione o il prodotto abbia un valore commerciale molto elevato.
6. Campioni replicati
I campioni replicati nel quadro di procedure di ricorso e di arbitrato sono prelevati dal campione globale omogeneizzato, a condizione che tale procedura sia conforme alla legislazione vigente nello Stato membro in materia di diritti degli operatori del settore alimentare. La dimensione dei campioni di laboratorio destinati a controlli deve essere tale da consentire almeno un'analisi in doppio.
7. Confezionamento e invio dei campioni
Ciascun campione è collocato in un recipiente pulito di materiale inerte che lo protegga adeguatamente da qualsiasi contaminazione, dalla perdita di analiti per adsorbimento nella parete interna del recipiente e dai danni che possono essere causati dal trasporto. Occorre adottare tutte le precauzioni necessarie per evitare alterazioni della composizione del campione durante il trasporto o la conservazione.
8. Sigillatura ed etichettatura dei campioni
Ogni campione prelevato per usi ufficiali viene sigillato sul luogo del prelievo e identificato secondo le prescrizioni vigenti negli Stati membri.
Per ciascun prelievo di campione è redatto un verbale di campionamento che consente di identificare con certezza la partita e che indica la data e il luogo del campionamento, nonché ogni altra informazione utile all'analista.
III. PIANO DI CAMPIONAMENTO
Il metodo di campionamento applicato garantisce che il campione globale è rappresentativo della partita o della sottopartita che deve essere controllata.
1. Divisione delle partite in sottopartite
Le partite di grandi dimensioni sono suddivise in sottopartite, purché sia possibile separarle fisicamente. La tabella 1 si applica alle grandi partite di prodotti commercializzati sfusi (ad esempio oli vegetali). Per gli altri prodotti si applica la tabella 2. Tenuto conto del fatto che il peso delle partite non è sempre un multiplo esatto di quello delle sottopartite, il peso delle sottopartite può superare il peso indicato al massimo del 20 %.
Tabella 1
Suddivisione delle partite in sottopartite per i prodotti commercializzati sfusi
Peso della partita (in tonnellate)
Peso o numero delle sottopartite
≥ 1 500
500 tonnellate
> 300 e < 1 500
3 sottopartite
≥ 50 e ≤ 300
100 tonnellate
< 50
—
Tabella 2
Suddivisione delle partite in sottopartite per gli altri prodotti
Peso della partita (in tonnellate)
Peso o numero delle sottopartite
≥ 15
15-30 tonnellate
< 15
—
2. Numero dei campioni elementari
Il peso del campione globale che raggruppa tutti i campioni elementari è di almeno 1 kg (cfr. punto II.5).
Il numero minimo di campioni elementari da prelevare da una partita o da una sottopartita è indicato nelle tabelle 3 e 4.
Nel caso di prodotti liquidi sfusi la partita (o la sottopartita) viene accuratamente mescolata, per quanto possibile e nella misura in cui la qualità del prodotto non venga alterata, manualmente o con mezzi meccanici immediatamente prima del prelievo. In tal caso i contaminanti si considerano distribuiti in modo omogeneo all'interno della partita o della sottopartita. È quindi sufficiente prelevare tre campioni elementari da una partita o sottopartita per formare il campione globale.
I campioni elementari sono di peso simile. Il peso di ciascun campione elementare è di almeno 100 grammi.
Ogni deroga a tale procedura è segnalata nel verbale di cui al punto II.8 del presente allegato. Conformemente alle disposizioni della decisione 97/747/CE della Commissione (1), il campione globale di uova di gallina è costituito da almeno 12 uova (per le partite sfuse e per le partite costituite da confezioni singole si applicano le tabelle 3 e 4).
Tabella 3
Numero minimo di campioni elementari da prelevare da una partita o da una sottopartita
Peso o volume della partita/sottopartita (in kg o litri)
Numero minimo di campioni elementari da prelevare
< 50
3
da 50 a 500
5
> 500
10
Per le partite o sottopartite costituite da confezioni o unità singole, il numero di confezioni o di unità che va prelevato per formare un campione globale è indicato nella tabella 4.
Tabella 4
Numero di confezioni o unità (campioni elementari) da prelevare per formare il campione globale se la partita o sottopartita è costituita da singole confezioni o unità
Numero di confezioni o unità nella partita/sottopartita
Numero di confezioni o unità da prelevare
da 1 a 25
almeno 1 confezione o unità
da 26 a 100
5 % circa, almeno 2 confezioni o unità
> 100
5 % circa, al massimo 10 confezioni o unità
3. Disposizioni specifiche per il prelievo dei campioni in partite contenenti pesci interi di dimensione e peso comparabili
I pesci sono considerati di dimensione e peso comparabili se le differenze di dimensione e peso non sono superiori al 50 % circa.
Il numero di campioni elementari da prelevare dalla partita è indicato nella tabella 3. Il peso del campione globale che raggruppa tutti i campioni elementari è di almeno 1 kg (cfr. punto II.5).
—
Se la partita da cui è prelevato il campione è costituita da pesci di piccole dimensioni (singoli pesci che pesano meno di 1 kg circa), il pesce intero è prelevato come campione elementare per formare il campione globale. Se il campione globale che ne risulta pesa più di 3 kg, i campioni elementari possono essere costituiti dalla parte centrale, del peso di almeno 100 grammi, dei pesci che formano il campione globale. La parte intera cui si applica il livello massimo è utilizzata per l'omogeneizzazione del campione.
La parte centrale del pesce è quella in cui si trova il centro di gravità, che nella maggior parte dei casi si situa in corrispondenza della pinna dorsale (se il pesce ne è provvisto) o a uguale distanza dall'apertura branchiale e dall'ano.
—
Se la partita da cui viene prelevato il campione è costituita da pesci di maggiori dimensioni (singoli pesci che pesano più di 1 kg circa), il campione elementare consiste nella parte centrale del pesce. Il peso di un campione elementare è di almeno 100 grammi.
Nel caso di pesci di dimensioni intermedie (da 1 a 6 kg circa) il campione elementare è costituito da una trancia prelevata nella parte centrale del pesce dalla colonna vertebrale al ventre.
Nel caso di pesci di dimensioni molto grandi (di peso superiore a 6 kg circa), il campione elementare è prelevato dal muscolo dorsolaterale destro (vista frontale) nella parte centrale del pesce. Qualora il prelievo di questa porzione dalla parte centrale del pesce comporti un considerevole danno economico, può essere considerato sufficiente prelevare tre campioni elementari di almeno 350 grammi ciascuno, indipendentemente dalle dimensioni della partita, o in alternativa, per formare il campione elementare rappresentativo del livello di diossine nell'intero pesce è possibile prelevare una parte equivalente del muscolo vicino alla coda e del muscolo vicino alla testa.
4. Campionamento di partite contenenti pesci interi di dimensione e/o peso differenti
—
Si applicano le disposizioni del punto III.3 per quanto riguarda la costituzione del campione.
—
Nel caso in cui predomini una classe/categoria di dimensione o peso (80 % circa o più della partita) il campione è prelevato dai pesci appartenenti alla classe/categoria predominante. Tale campione è considerato rappresentativo dell'intera partita.
—
Nel caso in cui non predomini una particolare classe/categoria di dimensione o peso, si deve garantire che i pesci selezionati per costituire il campione siano rappresentativi della partita. Il «Guidance document on sampling of whole fishes of different size and/or weight» (2) fornisce orientamenti specifici per questo tipo di situazioni.
5. Campionamento nella fase della distribuzione al dettaglio
Il prelievo di campioni di prodotti alimentari nella fase della distribuzione al dettaglio è effettuato, nella misura del possibile, conformemente alle disposizioni di cui al punto III.2 del presente allegato.
Se questo non è possibile, può essere utilizzato un altro metodo di campionamento, purché garantisca una sufficiente rappresentatività della partita o sottopartita campionata.
IV. CONFORMITÀ DELLA PARTITA ALLE SPECIFICHE
1. PCB non diossina-simili
La partita è conforme se il risultato analitico della somma di PCB non diossina-simili non supera il relativo livello massimo fissato dal regolamento (CE) n. 1881/2006, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa (3).
La partita non è conforme al livello massimo stabilito dal regolamento (CE) n. 1881/2006 se la media di due risultati analitici upperbound ottenuti da un'analisi in doppio (4), tenendo conto dell'incertezza di misura estesa, supera il livello massimo oltre ogni ragionevole dubbio.
L'incertezza di misura estesa è calcolata utilizzando un fattore di copertura 2, che determina un livello di fiducia del 95 % circa. Una partita non è conforme se la media dei valori misurati, meno l'incertezza estesa della media, supera il livello massimo stabilito.
Le norme di cui ai paragrafi precedenti si applicano al risultato analitico ottenuto sul campione utilizzato per il controllo ufficiale. Per le analisi effettuate nel quadro di procedure di ricorso o di arbitrato valgono le norme nazionali.
2. Diossine (PCDD/F) e PCB diossina-simili
La partita è conforme se il risultato di una singola analisi
—
eseguita con un metodo di screening con un tasso di falsi conformi inferiore al 5 % indica che il livello non supera i livelli massimi fissati dal regolamento (CE) n. 1881/2006 rispettivamente per PCDD/F e per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili,
—
eseguita con un metodo di conferma non supera i livelli massimi fissati dal regolamento (CE) n. 1881/2006 rispettivamente per PCDD/F e per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili tenendo conto dell'incertezza di misura estesa (5).
Per i dosaggi di screening è stabilito un valore di cut-off per la decisione sulla conformità ai livelli massimi stabiliti rispettivamente per PCDD/F o per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili.
La partita non è conforme al livello massimo stabilito dal regolamento (CE) n. 1881/2006 se la media di due risultati analitici upperbound (analisi in doppio (6)) ottenuti impiegando un metodo di conferma, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa, supera il livello massimo oltre ogni ragionevole dubbio.
L'incertezza di misura estesa è calcolata utilizzando un fattore di copertura 2, che determina un livello di fiducia del 95 % circa. Una partita non è conforme se la media dei valori misurati, meno l'incertezza estesa della media, supera il livello massimo stabilito.
La somma delle incertezze estese stimate dei risultati analitici separati di PCDD/F e PCB diossina-simili deve essere utilizzata per l'incertezza estesa stimata della somma di PCDD/F e PCB diossina-simili.
Le norme di cui ai paragrafi precedenti si applicano al risultato analitico ottenuto sul campione utilizzato per il controllo ufficiale. Per le analisi effettuate nel quadro di procedure di ricorso o di arbitrato valgono le norme nazionali.
V. SUPERAMENTO DEI LIVELLI DI AZIONE
I livelli di azione fungono da strumento per la selezione dei campioni nei casi in cui è opportuno identificare una fonte di contaminazione e prendere provvedimenti per la sua riduzione o eliminazione. I metodi di screening stabiliscono appropriati valori di cut-off per la selezione di tali campioni. Qualora siano necessarie azioni significative per identificare una fonte e ridurre o eliminare la contaminazione può essere opportuno confermare il superamento del livello di azione mediante un'analisi in doppio eseguita con un metodo di conferma e tenendo conto dell'incertezza di misura estesa (7).
(1) Decisione 97/747/CE della Commissione, del 27 ottobre 1997, che fissa i livelli e le frequenze di prelievo di campioni, previsti dalla direttiva 96/23/CE del Consiglio, per il controllo di talune sostanze e dei loro residui in alcuni prodotti di origine animale (GU L 303 del 6.11.1997, pag. 12).
(2) https://ec.europa.eu/food/sites/food/files/safety/docs/cs_contaminants_catalogue_dioxins_guidance-sampling_exemples-dec2006_en.pdf
(3) Se del caso si seguono i principi descritti nel «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website].
(4) L'analisi in doppio è necessaria se il risultato della prima determinazione non è conforme. È altresì necessaria per escludere la possibilità di una contaminazione incrociata interna o di una mescolanza accidentale dei campioni. Se l'analisi è effettuata nel corso di un incidente di contaminazione, la conferma mediante analisi in doppio può essere omessa nel caso in cui la tracciabilità permetta di stabilire il legame tra i campioni selezionati per l'analisi e l'incidente, e quando il livello rilevato è notevolmente superiore al livello massimo.
(5) «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website], e «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(6) L'analisi in doppio è necessaria in caso di non conformità del risultato della prima determinazione in cui sono stati impiegati metodi di conferma con standard interni marcati con13C per i rispettivi analiti. È altresì necessaria per escludere la possibilità di una contaminazione incrociata interna o di una mescolanza accidentale dei campioni. Se l'analisi è effettuata nel corso di un incidente di contaminazione, la conferma mediante analisi in doppio può essere omessa nel caso in cui la tracciabilità permetta di stabilire il legame tra i campioni selezionati per l'analisi e l'incidente, e quando il livello rilevato è notevolmente superiore al livello massimo.
(7) Le precisazioni e le prescrizioni relative all'analisi in doppio per il controllo dei livelli di azione sono identiche a quelle indicate alla nota 6 per i livelli massimi.
ALLEGATO III
PREPARAZIONE DEI CAMPIONI E PRESCRIZIONI PER I METODI DI ANALISI IMPIEGATI NEL CONTROLLO DEI LIVELLI DI DIOSSINE (PCDD/F) E DI PCB DIOSSINA-SIMILI IN ALCUNI PRODOTTI ALIMENTARI
1. CAMPO DI APPLICAZIONE
Le prescrizioni di cui al presente allegato si applicano alle analisi dei prodotti alimentari effettuate ai fini del controllo ufficiale dei livelli di policlorodibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani (PCDD/F) 2,3,7,8-sostituiti e di policlorobifenili diossina-simili (PCB diossina-simili) e per quanto riguarda la preparazione dei campioni e gli obblighi analitici per altri fini regolamentari, compresi i controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare al fine di garantire la conformità alle disposizioni dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004.
Il monitoraggio della presenza di PCDD/F e di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari può essere effettuato con due differenti tipologie di metodi analitici:
a) metodi di screening
L'obiettivo dei metodi di screening è selezionare i campioni con livelli di PCDD/F e PCB diossina-simili superiori ai livelli massimi o di azione. I metodi di screening garantiscono l'analisi di un elevato numero di campioni a costi commisurati all'efficacia, in modo da accrescere la possibilità di scoprire nuovi incidenti nei quali l'alta esposizione può comportare rischi per la salute dei consumatori. La loro applicazione ha lo scopo di evitare i risultati falsi conformi. Essi possono comprendere metodi bioanalitici e metodi GC/MS.
I metodi di screening confrontano il risultato analitico con un valore di cut-off e danno una decisione sì/no indicativa del possibile superamento del livello massimo o di azione. La concentrazione di PCDD/F e la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili nei campioni che si sospetta non siano conformi al livello massimo deve essere determinata o confermata mediante un metodo di conferma.
I metodi di screening possono inoltre fornire un'indicazione dei livelli di PCDD/F e PCB diossina-simili presenti nel campione. In caso di applicazione di metodi di screening bioanalitici il risultato è espresso in equivalenti bioanalitici (BEQ), mentre in caso di applicazione di metodi fisico-chimici GC-MS tale risultato è espresso in equivalenti tossici (TEQ). I risultati numerici dei metodi di screening sono atti a dimostrare la conformità o la sospetta non conformità dei livelli di azione nonché il loro superamento; forniscono inoltre un'indicazione del range dei livelli in caso di follow-up con metodi di conferma. Non sono idonei per attività quali la valutazione dei livelli di background, la stima dell'assunzione, il monitoraggio delle tendenze nel tempo dei livelli o la ri-valutazione dei livelli massimi e di azione.
b) Metodi di conferma
I metodi di conferma consentono di identificare e di quantificare in modo inequivoco i PCDD/F e i PCB diossina-simili presenti in un campione e forniscono informazioni complete sui congeneri. Tali metodi permettono pertanto di controllare i livelli massimi e di azione, compresa la conferma dei risultati ottenuti con i metodi di screening. I risultati possono inoltre essere utilizzati per altri scopi quali la determinazione dei livelli di background bassi nel controllo degli alimenti, il monitoraggio delle tendenze nel tempo, la valutazione dell'esposizione della popolazione e la creazione di una base di dati per l'eventuale ri-valutazione dei livelli massimi e di azione. Essi sono importanti anche per stabilire pattern di congeneri al fine di identificare la fonte di una eventuale contaminazione. Tali metodi impiegano la GC-HRMS. Al fine di confermare la conformità o la non conformità al livello massimo può essere impiegata anche la GC-MS/MS.
2. PREMESSA
Per il calcolo delle concentrazioni di TEQ, le concentrazioni delle singole sostanze in un dato campione sono moltiplicate per i rispettivi TEF stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità ed elencati nell'appendice del presente allegato, quindi sommate per ottenere la concentrazione totale di composti diossina-simili espressa in TEQ.
I metodi di screening e di conferma possono essere applicati per il controllo di una determinata matrice solo se sono sufficientemente sensibili per rilevare i livelli in modo attendibile in relazione al livello massimo o di azione.
3. PRESCRIZIONI DI GARANZIA DELLA QUALITÀ
—
Devono essere adottate misure per evitare contaminazioni incrociate durante ogni fase del campionamento e dell'analisi.
—
I campioni devono essere conservati e trasportati in contenitori di vetro, alluminio, polipropilene o polietilene, che ne permettano la conservazione senza influenzare i livelli di PCDD/F e di PCB diossina-simili. Le tracce di polvere di carta devono essere rimosse dal contenitore.
—
La conservazione e il trasporto devono avvenire in modo da preservare l'integrità del campione di prodotto alimentare.
—
Se necessario, macinare finemente e mescolare bene ogni campione di laboratorio ricorrendo a un metodo che garantisca una completa omogeneizzazione (ad esempio, macinazione che consenta al materiale di passare attraverso un setaccio a maglie di 1 mm); prima della macinazione, i campioni devono essere asciugati, qualora il tenore di umidità sia troppo elevato.
—
È di importanza generale il controllo dei reagenti, della vetreria e delle apparecchiature per evitare che influenzino i risultati espressi in TEQ o BEQ.
—
È effettuata un'analisi in bianco, eseguendo l'intera procedura analitica senza il campione.
—
Per i metodi bioanalitici è di grande importanza verificare che la vetreria e i solventi utilizzati nell'analisi siano esenti da composti che interferiscono con la rilevazione dei composti bersaglio nel working range. La vetreria deve essere risciacquata con solventi e/o riscaldata a temperature che consentano di eliminare dalla superficie le tracce di PCDD/F, composti diossina-simili e composti interferenti.
—
La quantità del campione utilizzato per l'estrazione deve essere sufficiente a permettere la conformità ai requisiti in relazione a un working range sufficientemente basso comprendente le concentrazioni di livelli massimi o di azione.
—
Le procedure specifiche di preparazione dei campioni utilizzate per i prodotti considerati sono conformi a linee guida internazionalmente accettate.
—
Nel caso dei pesci, è necessario eliminare la pelle, dato che il livello massimo si applica al muscolo privo di pelle. Occorre però rimuovere accuratamente e completamente tutti i resti di muscolo e di grasso che aderiscono alla parte interna della pelle e aggiungerli al campione da analizzare.
4. PRESCRIZIONI PER I LABORATORI
—
Come prescritto dal regolamento (CE) n. 882/2004, i laboratori sono accreditati da un organismo riconosciuto operante in conformità alla Guida ISO 58, per garantire che alle loro analisi sia applicata l'assicurazione qualità. I laboratori sono accreditati in base alla norma EN ISO/IEC 17025. Se del caso si seguono i principi descritti negli orientamenti tecnici per la stima dell'incertezza di misura e dei limiti di quantificazione nell'analisi di PCDD/F e PCB (1).
—
La competenza del laboratorio è dimostrata dalla partecipazione regolare ed efficace a studi condotti in collaborazione con altri laboratori per la determinazione di PCDD/F e di PCB diossina-simili nelle matrici di prodotti alimentari e nei range di concentrazioni corrispondenti.
—
I laboratori che applicano metodi di screening per il controllo di routine dei campioni instaurano una stretta cooperazione con i laboratori che applicano il metodo di conferma per il controllo di qualità e per la conferma del risultato analitico dei campioni sospetti.
5. PRESCRIZIONI DI BASE PER LA PROCEDURA DI ANALISI PER LE DIOSSINE (PCDD/F) E I PCB DIOSSINA-SIMILI
5.1. Working range e limiti di quantificazione bassi
—
Per i PCDD/F le quantità rilevabili devono situarsi nel range superiore del femtogrammo (10– 15 g), data l'estrema tossicità di alcuni di questi composti. Per la maggior parte dei congeneri dei PCB è già sufficiente il limite di quantificazione dell'ordine del nanogrammo (10– 9 g). Tuttavia, per la misura dei congeneri più tossici dei PCB diossina-simili (in particolare i congeneri non orto-sostituiti) il limite inferiore del working range deve raggiungere i livelli bassi del picogrammo (10– 12 g).
5.2. Alta selettività (specificità)
—
Occorre distinguere tra PCDD/F e PCB diossina-simili e una moltitudine di altri composti coestratti che possono generare un'interferenza, presenti anche in concentrazioni superiori di vari ordini di grandezza a quelle degli analiti di interesse. Per i metodi di gascromatografia/spettrometria di massa (GC-MS), è necessaria una differenziazione tra i vari congeneri, in particolare tra quelli tossici (ad esempio, i diciassette PCDD/F 2,3,7,8-sostituiti e i dodici PCB diossina-simili) e gli altri congeneri.
—
I metodi bioanalitici permettono di rilevare i composti bersaglio come somma di PCDD/F e/o PCB diossina-simili. Il clean-up del campione ha lo scopo di eliminare i composti che causano risultati falsi non conformi o che possono diminuire la risposta, causando risultati falsi conformi.
5.3. Alta accuratezza (esattezza e precisione, recupero apparente del biodosaggio)
—
Per i metodi GC-MS la determinazione fornisce una stima valida dell'esatta concentrazione in un campione. È necessaria un'alta accuratezza (accuratezza della misura: grado di concordanza tra il risultato di una misura e il valore vero o assegnato del misurando) per evitare che il risultato dell'analisi di un campione sia respinto a causa della scarsa affidabilità del livello di TEQ determinato. L'accuratezza è espressa come esattezza (differenza tra il valore medio misurato per un analita in un materiale certificato e il suo valore certificato, espressa in percentuale di tale valore) e precisione (deviazione standard relativa RSDR calcolata in base a risultati ottenuti in condizioni di riproducibilità).
—
Per i metodi bioanalitici è determinato il recupero apparente del biodosaggio.
5.4. Validazione nel range del livello massimo e misure generali di controllo di qualità
—
I laboratori dimostrano la performance di un metodo nel range del livello massimo, ad esempio 0,5x, 1x e 2x il livello massimo con un coefficiente di variazione accettabile per le analisi ripetute, durante la procedura di validazione e/o durante le analisi di routine.
—
Controlli regolari dei bianchi e analisi di campioni fortificati o di controllo (di preferenza, se disponibile, materiale di riferimento certificato) sono effettuati come misure interne di controllo di qualità. I controlli dei bianchi e le analisi dei campioni fortificati o di controllo sono registrati e verificati con carte di controllo qualità (QC) per assicurare che la performance analitica sia conforme alle prescrizioni.
5.5. Limite di quantificazione
—
Per un metodo di screening bioanalitico non è indispensabile fissare il limite di quantificazione, ma il metodo deve dimostrare di poter differenziare tra il valore bianco e il valore cut-off. Quando è fornito un livello BEQ, è fissato un livello di reporting per trattare i campioni che presentano una risposta al di sotto di tale livello. Il livello di reporting è dimostrato diverso dai campioni bianchi di procedura di almeno un fattore tre, con una risposta al di sotto del working range. È quindi calcolato a partire da campioni contenenti i composti bersaglio attorno al livello minimo richiesto, e non da un rapporto S/R o un dosaggio bianco.
—
Il limite di quantificazione per un metodo di conferma è dell'ordine di circa un quinto del livello massimo.
5.6. Criteri analitici
—
Affinché i metodi di conferma o di screening diano risultati affidabili, devono essere soddisfatti i seguenti criteri nel range del livello massimo, rispettivamente per il valore TEQ e il valore BEQ, determinati come TEQ totale o BEQ totale (somma di PCDD/F e PCB diossina-simili) o separatamente per PCDD/F e PCB diossina-simili.
Screening con metodi bioanalitici o fisico-chimici
Metodi di conferma
Tasso di falsi conformi (*1)
< 5 %
Esattezza
da – 20 % a + 20 %
Ripetibilità (RSDr)
< 20 %
Precisione intermedia (RSDR)
< 25 %
< 15 %
5.7. Prescrizioni specifiche per i metodi di screening
—
Per lo screening possono essere utilizzati metodi GC-MS e metodi bioanalitici. Per i metodi GC-MS valgono le prescrizioni stabilite al punto 6. Per i metodi bioanalitici cellulari valgono le prescrizioni specifiche indicate al punto 7.
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I laboratori che applicano metodi di screening per il controllo di routine dei campioni instaurano una stretta cooperazione con i laboratori che applicano il metodo di conferma.
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Durante l'analisi di routine la performance del metodo di screening deve essere verificata mediante un controllo della qualità analitica e una validazione del metodo continua nel tempo. È necessario un programma continuo per il controllo dei risultati conformi.
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Controllo dell'eventuale soppressione della risposta cellulare e della citotossicità.
Il 20 % degli estratti del campione è misurato in screening di routine senza e con aggiunta di TCDD corrispondente al livello massimo o di azione, per verificare se la risposta è soppressa da sostanze interferenti presenti nell'estratto del campione. La concentrazione misurata del campione fortificato è comparata con la somma della concentrazione dell'estratto non fortificato e della concentrazione dello spiking. Se la concentrazione misurata è inferiore di più del 25 % alla concentrazione (somma) calcolata, si ha un'indicazione di una potenziale soppressione del segnale e il rispettivo campione deve essere sottoposto ad analisi di conferma. I risultati sono monitorati in carte di controllo qualità.
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Controllo di qualità sui campioni conformi
Sono confermati dal 2 % al 10 % circa dei campioni conformi, secondo la matrice del campione e l'esperienza del laboratorio.
—
Determinazione dei tassi di falsi conformi a partire dai dati QC
È determinato il tasso dei risultati falsi conformi dello screening di campioni al di sotto e al di sopra del livello massimo o del livello di azione. I tassi reali di falsi conformi sono inferiori al 5 %.
Se si dispone di un minimo di 20 risultati confermati per matrice/gruppo di matrici dal controllo di qualità dei campioni conformi, da questa base di dati sono tratte conclusioni sul tasso di falsi conformi. I risultati dei campioni analizzati in ring trial o durante incidenti di contaminazione che coprono un range di concentrazione fino a per esempio 2 volte il livello massimo (LM) possono essere inclusi nel minimo di 20 risultati per la valutazione del tasso di falsi conformi. I campioni coprono i pattern di congeneri più frequenti, rappresentanti varie fonti.
Anche se i dosaggi di screening sono diretti principalmente a individuare campioni che superano il livello di azione, il criterio per la determinazione dei tassi di falsi conformi è il livello massimo, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa del metodo di conferma.
—
I risultati potenzialmente non conformi dello screening sono sempre verificati con una nuova analisi completa mediante un metodo di conferma. Questi campioni possono anche essere utilizzati per valutare il tasso di risultati falsi non conformi. Per i metodi di screening, il tasso di risultati falsi non conformi è la frazione dei risultati confermati conformi dall'analisi di conferma, quando nello screening precedente il campione era stato dichiarato sospetto non conforme. La valutazione della vantaggiosità del metodo di screening si basa tuttavia sul confronto dei campioni falsi non conformi con il numero totale di campioni controllati. Tale tasso deve essere sufficientemente basso da rendere vantaggioso l'uso di uno strumento di screening.
—
Almeno in condizioni di validazione, i metodi bioanalitici forniscono una valida indicazione del livello di TEQ, calcolato ed espresso in BEQ.
—
Anche per i metodi bioanalitici applicati in condizioni di ripetibilità, la RSDr intralaboratorio è di norma inferiore alla riproducibilità RSDR.
6. PRESCRIZIONI SPECIFICHE RELATIVE AI METODI DI ANALISI GC-MS CON FINALITÀ DI SCREENING O DI CONFERMA
6.1. Differenze accettabili tra livelli OMS-TEQ upperbound e lowerbound
—
La differenza tra il livello upperbound e il livello lowerbound non è superiore al 20 % per la conferma del superamento dei livelli massimi o, ove opportuno, di azione.
6.2. Controllo dei recuperi
—
Per convalidare la procedura di analisi, occorre aggiungere all'inizio dell'analisi, ad esempio prima dell'estrazione, standard interni di PCDD/F cloro sostituiti alle posizioni 2,3,7,8 e marcati con 13C e standard interni di PCB diossina-simile marcati con 13C. Deve essere aggiunto almeno un congenere per ciascuno dei gruppi omologhi da tetra a octaclorati di PCDD/F e almeno un congenere per ciascuno dei gruppi omologhi di PCB diossina-simili (in alternativa, almeno un congenere per ciascuna finestra di acquisizione ionica utilizzata per il monitoraggio di PCDD/F e PCB diossina-simili). Nel caso dei metodi di conferma, sono utilizzati tutti i 17 standard interni di PCDD/F 2,3,7,8-sostituiti marcati con 13C e tutti i 12 standard interni di PCB diossina-simile marcati con 13C.
—
Sono inoltre determinati i fattori di risposta relativa per i congeneri ai quali non è aggiunto alcun analogo marcato con 13C, utilizzando appropriate soluzioni di calibrazione.
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Per i prodotti alimentari di origine vegetale e per i prodotti alimentari di origine animale con un contenuto di grassi inferiore al 10 %, l'aggiunta di standard interni prima dell'estrazione è obbligatoria. Per i prodotti alimentari di origine animale con tenore di grassi superiore al 10 %, gli standard interni possono essere aggiunti prima o dopo l'estrazione dei grassi. È effettuata un'appropriata validazione dell'efficienza dell'estrazione, a seconda della fase in cui sono introdotti gli standard interni e del modo in cui i risultati sono espressi (su prodotto fresco o su base grassa).
—
Prima dell'analisi GC-MS, occorre aggiungere 1 o 2 standard di recupero (surrogato).
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È necessario il controllo del recupero. Per i metodi di conferma, i recuperi dei singoli standard interni sono compresi tra il 60 % e il 120 %. Recuperi inferiori o superiori per singoli congeneri, in particolare per alcune dibenzo-p-diossine e alcuni dibenzofurani epta e octaclorati, sono accettabili, purché il loro contributo al valore TEQ non superi il 10 % del valore totale TEQ (in base alla somma di PCDD/F e PCB diossina-simili). Per quanto concerne i metodi di screening GC-MS, i recuperi devono essere compresi tra il 30 % e il 140 %.
6.3. Rimozione delle sostanze interferenti
—
La separazione dei PCDD/F dai composti clorurati interferenti, quali i PCB non diossina-simili e i difenileteri clorurati è effettuata mediante appropriate tecniche cromatografiche (di preferenza con una colonna di florisil, d'allumina e/o di carbone).
—
È sufficiente la separazione gascromatografica degli isomeri (< 25 % da picco a picco tra 1,2,3,4,7,8-HxCDF e 1,2,3,6,7,8-HxCDF).
6.4. Calibrazione con curva standard
—
Il range della curva di calibrazione copre il corrispondente range dei livelli massimi o di azione.
6.5. Criteri specifici per i metodi di conferma
—
Per la GC-HRMS:
—
nella HRMS la risoluzione dovrà essere generalmente superiore o pari a 10 000 per tutto il range di massa al 10 % della valle.
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Soddisfacimento di ulteriori criteri di identificazione e di conferma definiti in norme internazionalmente riconosciute quali, ad esempio, la norma EN 16215:2012 (Alimenti per animali — Determinazione di diossine e PCB diossina-simili mediante GC/HRMS e di PCB indicatori mediante GC/HRMS) e/o nei metodi EPA 1613 e 1688 revisionati.
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Per la GC-MS/MS:
—
monitoraggio di almeno 2 ioni precursori specifici, ciascuno con un corrispondente ione prodotto dalla transizione per tutti gli analiti marcati e non marcati nel campo di applicazione dell'analisi.
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Tolleranza massima consentita per intensità di ioni relative del ± 15 % per gli ioni prodotti dalla transizione selezionati rispetto a valori calcolati o misurati (media delle calibrazioni standard), applicando condizioni di MS/MS identiche, in particolare l'energia di collisione e la pressione del gas di collisione, per ciascuna transizione di un dato analita.
—
La risoluzione per ciascun quadrupolo è pari o migliore della risoluzione unitaria (risoluzione unitaria: risoluzione sufficiente a distinguere due picchi di una unità di massa) al fine di minimizzare eventuali interferenze sugli analiti di interesse.
—
Soddisfacimento di ulteriori criteri definiti in norme internazionalmente riconosciute come, ad esempio, la norma EN 16215:2012 (Alimenti per animali — Determinazione di diossine e PCB diossina-simili mediante GC/HRMS e di PCB indicatori mediante GC/HRMS) e/o nei metodi EPA 1613 e 1688 revisionati, fatto salvo l'obbligo di impiegare la GC-HRMS.
7. PRESCRIZIONI SPECIFICHE PER I METODI BIOANALITICI
I metodi bioanalitici sono metodi basati su principi biologici come i dosaggi cellulari, i dosaggi di recettori o gli immunodosaggi. Le prescrizioni figuranti in questo punto si riferiscono ai metodi bioanalitici in generale.
Un metodo di screening classifica in via di principio un campione come conforme o sospetto non conforme. Per questo, il livello di BEQ calcolato è comparato al valore di cut-off (cfr. punto 7.3). I campioni al di sotto del valore di cut-off sono dichiarati conformi, i campioni uguali o superiori al valore di cut-off sono dichiarati sospetti non conformi e devono essere analizzati con un metodo di conferma. In pratica, un livello di BEQ corrispondente a due terzi del livello massimo può servire come il valore di cut-off a condizione di garantire un tasso di falsi conformi inferiore al 5 % e un tasso accettabile di risultati falsi non conformi. Con livelli massimi distinti per PCDD/F e per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili, il controllo della conformità dei campioni senza frazionamento richiede appropriati valori di cut-off dei biodosaggi per i PCDD/F. Per il controllo dei campioni che superano i livelli di azione, il valore di cut-off può essere costituito da una percentuale appropriata del rispettivo livello di azione.
Se un livello indicativo è espresso in BEQ, i risultati del campione devono essere dati nel working range e superare il limite di reporting (cfr. punti 7.1.1 e 7.1.6).
7.1. Valutazione della risposta al test
7.1.1. Prescrizioni generali
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Nel calcolo delle concentrazioni a partire da una curva di calibrazione della TCDD, i valori all'estremo superiore della curva presenteranno una forte variazione [coefficiente di variazione (CV) elevato]. Il working range è costituito dalla zona in cui il CV è inferiore al 15 %. L'estremo inferiore del working range (limite di reporting) deve inoltre essere fissato in misura significativamente superiore (almeno di un fattore tre) ai bianchi di procedura. L'estremo superiore del working range è di norma rappresentato dal valore EC70 (70 % della concentrazione effettiva massima), ma è più basso se il CV è superiore al 15 % in questo range. Il working range è stabilito durante la validazione. I valori di cut-off (cfr. punto 7.3) devono situarsi entro il working range.
—
Le soluzioni standard e gli estratti dei campioni sono testati in triplo o almeno in doppio. Nel caso di uso di doppi, una soluzione standard o un estratto di controllo testati in 4-6 pozzetti distribuiti sulla piastra producono una risposta o una concentrazione (possibile solo nel working range) in base a un CV < 15 %.
7.1.2. Calibrazione
7.1.2.1. Calibrazione con curva standard
—
I livelli nei campioni possono essere stimati comparando la risposta al test a una curva di calibrazione della TCDD (o del PCB 126 o di una miscela standard PCDD/F/PCB diossina-simili) per calcolare il livello BEQ nell'estratto e poi nel campione.
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Le curve di calibrazione contengono da 8 a 12 concentrazioni (almeno in doppio) con concentrazioni sufficienti nella parte inferiore della curva (working range). Particolare attenzione è prestata alla qualità del fit della curva nel working range. Il valore R2, come tale, è di scarsa o nessuna utilità nella stima della bontà del fit in regressione non lineare. Un migliore fit è ottenuto minimizzando la differenza tra i livelli calcolati e osservati nel working range (ad esempio minimizzando la somma dei quadrati residui).
—
Il livello stimato nell'estratto del campione è quindi corretto del livello BEQ calcolato per un campione bianco di matrice o solvente (per tener conto delle impurità provenienti dai solventi e dalle sostanze chimiche utilizzate) e del recupero apparente (calcolato a partire dal livello BEQ di idonei campioni di riferimento con pattern di congeneri rappresentativi attorno al livello massimo o di azione). Quando si effettua una correzione del recupero, il recupero apparente deve essere sempre entro il range richiesto (cfr. punto 7.1.4). I campioni di riferimento utilizzati per la correzione del recupero devono rispondere alle prescrizioni di cui al punto 7.2.
7.1.2.2. Calibrazione con campioni di riferimento
In alternativa, può essere utilizzata una curva di calibrazione preparata a partire da almeno 4 campioni di riferimento (cfr. punto 7.2): un bianco matrice, più tre campioni di riferimento a 0,5x, 1,0x e 2,0x il livello massimo o di azione, il che rende superflua la correzione del bianco e del recupero se le proprietà della matrice dei campioni di riferimento corrispondono a quelle dei campioni incogniti. In tal caso, la risposta al test corrispondente a due terzi del livello massimo (cfr. punto 7.3) può essere calcolata direttamente a partire da questi campioni e utilizzata come valore di cut-off. Per il controllo dei campioni che superano i livelli di azione, il valore di cut-off può essere costituito da una percentuale appropriata di questi livelli di azione.
7.1.3. Determinazione separata di PCDD/F e PCB diossina-simili
Gli estratti possono essere suddivisi in frazioni contenenti PCDD/F e PCB diossina-simili, il che permette un'indicazione separata dei livelli TEQ (in BEQ) di PCDD/F e PCB diossina-simili. Per valutare i risultati per la frazione contenente PCB diossina-simili è da utilizzarsi di preferenza una curva di calibrazione standard del PCB 126.
7.1.4. Recuperi apparenti del biodosaggio
Il «recupero apparente del biodosaggio» è calcolato a partire da idonei campioni di riferimento con pattern di congeneri rappresentativi attorno al livello massimo o di azione ed espresso in percentuale del livello BEQ rispetto al livello TEQ. A seconda del tipo di dosaggio e di TEF (2) utilizzati, le differenze tra fattori TEF e REP per i PCB diossina-simili possono causare per i PCB diossina-simili recuperi apparenti bassi rispetto ai PCDD/F. Pertanto, se è eseguita una determinazione separata di PCDD/F e PCB diossina-simili, i recuperi apparenti del biodosaggio sono: per i PCB diossina-simili dal 20 % al 60 %, per i PCDD/F dal 50 % al 130 % (i range valgono per la curva di calibrazione della TCDD). Poiché il contributo dei PCB diossina-simili alla somma di PCDD/F e PCB diossina-simili può variare secondo le matrici e i campioni, i recuperi apparenti del biodosaggio per il parametro somma riflettono questi range e sono compresi tra il 30 % e il 130 %.
7.1.5. Controllo dei recuperi per il clean-up
La perdita di composti durante il clean-up è verificata durante la validazione. Un campione bianco fortificato con una miscela dei diversi congeneri è sottoposto a clean-up (almeno n = 3) e il recupero e la variabilità sono verificati mediante un metodo di conferma. Il recupero è compreso tra 60 % e 120 %, in particolare per i congeneri che contribuiscono per più del 10 % al livello TEQ in diverse miscele.
7.1.6. Limite di reporting
Per il reporting dei livelli BEQ un limite di reporting è determinato a partire dai corrispondenti campioni matrice implicanti pattern di congeneri tipici, ma non dalla curva di calibrazione degli standard, data la scarsa precisione nel range inferiore della curva. Occorre tenere conto degli effetti dell'estrazione e del clean-up. Il limite di reporting deve essere fissato al di sopra dei bianchi di procedura (almeno di un fattore tre).
7.2. Uso di campioni di riferimento
—
I campioni di riferimento rappresentano la matrice campione, i pattern di congeneri e i range di concentrazione per PCDD/F e PCB diossina-simili attorno al livello massimo o di azione.
—
Una bianco di procedura o di preferenza un bianco matrice e un campione di riferimento al livello massimo o di azione devono essere inclusi in ciascuna serie di test. Questi campioni devono essere estratti e testati nello stesso momento in condizioni identiche. Il campione di riferimento deve presentare una risposta notevolmente più elevata del campione bianco, in modo da garantire l'idoneità del test. Tali campioni possono essere utilizzati per le correzioni del bianco e del recupero.
—
I campioni di riferimento scelti per effettuare una correzione del recupero sono rappresentativi dei campioni del test, il che significa che i pattern di congeneri non portano a una sottostima dei livelli.
—
Campioni di riferimento supplementari, per esempio a 0,5x e 2x il livello massimo o di azione possono essere inclusi per dimostrare la performance adeguata del test nel range di interesse per il controllo del livello massimo o di azione. Combinati, questi campioni possono essere utilizzati per calcolare i livelli BEQ nei campioni del test (cfr. punto 7.1.2.2).
7.3. Determinazione dei valori di cut-off
È stabilito il rapporto tra i risultati bioanalitici in BEQ e i risultati da metodi di conferma in TEQ [ad esempio mediante esperimenti di calibrazione matrix-matched, con campioni di riferimento fortificati a 0, 0,5x, 1x e 2x il livello massimo (LM), con 6 ripetizioni ad ogni livello (n = 24)]. I fattori di correzione (bianco e recupero) possono essere stimati in base a questo rapporto, ma sono controllati in ogni serie di test includendo bianchi di procedura/matrice e campioni di recupero (cfr. punto 7.2).
Sono stabiliti valori di cut-off per la decisione sulla conformità del campione ai livelli massimi o per il controllo dei livelli di azione, se di interesse, con i rispettivi livelli massimi o di azione fissati singolarmente per PCDD/F e PCB diossina-simili o per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili. Essi sono rappresentati dall'endpoint inferiore della distribuzione dei risultati bioanalitici (corretti del bianco e del ricupero) corrispondente al limite di decisione del metodo di conferma in base a un livello di fiducia del 95 %, implicante un tasso di falsi conformi < 5 %, e a un RSDR < 25 %. Il limite di decisione del metodo di conferma è il livello massimo, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa.
In pratica, il valore di cut-off value (in BEQ) può essere calcolato nei modi seguenti (cfr. figura 1).
7.3.1. Uso della banda inferiore dell'intervallo di predizione del 95 % al limite di decisione del metodo di conferma
dove:
BEQDL
BEQ corrispondente al limite di decisione del metodo di conferma, ossia al livello massimo tenuto conto dell'incertezza di misura estesa
sy,x
deviazione standard residua
t α,f = m-2
fattore di Student (α = 5 %, f = gradi di libertà, un lato)
m
numero totale dei punti di calibrazione (indice j)
n
numero di ripetizioni ad ogni livello
xi
concentrazione del campione (in TEQ) del punto di calibrazione I determinato con un metodo di conferma
media delle concentrazioni (in TEQ) di tutti i campioni di calibrazione
parametro somma dei quadrati
i
=
indice per il punto di calibrazione i
7.3.2. Calcolo a partire dai risultati bioanalitici (corretti del bianco e del recupero) di analisi multiple di campioni (n≥ 6) contaminati al limite di decisione del metodo di conferma, come endpoint inferiore della distribuzione dei dati al corrispondente valore BEQ medio:
Valore di cut-off = BEQDL – 1,64 × SDR
dove:
SDR
deviazione standard dei risultati del biodosaggio a BEQDL, misurata in condizioni di riproducibilità in laboratorio
7.3.3. Calcolo come valore medio dei risultati bioanalitici (in BEQ, corretto del bianco e del recupero) a partire dall'analisi multipla di campioni (n≥ 6) contaminati a due terzi del livello massimo o di azione, sulla base dell'osservazione che questo livello sarà prossimo al valore di cut-off determinato come indicato ai punti 7.3.1 o 7.3.2.
Calcolo dei valori di cut-off in base a un livello di fiducia del 95 % implicante un tasso di falsi conformi < 5 %, e un RSDR < 25 %:
1.
dalla banda inferiore dell'intervallo di predizione del 95 % al limite di decisione del metodo di conferma;
2.
da analisi multiple di campioni (n≥ 6) contaminati al limite di decisione del metodo di conferma, come endpoint inferiore della distribuzione dei dati (rappresentata nella figura da una curva a campana) al corrispondente valore BEQ medio.
Figura 1
7.3.4. Restrizioni dei valori di cut-off
I valori di cut-off espressi in BEQ calcolati a partire dalla RSDR ottenuta durante la validazione utilizzando un numero limitato di campioni con differenti matrici/pattern di congeneri possono essere superiori ai livelli massimi o di azione espressi in TEQ in quanto la precisione è maggiore di quella raggiungibile in routine quando deve essere controllato uno spettro sconosciuto di possibili pattern di congeneri. In tali casi, i valori di cut-off sono calcolati a partire da una RSDR = 25 %, o sono preferiti i due terzi del livello massimo o di azione.
7.4. Caratteristiche di performance
—
Poiché nei metodi bioanalitici non possono essere utilizzati standard interni, sono eseguiti test di ripetibilità per ottenere informazioni sulla deviazione standard nelle e tra le serie di test. La ripetibilità è inferiore al 20 % e la riproducibilità in laboratorio inferiore al 25 % in base ai livelli calcolati in BEQ dopo correzione del bianco e del recupero.
—
Nel processo di validazione il test deve permettere di distinguere tra un campione in bianco e un livello al valore di cut-off, consentendo l'identificazione dei campioni al di sopra del corrispondente valore di cut-off (cfr. punto 7.1.2).
—
Sono definiti i composti bersaglio, le possibili interferenze e i livelli massimi tollerabili di bianco.
—
La deviazione standard percentuale nella risposta o nella concentrazione calcolata a partire dalla risposta (possibile solo nel working range) di una determinazione triplice di un estratto del campione non è superiore al 15 %.
—
I risultati non corretti dei campioni di riferimento espressi in BEQ (bianco e livello massimo o di azione) sono utilizzati per valutare la performance del metodo bioanalitico su un periodo di tempo costante.
—
Le carte di controllo qualità per i bianchi di procedura e ciascun tipo di campione di riferimento sono registrate e controllate per assicurare che la performance analitica sia conforme alle prescrizioni, in particolare per i bianchi di procedura per quanto riguarda la differenza minima richiesta rispetto all'estremo inferiore del working range e per i campioni di riferimento per quanto riguarda la riproducibilità in laboratorio. I bianchi di procedura devono essere ben controllati per evitare risultati falsi conformi quando sono sottratti.
—
I risultati dei metodi di conferma dei campioni sospetti e del 2-10 % dei campioni conformi (minimo di 20 campioni per matrice) sono raccolti e utilizzati per valutare la performance del metodo di screening e il rapporto tra BEQ e TEQ. Questa base di dati può essere utilizzata per la ri-valutazione dei valori di cut-off applicabili ai campioni di routine per le matrici validate.
—
La buona performance del metodo può essere dimostrata anche con la partecipazione a ring trial. Anche i risultati dei campioni analizzati in ring trial, che coprano un range di concentrazione fino a per esempio due volte il limite massimo, possono essere inclusi nella valutazione del tasso di falsi conformi, se il laboratorio è in grado di dimostrare la sua buona performance. I campioni coprono i pattern di congeneri più frequenti, rappresentanti varie fonti.
—
Durante gli incidenti, i valori di cut-off possono essere ri-valutati, tenendo conto della matrice e dei pattern di congeneri specifici del singolo incidente.
8. REPORTING DEL RISULTATO
Metodi di conferma
—
I risultati analitici contengono i livelli dei singoli congeneri di PCDD/F e di PCB diossina-simili, e i valori TEQ sono indicati come lowerbound, upperbound e mediumbound, per includere un massimo di informazione nel reporting dei risultati e permettere così l'interpretazione dei risultati secondo prescrizioni specifiche.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCDD/F, PCB diossina-simili e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
—
I recuperi dei singoli standard interni devono essere indicati se si situano al di fuori del range menzionato al punto 6.2, dove il livello massimo è superato (nel qual caso occorre indicare i recuperi per una delle due analisi in doppio) e in altri casi su richiesta.
—
Poiché nel decidere della conformità di un campione occorre tener conto dell'incertezza di misura estesa, deve essere indicato anche questo parametro. I risultati analitici sono pertanto indicati utilizzando la formula «x +/– U», dove x è il risultato analitico e U l'incertezza di misura estesa, calcolata per mezzo di un fattore di copertura 2 che dà un livello di fiducia del 95 % circa. Nel caso di una determinazione separata di PCDD/F e PCB diossina-simili, la somma dell'incertezza estesa stimata dei risultati analitici separati di PCDD/F e PCB diossina-simili deve essere utilizzata per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili.
—
I risultati sono espressi nelle stesse unità e con lo stesso numero di cifre significative dei livelli massimi di cui al regolamento (CE) n. 1881/2006.
Metodi di screening bioanalitici
—
Il risultato dello screening è espresso come conforme o sospetto non conforme («sospetto»).
—
Inoltre, per PCDD/F e/o PCB diossina-simili può essere dato un risultato indicativo espresso in BEQ (non TEQ) (cfr. punto 1). I campioni con una risposta al di sotto del limite di reporting sono espressi come inferiori al limite di reporting. I campioni con una risposta al di sopra del working range sono indicati come campioni che superano il working range e il livello corrispondente all'estremo superiore del working range è espresso in BEQ.
—
Per ciascun tipo di matrice del campione il rapporto menziona il livello massimo o di azione su cui si basa la valutazione.
—
Il rapporto menziona il tipo di test applicato, il principio base del test e il tipo di calibrazione.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCDD/F, PCB diossina-simili e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
—
In caso di campioni sospetti non conformi, il rapporto deve includere una nota sulle azioni da intraprendere. La concentrazione di PCDD/F e la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili nei campioni con livelli elevati deve essere determinata/confermata mediante un metodo di conferma.
—
I risultati non conformi sono indicati soltanto a partire da un'analisi di conferma.
Metodi di screening fisico-chimici
—
Il risultato dello screening è espresso come conforme o sospetto non conforme («sospetto»).
—
Per ciascun tipo di matrice del campione il rapporto menziona il livello massimo o di azione su cui si basa la valutazione.
—
Inoltre possono essere dati i livelli dei singoli congeneri di PCDD/F e di PCB diossina-simili e i valori TEQ indicati come lowerbound, upperbound e mediumbound. I risultati sono espressi nelle stesse unità e con almeno lo stesso numero di cifre significative dei livelli massimi di cui al regolamento (CE) n. 1881/2006.
—
I recuperi dei singoli standard interni devono essere indicati se si situano al di fuori del range menzionato al punto 6.2 e in altri casi su richiesta.
—
Il rapporto indica il metodo GC-MS applicato.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCDD/F, PCB diossina-simili e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
—
In caso di campioni sospetti non conformi, il rapporto deve includere una nota sulle azioni da intraprendere. La concentrazione di PCDD/F e la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili nei campioni con livelli elevati deve essere determinata/confermata mediante un metodo di conferma.
—
La non conformità può essere decisa soltanto dopo un'analisi di conferma.
(1) «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website], e «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(*1) Rispetto ai livelli massimi
(2) Le attuali prescrizioni si basano sui TEF pubblicati in: M. Van den Berg et al, Toxicol Sci 93 (2), 223–241 (2006).
Appendice
OMS-TEF per la valutazione dei rischi nell'uomo in base alle conclusioni della riunione di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) — Programma internazionale sulla sicurezza delle sostanze chimiche (International Programme on Chemical Safety — IPCS) tenutasi a Ginevra nel giugno 2005 (1)
Congenere
Valore TEF
Congenere
Valore TEF
Dibenzo-p-diossine (PCDD)
PCB «diossina-simili»
PCB non-orto e PCB mono-orto
2,3,7,8-TCDD
1
1,2,3,7,8-PeCDD
1
PCB non-orto
1,2,3,4,7,8-HxCDD
0,1
PCB 77
0,0001
1,2,3,6,7,8-HxCDD
0,1
PCB 81
0,0003
1,2,3,7,8,9-HxCDD
0,1
PCB 126
0,1
1,2,3,4,6,7,8-HpCDD
0,01
PCB 169
0,03
OCDD
0,0003
Dibenzofurani (PCDF)
PCB mono-orto
2,3,7,8-TCDF
0,1
PCB 105
0,00003
1,2,3,7,8-PeCDF
0,03
PCB 114
0,00003
2,3,4,7,8-PeCDF
0,3
PCB 118
0,00003
1,2,3,4,7,8-HxCDF
0,1
PCB 123
0,00003
1,2,3,6,7,8-HxCDF
0,1
PCB 156
0,00003
1,2,3,7,8,9-HxCDF
0,1
PCB 157
0,00003
2,3,4,6,7,8-HxCDF
0,1
PCB 167
0,00003
1,2,3,4,6,7,8-HpCDF
0,01
PCB 189
0,00003
1,2,3,4,7,8,9-HpCDF
0,01
OCDF
0,0003
Abbreviazioni:
«T» = tetra; «Pe» = penta; «Hx» = esa; «Hp» = epta; «O» = octa; «CDD» = clorodibenzodiossina; «CDF» = clorodibenzofurano; «CB» = clorobifenile.
(1) Martin Van den Berg et al. 2005, «The 2005 World Health Organization Re-evaluation of Human and Mammalian Toxic Equivalency Factors for Dioxins and Dioxin-like Compounds». Toxicological Sciences 93(2), 223–241 (2006).
ALLEGATO IV
PREPARAZIONE DEI CAMPIONI E PRESCRIZIONI PER I METODI DI ANALISI IMPIEGATI NEL CONTROLLO DEI LIVELLI DI PCB NON DIOSSINA-SIMILI IN ALCUNI PRODOTTI ALIMENTARI
Le prescrizioni di cui al presente allegato si applicano alle analisi dei prodotti alimentari effettuate ai fini del controllo ufficiale dei livelli di PCB non diossina-simili e per quanto riguarda la preparazione dei campioni e gli obblighi analitici per altre finalità di legge, compresi i controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare al fine di garantire la conformità alle disposizioni dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004.
Le disposizioni relative alla preparazione dei campioni di cui all'allegato III, punto 3, del presente regolamento sono altresì applicabili al controllo dei livelli dei PCB non diossina-simili negli alimenti.
1. Metodi di rilevazione applicabili
Gascromatografia con rilevazione a cattura di elettroni (GC-ECD), GC-LRMS, GC-MS/MS, GC-HRMS o metodi equivalenti.
2. Identificazione e conferma degli analiti di interesse
—
Tempo di ritenzione relativo rispetto agli standard interni o agli standard di riferimento (deviazione accettabile di +/– 0,25 %).
—
Separazione gas-cromatografica dei PCB non diossina-simili (dalle sostanze interferenti, specie PCB coeluenti, in particolare se i livelli dei campioni si situano entro i limiti legali e la non conformità deve essere confermata (1)).
—
Per le tecniche GC-MS:
—
monitoraggio di almeno il seguente numero di ioni molecolari o ioni caratteristici del gruppo molecolare:
—
due ioni specifici per HRMS;
—
tre ioni specifici per LRMS;
—
due ioni precursori specifici, ciascuno con un corrispondente ione prodotto dalla transizione per MS/MS.
—
Tolleranze massime ammesse per i rapporti di abbondanza per i frammenti di massa selezionati:
deviazione relativa del rapporto di abbondanza dei frammenti di massa selezionati rispetto all'abbondanza teorica o standard di calibrazione per lo ione bersaglio (lo ione monitorato più abbondante) e gli ioni qualificatori: ± 15 %
—
Per GC-ECD:
conferma dei risultati che oltrepassano il livello massimo con due colonne GC con fasi stazionarie di diversa polarità.
3. Dimostrazione della performance del metodo
Validazione nel range del livello massimo (da 0,5 a 2 volte il livello massimo) con un coefficiente di variazione accettabile per le analisi ripetute (cfr. prescrizioni per la precisione intermedia al punto 8).
4. Limite di quantificazione
La somma dei limiti di quantificazione (2) dei PCB non diossina-simili non supera un terzo del livello massimo (3).
5. Controllo di qualità
Controlli regolari dei bianchi, analisi di campioni fortificati, campioni di controllo qualità, partecipazione a studi interlaboratorio su matrici rilevanti.
6. Controllo dei recuperi
—
Uso di idonei standard interni con proprietà fisico-chimiche comparabili agli analiti di interesse.
—
Aggiunta di standard interni:
—
aggiunta ai prodotti (prima dell'estrazione e del processo di clean-up);
—
aggiunta possibile anche alla materia grassa estratta (prima del processo di clean-up), se il livello massimo è espresso su base grassa.
—
Prescrizioni per i metodi che utilizzano tutti i sei congeneri di PCB non diossina-simili marcati con isotopi:
—
correzione dei risultati in funzione dei recuperi degli standard interni;
—
i recuperi generalmente accettabili degli standard interni marcati con isotopi sono compresi tra 60 % e 120 %;
—
recuperi inferiori o superiori per i singoli congeneri con un contributo alla somma dei PCB non diossina-simili inferiore al 10 % sono accettabili.
—
Prescrizioni per i metodi che non utilizzano tutti i sei standard interni marcati con isotopi o utilizzano altri standard interni:
—
controllo del recupero degli standard interni per ogni campione;
—
recuperi accettabili degli standard interni tra 60 % e 120 %;
—
correzione dei risultati in funzione dei recuperi degli standard interni.
—
I recuperi dei congeneri non marcati sono controllati per mezzo di campioni fortificati o campioni di controllo di qualità con concentrazioni nel range del livello massimo. I recuperi accettabili per questi congeneri sono compresi tra 60 % e 120 %.
7. Prescrizioni per i laboratori
Come prescritto dal regolamento (CE) n. 882/2004, i laboratori sono accreditati da un organismo riconosciuto operante in conformità alla Guida ISO 58, per garantire che alle loro analisi sia applicata l'assicurazione qualità. I laboratori sono accreditati in base alla norma EN ISO/IEC 17025. Se del caso si seguono inoltre i principi descritti negli orientamenti tecnici per la stima dell'incertezza di misura e dei limiti di quantificazione nell'analisi di PCB (4).
8. Caratteristiche di performance: criteri per la somma dei sei PCB non diossina-simili al livello massimo
Spettrometria di massa con diluizione isotopica (*1)
Altre tecniche
Esattezza
da – 20 a + 20 %
da – 30 a + 30 %
Precisione intermedia (RSDR)
< 15 %
≤ 20 %
Differenza tra calcolo upperbound e lowerbound
≤ 20 %
≤ 20 %
9. Reporting dei risultati
—
I risultati analitici contengono i livelli dei singoli congeneri di PCB non diossina-simili e la somma di PCB non diossina-simili, indicati come lowerbound, upperbound e mediumbound, per includere un massimo di informazione nel reporting dei risultati e permettere così l'interpretazione dei risultati secondo prescrizioni specifiche.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCB e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
—
I recuperi dei singoli standard interni devono essere indicati se si situano al di fuori del range menzionato al punto 6, se il livello massimo è superato e in altri casi su richiesta.
—
Poiché nel decidere della conformità di un campione occorre tener conto dell'incertezza di misura estesa, è indicato anche tale parametro. I risultati analitici sono pertanto indicati utilizzando la formula «x +/– U», dove x è il risultato analitico e U l'incertezza di misura estesa, calcolata per mezzo di un fattore di copertura 2 che dà un livello di fiducia del 95 % circa.
—
I risultati sono espressi nelle stesse unità e con lo stesso numero di cifre significative dei livelli massimi di cui al regolamento (CE) n. 1881/2006.
(1) I congeneri che spesso coeluiscono sono per esempio PCB 28/31, PCB 52/69 e PCB 138/163/164. Per la GC-MS devono essere considerate anche le possibili interferenze di frammenti di congeneri più altamente clorurati.
(2) Se del caso si applicano i principi descritti nel «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(3) È altamente raccomandato un contributo inferiore del livello del bianco reagente al livello di un contaminante in un campione. È compito del laboratorio controllare la variazione dei livelli del bianco, in particolare se sono sottratti.
(4) «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website], e «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(*1) È necessario l'uso di tutti i sei analoghi marcati con 13C come standard interni.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) 2017/644 DELLA COMMISSIONE
del 5 aprile 2017
che stabilisce i metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in alcuni prodotti alimentari e che abroga il regolamento (UE) n. 589/2014
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l'articolo 11, paragrafo 4,
considerando quando segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione (2) definisce i tenori massimi per i policlorobifenili (PCB) non diossina-simili, le diossine e i furani e per la somma di diossine, furani e PCB diossina-simili in alcuni prodotti alimentari.
(2)
La raccomandazione 2013/711/UE della Commissione (3) definisce i livelli di azione al fine di stimolare un approccio proattivo volto a ridurre la presenza di policlorodibenzo-para-diossine e di policlorodibenzofurani (PCDD/F) nonché di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari. Tali livelli d'azione costituiscono uno strumento utilizzato dalle autorità competenti e dagli operatori per mettere in luce quei casi nei quali è opportuno individuare una fonte di contaminazione e adottare le misure necessarie per ridurla o eliminarla.
(3)
Il regolamento (UE) n. 589/2014 della Commissione (4) stabilisce disposizioni specifiche relative ai metodi di campionamento e di analisi da applicare per il controllo ufficiale dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili.
(4)
Le disposizioni del presente regolamento riguardano unicamente i metodi di campionamento e di analisi di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in applicazione del regolamento (CE) n. 1881/2006 e della raccomandazione 2013/711/UE. Esse non modificano la strategia di campionamento, i livelli e la frequenza del campionamento definiti negli allegati III e IV della direttiva 96/23/CE del Consiglio (5) né i criteri da seguire per un campionamento mirato di cui alla decisione 98/179/CE della Commissione (6).
(5)
È opportuno garantire che gli operatori del settore alimentare che effettuano i controlli nel quadro dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) applichino procedure di campionamento equivalenti alle procedure previste dal presente regolamento affinché i campioni prelevati per tali controlli siano rappresentativi. Il laboratorio di riferimento dell'Unione europea per le diossine e i PCB ha inoltre fornito elementi di prova del fatto che in alcuni casi i risultati analitici non sono attendibili se i laboratori che eseguono l'analisi dei campioni prelevati dagli operatori del settore alimentare nel quadro dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004 non applicano i criteri di prestazione previsti dal presente regolamento. È pertanto opportuno rendere obbligatoria l'applicazione dei criteri di prestazione anche per l'analisi di tali campioni.
(6)
Considerato che il metodo che prevede l'uso di un limite di decisione per garantire che un risultato analitico superi il livello massimo con una certa probabilità, di cui alla decisione 2002/657/CE della Commissione (8), non viene più applicato all'analisi delle diossine e dei PCB negli alimenti, è opportuno eliminare questo metodo e mantenere solo quello dell'incertezza estesa, utilizzando un fattore di copertura pari a 2, corrispondente a un livello di fiducia del 95 % circa.
(7)
In linea con le prescrizioni di reporting per i metodi di screening bioanalitici, è opportuno prevedere prescrizioni specifiche di reporting anche per i metodi di screening fisico-chimici.
(8)
Considerato che le analisi di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili sono nella maggior parte dei casi determinate insieme, è opportuno armonizzare i criteri di prestazione per i PCB non diossina-simili con quelli per i PCB diossina-simili. Si tratta di una semplificazione che non comporta sostanziali cambiamenti nella pratica, in quanto nel caso dei PCB non diossina-simili l'intensità relativa degli ioni qualificatori rispetto agli ioni bersaglio è > 50 %.
(9)
Sono inoltre proposte altre piccole modifiche alle attuali disposizioni, che impongono l'abrogazione del regolamento (UE) n. 589/2014 e la sua sostituzione con un nuovo regolamento al fine di preservare la leggibilità del testo.
(10)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni e le abbreviazioni figuranti nell'allegato I.
Articolo 2
Il campionamento per il controllo ufficiale dei livelli di diossine, furani, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari elencati nella sezione 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 è effettuato secondo i metodi di cui all'allegato II del presente regolamento.
Articolo 3
La preparazione dei campioni e le analisi per il controllo dei livelli di diossine, furani e PCB diossina-simili nei prodotti alimentari elencati nella parte 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 sono effettuate secondo i metodi di cui all'allegato III del presente regolamento.
Articolo 4
Le analisi per il controllo dei livelli di PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari elencati nella sezione 5 dell'allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 sono effettuate in conformità alle prescrizioni per i metodi di analisi di cui all'allegato IV del presente regolamento.
Articolo 5
Il regolamento (UE) n. 589/2014 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento.
Articolo 6
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 5 aprile 2017
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) Regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 364 del 20.12.2006, pag. 5).
(3) Raccomandazione 2013/711/UE della Commissione, del 3 dicembre 2013, sulla riduzione della presenza di diossine, furani e PCB nei mangimi e negli alimenti (GU L 323 del 4.12.2013, pag. 37).
(4) Regolamento (UE) n. 589/2014 della Commissione, del 2 giugno 2014, che stabilisce i metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in alcuni prodotti alimentari e che abroga il regolamento (UE) n. 252/2012 (GU L 164 del 3.6.2014, pag. 18).
(5) Direttiva 96/23/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, concernente le misure di controllo su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei loro prodotti e che abroga le direttive 85/358/CEE e 86/469/CEE e le decisioni 89/187/CEE e 91/664/CEE (GU L 125 del 23.5.1996, pag. 10).
(6) Decisione 98/179/CE della Commissione, del 23 febbraio 1998, recante modalità d'applicazione per il prelievo ufficiale di campioni al fine della sorveglianza su talune sostanze e sui loro residui negli animali vivi e nei prodotti di origine animale (GU L 65 del 5.3.1998, pag. 31).
(7) Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull'igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1).
(8) Decisione 2002/657/CE della Commissione, del 14 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all'interpretazione dei risultati (GU L 221 del 17.8.2002, pag. 8).
ALLEGATO I
DEFINIZIONI E ABBREVIAZIONI
I. DEFINIZIONI
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all'allegato I della decisione 2002/657/CE.
Ai fini del presente regolamento si applicano inoltre le seguenti definizioni:
1.1. Livello di azione: livello di una data sostanza, definito nell'allegato della raccomandazione 2013/711/UE, che, nel caso in cui ne sia rilevato il superamento, determina l'avvio di indagini per individuare la fonte di tale sostanza.
1.2. Metodi di screening: metodi impiegati per la selezione di campioni con livelli di PCDD/F e di PCB diossina-simili superiori ai livelli massimi o di azione, in grado di consentire l'analisi di un elevato numero di campioni a costi commisurati all'efficacia, accrescendo la possibilità di scoprire nuovi casi nei quali l'alta esposizione può comportare rischi per la salute dei consumatori. I metodi di screening si basano su metodi bioanalitici o GC-MS. I risultati derivanti da campioni che superano il valore di cut-off stabilito per controllare la conformità al livello massimo sono verificati mediante una nuova analisi completa del campione originale impiegando un metodo di conferma.
1.3. Metodi di conferma: metodi che forniscono informazioni complete o complementari che permettono di identificare e di quantificare in modo inequivoco i PCDD/F e i PCB diossina-simili al livello massimo o, se del caso, al livello di azione. Tali metodi utilizzano la gascromatografia/spettrometria di massa ad alta risoluzione (GC-HRMS) o la gascromatografia/spettrometria di massa tandem (GC-MS/MS).
1.4. Metodi bioanalitici: metodi basati sull'applicazione di principi biologici, come dosaggi cellulari, dosaggi dei recettori o immunodosaggi. Questi metodi non danno risultati al livello del congenere, ma solo un'indicazione (1) del livello di TEQ, espresso in equivalenti bioanalitici (BEQ) in considerazione del fatto che non tutti i composti presenti in un estratto di campione che produce una risposta nel test possono soddisfare i requisiti del principio di TEQ.
1.5. Recupero apparente del biodosaggio: livello di BEQ calcolato a partire dalla curva di calibrazione della TCDD o del PCB 126 corretto del bianco e poi diviso per il livello TEQ determinato mediante il metodo di conferma. Mira a correggere fattori quali la perdita di PCDD/F e composti diossina-simili durante le fasi di estrazione e clean-up, composti coestratti che aumentano o diminuiscono la risposta (effetti agonistici e antagonistici), la qualità del fit della curva o le differenze tra i valori TEF e REP. Il recupero apparente del biodosaggio è calcolato a partire da idonei campioni di riferimento con pattern di congeneri rappresentativi attorno al livello massimo o di azione.
1.6. Analisi in doppio: analisi separata degli analiti di interesse utilizzando una seconda aliquota dello stesso campione omogeneizzato.
1.7. Limite di quantificazione (2) specifico accettato di un singolo congenere in un campione: tenore più basso dell'analita che può essere misurato con ragionevole certezza statistica nel rispetto dei criteri di identificazione definiti in norme internazionalmente riconosciute quali, ad esempio, la norma EN 16215:2012 (Alimenti per animali — Determinazione di diossine e PCB diossina-simili mediante GC/HRMS e di PCB indicatori mediante GC/HRMS) e/o nei metodi EPA 1613 e 1668 revisionati.
Il limite di quantificazione di un singolo congenere può essere identificato come:
a)
la concentrazione di un analita nell'estratto di un campione che produce una risposta strumentale a due diversi ioni da monitorare con un rapporto S/R (segnale/rumore) di 3:1 riferito al segnale meno intenso;
oppure, se per motivi tecnici il calcolo del rapporto segnale/rumore non fornisce risultati affidabili,
b)
il punto di concentrazione più basso su una curva di calibrazione che produce una deviazione accettabile (≤ 30 %) e coerente (misurata almeno all'inizio e alla fine della serie analitica di campioni) rispetto al fattore di risposta relativo medio calcolato per tutti i punti sulla curva di calibrazione per ciascuna serie di campioni (3).
1.8. Upperbound: valore calcolato considerando pari al limite di quantificazione il contributo di ogni congenere non quantificato.
1.9. Lowerbound: valore calcolato considerando pari a zero il contributo di ogni congenere non quantificato.
1.10. Mediumbound: valore calcolato considerando pari alla metà del limite di quantificazione il contributo di ogni congenere non quantificato.
1.11. Partita: quantità identificabile di un alimento contenuta in un'unica consegna e avente caratteristiche comuni ufficialmente riconosciute quali l'origine, la varietà, il tipo di imballaggio, l'imballatore, lo speditore e la marcatura. Nel caso del pesce e dei prodotti della pesca, deve essere comparabile anche la dimensione dei pesci. La partita può essere considerata tale anche se la dimensione e/o il peso dei pesci non sono comparabili, ma in tal caso deve essere applicata una procedura di campionamento specifica.
1.12. Sottopartita: porzione di una partita di grandi dimensioni cui è applicato il metodo di campionamento; ogni sottopartita deve essere fisicamente separata e identificabile.
1.13. Campione elementare: quantità di materiale prelevato in un solo punto della partita o della sottopartita.
1.14. Campione globale: campione ottenuto riunendo tutti i campioni elementari prelevati dalla partita o dalla sottopartita.
1.15. Campione di laboratorio: parte o quantità rappresentativa del campione globale destinata al laboratorio.
II. ABBREVIAZIONI
BEQ
Equivalenti bioanalitici
GC
Gascromatografia
HRMS
Spettrometria di massa ad alta risoluzione
LRMS
Spettrometria di massa a bassa risoluzione
MS/MS
Spettrometria di massa tandem
PCB
Policlorobifenili
PCB non diossina-simili
PCB 28, PCB 52, PCB 101, PCB 138, PCB 153 e PCB 180
PCDD
Policlorodibenzo-p-diossine
PCDF
Policlorodibenzofurani
QC
Controllo di qualità
REP
Potenziale relativo
TEF
Fattore di equivalenza tossica
TEQ
Equivalenti tossici
TCDD
2,3,7,8-Tetraclorodibenzo-p-diossina
U
Incertezza di misura estesa
(1) I metodi bioanalitici non sono specifici ai congeneri inclusi nel sistema TEF. Nell'estratto del campione possono essere presenti altri composti strutturalmente affini AhR-attivi che contribuiscono alla risposta globale. Pertanto, i risultati bioanalitici non sono una stima, ma piuttosto un'indicazione del livello di TEQ nel campione.
(2) Se del caso si applicano i principi descritti nel «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(3) Il limite di quantificazione è calcolato a partire dal punto di concentrazione più basso, tenendo conto del recupero degli standard interni e delle grandezze dei campioni.
ALLEGATO II
METODI DI CAMPIONAMENTO PER IL CONTROLLO UFFICIALE DEI LIVELLI DI DIOSSINE (PCDD/PCDF), PCB DIOSSINA-SIMILI E PCB NON DIOSSINA-SIMILI IN ALCUNI PRODOTTI ALIMENTARI
I. CAMPO DI APPLICAZIONE
I campioni destinati al controllo ufficiale dei livelli di diossine (PCDD/F), PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari sono prelevati secondo le modalità indicate nel presente allegato. I campioni globali così ottenuti sono considerati rappresentativi delle partite o sottopartite da cui sono prelevati. La conformità ai livelli massimi fissati nel regolamento (CE) n. 1881/2006 viene stabilita in base ai livelli determinati nei campioni di laboratorio.
Per garantire la conformità alle disposizioni dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004, al momento di prelevare campioni per controllare i livelli di diossine (PCDD/F) gli operatori del settore alimentare utilizzano i metodi di cui al capo III del presente allegato o applicano un metodo di campionamento equivalente che è risultato avere lo stesso livello di rappresentatività del metodo di campionamento di cui al capo III del presente allegato.
II. DISPOSIZIONI GENERALI
1. Personale
Il prelievo ufficiale dei campioni è effettuato da personale autorizzato designato dallo Stato membro.
2. Prodotto da campionare
Ciascuna partita o sottopartita da analizzare è campionata separatamente.
3. Precauzioni
Nel corso del prelievo e della preparazione dei campioni sono prese precauzioni per evitare qualsiasi alterazione che possa modificare il tenore di diossine e di PCB, incidere negativamente sulla determinazione analitica o compromettere la rappresentatività dei campioni globali.
4. Campioni elementari
I campioni elementari devono essere prelevati per quanto possibile in vari punti distribuiti nell'insieme della partita o della sottopartita. Ogni deroga a tale procedura è segnalata nel verbale di cui al punto II.8.
5. Preparazione del campione globale
Il campione globale è ottenuto unendo i campioni elementari. Il suo peso è di almeno 1 kg, a meno che questo non sia possibile per ragioni pratiche, ad esempio nel caso in cui il campione sia costituito da una sola confezione o il prodotto abbia un valore commerciale molto elevato.
6. Campioni replicati
I campioni replicati nel quadro di procedure di ricorso e di arbitrato sono prelevati dal campione globale omogeneizzato, a condizione che tale procedura sia conforme alla legislazione vigente nello Stato membro in materia di diritti degli operatori del settore alimentare. La dimensione dei campioni di laboratorio destinati a controlli deve essere tale da consentire almeno un'analisi in doppio.
7. Confezionamento e invio dei campioni
Ciascun campione è collocato in un recipiente pulito di materiale inerte che lo protegga adeguatamente da qualsiasi contaminazione, dalla perdita di analiti per adsorbimento nella parete interna del recipiente e dai danni che possono essere causati dal trasporto. Occorre adottare tutte le precauzioni necessarie per evitare alterazioni della composizione del campione durante il trasporto o la conservazione.
8. Sigillatura ed etichettatura dei campioni
Ogni campione prelevato per usi ufficiali viene sigillato sul luogo del prelievo e identificato secondo le prescrizioni vigenti negli Stati membri.
Per ciascun prelievo di campione è redatto un verbale di campionamento che consente di identificare con certezza la partita e che indica la data e il luogo del campionamento, nonché ogni altra informazione utile all'analista.
III. PIANO DI CAMPIONAMENTO
Il metodo di campionamento applicato garantisce che il campione globale è rappresentativo della partita o della sottopartita che deve essere controllata.
1. Divisione delle partite in sottopartite
Le partite di grandi dimensioni sono suddivise in sottopartite, purché sia possibile separarle fisicamente. La tabella 1 si applica alle grandi partite di prodotti commercializzati sfusi (ad esempio oli vegetali). Per gli altri prodotti si applica la tabella 2. Tenuto conto del fatto che il peso delle partite non è sempre un multiplo esatto di quello delle sottopartite, il peso delle sottopartite può superare il peso indicato al massimo del 20 %.
Tabella 1
Suddivisione delle partite in sottopartite per i prodotti commercializzati sfusi
Peso della partita (in tonnellate)
Peso o numero delle sottopartite
≥ 1 500
500 tonnellate
> 300 e < 1 500
3 sottopartite
≥ 50 e ≤ 300
100 tonnellate
< 50
—
Tabella 2
Suddivisione delle partite in sottopartite per gli altri prodotti
Peso della partita (in tonnellate)
Peso o numero delle sottopartite
≥ 15
15-30 tonnellate
< 15
—
2. Numero dei campioni elementari
Il peso del campione globale che raggruppa tutti i campioni elementari è di almeno 1 kg (cfr. punto II.5).
Il numero minimo di campioni elementari da prelevare da una partita o da una sottopartita è indicato nelle tabelle 3 e 4.
Nel caso di prodotti liquidi sfusi la partita (o la sottopartita) viene accuratamente mescolata, per quanto possibile e nella misura in cui la qualità del prodotto non venga alterata, manualmente o con mezzi meccanici immediatamente prima del prelievo. In tal caso i contaminanti si considerano distribuiti in modo omogeneo all'interno della partita o della sottopartita. È quindi sufficiente prelevare tre campioni elementari da una partita o sottopartita per formare il campione globale.
I campioni elementari sono di peso simile. Il peso di ciascun campione elementare è di almeno 100 grammi.
Ogni deroga a tale procedura è segnalata nel verbale di cui al punto II.8 del presente allegato. Conformemente alle disposizioni della decisione 97/747/CE della Commissione (1), il campione globale di uova di gallina è costituito da almeno 12 uova (per le partite sfuse e per le partite costituite da confezioni singole si applicano le tabelle 3 e 4).
Tabella 3
Numero minimo di campioni elementari da prelevare da una partita o da una sottopartita
Peso o volume della partita/sottopartita (in kg o litri)
Numero minimo di campioni elementari da prelevare
< 50
3
da 50 a 500
5
> 500
10
Per le partite o sottopartite costituite da confezioni o unità singole, il numero di confezioni o di unità che va prelevato per formare un campione globale è indicato nella tabella 4.
Tabella 4
Numero di confezioni o unità (campioni elementari) da prelevare per formare il campione globale se la partita o sottopartita è costituita da singole confezioni o unità
Numero di confezioni o unità nella partita/sottopartita
Numero di confezioni o unità da prelevare
da 1 a 25
almeno 1 confezione o unità
da 26 a 100
5 % circa, almeno 2 confezioni o unità
> 100
5 % circa, al massimo 10 confezioni o unità
3. Disposizioni specifiche per il prelievo dei campioni in partite contenenti pesci interi di dimensione e peso comparabili
I pesci sono considerati di dimensione e peso comparabili se le differenze di dimensione e peso non sono superiori al 50 % circa.
Il numero di campioni elementari da prelevare dalla partita è indicato nella tabella 3. Il peso del campione globale che raggruppa tutti i campioni elementari è di almeno 1 kg (cfr. punto II.5).
—
Se la partita da cui è prelevato il campione è costituita da pesci di piccole dimensioni (singoli pesci che pesano meno di 1 kg circa), il pesce intero è prelevato come campione elementare per formare il campione globale. Se il campione globale che ne risulta pesa più di 3 kg, i campioni elementari possono essere costituiti dalla parte centrale, del peso di almeno 100 grammi, dei pesci che formano il campione globale. La parte intera cui si applica il livello massimo è utilizzata per l'omogeneizzazione del campione.
La parte centrale del pesce è quella in cui si trova il centro di gravità, che nella maggior parte dei casi si situa in corrispondenza della pinna dorsale (se il pesce ne è provvisto) o a uguale distanza dall'apertura branchiale e dall'ano.
—
Se la partita da cui viene prelevato il campione è costituita da pesci di maggiori dimensioni (singoli pesci che pesano più di 1 kg circa), il campione elementare consiste nella parte centrale del pesce. Il peso di un campione elementare è di almeno 100 grammi.
Nel caso di pesci di dimensioni intermedie (da 1 a 6 kg circa) il campione elementare è costituito da una trancia prelevata nella parte centrale del pesce dalla colonna vertebrale al ventre.
Nel caso di pesci di dimensioni molto grandi (di peso superiore a 6 kg circa), il campione elementare è prelevato dal muscolo dorsolaterale destro (vista frontale) nella parte centrale del pesce. Qualora il prelievo di questa porzione dalla parte centrale del pesce comporti un considerevole danno economico, può essere considerato sufficiente prelevare tre campioni elementari di almeno 350 grammi ciascuno, indipendentemente dalle dimensioni della partita, o in alternativa, per formare il campione elementare rappresentativo del livello di diossine nell'intero pesce è possibile prelevare una parte equivalente del muscolo vicino alla coda e del muscolo vicino alla testa.
4. Campionamento di partite contenenti pesci interi di dimensione e/o peso differenti
—
Si applicano le disposizioni del punto III.3 per quanto riguarda la costituzione del campione.
—
Nel caso in cui predomini una classe/categoria di dimensione o peso (80 % circa o più della partita) il campione è prelevato dai pesci appartenenti alla classe/categoria predominante. Tale campione è considerato rappresentativo dell'intera partita.
—
Nel caso in cui non predomini una particolare classe/categoria di dimensione o peso, si deve garantire che i pesci selezionati per costituire il campione siano rappresentativi della partita. Il «Guidance document on sampling of whole fishes of different size and/or weight» (2) fornisce orientamenti specifici per questo tipo di situazioni.
5. Campionamento nella fase della distribuzione al dettaglio
Il prelievo di campioni di prodotti alimentari nella fase della distribuzione al dettaglio è effettuato, nella misura del possibile, conformemente alle disposizioni di cui al punto III.2 del presente allegato.
Se questo non è possibile, può essere utilizzato un altro metodo di campionamento, purché garantisca una sufficiente rappresentatività della partita o sottopartita campionata.
IV. CONFORMITÀ DELLA PARTITA ALLE SPECIFICHE
1. PCB non diossina-simili
La partita è conforme se il risultato analitico della somma di PCB non diossina-simili non supera il relativo livello massimo fissato dal regolamento (CE) n. 1881/2006, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa (3).
La partita non è conforme al livello massimo stabilito dal regolamento (CE) n. 1881/2006 se la media di due risultati analitici upperbound ottenuti da un'analisi in doppio (4), tenendo conto dell'incertezza di misura estesa, supera il livello massimo oltre ogni ragionevole dubbio.
L'incertezza di misura estesa è calcolata utilizzando un fattore di copertura 2, che determina un livello di fiducia del 95 % circa. Una partita non è conforme se la media dei valori misurati, meno l'incertezza estesa della media, supera il livello massimo stabilito.
Le norme di cui ai paragrafi precedenti si applicano al risultato analitico ottenuto sul campione utilizzato per il controllo ufficiale. Per le analisi effettuate nel quadro di procedure di ricorso o di arbitrato valgono le norme nazionali.
2. Diossine (PCDD/F) e PCB diossina-simili
La partita è conforme se il risultato di una singola analisi
—
eseguita con un metodo di screening con un tasso di falsi conformi inferiore al 5 % indica che il livello non supera i livelli massimi fissati dal regolamento (CE) n. 1881/2006 rispettivamente per PCDD/F e per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili,
—
eseguita con un metodo di conferma non supera i livelli massimi fissati dal regolamento (CE) n. 1881/2006 rispettivamente per PCDD/F e per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili tenendo conto dell'incertezza di misura estesa (5).
Per i dosaggi di screening è stabilito un valore di cut-off per la decisione sulla conformità ai livelli massimi stabiliti rispettivamente per PCDD/F o per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili.
La partita non è conforme al livello massimo stabilito dal regolamento (CE) n. 1881/2006 se la media di due risultati analitici upperbound (analisi in doppio (6)) ottenuti impiegando un metodo di conferma, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa, supera il livello massimo oltre ogni ragionevole dubbio.
L'incertezza di misura estesa è calcolata utilizzando un fattore di copertura 2, che determina un livello di fiducia del 95 % circa. Una partita non è conforme se la media dei valori misurati, meno l'incertezza estesa della media, supera il livello massimo stabilito.
La somma delle incertezze estese stimate dei risultati analitici separati di PCDD/F e PCB diossina-simili deve essere utilizzata per l'incertezza estesa stimata della somma di PCDD/F e PCB diossina-simili.
Le norme di cui ai paragrafi precedenti si applicano al risultato analitico ottenuto sul campione utilizzato per il controllo ufficiale. Per le analisi effettuate nel quadro di procedure di ricorso o di arbitrato valgono le norme nazionali.
V. SUPERAMENTO DEI LIVELLI DI AZIONE
I livelli di azione fungono da strumento per la selezione dei campioni nei casi in cui è opportuno identificare una fonte di contaminazione e prendere provvedimenti per la sua riduzione o eliminazione. I metodi di screening stabiliscono appropriati valori di cut-off per la selezione di tali campioni. Qualora siano necessarie azioni significative per identificare una fonte e ridurre o eliminare la contaminazione può essere opportuno confermare il superamento del livello di azione mediante un'analisi in doppio eseguita con un metodo di conferma e tenendo conto dell'incertezza di misura estesa (7).
(1) Decisione 97/747/CE della Commissione, del 27 ottobre 1997, che fissa i livelli e le frequenze di prelievo di campioni, previsti dalla direttiva 96/23/CE del Consiglio, per il controllo di talune sostanze e dei loro residui in alcuni prodotti di origine animale (GU L 303 del 6.11.1997, pag. 12).
(2) https://ec.europa.eu/food/sites/food/files/safety/docs/cs_contaminants_catalogue_dioxins_guidance-sampling_exemples-dec2006_en.pdf
(3) Se del caso si seguono i principi descritti nel «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website].
(4) L'analisi in doppio è necessaria se il risultato della prima determinazione non è conforme. È altresì necessaria per escludere la possibilità di una contaminazione incrociata interna o di una mescolanza accidentale dei campioni. Se l'analisi è effettuata nel corso di un incidente di contaminazione, la conferma mediante analisi in doppio può essere omessa nel caso in cui la tracciabilità permetta di stabilire il legame tra i campioni selezionati per l'analisi e l'incidente, e quando il livello rilevato è notevolmente superiore al livello massimo.
(5) «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website], e «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(6) L'analisi in doppio è necessaria in caso di non conformità del risultato della prima determinazione in cui sono stati impiegati metodi di conferma con standard interni marcati con13C per i rispettivi analiti. È altresì necessaria per escludere la possibilità di una contaminazione incrociata interna o di una mescolanza accidentale dei campioni. Se l'analisi è effettuata nel corso di un incidente di contaminazione, la conferma mediante analisi in doppio può essere omessa nel caso in cui la tracciabilità permetta di stabilire il legame tra i campioni selezionati per l'analisi e l'incidente, e quando il livello rilevato è notevolmente superiore al livello massimo.
(7) Le precisazioni e le prescrizioni relative all'analisi in doppio per il controllo dei livelli di azione sono identiche a quelle indicate alla nota 6 per i livelli massimi.
ALLEGATO III
PREPARAZIONE DEI CAMPIONI E PRESCRIZIONI PER I METODI DI ANALISI IMPIEGATI NEL CONTROLLO DEI LIVELLI DI DIOSSINE (PCDD/F) E DI PCB DIOSSINA-SIMILI IN ALCUNI PRODOTTI ALIMENTARI
1. CAMPO DI APPLICAZIONE
Le prescrizioni di cui al presente allegato si applicano alle analisi dei prodotti alimentari effettuate ai fini del controllo ufficiale dei livelli di policlorodibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani (PCDD/F) 2,3,7,8-sostituiti e di policlorobifenili diossina-simili (PCB diossina-simili) e per quanto riguarda la preparazione dei campioni e gli obblighi analitici per altri fini regolamentari, compresi i controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare al fine di garantire la conformità alle disposizioni dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004.
Il monitoraggio della presenza di PCDD/F e di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari può essere effettuato con due differenti tipologie di metodi analitici:
a) metodi di screening
L'obiettivo dei metodi di screening è selezionare i campioni con livelli di PCDD/F e PCB diossina-simili superiori ai livelli massimi o di azione. I metodi di screening garantiscono l'analisi di un elevato numero di campioni a costi commisurati all'efficacia, in modo da accrescere la possibilità di scoprire nuovi incidenti nei quali l'alta esposizione può comportare rischi per la salute dei consumatori. La loro applicazione ha lo scopo di evitare i risultati falsi conformi. Essi possono comprendere metodi bioanalitici e metodi GC/MS.
I metodi di screening confrontano il risultato analitico con un valore di cut-off e danno una decisione sì/no indicativa del possibile superamento del livello massimo o di azione. La concentrazione di PCDD/F e la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili nei campioni che si sospetta non siano conformi al livello massimo deve essere determinata o confermata mediante un metodo di conferma.
I metodi di screening possono inoltre fornire un'indicazione dei livelli di PCDD/F e PCB diossina-simili presenti nel campione. In caso di applicazione di metodi di screening bioanalitici il risultato è espresso in equivalenti bioanalitici (BEQ), mentre in caso di applicazione di metodi fisico-chimici GC-MS tale risultato è espresso in equivalenti tossici (TEQ). I risultati numerici dei metodi di screening sono atti a dimostrare la conformità o la sospetta non conformità dei livelli di azione nonché il loro superamento; forniscono inoltre un'indicazione del range dei livelli in caso di follow-up con metodi di conferma. Non sono idonei per attività quali la valutazione dei livelli di background, la stima dell'assunzione, il monitoraggio delle tendenze nel tempo dei livelli o la ri-valutazione dei livelli massimi e di azione.
b) Metodi di conferma
I metodi di conferma consentono di identificare e di quantificare in modo inequivoco i PCDD/F e i PCB diossina-simili presenti in un campione e forniscono informazioni complete sui congeneri. Tali metodi permettono pertanto di controllare i livelli massimi e di azione, compresa la conferma dei risultati ottenuti con i metodi di screening. I risultati possono inoltre essere utilizzati per altri scopi quali la determinazione dei livelli di background bassi nel controllo degli alimenti, il monitoraggio delle tendenze nel tempo, la valutazione dell'esposizione della popolazione e la creazione di una base di dati per l'eventuale ri-valutazione dei livelli massimi e di azione. Essi sono importanti anche per stabilire pattern di congeneri al fine di identificare la fonte di una eventuale contaminazione. Tali metodi impiegano la GC-HRMS. Al fine di confermare la conformità o la non conformità al livello massimo può essere impiegata anche la GC-MS/MS.
2. PREMESSA
Per il calcolo delle concentrazioni di TEQ, le concentrazioni delle singole sostanze in un dato campione sono moltiplicate per i rispettivi TEF stabiliti dall'Organizzazione mondiale della sanità ed elencati nell'appendice del presente allegato, quindi sommate per ottenere la concentrazione totale di composti diossina-simili espressa in TEQ.
I metodi di screening e di conferma possono essere applicati per il controllo di una determinata matrice solo se sono sufficientemente sensibili per rilevare i livelli in modo attendibile in relazione al livello massimo o di azione.
3. PRESCRIZIONI DI GARANZIA DELLA QUALITÀ
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Devono essere adottate misure per evitare contaminazioni incrociate durante ogni fase del campionamento e dell'analisi.
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I campioni devono essere conservati e trasportati in contenitori di vetro, alluminio, polipropilene o polietilene, che ne permettano la conservazione senza influenzare i livelli di PCDD/F e di PCB diossina-simili. Le tracce di polvere di carta devono essere rimosse dal contenitore.
—
La conservazione e il trasporto devono avvenire in modo da preservare l'integrità del campione di prodotto alimentare.
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Se necessario, macinare finemente e mescolare bene ogni campione di laboratorio ricorrendo a un metodo che garantisca una completa omogeneizzazione (ad esempio, macinazione che consenta al materiale di passare attraverso un setaccio a maglie di 1 mm); prima della macinazione, i campioni devono essere asciugati, qualora il tenore di umidità sia troppo elevato.
—
È di importanza generale il controllo dei reagenti, della vetreria e delle apparecchiature per evitare che influenzino i risultati espressi in TEQ o BEQ.
—
È effettuata un'analisi in bianco, eseguendo l'intera procedura analitica senza il campione.
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Per i metodi bioanalitici è di grande importanza verificare che la vetreria e i solventi utilizzati nell'analisi siano esenti da composti che interferiscono con la rilevazione dei composti bersaglio nel working range. La vetreria deve essere risciacquata con solventi e/o riscaldata a temperature che consentano di eliminare dalla superficie le tracce di PCDD/F, composti diossina-simili e composti interferenti.
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La quantità del campione utilizzato per l'estrazione deve essere sufficiente a permettere la conformità ai requisiti in relazione a un working range sufficientemente basso comprendente le concentrazioni di livelli massimi o di azione.
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Le procedure specifiche di preparazione dei campioni utilizzate per i prodotti considerati sono conformi a linee guida internazionalmente accettate.
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Nel caso dei pesci, è necessario eliminare la pelle, dato che il livello massimo si applica al muscolo privo di pelle. Occorre però rimuovere accuratamente e completamente tutti i resti di muscolo e di grasso che aderiscono alla parte interna della pelle e aggiungerli al campione da analizzare.
4. PRESCRIZIONI PER I LABORATORI
—
Come prescritto dal regolamento (CE) n. 882/2004, i laboratori sono accreditati da un organismo riconosciuto operante in conformità alla Guida ISO 58, per garantire che alle loro analisi sia applicata l'assicurazione qualità. I laboratori sono accreditati in base alla norma EN ISO/IEC 17025. Se del caso si seguono i principi descritti negli orientamenti tecnici per la stima dell'incertezza di misura e dei limiti di quantificazione nell'analisi di PCDD/F e PCB (1).
—
La competenza del laboratorio è dimostrata dalla partecipazione regolare ed efficace a studi condotti in collaborazione con altri laboratori per la determinazione di PCDD/F e di PCB diossina-simili nelle matrici di prodotti alimentari e nei range di concentrazioni corrispondenti.
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I laboratori che applicano metodi di screening per il controllo di routine dei campioni instaurano una stretta cooperazione con i laboratori che applicano il metodo di conferma per il controllo di qualità e per la conferma del risultato analitico dei campioni sospetti.
5. PRESCRIZIONI DI BASE PER LA PROCEDURA DI ANALISI PER LE DIOSSINE (PCDD/F) E I PCB DIOSSINA-SIMILI
5.1. Working range e limiti di quantificazione bassi
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Per i PCDD/F le quantità rilevabili devono situarsi nel range superiore del femtogrammo (10– 15 g), data l'estrema tossicità di alcuni di questi composti. Per la maggior parte dei congeneri dei PCB è già sufficiente il limite di quantificazione dell'ordine del nanogrammo (10– 9 g). Tuttavia, per la misura dei congeneri più tossici dei PCB diossina-simili (in particolare i congeneri non orto-sostituiti) il limite inferiore del working range deve raggiungere i livelli bassi del picogrammo (10– 12 g).
5.2. Alta selettività (specificità)
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Occorre distinguere tra PCDD/F e PCB diossina-simili e una moltitudine di altri composti coestratti che possono generare un'interferenza, presenti anche in concentrazioni superiori di vari ordini di grandezza a quelle degli analiti di interesse. Per i metodi di gascromatografia/spettrometria di massa (GC-MS), è necessaria una differenziazione tra i vari congeneri, in particolare tra quelli tossici (ad esempio, i diciassette PCDD/F 2,3,7,8-sostituiti e i dodici PCB diossina-simili) e gli altri congeneri.
—
I metodi bioanalitici permettono di rilevare i composti bersaglio come somma di PCDD/F e/o PCB diossina-simili. Il clean-up del campione ha lo scopo di eliminare i composti che causano risultati falsi non conformi o che possono diminuire la risposta, causando risultati falsi conformi.
5.3. Alta accuratezza (esattezza e precisione, recupero apparente del biodosaggio)
—
Per i metodi GC-MS la determinazione fornisce una stima valida dell'esatta concentrazione in un campione. È necessaria un'alta accuratezza (accuratezza della misura: grado di concordanza tra il risultato di una misura e il valore vero o assegnato del misurando) per evitare che il risultato dell'analisi di un campione sia respinto a causa della scarsa affidabilità del livello di TEQ determinato. L'accuratezza è espressa come esattezza (differenza tra il valore medio misurato per un analita in un materiale certificato e il suo valore certificato, espressa in percentuale di tale valore) e precisione (deviazione standard relativa RSDR calcolata in base a risultati ottenuti in condizioni di riproducibilità).
—
Per i metodi bioanalitici è determinato il recupero apparente del biodosaggio.
5.4. Validazione nel range del livello massimo e misure generali di controllo di qualità
—
I laboratori dimostrano la performance di un metodo nel range del livello massimo, ad esempio 0,5x, 1x e 2x il livello massimo con un coefficiente di variazione accettabile per le analisi ripetute, durante la procedura di validazione e/o durante le analisi di routine.
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Controlli regolari dei bianchi e analisi di campioni fortificati o di controllo (di preferenza, se disponibile, materiale di riferimento certificato) sono effettuati come misure interne di controllo di qualità. I controlli dei bianchi e le analisi dei campioni fortificati o di controllo sono registrati e verificati con carte di controllo qualità (QC) per assicurare che la performance analitica sia conforme alle prescrizioni.
5.5. Limite di quantificazione
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Per un metodo di screening bioanalitico non è indispensabile fissare il limite di quantificazione, ma il metodo deve dimostrare di poter differenziare tra il valore bianco e il valore cut-off. Quando è fornito un livello BEQ, è fissato un livello di reporting per trattare i campioni che presentano una risposta al di sotto di tale livello. Il livello di reporting è dimostrato diverso dai campioni bianchi di procedura di almeno un fattore tre, con una risposta al di sotto del working range. È quindi calcolato a partire da campioni contenenti i composti bersaglio attorno al livello minimo richiesto, e non da un rapporto S/R o un dosaggio bianco.
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Il limite di quantificazione per un metodo di conferma è dell'ordine di circa un quinto del livello massimo.
5.6. Criteri analitici
—
Affinché i metodi di conferma o di screening diano risultati affidabili, devono essere soddisfatti i seguenti criteri nel range del livello massimo, rispettivamente per il valore TEQ e il valore BEQ, determinati come TEQ totale o BEQ totale (somma di PCDD/F e PCB diossina-simili) o separatamente per PCDD/F e PCB diossina-simili.
Screening con metodi bioanalitici o fisico-chimici
Metodi di conferma
Tasso di falsi conformi (*1)
< 5 %
Esattezza
da – 20 % a + 20 %
Ripetibilità (RSDr)
< 20 %
Precisione intermedia (RSDR)
< 25 %
< 15 %
5.7. Prescrizioni specifiche per i metodi di screening
—
Per lo screening possono essere utilizzati metodi GC-MS e metodi bioanalitici. Per i metodi GC-MS valgono le prescrizioni stabilite al punto 6. Per i metodi bioanalitici cellulari valgono le prescrizioni specifiche indicate al punto 7.
—
I laboratori che applicano metodi di screening per il controllo di routine dei campioni instaurano una stretta cooperazione con i laboratori che applicano il metodo di conferma.
—
Durante l'analisi di routine la performance del metodo di screening deve essere verificata mediante un controllo della qualità analitica e una validazione del metodo continua nel tempo. È necessario un programma continuo per il controllo dei risultati conformi.
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Controllo dell'eventuale soppressione della risposta cellulare e della citotossicità.
Il 20 % degli estratti del campione è misurato in screening di routine senza e con aggiunta di TCDD corrispondente al livello massimo o di azione, per verificare se la risposta è soppressa da sostanze interferenti presenti nell'estratto del campione. La concentrazione misurata del campione fortificato è comparata con la somma della concentrazione dell'estratto non fortificato e della concentrazione dello spiking. Se la concentrazione misurata è inferiore di più del 25 % alla concentrazione (somma) calcolata, si ha un'indicazione di una potenziale soppressione del segnale e il rispettivo campione deve essere sottoposto ad analisi di conferma. I risultati sono monitorati in carte di controllo qualità.
—
Controllo di qualità sui campioni conformi
Sono confermati dal 2 % al 10 % circa dei campioni conformi, secondo la matrice del campione e l'esperienza del laboratorio.
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Determinazione dei tassi di falsi conformi a partire dai dati QC
È determinato il tasso dei risultati falsi conformi dello screening di campioni al di sotto e al di sopra del livello massimo o del livello di azione. I tassi reali di falsi conformi sono inferiori al 5 %.
Se si dispone di un minimo di 20 risultati confermati per matrice/gruppo di matrici dal controllo di qualità dei campioni conformi, da questa base di dati sono tratte conclusioni sul tasso di falsi conformi. I risultati dei campioni analizzati in ring trial o durante incidenti di contaminazione che coprono un range di concentrazione fino a per esempio 2 volte il livello massimo (LM) possono essere inclusi nel minimo di 20 risultati per la valutazione del tasso di falsi conformi. I campioni coprono i pattern di congeneri più frequenti, rappresentanti varie fonti.
Anche se i dosaggi di screening sono diretti principalmente a individuare campioni che superano il livello di azione, il criterio per la determinazione dei tassi di falsi conformi è il livello massimo, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa del metodo di conferma.
—
I risultati potenzialmente non conformi dello screening sono sempre verificati con una nuova analisi completa mediante un metodo di conferma. Questi campioni possono anche essere utilizzati per valutare il tasso di risultati falsi non conformi. Per i metodi di screening, il tasso di risultati falsi non conformi è la frazione dei risultati confermati conformi dall'analisi di conferma, quando nello screening precedente il campione era stato dichiarato sospetto non conforme. La valutazione della vantaggiosità del metodo di screening si basa tuttavia sul confronto dei campioni falsi non conformi con il numero totale di campioni controllati. Tale tasso deve essere sufficientemente basso da rendere vantaggioso l'uso di uno strumento di screening.
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Almeno in condizioni di validazione, i metodi bioanalitici forniscono una valida indicazione del livello di TEQ, calcolato ed espresso in BEQ.
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Anche per i metodi bioanalitici applicati in condizioni di ripetibilità, la RSDr intralaboratorio è di norma inferiore alla riproducibilità RSDR.
6. PRESCRIZIONI SPECIFICHE RELATIVE AI METODI DI ANALISI GC-MS CON FINALITÀ DI SCREENING O DI CONFERMA
6.1. Differenze accettabili tra livelli OMS-TEQ upperbound e lowerbound
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La differenza tra il livello upperbound e il livello lowerbound non è superiore al 20 % per la conferma del superamento dei livelli massimi o, ove opportuno, di azione.
6.2. Controllo dei recuperi
—
Per convalidare la procedura di analisi, occorre aggiungere all'inizio dell'analisi, ad esempio prima dell'estrazione, standard interni di PCDD/F cloro sostituiti alle posizioni 2,3,7,8 e marcati con 13C e standard interni di PCB diossina-simile marcati con 13C. Deve essere aggiunto almeno un congenere per ciascuno dei gruppi omologhi da tetra a octaclorati di PCDD/F e almeno un congenere per ciascuno dei gruppi omologhi di PCB diossina-simili (in alternativa, almeno un congenere per ciascuna finestra di acquisizione ionica utilizzata per il monitoraggio di PCDD/F e PCB diossina-simili). Nel caso dei metodi di conferma, sono utilizzati tutti i 17 standard interni di PCDD/F 2,3,7,8-sostituiti marcati con 13C e tutti i 12 standard interni di PCB diossina-simile marcati con 13C.
—
Sono inoltre determinati i fattori di risposta relativa per i congeneri ai quali non è aggiunto alcun analogo marcato con 13C, utilizzando appropriate soluzioni di calibrazione.
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Per i prodotti alimentari di origine vegetale e per i prodotti alimentari di origine animale con un contenuto di grassi inferiore al 10 %, l'aggiunta di standard interni prima dell'estrazione è obbligatoria. Per i prodotti alimentari di origine animale con tenore di grassi superiore al 10 %, gli standard interni possono essere aggiunti prima o dopo l'estrazione dei grassi. È effettuata un'appropriata validazione dell'efficienza dell'estrazione, a seconda della fase in cui sono introdotti gli standard interni e del modo in cui i risultati sono espressi (su prodotto fresco o su base grassa).
—
Prima dell'analisi GC-MS, occorre aggiungere 1 o 2 standard di recupero (surrogato).
—
È necessario il controllo del recupero. Per i metodi di conferma, i recuperi dei singoli standard interni sono compresi tra il 60 % e il 120 %. Recuperi inferiori o superiori per singoli congeneri, in particolare per alcune dibenzo-p-diossine e alcuni dibenzofurani epta e octaclorati, sono accettabili, purché il loro contributo al valore TEQ non superi il 10 % del valore totale TEQ (in base alla somma di PCDD/F e PCB diossina-simili). Per quanto concerne i metodi di screening GC-MS, i recuperi devono essere compresi tra il 30 % e il 140 %.
6.3. Rimozione delle sostanze interferenti
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La separazione dei PCDD/F dai composti clorurati interferenti, quali i PCB non diossina-simili e i difenileteri clorurati è effettuata mediante appropriate tecniche cromatografiche (di preferenza con una colonna di florisil, d'allumina e/o di carbone).
—
È sufficiente la separazione gascromatografica degli isomeri (< 25 % da picco a picco tra 1,2,3,4,7,8-HxCDF e 1,2,3,6,7,8-HxCDF).
6.4. Calibrazione con curva standard
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Il range della curva di calibrazione copre il corrispondente range dei livelli massimi o di azione.
6.5. Criteri specifici per i metodi di conferma
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Per la GC-HRMS:
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nella HRMS la risoluzione dovrà essere generalmente superiore o pari a 10 000 per tutto il range di massa al 10 % della valle.
—
Soddisfacimento di ulteriori criteri di identificazione e di conferma definiti in norme internazionalmente riconosciute quali, ad esempio, la norma EN 16215:2012 (Alimenti per animali — Determinazione di diossine e PCB diossina-simili mediante GC/HRMS e di PCB indicatori mediante GC/HRMS) e/o nei metodi EPA 1613 e 1688 revisionati.
—
Per la GC-MS/MS:
—
monitoraggio di almeno 2 ioni precursori specifici, ciascuno con un corrispondente ione prodotto dalla transizione per tutti gli analiti marcati e non marcati nel campo di applicazione dell'analisi.
—
Tolleranza massima consentita per intensità di ioni relative del ± 15 % per gli ioni prodotti dalla transizione selezionati rispetto a valori calcolati o misurati (media delle calibrazioni standard), applicando condizioni di MS/MS identiche, in particolare l'energia di collisione e la pressione del gas di collisione, per ciascuna transizione di un dato analita.
—
La risoluzione per ciascun quadrupolo è pari o migliore della risoluzione unitaria (risoluzione unitaria: risoluzione sufficiente a distinguere due picchi di una unità di massa) al fine di minimizzare eventuali interferenze sugli analiti di interesse.
—
Soddisfacimento di ulteriori criteri definiti in norme internazionalmente riconosciute come, ad esempio, la norma EN 16215:2012 (Alimenti per animali — Determinazione di diossine e PCB diossina-simili mediante GC/HRMS e di PCB indicatori mediante GC/HRMS) e/o nei metodi EPA 1613 e 1688 revisionati, fatto salvo l'obbligo di impiegare la GC-HRMS.
7. PRESCRIZIONI SPECIFICHE PER I METODI BIOANALITICI
I metodi bioanalitici sono metodi basati su principi biologici come i dosaggi cellulari, i dosaggi di recettori o gli immunodosaggi. Le prescrizioni figuranti in questo punto si riferiscono ai metodi bioanalitici in generale.
Un metodo di screening classifica in via di principio un campione come conforme o sospetto non conforme. Per questo, il livello di BEQ calcolato è comparato al valore di cut-off (cfr. punto 7.3). I campioni al di sotto del valore di cut-off sono dichiarati conformi, i campioni uguali o superiori al valore di cut-off sono dichiarati sospetti non conformi e devono essere analizzati con un metodo di conferma. In pratica, un livello di BEQ corrispondente a due terzi del livello massimo può servire come il valore di cut-off a condizione di garantire un tasso di falsi conformi inferiore al 5 % e un tasso accettabile di risultati falsi non conformi. Con livelli massimi distinti per PCDD/F e per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili, il controllo della conformità dei campioni senza frazionamento richiede appropriati valori di cut-off dei biodosaggi per i PCDD/F. Per il controllo dei campioni che superano i livelli di azione, il valore di cut-off può essere costituito da una percentuale appropriata del rispettivo livello di azione.
Se un livello indicativo è espresso in BEQ, i risultati del campione devono essere dati nel working range e superare il limite di reporting (cfr. punti 7.1.1 e 7.1.6).
7.1. Valutazione della risposta al test
7.1.1. Prescrizioni generali
—
Nel calcolo delle concentrazioni a partire da una curva di calibrazione della TCDD, i valori all'estremo superiore della curva presenteranno una forte variazione [coefficiente di variazione (CV) elevato]. Il working range è costituito dalla zona in cui il CV è inferiore al 15 %. L'estremo inferiore del working range (limite di reporting) deve inoltre essere fissato in misura significativamente superiore (almeno di un fattore tre) ai bianchi di procedura. L'estremo superiore del working range è di norma rappresentato dal valore EC70 (70 % della concentrazione effettiva massima), ma è più basso se il CV è superiore al 15 % in questo range. Il working range è stabilito durante la validazione. I valori di cut-off (cfr. punto 7.3) devono situarsi entro il working range.
—
Le soluzioni standard e gli estratti dei campioni sono testati in triplo o almeno in doppio. Nel caso di uso di doppi, una soluzione standard o un estratto di controllo testati in 4-6 pozzetti distribuiti sulla piastra producono una risposta o una concentrazione (possibile solo nel working range) in base a un CV < 15 %.
7.1.2. Calibrazione
7.1.2.1. Calibrazione con curva standard
—
I livelli nei campioni possono essere stimati comparando la risposta al test a una curva di calibrazione della TCDD (o del PCB 126 o di una miscela standard PCDD/F/PCB diossina-simili) per calcolare il livello BEQ nell'estratto e poi nel campione.
—
Le curve di calibrazione contengono da 8 a 12 concentrazioni (almeno in doppio) con concentrazioni sufficienti nella parte inferiore della curva (working range). Particolare attenzione è prestata alla qualità del fit della curva nel working range. Il valore R2, come tale, è di scarsa o nessuna utilità nella stima della bontà del fit in regressione non lineare. Un migliore fit è ottenuto minimizzando la differenza tra i livelli calcolati e osservati nel working range (ad esempio minimizzando la somma dei quadrati residui).
—
Il livello stimato nell'estratto del campione è quindi corretto del livello BEQ calcolato per un campione bianco di matrice o solvente (per tener conto delle impurità provenienti dai solventi e dalle sostanze chimiche utilizzate) e del recupero apparente (calcolato a partire dal livello BEQ di idonei campioni di riferimento con pattern di congeneri rappresentativi attorno al livello massimo o di azione). Quando si effettua una correzione del recupero, il recupero apparente deve essere sempre entro il range richiesto (cfr. punto 7.1.4). I campioni di riferimento utilizzati per la correzione del recupero devono rispondere alle prescrizioni di cui al punto 7.2.
7.1.2.2. Calibrazione con campioni di riferimento
In alternativa, può essere utilizzata una curva di calibrazione preparata a partire da almeno 4 campioni di riferimento (cfr. punto 7.2): un bianco matrice, più tre campioni di riferimento a 0,5x, 1,0x e 2,0x il livello massimo o di azione, il che rende superflua la correzione del bianco e del recupero se le proprietà della matrice dei campioni di riferimento corrispondono a quelle dei campioni incogniti. In tal caso, la risposta al test corrispondente a due terzi del livello massimo (cfr. punto 7.3) può essere calcolata direttamente a partire da questi campioni e utilizzata come valore di cut-off. Per il controllo dei campioni che superano i livelli di azione, il valore di cut-off può essere costituito da una percentuale appropriata di questi livelli di azione.
7.1.3. Determinazione separata di PCDD/F e PCB diossina-simili
Gli estratti possono essere suddivisi in frazioni contenenti PCDD/F e PCB diossina-simili, il che permette un'indicazione separata dei livelli TEQ (in BEQ) di PCDD/F e PCB diossina-simili. Per valutare i risultati per la frazione contenente PCB diossina-simili è da utilizzarsi di preferenza una curva di calibrazione standard del PCB 126.
7.1.4. Recuperi apparenti del biodosaggio
Il «recupero apparente del biodosaggio» è calcolato a partire da idonei campioni di riferimento con pattern di congeneri rappresentativi attorno al livello massimo o di azione ed espresso in percentuale del livello BEQ rispetto al livello TEQ. A seconda del tipo di dosaggio e di TEF (2) utilizzati, le differenze tra fattori TEF e REP per i PCB diossina-simili possono causare per i PCB diossina-simili recuperi apparenti bassi rispetto ai PCDD/F. Pertanto, se è eseguita una determinazione separata di PCDD/F e PCB diossina-simili, i recuperi apparenti del biodosaggio sono: per i PCB diossina-simili dal 20 % al 60 %, per i PCDD/F dal 50 % al 130 % (i range valgono per la curva di calibrazione della TCDD). Poiché il contributo dei PCB diossina-simili alla somma di PCDD/F e PCB diossina-simili può variare secondo le matrici e i campioni, i recuperi apparenti del biodosaggio per il parametro somma riflettono questi range e sono compresi tra il 30 % e il 130 %.
7.1.5. Controllo dei recuperi per il clean-up
La perdita di composti durante il clean-up è verificata durante la validazione. Un campione bianco fortificato con una miscela dei diversi congeneri è sottoposto a clean-up (almeno n = 3) e il recupero e la variabilità sono verificati mediante un metodo di conferma. Il recupero è compreso tra 60 % e 120 %, in particolare per i congeneri che contribuiscono per più del 10 % al livello TEQ in diverse miscele.
7.1.6. Limite di reporting
Per il reporting dei livelli BEQ un limite di reporting è determinato a partire dai corrispondenti campioni matrice implicanti pattern di congeneri tipici, ma non dalla curva di calibrazione degli standard, data la scarsa precisione nel range inferiore della curva. Occorre tenere conto degli effetti dell'estrazione e del clean-up. Il limite di reporting deve essere fissato al di sopra dei bianchi di procedura (almeno di un fattore tre).
7.2. Uso di campioni di riferimento
—
I campioni di riferimento rappresentano la matrice campione, i pattern di congeneri e i range di concentrazione per PCDD/F e PCB diossina-simili attorno al livello massimo o di azione.
—
Una bianco di procedura o di preferenza un bianco matrice e un campione di riferimento al livello massimo o di azione devono essere inclusi in ciascuna serie di test. Questi campioni devono essere estratti e testati nello stesso momento in condizioni identiche. Il campione di riferimento deve presentare una risposta notevolmente più elevata del campione bianco, in modo da garantire l'idoneità del test. Tali campioni possono essere utilizzati per le correzioni del bianco e del recupero.
—
I campioni di riferimento scelti per effettuare una correzione del recupero sono rappresentativi dei campioni del test, il che significa che i pattern di congeneri non portano a una sottostima dei livelli.
—
Campioni di riferimento supplementari, per esempio a 0,5x e 2x il livello massimo o di azione possono essere inclusi per dimostrare la performance adeguata del test nel range di interesse per il controllo del livello massimo o di azione. Combinati, questi campioni possono essere utilizzati per calcolare i livelli BEQ nei campioni del test (cfr. punto 7.1.2.2).
7.3. Determinazione dei valori di cut-off
È stabilito il rapporto tra i risultati bioanalitici in BEQ e i risultati da metodi di conferma in TEQ [ad esempio mediante esperimenti di calibrazione matrix-matched, con campioni di riferimento fortificati a 0, 0,5x, 1x e 2x il livello massimo (LM), con 6 ripetizioni ad ogni livello (n = 24)]. I fattori di correzione (bianco e recupero) possono essere stimati in base a questo rapporto, ma sono controllati in ogni serie di test includendo bianchi di procedura/matrice e campioni di recupero (cfr. punto 7.2).
Sono stabiliti valori di cut-off per la decisione sulla conformità del campione ai livelli massimi o per il controllo dei livelli di azione, se di interesse, con i rispettivi livelli massimi o di azione fissati singolarmente per PCDD/F e PCB diossina-simili o per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili. Essi sono rappresentati dall'endpoint inferiore della distribuzione dei risultati bioanalitici (corretti del bianco e del ricupero) corrispondente al limite di decisione del metodo di conferma in base a un livello di fiducia del 95 %, implicante un tasso di falsi conformi < 5 %, e a un RSDR < 25 %. Il limite di decisione del metodo di conferma è il livello massimo, tenendo conto dell'incertezza di misura estesa.
In pratica, il valore di cut-off value (in BEQ) può essere calcolato nei modi seguenti (cfr. figura 1).
7.3.1. Uso della banda inferiore dell'intervallo di predizione del 95 % al limite di decisione del metodo di conferma
dove:
BEQDL
BEQ corrispondente al limite di decisione del metodo di conferma, ossia al livello massimo tenuto conto dell'incertezza di misura estesa
sy,x
deviazione standard residua
t α,f = m-2
fattore di Student (α = 5 %, f = gradi di libertà, un lato)
m
numero totale dei punti di calibrazione (indice j)
n
numero di ripetizioni ad ogni livello
xi
concentrazione del campione (in TEQ) del punto di calibrazione I determinato con un metodo di conferma
media delle concentrazioni (in TEQ) di tutti i campioni di calibrazione
parametro somma dei quadrati
i
=
indice per il punto di calibrazione i
7.3.2. Calcolo a partire dai risultati bioanalitici (corretti del bianco e del recupero) di analisi multiple di campioni (n≥ 6) contaminati al limite di decisione del metodo di conferma, come endpoint inferiore della distribuzione dei dati al corrispondente valore BEQ medio:
Valore di cut-off = BEQDL – 1,64 × SDR
dove:
SDR
deviazione standard dei risultati del biodosaggio a BEQDL, misurata in condizioni di riproducibilità in laboratorio
7.3.3. Calcolo come valore medio dei risultati bioanalitici (in BEQ, corretto del bianco e del recupero) a partire dall'analisi multipla di campioni (n≥ 6) contaminati a due terzi del livello massimo o di azione, sulla base dell'osservazione che questo livello sarà prossimo al valore di cut-off determinato come indicato ai punti 7.3.1 o 7.3.2.
Calcolo dei valori di cut-off in base a un livello di fiducia del 95 % implicante un tasso di falsi conformi < 5 %, e un RSDR < 25 %:
1.
dalla banda inferiore dell'intervallo di predizione del 95 % al limite di decisione del metodo di conferma;
2.
da analisi multiple di campioni (n≥ 6) contaminati al limite di decisione del metodo di conferma, come endpoint inferiore della distribuzione dei dati (rappresentata nella figura da una curva a campana) al corrispondente valore BEQ medio.
Figura 1
7.3.4. Restrizioni dei valori di cut-off
I valori di cut-off espressi in BEQ calcolati a partire dalla RSDR ottenuta durante la validazione utilizzando un numero limitato di campioni con differenti matrici/pattern di congeneri possono essere superiori ai livelli massimi o di azione espressi in TEQ in quanto la precisione è maggiore di quella raggiungibile in routine quando deve essere controllato uno spettro sconosciuto di possibili pattern di congeneri. In tali casi, i valori di cut-off sono calcolati a partire da una RSDR = 25 %, o sono preferiti i due terzi del livello massimo o di azione.
7.4. Caratteristiche di performance
—
Poiché nei metodi bioanalitici non possono essere utilizzati standard interni, sono eseguiti test di ripetibilità per ottenere informazioni sulla deviazione standard nelle e tra le serie di test. La ripetibilità è inferiore al 20 % e la riproducibilità in laboratorio inferiore al 25 % in base ai livelli calcolati in BEQ dopo correzione del bianco e del recupero.
—
Nel processo di validazione il test deve permettere di distinguere tra un campione in bianco e un livello al valore di cut-off, consentendo l'identificazione dei campioni al di sopra del corrispondente valore di cut-off (cfr. punto 7.1.2).
—
Sono definiti i composti bersaglio, le possibili interferenze e i livelli massimi tollerabili di bianco.
—
La deviazione standard percentuale nella risposta o nella concentrazione calcolata a partire dalla risposta (possibile solo nel working range) di una determinazione triplice di un estratto del campione non è superiore al 15 %.
—
I risultati non corretti dei campioni di riferimento espressi in BEQ (bianco e livello massimo o di azione) sono utilizzati per valutare la performance del metodo bioanalitico su un periodo di tempo costante.
—
Le carte di controllo qualità per i bianchi di procedura e ciascun tipo di campione di riferimento sono registrate e controllate per assicurare che la performance analitica sia conforme alle prescrizioni, in particolare per i bianchi di procedura per quanto riguarda la differenza minima richiesta rispetto all'estremo inferiore del working range e per i campioni di riferimento per quanto riguarda la riproducibilità in laboratorio. I bianchi di procedura devono essere ben controllati per evitare risultati falsi conformi quando sono sottratti.
—
I risultati dei metodi di conferma dei campioni sospetti e del 2-10 % dei campioni conformi (minimo di 20 campioni per matrice) sono raccolti e utilizzati per valutare la performance del metodo di screening e il rapporto tra BEQ e TEQ. Questa base di dati può essere utilizzata per la ri-valutazione dei valori di cut-off applicabili ai campioni di routine per le matrici validate.
—
La buona performance del metodo può essere dimostrata anche con la partecipazione a ring trial. Anche i risultati dei campioni analizzati in ring trial, che coprano un range di concentrazione fino a per esempio due volte il limite massimo, possono essere inclusi nella valutazione del tasso di falsi conformi, se il laboratorio è in grado di dimostrare la sua buona performance. I campioni coprono i pattern di congeneri più frequenti, rappresentanti varie fonti.
—
Durante gli incidenti, i valori di cut-off possono essere ri-valutati, tenendo conto della matrice e dei pattern di congeneri specifici del singolo incidente.
8. REPORTING DEL RISULTATO
Metodi di conferma
—
I risultati analitici contengono i livelli dei singoli congeneri di PCDD/F e di PCB diossina-simili, e i valori TEQ sono indicati come lowerbound, upperbound e mediumbound, per includere un massimo di informazione nel reporting dei risultati e permettere così l'interpretazione dei risultati secondo prescrizioni specifiche.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCDD/F, PCB diossina-simili e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
—
I recuperi dei singoli standard interni devono essere indicati se si situano al di fuori del range menzionato al punto 6.2, dove il livello massimo è superato (nel qual caso occorre indicare i recuperi per una delle due analisi in doppio) e in altri casi su richiesta.
—
Poiché nel decidere della conformità di un campione occorre tener conto dell'incertezza di misura estesa, deve essere indicato anche questo parametro. I risultati analitici sono pertanto indicati utilizzando la formula «x +/– U», dove x è il risultato analitico e U l'incertezza di misura estesa, calcolata per mezzo di un fattore di copertura 2 che dà un livello di fiducia del 95 % circa. Nel caso di una determinazione separata di PCDD/F e PCB diossina-simili, la somma dell'incertezza estesa stimata dei risultati analitici separati di PCDD/F e PCB diossina-simili deve essere utilizzata per la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili.
—
I risultati sono espressi nelle stesse unità e con lo stesso numero di cifre significative dei livelli massimi di cui al regolamento (CE) n. 1881/2006.
Metodi di screening bioanalitici
—
Il risultato dello screening è espresso come conforme o sospetto non conforme («sospetto»).
—
Inoltre, per PCDD/F e/o PCB diossina-simili può essere dato un risultato indicativo espresso in BEQ (non TEQ) (cfr. punto 1). I campioni con una risposta al di sotto del limite di reporting sono espressi come inferiori al limite di reporting. I campioni con una risposta al di sopra del working range sono indicati come campioni che superano il working range e il livello corrispondente all'estremo superiore del working range è espresso in BEQ.
—
Per ciascun tipo di matrice del campione il rapporto menziona il livello massimo o di azione su cui si basa la valutazione.
—
Il rapporto menziona il tipo di test applicato, il principio base del test e il tipo di calibrazione.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCDD/F, PCB diossina-simili e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
—
In caso di campioni sospetti non conformi, il rapporto deve includere una nota sulle azioni da intraprendere. La concentrazione di PCDD/F e la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili nei campioni con livelli elevati deve essere determinata/confermata mediante un metodo di conferma.
—
I risultati non conformi sono indicati soltanto a partire da un'analisi di conferma.
Metodi di screening fisico-chimici
—
Il risultato dello screening è espresso come conforme o sospetto non conforme («sospetto»).
—
Per ciascun tipo di matrice del campione il rapporto menziona il livello massimo o di azione su cui si basa la valutazione.
—
Inoltre possono essere dati i livelli dei singoli congeneri di PCDD/F e di PCB diossina-simili e i valori TEQ indicati come lowerbound, upperbound e mediumbound. I risultati sono espressi nelle stesse unità e con almeno lo stesso numero di cifre significative dei livelli massimi di cui al regolamento (CE) n. 1881/2006.
—
I recuperi dei singoli standard interni devono essere indicati se si situano al di fuori del range menzionato al punto 6.2 e in altri casi su richiesta.
—
Il rapporto indica il metodo GC-MS applicato.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCDD/F, PCB diossina-simili e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
—
In caso di campioni sospetti non conformi, il rapporto deve includere una nota sulle azioni da intraprendere. La concentrazione di PCDD/F e la somma di PCDD/F e PCB diossina-simili nei campioni con livelli elevati deve essere determinata/confermata mediante un metodo di conferma.
—
La non conformità può essere decisa soltanto dopo un'analisi di conferma.
(1) «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website], e «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(*1) Rispetto ai livelli massimi
(2) Le attuali prescrizioni si basano sui TEF pubblicati in: M. Van den Berg et al, Toxicol Sci 93 (2), 223–241 (2006).
Appendice
OMS-TEF per la valutazione dei rischi nell'uomo in base alle conclusioni della riunione di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) — Programma internazionale sulla sicurezza delle sostanze chimiche (International Programme on Chemical Safety — IPCS) tenutasi a Ginevra nel giugno 2005 (1)
Congenere
Valore TEF
Congenere
Valore TEF
Dibenzo-p-diossine (PCDD)
PCB «diossina-simili»
PCB non-orto e PCB mono-orto
2,3,7,8-TCDD
1
1,2,3,7,8-PeCDD
1
PCB non-orto
1,2,3,4,7,8-HxCDD
0,1
PCB 77
0,0001
1,2,3,6,7,8-HxCDD
0,1
PCB 81
0,0003
1,2,3,7,8,9-HxCDD
0,1
PCB 126
0,1
1,2,3,4,6,7,8-HpCDD
0,01
PCB 169
0,03
OCDD
0,0003
Dibenzofurani (PCDF)
PCB mono-orto
2,3,7,8-TCDF
0,1
PCB 105
0,00003
1,2,3,7,8-PeCDF
0,03
PCB 114
0,00003
2,3,4,7,8-PeCDF
0,3
PCB 118
0,00003
1,2,3,4,7,8-HxCDF
0,1
PCB 123
0,00003
1,2,3,6,7,8-HxCDF
0,1
PCB 156
0,00003
1,2,3,7,8,9-HxCDF
0,1
PCB 157
0,00003
2,3,4,6,7,8-HxCDF
0,1
PCB 167
0,00003
1,2,3,4,6,7,8-HpCDF
0,01
PCB 189
0,00003
1,2,3,4,7,8,9-HpCDF
0,01
OCDF
0,0003
Abbreviazioni:
«T» = tetra; «Pe» = penta; «Hx» = esa; «Hp» = epta; «O» = octa; «CDD» = clorodibenzodiossina; «CDF» = clorodibenzofurano; «CB» = clorobifenile.
(1) Martin Van den Berg et al. 2005, «The 2005 World Health Organization Re-evaluation of Human and Mammalian Toxic Equivalency Factors for Dioxins and Dioxin-like Compounds». Toxicological Sciences 93(2), 223–241 (2006).
ALLEGATO IV
PREPARAZIONE DEI CAMPIONI E PRESCRIZIONI PER I METODI DI ANALISI IMPIEGATI NEL CONTROLLO DEI LIVELLI DI PCB NON DIOSSINA-SIMILI IN ALCUNI PRODOTTI ALIMENTARI
Le prescrizioni di cui al presente allegato si applicano alle analisi dei prodotti alimentari effettuate ai fini del controllo ufficiale dei livelli di PCB non diossina-simili e per quanto riguarda la preparazione dei campioni e gli obblighi analitici per altre finalità di legge, compresi i controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare al fine di garantire la conformità alle disposizioni dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004.
Le disposizioni relative alla preparazione dei campioni di cui all'allegato III, punto 3, del presente regolamento sono altresì applicabili al controllo dei livelli dei PCB non diossina-simili negli alimenti.
1. Metodi di rilevazione applicabili
Gascromatografia con rilevazione a cattura di elettroni (GC-ECD), GC-LRMS, GC-MS/MS, GC-HRMS o metodi equivalenti.
2. Identificazione e conferma degli analiti di interesse
—
Tempo di ritenzione relativo rispetto agli standard interni o agli standard di riferimento (deviazione accettabile di +/– 0,25 %).
—
Separazione gas-cromatografica dei PCB non diossina-simili (dalle sostanze interferenti, specie PCB coeluenti, in particolare se i livelli dei campioni si situano entro i limiti legali e la non conformità deve essere confermata (1)).
—
Per le tecniche GC-MS:
—
monitoraggio di almeno il seguente numero di ioni molecolari o ioni caratteristici del gruppo molecolare:
—
due ioni specifici per HRMS;
—
tre ioni specifici per LRMS;
—
due ioni precursori specifici, ciascuno con un corrispondente ione prodotto dalla transizione per MS/MS.
—
Tolleranze massime ammesse per i rapporti di abbondanza per i frammenti di massa selezionati:
deviazione relativa del rapporto di abbondanza dei frammenti di massa selezionati rispetto all'abbondanza teorica o standard di calibrazione per lo ione bersaglio (lo ione monitorato più abbondante) e gli ioni qualificatori: ± 15 %
—
Per GC-ECD:
conferma dei risultati che oltrepassano il livello massimo con due colonne GC con fasi stazionarie di diversa polarità.
3. Dimostrazione della performance del metodo
Validazione nel range del livello massimo (da 0,5 a 2 volte il livello massimo) con un coefficiente di variazione accettabile per le analisi ripetute (cfr. prescrizioni per la precisione intermedia al punto 8).
4. Limite di quantificazione
La somma dei limiti di quantificazione (2) dei PCB non diossina-simili non supera un terzo del livello massimo (3).
5. Controllo di qualità
Controlli regolari dei bianchi, analisi di campioni fortificati, campioni di controllo qualità, partecipazione a studi interlaboratorio su matrici rilevanti.
6. Controllo dei recuperi
—
Uso di idonei standard interni con proprietà fisico-chimiche comparabili agli analiti di interesse.
—
Aggiunta di standard interni:
—
aggiunta ai prodotti (prima dell'estrazione e del processo di clean-up);
—
aggiunta possibile anche alla materia grassa estratta (prima del processo di clean-up), se il livello massimo è espresso su base grassa.
—
Prescrizioni per i metodi che utilizzano tutti i sei congeneri di PCB non diossina-simili marcati con isotopi:
—
correzione dei risultati in funzione dei recuperi degli standard interni;
—
i recuperi generalmente accettabili degli standard interni marcati con isotopi sono compresi tra 60 % e 120 %;
—
recuperi inferiori o superiori per i singoli congeneri con un contributo alla somma dei PCB non diossina-simili inferiore al 10 % sono accettabili.
—
Prescrizioni per i metodi che non utilizzano tutti i sei standard interni marcati con isotopi o utilizzano altri standard interni:
—
controllo del recupero degli standard interni per ogni campione;
—
recuperi accettabili degli standard interni tra 60 % e 120 %;
—
correzione dei risultati in funzione dei recuperi degli standard interni.
—
I recuperi dei congeneri non marcati sono controllati per mezzo di campioni fortificati o campioni di controllo di qualità con concentrazioni nel range del livello massimo. I recuperi accettabili per questi congeneri sono compresi tra 60 % e 120 %.
7. Prescrizioni per i laboratori
Come prescritto dal regolamento (CE) n. 882/2004, i laboratori sono accreditati da un organismo riconosciuto operante in conformità alla Guida ISO 58, per garantire che alle loro analisi sia applicata l'assicurazione qualità. I laboratori sono accreditati in base alla norma EN ISO/IEC 17025. Se del caso si seguono inoltre i principi descritti negli orientamenti tecnici per la stima dell'incertezza di misura e dei limiti di quantificazione nell'analisi di PCB (4).
8. Caratteristiche di performance: criteri per la somma dei sei PCB non diossina-simili al livello massimo
Spettrometria di massa con diluizione isotopica (*1)
Altre tecniche
Esattezza
da – 20 a + 20 %
da – 30 a + 30 %
Precisione intermedia (RSDR)
< 15 %
≤ 20 %
Differenza tra calcolo upperbound e lowerbound
≤ 20 %
≤ 20 %
9. Reporting dei risultati
—
I risultati analitici contengono i livelli dei singoli congeneri di PCB non diossina-simili e la somma di PCB non diossina-simili, indicati come lowerbound, upperbound e mediumbound, per includere un massimo di informazione nel reporting dei risultati e permettere così l'interpretazione dei risultati secondo prescrizioni specifiche.
—
Il rapporto indica anche il metodo utilizzato per l'estrazione di PCB e lipidi. Il tenore lipidico del campione è determinato e indicato per le matrici di alimenti con livelli massimi espressi su base grassa e una concentrazione di materia grassa attesa compresa tra lo 0 e il 2 % (in corrispondenza alla legislazione vigente). Per gli altri campioni la determinazione del tenore lipidico è facoltativa.
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I recuperi dei singoli standard interni devono essere indicati se si situano al di fuori del range menzionato al punto 6, se il livello massimo è superato e in altri casi su richiesta.
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Poiché nel decidere della conformità di un campione occorre tener conto dell'incertezza di misura estesa, è indicato anche tale parametro. I risultati analitici sono pertanto indicati utilizzando la formula «x +/– U», dove x è il risultato analitico e U l'incertezza di misura estesa, calcolata per mezzo di un fattore di copertura 2 che dà un livello di fiducia del 95 % circa.
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I risultati sono espressi nelle stesse unità e con lo stesso numero di cifre significative dei livelli massimi di cui al regolamento (CE) n. 1881/2006.
(1) I congeneri che spesso coeluiscono sono per esempio PCB 28/31, PCB 52/69 e PCB 138/163/164. Per la GC-MS devono essere considerate anche le possibili interferenze di frammenti di congeneri più altamente clorurati.
(2) Se del caso si applicano i principi descritti nel «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(3) È altamente raccomandato un contributo inferiore del livello del bianco reagente al livello di un contaminante in un campione. È compito del laboratorio controllare la variazione dei livelli del bianco, in particolare se sono sottratti.
(4) «Guidance Document on Measurement Uncertainty for Laboratories performing PCDD/F and PCB Analysis using Isotope Dilution Mass Spectrometry» [link to website], e «Guidance Document on the Estimation of LOD and LOQ for Measurements in the Field of Contaminants in Feed and Food» [link to website].
(*1) È necessario l'uso di tutti i sei analoghi marcati con 13C come standard interni.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Metodi di campionamento e di analisi per il controllo di alcuni elementi nei prodotti alimentari
QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI?
Stabiliscono i metodi di campionamento e analisi per il controllo dei tenori di contaminanti negli alimenti.
PUNTI CHIAVE
I contaminanti sono sostanze presenti negli alimenti come risultato delle diverse fasi di produzione, imballaggio, trasporto e conservazione o in relazione all’ambiente. Dato che la contaminazione ha in genere ripercussioni negative sulla qualità degli alimenti e comporta dei rischi per la salute umana, l’Unione europea (Unione) ha adottato misure volte a minimizzare i contaminanti presenti negli alimenti. Sono stabiliti i tenori massimi per i contaminanti dei prodotti alimentari che preoccupano maggiormente i consumatori dell’Unione.
I quattro regolamenti fanno riferimento al regolamento (CE) n. 882/2004 sui controlli ufficiali (articolo 11, paragrafo 4, sui metodi di campionamento e di analisi). Tale regolamento è stato successivamente abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 2017/625 (si veda la sintesi), il cui articolo 34 riguarda i metodi di campionamento e analisi.
Regolamento (UE) 2017/644
Le diossine e i composti diossina-simili sono inquinanti ambientali persistenti, principalmente sottoprodotti di processi di combustione o industriali. I PCB venivano utilizzati nella produzione di materiale elettrico, inchiostri, adesivi, ritardanti di fiamma e vernici. Sono molto persistenti e molto solubili nel grasso, il che spiega perché i PCB sono ancora presenti e possono accumularsi nel grasso animale e lungo la catena alimentare.La parte 5 dell’allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 ne definisce i massimi tenori consentiti (si veda la sintesi). I metodi di campionamento sono descritti nell’allegato II del regolamento (UE) 2017/644. La preparazione e l’analisi dei campioni vengono effettuate utilizzando i metodi e applicando i criteri di performance di cui agli allegati III e IV del regolamento (UE) 2017/644. Il regolamento (UE) n. 589/2014 è abrogato e ogni riferimento a esso è rinviato al regolamento (UE) 2017/644.Regolamento (UE) 2015/705
L’acido erucico è un normale costituente di alcuni oli di semi che ha dimostrato di avere effetti dannosi sulla salute se consumato in grandi quantità.La parte 8 dell’allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 ne definisce i massimi tenori consentiti. Il campionamento e l’analisi dei campioni vengono effettuati utilizzando i metodi e applicando i criteri di performance descritti nell’allegato al regolamento (UE) 2015/705. La direttiva 80/891/CEE è abrogata e ogni riferimento a essa è rinviato al regolamento (UE) 2015/705.Regolamento (CE) n. 333/2007
Piombo, cadmio, mercurio, stagno inorganico, 3-MCPD, esteri di acidi grassi 3-MCPD, glicidil esteri degli acidi grassi, acrilammide, benzo(a)pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono presenti negli alimenti come conseguenza della contaminazione ambientale e della migrazione dagli imballaggi e possono anche entrare nella catena alimentare durante la lavorazione con bioaccumulo nei tessuti umani.
Il piombo, il cadmio, il mercurio e il perclorato sono presenti principalmente negli alimenti come conseguenza della contaminazione ambientale e dei processi industriali. Lo stagno è presente negli alimenti in scatola in seguito alla migrazione di stagno dalla lattina all’alimento.
Gli esteri di acidi grassi 3-MCPD e i glicidil esteri degli acidi grassi si trovano negli oli vegetali raffinati e negli alimenti che contengono questi oli, con effetti sui reni e sulla fertilità maschile se si superano quantità di sicurezza.
L’acrilammide si forma in alimenti ricchi di carboidrati durante la cottura, la tostatura, la grigliatura, la frittura e l’arrostitura. Il benzo(a)pirene e altri idrocarburi policiclici aromatici derivano dalla incompleta combustione della materia organica e si trovano in molti alimenti, in particolare nelle carni alla griglia.Le parti 3, 4 e 6 dell’allegato al regolamento (CE) n. 1881/2006 ne definiscono i massimi tenori consentiti. Il campionamento e l’analisi dei campioni vengono effettuati utilizzando i metodi descritti nell’allegato del regolamento (CE) n. 333/2007. Le direttive 2001/22/CE, 2004/16/CE e 2005/10/CE sono abrogate e ogni riferimento alle stesse è rinviato al Regolamento (CE) n. 333/2007.Regolamento (CE) n. 401/2006
Le micotossine sono sostanze tossiche prodotte da funghi potenzialmente contaminanti per gli alimenti e i mangimi in tutte le fasi della filiera alimentare. Alcune micotossine possono avere effetti cancerogeni (fegato e reni).La parte 2 dell’allegato del regolamento (CE) n. 1881/2006 definisce i massimi tenori consentiti di talune micotossine in alcuni prodotti alimentari. I metodi di campionamento sono descritti nell’allegato I del regolamento (CE) n. 401/2006. La preparazione e l’analisi dei campioni vengono effettuate utilizzando i metodi e applicando i criteri di performance di cui agli allegati III e IV del regolamento (CE) n. 401/2006. Le direttive 98/53/CE, 2002/26/CE, 2003/78/CE e 2005/38/CE sono abrogate e ogni riferimento alle stesse è rinviato al regolamento (CE) n. 401/2006.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento (UE) n. 2017/644 (diossine e PCB) si applica dal 26 aprile 2017. Il regolamento (UE) n. 2015/705 (acido erucico) si applica dal 21 maggio 2015 Il regolamento (CE) n. 333/2007 (elementi in tracce e contaminanti) si applica dal 1o giugno 2007. Il regolamento (CE) n. 401/2006 (micotossine) si applica dal 1o luglio 2006
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Campionamento e analisi (Commissione europea) Centri e laboratori di riferimento (Commissione europea) Contaminanti (Commissione europea) Scheda informativa sui contaminanti negli alimenti (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) 2017/644 della Commissione, del 5 aprile 2017, che stabilisce i metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei livelli di diossine, PCB diossina-simili e PCB non diossina-simili in alcuni prodotti alimentari e che abroga il regolamento (UE) n. 589/2014 (GU L 92 del 6.4.2017, pag. 9).
Regolamento (UE) 2015/705 della Commissione, del 30 aprile 2015, che stabilisce i metodi di campionamento e i criteri di rendimento per i metodi di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di acido erucico negli alimenti e che abroga la direttiva 80/891/CEE della Commissione (GU L 113 dell’1.5.2015, pag. 29).
Regolamento (CE) n. 333/2007 della Commissione, del 28 marzo 2007, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo dei tenori di elementi in tracce e contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 88 del 29.3.2007, pag. 29).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 333/2007 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2093 della Commissione, del 29 novembre 2019, che modifica il regolamento (CE) n. 333/2007 per quanto riguarda l’analisi di 3-monocloro-1,2-propandiolo (3-MCPD) esteri degli acidi grassi, glicidil esteri degli acidi grassi, perclorato e acrilammide (GU L 317 del 9.12.2019, pag. 96).
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (Regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CEE) n. 1881/2006 del Consiglio, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 364 del 20.12.2006, pag. 5).
Si veda la versione consolidata. |
Vie navigabili interne — Navi
SINTESI DI:
Regolamento delegato (UE) 2020/474 relativo alla banca dati europea degli scafi
Direttiva (UE) 2016/1629 che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna
Regolamento (UE) 2016/1628 relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali
Direttiva 2010/35/UE in materia di attrezzature a pressione trasportabili
Direttiva 2009/100/CE sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna
Direttiva 2008/68/CE sul trasporto interno di merci pericolose
QUAL È LO SCOPO DI QUESTI ATTI LEGISLATIVI?
Essi istituiscono un sistema di prescrizioni tecniche per le navi della navigazione interna e fissano un sistema di ispezione. Puntano a uniformare i requisiti per i certificati di navigazione sulle vie navigabili interne in tutto il territorio dell’Unione europea (Unione), semplificando le regole e contribuendo a una maggiore sicurezza. Introducono regole specifiche per:il trasporto di attrezzature a pressione e merci pericolose;i limiti di emissione di inquinanti per i motori;gli accordi reciproci per il riconoscimento delle licenze;la banca dati europea degli scafi (EHDB).
PUNTI CHIAVE
La direttiva 2016/1629 stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna. Essa stabilisce i requisiti tecnici per la navigazione sicura nelle vie navigabili interne elencate nell’allegato, classificate nelle zone 1, 2, 3 o 4, oltre alla zona R (disposizioni speciali per la convenzione riveduta per la navigazione sul Reno). Non si applica alle navi traghetto, alle navi da guerra e alla maggior parte delle navi adibite alla navigazione marittima, compresi i rimorchiatori e gli spintori che solo occasionalmente navigano sulle vie navigabili interne.
Certificati per la navigazione interna
I paesi dell’Unione provvedono affinché le unità navali che navigano sulle vie navigabili interne dell’Unione siano costruite e mantenute conformemente alla direttiva. Il certificato per la navigazione interna è rilasciato in seguito a un’ispezione tecnica effettuata prima dell’entrata in servizio dell’unità navale.Le autorità possono rilasciare un certificato provvisorio nel caso in cui un certificato esistente sia stato smarrito o danneggiato o ai sensi di talune esenzioni elencate negli allegati. Il periodo di validità del certificato dell’Unione per la navigazione interna rilasciato alle unità navali di nuova fabbricazione non deve superare i 5 anni (per le navi passeggeri e le unità veloci) o 10 anni (per tutti gli altri tipi di unità navali). In casi eccezionali, la validità può essere prorogata senza ispezione tecnica per un periodo massimo di 6 mesi. In caso di modifiche o riparazioni di rilievo riguardanti l’integrità strutturale, la navigabilità, la manovrabilità o le caratteristiche specifiche, l’unità navale è nuovamente sottoposta, prima di un nuovo viaggio, all’ispezione tecnica. Se un certificato non viene rinnovato, l’autorità nazionale deve indicare le motivazioni e informare il proprietario dell’unità navale riguardo alle modalità e ai termini di ricorso applicabili. Gli Stati membri possono riconoscere i certificati per la navigazione di paesi terzi in attesa che entrino in vigore accordi specifici.Identificazione
I paesi dell’Unione garantiscono che le autorità designate assegnino a ogni unità navale un numero unico europeo di identificazione delle navi (ENI) che rimane immutato per tutta la vita dell’unità navale.
Banca dati europea sugli scafiIl regolamento delegato (UE) 2020/474 stabilisce le regole per la raccolta, il trattamento e l’accessibilità dei dati nell’EHDB. La Commissione europea è responsabile del mantenimento dell’EHDB delle misure di supporto per garantire la sicurezza e la facilità di navigazione e di garantire l’applicazione direttiva (UE) 2016/1629. I paesi dell’Unione garantiscono che le loro autorità aggiornino la banca dati ai fini dell’applicazione della direttiva, della gestione del traffico e delle infrastrutture sulle vie navigabili, del mantenimento della sicurezza e della raccolta dei dati statistici, tramite:inserimento dei dati che identificano e descrivono l’unità navale;inserimento dei certificati rilasciati, rinnovati, sostituiti o ritirati, con una copia digitale di tutti i certificati rilasciati in conformità della direttiva;inserimento dei dati su richieste di certificato respinte o pendenti;eliminazione dei dati quando un’unità navale viene demolita;registrazione di eventuali modifiche ai dati di cui sopra. Le autorità possono trasferire i dati personali a un paese terzo o a una organizzazione internazionale valutando caso per caso. Qualsiasi trattamento dei dati personali da parte dei paesi dell’Unione avviene in conformità con la legislazione dell’Unione sulla protezione dei dati personali, in particolare con il regolamento (UE) 2016/679 (GDPR). La Commissione può, tenendo conto delle circostanze dei singoli casi, trasferire i dati personali o concedere l’accesso all’EHDB a un paese terzo o a organizzazioni internazionali, a condizione che siano soddisfatti i requisiti del regolamento (UE) 2018/1725 (si veda la sintesi). La Commissione ha il potere di adottare atti delegati specificando:i dati che devono essere inseriti dai paesi dell’Unione nelle banche dati;le tipologie di accessi consentiti;le istruzioni relative all’uso e al funzionamento della banca dati, in particolare per quanto riguarda la sicurezza, la codifica e il trattamento dei dati.Requisiti tecnici
I requisiti tecnici applicabili alle unità navali nelle zone 1, 2, 3 e 4 sono definiti dalla norma ES-TRIN 2019/1 redatta dal Comitato europeo per l’elaborazione di norme per la navigazione interna (CESNI).
IspezioneI paesi dell’Unione devono istituire commissioni di ispezione, composte da almeno uno ciascuno dei seguenti soggetti:un funzionario dell’amministrazione competente per la navigazione interna;un esperto in materia di costruzione delle navi adibite alla navigazione interna e delle loro macchine;un esperto di navigazione titolare di licenza per la conduzione di navi adibite alla navigazione interna, che autorizza il titolare a condurre l’unità navale da ispezionare;un esperto specializzato in unità navali tradizionali per l’ispezione di unità navali tradizionali. I paesi dell’Unione provvedono affinché gli organismi designati effettuino le ispezioni iniziali, periodiche, speciali e volontarie a cui la direttiva fa riferimento.Esenzioni per talune categorie di unità navaliA condizione che mantengano un livello di sicurezza appropriato, i paesi dell’Unione possono autorizzare deroghe per le unità navali che navighino su vie navigabili interne non collegate o per le unità navali di portata lorda non superiore a 350 tonnellate o non destinate al trasporto merci con volume. Al fine di incoraggiare l’innovazione e l’uso delle nuove tecnologie, alla Commissione è conferito il potere di concedere deroghe temporanee per impianti o allestimenti diversi da quelli elencati negli allegati, o per scopi sperimentali, a condizione che sia assicurato un livello di sicurezza equivalente.Legislazione correlataLa direttiva 2008/68/CE stabilisce le regole per il trasporto di merci pericolose in sicurezza su strada, per ferrovia o per via navigabile interna nell’Unione. Riguarda inoltre aspetti quali il carico e lo scarico, il trasferimento ad altri modi di trasporto e le soste nel corso del processo di trasporto. Estende le norme internazionali al trasporto nazionale di merci pericolose. Vari atti esecutivi introducono esenzioni che consentono di tenere conto di specifiche circostanze nazionali, generalmente in relazione ai limiti nella quantità e ai carichi misti. La direttiva 2009/100/CE sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità si applica alle navi della navigazione interna con portata lorda pari o superiore a 20 tonnellate e di lunghezza inferiore a 20 metri o di volume inferiore a 100 m3, adibite al trasporto di merci nelle vie navigabili interne. Ai sensi della legislazione, i paesi dell’Unione:adottano le procedure per il rilascio degli attestati di navigabilità;riconoscono la validità degli attestati di navigabilità rilasciati da un altro paese dell’Unione come se li avesse esso stesso rilasciati;possono interromperne la navigazione di una nave se questa si trova in condizioni pericolose per l’ambiente circostante, fino a quando i difetti non siano eliminati. La direttiva 2010/35/UE introduce regole dettagliate in materia di attrezzature a pressione trasportabili* per rafforzare la sicurezza e garantire la libera circolazione entro il territorio dell’Unione. Aggiorna la legislazione precedente, in particolare per quanto riguarda i requisiti di conformità, la valutazione della conformità e le ispezioni periodiche. La direttiva disciplina il trasporto su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne, ed è strettamente collegata alla direttiva 2008/68/CE. Il regolamento (UE) 2016/1628 (si veda la sintesi) stabilisce i limiti delle emissioni di sostanze inquinanti per i nuovi motori destinati alle macchine mobili non stradali (comprese le navi della navigazione interna). Stabilisce nello specifico i limiti di emissione di inquinanti della fase V e le relative date di applicazione Il regolamento mira a ridurre le emissioni inquinanti e a eliminare progressivamente le attrezzature con i motori più inquinanti.
DA QUANDO È IN VIGORE LA LEGISLAZIONE?
La direttiva 2008/68/CE si applica dal 20 ottobre 2008 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 30 giugno 2009. La direttiva 2009/100/CE ha abrogato e codificato la direttiva 76/135/CEE a partire dal 22 ottobre 2009. La direttiva 2010/35/UE viene applicata a partire dal 20 luglio 2010 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione a partire dal 30 giugno 2011. Per i motori per le navi della navigazione interna, il regolamento (UE) 2016/1628 si applica a partire dall’1o gennaio 2019 (potenza inferiore a 300 kW) e dall’1o gennaio 2020 (potenza uguale o superiore a 300 kW). Inoltre, è previsto un periodo di transizione di 24 mesi a partire dalle date suindicate. La direttiva (UE) 2016/1629 è entrata in vigore il 6 ottobre 2016 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 7 ottobre 2018. Il regolamento (UE) n. 2020/474 si applica dal 21 aprile 2020.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea) Il CESNI (CESNI).
TERMINI CHIAVE
Attrezzature a pressione trasportabili: gruppo di attrezzature che comprendono recipienti a pressione, cisterne, veicoli/vagoni batteria, i contenitori per gas a elementi multipli e le bombole per gas. Sono incluse le cartucce di gas, ma sono esclusi i diffusori di aerosol, i recipienti criogenici aperti, le bombole per gas per apparecchi di respirazione e gli estintori.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento delegato (UE) 2020/474 della Commissione, del 20 gennaio 2020, relativo alla banca dati europea degli scafi (GU L 100 del 1.4.2020, pag. 12).
Direttiva (UE) 2016/1629 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna, che modifica la direttiva 2009/100/CE e che abroga la direttiva 2006/87/CE (GU L 252 del 16.9.2016, pag. 118).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2016/1629 sono state inserite nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali, e che modifica i regolamenti (UE) n. 1024/2012 e (UE) n. 167/2013 e modifica e abroga la direttiva 97/68/CE (GU L 252 del 16.9.2016, pag. 53).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2010/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2010, in materia di attrezzature a pressione trasportabili e che abroga le direttive del Consiglio 76/767/CEE, 84/525/CEE, 84/526/CEE, 84/527/CEE e 1999/36/CE (GU L 165 del 30.6.2010, pag. 1).
Direttiva 2009/100/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna (versione codificata) (GU L 259 del 2.10.2009, pag. 8).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2020/474 DELLA COMMISSIONE
del 20 gennaio 2020
relativo alla banca dati europea degli scafi
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
vista la direttiva (UE) 2016/1629 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna, che modifica la direttiva 2009/100/CE e che abroga la direttiva 2006/87/CE (1), in particolare l’articolo 19, paragrafo 7,
considerando quanto segue:
(1)
Al fine di garantire la corretta applicazione della direttiva (UE) 2016/1629, è opportuno garantire pieno accesso alle autorità competenti degli Stati membri, delle parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e dei paesi terzi incaricati di compiti connessi all’applicazione delle direttive (UE) 2016/1629 e 2005/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
(2)
Il pieno accesso consente agli Stati membri di cooperare tra di loro come pure con i paesi terzi e di coordinare il loro lavoro per quanto concerne il trattamento dei dati relativi alle unità navali inseriti nell’EHDB.
(3)
È opportuno concedere l’accesso in sola lettura all’EHDB ad altre autorità al fine di consentire l’attuazione di misure amministrative volte a garantire la navigazione interna e la gestione dell’infrastruttura, mantenere o far rispettare la sicurezza della navigazione e raccogliere i dati statistici.
(4)
Per garantire il corretto funzionamento dell’EHDB e agevolare la verifica delle richieste di accesso all’EHDB, gli Stati membri, le parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e i paesi terzi interessati dovrebbero designare un punto di contatto unico.
(5)
È opportuno definire in che modo dovrebbero procedere gli Stati membri nel fornire l’accesso in sola lettura all’EHDB al fine di garantire la sicurezza dei dati e il corretto funzionamento dell’EHDB.
(6)
Per agevolare la verifica delle informazioni e dei dati attuali e pregressi relativi ai certificati rilasciati e alle nuove richieste di certificato, è necessario che i dati relativi alle unità navali adibite alla navigazione interna siano di qualità elevata, comparabili, aggiornati, affidabili e armonizzati. Dovrebbe pertanto essere stilato un elenco dettagliato dei dati relativi alle unità navali.
(7)
Le specifiche dovrebbero rimanere tecnologicamente neutre e aperte alle tecnologie innovative e dovrebbero essere applicati i principi «una tantum» e «interoperabile per definizione». È opportuno tenere nella debita considerazione le raccomandazioni e i principi elaborati nel piano di azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 (3) e nel quadro europeo di interoperabilità (4).
(8)
Qualora le misure previste nel presente regolamento implichino il trattamento di dati personali, questo dovrebbe essere effettuato in conformità della normativa dell’Unione in materia di protezione dei dati personali, in particolare del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) per quanto riguarda il trattamento dei dati da parte della Commissione europea, e del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) per quanto riguarda il trattamento dei dati da parte delle autorità competenti degli Stati membri.
(9)
Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato in conformità all’articolo 42 del regolamento (UE) 2018/1725,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
Il presente regolamento stabilisce le norme sulla raccolta e il trattamento dei dati conservati nella banca dati europea degli scafi (EHDB) di cui all’articolo 19 della direttiva (UE) 2016/1629 e sull’accesso agli stessi, come pure le tipologie di accesso consentite e le istruzioni relative all’uso e al funzionamento della banca dati.
Articolo 2
Raccolta dei dati
Gli Stati membri inseriscono nell’EHDB i dati per l’identificazione di un’unità navale di cui all’allegato 1 del presente regolamento.
Articolo 3
Pieno accesso ai dati nell’EHDB e loro trattamento
1. Le autorità competenti degli Stati membri, le parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e i paesi terzi incaricati di compiti connessi all’applicazione delle direttive (UE) 2016/1629 e 2005/44/CE accedono ai dati e ne eseguono il trattamento al fine di supportare l’attuazione di misure amministrative volte a mantenere la sicurezza e la facilità di navigazione e di garantire l’applicazione della direttiva (UE) 2016/1629.
2. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e paese terzo di cui al paragrafo 1 notifica alla Commissione le denominazioni e gli indirizzi delle autorità competenti di cui al paragrafo 1.
3. Gli Stati membri provvedono affinché sia garantita la coerenza tra i dati conservati nei registri di cui all’articolo 17 della direttiva (UE) 2016/1629 e i dati forniti nell’EHDB.
4. Il pieno accesso all’EHDB è concesso in conformità dell’allegato 3 del presente regolamento.
Articolo 4
Accesso in sola lettura all’EHDB
1. Per consentire l’attuazione di misure amministrative volte a garantire la navigazione interna e la gestione dell’infrastruttura, mantenere o far rispettare la sicurezza della navigazione e raccogliere i dati statistici, l’accesso in sola lettura all’EHDB può essere concesso ad autorità diverse da quelle di cui all’articolo 3, appartenenti agli Stati membri, alle parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e ai paesi terzi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento.
2. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno o paese terzo notifica alla Commissione le denominazioni e gli indirizzi degli organismi di cui al paragrafo 1 indicando i loro profili utilizzatore in conformità dell’allegato 2 del presente regolamento.
3. L’accesso in sola lettura all’EHDB è concesso in conformità dell’allegato 4 del presente regolamento.
Articolo 5
Punto di contatto unico per l’EHDB
1. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno o paese terzo di cui all’articolo 3, paragrafo 1, designa un punto di contatto unico per la Commissione e gli altri Stati membri al fine di agevolare lo scambio di informazioni sulla convalida dell’accesso in conformità degli articoli 3 e 4. Le notifiche in conformità dell’articolo 3, paragrafo 2, e dell’articolo 4, paragrafo 2, sono eseguite registrando le informazioni pertinenti nell’EHDB.
2. Il punto di contatto unico è scelto tra le autorità competenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento.
3. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e paese terzo di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento notifica alla Commissione le denominazioni e i recapiti del punto di contatto unico per l’EHDB.
Articolo 6
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 20 gennaio 2020
Per la Commissione
La presidente
Ursula VON DER LEYEN
(1) GU L 252 del 16.9.2016, pag. 118.
(2) Direttiva 2005/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa ai servizi armonizzati d'informazione fluviale (RIS) sulle vie navigabili interne della Comunità (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 152).
(3) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione [COM(2016) 179 final].
(4) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Quadro europeo di interoperabilità - Strategia di attuazione [COM(2017) 134 final].
(5) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
(6) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
ALLEGATO 1
Dati per l’identificazione di un’unità navale
L’elenco dei dati per l’identificazione di una nave di cui all’allegato 2 della norma europea applicabile che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna è quello cui si fa riferimento all’allegato II della direttiva (UE) 2016/1629.
ALLEGATO 2
Profili utilizzatore e diritti di accesso
1.1.
La Commissione concede i diritti di accesso ai singoli utilizzatori corrispondenti ai profili utilizzatore stabiliti nella tabella 1.
1.2.
La Commissione può inoltre concedere l’accesso all’EHDB a organizzazioni internazionali e ad autorità di un paese terzo, in conformità dell’articolo 19, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2016/1629, a condizione che siano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 46 del regolamento (UE) 2018/1725. I profili utilizzatore o i relativi diritti di accesso possono essere limitati in base al risultato della valutazione del livello di protezione dei dati personali delle persone fisiche.
Profili utilizzatore
Definizione
Diritti di accesso
Autorità di certificazione tecnica
Autorità competente o commissione di ispezione per il rilascio dei certificati dell’Unione per la navigazione interna conformemente all’articolo 6 della direttiva (UE) 2016/1629
oppure
Commissione di ispezione per il rilascio del certificato a norma dell’articolo 22 della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno
oppure
Autorità competente analoga dei paesi terzi incaricata di compiti connessi all’applicazione della direttiva (UE) 2016/1629
oppure
Autorità competente per il rilascio del numero unico europeo di identificazione delle navi conformemente all’articolo 18 della direttiva (UE) 2016/1629
Pieno accesso
Autorità RIS
Autorità competente per l’applicazione RIS e per lo scambio di dati a livello internazionale in conformità dell’articolo 8 della direttiva 2005/44/CE
oppure
Organizzazione assegnataria o appaltatrice per l’esercizio del sistema RIS e la fornitura di servizi RIS quali definiti nella direttiva 2005/44/CE
Pieno accesso (nei limiti dell’applicazione della direttiva 2005/44/CE)
Uffici di statistica
Servizi nazionali o internazionali incaricati di raccogliere dati statistici
Accesso di sola lettura da determinarsi in base al risultato della valutazione del livello di protezione dei dati personali delle persone fisiche
Organizzazioni internazionali
Utilizzatori autorizzati nelle organizzazioni internazionali
Accesso di sola lettura da determinarsi in base al risultato della valutazione del livello di protezione dei dati personali delle persone fisiche
Altri organismi
Tutti gli organismi incaricati della navigazione interna e la gestione dell’infrastruttura, come pure di mantenere o far rispettare la sicurezza della navigazione, quali:
—
autorità competente per la gestione del traffico
—
operatore di chiuse o ponti
—
prestatore di servizi di soccorso e di emergenza
—
autorità preposte all’applicazione della legge
—
organismo di indagine sugli incidenti
Accesso in sola lettura
Personale della Commissione
Utilizzatori autorizzati
a)
responsabili della conservazione dell’EHDB o
b)
responsabili delle politiche in materia di navigazione interna
Fornitore delle soluzioni tecniche per tutte le funzionalità
Accesso in sola lettura
ALLEGATO 3
Pieno accesso e trattamento dei dati nell’EHDB
1.
La convalida del pieno accesso e del trattamento dei dati nell’EHDB è effettuata come segue:
a)
invio tramite l’EHDB di una richiesta di apertura di un account che consenta il pieno accesso e il trattamento dei dati;
b)
convalida effettuata da un punto di contatto unico pertinente per l’EHDB;
c)
attivazione dell’account.
2.
La Commissione può disattivare l’account se l’utilizzatore non soddisfa i requisiti del presente regolamento.
ALLEGATO 4
Accesso in sola lettura all’EHDB
1.
La convalida dell’accesso in sola lettura all’EHDB è effettuata come segue:
a)
invio tramite l’EHDB di una richiesta di apertura di un account che consenta l’accesso in sola lettura alla banca dati;
b)
convalida effettuata da un punto di contatto unico pertinente per l’EHDB;
c)
attivazione dell’account.
2.
La Commissione può disattivare l’account se l’utilizzatore non soddisfa i requisiti del presente regolamento.
3.
Le autorità competenti sono responsabili del controllo e della verifica regolari dell’accesso da loro concesso alle autorità di cui all’articolo 4, paragrafo 1.
ALLEGATO 5
Funzionalità
L’EHDB dispone delle funzionalità elencate di seguito.
1.
Verifica del numero unico europeo di identificazione delle navi (ENI) della nave nell’EHDB
L’EHDB consente alle autorità competenti di controllare, sulla base di un ENI o dei dati per l’identificazione di un’unità navale, se un’unità navale è già registrata nel sistema.
2.
Consultazione dei dati relativi ai certificati delle unità navali
L’EHDB fornisce accesso ai dati relativi ai certificati delle unità navali rilasciati in conformità della direttiva (UE) 2016/1629 e ai dati per l’identificazione di un’unità navale messi a disposizione dai registri nazionali.
3.
Consultazione dei dati relativi a tutte le richieste di certificato respinte o pendenti
L’EHDB fornisce accesso ai dati sullo stato delle richieste di certificato (respinte o pendenti) in conformità della direttiva (UE) 2016/1629.
4.
Accesso a una copia digitale dei certificati di un’unità navale
L’EHDB fornisce accesso a una copia digitale di tutti i certificati rilasciati dalle autorità competenti in conformità della direttiva (UE) 2016/1629.
5.
Produzione di statistiche
L’EHDB dispone di funzionalità che consentono agli utilizzatori autorizzati di effettuare ricerche a fini statistici.
6.
Gestione degli accessi degli utilizzatori
Gli utilizzatori accedono all’EHDB tramite il servizio di autenticazione della Commissione (EU Login).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2020/474 DELLA COMMISSIONE
del 20 gennaio 2020
relativo alla banca dati europea degli scafi
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
vista la direttiva (UE) 2016/1629 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna, che modifica la direttiva 2009/100/CE e che abroga la direttiva 2006/87/CE (1), in particolare l’articolo 19, paragrafo 7,
considerando quanto segue:
(1)
Al fine di garantire la corretta applicazione della direttiva (UE) 2016/1629, è opportuno garantire pieno accesso alle autorità competenti degli Stati membri, delle parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e dei paesi terzi incaricati di compiti connessi all’applicazione delle direttive (UE) 2016/1629 e 2005/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
(2)
Il pieno accesso consente agli Stati membri di cooperare tra di loro come pure con i paesi terzi e di coordinare il loro lavoro per quanto concerne il trattamento dei dati relativi alle unità navali inseriti nell’EHDB.
(3)
È opportuno concedere l’accesso in sola lettura all’EHDB ad altre autorità al fine di consentire l’attuazione di misure amministrative volte a garantire la navigazione interna e la gestione dell’infrastruttura, mantenere o far rispettare la sicurezza della navigazione e raccogliere i dati statistici.
(4)
Per garantire il corretto funzionamento dell’EHDB e agevolare la verifica delle richieste di accesso all’EHDB, gli Stati membri, le parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e i paesi terzi interessati dovrebbero designare un punto di contatto unico.
(5)
È opportuno definire in che modo dovrebbero procedere gli Stati membri nel fornire l’accesso in sola lettura all’EHDB al fine di garantire la sicurezza dei dati e il corretto funzionamento dell’EHDB.
(6)
Per agevolare la verifica delle informazioni e dei dati attuali e pregressi relativi ai certificati rilasciati e alle nuove richieste di certificato, è necessario che i dati relativi alle unità navali adibite alla navigazione interna siano di qualità elevata, comparabili, aggiornati, affidabili e armonizzati. Dovrebbe pertanto essere stilato un elenco dettagliato dei dati relativi alle unità navali.
(7)
Le specifiche dovrebbero rimanere tecnologicamente neutre e aperte alle tecnologie innovative e dovrebbero essere applicati i principi «una tantum» e «interoperabile per definizione». È opportuno tenere nella debita considerazione le raccomandazioni e i principi elaborati nel piano di azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 (3) e nel quadro europeo di interoperabilità (4).
(8)
Qualora le misure previste nel presente regolamento implichino il trattamento di dati personali, questo dovrebbe essere effettuato in conformità della normativa dell’Unione in materia di protezione dei dati personali, in particolare del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) per quanto riguarda il trattamento dei dati da parte della Commissione europea, e del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) per quanto riguarda il trattamento dei dati da parte delle autorità competenti degli Stati membri.
(9)
Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato in conformità all’articolo 42 del regolamento (UE) 2018/1725,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
Il presente regolamento stabilisce le norme sulla raccolta e il trattamento dei dati conservati nella banca dati europea degli scafi (EHDB) di cui all’articolo 19 della direttiva (UE) 2016/1629 e sull’accesso agli stessi, come pure le tipologie di accesso consentite e le istruzioni relative all’uso e al funzionamento della banca dati.
Articolo 2
Raccolta dei dati
Gli Stati membri inseriscono nell’EHDB i dati per l’identificazione di un’unità navale di cui all’allegato 1 del presente regolamento.
Articolo 3
Pieno accesso ai dati nell’EHDB e loro trattamento
1. Le autorità competenti degli Stati membri, le parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e i paesi terzi incaricati di compiti connessi all’applicazione delle direttive (UE) 2016/1629 e 2005/44/CE accedono ai dati e ne eseguono il trattamento al fine di supportare l’attuazione di misure amministrative volte a mantenere la sicurezza e la facilità di navigazione e di garantire l’applicazione della direttiva (UE) 2016/1629.
2. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e paese terzo di cui al paragrafo 1 notifica alla Commissione le denominazioni e gli indirizzi delle autorità competenti di cui al paragrafo 1.
3. Gli Stati membri provvedono affinché sia garantita la coerenza tra i dati conservati nei registri di cui all’articolo 17 della direttiva (UE) 2016/1629 e i dati forniti nell’EHDB.
4. Il pieno accesso all’EHDB è concesso in conformità dell’allegato 3 del presente regolamento.
Articolo 4
Accesso in sola lettura all’EHDB
1. Per consentire l’attuazione di misure amministrative volte a garantire la navigazione interna e la gestione dell’infrastruttura, mantenere o far rispettare la sicurezza della navigazione e raccogliere i dati statistici, l’accesso in sola lettura all’EHDB può essere concesso ad autorità diverse da quelle di cui all’articolo 3, appartenenti agli Stati membri, alle parti contraenti della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e ai paesi terzi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento.
2. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno o paese terzo notifica alla Commissione le denominazioni e gli indirizzi degli organismi di cui al paragrafo 1 indicando i loro profili utilizzatore in conformità dell’allegato 2 del presente regolamento.
3. L’accesso in sola lettura all’EHDB è concesso in conformità dell’allegato 4 del presente regolamento.
Articolo 5
Punto di contatto unico per l’EHDB
1. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno o paese terzo di cui all’articolo 3, paragrafo 1, designa un punto di contatto unico per la Commissione e gli altri Stati membri al fine di agevolare lo scambio di informazioni sulla convalida dell’accesso in conformità degli articoli 3 e 4. Le notifiche in conformità dell’articolo 3, paragrafo 2, e dell’articolo 4, paragrafo 2, sono eseguite registrando le informazioni pertinenti nell’EHDB.
2. Il punto di contatto unico è scelto tra le autorità competenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento.
3. Ogni Stato membro, parte contraente della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno e paese terzo di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del presente regolamento notifica alla Commissione le denominazioni e i recapiti del punto di contatto unico per l’EHDB.
Articolo 6
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 20 gennaio 2020
Per la Commissione
La presidente
Ursula VON DER LEYEN
(1) GU L 252 del 16.9.2016, pag. 118.
(2) Direttiva 2005/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa ai servizi armonizzati d'informazione fluviale (RIS) sulle vie navigabili interne della Comunità (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 152).
(3) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano d’azione dell’UE per l’eGovernment 2016-2020 Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione [COM(2016) 179 final].
(4) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Quadro europeo di interoperabilità - Strategia di attuazione [COM(2017) 134 final].
(5) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
(6) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
ALLEGATO 1
Dati per l’identificazione di un’unità navale
L’elenco dei dati per l’identificazione di una nave di cui all’allegato 2 della norma europea applicabile che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna è quello cui si fa riferimento all’allegato II della direttiva (UE) 2016/1629.
ALLEGATO 2
Profili utilizzatore e diritti di accesso
1.1.
La Commissione concede i diritti di accesso ai singoli utilizzatori corrispondenti ai profili utilizzatore stabiliti nella tabella 1.
1.2.
La Commissione può inoltre concedere l’accesso all’EHDB a organizzazioni internazionali e ad autorità di un paese terzo, in conformità dell’articolo 19, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2016/1629, a condizione che siano soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 46 del regolamento (UE) 2018/1725. I profili utilizzatore o i relativi diritti di accesso possono essere limitati in base al risultato della valutazione del livello di protezione dei dati personali delle persone fisiche.
Profili utilizzatore
Definizione
Diritti di accesso
Autorità di certificazione tecnica
Autorità competente o commissione di ispezione per il rilascio dei certificati dell’Unione per la navigazione interna conformemente all’articolo 6 della direttiva (UE) 2016/1629
oppure
Commissione di ispezione per il rilascio del certificato a norma dell’articolo 22 della convenzione riveduta per la navigazione sul Reno
oppure
Autorità competente analoga dei paesi terzi incaricata di compiti connessi all’applicazione della direttiva (UE) 2016/1629
oppure
Autorità competente per il rilascio del numero unico europeo di identificazione delle navi conformemente all’articolo 18 della direttiva (UE) 2016/1629
Pieno accesso
Autorità RIS
Autorità competente per l’applicazione RIS e per lo scambio di dati a livello internazionale in conformità dell’articolo 8 della direttiva 2005/44/CE
oppure
Organizzazione assegnataria o appaltatrice per l’esercizio del sistema RIS e la fornitura di servizi RIS quali definiti nella direttiva 2005/44/CE
Pieno accesso (nei limiti dell’applicazione della direttiva 2005/44/CE)
Uffici di statistica
Servizi nazionali o internazionali incaricati di raccogliere dati statistici
Accesso di sola lettura da determinarsi in base al risultato della valutazione del livello di protezione dei dati personali delle persone fisiche
Organizzazioni internazionali
Utilizzatori autorizzati nelle organizzazioni internazionali
Accesso di sola lettura da determinarsi in base al risultato della valutazione del livello di protezione dei dati personali delle persone fisiche
Altri organismi
Tutti gli organismi incaricati della navigazione interna e la gestione dell’infrastruttura, come pure di mantenere o far rispettare la sicurezza della navigazione, quali:
—
autorità competente per la gestione del traffico
—
operatore di chiuse o ponti
—
prestatore di servizi di soccorso e di emergenza
—
autorità preposte all’applicazione della legge
—
organismo di indagine sugli incidenti
Accesso in sola lettura
Personale della Commissione
Utilizzatori autorizzati
a)
responsabili della conservazione dell’EHDB o
b)
responsabili delle politiche in materia di navigazione interna
Fornitore delle soluzioni tecniche per tutte le funzionalità
Accesso in sola lettura
ALLEGATO 3
Pieno accesso e trattamento dei dati nell’EHDB
1.
La convalida del pieno accesso e del trattamento dei dati nell’EHDB è effettuata come segue:
a)
invio tramite l’EHDB di una richiesta di apertura di un account che consenta il pieno accesso e il trattamento dei dati;
b)
convalida effettuata da un punto di contatto unico pertinente per l’EHDB;
c)
attivazione dell’account.
2.
La Commissione può disattivare l’account se l’utilizzatore non soddisfa i requisiti del presente regolamento.
ALLEGATO 4
Accesso in sola lettura all’EHDB
1.
La convalida dell’accesso in sola lettura all’EHDB è effettuata come segue:
a)
invio tramite l’EHDB di una richiesta di apertura di un account che consenta l’accesso in sola lettura alla banca dati;
b)
convalida effettuata da un punto di contatto unico pertinente per l’EHDB;
c)
attivazione dell’account.
2.
La Commissione può disattivare l’account se l’utilizzatore non soddisfa i requisiti del presente regolamento.
3.
Le autorità competenti sono responsabili del controllo e della verifica regolari dell’accesso da loro concesso alle autorità di cui all’articolo 4, paragrafo 1.
ALLEGATO 5
Funzionalità
L’EHDB dispone delle funzionalità elencate di seguito.
1.
Verifica del numero unico europeo di identificazione delle navi (ENI) della nave nell’EHDB
L’EHDB consente alle autorità competenti di controllare, sulla base di un ENI o dei dati per l’identificazione di un’unità navale, se un’unità navale è già registrata nel sistema.
2.
Consultazione dei dati relativi ai certificati delle unità navali
L’EHDB fornisce accesso ai dati relativi ai certificati delle unità navali rilasciati in conformità della direttiva (UE) 2016/1629 e ai dati per l’identificazione di un’unità navale messi a disposizione dai registri nazionali.
3.
Consultazione dei dati relativi a tutte le richieste di certificato respinte o pendenti
L’EHDB fornisce accesso ai dati sullo stato delle richieste di certificato (respinte o pendenti) in conformità della direttiva (UE) 2016/1629.
4.
Accesso a una copia digitale dei certificati di un’unità navale
L’EHDB fornisce accesso a una copia digitale di tutti i certificati rilasciati dalle autorità competenti in conformità della direttiva (UE) 2016/1629.
5.
Produzione di statistiche
L’EHDB dispone di funzionalità che consentono agli utilizzatori autorizzati di effettuare ricerche a fini statistici.
6.
Gestione degli accessi degli utilizzatori
Gli utilizzatori accedono all’EHDB tramite il servizio di autenticazione della Commissione (EU Login).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Vie navigabili interne — Navi
SINTESI DI:
Regolamento delegato (UE) 2020/474 relativo alla banca dati europea degli scafi
Direttiva (UE) 2016/1629 che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna
Regolamento (UE) 2016/1628 relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali
Direttiva 2010/35/UE in materia di attrezzature a pressione trasportabili
Direttiva 2009/100/CE sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna
Direttiva 2008/68/CE sul trasporto interno di merci pericolose
QUAL È LO SCOPO DI QUESTI ATTI LEGISLATIVI?
Essi istituiscono un sistema di prescrizioni tecniche per le navi della navigazione interna e fissano un sistema di ispezione. Puntano a uniformare i requisiti per i certificati di navigazione sulle vie navigabili interne in tutto il territorio dell’Unione europea (Unione), semplificando le regole e contribuendo a una maggiore sicurezza. Introducono regole specifiche per:il trasporto di attrezzature a pressione e merci pericolose;i limiti di emissione di inquinanti per i motori;gli accordi reciproci per il riconoscimento delle licenze;la banca dati europea degli scafi (EHDB).
PUNTI CHIAVE
La direttiva 2016/1629 stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna. Essa stabilisce i requisiti tecnici per la navigazione sicura nelle vie navigabili interne elencate nell’allegato, classificate nelle zone 1, 2, 3 o 4, oltre alla zona R (disposizioni speciali per la convenzione riveduta per la navigazione sul Reno). Non si applica alle navi traghetto, alle navi da guerra e alla maggior parte delle navi adibite alla navigazione marittima, compresi i rimorchiatori e gli spintori che solo occasionalmente navigano sulle vie navigabili interne.
Certificati per la navigazione interna
I paesi dell’Unione provvedono affinché le unità navali che navigano sulle vie navigabili interne dell’Unione siano costruite e mantenute conformemente alla direttiva. Il certificato per la navigazione interna è rilasciato in seguito a un’ispezione tecnica effettuata prima dell’entrata in servizio dell’unità navale.Le autorità possono rilasciare un certificato provvisorio nel caso in cui un certificato esistente sia stato smarrito o danneggiato o ai sensi di talune esenzioni elencate negli allegati. Il periodo di validità del certificato dell’Unione per la navigazione interna rilasciato alle unità navali di nuova fabbricazione non deve superare i 5 anni (per le navi passeggeri e le unità veloci) o 10 anni (per tutti gli altri tipi di unità navali). In casi eccezionali, la validità può essere prorogata senza ispezione tecnica per un periodo massimo di 6 mesi. In caso di modifiche o riparazioni di rilievo riguardanti l’integrità strutturale, la navigabilità, la manovrabilità o le caratteristiche specifiche, l’unità navale è nuovamente sottoposta, prima di un nuovo viaggio, all’ispezione tecnica. Se un certificato non viene rinnovato, l’autorità nazionale deve indicare le motivazioni e informare il proprietario dell’unità navale riguardo alle modalità e ai termini di ricorso applicabili. Gli Stati membri possono riconoscere i certificati per la navigazione di paesi terzi in attesa che entrino in vigore accordi specifici.Identificazione
I paesi dell’Unione garantiscono che le autorità designate assegnino a ogni unità navale un numero unico europeo di identificazione delle navi (ENI) che rimane immutato per tutta la vita dell’unità navale.
Banca dati europea sugli scafiIl regolamento delegato (UE) 2020/474 stabilisce le regole per la raccolta, il trattamento e l’accessibilità dei dati nell’EHDB. La Commissione europea è responsabile del mantenimento dell’EHDB delle misure di supporto per garantire la sicurezza e la facilità di navigazione e di garantire l’applicazione direttiva (UE) 2016/1629. I paesi dell’Unione garantiscono che le loro autorità aggiornino la banca dati ai fini dell’applicazione della direttiva, della gestione del traffico e delle infrastrutture sulle vie navigabili, del mantenimento della sicurezza e della raccolta dei dati statistici, tramite:inserimento dei dati che identificano e descrivono l’unità navale;inserimento dei certificati rilasciati, rinnovati, sostituiti o ritirati, con una copia digitale di tutti i certificati rilasciati in conformità della direttiva;inserimento dei dati su richieste di certificato respinte o pendenti;eliminazione dei dati quando un’unità navale viene demolita;registrazione di eventuali modifiche ai dati di cui sopra. Le autorità possono trasferire i dati personali a un paese terzo o a una organizzazione internazionale valutando caso per caso. Qualsiasi trattamento dei dati personali da parte dei paesi dell’Unione avviene in conformità con la legislazione dell’Unione sulla protezione dei dati personali, in particolare con il regolamento (UE) 2016/679 (GDPR). La Commissione può, tenendo conto delle circostanze dei singoli casi, trasferire i dati personali o concedere l’accesso all’EHDB a un paese terzo o a organizzazioni internazionali, a condizione che siano soddisfatti i requisiti del regolamento (UE) 2018/1725 (si veda la sintesi). La Commissione ha il potere di adottare atti delegati specificando:i dati che devono essere inseriti dai paesi dell’Unione nelle banche dati;le tipologie di accessi consentiti;le istruzioni relative all’uso e al funzionamento della banca dati, in particolare per quanto riguarda la sicurezza, la codifica e il trattamento dei dati.Requisiti tecnici
I requisiti tecnici applicabili alle unità navali nelle zone 1, 2, 3 e 4 sono definiti dalla norma ES-TRIN 2019/1 redatta dal Comitato europeo per l’elaborazione di norme per la navigazione interna (CESNI).
IspezioneI paesi dell’Unione devono istituire commissioni di ispezione, composte da almeno uno ciascuno dei seguenti soggetti:un funzionario dell’amministrazione competente per la navigazione interna;un esperto in materia di costruzione delle navi adibite alla navigazione interna e delle loro macchine;un esperto di navigazione titolare di licenza per la conduzione di navi adibite alla navigazione interna, che autorizza il titolare a condurre l’unità navale da ispezionare;un esperto specializzato in unità navali tradizionali per l’ispezione di unità navali tradizionali. I paesi dell’Unione provvedono affinché gli organismi designati effettuino le ispezioni iniziali, periodiche, speciali e volontarie a cui la direttiva fa riferimento.Esenzioni per talune categorie di unità navaliA condizione che mantengano un livello di sicurezza appropriato, i paesi dell’Unione possono autorizzare deroghe per le unità navali che navighino su vie navigabili interne non collegate o per le unità navali di portata lorda non superiore a 350 tonnellate o non destinate al trasporto merci con volume. Al fine di incoraggiare l’innovazione e l’uso delle nuove tecnologie, alla Commissione è conferito il potere di concedere deroghe temporanee per impianti o allestimenti diversi da quelli elencati negli allegati, o per scopi sperimentali, a condizione che sia assicurato un livello di sicurezza equivalente.Legislazione correlataLa direttiva 2008/68/CE stabilisce le regole per il trasporto di merci pericolose in sicurezza su strada, per ferrovia o per via navigabile interna nell’Unione. Riguarda inoltre aspetti quali il carico e lo scarico, il trasferimento ad altri modi di trasporto e le soste nel corso del processo di trasporto. Estende le norme internazionali al trasporto nazionale di merci pericolose. Vari atti esecutivi introducono esenzioni che consentono di tenere conto di specifiche circostanze nazionali, generalmente in relazione ai limiti nella quantità e ai carichi misti. La direttiva 2009/100/CE sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità si applica alle navi della navigazione interna con portata lorda pari o superiore a 20 tonnellate e di lunghezza inferiore a 20 metri o di volume inferiore a 100 m3, adibite al trasporto di merci nelle vie navigabili interne. Ai sensi della legislazione, i paesi dell’Unione:adottano le procedure per il rilascio degli attestati di navigabilità;riconoscono la validità degli attestati di navigabilità rilasciati da un altro paese dell’Unione come se li avesse esso stesso rilasciati;possono interromperne la navigazione di una nave se questa si trova in condizioni pericolose per l’ambiente circostante, fino a quando i difetti non siano eliminati. La direttiva 2010/35/UE introduce regole dettagliate in materia di attrezzature a pressione trasportabili* per rafforzare la sicurezza e garantire la libera circolazione entro il territorio dell’Unione. Aggiorna la legislazione precedente, in particolare per quanto riguarda i requisiti di conformità, la valutazione della conformità e le ispezioni periodiche. La direttiva disciplina il trasporto su strada, per ferrovia e per vie navigabili interne, ed è strettamente collegata alla direttiva 2008/68/CE. Il regolamento (UE) 2016/1628 (si veda la sintesi) stabilisce i limiti delle emissioni di sostanze inquinanti per i nuovi motori destinati alle macchine mobili non stradali (comprese le navi della navigazione interna). Stabilisce nello specifico i limiti di emissione di inquinanti della fase V e le relative date di applicazione Il regolamento mira a ridurre le emissioni inquinanti e a eliminare progressivamente le attrezzature con i motori più inquinanti.
DA QUANDO È IN VIGORE LA LEGISLAZIONE?
La direttiva 2008/68/CE si applica dal 20 ottobre 2008 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 30 giugno 2009. La direttiva 2009/100/CE ha abrogato e codificato la direttiva 76/135/CEE a partire dal 22 ottobre 2009. La direttiva 2010/35/UE viene applicata a partire dal 20 luglio 2010 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione a partire dal 30 giugno 2011. Per i motori per le navi della navigazione interna, il regolamento (UE) 2016/1628 si applica a partire dall’1o gennaio 2019 (potenza inferiore a 300 kW) e dall’1o gennaio 2020 (potenza uguale o superiore a 300 kW). Inoltre, è previsto un periodo di transizione di 24 mesi a partire dalle date suindicate. La direttiva (UE) 2016/1629 è entrata in vigore il 6 ottobre 2016 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 7 ottobre 2018. Il regolamento (UE) n. 2020/474 si applica dal 21 aprile 2020.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea) Il CESNI (CESNI).
TERMINI CHIAVE
Attrezzature a pressione trasportabili: gruppo di attrezzature che comprendono recipienti a pressione, cisterne, veicoli/vagoni batteria, i contenitori per gas a elementi multipli e le bombole per gas. Sono incluse le cartucce di gas, ma sono esclusi i diffusori di aerosol, i recipienti criogenici aperti, le bombole per gas per apparecchi di respirazione e gli estintori.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento delegato (UE) 2020/474 della Commissione, del 20 gennaio 2020, relativo alla banca dati europea degli scafi (GU L 100 del 1.4.2020, pag. 12).
Direttiva (UE) 2016/1629 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, che stabilisce i requisiti tecnici per le navi adibite alla navigazione interna, che modifica la direttiva 2009/100/CE e che abroga la direttiva 2006/87/CE (GU L 252 del 16.9.2016, pag. 118).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2016/1629 sono state inserite nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) 2016/1628 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 settembre 2016, relativo alle prescrizioni in materia di limiti di emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante e di omologazione per i motori a combustione interna destinati alle macchine mobili non stradali, e che modifica i regolamenti (UE) n. 1024/2012 e (UE) n. 167/2013 e modifica e abroga la direttiva 97/68/CE (GU L 252 del 16.9.2016, pag. 53).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2010/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2010, in materia di attrezzature a pressione trasportabili e che abroga le direttive del Consiglio 76/767/CEE, 84/525/CEE, 84/526/CEE, 84/527/CEE e 1999/36/CE (GU L 165 del 30.6.2010, pag. 1).
Direttiva 2009/100/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna (versione codificata) (GU L 259 del 2.10.2009, pag. 8).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (Regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). |
Combustibili: riduzione del tenore di zolfo
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Codifica e abroga la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, la normativa esistente dell’Unione europea (UE), che è stata modificata sostanzialmente diverse volte.
Mira a ridurre le emissioni di anidride solforosa derivanti dalla combustione di alcuni tipi di combustibili liquidi.
Dovrebbe pertanto ridurre gli effetti nocivi di tali emissioni per le persone e l’ambiente, che potrebbero superare quelle derivanti da tutte le fonti situate a terra nell’UE entro il 2020.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce il limite massimo consentito al tenore di zolfo di:
olio combustibile pesante;
gasolio;
gasolio marino; e
olio diesel marino.
Olio combustibile pesante e gasolio
I paesi dell’UE devono vietare l’uso, nei loro territori, di:
oli combustibili pesanti, se il loro tenore di zolfo supera il 3 % in massa;
gasoli, se il loro tenore di zolfo supera lo 0,1 % in massa.
Combustibili per uso marittimo
La direttiva integra le principali modifiche del diritto internazionale sulla prevenzione dell’inquinamento causato da navi. Integra nel diritto dell’UE l’allegato VI riveduto della convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (nota come Marpol), modificata dal relativo protocollo del 1978, che è entrato in vigore il 1o luglio 2010.
L’allegato VI della Marpol introduce limiti al contenuto di zolfo più rigorosi per il combustibile per uso marittimo nelle zone di controllo delle emissioni di ossidi di zolfo (SECA) che, nell’UE, si trovano nel Baltico, nei mari del nord e nella Manica. Tali limiti sono fissati all’1 % dal 1o luglio 2010 e allo 0,1 % dal 1o gennaio 2015. Limiti più elevati sono ancora possibili, ma solamente nel caso in cui siano installati a bordo dei sistemi sostenibili di depurazione dei gas di scarico.
A partire dal 1o gennaio 2012, nelle aree marittime al di fuori delle SECA, i limiti al contenuto di zolfo sono fissati al 3,5 % e si abbasseranno allo 0,5 % dal 1o gennaio 2020. Lo stesso requisito, chiamato anche limite generale del tenore di zolfo, entrerà in vigore a livello internazionale, come deciso nell’ottobre 2016 dall’Organizzazione marittima internazionale. Questa decisione storica ridurrà in maniera significativa gli effetti sulla salute umana delle emissioni prodotte dalle navi e garantirà delle condizioni globali di parità per gli operatori delle navi.
I paesi dell’UE possono consentire l’uso di metodi di riduzione delle emissioni* che comportino riduzioni delle emissioni almeno equivalenti, o addirittura superiori, a quelle ottenute utilizzando combustibili a basso tenore di zolfo, purché:
non abbiano effetti negativi significativi sull’ambiente, come gli ecosistemi marini; e
siano sviluppati in conformità di meccanismi appropriati di approvazione e controllo.
Attuazione
Per garantire che la direttiva venga applicata correttamente, i paesi dell’UE devono:
assicurare un campionamento sufficientemente frequente e accurato del combustibile per uso marittimo immesso sul mercato o utilizzato dalle navi, nonché una verifica periodica dei giornali di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile*;
introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive contro la violazione delle disposizioni.
Nel 2013 sono stati avviati i lavori a livello tecnico nell’ambito del forum europeo per il trasporto marittimo sostenibile al fine di discutere delle strategie coordinate per garantire un’attuazione efficiente in termini di costi della direttiva 2012/33/UE (che ha modificato la direttiva 1992/32/CE e ha cercato di ridurre in modo significativo le emissioni prodotte dal trasporto marittimo dovute all’utilizzo di combustibili per uso marittimo). Il forum ha coinvolto i paesi dell’UE, l’industria marittima e l’assistenza tecnica dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA).
Sulla base di tali lavori, è stata adottata la decisione di esecuzione (UE) 2015/253 della Commissione. Ha introdotto maggiori ispezioni di documenti e campionamenti di combustibile nei porti, nonché la razionalizzazione dei relativi obblighi di segnalazione da parte dei paesi dell’UE. Ha inoltre avviato il sistema d’informazione dell’UE (Thetis-UE) e sviluppato l’EMSA per un uso su base volontaria, in modo da permettere alle autorità di condividere ogni giorno i risultati delle ispezioni relative allo zolfo contenuto nei combustibili delle singole navi.
Progresso scientifico e tecnico
Per stare al passo con il progresso scientifico e tecnico, la Commissione europea, dopo aver consultato un comitato di rappresentanti dell’UE, ha il diritto di adottare atti delegati per modificare i valori di emissione equivalenti e i criteri per l’utilizzazione di metodi di riduzione delle emissioni.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva (UE) 2016/802 è la versione codificata della direttiva 1999/32/CE del Consiglio e sue successive modifiche. È entrata in vigore il 10 giugno 2016.
CONTESTO
Le emissioni di inquinanti atmosferici come l’anidride solforosa possono percorrere lunghe distanze e, negli ultimi anni, le emissioni prodotte dal trasporto marittimo hanno sempre più compromesso la qualità dell’aria nell’UE.
Le emissioni di anidride solforosa provocano piogge acide e creano polvere fine. Questa polvere è dannosa per la salute umana poiché provoca malattie respiratorie e cardiovascolari e riduce fino a due anni la speranza di vita nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Metodi di riduzione delle emissioni: un’alternativa all’uso di combustibile per uso marittimo a basso tenore di zolfo, compresi ogni connessione, materiale, apparecchio o impianto da montare sulla nave o qualsiasi altra procedura, combustibile alternativo o metodo per conformarsi. Il metodo di riduzione delle emissioni deve soddisfare i requisiti della presente direttiva dimostrando di essere verificabile, quantificabile ed esecutivo.
Bollettini di consegna del combustibile: documenti rilasciati da un fornitore a dei clienti come prova della consegna del combustibile.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva (UE) 2016/802 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (codificazione) (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 58-78) | DIRETTIVA (UE) 2016/802 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 maggio 2016
relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi
(codificazione)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 1999/32/CE del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
La politica ambientale dell'Unione, definita nei programmi di azione in materia ambientale e in particolare nel sesto programma di azione per l'ambiente adottato con decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e nel settimo programma di azione per l'ambiente adottato con decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), ha tra i suoi obiettivi il conseguimento di livelli di qualità dell'aria che non comportino gravi effetti negativi o rischi per la salute umana e per l'ambiente.
(3)
L'articolo 191, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) dispone che la politica dell'Unione in materia ambientale debba mirare a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione.
(4)
La presente direttiva stabilisce il tenore massimo di zolfo consentito per l'olio combustibile pesante, il gasolio, il gasolio marino e l'olio diesel marino utilizzati nell'Unione.
(5)
Le emissioni prodotte dal trasporto marittimo dovute all'utilizzo di combustibili per uso marittimo ad alto tenore di zolfo contribuiscono all'inquinamento atmosferico sotto forma di anidride solforosa e particolato, che nuocciono alla salute umana e all'ambiente e contribuiscono alla formazione di depositi acidi. Senza le misure previste nella presente direttiva, le emissioni prodotte dai trasporti marittimi supererebbero presto le emissioni prodotte da tutte le fonti terrestri.
(6)
L'acidificazione e l'anidride solforosa atmosferica danneggiano gli ecosistemi sensibili, riducono la biodiversità e il valore paesaggistico ed hanno un impatto negativo sulle coltivazioni e sulla crescita forestale. La pioggia acida sulle città può causare danni rilevanti agli edifici e al patrimonio architettonico. L'inquinamento dovuto all'anidride solforosa può anche avere una notevole incidenza sulla salute umana, soprattutto per le fasce della popolazione che soffrono di malattie respiratorie.
(7)
L'acidificazione è un fenomeno transfrontaliero che esige soluzioni a livello di Unione, oltre che a livello nazionale o locale.
(8)
Le emissioni di anidride solforosa contribuiscono alla formazione di particelle nell'atmosfera.
(9)
L'inquinamento atmosferico provocato dalle navi all'ormeggio rappresenta uno dei maggiori problemi di molte città portuali nello sforzo di rispettare i valori limite dell'Unione sulla qualità dell'aria.
(10)
È opportuno che gli Stati membri sostengano l'utilizzo di un sistema elettrico di terra, poiché attualmente l'alimentazione elettrica delle navi è di solito assicurata da motori ausiliari.
(11)
L'Unione e i singoli Stati membri sono parti contraenti della convenzione UNECE del 13 novembre 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza. Il secondo protocollo UNECE sull'inquinamento transfrontaliero da anidride solforosa stabilisce che le parti contraenti riducano le emissioni di tale sostanza in misura pari o superiore alla riduzione del 30 % specificata nel primo protocollo e parte dalla premessa che i carichi e livelli critici continueranno ad essere superati in alcune zone sensibili. Si richiederanno ancora ulteriori misure di riduzione delle emissioni di anidride solforosa. Le parti contraenti dovrebbero pertanto operare ulteriori riduzioni significative delle emissioni di anidride solforosa.
(12)
Lo zolfo, naturalmente presente in piccole quantità nel petrolio e nel carbone, da decenni è stato riconosciuto come la fonte principale delle emissioni di anidride solforosa, che sono una delle grandi cause delle «piogge acide» e uno dei principali fattori all'origine dell'inquinamento atmosferico registrato in molte zone urbane e industriali.
(13)
Alcuni studi hanno indicato che i vantaggi che si ottengono riducendo le emissioni di anidride solforosa mediante riduzioni del tenore di zolfo dei combustibili saranno spesso notevolmente superiori ai costi stimati per l'industria nel quadro della presente direttiva. La tecnologica necessaria per ridurre il tenore di zolfo dei combustibili liquidi esiste ed è ben consolidata.
(14)
A norma dell'articolo 193 TFUE, la presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti di protezione più rigorosi al fine di incoraggiare un'attuazione precoce delle disposizioni riguardanti il tenore massimo di zolfo dei combustibili per uso marittimo, per esempio mediante l'uso di metodi di riduzione delle emissioni al di fuori delle zone di controllo delle emissioni di SOx (SOx Emission Control Areas — «SECA»). Tali provvedimenti devono essere compatibili con i trattati e devono essere notificati alla Commissione.
(15)
Gli Stati membri, prima di introdurre nuovi provvedimenti di protezione più rigorosi, dovrebbero notificare alla Commissione i progetti di detti provvedimenti in conformità della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
(16)
Il TFUE impone di tener conto delle caratteristiche specifiche delle regioni ultraperiferiche dell'Unione. Tali regioni sono i dipartimenti francesi d'oltremare, le Azzorre, Madera e le isole Canarie.
(17)
Con riferimento al limite per il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, è opportuno prevedere deroghe per gli Stati membri o alcune loro regioni quando lo consentano le condizioni ambientali.
(18)
Con riferimento al limite per il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, è anche opportuno prevedere deroghe per l'uso di tale olio negli impianti di combustione conformi ai valori limiti di emissione stabiliti dalla direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) o dall'allegato V della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9).
(19)
Per gli impianti di combustione delle raffinerie esclusi dall'ambito di applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera d), o dell'articolo 3, paragrafo 3, lettera c), della presente direttiva, il valore medio delle emissioni di anidride solforosa non dovrebbe essere superiore ai limiti stabiliti nella direttiva 2001/80/CE o nell'allegato V della direttiva 2010/75/UE, o in eventuali revisioni delle stesse direttive. Nell'applicare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero tener presente che la sostituzione di combustibili diversi da quelli contemplati all'articolo 2 della stessa non dovrebbe provocare un aumento delle emissioni di sostanze inquinanti acide.
(20)
Nel 2008 l'Organizzazione marittima internazionale (IMO) ha adottato una risoluzione di modifica dell'allegato VI del protocollo del 1997 che modifica la convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi del 1973, modificato dal protocollo del 1978 ad essa relativo («convenzione MARPOL»), che contiene una regolamentazione per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico causato dalle navi. L'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL è entrato in vigore il 1o luglio 2010.
(21)
L'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL introduce, tra l'altro, limiti al contenuto di zolfo più rigorosi per il combustibile per uso marittimo nelle SECA (1,00 % dal 1o luglio 2010 e 0,10 % dal 1o gennaio 2015) nonché nelle aree marittime al di fuori delle SECA (3,50 % dal 1o gennaio 2012 e, in linea di principio, 0,50 % dal 1o gennaio 2020). La maggior parte degli Stati membri è tenuta, in base ai propri obblighi internazionali, a imporre alle navi l'uso di combustibile con un tenore massimo di zolfo dell'1,00 % nelle SECA a partire dal 1o luglio 2010. Al fine di assicurare la coerenza con il diritto internazionale nonché la corretta applicazione nell'Unione delle nuove norme sullo zolfo stabilite a livello internazionale, la presente direttiva dovrebbee essere rispondente all'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL. Al fine di assicurare un livello qualitativo minimo del combustibile utilizzato dalle navi per ottemperare alle norme in base al combustibile o alle tecnologie, non dovrebbe essere consentito l'uso nell'Unione di combustibile per uso marittimo il cui tenore di zolfo superi la norma generale del 3,50 % in massa, ad eccezione dei combustibili destinati all'approvvigionamento delle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni con sistemi a circuito chiuso.
(22)
A norma delle procedure IMO sono possibili modifiche all'allegato VI della convenzione MARPOL per quanto riguarda le SECA. Qualora siano introdotte ulteriori modifiche, tra cui esenzioni, per quanto riguarda l'applicazione dei limiti in vigore per le SECA all'allegato VI della convenzione MARPOL, la Commissione dovrebbe esaminare tali modifiche e, se del caso, presentare senza indugio la necessaria proposta conformemente al TFUE, al fine di allineare completamente la presente direttiva con le norme IMO relative alle SECA.
(23)
L'introduzione di qualsiasi nuova zona di controllo delle emissioni dovrebbe essere subordinata alla procedura IMO di cui all'allegato VI della convenzione MARPOL ed essere avvalorata da validi argomenti, basati su motivazioni ambientali ed economiche e suffragati da dati scientifici.
(24)
Conformemente alla regola 18 dell'allegato VI della convenzione MARPOL, gli Stati membri dovrebbero garantire la disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi alla presente direttiva.
(25)
Alla luce della dimensione globale della politica ambientale e delle emissioni prodotte dal trasporto marittimo, si dovrebbero definire a livello globale norme ambiziose in materia di emissione.
(26)
L'Unione continuerà a patrocinare una protezione più efficace delle aree sensibili alle emissioni di SOx e la riduzione del normale valore limite per gli oli combustibili per uso bordo presso l'IMO.
(27)
Le navi passeggeri operano per la maggior parte nei porti o vicino alle aree costiere e il loro impatto sulla salute umana e sull'ambiente è rilevante. Al fine di migliorare la qualità dell'aria nelle aree portuali e costiere, tali navi sono tenute ad utilizzare combustibile per uso marittimo con un tenore massimo di zolfo dell'1,50 % fino a quando norme più rigorose sul tenore di zolfo si applicheranno a tutte le navi nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di controllo dell'inquinamento degli Stati membri.
(28)
Per agevolare la transizione verso nuove tecnologie dei motori atte potenzialmente a ridurre ulteriormente, in modo significativo, le emissioni nel settore marittimo, è opportuno che la Commissione esamini ulteriormente la possibilità di consentire e incoraggiare l'installazione di motori a gas sulle navi.
(29)
La corretta applicazione degli obblighi in materia di tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo è necessaria per il conseguimento degli obiettivi della presente direttiva. L'esperienza derivata dall'attuazione della direttiva 1999/32/CE ha dimostrato che vi è la necessità di un regime di monitoraggio e applicazione più rigoroso per garantire la corretta attuazione della presente direttiva. A tal fine è necessario che gli Stati membri assicurino un campionamento sufficientemente frequente e accurato del combustibile per uso marittimo immesso sul mercato o utilizzato dalle navi, nonché una verifica periodica dei giornali di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile. È inoltre necessario che gli Stati membri stabiliscano un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive contro la violazione delle disposizioni della presente direttiva. Al fine di garantire una maggiore trasparenza delle informazioni, è inoltre opportuno che il registro dei fornitori locali di combustibile per uso marittimo sia messo a disposizione del pubblico.
(30)
L'obbligo di garantire bassi valori limite di zolfo nei combustibili per uso marittimo, in particolare nelle SECA, può portare ad un notevole aumento del prezzo di tali combustibili, almeno nel breve termine, e può avere un effetto negativo sulla competitività del trasporto marittimo a corto raggio rispetto ad altri modi di trasporto, nonché sulla competitività delle industrie dei paesi confinanti con le SECA. Sono necessarie soluzioni adeguate per ridurre i costi a carico delle industrie interessate derivanti dall'applicazione della normativa, come l'autorizzazione di metodi alternativi per l'ottemperanza alla normativa, economicamente più efficienti di quelli basati sui combustibili e la fornitura, ove necessario, di sostegno. La Commissione, fondandosi segnatamente sulle relazioni degli Stati membri, dovrebbe sorvegliare attentamente gli effetti dell'applicazione al settore del trasporto marittimo delle nuove norme di qualità in materia di combustibile, in particolare per quanto riguarda l'eventuale spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre e proporre, se del caso, opportune misure per contrastare tale tendenza.
(31)
È importante limitare lo spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre, poiché un incremento della quota di merci trasportate su strada sarebbe in contrasto in vari casi con gli obiettivi dell'Unione in materia di cambiamenti climatici e aumenterebbe la congestione del traffico.
(32)
I costi associati ai nuovi obblighi di riduzione delle emissioni di anidride solforosa potrebbero determinare uno spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre e avere effetti negativi sulla competitività delle industrie. La Commissione dovrebbe fare pieno uso degli strumenti già esistenti, come il programma Marco Polo e la rete transeuropea di trasporto, per fornire un'assistenza mirata in modo da ridurre al minimo il rischio di tale trasferimento modale. Gli Stati membri potrebbero ritenere necessario fornire un sostegno agli operatori interessati dalla presente direttiva conformemente alle norme in vigore in materia di aiuti di Stato.
(33)
Conformemente agli orientamenti vigenti in materia di aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente, e fatte salve le modifiche che possano esservi apportate in futuro, gli Stati membri possono concedere aiuti di Stato a favore degli operatori interessati dalla presente direttiva, inclusi aiuti per operazioni di adeguamento delle navi esistenti, qualora tali misure di sostegno siano considerate compatibili con il mercato interno conformemente agli articoli 107 e 108 TFUE, in particolare alla luce degli orientamenti applicabili in materia di aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente. In tale contesto, la Commissione può tenere conto del fatto che l'uso di alcuni metodi di riduzione delle emissioni va al di là di quanto prescritto dalla presente direttiva, in quanto consente di ridurre non solo le emissioni di anidride solforosa, ma anche altre emissioni.
(34)
È opportuno facilitare l'accesso ai metodi di riduzione delle emissioni. Tali metodi possono comportare riduzioni delle emissioni almeno equivalenti, o addirittura superiori, a quelle ottenute utilizzando combustibili a basso tenore di zolfo, purché non abbiano effetti negativi significativi sull'ambiente, come gli ecosistemi marini, e siano sviluppati in conformità di meccanismi appropriati di approvazione e controllo. L'Unione dovrebbe riconoscere i metodi alternativi già noti, come l'uso di sistemi di depurazione dei gas di scarico a bordo, il mix di combustibile e gas naturale liquefatto o l'uso di biocarburanti. È importante promuovere la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi metodi di riduzione delle emissioni, in particolare al fine di limitare lo spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre.
(35)
I metodi di riduzione delle emissioni possono comportare riduzioni significative delle emissioni. La Commissione dovrebbe pertanto promuovere la sperimentazione e lo sviluppo di tali tecnologie, tra l'altro valutando l'istituzione di un programma comune cofinanziato con l'industria, fondato sui principi alla base di programmi simili, quali il programma Clean Sky.
(36)
La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri e con i soggetti interessati, dovrebbe sviluppare ulteriormente le misure individuate nel documento di lavoro dei servizi della Commissione del 16 settembre 2011, dal titolo «Pollutant emission reduction from maritime transport and the sustainable waterborne transport toolbox» («riduzione delle emissioni inquinanti prodotte dal trasporto marittimo e strumento per trasporti per via d'acqua sostenibili»).
(37)
In caso di interruzione dell'approvvigionamento di greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, la Commissione può autorizzare l'applicazione di un limite più elevato sul territorio di uno Stato membro.
(38)
Gli Stati membri dovrebbero introdurre opportuni sistemi per controllare l'osservanza della presente direttiva. Dovrebbero essere periodicamente inviate alla Commissione relazioni sul tenore di zolfo dei combustibili liquidi.
(39)
La presente direttiva dovrebbe contenere indicazioni dettagliate per quanto riguarda il contenuto e il formato della relazione per garantire comunicazioni armonizzate.
(40)
È opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE riguardo alla modifica dei valori equivalenti di emissione e dei criteri per l'utilizzazione di metodi di riduzione delle emissioni definiti negli allegati I e II della presente direttiva, al fine di adattare tali valori e criteri al progresso scientifico e tecnico in modo da garantire una piena coerenza con i pertinenti strumenti dell'IMO, nonché riguardo alla modifica dell'articolo 2, lettere da a) a e) e p), dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera b), punto i), e dell'articolo 13, paragrafo 3, della presente direttiva, al fine di adattare tali disposizioni al progresso scientifico e tecnico. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. È altresì opportuno che, nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati, la Commissione provveda alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(41)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione. È opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
(42)
È opportuno che il comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi («comitato COSS»), istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), assista la Commissione nell'approvazione dei metodi di riduzione delle emissioni che non sono contemplati dalla direttiva 96/98/CE del Consiglio (12).
(43)
Sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive sono importanti ai fini dell'attuazione della presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero includere in tali sanzioni delle sanzioni pecuniarie calcolate in modo tale da garantire che i responsabili siano privati almeno dei benefici economici derivanti dalla violazione commessa e da aumentare gradualmente per le violazioni ripetute. Gli Stati membri dovrebbero notificare le disposizioni in materia di sanzioni alla Commissione.
(44)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato III, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Finalità e ambito di applicazione
1. Scopo della presente direttiva è ridurre le emissioni di anidride solforosa derivanti dalla combustione di alcuni tipi di combustibili liquidi, diminuendo così gli effetti nocivi di tali emissioni per le persone e l'ambiente.
2. La riduzione delle emissioni di anidride solforosa dovute alla combustione di alcuni combustibili liquidi derivati dal petrolio è ottenuta imponendo limiti al tenore di zolfo di questi combustibili come condizione per il loro utilizzo nel territorio, nelle acque territoriali e nelle zone economiche esclusive o zone di controllo dell'inquinamento degli Stati membri.
Tuttavia, i limiti al tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi derivati dal petrolio stabiliti dalla presente direttiva non si applicano:
a)
ai combustibili destinati a fini di ricerca e sperimentazione;
b)
ai combustibili destinati alla trasformazione prima della combustione finale;
c)
ai combustibili destinati alla trasformazione nell'industria della raffinazione;
d)
ai combustibili utilizzati e immessi sul mercato nelle regioni ultraperiferiche dell'Unione, a condizione che gli Stati membri interessati assicurino che in tali regioni:
i)
le norme di qualità dell'aria siano rispettate;
ii)
gli oli combustibili pesanti non siano utilizzati se il loro tenore di zolfo supera il 3 % in massa;
e)
ai combustibili utilizzati dalle navi da guerra e da altre navi in servizio militare. Tuttavia, ciascuno Stato membro si sforza di assicurare che tali navi operino in modo compatibile, nella misura in cui ciò sia ragionevole e praticabile, con la presente direttiva, adottando appropriate misure che non ostacolino le operazioni o le capacità operative delle navi;
f)
a qualsiasi impiego di combustibili a bordo di una nave necessario per garantire specificamente la sicurezza di una nave o per salvare vite in mare;
g)
a qualsiasi impiego di combustibili a bordo di una nave reso necessario dal danneggiamento della medesima o delle sue attrezzature, a condizione che siano state prese tutte le precauzioni ragionevoli, dopo il verificarsi del danno, per impedire o ridurre al minimo le emissioni in eccesso e che siano quanto prima adottate misure per ovviare al danno. Ciò non si applica se il proprietario o comandante ha agito con l'intento di causare danni o sconsideratamente;
h)
fatto salvo l'articolo 5, ai combustibili utilizzati a bordo di navi che impiegano metodi di riduzione delle emissioni conformemente agli articoli 8 e 10.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a) «olio combustibile pesante»:
i)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC da 2710 19 51 a 2710 19 68, 2710 20 31, 2710 20 35 o 2710 20 39; oppure
ii)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, diverso dal gasolio di cui alla lettera b) e diverso dai combustibili per uso marittimo di cui alle lettere c), d) ed e), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria di oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del 65 % in volume, comprese le perdite, si distilla a 250 °C con il metodo ASTM D86. Se la distillazione non può essere determinata con il metodo ASTM D86, il prodotto petrolifero rientra ugualmente nella categoria degli oli combustibili pesanti;
b) «gasolio»:
i)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC 2710 19 25, 2710 19 29, 2710 19 47, 2710 19 48, 2710 20 17 o 2710 20 19; oppure
ii)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, di cui meno del 65 % in volume (comprese le perdite) distilla a 250 °C e del quale almeno l'85 % in volume (comprese le perdite) distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86.
I combustibili diesel quali definiti all'articolo 2, punto 2), della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (13) sono esclusi dalla presente definizione. I combustibili utilizzati dalle macchine mobili non stradali e dai trattori agricoli sono anch'essi esclusi dalla presente definizione;
c) «combustibile per uso marittimo»: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio destinato all'uso o in uso a bordo di una nave, compresi i combustibili definiti nell'ISO 8217. La presente definizione comprende qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio in uso a bordo di navi adibite alla navigazione interna o di imbarcazioni da diporto, quali definite rispettivamente all'articolo 2 della direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e all'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 94/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15), quando tali navi o imbarcazioni sono in mare;
d) «olio diesel marino»: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per la qualità DMB nella tabella I della norma ISO 8217 con l'eccezione del riferimento al tenore di zolfo;
e) «gasolio marino»: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per le qualità DMX, DMA e DMZ nella tabella I della norma ISO 8217 con l'eccezione del riferimento al tenore di zolfo;
f) «convenzione MARPOL»: la convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, modificata dal relativo protocollo del 1978;
g) «allegato VI della convenzione MARPOL»: l'allegato, intitolato «Regolamento per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico causato da navi», aggiunto dal protocollo 1997 alla convenzione MARPOL;
h) «zone di controllo delle emissioni di SOx» o «SECA»: le zone marittime definite tali dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO) ai sensi dell'allegato VI della convenzione MARPOL;
i) «nave passeggeri»: nave che trasporti più di dodici passeggeri, ove per passeggero si intende qualsiasi persona che non sia:
i)
il comandante, un membro dell'equipaggio o altra persona impiegata o occupata a qualsiasi titolo a bordo di una nave in relazione all'attività della nave stessa; e
ii)
un bambino di età inferiore ad un anno;
j) «servizio di linea»: una serie di traversate effettuate da navi passeggeri in modo da assicurare il collegamento tra gli stessi due o più porti, oppure una serie di viaggi da e verso lo stesso porto senza scali intermedi:
i)
in base ad un orario pubblicato; oppure
ii)
con traversate regolari o frequenti tali da essere equiparabili ad un orario riconoscibile;
k) «nave da guerra»: una nave che appartiene alle forze armate di uno Stato, che porta i segni distintivi esteriori delle navi militari della sua nazionalità ed è posta sotto il comando di un ufficiale di marina debitamente incaricato dal governo dello Stato e iscritto nell'apposito Ruolo degli ufficiali o in un documento equipollente, e il cui equipaggio sia sottoposto alle regole della disciplina militare;
l) «navi all'ormeggio»: qualsiasi nave ormeggiata in sicurezza o ancorata in un porto dell'Unione per le operazioni di carico, scarico o alloggiamento (hotelling), compreso il periodo trascorso senza effettuare tali operazioni;
m) «immissione sul mercato»: la fornitura o messa a disposizione di terzi, a pagamento o gratuitamente, ovunque nelle giurisdizioni degli Stati membri, di combustibili per uso marittimo a scopo di combustione a bordo. È esclusa la fornitura o la messa a disposizione di combustibili per uso marittimo per l'esportazione all'interno di cisterne della nave;
n) «regioni ultraperiferiche»: i dipartimenti francesi d'oltremare, le Azzorre, Madera e le isole Canarie, ai sensi dell'articolo 349 TFUE;
o) «metodo di riduzione delle emissioni»: qualsiasi apparecchiatura, materiale, strumento o dispositivo da installare su una nave o qualsiasi altra procedura, combustibile alternativo o metodo per conformarsi alla normativa, che siano utilizzati come alternativa al combustibile per uso marittimo a basso tenore di zolfo conforme ai requisiti fissati nella presente direttiva e siano verificabili, quantificabili e applicabili;
p) «metodo ASTM»: i metodi stabiliti dalla «American Society for Testing and Materials» nell'edizione 1976 delle definizioni e specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;
q) «impianto di combustione»: qualsiasi apparato tecnico nel quale i combustibili sono ossidati al fine di usare il calore prodotto.
Articolo 3
Tenore massimo di zolfo dell'olio combustibile pesante
1. Gli Stati membri provvedono affinché non siano utilizzati nel loro territorio oli combustibili pesanti con un tenore di zolfo superiore all'1,00 % in massa.
2. Fino al 31 dicembre 2015, fatto salvo l'adeguato controllo delle emissioni da parte delle autorità competenti, il paragrafo 1 non si applica agli oli combustibili pesanti usati:
a)
negli impianti di combustione che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2001/80/CE, che sono soggetti all'articolo 4, paragrafi 1 o 2, o all'articolo 4, paragrafo 3, lettera a), di tale direttiva e che rispettano i limiti di emissione di anidride solforosa stabiliti per siffatti impianti in tale direttiva;
b)
negli impianti di combustione che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2001/80/CE, che sono soggetti all'articolo 4, paragrafo 3, lettera b), e all'articolo 4, paragrafo 6, di tale direttiva e la cui media mensile di emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo del 3 % in volume, misurato a secco;
c)
negli impianti di combustione non compresi nelle lettere a) o b) e per i quali la media mensile delle emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco;
d)
per la combustione nelle raffinerie, se la media mensile delle emissioni di anidride solforosa di tutti gli impianti della raffineria, indipendentemente dal tipo di combustibile e dalle combinazioni di combustibili utilizzati, ma escludendo gli impianti che rientrano nelle lettere a) e b), le turbine a gas e i motori a gas, non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco.
3. A decorrere dal 1o gennaio 2016, fatto salvo l'adeguato monitoraggio delle emissioni da parte delle autorità competenti, il paragrafo 1 non si applica agli oli combustibili pesanti usati:
a)
negli impianti di combustione che rientrano nell'ambito di applicazione del capo III della direttiva 2010/75/UE e che sono conformi ai limiti di emissione di anidride solforosa previsti per siffatti impianti nell'allegato V della suddetta direttiva o, quando tali valori limite delle emissioni non sono applicabili a norma di tale direttiva, per i quali la media mensile delle emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo del 3 % in volume, misurato a secco;
b)
negli impianti di combustione che non rientrano nella lettera a) e la cui media mensile delle emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco;
c)
per la combustione nelle raffinerie, quando la media mensile delle emissioni di anidride solforosa di tutti gli impianti della raffineria, indipendentemente dal tipo di combustibile e dalle combinazioni di combustibili utilizzati, ma escludendo gli impianti che rientrano nella lettera a), le turbine a gas e i motori a gas, non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché nessun impianto di combustione che utilizza oli combustibili pesanti con una concentrazione di zolfo superiore a quella di cui al paragrafo 1 operi senza l'autorizzazione di un'autorità competente nella quale siano specificati i limiti di emissione.
Articolo 4
Tenore massimo di zolfo nel gasolio
Gli Stati membri provvedono affinché non siano utilizzati nel loro territorio gasoli con un tenore di zolfo superiore allo 0,10 % in massa.
Articolo 5
Tenore massimo di zolfo del combustibile per uso marittimo
Gli Stati membri provvedono affinché non siano utilizzati nel loro territorio combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore al 3,50 % in massa, ad eccezione dei combustibili destinati all'approvvigionamento delle navi che utilizzano i metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 8 con sistemi a circuito chiuso.
Articolo 6
Tenore massimo di zolfo dei combustibili per uso marittimo utilizzati nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di controllo dell'inquinamento degli Stati membri, incluse le SECA, e dalle navi passeggeri che effettuano servizi di linea da o verso porti dell'Unione
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento, non siano utilizzati combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore in massa a:
a)
3,50 % a partire dal 18 giugno 2014;
b)
0,50 % a partire dal 1o gennaio 2020.
Il presente paragrafo si applica alle navi battenti qualsiasi bandiera, comprese le navi provenienti dall'esterno dell'Unione, fatti salvi i paragrafi 2 e 5 del presente articolo e l'articolo 7.
2. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento che rientrano nelle SECA, non siano utilizzati combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore in massa a:
a)
1,00 % fino al 31 dicembre 2014;
b)
0,10 % a partire dal 1o gennaio 2015.
Il presente paragrafo si applica alle navi battenti qualsiasi bandiera, comprese le navi provenienti dall'esterno dell'Unione.
La Commissione tiene nel debito conto qualsiasi eventuale futura modifica degli obblighi ai sensi dell'allegato VI della convenzione MARPOL applicabili entro le SECA e, se del caso, presenta senza indugio le opportune proposte al fine di modificare la presente direttiva di conseguenza.
3. Per ogni nuova zona marittima, compresi i porti, designata dall'IMO come SECA conformemente alla regola 14, paragrafo 3, lettera b), dell'allegato VI della convenzione MARPOL, il paragrafo 2 del presente articolo si applica decorsi 12 mesi dall'entrata in vigore della designazione.
4. Gli Stati membri sono responsabili dell'applicazione del paragrafo 2 almeno per quanto riguarda:
—
le navi battenti la loro bandiera; e
—
nel caso degli Stati membri che confinano con le SECA, le navi battenti qualsiasi bandiera mentre si trovano nei loro porti.
Gli Stati membri possono inoltre prendere misure addizionali di applicazione nei riguardi delle altre navi conformemente al diritto marittimo internazionale.
5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento non comprese nelle SECA, e dalle navi passeggeri che effettuano servizi di linea da o verso porti dell'Unione, non siano utilizzati combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,50 % in massa fino al 1o gennaio 2020.
Gli Stati membri sono responsabili dell'applicazione di tale prescrizione almeno per quanto riguarda le navi battenti la loro bandiera e le navi battenti qualsiasi bandiera mentre si trovano nei loro porti.
6. Gli Stati membri impongono la corretta tenuta dei giornali di bordo, comprese le indicazioni relative alle operazioni di cambio del combustibile.
7. Gli Stati membri si impegnano a garantire la disponibilità di combustibile per uso marittimo che sia conforme alla presente direttiva ed informano la Commissione in merito alla disponibilità di tale combustibile nei propri porti e terminali.
8. Se uno Stato membro riscontra che una nave non rispetta le norme in materia di combustibile per uso marittimo conformi alla presente direttiva, l'autorità competente dello Stato membro può chiedere alla nave di:
a)
presentare un rendiconto delle misure adottate al fine di rispettare le norme; e
b)
fornire la prova che ha tentato di acquistare combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva nell'ambito del proprio piano di viaggio, che ha tentato di individuare fonti alternative per l'acquisto di tale combustibile in seguito all'indisponibilità dello stesso nel luogo previsto e che, nonostante si sia adoperata al massimo per ottenere combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva, tale combustibile non era disponibile per l'acquisto.
La nave non è tenuta a deviare dalla rotta prevista o a ritardare indebitamente il viaggio per conseguire il rispetto delle norme.
Se una nave fornisce le informazioni di cui al primo comma, lo Stato membro interessato tiene conto di tutte le circostanze pertinenti e delle prove addotte, per determinare le azioni appropriate da intraprendere, compresa la rinuncia all'adozione di misure di controllo.
Ogni nave è tenuta a notificare al proprio Stato di bandiera e all'autorità competente del porto di destinazione interessato quando non le è possibile acquistare combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva.
Lo Stato di approdo informa la Commissione quando una nave ha addotto la prova della mancata disponibilità di combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva.
9. Gli Stati membri, conformemente alla regola 18 dell'allegato VI della convenzione MARPOL:
a)
tengono un registro, a disposizione del pubblico, dei fornitori locali di combustibile per uso marittimo;
b)
provvedono affinché il tenore di zolfo di tutti i combustibili per uso marittimo venduti sul loro territorio sia indicato dal fornitore sul bollettino di consegna del combustibile, accompagnato da un campione sigillato firmato dal rappresentante della nave destinataria;
c)
adottano misure nei confronti dei fornitori di combustibile per uso marittimo che hanno fornito combustibile risultato non conforme a quanto indicato sul bollettino di consegna;
d)
provvedono affinché siano adottate misure idonee per garantire la conformità del combustibile per uso marittimo risultato non conforme.
10. Gli Stati membri garantiscono che oli diesel marini non siano immessi sul mercato nel loro territorio se il tenore di zolfo degli stessi è superiore all'1,50 % in massa.
Articolo 7
Tenore massimo di zolfo dei combustibili per uso marittimo utilizzati dalle navi all'ormeggio nei porti dell'Unione
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che le navi all'ormeggio nei porti dell'Unione non utilizzino combustibili per uso marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,10 % in massa, accordando all'equipaggio tempo sufficiente per completare le necessarie operazioni per il cambio del combustibile il più presto possibile dopo l'arrivo all'ormeggio e il più tardi possibile prima della partenza.
Gli Stati membri prescrivono che siano iscritti nei giornali di bordo i tempi delle operazioni di cambio del combustibile.
2. Il paragrafo 1 non si applica:
a)
quando, in base agli orari pubblicati, è previsto che le navi restino ormeggiate per meno di due ore;
b)
alle navi all'ormeggio nei porti con i motori spenti e collegate a un sistema elettrico di terra.
3. Gli Stati membri garantiscono che i gasoli per uso marittimo non siano immessi sul mercato nel loro territorio se il tenore di zolfo degli stessi è superiore allo 0,10 % in massa.
Articolo 8
Metodi di riduzione delle emissioni
1. Gli Stati membri autorizzano l'uso di metodi di riduzione delle emissioni da parte di navi battenti qualsiasi bandiera nei rispettivi porti, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento, in alternativa all'utilizzo di combustibili per uso marittimo conformi ai requisiti di cui agli articoli 6 e 7, fatti salvi i paragrafi 2 e 4 del presente articolo.
2. Le navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni di cui al paragrafo 1 devono raggiungere costantemente riduzioni delle emissioni di anidride solforosa che siano almeno equivalenti alle riduzioni che si otterrebbero utilizzando combustibili per uso marittimo conformi ai requisiti di cui agli articoli 6 e 7. I valori di emissione equivalenti sono stabiliti conformemente all'allegato I.
3. Come soluzione alternativa per ridurre le emissioni, gli Stati membri incoraggiano l'utilizzo di energia elettrica prodotta a terra da parte delle navi ormeggiate in porto.
4. I metodi di riduzione delle emissioni di cui al paragrafo 1 devono essere conformi ai criteri specificati negli strumenti di cui all'allegato II.
5. Se giustificato alla luce dei progressi scientifici e tecnici relativi ai metodi alternativi di riduzione delle emissioni ed in modo da garantire la piena coerenza con gli strumenti e le norme pertinenti adottate dall'IMO:
a)
alla Commissione è conferito il potere di adottare, atti delegati conformemente all'articolo 16, recanti modifica degli allegati I e II;
b)
la Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono i requisiti dettagliati ai fini del monitoraggio delle emissioni, ove opportuno. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2.
Articolo 9
Approvazione di metodi di riduzione delle emissioni a bordo di navi battenti bandiera di uno Stato membro
1. I metodi di riduzione delle emissioni che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 96/98/CE sono approvati in conformità di detta direttiva.
2. I metodi di riduzione delle emissioni che non rientrano nel paragrafo 1 del presente articolo sono approvati secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2099/2002, tenendo conto:
a)
delle linee guida elaborate dall'IMO;
b)
dei risultati delle sperimentazioni effettuate ai sensi dell'articolo 10;
c)
degli effetti sull'ambiente, con particolare riguardo alle riduzioni delle emissioni realizzabili, e agli impatti sugli ecosistemi in baie, porti ed estuari; nonché
d)
della realizzabilità del monitoraggio e della verifica.
Articolo 10
Sperimentazioni di nuovi metodi di riduzione delle emissioni
Gli Stati membri possono, in cooperazione con altri Stati membri, ove opportuno, approvare sperimentazioni di metodi di riduzione delle emissioni prodotte dalle navi sulle navi battenti la loro bandiera o in zone marittime sotto la loro giurisdizione. Nel corso di tali sperimentazioni, non è obbligatorio l'uso di combustibili per uso marittimo conformi ai requisiti di cui agli articoli 6 e 7, a condizione che siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti:
a)
la Commissione e lo Stato di approdo interessato sono informati per iscritto almeno sei mesi prima dell'inizio delle sperimentazioni;
b)
la durata delle autorizzazioni relative alle sperimentazioni non è superiore a 18 mesi;
c)
tutte le navi partecipanti installano apparecchiature a prova di manomissione per il monitoraggio continuo dei gas emessi dai fumaioli e le utilizzano per tutta la durata delle sperimentazioni;
d)
tutte le navi partecipanti ottengono riduzioni delle emissioni almeno equivalenti a quelle che si otterrebbero applicando i valori limite di zolfo dei combustibili specificati nella presente direttiva;
e)
per tutta la durata delle sperimentazioni sono disponibili adeguati sistemi di gestione dei rifiuti prodotti dai metodi di riduzione delle emissioni;
f)
è valutato l'impatto sull'ambiente marino, in particolare sugli ecosistemi in baie, porti ed estuari, per tutta la durata delle sperimentazioni; e
g)
i risultati completi sono comunicati alla Commissione e messi a disposizione del pubblico entro sei mesi dalla conclusione delle sperimentazioni.
Articolo 11
Misure finanziarie
Gli Stati membri possono adottare misure finanziarie a favore degli operatori interessati dalla presente direttiva, qualora tali misure finanziarie siano conformi alle norme in materia di aiuti di Stato vigenti e da adottarsi in tale settore.
Articolo 12
Mutamenti nell'approvvigionamento di combustibili
Qualora un mutamento improvviso nell'approvvigionamento di greggio, di prodotti petroliferi, o di altri idrocarburi renda difficile per uno Stato membro l'applicazione dei limiti massimi del tenore di zolfo di cui agli articoli 3 e 4, detto Stato membro ne informa la Commissione. La Commissione può autorizzare l'applicazione di un limite più elevato sul territorio di detto Stato membro, per un periodo non superiore a sei mesi. La sua decisione è notificata al Consiglio e agli Stati membri. Ogni Stato membro può deferire al Consiglio, entro un mese, la decisione della Commissione. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può adottare una decisione differente entro due mesi.
Articolo 13
Campionamento e analisi
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per verificare mediante campionamento che il tenore di zolfo dei combustibili usati sia conforme agli articoli da 3 a 7. Il campionamento ha inizio alla data di entrata in vigore del valore limite relativo al tenore massimo di zolfo del combustibile in questione. Esso è effettuato periodicamente con frequenza e quantità sufficienti in modo da assicurare la rappresentatività dei campioni rispetto al combustibile esaminato e, nel caso del combustibile per uso marittimo, rispetto al combustibile utilizzato dalle navi mentre si trovano nelle zone marittime e nei porti in questione. I campioni sono analizzati senza indebito ritardo.
2. Sono utilizzate le seguenti modalità di campionamento, analisi e ispezione del combustibile per uso marittimo:
a)
ispezione dei giornali di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile; e
b)
ove appropriato, le seguenti modalità di campionamento e analisi:
i)
campionamento del combustibile marittimo destinato alla combustione a bordo al momento della consegna alle navi, secondo le linee guida per il campionamento di olio combustibile ai fini dell'accertamento della conformità all'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL, adottate il 17 luglio 2009 mediante la risoluzione 182(59) del comitato per la protezione dell'ambiente marino (MEPC) dell'IMO, e analisi del suo tenore di zolfo; o
ii)
campionamento e analisi del tenore di zolfo del combustibile per uso marittimo destinato alla combustione a bordo contenuto nei serbatoi, ove fattibile sotto il profilo tecnico ed economico, e nei campioni sigillati a bordo delle navi.
3. Il metodo di riferimento adottato per determinare il tenore di zolfo è il metodo ISO 8754 (2003) o EN ISO 14596:2007.
Al fine di stabilire se il combustibile per uso marittimo consegnato e utilizzato a bordo delle navi sia conforme ai valori limite di zolfo previsti dagli articoli da 4 a 7, si ricorre alla procedura di verifica del combustibile stabilita nell'appendice VI dell'allegato VI della convenzione MARPOL.
4. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione per quanto riguarda:
a)
la frequenza dei campionamenti;
b)
i metodi di campionamento;
c)
la definizione del campione rappresentativo del combustibile esaminato.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2.
Articolo 14
Relazioni e riesame
1. Entro il 30 giugno di ogni anno, sulla base dei risultati del campionamento, dell'analisi e delle ispezioni effettuati conformemente all'articolo 13, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sulla conformità alle norme relative al tenore di zolfo stabilite nella presente direttiva per l'anno civile precedente.
Sulla base delle relazioni ricevute conformemente al primo comma del presente paragrafo e delle notifiche concernenti la non disponibilità di combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva trasmesse dagli Stati membri conformemente all'articolo 6, paragrafo 8, la Commissione, entro 12 mesi dalla data di cui al primo comma del presente paragrafo, elabora e pubblica una relazione sull'attuazione della presente direttiva. La Commissione valuta la necessità di un ulteriore rafforzamento delle pertinenti disposizioni della presente direttiva e presenta eventuali proposte legislative a tal fine.
2. Entro il 31 dicembre 2013 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione, corredata se del caso di proposte legislative. Nella sua relazione la Commissione valuta la possibilità di ridurre l'inquinamento atmosferico tenendo conto, in particolare: delle relazioni annuali presentate conformemente ai paragrafi 1 e 3; della qualità dell'aria e dell'acidificazione rilevate; dei costi del combustibile; dell'impatto economico potenziale e del trasferimento modale osservato; e dei progressi conseguiti nella riduzione delle emissioni prodotte dalle navi.
3. La Commissione può adottare atti di esecuzione riguardo alle informazioni da inserire nella relazione e al formato della relazione di cui al paragrafo 1. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2.
Articolo 15
Adeguamento al progresso scientifico e tecnico
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 16 riguardo agli adeguamenti al progresso tecnico e scientifico dell'articolo 2, lettere da a) ad e) e p), dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera b), punto i), e dell'articolo 13, paragrafo 3. Tali adeguamenti non comportano alcuna modifica diretta dell'ambito di applicazione della presente direttiva o dei valori limite di zolfo dei combustibili specificati nella presente direttiva.
Articolo 16
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 8, paragrafo 5, e all'articolo 15 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 17 dicembre 2012. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all'articolo 8, paragrafo 5, e all'articolo 15 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 5, e dell'articolo 15 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di tre mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di tre mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 17
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 18
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva.
Le sanzioni stabilite devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive e possono includere sanzioni pecuniarie calcolate in modo tale da garantire che i responsabili siano privati almeno dei benefici economici derivanti dalla violazione delle disposizioni nazionali di cui al primo comma, da aumentare gradualmente per le violazioni ripetute.
Articolo 19
Abrogazione
La direttiva 1999/32/CE, come modificata dalle direttive di cui all'allegato III, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato III, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato IV.
Articolo 20
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 21
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, l'11 maggio 2016
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
J.A. HENNIS-PLASSCHAERT
(1) GU C 12 del 15.1.2015, pag. 117.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 9 marzo 2016 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'11 aprile 2016.
(3) Direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e che modifica la direttiva 93/12/CEE (GU L 121 dell'11.5.1999, pag. 13).
(4) Cfr. allegato III, parte A.
(5) Decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1).
(6) Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 171).
(7) Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (GU L 241 del 17.9.2015, pag. 1).
(8) Direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (GU L 309 del 27.11.2001, pag. 1).
(9) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
(10) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(11) Regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1).
(12) Direttiva 96/98/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, sull'equipaggiamento marittimo (GU L 46 del 17.2.1997, pag. 25).
(13) Direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e recante modificazione della direttiva 93/12/CEE del Consiglio (GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58).
(14) Direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali (GU L 59 del 27.2.1998, pag. 1).
(15) Direttiva 94/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto (GU L 164 del 30.6.1994, pag. 15).
ALLEGATO I
VALORI DI EMISSIONE EQUIVALENTI PER I METODI DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CUI ALL'ARTICOLO 8, PARAGRAFO 2
Valori limite di zolfo del combustibile per uso marittimo di cui agli articoli 6 e 7 della presente direttiva e alle regole 14.1 e 14.4 dell'allegato VI della convenzione MARPOL e valori di emissione corrispondenti di cui all'articolo 8, paragrafo 2:
Tenore di zolfo del combustibile per uso marittimo (% m/m)
Rapporto emissione SO2 (ppm)/CO2 (% v/v)
3,50
151,7
1,50
65,0
1,00
43,3
0,50
21,7
0,10
4,3
Nota:
—
L'uso del rapporto sui limiti di emissione si applica solo se si utilizza distillato a base di petrolio o oli combustibili residui.
—
In casi giustificati in cui la concentrazione di CO2 è ridotta dall'unità di depurazione dei gas di scarico (EGC), la concentrazione di CO2 può essere misurata nell'ingresso dell'unità EGC, a condizione che l'esattezza di tale metodologia possa essere chiaramente dimostrata.
ALLEGATO II
CRITERI D'USO DEI METODI DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CUI ALL'ARTICOLO 8, PARAGRAFO 4
I metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 8 sono conformi almeno ai criteri specificati nei seguenti strumenti, secondo il caso:
Metodo di riduzione delle emissioni
Criteri d'uso
Mix di combustibile per uso marittimo e gas di evaporazione
Decisione 2010/769/UE della Commissione (1).
Sistemi di depurazione dei gas di scarico
Risoluzione MEPC.184(59) adottata il 17 luglio 2009
Le acque di lavaggio risultanti dai sistemi di depurazione dei gas di scarico che fanno uso di prodotti chimici, additivi e dei prodotti chimici creati in loco di cui al punto 10.1.6.1 della risoluzione MEPC.184(59) non sono scaricate in mare, ivi inclusi baie, porti ed estuari, a meno che non sia dimostrato dall'operatore della nave che gli scarichi di tali acque di lavaggio non hanno impatti negativi rilevanti e non presentano rischi per la salute umana e per l'ambiente. Se il prodotto chimico utilizzato è la soda caustica è sufficiente che le acque di lavaggio rispettino i criteri stabiliti nella risoluzione MEPC.184(59) e che il suo pH non sia superiore a 8,0.
Biocarburanti
Uso di biocarburanti quali definiti nella direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) che rispettano le pertinenti norme CEN e ISO.
Le miscele di biocarburanti e combustibili per uso marittimo rispettano le norme relative al tenore di zolfo di cui all'articolo 5, all'articolo 6, paragrafi 1, 2 e 5, e all'articolo 7 della presente direttiva.
(1) Decisione 2010/769/UE della Commissione, del 13 dicembre 2010, relativa alla definizione dei criteri per l'uso da parte delle navi da trasporto di gas naturale liquefatto di metodi tecnologici alternativi all'utilizzo di combustibili per uso marittimo a basso tenore di zolfo conformi all'articolo 4 ter della direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi, modificata dalla direttiva 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo (GU L 328 del 14.12.2010, pag. 15).
(2) Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16).
ALLEGATO III
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle modifiche successive
(di cui all'articolo 19)
Direttiva 199/32/CE del Consiglio
(GU L 121 dell'11.5.1999, pag. 13)
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1)
Solo il punto 19 dell'allegato I
Direttiva 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 191 del 22.7.2005, pag. 59)
Regolamento (CE) n. 219/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 87 del 31.3.2009, pag. 109)
Solo il punto 3.4 dell'allegato
Direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 140 del 5.6.2009, pag. 88)
Solo l'articolo 2
Direttiva 2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 327 del 27.11.2012, pag. 1)
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto interno
(di cui all'articolo 19)
Direttiva
Termine di recepimento
1999/32/CE
1o luglio 2000
2005/33/CE
11 agosto 2006
2009/30/CE
31 dicembre 2010
2012/33/UE
18 giugno 2014
ALLEGATO IV
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 1999/32/CE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere a), b) e c)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere a), b) e c)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), primo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), punto i)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), punto ii)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere da e) a h)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere da e) a h)
Articolo 2, frase introduttiva
Articolo 2, frase introduttiva
Articolo 2, punto 1)
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, punto 1), primo trattino
Articolo 2, lettera a), punto i)
Articolo 2, punto 1), secondo trattino
Articolo 2, lettera a), punto ii)
Articolo 2, punto 2)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, punto 2), primo trattino
Articolo 2, lettera b), punto i)
Articolo 2, punto 2), secondo trattino
Articolo 2, lettera b), punto ii)
Articolo 2, punto 2), frase finale
Articolo 2, lettera b), frase finale
Articolo 2, punto 3)
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, punto 3) bis
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, punto 3) ter
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, punto 3) quater
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, punto 3) quinquies
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, punto 3) sexies
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, punto 3) septies
Articolo 2, lettera i)
Articolo 2, punto 3) octies
Articolo 2, lettera j)
Articolo 2, punto 3) nonies
Articolo 2, lettera k)
Articolo 2, punto 3) decies
Articolo 2, lettera l)
Articolo 2, punto 3) duodecies
Articolo 2, lettera m)
Articolo 2, punto 3) terdecies
Articolo 2, lettera n)
Articolo 2, punto 3) quaterdecies
Articolo 2, lettera o)
Articolo 2, punto 4)
Articolo 2, lettera p)
Articolo 2, punto 5)
Articolo 2, lettera q)
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 3 bis
Articolo 5
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 4 bis, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 4 bis, paragrafo 1 bis
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 4 bis, paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 3
Articolo 4 bis, paragrafo 3
Articolo 6, paragrafo 4
Articolo 4 bis, paragrafo 4
Articolo 6, paragrafo 5
Articolo 4 bis, paragrafo 5
Articolo 6, paragrafo 6
Articolo 4 bis, paragrafo 5 bis
Articolo 6, paragrafo 7
Articolo 4 bis, paragrafo 5 ter
Articolo 6, paragrafo 8
Articolo 4 bis, paragrafo 6
Articolo 6, paragrafo 9
Articolo 4 bis, paragrafo 7
Articolo 6, paragrafo 10
Articolo 4 ter
Articolo 7
Articolo 4 quater, paragrafi 1 e 2
Articolo 8, paragrafi 1 e 2
Articolo 4 quater, paragrafo 2 bis
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 4 quater, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 4
Articolo 4 quater, paragrafo 4
Articolo 8, paragrafo 5
Articolo 4 quinquies
Articolo 9
Articolo 4 sexies
Articolo 10
Articolo 4 septies
Articolo 11
Articolo 5
Articolo 12
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1 bis
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 13, paragrafo 3
Articolo 6, paragrafo 1 ter
Articolo 13, paragrafo 4
Articolo 7, paragrafi 1 e 2
Articolo 14, paragrafi 1 e 2
Articolo 7, paragrafo 1 bis
Articolo 14, paragrafo 3
Articolo 7, paragrafo 3
—
Articolo 7, paragrafo 4
Articolo 15
Articolo 9
Articolo 17
Articolo 9 bis
Articolo 16
Articolo 10
—
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 18, primo comma
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 18, secondo comma
—
Articolo 19
Articolo 12
Articolo 20
Articolo 13
Articolo 21
Allegati I e II
Allegati I e II
—
Allegato III
—
Allegato IV
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA (UE) 2016/802 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 maggio 2016
relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi
(codificazione)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 1999/32/CE del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
La politica ambientale dell'Unione, definita nei programmi di azione in materia ambientale e in particolare nel sesto programma di azione per l'ambiente adottato con decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e nel settimo programma di azione per l'ambiente adottato con decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), ha tra i suoi obiettivi il conseguimento di livelli di qualità dell'aria che non comportino gravi effetti negativi o rischi per la salute umana e per l'ambiente.
(3)
L'articolo 191, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) dispone che la politica dell'Unione in materia ambientale debba mirare a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione.
(4)
La presente direttiva stabilisce il tenore massimo di zolfo consentito per l'olio combustibile pesante, il gasolio, il gasolio marino e l'olio diesel marino utilizzati nell'Unione.
(5)
Le emissioni prodotte dal trasporto marittimo dovute all'utilizzo di combustibili per uso marittimo ad alto tenore di zolfo contribuiscono all'inquinamento atmosferico sotto forma di anidride solforosa e particolato, che nuocciono alla salute umana e all'ambiente e contribuiscono alla formazione di depositi acidi. Senza le misure previste nella presente direttiva, le emissioni prodotte dai trasporti marittimi supererebbero presto le emissioni prodotte da tutte le fonti terrestri.
(6)
L'acidificazione e l'anidride solforosa atmosferica danneggiano gli ecosistemi sensibili, riducono la biodiversità e il valore paesaggistico ed hanno un impatto negativo sulle coltivazioni e sulla crescita forestale. La pioggia acida sulle città può causare danni rilevanti agli edifici e al patrimonio architettonico. L'inquinamento dovuto all'anidride solforosa può anche avere una notevole incidenza sulla salute umana, soprattutto per le fasce della popolazione che soffrono di malattie respiratorie.
(7)
L'acidificazione è un fenomeno transfrontaliero che esige soluzioni a livello di Unione, oltre che a livello nazionale o locale.
(8)
Le emissioni di anidride solforosa contribuiscono alla formazione di particelle nell'atmosfera.
(9)
L'inquinamento atmosferico provocato dalle navi all'ormeggio rappresenta uno dei maggiori problemi di molte città portuali nello sforzo di rispettare i valori limite dell'Unione sulla qualità dell'aria.
(10)
È opportuno che gli Stati membri sostengano l'utilizzo di un sistema elettrico di terra, poiché attualmente l'alimentazione elettrica delle navi è di solito assicurata da motori ausiliari.
(11)
L'Unione e i singoli Stati membri sono parti contraenti della convenzione UNECE del 13 novembre 1979 sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza. Il secondo protocollo UNECE sull'inquinamento transfrontaliero da anidride solforosa stabilisce che le parti contraenti riducano le emissioni di tale sostanza in misura pari o superiore alla riduzione del 30 % specificata nel primo protocollo e parte dalla premessa che i carichi e livelli critici continueranno ad essere superati in alcune zone sensibili. Si richiederanno ancora ulteriori misure di riduzione delle emissioni di anidride solforosa. Le parti contraenti dovrebbero pertanto operare ulteriori riduzioni significative delle emissioni di anidride solforosa.
(12)
Lo zolfo, naturalmente presente in piccole quantità nel petrolio e nel carbone, da decenni è stato riconosciuto come la fonte principale delle emissioni di anidride solforosa, che sono una delle grandi cause delle «piogge acide» e uno dei principali fattori all'origine dell'inquinamento atmosferico registrato in molte zone urbane e industriali.
(13)
Alcuni studi hanno indicato che i vantaggi che si ottengono riducendo le emissioni di anidride solforosa mediante riduzioni del tenore di zolfo dei combustibili saranno spesso notevolmente superiori ai costi stimati per l'industria nel quadro della presente direttiva. La tecnologica necessaria per ridurre il tenore di zolfo dei combustibili liquidi esiste ed è ben consolidata.
(14)
A norma dell'articolo 193 TFUE, la presente direttiva non dovrebbe impedire agli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti di protezione più rigorosi al fine di incoraggiare un'attuazione precoce delle disposizioni riguardanti il tenore massimo di zolfo dei combustibili per uso marittimo, per esempio mediante l'uso di metodi di riduzione delle emissioni al di fuori delle zone di controllo delle emissioni di SOx (SOx Emission Control Areas — «SECA»). Tali provvedimenti devono essere compatibili con i trattati e devono essere notificati alla Commissione.
(15)
Gli Stati membri, prima di introdurre nuovi provvedimenti di protezione più rigorosi, dovrebbero notificare alla Commissione i progetti di detti provvedimenti in conformità della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
(16)
Il TFUE impone di tener conto delle caratteristiche specifiche delle regioni ultraperiferiche dell'Unione. Tali regioni sono i dipartimenti francesi d'oltremare, le Azzorre, Madera e le isole Canarie.
(17)
Con riferimento al limite per il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, è opportuno prevedere deroghe per gli Stati membri o alcune loro regioni quando lo consentano le condizioni ambientali.
(18)
Con riferimento al limite per il tenore di zolfo dell'olio combustibile pesante, è anche opportuno prevedere deroghe per l'uso di tale olio negli impianti di combustione conformi ai valori limiti di emissione stabiliti dalla direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) o dall'allegato V della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9).
(19)
Per gli impianti di combustione delle raffinerie esclusi dall'ambito di applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera d), o dell'articolo 3, paragrafo 3, lettera c), della presente direttiva, il valore medio delle emissioni di anidride solforosa non dovrebbe essere superiore ai limiti stabiliti nella direttiva 2001/80/CE o nell'allegato V della direttiva 2010/75/UE, o in eventuali revisioni delle stesse direttive. Nell'applicare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero tener presente che la sostituzione di combustibili diversi da quelli contemplati all'articolo 2 della stessa non dovrebbe provocare un aumento delle emissioni di sostanze inquinanti acide.
(20)
Nel 2008 l'Organizzazione marittima internazionale (IMO) ha adottato una risoluzione di modifica dell'allegato VI del protocollo del 1997 che modifica la convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi del 1973, modificato dal protocollo del 1978 ad essa relativo («convenzione MARPOL»), che contiene una regolamentazione per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico causato dalle navi. L'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL è entrato in vigore il 1o luglio 2010.
(21)
L'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL introduce, tra l'altro, limiti al contenuto di zolfo più rigorosi per il combustibile per uso marittimo nelle SECA (1,00 % dal 1o luglio 2010 e 0,10 % dal 1o gennaio 2015) nonché nelle aree marittime al di fuori delle SECA (3,50 % dal 1o gennaio 2012 e, in linea di principio, 0,50 % dal 1o gennaio 2020). La maggior parte degli Stati membri è tenuta, in base ai propri obblighi internazionali, a imporre alle navi l'uso di combustibile con un tenore massimo di zolfo dell'1,00 % nelle SECA a partire dal 1o luglio 2010. Al fine di assicurare la coerenza con il diritto internazionale nonché la corretta applicazione nell'Unione delle nuove norme sullo zolfo stabilite a livello internazionale, la presente direttiva dovrebbee essere rispondente all'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL. Al fine di assicurare un livello qualitativo minimo del combustibile utilizzato dalle navi per ottemperare alle norme in base al combustibile o alle tecnologie, non dovrebbe essere consentito l'uso nell'Unione di combustibile per uso marittimo il cui tenore di zolfo superi la norma generale del 3,50 % in massa, ad eccezione dei combustibili destinati all'approvvigionamento delle navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni con sistemi a circuito chiuso.
(22)
A norma delle procedure IMO sono possibili modifiche all'allegato VI della convenzione MARPOL per quanto riguarda le SECA. Qualora siano introdotte ulteriori modifiche, tra cui esenzioni, per quanto riguarda l'applicazione dei limiti in vigore per le SECA all'allegato VI della convenzione MARPOL, la Commissione dovrebbe esaminare tali modifiche e, se del caso, presentare senza indugio la necessaria proposta conformemente al TFUE, al fine di allineare completamente la presente direttiva con le norme IMO relative alle SECA.
(23)
L'introduzione di qualsiasi nuova zona di controllo delle emissioni dovrebbe essere subordinata alla procedura IMO di cui all'allegato VI della convenzione MARPOL ed essere avvalorata da validi argomenti, basati su motivazioni ambientali ed economiche e suffragati da dati scientifici.
(24)
Conformemente alla regola 18 dell'allegato VI della convenzione MARPOL, gli Stati membri dovrebbero garantire la disponibilità di combustibili per uso marittimo conformi alla presente direttiva.
(25)
Alla luce della dimensione globale della politica ambientale e delle emissioni prodotte dal trasporto marittimo, si dovrebbero definire a livello globale norme ambiziose in materia di emissione.
(26)
L'Unione continuerà a patrocinare una protezione più efficace delle aree sensibili alle emissioni di SOx e la riduzione del normale valore limite per gli oli combustibili per uso bordo presso l'IMO.
(27)
Le navi passeggeri operano per la maggior parte nei porti o vicino alle aree costiere e il loro impatto sulla salute umana e sull'ambiente è rilevante. Al fine di migliorare la qualità dell'aria nelle aree portuali e costiere, tali navi sono tenute ad utilizzare combustibile per uso marittimo con un tenore massimo di zolfo dell'1,50 % fino a quando norme più rigorose sul tenore di zolfo si applicheranno a tutte le navi nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di controllo dell'inquinamento degli Stati membri.
(28)
Per agevolare la transizione verso nuove tecnologie dei motori atte potenzialmente a ridurre ulteriormente, in modo significativo, le emissioni nel settore marittimo, è opportuno che la Commissione esamini ulteriormente la possibilità di consentire e incoraggiare l'installazione di motori a gas sulle navi.
(29)
La corretta applicazione degli obblighi in materia di tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo è necessaria per il conseguimento degli obiettivi della presente direttiva. L'esperienza derivata dall'attuazione della direttiva 1999/32/CE ha dimostrato che vi è la necessità di un regime di monitoraggio e applicazione più rigoroso per garantire la corretta attuazione della presente direttiva. A tal fine è necessario che gli Stati membri assicurino un campionamento sufficientemente frequente e accurato del combustibile per uso marittimo immesso sul mercato o utilizzato dalle navi, nonché una verifica periodica dei giornali di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile. È inoltre necessario che gli Stati membri stabiliscano un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive contro la violazione delle disposizioni della presente direttiva. Al fine di garantire una maggiore trasparenza delle informazioni, è inoltre opportuno che il registro dei fornitori locali di combustibile per uso marittimo sia messo a disposizione del pubblico.
(30)
L'obbligo di garantire bassi valori limite di zolfo nei combustibili per uso marittimo, in particolare nelle SECA, può portare ad un notevole aumento del prezzo di tali combustibili, almeno nel breve termine, e può avere un effetto negativo sulla competitività del trasporto marittimo a corto raggio rispetto ad altri modi di trasporto, nonché sulla competitività delle industrie dei paesi confinanti con le SECA. Sono necessarie soluzioni adeguate per ridurre i costi a carico delle industrie interessate derivanti dall'applicazione della normativa, come l'autorizzazione di metodi alternativi per l'ottemperanza alla normativa, economicamente più efficienti di quelli basati sui combustibili e la fornitura, ove necessario, di sostegno. La Commissione, fondandosi segnatamente sulle relazioni degli Stati membri, dovrebbe sorvegliare attentamente gli effetti dell'applicazione al settore del trasporto marittimo delle nuove norme di qualità in materia di combustibile, in particolare per quanto riguarda l'eventuale spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre e proporre, se del caso, opportune misure per contrastare tale tendenza.
(31)
È importante limitare lo spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre, poiché un incremento della quota di merci trasportate su strada sarebbe in contrasto in vari casi con gli obiettivi dell'Unione in materia di cambiamenti climatici e aumenterebbe la congestione del traffico.
(32)
I costi associati ai nuovi obblighi di riduzione delle emissioni di anidride solforosa potrebbero determinare uno spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre e avere effetti negativi sulla competitività delle industrie. La Commissione dovrebbe fare pieno uso degli strumenti già esistenti, come il programma Marco Polo e la rete transeuropea di trasporto, per fornire un'assistenza mirata in modo da ridurre al minimo il rischio di tale trasferimento modale. Gli Stati membri potrebbero ritenere necessario fornire un sostegno agli operatori interessati dalla presente direttiva conformemente alle norme in vigore in materia di aiuti di Stato.
(33)
Conformemente agli orientamenti vigenti in materia di aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente, e fatte salve le modifiche che possano esservi apportate in futuro, gli Stati membri possono concedere aiuti di Stato a favore degli operatori interessati dalla presente direttiva, inclusi aiuti per operazioni di adeguamento delle navi esistenti, qualora tali misure di sostegno siano considerate compatibili con il mercato interno conformemente agli articoli 107 e 108 TFUE, in particolare alla luce degli orientamenti applicabili in materia di aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente. In tale contesto, la Commissione può tenere conto del fatto che l'uso di alcuni metodi di riduzione delle emissioni va al di là di quanto prescritto dalla presente direttiva, in quanto consente di ridurre non solo le emissioni di anidride solforosa, ma anche altre emissioni.
(34)
È opportuno facilitare l'accesso ai metodi di riduzione delle emissioni. Tali metodi possono comportare riduzioni delle emissioni almeno equivalenti, o addirittura superiori, a quelle ottenute utilizzando combustibili a basso tenore di zolfo, purché non abbiano effetti negativi significativi sull'ambiente, come gli ecosistemi marini, e siano sviluppati in conformità di meccanismi appropriati di approvazione e controllo. L'Unione dovrebbe riconoscere i metodi alternativi già noti, come l'uso di sistemi di depurazione dei gas di scarico a bordo, il mix di combustibile e gas naturale liquefatto o l'uso di biocarburanti. È importante promuovere la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi metodi di riduzione delle emissioni, in particolare al fine di limitare lo spostamento modale dal trasporto marittimo a quello terrestre.
(35)
I metodi di riduzione delle emissioni possono comportare riduzioni significative delle emissioni. La Commissione dovrebbe pertanto promuovere la sperimentazione e lo sviluppo di tali tecnologie, tra l'altro valutando l'istituzione di un programma comune cofinanziato con l'industria, fondato sui principi alla base di programmi simili, quali il programma Clean Sky.
(36)
La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri e con i soggetti interessati, dovrebbe sviluppare ulteriormente le misure individuate nel documento di lavoro dei servizi della Commissione del 16 settembre 2011, dal titolo «Pollutant emission reduction from maritime transport and the sustainable waterborne transport toolbox» («riduzione delle emissioni inquinanti prodotte dal trasporto marittimo e strumento per trasporti per via d'acqua sostenibili»).
(37)
In caso di interruzione dell'approvvigionamento di greggio, di prodotti petroliferi o di altri idrocarburi, la Commissione può autorizzare l'applicazione di un limite più elevato sul territorio di uno Stato membro.
(38)
Gli Stati membri dovrebbero introdurre opportuni sistemi per controllare l'osservanza della presente direttiva. Dovrebbero essere periodicamente inviate alla Commissione relazioni sul tenore di zolfo dei combustibili liquidi.
(39)
La presente direttiva dovrebbe contenere indicazioni dettagliate per quanto riguarda il contenuto e il formato della relazione per garantire comunicazioni armonizzate.
(40)
È opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE riguardo alla modifica dei valori equivalenti di emissione e dei criteri per l'utilizzazione di metodi di riduzione delle emissioni definiti negli allegati I e II della presente direttiva, al fine di adattare tali valori e criteri al progresso scientifico e tecnico in modo da garantire una piena coerenza con i pertinenti strumenti dell'IMO, nonché riguardo alla modifica dell'articolo 2, lettere da a) a e) e p), dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera b), punto i), e dell'articolo 13, paragrafo 3, della presente direttiva, al fine di adattare tali disposizioni al progresso scientifico e tecnico. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. È altresì opportuno che, nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati, la Commissione provveda alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(41)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione. È opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
(42)
È opportuno che il comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi («comitato COSS»), istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), assista la Commissione nell'approvazione dei metodi di riduzione delle emissioni che non sono contemplati dalla direttiva 96/98/CE del Consiglio (12).
(43)
Sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive sono importanti ai fini dell'attuazione della presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero includere in tali sanzioni delle sanzioni pecuniarie calcolate in modo tale da garantire che i responsabili siano privati almeno dei benefici economici derivanti dalla violazione commessa e da aumentare gradualmente per le violazioni ripetute. Gli Stati membri dovrebbero notificare le disposizioni in materia di sanzioni alla Commissione.
(44)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato III, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Finalità e ambito di applicazione
1. Scopo della presente direttiva è ridurre le emissioni di anidride solforosa derivanti dalla combustione di alcuni tipi di combustibili liquidi, diminuendo così gli effetti nocivi di tali emissioni per le persone e l'ambiente.
2. La riduzione delle emissioni di anidride solforosa dovute alla combustione di alcuni combustibili liquidi derivati dal petrolio è ottenuta imponendo limiti al tenore di zolfo di questi combustibili come condizione per il loro utilizzo nel territorio, nelle acque territoriali e nelle zone economiche esclusive o zone di controllo dell'inquinamento degli Stati membri.
Tuttavia, i limiti al tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi derivati dal petrolio stabiliti dalla presente direttiva non si applicano:
a)
ai combustibili destinati a fini di ricerca e sperimentazione;
b)
ai combustibili destinati alla trasformazione prima della combustione finale;
c)
ai combustibili destinati alla trasformazione nell'industria della raffinazione;
d)
ai combustibili utilizzati e immessi sul mercato nelle regioni ultraperiferiche dell'Unione, a condizione che gli Stati membri interessati assicurino che in tali regioni:
i)
le norme di qualità dell'aria siano rispettate;
ii)
gli oli combustibili pesanti non siano utilizzati se il loro tenore di zolfo supera il 3 % in massa;
e)
ai combustibili utilizzati dalle navi da guerra e da altre navi in servizio militare. Tuttavia, ciascuno Stato membro si sforza di assicurare che tali navi operino in modo compatibile, nella misura in cui ciò sia ragionevole e praticabile, con la presente direttiva, adottando appropriate misure che non ostacolino le operazioni o le capacità operative delle navi;
f)
a qualsiasi impiego di combustibili a bordo di una nave necessario per garantire specificamente la sicurezza di una nave o per salvare vite in mare;
g)
a qualsiasi impiego di combustibili a bordo di una nave reso necessario dal danneggiamento della medesima o delle sue attrezzature, a condizione che siano state prese tutte le precauzioni ragionevoli, dopo il verificarsi del danno, per impedire o ridurre al minimo le emissioni in eccesso e che siano quanto prima adottate misure per ovviare al danno. Ciò non si applica se il proprietario o comandante ha agito con l'intento di causare danni o sconsideratamente;
h)
fatto salvo l'articolo 5, ai combustibili utilizzati a bordo di navi che impiegano metodi di riduzione delle emissioni conformemente agli articoli 8 e 10.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a) «olio combustibile pesante»:
i)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC da 2710 19 51 a 2710 19 68, 2710 20 31, 2710 20 35 o 2710 20 39; oppure
ii)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, diverso dal gasolio di cui alla lettera b) e diverso dai combustibili per uso marittimo di cui alle lettere c), d) ed e), che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria di oli pesanti destinati ad essere usati come combustibile e di cui meno del 65 % in volume, comprese le perdite, si distilla a 250 °C con il metodo ASTM D86. Se la distillazione non può essere determinata con il metodo ASTM D86, il prodotto petrolifero rientra ugualmente nella categoria degli oli combustibili pesanti;
b) «gasolio»:
i)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, che rientra nei codici NC 2710 19 25, 2710 19 29, 2710 19 47, 2710 19 48, 2710 20 17 o 2710 20 19; oppure
ii)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, escluso il combustibile per uso marittimo, di cui meno del 65 % in volume (comprese le perdite) distilla a 250 °C e del quale almeno l'85 % in volume (comprese le perdite) distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86.
I combustibili diesel quali definiti all'articolo 2, punto 2), della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (13) sono esclusi dalla presente definizione. I combustibili utilizzati dalle macchine mobili non stradali e dai trattori agricoli sono anch'essi esclusi dalla presente definizione;
c) «combustibile per uso marittimo»: qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio destinato all'uso o in uso a bordo di una nave, compresi i combustibili definiti nell'ISO 8217. La presente definizione comprende qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio in uso a bordo di navi adibite alla navigazione interna o di imbarcazioni da diporto, quali definite rispettivamente all'articolo 2 della direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e all'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 94/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15), quando tali navi o imbarcazioni sono in mare;
d) «olio diesel marino»: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per la qualità DMB nella tabella I della norma ISO 8217 con l'eccezione del riferimento al tenore di zolfo;
e) «gasolio marino»: qualsiasi combustibile per uso marittimo definito per le qualità DMX, DMA e DMZ nella tabella I della norma ISO 8217 con l'eccezione del riferimento al tenore di zolfo;
f) «convenzione MARPOL»: la convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, modificata dal relativo protocollo del 1978;
g) «allegato VI della convenzione MARPOL»: l'allegato, intitolato «Regolamento per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico causato da navi», aggiunto dal protocollo 1997 alla convenzione MARPOL;
h) «zone di controllo delle emissioni di SOx» o «SECA»: le zone marittime definite tali dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO) ai sensi dell'allegato VI della convenzione MARPOL;
i) «nave passeggeri»: nave che trasporti più di dodici passeggeri, ove per passeggero si intende qualsiasi persona che non sia:
i)
il comandante, un membro dell'equipaggio o altra persona impiegata o occupata a qualsiasi titolo a bordo di una nave in relazione all'attività della nave stessa; e
ii)
un bambino di età inferiore ad un anno;
j) «servizio di linea»: una serie di traversate effettuate da navi passeggeri in modo da assicurare il collegamento tra gli stessi due o più porti, oppure una serie di viaggi da e verso lo stesso porto senza scali intermedi:
i)
in base ad un orario pubblicato; oppure
ii)
con traversate regolari o frequenti tali da essere equiparabili ad un orario riconoscibile;
k) «nave da guerra»: una nave che appartiene alle forze armate di uno Stato, che porta i segni distintivi esteriori delle navi militari della sua nazionalità ed è posta sotto il comando di un ufficiale di marina debitamente incaricato dal governo dello Stato e iscritto nell'apposito Ruolo degli ufficiali o in un documento equipollente, e il cui equipaggio sia sottoposto alle regole della disciplina militare;
l) «navi all'ormeggio»: qualsiasi nave ormeggiata in sicurezza o ancorata in un porto dell'Unione per le operazioni di carico, scarico o alloggiamento (hotelling), compreso il periodo trascorso senza effettuare tali operazioni;
m) «immissione sul mercato»: la fornitura o messa a disposizione di terzi, a pagamento o gratuitamente, ovunque nelle giurisdizioni degli Stati membri, di combustibili per uso marittimo a scopo di combustione a bordo. È esclusa la fornitura o la messa a disposizione di combustibili per uso marittimo per l'esportazione all'interno di cisterne della nave;
n) «regioni ultraperiferiche»: i dipartimenti francesi d'oltremare, le Azzorre, Madera e le isole Canarie, ai sensi dell'articolo 349 TFUE;
o) «metodo di riduzione delle emissioni»: qualsiasi apparecchiatura, materiale, strumento o dispositivo da installare su una nave o qualsiasi altra procedura, combustibile alternativo o metodo per conformarsi alla normativa, che siano utilizzati come alternativa al combustibile per uso marittimo a basso tenore di zolfo conforme ai requisiti fissati nella presente direttiva e siano verificabili, quantificabili e applicabili;
p) «metodo ASTM»: i metodi stabiliti dalla «American Society for Testing and Materials» nell'edizione 1976 delle definizioni e specifiche tipo per il petrolio e i prodotti lubrificanti;
q) «impianto di combustione»: qualsiasi apparato tecnico nel quale i combustibili sono ossidati al fine di usare il calore prodotto.
Articolo 3
Tenore massimo di zolfo dell'olio combustibile pesante
1. Gli Stati membri provvedono affinché non siano utilizzati nel loro territorio oli combustibili pesanti con un tenore di zolfo superiore all'1,00 % in massa.
2. Fino al 31 dicembre 2015, fatto salvo l'adeguato controllo delle emissioni da parte delle autorità competenti, il paragrafo 1 non si applica agli oli combustibili pesanti usati:
a)
negli impianti di combustione che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2001/80/CE, che sono soggetti all'articolo 4, paragrafi 1 o 2, o all'articolo 4, paragrafo 3, lettera a), di tale direttiva e che rispettano i limiti di emissione di anidride solforosa stabiliti per siffatti impianti in tale direttiva;
b)
negli impianti di combustione che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2001/80/CE, che sono soggetti all'articolo 4, paragrafo 3, lettera b), e all'articolo 4, paragrafo 6, di tale direttiva e la cui media mensile di emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo del 3 % in volume, misurato a secco;
c)
negli impianti di combustione non compresi nelle lettere a) o b) e per i quali la media mensile delle emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco;
d)
per la combustione nelle raffinerie, se la media mensile delle emissioni di anidride solforosa di tutti gli impianti della raffineria, indipendentemente dal tipo di combustibile e dalle combinazioni di combustibili utilizzati, ma escludendo gli impianti che rientrano nelle lettere a) e b), le turbine a gas e i motori a gas, non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco.
3. A decorrere dal 1o gennaio 2016, fatto salvo l'adeguato monitoraggio delle emissioni da parte delle autorità competenti, il paragrafo 1 non si applica agli oli combustibili pesanti usati:
a)
negli impianti di combustione che rientrano nell'ambito di applicazione del capo III della direttiva 2010/75/UE e che sono conformi ai limiti di emissione di anidride solforosa previsti per siffatti impianti nell'allegato V della suddetta direttiva o, quando tali valori limite delle emissioni non sono applicabili a norma di tale direttiva, per i quali la media mensile delle emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo del 3 % in volume, misurato a secco;
b)
negli impianti di combustione che non rientrano nella lettera a) e la cui media mensile delle emissioni di anidride solforosa non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco;
c)
per la combustione nelle raffinerie, quando la media mensile delle emissioni di anidride solforosa di tutti gli impianti della raffineria, indipendentemente dal tipo di combustibile e dalle combinazioni di combustibili utilizzati, ma escludendo gli impianti che rientrano nella lettera a), le turbine a gas e i motori a gas, non supera 1 700 mg/Nm3, con riferimento ad un tenore di ossigeno nell'emissione di fumo pari al 3 % in volume, misurato a secco.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché nessun impianto di combustione che utilizza oli combustibili pesanti con una concentrazione di zolfo superiore a quella di cui al paragrafo 1 operi senza l'autorizzazione di un'autorità competente nella quale siano specificati i limiti di emissione.
Articolo 4
Tenore massimo di zolfo nel gasolio
Gli Stati membri provvedono affinché non siano utilizzati nel loro territorio gasoli con un tenore di zolfo superiore allo 0,10 % in massa.
Articolo 5
Tenore massimo di zolfo del combustibile per uso marittimo
Gli Stati membri provvedono affinché non siano utilizzati nel loro territorio combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore al 3,50 % in massa, ad eccezione dei combustibili destinati all'approvvigionamento delle navi che utilizzano i metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 8 con sistemi a circuito chiuso.
Articolo 6
Tenore massimo di zolfo dei combustibili per uso marittimo utilizzati nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di controllo dell'inquinamento degli Stati membri, incluse le SECA, e dalle navi passeggeri che effettuano servizi di linea da o verso porti dell'Unione
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento, non siano utilizzati combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore in massa a:
a)
3,50 % a partire dal 18 giugno 2014;
b)
0,50 % a partire dal 1o gennaio 2020.
Il presente paragrafo si applica alle navi battenti qualsiasi bandiera, comprese le navi provenienti dall'esterno dell'Unione, fatti salvi i paragrafi 2 e 5 del presente articolo e l'articolo 7.
2. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento che rientrano nelle SECA, non siano utilizzati combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore in massa a:
a)
1,00 % fino al 31 dicembre 2014;
b)
0,10 % a partire dal 1o gennaio 2015.
Il presente paragrafo si applica alle navi battenti qualsiasi bandiera, comprese le navi provenienti dall'esterno dell'Unione.
La Commissione tiene nel debito conto qualsiasi eventuale futura modifica degli obblighi ai sensi dell'allegato VI della convenzione MARPOL applicabili entro le SECA e, se del caso, presenta senza indugio le opportune proposte al fine di modificare la presente direttiva di conseguenza.
3. Per ogni nuova zona marittima, compresi i porti, designata dall'IMO come SECA conformemente alla regola 14, paragrafo 3, lettera b), dell'allegato VI della convenzione MARPOL, il paragrafo 2 del presente articolo si applica decorsi 12 mesi dall'entrata in vigore della designazione.
4. Gli Stati membri sono responsabili dell'applicazione del paragrafo 2 almeno per quanto riguarda:
—
le navi battenti la loro bandiera; e
—
nel caso degli Stati membri che confinano con le SECA, le navi battenti qualsiasi bandiera mentre si trovano nei loro porti.
Gli Stati membri possono inoltre prendere misure addizionali di applicazione nei riguardi delle altre navi conformemente al diritto marittimo internazionale.
5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento non comprese nelle SECA, e dalle navi passeggeri che effettuano servizi di linea da o verso porti dell'Unione, non siano utilizzati combustibili per uso marittimo con un tenore di zolfo superiore all'1,50 % in massa fino al 1o gennaio 2020.
Gli Stati membri sono responsabili dell'applicazione di tale prescrizione almeno per quanto riguarda le navi battenti la loro bandiera e le navi battenti qualsiasi bandiera mentre si trovano nei loro porti.
6. Gli Stati membri impongono la corretta tenuta dei giornali di bordo, comprese le indicazioni relative alle operazioni di cambio del combustibile.
7. Gli Stati membri si impegnano a garantire la disponibilità di combustibile per uso marittimo che sia conforme alla presente direttiva ed informano la Commissione in merito alla disponibilità di tale combustibile nei propri porti e terminali.
8. Se uno Stato membro riscontra che una nave non rispetta le norme in materia di combustibile per uso marittimo conformi alla presente direttiva, l'autorità competente dello Stato membro può chiedere alla nave di:
a)
presentare un rendiconto delle misure adottate al fine di rispettare le norme; e
b)
fornire la prova che ha tentato di acquistare combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva nell'ambito del proprio piano di viaggio, che ha tentato di individuare fonti alternative per l'acquisto di tale combustibile in seguito all'indisponibilità dello stesso nel luogo previsto e che, nonostante si sia adoperata al massimo per ottenere combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva, tale combustibile non era disponibile per l'acquisto.
La nave non è tenuta a deviare dalla rotta prevista o a ritardare indebitamente il viaggio per conseguire il rispetto delle norme.
Se una nave fornisce le informazioni di cui al primo comma, lo Stato membro interessato tiene conto di tutte le circostanze pertinenti e delle prove addotte, per determinare le azioni appropriate da intraprendere, compresa la rinuncia all'adozione di misure di controllo.
Ogni nave è tenuta a notificare al proprio Stato di bandiera e all'autorità competente del porto di destinazione interessato quando non le è possibile acquistare combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva.
Lo Stato di approdo informa la Commissione quando una nave ha addotto la prova della mancata disponibilità di combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva.
9. Gli Stati membri, conformemente alla regola 18 dell'allegato VI della convenzione MARPOL:
a)
tengono un registro, a disposizione del pubblico, dei fornitori locali di combustibile per uso marittimo;
b)
provvedono affinché il tenore di zolfo di tutti i combustibili per uso marittimo venduti sul loro territorio sia indicato dal fornitore sul bollettino di consegna del combustibile, accompagnato da un campione sigillato firmato dal rappresentante della nave destinataria;
c)
adottano misure nei confronti dei fornitori di combustibile per uso marittimo che hanno fornito combustibile risultato non conforme a quanto indicato sul bollettino di consegna;
d)
provvedono affinché siano adottate misure idonee per garantire la conformità del combustibile per uso marittimo risultato non conforme.
10. Gli Stati membri garantiscono che oli diesel marini non siano immessi sul mercato nel loro territorio se il tenore di zolfo degli stessi è superiore all'1,50 % in massa.
Articolo 7
Tenore massimo di zolfo dei combustibili per uso marittimo utilizzati dalle navi all'ormeggio nei porti dell'Unione
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che le navi all'ormeggio nei porti dell'Unione non utilizzino combustibili per uso marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,10 % in massa, accordando all'equipaggio tempo sufficiente per completare le necessarie operazioni per il cambio del combustibile il più presto possibile dopo l'arrivo all'ormeggio e il più tardi possibile prima della partenza.
Gli Stati membri prescrivono che siano iscritti nei giornali di bordo i tempi delle operazioni di cambio del combustibile.
2. Il paragrafo 1 non si applica:
a)
quando, in base agli orari pubblicati, è previsto che le navi restino ormeggiate per meno di due ore;
b)
alle navi all'ormeggio nei porti con i motori spenti e collegate a un sistema elettrico di terra.
3. Gli Stati membri garantiscono che i gasoli per uso marittimo non siano immessi sul mercato nel loro territorio se il tenore di zolfo degli stessi è superiore allo 0,10 % in massa.
Articolo 8
Metodi di riduzione delle emissioni
1. Gli Stati membri autorizzano l'uso di metodi di riduzione delle emissioni da parte di navi battenti qualsiasi bandiera nei rispettivi porti, nelle rispettive acque territoriali, zone economiche esclusive e zone di controllo dell'inquinamento, in alternativa all'utilizzo di combustibili per uso marittimo conformi ai requisiti di cui agli articoli 6 e 7, fatti salvi i paragrafi 2 e 4 del presente articolo.
2. Le navi che utilizzano metodi di riduzione delle emissioni di cui al paragrafo 1 devono raggiungere costantemente riduzioni delle emissioni di anidride solforosa che siano almeno equivalenti alle riduzioni che si otterrebbero utilizzando combustibili per uso marittimo conformi ai requisiti di cui agli articoli 6 e 7. I valori di emissione equivalenti sono stabiliti conformemente all'allegato I.
3. Come soluzione alternativa per ridurre le emissioni, gli Stati membri incoraggiano l'utilizzo di energia elettrica prodotta a terra da parte delle navi ormeggiate in porto.
4. I metodi di riduzione delle emissioni di cui al paragrafo 1 devono essere conformi ai criteri specificati negli strumenti di cui all'allegato II.
5. Se giustificato alla luce dei progressi scientifici e tecnici relativi ai metodi alternativi di riduzione delle emissioni ed in modo da garantire la piena coerenza con gli strumenti e le norme pertinenti adottate dall'IMO:
a)
alla Commissione è conferito il potere di adottare, atti delegati conformemente all'articolo 16, recanti modifica degli allegati I e II;
b)
la Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono i requisiti dettagliati ai fini del monitoraggio delle emissioni, ove opportuno. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2.
Articolo 9
Approvazione di metodi di riduzione delle emissioni a bordo di navi battenti bandiera di uno Stato membro
1. I metodi di riduzione delle emissioni che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 96/98/CE sono approvati in conformità di detta direttiva.
2. I metodi di riduzione delle emissioni che non rientrano nel paragrafo 1 del presente articolo sono approvati secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2099/2002, tenendo conto:
a)
delle linee guida elaborate dall'IMO;
b)
dei risultati delle sperimentazioni effettuate ai sensi dell'articolo 10;
c)
degli effetti sull'ambiente, con particolare riguardo alle riduzioni delle emissioni realizzabili, e agli impatti sugli ecosistemi in baie, porti ed estuari; nonché
d)
della realizzabilità del monitoraggio e della verifica.
Articolo 10
Sperimentazioni di nuovi metodi di riduzione delle emissioni
Gli Stati membri possono, in cooperazione con altri Stati membri, ove opportuno, approvare sperimentazioni di metodi di riduzione delle emissioni prodotte dalle navi sulle navi battenti la loro bandiera o in zone marittime sotto la loro giurisdizione. Nel corso di tali sperimentazioni, non è obbligatorio l'uso di combustibili per uso marittimo conformi ai requisiti di cui agli articoli 6 e 7, a condizione che siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti:
a)
la Commissione e lo Stato di approdo interessato sono informati per iscritto almeno sei mesi prima dell'inizio delle sperimentazioni;
b)
la durata delle autorizzazioni relative alle sperimentazioni non è superiore a 18 mesi;
c)
tutte le navi partecipanti installano apparecchiature a prova di manomissione per il monitoraggio continuo dei gas emessi dai fumaioli e le utilizzano per tutta la durata delle sperimentazioni;
d)
tutte le navi partecipanti ottengono riduzioni delle emissioni almeno equivalenti a quelle che si otterrebbero applicando i valori limite di zolfo dei combustibili specificati nella presente direttiva;
e)
per tutta la durata delle sperimentazioni sono disponibili adeguati sistemi di gestione dei rifiuti prodotti dai metodi di riduzione delle emissioni;
f)
è valutato l'impatto sull'ambiente marino, in particolare sugli ecosistemi in baie, porti ed estuari, per tutta la durata delle sperimentazioni; e
g)
i risultati completi sono comunicati alla Commissione e messi a disposizione del pubblico entro sei mesi dalla conclusione delle sperimentazioni.
Articolo 11
Misure finanziarie
Gli Stati membri possono adottare misure finanziarie a favore degli operatori interessati dalla presente direttiva, qualora tali misure finanziarie siano conformi alle norme in materia di aiuti di Stato vigenti e da adottarsi in tale settore.
Articolo 12
Mutamenti nell'approvvigionamento di combustibili
Qualora un mutamento improvviso nell'approvvigionamento di greggio, di prodotti petroliferi, o di altri idrocarburi renda difficile per uno Stato membro l'applicazione dei limiti massimi del tenore di zolfo di cui agli articoli 3 e 4, detto Stato membro ne informa la Commissione. La Commissione può autorizzare l'applicazione di un limite più elevato sul territorio di detto Stato membro, per un periodo non superiore a sei mesi. La sua decisione è notificata al Consiglio e agli Stati membri. Ogni Stato membro può deferire al Consiglio, entro un mese, la decisione della Commissione. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può adottare una decisione differente entro due mesi.
Articolo 13
Campionamento e analisi
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per verificare mediante campionamento che il tenore di zolfo dei combustibili usati sia conforme agli articoli da 3 a 7. Il campionamento ha inizio alla data di entrata in vigore del valore limite relativo al tenore massimo di zolfo del combustibile in questione. Esso è effettuato periodicamente con frequenza e quantità sufficienti in modo da assicurare la rappresentatività dei campioni rispetto al combustibile esaminato e, nel caso del combustibile per uso marittimo, rispetto al combustibile utilizzato dalle navi mentre si trovano nelle zone marittime e nei porti in questione. I campioni sono analizzati senza indebito ritardo.
2. Sono utilizzate le seguenti modalità di campionamento, analisi e ispezione del combustibile per uso marittimo:
a)
ispezione dei giornali di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile; e
b)
ove appropriato, le seguenti modalità di campionamento e analisi:
i)
campionamento del combustibile marittimo destinato alla combustione a bordo al momento della consegna alle navi, secondo le linee guida per il campionamento di olio combustibile ai fini dell'accertamento della conformità all'allegato VI riveduto della convenzione MARPOL, adottate il 17 luglio 2009 mediante la risoluzione 182(59) del comitato per la protezione dell'ambiente marino (MEPC) dell'IMO, e analisi del suo tenore di zolfo; o
ii)
campionamento e analisi del tenore di zolfo del combustibile per uso marittimo destinato alla combustione a bordo contenuto nei serbatoi, ove fattibile sotto il profilo tecnico ed economico, e nei campioni sigillati a bordo delle navi.
3. Il metodo di riferimento adottato per determinare il tenore di zolfo è il metodo ISO 8754 (2003) o EN ISO 14596:2007.
Al fine di stabilire se il combustibile per uso marittimo consegnato e utilizzato a bordo delle navi sia conforme ai valori limite di zolfo previsti dagli articoli da 4 a 7, si ricorre alla procedura di verifica del combustibile stabilita nell'appendice VI dell'allegato VI della convenzione MARPOL.
4. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti di esecuzione per quanto riguarda:
a)
la frequenza dei campionamenti;
b)
i metodi di campionamento;
c)
la definizione del campione rappresentativo del combustibile esaminato.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2.
Articolo 14
Relazioni e riesame
1. Entro il 30 giugno di ogni anno, sulla base dei risultati del campionamento, dell'analisi e delle ispezioni effettuati conformemente all'articolo 13, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sulla conformità alle norme relative al tenore di zolfo stabilite nella presente direttiva per l'anno civile precedente.
Sulla base delle relazioni ricevute conformemente al primo comma del presente paragrafo e delle notifiche concernenti la non disponibilità di combustibile per uso marittimo conforme alla presente direttiva trasmesse dagli Stati membri conformemente all'articolo 6, paragrafo 8, la Commissione, entro 12 mesi dalla data di cui al primo comma del presente paragrafo, elabora e pubblica una relazione sull'attuazione della presente direttiva. La Commissione valuta la necessità di un ulteriore rafforzamento delle pertinenti disposizioni della presente direttiva e presenta eventuali proposte legislative a tal fine.
2. Entro il 31 dicembre 2013 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione, corredata se del caso di proposte legislative. Nella sua relazione la Commissione valuta la possibilità di ridurre l'inquinamento atmosferico tenendo conto, in particolare: delle relazioni annuali presentate conformemente ai paragrafi 1 e 3; della qualità dell'aria e dell'acidificazione rilevate; dei costi del combustibile; dell'impatto economico potenziale e del trasferimento modale osservato; e dei progressi conseguiti nella riduzione delle emissioni prodotte dalle navi.
3. La Commissione può adottare atti di esecuzione riguardo alle informazioni da inserire nella relazione e al formato della relazione di cui al paragrafo 1. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 17, paragrafo 2.
Articolo 15
Adeguamento al progresso scientifico e tecnico
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 16 riguardo agli adeguamenti al progresso tecnico e scientifico dell'articolo 2, lettere da a) ad e) e p), dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera b), punto i), e dell'articolo 13, paragrafo 3. Tali adeguamenti non comportano alcuna modifica diretta dell'ambito di applicazione della presente direttiva o dei valori limite di zolfo dei combustibili specificati nella presente direttiva.
Articolo 16
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 8, paragrafo 5, e all'articolo 15 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 17 dicembre 2012. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all'articolo 8, paragrafo 5, e all'articolo 15 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 5, e dell'articolo 15 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di tre mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di tre mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 17
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 18
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della presente direttiva.
Le sanzioni stabilite devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive e possono includere sanzioni pecuniarie calcolate in modo tale da garantire che i responsabili siano privati almeno dei benefici economici derivanti dalla violazione delle disposizioni nazionali di cui al primo comma, da aumentare gradualmente per le violazioni ripetute.
Articolo 19
Abrogazione
La direttiva 1999/32/CE, come modificata dalle direttive di cui all'allegato III, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato III, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato IV.
Articolo 20
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 21
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, l'11 maggio 2016
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
J.A. HENNIS-PLASSCHAERT
(1) GU C 12 del 15.1.2015, pag. 117.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 9 marzo 2016 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'11 aprile 2016.
(3) Direttiva 1999/32/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi e che modifica la direttiva 93/12/CEE (GU L 121 dell'11.5.1999, pag. 13).
(4) Cfr. allegato III, parte A.
(5) Decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1).
(6) Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 171).
(7) Direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (GU L 241 del 17.9.2015, pag. 1).
(8) Direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (GU L 309 del 27.11.2001, pag. 1).
(9) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
(10) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(11) Regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1).
(12) Direttiva 96/98/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, sull'equipaggiamento marittimo (GU L 46 del 17.2.1997, pag. 25).
(13) Direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e recante modificazione della direttiva 93/12/CEE del Consiglio (GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58).
(14) Direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali (GU L 59 del 27.2.1998, pag. 1).
(15) Direttiva 94/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri riguardanti le imbarcazioni da diporto (GU L 164 del 30.6.1994, pag. 15).
ALLEGATO I
VALORI DI EMISSIONE EQUIVALENTI PER I METODI DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CUI ALL'ARTICOLO 8, PARAGRAFO 2
Valori limite di zolfo del combustibile per uso marittimo di cui agli articoli 6 e 7 della presente direttiva e alle regole 14.1 e 14.4 dell'allegato VI della convenzione MARPOL e valori di emissione corrispondenti di cui all'articolo 8, paragrafo 2:
Tenore di zolfo del combustibile per uso marittimo (% m/m)
Rapporto emissione SO2 (ppm)/CO2 (% v/v)
3,50
151,7
1,50
65,0
1,00
43,3
0,50
21,7
0,10
4,3
Nota:
—
L'uso del rapporto sui limiti di emissione si applica solo se si utilizza distillato a base di petrolio o oli combustibili residui.
—
In casi giustificati in cui la concentrazione di CO2 è ridotta dall'unità di depurazione dei gas di scarico (EGC), la concentrazione di CO2 può essere misurata nell'ingresso dell'unità EGC, a condizione che l'esattezza di tale metodologia possa essere chiaramente dimostrata.
ALLEGATO II
CRITERI D'USO DEI METODI DI RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DI CUI ALL'ARTICOLO 8, PARAGRAFO 4
I metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo 8 sono conformi almeno ai criteri specificati nei seguenti strumenti, secondo il caso:
Metodo di riduzione delle emissioni
Criteri d'uso
Mix di combustibile per uso marittimo e gas di evaporazione
Decisione 2010/769/UE della Commissione (1).
Sistemi di depurazione dei gas di scarico
Risoluzione MEPC.184(59) adottata il 17 luglio 2009
Le acque di lavaggio risultanti dai sistemi di depurazione dei gas di scarico che fanno uso di prodotti chimici, additivi e dei prodotti chimici creati in loco di cui al punto 10.1.6.1 della risoluzione MEPC.184(59) non sono scaricate in mare, ivi inclusi baie, porti ed estuari, a meno che non sia dimostrato dall'operatore della nave che gli scarichi di tali acque di lavaggio non hanno impatti negativi rilevanti e non presentano rischi per la salute umana e per l'ambiente. Se il prodotto chimico utilizzato è la soda caustica è sufficiente che le acque di lavaggio rispettino i criteri stabiliti nella risoluzione MEPC.184(59) e che il suo pH non sia superiore a 8,0.
Biocarburanti
Uso di biocarburanti quali definiti nella direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) che rispettano le pertinenti norme CEN e ISO.
Le miscele di biocarburanti e combustibili per uso marittimo rispettano le norme relative al tenore di zolfo di cui all'articolo 5, all'articolo 6, paragrafi 1, 2 e 5, e all'articolo 7 della presente direttiva.
(1) Decisione 2010/769/UE della Commissione, del 13 dicembre 2010, relativa alla definizione dei criteri per l'uso da parte delle navi da trasporto di gas naturale liquefatto di metodi tecnologici alternativi all'utilizzo di combustibili per uso marittimo a basso tenore di zolfo conformi all'articolo 4 ter della direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi, modificata dalla direttiva 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo (GU L 328 del 14.12.2010, pag. 15).
(2) Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16).
ALLEGATO III
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle modifiche successive
(di cui all'articolo 19)
Direttiva 199/32/CE del Consiglio
(GU L 121 dell'11.5.1999, pag. 13)
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1)
Solo il punto 19 dell'allegato I
Direttiva 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 191 del 22.7.2005, pag. 59)
Regolamento (CE) n. 219/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 87 del 31.3.2009, pag. 109)
Solo il punto 3.4 dell'allegato
Direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 140 del 5.6.2009, pag. 88)
Solo l'articolo 2
Direttiva 2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 327 del 27.11.2012, pag. 1)
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto interno
(di cui all'articolo 19)
Direttiva
Termine di recepimento
1999/32/CE
1o luglio 2000
2005/33/CE
11 agosto 2006
2009/30/CE
31 dicembre 2010
2012/33/UE
18 giugno 2014
ALLEGATO IV
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 1999/32/CE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere a), b) e c)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere a), b) e c)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), frase introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), primo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), punto i)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera d), punto ii)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere da e) a h)
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettere da e) a h)
Articolo 2, frase introduttiva
Articolo 2, frase introduttiva
Articolo 2, punto 1)
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, punto 1), primo trattino
Articolo 2, lettera a), punto i)
Articolo 2, punto 1), secondo trattino
Articolo 2, lettera a), punto ii)
Articolo 2, punto 2)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, punto 2), primo trattino
Articolo 2, lettera b), punto i)
Articolo 2, punto 2), secondo trattino
Articolo 2, lettera b), punto ii)
Articolo 2, punto 2), frase finale
Articolo 2, lettera b), frase finale
Articolo 2, punto 3)
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, punto 3) bis
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, punto 3) ter
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, punto 3) quater
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, punto 3) quinquies
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, punto 3) sexies
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, punto 3) septies
Articolo 2, lettera i)
Articolo 2, punto 3) octies
Articolo 2, lettera j)
Articolo 2, punto 3) nonies
Articolo 2, lettera k)
Articolo 2, punto 3) decies
Articolo 2, lettera l)
Articolo 2, punto 3) duodecies
Articolo 2, lettera m)
Articolo 2, punto 3) terdecies
Articolo 2, lettera n)
Articolo 2, punto 3) quaterdecies
Articolo 2, lettera o)
Articolo 2, punto 4)
Articolo 2, lettera p)
Articolo 2, punto 5)
Articolo 2, lettera q)
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 3 bis
Articolo 5
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 4 bis, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 4 bis, paragrafo 1 bis
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 4 bis, paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 3
Articolo 4 bis, paragrafo 3
Articolo 6, paragrafo 4
Articolo 4 bis, paragrafo 4
Articolo 6, paragrafo 5
Articolo 4 bis, paragrafo 5
Articolo 6, paragrafo 6
Articolo 4 bis, paragrafo 5 bis
Articolo 6, paragrafo 7
Articolo 4 bis, paragrafo 5 ter
Articolo 6, paragrafo 8
Articolo 4 bis, paragrafo 6
Articolo 6, paragrafo 9
Articolo 4 bis, paragrafo 7
Articolo 6, paragrafo 10
Articolo 4 ter
Articolo 7
Articolo 4 quater, paragrafi 1 e 2
Articolo 8, paragrafi 1 e 2
Articolo 4 quater, paragrafo 2 bis
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 4 quater, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 4
Articolo 4 quater, paragrafo 4
Articolo 8, paragrafo 5
Articolo 4 quinquies
Articolo 9
Articolo 4 sexies
Articolo 10
Articolo 4 septies
Articolo 11
Articolo 5
Articolo 12
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 1 bis
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 13, paragrafo 3
Articolo 6, paragrafo 1 ter
Articolo 13, paragrafo 4
Articolo 7, paragrafi 1 e 2
Articolo 14, paragrafi 1 e 2
Articolo 7, paragrafo 1 bis
Articolo 14, paragrafo 3
Articolo 7, paragrafo 3
—
Articolo 7, paragrafo 4
Articolo 15
Articolo 9
Articolo 17
Articolo 9 bis
Articolo 16
Articolo 10
—
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 18, primo comma
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 18, secondo comma
—
Articolo 19
Articolo 12
Articolo 20
Articolo 13
Articolo 21
Allegati I e II
Allegati I e II
—
Allegato III
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Allegato IV
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Combustibili: riduzione del tenore di zolfo
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Codifica e abroga la direttiva 1999/32/CE del Consiglio, la normativa esistente dell’Unione europea (UE), che è stata modificata sostanzialmente diverse volte.
Mira a ridurre le emissioni di anidride solforosa derivanti dalla combustione di alcuni tipi di combustibili liquidi.
Dovrebbe pertanto ridurre gli effetti nocivi di tali emissioni per le persone e l’ambiente, che potrebbero superare quelle derivanti da tutte le fonti situate a terra nell’UE entro il 2020.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce il limite massimo consentito al tenore di zolfo di:
olio combustibile pesante;
gasolio;
gasolio marino; e
olio diesel marino.
Olio combustibile pesante e gasolio
I paesi dell’UE devono vietare l’uso, nei loro territori, di:
oli combustibili pesanti, se il loro tenore di zolfo supera il 3 % in massa;
gasoli, se il loro tenore di zolfo supera lo 0,1 % in massa.
Combustibili per uso marittimo
La direttiva integra le principali modifiche del diritto internazionale sulla prevenzione dell’inquinamento causato da navi. Integra nel diritto dell’UE l’allegato VI riveduto della convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (nota come Marpol), modificata dal relativo protocollo del 1978, che è entrato in vigore il 1o luglio 2010.
L’allegato VI della Marpol introduce limiti al contenuto di zolfo più rigorosi per il combustibile per uso marittimo nelle zone di controllo delle emissioni di ossidi di zolfo (SECA) che, nell’UE, si trovano nel Baltico, nei mari del nord e nella Manica. Tali limiti sono fissati all’1 % dal 1o luglio 2010 e allo 0,1 % dal 1o gennaio 2015. Limiti più elevati sono ancora possibili, ma solamente nel caso in cui siano installati a bordo dei sistemi sostenibili di depurazione dei gas di scarico.
A partire dal 1o gennaio 2012, nelle aree marittime al di fuori delle SECA, i limiti al contenuto di zolfo sono fissati al 3,5 % e si abbasseranno allo 0,5 % dal 1o gennaio 2020. Lo stesso requisito, chiamato anche limite generale del tenore di zolfo, entrerà in vigore a livello internazionale, come deciso nell’ottobre 2016 dall’Organizzazione marittima internazionale. Questa decisione storica ridurrà in maniera significativa gli effetti sulla salute umana delle emissioni prodotte dalle navi e garantirà delle condizioni globali di parità per gli operatori delle navi.
I paesi dell’UE possono consentire l’uso di metodi di riduzione delle emissioni* che comportino riduzioni delle emissioni almeno equivalenti, o addirittura superiori, a quelle ottenute utilizzando combustibili a basso tenore di zolfo, purché:
non abbiano effetti negativi significativi sull’ambiente, come gli ecosistemi marini; e
siano sviluppati in conformità di meccanismi appropriati di approvazione e controllo.
Attuazione
Per garantire che la direttiva venga applicata correttamente, i paesi dell’UE devono:
assicurare un campionamento sufficientemente frequente e accurato del combustibile per uso marittimo immesso sul mercato o utilizzato dalle navi, nonché una verifica periodica dei giornali di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile*;
introdurre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive contro la violazione delle disposizioni.
Nel 2013 sono stati avviati i lavori a livello tecnico nell’ambito del forum europeo per il trasporto marittimo sostenibile al fine di discutere delle strategie coordinate per garantire un’attuazione efficiente in termini di costi della direttiva 2012/33/UE (che ha modificato la direttiva 1992/32/CE e ha cercato di ridurre in modo significativo le emissioni prodotte dal trasporto marittimo dovute all’utilizzo di combustibili per uso marittimo). Il forum ha coinvolto i paesi dell’UE, l’industria marittima e l’assistenza tecnica dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA).
Sulla base di tali lavori, è stata adottata la decisione di esecuzione (UE) 2015/253 della Commissione. Ha introdotto maggiori ispezioni di documenti e campionamenti di combustibile nei porti, nonché la razionalizzazione dei relativi obblighi di segnalazione da parte dei paesi dell’UE. Ha inoltre avviato il sistema d’informazione dell’UE (Thetis-UE) e sviluppato l’EMSA per un uso su base volontaria, in modo da permettere alle autorità di condividere ogni giorno i risultati delle ispezioni relative allo zolfo contenuto nei combustibili delle singole navi.
Progresso scientifico e tecnico
Per stare al passo con il progresso scientifico e tecnico, la Commissione europea, dopo aver consultato un comitato di rappresentanti dell’UE, ha il diritto di adottare atti delegati per modificare i valori di emissione equivalenti e i criteri per l’utilizzazione di metodi di riduzione delle emissioni.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva (UE) 2016/802 è la versione codificata della direttiva 1999/32/CE del Consiglio e sue successive modifiche. È entrata in vigore il 10 giugno 2016.
CONTESTO
Le emissioni di inquinanti atmosferici come l’anidride solforosa possono percorrere lunghe distanze e, negli ultimi anni, le emissioni prodotte dal trasporto marittimo hanno sempre più compromesso la qualità dell’aria nell’UE.
Le emissioni di anidride solforosa provocano piogge acide e creano polvere fine. Questa polvere è dannosa per la salute umana poiché provoca malattie respiratorie e cardiovascolari e riduce fino a due anni la speranza di vita nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Metodi di riduzione delle emissioni: un’alternativa all’uso di combustibile per uso marittimo a basso tenore di zolfo, compresi ogni connessione, materiale, apparecchio o impianto da montare sulla nave o qualsiasi altra procedura, combustibile alternativo o metodo per conformarsi. Il metodo di riduzione delle emissioni deve soddisfare i requisiti della presente direttiva dimostrando di essere verificabile, quantificabile ed esecutivo.
Bollettini di consegna del combustibile: documenti rilasciati da un fornitore a dei clienti come prova della consegna del combustibile.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva (UE) 2016/802 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (codificazione) (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 58-78) |
Bande di frequenza per la comunicazione elettronica
QUALI SONO GLI OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA E DELLE DECISIONI?
La direttiva 87/372/CEE definisce in termini generali le bande di frequenza da assegnare al servizio di pubblico digitale cellulare paneuropeo a decorrere dal 1o gennaio 1991 e chiede agli Stati membri di effettuare i preparativi necessari con la massima tempestività. La legislazione dell’UE, attraverso questa serie di decisioni relative alle bande di frequenza utilizzate per i servizi e le reti di comunicazione elettronica, nonché altre applicazioni relative al mercato interno, puntano ad armonizzare l’assegnazione tecnica e coordinare l’autorizzazione all’uso dello spettro radio.
PUNTI CHIAVE
Direttiva 87/372/CEE, modificata dalla direttiva 2009/114/CE del Consiglio
Sebbene la direttiva 2009/114 del Consiglio abbia confermato l’allocazione della banda 900 MHz per GSM quale sistema di riferimento tecnico in quella banda, i paesi dell’UE devono mettere le bande di frequenza 880-915 MHz e 925-960 MHz (la banda dei 900 MHz) a disposizione dei sistemi GSM e UMTS e di altri sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica che possano coesistere con i sistemi GSM, in conformità con la politica dello spettro radio nell’UE.
Decisioni sulla larghezza di banda nell’UELe disposizioni legislative dell’UE relative alle bande utilizzate per i servizi e le reti di comunicazione elettronica possono essere suddivise tra quelle che cercano di armonizzare l’assegnazione tecnica e quelle che coordinano l’autorizzazione all’uso dello spettro. La flessibilità si ottiene per mezzo di autorizzazioni il più possibile neutre in termini di tecnologia e servizio, in modo che gli utenti dello spettro radio possano scegliere le migliori tecnologie e servizi da applicare nelle bande di spettro dichiarate disponibili per i servizi di comunicazione elettronica nei pertinenti piani nazionali di assegnazione delle frequenze. Le restrizioni ai principi di tecnologia e neutralità del servizio si applicano solo in un numero limitato di casi, in particolare laddove sia necessario evitare interferenze dannose, proteggere la salute pubblica, garantire un livello adeguato di qualità tecnica del servizio o quando sono in gioco obiettivi di interesse generale. Alcune di queste misure mirano anche a coordinare i tempi della concessione, da parte dei paesi dell’UE che concedono diritti di utilizzo dello spettro armonizzato in relazione ai servizi e alle reti di comunicazione elettronica. Esse comprendono il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche che stabilisce le regole generali per qualsiasi spettro radio armonizzato in base alla decisione sullo spettro radio (decisione 676/2002/CE) e per le bande sperimentali per le comunicazioni a banda larga senza fili ad altissima velocità in 5G (bande 3,6 GHz e 26 GHz). Inoltre, sono completate da una serie di altre bande di frequenze più basse. Allo stesso modo, la decisione 2017/899 del Consiglio stabilisce una scadenza per l’utilizzo della banda da 700 Mhz per le comunicazioni mobili in 5G, mentre l’articolo 6 della decisione 243/2012/UE del Consiglio, che istituisce un programma pluriennale relativo alla politica in materia di spettro radio, riguardava gli 800 MHz e altre bande armonizzate (3,6 GHz, 2,6 GHz, 900 e 1800 MHz). Le bande di frequenza armonizzate in queste decisioni sono:bande di frequenza da assegnare alla radiotelefonia mobile terrestre nell’UE;spettro radio per l’utilizzo da parte di apparecchiature a corto raggio;uso dello spettro per i servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA);banda di frequenze 3 400-3 800 MHz per i sistemi terrestri;banda di frequenze 2 500-2 690 MHz per i sistemi terrestri;bande di frequenze 900 MHz e 1 800 MHz per i sistemi terrestri;spettro radio per i servizi di comunicazione mobile a bordo delle navi (servizi MCV);banda di frequenze 790-862 MHz per i sistemi terrestri;bande di frequenze 1 920-1 980 MHz e 2 110-2 170 MHz per i sistemi terrestri;banda di frequenza 1 452-1 492 MHz per i sistemi terrestri e sua estensione nelle bande di frequenza 1 427-1 452 MHz e 1 492-1 517 MHz;banda di frequenze 694-790 MHz per i sistemi terrestri;banda di frequenze 470-790 MHz;banda di frequenze 24,25-27,5 GHz per i sistemi terrestri.
DA QUANDO SI APPLICANO LA DIRETTIVA E LE DECISIONI?
La direttiva 87/372/CEE del Consiglio è entrata in vigore il 30 giugno 1987 e doveva diventare legge nei paesi dell’UE entro il 1988. Le modifiche introdotte dalla direttiva 2009/114/CE dovevano diventare legge nei paesi dell’UE entro il 9 maggio 2010.
Decisione
Data di applicazione
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2020/667
19 maggio 2020
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2020/636
12 maggio 2020
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2020/590
30 aprile 2020
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2019/784
16 maggio 2019
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2019/235
26 gennaio 2019
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2018/661
27 aprile 2018
Decisione (UE) 2017/899
14 giugno 2017
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2017/191
2 febbraio 2017
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2016/2317
19 dicembre 2016
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2016/687
2 maggio 2016
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2015/750
11 maggio 2015
Decisione di esecuzione 2014/276/UE della Commissione
5 maggio 2014
Decisione di esecuzione 2013/654/UE della Commissione
13 novembre 2013
Decisione di esecuzione 2012/688/UE della Commissione
6 novembre 2012
Decisione di esecuzione 2011/251/UE della Commissione
19 aprile 2011
Decisione 2010/267/EU della Commissione
11 maggio 2010
Decisione 2010/166/EU della Commissione
20 marzo 2010
Decisione 2009/766/CE della Commissione
19 ottobre 2009
Decisione 2008/477/CE della Commissione
13 giugno 2008
Decisione 2008/411/CE della Commissione
21 maggio 2008
Decisione 2008/294/CE della Commissione
7 aprile 2008
Decisione 2006/771/CE della Commissione
9 novembre 2006
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cos’è la politica dello spettro radio? (Commissione europea) Spettro radio: coordinamento, armonizzazione e informazioni (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione di esecuzione (UE) 2020/667 della Commissione, del 6 maggio 2020, che modifica la decisione 2012/688/UE per quanto riguarda l’aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alle bande di frequenze 1 920-1 980 MHz e 2 110-2 170 Mhz (GU L 156 del 19.5.2020, pag. 6).
Decisione di esecuzione (UE) 2020/636 della Commissione, dell’8 maggio 2020 che modifica la decisione 2008/477/CE per quanto riguarda l’aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alla banda di frequenze 2 500-2 690 Mhz (GU L 149 del 12.5.2020, pag. 3).
Decisione di esecuzione (UE) 2020/590 della Commissione, del 24 aprile 2020, che modifica la decisione (UE) 2019/784 per quanto riguarda l’aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alla banda di frequenze 24,25-27,5 Ghz (GU L 138 del 30.4.2020, pag. 19).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/784 della Commissione, del 14 maggio 2019, relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 24,25-27,5 GHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili nell’Unione (GU L 127 del 16.5.2019, pag. 13).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/235 della Commissione, del 24 gennaio 2019, che modifica la decisione 2008/411/CE per quanto riguarda un aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alla banda di frequenze 3 400-3 800 Mhz (GU L 37 dell’8.2.2019, pag. 135).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/661 della Commissione, del 26 aprile 2018, che modifica la decisione di esecuzione (UE) 2015/750 relativa all’armonizzazione della banda di frequenza 1 452-1 492 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nell’Unione per quanto riguarda la sua estensione nelle bande di frequenze armonizzate 1 427-1 452 MHz e 1 492-1 517 Mhz (GU L 110 del 30.4.2018, pag. 127).
Decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, relativa all’uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell’Unione (GU L 138 del 25.5.2017, pag. 131).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/191 della Commissione, dell’1o febbraio 2017, che modifica la decisione 2010/166/UE al fine di introdurre nuove tecnologie e bande di frequenza per i servizi di comunicazione mobile a bordo delle navi (servizi MCV) nell’Unione europea (GU L 29 del 3.2.2017, pag. 63).
Decisione di esecuzione (UE) 2016/2317 della Commissione, del 16 dicembre 2016, che modifica la decisione 2008/294/CE e la decisione di esecuzione 2013/654/UE al fine di semplificare il funzionamento dei servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) nell’Unione (GU L 345 del 20.12.2016, pag. 67).
Decisione di esecuzione (UE) 2016/687 della Commissione, del 28 aprile 2016, relativa all’armonizzazione della banda di frequenza 694-790 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e per l’uso nazionale flessibile nell’Unione (GU L 118 del 4.5.2016, pag. 4).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/750 della Commissione, dell’8 maggio 2015, relativa all’armonizzazione della banda di frequenza 1 452-1 492 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nell’Unione (GU L 119 del 12.5.2015, pag. 27).
Le modifiche successive alla decisione (UE) 2015/750 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione di esecuzione 2014/276/UE della Commissione, del 2 maggio 2014, che modifica la decisione 2008/411/CE relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 3 400-3 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nella Comunità (GU L 139 del 14.5.2014, pag. 18).
Decisione di esecuzione 2013/654/UE della Commissione, del 12 novembre 2013, recante modifica della decisione 2008/294/CE al fine di includere ulteriori tecnologie di accesso e bande di frequenza per i servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) (GU L 303 del 14.11.2013, pag. 48).
Si veda la versione consolidata.
Decisione di esecuzione 2012/688/UE della Commissione, del 5 novembre 2012, relativa all’armonizzazione delle bande di frequenze 1 920-1 980 MHz e 2 110-2 170 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nell’Unione (GU L 307 del 7.11.2012, pag. 84).
Decisione di esecuzione 2011/251/UE della Commissione, del 18 aprile 2011, che modifica la decisione 2009/766/CE relativa all’armonizzazione delle bande di frequenze 900 MHz e 1 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche paneuropee nella Comunità (GU L 106 del 27.4.2011, pag. 9).
Decisione 2010/267/UE della Commissione, del 6 maggio 2010, relativa all’armonizzazione delle condizioni tecniche d’uso della banda di frequenze 790-862 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nell’Unione europea (GU L 117 dell’11.5.2010, pag. 95).
Decisione 2010/166/UE della Commissione, del 19 marzo 2010, sulle condizioni d’uso armonizzate dello spettro radio per i servizi di comunicazione mobile a bordo delle navi (servizi MCV) nell’Unione europea (GU L 72 del 20.3.2010, pag. 38).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2009/766/CE della Commissione, del 16 ottobre 2009, relativa all’armonizzazione delle bande di frequenze 900 MHz e 1 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche paneuropee nella Comunità (GU L 274 del 20.10.2009, pag. 32).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2008/477/CE della Commissione, del 13 giugno 2008, relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 2 500-2 690 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nella Comunità (GU L 163 del 24.6.2008, pag. 37).
Decisione 2008/411/CE della Commissione, del 21 maggio 2008, relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 3 400-3 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nella Comunità (GU L 144 del 4.6.2008, pag. 77).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2008/294/CE della Commissione, del 7 aprile 2008, sulle condizioni armonizzate dell’uso dello spettro per il funzionamento dei servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) nella Comunità europea (GU L 98 del 10.4.2008, pag. 19).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2006/771/CE della Commissione, del 9 novembre 2006, relativa all’armonizzazione dello spettro radio per l’utilizzo da parte di apparecchiature a corto raggio (GU L 312 dell’11.11.2006, pag. 66).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 87/372/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, sulle bande di frequenza da assegnare per l’introduzione coordinata del servizio pubblico digitale cellulare paneuropeo di radiotelefonia mobile terrestre nella Comunità (GU L 196 del 17.7.1987, pag. 85).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione) (GU L 321 del 17.12.2018, pag. 36).
Decisione n. 676/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa ad un quadro normativo per la politica in materia di spettro radio nella Comunità europea (Decisione spettro radio) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 1). | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2016/687 DELLA COMMISSIONE
del 28 aprile 2016
relativa all'armonizzazione della banda di frequenza 694-790 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e per l'uso nazionale flessibile nell'Unione
[notificata con il numero C(2016) 2268]
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la decisione n. 676/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa ad un quadro normativo per la politica in materia di spettro radio nella Comunità europea (Decisione spettro radio) (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Nel programma pluriennale relativo alla politica in materia di spettro radio (di seguito il «programma pluriennale») adottato con decisione 243/2012/UE (2), il Parlamento europeo e il Consiglio hanno stabilito l'obiettivo strategico di individuare entro il 2015 almeno 1 200 MHz di spettro radio idoneo per soddisfare la domanda crescente di traffico dati senza fili nell'Unione (3). Inoltre, il programma pluriennale ha autorizzato la Commissione e gli Stati membri a garantire, in cooperazione, la disponibilità di spettro radio per la realizzazione di programmi e di eventi speciali (PMSE) (4), per lo sviluppo di servizi legati alla sicurezza e la libera circolazione delle apparecchiature correlate, nonché per lo sviluppo di soluzioni innovative interoperabili per la protezione civile e i soccorsi in caso di catastrofe (PPDR) (5), e per l'«Internet degli oggetti» (IoT) (6). Il gruppo Politica dello spettro radio (RSPG) ha adottato una relazione sulle esigenze strategiche settoriali in materia di spettro radio, che affronta, tra l'altro, le esigenze di spettro per PPDR, PMSE e IoT (7).
(2)
Lo spettro nella banda di frequenza 694-790 MHz (di seguito la «banda dei 700 MHz») è una risorsa preziosa per una diffusione economicamente efficiente di reti senza fili terrestri ad elevata capacità che offrano una copertura universale in ambiente interno ed esterno. Il regolamento delle radiocomunicazioni dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni contiene assegnazioni della banda dei 700 MHz al servizio radiotelevisivo e mobile (ad eccezione del servizio aeronautico) su base coprimaria e individuazioni di tale banda per le telecomunicazioni mobili internazionali (IMT). Detta banda di frequenza è attualmente utilizzata in tutta l'Unione per la televisione digitale terrestre (DTT) e le apparecchiature PMSE audio senza fili.
(3)
La strategia della Commissione per il mercato unico digitale (8) sottolinea l'importanza della banda dei 700 MHz per garantire la fornitura di servizi a banda larga nelle zone rurali e pone l'accento sulla necessità di liberare tale banda di frequenza in modo coordinato, venendo incontro nel contempo alle esigenze specifiche legate alla distribuzione dei servizi di media audiovisivi, al fine di promuovere gli investimenti nelle reti a banda larga ad alta velocità e favorire la diffusione dei servizi digitali avanzati.
(4)
Nel suo parere sulla strategia a lungo termine per la banda di frequenza 470-790 MHz (9), il gruppo RSPG raccomanda un approccio coordinato per ridestinare la banda dei 700 MHz ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, rendendola anche disponibile in condizioni tecniche armonizzate a livello dell'Unione.
(5)
L'11 marzo 2013, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, della decisione spettro radio, la Commissione ha conferito alla Conferenza europea delle amministrazioni delle poste e delle telecomunicazioni (CEPT) il mandato di definire condizioni tecniche armonizzate per la banda dei 700 MHz nell'Unione per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e per altri usi a sostegno delle priorità della politica dell'Unione in materia di spettro radio.
(6)
Il 28 novembre 2014 e il 1o marzo 2016, nell'ambito di tale mandato, la CEPT ha pubblicato le sue relazioni n. 53 (10) e n. 60 (11). Tali relazioni forniscono la base per l'armonizzazione tecnica della banda dei 700 MHz per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri, che consente di realizzare economie di scala per le apparecchiature, in linea con gli sviluppi internazionali in questa banda.
(7)
Le relazioni CEPT n. 53 e n. 60 presentano anche opzioni per l'uso di porzioni della banda dei 700 MHz (il cosiddetto intervallo duplex e/o le bande di guardia), su cui gli Stati membri possono decidere individualmente («opzioni nazionali»). Un'opzione nazionale è il downlink supplementare (SDL), che costituisce la trasmissione in modalità «solo downlink» (vale a dire unidirezionale) della stazione di base per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri, affrontando in tal modo il problema dell'asimmetria del traffico dati con il potenziamento della capacità di downlink di tali servizi. Altre opzioni nazionali sono PPDR, PMSE e comunicazioni M2M basati su sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica.
(8)
Condizioni tecniche armonizzate garantirebbero la diffusione della banda dei 700 MHz per servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri ad alta velocità, nonché per altri usi in linea con le priorità della politica in materia di spettro radio a livello di Unione, promuoverebbero il mercato unico, ridurrebbero le interferenze dannose e agevolerebbero il coordinamento delle frequenze.
(9)
La banda dei 700 MHz dovrebbe pertanto essere utilizzata per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri sulla base di un accordo di ripartizione armonizzata del canale (in seguito «accordo principale») e relative condizioni tecniche minime comuni meno restrittive, ogniqualvolta gli Stati membri designino tale banda per usi diversi da quelli delle reti di emittenza radiotelevisiva ad alta potenza. Gli Stati membri possono eccezionalmente e in via provvisoria destinare porzioni della banda dei 700 MHz a servizi di televisione digitale terrestre fuori dell'ambito dell'accordo principale, per agevolare una transizione rapida dalla radiodiffusione televisiva terrestre nella banda, in modo opportuno in funzione delle circostanze nazionali, ad esempio riguardo alla modifica dei diritti d'uso dello spettro per i servizi DTT o di accordi sulla diffusione simultanea (simulcast) conformemente ad accordi fra Stati membri confinanti sulla gestione dei rischi di interferenze transfrontaliere.
(10)
Gli Stati membri dovrebbero inoltre avere la possibilità di usare porzioni della banda dei 700 MHz in risposta a esigenze nazionali specifiche. Oltre ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri, ciò potrebbe anche comprendere l'uso in linea con le priorità settoriali della politica in materia di spettro radio dell'Unione, in particolare per PMSE, PPDR e IoT e con l'obiettivo di assicurare un uso efficiente dello spettro. A tale riguardo, la banda di frequenza 790-791 MHz può anche essere utilizzata senza pregiudicare la decisione 2010/267/UE della Commissione (12). Un'armonizzazione flessibile della disponibilità delle frequenze radio nella banda dei 700 MHz per far fronte a tali esigenze nazionali sulla base di una serie limitata di opzioni nazionali contribuirebbe a realizzare economie di scala per le apparecchiature, nonché a migliorare il coordinamento transfrontaliero, e dovrebbe limitarsi a gamme di frequenza disponibili e, se del caso, a un correlato metodo duplex e a un accordo di ripartizione del canale. Gli Stati membri dovrebbero decidere in merito all'attuazione delle opzioni nazionali, nonché determinarne l'idonea combinazione e organizzarne la coesistenza. L'uso dello spettro per opzioni nazionali dovrebbe inoltre garantire la coesistenza con i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri conformi all'accordo principale.
(11)
I servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri e le opzioni nazionali nella banda dei 700 MHz dovrebbero garantire una protezione adeguata dei servizi di radiodiffusione televisiva terrestre già presenti sul mercato e dell'uso di apparecchiature PMSE audio senza fili sotto i 694 MHz conformemente alla loro posizione normativa. Potrebbe essere necessario applicare ulteriori misure a livello nazionale per gestire interferenze reciproche tra i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e i servizi di televisione digitale terrestre, ad esempio da trasmettitori della stazione di base di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili a ricevitori DTT o da trasmettitori DTT a ricevitori della stazione di base di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, mediante l'uso di opportune tecniche di attenuazione, caso per caso, da parte degli operatori mobili.
(12)
Sebbene le misure in applicazione della decisione spettro radio lascino impregiudicata la facoltà degli Stati membri di organizzare e utilizzare lo spettro radio per fini di ordine pubblico e di pubblica sicurezza (PPDR) (13), proprio ai fini di tale utilizzazione sarebbe vantaggioso disporre di una banda di frequenza comune per garantire la libera circolazione di dispositivi e di servizi interoperabili in linea con l'obiettivo strategico relativo alla disponibilità delle frequenze radio fissato nel programma pluriennale. Condizioni tecniche armonizzate per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri consentirebbero inoltre, ove necessario e appropriato nell'ambito dell'accordo principale, la diffusione di servizi PPDR a banda larga che possono valersi di dette condizioni tecniche sulla base dell'ipotesi che la rete PPDR abbia le stesse caratteristiche di coesistenza delle reti di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri. Utilizzando la designazione per i servizi di comunicazione elettronica su base non esclusiva, gli Stati membri possono anche attivare servizi PPDR quando necessario. A questo proposito, il rapporto dell'RSPG sulle esigenze strategiche settoriali in materia di spettro radio riconosce che le esigenze di spettro per servizi PPDR a banda larga variano da uno Stato membro all'altro e le soluzioni nazionali dipendono da decisioni politiche, anche per quanto riguarda il metodo di esecuzione delle missioni di pubblica sicurezza e il ruolo correlato delle autorità nazionali o degli operatori pubblici.
(13)
Le relazioni CEPT n. 53 e n. 60 evidenziano la necessità di una procedura di configurazione per le apparecchiature PMSE audio che garantisca il funzionamento senza interferenze per il livello di qualità del servizio richiesto. Per migliorare la coesistenza delle apparecchiature PMSE audio senza fili in ambienti interni con le reti di comunicazione elettronica mobili che utilizzano bande di frequenza adiacenti, gli Stati membri dovrebbero favorire, ove praticabile e necessario, l'applicazione di soluzioni di attenuazione delle interferenze come quelle di cui alla decisione di esecuzione 2014/641/UE della Commissione (14).
(14)
È opportuno che gli Stati membri concludano pertinenti accordi transfrontalieri bilaterali con altri Stati membri e paesi terzi. Tali accordi fra Stati membri e paesi terzi possono essere necessari in pertinenti aree del territorio degli Stati membri per garantire l'attuazione di parametri armonizzati, evitare interferenze dannose e migliorare l'efficienza dello spettro. Il rapporto dell'RSPG sull'approccio per il coordinamento dello spettro per la radiodiffusione in caso di riassegnazione della banda dei 700 MHz (15) stabilisce condizioni tecniche e principi per il coordinamento transfrontaliero fra i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri e la radiodiffusione televisiva terrestre, anche con paesi terzi.
(15)
È opportuno che gli Stati membri riferiscano alla Commissione sull'attuazione della presente decisione e sull'uso della banda dei 700 MHz, in particolare per adeguarla ai futuri sviluppi dei sistemi senza fili (ad esempio nel contesto del 5G o dell'IoT), che potrebbero avere ripercussioni sull'uso di tale banda per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri e sulle opzioni nazionali. Ciò faciliterà la valutazione del suo impatto a livello dell'Unione nonché il suo riesame in tempi opportuni, se e quando necessario.
(16)
Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato dello spettro radio,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La presente decisione armonizza le condizioni tecniche per la disponibilità e l'uso efficiente della banda di frequenza 694-790 MHz (in seguito la «banda dei 700 MHz») nell'Unione per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili. Essa si prefigge inoltre di facilitare l'uso nazionale flessibile in risposta a specifiche esigenze nazionali conformemente alle priorità della politica in materia di spettro radio del programma RSPP. Le condizioni armonizzate per la banda di frequenza 790-791 MHz a norma della presente decisione si applicano senza pregiudicare le disposizioni della decisione 2010/267/UE.
Articolo 2
Ai fini della presente decisione si intende per:
1.
«apparecchiature PMSE audio senza fili», apparecchiature radio utilizzate per la trasmissione di segnali audio analogici o digitali tra un numero limitato di trasmettitori e di ricevitori, quali ad esempio radiomicrofoni, auricolari per il controllo o collegamenti audio, impiegate principalmente per la realizzazione di programmi radiotelevisivi o di eventi sociali o culturali pubblici o privati;
2.
«comunicazioni radio della protezione civile e per i soccorsi in caso di catastrofe (PPDR)», applicazioni radio utilizzate, per motivi di ordine pubblico, sicurezza e difesa, dalle autorità nazionali o dai pertinenti operatori in risposta alle esigenze nazionali in materia di sicurezza e pubblica sicurezza, anche in situazioni di emergenza;
3.
«comunicazioni radio da macchina a macchina (M2M)», collegamenti radio destinati a trasmettere informazioni tra soggetti fisici o virtuali e che costituiscono un ecosistema complesso comprendente l'Internet degli oggetti; detti collegamenti radio possono essere realizzati mediante servizi di comunicazione elettronica (ad esempio basati su tecnologie cellulari) o altri servizi, sulla base di un uso dello spettro soggetto a licenza o non soggetto a licenza.
Articolo 3
1. Allorché gli Stati membri designano e rendono disponibile la banda dei 700 MHz per usi diversi da quelli delle reti di emittenza radiotelevisiva ad alta potenza, essi:
a)
designano e rendono disponibili le bande di frequenza 703-733 MHz e 758-788 MHz, su base non esclusiva, per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili conformemente ai parametri di cui ai punti A.1, B e C dell'allegato;
b)
subordinatamente a decisioni e scelte nazionali, designano e rendono disponibili le porzioni della banda dei 700 MHz diverse da quelle di cui alla lettera a) per usi in conformità ai parametri di cui ai punti da A.2 ad A.5 dell'allegato.
2. Gli Stati membri agevolano la coesistenza dei diversi usi di cui al paragrafo 1.
Articolo 4
Gli Stati membri garantiscono che i sistemi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), offrano una protezione adeguata ai sistemi esistenti nella banda adiacente 470-694 MHz, vale a dire i servizi di radiodiffusione televisiva digitale terrestre e le apparecchiature PMSE audio senza fili, conformemente alla loro posizione normativa.
Articolo 5
Gli Stati membri agevolano la conclusione di accordi transfrontalieri di coordinamento volti a consentire il funzionamento dei sistemi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e, se del caso, di quelli di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), tenendo conto delle procedure regolamentari e dei diritti esistenti nonché dei pertinenti accordi internazionali.
Articolo 6
Gli Stati membri monitorano l'uso della banda dei 700 MHz e, su richiesta o di propria iniziativa, riferiscono i dati rilevati alla Commissione, al fine di consentire il riesame della presente decisione in tempi utili, se opportuno.
Articolo 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 2016
Per la Commissione
Günther OETTINGER
Membro della Commissione
(1) GU L 108 del 24.4.2002, pag. 1.
(2) Decisione n. 243/2012/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012, che istituisce un programma pluriennale relativo alla politica in materia di spettro radio (GU L 81 del 21.3.2012, pag. 7).
(3) Articolo 3, lettera b), del programma pluriennale.
(4) Articolo 8, paragrafo 5, del programma pluriennale.
(5) Articolo 8, paragrafo 3, del programma pluriennale.
(6) Articolo 8, paragrafo 6, del programma pluriennale.
(7) Documento RSPG13-540rev2.
(8) Cfr.: http://ec.europa.eu/priorities/digital-single-market_it
(9) Documento RSPG 15-595 final; link: http://rspg-spectrum.eu/wp-content/uploads/2013/05/RSPG15-595_final-RSPG_opinion_UHF.pdf
(10) Link alla relazione CEPT n. 53: http://www.erodocdb.dk/Docs/doc98/official/pdf/CEPTREP053.PDF
(11) Link alla relazione CEPT n. 60: http://www.erodocdb.dk/Docs/doc98/official/pdf/CEPTREP060.PDF
(12) Decisione 2010/267/UE della Commissione, del 6 maggio 2010, relativa all'armonizzazione delle condizioni tecniche d'uso della banda di frequenze 790-862 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nell'Unione europea (GU L 117 dell'11.5.2010, pag. 95).
(13) Articolo 1, paragrafo 4, della decisione spettro radio.
(14) Decisione di esecuzione 2014/641/UE della Commissione, del 1o settembre 2014, relativa alle condizioni tecniche armonizzate per l'utilizzo dello spettro radio da parte delle apparecchiature audio senza fili per la realizzazione di programmi e di eventi speciali nell'Unione (GU L 263 del 3.9.2014, pag. 29).
(15) Documento RSPG13-524 rev1; link: https://circabc.europa.eu/d/a/workspace/SpacesStore/614d3daf-76a0-402d-8133-77d2d3dd2518/RSPG13-524%20rev1%20Report_700MHz_reallocation_REV.pdf
ALLEGATO
PARAMETRI DI CUI ALL'ARTICOLO 3
A. Parametri generali
1.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), all'interno delle bande di frequenza 703-733 MHz e 758-788 MHz l'assetto delle frequenze è il seguente:
a)
i blocchi sono assegnati secondo multipli di 5 MHz (1);
b)
la modalità di funzionamento è la duplex a divisione in frequenza (FDD); La spaziatura duplex è 55 MHz, con trasmissione della stazione terminale (uplink FDD) nella banda di frequenza inferiore 703-733 MHz e trasmissione della stazione di base (downlink FDD) nella banda di frequenza superiore 758-788 MHz;
c)
il limite inferiore di frequenza di un blocco assegnato è allineato o spaziato per multipli di 5 MHz dall'estremità della banda di 703 MHz.
Fatto salvo il diritto degli Stati membri di organizzare e di utilizzare il proprio spettro radio per fini di sicurezza e di pubblica sicurezza e difesa, in caso di attivazione delle comunicazioni radio PPDR occorre utilizzare le condizioni tecniche per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili di cui al presente allegato.
2.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), l'assetto delle frequenze all'interno della banda di frequenza 738-758 MHz da destinare in tutto o in parte a sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili è il seguente:
a)
l'estremità di banda superiore della gamma di frequenze designata è 758 MHz o 753 MHz; quest'ultimo valore è possibile esclusivamente in connessione con l'assetto delle frequenze di cui al punto A.3 che inizia a 753 MHz;
b)
l'estremità di banda inferiore della gamma di frequenza designata inizia a uno dei seguenti valori: 738 MHz, 743 MHz, 748 MHz o 753 MHz;
c)
la modalità di funzionamento è limitata alla trasmissione della stazione di base («solo downlink») conformemente ai parametri tecnici di cui alla parte B;
d)
i blocchi sono assegnati entro la gamma di frequenza designata secondo multipli di 5 MHz (1); il limite superiore di frequenza di un blocco assegnato è allineato o spaziato per multipli di 5 MHz dall'estremità superiore della banda.
3.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), l'assetto delle frequenze all'interno delle bande di frequenza 698-703 MHz, 733-736 MHz, 753-758 MHz e 788-791 MHz da utilizzare in tutto o in parte per le radiocomunicazioni PPDR è il seguente: la modalità di funzionamento è la duplex a divisione in frequenza; la spaziatura duplex è 55 MHz, con trasmissione della stazione terminale (uplink PPDR) in una o entrambe le bande di frequenza 698-703 MHz e 733-736 MHz e trasmissione della stazione di base (downlink PPDR) in una o entrambe le bande di frequenza 753-758 MHz e 788-791 MHz, rispettivamente.
Le bande di frequenza 703-733 MHz e 758-788 MHz o parte di esse possono essere utilizzate anche per le radiocomunicazioni PPDR. Tale uso è trattato nella sezione A.1.
4.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), l'assetto delle frequenze all'interno delle bande di frequenza 733-736 MHz e 788-791 MHz da utilizzare per le radiocomunicazioni M2M è il seguente: la modalità di funzionamento è la duplex a divisione in frequenza; la spaziatura duplex è 55 MHz, con trasmissione della stazione terminale (uplink M2M) nella banda di frequenza 733-736 MHz e trasmissione della stazione di base (downlink M2M) nella banda di frequenza 788-791 MHz.
5.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri determinano l'assetto delle frequenze all'interno delle bande di frequenza 694-703 MHz e 733-758 MHz da utilizzare in tutto o in parte per le apparecchiature PMSE audio senza fili. Al fine di migliorare la coesistenza delle apparecchiature PMSE audio senza fili utilizzate in ambienti interni nelle bande di frequenza 694-703 MHz e/o 733-758 MHz con le reti di comunicazione elettronica mobili, gli Stati membri favoriscono, ove praticabile e necessario, l'applicazione di soluzioni di attenuazione delle interferenze.
B. Condizioni tecniche per le stazioni di base dei sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nella banda di frequenza 738-788 MHz
I seguenti parametri tecnici per le stazioni di base, detti «block edge mask» (BEM), sono usati per garantire la coesistenza fra reti limitrofe e la protezione di altri servizi e applicazioni in bande adiacenti. È possibile utilizzare parametri tecnici meno vincolanti purché siano concordati tra le amministrazioni o gli operatori interessati e conformi alle condizioni tecniche applicabili alla protezione degli altri servizi o applicazioni, anche nelle bande adiacenti o subordinatamente agli obblighi transfrontalieri.
Una BEM (2) è una maschera di emissione definita in funzione della frequenza, rispetto a un'estremità di blocco, che è l'estremità di un blocco di frequenze per il quale sono stati assegnati diritti d'uso a un operatore. La BEM consiste nei diversi elementi che sono definiti per determinate larghezze di banda. Per «estremità della banda» s'intende l'estremità di un blocco di frequenze di una gamma di frequenze designata per un determinato uso.
Le BEM per le stazioni di base sono state elaborate per apparecchiature utilizzate nelle reti mobili. La stessa BEM della stazione di base vale sia per l'uso del downlink FDD nella banda di frequenza 758-788 MHz (secondo la definizione data al punto A.1) sia per l'uso facoltativo in solo downlink nella banda di frequenza 738-758 MHz (secondo la definizione data al punto A.2). Le BEM servono a proteggere altri blocchi di spettro utilizzati per i servizi di comunicazione elettronica (anche nell'uso in solo downlink), nonché altri servizi e applicazioni nelle bande adiacenti. Ulteriori misure che non ostacolano lo sviluppo di economie di scala delle apparecchiature possono essere applicate a livello nazionale per agevolare la coesistenza dei servizi di comunicazione elettronica con altri usi nella banda dei 700 MHz.
La BEM della stazione di base consiste in limiti di potenza interni ed esterni al blocco. Il limite di potenza interno al blocco si applica a un blocco assegnato a un operatore. I limiti di potenza esterni al blocco sono applicati allo spettro nella banda dei 700 MHz o al di fuori di essa, che è esterno al blocco assegnato. La tabella 1 riporta i diversi elementi dello spettro della BEM della stazione di base, abbinando tutti gli elementi della BEM, eccetto quelli interni al blocco, a limiti di potenza esterni al blocco. I limiti di potenza facoltativi interni al blocco sono riportati nella tabella 2. I limiti di potenza esterni al blocco dei diversi elementi delle BEM sono riportati nelle tabelle da 3 a 8.
Per ottenere una BEM della stazione di base per un blocco specifico entro il downlink FDD o nella banda di frequenza 738-758 MHz in uso facoltativo in solo downlink, gli elementi delle BEM sono utilizzati come segue:
si usa il limite di potenza interno al blocco per il blocco assegnato all'operatore,
—
si determinano le regioni transitorie e si usano i corrispondenti limiti di potenza. Le regioni transitorie possono sovrapporsi alle bande di guardia, alle bande adiacenti e all'intervallo duplex, nel qual caso si usano i limiti di potenza transitori,
—
per la restante parte di spettro assegnata, che costituisce la base di riferimento (come definita nella tabella 1), si usano i limiti di potenza di base,
—
per la restante parte di spettro in bande di guardia (vale a dire non coperte da regioni transitorie o non utilizzate per le radiocomunicazioni PPDR o M2M), si usano i limiti di potenza della banda di guardia,
—
per lo spettro nella banda di frequenza 733-758 MHz non utilizzato in solo downlink o per radiocomunicazioni PPDR o M2M, si applicano i limiti di potenza dell'intervallo duplex.
Tabella 1
Definizione degli elementi delle BEM per blocchi ai sensi dei punti A.1 e A.2
Elemento BEM
Definizione
Elemento interno al blocco
Si riferisce a un blocco per il quale si deriva la BEM.
Base di riferimento
Spettro utilizzato nelle bande di frequenza 703-733 MHz (ossia uplink FDD) e 758-788 MHz (ossia downlink FDD), nonché nella banda di frequenza 738-758 MHz in solo downlink (se applicabile), per la radiodiffusione televisiva digitale terrestre sotto l'estremità di banda di 694 MHz, per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica sopra i 790 MHz (uplink e downlink), per le radiocomunicazioni PPDR nella banda di frequenza dei 700 MHz (uplink e downlink) e per le radiocomunicazioni M2M nella banda di frequenza dei 700 MHz (uplink e downlink).
Regione transitoria
Spettro da 0 a 10 MHz sotto il blocco assegnato a un operatore e da 0 a 10 MHz sopra tale blocco; in una gamma di frequenza in cui si sovrappongono regioni transitorie e spettro utilizzati per l'uplink FDD, l'uplink PPDR o l'uplink M2M i limiti di potenza transitori non si applicano.
Bande di guardia
a)
Lo spettro tra l'estremità inferiore della banda dei 700 MHz e l'estremità inferiore dell'uplink FDD (ossia 694-703 MHz);
b)
lo spettro tra l'estremità superiore del downlink FDD (ossia 788 MHz) e l'estremità inferiore del downlink FDD conformemente alla decisione 2010/267/UE (ossia 791 MHz).
In caso di sovrapposizione fra una regione transitoria e una banda di guardia, si usano i limiti di potenza transitori. In caso di utilizzo dello spettro per radiocomunicazioni PPDR o M2M, si usano i limiti di potenza di base o transitori.
Intervallo duplex
Lo spettro nella banda di frequenza 733-758 MHz.
In caso di sovrapposizione fra una regione transitoria e la parte dell'intervallo duplex non utilizzata per il solo downlink o per radiocomunicazioni PPDR o M2M, si usano i limiti di potenza transitori.
Requisiti all'interno del blocco
Tabella 2
Limite di potenza all'interno del blocco della stazione di base
Gamma di frequenza
EIRP media massima (3)
Larghezza di banda
Blocco assegnato all'operatore
Facoltativo.
Se un'amministrazione desidera un limite superiore, si può applicare un valore non superiore a 64 dBm/5 MHz per antenna.
5 MHz
Requisiti all'esterno del blocco
Tabella 3
Limite di potenza di base della stazione di base
Gamma di frequenza
Larghezza di banda del blocco protetto
EIRP media massima
Larghezza di banda
Frequenze di uplink nella banda 698-736 MHz (4)
≥ 5 MHz
– 50 dBm per cellula (5)
5 MHz
3 MHz
– 52 dBm per cellula (5)
3 MHz (4)
≤ 3 MHz
– 4 dBm per cellula (5)
200 kHz (4)
Frequenze di uplink FDD secondo la definizione della decisione 2010/267/UE (832-862 MHz)
≥ 5 MHz
– 49 dBm per cellula (5)
5 MHz
Frequenze di downlink nella banda 738-791 MHz
≥ 5 MHz
16 dBm per antenna
5 MHz
3 MHz
14 dBm per antenna
3 MHz
< 3 MHz
2 dBm per antenna
200 kHz
Frequenze di downlink FDD secondo la definizione della decisione 2010/267/UE (791-821 MHz)
≥ 5 MHz
16 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 4
Limiti di potenza transitori della stazione di base nella banda 733-788 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Da –10 a – 5 MHz rispetto all'estremità inferiore del blocco
18 dBm per antenna
5 MHz
Da – 5 a 0 MHz rispetto all'estremità inferiore del blocco
22 dBm per antenna
5 MHz
Da 0 a + 5 MHz rispetto all'estremità superiore del blocco
22 dBm per antenna
5 MHz
da + 5 a + 10 MHz dall'estremità superiore del blocco
18 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 5
Limiti di potenza transitori della stazione di base sopra i 788 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz
21 dBm per antenna
3 MHz
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 783 MHz
16 dBm per antenna
3 MHz
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz per la protezione di sistemi con larghezza di banda < 3 MHz
11 dBm per antenna
200 kHz
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 783 MHz per la protezione di sistemi con larghezza di banda < 3 MHz
4 dBm per antenna
200 kHz
791-796 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz
19 dBm per antenna
5 MHz
791-796 MHz per un blocco con estremità superiore a 783 MHz
17 dBm per antenna
5 MHz
796-801 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz
17 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 6
Limiti di potenza della stazione di base per la parte dell'intervallo duplex non utilizzata per il solo downlink o per radiocomunicazioni PPDR o M2M
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Offset da – 10 a 0 MHz dall'estremità inferiore della banda downlink FDD o dall'estremità inferiore del blocco più basso in solo downlink, ma sopra l'estremità superiore della banda uplink FDD
16 dBm per antenna
5 MHz
Offset di più di 10 MHz dall'estremità inferiore della banda downlink FDD o dall'estremità inferiore del blocco più basso in solo downlink, ma sopra l'estremità superiore della banda uplink FDD
– 4 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 7
Limiti di potenza della stazione di base per la parte delle bande di guardia non utilizzata per radiocomunicazioni PPDR o M2M
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Lo spettro tra l'estremità inferiore della banda dei 700 MHz e l'estremità inferiore della banda uplink FDD (ossia 694-703 MHz)
– 32 dBm per cellula (6)
1 MHz
Lo spettro tra l'estremità superiore della banda downlink FDD e l'estremità inferiore della medesima banda secondo la definizione della decisione 2010/267/UE (ossia 788-791 MHz)
14 dBm per antenna
3 MHz
Tabella 8
Limiti di potenza di base della stazione di base per spettro sotto i 694 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Frequenze inferiori a 694 MHz nei casi in cui la radiodiffusione televisiva digitale terrestre è protetta
– 23 dBm per cellula (7)
8 MHz
C. Condizioni tecniche per le stazioni terminali per servizi di comunicazione elettronica nella banda di frequenza 703-733 MHz
Le BEM per le stazioni terminali indicate di seguito sono state elaborate per apparecchiature utilizzate nelle reti mobili.
La BEM della stazione terminale consiste in limiti di potenza interni ed esterni al blocco. Il limite di potenza interno al blocco si applica a un blocco assegnato a un operatore. I limiti di potenza esterni al blocco sono applicati ai seguenti elementi dello spettro: l'intervallo duplex tra l'uplink FDD e il downlink FDD (compreso lo spettro in solo downlink, se del caso), la banda di guardia tra il limite superiore delle frequenze utilizzate per la radiodiffusione televisiva (694 MHz) e l'uplink FDD (ossia 694-703 MHz) e le frequenze utilizzate per la radiodiffusione televisiva (cioè sotto i 694 MHz).
I requisiti BEM per le stazioni terminali sono riportati nelle tabelle da 9 a 12 (8). I limiti di potenza sono specificati come potenza isotropica irradiata equivalente (EIRP) per stazioni terminali progettate per essere fisse o installate e come potenza totale irradiata (TRP) (9) per stazioni terminali progettate per essere mobili o nomadi.
Le amministrazioni possono moderare il limite di potenza all'interno del blocco in determinate situazioni per impieghi specifici, ad esempio per stazioni terminali fisse situate nelle zone rurali, purché non sia compromessa la protezione degli altri servizi, delle altre applicazioni e delle altre reti e siano rispettati gli obblighi derivanti dal coordinamento transfrontaliero.
Requisiti all'interno del blocco
Tabella 9
Limite di potenza all'interno del blocco della stazione terminale
Potenza media massima
23 dBm (10)
Requisiti all'esterno del blocco
Tabella 10
Limiti di potenza della stazione terminale per la banda di guardia 694-703 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima all'esterno del blocco
Larghezza di banda
694-698 MHz
– 7 dBm
4 MHz
698-703 MHz
2 dBm
5 MHz
Tabella 11 (facoltativa)
Limiti di potenza della stazione terminale per l'intervallo duplex
Gamma di frequenza
MEDIA massima dell'EIRP all'esterno del blocco
Larghezza di banda
733-738 MHz
2 dBm
5 MHz
738-753 MHz
– 6 dBm
5 MHz
753-758 MHz
– 18 dBm
5 MHz
Nota esplicativa per la tabella 11
I limiti di potenza sono stati ricavati dalla maschera di emissione spettrale specificata nella clausola 4.2.3 della norma ETSI EN 301 908-13 V6.2.1, con la conseguenza che le apparecchiature basate sull'LTE rispetteranno automaticamente i limiti di emissione di cui alla tabella 11. Non è necessaria nessun'altra procedura di prova per assicurare la conformità di tali apparecchiature ai limiti di potenza di cui sopra.
Tabella 12
Limiti di potenza della stazione terminale per frequenze inferiori a 694 MHz utilizzate per la radiodiffusione terrestre (emissioni indesiderate)
Gamma di frequenza
Potenza media massima all'esterno del blocco
Larghezza di banda
470-694 MHz
– 42 dBm
8 MHz
Note esplicative per la tabella 12
1)
Il calcolo del limite delle emissioni indesiderate è basato sulla radiodiffusione televisiva digitale terrestre mediante DVB-T2 e un sistema WBB con larghezza di banda di 10 MHz per una frequenza centrale di separazione tra la radiodiffusione televisiva digitale terrestre e il WBB di 18 MHz (ipotizzando un canale televisivo di 8 MHz, una banda di guardia di 9 MHz e una larghezza di banda del sistema WBB di 10 MHz). Se gli Stati membri desiderano autorizzare l'introduzione di sistemi WBB a livello nazionale con una larghezza di banda superiore a 10 MHz e qualora nella banda di frequenza sotto i 694 MHz sia generata una potenza indesiderata esterna al blocco superiore a – 42 dBm/8 MHz, essi dovrebbero prendere in considerazione:
a)
l'impiego di una maggiore larghezza di banda per il sistema WBB a partire da una frequenza superiore a 703 MHz in modo da continuare a soddisfare il limite prescritto per la potenza esterna al blocco;
b)
e/o l'applicazione di tecniche di attenuazione conformemente alla nota 3.
2)
Il valore del limite di emissioni indesiderate all'esterno del blocco è derivato prendendo come riferimento la ricezione della televisione digitale terrestre fissa. Gli Stati membri che desiderano prendere in considerazione la ricezione della televisione digitale terrestre portatile e in ambiente interno potranno avere necessità di attuare, caso per caso, ulteriori provvedimenti a livello nazionale/locale (cfr. la nota 3).
3)
Esempi di possibili tecniche di attenuazione che gli Stati membri possono prendere in considerazione comprendono un maggiore ricorso a filtri per il digitale terrestre, la riduzione della potenza all'interno del blocco della stazione terminale, la riduzione della larghezza di banda delle trasmissioni della stazione terminale o l'impiego di tecniche di cui all'elenco non esaustivo delle possibili tecniche di attenuazione fornito nella relazione CEPT n. 30.
4)
Ulteriori considerazioni sulla coesistenza di sistemi WBB e la radiodiffusione televisiva digitale terrestre: al fine di attenuare il rischio di blocco del ricevitore della televisione digitale terrestre causato dalla trasmissione della stazione di base, si potrebbe applicare un filtraggio esterno supplementare all'ingresso della catena di ricevitori DTT a livello nazionale, in particolare per evitare la saturazione per sovraccarico degli amplificatori di antenna; possono inoltre verificarsi interferenze da trasmettitori di radiodiffusione a ricevitori di stazioni di base, causati dalla potenza interna alla banda del trasmettitore o da emissioni indesiderate. In tali casi, tecniche di attenuazione appropriate possono essere applicate caso per caso a livello nazionale.
(1) 5 MHz o più di 5 MHz; ciò non preclude minori larghezze di banda del canale entro un blocco assegnato.
(2) La BEM si basa su analisi e simulazioni dell'attenuazione minima di accoppiamento (MCL); i suoi elementi sono definiti per ogni cellula oppure per ogni antenna, in funzione dello scenario di coesistenza da cui sono derivati.
(3) La potenza isotropica irradiata equivalente (EIRP) è pari alla potenza totale irradiata in qualsiasi direzione in un'unica ubicazione, indipendentemente dalla configurazione della stazione di base.
(4) Le amministrazioni possono scegliere una larghezza di banda di 3 MHz o 200 kHz per la protezione di un blocco di 3 MHz a seconda delle opzioni nazionali attuate.
(5) In un sito a più settori, il valore per «cellula» corrisponde al valore di uno dei settori.
(6) In un sito a più settori, il valore per «cellula» corrisponde al valore di uno dei settori.
(7) In un sito a più settori, il valore per «cellula» corrisponde al valore di uno dei settori.
(8) Ulteriori disposizioni possono essere prese in considerazione dall'ETSI nelle norme armonizzate.
(9) La potenza totale irradiata (TRP) misura la potenza effettivamente irradiata dall'antenna ed è definita come l'integrale della potenza trasmessa in differenti direzioni in tutta la sfera di irradiazione.
(10) Questo valore è soggetto a una tolleranza fino a +2 dB per tener conto del funzionamento in condizioni ambientali estreme e della dispersione di produzione.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2016/687 DELLA COMMISSIONE
del 28 aprile 2016
relativa all'armonizzazione della banda di frequenza 694-790 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e per l'uso nazionale flessibile nell'Unione
[notificata con il numero C(2016) 2268]
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la decisione n. 676/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa ad un quadro normativo per la politica in materia di spettro radio nella Comunità europea (Decisione spettro radio) (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Nel programma pluriennale relativo alla politica in materia di spettro radio (di seguito il «programma pluriennale») adottato con decisione 243/2012/UE (2), il Parlamento europeo e il Consiglio hanno stabilito l'obiettivo strategico di individuare entro il 2015 almeno 1 200 MHz di spettro radio idoneo per soddisfare la domanda crescente di traffico dati senza fili nell'Unione (3). Inoltre, il programma pluriennale ha autorizzato la Commissione e gli Stati membri a garantire, in cooperazione, la disponibilità di spettro radio per la realizzazione di programmi e di eventi speciali (PMSE) (4), per lo sviluppo di servizi legati alla sicurezza e la libera circolazione delle apparecchiature correlate, nonché per lo sviluppo di soluzioni innovative interoperabili per la protezione civile e i soccorsi in caso di catastrofe (PPDR) (5), e per l'«Internet degli oggetti» (IoT) (6). Il gruppo Politica dello spettro radio (RSPG) ha adottato una relazione sulle esigenze strategiche settoriali in materia di spettro radio, che affronta, tra l'altro, le esigenze di spettro per PPDR, PMSE e IoT (7).
(2)
Lo spettro nella banda di frequenza 694-790 MHz (di seguito la «banda dei 700 MHz») è una risorsa preziosa per una diffusione economicamente efficiente di reti senza fili terrestri ad elevata capacità che offrano una copertura universale in ambiente interno ed esterno. Il regolamento delle radiocomunicazioni dell'Unione internazionale delle telecomunicazioni contiene assegnazioni della banda dei 700 MHz al servizio radiotelevisivo e mobile (ad eccezione del servizio aeronautico) su base coprimaria e individuazioni di tale banda per le telecomunicazioni mobili internazionali (IMT). Detta banda di frequenza è attualmente utilizzata in tutta l'Unione per la televisione digitale terrestre (DTT) e le apparecchiature PMSE audio senza fili.
(3)
La strategia della Commissione per il mercato unico digitale (8) sottolinea l'importanza della banda dei 700 MHz per garantire la fornitura di servizi a banda larga nelle zone rurali e pone l'accento sulla necessità di liberare tale banda di frequenza in modo coordinato, venendo incontro nel contempo alle esigenze specifiche legate alla distribuzione dei servizi di media audiovisivi, al fine di promuovere gli investimenti nelle reti a banda larga ad alta velocità e favorire la diffusione dei servizi digitali avanzati.
(4)
Nel suo parere sulla strategia a lungo termine per la banda di frequenza 470-790 MHz (9), il gruppo RSPG raccomanda un approccio coordinato per ridestinare la banda dei 700 MHz ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, rendendola anche disponibile in condizioni tecniche armonizzate a livello dell'Unione.
(5)
L'11 marzo 2013, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, della decisione spettro radio, la Commissione ha conferito alla Conferenza europea delle amministrazioni delle poste e delle telecomunicazioni (CEPT) il mandato di definire condizioni tecniche armonizzate per la banda dei 700 MHz nell'Unione per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e per altri usi a sostegno delle priorità della politica dell'Unione in materia di spettro radio.
(6)
Il 28 novembre 2014 e il 1o marzo 2016, nell'ambito di tale mandato, la CEPT ha pubblicato le sue relazioni n. 53 (10) e n. 60 (11). Tali relazioni forniscono la base per l'armonizzazione tecnica della banda dei 700 MHz per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri, che consente di realizzare economie di scala per le apparecchiature, in linea con gli sviluppi internazionali in questa banda.
(7)
Le relazioni CEPT n. 53 e n. 60 presentano anche opzioni per l'uso di porzioni della banda dei 700 MHz (il cosiddetto intervallo duplex e/o le bande di guardia), su cui gli Stati membri possono decidere individualmente («opzioni nazionali»). Un'opzione nazionale è il downlink supplementare (SDL), che costituisce la trasmissione in modalità «solo downlink» (vale a dire unidirezionale) della stazione di base per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri, affrontando in tal modo il problema dell'asimmetria del traffico dati con il potenziamento della capacità di downlink di tali servizi. Altre opzioni nazionali sono PPDR, PMSE e comunicazioni M2M basati su sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica.
(8)
Condizioni tecniche armonizzate garantirebbero la diffusione della banda dei 700 MHz per servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri ad alta velocità, nonché per altri usi in linea con le priorità della politica in materia di spettro radio a livello di Unione, promuoverebbero il mercato unico, ridurrebbero le interferenze dannose e agevolerebbero il coordinamento delle frequenze.
(9)
La banda dei 700 MHz dovrebbe pertanto essere utilizzata per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri sulla base di un accordo di ripartizione armonizzata del canale (in seguito «accordo principale») e relative condizioni tecniche minime comuni meno restrittive, ogniqualvolta gli Stati membri designino tale banda per usi diversi da quelli delle reti di emittenza radiotelevisiva ad alta potenza. Gli Stati membri possono eccezionalmente e in via provvisoria destinare porzioni della banda dei 700 MHz a servizi di televisione digitale terrestre fuori dell'ambito dell'accordo principale, per agevolare una transizione rapida dalla radiodiffusione televisiva terrestre nella banda, in modo opportuno in funzione delle circostanze nazionali, ad esempio riguardo alla modifica dei diritti d'uso dello spettro per i servizi DTT o di accordi sulla diffusione simultanea (simulcast) conformemente ad accordi fra Stati membri confinanti sulla gestione dei rischi di interferenze transfrontaliere.
(10)
Gli Stati membri dovrebbero inoltre avere la possibilità di usare porzioni della banda dei 700 MHz in risposta a esigenze nazionali specifiche. Oltre ai servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri, ciò potrebbe anche comprendere l'uso in linea con le priorità settoriali della politica in materia di spettro radio dell'Unione, in particolare per PMSE, PPDR e IoT e con l'obiettivo di assicurare un uso efficiente dello spettro. A tale riguardo, la banda di frequenza 790-791 MHz può anche essere utilizzata senza pregiudicare la decisione 2010/267/UE della Commissione (12). Un'armonizzazione flessibile della disponibilità delle frequenze radio nella banda dei 700 MHz per far fronte a tali esigenze nazionali sulla base di una serie limitata di opzioni nazionali contribuirebbe a realizzare economie di scala per le apparecchiature, nonché a migliorare il coordinamento transfrontaliero, e dovrebbe limitarsi a gamme di frequenza disponibili e, se del caso, a un correlato metodo duplex e a un accordo di ripartizione del canale. Gli Stati membri dovrebbero decidere in merito all'attuazione delle opzioni nazionali, nonché determinarne l'idonea combinazione e organizzarne la coesistenza. L'uso dello spettro per opzioni nazionali dovrebbe inoltre garantire la coesistenza con i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri conformi all'accordo principale.
(11)
I servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri e le opzioni nazionali nella banda dei 700 MHz dovrebbero garantire una protezione adeguata dei servizi di radiodiffusione televisiva terrestre già presenti sul mercato e dell'uso di apparecchiature PMSE audio senza fili sotto i 694 MHz conformemente alla loro posizione normativa. Potrebbe essere necessario applicare ulteriori misure a livello nazionale per gestire interferenze reciproche tra i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e i servizi di televisione digitale terrestre, ad esempio da trasmettitori della stazione di base di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili a ricevitori DTT o da trasmettitori DTT a ricevitori della stazione di base di servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili, mediante l'uso di opportune tecniche di attenuazione, caso per caso, da parte degli operatori mobili.
(12)
Sebbene le misure in applicazione della decisione spettro radio lascino impregiudicata la facoltà degli Stati membri di organizzare e utilizzare lo spettro radio per fini di ordine pubblico e di pubblica sicurezza (PPDR) (13), proprio ai fini di tale utilizzazione sarebbe vantaggioso disporre di una banda di frequenza comune per garantire la libera circolazione di dispositivi e di servizi interoperabili in linea con l'obiettivo strategico relativo alla disponibilità delle frequenze radio fissato nel programma pluriennale. Condizioni tecniche armonizzate per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri consentirebbero inoltre, ove necessario e appropriato nell'ambito dell'accordo principale, la diffusione di servizi PPDR a banda larga che possono valersi di dette condizioni tecniche sulla base dell'ipotesi che la rete PPDR abbia le stesse caratteristiche di coesistenza delle reti di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri. Utilizzando la designazione per i servizi di comunicazione elettronica su base non esclusiva, gli Stati membri possono anche attivare servizi PPDR quando necessario. A questo proposito, il rapporto dell'RSPG sulle esigenze strategiche settoriali in materia di spettro radio riconosce che le esigenze di spettro per servizi PPDR a banda larga variano da uno Stato membro all'altro e le soluzioni nazionali dipendono da decisioni politiche, anche per quanto riguarda il metodo di esecuzione delle missioni di pubblica sicurezza e il ruolo correlato delle autorità nazionali o degli operatori pubblici.
(13)
Le relazioni CEPT n. 53 e n. 60 evidenziano la necessità di una procedura di configurazione per le apparecchiature PMSE audio che garantisca il funzionamento senza interferenze per il livello di qualità del servizio richiesto. Per migliorare la coesistenza delle apparecchiature PMSE audio senza fili in ambienti interni con le reti di comunicazione elettronica mobili che utilizzano bande di frequenza adiacenti, gli Stati membri dovrebbero favorire, ove praticabile e necessario, l'applicazione di soluzioni di attenuazione delle interferenze come quelle di cui alla decisione di esecuzione 2014/641/UE della Commissione (14).
(14)
È opportuno che gli Stati membri concludano pertinenti accordi transfrontalieri bilaterali con altri Stati membri e paesi terzi. Tali accordi fra Stati membri e paesi terzi possono essere necessari in pertinenti aree del territorio degli Stati membri per garantire l'attuazione di parametri armonizzati, evitare interferenze dannose e migliorare l'efficienza dello spettro. Il rapporto dell'RSPG sull'approccio per il coordinamento dello spettro per la radiodiffusione in caso di riassegnazione della banda dei 700 MHz (15) stabilisce condizioni tecniche e principi per il coordinamento transfrontaliero fra i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri e la radiodiffusione televisiva terrestre, anche con paesi terzi.
(15)
È opportuno che gli Stati membri riferiscano alla Commissione sull'attuazione della presente decisione e sull'uso della banda dei 700 MHz, in particolare per adeguarla ai futuri sviluppi dei sistemi senza fili (ad esempio nel contesto del 5G o dell'IoT), che potrebbero avere ripercussioni sull'uso di tale banda per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili terrestri e sulle opzioni nazionali. Ciò faciliterà la valutazione del suo impatto a livello dell'Unione nonché il suo riesame in tempi opportuni, se e quando necessario.
(16)
Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato dello spettro radio,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La presente decisione armonizza le condizioni tecniche per la disponibilità e l'uso efficiente della banda di frequenza 694-790 MHz (in seguito la «banda dei 700 MHz») nell'Unione per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili. Essa si prefigge inoltre di facilitare l'uso nazionale flessibile in risposta a specifiche esigenze nazionali conformemente alle priorità della politica in materia di spettro radio del programma RSPP. Le condizioni armonizzate per la banda di frequenza 790-791 MHz a norma della presente decisione si applicano senza pregiudicare le disposizioni della decisione 2010/267/UE.
Articolo 2
Ai fini della presente decisione si intende per:
1.
«apparecchiature PMSE audio senza fili», apparecchiature radio utilizzate per la trasmissione di segnali audio analogici o digitali tra un numero limitato di trasmettitori e di ricevitori, quali ad esempio radiomicrofoni, auricolari per il controllo o collegamenti audio, impiegate principalmente per la realizzazione di programmi radiotelevisivi o di eventi sociali o culturali pubblici o privati;
2.
«comunicazioni radio della protezione civile e per i soccorsi in caso di catastrofe (PPDR)», applicazioni radio utilizzate, per motivi di ordine pubblico, sicurezza e difesa, dalle autorità nazionali o dai pertinenti operatori in risposta alle esigenze nazionali in materia di sicurezza e pubblica sicurezza, anche in situazioni di emergenza;
3.
«comunicazioni radio da macchina a macchina (M2M)», collegamenti radio destinati a trasmettere informazioni tra soggetti fisici o virtuali e che costituiscono un ecosistema complesso comprendente l'Internet degli oggetti; detti collegamenti radio possono essere realizzati mediante servizi di comunicazione elettronica (ad esempio basati su tecnologie cellulari) o altri servizi, sulla base di un uso dello spettro soggetto a licenza o non soggetto a licenza.
Articolo 3
1. Allorché gli Stati membri designano e rendono disponibile la banda dei 700 MHz per usi diversi da quelli delle reti di emittenza radiotelevisiva ad alta potenza, essi:
a)
designano e rendono disponibili le bande di frequenza 703-733 MHz e 758-788 MHz, su base non esclusiva, per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili conformemente ai parametri di cui ai punti A.1, B e C dell'allegato;
b)
subordinatamente a decisioni e scelte nazionali, designano e rendono disponibili le porzioni della banda dei 700 MHz diverse da quelle di cui alla lettera a) per usi in conformità ai parametri di cui ai punti da A.2 ad A.5 dell'allegato.
2. Gli Stati membri agevolano la coesistenza dei diversi usi di cui al paragrafo 1.
Articolo 4
Gli Stati membri garantiscono che i sistemi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), offrano una protezione adeguata ai sistemi esistenti nella banda adiacente 470-694 MHz, vale a dire i servizi di radiodiffusione televisiva digitale terrestre e le apparecchiature PMSE audio senza fili, conformemente alla loro posizione normativa.
Articolo 5
Gli Stati membri agevolano la conclusione di accordi transfrontalieri di coordinamento volti a consentire il funzionamento dei sistemi di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e, se del caso, di quelli di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), tenendo conto delle procedure regolamentari e dei diritti esistenti nonché dei pertinenti accordi internazionali.
Articolo 6
Gli Stati membri monitorano l'uso della banda dei 700 MHz e, su richiesta o di propria iniziativa, riferiscono i dati rilevati alla Commissione, al fine di consentire il riesame della presente decisione in tempi utili, se opportuno.
Articolo 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 2016
Per la Commissione
Günther OETTINGER
Membro della Commissione
(1) GU L 108 del 24.4.2002, pag. 1.
(2) Decisione n. 243/2012/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012, che istituisce un programma pluriennale relativo alla politica in materia di spettro radio (GU L 81 del 21.3.2012, pag. 7).
(3) Articolo 3, lettera b), del programma pluriennale.
(4) Articolo 8, paragrafo 5, del programma pluriennale.
(5) Articolo 8, paragrafo 3, del programma pluriennale.
(6) Articolo 8, paragrafo 6, del programma pluriennale.
(7) Documento RSPG13-540rev2.
(8) Cfr.: http://ec.europa.eu/priorities/digital-single-market_it
(9) Documento RSPG 15-595 final; link: http://rspg-spectrum.eu/wp-content/uploads/2013/05/RSPG15-595_final-RSPG_opinion_UHF.pdf
(10) Link alla relazione CEPT n. 53: http://www.erodocdb.dk/Docs/doc98/official/pdf/CEPTREP053.PDF
(11) Link alla relazione CEPT n. 60: http://www.erodocdb.dk/Docs/doc98/official/pdf/CEPTREP060.PDF
(12) Decisione 2010/267/UE della Commissione, del 6 maggio 2010, relativa all'armonizzazione delle condizioni tecniche d'uso della banda di frequenze 790-862 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nell'Unione europea (GU L 117 dell'11.5.2010, pag. 95).
(13) Articolo 1, paragrafo 4, della decisione spettro radio.
(14) Decisione di esecuzione 2014/641/UE della Commissione, del 1o settembre 2014, relativa alle condizioni tecniche armonizzate per l'utilizzo dello spettro radio da parte delle apparecchiature audio senza fili per la realizzazione di programmi e di eventi speciali nell'Unione (GU L 263 del 3.9.2014, pag. 29).
(15) Documento RSPG13-524 rev1; link: https://circabc.europa.eu/d/a/workspace/SpacesStore/614d3daf-76a0-402d-8133-77d2d3dd2518/RSPG13-524%20rev1%20Report_700MHz_reallocation_REV.pdf
ALLEGATO
PARAMETRI DI CUI ALL'ARTICOLO 3
A. Parametri generali
1.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), all'interno delle bande di frequenza 703-733 MHz e 758-788 MHz l'assetto delle frequenze è il seguente:
a)
i blocchi sono assegnati secondo multipli di 5 MHz (1);
b)
la modalità di funzionamento è la duplex a divisione in frequenza (FDD); La spaziatura duplex è 55 MHz, con trasmissione della stazione terminale (uplink FDD) nella banda di frequenza inferiore 703-733 MHz e trasmissione della stazione di base (downlink FDD) nella banda di frequenza superiore 758-788 MHz;
c)
il limite inferiore di frequenza di un blocco assegnato è allineato o spaziato per multipli di 5 MHz dall'estremità della banda di 703 MHz.
Fatto salvo il diritto degli Stati membri di organizzare e di utilizzare il proprio spettro radio per fini di sicurezza e di pubblica sicurezza e difesa, in caso di attivazione delle comunicazioni radio PPDR occorre utilizzare le condizioni tecniche per i servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili di cui al presente allegato.
2.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), l'assetto delle frequenze all'interno della banda di frequenza 738-758 MHz da destinare in tutto o in parte a sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili è il seguente:
a)
l'estremità di banda superiore della gamma di frequenze designata è 758 MHz o 753 MHz; quest'ultimo valore è possibile esclusivamente in connessione con l'assetto delle frequenze di cui al punto A.3 che inizia a 753 MHz;
b)
l'estremità di banda inferiore della gamma di frequenza designata inizia a uno dei seguenti valori: 738 MHz, 743 MHz, 748 MHz o 753 MHz;
c)
la modalità di funzionamento è limitata alla trasmissione della stazione di base («solo downlink») conformemente ai parametri tecnici di cui alla parte B;
d)
i blocchi sono assegnati entro la gamma di frequenza designata secondo multipli di 5 MHz (1); il limite superiore di frequenza di un blocco assegnato è allineato o spaziato per multipli di 5 MHz dall'estremità superiore della banda.
3.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), l'assetto delle frequenze all'interno delle bande di frequenza 698-703 MHz, 733-736 MHz, 753-758 MHz e 788-791 MHz da utilizzare in tutto o in parte per le radiocomunicazioni PPDR è il seguente: la modalità di funzionamento è la duplex a divisione in frequenza; la spaziatura duplex è 55 MHz, con trasmissione della stazione terminale (uplink PPDR) in una o entrambe le bande di frequenza 698-703 MHz e 733-736 MHz e trasmissione della stazione di base (downlink PPDR) in una o entrambe le bande di frequenza 753-758 MHz e 788-791 MHz, rispettivamente.
Le bande di frequenza 703-733 MHz e 758-788 MHz o parte di esse possono essere utilizzate anche per le radiocomunicazioni PPDR. Tale uso è trattato nella sezione A.1.
4.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), l'assetto delle frequenze all'interno delle bande di frequenza 733-736 MHz e 788-791 MHz da utilizzare per le radiocomunicazioni M2M è il seguente: la modalità di funzionamento è la duplex a divisione in frequenza; la spaziatura duplex è 55 MHz, con trasmissione della stazione terminale (uplink M2M) nella banda di frequenza 733-736 MHz e trasmissione della stazione di base (downlink M2M) nella banda di frequenza 788-791 MHz.
5.
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri determinano l'assetto delle frequenze all'interno delle bande di frequenza 694-703 MHz e 733-758 MHz da utilizzare in tutto o in parte per le apparecchiature PMSE audio senza fili. Al fine di migliorare la coesistenza delle apparecchiature PMSE audio senza fili utilizzate in ambienti interni nelle bande di frequenza 694-703 MHz e/o 733-758 MHz con le reti di comunicazione elettronica mobili, gli Stati membri favoriscono, ove praticabile e necessario, l'applicazione di soluzioni di attenuazione delle interferenze.
B. Condizioni tecniche per le stazioni di base dei sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nella banda di frequenza 738-788 MHz
I seguenti parametri tecnici per le stazioni di base, detti «block edge mask» (BEM), sono usati per garantire la coesistenza fra reti limitrofe e la protezione di altri servizi e applicazioni in bande adiacenti. È possibile utilizzare parametri tecnici meno vincolanti purché siano concordati tra le amministrazioni o gli operatori interessati e conformi alle condizioni tecniche applicabili alla protezione degli altri servizi o applicazioni, anche nelle bande adiacenti o subordinatamente agli obblighi transfrontalieri.
Una BEM (2) è una maschera di emissione definita in funzione della frequenza, rispetto a un'estremità di blocco, che è l'estremità di un blocco di frequenze per il quale sono stati assegnati diritti d'uso a un operatore. La BEM consiste nei diversi elementi che sono definiti per determinate larghezze di banda. Per «estremità della banda» s'intende l'estremità di un blocco di frequenze di una gamma di frequenze designata per un determinato uso.
Le BEM per le stazioni di base sono state elaborate per apparecchiature utilizzate nelle reti mobili. La stessa BEM della stazione di base vale sia per l'uso del downlink FDD nella banda di frequenza 758-788 MHz (secondo la definizione data al punto A.1) sia per l'uso facoltativo in solo downlink nella banda di frequenza 738-758 MHz (secondo la definizione data al punto A.2). Le BEM servono a proteggere altri blocchi di spettro utilizzati per i servizi di comunicazione elettronica (anche nell'uso in solo downlink), nonché altri servizi e applicazioni nelle bande adiacenti. Ulteriori misure che non ostacolano lo sviluppo di economie di scala delle apparecchiature possono essere applicate a livello nazionale per agevolare la coesistenza dei servizi di comunicazione elettronica con altri usi nella banda dei 700 MHz.
La BEM della stazione di base consiste in limiti di potenza interni ed esterni al blocco. Il limite di potenza interno al blocco si applica a un blocco assegnato a un operatore. I limiti di potenza esterni al blocco sono applicati allo spettro nella banda dei 700 MHz o al di fuori di essa, che è esterno al blocco assegnato. La tabella 1 riporta i diversi elementi dello spettro della BEM della stazione di base, abbinando tutti gli elementi della BEM, eccetto quelli interni al blocco, a limiti di potenza esterni al blocco. I limiti di potenza facoltativi interni al blocco sono riportati nella tabella 2. I limiti di potenza esterni al blocco dei diversi elementi delle BEM sono riportati nelle tabelle da 3 a 8.
Per ottenere una BEM della stazione di base per un blocco specifico entro il downlink FDD o nella banda di frequenza 738-758 MHz in uso facoltativo in solo downlink, gli elementi delle BEM sono utilizzati come segue:
si usa il limite di potenza interno al blocco per il blocco assegnato all'operatore,
—
si determinano le regioni transitorie e si usano i corrispondenti limiti di potenza. Le regioni transitorie possono sovrapporsi alle bande di guardia, alle bande adiacenti e all'intervallo duplex, nel qual caso si usano i limiti di potenza transitori,
—
per la restante parte di spettro assegnata, che costituisce la base di riferimento (come definita nella tabella 1), si usano i limiti di potenza di base,
—
per la restante parte di spettro in bande di guardia (vale a dire non coperte da regioni transitorie o non utilizzate per le radiocomunicazioni PPDR o M2M), si usano i limiti di potenza della banda di guardia,
—
per lo spettro nella banda di frequenza 733-758 MHz non utilizzato in solo downlink o per radiocomunicazioni PPDR o M2M, si applicano i limiti di potenza dell'intervallo duplex.
Tabella 1
Definizione degli elementi delle BEM per blocchi ai sensi dei punti A.1 e A.2
Elemento BEM
Definizione
Elemento interno al blocco
Si riferisce a un blocco per il quale si deriva la BEM.
Base di riferimento
Spettro utilizzato nelle bande di frequenza 703-733 MHz (ossia uplink FDD) e 758-788 MHz (ossia downlink FDD), nonché nella banda di frequenza 738-758 MHz in solo downlink (se applicabile), per la radiodiffusione televisiva digitale terrestre sotto l'estremità di banda di 694 MHz, per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica sopra i 790 MHz (uplink e downlink), per le radiocomunicazioni PPDR nella banda di frequenza dei 700 MHz (uplink e downlink) e per le radiocomunicazioni M2M nella banda di frequenza dei 700 MHz (uplink e downlink).
Regione transitoria
Spettro da 0 a 10 MHz sotto il blocco assegnato a un operatore e da 0 a 10 MHz sopra tale blocco; in una gamma di frequenza in cui si sovrappongono regioni transitorie e spettro utilizzati per l'uplink FDD, l'uplink PPDR o l'uplink M2M i limiti di potenza transitori non si applicano.
Bande di guardia
a)
Lo spettro tra l'estremità inferiore della banda dei 700 MHz e l'estremità inferiore dell'uplink FDD (ossia 694-703 MHz);
b)
lo spettro tra l'estremità superiore del downlink FDD (ossia 788 MHz) e l'estremità inferiore del downlink FDD conformemente alla decisione 2010/267/UE (ossia 791 MHz).
In caso di sovrapposizione fra una regione transitoria e una banda di guardia, si usano i limiti di potenza transitori. In caso di utilizzo dello spettro per radiocomunicazioni PPDR o M2M, si usano i limiti di potenza di base o transitori.
Intervallo duplex
Lo spettro nella banda di frequenza 733-758 MHz.
In caso di sovrapposizione fra una regione transitoria e la parte dell'intervallo duplex non utilizzata per il solo downlink o per radiocomunicazioni PPDR o M2M, si usano i limiti di potenza transitori.
Requisiti all'interno del blocco
Tabella 2
Limite di potenza all'interno del blocco della stazione di base
Gamma di frequenza
EIRP media massima (3)
Larghezza di banda
Blocco assegnato all'operatore
Facoltativo.
Se un'amministrazione desidera un limite superiore, si può applicare un valore non superiore a 64 dBm/5 MHz per antenna.
5 MHz
Requisiti all'esterno del blocco
Tabella 3
Limite di potenza di base della stazione di base
Gamma di frequenza
Larghezza di banda del blocco protetto
EIRP media massima
Larghezza di banda
Frequenze di uplink nella banda 698-736 MHz (4)
≥ 5 MHz
– 50 dBm per cellula (5)
5 MHz
3 MHz
– 52 dBm per cellula (5)
3 MHz (4)
≤ 3 MHz
– 4 dBm per cellula (5)
200 kHz (4)
Frequenze di uplink FDD secondo la definizione della decisione 2010/267/UE (832-862 MHz)
≥ 5 MHz
– 49 dBm per cellula (5)
5 MHz
Frequenze di downlink nella banda 738-791 MHz
≥ 5 MHz
16 dBm per antenna
5 MHz
3 MHz
14 dBm per antenna
3 MHz
< 3 MHz
2 dBm per antenna
200 kHz
Frequenze di downlink FDD secondo la definizione della decisione 2010/267/UE (791-821 MHz)
≥ 5 MHz
16 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 4
Limiti di potenza transitori della stazione di base nella banda 733-788 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Da –10 a – 5 MHz rispetto all'estremità inferiore del blocco
18 dBm per antenna
5 MHz
Da – 5 a 0 MHz rispetto all'estremità inferiore del blocco
22 dBm per antenna
5 MHz
Da 0 a + 5 MHz rispetto all'estremità superiore del blocco
22 dBm per antenna
5 MHz
da + 5 a + 10 MHz dall'estremità superiore del blocco
18 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 5
Limiti di potenza transitori della stazione di base sopra i 788 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz
21 dBm per antenna
3 MHz
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 783 MHz
16 dBm per antenna
3 MHz
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz per la protezione di sistemi con larghezza di banda < 3 MHz
11 dBm per antenna
200 kHz
788-791 MHz per un blocco con estremità superiore a 783 MHz per la protezione di sistemi con larghezza di banda < 3 MHz
4 dBm per antenna
200 kHz
791-796 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz
19 dBm per antenna
5 MHz
791-796 MHz per un blocco con estremità superiore a 783 MHz
17 dBm per antenna
5 MHz
796-801 MHz per un blocco con estremità superiore a 788 MHz
17 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 6
Limiti di potenza della stazione di base per la parte dell'intervallo duplex non utilizzata per il solo downlink o per radiocomunicazioni PPDR o M2M
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Offset da – 10 a 0 MHz dall'estremità inferiore della banda downlink FDD o dall'estremità inferiore del blocco più basso in solo downlink, ma sopra l'estremità superiore della banda uplink FDD
16 dBm per antenna
5 MHz
Offset di più di 10 MHz dall'estremità inferiore della banda downlink FDD o dall'estremità inferiore del blocco più basso in solo downlink, ma sopra l'estremità superiore della banda uplink FDD
– 4 dBm per antenna
5 MHz
Tabella 7
Limiti di potenza della stazione di base per la parte delle bande di guardia non utilizzata per radiocomunicazioni PPDR o M2M
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Lo spettro tra l'estremità inferiore della banda dei 700 MHz e l'estremità inferiore della banda uplink FDD (ossia 694-703 MHz)
– 32 dBm per cellula (6)
1 MHz
Lo spettro tra l'estremità superiore della banda downlink FDD e l'estremità inferiore della medesima banda secondo la definizione della decisione 2010/267/UE (ossia 788-791 MHz)
14 dBm per antenna
3 MHz
Tabella 8
Limiti di potenza di base della stazione di base per spettro sotto i 694 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima
Larghezza di banda
Frequenze inferiori a 694 MHz nei casi in cui la radiodiffusione televisiva digitale terrestre è protetta
– 23 dBm per cellula (7)
8 MHz
C. Condizioni tecniche per le stazioni terminali per servizi di comunicazione elettronica nella banda di frequenza 703-733 MHz
Le BEM per le stazioni terminali indicate di seguito sono state elaborate per apparecchiature utilizzate nelle reti mobili.
La BEM della stazione terminale consiste in limiti di potenza interni ed esterni al blocco. Il limite di potenza interno al blocco si applica a un blocco assegnato a un operatore. I limiti di potenza esterni al blocco sono applicati ai seguenti elementi dello spettro: l'intervallo duplex tra l'uplink FDD e il downlink FDD (compreso lo spettro in solo downlink, se del caso), la banda di guardia tra il limite superiore delle frequenze utilizzate per la radiodiffusione televisiva (694 MHz) e l'uplink FDD (ossia 694-703 MHz) e le frequenze utilizzate per la radiodiffusione televisiva (cioè sotto i 694 MHz).
I requisiti BEM per le stazioni terminali sono riportati nelle tabelle da 9 a 12 (8). I limiti di potenza sono specificati come potenza isotropica irradiata equivalente (EIRP) per stazioni terminali progettate per essere fisse o installate e come potenza totale irradiata (TRP) (9) per stazioni terminali progettate per essere mobili o nomadi.
Le amministrazioni possono moderare il limite di potenza all'interno del blocco in determinate situazioni per impieghi specifici, ad esempio per stazioni terminali fisse situate nelle zone rurali, purché non sia compromessa la protezione degli altri servizi, delle altre applicazioni e delle altre reti e siano rispettati gli obblighi derivanti dal coordinamento transfrontaliero.
Requisiti all'interno del blocco
Tabella 9
Limite di potenza all'interno del blocco della stazione terminale
Potenza media massima
23 dBm (10)
Requisiti all'esterno del blocco
Tabella 10
Limiti di potenza della stazione terminale per la banda di guardia 694-703 MHz
Gamma di frequenza
EIRP media massima all'esterno del blocco
Larghezza di banda
694-698 MHz
– 7 dBm
4 MHz
698-703 MHz
2 dBm
5 MHz
Tabella 11 (facoltativa)
Limiti di potenza della stazione terminale per l'intervallo duplex
Gamma di frequenza
MEDIA massima dell'EIRP all'esterno del blocco
Larghezza di banda
733-738 MHz
2 dBm
5 MHz
738-753 MHz
– 6 dBm
5 MHz
753-758 MHz
– 18 dBm
5 MHz
Nota esplicativa per la tabella 11
I limiti di potenza sono stati ricavati dalla maschera di emissione spettrale specificata nella clausola 4.2.3 della norma ETSI EN 301 908-13 V6.2.1, con la conseguenza che le apparecchiature basate sull'LTE rispetteranno automaticamente i limiti di emissione di cui alla tabella 11. Non è necessaria nessun'altra procedura di prova per assicurare la conformità di tali apparecchiature ai limiti di potenza di cui sopra.
Tabella 12
Limiti di potenza della stazione terminale per frequenze inferiori a 694 MHz utilizzate per la radiodiffusione terrestre (emissioni indesiderate)
Gamma di frequenza
Potenza media massima all'esterno del blocco
Larghezza di banda
470-694 MHz
– 42 dBm
8 MHz
Note esplicative per la tabella 12
1)
Il calcolo del limite delle emissioni indesiderate è basato sulla radiodiffusione televisiva digitale terrestre mediante DVB-T2 e un sistema WBB con larghezza di banda di 10 MHz per una frequenza centrale di separazione tra la radiodiffusione televisiva digitale terrestre e il WBB di 18 MHz (ipotizzando un canale televisivo di 8 MHz, una banda di guardia di 9 MHz e una larghezza di banda del sistema WBB di 10 MHz). Se gli Stati membri desiderano autorizzare l'introduzione di sistemi WBB a livello nazionale con una larghezza di banda superiore a 10 MHz e qualora nella banda di frequenza sotto i 694 MHz sia generata una potenza indesiderata esterna al blocco superiore a – 42 dBm/8 MHz, essi dovrebbero prendere in considerazione:
a)
l'impiego di una maggiore larghezza di banda per il sistema WBB a partire da una frequenza superiore a 703 MHz in modo da continuare a soddisfare il limite prescritto per la potenza esterna al blocco;
b)
e/o l'applicazione di tecniche di attenuazione conformemente alla nota 3.
2)
Il valore del limite di emissioni indesiderate all'esterno del blocco è derivato prendendo come riferimento la ricezione della televisione digitale terrestre fissa. Gli Stati membri che desiderano prendere in considerazione la ricezione della televisione digitale terrestre portatile e in ambiente interno potranno avere necessità di attuare, caso per caso, ulteriori provvedimenti a livello nazionale/locale (cfr. la nota 3).
3)
Esempi di possibili tecniche di attenuazione che gli Stati membri possono prendere in considerazione comprendono un maggiore ricorso a filtri per il digitale terrestre, la riduzione della potenza all'interno del blocco della stazione terminale, la riduzione della larghezza di banda delle trasmissioni della stazione terminale o l'impiego di tecniche di cui all'elenco non esaustivo delle possibili tecniche di attenuazione fornito nella relazione CEPT n. 30.
4)
Ulteriori considerazioni sulla coesistenza di sistemi WBB e la radiodiffusione televisiva digitale terrestre: al fine di attenuare il rischio di blocco del ricevitore della televisione digitale terrestre causato dalla trasmissione della stazione di base, si potrebbe applicare un filtraggio esterno supplementare all'ingresso della catena di ricevitori DTT a livello nazionale, in particolare per evitare la saturazione per sovraccarico degli amplificatori di antenna; possono inoltre verificarsi interferenze da trasmettitori di radiodiffusione a ricevitori di stazioni di base, causati dalla potenza interna alla banda del trasmettitore o da emissioni indesiderate. In tali casi, tecniche di attenuazione appropriate possono essere applicate caso per caso a livello nazionale.
(1) 5 MHz o più di 5 MHz; ciò non preclude minori larghezze di banda del canale entro un blocco assegnato.
(2) La BEM si basa su analisi e simulazioni dell'attenuazione minima di accoppiamento (MCL); i suoi elementi sono definiti per ogni cellula oppure per ogni antenna, in funzione dello scenario di coesistenza da cui sono derivati.
(3) La potenza isotropica irradiata equivalente (EIRP) è pari alla potenza totale irradiata in qualsiasi direzione in un'unica ubicazione, indipendentemente dalla configurazione della stazione di base.
(4) Le amministrazioni possono scegliere una larghezza di banda di 3 MHz o 200 kHz per la protezione di un blocco di 3 MHz a seconda delle opzioni nazionali attuate.
(5) In un sito a più settori, il valore per «cellula» corrisponde al valore di uno dei settori.
(6) In un sito a più settori, il valore per «cellula» corrisponde al valore di uno dei settori.
(7) In un sito a più settori, il valore per «cellula» corrisponde al valore di uno dei settori.
(8) Ulteriori disposizioni possono essere prese in considerazione dall'ETSI nelle norme armonizzate.
(9) La potenza totale irradiata (TRP) misura la potenza effettivamente irradiata dall'antenna ed è definita come l'integrale della potenza trasmessa in differenti direzioni in tutta la sfera di irradiazione.
(10) Questo valore è soggetto a una tolleranza fino a +2 dB per tener conto del funzionamento in condizioni ambientali estreme e della dispersione di produzione.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Bande di frequenza per la comunicazione elettronica
QUALI SONO GLI OBIETTIVI DELLA DIRETTIVA E DELLE DECISIONI?
La direttiva 87/372/CEE definisce in termini generali le bande di frequenza da assegnare al servizio di pubblico digitale cellulare paneuropeo a decorrere dal 1o gennaio 1991 e chiede agli Stati membri di effettuare i preparativi necessari con la massima tempestività. La legislazione dell’UE, attraverso questa serie di decisioni relative alle bande di frequenza utilizzate per i servizi e le reti di comunicazione elettronica, nonché altre applicazioni relative al mercato interno, puntano ad armonizzare l’assegnazione tecnica e coordinare l’autorizzazione all’uso dello spettro radio.
PUNTI CHIAVE
Direttiva 87/372/CEE, modificata dalla direttiva 2009/114/CE del Consiglio
Sebbene la direttiva 2009/114 del Consiglio abbia confermato l’allocazione della banda 900 MHz per GSM quale sistema di riferimento tecnico in quella banda, i paesi dell’UE devono mettere le bande di frequenza 880-915 MHz e 925-960 MHz (la banda dei 900 MHz) a disposizione dei sistemi GSM e UMTS e di altri sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica che possano coesistere con i sistemi GSM, in conformità con la politica dello spettro radio nell’UE.
Decisioni sulla larghezza di banda nell’UELe disposizioni legislative dell’UE relative alle bande utilizzate per i servizi e le reti di comunicazione elettronica possono essere suddivise tra quelle che cercano di armonizzare l’assegnazione tecnica e quelle che coordinano l’autorizzazione all’uso dello spettro. La flessibilità si ottiene per mezzo di autorizzazioni il più possibile neutre in termini di tecnologia e servizio, in modo che gli utenti dello spettro radio possano scegliere le migliori tecnologie e servizi da applicare nelle bande di spettro dichiarate disponibili per i servizi di comunicazione elettronica nei pertinenti piani nazionali di assegnazione delle frequenze. Le restrizioni ai principi di tecnologia e neutralità del servizio si applicano solo in un numero limitato di casi, in particolare laddove sia necessario evitare interferenze dannose, proteggere la salute pubblica, garantire un livello adeguato di qualità tecnica del servizio o quando sono in gioco obiettivi di interesse generale. Alcune di queste misure mirano anche a coordinare i tempi della concessione, da parte dei paesi dell’UE che concedono diritti di utilizzo dello spettro armonizzato in relazione ai servizi e alle reti di comunicazione elettronica. Esse comprendono il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche che stabilisce le regole generali per qualsiasi spettro radio armonizzato in base alla decisione sullo spettro radio (decisione 676/2002/CE) e per le bande sperimentali per le comunicazioni a banda larga senza fili ad altissima velocità in 5G (bande 3,6 GHz e 26 GHz). Inoltre, sono completate da una serie di altre bande di frequenze più basse. Allo stesso modo, la decisione 2017/899 del Consiglio stabilisce una scadenza per l’utilizzo della banda da 700 Mhz per le comunicazioni mobili in 5G, mentre l’articolo 6 della decisione 243/2012/UE del Consiglio, che istituisce un programma pluriennale relativo alla politica in materia di spettro radio, riguardava gli 800 MHz e altre bande armonizzate (3,6 GHz, 2,6 GHz, 900 e 1800 MHz). Le bande di frequenza armonizzate in queste decisioni sono:bande di frequenza da assegnare alla radiotelefonia mobile terrestre nell’UE;spettro radio per l’utilizzo da parte di apparecchiature a corto raggio;uso dello spettro per i servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA);banda di frequenze 3 400-3 800 MHz per i sistemi terrestri;banda di frequenze 2 500-2 690 MHz per i sistemi terrestri;bande di frequenze 900 MHz e 1 800 MHz per i sistemi terrestri;spettro radio per i servizi di comunicazione mobile a bordo delle navi (servizi MCV);banda di frequenze 790-862 MHz per i sistemi terrestri;bande di frequenze 1 920-1 980 MHz e 2 110-2 170 MHz per i sistemi terrestri;banda di frequenza 1 452-1 492 MHz per i sistemi terrestri e sua estensione nelle bande di frequenza 1 427-1 452 MHz e 1 492-1 517 MHz;banda di frequenze 694-790 MHz per i sistemi terrestri;banda di frequenze 470-790 MHz;banda di frequenze 24,25-27,5 GHz per i sistemi terrestri.
DA QUANDO SI APPLICANO LA DIRETTIVA E LE DECISIONI?
La direttiva 87/372/CEE del Consiglio è entrata in vigore il 30 giugno 1987 e doveva diventare legge nei paesi dell’UE entro il 1988. Le modifiche introdotte dalla direttiva 2009/114/CE dovevano diventare legge nei paesi dell’UE entro il 9 maggio 2010.
Decisione
Data di applicazione
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2020/667
19 maggio 2020
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2020/636
12 maggio 2020
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2020/590
30 aprile 2020
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2019/784
16 maggio 2019
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2019/235
26 gennaio 2019
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2018/661
27 aprile 2018
Decisione (UE) 2017/899
14 giugno 2017
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2017/191
2 febbraio 2017
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2016/2317
19 dicembre 2016
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2016/687
2 maggio 2016
Decisione di esecuzione (UE) della Commissione 2015/750
11 maggio 2015
Decisione di esecuzione 2014/276/UE della Commissione
5 maggio 2014
Decisione di esecuzione 2013/654/UE della Commissione
13 novembre 2013
Decisione di esecuzione 2012/688/UE della Commissione
6 novembre 2012
Decisione di esecuzione 2011/251/UE della Commissione
19 aprile 2011
Decisione 2010/267/EU della Commissione
11 maggio 2010
Decisione 2010/166/EU della Commissione
20 marzo 2010
Decisione 2009/766/CE della Commissione
19 ottobre 2009
Decisione 2008/477/CE della Commissione
13 giugno 2008
Decisione 2008/411/CE della Commissione
21 maggio 2008
Decisione 2008/294/CE della Commissione
7 aprile 2008
Decisione 2006/771/CE della Commissione
9 novembre 2006
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cos’è la politica dello spettro radio? (Commissione europea) Spettro radio: coordinamento, armonizzazione e informazioni (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione di esecuzione (UE) 2020/667 della Commissione, del 6 maggio 2020, che modifica la decisione 2012/688/UE per quanto riguarda l’aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alle bande di frequenze 1 920-1 980 MHz e 2 110-2 170 Mhz (GU L 156 del 19.5.2020, pag. 6).
Decisione di esecuzione (UE) 2020/636 della Commissione, dell’8 maggio 2020 che modifica la decisione 2008/477/CE per quanto riguarda l’aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alla banda di frequenze 2 500-2 690 Mhz (GU L 149 del 12.5.2020, pag. 3).
Decisione di esecuzione (UE) 2020/590 della Commissione, del 24 aprile 2020, che modifica la decisione (UE) 2019/784 per quanto riguarda l’aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alla banda di frequenze 24,25-27,5 Ghz (GU L 138 del 30.4.2020, pag. 19).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/784 della Commissione, del 14 maggio 2019, relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 24,25-27,5 GHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili nell’Unione (GU L 127 del 16.5.2019, pag. 13).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/235 della Commissione, del 24 gennaio 2019, che modifica la decisione 2008/411/CE per quanto riguarda un aggiornamento delle pertinenti condizioni tecniche applicabili alla banda di frequenze 3 400-3 800 Mhz (GU L 37 dell’8.2.2019, pag. 135).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/661 della Commissione, del 26 aprile 2018, che modifica la decisione di esecuzione (UE) 2015/750 relativa all’armonizzazione della banda di frequenza 1 452-1 492 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nell’Unione per quanto riguarda la sua estensione nelle bande di frequenze armonizzate 1 427-1 452 MHz e 1 492-1 517 Mhz (GU L 110 del 30.4.2018, pag. 127).
Decisione (UE) 2017/899 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, relativa all’uso della banda di frequenza 470-790 MHz nell’Unione (GU L 138 del 25.5.2017, pag. 131).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/191 della Commissione, dell’1o febbraio 2017, che modifica la decisione 2010/166/UE al fine di introdurre nuove tecnologie e bande di frequenza per i servizi di comunicazione mobile a bordo delle navi (servizi MCV) nell’Unione europea (GU L 29 del 3.2.2017, pag. 63).
Decisione di esecuzione (UE) 2016/2317 della Commissione, del 16 dicembre 2016, che modifica la decisione 2008/294/CE e la decisione di esecuzione 2013/654/UE al fine di semplificare il funzionamento dei servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) nell’Unione (GU L 345 del 20.12.2016, pag. 67).
Decisione di esecuzione (UE) 2016/687 della Commissione, del 28 aprile 2016, relativa all’armonizzazione della banda di frequenza 694-790 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica a banda larga senza fili e per l’uso nazionale flessibile nell’Unione (GU L 118 del 4.5.2016, pag. 4).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/750 della Commissione, dell’8 maggio 2015, relativa all’armonizzazione della banda di frequenza 1 452-1 492 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nell’Unione (GU L 119 del 12.5.2015, pag. 27).
Le modifiche successive alla decisione (UE) 2015/750 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione di esecuzione 2014/276/UE della Commissione, del 2 maggio 2014, che modifica la decisione 2008/411/CE relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 3 400-3 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nella Comunità (GU L 139 del 14.5.2014, pag. 18).
Decisione di esecuzione 2013/654/UE della Commissione, del 12 novembre 2013, recante modifica della decisione 2008/294/CE al fine di includere ulteriori tecnologie di accesso e bande di frequenza per i servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) (GU L 303 del 14.11.2013, pag. 48).
Si veda la versione consolidata.
Decisione di esecuzione 2012/688/UE della Commissione, del 5 novembre 2012, relativa all’armonizzazione delle bande di frequenze 1 920-1 980 MHz e 2 110-2 170 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica nell’Unione (GU L 307 del 7.11.2012, pag. 84).
Decisione di esecuzione 2011/251/UE della Commissione, del 18 aprile 2011, che modifica la decisione 2009/766/CE relativa all’armonizzazione delle bande di frequenze 900 MHz e 1 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche paneuropee nella Comunità (GU L 106 del 27.4.2011, pag. 9).
Decisione 2010/267/UE della Commissione, del 6 maggio 2010, relativa all’armonizzazione delle condizioni tecniche d’uso della banda di frequenze 790-862 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nell’Unione europea (GU L 117 dell’11.5.2010, pag. 95).
Decisione 2010/166/UE della Commissione, del 19 marzo 2010, sulle condizioni d’uso armonizzate dello spettro radio per i servizi di comunicazione mobile a bordo delle navi (servizi MCV) nell’Unione europea (GU L 72 del 20.3.2010, pag. 38).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2009/766/CE della Commissione, del 16 ottobre 2009, relativa all’armonizzazione delle bande di frequenze 900 MHz e 1 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche paneuropee nella Comunità (GU L 274 del 20.10.2009, pag. 32).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2008/477/CE della Commissione, del 13 giugno 2008, relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 2 500-2 690 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nella Comunità (GU L 163 del 24.6.2008, pag. 37).
Decisione 2008/411/CE della Commissione, del 21 maggio 2008, relativa all’armonizzazione della banda di frequenze 3 400-3 800 MHz per i sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazioni elettroniche nella Comunità (GU L 144 del 4.6.2008, pag. 77).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2008/294/CE della Commissione, del 7 aprile 2008, sulle condizioni armonizzate dell’uso dello spettro per il funzionamento dei servizi di comunicazione mobile a bordo degli aeromobili (servizi MCA) nella Comunità europea (GU L 98 del 10.4.2008, pag. 19).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2006/771/CE della Commissione, del 9 novembre 2006, relativa all’armonizzazione dello spettro radio per l’utilizzo da parte di apparecchiature a corto raggio (GU L 312 dell’11.11.2006, pag. 66).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 87/372/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, sulle bande di frequenza da assegnare per l’introduzione coordinata del servizio pubblico digitale cellulare paneuropeo di radiotelefonia mobile terrestre nella Comunità (GU L 196 del 17.7.1987, pag. 85).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione) (GU L 321 del 17.12.2018, pag. 36).
Decisione n. 676/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa ad un quadro normativo per la politica in materia di spettro radio nella Comunità europea (Decisione spettro radio) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 1). |
Armi e munizioni illegali: meccanismo mondiale di segnalazione
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Rinnova i finanziamenti dell’Unione europea (UE) per iTrace, un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle armi leggere e di piccolo calibro* (SALW) e sulle munizioni, oggetto di diversione o traffico.
PUNTI CHIAVE
—
Il progetto iTrace deve essere attuato dall’organizzazione non governativa Conflict Armament Research (CAR), sotto la responsabilità dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR).
—
L’alto rappresentante riferisce sul processo di attuazione al Consiglio dell’UE, mentre la Commissione europea riferisce sugli aspetti finanziari.
—
Per il progetto sono stati stanziati 2,53 milioni di euro dal bilancio dell’UE. CAR e il ministero degli Affari esteri tedesco copriranno i costi aggiuntivi.
Il progetto sostiene i seguenti obiettivi:
—
continuare a far funzionare e potenziare ulteriormente iTrace, al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del controllo delle esportazioni di armi, le informazioni pertinenti per sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW;
—
condurre ricerche sul campo concernenti le SALW, inserire tutte le prove in iTrace e inviare richieste formali ai governi nazionali per rintracciare i movimenti di SALW;
—
centralizzare la documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW;
—
aumentare la sensibilizzazione sui risultati del progetto e promuovere le finalità e le funzioni di iTrace ai responsabili politici, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del controllo delle esportazioni di armi;
—
elaborare relazioni su questioni politiche fondamentali concernenti settori specifici che meritano l’attenzione internazionale, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La presente decisione è entrata in vigore il 22 ottobre 2015.
CONTESTO
Le SALW contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali. Il monitoraggio dei movimenti di SALW illegali è fondamentale per risolvere questi problemi.
L’UE ha finanziato per la prima volta iTrace nel 2013, nel quadro della decisione 2013/698/PESC del Consiglio. Questa decisione sostiene la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni.
TERMINI CHIAVE
*Armi leggere e di piccolo calibro (SALW): si riferisce a qualsiasi arma letale portatile. Le armi di piccolo calibro includono pistole, fucili da caccia, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Le armi leggere includono mitragliatrici pesanti, lanciagranate e cannoni anticarro.
ATTO
Decisione (PESC) 2015/1908 del Consiglio, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pagg. 15-25)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pagg. 34-42) | DECISIONE (PESC) 2015/1908 DEL CONSIGLIO
del 22 ottobre 2015
a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II»)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 26, paragrafo 2, e l'articolo 31, paragrafo 1,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 13 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato la strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l'Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della produzione, del trasferimento e della circolazione illegali delle armi convenzionali, incluse le armi leggere e di piccolo calibro («SALW»), e la loro accumulazione eccessiva e diffusione incontrollata sono centrali per quattro delle cinque sfide. Esse alimentano l'insicurezza nell'Africa subsahariana, in Medio Oriente e in molte altre regioni del mondo, esacerbando il conflitto e minacciando la rappacificazione post bellica, ponendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza.
(2)
Il 15 e 16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell'UE volta a combattere l'accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni («strategia dell'UE sulle SALW»), che stabilisce gli orientamenti per l'azione dell'UE nel settore delle SALW. La strategia dell'UE sulle SALW sottolinea che le SALW contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali.
(3)
La strategia dell'UE sulle SALW asserisce inoltre che l'Unione dovrebbe rafforzare e appoggiare i meccanismi di sorveglianza delle sanzioni e sostenere il rafforzamento dei controlli delle esportazioni, nonché la promozione della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio (1) attraverso, tra l'altro, la promozione di misure sulla trasparenza.
(4)
Con il programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di SALW in tutti i suoi aspetti («programma di azione dell'ONU»), adottato il 20 luglio 2001, tutti gli Stati membri dell'ONU si sono impegnati a prevenire il traffico illegale di SALW, compresa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, e, in particolare, a tener conto del rischio di diversione di SALW verso il commercio illegale nel valutare le domande di autorizzazioni di esportazione.
(5)
L'8 dicembre 2005 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato uno strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, SALW illegali.
(6)
Nella seconda conferenza di riesame del 2012 del programma di azione dell'ONU, tutti gli Stati membri dell'ONU hanno ribadito l'impegno a prevenire il traffico illegale di SALW, inclusa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, nonché gli impegni contenuti nel programma di azione dell'ONU concernenti la valutazione delle domande di autorizzazioni di esportazione.
(7)
Il 2 aprile 2013 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato il testo del trattato sul commercio delle armi (ATT). L'obiettivo dell'ATT è stabilire norme internazionali comuni quanto più possibile elevate per disciplinare o migliorare la regolamentazione del commercio internazionale di armi convenzionali, prevenire e sradicare il commercio illegale di armi convenzionali e impedirne la diversione. L'Unione dovrebbe sostenere tutti gli Stati membri dell'ONU nell'attuare controlli efficaci sul trasferimento di armi al fine di assicurare che l'ATT sia quanto più possibile efficace, in particolare riguardo all'attuazione del suo articolo 11.
(8)
L'Unione ha già sostenuto Conflict Armament Research Ltd. (CAR) mediante la decisione 2013/698/PESC del Consiglio (2).
(9)
L'Unione intende finanziare la seconda fase del meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali al fine di ridurre il rischio del loro commercio illegale e di continuare a contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui sopra,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
In vista dell'attuazione della strategia dell'UE sulle SALW e della promozione della pace e della sicurezza, le attività di progetto che devono essere sostenute dall'Unione si prefiggono i seguenti obiettivi specifici:
—
continuare a far funzionare e potenziare ulteriormente un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico («iTrace») al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi convenzionali le informazioni pertinenti per sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali,
—
condotta di ricerche sul campo concernenti SALW e altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti e inserimento di tutte le prove raccolte nel sistema di gestione delle informazioni, invio di richieste formali di rintracciamento ai governi nazionali laddove necessario e pubblicazione delle informazioni, previa verifica (anche tramite tracciamento formale), nel sistema iTrace,
—
centralizzazione della documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nel sistema mondiale di gestione delle informazioni, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell'ONU e al programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW, i testi degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni verificate sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali,
—
aumento della sensibilizzazione sui risultati del progetto, promozione della finalità e delle funzioni disponibili dell'iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazioni di armi e rafforzamento della capacità internazionale di monitorare la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali e di ridurre il rischio di diversione delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
—
stesura di relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace, concernenti settori specifici che meritano attenzione internazionale, inclusi i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e la distribuzione regionale delle armi e munizioni oggetto di traffico.
L'Unione finanzia il progetto, descritto in dettaglio nell'allegato della presente decisione.
Articolo 2
1. L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell'attuazione della presente decisione.
2. L'esecuzione tecnica del progetto di cui all'articolo 1 è realizzata da Conflict Armament Research Ltd. («CAR»).
3. CAR svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell'AR. A tal fine l'AR stabilisce le necessarie modalità con CAR.
Articolo 3
1. L'importo di riferimento finanziario per l'esecuzione del progetto di cui all'articolo 1 è pari a 2 530 684 EUR. Il bilancio totale stimato per l'intero progetto è pari a 3 020 000 EUR, messi a disposizione attraverso il cofinanziamento con CAR e il ministero degli Affari Esteri tedesco.
2. Le spese finanziate con l'importo di cui al paragrafo 1 sono gestite secondo le procedure e le norme applicabili al bilancio generale dell'Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione dell'importo di riferimento finanziario di cui al paragrafo 1. A tal fine, conclude il necessario accordo con CAR. L'accordo stabilisce che CAR deve assicurare la visibilità del contributo dell'Unione in funzione della sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l'accordo di cui al paragrafo 3 non appena possibile dopo l'entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio di ogni difficoltà in tale procedimento e della data di conclusione dell'accordo.
Articolo 4
1. L'AR riferisce al Consiglio in merito all'attuazione della presente decisione sulla base di relazioni trimestrali descrittive redatte da CAR. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio. Al fine di assistere il Consiglio nella sua valutazione dei risultati della presente decisione, il progetto è valutato da un'entità esterna.
2. La Commissione riferisce sugli aspetti finanziari del progetto di cui all'articolo 1.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell'accordo di cui all'articolo 3, paragrafo 3. Tuttavia, essa cessa di produrre effetti sei mesi dopo la data della sua entrata in vigore se non è stato concluso alcun accordo entro tale termine.
Fatto a Lussemburgo, il 22 ottobre 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99).
(2) Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pag. 34).
ALLEGATO
Meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali iTrace
1. Contesto e motivazione del sostegno della politica estera e di sicurezza comune (PESC)
1.1. La presente decisione si basa sulle successive decisioni del Consiglio per combattere l'impatto destabilizzante della diversione e del traffico delle SALW e di altre armi convenzionali, segnatamente la decisione 2013/698/PESC del Consiglio (1), che ha istituito il meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali iTrace.
La proliferazione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali è un importante fattore che compromette la stabilità degli Stati ed esacerba i conflitti, costituendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza. Come indicato nella strategia dell'UE sulle SALW, le armi e munizioni illegali contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali.
Le attività svolte ai sensi della decisione 2013/698/PESC hanno aumentato significativamente la capacità di controllo e diagnostica della comunità internazionale nel settore della lotta alla proliferazione di SALW e di altre armi convenzionali illegali. Nell'ambito della decisione 2013/698/PESC, iTrace ha documentato più di 200 000 armi, munizioni convenzionali e materiale correlato, inclusi ordigni esplosivi improvvisati (IED), conseguendo un risultato ampiamente superiore alla somma di tutti gli sforzi precedenti di mappatura delle armi illegali. Sono state eseguite indagini sul campo iTrace in Ciad, Costa d'Avorio, Egitto, Emirati arabi uniti, Giordania, Iraq, Libano, Mali, Mauritania, Myanmar, Nepal, Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Siria, Somalia, Somaliland, Sud Sudan e Uganda. iTrace ha altresì fornito un rilevante sostegno tecnico ai gruppi sulle sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e alle missioni dell'ONU (MINUSCA, MINUSMA, MONUSCO, UNMISS, UNOCI e UNSOM), nonché a vari governi che ne hanno chiesto il sostegno nelle indagini.
Dal momento che la portata e la scala delle indagini si sono accresciute, iTrace è progressivamente diventato uno strumento vitale per: a) generare informazioni utilizzabili ai fini della definizione di interventi sui trasferimenti illegali di armi nelle zone di conflitto, in particolare in regioni specifiche che destano la preoccupazione degli Stati membri dell'UE; b) consentire una comprensione in tempo reale del commercio illegale mondiale di armi; c) definire i profili della diversione per incrementare la capacità delle autorità dell'UE incaricate del controllo delle esportazioni di valutare i rischi di diversione prima dell'esportazione, e d) facilitare la condivisione delle informazioni tra organismi dell'ONU, internazionali, regionali e nazionali, altrimenti scarsamente collegati tra loro.
1.2. La presente decisione, pertanto, mira a proseguire le attività del progetto pilota nell'ambito della decisione 2013/698/PESC, continuando a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti e raccolte sistematicamente, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di armi convenzionali e relative munizioni per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. La decisione continuerà quindi ad aiutarli a combinare una strategia di risposta efficace con un'azione preventiva adeguata per contrastare l'offerta e la domanda illegali e assicurare l'effettivo controllo delle armi convenzionali nei paesi terzi.
1.3. La presente decisione prevede il continuo funzionamento e l'ulteriore potenziamento del sistema in linea accessibile al pubblico iTrace, che traccia le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando in particolare tipi specifici di armi, fornitori, vettori dei trasferimenti e destinatari illegali. Il sistema iTrace, incentrato sulle regioni colpite da conflitti, funge da meccanismo mondiale di segnalazione che consente ai governi nazionali di monitorare il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e di individuare i casi di diversione.
2. Obiettivi generali
L'azione descritta in appresso continuerà a sostenere la comunità internazionale nel contrasto all'impatto destabilizzante della diversione e del traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Continuerà a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. In particolare l'azione fornirà:
a)
informazioni concrete sul traffico di SALW e di altre armi convenzionali necessarie per monitorare più efficacemente l'attuazione del programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW,
b)
informazioni concrete per rafforzare l'attuazione dello strumento internazionale per il rintracciamento,
c)
informazioni concrete per tracciare le principali rotte ed entità coinvolte nella fornitura di armi e munizioni convenzionali a regioni colpite da conflitti o a organizzazioni terroristiche internazionali e per fornire prove dell'implicazione di gruppi e persone nel commercio illegale a sostegno dei procedimenti giudiziari nazionali,
d)
una cooperazione rafforzata tra competenti organi e missioni dell'ONU e altre organizzazioni internazionali, nel settore del rintracciamento delle SALW e di altre armi convenzionali, e la fornitura di informazioni a diretto sostegno dei meccanismi di monitoraggio esistenti, incluso il sistema di INTERPOL per la registrazione e la tracciabilità delle armi da fuoco illegali (iARMS), che è complementare a iTrace e con il quale si garantirà un coordinamento continuo,
e)
informazioni pertinenti per individuare i settori prioritari della cooperazione e dell'assistenza internazionale al fine di combattere efficacemente la diversione e il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, quali il finanziamento di progetti in relazione alla sicurezza delle scorte e/o alla gestione delle frontiere,
f)
un meccanismo per assistere nel monitoraggio dell'attuazione dell'ATT, in particolare per individuare la diversione di armi convenzionali trasferite, nonché per assistere i governi nella valutazione del rischio di diversione prima dell'esportazione di armi convenzionali, segnatamente il rischio di diversione all'interno del paese acquirente o di riesportazione a condizioni non ammissibili.
3. Sostenibilità e risultati del progetto a lungo termine
L'azione rafforzerà un quadro stabile per il monitoraggio durevole della diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Si prevede che aumenterà considerevolmente le informazioni esistenti connesse alle armi e sosterrà in modo significativo lo sviluppo mirato di efficaci politiche sul controllo delle armi convenzionali e sul controllo delle esportazioni di armi. In particolare il progetto:
a)
svilupperà ulteriormente un sistema di gestione delle informazioni che assicurerà la raccolta e l'analisi a lungo termine dei dati sulle armi convenzionali illegali;
b)
fornirà ai responsabili delle politiche e agli esperti in materia di controllo delle armi convenzionali uno strumento per definire strategie più efficaci e settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione (ad esempio individuando meccanismi subregionali o regionali di cooperazione, di coordinamento e di condivisione di informazioni che occorre istituire o rafforzare, nonché scorte nazionali insicure, gestione non adeguata degli inventari, rotte dei trasferimenti illegali, controlli deboli alle frontiere e capacità di contrasto insufficienti);
c)
avrà la flessibilità intrinseca necessaria per generare informazioni pertinenti, indipendentemente dalla rapidità di evoluzione delle esigenze politiche;
d)
accrescerà sostanzialmente l'efficacia di persone e organizzazioni internazionali attive nel monitoraggio delle armi mettendo a disposizione un meccanismo di condivisione delle informazioni di portata sempre più ampia.
4. Descrizione dell'azione
4.1. Progetto 1 — Potenziamento del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di armi e portale di mappatura in linea iTrace
4.1.1. Obiettivo del progetto
Il progetto potenzierà il software iTrace, inizialmente sviluppato da CAR per il progetto attuato ai sensi della decisione 2013/698/PESC, e accrescerà la facilità d'impiego del sistema. Tra i miglioramenti figurano: una migliore analisi dei dati, lo sviluppo di un pacchetto di funzioni per gli utenti che fornirà a specifici gruppi di utenti istruzioni chiare su come ottimizzare l'utilizzo del sistema, inserimento di dati ad alta velocità (incluso lo streaming via satellite), aggiornamento istantaneo dei documenti strategici, un'applicazione mobile iTrace che funzionerà su dispositivi iOS® e Android® e migliorie alla banca dati per tenere conto di una gamma sempre più ampia di armi e componenti.
4.1.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
potenziamento del sistema al fine di consentire la generazione di analisi sofisticate delle tendenze in materia di traffico di armi in un'ottica pluriennale. I miglioramenti includeranno capacità di interrogazione e di visualizzazione dei dati che permetteranno agli utenti di svolgere indagini sulle complesse relazioni tra grandi insiemi di dati;
b)
lo sviluppo di un pacchetto di funzioni per gli utenti che offrirà un'interfaccia esplicativa tra la pagina di accesso a iTrace e il portale propriamente detto. Il pacchetto sarà strutturato per tematiche, offrirà istruzioni video destinate a gruppi specifici di utenti (ad esempio responsabili delle politiche in materia di controllo delle armi o funzionari incaricati del rilascio delle licenze di esportazione), presenterà le funzioni specifiche del sistema (ad esempio la produzione di statistiche sulla diversione o la definizione di profili di paesi) e fornirà orientamenti sulle ricerche avanzate e l'utilizzo dei dati. Disporrà anche di una funzione di aiuto interattivo, strutturata sulla base delle domande frequenti;
c)
modifica del sistema per consentire l'aggiornamento istantaneo delle informazioni specifiche per paese (incluse le relazioni nazionali, la legislazione e gli strumenti di controllo delle armi). Il sistema estrarrà informazioni in tempo reale da una serie di banche dati esistenti, permettendo una ricerca rapida e il reperimento di documenti strategici sull'applicazione mobile [cfr.il punto 4.1.2, lettera e), in appresso];
d)
riconfigurazione del sistema per consentire l'inserimento di dati provenienti da MS Excel® e da altre applicazioni basate su fogli elettronici tramite collegamento ascendente (uplink) via satellite. Si prevede che questo sviluppo, reso imperativo dall'ingente volume dei dati raccolti (in particolare in Iraq e Siria) quintuplichi la velocità di inserimento dei dati;
e)
in risposta alle richieste degli utenti, sviluppo di una versione più basilare di iTrace, progettata per funzionare su dispositivi iOS® e Android®. L'obiettivo dell'applicazione sarà di garantire ai responsabili delle politiche l'accesso alle funzioni di iTrace in ordine alla mappatura geospaziale, al monitoraggio della diversione e al documento per paese su ogni piattaforma e in qualsiasi sede;
f)
modifica del sistema per tenere conto di nuove banche dati e rispecchiare la gamma sempre più ampia di armi, munizioni, componenti e veicoli militari identificati durante le operazioni allargate di CAR nel periodo 2013-15.
4.1.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
consentire a qualsiasi utente in linea di accedere a una particolare località, paese, regione o continente del mondo;
b)
individuare e trasmettere prove visive di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tale località, paese, regione o continente;
c)
riportare, su una mappa mondiale in linea, le date di trasferimento, le rotte di fornitura illegali e i trafficanti coinvolti per ciascuno (delle migliaia) di articoli che rientrano tra le SALW e altre armi e munizioni convenzionali oggetto di traffico;
d)
reperire automaticamente casi simili (SALW e altre armi e munizioni convenzionali dello stesso tipo, paese di fabbricazione o serie di produzione) e riportare tali articoli, e la loro ubicazione, su una mappa mondiale in linea;
e)
individuare e tracciare i collegamenti tra i tipi di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, o le parti implicate nel traffico internazionale;
f)
generare relazioni globali (ad esempio il grado di diversione in un determinato paese o l'origine delle armi convenzionali oggetto di diversione), che saranno scaricabili in formato PDF;
g)
ospitare, per paese e globalmente, la documentazione pertinente esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell'ONU e al programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW, il testo degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni verificate sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali;
h)
inviare dati compatibili con iARMS di INTERPOL, il che consentirà a INTERPOL di confrontare le armi collegate a reati in iARMS con le informazioni generate da iTrace sulle armi illegali;
i)
produrre statistiche sulla diversione, al fine di sostenere gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell'individuazione di settori prioritari per il miglioramento, l'assistenza e la cooperazione e allo scopo di appoggiare le autorità nazionali incaricate del rilascio delle licenze di esportazione di armi nel riconoscimento dei rischi concreti di diversione.
4.1.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Nell'ambito del progetto proseguiranno il funzionamento e il potenziamento di un sistema di mappatura in linea libero, accessibile al pubblico, privo di restrizioni per quanto concerne i potenziali beneficiari.
4.1.5. Beneficiari del progetto
iTrace continuerà a fornire informazioni sempre più complete destinate esplicitamente, ma non limitate, a: responsabili delle politiche nazionali sul controllo di armi, organismi incaricati del rilascio delle licenze di esportazione di armi, organizzazioni regionali e internazionali (compresi i gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, le missioni ONU di mantenimento della pace, UNODC, UNODA e INTERPOL), organizzazioni non governative di ricerca [compresi il Centro internazionale di Bonn per la riconversione (BICC), il gruppo di ricerca e d'informazione sulla pace (GRIP), l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e la Small Arms Survey (Inchiesta sulle armi di piccolo calibro)], organizzazioni impegnate nella causa (tra esse Amnesty International e Human Rights Watch) e i media internazionali.
4.2. Progetto 2 — Indagini sul campo necessarie ad alimentare ulteriormente il sistema iTrace con prove documentali in tempo reale relative a diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e con altre informazioni pertinenti
4.2.1. Obiettivo del progetto
Il progetto condurrà ricerche sul campo sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti. La portata geografica del progetto si amplierà costantemente, accordando la priorità a numerosi paesi che destano particolari preoccupazioni negli Stati membri dell'UE, inclusi, tra gli altri, Iraq, Libia, Mali, Repubblica centrafricana, Siria, Somalia e Sud Sudan. La definizione di accordi formali in materia di condivisione delle informazioni con una serie di organizzazioni, incluse le missioni dell'ONU, agevolerà il progetto, come anche l'invio selettivo di richieste formali di rintracciamento ai governi nazionali.
Il progetto continuerà inoltre a svolgere ricerche documentali e a verificare (anche tramite indagini sul campo) le informazioni esistenti sui trasferimenti pertinenti raccolte da organizzazioni diverse da CAR a fini di inserimento nel sistema iTrace.
4.2.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
invio di esperti di armi qualificati per la conduzione di analisi sul campo relative a SALW e ad altre armi, munizioni e materiale correlato convenzionali e illegali recuperati da Stati colpiti da conflitti;
b)
analisi, riesame e verifica di prove documentate sulle SALW e su altre armi e munizioni illegali e sui relativi utilizzatori, compresi, tra gli altri: fotografie di armi, di loro componenti e di marchiature interne ed esterne, imballaggi, documenti di spedizione associati e i risultati delle indagini sul campo (utilizzatori, forniture e rotte dei trasferimenti);
c)
riesame e verifica delle prove aggiuntive recenti sui trasferimenti pertinenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali raccolte da organizzazioni diverse da CAR, comprese le relazioni dei gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, delle organizzazioni della società civile e dei media internazionali;
d)
inserimento di tutte le prove raccolte e riesaminate nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace;
e)
individuazione e sostegno dei partner locali al fine di garantire una raccolta dati continuata a sostegno di iTrace per tutta la durata dell'azione proposta e oltre;
f)
contatti costanti con i governi dell'UE volti a predefinire punti di contatto nazionali, e un meccanismo di coordinamento, al fine di chiarire il raggio d'azione delle indagini di CAR e di attenuare possibili conflitti di interesse, prima delle suddette indagini.
Il progetto sarà attuato in modo graduale nell'intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.2.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
documentare, in situ, le prove materiali di armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico nelle regioni colpite da conflitti;
b)
verificare e sviluppare casi di traffico illegale a partire dalle prove raccolte da CAR, da organizzazioni con cui vigono accordi in materia di condivisione di informazioni con CAR e, se del caso, da altre organizzazioni in merito a armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tutte le regioni;
c)
fornire prove visive concrete di armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, comprese fotografie di articoli, numeri di serie, marchi di fabbrica, contenitori, distinte di colli, documenti di spedizione e certificazione degli utenti finali;
d)
generare resoconti testuali di attività illegali, comprendenti le rotte del traffico, gli attori coinvolti nella diversione o nel trasferimento illegale e valutazioni dei fattori concorrenti (tra cui gestione e sicurezza inefficienti delle scorte e reti di approvvigionamento illegali, deliberatamente orchestrate dallo Stato);
e)
inserimento delle suddette prove nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace ai fini di una piena divulgazione al pubblico.
4.2.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Fino a 30 presenze sul campo (se necessario prorogate) nell'intero periodo di due anni per ottenere elementi di prova da inserire nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace.
4.2.5. Beneficiari del progetto
Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5.
4.3. Progetto 3 — Sensibilizzazione dei soggetti interessati e coordinamento internazionale
4.3.1. Obiettivo del progetto
Il progetto illustrerà i vantaggi di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare ulteriormente la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace.
4.3.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
presentazioni a cura del personale CAR in occasione di conferenze internazionali pertinenti dedicate al commercio illegale di armi convenzionali in tutti i suoi aspetti. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace con un accento sui seguenti aspetti: 1) vantaggi concreti per l'assistenza nel monitoraggio dell'attuazione del programma di azione dell'ONU, dell'ATT e di altri strumenti internazionali pertinenti; 2) utilità nell'individuare i settori prioritari per la cooperazione e l'assistenza internazionali; 3) utilità in quanto meccanismo di definizione dei profili di valutazione di rischio per le autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione;
b)
presentazioni a cura del personale CAR ai governi nazionali e alle operazioni di mantenimento della pace. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace ai dipartimenti preposti alle missioni, incoraggiare e sviluppare accordi formali in materia di condivisione delle informazioni in grado di produrre informazioni che possono essere inserite nel sistema, nonché assistere i responsabili delle politiche nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali.
Il progetto sarà attuato nell'intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.3.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
dimostrare l'utilità di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali impegnati nell'attuazione degli accordi in materia di controllo delle armi convenzionali e di controllo delle esportazioni di armi (programma di azione dell'ONU, ATT e altri strumenti internazionali pertinenti), e nella valutazione dell'attuazione stessa;
b)
fornire le informazioni pertinenti per assistere i responsabili delle politiche e gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali e nell'elaborazione di strategie antiproliferazione efficaci;
c)
fornire, alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione, informazioni approfondite su iTrace e la sua utilità nella valutazione del rischio, prevedendo anche ulteriori modalità di riscontro e potenziamento del sistema;
d)
agevolare la condivisione di informazioni tra i governi nazionali e le operazioni ONU di mantenimento della pace, ivi inclusi il trattamento e l'analisi dei dati con l'ausilio del sistema iTrace;
e)
rafforzare il collegamento in rete di un gruppo crescente di esperti del controllo delle armi convenzionali impegnati in indagini in situ sulla diversione e il traffico di armi e munizioni convenzionali;
f)
rafforzare il profilo pubblico del rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali quale mezzo per assistere nel monitoraggio dell'attuazione del programma di azione dell'ONU, dell'ATT e di altri strumenti internazionali e regionali di controllo delle armi e di controllo delle esportazioni di armi.
4.3.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Un massimo di dodici conferenze di sensibilizzazione con la presenza di personale CAR. In tutte le conferenze sarà prevista la presentazione di iTrace. La relazione finale conterrà gli ordini del giorno e brevi sintesi delle conferenze.
4.3.5. Beneficiari del progetto
Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5.
4.4. Progetto 4 — Relazioni sulla politica iTrace
4.4.1. Obiettivo del progetto
Il progetto fornirà relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace. Le relazioni saranno concepite in modo da mettere in evidenza aspetti specifici di interesse internazionale, tra cui i principali modelli di traffico di armi e munizioni convenzionali, la distribuzione regionale di armi e munizioni oggetto di traffico e settori prioritari che meritano attenzione a livello internazionale.
4.4.2. Attività di progetto
Analisi approfondita che terminerà con la stesura, la revisione, l'edizione e la pubblicazione di un massimo di dieci relazioni sulla politica iTrace.
4.4.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
produrre un massimo di dieci relazioni, ognuna delle quali delineerà un aspetto di interesse internazionale;
b)
assicurare la distribuzione delle relazioni sulla politica iTrace a tutti gli Stati membri dell'UE;
c)
delineare una strategia di sensibilizzazione mirata per assicurare la massima copertura globale;
d)
sostenere la visibilità dell'azione sulla scena politica e nei media internazionali, presentando tra l'altro informazioni sulle armi illegali concernenti temi di attualità, fornendo analisi di rilevanza politica a corredo delle procedure in corso di controllo delle armi e dando alle relazioni un taglio che susciti il maggior interesse dei media internazionali.
4.4.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Un massimo di dieci relazioni sulla politica iTrace pubblicate in linea per l'intera durata dell'azione proposta e distribuite su scala globale.
4.4.5. Beneficiari del progetto
Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5.
5. Sedi
Sede del progetto 1 sarà il Regno Unito. Il progetto riconosce che i risultati richiesti delle indagini sul campo non possono essere replicati a distanza e, per il progetto 2, occorrerà inviare un numero elevato di esperti di armi convenzionali nelle regioni colpite da conflitti. Gli invii saranno valutati caso per caso, sotto il profilo della sicurezza, dell'accesso e della disponibilità delle informazioni. CAR ha già stabilito contatti o avviato progetti in molti paesi interessati. Il progetto 3 sarà condotto in conferenze internazionali e, in coordinamento con i governi nazionali e le organizzazioni pertinenti, su scala mondiale per assicurarne la massima visibilità. Il progetto 4 sarà compilato nel Regno Unito.
6. Durata
La durata totale stimata dei progetti combinati è di 24 mesi.
7. Entità di esecuzione e visibilità UE
L'esecuzione tecnica della presente decisione sarà affidata a CAR. CAR svolgerà i suoi compiti sotto la responsabilità dell'AR.
CAR è nata da una rete di investigatori sulle armi di importanza crescente che, nel 2006, è stata la prima a svolgere attività di individuazione e rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali. CAR concentra la sua attività sull'individuazione e il rintracciamento delle armi sul campo. Questo approccio basato sui singoli casi e la capacità tecnica necessaria per metterlo in atto sono essenziali per una mappatura esauriente della diversione di armi convenzionali nei paesi in conflitto e all'interno di questi, che attualmente non è monitorata in misura sufficiente dalla comunità internazionale. A tal fine CAR invia piccole squadre di investigatori, con esperienza almeno decennale specifica nel settore delle armi, in regioni colpite da conflitti per esaminare e documentare sul posto le armi illegali.
A partire dal maggio 2013 CAR ha inviato personale nell'ambito di operazioni sul campo in 18 regioni colpite da conflitti, ha sostenuto direttamente sette gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, ha stipulato accordi formali di condivisione delle informazioni con due missioni ONU di mantenimento della pace e ha fornito assistenza tecnica a due missioni PSDC. Ha altresì regolarmente fornito sostegno tecnico a sette governi nazionali per quanto concerne l'identificazione e il rintracciamento delle armi. CAR continua a essere la sola organizzazione, al di fuori del sistema delle Nazioni Unite, a occuparsi esclusivamente di individuare e rintracciare armi e munizioni convenzionali e materiale correlato sul campo nei conflitti armati contemporanei.
Il 25 novembre 2013, con la decisione 2013/698/PESC, è stato conferito a CAR il mandato di progettare e dare attuazione a iTrace. iTrace è un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali. Nella sua fase pilota (iTrace I) il progetto si è incentrato principalmente sulla documentazione delle armi illegali nell'Africa subsahariana, con un ulteriore accento sul Medio Oriente (Iraq e Siria), e sull'inserimento dei risultati nel sistema iTrace. A oggi il progetto ha documentato più di 200 000 articoli, tra cui armi, munizioni e materiale correlato in circolazione in regioni colpite da conflitti.
CAR adotterà tutte le misure opportune a pubblicizzare il fatto che l'azione è stata finanziata dall'Unione. Tali misure saranno attuate in linea con il Manuale di comunicazione e visibilità per le azioni esterne dell'Unione europea elaborato e pubblicato dalla Commissione.
CAR garantirà quindi la visibilità del contributo dell'Unione con un'opportuna strategia di marchio e pubblicità che metta in risalto il ruolo dell'Unione, assicuri la trasparenza delle sue azioni e aumenti la consapevolezza quanto ai motivi della decisione, nonché al sostegno dell'Unione alla decisione stessa e ai risultati di tale sostegno. Sul materiale prodotto dal progetto figurerà in modo evidente la bandiera dell'Unione, conformemente agli orientamenti dell'Unione per l'uso corretto e la riproduzione corretta della bandiera.
8. Presentazione di relazioni
CAR redigerà relazioni trimestrali descrittive.
(1) Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pag. 34).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE (PESC) 2015/1908 DEL CONSIGLIO
del 22 ottobre 2015
a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II»)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 26, paragrafo 2, e l'articolo 31, paragrafo 1,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 13 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato la strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l'Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della produzione, del trasferimento e della circolazione illegali delle armi convenzionali, incluse le armi leggere e di piccolo calibro («SALW»), e la loro accumulazione eccessiva e diffusione incontrollata sono centrali per quattro delle cinque sfide. Esse alimentano l'insicurezza nell'Africa subsahariana, in Medio Oriente e in molte altre regioni del mondo, esacerbando il conflitto e minacciando la rappacificazione post bellica, ponendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza.
(2)
Il 15 e 16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell'UE volta a combattere l'accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni («strategia dell'UE sulle SALW»), che stabilisce gli orientamenti per l'azione dell'UE nel settore delle SALW. La strategia dell'UE sulle SALW sottolinea che le SALW contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali.
(3)
La strategia dell'UE sulle SALW asserisce inoltre che l'Unione dovrebbe rafforzare e appoggiare i meccanismi di sorveglianza delle sanzioni e sostenere il rafforzamento dei controlli delle esportazioni, nonché la promozione della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio (1) attraverso, tra l'altro, la promozione di misure sulla trasparenza.
(4)
Con il programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di SALW in tutti i suoi aspetti («programma di azione dell'ONU»), adottato il 20 luglio 2001, tutti gli Stati membri dell'ONU si sono impegnati a prevenire il traffico illegale di SALW, compresa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, e, in particolare, a tener conto del rischio di diversione di SALW verso il commercio illegale nel valutare le domande di autorizzazioni di esportazione.
(5)
L'8 dicembre 2005 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato uno strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, SALW illegali.
(6)
Nella seconda conferenza di riesame del 2012 del programma di azione dell'ONU, tutti gli Stati membri dell'ONU hanno ribadito l'impegno a prevenire il traffico illegale di SALW, inclusa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, nonché gli impegni contenuti nel programma di azione dell'ONU concernenti la valutazione delle domande di autorizzazioni di esportazione.
(7)
Il 2 aprile 2013 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato il testo del trattato sul commercio delle armi (ATT). L'obiettivo dell'ATT è stabilire norme internazionali comuni quanto più possibile elevate per disciplinare o migliorare la regolamentazione del commercio internazionale di armi convenzionali, prevenire e sradicare il commercio illegale di armi convenzionali e impedirne la diversione. L'Unione dovrebbe sostenere tutti gli Stati membri dell'ONU nell'attuare controlli efficaci sul trasferimento di armi al fine di assicurare che l'ATT sia quanto più possibile efficace, in particolare riguardo all'attuazione del suo articolo 11.
(8)
L'Unione ha già sostenuto Conflict Armament Research Ltd. (CAR) mediante la decisione 2013/698/PESC del Consiglio (2).
(9)
L'Unione intende finanziare la seconda fase del meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali al fine di ridurre il rischio del loro commercio illegale e di continuare a contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui sopra,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
In vista dell'attuazione della strategia dell'UE sulle SALW e della promozione della pace e della sicurezza, le attività di progetto che devono essere sostenute dall'Unione si prefiggono i seguenti obiettivi specifici:
—
continuare a far funzionare e potenziare ulteriormente un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico («iTrace») al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi convenzionali le informazioni pertinenti per sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali,
—
condotta di ricerche sul campo concernenti SALW e altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti e inserimento di tutte le prove raccolte nel sistema di gestione delle informazioni, invio di richieste formali di rintracciamento ai governi nazionali laddove necessario e pubblicazione delle informazioni, previa verifica (anche tramite tracciamento formale), nel sistema iTrace,
—
centralizzazione della documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nel sistema mondiale di gestione delle informazioni, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell'ONU e al programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW, i testi degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni verificate sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali,
—
aumento della sensibilizzazione sui risultati del progetto, promozione della finalità e delle funzioni disponibili dell'iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazioni di armi e rafforzamento della capacità internazionale di monitorare la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali e di ridurre il rischio di diversione delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
—
stesura di relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace, concernenti settori specifici che meritano attenzione internazionale, inclusi i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e la distribuzione regionale delle armi e munizioni oggetto di traffico.
L'Unione finanzia il progetto, descritto in dettaglio nell'allegato della presente decisione.
Articolo 2
1. L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell'attuazione della presente decisione.
2. L'esecuzione tecnica del progetto di cui all'articolo 1 è realizzata da Conflict Armament Research Ltd. («CAR»).
3. CAR svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell'AR. A tal fine l'AR stabilisce le necessarie modalità con CAR.
Articolo 3
1. L'importo di riferimento finanziario per l'esecuzione del progetto di cui all'articolo 1 è pari a 2 530 684 EUR. Il bilancio totale stimato per l'intero progetto è pari a 3 020 000 EUR, messi a disposizione attraverso il cofinanziamento con CAR e il ministero degli Affari Esteri tedesco.
2. Le spese finanziate con l'importo di cui al paragrafo 1 sono gestite secondo le procedure e le norme applicabili al bilancio generale dell'Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione dell'importo di riferimento finanziario di cui al paragrafo 1. A tal fine, conclude il necessario accordo con CAR. L'accordo stabilisce che CAR deve assicurare la visibilità del contributo dell'Unione in funzione della sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l'accordo di cui al paragrafo 3 non appena possibile dopo l'entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio di ogni difficoltà in tale procedimento e della data di conclusione dell'accordo.
Articolo 4
1. L'AR riferisce al Consiglio in merito all'attuazione della presente decisione sulla base di relazioni trimestrali descrittive redatte da CAR. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio. Al fine di assistere il Consiglio nella sua valutazione dei risultati della presente decisione, il progetto è valutato da un'entità esterna.
2. La Commissione riferisce sugli aspetti finanziari del progetto di cui all'articolo 1.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell'accordo di cui all'articolo 3, paragrafo 3. Tuttavia, essa cessa di produrre effetti sei mesi dopo la data della sua entrata in vigore se non è stato concluso alcun accordo entro tale termine.
Fatto a Lussemburgo, il 22 ottobre 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99).
(2) Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pag. 34).
ALLEGATO
Meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali iTrace
1. Contesto e motivazione del sostegno della politica estera e di sicurezza comune (PESC)
1.1. La presente decisione si basa sulle successive decisioni del Consiglio per combattere l'impatto destabilizzante della diversione e del traffico delle SALW e di altre armi convenzionali, segnatamente la decisione 2013/698/PESC del Consiglio (1), che ha istituito il meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali iTrace.
La proliferazione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali è un importante fattore che compromette la stabilità degli Stati ed esacerba i conflitti, costituendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza. Come indicato nella strategia dell'UE sulle SALW, le armi e munizioni illegali contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali.
Le attività svolte ai sensi della decisione 2013/698/PESC hanno aumentato significativamente la capacità di controllo e diagnostica della comunità internazionale nel settore della lotta alla proliferazione di SALW e di altre armi convenzionali illegali. Nell'ambito della decisione 2013/698/PESC, iTrace ha documentato più di 200 000 armi, munizioni convenzionali e materiale correlato, inclusi ordigni esplosivi improvvisati (IED), conseguendo un risultato ampiamente superiore alla somma di tutti gli sforzi precedenti di mappatura delle armi illegali. Sono state eseguite indagini sul campo iTrace in Ciad, Costa d'Avorio, Egitto, Emirati arabi uniti, Giordania, Iraq, Libano, Mali, Mauritania, Myanmar, Nepal, Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Siria, Somalia, Somaliland, Sud Sudan e Uganda. iTrace ha altresì fornito un rilevante sostegno tecnico ai gruppi sulle sanzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e alle missioni dell'ONU (MINUSCA, MINUSMA, MONUSCO, UNMISS, UNOCI e UNSOM), nonché a vari governi che ne hanno chiesto il sostegno nelle indagini.
Dal momento che la portata e la scala delle indagini si sono accresciute, iTrace è progressivamente diventato uno strumento vitale per: a) generare informazioni utilizzabili ai fini della definizione di interventi sui trasferimenti illegali di armi nelle zone di conflitto, in particolare in regioni specifiche che destano la preoccupazione degli Stati membri dell'UE; b) consentire una comprensione in tempo reale del commercio illegale mondiale di armi; c) definire i profili della diversione per incrementare la capacità delle autorità dell'UE incaricate del controllo delle esportazioni di valutare i rischi di diversione prima dell'esportazione, e d) facilitare la condivisione delle informazioni tra organismi dell'ONU, internazionali, regionali e nazionali, altrimenti scarsamente collegati tra loro.
1.2. La presente decisione, pertanto, mira a proseguire le attività del progetto pilota nell'ambito della decisione 2013/698/PESC, continuando a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti e raccolte sistematicamente, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di armi convenzionali e relative munizioni per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. La decisione continuerà quindi ad aiutarli a combinare una strategia di risposta efficace con un'azione preventiva adeguata per contrastare l'offerta e la domanda illegali e assicurare l'effettivo controllo delle armi convenzionali nei paesi terzi.
1.3. La presente decisione prevede il continuo funzionamento e l'ulteriore potenziamento del sistema in linea accessibile al pubblico iTrace, che traccia le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando in particolare tipi specifici di armi, fornitori, vettori dei trasferimenti e destinatari illegali. Il sistema iTrace, incentrato sulle regioni colpite da conflitti, funge da meccanismo mondiale di segnalazione che consente ai governi nazionali di monitorare il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e di individuare i casi di diversione.
2. Obiettivi generali
L'azione descritta in appresso continuerà a sostenere la comunità internazionale nel contrasto all'impatto destabilizzante della diversione e del traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Continuerà a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. In particolare l'azione fornirà:
a)
informazioni concrete sul traffico di SALW e di altre armi convenzionali necessarie per monitorare più efficacemente l'attuazione del programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW,
b)
informazioni concrete per rafforzare l'attuazione dello strumento internazionale per il rintracciamento,
c)
informazioni concrete per tracciare le principali rotte ed entità coinvolte nella fornitura di armi e munizioni convenzionali a regioni colpite da conflitti o a organizzazioni terroristiche internazionali e per fornire prove dell'implicazione di gruppi e persone nel commercio illegale a sostegno dei procedimenti giudiziari nazionali,
d)
una cooperazione rafforzata tra competenti organi e missioni dell'ONU e altre organizzazioni internazionali, nel settore del rintracciamento delle SALW e di altre armi convenzionali, e la fornitura di informazioni a diretto sostegno dei meccanismi di monitoraggio esistenti, incluso il sistema di INTERPOL per la registrazione e la tracciabilità delle armi da fuoco illegali (iARMS), che è complementare a iTrace e con il quale si garantirà un coordinamento continuo,
e)
informazioni pertinenti per individuare i settori prioritari della cooperazione e dell'assistenza internazionale al fine di combattere efficacemente la diversione e il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, quali il finanziamento di progetti in relazione alla sicurezza delle scorte e/o alla gestione delle frontiere,
f)
un meccanismo per assistere nel monitoraggio dell'attuazione dell'ATT, in particolare per individuare la diversione di armi convenzionali trasferite, nonché per assistere i governi nella valutazione del rischio di diversione prima dell'esportazione di armi convenzionali, segnatamente il rischio di diversione all'interno del paese acquirente o di riesportazione a condizioni non ammissibili.
3. Sostenibilità e risultati del progetto a lungo termine
L'azione rafforzerà un quadro stabile per il monitoraggio durevole della diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Si prevede che aumenterà considerevolmente le informazioni esistenti connesse alle armi e sosterrà in modo significativo lo sviluppo mirato di efficaci politiche sul controllo delle armi convenzionali e sul controllo delle esportazioni di armi. In particolare il progetto:
a)
svilupperà ulteriormente un sistema di gestione delle informazioni che assicurerà la raccolta e l'analisi a lungo termine dei dati sulle armi convenzionali illegali;
b)
fornirà ai responsabili delle politiche e agli esperti in materia di controllo delle armi convenzionali uno strumento per definire strategie più efficaci e settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione (ad esempio individuando meccanismi subregionali o regionali di cooperazione, di coordinamento e di condivisione di informazioni che occorre istituire o rafforzare, nonché scorte nazionali insicure, gestione non adeguata degli inventari, rotte dei trasferimenti illegali, controlli deboli alle frontiere e capacità di contrasto insufficienti);
c)
avrà la flessibilità intrinseca necessaria per generare informazioni pertinenti, indipendentemente dalla rapidità di evoluzione delle esigenze politiche;
d)
accrescerà sostanzialmente l'efficacia di persone e organizzazioni internazionali attive nel monitoraggio delle armi mettendo a disposizione un meccanismo di condivisione delle informazioni di portata sempre più ampia.
4. Descrizione dell'azione
4.1. Progetto 1 — Potenziamento del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di armi e portale di mappatura in linea iTrace
4.1.1. Obiettivo del progetto
Il progetto potenzierà il software iTrace, inizialmente sviluppato da CAR per il progetto attuato ai sensi della decisione 2013/698/PESC, e accrescerà la facilità d'impiego del sistema. Tra i miglioramenti figurano: una migliore analisi dei dati, lo sviluppo di un pacchetto di funzioni per gli utenti che fornirà a specifici gruppi di utenti istruzioni chiare su come ottimizzare l'utilizzo del sistema, inserimento di dati ad alta velocità (incluso lo streaming via satellite), aggiornamento istantaneo dei documenti strategici, un'applicazione mobile iTrace che funzionerà su dispositivi iOS® e Android® e migliorie alla banca dati per tenere conto di una gamma sempre più ampia di armi e componenti.
4.1.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
potenziamento del sistema al fine di consentire la generazione di analisi sofisticate delle tendenze in materia di traffico di armi in un'ottica pluriennale. I miglioramenti includeranno capacità di interrogazione e di visualizzazione dei dati che permetteranno agli utenti di svolgere indagini sulle complesse relazioni tra grandi insiemi di dati;
b)
lo sviluppo di un pacchetto di funzioni per gli utenti che offrirà un'interfaccia esplicativa tra la pagina di accesso a iTrace e il portale propriamente detto. Il pacchetto sarà strutturato per tematiche, offrirà istruzioni video destinate a gruppi specifici di utenti (ad esempio responsabili delle politiche in materia di controllo delle armi o funzionari incaricati del rilascio delle licenze di esportazione), presenterà le funzioni specifiche del sistema (ad esempio la produzione di statistiche sulla diversione o la definizione di profili di paesi) e fornirà orientamenti sulle ricerche avanzate e l'utilizzo dei dati. Disporrà anche di una funzione di aiuto interattivo, strutturata sulla base delle domande frequenti;
c)
modifica del sistema per consentire l'aggiornamento istantaneo delle informazioni specifiche per paese (incluse le relazioni nazionali, la legislazione e gli strumenti di controllo delle armi). Il sistema estrarrà informazioni in tempo reale da una serie di banche dati esistenti, permettendo una ricerca rapida e il reperimento di documenti strategici sull'applicazione mobile [cfr.il punto 4.1.2, lettera e), in appresso];
d)
riconfigurazione del sistema per consentire l'inserimento di dati provenienti da MS Excel® e da altre applicazioni basate su fogli elettronici tramite collegamento ascendente (uplink) via satellite. Si prevede che questo sviluppo, reso imperativo dall'ingente volume dei dati raccolti (in particolare in Iraq e Siria) quintuplichi la velocità di inserimento dei dati;
e)
in risposta alle richieste degli utenti, sviluppo di una versione più basilare di iTrace, progettata per funzionare su dispositivi iOS® e Android®. L'obiettivo dell'applicazione sarà di garantire ai responsabili delle politiche l'accesso alle funzioni di iTrace in ordine alla mappatura geospaziale, al monitoraggio della diversione e al documento per paese su ogni piattaforma e in qualsiasi sede;
f)
modifica del sistema per tenere conto di nuove banche dati e rispecchiare la gamma sempre più ampia di armi, munizioni, componenti e veicoli militari identificati durante le operazioni allargate di CAR nel periodo 2013-15.
4.1.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
consentire a qualsiasi utente in linea di accedere a una particolare località, paese, regione o continente del mondo;
b)
individuare e trasmettere prove visive di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tale località, paese, regione o continente;
c)
riportare, su una mappa mondiale in linea, le date di trasferimento, le rotte di fornitura illegali e i trafficanti coinvolti per ciascuno (delle migliaia) di articoli che rientrano tra le SALW e altre armi e munizioni convenzionali oggetto di traffico;
d)
reperire automaticamente casi simili (SALW e altre armi e munizioni convenzionali dello stesso tipo, paese di fabbricazione o serie di produzione) e riportare tali articoli, e la loro ubicazione, su una mappa mondiale in linea;
e)
individuare e tracciare i collegamenti tra i tipi di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, o le parti implicate nel traffico internazionale;
f)
generare relazioni globali (ad esempio il grado di diversione in un determinato paese o l'origine delle armi convenzionali oggetto di diversione), che saranno scaricabili in formato PDF;
g)
ospitare, per paese e globalmente, la documentazione pertinente esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell'ONU e al programma di azione dell'ONU sul commercio illegale di SALW, il testo degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni verificate sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali;
h)
inviare dati compatibili con iARMS di INTERPOL, il che consentirà a INTERPOL di confrontare le armi collegate a reati in iARMS con le informazioni generate da iTrace sulle armi illegali;
i)
produrre statistiche sulla diversione, al fine di sostenere gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell'individuazione di settori prioritari per il miglioramento, l'assistenza e la cooperazione e allo scopo di appoggiare le autorità nazionali incaricate del rilascio delle licenze di esportazione di armi nel riconoscimento dei rischi concreti di diversione.
4.1.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Nell'ambito del progetto proseguiranno il funzionamento e il potenziamento di un sistema di mappatura in linea libero, accessibile al pubblico, privo di restrizioni per quanto concerne i potenziali beneficiari.
4.1.5. Beneficiari del progetto
iTrace continuerà a fornire informazioni sempre più complete destinate esplicitamente, ma non limitate, a: responsabili delle politiche nazionali sul controllo di armi, organismi incaricati del rilascio delle licenze di esportazione di armi, organizzazioni regionali e internazionali (compresi i gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, le missioni ONU di mantenimento della pace, UNODC, UNODA e INTERPOL), organizzazioni non governative di ricerca [compresi il Centro internazionale di Bonn per la riconversione (BICC), il gruppo di ricerca e d'informazione sulla pace (GRIP), l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e la Small Arms Survey (Inchiesta sulle armi di piccolo calibro)], organizzazioni impegnate nella causa (tra esse Amnesty International e Human Rights Watch) e i media internazionali.
4.2. Progetto 2 — Indagini sul campo necessarie ad alimentare ulteriormente il sistema iTrace con prove documentali in tempo reale relative a diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e con altre informazioni pertinenti
4.2.1. Obiettivo del progetto
Il progetto condurrà ricerche sul campo sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti. La portata geografica del progetto si amplierà costantemente, accordando la priorità a numerosi paesi che destano particolari preoccupazioni negli Stati membri dell'UE, inclusi, tra gli altri, Iraq, Libia, Mali, Repubblica centrafricana, Siria, Somalia e Sud Sudan. La definizione di accordi formali in materia di condivisione delle informazioni con una serie di organizzazioni, incluse le missioni dell'ONU, agevolerà il progetto, come anche l'invio selettivo di richieste formali di rintracciamento ai governi nazionali.
Il progetto continuerà inoltre a svolgere ricerche documentali e a verificare (anche tramite indagini sul campo) le informazioni esistenti sui trasferimenti pertinenti raccolte da organizzazioni diverse da CAR a fini di inserimento nel sistema iTrace.
4.2.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
invio di esperti di armi qualificati per la conduzione di analisi sul campo relative a SALW e ad altre armi, munizioni e materiale correlato convenzionali e illegali recuperati da Stati colpiti da conflitti;
b)
analisi, riesame e verifica di prove documentate sulle SALW e su altre armi e munizioni illegali e sui relativi utilizzatori, compresi, tra gli altri: fotografie di armi, di loro componenti e di marchiature interne ed esterne, imballaggi, documenti di spedizione associati e i risultati delle indagini sul campo (utilizzatori, forniture e rotte dei trasferimenti);
c)
riesame e verifica delle prove aggiuntive recenti sui trasferimenti pertinenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali raccolte da organizzazioni diverse da CAR, comprese le relazioni dei gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, delle organizzazioni della società civile e dei media internazionali;
d)
inserimento di tutte le prove raccolte e riesaminate nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace;
e)
individuazione e sostegno dei partner locali al fine di garantire una raccolta dati continuata a sostegno di iTrace per tutta la durata dell'azione proposta e oltre;
f)
contatti costanti con i governi dell'UE volti a predefinire punti di contatto nazionali, e un meccanismo di coordinamento, al fine di chiarire il raggio d'azione delle indagini di CAR e di attenuare possibili conflitti di interesse, prima delle suddette indagini.
Il progetto sarà attuato in modo graduale nell'intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.2.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
documentare, in situ, le prove materiali di armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico nelle regioni colpite da conflitti;
b)
verificare e sviluppare casi di traffico illegale a partire dalle prove raccolte da CAR, da organizzazioni con cui vigono accordi in materia di condivisione di informazioni con CAR e, se del caso, da altre organizzazioni in merito a armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tutte le regioni;
c)
fornire prove visive concrete di armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, comprese fotografie di articoli, numeri di serie, marchi di fabbrica, contenitori, distinte di colli, documenti di spedizione e certificazione degli utenti finali;
d)
generare resoconti testuali di attività illegali, comprendenti le rotte del traffico, gli attori coinvolti nella diversione o nel trasferimento illegale e valutazioni dei fattori concorrenti (tra cui gestione e sicurezza inefficienti delle scorte e reti di approvvigionamento illegali, deliberatamente orchestrate dallo Stato);
e)
inserimento delle suddette prove nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace ai fini di una piena divulgazione al pubblico.
4.2.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Fino a 30 presenze sul campo (se necessario prorogate) nell'intero periodo di due anni per ottenere elementi di prova da inserire nel sistema di gestione delle informazioni e portale di mappatura in linea iTrace.
4.2.5. Beneficiari del progetto
Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5.
4.3. Progetto 3 — Sensibilizzazione dei soggetti interessati e coordinamento internazionale
4.3.1. Obiettivo del progetto
Il progetto illustrerà i vantaggi di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare ulteriormente la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace.
4.3.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
presentazioni a cura del personale CAR in occasione di conferenze internazionali pertinenti dedicate al commercio illegale di armi convenzionali in tutti i suoi aspetti. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace con un accento sui seguenti aspetti: 1) vantaggi concreti per l'assistenza nel monitoraggio dell'attuazione del programma di azione dell'ONU, dell'ATT e di altri strumenti internazionali pertinenti; 2) utilità nell'individuare i settori prioritari per la cooperazione e l'assistenza internazionali; 3) utilità in quanto meccanismo di definizione dei profili di valutazione di rischio per le autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione;
b)
presentazioni a cura del personale CAR ai governi nazionali e alle operazioni di mantenimento della pace. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace ai dipartimenti preposti alle missioni, incoraggiare e sviluppare accordi formali in materia di condivisione delle informazioni in grado di produrre informazioni che possono essere inserite nel sistema, nonché assistere i responsabili delle politiche nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali.
Il progetto sarà attuato nell'intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.3.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
dimostrare l'utilità di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali impegnati nell'attuazione degli accordi in materia di controllo delle armi convenzionali e di controllo delle esportazioni di armi (programma di azione dell'ONU, ATT e altri strumenti internazionali pertinenti), e nella valutazione dell'attuazione stessa;
b)
fornire le informazioni pertinenti per assistere i responsabili delle politiche e gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell'individuazione dei settori prioritari per l'assistenza e la cooperazione internazionali e nell'elaborazione di strategie antiproliferazione efficaci;
c)
fornire, alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione, informazioni approfondite su iTrace e la sua utilità nella valutazione del rischio, prevedendo anche ulteriori modalità di riscontro e potenziamento del sistema;
d)
agevolare la condivisione di informazioni tra i governi nazionali e le operazioni ONU di mantenimento della pace, ivi inclusi il trattamento e l'analisi dei dati con l'ausilio del sistema iTrace;
e)
rafforzare il collegamento in rete di un gruppo crescente di esperti del controllo delle armi convenzionali impegnati in indagini in situ sulla diversione e il traffico di armi e munizioni convenzionali;
f)
rafforzare il profilo pubblico del rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali quale mezzo per assistere nel monitoraggio dell'attuazione del programma di azione dell'ONU, dell'ATT e di altri strumenti internazionali e regionali di controllo delle armi e di controllo delle esportazioni di armi.
4.3.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Un massimo di dodici conferenze di sensibilizzazione con la presenza di personale CAR. In tutte le conferenze sarà prevista la presentazione di iTrace. La relazione finale conterrà gli ordini del giorno e brevi sintesi delle conferenze.
4.3.5. Beneficiari del progetto
Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5.
4.4. Progetto 4 — Relazioni sulla politica iTrace
4.4.1. Obiettivo del progetto
Il progetto fornirà relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace. Le relazioni saranno concepite in modo da mettere in evidenza aspetti specifici di interesse internazionale, tra cui i principali modelli di traffico di armi e munizioni convenzionali, la distribuzione regionale di armi e munizioni oggetto di traffico e settori prioritari che meritano attenzione a livello internazionale.
4.4.2. Attività di progetto
Analisi approfondita che terminerà con la stesura, la revisione, l'edizione e la pubblicazione di un massimo di dieci relazioni sulla politica iTrace.
4.4.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
produrre un massimo di dieci relazioni, ognuna delle quali delineerà un aspetto di interesse internazionale;
b)
assicurare la distribuzione delle relazioni sulla politica iTrace a tutti gli Stati membri dell'UE;
c)
delineare una strategia di sensibilizzazione mirata per assicurare la massima copertura globale;
d)
sostenere la visibilità dell'azione sulla scena politica e nei media internazionali, presentando tra l'altro informazioni sulle armi illegali concernenti temi di attualità, fornendo analisi di rilevanza politica a corredo delle procedure in corso di controllo delle armi e dando alle relazioni un taglio che susciti il maggior interesse dei media internazionali.
4.4.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Un massimo di dieci relazioni sulla politica iTrace pubblicate in linea per l'intera durata dell'azione proposta e distribuite su scala globale.
4.4.5. Beneficiari del progetto
Per l'elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, si veda il punto 4.1.5.
5. Sedi
Sede del progetto 1 sarà il Regno Unito. Il progetto riconosce che i risultati richiesti delle indagini sul campo non possono essere replicati a distanza e, per il progetto 2, occorrerà inviare un numero elevato di esperti di armi convenzionali nelle regioni colpite da conflitti. Gli invii saranno valutati caso per caso, sotto il profilo della sicurezza, dell'accesso e della disponibilità delle informazioni. CAR ha già stabilito contatti o avviato progetti in molti paesi interessati. Il progetto 3 sarà condotto in conferenze internazionali e, in coordinamento con i governi nazionali e le organizzazioni pertinenti, su scala mondiale per assicurarne la massima visibilità. Il progetto 4 sarà compilato nel Regno Unito.
6. Durata
La durata totale stimata dei progetti combinati è di 24 mesi.
7. Entità di esecuzione e visibilità UE
L'esecuzione tecnica della presente decisione sarà affidata a CAR. CAR svolgerà i suoi compiti sotto la responsabilità dell'AR.
CAR è nata da una rete di investigatori sulle armi di importanza crescente che, nel 2006, è stata la prima a svolgere attività di individuazione e rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali. CAR concentra la sua attività sull'individuazione e il rintracciamento delle armi sul campo. Questo approccio basato sui singoli casi e la capacità tecnica necessaria per metterlo in atto sono essenziali per una mappatura esauriente della diversione di armi convenzionali nei paesi in conflitto e all'interno di questi, che attualmente non è monitorata in misura sufficiente dalla comunità internazionale. A tal fine CAR invia piccole squadre di investigatori, con esperienza almeno decennale specifica nel settore delle armi, in regioni colpite da conflitti per esaminare e documentare sul posto le armi illegali.
A partire dal maggio 2013 CAR ha inviato personale nell'ambito di operazioni sul campo in 18 regioni colpite da conflitti, ha sostenuto direttamente sette gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell'ONU, ha stipulato accordi formali di condivisione delle informazioni con due missioni ONU di mantenimento della pace e ha fornito assistenza tecnica a due missioni PSDC. Ha altresì regolarmente fornito sostegno tecnico a sette governi nazionali per quanto concerne l'identificazione e il rintracciamento delle armi. CAR continua a essere la sola organizzazione, al di fuori del sistema delle Nazioni Unite, a occuparsi esclusivamente di individuare e rintracciare armi e munizioni convenzionali e materiale correlato sul campo nei conflitti armati contemporanei.
Il 25 novembre 2013, con la decisione 2013/698/PESC, è stato conferito a CAR il mandato di progettare e dare attuazione a iTrace. iTrace è un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali. Nella sua fase pilota (iTrace I) il progetto si è incentrato principalmente sulla documentazione delle armi illegali nell'Africa subsahariana, con un ulteriore accento sul Medio Oriente (Iraq e Siria), e sull'inserimento dei risultati nel sistema iTrace. A oggi il progetto ha documentato più di 200 000 articoli, tra cui armi, munizioni e materiale correlato in circolazione in regioni colpite da conflitti.
CAR adotterà tutte le misure opportune a pubblicizzare il fatto che l'azione è stata finanziata dall'Unione. Tali misure saranno attuate in linea con il Manuale di comunicazione e visibilità per le azioni esterne dell'Unione europea elaborato e pubblicato dalla Commissione.
CAR garantirà quindi la visibilità del contributo dell'Unione con un'opportuna strategia di marchio e pubblicità che metta in risalto il ruolo dell'Unione, assicuri la trasparenza delle sue azioni e aumenti la consapevolezza quanto ai motivi della decisione, nonché al sostegno dell'Unione alla decisione stessa e ai risultati di tale sostegno. Sul materiale prodotto dal progetto figurerà in modo evidente la bandiera dell'Unione, conformemente agli orientamenti dell'Unione per l'uso corretto e la riproduzione corretta della bandiera.
8. Presentazione di relazioni
CAR redigerà relazioni trimestrali descrittive.
(1) Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pag. 34).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Armi e munizioni illegali: meccanismo mondiale di segnalazione
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Rinnova i finanziamenti dell’Unione europea (UE) per iTrace, un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle armi leggere e di piccolo calibro* (SALW) e sulle munizioni, oggetto di diversione o traffico.
PUNTI CHIAVE
—
Il progetto iTrace deve essere attuato dall’organizzazione non governativa Conflict Armament Research (CAR), sotto la responsabilità dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR).
—
L’alto rappresentante riferisce sul processo di attuazione al Consiglio dell’UE, mentre la Commissione europea riferisce sugli aspetti finanziari.
—
Per il progetto sono stati stanziati 2,53 milioni di euro dal bilancio dell’UE. CAR e il ministero degli Affari esteri tedesco copriranno i costi aggiuntivi.
Il progetto sostiene i seguenti obiettivi:
—
continuare a far funzionare e potenziare ulteriormente iTrace, al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del controllo delle esportazioni di armi, le informazioni pertinenti per sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW;
—
condurre ricerche sul campo concernenti le SALW, inserire tutte le prove in iTrace e inviare richieste formali ai governi nazionali per rintracciare i movimenti di SALW;
—
centralizzare la documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW;
—
aumentare la sensibilizzazione sui risultati del progetto e promuovere le finalità e le funzioni di iTrace ai responsabili politici, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del controllo delle esportazioni di armi;
—
elaborare relazioni su questioni politiche fondamentali concernenti settori specifici che meritano l’attenzione internazionale, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La presente decisione è entrata in vigore il 22 ottobre 2015.
CONTESTO
Le SALW contribuiscono ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata e costituiscono un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti nonché nel crollo delle strutture statali. Il monitoraggio dei movimenti di SALW illegali è fondamentale per risolvere questi problemi.
L’UE ha finanziato per la prima volta iTrace nel 2013, nel quadro della decisione 2013/698/PESC del Consiglio. Questa decisione sostiene la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni.
TERMINI CHIAVE
*Armi leggere e di piccolo calibro (SALW): si riferisce a qualsiasi arma letale portatile. Le armi di piccolo calibro includono pistole, fucili da caccia, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Le armi leggere includono mitragliatrici pesanti, lanciagranate e cannoni anticarro.
ATTO
Decisione (PESC) 2015/1908 del Consiglio, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pagg. 15-25)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale (GU L 320 del 30.11.2013, pagg. 34-42) |
Accordi di trasferimento di tecnologia per garantire il rispetto delle regole di concorrenza
Gli accordi di licenza che limitano la concorrenza sono contrari alle regole di concorrenza dell’Unione europea (UE). Tuttavia, tali accordi possono anche avere effetti positivi che superano i loro effetti restrittivi sulla concorrenza. Un nuovo regolamento e nuove linee guida di «esenzione per categoria» relativamente agli accordi di trasferimento di tecnologia creano un’area di certezza per molti accordi di licenza.
ATTO
Regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione, del 21 marzo 2014, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia.
SINTESI
Secondo la legislazione sulla proprietà intellettuale i titolari dei diritti di proprietà di beni immateriali possiedono alcuni diritti esclusivi. Questi permettono loro di impedire l’uso non autorizzato dei loro beni immateriali, nonché di sfruttare la loro proprietà, in particolare concedendo tali diritti in licenza a terzi. Gli accordi di trasferimento di tecnologia riguardano la concessione in licenza di tecnologia e possono essere bilaterali o multilaterali («pool di brevetti»).
Nel marzo 2014, la Commissione europea ha adottato un regolamento di esenzione per categoria relativo al trasferimento di tecnologie (RECTT), in sostituzione di un testo del 2004. Esso chiarisce come la legislazione dell’UE in materia di concorrenza (nello specifico l’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea) si applica a talune categorie di accordi di licenza e ai criteri utilizzati per valutare tali accordi. Come i regolamenti precedenti, è accompagnato da linee guida che forniscono orientamenti sull’applicazione delle norme.
Campo di applicazione ed esenzioni
Il RECTT esenta gli accordi di licenza tra imprese che hanno un potere di mercato limitato (ovvero una quota di mercato inferiore al 20 % per gli accordi tra concorrenti e al 30 % per gli accordi tra non concorrenti) e che rispondono a determinati requisiti. Gli effetti non sono considerati anticoncorrenziali o, se lo sono, gli effetti positivi superano quelli negativi e quindi non sono in contrasto con le norme antitrust dell’UE.
Il RECTT si applica solo per agli accordi in materia di ricerca e sviluppo (R&S), se gli specifici regolamenti di esenzione per categoria sugli accordi di R&S e sugli accordi di specializzazione non sono applicabili.
Il RECTT si applica solo agli accordi bilaterali; le linee guida riguardano anche i pool di brevetti.
Principali modifiche introdotte:
un nuovo criterio per determinare se talune clausole in un accordo di trasferimento di tecnologia (in particolare per quanto riguarda gli acquisti di materie prime o di attrezzature da un licenziatario o l’uso di un marchio del licenziatario) siano esentate dall’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, insieme con l’accordo di trasferimento di tecnologia in sé;
vengono aggiunte alla lista delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 (pratiche ritenute così gravi che, insieme al resto del contratto in cui si trovano, sono escluse dalla deroga di un regolamento di esenzione) le restrizioni delle vendite passive tra licenziatari, che non possono mai essere esentate dal RECTT;
tutti gli obblighi di retrocessione esclusiva sono al di fuori del campo di applicazione della deroga prevista dal RECTT (gli obblighi di retrocessione non esclusivi, invece, rientrano nel suo campo di applicazione);
le clausole di risoluzione, che consentono al licenziatario di recedere dall’accordo di licenza se l’altra parte contesta la validità della tecnologia sotto licenza, non rientreranno nella deroga prevista dal RECTT.
Applicazione
Le nuove regole si applicano non solo ai contratti conclusi dopo dopo l’entrata in vigore del RECTT (1o maggio 2014), ma anche agli accordi stipulati sotto il regime precedente, che hanno dovuto essere adeguati alle nuove norme entro il 30 aprile 2015.
CONTESTO
In seguito all’epidemia da Covid-19 e all’introduzione di misure volte a far fronte all’impatto della crisi, la Commissione europea ha adottato:Comunicazione della Commissione Quadro temporaneo per la valutazione delle questioni in materia di antitrust relative alla cooperazione tra imprese volta a rispondere alle situazioni di emergenza causate dall'attuale pandemia di Covid-19TERMINI CHIAVE
Accordo di trasferimento di tecnologia: un accordo che disciplina il trasferimento di competenze, tecnologie, tecniche tra due o più parti.
Esenzione per categoria: secondo tali norme, la Commissione europea può dichiarare specifiche categorie di aiuti di Stato compatibili con il trattato sul funzionamento dell’UE qualora soddisfino determinate condizioni. Questo li esenta dall’obbligo di notifica preventiva e approvazione della Commissione.
Pool di brevetto: un accordo tra due o più proprietari di brevetti per concedere in licenza uno o più dei loro brevetti all’altro o a terzi.
Accordi di specializzazione: accordi che mirano a promuovere la cooperazione tra imprese nel settore di specializzazione per la produzione di beni e la fornitura di servizi.
Restrizioni delle vendite passive: si ha vendita passiva quando una parte risponde a ordini non sollecitati di singoli clienti.
Obblighi di retrocessione: in un accordo di licenza, al licenziatario può essere richiesto di divulgare e trasferire tutte le migliorie apportate (tra cui il know-how relativo acquisito) alla tecnologia sotto licenza durante il periodo di licenza.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 316/2014
1.5.2014
-
GU L 93 del 28.3.2014, pag. 17-23
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione - Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU C 89 del 28.3.2014, pag. 3-50). | REGOLAMENTO (UE) N. 316/2014 DELLA COMMISSIONE
del 21 marzo 2014
relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (1), in particolare l’articolo 1,
previa pubblicazione del progetto del presente regolamento,
sentito il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento n. 19/65/CEE conferisce alla Commissione il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato a determinate categorie di accordi di trasferimento di tecnologia cui partecipano soltanto due imprese e alle corrispondenti pratiche concordate, che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.
(2)
A norma del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione ha adottato, in particolare, il regolamento (CE) n. 772/2004 (2), il quale definisce le categorie di accordi di trasferimento di tecnologia che la Commissione ha considerato come corrispondenti, di norma, alle condizioni stabilite all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva dell’applicazione di tale regolamento, che scade il 30 aprile 2014, e di altre esperienze accumulate successivamente alla sua adozione, è opportuno adottare un nuovo regolamento di esenzione per categoria.
(3)
Il presente regolamento deve soddisfare la duplice esigenza di assicurare l’efficace tutela della concorrenza e di offrire alle imprese la necessaria certezza del diritto. Nel perseguire tali obiettivi occorre tenere conto della necessità di semplificare per quanto possibile la vigilanza amministrativa e il quadro legislativo.
(4)
Gli accordi di trasferimento di tecnologia hanno per oggetto la licenza per diritti tecnologici. Tali accordi favoriscono di norma un più efficiente uso delle risorse e promuovono la concorrenza, in quanto possono ridurre la duplicazione delle attività di ricerca e sviluppo, offrire maggiori incentivi per la ricerca e sviluppo iniziale, stimolare l’innovazione incrementale, agevolare la diffusione delle tecnologie e alimentare la concorrenza sul mercato del prodotto.
(5)
La probabilità che tali effetti di incremento dell’efficienza e di promozione della concorrenza superino gli eventuali effetti anticoncorrenziali dovuti alle restrizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia dipende dal grado di potere di mercato delle imprese interessate e, di conseguenza, dalla misura in cui tali imprese devono affrontare la concorrenza di imprese che detengono tecnologie sostitutive o di imprese che producono prodotti sostitutivi.
(6)
È opportuno che il presente regolamento si applichi soltanto agli accordi di trasferimento di tecnologia tra un licenziante e un licenziatario. Esso deve applicarsi agli accordi in questione anche se l’accordo contiene condizioni applicabili a più livelli commerciali, imponendo per esempio al licenziatario di istituire un particolare sistema di distribuzione e specificando gli obblighi che il licenziatario deve o può imporre ai distributori dei prodotti realizzati sotto licenza. È opportuno tuttavia che tali condizioni e obblighi siano compatibili con le regole di concorrenza applicabili agli accordi di fornitura e di distribuzione stabilite nel regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione (3). Gli accordi di fornitura e di distribuzione conclusi tra un licenziatario e gli acquirenti dei prodotti contrattuali non devono essere esentati dal presente regolamento.
(7)
È necessario che il presente regolamento si applichi esclusivamente agli accordi mediante i quali il licenziante autorizza il licenziatario e/o uno o più dei suoi subfornitori a sfruttare i diritti tecnologici sotto licenza, eventualmente successivamente a ulteriore attività di ricerca e sviluppo da parte del licenziatario e/o dei subfornitori, per la finalità di produzione di beni o servizi. Esso non deve applicarsi alla concessione in licenza nel contesto degli accordi in materia di ricerca e sviluppo contemplati dal regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione (4) o alla concessione in licenza nel contesto degli accordi di specializzazione contemplati dal regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione (5). Né deve applicarsi ad accordi che abbiano come finalità la semplice riproduzione e distribuzione di prodotti di software protetti dal diritto d’autore, poiché tali accordi non riguardano la concessione in licenza di una tecnologia finalizzata alla produzione, ma sono più simili ad accordi di distribuzione. Occorre che il regolamento non si applichi neppure agli accordi finalizzati alla costituzione di pool tecnologici, vale a dire agli accordi volti a mettere in comune le tecnologie al fine di concederle in licenza a terzi, né agli accordi in cui la tecnologia messa in comune è concessa in licenza a tali terzi.
(8)
Ai fini dell’applicazione mediante regolamento dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non è necessario definire gli accordi di trasferimento di tecnologia che possono rientrare nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Nella valutazione individuale degli accordi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, occorre tenere conto di diversi fattori e in particolare della struttura e della dinamica dei mercati rilevanti delle tecnologie e del prodotto.
(9)
Il beneficio dell’esenzione per categoria previsto dal presente regolamento deve essere limitato agli accordi per i quali si può presupporre con sufficiente certezza la conformità alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Al fine di conseguire i vantaggi e di realizzare gli obiettivi del trasferimento di tecnologia, il presente regolamento non deve applicarsi esclusivamente ai trasferimenti di tecnologia in quanto tali ma anche ad altre disposizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia, se e nella misura in cui tali disposizioni sono direttamente collegate alla produzione o alla vendita dei prodotti contrattuali.
(10)
Per quanto riguarda gli accordi di trasferimento di tecnologia tra concorrenti, qualora la quota dei mercati rilevanti attribuibile congiuntamente alle parti non superi il 20 % e gli accordi non contengano restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, si può presumere che essi siano in genere atti a determinare un miglioramento della produzione o della distribuzione e a riservare agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva.
(11)
Per quanto riguarda gli accordi di trasferimento di tecnologia tra non concorrenti, qualora la quota individuale dei mercati rilevanti attribuibile a ciascuna delle parti non superi il 30 % e gli accordi non contengano restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, si può presumere che essi siano in genere atti a determinare un miglioramento della produzione o della distribuzione e a riservare agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva.
(12)
Se la quota di mercato applicabile supera la soglia stabilita su uno o più mercati del prodotto o delle tecnologie, l’esenzione per categoria non deve applicarsi all’accordo per i mercati rilevanti interessati.
(13)
Non è possibile presumere che, qualora la quota di mercato superi dette soglie, gli accordi di trasferimento di tecnologia rientrino nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Un accordo di licenza esclusiva tra imprese non concorrenti, ad esempio, spesso non rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Non è neppure possibile presumere che, qualora la quota di mercato superi dette soglie, gli accordi di trasferimento di tecnologia che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, non soddisfino le condizioni per l’esenzione. Tuttavia, non si può nemmeno presumere che tali accordi determinino di norma vantaggi oggettivi di natura e ampiezza tali da compensare gli svantaggi che essi determinano sotto il profilo della concorrenza.
(14)
È opportuno che il presente regolamento non esenti gli accordi di trasferimento di tecnologia che contengano restrizioni non indispensabili per il miglioramento della produzione o della distribuzione. In particolare, gli accordi di trasferimento di tecnologia che contengono alcune restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, quali la fissazione dei prezzi praticati ai terzi, devono essere esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria di cui al presente regolamento indipendentemente dalle quote di mercato delle imprese interessate. In caso di simili restrizioni fondamentali, la totalità dell’accordo deve essere esclusa dal beneficio dell’esenzione per categoria.
(15)
Al fine di tutelare gli incentivi a innovare e l’adeguata applicazione dei diritti di proprietà di beni immateriali, occorre escludere talune restrizioni dalla possibilità di beneficiare dell’esenzione per categoria. In particolare, è necessario escludere determinati obblighi di retrocessione e determinate clausole di non contestazione. Qualora una simile restrizione sia inclusa in un accordo di licenza, è opportuno che soltanto la restrizione in questione sia esclusa dal beneficio dell’esenzione per categoria.
(16)
Le soglie relative alla quota di mercato e l’esclusione dall’esenzione degli accordi di trasferimento di tecnologia contenenti restrizioni anticoncorrenziali gravi e le restrizioni escluse previste dal presente regolamento assicureranno di norma che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentano alle imprese partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione a una parte sostanziale dei prodotti in questione.
(17)
A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (6), la Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento qualora constati che, in un caso determinato, un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Ciò può avvenire in particolare quando gli incentivi a innovare vengono limitati o quando l’accesso ai mercati risulta ostacolato.
(18)
A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza di uno Stato membro può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento nel suo territorio o in una parte di esso quando, in un caso determinato, un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di tale Stato membro o in una parte di esso, qualora tale territorio abbia tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto.
(19)
Al fine di rafforzare la vigilanza sulle reti parallele di accordi di trasferimento di tecnologia aventi effetti restrittivi simili e che coprono più del 50 % di un dato mercato, la Commissione può, con regolamento, dichiarare il presente regolamento inapplicabile ad accordi di trasferimento di tecnologia che contengano specifiche restrizioni relative al mercato di cui trattasi, ripristinando così nei confronti di tali accordi la piena applicazione dell’articolo 101 del trattato,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «accordo»: un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata;
b) «diritti tecnologici»: il know-how e i seguenti diritti, o una loro combinazione, incluse le domande o le domande di registrazione relative a tali diritti:
i)
brevetti;
ii)
modelli di utilità;
iii)
diritti su disegni e modelli;
iv)
topografie di prodotti a semiconduttori;
v)
certificati complementari di protezione per i medicinali o per tutti gli altri prodotti per i quali possono essere ottenuti tali certificati;
vi)
certificati riguardanti le nuove varietà vegetali;
vii)
diritti d’autore sul software;
c) «accordo di trasferimento di tecnologia»:
i)
accordo di licenza per diritti tecnologici concluso tra due imprese, avente per oggetto la produzione dei prodotti contrattuali da parte del licenziatario e/o dei suoi subappaltatori;
ii)
cessione di diritti tecnologici tra due imprese, avente per oggetto la produzione dei prodotti contrattuali, ove parte del rischio connesso allo sfruttamento della tecnologia rimane a carico del cedente;
d) «accordo reciproco»: un accordo di trasferimento di tecnologia mediante il quale due imprese si concedono reciprocamente, nello stesso contratto o in contratti distinti, una licenza per diritti tecnologici, laddove le licenze riguardano tecnologie concorrenti o possono essere utilizzate per la produzione di prodotti concorrenti;
e) «accordo non reciproco»: un accordo di trasferimento di tecnologia mediante il quale un’impresa concede a un’altra impresa una licenza per diritti tecnologici, o mediante il quale due imprese si concedono reciprocamente una tale licenza, laddove invece le licenze non riguardano tecnologie concorrenti e non possono essere utilizzate per la produzione di prodotti concorrenti;
f) «prodotto»: bene o servizio, inclusi sia i beni e i servizi intermedi sia i beni e servizi finali;
g) «prodotti contrattuali»: prodotti realizzati, direttamente o indirettamente, sulla base dei diritti tecnologici sotto licenza;
h) «diritti di proprietà di beni immateriali»: diritti di proprietà industriale, in particolare brevetti e marchi, diritti d’autore e diritti affini;
i) «know-how»: un patrimonio di conoscenze pratiche derivanti da esperienze e da prove che è:
i)
segreto, vale a dire non generalmente noto, né facilmente accessibile;
ii)
sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione dei prodotti contrattuali; e
iii)
individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità;
j) «mercato rilevante del prodotto»: il mercato dei prodotti contrattuali e dei loro prodotti sostitutivi, vale a dire tutti i prodotti considerati intercambiabili o sostituibili dall’acquirente, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati;
k) «mercato rilevante delle tecnologie»: il mercato dei diritti tecnologici sotto licenza e dei loro sostituti, vale a dire i diritti tecnologici considerati intercambiabili o sostituibili dal licenziatario, in ragione delle loro caratteristiche, delle royalties cui sono soggetti e dell’uso al quale sono destinati;
l) «mercato geografico rilevante»: l’area nella quale le imprese interessate forniscono o acquistano prodotti o concedono licenze di diritti tecnologici, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse;
m) «mercato rilevante»: la combinazione del mercato rilevante del prodotto o delle tecnologie col mercato geografico rilevante;
n) «imprese concorrenti»: imprese che sono in concorrenza tra loro sul mercato rilevante, vale a dire:
i)
imprese concorrenti sul mercato rilevante in cui i diritti tecnologici sono concessi in licenza, cioè imprese che concedono in licenza diritti tecnologici concorrenti (concorrenti effettivi sul mercato rilevante);
ii)
imprese concorrenti sul mercato rilevante in cui sono venduti i prodotti contrattuali, cioè imprese che, in assenza dell’accordo di trasferimento di tecnologia, operano entrambe sui mercati rilevanti sui quali sono venduti i prodotti contrattuali (concorrenti effettivi sul mercato rilevante) o che, in assenza dell’accordo di trasferimento di tecnologia, potrebbero, in base a considerazioni realistiche e non solo come possibilità puramente teorica, nell’ipotesi di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, effettuare entro un breve periodo di tempo gli investimenti supplementari o sostenere gli ulteriori costi di conversione necessari al fine di penetrare nel o nei mercati rilevanti (concorrenti potenziali sul mercato rilevante);
o) «sistema di distribuzione selettiva»: un sistema di distribuzione nel quale il licenziante si impegna a concedere la licenza per la produzione dei prodotti contrattuali, direttamente o indirettamente, solo a licenziatari selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi licenziatari si impegnano a non vendere i prodotti contrattuali a distributori non autorizzati nel territorio riservato dal licenziante per praticare tale sistema;
p) «licenza esclusiva»: una licenza che non autorizza il licenziante a produrre in base ai diritti tecnologici oggetto della licenza né a concedere in licenza a terzi i diritti tecnologici in questione, in generale o per un uso particolare in un particolare territorio;
q) «territorio esclusivo»: un determinato territorio nel quale una sola impresa è autorizzata a produrre i prodotti contrattuali, ma nel quale tuttavia è data la possibilità di consentire a un altro licenziatario di produrre i prodotti contrattuali all’interno di quel territorio solo per un determinato cliente, quando la seconda licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per tale cliente;
r) «gruppo di clienti esclusivo»: un gruppo di clienti ai quali solo una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia è autorizzata a effettuare vendite attive dei prodotti contrattuali realizzati utilizzando la tecnologia sotto licenza.
2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa», «licenziante» e «licenziatario» includono le imprese ad essi rispettivamente collegate.
Con «imprese collegate» si intendono:
a)
le imprese nelle quali una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia detiene, direttamente o indirettamente:
i)
il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o
ii)
il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o
iii)
il diritto di gestire gli affari dell’impresa;
b)
le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
c)
le imprese nelle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
d)
le imprese nelle quali una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia insieme con una o più imprese di cui alle lettere a), b) o c), o due o più di queste ultime imprese, detengono congiuntamente i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
e)
le imprese nelle quali i diritti o i poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente:
i)
dalle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia o dalle rispettive imprese collegate ai sensi delle lettere da a) a d); o
ii)
da una o più parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia, o da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d) e da una o più imprese terze.
Articolo 2
Esenzione
1. Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e salvo il disposto del presente regolamento, l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi di trasferimento di tecnologia.
2. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica nella misura in cui tali accordi contengono restrizioni della concorrenza che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. L’esenzione si applica fintantoché i diritti tecnologici sotto licenza non si siano estinti, non siano scaduti o non siano stati dichiarati nulli o, per quanto riguarda il know-how, fintantoché il know-how rimanga segreto. Tuttavia, nel caso in cui il know-how venga reso pubblico a seguito di un intervento del licenziatario, l’esenzione si applica per la durata dell’accordo.
3. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica anche alle disposizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia che si riferiscono all’acquisto di prodotti da parte del licenziatario o che riguardano il rilascio di licenze o la cessione al licenziatario di altri diritti di proprietà di beni immateriali o di know-how, se e nella misura in cui tali disposizioni sono direttamente collegate alla produzione o alla vendita dei prodotti contrattuali.
Articolo 3
Soglie relative alla quota di mercato
1. Quando le imprese parti dell’accordo sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 % sui mercati rilevanti.
2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta da ciascuna delle parti non superi il 30 % sui mercati rilevanti.
Articolo 4
Restrizioni fondamentali
1. Quando le imprese parti dell’accordo sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto uno o l’altro dei seguenti elementi:
a)
la restrizione della facoltà di una delle parti di determinare i prezzi praticati per la vendita dei prodotti a terzi;
b)
la limitazione della produzione, ad eccezione delle limitazioni della produzione dei prodotti contrattuali imposte al licenziatario in un accordo non reciproco o imposte a uno solo dei licenziatari in un accordo reciproco;
c)
la ripartizione dei mercati o della clientela, fatti salvi:
i)
l’obbligo imposto al licenziante e/o al licenziatario, in un accordo non reciproco, di non produrre utilizzando i diritti tecnologici sotto licenza nel territorio esclusivo riservato all’altra parte e/o di non effettuare vendite attive e/o passive nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo riservati all’altra parte;
ii)
la restrizione, in un accordo non reciproco, delle vendite attive del licenziatario nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo assegnati dal licenziante a un altro licenziatario, a condizione che quest’ultimo non fosse un’impresa concorrente del licenziante al momento della conclusione del proprio accordo di licenza;
iii)
l’obbligo imposto al licenziatario di produrre i prodotti contrattuali esclusivamente per il proprio uso, a condizione che il licenziatario non sia soggetto a restrizioni per quanto riguarda la vendita attiva e passiva dei prodotti contrattuali come pezzi di ricambio per i propri prodotti;
iv)
l’obbligo imposto al licenziatario, in un accordo non reciproco, di produrre i prodotti contrattuali solo per un determinato cliente, qualora la licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per quel cliente;
d)
la restrizione della facoltà del licenziatario di sfruttare i propri diritti tecnologici o la restrizione della facoltà delle parti dell’accordo di svolgere attività di ricerca e sviluppo, fatto salvo quando quest’ultima restrizione sia indispensabile per evitare la divulgazione a terzi del know-how sotto licenza.
2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto uno o l’altro dei seguenti elementi:
a)
la restrizione della facoltà di una delle parti di determinare i prezzi praticati per la vendita dei prodotti a terzi, fatta salva la possibilità di imporre un prezzo massimo di vendita o di raccomandare un prezzo di vendita, a condizione che ciò non equivalga a imporre un prezzo fisso o un prezzo minimo di vendita per effetto di pressioni esercitate o incentivi offerti da una delle parti;
b)
la restrizione relativa al territorio in cui, o ai clienti ai quali, il licenziatario può effettuare vendite passive dei prodotti contrattuali, eccetto:
i)
la restrizione delle vendite passive in un territorio esclusivo o a un gruppo di clienti esclusivo riservati al licenziante;
ii)
l’obbligo di produrre i prodotti contrattuali esclusivamente per il proprio uso, a condizione che il licenziatario non sia soggetto a restrizioni per quanto riguarda la vendita attiva e passiva dei prodotti contrattuali come pezzi di ricambio per i propri prodotti;
iii)
l’obbligo di produrre i prodotti contrattuali solo per un determinato cliente, quando la licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per quel cliente;
iv)
la restrizione delle vendite agli utilizzatori finali da parte di un licenziatario operante al livello del commercio all’ingrosso;
v)
la restrizione delle vendite a distributori non autorizzati da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva;
c)
la restrizione delle vendite attive o passive agli utilizzatori finali da parte di un licenziatario membro di un sistema di distribuzione selettiva e operante nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire a un membro di tale sistema di svolgere la propria attività a partire da un luogo di stabilimento non autorizzato.
3. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti al momento della conclusione dell’accordo, ma lo diventano successivamente, si applica il paragrafo 2 anziché il paragrafo 1 per l’intera durata dell’accordo, salvo nel caso in cui l’accordo sia successivamente modificato nei suoi elementi fondamentali. Una modifica siffatta include la conclusione, fra le parti, di un nuovo accordo di trasferimento di tecnologia riguardante diritti tecnologici concorrenti.
Articolo 5
Restrizioni escluse
1. L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica ai seguenti obblighi contenuti in accordi di trasferimento di tecnologia:
a)
l’obbligo, diretto o indiretto, del licenziatario di concedere una licenza esclusiva o di cedere, in tutto o in parte, diritti al licenziante o a un terzo designato dal licenziante per i perfezionamenti o per le nuove applicazioni della tecnologia sotto licenza realizzati dal licenziatario;
b)
l’obbligo, diretto o indiretto, di una delle parti, di non contestare la validità dei diritti di proprietà di beni immateriali che l’altra parte detiene nell’Unione, fatta salva la possibilità, in caso di licenza esclusiva, di recedere dall’accordo di trasferimento di tecnologia qualora il licenziatario contesti la validità di uno qualsiasi dei diritti tecnologici sotto licenza.
2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli obblighi diretti o indiretti che limitino la facoltà del licenziatario di sfruttare i propri diritti tecnologici o che limitino la facoltà delle parti dell’accordo di svolgere attività di ricerca e sviluppo, fatto salvo quando quest’ultima restrizione sia indispensabile per evitare la divulgazione a terzi del know-how sotto licenza.
Articolo 6
Revoca in casi individuali
1. A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento qualora constati che, in un caso determinato, un accordo di trasferimento di tecnologia al quale si applica l’esenzione di cui all’articolo 2 del presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e in particolare qualora:
a)
l’accesso delle tecnologie di terzi al mercato risulti limitato dall’effetto cumulativo di reti parallele di accordi restrittivi simili che vietino ai licenziatari di utilizzare tecnologie di terzi;
b)
l’accesso di licenziatari potenziali al mercato risulti limitato, ad esempio a causa dell’effetto cumulativo di reti parallele di accordi restrittivi simili che vietino ai licenzianti di concedere licenze ad altri licenziatari o perché l’unico titolare della tecnologia che concede in licenza i diritti tecnologici in questione conclude un accordo di licenza esclusiva con un licenziatario già operante sul mercato del prodotto sulla base di diritti tecnologici sostitutivi.
2. A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, qualora, in un caso determinato, un accordo di trasferimento di tecnologia cui si applica l’esenzione di cui all’articolo 2 del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di uno Stato membro, o in una parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto, l’autorità garante della concorrenza di tale Stato membro può revocare il beneficio del presente regolamento, su tale territorio, negli stessi casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 7
Non applicazione del presente regolamento
1. A norma dell’articolo 1 bis del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che, nei casi in cui reti parallele di accordi di trasferimento di tecnologia simili coprano più del 50 % di un mercato rilevante, il presente regolamento non si applica agli accordi di trasferimento di tecnologia contenenti specifiche restrizioni relative a tale mercato.
2. Il regolamento adottato in virtù del paragrafo 1 non si applica prima di sei mesi dalla data della sua adozione.
Articolo 8
Applicazione delle soglie relative alla quota di mercato
Ai fini del calcolo delle soglie relative alla quota di mercato di cui all’articolo 3, si applicano le disposizioni seguenti:
a)
la quota di mercato viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore delle vendite sul mercato. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore delle vendite, la quota di mercato dell’impresa interessata può essere determinata usando stime basate su altre informazioni attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato;
b)
la quota di mercato viene calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente;
c)
la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera e), viene ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che detengono i diritti o i poteri elencati all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera a);
d)
la quota di mercato di un licenziante su un mercato rilevante per i diritti tecnologici sotto licenza è calcolata in termini di presenza dei diritti tecnologici sotto licenza sul o sui mercati rilevanti del prodotto (ossia il mercato geografico e il mercato del prodotto), cioè sulla base dei dati relativi alle vendite dei prodotti contrattuali prodotti dal licenziante e dai suoi licenziatari insieme;
e)
qualora la quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1 o 2 non sia inizialmente superiore rispettivamente al 20 % e al 30 %, ma successivamente superi tali livelli, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui la soglia del 20 % o del 30 % è stata superata per la prima volta.
Articolo 9
Relazione con altri regolamenti di esenzione per categoria
Il presente regolamento non si applica alle clausole in materia di licenze degli accordi di ricerca e sviluppo che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1217/2010 o degli accordi di specializzazione che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1218/2010.
Articolo 10
Periodo transitorio
Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica nel periodo compreso tra il 1o maggio 2014 e il 30 aprile 2015 agli accordi già in vigore al 30 aprile 2014 che non rispondano alle condizioni di esenzione di cui al presente regolamento, ma che al 30 aprile 2014 rispondevano alle condizioni di esenzione di cui al regolamento (CE) n. 772/2004.
Articolo 11
Periodo di validità
Il presente regolamento entra in vigore il 1o maggio 2014.
Esso si applica fino al 30 aprile 2026.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 21 marzo 2014
Per la Commissione, a nome del presidente
Joaquín ALMUNIA
Vicepresidente
(1) GU 36 del 6.3.1965, pag. 533/65.
(2) Regolamento (CE) n. 772/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (GU L 123 del 27.4.2004, pag. 11).
(3) Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 102 del 23.4.2010, pag. 1).
(4) Regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 36).
(5) Regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 43).
(6) Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 316/2014 DELLA COMMISSIONE
del 21 marzo 2014
relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (1), in particolare l’articolo 1,
previa pubblicazione del progetto del presente regolamento,
sentito il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento n. 19/65/CEE conferisce alla Commissione il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato a determinate categorie di accordi di trasferimento di tecnologia cui partecipano soltanto due imprese e alle corrispondenti pratiche concordate, che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.
(2)
A norma del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione ha adottato, in particolare, il regolamento (CE) n. 772/2004 (2), il quale definisce le categorie di accordi di trasferimento di tecnologia che la Commissione ha considerato come corrispondenti, di norma, alle condizioni stabilite all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva dell’applicazione di tale regolamento, che scade il 30 aprile 2014, e di altre esperienze accumulate successivamente alla sua adozione, è opportuno adottare un nuovo regolamento di esenzione per categoria.
(3)
Il presente regolamento deve soddisfare la duplice esigenza di assicurare l’efficace tutela della concorrenza e di offrire alle imprese la necessaria certezza del diritto. Nel perseguire tali obiettivi occorre tenere conto della necessità di semplificare per quanto possibile la vigilanza amministrativa e il quadro legislativo.
(4)
Gli accordi di trasferimento di tecnologia hanno per oggetto la licenza per diritti tecnologici. Tali accordi favoriscono di norma un più efficiente uso delle risorse e promuovono la concorrenza, in quanto possono ridurre la duplicazione delle attività di ricerca e sviluppo, offrire maggiori incentivi per la ricerca e sviluppo iniziale, stimolare l’innovazione incrementale, agevolare la diffusione delle tecnologie e alimentare la concorrenza sul mercato del prodotto.
(5)
La probabilità che tali effetti di incremento dell’efficienza e di promozione della concorrenza superino gli eventuali effetti anticoncorrenziali dovuti alle restrizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia dipende dal grado di potere di mercato delle imprese interessate e, di conseguenza, dalla misura in cui tali imprese devono affrontare la concorrenza di imprese che detengono tecnologie sostitutive o di imprese che producono prodotti sostitutivi.
(6)
È opportuno che il presente regolamento si applichi soltanto agli accordi di trasferimento di tecnologia tra un licenziante e un licenziatario. Esso deve applicarsi agli accordi in questione anche se l’accordo contiene condizioni applicabili a più livelli commerciali, imponendo per esempio al licenziatario di istituire un particolare sistema di distribuzione e specificando gli obblighi che il licenziatario deve o può imporre ai distributori dei prodotti realizzati sotto licenza. È opportuno tuttavia che tali condizioni e obblighi siano compatibili con le regole di concorrenza applicabili agli accordi di fornitura e di distribuzione stabilite nel regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione (3). Gli accordi di fornitura e di distribuzione conclusi tra un licenziatario e gli acquirenti dei prodotti contrattuali non devono essere esentati dal presente regolamento.
(7)
È necessario che il presente regolamento si applichi esclusivamente agli accordi mediante i quali il licenziante autorizza il licenziatario e/o uno o più dei suoi subfornitori a sfruttare i diritti tecnologici sotto licenza, eventualmente successivamente a ulteriore attività di ricerca e sviluppo da parte del licenziatario e/o dei subfornitori, per la finalità di produzione di beni o servizi. Esso non deve applicarsi alla concessione in licenza nel contesto degli accordi in materia di ricerca e sviluppo contemplati dal regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione (4) o alla concessione in licenza nel contesto degli accordi di specializzazione contemplati dal regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione (5). Né deve applicarsi ad accordi che abbiano come finalità la semplice riproduzione e distribuzione di prodotti di software protetti dal diritto d’autore, poiché tali accordi non riguardano la concessione in licenza di una tecnologia finalizzata alla produzione, ma sono più simili ad accordi di distribuzione. Occorre che il regolamento non si applichi neppure agli accordi finalizzati alla costituzione di pool tecnologici, vale a dire agli accordi volti a mettere in comune le tecnologie al fine di concederle in licenza a terzi, né agli accordi in cui la tecnologia messa in comune è concessa in licenza a tali terzi.
(8)
Ai fini dell’applicazione mediante regolamento dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non è necessario definire gli accordi di trasferimento di tecnologia che possono rientrare nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Nella valutazione individuale degli accordi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, occorre tenere conto di diversi fattori e in particolare della struttura e della dinamica dei mercati rilevanti delle tecnologie e del prodotto.
(9)
Il beneficio dell’esenzione per categoria previsto dal presente regolamento deve essere limitato agli accordi per i quali si può presupporre con sufficiente certezza la conformità alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Al fine di conseguire i vantaggi e di realizzare gli obiettivi del trasferimento di tecnologia, il presente regolamento non deve applicarsi esclusivamente ai trasferimenti di tecnologia in quanto tali ma anche ad altre disposizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia, se e nella misura in cui tali disposizioni sono direttamente collegate alla produzione o alla vendita dei prodotti contrattuali.
(10)
Per quanto riguarda gli accordi di trasferimento di tecnologia tra concorrenti, qualora la quota dei mercati rilevanti attribuibile congiuntamente alle parti non superi il 20 % e gli accordi non contengano restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, si può presumere che essi siano in genere atti a determinare un miglioramento della produzione o della distribuzione e a riservare agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva.
(11)
Per quanto riguarda gli accordi di trasferimento di tecnologia tra non concorrenti, qualora la quota individuale dei mercati rilevanti attribuibile a ciascuna delle parti non superi il 30 % e gli accordi non contengano restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, si può presumere che essi siano in genere atti a determinare un miglioramento della produzione o della distribuzione e a riservare agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva.
(12)
Se la quota di mercato applicabile supera la soglia stabilita su uno o più mercati del prodotto o delle tecnologie, l’esenzione per categoria non deve applicarsi all’accordo per i mercati rilevanti interessati.
(13)
Non è possibile presumere che, qualora la quota di mercato superi dette soglie, gli accordi di trasferimento di tecnologia rientrino nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. Un accordo di licenza esclusiva tra imprese non concorrenti, ad esempio, spesso non rientra nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1. Non è neppure possibile presumere che, qualora la quota di mercato superi dette soglie, gli accordi di trasferimento di tecnologia che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, non soddisfino le condizioni per l’esenzione. Tuttavia, non si può nemmeno presumere che tali accordi determinino di norma vantaggi oggettivi di natura e ampiezza tali da compensare gli svantaggi che essi determinano sotto il profilo della concorrenza.
(14)
È opportuno che il presente regolamento non esenti gli accordi di trasferimento di tecnologia che contengano restrizioni non indispensabili per il miglioramento della produzione o della distribuzione. In particolare, gli accordi di trasferimento di tecnologia che contengono alcune restrizioni aventi effetti anticoncorrenziali gravi, quali la fissazione dei prezzi praticati ai terzi, devono essere esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria di cui al presente regolamento indipendentemente dalle quote di mercato delle imprese interessate. In caso di simili restrizioni fondamentali, la totalità dell’accordo deve essere esclusa dal beneficio dell’esenzione per categoria.
(15)
Al fine di tutelare gli incentivi a innovare e l’adeguata applicazione dei diritti di proprietà di beni immateriali, occorre escludere talune restrizioni dalla possibilità di beneficiare dell’esenzione per categoria. In particolare, è necessario escludere determinati obblighi di retrocessione e determinate clausole di non contestazione. Qualora una simile restrizione sia inclusa in un accordo di licenza, è opportuno che soltanto la restrizione in questione sia esclusa dal beneficio dell’esenzione per categoria.
(16)
Le soglie relative alla quota di mercato e l’esclusione dall’esenzione degli accordi di trasferimento di tecnologia contenenti restrizioni anticoncorrenziali gravi e le restrizioni escluse previste dal presente regolamento assicureranno di norma che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentano alle imprese partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione a una parte sostanziale dei prodotti in questione.
(17)
A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (6), la Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento qualora constati che, in un caso determinato, un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Ciò può avvenire in particolare quando gli incentivi a innovare vengono limitati o quando l’accesso ai mercati risulta ostacolato.
(18)
A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza di uno Stato membro può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento nel suo territorio o in una parte di esso quando, in un caso determinato, un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di tale Stato membro o in una parte di esso, qualora tale territorio abbia tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto.
(19)
Al fine di rafforzare la vigilanza sulle reti parallele di accordi di trasferimento di tecnologia aventi effetti restrittivi simili e che coprono più del 50 % di un dato mercato, la Commissione può, con regolamento, dichiarare il presente regolamento inapplicabile ad accordi di trasferimento di tecnologia che contengano specifiche restrizioni relative al mercato di cui trattasi, ripristinando così nei confronti di tali accordi la piena applicazione dell’articolo 101 del trattato,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «accordo»: un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata;
b) «diritti tecnologici»: il know-how e i seguenti diritti, o una loro combinazione, incluse le domande o le domande di registrazione relative a tali diritti:
i)
brevetti;
ii)
modelli di utilità;
iii)
diritti su disegni e modelli;
iv)
topografie di prodotti a semiconduttori;
v)
certificati complementari di protezione per i medicinali o per tutti gli altri prodotti per i quali possono essere ottenuti tali certificati;
vi)
certificati riguardanti le nuove varietà vegetali;
vii)
diritti d’autore sul software;
c) «accordo di trasferimento di tecnologia»:
i)
accordo di licenza per diritti tecnologici concluso tra due imprese, avente per oggetto la produzione dei prodotti contrattuali da parte del licenziatario e/o dei suoi subappaltatori;
ii)
cessione di diritti tecnologici tra due imprese, avente per oggetto la produzione dei prodotti contrattuali, ove parte del rischio connesso allo sfruttamento della tecnologia rimane a carico del cedente;
d) «accordo reciproco»: un accordo di trasferimento di tecnologia mediante il quale due imprese si concedono reciprocamente, nello stesso contratto o in contratti distinti, una licenza per diritti tecnologici, laddove le licenze riguardano tecnologie concorrenti o possono essere utilizzate per la produzione di prodotti concorrenti;
e) «accordo non reciproco»: un accordo di trasferimento di tecnologia mediante il quale un’impresa concede a un’altra impresa una licenza per diritti tecnologici, o mediante il quale due imprese si concedono reciprocamente una tale licenza, laddove invece le licenze non riguardano tecnologie concorrenti e non possono essere utilizzate per la produzione di prodotti concorrenti;
f) «prodotto»: bene o servizio, inclusi sia i beni e i servizi intermedi sia i beni e servizi finali;
g) «prodotti contrattuali»: prodotti realizzati, direttamente o indirettamente, sulla base dei diritti tecnologici sotto licenza;
h) «diritti di proprietà di beni immateriali»: diritti di proprietà industriale, in particolare brevetti e marchi, diritti d’autore e diritti affini;
i) «know-how»: un patrimonio di conoscenze pratiche derivanti da esperienze e da prove che è:
i)
segreto, vale a dire non generalmente noto, né facilmente accessibile;
ii)
sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione dei prodotti contrattuali; e
iii)
individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità;
j) «mercato rilevante del prodotto»: il mercato dei prodotti contrattuali e dei loro prodotti sostitutivi, vale a dire tutti i prodotti considerati intercambiabili o sostituibili dall’acquirente, in ragione delle loro caratteristiche, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati;
k) «mercato rilevante delle tecnologie»: il mercato dei diritti tecnologici sotto licenza e dei loro sostituti, vale a dire i diritti tecnologici considerati intercambiabili o sostituibili dal licenziatario, in ragione delle loro caratteristiche, delle royalties cui sono soggetti e dell’uso al quale sono destinati;
l) «mercato geografico rilevante»: l’area nella quale le imprese interessate forniscono o acquistano prodotti o concedono licenze di diritti tecnologici, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse;
m) «mercato rilevante»: la combinazione del mercato rilevante del prodotto o delle tecnologie col mercato geografico rilevante;
n) «imprese concorrenti»: imprese che sono in concorrenza tra loro sul mercato rilevante, vale a dire:
i)
imprese concorrenti sul mercato rilevante in cui i diritti tecnologici sono concessi in licenza, cioè imprese che concedono in licenza diritti tecnologici concorrenti (concorrenti effettivi sul mercato rilevante);
ii)
imprese concorrenti sul mercato rilevante in cui sono venduti i prodotti contrattuali, cioè imprese che, in assenza dell’accordo di trasferimento di tecnologia, operano entrambe sui mercati rilevanti sui quali sono venduti i prodotti contrattuali (concorrenti effettivi sul mercato rilevante) o che, in assenza dell’accordo di trasferimento di tecnologia, potrebbero, in base a considerazioni realistiche e non solo come possibilità puramente teorica, nell’ipotesi di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, effettuare entro un breve periodo di tempo gli investimenti supplementari o sostenere gli ulteriori costi di conversione necessari al fine di penetrare nel o nei mercati rilevanti (concorrenti potenziali sul mercato rilevante);
o) «sistema di distribuzione selettiva»: un sistema di distribuzione nel quale il licenziante si impegna a concedere la licenza per la produzione dei prodotti contrattuali, direttamente o indirettamente, solo a licenziatari selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi licenziatari si impegnano a non vendere i prodotti contrattuali a distributori non autorizzati nel territorio riservato dal licenziante per praticare tale sistema;
p) «licenza esclusiva»: una licenza che non autorizza il licenziante a produrre in base ai diritti tecnologici oggetto della licenza né a concedere in licenza a terzi i diritti tecnologici in questione, in generale o per un uso particolare in un particolare territorio;
q) «territorio esclusivo»: un determinato territorio nel quale una sola impresa è autorizzata a produrre i prodotti contrattuali, ma nel quale tuttavia è data la possibilità di consentire a un altro licenziatario di produrre i prodotti contrattuali all’interno di quel territorio solo per un determinato cliente, quando la seconda licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per tale cliente;
r) «gruppo di clienti esclusivo»: un gruppo di clienti ai quali solo una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia è autorizzata a effettuare vendite attive dei prodotti contrattuali realizzati utilizzando la tecnologia sotto licenza.
2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa», «licenziante» e «licenziatario» includono le imprese ad essi rispettivamente collegate.
Con «imprese collegate» si intendono:
a)
le imprese nelle quali una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia detiene, direttamente o indirettamente:
i)
il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o
ii)
il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o
iii)
il diritto di gestire gli affari dell’impresa;
b)
le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
c)
le imprese nelle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
d)
le imprese nelle quali una delle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia insieme con una o più imprese di cui alle lettere a), b) o c), o due o più di queste ultime imprese, detengono congiuntamente i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
e)
le imprese nelle quali i diritti o i poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente:
i)
dalle parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia o dalle rispettive imprese collegate ai sensi delle lettere da a) a d); o
ii)
da una o più parti dell’accordo di trasferimento di tecnologia, o da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d) e da una o più imprese terze.
Articolo 2
Esenzione
1. Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e salvo il disposto del presente regolamento, l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi di trasferimento di tecnologia.
2. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica nella misura in cui tali accordi contengono restrizioni della concorrenza che rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. L’esenzione si applica fintantoché i diritti tecnologici sotto licenza non si siano estinti, non siano scaduti o non siano stati dichiarati nulli o, per quanto riguarda il know-how, fintantoché il know-how rimanga segreto. Tuttavia, nel caso in cui il know-how venga reso pubblico a seguito di un intervento del licenziatario, l’esenzione si applica per la durata dell’accordo.
3. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica anche alle disposizioni contenute negli accordi di trasferimento di tecnologia che si riferiscono all’acquisto di prodotti da parte del licenziatario o che riguardano il rilascio di licenze o la cessione al licenziatario di altri diritti di proprietà di beni immateriali o di know-how, se e nella misura in cui tali disposizioni sono direttamente collegate alla produzione o alla vendita dei prodotti contrattuali.
Articolo 3
Soglie relative alla quota di mercato
1. Quando le imprese parti dell’accordo sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 % sui mercati rilevanti.
2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta da ciascuna delle parti non superi il 30 % sui mercati rilevanti.
Articolo 4
Restrizioni fondamentali
1. Quando le imprese parti dell’accordo sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto uno o l’altro dei seguenti elementi:
a)
la restrizione della facoltà di una delle parti di determinare i prezzi praticati per la vendita dei prodotti a terzi;
b)
la limitazione della produzione, ad eccezione delle limitazioni della produzione dei prodotti contrattuali imposte al licenziatario in un accordo non reciproco o imposte a uno solo dei licenziatari in un accordo reciproco;
c)
la ripartizione dei mercati o della clientela, fatti salvi:
i)
l’obbligo imposto al licenziante e/o al licenziatario, in un accordo non reciproco, di non produrre utilizzando i diritti tecnologici sotto licenza nel territorio esclusivo riservato all’altra parte e/o di non effettuare vendite attive e/o passive nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo riservati all’altra parte;
ii)
la restrizione, in un accordo non reciproco, delle vendite attive del licenziatario nel territorio esclusivo o al gruppo di clienti esclusivo assegnati dal licenziante a un altro licenziatario, a condizione che quest’ultimo non fosse un’impresa concorrente del licenziante al momento della conclusione del proprio accordo di licenza;
iii)
l’obbligo imposto al licenziatario di produrre i prodotti contrattuali esclusivamente per il proprio uso, a condizione che il licenziatario non sia soggetto a restrizioni per quanto riguarda la vendita attiva e passiva dei prodotti contrattuali come pezzi di ricambio per i propri prodotti;
iv)
l’obbligo imposto al licenziatario, in un accordo non reciproco, di produrre i prodotti contrattuali solo per un determinato cliente, qualora la licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per quel cliente;
d)
la restrizione della facoltà del licenziatario di sfruttare i propri diritti tecnologici o la restrizione della facoltà delle parti dell’accordo di svolgere attività di ricerca e sviluppo, fatto salvo quando quest’ultima restrizione sia indispensabile per evitare la divulgazione a terzi del know-how sotto licenza.
2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto uno o l’altro dei seguenti elementi:
a)
la restrizione della facoltà di una delle parti di determinare i prezzi praticati per la vendita dei prodotti a terzi, fatta salva la possibilità di imporre un prezzo massimo di vendita o di raccomandare un prezzo di vendita, a condizione che ciò non equivalga a imporre un prezzo fisso o un prezzo minimo di vendita per effetto di pressioni esercitate o incentivi offerti da una delle parti;
b)
la restrizione relativa al territorio in cui, o ai clienti ai quali, il licenziatario può effettuare vendite passive dei prodotti contrattuali, eccetto:
i)
la restrizione delle vendite passive in un territorio esclusivo o a un gruppo di clienti esclusivo riservati al licenziante;
ii)
l’obbligo di produrre i prodotti contrattuali esclusivamente per il proprio uso, a condizione che il licenziatario non sia soggetto a restrizioni per quanto riguarda la vendita attiva e passiva dei prodotti contrattuali come pezzi di ricambio per i propri prodotti;
iii)
l’obbligo di produrre i prodotti contrattuali solo per un determinato cliente, quando la licenza sia stata concessa per creare una fonte di approvvigionamento alternativa per quel cliente;
iv)
la restrizione delle vendite agli utilizzatori finali da parte di un licenziatario operante al livello del commercio all’ingrosso;
v)
la restrizione delle vendite a distributori non autorizzati da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva;
c)
la restrizione delle vendite attive o passive agli utilizzatori finali da parte di un licenziatario membro di un sistema di distribuzione selettiva e operante nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire a un membro di tale sistema di svolgere la propria attività a partire da un luogo di stabilimento non autorizzato.
3. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti al momento della conclusione dell’accordo, ma lo diventano successivamente, si applica il paragrafo 2 anziché il paragrafo 1 per l’intera durata dell’accordo, salvo nel caso in cui l’accordo sia successivamente modificato nei suoi elementi fondamentali. Una modifica siffatta include la conclusione, fra le parti, di un nuovo accordo di trasferimento di tecnologia riguardante diritti tecnologici concorrenti.
Articolo 5
Restrizioni escluse
1. L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica ai seguenti obblighi contenuti in accordi di trasferimento di tecnologia:
a)
l’obbligo, diretto o indiretto, del licenziatario di concedere una licenza esclusiva o di cedere, in tutto o in parte, diritti al licenziante o a un terzo designato dal licenziante per i perfezionamenti o per le nuove applicazioni della tecnologia sotto licenza realizzati dal licenziatario;
b)
l’obbligo, diretto o indiretto, di una delle parti, di non contestare la validità dei diritti di proprietà di beni immateriali che l’altra parte detiene nell’Unione, fatta salva la possibilità, in caso di licenza esclusiva, di recedere dall’accordo di trasferimento di tecnologia qualora il licenziatario contesti la validità di uno qualsiasi dei diritti tecnologici sotto licenza.
2. Quando le imprese parti dell’accordo non sono imprese concorrenti, l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli obblighi diretti o indiretti che limitino la facoltà del licenziatario di sfruttare i propri diritti tecnologici o che limitino la facoltà delle parti dell’accordo di svolgere attività di ricerca e sviluppo, fatto salvo quando quest’ultima restrizione sia indispensabile per evitare la divulgazione a terzi del know-how sotto licenza.
Articolo 6
Revoca in casi individuali
1. A norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, la Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento qualora constati che, in un caso determinato, un accordo di trasferimento di tecnologia al quale si applica l’esenzione di cui all’articolo 2 del presente regolamento produce nondimeno effetti incompatibili con le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e in particolare qualora:
a)
l’accesso delle tecnologie di terzi al mercato risulti limitato dall’effetto cumulativo di reti parallele di accordi restrittivi simili che vietino ai licenziatari di utilizzare tecnologie di terzi;
b)
l’accesso di licenziatari potenziali al mercato risulti limitato, ad esempio a causa dell’effetto cumulativo di reti parallele di accordi restrittivi simili che vietino ai licenzianti di concedere licenze ad altri licenziatari o perché l’unico titolare della tecnologia che concede in licenza i diritti tecnologici in questione conclude un accordo di licenza esclusiva con un licenziatario già operante sul mercato del prodotto sulla base di diritti tecnologici sostitutivi.
2. A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, qualora, in un caso determinato, un accordo di trasferimento di tecnologia cui si applica l’esenzione di cui all’articolo 2 del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di uno Stato membro, o in una parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto, l’autorità garante della concorrenza di tale Stato membro può revocare il beneficio del presente regolamento, su tale territorio, negli stessi casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 7
Non applicazione del presente regolamento
1. A norma dell’articolo 1 bis del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che, nei casi in cui reti parallele di accordi di trasferimento di tecnologia simili coprano più del 50 % di un mercato rilevante, il presente regolamento non si applica agli accordi di trasferimento di tecnologia contenenti specifiche restrizioni relative a tale mercato.
2. Il regolamento adottato in virtù del paragrafo 1 non si applica prima di sei mesi dalla data della sua adozione.
Articolo 8
Applicazione delle soglie relative alla quota di mercato
Ai fini del calcolo delle soglie relative alla quota di mercato di cui all’articolo 3, si applicano le disposizioni seguenti:
a)
la quota di mercato viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore delle vendite sul mercato. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore delle vendite, la quota di mercato dell’impresa interessata può essere determinata usando stime basate su altre informazioni attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato;
b)
la quota di mercato viene calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente;
c)
la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera e), viene ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che detengono i diritti o i poteri elencati all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera a);
d)
la quota di mercato di un licenziante su un mercato rilevante per i diritti tecnologici sotto licenza è calcolata in termini di presenza dei diritti tecnologici sotto licenza sul o sui mercati rilevanti del prodotto (ossia il mercato geografico e il mercato del prodotto), cioè sulla base dei dati relativi alle vendite dei prodotti contrattuali prodotti dal licenziante e dai suoi licenziatari insieme;
e)
qualora la quota di mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 1 o 2 non sia inizialmente superiore rispettivamente al 20 % e al 30 %, ma successivamente superi tali livelli, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui la soglia del 20 % o del 30 % è stata superata per la prima volta.
Articolo 9
Relazione con altri regolamenti di esenzione per categoria
Il presente regolamento non si applica alle clausole in materia di licenze degli accordi di ricerca e sviluppo che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1217/2010 o degli accordi di specializzazione che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (UE) n. 1218/2010.
Articolo 10
Periodo transitorio
Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica nel periodo compreso tra il 1o maggio 2014 e il 30 aprile 2015 agli accordi già in vigore al 30 aprile 2014 che non rispondano alle condizioni di esenzione di cui al presente regolamento, ma che al 30 aprile 2014 rispondevano alle condizioni di esenzione di cui al regolamento (CE) n. 772/2004.
Articolo 11
Periodo di validità
Il presente regolamento entra in vigore il 1o maggio 2014.
Esso si applica fino al 30 aprile 2026.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 21 marzo 2014
Per la Commissione, a nome del presidente
Joaquín ALMUNIA
Vicepresidente
(1) GU 36 del 6.3.1965, pag. 533/65.
(2) Regolamento (CE) n. 772/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia (GU L 123 del 27.4.2004, pag. 11).
(3) Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 102 del 23.4.2010, pag. 1).
(4) Regolamento (UE) n. 1217/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi ricerca e sviluppo (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 36).
(5) Regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione (GU L 335 del 18.12.2010, pag. 43).
(6) Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Accordi di trasferimento di tecnologia per garantire il rispetto delle regole di concorrenza
Gli accordi di licenza che limitano la concorrenza sono contrari alle regole di concorrenza dell’Unione europea (UE). Tuttavia, tali accordi possono anche avere effetti positivi che superano i loro effetti restrittivi sulla concorrenza. Un nuovo regolamento e nuove linee guida di «esenzione per categoria» relativamente agli accordi di trasferimento di tecnologia creano un’area di certezza per molti accordi di licenza.
ATTO
Regolamento (UE) n. 316/2014 della Commissione, del 21 marzo 2014, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi di trasferimento di tecnologia.
SINTESI
Secondo la legislazione sulla proprietà intellettuale i titolari dei diritti di proprietà di beni immateriali possiedono alcuni diritti esclusivi. Questi permettono loro di impedire l’uso non autorizzato dei loro beni immateriali, nonché di sfruttare la loro proprietà, in particolare concedendo tali diritti in licenza a terzi. Gli accordi di trasferimento di tecnologia riguardano la concessione in licenza di tecnologia e possono essere bilaterali o multilaterali («pool di brevetti»).
Nel marzo 2014, la Commissione europea ha adottato un regolamento di esenzione per categoria relativo al trasferimento di tecnologie (RECTT), in sostituzione di un testo del 2004. Esso chiarisce come la legislazione dell’UE in materia di concorrenza (nello specifico l’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea) si applica a talune categorie di accordi di licenza e ai criteri utilizzati per valutare tali accordi. Come i regolamenti precedenti, è accompagnato da linee guida che forniscono orientamenti sull’applicazione delle norme.
Campo di applicazione ed esenzioni
Il RECTT esenta gli accordi di licenza tra imprese che hanno un potere di mercato limitato (ovvero una quota di mercato inferiore al 20 % per gli accordi tra concorrenti e al 30 % per gli accordi tra non concorrenti) e che rispondono a determinati requisiti. Gli effetti non sono considerati anticoncorrenziali o, se lo sono, gli effetti positivi superano quelli negativi e quindi non sono in contrasto con le norme antitrust dell’UE.
Il RECTT si applica solo per agli accordi in materia di ricerca e sviluppo (R&S), se gli specifici regolamenti di esenzione per categoria sugli accordi di R&S e sugli accordi di specializzazione non sono applicabili.
Il RECTT si applica solo agli accordi bilaterali; le linee guida riguardano anche i pool di brevetti.
Principali modifiche introdotte:
un nuovo criterio per determinare se talune clausole in un accordo di trasferimento di tecnologia (in particolare per quanto riguarda gli acquisti di materie prime o di attrezzature da un licenziatario o l’uso di un marchio del licenziatario) siano esentate dall’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, insieme con l’accordo di trasferimento di tecnologia in sé;
vengono aggiunte alla lista delle restrizioni fondamentali di cui all’articolo 4 (pratiche ritenute così gravi che, insieme al resto del contratto in cui si trovano, sono escluse dalla deroga di un regolamento di esenzione) le restrizioni delle vendite passive tra licenziatari, che non possono mai essere esentate dal RECTT;
tutti gli obblighi di retrocessione esclusiva sono al di fuori del campo di applicazione della deroga prevista dal RECTT (gli obblighi di retrocessione non esclusivi, invece, rientrano nel suo campo di applicazione);
le clausole di risoluzione, che consentono al licenziatario di recedere dall’accordo di licenza se l’altra parte contesta la validità della tecnologia sotto licenza, non rientreranno nella deroga prevista dal RECTT.
Applicazione
Le nuove regole si applicano non solo ai contratti conclusi dopo dopo l’entrata in vigore del RECTT (1o maggio 2014), ma anche agli accordi stipulati sotto il regime precedente, che hanno dovuto essere adeguati alle nuove norme entro il 30 aprile 2015.
CONTESTO
In seguito all’epidemia da Covid-19 e all’introduzione di misure volte a far fronte all’impatto della crisi, la Commissione europea ha adottato:Comunicazione della Commissione Quadro temporaneo per la valutazione delle questioni in materia di antitrust relative alla cooperazione tra imprese volta a rispondere alle situazioni di emergenza causate dall'attuale pandemia di Covid-19TERMINI CHIAVE
Accordo di trasferimento di tecnologia: un accordo che disciplina il trasferimento di competenze, tecnologie, tecniche tra due o più parti.
Esenzione per categoria: secondo tali norme, la Commissione europea può dichiarare specifiche categorie di aiuti di Stato compatibili con il trattato sul funzionamento dell’UE qualora soddisfino determinate condizioni. Questo li esenta dall’obbligo di notifica preventiva e approvazione della Commissione.
Pool di brevetto: un accordo tra due o più proprietari di brevetti per concedere in licenza uno o più dei loro brevetti all’altro o a terzi.
Accordi di specializzazione: accordi che mirano a promuovere la cooperazione tra imprese nel settore di specializzazione per la produzione di beni e la fornitura di servizi.
Restrizioni delle vendite passive: si ha vendita passiva quando una parte risponde a ordini non sollecitati di singoli clienti.
Obblighi di retrocessione: in un accordo di licenza, al licenziatario può essere richiesto di divulgare e trasferire tutte le migliorie apportate (tra cui il know-how relativo acquisito) alla tecnologia sotto licenza durante il periodo di licenza.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 316/2014
1.5.2014
-
GU L 93 del 28.3.2014, pag. 17-23
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione - Linee direttrici sull’applicazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli accordi di trasferimento di tecnologia (GU C 89 del 28.3.2014, pag. 3-50). |
FESR, FSE, Fondo di coesione, FEASR e FEAMP (2014-2020) — Relazioni su irregolarità, importi non recuperabili e misure di informazione e comunicazione
QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI?
Attraverso atti di esecuzione e atti delegati, essi definiscono le regole per l’applicazione e l’attuazione del regolamento (UE) n. 1303/2013, il regolamento sulle disposizioni comuni, relativo al funzionamento dei fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) per il periodo 2014-2020.
PUNTI CHIAVE
Regolamento di esecuzione (UE) n. 821/2014
Il regolamento stabilisce:modalità dettagliate e un modello per le relazioni sugli strumenti finanziari; caratteristiche tecniche per identificare visivamente il sostegno dei fondi SIE; specifiche per un sistema di registrazione e memorizzazione informatizzata dei dati relativi al progetto sostenuto a fini di monitoraggio, valutazione, gestione finanziaria, verifiche e audit.Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1974
Il regolamento stabilisce la frequenza e il formato della segnalazione di irregolarità* riguardanti i fondi SIE:gli Stati membri sono tenuti a trasmettere una relazione alla Commissione europea regolarmente e tempestivamente; la relazione deve essere trasmessa per via elettronica tramite il sistema di gestione delle irregolarità.Regolamento di delegato (UE) 2016/568
Il regolamento stabilisce le condizioni e le procedure per determinare se gli importi non recuperabili* debbano essere rimborsati dagli Stati membri compreso quanto segue:la trasmissione di informazioni; le condizioni per valutare colpe o negligenze di uno Stato membro; le procedure per stabilire se una somma non recuperabile debba essere rimborsata.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento di esecuzione (UE) n. 821/2014 si applica dal 18 agosto 2014. Il regolamento di esecuzione (UE) 2015/1974 si applica dall’11 novembre 2015. Il regolamento delegato (UE) 2016/568 si applica dal 3 maggio 2016.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:I Fondi strutturali e di investimento europei (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Irregolarità: atto non conforme alle norme dell’Unione avente un impatto potenzialmente pregiudizievole sugli interessi finanziari dell’Unione. Può essere il risultato di errori veri e propri commessi sia dai beneficiari che richiedono i fondi che dalle autorità responsabili dell’esecuzione dei pagamenti. Se commessa deliberatamente, l’irregolarità è classificata come frode.
Importi non recuperabili: un importo è considerato non recuperabile se le autorità nazionali hanno cercato di perseguire tutte le possibilità di recupero attraverso mezzi nazionali, istituzionali e legali.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento di esecuzione (UE) n. 821/2014 della Commissione, del 28 luglio 2014, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le modalità dettagliate per il trasferimento e la gestione dei contributi dei programmi, le relazioni sugli strumenti finanziari, le caratteristiche tecniche delle misure di informazione e di comunicazione per le operazioni e il sistema di registrazione e memorizzazione dei dati (GU L 223 del 29.7.2014, pag. 7).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 821/2014 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1974 della Commissione, dell’8 luglio 2015, che stabilisce la frequenza e il formato della segnalazione di irregolarità riguardanti il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, a norma del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 293 del 10.11.2015, pag. 20).
Regolamento delegato (UE) 2016/568 della Commissione, del 29 gennaio 2016, che integra il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo alle condizioni e procedure per determinare se gli importi non recuperabili debbano essere rimborsati dagli Stati membri per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (GU L 97 del 13.4.2016, pag. 1).
DOCUMENTO CORRELATO
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 20.12.2013, pag. 320).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 821/2014 DELLA COMMISSIONE
del 28 luglio 2014
recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le modalità dettagliate per il trasferimento e la gestione dei contributi dei programmi, le relazioni sugli strumenti finanziari, le caratteristiche tecniche delle misure di informazione e di comunicazione per le operazioni e il sistema di registrazione e memorizzazione dei dati
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (1), in particolare l'articolo 38, paragrafo 10, l'articolo 46, paragrafo 3, l'articolo 115, paragrafo 4, e l'articolo 125, paragrafo 8, secondo comma,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento di esecuzione (UE) n. 215/2014 della Commissione (2) stabilisce le disposizioni necessarie per l'elaborazione dei programmi. Al fine di garantire l'attuazione dei programmi finanziati dai fondi strutturali e di investimento europei (i «fondi SIE»), è necessario stabilire ulteriori disposizioni per l'applicazione del regolamento (UE) n. 1303/2013. Per agevolare una visione completa e l'accesso a tali disposizioni, è opportuno che queste ultime siano riunite in un unico atto di esecuzione.
(2)
Per rendere più flessibile la mobilitazione del sostegno agli strumenti finanziari proveniente da diverse fonti gestite dall'autorità di gestione secondo le modalità di cui all'articolo 38, paragrafo 4, primo comma, del regolamento (UE) n. 1303/2013, è necessario chiarire le modalità di trasferimento e di gestione dei contributi del programma. Occorre in particolare chiarire le circostanze in cui uno strumento finanziario può ricevere contributi da più programmi o da più assi prioritari o misure dello stesso programma, nonché le condizioni alle quali i contributi nazionali, pubblici o privati, effettuati a livello di destinatari finali a sostegno degli strumenti finanziari, possono essere presi in considerazione a titolo di risorse nazionali di cofinanziamento.
(3)
È necessario stabilire un modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari alla Commissione al fine di garantire che le autorità di gestione forniscano le informazioni richieste all'articolo 46, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013 in maniera coerente e comparabile. Il modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari è necessario anche per consentire alla Commissione di fornire sintesi dei dati relativi ai progressi compiuti nel finanziamento e nell'attuazione degli strumenti finanziari.
(4)
Per garantire l'armonizzazione dell'identità visiva delle misure di informazione e di comunicazione delle operazioni nel settore della politica di coesione dell'Unione, è opportuno stabilire le istruzioni per creare l'emblema dell'Unione e definirne i colori standard, nonché le caratteristiche tecniche per la visualizzazione dell'emblema dell'Unione e i riferimenti al fondo o ai fondi che sostengono le operazioni.
(5)
Per garantire l'armonizzazione dell'identità visiva delle misure di informazione e di comunicazione relative alle infrastrutture e agli interventi di costruzione nel settore della politica di coesione dell'Unione, occorre stabilire le caratteristiche tecniche dei cartelloni e delle targhe permanenti per le infrastrutture e gli interventi di costruzione per i quali il sostegno pubblico complessivo superi 500 000 EUR per ogni singola operazione.
(6)
Ai fini dell'articolo 125, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (UE) n. 1303/2013, è necessario definire le specifiche tecniche del sistema di registrazione e memorizzazione informatizzata dei dati relativi a ciascun intervento, necessari per la sorveglianza, la valutazione, la gestione finanziaria, le attività di verifica e di audit.
(7)
Ai fini di un'efficace attuazione dell'articolo 122, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento (UE) n. 1303/2013, è necessario provvedere affinché le specifiche tecniche del sistema di registrazione e memorizzazione dei dati garantiscano la piena interoperabilità con il sistema di cui all'articolo 122, paragrafo 3, del medesimo regolamento, a livello tecnico, semantico e di architettura.
(8)
È opportuno che le specifiche tecniche dettagliate del sistema di registrazione e memorizzazione dei dati siano sufficientemente documentate da garantire la disponibilità di una pista di controllo che permetta di verificare la conformità ai requisiti di legge.
(9)
È inoltre opportuno che il sistema di registrazione e memorizzazione dei dati comprenda funzioni di informazione e strumenti di ricerca adeguati che permettano di reperire e aggregare facilmente le informazioni in esso memorizzate a fini di monitoraggio, valutazione, gestione finanziaria, verifiche ed audit.
(10)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato di coordinamento dei fondi strutturali e di investimento europei,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
MODALITÀ DETTAGLIATE PER IL TRASFERIMENTO E LA GESTIONE DEI CONTRIBUTI DEL PROGRAMMA E PER LA PRESENTAZIONE DI RELAZIONI SUGLI STRUMENTI FINANZIARI
Articolo 1
Trasferimento e gestione dei contributi del programma
[Articolo 38, paragrafo 10, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
1. Qualora a sostegno di uno strumento finanziario vengano effettuati contributi a valere su più programmi oppure su più assi prioritari o misure dello stesso programma, l'organismo di attuazione di tale strumento finanziario mantiene una contabilità separata o una codificazione contabile adeguata per i contributi di ciascun programma, di ciascun asse prioritario o di ciascuna misura, ai fini della presentazione di relazioni e dell'attività di audit.
2. Qualora a sostegno degli strumenti finanziari vengano effettuati contributi nazionali, pubblici o privati, a livello dei destinatari finali in conformità alle norme specifiche di ciascun Fondo, gli organismi di attuazione di tali strumenti finanziari gestiscono in conformità ai paragrafi da 3 a 6 i contributi nazionali, pubblici o privati, che rappresentano un cofinanziamento nazionale e che sono effettuati a livello di destinatari finali.
3. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari conservano prove documentali dei seguenti elementi:
a)
accordi giuridici conclusi con soggetti privati o pubblici concernenti i contributi nazionali pubblici o privati che rappresentano un cofinanziamento nazionale che tali soggetti devono fornire a livello di destinatari finali;
b)
trasferimento effettivo ai destinatari finali delle risorse che costituiscono il cofinanziamento nazionale da parte di soggetti privati o pubblici;
c)
contributi nazionali pubblici o privati che rappresentano un cofinanziamento nazionale e che sono effettuati da soggetti privati o pubblici, comunicati all'organismo di attuazione dello strumento finanziario.
4. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari assumono la responsabilità generale dell'investimento a favore dei destinatari finali, compreso il successivo monitoraggio dei contributi dei programmi conformemente agli accordi di finanziamento.
5. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari provvedono affinché le spese coperte dai contributi nazionali, pubblici o privati, che rappresentano un cofinanziamento nazionale siano ammissibili prima di dichiararle all'autorità di gestione.
6. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari mantengono la pista di controllo dei contributi nazionali, pubblici o privati, che rappresentano un cofinanziamento nazionale, fino al livello dei destinatari finali.
Articolo 2
Modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari
[Articolo 46, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
Per la relazione specifica di cui all'articolo 46, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013, le autorità di gestione utilizzano il modello di cui all'allegato I del presente regolamento.
CAPO II
CARATTERISTICHE TECNICHE DELLE MISURE DI INFORMAZIONE E DI COMUNICAZIONE RELATIVE ALLE OPERAZIONI E ISTRUZIONI PER LA CREAZIONE DELL'EMBLEMA DELL'UNIONE E PER LA DEFINIZIONE DEI COLORI STANDARD
[Articolo 115, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
Articolo 3
Istruzioni per la creazione dell'emblema e per la definizione dei colori standard
L'emblema dell'Unione è creato conformemente agli standard grafici di cui all'allegato II.
Articolo 4
Caratteristiche tecniche per la visualizzazione dell'emblema dell'Unione e riferimento al fondo o ai fondi che sostengono le operazioni
1. L'emblema dell'Unione di cui all'allegato XII, sezione 2.2, punto 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013, è pubblicato a colori sui siti web. In tutti gli altri mezzi di comunicazione, il colore è impiegato ogni qualvolta possibile; una versione monocromatica può essere utilizzata solo in casi giustificati.
2. L'emblema dell'Unione è sempre chiaramente visibile e occupa una posizione di primo piano. La sua posizione e le sue dimensioni sono adeguate alla dimensione del materiale o del documento utilizzato. Agli oggetti promozionali di dimensioni ridotte non si applica l'obbligo di fare riferimento al Fondo.
3. Quando l'emblema dell'Unione, il riferimento all'Unione e al Fondo pertinente sono pubblicati su un sito web:
a)
quando si accede al sito web, l'emblema dell'Unione e il riferimento all'Unione sono resi visibili all'interno dell'area di visualizzazione di un dispositivo digitale, senza che l'utente debba scorrere la pagina verso il basso;
b)
il riferimento al Fondo pertinente è reso visibile sul medesimo sito web.
4. Il nome «Unione europea» è sempre scritto per esteso. Il nome di uno strumento finanziario comprende un riferimento al fatto che esso è sostenuto dai fondi SIE. Per il testo che accompagna l'emblema dell'Unione va utilizzato uno dei seguenti caratteri: Arial, Auto, Calibri, Garamond, Trebuchet, Tahoma, Verdana, Ubuntu. Non sono ammessi corsivo, sottolineature o effetti speciali. La posizione del testo rispetto all'emblema dell'Unione non interferisce in alcun modo con l'emblema dell'Unione. La dimensione dei caratteri risulta proporzionata alla dimensione dell'emblema. Il colore dei caratteri è Reflex Blue, nero o bianco, secondo lo sfondo utilizzato.
5. Se in aggiunta all'emblema dell'Unione figurano altri logotipi, l'emblema dell'Unione deve presentare almeno dimensioni uguali, in altezza o larghezza, a quelle del più grande degli altri logotipi.
Articolo 5
Caratteristiche tecniche delle targhe permanenti e dei cartelloni temporanei o permanenti
1. Il nome e l'obiettivo principale dell'operazione, l'emblema dell'Unione e il riferimento all'Unione e al fondo o ai fondi che devono figurare sul cartellone temporaneo di cui all'allegato XII, sezione 2.2, punto 4, del regolamento (UE) n. 1303/2013, occupano almeno il 25 % di tale cartellone.
2. Il nome dell'operazione, l'obiettivo principale dell'attività sostenuta dall'operazione, l'emblema dell'Unione e il riferimento all'Unione e al fondo o ai fondi che devono figurare sul cartellone pubblicitario o sulla targa permanente di cui all'allegato XII, sezione 2.2, punto 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013, occupano almeno il 25 % di tale cartellone pubblicitario o di tale targa permanente.
CAPO III
SISTEMA DI REGISTRAZIONE E DI MEMORIZZAZIONE DEI DATI
[Articolo 125, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
Articolo 6
Disposizioni generali
Il sistema di registrazione e di memorizzazione dei dati relativi alle operazioni di cui all'articolo 125, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (UE) n. 1303/2013, è conforme alle specifiche tecniche di cui agli articoli da 7 a 11.
Articolo 7
Protezione e conservazione dei dati, dei documenti e loro integrità
1. L'accesso al sistema si basa su diritti predefiniti per i diversi tipi di utilizzatori e viene soppresso quando non è più necessario.
2. Il sistema tiene traccia di tutte le attività di registrazione, modifica e cancellazione di dati e documenti.
3. Il sistema non consente di modificare il contenuto dei documenti recanti una firma elettronica. Una validazione temporale non modificabile, atta a certificare il deposito del documento recante una firma elettronica, viene generata e allegata al documento. La cancellazione di tali documenti viene registrata conformemente al paragrafo 2.
4. Vengono effettuati regolari backup dei dati memorizzati. Il backup contenente una copia dell'intero contenuto dell'archivio di file elettronici è immediatamente disponibile in caso di emergenza.
5. L'archivio elettronico è protetto contro il rischio di eventuali perdite o alterazioni della sua integrità. Tale protezione comprende la protezione fisica contro temperature e livelli di umidità non appropriati, sistemi antincendio e antifurto, sistemi adeguati di protezione contro virus informatici, hacker e altre forme di accesso non autorizzato.
6. Il sistema prevede la migrazione dei dati, del formato e dell'ambiente informatico ad intervalli regolari, in modo da garantire la leggibilità e l'accessibilità dei dati e dei documenti fino alla fine del periodo pertinente di cui all'articolo 140, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
Articolo 8
Interoperabilità
1. Il sistema è interoperabile con i sistemi di scambio elettronico dei dati con i beneficiari di cui all'articolo 122, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
All'occorrenza, il sistema facilita la verifica della veridicità e della completezza dei dati forniti dai beneficiari prima che tali dati siano memorizzati in modo sicuro.
2. Il sistema è interoperabile con altri sistemi pertinenti informatizzati del quadro nazionale di interoperabilità e del quadro europeo di interoperabilità (QEI) istituito dalla decisione n. 922/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
3. Il sistema è interoperabile a livello tecnico e semantico. Le specifiche sono compatibili con formati standard di scambio dei dati e garantiscono che tali formati possano essere riconosciuti e scambiati anche tra sistemi eterogenei.
Articolo 9
Funzioni di ricerca e di informazione
Il sistema include:
a)
strumenti di ricerca appropriati che permettono di recuperare facilmente documenti, dati e metadati;
b)
una funzione di informazione che consente la produzione di relazioni sulla base di criteri predefiniti, in particolare per i dati di cui al regolamento delegato (UE) n. 480/2014 della Commissione (4);
c)
la possibilità di salvare, esportare o stampare le relazioni di cui alla lettera b), o un collegamento a un programma esterno che permetta tale possibilità.
Articolo 10
Documentazione relativa al sistema
L'autorità di gestione fornisce una documentazione funzionale e tecnica completa e aggiornata sul funzionamento e sulle caratteristiche del sistema, accessibile su richiesta dei soggetti pertinenti incaricati della gestione del programma, della Commissione e della Corte dei conti europea.
La documentazione di cui al primo comma fornisce la prova dell'attuazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 negli Stati membri interessati.
Articolo 11
Sicurezza dello scambio di informazioni
Il sistema utilizzato è protetto da misure di sicurezza adeguate relative alla classificazione dei documenti e alla protezione dei sistemi informativi e dei dati personali. Tali misure sono conformi alle norme internazionali e alle prescrizioni del diritto nazionale.
Le misure di sicurezza di cui al primo comma proteggono le reti e i mezzi di trasmissione in cui il sistema interagisce con altri moduli e sistemi.
Articolo 12
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 28 luglio 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(2) Regolamento di esecuzione (UE) n. 215/2014 della Commissione, del 7 marzo 2014, che stabilisce norme di attuazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca per quanto riguarda le metodologie per il sostegno in materia di cambiamenti climatici, la determinazione dei target intermedi e dei target finali nel quadro di riferimento dell'efficacia dell'attuazione e la nomenclatura delle categorie di intervento per i fondi strutturali e di investimento europei (GU L 69 dell'8.3.2014, pag. 65).
(3) Decisione n. 922/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sulle soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee (ISA) (GU L 260 del 3.10.2009, pag. 20).
(4) Regolamento delegato (UE) n. 480/2014 della Commissione, del 3 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 5).
ALLEGATO I
Modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari
N.
Informazioni richieste per ciascuno strumento finanziario
I. Identificazione del programma e della priorità o della misura nell'ambito dei quali è fornito il sostegno dei fondi SIE [articolo 46, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
1
Assi prioritari o misure a sostegno dello strumento finanziario, compresi i fondi di fondi, nell'ambito del programma dei fondi SIE
1.1
Riferimento (numero e titolo) di ciascun asse prioritario o di ciascuna misura a sostegno dello strumento finanziario nell'ambito del programma dei fondi SIE
2
Nome del fondo/dei fondi SIE a sostegno dello strumento finanziario nell'ambito dell'asse prioritario o della misura
3
Obiettivo/i tematico/i di cui all'articolo 9, primo comma, del regolamento (UE) n. 1303/2013 sostenuto/i dallo strumento finanziario
4
Altri programmi dei fondi SIE che forniscono contributi allo strumento finanziario
4.1
Numero CCI di tutti gli altri programmi dei fondi SIE che forniscono contributi allo strumento finanziario
II. Descrizione dello strumento finanziario e delle modalità di attuazione [articolo 46, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
5
Nome dello strumento finanziario
6
Sede/domicilio ufficiale dello strumento finanziario (nome del paese e della città)
7
Modalità di attuazione
7.1
Strumento finanziario istituito a livello dell'Unione e gestito direttamente o indirettamente dalla Commissione, secondo quanto previsto all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013, sostenuto dai contributi del programma dei fondi SIE
7.1.1
Nome dello strumento finanziario a livello dell'Unione
7.2
Strumento finanziario istituito a livello nazionale, regionale, transnazionale o transfrontaliero, gestito dall'autorità di gestione o sotto la sua responsabilità, secondo quanto previsto all'articolo 38, paragrafo 1, lettera b), sostenuto dai contributi del programma dei fondi SIE a norma dell'articolo 38, paragrafo 4, lettere da a) a c), del regolamento (UE) n. 1303/2013.
8
Tipo di strumento finanziario
8.1
Strumenti finanziari su misura o che soddisfano termini e condizioni uniformi
8.2
Strumento finanziario organizzato tramite un fondo di fondi o senza un fondo di fondi
8.2.1
Nome del fondo di fondi istituito per l'attuazione degli strumenti finanziari
9
Tipo di prodotti forniti dallo strumento finanziario: prestiti, microprestiti, garanzie, investimenti azionari o quasi-azionari, altri prodotti finanziari o altre forme di sostegno combinate nell'ambito dello strumento finanziario a norma dell'articolo 37, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013
9.1
Descrizione degli altri prodotti finanziari
9.2
Altre forme di sostegno combinate nell'ambito dello strumento finanziario: sovvenzioni, abbuono di interessi, bonifico sulla commissione di garanzia, a norma dell'articolo 37, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013
10
Status giuridico dello strumento finanziario, a norma dell'articolo 38, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (soltanto per gli strumenti finanziari di cui all'articolo 38, paragrafo 1, lettera b): conto fiduciario aperto in nome dell'organismo di attuazione e per conto dell'autorità di gestione o capitale separato nell'ambito di un istituto finanziario
III. Identificazione dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario di cui all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 38, paragrafo 4, lettere da a) a c), del regolamento (UE) n. 1303/2013, e degli intermediari finanziari di cui all'articolo 38, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 [articolo 46, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
11
Organismo di attuazione dello strumento finanziario
11.1
Tipo di organismo di attuazione a norma dell'articolo 38, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1303/2013: entità giuridiche già esistenti o nuove, incaricate dell'attuazione di strumenti finanziari; la Banca europea per gli investimenti; il Fondo europeo per gli investimenti; istituzioni finanziarie internazionali in cui uno Stato membro detiene una partecipazione; istituzioni finanziarie stabilite in uno Stato membro che perseguono obiettivi di interesse pubblico sotto il controllo di un'autorità pubblica; un organismo di diritto pubblico o privato; l'autorità di gestione, che assume direttamente compiti di esecuzione (solo per prestiti e garanzie)
11.1.1
Nome dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario
11.1.2
Sede/domicilio ufficiale (nome del paese e della città) dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario
12
Procedura di selezione dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario: aggiudicazione di un appalto pubblico; altre procedure
12.1
Descrizione delle altre procedure di selezione dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario
13
Data della firma dell'accordo di finanziamento con l'organismo di attuazione dello strumento finanziario
IV. Importo complessivo dei contributi del programma per priorità o misura versati allo strumento finanziario, e dei costi di gestione sostenuti o delle commissioni di gestione pagate [articolo 46, paragrafo 2, lettere d) ed e), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
14
Importo complessivo dei contributi del programma impegnati nell'accordo di finanziamento (in EUR)
14.1
di cui contributi dei fondi SIE (in EUR)
15
Importo complessivo dei contributi del programma versati allo strumento di finanziamento (in EUR)
15.1
di cui importi dei contributi dei fondi SIE (in EUR)
15.1.1
di cui FESR (in EUR)
15.1.2
di cui Fondo di coesione (in EUR)
15.1.3
di cui FSE (in EUR)
15.1.4
di cui FEASR (in EUR)
15.1.5
di cui FEAMP (in EUR)
15.2
di cui importo complessivo del cofinanziamento nazionale (in EUR)
15.2.1
di cui importo complessivo del finanziamento nazionale pubblico (in EUR)
15.2.2
di cui importo complessivo del finanziamento nazionale privato (in EUR)
16
Importo complessivo dei contributi del programma versati allo strumento di finanziamento nell'ambito dell'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (IOG) (1) (in EUR)
17
Importo complessivo dei costi e delle tasse di gestione versati a valere sui contributi del programma (in EUR)
17.1
di cui remunerazione di base (in EUR)
17.2
di cui remunerazione basata sui risultati (in EUR)
18
Costi o commissioni di gestione capitalizzati a norma dell'articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinenti solo per la relazione finale) (in EUR)
19
Abbuoni di interesse o abbuoni di commissioni di garanzia capitalizzati a norma dell'articolo 42, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinenti solo per la relazione finale) (in EUR)
20
Importo dei contributi del programma per investimenti ulteriori nei destinatari finali a norma dell'articolo 42, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinente solo per la relazione finale) (in EUR)
21
Contributi versati allo strumento finanziario sotto forma di terreni e/o immobili a norma dell'articolo 37, paragrafo 10, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinenti solo per la relazione finale) (in EUR)
V. Importo complessivo del sostegno erogato ai destinatari finali o a beneficio di questi o impegnato in contratti di garanzia dallo strumento finanziario a favore di investimenti nei destinatari finali, per programma dei fondi SIE e priorità o misura [articolo 46, paragrafo 2, lettera e), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
22
Denominazione di ciascun prodotto finanziario offerto dallo strumento finanziario
23
Data della firma dell'accordo di finanziamento per il prodotto finanziario
24
Importo complessivo dei contributi del programma impegnati in contratti con destinatari finali per l'erogazione di prestiti, garanzie, prodotti azionari o quasi-azionari o altri prodotti finanziari (in EUR)
24.1
di cui importo complessivo dei contributi dei fondi SIE (in EUR)
25
Importo complessivo dei contributi versati ai destinatari finali tramite prestiti, microprestiti, capitale o altri prodotti o, nel caso di garanzie, impegnati per prestiti erogati ai destinatari finali, per prodotto (in EUR)
25.1
di cui importo complessivo dei contributi dei fondi SIE (in EUR)
25.1.1
di cui FESR (in EUR)
25.1.2
di cui Fondo di coesione (in EUR)
25.1.3
di cui FSE (in EUR)
25.1.4
di cui FEASR (in EUR)
25.1.5
di cui FEAMP (in EUR)
25.2
di cui importo complessivo del cofinanziamento nazionale pubblico (in EUR)
25.3
di cui importo complessivo del cofinanziamento nazionale privato (in EUR)
26
Valore complessivo dei prestiti effettivamente versati ai destinatari finali in relazione ai contratti di garanzia firmati (in EUR)
27
Numero di contratti per l'erogazione di prestiti/garanzie/prodotti azionari o quasi-azionari/altri prodotti finanziari firmati con destinatari finali, per prodotto
28
Numero di investimenti nei destinatari finali realizzati tramite prestiti/garanzie/prodotti azionari o quasi-azionari/altri prodotti finanziari, per prodotto
29
Numero di destinatari finali sostenuti dal prodotto finanziario
29.1
di cui grandi imprese
29.2
di cui PMI
29.2.1
di cui microimprese
29.3
di cui persone fisiche
29.4
di cui altri tipi di destinatari finali sostenuti
29.4.1
descrizione degli altri tipi di destinatari finali sostenuti
VI. Risultati dello strumento finanziario, compresi i progressi nella sua creazione e nella selezione degli organismi di attuazione dello stesso, compreso l'organismo di attuazione di un fondo di fondi [articolo 46, paragrafo 2, lettera f), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
30
Data di completamento della valutazione ex ante
31
Selezione degli organismi di attuazione dello strumento finanziario
31.1
numero di procedure di selezione già avviate
31.2
numero di accordi di finanziamento già firmati
32
Informazioni indicanti se lo strumento finanziario era ancora operativo alla fine dell'anno di riferimento
32.1
Se lo strumento finanziario non era operativo alla fine dell'anno di riferimento, indicare la data di liquidazione
33
Numero totale di prestiti erogati e non rimborsati o numero totale di garanzie fornite ed escusse a causa dell'inadempimento del prestito
34
Importo totale dei prestiti versati in stato di inadempimento (in EUR) o importo totale impegnato per le garanzie fornite ed escusse a causa dell'inadempimento del prestito (in EUR)
VII. Interessi e altre plusvalenze generati dal sostegno dei fondi SIE allo strumento finanziario e alle risorse del programma rimborsate agli strumenti finanziari a fronte degli investimenti di cui agli articoli 43 e 44; valore degli investimenti azionari rispetto agli anni precedenti [articolo 46, paragrafo 2, lettere g) e i), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
35
Interessi e altre plusvalenze generate dai pagamenti del programma dei fondi SIE allo strumento finanziario (in EUR)
36
Importi rimborsati allo strumento finanziario, imputabili al sostegno dei fondi SIE entro la fine dell'anno di riferimento (in EUR)
36.1
di cui rimborsi in conto capitale (in EUR)
36.2
di cui plusvalenze e altri profitti e rendimenti (in EUR)
37
Importo delle risorse riutilizzate che sono state rimborsate allo strumento finanziario e sono imputabili ai fondi SIE
37.1
di cui importi versati per la remunerazione preferenziale degli investitori privati o degli investitori pubblici operanti secondo il principio dell'economia di mercato, che forniscono fondi di contropartita per il sostegno dei fondi SIE allo strumento finanziario o che coinvestono a livello dei destinatari finali (in EUR)
37.2
di cui importi versati per il rimborso dei costi di gestione sostenuti e per il pagamento delle spese di gestione dello strumento finanziario (in EUR)
VIII. Progressi nel raggiungimento dell'atteso effetto moltiplicatore degli investimenti effettuati dallo strumento finanziario e valore degli investimenti e delle partecipazioni [articolo 46, paragrafo 2, lettera h), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
38
Importo complessivo di altri contributi raccolti dallo strumento finanziario al di fuori dei fondi SIE (in EUR)
38.1
Importo complessivo di altri contributi, al di fuori dei fondi SIE, impegnati nell'accordo di finanziamento con l'organismo di attuazione dello strumento finanziario (in EUR)
38.2
Importo complessivo di altri contributi versati allo strumento finanziario al di fuori dei fondi SIE (in EUR)
38.2.1
di cui contributi pubblici (in EUR)
38.2.2
di cui contributi privati (in EUR)
38.3
Importo complessivo di altri contributi, al di fuori dei fondi SIE, mobilitati a livello dei destinatari finali (in EUR)
38.3.1
di cui contributi pubblici (in EUR)
38.3.2
di cui contributi privati (in EUR)
39
Effetto moltiplicatore atteso e raggiunto, con riferimento all'accordo di finanziamento
39.1
Effetto moltiplicatore atteso in relazione a prestiti/garanzie/investimenti azionari o quasi-azionari/altri prodotti finanziari, con riferimento all'accordo di finanziamento, per prodotto
39.2
Effetto moltiplicatore raggiunto alla fine dell'anno di riferimento in relazione a prestiti/garanzie/investimenti azionari o quasi azionari/altri prodotti finanziari, per prodotto
40
Valore degli investimenti e delle partecipazioni rispetto agli anni precedenti (in EUR)
IX. Contributo dello strumento finanziario alla realizzazione degli indicatori della priorità o della misura interessata [articolo 46, paragrafo 2, lettera j), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
41
Indicatore del risultato (numero di codice e nome) cui contribuisce lo strumento finanziario
41.1
Valore obiettivo dell'indicatore di output.
41.2
Valore ottenuto dallo strumento finanziario in relazione al valore obiettivo dell'indicatore di output
(1) Comprende la dotazione specifica dell'IOG e il corrispondente sostegno dell'FSE.
ALLEGATO II
Istruzioni per la creazione dell'emblema e definizione dei colori standard
DESCRIZIONE SIMBOLICA
Sullo sfondo blu del cielo una corona di dodici stelle dorate rappresenta l'unione dei popoli europei. Il numero delle stelle è invariabile poiché 12 è simbolo di perfezione e unità.
DESCRIZIONE ARALDICA
Un cerchio composto da dodici stelle dorate a cinque punte, non contigue, in campo azzurro.
DESCRIZIONE GEOMETRICA
L'emblema è costituito da una bandiera blu di forma rettangolare, la cui base ha una lunghezza pari a una volta e mezza quella dell'altezza. Dodici stelle dorate sono allineate a intervalli regolari lungo un cerchio ideale il cui centro è situato nel punto d'intersezione delle diagonali del rettangolo. Il raggio del cerchio è pari a un terzo dell'altezza del ghindante. Ogni stella ha cinque punte iscritte nella circonferenza di un cerchio invisibile, il cui raggio è pari a 1/18 dell'altezza del ghindante. Tutte le stelle sono disposte verticalmente, cioè con una punta rivolta verso l'alto e due punte appoggiate direttamente su una linea retta immaginaria perpendicolare all'asta. Nel cerchio, le stelle sono nella posizione delle ore sul quadrante di un orologio. Il numero delle stelle è invariabile.
COLORI REGOLAMENTARI
I colori dell'emblema sono:
—
PANTONE REFLEX BLUE per l'area del rettangolo,
—
PANTONE YELLOW per le stelle.
RIPRODUZIONE IN QUADRICROMIA
In caso di stampa in quadricromia i due colori standard vanno riprodotti utilizzando i quattro colori della quadricromia.
PANTONE YELLOW si ottiene con il 100 % del «Process Yellow».
PANTONE REFLEX BLUE si ottiene mescolando il 100 % del «Process Cyan» con l'80 % del «Process Magenta».
INTERNET
Nella gamma web, il PANTONE REFLEX BLUE corrisponde al colore RGB: 0/51/153 (esadecimale: 003399) e il PANTONE YELLOW corrisponde al colore RGB: 255/204/0 (esadecimale: FFCC00).
RIPRODUZIONE MONOCROMA
Se si utilizza il nero, delimitare con un filetto di tale colore l'area del rettangolo e inserire le stelle nere in campo bianco.
Se si impiega il blu («Reflex Blue»), usarlo al 100 % e ricavare le stelle in negativo (bianche).
RIPRODUZIONE SU FONDO COLORATO
Nell'impossibilità di evitare uno sfondo colorato, incorniciare il rettangolo con un bordo bianco di spessore pari a 1/25 dell'altezza del rettangolo.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) N. 821/2014 DELLA COMMISSIONE
del 28 luglio 2014
recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le modalità dettagliate per il trasferimento e la gestione dei contributi dei programmi, le relazioni sugli strumenti finanziari, le caratteristiche tecniche delle misure di informazione e di comunicazione per le operazioni e il sistema di registrazione e memorizzazione dei dati
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (1), in particolare l'articolo 38, paragrafo 10, l'articolo 46, paragrafo 3, l'articolo 115, paragrafo 4, e l'articolo 125, paragrafo 8, secondo comma,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento di esecuzione (UE) n. 215/2014 della Commissione (2) stabilisce le disposizioni necessarie per l'elaborazione dei programmi. Al fine di garantire l'attuazione dei programmi finanziati dai fondi strutturali e di investimento europei (i «fondi SIE»), è necessario stabilire ulteriori disposizioni per l'applicazione del regolamento (UE) n. 1303/2013. Per agevolare una visione completa e l'accesso a tali disposizioni, è opportuno che queste ultime siano riunite in un unico atto di esecuzione.
(2)
Per rendere più flessibile la mobilitazione del sostegno agli strumenti finanziari proveniente da diverse fonti gestite dall'autorità di gestione secondo le modalità di cui all'articolo 38, paragrafo 4, primo comma, del regolamento (UE) n. 1303/2013, è necessario chiarire le modalità di trasferimento e di gestione dei contributi del programma. Occorre in particolare chiarire le circostanze in cui uno strumento finanziario può ricevere contributi da più programmi o da più assi prioritari o misure dello stesso programma, nonché le condizioni alle quali i contributi nazionali, pubblici o privati, effettuati a livello di destinatari finali a sostegno degli strumenti finanziari, possono essere presi in considerazione a titolo di risorse nazionali di cofinanziamento.
(3)
È necessario stabilire un modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari alla Commissione al fine di garantire che le autorità di gestione forniscano le informazioni richieste all'articolo 46, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013 in maniera coerente e comparabile. Il modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari è necessario anche per consentire alla Commissione di fornire sintesi dei dati relativi ai progressi compiuti nel finanziamento e nell'attuazione degli strumenti finanziari.
(4)
Per garantire l'armonizzazione dell'identità visiva delle misure di informazione e di comunicazione delle operazioni nel settore della politica di coesione dell'Unione, è opportuno stabilire le istruzioni per creare l'emblema dell'Unione e definirne i colori standard, nonché le caratteristiche tecniche per la visualizzazione dell'emblema dell'Unione e i riferimenti al fondo o ai fondi che sostengono le operazioni.
(5)
Per garantire l'armonizzazione dell'identità visiva delle misure di informazione e di comunicazione relative alle infrastrutture e agli interventi di costruzione nel settore della politica di coesione dell'Unione, occorre stabilire le caratteristiche tecniche dei cartelloni e delle targhe permanenti per le infrastrutture e gli interventi di costruzione per i quali il sostegno pubblico complessivo superi 500 000 EUR per ogni singola operazione.
(6)
Ai fini dell'articolo 125, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (UE) n. 1303/2013, è necessario definire le specifiche tecniche del sistema di registrazione e memorizzazione informatizzata dei dati relativi a ciascun intervento, necessari per la sorveglianza, la valutazione, la gestione finanziaria, le attività di verifica e di audit.
(7)
Ai fini di un'efficace attuazione dell'articolo 122, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento (UE) n. 1303/2013, è necessario provvedere affinché le specifiche tecniche del sistema di registrazione e memorizzazione dei dati garantiscano la piena interoperabilità con il sistema di cui all'articolo 122, paragrafo 3, del medesimo regolamento, a livello tecnico, semantico e di architettura.
(8)
È opportuno che le specifiche tecniche dettagliate del sistema di registrazione e memorizzazione dei dati siano sufficientemente documentate da garantire la disponibilità di una pista di controllo che permetta di verificare la conformità ai requisiti di legge.
(9)
È inoltre opportuno che il sistema di registrazione e memorizzazione dei dati comprenda funzioni di informazione e strumenti di ricerca adeguati che permettano di reperire e aggregare facilmente le informazioni in esso memorizzate a fini di monitoraggio, valutazione, gestione finanziaria, verifiche ed audit.
(10)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato di coordinamento dei fondi strutturali e di investimento europei,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
MODALITÀ DETTAGLIATE PER IL TRASFERIMENTO E LA GESTIONE DEI CONTRIBUTI DEL PROGRAMMA E PER LA PRESENTAZIONE DI RELAZIONI SUGLI STRUMENTI FINANZIARI
Articolo 1
Trasferimento e gestione dei contributi del programma
[Articolo 38, paragrafo 10, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
1. Qualora a sostegno di uno strumento finanziario vengano effettuati contributi a valere su più programmi oppure su più assi prioritari o misure dello stesso programma, l'organismo di attuazione di tale strumento finanziario mantiene una contabilità separata o una codificazione contabile adeguata per i contributi di ciascun programma, di ciascun asse prioritario o di ciascuna misura, ai fini della presentazione di relazioni e dell'attività di audit.
2. Qualora a sostegno degli strumenti finanziari vengano effettuati contributi nazionali, pubblici o privati, a livello dei destinatari finali in conformità alle norme specifiche di ciascun Fondo, gli organismi di attuazione di tali strumenti finanziari gestiscono in conformità ai paragrafi da 3 a 6 i contributi nazionali, pubblici o privati, che rappresentano un cofinanziamento nazionale e che sono effettuati a livello di destinatari finali.
3. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari conservano prove documentali dei seguenti elementi:
a)
accordi giuridici conclusi con soggetti privati o pubblici concernenti i contributi nazionali pubblici o privati che rappresentano un cofinanziamento nazionale che tali soggetti devono fornire a livello di destinatari finali;
b)
trasferimento effettivo ai destinatari finali delle risorse che costituiscono il cofinanziamento nazionale da parte di soggetti privati o pubblici;
c)
contributi nazionali pubblici o privati che rappresentano un cofinanziamento nazionale e che sono effettuati da soggetti privati o pubblici, comunicati all'organismo di attuazione dello strumento finanziario.
4. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari assumono la responsabilità generale dell'investimento a favore dei destinatari finali, compreso il successivo monitoraggio dei contributi dei programmi conformemente agli accordi di finanziamento.
5. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari provvedono affinché le spese coperte dai contributi nazionali, pubblici o privati, che rappresentano un cofinanziamento nazionale siano ammissibili prima di dichiararle all'autorità di gestione.
6. Gli organismi di attuazione degli strumenti finanziari mantengono la pista di controllo dei contributi nazionali, pubblici o privati, che rappresentano un cofinanziamento nazionale, fino al livello dei destinatari finali.
Articolo 2
Modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari
[Articolo 46, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
Per la relazione specifica di cui all'articolo 46, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013, le autorità di gestione utilizzano il modello di cui all'allegato I del presente regolamento.
CAPO II
CARATTERISTICHE TECNICHE DELLE MISURE DI INFORMAZIONE E DI COMUNICAZIONE RELATIVE ALLE OPERAZIONI E ISTRUZIONI PER LA CREAZIONE DELL'EMBLEMA DELL'UNIONE E PER LA DEFINIZIONE DEI COLORI STANDARD
[Articolo 115, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
Articolo 3
Istruzioni per la creazione dell'emblema e per la definizione dei colori standard
L'emblema dell'Unione è creato conformemente agli standard grafici di cui all'allegato II.
Articolo 4
Caratteristiche tecniche per la visualizzazione dell'emblema dell'Unione e riferimento al fondo o ai fondi che sostengono le operazioni
1. L'emblema dell'Unione di cui all'allegato XII, sezione 2.2, punto 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013, è pubblicato a colori sui siti web. In tutti gli altri mezzi di comunicazione, il colore è impiegato ogni qualvolta possibile; una versione monocromatica può essere utilizzata solo in casi giustificati.
2. L'emblema dell'Unione è sempre chiaramente visibile e occupa una posizione di primo piano. La sua posizione e le sue dimensioni sono adeguate alla dimensione del materiale o del documento utilizzato. Agli oggetti promozionali di dimensioni ridotte non si applica l'obbligo di fare riferimento al Fondo.
3. Quando l'emblema dell'Unione, il riferimento all'Unione e al Fondo pertinente sono pubblicati su un sito web:
a)
quando si accede al sito web, l'emblema dell'Unione e il riferimento all'Unione sono resi visibili all'interno dell'area di visualizzazione di un dispositivo digitale, senza che l'utente debba scorrere la pagina verso il basso;
b)
il riferimento al Fondo pertinente è reso visibile sul medesimo sito web.
4. Il nome «Unione europea» è sempre scritto per esteso. Il nome di uno strumento finanziario comprende un riferimento al fatto che esso è sostenuto dai fondi SIE. Per il testo che accompagna l'emblema dell'Unione va utilizzato uno dei seguenti caratteri: Arial, Auto, Calibri, Garamond, Trebuchet, Tahoma, Verdana, Ubuntu. Non sono ammessi corsivo, sottolineature o effetti speciali. La posizione del testo rispetto all'emblema dell'Unione non interferisce in alcun modo con l'emblema dell'Unione. La dimensione dei caratteri risulta proporzionata alla dimensione dell'emblema. Il colore dei caratteri è Reflex Blue, nero o bianco, secondo lo sfondo utilizzato.
5. Se in aggiunta all'emblema dell'Unione figurano altri logotipi, l'emblema dell'Unione deve presentare almeno dimensioni uguali, in altezza o larghezza, a quelle del più grande degli altri logotipi.
Articolo 5
Caratteristiche tecniche delle targhe permanenti e dei cartelloni temporanei o permanenti
1. Il nome e l'obiettivo principale dell'operazione, l'emblema dell'Unione e il riferimento all'Unione e al fondo o ai fondi che devono figurare sul cartellone temporaneo di cui all'allegato XII, sezione 2.2, punto 4, del regolamento (UE) n. 1303/2013, occupano almeno il 25 % di tale cartellone.
2. Il nome dell'operazione, l'obiettivo principale dell'attività sostenuta dall'operazione, l'emblema dell'Unione e il riferimento all'Unione e al fondo o ai fondi che devono figurare sul cartellone pubblicitario o sulla targa permanente di cui all'allegato XII, sezione 2.2, punto 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013, occupano almeno il 25 % di tale cartellone pubblicitario o di tale targa permanente.
CAPO III
SISTEMA DI REGISTRAZIONE E DI MEMORIZZAZIONE DEI DATI
[Articolo 125, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013]
Articolo 6
Disposizioni generali
Il sistema di registrazione e di memorizzazione dei dati relativi alle operazioni di cui all'articolo 125, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (UE) n. 1303/2013, è conforme alle specifiche tecniche di cui agli articoli da 7 a 11.
Articolo 7
Protezione e conservazione dei dati, dei documenti e loro integrità
1. L'accesso al sistema si basa su diritti predefiniti per i diversi tipi di utilizzatori e viene soppresso quando non è più necessario.
2. Il sistema tiene traccia di tutte le attività di registrazione, modifica e cancellazione di dati e documenti.
3. Il sistema non consente di modificare il contenuto dei documenti recanti una firma elettronica. Una validazione temporale non modificabile, atta a certificare il deposito del documento recante una firma elettronica, viene generata e allegata al documento. La cancellazione di tali documenti viene registrata conformemente al paragrafo 2.
4. Vengono effettuati regolari backup dei dati memorizzati. Il backup contenente una copia dell'intero contenuto dell'archivio di file elettronici è immediatamente disponibile in caso di emergenza.
5. L'archivio elettronico è protetto contro il rischio di eventuali perdite o alterazioni della sua integrità. Tale protezione comprende la protezione fisica contro temperature e livelli di umidità non appropriati, sistemi antincendio e antifurto, sistemi adeguati di protezione contro virus informatici, hacker e altre forme di accesso non autorizzato.
6. Il sistema prevede la migrazione dei dati, del formato e dell'ambiente informatico ad intervalli regolari, in modo da garantire la leggibilità e l'accessibilità dei dati e dei documenti fino alla fine del periodo pertinente di cui all'articolo 140, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
Articolo 8
Interoperabilità
1. Il sistema è interoperabile con i sistemi di scambio elettronico dei dati con i beneficiari di cui all'articolo 122, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
All'occorrenza, il sistema facilita la verifica della veridicità e della completezza dei dati forniti dai beneficiari prima che tali dati siano memorizzati in modo sicuro.
2. Il sistema è interoperabile con altri sistemi pertinenti informatizzati del quadro nazionale di interoperabilità e del quadro europeo di interoperabilità (QEI) istituito dalla decisione n. 922/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
3. Il sistema è interoperabile a livello tecnico e semantico. Le specifiche sono compatibili con formati standard di scambio dei dati e garantiscono che tali formati possano essere riconosciuti e scambiati anche tra sistemi eterogenei.
Articolo 9
Funzioni di ricerca e di informazione
Il sistema include:
a)
strumenti di ricerca appropriati che permettono di recuperare facilmente documenti, dati e metadati;
b)
una funzione di informazione che consente la produzione di relazioni sulla base di criteri predefiniti, in particolare per i dati di cui al regolamento delegato (UE) n. 480/2014 della Commissione (4);
c)
la possibilità di salvare, esportare o stampare le relazioni di cui alla lettera b), o un collegamento a un programma esterno che permetta tale possibilità.
Articolo 10
Documentazione relativa al sistema
L'autorità di gestione fornisce una documentazione funzionale e tecnica completa e aggiornata sul funzionamento e sulle caratteristiche del sistema, accessibile su richiesta dei soggetti pertinenti incaricati della gestione del programma, della Commissione e della Corte dei conti europea.
La documentazione di cui al primo comma fornisce la prova dell'attuazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 negli Stati membri interessati.
Articolo 11
Sicurezza dello scambio di informazioni
Il sistema utilizzato è protetto da misure di sicurezza adeguate relative alla classificazione dei documenti e alla protezione dei sistemi informativi e dei dati personali. Tali misure sono conformi alle norme internazionali e alle prescrizioni del diritto nazionale.
Le misure di sicurezza di cui al primo comma proteggono le reti e i mezzi di trasmissione in cui il sistema interagisce con altri moduli e sistemi.
Articolo 12
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 28 luglio 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(2) Regolamento di esecuzione (UE) n. 215/2014 della Commissione, del 7 marzo 2014, che stabilisce norme di attuazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca per quanto riguarda le metodologie per il sostegno in materia di cambiamenti climatici, la determinazione dei target intermedi e dei target finali nel quadro di riferimento dell'efficacia dell'attuazione e la nomenclatura delle categorie di intervento per i fondi strutturali e di investimento europei (GU L 69 dell'8.3.2014, pag. 65).
(3) Decisione n. 922/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sulle soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni europee (ISA) (GU L 260 del 3.10.2009, pag. 20).
(4) Regolamento delegato (UE) n. 480/2014 della Commissione, del 3 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 5).
ALLEGATO I
Modello per la presentazione di relazioni sugli strumenti finanziari
N.
Informazioni richieste per ciascuno strumento finanziario
I. Identificazione del programma e della priorità o della misura nell'ambito dei quali è fornito il sostegno dei fondi SIE [articolo 46, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
1
Assi prioritari o misure a sostegno dello strumento finanziario, compresi i fondi di fondi, nell'ambito del programma dei fondi SIE
1.1
Riferimento (numero e titolo) di ciascun asse prioritario o di ciascuna misura a sostegno dello strumento finanziario nell'ambito del programma dei fondi SIE
2
Nome del fondo/dei fondi SIE a sostegno dello strumento finanziario nell'ambito dell'asse prioritario o della misura
3
Obiettivo/i tematico/i di cui all'articolo 9, primo comma, del regolamento (UE) n. 1303/2013 sostenuto/i dallo strumento finanziario
4
Altri programmi dei fondi SIE che forniscono contributi allo strumento finanziario
4.1
Numero CCI di tutti gli altri programmi dei fondi SIE che forniscono contributi allo strumento finanziario
II. Descrizione dello strumento finanziario e delle modalità di attuazione [articolo 46, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
5
Nome dello strumento finanziario
6
Sede/domicilio ufficiale dello strumento finanziario (nome del paese e della città)
7
Modalità di attuazione
7.1
Strumento finanziario istituito a livello dell'Unione e gestito direttamente o indirettamente dalla Commissione, secondo quanto previsto all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013, sostenuto dai contributi del programma dei fondi SIE
7.1.1
Nome dello strumento finanziario a livello dell'Unione
7.2
Strumento finanziario istituito a livello nazionale, regionale, transnazionale o transfrontaliero, gestito dall'autorità di gestione o sotto la sua responsabilità, secondo quanto previsto all'articolo 38, paragrafo 1, lettera b), sostenuto dai contributi del programma dei fondi SIE a norma dell'articolo 38, paragrafo 4, lettere da a) a c), del regolamento (UE) n. 1303/2013.
8
Tipo di strumento finanziario
8.1
Strumenti finanziari su misura o che soddisfano termini e condizioni uniformi
8.2
Strumento finanziario organizzato tramite un fondo di fondi o senza un fondo di fondi
8.2.1
Nome del fondo di fondi istituito per l'attuazione degli strumenti finanziari
9
Tipo di prodotti forniti dallo strumento finanziario: prestiti, microprestiti, garanzie, investimenti azionari o quasi-azionari, altri prodotti finanziari o altre forme di sostegno combinate nell'ambito dello strumento finanziario a norma dell'articolo 37, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013
9.1
Descrizione degli altri prodotti finanziari
9.2
Altre forme di sostegno combinate nell'ambito dello strumento finanziario: sovvenzioni, abbuono di interessi, bonifico sulla commissione di garanzia, a norma dell'articolo 37, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013
10
Status giuridico dello strumento finanziario, a norma dell'articolo 38, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (soltanto per gli strumenti finanziari di cui all'articolo 38, paragrafo 1, lettera b): conto fiduciario aperto in nome dell'organismo di attuazione e per conto dell'autorità di gestione o capitale separato nell'ambito di un istituto finanziario
III. Identificazione dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario di cui all'articolo 38, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 38, paragrafo 4, lettere da a) a c), del regolamento (UE) n. 1303/2013, e degli intermediari finanziari di cui all'articolo 38, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 [articolo 46, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
11
Organismo di attuazione dello strumento finanziario
11.1
Tipo di organismo di attuazione a norma dell'articolo 38, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1303/2013: entità giuridiche già esistenti o nuove, incaricate dell'attuazione di strumenti finanziari; la Banca europea per gli investimenti; il Fondo europeo per gli investimenti; istituzioni finanziarie internazionali in cui uno Stato membro detiene una partecipazione; istituzioni finanziarie stabilite in uno Stato membro che perseguono obiettivi di interesse pubblico sotto il controllo di un'autorità pubblica; un organismo di diritto pubblico o privato; l'autorità di gestione, che assume direttamente compiti di esecuzione (solo per prestiti e garanzie)
11.1.1
Nome dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario
11.1.2
Sede/domicilio ufficiale (nome del paese e della città) dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario
12
Procedura di selezione dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario: aggiudicazione di un appalto pubblico; altre procedure
12.1
Descrizione delle altre procedure di selezione dell'organismo di attuazione dello strumento finanziario
13
Data della firma dell'accordo di finanziamento con l'organismo di attuazione dello strumento finanziario
IV. Importo complessivo dei contributi del programma per priorità o misura versati allo strumento finanziario, e dei costi di gestione sostenuti o delle commissioni di gestione pagate [articolo 46, paragrafo 2, lettere d) ed e), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
14
Importo complessivo dei contributi del programma impegnati nell'accordo di finanziamento (in EUR)
14.1
di cui contributi dei fondi SIE (in EUR)
15
Importo complessivo dei contributi del programma versati allo strumento di finanziamento (in EUR)
15.1
di cui importi dei contributi dei fondi SIE (in EUR)
15.1.1
di cui FESR (in EUR)
15.1.2
di cui Fondo di coesione (in EUR)
15.1.3
di cui FSE (in EUR)
15.1.4
di cui FEASR (in EUR)
15.1.5
di cui FEAMP (in EUR)
15.2
di cui importo complessivo del cofinanziamento nazionale (in EUR)
15.2.1
di cui importo complessivo del finanziamento nazionale pubblico (in EUR)
15.2.2
di cui importo complessivo del finanziamento nazionale privato (in EUR)
16
Importo complessivo dei contributi del programma versati allo strumento di finanziamento nell'ambito dell'Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile (IOG) (1) (in EUR)
17
Importo complessivo dei costi e delle tasse di gestione versati a valere sui contributi del programma (in EUR)
17.1
di cui remunerazione di base (in EUR)
17.2
di cui remunerazione basata sui risultati (in EUR)
18
Costi o commissioni di gestione capitalizzati a norma dell'articolo 42, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinenti solo per la relazione finale) (in EUR)
19
Abbuoni di interesse o abbuoni di commissioni di garanzia capitalizzati a norma dell'articolo 42, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinenti solo per la relazione finale) (in EUR)
20
Importo dei contributi del programma per investimenti ulteriori nei destinatari finali a norma dell'articolo 42, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinente solo per la relazione finale) (in EUR)
21
Contributi versati allo strumento finanziario sotto forma di terreni e/o immobili a norma dell'articolo 37, paragrafo 10, del regolamento (UE) n. 1303/2013 (pertinenti solo per la relazione finale) (in EUR)
V. Importo complessivo del sostegno erogato ai destinatari finali o a beneficio di questi o impegnato in contratti di garanzia dallo strumento finanziario a favore di investimenti nei destinatari finali, per programma dei fondi SIE e priorità o misura [articolo 46, paragrafo 2, lettera e), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
22
Denominazione di ciascun prodotto finanziario offerto dallo strumento finanziario
23
Data della firma dell'accordo di finanziamento per il prodotto finanziario
24
Importo complessivo dei contributi del programma impegnati in contratti con destinatari finali per l'erogazione di prestiti, garanzie, prodotti azionari o quasi-azionari o altri prodotti finanziari (in EUR)
24.1
di cui importo complessivo dei contributi dei fondi SIE (in EUR)
25
Importo complessivo dei contributi versati ai destinatari finali tramite prestiti, microprestiti, capitale o altri prodotti o, nel caso di garanzie, impegnati per prestiti erogati ai destinatari finali, per prodotto (in EUR)
25.1
di cui importo complessivo dei contributi dei fondi SIE (in EUR)
25.1.1
di cui FESR (in EUR)
25.1.2
di cui Fondo di coesione (in EUR)
25.1.3
di cui FSE (in EUR)
25.1.4
di cui FEASR (in EUR)
25.1.5
di cui FEAMP (in EUR)
25.2
di cui importo complessivo del cofinanziamento nazionale pubblico (in EUR)
25.3
di cui importo complessivo del cofinanziamento nazionale privato (in EUR)
26
Valore complessivo dei prestiti effettivamente versati ai destinatari finali in relazione ai contratti di garanzia firmati (in EUR)
27
Numero di contratti per l'erogazione di prestiti/garanzie/prodotti azionari o quasi-azionari/altri prodotti finanziari firmati con destinatari finali, per prodotto
28
Numero di investimenti nei destinatari finali realizzati tramite prestiti/garanzie/prodotti azionari o quasi-azionari/altri prodotti finanziari, per prodotto
29
Numero di destinatari finali sostenuti dal prodotto finanziario
29.1
di cui grandi imprese
29.2
di cui PMI
29.2.1
di cui microimprese
29.3
di cui persone fisiche
29.4
di cui altri tipi di destinatari finali sostenuti
29.4.1
descrizione degli altri tipi di destinatari finali sostenuti
VI. Risultati dello strumento finanziario, compresi i progressi nella sua creazione e nella selezione degli organismi di attuazione dello stesso, compreso l'organismo di attuazione di un fondo di fondi [articolo 46, paragrafo 2, lettera f), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
30
Data di completamento della valutazione ex ante
31
Selezione degli organismi di attuazione dello strumento finanziario
31.1
numero di procedure di selezione già avviate
31.2
numero di accordi di finanziamento già firmati
32
Informazioni indicanti se lo strumento finanziario era ancora operativo alla fine dell'anno di riferimento
32.1
Se lo strumento finanziario non era operativo alla fine dell'anno di riferimento, indicare la data di liquidazione
33
Numero totale di prestiti erogati e non rimborsati o numero totale di garanzie fornite ed escusse a causa dell'inadempimento del prestito
34
Importo totale dei prestiti versati in stato di inadempimento (in EUR) o importo totale impegnato per le garanzie fornite ed escusse a causa dell'inadempimento del prestito (in EUR)
VII. Interessi e altre plusvalenze generati dal sostegno dei fondi SIE allo strumento finanziario e alle risorse del programma rimborsate agli strumenti finanziari a fronte degli investimenti di cui agli articoli 43 e 44; valore degli investimenti azionari rispetto agli anni precedenti [articolo 46, paragrafo 2, lettere g) e i), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
35
Interessi e altre plusvalenze generate dai pagamenti del programma dei fondi SIE allo strumento finanziario (in EUR)
36
Importi rimborsati allo strumento finanziario, imputabili al sostegno dei fondi SIE entro la fine dell'anno di riferimento (in EUR)
36.1
di cui rimborsi in conto capitale (in EUR)
36.2
di cui plusvalenze e altri profitti e rendimenti (in EUR)
37
Importo delle risorse riutilizzate che sono state rimborsate allo strumento finanziario e sono imputabili ai fondi SIE
37.1
di cui importi versati per la remunerazione preferenziale degli investitori privati o degli investitori pubblici operanti secondo il principio dell'economia di mercato, che forniscono fondi di contropartita per il sostegno dei fondi SIE allo strumento finanziario o che coinvestono a livello dei destinatari finali (in EUR)
37.2
di cui importi versati per il rimborso dei costi di gestione sostenuti e per il pagamento delle spese di gestione dello strumento finanziario (in EUR)
VIII. Progressi nel raggiungimento dell'atteso effetto moltiplicatore degli investimenti effettuati dallo strumento finanziario e valore degli investimenti e delle partecipazioni [articolo 46, paragrafo 2, lettera h), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
38
Importo complessivo di altri contributi raccolti dallo strumento finanziario al di fuori dei fondi SIE (in EUR)
38.1
Importo complessivo di altri contributi, al di fuori dei fondi SIE, impegnati nell'accordo di finanziamento con l'organismo di attuazione dello strumento finanziario (in EUR)
38.2
Importo complessivo di altri contributi versati allo strumento finanziario al di fuori dei fondi SIE (in EUR)
38.2.1
di cui contributi pubblici (in EUR)
38.2.2
di cui contributi privati (in EUR)
38.3
Importo complessivo di altri contributi, al di fuori dei fondi SIE, mobilitati a livello dei destinatari finali (in EUR)
38.3.1
di cui contributi pubblici (in EUR)
38.3.2
di cui contributi privati (in EUR)
39
Effetto moltiplicatore atteso e raggiunto, con riferimento all'accordo di finanziamento
39.1
Effetto moltiplicatore atteso in relazione a prestiti/garanzie/investimenti azionari o quasi-azionari/altri prodotti finanziari, con riferimento all'accordo di finanziamento, per prodotto
39.2
Effetto moltiplicatore raggiunto alla fine dell'anno di riferimento in relazione a prestiti/garanzie/investimenti azionari o quasi azionari/altri prodotti finanziari, per prodotto
40
Valore degli investimenti e delle partecipazioni rispetto agli anni precedenti (in EUR)
IX. Contributo dello strumento finanziario alla realizzazione degli indicatori della priorità o della misura interessata [articolo 46, paragrafo 2, lettera j), del regolamento (UE) n. 1303/2013]
41
Indicatore del risultato (numero di codice e nome) cui contribuisce lo strumento finanziario
41.1
Valore obiettivo dell'indicatore di output.
41.2
Valore ottenuto dallo strumento finanziario in relazione al valore obiettivo dell'indicatore di output
(1) Comprende la dotazione specifica dell'IOG e il corrispondente sostegno dell'FSE.
ALLEGATO II
Istruzioni per la creazione dell'emblema e definizione dei colori standard
DESCRIZIONE SIMBOLICA
Sullo sfondo blu del cielo una corona di dodici stelle dorate rappresenta l'unione dei popoli europei. Il numero delle stelle è invariabile poiché 12 è simbolo di perfezione e unità.
DESCRIZIONE ARALDICA
Un cerchio composto da dodici stelle dorate a cinque punte, non contigue, in campo azzurro.
DESCRIZIONE GEOMETRICA
L'emblema è costituito da una bandiera blu di forma rettangolare, la cui base ha una lunghezza pari a una volta e mezza quella dell'altezza. Dodici stelle dorate sono allineate a intervalli regolari lungo un cerchio ideale il cui centro è situato nel punto d'intersezione delle diagonali del rettangolo. Il raggio del cerchio è pari a un terzo dell'altezza del ghindante. Ogni stella ha cinque punte iscritte nella circonferenza di un cerchio invisibile, il cui raggio è pari a 1/18 dell'altezza del ghindante. Tutte le stelle sono disposte verticalmente, cioè con una punta rivolta verso l'alto e due punte appoggiate direttamente su una linea retta immaginaria perpendicolare all'asta. Nel cerchio, le stelle sono nella posizione delle ore sul quadrante di un orologio. Il numero delle stelle è invariabile.
COLORI REGOLAMENTARI
I colori dell'emblema sono:
—
PANTONE REFLEX BLUE per l'area del rettangolo,
—
PANTONE YELLOW per le stelle.
RIPRODUZIONE IN QUADRICROMIA
In caso di stampa in quadricromia i due colori standard vanno riprodotti utilizzando i quattro colori della quadricromia.
PANTONE YELLOW si ottiene con il 100 % del «Process Yellow».
PANTONE REFLEX BLUE si ottiene mescolando il 100 % del «Process Cyan» con l'80 % del «Process Magenta».
INTERNET
Nella gamma web, il PANTONE REFLEX BLUE corrisponde al colore RGB: 0/51/153 (esadecimale: 003399) e il PANTONE YELLOW corrisponde al colore RGB: 255/204/0 (esadecimale: FFCC00).
RIPRODUZIONE MONOCROMA
Se si utilizza il nero, delimitare con un filetto di tale colore l'area del rettangolo e inserire le stelle nere in campo bianco.
Se si impiega il blu («Reflex Blue»), usarlo al 100 % e ricavare le stelle in negativo (bianche).
RIPRODUZIONE SU FONDO COLORATO
Nell'impossibilità di evitare uno sfondo colorato, incorniciare il rettangolo con un bordo bianco di spessore pari a 1/25 dell'altezza del rettangolo.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: FESR, FSE, Fondo di coesione, FEASR e FEAMP (2014-2020) — Relazioni su irregolarità, importi non recuperabili e misure di informazione e comunicazione
QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI?
Attraverso atti di esecuzione e atti delegati, essi definiscono le regole per l’applicazione e l’attuazione del regolamento (UE) n. 1303/2013, il regolamento sulle disposizioni comuni, relativo al funzionamento dei fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) per il periodo 2014-2020.
PUNTI CHIAVE
Regolamento di esecuzione (UE) n. 821/2014
Il regolamento stabilisce:modalità dettagliate e un modello per le relazioni sugli strumenti finanziari; caratteristiche tecniche per identificare visivamente il sostegno dei fondi SIE; specifiche per un sistema di registrazione e memorizzazione informatizzata dei dati relativi al progetto sostenuto a fini di monitoraggio, valutazione, gestione finanziaria, verifiche e audit.Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1974
Il regolamento stabilisce la frequenza e il formato della segnalazione di irregolarità* riguardanti i fondi SIE:gli Stati membri sono tenuti a trasmettere una relazione alla Commissione europea regolarmente e tempestivamente; la relazione deve essere trasmessa per via elettronica tramite il sistema di gestione delle irregolarità.Regolamento di delegato (UE) 2016/568
Il regolamento stabilisce le condizioni e le procedure per determinare se gli importi non recuperabili* debbano essere rimborsati dagli Stati membri compreso quanto segue:la trasmissione di informazioni; le condizioni per valutare colpe o negligenze di uno Stato membro; le procedure per stabilire se una somma non recuperabile debba essere rimborsata.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento di esecuzione (UE) n. 821/2014 si applica dal 18 agosto 2014. Il regolamento di esecuzione (UE) 2015/1974 si applica dall’11 novembre 2015. Il regolamento delegato (UE) 2016/568 si applica dal 3 maggio 2016.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:I Fondi strutturali e di investimento europei (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Irregolarità: atto non conforme alle norme dell’Unione avente un impatto potenzialmente pregiudizievole sugli interessi finanziari dell’Unione. Può essere il risultato di errori veri e propri commessi sia dai beneficiari che richiedono i fondi che dalle autorità responsabili dell’esecuzione dei pagamenti. Se commessa deliberatamente, l’irregolarità è classificata come frode.
Importi non recuperabili: un importo è considerato non recuperabile se le autorità nazionali hanno cercato di perseguire tutte le possibilità di recupero attraverso mezzi nazionali, istituzionali e legali.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento di esecuzione (UE) n. 821/2014 della Commissione, del 28 luglio 2014, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le modalità dettagliate per il trasferimento e la gestione dei contributi dei programmi, le relazioni sugli strumenti finanziari, le caratteristiche tecniche delle misure di informazione e di comunicazione per le operazioni e il sistema di registrazione e memorizzazione dei dati (GU L 223 del 29.7.2014, pag. 7).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 821/2014 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1974 della Commissione, dell’8 luglio 2015, che stabilisce la frequenza e il formato della segnalazione di irregolarità riguardanti il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, a norma del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 293 del 10.11.2015, pag. 20).
Regolamento delegato (UE) 2016/568 della Commissione, del 29 gennaio 2016, che integra il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo alle condizioni e procedure per determinare se gli importi non recuperabili debbano essere rimborsati dagli Stati membri per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo, il Fondo di coesione e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (GU L 97 del 13.4.2016, pag. 1).
DOCUMENTO CORRELATO
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 20.12.2013, pag. 320).
Si veda la versione consolidata. |
Cooperazione regionale transfrontaliera: ammissibilità al finanziamento
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Elenca le regioni e le aree ammissibili ai finanziamenti dell’UE dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per attuare iniziative transfrontaliere e transnazionali di cooperazione territoriale europea (ETC) per il periodo 2014-2020.
PUNTI CHIAVE
Le regioni e le aree interessate ricevono un finanziamento specifico per progetti che coinvolgono la cooperazione con le regioni di altri paesi dell’UE. Gli allegati elencano gruppi di regioni e aree per obiettivi ETC:Cooperazione transfrontaliera: programmi realizzati congiuntamente da regioni confinanti adiacenti o marittime da due o più paesi dell’UE. Sono inclusi programmi congiunti che coinvolgono le regioni limitrofe di paesi dell’UE e di paesi terzi, a condizione che le regioni non comunitarie non siano coperte da programmi nell’ambito degli strumenti finanziari esterni* dell’UE.Piccole regioni (NUTS 3*) che non fanno parte di un’area transfrontaliera e che sono coperti dagli strumenti finanziari esterni dell’UE.Cooperazione transnazionale: programmi che coinvolgono partner nazionali, regionali e locali su settori di cooperazione più ampi, come la regione del Mar Baltico.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE
È stata applicata dal18 giugno 2014.
CONTESTO
ETC (o Interreg) è un programma comunitario che incoraggia programmi, progetti e reti comuni tra regioni di diversi paesi dell’UE e tra regioni dei paesi dell’UE e delle regioni vicine non UE.L’ETC consente alle regioni e alle città di lavorare insieme su questioni pratiche, a condividere le conoscenze e imparare l’una dall’altra, per migliorare l’integrazione e la qualità della vita oltre i confini.Il FESR sostiene progetti di politica regionale finalizzati a correggere gli squilibri tra le regioni dell’UE e rafforzando così la coesione economica e sociale.
Per ulteriori informazioni, consultare:Cooperazione territoriale europea (ETC) (Commissione europea)Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) (Commissione europea)
TERMINI CHIAVE
Strumenti finanziari esterni: questi progetti di sostegno che promuovono gli interessi e valori europei nei paesi extra-UE, ad esempio «Sviluppo economico nelle regioni meno ricche»; «Pace, democrazia e diritti umani; Le riforme del settore pubblico nei paesi candidati dell’UE» ecc.
NUTS 3: la nomenclatura delle unità territoriali di statistica (NUTS) definisce le regioni NUTS 3 come quelle le cui unità amministrative hanno una popolazione media compresa tra 150 000 e 800 000.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione di esecuzione della Commissione 2014/388/UE, del 16 giugno 2014, che stabilisce l’elenco delle regioni e delle zone ammissibili a un finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale nel quadro delle componenti transfrontaliere e transnazionali dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea per il periodo 2014-2020 (GU L 183, 24.6.2014, pagg. 75-134)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347, 20.12.2013, pagg. 259-280)
Successive modifiche al regolamento (UE) n. 1299/2013 sono state incorporate nel testo originale. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario.
Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento per l’assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77, 15.3.2014, pagg. 11-26)
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77, 15.3.2014, pagg. 27-43)
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154, 21.6.2003, pagg. 1-41)
Si veda la versione consolidata. | DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE
del 16 giugno 2014
che stabilisce l'elenco delle regioni e delle zone ammissibili a un finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale nel quadro delle componenti transfrontaliere e transnazionali dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea per il periodo 2014-2020
[notificata con il numero C(2014) 3898]
(2014/388/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, e l'articolo 3, paragrafo 3, primo comma,
sentito il parere del comitato di coordinamento dei fondi europei strutturali e di investimento europei istituito dall'articolo 150, paragrafo 1, del regolamento (UE) n 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) sostiene l'obiettivo di cooperazione territoriale europea, a favore della cooperazione transfrontaliera, in alcune regioni corrispondenti al livello 3 della classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (di seguito «livello NUTS 3»), istituita dal regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), modificato dal regolamento (UE) n. 31/2011 della Commissione (4), nonché, a favore della cooperazione transnazionale, in tutte le regioni corrispondenti al livello 2 della stessa classificazione (di seguito «livello NUTS 2»). È pertanto necessario stabilire gli elenchi delle regioni ammissibili al finanziamento.
(2)
Conformemente all'articolo 3, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento (UE) n. 1299/2013, l'elenco delle regioni ammissibili nel quadro della cooperazione transfrontaliera specifica anche le regioni dell'Unione di livello NUTS 3 prese in considerazione per la dotazione del FESR a favore della cooperazione transfrontaliera a tutte le frontiere interne e alle frontiere esterne contemplate dagli strumenti finanziari esterni dell'Unione, come lo strumento europeo di vicinato (ENI) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6).
(3)
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, quinto comma, del regolamento (UE) n. 1299/2013, su richiesta dello Stato o degli Stati membri interessati, tale elenco può includere anche le regioni di livello NUTS 3 delle aree ultraperiferiche che si trovano lungo confini marittimi separati da una distanza superiore ai 150 km quali aree transfrontaliere.
(4)
A norma dell'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1299/2013, la decisione della Commissione che stabilisce gli elenchi delle zone transfrontaliere e transnazionali cita inoltre, a titolo informativo, le regioni dei paesi terzi o dei territori di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 4, di tale regolamento.
(5)
È pertanto necessario stabilire gli elenchi delle zone transfrontaliere e transnazionali ammissibili ai finanziamenti del FESR, ripartite per programma di cooperazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Le regioni e le zone ammissibili a un finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), nel quadro della componente transfrontaliera dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea, sono quelle elencate nell'allegato I.
Articolo 2
Le regioni dell'Unione di livello NUTS 3, prese in considerazione per la dotazione del FESR a favore della cooperazione transfrontaliera, ma non facenti parte delle zone transfrontaliere di cui all'allegato I, e contemplate dagli strumenti finanziari esterni dell'Unione, come lo strumento europeo di vicinato (ENI) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 232/2014 e lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 231/2014 sono quelle elencate nell'allegato II.
Articolo 3
Le regioni e le zone ammissibili ad un finanziamento del FESR, nel quadro della componente transnazionale dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea, sono quelle elencate nell'allegato III.
Articolo 4
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2014
Per la Commissione
Johannes HAHN
Membro della Commissione
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(3) Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1).
(4) Regolamento (UE) n. 31/2011 della Commissione, del 17 gennaio 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 13 del 18.1.2011, pag. 3).
(5) Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
(6) Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
ALLEGATO I
Elenco delle zone che ricevono il sostegno, ripartite per programma di cooperazione transfrontaliera
2014TC16RFCB001
BE-DE-NL
(Interreg V-A) Belgio-Germania-Paesi Bassi (Euregio Meuse-Rhin/Euregio Maas-Rijn/Euregio Maas-Rhein)
BE221
Arr. Hasselt
(1)
BE222
Arr. Maaseik
(1)
BE223
Arr. Tongeren
(1)
BE332
Arr. Liège
(1)
BE335
Arr. Verviers — communes francophones
(1)
BE336
Bezirk Verviers — Deutschsprachige Gemeinschaft
(1)
DEA26
Düren
(1)
DEA28
Euskirchen
(1)
DEA29
Heinsberg
(1)
DEA2D
Städteregion Aachen
(1)
DEB23
Eifelkreis Bitburg-Prüm
(1)
DEB24
Vulkaneifel
(1)
NL422
Midden-Limburg
(1)
NL423
Zuid-Limburg
(1)
2014TC16RFCB002
AT-CZ
(Interreg V-A) Austria-Repubblica ceca
AT121
Mostviertel-Eisenwurzen
AT123
Sankt Pölten
AT124
Waldviertel
(1)
AT125
Weinviertel
(1)
AT126
Wiener Umland/Nordteil
(1)
AT130
Wien
(1)
AT311
Innviertel
(1)
AT312
Linz-Wels
AT313
Mühlviertel
(1)
AT314
Steyr-Kirchdorf
CZ031
Jihočeský kraj
(1)
CZ063
Kraj Vysočina
(1)
CZ064
Jihomoravský kraj
(1)
2014TC16RFCB003
SK-AT
(Interreg V-A) Slovacchia-Austria
AT111
Mittelburgenland
(1)
AT112
Nordburgenland
(1)
AT121
Mostviertel-Eisenwurzen
AT122
Niederösterreich-Süd
AT123
Sankt Pölten
AT124
Waldviertel
(1)
AT125
Weinviertel
(1)
AT126
Wiener Umland/Nordteil
(1)
AT127
Wiener Umland/Südteil
(1)
AT130
Wien
(1)
SK010
Bratislavský kraj
(1)
SK021
Trnavský kraj
(1)
2014TC16RFCB004
AT-DE
(Interreg V-A) Austria–Germania/Baviera (Bayern–Österreich)
AT311
Innviertel
(1)
AT312
Linz-Wels
AT313
Mühlviertel
(1)
AT314
Steyr-Kirchdorf
AT315
Traunviertel
AT321
Lungau
AT322
Pinzgau-Pongau
(1)
AT323
Salzburg und Umgebung
(1)
AT331
Außerfern
(1)
AT332
Innsbruck
(1)
AT333
Osttirol
(1)
AT334
Tiroler Oberland
(1)
AT335
Tiroler Unterland
(1)
AT341
Bludenz-Bregenzer Wald
(1)
AT342
Rheintal-Bodenseegebiet
(1)
DE213
Rosenheim, Kreisfreie Stadt
(1)
DE214
Altötting
(1)
DE215
Berchtesgadener Land
(1)
DE216
Bad Tölz-Wolfratshausen
(1)
DE21D
Garmisch-Partenkirchen
(1)
DE21F
Miesbach
(1)
DE21G
Mühldorf a. Inn
DE21K
Rosenheim, Landkreis
(1)
DE21M
Traunstein
(1)
DE21N
Weilheim-Schongau
DE221
Landshut, Kreisfreie Stadt
DE222
Passau, Kreisfreie Stadt
(1)
DE224
Deggendorf
DE225
Freyung-Grafenau
(1)
DE227
Landshut, Landkreis
DE228
Passau, Landkreis
(1)
DE229
Regen
(1)
DE22A
Rottal-Inn
(1)
DE22C
Dingolfing-Landau
DE272
Kaufbeuren, Kreisfreie Stadt
(1)
DE273
Kempten (Allgäu), Kreisfreie Stadt
(1)
DE274
Memmingen, Kreisfreie Stadt
DE27A
Lindau (Bodensee)
(1)
DE27B
Ostallgäu
(1)
DE27C
Unterallgäu
DE27E
Oberallgäu
(1)
2014TC16RFCB005
ES-PT
(Interreg V-A) Spagna-Portogallo (POCTEP)
ES111
A Coruña
ES112
Lugo
ES113
Ourense
(1)
ES114
Pontevedra
(1)
ES411
Ávila
ES413
León
ES415
Salamanca
(1)
ES418
Valladolid
ES419
Zamora
(1)
ES431
Badajoz
(1)
ES432
Cáceres
(1)
ES612
Cádiz
(1)
ES613
Córdoba
ES615
Huelva
(1)
ES618
Sevilla
PT111
Minho-Lima
(1)
PT112
Cávado
(1)
PT113
Ave
PT114
Grande Porto
PT115
Tâmega
PT117
Douro
(1)
PT118
Alto Trás-os-Montes
(1)
PT150
Algarve
(1)
PT165
Dão-Lafões
PT166
Pinhal Interior Sul
PT167
Serra da Estrela
PT168
Beira Interior Norte
(1)
PT169
Beira Interior Sul
(1)
PT16A
Cova da Beira
PT181
Alentejo Litoral
PT182
Alto Alentejo
(1)
PT183
Alentejo Central
(1)
PT184
Baixo Alentejo
(1)
2014TC16RFCB006
ES-FR-AD
(Interreg V-A) Spagna-Francia-Andorra (POCTEFA)
ES211
Álava
ES212
Guipúzcoa
(1)
ES213
Vizcaya
ES220
Navarra
(1)
ES230
La Rioja
ES241
Huesca
(1)
ES243
Zaragoza
ES511
Barcelona
ES512
Girona
(1)
ES513
Lleida
(1)
ES514
Tarragona
FR615
Pyrénées-Atlantiques
(1)
FR621
Ariège
(1)
FR623
Haute-Garonne
(1)
FR626
Hautes-Pyrénées
(1)
FR815
Pyrénées orientales
(1)
AD000
Andorra
(2)
2014TC16RFCB007
ES-PT
(Interreg V-A) Spagna-Portogallo (Madeira-Açores-Canarias (MAC))
ES703
El Hierro
ES704
Fuerteventura
(1)
ES705
Gran Canaria
(1)
ES706
La Gomera
ES707
La Palma
ES708
Lanzarote
(1)
ES709
Tenerife
PT200
Região Autónoma dos Açores
PT300
Região Autónoma de Madeira
CP
Cabo Verde
(2)
MR
Mauritania
(2)
SN
Senegal
(2)
2014TC16RFCB008
HU-HR
(Interreg V-A) Ungheria-Croazia
HR044
Varaždinska županija
(1)
HR045
Koprivničko-križevačka županija
(1)
HR046
Međimurska županija
(1)
HR047
Bjelovarsko-bilogorska županija
HR048
Virovitičko-podravska županija
(1)
HR049
Požeško-slavonska županija
HR04B
Osječko-baranjska županija
(1)
HR04C
Vukovarsko-srijemska županija
(1)
HU223
Zala
(1)
HU231
Baranya
(1)
HU232
Somogy
(1)
2014TC16RFCB009
DE-CZ
(Interreg V-A) Germania/Baviera-Repubblica ceca
CZ031
Jihočeský kraj
(1)
CZ032
Plzeňský kraj
(1)
CZ041
Karlovarský kraj
(1)
DE222
Passau, Kreisfreie Stadt
(1)
DE223
Straubing, Kreisfreie Stadt
DE224
Deggendorf
DE225
Freyung-Grafenau
(1)
DE228
Passau, Landkreis
(1)
DE229
Regen
(1)
DE22B
Straubing-Bogen
DE231
Amberg, Kreisfreie Stadt
DE232
Regensburg, Kreisfreie Stadt
DE233
Weiden i. d. Opf, Kreisfreie Stadt
(1)
DE234
Amberg-Sulzbach
DE235
Cham
(1)
DE237
Neustadt a. d. Waldnaab
(1)
DE238
Regensburg, Landkreis
DE239
Schwandorf
(1)
DE23A
Tirschenreuth
(1)
DE242
Bayreuth, Kreisfreie Stadt
DE244
Hof, Kreisfreie Stadt
(1)
DE246
Bayreuth, Landkreis
DE249
Hof, Landkreis
(1)
DE24A
Kronach
DE24B
Kulmbach
DE24D
Wunsiedel i. Fichtelgebirge
(1)
2014TC16RFCB010
AT-HU
(Interreg V-A) Austria-Ungheria
AT111
Mittelburgenland
(1)
AT112
Nordburgenland
(1)
AT113
Südburgenland
(1)
AT122
Niederösterreich-Süd
AT127
Wiener Umland/Südteil
(1)
AT130
Wien
(1)
AT221
Graz
AT224
Oststeiermark
(1)
HU221
Győr-Moson-Sopron
(1)
HU222
Vas
(1)
HU223
Zala
(1)
2014TC16RFCB011
DE-PL
(Interreg V-A) Germania/Brandeburgo-Polonia
DE402
Cottbus, Kreisfreie Stadt
(1)
DE403
Frankfurt (Oder), Kreisfreie Stadt
(1)
DE409
Märkisch-Oderland
(1)
DE40C
Oder-Spree
(1)
DE40G
Spree-Neiße
(1)
PL431
Gorzowski
(1)
PL432
Zielonogórski
(1)
2014TC16RFCB012
PL-SK
(Interreg V-A) Polonia-Slovacchia
PL214
Krakowski
PL215
Nowosądecki
(1)
PL216
Oświęcimski
(1)
PL225
Bielski
(1)
PL22C
Tyski
PL323
Krośnieński
(1)
PL324
Przemyski
(1)
PL325
Rzeszowski
SK031
Žilinský kraj
(1)
SK041
Prešovský kraj
(1)
SK042
Košický kraj
(1)
2014TC16RFCB013
PL-DK-DE-LT-SE
(Interreg V-A) Polonia-Danimarca-Germania-Lituania-Svezia (SOUTH BALTIC)
DE801
Greifswald, Kreisfreie Stadt
(1)
DE803
Rostock, Kreisfreie Stadt
(1)
DE805
Stralsund, Kreisfreie Stadt
(1)
DE806
Wismar, Kreisfreie Stadt
(1)
DE807
Bad Doberan
(1)
DE80D
Nordvorpommern
(1)
DE80E
Nordwestmecklenburg
(1)
DE80F
Ostvorpommern
(1)
DE80H
Rügen
(1)
DE80I
Uecker-Randow
(1)
DE809
Güstrow
DE808
Demmin
DK014
Bornholm
(1)
DK021
Østsjælland
(1)
DK022
Vest- og Sydsjælland
(1)
LT003
Klaipėdos apskritis
(1)
LT007
Tauragės apskritis
(1)
LT008
Telšių apskritis
(1)
PL422
Koszaliński
(1)
PL423
Stargardzki
(1)
PL424
Miasto Szczecin
(1)
PL425
Szczeciński
(1)
PL621
Elbląski
(1)
PL631
Słupski
(1)
PL633
Trójmiejski
(1)
PL634
Gdański
(1)
PL635
Starogardzki
SE212
Kronobergs län
SE213
Kalmar län
(1)
SE221
Blekinge län
(1)
SE224
Skåne län
(1)
2014TC16RFCB014
FI-EE-LV-SE
(Interreg V-A) Finlandia-Estonia-Lettonia-Svezia (Central Baltic)
EE001
Põhja-Eesti
(1)
EE004
Lääne-Eesti
(1)
EE006
Kesk-Eesti
(1)
EE007
Kirde-Eesti
(1)
EE008
Lõuna-Eesti
(1)
FI1B1
Helsinki-Uusimaa
(1)
FI1C1
Varsinais-Suomi
(1)
FI1C2
Kanta-Häme
FI1C3
Päijät-Häme
FI1C4
Kymenlaakso
(1)
FI1C5
Etelä-Karjala
(1)
FI196
Satakunta
(1)
FI197
Pirkanmaa
FI200
Åland
(1)
LV003
Kurzeme
(1)
LV006
Rīga
(1)
LV007
Pierīga
(1)
LV008
Vidzeme
(1)
LV009
Zemgale
(1)
SE110
Stockholms län
(1)
SE121
Uppsala län
(1)
SE122
Södermanlands län
(1)
SE123
Östergötlands län
(1)
SE124
Örebro län
SE125
Västmanlands län
SE214
Gotlands län
(1)
SE313
Gävleborgs län
(1)
2014TC16RFCB015
SK-HU
(Interreg V-A) Slovacchia-Ungheria
HU101
Budapest
(1)
HU102
Pest
(1)
HU212
Komárom-Esztergom
(1)
HU221
Győr-Moson-Sopron
(1)
HU311
Borsod-Abaúj-Zemplén
(1)
HU312
Heves
(1)
HU313
Nógrád
(1)
HU323
Szabolcs-Szatmár-Bereg
(1)
SK010
Bratislavský kraj
(1)
SK021
Trnavský kraj
(1)
SK023
Nitriansky kraj
(1)
SK032
Banskobystrický kraj
(1)
SK042
Košický kraj
(1)
2014TC16RFCB016
SE-NO
(Interreg V-A) Svezia-Norvegia
SE311
Värmlands län
(1)
SE312
Dalarnas län
(1)
SE321
Västernorrlands län
(1)
SE322
Jämtlands län
(1)
SE232
Västra Götaland
(1)
NO012
Akershus
(2)
NO021
Hedmark
(2)
NO031
Østfold
(2)
NO061
Sør-Trøndelag
(2)
NO062
Nord-Trøndelag
(2)
2014TC16RFCB017
DE-CZ
(Interreg V-A) Germania/Sassonia-Repubblica ceca
CZ041
Karlovarský kraj
(1)
CZ042
Ústecký kraj
(1)
CZ051
Liberecký kraj
(1)
DED21
Dresden, Kreisfreie Stadt
DED2C
Bautzen
(1)
DED2D
Görlitz
(1)
DED2F
Sächsische Schweiz-Osterzgebirge
(1)
DED41
Chemnitz, Kreisfreie Stadt
DED42
Erzgebirgskreis
(1)
DED43
Mittelsachsen
(1)
DED44
Vogtlandkreis
(1)
DED45
Zwickau
DEG0K
Saale-Orla-Kreis
DEG0L
Greiz
2014TC16RFCB018
PL-DE
(Interreg V-A) Polonia-Germania/Sassonia
DED2C
Bautzen
(1)
DED2D
Görlitz
(1)
PL432
Zielonogórski
(1)
PL515
Jeleniogórski
(1)
2014TC16RFCB019
DE-PL
(Interreg V-A) Germania/Meclemburgo-Pomerania Occidentale/Brandeburgo-Polonia
DE405
Barnim
(1)
DE409
Märkisch-Oderland
(1)
DE40I
Uckermark
(1)
DE801
Greifswald, Kreisfreie Stadt
(1)
DE802
Neubrandenburg, Kreisfreie Stadt
DE805
Stralsund, Kreisfreie Stadt
(1)
DE808
Demmin
DE80B
Mecklenburg-Strelitz
DE80C
Müritz
DE80D
Nordvorpommern
(1)
DE80F
Ostvorpommern
(1)
DE80H
Rügen
(1)
DE80I
Uecker-Randow
(1)
PL422
Koszaliński
(1)
PL423
Stargardzki
(1)
PL424
Miasto Szczecin
(1)
PL425
Szczeciński
(1)
2014TC16RFCB020
EL-IT
(Interreg V-A) Grecia-Italia
EL211
Άρτα (Arta)
EL212
Θεσπρωτία (Thesprotia)
(1)
EL213
Ιωάννινα (Ioannina)
(1)
EL214
Πρέβεζα (Preveza)
(1)
EL221
Ζάκυνθος (Zakynthos)
(1)
EL222
Κέρκυρα (Kerkyra)
(1)
EL223
Κεφαλληνία (Kefallinia)
(1)
EL224
Λευκάδα (Lefkada)
(1)
EL231
Αιτωλοακαρνανία (Aitoloakarnania)
(1)
EL232
Αχαΐα (Achaia)
(1)
EL233
Ηλεία (Ileia)
ITF43
Taranto
ITF44
Brindisi
(1)
ITF45
Lecce
(1)
ITF46
Foggia
(1)
ITF47
Bari
(1)
ITF48
Barletta-Andria-Trani
(1)
2014TC16RFCB021
RO-BG
(Interreg V-A) Romania-Bulgaria
BG311
Видин (Vidin)
(1)
BG312
Монтана (Montana)
(1)
BG313
Враца (Vratsa)
(1)
BG314
Плевен (Pleven)
(1)
BG321
Велико Търново (Veliko Tarnovo)
(1)
BG323
Русе (Ruse)
(1)
BG325
Силистра (Silistra)
(1)
BG332
Добрич (Dobrich)
(1)
RO223
Constanţa
(1)
RO312
Călăraşi
(1)
RO314
Giurgiu
(1)
RO317
Teleorman
(1)
RO411
Dolj
(1)
RO413
Mehedinţi
(1)
RO414
Olt
(1)
2014TC16RFCB022
EL-BG
(Interreg V-A) Grecia-Bulgaria
BG413
Благоевград (Blagoevgrad)
(1)
BG422
Хасково (Haskovo)
(1)
BG424
Смолян (Smolyan)
(1)
BG425
Кърджали (Kardzhali)
(1)
EL111
Έβρος (Evros)
(1)
EL112
Ξάνθη (Xanthi)
(1)
EL113
Ροδόπη (Rodopi)
(1)
EL114
Δράμα (Drama)
(1)
EL115
Καβάλα (Kavala)
(1)
EL122
Θεσσαλονίκη (Thessaloniki)
(1)
EL126
Σέρρες (Serres)
(1)
2014TC16RFCB023
DE-NL
(Interreg V-A) Germania-Paesi Bassi
DE941
Stadt Delmenhorst
DE942
Emden, Kreisfreie Stadt
(1)
DE943
Stadt Oldenburg
DE944
Osnabrück, Kreisfreie Stadt
DE945
Stadt Wilhelmshaven
DE946
Ammerland
DE947
Aurich
(1)
DE948
Cloppenburg
DE949
Emsland
(1)
DE94A
Friesland (D)
DE94B
Grafschaft Bentheim
(1)
DE94C
Leer
(1)
DE94D
Landkreis Oldenburg
DE94E
Osnabrück, Landkreis
DE94F
Landkreis Vechta
DE94G
Landkreis Wesermarsch
DE94H
Wittmund
DEA11
Stadt Düsseldorf
DEA12
Duisburg, Kreisfreie Stadt
DEA14
Krefeld, Kreisfreie Stadt
(1)
DEA15
Mönchengladbach, Kreisfreie Stadt
(1)
DEA1B
Kleve
(1)
DEA1D
Rhein-Kreis Neuss
DEA1E
Viersen
(1)
DEA1F
Wesel
(1)
DEA33
Münster, Kreisfreie Stadt
DEA34
Borken
(1)
DEA35
Coesfeld
DEA37
Steinfurt
(1)
DEA38
Warendorf
NL111
Oost-Groningen
(1)
NL112
Delfzijl en omgeving
(1)
NL113
Overig Groningen
(1)
NL121
Noord-Friesland
(1)
NL122
Zuidwest-Friesland
NL123
Zuidoost-Friesland
NL131
Noord-Drenthe
NL132
Zuidoost-Drenthe
(1)
NL133
Zuidwest-Drenthe
NL211
Noord-Overijssel
(1)
NL212
Zuidwest-Overijssel
NL213
Twente
(1)
NL221
Veluwe
NL224
Zuidwest-Gelderland
NL225
Achterhoek
(1)
NL226
Arnhem/Nijmegen
(1)
NL230
Flevoland
NL413
Noordoost-Noord-Brabant
(1)
NL414
Zuidoost Noord-Brabant
(1)
NL421
Noord-Limburg
(1)
NL422
Midden-Limburg
(1)
2014TC16RFCB024
DE-AT-CH-LI
(Interreg V-A) Germania-Austria-Svizzera-Liechtenstein (Alpenrhein-Bodensee-Hochrhein)
AT341
Bludenz-Bregenzer Wald
(1)
AT342
Rheintal-Bodenseegebiet
(1)
DE136
Schwarzwald-Baar-Kreis
(1)
DE137
Tuttlingen
DE138
Konstanz
(1)
DE139
Lörrach
(1)
DE13A
Waldshut
(1)
DE147
Bodenseekreis
(1)
DE148
Ravensburg
DE149
Sigmaringen
DE272
Kaufbeuren, Kreisfreie Stadt
(1)
DE273
Kempten (Allgäu), Kreisfreie Stadt
(1)
DE274
Memmingen, Kreisfreie Stadt
DE27A
Lindau (Bodensee)
(1)
DE27B
Landkreis Ostallgäu
(1)
DE27C
Unterallgäu
DE27E
Oberallgäu
(1)
CH033
Aargau
(2)
CH040
Zürich
(2)
CH051
Glarus
(2)
CH052
Schaffhausen
(2)
CH053
Appenzell Ausserrhoden
(2)
CH054
Appenzell Innerrhoden
(2)
CH055
St. Gallen
(2)
CH056
Graubünden
(2)
CH057
Thurgau
(2)
LI000
Liechtenstein
(2)
2014TC16RFCB025
CZ-PL
(Interreg V-A) Repubblica ceca-Polonia
CZ051
Liberecký kraj
(1)
CZ052
Královéhradecký kraj
(1)
CZ053
Pardubický kraj
(1)
CZ071
Olomoucký kraj
(1)
CZ080
Moravskoslezský kraj
(1)
PL225
Bielski
(1)
PL227
Rybnicki
(1)
PL515
Jeleniogórski
(1)
PL517
Wałbrzyski
(1)
PL521
Nyski
(1)
PL522
Opolski
(1)
PL22C
Tyski
PL518
Wrocławski
2014TC16RFCB026
SE-DK-NO
(Interreg V-A) Svezia-Danimarca-Norvegia (Öresund-Kattegat-Skagerrak)
DK011
Byen København
(1)
DK012
Københavns omegn
(1)
DK013
Nordsjælland
(1)
DK014
Bornholm
(1)
DK021
Østsjælland
(1)
DK022
Vest- og Sydsjælland
(1)
DK041
Vestjylland
(1)
DK042
Østjylland
(1)
DK050
Nordjylland
(1)
SE224
Skåne län
(1)
SE231
Hallands län
(1)
SE232
Västra Götalands län
(1)
NO011
Oslo
(2)
NO012
Akershus
(2)
NO031
Østfold
(2)
NO032
Buskerud
(2)
NO034
Telemark
(2)
NO033
Vestfold
(2)
NO041
Aust-Agder
(2)
NO042
Vest-Agder
(2)
2014TC16RFCB027
LV-LT
(Interreg V-A) Lettonia-Lituania
LT002
Kauno apskritis
LT003
Klaipėdos apskritis
(1)
LT005
Panevėžio apskritis
(1)
LT006
Šiaulių apskritis
(1)
LT008
Telšių apskritis
(1)
LT009
Utenos apskritis
(1)
LV003
Kurzeme
(1)
LV005
Latgale
(1)
LV009
Zemgale
(1)
2014TC16RFCB028
SE-FI-NO
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Botnia-Atlantica)
FI195
Pohjanmaa
(1)
FI1D5
Keski-Pohjanmaa
(1)
FI194
Etelä-Pohjanmaa
SE313
Gävleborgs län
(1)
SE321
Västernorrlands län
(1)
SE331
Västerbottens län
(1)
NO071
Nordland
(2)
2014TC16RFCB029
SI-HR
(Interreg V-A) Slovenia-Croazia
HR031
Primorsko-goranska županija
(1)
HR036
Istarska županija
(1)
HR041
Grad Zagreb
HR042
Zagrebačka županija
(1)
HR043
Krapinsko-zagorska županija
(1)
HR044
Varaždinska županija
(1)
HR046
Međimurska županija
(1)
HR04D
Karlovačka županija
(1)
SI011
Pomurska
(1)
SI012
Podravska
(1)
SI014
Savinjska
(1)
SI015
Zasavska
SI016
Spodnjeposavska
(1)
SI017
Jugovzhodna Slovenija
(1)
SI018
Notranjsko-kraška
(1)
SI021
Osrednjeslovenska
SI024
Obalno-kraška
(1)
2014TC16RFCB030
SK-CZ
(Interreg V-A) Slovacchia-Repubblica ceca
CZ064
Jihomoravský kraj
(1)
CZ072
Zlínský kraj
(1)
CZ080
Moravskoslezský kraj
(1)
SK021
Trnavský kraj
(1)
SK022
Trenčiansky kraj
(1)
SK031
Žilinský kraj
(1)
2014TC16RFCB031
LT-PL
(Interreg V-A) Lituania-Polonia
LT001
Alytaus apskritis
(1)
LT002
Kauno apskritis
LT004
Marijampolės apskritis
(1)
LT007
Tauragės apskritis
(1)
LT00A
Vilniaus apskritis
(1)
PL343
Białostocki
(1)
PL345
Suwalski
(1)
PL623
Ełcki
(1)
2014TC16RFCB032
SE-FI-NO
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Nord)
FI1D5
Keski-Pohjanmaa
(1)
FI1D6
Pohjois-Pohjanmaa
(1)
FI1D7
Lappi
(1)
SE312
Dalarnas län
(1)
SE321
Västernorrlands län
(1)
SE322
Jämtlands län
(1)
SE331
Västerbottens län
(1)
SE332
Norrbottens län
(1)
NO021
Hedmark
(2)
NO061
Sør-Trøndelag
(2)
NO062
Nord-Trøndelag
(2)
NO071
Nordland
(2)
NO072
Troms
(2)
NO073
Finnmark
(2)
2014TC16RFCB033
IT-FR
(Interreg V-A) Italia-Francia (Maritime)
FR823
Alpes-Maritimes
(1)
FR825
Var
FR831
Corse-du-Sud
(1)
FR832
Haute-Corse
(1)
ITC31
Imperia
(1)
ITC32
Savona
(1)
ITC33
Genova
(1)
ITC34
La Spezia
(1)
ITG25
Sassari
(1)
ITG26
Nuoro
(1)
ITG27
Cagliari
(1)
ITG28
Oristano
(1)
ITG29
Olbia-Tempio
(1)
ITG2A
Ogliastra
(1)
ITG2B
Medio Campidano
(1)
ITG2C
Carbonia-Iglesias
(1)
ITI11
Massa-Carrara
(1)
ITI12
Lucca
(1)
ITI16
Livorno
(1)
ITI17
Pisa
(1)
ITI1A
Grosseto
(1)
2014TC16RFCB034
FR-IT
(Interreg V-A) Francia-Italia (ALCOTRA)
FR717
Savoie
(1)
FR718
Haute-Savoie
(1)
FR821
Alpes-de-Haute-Provence
(1)
FR822
Hautes-Alpes
(1)
FR823
Alpes-Maritimes
(1)
ITC11
Torino
(1)
ITC16
Cuneo
(1)
ITC20
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
(1)
ITC31
Imperia
(1)
2014TC16RFCB035
IT-CH
(Interreg V-A) Italia-Svizzera
ITC12
Vercelli
(1)
ITC13
Biella
(1)
ITC14
Verbano-Cusio-Ossola
(1)
ITC15
Novara
(1)
ITC20
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
(1)
ITC41
Varese
(1)
ITC42
Como
(1)
ITC43
Lecco
(1)
ITC44
Sondrio
(1)
ITH10
Bolzano-Bozen
(1)
CH012
Valais
(2)
CH056
Graubünden
(2)
CH070
Ticino
(2)
2014TC16RFCB036
IT-SI
(Interreg V-A) Italia-Slovenia
ITH35
Venezia
(1)
ITH41
Pordenone
ITH42
Udine
(1)
ITH43
Gorizia
(1)
ITH44
Trieste
(1)
SI018
Notranjsko-kraška
(1)
SI021
Osrednjeslovenska
SI022
Gorenjska
(1)
SI023
Goriška
(1)
SI024
Obalno-kraška
(1)
2014TC16RFCB037
IT-MT
(Interreg V-A) Italia-Malta
ITG11
Trapani
(1)
ITG12
Palermo
ITG13
Messina
ITG14
Agrigento
(1)
ITG15
Caltanissetta
(1)
ITG16
Enna
ITG17
Catania
ITG18
Ragusa
(1)
ITG19
Siracusa
(1)
MT001
Malta
(1)
MT002
Gozo and Comino/Għawdex u Kemmuna
(1)
2014TC16RFCB038
FR-BE-NL-UK
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Paesi Bassi-Regno Unito (Les Deux Mers/Two seas/Twee Zeeën)
BE211
Arr. Antwerpen
(1)
BE212
Arr. Mechelen
BE213
Arr. Turnhout
(1)
BE231
Arr. Aalst
BE232
Arr. Dendermonde
BE233
Arr. Eeklo
(1)
BE234
Arr. Gent
(1)
BE235
Arr. Oudenaarde
BE236
Arr. Sint-Niklaas
(1)
BE251
Arr. Brugge
(1)
BE252
Arr. Diksmuide
BE253
Arr. Ieper
(1)
BE254
Arr. Kortrijk
(1)
BE255
Arr. Oostende
(1)
BE256
Arr. Roeselare
BE257
Arr. Tielt
BE258
Arr. Veurne
(1)
FR221
Aisne
(1)
FR223
Somme
(1)
FR301
Nord
(1)
FR302
Pas-de-Calais
(1)
NL321
Kop van Noord-Holland
NL322
Alkmaar en omgeving
NL323
IJmond
NL324
Agglomeratie Haarlem
NL332
Agglomeratie's-Gravenhage
NL333
Delft en Westland
(1)
NL337
Agglomeratie Leiden en Bollenstreek
NL339
Groot-Rijnmond
(1)
NL33A
Zuidoost-Zuid-Holland
NL341
Zeeuwsch-Vlaanderen
(1)
NL342
Overig Zeeland
(1)
NL411
West-Noord-Brabant
(1)
UKH11
Peterborough
UKH12
Cambridgeshire CC
UKH13
Norfolk
(1)
UKH14
Suffolk
(1)
UKH31
Southend-on-Sea
(1)
UKH32
Thurrock
(1)
UKH33
Essex CC
(1)
UKJ21
Brighton and Hove
(1)
UKJ22
East Sussex CC
(1)
UKJ23
Surrey
UKJ24
West Sussex
(1)
UKJ31
Portsmouth
(1)
UKJ32
Southampton
(1)
UKJ33
Hampshire CC
(1)
UKJ34
Isle of Wight
(1)
UKJ41
Medway
(1)
UKJ42
Kent CC
(1)
UKK14
Swindon
UKK15
Wiltshire CC
UKK21
Bournemouth and Poole
(1)
UKK22
Dorset CC
(1)
UKK23
Somerset
UKK30
Cornwall and Isles of Scilly
(1)
UKK41
Plymouth
(1)
UKK42
Torbay
(1)
UKK43
Devon CC
(1)
2014TC16RFCB039
FR-DE-CH
(Interreg V-A) Francia-Germania-Svizzera (Rhin supérieur-Oberrhein)
DEB3K
Südwestpfalz
(1)
DE121
Baden-Baden, Stadtkreis
(1)
DE122
Karlsruhe, Stadtkreis
(1)
DE123
Karlsruhe, Landkreis
(1)
DE124
Rastatt
(1)
DE131
Freiburg im Breisgau, Stadtkreis
(1)
DE132
Breisgau-Hochschwarzwald
(1)
DE133
Emmendingen
(1)
DE134
Ortenaukreis
(1)
DE139
Lörrach
(1)
DE13A
Waldshut
(1)
DEB33
Landau in der Pfalz, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB3E
Germersheim
(1)
DEB3H
Südliche Weinstraße
(1)
FR421
Bas-Rhin
(1)
FR422
Haut-Rhin
(1)
CH023
Solothurn
(2)
CH025
Jura
(2)
CH031
Basel-Stadt
(2)
CH032
Basel-Landschaft
(2)
CH033
Aargau
(2)
2014TC16RFCB040
FR-UK
(Interreg V-A) Francia-Regno Unito (Manche-Channel)
FR222
Oise
FR223
Somme
(1)
FR231
Eure
FR232
Seine-Maritime
(1)
FR251
Calvados
(1)
FR252
Manche
(1)
FR253
Orne
FR302
Pas-de-Calais
(1)
FR521
Côtes-d'Armor
(1)
FR522
Finistère
(1)
FR523
Ille-et-Vilaine
(1)
FR524
Morbihan
UKH11
Peterborough
UKH12
Cambridgeshire CC
UKH13
Norfolk
(1)
UKH14
Suffolk
(1)
UKH31
Southend-on-Sea
(1)
UKH32
Thurrock
(1)
UKH33
Essex CC
(1)
UKJ21
Brighton and Hove
(1)
UKJ22
East Sussex CC
(1)
UKJ23
Surrey
UKJ24
West Sussex
(1)
UKJ31
Portsmouth
(1)
UKJ32
Southampton
(1)
UKJ33
Hampshire CC
(1)
UKJ34
Isle of Wight
(1)
UKJ41
Medway
(1)
UKJ42
Kent CC
(1)
UKK14
Swindon
UKK15
Wiltshire CC
UKK21
Bournemouth and Poole
(1)
UKK22
Dorset CC
(1)
UKK23
Somerset
UKK30
Cornwall and Isles of Scilly
(1)
UKK41
Plymouth
(1)
UKK42
Torbay
(1)
UKK43
Devon CC
(1)
2014TC16RFCB041
FR-CH
(Interreg V-A) Francia-Svizzera
FR431
Doubs
(1)
FR432
Jura
(1)
FR434
Territoire de Belfort
(1)
FR711
Ain
(1)
FR718
Haute-Savoie
(1)
CH011
Vaud
(2)
CH012
Valais
(2)
CH013
Genève
(2)
CH021
Bern
(2)
CH024
Neuchâtel
(2)
CH025
Jura
(2)
CH022
Freiburg
(2)
2014TC16RFCB042
IT-HR
(Interreg V-A) Italia-Croazia
HR031
Primorsko-goranska županija
(1)
HR032
Ličko-senjska županija
(1)
HR033
Zadarska županija
(1)
HR034
Šibensko-kninska županija
(1)
HR035
Splitsko-dalmatinska županija
(1)
HR036
Istarska županija
(1)
HR037
Dubrovačko-neretvanska županija
(1)
HR04D
Karlovačka županija
(1)
ITF12
Teramo
(1)
ITF13
Pescara
(1)
ITF14
Chieti
(1)
ITF22
Campobasso
(1)
ITF44
Brindisi
(1)
ITF45
Lecce
(1)
ITF46
Foggia
(1)
ITF47
Bari
(1)
ITF48
Barletta-Andria-Trani
(1)
ITH35
Venezia
(1)
ITH36
Padova
(1)
ITH37
Rovigo
(1)
ITH41
Pordenone
ITH42
Udine
(1)
ITH43
Gorizia
(1)
ITH44
Trieste
(1)
ITH56
Ferrara
(1)
ITH57
Ravenna
(1)
ITH58
Forlì-Cesena
(1)
ITH59
Rimini
(1)
ITI31
Pesaro e Urbino
(1)
ITI32
Ancona
(1)
ITI33
Macerata
(1)
ITI34
Ascoli Piceno
(1)
ITI35
Fermo
(1)
2014TC16RFCB043
FR
(Interreg V-A) Francia (Saint Martin-Sint Maarten)
FR910 (part)
Saint-Martin
(1)
SX
Sint Maarten
(2)
2014TC16RFCB044
BE-FR
(Interreg V-A) Belgio-Francia (France-Wallonie-Vlaanderen)
BE234
Arr. Gent
(1)
BE235
Arr. Oudenaarde
BE251
Arr. Brugge
(1)
BE252
Arr. Diksmuide
BE253
Arr. Ieper
(1)
BE254
Arr. Kortrijk
(1)
BE255
Arr. Oostende
(1)
BE256
Arr. Roeselare
BE257
Arr. Tielt
BE258
Arr. Veurne
(1)
BE321
Arr. Ath
(1)
BE322
Arr. Charleroi
BE323
Arr. Mons
(1)
BE324
Arr. Mouscron
(1)
BE325
Arr. Soignies
BE326
Arr. Thuin
(1)
BE327
Arr. Tournai
(1)
BE341
Arr. Arlon
(1)
BE342
Arr. Bastogne
(1)
BE343
Arr. Marche-en-Famenne
BE344
Arr. Neufchâteau
(1)
BE345
Arr. Virton
(1)
BE351
Arr. Dinant
(1)
BE352
Arr. Namur
BE353
Arr. Philippeville
(1)
FR211
Ardennes
(1)
FR213
Marne
FR221
Aisne
(1)
FR222
Oise
FR223
Somme
(1)
FR301
Nord
(1)
FR302
Pas-de-Calais
(1)
2014TC16RFCB045
FR-BE-DE-LUX
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Germania-Lussemburgo (Grande Région /Großregion)
BE331
Arr. Huy
BE332
Arr. Liège
(1)
BE334
Arr. Waremme
BE335
Arr. Verviers — communes francophones
(1)
BE336
Bezirk Verviers — Deutschsprachige Gemeinschaft
(1)
BE341
Arr. Arlon
(1)
BE342
Arr. Bastogne
(1)
BE343
Arr. Marche-en-Famenne
BE344
Arr. Neufchâteau
(1)
BE345
Arr. Virton
(1)
DEB21
Trier, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB23
Eifelkreis Bitburg-Prüm
(1)
DEB25
Trier-Saarburg
(1)
DEB37
Pirmasens, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB3A
Zweibrücken, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB3K
Südwestpfalz
(1)
DEC01
Regionalverband Saarbrücken
(1)
DEC02
Merzig-Wadern
(1)
DEC04
Saarlouis
(1)
DEC05
Saarpfalz-Kreis
(1)
DEB15
Birkenfeld
DEB22
Bernkastel-Wittlich
DEB24
Vulkaneifel
(1)
DEB31
Frankenthal (Pfalz), Kreisfreie Stadt
DEB32
Kaiserslautern, Kreisfreie Stadt
DEB33
Landau in der Pfalz, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB34
Ludwigshafen am Rhein, Kreisfreie Stadt
DEB35
Mainz, Kreisfreie Stadt
DEB36
Neustadt an der Weinstraße, Kreisfreie Stadt
DEB38
Speyer, Kreisfreie Stadt
DEB39
Worms, Kreisfreie Stadt
DEB3B
Alzey-Worms
DEB3C
Bad Dürkheim
DEB3D
Donnersbergkreis
DEB3E
Germersheim
(1)
DEB3F
Kaiserslautern, Landkreis
DEB3G
Kusel
DEB3H
Südliche Weinstraße
(1)
DEB3I
Rhein-Pfalz-Kreis
DEB3J
Mainz-Bingen
DEC03
Neunkirchen
DEC06
St. Wendel
FR411
Meurthe-et-Moselle
(1)
FR412
Meuse
(1)
FR413
Moselle
(1)
FR414
Vosges
LU000
Luxembourg
(1)
2014TC16RFCB046
BE-NL
(Interreg V-A) Belgio-Paesi Bassi (Vlaanderen-Nederland)
BE211
Arr. Antwerpen
(1)
BE212
Arr. Mechelen
BE213
Arr. Turnhout
(1)
BE221
Arr. Hasselt
(1)
BE222
Arr. Maaseik
(1)
BE223
Arr. Tongeren
(1)
BE231
Arr. Aalst
BE232
Arr. Dendermonde
BE233
Arr. Eeklo
(1)
BE234
Arr. Gent
(1)
BE235
Arr. Oudenaarde
BE236
Arr. Sint-Niklaas
(1)
BE242
Arr. Leuven
BE251
Arr. Brugge
(1)
BE252
Arr. Diksmuide
BE254
Arr. Kortrijk
(1)
BE255
Arr. Oostende
(1)
BE256
Arr. Roeselare
BE257
Arr. Tielt
NL341
Zeeuwsch-Vlaanderen
(1)
NL342
Overig Zeeland
(1)
NL411
West-Noord-Brabant
(1)
NL412
Midden-Noord-Brabant
(1)
NL413
Noordoost-Noord-Brabant
(1)
NL414
Zuidoost-Noord-Brabant
(1)
NL421
Noord-Limburg
(1)
NL422
Midden-Limburg
(1)
NL423
Zuid-Limburg
(1)
2014TC16RFCB047
UK-IE
(Interreg V-A) Regno Unito-Irlanda (Ireland-Northern Ireland-Scotland)
IE011
Border
(1)
UKM32
Dumfries & Galloway
(1)
UKM33
East Ayrshire and North Ayrshire mainland
(1)
UKM37
South Ayrshire
(1)
UKM63
Lochaber, Skye & Lochalsh, Arran & Cumbrae and Argyll & Bute
(1)
UKN03
East of Northern Ireland
(1)
UKN04
North of Northern Ireland
(1)
UKN05
West and South of Northern Ireland
(1)
UKM64
Eilean Siar (Western Isles)
UKN01
Belfast
UKN02
Outer Belfast
2014TC16RFCB048
UK-IE
(Interreg V-A) Regno Unito-Irlanda (Ireland-Wales)
IE021
Dublin
(1)
IE022
Mid-East
(1)
IE024
South-East (IE)
(1)
IE025
South-West (IE)
UKL11
Isle of Anglesey
(1)
UKL12
Gwynedd
(1)
UKL13
Conwy and Denbighshire
(1)
UKL14
South West Wales
(1)
UKL18
Swansea
UKL23
Flintshire and Wrexham
2014TC16RFCB049
HU-RO
(Interreg V-A) Ungheria-Romania
HU321
Hajdú-Bihar
(1)
HU323
Szabolcs-Szatmár-Bereg
(1)
HU332
Békés
(1)
HU333
Csongrád
(1)
RO111
Bihor
(1)
RO115
Satu Mare
(1)
RO421
Arad
(1)
RO424
Timiş
(1)
2014TC16RFCB050
EE-LV
(Interreg V-A) Estonia-Lettonia
EE004
Lääne-Eesti
(1)
EE008
Lõuna-Eesti
(1)
LV003
Kurzeme
(1)
LV006
Rīga
(1)
LV007
Pierīga
(1)
LV008
Vidzeme
(1)
2014TC16RFCB051
FR
(Interreg V-A) Francia (Mayotte/Comores/Madagascar)
YT
Mayotte
KM
Comoros
(2)
MG
Madagascar
(2)
2014TC16RFCB052
IT-AT
(Interreg V-A) Italia-Austria
AT211
Klagenfurt-Villach
(1)
AT212
Oberkärnten
(1)
AT213
Unterkärnten
(1)
AT321
Lungau
AT322
Pinzgau-Pongau
(1)
AT323
Salzburg und Umgebung
(1)
AT331
Außerfern
(1)
AT332
Innsbruck
(1)
AT333
Osttirol
(1)
AT334
Tiroler Oberland
(1)
AT335
Tiroler Unterland
(1)
ITH10
Bolzano-Bozen
(1)
ITH32
Vicenza
ITH33
Belluno
(1)
ITH34
Treviso
ITH41
Pordenone
ITH42
Udine
(1)
ITH43
Gorizia
(1)
ITH44
Trieste
(1)
2014TC16RFCB053
SI-HU
(Interreg V-A) Slovenia-Ungheria
HU222
Vas
(1)
HU223
Zala
(1)
SI011
Pomurska
(1)
SI012
Podravska
(1)
2014TC16RFCB054
SI-AT
(Interreg V-A) Slovenia-Austria
AT111
Mittelburgenland
(1)
AT113
Südburgenland
(1)
AT211
Klagenfurt-Villach
(1)
AT212
Oberkärnten
(1)
AT213
Unterkärnten
(1)
AT221
Graz
AT223
Östliche Obersteiermark
AT224
Oststeiermark
(1)
AT225
West- und Südsteiermark
(1)
AT226
Westliche Obersteiermark
SI011
Pomurska
(1)
SI012
Podravska
(1)
SI013
Koroška
(1)
SI014
Savinjska
(1)
SI015
Zasavska
SI021
Osrednjeslovenska
SI022
Gorenjska
(1)
SI023
Goriška
(1)
2014TC16RFCB055
EL-CY
(Interreg V-A) Grecia-Cipro
CY000
Κύπρος (Kýpros)
(1)
EL411
Λέσβος (Lesvos)
(1)
EL412
Σάμος (Samos)
(1)
EL413
Χίος (Chios)
(1)
EL421
Δωδεκάνησος (Dodekanisos)
(1)
EL422
Κυκλάδες (Kyklades)
(1)
EL431
Ηράκλειο (Irakleio)
(1)
EL432
Λασίθι (Lasithi)
(1)
EL433
Ρεθύμνη (Rethymni)
(1)
EL434
Χανιά (Chania)
(1)
2014TC16RFCB056
DE-DK
(Interreg V-A) Germania-Danimarca
DEF01
Flensburg, Kreisfreie Stadt
(1)
DEF02
Kiel, Kreisfreie Stadt
(1)
DEF03
Lübeck, Kreisfreie Stadt
(1)
DEF04
Neumünster, Kreisfreie Stadt
DEF07
Nordfriesland
(1)
DEF08
Ostholstein
(1)
DEF0A
Plön
(1)
DEF0B
Rendsburg-Eckernförde
(1)
DEF0C
Schleswig-Flensburg
(1)
DK021
Østsjælland
(1)
DK022
Vest- og Sydsjælland
(1)
DK031
Fyn
(1)
DK032
Sydjylland
(1)
2014TC16RFPC001
IE/UK
Irlanda-Regno Unito (PEACE)
IE011
Border
(1)
UKN03
East of Northern Ireland
(1)
UKN04
North of Northern Ireland
(1)
UKN05
West and South of Northern Ireland
(1)
UKN01
Belfast
UKN02
Outer Belfast
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Caraibi
FR
(Interreg V-A) Francia (Guadeloupe-Martinique-Organisation des Etats de la Caraïbe orientale)
FR910
Guadeloupe
(1)
FR920
Martinique
(1)
AG
Antigua and Barbuda
(2)
AI
Anguilla (Overseas country and territory)
(2)
DM
Dominica
(2)
GD
Grenada
(2)
MS
Montserrat (Overseas country and territory)
(2)
KN
Saint Kitts and Nevis
(2)
LC
Saint Lucia
(2)
VC
Saint Vincent and the Grenadines
(2)
VG
British Virgin Islands (Overseas country and territory)
(2)
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Oceano Indiano
FR
(Interreg V-A) Francia (Réunion-Pays de la Commission de l'Océan Indien)
FR940
Réunion
MU
Maurice
(2)
MG
Madagascar
(2)
KM
Comoros
(2)
SC
Seychelles
(2)
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Amazzonia
FR
(Interreg V-A) Francia/Guiana-Brasile-Suriname (Amazonie)
FR930
Guyane
(1)
BR
Stato di Amapa
(2)
SR
Suriname
(2)
(1) Regioni figuranti nell'elenco delle regioni cui sono destinate le dotazioni del FESR.
(2) Regioni di paesi terzi o di paesi e territori d'oltremare (PTOM).
ALLEGATO II
Regioni prese in considerazione per le dotazioni del FESR alla cooperazione transfrontaliera, ma non appartenenti alle zone contemplate da un programma transfrontaliero di cui all'allegato I
BG341
Бургас (Burgas)
BG343
Ямбол (Yambol)
BG412
София (Sofia)
BG414
Перник (Pernik)
BG415
Кюстендил (Kyustendil)
EL123
Κιλκίς (Kilkis)
EL124
Πέλλα (Pella)
EL127
Χαλκιδική (Chalkidiki)
EL132
Καστοριά (Kastoria)
EL134
Φλώρινα (Florina)
EL143
Μαγνησία (Magnisia)
EL242
Εύβοια (Evvoia)
ES611
Almería
ES614
Granada
ES617
Málaga
ES630
Ceuta
ES640
Melilla
HR04A
Brodsko-posavska županija
HR04E
Sisačko-moslavačka županija
HU331
Bács-Kiskun
PL122
Ostrołęcko-siedlecki
PL311
Bialski
PL312
Chełmsko-zamojski
PL344
Łomżyński
PL622
Olsztyński
RO114
Maramureş
RO212
Botoşani
RO213
Iaşi
RO215
Suceava
RO216
Vaslui
RO221
Brăila
RO224
Galaţi
RO225
Tulcea
RO422
Caraş-Severin
FI1D1
Etelä-Savo
FI1D3
Pohjois-Karjala
FI1D4
Kainuu
ALLEGATO III
Elenco delle zone che ricevono un sostegno, ripartite per programma di cooperazione transfrontaliera
(Interreg V-B) ADRIATICO-MAR IONIO
EL11
Aνατολική Μακεδονία, Θράκη (Anatoliki Makedonia, Thraki)
EL12
Κεντρική Μακεδονία (Kentriki Makedonia)
EL13
Δυτική Μακεδονία (Dytiki Makedonia)
EL14
Θεσσαλία (Thessalia)
EL21
Ήπειρος (Ipeiros)
EL22
Ιόνια Νησιά (Ionia Nisia)
EL23
Δυτική Ελλάδα (Dytiki Ellada)
EL24
Στερεά Ελλάδα (Sterea Ellada)
EL25
Πελοπόννησος (Peloponnisos)
EL30
Aττική (Attiki)
EL41
Βόρειο Αιγαίο (Voreio Aigaio)
EL42
Νότιο Αιγαίο (Notio Aigaio)
EL43
Κρήτη (Kriti)
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
ITC4
Lombardia
ITF1
Abruzzo
ITF2
Molise
ITF4
Puglia
ITF5
Basilicata
ITF6
Calabria
ITG1
Sicilia
ITH1
Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen
ITH2
Provincia Autonoma di Trento
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli-Venezia Giulia
ITH5
Emilia-Romagna
ITI2
Umbria
ITI3
Marche
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
AL
Albania
BA
Bosnia-Erzegovina
ME
Montenegro
RS
Serbia
(Interreg V-B) AREA ALPINA
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE21
Oberbayern
DE27
Schwaben
FR42
Alsace
FR43
Franche-Comté
FR71
Rhône-Alpes
FR82
Provence-Alpes-Côte d'Azur
ITC1
Piemonte
ITC2
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
ITC3
Liguria
ITC4
Lombardia
ITH1
Provincia autonoma di Bolzano/Bozen
ITH2
Provincia autonoma di Trento
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli Venezia Giulia
AT11
Burgenland
AT12
Niederösterreich
AT13
Wien
AT21
Kärnten
AT22
Steiermark
AT31
Oberösterreich
AT32
Salzburg
AT33
Tirol
AT34
Vorarlberg
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
CH
Svizzera
LI
Liechtenstein
(Interreg V-B) AREA ATLANTICA
ES11
Galicia
ES12
Principado de Asturias
ES13
Cantabria
ES21
País Vasco
ES22
Comunidad Foral de Navarra
ES612
Cádiz
ES615
Huelva
ES618
Sevilla
ES70
Canarias
FR23
Haute-Normandie
FR25
Basse-Normandie
FR51
Pays de la Loire
FR52
Bretagne
FR53
Poitou-Charentes
FR61
Aquitaine
IE01
Border, Midland and Western
IE02
Southern and Eastern
PT11
Norte
PT15
Algarve
PT16
Centro (PT)
PT17
Lisboa
PT18
Alentejo
PT20
Região Autónoma dos Açores
PT30
Região Autónoma da Madeira
UKD1
Cumbria
UKD3
Greater Manchester
UKD4
Lancashire
UKD6
Cheshire
UKD7
Merseyside
UKK1
Gloucestershire, Wiltshire and Bristol/Bath area
UKK2
Dorset and Somerset
UKK3
Cornwall and Isles of Scilly
UKK4
Devon
UKL1
West Wales and The Valleys
UKL2
East Wales
UKM3
South Western Scotland
UKM6
Highlands and Islands
UKN0
Northern Ireland
(Interreg V-B) MAR BALTICO
DK01
Hovedstaden
DK02
Sjælland
DK03
Syddanmark
DK04
Midtjylland
DK05
Nordjylland
DE30
Berlin
DE40
Brandenburg
DE50
Bremen
DE60
Hamburg
DE80
Mecklenburg-Vorpommern
DE93
Lüneburg
DEF0
Schleswig-Holstein
EE00
Eesti
LV00
Latvija
LT00
Lietuva
PL11
Łódzkie
PL12
Mazowieckie
PL21
Małopolskie
PL22
Śląskie
PL31
Lubelskie
PL32
Podkarpackie
PL33
Świętokrzyskie
PL34
Podlaskie
PL41
Wielkopolskie
PL42
Zachodniopomorskie
PL43
Lubuskie
PL51
Dolnośląskie
PL52
Opolskie
PL61
Kujawsko-Pomorskie
PL62
Warmińsko-Mazurskie
PL63
Pomorskie
FI19
Länsi-Suomi
FI1B
Helsinki-Uusimaa
FI1C
Etelä-Suomi
FI1D
Pohjois- ja Itä-Suomi
FI20
Åland
SE11
Stockholm
SE12
Östra Mellansverige
SE21
Småland med öarna
SE22
Sydsverige
SE23
Västsverige
SE31
Norra Mellansverige
SE32
Mellersta Norrland
SE33
Övre Norrland
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
BY
Bielorussia
NO
Norvegia
RU
Arkhangelskaya Oblast
RU
Kaliningradskaya Oblast
RU
Repubblica di Karelya
RU
Repubblica di Komi
RU
Leningradskaya Oblast
RU
Murmanskaya Oblast
RU
Nenetskiy Okrug
RU
Novgorodskaya Oblast
RU
Pskovskaya Oblast
RU
San Pietroburgo
RU
Vologda Oblast
(Interreg V-B) CARAIBI
FR91
Guadeloupe/Saint-Martin
FR92
Martinique
FR93
Guyane
I seguenti paesi e territori d'oltremare (PTOM) e paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
AG
Antigua e Barbuda
AI
Anguilla (PTOM)
BQ
Bonaire (PTOM)
BQ
Sint Eustatius (PTOM)
BQ
Saba (PTOM)
CW
Curaçao (PTOM)
SX
Sint Maarten (PTOM)
AW
Aruba (PTOM)
BB
Barbados
BM
Bermuda (PTOM)
BS
Bahamas
BZ
Belize
CO
Colombia
CR
Costa Rica
CU
Cuba
DM
Dominica
DO
Repubblica dominicana
GD
Grenada
GT
Guatemala
GY
Guyana
HN
Honduras
HT
Haiti
JM
Jamaica
KN
Saint Kitts e Nevis
KY
Isole Cayman (PTOM)
LC
Santa Lucia
MS
Montserrat (PTOM)
MX
Messico
NI
Nicaragua
PA
Panama
PR
Portorico
SR
Suriname
SV
El Salvador
TC
Isole Turks e Caicos (PTOM)
TT
Trinidad e Tobago
VC
Saint Vincent e Grenadine
VE
Venezuela
VG
Isole Vergini britanniche (PTOM)
BR
Brasile (unicamente gli Stati di Amapa, Para, Amazonas e Roraima)
(Interreg V-B) EUROPA CENTRALE
CZ01
Praha
CZ02
Střední Čechy
CZ03
Jihozápad
CZ04
Severozápad
CZ05
Severovýchod
CZ06
Jihovýchod
CZ07
Střední Morava
CZ08
Moravskoslezsko
DE11
Stuttgart
DE12
Karlsruhe
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE21
Oberbayern
DE22
Niederbayern
DE23
Oberpfalz
DE24
Oberfranken
DE25
Mittelfranken
DE26
Unterfranken
DE27
Schwaben
DE30
Berlin
DE40
Brandenburg
DE80
Mecklenburg-Vorpommern
DED2
Dresden
DED4
Chemnitz
DED5
Leipzig
DEE0
Sachsen-Anhalt
DEG0
Thüringen
ITC1
Piemonte
ITC2
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
ITC3
Liguria
ITC4
Lombardia
ITH1
Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen
ITH2
Provincia Autonoma di Trento
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli-Venezia Giulia
ITH5
Emilia-Romagna
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
HU10
Közép-Magyarország
HU21
Közép-Dunántúl
HU22
Nyugat-Dunántúl
HU23
Dél-Dunántúl
HU31
Észak-Magyarország
HU32
Észak-Alföld
HU33
Dél-Alföld
AT11
Burgenland (AT)
AT12
Niederösterreich
AT13
Wien
AT21
Kärnten
AT22
Steiermark
AT31
Oberösterreich
AT32
Salzburg
AT33
Tirol
AT34
Vorarlberg
PL11
Łódzkie
PL12
Mazowieckie
PL21
Małopolskie
PL22
Śląskie
PL31
Lubelskie
PL32
Podkarpackie
PL33
Świętokrzyskie
PL34
Podlaskie
PL41
Wielkopolskie
PL42
Zachodniopomorskie
PL43
Lubuskie
PL51
Dolnośląskie
PL52
Opolskie
PL61
Kujawsko-Pomorskie
PL62
Warmińsko-Mazurskie
PL63
Pomorskie
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
SK01
Bratislavský kraj
SK02
Západné Slovensko
SK03
Stredné Slovensko
SK04
Východné Slovensko
(Interreg V-B) DANUBIO
AT11
Burgenland (AT)
AT12
Niederösterreich
AT13
Wien
AT21
Kärnten
AT22
Steiermark
AT31
Oberösterreich
AT32
Salzburg
AT33
Tirol
AT34
Vorarlberg
BG31
Северозападен (Severozapaden)
BG32
Северен централен (Severen tsentralen)
BG33
Североизточен (Severoiztochen)
BG34
Югоизточен (Yugoiztochen)
BG41
Югозападен (Yugozapaden)
BG42
Южен централен (Yuzhen tsentralen)
CZ01
Praha
CZ02
Střední Čechy
CZ03
Jihozápad
CZ04
Severozápad
CZ05
Severovýchod
CZ06
Jihovýchod
CZ07
Střední Morava
CZ08
Moravskoslezsko
DE11
Stuttgart
DE12
Karlsruhe
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE21
Oberbayern
DE22
Niederbayern
DE23
Oberpfalz
DE24
Oberfranken
DE25
Mittelfranken
DE26
Unterfranken
DE27
Schwaben
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
HU10
Közép-Magyarország
HU21
Közép-Dunántúl
HU22
Nyugat-Dunántúl
HU23
Dél-Dunántúl
HU31
Észak-Magyarország
HU32
Észak-Alföld
HU33
Dél-Alföld
RO11
Nord-Vest
RO12
Centru
RO21
Nord-Est
RO22
Sud-Est
RO31
Sud-Muntenia
RO32
Bucureşti-Ilfov
RO41
Sud-Vest Oltenia
RO42
Vest
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
SK01
Bratislavský kraj
SK02
Západné Slovensko
SK03
Stredné Slovensko
SK04
Východné Slovensko
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
BA
Bosnia-Erzegovina
ME
Montenegro
RS
Serbia
MD
Moldova
UA
Chernivetska Oblast
UA
Ivano-Frankiviska Oblast
UA
Zakarpatska Oblast
UA
Odessa Oblast
(Interreg V-B) OCEANO INDIANO
FR94
Réunion
YT
Mayotte
I seguenti PTOM e paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
KM
Comore
MG
Madagascar
MU
Maurizio
SC
Seychelles
ZA
Sudafrica
TZ
Tanzania
MZ
Mozambico
KE
Kenya
IN
India
LK
Sri Lanka
MV
Maldive
TF
Terre australi e antartiche francesi (PTOM)
AU
Australia
(Nell'ambito del programma di cooperazione transfrontaliera 2014TC16RFCB007) MAC (Madeira-Azzorre-Canarie)
ES70
Canarias
PT20
Região Autónoma dos Açores
PT30
Região Autónoma de Madeira
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
CV
Cabo Verde
MR
Mauritania
SN
Senegal
(Interreg V-B) MEDITERRANEO
(1)
EL 11
Aνατολική Μακεδονία, Θράκη (Anatoliki Makedonia, Thraki)
EL12
Κεντρική Μακεδονία (Kentriki Makedonia)
EL13
Δυτική Μακεδονία (Dytiki Makedonia)
EL14
Θεσσαλία (Thessalia)
EL21
Ήπειρος (Ipeiros)
EL22
Ιόνια Νησιά (Ionia Nisia)
EL23
Δυτική Ελλάδα (Dytiki Ellada)
EL24
Στερεά Ελλάδα (Sterea Ellada)
EL25
Πελοπόννησος (Peloponnisos)
EL30
Aττική (Attiki)
EL41
Βόρειο Αιγαίο (Voreio Aigaio)
EL42
Νότιο Αιγαίο (Notio Aigaio)
EL43
Κρήτη (Kriti)
ES24
Aragón
ES51
Cataluña
ES52
Comunidad Valenciana
ES53
Illes Balears
ES61
Andalucía
ES62
Región de Murcia
ES63
Ciudad Autónoma de Ceuta
ES64
Ciudad Autónoma de Melilla
FR62
Midi-Pyrénées
FR71
Rhône-Alpes
FR81
Languedoc-Roussillon
FR82
Provence-Alpes-Côte d'Azur
FR83
Corse
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
ITC1
Piemonte
ITC2
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
ITC3
Liguria
ITC4
Lombardia
ITF1
Abruzzo
ITF2
Molise
ITF3
Campania
ITF4
Puglia
ITF5
Basilicata
ITF6
Calabria
ITG1
Sicilia
ITG2
Sardegna
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli-Venezia Giulia
ITH5
Emilia-Romagna
ITI1
Toscana
ITI2
Umbria
ITI3
Marche
ITI4
Lazio
CY00
Κύπρος (Kypros)
MT00
Malta
PT15
Algarve
PT17
Lisboa
PT18
Alentejo
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
AL
Albania
BA
Bosnia-Erzegovina
ME
Montenegro
(Interreg V-B) ZONE PERIFERICHE SETTENTRIONALI E ARTICHE
IE01
Border, Midland and Western
IE02
Southern and Eastern
FI19
Länsi-Suomi
FI1D
Pohjois- ja Itä-Suomi
SE32
Mellersta Norrland
SE33
Övre Norrland
UKM3
South Western Scotland
UKM6
Highlands and Islands
UKN0
Northern Ireland
I seguenti PTOM, paesi terzi e altre zone sono elencati a titolo puramente informativo:
FO
Faer Øer
GL
Groenlandia (PTOM)
IS
Islanda
NO05
Vestlandet
NO06
Trondelag
NO07
Nord-Norge
NO043
Rogaland
SJ
Svalbard e Jan Mayen
(Interreg V-B) MARE DEL NORD
BE21
Prov. Antwerpen
BE23
Prov. Oost-Vlaanderen
BE25
Prov. West-Vlaanderen
DK01
Hovedstaden
DK02
Sjælland
DK03
Syddanmark
DK04
Midtjylland
DK05
Nordjylland
DE50
Bremen
DE60
Hamburg
DE91
Braunschweig
DE92
Hannover
DE93
Lüneburg
DE94
Weser-Ems
DEF0
Schleswig-Holstein
NL11
Groningen
NL12
Friesland
NL13
Drenthe
NL21
Overijssel
NL23
Flevoland
NL32
Noord-Holland
NL33
Zuid-Holland
NL34
Zeeland
SE22
Sydsverige (Skåne län)
SE31
Norra Mellansverige (Värmlands län)
SE21
Småland med öarna (Kronobergs län)
SE23
Västsverige
UKC1
Tees Valley and Durham
UKC2
Northumberland and Tyne and Wear
UKE1
East Yorkshire and Northern Lincolnshire
UKE2
North Yorkshire
UKE3
South Yorkshire
UKE4
West Yorkshire
UKF1
Derbyshire and Nottinghamshire
UKF2
Leicestershire, Rutland and Northamptonshire
UKF3
Lincolnshire
UKH1
East Anglia
UKH3
Essex
UKJ4
Kent
UKM5
North Eastern Scotland
UKM2
Eastern Scotland
UK M6
Highlands and Islands
Il seguente paese terzo è elencato a titolo puramente informativo:
NO
Norvegia
(Interreg V-B) EUROPA NORD-OCCIDENTALE
BE10
Région de Bruxelles-Capitale/Brussels Hoofdstedelijk Gewest
BE21
Prov. Antwerpen
BE22
Prov. Limburg (BE)
BE23
Prov. Oost-Vlaanderen
BE24
Prov. Vlaams-Brabant
BE25
Prov. West-Vlaanderen
BE31
Prov. Brabant Wallon
BE32
Prov. Hainaut
BE33
Prov. Liège
BE34
Prov. Luxembourg (BE)
BE35
Prov. Namur
DE11
Stuttgart
DE12
Karlsruhe
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE24
Oberfranken
DE25
Mittelfranken
DE26
Unterfranken
DE27
Schwaben
DE71
Darmstadt
DE72
Gießen
DE73
Kassel
DEA1
Düsseldorf
DEA2
Köln
DEA3
Münster
DEA4
Detmold
DEA5
Arnsberg
DEB1
Koblenz
DEB2
Trier
DEB3
Rheinhessen-Pfalz
DEC0
Saarland
FR10
Île de France
FR21
Champagne-Ardenne
FR22
Picardie
FR23
Haute-Normandie
FR24
Centre
FR25
Basse-Normandie
FR26
Bourgogne
FR30
Nord-Pas-de-Calais
FR41
Lorraine
FR42
Alsace
FR43
Franche-Comté
FR51
Pays de la Loire
FR52
Bretagne
IE01
Border, Midland and Western
IE02
Southern and Eastern
LU00
Luxembourg
NL21
Overijssel
NL22
Gelderland
NL23
Flevoland
NL31
Utrecht
NL32
Noord-Holland
NL33
Zuid-Holland
NL34
Zeeland
NL41
Noord-Brabant
NL42
Limburg (NL)
UKC1
Tees Valley and Durham
UKC2
Northumberland and Tyne and Wear
UKD1
Cumbria
UKD6
Cheshire
UKD3
Greater Manchester
UKD4
Lancashire
UKD7
Merseyside
UKE1
East Yorkshire and Northern Lincolnshire
UKE2
North Yorkshire
UKE3
South Yorkshire
UKE4
West Yorkshire
UKF1
Derbyshire and Nottinghamshire
UKF2
Leicestershire, Rutland and Northamptonshire
UKF3
Lincolnshire
UKG1
Herefordshire, Worcestershire and Warwickshire
UKG2
Shropshire and Staffordshire
UKG3
West Midlands
UKH1
East Anglia
UKH2
Bedfordshire and Hertfordshire
UKH3
Essex
UKI1
Inner London
UKI2
Outer London
UKJ1
Berkshire, Buckinghamshire and Oxfordshire
UKJ2
Surrey, East and West Sussex
UKJ3
Hampshire and Isle of Wight
UKJ4
Kent
UKK1
Gloucestershire, Wiltshire and Bristol/Bath area
UKK2
Dorset and Somerset
UKK3
Cornwall and Isles of Scilly
UKK4
Devon
UKL1
West Wales and The Valleys
UKL2
East Wales
UKM5
North Eastern Scotland
UKM2
Eastern Scotland
UKM3
South Western Scotland
UKM6
Highlands and Islands
UKN0
Northern Ireland
Il seguente paese terzo è elencato a titolo puramente informativo:
CH
Svizzera
(Interreg V-B) AMAZZONIA
FR93
Guyane
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
BR
Brasile (unicamente gli Stati di Amapa, Para e Amazonas)
SR
Suriname
GY
Guyana
(Interreg V-B) EUROPA SUD-OCCIDENTALE
(2)
ES11
Galicia
ES12
Principado de Asturias
ES13
Cantabria
ES21
País Vasco
ES22
Comunidad Foral de Navarra
ES23
La Rioja
ES24
Aragón
ES30
Comunidad de Madrid
ES41
Castilla y León
ES42
Castilla-La Mancha
ES43
Extremadura
ES51
Cataluña
ES52
Comunidad Valenciana
ES53
Illes Balears
ES61
Andalucía
ES62
Región de Murcia
ES63
Ciudad Autónoma de Ceuta
ES64
Ciudad Autónoma de Melilla
FR53
Poitou-Charentes
FR61
Aquitaine
FR62
Midi-Pyrénées
FR63
Limousin
FR72
Auvergne
FR81
Languedoc-Roussillon
PT11
Norte
PT15
Algarve
PT16
Centro (PT)
PT17
Lisboa
PT18
Alentejo
Il seguente paese terzo è elencato a titolo puramente informativo:
AD
Andorra
(Interreg V-B) BALCANI-MEDITERRANEO
BG31
Северозападен (Severozapaden)
BG32
Северен централен (Severen tsentralen)
BG33
Североизточен (Severoiztochen)
BG34
Югоизточен (Yugoiztochen)
BG41
Югозападен (Yugozapaden)
BG42
Южен централен (Yuzhen tsentralen)
EL11
Aνατολική Μακεδονία, Θράκη (Anatoliki Makedonia, Thraki)
EL12
Κεντρική Μακεδονία (Kentriki Makedonia)
EL13
Δυτική Μακεδονία (Dytiki Makedonia)
EL14
Θεσσαλία (Thessalia)
EL21
Ήπειρος (Ipeiros)
EL22
Ιόνια Νησιά (Ionia Nisia)
EL23
Δυτική Ελλάδα (Dytiki Ellada)
EL24
Στερεά Ελλάδα (Sterea Ellada)
EL25
Πελοπόννησος (Peloponnisos)
EL30
Aττική (Attiki)
EL41
Βόρειο Αιγαίο (Voreio Aigaio)
EL42
Νότιο Αιγαίο (Notio Aigaio)
EL43
Κρήτη (Kriti)
CY00
Κύπρος (Kýpros)
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
MK
Ex Repubblica jugoslava di Macedonia
AL
Albania
(1) L'area include anche Gibilterra.
(2) L'area include anche Gibilterra.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE
del 16 giugno 2014
che stabilisce l'elenco delle regioni e delle zone ammissibili a un finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale nel quadro delle componenti transfrontaliere e transnazionali dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea per il periodo 2014-2020
[notificata con il numero C(2014) 3898]
(2014/388/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, e l'articolo 3, paragrafo 3, primo comma,
sentito il parere del comitato di coordinamento dei fondi europei strutturali e di investimento europei istituito dall'articolo 150, paragrafo 1, del regolamento (UE) n 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) sostiene l'obiettivo di cooperazione territoriale europea, a favore della cooperazione transfrontaliera, in alcune regioni corrispondenti al livello 3 della classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (di seguito «livello NUTS 3»), istituita dal regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), modificato dal regolamento (UE) n. 31/2011 della Commissione (4), nonché, a favore della cooperazione transnazionale, in tutte le regioni corrispondenti al livello 2 della stessa classificazione (di seguito «livello NUTS 2»). È pertanto necessario stabilire gli elenchi delle regioni ammissibili al finanziamento.
(2)
Conformemente all'articolo 3, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento (UE) n. 1299/2013, l'elenco delle regioni ammissibili nel quadro della cooperazione transfrontaliera specifica anche le regioni dell'Unione di livello NUTS 3 prese in considerazione per la dotazione del FESR a favore della cooperazione transfrontaliera a tutte le frontiere interne e alle frontiere esterne contemplate dagli strumenti finanziari esterni dell'Unione, come lo strumento europeo di vicinato (ENI) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6).
(3)
A norma dell'articolo 3, paragrafo 1, quinto comma, del regolamento (UE) n. 1299/2013, su richiesta dello Stato o degli Stati membri interessati, tale elenco può includere anche le regioni di livello NUTS 3 delle aree ultraperiferiche che si trovano lungo confini marittimi separati da una distanza superiore ai 150 km quali aree transfrontaliere.
(4)
A norma dell'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1299/2013, la decisione della Commissione che stabilisce gli elenchi delle zone transfrontaliere e transnazionali cita inoltre, a titolo informativo, le regioni dei paesi terzi o dei territori di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 4, di tale regolamento.
(5)
È pertanto necessario stabilire gli elenchi delle zone transfrontaliere e transnazionali ammissibili ai finanziamenti del FESR, ripartite per programma di cooperazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Le regioni e le zone ammissibili a un finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), nel quadro della componente transfrontaliera dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea, sono quelle elencate nell'allegato I.
Articolo 2
Le regioni dell'Unione di livello NUTS 3, prese in considerazione per la dotazione del FESR a favore della cooperazione transfrontaliera, ma non facenti parte delle zone transfrontaliere di cui all'allegato I, e contemplate dagli strumenti finanziari esterni dell'Unione, come lo strumento europeo di vicinato (ENI) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 232/2014 e lo strumento di assistenza preadesione (IPA II) nell'ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 231/2014 sono quelle elencate nell'allegato II.
Articolo 3
Le regioni e le zone ammissibili ad un finanziamento del FESR, nel quadro della componente transnazionale dell'obiettivo di cooperazione territoriale europea, sono quelle elencate nell'allegato III.
Articolo 4
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2014
Per la Commissione
Johannes HAHN
Membro della Commissione
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(3) Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1).
(4) Regolamento (UE) n. 31/2011 della Commissione, del 17 gennaio 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 13 del 18.1.2011, pag. 3).
(5) Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
(6) Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
ALLEGATO I
Elenco delle zone che ricevono il sostegno, ripartite per programma di cooperazione transfrontaliera
2014TC16RFCB001
BE-DE-NL
(Interreg V-A) Belgio-Germania-Paesi Bassi (Euregio Meuse-Rhin/Euregio Maas-Rijn/Euregio Maas-Rhein)
BE221
Arr. Hasselt
(1)
BE222
Arr. Maaseik
(1)
BE223
Arr. Tongeren
(1)
BE332
Arr. Liège
(1)
BE335
Arr. Verviers — communes francophones
(1)
BE336
Bezirk Verviers — Deutschsprachige Gemeinschaft
(1)
DEA26
Düren
(1)
DEA28
Euskirchen
(1)
DEA29
Heinsberg
(1)
DEA2D
Städteregion Aachen
(1)
DEB23
Eifelkreis Bitburg-Prüm
(1)
DEB24
Vulkaneifel
(1)
NL422
Midden-Limburg
(1)
NL423
Zuid-Limburg
(1)
2014TC16RFCB002
AT-CZ
(Interreg V-A) Austria-Repubblica ceca
AT121
Mostviertel-Eisenwurzen
AT123
Sankt Pölten
AT124
Waldviertel
(1)
AT125
Weinviertel
(1)
AT126
Wiener Umland/Nordteil
(1)
AT130
Wien
(1)
AT311
Innviertel
(1)
AT312
Linz-Wels
AT313
Mühlviertel
(1)
AT314
Steyr-Kirchdorf
CZ031
Jihočeský kraj
(1)
CZ063
Kraj Vysočina
(1)
CZ064
Jihomoravský kraj
(1)
2014TC16RFCB003
SK-AT
(Interreg V-A) Slovacchia-Austria
AT111
Mittelburgenland
(1)
AT112
Nordburgenland
(1)
AT121
Mostviertel-Eisenwurzen
AT122
Niederösterreich-Süd
AT123
Sankt Pölten
AT124
Waldviertel
(1)
AT125
Weinviertel
(1)
AT126
Wiener Umland/Nordteil
(1)
AT127
Wiener Umland/Südteil
(1)
AT130
Wien
(1)
SK010
Bratislavský kraj
(1)
SK021
Trnavský kraj
(1)
2014TC16RFCB004
AT-DE
(Interreg V-A) Austria–Germania/Baviera (Bayern–Österreich)
AT311
Innviertel
(1)
AT312
Linz-Wels
AT313
Mühlviertel
(1)
AT314
Steyr-Kirchdorf
AT315
Traunviertel
AT321
Lungau
AT322
Pinzgau-Pongau
(1)
AT323
Salzburg und Umgebung
(1)
AT331
Außerfern
(1)
AT332
Innsbruck
(1)
AT333
Osttirol
(1)
AT334
Tiroler Oberland
(1)
AT335
Tiroler Unterland
(1)
AT341
Bludenz-Bregenzer Wald
(1)
AT342
Rheintal-Bodenseegebiet
(1)
DE213
Rosenheim, Kreisfreie Stadt
(1)
DE214
Altötting
(1)
DE215
Berchtesgadener Land
(1)
DE216
Bad Tölz-Wolfratshausen
(1)
DE21D
Garmisch-Partenkirchen
(1)
DE21F
Miesbach
(1)
DE21G
Mühldorf a. Inn
DE21K
Rosenheim, Landkreis
(1)
DE21M
Traunstein
(1)
DE21N
Weilheim-Schongau
DE221
Landshut, Kreisfreie Stadt
DE222
Passau, Kreisfreie Stadt
(1)
DE224
Deggendorf
DE225
Freyung-Grafenau
(1)
DE227
Landshut, Landkreis
DE228
Passau, Landkreis
(1)
DE229
Regen
(1)
DE22A
Rottal-Inn
(1)
DE22C
Dingolfing-Landau
DE272
Kaufbeuren, Kreisfreie Stadt
(1)
DE273
Kempten (Allgäu), Kreisfreie Stadt
(1)
DE274
Memmingen, Kreisfreie Stadt
DE27A
Lindau (Bodensee)
(1)
DE27B
Ostallgäu
(1)
DE27C
Unterallgäu
DE27E
Oberallgäu
(1)
2014TC16RFCB005
ES-PT
(Interreg V-A) Spagna-Portogallo (POCTEP)
ES111
A Coruña
ES112
Lugo
ES113
Ourense
(1)
ES114
Pontevedra
(1)
ES411
Ávila
ES413
León
ES415
Salamanca
(1)
ES418
Valladolid
ES419
Zamora
(1)
ES431
Badajoz
(1)
ES432
Cáceres
(1)
ES612
Cádiz
(1)
ES613
Córdoba
ES615
Huelva
(1)
ES618
Sevilla
PT111
Minho-Lima
(1)
PT112
Cávado
(1)
PT113
Ave
PT114
Grande Porto
PT115
Tâmega
PT117
Douro
(1)
PT118
Alto Trás-os-Montes
(1)
PT150
Algarve
(1)
PT165
Dão-Lafões
PT166
Pinhal Interior Sul
PT167
Serra da Estrela
PT168
Beira Interior Norte
(1)
PT169
Beira Interior Sul
(1)
PT16A
Cova da Beira
PT181
Alentejo Litoral
PT182
Alto Alentejo
(1)
PT183
Alentejo Central
(1)
PT184
Baixo Alentejo
(1)
2014TC16RFCB006
ES-FR-AD
(Interreg V-A) Spagna-Francia-Andorra (POCTEFA)
ES211
Álava
ES212
Guipúzcoa
(1)
ES213
Vizcaya
ES220
Navarra
(1)
ES230
La Rioja
ES241
Huesca
(1)
ES243
Zaragoza
ES511
Barcelona
ES512
Girona
(1)
ES513
Lleida
(1)
ES514
Tarragona
FR615
Pyrénées-Atlantiques
(1)
FR621
Ariège
(1)
FR623
Haute-Garonne
(1)
FR626
Hautes-Pyrénées
(1)
FR815
Pyrénées orientales
(1)
AD000
Andorra
(2)
2014TC16RFCB007
ES-PT
(Interreg V-A) Spagna-Portogallo (Madeira-Açores-Canarias (MAC))
ES703
El Hierro
ES704
Fuerteventura
(1)
ES705
Gran Canaria
(1)
ES706
La Gomera
ES707
La Palma
ES708
Lanzarote
(1)
ES709
Tenerife
PT200
Região Autónoma dos Açores
PT300
Região Autónoma de Madeira
CP
Cabo Verde
(2)
MR
Mauritania
(2)
SN
Senegal
(2)
2014TC16RFCB008
HU-HR
(Interreg V-A) Ungheria-Croazia
HR044
Varaždinska županija
(1)
HR045
Koprivničko-križevačka županija
(1)
HR046
Međimurska županija
(1)
HR047
Bjelovarsko-bilogorska županija
HR048
Virovitičko-podravska županija
(1)
HR049
Požeško-slavonska županija
HR04B
Osječko-baranjska županija
(1)
HR04C
Vukovarsko-srijemska županija
(1)
HU223
Zala
(1)
HU231
Baranya
(1)
HU232
Somogy
(1)
2014TC16RFCB009
DE-CZ
(Interreg V-A) Germania/Baviera-Repubblica ceca
CZ031
Jihočeský kraj
(1)
CZ032
Plzeňský kraj
(1)
CZ041
Karlovarský kraj
(1)
DE222
Passau, Kreisfreie Stadt
(1)
DE223
Straubing, Kreisfreie Stadt
DE224
Deggendorf
DE225
Freyung-Grafenau
(1)
DE228
Passau, Landkreis
(1)
DE229
Regen
(1)
DE22B
Straubing-Bogen
DE231
Amberg, Kreisfreie Stadt
DE232
Regensburg, Kreisfreie Stadt
DE233
Weiden i. d. Opf, Kreisfreie Stadt
(1)
DE234
Amberg-Sulzbach
DE235
Cham
(1)
DE237
Neustadt a. d. Waldnaab
(1)
DE238
Regensburg, Landkreis
DE239
Schwandorf
(1)
DE23A
Tirschenreuth
(1)
DE242
Bayreuth, Kreisfreie Stadt
DE244
Hof, Kreisfreie Stadt
(1)
DE246
Bayreuth, Landkreis
DE249
Hof, Landkreis
(1)
DE24A
Kronach
DE24B
Kulmbach
DE24D
Wunsiedel i. Fichtelgebirge
(1)
2014TC16RFCB010
AT-HU
(Interreg V-A) Austria-Ungheria
AT111
Mittelburgenland
(1)
AT112
Nordburgenland
(1)
AT113
Südburgenland
(1)
AT122
Niederösterreich-Süd
AT127
Wiener Umland/Südteil
(1)
AT130
Wien
(1)
AT221
Graz
AT224
Oststeiermark
(1)
HU221
Győr-Moson-Sopron
(1)
HU222
Vas
(1)
HU223
Zala
(1)
2014TC16RFCB011
DE-PL
(Interreg V-A) Germania/Brandeburgo-Polonia
DE402
Cottbus, Kreisfreie Stadt
(1)
DE403
Frankfurt (Oder), Kreisfreie Stadt
(1)
DE409
Märkisch-Oderland
(1)
DE40C
Oder-Spree
(1)
DE40G
Spree-Neiße
(1)
PL431
Gorzowski
(1)
PL432
Zielonogórski
(1)
2014TC16RFCB012
PL-SK
(Interreg V-A) Polonia-Slovacchia
PL214
Krakowski
PL215
Nowosądecki
(1)
PL216
Oświęcimski
(1)
PL225
Bielski
(1)
PL22C
Tyski
PL323
Krośnieński
(1)
PL324
Przemyski
(1)
PL325
Rzeszowski
SK031
Žilinský kraj
(1)
SK041
Prešovský kraj
(1)
SK042
Košický kraj
(1)
2014TC16RFCB013
PL-DK-DE-LT-SE
(Interreg V-A) Polonia-Danimarca-Germania-Lituania-Svezia (SOUTH BALTIC)
DE801
Greifswald, Kreisfreie Stadt
(1)
DE803
Rostock, Kreisfreie Stadt
(1)
DE805
Stralsund, Kreisfreie Stadt
(1)
DE806
Wismar, Kreisfreie Stadt
(1)
DE807
Bad Doberan
(1)
DE80D
Nordvorpommern
(1)
DE80E
Nordwestmecklenburg
(1)
DE80F
Ostvorpommern
(1)
DE80H
Rügen
(1)
DE80I
Uecker-Randow
(1)
DE809
Güstrow
DE808
Demmin
DK014
Bornholm
(1)
DK021
Østsjælland
(1)
DK022
Vest- og Sydsjælland
(1)
LT003
Klaipėdos apskritis
(1)
LT007
Tauragės apskritis
(1)
LT008
Telšių apskritis
(1)
PL422
Koszaliński
(1)
PL423
Stargardzki
(1)
PL424
Miasto Szczecin
(1)
PL425
Szczeciński
(1)
PL621
Elbląski
(1)
PL631
Słupski
(1)
PL633
Trójmiejski
(1)
PL634
Gdański
(1)
PL635
Starogardzki
SE212
Kronobergs län
SE213
Kalmar län
(1)
SE221
Blekinge län
(1)
SE224
Skåne län
(1)
2014TC16RFCB014
FI-EE-LV-SE
(Interreg V-A) Finlandia-Estonia-Lettonia-Svezia (Central Baltic)
EE001
Põhja-Eesti
(1)
EE004
Lääne-Eesti
(1)
EE006
Kesk-Eesti
(1)
EE007
Kirde-Eesti
(1)
EE008
Lõuna-Eesti
(1)
FI1B1
Helsinki-Uusimaa
(1)
FI1C1
Varsinais-Suomi
(1)
FI1C2
Kanta-Häme
FI1C3
Päijät-Häme
FI1C4
Kymenlaakso
(1)
FI1C5
Etelä-Karjala
(1)
FI196
Satakunta
(1)
FI197
Pirkanmaa
FI200
Åland
(1)
LV003
Kurzeme
(1)
LV006
Rīga
(1)
LV007
Pierīga
(1)
LV008
Vidzeme
(1)
LV009
Zemgale
(1)
SE110
Stockholms län
(1)
SE121
Uppsala län
(1)
SE122
Södermanlands län
(1)
SE123
Östergötlands län
(1)
SE124
Örebro län
SE125
Västmanlands län
SE214
Gotlands län
(1)
SE313
Gävleborgs län
(1)
2014TC16RFCB015
SK-HU
(Interreg V-A) Slovacchia-Ungheria
HU101
Budapest
(1)
HU102
Pest
(1)
HU212
Komárom-Esztergom
(1)
HU221
Győr-Moson-Sopron
(1)
HU311
Borsod-Abaúj-Zemplén
(1)
HU312
Heves
(1)
HU313
Nógrád
(1)
HU323
Szabolcs-Szatmár-Bereg
(1)
SK010
Bratislavský kraj
(1)
SK021
Trnavský kraj
(1)
SK023
Nitriansky kraj
(1)
SK032
Banskobystrický kraj
(1)
SK042
Košický kraj
(1)
2014TC16RFCB016
SE-NO
(Interreg V-A) Svezia-Norvegia
SE311
Värmlands län
(1)
SE312
Dalarnas län
(1)
SE321
Västernorrlands län
(1)
SE322
Jämtlands län
(1)
SE232
Västra Götaland
(1)
NO012
Akershus
(2)
NO021
Hedmark
(2)
NO031
Østfold
(2)
NO061
Sør-Trøndelag
(2)
NO062
Nord-Trøndelag
(2)
2014TC16RFCB017
DE-CZ
(Interreg V-A) Germania/Sassonia-Repubblica ceca
CZ041
Karlovarský kraj
(1)
CZ042
Ústecký kraj
(1)
CZ051
Liberecký kraj
(1)
DED21
Dresden, Kreisfreie Stadt
DED2C
Bautzen
(1)
DED2D
Görlitz
(1)
DED2F
Sächsische Schweiz-Osterzgebirge
(1)
DED41
Chemnitz, Kreisfreie Stadt
DED42
Erzgebirgskreis
(1)
DED43
Mittelsachsen
(1)
DED44
Vogtlandkreis
(1)
DED45
Zwickau
DEG0K
Saale-Orla-Kreis
DEG0L
Greiz
2014TC16RFCB018
PL-DE
(Interreg V-A) Polonia-Germania/Sassonia
DED2C
Bautzen
(1)
DED2D
Görlitz
(1)
PL432
Zielonogórski
(1)
PL515
Jeleniogórski
(1)
2014TC16RFCB019
DE-PL
(Interreg V-A) Germania/Meclemburgo-Pomerania Occidentale/Brandeburgo-Polonia
DE405
Barnim
(1)
DE409
Märkisch-Oderland
(1)
DE40I
Uckermark
(1)
DE801
Greifswald, Kreisfreie Stadt
(1)
DE802
Neubrandenburg, Kreisfreie Stadt
DE805
Stralsund, Kreisfreie Stadt
(1)
DE808
Demmin
DE80B
Mecklenburg-Strelitz
DE80C
Müritz
DE80D
Nordvorpommern
(1)
DE80F
Ostvorpommern
(1)
DE80H
Rügen
(1)
DE80I
Uecker-Randow
(1)
PL422
Koszaliński
(1)
PL423
Stargardzki
(1)
PL424
Miasto Szczecin
(1)
PL425
Szczeciński
(1)
2014TC16RFCB020
EL-IT
(Interreg V-A) Grecia-Italia
EL211
Άρτα (Arta)
EL212
Θεσπρωτία (Thesprotia)
(1)
EL213
Ιωάννινα (Ioannina)
(1)
EL214
Πρέβεζα (Preveza)
(1)
EL221
Ζάκυνθος (Zakynthos)
(1)
EL222
Κέρκυρα (Kerkyra)
(1)
EL223
Κεφαλληνία (Kefallinia)
(1)
EL224
Λευκάδα (Lefkada)
(1)
EL231
Αιτωλοακαρνανία (Aitoloakarnania)
(1)
EL232
Αχαΐα (Achaia)
(1)
EL233
Ηλεία (Ileia)
ITF43
Taranto
ITF44
Brindisi
(1)
ITF45
Lecce
(1)
ITF46
Foggia
(1)
ITF47
Bari
(1)
ITF48
Barletta-Andria-Trani
(1)
2014TC16RFCB021
RO-BG
(Interreg V-A) Romania-Bulgaria
BG311
Видин (Vidin)
(1)
BG312
Монтана (Montana)
(1)
BG313
Враца (Vratsa)
(1)
BG314
Плевен (Pleven)
(1)
BG321
Велико Търново (Veliko Tarnovo)
(1)
BG323
Русе (Ruse)
(1)
BG325
Силистра (Silistra)
(1)
BG332
Добрич (Dobrich)
(1)
RO223
Constanţa
(1)
RO312
Călăraşi
(1)
RO314
Giurgiu
(1)
RO317
Teleorman
(1)
RO411
Dolj
(1)
RO413
Mehedinţi
(1)
RO414
Olt
(1)
2014TC16RFCB022
EL-BG
(Interreg V-A) Grecia-Bulgaria
BG413
Благоевград (Blagoevgrad)
(1)
BG422
Хасково (Haskovo)
(1)
BG424
Смолян (Smolyan)
(1)
BG425
Кърджали (Kardzhali)
(1)
EL111
Έβρος (Evros)
(1)
EL112
Ξάνθη (Xanthi)
(1)
EL113
Ροδόπη (Rodopi)
(1)
EL114
Δράμα (Drama)
(1)
EL115
Καβάλα (Kavala)
(1)
EL122
Θεσσαλονίκη (Thessaloniki)
(1)
EL126
Σέρρες (Serres)
(1)
2014TC16RFCB023
DE-NL
(Interreg V-A) Germania-Paesi Bassi
DE941
Stadt Delmenhorst
DE942
Emden, Kreisfreie Stadt
(1)
DE943
Stadt Oldenburg
DE944
Osnabrück, Kreisfreie Stadt
DE945
Stadt Wilhelmshaven
DE946
Ammerland
DE947
Aurich
(1)
DE948
Cloppenburg
DE949
Emsland
(1)
DE94A
Friesland (D)
DE94B
Grafschaft Bentheim
(1)
DE94C
Leer
(1)
DE94D
Landkreis Oldenburg
DE94E
Osnabrück, Landkreis
DE94F
Landkreis Vechta
DE94G
Landkreis Wesermarsch
DE94H
Wittmund
DEA11
Stadt Düsseldorf
DEA12
Duisburg, Kreisfreie Stadt
DEA14
Krefeld, Kreisfreie Stadt
(1)
DEA15
Mönchengladbach, Kreisfreie Stadt
(1)
DEA1B
Kleve
(1)
DEA1D
Rhein-Kreis Neuss
DEA1E
Viersen
(1)
DEA1F
Wesel
(1)
DEA33
Münster, Kreisfreie Stadt
DEA34
Borken
(1)
DEA35
Coesfeld
DEA37
Steinfurt
(1)
DEA38
Warendorf
NL111
Oost-Groningen
(1)
NL112
Delfzijl en omgeving
(1)
NL113
Overig Groningen
(1)
NL121
Noord-Friesland
(1)
NL122
Zuidwest-Friesland
NL123
Zuidoost-Friesland
NL131
Noord-Drenthe
NL132
Zuidoost-Drenthe
(1)
NL133
Zuidwest-Drenthe
NL211
Noord-Overijssel
(1)
NL212
Zuidwest-Overijssel
NL213
Twente
(1)
NL221
Veluwe
NL224
Zuidwest-Gelderland
NL225
Achterhoek
(1)
NL226
Arnhem/Nijmegen
(1)
NL230
Flevoland
NL413
Noordoost-Noord-Brabant
(1)
NL414
Zuidoost Noord-Brabant
(1)
NL421
Noord-Limburg
(1)
NL422
Midden-Limburg
(1)
2014TC16RFCB024
DE-AT-CH-LI
(Interreg V-A) Germania-Austria-Svizzera-Liechtenstein (Alpenrhein-Bodensee-Hochrhein)
AT341
Bludenz-Bregenzer Wald
(1)
AT342
Rheintal-Bodenseegebiet
(1)
DE136
Schwarzwald-Baar-Kreis
(1)
DE137
Tuttlingen
DE138
Konstanz
(1)
DE139
Lörrach
(1)
DE13A
Waldshut
(1)
DE147
Bodenseekreis
(1)
DE148
Ravensburg
DE149
Sigmaringen
DE272
Kaufbeuren, Kreisfreie Stadt
(1)
DE273
Kempten (Allgäu), Kreisfreie Stadt
(1)
DE274
Memmingen, Kreisfreie Stadt
DE27A
Lindau (Bodensee)
(1)
DE27B
Landkreis Ostallgäu
(1)
DE27C
Unterallgäu
DE27E
Oberallgäu
(1)
CH033
Aargau
(2)
CH040
Zürich
(2)
CH051
Glarus
(2)
CH052
Schaffhausen
(2)
CH053
Appenzell Ausserrhoden
(2)
CH054
Appenzell Innerrhoden
(2)
CH055
St. Gallen
(2)
CH056
Graubünden
(2)
CH057
Thurgau
(2)
LI000
Liechtenstein
(2)
2014TC16RFCB025
CZ-PL
(Interreg V-A) Repubblica ceca-Polonia
CZ051
Liberecký kraj
(1)
CZ052
Královéhradecký kraj
(1)
CZ053
Pardubický kraj
(1)
CZ071
Olomoucký kraj
(1)
CZ080
Moravskoslezský kraj
(1)
PL225
Bielski
(1)
PL227
Rybnicki
(1)
PL515
Jeleniogórski
(1)
PL517
Wałbrzyski
(1)
PL521
Nyski
(1)
PL522
Opolski
(1)
PL22C
Tyski
PL518
Wrocławski
2014TC16RFCB026
SE-DK-NO
(Interreg V-A) Svezia-Danimarca-Norvegia (Öresund-Kattegat-Skagerrak)
DK011
Byen København
(1)
DK012
Københavns omegn
(1)
DK013
Nordsjælland
(1)
DK014
Bornholm
(1)
DK021
Østsjælland
(1)
DK022
Vest- og Sydsjælland
(1)
DK041
Vestjylland
(1)
DK042
Østjylland
(1)
DK050
Nordjylland
(1)
SE224
Skåne län
(1)
SE231
Hallands län
(1)
SE232
Västra Götalands län
(1)
NO011
Oslo
(2)
NO012
Akershus
(2)
NO031
Østfold
(2)
NO032
Buskerud
(2)
NO034
Telemark
(2)
NO033
Vestfold
(2)
NO041
Aust-Agder
(2)
NO042
Vest-Agder
(2)
2014TC16RFCB027
LV-LT
(Interreg V-A) Lettonia-Lituania
LT002
Kauno apskritis
LT003
Klaipėdos apskritis
(1)
LT005
Panevėžio apskritis
(1)
LT006
Šiaulių apskritis
(1)
LT008
Telšių apskritis
(1)
LT009
Utenos apskritis
(1)
LV003
Kurzeme
(1)
LV005
Latgale
(1)
LV009
Zemgale
(1)
2014TC16RFCB028
SE-FI-NO
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Botnia-Atlantica)
FI195
Pohjanmaa
(1)
FI1D5
Keski-Pohjanmaa
(1)
FI194
Etelä-Pohjanmaa
SE313
Gävleborgs län
(1)
SE321
Västernorrlands län
(1)
SE331
Västerbottens län
(1)
NO071
Nordland
(2)
2014TC16RFCB029
SI-HR
(Interreg V-A) Slovenia-Croazia
HR031
Primorsko-goranska županija
(1)
HR036
Istarska županija
(1)
HR041
Grad Zagreb
HR042
Zagrebačka županija
(1)
HR043
Krapinsko-zagorska županija
(1)
HR044
Varaždinska županija
(1)
HR046
Međimurska županija
(1)
HR04D
Karlovačka županija
(1)
SI011
Pomurska
(1)
SI012
Podravska
(1)
SI014
Savinjska
(1)
SI015
Zasavska
SI016
Spodnjeposavska
(1)
SI017
Jugovzhodna Slovenija
(1)
SI018
Notranjsko-kraška
(1)
SI021
Osrednjeslovenska
SI024
Obalno-kraška
(1)
2014TC16RFCB030
SK-CZ
(Interreg V-A) Slovacchia-Repubblica ceca
CZ064
Jihomoravský kraj
(1)
CZ072
Zlínský kraj
(1)
CZ080
Moravskoslezský kraj
(1)
SK021
Trnavský kraj
(1)
SK022
Trenčiansky kraj
(1)
SK031
Žilinský kraj
(1)
2014TC16RFCB031
LT-PL
(Interreg V-A) Lituania-Polonia
LT001
Alytaus apskritis
(1)
LT002
Kauno apskritis
LT004
Marijampolės apskritis
(1)
LT007
Tauragės apskritis
(1)
LT00A
Vilniaus apskritis
(1)
PL343
Białostocki
(1)
PL345
Suwalski
(1)
PL623
Ełcki
(1)
2014TC16RFCB032
SE-FI-NO
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Nord)
FI1D5
Keski-Pohjanmaa
(1)
FI1D6
Pohjois-Pohjanmaa
(1)
FI1D7
Lappi
(1)
SE312
Dalarnas län
(1)
SE321
Västernorrlands län
(1)
SE322
Jämtlands län
(1)
SE331
Västerbottens län
(1)
SE332
Norrbottens län
(1)
NO021
Hedmark
(2)
NO061
Sør-Trøndelag
(2)
NO062
Nord-Trøndelag
(2)
NO071
Nordland
(2)
NO072
Troms
(2)
NO073
Finnmark
(2)
2014TC16RFCB033
IT-FR
(Interreg V-A) Italia-Francia (Maritime)
FR823
Alpes-Maritimes
(1)
FR825
Var
FR831
Corse-du-Sud
(1)
FR832
Haute-Corse
(1)
ITC31
Imperia
(1)
ITC32
Savona
(1)
ITC33
Genova
(1)
ITC34
La Spezia
(1)
ITG25
Sassari
(1)
ITG26
Nuoro
(1)
ITG27
Cagliari
(1)
ITG28
Oristano
(1)
ITG29
Olbia-Tempio
(1)
ITG2A
Ogliastra
(1)
ITG2B
Medio Campidano
(1)
ITG2C
Carbonia-Iglesias
(1)
ITI11
Massa-Carrara
(1)
ITI12
Lucca
(1)
ITI16
Livorno
(1)
ITI17
Pisa
(1)
ITI1A
Grosseto
(1)
2014TC16RFCB034
FR-IT
(Interreg V-A) Francia-Italia (ALCOTRA)
FR717
Savoie
(1)
FR718
Haute-Savoie
(1)
FR821
Alpes-de-Haute-Provence
(1)
FR822
Hautes-Alpes
(1)
FR823
Alpes-Maritimes
(1)
ITC11
Torino
(1)
ITC16
Cuneo
(1)
ITC20
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
(1)
ITC31
Imperia
(1)
2014TC16RFCB035
IT-CH
(Interreg V-A) Italia-Svizzera
ITC12
Vercelli
(1)
ITC13
Biella
(1)
ITC14
Verbano-Cusio-Ossola
(1)
ITC15
Novara
(1)
ITC20
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
(1)
ITC41
Varese
(1)
ITC42
Como
(1)
ITC43
Lecco
(1)
ITC44
Sondrio
(1)
ITH10
Bolzano-Bozen
(1)
CH012
Valais
(2)
CH056
Graubünden
(2)
CH070
Ticino
(2)
2014TC16RFCB036
IT-SI
(Interreg V-A) Italia-Slovenia
ITH35
Venezia
(1)
ITH41
Pordenone
ITH42
Udine
(1)
ITH43
Gorizia
(1)
ITH44
Trieste
(1)
SI018
Notranjsko-kraška
(1)
SI021
Osrednjeslovenska
SI022
Gorenjska
(1)
SI023
Goriška
(1)
SI024
Obalno-kraška
(1)
2014TC16RFCB037
IT-MT
(Interreg V-A) Italia-Malta
ITG11
Trapani
(1)
ITG12
Palermo
ITG13
Messina
ITG14
Agrigento
(1)
ITG15
Caltanissetta
(1)
ITG16
Enna
ITG17
Catania
ITG18
Ragusa
(1)
ITG19
Siracusa
(1)
MT001
Malta
(1)
MT002
Gozo and Comino/Għawdex u Kemmuna
(1)
2014TC16RFCB038
FR-BE-NL-UK
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Paesi Bassi-Regno Unito (Les Deux Mers/Two seas/Twee Zeeën)
BE211
Arr. Antwerpen
(1)
BE212
Arr. Mechelen
BE213
Arr. Turnhout
(1)
BE231
Arr. Aalst
BE232
Arr. Dendermonde
BE233
Arr. Eeklo
(1)
BE234
Arr. Gent
(1)
BE235
Arr. Oudenaarde
BE236
Arr. Sint-Niklaas
(1)
BE251
Arr. Brugge
(1)
BE252
Arr. Diksmuide
BE253
Arr. Ieper
(1)
BE254
Arr. Kortrijk
(1)
BE255
Arr. Oostende
(1)
BE256
Arr. Roeselare
BE257
Arr. Tielt
BE258
Arr. Veurne
(1)
FR221
Aisne
(1)
FR223
Somme
(1)
FR301
Nord
(1)
FR302
Pas-de-Calais
(1)
NL321
Kop van Noord-Holland
NL322
Alkmaar en omgeving
NL323
IJmond
NL324
Agglomeratie Haarlem
NL332
Agglomeratie's-Gravenhage
NL333
Delft en Westland
(1)
NL337
Agglomeratie Leiden en Bollenstreek
NL339
Groot-Rijnmond
(1)
NL33A
Zuidoost-Zuid-Holland
NL341
Zeeuwsch-Vlaanderen
(1)
NL342
Overig Zeeland
(1)
NL411
West-Noord-Brabant
(1)
UKH11
Peterborough
UKH12
Cambridgeshire CC
UKH13
Norfolk
(1)
UKH14
Suffolk
(1)
UKH31
Southend-on-Sea
(1)
UKH32
Thurrock
(1)
UKH33
Essex CC
(1)
UKJ21
Brighton and Hove
(1)
UKJ22
East Sussex CC
(1)
UKJ23
Surrey
UKJ24
West Sussex
(1)
UKJ31
Portsmouth
(1)
UKJ32
Southampton
(1)
UKJ33
Hampshire CC
(1)
UKJ34
Isle of Wight
(1)
UKJ41
Medway
(1)
UKJ42
Kent CC
(1)
UKK14
Swindon
UKK15
Wiltshire CC
UKK21
Bournemouth and Poole
(1)
UKK22
Dorset CC
(1)
UKK23
Somerset
UKK30
Cornwall and Isles of Scilly
(1)
UKK41
Plymouth
(1)
UKK42
Torbay
(1)
UKK43
Devon CC
(1)
2014TC16RFCB039
FR-DE-CH
(Interreg V-A) Francia-Germania-Svizzera (Rhin supérieur-Oberrhein)
DEB3K
Südwestpfalz
(1)
DE121
Baden-Baden, Stadtkreis
(1)
DE122
Karlsruhe, Stadtkreis
(1)
DE123
Karlsruhe, Landkreis
(1)
DE124
Rastatt
(1)
DE131
Freiburg im Breisgau, Stadtkreis
(1)
DE132
Breisgau-Hochschwarzwald
(1)
DE133
Emmendingen
(1)
DE134
Ortenaukreis
(1)
DE139
Lörrach
(1)
DE13A
Waldshut
(1)
DEB33
Landau in der Pfalz, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB3E
Germersheim
(1)
DEB3H
Südliche Weinstraße
(1)
FR421
Bas-Rhin
(1)
FR422
Haut-Rhin
(1)
CH023
Solothurn
(2)
CH025
Jura
(2)
CH031
Basel-Stadt
(2)
CH032
Basel-Landschaft
(2)
CH033
Aargau
(2)
2014TC16RFCB040
FR-UK
(Interreg V-A) Francia-Regno Unito (Manche-Channel)
FR222
Oise
FR223
Somme
(1)
FR231
Eure
FR232
Seine-Maritime
(1)
FR251
Calvados
(1)
FR252
Manche
(1)
FR253
Orne
FR302
Pas-de-Calais
(1)
FR521
Côtes-d'Armor
(1)
FR522
Finistère
(1)
FR523
Ille-et-Vilaine
(1)
FR524
Morbihan
UKH11
Peterborough
UKH12
Cambridgeshire CC
UKH13
Norfolk
(1)
UKH14
Suffolk
(1)
UKH31
Southend-on-Sea
(1)
UKH32
Thurrock
(1)
UKH33
Essex CC
(1)
UKJ21
Brighton and Hove
(1)
UKJ22
East Sussex CC
(1)
UKJ23
Surrey
UKJ24
West Sussex
(1)
UKJ31
Portsmouth
(1)
UKJ32
Southampton
(1)
UKJ33
Hampshire CC
(1)
UKJ34
Isle of Wight
(1)
UKJ41
Medway
(1)
UKJ42
Kent CC
(1)
UKK14
Swindon
UKK15
Wiltshire CC
UKK21
Bournemouth and Poole
(1)
UKK22
Dorset CC
(1)
UKK23
Somerset
UKK30
Cornwall and Isles of Scilly
(1)
UKK41
Plymouth
(1)
UKK42
Torbay
(1)
UKK43
Devon CC
(1)
2014TC16RFCB041
FR-CH
(Interreg V-A) Francia-Svizzera
FR431
Doubs
(1)
FR432
Jura
(1)
FR434
Territoire de Belfort
(1)
FR711
Ain
(1)
FR718
Haute-Savoie
(1)
CH011
Vaud
(2)
CH012
Valais
(2)
CH013
Genève
(2)
CH021
Bern
(2)
CH024
Neuchâtel
(2)
CH025
Jura
(2)
CH022
Freiburg
(2)
2014TC16RFCB042
IT-HR
(Interreg V-A) Italia-Croazia
HR031
Primorsko-goranska županija
(1)
HR032
Ličko-senjska županija
(1)
HR033
Zadarska županija
(1)
HR034
Šibensko-kninska županija
(1)
HR035
Splitsko-dalmatinska županija
(1)
HR036
Istarska županija
(1)
HR037
Dubrovačko-neretvanska županija
(1)
HR04D
Karlovačka županija
(1)
ITF12
Teramo
(1)
ITF13
Pescara
(1)
ITF14
Chieti
(1)
ITF22
Campobasso
(1)
ITF44
Brindisi
(1)
ITF45
Lecce
(1)
ITF46
Foggia
(1)
ITF47
Bari
(1)
ITF48
Barletta-Andria-Trani
(1)
ITH35
Venezia
(1)
ITH36
Padova
(1)
ITH37
Rovigo
(1)
ITH41
Pordenone
ITH42
Udine
(1)
ITH43
Gorizia
(1)
ITH44
Trieste
(1)
ITH56
Ferrara
(1)
ITH57
Ravenna
(1)
ITH58
Forlì-Cesena
(1)
ITH59
Rimini
(1)
ITI31
Pesaro e Urbino
(1)
ITI32
Ancona
(1)
ITI33
Macerata
(1)
ITI34
Ascoli Piceno
(1)
ITI35
Fermo
(1)
2014TC16RFCB043
FR
(Interreg V-A) Francia (Saint Martin-Sint Maarten)
FR910 (part)
Saint-Martin
(1)
SX
Sint Maarten
(2)
2014TC16RFCB044
BE-FR
(Interreg V-A) Belgio-Francia (France-Wallonie-Vlaanderen)
BE234
Arr. Gent
(1)
BE235
Arr. Oudenaarde
BE251
Arr. Brugge
(1)
BE252
Arr. Diksmuide
BE253
Arr. Ieper
(1)
BE254
Arr. Kortrijk
(1)
BE255
Arr. Oostende
(1)
BE256
Arr. Roeselare
BE257
Arr. Tielt
BE258
Arr. Veurne
(1)
BE321
Arr. Ath
(1)
BE322
Arr. Charleroi
BE323
Arr. Mons
(1)
BE324
Arr. Mouscron
(1)
BE325
Arr. Soignies
BE326
Arr. Thuin
(1)
BE327
Arr. Tournai
(1)
BE341
Arr. Arlon
(1)
BE342
Arr. Bastogne
(1)
BE343
Arr. Marche-en-Famenne
BE344
Arr. Neufchâteau
(1)
BE345
Arr. Virton
(1)
BE351
Arr. Dinant
(1)
BE352
Arr. Namur
BE353
Arr. Philippeville
(1)
FR211
Ardennes
(1)
FR213
Marne
FR221
Aisne
(1)
FR222
Oise
FR223
Somme
(1)
FR301
Nord
(1)
FR302
Pas-de-Calais
(1)
2014TC16RFCB045
FR-BE-DE-LUX
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Germania-Lussemburgo (Grande Région /Großregion)
BE331
Arr. Huy
BE332
Arr. Liège
(1)
BE334
Arr. Waremme
BE335
Arr. Verviers — communes francophones
(1)
BE336
Bezirk Verviers — Deutschsprachige Gemeinschaft
(1)
BE341
Arr. Arlon
(1)
BE342
Arr. Bastogne
(1)
BE343
Arr. Marche-en-Famenne
BE344
Arr. Neufchâteau
(1)
BE345
Arr. Virton
(1)
DEB21
Trier, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB23
Eifelkreis Bitburg-Prüm
(1)
DEB25
Trier-Saarburg
(1)
DEB37
Pirmasens, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB3A
Zweibrücken, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB3K
Südwestpfalz
(1)
DEC01
Regionalverband Saarbrücken
(1)
DEC02
Merzig-Wadern
(1)
DEC04
Saarlouis
(1)
DEC05
Saarpfalz-Kreis
(1)
DEB15
Birkenfeld
DEB22
Bernkastel-Wittlich
DEB24
Vulkaneifel
(1)
DEB31
Frankenthal (Pfalz), Kreisfreie Stadt
DEB32
Kaiserslautern, Kreisfreie Stadt
DEB33
Landau in der Pfalz, Kreisfreie Stadt
(1)
DEB34
Ludwigshafen am Rhein, Kreisfreie Stadt
DEB35
Mainz, Kreisfreie Stadt
DEB36
Neustadt an der Weinstraße, Kreisfreie Stadt
DEB38
Speyer, Kreisfreie Stadt
DEB39
Worms, Kreisfreie Stadt
DEB3B
Alzey-Worms
DEB3C
Bad Dürkheim
DEB3D
Donnersbergkreis
DEB3E
Germersheim
(1)
DEB3F
Kaiserslautern, Landkreis
DEB3G
Kusel
DEB3H
Südliche Weinstraße
(1)
DEB3I
Rhein-Pfalz-Kreis
DEB3J
Mainz-Bingen
DEC03
Neunkirchen
DEC06
St. Wendel
FR411
Meurthe-et-Moselle
(1)
FR412
Meuse
(1)
FR413
Moselle
(1)
FR414
Vosges
LU000
Luxembourg
(1)
2014TC16RFCB046
BE-NL
(Interreg V-A) Belgio-Paesi Bassi (Vlaanderen-Nederland)
BE211
Arr. Antwerpen
(1)
BE212
Arr. Mechelen
BE213
Arr. Turnhout
(1)
BE221
Arr. Hasselt
(1)
BE222
Arr. Maaseik
(1)
BE223
Arr. Tongeren
(1)
BE231
Arr. Aalst
BE232
Arr. Dendermonde
BE233
Arr. Eeklo
(1)
BE234
Arr. Gent
(1)
BE235
Arr. Oudenaarde
BE236
Arr. Sint-Niklaas
(1)
BE242
Arr. Leuven
BE251
Arr. Brugge
(1)
BE252
Arr. Diksmuide
BE254
Arr. Kortrijk
(1)
BE255
Arr. Oostende
(1)
BE256
Arr. Roeselare
BE257
Arr. Tielt
NL341
Zeeuwsch-Vlaanderen
(1)
NL342
Overig Zeeland
(1)
NL411
West-Noord-Brabant
(1)
NL412
Midden-Noord-Brabant
(1)
NL413
Noordoost-Noord-Brabant
(1)
NL414
Zuidoost-Noord-Brabant
(1)
NL421
Noord-Limburg
(1)
NL422
Midden-Limburg
(1)
NL423
Zuid-Limburg
(1)
2014TC16RFCB047
UK-IE
(Interreg V-A) Regno Unito-Irlanda (Ireland-Northern Ireland-Scotland)
IE011
Border
(1)
UKM32
Dumfries & Galloway
(1)
UKM33
East Ayrshire and North Ayrshire mainland
(1)
UKM37
South Ayrshire
(1)
UKM63
Lochaber, Skye & Lochalsh, Arran & Cumbrae and Argyll & Bute
(1)
UKN03
East of Northern Ireland
(1)
UKN04
North of Northern Ireland
(1)
UKN05
West and South of Northern Ireland
(1)
UKM64
Eilean Siar (Western Isles)
UKN01
Belfast
UKN02
Outer Belfast
2014TC16RFCB048
UK-IE
(Interreg V-A) Regno Unito-Irlanda (Ireland-Wales)
IE021
Dublin
(1)
IE022
Mid-East
(1)
IE024
South-East (IE)
(1)
IE025
South-West (IE)
UKL11
Isle of Anglesey
(1)
UKL12
Gwynedd
(1)
UKL13
Conwy and Denbighshire
(1)
UKL14
South West Wales
(1)
UKL18
Swansea
UKL23
Flintshire and Wrexham
2014TC16RFCB049
HU-RO
(Interreg V-A) Ungheria-Romania
HU321
Hajdú-Bihar
(1)
HU323
Szabolcs-Szatmár-Bereg
(1)
HU332
Békés
(1)
HU333
Csongrád
(1)
RO111
Bihor
(1)
RO115
Satu Mare
(1)
RO421
Arad
(1)
RO424
Timiş
(1)
2014TC16RFCB050
EE-LV
(Interreg V-A) Estonia-Lettonia
EE004
Lääne-Eesti
(1)
EE008
Lõuna-Eesti
(1)
LV003
Kurzeme
(1)
LV006
Rīga
(1)
LV007
Pierīga
(1)
LV008
Vidzeme
(1)
2014TC16RFCB051
FR
(Interreg V-A) Francia (Mayotte/Comores/Madagascar)
YT
Mayotte
KM
Comoros
(2)
MG
Madagascar
(2)
2014TC16RFCB052
IT-AT
(Interreg V-A) Italia-Austria
AT211
Klagenfurt-Villach
(1)
AT212
Oberkärnten
(1)
AT213
Unterkärnten
(1)
AT321
Lungau
AT322
Pinzgau-Pongau
(1)
AT323
Salzburg und Umgebung
(1)
AT331
Außerfern
(1)
AT332
Innsbruck
(1)
AT333
Osttirol
(1)
AT334
Tiroler Oberland
(1)
AT335
Tiroler Unterland
(1)
ITH10
Bolzano-Bozen
(1)
ITH32
Vicenza
ITH33
Belluno
(1)
ITH34
Treviso
ITH41
Pordenone
ITH42
Udine
(1)
ITH43
Gorizia
(1)
ITH44
Trieste
(1)
2014TC16RFCB053
SI-HU
(Interreg V-A) Slovenia-Ungheria
HU222
Vas
(1)
HU223
Zala
(1)
SI011
Pomurska
(1)
SI012
Podravska
(1)
2014TC16RFCB054
SI-AT
(Interreg V-A) Slovenia-Austria
AT111
Mittelburgenland
(1)
AT113
Südburgenland
(1)
AT211
Klagenfurt-Villach
(1)
AT212
Oberkärnten
(1)
AT213
Unterkärnten
(1)
AT221
Graz
AT223
Östliche Obersteiermark
AT224
Oststeiermark
(1)
AT225
West- und Südsteiermark
(1)
AT226
Westliche Obersteiermark
SI011
Pomurska
(1)
SI012
Podravska
(1)
SI013
Koroška
(1)
SI014
Savinjska
(1)
SI015
Zasavska
SI021
Osrednjeslovenska
SI022
Gorenjska
(1)
SI023
Goriška
(1)
2014TC16RFCB055
EL-CY
(Interreg V-A) Grecia-Cipro
CY000
Κύπρος (Kýpros)
(1)
EL411
Λέσβος (Lesvos)
(1)
EL412
Σάμος (Samos)
(1)
EL413
Χίος (Chios)
(1)
EL421
Δωδεκάνησος (Dodekanisos)
(1)
EL422
Κυκλάδες (Kyklades)
(1)
EL431
Ηράκλειο (Irakleio)
(1)
EL432
Λασίθι (Lasithi)
(1)
EL433
Ρεθύμνη (Rethymni)
(1)
EL434
Χανιά (Chania)
(1)
2014TC16RFCB056
DE-DK
(Interreg V-A) Germania-Danimarca
DEF01
Flensburg, Kreisfreie Stadt
(1)
DEF02
Kiel, Kreisfreie Stadt
(1)
DEF03
Lübeck, Kreisfreie Stadt
(1)
DEF04
Neumünster, Kreisfreie Stadt
DEF07
Nordfriesland
(1)
DEF08
Ostholstein
(1)
DEF0A
Plön
(1)
DEF0B
Rendsburg-Eckernförde
(1)
DEF0C
Schleswig-Flensburg
(1)
DK021
Østsjælland
(1)
DK022
Vest- og Sydsjælland
(1)
DK031
Fyn
(1)
DK032
Sydjylland
(1)
2014TC16RFPC001
IE/UK
Irlanda-Regno Unito (PEACE)
IE011
Border
(1)
UKN03
East of Northern Ireland
(1)
UKN04
North of Northern Ireland
(1)
UKN05
West and South of Northern Ireland
(1)
UKN01
Belfast
UKN02
Outer Belfast
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Caraibi
FR
(Interreg V-A) Francia (Guadeloupe-Martinique-Organisation des Etats de la Caraïbe orientale)
FR910
Guadeloupe
(1)
FR920
Martinique
(1)
AG
Antigua and Barbuda
(2)
AI
Anguilla (Overseas country and territory)
(2)
DM
Dominica
(2)
GD
Grenada
(2)
MS
Montserrat (Overseas country and territory)
(2)
KN
Saint Kitts and Nevis
(2)
LC
Saint Lucia
(2)
VC
Saint Vincent and the Grenadines
(2)
VG
British Virgin Islands (Overseas country and territory)
(2)
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Oceano Indiano
FR
(Interreg V-A) Francia (Réunion-Pays de la Commission de l'Océan Indien)
FR940
Réunion
MU
Maurice
(2)
MG
Madagascar
(2)
KM
Comoros
(2)
SC
Seychelles
(2)
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Amazzonia
FR
(Interreg V-A) Francia/Guiana-Brasile-Suriname (Amazonie)
FR930
Guyane
(1)
BR
Stato di Amapa
(2)
SR
Suriname
(2)
(1) Regioni figuranti nell'elenco delle regioni cui sono destinate le dotazioni del FESR.
(2) Regioni di paesi terzi o di paesi e territori d'oltremare (PTOM).
ALLEGATO II
Regioni prese in considerazione per le dotazioni del FESR alla cooperazione transfrontaliera, ma non appartenenti alle zone contemplate da un programma transfrontaliero di cui all'allegato I
BG341
Бургас (Burgas)
BG343
Ямбол (Yambol)
BG412
София (Sofia)
BG414
Перник (Pernik)
BG415
Кюстендил (Kyustendil)
EL123
Κιλκίς (Kilkis)
EL124
Πέλλα (Pella)
EL127
Χαλκιδική (Chalkidiki)
EL132
Καστοριά (Kastoria)
EL134
Φλώρινα (Florina)
EL143
Μαγνησία (Magnisia)
EL242
Εύβοια (Evvoia)
ES611
Almería
ES614
Granada
ES617
Málaga
ES630
Ceuta
ES640
Melilla
HR04A
Brodsko-posavska županija
HR04E
Sisačko-moslavačka županija
HU331
Bács-Kiskun
PL122
Ostrołęcko-siedlecki
PL311
Bialski
PL312
Chełmsko-zamojski
PL344
Łomżyński
PL622
Olsztyński
RO114
Maramureş
RO212
Botoşani
RO213
Iaşi
RO215
Suceava
RO216
Vaslui
RO221
Brăila
RO224
Galaţi
RO225
Tulcea
RO422
Caraş-Severin
FI1D1
Etelä-Savo
FI1D3
Pohjois-Karjala
FI1D4
Kainuu
ALLEGATO III
Elenco delle zone che ricevono un sostegno, ripartite per programma di cooperazione transfrontaliera
(Interreg V-B) ADRIATICO-MAR IONIO
EL11
Aνατολική Μακεδονία, Θράκη (Anatoliki Makedonia, Thraki)
EL12
Κεντρική Μακεδονία (Kentriki Makedonia)
EL13
Δυτική Μακεδονία (Dytiki Makedonia)
EL14
Θεσσαλία (Thessalia)
EL21
Ήπειρος (Ipeiros)
EL22
Ιόνια Νησιά (Ionia Nisia)
EL23
Δυτική Ελλάδα (Dytiki Ellada)
EL24
Στερεά Ελλάδα (Sterea Ellada)
EL25
Πελοπόννησος (Peloponnisos)
EL30
Aττική (Attiki)
EL41
Βόρειο Αιγαίο (Voreio Aigaio)
EL42
Νότιο Αιγαίο (Notio Aigaio)
EL43
Κρήτη (Kriti)
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
ITC4
Lombardia
ITF1
Abruzzo
ITF2
Molise
ITF4
Puglia
ITF5
Basilicata
ITF6
Calabria
ITG1
Sicilia
ITH1
Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen
ITH2
Provincia Autonoma di Trento
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli-Venezia Giulia
ITH5
Emilia-Romagna
ITI2
Umbria
ITI3
Marche
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
AL
Albania
BA
Bosnia-Erzegovina
ME
Montenegro
RS
Serbia
(Interreg V-B) AREA ALPINA
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE21
Oberbayern
DE27
Schwaben
FR42
Alsace
FR43
Franche-Comté
FR71
Rhône-Alpes
FR82
Provence-Alpes-Côte d'Azur
ITC1
Piemonte
ITC2
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
ITC3
Liguria
ITC4
Lombardia
ITH1
Provincia autonoma di Bolzano/Bozen
ITH2
Provincia autonoma di Trento
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli Venezia Giulia
AT11
Burgenland
AT12
Niederösterreich
AT13
Wien
AT21
Kärnten
AT22
Steiermark
AT31
Oberösterreich
AT32
Salzburg
AT33
Tirol
AT34
Vorarlberg
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
CH
Svizzera
LI
Liechtenstein
(Interreg V-B) AREA ATLANTICA
ES11
Galicia
ES12
Principado de Asturias
ES13
Cantabria
ES21
País Vasco
ES22
Comunidad Foral de Navarra
ES612
Cádiz
ES615
Huelva
ES618
Sevilla
ES70
Canarias
FR23
Haute-Normandie
FR25
Basse-Normandie
FR51
Pays de la Loire
FR52
Bretagne
FR53
Poitou-Charentes
FR61
Aquitaine
IE01
Border, Midland and Western
IE02
Southern and Eastern
PT11
Norte
PT15
Algarve
PT16
Centro (PT)
PT17
Lisboa
PT18
Alentejo
PT20
Região Autónoma dos Açores
PT30
Região Autónoma da Madeira
UKD1
Cumbria
UKD3
Greater Manchester
UKD4
Lancashire
UKD6
Cheshire
UKD7
Merseyside
UKK1
Gloucestershire, Wiltshire and Bristol/Bath area
UKK2
Dorset and Somerset
UKK3
Cornwall and Isles of Scilly
UKK4
Devon
UKL1
West Wales and The Valleys
UKL2
East Wales
UKM3
South Western Scotland
UKM6
Highlands and Islands
UKN0
Northern Ireland
(Interreg V-B) MAR BALTICO
DK01
Hovedstaden
DK02
Sjælland
DK03
Syddanmark
DK04
Midtjylland
DK05
Nordjylland
DE30
Berlin
DE40
Brandenburg
DE50
Bremen
DE60
Hamburg
DE80
Mecklenburg-Vorpommern
DE93
Lüneburg
DEF0
Schleswig-Holstein
EE00
Eesti
LV00
Latvija
LT00
Lietuva
PL11
Łódzkie
PL12
Mazowieckie
PL21
Małopolskie
PL22
Śląskie
PL31
Lubelskie
PL32
Podkarpackie
PL33
Świętokrzyskie
PL34
Podlaskie
PL41
Wielkopolskie
PL42
Zachodniopomorskie
PL43
Lubuskie
PL51
Dolnośląskie
PL52
Opolskie
PL61
Kujawsko-Pomorskie
PL62
Warmińsko-Mazurskie
PL63
Pomorskie
FI19
Länsi-Suomi
FI1B
Helsinki-Uusimaa
FI1C
Etelä-Suomi
FI1D
Pohjois- ja Itä-Suomi
FI20
Åland
SE11
Stockholm
SE12
Östra Mellansverige
SE21
Småland med öarna
SE22
Sydsverige
SE23
Västsverige
SE31
Norra Mellansverige
SE32
Mellersta Norrland
SE33
Övre Norrland
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
BY
Bielorussia
NO
Norvegia
RU
Arkhangelskaya Oblast
RU
Kaliningradskaya Oblast
RU
Repubblica di Karelya
RU
Repubblica di Komi
RU
Leningradskaya Oblast
RU
Murmanskaya Oblast
RU
Nenetskiy Okrug
RU
Novgorodskaya Oblast
RU
Pskovskaya Oblast
RU
San Pietroburgo
RU
Vologda Oblast
(Interreg V-B) CARAIBI
FR91
Guadeloupe/Saint-Martin
FR92
Martinique
FR93
Guyane
I seguenti paesi e territori d'oltremare (PTOM) e paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
AG
Antigua e Barbuda
AI
Anguilla (PTOM)
BQ
Bonaire (PTOM)
BQ
Sint Eustatius (PTOM)
BQ
Saba (PTOM)
CW
Curaçao (PTOM)
SX
Sint Maarten (PTOM)
AW
Aruba (PTOM)
BB
Barbados
BM
Bermuda (PTOM)
BS
Bahamas
BZ
Belize
CO
Colombia
CR
Costa Rica
CU
Cuba
DM
Dominica
DO
Repubblica dominicana
GD
Grenada
GT
Guatemala
GY
Guyana
HN
Honduras
HT
Haiti
JM
Jamaica
KN
Saint Kitts e Nevis
KY
Isole Cayman (PTOM)
LC
Santa Lucia
MS
Montserrat (PTOM)
MX
Messico
NI
Nicaragua
PA
Panama
PR
Portorico
SR
Suriname
SV
El Salvador
TC
Isole Turks e Caicos (PTOM)
TT
Trinidad e Tobago
VC
Saint Vincent e Grenadine
VE
Venezuela
VG
Isole Vergini britanniche (PTOM)
BR
Brasile (unicamente gli Stati di Amapa, Para, Amazonas e Roraima)
(Interreg V-B) EUROPA CENTRALE
CZ01
Praha
CZ02
Střední Čechy
CZ03
Jihozápad
CZ04
Severozápad
CZ05
Severovýchod
CZ06
Jihovýchod
CZ07
Střední Morava
CZ08
Moravskoslezsko
DE11
Stuttgart
DE12
Karlsruhe
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE21
Oberbayern
DE22
Niederbayern
DE23
Oberpfalz
DE24
Oberfranken
DE25
Mittelfranken
DE26
Unterfranken
DE27
Schwaben
DE30
Berlin
DE40
Brandenburg
DE80
Mecklenburg-Vorpommern
DED2
Dresden
DED4
Chemnitz
DED5
Leipzig
DEE0
Sachsen-Anhalt
DEG0
Thüringen
ITC1
Piemonte
ITC2
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
ITC3
Liguria
ITC4
Lombardia
ITH1
Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen
ITH2
Provincia Autonoma di Trento
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli-Venezia Giulia
ITH5
Emilia-Romagna
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
HU10
Közép-Magyarország
HU21
Közép-Dunántúl
HU22
Nyugat-Dunántúl
HU23
Dél-Dunántúl
HU31
Észak-Magyarország
HU32
Észak-Alföld
HU33
Dél-Alföld
AT11
Burgenland (AT)
AT12
Niederösterreich
AT13
Wien
AT21
Kärnten
AT22
Steiermark
AT31
Oberösterreich
AT32
Salzburg
AT33
Tirol
AT34
Vorarlberg
PL11
Łódzkie
PL12
Mazowieckie
PL21
Małopolskie
PL22
Śląskie
PL31
Lubelskie
PL32
Podkarpackie
PL33
Świętokrzyskie
PL34
Podlaskie
PL41
Wielkopolskie
PL42
Zachodniopomorskie
PL43
Lubuskie
PL51
Dolnośląskie
PL52
Opolskie
PL61
Kujawsko-Pomorskie
PL62
Warmińsko-Mazurskie
PL63
Pomorskie
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
SK01
Bratislavský kraj
SK02
Západné Slovensko
SK03
Stredné Slovensko
SK04
Východné Slovensko
(Interreg V-B) DANUBIO
AT11
Burgenland (AT)
AT12
Niederösterreich
AT13
Wien
AT21
Kärnten
AT22
Steiermark
AT31
Oberösterreich
AT32
Salzburg
AT33
Tirol
AT34
Vorarlberg
BG31
Северозападен (Severozapaden)
BG32
Северен централен (Severen tsentralen)
BG33
Североизточен (Severoiztochen)
BG34
Югоизточен (Yugoiztochen)
BG41
Югозападен (Yugozapaden)
BG42
Южен централен (Yuzhen tsentralen)
CZ01
Praha
CZ02
Střední Čechy
CZ03
Jihozápad
CZ04
Severozápad
CZ05
Severovýchod
CZ06
Jihovýchod
CZ07
Střední Morava
CZ08
Moravskoslezsko
DE11
Stuttgart
DE12
Karlsruhe
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE21
Oberbayern
DE22
Niederbayern
DE23
Oberpfalz
DE24
Oberfranken
DE25
Mittelfranken
DE26
Unterfranken
DE27
Schwaben
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
HU10
Közép-Magyarország
HU21
Közép-Dunántúl
HU22
Nyugat-Dunántúl
HU23
Dél-Dunántúl
HU31
Észak-Magyarország
HU32
Észak-Alföld
HU33
Dél-Alföld
RO11
Nord-Vest
RO12
Centru
RO21
Nord-Est
RO22
Sud-Est
RO31
Sud-Muntenia
RO32
Bucureşti-Ilfov
RO41
Sud-Vest Oltenia
RO42
Vest
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
SK01
Bratislavský kraj
SK02
Západné Slovensko
SK03
Stredné Slovensko
SK04
Východné Slovensko
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
BA
Bosnia-Erzegovina
ME
Montenegro
RS
Serbia
MD
Moldova
UA
Chernivetska Oblast
UA
Ivano-Frankiviska Oblast
UA
Zakarpatska Oblast
UA
Odessa Oblast
(Interreg V-B) OCEANO INDIANO
FR94
Réunion
YT
Mayotte
I seguenti PTOM e paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
KM
Comore
MG
Madagascar
MU
Maurizio
SC
Seychelles
ZA
Sudafrica
TZ
Tanzania
MZ
Mozambico
KE
Kenya
IN
India
LK
Sri Lanka
MV
Maldive
TF
Terre australi e antartiche francesi (PTOM)
AU
Australia
(Nell'ambito del programma di cooperazione transfrontaliera 2014TC16RFCB007) MAC (Madeira-Azzorre-Canarie)
ES70
Canarias
PT20
Região Autónoma dos Açores
PT30
Região Autónoma de Madeira
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
CV
Cabo Verde
MR
Mauritania
SN
Senegal
(Interreg V-B) MEDITERRANEO
(1)
EL 11
Aνατολική Μακεδονία, Θράκη (Anatoliki Makedonia, Thraki)
EL12
Κεντρική Μακεδονία (Kentriki Makedonia)
EL13
Δυτική Μακεδονία (Dytiki Makedonia)
EL14
Θεσσαλία (Thessalia)
EL21
Ήπειρος (Ipeiros)
EL22
Ιόνια Νησιά (Ionia Nisia)
EL23
Δυτική Ελλάδα (Dytiki Ellada)
EL24
Στερεά Ελλάδα (Sterea Ellada)
EL25
Πελοπόννησος (Peloponnisos)
EL30
Aττική (Attiki)
EL41
Βόρειο Αιγαίο (Voreio Aigaio)
EL42
Νότιο Αιγαίο (Notio Aigaio)
EL43
Κρήτη (Kriti)
ES24
Aragón
ES51
Cataluña
ES52
Comunidad Valenciana
ES53
Illes Balears
ES61
Andalucía
ES62
Región de Murcia
ES63
Ciudad Autónoma de Ceuta
ES64
Ciudad Autónoma de Melilla
FR62
Midi-Pyrénées
FR71
Rhône-Alpes
FR81
Languedoc-Roussillon
FR82
Provence-Alpes-Côte d'Azur
FR83
Corse
HR03
Jadranska Hrvatska
HR04
Kontinentalna Hrvatska
ITC1
Piemonte
ITC2
Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste
ITC3
Liguria
ITC4
Lombardia
ITF1
Abruzzo
ITF2
Molise
ITF3
Campania
ITF4
Puglia
ITF5
Basilicata
ITF6
Calabria
ITG1
Sicilia
ITG2
Sardegna
ITH3
Veneto
ITH4
Friuli-Venezia Giulia
ITH5
Emilia-Romagna
ITI1
Toscana
ITI2
Umbria
ITI3
Marche
ITI4
Lazio
CY00
Κύπρος (Kypros)
MT00
Malta
PT15
Algarve
PT17
Lisboa
PT18
Alentejo
SI01
Vzhodna Slovenija
SI02
Zahodna Slovenija
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
AL
Albania
BA
Bosnia-Erzegovina
ME
Montenegro
(Interreg V-B) ZONE PERIFERICHE SETTENTRIONALI E ARTICHE
IE01
Border, Midland and Western
IE02
Southern and Eastern
FI19
Länsi-Suomi
FI1D
Pohjois- ja Itä-Suomi
SE32
Mellersta Norrland
SE33
Övre Norrland
UKM3
South Western Scotland
UKM6
Highlands and Islands
UKN0
Northern Ireland
I seguenti PTOM, paesi terzi e altre zone sono elencati a titolo puramente informativo:
FO
Faer Øer
GL
Groenlandia (PTOM)
IS
Islanda
NO05
Vestlandet
NO06
Trondelag
NO07
Nord-Norge
NO043
Rogaland
SJ
Svalbard e Jan Mayen
(Interreg V-B) MARE DEL NORD
BE21
Prov. Antwerpen
BE23
Prov. Oost-Vlaanderen
BE25
Prov. West-Vlaanderen
DK01
Hovedstaden
DK02
Sjælland
DK03
Syddanmark
DK04
Midtjylland
DK05
Nordjylland
DE50
Bremen
DE60
Hamburg
DE91
Braunschweig
DE92
Hannover
DE93
Lüneburg
DE94
Weser-Ems
DEF0
Schleswig-Holstein
NL11
Groningen
NL12
Friesland
NL13
Drenthe
NL21
Overijssel
NL23
Flevoland
NL32
Noord-Holland
NL33
Zuid-Holland
NL34
Zeeland
SE22
Sydsverige (Skåne län)
SE31
Norra Mellansverige (Värmlands län)
SE21
Småland med öarna (Kronobergs län)
SE23
Västsverige
UKC1
Tees Valley and Durham
UKC2
Northumberland and Tyne and Wear
UKE1
East Yorkshire and Northern Lincolnshire
UKE2
North Yorkshire
UKE3
South Yorkshire
UKE4
West Yorkshire
UKF1
Derbyshire and Nottinghamshire
UKF2
Leicestershire, Rutland and Northamptonshire
UKF3
Lincolnshire
UKH1
East Anglia
UKH3
Essex
UKJ4
Kent
UKM5
North Eastern Scotland
UKM2
Eastern Scotland
UK M6
Highlands and Islands
Il seguente paese terzo è elencato a titolo puramente informativo:
NO
Norvegia
(Interreg V-B) EUROPA NORD-OCCIDENTALE
BE10
Région de Bruxelles-Capitale/Brussels Hoofdstedelijk Gewest
BE21
Prov. Antwerpen
BE22
Prov. Limburg (BE)
BE23
Prov. Oost-Vlaanderen
BE24
Prov. Vlaams-Brabant
BE25
Prov. West-Vlaanderen
BE31
Prov. Brabant Wallon
BE32
Prov. Hainaut
BE33
Prov. Liège
BE34
Prov. Luxembourg (BE)
BE35
Prov. Namur
DE11
Stuttgart
DE12
Karlsruhe
DE13
Freiburg
DE14
Tübingen
DE24
Oberfranken
DE25
Mittelfranken
DE26
Unterfranken
DE27
Schwaben
DE71
Darmstadt
DE72
Gießen
DE73
Kassel
DEA1
Düsseldorf
DEA2
Köln
DEA3
Münster
DEA4
Detmold
DEA5
Arnsberg
DEB1
Koblenz
DEB2
Trier
DEB3
Rheinhessen-Pfalz
DEC0
Saarland
FR10
Île de France
FR21
Champagne-Ardenne
FR22
Picardie
FR23
Haute-Normandie
FR24
Centre
FR25
Basse-Normandie
FR26
Bourgogne
FR30
Nord-Pas-de-Calais
FR41
Lorraine
FR42
Alsace
FR43
Franche-Comté
FR51
Pays de la Loire
FR52
Bretagne
IE01
Border, Midland and Western
IE02
Southern and Eastern
LU00
Luxembourg
NL21
Overijssel
NL22
Gelderland
NL23
Flevoland
NL31
Utrecht
NL32
Noord-Holland
NL33
Zuid-Holland
NL34
Zeeland
NL41
Noord-Brabant
NL42
Limburg (NL)
UKC1
Tees Valley and Durham
UKC2
Northumberland and Tyne and Wear
UKD1
Cumbria
UKD6
Cheshire
UKD3
Greater Manchester
UKD4
Lancashire
UKD7
Merseyside
UKE1
East Yorkshire and Northern Lincolnshire
UKE2
North Yorkshire
UKE3
South Yorkshire
UKE4
West Yorkshire
UKF1
Derbyshire and Nottinghamshire
UKF2
Leicestershire, Rutland and Northamptonshire
UKF3
Lincolnshire
UKG1
Herefordshire, Worcestershire and Warwickshire
UKG2
Shropshire and Staffordshire
UKG3
West Midlands
UKH1
East Anglia
UKH2
Bedfordshire and Hertfordshire
UKH3
Essex
UKI1
Inner London
UKI2
Outer London
UKJ1
Berkshire, Buckinghamshire and Oxfordshire
UKJ2
Surrey, East and West Sussex
UKJ3
Hampshire and Isle of Wight
UKJ4
Kent
UKK1
Gloucestershire, Wiltshire and Bristol/Bath area
UKK2
Dorset and Somerset
UKK3
Cornwall and Isles of Scilly
UKK4
Devon
UKL1
West Wales and The Valleys
UKL2
East Wales
UKM5
North Eastern Scotland
UKM2
Eastern Scotland
UKM3
South Western Scotland
UKM6
Highlands and Islands
UKN0
Northern Ireland
Il seguente paese terzo è elencato a titolo puramente informativo:
CH
Svizzera
(Interreg V-B) AMAZZONIA
FR93
Guyane
I seguenti paesi terzi o loro parti sono elencati a titolo puramente informativo:
BR
Brasile (unicamente gli Stati di Amapa, Para e Amazonas)
SR
Suriname
GY
Guyana
(Interreg V-B) EUROPA SUD-OCCIDENTALE
(2)
ES11
Galicia
ES12
Principado de Asturias
ES13
Cantabria
ES21
País Vasco
ES22
Comunidad Foral de Navarra
ES23
La Rioja
ES24
Aragón
ES30
Comunidad de Madrid
ES41
Castilla y León
ES42
Castilla-La Mancha
ES43
Extremadura
ES51
Cataluña
ES52
Comunidad Valenciana
ES53
Illes Balears
ES61
Andalucía
ES62
Región de Murcia
ES63
Ciudad Autónoma de Ceuta
ES64
Ciudad Autónoma de Melilla
FR53
Poitou-Charentes
FR61
Aquitaine
FR62
Midi-Pyrénées
FR63
Limousin
FR72
Auvergne
FR81
Languedoc-Roussillon
PT11
Norte
PT15
Algarve
PT16
Centro (PT)
PT17
Lisboa
PT18
Alentejo
Il seguente paese terzo è elencato a titolo puramente informativo:
AD
Andorra
(Interreg V-B) BALCANI-MEDITERRANEO
BG31
Северозападен (Severozapaden)
BG32
Северен централен (Severen tsentralen)
BG33
Североизточен (Severoiztochen)
BG34
Югоизточен (Yugoiztochen)
BG41
Югозападен (Yugozapaden)
BG42
Южен централен (Yuzhen tsentralen)
EL11
Aνατολική Μακεδονία, Θράκη (Anatoliki Makedonia, Thraki)
EL12
Κεντρική Μακεδονία (Kentriki Makedonia)
EL13
Δυτική Μακεδονία (Dytiki Makedonia)
EL14
Θεσσαλία (Thessalia)
EL21
Ήπειρος (Ipeiros)
EL22
Ιόνια Νησιά (Ionia Nisia)
EL23
Δυτική Ελλάδα (Dytiki Ellada)
EL24
Στερεά Ελλάδα (Sterea Ellada)
EL25
Πελοπόννησος (Peloponnisos)
EL30
Aττική (Attiki)
EL41
Βόρειο Αιγαίο (Voreio Aigaio)
EL42
Νότιο Αιγαίο (Notio Aigaio)
EL43
Κρήτη (Kriti)
CY00
Κύπρος (Kýpros)
I seguenti paesi terzi sono elencati a titolo puramente informativo:
MK
Ex Repubblica jugoslava di Macedonia
AL
Albania
(1) L'area include anche Gibilterra.
(2) L'area include anche Gibilterra.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Cooperazione regionale transfrontaliera: ammissibilità al finanziamento
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Elenca le regioni e le aree ammissibili ai finanziamenti dell’UE dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per attuare iniziative transfrontaliere e transnazionali di cooperazione territoriale europea (ETC) per il periodo 2014-2020.
PUNTI CHIAVE
Le regioni e le aree interessate ricevono un finanziamento specifico per progetti che coinvolgono la cooperazione con le regioni di altri paesi dell’UE. Gli allegati elencano gruppi di regioni e aree per obiettivi ETC:Cooperazione transfrontaliera: programmi realizzati congiuntamente da regioni confinanti adiacenti o marittime da due o più paesi dell’UE. Sono inclusi programmi congiunti che coinvolgono le regioni limitrofe di paesi dell’UE e di paesi terzi, a condizione che le regioni non comunitarie non siano coperte da programmi nell’ambito degli strumenti finanziari esterni* dell’UE.Piccole regioni (NUTS 3*) che non fanno parte di un’area transfrontaliera e che sono coperti dagli strumenti finanziari esterni dell’UE.Cooperazione transnazionale: programmi che coinvolgono partner nazionali, regionali e locali su settori di cooperazione più ampi, come la regione del Mar Baltico.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE
È stata applicata dal18 giugno 2014.
CONTESTO
ETC (o Interreg) è un programma comunitario che incoraggia programmi, progetti e reti comuni tra regioni di diversi paesi dell’UE e tra regioni dei paesi dell’UE e delle regioni vicine non UE.L’ETC consente alle regioni e alle città di lavorare insieme su questioni pratiche, a condividere le conoscenze e imparare l’una dall’altra, per migliorare l’integrazione e la qualità della vita oltre i confini.Il FESR sostiene progetti di politica regionale finalizzati a correggere gli squilibri tra le regioni dell’UE e rafforzando così la coesione economica e sociale.
Per ulteriori informazioni, consultare:Cooperazione territoriale europea (ETC) (Commissione europea)Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) (Commissione europea)
TERMINI CHIAVE
Strumenti finanziari esterni: questi progetti di sostegno che promuovono gli interessi e valori europei nei paesi extra-UE, ad esempio «Sviluppo economico nelle regioni meno ricche»; «Pace, democrazia e diritti umani; Le riforme del settore pubblico nei paesi candidati dell’UE» ecc.
NUTS 3: la nomenclatura delle unità territoriali di statistica (NUTS) definisce le regioni NUTS 3 come quelle le cui unità amministrative hanno una popolazione media compresa tra 150 000 e 800 000.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione di esecuzione della Commissione 2014/388/UE, del 16 giugno 2014, che stabilisce l’elenco delle regioni e delle zone ammissibili a un finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale nel quadro delle componenti transfrontaliere e transnazionali dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea per il periodo 2014-2020 (GU L 183, 24.6.2014, pagg. 75-134)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347, 20.12.2013, pagg. 259-280)
Successive modifiche al regolamento (UE) n. 1299/2013 sono state incorporate nel testo originale. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario.
Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento per l’assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77, 15.3.2014, pagg. 11-26)
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77, 15.3.2014, pagg. 27-43)
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154, 21.6.2003, pagg. 1-41)
Si veda la versione consolidata. |
Programmi di cooperazione territoriale europea: dotazione finanziaria
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Stabilisce l’elenco dei programmi di cooperazione ai sensi dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea per il periodo 2014-2020 e il sostegno finanziario dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma.
PUNTI CHIAVE
Programmi di cooperazione transfrontaliera (Interreg A)
La cooperazione transfrontaliera si riferisce alla cooperazione tra regioni NUTS II da almeno due diversi paesi dell’UE situati direttamente sulle frontiere o in prossimità delle stesse. Si propone di affrontare sfide comuni e potenziale di crescita nelle zone di frontiera.
Sono 60 i programmi di cooperazione transfrontaliera, per un contributo globale del FESR pari a 6 597 822 373 di euro.
Programmi di cooperazione transnazionale (Interreg B)
La cooperazione transnazionale prevede che regioni da diversi paesi dell’UE formino zone più ampie per affrontare problemi comuni. Interreg B sostiene investimenti in progetti afferenti a una vasta gamma di settori, compresi l’innovazione, l’ambiente, l’accessibilità, le telecomunicazioni e lo sviluppo urbano e può includere paesi dell’UE in partenariato con paesi extra UE all’interno dell’Europa e di paesi in altri continenti.
Sono 15 i programmi di cooperazione transnazionale, per un contributo globale del FESR pari a 2 119 431 627 di euro.
Programmi di cooperazione interregionale (Interreg C)
La cooperazione interregionale lavora in tutta Europa, compresi i paesi extra UE. Costruisce reti per sviluppare buone pratiche e incoraggia le regioni che hanno avuto successo a condividere le loro esperienze, illustrando cosa le regioni fanno bene a vantaggio di altri.
Sono 4 i programmi di cooperazione interregionale, per un contributo totale del FESR pari a 514 397 835 di euro.
Programmi transfrontalieri nell’ambito di IPA II
Questa seconda fase dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) si propone di aiutare i paesi che intendono entrare a far parte dell’UE ad attuare riforme globali per preparare la loro adesione. Tale obiettivo viene raggiunto soprattutto attraverso l’allineamento delle loro norme e delle loro politiche alle norme e alle prassi dell’UE. I paesi dell’UE coinvolti in programmi con paesi in preadesione sono la Bulgaria, Cipro, la Croazia, la Grecia, l’Italia, la Romania e l’Ungheria.
I programmi nell’ambito di IPA II comprendono un contributo totale del FESR pari a 242 207 412 di euro.
Programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell’ambito dell’ENI
Lo strumento europeo di vicinato (ENI) fornisce buona parte dei finanziamenti ai 16 paesi partner inclusi nella politica europea di vicinato (PEV). I paesi coperti dallo strumento europeo di vicinato sono Algeria, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Egitto, Georgia, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Moldova, Siria, Territori palestinesi occupati, Tunisia e Ucraina.
I programmi nell’ambito di ENI comprendono un bilancio totale del FESR pari a 634 425 381 di euro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È in vigore dal 17 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione territoriale europea (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione di esecuzione della Commissione 2014/366/UE, del 16 giugno 2014, che istituisce l’elenco dei programmi di cooperazione e indica l’importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale per ciascun programma nell’ambito dell’obiettivo «Cooperazione territoriale europea» per il periodo 2014-2020 (GU L 178 del 18.6.2014, pag. 18).
Le modifiche successive alla decisione di esecuzione 2014/366/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione 2014/190/UE della Commissione, del 3 aprile 2014, che fissa la ripartizione annuale per Stato membro delle risorse globali per il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione a titolo dell’obiettivo «Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione» e dell’obiettivo «Cooperazione territoriale europea», la ripartizione annuale per Stato membro delle risorse della dotazione specifica per l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile e l’elenco delle regioni ammissibili nonché gli importi da trasferire dalle dotazioni del Fondo di coesione e dei fondi strutturali di ciascuno Stato membro al meccanismo per collegare l’Europa e agli aiuti agli indigenti per il periodo 2014-2020 (GU L 104 dell’8.4.2014, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
Si veda la versione consolidata. | DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE
del 16 giugno 2014
che istituisce l'elenco dei programmi di cooperazione e indica l'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale per ciascun programma nell'ambito dell'obiettivo «Cooperazione territoriale europea» per il periodo 2014-2020
[notificata con il numero C(2014) 3776]
(2014/366/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 4,
sentito il parere del comitato di coordinamento dei fondi europei strutturali e di investimento europei istituito dall'articolo 150, paragrafo 1, del regolamento (UE) n 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (2),
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 stabilisce le risorse totali disponibili per l'obiettivo «Cooperazione territoriale europea» e la loro ripartizione tra cooperazione transfrontaliera, cooperazione transnazionale e cooperazione interregionale.
(2)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013 la Commissione ha comunicato a ciascuno Stato membro la rispettiva quota degli importi globali destinati alla cooperazione transfrontaliera e transnazionale, ripartita per anno in conformità ai criteri e alla metodologia di cui al suddetto articolo.
(3)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013, sulla base degli importi comunicati ciascuno Stato membro ha notificato alla Commissione se e secondo quali modalità si è avvalso della possibilità di trasferimento di cui all'articolo 5 del medesimo regolamento e della conseguente ripartizione dei fondi tra i programmi transfrontalieri e transnazionali cui lo Stato membro partecipa.
(4)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013 il contributo del Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) ai programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell'ambito dello strumento europeo di vicinato (ENI) di cui al regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) e nell'ambito dell'assistenza preadesione (IPA II) di cui al regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) dovrebbe essere definito dalla Commissione e dagli Stati membri interessati. Poiché gli importi riguardanti il contributo del FESR ai programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell'ambito dell'ENI non sono ancora stati concordati la presente decisione stabilisce esclusivamente gli importi nell'ambito dell'IPA II.
(5)
L'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013 prevede che la Commissione adotti una decisione che definisce un elenco di tutti i programmi di cooperazione e indica l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma.
(6)
È pertanto necessario istituire l'elenco dei programmi di cooperazione e indicare l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'elenco dei programmi di cooperazione transfrontaliera e l'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato I.
Articolo 2
L'elenco dei programmi di cooperazione transnazionale e l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato II.
Articolo 3
L'elenco dei programmi di cooperazione interregionale e l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato III.
Articolo 4
Il contributo del FESR ai programmi transfrontalieri nell'ambito dell'assistenza preadesione (IPA II) di cui al regolamento (UE) n. 231/2014 per ciascuno Stato membro è stabilito nell'allegato IV.
Articolo 5
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2014
Per la Commissione
Johannes HAHN
Membro della Commissione
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(3) Regolamento (CE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
(4) Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
ALLEGATO I
Elenco dei programmi di cooperazione transfrontaliera con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma di cooperazione transfrontaliera
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
Titolo del programma:
Paesi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16RFCB001
(Interreg V-A) NL-BE-DE — Belgio-Germania-Paesi Bassi (Euregio Meuse-Rhin/Euregio Maas-Rijn/Euregio Maas-Rhein)
BE-DE-NL
96 000 250
2
2014TC16RFCB002
(Interreg V-A) AT-CZ — Austria-Repubblica ceca
AT-CZ
97 814 933
3
2014TC16RFCB003
(Interreg V-A) SK-AT Slovacchia-Austria
SK-AT
75 892 681
4
2014TC16RFCB004
(Interreg V-A) AT-DE — Austria- Germania/Baviera (Bayern–Österreich)
AT-DE
54 478 064
5
2014TC16RFCB005
(Interreg V-A) ES-PT — Spagna-Portogallo (POCTEP)
ES-PT
288 977 635
6
2014TC16RFCB006
(Interreg V-A) ES-FR — Spagna-Francia–Andorra (POCTEFA)
ES-FR-AD
189 341 397
7
2014TC16RFCB007
(Interreg V-A) ES-PT- Spagna-Portogallo [Madera-Açores-Canarias (MAC)]
ES-PT
66 675 837
8
2014TC16RFCB008
(Interreg V-A) HU-HR — Ungheria-Croazia
HU-HR
60 824 406
9
2014TC16RFCB009
(Interreg V-A) Germania/Baviera-Repubblica ceca
DE-CZ
103 375 149
10
2014TC16RFCB010
(Interreg V-A) AT-HU Austria-Ungheria
AT-HU
78 847 880
11
2014TC16RFCB011
(Interreg V-A) Germania/Brandeburgo-Polonia
DE-PL
100 152 579
12
2014TC16RFCB012
(Interreg V-A) PL-SK Polonia-Slovacchia
PL-SK
154 988 723
13
2014TC16RFCB013
(Interreg V-A) Polonia-Danimarca-Germania-Lituania-Svezia (SOUTH BALTIC)
PL-DK-DE-LT-SE
82 978 784
14
2014TC16RFCB014
(Interreg V-A) Finlandia-Estonia-Lettonia-Svezia (Central Baltic)
FI-EE-LV-SE
122 360 390
15
2014TC16RFCB015
(Interreg V-A) HU-SK — Slovacchia-Ungheria
SK-HU
155 808 987
16
2014TC16RFCB016
(Interreg V-A) SE-NO — Svezia-Norvegia
SE-NO
47 199 965
17
2014TC16RFCB017
(Interreg V-A) Germania/Sassonia-Repubblica ceca
DE-CZ
157 967 067
18
2014TC16RFCB018
(Interreg V-A) Polonia-Germania/Sassonia
PL-DE
70 000 069
19
2014TC16RFCB019
(Interreg V-A) DE-PL Germania/Meclemburgo-Pomerania Occidentale/Brandeburgo-Polonia
DE-PL
134 000 414
20
2014TC16RFCB020
(Interreg V-A) EL-IT — Grecia-Italia
EL-IT
104 700 362
21
2014TC16RFCB021
(Interreg V-A) RO-BG — Romania-Bulgaria
RO-BG
215 745 513
22
2014TC16RFCB022
(Interreg V-A) EL-BG — Grecia-Bulgaria
EL-BG
110 241 234
23
2014TC16RFCB023
(Interreg V-A) DE-NL — Germania-Paesi Bassi
DE-NL
222 159 360
24
2014TC16RFCB024
(Interreg V-A) Germania-Austria-Svizzera-Liechtenstein (Alpenrhein-Bodensee-Hochrhein)
DE-AT-CH-LI
39 588 430
25
2014TC16RFCB025
(Interreg V-A) CZ-PL — Repubblica ceca — Polonia
CZ-PL
226 221 710
26
2014TC16RFCB026
(Interreg V-A) Svezia-Danimarca-Norvegia (Öresund-Kattegat-Skagerrak)
SE-DK-NO
135 688 261
27
2014TC16RFCB027
(Interreg V-A) LV-LT — Lettonia-Lituania
LV-LT
54 966 201
28
2014TC16RFCB028
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Botnia-Atlantica)
SE-FI-NO
36 334 420
29
2014TC16RFCB029
(Interreg V-A) SI-HR — Slovenia-Croazia
SI-HR
46 114 193
30
2014TC16RFCB030
(Interreg V-A) SK-CZ Slovacchia-Repubblica ceca
SK-CZ
90 139 463
31
2014TC16RFCB031
(Interreg V-A) LT-PL — Lituania-Polonia
LT-PL
51 488 135
32
2014TC16RFCB032
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Nord)
SE-FI-NO
41 951 870
33
2014TC16RFCB033
(Interreg V-A) IT-FR — Italia-Francia (Maritime)
IT-FR
169 702 411
34
2014TC16RFCB034
(Interreg V-A) IT-FR — Italia-Francia (ALCOTRA)
IT-FR
198 876 285
35
2014TC16RFCB035
(Interreg V-A) IT-CH — Italia-Svizzera
IT-CH
100 221 466
36
2014TC16RFCB036
(Interreg V-A) IT-SI — Italia-Slovenia
IT-SI
77 929 954
37
2014TC16RFCB037
(Interreg V-A) IT-MT — Italia-Malta
IT-MT
43 952 171
38
2014TC16RFCB038
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Paesi Bassi-Regno Unito (Les Deux Mers/Two seas/Twee Zeeën)
FR-NL-BE-UK
256 648 702
39
2014TC16RFCB039
(Interreg V-A) Francia-Germania-Svizzera (Rhin supérieur-Oberrhein)
FR-DE-CH
109 704 965
40
2014TC16RFCB040
(Interreg V-A) FR-UK — Francia-Regno Unito (Manche — Channel)
FR-UK
223 046 948
41
2014TC16RFCB041
(Interreg V-A) FR-CH Francia-Svizzera
FR-CH
65 890 505
42
2014TC16RFCB042
(Interreg V-A) IT-HR — Italia-Croazia
IT-HR
201 357 220
43
2014TC16RFCB043
(Interreg V-A) Francia (Saint Martin-Sint Maarten)
FR
10 000 000
44
2014TC16RFCB044
(Interreg V-A) BE-FR Belgio- Francia (France-Wallonia-Flanders)
BE-FR
169 977 045
45
2014TC16RFCB045
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Germania-Lussemburgo (Grande Région/Großregion)
FR-BE-DE-LU
139 802 646
46
2014TC16RFCB046
(Interreg V-A) Belgio-Paesi Bassi (Vlaanderen-Nederland)
BE-NL
152 575 585
47
2014TC16RFCB047
(Interreg V-A) UK-IE — Regno Unito — Irlanda (Ireland- North Ireland -Scotland)
UK-IE
240 347 696
48
2014TC16RFCB048
(Interreg V-A) IE-UK — Irlanda-Regno Unito (Ireland Wales)
IE-UK
79 198 450
49
2014TC16RFCB049
(Interreg V-A) HU-RO — Ungheria-Romania
HU-RO
189 138 672
50
2014TC16RFCB050
(Interreg V-A) EE-LV — Estonia-Lettonia
EE-LV
38 020 684
51
2014TC16RFCB051
(Interreg V-A) Francia (Mayotte/Comores/Madagascar)
FR
12 028 883
52
2014TC16RFCB052
(Interreg V-A) IT-AT — Italia-Austria
IT-AT
82 238 866
53
2014TC16RFCB053
(Interreg V-A) SI-HU — Slovenia-Ungheria
SI-HU
14 795 015
54
2014TC16RFCB054
(Interreg V-A) SI-AT Slovenia-Austria
SI-AT
47 988 355
55
2014TC16RFCB055
(Interreg V-A) EL-CY — Grecia — Cipro
EL-CY
45 961 551
56
2014TC16RFCB056
(Interreg V-A) DE-DK — Germania-Danimarca
DE — DK
89 634 975
57
2014TC16RFPC001
Irlanda-Regno Unito (PEACE)
IE-UK
229 169 320
58
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Caraibi
(Interreg V-A) Francia (Guadeloupe-Martinique-Organisation des Etats de la Caraïbe orientale)
FR
41 129 656
59
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Oceano Indiano
(Interreg V-A) Francia (Réunion-Pays de la Commission de l'Océan Indien)
FR
41 384 802
60
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Amazzonia
(Interreg V-A) Francia/Guyana-Brasile-Suriname (Amazonie)
FR
14 075 183
TOTALE:
6 597 822 373
ALLEGATO II
Elenco dei programmi di cooperazione transnazionale con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma di cooperazione transnazionale
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
Titolo del programma:
Stati membri
Paesi terzi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16M4TN002
(Interreg V-B)
ADRIATICO-MAR IONIO
Grecia — Croazia — Italia — Slovenia
Albania — Bosnia-Erzegovina — Montenegro — Serbia
83 467 729
2
2014TC16RFTN001
(Interreg V-B)
AREA ALPINA
Germania — Francia — Italia — Austria — Slovenia
Svizzera — Liechtenstein
116 635 466
3
2014TC16RFTN002
(Interreg V-B)
REGIONE ATLANTICA
Spagna — Francia — Irlanda — Portogallo — Regno Unito
N.D.
140 013 194
4
2014TC16M5TN001
(Interreg V-B)
MAR BALTICO
Danimarca — Germania — Estonia — Lettonia — Lituania — Polonia — Finlandia — Svezia
Bielorussia — Norvegia — Russia
263 830 658
5
2014TC16RFTN008
(Interreg V-B)
CARAIBI
Francia
Diversi paesi terzi e paesi o territori d'oltremare
23 163 249
6
2014TC16RFTN003
(Interreg V-B)
EUROPA CENTRALE
Repubblica ceca — Germania — Italia — Croazia — Ungheria — Austria — Polonia — Slovenia — Slovacchia
N.D.
246 581 112
7
2014TC16M6TN001
(Interreg V-B)
DANUBIO
Austria — Bulgaria — Repubblica ceca — Germania — Croazia — Ungheria — Romania — Slovenia — Slovacchia
Bosnia-Erzegovina — Montenegro — Serbia — Moldova — Ucraina
202 095 405
8
2014TC16RFTN009
(Interreg V-B)
OCEANO INDIANO
Francia
Diversi paesi terzi e paesi o territori d'oltremare
21 772 585
—
Da includere nel CBC MAC
MAC (Madera-Azzorre-Canarie)
Spagna — Portogallo
Mauritania- Capo Verde — Senegal
43 986 995
9
2014TC16M4TN001
(Interreg V-B)
MEDITERRANEO
Grecia — Spagna — Francia — Croazia — Italia — Cipro — Malta — Portogallo — Slovenia — Regno Unito
Albania — Bosnia-Erzegovina — Montenegro
224 322 525
10
2014TC16RFTN004
(Interreg V-B)
ZONE PERIFERICHE SETTENTRIONALI e ARTICHE
Irlanda — Finlandia — Svezia — Regno Unito
Diversi paesi terzi e altri territori
50 209 899
11
2014TC16RFTN005
(Interreg V-B)
MARE DEL NORD
Belgio — Danimarca — Germania — Paesi Bassi — Svezia — Regno Unito
Norvegia
167 253 971
12
2014TC16RFTN006
(Interreg V-B)
EUROPA NORD-OCCIDENTALE
Belgio — Germania — Francia — Irlanda — Lussemburgo — Paesi Bassi — Regno Unito
Svizzera
396 134 342
13
2014TC16RFTN010
(Interreg V-B)
AMAZZONIA
Francia
Brasile — Suriname — Guyana
4 823 866
14
2014TC16RFTN007
(Interreg V-B)
EUROPA SUD-OCCIDENTALE
Spagna — Francia — Portogallo — Regno Unito
Andorra
106 810 523
15
2014TC16M4TN003
(Interreg V-B)
REGIONE BALCANICO-MEDITERRANEA
Bulgaria — Grecia — Cipro
Albania — Ex Repubblica iugoslava di Macedonia
28 330 108
TOTALE:
2 119 431 627
ALLEGATO III
Elenco dei programmi di cooperazione interregionale con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma di cooperazione interregionale
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
TITOLO DEL PROGRAMMA:
Stati membri
Paesi terzi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16RFIR001
Interreg EUROPE
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
359 326 320
2
2014TC16RFIR002
INTERACT
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
39 392 587
3
2014TC16RFIR003
URBACT
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
74 301 909
4
2014TC16RFIR004
ESPON
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia Islanda-Liechtenstein
41 377 019
TOTALE:
514 397 835
ALLEGATO IV
Contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per i programmi transfrontalieri nell'ambito dello strumento IPA II per alcuni Stati membri
Prezzi correnti in EUR
Stati membri
TRASFERIMENTO ALL'IPA
Bulgaria
35 362 904
Grecia
49 704 421
Croazia
45 724 252
Italia
39 400 711
Cipro
2 000 000
Ungheria
32 562 000
Romania
37 453 124
TOTALE:
242 207 412
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE
del 16 giugno 2014
che istituisce l'elenco dei programmi di cooperazione e indica l'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale per ciascun programma nell'ambito dell'obiettivo «Cooperazione territoriale europea» per il periodo 2014-2020
[notificata con il numero C(2014) 3776]
(2014/366/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 4,
sentito il parere del comitato di coordinamento dei fondi europei strutturali e di investimento europei istituito dall'articolo 150, paragrafo 1, del regolamento (UE) n 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (2),
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 stabilisce le risorse totali disponibili per l'obiettivo «Cooperazione territoriale europea» e la loro ripartizione tra cooperazione transfrontaliera, cooperazione transnazionale e cooperazione interregionale.
(2)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013 la Commissione ha comunicato a ciascuno Stato membro la rispettiva quota degli importi globali destinati alla cooperazione transfrontaliera e transnazionale, ripartita per anno in conformità ai criteri e alla metodologia di cui al suddetto articolo.
(3)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013, sulla base degli importi comunicati ciascuno Stato membro ha notificato alla Commissione se e secondo quali modalità si è avvalso della possibilità di trasferimento di cui all'articolo 5 del medesimo regolamento e della conseguente ripartizione dei fondi tra i programmi transfrontalieri e transnazionali cui lo Stato membro partecipa.
(4)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013 il contributo del Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) ai programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell'ambito dello strumento europeo di vicinato (ENI) di cui al regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) e nell'ambito dell'assistenza preadesione (IPA II) di cui al regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) dovrebbe essere definito dalla Commissione e dagli Stati membri interessati. Poiché gli importi riguardanti il contributo del FESR ai programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell'ambito dell'ENI non sono ancora stati concordati la presente decisione stabilisce esclusivamente gli importi nell'ambito dell'IPA II.
(5)
L'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013 prevede che la Commissione adotti una decisione che definisce un elenco di tutti i programmi di cooperazione e indica l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma.
(6)
È pertanto necessario istituire l'elenco dei programmi di cooperazione e indicare l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'elenco dei programmi di cooperazione transfrontaliera e l'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato I.
Articolo 2
L'elenco dei programmi di cooperazione transnazionale e l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato II.
Articolo 3
L'elenco dei programmi di cooperazione interregionale e l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato III.
Articolo 4
Il contributo del FESR ai programmi transfrontalieri nell'ambito dell'assistenza preadesione (IPA II) di cui al regolamento (UE) n. 231/2014 per ciascuno Stato membro è stabilito nell'allegato IV.
Articolo 5
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2014
Per la Commissione
Johannes HAHN
Membro della Commissione
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(3) Regolamento (CE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
(4) Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
ALLEGATO I
Elenco dei programmi di cooperazione transfrontaliera con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma di cooperazione transfrontaliera
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
Titolo del programma:
Paesi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16RFCB001
(Interreg V-A) NL-BE-DE — Belgio-Germania-Paesi Bassi (Euregio Meuse-Rhin/Euregio Maas-Rijn/Euregio Maas-Rhein)
BE-DE-NL
96 000 250
2
2014TC16RFCB002
(Interreg V-A) AT-CZ — Austria-Repubblica ceca
AT-CZ
97 814 933
3
2014TC16RFCB003
(Interreg V-A) SK-AT Slovacchia-Austria
SK-AT
75 892 681
4
2014TC16RFCB004
(Interreg V-A) AT-DE — Austria- Germania/Baviera (Bayern–Österreich)
AT-DE
54 478 064
5
2014TC16RFCB005
(Interreg V-A) ES-PT — Spagna-Portogallo (POCTEP)
ES-PT
288 977 635
6
2014TC16RFCB006
(Interreg V-A) ES-FR — Spagna-Francia–Andorra (POCTEFA)
ES-FR-AD
189 341 397
7
2014TC16RFCB007
(Interreg V-A) ES-PT- Spagna-Portogallo [Madera-Açores-Canarias (MAC)]
ES-PT
66 675 837
8
2014TC16RFCB008
(Interreg V-A) HU-HR — Ungheria-Croazia
HU-HR
60 824 406
9
2014TC16RFCB009
(Interreg V-A) Germania/Baviera-Repubblica ceca
DE-CZ
103 375 149
10
2014TC16RFCB010
(Interreg V-A) AT-HU Austria-Ungheria
AT-HU
78 847 880
11
2014TC16RFCB011
(Interreg V-A) Germania/Brandeburgo-Polonia
DE-PL
100 152 579
12
2014TC16RFCB012
(Interreg V-A) PL-SK Polonia-Slovacchia
PL-SK
154 988 723
13
2014TC16RFCB013
(Interreg V-A) Polonia-Danimarca-Germania-Lituania-Svezia (SOUTH BALTIC)
PL-DK-DE-LT-SE
82 978 784
14
2014TC16RFCB014
(Interreg V-A) Finlandia-Estonia-Lettonia-Svezia (Central Baltic)
FI-EE-LV-SE
122 360 390
15
2014TC16RFCB015
(Interreg V-A) HU-SK — Slovacchia-Ungheria
SK-HU
155 808 987
16
2014TC16RFCB016
(Interreg V-A) SE-NO — Svezia-Norvegia
SE-NO
47 199 965
17
2014TC16RFCB017
(Interreg V-A) Germania/Sassonia-Repubblica ceca
DE-CZ
157 967 067
18
2014TC16RFCB018
(Interreg V-A) Polonia-Germania/Sassonia
PL-DE
70 000 069
19
2014TC16RFCB019
(Interreg V-A) DE-PL Germania/Meclemburgo-Pomerania Occidentale/Brandeburgo-Polonia
DE-PL
134 000 414
20
2014TC16RFCB020
(Interreg V-A) EL-IT — Grecia-Italia
EL-IT
104 700 362
21
2014TC16RFCB021
(Interreg V-A) RO-BG — Romania-Bulgaria
RO-BG
215 745 513
22
2014TC16RFCB022
(Interreg V-A) EL-BG — Grecia-Bulgaria
EL-BG
110 241 234
23
2014TC16RFCB023
(Interreg V-A) DE-NL — Germania-Paesi Bassi
DE-NL
222 159 360
24
2014TC16RFCB024
(Interreg V-A) Germania-Austria-Svizzera-Liechtenstein (Alpenrhein-Bodensee-Hochrhein)
DE-AT-CH-LI
39 588 430
25
2014TC16RFCB025
(Interreg V-A) CZ-PL — Repubblica ceca — Polonia
CZ-PL
226 221 710
26
2014TC16RFCB026
(Interreg V-A) Svezia-Danimarca-Norvegia (Öresund-Kattegat-Skagerrak)
SE-DK-NO
135 688 261
27
2014TC16RFCB027
(Interreg V-A) LV-LT — Lettonia-Lituania
LV-LT
54 966 201
28
2014TC16RFCB028
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Botnia-Atlantica)
SE-FI-NO
36 334 420
29
2014TC16RFCB029
(Interreg V-A) SI-HR — Slovenia-Croazia
SI-HR
46 114 193
30
2014TC16RFCB030
(Interreg V-A) SK-CZ Slovacchia-Repubblica ceca
SK-CZ
90 139 463
31
2014TC16RFCB031
(Interreg V-A) LT-PL — Lituania-Polonia
LT-PL
51 488 135
32
2014TC16RFCB032
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Nord)
SE-FI-NO
41 951 870
33
2014TC16RFCB033
(Interreg V-A) IT-FR — Italia-Francia (Maritime)
IT-FR
169 702 411
34
2014TC16RFCB034
(Interreg V-A) IT-FR — Italia-Francia (ALCOTRA)
IT-FR
198 876 285
35
2014TC16RFCB035
(Interreg V-A) IT-CH — Italia-Svizzera
IT-CH
100 221 466
36
2014TC16RFCB036
(Interreg V-A) IT-SI — Italia-Slovenia
IT-SI
77 929 954
37
2014TC16RFCB037
(Interreg V-A) IT-MT — Italia-Malta
IT-MT
43 952 171
38
2014TC16RFCB038
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Paesi Bassi-Regno Unito (Les Deux Mers/Two seas/Twee Zeeën)
FR-NL-BE-UK
256 648 702
39
2014TC16RFCB039
(Interreg V-A) Francia-Germania-Svizzera (Rhin supérieur-Oberrhein)
FR-DE-CH
109 704 965
40
2014TC16RFCB040
(Interreg V-A) FR-UK — Francia-Regno Unito (Manche — Channel)
FR-UK
223 046 948
41
2014TC16RFCB041
(Interreg V-A) FR-CH Francia-Svizzera
FR-CH
65 890 505
42
2014TC16RFCB042
(Interreg V-A) IT-HR — Italia-Croazia
IT-HR
201 357 220
43
2014TC16RFCB043
(Interreg V-A) Francia (Saint Martin-Sint Maarten)
FR
10 000 000
44
2014TC16RFCB044
(Interreg V-A) BE-FR Belgio- Francia (France-Wallonia-Flanders)
BE-FR
169 977 045
45
2014TC16RFCB045
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Germania-Lussemburgo (Grande Région/Großregion)
FR-BE-DE-LU
139 802 646
46
2014TC16RFCB046
(Interreg V-A) Belgio-Paesi Bassi (Vlaanderen-Nederland)
BE-NL
152 575 585
47
2014TC16RFCB047
(Interreg V-A) UK-IE — Regno Unito — Irlanda (Ireland- North Ireland -Scotland)
UK-IE
240 347 696
48
2014TC16RFCB048
(Interreg V-A) IE-UK — Irlanda-Regno Unito (Ireland Wales)
IE-UK
79 198 450
49
2014TC16RFCB049
(Interreg V-A) HU-RO — Ungheria-Romania
HU-RO
189 138 672
50
2014TC16RFCB050
(Interreg V-A) EE-LV — Estonia-Lettonia
EE-LV
38 020 684
51
2014TC16RFCB051
(Interreg V-A) Francia (Mayotte/Comores/Madagascar)
FR
12 028 883
52
2014TC16RFCB052
(Interreg V-A) IT-AT — Italia-Austria
IT-AT
82 238 866
53
2014TC16RFCB053
(Interreg V-A) SI-HU — Slovenia-Ungheria
SI-HU
14 795 015
54
2014TC16RFCB054
(Interreg V-A) SI-AT Slovenia-Austria
SI-AT
47 988 355
55
2014TC16RFCB055
(Interreg V-A) EL-CY — Grecia — Cipro
EL-CY
45 961 551
56
2014TC16RFCB056
(Interreg V-A) DE-DK — Germania-Danimarca
DE — DK
89 634 975
57
2014TC16RFPC001
Irlanda-Regno Unito (PEACE)
IE-UK
229 169 320
58
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Caraibi
(Interreg V-A) Francia (Guadeloupe-Martinique-Organisation des Etats de la Caraïbe orientale)
FR
41 129 656
59
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Oceano Indiano
(Interreg V-A) Francia (Réunion-Pays de la Commission de l'Océan Indien)
FR
41 384 802
60
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Amazzonia
(Interreg V-A) Francia/Guyana-Brasile-Suriname (Amazonie)
FR
14 075 183
TOTALE:
6 597 822 373
ALLEGATO II
Elenco dei programmi di cooperazione transnazionale con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma di cooperazione transnazionale
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
Titolo del programma:
Stati membri
Paesi terzi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16M4TN002
(Interreg V-B)
ADRIATICO-MAR IONIO
Grecia — Croazia — Italia — Slovenia
Albania — Bosnia-Erzegovina — Montenegro — Serbia
83 467 729
2
2014TC16RFTN001
(Interreg V-B)
AREA ALPINA
Germania — Francia — Italia — Austria — Slovenia
Svizzera — Liechtenstein
116 635 466
3
2014TC16RFTN002
(Interreg V-B)
REGIONE ATLANTICA
Spagna — Francia — Irlanda — Portogallo — Regno Unito
N.D.
140 013 194
4
2014TC16M5TN001
(Interreg V-B)
MAR BALTICO
Danimarca — Germania — Estonia — Lettonia — Lituania — Polonia — Finlandia — Svezia
Bielorussia — Norvegia — Russia
263 830 658
5
2014TC16RFTN008
(Interreg V-B)
CARAIBI
Francia
Diversi paesi terzi e paesi o territori d'oltremare
23 163 249
6
2014TC16RFTN003
(Interreg V-B)
EUROPA CENTRALE
Repubblica ceca — Germania — Italia — Croazia — Ungheria — Austria — Polonia — Slovenia — Slovacchia
N.D.
246 581 112
7
2014TC16M6TN001
(Interreg V-B)
DANUBIO
Austria — Bulgaria — Repubblica ceca — Germania — Croazia — Ungheria — Romania — Slovenia — Slovacchia
Bosnia-Erzegovina — Montenegro — Serbia — Moldova — Ucraina
202 095 405
8
2014TC16RFTN009
(Interreg V-B)
OCEANO INDIANO
Francia
Diversi paesi terzi e paesi o territori d'oltremare
21 772 585
—
Da includere nel CBC MAC
MAC (Madera-Azzorre-Canarie)
Spagna — Portogallo
Mauritania- Capo Verde — Senegal
43 986 995
9
2014TC16M4TN001
(Interreg V-B)
MEDITERRANEO
Grecia — Spagna — Francia — Croazia — Italia — Cipro — Malta — Portogallo — Slovenia — Regno Unito
Albania — Bosnia-Erzegovina — Montenegro
224 322 525
10
2014TC16RFTN004
(Interreg V-B)
ZONE PERIFERICHE SETTENTRIONALI e ARTICHE
Irlanda — Finlandia — Svezia — Regno Unito
Diversi paesi terzi e altri territori
50 209 899
11
2014TC16RFTN005
(Interreg V-B)
MARE DEL NORD
Belgio — Danimarca — Germania — Paesi Bassi — Svezia — Regno Unito
Norvegia
167 253 971
12
2014TC16RFTN006
(Interreg V-B)
EUROPA NORD-OCCIDENTALE
Belgio — Germania — Francia — Irlanda — Lussemburgo — Paesi Bassi — Regno Unito
Svizzera
396 134 342
13
2014TC16RFTN010
(Interreg V-B)
AMAZZONIA
Francia
Brasile — Suriname — Guyana
4 823 866
14
2014TC16RFTN007
(Interreg V-B)
EUROPA SUD-OCCIDENTALE
Spagna — Francia — Portogallo — Regno Unito
Andorra
106 810 523
15
2014TC16M4TN003
(Interreg V-B)
REGIONE BALCANICO-MEDITERRANEA
Bulgaria — Grecia — Cipro
Albania — Ex Repubblica iugoslava di Macedonia
28 330 108
TOTALE:
2 119 431 627
ALLEGATO III
Elenco dei programmi di cooperazione interregionale con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma di cooperazione interregionale
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
TITOLO DEL PROGRAMMA:
Stati membri
Paesi terzi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16RFIR001
Interreg EUROPE
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
359 326 320
2
2014TC16RFIR002
INTERACT
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
39 392 587
3
2014TC16RFIR003
URBACT
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
74 301 909
4
2014TC16RFIR004
ESPON
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia Islanda-Liechtenstein
41 377 019
TOTALE:
514 397 835
ALLEGATO IV
Contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per i programmi transfrontalieri nell'ambito dello strumento IPA II per alcuni Stati membri
Prezzi correnti in EUR
Stati membri
TRASFERIMENTO ALL'IPA
Bulgaria
35 362 904
Grecia
49 704 421
Croazia
45 724 252
Italia
39 400 711
Cipro
2 000 000
Ungheria
32 562 000
Romania
37 453 124
TOTALE:
242 207 412
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Programmi di cooperazione territoriale europea: dotazione finanziaria
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Stabilisce l’elenco dei programmi di cooperazione ai sensi dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea per il periodo 2014-2020 e il sostegno finanziario dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma.
PUNTI CHIAVE
Programmi di cooperazione transfrontaliera (Interreg A)
La cooperazione transfrontaliera si riferisce alla cooperazione tra regioni NUTS II da almeno due diversi paesi dell’UE situati direttamente sulle frontiere o in prossimità delle stesse. Si propone di affrontare sfide comuni e potenziale di crescita nelle zone di frontiera.
Sono 60 i programmi di cooperazione transfrontaliera, per un contributo globale del FESR pari a 6 597 822 373 di euro.
Programmi di cooperazione transnazionale (Interreg B)
La cooperazione transnazionale prevede che regioni da diversi paesi dell’UE formino zone più ampie per affrontare problemi comuni. Interreg B sostiene investimenti in progetti afferenti a una vasta gamma di settori, compresi l’innovazione, l’ambiente, l’accessibilità, le telecomunicazioni e lo sviluppo urbano e può includere paesi dell’UE in partenariato con paesi extra UE all’interno dell’Europa e di paesi in altri continenti.
Sono 15 i programmi di cooperazione transnazionale, per un contributo globale del FESR pari a 2 119 431 627 di euro.
Programmi di cooperazione interregionale (Interreg C)
La cooperazione interregionale lavora in tutta Europa, compresi i paesi extra UE. Costruisce reti per sviluppare buone pratiche e incoraggia le regioni che hanno avuto successo a condividere le loro esperienze, illustrando cosa le regioni fanno bene a vantaggio di altri.
Sono 4 i programmi di cooperazione interregionale, per un contributo totale del FESR pari a 514 397 835 di euro.
Programmi transfrontalieri nell’ambito di IPA II
Questa seconda fase dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) si propone di aiutare i paesi che intendono entrare a far parte dell’UE ad attuare riforme globali per preparare la loro adesione. Tale obiettivo viene raggiunto soprattutto attraverso l’allineamento delle loro norme e delle loro politiche alle norme e alle prassi dell’UE. I paesi dell’UE coinvolti in programmi con paesi in preadesione sono la Bulgaria, Cipro, la Croazia, la Grecia, l’Italia, la Romania e l’Ungheria.
I programmi nell’ambito di IPA II comprendono un contributo totale del FESR pari a 242 207 412 di euro.
Programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell’ambito dell’ENI
Lo strumento europeo di vicinato (ENI) fornisce buona parte dei finanziamenti ai 16 paesi partner inclusi nella politica europea di vicinato (PEV). I paesi coperti dallo strumento europeo di vicinato sono Algeria, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Egitto, Georgia, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Moldova, Siria, Territori palestinesi occupati, Tunisia e Ucraina.
I programmi nell’ambito di ENI comprendono un bilancio totale del FESR pari a 634 425 381 di euro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È in vigore dal 17 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione territoriale europea (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione di esecuzione della Commissione 2014/366/UE, del 16 giugno 2014, che istituisce l’elenco dei programmi di cooperazione e indica l’importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale per ciascun programma nell’ambito dell’obiettivo «Cooperazione territoriale europea» per il periodo 2014-2020 (GU L 178 del 18.6.2014, pag. 18).
Le modifiche successive alla decisione di esecuzione 2014/366/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione 2014/190/UE della Commissione, del 3 aprile 2014, che fissa la ripartizione annuale per Stato membro delle risorse globali per il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione a titolo dell’obiettivo «Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione» e dell’obiettivo «Cooperazione territoriale europea», la ripartizione annuale per Stato membro delle risorse della dotazione specifica per l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile e l’elenco delle regioni ammissibili nonché gli importi da trasferire dalle dotazioni del Fondo di coesione e dei fondi strutturali di ciascuno Stato membro al meccanismo per collegare l’Europa e agli aiuti agli indigenti per il periodo 2014-2020 (GU L 104 dell’8.4.2014, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
Si veda la versione consolidata. |
Sviluppo urbano sostenibile: progetti innovativi
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento dettaglia come le azioni innovative portate avanti da città di paesi membri nel settore dello sviluppo urbano sostenibile vengono selezionate per finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (ERDF), e come tale processo di selezione viene gestito.
PUNTI CHIAVE
Il Regolamento (UE) n. 1301/2013 dà disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo dell’UE sugli investimenti a favore della crescita e dell’occupazione, mentre il Regolamento (UE) n. 1303/2013 (disposizioni comuni sul FESR, sul FSE, sul Fondo di coesione, sul FEASR e sul FEAMP (2014-2020) attribuisce alla Commissione europea la responsabilità di investire risorse in azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile. Queste iniziative aderiscono ai principi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, della Nuova agenda urbana, e della Politica regionale e urbana dell’UE.
Il Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 fornisce dettagli sulle modalità di applicazione dei suddetti regolamenti.I progetti saranno selezionati attraverso inviti alla presentazione di proposte su temi definiti ogni anno dalla Commissione. Possono candidarsi aree urbane aventi più di 50 000 abitanti. Nelle aree di paesi dell’Unione in cui non sono presenti grandi città, le autorità urbane possono associarsi e presentare una proposta comune. Il FESR contribuisce fino a 5 milioni di EUR per progetto. La durata massima di ogni progetto prevista inizialmente era di tre anni, tuttavia questa è stata successivamente portata a quattro anni per consentire lo sviluppo completo delle iniziative. La Commissione designa un organismo a livello dell’Unione a cui affidare la supervisione del bilancio per il programma di azioni innovative, e la responsabilità di:fornire orientamenti per i richiedenti; valutare l’ammissibilità dei richiedenti; creare un gruppo di esperti al fine di valutare le proposte; selezionare le azioni innovative; emettere i pagamenti ai beneficiari; monitorare le singole azioni innovative; organizzare eventi di comunicazione; diffondere i risultati; attivare controlli sulla solidità della gestione finanziaria. Criteri di selezione
Nel formulare le sue raccomandazioni su quali azioni innovative finanziare, il gruppo di esperti considera i seguenti criteri:contenuto altamente innovativo della proposta, in particolare riguardo a soluzioni nuove per l’Europa; progetti che abbiano obiettivi chiaramente definiti, dimostrino un adeguato lavoro di preparazione e tempi di realizzazione e aspettative di finanziamento realistici; i progetti potranno beneficiare di fonti esterne di competenza quali università, ONG e società private; risultati che siano misurabili, trasferibili e potenzialmente applicabili ad altre aree urbane.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è stato applicato dal 9 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sviluppo urbano sostenibile (Commissione europea) L’agenda urbana per l’UE (Commissione europea) Iniziativa Urban Innovative Actions (Hauts-de-France)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 della Commissione, dell’ 11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 148 del 20.5.2014, pag. 1).
Le modifiche successive al regolamento (UE) n. 522/2014 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289).
Cfr. la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
Cfr. la versione consolidata. | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 522/2014 DELLA COMMISSIONE
dell'11 marzo 2014
che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la Commissione dovrebbe dare esecuzione alle risorse dei fondi strutturali per l'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione destinate alle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile (nel seguito «azioni innovative»).
(2)
L'articolo 92, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013 consente alla Commissione di eseguire le risorse destinate alle azioni innovative nell'ambito della gestione indiretta di cui all'articolo 60 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(3)
Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla gestione delle azioni innovative da parte di un'entità o di un organismo a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 966/2012.
(4)
Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione delle azioni innovative che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per far sì che siano selezionate proposte di qualità elevata, è opportuno fissare le procedure e i criteri per la selezione delle azioni innovative tenendo conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione.
(5)
La Commissione dovrebbe definire i temi per la selezione delle azioni innovative in modo da garantire che gli inviti a presentare proposte affrontino questioni urbane che potranno diventare sempre più importanti per l'Unione nei prossimi anni,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Gestione delle azioni innovative
1. La Commissione designa una o più entità o uno o più organismi a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio per le azioni innovative a livello dell'Unione a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (nel seguito «entità delegata»).
Oltre a soddisfare le prescrizioni di cui all'articolo 60, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l'entità delegata dispone di comprovata esperienza nella gestione dei fondi dell'Unione in diversi Stati membri.
2. La Commissione stipula un accordo di delega con l'entità delegata conformemente all'articolo 61, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e tale accordo di delega, oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (4), contiene disposizioni relative:
a)
a orientamenti per i richiedenti e i beneficiari;
b)
a un programma di lavoro annuale da sottoporre per approvazione alla Commissione;
c)
all'organizzazione degli inviti per selezionare le azioni innovative;
d)
alla valutazione dell'ammissibilità dei richiedenti;
e)
alla creazione di un gruppo di esperti, di concerto con la Commissione, al fine di valutare e classificare le proposte;
f)
alla selezione delle azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti, di concerto con la Commissione;
g)
all'obbligo di fornire al beneficiario un documento che precisi le condizioni per il sostegno, secondo le indicazioni della Commissione;
h)
all'analisi delle relazioni presentate dai beneficiari e dei pagamenti ai beneficiari;
i)
al monitoraggio delle singole azioni innovative;
j)
all'organizzazione di eventi di comunicazione;
k)
alla diffusione dei risultati, di concerto con la Commissione;
l)
all'audit delle singole azioni innovative per garantire che esse utilizzino la sovvenzione conformemente ai principi della sana gestione finanziaria;
m)
a un contributo finanziario a sostegno dei compiti di gestione dell'entità delegata che deve essere fornito sotto forma di contributo forfettario ai costi operativi dell'entità delegata e stabilito sulla base dell'importo dei fondi dell'Unione, destinati a sovvenzioni, conferiti a tale entità.
3. L'entità delegata fornisce alla Commissione i documenti di cui all'articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché tutte le informazioni necessarie per la valutazione dell'attuazione delle azioni innovative.
Articolo 2
Selezione delle azioni innovative
1. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base di inviti a presentare proposte, tenendo conto dei temi definiti ogni anno dai servizi della Commissione.
2. Le seguenti autorità possono chiedere un sostegno per la realizzazione di azioni innovative:
a)
qualsiasi autorità urbana di un'unità amministrativa locale definita in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia e comprendente almeno 50 000 abitanti;
b)
qualsiasi associazione o gruppo di autorità urbane di unità amministrative locali, definite in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia, con una popolazione totale di almeno 50 000 abitanti; può trattarsi anche di associazioni o gruppi transfrontalieri, associazioni o gruppi di diverse regioni e/o Stati membri.
3. Il gruppo di esperti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera e), formula raccomandazioni riguardanti le azioni innovative da selezionare. Il gruppo di esperti ha una composizione equilibrata dal punto di vista geografico ed è presieduto dalla Commissione. Nel formulare le sue raccomandazioni il gruppo di esperti considera, in particolare, i seguenti criteri:
a)
contenuto innovativo della proposta e capacità della proposta di identificare o sperimentare nuove soluzioni;
b)
qualità della proposta;
c)
coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione della proposta;
d)
capacità di dimostrare risultati misurabili;
e)
trasferibilità delle soluzioni proposte.
Il gruppo di esperti garantisce che nelle sue raccomandazioni si tenga conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione.
4. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti e di concerto con la Commissione.
5. L'importo concesso a ogni azione innovativa non può essere superiore a 5 000 000 EUR.
6. Ogni azione innovativa è realizzata entro un periodo massimo di tre anni.
Articolo 3
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, l'11 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289.
(2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
(3) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(4) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 522/2014 DELLA COMMISSIONE
dell'11 marzo 2014
che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la Commissione dovrebbe dare esecuzione alle risorse dei fondi strutturali per l'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione destinate alle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile (nel seguito «azioni innovative»).
(2)
L'articolo 92, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013 consente alla Commissione di eseguire le risorse destinate alle azioni innovative nell'ambito della gestione indiretta di cui all'articolo 60 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(3)
Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla gestione delle azioni innovative da parte di un'entità o di un organismo a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 966/2012.
(4)
Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione delle azioni innovative che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per far sì che siano selezionate proposte di qualità elevata, è opportuno fissare le procedure e i criteri per la selezione delle azioni innovative tenendo conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione.
(5)
La Commissione dovrebbe definire i temi per la selezione delle azioni innovative in modo da garantire che gli inviti a presentare proposte affrontino questioni urbane che potranno diventare sempre più importanti per l'Unione nei prossimi anni,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Gestione delle azioni innovative
1. La Commissione designa una o più entità o uno o più organismi a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio per le azioni innovative a livello dell'Unione a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (nel seguito «entità delegata»).
Oltre a soddisfare le prescrizioni di cui all'articolo 60, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l'entità delegata dispone di comprovata esperienza nella gestione dei fondi dell'Unione in diversi Stati membri.
2. La Commissione stipula un accordo di delega con l'entità delegata conformemente all'articolo 61, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e tale accordo di delega, oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (4), contiene disposizioni relative:
a)
a orientamenti per i richiedenti e i beneficiari;
b)
a un programma di lavoro annuale da sottoporre per approvazione alla Commissione;
c)
all'organizzazione degli inviti per selezionare le azioni innovative;
d)
alla valutazione dell'ammissibilità dei richiedenti;
e)
alla creazione di un gruppo di esperti, di concerto con la Commissione, al fine di valutare e classificare le proposte;
f)
alla selezione delle azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti, di concerto con la Commissione;
g)
all'obbligo di fornire al beneficiario un documento che precisi le condizioni per il sostegno, secondo le indicazioni della Commissione;
h)
all'analisi delle relazioni presentate dai beneficiari e dei pagamenti ai beneficiari;
i)
al monitoraggio delle singole azioni innovative;
j)
all'organizzazione di eventi di comunicazione;
k)
alla diffusione dei risultati, di concerto con la Commissione;
l)
all'audit delle singole azioni innovative per garantire che esse utilizzino la sovvenzione conformemente ai principi della sana gestione finanziaria;
m)
a un contributo finanziario a sostegno dei compiti di gestione dell'entità delegata che deve essere fornito sotto forma di contributo forfettario ai costi operativi dell'entità delegata e stabilito sulla base dell'importo dei fondi dell'Unione, destinati a sovvenzioni, conferiti a tale entità.
3. L'entità delegata fornisce alla Commissione i documenti di cui all'articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché tutte le informazioni necessarie per la valutazione dell'attuazione delle azioni innovative.
Articolo 2
Selezione delle azioni innovative
1. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base di inviti a presentare proposte, tenendo conto dei temi definiti ogni anno dai servizi della Commissione.
2. Le seguenti autorità possono chiedere un sostegno per la realizzazione di azioni innovative:
a)
qualsiasi autorità urbana di un'unità amministrativa locale definita in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia e comprendente almeno 50 000 abitanti;
b)
qualsiasi associazione o gruppo di autorità urbane di unità amministrative locali, definite in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia, con una popolazione totale di almeno 50 000 abitanti; può trattarsi anche di associazioni o gruppi transfrontalieri, associazioni o gruppi di diverse regioni e/o Stati membri.
3. Il gruppo di esperti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera e), formula raccomandazioni riguardanti le azioni innovative da selezionare. Il gruppo di esperti ha una composizione equilibrata dal punto di vista geografico ed è presieduto dalla Commissione. Nel formulare le sue raccomandazioni il gruppo di esperti considera, in particolare, i seguenti criteri:
a)
contenuto innovativo della proposta e capacità della proposta di identificare o sperimentare nuove soluzioni;
b)
qualità della proposta;
c)
coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione della proposta;
d)
capacità di dimostrare risultati misurabili;
e)
trasferibilità delle soluzioni proposte.
Il gruppo di esperti garantisce che nelle sue raccomandazioni si tenga conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione.
4. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti e di concerto con la Commissione.
5. L'importo concesso a ogni azione innovativa non può essere superiore a 5 000 000 EUR.
6. Ogni azione innovativa è realizzata entro un periodo massimo di tre anni.
Articolo 3
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, l'11 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289.
(2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
(3) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(4) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sviluppo urbano sostenibile: progetti innovativi
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento dettaglia come le azioni innovative portate avanti da città di paesi membri nel settore dello sviluppo urbano sostenibile vengono selezionate per finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (ERDF), e come tale processo di selezione viene gestito.
PUNTI CHIAVE
Il Regolamento (UE) n. 1301/2013 dà disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo dell’UE sugli investimenti a favore della crescita e dell’occupazione, mentre il Regolamento (UE) n. 1303/2013 (disposizioni comuni sul FESR, sul FSE, sul Fondo di coesione, sul FEASR e sul FEAMP (2014-2020) attribuisce alla Commissione europea la responsabilità di investire risorse in azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile. Queste iniziative aderiscono ai principi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, della Nuova agenda urbana, e della Politica regionale e urbana dell’UE.
Il Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 fornisce dettagli sulle modalità di applicazione dei suddetti regolamenti.I progetti saranno selezionati attraverso inviti alla presentazione di proposte su temi definiti ogni anno dalla Commissione. Possono candidarsi aree urbane aventi più di 50 000 abitanti. Nelle aree di paesi dell’Unione in cui non sono presenti grandi città, le autorità urbane possono associarsi e presentare una proposta comune. Il FESR contribuisce fino a 5 milioni di EUR per progetto. La durata massima di ogni progetto prevista inizialmente era di tre anni, tuttavia questa è stata successivamente portata a quattro anni per consentire lo sviluppo completo delle iniziative. La Commissione designa un organismo a livello dell’Unione a cui affidare la supervisione del bilancio per il programma di azioni innovative, e la responsabilità di:fornire orientamenti per i richiedenti; valutare l’ammissibilità dei richiedenti; creare un gruppo di esperti al fine di valutare le proposte; selezionare le azioni innovative; emettere i pagamenti ai beneficiari; monitorare le singole azioni innovative; organizzare eventi di comunicazione; diffondere i risultati; attivare controlli sulla solidità della gestione finanziaria. Criteri di selezione
Nel formulare le sue raccomandazioni su quali azioni innovative finanziare, il gruppo di esperti considera i seguenti criteri:contenuto altamente innovativo della proposta, in particolare riguardo a soluzioni nuove per l’Europa; progetti che abbiano obiettivi chiaramente definiti, dimostrino un adeguato lavoro di preparazione e tempi di realizzazione e aspettative di finanziamento realistici; i progetti potranno beneficiare di fonti esterne di competenza quali università, ONG e società private; risultati che siano misurabili, trasferibili e potenzialmente applicabili ad altre aree urbane.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è stato applicato dal 9 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sviluppo urbano sostenibile (Commissione europea) L’agenda urbana per l’UE (Commissione europea) Iniziativa Urban Innovative Actions (Hauts-de-France)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 della Commissione, dell’ 11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 148 del 20.5.2014, pag. 1).
Le modifiche successive al regolamento (UE) n. 522/2014 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289).
Cfr. la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
Cfr. la versione consolidata. |
Norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione territoriale europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione tra i paesi dell’UE, rispetto a specifiche categorie di spesa.
PUNTI CHIAVE
Cooperazione territoriale europeaQuesto programma è noto più comunemente come Interreg. Rappresenta uno dei due obiettivi della politica di coesione dell’UE 2014-2020 e fornisce un mezzo per attuare le azioni comuni e gli scambi politici tra attori nazionali, regionali e locali provenienti da diversi paesi dell’UE. Si propone di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale armonica dell’UE nel suo complesso. È costruito attorno a tre filoni di cooperazione:transfrontaliera (Interreg A): affronta sfide comuni individuate congiuntamente nelle regioni di confine;transnazionale (Interreg B): sostiene un’ampia gamma di investimenti di progetto correlati a innovazione, ambiente, accessibilità, telecomunicazioni, sviluppo urbano, ecc.;interregionale (Interreg C): fornisce un mezzo per scambiare esperienze tra organismi regionali e locali in diversi paesi. Per agevolare la cooperazione tra questi tre filoni, nel 2007 furono istituiti i gruppi europei di cooperazione territoriale ai sensi del regolamento (CE) n. 1082/2006. Il finanziamento è offerto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, parte dei Fondi strutturali e d’investimento europei. Categorie di spesa
Il regolamento stabilisce norme per le seguenti categoria di spesa:spese per il personale; spese di funzionamento e d’ufficio; spese di viaggio e alloggio; spese per collaborazioni esterne e di servizio; spese di attrezzatura. Spese ammissibiliLe spese ammissibili devono riguardare i costi di avvio oppure di avvio e attuazione di un’operazione o di parte di un’operazione. Le seguenti tipologie di spesa non sono ammissibili:multe, sanzioni pecuniarie e spese relative a controversie legali e contenziosi;regali, salvo quelli che non eccedono i 50 € per regalo se relativi a promozioni, comunicazioni, pubblicità o informazioni;spese legate alle fluttuazioni dei tassi di cambio.
A PARTIRE DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO?
Esso è in vigore dal 14 maggio 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione tra regioni e paesi (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) n. 481/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 45).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
I successivi emendamenti e le correzioni al presente regolamento sono stati inclusi nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 19).
Consultare la versione consolidata. | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 481/2014 DELLA COMMISSIONE
del 4 marzo 2014
che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 18, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 è necessario stabilire norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione ai costi del personale, alle spese d'ufficio e amministrative, alle spese di viaggio e soggiorno, ai costi per consulenze e servizi esterni nonché alle spese per attrezzature (di seguito «categorie di spese»).
(2)
Per consentire flessibilità nell'applicazione delle norme in materia di ammissibilità per i programmi di cooperazione, è opportuno che agli Stati membri che partecipano a un determinato programma di cooperazione sia consentito di decidere che a uno specifico asse prioritario di un dato programma di cooperazione non si applichi una determinata categoria di spese.
(3)
Si dovrebbe precisare come le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione fissate dal presente regolamento si inseriscano nel quadro giuridico generale delle norme in materia di ammissibilità applicabili a tutti i fondi SIE, stabilite dagli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
(4)
Per ciascuna categoria di spese è opportuno stabilire un elenco di vari elementi di spesa.
(5)
Occorre precisare che, di norma, i regali non sono ammissibili. Dovrebbe tuttavia essere ammissibile la distribuzione di piccoli articoli che attengono ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione.
(6)
Dovrebbero esseri definiti i diversi elementi dei costi del personale e stabilite allo stesso tempo le norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso dei costi del personale in generale e, in particolare, per gli incarichi a tempo parziale o i contratti di servizio sulla base di una tariffa oraria.
(7)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese d'ufficio e amministrative unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso di questi elementi di costo come costi diretti oppure come costi indiretti, in particolare qualora esse siano associate ai tassi forfettari di cui al regolamento (UE) n. 1303/2013.
(8)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese di viaggio e soggiorno unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso indipendentemente dal fatto che tali spese siano sostenute dal beneficiario o direttamente dal suo personale. Dovrebbero altresì essere precisate le condizioni di contabilizzazione delle spese di viaggio e soggiorno qualora siano sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1299/2013.
(9)
È opportuno elencare i diversi elementi dei costi per consulenze e servizi esterni.
(10)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese per attrezzature unitamente alle norme in materia di ammissibilità delle attrezzature di seconda mano,
(11)
Al fine di consentire l'immediata applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Fatte salve le norme in materia di ammissibilità di cui agli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 o stabilite sulla base di tali articoli, il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione alle seguenti categorie di spese:
a)
costi del personale;
b)
spese d'ufficio e amministrative;
c)
spese di viaggio e soggiorno;
d)
costi per consulenze e servizi esterni; e
e)
spese per attrezzature.
2. Gli Stati membri che partecipano al comitato di sorveglianza di un programma di cooperazione possono stabilire di comune accordo la non ammissibilità, nell'ambito di uno o più assi prioritari, delle spese rientranti in una o più categorie tra quelle elencate al paragrafo 1.
Articolo 2
Disposizioni generali
1. Le spese ammissibili a norma del presente regolamento, pagate dal beneficiario o per conto del medesimo, riguardano i costi di avvio oppure i costi di avvio e attuazione di un'operazione o di una sua parte.
2. Non sono ammissibili i seguenti costi:
a)
le ammende, le penali e le spese per controversie legali e di contenzioso;
b)
i costi dei regali, ad eccezione di quelli di valore unitario non superiore ai 50 EUR ove connessi ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione;
c)
i costi connessi alle fluttuazioni del tasso di cambio.
Articolo 3
Costi del personale
1. Le spese relative ai costi del personale sono date dai costi del lavoro lordi relativi al personale alle dipendenze del beneficiario secondo le seguenti modalità:
a)
a tempo pieno;
b)
a tempo parziale con una percentuale fissa del tempo di lavoro mensile;
c)
a tempo parziale con un numero flessibile di ore di lavoro al mese; oppure
d)
su base oraria.
2. Le spese relative ai costi del personale si limitano a quanto di seguito elencato:
a)
spese per retribuzioni, connesse alle attività che l'entità non svolgerebbe se l'operazione in questione non fosse realizzata, stabilite in un contratto di impiego/di lavoro, in una decisione di nomina (di seguito denominati «atto di impiego») o dalla legge e riconducibili alle responsabilità del dipendente interessato precisate nella descrizione delle mansioni;
b)
ogni altro costo direttamente correlato ai pagamenti delle retribuzioni, che sia sostenuto e pagato dal datore di lavoro, quali imposte sul lavoro e contributi di sicurezza sociale, compresi i contributi pensionistici, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a condizione che tali costi:
i)
siano stabiliti in un atto di impiego o dalla legge;
ii)
siano conformi alla legislazione richiamata nell'atto di impiego e alle normali pratiche del paese e/o dell'organizzazione in cui il singolo dipendente espleta effettivamente la sua attività di lavoro; e
iii)
non siano recuperabili dal datore di lavoro.
In relazione alla lettera a), i pagamenti effettuati a favore di persone fisiche che lavorano per il beneficiario in forza di un contratto diverso da un contratto di impiego/di lavoro possono essere assimilati alle spese per retribuzioni e tale contratto può essere equiparato a un atto di impiego.
3. I costi del personale possono essere rimborsati:
i)
sulla base del costo effettivo (dimostrato dall'atto di impiego e dalle buste paga); oppure
ii)
sulla base delle opzioni relative ai costi semplificati di cui all'articolo 67, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento (UE) n. 1303/2013; oppure
iii)
su base forfettaria in conformità all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1299/2013.
4. I costi del personale relativi a persone che lavorano con un incarico a tempo parziale nell'ambito dell'operazione sono calcolati come:
a)
una percentuale fissa del costo del lavoro lordo, corrispondente a una percentuale fissa del tempo di lavoro nell'ambito dell'operazione, senza l'obbligo di istituzione di un sistema separato di registrazione dell'orario di lavoro; oppure
b)
una quota flessibile del costo del lavoro lordo, corrispondente a un numero mensilmente variabile di ore di lavoro nell'ambito dell'operazione, sulla base di un sistema di registrazione dei tempi che copre il 100 % dell'orario di lavoro del dipendente.
5. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera a), il datore di lavoro rilascia per ciascun dipendente un documento che stabilisce la percentuale del tempo di lavoro da riservare all'operazione.
6. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera b), il rimborso dei costi del personale è calcolato sulla base di una tariffa oraria che viene determinata:
i)
dividendo il costo del lavoro lordo mensile per l'orario di lavoro mensile stabilito nell'atto di impiego, espresso in ore; oppure
ii)
dividendo il costo del lavoro lordo annuo documentato più recente per 1 720 ore, in conformità all'articolo 68, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
La tariffa oraria è moltiplicata per il numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione.
7. I costi del personale relativi a persone che, in forza di un atto di impiego, sono occupate su base oraria sono ammissibili procedendo alla moltiplicazione del numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione per la tariffa oraria concordata nell'atto di impiego sulla base di un sistema di registrazione dell'orario di lavoro.
Articolo 4
Spese d'ufficio e amministrative
Le spese d'ufficio e amministrative si limitano ai seguenti elementi:
a)
canone di locazione degli uffici;
b)
assicurazioni e imposte relative agli edifici che ospitano il personale e alle attrezzature d'ufficio (ad esempio, assicurazioni incendio, furto);
c)
consumi per le utenze (ad esempio, elettricità, riscaldamento, acqua);
d)
forniture per ufficio;
e)
contabilità generale all'interno dell'organizzazione beneficiaria;
f)
archivi;
g)
manutenzione, pulizie e riparazioni;
h)
sicurezza;
i)
sistemi informatici;
j)
comunicazione (ad esempio, telefono, fax, Internet, servizi postali, biglietti da visita);
k)
spese bancarie di apertura e gestione del conto o dei conti, qualora l'attuazione dell'operazione richieda l'apertura di un conto separato;
l)
oneri associati alle transazioni finanziarie transnazionali.
Articolo 5
Spese di viaggio e soggiorno
1. Le spese relative ai costi di viaggio e di soggiorno si limitano ai seguenti elementi:
a)
spese di viaggio (ad esempio, biglietti, assicurazioni di viaggio e assicurazione auto, carburante, rimborso auto chilometrico, pedaggi e spese di parcheggio);
b)
spese di vitto;
c)
spese di soggiorno;
d)
spese per i visti;
e)
indennità giornaliere.
2. Gli elementi elencati al paragrafo 1, lettere da a) a d), che risultino coperti da un'indennità giornaliera non beneficiano di un rimborso aggiuntivo rispetto all'indennità giornaliera.
3. Le spese di viaggio e soggiorno di esperti e prestatori di servizi esterni rientrano nei costi per consulenze e servizi esterni di cui all'articolo 6.
4. Il pagamento diretto delle spese di cui al presente articolo sostenute da parte di un dipendente del beneficiario richiede la dimostrazione del rimborso effettuato dal beneficiario a favore del dipendente in questione.
5. Per le operazioni concernenti assistenza tecnica o attività promozionali e di sviluppo delle capacità, le spese sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma sono ammissibili se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
6. L'autorità di gestione può accettare come ammissibili le spese di vitto e soggiorno sostenute presso esercizi situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. La stessa disposizione si applica alle spese di trasporto locali nel luogo di svolgimento di un evento o un'azione al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma.
7. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, l'autorità di gestione può accettare come ammissibili i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
8. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati all'interno della parte dell'Unione nell'area di programma, i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, sono considerate ammissibili in conformità all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
Articolo 6
Costi per consulenze e servizi esterni
Le spese relative ai costi per consulenze e servizi esterni si limitano ai servizi e alle consulenze seguenti forniti da un soggetto di diritto pubblico o privato o da una persona fisica diversi dal beneficiario dell'operazione:
a)
studi o indagini (ad esempio, valutazioni, strategie, note sintetiche, schemi di progettazione, manuali);
b)
formazione;
c)
traduzioni;
d)
sistemi informatici e creazione, modifiche e aggiornamenti di siti web;
e)
attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione collegate a un'operazione o a un programma di cooperazione in quanto tali;
f)
gestione finanziaria;
g)
servizi correlati all'organizzazione e attuazione di eventi o riunioni (compresi canoni di locazione, servizi di catering o di interpretazione);
h)
partecipazione a eventi (ad esempio, quote di iscrizione);
i)
servizi di consulenza legale e servizi notarili, consulenza tecnica e finanziaria, altri servizi di consulenza e contabili;
j)
diritti di proprietà intellettuale;
k)
verifiche di cui all'articolo 125, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013 e all'articolo 23, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013;
l)
costi di certificazione e di audit a livello del programma, a norma degli articoli 126 e 127 del regolamento (UE) n. 1303/2013;
m)
garanzie fornite da una banca o da un altro istituto finanziario, ove prescritte dalla normativa nazionale o dell'Unione o da un documento di programmazione adottato dal comitato di sorveglianza;
n)
spese di viaggio e soggiorno di esperti, oratori, presidenti di riunione e prestatori di servizi esterni;
o)
altre consulenze e servizi specifici necessari per le operazioni.
Articolo 7
Spese per attrezzature
1. Le spese relative al finanziamento dell'acquisto, della locazione o del leasing delle attrezzature da parte del beneficiario dell'operazione, diverse da quelle di cui all'articolo 4, si limitano alle seguenti voci:
a)
attrezzature per ufficio;
b)
hardware e software;
c)
mobilio e accessori;
d)
apparecchiature di laboratorio;
e)
strumenti e macchinari;
f)
attrezzi o dispositivi;
g)
veicoli;
h)
altre attrezzature specifiche necessarie per le operazioni.
2. L'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere ammissibile alle seguenti condizioni:
a)
non hanno beneficiato di altra assistenza da parte dei fondi SIE;
b)
il loro prezzo non è superiore ai costi generalmente accettati sul mercato in questione;
c)
possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l'operazione e sono conformi alle norme e agli standard applicabili.
Articolo 8
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
(3) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 481/2014 DELLA COMMISSIONE
del 4 marzo 2014
che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 18, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 è necessario stabilire norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione ai costi del personale, alle spese d'ufficio e amministrative, alle spese di viaggio e soggiorno, ai costi per consulenze e servizi esterni nonché alle spese per attrezzature (di seguito «categorie di spese»).
(2)
Per consentire flessibilità nell'applicazione delle norme in materia di ammissibilità per i programmi di cooperazione, è opportuno che agli Stati membri che partecipano a un determinato programma di cooperazione sia consentito di decidere che a uno specifico asse prioritario di un dato programma di cooperazione non si applichi una determinata categoria di spese.
(3)
Si dovrebbe precisare come le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione fissate dal presente regolamento si inseriscano nel quadro giuridico generale delle norme in materia di ammissibilità applicabili a tutti i fondi SIE, stabilite dagli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
(4)
Per ciascuna categoria di spese è opportuno stabilire un elenco di vari elementi di spesa.
(5)
Occorre precisare che, di norma, i regali non sono ammissibili. Dovrebbe tuttavia essere ammissibile la distribuzione di piccoli articoli che attengono ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione.
(6)
Dovrebbero esseri definiti i diversi elementi dei costi del personale e stabilite allo stesso tempo le norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso dei costi del personale in generale e, in particolare, per gli incarichi a tempo parziale o i contratti di servizio sulla base di una tariffa oraria.
(7)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese d'ufficio e amministrative unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso di questi elementi di costo come costi diretti oppure come costi indiretti, in particolare qualora esse siano associate ai tassi forfettari di cui al regolamento (UE) n. 1303/2013.
(8)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese di viaggio e soggiorno unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso indipendentemente dal fatto che tali spese siano sostenute dal beneficiario o direttamente dal suo personale. Dovrebbero altresì essere precisate le condizioni di contabilizzazione delle spese di viaggio e soggiorno qualora siano sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1299/2013.
(9)
È opportuno elencare i diversi elementi dei costi per consulenze e servizi esterni.
(10)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese per attrezzature unitamente alle norme in materia di ammissibilità delle attrezzature di seconda mano,
(11)
Al fine di consentire l'immediata applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Fatte salve le norme in materia di ammissibilità di cui agli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 o stabilite sulla base di tali articoli, il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione alle seguenti categorie di spese:
a)
costi del personale;
b)
spese d'ufficio e amministrative;
c)
spese di viaggio e soggiorno;
d)
costi per consulenze e servizi esterni; e
e)
spese per attrezzature.
2. Gli Stati membri che partecipano al comitato di sorveglianza di un programma di cooperazione possono stabilire di comune accordo la non ammissibilità, nell'ambito di uno o più assi prioritari, delle spese rientranti in una o più categorie tra quelle elencate al paragrafo 1.
Articolo 2
Disposizioni generali
1. Le spese ammissibili a norma del presente regolamento, pagate dal beneficiario o per conto del medesimo, riguardano i costi di avvio oppure i costi di avvio e attuazione di un'operazione o di una sua parte.
2. Non sono ammissibili i seguenti costi:
a)
le ammende, le penali e le spese per controversie legali e di contenzioso;
b)
i costi dei regali, ad eccezione di quelli di valore unitario non superiore ai 50 EUR ove connessi ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione;
c)
i costi connessi alle fluttuazioni del tasso di cambio.
Articolo 3
Costi del personale
1. Le spese relative ai costi del personale sono date dai costi del lavoro lordi relativi al personale alle dipendenze del beneficiario secondo le seguenti modalità:
a)
a tempo pieno;
b)
a tempo parziale con una percentuale fissa del tempo di lavoro mensile;
c)
a tempo parziale con un numero flessibile di ore di lavoro al mese; oppure
d)
su base oraria.
2. Le spese relative ai costi del personale si limitano a quanto di seguito elencato:
a)
spese per retribuzioni, connesse alle attività che l'entità non svolgerebbe se l'operazione in questione non fosse realizzata, stabilite in un contratto di impiego/di lavoro, in una decisione di nomina (di seguito denominati «atto di impiego») o dalla legge e riconducibili alle responsabilità del dipendente interessato precisate nella descrizione delle mansioni;
b)
ogni altro costo direttamente correlato ai pagamenti delle retribuzioni, che sia sostenuto e pagato dal datore di lavoro, quali imposte sul lavoro e contributi di sicurezza sociale, compresi i contributi pensionistici, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a condizione che tali costi:
i)
siano stabiliti in un atto di impiego o dalla legge;
ii)
siano conformi alla legislazione richiamata nell'atto di impiego e alle normali pratiche del paese e/o dell'organizzazione in cui il singolo dipendente espleta effettivamente la sua attività di lavoro; e
iii)
non siano recuperabili dal datore di lavoro.
In relazione alla lettera a), i pagamenti effettuati a favore di persone fisiche che lavorano per il beneficiario in forza di un contratto diverso da un contratto di impiego/di lavoro possono essere assimilati alle spese per retribuzioni e tale contratto può essere equiparato a un atto di impiego.
3. I costi del personale possono essere rimborsati:
i)
sulla base del costo effettivo (dimostrato dall'atto di impiego e dalle buste paga); oppure
ii)
sulla base delle opzioni relative ai costi semplificati di cui all'articolo 67, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento (UE) n. 1303/2013; oppure
iii)
su base forfettaria in conformità all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1299/2013.
4. I costi del personale relativi a persone che lavorano con un incarico a tempo parziale nell'ambito dell'operazione sono calcolati come:
a)
una percentuale fissa del costo del lavoro lordo, corrispondente a una percentuale fissa del tempo di lavoro nell'ambito dell'operazione, senza l'obbligo di istituzione di un sistema separato di registrazione dell'orario di lavoro; oppure
b)
una quota flessibile del costo del lavoro lordo, corrispondente a un numero mensilmente variabile di ore di lavoro nell'ambito dell'operazione, sulla base di un sistema di registrazione dei tempi che copre il 100 % dell'orario di lavoro del dipendente.
5. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera a), il datore di lavoro rilascia per ciascun dipendente un documento che stabilisce la percentuale del tempo di lavoro da riservare all'operazione.
6. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera b), il rimborso dei costi del personale è calcolato sulla base di una tariffa oraria che viene determinata:
i)
dividendo il costo del lavoro lordo mensile per l'orario di lavoro mensile stabilito nell'atto di impiego, espresso in ore; oppure
ii)
dividendo il costo del lavoro lordo annuo documentato più recente per 1 720 ore, in conformità all'articolo 68, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
La tariffa oraria è moltiplicata per il numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione.
7. I costi del personale relativi a persone che, in forza di un atto di impiego, sono occupate su base oraria sono ammissibili procedendo alla moltiplicazione del numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione per la tariffa oraria concordata nell'atto di impiego sulla base di un sistema di registrazione dell'orario di lavoro.
Articolo 4
Spese d'ufficio e amministrative
Le spese d'ufficio e amministrative si limitano ai seguenti elementi:
a)
canone di locazione degli uffici;
b)
assicurazioni e imposte relative agli edifici che ospitano il personale e alle attrezzature d'ufficio (ad esempio, assicurazioni incendio, furto);
c)
consumi per le utenze (ad esempio, elettricità, riscaldamento, acqua);
d)
forniture per ufficio;
e)
contabilità generale all'interno dell'organizzazione beneficiaria;
f)
archivi;
g)
manutenzione, pulizie e riparazioni;
h)
sicurezza;
i)
sistemi informatici;
j)
comunicazione (ad esempio, telefono, fax, Internet, servizi postali, biglietti da visita);
k)
spese bancarie di apertura e gestione del conto o dei conti, qualora l'attuazione dell'operazione richieda l'apertura di un conto separato;
l)
oneri associati alle transazioni finanziarie transnazionali.
Articolo 5
Spese di viaggio e soggiorno
1. Le spese relative ai costi di viaggio e di soggiorno si limitano ai seguenti elementi:
a)
spese di viaggio (ad esempio, biglietti, assicurazioni di viaggio e assicurazione auto, carburante, rimborso auto chilometrico, pedaggi e spese di parcheggio);
b)
spese di vitto;
c)
spese di soggiorno;
d)
spese per i visti;
e)
indennità giornaliere.
2. Gli elementi elencati al paragrafo 1, lettere da a) a d), che risultino coperti da un'indennità giornaliera non beneficiano di un rimborso aggiuntivo rispetto all'indennità giornaliera.
3. Le spese di viaggio e soggiorno di esperti e prestatori di servizi esterni rientrano nei costi per consulenze e servizi esterni di cui all'articolo 6.
4. Il pagamento diretto delle spese di cui al presente articolo sostenute da parte di un dipendente del beneficiario richiede la dimostrazione del rimborso effettuato dal beneficiario a favore del dipendente in questione.
5. Per le operazioni concernenti assistenza tecnica o attività promozionali e di sviluppo delle capacità, le spese sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma sono ammissibili se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
6. L'autorità di gestione può accettare come ammissibili le spese di vitto e soggiorno sostenute presso esercizi situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. La stessa disposizione si applica alle spese di trasporto locali nel luogo di svolgimento di un evento o un'azione al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma.
7. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, l'autorità di gestione può accettare come ammissibili i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
8. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati all'interno della parte dell'Unione nell'area di programma, i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, sono considerate ammissibili in conformità all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
Articolo 6
Costi per consulenze e servizi esterni
Le spese relative ai costi per consulenze e servizi esterni si limitano ai servizi e alle consulenze seguenti forniti da un soggetto di diritto pubblico o privato o da una persona fisica diversi dal beneficiario dell'operazione:
a)
studi o indagini (ad esempio, valutazioni, strategie, note sintetiche, schemi di progettazione, manuali);
b)
formazione;
c)
traduzioni;
d)
sistemi informatici e creazione, modifiche e aggiornamenti di siti web;
e)
attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione collegate a un'operazione o a un programma di cooperazione in quanto tali;
f)
gestione finanziaria;
g)
servizi correlati all'organizzazione e attuazione di eventi o riunioni (compresi canoni di locazione, servizi di catering o di interpretazione);
h)
partecipazione a eventi (ad esempio, quote di iscrizione);
i)
servizi di consulenza legale e servizi notarili, consulenza tecnica e finanziaria, altri servizi di consulenza e contabili;
j)
diritti di proprietà intellettuale;
k)
verifiche di cui all'articolo 125, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013 e all'articolo 23, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013;
l)
costi di certificazione e di audit a livello del programma, a norma degli articoli 126 e 127 del regolamento (UE) n. 1303/2013;
m)
garanzie fornite da una banca o da un altro istituto finanziario, ove prescritte dalla normativa nazionale o dell'Unione o da un documento di programmazione adottato dal comitato di sorveglianza;
n)
spese di viaggio e soggiorno di esperti, oratori, presidenti di riunione e prestatori di servizi esterni;
o)
altre consulenze e servizi specifici necessari per le operazioni.
Articolo 7
Spese per attrezzature
1. Le spese relative al finanziamento dell'acquisto, della locazione o del leasing delle attrezzature da parte del beneficiario dell'operazione, diverse da quelle di cui all'articolo 4, si limitano alle seguenti voci:
a)
attrezzature per ufficio;
b)
hardware e software;
c)
mobilio e accessori;
d)
apparecchiature di laboratorio;
e)
strumenti e macchinari;
f)
attrezzi o dispositivi;
g)
veicoli;
h)
altre attrezzature specifiche necessarie per le operazioni.
2. L'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere ammissibile alle seguenti condizioni:
a)
non hanno beneficiato di altra assistenza da parte dei fondi SIE;
b)
il loro prezzo non è superiore ai costi generalmente accettati sul mercato in questione;
c)
possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l'operazione e sono conformi alle norme e agli standard applicabili.
Articolo 8
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
(3) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione territoriale europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione tra i paesi dell’UE, rispetto a specifiche categorie di spesa.
PUNTI CHIAVE
Cooperazione territoriale europeaQuesto programma è noto più comunemente come Interreg. Rappresenta uno dei due obiettivi della politica di coesione dell’UE 2014-2020 e fornisce un mezzo per attuare le azioni comuni e gli scambi politici tra attori nazionali, regionali e locali provenienti da diversi paesi dell’UE. Si propone di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale armonica dell’UE nel suo complesso. È costruito attorno a tre filoni di cooperazione:transfrontaliera (Interreg A): affronta sfide comuni individuate congiuntamente nelle regioni di confine;transnazionale (Interreg B): sostiene un’ampia gamma di investimenti di progetto correlati a innovazione, ambiente, accessibilità, telecomunicazioni, sviluppo urbano, ecc.;interregionale (Interreg C): fornisce un mezzo per scambiare esperienze tra organismi regionali e locali in diversi paesi. Per agevolare la cooperazione tra questi tre filoni, nel 2007 furono istituiti i gruppi europei di cooperazione territoriale ai sensi del regolamento (CE) n. 1082/2006. Il finanziamento è offerto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, parte dei Fondi strutturali e d’investimento europei. Categorie di spesa
Il regolamento stabilisce norme per le seguenti categoria di spesa:spese per il personale; spese di funzionamento e d’ufficio; spese di viaggio e alloggio; spese per collaborazioni esterne e di servizio; spese di attrezzatura. Spese ammissibiliLe spese ammissibili devono riguardare i costi di avvio oppure di avvio e attuazione di un’operazione o di parte di un’operazione. Le seguenti tipologie di spesa non sono ammissibili:multe, sanzioni pecuniarie e spese relative a controversie legali e contenziosi;regali, salvo quelli che non eccedono i 50 € per regalo se relativi a promozioni, comunicazioni, pubblicità o informazioni;spese legate alle fluttuazioni dei tassi di cambio.
A PARTIRE DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO?
Esso è in vigore dal 14 maggio 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione tra regioni e paesi (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) n. 481/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 45).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
I successivi emendamenti e le correzioni al presente regolamento sono stati inclusi nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 19).
Consultare la versione consolidata. |
Requisiti per la progettazione ecocompatibile: trasformatori di potenza
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento (UE) n. 548/2014 recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE definisce i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile* per l’immissione sul mercato o la messa in servizio di trasformatori con una potenza minima di 1 kVA utilizzati nelle reti di trasporto e di distribuzione della corrente elettrica a 50 Hz o per applicazioni industriali. L’esperienza maturata con l’attuazione della direttiva ha evidenziato che in alcuni Stati membri esistono variazioni nazionali della tensione normale delle reti di distribuzione dell’energia elettrica. Tali variazioni giustificano diversi livelli di soglia della tensione nella categorizzazione dei trasformatori e forniscono informazioni su quali requisiti minimi in materia di rendimento energetico è opportuno applicare. Il regolamento (UE) 2019/1783 modifica pertanto il regolamento (CE) n. 548/2014.
PUNTI CHIAVE
Il presente regolamento si applica ai trasformatori acquistati dopo l’11 giugno 2014. Per i medi trasformatori* e i trasformatori grandi*, la conformità e il rispetto del presente regolamento è rivalutata, indipendentemente dalla data della loro prima immissione sul mercato o messa in funzione, se subiscono tutte le seguenti operazioni:sostituzione del nucleo o di parte di esso; osostituzione di uno o più avvolgimenti completi. Il presente regolamento non si applica ai trasformatori specificamente progettati per le seguenti applicazioni:trasformatori collegati direttamente a un forno;trasformatori progettati specificamente per essere installati su piattaforme offshore fisse o galleggianti, su turbine eoliche offshore o a bordo di navi e di tutti i tipi di imbarcazioni;trasformatori utilizzati in apparecchiature per la saldatura ad arco o apparecchiature per la saldatura a resistenza. I requisiti di progettazione ecocompatibile sono specificati negli allegati del regolamento. Il regolamento stabilisce la procedura di valutazione della conformità.Modifiche introdotte dal regolamento (UE) 2019/1783:
Le modifiche introducono:se le tensioni di soglia delle reti di distribuzione dell’energia elettrica si discostano dalla tensione normale all’interno dell’Unione, gli Stati membri ne danno comunicazione alla Commissione europea, in modo da prevedere una notifica pubblica per la corretta interpretazione delle tabelle dell’allegato I del regolamento (requisiti per la progettazione ecocompatibile); i fabbricanti, gli importatori o i loro rappresentanti autorizzati non devono immettere sul mercato prodotti che siano in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova e di alterare le prestazioni durante la prova; al fine di agevolare le verifiche, è consentito alle autorità di vigilanza del mercato di sottoporre a prova, o di assistere alle prove, dei trasformatori più grandi nei locali del fabbricante o in altri locali adeguati; la Commissione riesamina il presente regolamento e presenta i risultati entro il 1o luglio 2023.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento (UE) n. 548/2014 si applica dal 11 giugno 2014. Le modifiche introdotte dal regolamento (UE) 2019/1783 si applicano dal 14 novembre 2019.
CONTESTO
La direttiva 2009/125/CE stabilisce un quadro per definire i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia. La Commissione li imposta per i prodotti che sono ampiamente venduti e commercializzati nell’Unione e che hanno un impatto ambientale significativo.
Per maggiori informazioni consultare:Trasformatori di potenza: Specifiche per la progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Spiegazione delle nuove misure di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Informazioni sull’etichetta energetica e sulla progettazione ecocompatibile — Risparmio energetico (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Progettazione ecocompatibile: Politica per migliorare, attraverso una migliore progettazione, le prestazioni ambientali dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita, in particolare l’efficienza energetica.
trasformatore di potenza medio: un trasformatore di potenza in cui tutti gli avvolgimenti hanno una potenza nominale inferiore o uguale a 3 150 kVA e una tensione d’uscita massima superiore a 1,1 kV ma pari o inferiore a 36 kV.
grande trasformatore di potenza: un trasformatore di potenza in cui almeno un avvolgimento ha una potenza nominale superiore a 3 150 kVA o una tensione d’uscita massima superiore a 36 kV.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 548/2014 della Commissione, del 21 maggio 2014, recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi (GU L 152 del 22.5.2014, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 548/2014 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione nel quadro dell’applicazione del regolamento (UE) n. 548/2014 della Commissione recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi (Pubblicazione di titoli e riferimenti di norme armonizzate ai sensi della normativa dell’Unione sull’armonizzazione) (GU L 416 dell’11.11.2016, pag. 12).
Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (UE) N. 548/2014 DELLA COMMISSIONE
del 21 maggio 2014
recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (1), in particolare l'articolo 15, paragrafo 1,
sentito il forum consultivo sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti,
considerando quanto segue:
(1)
La Commissione ha condotto uno studio preparatorio che analizza gli aspetti ambientali ed economici dei trasformatori. Lo studio è stato realizzato in cooperazione con le parti in causa e le parti interessate dell'Unione e i suoi risultati sono stati resi pubblici. I trasformatori sono considerati prodotti connessi all'energia ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE.
(2)
Lo studio ha mostrato che l'aspetto ambientale più rilevante, che può essere influenzato dalla progettazione dei prodotti, è l'energia nella fase di esercizio. Nella fabbricazione dei trasformatori sono impiegati quantitativi considerevoli di materie prime (rame, ferro, resina, alluminio), ma i meccanismi di mercato sembrano garantire un adeguato trattamento di fine vita del prodotto; non è pertanto necessario stabilire requisiti specifici in materia.
(3)
I requisiti in materia di progettazione ecocompatibile di cui all'allegato I si applicano ai prodotti immessi sul mercato o messi in servizio ovunque essi siano installati, e non possono quindi dipendere dall'applicazione in cui il prodotto è utilizzato.
(4)
I trasformatori sono generalmente acquistati nell'ambito di accordi quadro. Per acquisto si intende, in tale contesto, la contrattazione con i fabbricanti per la consegna di un dato volume di trasformatori. L'entrata in vigore del contratto corrisponderà alla data della firma dello stesso ad opera delle parti.
(5)
Alcune categorie di trasformatori non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione del presente regolamento a motivo di loro specifiche funzioni. Il consumo di energia e il potenziale di risparmio di tali trasformatori sono irrilevanti se confrontati con quelli di altri.
(6)
Sono previste deroghe alle prescrizioni per effetto delle limitazioni di peso imposte al montaggio dei trasformatori su pali per linee elettriche. Per evitare l'uso improprio di trasformatori destinati specificamente al montaggio su palo, essi dovranno recare ben visibile la dicitura «destinati esclusivamente al montaggio su palo», allo scopo di facilitare il lavoro delle autorità nazionali preposte alla sorveglianza del mercato.
(7)
Sono previste deroghe alle prescrizioni per i trasformatori dotati di dispositivi di regolazione della tensione al fine di integrare l'energia elettrica rinnovabile generata fuori rete nella rete di distribuzione. Tali deroghe dovranno decadere progressivamente con l'ulteriore evoluzione di questa tecnologia e con la messa a disposizione di norme di misurazione che consentano di distinguere le perdite legate al trasformatore di base da quelle imputabili ad apparecchiature destinate a svolgere funzioni supplementari.
(8)
Occorre inoltre stabilire requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per quanto riguarda il rendimento e l'efficienza energetici dei trasformatori medi e l'efficienza energetica dei trasformatori grandi al fine di armonizzare i requisiti applicabili a tali dispositivi a livello dell'Unione. Tali requisiti contribuirebbero inoltre al buon funzionamento del mercato interno e al miglioramento delle prestazioni ambientali degli Stati membri.
(9)
È necessario inoltre definire requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per i trasformatori di potenza medi e grandi al fine di favorire la penetrazione sul mercato di tecnologie e soluzioni di progettazione che ne migliorino il rendimento o l'efficienza energetici. Nel 2008 le perdite annuali totali subite dal parco trasformatori nell'UE27 ammontavano a 93,4 TWh. Le potenzialità di miglioramento in termini di costi generate da una migliore progettazione sono state stimate per il 2025 in circa 16,2 TWh all'anno, pari a 3,7 Mt di emissioni di CO2.
(10)
È necessario prevedere un'entrata in vigore in fasi successive dei requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per dare ai fabbricanti il tempo necessario per riprogettare i loro prodotti. Occorre fissare i termini per l'applicazione di tali requisiti tenendo conto contestualmente dell'impatto sui costi per i fabbricanti, in particolare per le piccole e medie imprese, assicurando nel contempo che gli obiettivi strategici vengano raggiunti nei tempi previsti.
(11)
Per consentire l'effettiva attuazione del regolamento, si raccomanda fortemente alle autorità di regolamentazione nazionali di tenere conto dell'effetto dei requisiti minimi di efficienza sul costo iniziale del trasformatore e di favorire l'installazione di trasformatori più funzionali di quelli previsti dal regolamento, se economicamente giustificabili sulla base del loro intero ciclo di vita, tenuto conto anche di una valutazione adeguata della riduzione delle perdite.
(12)
Per agevolare il controllo della conformità, i fabbricanti devono essere invitati a fornire nella documentazione tecnica le necessarie informazioni conformemente agli allegati IV e V della direttiva 2009/125/CE.
(13)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente regolamento definisce i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per l'immissione sul mercato o la messa in servizio di trasformatori con una potenza minima di 1 kVA utilizzati nelle reti di trasporto e di distribuzione della corrente elettrica a 50 Hz o per applicazioni industriali. Il regolamento si applica unicamente ai trasformatori acquistati dopo l'entrata in vigore dello stesso.
2. Il presente regolamento non si applica ai trasformatori specificamente progettati e utilizzati per le seguenti applicazioni:
—
trasduttori progettati specificamente per alimentare strumenti di misurazione, contatori, commutatori e altri apparecchi simili,
—
trasformatori con avvolgimenti di bassa tensione progettati specificamente per essere utilizzati come raddrizzatori al fine di fornire un'alimentazione in corrente continua,
—
trasformatori progettati specificamente per essere direttamente collegati a un forno,
—
trasformatori progettati specificamente per essere utilizzati in impianti offshore e impianti offshore galleggianti,
—
trasformatori progettati specificamente per impianti di emergenza,
—
trasformatori e autotrasformatori progettati specificamente per sistemi di alimentazione ferroviaria,
—
trasformatori di messa a terra, vale a dire trifasi, destinati a fornire un punto neutro per la messa a terra di un impianto,
—
trasformatori di trazione installati sul materiale rotabile, vale a dire trasformatori collegati, direttamente o tramite un convertitore, ad una linea di contatto a corrente alternata o a corrente continua, utilizzati negli impianti fissi di applicazioni ferroviarie,
—
trasformatori di avviamento, progettati specificatamente per l'avviamento di motori trifase in modo da eliminare le cadute di tensione di alimentazione,
—
trasformatori di prova, progettati specificamente per essere utilizzati in un circuito al fine di produrre una data tensione o una data corrente per testare materiale elettrico,
—
trasformatori per saldatrici, progettati specificatamente per essere utilizzati in apparecchiature per saldatura ad arco o apparecchiature per la saldatura a resistenza,
—
trasformatori progettati specificamente per applicazioni antideflagrazione e per attività minerarie sotterranee (2),
—
trasformatori progettati specificamente per utilizzo in acque profonde (in immersione),
—
trasformatori di interfaccia di media tensione (MT) fino a 5 MVA,
—
grandi trasformatori di potenza, ove si dimostri che per una particolare applicazione non sono disponibili alternative tecnicamente praticabili che soddisfino i requisiti minimi di efficienza di cui al presente regolamento,
—
grandi trasformatori di potenza equivalenti, utilizzati per la sostituzione nella stessa ubicazione fisica o installazione dei grandi trasformatori di potenza esistenti se detta sostituzione non comporta costi sproporzionati legati al loro trasporto e/o alla loro installazione,
ciò non riguarda le prescrizioni in materia di informazione relativa al prodotto, né la documentazione tecnica conformemente all'allegato I, punti 3 e 4.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento e dei suoi allegati si applicano le seguenti definizioni:
1)
«trasformatore di potenza»: un apparecchio statico ad induzione elettromagnetica a due o più avvolgimenti destinato a trasformare un sistema di tensione e di corrente alternate in un altro sistema di tensione e corrente alternate, generalmente di valori differenti, ma della stessa frequenza, al fine di trasmettere energia elettrica;
2)
«piccolo trasformatore di potenza»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia pari o inferiore a 1,1 kV;
3)
«trasformatore di potenza medio»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia superiore a 1,1 kV ma pari o inferiore a 36 kV, e la cui potenza nominale sia pari o superiore a 5 kVA ma inferiore a 40 MVA;
4)
«grande trasformatore di potenza»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia superiore a 36 kV e la cui potenza nominale sia pari o superiore a 5 kVA o la cui potenza nominale sia pari o superiore a 40 MVA, indipendentemente dalla tensione d'uscita massima;
5)
«trasformatore immerso in un liquido»: un trasformatore di potenza il cui circuito magnetico e i cui avvolgimenti sono immersi in un liquido;
6)
«trasformatore di tipo a secco»: un trasformatore di potenza il cui circuito magnetico e i cui avvolgimenti non sono immersi in un liquido isolante;
7)
«trasformatore di potenza medio montato su palo»: un trasformatore di potenza con una potenza nominale non superiore a 315 kVA, adatto a un uso esterno e progettato per essere montato su strutture di sostegno di linee elettriche aeree;
8)
«trasformatore di distribuzione con regolazione della tensione»: un trasformatore di potenza medio dotato di componenti aggiuntivi, all'interno o all'esterno del suo cassone, per il controllo automatico della tensione di ingresso o di uscita del trasformatore a fini di regolazione della tensione a carico;
9)
«avvolgimento»: l'insieme delle spire che formano un circuito elettrico associato ad una delle tensioni assegnate al trasformatore;
10)
«tensione nominale di un avvolgimento» (Un): la tensione specificata per essere applicata o indotta a vuoto fra i terminali di linea di un avvolgimento senza prese o di un avvolgimento con prese collegati con l'avvolgimento primario;
11)
«avvolgimento ad alta tensione»: un avvolgimento con la più elevata tensione nominale;
12)
«tensione d'uscita massima di un'apparecchiatura» (Um): applicabile ad un avvolgimento di un trasformatore, valore massimo di efficacia della tensione d'uscita concatenata in un sistema trifase per il quale è progettato tale avvolgimento in funzione del suo isolamento;
13)
«potenza nominale» (Sr): valore convenzionale di potenza apparente assegnata ad un avvolgimento che, unitamente alla tensione nominale dell'avvolgimento, ne determina la corrente nominale;
14)
«perdita a carico» (Pk): la potenza attiva relativa ad una coppia di avvolgimenti, assorbita alla frequenza nominale e alla temperatura di riferimento, quando la corrente nominale (corrente di presa) passa attraverso un terminale o terminali di linea di uno degli avvolgimenti e i terminali dell'altro avvolgimento sono in cortocircuito e ogni avvolgimento dotato di prese è connesso alla sua presa principale, mentre gli altri avvolgimenti, se esistenti, sono a circuito aperto;
15)
«perdita a vuoto» (Po): la potenza attiva assorbita ad una frequenza nominale quando il trasformatore è alimentato e il circuito secondario è aperto; la tensione applicata è la tensione nominale e se l'avvolgimento di eccitazione è dotato di una presa è collegato alla sua presa primaria;
16)
«indice di efficienza di picco» (PEI): valore massimo del rapporto tra la potenza apparente trasmessa da un trasformatore meno le perdite elettriche e la potenza apparente trasmessa dal trasformatore.
Articolo 3
Requisiti in materia di progettazione ecocompatibile
I trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi soddisfano i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile di cui all'allegato I.
Articolo 4
Valutazione della conformità
La valutazione della conformità è eseguita applicando la procedura per il controllo interno della progettazione di cui all'allegato IV della direttiva 2009/125/CE o la procedura del sistema di gestione di cui all'allegato V della stessa direttiva.
Articolo 5
Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato
Nell'effettuare la verifiche della sorveglianza del mercato previste all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, le autorità degli Stati membri applicano la procedura di verifica di cui all'allegato III del presente regolamento.
Articolo 6
Parametri di riferimento indicativi
I parametri di riferimento indicativi per i trasformatori con le migliori prestazioni tecnologicamente possibili al momento dell'adozione del presente regolamento figurano nell'allegato IV.
Articolo 7
Riesame
Entro tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione procede al suo riesame, tenendo conto dei progressi tecnologici, e presenta i risultati di tale riesame al forum consultivo. Il riesame analizzerà in particolare i seguenti aspetti:
—
possibilità di fissare valori minimi relativi all'indice di efficienza di picco per tutti i trasformatori di potenza medi, compresi quelli con una potenza nominale inferiore a 3 150 kVA,
—
possibilità di distinguere, se del caso, le perdite legate al trasformatore di base da quelle imputabili ad altri componenti che svolgono funzioni di regolazione della tensione,
—
opportunità di stabilire requisiti minimi di rendimento per trasformatori di potenza monofase, nonché per i piccoli trasformatori di potenza,
—
appropriatezza delle deroghe accordate per i trasformatori montati su palo e per particolari combinazioni di tensioni degli avvolgimenti nei trasformatori di potenza medi,
—
possibilità di intervenire sugli impatti ambientali diversi dal consumo di energia nella fase di esercizio.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 21 maggio 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10.
(2) Le apparecchiature destinate a essere utilizzate in atmosfera potenzialmente esplosiva rientrano nel campo di applicazione della direttiva 94/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 100 del 19.4.1994, pag. 1).
ALLEGATO I
Requisiti in materia di progettazione ecocompatibile
1. Requisiti minimi in materia di rendimento o di efficienza energetici applicabili ai trasformatori di potenza medi
I trasformatori di potenza medi devono rispettare i livelli massimi consentiti di perdite a carico e di perdite a vuoto o i valori dell'indice di efficienza di picco (PEI) di cui alle tabelle da I.1 a I.5, esclusi i trasformatori di potenza medi montati su palo, che rispettano i valori massimi consentiti per le perdite a carico e le perdite a vuoto, di cui alla tabella I.6.
1.1. Requisiti applicabili ai trasformatori trifase medi con potenza nominale ≤3 150 kVA
Tabella I.1: Valori massimi delle perdite a carico e delle perdite a vuoto (in W) per i trasformatori trifase medi immersi in un liquido con un avvolgimento con Um ≤ 24 kV e l'altro con Um ≤ 1,1 kV.
Fase 1 (dal 1o luglio 2015)
Fase 2 (dal 1o luglio 2021)
Potenza nominale (kVA)
Perdite massime a carico Pk (W) (1)
Perdite massime a vuoto Po (W) (1)
Perdite massime a carico Pk (W) (1)
Perdite massime a vuoto Po (W) (1)
≤ 25
Ck (900)
Ao (70)
Ak (600)
Ao – 10 % (63)
50
Ck (1 100)
Ao (90)
Ak (750)
Ao – 10 % (81)
100
Ck (1 750)
Ao (145)
Ak (1 250)
Ao – 10 % (130)
160
Ck (2 350)
Ao (210)
Ak (1 750)
Ao – 10 % (189)
250
Ck (3 250)
Ao (300)
Ak (2 350)
Ao – 10 % (270)
315
Ck (3 900)
Ao (360)
Ak (2 800)
Ao – 10 % (324)
400
Ck (4 600)
Ao (430)
Ak (3 250)
Ao – 10 % (387)
500
Ck (5 500)
Ao (510)
Ak (3 900)
Ao – 10 % (459)
630
Ck (6 500)
Ao (600)
Ak (4 600)
Ao – 10 % (540)
800
Ck (8 400)
Ao (650)
Ak (6 000)
Ao – 10 % (585)
1 000
Ck (10 500)
Ao (770)
Ak (7 600)
Ao – 10 % (693)
1 250
Bk (11 000)
Ao (950)
Ak (9 500)
Ao – 10 % (855)
1 600
Bk (14 000)
Ao (1 200)
Ak (12 000)
Ao – 10 % (1080)
2 000
Bk (18 000)
Ao (1 450)
Ak (15 000)
Ao – 10 % (1 305)
2 500
Bk (22 000)
Ao (1 750)
Ak (18 500)
Ao – 10 % (1 575)
3 150
Bk (27 500)
Ao (2 200)
Ak (23 000)
Ao – 10 % (1 980)
Tabella I.2: Valori massimi delle perdite a carico e delle perdite a vuoto (in W) per i trasformatori trifase medi di tipo a secco con un avvolgimento con Um ≤ 24kV e l'altro con Um ≤ 1,1kV.
Fase 1 (dal 1o luglio 2015)
Fase 2 (dal 1o luglio 2021)
Potenza nominale (kVA)
Perdite massime a carico Pk (W) (2)
Perdite massime a vuoto Po (W) (2)
Perdite massime a carico Pk (W) (2)
Perdite massime a vuoto Po (W) (2)
≤ 50
Bk (1 700)
Ao (200)
Ak (1 500)
Ao – 10 % (180)
100
Bk (2 050)
Ao (280)
Ak (1 800)
Ao – 10 % (252)
160
Bk (2 900)
Ao (400)
Ak (2 600)
Ao – 10 % (360)
250
Bk (3 800)
Ao (520)
Ak (3 400)
Ao – 10 % (468)
400
Bk (5 500)
Ao (750)
Ak (4 500)
Ao – 10 % (675)
630
Bk (7 600)
Ao (1 100)
Ak (7 100)
Ao – 10 % (990)
800
Ak (8 000)
Ao (1 300)
Ak (8 000)
Ao – 10 % (1 170)
1 000
Ak (9 000)
Ao (1 550)
Ak (9 000)
Ao – 10 % (1 395)
1 250
Ak (11 000)
Ao (1 800)
Ak (11 000)
Ao – 10 % (1 620)
1 600
Ak (13 000)
Ao (2 200)
Ak (13 000)
Ao – 10 % (1 980)
2 000
Ak (16 000)
Ao (2 600)
Ak (16 000)
Ao – 10 % (2 340)
2 500
Ak (19 000)
Ao (3 100)
Ak (19 000)
Ao – 10 % (2 790)
3 150
Ak (22 000)
Ao (3 800)
Ak (22 000)
Ao – 10 % (3 420)
Tabella I.3: Correzione delle perdite a carico e delle perdite a vuoto in presenza di altre combinazioni di tensioni negli avvolgimenti o in caso di doppia tensione in uno o in entrambi gli avvolgimenti (potenza nominale > 3 150 kVA).
Un avvolgimento con Um ≤ 24 kV e l'altro con Um > 1,1 kV
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 10 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico
Un avvolgimento con Um = 36 kV e l'altro con Um ≤ 1,1 kV
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 15 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico
Un avvolgimento con Um = 36 kV e l'altro con Um > 1,1 kV
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 20 % per le perdite a vuoto e del 15 % per le perdite a carico
Doppia tensione su un avvolgimento
Nel caso dei trasformatori con un avvolgimento di alta tensione e due tensioni disponibili a partire da un avvolgimento con presa di bassa tensione, le perdite sono calcolate sulla base della tensione sull'avvolgimento di bassa tensione più elevata e sono conformi alle perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2. In questo tipo di trasformatori la potenza massima disponibile alla tensione sull'avvolgimento di bassa tensione più bassa non supera l'85 % della potenza nominale assegnata all'avvolgimento di bassa tensione alla sua tensione più elevata.
Nel caso dei trasformatori con un avvolgimento di bassa tensione e due tensioni disponibili a partire da un avvolgimento con presa di alta tensione, le perdite sono calcolate sulla base della tensione sull'avvolgimento di alta tensione più elevata e sono conformi alle perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2. In questo tipo di trasformatori la potenza massima disponibile alla tensione sull'avvolgimento di alta tensione più bassa non supera l'85 % della potenza nominale assegnata all'avvolgimento di alta tensione alla sua tensione più elevata.
Se la potenza nominale è disponibile nella sua totalità indipendentemente dalla combinazione di tensioni, i livelli delle perdite indicate nelle tabelle I.1 e I.2 possono essere maggiorati del 15 % per le perdite a vuoto e del 10 % per le perdite a carico.
Doppia tensione su entrambi gli avvolgimenti
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 possono essere maggiorate del 20 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico nei trasformatori con doppia tensione su entrambi gli avvolgimenti. Il livello delle perdite per la massima potenza nominale possibile è indicato partendo dalla principio che la potenza nominale resta la stessa indipendentemente dalla combinazione di tensioni.
1.2. Requisiti applicabili ai trasformatori medi con potenza nominale > 3150kVA
Tabella I.4: Valori minimi dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi immersi in un liquido
Potenza nominale (kVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
3 150 < Sr ≤ 4 000
99,465
99,532
5 000
99,483
99,548
6 300
99,510
99,571
8 000
99,535
99,593
10 000
99,560
99,615
12 500
99,588
99,640
16 000
99,615
99,663
20 000
99,639
99,684
25 000
99,657
99,700
31 500
99,671
99,712
40 000
99,684
99,724
I valori minimi del PEI per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.4 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
Tabella I.5. Valori minimi dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi di tipo a secco
Potenza nominale (kVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
3 150 < Sr ≤ 4 000
99,348
99,382
5 000
99,354
99,387
6 300
99,356
99,389
8 000
99,357
99,390
≥ 10 000
99,357
99,390
I valori minimi del PEI per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.5 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
1.3. Requisiti applicabili ai trasformatori medi con potenza nominale ≤ 3 150 kVA, dotati di prese adatte al funzionamento di un trasformatore alimentato o a carico, a fini di adeguamento della tensione. A questa categoria appartengono i trasformatori di distribuzione regolatori della tensione.
I livelli massimi ammissibili delle perdite indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorati del 20 % per le perdite a vuoto e del 5 % per le perdite a carico nella fase 1 e del 10 % per le perdite a vuoto nella fase 2.
1.4. Requisiti applicabili ai trasformatori medi su palo
I livelli delle perdite a vuoto e a carico indicati nelle tabelle I.1 e I.2 non riguardano i trasformatori su palo immersi in un liquido con potenza nominale compresa tra 25 kVA e 315 kVA. Per questi modelli specifici di trasformatori medi su palo, i livelli massimi delle perdite ammissibili sono indicati nella tabella I.6.
Tabella I.6: Perdite massime a carico e perdite massime a vuoto (in W) per i trasformatori medi su palo immersi in un liquido.
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Potenza nominale (kVA)
Perdite massime a carico (W) (3)
Perdite massime a vuoto (W) (3)
Perdite massime a carico (W) (3)
Perdite massime a vuoto (W) (3)
25
Ck (900)
Ao (70)
Bk (725)
Ao (70)
50
Ck (1 100)
Ao (90)
Bk (875)
Ao (90)
100
Ck (1 750)
Ao (145)
Bk (1 475)
Ao (145)
160
Ck + 32 % (3 102)
Co (300)
Ck + 32 % (3 102)
Co-10 % (270)
200
Ck (2 750)
Co (356)
Bk (2 333)
Bo (310)
250
Ck (3 250)
Co (425)
Bk (2 750)
Bo (360)
315
Ck (3 900)
Co (520)
Bk (3 250)
Bo (440)
2. Requisiti minimi in materia di efficienza energetica applicabili ai grandi trasformatori di potenza
I requisiti minimi di efficienza applicabili ai grandi trasformatori di potenza sono riportati nelle tabelle I.7 e I.8.
Tabella I.7: Requisiti minimi relativi all'indice di efficienza di picco (PEI) applicabili ai grandi trasformatori di potenza immersi in un liquido
Potenza nominale (MVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
≤ 4
99,465
99,532
5
99,483
99,548
6,3
99,510
99,571
8
99,535
99,593
10
99,560
99,615
12,5
99,588
99,640
16
99,615
99,663
20
99,639
99,684
25
99,657
99,700
31,5
99,671
99,712
40
99,684
99,724
50
99,696
99,734
63
99,709
99,745
80
99,723
99,758
≥ 100
99,737
99,770
I valori minimi dell'indice di efficienza di picco per potenze assegnate in MVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.7 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
Tabella I.8.: Requisiti minimi relativi all'indice di efficienza di picco applicabili ai grandi trasformatori di potenza di tipo a secco
Potenza nominale (MVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
≤ 4
99,158
99,225
5
99,200
99,265
6,3
99,242
99,303
8
99,298
99,356
10
99,330
99,385
12,5
99,370
99,422
16
99,416
99,464
20
99,468
99,513
25
99,521
99,564
31,5
99,551
99,592
40
99,567
99,607
50
99,585
99,623
≥ 63
99,590
99,626
I valori minimi dell'indice di efficienza di picco per potenze assegnate in MVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.8 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
3. Prescrizioni in materia di informazioni sul prodotto
A decorrere dal 1o luglio 2015 le seguenti prescrizioni in materia di informazioni sul prodotto per i trasformatori che rientrano nell'ambito di applicazione del presente regolamento (articolo 1) saranno incluse in tutta la documentazione relativa al prodotto, comprese le pagine web dei fabbricanti accessibili al pubblico:
a)
informazioni sulla potenza nominale, sulle perdite a carico e sulle perdite a vuoto e sulla potenza elettrica di ogni sistema di raffreddamento necessario per il funzionamento a vuoto;
b)
per i trasformatori di potenza medi (se del caso) e per quelli grandi, il valore dell'indice di efficienza di picco e la potenza alla quale essa si manifesta;
c)
per i trasformatori bitensione, la potenza massima nominale assegnata alla tensione più bassa, conformemente alla tabella I.3;
d)
informazioni sul peso di tutti i componenti principali di un trasformatore di potenza (compresi almeno il conduttore, la sua natura e il materiale di base);
e)
per i trasformatori di potenza medi montati su palo, un display visibile recante la dicitura «destinati esclusivamente al montaggio su palo».
Le informazioni di cui alle lettere a), c) e d) devono figurare anche sulla targhetta dei dati di funzionamento dei trasformatori di potenza.
4. Documentazione tecnica
Nella documentazione tecnica dei trasformatori di potenza devono essere incluse le seguenti informazioni:
a)
nome e recapito del fabbricante;
b)
identificazione del modello e codice alfanumerico per poter distinguere il modello da altri modelli prodotti dallo stesso fabbricante;
c)
le informazioni di cui al punto 3.
Se la documentazione tecnica si basa interamente o in parte sulla documentazione tecnica di un altro modello, deve essere fornito l'identificatore di tale modello; la documentazione tecnica deve contenere inoltre informazioni dettagliate su come tali informazioni sono state ottenute dalla documentazione tecnica dell'altro modello, ad esempio sui calcoli e sulle estrapolazioni, compresi i risultati delle prove eseguite dal fabbricante a fini di verifica.
(1) le perdite massime per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.1 sono ricavate mediante interpolazione lineare.
(2) le perdite massime per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.2 sono ricavate mediante interpolazione lineare.
(3) le perdite massime ammissibili per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.6 sono ricavate mediante interpolazione lineare.
ALLEGATO II
Metodi di misurazione e di calcolo
Metodo di misurazione
Ai fini della conformità ai requisiti del presente regolamento, le misurazioni sono effettuate utilizzando una procedura affidabile, accurata e riproducibile che tenga conto delle metodologie più avanzate e generalmente riconosciute, compresi i metodi definiti nei documenti i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati a tal fine nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Metodi di calcolo
Il metodo di calcolo dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi e grandi si basa sul rapporto tra la potenza apparente trasferita di un trasformatore meno le perdite elettriche e la potenza apparente trasferita del trasformatore.
dove:
P0 indica la misura delle perdite a vuoto alla tensione nominale e alla frequenza nominale, sulla presa nominale;
Pc0 indica la potenza elettrica necessaria per il sistema di raffreddamento per il funzionamento a vuoto;
Pk indica la perdita a carico misurata alla corrente nominale e alla frequenza nominale sulla presa nominale, adeguate alla temperatura di riferimento;
Sr indica la potenza nominale del trasformatore o dell'autotrasformatore sulla quale si basa Pk.
ALLEGATO III
Procedura di verifica
Nell'effettuare i controlli di sorveglianza del mercato, di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, le autorità degli Stati membri attuano la seguente procedura di verifica per quanto riguarda i requisiti di cui all'allegato I:
1)
le autorità degli Stati membri sottopongono a prova una sola unità per modello;
2)
il modello è considerato conforme ai requisiti applicabili di cui all'allegato I del presente regolamento se i valori che figurano nella documentazione tecnica rispettano tali requisiti e se i parametri misurati rispondono ai requisiti di cui all'allegato I, entro le tolleranze ai fini della verifica indicati nella tabella del presente allegato;
3)
se non sono raggiunti i risultati di cui al punto 2, il modello non è ritenuto conforme ai requisiti del presente regolamento. Le autorità degli Stati membri devono fornire alle autorità degli altri Stati membri e alla Commissione tutte le informazioni pertinenti, inclusi, se del caso, i risultati delle prove entro un mese dalla data di adozione della decisione sulla non conformità del modello.
Le autorità degli Stati membri applicano i metodi di misurazione e di calcolo descritti nell'allegato II.
Tenuto conto delle limitazioni di peso e di dimensioni nel trasporto dei trasformatori di potenza medi e grandi, le autorità degli Stati membri possono decidere di avviare la procedura di verifica nei locali dei fabbricanti, prima che gli apparecchi siano messi in servizio nel loro luogo di destinazione finale.
Le tolleranze stabilite nel presente allegato si riferiscono esclusivamente alla verifica dei parametri misurati dalle autorità degli Stati membri e non sono utilizzate dal fabbricante o dall'importatore come tolleranze ammesse per stabilire i valori riportati nella documentazione tecnica.
Tabella
Parametro misurato
Tolleranze applicabili alla verifica
Perdite a carico
Il valore misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato.
Perdite a vuoto
Il valore misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato.
Potenza elettrica necessaria per il sistema di raffreddamento per il funzionamento a vuoto
Il valor misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato.
ALLEGATO IV
Parametri di riferimento indicativi
Al momento dell'adozione del presente regolamento la migliore tecnologia disponibile sul mercato per i trasformatori di potenza medi è stata identificata come segue:
a)
trasformatori di potenza medi immersi in un liquido: Ao – 20 %, Ak – 20 %;
b)
trasformatori di potenza medi del tipo a secco: Ao – 20 %, Ak – 20 %;
c)
trasformatori di potenza medi con anima di acciaio amorfo: Ao – 50 %, Ak – 50 %.
La disponibilità di materiale per la fabbricazione di trasformatori con anima di acciaio amorfo deve essere ulteriormente sviluppata prima che tali valori delle perdite possano essere considerati in futuro requisiti minimi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 548/2014 DELLA COMMISSIONE
del 21 maggio 2014
recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (1), in particolare l'articolo 15, paragrafo 1,
sentito il forum consultivo sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti,
considerando quanto segue:
(1)
La Commissione ha condotto uno studio preparatorio che analizza gli aspetti ambientali ed economici dei trasformatori. Lo studio è stato realizzato in cooperazione con le parti in causa e le parti interessate dell'Unione e i suoi risultati sono stati resi pubblici. I trasformatori sono considerati prodotti connessi all'energia ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE.
(2)
Lo studio ha mostrato che l'aspetto ambientale più rilevante, che può essere influenzato dalla progettazione dei prodotti, è l'energia nella fase di esercizio. Nella fabbricazione dei trasformatori sono impiegati quantitativi considerevoli di materie prime (rame, ferro, resina, alluminio), ma i meccanismi di mercato sembrano garantire un adeguato trattamento di fine vita del prodotto; non è pertanto necessario stabilire requisiti specifici in materia.
(3)
I requisiti in materia di progettazione ecocompatibile di cui all'allegato I si applicano ai prodotti immessi sul mercato o messi in servizio ovunque essi siano installati, e non possono quindi dipendere dall'applicazione in cui il prodotto è utilizzato.
(4)
I trasformatori sono generalmente acquistati nell'ambito di accordi quadro. Per acquisto si intende, in tale contesto, la contrattazione con i fabbricanti per la consegna di un dato volume di trasformatori. L'entrata in vigore del contratto corrisponderà alla data della firma dello stesso ad opera delle parti.
(5)
Alcune categorie di trasformatori non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione del presente regolamento a motivo di loro specifiche funzioni. Il consumo di energia e il potenziale di risparmio di tali trasformatori sono irrilevanti se confrontati con quelli di altri.
(6)
Sono previste deroghe alle prescrizioni per effetto delle limitazioni di peso imposte al montaggio dei trasformatori su pali per linee elettriche. Per evitare l'uso improprio di trasformatori destinati specificamente al montaggio su palo, essi dovranno recare ben visibile la dicitura «destinati esclusivamente al montaggio su palo», allo scopo di facilitare il lavoro delle autorità nazionali preposte alla sorveglianza del mercato.
(7)
Sono previste deroghe alle prescrizioni per i trasformatori dotati di dispositivi di regolazione della tensione al fine di integrare l'energia elettrica rinnovabile generata fuori rete nella rete di distribuzione. Tali deroghe dovranno decadere progressivamente con l'ulteriore evoluzione di questa tecnologia e con la messa a disposizione di norme di misurazione che consentano di distinguere le perdite legate al trasformatore di base da quelle imputabili ad apparecchiature destinate a svolgere funzioni supplementari.
(8)
Occorre inoltre stabilire requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per quanto riguarda il rendimento e l'efficienza energetici dei trasformatori medi e l'efficienza energetica dei trasformatori grandi al fine di armonizzare i requisiti applicabili a tali dispositivi a livello dell'Unione. Tali requisiti contribuirebbero inoltre al buon funzionamento del mercato interno e al miglioramento delle prestazioni ambientali degli Stati membri.
(9)
È necessario inoltre definire requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per i trasformatori di potenza medi e grandi al fine di favorire la penetrazione sul mercato di tecnologie e soluzioni di progettazione che ne migliorino il rendimento o l'efficienza energetici. Nel 2008 le perdite annuali totali subite dal parco trasformatori nell'UE27 ammontavano a 93,4 TWh. Le potenzialità di miglioramento in termini di costi generate da una migliore progettazione sono state stimate per il 2025 in circa 16,2 TWh all'anno, pari a 3,7 Mt di emissioni di CO2.
(10)
È necessario prevedere un'entrata in vigore in fasi successive dei requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per dare ai fabbricanti il tempo necessario per riprogettare i loro prodotti. Occorre fissare i termini per l'applicazione di tali requisiti tenendo conto contestualmente dell'impatto sui costi per i fabbricanti, in particolare per le piccole e medie imprese, assicurando nel contempo che gli obiettivi strategici vengano raggiunti nei tempi previsti.
(11)
Per consentire l'effettiva attuazione del regolamento, si raccomanda fortemente alle autorità di regolamentazione nazionali di tenere conto dell'effetto dei requisiti minimi di efficienza sul costo iniziale del trasformatore e di favorire l'installazione di trasformatori più funzionali di quelli previsti dal regolamento, se economicamente giustificabili sulla base del loro intero ciclo di vita, tenuto conto anche di una valutazione adeguata della riduzione delle perdite.
(12)
Per agevolare il controllo della conformità, i fabbricanti devono essere invitati a fornire nella documentazione tecnica le necessarie informazioni conformemente agli allegati IV e V della direttiva 2009/125/CE.
(13)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente regolamento definisce i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per l'immissione sul mercato o la messa in servizio di trasformatori con una potenza minima di 1 kVA utilizzati nelle reti di trasporto e di distribuzione della corrente elettrica a 50 Hz o per applicazioni industriali. Il regolamento si applica unicamente ai trasformatori acquistati dopo l'entrata in vigore dello stesso.
2. Il presente regolamento non si applica ai trasformatori specificamente progettati e utilizzati per le seguenti applicazioni:
—
trasduttori progettati specificamente per alimentare strumenti di misurazione, contatori, commutatori e altri apparecchi simili,
—
trasformatori con avvolgimenti di bassa tensione progettati specificamente per essere utilizzati come raddrizzatori al fine di fornire un'alimentazione in corrente continua,
—
trasformatori progettati specificamente per essere direttamente collegati a un forno,
—
trasformatori progettati specificamente per essere utilizzati in impianti offshore e impianti offshore galleggianti,
—
trasformatori progettati specificamente per impianti di emergenza,
—
trasformatori e autotrasformatori progettati specificamente per sistemi di alimentazione ferroviaria,
—
trasformatori di messa a terra, vale a dire trifasi, destinati a fornire un punto neutro per la messa a terra di un impianto,
—
trasformatori di trazione installati sul materiale rotabile, vale a dire trasformatori collegati, direttamente o tramite un convertitore, ad una linea di contatto a corrente alternata o a corrente continua, utilizzati negli impianti fissi di applicazioni ferroviarie,
—
trasformatori di avviamento, progettati specificatamente per l'avviamento di motori trifase in modo da eliminare le cadute di tensione di alimentazione,
—
trasformatori di prova, progettati specificamente per essere utilizzati in un circuito al fine di produrre una data tensione o una data corrente per testare materiale elettrico,
—
trasformatori per saldatrici, progettati specificatamente per essere utilizzati in apparecchiature per saldatura ad arco o apparecchiature per la saldatura a resistenza,
—
trasformatori progettati specificamente per applicazioni antideflagrazione e per attività minerarie sotterranee (2),
—
trasformatori progettati specificamente per utilizzo in acque profonde (in immersione),
—
trasformatori di interfaccia di media tensione (MT) fino a 5 MVA,
—
grandi trasformatori di potenza, ove si dimostri che per una particolare applicazione non sono disponibili alternative tecnicamente praticabili che soddisfino i requisiti minimi di efficienza di cui al presente regolamento,
—
grandi trasformatori di potenza equivalenti, utilizzati per la sostituzione nella stessa ubicazione fisica o installazione dei grandi trasformatori di potenza esistenti se detta sostituzione non comporta costi sproporzionati legati al loro trasporto e/o alla loro installazione,
ciò non riguarda le prescrizioni in materia di informazione relativa al prodotto, né la documentazione tecnica conformemente all'allegato I, punti 3 e 4.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento e dei suoi allegati si applicano le seguenti definizioni:
1)
«trasformatore di potenza»: un apparecchio statico ad induzione elettromagnetica a due o più avvolgimenti destinato a trasformare un sistema di tensione e di corrente alternate in un altro sistema di tensione e corrente alternate, generalmente di valori differenti, ma della stessa frequenza, al fine di trasmettere energia elettrica;
2)
«piccolo trasformatore di potenza»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia pari o inferiore a 1,1 kV;
3)
«trasformatore di potenza medio»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia superiore a 1,1 kV ma pari o inferiore a 36 kV, e la cui potenza nominale sia pari o superiore a 5 kVA ma inferiore a 40 MVA;
4)
«grande trasformatore di potenza»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia superiore a 36 kV e la cui potenza nominale sia pari o superiore a 5 kVA o la cui potenza nominale sia pari o superiore a 40 MVA, indipendentemente dalla tensione d'uscita massima;
5)
«trasformatore immerso in un liquido»: un trasformatore di potenza il cui circuito magnetico e i cui avvolgimenti sono immersi in un liquido;
6)
«trasformatore di tipo a secco»: un trasformatore di potenza il cui circuito magnetico e i cui avvolgimenti non sono immersi in un liquido isolante;
7)
«trasformatore di potenza medio montato su palo»: un trasformatore di potenza con una potenza nominale non superiore a 315 kVA, adatto a un uso esterno e progettato per essere montato su strutture di sostegno di linee elettriche aeree;
8)
«trasformatore di distribuzione con regolazione della tensione»: un trasformatore di potenza medio dotato di componenti aggiuntivi, all'interno o all'esterno del suo cassone, per il controllo automatico della tensione di ingresso o di uscita del trasformatore a fini di regolazione della tensione a carico;
9)
«avvolgimento»: l'insieme delle spire che formano un circuito elettrico associato ad una delle tensioni assegnate al trasformatore;
10)
«tensione nominale di un avvolgimento» (Un): la tensione specificata per essere applicata o indotta a vuoto fra i terminali di linea di un avvolgimento senza prese o di un avvolgimento con prese collegati con l'avvolgimento primario;
11)
«avvolgimento ad alta tensione»: un avvolgimento con la più elevata tensione nominale;
12)
«tensione d'uscita massima di un'apparecchiatura» (Um): applicabile ad un avvolgimento di un trasformatore, valore massimo di efficacia della tensione d'uscita concatenata in un sistema trifase per il quale è progettato tale avvolgimento in funzione del suo isolamento;
13)
«potenza nominale» (Sr): valore convenzionale di potenza apparente assegnata ad un avvolgimento che, unitamente alla tensione nominale dell'avvolgimento, ne determina la corrente nominale;
14)
«perdita a carico» (Pk): la potenza attiva relativa ad una coppia di avvolgimenti, assorbita alla frequenza nominale e alla temperatura di riferimento, quando la corrente nominale (corrente di presa) passa attraverso un terminale o terminali di linea di uno degli avvolgimenti e i terminali dell'altro avvolgimento sono in cortocircuito e ogni avvolgimento dotato di prese è connesso alla sua presa principale, mentre gli altri avvolgimenti, se esistenti, sono a circuito aperto;
15)
«perdita a vuoto» (Po): la potenza attiva assorbita ad una frequenza nominale quando il trasformatore è alimentato e il circuito secondario è aperto; la tensione applicata è la tensione nominale e se l'avvolgimento di eccitazione è dotato di una presa è collegato alla sua presa primaria;
16)
«indice di efficienza di picco» (PEI): valore massimo del rapporto tra la potenza apparente trasmessa da un trasformatore meno le perdite elettriche e la potenza apparente trasmessa dal trasformatore.
Articolo 3
Requisiti in materia di progettazione ecocompatibile
I trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi soddisfano i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile di cui all'allegato I.
Articolo 4
Valutazione della conformità
La valutazione della conformità è eseguita applicando la procedura per il controllo interno della progettazione di cui all'allegato IV della direttiva 2009/125/CE o la procedura del sistema di gestione di cui all'allegato V della stessa direttiva.
Articolo 5
Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato
Nell'effettuare la verifiche della sorveglianza del mercato previste all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, le autorità degli Stati membri applicano la procedura di verifica di cui all'allegato III del presente regolamento.
Articolo 6
Parametri di riferimento indicativi
I parametri di riferimento indicativi per i trasformatori con le migliori prestazioni tecnologicamente possibili al momento dell'adozione del presente regolamento figurano nell'allegato IV.
Articolo 7
Riesame
Entro tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione procede al suo riesame, tenendo conto dei progressi tecnologici, e presenta i risultati di tale riesame al forum consultivo. Il riesame analizzerà in particolare i seguenti aspetti:
—
possibilità di fissare valori minimi relativi all'indice di efficienza di picco per tutti i trasformatori di potenza medi, compresi quelli con una potenza nominale inferiore a 3 150 kVA,
—
possibilità di distinguere, se del caso, le perdite legate al trasformatore di base da quelle imputabili ad altri componenti che svolgono funzioni di regolazione della tensione,
—
opportunità di stabilire requisiti minimi di rendimento per trasformatori di potenza monofase, nonché per i piccoli trasformatori di potenza,
—
appropriatezza delle deroghe accordate per i trasformatori montati su palo e per particolari combinazioni di tensioni degli avvolgimenti nei trasformatori di potenza medi,
—
possibilità di intervenire sugli impatti ambientali diversi dal consumo di energia nella fase di esercizio.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 21 maggio 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10.
(2) Le apparecchiature destinate a essere utilizzate in atmosfera potenzialmente esplosiva rientrano nel campo di applicazione della direttiva 94/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 100 del 19.4.1994, pag. 1).
ALLEGATO I
Requisiti in materia di progettazione ecocompatibile
1. Requisiti minimi in materia di rendimento o di efficienza energetici applicabili ai trasformatori di potenza medi
I trasformatori di potenza medi devono rispettare i livelli massimi consentiti di perdite a carico e di perdite a vuoto o i valori dell'indice di efficienza di picco (PEI) di cui alle tabelle da I.1 a I.5, esclusi i trasformatori di potenza medi montati su palo, che rispettano i valori massimi consentiti per le perdite a carico e le perdite a vuoto, di cui alla tabella I.6.
1.1. Requisiti applicabili ai trasformatori trifase medi con potenza nominale ≤3 150 kVA
Tabella I.1: Valori massimi delle perdite a carico e delle perdite a vuoto (in W) per i trasformatori trifase medi immersi in un liquido con un avvolgimento con Um ≤ 24 kV e l'altro con Um ≤ 1,1 kV.
Fase 1 (dal 1o luglio 2015)
Fase 2 (dal 1o luglio 2021)
Potenza nominale (kVA)
Perdite massime a carico Pk (W) (1)
Perdite massime a vuoto Po (W) (1)
Perdite massime a carico Pk (W) (1)
Perdite massime a vuoto Po (W) (1)
≤ 25
Ck (900)
Ao (70)
Ak (600)
Ao – 10 % (63)
50
Ck (1 100)
Ao (90)
Ak (750)
Ao – 10 % (81)
100
Ck (1 750)
Ao (145)
Ak (1 250)
Ao – 10 % (130)
160
Ck (2 350)
Ao (210)
Ak (1 750)
Ao – 10 % (189)
250
Ck (3 250)
Ao (300)
Ak (2 350)
Ao – 10 % (270)
315
Ck (3 900)
Ao (360)
Ak (2 800)
Ao – 10 % (324)
400
Ck (4 600)
Ao (430)
Ak (3 250)
Ao – 10 % (387)
500
Ck (5 500)
Ao (510)
Ak (3 900)
Ao – 10 % (459)
630
Ck (6 500)
Ao (600)
Ak (4 600)
Ao – 10 % (540)
800
Ck (8 400)
Ao (650)
Ak (6 000)
Ao – 10 % (585)
1 000
Ck (10 500)
Ao (770)
Ak (7 600)
Ao – 10 % (693)
1 250
Bk (11 000)
Ao (950)
Ak (9 500)
Ao – 10 % (855)
1 600
Bk (14 000)
Ao (1 200)
Ak (12 000)
Ao – 10 % (1080)
2 000
Bk (18 000)
Ao (1 450)
Ak (15 000)
Ao – 10 % (1 305)
2 500
Bk (22 000)
Ao (1 750)
Ak (18 500)
Ao – 10 % (1 575)
3 150
Bk (27 500)
Ao (2 200)
Ak (23 000)
Ao – 10 % (1 980)
Tabella I.2: Valori massimi delle perdite a carico e delle perdite a vuoto (in W) per i trasformatori trifase medi di tipo a secco con un avvolgimento con Um ≤ 24kV e l'altro con Um ≤ 1,1kV.
Fase 1 (dal 1o luglio 2015)
Fase 2 (dal 1o luglio 2021)
Potenza nominale (kVA)
Perdite massime a carico Pk (W) (2)
Perdite massime a vuoto Po (W) (2)
Perdite massime a carico Pk (W) (2)
Perdite massime a vuoto Po (W) (2)
≤ 50
Bk (1 700)
Ao (200)
Ak (1 500)
Ao – 10 % (180)
100
Bk (2 050)
Ao (280)
Ak (1 800)
Ao – 10 % (252)
160
Bk (2 900)
Ao (400)
Ak (2 600)
Ao – 10 % (360)
250
Bk (3 800)
Ao (520)
Ak (3 400)
Ao – 10 % (468)
400
Bk (5 500)
Ao (750)
Ak (4 500)
Ao – 10 % (675)
630
Bk (7 600)
Ao (1 100)
Ak (7 100)
Ao – 10 % (990)
800
Ak (8 000)
Ao (1 300)
Ak (8 000)
Ao – 10 % (1 170)
1 000
Ak (9 000)
Ao (1 550)
Ak (9 000)
Ao – 10 % (1 395)
1 250
Ak (11 000)
Ao (1 800)
Ak (11 000)
Ao – 10 % (1 620)
1 600
Ak (13 000)
Ao (2 200)
Ak (13 000)
Ao – 10 % (1 980)
2 000
Ak (16 000)
Ao (2 600)
Ak (16 000)
Ao – 10 % (2 340)
2 500
Ak (19 000)
Ao (3 100)
Ak (19 000)
Ao – 10 % (2 790)
3 150
Ak (22 000)
Ao (3 800)
Ak (22 000)
Ao – 10 % (3 420)
Tabella I.3: Correzione delle perdite a carico e delle perdite a vuoto in presenza di altre combinazioni di tensioni negli avvolgimenti o in caso di doppia tensione in uno o in entrambi gli avvolgimenti (potenza nominale > 3 150 kVA).
Un avvolgimento con Um ≤ 24 kV e l'altro con Um > 1,1 kV
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 10 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico
Un avvolgimento con Um = 36 kV e l'altro con Um ≤ 1,1 kV
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 15 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico
Un avvolgimento con Um = 36 kV e l'altro con Um > 1,1 kV
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 20 % per le perdite a vuoto e del 15 % per le perdite a carico
Doppia tensione su un avvolgimento
Nel caso dei trasformatori con un avvolgimento di alta tensione e due tensioni disponibili a partire da un avvolgimento con presa di bassa tensione, le perdite sono calcolate sulla base della tensione sull'avvolgimento di bassa tensione più elevata e sono conformi alle perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2. In questo tipo di trasformatori la potenza massima disponibile alla tensione sull'avvolgimento di bassa tensione più bassa non supera l'85 % della potenza nominale assegnata all'avvolgimento di bassa tensione alla sua tensione più elevata.
Nel caso dei trasformatori con un avvolgimento di bassa tensione e due tensioni disponibili a partire da un avvolgimento con presa di alta tensione, le perdite sono calcolate sulla base della tensione sull'avvolgimento di alta tensione più elevata e sono conformi alle perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2. In questo tipo di trasformatori la potenza massima disponibile alla tensione sull'avvolgimento di alta tensione più bassa non supera l'85 % della potenza nominale assegnata all'avvolgimento di alta tensione alla sua tensione più elevata.
Se la potenza nominale è disponibile nella sua totalità indipendentemente dalla combinazione di tensioni, i livelli delle perdite indicate nelle tabelle I.1 e I.2 possono essere maggiorati del 15 % per le perdite a vuoto e del 10 % per le perdite a carico.
Doppia tensione su entrambi gli avvolgimenti
Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 possono essere maggiorate del 20 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico nei trasformatori con doppia tensione su entrambi gli avvolgimenti. Il livello delle perdite per la massima potenza nominale possibile è indicato partendo dalla principio che la potenza nominale resta la stessa indipendentemente dalla combinazione di tensioni.
1.2. Requisiti applicabili ai trasformatori medi con potenza nominale > 3150kVA
Tabella I.4: Valori minimi dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi immersi in un liquido
Potenza nominale (kVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
3 150 < Sr ≤ 4 000
99,465
99,532
5 000
99,483
99,548
6 300
99,510
99,571
8 000
99,535
99,593
10 000
99,560
99,615
12 500
99,588
99,640
16 000
99,615
99,663
20 000
99,639
99,684
25 000
99,657
99,700
31 500
99,671
99,712
40 000
99,684
99,724
I valori minimi del PEI per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.4 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
Tabella I.5. Valori minimi dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi di tipo a secco
Potenza nominale (kVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
3 150 < Sr ≤ 4 000
99,348
99,382
5 000
99,354
99,387
6 300
99,356
99,389
8 000
99,357
99,390
≥ 10 000
99,357
99,390
I valori minimi del PEI per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.5 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
1.3. Requisiti applicabili ai trasformatori medi con potenza nominale ≤ 3 150 kVA, dotati di prese adatte al funzionamento di un trasformatore alimentato o a carico, a fini di adeguamento della tensione. A questa categoria appartengono i trasformatori di distribuzione regolatori della tensione.
I livelli massimi ammissibili delle perdite indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorati del 20 % per le perdite a vuoto e del 5 % per le perdite a carico nella fase 1 e del 10 % per le perdite a vuoto nella fase 2.
1.4. Requisiti applicabili ai trasformatori medi su palo
I livelli delle perdite a vuoto e a carico indicati nelle tabelle I.1 e I.2 non riguardano i trasformatori su palo immersi in un liquido con potenza nominale compresa tra 25 kVA e 315 kVA. Per questi modelli specifici di trasformatori medi su palo, i livelli massimi delle perdite ammissibili sono indicati nella tabella I.6.
Tabella I.6: Perdite massime a carico e perdite massime a vuoto (in W) per i trasformatori medi su palo immersi in un liquido.
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Potenza nominale (kVA)
Perdite massime a carico (W) (3)
Perdite massime a vuoto (W) (3)
Perdite massime a carico (W) (3)
Perdite massime a vuoto (W) (3)
25
Ck (900)
Ao (70)
Bk (725)
Ao (70)
50
Ck (1 100)
Ao (90)
Bk (875)
Ao (90)
100
Ck (1 750)
Ao (145)
Bk (1 475)
Ao (145)
160
Ck + 32 % (3 102)
Co (300)
Ck + 32 % (3 102)
Co-10 % (270)
200
Ck (2 750)
Co (356)
Bk (2 333)
Bo (310)
250
Ck (3 250)
Co (425)
Bk (2 750)
Bo (360)
315
Ck (3 900)
Co (520)
Bk (3 250)
Bo (440)
2. Requisiti minimi in materia di efficienza energetica applicabili ai grandi trasformatori di potenza
I requisiti minimi di efficienza applicabili ai grandi trasformatori di potenza sono riportati nelle tabelle I.7 e I.8.
Tabella I.7: Requisiti minimi relativi all'indice di efficienza di picco (PEI) applicabili ai grandi trasformatori di potenza immersi in un liquido
Potenza nominale (MVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
≤ 4
99,465
99,532
5
99,483
99,548
6,3
99,510
99,571
8
99,535
99,593
10
99,560
99,615
12,5
99,588
99,640
16
99,615
99,663
20
99,639
99,684
25
99,657
99,700
31,5
99,671
99,712
40
99,684
99,724
50
99,696
99,734
63
99,709
99,745
80
99,723
99,758
≥ 100
99,737
99,770
I valori minimi dell'indice di efficienza di picco per potenze assegnate in MVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.7 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
Tabella I.8.: Requisiti minimi relativi all'indice di efficienza di picco applicabili ai grandi trasformatori di potenza di tipo a secco
Potenza nominale (MVA)
Fase 1 (1o luglio 2015)
Fase 2 (1o luglio 2021)
Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%)
≤ 4
99,158
99,225
5
99,200
99,265
6,3
99,242
99,303
8
99,298
99,356
10
99,330
99,385
12,5
99,370
99,422
16
99,416
99,464
20
99,468
99,513
25
99,521
99,564
31,5
99,551
99,592
40
99,567
99,607
50
99,585
99,623
≥ 63
99,590
99,626
I valori minimi dell'indice di efficienza di picco per potenze assegnate in MVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.8 sono ricavati mediante interpolazione lineare.
3. Prescrizioni in materia di informazioni sul prodotto
A decorrere dal 1o luglio 2015 le seguenti prescrizioni in materia di informazioni sul prodotto per i trasformatori che rientrano nell'ambito di applicazione del presente regolamento (articolo 1) saranno incluse in tutta la documentazione relativa al prodotto, comprese le pagine web dei fabbricanti accessibili al pubblico:
a)
informazioni sulla potenza nominale, sulle perdite a carico e sulle perdite a vuoto e sulla potenza elettrica di ogni sistema di raffreddamento necessario per il funzionamento a vuoto;
b)
per i trasformatori di potenza medi (se del caso) e per quelli grandi, il valore dell'indice di efficienza di picco e la potenza alla quale essa si manifesta;
c)
per i trasformatori bitensione, la potenza massima nominale assegnata alla tensione più bassa, conformemente alla tabella I.3;
d)
informazioni sul peso di tutti i componenti principali di un trasformatore di potenza (compresi almeno il conduttore, la sua natura e il materiale di base);
e)
per i trasformatori di potenza medi montati su palo, un display visibile recante la dicitura «destinati esclusivamente al montaggio su palo».
Le informazioni di cui alle lettere a), c) e d) devono figurare anche sulla targhetta dei dati di funzionamento dei trasformatori di potenza.
4. Documentazione tecnica
Nella documentazione tecnica dei trasformatori di potenza devono essere incluse le seguenti informazioni:
a)
nome e recapito del fabbricante;
b)
identificazione del modello e codice alfanumerico per poter distinguere il modello da altri modelli prodotti dallo stesso fabbricante;
c)
le informazioni di cui al punto 3.
Se la documentazione tecnica si basa interamente o in parte sulla documentazione tecnica di un altro modello, deve essere fornito l'identificatore di tale modello; la documentazione tecnica deve contenere inoltre informazioni dettagliate su come tali informazioni sono state ottenute dalla documentazione tecnica dell'altro modello, ad esempio sui calcoli e sulle estrapolazioni, compresi i risultati delle prove eseguite dal fabbricante a fini di verifica.
(1) le perdite massime per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.1 sono ricavate mediante interpolazione lineare.
(2) le perdite massime per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.2 sono ricavate mediante interpolazione lineare.
(3) le perdite massime ammissibili per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.6 sono ricavate mediante interpolazione lineare.
ALLEGATO II
Metodi di misurazione e di calcolo
Metodo di misurazione
Ai fini della conformità ai requisiti del presente regolamento, le misurazioni sono effettuate utilizzando una procedura affidabile, accurata e riproducibile che tenga conto delle metodologie più avanzate e generalmente riconosciute, compresi i metodi definiti nei documenti i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati a tal fine nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Metodi di calcolo
Il metodo di calcolo dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi e grandi si basa sul rapporto tra la potenza apparente trasferita di un trasformatore meno le perdite elettriche e la potenza apparente trasferita del trasformatore.
dove:
P0 indica la misura delle perdite a vuoto alla tensione nominale e alla frequenza nominale, sulla presa nominale;
Pc0 indica la potenza elettrica necessaria per il sistema di raffreddamento per il funzionamento a vuoto;
Pk indica la perdita a carico misurata alla corrente nominale e alla frequenza nominale sulla presa nominale, adeguate alla temperatura di riferimento;
Sr indica la potenza nominale del trasformatore o dell'autotrasformatore sulla quale si basa Pk.
ALLEGATO III
Procedura di verifica
Nell'effettuare i controlli di sorveglianza del mercato, di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, le autorità degli Stati membri attuano la seguente procedura di verifica per quanto riguarda i requisiti di cui all'allegato I:
1)
le autorità degli Stati membri sottopongono a prova una sola unità per modello;
2)
il modello è considerato conforme ai requisiti applicabili di cui all'allegato I del presente regolamento se i valori che figurano nella documentazione tecnica rispettano tali requisiti e se i parametri misurati rispondono ai requisiti di cui all'allegato I, entro le tolleranze ai fini della verifica indicati nella tabella del presente allegato;
3)
se non sono raggiunti i risultati di cui al punto 2, il modello non è ritenuto conforme ai requisiti del presente regolamento. Le autorità degli Stati membri devono fornire alle autorità degli altri Stati membri e alla Commissione tutte le informazioni pertinenti, inclusi, se del caso, i risultati delle prove entro un mese dalla data di adozione della decisione sulla non conformità del modello.
Le autorità degli Stati membri applicano i metodi di misurazione e di calcolo descritti nell'allegato II.
Tenuto conto delle limitazioni di peso e di dimensioni nel trasporto dei trasformatori di potenza medi e grandi, le autorità degli Stati membri possono decidere di avviare la procedura di verifica nei locali dei fabbricanti, prima che gli apparecchi siano messi in servizio nel loro luogo di destinazione finale.
Le tolleranze stabilite nel presente allegato si riferiscono esclusivamente alla verifica dei parametri misurati dalle autorità degli Stati membri e non sono utilizzate dal fabbricante o dall'importatore come tolleranze ammesse per stabilire i valori riportati nella documentazione tecnica.
Tabella
Parametro misurato
Tolleranze applicabili alla verifica
Perdite a carico
Il valore misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato.
Perdite a vuoto
Il valore misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato.
Potenza elettrica necessaria per il sistema di raffreddamento per il funzionamento a vuoto
Il valor misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato.
ALLEGATO IV
Parametri di riferimento indicativi
Al momento dell'adozione del presente regolamento la migliore tecnologia disponibile sul mercato per i trasformatori di potenza medi è stata identificata come segue:
a)
trasformatori di potenza medi immersi in un liquido: Ao – 20 %, Ak – 20 %;
b)
trasformatori di potenza medi del tipo a secco: Ao – 20 %, Ak – 20 %;
c)
trasformatori di potenza medi con anima di acciaio amorfo: Ao – 50 %, Ak – 50 %.
La disponibilità di materiale per la fabbricazione di trasformatori con anima di acciaio amorfo deve essere ulteriormente sviluppata prima che tali valori delle perdite possano essere considerati in futuro requisiti minimi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Requisiti per la progettazione ecocompatibile: trasformatori di potenza
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento (UE) n. 548/2014 recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE definisce i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile* per l’immissione sul mercato o la messa in servizio di trasformatori con una potenza minima di 1 kVA utilizzati nelle reti di trasporto e di distribuzione della corrente elettrica a 50 Hz o per applicazioni industriali. L’esperienza maturata con l’attuazione della direttiva ha evidenziato che in alcuni Stati membri esistono variazioni nazionali della tensione normale delle reti di distribuzione dell’energia elettrica. Tali variazioni giustificano diversi livelli di soglia della tensione nella categorizzazione dei trasformatori e forniscono informazioni su quali requisiti minimi in materia di rendimento energetico è opportuno applicare. Il regolamento (UE) 2019/1783 modifica pertanto il regolamento (CE) n. 548/2014.
PUNTI CHIAVE
Il presente regolamento si applica ai trasformatori acquistati dopo l’11 giugno 2014. Per i medi trasformatori* e i trasformatori grandi*, la conformità e il rispetto del presente regolamento è rivalutata, indipendentemente dalla data della loro prima immissione sul mercato o messa in funzione, se subiscono tutte le seguenti operazioni:sostituzione del nucleo o di parte di esso; osostituzione di uno o più avvolgimenti completi. Il presente regolamento non si applica ai trasformatori specificamente progettati per le seguenti applicazioni:trasformatori collegati direttamente a un forno;trasformatori progettati specificamente per essere installati su piattaforme offshore fisse o galleggianti, su turbine eoliche offshore o a bordo di navi e di tutti i tipi di imbarcazioni;trasformatori utilizzati in apparecchiature per la saldatura ad arco o apparecchiature per la saldatura a resistenza. I requisiti di progettazione ecocompatibile sono specificati negli allegati del regolamento. Il regolamento stabilisce la procedura di valutazione della conformità.Modifiche introdotte dal regolamento (UE) 2019/1783:
Le modifiche introducono:se le tensioni di soglia delle reti di distribuzione dell’energia elettrica si discostano dalla tensione normale all’interno dell’Unione, gli Stati membri ne danno comunicazione alla Commissione europea, in modo da prevedere una notifica pubblica per la corretta interpretazione delle tabelle dell’allegato I del regolamento (requisiti per la progettazione ecocompatibile); i fabbricanti, gli importatori o i loro rappresentanti autorizzati non devono immettere sul mercato prodotti che siano in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova e di alterare le prestazioni durante la prova; al fine di agevolare le verifiche, è consentito alle autorità di vigilanza del mercato di sottoporre a prova, o di assistere alle prove, dei trasformatori più grandi nei locali del fabbricante o in altri locali adeguati; la Commissione riesamina il presente regolamento e presenta i risultati entro il 1o luglio 2023.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento (UE) n. 548/2014 si applica dal 11 giugno 2014. Le modifiche introdotte dal regolamento (UE) 2019/1783 si applicano dal 14 novembre 2019.
CONTESTO
La direttiva 2009/125/CE stabilisce un quadro per definire i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia. La Commissione li imposta per i prodotti che sono ampiamente venduti e commercializzati nell’Unione e che hanno un impatto ambientale significativo.
Per maggiori informazioni consultare:Trasformatori di potenza: Specifiche per la progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Spiegazione delle nuove misure di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Informazioni sull’etichetta energetica e sulla progettazione ecocompatibile — Risparmio energetico (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Progettazione ecocompatibile: Politica per migliorare, attraverso una migliore progettazione, le prestazioni ambientali dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita, in particolare l’efficienza energetica.
trasformatore di potenza medio: un trasformatore di potenza in cui tutti gli avvolgimenti hanno una potenza nominale inferiore o uguale a 3 150 kVA e una tensione d’uscita massima superiore a 1,1 kV ma pari o inferiore a 36 kV.
grande trasformatore di potenza: un trasformatore di potenza in cui almeno un avvolgimento ha una potenza nominale superiore a 3 150 kVA o una tensione d’uscita massima superiore a 36 kV.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 548/2014 della Commissione, del 21 maggio 2014, recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi (GU L 152 del 22.5.2014, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 548/2014 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione nel quadro dell’applicazione del regolamento (UE) n. 548/2014 della Commissione recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi (Pubblicazione di titoli e riferimenti di norme armonizzate ai sensi della normativa dell’Unione sull’armonizzazione) (GU L 416 dell’11.11.2016, pag. 12).
Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
Si veda la versione consolidata. |
Fracking: principi minimi per la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume
I rischi associati al fracking hanno indotto la Commissione europea a lanciare l'iniziativa sul gas di scisto, che comprende una raccomandazione sulle garanzie minime.
ATTO
Raccomandazione 2014/70 /UE della Commissione, del 22 gennaio 2014, sui principi minimi applicabili alla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume.
SINTESI
Che cos'è il fracking?
Il gas di scisto è intrappolato all'interno di strutture rocciose, che devono essere fratturate per estrarre il gas. Il processo utilizzato a questo scopo è la fratturazione idraulica o fracking. Consiste nel fratturare la roccia inserendo un alto volume di acqua, sabbia o sostanze chimiche in un pozzo.
Poiché l'Europa ha una limitata esperienza di fracking, sussistono preoccupazioni sulla sicurezza e l'ambiente, dal momento che i rischi connessi con le risorse di gas di scisto potrebbero estendersi oltre i confini.
Raccomandazione della Commissione
In risposta a tali preoccupazioni, nel gennaio 2014, la Commissione ha emesso una raccomandazione volta a garantire che i paesi dell'Unione europea (UE) che svolgono operazioni di fracking attuino adeguate misure di tutela ambientale e di precauzione. Ciò dovrebbe contribuire a migliorare la trasparenza per i cittadini, a stabilire un quadro più chiaro per gli investitori e a creare una parità di condizioni in materia di regolamentazione del settore.
Comunicazione
Un'altra componente dell'iniziativa sul gas di scisto della Commissione è la sua comunicazione sul fracking. Essa esamina i potenziali benefici del fracking in termini di sicurezza energetica, competitività e introiti. Si occupa anche delle sfide ambientali in materia di acque, inquinamento atmosferico e destinazione d'uso del suolo. Una valutazione d'impatto ha esaminato gli impatti socio-economici e ambientali delle varie opzioni politiche.
Responsabilità
In base alla legislazione dell'UE in vigore, la raccomandazione definisce le responsabilità dei paesi dell'UE che effettuano operazioni di fracking.
Queste includono:
pianificazione strategica per il futuro e valutazione di impatto ambientale prima di concedere licenze;
controllo della qualità dell'aria, dell'acqua e del suolo prima di avviare la fratturazione;
cattura dei gas per controllare le emissioni atmosferiche;
garanzia di trasparenza al pubblico informando su qualsiasi prodotto chimico utilizzato;
garanzia sulle migliori pratiche come criterio per tutto il processo di perforazione.
Prossimi passi
I principi della raccomandazione devono essere applicati entro 6 mesi nei paesi che effettuano operazioni di fracking. Dal dicembre 2014, essi dovrebbero riferire annualmente alla Commissione le misure messe in atto. La Commissione monitorerà le misure e riesaminerà l'efficacia della raccomandazione entro 18 mesi dalla sua pubblicazione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Raccomandazione 2014/70/UE della Commissione
-
-
GU L 39 dell'8.2.2014
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nell'UE [COM(2014) 23 final/2 del 17.3.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 22 gennaio 2014
sui principi minimi applicabili alla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume
(2014/70/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri hanno il diritto di determinare le condizioni per lo sfruttamento delle loro risorse energetiche purché rispettino la necessità di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente.
(2)
Allo stato attuale dello sviluppo tecnologico, la ricerca e la produzione di idrocarburi, tra cui il gas di scisto, richiedono il ricorso combinato alla fratturazione idraulica ad elevato volume e alla perforazione direzionale (soprattutto orizzontale) su una scala e ad un’intensità per le quali esiste un’esperienza molto limitata nell’Unione. La tecnica di fratturazione idraulica solleva problemi specifici, in particolare per la salute umana e l’ambiente.
(3)
Nelle sua risoluzione del 21 novembre 2012 il Parlamento europeo ha preso atto dei significativi benefici potenziali della produzione di gas e olio di scisto, e ha invitato la Commissione a istituire un quadro a livello dell’Unione per la ricerca e l’estrazione di combustibili fossili non convenzionali, al fine di garantire l’applicazione di disposizioni armonizzate per la tutela della salute umana e dell’ambiente in tutti gli Stati membri.
(4)
Nelle sue conclusioni del 22 maggio 2013 il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di diversificare l’approvvigionamento energetico dell’Europa e sviluppare risorse energetiche interne per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, ridurre la dipendenza energetica esterna dell’Unione e stimolare la crescita economica. Il Consiglio ha preso atto dell’intenzione della Commissione di valutare un ricorso più sistematico alle fonti di energia interne ai fini del loro sfruttamento sicuro, sostenibile e efficace sotto il profilo dei costi, rispettando nel contempo le scelte degli Stati membri in materia di mix energetico.
(5)
Nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'esplorazione e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nella UE (1), la Commissione ha evidenziato le potenziali nuove opportunità e sfide legate all’estrazione di idrocarburi non convenzionali nell’Unione, nonché i principali elementi ritenuti indispensabili per garantire la sicurezza di questa tecnica. Nella comunicazione si giunge alla conclusione che occorre una raccomandazione che stabilisca principi minimi che sostengano gli Stati membri nella ricerca e produzione di gas naturale dalle formazioni di scisto e garantiscano la tutela del clima e dell’ambiente, l’uso efficiente delle risorse e l’informazione del pubblico.
(6)
A livello internazionale, l’Agenzia internazionale dell’energia ha elaborato delle raccomandazioni per lo sviluppo sicuro del gas non convenzionale. Queste «regole d’oro» riguardano quadri regolamentari solidi e adeguati, un’attenta selezione dei siti, una corretta pianificazione del progetto, un’adeguata caratterizzazione dei rischi nel sottosuolo, norme rigorose per la progettazione dei pozzi, la trasparenza delle operazioni e il controllo dei relativi impatti, una corretta gestione delle acque e dei rifiuti, la riduzione delle emissioni atmosferiche e dei gas a effetto serra.
(7)
Alle attività di ricerca e produzione degli idrocarburi che prevedono la fratturazione idraulica ad elevato volume si applicano sia la legislazione generale che quella ambientale. In particolare la direttiva 89/391/CEE del Consiglio (2) concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro; la direttiva 92/91/CEE del Consiglio (3) che stabilisce disposizioni sull’estrazione per trivellazione fissa prescrizioni minime per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione; la direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stabilisce che occorre rilasciare le autorizzazioni in maniera non discriminatoria; la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) che istituisce il quadro in materia di acque impone ai gestori di ottenere l’autorizzazione per il prelievo dell’acqua e vieta lo scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee; la direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), recante disposizioni sulla valutazione ambientale strategica, impone la valutazione di piani e programmi nei settori dell’energia, dell’industria, della gestione dei rifiuti, della gestione delle risorse idriche, dei trasporti o della destinazione dei suoli; la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), recante disposizioni sulla responsabilità ambientale, si applica alle attività professionali che comprendono la gestione dei rifiuti e dei prelievi di acqua; la direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8), che stabilisce disposizioni in materia di rifiuti di estrazione, disciplina la gestione dei rifiuti superficiali e sotterranei derivanti dalla ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume; la direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), che stabilisce disposizioni sulle acque sotterranee, impone agli Stati membri di mettere in atto misure che prevengono o limitano l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee; il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (10), concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), e il regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), concernente la messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi, si applicano all’utilizzo di sostanze chimiche e biocidi che possono essere impiegati per la fratturazione; la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (12), che istituisce il quadro di riferimento per i rifiuti, fissa le condizioni applicabili al riutilizzo dei fluidi che emergono in superficie a seguito della fratturazione idraulica ad alto volume e nel corso della produzione; il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (13) relativo ad un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e la decisione 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14) concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra fino al 2020 si applicano alle emissioni fuggitive di metano; la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (15), che stabilisce disposizioni in materia di emissioni industriali, si applica agli impianti nei quali si svolgono le attività di cui all’allegato I della direttiva in questione; la direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (16), che stabilisce disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale, prevede l’esecuzione di una valutazione di impatto ambientale per i progetti che comportano l’estrazione di petrolio e gas naturale a fini commerciali se il quantitativo estratto è superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e 500 000 m3 al giorno per il gas naturale e uno screening per i progetti di trivellazioni in profondità e gli impianti di superficie per l’estrazione di petrolio e gas; la direttiva 96/82/CE del Consiglio (17), sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose e, a decorrere dal 1o giugno 2015, la direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (18) impongono ai gestori degli impianti in cui sono presenti sostanze pericolose al di sopra delle soglie stabilite nell’allegato I delle direttive in questione di adottare tutte le misure necessarie per prevenire incidenti rilevanti e limitarne le conseguenze per la salute umana e l’ambiente. Ciò si applica, tra l’altro, alle operazioni di preparazione chimica o termica e al relativo deposito nel quadro dello sfruttamento di minerali in miniere e cave, nonché allo stoccaggio di gas in siti sotterranei terrestri.
(8)
La legislazione ambientale dell’Unione è stata però elaborata in un periodo in cui in Europa non si faceva ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume. Pertanto, alcuni aspetti ambientali connessi con la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante questa tecnica non sono trattati in modo adeguato nella legislazione vigente dell’Unione, in particolare per quanto concerne la pianificazione strategica, la valutazione dei rischi sotterranei, l’integrità dei pozzi, il monitoraggio delle condizioni iniziali e la sorveglianza operativa, la cattura delle emissioni di metano e la divulgazione di informazioni sulle sostanze chimiche utilizzate in ogni singolo pozzo.
(9)
Occorre pertanto stabilire i principi minimi di cui gli Stati membri dovrebbero tenere conto nell’applicazione o nell’adeguamento della loro regolamentazione riguardante le attività che comportano la fratturazione idraulica ad elevato volume. Un insieme di regole creerebbe condizioni eque per i gestori e migliorerebbe la fiducia degli investitori ed il funzionamento del mercato unico dell’energia. Regole chiare e trasparenti dovrebbero anche contribuire a rassicurare i cittadini, ed eventualmente attenuare la loro opposizione allo sviluppo del gas di scisto. Questo insieme di regole non implica che gli Stati membri siano tenuti a svolgere attività di ricerca o sfruttamento ricorrendo alla fratturazione idraulica ad elevato volume se non lo desiderano né che sia loro impedito di mantenere o adottare misure più specifiche adatte alle circostanze nazionali, regionali o locali.
(10)
Nell’Unione non abbiamo esperienza in materia di autorizzazioni per la produzione di idrocarburi con fratturazione idraulica ad elevato volume e possiamo vantare solo un’esperienza limitata in materia di autorizzazioni per la ricerca. Pertanto, è necessario monitorare l’applicazione della legislazione dell’Unione e della presente raccomandazione negli Stati membri. Potrebbe essere necessario aggiornare la presente raccomandazione o elaborare disposizioni giuridicamente vincolanti, in funzione dei progressi tecnici o dell’esigenza di far fronte a rischi e impatti legati alla ricerca e alla produzione di idrocarburi utilizzando tecniche diverse dalla fratturazione idraulica ad elevato volume, a problemi imprevisti nell’applicazione della normativa dell’Unione o nella ricerca e produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume in operazioni offshore.
(11)
Da qui nasce l’esigenza, in questa fase, della presente raccomandazione che stabilisce principi minimi applicabili, come base comune, alla ricerca o alla produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume. Questa raccomandazione integra la normativa vigente dell’Unione applicabile ai progetti che prevedono la fratturazione idraulica ad elevato volume e dovrebbe essere attuata dagli Stati membri entro 6 mesi.
(12)
La presente raccomandazione rispetta i diritti e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto alla vita e il diritto all’integrità della persona, la libertà di espressione e di informazione, la libertà d’impresa, il diritto di proprietà, e l’elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. La presente raccomandazione deve essere attuata conformemente a detti diritti e principi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1. SCOPO E OGGETTO
1.1.
La presente raccomandazione stabilisce i principi minimi necessari per aiutare gli Stati membri che intendono effettuare attività di ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume, garantendo nel contempo la tutela del clima e dell’ambiente, l’utilizzo efficiente delle risorse e l’informazione del pubblico.
1.2.
Nell’applicare o adattare le loro disposizioni di attuazione della legislazione dell’Unione alle esigenze e alle peculiarità della ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume, gli Stati membri sono incoraggiati ad applicare questi principi che riguardano la pianificazione, la valutazione degli impianti, le autorizzazioni, le prestazioni operative e ambientali, la chiusura degli impianti, la partecipazione del pubblico e la diffusione delle informazioni.
2. DEFINIZIONI
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a)
«fratturazione idraulica ad elevato volume», l’iniezione di un volume di acqua pari o superiore a 1 000 m3 di acqua per fase di fratturazione o pari o superiore a 10 000 m3 di acqua per l’intero processo di fratturazione in un pozzo;
b)
«impianto», qualsiasi struttura, anche sotterranea, destinata alla ricerca o produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume.
3. PIANIFICAZIONE STRATEGICA E VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
3.1.
Prima di concedere autorizzazioni di ricerca e/o produzione di idrocarburi che possono comportare il ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume, gli Stati membri dovrebbero effettuare una valutazione ambientale strategica per prevenire, gestire e ridurre gli impatti e i relativi rischi per la salute umana e l’ambiente. Questa valutazione dovrebbe essere effettuata sulla base delle prescrizioni della direttiva 2001/42/CE.
3.2.
Gli Stati membri dovrebbero stabilire regole chiare sulle eventuali restrizioni delle attività, ad esempio in aree protette, sismiche o soggette ad inondazioni e sulle distanze minime da rispettare tra le operazioni autorizzate e le aree residenziali e di protezione delle acque. Dovrebbero inoltre stabilire limiti minimi di profondità tra l’area destinata alla fratturazione e le acque sotterranee.
3.3.
Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che sia effettuata una valutazione dell’impatto ambientale sulla base delle prescrizioni della direttiva 2011/92/UE.
3.4.
Gli Stati membri dovrebbero offrire al pubblico interessato l’opportunità di partecipare per tempo ed in maniera efficace all’elaborazione della strategia di cui al punto 3.1 e alla valutazione d’impatto di cui al punto 3.3.
4. AUTORIZZAZIONI DI RICERCA E PRODUZIONE
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le condizioni e le procedure per l’ottenimento di autorizzazioni conformemente alla legislazione applicabile dell’Unione siano pienamente coordinate qualora:
a)
esistano più autorità competenti per le autorizzazioni necessarie;
b)
siano coinvolti più gestori;
c)
occorrano più autorizzazioni per una fase specifica del progetto;
d)
occorrano più autorizzazioni ai sensi della legislazione nazionale o dell’Unione.
5. SELEZIONE DEL SITO DI RICERCA E DI PRODUZIONE
5.1.
Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che la formazione geologica di un sito sia adatta alla ricerca o alla produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume. Essi dovrebbero provvedere affinché i gestori effettuino una caratterizzazione e una valutazione dei rischi del potenziale sito e dell’area circostante sia in superficie che a livello sotterraneo.
5.2.
La valutazione dei rischi dovrebbe basarsi su una quantità di dati sufficiente per consentire la caratterizzazione dell’area di ricerca e di produzione potenziale e l’individuazione di tutte le potenziali vie di esposizione. Ciò permetterebbe di valutare il rischio di fuoriuscite o di migrazione dei fluidi di perforazione, dei fluidi di fratturazione idraulica, di materiali allo stato naturale, di idrocarburi e di gas provenienti dal pozzo o dalla formazione contenente idrocarburi nonché il rischio di sismicità indotta.
5.3.
La valutazione dei rischi dovrebbe:
a)
basarsi sulle migliori tecniche disponibili e tener conto dei risultati dello scambio di informazioni, organizzato dai servizi della Commissione, tra gli Stati membri, le industrie interessate e le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente;
b)
anticipare l’evoluzione del comportamento della formazione di roccia, degli strati geologici che separano il serbatoio dalle acque sotterranee e dai pozzi esistenti o di altre strutture antropiche esposti alle elevate pressioni da iniezione utilizzate nella fratturazione idraulica ad elevato volume e i volumi di fluidi iniettati;
c)
rispettare una distanza minima di separazione verticale tra la zona destinata alla fratturazione e le acque sotterranee;
d)
essere aggiornata durante le operazioni ogniqualvolta siano rilevati nuovi dati.
5.4.
Un sito dovrebbe essere selezionato solo se dalla valutazione del rischio effettuata conformemente ai punti 5.1, 5.2 e 5.3 risulta che la fratturazione idraulica ad elevato volume non comporterà uno scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee e non causerà alcun danno ad altre attività che avvengono nelle vicinanze dell’impianto.
6. STUDIO DI RIFERIMENTO
6.1.
Prima dell’inizio delle operazioni di fratturazione idraulica ad alto volume, gli Stati membri provvedono affinché:
a)
l’operatore determini lo stato ecologico (situazione di partenza) del sito dell’impianto, delle superfici e dell’area sotterranea circostanti potenzialmente interessate dalle attività;
b)
la situazione di riferimento sia adeguatamente descritta e comunicata all’autorità competente prima dell’inizio delle operazioni.
6.2.
Occorre stabilire valori di riferimento per:
a)
la qualità e le caratteristiche delle acque di superficie e sotterranee;
b)
la qualità dell’acqua nei punti di prelievo dell’acqua potabile;
c)
la qualità dell’aria;
d)
le caratteristiche del suolo;
e)
la presenza di metano e di altri composti organici volatili;
f)
la sismicità;
g)
la destinazione d’uso del suolo;
h)
la biodiversità;
i)
lo stato dell’infrastruttura e degli edifici;
j)
i pozzi esistenti e le strutture in disuso.
7. PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DELL’IMPIANTO
Gli Stati membri provvedono affinché l’impianto sia costruito in modo da evitare perdite in superficie e versamenti nel suolo, nell’acqua o nell’aria.
8. INFRASTRUTTURE DI UNA ZONA DI PRODUZIONE
Gli Stati membri provvedono affinché:
a)
i gestori o gruppi di gestori adottino un approccio integrato nello sviluppo di una zona di produzione al fine di prevenire e ridurre gli impatti e i rischi per l’ambiente e la salute, sia per i lavoratori che per il pubblico in generale;
b)
prima dell’avvio della produzione siano stabilite prescrizioni adeguate per quanto riguarda l’impianto. Se la finalità primaria di un impianto è la produzione di petrolio avvalendosi della fratturazione idraulica ad elevato volume sarà necessario installare un’infrastruttura specifica che catturi e trasporti il gas naturale associato.
9. PRESCRIZIONI OPERATIVE
9.1.
Gli Stati membri provvedono affinché i gestori utilizzino le migliori tecniche disponibili, tenendo conto dei risultati dello scambio di informazioni (organizzato dalla Commissione) tra gli Stati membri, le industrie interessate e le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente nonché le buone pratiche in uso nell’industria per prevenire, gestire e ridurre gli impatti e i rischi associati ai progetti di ricerca e produzione di idrocarburi.
9.2.
Gli Stati membri provvedono affinché i gestori:
a)
sviluppino piani di gestione idrica specifici per il progetto al fine di assicurare che l’acqua sia utilizzata in modo efficace per l’intera durata del progetto. I gestori dovrebbero garantire la tracciabilità dei flussi di acqua. Il piano di gestione delle risorse idriche dovrebbe tener conto delle variazioni stagionali della disponibilità di acqua e si dovrebbe evitare di utilizzare fonti idriche soggette a pressioni;
b)
mettano a punto piani di gestione dei trasporti per ridurre al minimo le emissioni atmosferiche in generale e l’impatto sulle comunità e la biodiversità locali in particolare;
c)
catturino i gas ai fini di un utilizzo successivo, minimizzino la combustione in torcia ed evitino il rilascio in atmosfera (venting). In particolare, i gestori dovrebbero predisporre misure volte a garantire che le emissioni atmosferiche nella fase di ricerca e produzione siano attenuate dalla cattura dei gas e dal loro successivo utilizzo. Il rilascio in atmosfera del metano e di altri inquinanti atmosferici dovrebbe avvenire solo in circostanze operative del tutto eccezionali per ragioni di sicurezza;
d)
effettuino il processo di fratturazione ad elevato volume in maniera controllata, con una adeguata gestione della pressione al fine di limitare le fratture nelle rocce-serbatoio ed evitare la sismicità indotta;
e)
garantiscano l’integrità dei pozzi nella progettazione e costruzione e mediante prove di integrità. I risultati delle prove di integrità dovrebbero essere esaminati da terzi indipendenti e qualificati per garantire l’efficienza operativa dei pozzi e la loro sicurezza sotto il profilo ambientale e sanitario in tutte le fasi di sviluppo del progetto e dopo la chiusura dei pozzi;
f)
elaborino piani di gestione dei rischi e definiscano le misure necessarie per prevenire e/o attenuare gli impatti e le misure correttive per farvi fronte;
g)
interrompano le operazioni e adottino rapidamente le azioni correttive necessarie qualora sorga un problema di integrità in un pozzo o vengano accidentalmente riversati degli inquinanti nelle acque sotterranee;
h)
riferiscano immediatamente all’autorità competente in caso di incidenti o inconvenienti che pregiudichino la salute pubblica o l’ambiente. La relazione dovrebbe menzionare le cause dell’incidente o dell’inconveniente, le sue conseguenze e i provvedimenti adottati per porvi rimedio. Lo studio di riferimento di cui ai punti 6.1 e 6.2 dovrebbero essere utilizzato come riferimento.
9.3.
Gli Stati membri dovrebbero promuovere l’uso responsabile delle risorse idriche nella fratturazione idraulica ad elevato volume.
10. UTILIZZO DI SOSTANZE CHIMICHE E DI ACQUA NELLA FRATTURAZIONE IDRAULICA AD ELEVATO VOLUME
10.1.
Gli Stati membri provvedono affinché:
a)
i fabbricanti, gli importatori e gli utilizzatori a valle delle sostanze chimiche utilizzate nella fratturazione idraulica, facciano riferimento alla «fratturazione idraulica» quando adempiono i propri obblighi a norma del regolamento (CE) n. 1907/2006;
b)
l’utilizzo di sostanze chimiche nella fratturazione idraulica ad elevato volume sia ridotto al minimo;
c)
nella scelta delle sostanze chimiche da utilizzare si tenga conto della capacità di trattare i fluidi che emergono in superficie dopo la fratturazione idraulica ad alto volume.
10.2.
Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare i gestori ad utilizzare tecniche di fratturazione che consentono di ridurre al minimo il consumo di acqua e i flussi di rifiuti e a non utilizzare sostanze chimiche pericolose, laddove tecnicamente fattibile e auspicabile dal punto di vista della salute umana, della protezione ambientale e dei cambiamenti climatici.
11. PRESCRIZIONI IN MATERIA DI MONITORAGGIO
11.1.
Gli Stati membri provvedono affinché il gestore controlli periodicamente l’impianto e le aree in superficie e sotterranee circostanti potenzialmente interessate dalle operazioni durante la fase di ricerca e produzione e, in particolare, prima, durante e dopo la fratturazione idraulica a elevato volume.
11.2.
Lo studio di riferimento di cui ai punti 6.1 e 6.2 dovrebbero essere utilizzato come riferimento per il monitoraggio successivo.
11.3.
Oltre ai parametri ambientali determinati nello studio di riferimento, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il gestore controlli i parametri operativi seguenti:
a)
la composizione esatta del fluido di fratturazione utilizzato per ciascun pozzo;
b)
il volume d’acqua utilizzato per la fratturazione di ciascun pozzo;
c)
la pressione applicata durante la fratturazione ad elevato volume;
d)
i fluidi che emergono in superficie a seguito della fratturazione idraulica ad elevato volume: percentuale di riflusso, volumi, caratteristiche, quantità riutilizzate e/o trattate per ciascun pozzo;
e)
le emissioni atmosferiche di metano, di altri composti organici volatili e di altri gas che potrebbero avere effetti nocivi sulla salute umana e/o l’ambiente.
11.4.
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i gestori controllino gli impatti della fratturazione idraulica ad alto volume sull’integrità dei pozzi e delle altre strutture antropiche nelle aree in superficie e sotterranee circostanti potenzialmente interessate dalle operazioni.
11.5.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i risultati del monitoraggio siano comunicati alle autorità competenti.
12. RESPONSABILITÀ AMBIENTALE E GARANZIA FINANZIARIA
12.1.
Gli Stati membri dovrebbero applicare le disposizioni sulla responsabilità ambientale a tutte le attività che si svolgono nel sito di un impianto, ivi comprese quelle che attualmente non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/35/CE.
12.2.
Gli Stati membri devono provvedere affinché il gestore fornisca una garanzia finanziaria o di altro tipo che copra le disposizioni relative all’autorizzazione e i potenziali rischi in termini di danni ambientali prima dell’avvio delle operazioni di fratturazione idraulica ad elevato volume.
13. CAPACITÀ AMMINISTRATIVA
13.1.
Gli Stati membri provvedono affinché le autorità nazionali dispongano delle risorse umane e finanziarie adeguate per l’esercizio delle loro funzioni.
13.2.
Gli Stati membri provvedono affinché si evitino conflitti di interessi tra le funzioni normative delle autorità competenti e le loro funzioni attinenti allo sviluppo economico delle risorse.
14. OBBLIGHI LEGATI ALLA CHIUSURA
Gli Stati membri provvedono affinché sia effettuata un’indagine dopo ogni chiusura di impianto per confrontare lo stato ecologico del sito in cui si trova l’impianto, la sua superficie circostante e l’area sotterranea potenzialmente interessate dalle attività rispetto alla situazione precedente all’avvio delle operazioni come indicato nello studio di riferimento.
15. DIFFUSIONE DELLE INFORMAZIONI
Gli Stati membri provvedono affinché:
a)
il gestore diffonda informazioni sulle sostanze chimiche e i volumi d’acqua che intendeva utilizzare e che sono stati poi effettivamente utilizzati per la fratturazione idraulica ad alto volume di ciascun pozzo. Tali informazioni dovrebbero includere il nome e il numero CAS (Chemical Abstracts Service) di tutte le sostanze, una scheda di dati di sicurezza, se disponibile, e la concentrazione massima della sostanza nel fluido di fratturazione;
b)
le autorità competenti pubblichino le seguenti informazioni su un sito Internet accessibile al pubblico entro 6 mesi dalla data di pubblicazione della presente raccomandazione e ad intervalli non superiori a 12 mesi:
i)
il numero di pozzi completati e di progetti previsti che comportano il ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume;
ii)
il numero di autorizzazioni concesse, i nomi dei gestori coinvolti e le condizioni inerenti alle autorizzazioni;
iii)
lo studio di base effettuato a norma dei punti 6.1 e 6.2 e i risultati del monitoraggio di cui ai punti 11.1, 11.2 e 11.3, lettere da b) a e);
c)
le autorità competenti informino rapidamente il pubblico sui punti seguenti:
i)
incidenti e inconvenienti di cui al punto 9.2, lettera f);
ii)
i risultati delle ispezioni, le inadempienze e le relative sanzioni.
16. RIESAME
16.1.
Gli Stati membri che hanno scelto di cercare o sfruttare idrocarburi ricorrendo alla fratturazione idraulica ad elevato volume sono invitati a conformarsi ai principi minimi enunciati nella presente raccomandazione entro il 28 luglio 2014 e a informare ogni anno la Commissione circa le misure messe in atto in risposta alla presente raccomandazione; tale comunicazione deve avvenire, per la prima volta, entro dicembre 2014.
16.2.
La Commissione monitorerà da vicino l’applicazione della raccomandazione, confrontando la situazione negli Stati membri nell’ambito di un quadro comparativo pubblico.
16.3.
La Commissione riesaminerà l’efficacia della raccomandazione 18 mesi dopo la sua pubblicazione.
16.4.
Il riesame comprenderà una valutazione dell’applicazione della raccomandazione, il monitoraggio dello scambio di informazioni sulle BAT e dell’applicazione dei documenti di riferimento sulle BAT pertinenti, nonché l’eventuale necessità di aggiornare le disposizioni della raccomandazione. La Commissione deciderà sull’eventuale necessità di presentare proposte legislative contenenti disposizioni giuridicamente vincolanti per quanto concerne la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume.
Fatto a Bruxelles, il 22 gennaio 2014
Per la Commissione
Janez POTOČNIK
Membro della Commissione
(1) COM(2014) 23.
(2) Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1).
(3) Direttiva 92/91/CEE del Consiglio, del 3 novembre 1992, relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione [undicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE] (GU L 348 del 28.11.1992, pag. 9).
(4) Direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (GU L 164 del 30.6.1994, pag. 3);
(5) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1).
(6) Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30).
(7) Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56).
(8) Direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE (GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 15).
(9) Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 19).
(10) Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1).
(11) Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU L 167 del 27.6.2012, pag. 1).
(12) Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3).
(13) Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell’Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 13).
(14) Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(15) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
(16) Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 26 del 28.1.2012, pag. 1).
(17) Direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (GU L 10 del 14.1.1987, pag. 13).
(18) Direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 96/82/CE del Consiglio (GU L 197 del 24.7.2012, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 22 gennaio 2014
sui principi minimi applicabili alla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume
(2014/70/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri hanno il diritto di determinare le condizioni per lo sfruttamento delle loro risorse energetiche purché rispettino la necessità di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente.
(2)
Allo stato attuale dello sviluppo tecnologico, la ricerca e la produzione di idrocarburi, tra cui il gas di scisto, richiedono il ricorso combinato alla fratturazione idraulica ad elevato volume e alla perforazione direzionale (soprattutto orizzontale) su una scala e ad un’intensità per le quali esiste un’esperienza molto limitata nell’Unione. La tecnica di fratturazione idraulica solleva problemi specifici, in particolare per la salute umana e l’ambiente.
(3)
Nelle sua risoluzione del 21 novembre 2012 il Parlamento europeo ha preso atto dei significativi benefici potenziali della produzione di gas e olio di scisto, e ha invitato la Commissione a istituire un quadro a livello dell’Unione per la ricerca e l’estrazione di combustibili fossili non convenzionali, al fine di garantire l’applicazione di disposizioni armonizzate per la tutela della salute umana e dell’ambiente in tutti gli Stati membri.
(4)
Nelle sue conclusioni del 22 maggio 2013 il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di diversificare l’approvvigionamento energetico dell’Europa e sviluppare risorse energetiche interne per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, ridurre la dipendenza energetica esterna dell’Unione e stimolare la crescita economica. Il Consiglio ha preso atto dell’intenzione della Commissione di valutare un ricorso più sistematico alle fonti di energia interne ai fini del loro sfruttamento sicuro, sostenibile e efficace sotto il profilo dei costi, rispettando nel contempo le scelte degli Stati membri in materia di mix energetico.
(5)
Nella sua comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'esplorazione e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nella UE (1), la Commissione ha evidenziato le potenziali nuove opportunità e sfide legate all’estrazione di idrocarburi non convenzionali nell’Unione, nonché i principali elementi ritenuti indispensabili per garantire la sicurezza di questa tecnica. Nella comunicazione si giunge alla conclusione che occorre una raccomandazione che stabilisca principi minimi che sostengano gli Stati membri nella ricerca e produzione di gas naturale dalle formazioni di scisto e garantiscano la tutela del clima e dell’ambiente, l’uso efficiente delle risorse e l’informazione del pubblico.
(6)
A livello internazionale, l’Agenzia internazionale dell’energia ha elaborato delle raccomandazioni per lo sviluppo sicuro del gas non convenzionale. Queste «regole d’oro» riguardano quadri regolamentari solidi e adeguati, un’attenta selezione dei siti, una corretta pianificazione del progetto, un’adeguata caratterizzazione dei rischi nel sottosuolo, norme rigorose per la progettazione dei pozzi, la trasparenza delle operazioni e il controllo dei relativi impatti, una corretta gestione delle acque e dei rifiuti, la riduzione delle emissioni atmosferiche e dei gas a effetto serra.
(7)
Alle attività di ricerca e produzione degli idrocarburi che prevedono la fratturazione idraulica ad elevato volume si applicano sia la legislazione generale che quella ambientale. In particolare la direttiva 89/391/CEE del Consiglio (2) concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro; la direttiva 92/91/CEE del Consiglio (3) che stabilisce disposizioni sull’estrazione per trivellazione fissa prescrizioni minime per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione; la direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stabilisce che occorre rilasciare le autorizzazioni in maniera non discriminatoria; la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) che istituisce il quadro in materia di acque impone ai gestori di ottenere l’autorizzazione per il prelievo dell’acqua e vieta lo scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee; la direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), recante disposizioni sulla valutazione ambientale strategica, impone la valutazione di piani e programmi nei settori dell’energia, dell’industria, della gestione dei rifiuti, della gestione delle risorse idriche, dei trasporti o della destinazione dei suoli; la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), recante disposizioni sulla responsabilità ambientale, si applica alle attività professionali che comprendono la gestione dei rifiuti e dei prelievi di acqua; la direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8), che stabilisce disposizioni in materia di rifiuti di estrazione, disciplina la gestione dei rifiuti superficiali e sotterranei derivanti dalla ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume; la direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), che stabilisce disposizioni sulle acque sotterranee, impone agli Stati membri di mettere in atto misure che prevengono o limitano l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee; il regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (10), concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), e il regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), concernente la messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi, si applicano all’utilizzo di sostanze chimiche e biocidi che possono essere impiegati per la fratturazione; la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (12), che istituisce il quadro di riferimento per i rifiuti, fissa le condizioni applicabili al riutilizzo dei fluidi che emergono in superficie a seguito della fratturazione idraulica ad alto volume e nel corso della produzione; il regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (13) relativo ad un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e la decisione 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14) concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra fino al 2020 si applicano alle emissioni fuggitive di metano; la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (15), che stabilisce disposizioni in materia di emissioni industriali, si applica agli impianti nei quali si svolgono le attività di cui all’allegato I della direttiva in questione; la direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (16), che stabilisce disposizioni in materia di valutazione dell’impatto ambientale, prevede l’esecuzione di una valutazione di impatto ambientale per i progetti che comportano l’estrazione di petrolio e gas naturale a fini commerciali se il quantitativo estratto è superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e 500 000 m3 al giorno per il gas naturale e uno screening per i progetti di trivellazioni in profondità e gli impianti di superficie per l’estrazione di petrolio e gas; la direttiva 96/82/CE del Consiglio (17), sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose e, a decorrere dal 1o giugno 2015, la direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (18) impongono ai gestori degli impianti in cui sono presenti sostanze pericolose al di sopra delle soglie stabilite nell’allegato I delle direttive in questione di adottare tutte le misure necessarie per prevenire incidenti rilevanti e limitarne le conseguenze per la salute umana e l’ambiente. Ciò si applica, tra l’altro, alle operazioni di preparazione chimica o termica e al relativo deposito nel quadro dello sfruttamento di minerali in miniere e cave, nonché allo stoccaggio di gas in siti sotterranei terrestri.
(8)
La legislazione ambientale dell’Unione è stata però elaborata in un periodo in cui in Europa non si faceva ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume. Pertanto, alcuni aspetti ambientali connessi con la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante questa tecnica non sono trattati in modo adeguato nella legislazione vigente dell’Unione, in particolare per quanto concerne la pianificazione strategica, la valutazione dei rischi sotterranei, l’integrità dei pozzi, il monitoraggio delle condizioni iniziali e la sorveglianza operativa, la cattura delle emissioni di metano e la divulgazione di informazioni sulle sostanze chimiche utilizzate in ogni singolo pozzo.
(9)
Occorre pertanto stabilire i principi minimi di cui gli Stati membri dovrebbero tenere conto nell’applicazione o nell’adeguamento della loro regolamentazione riguardante le attività che comportano la fratturazione idraulica ad elevato volume. Un insieme di regole creerebbe condizioni eque per i gestori e migliorerebbe la fiducia degli investitori ed il funzionamento del mercato unico dell’energia. Regole chiare e trasparenti dovrebbero anche contribuire a rassicurare i cittadini, ed eventualmente attenuare la loro opposizione allo sviluppo del gas di scisto. Questo insieme di regole non implica che gli Stati membri siano tenuti a svolgere attività di ricerca o sfruttamento ricorrendo alla fratturazione idraulica ad elevato volume se non lo desiderano né che sia loro impedito di mantenere o adottare misure più specifiche adatte alle circostanze nazionali, regionali o locali.
(10)
Nell’Unione non abbiamo esperienza in materia di autorizzazioni per la produzione di idrocarburi con fratturazione idraulica ad elevato volume e possiamo vantare solo un’esperienza limitata in materia di autorizzazioni per la ricerca. Pertanto, è necessario monitorare l’applicazione della legislazione dell’Unione e della presente raccomandazione negli Stati membri. Potrebbe essere necessario aggiornare la presente raccomandazione o elaborare disposizioni giuridicamente vincolanti, in funzione dei progressi tecnici o dell’esigenza di far fronte a rischi e impatti legati alla ricerca e alla produzione di idrocarburi utilizzando tecniche diverse dalla fratturazione idraulica ad elevato volume, a problemi imprevisti nell’applicazione della normativa dell’Unione o nella ricerca e produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume in operazioni offshore.
(11)
Da qui nasce l’esigenza, in questa fase, della presente raccomandazione che stabilisce principi minimi applicabili, come base comune, alla ricerca o alla produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume. Questa raccomandazione integra la normativa vigente dell’Unione applicabile ai progetti che prevedono la fratturazione idraulica ad elevato volume e dovrebbe essere attuata dagli Stati membri entro 6 mesi.
(12)
La presente raccomandazione rispetta i diritti e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto alla vita e il diritto all’integrità della persona, la libertà di espressione e di informazione, la libertà d’impresa, il diritto di proprietà, e l’elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente. La presente raccomandazione deve essere attuata conformemente a detti diritti e principi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1. SCOPO E OGGETTO
1.1.
La presente raccomandazione stabilisce i principi minimi necessari per aiutare gli Stati membri che intendono effettuare attività di ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume, garantendo nel contempo la tutela del clima e dell’ambiente, l’utilizzo efficiente delle risorse e l’informazione del pubblico.
1.2.
Nell’applicare o adattare le loro disposizioni di attuazione della legislazione dell’Unione alle esigenze e alle peculiarità della ricerca e produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume, gli Stati membri sono incoraggiati ad applicare questi principi che riguardano la pianificazione, la valutazione degli impianti, le autorizzazioni, le prestazioni operative e ambientali, la chiusura degli impianti, la partecipazione del pubblico e la diffusione delle informazioni.
2. DEFINIZIONI
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a)
«fratturazione idraulica ad elevato volume», l’iniezione di un volume di acqua pari o superiore a 1 000 m3 di acqua per fase di fratturazione o pari o superiore a 10 000 m3 di acqua per l’intero processo di fratturazione in un pozzo;
b)
«impianto», qualsiasi struttura, anche sotterranea, destinata alla ricerca o produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume.
3. PIANIFICAZIONE STRATEGICA E VALUTAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
3.1.
Prima di concedere autorizzazioni di ricerca e/o produzione di idrocarburi che possono comportare il ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume, gli Stati membri dovrebbero effettuare una valutazione ambientale strategica per prevenire, gestire e ridurre gli impatti e i relativi rischi per la salute umana e l’ambiente. Questa valutazione dovrebbe essere effettuata sulla base delle prescrizioni della direttiva 2001/42/CE.
3.2.
Gli Stati membri dovrebbero stabilire regole chiare sulle eventuali restrizioni delle attività, ad esempio in aree protette, sismiche o soggette ad inondazioni e sulle distanze minime da rispettare tra le operazioni autorizzate e le aree residenziali e di protezione delle acque. Dovrebbero inoltre stabilire limiti minimi di profondità tra l’area destinata alla fratturazione e le acque sotterranee.
3.3.
Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che sia effettuata una valutazione dell’impatto ambientale sulla base delle prescrizioni della direttiva 2011/92/UE.
3.4.
Gli Stati membri dovrebbero offrire al pubblico interessato l’opportunità di partecipare per tempo ed in maniera efficace all’elaborazione della strategia di cui al punto 3.1 e alla valutazione d’impatto di cui al punto 3.3.
4. AUTORIZZAZIONI DI RICERCA E PRODUZIONE
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le condizioni e le procedure per l’ottenimento di autorizzazioni conformemente alla legislazione applicabile dell’Unione siano pienamente coordinate qualora:
a)
esistano più autorità competenti per le autorizzazioni necessarie;
b)
siano coinvolti più gestori;
c)
occorrano più autorizzazioni per una fase specifica del progetto;
d)
occorrano più autorizzazioni ai sensi della legislazione nazionale o dell’Unione.
5. SELEZIONE DEL SITO DI RICERCA E DI PRODUZIONE
5.1.
Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che la formazione geologica di un sito sia adatta alla ricerca o alla produzione di idrocarburi mediante fratturazione idraulica ad elevato volume. Essi dovrebbero provvedere affinché i gestori effettuino una caratterizzazione e una valutazione dei rischi del potenziale sito e dell’area circostante sia in superficie che a livello sotterraneo.
5.2.
La valutazione dei rischi dovrebbe basarsi su una quantità di dati sufficiente per consentire la caratterizzazione dell’area di ricerca e di produzione potenziale e l’individuazione di tutte le potenziali vie di esposizione. Ciò permetterebbe di valutare il rischio di fuoriuscite o di migrazione dei fluidi di perforazione, dei fluidi di fratturazione idraulica, di materiali allo stato naturale, di idrocarburi e di gas provenienti dal pozzo o dalla formazione contenente idrocarburi nonché il rischio di sismicità indotta.
5.3.
La valutazione dei rischi dovrebbe:
a)
basarsi sulle migliori tecniche disponibili e tener conto dei risultati dello scambio di informazioni, organizzato dai servizi della Commissione, tra gli Stati membri, le industrie interessate e le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente;
b)
anticipare l’evoluzione del comportamento della formazione di roccia, degli strati geologici che separano il serbatoio dalle acque sotterranee e dai pozzi esistenti o di altre strutture antropiche esposti alle elevate pressioni da iniezione utilizzate nella fratturazione idraulica ad elevato volume e i volumi di fluidi iniettati;
c)
rispettare una distanza minima di separazione verticale tra la zona destinata alla fratturazione e le acque sotterranee;
d)
essere aggiornata durante le operazioni ogniqualvolta siano rilevati nuovi dati.
5.4.
Un sito dovrebbe essere selezionato solo se dalla valutazione del rischio effettuata conformemente ai punti 5.1, 5.2 e 5.3 risulta che la fratturazione idraulica ad elevato volume non comporterà uno scarico diretto di inquinanti nelle acque sotterranee e non causerà alcun danno ad altre attività che avvengono nelle vicinanze dell’impianto.
6. STUDIO DI RIFERIMENTO
6.1.
Prima dell’inizio delle operazioni di fratturazione idraulica ad alto volume, gli Stati membri provvedono affinché:
a)
l’operatore determini lo stato ecologico (situazione di partenza) del sito dell’impianto, delle superfici e dell’area sotterranea circostanti potenzialmente interessate dalle attività;
b)
la situazione di riferimento sia adeguatamente descritta e comunicata all’autorità competente prima dell’inizio delle operazioni.
6.2.
Occorre stabilire valori di riferimento per:
a)
la qualità e le caratteristiche delle acque di superficie e sotterranee;
b)
la qualità dell’acqua nei punti di prelievo dell’acqua potabile;
c)
la qualità dell’aria;
d)
le caratteristiche del suolo;
e)
la presenza di metano e di altri composti organici volatili;
f)
la sismicità;
g)
la destinazione d’uso del suolo;
h)
la biodiversità;
i)
lo stato dell’infrastruttura e degli edifici;
j)
i pozzi esistenti e le strutture in disuso.
7. PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DELL’IMPIANTO
Gli Stati membri provvedono affinché l’impianto sia costruito in modo da evitare perdite in superficie e versamenti nel suolo, nell’acqua o nell’aria.
8. INFRASTRUTTURE DI UNA ZONA DI PRODUZIONE
Gli Stati membri provvedono affinché:
a)
i gestori o gruppi di gestori adottino un approccio integrato nello sviluppo di una zona di produzione al fine di prevenire e ridurre gli impatti e i rischi per l’ambiente e la salute, sia per i lavoratori che per il pubblico in generale;
b)
prima dell’avvio della produzione siano stabilite prescrizioni adeguate per quanto riguarda l’impianto. Se la finalità primaria di un impianto è la produzione di petrolio avvalendosi della fratturazione idraulica ad elevato volume sarà necessario installare un’infrastruttura specifica che catturi e trasporti il gas naturale associato.
9. PRESCRIZIONI OPERATIVE
9.1.
Gli Stati membri provvedono affinché i gestori utilizzino le migliori tecniche disponibili, tenendo conto dei risultati dello scambio di informazioni (organizzato dalla Commissione) tra gli Stati membri, le industrie interessate e le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente nonché le buone pratiche in uso nell’industria per prevenire, gestire e ridurre gli impatti e i rischi associati ai progetti di ricerca e produzione di idrocarburi.
9.2.
Gli Stati membri provvedono affinché i gestori:
a)
sviluppino piani di gestione idrica specifici per il progetto al fine di assicurare che l’acqua sia utilizzata in modo efficace per l’intera durata del progetto. I gestori dovrebbero garantire la tracciabilità dei flussi di acqua. Il piano di gestione delle risorse idriche dovrebbe tener conto delle variazioni stagionali della disponibilità di acqua e si dovrebbe evitare di utilizzare fonti idriche soggette a pressioni;
b)
mettano a punto piani di gestione dei trasporti per ridurre al minimo le emissioni atmosferiche in generale e l’impatto sulle comunità e la biodiversità locali in particolare;
c)
catturino i gas ai fini di un utilizzo successivo, minimizzino la combustione in torcia ed evitino il rilascio in atmosfera (venting). In particolare, i gestori dovrebbero predisporre misure volte a garantire che le emissioni atmosferiche nella fase di ricerca e produzione siano attenuate dalla cattura dei gas e dal loro successivo utilizzo. Il rilascio in atmosfera del metano e di altri inquinanti atmosferici dovrebbe avvenire solo in circostanze operative del tutto eccezionali per ragioni di sicurezza;
d)
effettuino il processo di fratturazione ad elevato volume in maniera controllata, con una adeguata gestione della pressione al fine di limitare le fratture nelle rocce-serbatoio ed evitare la sismicità indotta;
e)
garantiscano l’integrità dei pozzi nella progettazione e costruzione e mediante prove di integrità. I risultati delle prove di integrità dovrebbero essere esaminati da terzi indipendenti e qualificati per garantire l’efficienza operativa dei pozzi e la loro sicurezza sotto il profilo ambientale e sanitario in tutte le fasi di sviluppo del progetto e dopo la chiusura dei pozzi;
f)
elaborino piani di gestione dei rischi e definiscano le misure necessarie per prevenire e/o attenuare gli impatti e le misure correttive per farvi fronte;
g)
interrompano le operazioni e adottino rapidamente le azioni correttive necessarie qualora sorga un problema di integrità in un pozzo o vengano accidentalmente riversati degli inquinanti nelle acque sotterranee;
h)
riferiscano immediatamente all’autorità competente in caso di incidenti o inconvenienti che pregiudichino la salute pubblica o l’ambiente. La relazione dovrebbe menzionare le cause dell’incidente o dell’inconveniente, le sue conseguenze e i provvedimenti adottati per porvi rimedio. Lo studio di riferimento di cui ai punti 6.1 e 6.2 dovrebbero essere utilizzato come riferimento.
9.3.
Gli Stati membri dovrebbero promuovere l’uso responsabile delle risorse idriche nella fratturazione idraulica ad elevato volume.
10. UTILIZZO DI SOSTANZE CHIMICHE E DI ACQUA NELLA FRATTURAZIONE IDRAULICA AD ELEVATO VOLUME
10.1.
Gli Stati membri provvedono affinché:
a)
i fabbricanti, gli importatori e gli utilizzatori a valle delle sostanze chimiche utilizzate nella fratturazione idraulica, facciano riferimento alla «fratturazione idraulica» quando adempiono i propri obblighi a norma del regolamento (CE) n. 1907/2006;
b)
l’utilizzo di sostanze chimiche nella fratturazione idraulica ad elevato volume sia ridotto al minimo;
c)
nella scelta delle sostanze chimiche da utilizzare si tenga conto della capacità di trattare i fluidi che emergono in superficie dopo la fratturazione idraulica ad alto volume.
10.2.
Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare i gestori ad utilizzare tecniche di fratturazione che consentono di ridurre al minimo il consumo di acqua e i flussi di rifiuti e a non utilizzare sostanze chimiche pericolose, laddove tecnicamente fattibile e auspicabile dal punto di vista della salute umana, della protezione ambientale e dei cambiamenti climatici.
11. PRESCRIZIONI IN MATERIA DI MONITORAGGIO
11.1.
Gli Stati membri provvedono affinché il gestore controlli periodicamente l’impianto e le aree in superficie e sotterranee circostanti potenzialmente interessate dalle operazioni durante la fase di ricerca e produzione e, in particolare, prima, durante e dopo la fratturazione idraulica a elevato volume.
11.2.
Lo studio di riferimento di cui ai punti 6.1 e 6.2 dovrebbero essere utilizzato come riferimento per il monitoraggio successivo.
11.3.
Oltre ai parametri ambientali determinati nello studio di riferimento, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il gestore controlli i parametri operativi seguenti:
a)
la composizione esatta del fluido di fratturazione utilizzato per ciascun pozzo;
b)
il volume d’acqua utilizzato per la fratturazione di ciascun pozzo;
c)
la pressione applicata durante la fratturazione ad elevato volume;
d)
i fluidi che emergono in superficie a seguito della fratturazione idraulica ad elevato volume: percentuale di riflusso, volumi, caratteristiche, quantità riutilizzate e/o trattate per ciascun pozzo;
e)
le emissioni atmosferiche di metano, di altri composti organici volatili e di altri gas che potrebbero avere effetti nocivi sulla salute umana e/o l’ambiente.
11.4.
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i gestori controllino gli impatti della fratturazione idraulica ad alto volume sull’integrità dei pozzi e delle altre strutture antropiche nelle aree in superficie e sotterranee circostanti potenzialmente interessate dalle operazioni.
11.5.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i risultati del monitoraggio siano comunicati alle autorità competenti.
12. RESPONSABILITÀ AMBIENTALE E GARANZIA FINANZIARIA
12.1.
Gli Stati membri dovrebbero applicare le disposizioni sulla responsabilità ambientale a tutte le attività che si svolgono nel sito di un impianto, ivi comprese quelle che attualmente non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/35/CE.
12.2.
Gli Stati membri devono provvedere affinché il gestore fornisca una garanzia finanziaria o di altro tipo che copra le disposizioni relative all’autorizzazione e i potenziali rischi in termini di danni ambientali prima dell’avvio delle operazioni di fratturazione idraulica ad elevato volume.
13. CAPACITÀ AMMINISTRATIVA
13.1.
Gli Stati membri provvedono affinché le autorità nazionali dispongano delle risorse umane e finanziarie adeguate per l’esercizio delle loro funzioni.
13.2.
Gli Stati membri provvedono affinché si evitino conflitti di interessi tra le funzioni normative delle autorità competenti e le loro funzioni attinenti allo sviluppo economico delle risorse.
14. OBBLIGHI LEGATI ALLA CHIUSURA
Gli Stati membri provvedono affinché sia effettuata un’indagine dopo ogni chiusura di impianto per confrontare lo stato ecologico del sito in cui si trova l’impianto, la sua superficie circostante e l’area sotterranea potenzialmente interessate dalle attività rispetto alla situazione precedente all’avvio delle operazioni come indicato nello studio di riferimento.
15. DIFFUSIONE DELLE INFORMAZIONI
Gli Stati membri provvedono affinché:
a)
il gestore diffonda informazioni sulle sostanze chimiche e i volumi d’acqua che intendeva utilizzare e che sono stati poi effettivamente utilizzati per la fratturazione idraulica ad alto volume di ciascun pozzo. Tali informazioni dovrebbero includere il nome e il numero CAS (Chemical Abstracts Service) di tutte le sostanze, una scheda di dati di sicurezza, se disponibile, e la concentrazione massima della sostanza nel fluido di fratturazione;
b)
le autorità competenti pubblichino le seguenti informazioni su un sito Internet accessibile al pubblico entro 6 mesi dalla data di pubblicazione della presente raccomandazione e ad intervalli non superiori a 12 mesi:
i)
il numero di pozzi completati e di progetti previsti che comportano il ricorso alla fratturazione idraulica ad elevato volume;
ii)
il numero di autorizzazioni concesse, i nomi dei gestori coinvolti e le condizioni inerenti alle autorizzazioni;
iii)
lo studio di base effettuato a norma dei punti 6.1 e 6.2 e i risultati del monitoraggio di cui ai punti 11.1, 11.2 e 11.3, lettere da b) a e);
c)
le autorità competenti informino rapidamente il pubblico sui punti seguenti:
i)
incidenti e inconvenienti di cui al punto 9.2, lettera f);
ii)
i risultati delle ispezioni, le inadempienze e le relative sanzioni.
16. RIESAME
16.1.
Gli Stati membri che hanno scelto di cercare o sfruttare idrocarburi ricorrendo alla fratturazione idraulica ad elevato volume sono invitati a conformarsi ai principi minimi enunciati nella presente raccomandazione entro il 28 luglio 2014 e a informare ogni anno la Commissione circa le misure messe in atto in risposta alla presente raccomandazione; tale comunicazione deve avvenire, per la prima volta, entro dicembre 2014.
16.2.
La Commissione monitorerà da vicino l’applicazione della raccomandazione, confrontando la situazione negli Stati membri nell’ambito di un quadro comparativo pubblico.
16.3.
La Commissione riesaminerà l’efficacia della raccomandazione 18 mesi dopo la sua pubblicazione.
16.4.
Il riesame comprenderà una valutazione dell’applicazione della raccomandazione, il monitoraggio dello scambio di informazioni sulle BAT e dell’applicazione dei documenti di riferimento sulle BAT pertinenti, nonché l’eventuale necessità di aggiornare le disposizioni della raccomandazione. La Commissione deciderà sull’eventuale necessità di presentare proposte legislative contenenti disposizioni giuridicamente vincolanti per quanto concerne la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad alto volume.
Fatto a Bruxelles, il 22 gennaio 2014
Per la Commissione
Janez POTOČNIK
Membro della Commissione
(1) COM(2014) 23.
(2) Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1).
(3) Direttiva 92/91/CEE del Consiglio, del 3 novembre 1992, relativa a prescrizioni minime intese al miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione [undicesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE] (GU L 348 del 28.11.1992, pag. 9).
(4) Direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (GU L 164 del 30.6.1994, pag. 3);
(5) Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1).
(6) Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30).
(7) Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 56).
(8) Direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE (GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 15).
(9) Direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 19).
(10) Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1).
(11) Regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, relativo alla messa a disposizione sul mercato e all’uso dei biocidi (GU L 167 del 27.6.2012, pag. 1).
(12) Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3).
(13) Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell’Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 13).
(14) Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(15) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
(16) Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 26 del 28.1.2012, pag. 1).
(17) Direttiva 96/82/CE del Consiglio, del 9 dicembre 1996, sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose (GU L 10 del 14.1.1987, pag. 13).
(18) Direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sul controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose, recante modifica e successiva abrogazione della direttiva 96/82/CE del Consiglio (GU L 197 del 24.7.2012, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Fracking: principi minimi per la ricerca e la produzione di idrocarburi mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume
I rischi associati al fracking hanno indotto la Commissione europea a lanciare l'iniziativa sul gas di scisto, che comprende una raccomandazione sulle garanzie minime.
ATTO
Raccomandazione 2014/70 /UE della Commissione, del 22 gennaio 2014, sui principi minimi applicabili alla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume.
SINTESI
Che cos'è il fracking?
Il gas di scisto è intrappolato all'interno di strutture rocciose, che devono essere fratturate per estrarre il gas. Il processo utilizzato a questo scopo è la fratturazione idraulica o fracking. Consiste nel fratturare la roccia inserendo un alto volume di acqua, sabbia o sostanze chimiche in un pozzo.
Poiché l'Europa ha una limitata esperienza di fracking, sussistono preoccupazioni sulla sicurezza e l'ambiente, dal momento che i rischi connessi con le risorse di gas di scisto potrebbero estendersi oltre i confini.
Raccomandazione della Commissione
In risposta a tali preoccupazioni, nel gennaio 2014, la Commissione ha emesso una raccomandazione volta a garantire che i paesi dell'Unione europea (UE) che svolgono operazioni di fracking attuino adeguate misure di tutela ambientale e di precauzione. Ciò dovrebbe contribuire a migliorare la trasparenza per i cittadini, a stabilire un quadro più chiaro per gli investitori e a creare una parità di condizioni in materia di regolamentazione del settore.
Comunicazione
Un'altra componente dell'iniziativa sul gas di scisto della Commissione è la sua comunicazione sul fracking. Essa esamina i potenziali benefici del fracking in termini di sicurezza energetica, competitività e introiti. Si occupa anche delle sfide ambientali in materia di acque, inquinamento atmosferico e destinazione d'uso del suolo. Una valutazione d'impatto ha esaminato gli impatti socio-economici e ambientali delle varie opzioni politiche.
Responsabilità
In base alla legislazione dell'UE in vigore, la raccomandazione definisce le responsabilità dei paesi dell'UE che effettuano operazioni di fracking.
Queste includono:
pianificazione strategica per il futuro e valutazione di impatto ambientale prima di concedere licenze;
controllo della qualità dell'aria, dell'acqua e del suolo prima di avviare la fratturazione;
cattura dei gas per controllare le emissioni atmosferiche;
garanzia di trasparenza al pubblico informando su qualsiasi prodotto chimico utilizzato;
garanzia sulle migliori pratiche come criterio per tutto il processo di perforazione.
Prossimi passi
I principi della raccomandazione devono essere applicati entro 6 mesi nei paesi che effettuano operazioni di fracking. Dal dicembre 2014, essi dovrebbero riferire annualmente alla Commissione le misure messe in atto. La Commissione monitorerà le misure e riesaminerà l'efficacia della raccomandazione entro 18 mesi dalla sua pubblicazione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Raccomandazione 2014/70/UE della Commissione
-
-
GU L 39 dell'8.2.2014
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla ricerca e la produzione di idrocarburi (come il gas di scisto) mediante la fratturazione idraulica ad elevato volume nell'UE [COM(2014) 23 final/2 del 17.3.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. |
Statistiche sui mercati monetari
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce i requisiti imposti alle istituzioni finanziarie monetarie (IFM)* nell’area dell’euro in merito all’invio giornaliero di dati statistici sulle transazioni di mercato monetario, operazione per operazione, alla Banca centrale europea (BCE).
Il regolamento è stato modificato due volte:nel 2015, tramite il Regolamento (UE) 2015/1599 nel 2018, tramite il Regolamento (UE) 2019/113.
PUNTI CHIAVE
A partire dal 1 aprile 2016, solo le maggiori IFM dell’area dell’euro devono fornire dati statistici sul mercato monetario. Si tratta delle istituzioni il cui totale delle principali attività di bilancio ha superato lo 0,35 % del totale delle principali attività di bilancio di tutte le IFM dell’area dell’euro. Dal 1 aprile 2016 al 1 luglio 2016, gli operatori segnalanti devono inviare statistiche sul mercato monetario per alcuni ma non per tutti i giorni o segmenti di interesse del mercato monetario. Trascorso tale periodo di transizione, inviano statistiche per tutti i giorni rilevanti, in conformità con i requisiti esposti nel regolamento. Dal 1 gennaio 2017, i requisiti di segnalazione possono essere estesi ad altre IFM. Le IFM verranno selezionate principalmente tra le maggiori IFM rimanenti a livello nazionale allo scopo di garantire una copertura adeguata di tutti i paesi dell’area dell’euro. Le IFM verranno scelte e informate con un anno di anticipo. Le IFM trasmettono quotidianamente i dati sul mercato monetario, anche per le loro succursali dell’UE e dell’Associazione europea di libero scambio* su base consolidata alle rispettive banche centrali nazionali dell’UE. I dettagli tecnici del sistema di segnalazione e le informazioni statistiche richieste sono specificati negli allegati I, II e III. L’allegato IV contiene le norme minime che devono essere applicate dagli operatori segnalanti. Le banche centrali nazionali possono richiedere a un’IFM di trasmettere i dati direttamente alla BCE. In questi casi, è necessario rispettare modalità di segnalazione e scadenze precise. Tali scadenze sono state aggiornate nel regolamento di modifica (UE) 2019/113. Il regolamento di modifica (UE) 2019/113 richiede l’uso obbligatorio dell’identificatore delle entità giuridiche* nelle segnalazioni. È rivolto inoltre ad assicurare che:le informazioni statistiche siano raccolte, compilate e trasmesse dagli operatori segnalanti in modo tale da salvaguardarne l’integrità;gli operatori segnalanti si accertino che eventuali errori siano corretti e comunicati alla BCE e alla banca centrale nazionale il più presto possibile. Il regolamento di modifica del 2019 sostituisce inoltre tutti gli allegati al regolamento. Le IFM selezionate come operatori segnalanti dovranno informare la BCE e la loro banca centrale nazionale qualora vengano coinvolte in fusioni, scissioni o altre forme di riorganizzazione che potrebbero influenzarne gli obblighi statistici. Se un’IFM diviene insolvente, perde la propria licenza bancaria o cessa altrimenti di esercitare l’attività bancaria, essa cessa di essere soggetta a obblighi di segnalazione. La BCE e le banche centrali nazionali hanno il diritto di procedere alla verifica e, se necessario, alla raccolta obbligatoria delle informazioni fornite dalle IFM. In precedenza, la BCE riesaminava il funzionamento del regolamento e redigeva un rapporto a un anno dall’avvio del sistema. A quel punto poteva decidere di aumentare o ridurre il numero di operatori segnalanti e/o dei dati statistici richiesti. Dal rapporto iniziale della BCE, le revisioni hanno luogo ogni due anni. Istruzioni per la segnalazione
La BCE ha inoltre pubblicato dettagliate istruzioni per la segnalazione che chiariscono ulteriormente l’attuazione dei requisiti di segnalazione stabiliti dal regolamento.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento (UE) n. 1333/2014 è in vigore dal 1o gennaio 2015. Il regolamento (UE) n. 2019/113 si applica a partire dal 15 marzo 2019.
CONTESTO
La BCE ha bisogno di statistiche sulle operazioni di mercato monetario accurate, armonizzate e aggiornate per supportare il funzionamento e la trasmissione della propria politica monetaria, nonché per svolgere una serie di altre attività nell’area dell’euro. Essa utilizza questi dati per fornire supporto analitico e statistico al meccanismo di vigilanza unico, che supervisiona il settore bancario dell’UE.Per ulteriori informazioni, consultare:Mercato monetario in euro: segnalazioni statistiche sui mercati monetari (Banca centrale europea).
TERMINI CHIAVE
Istituzioni finanziarie monetarie (IFM): le istituzioni che, unite, formano il settore emittente moneta dell’area dell’euro. Tra di esse compaiono la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali dei paesi dell’area dell’euro nonché gli enti creditizi e fondi comuni monetari situati nell’area dell’euro.
Associazione europea di libero scambio: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
Identificatore delle entità giuridiche: codice alfanumerico composto da 20 caratteri basato sulla norma ISO 17442 creato dall’Organizzazione internazionale per la standardizzazione. Si collega alle informazioni di riferimento chiave che consentono l’identificazione chiara e univoca delle persone giuridiche che partecipano alle transazioni finanziarie.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1333/2014 della Banca centrale europea, del 26 novembre 2014, relativo alle statistiche sui mercati monetari (BCE/2014/48) (GU L 359 del 16.12.2014, pag. 97).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 1333/2014 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Istruzioni per la segnalazione per la trasmissione elettronica delle segnalazioni statistiche sui mercati monetari (MMSR) versione 3.1 (direzione generale Statistiche della Banca centrale europea, 11.12.2018). | REGOLAMENTO (UE) N. 1333/2014 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 26 novembre 2014
relativo alle statistiche sui mercati monetari
(BCE/2014/48)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto lo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare l'articolo 5,
visto il regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea (1) e in particolare l'articolo 5, paragrafo 1, e l'articolo 6, paragrafo 4,
visto il parere della Commissione europea (2),
Considerando quanto segue:
(1)
Per l'assolvimento dei suoi compiti il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) richiede l'elaborazione di statistiche sulle operazioni di mercato monetario, in particolare sulle operazioni di mercato monetario garantite, non garantite e relative a determinati strumenti derivati, come ulteriormente precisato dal presente regolamento, concluse da istituzioni finanziarie monetarie (IFM), ad esclusione delle banche centrali e dei fondi comuni monetari (FCM), con altre IFM e tra IFM e altre istituzioni finanziarie, amministrazioni pubbliche o società non finanziarie, fatta eccezione per le operazioni infragruppo.
(2)
Il principale obiettivo dell'elaborazione di tali statistiche è quello di dotare la Banca centrale europea (BCE) di statistiche esaustive, dettagliate e armonizzate relative ai mercati monetari nell'area dell'euro. I dati ricavati dalle operazioni raccolte in relazione ai predetti segmenti di mercato forniscono informazioni sul meccanismo di trasmissione delle decisioni di politica monetaria. Esse costituiscono pertanto una serie di statistiche necessarie a fini di politica monetaria.
(3)
La raccolta di dati statistici è altresì necessaria per permettere alla BCE di fornire un supporto analitico e statistico al meccanismo di vigilanza unico (MVU) in conformità al regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio (3). In questo contesto, la raccolta di dati statistici è altresì necessaria per sostenere la BCE nell'esercizio dei suoi compiti in materia di stabilità finanziaria.
(4)
Le banche centrali nazionali (BCN) dovrebbero informare la BCE ove decidano di non raccogliere i dati richiesti ai sensi del presente regolamento, nel qual caso la BCE assume il compito di raccogliere i dati direttamente dagli operatori segnalanti.
(5)
La BCE è tenuta, in virtù dei trattati e alle condizioni stabilite nello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «Statuto del SEBC»), ad adottare regolamenti nei limiti necessari ad espletare i compiti del SEBC come definiti nello Statuto del SEBC e, in taluni casi, come previsto nelle disposizioni adottate dal Consiglio a norma dell'articolo 129, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
(6)
Per ridurre al minimo l'onere di segnalazione posto a carico delle IFM e garantire allo stesso tempo la disponibilità di statistiche di alta qualità, la BCE inizialmente richiederà la segnalazione dei dati alle IFM più grandi dell'area dell'euro, individuate sulla base del totale delle principali attività di bilancio in rapporto al totale delle principali attività di bilancio per tutte le IFM dell'area dell'euro. Dal [1o gennaio 2017] il Consiglio direttivo della BCE può ampliare il numero delle IFM segnalanti anche tenendo in considerazioni altri criteri, come la significatività dell'operatività dell'IFM sui mercati monetari e la sua rilevanza per la stabilità e il funzionamento del sistema finanziario. Per garantire un livello minimo di rappresentatività geografica la BCE assicura che vi siano almeno tre IFM segnalanti per ciascuno Stato membro la cui moneta è l'euro (di seguito, lo «Stato membro dell'area dell'euro») Le BCN possono altresì raccogliere dati da IFM che non facciano parte degli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione sulla base degli obblighi che fanno loro carico in materia statistica a livello nazionale, nel qual caso tali dati sono segnalati e verificati ai sensi del presente regolamento.
(7)
Per ridurre ulteriormente l'onere di segnalazione a carico delle IFM, evitando di sottoporle ad una duplicazione di obblighi segnaletici assicurando nel contempo la disponibilità di dati statistici tempestivi e di elevata qualità, la BCE dovrebbe avere la possibilità di esonerarle dalla segnalazione dei dati relativi a operazioni di finanziamento tramite titoli o contratti derivati se tali dati sono già stati segnalati a un repertorio di dati sulle negoziazioni, a condizione che la BCE abbia effettivo accesso a informazioni tempestive e standardizzate in conformità agli obblighi specificati nel presente regolamento.
(8)
L'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio stabilisce che la BCE possa adottare regolamenti relativi alla definizione e imposizione di obblighi di segnalazione statistica in capo agli operatori negli Stati membri dell'area dell'euro che vi sono effettivamente soggetti. L'articolo 6, paragrafo 4, dispone che la BCE possa adottare regolamenti volti a definire le condizioni nel rispetto delle quali possono essere esercitati i diritti di verifica o di raccolta obbligatoria delle informazioni statistiche.
(9)
L'articolo 4 del regolamento (CE) n. 2533/98 dispone che gli Stati membri organizzino i propri compiti nel settore statistico e cooperino pienamente con il SEBC al fine di garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'articolo 5 dello Statuto del SEBC.
(10)
Nella misura in cui i dati raccolti ai sensi del presente regolamento contengono informazioni statistiche riservate, le norme applicabili per la protezione e l'uso di tali informazioni sono quelle dettate dagli articolo 8 e 8-quater del regolamento (CE) n. 2533/98.
(11)
L'articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2533/98 prevede che la BCE abbia il potere di irrogare sanzioni in capo agli operatori segnalanti che non adempiano ai rispettivi obblighi di segnalazione imposti da regolamenti o decisioni della BCE,
(12)
Sebbene si riconosca che i regolamenti adottati dalla BCE conformemente all'articolo 34.1 dello Statuto del SEBC non conferiscono alcun diritto e non impongono alcun obbligo in capo agli Stati membri la cui moneta non è l'euro (di seguito «Stati membri non appartenenti all'area dell'euro»), l'articolo 5 si applica sia agli Stati membri dell'area dell'euro sia a quelli non appartenenti all'area dell'euro. Il regolamento (CE) n. 2533/98 fa riferimento al fatto che l'articolo 5 dello Statuto del SEBC, unitamente all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, implica un obbligo di predisporre ed attuare, a livello nazionale, tutte le misure che gli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro reputano idonee al fine di provvedere alla raccolta delle informazioni statistiche necessarie a soddisfare gli obblighi di segnalazione statistica previsti dalla BCE e ad approntare tempestivamente, in campo statistico, i preparativi necessari a divenire Stati membri dell'area dell'euro.
(13)
Gli obblighi di segnalazione di cui al presente regolamento fanno salvi gli obblighi di segnalazione stabiliti in altri atti e strumenti giuridici della BCE, che possono, almeno parzialmente, riguardare anche segnalazioni operazione per operazione o segnalazioni aggregate di informazioni statistiche sui mercati monetari,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento:
1)
per «operatore segnalante» si intende un soggetto dichiarante ai sensi dell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 2533/98, mentre «residente» ha il medesimo significato di cui alla predetta disposizione;
2)
«istituzione finanziaria monetaria» (IFM) ha il significato di cui all'articolo 1 del regolamento (UE) n. 1071/2013 della Banca centrale europea (BCE/2013/33) (4) e comprende tutte le succursali di IFM ubicate nell'Unione e nell'EFTA, salva contraria espressa disposizione del presente regolamento;
3)
per «AIF» si intendono altri intermediari finanziari diversi dalle imprese di assicurazione e dai fondi pensione come previsto nel Sistema europeo dei conti già oggetto di revisione (di seguito, il «SEC 2010») disciplinato dal regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
4)
per «imprese di assicurazione» si intendono tutte le società e quasi-società finanziarie che svolgono come attività principale la funzione di intermediazione finanziaria, principalmente nella forma di assicurazione diretta o di riassicurazione, in conseguenza del pooling dei rischi come previsto nel SEC 2010;
5)
per «fondi pensione» si intendono tutte le società e quasi-società finanziarie che svolgono come attività principale la funzione di intermediazione finanziaria in conseguenza del pooling dei rischi e dei bisogni degli assicurati (assicurazione sociale) come previsto nel SEC 2010;
6)
per «società non finanziarie» si intende il settore delle società non finanziarie come previsto nel SEC 2010;
7)
per «amministrazioni pubbliche» si intendono unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, la cui produzione è destinata a consumi collettivi e individuali e che sono finanziati da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori, nonché dalle unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese come previsto nel SEC 2010;
8)
per «totale delle principali attività di bilancio» si intende il totale delle attività meno le altre attività nell'accezione di cui al regolamento (UE) n. 1071/2013 (BCE/2013/33);
9)
per «statistiche sul mercato monetario» si intendono le statistiche su operazioni garantite, non garantite e su strumenti derivati, relative a strumenti del mercato monetario concluse tra IFM e tra IFM e AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, banche centrali, amministrazioni pubbliche e società non finanziarie, ad esclusione delle operazioni infragruppo nel periodo di segnalazione di interesse;
10)
per «strumento del mercato monetario» si intende uno degli strumenti elencati negli allegati I, II e III;
11)
per «fondo comune monetario» si intende un organismo d'investimento collettivo soggetto ad autorizzazione in qualità di organismo d'investimento collettivo in valori mobiliari ai sensi della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) o costituisce un fondo di investimento alternativo ai sensi della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), investe in attività di breve termine e presenta come obiettivi distinti o cumulativi l'offerta di rendimenti in linea con i tassi del mercato monetario o il mantenimento del valore di un investimento;
12)
per «banca centrale» si intende una banca centrale a prescindere dalla sua sede;
13)
per «banca/banche centrale/i nazionale/i» o «BCN» si intendono le banche centrali nazionali degli Stati membri dell'Unione;
14)
per «operatori soggetti ad obblighi di segnalazione» si intendono le IFM residenti nell'area dell'euro, ad esclusione delle banche centrali e dei FCM, che ricevono depositi denominati in euro e/o emettono altri strumenti di debito e/o concedono prestiti denominati in euro di cui agli allegati I, II e III da altre IFM e/o da AIF, da imprese di assicurazione, da fondi pensione, da amministrazioni pubbliche, da banche centrali a fini di investimento o da società non finanziarie, ovvero in favore di tali soggetti.
15)
per «gruppo» si intende un gruppo di imprese, inclusi ma non solo i gruppi bancari, composto da un'impresa madre e dalle sue filiazioni i cui bilanci sono consolidati ai fini della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);
16)
per «succursale» si intende una sede di attività che costituisce una parte priva di personalità giuridica di un ente e che effettua direttamente, in tutto o in parte, le operazioni inerenti all'attività dell'ente;
17)
per «succursale dell'Unione e dell'EFTA» si intende una succursale situata e registrata in uno Stato membro dell'Unione o in un paese dell'EFTA;
18)
per «European Free Trade Association» (EFTA) si intende l'organizzazione intergovernativa istituita per promuovere il libero scambio e l'integrazione economica a vantaggio degli Stati membri che ne fanno parte;
19)
per «operazione infragruppo» si intende un'operazione in strumenti di mercato monetario tra un operatore segnalante con un'altra impresa integralmente inclusa nello stesso bilancio consolidato. Le imprese che partecipano all'operazione sono considerate integralmente incluse nello «stesso consolidamento» quando:
a)
sono incluse in un consolidamento ai sensi della direttiva 2013/34/UE ovvero degli International Financial Reporting Standards (IFRS) adottati ai sensi del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (9) ovvero, in relazione a un gruppo la cui impresa madre ha la propria sede centrale in un paese terzo, ai sensi dei Generally Accepted Accounting Principles di tale paese terzo, considerati equivalenti agli IFRS ai sensi del regolamento (CE) n. 1569/2007 della Commissione (10) (ovvero dei principi contabili di un paese terzo il cui utilizzo è consentito ai sensi dell'articolo 4 del citato regolamento); ovvero
b)
sono coperte dalla stessa vigilanza consolidata ai sensi della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (11) ovvero, in relazione a un gruppo la cui impresa madre ha la propria sede centrale in un paese terzo, dalla stessa vigilanza consolidata esercitata dall'autorità competente di un paese terzo ritenuta equivalente a quella regolata dai principi dettati dall'articolo 127 della direttiva 2013/36/UE;
20)
per «giorno lavorativo», in relazione a una data specificata in un accordo o in una conferma di un'operazione in uno strumento del mercato monetario, si intende il giorno nel quale le banche commerciali e i mercati in valuta estera esercitano la normale attività (anche trattando lo strumento del mercato monetario in questione) e regolano i pagamenti nella stessa valuta dell'obbligazione di pagamento esigibile o calcolata in riferimento a tale data. In caso di un'operazione in uno strumento del mercato monetario regolata da un contratto quadro standard della Federazione bancaria europea (FBE), dalla Loan Market Association (LMA), dalla International Swaps and Derivatives Association, Inc. (ISDA) o di altre importanti associazioni di mercato europee o internazionali, si utilizza la definizione ivi enunciata o incorporata tramite rinvio. In relazione al regolamento di qualsivoglia operazione in uno strumento del mercato monetario che debba essere regolata mediante un determinato sistema di regolamento, si intende un giorno nel quale quel sistema di regolamento è in funzione per il regolamento di tale operazione;
21)
per «giorno di regolamento TARGET2» si intende un giorno nel quale il sistema Trasferimento espresso transeuropeo automatizzato di regolamento lordo in tempo reale (TARGET2) è in funzione;
22)
per «operazione di pronti contro termine» si intende l'accordo in forza del quale le parti effettuano operazioni nelle quali una parte (il «venditore») acconsente di vendere all'altra (il «compratore») determinate attività («titoli», «merce» o «altre attività finanziarie») ad una data prossima verso il pagamento di un prezzo di acquisto da parte del compratore in favore del venditore con il contestuale impegno da parte del compratore di rivendere al venditore le attività ad una certa data o su richiesta verso il pagamento del prezzo di riacquisto da parte del venditore in favore del compratore. Tutte le operazioni di questo tipo possono costituire una vendita con patto di riacquisto o una operazione di acquisto con patto di rivendita. Per «operazione di pronti contro termine» può anche intendersi un accordo con il quale determinate attività sono costituite in pegno ed è conferito un diritto generale al loro riutilizzo in cambio di un prestito in denaro ad una data prossima con rimborso del prestito concesso e degli interessi maturati ad una data non prossima verso la restituzione delle attività. Le operazioni di vendita con patto di riacquisto possono essere effettuate con scadenza ad una data prestabilita («operazioni di pronti contro termine a termine fisso») o senza una scadenza predeterminata con facoltà per entrambe le parti di rinnovare o risolvere il contratto ogni giorno («operazioni di pronti contro termine aperti»);
23)
per «operazione di pronti contro termine triparty» si intende un'operazione di pronti contro termine nel quale un terzo è responsabile dell'individuazione e della gestione delle garanzie finché l'operazione è in corso;
24)
per «operazione di swap in valuta» si intende un'operazione di swap nella quale un parte vende all'altra un certo ammontare di una determinata valuta verso il pagamento di un certo ammontare di una determinata valuta diversa dalla prima sulla base di un tasso di cambio convenuto (noto come tasso di cambio a pronti) con l'impegno a riacquistare la valuta venduta ad una data futura (nota come data di scadenza) verso la vendita della valuta inizialmente acquistata a un diverso tasso di cambio (noto come tasso di cambio a termine);
25)
per «swap su indici overnight» (overnight index swap, OIS) si intende uno swap sui tassi di interesse in cui il tasso di interesse periodico variabile è uguale alla media geometrica di un tasso di interesse overnight (o di un indice overnight) per un periodo prefissato. Il pagamento finale è calcolato come la differenza tra il tasso di interesse fisso e quello overnight composto rilevato per la durata dell'OIS applicato all'importo nominale dell'operazione. Poiché tale regolamento si concentra esclusivamente su OIS denominati in euro, il tasso di interesse overnight sarà l'EONIA;
26)
per «quadro LCR Basilea III» si intende il coefficiente di copertura della liquidità (Liquidity Coverage Ratio, LCR) proposto dal comitato di Basilea e approvato il 7 gennaio 2013 dal gruppo dei governatori delle banche centrali e dei capi delle autorità di vigilanza, l'organo di supervisione del comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, come standard minimo di regolamentazione internazionale per misure di liquidità a breve termine nel settore bancario.
Articolo 2
Operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione
1. Gli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione sono costituiti da IFM residenti nell'area dell'euro individuate tra gli operatori soggetti agli obblighi di segnalazione dal Consiglio direttivo come operatori segnalanti ai sensi dei paragrafi 2 o 3, secondo il caso, o IFM identificate come operatori segnalanti ai sensi del paragrafo 4, sulla base dei criteri ivi enunciati, e ai quali è stata data comunicazione degli obblighi di segnalazione ai sensi del paragrafo 5 (di seguito, gli «operatori segnalanti»).
2. All'entrata in vigore del presente regolamento, il Consiglio direttivo può decidere che un'IFM è un agente segnalante se il totale delle principali attività di bilancio dell'IFM supera lo 0,35 per cento del totale delle principali attività di bilancio di tutte le IFM dell'area dell'euro sulla base dei dati più recenti a disposizione della BCE, ossia:
a)
i dati riferiti alla fine di dicembre dell'anno civile precedente la notifica di cui al paragrafo 5; ovvero
b)
se i dati di cui al punto a) non sono disponibili, i dati riferiti alla fine di dicembre dell'anno precedente.
Ai fini di tale decisione sono escluse dal calcolo del totale delle principali attività di bilancio della rispettiva IFM le succursali ubicate al di fuori del paese ospitante l'IFM.
3. Dal 1o gennaio 2017 il Consiglio direttivo può decidere di classificare ogni altra IFM come operatore segnalante sulla base della dimensione delle sue principali attività di bilancio in rapporto al totale delle principali attività di bilancio di tutte le IFM dell'area dell'euro, della significatività dell'operatività dell'IFM nella negoziazione di strumenti del mercato monetario e della sua rilevanza per la stabilità e il funzionamento del sistema finanziario nell'area dell'euro e/o in singoli Stati membri.
4. Dal 1o gennaio 2017 il Consiglio direttivo può altresì decidere che, per ciascuno Stato membro dell'area dell'euro, almeno tre IFM siano individuate come operatori segnalanti. Di conseguenza, se sulla base delle decisioni del Consiglio direttivo adottate ai sensi dei paragrafi 2 e 3, in un determinato Stato membro dell'area dell'euro siano selezionate meno di tre IFM, tra gli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione saranno altresì comprese altre IFM di quello Stato membro dell'area dell'euro ritenute rappresentative dalla BCN competente (di seguito, gli «operatori segnalanti rappresentativi»), in modo che per quello Stato membro dell'area dell'euro siano individuati almeno tre operatori segnalanti.
Gli operatori segnalanti rappresentativi sono selezionati tra gli enti creditizi di maggiori dimensioni residenti nello Stato membro dell'aera dell'euro interessato, sulla base del totale delle principali attività di bilancio degli enti, a meno che criteri alternativi siano stati suggeriti dalle BCN e approvati per iscritto dalla BCE.
5. La BCE o la BCN competente comunicano alle IFM interessate eventuali decisioni assunte dal Consiglio direttivo ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4 e gli obblighi che fanno loro carico ai sensi del presente regolamento. La comunicazione è inviata in forma scritta almeno quattro mesi prima della prima segnalazione.
6. Nonostante eventuali decisioni assunte dal Consiglio direttivo ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4, le BCN possono altresì raccogliere statistiche sul mercato monetario da IFM residenti nel proprio Stato membro che non siano operatori segnalanti ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4, sulla base degli obblighi di segnalazione statistica nazionali (di seguito, gli «operatori segnalanti aggiuntivi»). Ove una BCN individui in tal modo operatori segnalanti aggiuntivi ne dà loro immediata comunicazione.
Articolo 3
Obblighi di segnalazione statistica
1. Ai fini dell'elaborazione periodica di statistiche sul mercato monetario, gli operatori segnalanti effettuano le segnalazioni alla BCN dello Stato membro in cui risiedono su base consolidata fornendo, anche per tutte le loro succursali dell'Unione o dell'EFTA, informazioni statistiche giornaliere relative agli strumenti di mercato monetario. Le informazioni statistiche richieste sono specificate negli allegati I, II e III. La BCN trasmette le informazioni statistiche ricevute dagli operatori segnalanti alla BCE in conformità all'articolo 4, paragrafo 2, del presente regolamento.
2. Le BCN definiscono e attuano le modalità di segnalazione cui devono attenersi gli operatori segnalanti in relazione agli strumenti del mercato monetario. Tali modalità assicurano la fornitura delle informazioni statistiche richieste e consentono un'accurata verifica sul rispetto dei requisiti minimi di trasmissione, accuratezza, conformità a concetti e revisioni di cui all'allegato IV.
3. Nonostante l'obbligo di segnalazione previsto al paragrafo 1, una BCN può decidere che gli operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 2, 3 e 4 residenti nello Stato membro della BCN segnalino le informazioni statistiche specificate negli allegati I, II e III alla BCE. La BCN informa al riguardo la BCE e gli operatori segnalanti, dopo di che la BCE definisce e attua le modalità di segnalazione cui devono attenersi gli operatori segnalanti e assume il compito di raccogliere i dati richiesti direttamente dagli operatori segnalanti.
4. Se una BCN ha selezionato operatori segnalanti aggiuntivi e dato loro la comunicazione di cui all'articolo 2, paragrafo 6, questi segnalano con cadenza quotidiana alla BCN informazioni statistiche relative agli strumenti del mercato monetario. La BCN trasmette le informazioni statistiche ricevute dagli operatori segnalanti aggiuntivi alla BCE su richiesta di quest'ultima in conformità all'articolo 4, paragrafo 2, del presente regolamento.
5. Le BCN definiscono e attuano le modalità di segnalazione cui devono attenersi gli operatori segnalanti aggiuntivi, in conformità agli obblighi nazionali di segnalazione statistica. Le BCN assicurano che le modalità di segnalazione stabilite a livello nazionale impongano agli operatori segnalanti aggiuntivi il rispetto di obblighi equivalenti a quelli imposti dagli articoli da 6 a 8, 10, paragrafo 3, 11 e 12 del presente regolamento. Le BCN assicurano che tali modalità consentano l'acquisizione delle informazioni statistiche richieste e permettano un'accurata verifica sul rispetto dei requisiti minimi di trasmissione, accuratezza, conformità a concetti e revisioni di cui all'allegato IV.
Articolo 4
Tempestività
1. Ove una BCN decida, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, che gli operatori segnalanti segnalino le informazioni statistiche indicate agli allegati I, II e III direttamente alla BCE, gli operatori segnalanti trasmettono tali informazioni alla BCE nel modo di seguito indicato.
a)
I dati raccolti dagli operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno tra le ore 18:00 del giorno di contrattazione e le ore 7:00 orario dell'Europa centrale (Central European Time, CET) del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
b)
I dati raccolti dagli operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 e 4, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno tra le ore 18:00 CET del giorno di contrattazione e le ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
c)
I dati rispetto ai quali la BCN gode di una deroga ai sensi dell'articolo 5 sono trasmessi alla BCE una volta alla settimana tra le ore 18:00 del giorno di contrattazione e le ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti.
2. In ogni caso diverso da quello di cui al paragrafo 1, le BCN trasmettono alla BCE le informazioni statistiche giornaliere sul mercato monetario indicate negli allegati I, II e III ricevute dagli operatori segnalanti nel modo di seguito indicato.
a)
I dati raccolti da operatori segnalanti individuati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno prima delle ore 7:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
b)
I dati raccolti da operatori segnalanti individuati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 e 4, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
c)
I dati raccolti da operatori segnalanti aggiuntivi individuati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla data di contrattazione, una volta alla settimana prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti, ovvero una volta al mese prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 dopo la fine del mese al quale i dati sono riferiti. Le BCN determinano la frequenza di segnalazione e ne informano prontamente la BCE. Le BCN possono riesaminare annualmente la frequenza di segnalazione.
d)
I dati rispetto ai quali la BCN gode di una deroga ai sensi dell'articolo 5 sono trasmessi alla BCE una volta alla settimana prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti.
3. Le BCN stabiliscono i termini entro i quali devono ricevere i dati dagli operatori segnalanti al fine di rispettare le proprie scadenze segnaletiche, come specificate nel paragrafo 2, e li comunicano agli operatori segnalanti.
4. Qualora una scadenza di cui ai paragrafi 1 o 2 cada in un giorno di chiusura di TARGET2, essa è prorogata al successivo giorno di operatività di TARGET2, come indicato sul sito Internet della BCE.
Articolo 5
Deroga
Ove siano stati individuati operatori segnalanti ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 o 4, una BCN può decidere che gli operatori segnalanti possano trasmetterle statistiche giornaliere sul mercato monetario una volta alla settimana prima delle 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti se, per ragioni operative, essi non sono in grado di adempiere all'obbligo di segnalazione quotidiana. La BCE può dettare condizioni per l'applicazione della deroga da parte delle BCN.
Articolo 6
Fusioni, scissioni, riorganizzazioni e insolvenze
1. In caso di operazioni di fusione, scissione, scorporo o di qualunque altro tipo di riorganizzazione che possa incidere sull'adempimento degli obblighi statistici, l'operatore segnalante interessato, una volta che l'intenzione di realizzare tale operazione sia divenuta di pubblico dominio e in ragionevole anticipo rispetto a quando l'operazione inizierà a produrre effetti, informa la BCE e la BCN competente delle procedure previste per rispettare gli obblighi di segnalazione statistica di cui al presente regolamento. Inoltre, l'operatore segnalante dà comunicazione dell'operazione alla BCE e alla BCN interessata entro 14 giorni dal suo perfezionamento.
2. Se un'operatore segnalante si fonde con un altro soggetto mediante incorporazione ai sensi della direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12) ed uno dei soggetti partecipanti alla fusione era un operatore segnalante, il soggetto originato dalla fusione continua ad effettuare le segnalazioni ai sensi del presente regolamento.
3. Se un operatore segnalante si fonde con un altro soggetto mediante la costituzione di una società nuova ai sensi della direttiva 2011/35/UE e uno dei soggetti che partecipano alla fusione era un operatore segnalante, il soggetto risultante dalla fusione continua a effettuare le segnalazioni se rientra nella definizione di operatore segnalante.
4. Se un operatore segnalante si scinde in due o più soggetti mediante incorporazione o costituzione di nuove società ai sensi della Sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio (13) e uno dei nuovi soggetti è un operatore segnalante, le segnalazioni sono effettuate dal nuovo soggetto ai sensi del presente regolamento. La scissione comprende altresì operazioni di scorporo per effetto delle quali un operatore segnalante trasferisce tutte le proprie attività o parte di esse a una nuova società in cambio di azioni della nuova società.
5. Se un operatore segnalante diviene insolvente, perde la propria licenza bancaria o cessa altrimenti di esercitare l'attività bancaria, come confermato dall'autorità di vigilanza competente, esso cessa di essere soggetto a obblighi di segnalazione ai sensi del presente regolamento.
6. Ai fini del paragrafo 5, un operatore segnalante è considerato insolvente se ricorre una o più delle seguenti ipotesi:
a)
l'operatore segnalante effettua una cessione generale a beneficio dei creditori o al fine di addivenire a una riorganizzazione, a un concordato preventivo o a un concordato fallimentare con i creditori;
b)
l'operatore segnalante riconosce per iscritto la propria incapacità di pagare i propri debiti alla scadenza;
c)
l'operatore segnalante richiede, acconsente o presta acquiescenza alla nomina di un fiduciario, amministratore, curatore fallimentare, liquidatore o analogo ufficiale anche limitatamente all'intera sua proprietà o a una parte significativa di essa;
d)
è presentata o depositata dinanzi ad un'autorità giurisdizionale o presso altro organo o autorità competente un'istanza per l'apertura di una procedura concorsuale nei confronti dell'operatore segnalante, escluse quelle presentate da una controparte in relazione a obbligazioni dell'operatore segnalante nei suoi confronti;
e)
l'operatore segnalante è posto in liquidazione o diviene insolvente ovvero è ammesso a procedure analoghe ovvero questi o un ente pubblico o altro soggetto o persona presenta istanza per la sua riorganizzazione, ammissione al concordato preventivo o fallimentare, ristrutturazione, amministrazione, liquidazione o scioglimento o analogo rimedio ai sensi di qualsivoglia disposizione legale o regolamentare presente o futura, ove tale istanza non sia sospesa o respinta entro trenta giorni dalla sua presentazione, eccezion fatta per il caso di istanza di liquidazione o altra procedura analoga, rispetto alle quali il termine di trenta giorni non si applica;
f)
è nominato un fiduciario, un amministratore, un curatore fallimentare, un liquidatore o un altro analogo ufficiale per l'operatore segnalante o limitatamente all'intera sua proprietà o a una parte significativa di essa; ovvero
g)
è convocata una riunione dei creditori al fine di valutare l'ammissione a una procedura di concordato (o ad altra procedura analoga).
Articolo 7
Disposizioni in materia di riservatezza
1. La BCE e le BCN, quando ricevono e trattano ai sensi del presente regolamento dati contenenti informazioni riservate, ovvero li condividono con altre BCN dell'area dell'euro, applicano le norme per la protezione e l'utilizzo di informazioni statistiche riservate stabilite negli articoli 8 e 8 quater del regolamento (CE) n. 2533/98.
2. Fatto salvo quanto previsto al paragrafo 1, informazioni riservate contenute in dati statistici raccolti dalla BCE o da una BCN ai sensi del presente regolamento non sono trasmessi ad autorità o terzi diversi dalla BCE e dalle BCN dell'area dell'euro né con questi condivisi, a meno che l'operatore segnalante interessato abbia comunicato per iscritto alla BCE o alla BCN interessata il proprio previo consenso e la BCE o la BCN interessata, secondo il caso, abbia sottoscritto un idoneo accordo di riservatezza con tale operatore segnalante.
Articolo 8
Verifica e raccolta obbligatoria
Alla BCE e alle BCN, secondo il caso, è conferito il diritto di verifica e, se necessario, di raccolta obbligatoria delle informazioni che i soggetti segnalanti devono fornire in conformità agli obblighi di segnalazione statistica stabiliti all'articolo 3 e degli allegati I, II e II del presente regolamento. In particolare, le BCN esercitano tale diritto quando un operatore segnalante non soddisfa i requisiti minimi per la trasmissione, l'accuratezza, la conformità ai concetti e alle revisioni di cui all'allegato IV. Si applica altresì l'articolo 6 del regolamento (CE) n. 2533/98.
Articolo 9
Procedura semplificata di modifica
Tenuto conto del parere del Comitato per le statistiche del SEBC, il Comitato esecutivo della BCE ha la facoltà di apportare modifiche di natura tecnica agli allegati del presente indirizzo, purché la portata di tali modifiche non sia tale da alterarne il quadro di riferimento concettuale sottostante né da incidere sugli oneri di segnalazione degli operatori segnalanti. Il Comitato esecutivo informa senza indugio il Consiglio direttivo di tali modifiche.
Articolo 10
Prima segnalazione
1. Nel caso di operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, la prima segnalazione ai sensi del presente regolamento, fatte salve le disposizioni transitorie di cui all'articolo 12, ha inizio con i dati dal 1o aprile 2016.
2. In caso di operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 e 4, la prima segnalazione ai sensi del presente regolamento ha inizio alla data comunicata all'operatore segnalante dalla BCE o dalla BCN interessata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 5, e in ogni caso non prima di 12 mesi dall'adozione della decisione del Consiglio direttivo ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 o 4.
3. Inoltre, quando siano stati selezionati operatori segnalanti rappresentativi ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 4, un operatore segnalante rappresentativo può presentare una richiesta scritta alla BCE o alla BCN competente per il rinvio temporaneo della data di prima segnalazione, specificando le ragioni del rinvio. Il rinvio richiesto può essere concesso per un massimo di sei mesi prorogabile di ulteriori sei mesi. La BCE, o la BCN competente, può consentire di rinviare la data di prima segnalazione per l'operatore segnalante rappresentativo che ne ha fatto richiesta se ritiene il rinvio giustificato. Inoltre, se l'operatore segnalante rappresentativo non ha dati da segnalare o è esclusivamente in possesso di dati che sia la BCE che la BCN considerano non rappresentativi alla data di prima segnalazione, la BCN può consentire l'esonero dell'operatore segnalante dall'applicazione della data di prima segnalazione. Tale esonero può essere concesso esclusivamente dalla BCN di concerto con la BCE se entrambe ritengono la richiesta giustificata e ciò non compromette la rappresentatività del campione di segnalazione.
4. Nel caso di IFM selezionate come operatori segnalanti aggiuntivi ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, la prima segnalazione ai sensi del presente regolamento ha inizio alla data comunicata dalla BCN all'operatore segnalante aggiuntivo ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6.
Articolo 11
Clausola di riesame periodico
La BCE riesamina il funzionamento del presente regolamento 12 mesi dopo la prima segnalazione e redige un rapporto a riguardo. In conformità alle raccomandazioni formulate nel rapporto la BCE ha facoltà di aumentare o ridurre il numero di operatori segnalanti e/o gli obblighi di segnalazione statistica. Dopo tale revisione iniziale, gli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione saranno aggiornati ogni due anni.
Articolo 12
Disposizione transitoria
Nel periodo compreso tra il 1o aprile 2016 e il 1o luglio 2016 agli operatori segnalanti sarà consentito di segnalare le statistiche sul mercato monetario per alcuni ma non per tutti i giorni di interesse alla BCE o alla BCN competente. La BCE o la BCN competente possono specificare i giorni per i quali è richiesta la segnalazione.
Articolo 13
Disposizioni finali
Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 2015.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, conformemente ai trattati.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 26 novembre 2014
Per il Consiglio direttivo della BCE
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) GU L 318 del 27.11.1998, pag. 8.
(2) Parere del 14 novembre 2014 (GU C 407 del 15.11.2014, pag. 1).
(3) Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63).
(4) Regolamento (UE) n. 1071/2013 della Banca centrale europea, del 24 settembre 2013, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (BCE/2013/33) (GU L 297 del 7.11.2013, pag. 1).
(5) Regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (GU L 174 del 26.6.2013, pag. 1).
(6) Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32).
(7) Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174 dell'1.7.2011, pag. 1).
(8) Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio (GU L 182 del 29.6.2013, pag. 19).
(9) Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione dei principi contabili internazionali (GU L 243 dell'11.9.2002, pag. 1).
(10) Regolamento (CE) n. 1569/2007 della Commissione, del 21 dicembre 2007, che stabilisce un meccanismo per determinare l'equivalenza dei principi contabili applicati dagli emittenti di titoli di paesi terzi conformemente alle direttive 2003/71/CE e 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 340 del 22.12.2007, pag. 66).
(11) Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338).
(12) Direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativa alle fusioni delle società per azioni (GU L 110 del 29.4.2011, pag. 1).
(13) Sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull'articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e relativa alle scissioni delle società per azioni (GU L 378 del 31.12.1982, pag. 47).
ALLEGATO I
Schema di segnalazione per le statistiche sul mercato monetario relative ad operazioni garantite
PARTE 1
TIPOLOGIA DEGLI STRUMENTI
Gli operatori segnalanti segnalano alla Banca centrale europea (BCE) o alla Banca centrale nazionale (BCN) competente tutti i contratti di vendita con patto di riacquisto e le operazioni effettuate sulla base di essi, comprese le operazioni di pronti contro termine tri-party, che siano denominate in euro e abbiano una scadenza non superiore ad un anno incluso (definite come operazioni con una data di scadenza non maggiore di 397 giorni dalla data di contrattazione), intercorse tra l'operatore segnalante e altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), altri intermediari finanziari (AIF), imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento, nonché con società non finanziarie classificate come all'ingrosso ai sensi del quadro LCR Basilea III.
PARTE 2
TIPOLOGIA DEI DATI
1.
Tipologia di dati inerenti all'operazione (1) da segnalare per ciascuna operazione
Campo
Descrizione dei dati
Opzione alternativa di segnalazione (se esistente) e altre caratteristiche
Transaction identifier (identificativo dell'operazione)
Identificativo interno unico dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ogni operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE o alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
Momento nel quale un'operazione è conclusa o registrata.
Counterparty code (codice della controparte)
Codice identificativo usato per individuare la controparte dell'operatore segnalante nell'operazione segnalata.
Qualora le operazioni siano eseguite attraverso una controparte centrale di compensazione (central clearing counterparty, CCP), dovrà essere indicato l'identificativo delle entità giuridiche (Legal Entity Identifier, LEI) della CCP.
Ove le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, deve essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte trasmesso.
Da utilizzare in ogni caso. Sarà fornito un codice individuale della controparte.
Counterparty location (localizzazione della controparte)
Codice ISO del paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio se non è fornito il codice individuale della controparte. Altrimenti facoltativo.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
Importo inizialmente concesso o preso in prestito.
Collateral nominal amount (importo nominale della garanzia)
Importo nominale del titolo costituito in garanzia
Ad eccezione delle operazioni di pronti contro termine triparty e delle altre operazioni in cui il titolo costituito in garanzia non è identificato da un univoco numero internazionale di identificazione dei titoli (International Security Identification Number, codice ISIN).
Trade date (data di contrattazione)
Data in cui le parti hanno concluso l'operazione finanziaria.
Settlement date (data di regolamento)
Data di acquisto, ossia la data in cui è previsto che il denaro sia versato dal prestatore al prestatario e il titolo sia trasferito dal prestatario al prestatore.
In caso di operazioni di pronti contro termine aperte è la data in cui ha luogo il rinnovo (anche se non avviene alcuno scambio di denaro).
Maturity date (data di scadenza)
La data di riacquisto, ovvero la data in cui è previsto che il denaro sia restituito dal prestatario al prestatore.
In caso di operazioni di pronti contro termine aperte, è la data in cui il capitale e gli interessi dovuti devono essere restituiti nel caso in cui l'operazione non sia ulteriormente rinnovata.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Assunzione in prestito del denaro in caso di pronti contro termine o concessione in prestito del denaro in caso di operazioni contro termine in acquisto (reverse repo).
ISIN of the collateral (codice ISIN della garanzia)
Codice ISIN assegnato ai titoli emessi sui mercati finanziari. Si compone di 12 caratteri alfanumerici, che identificano univocamente un titolo (come definito dalla norma ISO 6166).
Da segnalare ad esclusione delle operazioni di pronti contro termine triparty e di tutte le altre operazioni di pronti contro termine nelle quali i titoli costituiti in pegno non sono identificati tramite un unico codice ISIN.
Collateral type (tipo di garanzia)
Al fine di identificare l'attività concessa in pegno a garanzia nel caso in cui il codice ISIN individuale non sia fornito.
Da indicare in tutti i casi in cui il codice ISIN individuale non sia fornito.
Special collateral flag (identificatore delle garanzie speciali)
Al fine di identificare tutte le operazioni di pronti contro termine effettuate a fronte di garanzie generali e quelle effettuate a fronte di garanzie speciali. Campo facoltativo da indicare solo ove l'operatore segnalante ne abbia la possibilità
La segnalazione di questo campo è facoltativa.
Deal rate (tasso dell'operazione)
Tasso di interesse espresso in conformità alla convenzione per i mercati monetari giorni effettivi/360 al quale l'operazione di pronti contro termine è stata effettuata e al quale è remunerato il denaro concesso in prestito.
Collateral haircut (scarto di garanzia)
Una misura per il controllo dei rischi applicata alla garanzia sottostante per effetto della quale il valore di quest'ultima è calcolato al valore di mercato dell'attività decurtato di una determinata percentuale (scarto di garanzia). A fini di segnalazione lo scarto di garanzia è calcolato come 100 meno il rapporto tra il contante concesso/assunto in prestito e il valore di mercato, compresi gli interessi maturati sulla garanzia concessa.
La segnalazione di questo campo è necessaria esclusivamente per singole operazioni su garanzia.
Counterparty code of the tri-party agent (codice di controparte dell'agente triparty)
Il codice di identificazione di controparte dell'agente triparty
Da indicare in caso di pronti contro termine triparty.
Tri-party agent code ID (codice di identificazione dell'agente triparty)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale dell'agente triparty trasmesso.
Da utilizzare in tutti i casi in cui un codice individuale dell'agente triparty è fornito.
Beneficiary in case of transactions conducted via CCPs (beneficiario in caso di operazioni effettuate tramite controparti centrali).
2. Materiality threshold (soglia di rilevanza)
Le operazioni effettuate con società non finanziarie dovrebbero essere segnalate solo ove effettuate con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III (2).
3. Exceptions (eccezioni)
Non dovrebbero essere segnalate operazioni infragruppo.
(1) Gli standard per la segnalazione elettronica e le specifiche tecniche per i dati sono indicati separatamente. Sono disponibili all'indirizzo www.ecb.int.
(2) Cfr. «Basilea III: The liquidity coverage ratio and liquidity risk monitoring tools», pagg. 23-27, disponibile sul sito Internet della Banca dei regolamenti internazionali all'indirizzo: www.bis.org.
ALLEGATO II
Schema di segnalazione per statistiche sul mercato monetario relative a operazioni non garantite
PARTE 1
TIPO DI STRUMENTI
1.
Gli operatori segnalanti segnalano alla Banca centrale europea (BCE) ovvero alla banca centrale nazionale competente (BCN):
a)
tutti i prestiti assunti mediante l'utilizzo degli strumenti indicati nella tabella sottostante, denominati in euro con scadenza non superiore a un anno incluso (definiti come operazioni con data di scadenza non superiore a 397 giorni dalla data di contrattazione), erogati all'operatore segnalante da altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), altri intermediari finanziari (AIF), imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento nonché da società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III;
b)
tutti i prestiti concessi ad altri enti creditizi con scadenza non superiore a un anno incluso (definiti come operazioni con data di scadenza non superiore a 397 giorni dalla data di contrattazione) mediante depositi non garantiti o mediante l'acquisto dall'ente creditizio emittente di carta commerciale, certificati di deposito, titoli a tasso variabile e altri titoli di debito con scadenza non superiore a un anno.
2.
La tabella seguente fornisce una descrizione dettagliata standard delle categorie di strumenti per le operazioni che gli operatori segnalanti sono tenuti a segnalare alla BCE. Ove gli operatori segnalanti siano tenuti a segnalare le operazioni alla rispettiva BCN, questa dovrebbe trasporre tali descrizioni di categorie di strumenti a livello nazionale in conformità al presente regolamento.
Tipo di strumento
Descrizione
Deposits (Depositi)
Depositi fruttiferi non garantiti rimborsabili con preavviso o a scadenza non superiore a un anno ricevuti (in prestito) o collocati dall'operatore segnalante.
Certificate of deposit (certificato di deposito)
Strumento di debito a tempo determinato emesso da un'IFM che conferisce al possessore il diritto a un determinato tasso di interesse per un periodo di tempo prestabilito non superiore a un anno.
Commercial paper (carta commerciale)
Strumento di debito non garantito o garantito da garanzie fornite dall'emittente con scadenza non superiore a un anno, fruttifero o scontato.
Floating rate note (obbligazioni a tasso d'interesse variabile)
Strumento di debito rispetto al quale gli interessi periodicamente corrisposti sono calcolati sulla base del valore, ad esempio mediante la fissazione di un tasso di riferimento sottostante come l'Euribor a date prestabilite note come date di revisione, con scadenza non superiore a un anno.
Puttable instruments (strumenti con opzione put)
Strumento di debito nel quale il possessore ha un'opzione put, ossia la facoltà di richiedere all'emittente il rimborso anticipato, esercitabile per la prima volta non oltre un anno dalla data di emissione ovvero con preavviso non superiore a un anno.
Callable instruments (strumenti con opzione call)
Strumento di debito nel quale l'emittente ha un'opzione call, ossia la facoltà di rimborsare lo strumento anticipatamente, con data di rimborso finale non superiore a un anno dalla data di emissione.
Other short-term debt securities (altri titoli di debito a breve termine)
Titoli non subordinati diversi dalle azioni con scadenza fino a un anno emessi da operatori segnalanti, solitamente negoziabili e scambiati sui mercati secondari o suscettibili di essere compensati sul mercato, e che non conferiscono al titolare alcun diritto di proprietà sull'istituzione emittente. Tale voce comprende:
a)
titoli che conferiscono al titolare un diritto incondizionato a un reddito fisso o contrattualmente determinato sotto forma di pagamento di cedole e/o a una somma dichiarata predeterminata a una data prefissata o a scadenze prestabilite o a partire da una data definita al momento dell'emissione;
b)
strumenti non negoziabili emessi da operatori segnalanti divenuti successivamente negoziabili e riclassificati come «titoli di debito».
PARTE 2
TIPOLOGIA DI DATI
1.
Tipo di dati inerenti all'operazione (1) da segnalare per ciascuna operazione:
Descrizione dei dati
Definizione
Facoltà di segnalazione alternativa (se del caso) e qualificazioni aggiuntive
Transaction identifier (identificativo dell'operazione)
Identificativo unico interno dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ciascuna operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE e alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
L'ora in cui l'operazione è conclusa o registrata.
Counterparty code (codice della controparte)
Codice di identificazione utilizzato per identificare la controparte dell'operatore segnalante nell'operazione segnalata.
Ove le operazioni siano effettuate per mezzo di una controparte centrale di compensazione, deve essere fornito l'identificativo delle entità giuridiche (legal entity identifier, LEI) della controparte centrale.
Ove le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, deve essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte trasmesso.
Da utilizzare in ogni caso. Sarà fornito un codice individuale della controparte.
Counterparty location (localizzazione della controparte)
Codice paese dell'Organismo internazionale di normalizzazione (ISO) relativo al paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio ove non sia indicato il codice di controparte. Altrimenti opzionale.
Trade date (data di contrattazione)
Data nella quale le parti hanno concluso l'operazione finanziaria segnalata.
Settlement date (data di regolamento)
Data nella quale il contante è concesso in prestito dal prestatore al prestatario o nella quale è regolato l'acquisto di uno strumento di debito.
In caso di conti e di altri prestiti non garantiti assunti o concessi rimborsabili con preavviso, la data nella quale il deposito è rinnovato (ossia la data nella quale sarebbero stati rimborsati se l'opzione call non fosse stata esercitata o il prestito non fosse stato rinnovato).
Maturity date (data di scadenza)
Data nella quale il contante deve essere restituito dal prestatario al prestatore o nel quale lo strumento di debito viene a scadenza e deve essere rimborsato.
In caso di strumenti con opzione call deve essere indicata la data di scadenza finale. In caso di strumenti con opzione put deve essere indicata la prima data nella quale l'opzione put può essere esercitata. In caso di conti e di altri prestiti non garantiti assunti o concessi rimborsabili con preavviso, la prima data nella quale lo strumento può essere rimborsato.
First call/put date (prima data per l'opzione put o call)
Prima data nella quale può essere esercitata l'opzione put o call.
Da segnalare solo per strumenti con opzione put o call con una data per l'esercizio dell'opzione put o call.
Call/put notice period (preavviso per l'esercizio dell'opzione put o call)
Per strumenti con opzione put o call, il numero di giorni di calendario prima della data nella quale l'opzione può essere esercitata entro i quali il soggetto abilitato all'esercizio dell'opzione deve darne comunicazione al detentore o all'emittente dello strumento. Per depositi rimborsabili con preavviso, il numero di giorni di calendario prima della data nella quale il deposito può essere rimborsato entro i quali il titolare del deposito deve dare comunicazione al prestatario.
Da segnalare esclusivamente per strumenti con opzione put o call esercitabili con preavviso e per depositi rimborsabili con termine di preavviso prestabilito.
Call/put
Indicatore che identifica se lo strumento è munito di opzione put o call.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Il segno dell'operazione consente di stabilire se il denaro segnalato come importo nominale dell'operazione è assunto o concesso in prestito.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
L'importo di denaro assunto o concesso in prestito su depositi. In caso di titoli di debito, corrisponde all'importo nominale del titolo emesso o acquistato.
Transaction price (prezzo dell'operazione)
Prezzo al quale il titolo è emesso, ossia il rapporto in termini percentuali tra l'introito in denaro iniziale e il valore nominale.
Da segnalare come 100 per i depositi non garantiti.
Instrument type (tipo di strumento)
Da utilizzare per identificare lo strumento mediante il quale l'operazione di assunzione o concessione in prestito viene effettuata ad esempio mediante depositi non garantiti, strumenti di debito a tasso fisso a breve termine non garantiti, altri strumenti di debito a tasso variabile a breve termine non garantiti, carta commerciale garantite da attività ecc.
Type of rate (tipo di tasso)
Da utilizzare per indicare se lo strumento è a tasso fisso o variabile.
Deal rate (tasso dell'operazione)
Tasso di interesse espresso in conformità alla convenzione per i mercati monetari giorni effettivi/360 applicato al deposito e al quale l'importo in contante dato in prestito è remunerato. In caso di strumenti di debito, corrisponde al tasso di interesse reale effettivo (espresso in conformità alla convenzione per i mercati monetari giorni effettivi/360) al quale lo strumento è stato emesso o acquistato.
Da segnalare esclusivamente per gli strumenti a tasso fisso.
Reference rate (tasso di riferimento)
Tasso di interesse di riferimento sottostante sulla base del quale sono calcolati i pagamenti periodici di interessi.
Da segnalare esclusivamente per gli strumenti a tasso variabile.
Spread (scostamento)
Il numero di punti base aggiunti (se positivi) o sottratti (se negativi) al tasso di riferimento sottostante per calcolare il tasso di interesse effettivo applicabile per un certo periodo.
Da segnalare esclusivamente per gli strumenti a tasso variabile.
2. Materiality threshold (soglia di rilevanza)
Le operazioni con società non finanziarie dovrebbero essere segnalate solo ove effettuate con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
3. Exceptions (eccezioni)
Non dovrebbero essere segnalate operazioni infragruppo.
(1) Gli standard per la segnalazione elettronica e le specifiche tecniche per i dati sono indicati separatamente,. Questi sono disponibili sul sito Internet www.ecb.int.
ALLEGATO III
Schema di segnalazione per le statistiche sul mercato monetario relative a derivati
PARTE 1
TIPOLOGIA DEGLI STRUMENTI
Gli operatori segnalanti segnalano alla Banca centrale europea (BCE) ovvero alla banca centrale nazionale competente (BCN):
a)
tutte le operazioni di swap in valuta nelle quali sono acquistati o venduti euro a pronti in cambio di valuta estera e rivenduti o riacquistati a una data successiva ad un tasso di cambio a termine predeterminato, concluse tra l'operatore segnalante e altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), altri intermediari finanziari (AIF), imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento nonché con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
b)
operazioni di swap su indici overnight (overnight index swaps, OIS) denominati in euro concluse tra l'operatore segnalante e altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento nonché con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
PARTE 2
TIPOLOGIA DEI DATI
1.
Tipo di dati inerenti all'operazione (1) da segnalare per ciascuna operazione di swap in valuta:
Campo
Descrizione dei dati
Opzione alternativa di segnalazione (se esistente) e altre caratteristiche
Transaction identifier (identificativo dell'operazione)
Identificativo interno unico dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ogni operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE o alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
Momento nel quale un'operazione è conclusa o registrata.
Counterparty code (codice della controparte)
Codice di identificazione utilizzato per identificare la controparte dell'operatore segnalante nell'operazione segnalata.
Qualora le operazioni siano eseguite attraverso una controparte centrale di compensazione (central clearing counterparty, CCP), dovrà essere indicato l'identificativo delle entità giuridiche (Legal Entity Identifier, LEI) della CCP.
Ove le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, deve essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte che viene trasmesso
Da utilizzare in ogni caso. Sarà indicato un codice di controparte univoco.
Counterparty location (ubicazione della controparte)
Codice paese dell'Organismo internazionale di normalizzazione (ISO) relativo al paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio ove non sia indicato il codice individuale della controparte. Altrimenti opzionale.
Trade date (data di contrattazione)
La data nella quale le parti hanno concluso l'operazione finanziaria segnalata.
Spot value date (data valuta a pronti)
La data nella quale una parte vende all'altra un certo ammontare di una determinata valuta verso il pagamento di un importo convenuto di una specifica valuta diversa dalla prima sulla base di un tasso di cambio convenuto noto come tasso di cambio a pronti.
Maturity date (data di scadenza)
Data nella quale l'operazione di swap in valuta viene a scadenza e la valuta venduta alla data valuta a pronti è riaquistata.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Da utilizzare per specificare se l'importo in euro segnalato alla voce «importo nominale dell'operazione» è acquistato o venduto alla data valuta a pronti.
Il campo dovrebbe riferirsi al c.d. euro a pronti ossia alla circostanza se gli euro siano acquistati o venduti alla data valuta a pronti.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
L'ammontare di euro acquistati o venduti alla data valuta a pronti.
Foreign currency code (codice della valuta estera)
Codice internazionale ISO a tre cifre della valuta acquistata o venduta in cambio di euro.
Foreign exchange spot rate (tasso di cambio a pronti)
Tasso di cambio tra l'euro e la valuta estera applicabile alla gamba a pronti dell'operazione di swap in valuta.
Foreign exchange forward points (punti a termine in valuta)
La differenza tra il tasso di cambio a pronti e il tasso di cambio a terrmine espresso in punti base indicato in conformità alle convenzioni di mercato per la coppia valutaria.
Beneficiary in case of transactions conducted via CCPs (beneficiario in caso di operazioni effettuate tramite controparti centrali).
2.
Tipo di dati inerenti all'operazione relativi a operazioni di swap su indici overnight (overnight index swaps, OIS) da segnalare per ciascuna operazione:
Campo
Descrizione dei dati
Opzione alternativa di segnalazione (se esistente) e altre caratteristiche
Transaction identifier (identificativo dell'operazione
Identificativo interno univoco dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ogni operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE o alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
Momento nel quale un'operazione è conclusa o registrata.
Annotazione facoltativa.
Counterparty code (codice della controparte)
Un codice identificativo usato per individuare la controparte dell'operatore segnalante per l'operazione segnalata.
Ove le operazioni siano effettuate mediante una controparte centrale di compensazione (CCP) deve essere fornito il LEI della CCP.
Nel caso in cui le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, dovrà essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte che viene trasmesso
Da utilizzare in ogni caso. Sarà fornito un codice individuale della controparte.
Counterparty location (localizzazione della controparte)
Codice ISO relativo al paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio se non è indicato il codice individuale della controparte. Altrimenti facoltativo.
Trade date (data di contrattazione)
Data in cui le parti hanno concluso l'operazione finanziaria.
Start date (data iniziale)
Data alla quale è calcolato il tasso di interesse overnight del tasso di interesse variabile periodico.
Maturity date (data di scadenza)
L'ultima data del periodo sul quale è calcolato il tasso di interesse overnight composto.
Fixed interest rate (tasso di interesse fisso)
Tasso fisso utilizzato per il calcolo del rendimento degli OIS.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Segno indicante se il tasso di interesse fisso è pagato o ricevuto dall'operatore segnalante.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
L'importo nominale della protezione del credito.
3. Materiality threshold (soglia di rilevanza)
Le operazioni con società non finanziarie dovrebbero essere segnalate solo ove effettuate con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
4. Exceptions (eccezioni)
Non dovrebbero essere segnalate operazioni infragruppo.
(1) Gli standard per la segnalazione elettronica e le specifiche tecniche per i dati sono indicati separatamente. Sono disponibili all'indirizzo www.ecb.int
ALLEGATO IV
Requisiti minimi che devono essere rispettati dagli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione
Al fine di ottemperare agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea (BCE), i soggetti segnalanti devono soddisfare i seguenti requisiti minimi per la qualità dei dati.
1.
Requisiti minimi per la trasmissione:
i)
le segnalazioni alle banche centrali nazionali (BCN) devono essere tempestive e avvenire nei termini fissati dalla BCE e dalla BCN competente;
ii)
le segnalazioni statistiche devono essere conformi, sotto il profilo delle specifiche e del formato, ai requisiti tecnici definiti dalla BCE e dalla BCN competente;
iii)
l'operarore segnalante deve fornire i dettagli di una o più persone che fungono da referenti alla BCE e alla BCN competente;
iv)
devono essere rispettate le specifiche tecniche per la trasmissione dei dati alla BCE e alla BCN competente.
2.
Requisiti minimi per l'accuratezza:
i)
le informazioni statistiche devono essere corrette;
ii)
i soggetti segnalanti devono essere in grado di fornire informazioni sugli sviluppi impliciti nei dati trasmessi;
iii)
le informazioni statistiche devono essere complete e non devono contenere lacune continue e strutturali; eventuali lacune devono essere evidenziate, spiegate alla BCE e alla BCN competente e, se possibile, colmate al più presto;
iv)
i soggetti segnalanti devono attenersi alle dimensioni, alla politica di arrotondamento e ai decimali fissati dalla BCE e dalla BCN competente per la trasmissione tecnica dei dati.
3.
Requisiti minimi per la conformità concettuale:
i)
le informazioni statistiche devono essere conformi alle definizioni e alle classificazioni previste nel presente regolamento;
ii)
all'occorrenza, in caso di deviazione da tali definizioni e classificazioni, i soggetti segnalanti devono controllare e quantificare la differenza tra i criteri utilizzati e i criteri previsti dal presente regolamento a intervalli regolari;
iii)
i soggetti segnalanti devono essere in grado di spiegare le discontinuità tra i dati trasmessi e quelli relativi ai periodi precedenti.
4.
Requisiti minimi per le revisioni:
La politica e le procedure di revisione fissate dalla BCE e dalla BCN competente devono essere rispettate. Le revisioni che non rientrano tra quelle ordinarie devono essere accompagnate da una nota esplicativa.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 1333/2014 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 26 novembre 2014
relativo alle statistiche sui mercati monetari
(BCE/2014/48)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto lo Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare l'articolo 5,
visto il regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sulla raccolta di informazioni statistiche da parte della Banca centrale europea (1) e in particolare l'articolo 5, paragrafo 1, e l'articolo 6, paragrafo 4,
visto il parere della Commissione europea (2),
Considerando quanto segue:
(1)
Per l'assolvimento dei suoi compiti il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) richiede l'elaborazione di statistiche sulle operazioni di mercato monetario, in particolare sulle operazioni di mercato monetario garantite, non garantite e relative a determinati strumenti derivati, come ulteriormente precisato dal presente regolamento, concluse da istituzioni finanziarie monetarie (IFM), ad esclusione delle banche centrali e dei fondi comuni monetari (FCM), con altre IFM e tra IFM e altre istituzioni finanziarie, amministrazioni pubbliche o società non finanziarie, fatta eccezione per le operazioni infragruppo.
(2)
Il principale obiettivo dell'elaborazione di tali statistiche è quello di dotare la Banca centrale europea (BCE) di statistiche esaustive, dettagliate e armonizzate relative ai mercati monetari nell'area dell'euro. I dati ricavati dalle operazioni raccolte in relazione ai predetti segmenti di mercato forniscono informazioni sul meccanismo di trasmissione delle decisioni di politica monetaria. Esse costituiscono pertanto una serie di statistiche necessarie a fini di politica monetaria.
(3)
La raccolta di dati statistici è altresì necessaria per permettere alla BCE di fornire un supporto analitico e statistico al meccanismo di vigilanza unico (MVU) in conformità al regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio (3). In questo contesto, la raccolta di dati statistici è altresì necessaria per sostenere la BCE nell'esercizio dei suoi compiti in materia di stabilità finanziaria.
(4)
Le banche centrali nazionali (BCN) dovrebbero informare la BCE ove decidano di non raccogliere i dati richiesti ai sensi del presente regolamento, nel qual caso la BCE assume il compito di raccogliere i dati direttamente dagli operatori segnalanti.
(5)
La BCE è tenuta, in virtù dei trattati e alle condizioni stabilite nello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «Statuto del SEBC»), ad adottare regolamenti nei limiti necessari ad espletare i compiti del SEBC come definiti nello Statuto del SEBC e, in taluni casi, come previsto nelle disposizioni adottate dal Consiglio a norma dell'articolo 129, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
(6)
Per ridurre al minimo l'onere di segnalazione posto a carico delle IFM e garantire allo stesso tempo la disponibilità di statistiche di alta qualità, la BCE inizialmente richiederà la segnalazione dei dati alle IFM più grandi dell'area dell'euro, individuate sulla base del totale delle principali attività di bilancio in rapporto al totale delle principali attività di bilancio per tutte le IFM dell'area dell'euro. Dal [1o gennaio 2017] il Consiglio direttivo della BCE può ampliare il numero delle IFM segnalanti anche tenendo in considerazioni altri criteri, come la significatività dell'operatività dell'IFM sui mercati monetari e la sua rilevanza per la stabilità e il funzionamento del sistema finanziario. Per garantire un livello minimo di rappresentatività geografica la BCE assicura che vi siano almeno tre IFM segnalanti per ciascuno Stato membro la cui moneta è l'euro (di seguito, lo «Stato membro dell'area dell'euro») Le BCN possono altresì raccogliere dati da IFM che non facciano parte degli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione sulla base degli obblighi che fanno loro carico in materia statistica a livello nazionale, nel qual caso tali dati sono segnalati e verificati ai sensi del presente regolamento.
(7)
Per ridurre ulteriormente l'onere di segnalazione a carico delle IFM, evitando di sottoporle ad una duplicazione di obblighi segnaletici assicurando nel contempo la disponibilità di dati statistici tempestivi e di elevata qualità, la BCE dovrebbe avere la possibilità di esonerarle dalla segnalazione dei dati relativi a operazioni di finanziamento tramite titoli o contratti derivati se tali dati sono già stati segnalati a un repertorio di dati sulle negoziazioni, a condizione che la BCE abbia effettivo accesso a informazioni tempestive e standardizzate in conformità agli obblighi specificati nel presente regolamento.
(8)
L'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2533/98 del Consiglio stabilisce che la BCE possa adottare regolamenti relativi alla definizione e imposizione di obblighi di segnalazione statistica in capo agli operatori negli Stati membri dell'area dell'euro che vi sono effettivamente soggetti. L'articolo 6, paragrafo 4, dispone che la BCE possa adottare regolamenti volti a definire le condizioni nel rispetto delle quali possono essere esercitati i diritti di verifica o di raccolta obbligatoria delle informazioni statistiche.
(9)
L'articolo 4 del regolamento (CE) n. 2533/98 dispone che gli Stati membri organizzino i propri compiti nel settore statistico e cooperino pienamente con il SEBC al fine di garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'articolo 5 dello Statuto del SEBC.
(10)
Nella misura in cui i dati raccolti ai sensi del presente regolamento contengono informazioni statistiche riservate, le norme applicabili per la protezione e l'uso di tali informazioni sono quelle dettate dagli articolo 8 e 8-quater del regolamento (CE) n. 2533/98.
(11)
L'articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2533/98 prevede che la BCE abbia il potere di irrogare sanzioni in capo agli operatori segnalanti che non adempiano ai rispettivi obblighi di segnalazione imposti da regolamenti o decisioni della BCE,
(12)
Sebbene si riconosca che i regolamenti adottati dalla BCE conformemente all'articolo 34.1 dello Statuto del SEBC non conferiscono alcun diritto e non impongono alcun obbligo in capo agli Stati membri la cui moneta non è l'euro (di seguito «Stati membri non appartenenti all'area dell'euro»), l'articolo 5 si applica sia agli Stati membri dell'area dell'euro sia a quelli non appartenenti all'area dell'euro. Il regolamento (CE) n. 2533/98 fa riferimento al fatto che l'articolo 5 dello Statuto del SEBC, unitamente all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, implica un obbligo di predisporre ed attuare, a livello nazionale, tutte le misure che gli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro reputano idonee al fine di provvedere alla raccolta delle informazioni statistiche necessarie a soddisfare gli obblighi di segnalazione statistica previsti dalla BCE e ad approntare tempestivamente, in campo statistico, i preparativi necessari a divenire Stati membri dell'area dell'euro.
(13)
Gli obblighi di segnalazione di cui al presente regolamento fanno salvi gli obblighi di segnalazione stabiliti in altri atti e strumenti giuridici della BCE, che possono, almeno parzialmente, riguardare anche segnalazioni operazione per operazione o segnalazioni aggregate di informazioni statistiche sui mercati monetari,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento:
1)
per «operatore segnalante» si intende un soggetto dichiarante ai sensi dell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 2533/98, mentre «residente» ha il medesimo significato di cui alla predetta disposizione;
2)
«istituzione finanziaria monetaria» (IFM) ha il significato di cui all'articolo 1 del regolamento (UE) n. 1071/2013 della Banca centrale europea (BCE/2013/33) (4) e comprende tutte le succursali di IFM ubicate nell'Unione e nell'EFTA, salva contraria espressa disposizione del presente regolamento;
3)
per «AIF» si intendono altri intermediari finanziari diversi dalle imprese di assicurazione e dai fondi pensione come previsto nel Sistema europeo dei conti già oggetto di revisione (di seguito, il «SEC 2010») disciplinato dal regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
4)
per «imprese di assicurazione» si intendono tutte le società e quasi-società finanziarie che svolgono come attività principale la funzione di intermediazione finanziaria, principalmente nella forma di assicurazione diretta o di riassicurazione, in conseguenza del pooling dei rischi come previsto nel SEC 2010;
5)
per «fondi pensione» si intendono tutte le società e quasi-società finanziarie che svolgono come attività principale la funzione di intermediazione finanziaria in conseguenza del pooling dei rischi e dei bisogni degli assicurati (assicurazione sociale) come previsto nel SEC 2010;
6)
per «società non finanziarie» si intende il settore delle società non finanziarie come previsto nel SEC 2010;
7)
per «amministrazioni pubbliche» si intendono unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, la cui produzione è destinata a consumi collettivi e individuali e che sono finanziati da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori, nonché dalle unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese come previsto nel SEC 2010;
8)
per «totale delle principali attività di bilancio» si intende il totale delle attività meno le altre attività nell'accezione di cui al regolamento (UE) n. 1071/2013 (BCE/2013/33);
9)
per «statistiche sul mercato monetario» si intendono le statistiche su operazioni garantite, non garantite e su strumenti derivati, relative a strumenti del mercato monetario concluse tra IFM e tra IFM e AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, banche centrali, amministrazioni pubbliche e società non finanziarie, ad esclusione delle operazioni infragruppo nel periodo di segnalazione di interesse;
10)
per «strumento del mercato monetario» si intende uno degli strumenti elencati negli allegati I, II e III;
11)
per «fondo comune monetario» si intende un organismo d'investimento collettivo soggetto ad autorizzazione in qualità di organismo d'investimento collettivo in valori mobiliari ai sensi della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) o costituisce un fondo di investimento alternativo ai sensi della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), investe in attività di breve termine e presenta come obiettivi distinti o cumulativi l'offerta di rendimenti in linea con i tassi del mercato monetario o il mantenimento del valore di un investimento;
12)
per «banca centrale» si intende una banca centrale a prescindere dalla sua sede;
13)
per «banca/banche centrale/i nazionale/i» o «BCN» si intendono le banche centrali nazionali degli Stati membri dell'Unione;
14)
per «operatori soggetti ad obblighi di segnalazione» si intendono le IFM residenti nell'area dell'euro, ad esclusione delle banche centrali e dei FCM, che ricevono depositi denominati in euro e/o emettono altri strumenti di debito e/o concedono prestiti denominati in euro di cui agli allegati I, II e III da altre IFM e/o da AIF, da imprese di assicurazione, da fondi pensione, da amministrazioni pubbliche, da banche centrali a fini di investimento o da società non finanziarie, ovvero in favore di tali soggetti.
15)
per «gruppo» si intende un gruppo di imprese, inclusi ma non solo i gruppi bancari, composto da un'impresa madre e dalle sue filiazioni i cui bilanci sono consolidati ai fini della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);
16)
per «succursale» si intende una sede di attività che costituisce una parte priva di personalità giuridica di un ente e che effettua direttamente, in tutto o in parte, le operazioni inerenti all'attività dell'ente;
17)
per «succursale dell'Unione e dell'EFTA» si intende una succursale situata e registrata in uno Stato membro dell'Unione o in un paese dell'EFTA;
18)
per «European Free Trade Association» (EFTA) si intende l'organizzazione intergovernativa istituita per promuovere il libero scambio e l'integrazione economica a vantaggio degli Stati membri che ne fanno parte;
19)
per «operazione infragruppo» si intende un'operazione in strumenti di mercato monetario tra un operatore segnalante con un'altra impresa integralmente inclusa nello stesso bilancio consolidato. Le imprese che partecipano all'operazione sono considerate integralmente incluse nello «stesso consolidamento» quando:
a)
sono incluse in un consolidamento ai sensi della direttiva 2013/34/UE ovvero degli International Financial Reporting Standards (IFRS) adottati ai sensi del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (9) ovvero, in relazione a un gruppo la cui impresa madre ha la propria sede centrale in un paese terzo, ai sensi dei Generally Accepted Accounting Principles di tale paese terzo, considerati equivalenti agli IFRS ai sensi del regolamento (CE) n. 1569/2007 della Commissione (10) (ovvero dei principi contabili di un paese terzo il cui utilizzo è consentito ai sensi dell'articolo 4 del citato regolamento); ovvero
b)
sono coperte dalla stessa vigilanza consolidata ai sensi della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (11) ovvero, in relazione a un gruppo la cui impresa madre ha la propria sede centrale in un paese terzo, dalla stessa vigilanza consolidata esercitata dall'autorità competente di un paese terzo ritenuta equivalente a quella regolata dai principi dettati dall'articolo 127 della direttiva 2013/36/UE;
20)
per «giorno lavorativo», in relazione a una data specificata in un accordo o in una conferma di un'operazione in uno strumento del mercato monetario, si intende il giorno nel quale le banche commerciali e i mercati in valuta estera esercitano la normale attività (anche trattando lo strumento del mercato monetario in questione) e regolano i pagamenti nella stessa valuta dell'obbligazione di pagamento esigibile o calcolata in riferimento a tale data. In caso di un'operazione in uno strumento del mercato monetario regolata da un contratto quadro standard della Federazione bancaria europea (FBE), dalla Loan Market Association (LMA), dalla International Swaps and Derivatives Association, Inc. (ISDA) o di altre importanti associazioni di mercato europee o internazionali, si utilizza la definizione ivi enunciata o incorporata tramite rinvio. In relazione al regolamento di qualsivoglia operazione in uno strumento del mercato monetario che debba essere regolata mediante un determinato sistema di regolamento, si intende un giorno nel quale quel sistema di regolamento è in funzione per il regolamento di tale operazione;
21)
per «giorno di regolamento TARGET2» si intende un giorno nel quale il sistema Trasferimento espresso transeuropeo automatizzato di regolamento lordo in tempo reale (TARGET2) è in funzione;
22)
per «operazione di pronti contro termine» si intende l'accordo in forza del quale le parti effettuano operazioni nelle quali una parte (il «venditore») acconsente di vendere all'altra (il «compratore») determinate attività («titoli», «merce» o «altre attività finanziarie») ad una data prossima verso il pagamento di un prezzo di acquisto da parte del compratore in favore del venditore con il contestuale impegno da parte del compratore di rivendere al venditore le attività ad una certa data o su richiesta verso il pagamento del prezzo di riacquisto da parte del venditore in favore del compratore. Tutte le operazioni di questo tipo possono costituire una vendita con patto di riacquisto o una operazione di acquisto con patto di rivendita. Per «operazione di pronti contro termine» può anche intendersi un accordo con il quale determinate attività sono costituite in pegno ed è conferito un diritto generale al loro riutilizzo in cambio di un prestito in denaro ad una data prossima con rimborso del prestito concesso e degli interessi maturati ad una data non prossima verso la restituzione delle attività. Le operazioni di vendita con patto di riacquisto possono essere effettuate con scadenza ad una data prestabilita («operazioni di pronti contro termine a termine fisso») o senza una scadenza predeterminata con facoltà per entrambe le parti di rinnovare o risolvere il contratto ogni giorno («operazioni di pronti contro termine aperti»);
23)
per «operazione di pronti contro termine triparty» si intende un'operazione di pronti contro termine nel quale un terzo è responsabile dell'individuazione e della gestione delle garanzie finché l'operazione è in corso;
24)
per «operazione di swap in valuta» si intende un'operazione di swap nella quale un parte vende all'altra un certo ammontare di una determinata valuta verso il pagamento di un certo ammontare di una determinata valuta diversa dalla prima sulla base di un tasso di cambio convenuto (noto come tasso di cambio a pronti) con l'impegno a riacquistare la valuta venduta ad una data futura (nota come data di scadenza) verso la vendita della valuta inizialmente acquistata a un diverso tasso di cambio (noto come tasso di cambio a termine);
25)
per «swap su indici overnight» (overnight index swap, OIS) si intende uno swap sui tassi di interesse in cui il tasso di interesse periodico variabile è uguale alla media geometrica di un tasso di interesse overnight (o di un indice overnight) per un periodo prefissato. Il pagamento finale è calcolato come la differenza tra il tasso di interesse fisso e quello overnight composto rilevato per la durata dell'OIS applicato all'importo nominale dell'operazione. Poiché tale regolamento si concentra esclusivamente su OIS denominati in euro, il tasso di interesse overnight sarà l'EONIA;
26)
per «quadro LCR Basilea III» si intende il coefficiente di copertura della liquidità (Liquidity Coverage Ratio, LCR) proposto dal comitato di Basilea e approvato il 7 gennaio 2013 dal gruppo dei governatori delle banche centrali e dei capi delle autorità di vigilanza, l'organo di supervisione del comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, come standard minimo di regolamentazione internazionale per misure di liquidità a breve termine nel settore bancario.
Articolo 2
Operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione
1. Gli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione sono costituiti da IFM residenti nell'area dell'euro individuate tra gli operatori soggetti agli obblighi di segnalazione dal Consiglio direttivo come operatori segnalanti ai sensi dei paragrafi 2 o 3, secondo il caso, o IFM identificate come operatori segnalanti ai sensi del paragrafo 4, sulla base dei criteri ivi enunciati, e ai quali è stata data comunicazione degli obblighi di segnalazione ai sensi del paragrafo 5 (di seguito, gli «operatori segnalanti»).
2. All'entrata in vigore del presente regolamento, il Consiglio direttivo può decidere che un'IFM è un agente segnalante se il totale delle principali attività di bilancio dell'IFM supera lo 0,35 per cento del totale delle principali attività di bilancio di tutte le IFM dell'area dell'euro sulla base dei dati più recenti a disposizione della BCE, ossia:
a)
i dati riferiti alla fine di dicembre dell'anno civile precedente la notifica di cui al paragrafo 5; ovvero
b)
se i dati di cui al punto a) non sono disponibili, i dati riferiti alla fine di dicembre dell'anno precedente.
Ai fini di tale decisione sono escluse dal calcolo del totale delle principali attività di bilancio della rispettiva IFM le succursali ubicate al di fuori del paese ospitante l'IFM.
3. Dal 1o gennaio 2017 il Consiglio direttivo può decidere di classificare ogni altra IFM come operatore segnalante sulla base della dimensione delle sue principali attività di bilancio in rapporto al totale delle principali attività di bilancio di tutte le IFM dell'area dell'euro, della significatività dell'operatività dell'IFM nella negoziazione di strumenti del mercato monetario e della sua rilevanza per la stabilità e il funzionamento del sistema finanziario nell'area dell'euro e/o in singoli Stati membri.
4. Dal 1o gennaio 2017 il Consiglio direttivo può altresì decidere che, per ciascuno Stato membro dell'area dell'euro, almeno tre IFM siano individuate come operatori segnalanti. Di conseguenza, se sulla base delle decisioni del Consiglio direttivo adottate ai sensi dei paragrafi 2 e 3, in un determinato Stato membro dell'area dell'euro siano selezionate meno di tre IFM, tra gli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione saranno altresì comprese altre IFM di quello Stato membro dell'area dell'euro ritenute rappresentative dalla BCN competente (di seguito, gli «operatori segnalanti rappresentativi»), in modo che per quello Stato membro dell'area dell'euro siano individuati almeno tre operatori segnalanti.
Gli operatori segnalanti rappresentativi sono selezionati tra gli enti creditizi di maggiori dimensioni residenti nello Stato membro dell'aera dell'euro interessato, sulla base del totale delle principali attività di bilancio degli enti, a meno che criteri alternativi siano stati suggeriti dalle BCN e approvati per iscritto dalla BCE.
5. La BCE o la BCN competente comunicano alle IFM interessate eventuali decisioni assunte dal Consiglio direttivo ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4 e gli obblighi che fanno loro carico ai sensi del presente regolamento. La comunicazione è inviata in forma scritta almeno quattro mesi prima della prima segnalazione.
6. Nonostante eventuali decisioni assunte dal Consiglio direttivo ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4, le BCN possono altresì raccogliere statistiche sul mercato monetario da IFM residenti nel proprio Stato membro che non siano operatori segnalanti ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4, sulla base degli obblighi di segnalazione statistica nazionali (di seguito, gli «operatori segnalanti aggiuntivi»). Ove una BCN individui in tal modo operatori segnalanti aggiuntivi ne dà loro immediata comunicazione.
Articolo 3
Obblighi di segnalazione statistica
1. Ai fini dell'elaborazione periodica di statistiche sul mercato monetario, gli operatori segnalanti effettuano le segnalazioni alla BCN dello Stato membro in cui risiedono su base consolidata fornendo, anche per tutte le loro succursali dell'Unione o dell'EFTA, informazioni statistiche giornaliere relative agli strumenti di mercato monetario. Le informazioni statistiche richieste sono specificate negli allegati I, II e III. La BCN trasmette le informazioni statistiche ricevute dagli operatori segnalanti alla BCE in conformità all'articolo 4, paragrafo 2, del presente regolamento.
2. Le BCN definiscono e attuano le modalità di segnalazione cui devono attenersi gli operatori segnalanti in relazione agli strumenti del mercato monetario. Tali modalità assicurano la fornitura delle informazioni statistiche richieste e consentono un'accurata verifica sul rispetto dei requisiti minimi di trasmissione, accuratezza, conformità a concetti e revisioni di cui all'allegato IV.
3. Nonostante l'obbligo di segnalazione previsto al paragrafo 1, una BCN può decidere che gli operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 2, 3 e 4 residenti nello Stato membro della BCN segnalino le informazioni statistiche specificate negli allegati I, II e III alla BCE. La BCN informa al riguardo la BCE e gli operatori segnalanti, dopo di che la BCE definisce e attua le modalità di segnalazione cui devono attenersi gli operatori segnalanti e assume il compito di raccogliere i dati richiesti direttamente dagli operatori segnalanti.
4. Se una BCN ha selezionato operatori segnalanti aggiuntivi e dato loro la comunicazione di cui all'articolo 2, paragrafo 6, questi segnalano con cadenza quotidiana alla BCN informazioni statistiche relative agli strumenti del mercato monetario. La BCN trasmette le informazioni statistiche ricevute dagli operatori segnalanti aggiuntivi alla BCE su richiesta di quest'ultima in conformità all'articolo 4, paragrafo 2, del presente regolamento.
5. Le BCN definiscono e attuano le modalità di segnalazione cui devono attenersi gli operatori segnalanti aggiuntivi, in conformità agli obblighi nazionali di segnalazione statistica. Le BCN assicurano che le modalità di segnalazione stabilite a livello nazionale impongano agli operatori segnalanti aggiuntivi il rispetto di obblighi equivalenti a quelli imposti dagli articoli da 6 a 8, 10, paragrafo 3, 11 e 12 del presente regolamento. Le BCN assicurano che tali modalità consentano l'acquisizione delle informazioni statistiche richieste e permettano un'accurata verifica sul rispetto dei requisiti minimi di trasmissione, accuratezza, conformità a concetti e revisioni di cui all'allegato IV.
Articolo 4
Tempestività
1. Ove una BCN decida, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, che gli operatori segnalanti segnalino le informazioni statistiche indicate agli allegati I, II e III direttamente alla BCE, gli operatori segnalanti trasmettono tali informazioni alla BCE nel modo di seguito indicato.
a)
I dati raccolti dagli operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno tra le ore 18:00 del giorno di contrattazione e le ore 7:00 orario dell'Europa centrale (Central European Time, CET) del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
b)
I dati raccolti dagli operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 e 4, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno tra le ore 18:00 CET del giorno di contrattazione e le ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
c)
I dati rispetto ai quali la BCN gode di una deroga ai sensi dell'articolo 5 sono trasmessi alla BCE una volta alla settimana tra le ore 18:00 del giorno di contrattazione e le ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti.
2. In ogni caso diverso da quello di cui al paragrafo 1, le BCN trasmettono alla BCE le informazioni statistiche giornaliere sul mercato monetario indicate negli allegati I, II e III ricevute dagli operatori segnalanti nel modo di seguito indicato.
a)
I dati raccolti da operatori segnalanti individuati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno prima delle ore 7:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
b)
I dati raccolti da operatori segnalanti individuati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 e 4, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo al giorno di contrattazione.
c)
I dati raccolti da operatori segnalanti aggiuntivi individuati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, sono trasmessi alla BCE una volta al giorno prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla data di contrattazione, una volta alla settimana prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti, ovvero una volta al mese prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 dopo la fine del mese al quale i dati sono riferiti. Le BCN determinano la frequenza di segnalazione e ne informano prontamente la BCE. Le BCN possono riesaminare annualmente la frequenza di segnalazione.
d)
I dati rispetto ai quali la BCN gode di una deroga ai sensi dell'articolo 5 sono trasmessi alla BCE una volta alla settimana prima delle ore 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti.
3. Le BCN stabiliscono i termini entro i quali devono ricevere i dati dagli operatori segnalanti al fine di rispettare le proprie scadenze segnaletiche, come specificate nel paragrafo 2, e li comunicano agli operatori segnalanti.
4. Qualora una scadenza di cui ai paragrafi 1 o 2 cada in un giorno di chiusura di TARGET2, essa è prorogata al successivo giorno di operatività di TARGET2, come indicato sul sito Internet della BCE.
Articolo 5
Deroga
Ove siano stati individuati operatori segnalanti ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 o 4, una BCN può decidere che gli operatori segnalanti possano trasmetterle statistiche giornaliere sul mercato monetario una volta alla settimana prima delle 13:00 CET del primo giorno di regolamento TARGET2 successivo alla fine della settimana alla quale i dati sono riferiti se, per ragioni operative, essi non sono in grado di adempiere all'obbligo di segnalazione quotidiana. La BCE può dettare condizioni per l'applicazione della deroga da parte delle BCN.
Articolo 6
Fusioni, scissioni, riorganizzazioni e insolvenze
1. In caso di operazioni di fusione, scissione, scorporo o di qualunque altro tipo di riorganizzazione che possa incidere sull'adempimento degli obblighi statistici, l'operatore segnalante interessato, una volta che l'intenzione di realizzare tale operazione sia divenuta di pubblico dominio e in ragionevole anticipo rispetto a quando l'operazione inizierà a produrre effetti, informa la BCE e la BCN competente delle procedure previste per rispettare gli obblighi di segnalazione statistica di cui al presente regolamento. Inoltre, l'operatore segnalante dà comunicazione dell'operazione alla BCE e alla BCN interessata entro 14 giorni dal suo perfezionamento.
2. Se un'operatore segnalante si fonde con un altro soggetto mediante incorporazione ai sensi della direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12) ed uno dei soggetti partecipanti alla fusione era un operatore segnalante, il soggetto originato dalla fusione continua ad effettuare le segnalazioni ai sensi del presente regolamento.
3. Se un operatore segnalante si fonde con un altro soggetto mediante la costituzione di una società nuova ai sensi della direttiva 2011/35/UE e uno dei soggetti che partecipano alla fusione era un operatore segnalante, il soggetto risultante dalla fusione continua a effettuare le segnalazioni se rientra nella definizione di operatore segnalante.
4. Se un operatore segnalante si scinde in due o più soggetti mediante incorporazione o costituzione di nuove società ai sensi della Sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio (13) e uno dei nuovi soggetti è un operatore segnalante, le segnalazioni sono effettuate dal nuovo soggetto ai sensi del presente regolamento. La scissione comprende altresì operazioni di scorporo per effetto delle quali un operatore segnalante trasferisce tutte le proprie attività o parte di esse a una nuova società in cambio di azioni della nuova società.
5. Se un operatore segnalante diviene insolvente, perde la propria licenza bancaria o cessa altrimenti di esercitare l'attività bancaria, come confermato dall'autorità di vigilanza competente, esso cessa di essere soggetto a obblighi di segnalazione ai sensi del presente regolamento.
6. Ai fini del paragrafo 5, un operatore segnalante è considerato insolvente se ricorre una o più delle seguenti ipotesi:
a)
l'operatore segnalante effettua una cessione generale a beneficio dei creditori o al fine di addivenire a una riorganizzazione, a un concordato preventivo o a un concordato fallimentare con i creditori;
b)
l'operatore segnalante riconosce per iscritto la propria incapacità di pagare i propri debiti alla scadenza;
c)
l'operatore segnalante richiede, acconsente o presta acquiescenza alla nomina di un fiduciario, amministratore, curatore fallimentare, liquidatore o analogo ufficiale anche limitatamente all'intera sua proprietà o a una parte significativa di essa;
d)
è presentata o depositata dinanzi ad un'autorità giurisdizionale o presso altro organo o autorità competente un'istanza per l'apertura di una procedura concorsuale nei confronti dell'operatore segnalante, escluse quelle presentate da una controparte in relazione a obbligazioni dell'operatore segnalante nei suoi confronti;
e)
l'operatore segnalante è posto in liquidazione o diviene insolvente ovvero è ammesso a procedure analoghe ovvero questi o un ente pubblico o altro soggetto o persona presenta istanza per la sua riorganizzazione, ammissione al concordato preventivo o fallimentare, ristrutturazione, amministrazione, liquidazione o scioglimento o analogo rimedio ai sensi di qualsivoglia disposizione legale o regolamentare presente o futura, ove tale istanza non sia sospesa o respinta entro trenta giorni dalla sua presentazione, eccezion fatta per il caso di istanza di liquidazione o altra procedura analoga, rispetto alle quali il termine di trenta giorni non si applica;
f)
è nominato un fiduciario, un amministratore, un curatore fallimentare, un liquidatore o un altro analogo ufficiale per l'operatore segnalante o limitatamente all'intera sua proprietà o a una parte significativa di essa; ovvero
g)
è convocata una riunione dei creditori al fine di valutare l'ammissione a una procedura di concordato (o ad altra procedura analoga).
Articolo 7
Disposizioni in materia di riservatezza
1. La BCE e le BCN, quando ricevono e trattano ai sensi del presente regolamento dati contenenti informazioni riservate, ovvero li condividono con altre BCN dell'area dell'euro, applicano le norme per la protezione e l'utilizzo di informazioni statistiche riservate stabilite negli articoli 8 e 8 quater del regolamento (CE) n. 2533/98.
2. Fatto salvo quanto previsto al paragrafo 1, informazioni riservate contenute in dati statistici raccolti dalla BCE o da una BCN ai sensi del presente regolamento non sono trasmessi ad autorità o terzi diversi dalla BCE e dalle BCN dell'area dell'euro né con questi condivisi, a meno che l'operatore segnalante interessato abbia comunicato per iscritto alla BCE o alla BCN interessata il proprio previo consenso e la BCE o la BCN interessata, secondo il caso, abbia sottoscritto un idoneo accordo di riservatezza con tale operatore segnalante.
Articolo 8
Verifica e raccolta obbligatoria
Alla BCE e alle BCN, secondo il caso, è conferito il diritto di verifica e, se necessario, di raccolta obbligatoria delle informazioni che i soggetti segnalanti devono fornire in conformità agli obblighi di segnalazione statistica stabiliti all'articolo 3 e degli allegati I, II e II del presente regolamento. In particolare, le BCN esercitano tale diritto quando un operatore segnalante non soddisfa i requisiti minimi per la trasmissione, l'accuratezza, la conformità ai concetti e alle revisioni di cui all'allegato IV. Si applica altresì l'articolo 6 del regolamento (CE) n. 2533/98.
Articolo 9
Procedura semplificata di modifica
Tenuto conto del parere del Comitato per le statistiche del SEBC, il Comitato esecutivo della BCE ha la facoltà di apportare modifiche di natura tecnica agli allegati del presente indirizzo, purché la portata di tali modifiche non sia tale da alterarne il quadro di riferimento concettuale sottostante né da incidere sugli oneri di segnalazione degli operatori segnalanti. Il Comitato esecutivo informa senza indugio il Consiglio direttivo di tali modifiche.
Articolo 10
Prima segnalazione
1. Nel caso di operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, la prima segnalazione ai sensi del presente regolamento, fatte salve le disposizioni transitorie di cui all'articolo 12, ha inizio con i dati dal 1o aprile 2016.
2. In caso di operatori segnalanti selezionati ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 e 4, la prima segnalazione ai sensi del presente regolamento ha inizio alla data comunicata all'operatore segnalante dalla BCE o dalla BCN interessata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 5, e in ogni caso non prima di 12 mesi dall'adozione della decisione del Consiglio direttivo ai sensi dell'articolo 2, paragrafi 3 o 4.
3. Inoltre, quando siano stati selezionati operatori segnalanti rappresentativi ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 4, un operatore segnalante rappresentativo può presentare una richiesta scritta alla BCE o alla BCN competente per il rinvio temporaneo della data di prima segnalazione, specificando le ragioni del rinvio. Il rinvio richiesto può essere concesso per un massimo di sei mesi prorogabile di ulteriori sei mesi. La BCE, o la BCN competente, può consentire di rinviare la data di prima segnalazione per l'operatore segnalante rappresentativo che ne ha fatto richiesta se ritiene il rinvio giustificato. Inoltre, se l'operatore segnalante rappresentativo non ha dati da segnalare o è esclusivamente in possesso di dati che sia la BCE che la BCN considerano non rappresentativi alla data di prima segnalazione, la BCN può consentire l'esonero dell'operatore segnalante dall'applicazione della data di prima segnalazione. Tale esonero può essere concesso esclusivamente dalla BCN di concerto con la BCE se entrambe ritengono la richiesta giustificata e ciò non compromette la rappresentatività del campione di segnalazione.
4. Nel caso di IFM selezionate come operatori segnalanti aggiuntivi ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, la prima segnalazione ai sensi del presente regolamento ha inizio alla data comunicata dalla BCN all'operatore segnalante aggiuntivo ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6.
Articolo 11
Clausola di riesame periodico
La BCE riesamina il funzionamento del presente regolamento 12 mesi dopo la prima segnalazione e redige un rapporto a riguardo. In conformità alle raccomandazioni formulate nel rapporto la BCE ha facoltà di aumentare o ridurre il numero di operatori segnalanti e/o gli obblighi di segnalazione statistica. Dopo tale revisione iniziale, gli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione saranno aggiornati ogni due anni.
Articolo 12
Disposizione transitoria
Nel periodo compreso tra il 1o aprile 2016 e il 1o luglio 2016 agli operatori segnalanti sarà consentito di segnalare le statistiche sul mercato monetario per alcuni ma non per tutti i giorni di interesse alla BCE o alla BCN competente. La BCE o la BCN competente possono specificare i giorni per i quali è richiesta la segnalazione.
Articolo 13
Disposizioni finali
Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 2015.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, conformemente ai trattati.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 26 novembre 2014
Per il Consiglio direttivo della BCE
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) GU L 318 del 27.11.1998, pag. 8.
(2) Parere del 14 novembre 2014 (GU C 407 del 15.11.2014, pag. 1).
(3) Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63).
(4) Regolamento (UE) n. 1071/2013 della Banca centrale europea, del 24 settembre 2013, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (BCE/2013/33) (GU L 297 del 7.11.2013, pag. 1).
(5) Regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell'Unione europea (GU L 174 del 26.6.2013, pag. 1).
(6) Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32).
(7) Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010 (GU L 174 dell'1.7.2011, pag. 1).
(8) Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese, recante modifica della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogazione delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio (GU L 182 del 29.6.2013, pag. 19).
(9) Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione dei principi contabili internazionali (GU L 243 dell'11.9.2002, pag. 1).
(10) Regolamento (CE) n. 1569/2007 della Commissione, del 21 dicembre 2007, che stabilisce un meccanismo per determinare l'equivalenza dei principi contabili applicati dagli emittenti di titoli di paesi terzi conformemente alle direttive 2003/71/CE e 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 340 del 22.12.2007, pag. 66).
(11) Direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE (GU L 176 del 27.6.2013, pag. 338).
(12) Direttiva 2011/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativa alle fusioni delle società per azioni (GU L 110 del 29.4.2011, pag. 1).
(13) Sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, basata sull'articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e relativa alle scissioni delle società per azioni (GU L 378 del 31.12.1982, pag. 47).
ALLEGATO I
Schema di segnalazione per le statistiche sul mercato monetario relative ad operazioni garantite
PARTE 1
TIPOLOGIA DEGLI STRUMENTI
Gli operatori segnalanti segnalano alla Banca centrale europea (BCE) o alla Banca centrale nazionale (BCN) competente tutti i contratti di vendita con patto di riacquisto e le operazioni effettuate sulla base di essi, comprese le operazioni di pronti contro termine tri-party, che siano denominate in euro e abbiano una scadenza non superiore ad un anno incluso (definite come operazioni con una data di scadenza non maggiore di 397 giorni dalla data di contrattazione), intercorse tra l'operatore segnalante e altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), altri intermediari finanziari (AIF), imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento, nonché con società non finanziarie classificate come all'ingrosso ai sensi del quadro LCR Basilea III.
PARTE 2
TIPOLOGIA DEI DATI
1.
Tipologia di dati inerenti all'operazione (1) da segnalare per ciascuna operazione
Campo
Descrizione dei dati
Opzione alternativa di segnalazione (se esistente) e altre caratteristiche
Transaction identifier (identificativo dell'operazione)
Identificativo interno unico dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ogni operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE o alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
Momento nel quale un'operazione è conclusa o registrata.
Counterparty code (codice della controparte)
Codice identificativo usato per individuare la controparte dell'operatore segnalante nell'operazione segnalata.
Qualora le operazioni siano eseguite attraverso una controparte centrale di compensazione (central clearing counterparty, CCP), dovrà essere indicato l'identificativo delle entità giuridiche (Legal Entity Identifier, LEI) della CCP.
Ove le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, deve essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte trasmesso.
Da utilizzare in ogni caso. Sarà fornito un codice individuale della controparte.
Counterparty location (localizzazione della controparte)
Codice ISO del paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio se non è fornito il codice individuale della controparte. Altrimenti facoltativo.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
Importo inizialmente concesso o preso in prestito.
Collateral nominal amount (importo nominale della garanzia)
Importo nominale del titolo costituito in garanzia
Ad eccezione delle operazioni di pronti contro termine triparty e delle altre operazioni in cui il titolo costituito in garanzia non è identificato da un univoco numero internazionale di identificazione dei titoli (International Security Identification Number, codice ISIN).
Trade date (data di contrattazione)
Data in cui le parti hanno concluso l'operazione finanziaria.
Settlement date (data di regolamento)
Data di acquisto, ossia la data in cui è previsto che il denaro sia versato dal prestatore al prestatario e il titolo sia trasferito dal prestatario al prestatore.
In caso di operazioni di pronti contro termine aperte è la data in cui ha luogo il rinnovo (anche se non avviene alcuno scambio di denaro).
Maturity date (data di scadenza)
La data di riacquisto, ovvero la data in cui è previsto che il denaro sia restituito dal prestatario al prestatore.
In caso di operazioni di pronti contro termine aperte, è la data in cui il capitale e gli interessi dovuti devono essere restituiti nel caso in cui l'operazione non sia ulteriormente rinnovata.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Assunzione in prestito del denaro in caso di pronti contro termine o concessione in prestito del denaro in caso di operazioni contro termine in acquisto (reverse repo).
ISIN of the collateral (codice ISIN della garanzia)
Codice ISIN assegnato ai titoli emessi sui mercati finanziari. Si compone di 12 caratteri alfanumerici, che identificano univocamente un titolo (come definito dalla norma ISO 6166).
Da segnalare ad esclusione delle operazioni di pronti contro termine triparty e di tutte le altre operazioni di pronti contro termine nelle quali i titoli costituiti in pegno non sono identificati tramite un unico codice ISIN.
Collateral type (tipo di garanzia)
Al fine di identificare l'attività concessa in pegno a garanzia nel caso in cui il codice ISIN individuale non sia fornito.
Da indicare in tutti i casi in cui il codice ISIN individuale non sia fornito.
Special collateral flag (identificatore delle garanzie speciali)
Al fine di identificare tutte le operazioni di pronti contro termine effettuate a fronte di garanzie generali e quelle effettuate a fronte di garanzie speciali. Campo facoltativo da indicare solo ove l'operatore segnalante ne abbia la possibilità
La segnalazione di questo campo è facoltativa.
Deal rate (tasso dell'operazione)
Tasso di interesse espresso in conformità alla convenzione per i mercati monetari giorni effettivi/360 al quale l'operazione di pronti contro termine è stata effettuata e al quale è remunerato il denaro concesso in prestito.
Collateral haircut (scarto di garanzia)
Una misura per il controllo dei rischi applicata alla garanzia sottostante per effetto della quale il valore di quest'ultima è calcolato al valore di mercato dell'attività decurtato di una determinata percentuale (scarto di garanzia). A fini di segnalazione lo scarto di garanzia è calcolato come 100 meno il rapporto tra il contante concesso/assunto in prestito e il valore di mercato, compresi gli interessi maturati sulla garanzia concessa.
La segnalazione di questo campo è necessaria esclusivamente per singole operazioni su garanzia.
Counterparty code of the tri-party agent (codice di controparte dell'agente triparty)
Il codice di identificazione di controparte dell'agente triparty
Da indicare in caso di pronti contro termine triparty.
Tri-party agent code ID (codice di identificazione dell'agente triparty)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale dell'agente triparty trasmesso.
Da utilizzare in tutti i casi in cui un codice individuale dell'agente triparty è fornito.
Beneficiary in case of transactions conducted via CCPs (beneficiario in caso di operazioni effettuate tramite controparti centrali).
2. Materiality threshold (soglia di rilevanza)
Le operazioni effettuate con società non finanziarie dovrebbero essere segnalate solo ove effettuate con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III (2).
3. Exceptions (eccezioni)
Non dovrebbero essere segnalate operazioni infragruppo.
(1) Gli standard per la segnalazione elettronica e le specifiche tecniche per i dati sono indicati separatamente. Sono disponibili all'indirizzo www.ecb.int.
(2) Cfr. «Basilea III: The liquidity coverage ratio and liquidity risk monitoring tools», pagg. 23-27, disponibile sul sito Internet della Banca dei regolamenti internazionali all'indirizzo: www.bis.org.
ALLEGATO II
Schema di segnalazione per statistiche sul mercato monetario relative a operazioni non garantite
PARTE 1
TIPO DI STRUMENTI
1.
Gli operatori segnalanti segnalano alla Banca centrale europea (BCE) ovvero alla banca centrale nazionale competente (BCN):
a)
tutti i prestiti assunti mediante l'utilizzo degli strumenti indicati nella tabella sottostante, denominati in euro con scadenza non superiore a un anno incluso (definiti come operazioni con data di scadenza non superiore a 397 giorni dalla data di contrattazione), erogati all'operatore segnalante da altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), altri intermediari finanziari (AIF), imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento nonché da società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III;
b)
tutti i prestiti concessi ad altri enti creditizi con scadenza non superiore a un anno incluso (definiti come operazioni con data di scadenza non superiore a 397 giorni dalla data di contrattazione) mediante depositi non garantiti o mediante l'acquisto dall'ente creditizio emittente di carta commerciale, certificati di deposito, titoli a tasso variabile e altri titoli di debito con scadenza non superiore a un anno.
2.
La tabella seguente fornisce una descrizione dettagliata standard delle categorie di strumenti per le operazioni che gli operatori segnalanti sono tenuti a segnalare alla BCE. Ove gli operatori segnalanti siano tenuti a segnalare le operazioni alla rispettiva BCN, questa dovrebbe trasporre tali descrizioni di categorie di strumenti a livello nazionale in conformità al presente regolamento.
Tipo di strumento
Descrizione
Deposits (Depositi)
Depositi fruttiferi non garantiti rimborsabili con preavviso o a scadenza non superiore a un anno ricevuti (in prestito) o collocati dall'operatore segnalante.
Certificate of deposit (certificato di deposito)
Strumento di debito a tempo determinato emesso da un'IFM che conferisce al possessore il diritto a un determinato tasso di interesse per un periodo di tempo prestabilito non superiore a un anno.
Commercial paper (carta commerciale)
Strumento di debito non garantito o garantito da garanzie fornite dall'emittente con scadenza non superiore a un anno, fruttifero o scontato.
Floating rate note (obbligazioni a tasso d'interesse variabile)
Strumento di debito rispetto al quale gli interessi periodicamente corrisposti sono calcolati sulla base del valore, ad esempio mediante la fissazione di un tasso di riferimento sottostante come l'Euribor a date prestabilite note come date di revisione, con scadenza non superiore a un anno.
Puttable instruments (strumenti con opzione put)
Strumento di debito nel quale il possessore ha un'opzione put, ossia la facoltà di richiedere all'emittente il rimborso anticipato, esercitabile per la prima volta non oltre un anno dalla data di emissione ovvero con preavviso non superiore a un anno.
Callable instruments (strumenti con opzione call)
Strumento di debito nel quale l'emittente ha un'opzione call, ossia la facoltà di rimborsare lo strumento anticipatamente, con data di rimborso finale non superiore a un anno dalla data di emissione.
Other short-term debt securities (altri titoli di debito a breve termine)
Titoli non subordinati diversi dalle azioni con scadenza fino a un anno emessi da operatori segnalanti, solitamente negoziabili e scambiati sui mercati secondari o suscettibili di essere compensati sul mercato, e che non conferiscono al titolare alcun diritto di proprietà sull'istituzione emittente. Tale voce comprende:
a)
titoli che conferiscono al titolare un diritto incondizionato a un reddito fisso o contrattualmente determinato sotto forma di pagamento di cedole e/o a una somma dichiarata predeterminata a una data prefissata o a scadenze prestabilite o a partire da una data definita al momento dell'emissione;
b)
strumenti non negoziabili emessi da operatori segnalanti divenuti successivamente negoziabili e riclassificati come «titoli di debito».
PARTE 2
TIPOLOGIA DI DATI
1.
Tipo di dati inerenti all'operazione (1) da segnalare per ciascuna operazione:
Descrizione dei dati
Definizione
Facoltà di segnalazione alternativa (se del caso) e qualificazioni aggiuntive
Transaction identifier (identificativo dell'operazione)
Identificativo unico interno dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ciascuna operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE e alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
L'ora in cui l'operazione è conclusa o registrata.
Counterparty code (codice della controparte)
Codice di identificazione utilizzato per identificare la controparte dell'operatore segnalante nell'operazione segnalata.
Ove le operazioni siano effettuate per mezzo di una controparte centrale di compensazione, deve essere fornito l'identificativo delle entità giuridiche (legal entity identifier, LEI) della controparte centrale.
Ove le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, deve essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte trasmesso.
Da utilizzare in ogni caso. Sarà fornito un codice individuale della controparte.
Counterparty location (localizzazione della controparte)
Codice paese dell'Organismo internazionale di normalizzazione (ISO) relativo al paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio ove non sia indicato il codice di controparte. Altrimenti opzionale.
Trade date (data di contrattazione)
Data nella quale le parti hanno concluso l'operazione finanziaria segnalata.
Settlement date (data di regolamento)
Data nella quale il contante è concesso in prestito dal prestatore al prestatario o nella quale è regolato l'acquisto di uno strumento di debito.
In caso di conti e di altri prestiti non garantiti assunti o concessi rimborsabili con preavviso, la data nella quale il deposito è rinnovato (ossia la data nella quale sarebbero stati rimborsati se l'opzione call non fosse stata esercitata o il prestito non fosse stato rinnovato).
Maturity date (data di scadenza)
Data nella quale il contante deve essere restituito dal prestatario al prestatore o nel quale lo strumento di debito viene a scadenza e deve essere rimborsato.
In caso di strumenti con opzione call deve essere indicata la data di scadenza finale. In caso di strumenti con opzione put deve essere indicata la prima data nella quale l'opzione put può essere esercitata. In caso di conti e di altri prestiti non garantiti assunti o concessi rimborsabili con preavviso, la prima data nella quale lo strumento può essere rimborsato.
First call/put date (prima data per l'opzione put o call)
Prima data nella quale può essere esercitata l'opzione put o call.
Da segnalare solo per strumenti con opzione put o call con una data per l'esercizio dell'opzione put o call.
Call/put notice period (preavviso per l'esercizio dell'opzione put o call)
Per strumenti con opzione put o call, il numero di giorni di calendario prima della data nella quale l'opzione può essere esercitata entro i quali il soggetto abilitato all'esercizio dell'opzione deve darne comunicazione al detentore o all'emittente dello strumento. Per depositi rimborsabili con preavviso, il numero di giorni di calendario prima della data nella quale il deposito può essere rimborsato entro i quali il titolare del deposito deve dare comunicazione al prestatario.
Da segnalare esclusivamente per strumenti con opzione put o call esercitabili con preavviso e per depositi rimborsabili con termine di preavviso prestabilito.
Call/put
Indicatore che identifica se lo strumento è munito di opzione put o call.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Il segno dell'operazione consente di stabilire se il denaro segnalato come importo nominale dell'operazione è assunto o concesso in prestito.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
L'importo di denaro assunto o concesso in prestito su depositi. In caso di titoli di debito, corrisponde all'importo nominale del titolo emesso o acquistato.
Transaction price (prezzo dell'operazione)
Prezzo al quale il titolo è emesso, ossia il rapporto in termini percentuali tra l'introito in denaro iniziale e il valore nominale.
Da segnalare come 100 per i depositi non garantiti.
Instrument type (tipo di strumento)
Da utilizzare per identificare lo strumento mediante il quale l'operazione di assunzione o concessione in prestito viene effettuata ad esempio mediante depositi non garantiti, strumenti di debito a tasso fisso a breve termine non garantiti, altri strumenti di debito a tasso variabile a breve termine non garantiti, carta commerciale garantite da attività ecc.
Type of rate (tipo di tasso)
Da utilizzare per indicare se lo strumento è a tasso fisso o variabile.
Deal rate (tasso dell'operazione)
Tasso di interesse espresso in conformità alla convenzione per i mercati monetari giorni effettivi/360 applicato al deposito e al quale l'importo in contante dato in prestito è remunerato. In caso di strumenti di debito, corrisponde al tasso di interesse reale effettivo (espresso in conformità alla convenzione per i mercati monetari giorni effettivi/360) al quale lo strumento è stato emesso o acquistato.
Da segnalare esclusivamente per gli strumenti a tasso fisso.
Reference rate (tasso di riferimento)
Tasso di interesse di riferimento sottostante sulla base del quale sono calcolati i pagamenti periodici di interessi.
Da segnalare esclusivamente per gli strumenti a tasso variabile.
Spread (scostamento)
Il numero di punti base aggiunti (se positivi) o sottratti (se negativi) al tasso di riferimento sottostante per calcolare il tasso di interesse effettivo applicabile per un certo periodo.
Da segnalare esclusivamente per gli strumenti a tasso variabile.
2. Materiality threshold (soglia di rilevanza)
Le operazioni con società non finanziarie dovrebbero essere segnalate solo ove effettuate con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
3. Exceptions (eccezioni)
Non dovrebbero essere segnalate operazioni infragruppo.
(1) Gli standard per la segnalazione elettronica e le specifiche tecniche per i dati sono indicati separatamente,. Questi sono disponibili sul sito Internet www.ecb.int.
ALLEGATO III
Schema di segnalazione per le statistiche sul mercato monetario relative a derivati
PARTE 1
TIPOLOGIA DEGLI STRUMENTI
Gli operatori segnalanti segnalano alla Banca centrale europea (BCE) ovvero alla banca centrale nazionale competente (BCN):
a)
tutte le operazioni di swap in valuta nelle quali sono acquistati o venduti euro a pronti in cambio di valuta estera e rivenduti o riacquistati a una data successiva ad un tasso di cambio a termine predeterminato, concluse tra l'operatore segnalante e altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), altri intermediari finanziari (AIF), imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento nonché con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
b)
operazioni di swap su indici overnight (overnight index swaps, OIS) denominati in euro concluse tra l'operatore segnalante e altre istituzioni finanziarie monetarie (IFM), AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche o banche centrali a fini di investimento nonché con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
PARTE 2
TIPOLOGIA DEI DATI
1.
Tipo di dati inerenti all'operazione (1) da segnalare per ciascuna operazione di swap in valuta:
Campo
Descrizione dei dati
Opzione alternativa di segnalazione (se esistente) e altre caratteristiche
Transaction identifier (identificativo dell'operazione)
Identificativo interno unico dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ogni operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE o alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
Momento nel quale un'operazione è conclusa o registrata.
Counterparty code (codice della controparte)
Codice di identificazione utilizzato per identificare la controparte dell'operatore segnalante nell'operazione segnalata.
Qualora le operazioni siano eseguite attraverso una controparte centrale di compensazione (central clearing counterparty, CCP), dovrà essere indicato l'identificativo delle entità giuridiche (Legal Entity Identifier, LEI) della CCP.
Ove le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, deve essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte che viene trasmesso
Da utilizzare in ogni caso. Sarà indicato un codice di controparte univoco.
Counterparty location (ubicazione della controparte)
Codice paese dell'Organismo internazionale di normalizzazione (ISO) relativo al paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio ove non sia indicato il codice individuale della controparte. Altrimenti opzionale.
Trade date (data di contrattazione)
La data nella quale le parti hanno concluso l'operazione finanziaria segnalata.
Spot value date (data valuta a pronti)
La data nella quale una parte vende all'altra un certo ammontare di una determinata valuta verso il pagamento di un importo convenuto di una specifica valuta diversa dalla prima sulla base di un tasso di cambio convenuto noto come tasso di cambio a pronti.
Maturity date (data di scadenza)
Data nella quale l'operazione di swap in valuta viene a scadenza e la valuta venduta alla data valuta a pronti è riaquistata.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Da utilizzare per specificare se l'importo in euro segnalato alla voce «importo nominale dell'operazione» è acquistato o venduto alla data valuta a pronti.
Il campo dovrebbe riferirsi al c.d. euro a pronti ossia alla circostanza se gli euro siano acquistati o venduti alla data valuta a pronti.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
L'ammontare di euro acquistati o venduti alla data valuta a pronti.
Foreign currency code (codice della valuta estera)
Codice internazionale ISO a tre cifre della valuta acquistata o venduta in cambio di euro.
Foreign exchange spot rate (tasso di cambio a pronti)
Tasso di cambio tra l'euro e la valuta estera applicabile alla gamba a pronti dell'operazione di swap in valuta.
Foreign exchange forward points (punti a termine in valuta)
La differenza tra il tasso di cambio a pronti e il tasso di cambio a terrmine espresso in punti base indicato in conformità alle convenzioni di mercato per la coppia valutaria.
Beneficiary in case of transactions conducted via CCPs (beneficiario in caso di operazioni effettuate tramite controparti centrali).
2.
Tipo di dati inerenti all'operazione relativi a operazioni di swap su indici overnight (overnight index swaps, OIS) da segnalare per ciascuna operazione:
Campo
Descrizione dei dati
Opzione alternativa di segnalazione (se esistente) e altre caratteristiche
Transaction identifier (identificativo dell'operazione
Identificativo interno univoco dell'operazione utilizzato dall'operatore segnalante per ogni operazione.
L'identificativo dell'operazione è unico per ciascuna operazione segnalata ad una certa data di segnalazione per ciascun segmento del mercato monetario.
Reporting date (data di segnalazione)
Data in cui i dati sono trasmessi alla BCE o alla BCN.
Electronic time stamp (marcatura temporale elettronica)
Momento nel quale un'operazione è conclusa o registrata.
Annotazione facoltativa.
Counterparty code (codice della controparte)
Un codice identificativo usato per individuare la controparte dell'operatore segnalante per l'operazione segnalata.
Ove le operazioni siano effettuate mediante una controparte centrale di compensazione (CCP) deve essere fornito il LEI della CCP.
Nel caso in cui le operazioni siano effettuate con società non finanziarie, AIF, imprese di assicurazione, fondi pensione, amministrazioni pubbliche e banche centrali, e per ogni altra operazione segnalata per la quale l'identificativo LEI della controparte non è fornito, dovrà essere indicata la classe della controparte.
Counterparty code ID (identificativo del codice della controparte)
Attributo che specifica il tipo di codice individuale della controparte che viene trasmesso
Da utilizzare in ogni caso. Sarà fornito un codice individuale della controparte.
Counterparty location (localizzazione della controparte)
Codice ISO relativo al paese in cui la controparte ha sede legale.
Obbligatorio se non è indicato il codice individuale della controparte. Altrimenti facoltativo.
Trade date (data di contrattazione)
Data in cui le parti hanno concluso l'operazione finanziaria.
Start date (data iniziale)
Data alla quale è calcolato il tasso di interesse overnight del tasso di interesse variabile periodico.
Maturity date (data di scadenza)
L'ultima data del periodo sul quale è calcolato il tasso di interesse overnight composto.
Fixed interest rate (tasso di interesse fisso)
Tasso fisso utilizzato per il calcolo del rendimento degli OIS.
Transaction sign (segno dell'operazione)
Segno indicante se il tasso di interesse fisso è pagato o ricevuto dall'operatore segnalante.
Transaction nominal amount (importo nominale dell'operazione)
L'importo nominale della protezione del credito.
3. Materiality threshold (soglia di rilevanza)
Le operazioni con società non finanziarie dovrebbero essere segnalate solo ove effettuate con società non finanziarie classificate come all'ingrosso in base al quadro LCR Basilea III.
4. Exceptions (eccezioni)
Non dovrebbero essere segnalate operazioni infragruppo.
(1) Gli standard per la segnalazione elettronica e le specifiche tecniche per i dati sono indicati separatamente. Sono disponibili all'indirizzo www.ecb.int
ALLEGATO IV
Requisiti minimi che devono essere rispettati dagli operatori effettivamente soggetti agli obblighi di segnalazione
Al fine di ottemperare agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea (BCE), i soggetti segnalanti devono soddisfare i seguenti requisiti minimi per la qualità dei dati.
1.
Requisiti minimi per la trasmissione:
i)
le segnalazioni alle banche centrali nazionali (BCN) devono essere tempestive e avvenire nei termini fissati dalla BCE e dalla BCN competente;
ii)
le segnalazioni statistiche devono essere conformi, sotto il profilo delle specifiche e del formato, ai requisiti tecnici definiti dalla BCE e dalla BCN competente;
iii)
l'operarore segnalante deve fornire i dettagli di una o più persone che fungono da referenti alla BCE e alla BCN competente;
iv)
devono essere rispettate le specifiche tecniche per la trasmissione dei dati alla BCE e alla BCN competente.
2.
Requisiti minimi per l'accuratezza:
i)
le informazioni statistiche devono essere corrette;
ii)
i soggetti segnalanti devono essere in grado di fornire informazioni sugli sviluppi impliciti nei dati trasmessi;
iii)
le informazioni statistiche devono essere complete e non devono contenere lacune continue e strutturali; eventuali lacune devono essere evidenziate, spiegate alla BCE e alla BCN competente e, se possibile, colmate al più presto;
iv)
i soggetti segnalanti devono attenersi alle dimensioni, alla politica di arrotondamento e ai decimali fissati dalla BCE e dalla BCN competente per la trasmissione tecnica dei dati.
3.
Requisiti minimi per la conformità concettuale:
i)
le informazioni statistiche devono essere conformi alle definizioni e alle classificazioni previste nel presente regolamento;
ii)
all'occorrenza, in caso di deviazione da tali definizioni e classificazioni, i soggetti segnalanti devono controllare e quantificare la differenza tra i criteri utilizzati e i criteri previsti dal presente regolamento a intervalli regolari;
iii)
i soggetti segnalanti devono essere in grado di spiegare le discontinuità tra i dati trasmessi e quelli relativi ai periodi precedenti.
4.
Requisiti minimi per le revisioni:
La politica e le procedure di revisione fissate dalla BCE e dalla BCN competente devono essere rispettate. Le revisioni che non rientrano tra quelle ordinarie devono essere accompagnate da una nota esplicativa.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Statistiche sui mercati monetari
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce i requisiti imposti alle istituzioni finanziarie monetarie (IFM)* nell’area dell’euro in merito all’invio giornaliero di dati statistici sulle transazioni di mercato monetario, operazione per operazione, alla Banca centrale europea (BCE).
Il regolamento è stato modificato due volte:nel 2015, tramite il Regolamento (UE) 2015/1599 nel 2018, tramite il Regolamento (UE) 2019/113.
PUNTI CHIAVE
A partire dal 1 aprile 2016, solo le maggiori IFM dell’area dell’euro devono fornire dati statistici sul mercato monetario. Si tratta delle istituzioni il cui totale delle principali attività di bilancio ha superato lo 0,35 % del totale delle principali attività di bilancio di tutte le IFM dell’area dell’euro. Dal 1 aprile 2016 al 1 luglio 2016, gli operatori segnalanti devono inviare statistiche sul mercato monetario per alcuni ma non per tutti i giorni o segmenti di interesse del mercato monetario. Trascorso tale periodo di transizione, inviano statistiche per tutti i giorni rilevanti, in conformità con i requisiti esposti nel regolamento. Dal 1 gennaio 2017, i requisiti di segnalazione possono essere estesi ad altre IFM. Le IFM verranno selezionate principalmente tra le maggiori IFM rimanenti a livello nazionale allo scopo di garantire una copertura adeguata di tutti i paesi dell’area dell’euro. Le IFM verranno scelte e informate con un anno di anticipo. Le IFM trasmettono quotidianamente i dati sul mercato monetario, anche per le loro succursali dell’UE e dell’Associazione europea di libero scambio* su base consolidata alle rispettive banche centrali nazionali dell’UE. I dettagli tecnici del sistema di segnalazione e le informazioni statistiche richieste sono specificati negli allegati I, II e III. L’allegato IV contiene le norme minime che devono essere applicate dagli operatori segnalanti. Le banche centrali nazionali possono richiedere a un’IFM di trasmettere i dati direttamente alla BCE. In questi casi, è necessario rispettare modalità di segnalazione e scadenze precise. Tali scadenze sono state aggiornate nel regolamento di modifica (UE) 2019/113. Il regolamento di modifica (UE) 2019/113 richiede l’uso obbligatorio dell’identificatore delle entità giuridiche* nelle segnalazioni. È rivolto inoltre ad assicurare che:le informazioni statistiche siano raccolte, compilate e trasmesse dagli operatori segnalanti in modo tale da salvaguardarne l’integrità;gli operatori segnalanti si accertino che eventuali errori siano corretti e comunicati alla BCE e alla banca centrale nazionale il più presto possibile. Il regolamento di modifica del 2019 sostituisce inoltre tutti gli allegati al regolamento. Le IFM selezionate come operatori segnalanti dovranno informare la BCE e la loro banca centrale nazionale qualora vengano coinvolte in fusioni, scissioni o altre forme di riorganizzazione che potrebbero influenzarne gli obblighi statistici. Se un’IFM diviene insolvente, perde la propria licenza bancaria o cessa altrimenti di esercitare l’attività bancaria, essa cessa di essere soggetta a obblighi di segnalazione. La BCE e le banche centrali nazionali hanno il diritto di procedere alla verifica e, se necessario, alla raccolta obbligatoria delle informazioni fornite dalle IFM. In precedenza, la BCE riesaminava il funzionamento del regolamento e redigeva un rapporto a un anno dall’avvio del sistema. A quel punto poteva decidere di aumentare o ridurre il numero di operatori segnalanti e/o dei dati statistici richiesti. Dal rapporto iniziale della BCE, le revisioni hanno luogo ogni due anni. Istruzioni per la segnalazione
La BCE ha inoltre pubblicato dettagliate istruzioni per la segnalazione che chiariscono ulteriormente l’attuazione dei requisiti di segnalazione stabiliti dal regolamento.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento (UE) n. 1333/2014 è in vigore dal 1o gennaio 2015. Il regolamento (UE) n. 2019/113 si applica a partire dal 15 marzo 2019.
CONTESTO
La BCE ha bisogno di statistiche sulle operazioni di mercato monetario accurate, armonizzate e aggiornate per supportare il funzionamento e la trasmissione della propria politica monetaria, nonché per svolgere una serie di altre attività nell’area dell’euro. Essa utilizza questi dati per fornire supporto analitico e statistico al meccanismo di vigilanza unico, che supervisiona il settore bancario dell’UE.Per ulteriori informazioni, consultare:Mercato monetario in euro: segnalazioni statistiche sui mercati monetari (Banca centrale europea).
TERMINI CHIAVE
Istituzioni finanziarie monetarie (IFM): le istituzioni che, unite, formano il settore emittente moneta dell’area dell’euro. Tra di esse compaiono la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali dei paesi dell’area dell’euro nonché gli enti creditizi e fondi comuni monetari situati nell’area dell’euro.
Associazione europea di libero scambio: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
Identificatore delle entità giuridiche: codice alfanumerico composto da 20 caratteri basato sulla norma ISO 17442 creato dall’Organizzazione internazionale per la standardizzazione. Si collega alle informazioni di riferimento chiave che consentono l’identificazione chiara e univoca delle persone giuridiche che partecipano alle transazioni finanziarie.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1333/2014 della Banca centrale europea, del 26 novembre 2014, relativo alle statistiche sui mercati monetari (BCE/2014/48) (GU L 359 del 16.12.2014, pag. 97).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 1333/2014 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Istruzioni per la segnalazione per la trasmissione elettronica delle segnalazioni statistiche sui mercati monetari (MMSR) versione 3.1 (direzione generale Statistiche della Banca centrale europea, 11.12.2018). |
Servizi di emergenza dell’Unione europea: presentazione dell’infrastruttura eCall
La presente decisione fa appello ai paesi dell’Unione europea (UE) affinché sviluppino l’infrastruttura eCall (sistema di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli) essenziale per la gestione di tutte le eCall non oltre il 1o ottobre 2017.
ATTO
Decisione n. 585/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla diffusione in tutto il territorio dell’Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile.
SINTESI
La presente decisione fa appello ai paesi dell’Unione europea (UE) affinché sviluppino l’infrastruttura eCall (sistema di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli) essenziale per la gestione di tutte le eCall non oltre il 1o ottobre 2017.
Nello specifico, la decisione fissa una scadenza per il suo sviluppo ad almeno sei mesi prima della data di applicazione del regolamento relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo (autovetture private e veicoli commerciali leggeri).
L’infrastruttura eCall comprende dei call center, o PSAP (centri di raccolta delle chiamate di emergenza), che riceveranno e gestiranno le eCall utilizzando il numero di emergenza europeo 112.
La decisione riconosce inoltre il diritto di ciascun paese dell’UE di:
organizzare i suoi servizi eCall nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi e più consono alle proprie esigenze, compresa la capacità di respingere le chiamate che non siano di emergenza ricevute dai suoi PSAP;
consentire ad organismi privati da esso riconosciuti di ricevere e gestire le chiamate eCall.
Protezione dei dati e tutela della vita privata
I paesi dell’UE devono inoltre garantire che:
i dati trasmessi attraverso il servizio eCall siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione (non siano usati, ad esempio, per tracciare un veicolo al di fuori di situazioni di emergenza);
la gestione delle chiamate eCall sia gratuita per gli utenti del servizio in tutto il territorio dell’Unione;
entro il 24 dicembre 2015, essi presenteranno una relazione alla Commissione europea sullo stato di attuazione della decisione stessa: ad esempio, un elenco delle autorità alle quali è affidata la valutazione dei PSAP per il servizio eCall, un elenco e la copertura geografica dei PSAP, una descrizione delle prove di conformità e dei protocolli sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati;
le chiamate eCall possano essere effettuate da qualsiasi punto del loro rispettivo territorio, purché sia disponibile almeno una rete pubblica di comunicazione mobile senza fili.
La presente decisione entra in vigore il 23 giugno 2014.
Che cos’è eCall?
eCall compone automaticamente il 112 in caso di grave incidente stradale e comunica la posizione del veicolo ai servizi di emergenza. Il sistema può anche essere attivato manualmente.
Le chiamate eCall dovrebbero velocizzare i tempi di risposta dei servizi di emergenza fino al 60 % nelle zone urbane e fino al 50 % in quelle rurali, salvando centinaia di vite all’anno in Europa. Il servizio ridurrà inoltre la gravità delle lesioni provocate dagli incidenti stradali in decine di migliaia di casi e taglierà i costi legati alla congestione del traffico.
Gli incidenti stradali nell’UE hanno provocato 28 000 morti e 1,5 milioni di feriti nel 2012.
Per ulteriori informazioni
Comunicato stampa
Sito Internet dell’agenda digitale
Sito Internet della direzione generale per le Imprese e l’industria della Commissione europea
Sito Internet della direzione generale della Mobilità e dei trasporti della Commissione europea
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione n. 585/2014/UE
23.6.2014
-
GU L 164 del 3.6.2014, pag. 6
ATTI COLLEGATI
Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo e che modifica la direttiva 2007/46/CE [COM(2013) 316 final del 13.6.2013]
Raccomandazione 2011/750/UE della Commissione, dell’8 settembre 2011, relativa al sostegno a un servizio eCall su scala UE nelle reti di comunicazione elettronica per la trasmissione da veicoli di chiamate di emergenza basate sul 112 (chiamate eCall) [GU L 303 del 22.11.2011, pag. 46]
Regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione, del 26 novembre 2012, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell’Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile [GU L 91 del 3.4.2013, pag. 1] | DECISIONE N. 585/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
sulla diffusione in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 91,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi dell'articolo 3, lettera d), della direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile costituisce un'azione prioritaria («azione prioritaria eCall») per l'elaborazione e l'utilizzo di specifiche e norme.
(2)
Ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 2010/40/UE, la Commissione deve adottare atti delegati per quanto riguarda le specifiche necessarie ad assicurare la compatibilità, l'interoperabilità e la continuità per la diffusione e l'utilizzo operativo dei sistemi di trasporto intelligenti («ITS») per le azioni prioritarie.
(3)
Il regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione (4) stabilisce le specifiche per l'adeguamento dell'infrastruttura dei centri di raccolta delle chiamate di emergenza (PSAP) necessario per ricevere e gestire in modo adeguato le eCall utilizzando il 112, al fine di garantire la compatibilità, l'interoperabilità e la continuità del servizio eCall armonizzato su tutto il territorio dell'Unione europea.
(4)
Ai sensi della direttiva 2010/40/UE, al più tardi dodici mesi dopo la data di adozione del regolamento delegato (UE) n. 305/2013, la Commissione deve presentare, se del caso, dopo aver effettuato una valutazione di impatto corredata di un'analisi costi-benefici, una proposta al Parlamento europeo e al Consiglio conformemente all'articolo 294 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea per lo sviluppo dell'azione prioritaria eCall conformemente alle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013.
(5)
Ci si aspetta che, riducendo i tempi di risposta dei servizi di pronto intervento, l'introduzione in tutto il territorio dell'Unione del servizio eCall interoperabile permetta di ridurre il numero di vittime e la gravità delle lesioni negli incidenti stradali nell'Unione. Il servizio eCall interoperabile in tutto il territorio dell'Unione dovrebbe inoltre garantire risparmi alla società, migliorando la gestione degli incidenti e riducendo la congestione sulle strade e gli incidenti secondari.
(6)
Al fine di garantire pienamente la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità del servizio in tutto il territorio dell'Unione e di ridurre i costi di attuazione per l'Unione europea nel suo insieme, tutti gli Stati membri dovrebbero realizzare l'azione prioritaria eCall conformemente alle specifiche comuni stabilite nel regolamento delegato (UE) n. 305/2013. Ciò non dovrebbe pregiudicare il diritto di ciascuno Stato membro di sviluppare strumenti tecnici aggiuntivi per gestire altre chiamate di emergenza.
(7)
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i dati trasmessi attraverso il servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione.
(8)
Come ha dimostrato l'esperienza con altri sistemi di chiamate di emergenza, le chiamate eCall attivate manualmente possono comprendere un certo numero di chiamate di richiesta di assistenza. Se necessario, gli Stati membri dovrebbero poter attuare ogni idonea misura tecnica e organizzativa per filtrare tali chiamate di richiesta di assistenza al fine di assicurare che gli PSAP per il servizio eCall gestiscano solo le chiamate di emergenza effettive.
(9)
Poiché non tutti i cittadini dell'Unione hanno familiarità con l'utilizzo del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione, la sua diffusione dovrebbe essere preceduta da una campagna di sensibilizzazione, sostenuta dalla Commissione, volta a illustrare ai cittadini i vantaggi, le funzionalità e le garanzie in materia di protezione dei dati che caratterizzano il nuovo sistema. Detta campagna dovrebbe aver luogo negli Stati membri e dovrebbe prefiggersi di informare gli utenti su come utilizzare il sistema in modo corretto ed evitare i falsi allarmi.
(10)
In linea con le raccomandazioni formulate dal gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali («Gruppo dell'articolo 29 per la tutela dei dati») nel suo «Documento di lavoro sulle implicazioni in materia di protezione dei dati e rispetto della privacy dell'iniziativa eCall», adottato il 26 settembre 2006, nel predisporre l'infrastruttura per gli PSAP per il servizio eCall, gli Stati membri devono provvedere affinché il trattamento di dati personali nel quadro della gestione delle chiamate eCall rispetti pienamente le norme per la protezione dei dati personali di cui alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) nonché alla direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6).
(11)
Dato che le eCall sono chiamate d'emergenza, secondo la definizione di cui al regolamento delegato (UE) n. 305/2013, la gestione di tali chiamate dovrebbe essere gratuita per gli utenti del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione.
(12)
In funzione dell'organizzazione della gestione delle chiamate di emergenza in ciascuno Stato membro, tali chiamate di emergenza possono inizialmente essere ricevute sotto la responsabilità di un'autorità pubblica o di un organismo privato riconosciuto dallo Stato membro interessato. In particolare, le chiamate eCall possono essere trattate in modo diverso, a seconda del tipo di attivazione dell'eCall (manuale o automatico).
(13)
Conformemente alle procedure nazionali determinate dall'autorità nazionale interessata, i dati possono essere trasmessi a servizi associati, definiti come organismi pubblici o privati riconosciuti dalle autorità nazionali, che svolgono un ruolo nella gestione degli incidenti oggetto di eCall (inclusi operatori stradali e servizi di assistenza), ai quali si applicano le stesse norme sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati applicabili ai PSAP per il servizio eCall.
(14)
Poiché gli obiettivi della presente decisione, vale a dire assicurare la diffusione coordinata e coerente in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile e garantire la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità del servizio in tutta Europa, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e/o dal settore privato ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. Gli Stati membri sviluppano sul proprio territorio, almeno sei mesi prima della data di applicazione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo e che modifica la direttiva 2007/46/CE, e comunque non oltre il 1o ottobre 2017, l' infrastruttura PSAP per il servizio eCall essenziale per ricevere e gestire in modo adeguato tutte le eCall, se necessario filtrando le chiamate non di emergenza, in conformità delle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013, al fine di assicurare la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità in tutto il territorio dell'Unione europea del servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile.
2. Il paragrafo 1 non pregiudica la facoltà di ciascuno Stato membro di organizzare i suoi servizi di pronto intervento nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi e più consono alle proprie esigenze, compresa la capacità di respingere le chiamate che non siano di emergenza, in particolare quelle attivate manualmente, che non possano essere gestite dagli PSAP per eCall.
Il presente paragrafo e il paragrafo 1 non pregiudicano il diritto di ciascuno Stato membro di consentire ad organismi privati da esso riconosciuti di ricevere e gestire tutte o parte delle chiamate eCall, in conformità alle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013.
3. Gli Stati membri provvedono a che i dati trasmessi attraverso il servizio eCall siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione.
Articolo 2
Gli Stati membri assicurano che la gestione delle chiamate eCall sia gratuita per gli utenti del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione.
Articolo 3
Entro il 24 dicembre 2015, gli Stati membri presentano una relazione alla Commissione sullo stato di attuazione della decisione stessa. In tali relazioni essi riportano quantomeno l'elenco delle autorità alle quali è affidata la valutazione della conformità del funzionamento dei PSAP per il servizio eCall ai requisiti di cui all'articolo 3 del regolamento delegato (UE) n. 305/2013, l'elenco e la copertura geografica di PSAP per il servizio eCall, la descrizione delle prove di conformità e dei protocolli sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati.
Articolo 4
Gli Stati membri garantiscono che le chiamate eCall possano essere effettuate da qualsiasi punto del loro rispettivo territorio, purché sia disponibile almeno una rete pubblica di comunicazione mobile senza fili.
Articolo 5
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 6
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 341 del 21.11.2013, pag. 47.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'8 maggio 2014.
(3) Direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (GU L 207 del 6.8.2010, pag. 1).
(4) Regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione, del 26 novembre 2012, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile (GU L 91 del 3.4.2013, pag. 1).
(5) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(6) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali ed alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE N. 585/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
sulla diffusione in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 91,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi dell'articolo 3, lettera d), della direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile costituisce un'azione prioritaria («azione prioritaria eCall») per l'elaborazione e l'utilizzo di specifiche e norme.
(2)
Ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 2010/40/UE, la Commissione deve adottare atti delegati per quanto riguarda le specifiche necessarie ad assicurare la compatibilità, l'interoperabilità e la continuità per la diffusione e l'utilizzo operativo dei sistemi di trasporto intelligenti («ITS») per le azioni prioritarie.
(3)
Il regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione (4) stabilisce le specifiche per l'adeguamento dell'infrastruttura dei centri di raccolta delle chiamate di emergenza (PSAP) necessario per ricevere e gestire in modo adeguato le eCall utilizzando il 112, al fine di garantire la compatibilità, l'interoperabilità e la continuità del servizio eCall armonizzato su tutto il territorio dell'Unione europea.
(4)
Ai sensi della direttiva 2010/40/UE, al più tardi dodici mesi dopo la data di adozione del regolamento delegato (UE) n. 305/2013, la Commissione deve presentare, se del caso, dopo aver effettuato una valutazione di impatto corredata di un'analisi costi-benefici, una proposta al Parlamento europeo e al Consiglio conformemente all'articolo 294 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea per lo sviluppo dell'azione prioritaria eCall conformemente alle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013.
(5)
Ci si aspetta che, riducendo i tempi di risposta dei servizi di pronto intervento, l'introduzione in tutto il territorio dell'Unione del servizio eCall interoperabile permetta di ridurre il numero di vittime e la gravità delle lesioni negli incidenti stradali nell'Unione. Il servizio eCall interoperabile in tutto il territorio dell'Unione dovrebbe inoltre garantire risparmi alla società, migliorando la gestione degli incidenti e riducendo la congestione sulle strade e gli incidenti secondari.
(6)
Al fine di garantire pienamente la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità del servizio in tutto il territorio dell'Unione e di ridurre i costi di attuazione per l'Unione europea nel suo insieme, tutti gli Stati membri dovrebbero realizzare l'azione prioritaria eCall conformemente alle specifiche comuni stabilite nel regolamento delegato (UE) n. 305/2013. Ciò non dovrebbe pregiudicare il diritto di ciascuno Stato membro di sviluppare strumenti tecnici aggiuntivi per gestire altre chiamate di emergenza.
(7)
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i dati trasmessi attraverso il servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione.
(8)
Come ha dimostrato l'esperienza con altri sistemi di chiamate di emergenza, le chiamate eCall attivate manualmente possono comprendere un certo numero di chiamate di richiesta di assistenza. Se necessario, gli Stati membri dovrebbero poter attuare ogni idonea misura tecnica e organizzativa per filtrare tali chiamate di richiesta di assistenza al fine di assicurare che gli PSAP per il servizio eCall gestiscano solo le chiamate di emergenza effettive.
(9)
Poiché non tutti i cittadini dell'Unione hanno familiarità con l'utilizzo del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione, la sua diffusione dovrebbe essere preceduta da una campagna di sensibilizzazione, sostenuta dalla Commissione, volta a illustrare ai cittadini i vantaggi, le funzionalità e le garanzie in materia di protezione dei dati che caratterizzano il nuovo sistema. Detta campagna dovrebbe aver luogo negli Stati membri e dovrebbe prefiggersi di informare gli utenti su come utilizzare il sistema in modo corretto ed evitare i falsi allarmi.
(10)
In linea con le raccomandazioni formulate dal gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali («Gruppo dell'articolo 29 per la tutela dei dati») nel suo «Documento di lavoro sulle implicazioni in materia di protezione dei dati e rispetto della privacy dell'iniziativa eCall», adottato il 26 settembre 2006, nel predisporre l'infrastruttura per gli PSAP per il servizio eCall, gli Stati membri devono provvedere affinché il trattamento di dati personali nel quadro della gestione delle chiamate eCall rispetti pienamente le norme per la protezione dei dati personali di cui alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) nonché alla direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6).
(11)
Dato che le eCall sono chiamate d'emergenza, secondo la definizione di cui al regolamento delegato (UE) n. 305/2013, la gestione di tali chiamate dovrebbe essere gratuita per gli utenti del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione.
(12)
In funzione dell'organizzazione della gestione delle chiamate di emergenza in ciascuno Stato membro, tali chiamate di emergenza possono inizialmente essere ricevute sotto la responsabilità di un'autorità pubblica o di un organismo privato riconosciuto dallo Stato membro interessato. In particolare, le chiamate eCall possono essere trattate in modo diverso, a seconda del tipo di attivazione dell'eCall (manuale o automatico).
(13)
Conformemente alle procedure nazionali determinate dall'autorità nazionale interessata, i dati possono essere trasmessi a servizi associati, definiti come organismi pubblici o privati riconosciuti dalle autorità nazionali, che svolgono un ruolo nella gestione degli incidenti oggetto di eCall (inclusi operatori stradali e servizi di assistenza), ai quali si applicano le stesse norme sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati applicabili ai PSAP per il servizio eCall.
(14)
Poiché gli obiettivi della presente decisione, vale a dire assicurare la diffusione coordinata e coerente in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile e garantire la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità del servizio in tutta Europa, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e/o dal settore privato ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. Gli Stati membri sviluppano sul proprio territorio, almeno sei mesi prima della data di applicazione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo e che modifica la direttiva 2007/46/CE, e comunque non oltre il 1o ottobre 2017, l' infrastruttura PSAP per il servizio eCall essenziale per ricevere e gestire in modo adeguato tutte le eCall, se necessario filtrando le chiamate non di emergenza, in conformità delle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013, al fine di assicurare la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità in tutto il territorio dell'Unione europea del servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile.
2. Il paragrafo 1 non pregiudica la facoltà di ciascuno Stato membro di organizzare i suoi servizi di pronto intervento nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi e più consono alle proprie esigenze, compresa la capacità di respingere le chiamate che non siano di emergenza, in particolare quelle attivate manualmente, che non possano essere gestite dagli PSAP per eCall.
Il presente paragrafo e il paragrafo 1 non pregiudicano il diritto di ciascuno Stato membro di consentire ad organismi privati da esso riconosciuti di ricevere e gestire tutte o parte delle chiamate eCall, in conformità alle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013.
3. Gli Stati membri provvedono a che i dati trasmessi attraverso il servizio eCall siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione.
Articolo 2
Gli Stati membri assicurano che la gestione delle chiamate eCall sia gratuita per gli utenti del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione.
Articolo 3
Entro il 24 dicembre 2015, gli Stati membri presentano una relazione alla Commissione sullo stato di attuazione della decisione stessa. In tali relazioni essi riportano quantomeno l'elenco delle autorità alle quali è affidata la valutazione della conformità del funzionamento dei PSAP per il servizio eCall ai requisiti di cui all'articolo 3 del regolamento delegato (UE) n. 305/2013, l'elenco e la copertura geografica di PSAP per il servizio eCall, la descrizione delle prove di conformità e dei protocolli sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati.
Articolo 4
Gli Stati membri garantiscono che le chiamate eCall possano essere effettuate da qualsiasi punto del loro rispettivo territorio, purché sia disponibile almeno una rete pubblica di comunicazione mobile senza fili.
Articolo 5
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 6
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 341 del 21.11.2013, pag. 47.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'8 maggio 2014.
(3) Direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (GU L 207 del 6.8.2010, pag. 1).
(4) Regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione, del 26 novembre 2012, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile (GU L 91 del 3.4.2013, pag. 1).
(5) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(6) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali ed alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Servizi di emergenza dell’Unione europea: presentazione dell’infrastruttura eCall
La presente decisione fa appello ai paesi dell’Unione europea (UE) affinché sviluppino l’infrastruttura eCall (sistema di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli) essenziale per la gestione di tutte le eCall non oltre il 1o ottobre 2017.
ATTO
Decisione n. 585/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla diffusione in tutto il territorio dell’Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile.
SINTESI
La presente decisione fa appello ai paesi dell’Unione europea (UE) affinché sviluppino l’infrastruttura eCall (sistema di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli) essenziale per la gestione di tutte le eCall non oltre il 1o ottobre 2017.
Nello specifico, la decisione fissa una scadenza per il suo sviluppo ad almeno sei mesi prima della data di applicazione del regolamento relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo (autovetture private e veicoli commerciali leggeri).
L’infrastruttura eCall comprende dei call center, o PSAP (centri di raccolta delle chiamate di emergenza), che riceveranno e gestiranno le eCall utilizzando il numero di emergenza europeo 112.
La decisione riconosce inoltre il diritto di ciascun paese dell’UE di:
organizzare i suoi servizi eCall nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi e più consono alle proprie esigenze, compresa la capacità di respingere le chiamate che non siano di emergenza ricevute dai suoi PSAP;
consentire ad organismi privati da esso riconosciuti di ricevere e gestire le chiamate eCall.
Protezione dei dati e tutela della vita privata
I paesi dell’UE devono inoltre garantire che:
i dati trasmessi attraverso il servizio eCall siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione (non siano usati, ad esempio, per tracciare un veicolo al di fuori di situazioni di emergenza);
la gestione delle chiamate eCall sia gratuita per gli utenti del servizio in tutto il territorio dell’Unione;
entro il 24 dicembre 2015, essi presenteranno una relazione alla Commissione europea sullo stato di attuazione della decisione stessa: ad esempio, un elenco delle autorità alle quali è affidata la valutazione dei PSAP per il servizio eCall, un elenco e la copertura geografica dei PSAP, una descrizione delle prove di conformità e dei protocolli sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati;
le chiamate eCall possano essere effettuate da qualsiasi punto del loro rispettivo territorio, purché sia disponibile almeno una rete pubblica di comunicazione mobile senza fili.
La presente decisione entra in vigore il 23 giugno 2014.
Che cos’è eCall?
eCall compone automaticamente il 112 in caso di grave incidente stradale e comunica la posizione del veicolo ai servizi di emergenza. Il sistema può anche essere attivato manualmente.
Le chiamate eCall dovrebbero velocizzare i tempi di risposta dei servizi di emergenza fino al 60 % nelle zone urbane e fino al 50 % in quelle rurali, salvando centinaia di vite all’anno in Europa. Il servizio ridurrà inoltre la gravità delle lesioni provocate dagli incidenti stradali in decine di migliaia di casi e taglierà i costi legati alla congestione del traffico.
Gli incidenti stradali nell’UE hanno provocato 28 000 morti e 1,5 milioni di feriti nel 2012.
Per ulteriori informazioni
Comunicato stampa
Sito Internet dell’agenda digitale
Sito Internet della direzione generale per le Imprese e l’industria della Commissione europea
Sito Internet della direzione generale della Mobilità e dei trasporti della Commissione europea
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione n. 585/2014/UE
23.6.2014
-
GU L 164 del 3.6.2014, pag. 6
ATTI COLLEGATI
Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo e che modifica la direttiva 2007/46/CE [COM(2013) 316 final del 13.6.2013]
Raccomandazione 2011/750/UE della Commissione, dell’8 settembre 2011, relativa al sostegno a un servizio eCall su scala UE nelle reti di comunicazione elettronica per la trasmissione da veicoli di chiamate di emergenza basate sul 112 (chiamate eCall) [GU L 303 del 22.11.2011, pag. 46]
Regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione, del 26 novembre 2012, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell’Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile [GU L 91 del 3.4.2013, pag. 1] |
Usare le tecnologie dell’informazione per migliorare la qualità della vita degli anziani
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione n. 554/2014/UE relativa alla partecipazione dell’Unione europea (UE) al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma, si basa sui risultati del precedente programma istituito nel 2008. Il programma è finanziato con il bilancio della Commissione europea per Orizzonte 2020 e i contributi finanziari dei diciassette stati partecipanti.
Qualsiasi Stato membro o qualsiasi altro paese associato ad Orizzonte 2020, può presentare domanda per partecipare al programma, purché provveda ai necessari contributi finanziari.
L’obiettivo principale del programma è quello di trovare soluzioni innovative basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per l’invecchiamento attivo e in buona salute, a casa, migliorando così la qualità della vita, l’autonomia, e contribuendo ad aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e sociale. Si prevede che tali soluzioni basate sulle TIC possano contribuire al raggiungimento dell’obiettivo dell’UE di aumentare di due anni la speranza di vita in buona salute dei cittadini entro il 2020.
PUNTI CHIAVE
ScopiAccelerare lo sviluppo e l’uso di soluzioni innovative basate sulle TIC a prezzi accessibili consentendo l’invecchiamento attivo e sano a casa, al lavoro e nella comunità, includendo le applicazioni per la salute e l’assistenza sociale. Sostenere lo sviluppo di soluzioni con una componente TIC che non riduca i contatti umani, ma sia complementare ad essi al fine di garantire che le persone anziane non si sentano isolate e rimangano autonomi e indipendenti. Sviluppare soluzioni ad alta efficienza energetica a e vantaggiose in termini di costi che tengano conto di aspetti quali i fattori socio-economici e di genere.Attuazione
Il programma viene attuato da Ambient Assisted Living (AAL), un’associazione internazionale senza scopo di lucro di diritto belga. AAL gestisce il contributo finanziario dell’Unione e garantisce un’attuazione efficiente del programma.
Programmi di lavoro annuali
Ogni anno viene concordato un programma di lavoro che viene approvato dalla Commissione europea. Questo programma individua i temi degli inviti a presentare proposte e i moduli per i finanziamenti disponibili.
Inviti a presentare proposte
Essi vengono pubblicati sul portale unico dei partecipanti, il portale dedicato ai bandi e ai finanziamenti. Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma AAL dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
Contributo finanziario
Il contributo finanziario dell’UE a copertura dei costi amministrativi e operativi del programma AL è pari a 175 milioni di euro.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 27 giugno 2014.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione n. 554/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa alla partecipazione dell’Unione al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma avviato congiuntamente da più Stati membri (GU L 169 del 7.6.2014, pag. 14). | DECISIONE N. 554/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
relativa alla partecipazione dell’Unione al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma avviato congiuntamente da più Stati membri
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 185 e l’articolo 188, secondo comma,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Nella comunicazione del 3 marzo 2010 dal titolo "Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" ("strategia Europa 2020"), la Commissione mette in evidenza la necessità di creare condizioni favorevoli agli investimenti nella conoscenza e nell’innovazione in modo da conseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’Unione. Sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno approvato tale strategia.
(2)
Il regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) ha istituito il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 ("Orizzonte 2020"). Orizzonte 2020 intende aumentare l’impatto della ricerca e dell’innovazione contribuendo a rafforzare i partenariati pubblico-pubblico, anche attraverso la partecipazione dell’Unione ai programmi avviati da più Stati membri conformemente all’articolo 185 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(3)
I partenariati pubblico-pubblico dovrebbero mirare allo sviluppo di sinergie più strette, a un maggiore coordinamento e ad evitare inutili duplicazioni con i programmi di ricerca dell’Unione, internazionali, nazionali e regionali, e dovrebbero rispettare appieno i principi generali di Orizzonte 2020, in particolare quelli riguardanti l’apertura e la trasparenza. Inoltre, dovrebbe essere assicurato l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche.
(4)
La decisione n. 742/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) prevede un contributo finanziario della Comunità al programma comune di ricerca e sviluppo "Ambient Assisted Living" (Domotica per categorie deboli, "programma comune AAL") di importo pari a quello degli Stati membri, ma non superiore a 150 000 000 EUR per la durata del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), istituito con la decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(5)
Nel dicembre 2012 la Commissione ha trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla valutazione intermedia, condotta da un gruppo di esperti, del programma comune AAL. In generale, il gruppo di esperti ha espresso il parere che il programma comune AAL abbia registrato risultati positivi e importanti progressi nel conseguimento dei suoi obiettivi e che sia quindi opportuno un suo proseguimento anche oltre l’attuale periodo di finanziamento. Il gruppo di esperti ha rilevato tuttavia alcune carenze, in particolare la necessità di un maggiore coinvolgimento degli utenti nei progetti fin dalle primissime fasi e di ulteriori miglioramenti nelle prestazioni operative per quanto riguarda i tempi per la firma dei contratti e per i pagamenti.
(6)
La valutazione intermedia del 2010 e il processo di consultazione del 2012 hanno evidenziato la diversità degli strumenti finanziari, delle regole di ammissibilità e dei sistemi di rimborso. Gli Stati partecipanti, tramite l’assemblea generale dell’Ambient Assisted Living, potrebbero riflettere su tale questione e promuovere lo scambio di buone pratiche.
(7)
Nella comunicazione del 12 ottobre 2006 dal titolo "Il futuro demografico dell’Europa, trasformare una sfida in un’opportunità", la Commissione ha sottolineato che l’invecchiamento demografico è una delle maggiori sfide che dovranno affrontare tutti gli Stati membri e che un ricorso maggiore alle nuove tecnologie potrebbe contribuire a contenere i costi, accrescere il benessere e promuovere la partecipazione attiva degli anziani alla società, migliorando nel contempo anche la competitività dell’economia dell’Unione.
(8)
Nell’ambito dell’iniziativa emblematica "L’Unione dell’innovazione" della strategia Europa 2020, la Commissione ha individuato nell’invecchiamento della popolazione una delle sfide per la società in cui i progressi dell’innovazione possono svolgere un ruolo importante e dare impulso alla competitività, consentire alle imprese europee di essere all’avanguardia nello sviluppo di nuove tecnologie, di crescere e di assumere un ruolo di punta a livello mondiale sui nuovi mercati in crescita, migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici così da contribuire a creare un gran numero di posti di lavoro di qualità.
(9)
Nell’Unione sono circa 20 milioni le persone che svolgono "lavori in camice bianco" nel settore sanitario e nel settore dei servizi sociali, una cifra che dovrebbe aumentare nei prossimi anni a causa dell’invecchiamento della popolazione. La formazione e l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita dovrebbero essere una priorità centrale in questo delicato settore. È quindi opportuno valutare con maggiore precisione le esigenze in materia di lavori in camice bianco e di investimenti nelle competenze moderne, come l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione.
(10)
Nella comunicazione del 19 maggio 2010 dal titolo "Un’agenda digitale europea", la Commissione ha proposto di rafforzare il programma comune AAL per contribuire ad affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione.
(11)
Nella comunicazione del 29 febbraio 2012 dal titolo "Portare avanti il piano strategico di attuazione del partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute", la Commissione ha proposto di tener conto delle pertinenti priorità individuate dal piano strategico di attuazione nel predisporre i futuri programmi e strumenti di lavoro nell’ambito della ricerca e dell’innovazione che fanno parte di Orizzonte 2020. La Commissione ha inoltre proposto di tener conto del contributo che il programma comune AAL può apportare al partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute.
(12)
All’interno del partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute, istituito nel l’ambito della "Unione dell’innovazione", le soluzioni innovative basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) dovrebbero svolgere un ruolo importante per conseguire l’obiettivo di aumentare di due anni la speranza di vita in buona salute dei cittadini entro il 2020 e di migliorare la loro qualità della vita e l’efficienza dei sistemi di assistenza nell’Unione. Il piano strategico di attuazione stabilisce le priorità per accelerare e ampliare l’innovazione nel campo dell’invecchiamento attivo e in buona salute in tutta l’Unione, nei tre seguenti settori: prevenzione e promozione della salute; assistenza e cure; vita indipendente e inclusione sociale.
(13)
Poiché i sistemi TIC trattano una grande quantità di profili e dati personali e operano attraverso la comunicazione in tempo reale, comportando quindi un rischio elevato di violazione della sicurezza dei dati, è opportuno tenere conto degli aspetti relativi alla protezione dei dati. Si dovrebbe inoltre rispettare il diritto alla riservatezza.
(14)
È opportuno che il programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma ("programma AAL") porti avanti i risultati ottenuti grazie al precedente programma e colmi le sue lacune, incoraggiando una partecipazione sufficiente degli utenti ai progetti fin dalla fase iniziale, per garantire che le soluzioni sviluppate siano accettabili e rispondano a esigenze specifiche degli utenti, nonché garantendo una migliore attuazione del programma AAL.
(15)
L’attuazione del programma AAL dovrebbe tenere conto di una definizione ampia di innovazione, che comprenda gli aspetti organizzativi, afferenti alle imprese, tecnologici, sociali e ambientali. Dovrebbe inoltre garantire un approccio multidisciplinare e l’integrazione delle scienze sociali e umanistiche all’interno del programma AAL.
(16)
Le attività del programma AAL dovrebbero essere in linea con gli obiettivi e le priorità di ricerca e innovazione di Orizzonte 2020 e con i principi e le condizioni generali di cui all’articolo 26 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
(17)
È opportuno stabilire un massimale per la partecipazione finanziaria dell’Unione al programma AAL per la durata di Orizzonte 2020. Al fine di conseguire un forte effetto di leva e assicurare il coinvolgimento attivo degli Stati partecipanti nella realizzazione degli obiettivi del programma AAL, la partecipazione finanziaria dell’Unione al programma AAL non dovrebbe superare il contributo finanziario degli Stati partecipanti per la durata di Orizzonte 2020.
(18)
Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma AAL dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
(19)
Conformemente agli obiettivi del regolamento (UE) n. 1291/2013, qualsiasi Stato membro e paese associato a Orizzonte 2020 dovrebbe avere il diritto di partecipare al programma AAL in qualsiasi momento adeguato.
(20)
Al fine di garantire che l’impegno finanziario dell’Unione corrisponda a quello degli Stati partecipanti, è opportuno che il contributo finanziario dell’Unione sia subordinato all’assunzione di impegni formali da parte degli Stati partecipanti prima dell’avvio del programma AAL, nonché al loro adempimento. Il contributo degli Stati partecipanti al programma AAL dovrebbe comprendere le spese amministrative sostenute a livello nazionale per l’efficace funzionamento del programma AAL.
(21)
L’attuazione comune del programma AAL richiede una struttura esecutiva. Gli Stati partecipanti hanno approvato la struttura esecutiva del programma AAL e hanno istituito, nel 2007, l’associazione AAL "Ambient Assisted Living" aisbl, un’associazione internazionale senza scopo di lucro con personalità giuridica di diritto belga ("associazione AAL"). Dato che, secondo la relazione sulla valutazione intermedia, l’attuale struttura di governance del programma comune AAL si è dimostrata efficiente e di buona qualità, è opportuno continuare a utilizzare l’associazione AAL come struttura esecutiva, con la funzione di organo di assegnazione e monitoraggio del programma AAL. L’associazione AAL dovrebbe gestire il contributo finanziario dell’Unione e garantire un’attuazione efficiente del programma AAL.
(22)
Al fine di conseguire gli obiettivi del programma AAL, è opportuno che l’associazione AAL eroghi il sostegno finanziario principalmente sotto forma di sovvenzioni ai partecipanti per le azioni da essa selezionate. È opportuno che tali azioni vengano selezionate a seguito di inviti a presentare proposte sotto la responsabilità dell’associazione AAL, che dovrebbe essere assistita da esperti esterni indipendenti. La graduatoria dovrebbe essere vincolante per quanto riguarda la selezione delle proposte e l’assegnazione dei finanziamenti provenienti dal contributo finanziario dell’Unione e dai bilanci nazionali per i progetti del programma AAL.
(23)
È opportuno che il contributo finanziario dell’Unione sia gestito conformemente al principio della sana gestione finanziaria e alle norme in materia di gestione indiretta di cui al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e al regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (7).
(24)
Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione dovrebbe, mediante misure proporzionate, disporre della facoltà di ridurre, sospendere o sopprimere il contributo finanziario dell’Unione se il programma AAL è attuato in maniera inadeguata, parziale o tardiva, o se gli Stati partecipanti non contribuiscono o contribuiscono solo parzialmente o in ritardo al finanziamento del programma AAL. È opportuno che tali diritti siano previsti nell’accordo di delega da concludere tra l’Unione e l’associazione AAL.
(25)
Ai fini della semplificazione, si dovrebbero ridurre gli oneri amministrativi per tutte le parti. È opportuno evitare la duplicazione degli audit e documentazione e relazioni sproporzionate. Nello svolgimento degli audit è opportuno tenere conto, se del caso, delle specificità dei programmi nazionali.
(26)
La partecipazione ad azioni indirette finanziate nell’ambito del programma AAL è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). Tuttavia, a causa di specifiche esigenze operative del programma AAL è necessario prevedere deroghe al regolamento in conformità dell’articolo 1, paragrafo 3, di tale regolamento.
(27)
Gli inviti a presentare proposte dell’associazione AAL dovrebbero altresì essere pubblicati sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di divulgazione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
(28)
Sono necessarie deroghe specifiche al regolamento (UE) n. 1290/2013 in quanto il programma AAL è concepito come un programma per la ricerca e l’innovazione orientato al mercato, in cui confluiscono diverse risorse nazionali di finanziamento (come i programmi di finanziamento per la ricerca e l’innovazione, la sanità e l’industria). Tali programmi nazionali hanno, per loro natura, regole di partecipazione diverse e non è possibile un allineamento totale con il regolamento (UE) n. 1290/2013. Inoltre, il programma AAL si concentra in particolare sulle piccole e medie imprese e le organizzazioni di utenti che in genere non partecipano alle attività di ricerca e innovazione dell’Unione. Per facilitare la partecipazione di queste imprese e organizzazioni, il contributo finanziario dell’Unione viene erogato in conformità delle regole già note dei programmi di finanziamento nazionali e attuato mediante una sovvenzione unica che comprende il finanziamento dell’Unione e quello nazionale corrispondente.
(29)
È opportuno che gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati in tutto il ciclo di spesa attraverso misure proporzionate, compresi la prevenzione, l’individuazione e l’investigazione degli illeciti, il recupero dei finanziamenti perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
(30)
È opportuno che la Commissione effettui, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia, in particolare sulla qualità e l’efficienza del programma AAL e sui progressi compiuti verso gli obiettivi stabiliti, nonché una valutazione finale e che, sulla base di tali valutazioni, rediga una relazione.
(31)
La valutazione dovrebbe basarsi su informazioni precise ed aggiornate. Su richiesta della Commissione, l’associazione AAL e gli Stati partecipanti dovrebbero fornire le informazioni necessarie alla Commissione per includerle nelle relazioni sulla valutazione del programma AAL.
(32)
Le azioni previste nell’ambito del programma AAL dovrebbero contribuire a rafforzare i sistemi sanitari e assistenziali pubblici europei, dal momento che costituiscono strumenti fondamentali per sostenere il benessere sociale e ridurre le disparità in termini di benessere tra regioni e fasce della popolazione, che si stanno accentuando in modo preoccupante a causa dell’attuale crisi economica e sociale.
(33)
È opportuno che il programma AAL garantisca l’efficace promozione della parità di genere, come sancito da Orizzonte 2020. Il programma AAL dovrebbe promuovere la parità di genere e la dimensione di genere nei contenuti della ricerca e dell’innovazione. È opportuno prestare particolare attenzione all’equilibrio di genere, in funzione della situazione nel settore, in seno ai comitati di valutazione e agli organismi quali i gruppi consultivi e i gruppi di esperti. La dimensione di genere dovrebbe essere adeguatamente integrata nei contenuti della ricerca e dell’innovazione a livello di strategie, programmi e progetti, e seguita in tutte le fasi del ciclo di ricerca.
(34)
Il programma AAL dovrebbe rispettare i principi etici sanciti da Orizzonte 2020. È opportuno prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità, al diritto alla riservatezza, al diritto alla protezione dei dati personali, al diritto all’integrità fisica e mentale, al diritto alla non discriminazione e all’esigenza di garantire elevati livelli di protezione della salute umana.
(35)
Poiché gli Stati partecipanti hanno deciso di continuare il programma AAL e poiché gli obiettivi della presente decisione, segnatamente il sostegno e l’integrazione dirette delle politiche dell’Unione nel campo dell’invecchiamento attivo e in buona salute, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata dell’azione, possono essere conseguiti meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Partecipazione al programma AAL
1. L’Unione partecipa al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma ("programma AAL") avviato congiuntamente da Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria ("Stati partecipanti"), alle condizioni di cui alla presente decisione.
2. Qualsiasi Stato membro diverso rispetto a quelli elencati al paragrafo 1 e qualsiasi altro paese associato ad Orizzonte 2020, può in qualsiasi momento presentare domanda per partecipare al programma AAL, a condizione di soddisfare la condizione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della presente decisione. Ai fini della presente decisione, se essi soddisfano la condizione prevista all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), sono considerati quale Stato partecipante.
Articolo 2
Contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione a copertura dei costi amministrativi ed operativi del programma AAL è pari a 175 000 000 EUR. Il contributo finanziario dell’Unione proviene dagli stanziamenti iscritti nel bilancio generale dell’Unione assegnati alle parti pertinenti del programma specifico di attuazione di Orizzonte 2020, istituito dalla decisione 2013/743/UE del Consiglio (9) conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto vi), e agli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
2. L’impegno finanziario annuale dell’Unione al programma AAL non supera quello degli Stati partecipanti.
3. Un importo non superiore al 6 % del contributo finanziario dell’Unione, di cui al paragrafo 1, è utilizzato per contribuire ai costi amministrativi del programma AAL.
Articolo 3
Condizioni del contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione è subordinato alle seguenti condizioni:
a)
la dimostrazione, da parte degli Stati partecipanti, dell’istituzione del programma AAL conformemente agli allegati I e II;
b)
la designazione, da parte degli Stati partecipanti o delle organizzazioni da essi designate, dell’associazione AAL, come struttura incaricata dell’attuazione del programma AAL e dell’assegnazione e monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione;
c)
l’impegno, da parte di ciascuno Stato partecipante, a contribuire al finanziamento del programma AAL;
d)
la dimostrazione, da parte dell’associazione AAL, della sua capacità di attuare il programma AAL, compresi l’assegnazione e il monitoraggio del contributo dell’Unione nell’ambito della gestione indiretta del bilancio dell’Unione a norma degli articoli 58, 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
e)
l’istituzione di un modello di governance del programma AAL in conformità dell’allegato III.
2. Nel corso dell’attuazione del programma AAL, il contributo finanziario dell’Unione è inoltre subordinato alle seguenti condizioni:
a)
l’attuazione da parte dell’associazione AAL degli obiettivi del programma AAL indicati all’allegato I e delle attività indicate all’allegato II della presente decisione, conformemente al regolamento (UE) n. 1290/2013, alle condizioni di cui all’articolo 5 della presente decisione;
b)
il mantenimento di un modello di governance appropriato ed efficiente, conformemente all’allegato III;
c)
il rispetto da parte dell’associazione AAL degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
d)
l’osservanza degli impegni assunti da parte di ogni Stato partecipante di cui al paragrafo 1, lettera c) e degli impegni annuali di contribuire al finanziamento del programma AAL.
Articolo 4
Contributi degli Stati partecipanti
I contributi degli Stati partecipanti consistono in:
a)
contributi finanziari alle azioni indirette sostenute nell’ambito del programma AAL in conformità dell’allegato II;
b)
contributi in natura corrispondenti ai costi amministrativi sostenuti dalle amministrazioni nazionali nell’attuazione effettiva del programma AAL in conformità all’allegato II.
Articolo 5
Regole di partecipazione e diffusione
1. Ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) n. 1290/2013, l’associazione AAL è considerata un organismo di finanziamento ed eroga un sostegno finanziario alle azioni indirette conformemente all’allegato II della presente decisione.
2. In deroga all’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1290/2013, la capacità finanziaria dei richiedenti è verificata dall’organismo di gestione del programma nazionale designato in conformità delle regole di partecipazione ai programmi nazionali designati.
3. In deroga all’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1290/2013, le convenzioni di sovvenzione con i partecipanti sono stipulate dall’agenzia di gestione del programma nazionale designata.
4. In deroga all’articolo 23, paragrafo 1 e paragrafi da 5 a 7, e agli articoli da 25 a 35 del regolamento (UE) n. 1290/2013, le norme di finanziamento dei programmi nazionali designati si applicano alle sovvenzioni gestite dalle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali.
5. In deroga agli articoli da 41 a 49 del regolamento (UE) n. 1290/2013, si applicano le norme dei programmi nazionali designati che disciplinano i risultati, i diritti di accesso alle conoscenze preesistenti e ai risultati, fatto salvo il principio di accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche di cui all’articolo 18 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
Articolo 6
Attuazione del programma AAL
Il programma AAL è attuato in base a una strategia attuata mediante programmi di lavoro annuali conformemente all’allegato II.
Articolo 7
Accordi tra l’Unione e l’associazione AAL
1. Fatta salva una valutazione ex-ante positiva dell’associazione AAL ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, la Commissione, a nome dell’Unione, stipula con l’associazione AAL un accordo di delega e accordi annuali di trasferimento di fondi.
2. L’accordo di delega di cui al paragrafo 1 è concluso a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e degli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché dell’articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012. Tale accordo precisa:
a)
i requisiti per il contributo dell’associazione AAL per quanto riguarda gli indicatori pertinenti tra quelli di prestazione di cui all’allegato II della decisione 2013/743/UE;
b)
i requisiti del contributo dell’associazione AAL per quanto riguarda il monitoraggio previsto dalla decisione 2013/743/UE del Consiglio;
c)
gli indicatori di prestazione specifici necessari per il monitoraggio del funzionamento dell’associazione AAL a norma dell’articolo 3, paragrafo 2;
d)
le modalità di fornitura dei dati e delle informazioni necessari a consentire alla Commissione di adempiere i propri obblighi di divulgazione e di relazione;
e)
le disposizioni per la pubblicazione degli inviti a presentare proposte da parte dell’associazione AAL, in particolare sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di divulgazione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
Articolo 8
Soppressione, riduzione o sospensione del contributo finanziario dell’Unione
1. Qualora il programma AAL non sia attuato conformemente alle condizioni di cui all’articolo 3, la Commissione può sopprimere, ridurre proporzionalmente o sospendere il contributo finanziario dell’Unione, in funzione del grado di attuazione del programma AAL.
2. Qualora gli Stati partecipanti non contribuiscano o contribuiscano in maniera parziale o tardiva al finanziamento del programma AAL, la Commissione può sopprimere, ridurre proporzionalmente o sospendere il contributo finanziario dell’Unione tenendo conto dell’importo del finanziamento allocato dagli Stati partecipanti per l’attuazione del programma AAL.
Articolo 9
Audit ex post
1. Le agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali effettuano audit ex post delle spese relative alle azioni indirette, a norma dell’articolo 29 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
2. La Commissione può decidere di effettuare essa stessa gli audit di cui al paragrafo 1. In tal caso, essa agisce conformemente alle norme applicabili, in particolare alle disposizioni dei regolamenti (UE, Euratom) n. 966/2012, (UE) n. 1290/2013 e(UE) n. 1291/2013.
Articolo 10
Tutela degli interessi finanziari dell’Unione
1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nell’esecuzione delle azioni finanziate ai sensi della presente decisione, gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero delle somme indebitamente versate e, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può svolgere indagini, inclusi controlli e ispezioni in loco, nel rispetto delle disposizioni e delle modalità previste dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 (10) del Consiglio e dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), al fine di stabilire se vi sia stata frode, corruzione o qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione in relazione ad una convenzione di sovvenzione o ad una decisione di sovvenzione o a un contratto finanziati ai sensi della presente decisione.
3. I contratti, le convenzioni di sovvenzione e le decisioni di sovvenzione risultanti dall’applicazione della presente decisione contengono disposizioni che autorizzano espressamente la Commissione, l’associazione AAL, la Corte dei conti e l’OLAF a svolgere tali audit e indagini, nei limiti delle rispettive competenze.
4. L’associazione AAL concede al personale della Commissione e ad altre persone autorizzate dalla Commissione e dalla Corte dei conti, l’accesso alle proprie sedi e ai propri locali, nonché a tutte le informazioni, anche in formato elettronico, necessarie per lo svolgimento degli audit di cui al paragrafo 3.
5. Nell’attuazione del programma AAL, gli Stati partecipanti adottano le disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o di altra natura necessarie a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, a garantire il recupero integrale di qualunque importo di cui l’Unione sia creditrice, a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. Su richiesta della Commissione, l’associazione AAL trasmette alla Commissione tutte le informazioni necessarie per l’elaborazione delle relazioni di cui all’articolo 12.
2. Gli Stati partecipanti presentano, tramite l’associazione AAL, le pertinenti informazioni richieste dal Parlamento europeo o dal Consiglio in merito alla gestione finanziaria del programma AAL.
3. La Commissione comunica le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo nelle relazioni di cui all’articolo 12.
Articolo 12
Valutazione
1. Entro il 30 giugno 2017 la Commissione effettua, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia del programma AAL. La Commissione redige una relazione su tale valutazione che include le conclusioni della stessa e le osservazioni della Commissione. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2017. I risultati della valutazione intermedia del programma AAL sono tenuti in considerazione nella valutazione intermedia di Orizzonte 2020.
2. Al termine della partecipazione dell’Unione al programma AAL, ma non oltre il 31 dicembre 2022, la Commissione effettua una valutazione finale del programma. La Commissione redige una relazione su tale valutazione che deve includere i risultati della valutazione. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) Parere del 10 dicembre 2013 [(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale)].
(2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 [(non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale)] e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014.
(3) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014–2020) - Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104).
(4) Decisione n. 742/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa alla partecipazione della Comunità a un programma di ricerca e sviluppo avviato da vari Stati membri per il miglioramento della qualità della vita degli anziani attraverso l'uso di nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (GU L 201 del 30.7.2008, pag. 49).
(5) Decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (GU L 412 del 30.12.2006, pag. 1).
(6) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(7) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell'ambito del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 81).
(9) Decisione 2013/743/UE del Consiglio, del 3 dicembre 2013, che stabilisce il programma specifico di attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga le decisioni 2006/971/CE, 2006/972/CE, 2006/973/CE, 2006/974/CE e 2006/975/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 965).
(10) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
(11) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
ALLEGATO I
OBIETTIVI DEL PROGRAMMA AAL
1.
Il programma AAL persegue i seguenti obiettivi:
1.1.
accelerare l’avvento e l’adozione di soluzioni innovative basate sulle TIC, pertinenti, integrate e a costi accessibili, per l’invecchiamento attivo e in buona salute, a casa, nella comunità o sul lavoro, migliorando così la qualità della vita, l’autonomia, l’inclusione sociale, la partecipazione alla vita sociale, le competenze e l’occupabilità degli adulti più anziani e contribuendo ad aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e sociale;
1.2.
sostenere lo sviluppo di soluzioni che contribuiscano a rendere indipendenti gli adulti più anziani e ad alleviare il loro senso di isolamento sociale, in modo tale che la componente TIC non riduca i contatti umani, ma sia complementare ad essi. Le soluzioni basate sulle TIC finanziate nell’ambito del programma AAL dovrebbero integrare in sede di progettazione gli aspetti che esulano dalle TIC;
1.3.
mantenere e sviluppare ulteriormente una massa critica per la ricerca applicata, lo sviluppo e l’innovazione a livello dell’Unione nel campo dei prodotti e servizi basati sulle TIC per un invecchiamento attivo e sano;
1.4.
sviluppare soluzioni con un buon rapporto costi-benefici, accessibili e, se del caso, efficienti sotto il profilo energetico, definendo anche le relative norme di interoperabilità e promuovendo la localizzazione e l’adattamento di soluzioni comuni che siano compatibili con le diverse preferenze sociali, i fattori socioeconomici (comprese la povertà energetica e l’inclusione sociale), le questioni di genere e i diversi aspetti regolamentari a livello nazionale o regionale, rispettino la vita privata e la dignità degli adulti più anziani, compresa la protezione e la sicurezza dei dati personali mediante l’applicazione di strumenti all’avanguardia per la tutela della vita privata fin dalla fase di progettazione ("privacy-by-design"), e, se del caso, facilitino l’accesso ai servizi nelle zone rurali e periferiche o siano disponibili per altre categorie di persone, come le persone con disabilità. Per migliorare l’accessibilità il concetto di "progettazione universale" (Design for All) sarà promosso nella messa a punto e nella diffusione delle soluzioni.
2.
Il programma AAL crea un ambiente propizio alla partecipazione delle piccole e medie imprese.
3.
Il programma AAL si concentra sulla ricerca applicata e l’innovazione orientate al mercato e integra le relative attività a lungo termine di ricerca e innovazione su ampia scala previste nell’ambito di Orizzonte 2020, nonché altre iniziative europee e nazionali quali le iniziative di programmazione congiunta e le attività intraprese nell’ambito dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia e delle relative comunità della conoscenza e dell’innovazione. Esso contribuisce inoltre all’attuazione del partenariato europeo per l’innovazione sull’invecchiamento attivo e in buona salute.
ALLEGATO II
ATTIVITÀ DEL PROGRAMMA AAL
I. Azioni indirette
1.
L’attuazione del programma AAL sostiene principalmente progetti di ricerca e innovazione per l’invecchiamento attivo e in buona salute orientati al mercato, che dimostrino la capacità di sfruttare i risultati in un arco di tempo realistico; il finanziamento di tali azioni indirette nell’ambito del programma AAL è erogato essenzialmente sotto forma di sovvenzioni, ma può anche avvenire in altri modi, ad esempio attraverso premi, appalti pre-commerciali e appalti pubblici per soluzioni innovative.
2.
Inoltre, possono beneficiare dell’aiuto le azioni rivolte ad attività di intermediazione, promozione del programma, in particolare divulgazione nei confronti dei paesi che non partecipano attualmente al programma AAL, sensibilizzazione nei confronti delle attuali capacità, diffusione di soluzioni innovative e le azioni intese a mettere in relazione le organizzazioni sul versante dell’offerta e della domanda di tali soluzioni e a facilitare l’accesso ai finanziamenti e agli investitori.
3.
Possono essere sostenute anche le azioni dirette a migliorare la qualità delle proposte, gli studi di fattibilità e i seminari. Si può prevedere una collaborazione con le regioni dell’Unione per ampliare il gruppo di soggetti interessati partecipanti al programma AAL.
4.
Le azioni puntano a consolidare e analizzare vari metodi di coinvolgimento degli utenti finali per mettere a punto orientamenti in materia di migliori prassi basati su elementi concreti.
II. Attuazione
1.
Il programma AAL è attuato in base ai programmi di lavoro annuali che individuano le forme di finanziamento e i temi degli inviti a presentare proposte. I programmi di lavoro sono derivati da una strategia, che evidenzia le sfide e le priorità, adottata e pubblicata dall’associazione AAL.
2.
I programmi di lavoro annuali sono approvati dalla Commissione per l’erogazione della partecipazione finanziaria annuale dell’Unione.
3.
L’attuazione del programma AAL prevede consultazioni, anche sulla strategia, delle parti interessate (compresi i responsabili delle decisioni negli enti pubblici, i rappresentanti degli utenti, i fornitori di servizi e assicurazioni privati, nonché il mondo dell’industria, comprese le piccole e medie imprese) in merito alle priorità nella ricerca applicata e nell’innovazione.
4.
L’attuazione del programma AAL tiene conto delle tendenze demografiche e della ricerca demografica onde fornire soluzioni che riflettano la situazione sociale ed economica in tutta l’Unione.
5.
L’attuazione del programma AAL tiene conto delle politiche dell’Unione in materia di industria, clima ed energia. Il programma AAL promuove inoltre l’efficienza energetica e riflette la necessità di affrontare la povertà energetica.
6.
Si tiene adeguatamente conto delle questioni di genere, etiche, relative alle scienze sociali e umane e connesse alla tutela della vita privata, in linea con i principi e le norme di Orizzonte 2020. Si tiene inoltre conto della pertinente legislazione dell’Unione e nazionale e delle linee guida internazionali, in particolare riguardo ai diritti alla riservatezza e alla tutela dei dati.
7.
In linea con la "vicinanza al mercato" che caratterizza il programma AAL e nel rispetto delle norme del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l’associazione AAL assicura tempi di concessione delle sovvenzioni e di pagamento in conformità del regolamento (UE) n. 1290/2013 e garantisce la conformità agli stessi da parte degli Stati partecipanti nel corso dell’attuazione del programma AAL.
8.
Ciascuno Stato partecipante promuove fortemente, fin dalla prima fase di tutti i progetti di ricerca e innovazione, la partecipazione di organizzazioni che rappresentano il versante della domanda, compresi gli utenti finali.
9.
Ciascuno Stato partecipante cofinanzia i propri partecipanti nazionali la cui proposta è stata selezionata per il tramite di agenzie nazionali, le quali inoltre ripartiscono i cofinanziamenti dell’Unione provenienti dalla struttura specifica di esecuzione in base a una descrizione del progetto comune che fa parte di un accordo tra le agenzie di gestione dei programmi nazionali e i rispettivi partecipanti nazionali per ciascun progetto.
10.
Dopo la chiusura di un invito a presentare proposte di progetto, l’associazione AAL procede ad un controllo centrale di ammissibilità in cooperazione con le agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali. Tale controllo è effettuato in base a criteri comuni di ammissibilità al programma AAL pubblicati con l’invito a presentare proposte.
11.
L’associazione AAL, assistita dalle agenzie di gestione dei programmi nazionali, verifica il soddisfacimento di ulteriori criteri nazionali di ammissibilità indicati di volta in volta negli inviti a presentare proposte di progetto.
12.
I criteri di ammissibilità nazionali riguardano esclusivamente lo status giuridico e finanziario dei singoli candidati e non il contenuto della proposta e comprendono i seguenti aspetti:
12.1.
tipo di candidato, compresi status giuridico e finalità;
12.2.
responsabilità e validità, compresi solidità finanziaria, rispetto di obblighi fiscali e sociali.
13.
Le proposte di progetti ammissibili sono valutate dall’associazione AAL con l’assistenza di esperti indipendenti, sulla base di criteri di valutazione comuni e trasparenti fissati nell’invito a presentare proposte; è pubblicato un elenco di progetti in ordine di punteggio. I progetti sono selezionati secondo tale graduatoria e tenendo conto delle risorse disponibili. Tale selezione, una volta adottata dall’assemblea generale dell’associazione AAL, è vincolante per gli Stati partecipanti.
14.
Se un partecipante a un progetto non soddisfa uno o più dei criteri nazionali di ammissibilità o se il corrispondente impegno di bilancio nazionale ha esaurito i fondi, il comitato esecutivo dell’associazione AAL può decidere di effettuare, a livello centrale e con l’assistenza di esperti indipendenti, un’ulteriore valutazione indipendente della proposta in questione che non preveda la partecipazione del candidato in questione o che preveda un altro candidato, come proposto dai partecipanti al progetto.
15.
Le questioni di natura giuridica e finanziaria riguardanti i partecipanti ai progetti selezionati per il finanziamento sono trattate dalle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali, in applicazione delle norme e dei principi amministrativi nazionali vigenti.
ALLEGATO III
GESTIONE DEL PROGRAMMA AAL
La struttura organizzativa del programma AAL è descritta qui di seguito.
1.
L’associazione AAL costituisce la struttura specifica di esecuzione creata dagli Stati membri partecipanti.
2.
L’associazione AAL è responsabile dell’esecuzione di tutte le attività del programma AAL. Rientrano tra i compiti dell’associazione AAL la gestione dei contratti e del bilancio, l’elaborazione dei programmi annuali di lavoro, l’organizzazione degli inviti a presentare proposte nonché la realizzazione della valutazione e della graduatoria delle proposte ammissibili al finanziamento.
3.
L’associazione AAL è inoltre incaricata di sorvegliare i progetti e trasferisce i corrispondenti pagamenti dei contributi dell’Unione alle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali. Essa organizza inoltre attività di divulgazione.
4.
L’associazione AAL è gestita dall’assemblea generale, che è l’organo decisionale del programma AAL. Essa nomina i membri del comitato esecutivo e sovrintende all’attuazione del programma AAL, comprese l’approvazione della strategia e dei programmi di lavoro annuali, l’assegnazione delle risorse nazionali ai progetti e la gestione delle nuove domande di adesione. L’assemblea funziona secondo il principio di un voto per paese. Le decisioni sono adottate a maggioranza semplice, tranne che per le decisioni relative alla successione, all’ammissione o all’esclusione di membri o allo scioglimento dell’associazione AAL, per le quali possono essere definite condizioni di voto particolari nello statuto dell’associazione AAL.
5.
La Commissione partecipa alle riunioni dell’assemblea generale in qualità di osservatore e approva il programma di lavoro annuale. La Commissione è invitata a tutte le riunioni dell’associazione AAL e può prendere parte alle discussioni. La Commissione riceve tutti i documenti distribuiti in relazione all’assemblea generale dell’associazione AAL.
6.
Il comitato esecutivo AAL, costituito da almeno un presidente, un vicepresidente, un tesoriere e un vicetesoriere, è eletto dall’assemblea generale dell’associazione AAL con il compito di esercitare specifiche responsabilità di gestione come la pianificazione finanziaria, l’assunzione del personale e la conclusione di contratti. È il rappresentante legale dell’associazione AAL e rende conto all’assemblea generale.
7.
L’unità di gestione centrale che fa parte dell’associazione AAL ha la responsabilità di gestire a livello centrale l’attuazione del programma AAL, in stretto coordinamento e cooperazione con le agenzie di gestione dei programmi nazionali, che sono autorizzate dagli Stati partecipanti a svolgere attività correlate alla gestione dei progetti e ad aspetti amministrativi e giuridici riguardanti i partecipanti nazionali, nonché a collaborare alla valutazione e alla negoziazione di proposte di progetti. L’unità centrale e le agenzie di gestione dei programmi nazionali lavorano assieme e costituiscono l’unità di gestione sotto la supervisione dell’associazione AAL.
8.
L’associazione AAL istituisce un consiglio consultivo composto da rappresentanti dell’industria, degli utenti e di altre pertinenti parti interessate, in modo tale da riflettere un equilibrio generazionale e di genere. Esso formula raccomandazioni all’associazione AAL sulla strategia globale del programma, sulle priorità e i temi da trattare negli inviti a presentare proposte e su altre pertinenti azioni del programma AAL.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE N. 554/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
relativa alla partecipazione dell’Unione al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma avviato congiuntamente da più Stati membri
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 185 e l’articolo 188, secondo comma,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Nella comunicazione del 3 marzo 2010 dal titolo "Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" ("strategia Europa 2020"), la Commissione mette in evidenza la necessità di creare condizioni favorevoli agli investimenti nella conoscenza e nell’innovazione in modo da conseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’Unione. Sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno approvato tale strategia.
(2)
Il regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) ha istituito il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 ("Orizzonte 2020"). Orizzonte 2020 intende aumentare l’impatto della ricerca e dell’innovazione contribuendo a rafforzare i partenariati pubblico-pubblico, anche attraverso la partecipazione dell’Unione ai programmi avviati da più Stati membri conformemente all’articolo 185 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(3)
I partenariati pubblico-pubblico dovrebbero mirare allo sviluppo di sinergie più strette, a un maggiore coordinamento e ad evitare inutili duplicazioni con i programmi di ricerca dell’Unione, internazionali, nazionali e regionali, e dovrebbero rispettare appieno i principi generali di Orizzonte 2020, in particolare quelli riguardanti l’apertura e la trasparenza. Inoltre, dovrebbe essere assicurato l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche.
(4)
La decisione n. 742/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) prevede un contributo finanziario della Comunità al programma comune di ricerca e sviluppo "Ambient Assisted Living" (Domotica per categorie deboli, "programma comune AAL") di importo pari a quello degli Stati membri, ma non superiore a 150 000 000 EUR per la durata del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), istituito con la decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(5)
Nel dicembre 2012 la Commissione ha trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla valutazione intermedia, condotta da un gruppo di esperti, del programma comune AAL. In generale, il gruppo di esperti ha espresso il parere che il programma comune AAL abbia registrato risultati positivi e importanti progressi nel conseguimento dei suoi obiettivi e che sia quindi opportuno un suo proseguimento anche oltre l’attuale periodo di finanziamento. Il gruppo di esperti ha rilevato tuttavia alcune carenze, in particolare la necessità di un maggiore coinvolgimento degli utenti nei progetti fin dalle primissime fasi e di ulteriori miglioramenti nelle prestazioni operative per quanto riguarda i tempi per la firma dei contratti e per i pagamenti.
(6)
La valutazione intermedia del 2010 e il processo di consultazione del 2012 hanno evidenziato la diversità degli strumenti finanziari, delle regole di ammissibilità e dei sistemi di rimborso. Gli Stati partecipanti, tramite l’assemblea generale dell’Ambient Assisted Living, potrebbero riflettere su tale questione e promuovere lo scambio di buone pratiche.
(7)
Nella comunicazione del 12 ottobre 2006 dal titolo "Il futuro demografico dell’Europa, trasformare una sfida in un’opportunità", la Commissione ha sottolineato che l’invecchiamento demografico è una delle maggiori sfide che dovranno affrontare tutti gli Stati membri e che un ricorso maggiore alle nuove tecnologie potrebbe contribuire a contenere i costi, accrescere il benessere e promuovere la partecipazione attiva degli anziani alla società, migliorando nel contempo anche la competitività dell’economia dell’Unione.
(8)
Nell’ambito dell’iniziativa emblematica "L’Unione dell’innovazione" della strategia Europa 2020, la Commissione ha individuato nell’invecchiamento della popolazione una delle sfide per la società in cui i progressi dell’innovazione possono svolgere un ruolo importante e dare impulso alla competitività, consentire alle imprese europee di essere all’avanguardia nello sviluppo di nuove tecnologie, di crescere e di assumere un ruolo di punta a livello mondiale sui nuovi mercati in crescita, migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici così da contribuire a creare un gran numero di posti di lavoro di qualità.
(9)
Nell’Unione sono circa 20 milioni le persone che svolgono "lavori in camice bianco" nel settore sanitario e nel settore dei servizi sociali, una cifra che dovrebbe aumentare nei prossimi anni a causa dell’invecchiamento della popolazione. La formazione e l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita dovrebbero essere una priorità centrale in questo delicato settore. È quindi opportuno valutare con maggiore precisione le esigenze in materia di lavori in camice bianco e di investimenti nelle competenze moderne, come l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione.
(10)
Nella comunicazione del 19 maggio 2010 dal titolo "Un’agenda digitale europea", la Commissione ha proposto di rafforzare il programma comune AAL per contribuire ad affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione.
(11)
Nella comunicazione del 29 febbraio 2012 dal titolo "Portare avanti il piano strategico di attuazione del partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute", la Commissione ha proposto di tener conto delle pertinenti priorità individuate dal piano strategico di attuazione nel predisporre i futuri programmi e strumenti di lavoro nell’ambito della ricerca e dell’innovazione che fanno parte di Orizzonte 2020. La Commissione ha inoltre proposto di tener conto del contributo che il programma comune AAL può apportare al partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute.
(12)
All’interno del partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute, istituito nel l’ambito della "Unione dell’innovazione", le soluzioni innovative basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) dovrebbero svolgere un ruolo importante per conseguire l’obiettivo di aumentare di due anni la speranza di vita in buona salute dei cittadini entro il 2020 e di migliorare la loro qualità della vita e l’efficienza dei sistemi di assistenza nell’Unione. Il piano strategico di attuazione stabilisce le priorità per accelerare e ampliare l’innovazione nel campo dell’invecchiamento attivo e in buona salute in tutta l’Unione, nei tre seguenti settori: prevenzione e promozione della salute; assistenza e cure; vita indipendente e inclusione sociale.
(13)
Poiché i sistemi TIC trattano una grande quantità di profili e dati personali e operano attraverso la comunicazione in tempo reale, comportando quindi un rischio elevato di violazione della sicurezza dei dati, è opportuno tenere conto degli aspetti relativi alla protezione dei dati. Si dovrebbe inoltre rispettare il diritto alla riservatezza.
(14)
È opportuno che il programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma ("programma AAL") porti avanti i risultati ottenuti grazie al precedente programma e colmi le sue lacune, incoraggiando una partecipazione sufficiente degli utenti ai progetti fin dalla fase iniziale, per garantire che le soluzioni sviluppate siano accettabili e rispondano a esigenze specifiche degli utenti, nonché garantendo una migliore attuazione del programma AAL.
(15)
L’attuazione del programma AAL dovrebbe tenere conto di una definizione ampia di innovazione, che comprenda gli aspetti organizzativi, afferenti alle imprese, tecnologici, sociali e ambientali. Dovrebbe inoltre garantire un approccio multidisciplinare e l’integrazione delle scienze sociali e umanistiche all’interno del programma AAL.
(16)
Le attività del programma AAL dovrebbero essere in linea con gli obiettivi e le priorità di ricerca e innovazione di Orizzonte 2020 e con i principi e le condizioni generali di cui all’articolo 26 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
(17)
È opportuno stabilire un massimale per la partecipazione finanziaria dell’Unione al programma AAL per la durata di Orizzonte 2020. Al fine di conseguire un forte effetto di leva e assicurare il coinvolgimento attivo degli Stati partecipanti nella realizzazione degli obiettivi del programma AAL, la partecipazione finanziaria dell’Unione al programma AAL non dovrebbe superare il contributo finanziario degli Stati partecipanti per la durata di Orizzonte 2020.
(18)
Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma AAL dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
(19)
Conformemente agli obiettivi del regolamento (UE) n. 1291/2013, qualsiasi Stato membro e paese associato a Orizzonte 2020 dovrebbe avere il diritto di partecipare al programma AAL in qualsiasi momento adeguato.
(20)
Al fine di garantire che l’impegno finanziario dell’Unione corrisponda a quello degli Stati partecipanti, è opportuno che il contributo finanziario dell’Unione sia subordinato all’assunzione di impegni formali da parte degli Stati partecipanti prima dell’avvio del programma AAL, nonché al loro adempimento. Il contributo degli Stati partecipanti al programma AAL dovrebbe comprendere le spese amministrative sostenute a livello nazionale per l’efficace funzionamento del programma AAL.
(21)
L’attuazione comune del programma AAL richiede una struttura esecutiva. Gli Stati partecipanti hanno approvato la struttura esecutiva del programma AAL e hanno istituito, nel 2007, l’associazione AAL "Ambient Assisted Living" aisbl, un’associazione internazionale senza scopo di lucro con personalità giuridica di diritto belga ("associazione AAL"). Dato che, secondo la relazione sulla valutazione intermedia, l’attuale struttura di governance del programma comune AAL si è dimostrata efficiente e di buona qualità, è opportuno continuare a utilizzare l’associazione AAL come struttura esecutiva, con la funzione di organo di assegnazione e monitoraggio del programma AAL. L’associazione AAL dovrebbe gestire il contributo finanziario dell’Unione e garantire un’attuazione efficiente del programma AAL.
(22)
Al fine di conseguire gli obiettivi del programma AAL, è opportuno che l’associazione AAL eroghi il sostegno finanziario principalmente sotto forma di sovvenzioni ai partecipanti per le azioni da essa selezionate. È opportuno che tali azioni vengano selezionate a seguito di inviti a presentare proposte sotto la responsabilità dell’associazione AAL, che dovrebbe essere assistita da esperti esterni indipendenti. La graduatoria dovrebbe essere vincolante per quanto riguarda la selezione delle proposte e l’assegnazione dei finanziamenti provenienti dal contributo finanziario dell’Unione e dai bilanci nazionali per i progetti del programma AAL.
(23)
È opportuno che il contributo finanziario dell’Unione sia gestito conformemente al principio della sana gestione finanziaria e alle norme in materia di gestione indiretta di cui al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e al regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (7).
(24)
Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione dovrebbe, mediante misure proporzionate, disporre della facoltà di ridurre, sospendere o sopprimere il contributo finanziario dell’Unione se il programma AAL è attuato in maniera inadeguata, parziale o tardiva, o se gli Stati partecipanti non contribuiscono o contribuiscono solo parzialmente o in ritardo al finanziamento del programma AAL. È opportuno che tali diritti siano previsti nell’accordo di delega da concludere tra l’Unione e l’associazione AAL.
(25)
Ai fini della semplificazione, si dovrebbero ridurre gli oneri amministrativi per tutte le parti. È opportuno evitare la duplicazione degli audit e documentazione e relazioni sproporzionate. Nello svolgimento degli audit è opportuno tenere conto, se del caso, delle specificità dei programmi nazionali.
(26)
La partecipazione ad azioni indirette finanziate nell’ambito del programma AAL è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). Tuttavia, a causa di specifiche esigenze operative del programma AAL è necessario prevedere deroghe al regolamento in conformità dell’articolo 1, paragrafo 3, di tale regolamento.
(27)
Gli inviti a presentare proposte dell’associazione AAL dovrebbero altresì essere pubblicati sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di divulgazione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
(28)
Sono necessarie deroghe specifiche al regolamento (UE) n. 1290/2013 in quanto il programma AAL è concepito come un programma per la ricerca e l’innovazione orientato al mercato, in cui confluiscono diverse risorse nazionali di finanziamento (come i programmi di finanziamento per la ricerca e l’innovazione, la sanità e l’industria). Tali programmi nazionali hanno, per loro natura, regole di partecipazione diverse e non è possibile un allineamento totale con il regolamento (UE) n. 1290/2013. Inoltre, il programma AAL si concentra in particolare sulle piccole e medie imprese e le organizzazioni di utenti che in genere non partecipano alle attività di ricerca e innovazione dell’Unione. Per facilitare la partecipazione di queste imprese e organizzazioni, il contributo finanziario dell’Unione viene erogato in conformità delle regole già note dei programmi di finanziamento nazionali e attuato mediante una sovvenzione unica che comprende il finanziamento dell’Unione e quello nazionale corrispondente.
(29)
È opportuno che gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati in tutto il ciclo di spesa attraverso misure proporzionate, compresi la prevenzione, l’individuazione e l’investigazione degli illeciti, il recupero dei finanziamenti perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
(30)
È opportuno che la Commissione effettui, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia, in particolare sulla qualità e l’efficienza del programma AAL e sui progressi compiuti verso gli obiettivi stabiliti, nonché una valutazione finale e che, sulla base di tali valutazioni, rediga una relazione.
(31)
La valutazione dovrebbe basarsi su informazioni precise ed aggiornate. Su richiesta della Commissione, l’associazione AAL e gli Stati partecipanti dovrebbero fornire le informazioni necessarie alla Commissione per includerle nelle relazioni sulla valutazione del programma AAL.
(32)
Le azioni previste nell’ambito del programma AAL dovrebbero contribuire a rafforzare i sistemi sanitari e assistenziali pubblici europei, dal momento che costituiscono strumenti fondamentali per sostenere il benessere sociale e ridurre le disparità in termini di benessere tra regioni e fasce della popolazione, che si stanno accentuando in modo preoccupante a causa dell’attuale crisi economica e sociale.
(33)
È opportuno che il programma AAL garantisca l’efficace promozione della parità di genere, come sancito da Orizzonte 2020. Il programma AAL dovrebbe promuovere la parità di genere e la dimensione di genere nei contenuti della ricerca e dell’innovazione. È opportuno prestare particolare attenzione all’equilibrio di genere, in funzione della situazione nel settore, in seno ai comitati di valutazione e agli organismi quali i gruppi consultivi e i gruppi di esperti. La dimensione di genere dovrebbe essere adeguatamente integrata nei contenuti della ricerca e dell’innovazione a livello di strategie, programmi e progetti, e seguita in tutte le fasi del ciclo di ricerca.
(34)
Il programma AAL dovrebbe rispettare i principi etici sanciti da Orizzonte 2020. È opportuno prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità, al diritto alla riservatezza, al diritto alla protezione dei dati personali, al diritto all’integrità fisica e mentale, al diritto alla non discriminazione e all’esigenza di garantire elevati livelli di protezione della salute umana.
(35)
Poiché gli Stati partecipanti hanno deciso di continuare il programma AAL e poiché gli obiettivi della presente decisione, segnatamente il sostegno e l’integrazione dirette delle politiche dell’Unione nel campo dell’invecchiamento attivo e in buona salute, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata dell’azione, possono essere conseguiti meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Partecipazione al programma AAL
1. L’Unione partecipa al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma ("programma AAL") avviato congiuntamente da Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria ("Stati partecipanti"), alle condizioni di cui alla presente decisione.
2. Qualsiasi Stato membro diverso rispetto a quelli elencati al paragrafo 1 e qualsiasi altro paese associato ad Orizzonte 2020, può in qualsiasi momento presentare domanda per partecipare al programma AAL, a condizione di soddisfare la condizione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della presente decisione. Ai fini della presente decisione, se essi soddisfano la condizione prevista all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), sono considerati quale Stato partecipante.
Articolo 2
Contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione a copertura dei costi amministrativi ed operativi del programma AAL è pari a 175 000 000 EUR. Il contributo finanziario dell’Unione proviene dagli stanziamenti iscritti nel bilancio generale dell’Unione assegnati alle parti pertinenti del programma specifico di attuazione di Orizzonte 2020, istituito dalla decisione 2013/743/UE del Consiglio (9) conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto vi), e agli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
2. L’impegno finanziario annuale dell’Unione al programma AAL non supera quello degli Stati partecipanti.
3. Un importo non superiore al 6 % del contributo finanziario dell’Unione, di cui al paragrafo 1, è utilizzato per contribuire ai costi amministrativi del programma AAL.
Articolo 3
Condizioni del contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione è subordinato alle seguenti condizioni:
a)
la dimostrazione, da parte degli Stati partecipanti, dell’istituzione del programma AAL conformemente agli allegati I e II;
b)
la designazione, da parte degli Stati partecipanti o delle organizzazioni da essi designate, dell’associazione AAL, come struttura incaricata dell’attuazione del programma AAL e dell’assegnazione e monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione;
c)
l’impegno, da parte di ciascuno Stato partecipante, a contribuire al finanziamento del programma AAL;
d)
la dimostrazione, da parte dell’associazione AAL, della sua capacità di attuare il programma AAL, compresi l’assegnazione e il monitoraggio del contributo dell’Unione nell’ambito della gestione indiretta del bilancio dell’Unione a norma degli articoli 58, 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
e)
l’istituzione di un modello di governance del programma AAL in conformità dell’allegato III.
2. Nel corso dell’attuazione del programma AAL, il contributo finanziario dell’Unione è inoltre subordinato alle seguenti condizioni:
a)
l’attuazione da parte dell’associazione AAL degli obiettivi del programma AAL indicati all’allegato I e delle attività indicate all’allegato II della presente decisione, conformemente al regolamento (UE) n. 1290/2013, alle condizioni di cui all’articolo 5 della presente decisione;
b)
il mantenimento di un modello di governance appropriato ed efficiente, conformemente all’allegato III;
c)
il rispetto da parte dell’associazione AAL degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
d)
l’osservanza degli impegni assunti da parte di ogni Stato partecipante di cui al paragrafo 1, lettera c) e degli impegni annuali di contribuire al finanziamento del programma AAL.
Articolo 4
Contributi degli Stati partecipanti
I contributi degli Stati partecipanti consistono in:
a)
contributi finanziari alle azioni indirette sostenute nell’ambito del programma AAL in conformità dell’allegato II;
b)
contributi in natura corrispondenti ai costi amministrativi sostenuti dalle amministrazioni nazionali nell’attuazione effettiva del programma AAL in conformità all’allegato II.
Articolo 5
Regole di partecipazione e diffusione
1. Ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) n. 1290/2013, l’associazione AAL è considerata un organismo di finanziamento ed eroga un sostegno finanziario alle azioni indirette conformemente all’allegato II della presente decisione.
2. In deroga all’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1290/2013, la capacità finanziaria dei richiedenti è verificata dall’organismo di gestione del programma nazionale designato in conformità delle regole di partecipazione ai programmi nazionali designati.
3. In deroga all’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1290/2013, le convenzioni di sovvenzione con i partecipanti sono stipulate dall’agenzia di gestione del programma nazionale designata.
4. In deroga all’articolo 23, paragrafo 1 e paragrafi da 5 a 7, e agli articoli da 25 a 35 del regolamento (UE) n. 1290/2013, le norme di finanziamento dei programmi nazionali designati si applicano alle sovvenzioni gestite dalle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali.
5. In deroga agli articoli da 41 a 49 del regolamento (UE) n. 1290/2013, si applicano le norme dei programmi nazionali designati che disciplinano i risultati, i diritti di accesso alle conoscenze preesistenti e ai risultati, fatto salvo il principio di accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche di cui all’articolo 18 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
Articolo 6
Attuazione del programma AAL
Il programma AAL è attuato in base a una strategia attuata mediante programmi di lavoro annuali conformemente all’allegato II.
Articolo 7
Accordi tra l’Unione e l’associazione AAL
1. Fatta salva una valutazione ex-ante positiva dell’associazione AAL ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, la Commissione, a nome dell’Unione, stipula con l’associazione AAL un accordo di delega e accordi annuali di trasferimento di fondi.
2. L’accordo di delega di cui al paragrafo 1 è concluso a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e degli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché dell’articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012. Tale accordo precisa:
a)
i requisiti per il contributo dell’associazione AAL per quanto riguarda gli indicatori pertinenti tra quelli di prestazione di cui all’allegato II della decisione 2013/743/UE;
b)
i requisiti del contributo dell’associazione AAL per quanto riguarda il monitoraggio previsto dalla decisione 2013/743/UE del Consiglio;
c)
gli indicatori di prestazione specifici necessari per il monitoraggio del funzionamento dell’associazione AAL a norma dell’articolo 3, paragrafo 2;
d)
le modalità di fornitura dei dati e delle informazioni necessari a consentire alla Commissione di adempiere i propri obblighi di divulgazione e di relazione;
e)
le disposizioni per la pubblicazione degli inviti a presentare proposte da parte dell’associazione AAL, in particolare sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di divulgazione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
Articolo 8
Soppressione, riduzione o sospensione del contributo finanziario dell’Unione
1. Qualora il programma AAL non sia attuato conformemente alle condizioni di cui all’articolo 3, la Commissione può sopprimere, ridurre proporzionalmente o sospendere il contributo finanziario dell’Unione, in funzione del grado di attuazione del programma AAL.
2. Qualora gli Stati partecipanti non contribuiscano o contribuiscano in maniera parziale o tardiva al finanziamento del programma AAL, la Commissione può sopprimere, ridurre proporzionalmente o sospendere il contributo finanziario dell’Unione tenendo conto dell’importo del finanziamento allocato dagli Stati partecipanti per l’attuazione del programma AAL.
Articolo 9
Audit ex post
1. Le agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali effettuano audit ex post delle spese relative alle azioni indirette, a norma dell’articolo 29 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
2. La Commissione può decidere di effettuare essa stessa gli audit di cui al paragrafo 1. In tal caso, essa agisce conformemente alle norme applicabili, in particolare alle disposizioni dei regolamenti (UE, Euratom) n. 966/2012, (UE) n. 1290/2013 e(UE) n. 1291/2013.
Articolo 10
Tutela degli interessi finanziari dell’Unione
1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nell’esecuzione delle azioni finanziate ai sensi della presente decisione, gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero delle somme indebitamente versate e, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può svolgere indagini, inclusi controlli e ispezioni in loco, nel rispetto delle disposizioni e delle modalità previste dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 (10) del Consiglio e dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), al fine di stabilire se vi sia stata frode, corruzione o qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione in relazione ad una convenzione di sovvenzione o ad una decisione di sovvenzione o a un contratto finanziati ai sensi della presente decisione.
3. I contratti, le convenzioni di sovvenzione e le decisioni di sovvenzione risultanti dall’applicazione della presente decisione contengono disposizioni che autorizzano espressamente la Commissione, l’associazione AAL, la Corte dei conti e l’OLAF a svolgere tali audit e indagini, nei limiti delle rispettive competenze.
4. L’associazione AAL concede al personale della Commissione e ad altre persone autorizzate dalla Commissione e dalla Corte dei conti, l’accesso alle proprie sedi e ai propri locali, nonché a tutte le informazioni, anche in formato elettronico, necessarie per lo svolgimento degli audit di cui al paragrafo 3.
5. Nell’attuazione del programma AAL, gli Stati partecipanti adottano le disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o di altra natura necessarie a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, a garantire il recupero integrale di qualunque importo di cui l’Unione sia creditrice, a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. Su richiesta della Commissione, l’associazione AAL trasmette alla Commissione tutte le informazioni necessarie per l’elaborazione delle relazioni di cui all’articolo 12.
2. Gli Stati partecipanti presentano, tramite l’associazione AAL, le pertinenti informazioni richieste dal Parlamento europeo o dal Consiglio in merito alla gestione finanziaria del programma AAL.
3. La Commissione comunica le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo nelle relazioni di cui all’articolo 12.
Articolo 12
Valutazione
1. Entro il 30 giugno 2017 la Commissione effettua, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia del programma AAL. La Commissione redige una relazione su tale valutazione che include le conclusioni della stessa e le osservazioni della Commissione. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2017. I risultati della valutazione intermedia del programma AAL sono tenuti in considerazione nella valutazione intermedia di Orizzonte 2020.
2. Al termine della partecipazione dell’Unione al programma AAL, ma non oltre il 31 dicembre 2022, la Commissione effettua una valutazione finale del programma. La Commissione redige una relazione su tale valutazione che deve includere i risultati della valutazione. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) Parere del 10 dicembre 2013 [(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale)].
(2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 [(non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale)] e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014.
(3) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014–2020) - Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104).
(4) Decisione n. 742/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa alla partecipazione della Comunità a un programma di ricerca e sviluppo avviato da vari Stati membri per il miglioramento della qualità della vita degli anziani attraverso l'uso di nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (GU L 201 del 30.7.2008, pag. 49).
(5) Decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (GU L 412 del 30.12.2006, pag. 1).
(6) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(7) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell'ambito del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 81).
(9) Decisione 2013/743/UE del Consiglio, del 3 dicembre 2013, che stabilisce il programma specifico di attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga le decisioni 2006/971/CE, 2006/972/CE, 2006/973/CE, 2006/974/CE e 2006/975/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 965).
(10) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
(11) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
ALLEGATO I
OBIETTIVI DEL PROGRAMMA AAL
1.
Il programma AAL persegue i seguenti obiettivi:
1.1.
accelerare l’avvento e l’adozione di soluzioni innovative basate sulle TIC, pertinenti, integrate e a costi accessibili, per l’invecchiamento attivo e in buona salute, a casa, nella comunità o sul lavoro, migliorando così la qualità della vita, l’autonomia, l’inclusione sociale, la partecipazione alla vita sociale, le competenze e l’occupabilità degli adulti più anziani e contribuendo ad aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e sociale;
1.2.
sostenere lo sviluppo di soluzioni che contribuiscano a rendere indipendenti gli adulti più anziani e ad alleviare il loro senso di isolamento sociale, in modo tale che la componente TIC non riduca i contatti umani, ma sia complementare ad essi. Le soluzioni basate sulle TIC finanziate nell’ambito del programma AAL dovrebbero integrare in sede di progettazione gli aspetti che esulano dalle TIC;
1.3.
mantenere e sviluppare ulteriormente una massa critica per la ricerca applicata, lo sviluppo e l’innovazione a livello dell’Unione nel campo dei prodotti e servizi basati sulle TIC per un invecchiamento attivo e sano;
1.4.
sviluppare soluzioni con un buon rapporto costi-benefici, accessibili e, se del caso, efficienti sotto il profilo energetico, definendo anche le relative norme di interoperabilità e promuovendo la localizzazione e l’adattamento di soluzioni comuni che siano compatibili con le diverse preferenze sociali, i fattori socioeconomici (comprese la povertà energetica e l’inclusione sociale), le questioni di genere e i diversi aspetti regolamentari a livello nazionale o regionale, rispettino la vita privata e la dignità degli adulti più anziani, compresa la protezione e la sicurezza dei dati personali mediante l’applicazione di strumenti all’avanguardia per la tutela della vita privata fin dalla fase di progettazione ("privacy-by-design"), e, se del caso, facilitino l’accesso ai servizi nelle zone rurali e periferiche o siano disponibili per altre categorie di persone, come le persone con disabilità. Per migliorare l’accessibilità il concetto di "progettazione universale" (Design for All) sarà promosso nella messa a punto e nella diffusione delle soluzioni.
2.
Il programma AAL crea un ambiente propizio alla partecipazione delle piccole e medie imprese.
3.
Il programma AAL si concentra sulla ricerca applicata e l’innovazione orientate al mercato e integra le relative attività a lungo termine di ricerca e innovazione su ampia scala previste nell’ambito di Orizzonte 2020, nonché altre iniziative europee e nazionali quali le iniziative di programmazione congiunta e le attività intraprese nell’ambito dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia e delle relative comunità della conoscenza e dell’innovazione. Esso contribuisce inoltre all’attuazione del partenariato europeo per l’innovazione sull’invecchiamento attivo e in buona salute.
ALLEGATO II
ATTIVITÀ DEL PROGRAMMA AAL
I. Azioni indirette
1.
L’attuazione del programma AAL sostiene principalmente progetti di ricerca e innovazione per l’invecchiamento attivo e in buona salute orientati al mercato, che dimostrino la capacità di sfruttare i risultati in un arco di tempo realistico; il finanziamento di tali azioni indirette nell’ambito del programma AAL è erogato essenzialmente sotto forma di sovvenzioni, ma può anche avvenire in altri modi, ad esempio attraverso premi, appalti pre-commerciali e appalti pubblici per soluzioni innovative.
2.
Inoltre, possono beneficiare dell’aiuto le azioni rivolte ad attività di intermediazione, promozione del programma, in particolare divulgazione nei confronti dei paesi che non partecipano attualmente al programma AAL, sensibilizzazione nei confronti delle attuali capacità, diffusione di soluzioni innovative e le azioni intese a mettere in relazione le organizzazioni sul versante dell’offerta e della domanda di tali soluzioni e a facilitare l’accesso ai finanziamenti e agli investitori.
3.
Possono essere sostenute anche le azioni dirette a migliorare la qualità delle proposte, gli studi di fattibilità e i seminari. Si può prevedere una collaborazione con le regioni dell’Unione per ampliare il gruppo di soggetti interessati partecipanti al programma AAL.
4.
Le azioni puntano a consolidare e analizzare vari metodi di coinvolgimento degli utenti finali per mettere a punto orientamenti in materia di migliori prassi basati su elementi concreti.
II. Attuazione
1.
Il programma AAL è attuato in base ai programmi di lavoro annuali che individuano le forme di finanziamento e i temi degli inviti a presentare proposte. I programmi di lavoro sono derivati da una strategia, che evidenzia le sfide e le priorità, adottata e pubblicata dall’associazione AAL.
2.
I programmi di lavoro annuali sono approvati dalla Commissione per l’erogazione della partecipazione finanziaria annuale dell’Unione.
3.
L’attuazione del programma AAL prevede consultazioni, anche sulla strategia, delle parti interessate (compresi i responsabili delle decisioni negli enti pubblici, i rappresentanti degli utenti, i fornitori di servizi e assicurazioni privati, nonché il mondo dell’industria, comprese le piccole e medie imprese) in merito alle priorità nella ricerca applicata e nell’innovazione.
4.
L’attuazione del programma AAL tiene conto delle tendenze demografiche e della ricerca demografica onde fornire soluzioni che riflettano la situazione sociale ed economica in tutta l’Unione.
5.
L’attuazione del programma AAL tiene conto delle politiche dell’Unione in materia di industria, clima ed energia. Il programma AAL promuove inoltre l’efficienza energetica e riflette la necessità di affrontare la povertà energetica.
6.
Si tiene adeguatamente conto delle questioni di genere, etiche, relative alle scienze sociali e umane e connesse alla tutela della vita privata, in linea con i principi e le norme di Orizzonte 2020. Si tiene inoltre conto della pertinente legislazione dell’Unione e nazionale e delle linee guida internazionali, in particolare riguardo ai diritti alla riservatezza e alla tutela dei dati.
7.
In linea con la "vicinanza al mercato" che caratterizza il programma AAL e nel rispetto delle norme del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l’associazione AAL assicura tempi di concessione delle sovvenzioni e di pagamento in conformità del regolamento (UE) n. 1290/2013 e garantisce la conformità agli stessi da parte degli Stati partecipanti nel corso dell’attuazione del programma AAL.
8.
Ciascuno Stato partecipante promuove fortemente, fin dalla prima fase di tutti i progetti di ricerca e innovazione, la partecipazione di organizzazioni che rappresentano il versante della domanda, compresi gli utenti finali.
9.
Ciascuno Stato partecipante cofinanzia i propri partecipanti nazionali la cui proposta è stata selezionata per il tramite di agenzie nazionali, le quali inoltre ripartiscono i cofinanziamenti dell’Unione provenienti dalla struttura specifica di esecuzione in base a una descrizione del progetto comune che fa parte di un accordo tra le agenzie di gestione dei programmi nazionali e i rispettivi partecipanti nazionali per ciascun progetto.
10.
Dopo la chiusura di un invito a presentare proposte di progetto, l’associazione AAL procede ad un controllo centrale di ammissibilità in cooperazione con le agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali. Tale controllo è effettuato in base a criteri comuni di ammissibilità al programma AAL pubblicati con l’invito a presentare proposte.
11.
L’associazione AAL, assistita dalle agenzie di gestione dei programmi nazionali, verifica il soddisfacimento di ulteriori criteri nazionali di ammissibilità indicati di volta in volta negli inviti a presentare proposte di progetto.
12.
I criteri di ammissibilità nazionali riguardano esclusivamente lo status giuridico e finanziario dei singoli candidati e non il contenuto della proposta e comprendono i seguenti aspetti:
12.1.
tipo di candidato, compresi status giuridico e finalità;
12.2.
responsabilità e validità, compresi solidità finanziaria, rispetto di obblighi fiscali e sociali.
13.
Le proposte di progetti ammissibili sono valutate dall’associazione AAL con l’assistenza di esperti indipendenti, sulla base di criteri di valutazione comuni e trasparenti fissati nell’invito a presentare proposte; è pubblicato un elenco di progetti in ordine di punteggio. I progetti sono selezionati secondo tale graduatoria e tenendo conto delle risorse disponibili. Tale selezione, una volta adottata dall’assemblea generale dell’associazione AAL, è vincolante per gli Stati partecipanti.
14.
Se un partecipante a un progetto non soddisfa uno o più dei criteri nazionali di ammissibilità o se il corrispondente impegno di bilancio nazionale ha esaurito i fondi, il comitato esecutivo dell’associazione AAL può decidere di effettuare, a livello centrale e con l’assistenza di esperti indipendenti, un’ulteriore valutazione indipendente della proposta in questione che non preveda la partecipazione del candidato in questione o che preveda un altro candidato, come proposto dai partecipanti al progetto.
15.
Le questioni di natura giuridica e finanziaria riguardanti i partecipanti ai progetti selezionati per il finanziamento sono trattate dalle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali, in applicazione delle norme e dei principi amministrativi nazionali vigenti.
ALLEGATO III
GESTIONE DEL PROGRAMMA AAL
La struttura organizzativa del programma AAL è descritta qui di seguito.
1.
L’associazione AAL costituisce la struttura specifica di esecuzione creata dagli Stati membri partecipanti.
2.
L’associazione AAL è responsabile dell’esecuzione di tutte le attività del programma AAL. Rientrano tra i compiti dell’associazione AAL la gestione dei contratti e del bilancio, l’elaborazione dei programmi annuali di lavoro, l’organizzazione degli inviti a presentare proposte nonché la realizzazione della valutazione e della graduatoria delle proposte ammissibili al finanziamento.
3.
L’associazione AAL è inoltre incaricata di sorvegliare i progetti e trasferisce i corrispondenti pagamenti dei contributi dell’Unione alle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali. Essa organizza inoltre attività di divulgazione.
4.
L’associazione AAL è gestita dall’assemblea generale, che è l’organo decisionale del programma AAL. Essa nomina i membri del comitato esecutivo e sovrintende all’attuazione del programma AAL, comprese l’approvazione della strategia e dei programmi di lavoro annuali, l’assegnazione delle risorse nazionali ai progetti e la gestione delle nuove domande di adesione. L’assemblea funziona secondo il principio di un voto per paese. Le decisioni sono adottate a maggioranza semplice, tranne che per le decisioni relative alla successione, all’ammissione o all’esclusione di membri o allo scioglimento dell’associazione AAL, per le quali possono essere definite condizioni di voto particolari nello statuto dell’associazione AAL.
5.
La Commissione partecipa alle riunioni dell’assemblea generale in qualità di osservatore e approva il programma di lavoro annuale. La Commissione è invitata a tutte le riunioni dell’associazione AAL e può prendere parte alle discussioni. La Commissione riceve tutti i documenti distribuiti in relazione all’assemblea generale dell’associazione AAL.
6.
Il comitato esecutivo AAL, costituito da almeno un presidente, un vicepresidente, un tesoriere e un vicetesoriere, è eletto dall’assemblea generale dell’associazione AAL con il compito di esercitare specifiche responsabilità di gestione come la pianificazione finanziaria, l’assunzione del personale e la conclusione di contratti. È il rappresentante legale dell’associazione AAL e rende conto all’assemblea generale.
7.
L’unità di gestione centrale che fa parte dell’associazione AAL ha la responsabilità di gestire a livello centrale l’attuazione del programma AAL, in stretto coordinamento e cooperazione con le agenzie di gestione dei programmi nazionali, che sono autorizzate dagli Stati partecipanti a svolgere attività correlate alla gestione dei progetti e ad aspetti amministrativi e giuridici riguardanti i partecipanti nazionali, nonché a collaborare alla valutazione e alla negoziazione di proposte di progetti. L’unità centrale e le agenzie di gestione dei programmi nazionali lavorano assieme e costituiscono l’unità di gestione sotto la supervisione dell’associazione AAL.
8.
L’associazione AAL istituisce un consiglio consultivo composto da rappresentanti dell’industria, degli utenti e di altre pertinenti parti interessate, in modo tale da riflettere un equilibrio generazionale e di genere. Esso formula raccomandazioni all’associazione AAL sulla strategia globale del programma, sulle priorità e i temi da trattare negli inviti a presentare proposte e su altre pertinenti azioni del programma AAL.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Usare le tecnologie dell’informazione per migliorare la qualità della vita degli anziani
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione n. 554/2014/UE relativa alla partecipazione dell’Unione europea (UE) al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma, si basa sui risultati del precedente programma istituito nel 2008. Il programma è finanziato con il bilancio della Commissione europea per Orizzonte 2020 e i contributi finanziari dei diciassette stati partecipanti.
Qualsiasi Stato membro o qualsiasi altro paese associato ad Orizzonte 2020, può presentare domanda per partecipare al programma, purché provveda ai necessari contributi finanziari.
L’obiettivo principale del programma è quello di trovare soluzioni innovative basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per l’invecchiamento attivo e in buona salute, a casa, migliorando così la qualità della vita, l’autonomia, e contribuendo ad aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e sociale. Si prevede che tali soluzioni basate sulle TIC possano contribuire al raggiungimento dell’obiettivo dell’UE di aumentare di due anni la speranza di vita in buona salute dei cittadini entro il 2020.
PUNTI CHIAVE
ScopiAccelerare lo sviluppo e l’uso di soluzioni innovative basate sulle TIC a prezzi accessibili consentendo l’invecchiamento attivo e sano a casa, al lavoro e nella comunità, includendo le applicazioni per la salute e l’assistenza sociale. Sostenere lo sviluppo di soluzioni con una componente TIC che non riduca i contatti umani, ma sia complementare ad essi al fine di garantire che le persone anziane non si sentano isolate e rimangano autonomi e indipendenti. Sviluppare soluzioni ad alta efficienza energetica a e vantaggiose in termini di costi che tengano conto di aspetti quali i fattori socio-economici e di genere.Attuazione
Il programma viene attuato da Ambient Assisted Living (AAL), un’associazione internazionale senza scopo di lucro di diritto belga. AAL gestisce il contributo finanziario dell’Unione e garantisce un’attuazione efficiente del programma.
Programmi di lavoro annuali
Ogni anno viene concordato un programma di lavoro che viene approvato dalla Commissione europea. Questo programma individua i temi degli inviti a presentare proposte e i moduli per i finanziamenti disponibili.
Inviti a presentare proposte
Essi vengono pubblicati sul portale unico dei partecipanti, il portale dedicato ai bandi e ai finanziamenti. Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma AAL dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
Contributo finanziario
Il contributo finanziario dell’UE a copertura dei costi amministrativi e operativi del programma AL è pari a 175 milioni di euro.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 27 giugno 2014.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione n. 554/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa alla partecipazione dell’Unione al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma avviato congiuntamente da più Stati membri (GU L 169 del 7.6.2014, pag. 14). |
Nuovo approccio dell’UE nella gestione del fallimento delle imprese e dell’insolvenza
Ogni anno circa 200 000 imprese nei paesi dell’Unione europea (UE) falliscono e 1,7 milioni di persone perdono il proprio posto di lavoro. La nuova raccomandazione segna uno spostamento verso la ristrutturazione preventiva delle imprese sane per consentire loro di rimanere in attività e tutelare i posti di lavoro, consentendo al contempo ai creditori di recuperare il più possibile dal loro investimento. Essa intende anche garantire agli imprenditori falliti una seconda possibilità.
ATTO
Raccomandazione 2014/135/UE della Commissione su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza.
SINTESI
L’atteggiamento europeo nei confronti dell’insolvenza delle imprese è in continua evoluzione, con la riforma del diritto vigente nell’Unione europea relativo alle insolvenze transfrontaliere già in corso. Questa nuova raccomandazione della Commissione europea, tuttavia, mira a fornire un quadro comune per le norme nazionali in materia di insolvenza.
Il quadro consentirebbe ai debitori di:
ristrutturare la propria impresa non appena l’insolvenza diventi evidente;
mantenere il controllo della gestione corrente della loro impresa;
richiedere una sospensione temporanea delle azioni esecutive presentate dai creditori, se tali azioni dovessero ostacolare le prospettive di un piano di ristrutturazione. La durata della sospensione dovrebbe dipendere dalla complessità della ristrutturazione prevista ed essere concessa per non più di quattro mesi inizialmente e per non più di 12 mesi in totale;
richiedere l’omologazione giudiziaria di un piano di ristrutturazione che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti. I creditori sarebbero vincolati da qualsiasi piano che abbia ottenuto un’omologazione giudiziaria. La raccomandazione elenca il contenuto dei piani di ristrutturazione e i requisiti per l’omologazione giudiziaria;
ottenere più facilmente nuovi finanziamenti per un piano di ristrutturazione se il giudice ha dichiarato che i nuovi finanziamenti sono esenti da azioni di nullità.
La procedura di ristrutturazione mira ad essere rapida, non costosa e dovrebbe permettere di procedere nelle sue fasi senza l’intervento di un giudice. Potrebbe essere nominato un mediatore o un supervisore per assistere ai negoziati tra il debitore e i creditori.
Seconda opportunità
In seguito a prove convincenti che gli imprenditori onesti che ottengono una seconda possibilità dopo il fallimento hanno più successo nella loro nuova impresa, la Commissione si è convinta a fornire agli imprenditori un nuovo inizio dopo il fallimento.
Gli imprenditori dovrebbero essere ammessi al beneficio della liberazione integrale dai propri debitidopo massimo 3 anni a decorrere dalla data di decisione del giudice di apertura della procedura fallimentare o dalla data di inizio di un piano di ammortamento.
Tuttavia, la raccomandazione riconosce che la liberazione integrale non è opportuna in tutti i casi e i paesi dell’UE possono introdurre leggi più severe per scoraggiare gli imprenditori disonesti o coloro che non rispettano i loro obblighi giuridici nei confronti dei creditori.
Possono inoltre essere contemplate leggi nazionali per la tutela dei mezzi di sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia che consentono all’imprenditore di conservare alcune attività.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Raccomandazione 2014/135/UE
3.4.2014
-
GU L 74 del 14.3.2014
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo: Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza [COM(2012) 742 final del 12.12.2012, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio relativo alle procedure d’insolvenza [COM(2012) 744 final del 12.12.2012, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 12 marzo 2014
su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2014/135/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Obiettivo della presente raccomandazione è garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale. Un altro obiettivo è dare una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono.
(2)
Le norme nazionali in materia di insolvenza variano notevolmente quanto alla gamma di procedure di cui possono avvalersi i debitori in difficoltà finanziaria per ristrutturare la loro impresa. Alcuni Stati membri prevedono poche procedure e la ristrutturazione è possibile solo in una fase relativamente tardiva, nell’ambito della procedura formale d’insolvenza. Altri Stati membri invece permettono la ristrutturazione in una fase precoce ma le procedure a disposizione sono meno efficaci di quanto potrebbero oppure impongono adempimenti in misura variabile, specie per quanto riguarda l’uso di procedure stragiudiziali.
(3)
Analogamente, le norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori, in particolare ammettendoli al beneficio della liberazione dai debiti contratti nel corso delle attività, variano quanto alla durata dei tempi di riabilitazione e alle condizioni del beneficio.
(4)
La disparità tra i quadri nazionali in materia di ristrutturazione e la diversità delle norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori onesti sono causa di costi aggiuntivi e fonte di incertezza nella valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; frammentano le condizioni di accesso al credito e danno luogo a tassi di recupero del credito diversi; impediscono ai gruppi transfrontalieri di imprese di elaborare e adottare piani di ristrutturazione coerenti. Più in generale, possono costituire un disincentivo per le imprese che intendono stabilirsi in Stati membri diversi.
(5)
Il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio (1) disciplina esclusivamente questioni relative alla competenza, al riconoscimento, all’esecuzione, alla legge applicabile e alla cooperazione nelle procedure d’insolvenza transfrontaliere. La proposta di modifica del regolamento, presentata dalla Commissione (2), estende il campo di applicazione del regolamento alle procedure di prevenzione che promuovono il salvataggio del debitore economicamente valido e danno una seconda opportunità agli imprenditori. Tuttavia, la modifica proposta non affronta le disparità esistenti tra le procedure nazionali di prevenzione.
(6)
Il 15 novembre 2011 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (3) sulle procedure d’insolvenza, contenente raccomandazioni per l’armonizzazione di aspetti specifici delle legislazioni nazionali in materia di insolvenza, comprese le condizioni per l’elaborazione, l’impatto e i contenuti dei piani di risanamento.
(7)
Con la comunicazione «L’Atto per il mercato unico II (4)» del 3 ottobre 2012, la Commissione propone l’azione chiave volta a «modernizzare le norme UE in materia di insolvenza per facilitare la sopravvivenza delle imprese e offrire una seconda possibilità agli imprenditori», annunciando a tal fine che esaminerà le modalità per accrescere l’efficienza del diritto fallimentare nazionale, in modo da creare condizioni di parità per le imprese, gli imprenditori e i privati cittadini nell’ambito del mercato interno.
(8)
Nella comunicazione «Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza (5)» del 12 dicembre 2012, la Commissione evidenzia i settori in cui le divergenze tra diritti fallimentari nazionali rischiano di ostacolare la creazione di un quadro giuridico efficiente nel mercato interno, e osserva che, ponendo tutti i diritti fallimentari nazionali sullo stesso piano, crescerà la fiducia di società, imprenditori e privati negli ordinamenti degli altri Stati membri e migliorerà l’accesso al credito che a sua volta fungerà da incentivo agli investimenti.
(9)
Il 9 gennaio 2013 la Commissione ha adottato il piano d’azione imprenditorialità 2020 (6) in cui, tra l’altro, invita gli Stati membri a ridurre nei limiti del possibile il tempo di riabilitazione e di estinzione del debito nel caso di un imprenditore onesto che ha fatto bancarotta, portandolo a un massimo di tre anni entro il 2013, e a offrire servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, di consulenza per evitare i fallimenti e di sostegno alle PMI per ristrutturarsi e rilanciarsi.
(10)
Vari Stati membri stanno rivedendo il proprio diritto fallimentare per migliorare il quadro per il salvataggio delle imprese e la seconda opportunità per gli imprenditori. Pertanto è opportuno incentivare la coerenza di questa e di eventuali altre future iniziative nazionali così da rafforzare il funzionamento del mercato interno.
(11)
È necessario incoraggiare una maggiore coerenza tra i quadri nazionali in materia di insolvenza onde ridurre le divergenze e le inefficienze che ostacolano la ristrutturazione precoce di imprese sane in difficoltà finanziaria e promuovere la possibilità per gli imprenditori onesti di ottenere una seconda opportunità, riducendo con ciò i costi di ristrutturazione a carico di debitori e creditori. Grazie a una maggiore coerenza ed efficienza delle norme fallimentari nazionali, si massimizzeranno i rendimenti per tutti i tipi di creditori e investitori, e si incoraggeranno gli investimenti transfrontalieri. Una maggiore coerenza faciliterà anche la ristrutturazione di gruppi di imprese, indipendentemente dal luogo dell’Unione in cui sono situate le imprese del gruppo.
(12)
Inoltre, eliminando gli ostacoli all’efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria si contribuisce alla salvaguardia dei posti di lavoro, con effetti positivi sull’economia in generale. Essendo più facile per gli imprenditori ottenere una seconda opportunità, aumenterà anche l’incidenza del lavoro autonomo negli Stati membri. Inoltre, la presenza di quadri efficaci in materia di insolvenza permetterà di valutare meglio i rischi connessi alle decisioni di concessione e assunzione di prestiti e favorirà l’adeguamento delle imprese eccessivamente indebitate, minimizzando i costi economici e sociali insiti nel processo di riduzione dell’indebitamento.
(13)
A trarre vantaggio da un approccio più coerente a livello dell’Unione saranno anche le piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse necessarie per sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle procedure di ristrutturazione più efficienti di alcuni Stati membri.
(14)
Anche le autorità fiscali hanno interesse a che esista un quadro efficace in materia di ristrutturazione delle imprese sane. Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate per la raccolta e il recupero del gettito fiscale nel rispetto dei principi generali di equità fiscale, e adottare misure efficaci nei casi di frode, evasione o altro illecito.
(15)
È opportuno escludere dal campo di applicazione della presente raccomandazione le imprese assicuratrici, gli enti creditizi, le imprese di investimento, gli organismi d’investimento collettivo, le controparti centrali, i depositari centrali di titoli e altri istituti finanziari soggetti a quadri speciali di risanamento e risoluzione delle crisi in cui le autorità di vigilanza nazionali godono di ampi poteri di intervento. Sebbene la presente raccomandazione non includa nel suo campo di applicazione il sovraindebitamento dei consumatori e il loro fallimento, gli Stati membri sono invitati a valutare la possibilità di applicarne i principi anche ai consumatori, giacché alcuni possono essere rilevanti anche per i consumatori.
(16)
Un quadro di ristrutturazione dovrebbe permettere ai debitori di far fronte alle difficoltà finanziarie in una fase precoce, evitando così l’insolvenza e proseguendo le attività. Tuttavia, onde evitare potenziali rischi di abuso della procedura, è necessario che le difficoltà finanziarie del debitore comportino con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di ristrutturazione sia tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività dell’impresa.
(17)
Per promuovere l’efficienza e ridurre ritardi e costi, i quadri nazionali di ristrutturazione preventiva dovrebbero contemplare procedure flessibili che limitino l’intervento del giudice ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e terzi eventuali. Ad esempio, per evitare costi inutili e rispecchiare l’intervento precoce della procedura, al debitore dovrebbe, in linea di principio, essere lasciato il controllo delle sue attività, e la nomina di un Mediatore o un supervisore non dovrebbe essere obbligatoria, bensì decisa caso per caso.
(18)
Il debitore dovrebbe poter chiedere al giudice di sospendere le azioni esecutive individuali e la procedura di insolvenza di cui i creditori abbiano chiesto l’avvio, nei casi in cui tali azioni possano ripercuotersi negativamente sui negoziati e ostacolare le prospettive di ristrutturazione della sua impresa. Tuttavia, per bilanciare i diritti del debitore con quelli dei creditori, e tenuto conto dell’esperienza maturata con le recenti riforme degli Stati membri, la sospensione dovrebbe essere disposta inizialmente per un periodo non superiore a quattro mesi.
(19)
L’omologazione giudiziaria del piano di ristrutturazione è necessaria per garantire che la limitazione dei diritti dei creditori sia proporzionata ai benefici della ristrutturazione e che i creditori abbiano accesso a un ricorso effettivo, in piena conformità con la libertà d’impresa e il diritto di proprietà sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto il giudice dovrebbe respingere il piano di ristrutturazione se è probabile che il tentativo di ristrutturazione limiti i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione dell’impresa del debitore.
(20)
Gli effetti del fallimento, in particolare la stigmatizzazione sociale, le conseguenze giuridiche e l’incapacità di far fronte ai propri debiti sono un forte deterrente per gli imprenditori che intendono avviare un’attività o ottenere una seconda opportunità, anche se è dimostrato che gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo la seconda volta. È opportuno pertanto adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
I. OBIETTIVO E OGGETTO
1)
La presente raccomandazione ha il duplice obiettivo di incoraggiare gli Stati membri a istituire un quadro giuridico che consenta la ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà finanziaria e di dare una seconda opportunità agli imprenditori onesti, promuovendo l’imprenditoria, gli investimenti e l’occupazione e contribuendo a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno.
2)
Riducendo tali ostacoli, la raccomandazione mira in particolare a:
a)
diminuire i costi della valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro;
b)
aumentare i tassi di recupero del credito;
c)
eliminare le difficoltà di ristrutturazione dei gruppi transfrontalieri di imprese.
3)
La presente raccomandazione contempla norme minime in materia di:
a)
quadri di ristrutturazione preventiva, e
b)
liberazione dai debiti degli imprenditori falliti.
4)
Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate ed efficaci a garanzia del recupero delle imposte, in particolare nei casi di frode, evasione o altro illecito.
II. DEFINIZIONI
5)
Ai fini della presente raccomandazione, si intende per:
a)
«debitore», la persona fisica o giuridica che versa in difficoltà finanziaria e per la quale sussiste una probabilità di insolvenza;
b)
«ristrutturazione», la modifica della composizione, delle condizioni o della struttura delle attività e delle passività del debitore, o una combinazione di questi elementi, diretta a consentire la prosecuzione, in tutto o in parte, dell’attività del debitore;
c)
«sospensione delle azioni esecutive individuali», ordine con cui il giudice sospende il diritto di un creditore di far valere un credito nei confronti del debitore;
d)
«giudice», l’organo, anche non giurisdizionale, competente in materia di procedure di prevenzione cui gli Stati membri hanno conferito poteri giurisdizionali e le cui decisioni possono formare oggetto di ricorso o riesame dinanzi a un’autorità giudiziaria.
III. QUADRO DI RISTRUTTURAZIONE PREVENTIVA
A. Disponibilità di un quadro di ristrutturazione preventiva
6)
Il debitore dovrebbe avere accesso a un quadro che gli consenta di ristrutturare la propria impresa al fine di evitare l’insolvenza. Tale quadro dovrebbe constare dei seguenti elementi:
a)
il debitore dovrebbe poter procedere alla ristrutturazione in una fase precoce, non appena sia evidente che sussiste probabilità di insolvenza;
b)
il debitore dovrebbe mantenere il controllo della gestione corrente dell’impresa;
c)
il debitore dovrebbe poter chiedere la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali;
d)
il piano di ristrutturazione adottato dai creditori che rappresentano la maggioranza prescritta dal diritto nazionale dovrebbe essere vincolante per tutti i creditori, a condizione che sia stato omologato dal giudice;
e)
i nuovi finanziamenti necessari per attuare il piano di ristrutturazione non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori.
7)
La procedura di ristrutturazione non dovrebbe essere lunga né costosa e dovrebbe essere flessibile in modo che se ne possano eseguire più fasi senza l’intervento del giudice. Il ricorso al giudice dovrebbe limitarsi ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare i diritti dei creditori e terzi eventuali.
B. Agevolare i negoziati sui piani di ristrutturazione
Nomina di un Mediatore o supervisore
8)
Il debitore dovrebbe poter avviare il processo di ristrutturazione dell’impresa senza dover iniziare ufficialmente un’azione in giudizio.
9)
Il giudice non dovrebbe nominare obbligatoriamente un Mediatore o un supervisore, bensì dovrebbe decidere di volta in volta se tale nomina è necessaria:
a)
nel caso del Mediatore, per assistere il debitore e i creditori nel condurre a buon fine i negoziati sul piano di ristrutturazione;
b)
nel caso del supervisore, per sorvegliare l’attività del debitore e dei creditori e prendere le misure necessarie per tutelare i legittimi interessi di uno o più creditori o terzi eventuali.
Sospensione delle azioni esecutive individuali e della procedura di insolvenza
10)
Il debitore dovrebbe avere il diritto di chiedere al giudice di disporre la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali (di seguito «sospensione») proposte dai creditori, anche titolari di un privilegio o di una garanzia, che potrebbero altrimenti ostacolare il piano di ristrutturazione. La sospensione non dovrebbe interferire con l’esecuzione dei contratti in corso.
11)
Negli Stati membri che subordinano la concessione della sospensione a determinate condizioni, il debitore dovrebbe poter ottenere la sospensione in ogni caso quando:
a)
i creditori che rappresentano una parte significativa dei crediti potenzialmente interessati dal piano di ristrutturazione sono favorevoli ai negoziati per l’adozione di un piano di ristrutturazione, e
b)
il piano di ristrutturazione ha ragionevoli prospettive di essere attuato e di impedire l’insolvenza del debitore.
12)
Se previsti dal diritto nazionale, dovrebbero essere sospesi per la durata della sospensione anche l’obbligo del debitore di presentare istanza di fallimento e le domande dei creditori di aprire la procedura di insolvenza contro il debitore, presentate dopo la concessione della sospensione.
13)
La durata della sospensione dovrebbe garantire un giusto equilibrio tra interessi del debitore e dei creditori, in particolare i creditori titolari di una garanzia. La durata della sospensione dovrebbe quindi essere stabilita in funzione della complessità delle misure di ristrutturazione previste e non dovrebbe essere superiore a quattro mesi. Gli Stati membri possono autorizzare il rinnovo del termine, purché siano dimostrati i progressi dei negoziati sul piano di ristrutturazione. La durata totale della sospensione non può essere superiore a 12 mesi.
14)
Quando non è più necessaria per facilitare l’adozione del piano di ristrutturazione, la sospensione dovrebbe essere revocata.
C. Piano di ristrutturazione
Contenuto del piano di ristrutturazione
15)
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa omologare il piano di ristrutturazione senza indugi e, in linea di principio, con procedura scritta. Essi dovrebbero stabilire disposizioni chiare e specifiche sul contenuto del piano di ristrutturazione. Il piano di ristrutturazione dovrebbe a sua volta contenere una descrizione dettagliata dei seguenti elementi:
a)
l’identificazione chiara e completa dei creditori che saranno interessati dal piano;
b)
gli effetti della ristrutturazione proposta su singoli crediti o categorie di crediti;
c)
la posizione dei creditori interessati in merito al piano di ristrutturazione;
d)
se del caso, le condizioni per i nuovi finanziamenti, e
e)
la capacità del piano di impedire l’insolvenza del debitore e garantire la redditività dell’impresa.
Adozione del piano di ristrutturazione
16)
Al fine di aumentare le prospettive di ristrutturazione e quindi il numero di imprese sane oggetto di salvataggio, i creditori interessati dovrebbero poter adottare il piano di ristrutturazione che siano titolari o meno di una garanzia.
17)
Creditori con interessi diversi dovrebbero essere trattati in classi distinte in funzione di tali interessi. Sarebbe quanto meno opportuno distinguere tra classi di creditori titolari di una garanzia e di creditori privi di garanzia.
18)
Ad adottare il piano di ristrutturazione dovrebbero essere i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti di ciascuna classe, prescritta dal diritto nazionale. Qualora le classi di creditori siano più di due, gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di mantenere o introdurre disposizioni che consentano al giudice di omologare il piano di ristrutturazione sostenuto dalla maggioranza di tali classi, tenuto conto in particolare della consistenza dei crediti di ciascuna.
19)
I creditori dovrebbero godere di condizioni di parità indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Pertanto, qualora il diritto nazionale imponga una procedura di voto formale, i creditori dovrebbero, in linea di principio, essere autorizzati a votare con mezzi di comunicazione a distanza, ad esempio con lettera raccomandata o tecnologie elettroniche sicure.
20)
Per rendere più efficace l’adozione del piano di ristrutturazione, gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che possano adottarlo soltanto determinati creditori o determinati tipi o classi di creditori, a condizione che gli altri creditori non siano coinvolti.
Omologazione del piano di ristrutturazione
21)
Onde evitare che il piano di ristrutturazione abbia ripercussioni indebite sui diritti dei creditori, e nell’interesse della certezza del diritto, il piano di ristrutturazione che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti o preveda nuovi finanziamenti dovrebbe essere vincolante solo se omologato dal giudice.
22)
Le condizioni di omologazione del piano di ristrutturazione dovrebbero essere chiaramente definite dal diritto degli Stati membri e comportare quanto meno le seguenti garanzie:
a)
il piano di ristrutturazione è stato adottato in condizioni che garantiscano la tutela dei legittimi interessi dei creditori;
b)
il piano di ristrutturazione è stato notificato a tutti i creditori potenzialmente coinvolti;
c)
il piano di ristrutturazione non limita i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione, se l’impresa del debitore fosse liquidata o venduta in regime di continuità aziendale, a seconda del caso;
d)
qualsiasi nuovo finanziamento previsto dal piano di ristrutturazione è necessario per attuare il piano e non arreca indebito pregiudizio agli interessi dei creditori dissenzienti.
23)
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa respingere il piano di ristrutturazione che manifestamente non ha nessuna prospettiva di impedire l’insolvenza del debitore né di garantire la redditività dell’impresa, ad esempio perché non prevede i nuovi finanziamenti necessari per proseguire le attività.
Diritti dei creditori
24)
Tutti i creditori potenzialmente interessati dal piano di ristrutturazione dovrebbero essere informati dei suoi contenuti e godere del diritto di opporsi e proporre ricorso contro il piano di ristrutturazione. Tuttavia, nell’interesse dei creditori favorevoli al piano, sarebbe opportuno che, in linea di principio, il ricorso non ne sospenda l’attuazione.
Effetti del piano di ristrutturazione
25)
Il piano di ristrutturazione adottato all’unanimità dei creditori interessati dovrebbe essere vincolante per la totalità di tali creditori.
26)
Il piano di ristrutturazione omologato dal giudice dovrebbe essere vincolante per il singolo creditore interessato e identificato dal piano.
D. Tutela dei nuovi finanziamenti
27)
I nuovi finanziamenti, compresi i nuovi prestiti, la vendita di determinate attività a opera del debitore e la conversione in capitale dei debiti, concordati nel piano di ristrutturazione e approvati dal giudice non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori.
28)
I contributori dei nuovi finanziamenti concordati nel piano di ristrutturazione omologato dovrebbero essere esonerati dalla responsabilità civile e penale relativa al processo di ristrutturazione.
29)
Alle norme sulla tutela dei nuovi finanziamenti dovrebbe potersi derogare in caso di successivo accertamento di frode in relazione ai nuovi finanziamenti.
IV. SECONDA OPPORTUNITÀ AGLI IMPRENDITORI
Termini di riabilitazione
30)
Sarebbe opportuno limitare gli effetti negativi del fallimento sull’imprenditore per dare a questi una seconda opportunità. L’imprenditore dovrebbe essere ammesso al beneficio della liberazione integrale dai debiti oggetto del fallimento dopo massimo tre anni a decorrere:
a)
nel caso di una procedura conclusasi con la liquidazione delle attività del debitore, dalla data in cui il giudice ha deciso sulla domanda di apertura della procedura di fallimento;
b)
nel caso di una procedura che comprenda un piano di ammortamento, dalla data in cui è iniziata l’attuazione di tale piano.
31)
Alla scadenza del termine di riabilitazione, l’imprenditore dovrebbe essere liberato dai debiti senza che ciò comporti, in linea di principio, l’obbligo di rivolgersi nuovamente al giudice.
32)
L’ammissione al beneficio della liberazione integrale dai debiti dopo poco tempo non è opportuna in tutti i casi. Gli Stati membri dovrebbero pertanto poter mantenere o introdurre disposizioni più rigorose se necessario per:
a)
dissuadere gli imprenditori che hanno agito in modo disonesto o in mala fede, prima o dopo l’apertura della procedura fallimentare;
b)
dissuadere gli imprenditori che non aderiscono al piano di ammortamento o ad altro obbligo giuridico a tutela degli interessi dei creditori, oppure
c)
tutelare i mezzi di sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia, consentendo all’imprenditore di conservare alcune attività.
33)
Gli Stati membri possono escludere dalla liberazione alcune categorie specifiche di debiti, quali quelli derivanti da responsabilità extracontrattuale.
V. CONTROLLO E COMUNICAZIONI
34)
Gli Stati membri sono invitati ad attuare i principi di cui alla presente raccomandazione entro il 14 marzo 2015.
35)
Gli Stati membri sono invitati a raccogliere statistiche annuali affidabili sul numero di procedure di ristrutturazione preventiva aperte, sulla loro durata, sulle dimensioni dei debitori interessati e sull’esito delle procedure aperte, e a comunicare tali informazioni alla Commissione su base annuale, per la prima volta entro il 14 marzo 2015.
36)
La Commissione valuterà l’attuazione della presente raccomandazione negli Stati membri entro il 14 settembre 2015. La Commissione ne valuterà l’impatto sul salvataggio delle imprese in difficoltà finanziaria e sulla seconda opportunità conferita agli imprenditori onesti; ne valuterà l’interazione con altre procedure d’insolvenza in altri settori, come i termini di riabilitazione delle persone fisiche che non esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e l’impatto sul funzionamento del mercato interno e sulle piccole e medie imprese e sulla competitività dell’economia dell’Unione. La Commissione valuterà inoltre se sia opportuno proporre ulteriori misure per consolidare e rafforzare l’approccio cui si informa la presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 12 marzo 2014
Per la Commissione
Viviane REDING
Vicepresidente
(1) Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1).
(2) COM(2012) 744 final.
(3) Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2011 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle procedure d’insolvenza nel contesto del diritto societario dell’UE [P7_TA (2011) 0484].
(4) COM(2012) 573 final.
(5) COM(2012) 742 final.
(6) COM(2012) 795 final.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 12 marzo 2014
su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2014/135/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Obiettivo della presente raccomandazione è garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale. Un altro obiettivo è dare una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono.
(2)
Le norme nazionali in materia di insolvenza variano notevolmente quanto alla gamma di procedure di cui possono avvalersi i debitori in difficoltà finanziaria per ristrutturare la loro impresa. Alcuni Stati membri prevedono poche procedure e la ristrutturazione è possibile solo in una fase relativamente tardiva, nell’ambito della procedura formale d’insolvenza. Altri Stati membri invece permettono la ristrutturazione in una fase precoce ma le procedure a disposizione sono meno efficaci di quanto potrebbero oppure impongono adempimenti in misura variabile, specie per quanto riguarda l’uso di procedure stragiudiziali.
(3)
Analogamente, le norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori, in particolare ammettendoli al beneficio della liberazione dai debiti contratti nel corso delle attività, variano quanto alla durata dei tempi di riabilitazione e alle condizioni del beneficio.
(4)
La disparità tra i quadri nazionali in materia di ristrutturazione e la diversità delle norme nazionali che danno una seconda opportunità agli imprenditori onesti sono causa di costi aggiuntivi e fonte di incertezza nella valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; frammentano le condizioni di accesso al credito e danno luogo a tassi di recupero del credito diversi; impediscono ai gruppi transfrontalieri di imprese di elaborare e adottare piani di ristrutturazione coerenti. Più in generale, possono costituire un disincentivo per le imprese che intendono stabilirsi in Stati membri diversi.
(5)
Il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio (1) disciplina esclusivamente questioni relative alla competenza, al riconoscimento, all’esecuzione, alla legge applicabile e alla cooperazione nelle procedure d’insolvenza transfrontaliere. La proposta di modifica del regolamento, presentata dalla Commissione (2), estende il campo di applicazione del regolamento alle procedure di prevenzione che promuovono il salvataggio del debitore economicamente valido e danno una seconda opportunità agli imprenditori. Tuttavia, la modifica proposta non affronta le disparità esistenti tra le procedure nazionali di prevenzione.
(6)
Il 15 novembre 2011 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (3) sulle procedure d’insolvenza, contenente raccomandazioni per l’armonizzazione di aspetti specifici delle legislazioni nazionali in materia di insolvenza, comprese le condizioni per l’elaborazione, l’impatto e i contenuti dei piani di risanamento.
(7)
Con la comunicazione «L’Atto per il mercato unico II (4)» del 3 ottobre 2012, la Commissione propone l’azione chiave volta a «modernizzare le norme UE in materia di insolvenza per facilitare la sopravvivenza delle imprese e offrire una seconda possibilità agli imprenditori», annunciando a tal fine che esaminerà le modalità per accrescere l’efficienza del diritto fallimentare nazionale, in modo da creare condizioni di parità per le imprese, gli imprenditori e i privati cittadini nell’ambito del mercato interno.
(8)
Nella comunicazione «Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza (5)» del 12 dicembre 2012, la Commissione evidenzia i settori in cui le divergenze tra diritti fallimentari nazionali rischiano di ostacolare la creazione di un quadro giuridico efficiente nel mercato interno, e osserva che, ponendo tutti i diritti fallimentari nazionali sullo stesso piano, crescerà la fiducia di società, imprenditori e privati negli ordinamenti degli altri Stati membri e migliorerà l’accesso al credito che a sua volta fungerà da incentivo agli investimenti.
(9)
Il 9 gennaio 2013 la Commissione ha adottato il piano d’azione imprenditorialità 2020 (6) in cui, tra l’altro, invita gli Stati membri a ridurre nei limiti del possibile il tempo di riabilitazione e di estinzione del debito nel caso di un imprenditore onesto che ha fatto bancarotta, portandolo a un massimo di tre anni entro il 2013, e a offrire servizi di sostegno alle imprese in tema di ristrutturazione precoce, di consulenza per evitare i fallimenti e di sostegno alle PMI per ristrutturarsi e rilanciarsi.
(10)
Vari Stati membri stanno rivedendo il proprio diritto fallimentare per migliorare il quadro per il salvataggio delle imprese e la seconda opportunità per gli imprenditori. Pertanto è opportuno incentivare la coerenza di questa e di eventuali altre future iniziative nazionali così da rafforzare il funzionamento del mercato interno.
(11)
È necessario incoraggiare una maggiore coerenza tra i quadri nazionali in materia di insolvenza onde ridurre le divergenze e le inefficienze che ostacolano la ristrutturazione precoce di imprese sane in difficoltà finanziaria e promuovere la possibilità per gli imprenditori onesti di ottenere una seconda opportunità, riducendo con ciò i costi di ristrutturazione a carico di debitori e creditori. Grazie a una maggiore coerenza ed efficienza delle norme fallimentari nazionali, si massimizzeranno i rendimenti per tutti i tipi di creditori e investitori, e si incoraggeranno gli investimenti transfrontalieri. Una maggiore coerenza faciliterà anche la ristrutturazione di gruppi di imprese, indipendentemente dal luogo dell’Unione in cui sono situate le imprese del gruppo.
(12)
Inoltre, eliminando gli ostacoli all’efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria si contribuisce alla salvaguardia dei posti di lavoro, con effetti positivi sull’economia in generale. Essendo più facile per gli imprenditori ottenere una seconda opportunità, aumenterà anche l’incidenza del lavoro autonomo negli Stati membri. Inoltre, la presenza di quadri efficaci in materia di insolvenza permetterà di valutare meglio i rischi connessi alle decisioni di concessione e assunzione di prestiti e favorirà l’adeguamento delle imprese eccessivamente indebitate, minimizzando i costi economici e sociali insiti nel processo di riduzione dell’indebitamento.
(13)
A trarre vantaggio da un approccio più coerente a livello dell’Unione saranno anche le piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse necessarie per sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle procedure di ristrutturazione più efficienti di alcuni Stati membri.
(14)
Anche le autorità fiscali hanno interesse a che esista un quadro efficace in materia di ristrutturazione delle imprese sane. Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate per la raccolta e il recupero del gettito fiscale nel rispetto dei principi generali di equità fiscale, e adottare misure efficaci nei casi di frode, evasione o altro illecito.
(15)
È opportuno escludere dal campo di applicazione della presente raccomandazione le imprese assicuratrici, gli enti creditizi, le imprese di investimento, gli organismi d’investimento collettivo, le controparti centrali, i depositari centrali di titoli e altri istituti finanziari soggetti a quadri speciali di risanamento e risoluzione delle crisi in cui le autorità di vigilanza nazionali godono di ampi poteri di intervento. Sebbene la presente raccomandazione non includa nel suo campo di applicazione il sovraindebitamento dei consumatori e il loro fallimento, gli Stati membri sono invitati a valutare la possibilità di applicarne i principi anche ai consumatori, giacché alcuni possono essere rilevanti anche per i consumatori.
(16)
Un quadro di ristrutturazione dovrebbe permettere ai debitori di far fronte alle difficoltà finanziarie in una fase precoce, evitando così l’insolvenza e proseguendo le attività. Tuttavia, onde evitare potenziali rischi di abuso della procedura, è necessario che le difficoltà finanziarie del debitore comportino con tutta probabilità l’insolvenza del debitore e che il piano di ristrutturazione sia tale da impedire l’insolvenza e garantire la redditività dell’impresa.
(17)
Per promuovere l’efficienza e ridurre ritardi e costi, i quadri nazionali di ristrutturazione preventiva dovrebbero contemplare procedure flessibili che limitino l’intervento del giudice ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare gli interessi dei creditori e terzi eventuali. Ad esempio, per evitare costi inutili e rispecchiare l’intervento precoce della procedura, al debitore dovrebbe, in linea di principio, essere lasciato il controllo delle sue attività, e la nomina di un Mediatore o un supervisore non dovrebbe essere obbligatoria, bensì decisa caso per caso.
(18)
Il debitore dovrebbe poter chiedere al giudice di sospendere le azioni esecutive individuali e la procedura di insolvenza di cui i creditori abbiano chiesto l’avvio, nei casi in cui tali azioni possano ripercuotersi negativamente sui negoziati e ostacolare le prospettive di ristrutturazione della sua impresa. Tuttavia, per bilanciare i diritti del debitore con quelli dei creditori, e tenuto conto dell’esperienza maturata con le recenti riforme degli Stati membri, la sospensione dovrebbe essere disposta inizialmente per un periodo non superiore a quattro mesi.
(19)
L’omologazione giudiziaria del piano di ristrutturazione è necessaria per garantire che la limitazione dei diritti dei creditori sia proporzionata ai benefici della ristrutturazione e che i creditori abbiano accesso a un ricorso effettivo, in piena conformità con la libertà d’impresa e il diritto di proprietà sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Pertanto il giudice dovrebbe respingere il piano di ristrutturazione se è probabile che il tentativo di ristrutturazione limiti i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione dell’impresa del debitore.
(20)
Gli effetti del fallimento, in particolare la stigmatizzazione sociale, le conseguenze giuridiche e l’incapacità di far fronte ai propri debiti sono un forte deterrente per gli imprenditori che intendono avviare un’attività o ottenere una seconda opportunità, anche se è dimostrato che gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo la seconda volta. È opportuno pertanto adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dai debiti dopo un lasso di tempo massimo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
I. OBIETTIVO E OGGETTO
1)
La presente raccomandazione ha il duplice obiettivo di incoraggiare gli Stati membri a istituire un quadro giuridico che consenta la ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà finanziaria e di dare una seconda opportunità agli imprenditori onesti, promuovendo l’imprenditoria, gli investimenti e l’occupazione e contribuendo a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno.
2)
Riducendo tali ostacoli, la raccomandazione mira in particolare a:
a)
diminuire i costi della valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro;
b)
aumentare i tassi di recupero del credito;
c)
eliminare le difficoltà di ristrutturazione dei gruppi transfrontalieri di imprese.
3)
La presente raccomandazione contempla norme minime in materia di:
a)
quadri di ristrutturazione preventiva, e
b)
liberazione dai debiti degli imprenditori falliti.
4)
Nell’attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate ed efficaci a garanzia del recupero delle imposte, in particolare nei casi di frode, evasione o altro illecito.
II. DEFINIZIONI
5)
Ai fini della presente raccomandazione, si intende per:
a)
«debitore», la persona fisica o giuridica che versa in difficoltà finanziaria e per la quale sussiste una probabilità di insolvenza;
b)
«ristrutturazione», la modifica della composizione, delle condizioni o della struttura delle attività e delle passività del debitore, o una combinazione di questi elementi, diretta a consentire la prosecuzione, in tutto o in parte, dell’attività del debitore;
c)
«sospensione delle azioni esecutive individuali», ordine con cui il giudice sospende il diritto di un creditore di far valere un credito nei confronti del debitore;
d)
«giudice», l’organo, anche non giurisdizionale, competente in materia di procedure di prevenzione cui gli Stati membri hanno conferito poteri giurisdizionali e le cui decisioni possono formare oggetto di ricorso o riesame dinanzi a un’autorità giudiziaria.
III. QUADRO DI RISTRUTTURAZIONE PREVENTIVA
A. Disponibilità di un quadro di ristrutturazione preventiva
6)
Il debitore dovrebbe avere accesso a un quadro che gli consenta di ristrutturare la propria impresa al fine di evitare l’insolvenza. Tale quadro dovrebbe constare dei seguenti elementi:
a)
il debitore dovrebbe poter procedere alla ristrutturazione in una fase precoce, non appena sia evidente che sussiste probabilità di insolvenza;
b)
il debitore dovrebbe mantenere il controllo della gestione corrente dell’impresa;
c)
il debitore dovrebbe poter chiedere la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali;
d)
il piano di ristrutturazione adottato dai creditori che rappresentano la maggioranza prescritta dal diritto nazionale dovrebbe essere vincolante per tutti i creditori, a condizione che sia stato omologato dal giudice;
e)
i nuovi finanziamenti necessari per attuare il piano di ristrutturazione non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori.
7)
La procedura di ristrutturazione non dovrebbe essere lunga né costosa e dovrebbe essere flessibile in modo che se ne possano eseguire più fasi senza l’intervento del giudice. Il ricorso al giudice dovrebbe limitarsi ai casi in cui è necessario e proporzionato per tutelare i diritti dei creditori e terzi eventuali.
B. Agevolare i negoziati sui piani di ristrutturazione
Nomina di un Mediatore o supervisore
8)
Il debitore dovrebbe poter avviare il processo di ristrutturazione dell’impresa senza dover iniziare ufficialmente un’azione in giudizio.
9)
Il giudice non dovrebbe nominare obbligatoriamente un Mediatore o un supervisore, bensì dovrebbe decidere di volta in volta se tale nomina è necessaria:
a)
nel caso del Mediatore, per assistere il debitore e i creditori nel condurre a buon fine i negoziati sul piano di ristrutturazione;
b)
nel caso del supervisore, per sorvegliare l’attività del debitore e dei creditori e prendere le misure necessarie per tutelare i legittimi interessi di uno o più creditori o terzi eventuali.
Sospensione delle azioni esecutive individuali e della procedura di insolvenza
10)
Il debitore dovrebbe avere il diritto di chiedere al giudice di disporre la sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali (di seguito «sospensione») proposte dai creditori, anche titolari di un privilegio o di una garanzia, che potrebbero altrimenti ostacolare il piano di ristrutturazione. La sospensione non dovrebbe interferire con l’esecuzione dei contratti in corso.
11)
Negli Stati membri che subordinano la concessione della sospensione a determinate condizioni, il debitore dovrebbe poter ottenere la sospensione in ogni caso quando:
a)
i creditori che rappresentano una parte significativa dei crediti potenzialmente interessati dal piano di ristrutturazione sono favorevoli ai negoziati per l’adozione di un piano di ristrutturazione, e
b)
il piano di ristrutturazione ha ragionevoli prospettive di essere attuato e di impedire l’insolvenza del debitore.
12)
Se previsti dal diritto nazionale, dovrebbero essere sospesi per la durata della sospensione anche l’obbligo del debitore di presentare istanza di fallimento e le domande dei creditori di aprire la procedura di insolvenza contro il debitore, presentate dopo la concessione della sospensione.
13)
La durata della sospensione dovrebbe garantire un giusto equilibrio tra interessi del debitore e dei creditori, in particolare i creditori titolari di una garanzia. La durata della sospensione dovrebbe quindi essere stabilita in funzione della complessità delle misure di ristrutturazione previste e non dovrebbe essere superiore a quattro mesi. Gli Stati membri possono autorizzare il rinnovo del termine, purché siano dimostrati i progressi dei negoziati sul piano di ristrutturazione. La durata totale della sospensione non può essere superiore a 12 mesi.
14)
Quando non è più necessaria per facilitare l’adozione del piano di ristrutturazione, la sospensione dovrebbe essere revocata.
C. Piano di ristrutturazione
Contenuto del piano di ristrutturazione
15)
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa omologare il piano di ristrutturazione senza indugi e, in linea di principio, con procedura scritta. Essi dovrebbero stabilire disposizioni chiare e specifiche sul contenuto del piano di ristrutturazione. Il piano di ristrutturazione dovrebbe a sua volta contenere una descrizione dettagliata dei seguenti elementi:
a)
l’identificazione chiara e completa dei creditori che saranno interessati dal piano;
b)
gli effetti della ristrutturazione proposta su singoli crediti o categorie di crediti;
c)
la posizione dei creditori interessati in merito al piano di ristrutturazione;
d)
se del caso, le condizioni per i nuovi finanziamenti, e
e)
la capacità del piano di impedire l’insolvenza del debitore e garantire la redditività dell’impresa.
Adozione del piano di ristrutturazione
16)
Al fine di aumentare le prospettive di ristrutturazione e quindi il numero di imprese sane oggetto di salvataggio, i creditori interessati dovrebbero poter adottare il piano di ristrutturazione che siano titolari o meno di una garanzia.
17)
Creditori con interessi diversi dovrebbero essere trattati in classi distinte in funzione di tali interessi. Sarebbe quanto meno opportuno distinguere tra classi di creditori titolari di una garanzia e di creditori privi di garanzia.
18)
Ad adottare il piano di ristrutturazione dovrebbero essere i creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti di ciascuna classe, prescritta dal diritto nazionale. Qualora le classi di creditori siano più di due, gli Stati membri dovrebbero avere facoltà di mantenere o introdurre disposizioni che consentano al giudice di omologare il piano di ristrutturazione sostenuto dalla maggioranza di tali classi, tenuto conto in particolare della consistenza dei crediti di ciascuna.
19)
I creditori dovrebbero godere di condizioni di parità indipendentemente dal luogo in cui si trovano. Pertanto, qualora il diritto nazionale imponga una procedura di voto formale, i creditori dovrebbero, in linea di principio, essere autorizzati a votare con mezzi di comunicazione a distanza, ad esempio con lettera raccomandata o tecnologie elettroniche sicure.
20)
Per rendere più efficace l’adozione del piano di ristrutturazione, gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che possano adottarlo soltanto determinati creditori o determinati tipi o classi di creditori, a condizione che gli altri creditori non siano coinvolti.
Omologazione del piano di ristrutturazione
21)
Onde evitare che il piano di ristrutturazione abbia ripercussioni indebite sui diritti dei creditori, e nell’interesse della certezza del diritto, il piano di ristrutturazione che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti o preveda nuovi finanziamenti dovrebbe essere vincolante solo se omologato dal giudice.
22)
Le condizioni di omologazione del piano di ristrutturazione dovrebbero essere chiaramente definite dal diritto degli Stati membri e comportare quanto meno le seguenti garanzie:
a)
il piano di ristrutturazione è stato adottato in condizioni che garantiscano la tutela dei legittimi interessi dei creditori;
b)
il piano di ristrutturazione è stato notificato a tutti i creditori potenzialmente coinvolti;
c)
il piano di ristrutturazione non limita i diritti dei creditori dissenzienti in misura superiore rispetto a quanto questi potrebbero ragionevolmente prevedere in assenza di ristrutturazione, se l’impresa del debitore fosse liquidata o venduta in regime di continuità aziendale, a seconda del caso;
d)
qualsiasi nuovo finanziamento previsto dal piano di ristrutturazione è necessario per attuare il piano e non arreca indebito pregiudizio agli interessi dei creditori dissenzienti.
23)
Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché il giudice possa respingere il piano di ristrutturazione che manifestamente non ha nessuna prospettiva di impedire l’insolvenza del debitore né di garantire la redditività dell’impresa, ad esempio perché non prevede i nuovi finanziamenti necessari per proseguire le attività.
Diritti dei creditori
24)
Tutti i creditori potenzialmente interessati dal piano di ristrutturazione dovrebbero essere informati dei suoi contenuti e godere del diritto di opporsi e proporre ricorso contro il piano di ristrutturazione. Tuttavia, nell’interesse dei creditori favorevoli al piano, sarebbe opportuno che, in linea di principio, il ricorso non ne sospenda l’attuazione.
Effetti del piano di ristrutturazione
25)
Il piano di ristrutturazione adottato all’unanimità dei creditori interessati dovrebbe essere vincolante per la totalità di tali creditori.
26)
Il piano di ristrutturazione omologato dal giudice dovrebbe essere vincolante per il singolo creditore interessato e identificato dal piano.
D. Tutela dei nuovi finanziamenti
27)
I nuovi finanziamenti, compresi i nuovi prestiti, la vendita di determinate attività a opera del debitore e la conversione in capitale dei debiti, concordati nel piano di ristrutturazione e approvati dal giudice non dovrebbero essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli per la massa dei creditori.
28)
I contributori dei nuovi finanziamenti concordati nel piano di ristrutturazione omologato dovrebbero essere esonerati dalla responsabilità civile e penale relativa al processo di ristrutturazione.
29)
Alle norme sulla tutela dei nuovi finanziamenti dovrebbe potersi derogare in caso di successivo accertamento di frode in relazione ai nuovi finanziamenti.
IV. SECONDA OPPORTUNITÀ AGLI IMPRENDITORI
Termini di riabilitazione
30)
Sarebbe opportuno limitare gli effetti negativi del fallimento sull’imprenditore per dare a questi una seconda opportunità. L’imprenditore dovrebbe essere ammesso al beneficio della liberazione integrale dai debiti oggetto del fallimento dopo massimo tre anni a decorrere:
a)
nel caso di una procedura conclusasi con la liquidazione delle attività del debitore, dalla data in cui il giudice ha deciso sulla domanda di apertura della procedura di fallimento;
b)
nel caso di una procedura che comprenda un piano di ammortamento, dalla data in cui è iniziata l’attuazione di tale piano.
31)
Alla scadenza del termine di riabilitazione, l’imprenditore dovrebbe essere liberato dai debiti senza che ciò comporti, in linea di principio, l’obbligo di rivolgersi nuovamente al giudice.
32)
L’ammissione al beneficio della liberazione integrale dai debiti dopo poco tempo non è opportuna in tutti i casi. Gli Stati membri dovrebbero pertanto poter mantenere o introdurre disposizioni più rigorose se necessario per:
a)
dissuadere gli imprenditori che hanno agito in modo disonesto o in mala fede, prima o dopo l’apertura della procedura fallimentare;
b)
dissuadere gli imprenditori che non aderiscono al piano di ammortamento o ad altro obbligo giuridico a tutela degli interessi dei creditori, oppure
c)
tutelare i mezzi di sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia, consentendo all’imprenditore di conservare alcune attività.
33)
Gli Stati membri possono escludere dalla liberazione alcune categorie specifiche di debiti, quali quelli derivanti da responsabilità extracontrattuale.
V. CONTROLLO E COMUNICAZIONI
34)
Gli Stati membri sono invitati ad attuare i principi di cui alla presente raccomandazione entro il 14 marzo 2015.
35)
Gli Stati membri sono invitati a raccogliere statistiche annuali affidabili sul numero di procedure di ristrutturazione preventiva aperte, sulla loro durata, sulle dimensioni dei debitori interessati e sull’esito delle procedure aperte, e a comunicare tali informazioni alla Commissione su base annuale, per la prima volta entro il 14 marzo 2015.
36)
La Commissione valuterà l’attuazione della presente raccomandazione negli Stati membri entro il 14 settembre 2015. La Commissione ne valuterà l’impatto sul salvataggio delle imprese in difficoltà finanziaria e sulla seconda opportunità conferita agli imprenditori onesti; ne valuterà l’interazione con altre procedure d’insolvenza in altri settori, come i termini di riabilitazione delle persone fisiche che non esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e l’impatto sul funzionamento del mercato interno e sulle piccole e medie imprese e sulla competitività dell’economia dell’Unione. La Commissione valuterà inoltre se sia opportuno proporre ulteriori misure per consolidare e rafforzare l’approccio cui si informa la presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 12 marzo 2014
Per la Commissione
Viviane REDING
Vicepresidente
(1) Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1).
(2) COM(2012) 744 final.
(3) Risoluzione del Parlamento europeo del 15 novembre 2011 sulle raccomandazioni alla Commissione sulle procedure d’insolvenza nel contesto del diritto societario dell’UE [P7_TA (2011) 0484].
(4) COM(2012) 573 final.
(5) COM(2012) 742 final.
(6) COM(2012) 795 final.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Nuovo approccio dell’UE nella gestione del fallimento delle imprese e dell’insolvenza
Ogni anno circa 200 000 imprese nei paesi dell’Unione europea (UE) falliscono e 1,7 milioni di persone perdono il proprio posto di lavoro. La nuova raccomandazione segna uno spostamento verso la ristrutturazione preventiva delle imprese sane per consentire loro di rimanere in attività e tutelare i posti di lavoro, consentendo al contempo ai creditori di recuperare il più possibile dal loro investimento. Essa intende anche garantire agli imprenditori falliti una seconda possibilità.
ATTO
Raccomandazione 2014/135/UE della Commissione su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza.
SINTESI
L’atteggiamento europeo nei confronti dell’insolvenza delle imprese è in continua evoluzione, con la riforma del diritto vigente nell’Unione europea relativo alle insolvenze transfrontaliere già in corso. Questa nuova raccomandazione della Commissione europea, tuttavia, mira a fornire un quadro comune per le norme nazionali in materia di insolvenza.
Il quadro consentirebbe ai debitori di:
ristrutturare la propria impresa non appena l’insolvenza diventi evidente;
mantenere il controllo della gestione corrente della loro impresa;
richiedere una sospensione temporanea delle azioni esecutive presentate dai creditori, se tali azioni dovessero ostacolare le prospettive di un piano di ristrutturazione. La durata della sospensione dovrebbe dipendere dalla complessità della ristrutturazione prevista ed essere concessa per non più di quattro mesi inizialmente e per non più di 12 mesi in totale;
richiedere l’omologazione giudiziaria di un piano di ristrutturazione che abbia ripercussioni sugli interessi dei creditori dissenzienti. I creditori sarebbero vincolati da qualsiasi piano che abbia ottenuto un’omologazione giudiziaria. La raccomandazione elenca il contenuto dei piani di ristrutturazione e i requisiti per l’omologazione giudiziaria;
ottenere più facilmente nuovi finanziamenti per un piano di ristrutturazione se il giudice ha dichiarato che i nuovi finanziamenti sono esenti da azioni di nullità.
La procedura di ristrutturazione mira ad essere rapida, non costosa e dovrebbe permettere di procedere nelle sue fasi senza l’intervento di un giudice. Potrebbe essere nominato un mediatore o un supervisore per assistere ai negoziati tra il debitore e i creditori.
Seconda opportunità
In seguito a prove convincenti che gli imprenditori onesti che ottengono una seconda possibilità dopo il fallimento hanno più successo nella loro nuova impresa, la Commissione si è convinta a fornire agli imprenditori un nuovo inizio dopo il fallimento.
Gli imprenditori dovrebbero essere ammessi al beneficio della liberazione integrale dai propri debitidopo massimo 3 anni a decorrere dalla data di decisione del giudice di apertura della procedura fallimentare o dalla data di inizio di un piano di ammortamento.
Tuttavia, la raccomandazione riconosce che la liberazione integrale non è opportuna in tutti i casi e i paesi dell’UE possono introdurre leggi più severe per scoraggiare gli imprenditori disonesti o coloro che non rispettano i loro obblighi giuridici nei confronti dei creditori.
Possono inoltre essere contemplate leggi nazionali per la tutela dei mezzi di sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia che consentono all’imprenditore di conservare alcune attività.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Raccomandazione 2014/135/UE
3.4.2014
-
GU L 74 del 14.3.2014
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo: Un nuovo approccio europeo al fallimento delle imprese e all’insolvenza [COM(2012) 742 final del 12.12.2012, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio relativo alle procedure d’insolvenza [COM(2012) 744 final del 12.12.2012, non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. |
Sistemi antispruzzi per i veicoli a motore
Regolamento (UE) n. 109/2011 - Sistemi antispruzzi
ATTO
Regolamento (UE) n. 109/2011 della Commissione, del 27 gennaio 2011, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo ai requisiti di omologazione di talune categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne i sistemi antispruzzi
SINTESI
CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
Il regolamento definisce i requisiti per l’omologazione dei sistemi antispruzzi* in talune categorie di veicoli a motore. Attua il regolamento (CE) n. 661/2009 relativo alla sicurezza generale dei veicoli a motore.
PUNTI CHIAVE
Categorie di veicoli a motore
Il regolamento si applica alle categorie N e O, che comprendono i veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di merci aventi almeno quattro ruote, nonché ai rimorchi.
Requisiti per i sistemi antispruzzi
I dispositivi antispruzzi sono generalmente situati sopra le ruote del veicolo e possono comprendere un parafango*, bordi esterni* e paraspruzzi*.
Il dispositivo deve essere in grado di funzionare correttamente, se usato in modo normale su strade bagnate. Vengono riconosciuti i seguenti tipi di dispositivi:
—
dispositivi del tipo ad assorbimento di energia;
—
dispositivi del tipo a separazione aria/acqua.
Omologazione
Sia il fabbricante del dispositivo che il costruttore del veicolo sono tenuti a presentare domanda di omologazione CE all’autorità nazionale competente. La domanda deve contenere alcune informazioni, in particolare:
—
la marca e il tipo di dispositivo o veicolo;
—
il numero di assi e ruote del veicolo;
—
la descrizione del sistema antispruzzi e degli elementi costitutivi.
Il fabbricante del dispositivo antispruzzi è tenuto a fornire documenti amministrativi relativi all’omologazione CE dei sistemi antispruzzi come entità tecnica indipendente.
Il costruttore del veicolo è tenuto a fornire documenti amministrativi relativi a:
—
l’omologazione CE del veicolo per quanto riguarda l’installazione di dispositivi antispruzzi;
—
il certificato di omologazione CE del dispositivo montato.
Se l’autorità competente ritiene che il dispositivo o il veicolo risponda a tutti i requisiti concernenti i sistemi antispruzzi, rilascerà l’omologazione CE e attribuirà un numero di omologazione in conformità con la direttiva 2007/46/CE.
TERMINI CHIAVE
* Sistema antispruzzo: sistema che riduce gli spruzzi sulla strada per mezzo di parafanghi, bordi esterni e paraspruzzi (vedi sotto).
* Omologazione: Indica che sono state effettuate delle prove per garantire il rispetto dei pertinenti requisiti normativi, tecnici e di sicurezza.
* Parafango: componente rigida di un veicolo che impedisce che gli spruzzi d’acqua generati dal pneumatico siano spruzzati in aria.
* Bordo: normalmente attaccato al paraurti posteriore, impedisce che la pioggia e il fango siano spruzzati sulle altre auto e sui passanti.
* Paraspruzzi: componente flessibile montato verticalmente dietro una ruota che riduce lo spruzzo da una strada bagnata.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 109/2011
1.3.2011
-
GU L 34 del 9.2.2011, pagg. 2-28
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) 2015/166
24.2.2015
-
GU L 28 del 4.2.2015, pagg. 3-39
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pagg. 1-24) | REGOLAMENTO (UE) N. 109/2011 DELLA COMMISSIONE
del 27 gennaio 2011
che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo ai requisiti di omologazione di talune categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne i sistemi antispruzzi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione ai fini della sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti ad essi destinati (1), in particolare l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché di sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2).
(2)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 91/226/CEE del Consiglio, del 27 marzo 1991, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi antispruzzi di alcuni veicoli a motore e dei loro rimorchi (3).
(3)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa norme essenziali sui requisiti dell’omologazione dei veicoli a motore riguardo ai sistemi antispruzzi nonché dei sistemi antispruzzi come entità tecniche indipendenti. Occorre ora stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici relativi a tale omologazione.
(4)
A tal fine, è opportuno integrare nel presente regolamento i requisiti stabiliti dalla direttiva 91/226/CEE, adattandola se necessario al livello attualmente raggiunto dalle conoscenze tecniche e scientifiche.
(5)
Il campo d’applicazione del presente regolamento deve corrispondere a quello del regolamento (CE) n. 661/2009 e limitarsi pertanto ai veicoli appartenenti alle categorie N e O. Le misure previste nel presente regolamento sono conformi al parere del Comitato tecnico — Veicoli a motore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Campo di applicazione
Il presente regolamento si applica tanto ai veicoli appartenenti alle categorie N e O, quali definiti dalla direttiva 2007/46/CE, allegato II, e muniti di un sistema antispruzzi, quanto ai sistemi antispruzzi destinati a essere montati sui veicoli appartenenti alle categorie N e O.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento:
(1)
«sistema antispruzzi» indica un sistema mirante a ridurre la nebulizzazione dell’acqua sollevata dagli pneumatici di un veicolo in movimento e composto da parafango, paraspruzzi e bordi esterni muniti di un dispositivo antispruzzi;
(2)
«parafango» indica una componente rigida o semirigida destinata a raccogliere l’acqua sollevata dagli pneumatici in movimento e a dirigerla verso il terreno; può essere interamente o parzialmente parte integrante della carrozzeria o di altre parti del veicolo, come la parte inferiore della piattaforma di carico;
(3)
«paraspruzzi» indica una componente flessibile montata verticalmente dietro la ruota, alla parte inferiore dei telai o della superficie di carico o sul parafango; deve anche evitare che piccoli oggetti (come i sassolini), sollevati dal terreno dagli pneumatici, siano proiettati in alto o lateralmente verso altri utenti della strada;
(4)
«dispositivo antispruzzi» indica una parte del sistema antispruzzi che può comprendere un separatore di aria/acqua e un assorbitore di energia;
(5)
«separatore aria/acqua» indica una componente, inserita nel bordo esterno e/o nel paraspruzzi, che permettendo il passaggio dell’aria riduce l’emissione di acqua nebulizzata;
(6)
«assorbitore di energia» indica una componente facente parte del parafango e/o del bordo esterno e/o del paraspruzzi che assorbe l’energia degli spruzzi d’acqua e riduce così lo spruzzo di acqua nebulizzata;
(7)
«bordo esterno» indica una componente situata approssimativamente su un piano verticale parallelo al piano longitudinale del veicolo; può fare parte di un parafango o della carrozzeria del veicolo;
(8)
«ruote sterzanti» indica le ruote attivate dal sistema sterzante del veicolo;
(9)
«asse autodirezionale» indica un asse che, ruotando intorno a un pernio centrale, può descrivere un arco orizzontale;
(10)
«ruote autosterzanti» indica ruote non attivate dal dispositivo sterzante del veicolo, in grado di deviare di un angolo non superiore a 20° grazie all’attrito esercitato dal terreno;
(11)
«asse sollevabile» indica un asse quale definito dalla direttiva 97/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, allegato I, punto 2.15 (4);
(12)
«veicolo a vuoto» indica un veicolo in ordine di marcia quale definito dalla direttiva 2007/46/CE, allegato I, punto 2.6.;
(13)
«battistrada» indica la parte dello pneumatico quale definita dalla direttiva 92/23/CEE del Consiglio, allegato II, punto 2.8 (5);
(14)
«tipo di dispositivo antispruzzo» indica dispositivi che non differiscono tra loro riguardo alle seguenti caratteristiche principali:
a)
il principio fisico adottato per ridurre gli spruzzi (assorbimento dell’energia dell’acqua, separazione aria/acqua);
b)
materiali;
c)
forma;
d)
dimensioni, se esse possono influire sul comportamento del materiale;
(15)
«veicolo trattore per semirimorchi» indica un trattore quale definito dalla direttiva 97/27/CE, allegato I, punto 2.1.1.2.2;
(16)
«massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile (M)» indica la massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore quale descritta dalla direttiva 2007/46/CE, allegato I, punto 2.8;
(17)
«tipo di veicolo rispetto al sistema antispruzzi» indica veicoli completi, incompleti o completati che non differiscono tra loro riguardo ai seguenti aspetti:
—
tipo di dispositivo antispruzzi installato sul veicolo,
—
designazione del tipo di sistema antispruzzi da parte del fabbricante.
Articolo 3
Omologazione CE di un veicolo riguardo ai sistemi antispruzzi
1. Il fabbricante o il suo mandatario presenta all’autorità che rilascia l’omologazione una domanda di omologazione CE riguardante i sistemi antispruzzi di un veicolo.
2. La domanda va redatta in base al modello di scheda informativa riportato all’allegato I, parte 1.
3. Se sono soddisfatti i pertinenti requisiti di cui agli allegati III e IV del presente regolamento, l’autorità competente rilascia un’omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione secondo il sistema di numerazione di cui alla direttiva 2007/46/CE, allegato VII.
L’autorità che rilascia l’omologazione non può attribuire lo stesso numero a un altro tipo di veicolo.
4. Ai fini di quanto esposto al paragrafo 3, l’autorità competente rilascia un certificato di omologazione CE redatto secondo il modello di cui all’allegato I, parte 2.
Articolo 4
Omologazione CE di sistemi antispruzzi in quanto entità tecniche indipendenti
1. Il fabbricante o il suo mandatario presenta all’autorità che rilascia l’omologazione una domanda di omologazione CE riguardante un tipo di sistemi antispruzzi in quanto entità tecniche indipendenti.
La domanda va redatta in base al modello di scheda informativa riportato all’allegato II, parte 1.
2. Se sono soddisfatti i pertinenti requisiti di cui agli allegati III e IV del presente regolamento, l’autorità competente rilascia un’omologazione CE all’entità tecnica indipendente, attribuendole un numero di omologazione con il sistema di numerazione di cui alla direttiva 2007/46/CE, allegato VII.
L’autorità che rilascia l’omologazione non può attribuire lo stesso numero a un altro tipo di entità tecnica indipendente.
3. Ai fini di quanto esposto al paragrafo 2, l’autorità competente rilascia un certificato di omologazione CE redatto secondo il modello di cui all’allegato II, parte 2.
Articolo 5
Marchio di omologazione CE di entità tecniche indipendenti
Ogni entità tecnica indipendente, conforme a un tipo cui è stata rilasciata l’omologazione CE di entità tecniche indipendenti ai sensi del presente regolamento, reca un marchio di omologazione CE per entità tecniche indipendenti, quale descritto nell’allegato II, parte 3.
Articolo 6
Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate ai sensi della direttiva 91/226/CEE
Le autorità nazionali autorizzano la vendita e l’entrata in servizio dei veicoli e delle entità tecniche indipendenti omologati ai sensi della direttiva 91/226/CEE prima del 1o novembre 2012 e continuano a rilasciare l’estensione dell’omologazione di tali veicoli ed entità tecniche indipendenti ai sensi della direttiva 91/226/CEE.
Articolo 7
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 27 gennaio 2011.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1.
(2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(3) GU L 103 del 23.4.1991, pag. 5.
(4) GU L 233 del 25.8.1997, pag. 1.
(5) GU L 129 del 14.5.1992, pag. 95.
ALLEGATO I
DOCUMENTI AMMINISTRATIVI FINALIZZATI ALL’OMOLOGAZIONE CE DI VEICOLI PER QUANTO CONCERNE I SISTEMI ANTISPRUZZI DI CUI SONO MUNITI
PARTE 1
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo per quanto concerne i sistemi antispruzzi di cui è munito (1).
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono mostrare dettagli sufficienti.
Se i sistemi, le componenti o le entità tecniche indipendenti comprendono funzioni a comando elettronico, vanno fornite informazioni sulle loro prestazioni.
0. ASPETTI GENERALI
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo(b): …
0.3.1. Posizione di tale marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo(c): …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.8. Indirizzo/i dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO
1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: …
1.3. Numero di assi e di ruote: …
1.3.1. Numero e posizione degli assi a ruote gemellate: …
1.3.2. Numero e posizione degli assi sterzanti: …
2. MASSE E DIMENSIONI(f)(g)
(in kg e mm) (eventualmente, fare riferimento ai disegni)
2.1. Interasse o interassi (a pieno carico)(g)(l): …
2.6. Massa in ordine di marcia (minima e massima per ogni variante) Massa del veicolo carrozzato in ordine di marcia e con dispositivo di traino, se fornito dal costruttore e se il veicolo è un trattore di categoria diversa dalla categoria M1, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di traino se il costruttore non li fornisce (compresi liquidi, attrezzi, eventuale ruota di scorta, conducente e accompagnatore, per autobus di linea e gran turismo se muniti dell’apposito sedile)(h) (minima e massima per ogni variante): …
2.6.1. Distribuzione di tale massa tra gli assi e, per semirimorchi o rimorchi ad asse centrale, carico gravante sul punto di traino (minima e massima per ogni variante): …
2.8. Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore(i)(3): …
9. CARROZZERIA
9.20. Dispositivo antispruzzi …
9.20.0. Presenza: sì/no/incompleta(1) …
9.20.1. Breve descrizione del veicolo riguardo al dispositivo antispruzzi e ai suoi elementi costitutivi: …
9.20.2. Disegni dettagliati del dispositivo antispruzzi e della sua posizione sul veicolo, indicanti le dimensioni indicate alle figure di cui al regolamento (UE) n 109/2011, allegato VI, e che tengano conto dei punti estremi delle combinazioni pneumatico/ruota: …
9.20.3. Numero/i di omologazione CE dello/gli eventuale/i dispositivo/i antispruzzi: …
Data, firma
PARTE 2
MODELLO
[Dimensioni massime del formato: A4 (210 × 297 mm)]
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Timbro dell’autorità di omologazione
Notifica riguardante:
—
omologazione CE (2)
—
estensione dell’omologazione CE (2)
—
rifiuto dell’omologazione CE (2)
—
revoca dell’omologazione CE (2)
di un tipo di veicolo per quanto concerne i sistemi antispruzzi
visto il regolamento (UE) n. …/…, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (2)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell’estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (denominazione commerciale del fabbricante): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (3): …
0.3.1. Posizione di tale marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (4) …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.8. Nome/i e indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
SEZIONE II
1. Informazioni accessorie: cfr. Addendum.
2. Servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum.
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
9. Si allega l’indice del fascicolo di omologazione depositato presso l’autorità di omologazione, del quale si può chiedere copia.
(1) Per i veicoli appartenenti alle categorie N1 ed N2 capaci di una massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile non superiore a 7,5 tonnellate e che ricorrono alla deroga di cui all’allegato IV, punto 0.1, del presente regolamento, si può usare la scheda informativa descritto dalla direttiva 78/549/CEE, allegato II.
(2) Cancellare la dicitura non pertinente.
(3) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, della componente o dell’entità tecnica indipendente oggetto della presente scheda informativa, nella documentazione tali caratteri vanno rappresentati con il simbolo «?» (esempio: ABC??123??).
(4) Secondo le definizioni di cui alla direttiva 2007/46/CE, allegato II, sezione A.
Addendum
al certificato di omologazione CE n.
1. Informazioni accessorie
1.1. Caratteristiche dei dispositivi antispruzzi (tipo, descrizione sommaria, modello o nome depositato, numero/i d’omologazione della componente):
5. Eventuali osservazioni:
ALLEGATO II
DOCUMENTI AMMINISTRATIVI NECESSARI ALL’OMOLOGAZIONE CE DI SISTEMI ANTISPRUZZI COME ENTITÀ TECNICHE INDIPENDENTI
PARTE 1
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di sistemi antispruzzi come entità tecniche indipendenti.
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono mostrare dettagli sufficienti.
Se i sistemi, le componenti o le entità tecniche indipendenti di cui alla presente scheda informativa comprendono funzioni a comando elettronico, vanno fornite informazioni sulle loro prestazioni.
0. ASPETTI GENERALI
0.1. Marca (denominazione commerciale del fabbricante): …
0.2. Tipo: …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.7. Posizione e metodo di fissaggio del marchio di omologazione CE per componenti ed entità tecniche indipendenti: …
0.8. Indirizzo/i dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9 Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
1. DESCRIZIONE DEL DISPOSITIVO
1.1. Descrizione tecnica del dispositivo antispruzzi che ne indichi il principio fisico di funzionamento e le prove pertinenti cui esso deve essere sottoposto: …
1.2. Materiali usati: …
1.3. Disegni sufficientemente particolareggiati e in una scala idonea a consentirne l’identificazione. Il disegno deve indicare lo spazio destinato all’apposizione del marchio di omologazione CE: …
Data
Firmato
PARTE 2
MODELLO
(Dimensioni massime del formato: A4 (210 × 297 mm)
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Timbro dell’autorità di omologazione
Notifica riguardante:
—
omologazione CE (1)
—
estensione dell’omologazione CE (1)
—
rifiuto dell’omologazione CE (1)
—
revoca dell’omologazione CE (1)
di un tipo di sistema antispruzzi in quanto componente/entità tecnica indipendente
visto il regolamento (UE) n. …/…, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (1)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell’estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (denominazione commerciale del fabbricante): …
0.2. Tipo: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sull’entità tecnica indipendente (2): …
0.3.1. Posizione di tale marcatura: …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.7. Posizione e metodo di apposizione del marchio di omologazione CE: …
0.8. Nome/i e indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
SEZIONE II
1. Eventuali informazioni accessorie: cfr. Addendum.
2. Servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum.
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
9. Si allega l’indice del fascicolo di omologazione depositato presso l’autorità di omologazione, del quale si può chiedere copia.
Addendum
al certificato di omologazione CE n.
1. Informazioni accessorie
1.1. Principio di funzionamento del dispositivo: ad assorbimento di energia–a separazione aria/acqua (3):
1.2. Caratteristiche dei dispositivi antispruzzi (breve descrizione, marchio di fabbrica o denominazione, numero/i):
5. Eventuali osservazioni:
PARTE 3
Marchio di omologazione CE di entità tecniche indipendenti
1. Il marchio di omologazione CE per entità tecniche indipendenti comprende:
1.1. un rettangolo all’interno del quale è iscritta la lettera minuscola «e», seguita dal numero distintivo dello Stato membro che ha rilasciato l’omologazione CE dell’entità tecnica indipendente:
1
per la Germania
2
per la Francia
3
per l’Italia
4
per i Paesi Bassi
5
per la Svezia
6
per il Belgio
7
per l’Ungheria
8
per la Repubblica ceca
9
per la Spagna
11
per il Regno Unito
12
per l’Austria
13
per il Lussemburgo
17
per la Finlandia
18
per la Danimarca
19
per la Romania
20
per la Polonia
21
per il Portogallo
23
per la Grecia
24
per l’Irlanda
26
per la Slovenia
27
per la Slovacchia
29
per l’Estonia
32
per la Lettonia
34
per la Bulgaria
36
per la Lituania
49
per Cipro
50
per Malta
1.2. in prossimità del rettangolo, il «numero dell’omologazione di base» che figura nella sezione 4 del numero di omologazione, preceduto dalle 2 cifre indicanti il numero progressivo attribuito al presente regolamento o alla sua ultima modifica tecnica di rilievo. L’attuale numero progressivo è «00».
2. Il marchio di omologazione CE per unità tecniche indipendenti va apposto sul dispositivo antispruzzi, deve essere indelebile nonché chiaramente e facilmente leggibile anche quando il dispositivo è montato su un veicolo.
3. Ecco un esempio di marchio di omologazione CE di entità tecniche indipendenti.
Esempio di marchio di omologazione CE per entità tecniche separate
Nota esplicativa
Legenda
L’omologazione CE per entità tecniche indipendenti è stata rilasciata dai Paesi Bassi, con il numero «0046». Le prime 2 cifre «00» indicano che l’entità tecnica indipendente è stata omologata ai sensi del presente regolamento. Il simbolo «A» indica che si tratta di un dispositivo del tipo ad assorbimento di energia.
(1) Cancellare la dicitura non pertinente.
(2) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, della componente o dell’entità tecnica indipendente oggetto della presente scheda informativa, nella documentazione tali caratteri vanno rappresentati con il simbolo «?» (esempio: ABC??123??).
(3) Cancellare la dicitura non pertinente.
ALLEGATO III
PARTE 1
Requisiti dei dispositivi antispruzzi
0. CARATTERISTICHE GENERALI
0.1. I dispositivi antispruzzi devono essere costruiti in modo da funzionare correttamente se usati in modo normale su strade bagnate. Essi inoltre non devono presentare alcun difetto strutturale o di fabbricazione che danneggi il loro corretto funzionamento o comportamento.
1. PROVE DA EFFETTUARE
1.1 A seconda del principio fisico di funzionamento su cui si basano, i dispositivi antispruzzi sono sottoposti a prove adeguate, descritte nelle parti 2 e 3, e devono ottenere i risultati richiesti al punto 5 delle suddette parti.
2. DOMANDA DI OMOLOGAZIONE CE DI COMPONENTI
2.1. La domanda ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2007/46/CE di omologazione CE di componenti di un tipo di dispositivo antispruzzi deve essere presentata dal fabbricante.
2.2. Un modello della scheda informativa si trova all’allegato II, parte 1.
2.3. Al servizio tecnico che esegue le prove di omologazione va presentato quanto segue:
Quattro campioni: tre di essi sono destinati a essere provati; il quarto viene conservato dal laboratorio per eventuali verifiche successive. Il laboratorio di prova può chiedere ulteriori campioni.
2.4. Marcature
2.4.1. Su ogni campione va apposto, in modo chiaro e indelebile, un marchio indicante la marca o la denominazione commerciale e il tipo; esso deve disporre di spazio sufficiente per il marchio d’omologazione CE di componenti.
2.4.2. Aggiungere al marchio d’omologazione il simbolo «A» per i dispositivi ad assorbimento d’energia o «S» per quelli a separazione aria/acqua, in conformità alla direttiva 2007/46/CE, allegato VII, appendice, punto 1.3.
PARTE 2
Prove su dispositivi antispruzzi del tipo ad assorbimento di energia
1. PRINCIPIO
Scopo della prova è quello di quantificare la capacità di un dispositivo di trattenere l’acqua che gli venga spruzzata addosso. L’apparecchio di prova è concepito in modo da riprodurre le condizioni di funzionamento del dispositivo montato su un veicolo riguardo al volume e alla velocità dell’acqua sollevata dal battistrada.
2. ATTREZZATURA
Per la descrizione dell’attrezzatura di prova, cfr. allegato VI, figura 8.
3. CONDIZIONI DI PROVA
3.1. Le prove vanno effettuate in un locale chiuso in condizioni di aria immobile.
3.2. La temperatura ambiente e la temperatura dei campioni devono essere di 21 (± 3) °C.
3.3. Utilizzare acqua deionizzata.
3.4. Inumidire i campioni prima di ogni prova.
4. PROCEDURA
4.1 Fissare un campione del dispositivo da provare largo 500 (+ 0/– 5) mm e alto 750 mm sul supporto verticale dell’apparecchiatura di prova, assicurandosi che il campione sia collocato entro i limiti del collettore e che nessun ostacolo possa deviare l’acqua, né prima né dopo l’impatto.
4.2 Regolare la portata dell’acqua a 0,675 (± 0,01) /s e dirigerne tra 90 (min.) e 120 (max.) sul campione da una distanza di 500 (± 2) mm, misurata orizzontalmente (allegato VI, fig. 8).
4.3. Far colare l’acqua dal campione nel collettore. Calcolare la percentuale di acqua raccolta rispetto alla quantità di acqua spruzzata.
4.4. Ripetere 5 volte la prova sul campione in conformità ai punti 4.2 e 4.3. Calcolare la percentuale media della serie di 5 prove.
5. RISULTATI
5.1. La percentuale media di cui al punto 4.4 deve essere pari o superiore al 70 %.
5.2 Se in una serie di 5 prove le percentuali più alte e più basse di acqua raccolta differiscono dalla percentuale media di più del 5 %, ripetere la serie di 5 prove.
Se nella seconda serie di 5 prove i valori estremi nuovamente si discostano di oltre il 5 % rispetto alla percentuale media e se il valore più basso non soddisfa i requisiti del punto 5.1, l’omologazione va rifiutata.
5.3. Verificare se il posizionamento verticale del dispositivo influisce sui risultati ottenuti. In caso positivo, ripetere la procedura descritta nei punti da 4.1. a 4.4. nelle posizioni da cui risulta la percentuale maggiore e minore di acqua raccolta; i requisiti di cui al punto 5.2. restano in vigore.
Per ottenere la percentuale media si ricorre quindi alla media dei singoli risultati. La percentuale media deve essere pari o superiore al 70 %.
PARTE 3
Prova su dispositivi antispruzzi del tipo a separazione aria/acqua
1. PRINCIPIO
La prova ha lo scopo di determinare l’efficacia di un materiale poroso che trattenga l’acqua di cui è stato spruzzato con un nebulizzatore aria/acqua a pressione.
L’attrezzatura usata per la prova deve simulare le condizioni cui sarebbe sottoposto il materiale rispetto al volume e alla velocità degli spruzzi d’acqua prodotti dagli pneumatici, se fosse montato su un veicolo.
2. ATTREZZATURA
Per la descrizione dell’apparecchiatura di prova cfr. allegato VI, figura 9.
3. CONDIZIONI DI PROVA
3.1. Le prove vanno effettuate in un locale chiuso in condizioni di aria immobile.
3.2. La temperatura ambiente e la temperatura dei campioni devono essere di 21 (± 3) °C.
3.3. Utilizzare acqua deionizzata.
3.4. Inumidire i campioni prima di ogni prova.
4. PROCEDURA
4.1 All’apparecchiatura di prova, fissare verticalmente un campione di 305 × 100 mm; eliminare gli spazi vuoti fra il campione e la piastra superiore curva e verificare che il collettore sia in posizione corretta. Riempire il serbatoio del nebulizzatore con 1 ± 0,005 litri d’acqua e collocarlo come indicato nella figura.
4.2 Il nebulizzatore va regolato nel modo che segue:
pressione (del nebulizzatore): 5 bar + 10 %/– 0 %
flusso: 1 litro/min. ±5 sec.
nebulizzazione: circolare, 50 ± 5 mm di diametro a 200 ± 5 mm dal campione; ugello di 5 ± 0,1 mm di diametro.
4.3. Nebulizzare fino a quando non ci sia più nebbia d’acqua e annotare il tempo impiegato. Lasciare che l’acqua scorra dal campione nel collettore per 60 secondi e misurare il volume dell’acqua raccolta. Misurare la quantità di acqua restante nel serbatoio del nebulizzatore. Calcolare la percentuale del volume dell’acqua raccolta rispetto al volume dell’acqua nebulizzata.
4.4. Ripetere la prova 5 volte e calcolare la percentuale media della quantità raccolta. Controllare prima di ogni prova che il collettore, il serbatoio del nebulizzatore e il recipiente di misura siano asciutti.
5. RISULTATI
5.1. La percentuale media di cui al punto 4.4 deve essere pari o superiore all’85 %.
5.2 Se in una serie di 5 prove le percentuali più alte e più basse di acqua raccolta differiscono dalla percentuale media di più del 5 %, ripetere la serie di 5 prove. Se nella seconda serie di 5 prove i valori estremi dell’acqua recuperata si discostano nuovamente di oltre il 5 % rispetto alla percentuale media e se il valore più basso non soddisfa i requisiti del punto 5.1, l’omologazione va rifiutata.
5.3. Se la posizione verticale del dispositivo influenza i risultati ottenuti, la procedura descritta ai punti da 4.1 a 4.4 deve essere ripetuta nelle posizioni che danno le percentuali maggiori e minori di acqua raccolta; i requisiti di cui al punto 5.2. restano in vigore.
Si continuano ad applicare le prescrizioni di cui al punto 5.1 per l’indicazione dei risultati di ciascuna prova.
ALLEGATO IV
Requisiti dell’omologazione di veicoli per quanto concerne i sistemi antispruzzi su di essi montati
0. ASPETTI GENERALI
0.1. I veicoli appartenenti alle categorie N ed O, esclusi i fuoristrada quali definiti alla direttiva 2007/46/CE, allegato II, devono essere muniti, al momento dell’assemblaggio o successivamente, di sistemi antispruzzi che rispettino le prescrizioni del presente allegato. Per gli autotelai cabinati tali prescrizioni si possono applicare solo alle ruote coperte dalla cabina.
Su richiesta del fabbricante, per i veicoli appartenenti alle categorie N1 ed N2 con massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile non superiore a 7,5 t., si possono applicare le prescrizioni della direttiva 78/549/CEE (1) al posto di quelle del presente regolamento.
0.2. Le prescrizioni del presente allegato, relative ai dispositivi antispruzzi definiti all’articolo 2, punto 4, non sono obbligatorie per i veicoli appartenenti alle categorie N, O1 e O2 con massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile non superiore a 7,5 tonnellate, per gli autotelai cabinati, per i veicoli non carrozzati e per quelli in cui la presenza di dispositivi antispruzzi sarebbe incompatibile con il loro impiego. Se tuttavia su tali veicoli sono montati i dispositivi suddetti, questi devono essere conformi alle prescrizioni della presente direttiva.
1. Un veicolo rappresentativo del tipo di veicolo da omologare, munito di sistema antispruzzi, deve essere presentato al servizio tecnico che esegue le prove di omologazione.
PRESCRIZIONI GENERALI
2. ASSI
2.1. Assi sollevabili
Se un veicolo è munito di uno o più assi sollevabili, il sistema antispruzzi coprirà tutte le ruote, quando l’asse è abbassato, e le ruote a contatto con il terreno, quando l’asse è sollevato.
2.2. Assi autodirezionali
Ai fini del presente regolamento, un asse autodirezionale del tipo «rotante intorno a un pernio centrale» indica un asse munito di ruote sterzanti e come tale trattato.
Se un veicolo è munito di un asse autodirezionale, il sistema antispruzzi deve soddisfare le condizioni applicabili alle ruote non sterzanti, se montato sulla parte rotante. Se non è montato su tale parte esso deve soddisfare le condizioni applicabili alle ruote sterzanti.
3. POSIZIONE DEL BORDO ESTERNO
La distanza «c» tra il piano longitudinale tangente al lato esterno dello pneumatico, escluso il rigonfiamento dello pneumatico a contatto del suolo, e lo spigolo interno del bordo non deve superare 100 mm (allegato VI, figure 1a e 1b).
4. CONDIZIONI DEL VEICOLO
Per controllare la conformità al presente regolamento il veicolo deve trovarsi nelle seguenti condizioni:
a)
deve essere scarico e con le ruote in posizione diritta (parallele);
b)
le superfici di carico dei semirimorchi devono essere orizzontali;
c)
gli pneumatici devono essere gonfiati alla pressione normale.
5. DISPOSITIVI ANTISPRUZZI
5.1 Il sistema antispruzzi deve avere le caratteristiche descritte ai punti 6 od 8.
5.2 Il sistema antispruzzi per le ruote non sterzanti o autosterzanti coperte dal piano della carrozzeria o dalla parte inferiore della piattaforma di carico, deve avere le caratteristiche indicate ai punti 6 od 8, oppure quelle del punto 7.
PRESCRIZIONI SPECIFICHE
6. Requisiti dei sistemi antispruzzi ad assorbimento di energia per assi muniti di ruote sterzanti, autosterzanti o non sterzanti
6.1 Parafanghi
6.1.1. I parafanghi devono coprire la zona immediatamente superiore, anteriore e posteriore dello/degli pneumatico/i, nel modo seguente:
a)
negli assi singoli o multipli, l’estremità anteriore (C) deve estendersi fino a una linea O-Z che formi con l’orizzontale un angolo Θ (theta) non superiore a 45°.
L’estremità posteriore (allegato VI, fig. 2) deve estendersi verso il basso e arrestarsi a non più di 100 mm al di sopra della linea orizzontale passante per il centro della ruota;
b)
negli assi multipli l’angolo Θ si riferisce solo all’asse anteriore e il requisito dell’altezza dell’estremità posteriore si applica solo all’asse posteriore;
c)
la larghezza totale «q» (allegato VI, fig. 1a) del parafango dev’essere almeno tale da coprire la larghezza «b» dello pneumatico o l’intera larghezza «t» di due pneumatici nel caso di ruote gemelle, tenendo conto delle estremità dell’unità pneumatico/ruota specificate dal fabbricante. Le dimensioni «b» e «t» si misurano all’altezza del mozzo, senza tener conto di eventuali iscrizioni, nervature, cordoni di protezione, ecc., sui fianchi degli pneumatici.
6.1.2. Il lato rivolto in avanti della parte posteriore del parafango deve essere munito di un dispositivo antispruzzi avente le caratteristiche indicate all’allegato III, parte 2. Questo materiale deve coprire la parte interna del parafango fino a un’altezza determinata da una semiretta che partendo dal centro della ruota forma un angolo di almeno 30° con l’orizzontale (allegato VI, fig. 3).
6.1.3. Se i parafanghi sono composti di diversi elementi, una volta montati non devono presentare alcuna apertura che permetta fuoriuscite di spruzzi a veicolo in moto. Questo requisito è considerato soddisfatto se, a veicolo carico o scarico, tutti gli spruzzi spinti all’esterno dalla forza centrifuga sull’intera larghezza del battistrada dello pneumatico ed entro lo spazio coperto dal parafango colpisce sempre una parte del dispositivo antispruzzi.
6.2. Bordi esterni
6.2.1. Negli assi singoli, l’estremità inferiore del bordo esterno non può essere posta a una distanza, e avere un raggio (misurato dal centro dello pneumatico), inferiori ai valori che seguono, esclusi i bordi inferiori che possono essere arrotondati (allegato VI, fig. 2).
Sospensioni pneumatiche:
a)
assi muniti di ruote sterzanti o autosterzanti:
a partire dal profilo anteriore (verso la parte anteriore del veicolo) (estremità C)
sino al profilo posteriore (verso il retro del veicolo) (estremità A)
Rv ≤ 1,5 R
b)
assi muniti di ruote non sterzanti:
a partire dal profilo anteriore (estremità C)
sino al profilo posteriore (estremità A)
Rv ≤ 1,25 R
Sospensione meccanica
a)
caso generale} Rv ≤ 1,8 R
b)
ruote non sterzanti per veicoli con massa a pieno carico tecnicamente ammissibile superiore a 7,5 t} Rv ≤ 1,5 R
in cui R è il raggio dello pneumatico montato sul veicolo ed Rv la distanza radiale alla quale si trova il profilo inferiore del bordo esterno.
6.2.2. Negli assi multipli, le prescrizioni di cui al punto 6.2.1. non si applicano tra i piani trasversali verticali passanti per il centro del primo e dell’ultimo asse in cui il bordo esterno potrebbe essere diritto per permettere la continuità del sistema antispruzzi (allegato VI, fig. 4)
6.2.3. La distanza tra l’estremità superiore e quella inferiore del sistema antispruzzi (parafanghi e bordo esterno) misurata in qualunque sezione perpendicolare al parafango (cfr. allegato VI, figure 1b e 2) non deve essere inferiore a 45 mm in tutti i punti situati oltre una linea verticale passante attraverso il centro della ruota o della prima ruota nel caso di assi multipli. Questa dimensione può essere gradualmente ridotta davanti a tale linea.
6.2.4. Nei bordi esterni o tra i bordi esterni e le altre parti dei parafanghi non devono esistere aperture che permettano la fuoriuscita di spruzzi quando il veicolo è in moto.
6.2.5. Le prescrizioni di cui ai punti 6.2.3 e 6.2.4 possono non essere rispettate puntualmente se il bordo è composto da elementi diversi in grado di spostarsi gli uni rispetto agli altri.
6.2.6. I trattori per semirimorchi a telaio ribassato, quelli cioè l’altezza della cui superficie di accoppiamento non deve superare 1 100 mm (definiti al punto 6.20 della norma ISO 612 del 1978), possono essere concepiti in modo da derogare alle prescrizioni di cui ai punti 6.1.1, lettera a), 6.1.3 e 6.2.4. In proposito, se questi trattori sono agganciati a un semirimorchio, parafanghi e bordi esterni possono non coprire la zona immediatamente sopra gli pneumatici degli assi posteriori per evitare la distruzione del sistema antispruzzi. I parafanghi e i bordi esterni di tali veicoli devono tuttavia soddisfare le prescrizioni di cui ai precedenti punti nei settori situati più di 60° dalla linea verticale passante per il centro della ruota, davanti e dietro questi pneumatici.
Tali veicoli devono perciò essere concepiti in modo da soddisfare le prescrizioni di cui al primo comma se circolano senza semirimorchio.
Per poter ottemperare alle prescrizioni di cui sopra, parafanghi e bordi esterni possono, per esempio, comportare una parte amovibile.
6.3. Paraspruzzi
6.3.1 La larghezza del paraspruzzi deve conformarsi a quanto previsto per «q» al punto 6.1.1, lettera c), purché il paraspruzzi non sia integrato nel parafango; in tal caso essa sarà almeno pari alla larghezza del battistrada dello pneumatico.
La larghezza della parte del paraspruzzi sotto il parafango deve soddisfare la condizione stabilita nel presente punto con una tolleranza di + 10 mm su ciascun lato.
6.3.2. Il paraspruzzi deve avere una posizione sostanzialmente verticale.
6.3.3. L’altezza massima del bordo inferiore non deve superare 200 mm (allegato VI, fig. 3).
Questa distanza è aumentata a 300 mm per l’asse posteriore se la distanza radiale del profilo inferiore del bordo esterno, Rv, non supera la lunghezza del raggio degli pneumatici montati sulle ruote dell’asse considerato.
L’altezza massima dell’estremità inferiore del paraspruzzi rispetto al suolo può essere aumentata fino a 300 mm se il fabbricante lo ritiene tecnicamente appropriato rispetto alle caratteristiche della sospensione.
6.3.4. Il paraspruzzi non deve distare in senso orizzontale più di 300 mm dal bordo posteriore dello pneumatico.
6.3.5. In assi multi in cui la distanza «d» tra gli pneumatici montati su assi adiacenti è inferiore a 250 mm, solo la coppia di ruote posteriore deve essere munita di paraspruzzi. Si colloca un paraspruzzi dietro ciascuna ruota quando la distanza «d» tra gli pneumatici su assi adiacenti è pari o superiore a 250 mm (allegato VI, fig. 4).
6.3.6. I paraspruzzi non devono flettersi all’indietro di oltre 100 mm se sottoposti a una forza di 3N per 100 mm di larghezza del paraspruzzi, applicata a un punto posto 50 mm sopra il bordo inferiore del paraspruzzi stesso.
6.3.7. L’intera superficie davanti alla parte del paraspruzzi avente le dimensioni minime richieste deve essere munita di un dispositivo antispruzzi che soddisfi le specifiche indicate all’allegato III, parte 2.
6.3.8. Tra il bordo posteriore inferiore del parafango e i paraspruzzi non devono esistere aperture che permettano la fuoriuscita di spruzzi.
6.3.9. Se il dispositivo antispruzzi soddisfa le specifiche relative ai paraspruzzi (punto 6.3), non sono necessari paraspruzzi supplementari.
7. Prescrizioni relative a sistemi antispruzzi muniti di dispositivi antispruzzi ad assorbimento di energia, destinati ad assi muniti di ruote non sterzanti o autosterzanti (cfr. punto 5.2)
7.1. Parafanghi
7.1.1. I parafanghi devono coprire la zona immediatamente al di sopra dello/degli pneumatico/i. Le estremità anteriori e posteriori devono estendersi almeno fino al piano orizzontale tangente al bordo superiore dello/degli pneumatico/i (allegato VI, fig. 5). L’estremità posteriore può essere tuttavia sostituita dal paraspruzzi; in tal caso esso si estenderà alla parte superiore del parafango (o dell’elemento equivalente).
7.1.2. Tutta la parte posteriore interna del parafango sarà munita di un dispositivo antispruzzi che soddisfi i requisiti indicati all’allegato III, parte 2.
7.2. Bordi esterni
7.2.1. Negli assi singoli o multipli in cui la distanza fra pneumatici adiacenti è pari o superiore a 250 mm, il bordo esterno deve coprire lo spazio compreso fra la parte bassa della parte superiore del parafango e una retta formata dalla tangente al bordo superiore dello/degli pneumatico/i e fra il piano verticale formato dalla tangente alla parte anteriore dello pneumatico e il parafango o il paraspruzzi collocato dietro la/le ruota/e (allegato VI, fig. 5b).
Negli assali multipli va collocato un bordo esterno su ciascuna ruota.
7.2.2. Tra il bordo esterno e la parte interna del parafango non devono esistere aperture che permettano la fuoriuscita di spruzzi.
7.2.3. Quando i paraspruzzi non sono installati dietro ogni ruota (cfr. punto 6.3.5), il bordo esterno deve estendersi ininterrottamente dal bordo esterno del paraspruzzi al piano verticale tangente al punto più avanzato dello pneumatico (allegato VI, fig. 5a) del primo asse.
7.2.4. L’intera superficie interna del bordo esterno, di altezza non inferiore a 100 mm, sarà munita di un dispositivo antispruzzi ad assorbimento di energia conforme alle prescrizioni dell’allegato III, parte 2.
7.3. I paraspruzzi devono estendersi sino alla parte inferiore del parafango ed essere conformi alle prescrizioni dei punti da 6.3.1 a 6.3.9.
8. Prescrizioni applicabili ai sistemi antispruzzi muniti di dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua per assi muniti di ruote sterzanti e non sterzanti
8.1. Parafanghi
8.1.1. I parafanghi devono soddisfare le prescrizioni del punto 6.1.1, lettera c).
8.1.2. I parafanghi per assi singoli o multipli in cui la distanza tra gli pneumatici di assi adiacenti è superiore a 300 mm devono essere conformi anche al punto 6.1.1. lettera a).
8.1.3. Negli assi multipli in cui la distanza tra gli pneumatici di assi adiacenti non è superiore a 300 mm, i parafanghi devono essere conformi anche al modello della figura 7.
8.2. Bordi esterni
8.2.1. I profili inferiori dei bordi esterni devono essere muniti di dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua conformi alle prescrizioni di cui all’allegato III, parte 3.
8.2.2. Negli assi singoli o multipli in cui la distanza tra pneumatici di assi adiacenti supera i 300 mm, l’estremità inferiore del dispositivo antispruzzi applicato sul bordo esterno deve rispettare le seguenti dimensioni massime e il seguente raggio misurato dal centro della ruota (allegato VI, figure 6 e 7):
a)
assi muniti di ruote sterzanti o autosterzanti:
a partire dal profilo anteriore (nel senso del veicolo) (estremità C a 30°)
fino al profilo posteriore (nel senso del veicolo) (estremità A a 100 mm)
Rv ≤ 1,05 R
b)
assi muniti di ruote non sterzanti:
a partire dal profilo anteriore (estremità C a 20°)
fino al profilo posteriore (estremità A a 100 mm)
Rv ≤ 1,00 R
in cui
R= raggio dello pneumatico montato sul veicolo;
Rv= distanza radiale a partire dall’estremità inferiore del bordo esterno al centro della ruota.
8.2.3. Negli assi multipli in cui la distanza fra gli pneumatici di assi adiacenti non è superiore a 300 mm, i bordi esterni situati negli spazi fra gli assi devono avere la forma specificata al punto 8.1.3 ed estendersi verso il basso in modo da non distare più di 100 mm dall’orizzontale passante per il centro delle ruote (allegato VI, fig. 7).
8.2.4. La profondità del bordo esterno non deve essere inferiore a 45 mm nella parte posteriore rispetto alla verticale tracciata per il centro della ruota. Tale profondità può essere gradualmente ridotta davanti a tale linea.
8.2.5. Nei bordi esterni o fra i bordi esterni e i parafanghi non deve esistere alcuna apertura che consenta la fuoriuscita di spruzzi.
8.3. Paraspruzzi
8.3.1. I paraspruzzi devono:
a)
essere conformi al punto 6.3 (allegato VI, fig. 3); oppure
b)
essere conformi ai punti 6.3.1, 6.3.2, 6.3.5, 6.3.8 e 8.3.2 (allegato VI, fig. 6).
8.3.2. Le apparecchiature antispruzzi conformi alle specifiche di cui all’allegato IV, devono essere applicate ai paraspruzzi di cui al punto 8.3.1, lettera b), almeno lungo l’intero profilo.
8.3.2.1. L’estremità inferiore del dispositivo antispruzzi non deve distare da terra più di 200 mm.
L’altezza massima dell’estremità inferiore del paraspruzzi rispetto al suolo può essere aumentata fino a 300 mm se il fabbricante lo ritiene tecnicamente appropriato rispetto alle caratteristiche della sospensione.
8.3.2.2. Il dispositivo antispruzzi deve avere un’altezza di almeno 100 mm.
8.3.2.3. Esclusa la parte inferiore che comprende il dispositivo antispruzzi, il paraspruzzi di cui al punto 8.3.1, lettera b), non deve flettersi all’indietro per più di 100 mm se sottoposto a una forza di 3N per ogni 100 mm di larghezza dei paraspruzzi misurata all’intersezione del paraspruzzi con il dispositivo antispruzzi nella sua posizione d’impiego, applicata a una distanza di 50 mm al di sopra dell’orlo inferiore del paraspruzzi.
8.3.3. Il paraspruzzi non deve distare in senso orizzontale più di 200 mm dal bordo posteriore dello pneumatico.
9. Negli assi multipli, il sistema antispruzzi di un asse che non sia quello più arretrato del gruppo, può non coprire l’intera larghezza del battistrada dello pneumatico se esiste localmente la possibilità di interferenze tra il sistema antispruzzi e la struttura degli assi o della sospensione o del carrello.
(1) GU L 168 del 26.6.1978, pag. 45.
ALLEGATO V
Conformità della produzione e cessazione della produzione
1. Conformità della produzione
1.1.
Ogni dispositivo antispruzzi recante il marchio di omologazione CE deve essere conforme al tipo omologato. L’autorità che rilascia il marchio CE conserva un campione che, unitamente alla scheda di omologazione CE, può essere usato per stabilire se i dispositivi commercializzati recanti il marchio di omologazione CE siano conformi ai requisiti stabiliti.
1.2.
Un tipo di dispositivo è definito dal modello e dai documenti descrittivi depositati al momento della domanda di omologazione CE. I dispositivi le cui caratteristiche siano identiche a quelle del dispositivo modello e le cui altre componenti non differiscano da quelle del modello tranne che per varianti che non abbiano alcun effetto sulle proprietà specificate nel presente allegato possono essere considerati appartenenti allo stesso tipo.
1.3.
Il fabbricante effettua periodici controlli per garantire la conformità della produzione al tipo omologato.
A tal fine il fabbricante deve disporre di un laboratorio opportunamente attrezzato, in grado di effettuare le prove essenziali, o di un laboratorio autorizzato che effettui le prove di conformità della produzione per suo conto.
I risultati dei controlli di conformità della produzione sono messi a disposizioni dalle autorità competenti per almeno un anno.
1.4.
Le autorità competenti possono anche effettuare controlli saltuari.
1.5.
La conformità della produzione al tipo di dispositivo omologato va controllata nelle condizioni e conformemente ai metodi di cui all’allegato III.
A richiesta delle autorità che hanno rilasciato l’omologazione, i fabbricanti mettono a loro disposizione i dispositivi del tipo precedentemente omologato per effettuare prove o controlli di conformità.
1.6.
La produzione è ritenuta conforme se 9 campioni aleatori su 10 sono conformi alle specifiche dell’allegato III, parte 2, punto 4 e parte 3, punto 4.
1.7.
Se non si verifica la condizione del punto 1.6, si esaminano 10 nuovi campioni aleatori.
La media di tutte le misurazioni effettuate deve soddisfare le specifiche dell’allegato III, parte 2, punto 4 e parte 3, punto 4, e nessuna misura singola deve essere inferiore al 95 % dei valori ivi specificati.
2. Cessazione della produzione
Il titolare di un’omologazione CE che cessi la produzione ne informa immediatamente le autorità competenti.
ALLEGATO VI
FIGURE
Figura 1a
Larghezza «q» del parafango «a» e posizione del bordo «j»
Figura 1b
Esempio di misurazione del bordo esterno
Figura 2
Dimensioni del parafango e del bordo esterno
Figura 3
Posizione del parafango e del paraspruzzi
Figura 4
Schema di installazione di un sistema antispruzzi (parafango, paraspruzzi, bordo esterno) munito di dispositivi antispruzzi (ad assorbimento d’energia) per assi multipli
Figura 5
Schema di installazione di un sistema antispruzzi munito di dispositivi antispruzzi (ad assorbimento d’energia) per assi muniti di ruote non sterzanti o autosterzanti
(Allegato IV, punti 5.2 e 7)
Figura 6
Schema di installazione di un sistema antispruzzi munito di dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua per assi muniti di ruote sterzanti, autosterzanti o non sterzanti
Figura 7
Schema di installazione di un sistema antispruzzi munito di dispositivi antispruzzi (parafanghi, paraspruzzi, bordi esterni) per assi multipli in cui la distanza tra gli pneumatici non è superiore a 300 mm
Figura 8
Apparecchiatura di prova per dispositivi antispruzzi ad assorbimento d’energia
(Allegato III, parte 2)
Figura 9
Apparecchiatura di prova per dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua
(Allegato III, parte 3)
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 109/2011 DELLA COMMISSIONE
del 27 gennaio 2011
che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo ai requisiti di omologazione di talune categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne i sistemi antispruzzi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione ai fini della sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti ad essi destinati (1), in particolare l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché di sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2).
(2)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 91/226/CEE del Consiglio, del 27 marzo 1991, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi antispruzzi di alcuni veicoli a motore e dei loro rimorchi (3).
(3)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa norme essenziali sui requisiti dell’omologazione dei veicoli a motore riguardo ai sistemi antispruzzi nonché dei sistemi antispruzzi come entità tecniche indipendenti. Occorre ora stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici relativi a tale omologazione.
(4)
A tal fine, è opportuno integrare nel presente regolamento i requisiti stabiliti dalla direttiva 91/226/CEE, adattandola se necessario al livello attualmente raggiunto dalle conoscenze tecniche e scientifiche.
(5)
Il campo d’applicazione del presente regolamento deve corrispondere a quello del regolamento (CE) n. 661/2009 e limitarsi pertanto ai veicoli appartenenti alle categorie N e O. Le misure previste nel presente regolamento sono conformi al parere del Comitato tecnico — Veicoli a motore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Campo di applicazione
Il presente regolamento si applica tanto ai veicoli appartenenti alle categorie N e O, quali definiti dalla direttiva 2007/46/CE, allegato II, e muniti di un sistema antispruzzi, quanto ai sistemi antispruzzi destinati a essere montati sui veicoli appartenenti alle categorie N e O.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento:
(1)
«sistema antispruzzi» indica un sistema mirante a ridurre la nebulizzazione dell’acqua sollevata dagli pneumatici di un veicolo in movimento e composto da parafango, paraspruzzi e bordi esterni muniti di un dispositivo antispruzzi;
(2)
«parafango» indica una componente rigida o semirigida destinata a raccogliere l’acqua sollevata dagli pneumatici in movimento e a dirigerla verso il terreno; può essere interamente o parzialmente parte integrante della carrozzeria o di altre parti del veicolo, come la parte inferiore della piattaforma di carico;
(3)
«paraspruzzi» indica una componente flessibile montata verticalmente dietro la ruota, alla parte inferiore dei telai o della superficie di carico o sul parafango; deve anche evitare che piccoli oggetti (come i sassolini), sollevati dal terreno dagli pneumatici, siano proiettati in alto o lateralmente verso altri utenti della strada;
(4)
«dispositivo antispruzzi» indica una parte del sistema antispruzzi che può comprendere un separatore di aria/acqua e un assorbitore di energia;
(5)
«separatore aria/acqua» indica una componente, inserita nel bordo esterno e/o nel paraspruzzi, che permettendo il passaggio dell’aria riduce l’emissione di acqua nebulizzata;
(6)
«assorbitore di energia» indica una componente facente parte del parafango e/o del bordo esterno e/o del paraspruzzi che assorbe l’energia degli spruzzi d’acqua e riduce così lo spruzzo di acqua nebulizzata;
(7)
«bordo esterno» indica una componente situata approssimativamente su un piano verticale parallelo al piano longitudinale del veicolo; può fare parte di un parafango o della carrozzeria del veicolo;
(8)
«ruote sterzanti» indica le ruote attivate dal sistema sterzante del veicolo;
(9)
«asse autodirezionale» indica un asse che, ruotando intorno a un pernio centrale, può descrivere un arco orizzontale;
(10)
«ruote autosterzanti» indica ruote non attivate dal dispositivo sterzante del veicolo, in grado di deviare di un angolo non superiore a 20° grazie all’attrito esercitato dal terreno;
(11)
«asse sollevabile» indica un asse quale definito dalla direttiva 97/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, allegato I, punto 2.15 (4);
(12)
«veicolo a vuoto» indica un veicolo in ordine di marcia quale definito dalla direttiva 2007/46/CE, allegato I, punto 2.6.;
(13)
«battistrada» indica la parte dello pneumatico quale definita dalla direttiva 92/23/CEE del Consiglio, allegato II, punto 2.8 (5);
(14)
«tipo di dispositivo antispruzzo» indica dispositivi che non differiscono tra loro riguardo alle seguenti caratteristiche principali:
a)
il principio fisico adottato per ridurre gli spruzzi (assorbimento dell’energia dell’acqua, separazione aria/acqua);
b)
materiali;
c)
forma;
d)
dimensioni, se esse possono influire sul comportamento del materiale;
(15)
«veicolo trattore per semirimorchi» indica un trattore quale definito dalla direttiva 97/27/CE, allegato I, punto 2.1.1.2.2;
(16)
«massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile (M)» indica la massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore quale descritta dalla direttiva 2007/46/CE, allegato I, punto 2.8;
(17)
«tipo di veicolo rispetto al sistema antispruzzi» indica veicoli completi, incompleti o completati che non differiscono tra loro riguardo ai seguenti aspetti:
—
tipo di dispositivo antispruzzi installato sul veicolo,
—
designazione del tipo di sistema antispruzzi da parte del fabbricante.
Articolo 3
Omologazione CE di un veicolo riguardo ai sistemi antispruzzi
1. Il fabbricante o il suo mandatario presenta all’autorità che rilascia l’omologazione una domanda di omologazione CE riguardante i sistemi antispruzzi di un veicolo.
2. La domanda va redatta in base al modello di scheda informativa riportato all’allegato I, parte 1.
3. Se sono soddisfatti i pertinenti requisiti di cui agli allegati III e IV del presente regolamento, l’autorità competente rilascia un’omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione secondo il sistema di numerazione di cui alla direttiva 2007/46/CE, allegato VII.
L’autorità che rilascia l’omologazione non può attribuire lo stesso numero a un altro tipo di veicolo.
4. Ai fini di quanto esposto al paragrafo 3, l’autorità competente rilascia un certificato di omologazione CE redatto secondo il modello di cui all’allegato I, parte 2.
Articolo 4
Omologazione CE di sistemi antispruzzi in quanto entità tecniche indipendenti
1. Il fabbricante o il suo mandatario presenta all’autorità che rilascia l’omologazione una domanda di omologazione CE riguardante un tipo di sistemi antispruzzi in quanto entità tecniche indipendenti.
La domanda va redatta in base al modello di scheda informativa riportato all’allegato II, parte 1.
2. Se sono soddisfatti i pertinenti requisiti di cui agli allegati III e IV del presente regolamento, l’autorità competente rilascia un’omologazione CE all’entità tecnica indipendente, attribuendole un numero di omologazione con il sistema di numerazione di cui alla direttiva 2007/46/CE, allegato VII.
L’autorità che rilascia l’omologazione non può attribuire lo stesso numero a un altro tipo di entità tecnica indipendente.
3. Ai fini di quanto esposto al paragrafo 2, l’autorità competente rilascia un certificato di omologazione CE redatto secondo il modello di cui all’allegato II, parte 2.
Articolo 5
Marchio di omologazione CE di entità tecniche indipendenti
Ogni entità tecnica indipendente, conforme a un tipo cui è stata rilasciata l’omologazione CE di entità tecniche indipendenti ai sensi del presente regolamento, reca un marchio di omologazione CE per entità tecniche indipendenti, quale descritto nell’allegato II, parte 3.
Articolo 6
Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate ai sensi della direttiva 91/226/CEE
Le autorità nazionali autorizzano la vendita e l’entrata in servizio dei veicoli e delle entità tecniche indipendenti omologati ai sensi della direttiva 91/226/CEE prima del 1o novembre 2012 e continuano a rilasciare l’estensione dell’omologazione di tali veicoli ed entità tecniche indipendenti ai sensi della direttiva 91/226/CEE.
Articolo 7
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 27 gennaio 2011.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1.
(2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(3) GU L 103 del 23.4.1991, pag. 5.
(4) GU L 233 del 25.8.1997, pag. 1.
(5) GU L 129 del 14.5.1992, pag. 95.
ALLEGATO I
DOCUMENTI AMMINISTRATIVI FINALIZZATI ALL’OMOLOGAZIONE CE DI VEICOLI PER QUANTO CONCERNE I SISTEMI ANTISPRUZZI DI CUI SONO MUNITI
PARTE 1
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo per quanto concerne i sistemi antispruzzi di cui è munito (1).
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono mostrare dettagli sufficienti.
Se i sistemi, le componenti o le entità tecniche indipendenti comprendono funzioni a comando elettronico, vanno fornite informazioni sulle loro prestazioni.
0. ASPETTI GENERALI
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo(b): …
0.3.1. Posizione di tale marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo(c): …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.8. Indirizzo/i dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO
1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: …
1.3. Numero di assi e di ruote: …
1.3.1. Numero e posizione degli assi a ruote gemellate: …
1.3.2. Numero e posizione degli assi sterzanti: …
2. MASSE E DIMENSIONI(f)(g)
(in kg e mm) (eventualmente, fare riferimento ai disegni)
2.1. Interasse o interassi (a pieno carico)(g)(l): …
2.6. Massa in ordine di marcia (minima e massima per ogni variante) Massa del veicolo carrozzato in ordine di marcia e con dispositivo di traino, se fornito dal costruttore e se il veicolo è un trattore di categoria diversa dalla categoria M1, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di traino se il costruttore non li fornisce (compresi liquidi, attrezzi, eventuale ruota di scorta, conducente e accompagnatore, per autobus di linea e gran turismo se muniti dell’apposito sedile)(h) (minima e massima per ogni variante): …
2.6.1. Distribuzione di tale massa tra gli assi e, per semirimorchi o rimorchi ad asse centrale, carico gravante sul punto di traino (minima e massima per ogni variante): …
2.8. Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore(i)(3): …
9. CARROZZERIA
9.20. Dispositivo antispruzzi …
9.20.0. Presenza: sì/no/incompleta(1) …
9.20.1. Breve descrizione del veicolo riguardo al dispositivo antispruzzi e ai suoi elementi costitutivi: …
9.20.2. Disegni dettagliati del dispositivo antispruzzi e della sua posizione sul veicolo, indicanti le dimensioni indicate alle figure di cui al regolamento (UE) n 109/2011, allegato VI, e che tengano conto dei punti estremi delle combinazioni pneumatico/ruota: …
9.20.3. Numero/i di omologazione CE dello/gli eventuale/i dispositivo/i antispruzzi: …
Data, firma
PARTE 2
MODELLO
[Dimensioni massime del formato: A4 (210 × 297 mm)]
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Timbro dell’autorità di omologazione
Notifica riguardante:
—
omologazione CE (2)
—
estensione dell’omologazione CE (2)
—
rifiuto dell’omologazione CE (2)
—
revoca dell’omologazione CE (2)
di un tipo di veicolo per quanto concerne i sistemi antispruzzi
visto il regolamento (UE) n. …/…, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (2)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell’estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (denominazione commerciale del fabbricante): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (3): …
0.3.1. Posizione di tale marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (4) …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.8. Nome/i e indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
SEZIONE II
1. Informazioni accessorie: cfr. Addendum.
2. Servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum.
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
9. Si allega l’indice del fascicolo di omologazione depositato presso l’autorità di omologazione, del quale si può chiedere copia.
(1) Per i veicoli appartenenti alle categorie N1 ed N2 capaci di una massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile non superiore a 7,5 tonnellate e che ricorrono alla deroga di cui all’allegato IV, punto 0.1, del presente regolamento, si può usare la scheda informativa descritto dalla direttiva 78/549/CEE, allegato II.
(2) Cancellare la dicitura non pertinente.
(3) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, della componente o dell’entità tecnica indipendente oggetto della presente scheda informativa, nella documentazione tali caratteri vanno rappresentati con il simbolo «?» (esempio: ABC??123??).
(4) Secondo le definizioni di cui alla direttiva 2007/46/CE, allegato II, sezione A.
Addendum
al certificato di omologazione CE n.
1. Informazioni accessorie
1.1. Caratteristiche dei dispositivi antispruzzi (tipo, descrizione sommaria, modello o nome depositato, numero/i d’omologazione della componente):
5. Eventuali osservazioni:
ALLEGATO II
DOCUMENTI AMMINISTRATIVI NECESSARI ALL’OMOLOGAZIONE CE DI SISTEMI ANTISPRUZZI COME ENTITÀ TECNICHE INDIPENDENTI
PARTE 1
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di sistemi antispruzzi come entità tecniche indipendenti.
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono mostrare dettagli sufficienti.
Se i sistemi, le componenti o le entità tecniche indipendenti di cui alla presente scheda informativa comprendono funzioni a comando elettronico, vanno fornite informazioni sulle loro prestazioni.
0. ASPETTI GENERALI
0.1. Marca (denominazione commerciale del fabbricante): …
0.2. Tipo: …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.7. Posizione e metodo di fissaggio del marchio di omologazione CE per componenti ed entità tecniche indipendenti: …
0.8. Indirizzo/i dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9 Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
1. DESCRIZIONE DEL DISPOSITIVO
1.1. Descrizione tecnica del dispositivo antispruzzi che ne indichi il principio fisico di funzionamento e le prove pertinenti cui esso deve essere sottoposto: …
1.2. Materiali usati: …
1.3. Disegni sufficientemente particolareggiati e in una scala idonea a consentirne l’identificazione. Il disegno deve indicare lo spazio destinato all’apposizione del marchio di omologazione CE: …
Data
Firmato
PARTE 2
MODELLO
(Dimensioni massime del formato: A4 (210 × 297 mm)
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Timbro dell’autorità di omologazione
Notifica riguardante:
—
omologazione CE (1)
—
estensione dell’omologazione CE (1)
—
rifiuto dell’omologazione CE (1)
—
revoca dell’omologazione CE (1)
di un tipo di sistema antispruzzi in quanto componente/entità tecnica indipendente
visto il regolamento (UE) n. …/…, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (1)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell’estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (denominazione commerciale del fabbricante): …
0.2. Tipo: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sull’entità tecnica indipendente (2): …
0.3.1. Posizione di tale marcatura: …
0.5. Nome e indirizzo del fabbricante: …
0.7. Posizione e metodo di apposizione del marchio di omologazione CE: …
0.8. Nome/i e indirizzo/i dello/degli stabilimento/i di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale mandatario del fabbricante: …
SEZIONE II
1. Eventuali informazioni accessorie: cfr. Addendum.
2. Servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum.
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
9. Si allega l’indice del fascicolo di omologazione depositato presso l’autorità di omologazione, del quale si può chiedere copia.
Addendum
al certificato di omologazione CE n.
1. Informazioni accessorie
1.1. Principio di funzionamento del dispositivo: ad assorbimento di energia–a separazione aria/acqua (3):
1.2. Caratteristiche dei dispositivi antispruzzi (breve descrizione, marchio di fabbrica o denominazione, numero/i):
5. Eventuali osservazioni:
PARTE 3
Marchio di omologazione CE di entità tecniche indipendenti
1. Il marchio di omologazione CE per entità tecniche indipendenti comprende:
1.1. un rettangolo all’interno del quale è iscritta la lettera minuscola «e», seguita dal numero distintivo dello Stato membro che ha rilasciato l’omologazione CE dell’entità tecnica indipendente:
1
per la Germania
2
per la Francia
3
per l’Italia
4
per i Paesi Bassi
5
per la Svezia
6
per il Belgio
7
per l’Ungheria
8
per la Repubblica ceca
9
per la Spagna
11
per il Regno Unito
12
per l’Austria
13
per il Lussemburgo
17
per la Finlandia
18
per la Danimarca
19
per la Romania
20
per la Polonia
21
per il Portogallo
23
per la Grecia
24
per l’Irlanda
26
per la Slovenia
27
per la Slovacchia
29
per l’Estonia
32
per la Lettonia
34
per la Bulgaria
36
per la Lituania
49
per Cipro
50
per Malta
1.2. in prossimità del rettangolo, il «numero dell’omologazione di base» che figura nella sezione 4 del numero di omologazione, preceduto dalle 2 cifre indicanti il numero progressivo attribuito al presente regolamento o alla sua ultima modifica tecnica di rilievo. L’attuale numero progressivo è «00».
2. Il marchio di omologazione CE per unità tecniche indipendenti va apposto sul dispositivo antispruzzi, deve essere indelebile nonché chiaramente e facilmente leggibile anche quando il dispositivo è montato su un veicolo.
3. Ecco un esempio di marchio di omologazione CE di entità tecniche indipendenti.
Esempio di marchio di omologazione CE per entità tecniche separate
Nota esplicativa
Legenda
L’omologazione CE per entità tecniche indipendenti è stata rilasciata dai Paesi Bassi, con il numero «0046». Le prime 2 cifre «00» indicano che l’entità tecnica indipendente è stata omologata ai sensi del presente regolamento. Il simbolo «A» indica che si tratta di un dispositivo del tipo ad assorbimento di energia.
(1) Cancellare la dicitura non pertinente.
(2) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri che non riguardano la descrizione del tipo di veicolo, della componente o dell’entità tecnica indipendente oggetto della presente scheda informativa, nella documentazione tali caratteri vanno rappresentati con il simbolo «?» (esempio: ABC??123??).
(3) Cancellare la dicitura non pertinente.
ALLEGATO III
PARTE 1
Requisiti dei dispositivi antispruzzi
0. CARATTERISTICHE GENERALI
0.1. I dispositivi antispruzzi devono essere costruiti in modo da funzionare correttamente se usati in modo normale su strade bagnate. Essi inoltre non devono presentare alcun difetto strutturale o di fabbricazione che danneggi il loro corretto funzionamento o comportamento.
1. PROVE DA EFFETTUARE
1.1 A seconda del principio fisico di funzionamento su cui si basano, i dispositivi antispruzzi sono sottoposti a prove adeguate, descritte nelle parti 2 e 3, e devono ottenere i risultati richiesti al punto 5 delle suddette parti.
2. DOMANDA DI OMOLOGAZIONE CE DI COMPONENTI
2.1. La domanda ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2007/46/CE di omologazione CE di componenti di un tipo di dispositivo antispruzzi deve essere presentata dal fabbricante.
2.2. Un modello della scheda informativa si trova all’allegato II, parte 1.
2.3. Al servizio tecnico che esegue le prove di omologazione va presentato quanto segue:
Quattro campioni: tre di essi sono destinati a essere provati; il quarto viene conservato dal laboratorio per eventuali verifiche successive. Il laboratorio di prova può chiedere ulteriori campioni.
2.4. Marcature
2.4.1. Su ogni campione va apposto, in modo chiaro e indelebile, un marchio indicante la marca o la denominazione commerciale e il tipo; esso deve disporre di spazio sufficiente per il marchio d’omologazione CE di componenti.
2.4.2. Aggiungere al marchio d’omologazione il simbolo «A» per i dispositivi ad assorbimento d’energia o «S» per quelli a separazione aria/acqua, in conformità alla direttiva 2007/46/CE, allegato VII, appendice, punto 1.3.
PARTE 2
Prove su dispositivi antispruzzi del tipo ad assorbimento di energia
1. PRINCIPIO
Scopo della prova è quello di quantificare la capacità di un dispositivo di trattenere l’acqua che gli venga spruzzata addosso. L’apparecchio di prova è concepito in modo da riprodurre le condizioni di funzionamento del dispositivo montato su un veicolo riguardo al volume e alla velocità dell’acqua sollevata dal battistrada.
2. ATTREZZATURA
Per la descrizione dell’attrezzatura di prova, cfr. allegato VI, figura 8.
3. CONDIZIONI DI PROVA
3.1. Le prove vanno effettuate in un locale chiuso in condizioni di aria immobile.
3.2. La temperatura ambiente e la temperatura dei campioni devono essere di 21 (± 3) °C.
3.3. Utilizzare acqua deionizzata.
3.4. Inumidire i campioni prima di ogni prova.
4. PROCEDURA
4.1 Fissare un campione del dispositivo da provare largo 500 (+ 0/– 5) mm e alto 750 mm sul supporto verticale dell’apparecchiatura di prova, assicurandosi che il campione sia collocato entro i limiti del collettore e che nessun ostacolo possa deviare l’acqua, né prima né dopo l’impatto.
4.2 Regolare la portata dell’acqua a 0,675 (± 0,01) /s e dirigerne tra 90 (min.) e 120 (max.) sul campione da una distanza di 500 (± 2) mm, misurata orizzontalmente (allegato VI, fig. 8).
4.3. Far colare l’acqua dal campione nel collettore. Calcolare la percentuale di acqua raccolta rispetto alla quantità di acqua spruzzata.
4.4. Ripetere 5 volte la prova sul campione in conformità ai punti 4.2 e 4.3. Calcolare la percentuale media della serie di 5 prove.
5. RISULTATI
5.1. La percentuale media di cui al punto 4.4 deve essere pari o superiore al 70 %.
5.2 Se in una serie di 5 prove le percentuali più alte e più basse di acqua raccolta differiscono dalla percentuale media di più del 5 %, ripetere la serie di 5 prove.
Se nella seconda serie di 5 prove i valori estremi nuovamente si discostano di oltre il 5 % rispetto alla percentuale media e se il valore più basso non soddisfa i requisiti del punto 5.1, l’omologazione va rifiutata.
5.3. Verificare se il posizionamento verticale del dispositivo influisce sui risultati ottenuti. In caso positivo, ripetere la procedura descritta nei punti da 4.1. a 4.4. nelle posizioni da cui risulta la percentuale maggiore e minore di acqua raccolta; i requisiti di cui al punto 5.2. restano in vigore.
Per ottenere la percentuale media si ricorre quindi alla media dei singoli risultati. La percentuale media deve essere pari o superiore al 70 %.
PARTE 3
Prova su dispositivi antispruzzi del tipo a separazione aria/acqua
1. PRINCIPIO
La prova ha lo scopo di determinare l’efficacia di un materiale poroso che trattenga l’acqua di cui è stato spruzzato con un nebulizzatore aria/acqua a pressione.
L’attrezzatura usata per la prova deve simulare le condizioni cui sarebbe sottoposto il materiale rispetto al volume e alla velocità degli spruzzi d’acqua prodotti dagli pneumatici, se fosse montato su un veicolo.
2. ATTREZZATURA
Per la descrizione dell’apparecchiatura di prova cfr. allegato VI, figura 9.
3. CONDIZIONI DI PROVA
3.1. Le prove vanno effettuate in un locale chiuso in condizioni di aria immobile.
3.2. La temperatura ambiente e la temperatura dei campioni devono essere di 21 (± 3) °C.
3.3. Utilizzare acqua deionizzata.
3.4. Inumidire i campioni prima di ogni prova.
4. PROCEDURA
4.1 All’apparecchiatura di prova, fissare verticalmente un campione di 305 × 100 mm; eliminare gli spazi vuoti fra il campione e la piastra superiore curva e verificare che il collettore sia in posizione corretta. Riempire il serbatoio del nebulizzatore con 1 ± 0,005 litri d’acqua e collocarlo come indicato nella figura.
4.2 Il nebulizzatore va regolato nel modo che segue:
pressione (del nebulizzatore): 5 bar + 10 %/– 0 %
flusso: 1 litro/min. ±5 sec.
nebulizzazione: circolare, 50 ± 5 mm di diametro a 200 ± 5 mm dal campione; ugello di 5 ± 0,1 mm di diametro.
4.3. Nebulizzare fino a quando non ci sia più nebbia d’acqua e annotare il tempo impiegato. Lasciare che l’acqua scorra dal campione nel collettore per 60 secondi e misurare il volume dell’acqua raccolta. Misurare la quantità di acqua restante nel serbatoio del nebulizzatore. Calcolare la percentuale del volume dell’acqua raccolta rispetto al volume dell’acqua nebulizzata.
4.4. Ripetere la prova 5 volte e calcolare la percentuale media della quantità raccolta. Controllare prima di ogni prova che il collettore, il serbatoio del nebulizzatore e il recipiente di misura siano asciutti.
5. RISULTATI
5.1. La percentuale media di cui al punto 4.4 deve essere pari o superiore all’85 %.
5.2 Se in una serie di 5 prove le percentuali più alte e più basse di acqua raccolta differiscono dalla percentuale media di più del 5 %, ripetere la serie di 5 prove. Se nella seconda serie di 5 prove i valori estremi dell’acqua recuperata si discostano nuovamente di oltre il 5 % rispetto alla percentuale media e se il valore più basso non soddisfa i requisiti del punto 5.1, l’omologazione va rifiutata.
5.3. Se la posizione verticale del dispositivo influenza i risultati ottenuti, la procedura descritta ai punti da 4.1 a 4.4 deve essere ripetuta nelle posizioni che danno le percentuali maggiori e minori di acqua raccolta; i requisiti di cui al punto 5.2. restano in vigore.
Si continuano ad applicare le prescrizioni di cui al punto 5.1 per l’indicazione dei risultati di ciascuna prova.
ALLEGATO IV
Requisiti dell’omologazione di veicoli per quanto concerne i sistemi antispruzzi su di essi montati
0. ASPETTI GENERALI
0.1. I veicoli appartenenti alle categorie N ed O, esclusi i fuoristrada quali definiti alla direttiva 2007/46/CE, allegato II, devono essere muniti, al momento dell’assemblaggio o successivamente, di sistemi antispruzzi che rispettino le prescrizioni del presente allegato. Per gli autotelai cabinati tali prescrizioni si possono applicare solo alle ruote coperte dalla cabina.
Su richiesta del fabbricante, per i veicoli appartenenti alle categorie N1 ed N2 con massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile non superiore a 7,5 t., si possono applicare le prescrizioni della direttiva 78/549/CEE (1) al posto di quelle del presente regolamento.
0.2. Le prescrizioni del presente allegato, relative ai dispositivi antispruzzi definiti all’articolo 2, punto 4, non sono obbligatorie per i veicoli appartenenti alle categorie N, O1 e O2 con massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile non superiore a 7,5 tonnellate, per gli autotelai cabinati, per i veicoli non carrozzati e per quelli in cui la presenza di dispositivi antispruzzi sarebbe incompatibile con il loro impiego. Se tuttavia su tali veicoli sono montati i dispositivi suddetti, questi devono essere conformi alle prescrizioni della presente direttiva.
1. Un veicolo rappresentativo del tipo di veicolo da omologare, munito di sistema antispruzzi, deve essere presentato al servizio tecnico che esegue le prove di omologazione.
PRESCRIZIONI GENERALI
2. ASSI
2.1. Assi sollevabili
Se un veicolo è munito di uno o più assi sollevabili, il sistema antispruzzi coprirà tutte le ruote, quando l’asse è abbassato, e le ruote a contatto con il terreno, quando l’asse è sollevato.
2.2. Assi autodirezionali
Ai fini del presente regolamento, un asse autodirezionale del tipo «rotante intorno a un pernio centrale» indica un asse munito di ruote sterzanti e come tale trattato.
Se un veicolo è munito di un asse autodirezionale, il sistema antispruzzi deve soddisfare le condizioni applicabili alle ruote non sterzanti, se montato sulla parte rotante. Se non è montato su tale parte esso deve soddisfare le condizioni applicabili alle ruote sterzanti.
3. POSIZIONE DEL BORDO ESTERNO
La distanza «c» tra il piano longitudinale tangente al lato esterno dello pneumatico, escluso il rigonfiamento dello pneumatico a contatto del suolo, e lo spigolo interno del bordo non deve superare 100 mm (allegato VI, figure 1a e 1b).
4. CONDIZIONI DEL VEICOLO
Per controllare la conformità al presente regolamento il veicolo deve trovarsi nelle seguenti condizioni:
a)
deve essere scarico e con le ruote in posizione diritta (parallele);
b)
le superfici di carico dei semirimorchi devono essere orizzontali;
c)
gli pneumatici devono essere gonfiati alla pressione normale.
5. DISPOSITIVI ANTISPRUZZI
5.1 Il sistema antispruzzi deve avere le caratteristiche descritte ai punti 6 od 8.
5.2 Il sistema antispruzzi per le ruote non sterzanti o autosterzanti coperte dal piano della carrozzeria o dalla parte inferiore della piattaforma di carico, deve avere le caratteristiche indicate ai punti 6 od 8, oppure quelle del punto 7.
PRESCRIZIONI SPECIFICHE
6. Requisiti dei sistemi antispruzzi ad assorbimento di energia per assi muniti di ruote sterzanti, autosterzanti o non sterzanti
6.1 Parafanghi
6.1.1. I parafanghi devono coprire la zona immediatamente superiore, anteriore e posteriore dello/degli pneumatico/i, nel modo seguente:
a)
negli assi singoli o multipli, l’estremità anteriore (C) deve estendersi fino a una linea O-Z che formi con l’orizzontale un angolo Θ (theta) non superiore a 45°.
L’estremità posteriore (allegato VI, fig. 2) deve estendersi verso il basso e arrestarsi a non più di 100 mm al di sopra della linea orizzontale passante per il centro della ruota;
b)
negli assi multipli l’angolo Θ si riferisce solo all’asse anteriore e il requisito dell’altezza dell’estremità posteriore si applica solo all’asse posteriore;
c)
la larghezza totale «q» (allegato VI, fig. 1a) del parafango dev’essere almeno tale da coprire la larghezza «b» dello pneumatico o l’intera larghezza «t» di due pneumatici nel caso di ruote gemelle, tenendo conto delle estremità dell’unità pneumatico/ruota specificate dal fabbricante. Le dimensioni «b» e «t» si misurano all’altezza del mozzo, senza tener conto di eventuali iscrizioni, nervature, cordoni di protezione, ecc., sui fianchi degli pneumatici.
6.1.2. Il lato rivolto in avanti della parte posteriore del parafango deve essere munito di un dispositivo antispruzzi avente le caratteristiche indicate all’allegato III, parte 2. Questo materiale deve coprire la parte interna del parafango fino a un’altezza determinata da una semiretta che partendo dal centro della ruota forma un angolo di almeno 30° con l’orizzontale (allegato VI, fig. 3).
6.1.3. Se i parafanghi sono composti di diversi elementi, una volta montati non devono presentare alcuna apertura che permetta fuoriuscite di spruzzi a veicolo in moto. Questo requisito è considerato soddisfatto se, a veicolo carico o scarico, tutti gli spruzzi spinti all’esterno dalla forza centrifuga sull’intera larghezza del battistrada dello pneumatico ed entro lo spazio coperto dal parafango colpisce sempre una parte del dispositivo antispruzzi.
6.2. Bordi esterni
6.2.1. Negli assi singoli, l’estremità inferiore del bordo esterno non può essere posta a una distanza, e avere un raggio (misurato dal centro dello pneumatico), inferiori ai valori che seguono, esclusi i bordi inferiori che possono essere arrotondati (allegato VI, fig. 2).
Sospensioni pneumatiche:
a)
assi muniti di ruote sterzanti o autosterzanti:
a partire dal profilo anteriore (verso la parte anteriore del veicolo) (estremità C)
sino al profilo posteriore (verso il retro del veicolo) (estremità A)
Rv ≤ 1,5 R
b)
assi muniti di ruote non sterzanti:
a partire dal profilo anteriore (estremità C)
sino al profilo posteriore (estremità A)
Rv ≤ 1,25 R
Sospensione meccanica
a)
caso generale} Rv ≤ 1,8 R
b)
ruote non sterzanti per veicoli con massa a pieno carico tecnicamente ammissibile superiore a 7,5 t} Rv ≤ 1,5 R
in cui R è il raggio dello pneumatico montato sul veicolo ed Rv la distanza radiale alla quale si trova il profilo inferiore del bordo esterno.
6.2.2. Negli assi multipli, le prescrizioni di cui al punto 6.2.1. non si applicano tra i piani trasversali verticali passanti per il centro del primo e dell’ultimo asse in cui il bordo esterno potrebbe essere diritto per permettere la continuità del sistema antispruzzi (allegato VI, fig. 4)
6.2.3. La distanza tra l’estremità superiore e quella inferiore del sistema antispruzzi (parafanghi e bordo esterno) misurata in qualunque sezione perpendicolare al parafango (cfr. allegato VI, figure 1b e 2) non deve essere inferiore a 45 mm in tutti i punti situati oltre una linea verticale passante attraverso il centro della ruota o della prima ruota nel caso di assi multipli. Questa dimensione può essere gradualmente ridotta davanti a tale linea.
6.2.4. Nei bordi esterni o tra i bordi esterni e le altre parti dei parafanghi non devono esistere aperture che permettano la fuoriuscita di spruzzi quando il veicolo è in moto.
6.2.5. Le prescrizioni di cui ai punti 6.2.3 e 6.2.4 possono non essere rispettate puntualmente se il bordo è composto da elementi diversi in grado di spostarsi gli uni rispetto agli altri.
6.2.6. I trattori per semirimorchi a telaio ribassato, quelli cioè l’altezza della cui superficie di accoppiamento non deve superare 1 100 mm (definiti al punto 6.20 della norma ISO 612 del 1978), possono essere concepiti in modo da derogare alle prescrizioni di cui ai punti 6.1.1, lettera a), 6.1.3 e 6.2.4. In proposito, se questi trattori sono agganciati a un semirimorchio, parafanghi e bordi esterni possono non coprire la zona immediatamente sopra gli pneumatici degli assi posteriori per evitare la distruzione del sistema antispruzzi. I parafanghi e i bordi esterni di tali veicoli devono tuttavia soddisfare le prescrizioni di cui ai precedenti punti nei settori situati più di 60° dalla linea verticale passante per il centro della ruota, davanti e dietro questi pneumatici.
Tali veicoli devono perciò essere concepiti in modo da soddisfare le prescrizioni di cui al primo comma se circolano senza semirimorchio.
Per poter ottemperare alle prescrizioni di cui sopra, parafanghi e bordi esterni possono, per esempio, comportare una parte amovibile.
6.3. Paraspruzzi
6.3.1 La larghezza del paraspruzzi deve conformarsi a quanto previsto per «q» al punto 6.1.1, lettera c), purché il paraspruzzi non sia integrato nel parafango; in tal caso essa sarà almeno pari alla larghezza del battistrada dello pneumatico.
La larghezza della parte del paraspruzzi sotto il parafango deve soddisfare la condizione stabilita nel presente punto con una tolleranza di + 10 mm su ciascun lato.
6.3.2. Il paraspruzzi deve avere una posizione sostanzialmente verticale.
6.3.3. L’altezza massima del bordo inferiore non deve superare 200 mm (allegato VI, fig. 3).
Questa distanza è aumentata a 300 mm per l’asse posteriore se la distanza radiale del profilo inferiore del bordo esterno, Rv, non supera la lunghezza del raggio degli pneumatici montati sulle ruote dell’asse considerato.
L’altezza massima dell’estremità inferiore del paraspruzzi rispetto al suolo può essere aumentata fino a 300 mm se il fabbricante lo ritiene tecnicamente appropriato rispetto alle caratteristiche della sospensione.
6.3.4. Il paraspruzzi non deve distare in senso orizzontale più di 300 mm dal bordo posteriore dello pneumatico.
6.3.5. In assi multi in cui la distanza «d» tra gli pneumatici montati su assi adiacenti è inferiore a 250 mm, solo la coppia di ruote posteriore deve essere munita di paraspruzzi. Si colloca un paraspruzzi dietro ciascuna ruota quando la distanza «d» tra gli pneumatici su assi adiacenti è pari o superiore a 250 mm (allegato VI, fig. 4).
6.3.6. I paraspruzzi non devono flettersi all’indietro di oltre 100 mm se sottoposti a una forza di 3N per 100 mm di larghezza del paraspruzzi, applicata a un punto posto 50 mm sopra il bordo inferiore del paraspruzzi stesso.
6.3.7. L’intera superficie davanti alla parte del paraspruzzi avente le dimensioni minime richieste deve essere munita di un dispositivo antispruzzi che soddisfi le specifiche indicate all’allegato III, parte 2.
6.3.8. Tra il bordo posteriore inferiore del parafango e i paraspruzzi non devono esistere aperture che permettano la fuoriuscita di spruzzi.
6.3.9. Se il dispositivo antispruzzi soddisfa le specifiche relative ai paraspruzzi (punto 6.3), non sono necessari paraspruzzi supplementari.
7. Prescrizioni relative a sistemi antispruzzi muniti di dispositivi antispruzzi ad assorbimento di energia, destinati ad assi muniti di ruote non sterzanti o autosterzanti (cfr. punto 5.2)
7.1. Parafanghi
7.1.1. I parafanghi devono coprire la zona immediatamente al di sopra dello/degli pneumatico/i. Le estremità anteriori e posteriori devono estendersi almeno fino al piano orizzontale tangente al bordo superiore dello/degli pneumatico/i (allegato VI, fig. 5). L’estremità posteriore può essere tuttavia sostituita dal paraspruzzi; in tal caso esso si estenderà alla parte superiore del parafango (o dell’elemento equivalente).
7.1.2. Tutta la parte posteriore interna del parafango sarà munita di un dispositivo antispruzzi che soddisfi i requisiti indicati all’allegato III, parte 2.
7.2. Bordi esterni
7.2.1. Negli assi singoli o multipli in cui la distanza fra pneumatici adiacenti è pari o superiore a 250 mm, il bordo esterno deve coprire lo spazio compreso fra la parte bassa della parte superiore del parafango e una retta formata dalla tangente al bordo superiore dello/degli pneumatico/i e fra il piano verticale formato dalla tangente alla parte anteriore dello pneumatico e il parafango o il paraspruzzi collocato dietro la/le ruota/e (allegato VI, fig. 5b).
Negli assali multipli va collocato un bordo esterno su ciascuna ruota.
7.2.2. Tra il bordo esterno e la parte interna del parafango non devono esistere aperture che permettano la fuoriuscita di spruzzi.
7.2.3. Quando i paraspruzzi non sono installati dietro ogni ruota (cfr. punto 6.3.5), il bordo esterno deve estendersi ininterrottamente dal bordo esterno del paraspruzzi al piano verticale tangente al punto più avanzato dello pneumatico (allegato VI, fig. 5a) del primo asse.
7.2.4. L’intera superficie interna del bordo esterno, di altezza non inferiore a 100 mm, sarà munita di un dispositivo antispruzzi ad assorbimento di energia conforme alle prescrizioni dell’allegato III, parte 2.
7.3. I paraspruzzi devono estendersi sino alla parte inferiore del parafango ed essere conformi alle prescrizioni dei punti da 6.3.1 a 6.3.9.
8. Prescrizioni applicabili ai sistemi antispruzzi muniti di dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua per assi muniti di ruote sterzanti e non sterzanti
8.1. Parafanghi
8.1.1. I parafanghi devono soddisfare le prescrizioni del punto 6.1.1, lettera c).
8.1.2. I parafanghi per assi singoli o multipli in cui la distanza tra gli pneumatici di assi adiacenti è superiore a 300 mm devono essere conformi anche al punto 6.1.1. lettera a).
8.1.3. Negli assi multipli in cui la distanza tra gli pneumatici di assi adiacenti non è superiore a 300 mm, i parafanghi devono essere conformi anche al modello della figura 7.
8.2. Bordi esterni
8.2.1. I profili inferiori dei bordi esterni devono essere muniti di dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua conformi alle prescrizioni di cui all’allegato III, parte 3.
8.2.2. Negli assi singoli o multipli in cui la distanza tra pneumatici di assi adiacenti supera i 300 mm, l’estremità inferiore del dispositivo antispruzzi applicato sul bordo esterno deve rispettare le seguenti dimensioni massime e il seguente raggio misurato dal centro della ruota (allegato VI, figure 6 e 7):
a)
assi muniti di ruote sterzanti o autosterzanti:
a partire dal profilo anteriore (nel senso del veicolo) (estremità C a 30°)
fino al profilo posteriore (nel senso del veicolo) (estremità A a 100 mm)
Rv ≤ 1,05 R
b)
assi muniti di ruote non sterzanti:
a partire dal profilo anteriore (estremità C a 20°)
fino al profilo posteriore (estremità A a 100 mm)
Rv ≤ 1,00 R
in cui
R= raggio dello pneumatico montato sul veicolo;
Rv= distanza radiale a partire dall’estremità inferiore del bordo esterno al centro della ruota.
8.2.3. Negli assi multipli in cui la distanza fra gli pneumatici di assi adiacenti non è superiore a 300 mm, i bordi esterni situati negli spazi fra gli assi devono avere la forma specificata al punto 8.1.3 ed estendersi verso il basso in modo da non distare più di 100 mm dall’orizzontale passante per il centro delle ruote (allegato VI, fig. 7).
8.2.4. La profondità del bordo esterno non deve essere inferiore a 45 mm nella parte posteriore rispetto alla verticale tracciata per il centro della ruota. Tale profondità può essere gradualmente ridotta davanti a tale linea.
8.2.5. Nei bordi esterni o fra i bordi esterni e i parafanghi non deve esistere alcuna apertura che consenta la fuoriuscita di spruzzi.
8.3. Paraspruzzi
8.3.1. I paraspruzzi devono:
a)
essere conformi al punto 6.3 (allegato VI, fig. 3); oppure
b)
essere conformi ai punti 6.3.1, 6.3.2, 6.3.5, 6.3.8 e 8.3.2 (allegato VI, fig. 6).
8.3.2. Le apparecchiature antispruzzi conformi alle specifiche di cui all’allegato IV, devono essere applicate ai paraspruzzi di cui al punto 8.3.1, lettera b), almeno lungo l’intero profilo.
8.3.2.1. L’estremità inferiore del dispositivo antispruzzi non deve distare da terra più di 200 mm.
L’altezza massima dell’estremità inferiore del paraspruzzi rispetto al suolo può essere aumentata fino a 300 mm se il fabbricante lo ritiene tecnicamente appropriato rispetto alle caratteristiche della sospensione.
8.3.2.2. Il dispositivo antispruzzi deve avere un’altezza di almeno 100 mm.
8.3.2.3. Esclusa la parte inferiore che comprende il dispositivo antispruzzi, il paraspruzzi di cui al punto 8.3.1, lettera b), non deve flettersi all’indietro per più di 100 mm se sottoposto a una forza di 3N per ogni 100 mm di larghezza dei paraspruzzi misurata all’intersezione del paraspruzzi con il dispositivo antispruzzi nella sua posizione d’impiego, applicata a una distanza di 50 mm al di sopra dell’orlo inferiore del paraspruzzi.
8.3.3. Il paraspruzzi non deve distare in senso orizzontale più di 200 mm dal bordo posteriore dello pneumatico.
9. Negli assi multipli, il sistema antispruzzi di un asse che non sia quello più arretrato del gruppo, può non coprire l’intera larghezza del battistrada dello pneumatico se esiste localmente la possibilità di interferenze tra il sistema antispruzzi e la struttura degli assi o della sospensione o del carrello.
(1) GU L 168 del 26.6.1978, pag. 45.
ALLEGATO V
Conformità della produzione e cessazione della produzione
1. Conformità della produzione
1.1.
Ogni dispositivo antispruzzi recante il marchio di omologazione CE deve essere conforme al tipo omologato. L’autorità che rilascia il marchio CE conserva un campione che, unitamente alla scheda di omologazione CE, può essere usato per stabilire se i dispositivi commercializzati recanti il marchio di omologazione CE siano conformi ai requisiti stabiliti.
1.2.
Un tipo di dispositivo è definito dal modello e dai documenti descrittivi depositati al momento della domanda di omologazione CE. I dispositivi le cui caratteristiche siano identiche a quelle del dispositivo modello e le cui altre componenti non differiscano da quelle del modello tranne che per varianti che non abbiano alcun effetto sulle proprietà specificate nel presente allegato possono essere considerati appartenenti allo stesso tipo.
1.3.
Il fabbricante effettua periodici controlli per garantire la conformità della produzione al tipo omologato.
A tal fine il fabbricante deve disporre di un laboratorio opportunamente attrezzato, in grado di effettuare le prove essenziali, o di un laboratorio autorizzato che effettui le prove di conformità della produzione per suo conto.
I risultati dei controlli di conformità della produzione sono messi a disposizioni dalle autorità competenti per almeno un anno.
1.4.
Le autorità competenti possono anche effettuare controlli saltuari.
1.5.
La conformità della produzione al tipo di dispositivo omologato va controllata nelle condizioni e conformemente ai metodi di cui all’allegato III.
A richiesta delle autorità che hanno rilasciato l’omologazione, i fabbricanti mettono a loro disposizione i dispositivi del tipo precedentemente omologato per effettuare prove o controlli di conformità.
1.6.
La produzione è ritenuta conforme se 9 campioni aleatori su 10 sono conformi alle specifiche dell’allegato III, parte 2, punto 4 e parte 3, punto 4.
1.7.
Se non si verifica la condizione del punto 1.6, si esaminano 10 nuovi campioni aleatori.
La media di tutte le misurazioni effettuate deve soddisfare le specifiche dell’allegato III, parte 2, punto 4 e parte 3, punto 4, e nessuna misura singola deve essere inferiore al 95 % dei valori ivi specificati.
2. Cessazione della produzione
Il titolare di un’omologazione CE che cessi la produzione ne informa immediatamente le autorità competenti.
ALLEGATO VI
FIGURE
Figura 1a
Larghezza «q» del parafango «a» e posizione del bordo «j»
Figura 1b
Esempio di misurazione del bordo esterno
Figura 2
Dimensioni del parafango e del bordo esterno
Figura 3
Posizione del parafango e del paraspruzzi
Figura 4
Schema di installazione di un sistema antispruzzi (parafango, paraspruzzi, bordo esterno) munito di dispositivi antispruzzi (ad assorbimento d’energia) per assi multipli
Figura 5
Schema di installazione di un sistema antispruzzi munito di dispositivi antispruzzi (ad assorbimento d’energia) per assi muniti di ruote non sterzanti o autosterzanti
(Allegato IV, punti 5.2 e 7)
Figura 6
Schema di installazione di un sistema antispruzzi munito di dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua per assi muniti di ruote sterzanti, autosterzanti o non sterzanti
Figura 7
Schema di installazione di un sistema antispruzzi munito di dispositivi antispruzzi (parafanghi, paraspruzzi, bordi esterni) per assi multipli in cui la distanza tra gli pneumatici non è superiore a 300 mm
Figura 8
Apparecchiatura di prova per dispositivi antispruzzi ad assorbimento d’energia
(Allegato III, parte 2)
Figura 9
Apparecchiatura di prova per dispositivi antispruzzi a separazione aria/acqua
(Allegato III, parte 3)
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sistemi antispruzzi per i veicoli a motore
Regolamento (UE) n. 109/2011 - Sistemi antispruzzi
ATTO
Regolamento (UE) n. 109/2011 della Commissione, del 27 gennaio 2011, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardo ai requisiti di omologazione di talune categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne i sistemi antispruzzi
SINTESI
CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
Il regolamento definisce i requisiti per l’omologazione dei sistemi antispruzzi* in talune categorie di veicoli a motore. Attua il regolamento (CE) n. 661/2009 relativo alla sicurezza generale dei veicoli a motore.
PUNTI CHIAVE
Categorie di veicoli a motore
Il regolamento si applica alle categorie N e O, che comprendono i veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di merci aventi almeno quattro ruote, nonché ai rimorchi.
Requisiti per i sistemi antispruzzi
I dispositivi antispruzzi sono generalmente situati sopra le ruote del veicolo e possono comprendere un parafango*, bordi esterni* e paraspruzzi*.
Il dispositivo deve essere in grado di funzionare correttamente, se usato in modo normale su strade bagnate. Vengono riconosciuti i seguenti tipi di dispositivi:
—
dispositivi del tipo ad assorbimento di energia;
—
dispositivi del tipo a separazione aria/acqua.
Omologazione
Sia il fabbricante del dispositivo che il costruttore del veicolo sono tenuti a presentare domanda di omologazione CE all’autorità nazionale competente. La domanda deve contenere alcune informazioni, in particolare:
—
la marca e il tipo di dispositivo o veicolo;
—
il numero di assi e ruote del veicolo;
—
la descrizione del sistema antispruzzi e degli elementi costitutivi.
Il fabbricante del dispositivo antispruzzi è tenuto a fornire documenti amministrativi relativi all’omologazione CE dei sistemi antispruzzi come entità tecnica indipendente.
Il costruttore del veicolo è tenuto a fornire documenti amministrativi relativi a:
—
l’omologazione CE del veicolo per quanto riguarda l’installazione di dispositivi antispruzzi;
—
il certificato di omologazione CE del dispositivo montato.
Se l’autorità competente ritiene che il dispositivo o il veicolo risponda a tutti i requisiti concernenti i sistemi antispruzzi, rilascerà l’omologazione CE e attribuirà un numero di omologazione in conformità con la direttiva 2007/46/CE.
TERMINI CHIAVE
* Sistema antispruzzo: sistema che riduce gli spruzzi sulla strada per mezzo di parafanghi, bordi esterni e paraspruzzi (vedi sotto).
* Omologazione: Indica che sono state effettuate delle prove per garantire il rispetto dei pertinenti requisiti normativi, tecnici e di sicurezza.
* Parafango: componente rigida di un veicolo che impedisce che gli spruzzi d’acqua generati dal pneumatico siano spruzzati in aria.
* Bordo: normalmente attaccato al paraurti posteriore, impedisce che la pioggia e il fango siano spruzzati sulle altre auto e sui passanti.
* Paraspruzzi: componente flessibile montato verticalmente dietro una ruota che riduce lo spruzzo da una strada bagnata.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 109/2011
1.3.2011
-
GU L 34 del 9.2.2011, pagg. 2-28
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) 2015/166
24.2.2015
-
GU L 28 del 4.2.2015, pagg. 3-39
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pagg. 1-24) |
Targhetta regolamentare del costruttore e numero di identificazione dei veicoli a motore
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce i requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore* e per il numero di identificazione dei veicoli a motore*. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per la sicurezza dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. In seguito all’abrogazione della direttiva 76/114/CEE con il regolamento (CE) 661/2009, esso adatta le norme tecniche contenute in tale direttiva a quelle della direttiva 2007/46/CE sulla omologazione UE dei veicoli.
PUNTI CHIAVE
Tipi di veicoli interessati
Il regolamento si applica alle categorie di veicoli M, N e O, ossia:ai veicoli a motore concepiti e costruiti per il trasporto dei passeggeri e con almeno quattro ruote; ai veicoli a motore concepiti e costruiti per il trasporto delle merci e con almeno quattro ruote; ai rimorchi (compresi i semirimorchi). Requisiti per la targhetta regolamentare del costruttore
Ogni veicolo deve essere munito di una targhetta regolamentare costituita da uno dei seguenti elementi (a discrezione del costruttore):una placca rettangolare di metallo; o un’etichetta rettangolare autoadesiva. La targhetta regolamentare del costruttore deve contenere determinate informazioni, fra le quali:il nome del costruttore; il numero di omologazione del veicolo; il numero di identificazione del veicolo; le masse a pieno carico tecnicamente ammissibili. Il regolamento (UE) n. 249/2012 modifica il regolamento (UE) n. 19/2011 introducendo la possibilità per i costruttori di veicoli di utilizzare etichette autoadesive nella realizzazione delle targhette regolamentari.
Prescrizioni relative al numero di identificazione del veicolo (VIN)
Il costruttore è tenuto ad apporre un VIN su ogni veicolo e a garantirne la rintracciabilità per un periodo di 30 anni. Il VIN contiene:il codice WMI (world manufacturer identifier); il codice VDS (vehicle descriptor section); il codice VIS (vehicle indicator section). Esso deve essere apposto in una posizione chiaramente visibile e accessibile Deve essere impresso in modo da non poter essere alterato in condizioni d’uso normali del veicolo.
Disposizioni relative all’omologazione CE
Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve contenere determinate informazioni, quali:il tipo di veicolo e la marca; la collocazione e il metodo di applicazione della targhetta regolamentare del costruttore; la posizione del VIN. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo risponda a tutti i requisiti relativi alla targhetta regolamentare del costruttore e al numero di identificazione del veicolo, essa deve concedere l’omologazione UE e rilasciare un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicato dal 1o febbraio 2011.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Targhetta regolamentare del costruttore: una targhetta o etichetta, apposta dal costruttore su un veicolo che indica le caratteristiche tecniche principali necessarie per l’identificazione del veicolo e fornisce alle autorità competenti le informazioni pertinenti relative alle masse massime ammissibili a pieno carico.
Numero di identificazione del veicolo (VIN): il codice alfanumerico assegnato ad un veicolo dal costruttore in modo da garantire l’identificazione corretta di ogni veicolo.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 19/2011 della Commissione, dell’11 gennaio 2011, relativo ai requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore e per il numero di identificazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 8 del 12.1.2011, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 19/2011 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1).
Consultare la versione consolidata.
Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (UE) N. 19/2011 DELLA COMMISSIONE
dell'11 gennaio 2011
relativo ai requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore e per il numero di identificazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento particolare ai fini della procedura di omologazione prevista dalla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2).
(2)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 76/114/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle targhette ed alle iscrizioni regolamentari nonché alla loro posizione e modo di fissaggio per i veicoli a motore e i loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche.
(3)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa le disposizioni fondamentali riguardanti i requisiti di omologazione dei veicoli in relazione ai sistemi di identificazione dei veicoli. È quindi necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici per l’omologazione.
(4)
In assenza di una normativa armonizzata sulla massa massima ammissibile a pieno carico o sulla massa massima ammissibile su ciascun asse o gruppo di assi dei veicoli pesanti, la direttiva 97/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 1997, concernente le masse e le dimensioni di alcune categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi e che modifica la direttiva 70/156/CEE (4), prevede la determinazione delle masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione ai fini dell’immatricolazione, della messa in circolazione o dell’uso di veicoli pesanti nel territorio di uno Stato membro. È pertanto opportuno includere le masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione nel modello di targhetta regolamentare del costruttore. Per motivi di sicurezza sulla strada è inoltre opportuno includere la massa massima ammissibile su ciascun gruppo di assi.
(5)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico veicoli a motore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Campo di applicazione
Il presente regolamento si applica ai veicoli complete e incompleti appartenenti alle categorie M, N e O.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
1) «targhetta regolamentare del costruttore»: una targhetta o etichetta, apposta dal costruttore su un veicolo che indica le caratteristiche tecniche principali necessarie per l’identificazione del veicolo e fornisce alle autorità competenti le informazioni pertinenti relative alle masse massime ammissibili a pieno carico;
2) «numero di identificazione del veicolo» (VIN): il codice alfanumerico assegnato ad un veicolo dal costruttore in modo da garantire l’identificazione corretta di ogni veicolo;
3) «tipo di veicolo»: un insieme di veicoli come definiti nell’allegato II, parte B della direttiva 2007/46/CE.
Articolo 3
Disposizioni relative all’omologazione CE di un tipo di veicolo per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il numero di identificazione del veicolo
1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all’autorità di omologazione la domanda di omologazione di un tipo di veicolo per quanto riguarda la configurazione e la posizione della targhetta regolamentare del costruttore nonché la composizione e la posizione del numero di identificazione del veicolo.
2. La domanda è redatta secondo il modello di cui alla scheda informativa dell’allegato III, parte A.
3. Se l’autorità di omologazione o il servizio tecnico lo ritiene necessario, ai fini dell’ispezione il costruttore mette a disposizione un veicolo rappresentativo del tipo da omologare.
4. Se i requisiti pertinenti di cui agli allegati I e II del presente regolamento sono soddisfatti, l’autorità di omologazione rilascia l’omologazione conformemente al sistema di numerazione di cui all’allegato VII della direttiva 2007/46/CE.
Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo.
5. Ai fini del paragrafo 4 l’autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all’allegato III, parte B.
Articolo 4
Validità ed estensione delle omologazioni CE rilasciate a norma della direttiva 76/114/CEE
Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l’estensione dell’omologazione a norma della direttiva n. 76/114/CEE.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il 1o febbraio 2011.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, l’11 gennaio 2011.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1.
(2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(3) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 1.
(4) GU L 233 del 25.8.1997, pag. 1.
ALLEGATO I
PRESCRIZIONI TECNICHE
PARTE A
Targhetta regolamentare del costruttore
1. Disposizioni generali
1.1. Ogni veicolo è munito della targhetta regolamentare del costruttore descritta nella presente sezione.
1.2. La targhetta regolamentare del costruttore viene affissa dal costruttore del veicolo o dal suo rappresentante.
1.3. La targhetta regolamentare del costruttore è costituita o da:
a)
una placca rettangolare di metallo; o
b)
un’etichetta rettangolare autoadesiva.
1.4. Le placche di metallo sono fissate con rivetti.
1.5. L’etichetta deve essere in grado di evidenziare eventuali manomissioni o frodi e autodistruggersi qualora si tenti di rimuoverla.
2. Informazioni da indicare sulla targhetta regolamentare del costruttore
2.1. Le seguenti informazioni sono stampate in modo indelebile sulla targhetta del costruttore nell’ordine indicato:
a)
nome del costruttore;
b)
numero di omologazione del veicolo intero;
c)
numero di identificazione del veicolo;
d)
massa massima tecnicamente ammissibile a pieno carico;
e)
massa massima tecnicamente ammissibile del veicolo combinato;
f)
massa massima tecnicamente ammissibile su ciascun asse, da quello anteriore a quello posteriore.
2.2. L’altezza dei caratteri è di almeno 4 mm.
3. Disposizioni specifiche
3.1. Rimorchi
3.1.1.
Per i rimorchi è indicato il carico verticale statico tecnicamente ammissibile sul punto di aggancio.
3.1.2.
Il punto di aggancio è considerato il primo asse ed è numerato «0».
3.1.3.
Il primo asse è numerato «1», il secondo «2» e così via, seguito da un trattino.
3.1.4.
È omessa la massa del veicolo combinato di cui al punto 2.1, lettera e).
3.2. Tutti i veicoli pesanti
3.2.1.
Per quanto riguarda i veicoli di categoria N3, O3 o O4, è indicata anche la massa massima tecnicamente ammissibile sul gruppo di assi. La voce corrispondente al «gruppo di assi» è identificata con la lettera «T».
3.2.2.
Per quanto riguarda i veicoli di categoria M3, N3, O3 o O4, il costruttore può indicare sulla targhetta regolamentare del costruttore la massa massima ammissibile a pieno carico per l’immatricolazione/circolazione.
3.2.2.1.
In tal caso è suddivisa in due colonne la parte della targhette dove sono indicate le masse: le masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione sono indicate nella colonna di sinistra e le masse massime tecnicamente ammissibili a pieno carico sono indicate nella colonna a destra.
3.2.2.2.
Il codice del paese in cui è prevista l’immatricolazione del veicolo è indicato come titolo della colonna a sinistra.
Il codice deve essere conforme alla norma ISO 3166-1: 2006.
3.2.3.
Le prescrizioni di cui al punto 3.2.1 non si applicano:
a)
quando la massa massima tecnicamente ammissibile sul gruppo di assi è la somma della massa massima tecnicamente ammissibile su ciascun asse che compone quel gruppo di assi; e
b)
quando la lettera «T» è aggiunta come suffisso alla massa massima su ciascun asse che compone quel gruppo di assi;
c)
quando si applicano le disposizioni di cui al punto 3.2.2, la massa massima ammissibile per l’immatricolazione/circolazione sul gruppo di assi è la somma della massa massima ammissibile per l’immatricolazione/circolazione su ciascun asse che compone il gruppo di assi.
4. Altre informazioni
4.1. Il costruttore può apporre indicazioni supplementari sotto o accanto a quelle prescritte, esteriormente al rettangolo chiaramente delimitato nel quale devono essere contenute unicamente le informazioni prescritte dalle sezioni 2 e 3.
5. Modello della targhetta regolamentare del costruttore
5.1. Esempi dei vari modelli possibili della targhetta regolamentare del costruttore sono indicate nell’appendice del presente allegato.
5.2. I dati indicati sui modelli sono fittizi.
PARTE B
Numero di identificazione del veicolo (VIN)
1. Disposizioni generali
1.1. Il VIN è apposto su ogni veicolo.
1.2. Il VIN è unico e attribuito in modo inequivocabile ad un veicolo particolare.
1.3. Il VIN è apposto al momento in cui il telaio o il veicolo lascia la linea di produzione.
1.4. Il costruttore garantisce la rintracciabilità del veicolo mediante il VIN per un periodo di 30 anni.
1.5. Al momento dell’omologazione non deve essere necessario verificare l’esistenza di misure prese dal costruttore per garantire la rintracciabilità del veicolo di cui al punto 1.4.
2. Composizione del VIN
2.1. Il VIN consta di tre sezioni:
a)
il codice WMI (world manufacturer identifier);
b)
il codice VDS (vehicle descriptor section);
c)
il codice VIS (vehicle indicator section).
2.2. Il WMI consiste in un codice assegnato al costruttore del veicolo per consentirne l’identificazione.
2.2.1.
Il codice comprende tre caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe, che sono assegnate dall’autorità competente del paese in cui è stabilito il costruttore.
2.2.2.
L’autorità competente agisce in accordo con l’organizzazione internazionale di cui alla norma ISO 3780: 2009 «Road vehicles — World manufacturer identifier (WMI) code».
2.2.3.
Se la produzione globale del costruttore è inferiore a cinquecento veicoli all’anno, il terzo carattere è sempre «9». Per l’identificazione di detto costruttore, l’autorità competente di cui al punto 2.2.1 assegna anche il terzo, il quarto ed il quinto carattere del VIS.
2.3. Il VDS consta di sei caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe, che servono ad indicare le caratteristiche generali del veicolo. Se il costruttore non usa uno o più dei sei caratteri, gli spazi inutilizzati sono compilati con caratteri alfanumerici scelti a discrezione del costruttore in modo che il numero totale di caratteri prescritti sia uguale a sei.
2.4. Il VIS consta di otto caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe; gli ultimi quattro caratteri consistono solo di cifre.
Esso fornisce, insieme al WMI e al VDS, una chiara identificazione di un veicolo particolare. In tutti gli spazi non utilizzati va inserita la cifra zero in modo da ottenere il numero completo prescritto di otto caratteri.
2.5. L’altezza dei caratteri del VIN apposto sul telaio è di almeno 7 mm.
2.6. Non sono ammessi spazi tra i caratteri.
2.7. Non è consentito l’uso delle lettere «I», «O» o «Q».
2.8. L’inizio e la fine del VIN sono delimitati da un simbolo scelto dal costruttore; il simbolo non deve essere né una lettera romana maiuscola né una cifra araba.
2.8.1.
Si può derogare a tale disposizione se il VIN è apposto su un unica riga.
2.8.2.
Se il VIN è apposto su due righe, la disposizione è applicabile a ciascuna riga.
Appendice
Modello di targhetta regolamentare del costruttore
1. MODELLO A per i veicoli di categoria M1 o N1
STELLA AUTO SpA
e3*2007/46*0004
ZFS159000AZ000055
1 850 kg
3 290 kg
1-1 100 kg
2-880 kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria M1 omologato in Italia
2. MODELLO B per veicoli di categoria M o N, diversi dalle categorie M1 o N1
MAYER NUTZFAHRZEUGE GmbH
e1*2007/46*0345
WMN22500A00980520
(DE)
17 990 kg
17 990 kg
40 000 kg
44 000 kg
1-7 100 kg
1-7 100 kg
2-11 500 kg
2-11 500 kg
T.-kg
T.-kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria N3 omologato in Germania
Nota: la colonna a sinistra è opzionale
3. MODELLO C per i veicoli di categoria O1 o O2
JEAN HORSE TRAILERS Ltd
e11*2007/46*0085
SARHT000BC0000023
1 500 kg
0-100 kg
1-850 kg
2-850 kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria O2 omologato nel Regno Unito
4. MODELLO D per i veicoli di categoria O diversi dalle categorie O1 o O2
REMORQUES HENSCHLER SA
e6*2007/46*0098
YA9EBS37009000005
(BE)
34 000 kg
37 000 kg
0-8 000 kg
0-8 000 kg
1-9 000 kg
1-10 000 kg
2-9 000 kg
2-10 000 kg
3-9 000 kg
3-10 000 kg
T. 27 000 kg
T. 30 000 kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un semirimorchio di categoria O4 omologato in Belgio
Nota: la colonna a sinistra è opzionale
ALLEGATO II
PRESCRIZIONI PER LA POSIZIONE SUL VEICOLO
PARTE A
Targhetta regolamentare del costruttore
1.
La targhetta regolamentare del costruttore è fissata solidamente in un punto ben visibile e facilmente accessibile.
2.
La posizione è scelta in modo che la targhetta sia fissata su una parte non soggetta a sostituzione durante l’uso del veicolo.
PARTE B
Numero di identificazione del veicolo (VIN)
1.
Il VIN è indicato su un’unica riga.
1.1.
Se per motivi tecnici, quale la mancanza di spazio, il VIN non può essere apposto su un’unica riga, l’autorità nazionale può, su richiesta del costruttore, consentire l’indicazione del VIN su due righe.
In tal caso, le sezioni di cui al punto 2.1 dell’allegato I, parte B, non possono essere interrotte.
2.
Il VIN è apposto mediante punzonatura o martellamento meccanico sul telaio o su una struttura simile.
3.
Possono essere utilizzate anche le tecniche che dimostrano di offrire lo stesso livello di protezione contro la manomissione o la falsificazione del martellamento meccanico.
4.
Il VIN deve essere apposto in una posizione chiaramente visibile e accessibile. La posizione deve essere scelta in modo da evitare che il VIN sia cancellato o alterato.
5.
Il VIN deve essere posizionato sul lato destro del veicolo.
ALLEGATO III
PARTE A
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore e del suo rimorchio per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il VIN.
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli.
0. GENERALITÀ
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi d’identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): …
0.3.1. Posizione della marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (2):
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.6. Collocazione e metodo di applicazione delle targhe regolamentari del costruttore: …
0.6.1. Sul telaio (3): …
0.6.2. Sulla carrozzeria (3): …
0.7. Posizione del VIN: …
0.7.1. Sul telaio (3): …
0.7.2. Sulla carrozzeria (3): …
0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale rappresentante del costruttore:…
1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO
1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: …
9. CARROZZERIA
9.17. Targhetta regolamentare del costruttore e VIN
9.17.1. Fotografie e/o disegni della posizione delle targhette regolamentari del costruttore, delle iscrizioni e del VIN: …
9.17.2. Fotografie e/o disegni della targhetta regolamentare del costruttore e iscrizioni (esempio completo di dimensioni): …
9.17.3. Fotografie e/o disegni del VIN (esempio completo di dimensioni): …
9.17.4. Dichiarazione di conformità del costruttore relativa alle prescrizioni di cui all’allegato I, parte B, punto 2.2 del regolamento (UE) n. 19/2011
9.17.5. Descrizione dettagliata della composizione del VIN: …
Note esplicative
PARTE B
Certificato di omologazione CE
MODELLO
Formato: A4 (210 × 297 mm)
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Oggetto:
—
omologazione CE (4)
—
estensione dell’omologazione CE (4)
—
rifiuto dell’omologazione CE (4)
—
revoca dell’omologazione CE (4)
di un tipo di veicolo per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il numero di identificazione del veicolo
in riferimento al regolamento (UE) n. …/…, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (4)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell’estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (5):…
0.3.1. Posizione della marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (6): …
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale rappresentante del costruttore:…
SEZIONE II
1. Ulteriori informazioni (se necessarie): cfr. Addendum
2. Servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: …
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
Allegati
:
Fascicolo di omologazione.
Verbale di prova.
(1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??).
(2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE.
(3) Cancellare la dicitura inutile.
(4) Cancellare la dicitura non pertinente.
(5) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (per esempio ABC??123??).
(6) Conformemente alle definizioni dell’allegato II, parte A.
Addendum
alla scheda di omologazione CE n. …
Non pertinente.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 19/2011 DELLA COMMISSIONE
dell'11 gennaio 2011
relativo ai requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore e per il numero di identificazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l’articolo 14, paragrafo 1, lettera a),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento particolare ai fini della procedura di omologazione prevista dalla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2).
(2)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 76/114/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle targhette ed alle iscrizioni regolamentari nonché alla loro posizione e modo di fissaggio per i veicoli a motore e i loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche.
(3)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa le disposizioni fondamentali riguardanti i requisiti di omologazione dei veicoli in relazione ai sistemi di identificazione dei veicoli. È quindi necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici per l’omologazione.
(4)
In assenza di una normativa armonizzata sulla massa massima ammissibile a pieno carico o sulla massa massima ammissibile su ciascun asse o gruppo di assi dei veicoli pesanti, la direttiva 97/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 1997, concernente le masse e le dimensioni di alcune categorie di veicoli a motore e dei loro rimorchi e che modifica la direttiva 70/156/CEE (4), prevede la determinazione delle masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione ai fini dell’immatricolazione, della messa in circolazione o dell’uso di veicoli pesanti nel territorio di uno Stato membro. È pertanto opportuno includere le masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione nel modello di targhetta regolamentare del costruttore. Per motivi di sicurezza sulla strada è inoltre opportuno includere la massa massima ammissibile su ciascun gruppo di assi.
(5)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico veicoli a motore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Campo di applicazione
Il presente regolamento si applica ai veicoli complete e incompleti appartenenti alle categorie M, N e O.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
1) «targhetta regolamentare del costruttore»: una targhetta o etichetta, apposta dal costruttore su un veicolo che indica le caratteristiche tecniche principali necessarie per l’identificazione del veicolo e fornisce alle autorità competenti le informazioni pertinenti relative alle masse massime ammissibili a pieno carico;
2) «numero di identificazione del veicolo» (VIN): il codice alfanumerico assegnato ad un veicolo dal costruttore in modo da garantire l’identificazione corretta di ogni veicolo;
3) «tipo di veicolo»: un insieme di veicoli come definiti nell’allegato II, parte B della direttiva 2007/46/CE.
Articolo 3
Disposizioni relative all’omologazione CE di un tipo di veicolo per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il numero di identificazione del veicolo
1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all’autorità di omologazione la domanda di omologazione di un tipo di veicolo per quanto riguarda la configurazione e la posizione della targhetta regolamentare del costruttore nonché la composizione e la posizione del numero di identificazione del veicolo.
2. La domanda è redatta secondo il modello di cui alla scheda informativa dell’allegato III, parte A.
3. Se l’autorità di omologazione o il servizio tecnico lo ritiene necessario, ai fini dell’ispezione il costruttore mette a disposizione un veicolo rappresentativo del tipo da omologare.
4. Se i requisiti pertinenti di cui agli allegati I e II del presente regolamento sono soddisfatti, l’autorità di omologazione rilascia l’omologazione conformemente al sistema di numerazione di cui all’allegato VII della direttiva 2007/46/CE.
Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo.
5. Ai fini del paragrafo 4 l’autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all’allegato III, parte B.
Articolo 4
Validità ed estensione delle omologazioni CE rilasciate a norma della direttiva 76/114/CEE
Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l’estensione dell’omologazione a norma della direttiva n. 76/114/CEE.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il 1o febbraio 2011.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, l’11 gennaio 2011.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1.
(2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(3) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 1.
(4) GU L 233 del 25.8.1997, pag. 1.
ALLEGATO I
PRESCRIZIONI TECNICHE
PARTE A
Targhetta regolamentare del costruttore
1. Disposizioni generali
1.1. Ogni veicolo è munito della targhetta regolamentare del costruttore descritta nella presente sezione.
1.2. La targhetta regolamentare del costruttore viene affissa dal costruttore del veicolo o dal suo rappresentante.
1.3. La targhetta regolamentare del costruttore è costituita o da:
a)
una placca rettangolare di metallo; o
b)
un’etichetta rettangolare autoadesiva.
1.4. Le placche di metallo sono fissate con rivetti.
1.5. L’etichetta deve essere in grado di evidenziare eventuali manomissioni o frodi e autodistruggersi qualora si tenti di rimuoverla.
2. Informazioni da indicare sulla targhetta regolamentare del costruttore
2.1. Le seguenti informazioni sono stampate in modo indelebile sulla targhetta del costruttore nell’ordine indicato:
a)
nome del costruttore;
b)
numero di omologazione del veicolo intero;
c)
numero di identificazione del veicolo;
d)
massa massima tecnicamente ammissibile a pieno carico;
e)
massa massima tecnicamente ammissibile del veicolo combinato;
f)
massa massima tecnicamente ammissibile su ciascun asse, da quello anteriore a quello posteriore.
2.2. L’altezza dei caratteri è di almeno 4 mm.
3. Disposizioni specifiche
3.1. Rimorchi
3.1.1.
Per i rimorchi è indicato il carico verticale statico tecnicamente ammissibile sul punto di aggancio.
3.1.2.
Il punto di aggancio è considerato il primo asse ed è numerato «0».
3.1.3.
Il primo asse è numerato «1», il secondo «2» e così via, seguito da un trattino.
3.1.4.
È omessa la massa del veicolo combinato di cui al punto 2.1, lettera e).
3.2. Tutti i veicoli pesanti
3.2.1.
Per quanto riguarda i veicoli di categoria N3, O3 o O4, è indicata anche la massa massima tecnicamente ammissibile sul gruppo di assi. La voce corrispondente al «gruppo di assi» è identificata con la lettera «T».
3.2.2.
Per quanto riguarda i veicoli di categoria M3, N3, O3 o O4, il costruttore può indicare sulla targhetta regolamentare del costruttore la massa massima ammissibile a pieno carico per l’immatricolazione/circolazione.
3.2.2.1.
In tal caso è suddivisa in due colonne la parte della targhette dove sono indicate le masse: le masse massime ammissibili per l’immatricolazione/circolazione sono indicate nella colonna di sinistra e le masse massime tecnicamente ammissibili a pieno carico sono indicate nella colonna a destra.
3.2.2.2.
Il codice del paese in cui è prevista l’immatricolazione del veicolo è indicato come titolo della colonna a sinistra.
Il codice deve essere conforme alla norma ISO 3166-1: 2006.
3.2.3.
Le prescrizioni di cui al punto 3.2.1 non si applicano:
a)
quando la massa massima tecnicamente ammissibile sul gruppo di assi è la somma della massa massima tecnicamente ammissibile su ciascun asse che compone quel gruppo di assi; e
b)
quando la lettera «T» è aggiunta come suffisso alla massa massima su ciascun asse che compone quel gruppo di assi;
c)
quando si applicano le disposizioni di cui al punto 3.2.2, la massa massima ammissibile per l’immatricolazione/circolazione sul gruppo di assi è la somma della massa massima ammissibile per l’immatricolazione/circolazione su ciascun asse che compone il gruppo di assi.
4. Altre informazioni
4.1. Il costruttore può apporre indicazioni supplementari sotto o accanto a quelle prescritte, esteriormente al rettangolo chiaramente delimitato nel quale devono essere contenute unicamente le informazioni prescritte dalle sezioni 2 e 3.
5. Modello della targhetta regolamentare del costruttore
5.1. Esempi dei vari modelli possibili della targhetta regolamentare del costruttore sono indicate nell’appendice del presente allegato.
5.2. I dati indicati sui modelli sono fittizi.
PARTE B
Numero di identificazione del veicolo (VIN)
1. Disposizioni generali
1.1. Il VIN è apposto su ogni veicolo.
1.2. Il VIN è unico e attribuito in modo inequivocabile ad un veicolo particolare.
1.3. Il VIN è apposto al momento in cui il telaio o il veicolo lascia la linea di produzione.
1.4. Il costruttore garantisce la rintracciabilità del veicolo mediante il VIN per un periodo di 30 anni.
1.5. Al momento dell’omologazione non deve essere necessario verificare l’esistenza di misure prese dal costruttore per garantire la rintracciabilità del veicolo di cui al punto 1.4.
2. Composizione del VIN
2.1. Il VIN consta di tre sezioni:
a)
il codice WMI (world manufacturer identifier);
b)
il codice VDS (vehicle descriptor section);
c)
il codice VIS (vehicle indicator section).
2.2. Il WMI consiste in un codice assegnato al costruttore del veicolo per consentirne l’identificazione.
2.2.1.
Il codice comprende tre caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe, che sono assegnate dall’autorità competente del paese in cui è stabilito il costruttore.
2.2.2.
L’autorità competente agisce in accordo con l’organizzazione internazionale di cui alla norma ISO 3780: 2009 «Road vehicles — World manufacturer identifier (WMI) code».
2.2.3.
Se la produzione globale del costruttore è inferiore a cinquecento veicoli all’anno, il terzo carattere è sempre «9». Per l’identificazione di detto costruttore, l’autorità competente di cui al punto 2.2.1 assegna anche il terzo, il quarto ed il quinto carattere del VIS.
2.3. Il VDS consta di sei caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe, che servono ad indicare le caratteristiche generali del veicolo. Se il costruttore non usa uno o più dei sei caratteri, gli spazi inutilizzati sono compilati con caratteri alfanumerici scelti a discrezione del costruttore in modo che il numero totale di caratteri prescritti sia uguale a sei.
2.4. Il VIS consta di otto caratteri alfanumerici, lettere latine maiuscole o cifre arabe; gli ultimi quattro caratteri consistono solo di cifre.
Esso fornisce, insieme al WMI e al VDS, una chiara identificazione di un veicolo particolare. In tutti gli spazi non utilizzati va inserita la cifra zero in modo da ottenere il numero completo prescritto di otto caratteri.
2.5. L’altezza dei caratteri del VIN apposto sul telaio è di almeno 7 mm.
2.6. Non sono ammessi spazi tra i caratteri.
2.7. Non è consentito l’uso delle lettere «I», «O» o «Q».
2.8. L’inizio e la fine del VIN sono delimitati da un simbolo scelto dal costruttore; il simbolo non deve essere né una lettera romana maiuscola né una cifra araba.
2.8.1.
Si può derogare a tale disposizione se il VIN è apposto su un unica riga.
2.8.2.
Se il VIN è apposto su due righe, la disposizione è applicabile a ciascuna riga.
Appendice
Modello di targhetta regolamentare del costruttore
1. MODELLO A per i veicoli di categoria M1 o N1
STELLA AUTO SpA
e3*2007/46*0004
ZFS159000AZ000055
1 850 kg
3 290 kg
1-1 100 kg
2-880 kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria M1 omologato in Italia
2. MODELLO B per veicoli di categoria M o N, diversi dalle categorie M1 o N1
MAYER NUTZFAHRZEUGE GmbH
e1*2007/46*0345
WMN22500A00980520
(DE)
17 990 kg
17 990 kg
40 000 kg
44 000 kg
1-7 100 kg
1-7 100 kg
2-11 500 kg
2-11 500 kg
T.-kg
T.-kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria N3 omologato in Germania
Nota: la colonna a sinistra è opzionale
3. MODELLO C per i veicoli di categoria O1 o O2
JEAN HORSE TRAILERS Ltd
e11*2007/46*0085
SARHT000BC0000023
1 500 kg
0-100 kg
1-850 kg
2-850 kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un veicolo di categoria O2 omologato nel Regno Unito
4. MODELLO D per i veicoli di categoria O diversi dalle categorie O1 o O2
REMORQUES HENSCHLER SA
e6*2007/46*0098
YA9EBS37009000005
(BE)
34 000 kg
37 000 kg
0-8 000 kg
0-8 000 kg
1-9 000 kg
1-10 000 kg
2-9 000 kg
2-10 000 kg
3-9 000 kg
3-10 000 kg
T. 27 000 kg
T. 30 000 kg
Modello di targhetta regolamentare del costruttore di un semirimorchio di categoria O4 omologato in Belgio
Nota: la colonna a sinistra è opzionale
ALLEGATO II
PRESCRIZIONI PER LA POSIZIONE SUL VEICOLO
PARTE A
Targhetta regolamentare del costruttore
1.
La targhetta regolamentare del costruttore è fissata solidamente in un punto ben visibile e facilmente accessibile.
2.
La posizione è scelta in modo che la targhetta sia fissata su una parte non soggetta a sostituzione durante l’uso del veicolo.
PARTE B
Numero di identificazione del veicolo (VIN)
1.
Il VIN è indicato su un’unica riga.
1.1.
Se per motivi tecnici, quale la mancanza di spazio, il VIN non può essere apposto su un’unica riga, l’autorità nazionale può, su richiesta del costruttore, consentire l’indicazione del VIN su due righe.
In tal caso, le sezioni di cui al punto 2.1 dell’allegato I, parte B, non possono essere interrotte.
2.
Il VIN è apposto mediante punzonatura o martellamento meccanico sul telaio o su una struttura simile.
3.
Possono essere utilizzate anche le tecniche che dimostrano di offrire lo stesso livello di protezione contro la manomissione o la falsificazione del martellamento meccanico.
4.
Il VIN deve essere apposto in una posizione chiaramente visibile e accessibile. La posizione deve essere scelta in modo da evitare che il VIN sia cancellato o alterato.
5.
Il VIN deve essere posizionato sul lato destro del veicolo.
ALLEGATO III
PARTE A
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore e del suo rimorchio per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il VIN.
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli.
0. GENERALITÀ
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi d’identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): …
0.3.1. Posizione della marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (2):
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.6. Collocazione e metodo di applicazione delle targhe regolamentari del costruttore: …
0.6.1. Sul telaio (3): …
0.6.2. Sulla carrozzeria (3): …
0.7. Posizione del VIN: …
0.7.1. Sul telaio (3): …
0.7.2. Sulla carrozzeria (3): …
0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale rappresentante del costruttore:…
1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO
1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: …
9. CARROZZERIA
9.17. Targhetta regolamentare del costruttore e VIN
9.17.1. Fotografie e/o disegni della posizione delle targhette regolamentari del costruttore, delle iscrizioni e del VIN: …
9.17.2. Fotografie e/o disegni della targhetta regolamentare del costruttore e iscrizioni (esempio completo di dimensioni): …
9.17.3. Fotografie e/o disegni del VIN (esempio completo di dimensioni): …
9.17.4. Dichiarazione di conformità del costruttore relativa alle prescrizioni di cui all’allegato I, parte B, punto 2.2 del regolamento (UE) n. 19/2011
9.17.5. Descrizione dettagliata della composizione del VIN: …
Note esplicative
PARTE B
Certificato di omologazione CE
MODELLO
Formato: A4 (210 × 297 mm)
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Oggetto:
—
omologazione CE (4)
—
estensione dell’omologazione CE (4)
—
rifiuto dell’omologazione CE (4)
—
revoca dell’omologazione CE (4)
di un tipo di veicolo per quanto riguarda la targhetta regolamentare del costruttore e il numero di identificazione del veicolo
in riferimento al regolamento (UE) n. …/…, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (4)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell’estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (5):…
0.3.1. Posizione della marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (6): …
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell’eventuale rappresentante del costruttore:…
SEZIONE II
1. Ulteriori informazioni (se necessarie): cfr. Addendum
2. Servizio tecnico incaricato dell’esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: …
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
Allegati
:
Fascicolo di omologazione.
Verbale di prova.
(1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (esempio: ABC??123??).
(2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE.
(3) Cancellare la dicitura inutile.
(4) Cancellare la dicitura non pertinente.
(5) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (per esempio ABC??123??).
(6) Conformemente alle definizioni dell’allegato II, parte A.
Addendum
alla scheda di omologazione CE n. …
Non pertinente.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Targhetta regolamentare del costruttore e numero di identificazione dei veicoli a motore
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce i requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore* e per il numero di identificazione dei veicoli a motore*. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per la sicurezza dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. In seguito all’abrogazione della direttiva 76/114/CEE con il regolamento (CE) 661/2009, esso adatta le norme tecniche contenute in tale direttiva a quelle della direttiva 2007/46/CE sulla omologazione UE dei veicoli.
PUNTI CHIAVE
Tipi di veicoli interessati
Il regolamento si applica alle categorie di veicoli M, N e O, ossia:ai veicoli a motore concepiti e costruiti per il trasporto dei passeggeri e con almeno quattro ruote; ai veicoli a motore concepiti e costruiti per il trasporto delle merci e con almeno quattro ruote; ai rimorchi (compresi i semirimorchi). Requisiti per la targhetta regolamentare del costruttore
Ogni veicolo deve essere munito di una targhetta regolamentare costituita da uno dei seguenti elementi (a discrezione del costruttore):una placca rettangolare di metallo; o un’etichetta rettangolare autoadesiva. La targhetta regolamentare del costruttore deve contenere determinate informazioni, fra le quali:il nome del costruttore; il numero di omologazione del veicolo; il numero di identificazione del veicolo; le masse a pieno carico tecnicamente ammissibili. Il regolamento (UE) n. 249/2012 modifica il regolamento (UE) n. 19/2011 introducendo la possibilità per i costruttori di veicoli di utilizzare etichette autoadesive nella realizzazione delle targhette regolamentari.
Prescrizioni relative al numero di identificazione del veicolo (VIN)
Il costruttore è tenuto ad apporre un VIN su ogni veicolo e a garantirne la rintracciabilità per un periodo di 30 anni. Il VIN contiene:il codice WMI (world manufacturer identifier); il codice VDS (vehicle descriptor section); il codice VIS (vehicle indicator section). Esso deve essere apposto in una posizione chiaramente visibile e accessibile Deve essere impresso in modo da non poter essere alterato in condizioni d’uso normali del veicolo.
Disposizioni relative all’omologazione CE
Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve contenere determinate informazioni, quali:il tipo di veicolo e la marca; la collocazione e il metodo di applicazione della targhetta regolamentare del costruttore; la posizione del VIN. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo risponda a tutti i requisiti relativi alla targhetta regolamentare del costruttore e al numero di identificazione del veicolo, essa deve concedere l’omologazione UE e rilasciare un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicato dal 1o febbraio 2011.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Targhetta regolamentare del costruttore: una targhetta o etichetta, apposta dal costruttore su un veicolo che indica le caratteristiche tecniche principali necessarie per l’identificazione del veicolo e fornisce alle autorità competenti le informazioni pertinenti relative alle masse massime ammissibili a pieno carico.
Numero di identificazione del veicolo (VIN): il codice alfanumerico assegnato ad un veicolo dal costruttore in modo da garantire l’identificazione corretta di ogni veicolo.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 19/2011 della Commissione, dell’11 gennaio 2011, relativo ai requisiti dell’omologazione per la targhetta regolamentare del costruttore e per il numero di identificazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 8 del 12.1.2011, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 19/2011 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1).
Consultare la versione consolidata.
Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. |
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Algeria
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare attività negli ambiti scientifici e tecnologici in campi di comune interesse.
Con la decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo a nome dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:promozione di un’economia basata sulla conoscenza; beneficio reciproco; accesso reciproco alle attività dei programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico svolte da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; scambio e protezione dei diritti di proprietà intellettuale; partecipazione e finanziamenti in conformità alle leggi delle parti.CooperazioneLe personalità giuridiche* algerine possono partecipare ad attività di cooperazione indiretta dei programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE e ad attività di dimostrazione alle condizioni stabilite negli allegati I e II dell’accordo. Le personalità giuridiche stabilite nei paesi dell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca algerini che coprono settori simili a quelli del programma quadro alle stesse condizioni di cui agli allegati I e II.Attività
Le attività di cooperazione possono includere indicativamente:discussioni regolari sugli orientamenti e le priorità per le politiche di ricerca e la pianificazione in Algeria e nell’UE; discussioni su cooperazione, sviluppi e prospettive future; fornitura tempestiva di informazioni sull’attuazione dei rispettivi programmi e progetti di ricerca; riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a fini di formazione; scambi e condivisione di attrezzature, materiali e servizi di collaudo; contatti tra i responsabili dei programmi o dei progetti dell’Algeria e dell’UE; partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; altre attività che possono essere decise dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’11 giugno 2013 per un periodo indefinito. Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 6 mesi.
CONTESTO
L’Algeria è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato dell’UE. Nel 2005 è entrato in vigore l’Accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea e i suoi paesi da un lato e la Repubblica algerina democratica e popolare dall’altro.Per ulteriori informazioni consultare:L’Algeria e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Politica europea di vicinato — Algeria (Commissione europea)Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con l’Algeria, consultare:Cooperazione internazionale R&I con l’Algeria (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Personalità giuridiche: aziende, società e individui con diritti e obblighi giuridici.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 99 del 5.4.2012, pag. 2).
Decisione 2012/645/UE del Consiglio, del 10 ottobre 2012, relativa alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 287 del 18.10.2012, pag. 3).
DOCUMENTO CORRELATO
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 232/2014 sono state integrate nel documento di base. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 19 dicembre 2011
relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all'applicazione provvisoria dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica
(2012/184/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 186, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 16 novembre 2009 il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare, a nome dell’Unione, un accordo tra l'Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica («l'accordo»). Esso è stato siglato il 14 ottobre 2010.
(2)
È opportuno firmare e applicare l’accordo a titolo provvisorio, in attesa che siano terminate le procedure necessarie alla sua conclusione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La firma dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica è autorizzata a nome dell’Unione, con riserva della conclusione di tale accordo.
2. Il testo dell’accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l'accordo a nome dell’Unione.
Articolo 3
L’accordo è applicato su base provvisoria conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, dello stesso, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua conclusione.
Articolo 4
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Fatto a Bruxelles, il 19 dicembre 2011
Per il Consiglio
Il presidente
M. KOROLEC
5.4.2012
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 99/2
ACCORDO
tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica
L’UNIONE EUROPEA (di seguito «l'Unione»),
da una parte, e
LA REPUBBLICA ALGERINA DEMOCRATICA E POPOLARE (di seguito «Algeria»),
dall’altra,
di seguito «le parti»,
CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il riferimento di cui all’articolo 51 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica algerina democratica e popolare, dall’altra, entrato in vigore il 1o settembre 2005;
CONSIDERANDO la politica europea di vicinato e la strategia dell’Unione per rafforzare le relazioni con i paesi vicini;
CONSIDERANDO che l’Unione e l’Algeria hanno svolto attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell’altra a condizioni di reciprocità;
DESIDEROSE di istituire un quadro ufficiale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica per ampliare e rafforzare le attività di cooperazione nei settori di interesse comune e promuovere l’utilizzo dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale delle parti;
DESIDEROSE di aprire lo Spazio europeo della ricerca ai paesi terzi e in particolare ai paesi partner mediterranei,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Campo d’applicazione e principi
1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra l’Unione e l’Algeria in settori di interesse comune in cui svolgono attività di ricerca e sviluppo in ambito scientifico e tecnologico.
2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:
a)
promozione di una società della conoscenza per incentivare lo sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;
b)
beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;
c)
accesso reciproco alle attività dei programmi di ricerca e sviluppo tecnologico svolti dalle due parti;
d)
scambio tempestivo delle informazioni che possono agevolare le attività di cooperazione;
e)
scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale;
f)
partecipazione e finanziamento nel rispetto delle leggi e dei regolamenti pertinenti delle parti.
Articolo 2
Modalità della cooperazione
1. I soggetti giuridici stabiliti in Algeria, ai sensi dell’allegato I, comprese le persone fisiche e le persone giuridiche di diritto privato o pubblico, partecipano alle azioni di cooperazione indirette del programma quadro dell’Unione di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione («programma quadro»), conformemente alle modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
I soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione, ai sensi dell’allegato I, partecipano ai programmi e progetti di ricerca algerini su aree tematiche analoghe a quelle del programma quadro, alle stesse modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
2. La cooperazione può anche assumere le forme seguenti:
a)
regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità dell’Algeria e dell’Unione in materia di politiche di ricerca e sulla pianificazione;
b)
scambi di opinioni sulla cooperazione, gli sviluppi e le prospettive future;
c)
trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione dei programmi e dei progetti di ricerca dell’Algeria e dell’Unione e sui risultati dei lavori svolti nell’ambito del presente accordo;
d)
riunioni congiunte;
e)
visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a scopo di formazione;
f)
scambio e condivisione di apparecchiature, materiali e servizi di test;
g)
contatti tra i responsabili di programmi o di progetti algerini e dell’Unione;
h)
partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop;
i)
scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo;
j)
formazione in materia di ricerca e sviluppo tecnologico;
k)
accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica nell’ambito della presente cooperazione;
l)
qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria, di cui all’articolo 4, ritenuta conforme alle politiche e alle procedure applicabili da entrambe le parti;
m)
sostegno alla valorizzazione dei risultati della ricerca e allo sviluppo di imprese innovative al fine di promuovere la diffusione delle conoscenze nuove e dell’innovazione;
n)
assistenza alla gestione della ricerca scientifica e sostegno all’istituzione di un sistema di informazione sulla ricerca;
o)
esame delle possibilità di cooperazione per la creazione di incubatori, «vivai», start-up, centri di ricerca, in particolare mediante programmi europei diversi dal programma quadro;
p)
promozione della cooperazione mediante progetti di ricerca e sviluppo;
q)
accesso alle infrastrutture di ricerca;
r)
possibilità di cofinanziamento e di coordinamento di attività di ricerca.
Articolo 3
Rafforzamento della cooperazione
Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare lo spostamento transfrontaliero dei beni destinati a essere utilizzati in queste attività.
Articolo 4
Gestione dell’accordo
Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria
1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per l’Algeria, dal ministero dell’Istruzione superiore e della ricerca scientifica, e, per l’Unione, dai servizi dalla Commissione europea, in qualità di agenti esecutivi delle parti («agenti esecutivi»).
2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato «comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria» («comitato misto»), le cui funzioni comprendono:
a)
assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne di nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti;
b)
individuare annualmente i settori potenziali in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure;
c)
esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Algeria e nell’Unione, nonché le prospettive di cooperazione futura ai sensi del presente accordo;
d)
formulare raccomandazioni destinate alle parti circa l’attuazione del presente accordo, includendovi la definizione e la raccomandazione di integrazioni alle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e misure specifiche per migliorare l’accesso reciproco previsto all’articolo 1, paragrafo 2;
e)
apportare all’accordo, secondo le procedure interne di ciascuna parte, le modifiche tecniche che si rendono necessarie.
3. Il comitato misto è composto da rappresentanti degli agenti esecutivi; esso adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta l’anno, alternativamente nell’Unione e in Algeria. Riunioni straordinarie sono convocate laddove necessario e previo accordo delle parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto sono trasmesse per conoscenza al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo che stabilisce un'associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica algerina democratica e popolare, dall'altra.
Articolo 5
Finanziamento
Il livello di partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e dalle modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.
Se una delle parti concede un aiuto finanziario ai partecipanti dell’altra parte in relazione ad attività di cooperazione indirette, tutte le sovvenzioni e i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo dalla parte finanziatrice ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna delle parti nel momento in cui si effettuano tali sovvenzioni e contributi finanziari o di altra natura.
Articolo 6
Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioni
La diffusione e l’utilizzazione dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle condizioni di cui all’allegato II.
Articolo 7
Disposizioni finali
1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo. Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.
2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa dell’espletamento di tali procedure, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso. Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.
3. Ciascuna delle parti può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento da previo preavviso di sei mesi. I progetti e le attività in corso al momento della denuncia dell'accordo sono portati a termine alle condizioni stabilite nel quadro dello stesso.
4. Il presente accordo resta in vigore fino a quando una delle parti non notifichi per iscritto all’altra parte la sua intenzione di denunciare l’accordo. In tal caso l' accordo cessa di essere in vigore dopo sei mesi dal ricevimento della notifica.
5. Qualora una della parti decida di modificare i suoi programmi o progetti di ricerca, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, l’agente esecutivo di tale parte notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso dellemodifiche in questione. In deroga a quanto disposto dal paragrafo 3 del presente articolo, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui a detto paragrafo, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.
6. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applicano il trattato sull’Unione europea e il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alle condizioni in essi indicate, e, dall’altra, al territorio della Repubblica algerina democratica e popolare. La presente disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti debitamente autorizzati a tal fine, rispettivamente dall’Unione europea e dalla Repubblica algerina democratica e popolare, hanno firmato il presente accordo.
FATTO in duplice esemplare a Algeri, addì diciannove marzo duemiladodici, in lingua bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e araba, tutti i testi facenti ugualmente fede.
За Европейския съюз
Por la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l’Union européenne
Per l’Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
За правителството на Алжирската демократична народна република
Por el Gobierno de la República Argelina Democrática y Popular
Za vládu Alžírské demokratické a lidové republiky
For regeringen for Den Demokratiske Folkerepublik Algeriet
Für die Regierung der Demokratischen Volksrepublik Algerien
Alžeeria Demokraatliku Rahvavabariigi valitsusele
Για την κυβέρνηση της Λαϊκής Δημοκρατίας της Αλγερίας
For the Government of the People’s Democratic Republic of Algeria
Pour le gouvernement de la République algérienne démocratique et populaire
Per il governo della Repubblica algerina democratica e popolare
Alžīrijas Tautas Demokrātiskās Republikas valdības vārdā –
Alžyro Liaudies Demokratinės Respublikos Vyriausybės vardu
Az Algériai Demokratikus és Népi Köztársaság kormánya részéről
Għall-Gvern tar-Repubblika Demokratika Popolari tal-Alġerija
Voor de regering van de Democratische Volksrepubliek Algerije
W imieniu rządu Algierskiej Republiki Ludowo-Demokratycznej
Pelo Governo da República Argelina Democrática e Popular
Pentru Guvernul Republicii Algeriene Democratice și Populare
Za vládu Alžírskej demokratickej ľudovej republiky
Za Vlado Ljudske demokratične republike Alžirije
Algerian demokraattisen kansantasavallan hallituksen puolesta
För Demokratiska folkrepubliken Algeriets regering
ALLEGATO I
Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione e in Algeria
Ai fini del presente accordo, per «soggetto giuridico» si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto dell’Unione o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
I. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Algeria alle azioni indirette del programma quadro
1.
La partecipazione alle azioni indirette del programma quadro di soggetti giuridici aventi sede in Algeria è soggetta alle condizioni stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 183 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
2.
L’Unione può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Algeria che partecipano alle azioni indirette di cui al punto 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione o dalle decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all’articolo 183 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al regolamento finanziario dell’Unione e ad altra normativa dell’Unione applicabile.
3.
Una convenzione di sovvenzione, un contratto concluso dall’Unione con un soggetto giuridico stabilito in Algeria per la realizzazione di un’azione indiretta o la decisione di concessione della sovvenzione adottata dall’Unione devono prevedere il diritto della Commissione europea e della Corte dei conti europea di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.
Le competenti autorità algerine provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, l’assistenza ragionevole e utile, qualora necessaria, per eseguire tali controlli e verifiche contabili e le azioni di recupero summenzionati.
II. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea a programmi e progetti di ricerca dell’Algeria
1.
Ciascun soggetto giuridico stabiliti nell'Unione, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione o al diritto dell'Unione, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo dell’Algeria in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Algeria.
2.
I diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nell'Unione, che partecipano a progetti algerini di ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo, nonché 0le modalità e condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti, sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative vigenti in Algeria che disciplinano l’attuazione dei programmi di ricerca e sviluppo applicabili ai soggetti giuridici algerini e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra l’Algeria e l’Unione in questo settore.
Il finanziamento di soggetti giuridici stabiliti nell’Unione che partecipano a progetti di ricerca algerini nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Algeria, applicabili ai soggetti giuridici non algerini.
III. Informazioni sulle possibilità di partecipazione
L’Algeria e la Commissione europea rendono regolarmente disponibili informazioni in merito ai programmi in corso e alle possibilità di partecipazione esistenti per i soggetti giuridici stabiliti nei territori delle due parti.
ALLEGATO II
PRINCIPI DI ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
I. Ambito di applicazione
Ai fini del presente accordo, per «proprietà intellettuale» si intende la definizione di cui all’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967.
Ai fini del presente accordo, per «conoscenze» si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o meno, nonché i diritti di autore o i diritti su dette informazioni acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, progetti, specie vegetali, certificati di protezione supplementari o di altre forme di tutela equiparabili.
II. Diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici delle parti che partecipano ad azioni indirette di cooperazione
1.
Ciascuna parte garantisce che il trattamento dei diritti e degli obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti nei territori dell’altra parte, che partecipano ad attività di cooperazione indirette svolte conformemente al presente accordo, e dei relativi diritti e obblighi derivanti da detta partecipazione, sia compatibile con le leggi e i regolamenti, nonché con le convenzioni internazionali pertinenti applicabili alle parti, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971, della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma, del 14 luglio 1967, della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
2.
Ciascuna delle parti garantisce che i soggetti dell’altra parte che partecipano ad attività di cooperazione indirette beneficino dello stesso trattamento, in materia di proprietà intellettuale, dei partecipanti della propria parte, ai sensi delle regole di partecipazione di ciascun programma o progetto di ricerca, o delle sue leggi o regolamenti applicabili.
III. Diritti di proprietà intellettuale delle parti
1.
Salvo diverso e specifico accordo delle parti, alle conoscenze generate dalle parti, nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2 del presente accordo, si applicano le seguenti regole:
a)
la parte che genera le conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora risulti impossibile determinare il contributo delle rispettive parti, le parti sono congiuntamente proprietarie di dette conoscenze;
b)
la parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2 del presente accordo. Tali diritti di accesso alle conoscenze sono concessi a titolo gratuito.
2.
Salvo diverso accordo tra le parti, alle opere letterarie di carattere scientifico delle parti si applicano le seguenti regole:
a)
nel caso di pubblicazione, ad opera di una parte, di informazioni e risultati scientifici o tecnici, per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che derivino dalle attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza valida in tutti i paesi, non esclusiva, irrevocabile e a titolo gratuito, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico le opere in questione;
b)
tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore e prodotte a norma delle presente sezione, indicano il nome o i nomi degli autori dell’opera, salvo che un autore espressamente richieda di non essere citato. Ciascuna riproduzione inoltre contiene una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.
3.
Salvo diverso e specifico accordo delle parti, alle informazioni riservate si applicano le seguenti regole:
a)
all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte identifica le informazioni che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la riservatezza;
b)
la parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;
c)
previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta ed ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche;
d)
le informazioni riservate non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni tra le parti indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di impianti o l’esecuzione di attività di cooperazione indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni prima dell’atto di comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a);
e)
ciascuna parte si impegna ad assicurare che le informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d) siano protette a norma del presente accordo. Se una delle parti consta di non essere in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sulla non divulgazione di cui alle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti si consultano in seguito per stabilire le misure appropriate da adottare.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 19 dicembre 2011
relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all'applicazione provvisoria dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica
(2012/184/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 186, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 16 novembre 2009 il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare, a nome dell’Unione, un accordo tra l'Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica («l'accordo»). Esso è stato siglato il 14 ottobre 2010.
(2)
È opportuno firmare e applicare l’accordo a titolo provvisorio, in attesa che siano terminate le procedure necessarie alla sua conclusione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La firma dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica è autorizzata a nome dell’Unione, con riserva della conclusione di tale accordo.
2. Il testo dell’accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l'accordo a nome dell’Unione.
Articolo 3
L’accordo è applicato su base provvisoria conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, dello stesso, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua conclusione.
Articolo 4
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Fatto a Bruxelles, il 19 dicembre 2011
Per il Consiglio
Il presidente
M. KOROLEC
5.4.2012
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 99/2
ACCORDO
tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica
L’UNIONE EUROPEA (di seguito «l'Unione»),
da una parte, e
LA REPUBBLICA ALGERINA DEMOCRATICA E POPOLARE (di seguito «Algeria»),
dall’altra,
di seguito «le parti»,
CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il riferimento di cui all’articolo 51 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica algerina democratica e popolare, dall’altra, entrato in vigore il 1o settembre 2005;
CONSIDERANDO la politica europea di vicinato e la strategia dell’Unione per rafforzare le relazioni con i paesi vicini;
CONSIDERANDO che l’Unione e l’Algeria hanno svolto attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell’altra a condizioni di reciprocità;
DESIDEROSE di istituire un quadro ufficiale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica per ampliare e rafforzare le attività di cooperazione nei settori di interesse comune e promuovere l’utilizzo dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale delle parti;
DESIDEROSE di aprire lo Spazio europeo della ricerca ai paesi terzi e in particolare ai paesi partner mediterranei,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Campo d’applicazione e principi
1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra l’Unione e l’Algeria in settori di interesse comune in cui svolgono attività di ricerca e sviluppo in ambito scientifico e tecnologico.
2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:
a)
promozione di una società della conoscenza per incentivare lo sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;
b)
beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;
c)
accesso reciproco alle attività dei programmi di ricerca e sviluppo tecnologico svolti dalle due parti;
d)
scambio tempestivo delle informazioni che possono agevolare le attività di cooperazione;
e)
scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale;
f)
partecipazione e finanziamento nel rispetto delle leggi e dei regolamenti pertinenti delle parti.
Articolo 2
Modalità della cooperazione
1. I soggetti giuridici stabiliti in Algeria, ai sensi dell’allegato I, comprese le persone fisiche e le persone giuridiche di diritto privato o pubblico, partecipano alle azioni di cooperazione indirette del programma quadro dell’Unione di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione («programma quadro»), conformemente alle modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
I soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione, ai sensi dell’allegato I, partecipano ai programmi e progetti di ricerca algerini su aree tematiche analoghe a quelle del programma quadro, alle stesse modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
2. La cooperazione può anche assumere le forme seguenti:
a)
regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità dell’Algeria e dell’Unione in materia di politiche di ricerca e sulla pianificazione;
b)
scambi di opinioni sulla cooperazione, gli sviluppi e le prospettive future;
c)
trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione dei programmi e dei progetti di ricerca dell’Algeria e dell’Unione e sui risultati dei lavori svolti nell’ambito del presente accordo;
d)
riunioni congiunte;
e)
visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a scopo di formazione;
f)
scambio e condivisione di apparecchiature, materiali e servizi di test;
g)
contatti tra i responsabili di programmi o di progetti algerini e dell’Unione;
h)
partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop;
i)
scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo;
j)
formazione in materia di ricerca e sviluppo tecnologico;
k)
accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica nell’ambito della presente cooperazione;
l)
qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria, di cui all’articolo 4, ritenuta conforme alle politiche e alle procedure applicabili da entrambe le parti;
m)
sostegno alla valorizzazione dei risultati della ricerca e allo sviluppo di imprese innovative al fine di promuovere la diffusione delle conoscenze nuove e dell’innovazione;
n)
assistenza alla gestione della ricerca scientifica e sostegno all’istituzione di un sistema di informazione sulla ricerca;
o)
esame delle possibilità di cooperazione per la creazione di incubatori, «vivai», start-up, centri di ricerca, in particolare mediante programmi europei diversi dal programma quadro;
p)
promozione della cooperazione mediante progetti di ricerca e sviluppo;
q)
accesso alle infrastrutture di ricerca;
r)
possibilità di cofinanziamento e di coordinamento di attività di ricerca.
Articolo 3
Rafforzamento della cooperazione
Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare lo spostamento transfrontaliero dei beni destinati a essere utilizzati in queste attività.
Articolo 4
Gestione dell’accordo
Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria
1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per l’Algeria, dal ministero dell’Istruzione superiore e della ricerca scientifica, e, per l’Unione, dai servizi dalla Commissione europea, in qualità di agenti esecutivi delle parti («agenti esecutivi»).
2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato «comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria» («comitato misto»), le cui funzioni comprendono:
a)
assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne di nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti;
b)
individuare annualmente i settori potenziali in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure;
c)
esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Algeria e nell’Unione, nonché le prospettive di cooperazione futura ai sensi del presente accordo;
d)
formulare raccomandazioni destinate alle parti circa l’attuazione del presente accordo, includendovi la definizione e la raccomandazione di integrazioni alle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e misure specifiche per migliorare l’accesso reciproco previsto all’articolo 1, paragrafo 2;
e)
apportare all’accordo, secondo le procedure interne di ciascuna parte, le modifiche tecniche che si rendono necessarie.
3. Il comitato misto è composto da rappresentanti degli agenti esecutivi; esso adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta l’anno, alternativamente nell’Unione e in Algeria. Riunioni straordinarie sono convocate laddove necessario e previo accordo delle parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto sono trasmesse per conoscenza al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo che stabilisce un'associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica algerina democratica e popolare, dall'altra.
Articolo 5
Finanziamento
Il livello di partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e dalle modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.
Se una delle parti concede un aiuto finanziario ai partecipanti dell’altra parte in relazione ad attività di cooperazione indirette, tutte le sovvenzioni e i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo dalla parte finanziatrice ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna delle parti nel momento in cui si effettuano tali sovvenzioni e contributi finanziari o di altra natura.
Articolo 6
Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioni
La diffusione e l’utilizzazione dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle condizioni di cui all’allegato II.
Articolo 7
Disposizioni finali
1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo. Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.
2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa dell’espletamento di tali procedure, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso. Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.
3. Ciascuna delle parti può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento da previo preavviso di sei mesi. I progetti e le attività in corso al momento della denuncia dell'accordo sono portati a termine alle condizioni stabilite nel quadro dello stesso.
4. Il presente accordo resta in vigore fino a quando una delle parti non notifichi per iscritto all’altra parte la sua intenzione di denunciare l’accordo. In tal caso l' accordo cessa di essere in vigore dopo sei mesi dal ricevimento della notifica.
5. Qualora una della parti decida di modificare i suoi programmi o progetti di ricerca, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, l’agente esecutivo di tale parte notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso dellemodifiche in questione. In deroga a quanto disposto dal paragrafo 3 del presente articolo, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui a detto paragrafo, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.
6. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applicano il trattato sull’Unione europea e il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alle condizioni in essi indicate, e, dall’altra, al territorio della Repubblica algerina democratica e popolare. La presente disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti debitamente autorizzati a tal fine, rispettivamente dall’Unione europea e dalla Repubblica algerina democratica e popolare, hanno firmato il presente accordo.
FATTO in duplice esemplare a Algeri, addì diciannove marzo duemiladodici, in lingua bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e araba, tutti i testi facenti ugualmente fede.
За Европейския съюз
Por la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l’Union européenne
Per l’Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
За правителството на Алжирската демократична народна република
Por el Gobierno de la República Argelina Democrática y Popular
Za vládu Alžírské demokratické a lidové republiky
For regeringen for Den Demokratiske Folkerepublik Algeriet
Für die Regierung der Demokratischen Volksrepublik Algerien
Alžeeria Demokraatliku Rahvavabariigi valitsusele
Για την κυβέρνηση της Λαϊκής Δημοκρατίας της Αλγερίας
For the Government of the People’s Democratic Republic of Algeria
Pour le gouvernement de la République algérienne démocratique et populaire
Per il governo della Repubblica algerina democratica e popolare
Alžīrijas Tautas Demokrātiskās Republikas valdības vārdā –
Alžyro Liaudies Demokratinės Respublikos Vyriausybės vardu
Az Algériai Demokratikus és Népi Köztársaság kormánya részéről
Għall-Gvern tar-Repubblika Demokratika Popolari tal-Alġerija
Voor de regering van de Democratische Volksrepubliek Algerije
W imieniu rządu Algierskiej Republiki Ludowo-Demokratycznej
Pelo Governo da República Argelina Democrática e Popular
Pentru Guvernul Republicii Algeriene Democratice și Populare
Za vládu Alžírskej demokratickej ľudovej republiky
Za Vlado Ljudske demokratične republike Alžirije
Algerian demokraattisen kansantasavallan hallituksen puolesta
För Demokratiska folkrepubliken Algeriets regering
ALLEGATO I
Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione e in Algeria
Ai fini del presente accordo, per «soggetto giuridico» si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto dell’Unione o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
I. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Algeria alle azioni indirette del programma quadro
1.
La partecipazione alle azioni indirette del programma quadro di soggetti giuridici aventi sede in Algeria è soggetta alle condizioni stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 183 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
2.
L’Unione può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Algeria che partecipano alle azioni indirette di cui al punto 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione o dalle decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all’articolo 183 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al regolamento finanziario dell’Unione e ad altra normativa dell’Unione applicabile.
3.
Una convenzione di sovvenzione, un contratto concluso dall’Unione con un soggetto giuridico stabilito in Algeria per la realizzazione di un’azione indiretta o la decisione di concessione della sovvenzione adottata dall’Unione devono prevedere il diritto della Commissione europea e della Corte dei conti europea di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.
Le competenti autorità algerine provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, l’assistenza ragionevole e utile, qualora necessaria, per eseguire tali controlli e verifiche contabili e le azioni di recupero summenzionati.
II. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea a programmi e progetti di ricerca dell’Algeria
1.
Ciascun soggetto giuridico stabiliti nell'Unione, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione o al diritto dell'Unione, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo dell’Algeria in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Algeria.
2.
I diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nell'Unione, che partecipano a progetti algerini di ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo, nonché 0le modalità e condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti, sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative vigenti in Algeria che disciplinano l’attuazione dei programmi di ricerca e sviluppo applicabili ai soggetti giuridici algerini e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra l’Algeria e l’Unione in questo settore.
Il finanziamento di soggetti giuridici stabiliti nell’Unione che partecipano a progetti di ricerca algerini nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Algeria, applicabili ai soggetti giuridici non algerini.
III. Informazioni sulle possibilità di partecipazione
L’Algeria e la Commissione europea rendono regolarmente disponibili informazioni in merito ai programmi in corso e alle possibilità di partecipazione esistenti per i soggetti giuridici stabiliti nei territori delle due parti.
ALLEGATO II
PRINCIPI DI ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
I. Ambito di applicazione
Ai fini del presente accordo, per «proprietà intellettuale» si intende la definizione di cui all’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967.
Ai fini del presente accordo, per «conoscenze» si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o meno, nonché i diritti di autore o i diritti su dette informazioni acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, progetti, specie vegetali, certificati di protezione supplementari o di altre forme di tutela equiparabili.
II. Diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici delle parti che partecipano ad azioni indirette di cooperazione
1.
Ciascuna parte garantisce che il trattamento dei diritti e degli obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti nei territori dell’altra parte, che partecipano ad attività di cooperazione indirette svolte conformemente al presente accordo, e dei relativi diritti e obblighi derivanti da detta partecipazione, sia compatibile con le leggi e i regolamenti, nonché con le convenzioni internazionali pertinenti applicabili alle parti, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971, della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma, del 14 luglio 1967, della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
2.
Ciascuna delle parti garantisce che i soggetti dell’altra parte che partecipano ad attività di cooperazione indirette beneficino dello stesso trattamento, in materia di proprietà intellettuale, dei partecipanti della propria parte, ai sensi delle regole di partecipazione di ciascun programma o progetto di ricerca, o delle sue leggi o regolamenti applicabili.
III. Diritti di proprietà intellettuale delle parti
1.
Salvo diverso e specifico accordo delle parti, alle conoscenze generate dalle parti, nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2 del presente accordo, si applicano le seguenti regole:
a)
la parte che genera le conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora risulti impossibile determinare il contributo delle rispettive parti, le parti sono congiuntamente proprietarie di dette conoscenze;
b)
la parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2 del presente accordo. Tali diritti di accesso alle conoscenze sono concessi a titolo gratuito.
2.
Salvo diverso accordo tra le parti, alle opere letterarie di carattere scientifico delle parti si applicano le seguenti regole:
a)
nel caso di pubblicazione, ad opera di una parte, di informazioni e risultati scientifici o tecnici, per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che derivino dalle attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza valida in tutti i paesi, non esclusiva, irrevocabile e a titolo gratuito, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico le opere in questione;
b)
tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore e prodotte a norma delle presente sezione, indicano il nome o i nomi degli autori dell’opera, salvo che un autore espressamente richieda di non essere citato. Ciascuna riproduzione inoltre contiene una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.
3.
Salvo diverso e specifico accordo delle parti, alle informazioni riservate si applicano le seguenti regole:
a)
all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte identifica le informazioni che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la riservatezza;
b)
la parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;
c)
previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta ed ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche;
d)
le informazioni riservate non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni tra le parti indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di impianti o l’esecuzione di attività di cooperazione indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni prima dell’atto di comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a);
e)
ciascuna parte si impegna ad assicurare che le informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d) siano protette a norma del presente accordo. Se una delle parti consta di non essere in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sulla non divulgazione di cui alle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti si consultano in seguito per stabilire le misure appropriate da adottare.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Algeria
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare attività negli ambiti scientifici e tecnologici in campi di comune interesse.
Con la decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo a nome dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:promozione di un’economia basata sulla conoscenza; beneficio reciproco; accesso reciproco alle attività dei programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico svolte da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; scambio e protezione dei diritti di proprietà intellettuale; partecipazione e finanziamenti in conformità alle leggi delle parti.CooperazioneLe personalità giuridiche* algerine possono partecipare ad attività di cooperazione indiretta dei programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE e ad attività di dimostrazione alle condizioni stabilite negli allegati I e II dell’accordo. Le personalità giuridiche stabilite nei paesi dell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca algerini che coprono settori simili a quelli del programma quadro alle stesse condizioni di cui agli allegati I e II.Attività
Le attività di cooperazione possono includere indicativamente:discussioni regolari sugli orientamenti e le priorità per le politiche di ricerca e la pianificazione in Algeria e nell’UE; discussioni su cooperazione, sviluppi e prospettive future; fornitura tempestiva di informazioni sull’attuazione dei rispettivi programmi e progetti di ricerca; riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a fini di formazione; scambi e condivisione di attrezzature, materiali e servizi di collaudo; contatti tra i responsabili dei programmi o dei progetti dell’Algeria e dell’UE; partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; altre attività che possono essere decise dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’11 giugno 2013 per un periodo indefinito. Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 6 mesi.
CONTESTO
L’Algeria è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato dell’UE. Nel 2005 è entrato in vigore l’Accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea e i suoi paesi da un lato e la Repubblica algerina democratica e popolare dall’altro.Per ulteriori informazioni consultare:L’Algeria e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Politica europea di vicinato — Algeria (Commissione europea)Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con l’Algeria, consultare:Cooperazione internazionale R&I con l’Algeria (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Personalità giuridiche: aziende, società e individui con diritti e obblighi giuridici.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 99 del 5.4.2012, pag. 2).
Decisione 2012/645/UE del Consiglio, del 10 ottobre 2012, relativa alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 287 del 18.10.2012, pag. 3).
DOCUMENTO CORRELATO
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 232/2014 sono state integrate nel documento di base. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. |
Valutazione degli effetti sull’ambiente di determinati progetti (VIA)
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Nota come Direttiva VIA, la direttiva punta a garantire:un livello elevato di protezione ambientale; che le considerazioni ambientali siano integrate nell’elaborazione e adozione dei progetti. Questo obiettivo si raggiunge garantendo che venga condotta la valutazione ambientale di determinati progetti pubblici e privati elencati negli allegati I e II della direttiva (aeroporti, impianti nucleari, ferrovie, strade, impianti di smaltimento dei rifiuti, di depurazione delle acque reflue ecc.
La Direttiva VIA si applica a un’ampia gamma di progetti pubblici e privati.
PUNTI CHIAVE
La Direttiva 2011/92/UE definisce la procedura di valutazione dell’impatto ambientale (VIA) che garantisce che i progetti che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente siano sottoposti a una valutazione, prima della loro approvazione.
La legislazione di modifica (Direttiva 2014/52/UE) è stata adottata nel 2014. In linea con l’esigenza di una regolamentazione più intelligente, essa:aiuta a ridurre gli oneri amministrativi; migliora il livello di protezione ambientale per consentire decisioni commerciali più solide, prevedibili e sostenibili sugli investimenti pubblici e privati; prende in considerazione le minacce e le sfide emerse da quando le disposizioni originali sono entrate in vigore trent’anni fa. Ciò significa prestare maggiore attenzione ad aspetti quali l’efficienza delle risorse, i cambiamenti climatici e la prevenzione delle catastrofi, che ora si riflettono meglio nel processo di valutazione Le modifiche principali sono:Gli Stati membri possono semplificare le loro diverse procedure di valutazione ambientale. Vengono introdotte le tempistiche per le diverse fasi delle valutazioni ambientali. Viene semplificata la procedura di selezione, che determina se è necessaria una VIA. Le decisioni devono essere debitamente motivate alla luce dei criteri di selezione aggiornati. Le relazioni VIA devono essere rese più comprensibili per il pubblico, in particolare per quanto riguarda le valutazioni dello stato attuale dell’ambiente e le alternative al progetto in questione. La qualità e il contenuto delle relazioni sono migliorati. Le autorità competenti devono inoltre dimostrare la propria obiettività per evitare conflitti di interesse. I motivi per le decisioni di autorizzazione* devono essere chiari e più trasparenti per il pubblico Se i progetti comportano significativi effetti negativi sull’ambiente, i committenti sono obbligati a evitare, prevenire o ridurre tali effetti. Questi progetti devono essere monitorati. La procedura VIA
La procedura per condurre la VIA è la seguente:Il committente del progetto può richiedere all’autorità competente di specificare cosa deve essere coperto dalle informazioni VIA che devono essere fornite (fase di definizione del campo di applicazione); il committente deve fornire informazioni sull’impatto ambientale (sotto forma di una relazione VIA redatta conformemente all’allegato IV della direttiva); le autorità ambientali e il pubblico, nonché le autorità locali e regionali (nonché gli Stati membri interessati) devono essere informati e consultati; l’autorità competente decide di prendere in considerazione i risultati delle consultazioni; questa decisione contiene anche una conclusione motivata sugli effetti significativi del progetto; l’autorità informa il pubblico della sua decisione; il pubblico può contestare la decisione dinanzi al tribunale. Consultazione del pubblico
La consultazione con il pubblico è una caratteristica chiave del processo di VIA. Per consentire al pubblico di partecipare efficacemente, la relazione sulla VIA e le altre informazioni devono essere fornite quanto prima. Questo può avvenire per via elettronica, attraverso avvisi pubblici, mediante affissione o pubblicazione nei giornali locali.
Responsabilità delle autorità nazionali
Le autorità devono decidere, entro un ragionevole lasso di tempo, se rilasciare o no l’approvazione al progetto. Esse devono rendere disponibili agli organismi pubblici, oltre che ambientali, locali e regionali, il contenuto di una decisione positiva, comprese le principali ragioni dell’approvazione e qualsiasi condizione ambientale o di altro tipo da esse allegata. Qualora rifiutino la domanda di autorizzazione, devono rendere noto il motivo della scelta.
Gli Stati membri possono stabilire norme più severe e fissare sanzioni in caso di infrazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La Direttiva 2011/92/UE è in vigore dal 17 febbraio 2012. Essa codifica quattro direttive precedenti (85/337/CEE, 97/11/CE, 2003/35/CE e 2009/31/CE) la prima delle quali è diventata legge negli Stati membri il 3 luglio 1988.
La Direttiva 2014/52/EU è entrata in vigore il 25 aprile 2014 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 16 maggio 2017.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Valutazione di impatto ambientale — VIA (Commissione Europea).
TERMINI CHIAVE
Decisione di autorizzazione: una decisione delle autorità competenti per approvare un progetto.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (codifica) (GU L 26, del 28.1.2012, pagg. 1-21)
Le successive modifiche alla direttiva 2011/92/UE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | DIRETTIVA 2011/92/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 13 dicembre 2011
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati
(codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo192, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva.
(2)
A norma dell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea la politica dell’Unione nel settore dell’ambiente è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni recati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga». In tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si dovrebbe tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull’ambiente.
(3)
I principi di valutazione dell’impatto ambientale dovrebbero essere armonizzati, in particolare per quel che riguarda i progetti da sottoporre a valutazione, i principali obblighi dei committenti e il contenuto della valutazione. Gli Stati membri possono stabilire norme più severe a tutela dell’ambiente.
(4)
Risulta inoltre necessario realizzare uno degli obiettivi dell’Unione nel settore della protezione dell’ambiente e della qualità della vita.
(5)
La normativa dell’Unione in materia di ambiente contiene disposizioni che consentono alle autorità pubbliche e altri organismi di adottare delle decisioni che possono avere effetti significativi sull’ambiente oltre che sulla salute e sul benessere delle persone.
(6)
È opportuno stabilire principi generali di valutazione dell’impatto ambientale allo scopo di completare e coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente.
(7)
L’autorizzazione di progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente dovrebbe essere concessa solo a seguito della valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente. Tale valutazione andrebbe fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente ed eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto.
(8)
I progetti appartenenti a determinate classi hanno ripercussioni di rilievo sull’ambiente; pertanto, questi progetti dovrebbero essere per principio sottoposti a una valutazione sistematica.
(9)
I progetti appartenenti ad altre classi non hanno necessariamente ripercussioni di rilievo sull’ambiente in tutti i casi. Detti progetti dovebbero essere sottoposti a una valutazione qualora gli Stati membri ritengano che possano influire in modo rilevante sull’ambiente.
(10)
Gli Stati membri possono fissare le soglie o i criteri per stabilire quali di questi progetti debbano essere sottoposti a valutazione a seconda dell’entità del loro impatto ambientale. Gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a esaminare caso per caso i progetti al di sotto di tali soglie o al di fuori di tali criteri.
(11)
Nel fissare tali soglie o criteri e nell’esaminare caso per caso i progetti, per stabilire quali di questi debbano essere sottoposti a valutazione a seconda dell’entità del loro impatto ambientale, gli Stati membri dovrebbero tener conto dei pertinenti criteri di selezione contenuti nella presente direttiva. Secondo il principio di sussidiarietà, gli Stati membri sono i soggetti più idonei per l’applicazione di detti criteri nei casi concreti.
(12)
Per i progetti soggetti a valutazione, dovrebbero essere fornite determinate informazioni essenziali relative al progetto e alle sue ripercussioni.
(13)
È opportuno stabilire una procedura che permetta al committente di ottenere dalle autorità competenti un parere sul contenuto e sull’ampiezza delle informazioni da elaborare e da fornire al fine della valutazione. Gli Stati membri, nell’ambito di detta procedura, possono esigere che il committente fornisca, tra l’altro, delle alternative ai progetti per i quali intende presentare una domanda.
(14)
Gli effetti di un progetto sull’ambiente dovrebbero essere valutati per tenere in conto l’esigenza di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita.
(15)
È opportuno stabilire disposizioni rafforzate concernenti la valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale. Il 25 febbraio 1991 la Comunità europea ha firmato la convenzione sulla valutazione dell’impatto sull’ambiente in un contesto transfrontaliero, ratificata il 24 giugno 1997.
(16)
L’effettiva partecipazione del pubblico all’adozione di decisioni consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione. Ciò accresce la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno alle decisioni adottate.
(17)
La partecipazione, compresa quella di associazioni, organizzazioni e gruppi, e segnatamente di organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, dovrebbe essere incentivata di conseguenza, tra l’altro promuovendo l’educazione ambientale del pubblico.
(18)
Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha sottoscritto la convenzione UN/ECE sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale («convenzione di Aarhus»), ratificata il 17 febbraio 2005.
(19)
Tra gli obiettivi della convenzione di Aarhus vi è il desiderio di garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone.
(20)
L’articolo 6 della convenzione di Aarhus contiene disposizioni in materia di partecipazione del pubblico alle decisioni relative alle attività specifiche elencate nell’allegato I della convenzione stessa e ad attività non elencate in tale allegato che possano avere effetti rilevanti sull’ambiente.
(21)
L’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della convenzione di Aarhus contiene norme sull’accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico contenute nell’articolo 6 di tale convenzione.
(22)
Tuttavia, non è opportuno applicare la presente direttiva ai progetti i cui dettagli siano adottati mediante un atto legislativo nazionale specifico, dal momento che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, sono raggiunti tramite la procedura legislativa.
(23)
Peraltro, può risultare opportuno in casi eccezionali esonerare un progetto specifico dalle procedure di valutazione previste dalla presente direttiva, a condizione di informarne adeguatamente la Commissione e il pubblico interessato.
(24)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell’azione, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato dell’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(25)
La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato V, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale significativo.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «progetto»:
—
la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,
—
altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;
b) «committente»: il richiedente dell’autorizzazione relativa a un progetto privato o la pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;
c) «autorizzazione»: decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso;
d) «pubblico»: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;
e) «pubblico interessato»: pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure. Ai fini della presente definizione, le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse;
f) «l’autorità o le autorità competenti»: sono quelle che gli Stati membri designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva.
3. Gli Stati membri possono decidere, dopo una valutazione caso per caso se così disposto dalla normativa nazionale, di non applicare la presente direttiva a progetti destinati a scopi di difesa nazionale, qualora ritengano che la sua applicazione possa pregiudicare tali scopi.
4. La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa.
Articolo 2
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti all’articolo 4.
2. La valutazione dell’impatto ambientale può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva.
3. Gli Stati membri possono prevedere una procedura unica per soddisfare i requisiti della presente direttiva e quelli della direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (5).
4. Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva.
In tali casi gli Stati membri:
a)
esaminano se sia opportuna un’altra forma di valutazione;
b)
mettono a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;
c)
informano la Commissione, prima del rilascio dell’autorizzazione, dei motivi che giustificano l’esenzione accordata e le forniscono le informazioni che mettono eventualmente a disposizione, ove necessario, dei propri cittadini.
La Commissione trasmette immediatamente i documenti ricevuti agli altri Stati membri.
La Commissione riferisce ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’applicazione del presente paragrafo.
Articolo 3
La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 12, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:
a)
l’uomo, la fauna e la flora;
b)
il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
c)
i beni materiali e il patrimonio culturale;
d)
l’interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c).
Articolo 4
1. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, i progetti elencati nell’allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.
2. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri prendono tale decisione, mediante:
a)
un esame del progetto caso per caso;
o
b)
soglie o criteri fissati dallo Stato membro.
Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b).
3. Nell’esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri di cui al paragrafo 2, si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III.
4. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni adottate dall’autorità competente ai sensi del paragrafo 2 siano messe a disposizione del pubblico.
Articolo 5
1. Nel caso dei progetti che, a norma dell’articolo 4, devono essere oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale a norma del presente articolo e degli articoli da 6 a 10, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell’allegato IV, qualora:
a)
gli Stati membri ritengano che le informazioni siano appropriate a una determinata fase della procedura di autorizzazione e alle caratteristiche peculiari d’un progetto specifico o d’un tipo di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio;
b)
gli Stati membri ritengono che si possa ragionevolmente esigere che un committente raccolga i dati, tenendo conto fra l’altro delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità competenti, se il committente lo richiede prima di presentare una domanda di autorizzazione, diano il loro parere sulle informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1. Prima di dare il loro parere, le autorità competenti consultano il committente e le autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 1. Il fatto che le autorità in questione abbiano dato il loro parere a norma del presente paragrafo non osta a che richiedano successivamente al committente ulteriori informazioni.
Gli Stati membri possono chiedere detto parere alle autorità competenti anche se il committente non lo ha chiesto.
3. Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comprendono almeno:
a)
una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensioni;
b)
una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare effetti negativi significativi;
c)
i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente;
d)
una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale;
e)
una sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere da a) a d).
4. Gli Stati membri, se necessario, provvedono affinché le autorità mettano a disposizione del committente le informazioni pertinenti di cui dispongono, con particolare riferimento all’articolo 3.
Articolo 6
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione. A tal fine, gli Stati membri designano le autorità da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorità ricevono le informazioni raccolte a norma dell’articolo 5. Le modalità della consultazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata come i mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:
a)
la domanda di autorizzazione;
b)
il fatto che il progetto sia soggetto a una procedura di valutazione dell’impatto ambientale ed, eventualmente, che sia applicabile l’articolo 7;
c)
informazioni sulle autorità competenti responsabili dell’adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto, quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;
d)
la natura delle possibili decisioni o l’eventuale progetto di decisione;
e)
l’indicazione circa la disponibilità delle informazioni raccolte ai sensi dell’articolo 5;
f)
l’indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto e le modalità alle quali esse sono rese disponibili;
g)
le modalità precise della partecipazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5 del presente articolo.
3. Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:
a)
a qualsiasi informazione raccolta ai sensi dell’articolo 5;
b)
conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e consulenze resi all’autorità o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo;
c)
conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (6), alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 2 del presente articolo che sono rilevanti per la decisione di cui all’articolo 8 della presente direttiva e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo.
4. Al pubblico interessato vengono offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2. A tal fine, esso ha il diritto di esprimere osservazioni e pareri all’autorità o alle autorità competenti quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione sulla domanda di autorizzazione.
5. Gli Stati membri stabiliscono le modalità dettagliate di informazione del pubblico (ad esempio mediante affissione entro una certa area o mediante pubblicazione nei giornali locali) e di consultazione del pubblico interessato (ad esempio per iscritto o tramite indagine pubblica).
6. Vengono fissate scadenze adeguate per le varie fasi, che concedano un tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale ai sensi delle disposizioni del presente articolo.
Articolo 7
1. Qualora uno Stato membro constati che un progetto può avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro, o qualora uno Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, lo Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto trasmette allo Stato membro coinvolto, quanto prima e non più tardi del giorno in cui informa il proprio pubblico, tra l’altro:
a)
una descrizione del progetto, corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;
b)
informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.
Lo Stato membro membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto lascia all’altro Stato membro un ragionevole lasso di tempo per far sapere se desidera partecipare alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e può includere le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo.
2. Se uno Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al paragrafo 1, comunica che intende partecipare alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lo Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto provvede, se non lo ha già fatto, a trasmettere allo Stato membro coinvolto le informazioni che devono essere fornite ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, e rese disponibili ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, lettere a) e b).
3. Gli Stati membri interessati, ciascuno per quanto lo concerne:
a)
provvedono, entro un ragionevole lasso di tempo, a mettere a disposizione delle autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, nonché del pubblico interessato nel territorio dello Stato membro che rischia di subire un significativo impatto ambientale, le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2; e
b)
si accertano che le autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e il pubblico interessato abbiano la possibilità, anteriormente al rilascio dell’autorizzazione al progetto, di comunicare, entro un ragionevole lasso di tempo, i loro pareri sulle informazioni fornite all’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto.
4. Gli Stati membri interessati avviano consultazioni riguardanti, tra l’altro, l’eventuale impatto transfrontaliero del progetto e le misure previste per ridurre o eliminare tale impatto e fissano un termine ragionevole per la durata del periodo di consultazione.
5. Le modalità dettagliate per l’attuazione del presente articolo possono essere stabilite dagli Stati membri interessati e sono tali da consentire al pubblico interessato nel territorio dello Stato membro coinvolto di partecipare in maniera efficace alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, per il progetto.
Articolo 8
I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 sono presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione.
Articolo 9
1. Non appena sia stata adottata una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell’autorizzazione, l’autorità o le autorità competenti ne informano il pubblico in base ad adeguate procedure e rendono disponibili allo stesso le seguenti informazioni:
a)
il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l’accompagnano;
b)
tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico;
c)
una descrizione, ove necessario, delle principali misure al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi.
2. L’autorità o le autorità competenti informano ogni Stato membro che è stato consultato a norma dell’articolo 7, inviandogli le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Gli Stati membri consultati provvedono affinché le suddette informazioni siano rese disponibili, con modalità appropriate, al pubblico interessato nel proprio territorio.
Articolo 10
Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano l’obbligo delle autorità competenti di rispettare le restrizioni imposte dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali e dalle prassi giuridiche esistenti in materia di riservatezza nel settore commerciale e industriale, compresa la proprietà intellettuale, nonché in materia di tutela dell’interesse pubblico.
In caso di applicazione dell’articolo 7, l’invio di informazioni a un altro Stato membro e il ricevimento di informazioni da un altro Stato membro sono soggetti alle restrizioni vigenti nello Stato membro in cui il progetto è proposto.
Articolo 11
1. Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:
a)
che vantino un interesse sufficiente; o in alternativa,
b)
che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.
2. Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.
3. Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini del paragrafo 1, lettera a), del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo.
4. Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale.
Una siffatta procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.
5. Per rendere più efficaci le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a mettere a disposizione del pubblico informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale.
Articolo 12
1. Gli Stati membri e la Commissione si scambiano informazioni sull’esperienza acquisita nell’applicazione della presente direttiva.
2. In particolare, gli Stati membri informano la Commissione in merito a qualsiasi criterio e/o soglia adottati per la selezione dei progetti in questione, a norma dell’articolo 4, paragrafo 2.
3. Sulla base di tale scambio di informazioni la Commissione presenta, se necessario, ulteriori proposte al Parlamento europeo e al Consiglio, per assicurare un’applicazione sufficientemente coordinata della presente direttiva.
Articolo 13
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 14
La direttiva 85/337/CEE, come modificata dalle direttive elencate nell’allegato V, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato V, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VI.
Articolo 15
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 16
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 13 dicembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
M. SZPUNAR
(1) GU C 248 del 25.8.2011, pag. 154.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2011.
(3) GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40.
(4) Cfr. allegato VI, parte A.
(5) GU L 24 del 29.1.2008, pag. 8.
(6) GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26.
ALLEGATO I
PROGETTI DI CUI ALL’ARTICOLO 4, PARAGRAFO 1
1.
Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio) nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi.
2.
a)
Centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica pari o maggiore di 300 MW;
b)
centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smantellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori (1) (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW di durata permanente termica).
3.
a)
Impianti per il ritrattamento di combustibili nucleari irradiati;
b)
impianti destinati:
i)
alla produzione o all’arricchimento di combustibile nucleare,
ii)
al trattamento di combustibile nucleare irradiato o residui altamente radioattivi,
iii)
allo smaltimento definitivo dei combustibili nucleari irradiati,
iv)
esclusivamente allo smaltimento definitivo di residui radioattivi,
v)
esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione.
4.
a)
Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio;
b)
impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici.
5.
Impianti per l’estrazione di amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell’amianto e dei prodotti contenenti amianto: per i prodotti di amianto-cemento, una produzione annua di oltre 20 000 tonnellate di prodotti finiti; per le guarnizioni da attrito, una produzione annua di oltre 50 tonnellate di prodotti finiti e, per gli altri impieghi dell’amianto, un’utilizzazione annua di oltre 200 tonnellate.
6.
Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze in cui si trovano affiancati vari stabilimenti funzionalmente connessi tra di loro:
a)
per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base;
b)
per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base;
c)
per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti);
d)
per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi;
e)
per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico;
f)
per la fabbricazione di esplosivi.
7.
a)
Costruzione di tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza, nonché aeroporti (2) con piste di decollo e di atterraggio lunghe almeno 2 100 m;
b)
costruzione di autostrade e vie di rapida comunicazione (3);
c)
costruzione di nuove strade a quattro o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie, sempreché la nuova strada o il tratto di strada raddrizzato e/o allargato abbia una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km.
8.
a)
Vie navigabili e porti di navigazione interna che consentono il passaggio di navi di stazza superiore a 1 350 tonnellate;
b)
porti marittimi commerciali, moli di carico e scarico collegati con la terraferma e l’esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto) che possono accogliere navi di stazza superiore a 1 350 tonnellate.
9.
Impianti di smaltimento dei rifiuti mediante incenerimento, trattamento chimico quale definito nell’allegato I, punto D 9, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti (4), o interramento di rifiuti pericolosi, quali definiti all’articolo 3, punto 2, della detta direttiva.
10.
Impianti di smaltimento dei rifiuti mediante incenerimento o trattamento chimico di rifiuti non pericolosi, quali definiti nell’allegato I, punto D 9, della direttiva 2008/98/CE, con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.
11.
Sistemi di estrazione o di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell’acqua estratta o ricaricata sia pari o superiore a 10 milioni di metri cubi.
12.
a)
Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un’eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi all’anno;
b)
in tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un’erogazione media pluriennale del bacino in questione superiore a 2 000 milioni di metri cubi all’anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5 % di detta erogazione.
In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni.
13.
Impianti di trattamento delle acque reflue con una capacità superiore a 150 000 abitanti equivalenti quali definiti all’articolo 2, punto 6, della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (5).
14.
Estrazione di petrolio e gas naturale a fini commerciali, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500 000 m3 al giorno per il gas naturale.
15.
Dighe e altri impianti destinati a trattenere le acque o ad accumularle in modo durevole, laddove un nuovo o supplementare volume di acqua trattenuta o accumulata sia superiore a 10 milioni di metri cubi.
16.
Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km:
a)
per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici;
b)
per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO2) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta intermedie.
17.
Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:
a)
85 000 posti per polli da ingrasso, 60 000 posti per galline;
b)
3 000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg); o
c)
900 posti per scrofe.
18.
Impianti industriali destinati:
a)
alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;
b)
alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno.
19.
Cave e attività minerarie a cielo aperto, con superficie del sito superiore a 25 ettari, oppure torbiere, con superficie del sito superiore a 150 ettari.
20.
Costruzione di elettrodotti aerei con un voltaggio di 220 kV o superiore e di lunghezza superiore a 15 km.
21.
Impianti per l’immagazzinamento di petrolio, prodotti petrolchimici o prodotti chimici, con una capacità superiore a 200 000 tonnellate.
22.
Siti di stoccaggio di cui alla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio (6).
23.
Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato, o impianti di cattura nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato è pari ad almeno 1,5 megatonnellate, ai fini dello stoccaggio geologico a norma della direttiva 2009/31/CE.
24.
Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato.
(1) Le centrali nucleari e gli altri reattori nucleari cessano di essere tali quando tutto il combustibile nucleare e gli altri elementi oggetti di contaminazione radioattiva sono stati rimossi in modo definitivo dal sito in cui si trova l’impianto.
(2) Ai fini della presente direttiva per «aeroporto» si intende un aeroporto che corrisponde alla definizione data nella convenzione di Chicago nel 1944 relativa alla creazione dell’organizzazione internazionale dell’aviazione civile (allegato 14).
(3) Ai fini della presente direttiva per «via di rapida comunicazione» si intende una via che corrisponde alla definizione data nell’accordo europeo sulle grandi strade di traffico internazionale del 15 novembre 1975.
(4) GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3.
(5) GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40.
(6) GU L 140 del 5.6.2009, pag. 114.
ALLEGATO II
PROGETTI DI CUI ALL’ARTICOLO 4, PARAGRAFO 2
1. AGRICOLTURA, SELVICOLTURA E ACQUICOLTURA
a)
Progetti di ricomposizione rurale.
b)
Progetti volti a destinare terre incolte o estensioni seminaturali alla coltivazione agricola intensiva.
c)
Progetti di gestione delle risorse idriche per l’agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre.
d)
Primi rimboschimenti e disboscamento a scopo di conversione a un altro tipo di sfruttamento del suolo.
e)
Impianti di allevamento intensivo di animali (progetti non contemplati nell’allegato I).
f)
Piscicoltura intensiva.
g)
Recupero di terre dal mare.
2. INDUSTRIA ESTRATTIVA
a)
Cave, attività minerarie a cielo aperto e torbiere (progetti non compresi nell’allegato I).
b)
Attività mineraria sotterranea.
c)
Estrazione di minerali mediante dragaggio marino o fluviale.
d)
Trivellazioni in profondità, in particolare:
i)
trivellazioni geotermiche;
ii)
trivellazioni per lo stoccaggio dei residui nucleari;
iii)
trivellazioni per l’approvvigionamento di acqua;
escluse quelle intese a studiare la stabilità del suolo.
e)
Impianti di superficie dell’industria di estrazione di carbon fossile, di petrolio, di gas naturale e di minerali metallici nonché di scisti bituminosi.
3. INDUSTRIA ENERGETICA
a)
Impianti industriali per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda (progetti non compresi nell’allegato I).
b)
Impianti industriali per il trasporto di gas, vapore e acqua calda; trasporto di energia elettrica mediante linee aeree (progetti non compresi nell’allegato I).
c)
Stoccaggio in superficie di gas naturale.
d)
Stoccaggio di gas combustibile in serbatoi sotterranei.
e)
Stoccaggio in superficie di combustibili fossili.
f)
Agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite.
g)
Impianti per il trattamento e lo stoccaggio di residui radioattivi (se non compresi nell’allegato I).
h)
Impianti per la produzione di energia idroelettrica.
i)
Impianti di produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento (centrali eoliche).
j)
Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano nell’allegato I della presente direttiva ai fini dello stoccaggio geologico a norma della direttiva 2009/31/CE.
4. PRODUZIONE E TRASFORMAZIONE DEI METALLI
a)
Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua.
b)
Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:
i)
laminazione a caldo;
ii)
forgiatura con magli;
iii)
applicazione di strati protettivi di metallo fuso.
c)
Fonderie di metalli ferrosi.
d)
Impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, esclusi i metalli preziosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia ecc.).
e)
Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici.
f)
Costruzione e montaggio di autoveicoli e costruzione dei relativi motori.
g)
Cantieri navali.
h)
Impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili.
i)
Costruzione di materiale ferroviario.
j)
Imbutitura di fondo con esplosivi.
k)
Impianti di arrostimento e sinterizzazione di minerali metallici.
5. INDUSTRIA DEI PRODOTTI MINERALI
a)
Cokerie (distillazione a secco del carbone).
b)
Impianti destinati alla fabbricazione di cemento.
c)
Impianti destinati alla produzione di amianto e alla fabbricazione di prodotti a base di amianto (progetti con compresi nell’allegato I).
d)
Impianti per la fabbricazione del vetro, compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro.
e)
Impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali.
f)
Fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane.
6. INDUSTRIA CHIMICA (PROGETTI NON COMPRESI NELL’ALLEGATO I)
a)
Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici.
b)
Produzione di antiparassitari e di prodotti farmaceutici, di pitture e vernici, di elastomeri e perossidi.
c)
Impianti di stoccaggio di petrolio, prodotti petrolchimici e chimici.
7. INDUSTRIA DEI PRODOTTI ALIMENTARI
a)
Fabbricazione di oli e grassi vegetali e animali.
b)
Fabbricazione di conserve di prodotti animali e vegetali.
c)
Fabbricazione di prodotti lattiero-caseari.
d)
Industria della birra e del malto.
e)
Fabbricazione di dolciumi e sciroppi.
f)
Impianti per la macellazione di animali.
g)
Industrie per la produzione della fecola.
h)
Stabilimenti per la produzione di farina di pesce e di olio di pesce.
i)
Zuccherifici.
8. INDUSTRIA DEI TESSILI, DEL CUOIO, DEL LEGNO E DELLA CARTA
a)
Impianti industriali destinati alla fabbricazione di carta e cartoni (progetti non compresi nell’allegato I).
b)
Impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre o di tessili.
c)
Impianti per la concia delle pelli.
d)
Impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa.
9. INDUSTRIA DELLA GOMMA
Fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri.
10. PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
a)
Progetti di sviluppo di zone industriali.
b)
Progetti di riassetto urbano, compresa la costruzione di centri commerciali e parcheggi.
c)
Costruzione di ferrovie, di piattaforme intermodali e di terminali intermodali (progetti non compresi nell’allegato I).
d)
Costruzioni di aerodromi (progetti non compresi nell’allegato I).
e)
Costruzione di strade, porti e impianti portuali, compresi i porti di pesca (progetti non compresi nell’allegato I).
f)
Costruzione di vie navigabili interne non comprese nell’allegato I, opere di canalizzazione e di regolazione dei corsi d’acqua.
g)
Dighe e altri impianti destinati a trattenere le acque o ad accumularle in modo durevole (progetti non compresi nell’allegato I).
h)
Tram, metropolitane sopraelevate e sotterranee, funivie o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di persone.
i)
Installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico (progetti non compresi nell’allegato I).
j)
Installazione di acquedotti a lunga distanza.
k)
Opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa mediante la costruzione, per esempio, di dighe, moli, gettate e altri lavori di difesa dal mare, esclusa la manutenzione e la ricostruzione di tali opere.
l)
Progetti di estrazione o di ricarica artificiale delle acque freatiche, non compresi nell’allegato I.
m)
Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi, non comprese nell’allegato I.
11. ALTRI PROGETTI
a)
Piste permanenti per corse e prove di veicoli a motore.
b)
Impianti di smaltimento di rifiuti (progetti non compresi nell’allegato I).
c)
Impianti di depurazione delle acque reflue (progetti non compresi nell’allegato I).
d)
Depositi di fanghi.
e)
Immagazzinamento di rottami di ferro, comprese le carcasse di veicoli.
f)
Banchi di prova per motori, turbine e reattori.
g)
Impianti per la produzione di fibre minerali artificiali.
h)
Impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive.
i)
Stabilimenti di squartamento.
12. TURISMO E SVAGHI
a)
Piste da sci, impianti di risalita, funivie e strutture connesse.
b)
Porti turistici.
c)
Villaggi di vacanza e complessi alberghieri situati fuori dalle zone urbane e strutture connesse.
d)
Terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente.
e)
Parchi tematici.
13.
a)
Modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato I o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato I).
b)
Progetti di cui all’allegato I, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo e il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per più di due anni.
ALLEGATO III
CRITERI DI SELEZIONE DI CUI ALL’ARTICOLO 4, PARAGRAFO 3
1. CARATTERISTICHE DEI PROGETTI
Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:
a)
delle dimensioni del progetto;
b)
del cumulo con altri progetti;
c)
dell’utilizzazione di risorse naturali;
d)
della produzione di rifiuti;
e)
dell’inquinamento e disturbi ambientali;
f)
del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate.
2. LOCALIZZAZIONE DEI PROGETTI
Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:
a)
dell’utilizzazione attuale del territorio;
b)
della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona;
c)
della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:
i)
zone umide;
ii)
zone costiere;
iii)
zone montuose o forestali;
iv)
riserve e parchi naturali;
v)
zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (1), e direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (2);
vi)
zone nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione dell’Unione sono già stati superati;
vii)
zone a forte densità demografica;
viii)
zone di importanza storica, culturale o archeologica.
3. CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO POTENZIALE
Gli effetti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo conto, in particolare:
a)
della portata dell’impatto (area geografica e densità della popolazione interessata);
b)
della natura transfrontaliera dell’impatto;
c)
dell’ordine di grandezza e della complessità dell’impatto;
d)
della probabilità dell’impatto;
e)
della durata, frequenza e reversibilità dell’impatto.
(1) GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7.
(2) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7.
ALLEGATO IV
INFORMAZIONI DI CUI ALL’ARTICOLO 5, PARAGRAFO 1
1.
Descrizione del progetto, comprese in particolare:
a)
una descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;
b)
una descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con l’indicazione per esempio della natura e delle quantità dei materiali impiegati;
c)
una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti (inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione ecc.), risultanti dall’attività del progetto proposto.
2.
Una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale.
3.
Una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette a un impatto importante del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, al paesaggio e all’interazione tra questi vari fattori.
4.
Una descrizione (1) dei probabili effetti rilevanti del progetto proposto sull’ambiente:
a)
all’esistenza del progetto;
b)
dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali;
c)
dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti.
5.
La descrizione da parte del committente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli effetti sull’ambiente di cui al punto 4.
6.
Una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e se possibile compensare rilevanti effetti negativi del progetto sull’ambiente.
7.
Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei punti da 1 a 6.
8.
Un sommario delle eventuali difficoltà (lacune tecniche o mancanza di conoscenze) incontrate dal committente nella raccolta dei dati richiesti.
(1) Questa descrizione dovrebbe riguardare gli effetti diretti ed eventualmente gli effetti indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto.
ALLEGATO V
PARTE A
Direttiva abrogata con elenco delle modificazioni successive
(di cui all’articolo 14)
Direttiva 85/337/CEE del Consiglio
(GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40).
Direttiva 97/11/CE del Consiglio
(GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5).
Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17).
Unicamente l’articolo 3
Direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 140 del 5.6.2009, pag. 114).
Unicamente l’articolo 31
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 14)
Direttiva
Termine di recepimento
85/337/CEE
3 luglio 1988
97/11/CE
14 marzo 1999
2003/35/CE
25 giugno 2005
2009/31/CE
25 giugno 2011
ALLEGATO VI
Tavola di concordanza
Direttiva 85/337/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2, primo comma
Articolo 1, paragrafo 2, parte introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, parte introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a, parte introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a), secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 2, quinto comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 1, paragrafo 2, sesto comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 2, lettera f)
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2 bis
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 3, parte introduttiva
Articolo 3, parte introduttiva
Articolo 3, primo trattino
Articolo 3, lettera a)
Articolo 3, secondo trattino
Articolo 3, lettera b)
Articolo 3, terzo trattino
Articolo 3, lettera c)
Articolo 3, quarto trattino
Articolo 3, lettera d)
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 3, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 3, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 3, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 3, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 3, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 3, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 3, quinto trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera e)
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafo 1, parte introduttiva
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, parte introduttiva
Articolo 7, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
Articolo 7, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b)
Articolo 7, paragrafo 1, parte finale
Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 7, paragrafi da 2 a 5
Articolo 7, paragrafi da 2 a 5
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1, parte introduttiva
Articolo 9, parte introduttiva
Articolo 9, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 10 bis, primo comma
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 10 bis, secondo comma
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 10 bis, terzo comma
Articolo 11, paragrafo 3
Articolo 10 bis, quarto e quinto comma
Articolo 11, paragrafo 4, primo e secondo comma
Articolo 10 bis, sesto comma
Articolo 11, paragrafo 5
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 11, paragrafo 3
—
Articolo 11, paragrafo 4
Articolo 12, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 1
—
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 13
—
Articolo 14
—
Articolo 15
Articolo 14
Articolo 16
Allegato I, punto 1
Allegato I, punto 1
Allegato I, punto 2, primo trattino
Allegato I, punto 2, lettera a)
Allegato I, punto 2, secondo trattino
Allegato I, punto 2, lettera b)
Allegato I, punto 3, lettera a)
Allegato I, punto 3, lettera a)
Allegato I, punto 3, lettera b), parte introduttiva
Allegato I, punto 3, lettera b), parte introduttiva
Allegato I, punto 3, lettera b), primo trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto i)
Allegato I, punto 3, lettera b), secondo trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto ii)
Allegato I, punto 3, lettera b), terzo trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto iii)
Allegato I, punto 3, lettera b), quarto trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto iv)
Allegato I, punto 3, lettera b), quinto trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto v)
Allegato I, punto 4, primo trattino
Allegato I, punto 4, lettera a)
Allegato I, punto 4, secondo trattino
Allegato I, punto 4, lettera b)
Allegato I, punto 5
Allegato I, punto 5
Allegato I, punto 6, parte introduttiva
Allegato I, punto 6, parte introduttiva
Allegato I, punto 6, punto i)
Allegato I, punto 6, lettera a)
Allegato I, punto 6, punto ii)
Allegato I, punto 6, lettera b)
Allegato I, punto 6, punto iii)
Allegato I, punto 6, lettera c)
Allegato I, punto 6, punto iv)
Allegato I, punto 6, lettera d)
Allegato I, punto 6, punto v)
Allegato I, punto 6, lettera e)
Allegato I, punto 6, punto vi)
Allegato I, punto 6, lettera f)
Allegato I, punti da 7 a 15
Allegato I, punti da 7 a 15
Allegato I, punto 16, parte introduttiva
Allegato I, punto 16, parte introduttiva
Allegato I, punto 16, primo trattino
Allegato I, punto 16, lettera a)
Allegato I, punto 16, secondo trattino
Allegato I, punto 16, lettera b)
Allegato I, punti da 17 a 21
Allegato I, punti da 17 a 21
Allegato I, punto 22
Allegato I, punto 24
Allegato I, punto 23
Allegato I, punto 22
Allegato I, punto 24
Allegato I, punto 23
Allegato II, punto 1
Allegato II, punto 1
Allegato II, punto 2, lettere a), b) e c)
Allegato II, punto 2, lettere a), b) e c)
Allegato II, punto 2, lettera d), parte introduttiva
Allegato II, punto 2, lettera d), parte introduttiva
Allegato II, punto 2, lettera d), primo trattino
Allegato II, punto 2, lettera d), punto i)
Allegato II, punto 2, lettera d), secondo trattino
Allegato II, punto 2, lettera d), punto ii)
Allegato II, punto 2, lettera d), terzo trattino
Allegato II, punto 2, lettera d), punto iii)
Allegato II, punto 2, lettera d), parole finali
Allegato II, punto 2, lettera d), parole finali
Allegato II, punto 2, lettera e)
Allegato II, punto 2, lettera e)
Allegato II, punti da 3 a 12
Allegato II, punti da 3 a 12
Allegato II, punto 13, primo trattino
Allegato II, punto 13, lettera a)
Allegato II, punto 13, secondo trattino
Allegato II, punto 13, lettera b)
Allegato III, punto 1, parte introduttiva
Allegato III, punto 1, parte introduttiva
Allegato III, punto 1, primo trattino
Allegato III, punto 1, lettera a)
Allegato III, punto 1, secondo trattino
Allegato III, punto 1, lettera b)
Allegato III, punto 1, terzo trattino
Allegato III, punto 1, lettera c)
Allegato III, punto 1, quarto trattino
Allegato III, punto 1, lettera d)
Allegato III, punto 1, quinto trattino
Allegato III, punto 1, lettera e)
Allegato III, punto 1, sesto trattino
Allegato III, punto 1, lettera f)
Allegato III, punto 2, parte introduttiva
Allegato III, punto 2, parte introduttiva
Allegato III, punto 2, primo trattino
Allegato III, punto 2, lettera a)
Allegato III, punto 2, secondo trattino
Allegato III, punto 2, lettera b)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, parte introduttiva
Allegato III, punto 2, lettera c), parte introduttiva
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera a)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto i)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera b)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto ii)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera c)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto iii)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera d)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto iv)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera e)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto v)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera f)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto vi)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera g)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto vii)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera h)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto viii)
Allegato III, punto 3, parte introduttiva
Allegato III, punto 3, parte introduttiva
Allegato III, punto 3, primo trattino
Allegato III, punto 3, lettera a)
Allegato III, punto 3, secondo trattino
Allegato III, punto 3, lettera b)
Allegato III, punto 3, terzo trattino
Allegato III, punto 3, lettera c)
Allegato III, punto 3, quarto trattino
Allegato III, punto 3, lettera d)
Allegato III, punto 3, quinto trattino
Allegato III, punto 3, lettera e)
Allegato IV, punto 1, parte introduttiva
Allegato IV, punto 1, parte introduttiva
Allegato IV, punto 1, primo trattino
Allegato IV, punto 1, lettera a)
Allegato IV, punto 1, secondo trattino
Allegato IV, punto 1, lettera b)
Allegato IV, punto 1, terzo trattino
Allegato IV, punto 1, lettera c)
Allegato IV, punti 2 e 3
Allegato IV, punti 2 e 3
Allegato IV, punto 4, parte introduttiva
Allegato IV, punto 4, primo comma, parte introduttiva
Allegato IV, punto 4, primo trattino
Allegato IV, punto 4, primo comma, lettera a)
Allegato IV, punto 4, secondo trattino
Allegato IV, punto 4, primo comma, lettera b)
Allegato IV, punto 4, terzo trattino
Allegato IV, punto 4, primo comma, lettera c)
Allegato IV, punto 4, parte finale
Allegato IV, punto 5
Allegato IV, punto 5
Allegato IV, punto 6
Allegato IV, punto 6
Allegato IV, punto 7
Allegato IV, punto 7
Allegato IV, punto 8
—
Allegato V
—
Allegato VI
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2011/92/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 13 dicembre 2011
concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati
(codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo192, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva.
(2)
A norma dell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea la politica dell’Unione nel settore dell’ambiente è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni recati all’ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga». In tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si dovrebbe tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull’ambiente.
(3)
I principi di valutazione dell’impatto ambientale dovrebbero essere armonizzati, in particolare per quel che riguarda i progetti da sottoporre a valutazione, i principali obblighi dei committenti e il contenuto della valutazione. Gli Stati membri possono stabilire norme più severe a tutela dell’ambiente.
(4)
Risulta inoltre necessario realizzare uno degli obiettivi dell’Unione nel settore della protezione dell’ambiente e della qualità della vita.
(5)
La normativa dell’Unione in materia di ambiente contiene disposizioni che consentono alle autorità pubbliche e altri organismi di adottare delle decisioni che possono avere effetti significativi sull’ambiente oltre che sulla salute e sul benessere delle persone.
(6)
È opportuno stabilire principi generali di valutazione dell’impatto ambientale allo scopo di completare e coordinare le procedure di autorizzazione dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente.
(7)
L’autorizzazione di progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente dovrebbe essere concessa solo a seguito della valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente. Tale valutazione andrebbe fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente ed eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto.
(8)
I progetti appartenenti a determinate classi hanno ripercussioni di rilievo sull’ambiente; pertanto, questi progetti dovrebbero essere per principio sottoposti a una valutazione sistematica.
(9)
I progetti appartenenti ad altre classi non hanno necessariamente ripercussioni di rilievo sull’ambiente in tutti i casi. Detti progetti dovebbero essere sottoposti a una valutazione qualora gli Stati membri ritengano che possano influire in modo rilevante sull’ambiente.
(10)
Gli Stati membri possono fissare le soglie o i criteri per stabilire quali di questi progetti debbano essere sottoposti a valutazione a seconda dell’entità del loro impatto ambientale. Gli Stati membri non dovrebbero essere tenuti a esaminare caso per caso i progetti al di sotto di tali soglie o al di fuori di tali criteri.
(11)
Nel fissare tali soglie o criteri e nell’esaminare caso per caso i progetti, per stabilire quali di questi debbano essere sottoposti a valutazione a seconda dell’entità del loro impatto ambientale, gli Stati membri dovrebbero tener conto dei pertinenti criteri di selezione contenuti nella presente direttiva. Secondo il principio di sussidiarietà, gli Stati membri sono i soggetti più idonei per l’applicazione di detti criteri nei casi concreti.
(12)
Per i progetti soggetti a valutazione, dovrebbero essere fornite determinate informazioni essenziali relative al progetto e alle sue ripercussioni.
(13)
È opportuno stabilire una procedura che permetta al committente di ottenere dalle autorità competenti un parere sul contenuto e sull’ampiezza delle informazioni da elaborare e da fornire al fine della valutazione. Gli Stati membri, nell’ambito di detta procedura, possono esigere che il committente fornisca, tra l’altro, delle alternative ai progetti per i quali intende presentare una domanda.
(14)
Gli effetti di un progetto sull’ambiente dovrebbero essere valutati per tenere in conto l’esigenza di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita.
(15)
È opportuno stabilire disposizioni rafforzate concernenti la valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale. Il 25 febbraio 1991 la Comunità europea ha firmato la convenzione sulla valutazione dell’impatto sull’ambiente in un contesto transfrontaliero, ratificata il 24 giugno 1997.
(16)
L’effettiva partecipazione del pubblico all’adozione di decisioni consente allo stesso di esprimere pareri e preoccupazioni che possono assumere rilievo per tali decisioni e che possono essere presi in considerazione da coloro che sono responsabili della loro adozione. Ciò accresce la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e favorisce la consapevolezza del pubblico sui problemi ambientali e il sostegno alle decisioni adottate.
(17)
La partecipazione, compresa quella di associazioni, organizzazioni e gruppi, e segnatamente di organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, dovrebbe essere incentivata di conseguenza, tra l’altro promuovendo l’educazione ambientale del pubblico.
(18)
Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha sottoscritto la convenzione UN/ECE sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale («convenzione di Aarhus»), ratificata il 17 febbraio 2005.
(19)
Tra gli obiettivi della convenzione di Aarhus vi è il desiderio di garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone.
(20)
L’articolo 6 della convenzione di Aarhus contiene disposizioni in materia di partecipazione del pubblico alle decisioni relative alle attività specifiche elencate nell’allegato I della convenzione stessa e ad attività non elencate in tale allegato che possano avere effetti rilevanti sull’ambiente.
(21)
L’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della convenzione di Aarhus contiene norme sull’accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico contenute nell’articolo 6 di tale convenzione.
(22)
Tuttavia, non è opportuno applicare la presente direttiva ai progetti i cui dettagli siano adottati mediante un atto legislativo nazionale specifico, dal momento che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, sono raggiunti tramite la procedura legislativa.
(23)
Peraltro, può risultare opportuno in casi eccezionali esonerare un progetto specifico dalle procedure di valutazione previste dalla presente direttiva, a condizione di informarne adeguatamente la Commissione e il pubblico interessato.
(24)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell’azione, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato dell’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(25)
La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato V, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale significativo.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «progetto»:
—
la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,
—
altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;
b) «committente»: il richiedente dell’autorizzazione relativa a un progetto privato o la pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;
c) «autorizzazione»: decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso;
d) «pubblico»: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;
e) «pubblico interessato»: pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure. Ai fini della presente definizione, le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse;
f) «l’autorità o le autorità competenti»: sono quelle che gli Stati membri designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva.
3. Gli Stati membri possono decidere, dopo una valutazione caso per caso se così disposto dalla normativa nazionale, di non applicare la presente direttiva a progetti destinati a scopi di difesa nazionale, qualora ritengano che la sua applicazione possa pregiudicare tali scopi.
4. La presente direttiva non si applica ai progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, inteso che gli obiettivi perseguiti dalla presente direttiva, incluso l’obiettivo della disponibilità delle informazioni, vengono raggiunti tramite la procedura legislativa.
Articolo 2
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti all’articolo 4.
2. La valutazione dell’impatto ambientale può essere integrata nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle procedure da stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente direttiva.
3. Gli Stati membri possono prevedere una procedura unica per soddisfare i requisiti della presente direttiva e quelli della direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (5).
4. Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri, in casi eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto specifico dalle disposizioni della presente direttiva.
In tali casi gli Stati membri:
a)
esaminano se sia opportuna un’altra forma di valutazione;
b)
mettono a disposizione del pubblico coinvolto le informazioni raccolte con le altre forme di valutazione di cui alla lettera a), le informazioni relative alla decisione di esenzione e le ragioni per cui è stata concessa;
c)
informano la Commissione, prima del rilascio dell’autorizzazione, dei motivi che giustificano l’esenzione accordata e le forniscono le informazioni che mettono eventualmente a disposizione, ove necessario, dei propri cittadini.
La Commissione trasmette immediatamente i documenti ricevuti agli altri Stati membri.
La Commissione riferisce ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio in merito all’applicazione del presente paragrafo.
Articolo 3
La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 12, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:
a)
l’uomo, la fauna e la flora;
b)
il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
c)
i beni materiali e il patrimonio culturale;
d)
l’interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c).
Articolo 4
1. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, i progetti elencati nell’allegato I sono sottoposti a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10.
2. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 4, per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri prendono tale decisione, mediante:
a)
un esame del progetto caso per caso;
o
b)
soglie o criteri fissati dallo Stato membro.
Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le procedure di cui alle lettere a) e b).
3. Nell’esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri di cui al paragrafo 2, si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III.
4. Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni adottate dall’autorità competente ai sensi del paragrafo 2 siano messe a disposizione del pubblico.
Articolo 5
1. Nel caso dei progetti che, a norma dell’articolo 4, devono essere oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale a norma del presente articolo e degli articoli da 6 a 10, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell’allegato IV, qualora:
a)
gli Stati membri ritengano che le informazioni siano appropriate a una determinata fase della procedura di autorizzazione e alle caratteristiche peculiari d’un progetto specifico o d’un tipo di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio;
b)
gli Stati membri ritengono che si possa ragionevolmente esigere che un committente raccolga i dati, tenendo conto fra l’altro delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità competenti, se il committente lo richiede prima di presentare una domanda di autorizzazione, diano il loro parere sulle informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1. Prima di dare il loro parere, le autorità competenti consultano il committente e le autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 1. Il fatto che le autorità in questione abbiano dato il loro parere a norma del presente paragrafo non osta a che richiedano successivamente al committente ulteriori informazioni.
Gli Stati membri possono chiedere detto parere alle autorità competenti anche se il committente non lo ha chiesto.
3. Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comprendono almeno:
a)
una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensioni;
b)
una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare effetti negativi significativi;
c)
i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente;
d)
una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale;
e)
una sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere da a) a d).
4. Gli Stati membri, se necessario, provvedono affinché le autorità mettano a disposizione del committente le informazioni pertinenti di cui dispongono, con particolare riferimento all’articolo 3.
Articolo 6
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione. A tal fine, gli Stati membri designano le autorità da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorità ricevono le informazioni raccolte a norma dell’articolo 5. Le modalità della consultazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata come i mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:
a)
la domanda di autorizzazione;
b)
il fatto che il progetto sia soggetto a una procedura di valutazione dell’impatto ambientale ed, eventualmente, che sia applicabile l’articolo 7;
c)
informazioni sulle autorità competenti responsabili dell’adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto, quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;
d)
la natura delle possibili decisioni o l’eventuale progetto di decisione;
e)
l’indicazione circa la disponibilità delle informazioni raccolte ai sensi dell’articolo 5;
f)
l’indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto e le modalità alle quali esse sono rese disponibili;
g)
le modalità precise della partecipazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5 del presente articolo.
3. Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:
a)
a qualsiasi informazione raccolta ai sensi dell’articolo 5;
b)
conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e consulenze resi all’autorità o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo;
c)
conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (6), alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 2 del presente articolo che sono rilevanti per la decisione di cui all’articolo 8 della presente direttiva e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo.
4. Al pubblico interessato vengono offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2. A tal fine, esso ha il diritto di esprimere osservazioni e pareri all’autorità o alle autorità competenti quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione sulla domanda di autorizzazione.
5. Gli Stati membri stabiliscono le modalità dettagliate di informazione del pubblico (ad esempio mediante affissione entro una certa area o mediante pubblicazione nei giornali locali) e di consultazione del pubblico interessato (ad esempio per iscritto o tramite indagine pubblica).
6. Vengono fissate scadenze adeguate per le varie fasi, che concedano un tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale ai sensi delle disposizioni del presente articolo.
Articolo 7
1. Qualora uno Stato membro constati che un progetto può avere effetti significativi sull’ambiente di un altro Stato membro, o qualora uno Stato membro che potrebbe essere coinvolto in maniera significativa ne faccia richiesta, lo Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto trasmette allo Stato membro coinvolto, quanto prima e non più tardi del giorno in cui informa il proprio pubblico, tra l’altro:
a)
una descrizione del progetto, corredata di tutte le informazioni disponibili circa il suo eventuale impatto transfrontaliero;
b)
informazioni sulla natura della decisione che può essere adottata.
Lo Stato membro membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto lascia all’altro Stato membro un ragionevole lasso di tempo per far sapere se desidera partecipare alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e può includere le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo.
2. Se uno Stato membro, cui siano pervenute le informazioni di cui al paragrafo 1, comunica che intende partecipare alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lo Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto provvede, se non lo ha già fatto, a trasmettere allo Stato membro coinvolto le informazioni che devono essere fornite ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, e rese disponibili ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, lettere a) e b).
3. Gli Stati membri interessati, ciascuno per quanto lo concerne:
a)
provvedono, entro un ragionevole lasso di tempo, a mettere a disposizione delle autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, nonché del pubblico interessato nel territorio dello Stato membro che rischia di subire un significativo impatto ambientale, le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2; e
b)
si accertano che le autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e il pubblico interessato abbiano la possibilità, anteriormente al rilascio dell’autorizzazione al progetto, di comunicare, entro un ragionevole lasso di tempo, i loro pareri sulle informazioni fornite all’autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è prevista la realizzazione del progetto.
4. Gli Stati membri interessati avviano consultazioni riguardanti, tra l’altro, l’eventuale impatto transfrontaliero del progetto e le misure previste per ridurre o eliminare tale impatto e fissano un termine ragionevole per la durata del periodo di consultazione.
5. Le modalità dettagliate per l’attuazione del presente articolo possono essere stabilite dagli Stati membri interessati e sono tali da consentire al pubblico interessato nel territorio dello Stato membro coinvolto di partecipare in maniera efficace alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, per il progetto.
Articolo 8
I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 sono presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione.
Articolo 9
1. Non appena sia stata adottata una decisione in merito alla concessione o al rifiuto dell’autorizzazione, l’autorità o le autorità competenti ne informano il pubblico in base ad adeguate procedure e rendono disponibili allo stesso le seguenti informazioni:
a)
il tenore della decisione e le condizioni che eventualmente l’accompagnano;
b)
tenuto conto delle preoccupazioni e dei pareri del pubblico interessato, i motivi e le considerazioni principali su cui la decisione si fonda, incluse informazioni relative al processo di partecipazione del pubblico;
c)
una descrizione, ove necessario, delle principali misure al fine di evitare, ridurre e se possibile compensare i più rilevanti effetti negativi.
2. L’autorità o le autorità competenti informano ogni Stato membro che è stato consultato a norma dell’articolo 7, inviandogli le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Gli Stati membri consultati provvedono affinché le suddette informazioni siano rese disponibili, con modalità appropriate, al pubblico interessato nel proprio territorio.
Articolo 10
Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano l’obbligo delle autorità competenti di rispettare le restrizioni imposte dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali e dalle prassi giuridiche esistenti in materia di riservatezza nel settore commerciale e industriale, compresa la proprietà intellettuale, nonché in materia di tutela dell’interesse pubblico.
In caso di applicazione dell’articolo 7, l’invio di informazioni a un altro Stato membro e il ricevimento di informazioni da un altro Stato membro sono soggetti alle restrizioni vigenti nello Stato membro in cui il progetto è proposto.
Articolo 11
1. Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:
a)
che vantino un interesse sufficiente; o in alternativa,
b)
che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi a un organo giurisdizionale o a un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.
2. Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.
3. Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini del paragrafo 1, lettera a), del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo.
4. Le disposizioni del presente articolo non escludono la possibilità di avviare procedure di ricorso preliminare dinanzi all’autorità amministrativa e non incidono sul requisito dell’esaurimento delle procedure di ricorso amministrativo quale presupposto dell’esperimento di procedure di ricorso giurisdizionale, ove siffatto requisito sia prescritto dal diritto nazionale.
Una siffatta procedura è giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.
5. Per rendere più efficaci le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a mettere a disposizione del pubblico informazioni pratiche sull’accesso alle procedure di ricorso amministrativo e giurisdizionale.
Articolo 12
1. Gli Stati membri e la Commissione si scambiano informazioni sull’esperienza acquisita nell’applicazione della presente direttiva.
2. In particolare, gli Stati membri informano la Commissione in merito a qualsiasi criterio e/o soglia adottati per la selezione dei progetti in questione, a norma dell’articolo 4, paragrafo 2.
3. Sulla base di tale scambio di informazioni la Commissione presenta, se necessario, ulteriori proposte al Parlamento europeo e al Consiglio, per assicurare un’applicazione sufficientemente coordinata della presente direttiva.
Articolo 13
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 14
La direttiva 85/337/CEE, come modificata dalle direttive elencate nell’allegato V, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato V, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato VI.
Articolo 15
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 16
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 13 dicembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
M. SZPUNAR
(1) GU C 248 del 25.8.2011, pag. 154.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2011.
(3) GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40.
(4) Cfr. allegato VI, parte A.
(5) GU L 24 del 29.1.2008, pag. 8.
(6) GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26.
ALLEGATO I
PROGETTI DI CUI ALL’ARTICOLO 4, PARAGRAFO 1
1.
Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio) nonché impianti di gassificazione e di liquefazione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi.
2.
a)
Centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica pari o maggiore di 300 MW;
b)
centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smantellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori (1) (esclusi gli impianti di ricerca per la produzione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW di durata permanente termica).
3.
a)
Impianti per il ritrattamento di combustibili nucleari irradiati;
b)
impianti destinati:
i)
alla produzione o all’arricchimento di combustibile nucleare,
ii)
al trattamento di combustibile nucleare irradiato o residui altamente radioattivi,
iii)
allo smaltimento definitivo dei combustibili nucleari irradiati,
iv)
esclusivamente allo smaltimento definitivo di residui radioattivi,
v)
esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o residui radioattivi in un sito diverso da quello di produzione.
4.
a)
Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell’acciaio;
b)
impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici.
5.
Impianti per l’estrazione di amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell’amianto e dei prodotti contenenti amianto: per i prodotti di amianto-cemento, una produzione annua di oltre 20 000 tonnellate di prodotti finiti; per le guarnizioni da attrito, una produzione annua di oltre 50 tonnellate di prodotti finiti e, per gli altri impieghi dell’amianto, un’utilizzazione annua di oltre 200 tonnellate.
6.
Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze in cui si trovano affiancati vari stabilimenti funzionalmente connessi tra di loro:
a)
per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base;
b)
per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base;
c)
per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti);
d)
per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi;
e)
per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico;
f)
per la fabbricazione di esplosivi.
7.
a)
Costruzione di tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza, nonché aeroporti (2) con piste di decollo e di atterraggio lunghe almeno 2 100 m;
b)
costruzione di autostrade e vie di rapida comunicazione (3);
c)
costruzione di nuove strade a quattro o più corsie o raddrizzamento e/o allargamento di strade esistenti a due corsie al massimo per renderle a quattro o più corsie, sempreché la nuova strada o il tratto di strada raddrizzato e/o allargato abbia una lunghezza ininterrotta di almeno 10 km.
8.
a)
Vie navigabili e porti di navigazione interna che consentono il passaggio di navi di stazza superiore a 1 350 tonnellate;
b)
porti marittimi commerciali, moli di carico e scarico collegati con la terraferma e l’esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto) che possono accogliere navi di stazza superiore a 1 350 tonnellate.
9.
Impianti di smaltimento dei rifiuti mediante incenerimento, trattamento chimico quale definito nell’allegato I, punto D 9, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti (4), o interramento di rifiuti pericolosi, quali definiti all’articolo 3, punto 2, della detta direttiva.
10.
Impianti di smaltimento dei rifiuti mediante incenerimento o trattamento chimico di rifiuti non pericolosi, quali definiti nell’allegato I, punto D 9, della direttiva 2008/98/CE, con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.
11.
Sistemi di estrazione o di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell’acqua estratta o ricaricata sia pari o superiore a 10 milioni di metri cubi.
12.
a)
Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un’eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite superiore a 100 milioni di metri cubi all’anno;
b)
in tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un’erogazione media pluriennale del bacino in questione superiore a 2 000 milioni di metri cubi all’anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5 % di detta erogazione.
In entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni.
13.
Impianti di trattamento delle acque reflue con una capacità superiore a 150 000 abitanti equivalenti quali definiti all’articolo 2, punto 6, della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (5).
14.
Estrazione di petrolio e gas naturale a fini commerciali, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a 500 000 m3 al giorno per il gas naturale.
15.
Dighe e altri impianti destinati a trattenere le acque o ad accumularle in modo durevole, laddove un nuovo o supplementare volume di acqua trattenuta o accumulata sia superiore a 10 milioni di metri cubi.
16.
Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km:
a)
per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici;
b)
per il trasporto dei flussi di biossido di carbonio (CO2) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta intermedie.
17.
Impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:
a)
85 000 posti per polli da ingrasso, 60 000 posti per galline;
b)
3 000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg); o
c)
900 posti per scrofe.
18.
Impianti industriali destinati:
a)
alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;
b)
alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno.
19.
Cave e attività minerarie a cielo aperto, con superficie del sito superiore a 25 ettari, oppure torbiere, con superficie del sito superiore a 150 ettari.
20.
Costruzione di elettrodotti aerei con un voltaggio di 220 kV o superiore e di lunghezza superiore a 15 km.
21.
Impianti per l’immagazzinamento di petrolio, prodotti petrolchimici o prodotti chimici, con una capacità superiore a 200 000 tonnellate.
22.
Siti di stoccaggio di cui alla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio (6).
23.
Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato, o impianti di cattura nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato è pari ad almeno 1,5 megatonnellate, ai fini dello stoccaggio geologico a norma della direttiva 2009/31/CE.
24.
Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l’estensione di per sé sono conformi agli eventuali valori limite stabiliti nel presente allegato.
(1) Le centrali nucleari e gli altri reattori nucleari cessano di essere tali quando tutto il combustibile nucleare e gli altri elementi oggetti di contaminazione radioattiva sono stati rimossi in modo definitivo dal sito in cui si trova l’impianto.
(2) Ai fini della presente direttiva per «aeroporto» si intende un aeroporto che corrisponde alla definizione data nella convenzione di Chicago nel 1944 relativa alla creazione dell’organizzazione internazionale dell’aviazione civile (allegato 14).
(3) Ai fini della presente direttiva per «via di rapida comunicazione» si intende una via che corrisponde alla definizione data nell’accordo europeo sulle grandi strade di traffico internazionale del 15 novembre 1975.
(4) GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3.
(5) GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40.
(6) GU L 140 del 5.6.2009, pag. 114.
ALLEGATO II
PROGETTI DI CUI ALL’ARTICOLO 4, PARAGRAFO 2
1. AGRICOLTURA, SELVICOLTURA E ACQUICOLTURA
a)
Progetti di ricomposizione rurale.
b)
Progetti volti a destinare terre incolte o estensioni seminaturali alla coltivazione agricola intensiva.
c)
Progetti di gestione delle risorse idriche per l’agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre.
d)
Primi rimboschimenti e disboscamento a scopo di conversione a un altro tipo di sfruttamento del suolo.
e)
Impianti di allevamento intensivo di animali (progetti non contemplati nell’allegato I).
f)
Piscicoltura intensiva.
g)
Recupero di terre dal mare.
2. INDUSTRIA ESTRATTIVA
a)
Cave, attività minerarie a cielo aperto e torbiere (progetti non compresi nell’allegato I).
b)
Attività mineraria sotterranea.
c)
Estrazione di minerali mediante dragaggio marino o fluviale.
d)
Trivellazioni in profondità, in particolare:
i)
trivellazioni geotermiche;
ii)
trivellazioni per lo stoccaggio dei residui nucleari;
iii)
trivellazioni per l’approvvigionamento di acqua;
escluse quelle intese a studiare la stabilità del suolo.
e)
Impianti di superficie dell’industria di estrazione di carbon fossile, di petrolio, di gas naturale e di minerali metallici nonché di scisti bituminosi.
3. INDUSTRIA ENERGETICA
a)
Impianti industriali per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda (progetti non compresi nell’allegato I).
b)
Impianti industriali per il trasporto di gas, vapore e acqua calda; trasporto di energia elettrica mediante linee aeree (progetti non compresi nell’allegato I).
c)
Stoccaggio in superficie di gas naturale.
d)
Stoccaggio di gas combustibile in serbatoi sotterranei.
e)
Stoccaggio in superficie di combustibili fossili.
f)
Agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite.
g)
Impianti per il trattamento e lo stoccaggio di residui radioattivi (se non compresi nell’allegato I).
h)
Impianti per la produzione di energia idroelettrica.
i)
Impianti di produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento (centrali eoliche).
j)
Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano nell’allegato I della presente direttiva ai fini dello stoccaggio geologico a norma della direttiva 2009/31/CE.
4. PRODUZIONE E TRASFORMAZIONE DEI METALLI
a)
Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua.
b)
Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:
i)
laminazione a caldo;
ii)
forgiatura con magli;
iii)
applicazione di strati protettivi di metallo fuso.
c)
Fonderie di metalli ferrosi.
d)
Impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, esclusi i metalli preziosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia ecc.).
e)
Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici.
f)
Costruzione e montaggio di autoveicoli e costruzione dei relativi motori.
g)
Cantieri navali.
h)
Impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili.
i)
Costruzione di materiale ferroviario.
j)
Imbutitura di fondo con esplosivi.
k)
Impianti di arrostimento e sinterizzazione di minerali metallici.
5. INDUSTRIA DEI PRODOTTI MINERALI
a)
Cokerie (distillazione a secco del carbone).
b)
Impianti destinati alla fabbricazione di cemento.
c)
Impianti destinati alla produzione di amianto e alla fabbricazione di prodotti a base di amianto (progetti con compresi nell’allegato I).
d)
Impianti per la fabbricazione del vetro, compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro.
e)
Impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali.
f)
Fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane.
6. INDUSTRIA CHIMICA (PROGETTI NON COMPRESI NELL’ALLEGATO I)
a)
Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici.
b)
Produzione di antiparassitari e di prodotti farmaceutici, di pitture e vernici, di elastomeri e perossidi.
c)
Impianti di stoccaggio di petrolio, prodotti petrolchimici e chimici.
7. INDUSTRIA DEI PRODOTTI ALIMENTARI
a)
Fabbricazione di oli e grassi vegetali e animali.
b)
Fabbricazione di conserve di prodotti animali e vegetali.
c)
Fabbricazione di prodotti lattiero-caseari.
d)
Industria della birra e del malto.
e)
Fabbricazione di dolciumi e sciroppi.
f)
Impianti per la macellazione di animali.
g)
Industrie per la produzione della fecola.
h)
Stabilimenti per la produzione di farina di pesce e di olio di pesce.
i)
Zuccherifici.
8. INDUSTRIA DEI TESSILI, DEL CUOIO, DEL LEGNO E DELLA CARTA
a)
Impianti industriali destinati alla fabbricazione di carta e cartoni (progetti non compresi nell’allegato I).
b)
Impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre o di tessili.
c)
Impianti per la concia delle pelli.
d)
Impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa.
9. INDUSTRIA DELLA GOMMA
Fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri.
10. PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
a)
Progetti di sviluppo di zone industriali.
b)
Progetti di riassetto urbano, compresa la costruzione di centri commerciali e parcheggi.
c)
Costruzione di ferrovie, di piattaforme intermodali e di terminali intermodali (progetti non compresi nell’allegato I).
d)
Costruzioni di aerodromi (progetti non compresi nell’allegato I).
e)
Costruzione di strade, porti e impianti portuali, compresi i porti di pesca (progetti non compresi nell’allegato I).
f)
Costruzione di vie navigabili interne non comprese nell’allegato I, opere di canalizzazione e di regolazione dei corsi d’acqua.
g)
Dighe e altri impianti destinati a trattenere le acque o ad accumularle in modo durevole (progetti non compresi nell’allegato I).
h)
Tram, metropolitane sopraelevate e sotterranee, funivie o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al trasporto di persone.
i)
Installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico (progetti non compresi nell’allegato I).
j)
Installazione di acquedotti a lunga distanza.
k)
Opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa mediante la costruzione, per esempio, di dighe, moli, gettate e altri lavori di difesa dal mare, esclusa la manutenzione e la ricostruzione di tali opere.
l)
Progetti di estrazione o di ricarica artificiale delle acque freatiche, non compresi nell’allegato I.
m)
Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi, non comprese nell’allegato I.
11. ALTRI PROGETTI
a)
Piste permanenti per corse e prove di veicoli a motore.
b)
Impianti di smaltimento di rifiuti (progetti non compresi nell’allegato I).
c)
Impianti di depurazione delle acque reflue (progetti non compresi nell’allegato I).
d)
Depositi di fanghi.
e)
Immagazzinamento di rottami di ferro, comprese le carcasse di veicoli.
f)
Banchi di prova per motori, turbine e reattori.
g)
Impianti per la produzione di fibre minerali artificiali.
h)
Impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive.
i)
Stabilimenti di squartamento.
12. TURISMO E SVAGHI
a)
Piste da sci, impianti di risalita, funivie e strutture connesse.
b)
Porti turistici.
c)
Villaggi di vacanza e complessi alberghieri situati fuori dalle zone urbane e strutture connesse.
d)
Terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente.
e)
Parchi tematici.
13.
a)
Modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato I o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente (modifica o estensione non inclusa nell’allegato I).
b)
Progetti di cui all’allegato I, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo e il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utilizzati per più di due anni.
ALLEGATO III
CRITERI DI SELEZIONE DI CUI ALL’ARTICOLO 4, PARAGRAFO 3
1. CARATTERISTICHE DEI PROGETTI
Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:
a)
delle dimensioni del progetto;
b)
del cumulo con altri progetti;
c)
dell’utilizzazione di risorse naturali;
d)
della produzione di rifiuti;
e)
dell’inquinamento e disturbi ambientali;
f)
del rischio di incidenti, per quanto riguarda, in particolare, le sostanze o le tecnologie utilizzate.
2. LOCALIZZAZIONE DEI PROGETTI
Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell’impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:
a)
dell’utilizzazione attuale del territorio;
b)
della ricchezza relativa, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona;
c)
della capacità di carico dell’ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:
i)
zone umide;
ii)
zone costiere;
iii)
zone montuose o forestali;
iv)
riserve e parchi naturali;
v)
zone classificate o protette dalla legislazione degli Stati membri; zone protette speciali designate dagli Stati membri in base alle direttive 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (1), e direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (2);
vi)
zone nelle quali gli standard di qualità ambientale fissati dalla legislazione dell’Unione sono già stati superati;
vii)
zone a forte densità demografica;
viii)
zone di importanza storica, culturale o archeologica.
3. CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO POTENZIALE
Gli effetti potenzialmente significativi dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 e tenendo conto, in particolare:
a)
della portata dell’impatto (area geografica e densità della popolazione interessata);
b)
della natura transfrontaliera dell’impatto;
c)
dell’ordine di grandezza e della complessità dell’impatto;
d)
della probabilità dell’impatto;
e)
della durata, frequenza e reversibilità dell’impatto.
(1) GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7.
(2) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7.
ALLEGATO IV
INFORMAZIONI DI CUI ALL’ARTICOLO 5, PARAGRAFO 1
1.
Descrizione del progetto, comprese in particolare:
a)
una descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;
b)
una descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con l’indicazione per esempio della natura e delle quantità dei materiali impiegati;
c)
una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti (inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione ecc.), risultanti dall’attività del progetto proposto.
2.
Una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale.
3.
Una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette a un impatto importante del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, al paesaggio e all’interazione tra questi vari fattori.
4.
Una descrizione (1) dei probabili effetti rilevanti del progetto proposto sull’ambiente:
a)
all’esistenza del progetto;
b)
dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali;
c)
dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti.
5.
La descrizione da parte del committente dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli effetti sull’ambiente di cui al punto 4.
6.
Una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e se possibile compensare rilevanti effetti negativi del progetto sull’ambiente.
7.
Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei punti da 1 a 6.
8.
Un sommario delle eventuali difficoltà (lacune tecniche o mancanza di conoscenze) incontrate dal committente nella raccolta dei dati richiesti.
(1) Questa descrizione dovrebbe riguardare gli effetti diretti ed eventualmente gli effetti indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto.
ALLEGATO V
PARTE A
Direttiva abrogata con elenco delle modificazioni successive
(di cui all’articolo 14)
Direttiva 85/337/CEE del Consiglio
(GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40).
Direttiva 97/11/CE del Consiglio
(GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5).
Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17).
Unicamente l’articolo 3
Direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 140 del 5.6.2009, pag. 114).
Unicamente l’articolo 31
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 14)
Direttiva
Termine di recepimento
85/337/CEE
3 luglio 1988
97/11/CE
14 marzo 1999
2003/35/CE
25 giugno 2005
2009/31/CE
25 giugno 2011
ALLEGATO VI
Tavola di concordanza
Direttiva 85/337/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2, primo comma
Articolo 1, paragrafo 2, parte introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, parte introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a, parte introduttiva
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a), primo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a), secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 2, quinto comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 1, paragrafo 2, sesto comma
Articolo 1, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 2, lettera f)
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2 bis
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 3, parte introduttiva
Articolo 3, parte introduttiva
Articolo 3, primo trattino
Articolo 3, lettera a)
Articolo 3, secondo trattino
Articolo 3, lettera b)
Articolo 3, terzo trattino
Articolo 3, lettera c)
Articolo 3, quarto trattino
Articolo 3, lettera d)
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 3, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 3, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 3, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 3, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 3, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 3, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 3, quinto trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettera e)
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafo 1, parte introduttiva
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, parte introduttiva
Articolo 7, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
Articolo 7, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b)
Articolo 7, paragrafo 1, parte finale
Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 7, paragrafi da 2 a 5
Articolo 7, paragrafi da 2 a 5
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1, parte introduttiva
Articolo 9, parte introduttiva
Articolo 9, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 10 bis, primo comma
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 10 bis, secondo comma
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 10 bis, terzo comma
Articolo 11, paragrafo 3
Articolo 10 bis, quarto e quinto comma
Articolo 11, paragrafo 4, primo e secondo comma
Articolo 10 bis, sesto comma
Articolo 11, paragrafo 5
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 11, paragrafo 3
—
Articolo 11, paragrafo 4
Articolo 12, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 1
—
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 13
—
Articolo 14
—
Articolo 15
Articolo 14
Articolo 16
Allegato I, punto 1
Allegato I, punto 1
Allegato I, punto 2, primo trattino
Allegato I, punto 2, lettera a)
Allegato I, punto 2, secondo trattino
Allegato I, punto 2, lettera b)
Allegato I, punto 3, lettera a)
Allegato I, punto 3, lettera a)
Allegato I, punto 3, lettera b), parte introduttiva
Allegato I, punto 3, lettera b), parte introduttiva
Allegato I, punto 3, lettera b), primo trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto i)
Allegato I, punto 3, lettera b), secondo trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto ii)
Allegato I, punto 3, lettera b), terzo trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto iii)
Allegato I, punto 3, lettera b), quarto trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto iv)
Allegato I, punto 3, lettera b), quinto trattino
Allegato I, punto 3, lettera b), punto v)
Allegato I, punto 4, primo trattino
Allegato I, punto 4, lettera a)
Allegato I, punto 4, secondo trattino
Allegato I, punto 4, lettera b)
Allegato I, punto 5
Allegato I, punto 5
Allegato I, punto 6, parte introduttiva
Allegato I, punto 6, parte introduttiva
Allegato I, punto 6, punto i)
Allegato I, punto 6, lettera a)
Allegato I, punto 6, punto ii)
Allegato I, punto 6, lettera b)
Allegato I, punto 6, punto iii)
Allegato I, punto 6, lettera c)
Allegato I, punto 6, punto iv)
Allegato I, punto 6, lettera d)
Allegato I, punto 6, punto v)
Allegato I, punto 6, lettera e)
Allegato I, punto 6, punto vi)
Allegato I, punto 6, lettera f)
Allegato I, punti da 7 a 15
Allegato I, punti da 7 a 15
Allegato I, punto 16, parte introduttiva
Allegato I, punto 16, parte introduttiva
Allegato I, punto 16, primo trattino
Allegato I, punto 16, lettera a)
Allegato I, punto 16, secondo trattino
Allegato I, punto 16, lettera b)
Allegato I, punti da 17 a 21
Allegato I, punti da 17 a 21
Allegato I, punto 22
Allegato I, punto 24
Allegato I, punto 23
Allegato I, punto 22
Allegato I, punto 24
Allegato I, punto 23
Allegato II, punto 1
Allegato II, punto 1
Allegato II, punto 2, lettere a), b) e c)
Allegato II, punto 2, lettere a), b) e c)
Allegato II, punto 2, lettera d), parte introduttiva
Allegato II, punto 2, lettera d), parte introduttiva
Allegato II, punto 2, lettera d), primo trattino
Allegato II, punto 2, lettera d), punto i)
Allegato II, punto 2, lettera d), secondo trattino
Allegato II, punto 2, lettera d), punto ii)
Allegato II, punto 2, lettera d), terzo trattino
Allegato II, punto 2, lettera d), punto iii)
Allegato II, punto 2, lettera d), parole finali
Allegato II, punto 2, lettera d), parole finali
Allegato II, punto 2, lettera e)
Allegato II, punto 2, lettera e)
Allegato II, punti da 3 a 12
Allegato II, punti da 3 a 12
Allegato II, punto 13, primo trattino
Allegato II, punto 13, lettera a)
Allegato II, punto 13, secondo trattino
Allegato II, punto 13, lettera b)
Allegato III, punto 1, parte introduttiva
Allegato III, punto 1, parte introduttiva
Allegato III, punto 1, primo trattino
Allegato III, punto 1, lettera a)
Allegato III, punto 1, secondo trattino
Allegato III, punto 1, lettera b)
Allegato III, punto 1, terzo trattino
Allegato III, punto 1, lettera c)
Allegato III, punto 1, quarto trattino
Allegato III, punto 1, lettera d)
Allegato III, punto 1, quinto trattino
Allegato III, punto 1, lettera e)
Allegato III, punto 1, sesto trattino
Allegato III, punto 1, lettera f)
Allegato III, punto 2, parte introduttiva
Allegato III, punto 2, parte introduttiva
Allegato III, punto 2, primo trattino
Allegato III, punto 2, lettera a)
Allegato III, punto 2, secondo trattino
Allegato III, punto 2, lettera b)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, parte introduttiva
Allegato III, punto 2, lettera c), parte introduttiva
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera a)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto i)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera b)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto ii)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera c)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto iii)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera d)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto iv)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera e)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto v)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera f)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto vi)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera g)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto vii)
Allegato III, punto 2, terzo trattino, lettera h)
Allegato III, punto 2, lettera c), punto viii)
Allegato III, punto 3, parte introduttiva
Allegato III, punto 3, parte introduttiva
Allegato III, punto 3, primo trattino
Allegato III, punto 3, lettera a)
Allegato III, punto 3, secondo trattino
Allegato III, punto 3, lettera b)
Allegato III, punto 3, terzo trattino
Allegato III, punto 3, lettera c)
Allegato III, punto 3, quarto trattino
Allegato III, punto 3, lettera d)
Allegato III, punto 3, quinto trattino
Allegato III, punto 3, lettera e)
Allegato IV, punto 1, parte introduttiva
Allegato IV, punto 1, parte introduttiva
Allegato IV, punto 1, primo trattino
Allegato IV, punto 1, lettera a)
Allegato IV, punto 1, secondo trattino
Allegato IV, punto 1, lettera b)
Allegato IV, punto 1, terzo trattino
Allegato IV, punto 1, lettera c)
Allegato IV, punti 2 e 3
Allegato IV, punti 2 e 3
Allegato IV, punto 4, parte introduttiva
Allegato IV, punto 4, primo comma, parte introduttiva
Allegato IV, punto 4, primo trattino
Allegato IV, punto 4, primo comma, lettera a)
Allegato IV, punto 4, secondo trattino
Allegato IV, punto 4, primo comma, lettera b)
Allegato IV, punto 4, terzo trattino
Allegato IV, punto 4, primo comma, lettera c)
Allegato IV, punto 4, parte finale
Allegato IV, punto 5
Allegato IV, punto 5
Allegato IV, punto 6
Allegato IV, punto 6
Allegato IV, punto 7
Allegato IV, punto 7
Allegato IV, punto 8
—
Allegato V
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Allegato VI
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Valutazione degli effetti sull’ambiente di determinati progetti (VIA)
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Nota come Direttiva VIA, la direttiva punta a garantire:un livello elevato di protezione ambientale; che le considerazioni ambientali siano integrate nell’elaborazione e adozione dei progetti. Questo obiettivo si raggiunge garantendo che venga condotta la valutazione ambientale di determinati progetti pubblici e privati elencati negli allegati I e II della direttiva (aeroporti, impianti nucleari, ferrovie, strade, impianti di smaltimento dei rifiuti, di depurazione delle acque reflue ecc.
La Direttiva VIA si applica a un’ampia gamma di progetti pubblici e privati.
PUNTI CHIAVE
La Direttiva 2011/92/UE definisce la procedura di valutazione dell’impatto ambientale (VIA) che garantisce che i progetti che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente siano sottoposti a una valutazione, prima della loro approvazione.
La legislazione di modifica (Direttiva 2014/52/UE) è stata adottata nel 2014. In linea con l’esigenza di una regolamentazione più intelligente, essa:aiuta a ridurre gli oneri amministrativi; migliora il livello di protezione ambientale per consentire decisioni commerciali più solide, prevedibili e sostenibili sugli investimenti pubblici e privati; prende in considerazione le minacce e le sfide emerse da quando le disposizioni originali sono entrate in vigore trent’anni fa. Ciò significa prestare maggiore attenzione ad aspetti quali l’efficienza delle risorse, i cambiamenti climatici e la prevenzione delle catastrofi, che ora si riflettono meglio nel processo di valutazione Le modifiche principali sono:Gli Stati membri possono semplificare le loro diverse procedure di valutazione ambientale. Vengono introdotte le tempistiche per le diverse fasi delle valutazioni ambientali. Viene semplificata la procedura di selezione, che determina se è necessaria una VIA. Le decisioni devono essere debitamente motivate alla luce dei criteri di selezione aggiornati. Le relazioni VIA devono essere rese più comprensibili per il pubblico, in particolare per quanto riguarda le valutazioni dello stato attuale dell’ambiente e le alternative al progetto in questione. La qualità e il contenuto delle relazioni sono migliorati. Le autorità competenti devono inoltre dimostrare la propria obiettività per evitare conflitti di interesse. I motivi per le decisioni di autorizzazione* devono essere chiari e più trasparenti per il pubblico Se i progetti comportano significativi effetti negativi sull’ambiente, i committenti sono obbligati a evitare, prevenire o ridurre tali effetti. Questi progetti devono essere monitorati. La procedura VIA
La procedura per condurre la VIA è la seguente:Il committente del progetto può richiedere all’autorità competente di specificare cosa deve essere coperto dalle informazioni VIA che devono essere fornite (fase di definizione del campo di applicazione); il committente deve fornire informazioni sull’impatto ambientale (sotto forma di una relazione VIA redatta conformemente all’allegato IV della direttiva); le autorità ambientali e il pubblico, nonché le autorità locali e regionali (nonché gli Stati membri interessati) devono essere informati e consultati; l’autorità competente decide di prendere in considerazione i risultati delle consultazioni; questa decisione contiene anche una conclusione motivata sugli effetti significativi del progetto; l’autorità informa il pubblico della sua decisione; il pubblico può contestare la decisione dinanzi al tribunale. Consultazione del pubblico
La consultazione con il pubblico è una caratteristica chiave del processo di VIA. Per consentire al pubblico di partecipare efficacemente, la relazione sulla VIA e le altre informazioni devono essere fornite quanto prima. Questo può avvenire per via elettronica, attraverso avvisi pubblici, mediante affissione o pubblicazione nei giornali locali.
Responsabilità delle autorità nazionali
Le autorità devono decidere, entro un ragionevole lasso di tempo, se rilasciare o no l’approvazione al progetto. Esse devono rendere disponibili agli organismi pubblici, oltre che ambientali, locali e regionali, il contenuto di una decisione positiva, comprese le principali ragioni dell’approvazione e qualsiasi condizione ambientale o di altro tipo da esse allegata. Qualora rifiutino la domanda di autorizzazione, devono rendere noto il motivo della scelta.
Gli Stati membri possono stabilire norme più severe e fissare sanzioni in caso di infrazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La Direttiva 2011/92/UE è in vigore dal 17 febbraio 2012. Essa codifica quattro direttive precedenti (85/337/CEE, 97/11/CE, 2003/35/CE e 2009/31/CE) la prima delle quali è diventata legge negli Stati membri il 3 luglio 1988.
La Direttiva 2014/52/EU è entrata in vigore il 25 aprile 2014 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 16 maggio 2017.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Valutazione di impatto ambientale — VIA (Commissione Europea).
TERMINI CHIAVE
Decisione di autorizzazione: una decisione delle autorità competenti per approvare un progetto.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (codifica) (GU L 26, del 28.1.2012, pagg. 1-21)
Le successive modifiche alla direttiva 2011/92/UE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. |
Aiuti de minimis per servizi di interesse economico generale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
L’articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce quali misure costituiscono aiuti di Stato. L’articolo 108, paragrafo 3 del TFUE prescrive, come principio generale, che gli aiuti di Stato debbano essere notificati alla Commissione europea per consentirle di valutare se gli aiuti siano compatibili con il mercato interno. Il regolamento (UE) n. 360/2012 integra il regolamento generale relativo agli aiuti de minimis, ovvero piccoli importi di aiuti di Stato* (regolamento (UE) n. 1407/2013, si veda la sintesi). Entrambi i regolamenti prevedono che gli aiuti al di sotto di una determinata soglia possano essere esentati dagli obblighi di notifica. Tuttavia, il presente regolamento si applica in particolare agli aiuti concessi alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (SIEG), ossia servizi che soddisfano esigenze della società quali l’assistenza sanitaria e di lunga durata, l’assistenza all’infanzia, l’accesso e il reinserimento nel mercato del lavoro, l’edilizia sociale e l’assistenza e l’inclusione sociale dei gruppi vulnerabili. Tale regolamento migliora la certezza del diritto e riduce l’onere amministrativo per la concessione di compensazioni per piccoli SIEG.
PUNTI CHIAVE
L’articolo 2 del regolamento (UE) 2015/1588 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE a determinate categorie di aiuti di Stato (si veda la sintesi) permette alla Commissione di comprendere una norma «de minimis»*in qualsiasi regolamento che adotta. In virtù di tale regola, gli aiuti di modesto importo non sono considerati aiuti di Stato poiché non sortiscono alcun effetto sulla concorrenza e/o sugli scambi commerciali tra gli Stati membri dell’Unione europea; pertanto, non sono soggetti all’obbligo di notifica previsto nell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE. Il regolamento (UE) n. 360/2012 integra il regolamento generale «de minimis», e si applica agli aiuti concessi alle organizzazioni che forniscono servizi di interesse economico generale. Tali aiuti non devono essere notificati se l’importo totale degli aiuti de minimis concessi a un’organizzazione che fornisce servizi di interesse economico generale non supera i 500 000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari e ove siano rispettate le condizioni relative al cumulo. Il massimale per gli importi degli aiuti stabilito dal regolamento (UE) n. 1407/2013 esentati è, invece, di soli 200 000 euro.MonitoraggioQualora uno Stato membro intendesse concedere un aiuto de minimis conformemente al presente regolamento, deve informare l’organizzazione interessata per iscritto, comunicandole:l’importo proposto degli aiuti;i servizi di interesse economico generale per cui sono concessi gli aiuti;il carattere de minimis degli aiuti. Prima di concedere gli aiuti, lo Stato membro deve ottenere una dichiarazione dall’organizzazione in questione, in forma scritta o elettronica, relativa a qualsiasi altri aiuti de minimis ricevuti a norma del presente regolamento o di altri regolamenti de minimis durante i due esercizi finanziari precedenti e nell’esercizio finanziario in corso. Lo Stato membro deve accertare che la nuova cifra non aumenti l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi all’impresa superando il massimale di 500 000 euro. In alternativa, gli Stati membri possono istituire un registro centrale per tutti gli aiuti de minimis concessi nel proprio territorio.Deroga dipendente da fattori temporali nell’ambito della pandemia di COVID-19
Il regolamento (UE) 2020/1474 modifica il regolamento (UE) n. 360/2012 per permettere alle imprese non in difficoltà al 31 dicembre 2019, ma che hanno sperimentato difficoltà nel periodo dal 1o gennaio 2020 al 30 giugno 2021 a causa della pandemia di COVID-19 di beneficiare degli aiuti ai sensi del regolamento (UE) n. 360/2012 per un periodo di tempo limitato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il periodo di applicazione doveva scadere inizialmente il 31 dicembre 2018. La Commissione ha tenuto conto del fatto che le circostanze previste nel regolamento non erano cambiate in modo sostanziale e, pertanto, ha adottato il regolamento (UE) 2018/1923, che ha prorogato il periodo di applicazione di altri due anni fino al 31 dicembre 2020. Il regolamento di modifica (UE) 2020/1474 ha prorogato ulteriormente il periodo di applicazione del regolamento (UE) n. 360/2012 fino al 31 dicembre 2023.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Servizi di interesse economico generale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Norma «de minimis». Una norma che esenta le sovvenzioni di piccola entità dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione per la liquidazione in base alle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di importanza minore (de minimis) concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (GU L 114 del 26.4.2012, pag. 8).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 360/2012 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 2 — Aiuti concessi dagli Stati — Articolo 107 (ex articolo 87 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 91).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 2 — Aiuti concessi dagli Stati — Articolo 108 (ex articolo 88 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 92).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2015/1588 del Consiglio, del 13 luglio 2015, sull’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (codifica) (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis (GU L 352 del 24.12.2013, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (UE) N. 360/2012 DELLA COMMISSIONE
del 25 aprile 2012
relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore («de minimis») concessi ad imprese che forniscono servizi di interesse economico generale
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (1), in particolare l’articolo 2, paragrafo 1,
previa pubblicazione del progetto del presente regolamento (2),
sentito il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 994/98 consente alla Commissione di fissare, mediante regolamento, un massimale al di sotto del quale si considera che gli aiuti non corrispondano a tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato e non siano pertanto soggetti alla procedura di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
(2)
Sulla base del suddetto regolamento, la Commissione ha adottato, in particolare, il regolamento (CE) n. 1998/2006, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore (“de minimis”) (3), che stabilisce un massimale generale “de minimis” di 200 000 EUR per beneficiario su un periodo di tre esercizi finanziari.
(3)
Dall'esperienza della Commissione nell'applicare la normativa in materia di aiuti di Stato a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato risulta che il massimale al di sotto del quale si può ritenere che i vantaggi concessi a tali imprese non incidano sugli scambi tra Stati membri e/o non falsino o minaccino di falsare la concorrenza può talvolta scostarsi dal massimale generale “de minimis” stabilito dal regolamento (CE) n. 1998/2006. Infatti, almeno alcuni di questi vantaggi compensano con buona probabilità costi aggiuntivi connessi alla prestazione di servizi di interesse economico generale. Inoltre, molte attività qualificate come prestazione di servizi di interesse economico generale hanno una portata territoriale limitata. È quindi appropriato introdurre, in aggiunta al regolamento (CE) n. 1998/2006, un regolamento contenente regole specifiche relative agli aiuti “de minimis” per le imprese che forniscono servizi di interesse economico generale. È opportuno stabilire un massimale relativo agli aiuti “de minimis” che ciascuna impresa può ricevere in un determinato arco di tempo.
(4)
In base all’esperienza della Commissione, gli aiuti concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale possono essere considerati come aiuti che non incidono sugli scambi tra Stati membri e/o non falsano o minacciano di falsare la concorrenza a condizione che l'importo totale degli aiuti concessi all'impresa beneficiaria che fornisce servizi di interesse economico generale sia inferiore a 500 000 EUR nell'arco di tre esercizi finanziari. Considerando l'evoluzione del settore del trasporto su strada di passeggeri e la natura preminentemente locale dei servizi di interesse economico generale in questo campo, non è opportuno prevedere un massimale inferiore per questo settore, al quale dovrebbe quindi essere applicato il massimale di 500 000 EUR.
(5)
Gli anni da prendere in considerazione per determinare se tale massimale è raggiunto dovrebbero essere gli esercizi finanziari utilizzati per scopi fiscali dall'impresa nello Stato membro interessato. Il periodo di riferimento di tre anni dovrebbe essere valutato su una base mobile, nel senso che, in caso di nuova concessione di un aiuto “de minimis”, deve essere ricalcolato l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi nell’esercizio finanziario in questione, nonché nei due esercizi finanziari precedenti. Gli aiuti concessi da uno Stato membro dovrebbero essere presi in considerazione a tale fine anche se finanziati interamente o parzialmente con risorse di origine unionale. Non deve essere possibile frazionare in parti più piccole le misure di aiuto superiori al massimale “de minimis” allo scopo di fare rientrare tali parti nel campo di applicazione del presente regolamento.
(6)
Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo agli aiuti concessi per la fornitura di servizi di interesse economico generale. L’impresa beneficiaria deve pertanto ricevere per iscritto un atto che la incarica di prestare il servizio di interesse economico generale per il quale l’aiuto è concesso. Pur dovendo informare l’impresa della natura del servizio di interesse economico generale per il quale l’aiuto è concesso, l’atto di incarico non deve necessariamente contenere tutte le informazioni dettagliate precisate nella decisione 2012/21/UE della Commissione, del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (4).
(7)
Il presente regolamento non si applica ai settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura e del trasporto di merci su strada in considerazione delle norme specifiche vigenti in questi settori, del fatto che alle imprese in essi operanti sono raramente affidati servizi di interesse economico generale e del rischio che aiuti di importo inferiore al massimale previsto dal presente regolamento soddisfino le condizioni dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Tuttavia, se un’impresa opera sia nei settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura o del trasporto di merci su strada sia in altri settori o attività, è opportuno che il presente regolamento si applichi a questi altri settori o attività (come ad esempio la raccolta di rifiuti in mare), a condizione che gli Stati membri garantiscano che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficiano degli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento, tramite mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi. Gli Stati membri possono adempiere a tale obbligo, in particolare, limitando l'importo degli aiuti “de minimis” alla compensazione dei costi per la fornitura del servizio, incluso un profitto ragionevole. È opportuno che il presente regolamento non si applichi al settore carboniero, in considerazione delle sue peculiari caratteristiche e del fatto che servizi di interesse economico generale sono raramente affidati ad imprese operanti in tale settore.
(8)
Viste le similarità tra la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, da un lato, e dei prodotti non agricoli, dall’altro, è opportuno applicare il presente regolamento alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli, a condizione che siano soddisfatte certe condizioni. A tale riguardo, è opportuno che non siano considerate come trasformazione o commercializzazione né le attività di preparazione dei prodotti alla prima vendita effettuate nelle aziende agricole, come la raccolta, il taglio e la trebbiatura dei cereali o l’imballaggio delle uova, né la prima vendita a rivenditori o a imprese di trasformazione.
(9)
La Corte di giustizia ha stabilito (5) che, una volta che l'Unione ha istituito un'organizzazione comune di mercato in un dato settore dell'agricoltura, gli Stati membri sono tenuti ad astenersi dall'adottare qualsiasi provvedimento che deroghi o rechi pregiudizio a siffatta organizzazione. Per questo motivo, il presente regolamento non deve applicarsi agli aiuti il cui importo sia determinato in base al prezzo o al quantitativo di prodotti acquistati o commercializzati, né agli aiuti “de minimis” connessi all’obbligo di condivisione dell'aiuto con i produttori primari.
(10)
Il presente regolamento non deve applicarsi agli aiuti “de minimis” alle esportazioni né gli aiuti “de minimis” che favoriscono i prodotti nazionali rispetto ai prodotti importati.
(11)
È opportuno che il presente regolamento non si applichi alle imprese in difficoltà ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (6), non essendo idoneo concedere aiuti al funzionamento a favore di imprese in difficoltà al di fuori di un progetto di ristrutturazione e dati i problemi legati alla determinazione dell'equivalente sovvenzione lordo degli aiuti concessi a questo tipo di imprese.
(12)
Conformemente ai principi alla base degli aiuti che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, gli aiuti “de minimis” sono considerati concessi nel momento in cui all'impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto giuridico di ricevere gli aiuti.
(13)
Per evitare che le intensità massime di aiuto stabilite nei vari strumenti dell'Unione siano aggirate, gli aiuti “de minimis” non possono essere cumulati con aiuti di Stato relativamente agli stessi costi ammissibili se tale cumulo porta a un'intensità di aiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, da un regolamento di esenzione per categoria o da una decisione della Commissione.
(14)
Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione del regolamento (CE) n. 1998/2006 alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale. Per quanto riguarda gli aiuti concessi per la prestazione di servizi di interesse economico generale, gli Stati membri hanno la facoltà di scegliere se basarsi sul presente regolamento o sul regolamento (CE) n. 1998/2006.
(15)
La Corte di giustizia, nella sentenza Altmark (7), ha individuato una serie di condizioni che devono essere soddisfatte affinché la fornitura di un servizio di interesse economico generale non costituisca aiuto di Stato. Secondo dette condizioni, una compensazione che si limiti ai costi netti sostenuti per la prestazione di servizi di interesse pubblico generale da un’impresa gestita in modo efficiente non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Le compensazioni superiori a tali costi netti costituiscono un aiuto di Stato che può essere dichiarato compatibile sulla base delle norme vigenti dell’Unione. Per evitare che il presente regolamento sia applicato allo scopo di aggirare le condizioni individuate nella sentenza Altmark e che gli aiuti “de minimis” concessi in forza del presente regolamento incidano sugli scambi a seguito del cumulo con altre compensazioni ricevute per lo stesso servizio di interesse economico generale, gli aiuti “de minimis” accordati in forza del presente regolamento non devono essere cumulati con altre compensazioni relative allo stesso servizio, a prescindere dal fatto che queste costituiscano o meno un aiuto di Stato a norma della sentenza Altmark o un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno a norma della decisione 2012/21/UE o della comunicazione della Commissione — Disciplina dell'Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (8). Occorre pertanto escludere dal campo di applicazione del presente regolamento le compensazioni ricevute per la fornitura di un servizio di interesse economico generale che beneficia anche di altri tipi di compensazione, a meno che queste altre compensazioni non costituiscano un aiuto “de minimis” a norma di altri regolamenti “de minimis” e siano rispettate le norme relative al cumulo fissate dal presente regolamento.
(16)
A fini di trasparenza, di parità di trattamento e di corretta applicazione del massimale “de minimis”, tutti gli Stati membri dovrebbero applicare uno stesso metodo di calcolo. Per agevolare tale calcolo e in conformità con l’attuale prassi di applicazione della norma “de minimis”, gli aiuti non costituiti da sovvenzioni dirette in denaro dovrebbero essere convertiti in equivalente sovvenzione lordo. Il calcolo dell’equivalente sovvenzione di tipi di aiuto trasparenti diversi dalle sovvenzioni o di aiuti erogabili in più quote richiede l’applicazione dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione di tali aiuti. Per un’applicazione uniforme, trasparente e semplificata delle norme in materia di aiuti di Stato, è opportuno considerare che i tassi di mercato applicabili ai fini del presente regolamento sono i tassi di riferimento fissati attualmente dalla comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (9).
(17)
A fini di trasparenza, di parità di trattamento e di controllo efficace, è opportuno che il presente regolamento si applichi solo agli aiuti “de minimis” che sono trasparenti. Gli aiuti trasparenti sono quelli per i quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un’analisi del rischio. Questo calcolo preciso può essere fatto, ad esempio, per quanto riguarda le sovvenzioni, i contributi in conto interessi e le esenzioni fiscali limitate. Gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non dovrebbero essere considerati come aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore al massimale “de minimis”. Gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio di cui agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese (10) non dovrebbero essere considerati aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato preveda apporti di capitali per un importo non superiore al massimale “de minimis” per ogni impresa destinataria. Gli aiuti concessi sotto forma di prestiti dovrebbero essere trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se l’equivalente sovvenzione lordo è stato calcolato sulla base dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione.
(18)
È necessario offrire certezza del diritto per i regimi di garanzia che non hanno il potenziale per incidere sugli scambi e falsare la concorrenza, e riguardo ai quali sono disponibili dati sufficienti per valutare in modo attendibile qualsiasi effetto potenziale. Il presente regolamento dovrebbe pertanto trasporre il massimale “de minimis” di 500 000 EUR in uno specifico massimale di garanzia basato sull’importo garantito del prestito individuale che sottende tale garanzia. È opportuno calcolare tale massimale specifico utilizzando una metodologia per valutare l’importo dell’aiuto di Stato compreso nei regimi di garanzia che coprono i prestiti a favore delle imprese efficienti. La metodologia e i dati utilizzati per calcolare lo specifico massimale di garanzia dovrebbero escludere le imprese in difficoltà ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà. Tale massimale specifico non dovrebbe pertanto applicarsi agli aiuti individuali accordati al di fuori dell’ambito di un regime di garanzia, agli aiuti ad imprese in difficoltà, o a garanzie su operazioni sottese che non costituiscono prestito, come le garanzie sulle operazioni in equity. Il massimale specifico va determinato sulla base del fatto che, prendendo in considerazione un tasso massimo (tasso di insolvenza netto) del 13% corrispondente allo scenario peggiore per i regimi di garanzia nell’Unione, una garanzia pari a 3 750 000 EUR può essere considerata come avente un equivalente sovvenzione lordo identico al massimale “de minimis” di 500 000 EUR. Solo le garanzie fino all'80% del prestito sotteso dovrebbero essere coperte da tali massimali specifici. Per valutare l'equivalente sovvenzione lordo contenuto in una garanzia, gli Stati membri possono inoltre utilizzare una metodologia accettata dalla Commissione, previa notifica, sulla base di un regolamento della Commissione in materia di aiuti di Stato, se la metodologia approvata si riferisce esplicitamente al tipo di garanzie e al tipo di operazioni sottese in questione nel contesto dell'applicazione del presente regolamento.
(19)
Previa notifica da parte di uno Stato membro, la Commissione può esaminare se una misura d'aiuto che non consiste in una sovvenzione, un prestito, una garanzia, un conferimento di capitale o in una misura a favore del capitale di rischio porta a un equivalente sovvenzione lordo non superiore al massimale “de minimis”, e può pertanto rientrare nell'ambito di applicazione delle disposizioni del presente regolamento.
(20)
La Commissione ha il dovere di provvedere affinché siano osservate le disposizioni in materia di aiuti di Stato e in particolare affinché gli aiuti concessi secondo la norma “de minimis” siano conformi alle condizioni prestabilite. In forza del dovere di collaborazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, gli Stati membri sono tenuti ad agevolare l’adempimento di tale compito, istituendo modalità di controllo tali da garantire che l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi alla medesima impresa per la prestazione di servizi di interesse economico generale non ecceda il massimale complessivo ammissibile. A tal fine e per assicurare la conformità alle disposizioni relative al cumulo con gli aiuti di cui agli altri regolamenti “de minimis”, quando concedono un aiuto “de minimis” in base al presente regolamento, gli Stati membri informano l’impresa interessata dell’importo dell'aiuto e della sua natura “de minimis”, facendo riferimento al presente regolamento. Inoltre, prima di concedere l’aiuto, lo Stato membro interessato deve ottenere dall'impresa una dichiarazione sugli eventuali altri aiuti “de minimis”, oggetto del presente regolamento o degli altri regolamenti “de minimis”, ricevuti durante l'esercizio finanziario interessato e nei due precedenti. Come alternativa, lo Stato membro ha la possibilità di assicurare il rispetto del massimale mediante un registro centrale.
(21)
Il presente regolamento deve applicarsi fatte salve le condizioni poste dal diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o da requisiti aggiuntivi derivanti dal trattato o da normative settoriali dell'Unione.
(22)
Il presente regolamento deve applicarsi agli aiuti concessi prima della sua entrata in vigore a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale.
(23)
La Commissione intende riesaminare il presente regolamento cinque anni dopo la sua entrata in vigore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ambito di applicazione e definizioni
1. Il presente regolamento si applica agli aiuti concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale a norma dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato.
2. Il presente regolamento non si applica ai seguenti aiuti:
a)
aiuti concessi a imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio (11);
b)
aiuti concessi a imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli;
c)
aiuti concessi a imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:
i)
quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate,
ii)
quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;
d)
aiuti per attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione;
e)
aiuti subordinati all'impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d'importazione;
f)
aiuti concessi a imprese operanti nel settore carboniero ai sensi della decisione 2010/787/UE del Consiglio (12);
g)
aiuti concessi a imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi;
h)
aiuti concessi a imprese in difficoltà.
Se un’impresa opera nei settori di cui alle lettere a), b), c) o g) del primo comma o in settori non esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento, quest’ultimo si applica solo agli aiuti concessi per quegli altri settori o attività, a condizione che gli Stati membri garantiscano che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficiano degli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento, tramite mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi.
3. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a)
per “prodotti agricoli” si intendono i prodotti elencati nell’allegato I del trattato, esclusi i prodotti della pesca;
b)
per “trasformazione di un prodotto agricolo” si intende qualsiasi trattamento di un prodotto agricolo in cui il prodotto ottenuto resta pur sempre un prodotto agricolo, eccezion fatta per le attività agricole necessarie per preparare un prodotto animale o vegetale alla prima vendita;
c)
per “commercializzazione di un prodotto agricolo” si intende la detenzione o l’esposizione di un prodotto agricolo allo scopo di vendere, consegnare o immettere sul mercato in qualsiasi altro modo detto prodotto, ad eccezione della prima vendita da parte di un produttore primario a rivenditori o a imprese di trasformazione, e qualsiasi attività che prepara il prodotto per tale prima vendita; la vendita da parte di un produttore primario a consumatori finali è considerata commercializzazione se ha luogo in locali separati riservati a tale scopo.
Articolo 2
Aiuti “de minimis”
1. Sono considerati non corrispondenti a tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato, e pertanto esenti dall'obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, gli aiuti concessi alle imprese per la fornitura di servizi di interesse economico generale che rispettano le condizioni stabilite ai paragrafi da 2 a 8 del presente articolo.
2. L’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi a un'impresa che fornisce servizi di interesse economico generale non supera i 500 000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari.
Tale massimale si applica a prescindere dalla forma dell’aiuto “de minimis” o a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine unionale. Il periodo viene determinato facendo riferimento agli esercizi finanziari utilizzati dall'impresa nello Stato membro interessato.
3. I massimali stabiliti al paragrafo 2 sono espressi in termini di sovvenzione diretta in denaro. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta o altro onere. Quando un aiuto è concesso in forma diversa da una sovvenzione diretta in denaro, l’importo dell’aiuto è l’equivalente sovvenzione lordo.
Gli aiuti erogabili in più quote sono attualizzati al loro valore al momento della concessione. Il tasso di interesse da utilizzare ai fini dell’attualizzazione è costituito dal tasso vigente al momento della concessione.
4. Il presente regolamento si applica solo agli aiuti riguardo ai quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un’analisi del rischio (“aiuti trasparenti”). In particolare:
a)
gli aiuti concessi sotto forma di prestiti sono trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se l’equivalente sovvenzione lordo è stato calcolato sulla base dei tassi di riferimento in vigore al momento della concessione;
b)
gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non sono considerati come aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore al massimale “de minimis”;
c)
gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio non sono considerati aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato preveda apporti di capitali per un importo non superiore al massimale “de minimis” per ogni impresa destinataria;
d)
gli aiuti individuali concessi nel quadro di un regime di garanzia a imprese che non sono imprese in difficoltà sono trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se la parte garantita del prestito sotteso concesso nell’ambito di tale regime non supera 3 750 000 EUR per impresa. Se la parte garantita del prestito sotteso rappresenta solo una data percentuale di tale massimale, si ritiene che l'equivalente sovvenzione lordo di tale garanzia corrisponda alla stessa proporzione del massimale applicabile stabilito al paragrafo 2. La garanzia non deve superare l’80% del prestito sotteso. I regimi di garanzia sono considerati trasparenti anche quando:
i)
prima dell'attuazione del regime, la metodologia per calcolare l'equivalente sovvenzione lordo delle garanzie è stata approvata dopo essere stata notificata alla Commissione ai sensi di un regolamento adottato dalla Commissione nel settore degli aiuti di Stato; e
ii)
la metodologia approvata si riferisce esplicitamente al tipo di garanzie e al tipo di operazioni sottese in questione nel contesto dell'applicazione del presente regolamento.
5. Qualora l'importo complessivo dell’aiuto “de minimis” concesso a un'impresa per la fornitura di servizi di interesse economico generale superi il massimale di cui al paragrafo 2, tale importo non può beneficiare dell’esenzione prevista dal presente regolamento, neppure per la frazione che non supera detto massimale. In tal caso, il beneficio del presente regolamento non può essere invocato per questa misura di aiuto.
6. Gli aiuti “de minimis” non sono cumulabili con aiuti di Stato relativamente agli stessi costi ammissibili se un tale cumulo dà luogo a un'intensità d'aiuto superiore a quella fissata, per le specifiche circostanze di ogni caso, in un regolamento di esenzione per categoria o in una decisione della Commissione.
7. Gli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento possono essere cumulati con aiuti previsti dagli altri regolamenti “de minimis” fino al massimale di cui al paragrafo 2.
8. Gli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento non sono cumulabili con alcuna compensazione riguardante lo stesso servizio di interesse economico generale, a prescindere dal fatto che costituiscano aiuti di Stato o meno.
Articolo 3
Controllo
1. Quando intende concedere un aiuto “de minimis” a un'impresa a norma del presente regolamento, lo Stato membro informa detta impresa per iscritto comunicandole il probabile importo dell'aiuto (espresso come equivalente sovvenzione lordo), il servizio di interesse economico generale per il quale viene concesso e il suo carattere “de minimis”, facendo esplicito riferimento al presente regolamento e citandone il titolo e il riferimento di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Se un aiuto “de minimis” a norma del presente regolamento è concesso a più imprese nell’ambito di un regime e importi diversi di aiuti individuali sono concessi a tali imprese nel quadro del regime, lo Stato membro interessato può scegliere di adempiere a quest’obbligo segnalando alle imprese una somma fissa che corrisponde all’importo massimo di aiuto che è possibile concedere nel quadro del regime. In tal caso, la somma fissa è usata per determinare se il massimale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, è rispettato. Prima di concedere l’aiuto, lo Stato membro richiede inoltre una dichiarazione all’impresa che fornisce il servizio di interesse economico generale, in forma scritta o elettronica, relativa a qualsiasi altro aiuto “de minimis” ricevuto a norma del presente regolamento o di altri regolamenti “de minimis” durante i due esercizi finanziari precedenti e nell’esercizio finanziario in corso.
Lo Stato membro può erogare nuovi aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento soltanto dopo aver accertato che essi non facciano salire l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi all'impresa in questione in forza del presente regolamento a un livello superiore al massimale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e che siano rispettate le norme relative al cumulo di cui all'articolo 2, paragrafi 6, 7 e 8.
2. Se uno Stato membro ha istituito un registro centrale degli aiuti “de minimis”, contenente informazioni complete su tutti gli aiuti “de minimis” concessi da qualsiasi autorità dello stesso Stato membro a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale, le disposizioni di cui al paragrafo 1, primo comma, cessano di applicarsi dal momento in cui il registro copre un periodo di tre anni.
3. Gli Stati membri registrano e raccolgono tutte le informazioni riguardanti l’applicazione del presente regolamento. Si tratta di tutte le informazioni necessarie ad accertare che le condizioni del presente regolamento siano soddisfatte. I dati riguardanti gli aiuti “de minimis” individuali sono conservati per dieci esercizi finanziari dalla data della concessione. I dati relativi a un regime di aiuti “de minimis” vengono conservati per dieci anni dalla data in cui è stato concesso l’ultimo aiuto individuale a norma del regime di cui trattasi. Su richiesta scritta, lo Stato membro interessato trasmette alla Commissione, entro 20 giorni lavorativi ovvero entro un termine più lungo fissato nella richiesta, tutte le informazioni che la Commissione ritiene necessarie per accertare se siano state rispettate le condizioni del presente regolamento, con particolare riferimento all’importo complessivo degli aiuti “de minimis” ricevuti dalle singole imprese in base al presente regolamento o ad altri regolamenti “de minimis”.
Articolo 4
Disposizioni transitorie
Il presente regolamento si applica agli aiuti per la prestazione di servizi di interesse economico generale concessi anteriormente alla sua entrata in vigore purché soddisfino tutte le condizioni di cui agli articoli 1 e 2. Gli aiuti per la prestazione di servizi di interesse economico generale che non soddisfano tali condizioni sono esaminati in base alle decisioni, alle discipline, agli orientamenti, alle comunicazioni e agli avvisi pertinenti.
Alla fine del periodo di applicazione del presente regolamento, è possibile dare esecuzione per un ulteriore periodo di sei mesi a tutti gli aiuti “de minimis” che soddisfano le condizioni del regolamento stesso.
Articolo 5
Entrata in vigore e periodo di applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento si applica fino al 31 dicembre 2018.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 25 aprile 2012
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1.
(2) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 23.
(3) GU L 379 del 28.12.2006, pag. 5.
(4) GU L 7 dell’11.1.2012, pag. 3.
(5) Causa C-456/00, Repubblica francese/Commissione delle Comunità europee, Racc. 2002, pag. I-11949.
(6) GU C 244 dell’1.10.2004, pag. 2.
(7) Causa C-280/00, Altmark Trans GmbH e Regierungspräsidium Magdeburg/Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH, in presenza di Oberbundesanwalt beim Bundesverwaltungsgerich, Racc. 2003, pag. I-7747.
(8) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15.
(9) GU C 14 del 19.1.2008, pag. 6.
(10) GU C 194 del 18.8.2006, pag. 2.
(11) GU L 17 del 21.1.2000, pag. 22.
(12) GU L 336 del 21.12.2010, pag. 24.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 360/2012 DELLA COMMISSIONE
del 25 aprile 2012
relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore («de minimis») concessi ad imprese che forniscono servizi di interesse economico generale
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (1), in particolare l’articolo 2, paragrafo 1,
previa pubblicazione del progetto del presente regolamento (2),
sentito il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 994/98 consente alla Commissione di fissare, mediante regolamento, un massimale al di sotto del quale si considera che gli aiuti non corrispondano a tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato e non siano pertanto soggetti alla procedura di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
(2)
Sulla base del suddetto regolamento, la Commissione ha adottato, in particolare, il regolamento (CE) n. 1998/2006, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore (“de minimis”) (3), che stabilisce un massimale generale “de minimis” di 200 000 EUR per beneficiario su un periodo di tre esercizi finanziari.
(3)
Dall'esperienza della Commissione nell'applicare la normativa in materia di aiuti di Stato a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato risulta che il massimale al di sotto del quale si può ritenere che i vantaggi concessi a tali imprese non incidano sugli scambi tra Stati membri e/o non falsino o minaccino di falsare la concorrenza può talvolta scostarsi dal massimale generale “de minimis” stabilito dal regolamento (CE) n. 1998/2006. Infatti, almeno alcuni di questi vantaggi compensano con buona probabilità costi aggiuntivi connessi alla prestazione di servizi di interesse economico generale. Inoltre, molte attività qualificate come prestazione di servizi di interesse economico generale hanno una portata territoriale limitata. È quindi appropriato introdurre, in aggiunta al regolamento (CE) n. 1998/2006, un regolamento contenente regole specifiche relative agli aiuti “de minimis” per le imprese che forniscono servizi di interesse economico generale. È opportuno stabilire un massimale relativo agli aiuti “de minimis” che ciascuna impresa può ricevere in un determinato arco di tempo.
(4)
In base all’esperienza della Commissione, gli aiuti concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale possono essere considerati come aiuti che non incidono sugli scambi tra Stati membri e/o non falsano o minacciano di falsare la concorrenza a condizione che l'importo totale degli aiuti concessi all'impresa beneficiaria che fornisce servizi di interesse economico generale sia inferiore a 500 000 EUR nell'arco di tre esercizi finanziari. Considerando l'evoluzione del settore del trasporto su strada di passeggeri e la natura preminentemente locale dei servizi di interesse economico generale in questo campo, non è opportuno prevedere un massimale inferiore per questo settore, al quale dovrebbe quindi essere applicato il massimale di 500 000 EUR.
(5)
Gli anni da prendere in considerazione per determinare se tale massimale è raggiunto dovrebbero essere gli esercizi finanziari utilizzati per scopi fiscali dall'impresa nello Stato membro interessato. Il periodo di riferimento di tre anni dovrebbe essere valutato su una base mobile, nel senso che, in caso di nuova concessione di un aiuto “de minimis”, deve essere ricalcolato l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi nell’esercizio finanziario in questione, nonché nei due esercizi finanziari precedenti. Gli aiuti concessi da uno Stato membro dovrebbero essere presi in considerazione a tale fine anche se finanziati interamente o parzialmente con risorse di origine unionale. Non deve essere possibile frazionare in parti più piccole le misure di aiuto superiori al massimale “de minimis” allo scopo di fare rientrare tali parti nel campo di applicazione del presente regolamento.
(6)
Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo agli aiuti concessi per la fornitura di servizi di interesse economico generale. L’impresa beneficiaria deve pertanto ricevere per iscritto un atto che la incarica di prestare il servizio di interesse economico generale per il quale l’aiuto è concesso. Pur dovendo informare l’impresa della natura del servizio di interesse economico generale per il quale l’aiuto è concesso, l’atto di incarico non deve necessariamente contenere tutte le informazioni dettagliate precisate nella decisione 2012/21/UE della Commissione, del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (4).
(7)
Il presente regolamento non si applica ai settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura e del trasporto di merci su strada in considerazione delle norme specifiche vigenti in questi settori, del fatto che alle imprese in essi operanti sono raramente affidati servizi di interesse economico generale e del rischio che aiuti di importo inferiore al massimale previsto dal presente regolamento soddisfino le condizioni dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Tuttavia, se un’impresa opera sia nei settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura o del trasporto di merci su strada sia in altri settori o attività, è opportuno che il presente regolamento si applichi a questi altri settori o attività (come ad esempio la raccolta di rifiuti in mare), a condizione che gli Stati membri garantiscano che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficiano degli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento, tramite mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi. Gli Stati membri possono adempiere a tale obbligo, in particolare, limitando l'importo degli aiuti “de minimis” alla compensazione dei costi per la fornitura del servizio, incluso un profitto ragionevole. È opportuno che il presente regolamento non si applichi al settore carboniero, in considerazione delle sue peculiari caratteristiche e del fatto che servizi di interesse economico generale sono raramente affidati ad imprese operanti in tale settore.
(8)
Viste le similarità tra la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, da un lato, e dei prodotti non agricoli, dall’altro, è opportuno applicare il presente regolamento alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli, a condizione che siano soddisfatte certe condizioni. A tale riguardo, è opportuno che non siano considerate come trasformazione o commercializzazione né le attività di preparazione dei prodotti alla prima vendita effettuate nelle aziende agricole, come la raccolta, il taglio e la trebbiatura dei cereali o l’imballaggio delle uova, né la prima vendita a rivenditori o a imprese di trasformazione.
(9)
La Corte di giustizia ha stabilito (5) che, una volta che l'Unione ha istituito un'organizzazione comune di mercato in un dato settore dell'agricoltura, gli Stati membri sono tenuti ad astenersi dall'adottare qualsiasi provvedimento che deroghi o rechi pregiudizio a siffatta organizzazione. Per questo motivo, il presente regolamento non deve applicarsi agli aiuti il cui importo sia determinato in base al prezzo o al quantitativo di prodotti acquistati o commercializzati, né agli aiuti “de minimis” connessi all’obbligo di condivisione dell'aiuto con i produttori primari.
(10)
Il presente regolamento non deve applicarsi agli aiuti “de minimis” alle esportazioni né gli aiuti “de minimis” che favoriscono i prodotti nazionali rispetto ai prodotti importati.
(11)
È opportuno che il presente regolamento non si applichi alle imprese in difficoltà ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (6), non essendo idoneo concedere aiuti al funzionamento a favore di imprese in difficoltà al di fuori di un progetto di ristrutturazione e dati i problemi legati alla determinazione dell'equivalente sovvenzione lordo degli aiuti concessi a questo tipo di imprese.
(12)
Conformemente ai principi alla base degli aiuti che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, gli aiuti “de minimis” sono considerati concessi nel momento in cui all'impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto giuridico di ricevere gli aiuti.
(13)
Per evitare che le intensità massime di aiuto stabilite nei vari strumenti dell'Unione siano aggirate, gli aiuti “de minimis” non possono essere cumulati con aiuti di Stato relativamente agli stessi costi ammissibili se tale cumulo porta a un'intensità di aiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, da un regolamento di esenzione per categoria o da una decisione della Commissione.
(14)
Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione del regolamento (CE) n. 1998/2006 alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale. Per quanto riguarda gli aiuti concessi per la prestazione di servizi di interesse economico generale, gli Stati membri hanno la facoltà di scegliere se basarsi sul presente regolamento o sul regolamento (CE) n. 1998/2006.
(15)
La Corte di giustizia, nella sentenza Altmark (7), ha individuato una serie di condizioni che devono essere soddisfatte affinché la fornitura di un servizio di interesse economico generale non costituisca aiuto di Stato. Secondo dette condizioni, una compensazione che si limiti ai costi netti sostenuti per la prestazione di servizi di interesse pubblico generale da un’impresa gestita in modo efficiente non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Le compensazioni superiori a tali costi netti costituiscono un aiuto di Stato che può essere dichiarato compatibile sulla base delle norme vigenti dell’Unione. Per evitare che il presente regolamento sia applicato allo scopo di aggirare le condizioni individuate nella sentenza Altmark e che gli aiuti “de minimis” concessi in forza del presente regolamento incidano sugli scambi a seguito del cumulo con altre compensazioni ricevute per lo stesso servizio di interesse economico generale, gli aiuti “de minimis” accordati in forza del presente regolamento non devono essere cumulati con altre compensazioni relative allo stesso servizio, a prescindere dal fatto che queste costituiscano o meno un aiuto di Stato a norma della sentenza Altmark o un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno a norma della decisione 2012/21/UE o della comunicazione della Commissione — Disciplina dell'Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (8). Occorre pertanto escludere dal campo di applicazione del presente regolamento le compensazioni ricevute per la fornitura di un servizio di interesse economico generale che beneficia anche di altri tipi di compensazione, a meno che queste altre compensazioni non costituiscano un aiuto “de minimis” a norma di altri regolamenti “de minimis” e siano rispettate le norme relative al cumulo fissate dal presente regolamento.
(16)
A fini di trasparenza, di parità di trattamento e di corretta applicazione del massimale “de minimis”, tutti gli Stati membri dovrebbero applicare uno stesso metodo di calcolo. Per agevolare tale calcolo e in conformità con l’attuale prassi di applicazione della norma “de minimis”, gli aiuti non costituiti da sovvenzioni dirette in denaro dovrebbero essere convertiti in equivalente sovvenzione lordo. Il calcolo dell’equivalente sovvenzione di tipi di aiuto trasparenti diversi dalle sovvenzioni o di aiuti erogabili in più quote richiede l’applicazione dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione di tali aiuti. Per un’applicazione uniforme, trasparente e semplificata delle norme in materia di aiuti di Stato, è opportuno considerare che i tassi di mercato applicabili ai fini del presente regolamento sono i tassi di riferimento fissati attualmente dalla comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (9).
(17)
A fini di trasparenza, di parità di trattamento e di controllo efficace, è opportuno che il presente regolamento si applichi solo agli aiuti “de minimis” che sono trasparenti. Gli aiuti trasparenti sono quelli per i quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un’analisi del rischio. Questo calcolo preciso può essere fatto, ad esempio, per quanto riguarda le sovvenzioni, i contributi in conto interessi e le esenzioni fiscali limitate. Gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non dovrebbero essere considerati come aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore al massimale “de minimis”. Gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio di cui agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese (10) non dovrebbero essere considerati aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato preveda apporti di capitali per un importo non superiore al massimale “de minimis” per ogni impresa destinataria. Gli aiuti concessi sotto forma di prestiti dovrebbero essere trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se l’equivalente sovvenzione lordo è stato calcolato sulla base dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione.
(18)
È necessario offrire certezza del diritto per i regimi di garanzia che non hanno il potenziale per incidere sugli scambi e falsare la concorrenza, e riguardo ai quali sono disponibili dati sufficienti per valutare in modo attendibile qualsiasi effetto potenziale. Il presente regolamento dovrebbe pertanto trasporre il massimale “de minimis” di 500 000 EUR in uno specifico massimale di garanzia basato sull’importo garantito del prestito individuale che sottende tale garanzia. È opportuno calcolare tale massimale specifico utilizzando una metodologia per valutare l’importo dell’aiuto di Stato compreso nei regimi di garanzia che coprono i prestiti a favore delle imprese efficienti. La metodologia e i dati utilizzati per calcolare lo specifico massimale di garanzia dovrebbero escludere le imprese in difficoltà ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà. Tale massimale specifico non dovrebbe pertanto applicarsi agli aiuti individuali accordati al di fuori dell’ambito di un regime di garanzia, agli aiuti ad imprese in difficoltà, o a garanzie su operazioni sottese che non costituiscono prestito, come le garanzie sulle operazioni in equity. Il massimale specifico va determinato sulla base del fatto che, prendendo in considerazione un tasso massimo (tasso di insolvenza netto) del 13% corrispondente allo scenario peggiore per i regimi di garanzia nell’Unione, una garanzia pari a 3 750 000 EUR può essere considerata come avente un equivalente sovvenzione lordo identico al massimale “de minimis” di 500 000 EUR. Solo le garanzie fino all'80% del prestito sotteso dovrebbero essere coperte da tali massimali specifici. Per valutare l'equivalente sovvenzione lordo contenuto in una garanzia, gli Stati membri possono inoltre utilizzare una metodologia accettata dalla Commissione, previa notifica, sulla base di un regolamento della Commissione in materia di aiuti di Stato, se la metodologia approvata si riferisce esplicitamente al tipo di garanzie e al tipo di operazioni sottese in questione nel contesto dell'applicazione del presente regolamento.
(19)
Previa notifica da parte di uno Stato membro, la Commissione può esaminare se una misura d'aiuto che non consiste in una sovvenzione, un prestito, una garanzia, un conferimento di capitale o in una misura a favore del capitale di rischio porta a un equivalente sovvenzione lordo non superiore al massimale “de minimis”, e può pertanto rientrare nell'ambito di applicazione delle disposizioni del presente regolamento.
(20)
La Commissione ha il dovere di provvedere affinché siano osservate le disposizioni in materia di aiuti di Stato e in particolare affinché gli aiuti concessi secondo la norma “de minimis” siano conformi alle condizioni prestabilite. In forza del dovere di collaborazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, gli Stati membri sono tenuti ad agevolare l’adempimento di tale compito, istituendo modalità di controllo tali da garantire che l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi alla medesima impresa per la prestazione di servizi di interesse economico generale non ecceda il massimale complessivo ammissibile. A tal fine e per assicurare la conformità alle disposizioni relative al cumulo con gli aiuti di cui agli altri regolamenti “de minimis”, quando concedono un aiuto “de minimis” in base al presente regolamento, gli Stati membri informano l’impresa interessata dell’importo dell'aiuto e della sua natura “de minimis”, facendo riferimento al presente regolamento. Inoltre, prima di concedere l’aiuto, lo Stato membro interessato deve ottenere dall'impresa una dichiarazione sugli eventuali altri aiuti “de minimis”, oggetto del presente regolamento o degli altri regolamenti “de minimis”, ricevuti durante l'esercizio finanziario interessato e nei due precedenti. Come alternativa, lo Stato membro ha la possibilità di assicurare il rispetto del massimale mediante un registro centrale.
(21)
Il presente regolamento deve applicarsi fatte salve le condizioni poste dal diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o da requisiti aggiuntivi derivanti dal trattato o da normative settoriali dell'Unione.
(22)
Il presente regolamento deve applicarsi agli aiuti concessi prima della sua entrata in vigore a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale.
(23)
La Commissione intende riesaminare il presente regolamento cinque anni dopo la sua entrata in vigore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Ambito di applicazione e definizioni
1. Il presente regolamento si applica agli aiuti concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale a norma dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato.
2. Il presente regolamento non si applica ai seguenti aiuti:
a)
aiuti concessi a imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio (11);
b)
aiuti concessi a imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli;
c)
aiuti concessi a imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti:
i)
quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate,
ii)
quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari;
d)
aiuti per attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione;
e)
aiuti subordinati all'impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d'importazione;
f)
aiuti concessi a imprese operanti nel settore carboniero ai sensi della decisione 2010/787/UE del Consiglio (12);
g)
aiuti concessi a imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi;
h)
aiuti concessi a imprese in difficoltà.
Se un’impresa opera nei settori di cui alle lettere a), b), c) o g) del primo comma o in settori non esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento, quest’ultimo si applica solo agli aiuti concessi per quegli altri settori o attività, a condizione che gli Stati membri garantiscano che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficiano degli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento, tramite mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi.
3. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a)
per “prodotti agricoli” si intendono i prodotti elencati nell’allegato I del trattato, esclusi i prodotti della pesca;
b)
per “trasformazione di un prodotto agricolo” si intende qualsiasi trattamento di un prodotto agricolo in cui il prodotto ottenuto resta pur sempre un prodotto agricolo, eccezion fatta per le attività agricole necessarie per preparare un prodotto animale o vegetale alla prima vendita;
c)
per “commercializzazione di un prodotto agricolo” si intende la detenzione o l’esposizione di un prodotto agricolo allo scopo di vendere, consegnare o immettere sul mercato in qualsiasi altro modo detto prodotto, ad eccezione della prima vendita da parte di un produttore primario a rivenditori o a imprese di trasformazione, e qualsiasi attività che prepara il prodotto per tale prima vendita; la vendita da parte di un produttore primario a consumatori finali è considerata commercializzazione se ha luogo in locali separati riservati a tale scopo.
Articolo 2
Aiuti “de minimis”
1. Sono considerati non corrispondenti a tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato, e pertanto esenti dall'obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, gli aiuti concessi alle imprese per la fornitura di servizi di interesse economico generale che rispettano le condizioni stabilite ai paragrafi da 2 a 8 del presente articolo.
2. L’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi a un'impresa che fornisce servizi di interesse economico generale non supera i 500 000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari.
Tale massimale si applica a prescindere dalla forma dell’aiuto “de minimis” o a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine unionale. Il periodo viene determinato facendo riferimento agli esercizi finanziari utilizzati dall'impresa nello Stato membro interessato.
3. I massimali stabiliti al paragrafo 2 sono espressi in termini di sovvenzione diretta in denaro. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta o altro onere. Quando un aiuto è concesso in forma diversa da una sovvenzione diretta in denaro, l’importo dell’aiuto è l’equivalente sovvenzione lordo.
Gli aiuti erogabili in più quote sono attualizzati al loro valore al momento della concessione. Il tasso di interesse da utilizzare ai fini dell’attualizzazione è costituito dal tasso vigente al momento della concessione.
4. Il presente regolamento si applica solo agli aiuti riguardo ai quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un’analisi del rischio (“aiuti trasparenti”). In particolare:
a)
gli aiuti concessi sotto forma di prestiti sono trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se l’equivalente sovvenzione lordo è stato calcolato sulla base dei tassi di riferimento in vigore al momento della concessione;
b)
gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non sono considerati come aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore al massimale “de minimis”;
c)
gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio non sono considerati aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato preveda apporti di capitali per un importo non superiore al massimale “de minimis” per ogni impresa destinataria;
d)
gli aiuti individuali concessi nel quadro di un regime di garanzia a imprese che non sono imprese in difficoltà sono trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se la parte garantita del prestito sotteso concesso nell’ambito di tale regime non supera 3 750 000 EUR per impresa. Se la parte garantita del prestito sotteso rappresenta solo una data percentuale di tale massimale, si ritiene che l'equivalente sovvenzione lordo di tale garanzia corrisponda alla stessa proporzione del massimale applicabile stabilito al paragrafo 2. La garanzia non deve superare l’80% del prestito sotteso. I regimi di garanzia sono considerati trasparenti anche quando:
i)
prima dell'attuazione del regime, la metodologia per calcolare l'equivalente sovvenzione lordo delle garanzie è stata approvata dopo essere stata notificata alla Commissione ai sensi di un regolamento adottato dalla Commissione nel settore degli aiuti di Stato; e
ii)
la metodologia approvata si riferisce esplicitamente al tipo di garanzie e al tipo di operazioni sottese in questione nel contesto dell'applicazione del presente regolamento.
5. Qualora l'importo complessivo dell’aiuto “de minimis” concesso a un'impresa per la fornitura di servizi di interesse economico generale superi il massimale di cui al paragrafo 2, tale importo non può beneficiare dell’esenzione prevista dal presente regolamento, neppure per la frazione che non supera detto massimale. In tal caso, il beneficio del presente regolamento non può essere invocato per questa misura di aiuto.
6. Gli aiuti “de minimis” non sono cumulabili con aiuti di Stato relativamente agli stessi costi ammissibili se un tale cumulo dà luogo a un'intensità d'aiuto superiore a quella fissata, per le specifiche circostanze di ogni caso, in un regolamento di esenzione per categoria o in una decisione della Commissione.
7. Gli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento possono essere cumulati con aiuti previsti dagli altri regolamenti “de minimis” fino al massimale di cui al paragrafo 2.
8. Gli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento non sono cumulabili con alcuna compensazione riguardante lo stesso servizio di interesse economico generale, a prescindere dal fatto che costituiscano aiuti di Stato o meno.
Articolo 3
Controllo
1. Quando intende concedere un aiuto “de minimis” a un'impresa a norma del presente regolamento, lo Stato membro informa detta impresa per iscritto comunicandole il probabile importo dell'aiuto (espresso come equivalente sovvenzione lordo), il servizio di interesse economico generale per il quale viene concesso e il suo carattere “de minimis”, facendo esplicito riferimento al presente regolamento e citandone il titolo e il riferimento di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Se un aiuto “de minimis” a norma del presente regolamento è concesso a più imprese nell’ambito di un regime e importi diversi di aiuti individuali sono concessi a tali imprese nel quadro del regime, lo Stato membro interessato può scegliere di adempiere a quest’obbligo segnalando alle imprese una somma fissa che corrisponde all’importo massimo di aiuto che è possibile concedere nel quadro del regime. In tal caso, la somma fissa è usata per determinare se il massimale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, è rispettato. Prima di concedere l’aiuto, lo Stato membro richiede inoltre una dichiarazione all’impresa che fornisce il servizio di interesse economico generale, in forma scritta o elettronica, relativa a qualsiasi altro aiuto “de minimis” ricevuto a norma del presente regolamento o di altri regolamenti “de minimis” durante i due esercizi finanziari precedenti e nell’esercizio finanziario in corso.
Lo Stato membro può erogare nuovi aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento soltanto dopo aver accertato che essi non facciano salire l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi all'impresa in questione in forza del presente regolamento a un livello superiore al massimale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e che siano rispettate le norme relative al cumulo di cui all'articolo 2, paragrafi 6, 7 e 8.
2. Se uno Stato membro ha istituito un registro centrale degli aiuti “de minimis”, contenente informazioni complete su tutti gli aiuti “de minimis” concessi da qualsiasi autorità dello stesso Stato membro a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale, le disposizioni di cui al paragrafo 1, primo comma, cessano di applicarsi dal momento in cui il registro copre un periodo di tre anni.
3. Gli Stati membri registrano e raccolgono tutte le informazioni riguardanti l’applicazione del presente regolamento. Si tratta di tutte le informazioni necessarie ad accertare che le condizioni del presente regolamento siano soddisfatte. I dati riguardanti gli aiuti “de minimis” individuali sono conservati per dieci esercizi finanziari dalla data della concessione. I dati relativi a un regime di aiuti “de minimis” vengono conservati per dieci anni dalla data in cui è stato concesso l’ultimo aiuto individuale a norma del regime di cui trattasi. Su richiesta scritta, lo Stato membro interessato trasmette alla Commissione, entro 20 giorni lavorativi ovvero entro un termine più lungo fissato nella richiesta, tutte le informazioni che la Commissione ritiene necessarie per accertare se siano state rispettate le condizioni del presente regolamento, con particolare riferimento all’importo complessivo degli aiuti “de minimis” ricevuti dalle singole imprese in base al presente regolamento o ad altri regolamenti “de minimis”.
Articolo 4
Disposizioni transitorie
Il presente regolamento si applica agli aiuti per la prestazione di servizi di interesse economico generale concessi anteriormente alla sua entrata in vigore purché soddisfino tutte le condizioni di cui agli articoli 1 e 2. Gli aiuti per la prestazione di servizi di interesse economico generale che non soddisfano tali condizioni sono esaminati in base alle decisioni, alle discipline, agli orientamenti, alle comunicazioni e agli avvisi pertinenti.
Alla fine del periodo di applicazione del presente regolamento, è possibile dare esecuzione per un ulteriore periodo di sei mesi a tutti gli aiuti “de minimis” che soddisfano le condizioni del regolamento stesso.
Articolo 5
Entrata in vigore e periodo di applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento si applica fino al 31 dicembre 2018.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 25 aprile 2012
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1.
(2) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 23.
(3) GU L 379 del 28.12.2006, pag. 5.
(4) GU L 7 dell’11.1.2012, pag. 3.
(5) Causa C-456/00, Repubblica francese/Commissione delle Comunità europee, Racc. 2002, pag. I-11949.
(6) GU C 244 dell’1.10.2004, pag. 2.
(7) Causa C-280/00, Altmark Trans GmbH e Regierungspräsidium Magdeburg/Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH, in presenza di Oberbundesanwalt beim Bundesverwaltungsgerich, Racc. 2003, pag. I-7747.
(8) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15.
(9) GU C 14 del 19.1.2008, pag. 6.
(10) GU C 194 del 18.8.2006, pag. 2.
(11) GU L 17 del 21.1.2000, pag. 22.
(12) GU L 336 del 21.12.2010, pag. 24.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Aiuti de minimis per servizi di interesse economico generale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
L’articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce quali misure costituiscono aiuti di Stato. L’articolo 108, paragrafo 3 del TFUE prescrive, come principio generale, che gli aiuti di Stato debbano essere notificati alla Commissione europea per consentirle di valutare se gli aiuti siano compatibili con il mercato interno. Il regolamento (UE) n. 360/2012 integra il regolamento generale relativo agli aiuti de minimis, ovvero piccoli importi di aiuti di Stato* (regolamento (UE) n. 1407/2013, si veda la sintesi). Entrambi i regolamenti prevedono che gli aiuti al di sotto di una determinata soglia possano essere esentati dagli obblighi di notifica. Tuttavia, il presente regolamento si applica in particolare agli aiuti concessi alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (SIEG), ossia servizi che soddisfano esigenze della società quali l’assistenza sanitaria e di lunga durata, l’assistenza all’infanzia, l’accesso e il reinserimento nel mercato del lavoro, l’edilizia sociale e l’assistenza e l’inclusione sociale dei gruppi vulnerabili. Tale regolamento migliora la certezza del diritto e riduce l’onere amministrativo per la concessione di compensazioni per piccoli SIEG.
PUNTI CHIAVE
L’articolo 2 del regolamento (UE) 2015/1588 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE a determinate categorie di aiuti di Stato (si veda la sintesi) permette alla Commissione di comprendere una norma «de minimis»*in qualsiasi regolamento che adotta. In virtù di tale regola, gli aiuti di modesto importo non sono considerati aiuti di Stato poiché non sortiscono alcun effetto sulla concorrenza e/o sugli scambi commerciali tra gli Stati membri dell’Unione europea; pertanto, non sono soggetti all’obbligo di notifica previsto nell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE. Il regolamento (UE) n. 360/2012 integra il regolamento generale «de minimis», e si applica agli aiuti concessi alle organizzazioni che forniscono servizi di interesse economico generale. Tali aiuti non devono essere notificati se l’importo totale degli aiuti de minimis concessi a un’organizzazione che fornisce servizi di interesse economico generale non supera i 500 000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari e ove siano rispettate le condizioni relative al cumulo. Il massimale per gli importi degli aiuti stabilito dal regolamento (UE) n. 1407/2013 esentati è, invece, di soli 200 000 euro.MonitoraggioQualora uno Stato membro intendesse concedere un aiuto de minimis conformemente al presente regolamento, deve informare l’organizzazione interessata per iscritto, comunicandole:l’importo proposto degli aiuti;i servizi di interesse economico generale per cui sono concessi gli aiuti;il carattere de minimis degli aiuti. Prima di concedere gli aiuti, lo Stato membro deve ottenere una dichiarazione dall’organizzazione in questione, in forma scritta o elettronica, relativa a qualsiasi altri aiuti de minimis ricevuti a norma del presente regolamento o di altri regolamenti de minimis durante i due esercizi finanziari precedenti e nell’esercizio finanziario in corso. Lo Stato membro deve accertare che la nuova cifra non aumenti l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi all’impresa superando il massimale di 500 000 euro. In alternativa, gli Stati membri possono istituire un registro centrale per tutti gli aiuti de minimis concessi nel proprio territorio.Deroga dipendente da fattori temporali nell’ambito della pandemia di COVID-19
Il regolamento (UE) 2020/1474 modifica il regolamento (UE) n. 360/2012 per permettere alle imprese non in difficoltà al 31 dicembre 2019, ma che hanno sperimentato difficoltà nel periodo dal 1o gennaio 2020 al 30 giugno 2021 a causa della pandemia di COVID-19 di beneficiare degli aiuti ai sensi del regolamento (UE) n. 360/2012 per un periodo di tempo limitato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il periodo di applicazione doveva scadere inizialmente il 31 dicembre 2018. La Commissione ha tenuto conto del fatto che le circostanze previste nel regolamento non erano cambiate in modo sostanziale e, pertanto, ha adottato il regolamento (UE) 2018/1923, che ha prorogato il periodo di applicazione di altri due anni fino al 31 dicembre 2020. Il regolamento di modifica (UE) 2020/1474 ha prorogato ulteriormente il periodo di applicazione del regolamento (UE) n. 360/2012 fino al 31 dicembre 2023.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Servizi di interesse economico generale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Norma «de minimis». Una norma che esenta le sovvenzioni di piccola entità dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione per la liquidazione in base alle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di importanza minore (de minimis) concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (GU L 114 del 26.4.2012, pag. 8).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 360/2012 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 2 — Aiuti concessi dagli Stati — Articolo 107 (ex articolo 87 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 91).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 2 — Aiuti concessi dagli Stati — Articolo 108 (ex articolo 88 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 92).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2015/1588 del Consiglio, del 13 luglio 2015, sull’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (codifica) (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis (GU L 352 del 24.12.2013, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. |
Aiuti di Stato — applicazione delle norme sui servizi di interesse economico generale (SIEG)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLE COMUNICAZIONI?
La comunicazione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato chiarisce i concetti chiave relativi agli aiuti di Stato per i servizi di interesse economico generale (servizi pubblici). La decisione definisce le condizioni in cui la compensazione del servizio pubblico è compatibile con il mercato interno e non deve essere notificata alla Commissione europea. La comunicazione sulla disciplina per gli aiuti di Stato definisce le condizioni per la valutazione di compensazioni di importo elevato con non rientrano nell’ambito di applicazione della decisione. Tali casi devono essere notificati alla Commissione e possono essere dichiarati compatibili se rispondono a determinati criteri.
PUNTI CHIAVE
Servizi d’interesse economico generale (SIEG)
I servizi d’interesse economico generale sono attività economiche, quali le reti di trasporti e i servizi postali e sociali, considerati dalle autorità pubbliche come particolarmente importanti per i cittadini, che non verrebbero forniti (o verrebbero fornito a condizioni differenti) senza l’intervento statale.
Compensazione per i SIEG
In base alla sentenza Altmark del 2003 della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), la compensazione del servizio pubblico non costituisce aiuto di Stato se sussistono cumulativamente le quattro condizioni seguenti:L’impresa beneficiaria incaricata deve definire in modo chiaro gli obblighi di servizio pubblico; il metodo di calcolo della compensazione deve essere definito previamente, obiettivo e trasparente; la compensazione non può eccedere i costi pertinenti e un utile ragionevole, cioè non si deve verificare sovracompensazione; e la scelta dell’impresa da incaricare deve avvenire tramite una procedura di appalto pubblico oppure il livello della compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi di un’impresa media, «gestita in modo efficiente» del settore interessato.Qualora una o più delle suddette condizioni non siano soddisfatte, la compensazione del servizio pubblico verrà esaminata in base alle norme sugli aiuti di Stato.
Riforma delle norme sugli aiuti di Stato per i servizi SGEI
Un pacchetto di quattro documenti sui SIEG mira a chiarire e semplificare le norme sugli aiuti di Stato a favore dei SIEG.
La Comunicazione sull’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato dell’Unione europeaspiega due tipi di nozioni: concetti generali di aiuto di Stato e concetti specifici di SIEG; chiarisce le condizioni in cui la compensazione per il servizio pubblico non costituisce un aiuto di Stato a causa dell’assenza di qualsiasi vantaggio; definisce i diversi requisiti per la gestione di SGEIl’atto di incarico, un incarico di servizio pubblico che definisce gli obblighi dei fornitori di servizi e dell’autorità pubblicail metodo di calcolo della compensazione, che deve essere stabilito in anticipo in modo obiettivo e trasparente. Non è richiesta alcuna formula specifica, ma il modo in cui verrà calcolata la compensazione deve essere chiaro fin dall’inizioevitare sovracompensazioni: il livello di compensazione non deve superare quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi e un utile ragionevole ela selezione del fornitore e il calcolo della compensazione, mediante un’apposita procedura di appalto o mediante un esercizio di analisi comparativa.La decisione e la disciplina di seguito indicate definiscono le condizioni alle quali una misura di aiuto di Stato è considerata o può essere ritenuta compatibile con il mercato interno sulla base dell’articolo 106, paragrafo 2.
Decisione 2012/21/UELa decisione consente una spesa illimitata nel settore dei servizi sociali:edilizia sociale e ospedali;servizi che rispondono a esigenze sociali essenziali in materia di assistenza sanitaria e assistenza di lungo termine;servizi per l’infanzia;accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro; eassistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili. Per tutte le altre attività dei SIEG la soglia della compensazione è di 15 milioni di euro annui. Qualsiasi finanziamento concesso al di sopra di questa soglia deve essere notificato alla Commissione in base alla disciplina dei SIEG. Il periodo di durata dell’incarico del fornitore di SIEG non deve superiore a dieci anni. Nel settore dei trasporti, la compensazione può essere data:per i collegamenti aerei o marittimi verso le isole e con traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri;ai porti con un traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri; eagli aeroporti con un traffico annuale medio non superiore a 200 000 passeggeri.Disciplina dell’UE
La disciplina:fornisce una metodologia più precisa per il calcolo dell’importo della compensazione ammissibile; impone agli Stati membri di introdurre incentivi all’efficienza per incoraggiare il fornitore di servizi a operare in modo più efficiente; rafforza i requisiti di trasparenza; introduce l’obbligo per i SIEG di conformarsi alle norme dell’UE in materia di appalti pubblici; introduce un requisito di «non discriminazione»: quando vi sono più organizzazioni che forniscono un SIEG, la compensazione deve essere calcolata allo stesso modo per evitare discriminazioni.Relazioni
Ogni due anni gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull’applicazione della decisione e sulla conformità con la disciplina.
Trasparenza
Gli Stati membri devono pubblicare i dettagli sul finanziamento di un SIEG nell’ambito della decisione (per compensazioni superiori a 15 milioni di euro concesse a un’impresa che svolge anche attività al di fuori del campo di applicazione del SIEG) o la disciplina su base annuale:sul sito internet della Commissione sugli aiuti di Stato e la trasparenza; sul loro sito web nazionale o regionale sulla trasparenza.Linee guida
La Commissione ha predisposto linee guida sull’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato ai SIEG.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata dal 31 gennaio 2012.
CONTESTO
Servizi di interesse economico generale (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 4).
Decisione della Commissione 2012/21/UE, del 20 dicembre 2011, sull’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (GU L 7 dell’11.1.2012, pag. 3).
Comunicazione della Commissione — Disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — Articolo 106 (ex articolo 86 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90).
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Guida relativa all’applicazione ai servizi di interesse economico generale, e in particolare ai servizi sociali di interesse generale, delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, di appalti pubblici e di mercato interno [SWD(2013) 53 final/2, del 29.4.2013].
Regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di importanza minore (de minimis) concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (GU L 114 del 26.4.2012, pag. 8).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 360/2012 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 20 dicembre 2011
riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale
[notificata con il numero C(2011) 9380]
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2012/21/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 106, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi dell’articolo 14 del trattato l’Unione, fatti salvi gli articoli 93, 106 e 107 del trattato, provvede affinché i servizi di interesse economico generale funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti.
(2)
Affinché taluni servizi di interesse economico generale funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti, può rendersi necessario un sostegno finanziario da parte dello Stato destinato a coprire interamente o in parte i costi specifici relativi agli obblighi di servizio pubblico. Conformemente all’articolo 345 del trattato, quale interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è ininfluente il fatto che tali servizi di interesse economico generale siano prestati da imprese pubbliche o private.
(3)
In questo contesto, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del trattato, in particolare alle norme in materia di concorrenza, nella misura in cui l’applicazione di queste norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Ciò non dovrebbe tuttavia incidere sullo sviluppo degli scambi in misura contraria agli interessi dell’Unione.
(4)
Nella sentenza emessa nella causa «Altmark» (1), la Corte di giustizia ha precisato che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del trattato se sono rispettate le seguenti quattro condizioni cumulative. In primo luogo, l’impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo chiaro. In secondo luogo, i parametri in base ai quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente. In terzo luogo, la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire integralmente o parzialmente i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti e di un ragionevole margine di profitto. Infine, quando in un caso specifico la scelta dell’impresa da incaricare dell’esecuzione di obblighi di servizio pubblico non venga effettuata mediante una procedura di appalto pubblico che consenta di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore per la collettività, il livello della necessaria compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata dei mezzi necessari, avrebbe dovuto sopportare.
(5)
Qualora questi criteri non siano soddisfatti e siano rispettate le condizioni generali di applicabilità dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico costituiscono aiuti di Stato e sono soggette alle disposizioni degli articoli 93, 106, 107 e 108 del trattato.
(6)
Oltre alla presente decisione, sono tre gli strumenti pertinenti per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle compensazioni concesse per la prestazione di servizi di interesse economico generale:
a)
una nuova comunicazione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (2) chiarisce l’applicazione dell’articolo 107 del trattato e dei criteri definiti nella sentenza Altmark a tali compensazioni;
b)
un nuovo regolamento che la Commissione intende adottare relativamente all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato agli aiuti di importanza minore («de minimis») per la prestazione di SIEG stabilisce determinate condizioni, fra cui l’importo della compensazione, alle quali si ritiene che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non soddisfino tutti i criteri dell’articolo 107, paragrafo 1;
c)
una disciplina aggiornata degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (3) precisa le modalità secondo cui la Commissione analizzerà i casi che non rientrano nel campo di applicazione della presente decisione e che pertanto devono essere notificati alla Commissione.
(7)
La decisione 2005/842/CE della Commissione, del 28 novembre 2005, riguardante l’applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale (4) precisa il significato e la portata dell’eccezione di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e stabilisce norme che permettano un controllo efficace del rispetto dei criteri previsti in tale disposizione. La presente decisione sostituisce la decisione 2005/842/CE e stabilisce le condizioni alle quali gli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione per i servizi di interesse economico generale non sono soggetti all’obbligo di notifica preventiva stabilito dall’articolo 108, paragrafo 3, del trattato poiché possono essere ritenuti compatibili con l’articolo 106, paragrafo 2, del trattato.
(8)
Tale aiuto può essere considerato compatibile solo se è concesso al fine di garantire la prestazione di servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Risulta dalla giurisprudenza che, in assenza di norme settoriali dell’Unione in materia, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella definizione dei servizi che possono essere definiti di interesse economico generale. È quindi compito della Commissione assicurarsi che non siano commessi errori manifesti nel definire tali servizi.
(9)
A condizione che sia rispettata una serie di criteri, le compensazioni di importo limitato concesse ad imprese incaricate di prestare servizi di interesse economico generale non sono atte a pregiudicare lo sviluppo degli scambi e la concorrenza in misura contraria agli interessi dell’Unione. La notifica individuale degli aiuti di Stato non è quindi richiesta per compensazioni annue inferiori a un determinato importo, purché siano rispettate le condizioni stabilite dalla presente decisione.
(10)
Visto lo sviluppo del commercio intraunionale nel settore della gestione dei servizi di interesse economico generale, evidenziato in particolare dal forte sviluppo dei gestori multinazionali in vari settori di grande importanza per lo sviluppo del mercato interno, è opportuno abbassare il limite dell’importo delle compensazioni che possono essere esentate dall’obbligo di notifica ai sensi della presente decisione rispetto al limite fissato dalla decisione 2005/842/CE, pur consentendo il calcolo di tale importo come media annua relativa alla durata del periodo d’incarico.
(11)
Gli ospedali e le imprese che prestano servizi sociali e sono incaricati di funzioni di interesse economico generale presentano caratteristiche specifiche di cui occorre tener conto. In particolare, va preso in considerazione il fatto che, nelle attuali condizioni economiche e nella fase attuale di sviluppo del mercato interno, i servizi sociali possono necessitare, per compensare i costi dei servizi pubblici, un importo di aiuto che eccede la soglia stabilita nella presente decisione. Un importo compensativo più elevato per i servizi sociali non determina quindi necessariamente un rischio maggiore di distorsione della concorrenza. Di conseguenza, anche le imprese incaricate di svolgere servizi sociali, compresi incarichi di edilizia sociale per fornire alloggi a cittadini svantaggiati o a gruppi sociali più svantaggiati che non sono in grado di trovare un alloggio a condizioni di mercato a causa di limiti a livello di solvibilità, godono dell’esenzione dall’obbligo di notifica di cui alla presente decisione, anche se l’importo della compensazione che ricevono supera la soglia generale di compensazione stabilita dalla presente decisione. Lo stesso vale per gli ospedali che forniscono cure mediche, compresi, ove del caso, servizi di emergenza e attività secondarie direttamente connesse a quelle principali, in particolare nel settore della ricerca. Onde poter beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di notifica, i servizi sociali devono essere servizi definiti chiaramente che rispondono ad esigenze sociali essenziali in materia di assistenza sanitaria, assistenza di lungo termine, servizi per l’infanzia, accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro, edilizia sociale e assistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili.
(12)
Il grado in cui una determinata misura di compensazione influisce sugli scambi e sulla concorrenza dipende non solamente dall’importo medio della compensazione ricevuta ogni anno e dal settore interessato ma anche dalla durata complessiva del periodo di incarico. L’applicazione della presente decisione deve essere limitata a periodi d’incarico non superiori a dieci anni, a meno che l’esigenza di un investimento significativo non giustifichi una durata superiore, ad esempio nel settore dell’edilizia sociale.
(13)
Ai fini dell’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, l’impresa in questione deve essere stata specificamente incaricata dallo Stato membro della gestione di un determinato servizio di interesse economico generale.
(14)
Onde garantire che i criteri di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato vengano rispettati, è necessario stabilire condizioni precise da soddisfare per quanto riguarda il conferimento della gestione di servizi di interesse economico generale. Il calcolo e il controllo dell’importo della compensazione possono essere effettuati correttamente solo se vengono definiti con chiarezza, in uno o più atti delle pubbliche autorità competenti dello Stato membro interessato, gli obblighi di servizio pubblico che spettano alle imprese e gli eventuali obblighi che spettano allo Stato. La forma dell’atto può variare da uno Stato membro all’altro ma deve precisare almeno le imprese considerate, l’oggetto e la durata esatti e, se del caso, il territorio interessato dagli obblighi di servizio pubblico, la concessione di diritti esclusivi o speciali, e descrivere il meccanismo della compensazione nonché i parametri per determinarne l’importo e per prevenire e recuperare eventuali sovracompensazioni. Onde garantire la trasparenza relativamente all’applicazione della presente decisione, l’atto di incarico deve contenere un riferimento alla medesima.
(15)
Al fine di evitare distorsioni ingiustificate della concorrenza, la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi netti sostenuti dall’impresa per gestire il servizio, compreso un margine di utile ragionevole.
(16)
La compensazione in eccesso rispetto a quanto necessario per la copertura dei costi netti sostenuti dall’impresa interessata nel gestire il servizio di interesse economico generale non è necessaria per la gestione di tale servizio e costituisce un aiuto pubblico incompatibile, che deve essere restituito allo Stato. Anche la compensazione concessa per la gestione di un servizio di interesse economico generale, ma effettivamente utilizzata dall’impresa interessata per operare su un altro mercato a scopi diversi da quelli precisati nell’atto di incarico, non è necessaria per la gestione del servizio di interesse economico generale e può costituire dunque un aiuto di Stato incompatibile che deve essere rimborsato.
(17)
Il costo netto da prendere in considerazione può essere calcolato come differenza fra i costi sostenuti per la gestione del servizio di interesse economico generale e le entrate derivanti da tale servizio oppure come differenza fra il costo netto sostenuto dal gestore in presenza dell’obbligo di servizio pubblico e il costo netto o l’utile derivante al gestore in assenza di tale obbligo. In particolare, se l’adempimento di un obbligo di servizio pubblico comporta una riduzione delle entrate, ad esempio a causa di tariffe regolamentate, ma non incide sui costi, il costo netto derivante dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico può essere determinato in base alle minori entrate Onde evitare distorsioni ingiustificate della concorrenza, occorre che il calcolo dell’importo della compensazione prenda in considerazione tutte le entrate derivanti dal servizio di interesse economico generale, ovvero tutte le entrate che il fornitore non avrebbe ottenuto senza l’incarico di adempiere gli obblighi. Gli eventuali profitti eccedenti il margine di utile ragionevole derivanti al gestore da diritti speciali o esclusivi connessi ad attività diverse dai servizi di interesse economico generale per i quali è concesso l’aiuto e gli eventuali altri benefici attribuiti dallo Stato devono essere ricompresi nelle entrate indipendentemente dalla loro classificazione ai fini dell’articolo 107 del trattato.
(18)
Per «margine di utile ragionevole» si intende il tasso di remunerazione del capitale che tiene conto del livello di rischio sostenuto o dell’assenza di rischio. Per «tasso di remunerazione del capitale» s’intende il tasso di rendimento interno che l’impresa ottiene sul capitale investito per la durata del periodo di incarico.
(19)
Gli utili non superiori al tasso swap pertinente maggiorato di 100 punti base sono considerati accettabili. A tal riguardo, per «tasso swap pertinente» si intende un tasso adeguato di remunerazione per un investimento privo di rischio. Il premio di 100 punti base serve, tra l’altro, a compensare il rischio di liquidità relativo al conferimento di capitale che è impegnato per la gestione del servizio per la durata del periodo di incarico.
(20)
Utili superiori al livello di riferimento del tasso swap pertinente maggiorato di 100 punti base non sono considerati ragionevoli qualora l’impresa incaricata di un servizio di interesse economico generale non sopporti un livello di rischio commerciale significativo, ad esempio perché i costi sostenuti per la prestazione del servizio sono interamente compensati.
(21)
Qualora, a causa di specifiche circostanze, non sia opportuno assumere a parametro il tasso di rendimento del capitale, gli Stati membri devono potersi basare su altri indicatori del livello dell’utile per determinare il margine di utile ragionevole, quali il tasso medio di remunerazione del capitale proprio, il rendimento del capitale investito, il rendimento delle attività o l’utile sulle vendite.
(22)
Per stabilire cosa costituisca un margine di utile ragionevole, gli Stati membri dovrebbero poter introdurre criteri di incentivazione, in funzione in particolare della qualità del servizio reso e degli aumenti di efficienza produttiva. Gli incrementi di efficienza non dovrebbero ridurre la qualità del servizio prestato. Ad esempio, gli Stati membri dovrebbero poter definire obiettivi di efficienza produttiva nell’atto di incarico in base ai quali il livello della compensazione è subordinato alla misura in cui gli obiettivi sono stati raggiunti. L’atto di incarico può prevedere una riduzione o un aumento della compensazione, calcolati secondo un metodo specificato nell’atto stesso, se l’impresa, rispettivamente, non raggiunge o supera gli obiettivi stabiliti. Le remunerazioni associate agli incrementi di efficienza devono essere fissate a un livello tale da consentire una ripartizione equilibrata dei benefici fra l’impresa e lo Stato membro e/o gli utenti.
(23)
L’articolo 93 del trattato costituisce una lex specialis rispetto all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Esso stabilisce regole applicabili alle compensazioni degli obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti terrestri. L’articolo 93 è stato interpretato dal regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (5), il quale stabilisce le norme applicabili alla compensazione degli obblighi di servizio pubblico nel settore dei servizi pubblici di trasporto di passeggeri. La sua applicazione ai trasporti di passeggeri per via navigabile interna è a discrezione degli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 1370/2007 esonera dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato tutte le compensazioni nel settore dei trasporti terrestri che soddisfano le condizioni stabilite dal regolamento medesimo. Conformemente alla sentenza nella causa Altmark, le compensazioni nel settore dei trasporti terrestri che non rispettano le disposizioni dell’articolo 93 del trattato non possono essere dichiarate compatibili con il trattato in base all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato o ad altra disposizione del trattato. Di conseguenza la presente decisione non si applica al settore dei trasporti terrestri.
(24)
A differenza del settore dei trasporti terrestri, i settori dei trasporti aerei e marittimi sono soggetti alle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Alcune norme applicabili alla compensazione degli obblighi di servizio pubblico nei settori dei trasporti aerei e marittimi figurano nel regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (6) e nel regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l’applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) (7). Tuttavia, contrariamente al regolamento (CE) n. 1370/2007, questi regolamenti non riguardano la compatibilità degli eventuali elementi di aiuto di Stato e non prevedono un’esenzione dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato. La presente decisione deve pertanto applicarsi alle compensazioni degli obblighi di servizio pubblico nei settori dei trasporti aerei e marittimi a condizione che, oltre a soddisfare le condizioni di cui alla presente decisione, tali compensazioni rispettino anche le norme settoriali contenute nei regolamenti (CE) n. 1008/2008 e (CE) n. 3577/92, ove applicabili.
(25)
Nei casi specifici di compensazioni di obblighi di servizio pubblico concesse per collegamenti aerei o marittimi con le isole o per aeroporti o porti che costituiscono servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, risulta opportuno fissare soglie sulla base del numero medio annuo di passeggeri, il che riflette meglio la realtà economica di tali attività e il loro carattere di servizi di interesse economico generale.
(26)
L’esenzione dall’obbligo di notifica preventiva per taluni servizi di interesse economico generale non esclude la possibilità che gli Stati membri notifichino un progetto di aiuto specifico. Nel caso in cui venga presentata tale notifica, o se la Commissione valuta la compatibilità di una specifica misura di aiuti a seguito di una denuncia o d’ufficio, la Commissione valuterà il rispetto delle condizioni di cui alla presente decisione. Diversamente, la misura verrà valutata sulla base dei principi contenuti nella comunicazione della Commissione relativa a una disciplina degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico.
(27)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni della direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese (8).
(28)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni dell’Unione in materia di concorrenza, in particolare gli articoli 101 e 102 del trattato.
(29)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni dell’Unione in materia di appalti pubblici.
(30)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni più restrittive in materia di obblighi di servizio pubblico, contenute in normative settoriali dell’Unione.
(31)
È opportuno definire disposizioni transitorie per gli aiuti individuali concessi prima dell’entrata in vigore della presente decisione. I regimi di aiuto messi ad esecuzione a norma della decisione 2005/842/CE prima dell’entrata in vigore della presente decisione devono continuare a essere considerati compatibili con il mercato interno e essere esentati dall’obbligo di notifica per un ulteriore periodo di due anni. Gli aiuti messi ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione in difformità dalla decisione 2005/842/CE, ma che soddisfano le condizioni stabilite dalla presente decisione, devono essere considerati compatibili con il mercato interno e ed esentati dall’obbligo di notifica,
(32)
La Commissione intende riesaminare la presente decisione cinque anni dopo la sua entrata in vigore,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo
Oggetto
La presente decisione stabilisce le condizioni alle quali gli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale sono compatibili con il mercato interno e esenti dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente decisione si applica agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico ad imprese incaricate di servizi di interesse economico generale di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, che rientrano in una delle seguenti categorie:
a)
compensazioni di importo annuo inferiore a 15 milioni di EUR per la prestazione di servizi di interesse economico generale in settori diversi da quello dei trasporti e delle relative infrastrutture;
qualora l’importo della compensazione vari nel corso dell’incarico, l’importo annuo è calcolato come media degli importi annui della compensazione che si prevede di ricevere durante il periodo d’incarico;
b)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale da parte di ospedali che forniscono cure mediche, compresi, ove del caso, servizi di emergenza. Lo svolgimento di attività secondarie connesse a quelle principali, in particolare nel settore della ricerca, non preclude tuttavia l’applicazione del presente paragrafo;
c)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale rispondenti ad esigenze sociali in materia di assistenza sanitaria, assistenza di lunga durata, servizi per l’infanzia, accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro, edilizia sociale e assistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili;
d)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale relativi ai collegamenti aerei o marittimi verso le isole e con traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri nei due esercizi precedenti quello in cui è stato affidato il servizio di interesse economico generale;
e)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale relativi ad aeroporti e porti con un traffico annuale medio non superiore a 200 000 passeggeri per gli aeroporti e a 300 000 passeggeri per i porti nei due esercizi precedenti quello in cui è stato affidato il servizio di interesse economico generale.
2. La presente decisione si applica esclusivamente quando il periodo durante il quale l’impresa è incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale ha durata inferiore a dieci anni. Qualora il periodo di incarico sia superiore a dieci anni, la presente decisione si applica soltanto nella misura in cui il fornitore del servizio debba effettuare investimenti significativi da ammortizzare su un arco di tempo più lungo in base a principi contabili generalmente riconosciuti.
3. Se durante l’incarico non sono più rispettate le condizioni per l’applicazione della presente decisione, la misura deve essere notificata a norma dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
4. Nel settore dei trasporti aerei e marittimi, la presente decisione si applica soltanto agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico alle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e che soddisfano, all’occorrenza, rispettivamente le disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1008/2008 e (CE) n. 3577/92.
5. La presente decisione non si applica agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico ad imprese del settore dei trasporti terrestri.
Articolo 3
Compatibilità ed esenzione dall’obbligo di notifica
Gli aiuti di Stato sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico che soddisfano le condizioni stabilite dalla presente decisione sono compatibili con il mercato interno ed esenti dall’obbligo di notifica preventiva di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, purché rispondano altresì alle prescrizioni derivanti dal trattato e dalle normative settoriali dell’Unione.
Articolo 4
Incarico
La gestione del servizio di interesse economico generale è affidata all’impresa mediante uno o più atti, la cui forma può essere stabilita da ciascuno Stato membro. Tali atti devono in particolare indicare:
a)
l’oggetto e la durata degli obblighi di servizio pubblico;
b)
l’impresa e, se del caso, il territorio interessati;
c)
la natura dei diritti esclusivi o speciali eventualmente conferiti all’impresa dall’autorità che assegna l’incarico;
d)
la descrizione del sistema di compensazione e i parametri per il calcolo, il controllo e la revisione della compensazione;
e)
le disposizioni intese a prevenire ed eventualmente recuperare le sovracompensazioni e
f)
un riferimento alla presente decisione.
Articolo 5
Compensazione
1. L’importo della compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire il costo netto determinato dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, nonché un margine di utile ragionevole.
2. Il costo netto può essere calcolato come differenza fra costi definiti a norma del paragrafo 3 ed entrate definite a norma del paragrafo 4. In alternativa, può essere calcolato come differenza fra il costo netto sostenuto dal gestore del servizio soggetto all’obbligo di servizio pubblico e il costo netto o l’utile derivante al gestore in assenza di tale obblighi.
3. I costi da prendere in considerazione comprendono tutti i costi sostenuti nella gestione del servizio di interesse economico generale. Essi sono calcolati come segue, sulla base di principi di contabilità analitica generalmente riconosciuti:
a)
quando le attività dell’impresa considerata si limitano al servizio di interesse economico generale, possono essere presi in considerazione tutti i suoi costi;
b)
quando l’impresa svolge anche attività al di fuori dell’ambito del servizio di interesse economico generale, vengono presi in considerazione solo i costi relativi al servizio di interesse economico generale;
c)
i costi imputati al servizio di interesse economico generale possono includere tutti i costi diretti connessi alla gestione del servizio di interesse economico generale stesso e una quota adeguata dei costi comuni sia al servizio di interesse economico generale che ad altre attività;
d)
i costi connessi ad investimenti, in particolare relativi a infrastrutture, possono essere presi in considerazione quando risultano necessari per la gestione del servizio di interesse economico generale.
4. Le entrate da tenere in considerazione comprendono perlomeno tutte le entrate percepite grazie al servizio di interesse economico generale, a prescindere dalla loro qualificazione come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del trattato. Gli eventuali profitti eccedenti il margine di utile ragionevole derivanti al gestore da diritti speciali o esclusivi connessi ad attività diverse dai servizi di interesse economico generale per i quali è concesso l’aiuto e gli eventuali altri benefici attribuiti dallo Stato devono essere ricompresi nelle entrate indipendentemente dalla loro classificazione ai fini dell’articolo 107 del trattato. Lo Stato membro interessato può altresì decidere che gli utili risultanti da altre attività, che esulano dall’ambito del servizio di interesse economico generale in questione, debbano essere destinati interamente o in parte al finanziamento del servizio di interesse economico generale.
5. Ai fini della presente decisione, per «margine di utile ragionevole» si intende il tasso di remunerazione del capitale che un’impresa media esigerebbe nel valutare se prestare o meno il servizio di interesse economico generale per l’intero periodo di incarico, tenendo conto del livello di rischio. Per «tasso di remunerazione del capitale» s’intende il tasso di rendimento interno che l’impresa ottiene sul capitale investito nel periodo di incarico. Il livello di rischio dipende dal settore interessato, dal tipo di servizio e dalle caratteristiche della compensazione.
6. Nel determinare il margine di utile ragionevole, gli Stati membri possono introdurre criteri di incentivazione riguardanti in particolare la qualità del servizio reso e gli incrementi di efficienza produttiva. Quest’ultimi non devono ridurre la qualità del servizio prestato. Le remunerazioni associate agli incrementi di efficienza sono fissate a un livello tale da consentire una ripartizione equilibrata dei benefici fra l’impresa e lo Stato membro e/o gli utenti.
7. Ai fini della presente decisione, è in ogni caso considerato ragionevole un tasso di rendimento del capitale non superiore al tasso swap pertinente maggiorato di un premio di 100 punti base. Il tasso swap pertinente è il tasso swap la cui scadenza e valuta corrispondano alla durata e valuta dell’atto di incarico. Se la prestazione di servizi di interesse economico generale non è connessa a un rischio commerciale o contrattuale significativo, in particolare quando il costo netto sostenuto per la prestazione del servizio è essenzialmente compensato interamente ex post, l’utile ragionevole non può superare il tasso swap pertinente maggiorato di un premio di 100 punti base.
8. Qualora, a causa di specifiche circostanze, non sia opportuno assumere a parametro il tasso di rendimento del capitale, gli Stati membri, per determinare l’ammontare del margine di utile ragionevole, possono basarsi su indicatori del livello dell’utile diversi dal tasso di rendimento del capitale, quali il tasso medio di remunerazione del capitale proprio, il rendimento del capitale investito, il rendimento degli attivi o l’utile sulle vendite. Per rendimento s’intende il risultato al lordo delle imposte e degli oneri finanziari nell’anno di cui trattasi. Il rendimento medio è calcolato applicando il tasso di attualizzazione sul periodo contrattuale a norma della comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (9). A prescindere dall’indicatore scelto, lo Stato membro deve essere in grado di fornire alla Commissione, su richiesta, prove attestanti che l’utile non eccede il livello che un’impresa esigerebbe nel valutare se prestare o meno il servizio, adducendo ad esempio i rendimenti realizzati in base a contratti simili attribuiti in condizioni di concorrenza.
9. Qualora un’impresa svolga sia attività che rientrano nell’ambito del servizio di interesse economico generale sia attività che ne esulano, dalla contabilità interna devono risultare distintamente i costi e i ricavi derivanti dal servizio di interesse economico generale e quelli degli altri servizi, nonché i parametri di imputazione dei costi e delle entrate. I costi imputabili ad eventuali attività diverse dal servizio di interesse economico generale devono comprendere tutti i costi diretti nonché una quota adeguata dei costi fissi comuni e una remunerazione adeguata del capitale. Non può essere concessa alcuna compensazione relativamente a tali costi.
10. Gli Stati membri devono ingiungere alle imprese interessate di restituire le eventuali sovracompensazioni ricevute.
Articolo 6
Controllo della sovracompensazione
1. Gli Stati membri provvedono affinché la compensazione concessa per la gestione del servizio di interesse economico generale risponda alle condizioni stabilite nella presente decisione e, in particolare, che le imprese non ricevano una compensazione eccedente l’importo determinato conformemente all’articolo 5. Essi devono essere in grado di fornire prove su richiesta della Commissione. Gli Stati membri effettuano o provvedono affinché siano effettuate verifiche periodiche almeno ogni tre anni nel corso del periodo di incarico e al termine di tale periodo.
2. Qualora un’impresa abbia ricevuto una compensazione che ecceda l’importo determinato a norma dell’articolo 5, lo Stato membro richiede all’impresa interessata di restituire le sovracompensazioni ricevute. I parametri di calcolo della compensazione devono essere aggiornati per il futuro. Qualora l’importo della sovracompensazione non superi il 10 % dell’importo della compensazione media annua, la sovracompensazione può essere riportata al periodo successivo e dedotta dall’importo della compensazione da versare relativamente a questo periodo.
Articolo 7
Trasparenza
Per le compensazioni superiori a 15 milioni di EUR concesse a imprese che svolgano anche attività al di fuori dell’ambito del servizio di interesse economico generale, lo Stato membro interessato pubblica le seguenti informazioni, su Internet o in altro modo adeguato:
a)
l’atto di incarico o una sintesi che comprenda quanto richiesto all’articolo 4;
b)
gli importi di aiuto erogati all’impresa su base annua.
Articolo 8
Disponibilità delle informazioni
Gli Stati membri mettono a disposizione, durante il periodo di incarico e per almeno dieci anni dalla fine del periodo di incarico, tutte le informazioni necessarie per determinare se le compensazioni concesse sono compatibili con la presente decisione.
Su richiesta scritta della Commissione, gli Stati membri le trasmettono tutte le informazioni che la Commissione reputa necessarie per stabilire la compatibilità delle misure di compensazione in vigore con la presente decisione.
Articolo 9
Relazioni
Ogni due anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente decisione. Tali relazioni forniscono una descrizione dettagliata dell’applicazione della decisione alle differenti categorie di servizi di cui all’articolo 2, paragrafo 1, e in particolare:
a)
una descrizione dell’applicazione della presente decisione e delle sue disposizioni ai servizi che rientrano nel suo campo di applicazione, comprese le attività interne;
b)
l’indicazione dell’importo totale degli aiuti concessi in forza della presente decisione, ripartito per settore economico di appartenenza dei beneficiari;
c)
l’indicazione se, per un particolare tipo di servizio, l’applicazione della presente decisione ha occasionato difficoltà o denunce di terzi;
e
d)
ogni altra informazione richiesta dalla Commissione in merito all’applicazione della presente decisione, che verrà indicata in tempo utile prima del termine per la trasmissione della relazione.
La prima relazione deve essere trasmessa entro il 30 giugno 2014.
Articolo 10
Disposizioni transitorie
La presente decisione si applica agli aiuti individuali e ai regimi di aiuti secondo le seguenti modalità:
a)
qualsiasi regime di aiuti messo ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione, che fosse compatibile con il mercato interno ed esente dall’obbligo di notifica a norma della decisione 2005/842/CE, continua a essere compatibile con il mercato interno e esente dall’obbligo di notifica per un ulteriore periodo di due anni;
b)
qualsiasi aiuto messo ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione, che non sia conforme alla decisione 2005/842/CE ma che soddisfi le condizioni stabilite nella presente decisione, è compatibile con il mercato interno e esente dall’obbligo di notifica preventiva.
Articolo 11
Abrogazione
La decisione 2005/842/CE è abrogata.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il 31 gennaio 2012.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 20 dicembre 2011
Per la Commissione
Joaquín ALMUNIA
Vicepresidente
(1) Causa C-280/00 Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg contro Nahverkehrsgesellschaft Altmark, Raccolta 2003, pag. I-7747.
(2) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 4.
(3) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15.
(4) GU L 312 del 29.11.2005, pag. 67.
(5) GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1.
(6) GU L 293 del 31.10.2008, pag. 3.
(7) GU L 364 del 12.12.1992, pag. 7.
(8) GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17.
(9) GU C 14 del 19.1.2008, pag. 6.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 20 dicembre 2011
riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale
[notificata con il numero C(2011) 9380]
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2012/21/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 106, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi dell’articolo 14 del trattato l’Unione, fatti salvi gli articoli 93, 106 e 107 del trattato, provvede affinché i servizi di interesse economico generale funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti.
(2)
Affinché taluni servizi di interesse economico generale funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti, può rendersi necessario un sostegno finanziario da parte dello Stato destinato a coprire interamente o in parte i costi specifici relativi agli obblighi di servizio pubblico. Conformemente all’articolo 345 del trattato, quale interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è ininfluente il fatto che tali servizi di interesse economico generale siano prestati da imprese pubbliche o private.
(3)
In questo contesto, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del trattato, in particolare alle norme in materia di concorrenza, nella misura in cui l’applicazione di queste norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Ciò non dovrebbe tuttavia incidere sullo sviluppo degli scambi in misura contraria agli interessi dell’Unione.
(4)
Nella sentenza emessa nella causa «Altmark» (1), la Corte di giustizia ha precisato che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del trattato se sono rispettate le seguenti quattro condizioni cumulative. In primo luogo, l’impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo chiaro. In secondo luogo, i parametri in base ai quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente. In terzo luogo, la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire integralmente o parzialmente i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti e di un ragionevole margine di profitto. Infine, quando in un caso specifico la scelta dell’impresa da incaricare dell’esecuzione di obblighi di servizio pubblico non venga effettuata mediante una procedura di appalto pubblico che consenta di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore per la collettività, il livello della necessaria compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata dei mezzi necessari, avrebbe dovuto sopportare.
(5)
Qualora questi criteri non siano soddisfatti e siano rispettate le condizioni generali di applicabilità dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico costituiscono aiuti di Stato e sono soggette alle disposizioni degli articoli 93, 106, 107 e 108 del trattato.
(6)
Oltre alla presente decisione, sono tre gli strumenti pertinenti per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle compensazioni concesse per la prestazione di servizi di interesse economico generale:
a)
una nuova comunicazione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (2) chiarisce l’applicazione dell’articolo 107 del trattato e dei criteri definiti nella sentenza Altmark a tali compensazioni;
b)
un nuovo regolamento che la Commissione intende adottare relativamente all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato agli aiuti di importanza minore («de minimis») per la prestazione di SIEG stabilisce determinate condizioni, fra cui l’importo della compensazione, alle quali si ritiene che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non soddisfino tutti i criteri dell’articolo 107, paragrafo 1;
c)
una disciplina aggiornata degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (3) precisa le modalità secondo cui la Commissione analizzerà i casi che non rientrano nel campo di applicazione della presente decisione e che pertanto devono essere notificati alla Commissione.
(7)
La decisione 2005/842/CE della Commissione, del 28 novembre 2005, riguardante l’applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale (4) precisa il significato e la portata dell’eccezione di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e stabilisce norme che permettano un controllo efficace del rispetto dei criteri previsti in tale disposizione. La presente decisione sostituisce la decisione 2005/842/CE e stabilisce le condizioni alle quali gli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione per i servizi di interesse economico generale non sono soggetti all’obbligo di notifica preventiva stabilito dall’articolo 108, paragrafo 3, del trattato poiché possono essere ritenuti compatibili con l’articolo 106, paragrafo 2, del trattato.
(8)
Tale aiuto può essere considerato compatibile solo se è concesso al fine di garantire la prestazione di servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Risulta dalla giurisprudenza che, in assenza di norme settoriali dell’Unione in materia, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella definizione dei servizi che possono essere definiti di interesse economico generale. È quindi compito della Commissione assicurarsi che non siano commessi errori manifesti nel definire tali servizi.
(9)
A condizione che sia rispettata una serie di criteri, le compensazioni di importo limitato concesse ad imprese incaricate di prestare servizi di interesse economico generale non sono atte a pregiudicare lo sviluppo degli scambi e la concorrenza in misura contraria agli interessi dell’Unione. La notifica individuale degli aiuti di Stato non è quindi richiesta per compensazioni annue inferiori a un determinato importo, purché siano rispettate le condizioni stabilite dalla presente decisione.
(10)
Visto lo sviluppo del commercio intraunionale nel settore della gestione dei servizi di interesse economico generale, evidenziato in particolare dal forte sviluppo dei gestori multinazionali in vari settori di grande importanza per lo sviluppo del mercato interno, è opportuno abbassare il limite dell’importo delle compensazioni che possono essere esentate dall’obbligo di notifica ai sensi della presente decisione rispetto al limite fissato dalla decisione 2005/842/CE, pur consentendo il calcolo di tale importo come media annua relativa alla durata del periodo d’incarico.
(11)
Gli ospedali e le imprese che prestano servizi sociali e sono incaricati di funzioni di interesse economico generale presentano caratteristiche specifiche di cui occorre tener conto. In particolare, va preso in considerazione il fatto che, nelle attuali condizioni economiche e nella fase attuale di sviluppo del mercato interno, i servizi sociali possono necessitare, per compensare i costi dei servizi pubblici, un importo di aiuto che eccede la soglia stabilita nella presente decisione. Un importo compensativo più elevato per i servizi sociali non determina quindi necessariamente un rischio maggiore di distorsione della concorrenza. Di conseguenza, anche le imprese incaricate di svolgere servizi sociali, compresi incarichi di edilizia sociale per fornire alloggi a cittadini svantaggiati o a gruppi sociali più svantaggiati che non sono in grado di trovare un alloggio a condizioni di mercato a causa di limiti a livello di solvibilità, godono dell’esenzione dall’obbligo di notifica di cui alla presente decisione, anche se l’importo della compensazione che ricevono supera la soglia generale di compensazione stabilita dalla presente decisione. Lo stesso vale per gli ospedali che forniscono cure mediche, compresi, ove del caso, servizi di emergenza e attività secondarie direttamente connesse a quelle principali, in particolare nel settore della ricerca. Onde poter beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di notifica, i servizi sociali devono essere servizi definiti chiaramente che rispondono ad esigenze sociali essenziali in materia di assistenza sanitaria, assistenza di lungo termine, servizi per l’infanzia, accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro, edilizia sociale e assistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili.
(12)
Il grado in cui una determinata misura di compensazione influisce sugli scambi e sulla concorrenza dipende non solamente dall’importo medio della compensazione ricevuta ogni anno e dal settore interessato ma anche dalla durata complessiva del periodo di incarico. L’applicazione della presente decisione deve essere limitata a periodi d’incarico non superiori a dieci anni, a meno che l’esigenza di un investimento significativo non giustifichi una durata superiore, ad esempio nel settore dell’edilizia sociale.
(13)
Ai fini dell’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, l’impresa in questione deve essere stata specificamente incaricata dallo Stato membro della gestione di un determinato servizio di interesse economico generale.
(14)
Onde garantire che i criteri di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato vengano rispettati, è necessario stabilire condizioni precise da soddisfare per quanto riguarda il conferimento della gestione di servizi di interesse economico generale. Il calcolo e il controllo dell’importo della compensazione possono essere effettuati correttamente solo se vengono definiti con chiarezza, in uno o più atti delle pubbliche autorità competenti dello Stato membro interessato, gli obblighi di servizio pubblico che spettano alle imprese e gli eventuali obblighi che spettano allo Stato. La forma dell’atto può variare da uno Stato membro all’altro ma deve precisare almeno le imprese considerate, l’oggetto e la durata esatti e, se del caso, il territorio interessato dagli obblighi di servizio pubblico, la concessione di diritti esclusivi o speciali, e descrivere il meccanismo della compensazione nonché i parametri per determinarne l’importo e per prevenire e recuperare eventuali sovracompensazioni. Onde garantire la trasparenza relativamente all’applicazione della presente decisione, l’atto di incarico deve contenere un riferimento alla medesima.
(15)
Al fine di evitare distorsioni ingiustificate della concorrenza, la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi netti sostenuti dall’impresa per gestire il servizio, compreso un margine di utile ragionevole.
(16)
La compensazione in eccesso rispetto a quanto necessario per la copertura dei costi netti sostenuti dall’impresa interessata nel gestire il servizio di interesse economico generale non è necessaria per la gestione di tale servizio e costituisce un aiuto pubblico incompatibile, che deve essere restituito allo Stato. Anche la compensazione concessa per la gestione di un servizio di interesse economico generale, ma effettivamente utilizzata dall’impresa interessata per operare su un altro mercato a scopi diversi da quelli precisati nell’atto di incarico, non è necessaria per la gestione del servizio di interesse economico generale e può costituire dunque un aiuto di Stato incompatibile che deve essere rimborsato.
(17)
Il costo netto da prendere in considerazione può essere calcolato come differenza fra i costi sostenuti per la gestione del servizio di interesse economico generale e le entrate derivanti da tale servizio oppure come differenza fra il costo netto sostenuto dal gestore in presenza dell’obbligo di servizio pubblico e il costo netto o l’utile derivante al gestore in assenza di tale obbligo. In particolare, se l’adempimento di un obbligo di servizio pubblico comporta una riduzione delle entrate, ad esempio a causa di tariffe regolamentate, ma non incide sui costi, il costo netto derivante dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico può essere determinato in base alle minori entrate Onde evitare distorsioni ingiustificate della concorrenza, occorre che il calcolo dell’importo della compensazione prenda in considerazione tutte le entrate derivanti dal servizio di interesse economico generale, ovvero tutte le entrate che il fornitore non avrebbe ottenuto senza l’incarico di adempiere gli obblighi. Gli eventuali profitti eccedenti il margine di utile ragionevole derivanti al gestore da diritti speciali o esclusivi connessi ad attività diverse dai servizi di interesse economico generale per i quali è concesso l’aiuto e gli eventuali altri benefici attribuiti dallo Stato devono essere ricompresi nelle entrate indipendentemente dalla loro classificazione ai fini dell’articolo 107 del trattato.
(18)
Per «margine di utile ragionevole» si intende il tasso di remunerazione del capitale che tiene conto del livello di rischio sostenuto o dell’assenza di rischio. Per «tasso di remunerazione del capitale» s’intende il tasso di rendimento interno che l’impresa ottiene sul capitale investito per la durata del periodo di incarico.
(19)
Gli utili non superiori al tasso swap pertinente maggiorato di 100 punti base sono considerati accettabili. A tal riguardo, per «tasso swap pertinente» si intende un tasso adeguato di remunerazione per un investimento privo di rischio. Il premio di 100 punti base serve, tra l’altro, a compensare il rischio di liquidità relativo al conferimento di capitale che è impegnato per la gestione del servizio per la durata del periodo di incarico.
(20)
Utili superiori al livello di riferimento del tasso swap pertinente maggiorato di 100 punti base non sono considerati ragionevoli qualora l’impresa incaricata di un servizio di interesse economico generale non sopporti un livello di rischio commerciale significativo, ad esempio perché i costi sostenuti per la prestazione del servizio sono interamente compensati.
(21)
Qualora, a causa di specifiche circostanze, non sia opportuno assumere a parametro il tasso di rendimento del capitale, gli Stati membri devono potersi basare su altri indicatori del livello dell’utile per determinare il margine di utile ragionevole, quali il tasso medio di remunerazione del capitale proprio, il rendimento del capitale investito, il rendimento delle attività o l’utile sulle vendite.
(22)
Per stabilire cosa costituisca un margine di utile ragionevole, gli Stati membri dovrebbero poter introdurre criteri di incentivazione, in funzione in particolare della qualità del servizio reso e degli aumenti di efficienza produttiva. Gli incrementi di efficienza non dovrebbero ridurre la qualità del servizio prestato. Ad esempio, gli Stati membri dovrebbero poter definire obiettivi di efficienza produttiva nell’atto di incarico in base ai quali il livello della compensazione è subordinato alla misura in cui gli obiettivi sono stati raggiunti. L’atto di incarico può prevedere una riduzione o un aumento della compensazione, calcolati secondo un metodo specificato nell’atto stesso, se l’impresa, rispettivamente, non raggiunge o supera gli obiettivi stabiliti. Le remunerazioni associate agli incrementi di efficienza devono essere fissate a un livello tale da consentire una ripartizione equilibrata dei benefici fra l’impresa e lo Stato membro e/o gli utenti.
(23)
L’articolo 93 del trattato costituisce una lex specialis rispetto all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Esso stabilisce regole applicabili alle compensazioni degli obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti terrestri. L’articolo 93 è stato interpretato dal regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (5), il quale stabilisce le norme applicabili alla compensazione degli obblighi di servizio pubblico nel settore dei servizi pubblici di trasporto di passeggeri. La sua applicazione ai trasporti di passeggeri per via navigabile interna è a discrezione degli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 1370/2007 esonera dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato tutte le compensazioni nel settore dei trasporti terrestri che soddisfano le condizioni stabilite dal regolamento medesimo. Conformemente alla sentenza nella causa Altmark, le compensazioni nel settore dei trasporti terrestri che non rispettano le disposizioni dell’articolo 93 del trattato non possono essere dichiarate compatibili con il trattato in base all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato o ad altra disposizione del trattato. Di conseguenza la presente decisione non si applica al settore dei trasporti terrestri.
(24)
A differenza del settore dei trasporti terrestri, i settori dei trasporti aerei e marittimi sono soggetti alle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Alcune norme applicabili alla compensazione degli obblighi di servizio pubblico nei settori dei trasporti aerei e marittimi figurano nel regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (6) e nel regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l’applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) (7). Tuttavia, contrariamente al regolamento (CE) n. 1370/2007, questi regolamenti non riguardano la compatibilità degli eventuali elementi di aiuto di Stato e non prevedono un’esenzione dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato. La presente decisione deve pertanto applicarsi alle compensazioni degli obblighi di servizio pubblico nei settori dei trasporti aerei e marittimi a condizione che, oltre a soddisfare le condizioni di cui alla presente decisione, tali compensazioni rispettino anche le norme settoriali contenute nei regolamenti (CE) n. 1008/2008 e (CE) n. 3577/92, ove applicabili.
(25)
Nei casi specifici di compensazioni di obblighi di servizio pubblico concesse per collegamenti aerei o marittimi con le isole o per aeroporti o porti che costituiscono servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, risulta opportuno fissare soglie sulla base del numero medio annuo di passeggeri, il che riflette meglio la realtà economica di tali attività e il loro carattere di servizi di interesse economico generale.
(26)
L’esenzione dall’obbligo di notifica preventiva per taluni servizi di interesse economico generale non esclude la possibilità che gli Stati membri notifichino un progetto di aiuto specifico. Nel caso in cui venga presentata tale notifica, o se la Commissione valuta la compatibilità di una specifica misura di aiuti a seguito di una denuncia o d’ufficio, la Commissione valuterà il rispetto delle condizioni di cui alla presente decisione. Diversamente, la misura verrà valutata sulla base dei principi contenuti nella comunicazione della Commissione relativa a una disciplina degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico.
(27)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni della direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese (8).
(28)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni dell’Unione in materia di concorrenza, in particolare gli articoli 101 e 102 del trattato.
(29)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni dell’Unione in materia di appalti pubblici.
(30)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni più restrittive in materia di obblighi di servizio pubblico, contenute in normative settoriali dell’Unione.
(31)
È opportuno definire disposizioni transitorie per gli aiuti individuali concessi prima dell’entrata in vigore della presente decisione. I regimi di aiuto messi ad esecuzione a norma della decisione 2005/842/CE prima dell’entrata in vigore della presente decisione devono continuare a essere considerati compatibili con il mercato interno e essere esentati dall’obbligo di notifica per un ulteriore periodo di due anni. Gli aiuti messi ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione in difformità dalla decisione 2005/842/CE, ma che soddisfano le condizioni stabilite dalla presente decisione, devono essere considerati compatibili con il mercato interno e ed esentati dall’obbligo di notifica,
(32)
La Commissione intende riesaminare la presente decisione cinque anni dopo la sua entrata in vigore,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo
Oggetto
La presente decisione stabilisce le condizioni alle quali gli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale sono compatibili con il mercato interno e esenti dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente decisione si applica agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico ad imprese incaricate di servizi di interesse economico generale di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, che rientrano in una delle seguenti categorie:
a)
compensazioni di importo annuo inferiore a 15 milioni di EUR per la prestazione di servizi di interesse economico generale in settori diversi da quello dei trasporti e delle relative infrastrutture;
qualora l’importo della compensazione vari nel corso dell’incarico, l’importo annuo è calcolato come media degli importi annui della compensazione che si prevede di ricevere durante il periodo d’incarico;
b)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale da parte di ospedali che forniscono cure mediche, compresi, ove del caso, servizi di emergenza. Lo svolgimento di attività secondarie connesse a quelle principali, in particolare nel settore della ricerca, non preclude tuttavia l’applicazione del presente paragrafo;
c)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale rispondenti ad esigenze sociali in materia di assistenza sanitaria, assistenza di lunga durata, servizi per l’infanzia, accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro, edilizia sociale e assistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili;
d)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale relativi ai collegamenti aerei o marittimi verso le isole e con traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri nei due esercizi precedenti quello in cui è stato affidato il servizio di interesse economico generale;
e)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale relativi ad aeroporti e porti con un traffico annuale medio non superiore a 200 000 passeggeri per gli aeroporti e a 300 000 passeggeri per i porti nei due esercizi precedenti quello in cui è stato affidato il servizio di interesse economico generale.
2. La presente decisione si applica esclusivamente quando il periodo durante il quale l’impresa è incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale ha durata inferiore a dieci anni. Qualora il periodo di incarico sia superiore a dieci anni, la presente decisione si applica soltanto nella misura in cui il fornitore del servizio debba effettuare investimenti significativi da ammortizzare su un arco di tempo più lungo in base a principi contabili generalmente riconosciuti.
3. Se durante l’incarico non sono più rispettate le condizioni per l’applicazione della presente decisione, la misura deve essere notificata a norma dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
4. Nel settore dei trasporti aerei e marittimi, la presente decisione si applica soltanto agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico alle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e che soddisfano, all’occorrenza, rispettivamente le disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1008/2008 e (CE) n. 3577/92.
5. La presente decisione non si applica agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico ad imprese del settore dei trasporti terrestri.
Articolo 3
Compatibilità ed esenzione dall’obbligo di notifica
Gli aiuti di Stato sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico che soddisfano le condizioni stabilite dalla presente decisione sono compatibili con il mercato interno ed esenti dall’obbligo di notifica preventiva di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, purché rispondano altresì alle prescrizioni derivanti dal trattato e dalle normative settoriali dell’Unione.
Articolo 4
Incarico
La gestione del servizio di interesse economico generale è affidata all’impresa mediante uno o più atti, la cui forma può essere stabilita da ciascuno Stato membro. Tali atti devono in particolare indicare:
a)
l’oggetto e la durata degli obblighi di servizio pubblico;
b)
l’impresa e, se del caso, il territorio interessati;
c)
la natura dei diritti esclusivi o speciali eventualmente conferiti all’impresa dall’autorità che assegna l’incarico;
d)
la descrizione del sistema di compensazione e i parametri per il calcolo, il controllo e la revisione della compensazione;
e)
le disposizioni intese a prevenire ed eventualmente recuperare le sovracompensazioni e
f)
un riferimento alla presente decisione.
Articolo 5
Compensazione
1. L’importo della compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire il costo netto determinato dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, nonché un margine di utile ragionevole.
2. Il costo netto può essere calcolato come differenza fra costi definiti a norma del paragrafo 3 ed entrate definite a norma del paragrafo 4. In alternativa, può essere calcolato come differenza fra il costo netto sostenuto dal gestore del servizio soggetto all’obbligo di servizio pubblico e il costo netto o l’utile derivante al gestore in assenza di tale obblighi.
3. I costi da prendere in considerazione comprendono tutti i costi sostenuti nella gestione del servizio di interesse economico generale. Essi sono calcolati come segue, sulla base di principi di contabilità analitica generalmente riconosciuti:
a)
quando le attività dell’impresa considerata si limitano al servizio di interesse economico generale, possono essere presi in considerazione tutti i suoi costi;
b)
quando l’impresa svolge anche attività al di fuori dell’ambito del servizio di interesse economico generale, vengono presi in considerazione solo i costi relativi al servizio di interesse economico generale;
c)
i costi imputati al servizio di interesse economico generale possono includere tutti i costi diretti connessi alla gestione del servizio di interesse economico generale stesso e una quota adeguata dei costi comuni sia al servizio di interesse economico generale che ad altre attività;
d)
i costi connessi ad investimenti, in particolare relativi a infrastrutture, possono essere presi in considerazione quando risultano necessari per la gestione del servizio di interesse economico generale.
4. Le entrate da tenere in considerazione comprendono perlomeno tutte le entrate percepite grazie al servizio di interesse economico generale, a prescindere dalla loro qualificazione come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del trattato. Gli eventuali profitti eccedenti il margine di utile ragionevole derivanti al gestore da diritti speciali o esclusivi connessi ad attività diverse dai servizi di interesse economico generale per i quali è concesso l’aiuto e gli eventuali altri benefici attribuiti dallo Stato devono essere ricompresi nelle entrate indipendentemente dalla loro classificazione ai fini dell’articolo 107 del trattato. Lo Stato membro interessato può altresì decidere che gli utili risultanti da altre attività, che esulano dall’ambito del servizio di interesse economico generale in questione, debbano essere destinati interamente o in parte al finanziamento del servizio di interesse economico generale.
5. Ai fini della presente decisione, per «margine di utile ragionevole» si intende il tasso di remunerazione del capitale che un’impresa media esigerebbe nel valutare se prestare o meno il servizio di interesse economico generale per l’intero periodo di incarico, tenendo conto del livello di rischio. Per «tasso di remunerazione del capitale» s’intende il tasso di rendimento interno che l’impresa ottiene sul capitale investito nel periodo di incarico. Il livello di rischio dipende dal settore interessato, dal tipo di servizio e dalle caratteristiche della compensazione.
6. Nel determinare il margine di utile ragionevole, gli Stati membri possono introdurre criteri di incentivazione riguardanti in particolare la qualità del servizio reso e gli incrementi di efficienza produttiva. Quest’ultimi non devono ridurre la qualità del servizio prestato. Le remunerazioni associate agli incrementi di efficienza sono fissate a un livello tale da consentire una ripartizione equilibrata dei benefici fra l’impresa e lo Stato membro e/o gli utenti.
7. Ai fini della presente decisione, è in ogni caso considerato ragionevole un tasso di rendimento del capitale non superiore al tasso swap pertinente maggiorato di un premio di 100 punti base. Il tasso swap pertinente è il tasso swap la cui scadenza e valuta corrispondano alla durata e valuta dell’atto di incarico. Se la prestazione di servizi di interesse economico generale non è connessa a un rischio commerciale o contrattuale significativo, in particolare quando il costo netto sostenuto per la prestazione del servizio è essenzialmente compensato interamente ex post, l’utile ragionevole non può superare il tasso swap pertinente maggiorato di un premio di 100 punti base.
8. Qualora, a causa di specifiche circostanze, non sia opportuno assumere a parametro il tasso di rendimento del capitale, gli Stati membri, per determinare l’ammontare del margine di utile ragionevole, possono basarsi su indicatori del livello dell’utile diversi dal tasso di rendimento del capitale, quali il tasso medio di remunerazione del capitale proprio, il rendimento del capitale investito, il rendimento degli attivi o l’utile sulle vendite. Per rendimento s’intende il risultato al lordo delle imposte e degli oneri finanziari nell’anno di cui trattasi. Il rendimento medio è calcolato applicando il tasso di attualizzazione sul periodo contrattuale a norma della comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (9). A prescindere dall’indicatore scelto, lo Stato membro deve essere in grado di fornire alla Commissione, su richiesta, prove attestanti che l’utile non eccede il livello che un’impresa esigerebbe nel valutare se prestare o meno il servizio, adducendo ad esempio i rendimenti realizzati in base a contratti simili attribuiti in condizioni di concorrenza.
9. Qualora un’impresa svolga sia attività che rientrano nell’ambito del servizio di interesse economico generale sia attività che ne esulano, dalla contabilità interna devono risultare distintamente i costi e i ricavi derivanti dal servizio di interesse economico generale e quelli degli altri servizi, nonché i parametri di imputazione dei costi e delle entrate. I costi imputabili ad eventuali attività diverse dal servizio di interesse economico generale devono comprendere tutti i costi diretti nonché una quota adeguata dei costi fissi comuni e una remunerazione adeguata del capitale. Non può essere concessa alcuna compensazione relativamente a tali costi.
10. Gli Stati membri devono ingiungere alle imprese interessate di restituire le eventuali sovracompensazioni ricevute.
Articolo 6
Controllo della sovracompensazione
1. Gli Stati membri provvedono affinché la compensazione concessa per la gestione del servizio di interesse economico generale risponda alle condizioni stabilite nella presente decisione e, in particolare, che le imprese non ricevano una compensazione eccedente l’importo determinato conformemente all’articolo 5. Essi devono essere in grado di fornire prove su richiesta della Commissione. Gli Stati membri effettuano o provvedono affinché siano effettuate verifiche periodiche almeno ogni tre anni nel corso del periodo di incarico e al termine di tale periodo.
2. Qualora un’impresa abbia ricevuto una compensazione che ecceda l’importo determinato a norma dell’articolo 5, lo Stato membro richiede all’impresa interessata di restituire le sovracompensazioni ricevute. I parametri di calcolo della compensazione devono essere aggiornati per il futuro. Qualora l’importo della sovracompensazione non superi il 10 % dell’importo della compensazione media annua, la sovracompensazione può essere riportata al periodo successivo e dedotta dall’importo della compensazione da versare relativamente a questo periodo.
Articolo 7
Trasparenza
Per le compensazioni superiori a 15 milioni di EUR concesse a imprese che svolgano anche attività al di fuori dell’ambito del servizio di interesse economico generale, lo Stato membro interessato pubblica le seguenti informazioni, su Internet o in altro modo adeguato:
a)
l’atto di incarico o una sintesi che comprenda quanto richiesto all’articolo 4;
b)
gli importi di aiuto erogati all’impresa su base annua.
Articolo 8
Disponibilità delle informazioni
Gli Stati membri mettono a disposizione, durante il periodo di incarico e per almeno dieci anni dalla fine del periodo di incarico, tutte le informazioni necessarie per determinare se le compensazioni concesse sono compatibili con la presente decisione.
Su richiesta scritta della Commissione, gli Stati membri le trasmettono tutte le informazioni che la Commissione reputa necessarie per stabilire la compatibilità delle misure di compensazione in vigore con la presente decisione.
Articolo 9
Relazioni
Ogni due anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente decisione. Tali relazioni forniscono una descrizione dettagliata dell’applicazione della decisione alle differenti categorie di servizi di cui all’articolo 2, paragrafo 1, e in particolare:
a)
una descrizione dell’applicazione della presente decisione e delle sue disposizioni ai servizi che rientrano nel suo campo di applicazione, comprese le attività interne;
b)
l’indicazione dell’importo totale degli aiuti concessi in forza della presente decisione, ripartito per settore economico di appartenenza dei beneficiari;
c)
l’indicazione se, per un particolare tipo di servizio, l’applicazione della presente decisione ha occasionato difficoltà o denunce di terzi;
e
d)
ogni altra informazione richiesta dalla Commissione in merito all’applicazione della presente decisione, che verrà indicata in tempo utile prima del termine per la trasmissione della relazione.
La prima relazione deve essere trasmessa entro il 30 giugno 2014.
Articolo 10
Disposizioni transitorie
La presente decisione si applica agli aiuti individuali e ai regimi di aiuti secondo le seguenti modalità:
a)
qualsiasi regime di aiuti messo ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione, che fosse compatibile con il mercato interno ed esente dall’obbligo di notifica a norma della decisione 2005/842/CE, continua a essere compatibile con il mercato interno e esente dall’obbligo di notifica per un ulteriore periodo di due anni;
b)
qualsiasi aiuto messo ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione, che non sia conforme alla decisione 2005/842/CE ma che soddisfi le condizioni stabilite nella presente decisione, è compatibile con il mercato interno e esente dall’obbligo di notifica preventiva.
Articolo 11
Abrogazione
La decisione 2005/842/CE è abrogata.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il 31 gennaio 2012.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 20 dicembre 2011
Per la Commissione
Joaquín ALMUNIA
Vicepresidente
(1) Causa C-280/00 Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg contro Nahverkehrsgesellschaft Altmark, Raccolta 2003, pag. I-7747.
(2) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 4.
(3) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15.
(4) GU L 312 del 29.11.2005, pag. 67.
(5) GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1.
(6) GU L 293 del 31.10.2008, pag. 3.
(7) GU L 364 del 12.12.1992, pag. 7.
(8) GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17.
(9) GU C 14 del 19.1.2008, pag. 6.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Aiuti di Stato — applicazione delle norme sui servizi di interesse economico generale (SIEG)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLE COMUNICAZIONI?
La comunicazione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato chiarisce i concetti chiave relativi agli aiuti di Stato per i servizi di interesse economico generale (servizi pubblici). La decisione definisce le condizioni in cui la compensazione del servizio pubblico è compatibile con il mercato interno e non deve essere notificata alla Commissione europea. La comunicazione sulla disciplina per gli aiuti di Stato definisce le condizioni per la valutazione di compensazioni di importo elevato con non rientrano nell’ambito di applicazione della decisione. Tali casi devono essere notificati alla Commissione e possono essere dichiarati compatibili se rispondono a determinati criteri.
PUNTI CHIAVE
Servizi d’interesse economico generale (SIEG)
I servizi d’interesse economico generale sono attività economiche, quali le reti di trasporti e i servizi postali e sociali, considerati dalle autorità pubbliche come particolarmente importanti per i cittadini, che non verrebbero forniti (o verrebbero fornito a condizioni differenti) senza l’intervento statale.
Compensazione per i SIEG
In base alla sentenza Altmark del 2003 della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), la compensazione del servizio pubblico non costituisce aiuto di Stato se sussistono cumulativamente le quattro condizioni seguenti:L’impresa beneficiaria incaricata deve definire in modo chiaro gli obblighi di servizio pubblico; il metodo di calcolo della compensazione deve essere definito previamente, obiettivo e trasparente; la compensazione non può eccedere i costi pertinenti e un utile ragionevole, cioè non si deve verificare sovracompensazione; e la scelta dell’impresa da incaricare deve avvenire tramite una procedura di appalto pubblico oppure il livello della compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi di un’impresa media, «gestita in modo efficiente» del settore interessato.Qualora una o più delle suddette condizioni non siano soddisfatte, la compensazione del servizio pubblico verrà esaminata in base alle norme sugli aiuti di Stato.
Riforma delle norme sugli aiuti di Stato per i servizi SGEI
Un pacchetto di quattro documenti sui SIEG mira a chiarire e semplificare le norme sugli aiuti di Stato a favore dei SIEG.
La Comunicazione sull’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato dell’Unione europeaspiega due tipi di nozioni: concetti generali di aiuto di Stato e concetti specifici di SIEG; chiarisce le condizioni in cui la compensazione per il servizio pubblico non costituisce un aiuto di Stato a causa dell’assenza di qualsiasi vantaggio; definisce i diversi requisiti per la gestione di SGEIl’atto di incarico, un incarico di servizio pubblico che definisce gli obblighi dei fornitori di servizi e dell’autorità pubblicail metodo di calcolo della compensazione, che deve essere stabilito in anticipo in modo obiettivo e trasparente. Non è richiesta alcuna formula specifica, ma il modo in cui verrà calcolata la compensazione deve essere chiaro fin dall’inizioevitare sovracompensazioni: il livello di compensazione non deve superare quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi e un utile ragionevole ela selezione del fornitore e il calcolo della compensazione, mediante un’apposita procedura di appalto o mediante un esercizio di analisi comparativa.La decisione e la disciplina di seguito indicate definiscono le condizioni alle quali una misura di aiuto di Stato è considerata o può essere ritenuta compatibile con il mercato interno sulla base dell’articolo 106, paragrafo 2.
Decisione 2012/21/UELa decisione consente una spesa illimitata nel settore dei servizi sociali:edilizia sociale e ospedali;servizi che rispondono a esigenze sociali essenziali in materia di assistenza sanitaria e assistenza di lungo termine;servizi per l’infanzia;accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro; eassistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili. Per tutte le altre attività dei SIEG la soglia della compensazione è di 15 milioni di euro annui. Qualsiasi finanziamento concesso al di sopra di questa soglia deve essere notificato alla Commissione in base alla disciplina dei SIEG. Il periodo di durata dell’incarico del fornitore di SIEG non deve superiore a dieci anni. Nel settore dei trasporti, la compensazione può essere data:per i collegamenti aerei o marittimi verso le isole e con traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri;ai porti con un traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri; eagli aeroporti con un traffico annuale medio non superiore a 200 000 passeggeri.Disciplina dell’UE
La disciplina:fornisce una metodologia più precisa per il calcolo dell’importo della compensazione ammissibile; impone agli Stati membri di introdurre incentivi all’efficienza per incoraggiare il fornitore di servizi a operare in modo più efficiente; rafforza i requisiti di trasparenza; introduce l’obbligo per i SIEG di conformarsi alle norme dell’UE in materia di appalti pubblici; introduce un requisito di «non discriminazione»: quando vi sono più organizzazioni che forniscono un SIEG, la compensazione deve essere calcolata allo stesso modo per evitare discriminazioni.Relazioni
Ogni due anni gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull’applicazione della decisione e sulla conformità con la disciplina.
Trasparenza
Gli Stati membri devono pubblicare i dettagli sul finanziamento di un SIEG nell’ambito della decisione (per compensazioni superiori a 15 milioni di euro concesse a un’impresa che svolge anche attività al di fuori del campo di applicazione del SIEG) o la disciplina su base annuale:sul sito internet della Commissione sugli aiuti di Stato e la trasparenza; sul loro sito web nazionale o regionale sulla trasparenza.Linee guida
La Commissione ha predisposto linee guida sull’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato ai SIEG.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata dal 31 gennaio 2012.
CONTESTO
Servizi di interesse economico generale (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 4).
Decisione della Commissione 2012/21/UE, del 20 dicembre 2011, sull’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (GU L 7 dell’11.1.2012, pag. 3).
Comunicazione della Commissione — Disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — Articolo 106 (ex articolo 86 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90).
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Guida relativa all’applicazione ai servizi di interesse economico generale, e in particolare ai servizi sociali di interesse generale, delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, di appalti pubblici e di mercato interno [SWD(2013) 53 final/2, del 29.4.2013].
Regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di importanza minore (de minimis) concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (GU L 114 del 26.4.2012, pag. 8).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 360/2012 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. |
Procedimenti in materia di concorrenza — Il ruolo del consigliere-auditore
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Definisce il ruolo del consigliere-auditore nei procedimenti in materia di concorrenza dell’Unione europea (Unione).
PUNTI CHIAVE
La decisione stabilisce i poteri e le funzioni dei consiglieri-auditori. Sono nominati dalla Commissione europea e sono collegati, a fini amministrativi, al Commissario responsabile della politica in materia di concorrenza. Devono agire in maniera indipendente nell’esercizio delle loro funzioni.RuoloI consiglieri-auditori organizzano e conducono audizioni nei procedimenti antitrust e di fusione d’imprese. Possono fungere da arbitri indipendenti quando sorge una controversia sui diritti procedurali tra le parti e la direzione generale (DG) Concorrenza della Commissione. Essi decidono in merito alle domande di audizione di terzi nei procedimenti in materia di concorrenza.I compiti principali del consigliere-auditore sono:garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali durante l’intero procedimento, compresi gli impegni e le procedure di transazione dei cartelli*; garantire il diritto di essere sentiti; trattare questioni specifiche sollevate durante la fase investigativa dei procedimenti della Commissione, ad esempio:richieste di applicazione del segreto professionalela garanzia contro l’autoincriminazionetermini di risposta per le decisioni richiedenti informazioniil diritto delle imprese e delle associazioni di imprese di essere informate circa il loro status procedurale; garantire il rispetto del diritto di accesso al fascicolo e dei legittimi interessi alla riservatezza delle imprese; riferire sull’esito dell’audizione e sul rispetto dell’effettivo esercizio dei diritti procedurali; e presentare, se del caso, osservazioni al Commissario per la concorrenza su qualsiasi questione derivante da un procedimento in materia di concorrenza.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 21 ottobre 2011.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Consigliere-auditore (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Cartello: un gruppo di 2 o più imprese che cercano di limitare la concorrenza mediante la fissazione dei prezzi, la limitazione dell’offerta o altre pratiche restrittive miranti al controllo dei prezzi di vendita.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU L 275 del 20.10.2011, pag. 29).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 88).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — articolo 102 (ex articolo 82 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 89).
Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (Regolamento comunitario sulle concentrazioni) (GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 802/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, di esecuzione del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 133 del 30.4.2004, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 802/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativa allo svolgimento dei lavori da parte della Commissione ai sensi degli articoli 81 e 82 del trattato CE (GU L 123 27.4.2004, pag. 18).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento del Consiglio (CE) n. 1/2003 del 16 dicembre 2002 sull’attuazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento di procedura della Commissione (GU L 308 dell’8.12.2000, pag. 26).
Si veda la versione consolidata. | DECISIONE DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
del 13 ottobre 2011
relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2011/695/UE)
IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto l’accordo sullo Spazio economico europeo,
visto il regolamento interno della Commissione (1), in particolare l’articolo 22,
considerando quanto segue:
(1)
In base al sistema di applicazione della normativa in materia di concorrenza stabilito dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in prosieguo «il trattato»), la Commissione indaga e decide sui casi con decisione amministrativa, soggetta al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo «la Corte di giustizia»).
(2)
La Commissione è tenuta a svolgere i propri procedimenti in materia di concorrenza in modo equo, imparziale e obiettivo e deve assicurare il rispetto dei diritti procedurali delle parti interessate ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (2), del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni») (3), del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE (4), e dal regolamento (CE) n. 802/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, di esecuzione del regolamento (CE) n. 139/2004, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (5), nonché della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia. In particolare, il diritto degli interessati ad essere sentiti prima dell’adozione di qualsiasi decisione individuale che arrechi loro pregiudizio è un diritto fondamentale del diritto dell’Unione sancito dalla Carta dei diritti fondamentali, segnatamente all’articolo 41 (6).
(3)
Al fine di garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali delle parti interessate, delle altre parti interessate ai sensi dell’articolo 11, lettera b), del regolamento (CE) n. 802/2004 («le altre parti interessate»), dei denuncianti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 («i denuncianti») e delle persone diverse da quelle di cui agli articoli 5 e 11 del regolamento (CE) n. 773/2004 e dai terzi ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 802/2004 («i terzi») coinvolti in procedimenti in materia di concorrenza, la responsabilità di salvaguardare il rispetto di tali diritti dovrà essere affidata a persone indipendenti ed esperte nelle questioni della concorrenza, che abbiano l’integrità necessaria per promuovere l’obiettività, la trasparenza e l’efficacia dei procedimenti stessi.
(4)
A tal fine la Commissione ha creato la funzione di consigliere-auditore nel 1982, che ha riveduto con la decisione 94/810/CECA, CE della Commissione, del 12 dicembre 1994, relativa al mandato dei consiglieri-auditori per le procedure in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione (7), e la decisione 2001/462/CE, CECA della Commissione, del 23 maggio 2001, relativa al mandato dei consiglieri-auditori per taluni procedimenti in materia di concorrenza (8). È ora necessario chiarire e rafforzare ulteriormente il ruolo del consigliere-auditore, nonché adeguare le norme relative al suo mandato, alla luce degli sviluppi del diritto della concorrenza dell’Unione.
(5)
La funzione del consigliere-auditore è stata generalmente percepita come un importante contributo ai procedimenti in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione, a motivo dell’indipendenza e della competenza che i consiglieri-auditori vi hanno apportato. Affinché ne sia garantita la costante indipendenza dalla direzione generale della Concorrenza, è necessario che il consigliere-auditore sia collocato amministrativamente presso il commissario competente per la concorrenza.
(6)
Il consigliere-auditore deve essere nominato secondo le norme stabilite nello statuto dei funzionari e nel regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea. Sulla base di tali norme possono essere presi in considerazione anche candidati che non sono funzionari della Commissione europea. Deve inoltre essere assicurata la trasparenza riguardo alla nomina, alla cessazione dalle funzioni e al trasferimento.
(7)
La Commissione può nominare uno o più consiglieri-auditori e deve prevederne il personale ausiliario. Se si accorge dell’esistenza di un conflitto di interessi nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore pone immediatamente fine a ogni suo intervento nel procedimento. In caso d’impedimento del consigliere-auditore, le sue funzioni devono essere svolte da un altro consigliere-auditore.
(8)
Il consigliere-auditore, nella sua qualità di arbitro indipendente, deve cercare di risolvere le questioni che incidono sull’effettivo esercizio dei diritti procedurali delle parti interessate, delle altre parti interessate, dei denuncianti o dei terzi interessati quando tali questioni non hanno potuto essere risolte attraverso contatti preliminari con i servizi della Commissione responsabili dello svolgimento dei procedimenti in materia di concorrenza, che sono tenuti a rispettare tali diritti procedurali.
(9)
È opportuno che i compiti svolti dal consigliere-auditore nei procedimenti in materia di concorrenza siano definiti in modo tale da garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali nel corso dei procedimenti dinanzi alla Commissione ai sensi degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004, in particolare il diritto a essere sentiti.
(10)
Al fine di rafforzare questo ruolo, il consigliere-auditore deve avere la funzione di garantire l’esercizio effettivo dei diritti procedurali delle imprese e delle associazioni di imprese nell’ambito dei poteri d’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003, come pure dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 139/2004 che dà facoltà alla Commissione di comminare ammende alle imprese e alle associazioni di imprese. Al consigliere-auditore devono inoltre essere attribuite funzioni specifiche nel corso di tali indagini in relazione alle richieste di applicazione del segreto professionale, alla garanzia contro l’autoincriminazione, ai termini di risposta stabiliti nelle decisioni richiedenti informazioni a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003, come pure per quanto riguarda il diritto delle imprese e delle associazioni di imprese oggetto di un’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003 di essere informate circa il loro status procedurale, ossia di sapere se sono oggetto di un’indagine e, in caso affermativo, di conoscere l’oggetto e le finalità della medesima. Nel valutare le denunce relative alla garanzia contro l’autoincriminazione presentate dalle imprese, il consigliere-auditore valuta se esse sono manifestamente infondate e servono meramente come tattica dilatoria.
(11)
Il consigliere-auditore deve essere in grado di facilitare la risoluzione di controversie riguardo all’applicazione del segreto professionale a un documento. A tal fine, con l’accordo dell’impresa o dell’associazione di imprese che invoca il segreto professionale, il consigliere-auditore sarà autorizzato a esaminare il documento in causa e a esprimere un’adeguata raccomandazione, facendo riferimento alla giurisprudenza in materia della Corte di giustizia.
(12)
Spetta al consigliere-auditore decidere in merito all’audizione di un terzo che dimostri di avervi un interesse sufficiente. In linea generale, le associazioni dei consumatori che chiedono di essere sentite devono essere considerate portatrici di un interesse sufficiente quando i procedimenti riguardano prodotti o servizi utilizzati dal consumatore finale o prodotti o servizi che confluiscono direttamente in tali prodotti o servizi.
(13)
Il consigliere-auditore decide se ammettere i denuncianti e i terzi interessati all’audizione orale, tenendo conto del contributo che possono offrire per chiarire i fatti pertinenti al caso di specie.
(14)
Il diritto delle parti interessate di essere sentite prima di una decisione finale che arrechi pregiudizio ai loro interessi è garantito dal diritto loro accordato di rispondere per iscritto alla posizione preliminare della Commissione, illustrata nella comunicazione degli addebiti, e dal diritto di esporre le proprie argomentazioni, su loro richiesta, all’audizione orale. Al fine dell’esercizio effettivo di tali diritti, le parti destinatarie di una comunicazione degli addebiti hanno il diritto di accedere al fascicolo istruttorio della Commissione.
(15)
Per salvaguardare l’effettivo esercizio dei diritti di difesa delle parti destinatarie di una comunicazione degli addebiti, è opportuno che tra i compiti affidati al consigliere-auditore vi sia la ricerca di una soluzione alle controversie che sorgano tra le parti e la direzione generale Concorrenza della Commissione in merito all’accesso al fascicolo o alla tutela dei segreti aziendali e delle altre informazioni riservate. In circostanze eccezionali, il consigliere-auditore può sospendere il decorso del termine entro il quale il destinatario di una comunicazione degli addebiti è tenuto a rispondere alla stessa fino alla risoluzione della controversia circa l’accesso al fascicolo se il destinatario non è in grado di rispondere entro il termine stabilito e, in quel momento una proroga non costituirebbe una soluzione adeguata.
(16)
Per garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali rispettando nel contempo i legittimi interessi di riservatezza, il consigliere-auditore deve, se del caso, poter ordinare misure specifiche per l’accesso al fascicolo della Commissione. In particolare, il consigliere-auditore deve poter decidere di concedere un accesso limitato alle sezioni del fascicolo che una parte ha chiesto di consultare, ad esempio limitando il numero o le categorie delle persone aventi accesso e l’uso delle informazioni messe a disposizione.
(17)
È opportuno che sia il consigliere-auditore a decidere in merito alle richieste di proroga del termine impartito per la risposta a una comunicazione degli addebiti, a una comunicazione degli addebiti supplementare o a una lettera di esposizione dei fatti, o del termine entro il quale le altre parti interessate, i denuncianti o i terzi interessati possono trasmettere le proprie osservazioni, in caso di disaccordo tra uno di questi soggetti e la direzione generale della Concorrenza.
(18)
Il consigliere-auditore deve promuovere l’efficacia dell’audizione orale, adottando, tra l’altro, tutte le misure preparatorie, compresa la distribuzione in tempo utile prima dell’audizione di un elenco preliminare dei partecipanti e dell’ordine del giorno provvisorio.
(19)
L’audizione orale permette alle parti cui la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti e alle altre parti interessate di esercitare ulteriormente il proprio diritto di essere sentite sviluppando le loro osservazioni oralmente davanti alla Commissione, che deve essere rappresentata dalla direzione generale della Concorrenza nonché dagli altri servizi che contribuiscono alla redazione della decisione che la Commissione deve adottare. L’audizione deve rappresentare un’ulteriore occasione per garantire che tutti gli elementi di fatto pertinenti, siano essi favorevoli o sfavorevoli alle parti, in particolare gli elementi oggettivi relativi alla gravità e alla durata della presunta infrazione, vengano chiariti quanto più possibile. L’audizione deve inoltre consentire alle parti di esporre le loro argomentazioni relativamente agli aspetti che possono essere rilevanti per l’eventuale imposizione di ammende.
(20)
Per garantire l’efficacia delle audizioni, il consigliere-auditore può autorizzare le parti destinatarie di una comunicazione degli addebiti, le altre parti interessate, i denuncianti, i terzi invitati all’audizione, i servizi della Commissione e le autorità degli Stati membri a porre domande nel corso dell’audizione. È opportuno che l’audizione orale non sia pubblica, in modo da garantire che tutti i partecipanti possano esprimersi liberamente. Pertanto, le informazioni rivelate durante l’audizione orale possono essere utilizzate esclusivamente ai fini dei procedimenti giudiziari e/o amministrativi volti ad applicare gli articoli 101 e 102 del trattato. Se giustificato dall’esigenza di tutelare i segreti aziendali e le altre informazioni riservate, il consigliere-auditore deve poter sentire le persone a porte chiuse.
(21)
Le parti che propongono impegni ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1/2003, nonché le parti che si impegnano in una procedura di transazione nei procedimenti relativi ai cartelli, a norma dell’articolo 10 bis, del regolamento (CE) n. 773/2004, possono rivolgersi al consigliere-auditore in relazione all’effettivo esercizio dei propri diritti procedurali.
(22)
È opportuno che il consigliere-auditore presenti una relazione sul rispetto dell’effettivo esercizio dei diritti procedurali durante i procedimenti in materia di concorrenza. Inoltre, e separatamente dalla relazione, il consigliere-auditore deve anche poter formulare osservazioni sul prosieguo e sull’obiettività del procedimento in modo tale da garantire che i procedimenti in materia di concorrenza siano conclusi sulla base di una corretta valutazione di tutti gli elementi di fatto pertinenti.
(23)
È opportuno che, nella divulgazione di informazioni riguardanti persone fisiche, il consigliere-auditore presti particolare attenzione al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (9).
(24)
La decisione 2001/462/CE, CECA deve essere abrogata,
DECIDE:
CAPO 1
RUOLO, NOMINA E COMPITI DEL CONSIGLIERE-AUDITORE
Articolo 1
Il consigliere-auditore
1. Per i procedimenti in materia di concorrenza sono nominati uno o più consiglieri-auditori, i cui poteri e funzioni sono definiti nella presente decisione.
2. Il consigliere-auditore garantisce l’esercizio effettivo dei diritti procedurali per l’intera durata dei procedimenti in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione a norma degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004 (in prosieguo «procedimenti in materia di concorrenza»).
Articolo 2
Nomina, cessazione dalle funzioni e supplenza
1. La Commissione nomina il consigliere-auditore. La nomina è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’interruzione delle funzioni, la cessazione dalle funzioni e il trasferimento sono disposti con decisione motivata della Commissione. Tale decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
2. Il consigliere-auditore dipende amministrativamente dal commissario per la concorrenza (in prosieguo «il commissario competente»).
3. In caso d’impedimento del consigliere-auditore, le sue funzioni sono svolte da un altro consigliere-auditore. Qualora nessun consigliere-auditore sia in grado di assumere tali funzioni, il commissario competente, dopo avere all’occorrenza consultato il consigliere-auditore stesso, designa per l’esercizio delle relative funzioni un altro funzionario estraneo all’istruzione del caso.
4. Nel caso di un conflitto di interessi reale o potenziale, il consigliere-auditore si astiene dall’intervenire in un caso. Si applicano le disposizioni del paragrafo 3.
Articolo 3
Metodo di funzionamento
1. Nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore agisce in maniera indipendente.
2. Nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore tiene conto della necessità di applicare efficacemente le norme in materia di concorrenza in base alla vigente normativa dell’Unione ed ai principi sanciti dalla Corte di giustizia.
3. Nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore ha accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione ai sensi degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004.
4. Il consigliere-auditore è tenuto informato dal direttore competente per le indagini della direzione generale della Concorrenza (in prosieguo «il direttore competente») sugli sviluppi del procedimento.
5. Il consigliere-auditore può presentare osservazioni al commissario competente in merito a qualsiasi aspetto dei procedimenti svolti dalla Commissione in materia di concorrenza.
6. Se il consigliere-auditore presenta raccomandazioni motivate al commissario competente o prende decisioni come previsto dalla presente decisione, il consigliere-auditore fornisce una copia di tali documenti al direttore competente e al servizio giuridico della Commissione.
7. Le parti interessate, le altre parti interessate ai sensi dell’articolo 11, lettera b), del regolamento (CE) n. 802/2004 (in prosieguo «le altre parti interessate»), i denuncianti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 (in prosieguo «i denuncianti») e i terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 della presente decisione coinvolti in procedimenti in materia di concorrenza che intendono sollevare questioni relative all’esercizio effettivo dei loro diritti procedurali devono rivolgersi in primo luogo alla direzione generale della Concorrenza. Se non è risolta, la questione può essere demandata al consigliere-auditore ai fini di un esame indipendente. Le richieste relative a misure che hanno una scadenza devono essere presentate in tempo utile, entro il termine originario.
CAPO 2
FASE D’INDAGINE
Articolo 4
Diritti procedurali nella fase d’indagine
1. Il consigliere-auditore garantisce l’esercizio effettivo dei diritti procedurali che sorgono nel contesto dell’esercizio dei poteri d’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003 e nei procedimenti che possono comportare l’imposizione di ammende ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 139/2004.
2. In particolare, il consigliere-auditore esercita le seguenti funzioni, fatte salve le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 7:
a)
le imprese o le associazioni di imprese possono domandare al consigliere-auditore di valutare la richiesta che un documento, chiesto dalla Commissione nell’esercizio dei poteri di cui agli articoli 18, 20 e 21 del regolamento (CE) n. 1/2003, negli accertamenti di cui all’articolo 13 del regolamento (CE) n. 139/2004 o nel contesto di misure di indagine nei procedimenti che possono comportare l’imposizione di ammende ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 139/2004, e non trasmesso alla Commissione, sia coperto da segreto professionale, ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia. Il consigliere-auditore può esaminare la questione soltanto se l’impresa o l’associazione di imprese richiedente gli consente di prendere visione delle informazioni per le quali invoca il segreto professionale, nonché dei relativi documenti che il consigliere-auditore ritiene necessari ai fini di una valutazione. Senza rivelare il contenuto delle informazioni potenzialmente riservate, il consigliere-auditore comunica al direttore competente e all’impresa o all’associazione di imprese interessata il suo parere preliminare, e può adottare le misure necessarie per favorire una soluzione reciprocamente accettabile. Se non viene raggiunta una soluzione, il consigliere-auditore può formulare una raccomandazione motivata al commissario competente, senza rivelare il contenuto potenzialmente riservato del documento. La parte richiedente riceve copia della raccomandazione;
b)
se il destinatario di una richiesta di informazioni a norma dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 si rifiuta di rispondere ad una domanda in essa contenuta invocando la garanzia contro l’autoincriminazione, definita dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, egli può sottoporre la questione al consigliere-auditore entro il termine stabilito a partire dalla data di ricevimento della richiesta. In casi appropriati, e tenuto conto della necessità di evitare un indebito ritardo nel procedimento, il consigliere-auditore può formulare una raccomandazione motivata riguardo all’applicabilità della garanzia contro l’autoincriminazione e informa il direttore competente delle sue conclusioni, da prendere in considerazione in caso di successiva adozione di una decisione a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003. Il destinatario della richiesta riceve copia della raccomandazione motivata;
c)
se il destinatario di una richiesta di informazioni mediante decisione a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 ritiene troppo breve il termine impartito per la risposta, può adire il consigliere-auditore, in tempo utile entro il termine inizialmente stabilito. Il consigliere-auditore decide se concedere una proroga del termine, tenendo presente la portata e la complessità della richiesta di informazioni e le esigenze dell’indagine;
d)
le imprese o le associazioni di imprese oggetto di un’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003 hanno il diritto di essere informate circa il loro status procedurale, ossia di sapere se sono oggetto di un’indagine e, in caso affermativo, di conoscere l’oggetto e le finalità della medesima. Se un’impresa o un’associazione di imprese ritiene di non essere stata adeguatamente informata dalla direzione generale della Concorrenza circa il suo status procedurale può deferire la questione al consigliere-auditore per trovare una soluzione. Il consigliere-auditore adotta una decisione in base alla quale la direzione generale della Concorrenza è tenuta a informare l’impresa o l’associazione di imprese che ha presentato la richiesta circa il suo status procedurale. Tale decisione è comunicata all’impresa o all’associazione di imprese che ha presentato la richiesta.
CAPO 3
RICHIESTE DI ESSERE SENTITI
Articolo 5
Terzi interessati
1. Le persone diverse da quelle di cui agli articoli 5 e 11 del regolamento (CE) n. 773/2004 e dai terzi di cui all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 802/2004 («i terzi») possono presentare richiesta di essere sentiti a norma dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 e dell’articolo 16 del regolamento (CE) n. 802/2004. Il richiedente presenta una domanda scritta in cui dimostra di avere interesse all’esito del procedimento.
2. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore decide sull’opportunità di sentire oralmente i terzi interessati. Nel valutare se un terzo dimostra un interesse sufficiente, il consigliere-auditore esamina se e in quale misura il comportamento oggetto del procedimento in materia di concorrenza influisce sul richiedente o se questi soddisfa le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 139/2004.
3. Se ritiene che il richiedente non abbia dimostrato di avere un interesse sufficiente a essere sentito, il consigliere-auditore lo informa per iscritto motivando il suo parere. Viene inoltre fissato un termine entro il quale il richiedente può presentare osservazioni scritte. Se il richiedente comunica il proprio parere per iscritto entro il termine fissato dal consigliere-auditore ma le osservazioni scritte presentate non portano a una diversa valutazione, tale conclusione è riportata in un’apposita decisione motivata da notificare al richiedente.
4. Il consigliere-auditore comunica alle parti dei procedimenti in materia di concorrenza l’identità dei terzi interessati che intendono essere sentiti, sin dal momento dell’avvio di un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 o ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 139/2004, salvo nel caso in cui la diffusione danneggerebbe gravemente una persona o un’impresa.
Articolo 6
Diritto all’audizione orale; partecipazione dei denuncianti e dei terzi all’audizione orale
1. Su richiesta delle parti alle quali la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti o delle altre parti interessate, il consigliere-auditore conduce un’audizione orale, in modo che esse possano sviluppare ulteriormente le proprie osservazioni scritte.
2. Il consigliere-auditore può, se del caso e dopo aver consultato il direttore competente, decidere di accordare ai denuncianti e ai terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 la possibilità di esprimere il loro parere in occasione dell’audizione delle parti alle quali è stata inviata la comunicazione degli addebiti, sempre che essi lo richiedano nelle loro osservazioni scritte. Il consigliere-auditore può altresì invitare rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza di paesi terzi a partecipare all’audizione in qualità di osservatori conformemente agli accordi conclusi tra l’Unione e i paesi terzi.
CAPO 4
ACCESSO AL FASCICOLO, RISERVATEZZA E SEGRETI AZIENDALI
Articolo 7
Accesso al fascicolo, ai documenti e alle informazioni
1. Se una parte che ha esercitato il diritto di accesso al fascicolo ha motivo di credere che la Commissione sia in possesso di documenti che non le sono stati resi noti e che le sono necessari per il corretto esercizio del diritto a essere sentita, può sollecitare l’accesso a tali documenti con richiesta motivata al consigliere-auditore, fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 7.
2. Fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 7, le altre parti interessate, i denuncianti e i terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 possono presentare una richiesta motivata al consigliere-auditore nei seguenti casi:
a)
le altre parti interessate, se hanno motivo di ritenere di non essere state informate degli addebiti o obiezioni rivolti alle parti notificanti conformemente all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 802/2004;
b)
un denunciante, informato dalla Commissione della sua intenzione di respingere una denuncia ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004, se ha motivo di credere che la Commissione sia in possesso di documenti che non gli sono stati resi noti e che gli sono necessari per il corretto esercizio dei suoi diritti conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004;
c)
un denunciante, se ritiene di non aver ricevuto copia della versione non riservata della comunicazione degli addebiti in conformità dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004, ovvero se ritiene che la versione non riservata della comunicazione degli addebiti non è stata redatta in modo tale da consentirgli l’effettivo esercizio dei suoi diritti, ad eccezione dei casi in cui sia applicata la procedura di transazione;
d)
un terzo interessato ai sensi dell’articolo 5 della presente decisione, se ha motivo di ritenere di non essere stato informato circa la natura e l’oggetto del procedimento ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 e dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 802/2004. Lo stesso vale per il denunciante, nel caso in cui venga applicata la procedura di transazione, se ha motivo di ritenere di non essere stato informato della natura e dell’oggetto del procedimento ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004.
3. Il consigliere-auditore adotta una decisione motivata sulla richiesta che gli è stata rivolta a norma dei paragrafi 1 o 2 e comunica tale decisione alla persona che ha presentato la richiesta e alle altre persone coinvolte nel procedimento.
Articolo 8
Segreti aziendali e altre informazioni riservate
1. Quando la Commissione intende rendere pubbliche informazioni che possono costituire un segreto aziendale o altre informazioni riservate di qualsiasi impresa o persona, la direzione generale della Concorrenza informa queste ultime per iscritto di tale intenzione e dei motivi della stessa. Viene inoltre fissato un termine entro il quale l’impresa o la persona può presentare eventuali osservazioni scritte.
2. Qualora si opponga alla divulgazione delle informazioni, l’impresa o la persona interessata può deferire la questione al consigliere-auditore. Se ritiene che le informazioni possano essere divulgate perché non costituiscono un segreto aziendale o altre informazioni riservate o perché esiste un interesse prevalente alla loro divulgazione, il consigliere-auditore adotta un’apposita decisione motivata da notificare all’impresa o alla persona interessata. La decisione specifica il termine oltre il quale le informazioni saranno divulgate. Tale termine non può essere inferiore a una settimana dalla notifica.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano altresì alla divulgazione di informazioni mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
4. Se del caso, allo scopo di equilibrare l’effettivo esercizio dei diritti di difesa di una parte con i legittimi interessi alla riservatezza, il consigliere-auditore può decidere che alcune sezioni del fascicolo, che sono indispensabili per l’esercizio del diritto di difesa della parte, siano rese accessibili in misura limitata alla parte che ha richiesto l’accesso, secondo modalità stabilite dal consigliere-auditore stesso.
CAPO 5
PROROGA DEI TERMINI
Articolo 9
Richieste di proroga dei termini
1. Se ritiene che il termine impartito per la risposta sia troppo breve, il destinatario di una comunicazione degli addebiti può sollecitare una proroga di tale termine mediante richiesta motivata al direttore competente. Tale richiesta è presentata prima della scadenza del termine originario nei procedimenti a norma degli articoli 101 e 102 del trattato e almeno cinque giorni lavorativi prima della scadenza del termine originario nei procedimenti ai sensi del regolamento (CE) n. 139/2004. Se tale richiesta non viene soddisfatta o il destinatario della comunicazione degli addebiti che presenta la richiesta non concorda con la durata della proroga concessa, questi può deferire la questione al consigliere-auditore entro la scadenza del termine originario. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore decide se una proroga del termine è necessaria per consentire al destinatario della comunicazione degli addebiti l’effettivo esercizio del diritto di essere sentito, anche tenendo conto dell’esigenza di evitare un indebito ritardo nel procedimento. Nei procedimenti a norma degli articoli 101 e 102 del trattato, il consigliere-auditore tiene conto, tra l’altro, dei seguenti elementi:
a)
la dimensione e la complessità del fascicolo;
b)
l’eventuale accesso preliminare alle informazioni da parte del destinatario della comunicazione delle obiezioni che ha presentato la richiesta;
c)
qualsiasi altro ostacolo obiettivo che il destinatario della comunicazione delle obiezioni che ha presentato la richiesta può incontrare nel presentare le sue osservazioni.
Ai fini della valutazione del primo comma, lettera a), è possibile tenere conto del numero di violazioni, della durata presunta dell’infrazione o delle infrazioni, delle dimensioni e del numero dei documenti e/o dell’entità e la complessità degli studi di esperti.
2. Se le altre parti interessate, un denunciante o un terzo interessato ai sensi dell’articolo 5 ritengono che il termine per esprimere il proprio parere sia troppo breve, possono sollecitare una proroga di tale termine mediante richiesta motivata al direttore competente da presentare a tempo debito entro la scadenza del termine originario. Se tale richiesta non viene soddisfatta o l’altra parte interessata, il denunciante o i terzi interessati non concordano con la decisione, essi possono chiedere il riesame del consigliere-auditore. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore decide se concedere una proroga del termine.
CAPO 6
AUDIZIONE ORALE
Articolo 10
Organizzazione e funzione
1. Il consigliere-auditore organizza e conduce le audizioni previste dalle disposizioni di applicazione degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004.
2. Il consigliere-auditore conduce l’audizione orale in piena indipendenza.
3. Il consigliere-auditore provvede al corretto svolgimento dell’audizione e promuove l’obiettività dell’audizione e dell’eventuale successiva decisione.
4. Il consigliere-auditore vigila affinché l’audizione orale offra ai destinatari della comunicazione degli addebiti, alle altre parti interessate, ai denuncianti e ai terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 che sono stati ammessi all’audizione orale un’opportunità sufficiente per pronunciarsi sui risultati preliminari della Commissione.
Articolo 11
Preparazione dell’audizione orale
1. Il consigliere-auditore è responsabile della preparazione dell’audizione orale e adotta tutte le misure del caso. Al fine di garantire la corretta preparazione dell’audizione, il consigliere-auditore può, dopo aver consultato il direttore competente, comunicare preventivamente ai soggetti invitati un elenco delle questioni sulle quali desidera che essi si pronuncino. Il consigliere-auditore può altresì indicare ai soggetti invitati i temi principali ai fini del dibattito, tenuto conto in particolare dei fatti e delle questioni che i destinatari della comunicazione di addebiti che hanno richiesto l’audizione orale desiderano affrontare.
2. A tal fine, dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore può organizzare una riunione preparatoria con i soggetti invitati, nonché, eventualmente, con i servizi della Commissione.
3. Il consigliere-auditore può altresì chiedere che gli venga preventivamente comunicato per iscritto il contenuto essenziale delle dichiarazioni che intendono rilasciare i soggetti invitati all’audizione.
4. Il consigliere-auditore può fissare un termine entro il quale ricevere da tutti i soggetti invitati all’audizione orale l’elenco dei partecipanti che assisterà per loro conto. Il consigliere-auditore mette tale elenco a disposizione di tutti gli invitati all’audizione in tempo utile prima dello svolgimento della stessa.
Articolo 12
Tempi e svolgimento
1. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore stabilisce la data, la durata e il luogo dell’audizione. Egli decide inoltre sulle eventuali domande di rinvio.
2. Il consigliere-auditore decide se si debba ammettere, nel corso dell’audizione, la produzione di nuovi documenti e quali persone debbano essere sentite per conto di una parte.
3. Il consigliere-auditore può autorizzare le parti destinatarie della comunicazione degli addebiti, le altre parti interessate, i denuncianti, i terzi invitati all’audizione, i servizi della Commissione e le autorità degli Stati membri a porre domande nel corso dell’audizione. Nella misura in cui, in via eccezionale, durante l’audizione orale non sia possibile rispondere in tutto o in parte a una domanda, il consigliere-auditore può consentire che la risposta sia presentata per iscritto entro un termine fissato. Tale risposta scritta sarà distribuita a tutti i partecipanti all’audizione orale, a meno che il consigliere-auditore decida altrimenti al fine di tutelare i diritti di difesa di uno dei destinatari della comunicazione degli addebiti o i segreti aziendali o altre informazioni riservate di qualsiasi soggetto.
4. Tenuto conto dell’esigenza di garantire il diritto di essere sentiti, il consigliere-auditore, dopo aver consultato il direttore competente, può consentire alle parti interessate, alle altre parti interessate, ai denuncianti o ai terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 di presentare osservazioni scritte anche successivamente all’audizione orale. Il consigliere-auditore stabilisce la data entro la quale tali osservazioni possono essere presentate. La Commissione non è obbligata a tenere conto delle osservazioni scritte pervenute successivamente a tale data.
Articolo 13
Protezione dei segreti aziendali e della riservatezza durante l’audizione orale
In linea di massima, ciascuna persona è sentita in presenza delle altre persone invitate a partecipare all’audizione orale. Il consigliere-auditore può altresì decidere di sentire le persone separatamente a porte chiuse, tenuto conto del loro legittimo interesse alla protezione dei segreti aziendali e di altre informazioni riservate.
CAPO 7
RELAZIONE INTERMEDIA E DIRITTO DI PRESENTARE OSSERVAZIONI
Articolo 14
Relazione intermedia e osservazioni
1. Il consigliere-auditore presenta al commissario competente una relazione intermedia sullo svolgimento dell’audizione e sulle sue conclusioni per quanto riguarda il rispetto dell’esercizio effettivo dei diritti procedurali. Le osservazioni contenute nella relazione riguardano questioni procedurali e in particolare le questioni seguenti:
a)
la divulgazione di documenti e l’accesso al fascicolo;
b)
i termini per la presentazione della risposta alla comunicazione degli addebiti;
c)
il rispetto del diritto di essere sentiti;
d)
il corretto svolgimento dell’audizione orale.
Una copia della relazione viene trasmessa al direttore generale della Concorrenza, al direttore competente e agli altri servizi competenti della Commissione.
2. Inoltre, e separatamente dalla relazione di cui al paragrafo 1, il consigliere-auditore può formulare osservazioni sul prosieguo e sull’imparzialità del procedimento. In tal modo, il consigliere-auditore provvede in particolare affinché tutti gli elementi di fatto pertinenti, siano essi favorevoli o sfavorevoli agli interessati, in particolare gli elementi oggettivi relativi alla gravità dell’illecito, vengano presi in considerazione nell’elaborazione dei progetti di decisione della Commissione. Tali osservazioni possono riguardare, in particolare, la necessità di ulteriori informazioni, il ritiro di determinati addebiti o obiezioni o la comunicazione di nuovi, oppure suggerimenti per ulteriori misure d’indagine a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003.
Tali osservazioni sono trasmesse al direttore generale della Concorrenza, al direttore competente e al servizio giuridico.
CAPO 8
IMPEGNI E TRANSAZIONI
Articolo 15
Impegni e transazioni
1. Le parti di un procedimento che propongono impegni tali da rispondere alle riserve formulate dalla Commissione nella sua valutazione preliminare ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1/2003, possono rivolgersi al consigliere-auditore in qualsiasi fase del procedimento previsto dall’articolo 9, al fine di garantire l’esercizio effettivo dei propri diritti procedurali.
2. Le parti dei procedimenti nei casi di cartelli tra imprese che partecipano a discussioni in vista di una transazione ai sensi dell’articolo 10 bis, del regolamento (CE) n. 773/2004 possono rivolgersi al consigliere-auditore in qualsiasi fase della procedura di transazione al fine di garantire l’effettivo esercizio dei propri diritti procedurali.
CAPO 9
RELAZIONE FINALE
Articolo 16
Contenuto e trasmissione prima dell’adozione di una decisione
1. Sulla base del progetto di decisione da presentare al comitato consultivo, il consigliere-auditore prepara una relazione finale scritta sul rispetto del diritto all’effettivo esercizio dei diritti procedurali nel corso dell’intero procedimento, a norma dell’articolo 14, paragrafo 1. Tale relazione valuta altresì se il progetto di decisione riguarda esclusivamente gli addebiti o le obiezioni sui cui le parti hanno avuto la possibilità di pronunciarsi.
2. La relazione finale è presentata al commissario competente, al direttore generale della Concorrenza, al direttore competente e gli altri servizi competenti della Commissione. Essa è comunicata alle autorità competenti degli Stati membri nonché, a norma dei protocolli n. 23 e n. 24 dell’accordo SEE, all’Autorità di vigilanza EFTA.
Articolo 17
Presentazione alla Commissione e pubblicazione
1. La relazione finale del consigliere-auditore è trasmessa alla Commissione insieme al progetto di decisione presentatole, in modo da garantire che, nel decidere sui singoli casi, la Commissione disponga di tutte le informazioni rilevanti sul procedimento e sul rispetto dell’esercizio effettivo dei diritti procedurali durante l’intero procedimento.
2. La relazione finale può essere modificata dal consigliere-auditore, alla luce delle eventuali modifiche apportate al progetto di decisione prima della sua adozione da parte della Commissione.
3. La Commissione trasmette ai destinatari della decisione la relazione finale del consigliere-auditore contestualmente alla decisione stessa. Essa provvede a pubblicare nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea la relazione finale del consigliere-auditore congiuntamente alla decisione, tenendo presente l’interesse legittimo delle imprese a che non siano rivelati i loro segreti aziendali.
CAPO 10
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 18
Abrogazione e disposizione transitoria
1. La decisione 2001/462/CE, CECA è abrogata.
2. Gli atti procedurali compiuti in base ad essa continuano ad essere efficaci. Per quanto riguarda le misure d’indagine che sono state adottate prima dell’entrata in vigore della decisione 2001/462/CE, CECA, il consigliere-auditore può declinare l’esercizio delle sue funzioni di cui all’articolo 4.
Nei casi di procedimenti avviati ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 o ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 139/2004 prima dell’entrata in vigore della presente decisione, la relazione intermedia di cui all’articolo 14 della presente decisione e la relazione finale di cui all’articolo 16 non riguardano la fase d’indagine, a meno che il consigliere-auditore decida altrimenti.
Articolo 19
Entrata in vigore
1. La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 13 ottobre 2011
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 308 dell’8.12.2000, pag. 26.
(2) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
(3) GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.
(4) GU L 123 del 27.4.2004, pag. 18.
(5) GU L 133 del 30.4.2004, pag. 1.
(6) GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1.
(7) GU L 330 del 21.12.1994, pag. 67.
(8) GU L 162 del 19.6.2001, pag. 21.
(9) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
del 13 ottobre 2011
relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2011/695/UE)
IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto l’accordo sullo Spazio economico europeo,
visto il regolamento interno della Commissione (1), in particolare l’articolo 22,
considerando quanto segue:
(1)
In base al sistema di applicazione della normativa in materia di concorrenza stabilito dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in prosieguo «il trattato»), la Commissione indaga e decide sui casi con decisione amministrativa, soggetta al controllo giurisdizionale della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo «la Corte di giustizia»).
(2)
La Commissione è tenuta a svolgere i propri procedimenti in materia di concorrenza in modo equo, imparziale e obiettivo e deve assicurare il rispetto dei diritti procedurali delle parti interessate ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (2), del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese («regolamento comunitario sulle concentrazioni») (3), del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE (4), e dal regolamento (CE) n. 802/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, di esecuzione del regolamento (CE) n. 139/2004, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (5), nonché della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia. In particolare, il diritto degli interessati ad essere sentiti prima dell’adozione di qualsiasi decisione individuale che arrechi loro pregiudizio è un diritto fondamentale del diritto dell’Unione sancito dalla Carta dei diritti fondamentali, segnatamente all’articolo 41 (6).
(3)
Al fine di garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali delle parti interessate, delle altre parti interessate ai sensi dell’articolo 11, lettera b), del regolamento (CE) n. 802/2004 («le altre parti interessate»), dei denuncianti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 («i denuncianti») e delle persone diverse da quelle di cui agli articoli 5 e 11 del regolamento (CE) n. 773/2004 e dai terzi ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 802/2004 («i terzi») coinvolti in procedimenti in materia di concorrenza, la responsabilità di salvaguardare il rispetto di tali diritti dovrà essere affidata a persone indipendenti ed esperte nelle questioni della concorrenza, che abbiano l’integrità necessaria per promuovere l’obiettività, la trasparenza e l’efficacia dei procedimenti stessi.
(4)
A tal fine la Commissione ha creato la funzione di consigliere-auditore nel 1982, che ha riveduto con la decisione 94/810/CECA, CE della Commissione, del 12 dicembre 1994, relativa al mandato dei consiglieri-auditori per le procedure in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione (7), e la decisione 2001/462/CE, CECA della Commissione, del 23 maggio 2001, relativa al mandato dei consiglieri-auditori per taluni procedimenti in materia di concorrenza (8). È ora necessario chiarire e rafforzare ulteriormente il ruolo del consigliere-auditore, nonché adeguare le norme relative al suo mandato, alla luce degli sviluppi del diritto della concorrenza dell’Unione.
(5)
La funzione del consigliere-auditore è stata generalmente percepita come un importante contributo ai procedimenti in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione, a motivo dell’indipendenza e della competenza che i consiglieri-auditori vi hanno apportato. Affinché ne sia garantita la costante indipendenza dalla direzione generale della Concorrenza, è necessario che il consigliere-auditore sia collocato amministrativamente presso il commissario competente per la concorrenza.
(6)
Il consigliere-auditore deve essere nominato secondo le norme stabilite nello statuto dei funzionari e nel regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea. Sulla base di tali norme possono essere presi in considerazione anche candidati che non sono funzionari della Commissione europea. Deve inoltre essere assicurata la trasparenza riguardo alla nomina, alla cessazione dalle funzioni e al trasferimento.
(7)
La Commissione può nominare uno o più consiglieri-auditori e deve prevederne il personale ausiliario. Se si accorge dell’esistenza di un conflitto di interessi nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore pone immediatamente fine a ogni suo intervento nel procedimento. In caso d’impedimento del consigliere-auditore, le sue funzioni devono essere svolte da un altro consigliere-auditore.
(8)
Il consigliere-auditore, nella sua qualità di arbitro indipendente, deve cercare di risolvere le questioni che incidono sull’effettivo esercizio dei diritti procedurali delle parti interessate, delle altre parti interessate, dei denuncianti o dei terzi interessati quando tali questioni non hanno potuto essere risolte attraverso contatti preliminari con i servizi della Commissione responsabili dello svolgimento dei procedimenti in materia di concorrenza, che sono tenuti a rispettare tali diritti procedurali.
(9)
È opportuno che i compiti svolti dal consigliere-auditore nei procedimenti in materia di concorrenza siano definiti in modo tale da garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali nel corso dei procedimenti dinanzi alla Commissione ai sensi degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004, in particolare il diritto a essere sentiti.
(10)
Al fine di rafforzare questo ruolo, il consigliere-auditore deve avere la funzione di garantire l’esercizio effettivo dei diritti procedurali delle imprese e delle associazioni di imprese nell’ambito dei poteri d’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003, come pure dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 139/2004 che dà facoltà alla Commissione di comminare ammende alle imprese e alle associazioni di imprese. Al consigliere-auditore devono inoltre essere attribuite funzioni specifiche nel corso di tali indagini in relazione alle richieste di applicazione del segreto professionale, alla garanzia contro l’autoincriminazione, ai termini di risposta stabiliti nelle decisioni richiedenti informazioni a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003, come pure per quanto riguarda il diritto delle imprese e delle associazioni di imprese oggetto di un’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003 di essere informate circa il loro status procedurale, ossia di sapere se sono oggetto di un’indagine e, in caso affermativo, di conoscere l’oggetto e le finalità della medesima. Nel valutare le denunce relative alla garanzia contro l’autoincriminazione presentate dalle imprese, il consigliere-auditore valuta se esse sono manifestamente infondate e servono meramente come tattica dilatoria.
(11)
Il consigliere-auditore deve essere in grado di facilitare la risoluzione di controversie riguardo all’applicazione del segreto professionale a un documento. A tal fine, con l’accordo dell’impresa o dell’associazione di imprese che invoca il segreto professionale, il consigliere-auditore sarà autorizzato a esaminare il documento in causa e a esprimere un’adeguata raccomandazione, facendo riferimento alla giurisprudenza in materia della Corte di giustizia.
(12)
Spetta al consigliere-auditore decidere in merito all’audizione di un terzo che dimostri di avervi un interesse sufficiente. In linea generale, le associazioni dei consumatori che chiedono di essere sentite devono essere considerate portatrici di un interesse sufficiente quando i procedimenti riguardano prodotti o servizi utilizzati dal consumatore finale o prodotti o servizi che confluiscono direttamente in tali prodotti o servizi.
(13)
Il consigliere-auditore decide se ammettere i denuncianti e i terzi interessati all’audizione orale, tenendo conto del contributo che possono offrire per chiarire i fatti pertinenti al caso di specie.
(14)
Il diritto delle parti interessate di essere sentite prima di una decisione finale che arrechi pregiudizio ai loro interessi è garantito dal diritto loro accordato di rispondere per iscritto alla posizione preliminare della Commissione, illustrata nella comunicazione degli addebiti, e dal diritto di esporre le proprie argomentazioni, su loro richiesta, all’audizione orale. Al fine dell’esercizio effettivo di tali diritti, le parti destinatarie di una comunicazione degli addebiti hanno il diritto di accedere al fascicolo istruttorio della Commissione.
(15)
Per salvaguardare l’effettivo esercizio dei diritti di difesa delle parti destinatarie di una comunicazione degli addebiti, è opportuno che tra i compiti affidati al consigliere-auditore vi sia la ricerca di una soluzione alle controversie che sorgano tra le parti e la direzione generale Concorrenza della Commissione in merito all’accesso al fascicolo o alla tutela dei segreti aziendali e delle altre informazioni riservate. In circostanze eccezionali, il consigliere-auditore può sospendere il decorso del termine entro il quale il destinatario di una comunicazione degli addebiti è tenuto a rispondere alla stessa fino alla risoluzione della controversia circa l’accesso al fascicolo se il destinatario non è in grado di rispondere entro il termine stabilito e, in quel momento una proroga non costituirebbe una soluzione adeguata.
(16)
Per garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali rispettando nel contempo i legittimi interessi di riservatezza, il consigliere-auditore deve, se del caso, poter ordinare misure specifiche per l’accesso al fascicolo della Commissione. In particolare, il consigliere-auditore deve poter decidere di concedere un accesso limitato alle sezioni del fascicolo che una parte ha chiesto di consultare, ad esempio limitando il numero o le categorie delle persone aventi accesso e l’uso delle informazioni messe a disposizione.
(17)
È opportuno che sia il consigliere-auditore a decidere in merito alle richieste di proroga del termine impartito per la risposta a una comunicazione degli addebiti, a una comunicazione degli addebiti supplementare o a una lettera di esposizione dei fatti, o del termine entro il quale le altre parti interessate, i denuncianti o i terzi interessati possono trasmettere le proprie osservazioni, in caso di disaccordo tra uno di questi soggetti e la direzione generale della Concorrenza.
(18)
Il consigliere-auditore deve promuovere l’efficacia dell’audizione orale, adottando, tra l’altro, tutte le misure preparatorie, compresa la distribuzione in tempo utile prima dell’audizione di un elenco preliminare dei partecipanti e dell’ordine del giorno provvisorio.
(19)
L’audizione orale permette alle parti cui la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti e alle altre parti interessate di esercitare ulteriormente il proprio diritto di essere sentite sviluppando le loro osservazioni oralmente davanti alla Commissione, che deve essere rappresentata dalla direzione generale della Concorrenza nonché dagli altri servizi che contribuiscono alla redazione della decisione che la Commissione deve adottare. L’audizione deve rappresentare un’ulteriore occasione per garantire che tutti gli elementi di fatto pertinenti, siano essi favorevoli o sfavorevoli alle parti, in particolare gli elementi oggettivi relativi alla gravità e alla durata della presunta infrazione, vengano chiariti quanto più possibile. L’audizione deve inoltre consentire alle parti di esporre le loro argomentazioni relativamente agli aspetti che possono essere rilevanti per l’eventuale imposizione di ammende.
(20)
Per garantire l’efficacia delle audizioni, il consigliere-auditore può autorizzare le parti destinatarie di una comunicazione degli addebiti, le altre parti interessate, i denuncianti, i terzi invitati all’audizione, i servizi della Commissione e le autorità degli Stati membri a porre domande nel corso dell’audizione. È opportuno che l’audizione orale non sia pubblica, in modo da garantire che tutti i partecipanti possano esprimersi liberamente. Pertanto, le informazioni rivelate durante l’audizione orale possono essere utilizzate esclusivamente ai fini dei procedimenti giudiziari e/o amministrativi volti ad applicare gli articoli 101 e 102 del trattato. Se giustificato dall’esigenza di tutelare i segreti aziendali e le altre informazioni riservate, il consigliere-auditore deve poter sentire le persone a porte chiuse.
(21)
Le parti che propongono impegni ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1/2003, nonché le parti che si impegnano in una procedura di transazione nei procedimenti relativi ai cartelli, a norma dell’articolo 10 bis, del regolamento (CE) n. 773/2004, possono rivolgersi al consigliere-auditore in relazione all’effettivo esercizio dei propri diritti procedurali.
(22)
È opportuno che il consigliere-auditore presenti una relazione sul rispetto dell’effettivo esercizio dei diritti procedurali durante i procedimenti in materia di concorrenza. Inoltre, e separatamente dalla relazione, il consigliere-auditore deve anche poter formulare osservazioni sul prosieguo e sull’obiettività del procedimento in modo tale da garantire che i procedimenti in materia di concorrenza siano conclusi sulla base di una corretta valutazione di tutti gli elementi di fatto pertinenti.
(23)
È opportuno che, nella divulgazione di informazioni riguardanti persone fisiche, il consigliere-auditore presti particolare attenzione al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (9).
(24)
La decisione 2001/462/CE, CECA deve essere abrogata,
DECIDE:
CAPO 1
RUOLO, NOMINA E COMPITI DEL CONSIGLIERE-AUDITORE
Articolo 1
Il consigliere-auditore
1. Per i procedimenti in materia di concorrenza sono nominati uno o più consiglieri-auditori, i cui poteri e funzioni sono definiti nella presente decisione.
2. Il consigliere-auditore garantisce l’esercizio effettivo dei diritti procedurali per l’intera durata dei procedimenti in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione a norma degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004 (in prosieguo «procedimenti in materia di concorrenza»).
Articolo 2
Nomina, cessazione dalle funzioni e supplenza
1. La Commissione nomina il consigliere-auditore. La nomina è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’interruzione delle funzioni, la cessazione dalle funzioni e il trasferimento sono disposti con decisione motivata della Commissione. Tale decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
2. Il consigliere-auditore dipende amministrativamente dal commissario per la concorrenza (in prosieguo «il commissario competente»).
3. In caso d’impedimento del consigliere-auditore, le sue funzioni sono svolte da un altro consigliere-auditore. Qualora nessun consigliere-auditore sia in grado di assumere tali funzioni, il commissario competente, dopo avere all’occorrenza consultato il consigliere-auditore stesso, designa per l’esercizio delle relative funzioni un altro funzionario estraneo all’istruzione del caso.
4. Nel caso di un conflitto di interessi reale o potenziale, il consigliere-auditore si astiene dall’intervenire in un caso. Si applicano le disposizioni del paragrafo 3.
Articolo 3
Metodo di funzionamento
1. Nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore agisce in maniera indipendente.
2. Nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore tiene conto della necessità di applicare efficacemente le norme in materia di concorrenza in base alla vigente normativa dell’Unione ed ai principi sanciti dalla Corte di giustizia.
3. Nell’esercizio delle sue funzioni, il consigliere-auditore ha accesso ai fascicoli relativi ai procedimenti in materia di concorrenza dinanzi alla Commissione ai sensi degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004.
4. Il consigliere-auditore è tenuto informato dal direttore competente per le indagini della direzione generale della Concorrenza (in prosieguo «il direttore competente») sugli sviluppi del procedimento.
5. Il consigliere-auditore può presentare osservazioni al commissario competente in merito a qualsiasi aspetto dei procedimenti svolti dalla Commissione in materia di concorrenza.
6. Se il consigliere-auditore presenta raccomandazioni motivate al commissario competente o prende decisioni come previsto dalla presente decisione, il consigliere-auditore fornisce una copia di tali documenti al direttore competente e al servizio giuridico della Commissione.
7. Le parti interessate, le altre parti interessate ai sensi dell’articolo 11, lettera b), del regolamento (CE) n. 802/2004 (in prosieguo «le altre parti interessate»), i denuncianti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 (in prosieguo «i denuncianti») e i terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 della presente decisione coinvolti in procedimenti in materia di concorrenza che intendono sollevare questioni relative all’esercizio effettivo dei loro diritti procedurali devono rivolgersi in primo luogo alla direzione generale della Concorrenza. Se non è risolta, la questione può essere demandata al consigliere-auditore ai fini di un esame indipendente. Le richieste relative a misure che hanno una scadenza devono essere presentate in tempo utile, entro il termine originario.
CAPO 2
FASE D’INDAGINE
Articolo 4
Diritti procedurali nella fase d’indagine
1. Il consigliere-auditore garantisce l’esercizio effettivo dei diritti procedurali che sorgono nel contesto dell’esercizio dei poteri d’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003 e nei procedimenti che possono comportare l’imposizione di ammende ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 139/2004.
2. In particolare, il consigliere-auditore esercita le seguenti funzioni, fatte salve le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 7:
a)
le imprese o le associazioni di imprese possono domandare al consigliere-auditore di valutare la richiesta che un documento, chiesto dalla Commissione nell’esercizio dei poteri di cui agli articoli 18, 20 e 21 del regolamento (CE) n. 1/2003, negli accertamenti di cui all’articolo 13 del regolamento (CE) n. 139/2004 o nel contesto di misure di indagine nei procedimenti che possono comportare l’imposizione di ammende ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 139/2004, e non trasmesso alla Commissione, sia coperto da segreto professionale, ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia. Il consigliere-auditore può esaminare la questione soltanto se l’impresa o l’associazione di imprese richiedente gli consente di prendere visione delle informazioni per le quali invoca il segreto professionale, nonché dei relativi documenti che il consigliere-auditore ritiene necessari ai fini di una valutazione. Senza rivelare il contenuto delle informazioni potenzialmente riservate, il consigliere-auditore comunica al direttore competente e all’impresa o all’associazione di imprese interessata il suo parere preliminare, e può adottare le misure necessarie per favorire una soluzione reciprocamente accettabile. Se non viene raggiunta una soluzione, il consigliere-auditore può formulare una raccomandazione motivata al commissario competente, senza rivelare il contenuto potenzialmente riservato del documento. La parte richiedente riceve copia della raccomandazione;
b)
se il destinatario di una richiesta di informazioni a norma dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 si rifiuta di rispondere ad una domanda in essa contenuta invocando la garanzia contro l’autoincriminazione, definita dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, egli può sottoporre la questione al consigliere-auditore entro il termine stabilito a partire dalla data di ricevimento della richiesta. In casi appropriati, e tenuto conto della necessità di evitare un indebito ritardo nel procedimento, il consigliere-auditore può formulare una raccomandazione motivata riguardo all’applicabilità della garanzia contro l’autoincriminazione e informa il direttore competente delle sue conclusioni, da prendere in considerazione in caso di successiva adozione di una decisione a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003. Il destinatario della richiesta riceve copia della raccomandazione motivata;
c)
se il destinatario di una richiesta di informazioni mediante decisione a norma dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003 ritiene troppo breve il termine impartito per la risposta, può adire il consigliere-auditore, in tempo utile entro il termine inizialmente stabilito. Il consigliere-auditore decide se concedere una proroga del termine, tenendo presente la portata e la complessità della richiesta di informazioni e le esigenze dell’indagine;
d)
le imprese o le associazioni di imprese oggetto di un’indagine della Commissione a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003 hanno il diritto di essere informate circa il loro status procedurale, ossia di sapere se sono oggetto di un’indagine e, in caso affermativo, di conoscere l’oggetto e le finalità della medesima. Se un’impresa o un’associazione di imprese ritiene di non essere stata adeguatamente informata dalla direzione generale della Concorrenza circa il suo status procedurale può deferire la questione al consigliere-auditore per trovare una soluzione. Il consigliere-auditore adotta una decisione in base alla quale la direzione generale della Concorrenza è tenuta a informare l’impresa o l’associazione di imprese che ha presentato la richiesta circa il suo status procedurale. Tale decisione è comunicata all’impresa o all’associazione di imprese che ha presentato la richiesta.
CAPO 3
RICHIESTE DI ESSERE SENTITI
Articolo 5
Terzi interessati
1. Le persone diverse da quelle di cui agli articoli 5 e 11 del regolamento (CE) n. 773/2004 e dai terzi di cui all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 802/2004 («i terzi») possono presentare richiesta di essere sentiti a norma dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 e dell’articolo 16 del regolamento (CE) n. 802/2004. Il richiedente presenta una domanda scritta in cui dimostra di avere interesse all’esito del procedimento.
2. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore decide sull’opportunità di sentire oralmente i terzi interessati. Nel valutare se un terzo dimostra un interesse sufficiente, il consigliere-auditore esamina se e in quale misura il comportamento oggetto del procedimento in materia di concorrenza influisce sul richiedente o se questi soddisfa le condizioni di cui all’articolo 18, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 139/2004.
3. Se ritiene che il richiedente non abbia dimostrato di avere un interesse sufficiente a essere sentito, il consigliere-auditore lo informa per iscritto motivando il suo parere. Viene inoltre fissato un termine entro il quale il richiedente può presentare osservazioni scritte. Se il richiedente comunica il proprio parere per iscritto entro il termine fissato dal consigliere-auditore ma le osservazioni scritte presentate non portano a una diversa valutazione, tale conclusione è riportata in un’apposita decisione motivata da notificare al richiedente.
4. Il consigliere-auditore comunica alle parti dei procedimenti in materia di concorrenza l’identità dei terzi interessati che intendono essere sentiti, sin dal momento dell’avvio di un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 o ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 139/2004, salvo nel caso in cui la diffusione danneggerebbe gravemente una persona o un’impresa.
Articolo 6
Diritto all’audizione orale; partecipazione dei denuncianti e dei terzi all’audizione orale
1. Su richiesta delle parti alle quali la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti o delle altre parti interessate, il consigliere-auditore conduce un’audizione orale, in modo che esse possano sviluppare ulteriormente le proprie osservazioni scritte.
2. Il consigliere-auditore può, se del caso e dopo aver consultato il direttore competente, decidere di accordare ai denuncianti e ai terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 la possibilità di esprimere il loro parere in occasione dell’audizione delle parti alle quali è stata inviata la comunicazione degli addebiti, sempre che essi lo richiedano nelle loro osservazioni scritte. Il consigliere-auditore può altresì invitare rappresentanti delle autorità garanti della concorrenza di paesi terzi a partecipare all’audizione in qualità di osservatori conformemente agli accordi conclusi tra l’Unione e i paesi terzi.
CAPO 4
ACCESSO AL FASCICOLO, RISERVATEZZA E SEGRETI AZIENDALI
Articolo 7
Accesso al fascicolo, ai documenti e alle informazioni
1. Se una parte che ha esercitato il diritto di accesso al fascicolo ha motivo di credere che la Commissione sia in possesso di documenti che non le sono stati resi noti e che le sono necessari per il corretto esercizio del diritto a essere sentita, può sollecitare l’accesso a tali documenti con richiesta motivata al consigliere-auditore, fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 7.
2. Fatto salvo l’articolo 3, paragrafo 7, le altre parti interessate, i denuncianti e i terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 possono presentare una richiesta motivata al consigliere-auditore nei seguenti casi:
a)
le altre parti interessate, se hanno motivo di ritenere di non essere state informate degli addebiti o obiezioni rivolti alle parti notificanti conformemente all’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 802/2004;
b)
un denunciante, informato dalla Commissione della sua intenzione di respingere una denuncia ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004, se ha motivo di credere che la Commissione sia in possesso di documenti che non gli sono stati resi noti e che gli sono necessari per il corretto esercizio dei suoi diritti conformemente all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004;
c)
un denunciante, se ritiene di non aver ricevuto copia della versione non riservata della comunicazione degli addebiti in conformità dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004, ovvero se ritiene che la versione non riservata della comunicazione degli addebiti non è stata redatta in modo tale da consentirgli l’effettivo esercizio dei suoi diritti, ad eccezione dei casi in cui sia applicata la procedura di transazione;
d)
un terzo interessato ai sensi dell’articolo 5 della presente decisione, se ha motivo di ritenere di non essere stato informato circa la natura e l’oggetto del procedimento ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004 e dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 802/2004. Lo stesso vale per il denunciante, nel caso in cui venga applicata la procedura di transazione, se ha motivo di ritenere di non essere stato informato della natura e dell’oggetto del procedimento ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 773/2004.
3. Il consigliere-auditore adotta una decisione motivata sulla richiesta che gli è stata rivolta a norma dei paragrafi 1 o 2 e comunica tale decisione alla persona che ha presentato la richiesta e alle altre persone coinvolte nel procedimento.
Articolo 8
Segreti aziendali e altre informazioni riservate
1. Quando la Commissione intende rendere pubbliche informazioni che possono costituire un segreto aziendale o altre informazioni riservate di qualsiasi impresa o persona, la direzione generale della Concorrenza informa queste ultime per iscritto di tale intenzione e dei motivi della stessa. Viene inoltre fissato un termine entro il quale l’impresa o la persona può presentare eventuali osservazioni scritte.
2. Qualora si opponga alla divulgazione delle informazioni, l’impresa o la persona interessata può deferire la questione al consigliere-auditore. Se ritiene che le informazioni possano essere divulgate perché non costituiscono un segreto aziendale o altre informazioni riservate o perché esiste un interesse prevalente alla loro divulgazione, il consigliere-auditore adotta un’apposita decisione motivata da notificare all’impresa o alla persona interessata. La decisione specifica il termine oltre il quale le informazioni saranno divulgate. Tale termine non può essere inferiore a una settimana dalla notifica.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano altresì alla divulgazione di informazioni mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
4. Se del caso, allo scopo di equilibrare l’effettivo esercizio dei diritti di difesa di una parte con i legittimi interessi alla riservatezza, il consigliere-auditore può decidere che alcune sezioni del fascicolo, che sono indispensabili per l’esercizio del diritto di difesa della parte, siano rese accessibili in misura limitata alla parte che ha richiesto l’accesso, secondo modalità stabilite dal consigliere-auditore stesso.
CAPO 5
PROROGA DEI TERMINI
Articolo 9
Richieste di proroga dei termini
1. Se ritiene che il termine impartito per la risposta sia troppo breve, il destinatario di una comunicazione degli addebiti può sollecitare una proroga di tale termine mediante richiesta motivata al direttore competente. Tale richiesta è presentata prima della scadenza del termine originario nei procedimenti a norma degli articoli 101 e 102 del trattato e almeno cinque giorni lavorativi prima della scadenza del termine originario nei procedimenti ai sensi del regolamento (CE) n. 139/2004. Se tale richiesta non viene soddisfatta o il destinatario della comunicazione degli addebiti che presenta la richiesta non concorda con la durata della proroga concessa, questi può deferire la questione al consigliere-auditore entro la scadenza del termine originario. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore decide se una proroga del termine è necessaria per consentire al destinatario della comunicazione degli addebiti l’effettivo esercizio del diritto di essere sentito, anche tenendo conto dell’esigenza di evitare un indebito ritardo nel procedimento. Nei procedimenti a norma degli articoli 101 e 102 del trattato, il consigliere-auditore tiene conto, tra l’altro, dei seguenti elementi:
a)
la dimensione e la complessità del fascicolo;
b)
l’eventuale accesso preliminare alle informazioni da parte del destinatario della comunicazione delle obiezioni che ha presentato la richiesta;
c)
qualsiasi altro ostacolo obiettivo che il destinatario della comunicazione delle obiezioni che ha presentato la richiesta può incontrare nel presentare le sue osservazioni.
Ai fini della valutazione del primo comma, lettera a), è possibile tenere conto del numero di violazioni, della durata presunta dell’infrazione o delle infrazioni, delle dimensioni e del numero dei documenti e/o dell’entità e la complessità degli studi di esperti.
2. Se le altre parti interessate, un denunciante o un terzo interessato ai sensi dell’articolo 5 ritengono che il termine per esprimere il proprio parere sia troppo breve, possono sollecitare una proroga di tale termine mediante richiesta motivata al direttore competente da presentare a tempo debito entro la scadenza del termine originario. Se tale richiesta non viene soddisfatta o l’altra parte interessata, il denunciante o i terzi interessati non concordano con la decisione, essi possono chiedere il riesame del consigliere-auditore. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore decide se concedere una proroga del termine.
CAPO 6
AUDIZIONE ORALE
Articolo 10
Organizzazione e funzione
1. Il consigliere-auditore organizza e conduce le audizioni previste dalle disposizioni di applicazione degli articoli 101 e 102 del trattato e del regolamento (CE) n. 139/2004.
2. Il consigliere-auditore conduce l’audizione orale in piena indipendenza.
3. Il consigliere-auditore provvede al corretto svolgimento dell’audizione e promuove l’obiettività dell’audizione e dell’eventuale successiva decisione.
4. Il consigliere-auditore vigila affinché l’audizione orale offra ai destinatari della comunicazione degli addebiti, alle altre parti interessate, ai denuncianti e ai terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 che sono stati ammessi all’audizione orale un’opportunità sufficiente per pronunciarsi sui risultati preliminari della Commissione.
Articolo 11
Preparazione dell’audizione orale
1. Il consigliere-auditore è responsabile della preparazione dell’audizione orale e adotta tutte le misure del caso. Al fine di garantire la corretta preparazione dell’audizione, il consigliere-auditore può, dopo aver consultato il direttore competente, comunicare preventivamente ai soggetti invitati un elenco delle questioni sulle quali desidera che essi si pronuncino. Il consigliere-auditore può altresì indicare ai soggetti invitati i temi principali ai fini del dibattito, tenuto conto in particolare dei fatti e delle questioni che i destinatari della comunicazione di addebiti che hanno richiesto l’audizione orale desiderano affrontare.
2. A tal fine, dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore può organizzare una riunione preparatoria con i soggetti invitati, nonché, eventualmente, con i servizi della Commissione.
3. Il consigliere-auditore può altresì chiedere che gli venga preventivamente comunicato per iscritto il contenuto essenziale delle dichiarazioni che intendono rilasciare i soggetti invitati all’audizione.
4. Il consigliere-auditore può fissare un termine entro il quale ricevere da tutti i soggetti invitati all’audizione orale l’elenco dei partecipanti che assisterà per loro conto. Il consigliere-auditore mette tale elenco a disposizione di tutti gli invitati all’audizione in tempo utile prima dello svolgimento della stessa.
Articolo 12
Tempi e svolgimento
1. Dopo aver consultato il direttore competente, il consigliere-auditore stabilisce la data, la durata e il luogo dell’audizione. Egli decide inoltre sulle eventuali domande di rinvio.
2. Il consigliere-auditore decide se si debba ammettere, nel corso dell’audizione, la produzione di nuovi documenti e quali persone debbano essere sentite per conto di una parte.
3. Il consigliere-auditore può autorizzare le parti destinatarie della comunicazione degli addebiti, le altre parti interessate, i denuncianti, i terzi invitati all’audizione, i servizi della Commissione e le autorità degli Stati membri a porre domande nel corso dell’audizione. Nella misura in cui, in via eccezionale, durante l’audizione orale non sia possibile rispondere in tutto o in parte a una domanda, il consigliere-auditore può consentire che la risposta sia presentata per iscritto entro un termine fissato. Tale risposta scritta sarà distribuita a tutti i partecipanti all’audizione orale, a meno che il consigliere-auditore decida altrimenti al fine di tutelare i diritti di difesa di uno dei destinatari della comunicazione degli addebiti o i segreti aziendali o altre informazioni riservate di qualsiasi soggetto.
4. Tenuto conto dell’esigenza di garantire il diritto di essere sentiti, il consigliere-auditore, dopo aver consultato il direttore competente, può consentire alle parti interessate, alle altre parti interessate, ai denuncianti o ai terzi interessati ai sensi dell’articolo 5 di presentare osservazioni scritte anche successivamente all’audizione orale. Il consigliere-auditore stabilisce la data entro la quale tali osservazioni possono essere presentate. La Commissione non è obbligata a tenere conto delle osservazioni scritte pervenute successivamente a tale data.
Articolo 13
Protezione dei segreti aziendali e della riservatezza durante l’audizione orale
In linea di massima, ciascuna persona è sentita in presenza delle altre persone invitate a partecipare all’audizione orale. Il consigliere-auditore può altresì decidere di sentire le persone separatamente a porte chiuse, tenuto conto del loro legittimo interesse alla protezione dei segreti aziendali e di altre informazioni riservate.
CAPO 7
RELAZIONE INTERMEDIA E DIRITTO DI PRESENTARE OSSERVAZIONI
Articolo 14
Relazione intermedia e osservazioni
1. Il consigliere-auditore presenta al commissario competente una relazione intermedia sullo svolgimento dell’audizione e sulle sue conclusioni per quanto riguarda il rispetto dell’esercizio effettivo dei diritti procedurali. Le osservazioni contenute nella relazione riguardano questioni procedurali e in particolare le questioni seguenti:
a)
la divulgazione di documenti e l’accesso al fascicolo;
b)
i termini per la presentazione della risposta alla comunicazione degli addebiti;
c)
il rispetto del diritto di essere sentiti;
d)
il corretto svolgimento dell’audizione orale.
Una copia della relazione viene trasmessa al direttore generale della Concorrenza, al direttore competente e agli altri servizi competenti della Commissione.
2. Inoltre, e separatamente dalla relazione di cui al paragrafo 1, il consigliere-auditore può formulare osservazioni sul prosieguo e sull’imparzialità del procedimento. In tal modo, il consigliere-auditore provvede in particolare affinché tutti gli elementi di fatto pertinenti, siano essi favorevoli o sfavorevoli agli interessati, in particolare gli elementi oggettivi relativi alla gravità dell’illecito, vengano presi in considerazione nell’elaborazione dei progetti di decisione della Commissione. Tali osservazioni possono riguardare, in particolare, la necessità di ulteriori informazioni, il ritiro di determinati addebiti o obiezioni o la comunicazione di nuovi, oppure suggerimenti per ulteriori misure d’indagine a norma del capitolo V del regolamento (CE) n. 1/2003.
Tali osservazioni sono trasmesse al direttore generale della Concorrenza, al direttore competente e al servizio giuridico.
CAPO 8
IMPEGNI E TRANSAZIONI
Articolo 15
Impegni e transazioni
1. Le parti di un procedimento che propongono impegni tali da rispondere alle riserve formulate dalla Commissione nella sua valutazione preliminare ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1/2003, possono rivolgersi al consigliere-auditore in qualsiasi fase del procedimento previsto dall’articolo 9, al fine di garantire l’esercizio effettivo dei propri diritti procedurali.
2. Le parti dei procedimenti nei casi di cartelli tra imprese che partecipano a discussioni in vista di una transazione ai sensi dell’articolo 10 bis, del regolamento (CE) n. 773/2004 possono rivolgersi al consigliere-auditore in qualsiasi fase della procedura di transazione al fine di garantire l’effettivo esercizio dei propri diritti procedurali.
CAPO 9
RELAZIONE FINALE
Articolo 16
Contenuto e trasmissione prima dell’adozione di una decisione
1. Sulla base del progetto di decisione da presentare al comitato consultivo, il consigliere-auditore prepara una relazione finale scritta sul rispetto del diritto all’effettivo esercizio dei diritti procedurali nel corso dell’intero procedimento, a norma dell’articolo 14, paragrafo 1. Tale relazione valuta altresì se il progetto di decisione riguarda esclusivamente gli addebiti o le obiezioni sui cui le parti hanno avuto la possibilità di pronunciarsi.
2. La relazione finale è presentata al commissario competente, al direttore generale della Concorrenza, al direttore competente e gli altri servizi competenti della Commissione. Essa è comunicata alle autorità competenti degli Stati membri nonché, a norma dei protocolli n. 23 e n. 24 dell’accordo SEE, all’Autorità di vigilanza EFTA.
Articolo 17
Presentazione alla Commissione e pubblicazione
1. La relazione finale del consigliere-auditore è trasmessa alla Commissione insieme al progetto di decisione presentatole, in modo da garantire che, nel decidere sui singoli casi, la Commissione disponga di tutte le informazioni rilevanti sul procedimento e sul rispetto dell’esercizio effettivo dei diritti procedurali durante l’intero procedimento.
2. La relazione finale può essere modificata dal consigliere-auditore, alla luce delle eventuali modifiche apportate al progetto di decisione prima della sua adozione da parte della Commissione.
3. La Commissione trasmette ai destinatari della decisione la relazione finale del consigliere-auditore contestualmente alla decisione stessa. Essa provvede a pubblicare nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea la relazione finale del consigliere-auditore congiuntamente alla decisione, tenendo presente l’interesse legittimo delle imprese a che non siano rivelati i loro segreti aziendali.
CAPO 10
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 18
Abrogazione e disposizione transitoria
1. La decisione 2001/462/CE, CECA è abrogata.
2. Gli atti procedurali compiuti in base ad essa continuano ad essere efficaci. Per quanto riguarda le misure d’indagine che sono state adottate prima dell’entrata in vigore della decisione 2001/462/CE, CECA, il consigliere-auditore può declinare l’esercizio delle sue funzioni di cui all’articolo 4.
Nei casi di procedimenti avviati ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 1/2003 o ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 139/2004 prima dell’entrata in vigore della presente decisione, la relazione intermedia di cui all’articolo 14 della presente decisione e la relazione finale di cui all’articolo 16 non riguardano la fase d’indagine, a meno che il consigliere-auditore decida altrimenti.
Articolo 19
Entrata in vigore
1. La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 13 ottobre 2011
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 308 dell’8.12.2000, pag. 26.
(2) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
(3) GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1.
(4) GU L 123 del 27.4.2004, pag. 18.
(5) GU L 133 del 30.4.2004, pag. 1.
(6) GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1.
(7) GU L 330 del 21.12.1994, pag. 67.
(8) GU L 162 del 19.6.2001, pag. 21.
(9) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Procedimenti in materia di concorrenza — Il ruolo del consigliere-auditore
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Definisce il ruolo del consigliere-auditore nei procedimenti in materia di concorrenza dell’Unione europea (Unione).
PUNTI CHIAVE
La decisione stabilisce i poteri e le funzioni dei consiglieri-auditori. Sono nominati dalla Commissione europea e sono collegati, a fini amministrativi, al Commissario responsabile della politica in materia di concorrenza. Devono agire in maniera indipendente nell’esercizio delle loro funzioni.RuoloI consiglieri-auditori organizzano e conducono audizioni nei procedimenti antitrust e di fusione d’imprese. Possono fungere da arbitri indipendenti quando sorge una controversia sui diritti procedurali tra le parti e la direzione generale (DG) Concorrenza della Commissione. Essi decidono in merito alle domande di audizione di terzi nei procedimenti in materia di concorrenza.I compiti principali del consigliere-auditore sono:garantire l’effettivo esercizio dei diritti procedurali durante l’intero procedimento, compresi gli impegni e le procedure di transazione dei cartelli*; garantire il diritto di essere sentiti; trattare questioni specifiche sollevate durante la fase investigativa dei procedimenti della Commissione, ad esempio:richieste di applicazione del segreto professionalela garanzia contro l’autoincriminazionetermini di risposta per le decisioni richiedenti informazioniil diritto delle imprese e delle associazioni di imprese di essere informate circa il loro status procedurale; garantire il rispetto del diritto di accesso al fascicolo e dei legittimi interessi alla riservatezza delle imprese; riferire sull’esito dell’audizione e sul rispetto dell’effettivo esercizio dei diritti procedurali; e presentare, se del caso, osservazioni al Commissario per la concorrenza su qualsiasi questione derivante da un procedimento in materia di concorrenza.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 21 ottobre 2011.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Consigliere-auditore (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Cartello: un gruppo di 2 o più imprese che cercano di limitare la concorrenza mediante la fissazione dei prezzi, la limitazione dell’offerta o altre pratiche restrittive miranti al controllo dei prezzi di vendita.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2011/695/UE del presidente della Commissione europea, del 13 ottobre 2011, relativa alla funzione e al mandato del consigliere-auditore per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU L 275 del 20.10.2011, pag. 29).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 88).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — articolo 102 (ex articolo 82 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 89).
Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (Regolamento comunitario sulle concentrazioni) (GU L 24 del 29.1.2004, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 802/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, di esecuzione del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU L 133 del 30.4.2004, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 802/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativa allo svolgimento dei lavori da parte della Commissione ai sensi degli articoli 81 e 82 del trattato CE (GU L 123 27.4.2004, pag. 18).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento del Consiglio (CE) n. 1/2003 del 16 dicembre 2002 sull’attuazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento di procedura della Commissione (GU L 308 dell’8.12.2000, pag. 26).
Si veda la versione consolidata. |
Un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi di piccolo calibro e le munizioni illegali per ridurre il rischio del loro commercio illegale
L'UE sostiene la creazione di un sistema mondiale di gestione delle informazioni di facile impiego sulle armi oggetto di diversione o traffico, nonché lo sviluppo di attività di ricerca in armi e munizioni circolanti in zone del mondo colpite da conflitti.
ATTO
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale.
SINTESI
L'Unione europea (UE) ha deciso di sostenere un sistema mondiale di gestione delle informazioni di facile impiego sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali al fine di ridurre il rischio del loro commercio illegale. Il sistema si chiama iTrace. Per il progetto sono stati stanziati 2,32 milioni di euro dal bilancio dell'UE.
Vi è il pericolo che la produzione, il trasferimento e la circolazione illegale di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) possa contribuire ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata ed essere un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti. Un documento strategico dell'UE approvato nel 2006 afferma che questi conflitti, in cui le armi SALW sono state di gran lunga i fattori più determinanti, dal 1990 sono costati la vita a quasi quattro milioni di persone e ne hanno costretto oltre 18 milioni a lasciare le loro case o paesi.
Sistema in linea accessibile al pubblico
Il progetto istituirà un sistema in linea accessibile al pubblico che traccerà le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando tipi specifici di armi, fornitori, rotte dei trasferimenti e destinatari illegali.
Ciò consentirà ai governi nazionali di monitorare sistematicamente il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali.
Informazioni ai responsabili delle politiche
Uno dei suoi principali obiettivi è anche quello di fornire ai responsabili politici e agli esperti del controllo delle armi convenzionali le informazioni pertinenti e consentire loro di definire strategie e aree prioritarie per affrontare questo problema. Ad esempio, ciò può essere realizzato identificando le opportunità di cooperazione regionale o identificando le scorte nazionali insicure di SALW o individuando le rotte dei trasferimenti illegali.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio
25.11.2013
-
L 320 del 30.11.2013 | DECISIONE 2013/698/PESC DEL CONSIGLIO
del 25 novembre 2013
a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 26, paragrafo 2, e l’articolo 31, paragrafo 1,
vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 13 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato una strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l’Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della produzione, del trasferimento e della circolazione illegali delle armi convenzionali, incluse le armi leggere e di piccolo calibro («SALW»), e la loro accumulazione eccessiva e diffusione incontrollata sono centrali per quattro delle cinque sfide. Esse alimentano l’insicurezza nell’Africa subsahariana, in Medio Oriente e in molte altre regioni del mondo, esacerbando il conflitto e minacciando la rappacificazione post bellica, ponendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza.
(2)
Il 15 e 16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni («strategia dell’UE sulle SALW»), che stabilisce gli orientamenti per l’azione dell’UE nel settore delle SALW. Tale strategia individua nell’Africa il continente più colpito dall’accumulazione e dalla diffusione illegale di SALW. Riconosce inoltre che la problematica del trasferimento di SALW verso l’Africa sub-sahariana non può essere isolata dal problema delle fonti del trasferimento stesso e indica che dovrebbe essere presa in considerazione in particolare la questione dei mezzi di diffusione delle SALW in Africa, compresi intermediazione e trasporto illegali.
(3)
La strategia dell’UE sulle SALW asserisce inoltre che l’Unione dovrebbe rafforzare e appoggiare i meccanismi di sorveglianza delle sanzioni e sostenere il rafforzamento dei controlli delle esportazioni, nonché la promozione della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio (1) attraverso, tra l’altro, la promozione di misure sulla trasparenza.
(4)
Con il programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di SALW in tutti i suoi aspetti («programma di azione dell’ONU»), adottato il 20 luglio 2001, tutti gli Stati membri dell’ONU si sono impegnati a prevenire il traffico illegale di SALW o la loro diversione verso destinatari non autorizzati e, in particolare, a tener conto del rischio di diversione di SALW verso il commercio illegale nel valutare le domande di autorizzazioni di esportazione.
(5)
L’8 dicembre 2005 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato uno strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, SALW illegali.
(6)
Nel 2007 il partenariato strategico Africa-UE ha definito la prevenzione del commercio illegale e dell’accumulazione eccessiva di SALW un ambito in cui intervenire potenziando la creazione di capacità, il collegamento in rete, la cooperazione e lo scambio di informazioni.
(7)
Nella seconda conferenza di riesame del 2012 del programma di azione dell’ONU, tutti gli Stati membri dell’ONU hanno ribadito l’impegno a prevenire il traffico illegale di SALW, inclusa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, nonché gli impegni contenuti nel programma di azione dell’ONU concernenti la valutazione delle domande di autorizzazioni di esportazione.
(8)
Il 2 aprile 2013 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato il testo del trattato sul commercio di armi (ATT). L’obiettivo del trattato è stabilire norme internazionali comuni quanto più possibile elevate per disciplinare o migliorare la regolamentazione del commercio internazionale di armi convenzionali, prevenire e sradicare il commercio illegale di armi convenzionali e impedirne la diversione. L’Unione dovrebbe sostenere tutti gli Stati membri dell’ONU per attuare controlli efficaci sul trasferimento di armi al fine di assicurare che l’ATT, alla sua entrata in vigore, sia quanto più efficace, in particolare riguardo all’attuazione del suo articolo 11.
(9)
L’Unione intende pertanto finanziare il meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui sopra,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
In vista dell’attuazione della strategia dell’UE sulle SALW e della promozione della pace e della sicurezza, le attività di progetto che saranno sostenute dall’Unione si prefiggono i seguenti obiettivi specifici:
—
creazione di un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico («iTrace») al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi convenzionali le informazioni pertinenti e consentire loro di sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali;
—
condotta di ricerche sul campo concernenti SALW e altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti e inserimento di tutte le prove raccolte nel sistema di gestione delle informazioni,
—
centralizzazione della documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nel sistema mondiale di gestione delle informazioni, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell’ONU e al programma di azione dell’ONU sul commercio illegale di SALW, i testi degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell’ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali,
—
aumento della sensibilizzazione sui risultati del progetto, promozione della finalità e delle funzioni disponibili dell’iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazioni di armi e rafforzamento della capacità internazionale di monitorare la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali e di ridurre il rischio di diversione delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
—
stesura di relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace, concernenti settori specifici che meritano attenzione internazionale, inclusi i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e la distribuzione regionale delle armi e munizioni oggetto di traffico.
L’Unione finanzia il progetto, descritto in dettaglio nell’allegato alla presente decisione.
Articolo 2
1. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell’attuazione della presente decisione.
2. L’esecuzione tecnica del progetto di cui all’articolo 1 è realizzata da Conflict Armament Research Ltd. («CAR»).
3. CAR svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR. A tal fine l’AR stabilisce le necessarie modalità con CAR.
Articolo 3
1. L’importo di riferimento finanziario per l’esecuzione del progetto di cui all’articolo 1 è pari a 2 320 000 EUR. Il bilancio totale stimato per l’intero progetto è pari a 2 416 667 EUR, messi a disposizione attraverso il cofinanziamento con CAR.
2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite secondo le procedure e le norme applicabili al bilancio generale dell’Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione dell’importo di riferimento finanziario di cui al paragrafo 1. A tal fine, conclude il necessario accordo con CAR. L’accordo stabilisce che CAR deve assicurare la visibilità del contributo dell’Unione in funzione della sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di cui al paragrafo 3 non appena possibile dopo l’entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio di ogni difficoltà in tale procedimento e della data di conclusione di tale accordo.
Articolo 4
1. L’AR riferisce al Consiglio in merito all’attuazione della presente decisione sulla base di relazioni periodiche trimestrali preparate da CAR. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio.
2. La Commissione riferisce sugli aspetti finanziari del progetto di cui all’articolo 1.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di cui all’articolo 3, paragrafo 3. Tuttavia, essa cessa di produrre effetti sei mesi dopo la data della sua entrata in vigore se non è stato concluso alcun accordo entro tale termine.
Fatto a Bruxelles, il 25 novembre 2013
Per il Consiglio
Il presidente
D. PAVALKIS
(1) Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99).
ALLEGATO
Meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali iTrace
1. Contesto e motivazione del sostegno PESC
1.1. La presente decisione si basa sulle successive decisioni del Consiglio per combattere l’impatto destabilizzante della diversione e del traffico delle SALW e di altre armi convenzionali. La proliferazione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali è un importante fattore che compromette la stabilità degli Stati ed esacerba i conflitti, ponendo tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza. Come indicato nella strategia dell’UE sulle SALW, l’Africa resta il continente più colpito dalle conseguenze dei conflitti interni, che sono aggravati dall’influenza destabilizzante delle SALW. Il numero di operazioni di mantenimento della pace e di embargo sulle armi in Africa illustra da solo con chiarezza l’entità della minaccia che l’accumulazione e la diffusione illegali di SALW e di altre armi convenzionali rappresenta per gli Stati africani. La proliferazione illegale di SALW e di altre armi convenzionali interessa in modo analogo altre regioni del mondo, tra cui alcune parti di America Latina e America centrale, Asia centrale e orientale, Balcani e Medio Oriente.
La comunità internazionale non dispone attualmente dell’indispensabile capacità di controllo e diagnostica nel settore della lotta alla proliferazione illegale di SALW e di altre armi convenzionali, a causa di tre fattori collegati fra loro. In primo luogo la maggior parte del traffico di armi convenzionali avviene per via terrestre in regioni colpite da conflitti in cui è scarso il monitoraggio sul campo. In secondo luogo la capacità di monitoraggio esistente è collegata debolmente con i gruppi di sorveglianza delle sanzioni e le missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite e le organizzazioni non governative che operano relativamente isolati gli uni dagli altri e le informazioni disponibili che provengono da queste fonti sono frammentarie. In terzo luogo, il monitoraggio, limitato e non coordinato, non riesce a fornire ai responsabili delle politiche le informazioni necessarie per elaborare politiche antiproliferazione efficaci.
La presente decisione mira a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti e raccolte sistematicamente, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi convenzionali e relative munizioni per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. La decisione li aiuterà in tal modo a combinare una strategia di risposta efficace con un’azione preventiva adeguata per contrastare l’offerta e la domanda illegali e assicurare l’effettivo controllo delle armi convenzionali nei paesi terzi.
1.2. La presente decisione prevede la creazione di un sistema in linea accessibile al pubblico, che traccerà le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando in particolare tipi specifici di armi, fornitori, vettori dei trasferimenti e destinatari illegali («iTrace»). Il sistema iTrace, incentrato sulle regioni colpite da conflitti, fungerà da meccanismo mondiale di segnalazione che consentirà ai governi nazionali di monitorare il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e di individuare i casi di diversione. Sarà il primo meccanismo mondiale a monitorare sistematicamente il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, contribuendo così all’individuazione di misure adeguate volte a ridurre il rischio della loro diversione e e del loro traffico. Una volta entrato in vigore il trattato sul commercio delle armi (ATT), il meccanismo aiuterà a monitorarne l’attuazione, fornirà informazioni complete a sostegno del riesame di tale attuazione e rafforzerà la capacità dei governi nazionali di prevedere l’impatto delle decisioni di rilascio delle licenze di esportazione di armi.
La presente decisione prevede l’adattamento del complesso software di gestione delle informazioni, lo sviluppo di un portale pienamente consultabile in linea per la mappatura geospaziale dei trasferimenti illegali di armi e un programma di indagini sul campo, che alimenterà iTrace con dati concreti in tempo reale sui trasferimenti illegali di armi. La decisione prevede inoltre il riesame e la verifica delle prove esistenti sul traffico di armi, che saranno inserite in iTrace.
2. Obiettivi generali
L’azione descritta in appresso sosterrà la comunità internazionale nel contrasto all’impatto destabilizzante della diversione e del traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Fornirà ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. In particolare l’azione fornirà:
a)
informazioni concrete sul traffico di SALW e di altre armi convenzionali necessarie per monitorare più efficacemente l’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite sul commercio illegale di SALW;
b)
informazioni concrete per rafforzare l’attuazione dello strumento internazionale per il rintracciamento;
c)
informazioni concrete per tracciare le principali rotte ed entità coinvolte nella fornitura di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali a regioni colpite da conflitti o a organizzazioni terroristiche internazionali e per fornire prove dell’implicazione di gruppi e persone nel commercio illegale a sostegno dei procedimenti giudiziari nazionali;
d)
la possibilità di rafforzare la cooperazione tra pertinenti organi e missioni delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, nel settore del rintracciamento delle SALW e di altre armi convenzionali, e di fornire informazioni direttamente a sostegno dei meccanismi di monitoraggio esistenti, incluso l’iARMS di INTERPOL;
e)
informazioni pertinenti per individuare i settori prioritari della cooperazione e dell’assistenza internazionale al fine di combattere efficacemente la diversione e il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, quali il finanziamento di progetti in relazione alla sicurezza delle scorte e/o alla gestione delle frontiere;
f)
un meccanismo per assistere nel monitoraggio dell’attuazione dell’ATT all’entrata in vigore, in particolare per individuare la diversione di armi convenzionali trasferite, nonché per assistere i governi nella valutazione del rischio di diversione prima dell’esportazione di armi convenzionali, segnatamente il rischio di diversione all’interno del paese acquirente o di riesportazione a condizioni non ammissibili.
3. Sostenibilità e risultati dei progetti a lungo termine
L’azione istituirà un quadro stabile per il monitoraggio durevole della diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Si prevede che rafforzerà sostanzialmente le informazioni esistenti connesse alle armi e sosterrà in modo significativo lo sviluppo mirato di efficaci politiche sul controllo delle armi convenzionali e sul controllo delle esportazioni di armi. In particolare il progetto:
a)
svilupperà un sistema di gestione delle informazioni che assicurerà la raccolta e l’analisi a lungo termine (almeno10 anni) dei dati sulle armi convenzionali illegali;
b)
fornirà ai responsabili delle politiche e agli esperti in materia di controllo delle armi convenzionali uno strumento per definire strategie e settori prioritari più efficaci per l’assistenza e la cooperazione (ad esempio individuando meccanismi subregionali o regionali di cooperazione, di coordinamento e di condivisione di informazioni che occorre istituire o rafforzare, nonché scorte nazionali insicure, rotte dei trasferimenti illegali, controlli deboli alle frontiere e capacità di contrasto insufficienti);
c)
avrà la flessibilità intrinseca necessaria per generare informazioni pertinenti, indipendentemente dalla rapidità di evoluzione delle esigenze politiche;
d)
accrescerà sostanzialmente l’efficacia di persone e organizzazioni internazionali attive nel monitoraggio delle armi mettendo a disposizione un meccanismo di condivisione delle informazioni di portata sempre più ampia.
4. Descrizione dell’azione
4.1. Progetto 1 — Creazione del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di armi iTrace e portale di mappatura in linea
4.1.1. Obiettivo del progetto
Il progetto intende sviluppare il software necessario a trattare, convalidare e mappare informazioni sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico. Il Dfuze Information Management System (sistema di gestione delle informazioni Dfuze), già operativo all’interno di numerosi servizi di polizia e di intelligence nazionali, sarà adattato al trattamento di informazioni riguardanti specificamente le armi. Il sistema offre inoltre un’analisi della rete organizzativa al fine di monitorare le attività di traffico di armi dei gruppi terroristici e delle organizzazioni criminali, compresi i collegamenti finanziari. Le funzioni di mappatura geospaziale del sistema Dfuze saranno ampiamente riviste per il portale di mappatura in linea consultabile e accessibile al pubblico di iTrace e per le funzioni di scaricamento associate.
4.1.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
acquisizione di infrastrutture di server, computer e rete necessarie al funzionamento del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali iTrace e relativo portale di mappatura in linea;
b)
acquisto e revisione del sistema di gestione di informazioni Dfuze, in particolare la riclassificazione dei campi di inserimento dei dati e la creazione del portale di mappatura in linea di iTrace.
4.1.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
consentire a qualsiasi utente in linea di accedere a una particolare località, paese, regione o continente del mondo;
b)
individuare e trasmettere prove visive di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tale località, paese, regione o continente;
c)
riportare, su una mappa mondiale in linea, le date di trasferimento, le rotte di fornitura illegali e i trafficanti coinvolti per ciascuno (fra le migliaia) di articoli che rientrano tra le SALW e altre armi e munizioni convenzionali oggetto di traffico;
d)
reperire automaticamente casi simili (SALW e altre armi e munizioni convenzionali dello stesso tipo, paese di fabbricazione o serie di produzione) e riportare tali articoli, e la loro ubicazione, su una mappa mondiale in linea;
e)
individuare e tracciare i collegamenti tra i tipi di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, o le organizzazioni internazionali di trafficanti;
f)
generare relazioni globali (ad esempio il grado di diversione in un determinato paese o l’origine delle armi convenzionali oggetto di diversione), che saranno presentate in formato PDF;
g)
ospitare, per paese e globalmente, la documentazione pertinente esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali delle Nazioni Unite e al programma di azione delle Nazioni Unite sul commercio illegale di SALW, il testo degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali;
h)
mantenere un collegamento costante a iARMS di INTERPOL, il che consentirà a INTERPOL di confrontare le armi collegate a reati nel sistema iARMS con le informazioni generate da iTrace sulle armi dei conflitti;
i)
produrre relazioni sulla valutazione dei rischi, in formato predefinito, al fine di sostenere gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell’individuazione di settori prioritari per il miglioramento, l’assistenza e la cooperazione e allo scopo di appoggiare le autorità nazionali incaricate del rilascio delle licenze di esportazione di armi nel riconoscimento dei rischi concreti di diversione.
4.1.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Il progetto istituirà un sistema di mappatura in linea libero, accessibile al pubblico, privo di restrizioni per quanto concerne i potenziali beneficiari.
4.1.5. Beneficiari del progetto
Una volta alimentato (cfr. sezioni 4.2 e 4.3), iTrace fornirà informazioni complete destinate esplicitamente, ma non limitate, a: responsabili delle politiche nazionali sul controllo di armi, organismi incaricati del rilascio delle licenze di esportazione di armi, organizzazioni regionali e internazionali (compresi i gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, le missioni ONU di mantenimento della pace, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari del disarmo (UNODA e INTERPOL), organizzazioni non governative di ricerca [compresi il Centro internazionale di Bonn per la riconversione (BICC), il gruppo di ricerca e d’informazione sulla pace (GRIP), l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e la Small Arms Survey (Inchiesta sulle armi di piccolo calibro)], organizzazioni impegnate nella causa (tra esse Amnesty International e Human Rights Watch) e i media internazionali.
4.2. Progetto 2 — Indagini sul campo e ricerca retrospettiva necessaria ad alimentare il sistema iTrace con prove documentali in tempo reale relative a diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e con altre informazioni pertinenti.
4.2.1. Obiettivo del progetto
Il progetto condurrà ricerche sul campo sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti. Il progetto è un’iniziativa pilota che mira a confermare l’utilità del sistema iTrace generando informazioni aggiornate su diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nei paesi della zona sub-sahariana. Il suo campo di applicazione comprenderà numerosi paesi che destano particolari preoccupazioni negli Stati membri dell’UE, tra essi, ad esempio, Repubblica centrafricana, Libia, Mali, Niger, Sud Sudan, Sudan e Somalia. Il progetto svolgerà inoltre ricerche retrospettive per alimentare il sistema iTrace con informazioni esistenti e verificate sui trasferimenti pertinenti raccolte da organizzazioni diverse da CAR.
4.2.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
invio di esperti di armi qualificati per la conduzione di analisi sul campo relative a SALW e ad altre armi, munizioni e materiale correlato convenzionali e illegali recuperati dai conflitti armati negli Stati della zona sub-sahariana;
b)
analisi, riesame e verifica di prove documentate sulle SALW e su altre armi e munizioni illegali e sui relativi utilizzatori, compresi, tra gli altri: fotografie di armi, di loro componenti e di marchiature interne ed esterne, imballaggi, documenti di spedizione associati e i risultati delle indagini sul campo (utilizzatori, forniture e rotte dei trasferimenti);
c)
riesame e verifica delle prove storiche recenti sui trasferimenti pertinenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali raccolte da organizzazioni diverse da CAR, comprese le relazioni dei gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, delle organizzazioni della società civile e dei media internazionali;
d)
inserimento di tutte le prove raccolte e riesaminate nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e portale di mappatura in linea;
e)
individuazione e sostegno dei partner locali al fine di garantire una raccolta dati continuata a sostegno di iTrace per tutta la durata dell’azione proposta e oltre;
f)
contatti con i governi dell’UE volti a predefinire punti di contatto nazionali, e un meccanismo di coordinamento, al fine di chiarire il raggio d’azione delle indagini di CAR e di attenuare possibili conflitti di interesse, prima delle suddette indagini.
Il progetto sarà attuato in modo graduale nell’intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.2.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
documentare, in situ, le prove materiali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico nelle regioni colpite da conflitti della zona sub-sahariana;
b)
verificare e sviluppare casi di traffico illegale a partire dalle prove raccolte da CAR e da altre organizzazioni in merito a SALW e ad altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tutte le regioni;
c)
fornire prove visive concrete di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, comprese fotografie di articoli, numeri di serie, marchi di fabbrica, contenitori, distinte di colli, documenti di spedizione e certificazione degli utenti finali;
d)
generare resoconti testuali di attività illegali, comprendenti le rotte del traffico, gli attori coinvolti nella diversione o nel trasferimento illegale e valutazioni dei fattori concorrenti (tra cui gestione e sicurezza inefficienti delle scorte e reti di approvvigionamento illegali, deliberatamente orchestrate dallo Stato);
e)
inserimento delle suddette prove nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e portale di mappatura in linea ai fini di una piena divulgazione al pubblico.
4.2.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Fino a 30 presenze sul campo (se necessario prorogate) nell’intero periodo di due anni per ottenere elementi di prova da inserire nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e nel portale di mappatura in linea.
4.2.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
4.3. Progetto 3 — Sensibilizzazione dei soggetti interessati e coordinamento internazionale
4.3.1. Obiettivo del progetto
Il progetto illustrerà i vantaggi di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
4.3.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
presentazione a cura del personale CAR a due conferenze a Bruxelles. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace con un accento sui seguenti aspetti: 1) vantaggi concreti per l’assistenza nel monitoraggio dell’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite e dell’ATT; 2) utilità nell’individuare i settori prioritari per la cooperazione e l’assistenza internazionali; 3) utilità in quanto meccanismo di definizione dei profili di valutazione di rischio per le autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione;
b)
presentazioni a cura del personale CAR in una serie di conferenze internazionali [UE, ONU, OCSE ed organizzazioni regionali, compresi l’Unione africana, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e il Centro regionale sulle armi di piccolo calibro (RECSA) nella regione dei Grandi Laghi, nel Corno d’Africa e Stati confinanti]. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace ai responsabili delle politiche allo scopo di incoraggiare e sviluppare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possono essere inserite nel sistema, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali.
Il progetto sarà attuato nell’intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.3.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
promuovere l’utilità di iTrace con i responsabili delle politiche internazionali e nazionali impegnati nell’attuazione degli accordi in materia di controllo delle SALW e di altre armi convenzionali e di controllo delle esportazioni di armi (programma di azione delle Nazioni Unite e ATT), e nella valutazione dell’attuazione stessa;
b)
fornire le informazioni pertinenti per assistere i responsabili delle politiche e gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali e nell’elaborazione di strategie antiproliferazione efficaci;
c)
fornire, alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione, informazioni approfondite su iTace e la sua utilità nella valutazione del rischio, prevedendo anche modalità di riscontro e potenziamento del sistema;
d)
rafforzare il collegamento in rete di un gruppo crescente di esperti del controllo delle SALW e di altre armi convenzionali impegnati in indagini in situ sulla diversione e il traffico di armi e munizioni convenzionali;
e)
rafforzare il profilo pubblico del rintracciamento delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali quale mezzo per assistere nel monitoraggio dell’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite, dell’ATT e di altri strumenti internazionali e regionali di controllo delle armi e di controllo delle esportazioni di armi.
4.3.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Un massimo di 12 conferenze con la presenza di personale CAR, di cui due a Bruxelles. In tutte le conferenze sarà prevista la presentazione di iTrace. La relazione finale conterrà gli ordini del giorno e brevi sintesi delle conferenze.
4.3.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
4.4. Progetto 4 — Relazioni sulla politica iTrace
4.4.1. Obiettivo del progetto
Il progetto fornirà relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace. Le relazioni saranno concepite in modo da mettere in evidenza aspetti specifici di interesse internazionale, tra cui i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, la distribuzione regionale di armi e munizioni oggetto di traffico e settori prioritari che meritano attenzione a livello internazionale.
4.4.2. Attività di progetto
Analisi approfondita che terminerà con la stesura, la revisione, l’edizione e la pubblicazione di quattro relazioni sulla politica iTrace.
4.4.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
produrre quattro relazioni, ognuna delle quali delineerà un aspetto di interesse internazionale;
b)
assicurare la distribuzione delle relazioni sulla politica iTrace a tutti gli Stati membri dell’UE;
c)
delineare una strategia di sensibilizzazione mirata per assicurare la massima copertura globale;
d)
sostenere la visibilità dell’azione sulla scena politica e nei media internazionali, presentando tra l’altro informazioni sulle armi illegali concernenti temi di attualità, fornendo analisi di rilevanza politica a corredo delle procedure in corso di controllo delle armi e dando alle relazioni un taglio che susciti il maggior interesse dei media internazionali.
4.4.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Quattro relazioni sulla politica iTrace pubblicate in linea per l’intera durata dell’azione proposta e distribuite su scala globale.
4.4.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
5. Sedi
Sede del progetto 1 sarà il Regno Unito. Il progetto riconosce che i risultati richiesti delle indagini sul campo non possono essere replicati a distanza e, per il progetto 2, occorrerà inviare un numero elevato di esperti di armi convenzionali nei paesi della zona sub-sahariana. Gli invii saranno valutati caso per caso, sotto il profilo della sicurezza, dell’accesso e della disponibilità delle informazioni. CAR ha già stabilito contatti o avviato progetti in molti paesi interessati della zona sub-sahariana. Il progetto 3 sarà condotto in conferenze internazionali su scala mondiale per assicurarne la massima visibilità. Il progetto 4 sarà compilato nel Regno Unito.
6. Durata
La durata totale stimata dei progetti combinati è di 24 mesi.
7. Entità di esecuzione e visibilità UE
7.1. L’esecuzione tecnica della presente decisione sarà affidata a CAR. CAR svolgerà i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR
CAR è nata da una rete di investigatori sulle armi di importanza crescente che, nel 2006, è stata la prima a svolgere attività di individuazione e rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali. È la sola organizzazione, al di fuori del sistema delle Nazioni Unite, ad occuparsi esclusivamente di individuare e rintracciare armi e munizioni convenzionali e materiale correlato sul campo nei conflitti armati contemporanei; il suo raggio d’azione è molto più ampio di quello dei gruppi di sorveglianza delle Nazioni Unite che si incentrano unicamente sui paesi oggetto di sanzioni.
Le sue operazioni sono inoltre molto più specialistiche di quelle delle organizzazioni non governative esistenti per il controllo delle armi, quali BICC, GRIP, SIPRI e Small Arms Survey (SAS). Creata in consultazione (1) con le suddette organizzazioni, CAR colma una lacuna importante nelle loro attività di ricerca e analisi. Queste organizzazioni tendono infatti a concentrarsi sulla compilazione di ricerche su vasta scala (analisi di statistiche sul commercio e produzione di informazioni sul traffico provenienti da terzi) o su attività di media portata in determinati paesi (che spesso comportano indagini sulla violenza armata e non propriamente incentrate sulle armi).
Per contro CAR concentra la sua attività esclusivamente sull’individuazione e il rintracciamento delle armi sul campo. Questo approccio basato sui singoli casi e la capacità tecnica necessaria per metterlo in atto sono essenziali per una mappatura esauriente della diversione di armi convenzionali nei paesi in conflitto e all’interno di questi, che attualmente non è monitorata in misura sufficiente dalla comunità internazionale. A tal fine CAR invia piccole squadre di investigatori, con esperienza almeno decennale specifica nel settore delle armi, in regioni colpite da conflitti per esaminare e documentare sul posto le armi illegali. CAR fornisce inoltre assistenza, coordina e verifica le indagini svolte dai controllori delle sanzioni e dal personale delle missioni delle Nazioni Unite, nonché da giornalisti e ricercatori indipendenti attivi sul campo.
Queste competenze essenziali sono le sole che possano produrre le informazioni particolareggiate e specifiche sulle armi necessarie per alimentare un sistema mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi convenzionali illegali quale iTrace.
7.2. Visibilità UE
CAR adotterà tutte le misure opportune a pubblicizzare il fatto che l’azione è stata interamente finanziata dall’Unione. Tali misure saranno attuate in linea con il Manuale di comunicazione e visibilità per le azioni esterne dell’UE elaborato e pubblicato dalla Commissione.
CAR garantirà quindi la visibilità del contributo dell’Unione con un’opportuna strategia di marchio e pubblicità che metta in risalto il ruolo dell’Unione, assicuri la trasparenza delle sue azioni e aumenti la consapevolezza quanto ai motivi della decisione, nonché al sostegno dell’Unione alla decisione stessa e ai risultati di tale sostegno. Sul materiale prodotto dal progetto figurerà in modo evidente la bandiera dell’Unione, conformemente agli orientamenti dell’Unione per l’uso corretto e la riproduzione corretta della bandiera.
8. Presentazione di relazioni
CAR elaborerà quindi relazioni periodiche trimestrali.
(1) CAR ha proceduto ad ampie consultazioni con BICC, GRIP, SAS e SIPRI durante l’intera fase concettuale del progetto iTrace. Tutte e quattro le organizzazioni affermano che a) non hanno la capacità tecnica di condurre questo tipo di progetto; b) che condurlo comporterebbe una modifica radicale della loro agenda di ricerca e il ricorso a esperti esterni; e che c) iTrace sosterrà grandemente la loro ricerca fornendo l’elemento mancante della mappatura sul campo che integra gli attuali approcci a distanza seguiti per il monitoraggio del commercio di armi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE 2013/698/PESC DEL CONSIGLIO
del 25 novembre 2013
a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 26, paragrafo 2, e l’articolo 31, paragrafo 1,
vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 13 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato una strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l’Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della produzione, del trasferimento e della circolazione illegali delle armi convenzionali, incluse le armi leggere e di piccolo calibro («SALW»), e la loro accumulazione eccessiva e diffusione incontrollata sono centrali per quattro delle cinque sfide. Esse alimentano l’insicurezza nell’Africa subsahariana, in Medio Oriente e in molte altre regioni del mondo, esacerbando il conflitto e minacciando la rappacificazione post bellica, ponendo in tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza.
(2)
Il 15 e 16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illegali di SALW e relative munizioni («strategia dell’UE sulle SALW»), che stabilisce gli orientamenti per l’azione dell’UE nel settore delle SALW. Tale strategia individua nell’Africa il continente più colpito dall’accumulazione e dalla diffusione illegale di SALW. Riconosce inoltre che la problematica del trasferimento di SALW verso l’Africa sub-sahariana non può essere isolata dal problema delle fonti del trasferimento stesso e indica che dovrebbe essere presa in considerazione in particolare la questione dei mezzi di diffusione delle SALW in Africa, compresi intermediazione e trasporto illegali.
(3)
La strategia dell’UE sulle SALW asserisce inoltre che l’Unione dovrebbe rafforzare e appoggiare i meccanismi di sorveglianza delle sanzioni e sostenere il rafforzamento dei controlli delle esportazioni, nonché la promozione della posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio (1) attraverso, tra l’altro, la promozione di misure sulla trasparenza.
(4)
Con il programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di SALW in tutti i suoi aspetti («programma di azione dell’ONU»), adottato il 20 luglio 2001, tutti gli Stati membri dell’ONU si sono impegnati a prevenire il traffico illegale di SALW o la loro diversione verso destinatari non autorizzati e, in particolare, a tener conto del rischio di diversione di SALW verso il commercio illegale nel valutare le domande di autorizzazioni di esportazione.
(5)
L’8 dicembre 2005 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato uno strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, SALW illegali.
(6)
Nel 2007 il partenariato strategico Africa-UE ha definito la prevenzione del commercio illegale e dell’accumulazione eccessiva di SALW un ambito in cui intervenire potenziando la creazione di capacità, il collegamento in rete, la cooperazione e lo scambio di informazioni.
(7)
Nella seconda conferenza di riesame del 2012 del programma di azione dell’ONU, tutti gli Stati membri dell’ONU hanno ribadito l’impegno a prevenire il traffico illegale di SALW, inclusa la loro diversione verso destinatari non autorizzati, nonché gli impegni contenuti nel programma di azione dell’ONU concernenti la valutazione delle domande di autorizzazioni di esportazione.
(8)
Il 2 aprile 2013 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato il testo del trattato sul commercio di armi (ATT). L’obiettivo del trattato è stabilire norme internazionali comuni quanto più possibile elevate per disciplinare o migliorare la regolamentazione del commercio internazionale di armi convenzionali, prevenire e sradicare il commercio illegale di armi convenzionali e impedirne la diversione. L’Unione dovrebbe sostenere tutti gli Stati membri dell’ONU per attuare controlli efficaci sul trasferimento di armi al fine di assicurare che l’ATT, alla sua entrata in vigore, sia quanto più efficace, in particolare riguardo all’attuazione del suo articolo 11.
(9)
L’Unione intende pertanto finanziare il meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di cui sopra,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
In vista dell’attuazione della strategia dell’UE sulle SALW e della promozione della pace e della sicurezza, le attività di progetto che saranno sostenute dall’Unione si prefiggono i seguenti obiettivi specifici:
—
creazione di un sistema mondiale di gestione delle informazioni, accessibile e di facile impiego, sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico («iTrace») al fine di fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi convenzionali le informazioni pertinenti e consentire loro di sviluppare strategie e progetti efficaci basati su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali;
—
condotta di ricerche sul campo concernenti SALW e altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti e inserimento di tutte le prove raccolte nel sistema di gestione delle informazioni,
—
centralizzazione della documentazione di rilevanza politica esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nel sistema mondiale di gestione delle informazioni, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali dell’ONU e al programma di azione dell’ONU sul commercio illegale di SALW, i testi degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni dell’ONU, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali,
—
aumento della sensibilizzazione sui risultati del progetto, promozione della finalità e delle funzioni disponibili dell’iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazioni di armi e rafforzamento della capacità internazionale di monitorare la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali e di ridurre il rischio di diversione delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
—
stesura di relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace, concernenti settori specifici che meritano attenzione internazionale, inclusi i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e la distribuzione regionale delle armi e munizioni oggetto di traffico.
L’Unione finanzia il progetto, descritto in dettaglio nell’allegato alla presente decisione.
Articolo 2
1. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell’attuazione della presente decisione.
2. L’esecuzione tecnica del progetto di cui all’articolo 1 è realizzata da Conflict Armament Research Ltd. («CAR»).
3. CAR svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR. A tal fine l’AR stabilisce le necessarie modalità con CAR.
Articolo 3
1. L’importo di riferimento finanziario per l’esecuzione del progetto di cui all’articolo 1 è pari a 2 320 000 EUR. Il bilancio totale stimato per l’intero progetto è pari a 2 416 667 EUR, messi a disposizione attraverso il cofinanziamento con CAR.
2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite secondo le procedure e le norme applicabili al bilancio generale dell’Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione dell’importo di riferimento finanziario di cui al paragrafo 1. A tal fine, conclude il necessario accordo con CAR. L’accordo stabilisce che CAR deve assicurare la visibilità del contributo dell’Unione in funzione della sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di cui al paragrafo 3 non appena possibile dopo l’entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio di ogni difficoltà in tale procedimento e della data di conclusione di tale accordo.
Articolo 4
1. L’AR riferisce al Consiglio in merito all’attuazione della presente decisione sulla base di relazioni periodiche trimestrali preparate da CAR. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio.
2. La Commissione riferisce sugli aspetti finanziari del progetto di cui all’articolo 1.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di cui all’articolo 3, paragrafo 3. Tuttavia, essa cessa di produrre effetti sei mesi dopo la data della sua entrata in vigore se non è stato concluso alcun accordo entro tale termine.
Fatto a Bruxelles, il 25 novembre 2013
Per il Consiglio
Il presidente
D. PAVALKIS
(1) Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio, dell’8 dicembre 2008, che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari (GU L 335 del 13.12.2008, pag. 99).
ALLEGATO
Meccanismo mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali iTrace
1. Contesto e motivazione del sostegno PESC
1.1. La presente decisione si basa sulle successive decisioni del Consiglio per combattere l’impatto destabilizzante della diversione e del traffico delle SALW e di altre armi convenzionali. La proliferazione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali è un importante fattore che compromette la stabilità degli Stati ed esacerba i conflitti, ponendo tal modo una grave minaccia per la pace e la sicurezza. Come indicato nella strategia dell’UE sulle SALW, l’Africa resta il continente più colpito dalle conseguenze dei conflitti interni, che sono aggravati dall’influenza destabilizzante delle SALW. Il numero di operazioni di mantenimento della pace e di embargo sulle armi in Africa illustra da solo con chiarezza l’entità della minaccia che l’accumulazione e la diffusione illegali di SALW e di altre armi convenzionali rappresenta per gli Stati africani. La proliferazione illegale di SALW e di altre armi convenzionali interessa in modo analogo altre regioni del mondo, tra cui alcune parti di America Latina e America centrale, Asia centrale e orientale, Balcani e Medio Oriente.
La comunità internazionale non dispone attualmente dell’indispensabile capacità di controllo e diagnostica nel settore della lotta alla proliferazione illegale di SALW e di altre armi convenzionali, a causa di tre fattori collegati fra loro. In primo luogo la maggior parte del traffico di armi convenzionali avviene per via terrestre in regioni colpite da conflitti in cui è scarso il monitoraggio sul campo. In secondo luogo la capacità di monitoraggio esistente è collegata debolmente con i gruppi di sorveglianza delle sanzioni e le missioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite e le organizzazioni non governative che operano relativamente isolati gli uni dagli altri e le informazioni disponibili che provengono da queste fonti sono frammentarie. In terzo luogo, il monitoraggio, limitato e non coordinato, non riesce a fornire ai responsabili delle politiche le informazioni necessarie per elaborare politiche antiproliferazione efficaci.
La presente decisione mira a fornire ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti e raccolte sistematicamente, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi convenzionali e relative munizioni per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. La decisione li aiuterà in tal modo a combinare una strategia di risposta efficace con un’azione preventiva adeguata per contrastare l’offerta e la domanda illegali e assicurare l’effettivo controllo delle armi convenzionali nei paesi terzi.
1.2. La presente decisione prevede la creazione di un sistema in linea accessibile al pubblico, che traccerà le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando in particolare tipi specifici di armi, fornitori, vettori dei trasferimenti e destinatari illegali («iTrace»). Il sistema iTrace, incentrato sulle regioni colpite da conflitti, fungerà da meccanismo mondiale di segnalazione che consentirà ai governi nazionali di monitorare il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e di individuare i casi di diversione. Sarà il primo meccanismo mondiale a monitorare sistematicamente il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, contribuendo così all’individuazione di misure adeguate volte a ridurre il rischio della loro diversione e e del loro traffico. Una volta entrato in vigore il trattato sul commercio delle armi (ATT), il meccanismo aiuterà a monitorarne l’attuazione, fornirà informazioni complete a sostegno del riesame di tale attuazione e rafforzerà la capacità dei governi nazionali di prevedere l’impatto delle decisioni di rilascio delle licenze di esportazione di armi.
La presente decisione prevede l’adattamento del complesso software di gestione delle informazioni, lo sviluppo di un portale pienamente consultabile in linea per la mappatura geospaziale dei trasferimenti illegali di armi e un programma di indagini sul campo, che alimenterà iTrace con dati concreti in tempo reale sui trasferimenti illegali di armi. La decisione prevede inoltre il riesame e la verifica delle prove esistenti sul traffico di armi, che saranno inserite in iTrace.
2. Obiettivi generali
L’azione descritta in appresso sosterrà la comunità internazionale nel contrasto all’impatto destabilizzante della diversione e del traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Fornirà ai responsabili delle politiche, agli esperti del controllo delle armi e ai funzionari incaricati del controllo delle esportazioni di armi informazioni pertinenti, che consentiranno loro di sviluppare strategie antiproliferazione efficaci basate su elementi concreti contro la diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali per migliorare la sicurezza internazionale e regionale. In particolare l’azione fornirà:
a)
informazioni concrete sul traffico di SALW e di altre armi convenzionali necessarie per monitorare più efficacemente l’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite sul commercio illegale di SALW;
b)
informazioni concrete per rafforzare l’attuazione dello strumento internazionale per il rintracciamento;
c)
informazioni concrete per tracciare le principali rotte ed entità coinvolte nella fornitura di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali a regioni colpite da conflitti o a organizzazioni terroristiche internazionali e per fornire prove dell’implicazione di gruppi e persone nel commercio illegale a sostegno dei procedimenti giudiziari nazionali;
d)
la possibilità di rafforzare la cooperazione tra pertinenti organi e missioni delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali, nel settore del rintracciamento delle SALW e di altre armi convenzionali, e di fornire informazioni direttamente a sostegno dei meccanismi di monitoraggio esistenti, incluso l’iARMS di INTERPOL;
e)
informazioni pertinenti per individuare i settori prioritari della cooperazione e dell’assistenza internazionale al fine di combattere efficacemente la diversione e il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, quali il finanziamento di progetti in relazione alla sicurezza delle scorte e/o alla gestione delle frontiere;
f)
un meccanismo per assistere nel monitoraggio dell’attuazione dell’ATT all’entrata in vigore, in particolare per individuare la diversione di armi convenzionali trasferite, nonché per assistere i governi nella valutazione del rischio di diversione prima dell’esportazione di armi convenzionali, segnatamente il rischio di diversione all’interno del paese acquirente o di riesportazione a condizioni non ammissibili.
3. Sostenibilità e risultati dei progetti a lungo termine
L’azione istituirà un quadro stabile per il monitoraggio durevole della diffusione illegale di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali. Si prevede che rafforzerà sostanzialmente le informazioni esistenti connesse alle armi e sosterrà in modo significativo lo sviluppo mirato di efficaci politiche sul controllo delle armi convenzionali e sul controllo delle esportazioni di armi. In particolare il progetto:
a)
svilupperà un sistema di gestione delle informazioni che assicurerà la raccolta e l’analisi a lungo termine (almeno10 anni) dei dati sulle armi convenzionali illegali;
b)
fornirà ai responsabili delle politiche e agli esperti in materia di controllo delle armi convenzionali uno strumento per definire strategie e settori prioritari più efficaci per l’assistenza e la cooperazione (ad esempio individuando meccanismi subregionali o regionali di cooperazione, di coordinamento e di condivisione di informazioni che occorre istituire o rafforzare, nonché scorte nazionali insicure, rotte dei trasferimenti illegali, controlli deboli alle frontiere e capacità di contrasto insufficienti);
c)
avrà la flessibilità intrinseca necessaria per generare informazioni pertinenti, indipendentemente dalla rapidità di evoluzione delle esigenze politiche;
d)
accrescerà sostanzialmente l’efficacia di persone e organizzazioni internazionali attive nel monitoraggio delle armi mettendo a disposizione un meccanismo di condivisione delle informazioni di portata sempre più ampia.
4. Descrizione dell’azione
4.1. Progetto 1 — Creazione del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di armi iTrace e portale di mappatura in linea
4.1.1. Obiettivo del progetto
Il progetto intende sviluppare il software necessario a trattare, convalidare e mappare informazioni sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico. Il Dfuze Information Management System (sistema di gestione delle informazioni Dfuze), già operativo all’interno di numerosi servizi di polizia e di intelligence nazionali, sarà adattato al trattamento di informazioni riguardanti specificamente le armi. Il sistema offre inoltre un’analisi della rete organizzativa al fine di monitorare le attività di traffico di armi dei gruppi terroristici e delle organizzazioni criminali, compresi i collegamenti finanziari. Le funzioni di mappatura geospaziale del sistema Dfuze saranno ampiamente riviste per il portale di mappatura in linea consultabile e accessibile al pubblico di iTrace e per le funzioni di scaricamento associate.
4.1.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
acquisizione di infrastrutture di server, computer e rete necessarie al funzionamento del sistema mondiale di gestione delle informazioni sul rintracciamento di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali iTrace e relativo portale di mappatura in linea;
b)
acquisto e revisione del sistema di gestione di informazioni Dfuze, in particolare la riclassificazione dei campi di inserimento dei dati e la creazione del portale di mappatura in linea di iTrace.
4.1.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
consentire a qualsiasi utente in linea di accedere a una particolare località, paese, regione o continente del mondo;
b)
individuare e trasmettere prove visive di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tale località, paese, regione o continente;
c)
riportare, su una mappa mondiale in linea, le date di trasferimento, le rotte di fornitura illegali e i trafficanti coinvolti per ciascuno (fra le migliaia) di articoli che rientrano tra le SALW e altre armi e munizioni convenzionali oggetto di traffico;
d)
reperire automaticamente casi simili (SALW e altre armi e munizioni convenzionali dello stesso tipo, paese di fabbricazione o serie di produzione) e riportare tali articoli, e la loro ubicazione, su una mappa mondiale in linea;
e)
individuare e tracciare i collegamenti tra i tipi di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, o le organizzazioni internazionali di trafficanti;
f)
generare relazioni globali (ad esempio il grado di diversione in un determinato paese o l’origine delle armi convenzionali oggetto di diversione), che saranno presentate in formato PDF;
g)
ospitare, per paese e globalmente, la documentazione pertinente esistente sui trasferimenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, tra cui relazioni nazionali sulle esportazioni di armi, relazioni per paese al registro delle armi convenzionali delle Nazioni Unite e al programma di azione delle Nazioni Unite sul commercio illegale di SALW, il testo degli strumenti nazionali, regionali e internazionali pertinenti e relazioni sui trasferimenti illegali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali elaborate dai gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, dalle organizzazioni della società civile e dai media internazionali;
h)
mantenere un collegamento costante a iARMS di INTERPOL, il che consentirà a INTERPOL di confrontare le armi collegate a reati nel sistema iARMS con le informazioni generate da iTrace sulle armi dei conflitti;
i)
produrre relazioni sulla valutazione dei rischi, in formato predefinito, al fine di sostenere gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell’individuazione di settori prioritari per il miglioramento, l’assistenza e la cooperazione e allo scopo di appoggiare le autorità nazionali incaricate del rilascio delle licenze di esportazione di armi nel riconoscimento dei rischi concreti di diversione.
4.1.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Il progetto istituirà un sistema di mappatura in linea libero, accessibile al pubblico, privo di restrizioni per quanto concerne i potenziali beneficiari.
4.1.5. Beneficiari del progetto
Una volta alimentato (cfr. sezioni 4.2 e 4.3), iTrace fornirà informazioni complete destinate esplicitamente, ma non limitate, a: responsabili delle politiche nazionali sul controllo di armi, organismi incaricati del rilascio delle licenze di esportazione di armi, organizzazioni regionali e internazionali (compresi i gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, le missioni ONU di mantenimento della pace, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC), l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari del disarmo (UNODA e INTERPOL), organizzazioni non governative di ricerca [compresi il Centro internazionale di Bonn per la riconversione (BICC), il gruppo di ricerca e d’informazione sulla pace (GRIP), l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e la Small Arms Survey (Inchiesta sulle armi di piccolo calibro)], organizzazioni impegnate nella causa (tra esse Amnesty International e Human Rights Watch) e i media internazionali.
4.2. Progetto 2 — Indagini sul campo e ricerca retrospettiva necessaria ad alimentare il sistema iTrace con prove documentali in tempo reale relative a diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali e con altre informazioni pertinenti.
4.2.1. Obiettivo del progetto
Il progetto condurrà ricerche sul campo sulle SALW e su altre armi e munizioni convenzionali in circolazione in zone colpite da conflitti. Il progetto è un’iniziativa pilota che mira a confermare l’utilità del sistema iTrace generando informazioni aggiornate su diversione e traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali nei paesi della zona sub-sahariana. Il suo campo di applicazione comprenderà numerosi paesi che destano particolari preoccupazioni negli Stati membri dell’UE, tra essi, ad esempio, Repubblica centrafricana, Libia, Mali, Niger, Sud Sudan, Sudan e Somalia. Il progetto svolgerà inoltre ricerche retrospettive per alimentare il sistema iTrace con informazioni esistenti e verificate sui trasferimenti pertinenti raccolte da organizzazioni diverse da CAR.
4.2.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
invio di esperti di armi qualificati per la conduzione di analisi sul campo relative a SALW e ad altre armi, munizioni e materiale correlato convenzionali e illegali recuperati dai conflitti armati negli Stati della zona sub-sahariana;
b)
analisi, riesame e verifica di prove documentate sulle SALW e su altre armi e munizioni illegali e sui relativi utilizzatori, compresi, tra gli altri: fotografie di armi, di loro componenti e di marchiature interne ed esterne, imballaggi, documenti di spedizione associati e i risultati delle indagini sul campo (utilizzatori, forniture e rotte dei trasferimenti);
c)
riesame e verifica delle prove storiche recenti sui trasferimenti pertinenti di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali raccolte da organizzazioni diverse da CAR, comprese le relazioni dei gruppi di sorveglianza delle sanzioni delle Nazioni Unite, delle organizzazioni della società civile e dei media internazionali;
d)
inserimento di tutte le prove raccolte e riesaminate nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e portale di mappatura in linea;
e)
individuazione e sostegno dei partner locali al fine di garantire una raccolta dati continuata a sostegno di iTrace per tutta la durata dell’azione proposta e oltre;
f)
contatti con i governi dell’UE volti a predefinire punti di contatto nazionali, e un meccanismo di coordinamento, al fine di chiarire il raggio d’azione delle indagini di CAR e di attenuare possibili conflitti di interesse, prima delle suddette indagini.
Il progetto sarà attuato in modo graduale nell’intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.2.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
documentare, in situ, le prove materiali di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico nelle regioni colpite da conflitti della zona sub-sahariana;
b)
verificare e sviluppare casi di traffico illegale a partire dalle prove raccolte da CAR e da altre organizzazioni in merito a SALW e ad altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico in tutte le regioni;
c)
fornire prove visive concrete di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali oggetto di diversione o traffico, comprese fotografie di articoli, numeri di serie, marchi di fabbrica, contenitori, distinte di colli, documenti di spedizione e certificazione degli utenti finali;
d)
generare resoconti testuali di attività illegali, comprendenti le rotte del traffico, gli attori coinvolti nella diversione o nel trasferimento illegale e valutazioni dei fattori concorrenti (tra cui gestione e sicurezza inefficienti delle scorte e reti di approvvigionamento illegali, deliberatamente orchestrate dallo Stato);
e)
inserimento delle suddette prove nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e portale di mappatura in linea ai fini di una piena divulgazione al pubblico.
4.2.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Fino a 30 presenze sul campo (se necessario prorogate) nell’intero periodo di due anni per ottenere elementi di prova da inserire nel sistema di gestione delle informazioni iTrace e nel portale di mappatura in linea.
4.2.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
4.3. Progetto 3 — Sensibilizzazione dei soggetti interessati e coordinamento internazionale
4.3.1. Obiettivo del progetto
Il progetto illustrerà i vantaggi di iTrace ai responsabili delle politiche internazionali e nazionali, agli esperti del controllo delle armi convenzionali e alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione. Saranno inoltre ideate iniziative volte a coordinare la condivisione delle informazioni e a creare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possano essere inserite nel sistema iTrace,
4.3.2. Attività di progetto
Nel quadro del progetto saranno intraprese le attività seguenti:
a)
presentazione a cura del personale CAR a due conferenze a Bruxelles. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace con un accento sui seguenti aspetti: 1) vantaggi concreti per l’assistenza nel monitoraggio dell’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite e dell’ATT; 2) utilità nell’individuare i settori prioritari per la cooperazione e l’assistenza internazionali; 3) utilità in quanto meccanismo di definizione dei profili di valutazione di rischio per le autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione;
b)
presentazioni a cura del personale CAR in una serie di conferenze internazionali [UE, ONU, OCSE ed organizzazioni regionali, compresi l’Unione africana, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e il Centro regionale sulle armi di piccolo calibro (RECSA) nella regione dei Grandi Laghi, nel Corno d’Africa e Stati confinanti]. Le presentazioni saranno concepite per illustrare iTrace ai responsabili delle politiche allo scopo di incoraggiare e sviluppare partenariati sostenibili con persone e organizzazioni in grado di produrre informazioni che possono essere inserite nel sistema, nonché di assistere i responsabili delle politiche nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali.
Il progetto sarà attuato nell’intero periodo del progetto iTrace della durata di due anni.
4.3.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
promuovere l’utilità di iTrace con i responsabili delle politiche internazionali e nazionali impegnati nell’attuazione degli accordi in materia di controllo delle SALW e di altre armi convenzionali e di controllo delle esportazioni di armi (programma di azione delle Nazioni Unite e ATT), e nella valutazione dell’attuazione stessa;
b)
fornire le informazioni pertinenti per assistere i responsabili delle politiche e gli esperti del controllo delle armi convenzionali nell’individuazione dei settori prioritari per l’assistenza e la cooperazione internazionali e nell’elaborazione di strategie antiproliferazione efficaci;
c)
fornire, alle autorità incaricate del rilascio delle licenze di esportazione, informazioni approfondite su iTace e la sua utilità nella valutazione del rischio, prevedendo anche modalità di riscontro e potenziamento del sistema;
d)
rafforzare il collegamento in rete di un gruppo crescente di esperti del controllo delle SALW e di altre armi convenzionali impegnati in indagini in situ sulla diversione e il traffico di armi e munizioni convenzionali;
e)
rafforzare il profilo pubblico del rintracciamento delle SALW e di altre armi e munizioni convenzionali quale mezzo per assistere nel monitoraggio dell’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite, dell’ATT e di altri strumenti internazionali e regionali di controllo delle armi e di controllo delle esportazioni di armi.
4.3.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Un massimo di 12 conferenze con la presenza di personale CAR, di cui due a Bruxelles. In tutte le conferenze sarà prevista la presentazione di iTrace. La relazione finale conterrà gli ordini del giorno e brevi sintesi delle conferenze.
4.3.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
4.4. Progetto 4 — Relazioni sulla politica iTrace
4.4.1. Obiettivo del progetto
Il progetto fornirà relazioni su questioni politiche fondamentali, ricavate dai dati prodotti dalle indagini sul campo e presentate nel sistema iTrace. Le relazioni saranno concepite in modo da mettere in evidenza aspetti specifici di interesse internazionale, tra cui i principali modelli di traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali, la distribuzione regionale di armi e munizioni oggetto di traffico e settori prioritari che meritano attenzione a livello internazionale.
4.4.2. Attività di progetto
Analisi approfondita che terminerà con la stesura, la revisione, l’edizione e la pubblicazione di quattro relazioni sulla politica iTrace.
4.4.3. Risultati del progetto
Il progetto mirerà a:
a)
produrre quattro relazioni, ognuna delle quali delineerà un aspetto di interesse internazionale;
b)
assicurare la distribuzione delle relazioni sulla politica iTrace a tutti gli Stati membri dell’UE;
c)
delineare una strategia di sensibilizzazione mirata per assicurare la massima copertura globale;
d)
sostenere la visibilità dell’azione sulla scena politica e nei media internazionali, presentando tra l’altro informazioni sulle armi illegali concernenti temi di attualità, fornendo analisi di rilevanza politica a corredo delle procedure in corso di controllo delle armi e dando alle relazioni un taglio che susciti il maggior interesse dei media internazionali.
4.4.4. Indicatori di esecuzione del progetto
Quattro relazioni sulla politica iTrace pubblicate in linea per l’intera durata dell’azione proposta e distribuite su scala globale.
4.4.5. Beneficiari del progetto
Per l’elenco completo dei beneficiari, identico per tutti i progetti della presente decisione, cfr. la sezione 4.1.5.
5. Sedi
Sede del progetto 1 sarà il Regno Unito. Il progetto riconosce che i risultati richiesti delle indagini sul campo non possono essere replicati a distanza e, per il progetto 2, occorrerà inviare un numero elevato di esperti di armi convenzionali nei paesi della zona sub-sahariana. Gli invii saranno valutati caso per caso, sotto il profilo della sicurezza, dell’accesso e della disponibilità delle informazioni. CAR ha già stabilito contatti o avviato progetti in molti paesi interessati della zona sub-sahariana. Il progetto 3 sarà condotto in conferenze internazionali su scala mondiale per assicurarne la massima visibilità. Il progetto 4 sarà compilato nel Regno Unito.
6. Durata
La durata totale stimata dei progetti combinati è di 24 mesi.
7. Entità di esecuzione e visibilità UE
7.1. L’esecuzione tecnica della presente decisione sarà affidata a CAR. CAR svolgerà i suoi compiti sotto la responsabilità dell’AR
CAR è nata da una rete di investigatori sulle armi di importanza crescente che, nel 2006, è stata la prima a svolgere attività di individuazione e rintracciamento delle armi e munizioni convenzionali. È la sola organizzazione, al di fuori del sistema delle Nazioni Unite, ad occuparsi esclusivamente di individuare e rintracciare armi e munizioni convenzionali e materiale correlato sul campo nei conflitti armati contemporanei; il suo raggio d’azione è molto più ampio di quello dei gruppi di sorveglianza delle Nazioni Unite che si incentrano unicamente sui paesi oggetto di sanzioni.
Le sue operazioni sono inoltre molto più specialistiche di quelle delle organizzazioni non governative esistenti per il controllo delle armi, quali BICC, GRIP, SIPRI e Small Arms Survey (SAS). Creata in consultazione (1) con le suddette organizzazioni, CAR colma una lacuna importante nelle loro attività di ricerca e analisi. Queste organizzazioni tendono infatti a concentrarsi sulla compilazione di ricerche su vasta scala (analisi di statistiche sul commercio e produzione di informazioni sul traffico provenienti da terzi) o su attività di media portata in determinati paesi (che spesso comportano indagini sulla violenza armata e non propriamente incentrate sulle armi).
Per contro CAR concentra la sua attività esclusivamente sull’individuazione e il rintracciamento delle armi sul campo. Questo approccio basato sui singoli casi e la capacità tecnica necessaria per metterlo in atto sono essenziali per una mappatura esauriente della diversione di armi convenzionali nei paesi in conflitto e all’interno di questi, che attualmente non è monitorata in misura sufficiente dalla comunità internazionale. A tal fine CAR invia piccole squadre di investigatori, con esperienza almeno decennale specifica nel settore delle armi, in regioni colpite da conflitti per esaminare e documentare sul posto le armi illegali. CAR fornisce inoltre assistenza, coordina e verifica le indagini svolte dai controllori delle sanzioni e dal personale delle missioni delle Nazioni Unite, nonché da giornalisti e ricercatori indipendenti attivi sul campo.
Queste competenze essenziali sono le sole che possano produrre le informazioni particolareggiate e specifiche sulle armi necessarie per alimentare un sistema mondiale di segnalazione sulle SALW e su altre armi convenzionali illegali quale iTrace.
7.2. Visibilità UE
CAR adotterà tutte le misure opportune a pubblicizzare il fatto che l’azione è stata interamente finanziata dall’Unione. Tali misure saranno attuate in linea con il Manuale di comunicazione e visibilità per le azioni esterne dell’UE elaborato e pubblicato dalla Commissione.
CAR garantirà quindi la visibilità del contributo dell’Unione con un’opportuna strategia di marchio e pubblicità che metta in risalto il ruolo dell’Unione, assicuri la trasparenza delle sue azioni e aumenti la consapevolezza quanto ai motivi della decisione, nonché al sostegno dell’Unione alla decisione stessa e ai risultati di tale sostegno. Sul materiale prodotto dal progetto figurerà in modo evidente la bandiera dell’Unione, conformemente agli orientamenti dell’Unione per l’uso corretto e la riproduzione corretta della bandiera.
8. Presentazione di relazioni
CAR elaborerà quindi relazioni periodiche trimestrali.
(1) CAR ha proceduto ad ampie consultazioni con BICC, GRIP, SAS e SIPRI durante l’intera fase concettuale del progetto iTrace. Tutte e quattro le organizzazioni affermano che a) non hanno la capacità tecnica di condurre questo tipo di progetto; b) che condurlo comporterebbe una modifica radicale della loro agenda di ricerca e il ricorso a esperti esterni; e che c) iTrace sosterrà grandemente la loro ricerca fornendo l’elemento mancante della mappatura sul campo che integra gli attuali approcci a distanza seguiti per il monitoraggio del commercio di armi.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi di piccolo calibro e le munizioni illegali per ridurre il rischio del loro commercio illegale
L'UE sostiene la creazione di un sistema mondiale di gestione delle informazioni di facile impiego sulle armi oggetto di diversione o traffico, nonché lo sviluppo di attività di ricerca in armi e munizioni circolanti in zone del mondo colpite da conflitti.
ATTO
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio, del 25 novembre 2013, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale.
SINTESI
L'Unione europea (UE) ha deciso di sostenere un sistema mondiale di gestione delle informazioni di facile impiego sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali al fine di ridurre il rischio del loro commercio illegale. Il sistema si chiama iTrace. Per il progetto sono stati stanziati 2,32 milioni di euro dal bilancio dell'UE.
Vi è il pericolo che la produzione, il trasferimento e la circolazione illegale di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) possa contribuire ad aggravare il terrorismo e la criminalità organizzata ed essere un fattore rilevante nello scoppio e nella diffusione dei conflitti. Un documento strategico dell'UE approvato nel 2006 afferma che questi conflitti, in cui le armi SALW sono state di gran lunga i fattori più determinanti, dal 1990 sono costati la vita a quasi quattro milioni di persone e ne hanno costretto oltre 18 milioni a lasciare le loro case o paesi.
Sistema in linea accessibile al pubblico
Il progetto istituirà un sistema in linea accessibile al pubblico che traccerà le SALW e altre armi e munizioni convenzionali illegali, precisando tipi specifici di armi, fornitori, rotte dei trasferimenti e destinatari illegali.
Ciò consentirà ai governi nazionali di monitorare sistematicamente il traffico di SALW e di altre armi e munizioni convenzionali.
Informazioni ai responsabili delle politiche
Uno dei suoi principali obiettivi è anche quello di fornire ai responsabili politici e agli esperti del controllo delle armi convenzionali le informazioni pertinenti e consentire loro di definire strategie e aree prioritarie per affrontare questo problema. Ad esempio, ciò può essere realizzato identificando le opportunità di cooperazione regionale o identificando le scorte nazionali insicure di SALW o individuando le rotte dei trasferimenti illegali.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Decisione 2013/698/PESC del Consiglio
25.11.2013
-
L 320 del 30.11.2013 |
Missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa autorizza una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
EUBAM Libia punta a:aiutare le autorità libiche a sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine; e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine.
PUNTI CHIAVE
Mandato
Il primo mandato di EUBAM Libia (fino al 31 dicembre 2018) era di:prestare assistenza nella pianificazione di una riforma globale del settore della sicurezza civile per preparare un’eventuale missione civile PSDC; cooperare strettamente e contribuire alla missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL); impegnarsi e assistere le legittime autorità libiche nei settori della gestione delle frontiere, dell’applicazione della legge e del più ampio sistema di giustizia penale.La decisione (PESC) 2018/2009 ha modificato e prorogato il mandato di EUBAM Libia dal 1o gennaio 2019 fino al 30 giugno 2020. L’obiettivo di EUBAM Libia è assistere attivamente le autorità libiche nella negli sforzi volti a smantellare le reti della criminalità organizzata coinvolte segnatamente nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo.Compiti
EUBAM Libia ha i seguenti compiti:sviluppare un quadro più ampio di gestione delle frontiere in Libia, che comprende l’elaborazione di una strategia per la sicurezza marittima e l’esecuzione di progetti concreti per le agenzie libiche preposte; sviluppare le capacità e la pianificazione strategica nell’ambito del ministero degli interni per quanto riguarda l’applicazione della legge, inclusa l’assistenza a UNSMIL nel suo impegno per sviluppare le capacità di polizia; sostenere la riforma istituzionale e fornire assistenza alla pianificazione strategica al ministero della giustizia e allo sviluppo più ampio di capacità agli operatori della giustizia penale competenti; e sostenere il coordinamento strategico tra i donatori e l’attuazione dei progetti in risposta alle esigenze libiche nei settori summenzionati.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta funge da comandante civile dell’operazione (COC) dell’EUBAM Libia. Il COC comanda e controlla EUBAM Libia a livello strategico, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il COC riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è responsabile di, comanda e controlla EUBAM Libia sul campo ed è direttamente responsabile nei confronti del COC.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 22 maggio 2013. La validità della decisione è stata estesa fino al 30 giugno 2020.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:EUBAM Libia (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2013/233/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2013, sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) (GU L 138 del 24.5.2013, pag. 15).
Le modifiche successive alla decisione 2013/233/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | DECISIONE 2013/233/PESC DEL CONSIGLIO
del 22 maggio 2013
sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia)
Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28, l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 23 luglio 2012 il Consiglio, riconoscendo i gravi problemi di sicurezza in Libia, ha ribadito la disponibilità dell’Unione a fornire assistenza, anche attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), nei settori della sicurezza e della gestione delle frontiere, in stretto partenariato con le autorità libiche.
(2)
Il 9 gennaio 2013 il Ministro libico degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha indirizzato una lettera all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale accoglie con favore la proposta in ambito PSDC dell’Unione di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere libiche a breve termine e assistenza per sviluppare un concetto più ampio di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine.
(3)
Il 31 gennaio 2013 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi per una eventuale missione civile di PSDC in Libia.
(4)
La capacità di vigilanza dovrebbe essere attivata per la missione istituita dalla presente decisione.
(5)
La missione sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e ostacolare il conseguimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati nell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea (TUE),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
L’Unione istituisce una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia).
Articolo 2
Obiettivi
Gli obiettivi dell’EUBAM Libia sono di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine.
Articolo 3
Compiti
1. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 i compiti dell’l’EUBAM Libia sono:
a)
sostenere le autorità libiche nel rafforzare, attraverso attività di formazione e accompagnamento, i servizi di frontiera conformemente alle norme internazionali e alle migliori prassi;
b)
fornire consulenza alle autorità libiche in merito all’evoluzione di una strategia nazionale libica di gestione integrata delle frontiere;
c)
sostenere le autorità libiche nel rafforzamento delle loro capacità operative istituzionali.
2. L’EUBAM Libia non svolge alcuna funzione esecutiva.
Articolo 4
Catena di comando e struttura
1. In quanto operazione di gestione delle crisi, l’EUBAM Libia dispone di una catena di comando unificata.
2. L’EUBAM Libia si compone di un comando avente sede a Tripoli.
3. L’EUBAM Libia è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione.
4. L’EUBAM Libia dispone di una capacità di progetto per individuare, pianificare e attuare i progetti. Ove opportuno e se invitata a farlo, l’EUBAM Libia può inoltre coordinare, agevolare e fornire consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all’EUBAM Libia e a sostegno dei suoi obiettivi.
Articolo 5
Comandante civile dell’operazione
1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) funge da comandante civile dell’operazione dell’EUBAM Libia.
2. Il comandante civile dell’operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e l’autorità generale dell’AR, esercita il comando e il controllo a livello strategico dell’EUBAM Libia.
3. Il comandante civile dell’operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l’attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendo al capomissione consulenza e sostegno tecnico.
4. Il comandante civile dell’operazione riferisce al Consiglio tramite l’AR.
5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d’origine conformemente alla normativa nazionale, all’istituzione dell’Unione interessata o al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell’operazione il controllo operativo (OPCON) del personale, delle squadre e delle unità rispettivi.
6. Il comandante civile dell’operazione assume la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell’Unione sia correttamente assolto.
7. Se necessario, il comandante civile dell’operazione, il rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per la regione del Mediterraneo meridionale, il capo delegazione dell’Unione in Libia e il capomissione dell’EUBAM Libia si consultano reciprocamente.
Articolo 6
Capomissione
1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell’EUBAM Libia a livello di teatro delle operazioni e risponde direttamente al comandante civile dell’operazione.
2. Il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori assegnati dal comandante civile dell’operazione, unitamente alla responsabilità amministrativa e logistica che si estende anche ai mezzi, alle risorse e alle informazioni messi a disposizione dell’EUBAM Libia.
3. Il capomissione impartisce istruzioni a tutto il personale dell’EUBAM Libia, inclusi la componente di sostegno a Bruxelles e gli ufficiali di collegamento regionali, se del caso, per la condotta efficace dell’EUBAM Libia nel teatro delle operazioni, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana secondo le istruzioni a livello strategico del comandante civile dell’operazione.
4. Il capomissione è responsabile dell’esecuzione del bilancio dell’EUBAM Libia. A tal fine il capomissione sottoscrive un contratto con la Commissione.
5. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, i poteri disciplinari sono esercitati dall’autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall’istituzione dell’Unione interessata o dal SEAE.
6. Il capomissione rappresenta l’EUBAM Libia nell’area delle operazioni e assicura un’adeguata visibilità dell’EUBAM Libia.
7. Il capomissione assicura il coordinamento sul terreno, ove opportuno, con altri attori dell’Unione. Fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dal RSUE per la regione del Mediterraneo meridionale, in consultazione con il capo delegazione dell’Unione in Libia.
8. Nell’ambito della capacità di progetto, il capomissione è autorizzato a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l’attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell’EUBAM Libia, se il progetto è:
a)
previsto nella scheda di incidenza sul bilancio relativa alla presente decisione; o
b)
incluso nel corso dell’EUBAM Libia nella scheda di incidenza sul bilancio su richiesta del capomissione.
In tal caso il capomissione conclude un accordo con gli Stati interessati, riguardante in particolare le procedure specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi messi a sua disposizione dagli Stati contributori.
Né l’Unione né l’AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi forniti dagli Stati contributori.
Articolo 7
Personale
1. L’EUBAM Libia è costituita essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE.
2. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione o il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che hanno distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità diverse da quelle giornaliere.
3. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione e il SEAE sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco, proposte dal membro del personale da essi distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona.
4. L’EUBAM Libia può altresì assumere personale internazionale o locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno.
5. Le condizioni d’impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e del personale locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra il capomissione e tale personale.
Articolo 8
Status dell’EUBAM Libia e del relativo personale
Lo status dell’EUBAM Libia e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento della missione stessa, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Articolo 9
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell’EUBAM Libia. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni all’uopo pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per nominare un capomissione, su proposta dell’AR, e di modificare il concetto operativo Plus (CONOPS Plus) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUBAM Libia restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell’operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza.
Articolo 10
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all’EUBAM Libia, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l’assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dalla Libia, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi operativi dell’EUBAM Libia.
2. Gli Stati terzi che contribuiscono all’EUBAM Libia hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana della missione stessa, a quelli degli Stati membri che prendono parte all’EUBAM Libia.
3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all’accettazione dei contributi proposti e a istituire un comitato dei contributori.
4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e, se necessario, di disposizioni tecniche supplementari. Se l’Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo a operazioni dell’Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUBAM Libia.
Articolo 11
Sicurezza
1. Il comandante civile dell’operazione dirige, a norma dell’articolo 5, il capomissione nella pianificazione delle misure di sicurezza e garantisce l’attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell’EUBAM Libia.
2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell’EUBAM Libia e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all’EUBAM Libia, in linea con la politica dell’Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell’Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V TUE e relativi documenti giustificativi.
3. Il capomissione è assistito da un alto responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto di lavoro con il SEAE.
4. Il personale dell’EUBAM Libia è sottoposto a una formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima di assumere le funzioni conformemente all’OPLAN. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione.
5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate dell’UE conformemente alla decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (1).
Articolo 12
Capacità di vigilanza
La capacità di vigilanza è attivata per l’EUBAM Libia.
Articolo 13
Disposizioni finanziarie
1. L’importo di riferimento finanziario destinato a coprire la spesa relativa all’EUBAM Libia per i primi dodici mesi successivi all’entrata in vigore della presente decisione è pari a 30 300 000 EUR. L’importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio.
2. Tutte le spese sono gestite conformemente alle regole e secondo le procedure applicabili al bilancio generale dell’Unione.
3. Le gare d’appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi partecipanti e ai cittadini del paese ospitante e dei paesi vicini. Con l’approvazione della Commissione il capomissione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, con gli Stati terzi partecipanti e con altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di equipaggiamento, servizi e locali all’EUBAM Libia.
4. Le disposizioni finanziarie rispettano i requisiti operativi dell’EUBAM Libia, compresa la compatibilità delle attrezzature e l’interoperabilità delle sue squadre.
5. Il capomissione riferisce dettagliatamente alla Commissione ed è soggetto a supervisione, da parte della stessa, sulle attività intraprese nell’ambito del contratto del capomissione.
6. Le spese connesse all’EUBAM Libia sono ammissibili a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione.
Articolo 14
Coerenza della risposta dell’Unione e coordinamento
1. L’AR garantisce la coerenza dell’attuazione della presente decisione con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione.
2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell’Unione a Tripoli al fine di garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Libia.
3. Il capomissione si coordina strettamente con i capimissione degli Stati membri presenti in Libia.
4. Il capomissione si coordina con i terzi pertinenti in Libia.
Articolo 15
Comunicazione di informazioni
1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell’EUBAM Libia, informazioni classificate dell’UE fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE.
2. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono conclusi accordi tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
3. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUBAM Libia, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (2).
4. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui al paragrafo 2 a persone poste sotto l’autorità dell’AR, al comandante civile dell’operazione e/o al capomissione.
Articolo 16
Entrata in vigore e durata
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Essa si applica per un periodo di ventiquattro mesi.
Fatto a Bruxelles, il 22 maggio 2013
Per il Consiglio
Il presidente
E. GILMORE
(1) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17.
(2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE 2013/233/PESC DEL CONSIGLIO
del 22 maggio 2013
sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia)
Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28, l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 23 luglio 2012 il Consiglio, riconoscendo i gravi problemi di sicurezza in Libia, ha ribadito la disponibilità dell’Unione a fornire assistenza, anche attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), nei settori della sicurezza e della gestione delle frontiere, in stretto partenariato con le autorità libiche.
(2)
Il 9 gennaio 2013 il Ministro libico degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha indirizzato una lettera all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale accoglie con favore la proposta in ambito PSDC dell’Unione di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere libiche a breve termine e assistenza per sviluppare un concetto più ampio di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine.
(3)
Il 31 gennaio 2013 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi per una eventuale missione civile di PSDC in Libia.
(4)
La capacità di vigilanza dovrebbe essere attivata per la missione istituita dalla presente decisione.
(5)
La missione sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e ostacolare il conseguimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati nell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea (TUE),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
L’Unione istituisce una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia).
Articolo 2
Obiettivi
Gli obiettivi dell’EUBAM Libia sono di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine.
Articolo 3
Compiti
1. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 i compiti dell’l’EUBAM Libia sono:
a)
sostenere le autorità libiche nel rafforzare, attraverso attività di formazione e accompagnamento, i servizi di frontiera conformemente alle norme internazionali e alle migliori prassi;
b)
fornire consulenza alle autorità libiche in merito all’evoluzione di una strategia nazionale libica di gestione integrata delle frontiere;
c)
sostenere le autorità libiche nel rafforzamento delle loro capacità operative istituzionali.
2. L’EUBAM Libia non svolge alcuna funzione esecutiva.
Articolo 4
Catena di comando e struttura
1. In quanto operazione di gestione delle crisi, l’EUBAM Libia dispone di una catena di comando unificata.
2. L’EUBAM Libia si compone di un comando avente sede a Tripoli.
3. L’EUBAM Libia è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione.
4. L’EUBAM Libia dispone di una capacità di progetto per individuare, pianificare e attuare i progetti. Ove opportuno e se invitata a farlo, l’EUBAM Libia può inoltre coordinare, agevolare e fornire consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all’EUBAM Libia e a sostegno dei suoi obiettivi.
Articolo 5
Comandante civile dell’operazione
1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) funge da comandante civile dell’operazione dell’EUBAM Libia.
2. Il comandante civile dell’operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e l’autorità generale dell’AR, esercita il comando e il controllo a livello strategico dell’EUBAM Libia.
3. Il comandante civile dell’operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l’attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendo al capomissione consulenza e sostegno tecnico.
4. Il comandante civile dell’operazione riferisce al Consiglio tramite l’AR.
5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d’origine conformemente alla normativa nazionale, all’istituzione dell’Unione interessata o al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell’operazione il controllo operativo (OPCON) del personale, delle squadre e delle unità rispettivi.
6. Il comandante civile dell’operazione assume la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell’Unione sia correttamente assolto.
7. Se necessario, il comandante civile dell’operazione, il rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per la regione del Mediterraneo meridionale, il capo delegazione dell’Unione in Libia e il capomissione dell’EUBAM Libia si consultano reciprocamente.
Articolo 6
Capomissione
1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell’EUBAM Libia a livello di teatro delle operazioni e risponde direttamente al comandante civile dell’operazione.
2. Il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori assegnati dal comandante civile dell’operazione, unitamente alla responsabilità amministrativa e logistica che si estende anche ai mezzi, alle risorse e alle informazioni messi a disposizione dell’EUBAM Libia.
3. Il capomissione impartisce istruzioni a tutto il personale dell’EUBAM Libia, inclusi la componente di sostegno a Bruxelles e gli ufficiali di collegamento regionali, se del caso, per la condotta efficace dell’EUBAM Libia nel teatro delle operazioni, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana secondo le istruzioni a livello strategico del comandante civile dell’operazione.
4. Il capomissione è responsabile dell’esecuzione del bilancio dell’EUBAM Libia. A tal fine il capomissione sottoscrive un contratto con la Commissione.
5. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, i poteri disciplinari sono esercitati dall’autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall’istituzione dell’Unione interessata o dal SEAE.
6. Il capomissione rappresenta l’EUBAM Libia nell’area delle operazioni e assicura un’adeguata visibilità dell’EUBAM Libia.
7. Il capomissione assicura il coordinamento sul terreno, ove opportuno, con altri attori dell’Unione. Fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dal RSUE per la regione del Mediterraneo meridionale, in consultazione con il capo delegazione dell’Unione in Libia.
8. Nell’ambito della capacità di progetto, il capomissione è autorizzato a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l’attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell’EUBAM Libia, se il progetto è:
a)
previsto nella scheda di incidenza sul bilancio relativa alla presente decisione; o
b)
incluso nel corso dell’EUBAM Libia nella scheda di incidenza sul bilancio su richiesta del capomissione.
In tal caso il capomissione conclude un accordo con gli Stati interessati, riguardante in particolare le procedure specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi messi a sua disposizione dagli Stati contributori.
Né l’Unione né l’AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi forniti dagli Stati contributori.
Articolo 7
Personale
1. L’EUBAM Libia è costituita essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE.
2. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione o il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che hanno distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità diverse da quelle giornaliere.
3. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione e il SEAE sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco, proposte dal membro del personale da essi distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona.
4. L’EUBAM Libia può altresì assumere personale internazionale o locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno.
5. Le condizioni d’impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e del personale locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra il capomissione e tale personale.
Articolo 8
Status dell’EUBAM Libia e del relativo personale
Lo status dell’EUBAM Libia e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento della missione stessa, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Articolo 9
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell’EUBAM Libia. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni all’uopo pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per nominare un capomissione, su proposta dell’AR, e di modificare il concetto operativo Plus (CONOPS Plus) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUBAM Libia restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell’operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza.
Articolo 10
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all’EUBAM Libia, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l’assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dalla Libia, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi operativi dell’EUBAM Libia.
2. Gli Stati terzi che contribuiscono all’EUBAM Libia hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana della missione stessa, a quelli degli Stati membri che prendono parte all’EUBAM Libia.
3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all’accettazione dei contributi proposti e a istituire un comitato dei contributori.
4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e, se necessario, di disposizioni tecniche supplementari. Se l’Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo a operazioni dell’Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUBAM Libia.
Articolo 11
Sicurezza
1. Il comandante civile dell’operazione dirige, a norma dell’articolo 5, il capomissione nella pianificazione delle misure di sicurezza e garantisce l’attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell’EUBAM Libia.
2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell’EUBAM Libia e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all’EUBAM Libia, in linea con la politica dell’Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell’Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V TUE e relativi documenti giustificativi.
3. Il capomissione è assistito da un alto responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto di lavoro con il SEAE.
4. Il personale dell’EUBAM Libia è sottoposto a una formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima di assumere le funzioni conformemente all’OPLAN. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione.
5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate dell’UE conformemente alla decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (1).
Articolo 12
Capacità di vigilanza
La capacità di vigilanza è attivata per l’EUBAM Libia.
Articolo 13
Disposizioni finanziarie
1. L’importo di riferimento finanziario destinato a coprire la spesa relativa all’EUBAM Libia per i primi dodici mesi successivi all’entrata in vigore della presente decisione è pari a 30 300 000 EUR. L’importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio.
2. Tutte le spese sono gestite conformemente alle regole e secondo le procedure applicabili al bilancio generale dell’Unione.
3. Le gare d’appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi partecipanti e ai cittadini del paese ospitante e dei paesi vicini. Con l’approvazione della Commissione il capomissione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, con gli Stati terzi partecipanti e con altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di equipaggiamento, servizi e locali all’EUBAM Libia.
4. Le disposizioni finanziarie rispettano i requisiti operativi dell’EUBAM Libia, compresa la compatibilità delle attrezzature e l’interoperabilità delle sue squadre.
5. Il capomissione riferisce dettagliatamente alla Commissione ed è soggetto a supervisione, da parte della stessa, sulle attività intraprese nell’ambito del contratto del capomissione.
6. Le spese connesse all’EUBAM Libia sono ammissibili a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione.
Articolo 14
Coerenza della risposta dell’Unione e coordinamento
1. L’AR garantisce la coerenza dell’attuazione della presente decisione con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione.
2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell’Unione a Tripoli al fine di garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Libia.
3. Il capomissione si coordina strettamente con i capimissione degli Stati membri presenti in Libia.
4. Il capomissione si coordina con i terzi pertinenti in Libia.
Articolo 15
Comunicazione di informazioni
1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell’EUBAM Libia, informazioni classificate dell’UE fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE.
2. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono conclusi accordi tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
3. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUBAM Libia, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (2).
4. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui al paragrafo 2 a persone poste sotto l’autorità dell’AR, al comandante civile dell’operazione e/o al capomissione.
Articolo 16
Entrata in vigore e durata
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Essa si applica per un periodo di ventiquattro mesi.
Fatto a Bruxelles, il 22 maggio 2013
Per il Consiglio
Il presidente
E. GILMORE
(1) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17.
(2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa autorizza una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
EUBAM Libia punta a:aiutare le autorità libiche a sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine; e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine.
PUNTI CHIAVE
Mandato
Il primo mandato di EUBAM Libia (fino al 31 dicembre 2018) era di:prestare assistenza nella pianificazione di una riforma globale del settore della sicurezza civile per preparare un’eventuale missione civile PSDC; cooperare strettamente e contribuire alla missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL); impegnarsi e assistere le legittime autorità libiche nei settori della gestione delle frontiere, dell’applicazione della legge e del più ampio sistema di giustizia penale.La decisione (PESC) 2018/2009 ha modificato e prorogato il mandato di EUBAM Libia dal 1o gennaio 2019 fino al 30 giugno 2020. L’obiettivo di EUBAM Libia è assistere attivamente le autorità libiche nella negli sforzi volti a smantellare le reti della criminalità organizzata coinvolte segnatamente nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo.Compiti
EUBAM Libia ha i seguenti compiti:sviluppare un quadro più ampio di gestione delle frontiere in Libia, che comprende l’elaborazione di una strategia per la sicurezza marittima e l’esecuzione di progetti concreti per le agenzie libiche preposte; sviluppare le capacità e la pianificazione strategica nell’ambito del ministero degli interni per quanto riguarda l’applicazione della legge, inclusa l’assistenza a UNSMIL nel suo impegno per sviluppare le capacità di polizia; sostenere la riforma istituzionale e fornire assistenza alla pianificazione strategica al ministero della giustizia e allo sviluppo più ampio di capacità agli operatori della giustizia penale competenti; e sostenere il coordinamento strategico tra i donatori e l’attuazione dei progetti in risposta alle esigenze libiche nei settori summenzionati.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta funge da comandante civile dell’operazione (COC) dell’EUBAM Libia. Il COC comanda e controlla EUBAM Libia a livello strategico, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il COC riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è responsabile di, comanda e controlla EUBAM Libia sul campo ed è direttamente responsabile nei confronti del COC.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 22 maggio 2013. La validità della decisione è stata estesa fino al 30 giugno 2020.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:EUBAM Libia (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2013/233/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2013, sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) (GU L 138 del 24.5.2013, pag. 15).
Le modifiche successive alla decisione 2013/233/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. |
Missione dell’Unione europea per la formazione nel Mali (EUTM Mali)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa autorizza una missione militare dell’Unione per contribuire alle forze armate maliane (FAM) al fine di ripristinare la capacità militare del Mali e consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
PUNTI CHIAVE
Risoluzione 2071 (2012) delle Nazioni UniteLa risoluzione del 2012 sulla situazione nel Mali ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali. La decisione intende rispondere a tale invito.Scopi
Il mandato dell’EUTM Mali è stato rinnovato per quattro volte, la più recente in marzo 2020 tramite la decisione (PESC) 2020/434 che ha inoltre ridefinito gli obiettivi strategici della missione come segue:contribuire a migliorare la capacità operativa delle FAM sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali, fornendo alle FAM:consulenza militare, formazione, ivi compresa la formazione pre-schieramento, istruzione e tutoraggio militari, attraverso l’accompagnamento non esecutivo fino al livello tattico.Ciò dovrebbe consentire all’EUTM Mali di dare seguito alle attività delle FAM e di monitorarne i risultati e il comportamento, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; sostenere il G5 Sahel, rendendo operative la forza congiunta del G5 Sahel e le forze armate nazionali nei paesi del G5 Sahel.La decisione comprende inoltre un aumento indicativo della dotazione finanziaria della missione a 133,7 milioni di euro per un periodo di quattro anni dal 19 maggio 2020 al 18 maggio 2024.
Attività
Le attività dell’EUTM Mali si basano su quattro linee di intervento:formazione delle unità militari maliane; consulenza alle FAM a tutti i livelli; contributi al miglioramento del sistema di istruzione militare, dalle scuole ai livelli ministeriali; consulenza e formazione alle sedi della forza congiunta del G5 Sahel.Controllo politico e direzione strategicaIl Comitato politico e di sicurezza (CPS) esercita il controllo politico e assicura la direzione strategica dell’EUTM Mali sotto la responsabilità del Consiglio e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Al CPS sono conferiti taluni poteri dal Consiglio, che comprendono il potere di:modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando;adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’Unione. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. Il Comitato militare dell’Unione monitora la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’Unione.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 17 gennaio 2013. La validità della decisione è stata prorogata fino al 18 maggio 2024 dalla decisione (PESC) 2020/434.
CONTESTO
Nell’ambito della politica estera dell’Unione e in particolare della sua politica di sicurezza e di difesa comune, l’Unione ha adottato una strategia di sicurezza e sviluppo per il Sahel (che copre la Mauritania, il Mali e il Niger e parti del Burkina Faso e del Ciad).
Per ulteriori informazioni, si consulti:EUTM Mali — Chi siamo (EUTM Mali).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2013/34/PESC del Consiglio, del 17 gennaio 2013, relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 14 del 18.1.2013, pag. 19).
Le modifiche successive alla decisione 2013/34/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (PESC) 2020/434 del Consiglio, del 23 marzo 2020, che modifica la decisione 2013/34/PESC relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 89 del 24.3.2020, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, del 27 marzo 2015, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) e che abroga la decisione 2011/871/PESC (GU L 84 del 28.3.2015, pag. 39). | DECISIONE 2013/34/PESC DEL CONSIGLIO
del 17 gennaio 2013
relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha riconosciuto che i drammatici cambiamenti avvenuti in Mali hanno richiesto un riesame delle azioni che l’Unione dovrebbe intraprendere per sostenere il ripristino di un governo democratico e dello stato di diritto nell’insieme del territorio del Mali. Ha chiesto all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e alla Commissione di presentare proposte concrete per l’azione dell’Unione in diversi settori al fine di rispondere all’evolvere della situazione.
(2)
Con lettera del 18 settembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha chiesto il sostegno dell’Unione per ripristinare l’integrità territoriale del Mali.
(3)
Nella risoluzione 2071 (2012) sulla situazione in Mali, adottata il 12 ottobre 2012, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, esprimendo profonda preoccupazione per le conseguenze dell’instabilità nel nord del Mali sulla regione e al suo esterno e sottolineando la necessità di rispondere rapidamente per preservare la stabilità in tutta la regione del Sahel, ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali.
(4)
Nelle conclusioni del 15 ottobre 2012 il Consiglio ha chiesto che i lavori di pianificazione di un’eventuale missione militare nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) siano proseguiti e approfonditi con urgenza, elaborando in particolare un concetto di gestione della crisi relativo alla riorganizzazione e all’addestramento delle forze di difesa maliane, tenendo conto delle condizioni necessarie per il buon esito di tale eventuale missione, compreso il sostegno pieno e totale delle autorità maliane e la definizione di una strategia di uscita.
(5)
Nelle conclusioni del 19 novembre 2012 il Consiglio ha accolto con favore la presentazione del concetto di gestione della crisi da parte dell’AR e ha chiesto ai gruppi competenti di esaminarlo urgentemente per consentire al Consiglio di approvarlo nel dicembre 2012.
(6)
Il 10 dicembre 2012 il Consiglio ha approvato un concetto di gestione della crisi concernente un’eventuale missione militare di formazione nel quadro della PSDC in Mali. Il Consiglio ha sottolineato che una missione in Mali sarebbe un elemento fondamentale nell’approccio globale dell’Unione quale elaborato nella strategia per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel.
(7)
Con lettera datata 24 dicembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha trasmesso all’AR una lettera di invito in cui ha espresso apprezzamento per lo spiegamento di una missione militare di formazione dell’UE in Mali.
(8)
Il comitato politico e di sicurezza (CPS) dovrebbe esercitare, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico sulla missione militare dell’Unione, assicurarne la direzione strategica e adottare le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, del trattato sull’Unione europea (TUE).
(9)
È necessario negoziare e concludere accordi internazionali relativi allo status delle unità e del personale dell’UE e alla partecipazione di Stati terzi alle missioni dell’Unione.
(10)
È opportuno che le spese operative derivanti dalla presente decisione, che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, siano a carico degli Stati membri, a norma dell’articolo 41, paragrafo 2, TUE e conformemente alla decisione 2011/871/PESC del Consiglio, del 19 dicembre 2011, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) (1).
(11)
A norma dell’articolo 5 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Danimarca non partecipa all’elaborazione e all’attuazione di decisioni e azioni dell’Unione che hanno implicazioni nel settore della difesa. La Danimarca non partecipa all’attuazione della presente decisione e non contribuisce pertanto al finanziamento della presente missione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
1. L’Unione conduce una missione militare di formazione (EUTM Mali), per fornire, nel sud del Mali, formazione e consulenza militare alle forze armate maliane (FAM) che operano sotto il controllo delle legittime autorità civili, al fine di contribuire al ripristino della loro capacità militare per consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale maliana e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
2. L’obiettivo dell’EUTM Mali è rispondere alle esigenze operative delle FAM fornendo:
a)
sostegno nella formazione a favore delle capacità delle FAM;
b)
formazione e consulenza in materia di comando, controllo, catena logistica e risorse umane, nonché formazione in materia di diritto umanitario internazionale, protezione di diritti civili e umani.
3. L’EUTM Mali mira a rafforzare le condizioni per il corretto controllo politico da parte delle legittime autorità civili delle FAM.
4. Le attività dell’EUTM Mali sono condotte in stretto coordinamento con altri attori coinvolti nel sostegno alle FAM, in particolare con le Nazioni Unite (ONU) e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas).
Articolo 2
Nomina del comandante della missione dell’UE
1. Il generale di brigata François LECOINTRE è nominato comandante della missione dell’UE.
2. Il comandante della missione dell’UE esercita le funzioni di comandante dell’operazione dell’UE e di comandante della forza dell’UE.
Articolo 3
Designazione della sede del comando della missione
1. Il comando della missione dell’EUTM Mali ha sede in Mali. Esso svolge le funzioni di comando operativo e di comando della forza.
2. Il comando della missione comprende una cellula di sostegno a Bruxelles.
Articolo 4
Pianificazione e avvio dell’EUTM Mali
La decisione sull’avvio dell’EUTM Mali è adottata dal Consiglio previa approvazione del piano della missione e delle regole di ingaggio.
Articolo 5
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS esercita, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico e la direzione strategica dell’EUTM Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38 TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando. Essa include inoltre le competenze necessarie per adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’UE. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUTM Mali restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente dal presidente del Comitato militare dell’UE (EUMC) relazioni sulla condotta dell’EUTM Mali. Il CPS può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
Articolo 6
Direzione militare
1. L’EUMC sorveglia la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’UE.
2. L’EUMC riceve periodicamente relazioni del comandante della missione dell’UE. Esso può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
3. Il presidente dell’EUMC agisce in qualità di punto di contatto primario con il comandante della missione dell’UE.
Articolo 7
Coerenza della risposta e del coordinamento dell’Unione
1. L’AR garantisce l’attuazione della presente decisione e ne assicura altresì la coerenza con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione.
2. Fatta salva la catena di comando, il comandante della missione dell’UE riceve orientamenti politici locali dal capo della delegazione dell’Unione a Bamako in stretto coordinamento con il coordinatore UE per il Sahel.
3. L’EUTM Mali si coordina con la missione dell’Unione in ambito PSDC in Niger (EUCAP SAHEL Niger) per esplorare possibili sinergie.
4. L’EUTM Mali coordina le sue attività con le attività bilaterali degli Stati membri in Mali, nonché con altri attori internazionali nella regione, in particolare l’ONU, l’Unione africana (UA), l’Ecowas e attori bilaterali compresi gli Stati Uniti e il Canada, nonché con attori regionali chiave.
Articolo 8
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatta salva l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’EUTM Mali.
2. Il Consiglio autorizza il CPS a invitare gli Stati terzi a offrire un contributo e ad adottare, su raccomandazione del comandante della missione dell’UE e dell’EUMC, le pertinenti decisioni in merito all’accettazione dei contributi proposti.
3. Le modalità particolareggiate relative alla partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE. Quando l’Unione e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle missioni di gestione delle crisi dell’Unione, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUTM Mali.
4. Gli Stati terzi che forniscono un contributo militare significativo all’EUTM Mali hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell’EUTM Mali, a quelli degli Stati membri che vi partecipano.
5. Il Consiglio autorizza il CPS ad adottare le pertinenti decisioni sull’istituzione di un comitato dei contributori, qualora Stati terzi forniscano contributi militari significativi.
Articolo 9
Status del personale diretto dall’UE
Lo status delle unità e del personale diretti dall’UE, compresi i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie per l’espletamento e il corretto svolgimento della missione, sono oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE.
Articolo 10
Disposizioni finanziarie
1. I costi comuni dell’EUTM Mali sono gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC.
2. L’importo di riferimento finanziario per i costi comuni dell'EUTM Mali è pari a 12,3 milioni di EUR. La percentuale dell’importo di riferimento di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2011/871/PESC è pari al 50 % e la percentuale dell’impegno di cui all’articolo 32, paragrafo 3, della decisione 2011/871/PESC è pari al 70 %.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, secondo necessità e in funzione dei bisogni dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE, prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (2):
a)
fino al livello previsto nei pertinenti accordi sulla sicurezza delle informazioni conclusi tra l’Unione e lo Stato terzo in questione; oppure
b)
fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» negli altri casi.
2. L’AR è altresì autorizzato a comunicare all’ONU e all’Ecowas, in funzione dei bisogni operativi dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dell’ONU e dell’Ecowas.
3. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
4. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUTM Mali, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (3).
5. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi da 1 a 4, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui ai paragrafi 2 e 3 al personale del servizio europeo per l’azione esterna e/o al comandante della missione dell’UE.
Articolo 12
Entrata in vigore e termine
1. La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione.
2. Il mandato dell’EUTM Mali termina 15 mesi dopo l’adozione della decisione del Consiglio di avviare l’EUTM Mali.
3. La presente decisione è abrogata a decorrere dalla data di chiusura della sede del comando della missione, conformemente alla pianificazione approvata per la conclusione dell’EUTM Mali e fatte salve le procedure relative alle attività di revisione e rendimento dei conti dell’EUTM Mali di cui alla decisione 2011/871/PESC.
Fatto a Bruxelles, il 17 gennaio 2013
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
(1) GU L 343 del 23.12.2011, pag. 35.
(2) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17.
(3) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE 2013/34/PESC DEL CONSIGLIO
del 17 gennaio 2013
relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha riconosciuto che i drammatici cambiamenti avvenuti in Mali hanno richiesto un riesame delle azioni che l’Unione dovrebbe intraprendere per sostenere il ripristino di un governo democratico e dello stato di diritto nell’insieme del territorio del Mali. Ha chiesto all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e alla Commissione di presentare proposte concrete per l’azione dell’Unione in diversi settori al fine di rispondere all’evolvere della situazione.
(2)
Con lettera del 18 settembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha chiesto il sostegno dell’Unione per ripristinare l’integrità territoriale del Mali.
(3)
Nella risoluzione 2071 (2012) sulla situazione in Mali, adottata il 12 ottobre 2012, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, esprimendo profonda preoccupazione per le conseguenze dell’instabilità nel nord del Mali sulla regione e al suo esterno e sottolineando la necessità di rispondere rapidamente per preservare la stabilità in tutta la regione del Sahel, ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali.
(4)
Nelle conclusioni del 15 ottobre 2012 il Consiglio ha chiesto che i lavori di pianificazione di un’eventuale missione militare nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) siano proseguiti e approfonditi con urgenza, elaborando in particolare un concetto di gestione della crisi relativo alla riorganizzazione e all’addestramento delle forze di difesa maliane, tenendo conto delle condizioni necessarie per il buon esito di tale eventuale missione, compreso il sostegno pieno e totale delle autorità maliane e la definizione di una strategia di uscita.
(5)
Nelle conclusioni del 19 novembre 2012 il Consiglio ha accolto con favore la presentazione del concetto di gestione della crisi da parte dell’AR e ha chiesto ai gruppi competenti di esaminarlo urgentemente per consentire al Consiglio di approvarlo nel dicembre 2012.
(6)
Il 10 dicembre 2012 il Consiglio ha approvato un concetto di gestione della crisi concernente un’eventuale missione militare di formazione nel quadro della PSDC in Mali. Il Consiglio ha sottolineato che una missione in Mali sarebbe un elemento fondamentale nell’approccio globale dell’Unione quale elaborato nella strategia per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel.
(7)
Con lettera datata 24 dicembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha trasmesso all’AR una lettera di invito in cui ha espresso apprezzamento per lo spiegamento di una missione militare di formazione dell’UE in Mali.
(8)
Il comitato politico e di sicurezza (CPS) dovrebbe esercitare, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico sulla missione militare dell’Unione, assicurarne la direzione strategica e adottare le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, del trattato sull’Unione europea (TUE).
(9)
È necessario negoziare e concludere accordi internazionali relativi allo status delle unità e del personale dell’UE e alla partecipazione di Stati terzi alle missioni dell’Unione.
(10)
È opportuno che le spese operative derivanti dalla presente decisione, che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, siano a carico degli Stati membri, a norma dell’articolo 41, paragrafo 2, TUE e conformemente alla decisione 2011/871/PESC del Consiglio, del 19 dicembre 2011, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) (1).
(11)
A norma dell’articolo 5 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Danimarca non partecipa all’elaborazione e all’attuazione di decisioni e azioni dell’Unione che hanno implicazioni nel settore della difesa. La Danimarca non partecipa all’attuazione della presente decisione e non contribuisce pertanto al finanziamento della presente missione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
1. L’Unione conduce una missione militare di formazione (EUTM Mali), per fornire, nel sud del Mali, formazione e consulenza militare alle forze armate maliane (FAM) che operano sotto il controllo delle legittime autorità civili, al fine di contribuire al ripristino della loro capacità militare per consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale maliana e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
2. L’obiettivo dell’EUTM Mali è rispondere alle esigenze operative delle FAM fornendo:
a)
sostegno nella formazione a favore delle capacità delle FAM;
b)
formazione e consulenza in materia di comando, controllo, catena logistica e risorse umane, nonché formazione in materia di diritto umanitario internazionale, protezione di diritti civili e umani.
3. L’EUTM Mali mira a rafforzare le condizioni per il corretto controllo politico da parte delle legittime autorità civili delle FAM.
4. Le attività dell’EUTM Mali sono condotte in stretto coordinamento con altri attori coinvolti nel sostegno alle FAM, in particolare con le Nazioni Unite (ONU) e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas).
Articolo 2
Nomina del comandante della missione dell’UE
1. Il generale di brigata François LECOINTRE è nominato comandante della missione dell’UE.
2. Il comandante della missione dell’UE esercita le funzioni di comandante dell’operazione dell’UE e di comandante della forza dell’UE.
Articolo 3
Designazione della sede del comando della missione
1. Il comando della missione dell’EUTM Mali ha sede in Mali. Esso svolge le funzioni di comando operativo e di comando della forza.
2. Il comando della missione comprende una cellula di sostegno a Bruxelles.
Articolo 4
Pianificazione e avvio dell’EUTM Mali
La decisione sull’avvio dell’EUTM Mali è adottata dal Consiglio previa approvazione del piano della missione e delle regole di ingaggio.
Articolo 5
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS esercita, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico e la direzione strategica dell’EUTM Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38 TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando. Essa include inoltre le competenze necessarie per adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’UE. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUTM Mali restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente dal presidente del Comitato militare dell’UE (EUMC) relazioni sulla condotta dell’EUTM Mali. Il CPS può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
Articolo 6
Direzione militare
1. L’EUMC sorveglia la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’UE.
2. L’EUMC riceve periodicamente relazioni del comandante della missione dell’UE. Esso può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
3. Il presidente dell’EUMC agisce in qualità di punto di contatto primario con il comandante della missione dell’UE.
Articolo 7
Coerenza della risposta e del coordinamento dell’Unione
1. L’AR garantisce l’attuazione della presente decisione e ne assicura altresì la coerenza con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione.
2. Fatta salva la catena di comando, il comandante della missione dell’UE riceve orientamenti politici locali dal capo della delegazione dell’Unione a Bamako in stretto coordinamento con il coordinatore UE per il Sahel.
3. L’EUTM Mali si coordina con la missione dell’Unione in ambito PSDC in Niger (EUCAP SAHEL Niger) per esplorare possibili sinergie.
4. L’EUTM Mali coordina le sue attività con le attività bilaterali degli Stati membri in Mali, nonché con altri attori internazionali nella regione, in particolare l’ONU, l’Unione africana (UA), l’Ecowas e attori bilaterali compresi gli Stati Uniti e il Canada, nonché con attori regionali chiave.
Articolo 8
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatta salva l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’EUTM Mali.
2. Il Consiglio autorizza il CPS a invitare gli Stati terzi a offrire un contributo e ad adottare, su raccomandazione del comandante della missione dell’UE e dell’EUMC, le pertinenti decisioni in merito all’accettazione dei contributi proposti.
3. Le modalità particolareggiate relative alla partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE. Quando l’Unione e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle missioni di gestione delle crisi dell’Unione, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUTM Mali.
4. Gli Stati terzi che forniscono un contributo militare significativo all’EUTM Mali hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell’EUTM Mali, a quelli degli Stati membri che vi partecipano.
5. Il Consiglio autorizza il CPS ad adottare le pertinenti decisioni sull’istituzione di un comitato dei contributori, qualora Stati terzi forniscano contributi militari significativi.
Articolo 9
Status del personale diretto dall’UE
Lo status delle unità e del personale diretti dall’UE, compresi i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie per l’espletamento e il corretto svolgimento della missione, sono oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE.
Articolo 10
Disposizioni finanziarie
1. I costi comuni dell’EUTM Mali sono gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC.
2. L’importo di riferimento finanziario per i costi comuni dell'EUTM Mali è pari a 12,3 milioni di EUR. La percentuale dell’importo di riferimento di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2011/871/PESC è pari al 50 % e la percentuale dell’impegno di cui all’articolo 32, paragrafo 3, della decisione 2011/871/PESC è pari al 70 %.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, secondo necessità e in funzione dei bisogni dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE, prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (2):
a)
fino al livello previsto nei pertinenti accordi sulla sicurezza delle informazioni conclusi tra l’Unione e lo Stato terzo in questione; oppure
b)
fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» negli altri casi.
2. L’AR è altresì autorizzato a comunicare all’ONU e all’Ecowas, in funzione dei bisogni operativi dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dell’ONU e dell’Ecowas.
3. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
4. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUTM Mali, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (3).
5. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi da 1 a 4, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui ai paragrafi 2 e 3 al personale del servizio europeo per l’azione esterna e/o al comandante della missione dell’UE.
Articolo 12
Entrata in vigore e termine
1. La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione.
2. Il mandato dell’EUTM Mali termina 15 mesi dopo l’adozione della decisione del Consiglio di avviare l’EUTM Mali.
3. La presente decisione è abrogata a decorrere dalla data di chiusura della sede del comando della missione, conformemente alla pianificazione approvata per la conclusione dell’EUTM Mali e fatte salve le procedure relative alle attività di revisione e rendimento dei conti dell’EUTM Mali di cui alla decisione 2011/871/PESC.
Fatto a Bruxelles, il 17 gennaio 2013
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
(1) GU L 343 del 23.12.2011, pag. 35.
(2) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17.
(3) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Missione dell’Unione europea per la formazione nel Mali (EUTM Mali)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa autorizza una missione militare dell’Unione per contribuire alle forze armate maliane (FAM) al fine di ripristinare la capacità militare del Mali e consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
PUNTI CHIAVE
Risoluzione 2071 (2012) delle Nazioni UniteLa risoluzione del 2012 sulla situazione nel Mali ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali. La decisione intende rispondere a tale invito.Scopi
Il mandato dell’EUTM Mali è stato rinnovato per quattro volte, la più recente in marzo 2020 tramite la decisione (PESC) 2020/434 che ha inoltre ridefinito gli obiettivi strategici della missione come segue:contribuire a migliorare la capacità operativa delle FAM sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali, fornendo alle FAM:consulenza militare, formazione, ivi compresa la formazione pre-schieramento, istruzione e tutoraggio militari, attraverso l’accompagnamento non esecutivo fino al livello tattico.Ciò dovrebbe consentire all’EUTM Mali di dare seguito alle attività delle FAM e di monitorarne i risultati e il comportamento, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; sostenere il G5 Sahel, rendendo operative la forza congiunta del G5 Sahel e le forze armate nazionali nei paesi del G5 Sahel.La decisione comprende inoltre un aumento indicativo della dotazione finanziaria della missione a 133,7 milioni di euro per un periodo di quattro anni dal 19 maggio 2020 al 18 maggio 2024.
Attività
Le attività dell’EUTM Mali si basano su quattro linee di intervento:formazione delle unità militari maliane; consulenza alle FAM a tutti i livelli; contributi al miglioramento del sistema di istruzione militare, dalle scuole ai livelli ministeriali; consulenza e formazione alle sedi della forza congiunta del G5 Sahel.Controllo politico e direzione strategicaIl Comitato politico e di sicurezza (CPS) esercita il controllo politico e assicura la direzione strategica dell’EUTM Mali sotto la responsabilità del Consiglio e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Al CPS sono conferiti taluni poteri dal Consiglio, che comprendono il potere di:modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando;adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’Unione. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. Il Comitato militare dell’Unione monitora la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’Unione.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 17 gennaio 2013. La validità della decisione è stata prorogata fino al 18 maggio 2024 dalla decisione (PESC) 2020/434.
CONTESTO
Nell’ambito della politica estera dell’Unione e in particolare della sua politica di sicurezza e di difesa comune, l’Unione ha adottato una strategia di sicurezza e sviluppo per il Sahel (che copre la Mauritania, il Mali e il Niger e parti del Burkina Faso e del Ciad).
Per ulteriori informazioni, si consulti:EUTM Mali — Chi siamo (EUTM Mali).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2013/34/PESC del Consiglio, del 17 gennaio 2013, relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 14 del 18.1.2013, pag. 19).
Le modifiche successive alla decisione 2013/34/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (PESC) 2020/434 del Consiglio, del 23 marzo 2020, che modifica la decisione 2013/34/PESC relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 89 del 24.3.2020, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, del 27 marzo 2015, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) e che abroga la decisione 2011/871/PESC (GU L 84 del 28.3.2015, pag. 39). |
Pubblicazione della Gazzetta ufficiale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Mira a garantire che la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (UE) sia pubblicata in forma elettronica, autentica e giuridicamente vincolante, per consentire un migliore accesso al diritto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Da luglio 2013 l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale è disponibile gratuitamente per il pubblico sul sito web EUR-Lex, in formato non obsoleto e per un periodo di tempo illimitato. L’Ufficio delle pubblicazioni dell’UE è responsabile della pubblicazione dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e di garantirne l’autenticità. L’Ufficio delle pubblicazioni deve inoltre gestire il sistema informatico che si occupa della produzione dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e aggiornare tale sistema, in linea con le future evoluzioni tecnologiche. Qualora non sia possibile pubblicare l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, a causa di guasti eccezionali e imprevisti del sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’UE, il sistema informatico deve essere ripristinato il più presto possibile. Qualora si renda necessario pubblicare la Gazzetta ufficiale quando il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni non sia operativo a causa di guasti eccezionali, si considera autentica (e giuridicamente vincolante) soltanto l’edizione cartacea della Gazzetta ufficiale. A seguito della modifica del regolamento (UE) 2018/2056, l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale deve recare una firma elettronica qualificata o un sigillo elettronico qualificato definito conformemente al regolamento (UE) n. 910/2014. I certificati qualificati per la firma elettronica o il sigillo elettronico saranno pubblicati sul sito web EUR-Lex per consentire al pubblico di verificare l’autenticità degli stessi e dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 1° luglio 2013.
CONTESTO
Nel 2007 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha disposto con una sentenza che gli atti giuridici dell’Unione non siano opponibili ai singoli se non pubblicati correttamente sulla Gazzetta ufficiale e che, in mancanza di una normativa al riguardo nel diritto dell’UE, renderli disponibili in rete non equivale alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale avente valore legale.
Il presente regolamento è stato adottato per attribuire valore legale alla pubblicazione della Gazzetta ufficiale in formato elettronico, rendendo l’accesso al diritto dell’UE più veloce ed economico.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 216/2013 del Consiglio, del 7 marzo 2013, relativo alla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU L 69 del 13.3.2013, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 216/2013 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2009/496/EC, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni del 26 giugno 2009 sull’organizzazione e sul funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (GU L 168 del 30.6.2009, pag. 41).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 73). | REGOLAMENTO (UE) N. 216/2013 DEL CONSIGLIO
del 7 marzo 2013
relativo alla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 352,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
vista l’approvazione del Parlamento europeo,
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 297 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) disciplina la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea («Gazzetta ufficiale») e l’entrata in vigore degli atti giuridici dell’Unione.
(2)
Il regolamento n. 1/1958 (1), inclusa ogni sua successiva modifica, stabilisce le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea.
(3)
L’edizione a stampa della Gazzetta ufficiale, disponibile in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione, è attualmente l’unica pubblicazione giuridicamente vincolante, benché sia disponibile anche online.
(4)
La decisione 2009/496/CE, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, del 26 giugno 2009, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (2), assicura che l’Ufficio delle pubblicazioni provveda affinché le istituzioni assolvano all’obbligo in materia di pubblicazione dei testi normativi.
(5)
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato, nella causa C-161/06, Skoma-Lux sro contro Celní ředitelství Olomouc (3), che gli atti giuridici dell’Unione non sono opponibili ai singoli se non sono stati regolarmente pubblicati nella Gazzetta ufficiale e che mettere a disposizione online tali atti non equivale, in mancanza di una normativa dell’Unione al riguardo, a una pubblicazione nelle forme di legge nella Gazzetta ufficiale.
(6)
Se la pubblicazione in formato elettronico della Gazzetta ufficiale costituisse una pubblicazione nelle forme di legge, l’accesso al diritto dell’Unione sarebbe più rapido e più economico. Tuttavia, i cittadini dovrebbero continuare ad avere la possibilità di ottenere dall’Ufficio delle pubblicazioni una versione a stampa della Gazzetta ufficiale.
(7)
La comunicazione della Commissione intitolata «Un’agenda digitale europea» evidenzia che l’accesso a contenuti giuridici online promuove lo sviluppo di un mercato interno del digitale, con conseguenti vantaggi economici e sociali.
(8)
È opportuno pertanto stabilire norme per assicurare l’autenticità, l’integrità e l’inalterabilità della pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale.
(9)
Il presente regolamento dovrebbe inoltre stabilire norme applicabili ai casi in cui, a causa di circostanze impreviste ed eccezionali, non è possibile pubblicare e rendere disponibile l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
(10)
La direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche (4), stabilisce gli effetti giuridici delle firme elettroniche come strumento di autenticazione. Al fine di assicurare l’autenticità, l’integrità e l’inalterabilità dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, una firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura conformemente a tale direttiva, offre sufficienti garanzie al pubblico. Dovrebbe essere possibile verificare la Gazzetta ufficiale firmata elettronicamente mediante strumenti facilmente disponibili.
(11)
L’accesso al sito web EUR-Lex deve essere garantito nel rispetto degli impegni in materia di protezione delle persone con disabilità conformemente alla decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (5).
(12)
Conformemente al principio di proporzionalità sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea, il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire l’obiettivo di permettere a tutti i cittadini europei di fare affidamento sulla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale, in quanto il suo ambito di applicazione è limitato al riconoscimento di tale pubblicazione come autentica allo stesso modo in cui oggi è autentica la pubblicazione cartacea.
(13)
I soli poteri d’azione previsti dal TFUE ai fini dell’adozione del presente regolamento sono quelli di cui all’articolo 352,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. La Gazzetta ufficiale è pubblicata in formato elettronico, conformemente al presente regolamento, nelle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea.
2. Fatto salvo l’articolo 3, soltanto la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea pubblicata in formato elettronico («l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale») è autentica e produce effetti giuridici.
Articolo 2
1. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale reca una firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, conformemente alla direttiva 1999/93/ CE. Il certificato qualificato e i suoi rinnovi sono pubblicati sul sito web EUR-Lex al fine di permettere al pubblico di verificare la firma elettronica avanzata e l’autenticità dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
2. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale presenta informazioni in merito alla sua data di pubblicazione.
3. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale è resa disponibile al pubblico sul sito web EUR-Lex in un formato non obsoleto e per un periodo illimitato. La sua consultazione è gratuita.
Articolo 3
1. Qualora non sia possibile pubblicare l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale a causa di guasti imprevisti ed eccezionali del sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni, il sistema informatico è ripristinato al più presto.
Il momento in cui tali guasti si sono verificati è stabilito dall’Ufficio delle pubblicazioni.
2. Se è necessario pubblicare la Gazzetta ufficiale e quando il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni non è operativo a causa di un guasto ai sensi del paragrafo 1, soltanto l’edizione a stampa della Gazzetta ufficiale produce effetti giuridici.
Una volta ripristinato il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni, la corrispondente versione elettronica dell’edizione a stampa di cui al primo comma è messa a disposizione del pubblico nel sito web EUR-LEX solo a titolo informativo e contiene un avviso in tal senso.
3. Una volta ripristinato il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni il sito web EUR-Lex fornisce informazioni su tutte le edizioni a stampa autentiche e che producono effetti giuridici conformemente al paragrafo 2, primo comma.
Articolo 4
1. Con riferimento all’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, l’Ufficio delle pubblicazioni è responsabile per:
a)
la sua pubblicazione e per garantirne l’autenticità;
b)
l’applicazione, la gestione e la manutenzione del sistema informatico che serve a produrre l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e il potenziamento di tale sistema in linea con i futuri sviluppi tecnologici;
c)
l’applicazione e l’ampliamento delle apparecchiature tecniche onde garantire a tutti gli utenti l’accesso all’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale;
d)
la definizione di norme di sicurezza interna e di accesso con riguardo al sistema informatico che serve a produrre l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale;
e)
la conservazione e l’archiviazione dei documenti elettronici e il loro trattamento in linea con i futuri sviluppi tecnologici.
2. L’Ufficio delle pubblicazioni esercita le responsabilità di cui al paragrafo 1 conformemente alla decisione 2009/496/CE, Euratom.
Articolo 5
Il presente regolamento entra in vigore il primo giorno del quarto mese civile successivo all’adozione.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 marzo 2013
Per il Consiglio
Il presidente
A. SHATTER
(1) Regolamento n. 1 che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 017 del 6.10.1958, pag. 385/58).
(2) GU L 168 del 30.6.2009, pag. 41.
(3) Racc. 2007, pag. I-10841.
(4) GU L 13 del 19.1.2000, pag. 12.
(5) GU L 23 del 27.1.2010, pag. 35.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 216/2013 DEL CONSIGLIO
del 7 marzo 2013
relativo alla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 352,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
vista l’approvazione del Parlamento europeo,
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 297 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) disciplina la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea («Gazzetta ufficiale») e l’entrata in vigore degli atti giuridici dell’Unione.
(2)
Il regolamento n. 1/1958 (1), inclusa ogni sua successiva modifica, stabilisce le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea.
(3)
L’edizione a stampa della Gazzetta ufficiale, disponibile in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione, è attualmente l’unica pubblicazione giuridicamente vincolante, benché sia disponibile anche online.
(4)
La decisione 2009/496/CE, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, del 26 giugno 2009, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (2), assicura che l’Ufficio delle pubblicazioni provveda affinché le istituzioni assolvano all’obbligo in materia di pubblicazione dei testi normativi.
(5)
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato, nella causa C-161/06, Skoma-Lux sro contro Celní ředitelství Olomouc (3), che gli atti giuridici dell’Unione non sono opponibili ai singoli se non sono stati regolarmente pubblicati nella Gazzetta ufficiale e che mettere a disposizione online tali atti non equivale, in mancanza di una normativa dell’Unione al riguardo, a una pubblicazione nelle forme di legge nella Gazzetta ufficiale.
(6)
Se la pubblicazione in formato elettronico della Gazzetta ufficiale costituisse una pubblicazione nelle forme di legge, l’accesso al diritto dell’Unione sarebbe più rapido e più economico. Tuttavia, i cittadini dovrebbero continuare ad avere la possibilità di ottenere dall’Ufficio delle pubblicazioni una versione a stampa della Gazzetta ufficiale.
(7)
La comunicazione della Commissione intitolata «Un’agenda digitale europea» evidenzia che l’accesso a contenuti giuridici online promuove lo sviluppo di un mercato interno del digitale, con conseguenti vantaggi economici e sociali.
(8)
È opportuno pertanto stabilire norme per assicurare l’autenticità, l’integrità e l’inalterabilità della pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale.
(9)
Il presente regolamento dovrebbe inoltre stabilire norme applicabili ai casi in cui, a causa di circostanze impreviste ed eccezionali, non è possibile pubblicare e rendere disponibile l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
(10)
La direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche (4), stabilisce gli effetti giuridici delle firme elettroniche come strumento di autenticazione. Al fine di assicurare l’autenticità, l’integrità e l’inalterabilità dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, una firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura conformemente a tale direttiva, offre sufficienti garanzie al pubblico. Dovrebbe essere possibile verificare la Gazzetta ufficiale firmata elettronicamente mediante strumenti facilmente disponibili.
(11)
L’accesso al sito web EUR-Lex deve essere garantito nel rispetto degli impegni in materia di protezione delle persone con disabilità conformemente alla decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (5).
(12)
Conformemente al principio di proporzionalità sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea, il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire l’obiettivo di permettere a tutti i cittadini europei di fare affidamento sulla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale, in quanto il suo ambito di applicazione è limitato al riconoscimento di tale pubblicazione come autentica allo stesso modo in cui oggi è autentica la pubblicazione cartacea.
(13)
I soli poteri d’azione previsti dal TFUE ai fini dell’adozione del presente regolamento sono quelli di cui all’articolo 352,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. La Gazzetta ufficiale è pubblicata in formato elettronico, conformemente al presente regolamento, nelle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea.
2. Fatto salvo l’articolo 3, soltanto la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea pubblicata in formato elettronico («l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale») è autentica e produce effetti giuridici.
Articolo 2
1. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale reca una firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, conformemente alla direttiva 1999/93/ CE. Il certificato qualificato e i suoi rinnovi sono pubblicati sul sito web EUR-Lex al fine di permettere al pubblico di verificare la firma elettronica avanzata e l’autenticità dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
2. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale presenta informazioni in merito alla sua data di pubblicazione.
3. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale è resa disponibile al pubblico sul sito web EUR-Lex in un formato non obsoleto e per un periodo illimitato. La sua consultazione è gratuita.
Articolo 3
1. Qualora non sia possibile pubblicare l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale a causa di guasti imprevisti ed eccezionali del sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni, il sistema informatico è ripristinato al più presto.
Il momento in cui tali guasti si sono verificati è stabilito dall’Ufficio delle pubblicazioni.
2. Se è necessario pubblicare la Gazzetta ufficiale e quando il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni non è operativo a causa di un guasto ai sensi del paragrafo 1, soltanto l’edizione a stampa della Gazzetta ufficiale produce effetti giuridici.
Una volta ripristinato il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni, la corrispondente versione elettronica dell’edizione a stampa di cui al primo comma è messa a disposizione del pubblico nel sito web EUR-LEX solo a titolo informativo e contiene un avviso in tal senso.
3. Una volta ripristinato il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni il sito web EUR-Lex fornisce informazioni su tutte le edizioni a stampa autentiche e che producono effetti giuridici conformemente al paragrafo 2, primo comma.
Articolo 4
1. Con riferimento all’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, l’Ufficio delle pubblicazioni è responsabile per:
a)
la sua pubblicazione e per garantirne l’autenticità;
b)
l’applicazione, la gestione e la manutenzione del sistema informatico che serve a produrre l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e il potenziamento di tale sistema in linea con i futuri sviluppi tecnologici;
c)
l’applicazione e l’ampliamento delle apparecchiature tecniche onde garantire a tutti gli utenti l’accesso all’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale;
d)
la definizione di norme di sicurezza interna e di accesso con riguardo al sistema informatico che serve a produrre l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale;
e)
la conservazione e l’archiviazione dei documenti elettronici e il loro trattamento in linea con i futuri sviluppi tecnologici.
2. L’Ufficio delle pubblicazioni esercita le responsabilità di cui al paragrafo 1 conformemente alla decisione 2009/496/CE, Euratom.
Articolo 5
Il presente regolamento entra in vigore il primo giorno del quarto mese civile successivo all’adozione.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 marzo 2013
Per il Consiglio
Il presidente
A. SHATTER
(1) Regolamento n. 1 che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 017 del 6.10.1958, pag. 385/58).
(2) GU L 168 del 30.6.2009, pag. 41.
(3) Racc. 2007, pag. I-10841.
(4) GU L 13 del 19.1.2000, pag. 12.
(5) GU L 23 del 27.1.2010, pag. 35.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Pubblicazione della Gazzetta ufficiale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Mira a garantire che la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (UE) sia pubblicata in forma elettronica, autentica e giuridicamente vincolante, per consentire un migliore accesso al diritto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Da luglio 2013 l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale è disponibile gratuitamente per il pubblico sul sito web EUR-Lex, in formato non obsoleto e per un periodo di tempo illimitato. L’Ufficio delle pubblicazioni dell’UE è responsabile della pubblicazione dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e di garantirne l’autenticità. L’Ufficio delle pubblicazioni deve inoltre gestire il sistema informatico che si occupa della produzione dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e aggiornare tale sistema, in linea con le future evoluzioni tecnologiche. Qualora non sia possibile pubblicare l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, a causa di guasti eccezionali e imprevisti del sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’UE, il sistema informatico deve essere ripristinato il più presto possibile. Qualora si renda necessario pubblicare la Gazzetta ufficiale quando il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni non sia operativo a causa di guasti eccezionali, si considera autentica (e giuridicamente vincolante) soltanto l’edizione cartacea della Gazzetta ufficiale. A seguito della modifica del regolamento (UE) 2018/2056, l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale deve recare una firma elettronica qualificata o un sigillo elettronico qualificato definito conformemente al regolamento (UE) n. 910/2014. I certificati qualificati per la firma elettronica o il sigillo elettronico saranno pubblicati sul sito web EUR-Lex per consentire al pubblico di verificare l’autenticità degli stessi e dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 1° luglio 2013.
CONTESTO
Nel 2007 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha disposto con una sentenza che gli atti giuridici dell’Unione non siano opponibili ai singoli se non pubblicati correttamente sulla Gazzetta ufficiale e che, in mancanza di una normativa al riguardo nel diritto dell’UE, renderli disponibili in rete non equivale alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale avente valore legale.
Il presente regolamento è stato adottato per attribuire valore legale alla pubblicazione della Gazzetta ufficiale in formato elettronico, rendendo l’accesso al diritto dell’UE più veloce ed economico.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 216/2013 del Consiglio, del 7 marzo 2013, relativo alla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU L 69 del 13.3.2013, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 216/2013 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2009/496/EC, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni del 26 giugno 2009 sull’organizzazione e sul funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (GU L 168 del 30.6.2009, pag. 41).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 73). |
Conformità e applicazione della convenzione sul lavoro marittimo da parte dei paesi dell’UE
La presente direttiva dell’Unione europea (UE) definisce le responsabilità degli Stati di bandiera (paesi in cui le navi sono registrate) in merito all’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006 stipulata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).
ATTO
Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione.
SINTESI
La direttiva mira a garantire che i paesi dell’UE rispettino i loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’esecuzione, da parte delle navi battenti la loro bandiera, delle parti pertinenti della direttiva 2009/13/CE che ha incorporato nel diritto unionale una parte importante della CLM 2006.
La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio. Essa mira inoltre a limitare il dumping sociale, al fine di garantire una concorrenza leale per gli armatori che rispettano i diritti dei marittimi.
I punti principali della nuova direttiva sono:
1.
Controllo della conformità
I paesi dell’UE devono istituire meccanismi di attuazione e di controllo efficaci e idonei, comprese ispezioni da effettuare con specifica frequenza, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni della CLM 2006.
Questi meccanismi possono essere adattati per tener conto delle condizioni specifiche relative alle navi con stazza lorda inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali. Pur rimanendo pienamente responsabili dell’ispezione, i paesi dell’UE possono autorizzare le organizzazioni con competenze specifiche nel settore (organizzazioni riconosciute) a realizzare tali ispezioni.
2.
Ispettori
Il personale autorizzato a effettuare le ispezioni e incaricato di verificare la corretta attuazione deve possedere le necessarie competenze professionali e indipendenza.
Se non sono rispettate le norme CLM 2006, gli ispettori possono vietare alle navi di lasciare il porto fino a quando non siano prese le azioni necessarie.
3.
Procedure relative ai reclami
Ogni paese dell’UE deve garantire che siano predisposte idonee procedure di reclamo a bordo. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza deve considerare la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo come riservata.
Le responsabilità degli Stati di approdo per l’applicazione della CLM 2006 sono disciplinate dalla direttiva 2013/38/UE adottata nel 2013.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2013/54/UE
30.12.2013
31.3.2015
GU L 329 del 10.12.2013, pagg. 1-4
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2009/13/CE del Consiglio recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE [Gazzetta ufficiale L 124 del 20.5.2009].
Direttiva 2013/38/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU L 218 del 14.8.2013). | DIRETTIVA 2013/54/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 20 novembre 2013
relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 100, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’intervento dell’Unione nel settore dei trasporti marittimi è finalizzato, fra l’altro, a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi, la protezione e la sicurezza in mare degli stessi, e a prevenire l’inquinamento causato da incidenti marittimi.
(2)
L’Unione è consapevole che gran parte degli incidenti in mare sono direttamente causati da fattori umani, in particolare la stanchezza.
(3)
Uno dei principali obiettivi della politica di sicurezza marittima dell’Unione è quello di eliminare le navi non conformi alle norme.
(4)
Il 23 febbraio 2006 l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (CLM 2006) al fine di creare un unico strumento coerente e aggiornato che incorporasse anche i principi fondamentali di altre convenzioni internazionali sul lavoro.
(5)
Conformemente al suo articolo VIII, la CLM 2006 entrerà in vigore dodici mesi dopo la data di registrazione delle ratifiche di almeno trenta membri dell’OIL rappresentanti un totale pari al 33 % della stazza lorda della flotta mercantile mondiale. Poiché tale condizione è stata soddisfatta il 20 agosto 2012, la CLM 2006 è, di conseguenza, entrata in vigore il 20 agosto 2013.
(6)
La decisione 2007/431/CE del Consiglio (3) ha autorizzato gli Stati membri a ratificare la CLM 2006 e gli Stati membri sono invitati a ratificarla il prima possibile.
(7)
La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio, e creare condizioni di parità.
(8)
Varie parti della CLM 2006 sono state inserite in diversi strumenti dell’Unione per quanto riguarda sia gli obblighi dello Stato di bandiera sia gli obblighi dello Stato di approdo. Scopo della presente direttiva è introdurre talune disposizioni in materia di conformità e applicazione previste al titolo 5 della CLM 2006 che si riferiscono a quelle parti della CLM 2006 per le quali non sono ancora state adottate le necessarie disposizioni in materia di conformità e applicazione. Tali parti corrispondono agli elementi figuranti nell’allegato della direttiva 2009/13/CE del Consiglio (4).
(9)
La direttiva 2009/13/CE dà attuazione all’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 («accordo»), ad essa allegato. La presente direttiva fa salva la direttiva 2009/13/CE e dovrebbe pertanto garantire l’osservanza delle disposizioni più favorevoli del diritto dell’Unione, conformemente a tale direttiva.
(10)
Anche se la direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) disciplina le responsabilità dello Stato di bandiera incorporando nel diritto dell’Unione il sistema volontario di audit degli Stati membri dell’IMO e introducendo la certificazione di qualità delle autorità marittime nazionali, una direttiva separata relativa alle norme sul lavoro marittimo sarebbe più appropriata e in grado di riflettere con maggiore chiarezza le diverse finalità e procedure, senza arrecare pregiudizio alla direttiva 2009/21/CE.
(11)
La direttiva 2009/21/CE si applica alle convenzioni IMO. In ogni caso, gli Stati membri potrebbero sviluppare, attuare e mantenere un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione marittima in quanto Stato di bandiera che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
(12)
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le navi battenti la loro bandiera adempiano efficacemente ai loro obblighi quali Stati di bandiera in relazione all’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. Nell’istituire un sistema efficace di meccanismi di controllo, comprese ispezioni, uno Stato membro potrebbe, ove opportuno, concedere autorizzazioni ad istituzioni pubbliche o ad altre organizzazioni ai sensi della regola 5.1.2 della CLM 2006, nel rispetto delle condizioni ivi stabilite.
(13)
L’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), stabilisce che il mandato dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima comprende, tra i compiti fondamentali, quello di collaborare con gli Stati membri e di fornire, su loro richiesta, le opportune informazioni al fine di sostenere il controllo degli organismi riconosciuti che operano per conto degli Stati membri, fatti salvi i diritti e gli obblighi dello Stato di bandiera.
(14)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’intervento, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(15)
L’applicazione della presente direttiva non dovrebbe in alcun caso comportare una riduzione del livello di tutela di cui godono attualmente i marittimi in virtù del diritto dell’Unione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce norme intese ad assicurare che gli Stati membri adempiano efficacemente ai loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. La presente direttiva fa salve le direttive 2009/13/CE e 2009/21/CE ed eventuali norme più rigorose ivi stabilite in materia di condizioni di vita e di lavoro dei marittimi.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applica la seguente definizione in aggiunta alle pertinenti definizioni che figurano nell’allegato della direttiva 2009/13/CE:
«parti pertinenti della CLM 2006»: le parti della CLM 2006 il cui contenuto è considerato corrispondente alle disposizioni di cui all’allegato della direttiva 2009/13/CE.
Articolo 3
Controllo della conformità
1. Gli Stati membri garantiscono che siano istituiti efficaci e idonei meccanismi di attuazione e di controllo, comprese ispezioni da effettuare con la frequenza stabilita nella CLM 2006, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006.
2. Riguardo alle navi la cui stazza lorda è inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali, gli Stati membri possono decidere, in consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei marittimi interessate, di adattare i meccanismi di controllo, comprese le ispezioni, al fine di tenere conto delle condizioni specifiche relative a tali navi, a norma dell’articolo II, paragrafo 6, della CLM 2006.
3. Nell’adempimento dei loro obblighi ai sensi del presente articolo, gli Stati membri possono, se del caso, autorizzare istituzioni pubbliche o altri organismi, compresi quelli di un altro Stato membro, se quest’ultimo acconsente, che riconoscono possedere le capacità, le competenze e l’indipendenza sufficienti a svolgere ispezioni. In ogni caso, uno Stato membro conserva la piena responsabilità dell’ispezione delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo delle navi battenti la bandiera di tale Stato membro. Questa disposizione fa salva la direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
4. Gli Stati membri definiscono chiari obiettivi e norme a disciplina della gestione dei loro sistemi ispettivi, nonché adeguate procedure generali che consentono loro di determinare in che misura detti obiettivi e norme sono stati realizzati.
5. Ciascuno Stato membro provvede affinché i marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la bandiera di tale Stato membro abbiano accesso a una copia dell’accordo. L’accesso può essere fornito per via elettronica.
Articolo 4
Personale responsabile del controllo di conformità
1. Gli Stati membri assicurano che il personale, compreso il personale delle istituzioni o altri organismi («organismi riconosciuti» ai sensi della CLM 2006), autorizzato ad effettuare le ispezioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, e incaricato di verificare la corretta attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006, disponga della formazione, della competenza, del mandato, della piena autorità giuridica, della posizione e dell’indipendenza necessari o auspicabili per consentirgli di effettuare la verifica e di garantire la conformità a tali parti. Conformemente alla CLM 2006, gli ispettori sono autorizzati, se del caso, ad adottare provvedimenti allo scopo di vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando non siano state adottate le misure necessarie.
2. Tutte le autorizzazioni rilasciate relativamente alle ispezioni conferiscono all’organismo riconosciuto, come minimo, il potere di esigere la correzione delle carenze da esso riscontrate nelle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi e ad effettuare le relative ispezioni su richiesta dello Stato di approdo.
3. Ciascuno Stato membro predispone:
a)
un sistema atto a garantire l’adeguatezza del lavoro svolto dagli organismi riconosciuti, che comprende la fornitura di informazioni sull’insieme delle disposizioni applicabili della legislazione nazionale e degli strumenti internazionali pertinenti; e
b)
le procedure di comunicazione con tali organismi e il controllo del loro operato.
4. Ciascuno Stato membro fornisce all’Ufficio internazionale del lavoro l’elenco degli organismi riconosciuti autorizzati a svolgere attività per suo conto e provvede a tenere aggiornato tale elenco. L’elenco specifica i compiti che gli organismi riconosciuti sono autorizzati a svolgere.
Articolo 5
Procedure relative ai reclami a bordo, trattamento dei reclami e misure correttive
1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le proprie disposizioni legislative o regolamentari prevedano idonee procedure di reclamo a bordo.
2. Se uno Stato membro riceve un reclamo che non considera manifestamente infondato o ottiene le prove che una nave battente la sua bandiera non si conforma alle prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006 o che le relative misure di attuazione presentano gravi carenze, tale Stato adotta le misure necessarie per indagare sulla questione e accertarsi che siano presi provvedimenti atti a rimediare alle carenze constatate.
3. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza considera riservata la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo concernente un pericolo o una carenza con riguardo alle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi o una violazione delle norme e regolamentazioni e non fornisce alcuna indicazione all’armatore, al suo rappresentante o all’operatore della nave sul fatto che è stata effettuata un’ispezione a seguito di tale rimostranza o reclamo.
Articolo 6
Relazioni
1. La Commissione tratta anche questioni rientranti nell’ambito di applicazione della presente direttiva nelle relazioni che deve presentare a norma dell’articolo 9 della direttiva 2009/21/CE.
2. Entro il 31 dicembre 2018, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione e sull’applicazione della regola 5.3 della CLM 2006 relativa alle responsabilità del fornitore di manodopera. Se del caso, la relazione può contenere proposte di misure volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nel settore marittimo.
Articolo 7
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 marzo 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 8
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 9
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
V. LEŠKEVIČIUS
(1) GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153.
(2) Posizione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013.
(3) Decisione 2007/431/CE del Consiglio, del 7 giugno 2007, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunità europea, la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 63).
(4) Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30).
(5) Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 132).
(6) Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 1).
(7) Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47).
Dichiarazione della Commissione
«La Commissione ritiene che il titolo della direttiva non rifletta in modo appropriato il campo di applicazione della stessa.»
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2013/54/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 20 novembre 2013
relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 100, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’intervento dell’Unione nel settore dei trasporti marittimi è finalizzato, fra l’altro, a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi, la protezione e la sicurezza in mare degli stessi, e a prevenire l’inquinamento causato da incidenti marittimi.
(2)
L’Unione è consapevole che gran parte degli incidenti in mare sono direttamente causati da fattori umani, in particolare la stanchezza.
(3)
Uno dei principali obiettivi della politica di sicurezza marittima dell’Unione è quello di eliminare le navi non conformi alle norme.
(4)
Il 23 febbraio 2006 l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (CLM 2006) al fine di creare un unico strumento coerente e aggiornato che incorporasse anche i principi fondamentali di altre convenzioni internazionali sul lavoro.
(5)
Conformemente al suo articolo VIII, la CLM 2006 entrerà in vigore dodici mesi dopo la data di registrazione delle ratifiche di almeno trenta membri dell’OIL rappresentanti un totale pari al 33 % della stazza lorda della flotta mercantile mondiale. Poiché tale condizione è stata soddisfatta il 20 agosto 2012, la CLM 2006 è, di conseguenza, entrata in vigore il 20 agosto 2013.
(6)
La decisione 2007/431/CE del Consiglio (3) ha autorizzato gli Stati membri a ratificare la CLM 2006 e gli Stati membri sono invitati a ratificarla il prima possibile.
(7)
La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio, e creare condizioni di parità.
(8)
Varie parti della CLM 2006 sono state inserite in diversi strumenti dell’Unione per quanto riguarda sia gli obblighi dello Stato di bandiera sia gli obblighi dello Stato di approdo. Scopo della presente direttiva è introdurre talune disposizioni in materia di conformità e applicazione previste al titolo 5 della CLM 2006 che si riferiscono a quelle parti della CLM 2006 per le quali non sono ancora state adottate le necessarie disposizioni in materia di conformità e applicazione. Tali parti corrispondono agli elementi figuranti nell’allegato della direttiva 2009/13/CE del Consiglio (4).
(9)
La direttiva 2009/13/CE dà attuazione all’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 («accordo»), ad essa allegato. La presente direttiva fa salva la direttiva 2009/13/CE e dovrebbe pertanto garantire l’osservanza delle disposizioni più favorevoli del diritto dell’Unione, conformemente a tale direttiva.
(10)
Anche se la direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) disciplina le responsabilità dello Stato di bandiera incorporando nel diritto dell’Unione il sistema volontario di audit degli Stati membri dell’IMO e introducendo la certificazione di qualità delle autorità marittime nazionali, una direttiva separata relativa alle norme sul lavoro marittimo sarebbe più appropriata e in grado di riflettere con maggiore chiarezza le diverse finalità e procedure, senza arrecare pregiudizio alla direttiva 2009/21/CE.
(11)
La direttiva 2009/21/CE si applica alle convenzioni IMO. In ogni caso, gli Stati membri potrebbero sviluppare, attuare e mantenere un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione marittima in quanto Stato di bandiera che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva.
(12)
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le navi battenti la loro bandiera adempiano efficacemente ai loro obblighi quali Stati di bandiera in relazione all’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. Nell’istituire un sistema efficace di meccanismi di controllo, comprese ispezioni, uno Stato membro potrebbe, ove opportuno, concedere autorizzazioni ad istituzioni pubbliche o ad altre organizzazioni ai sensi della regola 5.1.2 della CLM 2006, nel rispetto delle condizioni ivi stabilite.
(13)
L’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), stabilisce che il mandato dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima comprende, tra i compiti fondamentali, quello di collaborare con gli Stati membri e di fornire, su loro richiesta, le opportune informazioni al fine di sostenere il controllo degli organismi riconosciuti che operano per conto degli Stati membri, fatti salvi i diritti e gli obblighi dello Stato di bandiera.
(14)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’intervento, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(15)
L’applicazione della presente direttiva non dovrebbe in alcun caso comportare una riduzione del livello di tutela di cui godono attualmente i marittimi in virtù del diritto dell’Unione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce norme intese ad assicurare che gli Stati membri adempiano efficacemente ai loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. La presente direttiva fa salve le direttive 2009/13/CE e 2009/21/CE ed eventuali norme più rigorose ivi stabilite in materia di condizioni di vita e di lavoro dei marittimi.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applica la seguente definizione in aggiunta alle pertinenti definizioni che figurano nell’allegato della direttiva 2009/13/CE:
«parti pertinenti della CLM 2006»: le parti della CLM 2006 il cui contenuto è considerato corrispondente alle disposizioni di cui all’allegato della direttiva 2009/13/CE.
Articolo 3
Controllo della conformità
1. Gli Stati membri garantiscono che siano istituiti efficaci e idonei meccanismi di attuazione e di controllo, comprese ispezioni da effettuare con la frequenza stabilita nella CLM 2006, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006.
2. Riguardo alle navi la cui stazza lorda è inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali, gli Stati membri possono decidere, in consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei marittimi interessate, di adattare i meccanismi di controllo, comprese le ispezioni, al fine di tenere conto delle condizioni specifiche relative a tali navi, a norma dell’articolo II, paragrafo 6, della CLM 2006.
3. Nell’adempimento dei loro obblighi ai sensi del presente articolo, gli Stati membri possono, se del caso, autorizzare istituzioni pubbliche o altri organismi, compresi quelli di un altro Stato membro, se quest’ultimo acconsente, che riconoscono possedere le capacità, le competenze e l’indipendenza sufficienti a svolgere ispezioni. In ogni caso, uno Stato membro conserva la piena responsabilità dell’ispezione delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo delle navi battenti la bandiera di tale Stato membro. Questa disposizione fa salva la direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
4. Gli Stati membri definiscono chiari obiettivi e norme a disciplina della gestione dei loro sistemi ispettivi, nonché adeguate procedure generali che consentono loro di determinare in che misura detti obiettivi e norme sono stati realizzati.
5. Ciascuno Stato membro provvede affinché i marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la bandiera di tale Stato membro abbiano accesso a una copia dell’accordo. L’accesso può essere fornito per via elettronica.
Articolo 4
Personale responsabile del controllo di conformità
1. Gli Stati membri assicurano che il personale, compreso il personale delle istituzioni o altri organismi («organismi riconosciuti» ai sensi della CLM 2006), autorizzato ad effettuare le ispezioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, e incaricato di verificare la corretta attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006, disponga della formazione, della competenza, del mandato, della piena autorità giuridica, della posizione e dell’indipendenza necessari o auspicabili per consentirgli di effettuare la verifica e di garantire la conformità a tali parti. Conformemente alla CLM 2006, gli ispettori sono autorizzati, se del caso, ad adottare provvedimenti allo scopo di vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando non siano state adottate le misure necessarie.
2. Tutte le autorizzazioni rilasciate relativamente alle ispezioni conferiscono all’organismo riconosciuto, come minimo, il potere di esigere la correzione delle carenze da esso riscontrate nelle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi e ad effettuare le relative ispezioni su richiesta dello Stato di approdo.
3. Ciascuno Stato membro predispone:
a)
un sistema atto a garantire l’adeguatezza del lavoro svolto dagli organismi riconosciuti, che comprende la fornitura di informazioni sull’insieme delle disposizioni applicabili della legislazione nazionale e degli strumenti internazionali pertinenti; e
b)
le procedure di comunicazione con tali organismi e il controllo del loro operato.
4. Ciascuno Stato membro fornisce all’Ufficio internazionale del lavoro l’elenco degli organismi riconosciuti autorizzati a svolgere attività per suo conto e provvede a tenere aggiornato tale elenco. L’elenco specifica i compiti che gli organismi riconosciuti sono autorizzati a svolgere.
Articolo 5
Procedure relative ai reclami a bordo, trattamento dei reclami e misure correttive
1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le proprie disposizioni legislative o regolamentari prevedano idonee procedure di reclamo a bordo.
2. Se uno Stato membro riceve un reclamo che non considera manifestamente infondato o ottiene le prove che una nave battente la sua bandiera non si conforma alle prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006 o che le relative misure di attuazione presentano gravi carenze, tale Stato adotta le misure necessarie per indagare sulla questione e accertarsi che siano presi provvedimenti atti a rimediare alle carenze constatate.
3. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza considera riservata la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo concernente un pericolo o una carenza con riguardo alle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi o una violazione delle norme e regolamentazioni e non fornisce alcuna indicazione all’armatore, al suo rappresentante o all’operatore della nave sul fatto che è stata effettuata un’ispezione a seguito di tale rimostranza o reclamo.
Articolo 6
Relazioni
1. La Commissione tratta anche questioni rientranti nell’ambito di applicazione della presente direttiva nelle relazioni che deve presentare a norma dell’articolo 9 della direttiva 2009/21/CE.
2. Entro il 31 dicembre 2018, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione e sull’applicazione della regola 5.3 della CLM 2006 relativa alle responsabilità del fornitore di manodopera. Se del caso, la relazione può contenere proposte di misure volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nel settore marittimo.
Articolo 7
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 marzo 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 8
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 9
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
V. LEŠKEVIČIUS
(1) GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153.
(2) Posizione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013.
(3) Decisione 2007/431/CE del Consiglio, del 7 giugno 2007, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunità europea, la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 63).
(4) Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30).
(5) Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 132).
(6) Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 1).
(7) Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47).
Dichiarazione della Commissione
«La Commissione ritiene che il titolo della direttiva non rifletta in modo appropriato il campo di applicazione della stessa.»
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Conformità e applicazione della convenzione sul lavoro marittimo da parte dei paesi dell’UE
La presente direttiva dell’Unione europea (UE) definisce le responsabilità degli Stati di bandiera (paesi in cui le navi sono registrate) in merito all’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006 stipulata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL).
ATTO
Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione.
SINTESI
La direttiva mira a garantire che i paesi dell’UE rispettino i loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’esecuzione, da parte delle navi battenti la loro bandiera, delle parti pertinenti della direttiva 2009/13/CE che ha incorporato nel diritto unionale una parte importante della CLM 2006.
La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio. Essa mira inoltre a limitare il dumping sociale, al fine di garantire una concorrenza leale per gli armatori che rispettano i diritti dei marittimi.
I punti principali della nuova direttiva sono:
1.
Controllo della conformità
I paesi dell’UE devono istituire meccanismi di attuazione e di controllo efficaci e idonei, comprese ispezioni da effettuare con specifica frequenza, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni della CLM 2006.
Questi meccanismi possono essere adattati per tener conto delle condizioni specifiche relative alle navi con stazza lorda inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali. Pur rimanendo pienamente responsabili dell’ispezione, i paesi dell’UE possono autorizzare le organizzazioni con competenze specifiche nel settore (organizzazioni riconosciute) a realizzare tali ispezioni.
2.
Ispettori
Il personale autorizzato a effettuare le ispezioni e incaricato di verificare la corretta attuazione deve possedere le necessarie competenze professionali e indipendenza.
Se non sono rispettate le norme CLM 2006, gli ispettori possono vietare alle navi di lasciare il porto fino a quando non siano prese le azioni necessarie.
3.
Procedure relative ai reclami
Ogni paese dell’UE deve garantire che siano predisposte idonee procedure di reclamo a bordo. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza deve considerare la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo come riservata.
Le responsabilità degli Stati di approdo per l’applicazione della CLM 2006 sono disciplinate dalla direttiva 2013/38/UE adottata nel 2013.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2013/54/UE
30.12.2013
31.3.2015
GU L 329 del 10.12.2013, pagg. 1-4
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2009/13/CE del Consiglio recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE [Gazzetta ufficiale L 124 del 20.5.2009].
Direttiva 2013/38/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU L 218 del 14.8.2013). |
Limitare l'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici (a partire dal luglio 2016)
La direttiva stabilisce prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici.
ATTO
Direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE.
SINTESI
La presente normativa costituisce una direttiva particolare ai sensi della direttiva quadro 89/391/CEE, ed è finalizzata all'introduzione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori. Essa sostituisce una direttiva del 2004 (2004/40/CE), la quale non è mai entrata in vigore a causa di problemi nell'attuazione delle relative disposizioni, specie nel settore medico.
Ambito di applicazione
La direttiva introduce misure finalizzate a proteggere i lavoratori da qualsiasi effetto nocivo a breve termine, diretto e indiretto, sulla salute derivante dai campi elettromagnetici. Essa non contempla potenziali effetti a lungo termine ma, nei casi in cui questi siano supportati da prove scientifiche consolidate, la Commissione europea si riserva la facoltà di decidere quali azioni raccomandare.
Le misure forniscono una base minima per la tutela di tutti i lavoratori dell'Unione europea (UE) e lascia ai paesi membri la libertà di preservare o introdurre prescrizioni più rigorose. Il termine per la trasposizione della direttiva in legge nazionale è fissato per il 1o luglio 2016.
Definizioni
L’ambito di applicazione della normativa comprende gli effetti biofisici diretti. Si tratta di effetti provocati direttamente nel corpo umano dalla presenza di un campo elettromagnetico. Tali effetti comprendono effetti termici, come il riscaldamento dei tessuti, ed effetti non termici, come la stimolazione di muscoli, nervi o organi di senso.
Gli effetti comprendono altresì i cosiddetti effettiindiretti, ovvero quelli derivanti dalla presenza di oggetti, quali stimolatori cardiaci e impianti di altro tipo, all'interno di un campo elettromagnetico e che potrebbero costituire un pericolo per la sicurezza o la salute.
La direttiva stabilisce i valori limite di esposizione, i quali si fondano su considerazioni biofisiche e biologiche, allo scopo di tutelare i lavoratori da effetti nocivi a livello sanitario e sensoriale. La direttiva comprende altresì i livelli di azione identificabili nei casi in cui si riveli necessario intraprendere misure di protezione o di prevenzione.
Obblighi dei datori di lavoro
La direttiva stabilisce obblighi di varia natura a carico dei datori di lavoro. Ad essi è riconosciuto l'obbligo di garantire che l'esposizione dei dipendenti a campi elettromagnetici si mantenga entro i limiti stabiliti dalla direttiva. In caso di superamento dei suddetti limiti, i datori di lavoro dovranno intraprendere azioni preventive immediate. Sono tuttavia previste una serie di eccezioni che consentono il superamento dei livelli di esposizione in presenza di condizioni particolarmente rigorose.
In linea generale, il datore di lavoro è tenuto a garantire che i rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro siano eliminati o ridotti il più possibile. L'introduzione di valutazioni periodiche dei rischi e dell'esposizione, unitamente all'impiego di orientamenti pratici, possono aiutare il datore di lavoro a rispettare i propri obblighi.
In presenza di rischi appurati per la salute dei lavoratori, i datori di lavoro devono disporre di un programma d'azione che preveda misure di protezione e di prevenzione. Il programma può comprendere misure tecniche e/o organizzative, specie per quei lavoratori esposti a rischi particolari.
La normativa prevede altresì il monitoraggio della salute finalizzato alla prevenzione o alla diagnosi precoce di eventuali effetti nocivi per la salute. Nei casi in cui venga rilevata un'esposizione eccessiva, i datori di lavoro saranno tenuti a fornire esami medici adeguati o monitoraggio sanitario individuale in conformità al diritto e alla prassi nazionale.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2013/35/UE
29.06.2013
01.07.2016
GU L 179 del 29.06.2013, pagg. 1-21
ATTI COLLEGATI
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'introduzione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul posto di lavoro (Gazzetta ufficiale L 183 del 29.6.1989, pagg. 1-8). | DIRETTIVA 2013/35/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 giugno 2013
sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 153, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
a norma del trattato, il Parlamento europeo e il Consiglio possono adottare, mediante direttive, disposizioni minime per promuovere miglioramenti, in particolare, dell’ambiente di lavoro, al fine di garantire un più elevato livello di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. È necessario che tali direttive evitino di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.
(2)
L’articolo 31, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce che ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.
(3)
A seguito dell’entrata in vigore della direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle disposizioni minime di salute e di sicurezza relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (3), i soggetti interessati, in particolare quelli del settore medico, hanno manifestato serie preoccupazioni sul potenziale impatto dell’attuazione di tale direttiva sull’utilizzazione di procedure mediche basate sulla diagnostica per immagini. Sono state inoltre espresse preoccupazioni in merito all’impatto della direttiva su talune attività industriali.
(4)
La Commissione ha esaminato attentamente gli argomenti dei soggetti interessati e, dopo alcune consultazioni, ha deciso di riconsiderare in modo approfondito alcune disposizioni della direttiva 2004/40/CE, sulla base di nuove informazioni scientifiche fornite da esperti di fama internazionale.
(5)
La direttiva 2004/40/CE è stata modificata dalla direttiva 2008/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), con l’effetto di posporre di quattro anni i termini per il recepimento della direttiva 2004/40/CE, e successivamente dalla direttiva 2012/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), con l’effetto di posporre tali termini per il recepimento al 31 ottobre 2013. Ciò è avvenuto al fine di consentire alla Commissione di presentare una nuova proposta e ai co-legislatori di adottare una nuova direttiva basata su dati più recenti e precisi.
(6)
La direttiva 2004/40/CE dovrebbe essere abrogata e dovrebbero essere adottate misure più adeguate e proporzionate per la protezione dei lavoratori dai rischi collegati ai campi elettromagnetici. Tale direttiva non affrontava il problema degli effetti a lungo termine, compresi i possibili effetti cancerogeni dell’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici che variano nel tempo, per i quali non si dispone attualmente di prove scientifiche concludenti in grado di stabilire una relazione causale. La presente direttiva mira a trattare tutti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti provocati dai campi elettromagnetici, non solo al fine di assicurare la salute e la sicurezza di ciascun lavoratore considerato individualmente, ma anche a creare per tutti i lavoratori nell’Unione una piattaforma minima di protezione, evitando nel contempo possibili distorsioni della concorrenza.
(7)
La presente direttiva non affronta le ipotesi di effetti a lungo termine derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici, dal momento che non si dispone attualmente di prove scientifiche accertate dell’esistenza di una relazione causale. È tuttavia opportuno che, qualora tali prove scientifiche accertate emergano, la Commissione valuti gli strumenti più adeguati per affrontare tali effetti e, per mezzo della sua relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva, riferisca in merito al Parlamento europeo e al Consiglio. Nel fare ciò, la Commissione dovrebbe tener conto, in aggiunta al contributo appropriato ricevuto dagli Stati membri, dei più recenti studi disponibili e delle nuove conoscenze scientifiche derivanti dai dati in tale ambito.
(8)
Dovrebbero essere stabilite prescrizioni minime, lasciando quindi agli Stati membri la facoltà di mantenere o di adottare disposizioni più favorevoli in materia di protezione dei lavoratori, in particolare fissando valori inferiori per i livelli di azione (LA) o i valori limite di esposizione (VLE) per i campi elettromagnetici. L’attuazione della presente direttiva non dovrebbe tuttavia giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente in ciascuno Stato membro.
(9)
È opportuno che un sistema di protezione contro i campi elettromagnetici si limiti a definire, senza entrare troppo nel dettaglio, gli obiettivi da raggiungere, i principi da rispettare e i valori fondamentali da utilizzare onde permettere agli Stati membri di applicare le prescrizioni minime in modo equivalente.
(10)
Al fine di proteggere i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici è necessario effettuare un’efficace ed efficiente valutazione dei rischi. Tale obbligo dovrebbe tuttavia essere proporzionale alla situazione esistente sul luogo di lavoro. È quindi opportuno definire un sistema di protezione in grado di raggruppare rischi diversi in un modo semplice, che contempli una graduazione, così da risultare facilmente comprensibile. Di conseguenza, il riferimento a un certo numero di indicatori e di situazioni standard, da fornire tramite orientamenti pratici, può utilmente aiutare i datori di lavoro a rispettare i propri obblighi.
(11)
Gli effetti indesiderati sul corpo umano dipendono dalla frequenza del campo elettromagnetico o della radiazione cui esso è esposto. È quindi opportuno che i sistemi di limitazione dell’esposizione dipendano da modelli di frequenza e di esposizione, per proteggere adeguatamente i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici.
(12)
La riduzione dell’esposizione ai campi elettromagnetici può essere realizzata in maniera più efficace attraverso l’applicazione di misure preventive fin dalla progettazione delle postazioni di lavoro, nonché dando la priorità al momento della scelta delle attrezzature, dei procedimenti e dei metodi di lavoro, alla riduzione dei rischi alla fonte. Disposizioni relative alle attrezzature e ai metodi di lavoro contribuiscono quindi alla protezione dei lavoratori che ne fanno uso. È tuttavia necessario evitare la duplicazione delle valutazioni, nel caso in cui le attrezzature di lavoro rispettino i requisiti del pertinente diritto dell’Unione sui prodotti, che stabilisce livelli più rigorosi di sicurezza rispetto a quelli previsti dalla presente direttiva. Ciò consente in molti casi una semplificazione delle valutazioni.
(13)
È opportuno che i datori di lavoro si adeguino ai progressi tecnici e alle conoscenze scientifiche per quanto riguarda i rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici, in vista del miglioramento della sicurezza e della protezione della salute dei lavoratori.
(14)
Poiché la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6), quest’ultima si applica al settore dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici fatte salve disposizioni più rigorose e/o specifiche contenute nella presente direttiva.
(15)
Le grandezze fisiche, i VLE e i LA di cui alla presente direttiva sono basati sulle raccomandazioni della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) e dovrebbero essere considerati in conformità dei concetti sviluppati dall’ICNIRP, salvo che la presente direttiva non disponga diversamente.
(16)
Al fine di assicurare che la presente direttiva resti aggiornata, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea per apportare modifiche puramente tecniche agli allegati della presente direttiva che riflettano l’adozione di regolamenti e direttive nel settore dell’armonizzazione tecnica e della standardizzazione e del progresso tecnico, delle modifiche delle più pertinenti norme o specifiche e delle nuove scoperte scientifiche concernenti i rischi derivanti dai campi elettromagnetici, e inoltre adeguare i LA. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(17)
Qualora divenisse necessario apportare modifiche di natura puramente tecnica agli allegati, la Commissione dovrebbe operare in stretta collaborazione con il Comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro istituito dalla decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 (7).
(18)
In casi eccezionali, qualora lo richiedano imperativi motivi d’urgenza, come possibili rischi imminenti per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti dalla loro esposizione ai campi elettromagnetici, dovrebbe essere data la possibilità di ricorrere alla procedura d’urgenza per gli atti delegati adottati dalla Commissione.
(19)
Conformemente alla dichiarazione politica congiunta degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi del 28 settembre 2011 (8), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi debitamente motivati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.
(20)
Un sistema comprendente VLE e LA, ove applicabile, dovrebbe essere considerato come uno strumento volto a facilitare il raggiungimento di un alto livello di protezione contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici. Tuttavia, un siffatto sistema può entrare in conflitto con specifiche condizioni in talune attività, quali l’uso della tecnica della risonanza magnetica nel settore medico. È pertanto necessario tenere conto di tali condizioni particolari.
(21)
Tenuto conto delle specificità delle forze armate e per consentirne un funzionamento e un’interoperabilità effettivi, anche in esercitazioni militari internazionali congiunte, è opportuno che gli Stati membri siano in grado di attuare sistemi di protezione equivalenti o più specifici, ad esempio norme concordate a livello internazionale, come gli standard NATO, purché si evitino effetti nocivi per la salute e rischi per la sicurezza.
(22)
È opportuno che i datori di lavoro siano tenuti ad assicurare che i rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro siano eliminati o ridotti al minimo. È tuttavia possibile che, in casi specifici e in circostanze debitamente giustificate, i VLE stabiliti nella presente direttiva siano superati solo in via temporanea. In tal caso i datori di lavoro dovrebbero prendere le misure necessarie per ripristinare quanto prima il rispetto dei VLE.
(23)
Un sistema in grado di garantire un elevato livello di protezione dagli effetti nocivi per la salute e dai rischi per la sicurezza che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici dovrebbe tenere debito conto degli specifici gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari ed evitare i problemi d’interferenza ovvero effetti sul funzionamento di dispositivi medici quali protesi metalliche, stimolatori cardiaci e defibrillatori, impianti cocleari e di altro tipo o dispositivi medici portati sul corpo. I problemi di interferenza, in particolare per quanto riguarda gli stimolatori cardiaci, possono verificarsi a livelli inferiori rispetto ai LA e dovrebbero pertanto essere oggetto di adeguate precauzioni e misure protettive,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva, che è la ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall’esposizione ai campi elettromagnetici durante il lavoro.
2. L’ambito di applicazione della presente direttiva include tutti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti, provocati dai campi elettromagnetici.
3. I valori limite di esposizione (VLE) stabiliti nella presente direttiva riguardano soltanto le relazioni scientificamente accertate tra effetti biofisici diretti a breve termine ed esposizione ai campi elettromagnetici.
4. L’ambito di applicazione della presente direttiva non include le ipotesi di effetti a lungo termine.
La Commissione tiene sotto osservazione i più recenti sviluppi scientifici. Qualora emergano dati scientifici accertati in merito agli effetti a lungo termine ipotizzati, la Commissione valuta un’adeguata risposta politica, compresa, se del caso, la presentazione di una proposta legislativa che riguardi tali effetti. Mediante la relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva di cui all’articolo 15, la Commissione tiene informati il Parlamento europeo e il Consiglio in materia.
5. La presente direttiva non riguarda i rischi derivanti dal contatto con conduttori sotto tensione.
6. Fatte salve le disposizioni più rigorose o più specifiche contenute nella presente direttiva, la direttiva 89/391/CEE continua ad applicarsi integralmente all’intero settore di cui al paragrafo 1.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva s’intende per:
a)
«campi elettromagnetici», campi elettrici statici, campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo con frequenze sino a 300 GHz;
b)
«effetti biofisici diretti», effetti provocati direttamente nel corpo umano dalla presenza di un campo elettromagnetico, tra cui:
i)
effetti termici, quali il riscaldamento dei tessuti attraverso l’assorbimento di energia dai campi elettromagnetici nel tessuto;
ii)
effetti non termici, quali la stimolazione di muscoli, nervi od organi sensoriali. Questi effetti possono essere dannosi per la salute mentale e fisica dei lavoratori esposti. Inoltre la stimolazione degli organi sensoriali può comportare sintomi temporanei quali vertigini o fosfeni che possono generare disturbi temporanei o influenzare le capacità cognitive o altre funzioni cerebrali o muscolari e che pertanto possono influire negativamente sulla capacità di un lavoratore di lavorare in modo sicuro (rischi per la sicurezza); nonché
iii)
correnti attraverso gli arti;
c)
«effetti indiretti», effetti provocati dalla presenza di un oggetto in un campo elettromagnetico che possono divenire la causa di un rischio per la sicurezza o la salute, quali:
i)
interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri impianti o dispositivi medici portati sul corpo);
ii)
rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi magnetici statici;
iii)
innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
iv)
incendi ed esplosioni dovuti all’accensione di materiali infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o scariche elettriche; nonché
v)
correnti di contatto;
d)
«valori limite di esposizione (VLE)», valori stabiliti sulla base di considerazioni biofisiche e biologiche, in particolare gli effetti diretti acuti e a breve termine scientificamente accertati, ossia gli effetti termici e l’elettrostimolazione dei tessuti;
e)
«VLE relativi agli effetti sanitari», VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a effetti nocivi per la salute, quali il riscaldamento termico o la stimolazione del tessuto nervoso o muscolare;
f)
«VLE relativi agli effetti sensoriali», VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a disturbi temporanei delle percezioni sensoriali e a modifiche minori delle funzioni cerebrali;
g)
«livelli di azione (LA)», livelli operativi stabiliti per semplificare il processo di dimostrazione della conformità ai pertinenti VLE o, eventualmente, per prendere le opportune misure di protezione o prevenzione specificate nella presente direttiva.
Nell’allegato II si usa la seguente terminologia in materia di livelli di azione:
i)
per i campi elettrici, per «LA inferiori» e «LA superiori» s’intendono i livelli connessi a misure specifiche di protezione o prevenzione stabilite nella presente direttiva, nonché
ii)
per i campi magnetici, per «LA inferiori» s’intendono i livelli connessi ai VLE relativi agli effetti sensoriali e per «LA superiori» i livelli connessi ai VLE relativi agli effetti sanitari.
Articolo 3
Valori limite di esposizione e livelli di azione
1. Le grandezze fisiche concernenti l’esposizione ai campi elettromagnetici sono indicate nell’allegato I. I VLE relativi agli effetti sanitari, i VLE relativi agli effetti sensoriali e i LA sono riportati negli allegati II e III.
2. Gli Stati membri dispongono che il datore di lavoro assicuri che l’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici sia limitata ai VLE relativi agli effetti sanitari e ai VLE relativi agli effetti sensoriali di cui all’allegato II, per gli effetti non termici, e di cui all’allegato III, per gli effetti termici. Il rispetto dei VLE relativi agli effetti sanitari e dei VLE relativi agli effetti sensoriali deve essere dimostrato ricorrendo alle pertinenti procedure di valutazione dell’esposizione di cui all’articolo 4. Qualora l’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici superi il VLE, il datore di lavoro adotta misure immediate in conformità dell’articolo 5, paragrafo 8.
3. Ai fini della presente direttiva, ove sia dimostrato che i pertinenti LA di cui agli allegati II e III non sono superati, si considera che il datore di lavoro rispetta i VLE relativi agli effetti sanitari e i VLE relativi agli effetti sensoriali. Qualora l’esposizione superi i LA, il datore di lavoro adotta misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 2, a meno che la valutazione effettuata in conformità dell’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3, dimostri che non sono superati i pertinenti VLE e che possono essere esclusi rischi per la sicurezza.
In deroga al primo comma, l’esposizione può superare:
a)
i LA inferiori per i campi elettrici (allegato II, tabella B1), ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché non siano superati i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A3), oppure
i)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tabella A2);
ii)
siano evitate eccessive scariche di scintille e correnti di contatto (allegato II, tabella B3) attraverso le misure specifiche di protezione di cui all’articolo 5, paragrafo 6, nonché
iii)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f);
b)
i LA inferiori per i campi magnetici (allegato II, tabella B2), ove giustificato dalla prassi o dal processo, compreso nella testa e nel tronco, durante il turno di lavoro, purché non siano superati i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A3), oppure
i)
il superamento dei VLE relativi agli effetti sensoriali sia solamente temporaneo;
ii)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tabella A2);
iii)
siano adottate misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 9, in caso di sintomi temporanei, ai sensi della lettera a) di tale paragrafo, nonché
iv)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f).
4. In deroga ai paragrafi 2 e 3, l’esposizione può superare:
a)
i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A1) durante il turno di lavoro, ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché:
i)
il loro superamento sia solamente temporaneo;
ii)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tavola A1);
iii)
siano state prese misure specifiche di protezione in conformità dell’articolo 5, paragrafo 7;
iv)
siano adottate misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 9, in caso di sintomi temporanei, ai sensi della lettera b) di tale paragrafo, nonché
v)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f);
b)
i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A3 e allegato III, tabella A2) durante il turno di lavoro, ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché:
i)
il loro superamento sia solamente temporaneo;
ii)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tabella A2 e allegato III, tabelle A1 e A3);
iii)
siano adottate misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 9, in caso di sintomi temporanei ai sensi della lettera a) di tale paragrafo, nonché
iv)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f).
CAPO II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Articolo 4
Valutazione dei rischi e identificazione dell’esposizione
1. Nell’assolvere gli obblighi di cui all’articolo 6, paragrafo 3, e all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro valuta tutti i rischi per i lavoratori derivanti da campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e, se del caso, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori.
Fatti salvi l’articolo 10 della direttiva 89/391/CEE e l’articolo 6 della presente direttiva, tale valutazione può essere resa pubblica su richiesta, in conformità della pertinente legislazione dell’Unione o nazionale. In particolare, qualora nel corso di tale valutazione siano trattati i dati personali dei lavoratori, la pubblicazione rispetta la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (9) e le leggi nazionali degli Stati membri che recepiscono tale direttiva. A meno che non sussista un interesse pubblico prevalente alla divulgazione, le autorità pubbliche in possesso di una copia della valutazione possono respingere una richiesta di accesso alla valutazione o di pubblicazione della stessa, qualora tale divulgazione pregiudichi la tutela degli interessi commerciali del datore di lavoro, compresi quelli relativi alla proprietà intellettuale. I datori di lavoro possono rifiutare di divulgare o pubblicare la valutazione alle medesime condizioni, in conformità della pertinente legislazione dell’Unione o nazionale.
2. Ai fini della valutazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo, il datore di lavoro individua e valuta i campi elettromagnetici sul luogo di lavoro, tenendo conto delle pertinenti guide pratiche di cui all’articolo 14 e di altre norme od orientamenti pertinenti stabiliti dallo Stato membro interessato, incluse banche dati sull’esposizione. In deroga agli obblighi incombenti sul datore di lavoro a norma del presente articolo, il datore di lavoro ha inoltre diritto di tener conto, se del caso, dei livelli di emissione e di altri dati appropriati relativi alla sicurezza forniti per le attrezzature dal fabbricante o dal distributore, in conformità del pertinente diritto dell’Unione, inclusa la valutazione dei rischi, ove applicabile alle condizioni di esposizione sul luogo di lavoro o sul luogo di installazione.
3. Se non è possibile stabilire con certezza il rispetto dei VLE sulla base di informazioni facilmente accessibili, la valutazione dell’esposizione è effettuata sulla base di misurazioni o calcoli. In tal caso la valutazione tiene conto delle incertezze riguardanti la misurazione o il calcolo, quali errori numerici, modellizzazione delle sorgenti, geometria del modello anatomico e proprietà elettriche dei tessuti e dei materiali, determinate secondo le buone prassi pertinenti.
4. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo sono programmati ed effettuati da servizi o persone competenti a intervalli idonei, tenendo conto degli orientamenti forniti a norma della presente direttiva e alla luce in particolare delle disposizioni relative alle competenze richieste (persone o servizi) e alla consultazione e alla partecipazione dei lavoratori di cui agli articoli 7 e 11 della direttiva 89/391/CEE. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione o calcolo dei livelli di esposizione sono conservati in una forma rintracciabile idonea a consentirne la successiva consultazione, secondo la legislazione e la prassi nazionali.
5. In occasione della valutazione dei rischi a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a)
i VLE relativi agli effetti sanitari, i VLE relativi agli effetti sensoriali e i LA di cui all’articolo 3 e agli allegati II e III della presente direttiva;
b)
la frequenza, il livello, la durata e il tipo di esposizione, inclusa la distribuzione nel corpo del lavoratore e nello spazio del luogo di lavoro;
c)
eventuali effetti biofisici diretti;
d)
eventuali effetti sulla salute e la sicurezza dei lavoratori esposti a rischi particolari, segnatamente coloro che recano dispositivi medici impiantati attivi o passivi (quali stimolatori cardiaci) o dispositivi medici portati sul corpo (quali le pompe insuliniche) e le lavoratrici incinte;
e)
eventuali effetti indiretti;
f)
l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g)
informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 8;
h)
informazioni fornite dal fabbricante delle attrezzature;
i)
altre informazioni disponibili pertinenti relative a salute e sicurezza;
j)
sorgenti multiple di esposizione;
k)
esposizione simultanea a campi di frequenza diversa.
6. Non è necessario che la valutazione dell’esposizione sia effettuata nei luoghi di lavoro aperti al pubblico se è già stata effettuata una valutazione in conformità delle disposizioni relative alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, se sono rispettate le restrizioni ivi specificate per i lavoratori e se sono esclusi i rischi per la salute e la sicurezza. Si ritiene che tali condizioni siano soddisfatte solo qualora le attrezzature destinate al pubblico siano utilizzate conformemente alla loro destinazione e alla normativa dell’Unione sui prodotti, che stabilisce livelli di sicurezza più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla presente direttiva, e non sia utilizzata nessun’altra attrezzatura.
7. Il datore di lavoro deve essere in possesso di una valutazione dei rischi a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/391/CEE e precisare quali misure devono essere adottate a norma dell’articolo 5 della presente direttiva. La valutazione dei rischi può includere i motivi per cui il datore di lavoro ritiene che la natura e l’entità dei rischi connessi con i campi elettromagnetici non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata. La valutazione dei rischi è regolarmente aggiornata, in particolare se vi sono stati notevoli mutamenti che potrebbero averla resa obsoleta, oppure se i risultati della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 8 mostrano che essa è necessaria.
Articolo 5
Disposizioni miranti a eliminare o a ridurre i rischi
1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare la produzione di campi elettromagnetici alla fonte, il datore di lavoro adotta le misure necessarie per garantire che i rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro siano eliminati o ridotti al minimo.
La riduzione dei rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici si basa sui principi generali di prevenzione di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 89/391/CEE.
2. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4, qualora i pertinenti LA di cui all’articolo 3 e agli allegati II e III siano superati, a meno che la valutazione effettuata a norma dell’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3 dimostri che i pertinenti VLE non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, il datore di lavoro definisce e attua un programma d’azione che deve includere misure tecniche e/o organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai VLE relativi agli effetti sanitari e ai VLE relativi agli effetti sensoriali, che tenga conto in particolare:
a)
di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi elettromagnetici;
b)
della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici meno intensi, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c)
delle misure tecniche per ridurre l’emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l’uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
d)
di misure appropriate di delimitazione e di accesso, quali segnali, etichette, segnaletica al suolo, barriere, al fine di limitare o controllare l’accesso;
e)
in caso di esposizione a campi elettrici, delle misure e procedure volte a gestire le scariche di scintille e le correnti di contatto mediante strumenti tecnici e mediante la formazione dei lavoratori;
f)
degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei sistemi, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
g)
della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
h)
della limitazione della durata e dell’intensità dell’esposizione; nonché
i)
della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale.
3. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4, il datore di lavoro definisce e attua un programma d’azione che comprenda misure tecniche e/o organizzative intese a prevenire qualsiasi rischio per i lavoratori esposti a rischi particolari e qualsiasi rischio dovuto a effetti indiretti di cui all’articolo 4.
4. Oltre a fornire le informazioni di cui all’articolo 6 della presente direttiva, il datore di lavoro, a norma dell’articolo 15 della direttiva 89/391/CEE, adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori esposti a rischi particolari e, se del caso, alle valutazioni dei rischi individuali, in particolare per quanto riguarda i lavoratori che hanno dichiarato di essere muniti di dispositivi medici impiantati attivi o passivi, quali gli stimolatori cardiaci, o dispositivi medici portati sul corpo (quali le pompe insuliniche) o le lavoratrici incinte che hanno informato il datore di lavoro della loro condizione.
5. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4, i luoghi di lavoro in cui è probabile che i lavoratori siano esposti a campi elettromagnetici che superino i LA sono indicati con un’apposita segnaletica a norma degli allegati II e III e della direttiva 92/58/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, recante le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro (nona direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (10). Le aree in questione sono inoltre identificate e l’accesso alle stesse è limitato in maniera opportuna. Nel caso in cui l’accesso a tali aree sia adeguatamente ristretto per altri motivi e i lavoratori siano informati sui rischi derivanti dai campi elettromagnetici, non è necessario installare segnaletica e restrizioni di accesso specifici per i campi elettromagnetici.
6. Nel caso in cui trovi applicazione l’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), sono adottate misure di protezione specifiche, quali la formazione dei lavoratori a norma dell’articolo 6 e l’uso di strumenti tecnici nonché la protezione individuale, per esempio la messa a terra degli oggetti di lavoro, il collegamento dei lavoratori con gli oggetti di lavoro (collegamento equipotenziale) nonché, se del caso e a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l’uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (11), l’impiego di scarpe isolanti, guanti e indumenti protettivi.
7. Nel caso in cui trovi applicazione l’articolo 3, paragrafo 3 bis, lettera a), sono adottate misure di protezione specifiche, quali il controllo dei movimenti.
8. I lavoratori non sono esposti a valori superiori ai VLE relativi agli effetti sanitari e ai VLE relativi agli effetti sensoriali a meno che non sussistano le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a) o c) o all’articolo 3, paragrafi 3 e 4. Allorché, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione della presente direttiva, i VLE relativi agli effetti sanitari e i VLE relativi agli effetti sensoriali sono superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l’esposizione al di sotto dei VLE. Il datore di lavoro individua e registra le cause del superamento dei VLE relativi agli effetti sanitari e dei VLE relativi agli effetti sensoriali e modifica di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento. Le misure di protezione e prevenzione modificate sono conservate in una forma rintracciabile idonea per consentirne la successiva consultazione, secondo la legislazione e la prassi nazionali.
9. Nel caso in cui trovi applicazione l’articolo 3, paragrafi 3 e 4, nel caso in cui sia segnalata dal lavoratore la comparsa di sintomi temporanei, il datore di lavoro aggiorna, se necessario, la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione. I sintomi temporanei possono comprendere:
a)
percezioni ed effetti sensoriali nel funzionamento del sistema nervoso centrale nella testa causati da campi magnetici che variano nel tempo; nonché
b)
effetti di campi magnetici statici, quali vertigini e nausea.
Articolo 6
Informazione e formazione dei lavoratori
Fatti salvi gli articoli 10 e 12 della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori che potrebbero essere esposti ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e/o i loro rappresentanti ricevano le informazioni e la formazione necessarie in relazione al risultato della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4 della presente direttiva, con particolare riguardo:
a)
alle misure adottate in applicazione della presente direttiva;
b)
all’entità e al significato dei VLE e dei LA, nonché ai possibili rischi associati e alle misure preventive adottate;
c)
agli eventuali effetti indiretti dell’esposizione;
d)
ai risultati della valutazione, della misurazione o del calcolo dei livelli di esposizione ai campi elettromagnetici effettuati a norma dell’articolo 4 della presente direttiva;
e)
alle modalità per individuare e segnalare gli effetti negativi dell’esposizione per la salute;
f)
alla possibilità di sintomi e sensazioni temporanei dovuti a effetti nel sistema nervoso centrale o periferico;
g)
alle circostanze alle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria;
h)
alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti dall’esposizione;
i)
ai lavoratori esposti a rischi particolari di cui all’articolo 4, paragrafo 5, lettera d bis), e all’articolo 5, paragrafi 3 e 4, della presente direttiva.
Articolo 7
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti hanno luogo in conformità dell’articolo 11 della direttiva 89/391/CEE.
CAPO III
DISPOSIZIONI VARIE
Articolo 8
Sorveglianza sanitaria
1. Ai fini della prevenzione e della diagnosi precoce di qualunque effetto negativo per la salute imputabile all’esposizione a campi elettromagnetici, un’adeguata sorveglianza sanitaria è effettuata a norma dell’articolo 14 della direttiva 89/391/CEE. La documentazione medica e la relativa disponibilità sono garantite in conformità del diritto e/o delle prassi nazionali.
2. Conformemente alle legislazioni e prassi nazionali, i risultati della sorveglianza sanitaria sono conservati in forma idonea per consentirne la consultazione in un momento successivo nel rispetto delle prescrizioni in materia di riservatezza. I singoli lavoratori hanno, su richiesta, accesso ai loro dati medici personali.
Nel caso in cui un lavoratore segnali effetti indesiderati o inattesi sulla salute oppure in cui sia rilevata un’esposizione superiore ai VLE, il datore di lavoro garantisce che un controllo medico o una sorveglianza sanitaria individuale adeguati siano fornite al lavoratore o ai lavoratori interessati, conformemente alla legislazione e alla prassi nazionali.
La possibilità di sottoporsi a tale controllo o sorveglianza è messa a disposizione durante le ore scelte dal lavoratore e i relativi costi non sono a carico di quest’ultimo.
Articolo 9
Sanzioni
Gli Stati membri prevedono l’applicazione di sanzioni adeguate in caso di violazione della normativa nazionale adottata ai termini della presente direttiva. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Articolo 10
Deroghe
1. In deroga all’articolo 3, ma fatto salvo l’articolo 5, paragrafo 1, si applicano le seguenti disposizioni:
a)
l’esposizione può superare i VLE se è connessa all’installazione, al controllo, all’uso, allo sviluppo, alla manutenzione degli apparecchi per la risonanza magnetica (RMI) per i pazienti nel settore sanitario o alla ricerca correlata, purché siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti:
i)
la valutazione del rischio effettuata conformemente all’articolo 4 ha dimostrato che i VLE sono superati;
ii)
tenuto conto dello stato dell’arte, sono state applicate tutte le misure tecniche e/o organizzative;
iii)
le circostanze giustificano debitamente il superamento del VLE;
iv)
si è tenuto conto delle caratteristiche del luogo di lavoro, delle attrezzature di lavoro o delle pratiche di lavoro, e
v)
il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti dagli effetti nocivi per la salute e dai rischi per la sicurezza, assicurando in particolare che siano seguite le istruzioni per l’uso in condizioni di sicurezza fornite dal fabbricante ai sensi della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (12);
b)
gli Stati membri possono autorizzare l’attuazione di un sistema di protezione equivalente o più specifico per il personale che lavora presso impianti militari operativi o che partecipa ad attività militari, ivi compreso a esercitazioni militari internazionali congiunte, purché si evitino gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza;
c)
gli Stati membri possono autorizzare, in circostanze debitamente giustificate e soltanto per il periodo in cui rimangano tali, il superamento temporaneo dei VLE in settori specifici o per attività specifiche che esulino dall’ambito di applicazione delle lettere a) e b). Ai fini della presente disposizione per «circostanze debitamente giustificate» si intendono circostanze che soddisfino le seguenti condizioni:
i)
la valutazione del rischio effettuata conformemente all’articolo 4 ha dimostrato che i VLE sono superati;
ii)
tenuto conto dello stato dell’arte, sono state applicate tutte le misure tecniche e/o organizzative;
iii)
si è tenuto conto delle caratteristiche del luogo di lavoro, delle attrezzature di lavoro o delle pratiche di lavoro, e
iv)
il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza, avvalendosi in particolare di norme e orientamenti comparabili, più specifici e riconosciuti a livello internazionale.
2. Gli Stati membri informano la Commissione in merito a ogni deroga ai sensi del paragrafo 1, lettere b) e c), e indicano la relativa giustificazione nella relazione di cui all’articolo 15.
Articolo 11
Modifiche tecniche degli allegati
1. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12 riguardo alle modifiche degli allegati o quelle di natura puramente tecnica, al fine di:
a)
tener conto dell’adozione di regolamenti e direttive in materia di armonizzazione tecnica e standardizzazione riguardanti la progettazione, la costruzione, la fabbricazione o la realizzazione di attrezzature e/o luoghi di lavoro;
b)
tener conto del progresso tecnico, dell’evoluzione delle norme o specifiche più pertinenti e delle nuove conoscenze scientifiche relative ai campi elettromagnetici;
c)
adeguare i LA qualora esistano nuovi dati scientifici e purché i datori di lavoro continuino a essere vincolati dai VLE esistenti menzionati negli allegati II e III.
2. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12, al fine di inserire nell’allegato II gli orientamenti dell’ICNIRP per limitare l’esposizione ai campi elettrici indotti dal movimento del corpo umano in un campo magnetico statico e da campi magnetici che variano nel tempo al di sotto di 1 Hz, non appena essi siano disponibili.
3. Qualora, in caso di modifiche di cui ai paragrafi 1 e 2, imperativi motivi d’urgenza lo richiedano, la procedura di cui all’articolo 13 si applica agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo.
Articolo 12
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 11 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 29 giugno 2013. La Commissione elabora una relazione sulla delega di poteri al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all’articolo 11 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 11 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato, o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 13
Procedura d’urgenza
1. Gli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo entrano in vigore immediatamente e si applicano finché non siano sollevate obiezioni conformemente al paragrafo 2. La notifica dell’atto delegato al Parlamento europeo e al Consiglio illustra i motivi del ricorso alla procedura d’urgenza che devono riguardare la salute e la protezione dei lavoratori.
2. Il Parlamento europeo o il Consiglio possono sollevare obiezioni a un atto delegato secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 5. In tal caso, la Commissione abroga l’atto immediatamente a seguito della notifica della decisione con la quale il Parlamento europeo o il Consiglio hanno sollevato obiezioni.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 14
Guida pratica
Al fine di agevolare l’attuazione della presente direttiva, la Commissione mette a disposizione guide pratiche non vincolanti almeno sei mesi prima del 1o luglio 2016. Tali guide devono riferirsi, in particolare, alle questioni seguenti:
a)
la determinazione dell’esposizione tenendo conto delle norme europee o internazionali appropriate, ivi compresi:
—
i metodi di calcolo per la valutazione dei VLE,
—
la media spaziale dei campi elettrici e magnetici esterni,
—
orientamenti per il trattamento delle incertezze di misurazione e di calcolo,
b)
orientamenti per la dimostrazione della conformità in relazione a tipi particolari di esposizione non uniforme in situazioni specifiche, sulla base di una dosimetria consolidata;
c)
la descrizione del «metodo del picco ponderato» per i campi di bassa frequenza e della sommatoria dei campi multi-frequenza per i campi di alta frequenza;
d)
l’effettuazione della valutazione del rischio e, per quanto possibile, la messa a disposizione di tecniche semplificate, tenendo conto in particolare delle esigenze delle PMI;
e)
le misure intese a evitare o ridurre i rischi, incluse misure specifiche di prevenzione, in funzione del livello di esposizione e delle caratteristiche del luogo di lavoro;
f)
la definizione di procedure di lavoro documentate nonché di misure specifiche di informazione e di formazione per i lavoratori esposti a campi elettromagnetici nel corso di attività correlate alla RMI e rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a);
g)
la valutazione delle esposizioni nella gamma di frequenza compresa tra 100 kHz e 10 MHz qualora si debba tenere conto degli effetti termici e non termici;
h)
orientamenti sui controlli medici e sulla sorveglianza sanitaria da fornire da parte del datore di lavoro in conformità dell’articolo 8, paragrafo 2.
La Commissione opera in stretta collaborazione con il Comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Il Parlamento europeo è tenuto informato.
Articolo 15
Riesame e relazioni
Tenendo conto dell’articolo 1, paragrafo 4, la relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva è redatta in conformità con l’articolo 17 bis della direttiva 89/391/CEE.
Articolo 16
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o luglio 2016.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di effettuazione di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 17
Abrogazione
1. La direttiva 2004/40/CE è abrogata a decorrere dal 29 giugno 2013.
2. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza che figura all’allegato IV.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 19
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2013
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
A. SHATTER
(1) GU C 43 del 15.2.2012, pag. 47.
(2) Posizione del Parlamento europeo dell’11 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 giugno 2013.
(3) GU L 159 del 30.4.2004, pag. 1.
(4) GU L 114 del 26.4.2008, pag. 88.
(5) GU L 110 del 24.4.2012, pag. 1.
(6) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
(7) GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1.
(8) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
(9) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
(10) GU L 245 del 26.8.1992, pag. 23.
(11) GU L 393 del 30.12.1989, pag. 18.
(12) GU L 169 del 12.7.1993, pag. 1.
ALLEGATO I
GRANDEZZE FISICHE CONCERNENTI L’ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI
Le seguenti grandezze fisiche sono utilizzate per descrivere le esposizioni ai campi elettromagnetici:
L’intensità di campo elettrico (E) è una quantità vettoriale che corrisponde alla forza esercitata su una particella carica indipendentemente dal suo movimento nello spazio. È espressa in volt per metro (Vm–1). È necessario operare una distinzione fra il campo elettrico ambientale e il campo elettrico presente nel corpo (in situ) a seguito dell’esposizione al campo elettrico ambientale.
La corrente attraverso gli arti (IL) è la corrente che attraversa gli arti di una persona esposta a campi elettromagnetici nella gamma di frequenza compresa tra 10 MHz e 110 MHz a seguito del contatto con un oggetto in un campo elettromagnetico o del flusso di correnti capacitive indotte nel corpo esposto. È espressa in ampere (A).
La corrente di contatto (IC) è una corrente che compare quando una persona entra in contatto con un oggetto in un campo elettromagnetico. È espressa in ampere (A). Una corrente di contatto in stato stabile si produce quando una persona è in contatto continuo con un oggetto in un campo elettromagnetico. Nel momento in cui si stabilisce tale contatto, può verificarsi una scarica di scintille con correnti transitorie associate.
La carica elettrica (Q) è la grandezza impiegata per la scarica di scintille ed è espressa in coulomb (C).
L’intensità di campo magnetico (H) è una grandezza vettoriale che, insieme all’induzione magnetica, specifica un campo magnetico in qualunque punto dello spazio. È espressa in ampere per metro (Am–1).
L’induzione magnetica (B) è una grandezza vettoriale che determina una forza agente sulle cariche in movimento. È espressa in tesla (T). Nello spazio libero e nei materiali biologici l’induzione magnetica e l’intensità del campo magnetico sono intercambiabili in base alla seguente equivalenza: intensità di campo magnetico (H) pari a 1 Am–1 = induzione magnetica (B) pari a 4π 10–7 T (approssimativamente 1,25 microtesla).
Densità di potenza (S). Questa grandezza si impiega nel caso delle frequenze molto alte, per le quali la profondità di penetrazione nel corpo è modesta. Si tratta della potenza radiante incidente perpendicolarmente a una superficie, divisa per l’area della superficie in questione; è espressa in watt per metro quadrato (Wm–2).
Assorbimento specifico di energia (SA). Si definisce mediante l’energia assorbita per unità di massa di tessuto biologico e si esprime in joule per kilogrammo (Jkg–1). Nella presente direttiva, il termine si impiega per limitare gli effetti derivanti da esposizioni a microonde pulsate.
Tasso di assorbimento specifico di energia (SAR). Si tratta del valore mediato, su tutto il corpo o su alcune parti di esso, del tasso di assorbimento di energia per unità di massa del tessuto corporeo ed è espresso in watt per kilogrammo (Wkg–1). Il SAR riferito a tutto il corpo è una misura ampiamente accettata per porre in rapporto gli effetti termici nocivi all’esposizione alle radiofrequenze (RF). Oltre al valore del SAR mediato su tutto il corpo, sono necessari anche valori locali del SAR per valutare e limitare la deposizione eccessiva di energia in parti piccole del corpo conseguenti a particolari condizioni di esposizione, quali ad esempio il caso di un individuo esposto a RF dell’ordine di pochi MHz (ad esempio provenienti da riscaldatori dielettrici), e di individui esposti nel campo vicino di un’antenna.
Tra le grandezze sopra citate, possono essere misurate direttamente l’induzione magnetica (B), la corrente di contatto (IC), la corrente attraverso gli arti (IL), l’intensità di campo elettrico (E), l’intensità di campo magnetico (H) e la densità di potenza (S).
ALLEGATO II
EFFETTI NON TERMICI
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE E LIVELLI DI AZIONE NELLA GAMMA DI FREQUENZA COMPRESA TRA 0 Hz E 10 MHz
A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE (VLE)
I VLE inferiori a 1 Hz (Tabella A1) sono limiti per i campi magnetici statici su cui non incide il tessuto corporeo.
I VLE per le frequenze comprese tra 1 Hz e 10 MHz (tabella A2) sono limiti per i campi elettrici indotti nel corpo dall’esposizione a campi elettrici e magnetici che variano nel tempo.
VLE per un’induzione magnetica esterna da 0 a 1 Hz
Il VLE relativo agli effetti sensoriali è il VLE applicabile in condizioni di lavoro normali (tabella A1) ed è correlato alle vertigini e ad altri effetti fisiologici connessi a disturbi dell’organo dell’equilibrio umano e risultanti principalmente dal movimento in un campo magnetico statico.
Il VLE relativo agli effetti sanitari in condizioni di lavoro controllate (tabella A1) è applicabile su base temporanea durante il turno di lavoro, ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché siano state adottate misure di prevenzione quali il controllo dei movimenti e l’informazione dei lavoratori.
Tabella A1
VLE per un’induzione magnetica esterna (B0) compresa tra 0 e 1 Hz
VLE relativi agli effetti sensoriali
Condizioni di lavoro normali
2 T
Esposizione localizzata degli arti
8 T
VLE relativi agli effetti sanitari
Condizioni di lavoro controllate
8 T
VLE relativi agli effetti sanitari per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 10 MHz
I VLE relativi agli effetti sanitari (tabella A2) sono correlati alla stimolazione elettrica di tutti i tessuti del sistema nervoso centrale e periferico all’interno del corpo, compresa la testa.
Tabella A2
VLE relativi agli effetti sanitari per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 10 MHz
Gamma di frequenza
VLE relativi agli effetti sanitari
1 Hz ≤ f < 3 kHz
1,1 Vm–1 (picco)
3 kHz ≤ f ≤ 10 MHz
3,8 ×10– 4 f Vm–1 (picco)
Nota A2-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota A2-2:
i VLE relativi agli effetti sanitari per il campo elettrico interno sono valori di picco spaziali per l’intero corpo del soggetto esposto.
Nota A2-3:
i VLE sono valori di picco in termini temporali che sono pari ai valori efficaci (RMS) moltiplicati per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso dei campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nella guida pratica di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate, purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
VLE relativi agli effetti sensoriali per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 400 Hz
I VLE relativi agli effetti sensoriali (tabella A3) sono correlati agli effetti del campo elettrico sul sistema nervoso centrale nella testa, cioè fosfeni retinici e modifiche minori e transitorie di talune funzioni cerebrali.
Tabella A3
VLE relativi agli effetti sensoriali per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 400 Hz
Gamma di frequenza
VLE relativi agli effetti sensoriali
1 Hz ≤ f < 10 Hz
0,7/f Vm–1 (picco)
10 Hz ≤ f < 25 Hz
0,07/f Vm–1 (picco)
25 Hz ≤ f ≤ 400 Hz
0,0028 f Vm–1 (picco)
Nota A3-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota A3-2:
i VLE relativi agli effetti sensoriali per il campo elettrico interno sono valori di picco spaziali nella testa del soggetto esposto.
Nota A3-3:
i VLE sono valori di picco in termini temporali che sono pari ai valori efficaci (RMS) moltiplicati per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso dei campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nella guida pratica di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate, purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
B. LIVELLI DI AZIONE (LA)
Per indicare i livelli di azione (LA) si utilizzano le grandezze fisiche e i valori seguenti, il cui valore quantitativo è stabilito in modo da garantire, tramite una semplificazione della valutazione, il rispetto dei pertinenti VLE, o in corrispondenza dei quali devono essere adottate le pertinenti misure di protezione o di prevenzione di cui all’articolo 5:
—
LA (E) inferiori e LA (E) superiori per l’intensità di campo elettrico (E) di campi elettrici che variano nel tempo, come indicato nella tabella B1,
—
LA (B) inferiori e LA (B) superiori per l’induzione magnetica (B) di campi magnetici che variano nel tempo, come indicato nella tabella B2,
—
LA(IC) per la corrente di contatto, come indicato nella tabella B3,
—
LA(B0) per l’induzione magnetica di campi magnetici statici, come indicato nella tabella B4.
I LA corrispondono ai valori del campo elettrico e magnetico calcolati o misurati sul luogo di lavoro in assenza del lavoratore.
Livelli di azione (LA) per esposizione a campi elettrici
I LA inferiori (tabella B1) per un campo elettrico esterno si basano sulla limitazione del campo elettrico interno al di sotto dei VLE (tabelle A2 e A3) e sulla limitazione delle scariche di scintille nell’ambiente di lavoro.
Al di sotto dei LA superiori, il campo elettrico interno non supera i VLE (tabelle A2 e A3) e si evitano fastidiose scariche di scintille, purché siano prese le misure di protezione di cui all’articolo 5, paragrafo 6.
Tabella B1
LA per esposizione a campi elettrici compresi tra 1 Hz e 10 MHz
Gamma di frequenza
Intensità di campo elettrico LA(E) inferiori [Vm–1] (RMS)
Intensità di campo elettrico LA(E) superiori [Vm–1] (RMS)
1 ≤ f < 25 Hz
2,0 × 104
2,0 × 104
25 ≤ f < 50 Hz
5,0 × 105/f
2,0 × 104
50 Hz ≤ f < 1,64 kHz
5,0 × 105/f
1,0 × 106/f
1,64 ≤ f < 3 kHz
5,0 × 105/f
6,1 × 102
3 kHz ≤ f ≤ 10 MHz
1,7 × 102
6,1 × 102
Nota B1-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota B1-2:
i LA (E) inferiori e i LA (E) superiori sono i valori efficaci (RMS) dell’intensità di campo elettrico che sono uguali ai valori di picco divisi per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso di campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nella guida pratica di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
Nota B1-3:
i LA rappresentano i valori massimi calcolati o misurati nello spazio occupato dal corpo del lavoratore. Ciò comporta una valutazione dell’esposizione prudente e una conformità automatica ai VLE in tutte le condizioni di esposizione non uniformi. Al fine di semplificare la valutazione della conformità ai VLE, effettuata ai sensi dell’articolo 4, in specifiche condizioni non uniformi, nella guida pratica di cui all’articolo 14 saranno stabiliti criteri relativi alla media spaziale dei campi misurati, sulla base di una dosimetria consolidata. Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, il campo elettrico indotto è determinato caso per caso mediante dosimetria.
Livelli di azione (LA) per esposizione a campi magnetici
I LA inferiori (tabella B2) per le frequenze al di sotto di 400 Hz sono derivati dai VLE relativi agli effetti sensoriali (tabella A3) e per le frequenze al di sopra di 400 Hz sono derivati dai VLE relativi agli effetti sanitari per il campo elettrico interno (tabella A2).
I LA superiori (tabella B2) derivano dai VLE relativi agli effetti sanitari per un campo elettrico interno correlato alla stimolazione elettrica dei tessuti nervosi periferici e autonomi nella testa e nel tronco (tabella A2). L’osservanza dei LA superiori assicura che non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari ma, se l’esposizione della testa supera i LA inferiori per esposizioni fino a 400 Hz, sono possibili effetti correlati a fosfeni retinici e a modifiche minori e transitorie dell’attività cerebrale. In tal caso, si applica l’articolo 5, paragrafo 6.
I LA per l’esposizione degli arti derivano dai VLE sul campo elettrico interno per gli effetti sanitari relativi alla stimolazione elettrica dei tessuti negli arti, tenendo conto del fatto che il campo magnetico presenta un accoppiamento più debole negli arti che nel corpo intero.
Tabella B2
LA per esposizione a campi magnetici compresi tra 1 Hz e 10 MHz
Gamma di frequenza
Induzione magnetica LA (B) inferiori [μT] (RMS)
Induzione magnetica LA (B) superiori [μT] (RMS)
Induzione magnetica LA per esposizione arti a campo magnetico localizzato [μT] (RMS)
1 ≤ f < 8 Hz
2,0 × 105/f2
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
8 ≤ f < 25 Hz
2,5 × 104/f
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
25 ≤ f < 300 Hz
1,0 × 103
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
300 Hz ≤ f < 3 kHz
3,0 × 105/f
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
3 kHz ≤ f ≤ 10 MHz
1,0 × 102
1,0 × 102
3,0 × 102
Nota B2-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota B2-2:
i LA inferiori e superiori sono i valori efficaci (RMS) uguali ai valori di picco divisi per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso di campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nelle guide pratiche di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
Nota B2-3:
i LA per esposizione a campi magnetici rappresentano i valori massimi nello spazio occupato dal corpo del lavoratore. Ciò comporta una valutazione dell’esposizione prudente e una conformità automatica ai VLE in tutte le condizioni di esposizione non uniformi. Al fine di semplificare la valutazione della conformità ai VLE, effettuata ai sensi dell’articolo 4, in specifiche condizioni non uniformi, nella guida pratica di cui all’articolo 14 saranno stabiliti criteri relativi alla media spaziale dei campi misurati, sulla base di una dosimetria consolidata. Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, il campo elettrico indotto è determinato caso per caso mediante dosimetria.
Tabella B3
I LA per corrente di contatto IC
Frequenza
LA (IC) corrente di contatto stazionaria [mA] (RMS)
fino a 2,5 kHz
1,0
2,5 ≤ f < 100 kHz
0,4 f
100 kHz ≤ f ≤ 10 000 kHz
40
Nota B3-1:
f è la frequenza espressa in kilohertz (kHz).
Livelli di azione (LA) per induzione magnetica di campi magnetici statici
Tabella B4
LA per induzione magnetica di campi magnetici statici
Rischi
LA(B0)
Interferenza con dispositivi impiantati attivi, ad esempio stimolatori cardiaci
0,5 mT
Rischio di attrazione e propulsivo nel campo periferico di sorgenti ad alta intensità (> 100 mT)
3 mT
ALLEGATO III
EFFETTI TERMICI
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE E LIVELLI DI AZIONE NELLA GAMMA DI FREQUENZA COMPRESA TRA 100 kHz e 300 GHz
A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE (VLE)
I VLE relativi agli effetti sanitari per le frequenze comprese tra 100 kHz e 6 GHz (tabella A1) sono limiti relativi a energia e potenza assorbite per unità di massa di tessuto corporeo derivanti da un’esposizione a campi elettrici e magnetici.
I VLE relativi agli effetti sensoriali per le frequenze comprese tra 0,3 e 6 GHz (tabella A2) sono limiti relativi all’energia assorbita in una piccola massa di tessuto all’interno della testa derivante da esposizione a campi elettromagnetici.
I VLE relativi agli effetti sulla salute per frequenze superiori a 6 GHz (tabella A3) sono limiti relativi alla densità di potenza di un’onda elettromagnetica incidente sulla superficie corporea.
Tabella A1
VLE relativi agli effetti sanitari per esposizione a campi elettromagnetici di frequenza compresa tra 100 kHz e 6 GHz
VLE relativi agli effetti sanitari
Valori SAR mediati ogni periodo di sei minuti
VLE relativo allo stress termico su tutto il corpo espresso come SAR mediato nel corpo
0,4 Wkg–1
VLE relativo allo stress termico localizzato nella testa e nel tronco espresso come SAR localizzato nel corpo
10 Wkg–1
VLE relativo allo stress termico localizzato negli arti espresso come SAR localizzato negli arti
20 Wkg–1
Nota A1-1:
la massa adottata per mediare il SAR localizzato è pari a 10 g di tessuto contiguo; il SAR massimo ottenuto in tal modo costituisce il valore impiegato per la stima dell’esposizione. Si intende che tali 10 g di tessuto rappresentino una massa di tessuto contiguo con proprietà elettriche approssimativamente omogenee. Nello specificare una massa contigua di tessuto, si riconosce che tale concetto può essere utilizzato nella dosimetria computazionale ma può presentare difficoltà per le misurazioni fisiche dirette. Può essere utilizzata una geometria semplice, quale una massa cubica o sferica di tessuto.
VLE relativi agli effetti sensoriali per frequenze comprese tra 0,3 GHz e 6 GHz
Questo VLE relativo agli effetti sensoriali (tabella A2) è connesso alla prevenzione degli effetti uditivi provocati da esposizioni della testa a microonde pulsate.
Tabella A2
VLE relativi agli effetti sensoriali per esposizione a campi elettromagnetici di frequenze comprese tra 0,3 e 6 GHz
Gamma di frequenza
Assorbimento specifico localizzato di energia (SA)
0,3 ≤ f ≤ 6 GHz
10 mJkg–1
Nota A2-1:
la massa adottata per mediare l’SA localizzato è pari a 10 g di tessuto.
Tabella A3
VLE relativi agli effetti sanitari per esposizione a campi elettromagnetici di frequenze comprese tra 6 GHz e 300 GHz
Gamma di frequenza
VLE relativo agli effetti sanitari correlati alla densità di potenza
6 GHz ≤ f ≤ 300 GHz
50 Wm–2
Nota A3-1:
la densità di potenza è mediata su una superficie esposta di 20 cm2. Le massime densità di potenza nello spazio, mediate su una superficie di 1 cm2, non devono superare di 20 volte il valore di 50 Wm–2. Le densità di potenza da frequenze comprese tra 6 e 10 GHz devono essere mediate su un periodo di sei minuti. Oltre 10 GHz la densità di potenza è mediata su un periodo di 68/f1,05 minuti (dove f è la frequenza in GHz) per compensare la graduale diminuzione della profondità di penetrazione con l’aumento della frequenza.
B. LIVELLI DI AZIONE (LA)
Per indicare i livelli di azione (LA) si utilizzano le grandezze fisiche e i valori seguenti, il cui valore quantitativo è stabilito in modo da garantire, tramite una valutazione semplificata, la conformità ai pertinenti VLE, o in corrispondenza dei quali devono essere adottate le pertinenti misure di protezione o di prevenzione di cui all’articolo 5:
—
LA(E) per intensità di campo elettrico (E) di campi elettrici che variano nel tempo, come indicato nella tabella B1,
—
LA(B) per induzione magnetica (B) di campi magnetici che variano nel tempo come indicato nella tabella B1,
—
LA(S) per densità di potenza delle onde elettromagnetiche come indicato nella tabella B1,
—
LA(IC) per la corrente di contatto, come indicato nella tabella B2,
—
LA(IL) per la corrente attraverso gli arti, come indicato nella tabella B2.
I LA corrispondono ai valori del campo calcolati o misurati sul posto di lavoro in assenza del lavoratore, intesi come valore massimo nello spazio occupato dal corpo o di parti specifiche di questo.
Livelli di azione (LA) per esposizione a campi elettrici e magnetici
LA(E) e LA(B) derivano dai valori SAR o dai VLE di densità di potenza (tabelle A1 e A3) basati sulle soglie relative agli effetti termici interni causati dall’esposizione a campi elettrici e magnetici (esterni).
Tabella B1
LA per esposizione a campi elettrici e magnetici compresi tra 100 kHz e 300 GHz
Gamma di frequenza
Intensità di campo elettrico LA(E) [Vm–1] (RMS)
Induzione magnetica LA (B) [μT] (RMS)
Densità di potenza LA(S) [Wm–2]
100 kHz ≤ f < 1 MHz
6,1 × 102
2,0 × 106/f
—
1 ≤ f < 10 MHz
6,1 × 108/f
2,0 × 106/f
—
10 ≤ f < 400 MHz
61
0,2
—
400 MHz ≤ f < 2 GHz
3 × 10–3 f½
1,0 × 10–5 f½
—
2 ≤ f < 6 GHz
1,4 × 102
4,5 × 10–1
—
6 ≤ f≤ 300 GHz
1,4 × 102
4,5 × 10–1
50
Nota B1-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota B1-2:
[LA(E)]2 e [LA(B)]2 devono essere mediati su un periodo di sei minuti. Per gli impulsi RF la densità di potenza di picco, mediata sulla durata dell’impulso, non supera di 1 000 volte il valore rispettivo di LA(S). Per campi multifrequenza l’analisi è basata sulla sommazione, come indicato nella guida pratica di cui all’articolo 14.
Nota B1-3:
LA(E) e LA(B) rappresentano i valori massimi calcolati o misurati nello spazio occupato dal corpo del lavoratore. Ciò comporta una valutazione dell’esposizione prudente e una conformità automatica ai VLE in tutte le condizioni di esposizione non uniformi. Al fine di semplificare la valutazione della conformità ai VLE, effettuata ai sensi dell’articolo 4, in specifiche condizioni non uniformi, nella guida pratica di cui all’articolo 14 saranno stabiliti criteri relativi alla media spaziale dei campi misurati, sulla base di una dosimetria consolidata. Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, la conformità ai VLE è determinata caso per caso mediante dosimetria.
Nota B1-4:
la densità di potenza è mediata su una superficie esposta di 20 cm2. Le massime densità di potenza nello spazio, mediate su una superficie di 1 cm2, non devono superare di 20 volte il valore di 50 Wm–2. Le densità di potenza da frequenze comprese tra 6 e 10 GHz devono essere mediate su un periodo di sei minuti. Oltre 10 GHz la densità di potenza è mediata su un periodo di 68/f1,05 minuti (dove f è la frequenza in GHz) per compensare la graduale diminuzione della profondità di penetrazione, con l’aumento della frequenza.
Tabella B2
LA per le correnti di contatto stazionarie e le correnti indotte attraverso gli arti
Gamma di frequenza
Corrente di contatto stazionaria LA(IC) [mA] (RMS)
Corrente indotta attraverso qualsiasi arto LA(IL) [mA] (RMS)
100 kHz ≤ f < 10 MHz
40
—
10 MHz ≤ f ≤ 110 MHz
40
100
Nota B2-1:
[AL(IL)]2 deve essere mediata su un periodo di sei minuti.
ALLEGATO IV
Tavola di concordanza
Direttiva 2004/40/CE
La presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafi 2 e 3
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 5,
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 6,
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera a)
—
Articolo 2, lettera b)
—
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, lettere d), e) e f)
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 1
—
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 3, paragrafi 2 e 3
—
Articolo 3, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafi 2 e 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 5, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera a)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera e)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto i)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto ii)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto iii)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto iv)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera e)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera f)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera f)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera g)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera h)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera i)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera g)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera j)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera h)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera k)
—
Articolo 4, paragrafo 6
Articolo 4, paragrafo 6
Articolo 4, paragrafo 7
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da a) a c)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da a) a c)
—
Articolo 5, paragrafo 2, lettera d)
—
Articolo 5, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da d) a g)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da f) a i)
—
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 5
—
Articolo 5, paragrafo 6
—
Articolo 5, paragrafo 7
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafo 8
—
Articolo 5, paragrafo 9
Articolo 5, paragrafo 5
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6, parte introduttiva
Articolo 6, parte introduttiva
Articolo 6, lettera a)
Articolo 6, lettera a)
Articolo 6, lettera b)
Articolo 6, lettera b)
—
Articolo 6, lettera c)
Articolo 6, lettera c)
Articolo 6, lettera d)
Articolo 6, lettera d)
Articolo 6, lettera e)
—
Articolo 6, lettera f)
Articolo 6, lettera e)
Articolo 6, lettera g)
Articolo 6, lettera f)
Articolo 6, lettera h)
—
Articolo 6, lettera i)
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 2
—
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 9
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 10, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 11, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 10, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 11, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 11
—
—
Articolo 12
—
Articolo 13
—
Articolo 14
—
Articolo 15
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 16, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 16, paragrafo 2
—
Articolo 17
Articolo 14
Articolo 18
Articolo 15
Articolo 19
Allegato
Allegato I; allegato II e allegato III
—
Allegato IV
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2013/35/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 giugno 2013
sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 153, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
a norma del trattato, il Parlamento europeo e il Consiglio possono adottare, mediante direttive, disposizioni minime per promuovere miglioramenti, in particolare, dell’ambiente di lavoro, al fine di garantire un più elevato livello di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. È necessario che tali direttive evitino di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.
(2)
L’articolo 31, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce che ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose.
(3)
A seguito dell’entrata in vigore della direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle disposizioni minime di salute e di sicurezza relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (3), i soggetti interessati, in particolare quelli del settore medico, hanno manifestato serie preoccupazioni sul potenziale impatto dell’attuazione di tale direttiva sull’utilizzazione di procedure mediche basate sulla diagnostica per immagini. Sono state inoltre espresse preoccupazioni in merito all’impatto della direttiva su talune attività industriali.
(4)
La Commissione ha esaminato attentamente gli argomenti dei soggetti interessati e, dopo alcune consultazioni, ha deciso di riconsiderare in modo approfondito alcune disposizioni della direttiva 2004/40/CE, sulla base di nuove informazioni scientifiche fornite da esperti di fama internazionale.
(5)
La direttiva 2004/40/CE è stata modificata dalla direttiva 2008/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), con l’effetto di posporre di quattro anni i termini per il recepimento della direttiva 2004/40/CE, e successivamente dalla direttiva 2012/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), con l’effetto di posporre tali termini per il recepimento al 31 ottobre 2013. Ciò è avvenuto al fine di consentire alla Commissione di presentare una nuova proposta e ai co-legislatori di adottare una nuova direttiva basata su dati più recenti e precisi.
(6)
La direttiva 2004/40/CE dovrebbe essere abrogata e dovrebbero essere adottate misure più adeguate e proporzionate per la protezione dei lavoratori dai rischi collegati ai campi elettromagnetici. Tale direttiva non affrontava il problema degli effetti a lungo termine, compresi i possibili effetti cancerogeni dell’esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici che variano nel tempo, per i quali non si dispone attualmente di prove scientifiche concludenti in grado di stabilire una relazione causale. La presente direttiva mira a trattare tutti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti provocati dai campi elettromagnetici, non solo al fine di assicurare la salute e la sicurezza di ciascun lavoratore considerato individualmente, ma anche a creare per tutti i lavoratori nell’Unione una piattaforma minima di protezione, evitando nel contempo possibili distorsioni della concorrenza.
(7)
La presente direttiva non affronta le ipotesi di effetti a lungo termine derivanti dall’esposizione a campi elettromagnetici, dal momento che non si dispone attualmente di prove scientifiche accertate dell’esistenza di una relazione causale. È tuttavia opportuno che, qualora tali prove scientifiche accertate emergano, la Commissione valuti gli strumenti più adeguati per affrontare tali effetti e, per mezzo della sua relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva, riferisca in merito al Parlamento europeo e al Consiglio. Nel fare ciò, la Commissione dovrebbe tener conto, in aggiunta al contributo appropriato ricevuto dagli Stati membri, dei più recenti studi disponibili e delle nuove conoscenze scientifiche derivanti dai dati in tale ambito.
(8)
Dovrebbero essere stabilite prescrizioni minime, lasciando quindi agli Stati membri la facoltà di mantenere o di adottare disposizioni più favorevoli in materia di protezione dei lavoratori, in particolare fissando valori inferiori per i livelli di azione (LA) o i valori limite di esposizione (VLE) per i campi elettromagnetici. L’attuazione della presente direttiva non dovrebbe tuttavia giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente in ciascuno Stato membro.
(9)
È opportuno che un sistema di protezione contro i campi elettromagnetici si limiti a definire, senza entrare troppo nel dettaglio, gli obiettivi da raggiungere, i principi da rispettare e i valori fondamentali da utilizzare onde permettere agli Stati membri di applicare le prescrizioni minime in modo equivalente.
(10)
Al fine di proteggere i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici è necessario effettuare un’efficace ed efficiente valutazione dei rischi. Tale obbligo dovrebbe tuttavia essere proporzionale alla situazione esistente sul luogo di lavoro. È quindi opportuno definire un sistema di protezione in grado di raggruppare rischi diversi in un modo semplice, che contempli una graduazione, così da risultare facilmente comprensibile. Di conseguenza, il riferimento a un certo numero di indicatori e di situazioni standard, da fornire tramite orientamenti pratici, può utilmente aiutare i datori di lavoro a rispettare i propri obblighi.
(11)
Gli effetti indesiderati sul corpo umano dipendono dalla frequenza del campo elettromagnetico o della radiazione cui esso è esposto. È quindi opportuno che i sistemi di limitazione dell’esposizione dipendano da modelli di frequenza e di esposizione, per proteggere adeguatamente i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici.
(12)
La riduzione dell’esposizione ai campi elettromagnetici può essere realizzata in maniera più efficace attraverso l’applicazione di misure preventive fin dalla progettazione delle postazioni di lavoro, nonché dando la priorità al momento della scelta delle attrezzature, dei procedimenti e dei metodi di lavoro, alla riduzione dei rischi alla fonte. Disposizioni relative alle attrezzature e ai metodi di lavoro contribuiscono quindi alla protezione dei lavoratori che ne fanno uso. È tuttavia necessario evitare la duplicazione delle valutazioni, nel caso in cui le attrezzature di lavoro rispettino i requisiti del pertinente diritto dell’Unione sui prodotti, che stabilisce livelli più rigorosi di sicurezza rispetto a quelli previsti dalla presente direttiva. Ciò consente in molti casi una semplificazione delle valutazioni.
(13)
È opportuno che i datori di lavoro si adeguino ai progressi tecnici e alle conoscenze scientifiche per quanto riguarda i rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici, in vista del miglioramento della sicurezza e della protezione della salute dei lavoratori.
(14)
Poiché la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6), quest’ultima si applica al settore dell’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici fatte salve disposizioni più rigorose e/o specifiche contenute nella presente direttiva.
(15)
Le grandezze fisiche, i VLE e i LA di cui alla presente direttiva sono basati sulle raccomandazioni della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) e dovrebbero essere considerati in conformità dei concetti sviluppati dall’ICNIRP, salvo che la presente direttiva non disponga diversamente.
(16)
Al fine di assicurare che la presente direttiva resti aggiornata, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea per apportare modifiche puramente tecniche agli allegati della presente direttiva che riflettano l’adozione di regolamenti e direttive nel settore dell’armonizzazione tecnica e della standardizzazione e del progresso tecnico, delle modifiche delle più pertinenti norme o specifiche e delle nuove scoperte scientifiche concernenti i rischi derivanti dai campi elettromagnetici, e inoltre adeguare i LA. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell’elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(17)
Qualora divenisse necessario apportare modifiche di natura puramente tecnica agli allegati, la Commissione dovrebbe operare in stretta collaborazione con il Comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro istituito dalla decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 (7).
(18)
In casi eccezionali, qualora lo richiedano imperativi motivi d’urgenza, come possibili rischi imminenti per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti dalla loro esposizione ai campi elettromagnetici, dovrebbe essere data la possibilità di ricorrere alla procedura d’urgenza per gli atti delegati adottati dalla Commissione.
(19)
Conformemente alla dichiarazione politica congiunta degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi del 28 settembre 2011 (8), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi debitamente motivati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.
(20)
Un sistema comprendente VLE e LA, ove applicabile, dovrebbe essere considerato come uno strumento volto a facilitare il raggiungimento di un alto livello di protezione contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici. Tuttavia, un siffatto sistema può entrare in conflitto con specifiche condizioni in talune attività, quali l’uso della tecnica della risonanza magnetica nel settore medico. È pertanto necessario tenere conto di tali condizioni particolari.
(21)
Tenuto conto delle specificità delle forze armate e per consentirne un funzionamento e un’interoperabilità effettivi, anche in esercitazioni militari internazionali congiunte, è opportuno che gli Stati membri siano in grado di attuare sistemi di protezione equivalenti o più specifici, ad esempio norme concordate a livello internazionale, come gli standard NATO, purché si evitino effetti nocivi per la salute e rischi per la sicurezza.
(22)
È opportuno che i datori di lavoro siano tenuti ad assicurare che i rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro siano eliminati o ridotti al minimo. È tuttavia possibile che, in casi specifici e in circostanze debitamente giustificate, i VLE stabiliti nella presente direttiva siano superati solo in via temporanea. In tal caso i datori di lavoro dovrebbero prendere le misure necessarie per ripristinare quanto prima il rispetto dei VLE.
(23)
Un sistema in grado di garantire un elevato livello di protezione dagli effetti nocivi per la salute e dai rischi per la sicurezza che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici dovrebbe tenere debito conto degli specifici gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari ed evitare i problemi d’interferenza ovvero effetti sul funzionamento di dispositivi medici quali protesi metalliche, stimolatori cardiaci e defibrillatori, impianti cocleari e di altro tipo o dispositivi medici portati sul corpo. I problemi di interferenza, in particolare per quanto riguarda gli stimolatori cardiaci, possono verificarsi a livelli inferiori rispetto ai LA e dovrebbero pertanto essere oggetto di adeguate precauzioni e misure protettive,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva, che è la ventesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall’esposizione ai campi elettromagnetici durante il lavoro.
2. L’ambito di applicazione della presente direttiva include tutti gli effetti biofisici diretti e gli effetti indiretti noti, provocati dai campi elettromagnetici.
3. I valori limite di esposizione (VLE) stabiliti nella presente direttiva riguardano soltanto le relazioni scientificamente accertate tra effetti biofisici diretti a breve termine ed esposizione ai campi elettromagnetici.
4. L’ambito di applicazione della presente direttiva non include le ipotesi di effetti a lungo termine.
La Commissione tiene sotto osservazione i più recenti sviluppi scientifici. Qualora emergano dati scientifici accertati in merito agli effetti a lungo termine ipotizzati, la Commissione valuta un’adeguata risposta politica, compresa, se del caso, la presentazione di una proposta legislativa che riguardi tali effetti. Mediante la relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva di cui all’articolo 15, la Commissione tiene informati il Parlamento europeo e il Consiglio in materia.
5. La presente direttiva non riguarda i rischi derivanti dal contatto con conduttori sotto tensione.
6. Fatte salve le disposizioni più rigorose o più specifiche contenute nella presente direttiva, la direttiva 89/391/CEE continua ad applicarsi integralmente all’intero settore di cui al paragrafo 1.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva s’intende per:
a)
«campi elettromagnetici», campi elettrici statici, campi magnetici statici e campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo con frequenze sino a 300 GHz;
b)
«effetti biofisici diretti», effetti provocati direttamente nel corpo umano dalla presenza di un campo elettromagnetico, tra cui:
i)
effetti termici, quali il riscaldamento dei tessuti attraverso l’assorbimento di energia dai campi elettromagnetici nel tessuto;
ii)
effetti non termici, quali la stimolazione di muscoli, nervi od organi sensoriali. Questi effetti possono essere dannosi per la salute mentale e fisica dei lavoratori esposti. Inoltre la stimolazione degli organi sensoriali può comportare sintomi temporanei quali vertigini o fosfeni che possono generare disturbi temporanei o influenzare le capacità cognitive o altre funzioni cerebrali o muscolari e che pertanto possono influire negativamente sulla capacità di un lavoratore di lavorare in modo sicuro (rischi per la sicurezza); nonché
iii)
correnti attraverso gli arti;
c)
«effetti indiretti», effetti provocati dalla presenza di un oggetto in un campo elettromagnetico che possono divenire la causa di un rischio per la sicurezza o la salute, quali:
i)
interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri impianti o dispositivi medici portati sul corpo);
ii)
rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi magnetici statici;
iii)
innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
iv)
incendi ed esplosioni dovuti all’accensione di materiali infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o scariche elettriche; nonché
v)
correnti di contatto;
d)
«valori limite di esposizione (VLE)», valori stabiliti sulla base di considerazioni biofisiche e biologiche, in particolare gli effetti diretti acuti e a breve termine scientificamente accertati, ossia gli effetti termici e l’elettrostimolazione dei tessuti;
e)
«VLE relativi agli effetti sanitari», VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a effetti nocivi per la salute, quali il riscaldamento termico o la stimolazione del tessuto nervoso o muscolare;
f)
«VLE relativi agli effetti sensoriali», VLE al di sopra dei quali i lavoratori potrebbero essere soggetti a disturbi temporanei delle percezioni sensoriali e a modifiche minori delle funzioni cerebrali;
g)
«livelli di azione (LA)», livelli operativi stabiliti per semplificare il processo di dimostrazione della conformità ai pertinenti VLE o, eventualmente, per prendere le opportune misure di protezione o prevenzione specificate nella presente direttiva.
Nell’allegato II si usa la seguente terminologia in materia di livelli di azione:
i)
per i campi elettrici, per «LA inferiori» e «LA superiori» s’intendono i livelli connessi a misure specifiche di protezione o prevenzione stabilite nella presente direttiva, nonché
ii)
per i campi magnetici, per «LA inferiori» s’intendono i livelli connessi ai VLE relativi agli effetti sensoriali e per «LA superiori» i livelli connessi ai VLE relativi agli effetti sanitari.
Articolo 3
Valori limite di esposizione e livelli di azione
1. Le grandezze fisiche concernenti l’esposizione ai campi elettromagnetici sono indicate nell’allegato I. I VLE relativi agli effetti sanitari, i VLE relativi agli effetti sensoriali e i LA sono riportati negli allegati II e III.
2. Gli Stati membri dispongono che il datore di lavoro assicuri che l’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici sia limitata ai VLE relativi agli effetti sanitari e ai VLE relativi agli effetti sensoriali di cui all’allegato II, per gli effetti non termici, e di cui all’allegato III, per gli effetti termici. Il rispetto dei VLE relativi agli effetti sanitari e dei VLE relativi agli effetti sensoriali deve essere dimostrato ricorrendo alle pertinenti procedure di valutazione dell’esposizione di cui all’articolo 4. Qualora l’esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici superi il VLE, il datore di lavoro adotta misure immediate in conformità dell’articolo 5, paragrafo 8.
3. Ai fini della presente direttiva, ove sia dimostrato che i pertinenti LA di cui agli allegati II e III non sono superati, si considera che il datore di lavoro rispetta i VLE relativi agli effetti sanitari e i VLE relativi agli effetti sensoriali. Qualora l’esposizione superi i LA, il datore di lavoro adotta misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 2, a meno che la valutazione effettuata in conformità dell’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3, dimostri che non sono superati i pertinenti VLE e che possono essere esclusi rischi per la sicurezza.
In deroga al primo comma, l’esposizione può superare:
a)
i LA inferiori per i campi elettrici (allegato II, tabella B1), ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché non siano superati i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A3), oppure
i)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tabella A2);
ii)
siano evitate eccessive scariche di scintille e correnti di contatto (allegato II, tabella B3) attraverso le misure specifiche di protezione di cui all’articolo 5, paragrafo 6, nonché
iii)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f);
b)
i LA inferiori per i campi magnetici (allegato II, tabella B2), ove giustificato dalla prassi o dal processo, compreso nella testa e nel tronco, durante il turno di lavoro, purché non siano superati i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A3), oppure
i)
il superamento dei VLE relativi agli effetti sensoriali sia solamente temporaneo;
ii)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tabella A2);
iii)
siano adottate misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 9, in caso di sintomi temporanei, ai sensi della lettera a) di tale paragrafo, nonché
iv)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f).
4. In deroga ai paragrafi 2 e 3, l’esposizione può superare:
a)
i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A1) durante il turno di lavoro, ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché:
i)
il loro superamento sia solamente temporaneo;
ii)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tavola A1);
iii)
siano state prese misure specifiche di protezione in conformità dell’articolo 5, paragrafo 7;
iv)
siano adottate misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 9, in caso di sintomi temporanei, ai sensi della lettera b) di tale paragrafo, nonché
v)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f);
b)
i VLE relativi agli effetti sensoriali (allegato II, tabella A3 e allegato III, tabella A2) durante il turno di lavoro, ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché:
i)
il loro superamento sia solamente temporaneo;
ii)
non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari (allegato II, tabella A2 e allegato III, tabelle A1 e A3);
iii)
siano adottate misure in conformità dell’articolo 5, paragrafo 9, in caso di sintomi temporanei ai sensi della lettera a) di tale paragrafo, nonché
iv)
siano state fornite ai lavoratori informazioni sulle situazioni di cui all’articolo 6, lettera f).
CAPO II
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
Articolo 4
Valutazione dei rischi e identificazione dell’esposizione
1. Nell’assolvere gli obblighi di cui all’articolo 6, paragrafo 3, e all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro valuta tutti i rischi per i lavoratori derivanti da campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e, se del caso, misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori.
Fatti salvi l’articolo 10 della direttiva 89/391/CEE e l’articolo 6 della presente direttiva, tale valutazione può essere resa pubblica su richiesta, in conformità della pertinente legislazione dell’Unione o nazionale. In particolare, qualora nel corso di tale valutazione siano trattati i dati personali dei lavoratori, la pubblicazione rispetta la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (9) e le leggi nazionali degli Stati membri che recepiscono tale direttiva. A meno che non sussista un interesse pubblico prevalente alla divulgazione, le autorità pubbliche in possesso di una copia della valutazione possono respingere una richiesta di accesso alla valutazione o di pubblicazione della stessa, qualora tale divulgazione pregiudichi la tutela degli interessi commerciali del datore di lavoro, compresi quelli relativi alla proprietà intellettuale. I datori di lavoro possono rifiutare di divulgare o pubblicare la valutazione alle medesime condizioni, in conformità della pertinente legislazione dell’Unione o nazionale.
2. Ai fini della valutazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo, il datore di lavoro individua e valuta i campi elettromagnetici sul luogo di lavoro, tenendo conto delle pertinenti guide pratiche di cui all’articolo 14 e di altre norme od orientamenti pertinenti stabiliti dallo Stato membro interessato, incluse banche dati sull’esposizione. In deroga agli obblighi incombenti sul datore di lavoro a norma del presente articolo, il datore di lavoro ha inoltre diritto di tener conto, se del caso, dei livelli di emissione e di altri dati appropriati relativi alla sicurezza forniti per le attrezzature dal fabbricante o dal distributore, in conformità del pertinente diritto dell’Unione, inclusa la valutazione dei rischi, ove applicabile alle condizioni di esposizione sul luogo di lavoro o sul luogo di installazione.
3. Se non è possibile stabilire con certezza il rispetto dei VLE sulla base di informazioni facilmente accessibili, la valutazione dell’esposizione è effettuata sulla base di misurazioni o calcoli. In tal caso la valutazione tiene conto delle incertezze riguardanti la misurazione o il calcolo, quali errori numerici, modellizzazione delle sorgenti, geometria del modello anatomico e proprietà elettriche dei tessuti e dei materiali, determinate secondo le buone prassi pertinenti.
4. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo sono programmati ed effettuati da servizi o persone competenti a intervalli idonei, tenendo conto degli orientamenti forniti a norma della presente direttiva e alla luce in particolare delle disposizioni relative alle competenze richieste (persone o servizi) e alla consultazione e alla partecipazione dei lavoratori di cui agli articoli 7 e 11 della direttiva 89/391/CEE. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione o calcolo dei livelli di esposizione sono conservati in una forma rintracciabile idonea a consentirne la successiva consultazione, secondo la legislazione e la prassi nazionali.
5. In occasione della valutazione dei rischi a norma dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a)
i VLE relativi agli effetti sanitari, i VLE relativi agli effetti sensoriali e i LA di cui all’articolo 3 e agli allegati II e III della presente direttiva;
b)
la frequenza, il livello, la durata e il tipo di esposizione, inclusa la distribuzione nel corpo del lavoratore e nello spazio del luogo di lavoro;
c)
eventuali effetti biofisici diretti;
d)
eventuali effetti sulla salute e la sicurezza dei lavoratori esposti a rischi particolari, segnatamente coloro che recano dispositivi medici impiantati attivi o passivi (quali stimolatori cardiaci) o dispositivi medici portati sul corpo (quali le pompe insuliniche) e le lavoratrici incinte;
e)
eventuali effetti indiretti;
f)
l’esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g)
informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 8;
h)
informazioni fornite dal fabbricante delle attrezzature;
i)
altre informazioni disponibili pertinenti relative a salute e sicurezza;
j)
sorgenti multiple di esposizione;
k)
esposizione simultanea a campi di frequenza diversa.
6. Non è necessario che la valutazione dell’esposizione sia effettuata nei luoghi di lavoro aperti al pubblico se è già stata effettuata una valutazione in conformità delle disposizioni relative alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, se sono rispettate le restrizioni ivi specificate per i lavoratori e se sono esclusi i rischi per la salute e la sicurezza. Si ritiene che tali condizioni siano soddisfatte solo qualora le attrezzature destinate al pubblico siano utilizzate conformemente alla loro destinazione e alla normativa dell’Unione sui prodotti, che stabilisce livelli di sicurezza più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla presente direttiva, e non sia utilizzata nessun’altra attrezzatura.
7. Il datore di lavoro deve essere in possesso di una valutazione dei rischi a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/391/CEE e precisare quali misure devono essere adottate a norma dell’articolo 5 della presente direttiva. La valutazione dei rischi può includere i motivi per cui il datore di lavoro ritiene che la natura e l’entità dei rischi connessi con i campi elettromagnetici non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata. La valutazione dei rischi è regolarmente aggiornata, in particolare se vi sono stati notevoli mutamenti che potrebbero averla resa obsoleta, oppure se i risultati della sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 8 mostrano che essa è necessaria.
Articolo 5
Disposizioni miranti a eliminare o a ridurre i rischi
1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare la produzione di campi elettromagnetici alla fonte, il datore di lavoro adotta le misure necessarie per garantire che i rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro siano eliminati o ridotti al minimo.
La riduzione dei rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici si basa sui principi generali di prevenzione di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 89/391/CEE.
2. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4, qualora i pertinenti LA di cui all’articolo 3 e agli allegati II e III siano superati, a meno che la valutazione effettuata a norma dell’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 3 dimostri che i pertinenti VLE non sono superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, il datore di lavoro definisce e attua un programma d’azione che deve includere misure tecniche e/o organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai VLE relativi agli effetti sanitari e ai VLE relativi agli effetti sensoriali, che tenga conto in particolare:
a)
di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai campi elettromagnetici;
b)
della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici meno intensi, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c)
delle misure tecniche per ridurre l’emissione dei campi elettromagnetici, incluso se necessario l’uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
d)
di misure appropriate di delimitazione e di accesso, quali segnali, etichette, segnaletica al suolo, barriere, al fine di limitare o controllare l’accesso;
e)
in caso di esposizione a campi elettrici, delle misure e procedure volte a gestire le scariche di scintille e le correnti di contatto mediante strumenti tecnici e mediante la formazione dei lavoratori;
f)
degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei sistemi, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
g)
della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
h)
della limitazione della durata e dell’intensità dell’esposizione; nonché
i)
della disponibilità di adeguati dispositivi di protezione individuale.
3. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4, il datore di lavoro definisce e attua un programma d’azione che comprenda misure tecniche e/o organizzative intese a prevenire qualsiasi rischio per i lavoratori esposti a rischi particolari e qualsiasi rischio dovuto a effetti indiretti di cui all’articolo 4.
4. Oltre a fornire le informazioni di cui all’articolo 6 della presente direttiva, il datore di lavoro, a norma dell’articolo 15 della direttiva 89/391/CEE, adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei lavoratori esposti a rischi particolari e, se del caso, alle valutazioni dei rischi individuali, in particolare per quanto riguarda i lavoratori che hanno dichiarato di essere muniti di dispositivi medici impiantati attivi o passivi, quali gli stimolatori cardiaci, o dispositivi medici portati sul corpo (quali le pompe insuliniche) o le lavoratrici incinte che hanno informato il datore di lavoro della loro condizione.
5. Sulla base della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4, i luoghi di lavoro in cui è probabile che i lavoratori siano esposti a campi elettromagnetici che superino i LA sono indicati con un’apposita segnaletica a norma degli allegati II e III e della direttiva 92/58/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, recante le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro (nona direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (10). Le aree in questione sono inoltre identificate e l’accesso alle stesse è limitato in maniera opportuna. Nel caso in cui l’accesso a tali aree sia adeguatamente ristretto per altri motivi e i lavoratori siano informati sui rischi derivanti dai campi elettromagnetici, non è necessario installare segnaletica e restrizioni di accesso specifici per i campi elettromagnetici.
6. Nel caso in cui trovi applicazione l’articolo 3, paragrafo 3, lettera a), sono adottate misure di protezione specifiche, quali la formazione dei lavoratori a norma dell’articolo 6 e l’uso di strumenti tecnici nonché la protezione individuale, per esempio la messa a terra degli oggetti di lavoro, il collegamento dei lavoratori con gli oggetti di lavoro (collegamento equipotenziale) nonché, se del caso e a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l’uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (11), l’impiego di scarpe isolanti, guanti e indumenti protettivi.
7. Nel caso in cui trovi applicazione l’articolo 3, paragrafo 3 bis, lettera a), sono adottate misure di protezione specifiche, quali il controllo dei movimenti.
8. I lavoratori non sono esposti a valori superiori ai VLE relativi agli effetti sanitari e ai VLE relativi agli effetti sensoriali a meno che non sussistano le condizioni di cui all’articolo 10, paragrafo 1, lettera a) o c) o all’articolo 3, paragrafi 3 e 4. Allorché, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione della presente direttiva, i VLE relativi agli effetti sanitari e i VLE relativi agli effetti sensoriali sono superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare l’esposizione al di sotto dei VLE. Il datore di lavoro individua e registra le cause del superamento dei VLE relativi agli effetti sanitari e dei VLE relativi agli effetti sensoriali e modifica di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento. Le misure di protezione e prevenzione modificate sono conservate in una forma rintracciabile idonea per consentirne la successiva consultazione, secondo la legislazione e la prassi nazionali.
9. Nel caso in cui trovi applicazione l’articolo 3, paragrafi 3 e 4, nel caso in cui sia segnalata dal lavoratore la comparsa di sintomi temporanei, il datore di lavoro aggiorna, se necessario, la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione. I sintomi temporanei possono comprendere:
a)
percezioni ed effetti sensoriali nel funzionamento del sistema nervoso centrale nella testa causati da campi magnetici che variano nel tempo; nonché
b)
effetti di campi magnetici statici, quali vertigini e nausea.
Articolo 6
Informazione e formazione dei lavoratori
Fatti salvi gli articoli 10 e 12 della direttiva 89/391/CEE, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori che potrebbero essere esposti ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro e/o i loro rappresentanti ricevano le informazioni e la formazione necessarie in relazione al risultato della valutazione dei rischi di cui all’articolo 4 della presente direttiva, con particolare riguardo:
a)
alle misure adottate in applicazione della presente direttiva;
b)
all’entità e al significato dei VLE e dei LA, nonché ai possibili rischi associati e alle misure preventive adottate;
c)
agli eventuali effetti indiretti dell’esposizione;
d)
ai risultati della valutazione, della misurazione o del calcolo dei livelli di esposizione ai campi elettromagnetici effettuati a norma dell’articolo 4 della presente direttiva;
e)
alle modalità per individuare e segnalare gli effetti negativi dell’esposizione per la salute;
f)
alla possibilità di sintomi e sensazioni temporanei dovuti a effetti nel sistema nervoso centrale o periferico;
g)
alle circostanze alle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria;
h)
alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti dall’esposizione;
i)
ai lavoratori esposti a rischi particolari di cui all’articolo 4, paragrafo 5, lettera d bis), e all’articolo 5, paragrafi 3 e 4, della presente direttiva.
Articolo 7
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti hanno luogo in conformità dell’articolo 11 della direttiva 89/391/CEE.
CAPO III
DISPOSIZIONI VARIE
Articolo 8
Sorveglianza sanitaria
1. Ai fini della prevenzione e della diagnosi precoce di qualunque effetto negativo per la salute imputabile all’esposizione a campi elettromagnetici, un’adeguata sorveglianza sanitaria è effettuata a norma dell’articolo 14 della direttiva 89/391/CEE. La documentazione medica e la relativa disponibilità sono garantite in conformità del diritto e/o delle prassi nazionali.
2. Conformemente alle legislazioni e prassi nazionali, i risultati della sorveglianza sanitaria sono conservati in forma idonea per consentirne la consultazione in un momento successivo nel rispetto delle prescrizioni in materia di riservatezza. I singoli lavoratori hanno, su richiesta, accesso ai loro dati medici personali.
Nel caso in cui un lavoratore segnali effetti indesiderati o inattesi sulla salute oppure in cui sia rilevata un’esposizione superiore ai VLE, il datore di lavoro garantisce che un controllo medico o una sorveglianza sanitaria individuale adeguati siano fornite al lavoratore o ai lavoratori interessati, conformemente alla legislazione e alla prassi nazionali.
La possibilità di sottoporsi a tale controllo o sorveglianza è messa a disposizione durante le ore scelte dal lavoratore e i relativi costi non sono a carico di quest’ultimo.
Articolo 9
Sanzioni
Gli Stati membri prevedono l’applicazione di sanzioni adeguate in caso di violazione della normativa nazionale adottata ai termini della presente direttiva. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
Articolo 10
Deroghe
1. In deroga all’articolo 3, ma fatto salvo l’articolo 5, paragrafo 1, si applicano le seguenti disposizioni:
a)
l’esposizione può superare i VLE se è connessa all’installazione, al controllo, all’uso, allo sviluppo, alla manutenzione degli apparecchi per la risonanza magnetica (RMI) per i pazienti nel settore sanitario o alla ricerca correlata, purché siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti:
i)
la valutazione del rischio effettuata conformemente all’articolo 4 ha dimostrato che i VLE sono superati;
ii)
tenuto conto dello stato dell’arte, sono state applicate tutte le misure tecniche e/o organizzative;
iii)
le circostanze giustificano debitamente il superamento del VLE;
iv)
si è tenuto conto delle caratteristiche del luogo di lavoro, delle attrezzature di lavoro o delle pratiche di lavoro, e
v)
il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti dagli effetti nocivi per la salute e dai rischi per la sicurezza, assicurando in particolare che siano seguite le istruzioni per l’uso in condizioni di sicurezza fornite dal fabbricante ai sensi della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (12);
b)
gli Stati membri possono autorizzare l’attuazione di un sistema di protezione equivalente o più specifico per il personale che lavora presso impianti militari operativi o che partecipa ad attività militari, ivi compreso a esercitazioni militari internazionali congiunte, purché si evitino gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza;
c)
gli Stati membri possono autorizzare, in circostanze debitamente giustificate e soltanto per il periodo in cui rimangano tali, il superamento temporaneo dei VLE in settori specifici o per attività specifiche che esulino dall’ambito di applicazione delle lettere a) e b). Ai fini della presente disposizione per «circostanze debitamente giustificate» si intendono circostanze che soddisfino le seguenti condizioni:
i)
la valutazione del rischio effettuata conformemente all’articolo 4 ha dimostrato che i VLE sono superati;
ii)
tenuto conto dello stato dell’arte, sono state applicate tutte le misure tecniche e/o organizzative;
iii)
si è tenuto conto delle caratteristiche del luogo di lavoro, delle attrezzature di lavoro o delle pratiche di lavoro, e
iv)
il datore di lavoro dimostra che i lavoratori sono sempre protetti contro gli effetti nocivi per la salute e i rischi per la sicurezza, avvalendosi in particolare di norme e orientamenti comparabili, più specifici e riconosciuti a livello internazionale.
2. Gli Stati membri informano la Commissione in merito a ogni deroga ai sensi del paragrafo 1, lettere b) e c), e indicano la relativa giustificazione nella relazione di cui all’articolo 15.
Articolo 11
Modifiche tecniche degli allegati
1. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12 riguardo alle modifiche degli allegati o quelle di natura puramente tecnica, al fine di:
a)
tener conto dell’adozione di regolamenti e direttive in materia di armonizzazione tecnica e standardizzazione riguardanti la progettazione, la costruzione, la fabbricazione o la realizzazione di attrezzature e/o luoghi di lavoro;
b)
tener conto del progresso tecnico, dell’evoluzione delle norme o specifiche più pertinenti e delle nuove conoscenze scientifiche relative ai campi elettromagnetici;
c)
adeguare i LA qualora esistano nuovi dati scientifici e purché i datori di lavoro continuino a essere vincolati dai VLE esistenti menzionati negli allegati II e III.
2. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all’articolo 12, al fine di inserire nell’allegato II gli orientamenti dell’ICNIRP per limitare l’esposizione ai campi elettrici indotti dal movimento del corpo umano in un campo magnetico statico e da campi magnetici che variano nel tempo al di sotto di 1 Hz, non appena essi siano disponibili.
3. Qualora, in caso di modifiche di cui ai paragrafi 1 e 2, imperativi motivi d’urgenza lo richiedano, la procedura di cui all’articolo 13 si applica agli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo.
Articolo 12
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 11 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 29 giugno 2013. La Commissione elabora una relazione sulla delega di poteri al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all’articolo 11 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L’atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 11 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato, o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 13
Procedura d’urgenza
1. Gli atti delegati adottati ai sensi del presente articolo entrano in vigore immediatamente e si applicano finché non siano sollevate obiezioni conformemente al paragrafo 2. La notifica dell’atto delegato al Parlamento europeo e al Consiglio illustra i motivi del ricorso alla procedura d’urgenza che devono riguardare la salute e la protezione dei lavoratori.
2. Il Parlamento europeo o il Consiglio possono sollevare obiezioni a un atto delegato secondo la procedura di cui all’articolo 12, paragrafo 5. In tal caso, la Commissione abroga l’atto immediatamente a seguito della notifica della decisione con la quale il Parlamento europeo o il Consiglio hanno sollevato obiezioni.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 14
Guida pratica
Al fine di agevolare l’attuazione della presente direttiva, la Commissione mette a disposizione guide pratiche non vincolanti almeno sei mesi prima del 1o luglio 2016. Tali guide devono riferirsi, in particolare, alle questioni seguenti:
a)
la determinazione dell’esposizione tenendo conto delle norme europee o internazionali appropriate, ivi compresi:
—
i metodi di calcolo per la valutazione dei VLE,
—
la media spaziale dei campi elettrici e magnetici esterni,
—
orientamenti per il trattamento delle incertezze di misurazione e di calcolo,
b)
orientamenti per la dimostrazione della conformità in relazione a tipi particolari di esposizione non uniforme in situazioni specifiche, sulla base di una dosimetria consolidata;
c)
la descrizione del «metodo del picco ponderato» per i campi di bassa frequenza e della sommatoria dei campi multi-frequenza per i campi di alta frequenza;
d)
l’effettuazione della valutazione del rischio e, per quanto possibile, la messa a disposizione di tecniche semplificate, tenendo conto in particolare delle esigenze delle PMI;
e)
le misure intese a evitare o ridurre i rischi, incluse misure specifiche di prevenzione, in funzione del livello di esposizione e delle caratteristiche del luogo di lavoro;
f)
la definizione di procedure di lavoro documentate nonché di misure specifiche di informazione e di formazione per i lavoratori esposti a campi elettromagnetici nel corso di attività correlate alla RMI e rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a);
g)
la valutazione delle esposizioni nella gamma di frequenza compresa tra 100 kHz e 10 MHz qualora si debba tenere conto degli effetti termici e non termici;
h)
orientamenti sui controlli medici e sulla sorveglianza sanitaria da fornire da parte del datore di lavoro in conformità dell’articolo 8, paragrafo 2.
La Commissione opera in stretta collaborazione con il Comitato consultivo per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Il Parlamento europeo è tenuto informato.
Articolo 15
Riesame e relazioni
Tenendo conto dell’articolo 1, paragrafo 4, la relazione sull’attuazione pratica della presente direttiva è redatta in conformità con l’articolo 17 bis della direttiva 89/391/CEE.
Articolo 16
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o luglio 2016.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di effettuazione di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 17
Abrogazione
1. La direttiva 2004/40/CE è abrogata a decorrere dal 29 giugno 2013.
2. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza che figura all’allegato IV.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 19
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, il 26 giugno 2013
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
A. SHATTER
(1) GU C 43 del 15.2.2012, pag. 47.
(2) Posizione del Parlamento europeo dell’11 giugno 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 giugno 2013.
(3) GU L 159 del 30.4.2004, pag. 1.
(4) GU L 114 del 26.4.2008, pag. 88.
(5) GU L 110 del 24.4.2012, pag. 1.
(6) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
(7) GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1.
(8) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
(9) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
(10) GU L 245 del 26.8.1992, pag. 23.
(11) GU L 393 del 30.12.1989, pag. 18.
(12) GU L 169 del 12.7.1993, pag. 1.
ALLEGATO I
GRANDEZZE FISICHE CONCERNENTI L’ESPOSIZIONE AI CAMPI ELETTROMAGNETICI
Le seguenti grandezze fisiche sono utilizzate per descrivere le esposizioni ai campi elettromagnetici:
L’intensità di campo elettrico (E) è una quantità vettoriale che corrisponde alla forza esercitata su una particella carica indipendentemente dal suo movimento nello spazio. È espressa in volt per metro (Vm–1). È necessario operare una distinzione fra il campo elettrico ambientale e il campo elettrico presente nel corpo (in situ) a seguito dell’esposizione al campo elettrico ambientale.
La corrente attraverso gli arti (IL) è la corrente che attraversa gli arti di una persona esposta a campi elettromagnetici nella gamma di frequenza compresa tra 10 MHz e 110 MHz a seguito del contatto con un oggetto in un campo elettromagnetico o del flusso di correnti capacitive indotte nel corpo esposto. È espressa in ampere (A).
La corrente di contatto (IC) è una corrente che compare quando una persona entra in contatto con un oggetto in un campo elettromagnetico. È espressa in ampere (A). Una corrente di contatto in stato stabile si produce quando una persona è in contatto continuo con un oggetto in un campo elettromagnetico. Nel momento in cui si stabilisce tale contatto, può verificarsi una scarica di scintille con correnti transitorie associate.
La carica elettrica (Q) è la grandezza impiegata per la scarica di scintille ed è espressa in coulomb (C).
L’intensità di campo magnetico (H) è una grandezza vettoriale che, insieme all’induzione magnetica, specifica un campo magnetico in qualunque punto dello spazio. È espressa in ampere per metro (Am–1).
L’induzione magnetica (B) è una grandezza vettoriale che determina una forza agente sulle cariche in movimento. È espressa in tesla (T). Nello spazio libero e nei materiali biologici l’induzione magnetica e l’intensità del campo magnetico sono intercambiabili in base alla seguente equivalenza: intensità di campo magnetico (H) pari a 1 Am–1 = induzione magnetica (B) pari a 4π 10–7 T (approssimativamente 1,25 microtesla).
Densità di potenza (S). Questa grandezza si impiega nel caso delle frequenze molto alte, per le quali la profondità di penetrazione nel corpo è modesta. Si tratta della potenza radiante incidente perpendicolarmente a una superficie, divisa per l’area della superficie in questione; è espressa in watt per metro quadrato (Wm–2).
Assorbimento specifico di energia (SA). Si definisce mediante l’energia assorbita per unità di massa di tessuto biologico e si esprime in joule per kilogrammo (Jkg–1). Nella presente direttiva, il termine si impiega per limitare gli effetti derivanti da esposizioni a microonde pulsate.
Tasso di assorbimento specifico di energia (SAR). Si tratta del valore mediato, su tutto il corpo o su alcune parti di esso, del tasso di assorbimento di energia per unità di massa del tessuto corporeo ed è espresso in watt per kilogrammo (Wkg–1). Il SAR riferito a tutto il corpo è una misura ampiamente accettata per porre in rapporto gli effetti termici nocivi all’esposizione alle radiofrequenze (RF). Oltre al valore del SAR mediato su tutto il corpo, sono necessari anche valori locali del SAR per valutare e limitare la deposizione eccessiva di energia in parti piccole del corpo conseguenti a particolari condizioni di esposizione, quali ad esempio il caso di un individuo esposto a RF dell’ordine di pochi MHz (ad esempio provenienti da riscaldatori dielettrici), e di individui esposti nel campo vicino di un’antenna.
Tra le grandezze sopra citate, possono essere misurate direttamente l’induzione magnetica (B), la corrente di contatto (IC), la corrente attraverso gli arti (IL), l’intensità di campo elettrico (E), l’intensità di campo magnetico (H) e la densità di potenza (S).
ALLEGATO II
EFFETTI NON TERMICI
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE E LIVELLI DI AZIONE NELLA GAMMA DI FREQUENZA COMPRESA TRA 0 Hz E 10 MHz
A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE (VLE)
I VLE inferiori a 1 Hz (Tabella A1) sono limiti per i campi magnetici statici su cui non incide il tessuto corporeo.
I VLE per le frequenze comprese tra 1 Hz e 10 MHz (tabella A2) sono limiti per i campi elettrici indotti nel corpo dall’esposizione a campi elettrici e magnetici che variano nel tempo.
VLE per un’induzione magnetica esterna da 0 a 1 Hz
Il VLE relativo agli effetti sensoriali è il VLE applicabile in condizioni di lavoro normali (tabella A1) ed è correlato alle vertigini e ad altri effetti fisiologici connessi a disturbi dell’organo dell’equilibrio umano e risultanti principalmente dal movimento in un campo magnetico statico.
Il VLE relativo agli effetti sanitari in condizioni di lavoro controllate (tabella A1) è applicabile su base temporanea durante il turno di lavoro, ove giustificato dalla prassi o dal processo, purché siano state adottate misure di prevenzione quali il controllo dei movimenti e l’informazione dei lavoratori.
Tabella A1
VLE per un’induzione magnetica esterna (B0) compresa tra 0 e 1 Hz
VLE relativi agli effetti sensoriali
Condizioni di lavoro normali
2 T
Esposizione localizzata degli arti
8 T
VLE relativi agli effetti sanitari
Condizioni di lavoro controllate
8 T
VLE relativi agli effetti sanitari per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 10 MHz
I VLE relativi agli effetti sanitari (tabella A2) sono correlati alla stimolazione elettrica di tutti i tessuti del sistema nervoso centrale e periferico all’interno del corpo, compresa la testa.
Tabella A2
VLE relativi agli effetti sanitari per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 10 MHz
Gamma di frequenza
VLE relativi agli effetti sanitari
1 Hz ≤ f < 3 kHz
1,1 Vm–1 (picco)
3 kHz ≤ f ≤ 10 MHz
3,8 ×10– 4 f Vm–1 (picco)
Nota A2-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota A2-2:
i VLE relativi agli effetti sanitari per il campo elettrico interno sono valori di picco spaziali per l’intero corpo del soggetto esposto.
Nota A2-3:
i VLE sono valori di picco in termini temporali che sono pari ai valori efficaci (RMS) moltiplicati per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso dei campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nella guida pratica di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate, purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
VLE relativi agli effetti sensoriali per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 400 Hz
I VLE relativi agli effetti sensoriali (tabella A3) sono correlati agli effetti del campo elettrico sul sistema nervoso centrale nella testa, cioè fosfeni retinici e modifiche minori e transitorie di talune funzioni cerebrali.
Tabella A3
VLE relativi agli effetti sensoriali per un’intensità di campo elettrico interno compresa tra 1 Hz e 400 Hz
Gamma di frequenza
VLE relativi agli effetti sensoriali
1 Hz ≤ f < 10 Hz
0,7/f Vm–1 (picco)
10 Hz ≤ f < 25 Hz
0,07/f Vm–1 (picco)
25 Hz ≤ f ≤ 400 Hz
0,0028 f Vm–1 (picco)
Nota A3-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota A3-2:
i VLE relativi agli effetti sensoriali per il campo elettrico interno sono valori di picco spaziali nella testa del soggetto esposto.
Nota A3-3:
i VLE sono valori di picco in termini temporali che sono pari ai valori efficaci (RMS) moltiplicati per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso dei campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nella guida pratica di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate, purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
B. LIVELLI DI AZIONE (LA)
Per indicare i livelli di azione (LA) si utilizzano le grandezze fisiche e i valori seguenti, il cui valore quantitativo è stabilito in modo da garantire, tramite una semplificazione della valutazione, il rispetto dei pertinenti VLE, o in corrispondenza dei quali devono essere adottate le pertinenti misure di protezione o di prevenzione di cui all’articolo 5:
—
LA (E) inferiori e LA (E) superiori per l’intensità di campo elettrico (E) di campi elettrici che variano nel tempo, come indicato nella tabella B1,
—
LA (B) inferiori e LA (B) superiori per l’induzione magnetica (B) di campi magnetici che variano nel tempo, come indicato nella tabella B2,
—
LA(IC) per la corrente di contatto, come indicato nella tabella B3,
—
LA(B0) per l’induzione magnetica di campi magnetici statici, come indicato nella tabella B4.
I LA corrispondono ai valori del campo elettrico e magnetico calcolati o misurati sul luogo di lavoro in assenza del lavoratore.
Livelli di azione (LA) per esposizione a campi elettrici
I LA inferiori (tabella B1) per un campo elettrico esterno si basano sulla limitazione del campo elettrico interno al di sotto dei VLE (tabelle A2 e A3) e sulla limitazione delle scariche di scintille nell’ambiente di lavoro.
Al di sotto dei LA superiori, il campo elettrico interno non supera i VLE (tabelle A2 e A3) e si evitano fastidiose scariche di scintille, purché siano prese le misure di protezione di cui all’articolo 5, paragrafo 6.
Tabella B1
LA per esposizione a campi elettrici compresi tra 1 Hz e 10 MHz
Gamma di frequenza
Intensità di campo elettrico LA(E) inferiori [Vm–1] (RMS)
Intensità di campo elettrico LA(E) superiori [Vm–1] (RMS)
1 ≤ f < 25 Hz
2,0 × 104
2,0 × 104
25 ≤ f < 50 Hz
5,0 × 105/f
2,0 × 104
50 Hz ≤ f < 1,64 kHz
5,0 × 105/f
1,0 × 106/f
1,64 ≤ f < 3 kHz
5,0 × 105/f
6,1 × 102
3 kHz ≤ f ≤ 10 MHz
1,7 × 102
6,1 × 102
Nota B1-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota B1-2:
i LA (E) inferiori e i LA (E) superiori sono i valori efficaci (RMS) dell’intensità di campo elettrico che sono uguali ai valori di picco divisi per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso di campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nella guida pratica di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
Nota B1-3:
i LA rappresentano i valori massimi calcolati o misurati nello spazio occupato dal corpo del lavoratore. Ciò comporta una valutazione dell’esposizione prudente e una conformità automatica ai VLE in tutte le condizioni di esposizione non uniformi. Al fine di semplificare la valutazione della conformità ai VLE, effettuata ai sensi dell’articolo 4, in specifiche condizioni non uniformi, nella guida pratica di cui all’articolo 14 saranno stabiliti criteri relativi alla media spaziale dei campi misurati, sulla base di una dosimetria consolidata. Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, il campo elettrico indotto è determinato caso per caso mediante dosimetria.
Livelli di azione (LA) per esposizione a campi magnetici
I LA inferiori (tabella B2) per le frequenze al di sotto di 400 Hz sono derivati dai VLE relativi agli effetti sensoriali (tabella A3) e per le frequenze al di sopra di 400 Hz sono derivati dai VLE relativi agli effetti sanitari per il campo elettrico interno (tabella A2).
I LA superiori (tabella B2) derivano dai VLE relativi agli effetti sanitari per un campo elettrico interno correlato alla stimolazione elettrica dei tessuti nervosi periferici e autonomi nella testa e nel tronco (tabella A2). L’osservanza dei LA superiori assicura che non siano superati i VLE relativi agli effetti sanitari ma, se l’esposizione della testa supera i LA inferiori per esposizioni fino a 400 Hz, sono possibili effetti correlati a fosfeni retinici e a modifiche minori e transitorie dell’attività cerebrale. In tal caso, si applica l’articolo 5, paragrafo 6.
I LA per l’esposizione degli arti derivano dai VLE sul campo elettrico interno per gli effetti sanitari relativi alla stimolazione elettrica dei tessuti negli arti, tenendo conto del fatto che il campo magnetico presenta un accoppiamento più debole negli arti che nel corpo intero.
Tabella B2
LA per esposizione a campi magnetici compresi tra 1 Hz e 10 MHz
Gamma di frequenza
Induzione magnetica LA (B) inferiori [μT] (RMS)
Induzione magnetica LA (B) superiori [μT] (RMS)
Induzione magnetica LA per esposizione arti a campo magnetico localizzato [μT] (RMS)
1 ≤ f < 8 Hz
2,0 × 105/f2
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
8 ≤ f < 25 Hz
2,5 × 104/f
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
25 ≤ f < 300 Hz
1,0 × 103
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
300 Hz ≤ f < 3 kHz
3,0 × 105/f
3,0 × 105/f
9,0 × 105/f
3 kHz ≤ f ≤ 10 MHz
1,0 × 102
1,0 × 102
3,0 × 102
Nota B2-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota B2-2:
i LA inferiori e superiori sono i valori efficaci (RMS) uguali ai valori di picco divisi per √ 2 per i campi sinusoidali. Nel caso di campi non sinusoidali, la valutazione dell’esposizione effettuata in conformità dell’articolo 4 si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo), spiegato nelle guide pratiche di cui all’articolo 14, ma possono essere applicate altre procedure di valutazione scientificamente provate e validate purché conducano a risultati approssimativamente equivalenti e comparabili.
Nota B2-3:
i LA per esposizione a campi magnetici rappresentano i valori massimi nello spazio occupato dal corpo del lavoratore. Ciò comporta una valutazione dell’esposizione prudente e una conformità automatica ai VLE in tutte le condizioni di esposizione non uniformi. Al fine di semplificare la valutazione della conformità ai VLE, effettuata ai sensi dell’articolo 4, in specifiche condizioni non uniformi, nella guida pratica di cui all’articolo 14 saranno stabiliti criteri relativi alla media spaziale dei campi misurati, sulla base di una dosimetria consolidata. Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, il campo elettrico indotto è determinato caso per caso mediante dosimetria.
Tabella B3
I LA per corrente di contatto IC
Frequenza
LA (IC) corrente di contatto stazionaria [mA] (RMS)
fino a 2,5 kHz
1,0
2,5 ≤ f < 100 kHz
0,4 f
100 kHz ≤ f ≤ 10 000 kHz
40
Nota B3-1:
f è la frequenza espressa in kilohertz (kHz).
Livelli di azione (LA) per induzione magnetica di campi magnetici statici
Tabella B4
LA per induzione magnetica di campi magnetici statici
Rischi
LA(B0)
Interferenza con dispositivi impiantati attivi, ad esempio stimolatori cardiaci
0,5 mT
Rischio di attrazione e propulsivo nel campo periferico di sorgenti ad alta intensità (> 100 mT)
3 mT
ALLEGATO III
EFFETTI TERMICI
VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE E LIVELLI DI AZIONE NELLA GAMMA DI FREQUENZA COMPRESA TRA 100 kHz e 300 GHz
A. VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE (VLE)
I VLE relativi agli effetti sanitari per le frequenze comprese tra 100 kHz e 6 GHz (tabella A1) sono limiti relativi a energia e potenza assorbite per unità di massa di tessuto corporeo derivanti da un’esposizione a campi elettrici e magnetici.
I VLE relativi agli effetti sensoriali per le frequenze comprese tra 0,3 e 6 GHz (tabella A2) sono limiti relativi all’energia assorbita in una piccola massa di tessuto all’interno della testa derivante da esposizione a campi elettromagnetici.
I VLE relativi agli effetti sulla salute per frequenze superiori a 6 GHz (tabella A3) sono limiti relativi alla densità di potenza di un’onda elettromagnetica incidente sulla superficie corporea.
Tabella A1
VLE relativi agli effetti sanitari per esposizione a campi elettromagnetici di frequenza compresa tra 100 kHz e 6 GHz
VLE relativi agli effetti sanitari
Valori SAR mediati ogni periodo di sei minuti
VLE relativo allo stress termico su tutto il corpo espresso come SAR mediato nel corpo
0,4 Wkg–1
VLE relativo allo stress termico localizzato nella testa e nel tronco espresso come SAR localizzato nel corpo
10 Wkg–1
VLE relativo allo stress termico localizzato negli arti espresso come SAR localizzato negli arti
20 Wkg–1
Nota A1-1:
la massa adottata per mediare il SAR localizzato è pari a 10 g di tessuto contiguo; il SAR massimo ottenuto in tal modo costituisce il valore impiegato per la stima dell’esposizione. Si intende che tali 10 g di tessuto rappresentino una massa di tessuto contiguo con proprietà elettriche approssimativamente omogenee. Nello specificare una massa contigua di tessuto, si riconosce che tale concetto può essere utilizzato nella dosimetria computazionale ma può presentare difficoltà per le misurazioni fisiche dirette. Può essere utilizzata una geometria semplice, quale una massa cubica o sferica di tessuto.
VLE relativi agli effetti sensoriali per frequenze comprese tra 0,3 GHz e 6 GHz
Questo VLE relativo agli effetti sensoriali (tabella A2) è connesso alla prevenzione degli effetti uditivi provocati da esposizioni della testa a microonde pulsate.
Tabella A2
VLE relativi agli effetti sensoriali per esposizione a campi elettromagnetici di frequenze comprese tra 0,3 e 6 GHz
Gamma di frequenza
Assorbimento specifico localizzato di energia (SA)
0,3 ≤ f ≤ 6 GHz
10 mJkg–1
Nota A2-1:
la massa adottata per mediare l’SA localizzato è pari a 10 g di tessuto.
Tabella A3
VLE relativi agli effetti sanitari per esposizione a campi elettromagnetici di frequenze comprese tra 6 GHz e 300 GHz
Gamma di frequenza
VLE relativo agli effetti sanitari correlati alla densità di potenza
6 GHz ≤ f ≤ 300 GHz
50 Wm–2
Nota A3-1:
la densità di potenza è mediata su una superficie esposta di 20 cm2. Le massime densità di potenza nello spazio, mediate su una superficie di 1 cm2, non devono superare di 20 volte il valore di 50 Wm–2. Le densità di potenza da frequenze comprese tra 6 e 10 GHz devono essere mediate su un periodo di sei minuti. Oltre 10 GHz la densità di potenza è mediata su un periodo di 68/f1,05 minuti (dove f è la frequenza in GHz) per compensare la graduale diminuzione della profondità di penetrazione con l’aumento della frequenza.
B. LIVELLI DI AZIONE (LA)
Per indicare i livelli di azione (LA) si utilizzano le grandezze fisiche e i valori seguenti, il cui valore quantitativo è stabilito in modo da garantire, tramite una valutazione semplificata, la conformità ai pertinenti VLE, o in corrispondenza dei quali devono essere adottate le pertinenti misure di protezione o di prevenzione di cui all’articolo 5:
—
LA(E) per intensità di campo elettrico (E) di campi elettrici che variano nel tempo, come indicato nella tabella B1,
—
LA(B) per induzione magnetica (B) di campi magnetici che variano nel tempo come indicato nella tabella B1,
—
LA(S) per densità di potenza delle onde elettromagnetiche come indicato nella tabella B1,
—
LA(IC) per la corrente di contatto, come indicato nella tabella B2,
—
LA(IL) per la corrente attraverso gli arti, come indicato nella tabella B2.
I LA corrispondono ai valori del campo calcolati o misurati sul posto di lavoro in assenza del lavoratore, intesi come valore massimo nello spazio occupato dal corpo o di parti specifiche di questo.
Livelli di azione (LA) per esposizione a campi elettrici e magnetici
LA(E) e LA(B) derivano dai valori SAR o dai VLE di densità di potenza (tabelle A1 e A3) basati sulle soglie relative agli effetti termici interni causati dall’esposizione a campi elettrici e magnetici (esterni).
Tabella B1
LA per esposizione a campi elettrici e magnetici compresi tra 100 kHz e 300 GHz
Gamma di frequenza
Intensità di campo elettrico LA(E) [Vm–1] (RMS)
Induzione magnetica LA (B) [μT] (RMS)
Densità di potenza LA(S) [Wm–2]
100 kHz ≤ f < 1 MHz
6,1 × 102
2,0 × 106/f
—
1 ≤ f < 10 MHz
6,1 × 108/f
2,0 × 106/f
—
10 ≤ f < 400 MHz
61
0,2
—
400 MHz ≤ f < 2 GHz
3 × 10–3 f½
1,0 × 10–5 f½
—
2 ≤ f < 6 GHz
1,4 × 102
4,5 × 10–1
—
6 ≤ f≤ 300 GHz
1,4 × 102
4,5 × 10–1
50
Nota B1-1:
f è la frequenza espressa in Hertz (Hz).
Nota B1-2:
[LA(E)]2 e [LA(B)]2 devono essere mediati su un periodo di sei minuti. Per gli impulsi RF la densità di potenza di picco, mediata sulla durata dell’impulso, non supera di 1 000 volte il valore rispettivo di LA(S). Per campi multifrequenza l’analisi è basata sulla sommazione, come indicato nella guida pratica di cui all’articolo 14.
Nota B1-3:
LA(E) e LA(B) rappresentano i valori massimi calcolati o misurati nello spazio occupato dal corpo del lavoratore. Ciò comporta una valutazione dell’esposizione prudente e una conformità automatica ai VLE in tutte le condizioni di esposizione non uniformi. Al fine di semplificare la valutazione della conformità ai VLE, effettuata ai sensi dell’articolo 4, in specifiche condizioni non uniformi, nella guida pratica di cui all’articolo 14 saranno stabiliti criteri relativi alla media spaziale dei campi misurati, sulla base di una dosimetria consolidata. Qualora si tratti di una sorgente molto localizzata, distante pochi centimetri dal corpo, la conformità ai VLE è determinata caso per caso mediante dosimetria.
Nota B1-4:
la densità di potenza è mediata su una superficie esposta di 20 cm2. Le massime densità di potenza nello spazio, mediate su una superficie di 1 cm2, non devono superare di 20 volte il valore di 50 Wm–2. Le densità di potenza da frequenze comprese tra 6 e 10 GHz devono essere mediate su un periodo di sei minuti. Oltre 10 GHz la densità di potenza è mediata su un periodo di 68/f1,05 minuti (dove f è la frequenza in GHz) per compensare la graduale diminuzione della profondità di penetrazione, con l’aumento della frequenza.
Tabella B2
LA per le correnti di contatto stazionarie e le correnti indotte attraverso gli arti
Gamma di frequenza
Corrente di contatto stazionaria LA(IC) [mA] (RMS)
Corrente indotta attraverso qualsiasi arto LA(IL) [mA] (RMS)
100 kHz ≤ f < 10 MHz
40
—
10 MHz ≤ f ≤ 110 MHz
40
100
Nota B2-1:
[AL(IL)]2 deve essere mediata su un periodo di sei minuti.
ALLEGATO IV
Tavola di concordanza
Direttiva 2004/40/CE
La presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafi 2 e 3
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 5,
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 6,
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera a)
—
Articolo 2, lettera b)
—
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, lettere d), e) e f)
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 1
—
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 3, paragrafi 2 e 3
—
Articolo 3, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafi 2 e 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 5, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera a)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera e)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto i)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto ii)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto iii)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera d), punto iv)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera e)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera f)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera f)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera g)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera h)
—
Articolo 4, paragrafo 5, lettera i)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera g)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera j)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera h)
Articolo 4, paragrafo 5, lettera k)
—
Articolo 4, paragrafo 6
Articolo 4, paragrafo 6
Articolo 4, paragrafo 7
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, parte introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da a) a c)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da a) a c)
—
Articolo 5, paragrafo 2, lettera d)
—
Articolo 5, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da d) a g)
Articolo 5, paragrafo 2, lettere da f) a i)
—
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 5
—
Articolo 5, paragrafo 6
—
Articolo 5, paragrafo 7
Articolo 5, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafo 8
—
Articolo 5, paragrafo 9
Articolo 5, paragrafo 5
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6, parte introduttiva
Articolo 6, parte introduttiva
Articolo 6, lettera a)
Articolo 6, lettera a)
Articolo 6, lettera b)
Articolo 6, lettera b)
—
Articolo 6, lettera c)
Articolo 6, lettera c)
Articolo 6, lettera d)
Articolo 6, lettera d)
Articolo 6, lettera e)
—
Articolo 6, lettera f)
Articolo 6, lettera e)
Articolo 6, lettera g)
Articolo 6, lettera f)
Articolo 6, lettera h)
—
Articolo 6, lettera i)
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 2
—
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 9
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 10, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 11, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 10, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 11, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 11
—
—
Articolo 12
—
Articolo 13
—
Articolo 14
—
Articolo 15
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 16, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 16, paragrafo 2
—
Articolo 17
Articolo 14
Articolo 18
Articolo 15
Articolo 19
Allegato
Allegato I; allegato II e allegato III
—
Allegato IV
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Limitare l'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici (a partire dal luglio 2016)
La direttiva stabilisce prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici.
ATTO
Direttiva 2013/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da agenti fisici (campi elettromagnetici) (ventesima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) e che abroga la direttiva 2004/40/CE.
SINTESI
La presente normativa costituisce una direttiva particolare ai sensi della direttiva quadro 89/391/CEE, ed è finalizzata all'introduzione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori. Essa sostituisce una direttiva del 2004 (2004/40/CE), la quale non è mai entrata in vigore a causa di problemi nell'attuazione delle relative disposizioni, specie nel settore medico.
Ambito di applicazione
La direttiva introduce misure finalizzate a proteggere i lavoratori da qualsiasi effetto nocivo a breve termine, diretto e indiretto, sulla salute derivante dai campi elettromagnetici. Essa non contempla potenziali effetti a lungo termine ma, nei casi in cui questi siano supportati da prove scientifiche consolidate, la Commissione europea si riserva la facoltà di decidere quali azioni raccomandare.
Le misure forniscono una base minima per la tutela di tutti i lavoratori dell'Unione europea (UE) e lascia ai paesi membri la libertà di preservare o introdurre prescrizioni più rigorose. Il termine per la trasposizione della direttiva in legge nazionale è fissato per il 1o luglio 2016.
Definizioni
L’ambito di applicazione della normativa comprende gli effetti biofisici diretti. Si tratta di effetti provocati direttamente nel corpo umano dalla presenza di un campo elettromagnetico. Tali effetti comprendono effetti termici, come il riscaldamento dei tessuti, ed effetti non termici, come la stimolazione di muscoli, nervi o organi di senso.
Gli effetti comprendono altresì i cosiddetti effettiindiretti, ovvero quelli derivanti dalla presenza di oggetti, quali stimolatori cardiaci e impianti di altro tipo, all'interno di un campo elettromagnetico e che potrebbero costituire un pericolo per la sicurezza o la salute.
La direttiva stabilisce i valori limite di esposizione, i quali si fondano su considerazioni biofisiche e biologiche, allo scopo di tutelare i lavoratori da effetti nocivi a livello sanitario e sensoriale. La direttiva comprende altresì i livelli di azione identificabili nei casi in cui si riveli necessario intraprendere misure di protezione o di prevenzione.
Obblighi dei datori di lavoro
La direttiva stabilisce obblighi di varia natura a carico dei datori di lavoro. Ad essi è riconosciuto l'obbligo di garantire che l'esposizione dei dipendenti a campi elettromagnetici si mantenga entro i limiti stabiliti dalla direttiva. In caso di superamento dei suddetti limiti, i datori di lavoro dovranno intraprendere azioni preventive immediate. Sono tuttavia previste una serie di eccezioni che consentono il superamento dei livelli di esposizione in presenza di condizioni particolarmente rigorose.
In linea generale, il datore di lavoro è tenuto a garantire che i rischi derivanti dai campi elettromagnetici sul luogo di lavoro siano eliminati o ridotti il più possibile. L'introduzione di valutazioni periodiche dei rischi e dell'esposizione, unitamente all'impiego di orientamenti pratici, possono aiutare il datore di lavoro a rispettare i propri obblighi.
In presenza di rischi appurati per la salute dei lavoratori, i datori di lavoro devono disporre di un programma d'azione che preveda misure di protezione e di prevenzione. Il programma può comprendere misure tecniche e/o organizzative, specie per quei lavoratori esposti a rischi particolari.
La normativa prevede altresì il monitoraggio della salute finalizzato alla prevenzione o alla diagnosi precoce di eventuali effetti nocivi per la salute. Nei casi in cui venga rilevata un'esposizione eccessiva, i datori di lavoro saranno tenuti a fornire esami medici adeguati o monitoraggio sanitario individuale in conformità al diritto e alla prassi nazionale.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2013/35/UE
29.06.2013
01.07.2016
GU L 179 del 29.06.2013, pagg. 1-21
ATTI COLLEGATI
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'introduzione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul posto di lavoro (Gazzetta ufficiale L 183 del 29.6.1989, pagg. 1-8). |
Investire nei bambini: spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE, DELL’ARTICOLO 3 (TUE) E DELL’ARTICOLO 153 (TFUE)?
Quale elemento del suo pacchetto di investimenti sociali (SIP) per la crescita e la coesione, la Commissione europea ha adottato una raccomandazione in materia di investimenti sociali a favore dei bambini. Il suo scopo è fornire agli Stati membri dell’Unione europea (UE) delle istruzioni sui mezzi con cui contrastare la povertà infantile e favorire il benessere dei bambini, nonché stabilire un quadro comune europeo.
L’articolo 3 del TUE menziona espressamente la protezione dei diritti del bambino tra gli obiettivi e i valori dell’UE.
L’articolo 153 del TFUE elenca i settori della politica sociale in cui l’UE sostiene e integra le attività proprie dei paesi dell’UE. Queste aree comprendono la lotta contro l’esclusione sociale.
PUNTI CHIAVE
La raccomandazione sollecita un approccio basato sui diritti dei bambini e strategie integrate fondate su tre pilastri:
1.
Accesso a risorse adeguate per ridurre la povertà del reddito e la deprivazione materiale:
favorendo la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro ed assicurandosi che il loro lavoro sia «conveniente»;
offrendo un tenore di vita adeguato attraverso una combinazione di assegni e indennità familiari, che dovrebbero avere natura redistributiva sulle categorie a basso reddito, evitando tuttavia le trappole dell’inattività e la stigmatizzazione.
2.
Accesso a servizi di qualità a prezzi contenuti per aumentare le possibilità di vita dei bambini e favorire il loro sviluppo:
migliorando l’accesso a servizi di assistenza ed istruzione, a prezzi contenuti, per la prima infanzia, per ridurre la disuguaglianza in giovane età;
migliorando l’impatto dei sistemi di istruzione sulle pari opportunità, assicurando così che tutti i bambini ricevano un’istruzione di qualità elevata;
migliorando la reattività dei sistemi sanitari per rispondere alle esigenze dei bambini svantaggiati;
fornendo ai bambini un ambiente di vita ed una sistemazione adeguati e sicuri;
rafforzando il sostegno alle famiglie e la qualità dei servizi di accoglienza alternativi.
3.
Diritto dei bambini a partecipare:
favorendo la partecipazione di tutti i bambini ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali — opportunità di apprendimento informale fruibili all’esterno del contesto scolastico;
mettendo in atto meccanismi che promuovano la partecipazione dei bambini ai processi decisionali che riguardano le loro vite.
Inoltre, la Commissione invita a sviluppare disposizioni in materia di governo, attuazione delle procedure e meccanismi di sorveglianza:rafforzando le sinergie tra i settori; potenziando l’elaborazione di politiche fondate su dati oggettivi e le azioni innovative nel campo della politica sociale. In ultimo, la raccomandazione sottolinea che l’utilizzo completo degli strumenti dell’UE di pertinenza debba realizzarsi:mobilitando la serie di strumenti ed indicatori disponibili nell’ambito della strategia Europa 2020, per dare nuovo slancio agli sforzi congiunti tesi ad affrontare l’emarginazione sociale e la povertà infantile; e utilizzando appropriatamente le opportunità offerte dagli strumenti finanziari UE a sostegno delle priorità sopra indicate.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Investire nei bambini (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo I — Disposizioni comuni — articolo 3 (ex articolo 2 TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 17).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo X — Politica sociale — Articolo 153 (ex articolo 137 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 114).
Raccomandazione della Commissione 2013/112/UE del 20 febbraio 2013: Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale (GU L 59 del 2.3.2013, pag. 5).
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-20 [COM(2013) 83 final del 20.2.2013].
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Programma UE per i diritti dei minori, [COM (2011) 60 definitivo del 15.2.2011].
EUROPA
2020 — Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva [COM(2010) 2020 final del 3.3.2010]. | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 20 febbraio 2013
Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale
(2013/112/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e in particolare l'articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Il rispetto della dignità umana è un valore fondante dell'Unione europea (UE), la quale ha tra i suoi scopi la promozione del benessere dei suoi cittadini. L'Unione deve proteggere i diritti dell'infanzia, lottare contro l'esclusione sociale e la discriminazione e promuovere la giustizia e la protezione sociale;
(2)
nella maggior parte dei paesi dell'UE, i minori (1) sono più esposti alla povertà o all'esclusione sociale del resto della popolazione; i minori che crescono in tali condizioni hanno meno possibilità dei loro simili più fortunati di avere successo negli studi, di godere di buona salute e di realizzare pienamente il loro potenziale da adulti;
(3)
oltre a costituire un investimento nel futuro dell'Europa, la prevenzione della trasmissione delle disuguaglianze da una generazione all'altra contribuisce direttamente alla strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e genera vantaggi di lungo periodo per i minori, per l'economia e per la società nel suo insieme;
(4)
l'intervento precoce e la prevenzione sono essenziali per l'elaborazione di strategie al tempo stesso più efficaci e più efficienti; in effetti la spesa pubblica necessaria per rimediare alle conseguenze della povertà infantile e dell'esclusione sociale è generalmente più importante di quella richiesta per interventi in più tenera età;
(5)
affrontare il disagio sociale sin dalla prima infanzia costituisce uno strumento importante per intensificare la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale in generale. La prevenzione si realizza in modo efficace quando si concretizza attraverso strategie integrate che associano misure di supporto all'inserimento professionale dei genitori, un sostegno finanziario adeguato e l'accesso a servizi essenziali per il futuro dei minori, come un'istruzione (prescolare) di qualità, l'assistenza sanitaria, servizi nel settore degli alloggi e servizi sociali, nonché occasioni per i minori di partecipare alla vita sociale e di esercitare i loro diritti, per consentire loro di realizzare pienamente il loro potenziale e aumentare la loro capacità di resistenza alle avversità;
(6)
le strategie che risultano più efficaci per combattere la povertà infantile sono le strategie che sono alla base delle politiche volte a migliorare il benessere di tutti i minori, dedicando tuttavia particolare attenzione a quelli che si trovano in situazioni di grande vulnerabilità;
(7)
le azioni a favore dell'eguaglianza tra donne e uomini, del paritarismo (gender mainstreaming) e delle pari opportunità, nonché la lotta contro la discriminazione che subiscono i minori e le loro famiglie per diversi motivi (in particolare collegati al sesso, all'appartenenza etnica o razziale, alla religione o alle convinzioni, alle disabilità, all'età o all'orientamento sessuale) dovrebbero essere al centro di qualunque azione destinata a lottare contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori;
(8)
la crisi finanziaria ed economica attuale pesa fortemente sui minori e sulle loro famiglie; ciò si traduce in molti paesi in un aumento della percentuale di individui che vivono in condizioni di povertà e di esclusione sociale;
(9)
gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche imposti dai crescenti vincoli di bilancio in molti paesi rappresentano un serio ostacolo se si vuole fare in modo che le politiche sociali rimangano adeguate ed efficienti, a breve e a lungo termine;
(10)
oltre dieci anni di cooperazione a livello dell'UE per lo sviluppo di appropriati indicatori per il monitoraggio, l'identificazione delle sfide comuni e delle politiche di contrasto più efficaci, hanno generato una comprensione comune dei determinanti della povertà infantile; ciò ha consentito a questa problematica di guadagnare terreno a livello politico. La Commissione ha successivamente annunciato, nella sua Comunicazione sulla piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale (2) l'adozione di una raccomandazione sulla povertà infantile;
(11)
la strategia Europa 2020 ha dato un nuovo impulso alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale nell'UE fissando come obiettivo comune a livello europeo, entro il 2020, la riduzione di almeno 20 milioni del numero di individui a rischio di povertà e di esclusione sociale e rafforzando inoltre le misure contro l'abbandono scolastico. L'eradicazione e la prevenzione della povertà infantile sono una componente essenziale degli sforzi compiuti dall'UE e dagli Stati membri in questo settore e rientrano nel campo d'azione della Piattaforma europeo contro la povertà e l'esclusione sociale;
(12)
l'attuale governance, messa a punto nel quadro del semestre europeo, consente di garantire l'applicazione effettiva delle raccomandazioni per paese in materia di lotta contro la povertà dei minori e del miglioramento del loro benessere;
(13)
tutti gli Stati membri dell'UE hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Le norme e i principi ivi stabiliti devono continuare a guidare le politiche e le azioni dell'Unione che hanno un impatto sui diritti dei minori;
(14)
sia nella relazione consultiva (3) e nei messaggi principali del Comitato di protezione sociale, nel giugno 2012, sia nelle conclusioni dell'ottobre 2012 del Consiglio EPSCO sulla prevenzione e la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori e la promozione del loro benessere (4), gli Stati membri hanno riaffermato il loro impegno e hanno espresso la loro soddisfazione per il progetto della Commissione di adottare una raccomandazione in materia;
(15)
l'UE ha già dedicato numerose iniziative a temi che hanno un rapporto con la povertà infantile e la trasmissione delle disuguaglianze da una generazione all'altra, in particolare nei settori dell'istruzione e della formazione, dell'assistenza sanitaria, dei diritti del bambino e dell'uguaglianza tra donne e uomini (5);
(16)
la lotta contro la povertà infantile rientra in primo luogo nell'ambito di competenza degli Stati membri, ma un quadro comune europeo è suscettibile di sviluppare le sinergie tra i settori pertinenti di intervento e di aiutare gli Stati membri a rivedere le loro strategie, imparando dalle rispettive esperienze per migliorare l'efficacia e l'efficienza delle loro azioni grazie ad approcci innovativi, tenendo conto della varietà delle situazioni e delle esigenze a livello locale, regionale e nazionale;
(17)
tale strumento potrebbe inoltre, nel contesto del prossimo Quadro finanziario pluriennale, servire da base per una più ampia cooperazione e consentire un'utilizzazione più mirata degli strumenti finanziari pertinenti, in particolare i Fondi strutturali, per raggiungere l'obiettivo proposto consistente nel «promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà»;
RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: di adottare ed applicare politiche volte ad eradicare la povertà e l'esclusione sociale dei minori e a promuovere il loro benessere mediante strategie multidimensionali, conformi ai seguenti orientamenti:
1. ISPIRARSI AI SEGUENTI PRINCIPI ORIZZONTALI
—
Combattere la povertà e l'esclusione sociale dei minori mediante strategie integrate che vadano oltre la garanzia della sicurezza materiale e promuovano la parità delle opportunità affinché essi possano sfruttare pienamente il loro potenziale;
—
trattare il problema della povertà e dell'esclusione sociale dei minori dal punto di vista dei loro diritti, basandosi in particolare sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e sulle disposizioni pertinenti del trattato sull'Unione europea e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, vigilando affinché tali diritti siano rispettati, protetti ed esercitati;
—
far prevalere in qualunque momento l'interesse superiore dei minori e riconoscere a questi ultimi la qualità di pieni titolari di diritti individuali, riconoscendo allo stesso tempo l'importanza del sostegno alle famiglie quali prime responsabili del benessere dei minori;
—
mantenere un giusto equilibrio tra le misure universali, destinate a promuovere il benessere di tutti i minori, e gli approcci mirati, destinati ad aiutare i più svantaggiati;
—
dedicare particolare attenzione ai minori più minacciati dalla miseria a causa di molteplici svantaggi: minori rom, minori di famiglie migranti o appartenenti a minoranze etniche, minori che presentano esigenze specifiche o che soffrono per una disabilità, minori che sono oggetto di una presa a carico alternativa, ragazzi di strada, minori i cui genitori sono reclusi e minori provenienti da famiglie particolarmente esposte al rischio di povertà, come le famiglie monoparentali o le famiglie numerose;
—
proseguire gli investimenti a favore dell'infanzia e delle famiglie per garantire la continuità delle politiche e permettere la pianificazione di lungo periodo; valutare gli effetti delle riforme strategiche sulla situazione dei più svantaggiati e adottare disposizioni volte ad attenuare eventuali ripercussioni negative.
2. ELABORARE STRATEGIE INTEGRATE, BASATE SU TRE GRANDI PILASTRI
2.1. L'accesso a risorse sufficienti
Favorire la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro — Riconoscere lo stretto legame tra la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro e le condizioni di vita dei loro figli e, conformemente ai principi stabiliti nella raccomandazione della Commissione relativa all'inclusione attiva
(6)
e negli obiettivi di Barcellona
(7), adottare tutte le misure possibili per favorire tale partecipazione, in particolare per i genitori distanti dal mercato del lavoro o particolarmente a rischio di povertà.
—
Vigilare affinché il lavoro sia finanziariamente attraente, identificando ed eliminando i fattori che dissuadono in particolare i genitori che tentano di entrare, rimanere o progredire nel mercato del lavoro, in particolare i fattori collegati alla configurazione dei regimi di fiscalità e delle prestazioni sociali e alle interazioni tra di essi;
—
favorire l'occupabilità e la partecipazione al mercato del lavoro dei genitori soli e del genitore con stipendio minore, promuovendo l'uguaglianza tra le donne e gli uomini, sia sul mercato del lavoro che a livello delle responsabilità familiari;
—
contribuire ulteriormente al reinserimento professionale dei genitori dopo un congedo parentale attraverso misure di formazione e di assistenza alla ricerca di un posto di lavoro, dedicando particolare attenzione agli individui più esposti;
—
intensificare gli sforzi volti a consentire a tutte le famiglie, in particolare alle famiglie in condizioni di vulnerabilità e a coloro che risiedono in zone svantaggiate di avere effettivamente accesso a servizi educativi per l'infanzia di elevata qualità e a costi sostenibili;
—
adattare il modello e i criteri di ammissibilità ai sevizi educativi per l'infanzia alle modalità di lavoro sempre più diversificate, al fine di aiutare i genitori a rispettare i loro obblighi professionali o a trovare un lavoro, mantenendo un forte accento sull'interesse superiore dei minori;
—
promuovere posti di lavoro di qualità per tutti e un ambiente di lavoro che consenta ai genitori di conciliare la vita professionale e la vita familiare (congedi parentali, servizi di assistenza sul luogo di lavoro ed orari di lavoro flessibili);
Garantire condizioni di vita corrette grazie ad una combinazione di prestazioni — Offrire ai minori condizioni di vita corrette, compatibili con un'esistenza degna, grazie a una combinazione ottimale di prestazioni in denaro e in natura:
—
completare le entrate familiari mediante prestazioni adeguate, coerenti ed efficaci (incentivi fiscali, assegni familiari, assegni per l'alloggio e sistemi di reddito minimo garantito);
—
integrare gli aiuti in denaro con prestazioni in natura, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, i servizi educativi per l'infanzia, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, gli alloggi, i trasporti e le attività sportive e socioculturali;
—
vigilare affinché la forma degli aiuti finanziari per i minori e l'accesso a tali aiuti seguano l'evoluzione degli stili di vita e favoriscano una corretta ridistribuzione delle ricchezze tra le varie categorie di reddito;
—
fare in modo che i minori o le loro famiglie possano effettivamente beneficiare delle prestazioni alle quali hanno diritto facilitandone l'accesso e mettendo a disposizione dei beneficiari un maggior numero di servizi di prossimità;
—
distribuire le prestazioni sociali soggette a particolari condizioni di reddito e altre prestazioni mirate in modo tale da evitare le stigmatizzazioni, differenziare le esigenze dei minori e attenuare i rischi collegati alle trappole di povertà, senza per questo disincentivare al lavoro i genitori che apportano un secondo stipendio e i genitori soli;
—
agire con discernimento quando si condiziona la concessione di assegni familiari al comportamento dei genitori o all'assiduità scolastica dei minori, anticipando i possibili effetti negativi di queste misure;
—
creare sistemi di distribuzione regolari e reattivi, come ad esempio i pagamenti anticipati, in modo da garantire una copertura massima e beneficiare quanto più possibile i minori.
2.2. L'accesso a servizi di qualità a un costo sostenibile
Ridurre le disuguaglianze sin dalla più tenera età investendo nei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia — Sfruttare ulteriormente il potenziale dei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia in materia di inclusione sociale e di sviluppo, facendone un investimento sociale volto limitare, grazie a un intervento precoce, le disuguaglianze e le difficoltà di cui soffrono i minori svantaggiati:
—
creare servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia inclusivi e di qualità; vigilare affinché siano a costi sostenibili ed adeguati alle esigenze delle famiglie;
—
incoraggiare la partecipazione dei minori provenienti da ambienti svantaggiati (in particolare quelli di età inferiore a tre anni) quale che sia la situazione professionale dei loro genitori, evitando al tempo stesso le stigmatizzazioni e la segregazione;
—
aiutare i genitori a svolgere il loro ruolo in quanto principali educatori dei figli durante i primi anni e incoraggiare i servizi di educazione e di accoglienza della prima infanzia a lavorare in stretta collaborazione con i genitori e i soggetti locali associati allo sviluppo dei minori (come i servizi sanitari o di sostegno alle famiglie);
—
sensibilizzare i genitori ai vantaggi dei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia, sia per i figli che per loro stessi; utilizzare questi servizi come un mezzo per individuare tempestivamente i problemi fisici o psicologici insorti nell'ambiente scolastico o familiare, nonché le esigenze specifiche o gli eventuali abusi.
Rafforzare l'influenza del sistema educativo sulla parità delle opportunità — Aumentare la capacità del sistema educativo di spezzare il circolo vizioso della disuguaglianza, vigilando affinché tutti i minori ricevano un'istruzione inclusiva di grande qualità, in grado di favorire il loro sviluppo sul piano emotivo, sociale, cognitive e fisico:
—
garantire l'inclusione di tutti i discenti, incentrando, se necessario, le risorse e le opportunità sui più svantaggiati e garantendo un opportuno monitoraggio dei risultati;
—
riconoscere e colmare le disparità spaziali per quanto riguarda l'offerta e la qualità dei servizi educativi, oltre che sul piano dei risultati scolastici; incoraggiare le politiche di desegregazione che rafforzano l'istruzione a vocazione generale;
—
creare un ambiente di apprendimento inclusivo rafforzando il collegamento tra gli istituti scolastici e i genitori; mettere a punto eventualmente aiuti personalizzati per controbilanciare svantaggi specifici, come ad esempio le formazioni destinate ai genitori dei minori di famiglie migranti o provenienti da minoranze etniche;
—
eliminare gli ostacoli che impediscono totalmente o notevolmente ai minori di andare a scuola o di completare il loro ciclo scolastico (come le spese di scolarità supplementari nell'insegnamento obbligatorio) proponendo un'assistenza educativa mirata in un ambiente favorevole per l' apprendimento;
—
migliorare i risultati degli alunni con basse competenze di base insistendo sull'acquisizione della lettura, della scrittura e del calcolo, oltre che di nozioni di matematica e di scienze; vigilare affinché siano individuati rapidamente gli alunni in difficoltà;
—
elaborare ed applicare strategie globali volte a limitare l'abbandono scolastico, comprendenti misure di prevenzione, di intervento e di compensazione; vigilare affinché queste strategie comprendano misure incentrate sui minori più suscettibili di abbandonare la scuola;
—
rafforzare la legislazione in materia di uguaglianza e fare in modo che i discenti più emarginati possano esercitare il loro diritto fondamentale ad una qualificazione minima di qualità;
—
rivedere e rafforzare le qualifiche di tutte le professioni collegate all'insegnamento e formare gli insegnanti alla diversità sociale; fare ricorso a mediatori culturali specializzati e a persone in grado di fungere da modello per facilitare l'integrazione dei rom e dei minori provenienti da famiglie migranti.
Migliorare la reattività dei sistemi sanitari nel rispondere alle esigenze dei minori svantaggiati — Vigilare affinché tutti i minori possano esercitare pienamente il loro diritto universale alle cure sanitarie, in particolare per quanto riguarda la prevenzione delle malattie, la promozione della salute e l'accesso a servizi sanitari di qualità:
—
porre rimedio alle difficoltà che incontrano i minori e le famiglie in situazioni di vulnerabilità nell'accedere alle cure sanitarie, si tratti di costi, ostacoli culturali e linguistici o mancanza di informazione; migliorare la formazione dei prestatari di assistenza sanitaria su tali questioni;
—
investire nella prevenzione, in particolare durante la prima infanzia, ponendo in essere strategie globali comprendenti misure alimentari, sanitarie, educative e sociali;
—
intervenire sul gradiente sociale collegato a stili di vita malsani e all'abuso di sostanze psicotrope consentendo a tutti i minori di beneficiare di un regime alimentare equilibrato e di esercitare un'attività fisica;
—
dedicare particolare attenzione ai minori che soffrono di disabilità o di problemi di salute mentale, ai minori privi di documenti o non registrati, alle adolescenti incinte e ai minori le cui famiglie hanno precedenti in materia di abuso di sostanze psicotrope.
Offrire ai minori un alloggio e un contesto di vita sicuri e adeguati — Permettere ai minori di vivere e di crescere in un ambiente sicuro, sano e adatto ai minori, in grado di favorire il loro sviluppo e rispondere alle loro esigenze di apprendimento:
—
dare alle famiglie con figli l'accesso ad alloggi di buona qualità e a costo abbordabile (in particolare alloggi sociali) e rimediare ai problemi di esposizione ai rischi ambientali, di sovrappopolazione e di precarietà energetica;
—
aiutare la famiglie e i minori che rischiano di perdere il loro alloggio evitando le espulsioni, i traslochi inutili e le separazioni dei figli dalle loro famiglie, anche proponendo alloggi temporanei e soluzioni di alloggio a lungo termine;
—
curare gli interessi superiori dei minori nel quadro della sistemazione del territorio a livello locale; evitare la «ghettizzazione» e la segregazione favorendo la «mescolanza sociale» negli alloggi; ed inoltre un accesso adeguato ai trasporti pubblici;
—
limitare la dannosa esposizione dei minori ad un ambiente materiale e sociale in degrado al fine di evitare che essi subiscano violenze o maltrattamenti.
Migliorare i servizi di assistenza alle famiglie e la qualità dei servizi di cura alternativa — Rafforzare i servizi sociali e i servizi di protezione destinati ai minori, in particolare in materia di prevenzione; aiutare le famiglie a sviluppare le loro competenze parentali evitando stigmatizzazioni e vigilare inoltre affinché i minori sottratti alla loro famiglia crescano in un ambiente corrispondente alle loro esigenze:
—
vigilare affinché la povertà non sia mai la sola ragione per sottrarre un minore alla sua famiglia; per quanto possibile, permettere ai minori di restare o ritornare nella loro famiglia, ad esempio rimediando alle carenze materiali della famiglia stessa;
—
operare un controllo adeguato per evitare il collocamento dei minori in istituzioni e, quando ciò avviene, prevedere riesami della situazione a scadenze regolari;
—
limitare l'espansione delle istituzioni di collocamento per i minori sottratti alla cura parentale a vantaggio di altre soluzioni di presa a carico di qualità, in strutture di prossimità o in famiglie di accoglienza, prendendo nella dovuta considerazione il parere dei minori;
—
vigilare affinché i minori privi di assistenza parentale abbiano accesso a servizi (generali e specifici) di qualità in materia di salute, di istruzione, di occupazione, di assistenza sociale, di sicurezza e di alloggio, in particolare durante il passaggio all'età adulta;
—
fornire un sostegno adeguato ai minori rimasti soli dopo che uno o entrambi i genitori sono immigrati all'estero per lavoro, nonché alle persone che si occupano di loro al posto dei genitori.
2.3. Diritto dei minori a partecipare alla vita sociale
Incoraggiare la partecipazione di tutti i minori ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali — Riconoscere la capacità dei minori di agire sul proprio benessere e di superare le situazioni difficili (resistenza alle avversità), in particolare dando loro occasioni di partecipare ad attività di apprendimento informale al di fuori della famiglia e degli orari scolastici:
—
eliminare gli ostacoli collegati al costo, all'accesso e alle differenze culturali in modo che tutti i minori possano partecipare ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali al di fuori della scuola;
—
prevedere luoghi sicuri nell'ambiente dei minori e sostenere le comunità sfavorite attraverso misure di incentivazione;
—
incoraggiare le scuole, i soggetti e le autorità locali a prevedere migliori attività e servizi parascolastici per tutti i minori, quale che sia lo status socioprofessionale dei genitori;
—
permettere a tutte le famiglie di partecipare ad attività sociali in grado di migliorare le loro competenze parentali e di favorire una comunicazione familiare positiva;
—
privilegiare i modelli di partecipazione che mettono a profitto il potenziale di volontariato della comunità e incoraggiano la solidarietà tra le generazioni.
Adottare meccanismi che favoriscono la partecipazione dei minori ai processi decisionali che li riguardano — Autorizzare e incoraggiare i minori ad esprimere pareri con conoscenze di causa e fare in modo che tali pareri siano debitamente presi in considerazione e influenzino le grandi decisioni che riguardano i minori:
—
adottare e sviluppare gli strumenti disponibili per associare i minori al funzionamento di servizi come la custodia dei minori, l'assistenza sanitaria e l'istruzione e raccogliere il parere dei minori, utilizzando strumenti adatti alla loro età, in merito all'elaborazione delle politiche che li riguardano;
—
appoggiare la partecipazione di tutti i minori nelle strutture partecipative esistenti; dirigersi verso i minori provenienti da ambienti svantaggiati e incoraggiare la loro partecipazione;
—
invitare i professionisti che lavorano con e per i minori ad associare attivamente questi ultimi alla vita pubblica sensibilizzandoli sui loro diritti e sui loro doveri;
—
rispettare il diritto dei minori di essere ascoltati in tutte le decisioni giudiziarie e promuovere un ambiente giudiziario adatto alle esigenze dei minori, in particolare offrendo loro un accesso effettivo ai tribunali e alle procedure giudiziarie.
3. SVILUPPARE ULTERIORMENTE I MECCANISMI DI GOVERNANCE, DI ESECUZIONE E DI MONITORAGGIO NECESSARI
Rafforzare le sinergie tra settori e migliorare i sistemi di governance — Fare in modo che le azioni pubbliche agiscano effettivamente sulla povertà e l'esclusione sociale dei minori secondo strategie globali, migliorando il coordinamento tra i principali soggetti coinvolti:
—
creare collegamenti regolari e sistematici tra i settori di azione che hanno una maggiore importanza per l'inclusione sociale dei minori e rafforzare le sinergie tra i principali soggetti coinvolti, in particolare nei settori dell'istruzione, dell'occupazione, della salute, dell'uguaglianza e dei diritti dei minori;
—
operare per l'integrazione dei diritti dei minori e delle azioni relative all'infanzia nelle politiche fondamentali, ad esempio mediante specifici accordi istituzionali;
—
promuovere una stretta cooperazione e un dialogo regolare tra i poteri pubblici (a tutti i livelli), le parti sociali, le comunità locali e le organizzazioni della società civile;
—
incoraggiare e sviluppare la partecipazione dei minori, anche nell'applicazione della presente raccomandazione.
Intensificare il ricorso ai metodi basati su elementi probanti — Privilegiare le strategie elaborate sulla base di informazioni fattuali e l'innovazione in materia di azione sociale, tenendo conto degli effetti potenziali sui minori:
—
sfruttare pienamente i dati statistici e amministrativi esistenti per misurare gli effetti dell'azione pubblica sui minori e sulle loro famiglie; migliorare, se necessario e nella misura del possibile, la capacità statistica (ad esempio ventilando i dati per sesso), in particolare per quanto riguarda la situazione di difficoltà dei minori, l'accesso ai servizi educazione e accoglienza per la prima infanzia di qualità e a un costo abbordabile, la salute infantile e la situazione dei minori più vulnerabili;
—
migliorare la tempestività dei dati necessari per sorvegliare la situazione dei minori e privilegiare il ricorso a metodi e a modelli come la microsimulazione per consentire una valutazione ex ante più sistematica degli effetti potenziali delle azioni sui minori;
—
rinsaldare i legami tra l'azione pubblica e la comunità dei ricercatori e verificare le innovazioni strategiche nel settore interessato; incoraggiare la valutazione dei risultati dei programmi sulla base di dati concreti, anche a lungo termine, mediante strumenti quali le indagini longitudinali; promuovere la visibilità e la condivisione dei risultati;
—
favorire gli scambi di buone prassi e di conoscenze, il ricorso a modelli d'intervento verificati e provati, nonché le misure volte a incoraggiare la solidarietà nella comunità in senso lato o a dare alle comunità locali i mezzi per collaborare;
—
valutare la portata delle misure provvisorie adottate nel quadro della crisi economica prima di decidere di incorporarle in riforme di ordine strutturale.
4. SFRUTTARE PIENAMENTE GLI STRUMENTI PERTINENTI DELL'UE
Impegnarsi nella lotta contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori in quanto priorità della strategia Europa 2020 — Mobilitare tutta la gamma di strumenti e di indicatori disponibili nel quadro della strategia Europa 2020 al fine di dare un nuovo slancio agli sforzi comuni per lottare contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori:
—
fare della povertà e dell'esclusione sociale dei minori uno degli obiettivi fondamentali della strategia Europa 2020 e dei Programmi di riforma nazionali, nel contesto più generale della lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, tenendo conto delle raccomandazioni pertinenti per paese adottate dal Consiglio europeo;
—
studiare, se necessario, l'opportunità di definire obiettivi nazionali in materia di riduzione della povertà e di esclusione sociale dei minori, secondo le particolarità del paese;
—
utilizzare pienamente gli strumenti della strategia Europa 2020 e del metodo aperto di coordinamento nel settore sociale al fine di migliorare il monitoraggio e la valutazione delle politiche in materia di povertà e di benessere dei minori, basandosi sul quadro di monitoraggio basato su indicatori e proposto in allegato alla presente raccomandazione;
—
rafforzare le sinergie con le politiche pertinenti dell'UE, in particolare nel settore dell'istruzione, della salute, della parità dei sessi e dei diritti dei minori.
Mobilitare gli strumenti finanziari pertinenti dell'UE — Sfruttare in modo adeguato le possibilità offerte dagli strumenti finanziari dell'UE per sostenere le priorità strategiche particolareggiate sopraelencate:
—
incoraggiare ulteriormente strategie basate su elementi probanti nonché una maggiore innovazione sociale mediante il Programma per il cambiamento sociale e l'innovazione sociale, il Fondo sociale europeo, il programma Horizon 2020 e utilizzare questi programmi per verificare, valutare ed attuare su scala più vasta, se del caso, eventuali innovazioni strategiche;
—
trarre pieno vantaggio dal Fondo europeo di aiuto agli indigenti (concepito per alleviare le privazioni alimentari e materiali dei minori), dai Programmi europei di distribuzione di frutta e latte nelle scuole (che forniscono ai minori prodotti ad alto valore nutritivo e incoraggiano buone abitudini alimentari) nonché dal programma «Erasmus per tutti» (che ha lo scopo di favorire l'accesso ai minori all'istruzione, all'apprendimento informale e allo sport);
—
sfruttare le possibilità dei Fondi strutturali a vantaggio dei minori e delle loro famiglie al momento di elaborare i programmi operativi del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di sviluppo regionale per il periodo 2014-2020, conformemente alle raccomandazioni per paese;
—
trarre vantaggio dagli obiettivi tematici in materia di promozione dell'occupazione e di sostegno alla mobilità professionale, di promozione dell'inclusione sociale e di lotta contro la povertà; di investimento nell'istruzione, nelle competenze e nell'apprendimento permanente, oltre che in materia di priorità di investimento relative a ciascuno di questi settori. Tra queste priorità citiamo in particolare l'istruzione prescolastica, la riduzione dell'abbandono scolastico, la conciliazione della vita privata e della vita professionale, l'accesso ai servizi (in particolare sanitari e sociali), le strategie di sviluppo locale partecipativo, il sostegno alla riabilitazione delle zone svantaggiate e il progressivo passaggio da servizi istituzionali a servizi di prossimità radicati nel tessuto sociale;
—
al fine di garantire l'efficacia degli interventi dei Fondi strutturali durante il periodo 2014-2020, applicate strategie basate su elementi probanti per limitare l'abbandono scolastico in grado di associare tutte le parti coinvolte, nonché misure destinate ad accompagnare la transizione da servizi istituzionali a servizi di prossimità;
—
privilegiare una strategia di partnership nella programmazione e nella mobilitazione dei Fondi strutturali associando tutte le parti interessate a livello nazionale, regionale e locale (in particolare le autorità competenti, le parti sociali e le organizzazioni non governative) al fine di mobilitare tutti gli strumenti d'azione contro la povertà infantile.
Fatto a Bruxelles, il 20 febbraio 2013
Per la Commissione
László ANDOR
Membro della Commissione
(1) Conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del fanciullo, si intende per «minori» nella presente raccomandazione, gli individui di età inferiore a 18 anni.
(2) COM(2010) 758 final.
(3) Comitato della protezione sociale, relazione consultiva alla Commissione europea «SPC advisory report to the European Commission on tackling and preventing child poverty, promoting child well-being», 27 giugno 2012.
(4) «Prevenire e combattere la povertà e l'esclusione sociale dei minori e promuovere il loro benessere», conclusioni del Consiglio EPSCO del 4 ottobre 2012, 14437/12.
(5) Si vedano in particolare: COM(2008) 865 final, «Un quadro strategico aggiornato per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione»; COM(2009) 567 final, «Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell'Unione europea»; COM(2011) 60 final, «Programma dell'Unione europea per i diritti dei minori»; e COM(2010) 491 final, «Strategia per la parità tra donne e uomini, 2010-2015.
(6) Raccomandazione della Commissione 2008/867/CE, del 3 ottobre 2008, relativa all'inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro.
(7) Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Barcellona dei giorni 15 e 16 marzo 2002, SN 100/1/02 REV 1.
ALLEGATO
Quadro di monitoraggio sulla base di indicatori
Il presente quadro di monitoraggio comprende una serie di indicatori pertinenti per controllare l'applicazione della raccomandazione. Le proposte di sviluppi futuri sono presentate negli allegati del «Pacchetto investimenti sociali».
Obiettivo generale: lottare contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori e promuovere il loro benessere
Europa 2020
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario/ contestuale (1)
Commenti
Minori esposti al rischio di povertà e di esclusione sociale (elemento dell'obiettivo di Europa 2020 in material di lotta contro la povertà e l'esclusione sociale)
Numero totale di minori che vivono in una famiglia esposta al rischio di povertà o in situazione di grave privazione materiale, o che vivono in una famiglia a densità di lavoro molto bassa (per la definizione di questi tre indicatori, vedi oltre)
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat - Statistiche dell'UE sul reddito e le condizioni di vita (Eurostat — SRCV — UE)
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Indicatore
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario/ contestuale
Commenti
Tasso di rischio di povertà infantile (da analizzare in collegamento con il valore della soglia di povertà in standard di potere d'acquisto SPA per una famiglia composta da due adulti e due minori di età inferiore a 14 anni)
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-1 anni7) e per categoria di famiglia
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Tasso di privazione materiale grave
Proporzione di minori che vivono in una famiglia le cui condizioni di vita sono gravemente compromesse dalla mancanza di risorse, perché si trovano in almeno 4 delle 9 situazioni seguenti: impossibilità i) di pagare l'affitto o le fatture di consumo corrente, ii) di riscaldare in modo conveniente la loro abitazione, iii) di affrontare spese impreviste, iv) consumare carne, pesce o altri alimenti proteinati equivalenti ogni due giorni, v) di prendere una settimana di vacanza al di fuori del domicilio, vi) di acquistare un'autovettura, vii) di acquistare una lavatrice, viii) di acquistare un televisore a colori, o ix) di acquistare un telefono
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Proporzione di minori che vivono in una famiglia a intensità di lavoro molto bassa
Proporzione di minori che vivono in una famiglia nella quale gli adulti in età lavorativa (18-59 anni) hanno lavorato meno del 20 % del loro potenziale di lavoro totale nel corso dell'anno (vale a dire durante il periodo di riferimento del reddito)
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Indice di privazione materiale dei minori
In discussione
Eurostat -EU-SILC
s.o.
In preparazione
Dispersione del rischio di povertà infantile intorno alla soglia di rischio di povertà: tasso di rischio di povertà calcolato con soglie del 50% e del 70%
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 50% e al 70% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Tasso di rischio persistente di povertà infantile
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è rimasto inferiore alla soglia di povertà nell'anno in corso e almeno durante due dei tre anni precedenti
0-17 anni
Eurostat — SRCV — UE (componente longitudinale)
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Tasso di rischio di povertà fissato in un momento dato nel tempo per i minori
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale, sulla base di una soglia fissata in un momento dato nel tempo
0-17 anni
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore contestuale
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Accesso a risorse sufficienti
Indicatore
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario/ contestuale
Commenti
Tasso di povertà relativo a persone che svolgono attività lavorative e vivono in famiglie con minori a carico
Proporzione di individui (con minori a carico) considerati come attivi il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà (60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale)
Per fascia di età (0-17 anni, 18-64 anni, 0-64 anni); per categoria di famiglia (famiglie monoparentali, due adulti con minori a carico)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Tasso di rischio di povertà infantile per intensità di lavoro delle famiglie
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale secondo l'intensità di lavoro della famiglia
0-17 anni, intensità di lavoro della famiglia (molto alta [0,85 — 1], alta [0,55 — 0,85], media [0,.45 — 0,55], bassa [0,2 — 0,45])
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Tasso di rischio di povertà infantile in famiglie che svolgono attività lavorative
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà (60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale) e la cui intensità di lavoro è superiore a 0,2
Per categoria di famiglia
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Scarto relative mediano di povertà infantile
Differenza tra il reddito equivalente mediano degli individui che vivono al di sotto della soglia di rischio di povertà e tale soglia, espressa come percentuale di tale soglia
0-17 anni
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Assistenza ai minori
Proporzione di minori presi a carico (in un quadro istituzionale (2), diverso dal contesto familiare) in rapporto al numero totale di minori nella stessa fascia d'età
Meno di 3 anni, tra 3 anni e l'età d'ingresso nella scuola dell'obbligo; meno di 30 ore, 30 ore o più a settimana
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
La pertinenza della ventilazione per quintili di reddito deve essere valutata
Impatto della parentalità sull'occupazione
Differenza, in punti percentuali, tra:
—
il tasso di occupazione delle persone tra i 20 e i 49 anni che vivono in una famiglia senza figli di età tra 0 e 6 anni; e
—
il tasso di occupazione delle persone tra i 20 e i 49 anni che vivono in una famiglia con almeno un minore in età da 0 e 6 anni
Totale, per sesso
Eurostat — Inchiesta sulle forze di lavoro (LFS)
Indicatore contestuale
Si raccomanda di esaminare separatamente i minori da 0 a 3 anni e quelli da 3 a 6 anni
Impiego a tempo parziale per responsabilità familiari
Persone impiegate a tempo parziale poiché hanno figli o adulti disabili a carico, in percentuale del numero totale di persone occupate
Totale, per sesso
Eurostat — (LFS)
Indicatore contestuale
Impatto dei trasferimenti sociali (diversi dalle pensioni) sulla riduzione della povertà infantile
Differenza tra il tasso di rischio di povertà infantile prima e dopo i trasferimenti sociali (pensioni escluse)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Sovraccarico dei costi di alloggio
Percentuale della popolazione che vive in una famiglia in cui il costo globale dell'alloggio (al netto delle indennità di alloggio) rappresenta più del 40% del reddito disponibile globale della famiglia
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni) e per livello di rischio di povertà (al di sopra o al di sotto della soglia di rischio di povertà)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Accesso a servizi di qualità
Indicatore
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario
Commenti
Educazione prescolare
Proporzione di minori tra i 4 anni e l'età di scolarizzazione obbligatoria che beneficiano di un'istruzione prescolare
Per sesso
UOE (3)
Indicatore primario
Competenze in lettura, matematica e scienze
Proporzione di giovani di 15 anni che ottengono un punteggio uguale o inferiore a un punto (su una scala da 1 (punteggio più basso) a 5 (punteggio più elevato) ai test PISA)
Per profilo parentale (livello d'istruzione, paese di nascita)
OCSE- PISA (4)
Indicatore primario
I dati attuali non comprendono dati relativi a Cipro e a Malta
Tasso di giovani che non lavorano e non seguono corsi di studio o di formazione (NEET)
Tasso di giovani che non lavorano e non seguono corsi di studio e di formazione (NEET)
Per sesso, 15-19 anni
Eurostat — LFS
Indicatore primario
Giovani che abbandonano prematuramente gli studi o la formazione
Individui tra i 18 e i 24 anni che hanno seguito al massimo il ciclo inferiore dell'insegnamento secondario e non seguono altri corsi di studio o di formazione
Per sesso e per livello d'istruzione più elevato raggiunto
Eurostat — LFS
Indicatore secondario
Necessità di cure mediche non soddisfatta dichiarate dall'interessato
Proporzione di individui tra i 16 e i 25 anni che dichiarano di non aver avuto accesso ai servizi medici per motivi di costo, di lontananza o di tempi di attesa
Eurostat — SRCV — UE
Mortalità infantile
Rapporto tra il numero di minori di età inferiore a un anno deceduti durante l'anno in corso e il numero di nati vivi nello stesso periodo (espresso in numero di decessi per 1 000 nati vivi)
Per status socioeconomico dei genitori (in preparazione)
Eurostat
Indicatore primario
Mortalità infantile tra 1 e 14 anni
Tasso di mortalità per 100 000 abitanti
Eurostat
Basso peso alla nascita
Peso alla nascita inferiore a 2 500 grammi (5,5 libbre)
OMS — OCSE
Indicatore primario
Copertura vaccinale
% di minori completamente vaccinati contro la pertosse, la difterite, il tetano (vaccino DTC) e la poliomielite prima di aver raggiunto il primo anno di età in un anno civile determinato e percentuale di minori completamente vaccinati contro il morbillo, gli orecchioni e la rosolia (vaccino ROR) prima di avere raggiunto il secondo anno di età in un anno civile determinato
OMS
Indicatore contestuale
Obesità
Giovani tra i 15 e i 24 anni con un indice di massa corporale superiore o uguale a 30
Per sesso e status socioeconomico dei genitori
Eurostat — EHIS (5)
Indicatore contestuale
Fumatori regolari
Proporzione di individui che fumano quotidianamente sigarette di età tra i 15 e i 24 anni
Per sesso e status socioeconomico dei genitori
Eurostat — EHIS
Indicatore contestuale
Salute mentale
Giovani tra i 15 e i 24 anni che presentano una sindrome depressiva
Per sesso
Eurostat — EHIS
Indicatore contestuale
In preparazione
Cause di decesso dei giovani — suicidio
Numero di decessi dovuti a suicidio per 100 000 abitanti tra i 15 e i 24 anni
Per sesso
Eurostat — Statistiche delle cause di decesso
Indicatore contestuale
Insalubrità dell'alloggio
Percentuale della popolazione la cui abitazione presenta tutte le seguenti carenze:
1) fughe dal tetto, muri/pavimenti/fondazioni umidi ruggine a livello degli infissi e delle finestre o del pavimento; 2) mancanza di vasca da bagno o di doccia nell'abitazione; 3) mancanza di WC interno con scarico d'acqua per uso esclusivo della famiglia; 4) problemi collegati con l'abitazione: troppo scura, carenza di luce
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni) e per livello di rischio di povertà (al di sopra o al di sotto della soglia)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Sovraffollamento
Percentuale della popolazione che abita in un alloggio sovrappopolato. Si ritiene che una persona viva in un alloggio sovrappopolato quando la famiglia non dispone di un numero minimo di camera, vale a dire:
—
una camera per famiglia;
—
una camera per coppia;
—
una camera per individuo non in coppia di età superiore a 18 anni;
—
una camera per due individui dello stesso sesso di età tra i 12 e i 17 anni;
—
una camera per individuo di un altro sesso di età tra i 12 e i 17 anni;
—
una camera per due individui di età inferiore a 12 anni.
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni) e per livello di rischio di povertà (al di sopra o al di sotto della soglia)
Eurostat -EU -SILC
Indicatore primario
(1) Gli indicatori primari sono gli indicatori fondamentali che si riferiscono ai risultati generali considerati più importanti. Gli indicatori secondari integrano gli indicatori primari delineando un'immagine più precisa della natura o di altre dimensioni del problema. Gli indicatori contestuali forniscono elementi supplementari concernenti il contesto o elementi di dettaglio. L'elenco proposto non è esaustivo e potrà comprendere altri elementi di base considerati utili per delimitare e comprendere meglio il contesto nazionale.
(2) Per «quadro istituzionale» si intendono i seguenti servizi: istituti prescolastici e assimilati, scuola dell'obbligo, servizi in centri di accoglienza al di fuori dell'orario scolastico, asili collettivi e altri servizi di accoglienza, comprese le accoglienze diurne in ambiente familiare e le assistenti professionali certificate per l'infanzia. Qualunque presa a carico da parte membri della famiglia, dei vicini o di assistenti non qualificati è pertanto esclusa da questa definizione.
(3) Base di dati dell'UNESCO/OCSE/EUROSTAT sulle statistiche in materia di istruzione.
(4) http://www.oecd.org/statisticsdata/03381,en_2649_35845621_1_119656_1_1_1.00.html.
(5) L'EHIS è l'Indagine europea sulla salute condotta mediante interviste.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 20 febbraio 2013
Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale
(2013/112/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e in particolare l'articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Il rispetto della dignità umana è un valore fondante dell'Unione europea (UE), la quale ha tra i suoi scopi la promozione del benessere dei suoi cittadini. L'Unione deve proteggere i diritti dell'infanzia, lottare contro l'esclusione sociale e la discriminazione e promuovere la giustizia e la protezione sociale;
(2)
nella maggior parte dei paesi dell'UE, i minori (1) sono più esposti alla povertà o all'esclusione sociale del resto della popolazione; i minori che crescono in tali condizioni hanno meno possibilità dei loro simili più fortunati di avere successo negli studi, di godere di buona salute e di realizzare pienamente il loro potenziale da adulti;
(3)
oltre a costituire un investimento nel futuro dell'Europa, la prevenzione della trasmissione delle disuguaglianze da una generazione all'altra contribuisce direttamente alla strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e genera vantaggi di lungo periodo per i minori, per l'economia e per la società nel suo insieme;
(4)
l'intervento precoce e la prevenzione sono essenziali per l'elaborazione di strategie al tempo stesso più efficaci e più efficienti; in effetti la spesa pubblica necessaria per rimediare alle conseguenze della povertà infantile e dell'esclusione sociale è generalmente più importante di quella richiesta per interventi in più tenera età;
(5)
affrontare il disagio sociale sin dalla prima infanzia costituisce uno strumento importante per intensificare la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale in generale. La prevenzione si realizza in modo efficace quando si concretizza attraverso strategie integrate che associano misure di supporto all'inserimento professionale dei genitori, un sostegno finanziario adeguato e l'accesso a servizi essenziali per il futuro dei minori, come un'istruzione (prescolare) di qualità, l'assistenza sanitaria, servizi nel settore degli alloggi e servizi sociali, nonché occasioni per i minori di partecipare alla vita sociale e di esercitare i loro diritti, per consentire loro di realizzare pienamente il loro potenziale e aumentare la loro capacità di resistenza alle avversità;
(6)
le strategie che risultano più efficaci per combattere la povertà infantile sono le strategie che sono alla base delle politiche volte a migliorare il benessere di tutti i minori, dedicando tuttavia particolare attenzione a quelli che si trovano in situazioni di grande vulnerabilità;
(7)
le azioni a favore dell'eguaglianza tra donne e uomini, del paritarismo (gender mainstreaming) e delle pari opportunità, nonché la lotta contro la discriminazione che subiscono i minori e le loro famiglie per diversi motivi (in particolare collegati al sesso, all'appartenenza etnica o razziale, alla religione o alle convinzioni, alle disabilità, all'età o all'orientamento sessuale) dovrebbero essere al centro di qualunque azione destinata a lottare contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori;
(8)
la crisi finanziaria ed economica attuale pesa fortemente sui minori e sulle loro famiglie; ciò si traduce in molti paesi in un aumento della percentuale di individui che vivono in condizioni di povertà e di esclusione sociale;
(9)
gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche imposti dai crescenti vincoli di bilancio in molti paesi rappresentano un serio ostacolo se si vuole fare in modo che le politiche sociali rimangano adeguate ed efficienti, a breve e a lungo termine;
(10)
oltre dieci anni di cooperazione a livello dell'UE per lo sviluppo di appropriati indicatori per il monitoraggio, l'identificazione delle sfide comuni e delle politiche di contrasto più efficaci, hanno generato una comprensione comune dei determinanti della povertà infantile; ciò ha consentito a questa problematica di guadagnare terreno a livello politico. La Commissione ha successivamente annunciato, nella sua Comunicazione sulla piattaforma europea contro la povertà e l'esclusione sociale (2) l'adozione di una raccomandazione sulla povertà infantile;
(11)
la strategia Europa 2020 ha dato un nuovo impulso alla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale nell'UE fissando come obiettivo comune a livello europeo, entro il 2020, la riduzione di almeno 20 milioni del numero di individui a rischio di povertà e di esclusione sociale e rafforzando inoltre le misure contro l'abbandono scolastico. L'eradicazione e la prevenzione della povertà infantile sono una componente essenziale degli sforzi compiuti dall'UE e dagli Stati membri in questo settore e rientrano nel campo d'azione della Piattaforma europeo contro la povertà e l'esclusione sociale;
(12)
l'attuale governance, messa a punto nel quadro del semestre europeo, consente di garantire l'applicazione effettiva delle raccomandazioni per paese in materia di lotta contro la povertà dei minori e del miglioramento del loro benessere;
(13)
tutti gli Stati membri dell'UE hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Le norme e i principi ivi stabiliti devono continuare a guidare le politiche e le azioni dell'Unione che hanno un impatto sui diritti dei minori;
(14)
sia nella relazione consultiva (3) e nei messaggi principali del Comitato di protezione sociale, nel giugno 2012, sia nelle conclusioni dell'ottobre 2012 del Consiglio EPSCO sulla prevenzione e la lotta contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori e la promozione del loro benessere (4), gli Stati membri hanno riaffermato il loro impegno e hanno espresso la loro soddisfazione per il progetto della Commissione di adottare una raccomandazione in materia;
(15)
l'UE ha già dedicato numerose iniziative a temi che hanno un rapporto con la povertà infantile e la trasmissione delle disuguaglianze da una generazione all'altra, in particolare nei settori dell'istruzione e della formazione, dell'assistenza sanitaria, dei diritti del bambino e dell'uguaglianza tra donne e uomini (5);
(16)
la lotta contro la povertà infantile rientra in primo luogo nell'ambito di competenza degli Stati membri, ma un quadro comune europeo è suscettibile di sviluppare le sinergie tra i settori pertinenti di intervento e di aiutare gli Stati membri a rivedere le loro strategie, imparando dalle rispettive esperienze per migliorare l'efficacia e l'efficienza delle loro azioni grazie ad approcci innovativi, tenendo conto della varietà delle situazioni e delle esigenze a livello locale, regionale e nazionale;
(17)
tale strumento potrebbe inoltre, nel contesto del prossimo Quadro finanziario pluriennale, servire da base per una più ampia cooperazione e consentire un'utilizzazione più mirata degli strumenti finanziari pertinenti, in particolare i Fondi strutturali, per raggiungere l'obiettivo proposto consistente nel «promuovere l'inclusione sociale e combattere la povertà»;
RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: di adottare ed applicare politiche volte ad eradicare la povertà e l'esclusione sociale dei minori e a promuovere il loro benessere mediante strategie multidimensionali, conformi ai seguenti orientamenti:
1. ISPIRARSI AI SEGUENTI PRINCIPI ORIZZONTALI
—
Combattere la povertà e l'esclusione sociale dei minori mediante strategie integrate che vadano oltre la garanzia della sicurezza materiale e promuovano la parità delle opportunità affinché essi possano sfruttare pienamente il loro potenziale;
—
trattare il problema della povertà e dell'esclusione sociale dei minori dal punto di vista dei loro diritti, basandosi in particolare sulla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e sulle disposizioni pertinenti del trattato sull'Unione europea e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, vigilando affinché tali diritti siano rispettati, protetti ed esercitati;
—
far prevalere in qualunque momento l'interesse superiore dei minori e riconoscere a questi ultimi la qualità di pieni titolari di diritti individuali, riconoscendo allo stesso tempo l'importanza del sostegno alle famiglie quali prime responsabili del benessere dei minori;
—
mantenere un giusto equilibrio tra le misure universali, destinate a promuovere il benessere di tutti i minori, e gli approcci mirati, destinati ad aiutare i più svantaggiati;
—
dedicare particolare attenzione ai minori più minacciati dalla miseria a causa di molteplici svantaggi: minori rom, minori di famiglie migranti o appartenenti a minoranze etniche, minori che presentano esigenze specifiche o che soffrono per una disabilità, minori che sono oggetto di una presa a carico alternativa, ragazzi di strada, minori i cui genitori sono reclusi e minori provenienti da famiglie particolarmente esposte al rischio di povertà, come le famiglie monoparentali o le famiglie numerose;
—
proseguire gli investimenti a favore dell'infanzia e delle famiglie per garantire la continuità delle politiche e permettere la pianificazione di lungo periodo; valutare gli effetti delle riforme strategiche sulla situazione dei più svantaggiati e adottare disposizioni volte ad attenuare eventuali ripercussioni negative.
2. ELABORARE STRATEGIE INTEGRATE, BASATE SU TRE GRANDI PILASTRI
2.1. L'accesso a risorse sufficienti
Favorire la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro — Riconoscere lo stretto legame tra la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro e le condizioni di vita dei loro figli e, conformemente ai principi stabiliti nella raccomandazione della Commissione relativa all'inclusione attiva
(6)
e negli obiettivi di Barcellona
(7), adottare tutte le misure possibili per favorire tale partecipazione, in particolare per i genitori distanti dal mercato del lavoro o particolarmente a rischio di povertà.
—
Vigilare affinché il lavoro sia finanziariamente attraente, identificando ed eliminando i fattori che dissuadono in particolare i genitori che tentano di entrare, rimanere o progredire nel mercato del lavoro, in particolare i fattori collegati alla configurazione dei regimi di fiscalità e delle prestazioni sociali e alle interazioni tra di essi;
—
favorire l'occupabilità e la partecipazione al mercato del lavoro dei genitori soli e del genitore con stipendio minore, promuovendo l'uguaglianza tra le donne e gli uomini, sia sul mercato del lavoro che a livello delle responsabilità familiari;
—
contribuire ulteriormente al reinserimento professionale dei genitori dopo un congedo parentale attraverso misure di formazione e di assistenza alla ricerca di un posto di lavoro, dedicando particolare attenzione agli individui più esposti;
—
intensificare gli sforzi volti a consentire a tutte le famiglie, in particolare alle famiglie in condizioni di vulnerabilità e a coloro che risiedono in zone svantaggiate di avere effettivamente accesso a servizi educativi per l'infanzia di elevata qualità e a costi sostenibili;
—
adattare il modello e i criteri di ammissibilità ai sevizi educativi per l'infanzia alle modalità di lavoro sempre più diversificate, al fine di aiutare i genitori a rispettare i loro obblighi professionali o a trovare un lavoro, mantenendo un forte accento sull'interesse superiore dei minori;
—
promuovere posti di lavoro di qualità per tutti e un ambiente di lavoro che consenta ai genitori di conciliare la vita professionale e la vita familiare (congedi parentali, servizi di assistenza sul luogo di lavoro ed orari di lavoro flessibili);
Garantire condizioni di vita corrette grazie ad una combinazione di prestazioni — Offrire ai minori condizioni di vita corrette, compatibili con un'esistenza degna, grazie a una combinazione ottimale di prestazioni in denaro e in natura:
—
completare le entrate familiari mediante prestazioni adeguate, coerenti ed efficaci (incentivi fiscali, assegni familiari, assegni per l'alloggio e sistemi di reddito minimo garantito);
—
integrare gli aiuti in denaro con prestazioni in natura, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, i servizi educativi per l'infanzia, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, gli alloggi, i trasporti e le attività sportive e socioculturali;
—
vigilare affinché la forma degli aiuti finanziari per i minori e l'accesso a tali aiuti seguano l'evoluzione degli stili di vita e favoriscano una corretta ridistribuzione delle ricchezze tra le varie categorie di reddito;
—
fare in modo che i minori o le loro famiglie possano effettivamente beneficiare delle prestazioni alle quali hanno diritto facilitandone l'accesso e mettendo a disposizione dei beneficiari un maggior numero di servizi di prossimità;
—
distribuire le prestazioni sociali soggette a particolari condizioni di reddito e altre prestazioni mirate in modo tale da evitare le stigmatizzazioni, differenziare le esigenze dei minori e attenuare i rischi collegati alle trappole di povertà, senza per questo disincentivare al lavoro i genitori che apportano un secondo stipendio e i genitori soli;
—
agire con discernimento quando si condiziona la concessione di assegni familiari al comportamento dei genitori o all'assiduità scolastica dei minori, anticipando i possibili effetti negativi di queste misure;
—
creare sistemi di distribuzione regolari e reattivi, come ad esempio i pagamenti anticipati, in modo da garantire una copertura massima e beneficiare quanto più possibile i minori.
2.2. L'accesso a servizi di qualità a un costo sostenibile
Ridurre le disuguaglianze sin dalla più tenera età investendo nei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia — Sfruttare ulteriormente il potenziale dei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia in materia di inclusione sociale e di sviluppo, facendone un investimento sociale volto limitare, grazie a un intervento precoce, le disuguaglianze e le difficoltà di cui soffrono i minori svantaggiati:
—
creare servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia inclusivi e di qualità; vigilare affinché siano a costi sostenibili ed adeguati alle esigenze delle famiglie;
—
incoraggiare la partecipazione dei minori provenienti da ambienti svantaggiati (in particolare quelli di età inferiore a tre anni) quale che sia la situazione professionale dei loro genitori, evitando al tempo stesso le stigmatizzazioni e la segregazione;
—
aiutare i genitori a svolgere il loro ruolo in quanto principali educatori dei figli durante i primi anni e incoraggiare i servizi di educazione e di accoglienza della prima infanzia a lavorare in stretta collaborazione con i genitori e i soggetti locali associati allo sviluppo dei minori (come i servizi sanitari o di sostegno alle famiglie);
—
sensibilizzare i genitori ai vantaggi dei servizi di educazione e accoglienza per la prima infanzia, sia per i figli che per loro stessi; utilizzare questi servizi come un mezzo per individuare tempestivamente i problemi fisici o psicologici insorti nell'ambiente scolastico o familiare, nonché le esigenze specifiche o gli eventuali abusi.
Rafforzare l'influenza del sistema educativo sulla parità delle opportunità — Aumentare la capacità del sistema educativo di spezzare il circolo vizioso della disuguaglianza, vigilando affinché tutti i minori ricevano un'istruzione inclusiva di grande qualità, in grado di favorire il loro sviluppo sul piano emotivo, sociale, cognitive e fisico:
—
garantire l'inclusione di tutti i discenti, incentrando, se necessario, le risorse e le opportunità sui più svantaggiati e garantendo un opportuno monitoraggio dei risultati;
—
riconoscere e colmare le disparità spaziali per quanto riguarda l'offerta e la qualità dei servizi educativi, oltre che sul piano dei risultati scolastici; incoraggiare le politiche di desegregazione che rafforzano l'istruzione a vocazione generale;
—
creare un ambiente di apprendimento inclusivo rafforzando il collegamento tra gli istituti scolastici e i genitori; mettere a punto eventualmente aiuti personalizzati per controbilanciare svantaggi specifici, come ad esempio le formazioni destinate ai genitori dei minori di famiglie migranti o provenienti da minoranze etniche;
—
eliminare gli ostacoli che impediscono totalmente o notevolmente ai minori di andare a scuola o di completare il loro ciclo scolastico (come le spese di scolarità supplementari nell'insegnamento obbligatorio) proponendo un'assistenza educativa mirata in un ambiente favorevole per l' apprendimento;
—
migliorare i risultati degli alunni con basse competenze di base insistendo sull'acquisizione della lettura, della scrittura e del calcolo, oltre che di nozioni di matematica e di scienze; vigilare affinché siano individuati rapidamente gli alunni in difficoltà;
—
elaborare ed applicare strategie globali volte a limitare l'abbandono scolastico, comprendenti misure di prevenzione, di intervento e di compensazione; vigilare affinché queste strategie comprendano misure incentrate sui minori più suscettibili di abbandonare la scuola;
—
rafforzare la legislazione in materia di uguaglianza e fare in modo che i discenti più emarginati possano esercitare il loro diritto fondamentale ad una qualificazione minima di qualità;
—
rivedere e rafforzare le qualifiche di tutte le professioni collegate all'insegnamento e formare gli insegnanti alla diversità sociale; fare ricorso a mediatori culturali specializzati e a persone in grado di fungere da modello per facilitare l'integrazione dei rom e dei minori provenienti da famiglie migranti.
Migliorare la reattività dei sistemi sanitari nel rispondere alle esigenze dei minori svantaggiati — Vigilare affinché tutti i minori possano esercitare pienamente il loro diritto universale alle cure sanitarie, in particolare per quanto riguarda la prevenzione delle malattie, la promozione della salute e l'accesso a servizi sanitari di qualità:
—
porre rimedio alle difficoltà che incontrano i minori e le famiglie in situazioni di vulnerabilità nell'accedere alle cure sanitarie, si tratti di costi, ostacoli culturali e linguistici o mancanza di informazione; migliorare la formazione dei prestatari di assistenza sanitaria su tali questioni;
—
investire nella prevenzione, in particolare durante la prima infanzia, ponendo in essere strategie globali comprendenti misure alimentari, sanitarie, educative e sociali;
—
intervenire sul gradiente sociale collegato a stili di vita malsani e all'abuso di sostanze psicotrope consentendo a tutti i minori di beneficiare di un regime alimentare equilibrato e di esercitare un'attività fisica;
—
dedicare particolare attenzione ai minori che soffrono di disabilità o di problemi di salute mentale, ai minori privi di documenti o non registrati, alle adolescenti incinte e ai minori le cui famiglie hanno precedenti in materia di abuso di sostanze psicotrope.
Offrire ai minori un alloggio e un contesto di vita sicuri e adeguati — Permettere ai minori di vivere e di crescere in un ambiente sicuro, sano e adatto ai minori, in grado di favorire il loro sviluppo e rispondere alle loro esigenze di apprendimento:
—
dare alle famiglie con figli l'accesso ad alloggi di buona qualità e a costo abbordabile (in particolare alloggi sociali) e rimediare ai problemi di esposizione ai rischi ambientali, di sovrappopolazione e di precarietà energetica;
—
aiutare la famiglie e i minori che rischiano di perdere il loro alloggio evitando le espulsioni, i traslochi inutili e le separazioni dei figli dalle loro famiglie, anche proponendo alloggi temporanei e soluzioni di alloggio a lungo termine;
—
curare gli interessi superiori dei minori nel quadro della sistemazione del territorio a livello locale; evitare la «ghettizzazione» e la segregazione favorendo la «mescolanza sociale» negli alloggi; ed inoltre un accesso adeguato ai trasporti pubblici;
—
limitare la dannosa esposizione dei minori ad un ambiente materiale e sociale in degrado al fine di evitare che essi subiscano violenze o maltrattamenti.
Migliorare i servizi di assistenza alle famiglie e la qualità dei servizi di cura alternativa — Rafforzare i servizi sociali e i servizi di protezione destinati ai minori, in particolare in materia di prevenzione; aiutare le famiglie a sviluppare le loro competenze parentali evitando stigmatizzazioni e vigilare inoltre affinché i minori sottratti alla loro famiglia crescano in un ambiente corrispondente alle loro esigenze:
—
vigilare affinché la povertà non sia mai la sola ragione per sottrarre un minore alla sua famiglia; per quanto possibile, permettere ai minori di restare o ritornare nella loro famiglia, ad esempio rimediando alle carenze materiali della famiglia stessa;
—
operare un controllo adeguato per evitare il collocamento dei minori in istituzioni e, quando ciò avviene, prevedere riesami della situazione a scadenze regolari;
—
limitare l'espansione delle istituzioni di collocamento per i minori sottratti alla cura parentale a vantaggio di altre soluzioni di presa a carico di qualità, in strutture di prossimità o in famiglie di accoglienza, prendendo nella dovuta considerazione il parere dei minori;
—
vigilare affinché i minori privi di assistenza parentale abbiano accesso a servizi (generali e specifici) di qualità in materia di salute, di istruzione, di occupazione, di assistenza sociale, di sicurezza e di alloggio, in particolare durante il passaggio all'età adulta;
—
fornire un sostegno adeguato ai minori rimasti soli dopo che uno o entrambi i genitori sono immigrati all'estero per lavoro, nonché alle persone che si occupano di loro al posto dei genitori.
2.3. Diritto dei minori a partecipare alla vita sociale
Incoraggiare la partecipazione di tutti i minori ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali — Riconoscere la capacità dei minori di agire sul proprio benessere e di superare le situazioni difficili (resistenza alle avversità), in particolare dando loro occasioni di partecipare ad attività di apprendimento informale al di fuori della famiglia e degli orari scolastici:
—
eliminare gli ostacoli collegati al costo, all'accesso e alle differenze culturali in modo che tutti i minori possano partecipare ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali al di fuori della scuola;
—
prevedere luoghi sicuri nell'ambiente dei minori e sostenere le comunità sfavorite attraverso misure di incentivazione;
—
incoraggiare le scuole, i soggetti e le autorità locali a prevedere migliori attività e servizi parascolastici per tutti i minori, quale che sia lo status socioprofessionale dei genitori;
—
permettere a tutte le famiglie di partecipare ad attività sociali in grado di migliorare le loro competenze parentali e di favorire una comunicazione familiare positiva;
—
privilegiare i modelli di partecipazione che mettono a profitto il potenziale di volontariato della comunità e incoraggiano la solidarietà tra le generazioni.
Adottare meccanismi che favoriscono la partecipazione dei minori ai processi decisionali che li riguardano — Autorizzare e incoraggiare i minori ad esprimere pareri con conoscenze di causa e fare in modo che tali pareri siano debitamente presi in considerazione e influenzino le grandi decisioni che riguardano i minori:
—
adottare e sviluppare gli strumenti disponibili per associare i minori al funzionamento di servizi come la custodia dei minori, l'assistenza sanitaria e l'istruzione e raccogliere il parere dei minori, utilizzando strumenti adatti alla loro età, in merito all'elaborazione delle politiche che li riguardano;
—
appoggiare la partecipazione di tutti i minori nelle strutture partecipative esistenti; dirigersi verso i minori provenienti da ambienti svantaggiati e incoraggiare la loro partecipazione;
—
invitare i professionisti che lavorano con e per i minori ad associare attivamente questi ultimi alla vita pubblica sensibilizzandoli sui loro diritti e sui loro doveri;
—
rispettare il diritto dei minori di essere ascoltati in tutte le decisioni giudiziarie e promuovere un ambiente giudiziario adatto alle esigenze dei minori, in particolare offrendo loro un accesso effettivo ai tribunali e alle procedure giudiziarie.
3. SVILUPPARE ULTERIORMENTE I MECCANISMI DI GOVERNANCE, DI ESECUZIONE E DI MONITORAGGIO NECESSARI
Rafforzare le sinergie tra settori e migliorare i sistemi di governance — Fare in modo che le azioni pubbliche agiscano effettivamente sulla povertà e l'esclusione sociale dei minori secondo strategie globali, migliorando il coordinamento tra i principali soggetti coinvolti:
—
creare collegamenti regolari e sistematici tra i settori di azione che hanno una maggiore importanza per l'inclusione sociale dei minori e rafforzare le sinergie tra i principali soggetti coinvolti, in particolare nei settori dell'istruzione, dell'occupazione, della salute, dell'uguaglianza e dei diritti dei minori;
—
operare per l'integrazione dei diritti dei minori e delle azioni relative all'infanzia nelle politiche fondamentali, ad esempio mediante specifici accordi istituzionali;
—
promuovere una stretta cooperazione e un dialogo regolare tra i poteri pubblici (a tutti i livelli), le parti sociali, le comunità locali e le organizzazioni della società civile;
—
incoraggiare e sviluppare la partecipazione dei minori, anche nell'applicazione della presente raccomandazione.
Intensificare il ricorso ai metodi basati su elementi probanti — Privilegiare le strategie elaborate sulla base di informazioni fattuali e l'innovazione in materia di azione sociale, tenendo conto degli effetti potenziali sui minori:
—
sfruttare pienamente i dati statistici e amministrativi esistenti per misurare gli effetti dell'azione pubblica sui minori e sulle loro famiglie; migliorare, se necessario e nella misura del possibile, la capacità statistica (ad esempio ventilando i dati per sesso), in particolare per quanto riguarda la situazione di difficoltà dei minori, l'accesso ai servizi educazione e accoglienza per la prima infanzia di qualità e a un costo abbordabile, la salute infantile e la situazione dei minori più vulnerabili;
—
migliorare la tempestività dei dati necessari per sorvegliare la situazione dei minori e privilegiare il ricorso a metodi e a modelli come la microsimulazione per consentire una valutazione ex ante più sistematica degli effetti potenziali delle azioni sui minori;
—
rinsaldare i legami tra l'azione pubblica e la comunità dei ricercatori e verificare le innovazioni strategiche nel settore interessato; incoraggiare la valutazione dei risultati dei programmi sulla base di dati concreti, anche a lungo termine, mediante strumenti quali le indagini longitudinali; promuovere la visibilità e la condivisione dei risultati;
—
favorire gli scambi di buone prassi e di conoscenze, il ricorso a modelli d'intervento verificati e provati, nonché le misure volte a incoraggiare la solidarietà nella comunità in senso lato o a dare alle comunità locali i mezzi per collaborare;
—
valutare la portata delle misure provvisorie adottate nel quadro della crisi economica prima di decidere di incorporarle in riforme di ordine strutturale.
4. SFRUTTARE PIENAMENTE GLI STRUMENTI PERTINENTI DELL'UE
Impegnarsi nella lotta contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori in quanto priorità della strategia Europa 2020 — Mobilitare tutta la gamma di strumenti e di indicatori disponibili nel quadro della strategia Europa 2020 al fine di dare un nuovo slancio agli sforzi comuni per lottare contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori:
—
fare della povertà e dell'esclusione sociale dei minori uno degli obiettivi fondamentali della strategia Europa 2020 e dei Programmi di riforma nazionali, nel contesto più generale della lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, tenendo conto delle raccomandazioni pertinenti per paese adottate dal Consiglio europeo;
—
studiare, se necessario, l'opportunità di definire obiettivi nazionali in materia di riduzione della povertà e di esclusione sociale dei minori, secondo le particolarità del paese;
—
utilizzare pienamente gli strumenti della strategia Europa 2020 e del metodo aperto di coordinamento nel settore sociale al fine di migliorare il monitoraggio e la valutazione delle politiche in materia di povertà e di benessere dei minori, basandosi sul quadro di monitoraggio basato su indicatori e proposto in allegato alla presente raccomandazione;
—
rafforzare le sinergie con le politiche pertinenti dell'UE, in particolare nel settore dell'istruzione, della salute, della parità dei sessi e dei diritti dei minori.
Mobilitare gli strumenti finanziari pertinenti dell'UE — Sfruttare in modo adeguato le possibilità offerte dagli strumenti finanziari dell'UE per sostenere le priorità strategiche particolareggiate sopraelencate:
—
incoraggiare ulteriormente strategie basate su elementi probanti nonché una maggiore innovazione sociale mediante il Programma per il cambiamento sociale e l'innovazione sociale, il Fondo sociale europeo, il programma Horizon 2020 e utilizzare questi programmi per verificare, valutare ed attuare su scala più vasta, se del caso, eventuali innovazioni strategiche;
—
trarre pieno vantaggio dal Fondo europeo di aiuto agli indigenti (concepito per alleviare le privazioni alimentari e materiali dei minori), dai Programmi europei di distribuzione di frutta e latte nelle scuole (che forniscono ai minori prodotti ad alto valore nutritivo e incoraggiano buone abitudini alimentari) nonché dal programma «Erasmus per tutti» (che ha lo scopo di favorire l'accesso ai minori all'istruzione, all'apprendimento informale e allo sport);
—
sfruttare le possibilità dei Fondi strutturali a vantaggio dei minori e delle loro famiglie al momento di elaborare i programmi operativi del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di sviluppo regionale per il periodo 2014-2020, conformemente alle raccomandazioni per paese;
—
trarre vantaggio dagli obiettivi tematici in materia di promozione dell'occupazione e di sostegno alla mobilità professionale, di promozione dell'inclusione sociale e di lotta contro la povertà; di investimento nell'istruzione, nelle competenze e nell'apprendimento permanente, oltre che in materia di priorità di investimento relative a ciascuno di questi settori. Tra queste priorità citiamo in particolare l'istruzione prescolastica, la riduzione dell'abbandono scolastico, la conciliazione della vita privata e della vita professionale, l'accesso ai servizi (in particolare sanitari e sociali), le strategie di sviluppo locale partecipativo, il sostegno alla riabilitazione delle zone svantaggiate e il progressivo passaggio da servizi istituzionali a servizi di prossimità radicati nel tessuto sociale;
—
al fine di garantire l'efficacia degli interventi dei Fondi strutturali durante il periodo 2014-2020, applicate strategie basate su elementi probanti per limitare l'abbandono scolastico in grado di associare tutte le parti coinvolte, nonché misure destinate ad accompagnare la transizione da servizi istituzionali a servizi di prossimità;
—
privilegiare una strategia di partnership nella programmazione e nella mobilitazione dei Fondi strutturali associando tutte le parti interessate a livello nazionale, regionale e locale (in particolare le autorità competenti, le parti sociali e le organizzazioni non governative) al fine di mobilitare tutti gli strumenti d'azione contro la povertà infantile.
Fatto a Bruxelles, il 20 febbraio 2013
Per la Commissione
László ANDOR
Membro della Commissione
(1) Conformemente alla Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diritti del fanciullo, si intende per «minori» nella presente raccomandazione, gli individui di età inferiore a 18 anni.
(2) COM(2010) 758 final.
(3) Comitato della protezione sociale, relazione consultiva alla Commissione europea «SPC advisory report to the European Commission on tackling and preventing child poverty, promoting child well-being», 27 giugno 2012.
(4) «Prevenire e combattere la povertà e l'esclusione sociale dei minori e promuovere il loro benessere», conclusioni del Consiglio EPSCO del 4 ottobre 2012, 14437/12.
(5) Si vedano in particolare: COM(2008) 865 final, «Un quadro strategico aggiornato per la cooperazione europea nel settore dell'istruzione e della formazione»; COM(2009) 567 final, «Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell'Unione europea»; COM(2011) 60 final, «Programma dell'Unione europea per i diritti dei minori»; e COM(2010) 491 final, «Strategia per la parità tra donne e uomini, 2010-2015.
(6) Raccomandazione della Commissione 2008/867/CE, del 3 ottobre 2008, relativa all'inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro.
(7) Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Barcellona dei giorni 15 e 16 marzo 2002, SN 100/1/02 REV 1.
ALLEGATO
Quadro di monitoraggio sulla base di indicatori
Il presente quadro di monitoraggio comprende una serie di indicatori pertinenti per controllare l'applicazione della raccomandazione. Le proposte di sviluppi futuri sono presentate negli allegati del «Pacchetto investimenti sociali».
Obiettivo generale: lottare contro la povertà e l'esclusione sociale dei minori e promuovere il loro benessere
Europa 2020
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario/ contestuale (1)
Commenti
Minori esposti al rischio di povertà e di esclusione sociale (elemento dell'obiettivo di Europa 2020 in material di lotta contro la povertà e l'esclusione sociale)
Numero totale di minori che vivono in una famiglia esposta al rischio di povertà o in situazione di grave privazione materiale, o che vivono in una famiglia a densità di lavoro molto bassa (per la definizione di questi tre indicatori, vedi oltre)
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat - Statistiche dell'UE sul reddito e le condizioni di vita (Eurostat — SRCV — UE)
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Indicatore
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario/ contestuale
Commenti
Tasso di rischio di povertà infantile (da analizzare in collegamento con il valore della soglia di povertà in standard di potere d'acquisto SPA per una famiglia composta da due adulti e due minori di età inferiore a 14 anni)
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-1 anni7) e per categoria di famiglia
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Tasso di privazione materiale grave
Proporzione di minori che vivono in una famiglia le cui condizioni di vita sono gravemente compromesse dalla mancanza di risorse, perché si trovano in almeno 4 delle 9 situazioni seguenti: impossibilità i) di pagare l'affitto o le fatture di consumo corrente, ii) di riscaldare in modo conveniente la loro abitazione, iii) di affrontare spese impreviste, iv) consumare carne, pesce o altri alimenti proteinati equivalenti ogni due giorni, v) di prendere una settimana di vacanza al di fuori del domicilio, vi) di acquistare un'autovettura, vii) di acquistare una lavatrice, viii) di acquistare un televisore a colori, o ix) di acquistare un telefono
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Proporzione di minori che vivono in una famiglia a intensità di lavoro molto bassa
Proporzione di minori che vivono in una famiglia nella quale gli adulti in età lavorativa (18-59 anni) hanno lavorato meno del 20 % del loro potenziale di lavoro totale nel corso dell'anno (vale a dire durante il periodo di riferimento del reddito)
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Indice di privazione materiale dei minori
In discussione
Eurostat -EU-SILC
s.o.
In preparazione
Dispersione del rischio di povertà infantile intorno alla soglia di rischio di povertà: tasso di rischio di povertà calcolato con soglie del 50% e del 70%
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 50% e al 70% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Tasso di rischio persistente di povertà infantile
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è rimasto inferiore alla soglia di povertà nell'anno in corso e almeno durante due dei tre anni precedenti
0-17 anni
Eurostat — SRCV — UE (componente longitudinale)
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Tasso di rischio di povertà fissato in un momento dato nel tempo per i minori
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale, sulla base di una soglia fissata in un momento dato nel tempo
0-17 anni
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore contestuale
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Accesso a risorse sufficienti
Indicatore
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario/ contestuale
Commenti
Tasso di povertà relativo a persone che svolgono attività lavorative e vivono in famiglie con minori a carico
Proporzione di individui (con minori a carico) considerati come attivi il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà (60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale)
Per fascia di età (0-17 anni, 18-64 anni, 0-64 anni); per categoria di famiglia (famiglie monoparentali, due adulti con minori a carico)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Tasso di rischio di povertà infantile per intensità di lavoro delle famiglie
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito disponibile equivalente è inferiore al 60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale secondo l'intensità di lavoro della famiglia
0-17 anni, intensità di lavoro della famiglia (molto alta [0,85 — 1], alta [0,55 — 0,85], media [0,.45 — 0,55], bassa [0,2 — 0,45])
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Tasso di rischio di povertà infantile in famiglie che svolgono attività lavorative
Proporzione di minori che vivono in una famiglia il cui reddito è inferiore alla soglia di povertà (60% del reddito disponibile equivalente mediano nazionale) e la cui intensità di lavoro è superiore a 0,2
Per categoria di famiglia
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Scarto relative mediano di povertà infantile
Differenza tra il reddito equivalente mediano degli individui che vivono al di sotto della soglia di rischio di povertà e tale soglia, espressa come percentuale di tale soglia
0-17 anni
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Assistenza ai minori
Proporzione di minori presi a carico (in un quadro istituzionale (2), diverso dal contesto familiare) in rapporto al numero totale di minori nella stessa fascia d'età
Meno di 3 anni, tra 3 anni e l'età d'ingresso nella scuola dell'obbligo; meno di 30 ore, 30 ore o più a settimana
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
La pertinenza della ventilazione per quintili di reddito deve essere valutata
Impatto della parentalità sull'occupazione
Differenza, in punti percentuali, tra:
—
il tasso di occupazione delle persone tra i 20 e i 49 anni che vivono in una famiglia senza figli di età tra 0 e 6 anni; e
—
il tasso di occupazione delle persone tra i 20 e i 49 anni che vivono in una famiglia con almeno un minore in età da 0 e 6 anni
Totale, per sesso
Eurostat — Inchiesta sulle forze di lavoro (LFS)
Indicatore contestuale
Si raccomanda di esaminare separatamente i minori da 0 a 3 anni e quelli da 3 a 6 anni
Impiego a tempo parziale per responsabilità familiari
Persone impiegate a tempo parziale poiché hanno figli o adulti disabili a carico, in percentuale del numero totale di persone occupate
Totale, per sesso
Eurostat — (LFS)
Indicatore contestuale
Impatto dei trasferimenti sociali (diversi dalle pensioni) sulla riduzione della povertà infantile
Differenza tra il tasso di rischio di povertà infantile prima e dopo i trasferimenti sociali (pensioni escluse)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Sovraccarico dei costi di alloggio
Percentuale della popolazione che vive in una famiglia in cui il costo globale dell'alloggio (al netto delle indennità di alloggio) rappresenta più del 40% del reddito disponibile globale della famiglia
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni) e per livello di rischio di povertà (al di sopra o al di sotto della soglia di rischio di povertà)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore secondario
Si raccomanda un confronto con la popolazione in età lavorativa (18-64 anni) e la popolazione anziana ( + di 65 anni)
Accesso a servizi di qualità
Indicatore
Definizione
Ventilazione
Fonte
Indicatore primario/ secondario
Commenti
Educazione prescolare
Proporzione di minori tra i 4 anni e l'età di scolarizzazione obbligatoria che beneficiano di un'istruzione prescolare
Per sesso
UOE (3)
Indicatore primario
Competenze in lettura, matematica e scienze
Proporzione di giovani di 15 anni che ottengono un punteggio uguale o inferiore a un punto (su una scala da 1 (punteggio più basso) a 5 (punteggio più elevato) ai test PISA)
Per profilo parentale (livello d'istruzione, paese di nascita)
OCSE- PISA (4)
Indicatore primario
I dati attuali non comprendono dati relativi a Cipro e a Malta
Tasso di giovani che non lavorano e non seguono corsi di studio o di formazione (NEET)
Tasso di giovani che non lavorano e non seguono corsi di studio e di formazione (NEET)
Per sesso, 15-19 anni
Eurostat — LFS
Indicatore primario
Giovani che abbandonano prematuramente gli studi o la formazione
Individui tra i 18 e i 24 anni che hanno seguito al massimo il ciclo inferiore dell'insegnamento secondario e non seguono altri corsi di studio o di formazione
Per sesso e per livello d'istruzione più elevato raggiunto
Eurostat — LFS
Indicatore secondario
Necessità di cure mediche non soddisfatta dichiarate dall'interessato
Proporzione di individui tra i 16 e i 25 anni che dichiarano di non aver avuto accesso ai servizi medici per motivi di costo, di lontananza o di tempi di attesa
Eurostat — SRCV — UE
Mortalità infantile
Rapporto tra il numero di minori di età inferiore a un anno deceduti durante l'anno in corso e il numero di nati vivi nello stesso periodo (espresso in numero di decessi per 1 000 nati vivi)
Per status socioeconomico dei genitori (in preparazione)
Eurostat
Indicatore primario
Mortalità infantile tra 1 e 14 anni
Tasso di mortalità per 100 000 abitanti
Eurostat
Basso peso alla nascita
Peso alla nascita inferiore a 2 500 grammi (5,5 libbre)
OMS — OCSE
Indicatore primario
Copertura vaccinale
% di minori completamente vaccinati contro la pertosse, la difterite, il tetano (vaccino DTC) e la poliomielite prima di aver raggiunto il primo anno di età in un anno civile determinato e percentuale di minori completamente vaccinati contro il morbillo, gli orecchioni e la rosolia (vaccino ROR) prima di avere raggiunto il secondo anno di età in un anno civile determinato
OMS
Indicatore contestuale
Obesità
Giovani tra i 15 e i 24 anni con un indice di massa corporale superiore o uguale a 30
Per sesso e status socioeconomico dei genitori
Eurostat — EHIS (5)
Indicatore contestuale
Fumatori regolari
Proporzione di individui che fumano quotidianamente sigarette di età tra i 15 e i 24 anni
Per sesso e status socioeconomico dei genitori
Eurostat — EHIS
Indicatore contestuale
Salute mentale
Giovani tra i 15 e i 24 anni che presentano una sindrome depressiva
Per sesso
Eurostat — EHIS
Indicatore contestuale
In preparazione
Cause di decesso dei giovani — suicidio
Numero di decessi dovuti a suicidio per 100 000 abitanti tra i 15 e i 24 anni
Per sesso
Eurostat — Statistiche delle cause di decesso
Indicatore contestuale
Insalubrità dell'alloggio
Percentuale della popolazione la cui abitazione presenta tutte le seguenti carenze:
1) fughe dal tetto, muri/pavimenti/fondazioni umidi ruggine a livello degli infissi e delle finestre o del pavimento; 2) mancanza di vasca da bagno o di doccia nell'abitazione; 3) mancanza di WC interno con scarico d'acqua per uso esclusivo della famiglia; 4) problemi collegati con l'abitazione: troppo scura, carenza di luce
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni) e per livello di rischio di povertà (al di sopra o al di sotto della soglia)
Eurostat — SRCV — UE
Indicatore primario
Sovraffollamento
Percentuale della popolazione che abita in un alloggio sovrappopolato. Si ritiene che una persona viva in un alloggio sovrappopolato quando la famiglia non dispone di un numero minimo di camera, vale a dire:
—
una camera per famiglia;
—
una camera per coppia;
—
una camera per individuo non in coppia di età superiore a 18 anni;
—
una camera per due individui dello stesso sesso di età tra i 12 e i 17 anni;
—
una camera per individuo di un altro sesso di età tra i 12 e i 17 anni;
—
una camera per due individui di età inferiore a 12 anni.
Per fascia di età (0-17 anni, 0-5 anni, 6-11 anni, 12-17 anni) e per livello di rischio di povertà (al di sopra o al di sotto della soglia)
Eurostat -EU -SILC
Indicatore primario
(1) Gli indicatori primari sono gli indicatori fondamentali che si riferiscono ai risultati generali considerati più importanti. Gli indicatori secondari integrano gli indicatori primari delineando un'immagine più precisa della natura o di altre dimensioni del problema. Gli indicatori contestuali forniscono elementi supplementari concernenti il contesto o elementi di dettaglio. L'elenco proposto non è esaustivo e potrà comprendere altri elementi di base considerati utili per delimitare e comprendere meglio il contesto nazionale.
(2) Per «quadro istituzionale» si intendono i seguenti servizi: istituti prescolastici e assimilati, scuola dell'obbligo, servizi in centri di accoglienza al di fuori dell'orario scolastico, asili collettivi e altri servizi di accoglienza, comprese le accoglienze diurne in ambiente familiare e le assistenti professionali certificate per l'infanzia. Qualunque presa a carico da parte membri della famiglia, dei vicini o di assistenti non qualificati è pertanto esclusa da questa definizione.
(3) Base di dati dell'UNESCO/OCSE/EUROSTAT sulle statistiche in materia di istruzione.
(4) http://www.oecd.org/statisticsdata/03381,en_2649_35845621_1_119656_1_1_1.00.html.
(5) L'EHIS è l'Indagine europea sulla salute condotta mediante interviste.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Investire nei bambini: spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE, DELL’ARTICOLO 3 (TUE) E DELL’ARTICOLO 153 (TFUE)?
Quale elemento del suo pacchetto di investimenti sociali (SIP) per la crescita e la coesione, la Commissione europea ha adottato una raccomandazione in materia di investimenti sociali a favore dei bambini. Il suo scopo è fornire agli Stati membri dell’Unione europea (UE) delle istruzioni sui mezzi con cui contrastare la povertà infantile e favorire il benessere dei bambini, nonché stabilire un quadro comune europeo.
L’articolo 3 del TUE menziona espressamente la protezione dei diritti del bambino tra gli obiettivi e i valori dell’UE.
L’articolo 153 del TFUE elenca i settori della politica sociale in cui l’UE sostiene e integra le attività proprie dei paesi dell’UE. Queste aree comprendono la lotta contro l’esclusione sociale.
PUNTI CHIAVE
La raccomandazione sollecita un approccio basato sui diritti dei bambini e strategie integrate fondate su tre pilastri:
1.
Accesso a risorse adeguate per ridurre la povertà del reddito e la deprivazione materiale:
favorendo la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro ed assicurandosi che il loro lavoro sia «conveniente»;
offrendo un tenore di vita adeguato attraverso una combinazione di assegni e indennità familiari, che dovrebbero avere natura redistributiva sulle categorie a basso reddito, evitando tuttavia le trappole dell’inattività e la stigmatizzazione.
2.
Accesso a servizi di qualità a prezzi contenuti per aumentare le possibilità di vita dei bambini e favorire il loro sviluppo:
migliorando l’accesso a servizi di assistenza ed istruzione, a prezzi contenuti, per la prima infanzia, per ridurre la disuguaglianza in giovane età;
migliorando l’impatto dei sistemi di istruzione sulle pari opportunità, assicurando così che tutti i bambini ricevano un’istruzione di qualità elevata;
migliorando la reattività dei sistemi sanitari per rispondere alle esigenze dei bambini svantaggiati;
fornendo ai bambini un ambiente di vita ed una sistemazione adeguati e sicuri;
rafforzando il sostegno alle famiglie e la qualità dei servizi di accoglienza alternativi.
3.
Diritto dei bambini a partecipare:
favorendo la partecipazione di tutti i bambini ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali — opportunità di apprendimento informale fruibili all’esterno del contesto scolastico;
mettendo in atto meccanismi che promuovano la partecipazione dei bambini ai processi decisionali che riguardano le loro vite.
Inoltre, la Commissione invita a sviluppare disposizioni in materia di governo, attuazione delle procedure e meccanismi di sorveglianza:rafforzando le sinergie tra i settori; potenziando l’elaborazione di politiche fondate su dati oggettivi e le azioni innovative nel campo della politica sociale. In ultimo, la raccomandazione sottolinea che l’utilizzo completo degli strumenti dell’UE di pertinenza debba realizzarsi:mobilitando la serie di strumenti ed indicatori disponibili nell’ambito della strategia Europa 2020, per dare nuovo slancio agli sforzi congiunti tesi ad affrontare l’emarginazione sociale e la povertà infantile; e utilizzando appropriatamente le opportunità offerte dagli strumenti finanziari UE a sostegno delle priorità sopra indicate.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Investire nei bambini (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo I — Disposizioni comuni — articolo 3 (ex articolo 2 TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 17).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo X — Politica sociale — Articolo 153 (ex articolo 137 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 114).
Raccomandazione della Commissione 2013/112/UE del 20 febbraio 2013: Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale (GU L 59 del 2.3.2013, pag. 5).
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-20 [COM(2013) 83 final del 20.2.2013].
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Programma UE per i diritti dei minori, [COM (2011) 60 definitivo del 15.2.2011].
EUROPA
2020 — Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva [COM(2010) 2020 final del 3.3.2010]. |
Assistenza finanziaria alla Spagna
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Ha approvato un programma di assistenza finanziaria volto ad aiutare la Spagna a ricapitalizzare e ristrutturare il proprio settore bancario.
PUNTI CHIAVE
Il programma di assistenza finanziaria concordato dai ministri delle Finanze della zona euro a luglio 2012 prevedeva finanziamenti da parte dei paesi della zona euro alla Spagna fino a 100 miliardi di euro per 18 mesi.
Quando il programma è terminato, a gennaio 2014, la Spagna aveva usato solo circa 38,9 miliardi di euro degli aiuti per ricapitalizzare le proprie banche e altri 2,5 miliardi di euro per capitalizzare la società spagnola di gestione patrimoniale, Sareb.
In cambio degli aiuti la Spagna, in consultazione con la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (ABE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), doveva:
individuare il fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore e una prova di stress sulle singole banche;
ricapitalizzare, ristrutturare e/o effettuare una risoluzione ordinata delle banche deboli, riducendo al minimo i costi per i contribuenti;
segregare le attività deteriorate delle banche beneficiarie di sostegno pubblico e cederle alla società di gestione patrimoniale Sareb;
rafforzare i suoi quadri di regolamentazione e di vigilanza e potenziare la governance.
Ogni tre mesi, la Commissione europea, la BCE e l’ABE hanno verificato che la Spagna rispettasse le condizioni cui gli aiuti erano subordinati.
Dopo che la Spagna ha abbandonato il programma nel dicembre del 2013, la Commissione ha continuato a monitorare l’economia e il settore finanziario spagnoli nell’ambito delle misure di vigilanza successive al programma stabilite nel regolamento (UE) n. 472/2013.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 24 luglio 2012.
CONTESTO
Il 25 giugno 2012, il governo spagnolo ha richiesto assistenza finanziaria esterna a titolo del programma di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF).
I capi di Stato e di governo presenti al Vertice della zona euro del 29 giugno 2012 hanno concordato che l’assistenza sarebbe di conseguenza arrivata dal meccanismo europeo di stabilità (MES), ma senza ottenere le stesse priorità per il rimborso di altri prestiti MES. Il memorandum d’intesa è stato firmato il 23 luglio. La sua piena attuazione ha tenuto conto di tutte le altre considerazioni pertinenti contenute nella dichiarazione del Vertice della zona euro del 29 giugno 2012.
Il funzionamento del programma è stato monitorato da vicino dalla Commissione e dalla BCE, parzialmente anche dall’ABE e dal FESF. È stato fortemente coinvolto anche l’FMI.
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Il programma di aggiustamento del settore finanziario per la Spagna» (Commissione europea)
«Vigilanza successiva al programma per la Spagna» (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2012/443/UE del Consiglio, del 23 luglio 2012, indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (GU L 202 del 28.7.2012, pagg. 17-20)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4)
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 407/2010 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pagg. 1-10) | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 23 luglio 2012
indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria
(2012/443/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di elaborare orientamenti di politica economica specifici concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro.
(2)
Nella raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2012 della Spagna e nel parere sul programma di stabilità della Spagna 2012-2015 (1), il Consiglio ha raccomandato alla Spagna di adottare provvedimenti al fine di «attuare la riforma del settore finanziario, e in particolare completare la ristrutturazione del settore bancario affrontando il problema delle istituzioni deboli rimanenti, presentando una strategia generale per gestire efficacemente le attività preesistenti nei bilanci delle banche e definendo un orientamento chiaro per il finanziamento e l’uso degli strumenti di sostegno».
(3)
L’abbondante disponibilità di finanziamento esterno a basso costo ha alimentato in Spagna negli anni 2000 una domanda interna trainata dal credito e una bolla speculativa, che si sono concentrate soprattutto sul settore immobiliare. Lo scoppio della bolla edilizia e immobiliare e la conseguente recessione economica hanno prodotto effetti negativi sul settore bancario spagnolo. Pertanto, alle banche spagnole è ormai ampiamente precluso, a eccezione di pochi enti creditizi di grandi dimensioni e diversificati sul piano internazionale, un accesso a prezzi abbordabili ai mercati del finanziamento all’ingrosso; esse sono pertanto estremamente dipendenti dal rifinanziamento dell’Eurosistema. Inoltre, la loro capacità di contrarre prestiti è ormai considerevolmente limitata dagli effetti dei declassamenti del rating sulla disponibilità di garanzie reali.
(4)
La considerevole contrazione dell’economia registrata negli ultimi anni, che influisce molto negativamente su occupazione e disoccupazione, ha determinato un grave deterioramento della posizione di bilancio della Spagna. Secondo l’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012, preparato dai servizi della Commissione, le proiezioni indicano un disavanzo pubblico al 6,3 % del PIL nel 2012, rispetto al 5,3 % previsto nel programma di stabilità 2012 e nel progetto di legge finanziaria 2012. Nel 2011 il debito pubblico lordo è salito al 68,5 % del PIL e, stando all’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012 preparato dai servizi della Commissione, si prevede che, a politiche invariate, aumenti all’80,9 % del PIL nel 2012 e all’86,8 % nel 2013, superando quindi il valore di riferimento del trattato ogni anno. I rischi associati allo scenario macroeconomico e agli obiettivi di bilancio, così come a ulteriori misure di salvataggio finanziario, potranno concorrere a un ulteriore aumento del debito pubblico. Alla luce di tale evoluzione il 10 luglio 2012 il Consiglio ha rivolto alla Spagna una raccomandazione a norma della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), volta a far cessare l’attuale situazione di disavanzo eccessivo entro il 2014.
(5)
Le autorità spagnole hanno adottato una serie di misure importanti per affrontare i problemi del settore bancario, fra cui: ripulitura dei bilanci delle banche, aumento dei requisiti patrimoniali minimi, ristrutturazione del settore delle casse di risparmio, innalzamento consistente degli obblighi di accantonamento per i prestiti connessi allo Sviluppo immobiliare (Real Estate Development — RED) e alle attività vincolate. Le misure si sono tuttavia rivelate insufficienti ad allentare la pressione dei mercati.
(6)
Nel febbraio 2011 le autorità spagnole hanno innalzato il requisito del coefficiente minimo di capitale («capital principal») all’8 % delle attività ponderate per il rischio delle banche, cui hanno concesso fino al settembre 2011 per conformarsi alla nuova regolamentazione. Per le banche più dipendenti dal finanziamento all’ingrosso e caratterizzate da un accesso limitato al mercato, il coefficiente minimo di capitale è stato portato al 10 %. Nel febbraio e nel maggio 2012 una nuova normativa ha imposto alle banche di costituire riserve e margini patrimoniali più consistenti per tutelarsi dalle eventuali perdite sui prestiti sia redditizi sia in sofferenza relativamente alle attività edilizie e immobiliari accumulate in passato. Il volume complessivo previsto di questi nuovi obblighi di copertura ammontava a circa 84 miliardi di EUR.
(7)
Fino all’aprile 2012 il contributo finanziario complessivo lordo dello Stato spagnolo (escluse le garanzie sulle emissioni di titoli) ammontava a circa 15 miliardi di EUR. Il sostegno finanziario è stato fornito attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata (FROB), cui è stato conferito un capitale di 15 miliardi di EUR di cui 9 miliardi già versati. Lo Stato ha inoltre fornito garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie privilegiate per un importo intorno agli 86 miliardi di EUR (di cui garanzie in essere per circa 58 miliardi). Nonostante le capacità residue del FROB pari a tre volte la sua allocazione di capitale, le disponibilità del settore pubblico non saranno sufficienti a garantire un sostegno abbastanza ampio da permettere la richiesta ripulitura a livello sistemico nel settore bancario.
(8)
I timori relativi alla necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione del settore bancario hanno contribuito ad aumentare le pressioni del mercato sui titoli di Stato spagnoli. I rendimenti dei titoli sovrani hanno raggiunto livelli abbondantemente superiori ai 500 punti base fra fine giugno e inizio luglio 2012, con conseguente aumento dei costi di finanziamento del settore sovrano spagnolo. L’aumento dell’onere per interessi rende più impegnativa la sfida del risanamento delle finanze pubbliche spagnole e della correzione del disavanzo eccessivo. La ristrutturazione completa e la ricapitalizzazione del settore bancario sono pertanto elementi importanti per l’alleggerimento della pressione sulle finanze pubbliche.
(9)
Il 25 giugno 2012 le autorità spagnole hanno chiesto ufficialmente assistenza finanziaria nel contesto del processo in corso di ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario del paese. L’assistenza è chiesta a titolo di assistenza finanziaria alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria. L’assistenza fornita è subordinata a condizioni specifiche al settore finanziario, come previsto nel memorandum d’intesa (MoU) negoziato tra il governo spagnolo e la Commissione, di concerto con la Banca centrale europea (BCE) e l’Autorità bancaria europea (ABE), con l’assistenza tecnica del Fondo monetario internazionale (FMI). Essa comprenderà sia una condizionalità specifica per le banche, in linea con le norme in materia di aiuti di Stato, sia una condizionalità orizzontale. Parallelamente, la Spagna dovrà conformarsi pienamente ai propri impegni e obblighi nel quadro della PDE e delle raccomandazioni, volte ad affrontare gli squilibri macroeconomici, formulate nell’ambito del Semestre europeo.
(10)
Il miglioramento della resilienza a lungo termine del settore bancario spagnolo è essenziale per mantenere la stabilità finanziaria in Spagna e contenere il contagio dello stress finanziario preservando le altre economie della zona euro e, quindi, per scongiurare effetti negativi sul buon funzionamento dell’economia e dell’Unione economica e monetaria. Le misure significative adottate finora per risolvere tali problemi non si sono rivelate del tutto adeguate. Sono pertanto necessarie ulteriori misure. La Spagna dovrebbe, in particolare, attuare altre misure specifiche per risolvere in modo efficace la questione delle attività accumulate in passato, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati, limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche e potenziare i meccanismi di individuazione dei rischi e gestione delle crisi.
(11)
Nell’ambito della strategia globale è fondamentale gestire efficacemente le attività accumulate in passato, imponendo una segregazione netta delle attività problematiche delle banche beneficiarie di sostegno mediante estromissione dai loro bilanci, in particolare per i prestiti connessi al comparto RED e per le attività vincolate. Tale segregazione fugherebbe gli ultimi dubbi sulla qualità dei bilanci delle banche, cui consentirebbe così di adempiere meglio la loro funzione di intermediazione finanziaria.
(12)
Un siffatto miglioramento della trasparenza dei bilanci delle banche può inoltre agevolare un ridimensionamento ordinato delle esposizioni delle banche nei confronti del settore immobiliare, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati e limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche.
(13)
La definizione di un quadro solido per il settore bancario spagnolo implica il potenziamento dei meccanismi di individuazione dei rischi e di gestione delle crisi. Una strategia efficace dovrebbe prevedere modifiche atte a rafforzare il quadro di regolamentazione e di vigilanza alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria. Occorre inoltre potenziare il governo societario in linea con le migliori pratiche internazionali,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La Commissione, in consultazione con la BCE, l’ABE e l’FMI, ha convenuto con le autorità spagnole le condizioni specifiche di politica nel settore finanziario cui è collegata l’assistenza finanziaria. Tali condizioni figurano nel memorandum d’intesa (MoU) che dovrà essere firmato dalla Commissione europea e dalle autorità spagnole. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio in un accordo sullo strumento di assistenza finanziaria.
La Spagna procede a una ricapitalizzazione adeguata e a una ristrutturazione profonda del suo sistema bancario. A tale scopo la Spagna sviluppa, coordinandosi con la Commissione europea e consultandosi con la BCE, una strategia per la struttura, il funzionamento e la sostenibilità economica futuri delle banche spagnole, che stabilirà in che modo garantire che siano in grado di operare senza ulteriore sostegno statale. Tale strategia sarà precisata ulteriormente nel MoU, in cui saranno ulteriormente elaborate le condizioni di politica contenute nella presente decisione.
2. Le componenti essenziali di tale strategia sono una revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo e il rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza nel settore bancario.
3. La revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo si articola nei tre elementi seguenti:
a)
individuazione del fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore bancario e, su tale base, una prova di stress sulle singole banche. In base ai risultati della prova di stress, le banche che necessitano di un apporto di capitale saranno divise in tre gruppi, ognuno dei quali sarà soggetto all’obbligo di presentare piani di ristrutturazione e risoluzione e tutte le misure complementari e successive, come previsto nel MoU;
b)
per le banche deboli, ricapitalizzazione, ristrutturazione e/o risoluzione ordinata della crisi in base a piani atti a colmare gli eventuali deficit di capitale individuati nella prova di stress. Tali piani si fonderanno sui principi di sostenibilità economica, riducendo al minimo i costi per i contribuenti (ripartizione degli oneri) e limitando le distorsioni della concorrenza. A tal fine la Spagna adotterà atti legislativi intesi a i) consentire l’attuazione di piani riguardanti i crediti subordinati, comprese forme obbligatorie di ripartizione degli oneri, ii) potenziare il quadro di risoluzione nel settore bancario in modo da integrare i pertinenti poteri del FROB e del Fondo di garanzia dei depositi (FGD) in materia di risoluzione e tenendo conto della proposta di regolamentazione dell’UE sulla gestione delle crisi e la risoluzione nel settore bancario, compresi strumenti speciali di risoluzione delle banche non economicamente sostenibili;
c)
per le banche beneficiarie di sostegno pubblico nel processo di ricapitalizzazione, segregazione delle attività e cessione delle attività deteriorate a una società di gestione patrimoniale esterna, per realizzare il loro valore a lungo termine. La Spagna, in stretta consultazione con la Commissione, la BCE e l’ABE, nonché avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’FMI, metterà a punto un quadro legislativo globale per l’istituzione e il funzionamento della società di gestione patrimoniale, al fine di renderla pienamente operativa entro il novembre 2012.
4. Per definire un quadro solido nel settore bancario, la Spagna provvede inoltre al rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza e al potenziamento della governance. La strategia e la condizionalità, delineate con precisione nel MoU, comprendono tra l’altro le misure seguenti:
a)
gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad aumentare ad almeno il 9 % il coefficiente del capitale di base di classe 1 conformemente alla definizione di capitale di cui all’esercizio di ricapitalizzazione dell’ABE;
b)
a partire dal 1o gennaio 2013, gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad applicare la definizione di capitale contenuta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR);
c)
è riveduto il quadro giuridico inerente al fondo perdite su crediti. Alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria, le autorità spagnole presentano, in particolare, proposte per rinnovare il quadro permanente del fondo perdite su crediti, tenendo conto sia delle misure temporanee introdotte negli ultimi mesi sia del quadro contabile dell’UE;
d)
è rafforzata ulteriormente l’autonomia operativa del Banco de España; in linea con le raccomandazioni e norme internazionali, i poteri di sanzionamento e di conferimento delle autorizzazioni nel settore bancario attualmente attribuiti al ministero dell’economia sono trasferiti al Banco de España;
e)
sono ulteriormente rafforzate le procedure di vigilanza del Banco de España sulla base di un audit interno;
f)
i dispositivi di governance delle agenzie della rete di sicurezza finanziaria (FROB e FGD) sono riveduti per evitare potenziali conflitti d’interesse;
g)
sono potenziate le norme sulla governance nel settore delle casse di risparmio e delle banche di proprietà delle casse di risparmio;
h)
è modificata la normativa sulla protezione dei consumatori e sui titoli al fine di limitare la vendita da parte delle banche di strumenti di debito subordinati (o di strumenti non coperti dall’FGD) a clienti al dettaglio non qualificati, ed è rafforzato il controllo di conformità da parte delle autorità;
i)
sono adottati provvedimenti per ridurre al minimo i costi per i contribuenti derivanti dalla ristrutturazione bancaria. Dopo l’attribuzione delle perdite agli azionisti, le autorità spagnole imporranno misure di ripartizione degli oneri ai detentori di capitale ibrido e di titoli di debito subordinato nelle banche che ricevono capitale pubblico;
j)
sono fissati massimali per i livelli di remunerazione dei membri dei consigli direttivi e di sorveglianza di tutte le banche che beneficiano di aiuti di Stato;
k)
è potenziato il registro pubblico dei crediti.
5. Le autorità forniscono alla Commissione, alla BCE, all’ABE e all’FMI, in condizioni di massima riservatezza, i dati necessari ai fini del controllo del settore bancario.
6. La Commissione, di concerto con la BCE e l’ABE, verifica a intervalli regolari, attraverso controlli in loco e relazioni periodiche elaborate dalle autorità spagnole, su base trimestrale, che siano soddisfatte le condizioni di politica cui è collegata l’assistenza finanziaria. Il monitoraggio delle attività del FROB nel contesto del programma avrà luogo a scadenze regolari.
Articolo 2
Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2012
Per il Consiglio
La presidente
C. ASHTON
(1) GU C 219 del 24.7.2012, pag. 81.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 23 luglio 2012
indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria
(2012/443/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di elaborare orientamenti di politica economica specifici concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro.
(2)
Nella raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2012 della Spagna e nel parere sul programma di stabilità della Spagna 2012-2015 (1), il Consiglio ha raccomandato alla Spagna di adottare provvedimenti al fine di «attuare la riforma del settore finanziario, e in particolare completare la ristrutturazione del settore bancario affrontando il problema delle istituzioni deboli rimanenti, presentando una strategia generale per gestire efficacemente le attività preesistenti nei bilanci delle banche e definendo un orientamento chiaro per il finanziamento e l’uso degli strumenti di sostegno».
(3)
L’abbondante disponibilità di finanziamento esterno a basso costo ha alimentato in Spagna negli anni 2000 una domanda interna trainata dal credito e una bolla speculativa, che si sono concentrate soprattutto sul settore immobiliare. Lo scoppio della bolla edilizia e immobiliare e la conseguente recessione economica hanno prodotto effetti negativi sul settore bancario spagnolo. Pertanto, alle banche spagnole è ormai ampiamente precluso, a eccezione di pochi enti creditizi di grandi dimensioni e diversificati sul piano internazionale, un accesso a prezzi abbordabili ai mercati del finanziamento all’ingrosso; esse sono pertanto estremamente dipendenti dal rifinanziamento dell’Eurosistema. Inoltre, la loro capacità di contrarre prestiti è ormai considerevolmente limitata dagli effetti dei declassamenti del rating sulla disponibilità di garanzie reali.
(4)
La considerevole contrazione dell’economia registrata negli ultimi anni, che influisce molto negativamente su occupazione e disoccupazione, ha determinato un grave deterioramento della posizione di bilancio della Spagna. Secondo l’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012, preparato dai servizi della Commissione, le proiezioni indicano un disavanzo pubblico al 6,3 % del PIL nel 2012, rispetto al 5,3 % previsto nel programma di stabilità 2012 e nel progetto di legge finanziaria 2012. Nel 2011 il debito pubblico lordo è salito al 68,5 % del PIL e, stando all’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012 preparato dai servizi della Commissione, si prevede che, a politiche invariate, aumenti all’80,9 % del PIL nel 2012 e all’86,8 % nel 2013, superando quindi il valore di riferimento del trattato ogni anno. I rischi associati allo scenario macroeconomico e agli obiettivi di bilancio, così come a ulteriori misure di salvataggio finanziario, potranno concorrere a un ulteriore aumento del debito pubblico. Alla luce di tale evoluzione il 10 luglio 2012 il Consiglio ha rivolto alla Spagna una raccomandazione a norma della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), volta a far cessare l’attuale situazione di disavanzo eccessivo entro il 2014.
(5)
Le autorità spagnole hanno adottato una serie di misure importanti per affrontare i problemi del settore bancario, fra cui: ripulitura dei bilanci delle banche, aumento dei requisiti patrimoniali minimi, ristrutturazione del settore delle casse di risparmio, innalzamento consistente degli obblighi di accantonamento per i prestiti connessi allo Sviluppo immobiliare (Real Estate Development — RED) e alle attività vincolate. Le misure si sono tuttavia rivelate insufficienti ad allentare la pressione dei mercati.
(6)
Nel febbraio 2011 le autorità spagnole hanno innalzato il requisito del coefficiente minimo di capitale («capital principal») all’8 % delle attività ponderate per il rischio delle banche, cui hanno concesso fino al settembre 2011 per conformarsi alla nuova regolamentazione. Per le banche più dipendenti dal finanziamento all’ingrosso e caratterizzate da un accesso limitato al mercato, il coefficiente minimo di capitale è stato portato al 10 %. Nel febbraio e nel maggio 2012 una nuova normativa ha imposto alle banche di costituire riserve e margini patrimoniali più consistenti per tutelarsi dalle eventuali perdite sui prestiti sia redditizi sia in sofferenza relativamente alle attività edilizie e immobiliari accumulate in passato. Il volume complessivo previsto di questi nuovi obblighi di copertura ammontava a circa 84 miliardi di EUR.
(7)
Fino all’aprile 2012 il contributo finanziario complessivo lordo dello Stato spagnolo (escluse le garanzie sulle emissioni di titoli) ammontava a circa 15 miliardi di EUR. Il sostegno finanziario è stato fornito attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata (FROB), cui è stato conferito un capitale di 15 miliardi di EUR di cui 9 miliardi già versati. Lo Stato ha inoltre fornito garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie privilegiate per un importo intorno agli 86 miliardi di EUR (di cui garanzie in essere per circa 58 miliardi). Nonostante le capacità residue del FROB pari a tre volte la sua allocazione di capitale, le disponibilità del settore pubblico non saranno sufficienti a garantire un sostegno abbastanza ampio da permettere la richiesta ripulitura a livello sistemico nel settore bancario.
(8)
I timori relativi alla necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione del settore bancario hanno contribuito ad aumentare le pressioni del mercato sui titoli di Stato spagnoli. I rendimenti dei titoli sovrani hanno raggiunto livelli abbondantemente superiori ai 500 punti base fra fine giugno e inizio luglio 2012, con conseguente aumento dei costi di finanziamento del settore sovrano spagnolo. L’aumento dell’onere per interessi rende più impegnativa la sfida del risanamento delle finanze pubbliche spagnole e della correzione del disavanzo eccessivo. La ristrutturazione completa e la ricapitalizzazione del settore bancario sono pertanto elementi importanti per l’alleggerimento della pressione sulle finanze pubbliche.
(9)
Il 25 giugno 2012 le autorità spagnole hanno chiesto ufficialmente assistenza finanziaria nel contesto del processo in corso di ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario del paese. L’assistenza è chiesta a titolo di assistenza finanziaria alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria. L’assistenza fornita è subordinata a condizioni specifiche al settore finanziario, come previsto nel memorandum d’intesa (MoU) negoziato tra il governo spagnolo e la Commissione, di concerto con la Banca centrale europea (BCE) e l’Autorità bancaria europea (ABE), con l’assistenza tecnica del Fondo monetario internazionale (FMI). Essa comprenderà sia una condizionalità specifica per le banche, in linea con le norme in materia di aiuti di Stato, sia una condizionalità orizzontale. Parallelamente, la Spagna dovrà conformarsi pienamente ai propri impegni e obblighi nel quadro della PDE e delle raccomandazioni, volte ad affrontare gli squilibri macroeconomici, formulate nell’ambito del Semestre europeo.
(10)
Il miglioramento della resilienza a lungo termine del settore bancario spagnolo è essenziale per mantenere la stabilità finanziaria in Spagna e contenere il contagio dello stress finanziario preservando le altre economie della zona euro e, quindi, per scongiurare effetti negativi sul buon funzionamento dell’economia e dell’Unione economica e monetaria. Le misure significative adottate finora per risolvere tali problemi non si sono rivelate del tutto adeguate. Sono pertanto necessarie ulteriori misure. La Spagna dovrebbe, in particolare, attuare altre misure specifiche per risolvere in modo efficace la questione delle attività accumulate in passato, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati, limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche e potenziare i meccanismi di individuazione dei rischi e gestione delle crisi.
(11)
Nell’ambito della strategia globale è fondamentale gestire efficacemente le attività accumulate in passato, imponendo una segregazione netta delle attività problematiche delle banche beneficiarie di sostegno mediante estromissione dai loro bilanci, in particolare per i prestiti connessi al comparto RED e per le attività vincolate. Tale segregazione fugherebbe gli ultimi dubbi sulla qualità dei bilanci delle banche, cui consentirebbe così di adempiere meglio la loro funzione di intermediazione finanziaria.
(12)
Un siffatto miglioramento della trasparenza dei bilanci delle banche può inoltre agevolare un ridimensionamento ordinato delle esposizioni delle banche nei confronti del settore immobiliare, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati e limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche.
(13)
La definizione di un quadro solido per il settore bancario spagnolo implica il potenziamento dei meccanismi di individuazione dei rischi e di gestione delle crisi. Una strategia efficace dovrebbe prevedere modifiche atte a rafforzare il quadro di regolamentazione e di vigilanza alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria. Occorre inoltre potenziare il governo societario in linea con le migliori pratiche internazionali,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La Commissione, in consultazione con la BCE, l’ABE e l’FMI, ha convenuto con le autorità spagnole le condizioni specifiche di politica nel settore finanziario cui è collegata l’assistenza finanziaria. Tali condizioni figurano nel memorandum d’intesa (MoU) che dovrà essere firmato dalla Commissione europea e dalle autorità spagnole. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio in un accordo sullo strumento di assistenza finanziaria.
La Spagna procede a una ricapitalizzazione adeguata e a una ristrutturazione profonda del suo sistema bancario. A tale scopo la Spagna sviluppa, coordinandosi con la Commissione europea e consultandosi con la BCE, una strategia per la struttura, il funzionamento e la sostenibilità economica futuri delle banche spagnole, che stabilirà in che modo garantire che siano in grado di operare senza ulteriore sostegno statale. Tale strategia sarà precisata ulteriormente nel MoU, in cui saranno ulteriormente elaborate le condizioni di politica contenute nella presente decisione.
2. Le componenti essenziali di tale strategia sono una revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo e il rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza nel settore bancario.
3. La revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo si articola nei tre elementi seguenti:
a)
individuazione del fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore bancario e, su tale base, una prova di stress sulle singole banche. In base ai risultati della prova di stress, le banche che necessitano di un apporto di capitale saranno divise in tre gruppi, ognuno dei quali sarà soggetto all’obbligo di presentare piani di ristrutturazione e risoluzione e tutte le misure complementari e successive, come previsto nel MoU;
b)
per le banche deboli, ricapitalizzazione, ristrutturazione e/o risoluzione ordinata della crisi in base a piani atti a colmare gli eventuali deficit di capitale individuati nella prova di stress. Tali piani si fonderanno sui principi di sostenibilità economica, riducendo al minimo i costi per i contribuenti (ripartizione degli oneri) e limitando le distorsioni della concorrenza. A tal fine la Spagna adotterà atti legislativi intesi a i) consentire l’attuazione di piani riguardanti i crediti subordinati, comprese forme obbligatorie di ripartizione degli oneri, ii) potenziare il quadro di risoluzione nel settore bancario in modo da integrare i pertinenti poteri del FROB e del Fondo di garanzia dei depositi (FGD) in materia di risoluzione e tenendo conto della proposta di regolamentazione dell’UE sulla gestione delle crisi e la risoluzione nel settore bancario, compresi strumenti speciali di risoluzione delle banche non economicamente sostenibili;
c)
per le banche beneficiarie di sostegno pubblico nel processo di ricapitalizzazione, segregazione delle attività e cessione delle attività deteriorate a una società di gestione patrimoniale esterna, per realizzare il loro valore a lungo termine. La Spagna, in stretta consultazione con la Commissione, la BCE e l’ABE, nonché avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’FMI, metterà a punto un quadro legislativo globale per l’istituzione e il funzionamento della società di gestione patrimoniale, al fine di renderla pienamente operativa entro il novembre 2012.
4. Per definire un quadro solido nel settore bancario, la Spagna provvede inoltre al rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza e al potenziamento della governance. La strategia e la condizionalità, delineate con precisione nel MoU, comprendono tra l’altro le misure seguenti:
a)
gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad aumentare ad almeno il 9 % il coefficiente del capitale di base di classe 1 conformemente alla definizione di capitale di cui all’esercizio di ricapitalizzazione dell’ABE;
b)
a partire dal 1o gennaio 2013, gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad applicare la definizione di capitale contenuta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR);
c)
è riveduto il quadro giuridico inerente al fondo perdite su crediti. Alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria, le autorità spagnole presentano, in particolare, proposte per rinnovare il quadro permanente del fondo perdite su crediti, tenendo conto sia delle misure temporanee introdotte negli ultimi mesi sia del quadro contabile dell’UE;
d)
è rafforzata ulteriormente l’autonomia operativa del Banco de España; in linea con le raccomandazioni e norme internazionali, i poteri di sanzionamento e di conferimento delle autorizzazioni nel settore bancario attualmente attribuiti al ministero dell’economia sono trasferiti al Banco de España;
e)
sono ulteriormente rafforzate le procedure di vigilanza del Banco de España sulla base di un audit interno;
f)
i dispositivi di governance delle agenzie della rete di sicurezza finanziaria (FROB e FGD) sono riveduti per evitare potenziali conflitti d’interesse;
g)
sono potenziate le norme sulla governance nel settore delle casse di risparmio e delle banche di proprietà delle casse di risparmio;
h)
è modificata la normativa sulla protezione dei consumatori e sui titoli al fine di limitare la vendita da parte delle banche di strumenti di debito subordinati (o di strumenti non coperti dall’FGD) a clienti al dettaglio non qualificati, ed è rafforzato il controllo di conformità da parte delle autorità;
i)
sono adottati provvedimenti per ridurre al minimo i costi per i contribuenti derivanti dalla ristrutturazione bancaria. Dopo l’attribuzione delle perdite agli azionisti, le autorità spagnole imporranno misure di ripartizione degli oneri ai detentori di capitale ibrido e di titoli di debito subordinato nelle banche che ricevono capitale pubblico;
j)
sono fissati massimali per i livelli di remunerazione dei membri dei consigli direttivi e di sorveglianza di tutte le banche che beneficiano di aiuti di Stato;
k)
è potenziato il registro pubblico dei crediti.
5. Le autorità forniscono alla Commissione, alla BCE, all’ABE e all’FMI, in condizioni di massima riservatezza, i dati necessari ai fini del controllo del settore bancario.
6. La Commissione, di concerto con la BCE e l’ABE, verifica a intervalli regolari, attraverso controlli in loco e relazioni periodiche elaborate dalle autorità spagnole, su base trimestrale, che siano soddisfatte le condizioni di politica cui è collegata l’assistenza finanziaria. Il monitoraggio delle attività del FROB nel contesto del programma avrà luogo a scadenze regolari.
Articolo 2
Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2012
Per il Consiglio
La presidente
C. ASHTON
(1) GU C 219 del 24.7.2012, pag. 81.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Assistenza finanziaria alla Spagna
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Ha approvato un programma di assistenza finanziaria volto ad aiutare la Spagna a ricapitalizzare e ristrutturare il proprio settore bancario.
PUNTI CHIAVE
Il programma di assistenza finanziaria concordato dai ministri delle Finanze della zona euro a luglio 2012 prevedeva finanziamenti da parte dei paesi della zona euro alla Spagna fino a 100 miliardi di euro per 18 mesi.
Quando il programma è terminato, a gennaio 2014, la Spagna aveva usato solo circa 38,9 miliardi di euro degli aiuti per ricapitalizzare le proprie banche e altri 2,5 miliardi di euro per capitalizzare la società spagnola di gestione patrimoniale, Sareb.
In cambio degli aiuti la Spagna, in consultazione con la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (ABE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), doveva:
individuare il fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore e una prova di stress sulle singole banche;
ricapitalizzare, ristrutturare e/o effettuare una risoluzione ordinata delle banche deboli, riducendo al minimo i costi per i contribuenti;
segregare le attività deteriorate delle banche beneficiarie di sostegno pubblico e cederle alla società di gestione patrimoniale Sareb;
rafforzare i suoi quadri di regolamentazione e di vigilanza e potenziare la governance.
Ogni tre mesi, la Commissione europea, la BCE e l’ABE hanno verificato che la Spagna rispettasse le condizioni cui gli aiuti erano subordinati.
Dopo che la Spagna ha abbandonato il programma nel dicembre del 2013, la Commissione ha continuato a monitorare l’economia e il settore finanziario spagnoli nell’ambito delle misure di vigilanza successive al programma stabilite nel regolamento (UE) n. 472/2013.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 24 luglio 2012.
CONTESTO
Il 25 giugno 2012, il governo spagnolo ha richiesto assistenza finanziaria esterna a titolo del programma di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF).
I capi di Stato e di governo presenti al Vertice della zona euro del 29 giugno 2012 hanno concordato che l’assistenza sarebbe di conseguenza arrivata dal meccanismo europeo di stabilità (MES), ma senza ottenere le stesse priorità per il rimborso di altri prestiti MES. Il memorandum d’intesa è stato firmato il 23 luglio. La sua piena attuazione ha tenuto conto di tutte le altre considerazioni pertinenti contenute nella dichiarazione del Vertice della zona euro del 29 giugno 2012.
Il funzionamento del programma è stato monitorato da vicino dalla Commissione e dalla BCE, parzialmente anche dall’ABE e dal FESF. È stato fortemente coinvolto anche l’FMI.
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Il programma di aggiustamento del settore finanziario per la Spagna» (Commissione europea)
«Vigilanza successiva al programma per la Spagna» (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2012/443/UE del Consiglio, del 23 luglio 2012, indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (GU L 202 del 28.7.2012, pagg. 17-20)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4)
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 407/2010 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pagg. 1-10) |
Regime di cambio e convenzioni monetarie con la zona euro
QUAL È L’OBIETTIVO DELLE DECISIONI E DELLE CONVENZIONI?
Con l’arrivo dell’euro il 1o gennaio 1999, l’Unione europea (Unione) ha dovuto ridefinire le relazioni monetarie con i paesi e i territori che precedentemente avevano usato il franco francese e lo scudo portoghese. Allo stesso modo, occorreva stabilire una nuova base monetaria con i paesi vicini dell’Unione, quali il Principato di Monaco, San Marino e il Vaticano. Questi ultimi, infatti, non avevano una propria valuta nazionale, ma usavano quella dei paesi che hanno successivamente adottato l’euro.
PUNTI CHIAVE
I nuovi accordi sono stabiliti nelle seguenti convenzioni:1)Regime di cambioLa Francia ha potuto dare continuità ai propri accordi con l’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale, la Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale e le Comore. Tali accordi assicuravano il cambio del franco CFA (Comunità finanziaria africana) e del franco comoriano con il franco francese a un tasso fisso fintanto che il franco francese non continuava a esistere. Il Portogallo ha potuto dare continuità al proprio accordo con Capo Verde, che garantiva la stabilità del tasso di cambio fra le valute dei due paesi e consentiva l’assistenza finanziaria e tecnica da parte del Portogallo fintanto che lo scudo non avesse cessato di esistere. La Francia e il Portogallo dovevano informare la Commissione europea, la Banca centrale europea (BCE) e il Comitato economico e finanziario di eventuali sviluppi che potessero avere effetti sulle politiche monetarie e relative al tasso di cambio. 2)Accordi monetariI territori francesi di Saint-Pierre-et-Miquelon, vicino alla costa orientale del Canada, e Mayotte nell’Oceano Indiano, che non fanno parte dell’Unione, sostituiscono il franco francese con l’euro. Sono stati autorizzati a usare banconote e monete in franchi fino al 30 giugno 2002. 3)Relazioni monetarieIl Principato di Monaco, San Marino e il Vaticano hanno firmato convenzioni monetarie con l’Unione prima dell’introduzione di banconote e monete in euro nel 2002. Tali convenzioni sono state oggetto di rinegoziazione per correggere alcuni difetti e autorizzano i tre paesi a usare l’euro come propria valuta ufficiale. Essi devono:
non emettere banconote o monete in euro, a meno che la convenzione non lo consenta; rispettare le norme dell’Unione sulle banconote e le monete in euro, sui diritti d’autore e sullo scambio di banconote danneggiate; proteggere le banconote e le monete in euro dalla contraffazione. Le convenzioni consentono a ciascuno dei tre paesi di emettere un numero limitato di monete in euro:
Principato di Monaco (un volume annuo pari a 1/500 della quantità di monete coniate in Francia); San Marino (un valore nominale massimo di 1 944 000 euro all’anno); il Vaticano (valore nominale massimo di 1 milione di euro all’anno). Andorra ha chiesto un accordo monetario con l’Unione il 15 luglio 2003, conclusosi il 30 giugno 2011, permettendo al paese di usare l’euro come valuta ufficiale e, dal luglio 2013, di emettere le proprie monete in euro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LE CONVENZIONI?
Dal 1o gennaio 1999 per il franco CFA, il franco francese (Saint-Pierre-et-Miquelon e Mayotte), il franco comoriano e lo scudo capoverdiano. Dal 1o gennaio 2010 per il Vaticano: tale convenzione sostituiva una precedente convenzione monetaria conclusa nel 2000 fra la Comunità europea, rappresentata dall’Italia in associazione con la Commissione e la BCE, e lo Stato della Città del Vaticano. Dal 1o dicembre 2011 per il Principato di Monaco: tale convenzione sostituiva una convenzione conclusa nel 2001 dalla Francia, in associazione con la Commissione e la BCE. Dal 1o aprile 2012: Andorra. Dal 1o settembre 2012 per San Marino: tale convenzione sostituiva una precedente convenzione fra l’Italia, per conto della Comunità europea, e San Marino.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:L’euro al di fuori della zona euro (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 98/683/CE del Consiglio, del 23 novembre 1998, relativa al regime di cambio con il franco CFA e con il franco comoriano (GU L 320 del 28.11.1998, pag. 58).
Le modifiche successive alla decisione 98/683/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione 98/744/CE del Consiglio, del 21 dicembre 1998, relativa al regime di cambio con lo scudo capoverdiano (GU L 358 del 31.12.1998, pag. 111).
Decisione 1999/95/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, relativa al regime monetario nelle collettività territoriali francesi di Saint-Pierre-et-Miquelon e Mayotte (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 29).
Decisione 1996/96/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con il Principato di Monaco (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 31).
Decisione 1999/97/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con la Repubblica di San Marino (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 33).
Decisione 1999/98/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con la Città del Vaticano (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 35).
Decisione 2004/548/CE del Consiglio, dell’11 maggio 2004, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con il Principato d’Andorra (GU L 244 del 16.7.2004, pag. 47).
Decisione 2004/750/CE del Consiglio, del 21 ottobre 2004, sull’avvio di negoziati relativi ad un accordo sulle relazioni monetarie con il Principato d’Andorra (GU L 332 del 6.11.2004, pag. 15).
Convenzione monetaria tra l’Unione europea e lo Stato della Città del Vaticano (GU C 28 del 4.2.2010, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
Accordo monetario tra l’Unione europea e il Principato d’Andorra (GU C 369 del 17.12.2011, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Convenzione monetaria tra l’Unione europea e la Repubblica di San Marino (GU C 121 del 26.4.2012, pag. 5).
Si veda la versione consolidata.
Convenzione monetaria tra l’Unione europea e il Principato di Monaco (GU C 310 del 13.10.2012, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | CONVENZIONE MONETARIA
tra l'Unione europea e la Repubblica di San Marino
2012/C 121/02
L'UNIONE EUROPEA,
e
LA REPUBBLICA DI SAN MARINO,
considerando quanto segue:
(1)
Il 1o gennaio 1999 l'euro ha sostituito la moneta di ciascuno Stato membro partecipante alla terza fase dell'Unione economica e monetaria, tra cui l'Italia, ai sensi del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio (1), del 3 maggio 1998.
(2)
Prima dell'introduzione dell'euro l'Italia e la Repubblica di San Marino avevano concluso accordi bilaterali in materia monetaria, da ultimo la Convenzione monetaria tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino, conclusa il 21 dicembre 1991.
(3)
Nella dichiarazione n. 6 allegata all'atto finale del trattato sull'Unione europea si dichiara che la Comunità deve facilitare la rinegoziazione degli accordi vigenti con la Repubblica di San Marino che risultasse necessaria a seguito dell'introduzione della moneta unica.
(4)
Il 29 novembre 2000 è stata conclusa la convenzione monetaria tra la Repubblica italiana, per conto della Comunità europea, e la Repubblica di San Marino (2).
(5)
Conformemente alla presente convenzione monetaria, la Repubblica di San Marino utilizza l'euro come moneta ufficiale e conferisce corso legale alle banconote e alle monete in euro. Assicura che le norme dell'Unione europea (UE) in materia di banconote e monete denominate in euro, comprese le norme in materia di protezione contro la falsificazione, siano applicabili nel suo territorio. La Repubblica di San Marino adotta tutti i provvedimenti necessari per lottare contro le contraffazioni e coopera con la Commissione europea, la Banca centrale europea (BCE) e con Europol. La Repubblica di San Marino, fino a quando non avrà firmato un accordo di cooperazione con Europol, coopera con quest'ultima tramite le autorità italiane competenti nel settore.
(6)
Occorre che la Repubblica di San Marino tenga in particolar conto le raccomandazioni del gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), segnatamente gli inviti rivolti ai suoi membri e ai membri degli organi regionali analoghi al GAFI affinché applichino le contromisure necessarie nei confronti di giurisdizioni riconosciute ad alto rischio. La Repubblica di San Marino, che è rappresentata nel comitato di esperti per la valutazione delle misure di lotta contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo, tiene debitamente conto delle raccomandazioni formulate o che saranno formulate nelle relazioni di valutazione reciproca sulla Repubblica di San Marino per migliorarne la risposta alle minacce di riciclaggio di capitali.
(7)
La presente convenzione non impone alla BCE e alle banche centrali nazionali l'obbligo di includere gli strumenti finanziari della Repubblica di San Marino negli elenchi dei valori mobiliari oggetto delle operazioni di politica monetaria del sistema europeo delle banche centrali.
(8)
La Repubblica di San Marino dispone di un settore bancario che prevede di operare in stretta cooperazione con quello dell'area dell'euro. Per assicurare un trattamento più equo occorre pertanto che siano progressivamente rese applicabili alla Repubblica di San Marino le disposizioni legislative pertinenti dell'Unione europea in materia bancaria e finanziaria, quelle relative alla prevenzione del riciclaggio di denaro, della frode e della falsificazione di mezzi di pagamento diversi dal contante nonché all'obbligo di comunicazione dei dati statistici.
(9)
Occorre istituire un comitato misto composto da rappresentanti della Repubblica di San Marino, della Repubblica italiana, della Commissione e della BCE con il compito di esaminare l'applicazione della presente convenzione, decidere il massimale annuo per le emissioni di monete e valutare le misure adottate dalla Repubblica di San Marino per l'attuazione della normativa UE in materia.
(10)
La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente per la risoluzione delle controversie derivanti dall'applicazione della presente convenzione,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
La Repubblica di San Marino ha il diritto di utilizzare l'euro come moneta ufficiale, in conformità con il regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (3) e il regolamento (CE) n. 974/98, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro. La Repubblica di San Marino conferisce corso legale alle banconote e alle monete in euro.
Articolo 2
La Repubblica di San Marino non emette banconote, monete o sostituti monetari di alcun tipo se non dopo aver concordato con l'Unione europea le condizioni di tali emissioni. L'emissione delle monete in euro a decorrere dall'entrata in vigore della presente convenzione è soggetta alle condizioni previste negli articoli che seguono.
Articolo 3
Il massimale annuo (in termini di valore) per l'emissione delle monete in euro da parte della Repubblica di San Marino è calcolato dal comitato misto istituito dalla presente convenzione, quale somma di:
—
una parte fissa, il cui importo iniziale per il primo anno successivo all'entrata in vigore della presente convenzione è fissato a 2 600 000 EUR. Il comitato misto può rivedere annualmente la parte fissa per tener conto sia dell'inflazione (sulla base dell'inflazione IAPC in Italia) negli ultimi dodici mesi per i quali sono disponibili i dati al momento del calcolo, sia di eventuali tendenze significative sul mercato delle monete da collezione in euro,
—
una parte variabile, corrispondente al numero medio pro capite di monete emesse dalla Repubblica italiana negli ultimi dodici mesi per i quali sono disponibili i dati, moltiplicato per il numero di abitanti della Repubblica di San Marino.
Articolo 4
1. Le monete in euro emesse dalla Repubblica di San Marino sono identiche alle monete in euro emesse dagli Stati membri dell'Unione europea che hanno adottato l'euro per quanto concerne il valore nominale, il corso legale, le caratteristiche tecniche, le caratteristiche artistiche della faccia comune e le caratteristiche artistiche comuni della faccia nazionale.
2. La Repubblica di San Marino notifica preventivamente i progetti di faccia nazionale delle sue monete in euro alla Commissione europea che ne verifica la conformità alle norme UE.
Articolo 5
1. Le monete in euro emesse dalla Repubblica di San Marino sono coniate dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato della Repubblica italiana.
2. In deroga al paragrafo 1, la Repubblica di San Marino può far coniare le sue monete da una zecca UE che conia monete in euro diversa da quella menzionata al paragrafo 1, previo accordo del comitato misto.
3. Almeno il 70 % delle monete in euro destinate alla circolazione sono introdotte al valore nominale a decorrere dall'anno successivo all'entrata in vigore della presente convenzione. La percentuale raggiunge l'80 % dopo tre anni. In seguito il comitato misto può rivedere periodicamente l'adeguatezza delle percentuali.
4. La Repubblica di San Marino può emettere monete da collezione in euro. Esse sono incluse nel massimale annuo di cui all'articolo 3. L'emissione delle monete da collezione in euro da parte della Repubblica di San Marino è effettuata in linea con gli orientamenti dell'Unione europea per le monete da collezione in euro, che prevedono, in particolare, l'adozione di caratteristiche tecniche, caratteristiche artistiche e tagli che consentano di differenziare le monete da collezione da quelle destinate alla circolazione.
Articolo 6
1. Il volume delle monete in euro emesse dalla Repubblica di San Marino si aggiunge al volume di monete emesse dalla Repubblica italiana ai fini dell'approvazione da parte della Banca centrale europea del volume complessivo del conio effettuato dalla Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 128, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. La Repubblica di San Marino comunica ogni anno alla Commissione europea e alla Repubblica italiana, entro e non oltre il 1o settembre, il volume e il valore nominale delle monete in euro che prevede di emettere nel corso dell'anno successivo. Comunica inoltre alla Commissione le condizioni previste di emissione delle monete, in particolare la percentuale di monete da collezione e le modalità dettagliate di introduzione delle monete destinate alla circolazione.
3. Al momento della firma della presente convenzione la Repubblica di San Marino comunica le informazioni di cui al paragrafo 2 per l'anno successivo alla data di entrata in vigore della convenzione.
Articolo 7
1. La presente convenzione non pregiudica il diritto della Repubblica di San Marino di continuare ad emettere monete in oro denominate in scudi.
2. Le monete da collezione e le monete in oro denominate in scudi emesse dalla Repubblica di San Marino non hanno corso legale nell'Unione europea.
Articolo 8
1. La Repubblica di San Marino si impegna ad adottare tutte le misure appropriate, mediante il recepimento diretto o azioni equivalenti, per attuare gli atti giuridici e le norme UE elencati nell'allegato alla presente convenzione, in materia di:
a)
banconote e monete in euro;
b)
normativa in materia bancaria e finanziaria, in particolare per quanto riguarda le attività e la vigilanza degli istituti interessati;
c)
prevenzione del riciclaggio di denaro, della frode e della falsificazione di mezzi di pagamento in contante e diversi dal contante, medaglie e gettoni, nonché l'obbligo di comunicazione di dati statistici. Per quanto riguarda la normativa relativa alla raccolta dei dati statistici, le norme dettagliate di attuazione e gli adattamenti tecnici (comprese le deroghe necessarie per tener conto della situazione specifica di San Marino) sono convenuti con la Banca centrale europea entro 18 mesi dall'inizio della raccolta effettiva dei dati statistici;
d)
misure necessarie all'utilizzo dell'euro in quanto moneta unica adottate in base all'articolo 133 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. Gli atti giuridici e le norme di cui al paragrafo 1 sono attuati dalla Repubblica di San Marino entro i termini specificati nell'allegato, che decorrono dall'entrata in vigore della presente convenzione.
3. I massimali di cui all'articolo 3:
a)
sono automaticamente e temporaneamente ridotti di 1/3 se e quando un termine specificato nell'allegato non è rispettato, fino a quando non siano adottati gli atti giuridici o le norme UE in questione;
b)
possono essere ridotti temporaneamente di 1/2 con decisione del Consiglio adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa audizione dei rappresentanti della Repubblica di San Marino se e quando la Repubblica di San Marino ometta per più di due anni di conformarsi ad uno o più atti giuridici o norme UE elencati nell'allegato, che ha adottato nei tempi previsti.
Il massimale è ripristinato secondo la stessa procedura non appena la Repubblica di San Marino ha adottato le misure opportune per rimediare alle questioni che hanno determinato la riduzione temporanea.
4. La Repubblica di San Marino può chiedere assistenza tecnica alle entità che costituiscono la delegazione dell'Unione europea al fine di agevolare l'attuazione della normativa UE in materia.
5. Ogni anno o più spesso, se opportuno, la Commissione modifica l'allegato per tener conto di nuovi pertinenti atti giuridici e norme dell'UE e delle modifiche introdotte negli atti vigenti. Il comitato misto fissa quindi termini appropriati e ragionevoli per l'attuazione da parte della Repubblica di San Marino dei nuovi atti giuridici e delle nuove norme aggiunti all'allegato.
6. In casi eccezionali il comitato misto può modificare un termine vigente indicato nell'allegato.
7. L'allegato aggiornato viene pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 9
Gli enti creditizi e, se del caso, gli altri istituti finanziari autorizzati ad esercitare le loro attività nel territorio della Repubblica di San Marino possono avere accesso ai sistemi di regolamento e di pagamento interbancari e ai sistemi di regolamento titoli dell'area dell'euro a condizioni adeguate che saranno fissate dalla Banca d'Italia, in accordo con la Banca centrale europea.
Articolo 10
1. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha competenza esclusiva per la risoluzione delle controversie tra le parti derivanti dall'applicazione della presente convenzione che non siano state risolte in seno al comitato misto.
2. L'Unione europea, rappresentata dalla Commissione europea e agendo su raccomandazione della delegazione UE in seno al comitato misto, o la Repubblica di San Marino possono rivolgersi alla Corte di giustizia se ritengono che l'altra parte non abbia rispettato un obbligo previsto dalla presente convenzione. La sentenza della Corte è obbligatoria per le parti, che adottano le misure necessarie per conformarvisi entro il termine fissato dalla Corte nella sentenza stessa.
Articolo 11
1. È istituito un comitato misto. Esso è composto da rappresentanti della Repubblica di San Marino e dell'Unione europea. Il comitato misto adotta il proprio regolamento interno per consenso. La delegazione dell'Unione europea si compone di rappresentanti della Commissione europea e della Repubblica italiana, nonché di rappresentanti della Banca centrale europea.
2. Il comitato misto si riunisce almeno una volta all'anno. La presidenza viene esercitata alternativamente per un periodo di un anno da un rappresentante dell'Unione europea e da un rappresentante della Repubblica di San Marino. Il comitato misto adotta le decisioni all'unanimità.
3. Il comitato misto procede a scambi di opinioni e di informazioni e adotta le decisioni di cui agli articoli 3, 5 e 8. Esso esamina le misure adottate dalla Repubblica di San Marino e cerca di risolvere eventuali controversie derivanti dall'applicazione della presente convenzione.
4. L'Unione europea esercita per prima la presidenza del comitato misto con l'entrata in vigore della presente convenzione ai sensi dell'articolo 13.
Articolo 12
Ciascuna parte può porre fine alla presente convenzione con un preavviso di un anno.
Articolo 13
La presente convenzione entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure di ratifica, di conclusione o di adozione, secondo le norme applicabili a ciascuna parte.
Articolo 14
La convenzione monetaria del 29 novembre 2000 è abrogata a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente convenzione. I riferimenti alla convenzione del 29 novembre 2000 si intendono fatti alla presente convenzione.
Fatto a Bruxelles, il 27 marzo 2012 in due originali in lingua inglese
Per l'Unione europea
Olli REHN
Vicepresidente della Commissione europea responsabile degli Affari economici e monetari e dell'euro
Per la Repubblica di San Marino
Antonella MULARONI
Ministro degli Affari esteri
(1) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1.
(2) GU C 209 del 27.7.2001, pag. 1.
(3) GU L 162 del 19.6.1997, pag. 1.
ALLEGATO
DISPOSIZIONI GIURIDICHE DA ATTUARE
TERMINI PER L'ATTUAZIONE
(A DECORRERE DALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA CONVENZIONE)
Prevenzione del riciclaggio di denaro
Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15
modificato da:
Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE, GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1
Direttiva 2008/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2005/60/CE relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 76 del 19.3.2008, pag. 46
Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE, GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
integrata con:
Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell'identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi, GU L 332 del 18.12.2007, pag. 103
Direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 1o agosto 2006, recante misure di esecuzione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione di «persone politicamente esposte» e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l'esenzione nel caso di un'attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata, GU L 214 del 4.8.2006, pag. 29
Regolamento (CE) n. 1781/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, riguardante i dati informativi relativi all'ordinante che accompagnano i trasferimenti di fondi, GU L 345 dell'8.12.2006, pag. 1
Rettifica del regolamento (CE) n. 1781/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (non riguarda la versione italiana)
Regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa, GU L 309 del 25.11.2005, pag. 9
Decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato, GU L 182 del 5.7.2001, pag. 1
1 anno
Decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni, GU L 271 del 24.10.2000, pag. 4
1 anno
Prevenzione della frode e della falsificazione
Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione, GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6
modificato da:
Regolamento (CE) n. 44/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, recante modifica del regolamento (CE) n. 1338/2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione, GU L 17 del 22.1.2009, pag. 1
1 anno
Decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro, GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44
1 anno
Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1
modificato da:
Regolamento (CE) n. 46/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 2182/2004 relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, GU L 17 del 22.1.2009, pag. 5
1 anno
Decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro, GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1
modificato da:
Decisione quadro 2001/888/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, che modifica la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro, GU L 329 del 14.12.2001, pag. 3
1 anno
Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione, GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1
1 anno
Decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti, GU L 149 del 2.6.2001, pag. 1
1 anno
Disposizioni sulle banconote e monete in euro
Regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione, GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 6
modificato da:
Regolamento (CE) n. 423/1999 del Consiglio, del 22 febbraio 1999, che modifica il regolamento (CE) n. 975/98 riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione, GU L 52 del 27.2.1999, pag. 2
1 anno
Conclusioni del Consiglio, del 10 maggio 1999, sul sistema di gestione della qualità per le monete in euro
1 anno
Conclusioni del Consiglio, del 23 novembre 1998 e del 5 novembre 2002, sulle monete da collezione
1 anno
Raccomandazione 2009/23/CE della Commissione, del 19 dicembre 2008, su orientamenti comuni per l'emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale [C(2008) 8625], GU L 9 del 14.1.2009, pag. 52
1 anno
Comunicazione 2001/C 318/03 della Commissione, del 22 ottobre 2001, concernente la tutela dei diritti d'autore relativi ai disegni della faccia comune delle monete in euro [C(2001) 600 def.], GU C 318 del 13.11.2001, pag. 3
1 anno
Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all'autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione, GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1
1 anno
Indirizzo BCE/2003/5 della Banca centrale europea, del 20 marzo 2003, relativo all'applicazione dei provvedimenti diretti a contrastare le riproduzioni irregolari di banconote in euro e alla sostituzione e al ritiro di banconote in euro, GU L 78 del 25.3.2003, pag. 20
1 anno
Decisione BCE/2003/4 della Banca centrale europea, del 20 marzo 2003, relativa a tagli, specifiche, riproduzione, sostituzione e ritiro delle banconote in euro, GU L 78 del 25.3.2003, pag. 16
1 anno
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni, GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4
1 anno
BCE/2010/14: Decisione della Banca centrale europea, del 16 settembre 2010, relativa al controllo dell'autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo, GU L 267 del 9.10.2010, pag. 1
1 anno
Normativa bancaria e finanziaria
Direttiva 2006/73/CE della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell'attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 26
6 anni
Regolamento (CE) n. 1287/2006 della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli obblighi in materia di registrazioni per le imprese di investimento, la comunicazione delle operazioni, la trasparenza del mercato, l'ammissione degli strumenti finanziari alla negoziazione e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 1
6 anni
Direttiva 97/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 1997, sui bonifici transfrontalieri, GU L 43 del 14.2.1997, pag. 25
6 anni
Direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (rifusione), GU L 177 del 30.6.2006, pag. 201
modificato da:
Direttiva 2008/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2006/49/CE relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 76 del 19.3.2008, pag. 54
Direttiva 2009/27/CE della Commissione, del 7 aprile 2009, che modifica taluni allegati della direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le disposizioni tecniche relative alla gestione del rischio, GU L 94 dell'8.4.2009, pag. 97
Direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi, GU L 302 del 17.11.2009, pag. 97
Direttiva 2010/76/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza, GU L 329 del 14.12.2010, pag. 3
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
4 anni
Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione), GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1
modificato da:
Direttiva 2007/18/CE della Commissione, del 27 marzo 2007, che modifica la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'esclusione o l'inclusione di taluni enti dal suo campo di applicazione e il trattamento delle esposizioni verso banche multilaterali di sviluppo, GU L 87 del 28.3.2007, pag. 9
Direttiva 2007/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 92/49/CEE del Consiglio e le direttive 2002/83/CE, 2004/39/CE, 2005/68/CE e 2006/48/CE per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni nel settore finanziario, GU L 247 del 21.9.2007, pag. 1
Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE, GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1
Direttiva 2008/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2006/48/CE relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 81 del 20.3.2008, pag 38
Direttiva 2009/83/CE della Commissione, del 27 luglio 2009, che modifica taluni allegati della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le disposizioni tecniche relative alla gestione del rischio, GU L 196 del 28.7.2009, pag. 14
Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE, GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7
Direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi, GU L 302 del 17.11.2009, pag. 97
Direttiva 2010/16/UE della Commissione, del 9 marzo 2010, che modifica la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'esclusione di un determinato ente dall'ambito di applicazione, GU L 60 del 10.3.2010, pag. 15
Direttiva 2010/76/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza, GU L 329 del 14.12.2010, pag. 3
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
4 anni
Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE, GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7
4 anni
Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE, GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1
Rettifica della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE (GU L 319 del 5.12.2007), GU L 187 del 18.7.2009, pag. 5
modificato da:
Direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi, GU L 302 del 17.11.2009, pag. 97
4 anni
Direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, GU L 372 del 31.12.1986, pag. 1
Rettifica della direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, GU L 60 del 3.3.1987, pag. 17
modificato da:
Direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE e 86/635/CEE per quanto riguarda le regole di valutazione per i conti annuali e consolidati di taluni tipi di società nonché di banche e di altre istituzioni finanziarie, GU L 283 del 27.10.2001, pag. 28
Direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2003, che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE, 86/635/CEE e 91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione, GU L 178 del 17.7.2003, pag. 16
Direttiva 2006/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, che modifica le direttive del Consiglio 78/660/CEE, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società, 83/349/CEE, relativa ai conti consolidati, 86/635/CEE, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, e 91/674/CEE, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle imprese di assicurazione, GU L 224 del 16.8.2006, pag. 1
4 anni
Direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, GU L 135 del 31.5.1994, pag. 5
modificato da:
Direttiva 2005/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2005, che modifica le direttive del Consiglio 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari, GU L 79 del 24.3.2005, pag. 9
Direttiva 2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, recante modifica della direttiva 94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso, GU L 68 del 13.3.2009, pag. 3
4 anni
Direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi, GU L 125 del 5.5.2001, pag. 15
6 anni
Direttiva 89/117/CEE del Consiglio, del 13 febbraio 1989, relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro, GU L 44 del 16.2.1989, pag. 40
6 anni
Direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive del Consiglio 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE e 93/22/CEE e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 98/78/CE e 2000/12/CE, GU L 35 dell'11.2.2003, pag. 1
modificato da:
Direttiva 2005/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2005, che modifica le direttive del Consiglio 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari, GU L 79 del 24.3.2005, pag. 9
Direttiva 2008/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2002/87/CE, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 81 del 20.3.2008, pag. 40
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
6 anni
Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive del Consiglio 85/611/CEE e 93/6/CEE e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1
Rettifica della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive del Consiglio 85/611/CEE e 93/6/CEE e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, GU L 45 del 16.2.2005, pag. 18
modificato da:
Direttiva 2006/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari per quanto riguarda talune scadenze, GU L 114 del 27.4.2006, pag. 60
Direttiva 2007/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 92/49/CEE del Consiglio e le direttive 2002/83/CE, 2004/39/CE, 2005/68/CE e 2006/48/CE per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni nel settore finanziario, GU L 247 del, 21.9.2007, pag. 1
Direttiva 2008/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 76 del 19.3.2008, pag. 33
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
integrata con:
Direttiva 2006/73/CE della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell'attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 26
Regolamento (CE) n. 1287/2006 della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli obblighi in materia di registrazioni per le imprese di investimento, la comunicazione delle operazioni, la trasparenza del mercato, l'ammissione degli strumenti finanziari alla negoziazione e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 1
6 anni
Regolamento (CE) n. 924/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità e che abroga il regolamento (CE) n. 2560/2001, GU L 266 del 9.10.2009, pag. 11
6 anni
Direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 giugno 2002, relativa ai contratti di garanzia finanziaria, GU L 168 del 27.6.2002, pag. 43
modificato da:
Direttiva 2009/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che modifica la direttiva 98/26/CE concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli e la direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria per quanto riguarda i sistemi connessi e i crediti, GU L 146 del 10.6.2009, pag. 37
6 anni
Raccomandazione 97/489/CE della Commissione, del 30 luglio 1997, relativa alle operazioni mediante strumenti di pagamento elettronici, con particolare riferimento alle relazioni tra gli emittenti ed i titolari di tali strumenti, GU L 208 del 2.8.1997, pag. 52
6 anni
Direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori, GU L 84 del 26.3.1997, pag. 22
6 anni
Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli, GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 45
modificato da:
Direttiva 2009/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che modifica la direttiva 98/26/CE concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli e la direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria per quanto riguarda i sistemi connessi e i crediti, GU L 146 del 10.6.2009, pag. 37
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
6 anni
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
4 anni
Regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 12
4 anni
Regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/77/CE della Commissione, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 84
4 anni
Regolamento (UE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell'Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 1
4 anni
Regolamento (UE) n. 1096/2010 del Consiglio, del 17 novembre 2010, che conferisce alla Banca centrale europea compiti specifici riguardanti il funzionamento del Comitato europeo per il rischio sistemico, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 162
4 anni
Normativa relativa alla raccolta dei dati statistici (articolo 6, paragrafo 1, del mandato)
Regolamento (CE) n. 25/2009 della Banca centrale europea, del 19 dicembre 2008, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (rifusione) (BCE/2008/32), GU L 15 del 20.1.2009, pag. 14
modificato da:
Regolamento (UE) n. 883/2011 della Banca centrale europea, del 25 agosto 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 25/2009 relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (rifusione) (BCE/2008/32), GU L 228 del 3.9.2011, pag. 13
4 anni
Regolamento (CE) n. 63/2002 della Banca centrale europea, del 20 dicembre 2001, relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2001/18), GU L 10 del 12.1.2002, pag. 24
modificato da:
Regolamento (UE) n. 674/2010 della Banca centrale europea, del 23 luglio 2010, che modifica il regolamento (CE) n. 63/2002 (BCE/2001/18) relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2010/7), GU L 196 del 28.7.2010, pag. 23
Regolamento (UE) n. 290/2009 della Banca centrale europea, del 31 marzo 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 63/2002 (BCE/2001/18) relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2009/7), GU L 94 dell'8.4.2009, pag. 75
Regolamento (CE) n. 2181/2004 della Banca centrale europea, del 16 dicembre 2004, che modifica il regolamento (CE) n. 2423/2001 (BCE/2001/13) relativo al bilancio consolidato del settore delle istituzioni finanziarie monetarie e il regolamento (CE) n. 63/2002 (BCE/2001/18) relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2004/21), GU L 371 del 18.12.2004, pag. 42
4 anni
Indirizzo BCE/2007/9 della Banca centrale europea, del 1o Agosto 2007, relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari (rifusione), GU L 341 del 27.12.2007, pag. 1
Rettifica dell'indirizzo BCE/2007/9 della Banca centrale europea, del 1o agosto 2007, relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari (rifusione), GU L 84 del 26.3.2008, pag. 393
modificato da:
Indirizzo BCE/2008/31 della Banca centrale europea, del 19 dicembre 2008, che modifica l'indirizzo BCE/2007/9 relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari (rifusione), GU L 53 del 26.2.2009, pag. 76
Indirizzo BCE/2009/23 della Banca centrale europea, del 4 dicembre 2009, che modifica l'indirizzo BCE/2007/9 relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari, GU L 16 del 21.1.2010, pag. 6
Indirizzo BCE/2011/13 della Banca centrale europea, del 25 agosto 2011, che modifica l'indirizzo BCE/2007/9 relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari, GU L 228 del 3.9.2011, pag. 37
4 anni
Indirizzo BCE/2002/7 della Banca centrale europea, del 21 novembre 2002, relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 334 dell'11.12.2002, pag. 24
modificato da:
Indirizzo BCE/2005/13 della Banca centrale europea, del 17 novembre 2005, che modifica l'indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 30 del 2.2.2006, pag. 1
Indirizzo BCE/2006/6 della Banca centrale europea, del 20 aprile 2006, che modifica l'Indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 115 del 28.4.2006, pag. 46
Indirizzo BCE/2007/13 della Banca centrale europea, del 15 novembre 2007, che modifica l'indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 311 del 29.11.2007, pag. 47
Indirizzo BCE/2008/6 della Banca centrale europea, del 26 agosto 2008, che modifica l'indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 259 del 27.9.2008, pag. 12
4 anni
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | CONVENZIONE MONETARIA
tra l'Unione europea e la Repubblica di San Marino
2012/C 121/02
L'UNIONE EUROPEA,
e
LA REPUBBLICA DI SAN MARINO,
considerando quanto segue:
(1)
Il 1o gennaio 1999 l'euro ha sostituito la moneta di ciascuno Stato membro partecipante alla terza fase dell'Unione economica e monetaria, tra cui l'Italia, ai sensi del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio (1), del 3 maggio 1998.
(2)
Prima dell'introduzione dell'euro l'Italia e la Repubblica di San Marino avevano concluso accordi bilaterali in materia monetaria, da ultimo la Convenzione monetaria tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino, conclusa il 21 dicembre 1991.
(3)
Nella dichiarazione n. 6 allegata all'atto finale del trattato sull'Unione europea si dichiara che la Comunità deve facilitare la rinegoziazione degli accordi vigenti con la Repubblica di San Marino che risultasse necessaria a seguito dell'introduzione della moneta unica.
(4)
Il 29 novembre 2000 è stata conclusa la convenzione monetaria tra la Repubblica italiana, per conto della Comunità europea, e la Repubblica di San Marino (2).
(5)
Conformemente alla presente convenzione monetaria, la Repubblica di San Marino utilizza l'euro come moneta ufficiale e conferisce corso legale alle banconote e alle monete in euro. Assicura che le norme dell'Unione europea (UE) in materia di banconote e monete denominate in euro, comprese le norme in materia di protezione contro la falsificazione, siano applicabili nel suo territorio. La Repubblica di San Marino adotta tutti i provvedimenti necessari per lottare contro le contraffazioni e coopera con la Commissione europea, la Banca centrale europea (BCE) e con Europol. La Repubblica di San Marino, fino a quando non avrà firmato un accordo di cooperazione con Europol, coopera con quest'ultima tramite le autorità italiane competenti nel settore.
(6)
Occorre che la Repubblica di San Marino tenga in particolar conto le raccomandazioni del gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), segnatamente gli inviti rivolti ai suoi membri e ai membri degli organi regionali analoghi al GAFI affinché applichino le contromisure necessarie nei confronti di giurisdizioni riconosciute ad alto rischio. La Repubblica di San Marino, che è rappresentata nel comitato di esperti per la valutazione delle misure di lotta contro il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo, tiene debitamente conto delle raccomandazioni formulate o che saranno formulate nelle relazioni di valutazione reciproca sulla Repubblica di San Marino per migliorarne la risposta alle minacce di riciclaggio di capitali.
(7)
La presente convenzione non impone alla BCE e alle banche centrali nazionali l'obbligo di includere gli strumenti finanziari della Repubblica di San Marino negli elenchi dei valori mobiliari oggetto delle operazioni di politica monetaria del sistema europeo delle banche centrali.
(8)
La Repubblica di San Marino dispone di un settore bancario che prevede di operare in stretta cooperazione con quello dell'area dell'euro. Per assicurare un trattamento più equo occorre pertanto che siano progressivamente rese applicabili alla Repubblica di San Marino le disposizioni legislative pertinenti dell'Unione europea in materia bancaria e finanziaria, quelle relative alla prevenzione del riciclaggio di denaro, della frode e della falsificazione di mezzi di pagamento diversi dal contante nonché all'obbligo di comunicazione dei dati statistici.
(9)
Occorre istituire un comitato misto composto da rappresentanti della Repubblica di San Marino, della Repubblica italiana, della Commissione e della BCE con il compito di esaminare l'applicazione della presente convenzione, decidere il massimale annuo per le emissioni di monete e valutare le misure adottate dalla Repubblica di San Marino per l'attuazione della normativa UE in materia.
(10)
La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente per la risoluzione delle controversie derivanti dall'applicazione della presente convenzione,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
La Repubblica di San Marino ha il diritto di utilizzare l'euro come moneta ufficiale, in conformità con il regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (3) e il regolamento (CE) n. 974/98, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro. La Repubblica di San Marino conferisce corso legale alle banconote e alle monete in euro.
Articolo 2
La Repubblica di San Marino non emette banconote, monete o sostituti monetari di alcun tipo se non dopo aver concordato con l'Unione europea le condizioni di tali emissioni. L'emissione delle monete in euro a decorrere dall'entrata in vigore della presente convenzione è soggetta alle condizioni previste negli articoli che seguono.
Articolo 3
Il massimale annuo (in termini di valore) per l'emissione delle monete in euro da parte della Repubblica di San Marino è calcolato dal comitato misto istituito dalla presente convenzione, quale somma di:
—
una parte fissa, il cui importo iniziale per il primo anno successivo all'entrata in vigore della presente convenzione è fissato a 2 600 000 EUR. Il comitato misto può rivedere annualmente la parte fissa per tener conto sia dell'inflazione (sulla base dell'inflazione IAPC in Italia) negli ultimi dodici mesi per i quali sono disponibili i dati al momento del calcolo, sia di eventuali tendenze significative sul mercato delle monete da collezione in euro,
—
una parte variabile, corrispondente al numero medio pro capite di monete emesse dalla Repubblica italiana negli ultimi dodici mesi per i quali sono disponibili i dati, moltiplicato per il numero di abitanti della Repubblica di San Marino.
Articolo 4
1. Le monete in euro emesse dalla Repubblica di San Marino sono identiche alle monete in euro emesse dagli Stati membri dell'Unione europea che hanno adottato l'euro per quanto concerne il valore nominale, il corso legale, le caratteristiche tecniche, le caratteristiche artistiche della faccia comune e le caratteristiche artistiche comuni della faccia nazionale.
2. La Repubblica di San Marino notifica preventivamente i progetti di faccia nazionale delle sue monete in euro alla Commissione europea che ne verifica la conformità alle norme UE.
Articolo 5
1. Le monete in euro emesse dalla Repubblica di San Marino sono coniate dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato della Repubblica italiana.
2. In deroga al paragrafo 1, la Repubblica di San Marino può far coniare le sue monete da una zecca UE che conia monete in euro diversa da quella menzionata al paragrafo 1, previo accordo del comitato misto.
3. Almeno il 70 % delle monete in euro destinate alla circolazione sono introdotte al valore nominale a decorrere dall'anno successivo all'entrata in vigore della presente convenzione. La percentuale raggiunge l'80 % dopo tre anni. In seguito il comitato misto può rivedere periodicamente l'adeguatezza delle percentuali.
4. La Repubblica di San Marino può emettere monete da collezione in euro. Esse sono incluse nel massimale annuo di cui all'articolo 3. L'emissione delle monete da collezione in euro da parte della Repubblica di San Marino è effettuata in linea con gli orientamenti dell'Unione europea per le monete da collezione in euro, che prevedono, in particolare, l'adozione di caratteristiche tecniche, caratteristiche artistiche e tagli che consentano di differenziare le monete da collezione da quelle destinate alla circolazione.
Articolo 6
1. Il volume delle monete in euro emesse dalla Repubblica di San Marino si aggiunge al volume di monete emesse dalla Repubblica italiana ai fini dell'approvazione da parte della Banca centrale europea del volume complessivo del conio effettuato dalla Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 128, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. La Repubblica di San Marino comunica ogni anno alla Commissione europea e alla Repubblica italiana, entro e non oltre il 1o settembre, il volume e il valore nominale delle monete in euro che prevede di emettere nel corso dell'anno successivo. Comunica inoltre alla Commissione le condizioni previste di emissione delle monete, in particolare la percentuale di monete da collezione e le modalità dettagliate di introduzione delle monete destinate alla circolazione.
3. Al momento della firma della presente convenzione la Repubblica di San Marino comunica le informazioni di cui al paragrafo 2 per l'anno successivo alla data di entrata in vigore della convenzione.
Articolo 7
1. La presente convenzione non pregiudica il diritto della Repubblica di San Marino di continuare ad emettere monete in oro denominate in scudi.
2. Le monete da collezione e le monete in oro denominate in scudi emesse dalla Repubblica di San Marino non hanno corso legale nell'Unione europea.
Articolo 8
1. La Repubblica di San Marino si impegna ad adottare tutte le misure appropriate, mediante il recepimento diretto o azioni equivalenti, per attuare gli atti giuridici e le norme UE elencati nell'allegato alla presente convenzione, in materia di:
a)
banconote e monete in euro;
b)
normativa in materia bancaria e finanziaria, in particolare per quanto riguarda le attività e la vigilanza degli istituti interessati;
c)
prevenzione del riciclaggio di denaro, della frode e della falsificazione di mezzi di pagamento in contante e diversi dal contante, medaglie e gettoni, nonché l'obbligo di comunicazione di dati statistici. Per quanto riguarda la normativa relativa alla raccolta dei dati statistici, le norme dettagliate di attuazione e gli adattamenti tecnici (comprese le deroghe necessarie per tener conto della situazione specifica di San Marino) sono convenuti con la Banca centrale europea entro 18 mesi dall'inizio della raccolta effettiva dei dati statistici;
d)
misure necessarie all'utilizzo dell'euro in quanto moneta unica adottate in base all'articolo 133 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
2. Gli atti giuridici e le norme di cui al paragrafo 1 sono attuati dalla Repubblica di San Marino entro i termini specificati nell'allegato, che decorrono dall'entrata in vigore della presente convenzione.
3. I massimali di cui all'articolo 3:
a)
sono automaticamente e temporaneamente ridotti di 1/3 se e quando un termine specificato nell'allegato non è rispettato, fino a quando non siano adottati gli atti giuridici o le norme UE in questione;
b)
possono essere ridotti temporaneamente di 1/2 con decisione del Consiglio adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa audizione dei rappresentanti della Repubblica di San Marino se e quando la Repubblica di San Marino ometta per più di due anni di conformarsi ad uno o più atti giuridici o norme UE elencati nell'allegato, che ha adottato nei tempi previsti.
Il massimale è ripristinato secondo la stessa procedura non appena la Repubblica di San Marino ha adottato le misure opportune per rimediare alle questioni che hanno determinato la riduzione temporanea.
4. La Repubblica di San Marino può chiedere assistenza tecnica alle entità che costituiscono la delegazione dell'Unione europea al fine di agevolare l'attuazione della normativa UE in materia.
5. Ogni anno o più spesso, se opportuno, la Commissione modifica l'allegato per tener conto di nuovi pertinenti atti giuridici e norme dell'UE e delle modifiche introdotte negli atti vigenti. Il comitato misto fissa quindi termini appropriati e ragionevoli per l'attuazione da parte della Repubblica di San Marino dei nuovi atti giuridici e delle nuove norme aggiunti all'allegato.
6. In casi eccezionali il comitato misto può modificare un termine vigente indicato nell'allegato.
7. L'allegato aggiornato viene pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 9
Gli enti creditizi e, se del caso, gli altri istituti finanziari autorizzati ad esercitare le loro attività nel territorio della Repubblica di San Marino possono avere accesso ai sistemi di regolamento e di pagamento interbancari e ai sistemi di regolamento titoli dell'area dell'euro a condizioni adeguate che saranno fissate dalla Banca d'Italia, in accordo con la Banca centrale europea.
Articolo 10
1. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha competenza esclusiva per la risoluzione delle controversie tra le parti derivanti dall'applicazione della presente convenzione che non siano state risolte in seno al comitato misto.
2. L'Unione europea, rappresentata dalla Commissione europea e agendo su raccomandazione della delegazione UE in seno al comitato misto, o la Repubblica di San Marino possono rivolgersi alla Corte di giustizia se ritengono che l'altra parte non abbia rispettato un obbligo previsto dalla presente convenzione. La sentenza della Corte è obbligatoria per le parti, che adottano le misure necessarie per conformarvisi entro il termine fissato dalla Corte nella sentenza stessa.
Articolo 11
1. È istituito un comitato misto. Esso è composto da rappresentanti della Repubblica di San Marino e dell'Unione europea. Il comitato misto adotta il proprio regolamento interno per consenso. La delegazione dell'Unione europea si compone di rappresentanti della Commissione europea e della Repubblica italiana, nonché di rappresentanti della Banca centrale europea.
2. Il comitato misto si riunisce almeno una volta all'anno. La presidenza viene esercitata alternativamente per un periodo di un anno da un rappresentante dell'Unione europea e da un rappresentante della Repubblica di San Marino. Il comitato misto adotta le decisioni all'unanimità.
3. Il comitato misto procede a scambi di opinioni e di informazioni e adotta le decisioni di cui agli articoli 3, 5 e 8. Esso esamina le misure adottate dalla Repubblica di San Marino e cerca di risolvere eventuali controversie derivanti dall'applicazione della presente convenzione.
4. L'Unione europea esercita per prima la presidenza del comitato misto con l'entrata in vigore della presente convenzione ai sensi dell'articolo 13.
Articolo 12
Ciascuna parte può porre fine alla presente convenzione con un preavviso di un anno.
Articolo 13
La presente convenzione entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure di ratifica, di conclusione o di adozione, secondo le norme applicabili a ciascuna parte.
Articolo 14
La convenzione monetaria del 29 novembre 2000 è abrogata a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente convenzione. I riferimenti alla convenzione del 29 novembre 2000 si intendono fatti alla presente convenzione.
Fatto a Bruxelles, il 27 marzo 2012 in due originali in lingua inglese
Per l'Unione europea
Olli REHN
Vicepresidente della Commissione europea responsabile degli Affari economici e monetari e dell'euro
Per la Repubblica di San Marino
Antonella MULARONI
Ministro degli Affari esteri
(1) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1.
(2) GU C 209 del 27.7.2001, pag. 1.
(3) GU L 162 del 19.6.1997, pag. 1.
ALLEGATO
DISPOSIZIONI GIURIDICHE DA ATTUARE
TERMINI PER L'ATTUAZIONE
(A DECORRERE DALL'ENTRATA IN VIGORE DELLA CONVENZIONE)
Prevenzione del riciclaggio di denaro
Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15
modificato da:
Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE, GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1
Direttiva 2008/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2005/60/CE relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 76 del 19.3.2008, pag. 46
Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE, GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
integrata con:
Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell'identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi, GU L 332 del 18.12.2007, pag. 103
Direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 1o agosto 2006, recante misure di esecuzione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione di «persone politicamente esposte» e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l'esenzione nel caso di un'attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata, GU L 214 del 4.8.2006, pag. 29
Regolamento (CE) n. 1781/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, riguardante i dati informativi relativi all'ordinante che accompagnano i trasferimenti di fondi, GU L 345 dell'8.12.2006, pag. 1
Rettifica del regolamento (CE) n. 1781/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (non riguarda la versione italiana)
Regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa, GU L 309 del 25.11.2005, pag. 9
Decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio, del 26 giugno 2001, concernente il riciclaggio di denaro, l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato, GU L 182 del 5.7.2001, pag. 1
1 anno
Decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni, GU L 271 del 24.10.2000, pag. 4
1 anno
Prevenzione della frode e della falsificazione
Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione, GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6
modificato da:
Regolamento (CE) n. 44/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, recante modifica del regolamento (CE) n. 1338/2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione, GU L 17 del 22.1.2009, pag. 1
1 anno
Decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro, GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44
1 anno
Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1
modificato da:
Regolamento (CE) n. 46/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che modifica il regolamento (CE) n. 2182/2004 relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, GU L 17 del 22.1.2009, pag. 5
1 anno
Decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro, GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1
modificato da:
Decisione quadro 2001/888/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, che modifica la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro, GU L 329 del 14.12.2001, pag. 3
1 anno
Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione, GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1
1 anno
Decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti, GU L 149 del 2.6.2001, pag. 1
1 anno
Disposizioni sulle banconote e monete in euro
Regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione, GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 6
modificato da:
Regolamento (CE) n. 423/1999 del Consiglio, del 22 febbraio 1999, che modifica il regolamento (CE) n. 975/98 riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione, GU L 52 del 27.2.1999, pag. 2
1 anno
Conclusioni del Consiglio, del 10 maggio 1999, sul sistema di gestione della qualità per le monete in euro
1 anno
Conclusioni del Consiglio, del 23 novembre 1998 e del 5 novembre 2002, sulle monete da collezione
1 anno
Raccomandazione 2009/23/CE della Commissione, del 19 dicembre 2008, su orientamenti comuni per l'emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale [C(2008) 8625], GU L 9 del 14.1.2009, pag. 52
1 anno
Comunicazione 2001/C 318/03 della Commissione, del 22 ottobre 2001, concernente la tutela dei diritti d'autore relativi ai disegni della faccia comune delle monete in euro [C(2001) 600 def.], GU C 318 del 13.11.2001, pag. 3
1 anno
Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all'autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione, GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1
1 anno
Indirizzo BCE/2003/5 della Banca centrale europea, del 20 marzo 2003, relativo all'applicazione dei provvedimenti diretti a contrastare le riproduzioni irregolari di banconote in euro e alla sostituzione e al ritiro di banconote in euro, GU L 78 del 25.3.2003, pag. 20
1 anno
Decisione BCE/2003/4 della Banca centrale europea, del 20 marzo 2003, relativa a tagli, specifiche, riproduzione, sostituzione e ritiro delle banconote in euro, GU L 78 del 25.3.2003, pag. 16
1 anno
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni, GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4
1 anno
BCE/2010/14: Decisione della Banca centrale europea, del 16 settembre 2010, relativa al controllo dell'autenticità e idoneità delle banconote in euro e al loro ricircolo, GU L 267 del 9.10.2010, pag. 1
1 anno
Normativa bancaria e finanziaria
Direttiva 2006/73/CE della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell'attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 26
6 anni
Regolamento (CE) n. 1287/2006 della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli obblighi in materia di registrazioni per le imprese di investimento, la comunicazione delle operazioni, la trasparenza del mercato, l'ammissione degli strumenti finanziari alla negoziazione e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 1
6 anni
Direttiva 97/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 1997, sui bonifici transfrontalieri, GU L 43 del 14.2.1997, pag. 25
6 anni
Direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (rifusione), GU L 177 del 30.6.2006, pag. 201
modificato da:
Direttiva 2008/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2006/49/CE relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 76 del 19.3.2008, pag. 54
Direttiva 2009/27/CE della Commissione, del 7 aprile 2009, che modifica taluni allegati della direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le disposizioni tecniche relative alla gestione del rischio, GU L 94 dell'8.4.2009, pag. 97
Direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi, GU L 302 del 17.11.2009, pag. 97
Direttiva 2010/76/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza, GU L 329 del 14.12.2010, pag. 3
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
4 anni
Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (rifusione), GU L 177 del 30.6.2006, pag. 1
modificato da:
Direttiva 2007/18/CE della Commissione, del 27 marzo 2007, che modifica la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'esclusione o l'inclusione di taluni enti dal suo campo di applicazione e il trattamento delle esposizioni verso banche multilaterali di sviluppo, GU L 87 del 28.3.2007, pag. 9
Direttiva 2007/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 92/49/CEE del Consiglio e le direttive 2002/83/CE, 2004/39/CE, 2005/68/CE e 2006/48/CE per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni nel settore finanziario, GU L 247 del 21.9.2007, pag. 1
Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE, GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1
Direttiva 2008/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2006/48/CE relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 81 del 20.3.2008, pag 38
Direttiva 2009/83/CE della Commissione, del 27 luglio 2009, che modifica taluni allegati della direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le disposizioni tecniche relative alla gestione del rischio, GU L 196 del 28.7.2009, pag. 14
Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE, GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7
Direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi, GU L 302 del 17.11.2009, pag. 97
Direttiva 2010/16/UE della Commissione, del 9 marzo 2010, che modifica la direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l'esclusione di un determinato ente dall'ambito di applicazione, GU L 60 del 10.3.2010, pag. 15
Direttiva 2010/76/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che modifica le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE per quanto riguarda i requisiti patrimoniali per il portafoglio di negoziazione e le ricartolarizzazioni e il riesame delle politiche remunerative da parte delle autorità di vigilanza, GU L 329 del 14.12.2010, pag. 3
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
4 anni
Direttiva 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE, GU L 267 del 10.10.2009, pag. 7
4 anni
Direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE, GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1
Rettifica della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE (GU L 319 del 5.12.2007), GU L 187 del 18.7.2009, pag. 5
modificato da:
Direttiva 2009/111/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che modifica le direttive 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2007/64/CE per quanto riguarda gli enti creditizi collegati a organismi centrali, taluni elementi dei fondi propri, i grandi fidi, i meccanismi di vigilanza e la gestione delle crisi, GU L 302 del 17.11.2009, pag. 97
4 anni
Direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, GU L 372 del 31.12.1986, pag. 1
Rettifica della direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, GU L 60 del 3.3.1987, pag. 17
modificato da:
Direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE e 86/635/CEE per quanto riguarda le regole di valutazione per i conti annuali e consolidati di taluni tipi di società nonché di banche e di altre istituzioni finanziarie, GU L 283 del 27.10.2001, pag. 28
Direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2003, che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE, 86/635/CEE e 91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione, GU L 178 del 17.7.2003, pag. 16
Direttiva 2006/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, che modifica le direttive del Consiglio 78/660/CEE, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società, 83/349/CEE, relativa ai conti consolidati, 86/635/CEE, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, e 91/674/CEE, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle imprese di assicurazione, GU L 224 del 16.8.2006, pag. 1
4 anni
Direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, GU L 135 del 31.5.1994, pag. 5
modificato da:
Direttiva 2005/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2005, che modifica le direttive del Consiglio 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari, GU L 79 del 24.3.2005, pag. 9
Direttiva 2009/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, recante modifica della direttiva 94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso, GU L 68 del 13.3.2009, pag. 3
4 anni
Direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi, GU L 125 del 5.5.2001, pag. 15
6 anni
Direttiva 89/117/CEE del Consiglio, del 13 febbraio 1989, relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro, GU L 44 del 16.2.1989, pag. 40
6 anni
Direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive del Consiglio 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE e 93/22/CEE e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 98/78/CE e 2000/12/CE, GU L 35 dell'11.2.2003, pag. 1
modificato da:
Direttiva 2005/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2005, che modifica le direttive del Consiglio 73/239/CEE, 85/611/CEE, 91/675/CEE, 92/49/CEE e 93/6/CEE e le direttive 94/19/CE, 98/78/CE, 2000/12/CE, 2001/34/CE, 2002/83/CE e 2002/87/CE al fine di istituire una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari, GU L 79 del 24.3.2005, pag. 9
Direttiva 2008/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2002/87/CE, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 81 del 20.3.2008, pag. 40
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
6 anni
Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive del Consiglio 85/611/CEE e 93/6/CEE e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, GU L 145 del 30.4.2004, pag. 1
Rettifica della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive del Consiglio 85/611/CEE e 93/6/CEE e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, GU L 45 del 16.2.2005, pag. 18
modificato da:
Direttiva 2006/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari per quanto riguarda talune scadenze, GU L 114 del 27.4.2006, pag. 60
Direttiva 2007/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che modifica la direttiva 92/49/CEE del Consiglio e le direttive 2002/83/CE, 2004/39/CE, 2005/68/CE e 2006/48/CE per quanto riguarda le regole procedurali e i criteri per la valutazione prudenziale di acquisizioni e incrementi di partecipazioni nel settore finanziario, GU L 247 del, 21.9.2007, pag. 1
Direttiva 2008/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2008, che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, per quanto riguarda le competenze di esecuzione conferite alla Commissione, GU L 76 del 19.3.2008, pag. 33
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
integrata con:
Direttiva 2006/73/CE della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell'attività delle imprese di investimento e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 26
Regolamento (CE) n. 1287/2006 della Commissione, del 10 agosto 2006, recante modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli obblighi in materia di registrazioni per le imprese di investimento, la comunicazione delle operazioni, la trasparenza del mercato, l'ammissione degli strumenti finanziari alla negoziazione e le definizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva, GU L 241 del 2.9.2006, pag. 1
6 anni
Regolamento (CE) n. 924/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo ai pagamenti transfrontalieri nella Comunità e che abroga il regolamento (CE) n. 2560/2001, GU L 266 del 9.10.2009, pag. 11
6 anni
Direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 giugno 2002, relativa ai contratti di garanzia finanziaria, GU L 168 del 27.6.2002, pag. 43
modificato da:
Direttiva 2009/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che modifica la direttiva 98/26/CE concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli e la direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria per quanto riguarda i sistemi connessi e i crediti, GU L 146 del 10.6.2009, pag. 37
6 anni
Raccomandazione 97/489/CE della Commissione, del 30 luglio 1997, relativa alle operazioni mediante strumenti di pagamento elettronici, con particolare riferimento alle relazioni tra gli emittenti ed i titolari di tali strumenti, GU L 208 del 2.8.1997, pag. 52
6 anni
Direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori, GU L 84 del 26.3.1997, pag. 22
6 anni
Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli, GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 45
modificato da:
Direttiva 2009/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, che modifica la direttiva 98/26/CE concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli e la direttiva 2002/47/CE relativa ai contratti di garanzia finanziaria per quanto riguarda i sistemi connessi e i crediti, GU L 146 del 10.6.2009, pag. 37
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
6 anni
Direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, recante modifica delle direttive 98/26/CE, 2002/87/CE, 2003/6/CE, 2003/41/CE, 2003/71/CE, 2004/39/CE, 2004/109/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, 2006/49/CE e 2009/65/CE per quanto riguarda i poteri dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e dell'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), GU L 331 del 15.12.2010, pag. 120
4 anni
Regolamento (UE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/78/CE della Commissione, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 12
4 anni
Regolamento (UE) n. 1095/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati), modifica la decisione n. 716/2009/CE e abroga la decisione 2009/77/CE della Commissione, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 84
4 anni
Regolamento (UE) n. 1092/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativo alla vigilanza macroprudenziale del sistema finanziario nell'Unione europea e che istituisce il Comitato europeo per il rischio sistemico, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 1
4 anni
Regolamento (UE) n. 1096/2010 del Consiglio, del 17 novembre 2010, che conferisce alla Banca centrale europea compiti specifici riguardanti il funzionamento del Comitato europeo per il rischio sistemico, GU L 331 del 15.12.2010, pag. 162
4 anni
Normativa relativa alla raccolta dei dati statistici (articolo 6, paragrafo 1, del mandato)
Regolamento (CE) n. 25/2009 della Banca centrale europea, del 19 dicembre 2008, relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (rifusione) (BCE/2008/32), GU L 15 del 20.1.2009, pag. 14
modificato da:
Regolamento (UE) n. 883/2011 della Banca centrale europea, del 25 agosto 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 25/2009 relativo al bilancio del settore delle istituzioni finanziarie monetarie (rifusione) (BCE/2008/32), GU L 228 del 3.9.2011, pag. 13
4 anni
Regolamento (CE) n. 63/2002 della Banca centrale europea, del 20 dicembre 2001, relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2001/18), GU L 10 del 12.1.2002, pag. 24
modificato da:
Regolamento (UE) n. 674/2010 della Banca centrale europea, del 23 luglio 2010, che modifica il regolamento (CE) n. 63/2002 (BCE/2001/18) relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2010/7), GU L 196 del 28.7.2010, pag. 23
Regolamento (UE) n. 290/2009 della Banca centrale europea, del 31 marzo 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 63/2002 (BCE/2001/18) relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2009/7), GU L 94 dell'8.4.2009, pag. 75
Regolamento (CE) n. 2181/2004 della Banca centrale europea, del 16 dicembre 2004, che modifica il regolamento (CE) n. 2423/2001 (BCE/2001/13) relativo al bilancio consolidato del settore delle istituzioni finanziarie monetarie e il regolamento (CE) n. 63/2002 (BCE/2001/18) relativo alle statistiche sui tassi di interesse applicati dalle istituzioni finanziarie monetarie ai depositi detenuti dalle famiglie e dalle società non finanziarie, nonché ai prestiti erogati in loro favore (BCE/2004/21), GU L 371 del 18.12.2004, pag. 42
4 anni
Indirizzo BCE/2007/9 della Banca centrale europea, del 1o Agosto 2007, relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari (rifusione), GU L 341 del 27.12.2007, pag. 1
Rettifica dell'indirizzo BCE/2007/9 della Banca centrale europea, del 1o agosto 2007, relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari (rifusione), GU L 84 del 26.3.2008, pag. 393
modificato da:
Indirizzo BCE/2008/31 della Banca centrale europea, del 19 dicembre 2008, che modifica l'indirizzo BCE/2007/9 relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari (rifusione), GU L 53 del 26.2.2009, pag. 76
Indirizzo BCE/2009/23 della Banca centrale europea, del 4 dicembre 2009, che modifica l'indirizzo BCE/2007/9 relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari, GU L 16 del 21.1.2010, pag. 6
Indirizzo BCE/2011/13 della Banca centrale europea, del 25 agosto 2011, che modifica l'indirizzo BCE/2007/9 relativo alle statistiche monetarie, delle istituzioni e dei mercati finanziari, GU L 228 del 3.9.2011, pag. 37
4 anni
Indirizzo BCE/2002/7 della Banca centrale europea, del 21 novembre 2002, relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 334 dell'11.12.2002, pag. 24
modificato da:
Indirizzo BCE/2005/13 della Banca centrale europea, del 17 novembre 2005, che modifica l'indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 30 del 2.2.2006, pag. 1
Indirizzo BCE/2006/6 della Banca centrale europea, del 20 aprile 2006, che modifica l'Indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 115 del 28.4.2006, pag. 46
Indirizzo BCE/2007/13 della Banca centrale europea, del 15 novembre 2007, che modifica l'indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 311 del 29.11.2007, pag. 47
Indirizzo BCE/2008/6 della Banca centrale europea, del 26 agosto 2008, che modifica l'indirizzo BCE/2002/7 relativo agli obblighi di segnalazione statistica della Banca centrale europea nel settore dei conti finanziari trimestrali, GU L 259 del 27.9.2008, pag. 12
4 anni
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Regime di cambio e convenzioni monetarie con la zona euro
QUAL È L’OBIETTIVO DELLE DECISIONI E DELLE CONVENZIONI?
Con l’arrivo dell’euro il 1o gennaio 1999, l’Unione europea (Unione) ha dovuto ridefinire le relazioni monetarie con i paesi e i territori che precedentemente avevano usato il franco francese e lo scudo portoghese. Allo stesso modo, occorreva stabilire una nuova base monetaria con i paesi vicini dell’Unione, quali il Principato di Monaco, San Marino e il Vaticano. Questi ultimi, infatti, non avevano una propria valuta nazionale, ma usavano quella dei paesi che hanno successivamente adottato l’euro.
PUNTI CHIAVE
I nuovi accordi sono stabiliti nelle seguenti convenzioni:1)Regime di cambioLa Francia ha potuto dare continuità ai propri accordi con l’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale, la Comunità economica e monetaria dell’Africa centrale e le Comore. Tali accordi assicuravano il cambio del franco CFA (Comunità finanziaria africana) e del franco comoriano con il franco francese a un tasso fisso fintanto che il franco francese non continuava a esistere. Il Portogallo ha potuto dare continuità al proprio accordo con Capo Verde, che garantiva la stabilità del tasso di cambio fra le valute dei due paesi e consentiva l’assistenza finanziaria e tecnica da parte del Portogallo fintanto che lo scudo non avesse cessato di esistere. La Francia e il Portogallo dovevano informare la Commissione europea, la Banca centrale europea (BCE) e il Comitato economico e finanziario di eventuali sviluppi che potessero avere effetti sulle politiche monetarie e relative al tasso di cambio. 2)Accordi monetariI territori francesi di Saint-Pierre-et-Miquelon, vicino alla costa orientale del Canada, e Mayotte nell’Oceano Indiano, che non fanno parte dell’Unione, sostituiscono il franco francese con l’euro. Sono stati autorizzati a usare banconote e monete in franchi fino al 30 giugno 2002. 3)Relazioni monetarieIl Principato di Monaco, San Marino e il Vaticano hanno firmato convenzioni monetarie con l’Unione prima dell’introduzione di banconote e monete in euro nel 2002. Tali convenzioni sono state oggetto di rinegoziazione per correggere alcuni difetti e autorizzano i tre paesi a usare l’euro come propria valuta ufficiale. Essi devono:
non emettere banconote o monete in euro, a meno che la convenzione non lo consenta; rispettare le norme dell’Unione sulle banconote e le monete in euro, sui diritti d’autore e sullo scambio di banconote danneggiate; proteggere le banconote e le monete in euro dalla contraffazione. Le convenzioni consentono a ciascuno dei tre paesi di emettere un numero limitato di monete in euro:
Principato di Monaco (un volume annuo pari a 1/500 della quantità di monete coniate in Francia); San Marino (un valore nominale massimo di 1 944 000 euro all’anno); il Vaticano (valore nominale massimo di 1 milione di euro all’anno). Andorra ha chiesto un accordo monetario con l’Unione il 15 luglio 2003, conclusosi il 30 giugno 2011, permettendo al paese di usare l’euro come valuta ufficiale e, dal luglio 2013, di emettere le proprie monete in euro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LE CONVENZIONI?
Dal 1o gennaio 1999 per il franco CFA, il franco francese (Saint-Pierre-et-Miquelon e Mayotte), il franco comoriano e lo scudo capoverdiano. Dal 1o gennaio 2010 per il Vaticano: tale convenzione sostituiva una precedente convenzione monetaria conclusa nel 2000 fra la Comunità europea, rappresentata dall’Italia in associazione con la Commissione e la BCE, e lo Stato della Città del Vaticano. Dal 1o dicembre 2011 per il Principato di Monaco: tale convenzione sostituiva una convenzione conclusa nel 2001 dalla Francia, in associazione con la Commissione e la BCE. Dal 1o aprile 2012: Andorra. Dal 1o settembre 2012 per San Marino: tale convenzione sostituiva una precedente convenzione fra l’Italia, per conto della Comunità europea, e San Marino.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:L’euro al di fuori della zona euro (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 98/683/CE del Consiglio, del 23 novembre 1998, relativa al regime di cambio con il franco CFA e con il franco comoriano (GU L 320 del 28.11.1998, pag. 58).
Le modifiche successive alla decisione 98/683/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione 98/744/CE del Consiglio, del 21 dicembre 1998, relativa al regime di cambio con lo scudo capoverdiano (GU L 358 del 31.12.1998, pag. 111).
Decisione 1999/95/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, relativa al regime monetario nelle collettività territoriali francesi di Saint-Pierre-et-Miquelon e Mayotte (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 29).
Decisione 1996/96/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con il Principato di Monaco (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 31).
Decisione 1999/97/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con la Repubblica di San Marino (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 33).
Decisione 1999/98/CE del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con la Città del Vaticano (GU L 30 del 4.2.1999, pag. 35).
Decisione 2004/548/CE del Consiglio, dell’11 maggio 2004, sulla posizione della Comunità in vista di un accordo sulle relazioni monetarie con il Principato d’Andorra (GU L 244 del 16.7.2004, pag. 47).
Decisione 2004/750/CE del Consiglio, del 21 ottobre 2004, sull’avvio di negoziati relativi ad un accordo sulle relazioni monetarie con il Principato d’Andorra (GU L 332 del 6.11.2004, pag. 15).
Convenzione monetaria tra l’Unione europea e lo Stato della Città del Vaticano (GU C 28 del 4.2.2010, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
Accordo monetario tra l’Unione europea e il Principato d’Andorra (GU C 369 del 17.12.2011, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Convenzione monetaria tra l’Unione europea e la Repubblica di San Marino (GU C 121 del 26.4.2012, pag. 5).
Si veda la versione consolidata.
Convenzione monetaria tra l’Unione europea e il Principato di Monaco (GU C 310 del 13.10.2012, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. |
Pianificazione fiscale aggressiva
La Commissione suggerisce modalità per intervenire sulle scappatoie e sui tecnicismi giuridici, sfruttati da talune aziende per evitare di pagare la giusta quota di imposte.
ATTO
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva.
SINTESI
Il contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva è un aspetto di un piano d'azione della Commissione, particolareggiato e complesso, messo a punto per combattere l'evasione e la frode fiscale.
Il piano illustra modalità pratiche per migliorare la cooperazione amministrativa tra i paesi UE, combattere gli abusi e la doppia non imposizione, nonché affrontare le problematiche legate ai paradisi fiscali e ai reati connessi al fisco.
Oggi, alcuni contribuenti possono usare degli accorgimenti complessi, talvolta artificiosi, per trasferire la propria sede fiscale in altre giurisdizioni all'interno o all'esterno dell'UE. Così facendo, approfittano delle incongruenze nelle leggi nazionali, per assicurarsi che talune componenti del reddito rimangano al sicuro dall'imposizione o per sfruttare le differenze delle aliquote fiscali. Si definisce questo problema pianificazione fiscale aggressiva.
La difficoltà fondamentale consiste nel fatto che una pianificazione fiscale sempre più macchinosa sposta gli utili imponibili verso altri paesi con regimi fiscali più favorevoli per i contribuenti. Questa pratica riduce l'assoggettamento alle imposte grazie ad accorgimenti che si attengono alla legge nella lettera ma ne violano lo spirito: le scappatoie giuridiche.
Sono molte le forme di pianificazione fiscale aggressiva; inoltre, fra le sue conseguenze, troviamo le doppie deduzioni (la stessa perdita, per esempio, si deduce sia nel paese d'origine che in quello di residenza) e la doppia non imposizione (il reddito non tassato nel paese dove è realizzato, per esempio, è esentasse anche nel paese di residenza).
La Commissione esorta quindi i paesi dell'UE a garantire che le convenzionisulla doppia imposizione stipulate con altri paesi UE ed extra-UE, prevedano una clausola progettata per risolvere un tipo di doppia non imposizione, specificamente individuato.
Raccomanda altresì l'utilizzo di una norma generale antiabuso per contribuire ad assicurare la coerenza e l'efficacia in un settore dove la pratica varia notevolmente da paese membro a paese membro.
In questo settore, vi sono molte altre proposte. È stata identificata, ad esempio, la vulnerabilità dell'attuale regime IVA alle frodi. La Commissione ha così deciso di istituire un forum UE sull'IVA nel quale i rappresentanti del mondo economico e le autorità tributarie possano scambiarsi opinioni sugli aspetti pratici dell'amministrazione dell'IVA applicabile alle transazioni fra i paesi UE. Inoltre, essi possono individuare e discutere le migliori pratiche, che potrebbero contribuire a linearizzare la gestione del regime IVA e a tagliare i costi di adeguamento alle normative, garantendo nel contempo anche il gettito IVA.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione
-
-
Gazzetta ufficiale L 338 del 12.12.2012.
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale [COM(2012)722 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi [COM(2013)814 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La direttiva sulle società madri e figlie (direttiva 2011/96/UE), in origine, era concepita per impedire che le società dello stesso gruppo con sede in paesi UE diversi vedessero il medesimo reddito tassato due volte (doppia imposizione). Talune società hanno tuttavia sfruttato le disposizioni della direttiva e le incongruenze fra le norme fiscali nazionali per evitare del tutto la tassazione in qualsiasi paese dell'UE (doppia non imposizione).
La modifica proposta inasprirà la direttiva, affinché gli specifici meccanismi di pianificazione fiscale (i finanziamenti ibridi) non possano più fruire di esenzioni fiscali. Secondo la proposta, se è fiscalmente deducibile nel paese UE dove ha sede la società figlia, il pagamento di un finanziamento ibrido deve essere tassato nel paese UE in cui è stabilita la società madre. Questo impedirà alle società che hanno filiali in più paesi UE di pianificare i pagamenti fra le filiali in paesi diversi, in modo da beneficiare della doppia non imposizione. | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 6 dicembre 2012
sulla pianificazione fiscale aggressiva
(2012/772/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
I paesi di tutto il mondo hanno sempre considerato la pianificazione fiscale come una pratica legittima. Con il passare del tempo, tuttavia, le strutture di pianificazione fiscale sono diventate sempre più sofisticate. Esse si sviluppano tra più giurisdizioni e trasferiscono effettivamente gli utili imponibili in Stati con regimi fiscali favorevoli. Una caratteristica fondamentale delle pratiche in questione è che esse riducono l’ammontare dell’imposta dovuta mediante operazioni legali in senso stretto che sono tuttavia in contrasto con lo scopo della norma.
(2)
La pianificazione fiscale aggressiva consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli aspetti tecnici di un sistema fiscale o le disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta. La pianificazione fiscale aggressiva può assumere svariate forme. Fra le conseguenze di questa pratica si possono citare le doppie detrazioni (ad esempio la stessa perdita è detratta sia nello Stato della fonte che nello Stato di residenza) e la doppia non imposizione (ad esempio i redditi che non sono tassati nello Stato della fonte sono esenti nello Stato di residenza).
(3)
Nonostante gli sforzi considerevoli, gli Stati membri hanno difficoltà a proteggere le loro basi imponibili dall’erosione dovuta alla pianificazione fiscale aggressiva. Le disposizioni nazionali vigenti in questo settore spesso non sono pienamente efficaci, soprattutto a causa della dimensione transnazionale di molte strutture di pianificazione fiscale e della maggiore mobilità dei capitali e delle persone.
(4)
Nella prospettiva di conseguire un migliore funzionamento del mercato interno è necessario incoraggiare tutti gli Stati membri a seguire lo stesso approccio generale nei confronti della pianificazione fiscale aggressiva, contribuendo così a ridurre le distorsioni esistenti.
(5)
A tal fine è necessario rimediare ai casi in cui un contribuente trae vantaggi fiscali organizzando i propri affari fiscali in modo che il reddito non sia tassato da nessuna delle giurisdizioni fiscali interessate (doppia non imposizione). Il persistere di tali situazioni può dar luogo a flussi artificiali di capitali e a movimenti artificiali di contribuenti nel mercato interno, danneggiando il corretto funzionamento dello stesso ed erodendo le basi imponibili degli Stati membri.
(6)
Nel 2012 la Commissione ha effettuato una consultazione pubblica sulla doppia non imposizione nel mercato interno. Poiché non è possibile risolvere tutte le questioni esaminate nell’ambito di tale consultazione con un’unica soluzione, è opportuno in un primo tempo trattare il problema legato all’utilizzo frequente di determinate strutture di pianificazione fiscale che traggono vantaggio dalle disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali e spesso comportano una doppia non imposizione.
(7)
Nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione gli Stati membri spesso si impegnano a non assoggettare a imposizione determinati elementi di reddito. Nello stabilire tale trattamento è possibile che essi non verifichino se tali elementi di reddito sono soggetti a imposta nell’altro paese aderente alla convenzione e se sussiste quindi il rischio di una doppia non imposizione. Tale rischio può verificarsi anche se gli Stati membri esentano unilateralmente elementi di redditi esteri, a prescindere dal fatto che siano soggetti a imposta nello Stato della fonte. È importante che la presente raccomandazione tratti entrambe le situazioni.
(8)
Dato che le strutture di pianificazione fiscale sono sempre più elaborate e spesso i legislatori nazionali non hanno tempo sufficiente per reagire, le specifiche misure antiabuso si rivelano in molti casi inadeguate a far fronte alle nuove strutture di pianificazione fiscale aggressiva. Tali strutture possono incidere negativamente sul gettito fiscale nazionale e sul funzionamento del mercato interno. È pertanto opportuno raccomandare l’adozione, da parte degli Stati membri, di una norma antiabuso generale comune intesa anche a evitare la complessità di molte norme diverse. In tale contesto è necessario tener conto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione per quanto riguarda le norme antiabuso.
(9)
Al fine di preservare l’autonomia operativa degli atti dell’Unione vigenti nel settore interessato, la presente raccomandazione non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/133/CE del Consiglio (1), della direttiva 2011/96/UE del Consiglio (2) e della direttiva 2003/49/CE del Consiglio (3). La Commissione considera attualmente la possibilità di rivedere le suddette direttive al fine di attuare i principi della presente raccomandazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1. Oggetto e ambito di applicazione
La presente raccomandazione riguarda la pianificazione fiscale aggressiva nel settore dell’imposizione diretta.
Essa non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione la cui esecuzione potrebbe essere influenzata dalle disposizioni della raccomandazione.
2. Definizioni
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a)
«imposta», imposta sul reddito, imposta sulle società e, se del caso, imposta sui redditi di capitale, nonché una ritenuta alla fonte di natura equivalente a una di tali imposte;
b)
«reddito», tutti gli elementi definiti tali dalla legislazione nazionale dello Stato membro che utilizza detto termine e, se del caso, gli elementi definiti come redditi di capitale.
3. Limitazione dell’applicazione di norme finalizzate a evitare la doppia imposizione
3.1.
Qualora gli Stati membri, nelle convenzioni contro la doppia imposizione che hanno concluso tra loro o con paesi terzi, si siano impegnati a non assoggettare a imposizione un determinato elemento di reddito, devono garantire che tale impegno si applica solo se l’elemento di reddito in questione è soggetto a imposta nell’altro Stato parte contraente della convenzione.
3.2.
Per dare effetto al punto 3.1 gli Stati membri sono incoraggiati a includere una clausola appropriata nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione. Tale clausola potrebbe essere così formulata:
«Ove la presente convenzione preveda che un elemento di reddito sia imponibile solo in uno degli Stati contraenti o che possa essere soggetto a imposizione in uno degli Stati contraenti, all’altro Stato contraente è preclusa l’imposizione di tale elemento solo se detto elemento è soggetto a imposta nel primo Stato contraente».
In caso di convenzioni multilaterali occorre che il riferimento all’«altro Stato contraente» sia sostituito da un riferimento agli «altri Stati contraenti».
3.3.
Se, al fine di evitare la doppia imposizione mediante norme nazionali unilaterali, gli Stati membri prevedono un’esenzione fiscale per un determinato elemento di reddito percepito in un’altra giurisdizione in cui detto elemento non è assoggettato a imposta, essi sono incoraggiati a garantire che l’elemento sia tassato.
3.4.
Ai fini dei punti 3.1, 3.2 e 3.3 un elemento di reddito dovrebbe essere considerato soggetto a imposta quando è ritenuto imponibile dalla giurisdizione interessata e non è esente da imposta, né beneficia di un credito fiscale pieno o di un’imposizione a tasso zero.
4. Norma generale antiabuso
4.1.
Per contrastare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva che non rientrano nell’ambito di applicazione delle norme nazionali specifiche intese a combattere l’elusione fiscale, gli Stati membri dovrebbero adottare una norma generale antiabuso adattata alle situazioni nazionali, alle situazioni transfrontaliere limitate all’Unione e alle situazioni che coinvolgono paesi terzi.
4.2.
Per dare effetto al punto 4.1 gli Stati membri sono incoraggiati a inserire la seguente clausola nella legislazione nazionale:
«Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».
4.3.
Ai fini del punto 4.2 per «costruzione» si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte.
4.4.
Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale. Per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare se presenta una o più delle seguenti situazioni:
a)
la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non è coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme;
b)
la costruzione o la serie di costruzioni è posta in essere in un modo che non sarebbe normalmente impiegato in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale;
c)
la costruzione o la serie di costruzioni comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o di annullarsi reciprocamente;
d)
le operazioni concluse sono di natura circolare;
e)
la costruzione o la serie di costruzioni comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa;
f)
le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei previsti vantaggi fiscali.
4.5.
Ai fini del punto 4.2, la finalità di una costruzione o di una serie di costruzioni artificiose consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali del contribuente, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali che sarebbero altrimenti applicabili.
4.6.
Ai fini del punto 4.2, una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso.
4.7.
Nel determinare se una costruzione o una serie di costruzioni artificiose ha comportato un vantaggio fiscale di cui al punto 4.2, le autorità nazionali sono invitate a confrontare l’importo dell’imposta dovuta dal contribuente, tenendo conto della o delle costruzioni, con l’importo che lo stesso contribuente dovrebbe versare nelle stesse circostanze in assenza della o delle costruzioni. In tale contesto è utile esaminare se si verifica una o più delle seguenti situazioni:
a)
un importo non è compreso nella base imponibile;
b)
il contribuente beneficia di una detrazione;
c)
vi è una perdita a fini fiscali;
d)
non è dovuta alcuna ritenuta alla fonte;
e)
l’imposta estera è compensata.
5. Seguito dato alla raccomandazione
Gli Stati membri informano la Commissione in merito alle misure adottate per conformarsi alla presente raccomandazione nonché alle eventuali modifiche apportate a tali misure.
La Commissione pubblicherà una relazione sull’applicazione della presente raccomandazione entro tre anni dalla sua adozione.
6. Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 6 dicembre 2012
Per la Commissione
Algirdas ŠEMETA
Membro della Commissione
(1) GU L 310 del 25.11.2009, pag. 34.
(2) GU L 345 del 29.12.2011, pag. 8.
(3) GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 6 dicembre 2012
sulla pianificazione fiscale aggressiva
(2012/772/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
I paesi di tutto il mondo hanno sempre considerato la pianificazione fiscale come una pratica legittima. Con il passare del tempo, tuttavia, le strutture di pianificazione fiscale sono diventate sempre più sofisticate. Esse si sviluppano tra più giurisdizioni e trasferiscono effettivamente gli utili imponibili in Stati con regimi fiscali favorevoli. Una caratteristica fondamentale delle pratiche in questione è che esse riducono l’ammontare dell’imposta dovuta mediante operazioni legali in senso stretto che sono tuttavia in contrasto con lo scopo della norma.
(2)
La pianificazione fiscale aggressiva consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli aspetti tecnici di un sistema fiscale o le disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta. La pianificazione fiscale aggressiva può assumere svariate forme. Fra le conseguenze di questa pratica si possono citare le doppie detrazioni (ad esempio la stessa perdita è detratta sia nello Stato della fonte che nello Stato di residenza) e la doppia non imposizione (ad esempio i redditi che non sono tassati nello Stato della fonte sono esenti nello Stato di residenza).
(3)
Nonostante gli sforzi considerevoli, gli Stati membri hanno difficoltà a proteggere le loro basi imponibili dall’erosione dovuta alla pianificazione fiscale aggressiva. Le disposizioni nazionali vigenti in questo settore spesso non sono pienamente efficaci, soprattutto a causa della dimensione transnazionale di molte strutture di pianificazione fiscale e della maggiore mobilità dei capitali e delle persone.
(4)
Nella prospettiva di conseguire un migliore funzionamento del mercato interno è necessario incoraggiare tutti gli Stati membri a seguire lo stesso approccio generale nei confronti della pianificazione fiscale aggressiva, contribuendo così a ridurre le distorsioni esistenti.
(5)
A tal fine è necessario rimediare ai casi in cui un contribuente trae vantaggi fiscali organizzando i propri affari fiscali in modo che il reddito non sia tassato da nessuna delle giurisdizioni fiscali interessate (doppia non imposizione). Il persistere di tali situazioni può dar luogo a flussi artificiali di capitali e a movimenti artificiali di contribuenti nel mercato interno, danneggiando il corretto funzionamento dello stesso ed erodendo le basi imponibili degli Stati membri.
(6)
Nel 2012 la Commissione ha effettuato una consultazione pubblica sulla doppia non imposizione nel mercato interno. Poiché non è possibile risolvere tutte le questioni esaminate nell’ambito di tale consultazione con un’unica soluzione, è opportuno in un primo tempo trattare il problema legato all’utilizzo frequente di determinate strutture di pianificazione fiscale che traggono vantaggio dalle disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali e spesso comportano una doppia non imposizione.
(7)
Nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione gli Stati membri spesso si impegnano a non assoggettare a imposizione determinati elementi di reddito. Nello stabilire tale trattamento è possibile che essi non verifichino se tali elementi di reddito sono soggetti a imposta nell’altro paese aderente alla convenzione e se sussiste quindi il rischio di una doppia non imposizione. Tale rischio può verificarsi anche se gli Stati membri esentano unilateralmente elementi di redditi esteri, a prescindere dal fatto che siano soggetti a imposta nello Stato della fonte. È importante che la presente raccomandazione tratti entrambe le situazioni.
(8)
Dato che le strutture di pianificazione fiscale sono sempre più elaborate e spesso i legislatori nazionali non hanno tempo sufficiente per reagire, le specifiche misure antiabuso si rivelano in molti casi inadeguate a far fronte alle nuove strutture di pianificazione fiscale aggressiva. Tali strutture possono incidere negativamente sul gettito fiscale nazionale e sul funzionamento del mercato interno. È pertanto opportuno raccomandare l’adozione, da parte degli Stati membri, di una norma antiabuso generale comune intesa anche a evitare la complessità di molte norme diverse. In tale contesto è necessario tener conto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione per quanto riguarda le norme antiabuso.
(9)
Al fine di preservare l’autonomia operativa degli atti dell’Unione vigenti nel settore interessato, la presente raccomandazione non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/133/CE del Consiglio (1), della direttiva 2011/96/UE del Consiglio (2) e della direttiva 2003/49/CE del Consiglio (3). La Commissione considera attualmente la possibilità di rivedere le suddette direttive al fine di attuare i principi della presente raccomandazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1. Oggetto e ambito di applicazione
La presente raccomandazione riguarda la pianificazione fiscale aggressiva nel settore dell’imposizione diretta.
Essa non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione la cui esecuzione potrebbe essere influenzata dalle disposizioni della raccomandazione.
2. Definizioni
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a)
«imposta», imposta sul reddito, imposta sulle società e, se del caso, imposta sui redditi di capitale, nonché una ritenuta alla fonte di natura equivalente a una di tali imposte;
b)
«reddito», tutti gli elementi definiti tali dalla legislazione nazionale dello Stato membro che utilizza detto termine e, se del caso, gli elementi definiti come redditi di capitale.
3. Limitazione dell’applicazione di norme finalizzate a evitare la doppia imposizione
3.1.
Qualora gli Stati membri, nelle convenzioni contro la doppia imposizione che hanno concluso tra loro o con paesi terzi, si siano impegnati a non assoggettare a imposizione un determinato elemento di reddito, devono garantire che tale impegno si applica solo se l’elemento di reddito in questione è soggetto a imposta nell’altro Stato parte contraente della convenzione.
3.2.
Per dare effetto al punto 3.1 gli Stati membri sono incoraggiati a includere una clausola appropriata nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione. Tale clausola potrebbe essere così formulata:
«Ove la presente convenzione preveda che un elemento di reddito sia imponibile solo in uno degli Stati contraenti o che possa essere soggetto a imposizione in uno degli Stati contraenti, all’altro Stato contraente è preclusa l’imposizione di tale elemento solo se detto elemento è soggetto a imposta nel primo Stato contraente».
In caso di convenzioni multilaterali occorre che il riferimento all’«altro Stato contraente» sia sostituito da un riferimento agli «altri Stati contraenti».
3.3.
Se, al fine di evitare la doppia imposizione mediante norme nazionali unilaterali, gli Stati membri prevedono un’esenzione fiscale per un determinato elemento di reddito percepito in un’altra giurisdizione in cui detto elemento non è assoggettato a imposta, essi sono incoraggiati a garantire che l’elemento sia tassato.
3.4.
Ai fini dei punti 3.1, 3.2 e 3.3 un elemento di reddito dovrebbe essere considerato soggetto a imposta quando è ritenuto imponibile dalla giurisdizione interessata e non è esente da imposta, né beneficia di un credito fiscale pieno o di un’imposizione a tasso zero.
4. Norma generale antiabuso
4.1.
Per contrastare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva che non rientrano nell’ambito di applicazione delle norme nazionali specifiche intese a combattere l’elusione fiscale, gli Stati membri dovrebbero adottare una norma generale antiabuso adattata alle situazioni nazionali, alle situazioni transfrontaliere limitate all’Unione e alle situazioni che coinvolgono paesi terzi.
4.2.
Per dare effetto al punto 4.1 gli Stati membri sono incoraggiati a inserire la seguente clausola nella legislazione nazionale:
«Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».
4.3.
Ai fini del punto 4.2 per «costruzione» si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte.
4.4.
Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale. Per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare se presenta una o più delle seguenti situazioni:
a)
la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non è coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme;
b)
la costruzione o la serie di costruzioni è posta in essere in un modo che non sarebbe normalmente impiegato in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale;
c)
la costruzione o la serie di costruzioni comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o di annullarsi reciprocamente;
d)
le operazioni concluse sono di natura circolare;
e)
la costruzione o la serie di costruzioni comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa;
f)
le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei previsti vantaggi fiscali.
4.5.
Ai fini del punto 4.2, la finalità di una costruzione o di una serie di costruzioni artificiose consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali del contribuente, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali che sarebbero altrimenti applicabili.
4.6.
Ai fini del punto 4.2, una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso.
4.7.
Nel determinare se una costruzione o una serie di costruzioni artificiose ha comportato un vantaggio fiscale di cui al punto 4.2, le autorità nazionali sono invitate a confrontare l’importo dell’imposta dovuta dal contribuente, tenendo conto della o delle costruzioni, con l’importo che lo stesso contribuente dovrebbe versare nelle stesse circostanze in assenza della o delle costruzioni. In tale contesto è utile esaminare se si verifica una o più delle seguenti situazioni:
a)
un importo non è compreso nella base imponibile;
b)
il contribuente beneficia di una detrazione;
c)
vi è una perdita a fini fiscali;
d)
non è dovuta alcuna ritenuta alla fonte;
e)
l’imposta estera è compensata.
5. Seguito dato alla raccomandazione
Gli Stati membri informano la Commissione in merito alle misure adottate per conformarsi alla presente raccomandazione nonché alle eventuali modifiche apportate a tali misure.
La Commissione pubblicherà una relazione sull’applicazione della presente raccomandazione entro tre anni dalla sua adozione.
6. Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 6 dicembre 2012
Per la Commissione
Algirdas ŠEMETA
Membro della Commissione
(1) GU L 310 del 25.11.2009, pag. 34.
(2) GU L 345 del 29.12.2011, pag. 8.
(3) GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Pianificazione fiscale aggressiva
La Commissione suggerisce modalità per intervenire sulle scappatoie e sui tecnicismi giuridici, sfruttati da talune aziende per evitare di pagare la giusta quota di imposte.
ATTO
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva.
SINTESI
Il contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva è un aspetto di un piano d'azione della Commissione, particolareggiato e complesso, messo a punto per combattere l'evasione e la frode fiscale.
Il piano illustra modalità pratiche per migliorare la cooperazione amministrativa tra i paesi UE, combattere gli abusi e la doppia non imposizione, nonché affrontare le problematiche legate ai paradisi fiscali e ai reati connessi al fisco.
Oggi, alcuni contribuenti possono usare degli accorgimenti complessi, talvolta artificiosi, per trasferire la propria sede fiscale in altre giurisdizioni all'interno o all'esterno dell'UE. Così facendo, approfittano delle incongruenze nelle leggi nazionali, per assicurarsi che talune componenti del reddito rimangano al sicuro dall'imposizione o per sfruttare le differenze delle aliquote fiscali. Si definisce questo problema pianificazione fiscale aggressiva.
La difficoltà fondamentale consiste nel fatto che una pianificazione fiscale sempre più macchinosa sposta gli utili imponibili verso altri paesi con regimi fiscali più favorevoli per i contribuenti. Questa pratica riduce l'assoggettamento alle imposte grazie ad accorgimenti che si attengono alla legge nella lettera ma ne violano lo spirito: le scappatoie giuridiche.
Sono molte le forme di pianificazione fiscale aggressiva; inoltre, fra le sue conseguenze, troviamo le doppie deduzioni (la stessa perdita, per esempio, si deduce sia nel paese d'origine che in quello di residenza) e la doppia non imposizione (il reddito non tassato nel paese dove è realizzato, per esempio, è esentasse anche nel paese di residenza).
La Commissione esorta quindi i paesi dell'UE a garantire che le convenzionisulla doppia imposizione stipulate con altri paesi UE ed extra-UE, prevedano una clausola progettata per risolvere un tipo di doppia non imposizione, specificamente individuato.
Raccomanda altresì l'utilizzo di una norma generale antiabuso per contribuire ad assicurare la coerenza e l'efficacia in un settore dove la pratica varia notevolmente da paese membro a paese membro.
In questo settore, vi sono molte altre proposte. È stata identificata, ad esempio, la vulnerabilità dell'attuale regime IVA alle frodi. La Commissione ha così deciso di istituire un forum UE sull'IVA nel quale i rappresentanti del mondo economico e le autorità tributarie possano scambiarsi opinioni sugli aspetti pratici dell'amministrazione dell'IVA applicabile alle transazioni fra i paesi UE. Inoltre, essi possono individuare e discutere le migliori pratiche, che potrebbero contribuire a linearizzare la gestione del regime IVA e a tagliare i costi di adeguamento alle normative, garantendo nel contempo anche il gettito IVA.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione
-
-
Gazzetta ufficiale L 338 del 12.12.2012.
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale [COM(2012)722 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi [COM(2013)814 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La direttiva sulle società madri e figlie (direttiva 2011/96/UE), in origine, era concepita per impedire che le società dello stesso gruppo con sede in paesi UE diversi vedessero il medesimo reddito tassato due volte (doppia imposizione). Talune società hanno tuttavia sfruttato le disposizioni della direttiva e le incongruenze fra le norme fiscali nazionali per evitare del tutto la tassazione in qualsiasi paese dell'UE (doppia non imposizione).
La modifica proposta inasprirà la direttiva, affinché gli specifici meccanismi di pianificazione fiscale (i finanziamenti ibridi) non possano più fruire di esenzioni fiscali. Secondo la proposta, se è fiscalmente deducibile nel paese UE dove ha sede la società figlia, il pagamento di un finanziamento ibrido deve essere tassato nel paese UE in cui è stabilita la società madre. Questo impedirà alle società che hanno filiali in più paesi UE di pianificare i pagamenti fra le filiali in paesi diversi, in modo da beneficiare della doppia non imposizione. |
Cooperazione amministrativa in materia di accise
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce:condizioni per la cooperazione tra le autorità nazionali e la Commissione europea nell’applicazione della legislazione in materia di accise; norme e procedure in materia di cooperazione e scambio di informazioni, per via elettronica o in altro modo, tra le autorità nazionali.
PUNTI CHIAVE
Ciascuno Stato membro dell’Unione europea (Unione) è responsabile di quanto segue:Nominare un’autorità per l’applicazione della legislazione e informare la Commissione che pubblica un elenco degli organismi di tale tipo sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. designare un ufficio centrale di collegamento per le accise che è principalmente responsabile:di mantenere i contatti con gli altri Stati membri, direttamente o tramite servizi e funzionari designati;di scambiare informazioni;di trasmettere le notifiche relative alle decisioni amministrative e ad altre misure;di presentare un ritorno d’informazione sulle azioni di follow-up (monitoraggio);di trasmettere dati statistici ed altre informazioni; di adottare le misure necessarie ad agevolare lo scambio di informazioni; di conservare per un periodo minimo di cinque anni le informazioni riguardanti i movimenti di prodotti soggetti ad accisa e i dati contenuti nei registri nazionali; di adottare tutte le misure necessarie a garantire:un efficace coordinamento, sul piano interno, e una cooperazione diretta tra le proprie autorità, nonchéil buon funzionamento del sistema di scambio di informazioni.Un’autorità di uno Stato membro può richiedere informazioni, compresa una specifica indagine amministrativa, all’omologa autorità di un altro Stato membro. Lo fa utilizzando, quando è possibile, il sistema d’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa e un documento di assistenza amministrativa reciproca.
Un’autorità destinataria di una richiesta (interpellata):fornisce le informazioni richieste, a condizione:che l’autorità richiedente abbia esaurito le consuete fonti di informazione eche il numero e il tipo delle richieste di informazioni presentate in un determinato periodo di tempo non impongano un onere amministrativo eccessivo; risponde il prima possibile e, comunque, entro e non oltre tre mesi; può rifiutarsi di fornire informazioni:se l’autorità richiedente non è in grado, per motivi di diritto, di fornire analoghe informazioni;qualora ciò comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale o di un procedimento commerciale oppurequalora la divulgazione di tali informazioni sia contraria all’ordine pubblico.Lo scambio di informazioni è obbligatorio:qualora si sia verificata o si sospetti che si sia verificata una violazione della legislazione in un altro Stato membro; qualora esista un rischio di frode o perdita di accise in un altro Stato membro; se si verifica la distruzione totale o la perdita di prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa*; se si verifica un evento eccezionale durante un movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione.È facoltativo quando le informazioni sono necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione.
Le informazioni comunicate o raccolte ai sensi del regolamento:sono coperte dal segreto d’ufficio; possono essere utilizzate:per accertare la base imponibile delle accise,per riscuotere o controllare in via amministrativa le accise;per controllare il movimento dei prodotti soggetti ad accisa;per condurre un’analisi di rischio;per accertare altre tasse, dazi e oneri.Una banca dati elettronica in ogni Stato membro:contiene registri con informazioni dettagliate:sugli operatori economici (depositari autorizzati, destinatari registrati, speditori registrati) esui luoghi autorizzati quali depositi fiscali; rimane aggiornata con informazioni complete ed esatte provenienti dagli uffici centrali di collegamento per le accise.La Commissione:gestisce un registro centrale, nell’ambito del sistema di informatizzazione, degli operatori economici che movimentano prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa o dei momenti in cui essi movimentano prodotti soggetti ad accisa immessi in consumo* tra Stati membri; garantisce che le persone che movimentano tali prodotti possano ottenere conferma per via elettronica della validità dei numeri di accisa contenuti nel registro centrale; esamina e valuta l’applicazione della legislazione insieme agli Stati membri; riassume periodicamente le esperienze nazionali al fine di migliorare il sistema; riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea ogni cinque anni riguardo all’utilizzo della legislazione; è assistita dal comitato delle accise; ha adottato due atti di esecuzione ai sensi del regolamento:regolamento di esecuzione (UE) n. 612/2013 sul funzionamento del registro degli operatori economici e dei depositi fiscali;regolamento di esecuzione (UE) 2016/323 sulle modalità di cooperazione e di scambio di informazioni.Il regolamento:non incide:sulle norme relative all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione;su altri obblighi bilaterali o multilaterali di reciproca assistenza; abroga il regolamento (CE) n. 2073/2004.Modifiche
Oltre agli atti di modifica inclusi nella versione consolidata del regolamento (UE) n. 389/2012, il regolamento (UE) 2020/261 e il regolamento (UE) 2021/774 riguardano la registrazione degli operatori economici che intervengono nel movimento di prodotti dopo l’immissione in consumo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica dal 1 luglio 2012.
CONTESTO
Il regolamento accelera la riscossione delle accise e migliora i controlli nazionali sul gettito generato. Il regime generale delle accise è previsto dalla direttiva 2008/118/CE (si veda la sintesi) che sarà abrogata dalla direttiva (UE) 2020/262 (si veda la sintesi) nel 2023. Per ulteriori informazioni, si veda:Imposizione di accise – Cooperazione tra le amministrazioni nazionali (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Regime di sospensione dall’accisa: un regime fiscale applicato alla produzione, alla trasformazione, alla detenzione o al movimento di prodotti soggetti ad accisa in base al quale l’accisa è sospesa.
Immissione in consumo: Lo svincolo, anche irregolare, di prodotti soggetti ad accisa da un regime di sospensione dall’accisa.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento del Consiglio (UE) n. 389/2012, del 2 maggio 2012, relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise e che abroga il Regolamento (CE) n. 2073/2004 (GU L 121 dell’8.5.2012, pag. 1).
Le successive modifiche del regolamento (UE) n. 389/2012 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2021/774 del Consiglio, del 10 maggio 2021, recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto dei registri elettronici (GU L 167 del 12.5.2021, pag. 1).
Regolamento (UE) 2020/261 del Consiglio, del 19 dicembre 2019, recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto dei registri elettronici (GU L 58 del 27.2.2020, pag. 1).
Decisione (UE) 2020/263 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2020, relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (rifusione) (GU L 58 del 27.2.2020, pag. 43).
Direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU L 9 del 14.1.2009, pag. 12).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio, del 19 dicembre 2019, che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione) (GU L 58 del 27.2.2020, pag. 4).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento di esecuzione (UE) 2016/323 della Commissione, del 24 febbraio 2016, che stabilisce le modalità di cooperazione e di scambio di informazioni tra gli Stati membri per quanto riguarda i prodotti in sospensione dall’accisa a norma del regolamento (UE) n. 389/2012 del Consiglio (GU L 66 dell’11.3.2016, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento di esecuzione (UE) n. 612/2013 della Commissione, del 25 giugno 2013, sul funzionamento del registro degli operatori economici e dei depositi fiscali e sulle relative statistiche e relazioni a norma del regolamento (UE) n. 389/2012 del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise (GU L 173 del 26.6.2013, pag. 9).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO (UE) N. 389/2012 DEL CONSIGLIO
del 2 maggio 2012
relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise e che abroga il regolamento (CE) n. 2073/2004
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 113,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 2073/2004 del Consiglio, del 16 novembre 2004, relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise (3), prevede un sistema comune in base al quale gli Stati membri si prestano mutua assistenza e collaborano con la Commissione al fine di garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise, di contrastare l’evasione delle accise e di seguire le distorsioni nel mercato interno. Alla luce dell’esperienza maturata e tenuto conto dei recenti sviluppi, è necessario apportare una serie di modifiche a detto regolamento. Per ragioni di chiarezza, dato il numero di modifiche necessarie, è opportuno sostituire il regolamento.
(2)
Ai fini del completamento del mercato interno permane la necessità di un sistema di cooperazione amministrativa nel settore delle accise che comprenda tutti gli aspetti della legislazione concernente l'applicazione di accise gravanti sui prodotti di cui all'articolo 1 della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise (4).
(3)
Per motivi di efficacia, rapidità e costo è indispensabile rafforzare il ricorso a mezzi elettronici per lo scambio di informazioni. Tenuto conto del carattere ripetitivo di talune richieste e della diversità linguistica all’interno dell’Unione, è importante assicurare un ricorso più generalizzato a formati standard nell’ambito dello scambio di informazioni, affinché le richieste di informazioni siano trattate più rapidamente. Questi requisiti possono essere più efficacemente realizzati attraverso l'utilizzo più sistematico del sistema di informatizzazione istituito dalla decisione n. 1152/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (5). Tale sistema offre attualmente maggiori possibilità rispetto al momento dell’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 2073/2004 e continuerà ad essere sviluppato. È quindi opportuno esigere che gli Stati membri vi facciano ricorso ogniqualvolta ciò sia possibile.
(4)
Lo scambio di informazioni in materia di accise è in larga misura necessario per tracciare un quadro fedele delle attività di alcuni soggetti in questo settore, ma, nel contempo, gli Stati membri non sono liberi di procurarsi o di chiedere informazioni che con tutta probabilità non sono pertinenti per esaminare la posizione in fatto di accise di una data persona o di un determinato gruppo o categoria di persone.
(5)
Ai fini di un corretto coordinamento del flusso di informazioni, è necessario mantenere le disposizioni del regolamento (CE) n. 2073/2004 per quanto riguarda un punto di contatto unico in ciascuno Stato membro. Poiché per motivi di efficienza potrebbero essere necessari contatti più diretti tra le autorità e i funzionari degli Stati membri, è altresì opportuno mantenere le disposizioni in materia di delega e designazione dei funzionari competenti.
(6)
Affinché le informazioni necessarie siano trasmesse in tempo utile, è opportuno mantenere le disposizioni del regolamento (CE) n. 2073/2004 che impongono all’autorità interpellata di agire con la massima rapidità e in ogni caso entro un termine determinato. Tuttavia, il termine per la trasmissione di informazioni di cui lo Stato membro interpellato già dispone dovrebbe essere inferiore al termine normale.
(7)
Ai fini di un monitoraggio efficace delle procedure relative alle accise nelle operazioni transfrontaliere, è necessario continuare a prevedere la possibilità di controlli simultanei da parte degli Stati membri e la presenza di funzionari di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro nel quadro della cooperazione amministrativa.
(8)
Per la gestione delle difficoltà connesse alla notifica transfrontaliera delle decisioni e delle misure amministrative è opportuno mantenere le pertinenti disposizioni del regolamento (CE) n. 2073/2004.
(9)
Per lottare efficacemente contro la frode è opportuno mantenere le disposizioni sullo scambio di informazioni senza previa richiesta. Per facilitare tale scambio è opportuno specificare le categorie di informazioni che devono essere scambiate su base obbligatoria.
(10)
È opportuno che gli Stati membri continuino a potersi scambiare su base volontaria le informazioni necessarie per la corretta applicazione delle legislazione in materia di accise, qualora tali informazioni non rientrino nelle categorie di informazioni previste per lo scambio automatico.
(11)
Il ritorno d’informazione è un mezzo appropriato per assicurare il miglioramento continuo della qualità delle informazioni scambiate. È quindi opportuno predisporre un quadro per consentire tale ritorno d’informazione.
(12)
L’archiviazione elettronica, da parte degli Stati membri, di taluni dati specifici relativi all'autorizzazione degli operatori economici e dei depositi fiscali è indispensabile per garantire il corretto funzionamento del sistema delle accise e la lotta contro la frode. Essa consente lo scambio rapido di tali dati tra gli Stati membri e l’accesso automatico alle informazioni. Tale obiettivo può essere raggiunto mediante il ricorso alle informazioni già contenute nei sistemi informatizzati nazionali per le accise, l’elaborazione di analisi dei rischi che migliorino le informazioni esistenti a livello nazionale sugli operatori economici interessati dalle accise e i loro movimenti di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione, e mediante l’inclusione di una serie di informazioni relative a soggetti passivi e alle loro operazioni. Poiché le procedure per la determinazione delle accise o per il loro recupero e i termini di prescrizione e gli altri termini variano da uno Stato membro all'altro, è necessario, per garantire l'efficace assistenza reciproca nell'applicazione della legislazione in materia di accise in situazioni transfrontaliere, prevedere un periodo minimo durante il quale ciascuno Stato membro sia tenuto a conservare tali informazioni.
(13)
Per garantire l’affidabilità delle informazioni contenute nelle banche dati elettroniche, è opportuno prevederne l’aggiornamento regolare.
(14)
È opportuno che gli operatori economici siano in grado di effettuare rapidamente le verifiche necessarie per i movimenti di prodotti sottoposti ad accisa. Essi dovrebbero poter ottenere la conferma elettronica della validità dei numeri di accisa mediante un registro centrale gestito dalla Commissione e alimentato con le informazioni contenute nelle banche dati nazionali.
(15)
Le norme nazionali in materia di segreto bancario potrebbero compromettere l’efficienza dei meccanismi previsti dal presente regolamento. È quindi opportuno che gli Stati membri non abbiano la facoltà di negare le informazioni richieste unicamente sulla base di tali norme.
(16)
Il presente regolamento dovrebbe far salve e dovrebbe piuttosto integrare le altre misure adottate a livello dell’Unione che contribuiscono alla lotta contro le irregolarità e le frodi nel settore delle accise.
(17)
Per motivi di chiarezza, è utile confermare nel presente regolamento che, qualora informazioni o documenti siano ottenuti con l'autorizzazione di un'autorità giudiziaria o su sua richiesta, la loro comunicazione all'autorità competente di un altro Stato membro è subordinata all'autorizzazione dell'autorità giudiziaria se tale autorizzazione è prescritta dalla legislazione dello Stato membro che trasmette i dati.
(18)
Il trattamento dei dati personali da parte degli Stati membri nell'ambito del presente regolamento è disciplinato dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (6). Il trattamento dei dati personali da parte della Commissione a norma del presente regolamento è disciplinato dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7).
(19)
Lo scambio di informazioni con i paesi terzi si è rivelato utili ai fini della corretta applicazione della legislazione in materia di accise e dovrebbe pertanto essere mantenuto. La direttiva 95/46/CE stabilisce i requisiti specifici per la comunicazione delle informazioni ai paesi terzi che devono soddisfare gli Stati membri.
(20)
Per l’applicazione efficace del presente regolamento potrebbe essere necessario limitare la portata di taluni diritti e obblighi stabiliti dalla direttiva 95/46/CE, in particolare dei diritti definiti all’articolo 10, all’articolo 11, paragrafo 1, e agli articoli 12 e 21 della direttiva stessa, al fine di salvaguardare i rilevanti interessi economici e finanziari degli Stati membri, tenuto conto delle potenziali perdite di gettito per gli Stati membri e dell’importanza cruciale delle informazioni contemplate dal presente regolamento per l’efficacia della lotta contro la frode. Vista la necessità di preservare gli elementi di prova nei casi di sospette irregolarità fiscali o frodi e di evitare qualsiasi interferenza con la corretta valutazione del rispetto della legislazione in materia di accise, potrebbe essere necessario limitare gli obblighi del responsabile del trattamento dei dati e i diritti della persona interessata concernenti la trasmissione di informazioni, l'accesso ai dati e la divulgazione delle operazioni di trattamento, nel corso dello scambio dei dati personali a norma del presente regolamento. È opportuno che gli Stati membri siano tenuti ad applicare tali limitazioni nella misura in cui sono necessarie e proporzionate.
(21)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione di taluni articoli del presente regolamento e di descrivere le principali categorie di dati che possono essere scambiati dagli Stati membri a norma del presente regolamento, è opportuno conferire competenze di esecuzione alla Commissione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (8).
(22)
Poiché gli atti di esecuzione sono misure di portata generale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 182/2011, per la loro adozione è opportuno applicare la procedura di esame.
(23)
È necessario controllare e valutare il funzionamento del presente regolamento. È opportuno pertanto prevedere la raccolta di statistiche e di altre informazioni da parte degli Stati membri nonché l’elaborazione di relazioni periodiche da parte della Commissione.
(24)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire la semplificazione e il rafforzamento della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri, che richiedono un approccio armonizzato, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo dell’unità d’azione e dell’efficacia perseguite, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(25)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali (articolo 8). Tenuto conto dei limiti fissati dal presente regolamento, il trattamento di tali dati nell’ambito del regolamento medesimo non va al di là di quanto è necessario e proporzionato per tutelare i legittimi interessi fiscali degli Stati membri.
(26)
È opportuno abrogare il regolamento (CE) n. 2073/2004.
(27)
Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato e ha adottato un parere (9),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce le condizioni in base alle quali le autorità competenti degli Stati membri preposte all’applicazione della legislazione in materia di accise devono cooperare tra loro e con la Commissione allo scopo di garantire l’osservanza di tale legislazione. A tal fine esso definisce norme e procedure che consentano alle autorità competenti degli Stati membri di cooperare e di scambiarsi, per via elettronica o in altro modo, le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della suddetta legislazione.
2. Il presente regolamento fa salva l’applicazione negli Stati membri delle norme di mutua assistenza in materia penale.
3. Esso non pregiudica l’esecuzione di eventuali obblighi più ampi in relazione all'assistenza reciproca risultanti da altri atti giuridici, compresi accordi bilaterali o multilaterali.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«autorità competente», l’autorità designata a norma dell’articolo 3, paragrafo 1;
2)
«autorità richiedente», l’ufficio centrale di collegamento per le accise oppure un servizio di collegamento o qualsiasi funzionario competente di uno Stato membro che formula una richiesta di assistenza a nome dell’autorità competente;
3)
«autorità interpellata», l’ufficio centrale di collegamento per le accise oppure un servizio di collegamento o un funzionario competente di uno Stato membro che riceve una richiesta di assistenza a nome dell’autorità competente;
4)
«ufficio delle accise», qualsiasi ufficio in cui possono essere espletate formalità previste dalle norme in materia di accise;
5)
«scambio automatico connesso a un evento», la comunicazione sistematica, senza preventiva richiesta, di informazioni con una struttura predetefinita riguardanti un evento di interesse e ogniqualvolta tali informazioni siano disponibili, diversa dallo scambio di informazioni di cui all’articolo 21 della direttiva 2008/118/CE;
6)
«scambio automatico regolare», la comunicazione sistematica, senza preventiva richiesta, di informazioni con una struttura predefinita, a intervalli regolari prestabiliti;
7)
«scambio spontaneo», la comunicazione di informazioni, senza preventiva richiesta, a un altro Stato membro nei casi non contemplati ai punti 5) o 6) o all'articolo 21 della direttiva 2008/118/CE;
8)
«sistema informatizzato», il sistema di informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa istituito dalla decisione n. 1152/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, relativa all'informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (10);
9)
«persona», una persona fisica, una persona giuridica, qualsiasi associazione di persone che non sia una persona giuridica, ma abbia, ai sensi del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, la capacità di agire e qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma, dotato o meno di personalità giuridica;
10)
«operatore economico», una persona che, nel corso delle sue attività commerciali, prende parte ad attività disciplinate dalla legislazione in materia di accise, sia essa a tal fine autorizzata o no;
11)
«con mezzi elettronici», l'uso di qualsiasi tipo di attrezzatura elettronica atta a consentire il trattamento, compresa la trasmissione e la compressione, e l’archiviazione di dati, compreso il sistema informatizzato di cui al punto 8);
12)
«numero di accisa», il numero di identificazione assegnato dagli Stati membri ai fini dell’accisa nei registri degli operatori economici e dei luoghi di cui all’articolo 19, paragrafo 1, lettere a) e b);
13)
«movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione», il movimento tra due o più Stati membri di prodotti soggetti ad accisa in sospensione dall’accisa ai sensi del capo IV della direttiva 2008/118/CE o di prodotti soggetti ad accisa dopo l’immissione in consumo ai sensi del capo V, sezione 2, della direttiva 2008/118/CE;
14)
«indagine amministrativa», qualsiasi controllo, verifica o altro intervento effettuati dalle autorità competenti preposte all'applicazione della legislazione in materia di accise nell’esercizio delle loro funzioni allo scopo di garantire la corretta applicazione della sudetta legislazione;
15)
«rete CCN/CSI», la piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione (CCN) e sull’interfaccia comune di sistema (CSI), sviluppata dall’Unione per assicurare tutte le trasmissioni con mezzi elettronici tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità;
16)
«accise», le tasse di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2008/118/CE;
17)
«documento di assistenza amministrativa reciproca», un documento elaborato dal sistema informatizzato e utilizzato per lo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 8, dell’articolo 15 o dell’articolo 16 e per il follow-up ai sensi dell’articolo 8 o dell’articolo 16;
18)
«documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva», un documento su supporto cartaceo utilizzato per lo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 8 o dell’articolo 15, qualora il sistema informatizzato non sia disponibile;
19)
«controllo simultaneo», il controllo coordinato, connesso alla legislazione in materia di accise, della situazione di un operatore economico o di persone collegate, organizzato da due o più Stati membri partecipanti aventi interessi comuni o complementari.
Articolo 3
Autorità competenti
1. Ciascuno Stato membro designa l’autorità competente a nome della quale deve essere applicato il presente regolamento. Esso informa senza indugio la Commissione di tale designazione e di ogni successiva modifica.
2. La Commissione mette a disposizione un elenco delle autorità competenti e pubblica tale informazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 4
Uffici centrali di collegamento per le accise e servizi di collegamento
1. L'autorità competente di ciascuno Stato membro designa un ufficio centrale di collegamento per le accise quale responsabile principale, in virtù di delega, dei contatti con gli altri Stati membri nel settore della cooperazione amministrativa con riguardo alla legislazione in materia di accise. Esso ne informa la Commissione e le autorità competenti degli altri Stati membri.
L’ufficio centrale di collegamento per le accise può essere inoltre designato quale responsabile dei contatti con la Commissione ai fini del presente regolamento.
2. L’autorità competente di ciascuno Stato membro può designare servizi di collegamento, diversi dall’ufficio centrale di collegamento per le accise, con la competenza attribuita conformemente alla normativa nazionale o alla politica di detto Stato, per scambiare direttamente informazioni ai sensi del presente regolamento.
L’ufficio centrale di collegamento per le accise provvede affinché l’elenco di questi servizi sia tenuto aggiornato e reso accessibile agli uffici centrali di collegamento per le accise degli altri Stati membri interessati.
Articolo 5
Funzionari competenti
1. L’autorità competente di ciascuno Stato membro può designare, alle condizioni stabilite dallo Stato membro, funzionari competenti che possono scambiare direttamente informazioni ai sensi del presente regolamento.
L’autorità competente può limitare la portata di tale designazione.
Spetta all’ufficio centrale di collegamento per le accise tenere aggiornato l’elenco dei funzionari competenti e renderlo accessibile agli uffici centrali di collegamento per le accise degli altri Stati membri interessati.
2. I funzionari che scambiano informazioni ai sensi degli articoli 12 e 13 sono ritenuti funzionari competenti ai fini di tali articoli, conformemente alle condizioni definite dalle autorità competenti.
Articolo 6
Obblighi dell’ufficio centrale di collegamento per le accise, dei servizi di collegamento e dei funzionari competenti
1. L’ufficio centrale di collegamento per le accise è il responsabile principale degli scambi di informazioni sui movimenti di prodotti soggetti ad accisa tra Stati membri e in particolare:
a)
dello scambio di informazioni di cui all’articolo 8;
b)
della trasmissione delle notifiche relative alle decisioni amministrative e alle misure richieste dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 14;
c)
degli scambi obbligatori di informazioni ai sensi dell’articolo 15;
d)
degli scambi spontanei di informazioni ai sensi dell’articolo 16;
e)
della presentazione di un ritorno d’informazione sulle azioni di follow-up ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, e dell’articolo 16, paragrafo 2;
f)
dello scambio di informazioni presenti nella banca dati elettronica di cui all’articolo 19;
g)
della trasmissione di dati statistici e di altre informazioni ai sensi dell’articolo 34.
2. Quando un servizio di collegamento o un funzionario competente trasmette o riceve una richiesta di assistenza, o una risposta a una richiesta di assistenza, ne informa l’ufficio centrale di collegamento per le accise del suo Stato membro alle condizioni stabilite da quest’ultimo.
3. Quando un servizio di collegamento o un funzionario competente riceve una richiesta di assistenza che rende necessaria un’azione fuori del suo ambito territoriale o operativo, la trasmette immediatamente all’ufficio centrale di collegamento per le accise del suo Stato membro nonché al funzionario competente del servizio di collegamento responsabile e ne informa l’autorità richiedente. In tal caso, i termini previsti all’articolo 11 decorrono dal giorno successivo a quello in cui la richiesta di assistenza è stata trasmessa all’ufficio centrale di collegamento per le accise e al funzionario competente del servizio di collegamento responsabile, e comunque entro una settimana dal ricevimento della richiesta di cui alla prima frase del presente paragrafo.
Articolo 7
Informazioni o documenti ottenuti con l’autorizzazione o su richiesta dell’autorità giudiziaria
1. La comunicazione all'autorità competente di un altro Stato membro di informazioni o documenti ottenuti da un'autorità competente con l'autorizzazione di un'autorità giudiziaria o su sua richiesta è subordinata all'autorizzazione preventiva dell'autorità giudiziaria se tale autorizzazione è prescritta dalla legislazione nazionale.
2. Qualora, nel caso di una richiesta di informazioni, l'autorità giudiziaria neghi tale autorizzazione all'autorità interpellata, quest'ultima ne informa l'autorità richiedente conformemente all'articolo 25, paragrafo 5.
CAPO II
COOPERAZIONE SU RICHIESTA
Articolo 8
Obblighi generali dell’autorità interpellata
1. Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata comunica le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise, anche in relazione a uno o più casi specifici, con particolare riguardo ai movimenti di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione.
2. Ai fini della comunicazione delle informazioni di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata predispone lo svolgimento delle eventuali indagini amministrative necessarie per ottenere le informazioni in questione.
3. La richiesta di cui al paragrafo 1 può comprendere una richiesta motivata relativa a una specifica indagine amministrativa. Se l’autorità interpellata decide che un’indagine amministrativa non è necessaria, informa immediatamente l’autorità richiedente delle ragioni di tale decisione.
4. Per procurarsi le informazioni richieste o condurre l’indagine amministrativa richiesta, l’autorità interpellata, o l’autorità amministrativa cui essa si rivolge, procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità del proprio Stato membro.
5. L’autorità interpellata può chiedere all’autorità richiedente un ritorno d’informazione sulle azioni di follow-up intraprese dallo Stato membro richiedente sulla base delle informazioni trasmesse. Laddove tale richiesta sia formulata, l’autorità richiedente, fatte salve le norme in materia di segretezza e protezione dei dati applicabili nel suo Stato membro, invia tale ritorno d’informazione quanto prima possibile a condizione che ciò non comporti un onere sproporzionato.
Articolo 9
Modalità della richiesta e della risposta
1. Le richieste di informazioni e di indagini amministrative ai sensi dell’articolo 8 e le risposte a tali richieste sono scambiate mediante un documento di assistenza amministrativa reciproca, fatto salvo il paragrafo 4 del presente articolo.
Se il sistema informatizzato è indisponibile, al posto del documento di assistenza amministrativa reciproca viene utilizzato un documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva.
2. La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire:
a)
la struttura e il contenuto dei documenti di assistenza amministrativa reciproca;
b)
le norme e le procedure relative agli scambi di documenti di assistenza amministrativa reciproca;
c)
il modello e il contenuto del documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva;
d)
le norme e le procedure riguardanti l’uso del documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva.
La Commissione può inoltre adottare atti di esecuzione per determinare la struttura e il contenuto del ritorno d’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 5.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
3. Ciascuno Stato membro stabilisce in quali situazioni il sistema informatizzato può essere considerato indisponibile.
4. Qualora per ragioni pratiche non sia possibile utilizzare il documento di assistenza amministrativa reciproca, lo scambio di messaggi può, in via eccezionale, essere effettuato, in tutto o in parte, con altri mezzi. In tali casi il messaggio è accompagnato da una spiegazione dei motivi per cui l’utilizzo del documento di assistenza amministrativa reciproca si è rivelato impossibile.
Articolo 10
Trasmissione di documenti
1. I documenti da trasmettere ai sensi dell’articolo 8, a prescindere dal loro contenuto, sono acclusi al documento di assistenza amministrativa reciproca di cui all’articolo 9, paragrafo 1.
Tuttavia, qualora ciò risulti impossibile o difficilmente praticabile, i documenti sono trasmessi per via elettronica o in altro modo.
2. L’autorità interpellata è obbligata a fornire documenti originali soltanto se sono necessari ai fini perseguiti dall’autorità richiedente e qualora fornirli non sia contrario alle disposizioni applicabili nello Stato membro dell’autorità interpellata.
Articolo 11
Termini
1. L’autorità interpellata trasmette le informazioni di cui all’articolo 8 quanto prima possibile e comunque entro tre mesi dalla data di ricevimento della richiesta.
Tuttavia, se l’autorità interpellata è già in possesso delle informazioni, tale termine è fissato ad un mese.
2. Per alcune categorie di casi specifici, tra l’autorità interpellata e l’autorità richiedente possono essere convenuti termini diversi da quelli di cui al paragrafo 1.
3. Qualora non sia in grado di dare seguito alla richiesta entro il termine di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata, entro il termine di un mese, informa l’autorità richiedente mediante un documento di assistenza amministrativa reciproca, delle circostanze che le impediscono di rispettare il termine prescritto e indica quando potrà dare seguito alla richiesta.
Articolo 12
Partecipazione di funzionari di altri Stati membri alle indagini amministrative
1. Previo accordo tra l’autorità richiedente e l’autorità interpellata e secondo le modalità fissate da quest’ultima, funzionari autorizzati dall’autorità richiedente possono essere presenti negli uffici delle autorità amministrative dello Stato membro interpellato o in qualsiasi altro luogo in cui tali autorità esercitano le loro funzioni, al fine di scambiare le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
Qualora le informazioni richieste siano contenute in una documentazione cui possono accedere i funzionari dell’autorità interpellata, ne è fornita copia ai funzionari dell’autorità richiedente.
2. Previo accordo tra l’autorità richiedente e l’autorità interpellata e secondo le modalità fissate da quest’ultima, funzionari designati dall’autorità richiedente possono essere presenti durante le indagini amministrative condotte nel territorio dello Stato membro interpellato al fine di scambiare le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
Se viene raggiunto tale accordo, i funzionari dell’autorità richiedente possono avere accesso agli stessi luoghi e agli stessi documenti cui hanno accesso i funzionari dell’autorità interpellata, per il tramite di tali funzionari e unicamente ai fini dello svolgimento dell’indagine amministrativa. I funzionari dell’autorità richiedente svolgono indagini o pongono domande solo con il consenso e sotto il controllo di funzionari dell’autorità interpellata. Essi esercitano i poteri di controllo di cui sono titolari i funzionari dell’autorità interpellata.
3. I funzionari dell’autorità richiedente che sono presenti in un altro Stato membro conformemente ai paragrafi 1 e 2 devono essere in grado di produrre, in qualsiasi momento, un mandato scritto in cui siano indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale.
Articolo 13
Controlli simultanei
1. Per lo scambio delle informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise, due o più Stati membri possono convenire, sulla base di un’analisi di rischio, di procedere a controlli simultanei che presentino un interesse comune o complementare, ognuno nel proprio territorio, sulla situazione in fatto di accise di uno o più operatori economici o di altre persone, ogniqualvolta ritengano che tali controlli siano più efficaci di un controllo eseguito da un Stato membro soltanto.
2. Al fine di avviare un controllo simultaneo ai sensi del paragrafo 1, l’autorità competente di uno Stato membro presenta una proposta alle autorità competenti degli altri Stati membri interessati.
La proposta:
a)
specifica il caso o i casi per i quali è proposto il controllo simultaneo;
b)
identifica ogni singola persona in relazione alla quale si intende effettuare tale controllo;
c)
fornisce le ragioni che giustificano la necessità di un controllo comune;
d)
specifica il termine entro il quale tali controlli devono essere effettuati.
3. Le autorità competenti che ricevono una proposta di cui al paragrafo 2 confermano il loro accordo a partecipare ai controlli simultanei o comunicano il loro rifiuto motivato all’autorità competente proponente quanto prima possibile, ma comunque entro un mese dal ricevimento della proposta.
4. Ogni autorità competente che partecipa ad un controllo simultaneo designa un rappresentante incaricato di dirigere e coordinare il controllo simultaneo.
5. Al termine del controllo simultaneo, se tale informazione può essere di particolare interesse per altri Stati membri, le autorità competenti informano senza indugio gli uffici centrali di collegamento per le accise degli altri Stati membri in merito a eventuali metodi o pratiche riscontrati nel corso del controllo simultaneo che sono stati effettivamente o presumibilmente utilizzati per contravvenire alla legislazione in materia di accise.
Articolo 14
Richiesta di notifica di decisioni e misure amministrative
1. Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata notifica al destinatario, secondo le norme che disciplinano analoghe notifiche applicabili nello Stato membro in cui essa ha sede, tutte le decisioni e le misure adottate dalle autorità amministrative dello Stato membro richiedente concernenti l’applicazione della legislazione in materia di accise.
2. Le richieste di notifica di cui al paragrafo 1 precisano l’oggetto della decisione o della misura da notificare e indicano il nome, l’indirizzo e ogni altro elemento utile per l’identificazione del destinatario.
3. L’autorità interpellata informa senza indugio l’autorità richiedente del seguito dato alla richiesta di notifica di cui al paragrafo 1 precisando la data in cui la decisione o la misura è stata notificata al destinatario.
4. Se non è in grado di dare seguito alla richiesta di notifica di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata ne informa per iscritto l’autorità richiedente entro un mese dal ricevimento della richiesta.
L’autorità interpellata non deve rifiutarsi di dar seguito a una richiesta di notifica a motivo del contenuto della decisione o della misura da notificare.
5. L'autorità richiedente presenta una richiesta di notificazione ai sensi del presente articolo soltanto quando non è in grado di procedere a una notificazione al destinatario in conformità delle norme sulla notificazione degli strumenti in questione nello Stato membro richiedente o qualora detta notificazione comporti difficoltà sproporzionate.
6. Il presente articolo non si applica ai documenti di cui all’articolo 8 della direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (11).
CAPO III
SCAMBIO DI INFORMAZIONI SENZA PREVIA RICHIESTA
Articolo 15
Scambio obbligatorio di informazioni
1. L’autorità competente di ogni Stato membro trasmette alle autorità competenti di tutti gli altri Stati membri interessati le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione delle legislazione in materia di accise, senza previa richiesta e mediante uno scambio automatico regolare o connesso a un evento, nei casi seguenti:
a)
se in un altro Stato membro si è verificata o si sospetta che si sia verificata un’irregolarità o una violazione della legislazione in materia di accise;
b)
se nel territorio di uno Stato membro si è verificata o si sospetta che si sia verificata un’irregolarità o una violazione della legislazione in materia di accise che possa avere ripercussioni in un altro Stato membro;
c)
se esiste un rischio di frode o perdita di accise in un altro Stato membro;
d)
in caso di distruzione totale o di perdita irrimediabile dei prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall'accisa;
e)
se durante un movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione si è verificato un evento eccezionale che non è previsto nella direttiva 2008/118/CE e che può incidere sul calcolo delle accise a carico di un operatore economico.
2. Un’autorità che ha trasmesso informazioni a un’altra autorità ai sensi del paragrafo 1 può chiedere a quest’ultima di presentare un ritorno di informazione sulle azioni di follow-up da essa intraprese sulla base delle informazioni fornite. Laddove tale richiesta sia formulata, l’altra autorità, fatte salve le norme in materia di segretezza e protezione dei dati applicabili nel suo Stato membro, invia tale ritorno di informazione quanto prima possibile a meno che ciò comporti un onere amministrativo sproporzionato.
3. Se riguardano un movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione, le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse mediante un documento di assistenza amministrativa reciproca, fatto salvo il paragrafo 4.
Tuttavia, se per ragioni pratiche non è possibile utilizzare tale documento, lo scambio di informazioni può, in via eccezionale, essere effettuato, in tutto o in parte, con altri mezzi. In tali casi, il messaggio è accompagnato da una spiegazione dei motivi per cui l’utilizzo del documento di assistenza amministrativa reciproca si è rivelato impossibile.
4. Se il sistema informatizzato è indisponibile, al posto del documento di cui al paragrafo 3 viene utilizzato il documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva.
5. La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire:
a)
le esatte categorie di informazioni che sono oggetto di scambio a norma del paragrafo 1, che per le persone fisiche comprendono dati quali nome, cognome, via, numero civico, codice postale, città, Stato membro, codice fiscale o altro numero identificativo, codice o descrizione del prodotto e altri dati personali correlati, ove disponibili;
b)
la frequenza dello scambio regolare e i termini per lo scambio connesso ad un evento a norma del paragrafo 1 per ciascuna categoria di informazioni;
c)
la struttura e il contenuto dei documenti di assistenza amministrativa reciproca;
d)
il modello e il contenuto del documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva;
e)
le norme e le procedure relative agli scambi dei documenti di cui alle lettere c) e d).
La Commissione può inoltre adottare atti di esecuzione al fine di stabilire in quali situazioni il sistema informatizzato può essere considerato indisponibile dalle autorità competenti ai fini dell’applicazione del paragrafo 4 del presente articolo.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 16
Scambio facoltativo di informazioni
1. Le autorità competenti degli Stat-i membri possono trasmettersi, senza previa richiesta e mediante scambio spontaneo, qualsiasi informazione in loro possesso e il cui scambio non è contemplato dall’articolo 15, necessaria a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
A tal fine essi possono avvalersi del sistema informatizzato, se questo è in grado di consentire il trattamento di tali informazioni.
2. Un’autorità che ha trasmesso informazioni a un’altra autorità ai sensi del paragrafo 1 può chiedere a quest’ultima di presentare un ritorno di informazione sulle azioni di follow-up da essa intraprese sulla base delle informazioni fornite. Laddove tale richiesta sia formulata, l’altra autorità, fatte salve le norme in materia di segretezza e protezione dei dati applicabili nel suo Stato membro, invia tale ritorno di informazione quanto prima possibile a meno che ciò comporti un onere amministrativo sproporzionato.
3. La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire:
a)
la struttura e il contenuto dei documenti di assistenza amministrativa reciproca destinati alla trasmissione dei tipi più comuni di informazioni di cui al paragrafo 1;
b)
le norme e le procedure relative agli scambi di documenti di assistenza amministrativa reciproca.
La Commissione può inoltre adottare atti di esecuzione per determinare la struttura e il contenuto del ritorno di informazione di cui al paragrafo 2.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 17
Obbligo degli Stati membri di agevolare gli scambi di informazioni senza previa richiesta
Gli Stati membri adottano le misure amministrative e organizzative necessarie per agevolare gli scambi previsti dal presente capo.
Articolo 18
Limitazione degli obblighi
Ai fini dell’attuazione del presente capo gli Stati membri non sono tenuti ad imporre nuovi obblighi alle persone relativamente alla raccolta di informazioni né ad assumersi oneri amministrativi sproporzionati.
CAPO IV
ARCHIVIAZIONE E SCAMBIO DI INFORMAZIONI ELETTRONICHE RELATIVE AGLI OPERATORI ECONOMICI
Articolo 19
Archiviazione e scambio delle informazioni relative alle autorizzazioni degli operatori economici e dei depositi fiscali
1. Ciascuno Stato membro gestisce una banca dati elettronica contenente i seguenti registri:
a)
un registro degli operatori economici appartenenti a una delle seguenti categorie:
i)
depositari autorizzati ai sensi dell’articolo 4, punto 1), della direttiva 2008/118/CE;
ii)
destinatari registrati ai sensi dell’articolo 4, punto 9), della direttiva 2008/118/CE;
iii)
speditori registrati ai sensi dell’articolo 4, punto 10), della direttiva 2008/118/CE;
b)
un registro dei luoghi autorizzati quali depositi fiscali ai sensi dell’articolo 4, punto 11), della direttiva 2008/118/CE.
2. I registri di cui al paragrafo 1 contengono le seguenti informazioni:
a)
il numero unico di accisa rilasciato dall’autorità competente per un operatore economico o un luogo;
b)
il nome e l’indirizzo dell’operatore economico o del luogo;
c)
la categoria del prodotto soggetto ad accisa (CAT) e/o il codice del prodotto soggetto ad accisa (CPA) dei prodotti coperti dall'autorizzazione di cui all’allegato II, elenco codici 11, del regolamento (CE) n. 684/2009 della Commissione, del 24 luglio 2009, recante modalità di attuazione della direttiva 2008/118/CE del Consiglio per quanto riguarda le procedure informatizzate relative alla circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in sospensione dall’accisa (12);
d)
gli estremi dell’ufficio centrale di collegamento per le accise o dell’ufficio delle accise presso i quali si possono ottenere altre informazioni;
e)
la data a partire dalla quale l’autorizzazione è valida, è modificata e, se del caso, cessa di essere valida;
f)
per i depositari autorizzati, il deposito fiscale o l’elenco dei depositi fiscali cui è concessa l’autorizzazione e, se la normativa nazionale lo prevede, una menzione indicante che il depositario è autorizzato a non indicare i dati del destinatario al momento della spedizione, che è autorizzato a frazionare un movimento a norma dell’articolo 23 della direttiva 2008/118/CE, o che è autorizzato a far trasportare prodotti soggetti ad accisa verso un luogo di consegna diretta a norma dell’articolo 17, paragrafo 2, della medesima direttiva;
g)
per i destinatari registrati, se la legislazione nazionale lo prevede, una menzione indicante che il destinatario è autorizzato a far trasportare prodotti soggetti ad accisa verso un luogo di consegna diretta a norma dell’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE;
h)
per i destinatari registrati di cui all’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2008/118/CE diversi da quelli di cui alla lettera i) del presente paragrafo, il contenuto dell’autorizzazione per quanto riguarda la quantità di prodotti soggetti ad accisa, l’identità dello speditore nello Stato membro di spedizione e il periodo di validità dell’autorizzazione;
i)
nel caso di destinatari registrati di cui all’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2008/118/CE in possesso di un’autorizzazione a ricevere vino da speditori che beneficiano della deroga di cui all’articolo 40 della direttiva 2008/118/CE, è valido il contenuto dell'autorizzazione per quanto riguarda la quantità di prodotti soggetti ad accisa e il periodo di validità dell’autorizzazione. Nel registro figura in questo caso un riferimento alla deroga di cui all’articolo 40 della direttiva 2008/118/CE;
j)
per i depositi fiscali, il depositario autorizzato o l’elenco dei depositari autorizzati per il cui uso è autorizzato il deposito fiscale.
3. L’ufficio centrale di collegamento per le accise o un servizio di collegamento di ogni Stato membro provvede affinché le informazioni contenute nei registri nazionali siano complete, esatte e aggiornate.
4. Le informazioni contenute nei registri nazionali di cui al paragrafo 2 riguardanti operatori economici che movimentano prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall'accisa tra Stati membri sono scambiate automaticamente mediante un registro centrale.
La Commissione gestisce il registro nell’ambito del sistema informatizzato in modo da garantire in qualsiasi momento una panoramica precisa e aggiornata dell’insieme dei dati dei registri nazionali trasmessi da tutti gli Stati membri.
Gli uffici centrali di collegamento per le accise o i servizi di collegamento degli Stati membri comunicano in tempo utile alla Commissione il contenuto del registro nazionale e le sue eventuali modifiche.
Articolo 20
Accesso alle informazioni e rettifica delle informazioni
1. La Commissione provvede affinché le persone che intervengono nel movimento di prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa tra Stati membri possono ottenere conferma per via elettronica della validità dei numeri di accisa contenuti nel registro centrale di cui all’articolo 19, paragrafo 4. La Commissione trasmette le eventuali richieste presentate da un operatore economico di rettifica di tali informazioni all’ufficio centrale di collegamento per le accise o al servizio di collegamento competente per l’autorizzazione dell’operatore economico in questione.
2. Gli uffici centrali di collegamento per le accise o i servizi di collegamento degli Stati membri provvedono affinché gli operatori economici possono ottenere conferma delle informazioni ad essi attinenti detenute ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, e possono ottenere la rettifica di eventuali inesattezze.
3. L'autorità competente di uno Stato membro può, alle condizioni stabilite da tale Stato membro, autorizzare l'ufficio centrale di collegamento per le accise o i servizi di collegamento designati a comunicare una conferma delle informazioni detenute ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 2.
Articolo 21
Conservazione dei dati
1. Ogni Stato membro conserva le informazioni riguardanti i movimenti di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione e i dati contenuti nei registri nazionali di cui all’articolo 19 per un periodo minimo di cinque anni decorrente dalla fine dell’anno civile in cui ha avuto inizio il movimento, affinché tali informazioni possano essere utilizzate per le procedure previste dal presente regolamento. Tale periodo può essere limitato a tre anni per le informazioni introdotte nei registri nazionali anteriormente al 1o luglio 2012.
2. Le informazioni raccolte mediante il sistema informatizzato sono conservate in tale sistema in modo che sia possibile procedere alla loro estrazione e al successivo trattamento a seguito di una richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 8.
Articolo 22
Attuazione
La Commissione adotta atti di esecuzione per specificare:
a)
i dettagli tecnici relativi all’aggiornamento automatico delle banche dati di cui all’articolo 19, paragrafo 1, e del registro centrale di cui all’articolo 19, paragrafo 4;
b)
le regole e le procedure riguardanti l’accesso alle informazioni e la rettifica delle medesime ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
CAPO V
CONDIZIONI COMUNI IN MATERIA DI ASSISTENZA
Articolo 23
Regime linguistico
Le richieste di assistenza, comprese le richieste di notifica, e la documentazione acclusa possono essere formulate in qualsiasi lingua convenuta tra l’autorità interpellata e l’autorità richiedente. Una traduzione nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro in cui ha sede l’autorità interpellata è richiesta soltanto se quest’ultima giustifica la necessità della traduzione.
Articolo 24
Qualità del servizio
1. La Commissione e gli Stati membri provvedono affinché le parti del sistema informatizzato necessarie per lo scambio di informazioni previsto dal presente regolamento siano correttamente funzionanti e siano oggetto di adeguati interventi di manutenzione e sviluppo.
2. La Commissione e gli Stati membri concludono un accordo sul livello dei servizi e stabiliscono di comune accordo una politica di sicurezza per il sistema informatizzato. L’accordo sul livello dei servizi definisce la qualità tecnica e la quantità dei servizi da fornire a cura della Commissione e degli Stati membri per garantire il corretto funzionamento di tutte le parti del sistema informatizzato e del sistema di comunicazione elettronica e l'assegnazione delle responsabilità per quanto riguarda l’ulteriore sviluppo del sistema.
Articolo 25
Limitazioni generali degli obblighi dell’autorità interpellata
1. L’autorità interpellata fornisce all’autorità richiedente le informazioni richieste ai sensi del presente regolamento a condizione che:
a)
l’autorità richiedente abbia esaurito le consuete fonti di informazione di cui avrebbe potuto avvalersi, nelle circostanze in questione, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento del risultato perseguito; e
b)
il numero e il tipo delle richieste di informazioni presentate in un determinato periodo di tempo dall'autorità richiedente non impongano all'autorità interpellata un onere amministrativo eccessivo.
2. Il presente regolamento non impone all'autorità competente di uno Stato membro l’obbligo di effettuare indagini o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la prassi amministrativa di tale Stato membro non consentano alle proprie autorità di effettuare tali indagini o di raccogliere o utilizzare tali informazioni per le esigenze proprie di detto Stato membro.
3. L’autorità competente di uno Stato membro può rifiutarsi di fornire informazioni se, per motivi di diritto, lo Stato membro richiedente non è in grado di fornire analoghe informazioni.
4. La trasmissione di informazioni può essere negata qualora comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale, di un procedimento commerciale o di un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico.
5. L’autorità interpellata informa l’autorità richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta di assistenza. A fini statistici, le autorità competenti comunicano annualmente alla Commissione le categorie di motivi per i quali è opposto il rifiuto.
6. I paragrafi 2, 3 o 4 non possono in nessun caso essere interpretati nel senso di autorizzare l’autorità interpellata a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona.
Articolo 26
Spese
Gli Stati membri rinunciano reciprocamente a qualsiasi richiesta di rimborso delle spese sostenute nell’applicazione del presente regolamento, ad eccezione di richieste relative a compensi versati a periti.
Articolo 27
Importo minimo
1. Una richiesta di assistenza può essere subordinata ad una soglia minima basata sulle accise potenzialmente dovute.
2. La Commissione può adottare atti di esecuzione per specificare la soglia di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 28
Segreto d’ufficio, protezione dei dati e uso delle informazioni trasmesse ai sensi del presente regolamento
1. Le informazioni comunicate o raccolte dagli Stati membri ai sensi del presente regolamento e tutte le informazioni cui abbia avuto accesso un funzionario, un altro agente o un contraente nell’esercizio delle sue funzioni sono coperte dal segreto d’ufficio e godono della protezione accordata a informazioni analoghe dalla legislazione dello Stato membro che riceve tali informazioni.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 possono essere utilizzate per gli scopi seguenti:
a)
accertamento della base imponibile delle accise;
b)
riscossione o controllo amministrativo delle accise;
c)
controllo dei movimenti dei prodotti soggetti ad accisa;
d)
analisi di rischio nel settore delle accise;
e)
indagini nel settore delle accise;
f)
accertamento di altre tasse, dazi e oneri contemplati dall’articolo 2 della direttiva 2010/24/UE.
Tuttavia, l’autorità competente dello Stato membro che fornisce le informazioni ne consente l’uso per altri scopi nello Stato membro dell’autorità richiedente se la legislazione dello Stato membro dell’autorità interpellata ne autorizza l’uso per scopi analoghi in tale Stato membro.
Nella misura consentita dalla legislazione nazionale, e fatto salvo l'articolo 1, paragrafo 2, le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo possono essere utilizzate in occasione di procedimenti giudiziari o amministrativi che possono comportare l’eventuale irrogazione di sanzioni, avviati a seguito di violazioni della normativa fiscale, fatte salve le norme che disciplinano i diritti dei convenuti e dei testimoni in siffatti procedimenti.
3. Quando l’autorità richiedente ritiene che le informazioni fornitele dall’autorità interpellata possano essere utili all’autorità competente di un altro Stato membro, può trasmetterle a quest’ultima. Essa informa al riguardo l’autorità interpellata.
L’autorità interpellata può subordinare la trasmissione delle informazioni a un altro Stato membro al suo consenso preventivo.
4. Ogni trattamento di dati personali da parte degli Stati membri ai sensi del presente regolamento è soggetto alle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva 95/46/CE.
Ai fini della corretta applicazione del presente regolamento, gli Stati membri limitano la portata degli obblighi e dei diritti previsti all’articolo 10, all’articolo 11, paragrafo 1, all’articolo 12 e all’articolo 21 della direttiva 95/46/CE nella misura in cui ciò sia necessario per salvaguardare gli interessi di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera e), della medesima direttiva. Tali restrizioni sono proporzionate agli interessi in questione.
Articolo 29
Accesso alle informazioni autorizzato dalla Commissione
A persone debitamente autorizzate dalla Commissione può essere dato accesso alle informazioni di cui all’articolo 28, paragrafo 4, soltanto nella misura necessaria per l’assistenza, la manutenzione e lo sviluppo della rete CCN/CSI e per il funzionamento del registro centrale.
Tali persone sono tenute al segreto d’ufficio. Le informazioni cui è dato accesso sono protette come dati personali ai sensi del regolamento (CE) n. 45/2001.
Articolo 30
Valore probatorio delle informazioni
Le relazioni, gli attestati e qualsiasi altro documento, come pure le copie conformi o gli estratti degli stessi, comunicati dall’autorità competente di uno Stato membro all’autorità competente di un altro Stato membro ai sensi del presente regolamento possono essere addotti come elementi di prova dalle istanze competenti dell'altro Stato membro allo stesso titolo di documenti equivalenti trasmessi da un’altra autorità all'altro Stato membro.
Articolo 31
Obbligo di cooperazione
1. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, gli Stati membri adottano tutti i provvedimenti necessari a:
a)
garantire, sul piano interno, un efficace coordinamento fra le autorità di cui agli articoli da 3 a 5;
b)
istituire una cooperazione diretta fra le autorità abilitate ai fini del coordinamento di cui alla lettera a) del presente paragrafo;
c)
garantire il buon funzionamento del sistema di scambio di informazioni previsto dal presente regolamento.
2. La Commissione comunica senza indugio all’autorità competente di ogni Stato membro le informazioni che riceve e che è in grado di fornire, necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
Articolo 32
Relazioni con paesi terzi
1. Un’autorità competente di uno Stato membro che riceve informazioni da un paese terzo può trasmetterle alle autorità competenti di qualsiasi Stato membro che possa avere interesse a dette informazioni e, in particolare, alle autorità competenti che le richiedano, nella misura in cui sia consentito dagli accordi presi con quel particolare paese terzo in materia di assistenza. Tali informazioni possono essere trasmesse anche alla Commissione se presentano un interesse per l’Unione ai fini del presente regolamento.
2. Qualora il paese terzo interessato si sia giuridicamente impegnato a fornire l’assistenza necessaria per raccogliere gli elementi comprovanti l’irregolarità di operazioni che sembrano contrarie alla legislazione in materia di accise, le informazioni ottenute a norma del presente regolamento possono essergli comunicate dall'autorità competente di uno Stato membro a detto paese terzo, conformemente alla legislazione nazionale di detto Stato membro sui trasferimenti di dati personali a paesi terzi, ai fini della corretta applicazione di accise o tasse analoghe, dazi e oneri applicabili nel paese terzo, con il consenso delle autorità competenti che le hanno fornite e nel rispetto della loro legislazione nazionale.
Articolo 33
Assistenza agli operatori economici
1. Le autorità di uno Stato membro nel quale è stabilito uno speditore di prodotti soggetti ad accisa possono fornire assistenza a tale speditore qualora quest’ultimo non riceva la nota di ricevimento di cui all’articolo 24, paragrafo 4, della direttiva 2008/118/CE o la nota di esportazione di cui all'articolo 25, paragrafo 3, detta direttiva o, nelle situazioni di cui all’articolo 33, paragrafo 1 della stessa direttiva, la copia del documento di accompagnamento di cui all’articolo 34 della stessa.
Tale assistenza lascia impregiudicati gli obblighi fiscali dello speditore che ne fruisce.
2. Se, nel fornire assistenza ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, uno Stato membro ritiene necessario ottenere informazioni da un altro Stato membro, chiede tali informazioni a norma dell’articolo 8. L’altro Stato membro può rifiutarsi di procurare le informazioni richieste se lo speditore non ha esaurito tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere la prova della conclusione del movimento di prodotti soggetti ad accisa tra Stati membri.
CAPO VI
VALUTAZIONE E DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 34
Valutazione del sistema, raccolta di statistiche operative e relazioni
1. Gli Stati membri e la Commissione esaminano e valutano l’applicazione del presente regolamento. A tale scopo la Commissione riassume periodicamente le esperienze degli Stati membri al fine di migliorare il funzionamento del sistema istituito dal presente regolamento.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione quanto segue:
a)
tutte le informazioni disponibili in relazione all’esperienza acquisita nell’applicazione del presente regolamento, compresi i dati statistici necessari per la sua valutazione;
b)
tutte le informazioni disponibili in relazione ai metodi e alle pratiche effettivamente o presumibilmente utilizzati per contravvenire alla legislazione in materia di accise, se tali metodi o pratiche rivelano carenze o lacune nel funzionamento delle procedure definite nel presente regolamento.
Al fine di valutare l’efficacia del presente sistema di cooperazione amministrativa per quanto riguarda l’effettiva applicazione della legislazione in materia di accise e la lotta contro l’evasione e la frode nel settore delle accise, gli Stati membri possono comunicare alla Commissione ogni informazione disponibile diversa dalle informazioni di cui al primo comma.
La Commissione trasmette le informazioni comunicate dagli Stati membri agli altri Stati membri interessati.
L’obbligo di comunicare informazioni e dati statistici non deve comportare un aumento ingiustificato dell’onere amministrativo.
3. Fatto salvo l’articolo 28, la Commissione può estrarre direttamente informazioni, a fini diagnostici e statistici, dai messaggi generati dal sistema informatizzato.
4. Le informazioni comunicate dagli Stati membri o estratte dalla Commissione ai fini dei paragrafi da 1a 3 non devono contenere dati individuali o personali.
5. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, la Commissione adotta atti di esecuzione che definiscano i pertinenti dati statistici che devono essere comunicati dagli Stati membri, le informazioni che possono essere estratte dalla Commissione e le relazioni statistiche che devono essere elaborate dalla Commissione e dagli Stati membri.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 35
Comitato delle accise
1. La Commissione è assistita dal comitato delle accise istituito dall’articolo 43, paragrafo 1, della direttiva 2008/118/CE. Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 36
Abrogazione del regolamento (CE) n. 2073/2004
Il regolamento (CE) n. 2073/2004 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento conformemente alla tabella di concordanza di cui all’allegato del presente regolamento.
Articolo 37
Relazioni al Parlamento europeo e al Consiglio
Ogni cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento e sulla scorta, in particolare, delle informazioni fornite dagli Stati membri, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento.
Articolo 38
Accordi bilaterali
Se le autorità competenti raggiungono un accordo su questioni bilaterali contemplate dal presente regolamento, salvo per la soluzione di casi particolari, esse ne informano la Commissione il più rapidamente possibile. La Commissione, a sua volta, ne informa le autorità competenti degli altri Stati membri.
Articolo 39
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o luglio 2012.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 2 maggio 2012
Per il Consiglio
La presidente
M. VESTAGER
(1) Parere del 29 marzo 2012 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 68 del 6.3.2012, pag. 45.
(3) GU L 359 del 4.12.2004, pag. 1.
(4) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 12.
(5) GU L 162 dell'1.7.2003, pag. 5.
(6) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
(7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(8) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
(9) Parere del 18 gennaio 2012.
(10) GU L 162 dell'1.7.2003, pag. 5.
(11) GU L 84 del 31.3.2010, pag. 1.
(12) GU L 197 del 29.7.2009, pag. 24.
ALLEGATO
Concordanza del regolamento (CE) n. 2073/2004 con il regolamento (UE) n. 389/2012
Articolo numero nel regolamento (CE) n. 2073/2004
Articolo numero nel regolamento (UE) n. 389/2012
1
1
2
2
3
3, 4, 5, 6
4
7
5
8
6
9
7
7, 10
8
11
9
11
10
11
11
12
12
13
13
13
14
14
15
14
16
14
17
15
18
15
19
16
20
17
21
18
22
19, 20
23
—
24
33
25
21
26
34
27
32
28
9, 15, 16, 22
29
23
30
25, 27, 28
31
28, 29, 32
32
30
33
31
34
35
35
37
36
38
37
39
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) N. 389/2012 DEL CONSIGLIO
del 2 maggio 2012
relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise e che abroga il regolamento (CE) n. 2073/2004
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 113,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 2073/2004 del Consiglio, del 16 novembre 2004, relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise (3), prevede un sistema comune in base al quale gli Stati membri si prestano mutua assistenza e collaborano con la Commissione al fine di garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise, di contrastare l’evasione delle accise e di seguire le distorsioni nel mercato interno. Alla luce dell’esperienza maturata e tenuto conto dei recenti sviluppi, è necessario apportare una serie di modifiche a detto regolamento. Per ragioni di chiarezza, dato il numero di modifiche necessarie, è opportuno sostituire il regolamento.
(2)
Ai fini del completamento del mercato interno permane la necessità di un sistema di cooperazione amministrativa nel settore delle accise che comprenda tutti gli aspetti della legislazione concernente l'applicazione di accise gravanti sui prodotti di cui all'articolo 1 della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise (4).
(3)
Per motivi di efficacia, rapidità e costo è indispensabile rafforzare il ricorso a mezzi elettronici per lo scambio di informazioni. Tenuto conto del carattere ripetitivo di talune richieste e della diversità linguistica all’interno dell’Unione, è importante assicurare un ricorso più generalizzato a formati standard nell’ambito dello scambio di informazioni, affinché le richieste di informazioni siano trattate più rapidamente. Questi requisiti possono essere più efficacemente realizzati attraverso l'utilizzo più sistematico del sistema di informatizzazione istituito dalla decisione n. 1152/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (5). Tale sistema offre attualmente maggiori possibilità rispetto al momento dell’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 2073/2004 e continuerà ad essere sviluppato. È quindi opportuno esigere che gli Stati membri vi facciano ricorso ogniqualvolta ciò sia possibile.
(4)
Lo scambio di informazioni in materia di accise è in larga misura necessario per tracciare un quadro fedele delle attività di alcuni soggetti in questo settore, ma, nel contempo, gli Stati membri non sono liberi di procurarsi o di chiedere informazioni che con tutta probabilità non sono pertinenti per esaminare la posizione in fatto di accise di una data persona o di un determinato gruppo o categoria di persone.
(5)
Ai fini di un corretto coordinamento del flusso di informazioni, è necessario mantenere le disposizioni del regolamento (CE) n. 2073/2004 per quanto riguarda un punto di contatto unico in ciascuno Stato membro. Poiché per motivi di efficienza potrebbero essere necessari contatti più diretti tra le autorità e i funzionari degli Stati membri, è altresì opportuno mantenere le disposizioni in materia di delega e designazione dei funzionari competenti.
(6)
Affinché le informazioni necessarie siano trasmesse in tempo utile, è opportuno mantenere le disposizioni del regolamento (CE) n. 2073/2004 che impongono all’autorità interpellata di agire con la massima rapidità e in ogni caso entro un termine determinato. Tuttavia, il termine per la trasmissione di informazioni di cui lo Stato membro interpellato già dispone dovrebbe essere inferiore al termine normale.
(7)
Ai fini di un monitoraggio efficace delle procedure relative alle accise nelle operazioni transfrontaliere, è necessario continuare a prevedere la possibilità di controlli simultanei da parte degli Stati membri e la presenza di funzionari di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro nel quadro della cooperazione amministrativa.
(8)
Per la gestione delle difficoltà connesse alla notifica transfrontaliera delle decisioni e delle misure amministrative è opportuno mantenere le pertinenti disposizioni del regolamento (CE) n. 2073/2004.
(9)
Per lottare efficacemente contro la frode è opportuno mantenere le disposizioni sullo scambio di informazioni senza previa richiesta. Per facilitare tale scambio è opportuno specificare le categorie di informazioni che devono essere scambiate su base obbligatoria.
(10)
È opportuno che gli Stati membri continuino a potersi scambiare su base volontaria le informazioni necessarie per la corretta applicazione delle legislazione in materia di accise, qualora tali informazioni non rientrino nelle categorie di informazioni previste per lo scambio automatico.
(11)
Il ritorno d’informazione è un mezzo appropriato per assicurare il miglioramento continuo della qualità delle informazioni scambiate. È quindi opportuno predisporre un quadro per consentire tale ritorno d’informazione.
(12)
L’archiviazione elettronica, da parte degli Stati membri, di taluni dati specifici relativi all'autorizzazione degli operatori economici e dei depositi fiscali è indispensabile per garantire il corretto funzionamento del sistema delle accise e la lotta contro la frode. Essa consente lo scambio rapido di tali dati tra gli Stati membri e l’accesso automatico alle informazioni. Tale obiettivo può essere raggiunto mediante il ricorso alle informazioni già contenute nei sistemi informatizzati nazionali per le accise, l’elaborazione di analisi dei rischi che migliorino le informazioni esistenti a livello nazionale sugli operatori economici interessati dalle accise e i loro movimenti di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione, e mediante l’inclusione di una serie di informazioni relative a soggetti passivi e alle loro operazioni. Poiché le procedure per la determinazione delle accise o per il loro recupero e i termini di prescrizione e gli altri termini variano da uno Stato membro all'altro, è necessario, per garantire l'efficace assistenza reciproca nell'applicazione della legislazione in materia di accise in situazioni transfrontaliere, prevedere un periodo minimo durante il quale ciascuno Stato membro sia tenuto a conservare tali informazioni.
(13)
Per garantire l’affidabilità delle informazioni contenute nelle banche dati elettroniche, è opportuno prevederne l’aggiornamento regolare.
(14)
È opportuno che gli operatori economici siano in grado di effettuare rapidamente le verifiche necessarie per i movimenti di prodotti sottoposti ad accisa. Essi dovrebbero poter ottenere la conferma elettronica della validità dei numeri di accisa mediante un registro centrale gestito dalla Commissione e alimentato con le informazioni contenute nelle banche dati nazionali.
(15)
Le norme nazionali in materia di segreto bancario potrebbero compromettere l’efficienza dei meccanismi previsti dal presente regolamento. È quindi opportuno che gli Stati membri non abbiano la facoltà di negare le informazioni richieste unicamente sulla base di tali norme.
(16)
Il presente regolamento dovrebbe far salve e dovrebbe piuttosto integrare le altre misure adottate a livello dell’Unione che contribuiscono alla lotta contro le irregolarità e le frodi nel settore delle accise.
(17)
Per motivi di chiarezza, è utile confermare nel presente regolamento che, qualora informazioni o documenti siano ottenuti con l'autorizzazione di un'autorità giudiziaria o su sua richiesta, la loro comunicazione all'autorità competente di un altro Stato membro è subordinata all'autorizzazione dell'autorità giudiziaria se tale autorizzazione è prescritta dalla legislazione dello Stato membro che trasmette i dati.
(18)
Il trattamento dei dati personali da parte degli Stati membri nell'ambito del presente regolamento è disciplinato dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (6). Il trattamento dei dati personali da parte della Commissione a norma del presente regolamento è disciplinato dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7).
(19)
Lo scambio di informazioni con i paesi terzi si è rivelato utili ai fini della corretta applicazione della legislazione in materia di accise e dovrebbe pertanto essere mantenuto. La direttiva 95/46/CE stabilisce i requisiti specifici per la comunicazione delle informazioni ai paesi terzi che devono soddisfare gli Stati membri.
(20)
Per l’applicazione efficace del presente regolamento potrebbe essere necessario limitare la portata di taluni diritti e obblighi stabiliti dalla direttiva 95/46/CE, in particolare dei diritti definiti all’articolo 10, all’articolo 11, paragrafo 1, e agli articoli 12 e 21 della direttiva stessa, al fine di salvaguardare i rilevanti interessi economici e finanziari degli Stati membri, tenuto conto delle potenziali perdite di gettito per gli Stati membri e dell’importanza cruciale delle informazioni contemplate dal presente regolamento per l’efficacia della lotta contro la frode. Vista la necessità di preservare gli elementi di prova nei casi di sospette irregolarità fiscali o frodi e di evitare qualsiasi interferenza con la corretta valutazione del rispetto della legislazione in materia di accise, potrebbe essere necessario limitare gli obblighi del responsabile del trattamento dei dati e i diritti della persona interessata concernenti la trasmissione di informazioni, l'accesso ai dati e la divulgazione delle operazioni di trattamento, nel corso dello scambio dei dati personali a norma del presente regolamento. È opportuno che gli Stati membri siano tenuti ad applicare tali limitazioni nella misura in cui sono necessarie e proporzionate.
(21)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione di taluni articoli del presente regolamento e di descrivere le principali categorie di dati che possono essere scambiati dagli Stati membri a norma del presente regolamento, è opportuno conferire competenze di esecuzione alla Commissione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (8).
(22)
Poiché gli atti di esecuzione sono misure di portata generale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 182/2011, per la loro adozione è opportuno applicare la procedura di esame.
(23)
È necessario controllare e valutare il funzionamento del presente regolamento. È opportuno pertanto prevedere la raccolta di statistiche e di altre informazioni da parte degli Stati membri nonché l’elaborazione di relazioni periodiche da parte della Commissione.
(24)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire la semplificazione e il rafforzamento della cooperazione amministrativa tra gli Stati membri, che richiedono un approccio armonizzato, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo dell’unità d’azione e dell’efficacia perseguite, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(25)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali (articolo 8). Tenuto conto dei limiti fissati dal presente regolamento, il trattamento di tali dati nell’ambito del regolamento medesimo non va al di là di quanto è necessario e proporzionato per tutelare i legittimi interessi fiscali degli Stati membri.
(26)
È opportuno abrogare il regolamento (CE) n. 2073/2004.
(27)
Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato e ha adottato un parere (9),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce le condizioni in base alle quali le autorità competenti degli Stati membri preposte all’applicazione della legislazione in materia di accise devono cooperare tra loro e con la Commissione allo scopo di garantire l’osservanza di tale legislazione. A tal fine esso definisce norme e procedure che consentano alle autorità competenti degli Stati membri di cooperare e di scambiarsi, per via elettronica o in altro modo, le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della suddetta legislazione.
2. Il presente regolamento fa salva l’applicazione negli Stati membri delle norme di mutua assistenza in materia penale.
3. Esso non pregiudica l’esecuzione di eventuali obblighi più ampi in relazione all'assistenza reciproca risultanti da altri atti giuridici, compresi accordi bilaterali o multilaterali.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«autorità competente», l’autorità designata a norma dell’articolo 3, paragrafo 1;
2)
«autorità richiedente», l’ufficio centrale di collegamento per le accise oppure un servizio di collegamento o qualsiasi funzionario competente di uno Stato membro che formula una richiesta di assistenza a nome dell’autorità competente;
3)
«autorità interpellata», l’ufficio centrale di collegamento per le accise oppure un servizio di collegamento o un funzionario competente di uno Stato membro che riceve una richiesta di assistenza a nome dell’autorità competente;
4)
«ufficio delle accise», qualsiasi ufficio in cui possono essere espletate formalità previste dalle norme in materia di accise;
5)
«scambio automatico connesso a un evento», la comunicazione sistematica, senza preventiva richiesta, di informazioni con una struttura predetefinita riguardanti un evento di interesse e ogniqualvolta tali informazioni siano disponibili, diversa dallo scambio di informazioni di cui all’articolo 21 della direttiva 2008/118/CE;
6)
«scambio automatico regolare», la comunicazione sistematica, senza preventiva richiesta, di informazioni con una struttura predefinita, a intervalli regolari prestabiliti;
7)
«scambio spontaneo», la comunicazione di informazioni, senza preventiva richiesta, a un altro Stato membro nei casi non contemplati ai punti 5) o 6) o all'articolo 21 della direttiva 2008/118/CE;
8)
«sistema informatizzato», il sistema di informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa istituito dalla decisione n. 1152/2003/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 giugno 2003, relativa all'informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (10);
9)
«persona», una persona fisica, una persona giuridica, qualsiasi associazione di persone che non sia una persona giuridica, ma abbia, ai sensi del diritto dell’Unione o del diritto nazionale, la capacità di agire e qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma, dotato o meno di personalità giuridica;
10)
«operatore economico», una persona che, nel corso delle sue attività commerciali, prende parte ad attività disciplinate dalla legislazione in materia di accise, sia essa a tal fine autorizzata o no;
11)
«con mezzi elettronici», l'uso di qualsiasi tipo di attrezzatura elettronica atta a consentire il trattamento, compresa la trasmissione e la compressione, e l’archiviazione di dati, compreso il sistema informatizzato di cui al punto 8);
12)
«numero di accisa», il numero di identificazione assegnato dagli Stati membri ai fini dell’accisa nei registri degli operatori economici e dei luoghi di cui all’articolo 19, paragrafo 1, lettere a) e b);
13)
«movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione», il movimento tra due o più Stati membri di prodotti soggetti ad accisa in sospensione dall’accisa ai sensi del capo IV della direttiva 2008/118/CE o di prodotti soggetti ad accisa dopo l’immissione in consumo ai sensi del capo V, sezione 2, della direttiva 2008/118/CE;
14)
«indagine amministrativa», qualsiasi controllo, verifica o altro intervento effettuati dalle autorità competenti preposte all'applicazione della legislazione in materia di accise nell’esercizio delle loro funzioni allo scopo di garantire la corretta applicazione della sudetta legislazione;
15)
«rete CCN/CSI», la piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione (CCN) e sull’interfaccia comune di sistema (CSI), sviluppata dall’Unione per assicurare tutte le trasmissioni con mezzi elettronici tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità;
16)
«accise», le tasse di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2008/118/CE;
17)
«documento di assistenza amministrativa reciproca», un documento elaborato dal sistema informatizzato e utilizzato per lo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 8, dell’articolo 15 o dell’articolo 16 e per il follow-up ai sensi dell’articolo 8 o dell’articolo 16;
18)
«documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva», un documento su supporto cartaceo utilizzato per lo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 8 o dell’articolo 15, qualora il sistema informatizzato non sia disponibile;
19)
«controllo simultaneo», il controllo coordinato, connesso alla legislazione in materia di accise, della situazione di un operatore economico o di persone collegate, organizzato da due o più Stati membri partecipanti aventi interessi comuni o complementari.
Articolo 3
Autorità competenti
1. Ciascuno Stato membro designa l’autorità competente a nome della quale deve essere applicato il presente regolamento. Esso informa senza indugio la Commissione di tale designazione e di ogni successiva modifica.
2. La Commissione mette a disposizione un elenco delle autorità competenti e pubblica tale informazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 4
Uffici centrali di collegamento per le accise e servizi di collegamento
1. L'autorità competente di ciascuno Stato membro designa un ufficio centrale di collegamento per le accise quale responsabile principale, in virtù di delega, dei contatti con gli altri Stati membri nel settore della cooperazione amministrativa con riguardo alla legislazione in materia di accise. Esso ne informa la Commissione e le autorità competenti degli altri Stati membri.
L’ufficio centrale di collegamento per le accise può essere inoltre designato quale responsabile dei contatti con la Commissione ai fini del presente regolamento.
2. L’autorità competente di ciascuno Stato membro può designare servizi di collegamento, diversi dall’ufficio centrale di collegamento per le accise, con la competenza attribuita conformemente alla normativa nazionale o alla politica di detto Stato, per scambiare direttamente informazioni ai sensi del presente regolamento.
L’ufficio centrale di collegamento per le accise provvede affinché l’elenco di questi servizi sia tenuto aggiornato e reso accessibile agli uffici centrali di collegamento per le accise degli altri Stati membri interessati.
Articolo 5
Funzionari competenti
1. L’autorità competente di ciascuno Stato membro può designare, alle condizioni stabilite dallo Stato membro, funzionari competenti che possono scambiare direttamente informazioni ai sensi del presente regolamento.
L’autorità competente può limitare la portata di tale designazione.
Spetta all’ufficio centrale di collegamento per le accise tenere aggiornato l’elenco dei funzionari competenti e renderlo accessibile agli uffici centrali di collegamento per le accise degli altri Stati membri interessati.
2. I funzionari che scambiano informazioni ai sensi degli articoli 12 e 13 sono ritenuti funzionari competenti ai fini di tali articoli, conformemente alle condizioni definite dalle autorità competenti.
Articolo 6
Obblighi dell’ufficio centrale di collegamento per le accise, dei servizi di collegamento e dei funzionari competenti
1. L’ufficio centrale di collegamento per le accise è il responsabile principale degli scambi di informazioni sui movimenti di prodotti soggetti ad accisa tra Stati membri e in particolare:
a)
dello scambio di informazioni di cui all’articolo 8;
b)
della trasmissione delle notifiche relative alle decisioni amministrative e alle misure richieste dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 14;
c)
degli scambi obbligatori di informazioni ai sensi dell’articolo 15;
d)
degli scambi spontanei di informazioni ai sensi dell’articolo 16;
e)
della presentazione di un ritorno d’informazione sulle azioni di follow-up ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, e dell’articolo 16, paragrafo 2;
f)
dello scambio di informazioni presenti nella banca dati elettronica di cui all’articolo 19;
g)
della trasmissione di dati statistici e di altre informazioni ai sensi dell’articolo 34.
2. Quando un servizio di collegamento o un funzionario competente trasmette o riceve una richiesta di assistenza, o una risposta a una richiesta di assistenza, ne informa l’ufficio centrale di collegamento per le accise del suo Stato membro alle condizioni stabilite da quest’ultimo.
3. Quando un servizio di collegamento o un funzionario competente riceve una richiesta di assistenza che rende necessaria un’azione fuori del suo ambito territoriale o operativo, la trasmette immediatamente all’ufficio centrale di collegamento per le accise del suo Stato membro nonché al funzionario competente del servizio di collegamento responsabile e ne informa l’autorità richiedente. In tal caso, i termini previsti all’articolo 11 decorrono dal giorno successivo a quello in cui la richiesta di assistenza è stata trasmessa all’ufficio centrale di collegamento per le accise e al funzionario competente del servizio di collegamento responsabile, e comunque entro una settimana dal ricevimento della richiesta di cui alla prima frase del presente paragrafo.
Articolo 7
Informazioni o documenti ottenuti con l’autorizzazione o su richiesta dell’autorità giudiziaria
1. La comunicazione all'autorità competente di un altro Stato membro di informazioni o documenti ottenuti da un'autorità competente con l'autorizzazione di un'autorità giudiziaria o su sua richiesta è subordinata all'autorizzazione preventiva dell'autorità giudiziaria se tale autorizzazione è prescritta dalla legislazione nazionale.
2. Qualora, nel caso di una richiesta di informazioni, l'autorità giudiziaria neghi tale autorizzazione all'autorità interpellata, quest'ultima ne informa l'autorità richiedente conformemente all'articolo 25, paragrafo 5.
CAPO II
COOPERAZIONE SU RICHIESTA
Articolo 8
Obblighi generali dell’autorità interpellata
1. Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata comunica le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise, anche in relazione a uno o più casi specifici, con particolare riguardo ai movimenti di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione.
2. Ai fini della comunicazione delle informazioni di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata predispone lo svolgimento delle eventuali indagini amministrative necessarie per ottenere le informazioni in questione.
3. La richiesta di cui al paragrafo 1 può comprendere una richiesta motivata relativa a una specifica indagine amministrativa. Se l’autorità interpellata decide che un’indagine amministrativa non è necessaria, informa immediatamente l’autorità richiedente delle ragioni di tale decisione.
4. Per procurarsi le informazioni richieste o condurre l’indagine amministrativa richiesta, l’autorità interpellata, o l’autorità amministrativa cui essa si rivolge, procede come se agisse per conto proprio o su richiesta di un’altra autorità del proprio Stato membro.
5. L’autorità interpellata può chiedere all’autorità richiedente un ritorno d’informazione sulle azioni di follow-up intraprese dallo Stato membro richiedente sulla base delle informazioni trasmesse. Laddove tale richiesta sia formulata, l’autorità richiedente, fatte salve le norme in materia di segretezza e protezione dei dati applicabili nel suo Stato membro, invia tale ritorno d’informazione quanto prima possibile a condizione che ciò non comporti un onere sproporzionato.
Articolo 9
Modalità della richiesta e della risposta
1. Le richieste di informazioni e di indagini amministrative ai sensi dell’articolo 8 e le risposte a tali richieste sono scambiate mediante un documento di assistenza amministrativa reciproca, fatto salvo il paragrafo 4 del presente articolo.
Se il sistema informatizzato è indisponibile, al posto del documento di assistenza amministrativa reciproca viene utilizzato un documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva.
2. La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire:
a)
la struttura e il contenuto dei documenti di assistenza amministrativa reciproca;
b)
le norme e le procedure relative agli scambi di documenti di assistenza amministrativa reciproca;
c)
il modello e il contenuto del documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva;
d)
le norme e le procedure riguardanti l’uso del documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva.
La Commissione può inoltre adottare atti di esecuzione per determinare la struttura e il contenuto del ritorno d’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 5.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
3. Ciascuno Stato membro stabilisce in quali situazioni il sistema informatizzato può essere considerato indisponibile.
4. Qualora per ragioni pratiche non sia possibile utilizzare il documento di assistenza amministrativa reciproca, lo scambio di messaggi può, in via eccezionale, essere effettuato, in tutto o in parte, con altri mezzi. In tali casi il messaggio è accompagnato da una spiegazione dei motivi per cui l’utilizzo del documento di assistenza amministrativa reciproca si è rivelato impossibile.
Articolo 10
Trasmissione di documenti
1. I documenti da trasmettere ai sensi dell’articolo 8, a prescindere dal loro contenuto, sono acclusi al documento di assistenza amministrativa reciproca di cui all’articolo 9, paragrafo 1.
Tuttavia, qualora ciò risulti impossibile o difficilmente praticabile, i documenti sono trasmessi per via elettronica o in altro modo.
2. L’autorità interpellata è obbligata a fornire documenti originali soltanto se sono necessari ai fini perseguiti dall’autorità richiedente e qualora fornirli non sia contrario alle disposizioni applicabili nello Stato membro dell’autorità interpellata.
Articolo 11
Termini
1. L’autorità interpellata trasmette le informazioni di cui all’articolo 8 quanto prima possibile e comunque entro tre mesi dalla data di ricevimento della richiesta.
Tuttavia, se l’autorità interpellata è già in possesso delle informazioni, tale termine è fissato ad un mese.
2. Per alcune categorie di casi specifici, tra l’autorità interpellata e l’autorità richiedente possono essere convenuti termini diversi da quelli di cui al paragrafo 1.
3. Qualora non sia in grado di dare seguito alla richiesta entro il termine di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata, entro il termine di un mese, informa l’autorità richiedente mediante un documento di assistenza amministrativa reciproca, delle circostanze che le impediscono di rispettare il termine prescritto e indica quando potrà dare seguito alla richiesta.
Articolo 12
Partecipazione di funzionari di altri Stati membri alle indagini amministrative
1. Previo accordo tra l’autorità richiedente e l’autorità interpellata e secondo le modalità fissate da quest’ultima, funzionari autorizzati dall’autorità richiedente possono essere presenti negli uffici delle autorità amministrative dello Stato membro interpellato o in qualsiasi altro luogo in cui tali autorità esercitano le loro funzioni, al fine di scambiare le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
Qualora le informazioni richieste siano contenute in una documentazione cui possono accedere i funzionari dell’autorità interpellata, ne è fornita copia ai funzionari dell’autorità richiedente.
2. Previo accordo tra l’autorità richiedente e l’autorità interpellata e secondo le modalità fissate da quest’ultima, funzionari designati dall’autorità richiedente possono essere presenti durante le indagini amministrative condotte nel territorio dello Stato membro interpellato al fine di scambiare le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
Se viene raggiunto tale accordo, i funzionari dell’autorità richiedente possono avere accesso agli stessi luoghi e agli stessi documenti cui hanno accesso i funzionari dell’autorità interpellata, per il tramite di tali funzionari e unicamente ai fini dello svolgimento dell’indagine amministrativa. I funzionari dell’autorità richiedente svolgono indagini o pongono domande solo con il consenso e sotto il controllo di funzionari dell’autorità interpellata. Essi esercitano i poteri di controllo di cui sono titolari i funzionari dell’autorità interpellata.
3. I funzionari dell’autorità richiedente che sono presenti in un altro Stato membro conformemente ai paragrafi 1 e 2 devono essere in grado di produrre, in qualsiasi momento, un mandato scritto in cui siano indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale.
Articolo 13
Controlli simultanei
1. Per lo scambio delle informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise, due o più Stati membri possono convenire, sulla base di un’analisi di rischio, di procedere a controlli simultanei che presentino un interesse comune o complementare, ognuno nel proprio territorio, sulla situazione in fatto di accise di uno o più operatori economici o di altre persone, ogniqualvolta ritengano che tali controlli siano più efficaci di un controllo eseguito da un Stato membro soltanto.
2. Al fine di avviare un controllo simultaneo ai sensi del paragrafo 1, l’autorità competente di uno Stato membro presenta una proposta alle autorità competenti degli altri Stati membri interessati.
La proposta:
a)
specifica il caso o i casi per i quali è proposto il controllo simultaneo;
b)
identifica ogni singola persona in relazione alla quale si intende effettuare tale controllo;
c)
fornisce le ragioni che giustificano la necessità di un controllo comune;
d)
specifica il termine entro il quale tali controlli devono essere effettuati.
3. Le autorità competenti che ricevono una proposta di cui al paragrafo 2 confermano il loro accordo a partecipare ai controlli simultanei o comunicano il loro rifiuto motivato all’autorità competente proponente quanto prima possibile, ma comunque entro un mese dal ricevimento della proposta.
4. Ogni autorità competente che partecipa ad un controllo simultaneo designa un rappresentante incaricato di dirigere e coordinare il controllo simultaneo.
5. Al termine del controllo simultaneo, se tale informazione può essere di particolare interesse per altri Stati membri, le autorità competenti informano senza indugio gli uffici centrali di collegamento per le accise degli altri Stati membri in merito a eventuali metodi o pratiche riscontrati nel corso del controllo simultaneo che sono stati effettivamente o presumibilmente utilizzati per contravvenire alla legislazione in materia di accise.
Articolo 14
Richiesta di notifica di decisioni e misure amministrative
1. Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata notifica al destinatario, secondo le norme che disciplinano analoghe notifiche applicabili nello Stato membro in cui essa ha sede, tutte le decisioni e le misure adottate dalle autorità amministrative dello Stato membro richiedente concernenti l’applicazione della legislazione in materia di accise.
2. Le richieste di notifica di cui al paragrafo 1 precisano l’oggetto della decisione o della misura da notificare e indicano il nome, l’indirizzo e ogni altro elemento utile per l’identificazione del destinatario.
3. L’autorità interpellata informa senza indugio l’autorità richiedente del seguito dato alla richiesta di notifica di cui al paragrafo 1 precisando la data in cui la decisione o la misura è stata notificata al destinatario.
4. Se non è in grado di dare seguito alla richiesta di notifica di cui al paragrafo 1, l’autorità interpellata ne informa per iscritto l’autorità richiedente entro un mese dal ricevimento della richiesta.
L’autorità interpellata non deve rifiutarsi di dar seguito a una richiesta di notifica a motivo del contenuto della decisione o della misura da notificare.
5. L'autorità richiedente presenta una richiesta di notificazione ai sensi del presente articolo soltanto quando non è in grado di procedere a una notificazione al destinatario in conformità delle norme sulla notificazione degli strumenti in questione nello Stato membro richiedente o qualora detta notificazione comporti difficoltà sproporzionate.
6. Il presente articolo non si applica ai documenti di cui all’articolo 8 della direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (11).
CAPO III
SCAMBIO DI INFORMAZIONI SENZA PREVIA RICHIESTA
Articolo 15
Scambio obbligatorio di informazioni
1. L’autorità competente di ogni Stato membro trasmette alle autorità competenti di tutti gli altri Stati membri interessati le informazioni necessarie a garantire la corretta applicazione delle legislazione in materia di accise, senza previa richiesta e mediante uno scambio automatico regolare o connesso a un evento, nei casi seguenti:
a)
se in un altro Stato membro si è verificata o si sospetta che si sia verificata un’irregolarità o una violazione della legislazione in materia di accise;
b)
se nel territorio di uno Stato membro si è verificata o si sospetta che si sia verificata un’irregolarità o una violazione della legislazione in materia di accise che possa avere ripercussioni in un altro Stato membro;
c)
se esiste un rischio di frode o perdita di accise in un altro Stato membro;
d)
in caso di distruzione totale o di perdita irrimediabile dei prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall'accisa;
e)
se durante un movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione si è verificato un evento eccezionale che non è previsto nella direttiva 2008/118/CE e che può incidere sul calcolo delle accise a carico di un operatore economico.
2. Un’autorità che ha trasmesso informazioni a un’altra autorità ai sensi del paragrafo 1 può chiedere a quest’ultima di presentare un ritorno di informazione sulle azioni di follow-up da essa intraprese sulla base delle informazioni fornite. Laddove tale richiesta sia formulata, l’altra autorità, fatte salve le norme in materia di segretezza e protezione dei dati applicabili nel suo Stato membro, invia tale ritorno di informazione quanto prima possibile a meno che ciò comporti un onere amministrativo sproporzionato.
3. Se riguardano un movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione, le informazioni di cui al paragrafo 1 sono trasmesse mediante un documento di assistenza amministrativa reciproca, fatto salvo il paragrafo 4.
Tuttavia, se per ragioni pratiche non è possibile utilizzare tale documento, lo scambio di informazioni può, in via eccezionale, essere effettuato, in tutto o in parte, con altri mezzi. In tali casi, il messaggio è accompagnato da una spiegazione dei motivi per cui l’utilizzo del documento di assistenza amministrativa reciproca si è rivelato impossibile.
4. Se il sistema informatizzato è indisponibile, al posto del documento di cui al paragrafo 3 viene utilizzato il documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva.
5. La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire:
a)
le esatte categorie di informazioni che sono oggetto di scambio a norma del paragrafo 1, che per le persone fisiche comprendono dati quali nome, cognome, via, numero civico, codice postale, città, Stato membro, codice fiscale o altro numero identificativo, codice o descrizione del prodotto e altri dati personali correlati, ove disponibili;
b)
la frequenza dello scambio regolare e i termini per lo scambio connesso ad un evento a norma del paragrafo 1 per ciascuna categoria di informazioni;
c)
la struttura e il contenuto dei documenti di assistenza amministrativa reciproca;
d)
il modello e il contenuto del documento di assistenza amministrativa reciproca di riserva;
e)
le norme e le procedure relative agli scambi dei documenti di cui alle lettere c) e d).
La Commissione può inoltre adottare atti di esecuzione al fine di stabilire in quali situazioni il sistema informatizzato può essere considerato indisponibile dalle autorità competenti ai fini dell’applicazione del paragrafo 4 del presente articolo.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 16
Scambio facoltativo di informazioni
1. Le autorità competenti degli Stat-i membri possono trasmettersi, senza previa richiesta e mediante scambio spontaneo, qualsiasi informazione in loro possesso e il cui scambio non è contemplato dall’articolo 15, necessaria a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
A tal fine essi possono avvalersi del sistema informatizzato, se questo è in grado di consentire il trattamento di tali informazioni.
2. Un’autorità che ha trasmesso informazioni a un’altra autorità ai sensi del paragrafo 1 può chiedere a quest’ultima di presentare un ritorno di informazione sulle azioni di follow-up da essa intraprese sulla base delle informazioni fornite. Laddove tale richiesta sia formulata, l’altra autorità, fatte salve le norme in materia di segretezza e protezione dei dati applicabili nel suo Stato membro, invia tale ritorno di informazione quanto prima possibile a meno che ciò comporti un onere amministrativo sproporzionato.
3. La Commissione adotta atti di esecuzione per stabilire:
a)
la struttura e il contenuto dei documenti di assistenza amministrativa reciproca destinati alla trasmissione dei tipi più comuni di informazioni di cui al paragrafo 1;
b)
le norme e le procedure relative agli scambi di documenti di assistenza amministrativa reciproca.
La Commissione può inoltre adottare atti di esecuzione per determinare la struttura e il contenuto del ritorno di informazione di cui al paragrafo 2.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 17
Obbligo degli Stati membri di agevolare gli scambi di informazioni senza previa richiesta
Gli Stati membri adottano le misure amministrative e organizzative necessarie per agevolare gli scambi previsti dal presente capo.
Articolo 18
Limitazione degli obblighi
Ai fini dell’attuazione del presente capo gli Stati membri non sono tenuti ad imporre nuovi obblighi alle persone relativamente alla raccolta di informazioni né ad assumersi oneri amministrativi sproporzionati.
CAPO IV
ARCHIVIAZIONE E SCAMBIO DI INFORMAZIONI ELETTRONICHE RELATIVE AGLI OPERATORI ECONOMICI
Articolo 19
Archiviazione e scambio delle informazioni relative alle autorizzazioni degli operatori economici e dei depositi fiscali
1. Ciascuno Stato membro gestisce una banca dati elettronica contenente i seguenti registri:
a)
un registro degli operatori economici appartenenti a una delle seguenti categorie:
i)
depositari autorizzati ai sensi dell’articolo 4, punto 1), della direttiva 2008/118/CE;
ii)
destinatari registrati ai sensi dell’articolo 4, punto 9), della direttiva 2008/118/CE;
iii)
speditori registrati ai sensi dell’articolo 4, punto 10), della direttiva 2008/118/CE;
b)
un registro dei luoghi autorizzati quali depositi fiscali ai sensi dell’articolo 4, punto 11), della direttiva 2008/118/CE.
2. I registri di cui al paragrafo 1 contengono le seguenti informazioni:
a)
il numero unico di accisa rilasciato dall’autorità competente per un operatore economico o un luogo;
b)
il nome e l’indirizzo dell’operatore economico o del luogo;
c)
la categoria del prodotto soggetto ad accisa (CAT) e/o il codice del prodotto soggetto ad accisa (CPA) dei prodotti coperti dall'autorizzazione di cui all’allegato II, elenco codici 11, del regolamento (CE) n. 684/2009 della Commissione, del 24 luglio 2009, recante modalità di attuazione della direttiva 2008/118/CE del Consiglio per quanto riguarda le procedure informatizzate relative alla circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in sospensione dall’accisa (12);
d)
gli estremi dell’ufficio centrale di collegamento per le accise o dell’ufficio delle accise presso i quali si possono ottenere altre informazioni;
e)
la data a partire dalla quale l’autorizzazione è valida, è modificata e, se del caso, cessa di essere valida;
f)
per i depositari autorizzati, il deposito fiscale o l’elenco dei depositi fiscali cui è concessa l’autorizzazione e, se la normativa nazionale lo prevede, una menzione indicante che il depositario è autorizzato a non indicare i dati del destinatario al momento della spedizione, che è autorizzato a frazionare un movimento a norma dell’articolo 23 della direttiva 2008/118/CE, o che è autorizzato a far trasportare prodotti soggetti ad accisa verso un luogo di consegna diretta a norma dell’articolo 17, paragrafo 2, della medesima direttiva;
g)
per i destinatari registrati, se la legislazione nazionale lo prevede, una menzione indicante che il destinatario è autorizzato a far trasportare prodotti soggetti ad accisa verso un luogo di consegna diretta a norma dell’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE;
h)
per i destinatari registrati di cui all’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2008/118/CE diversi da quelli di cui alla lettera i) del presente paragrafo, il contenuto dell’autorizzazione per quanto riguarda la quantità di prodotti soggetti ad accisa, l’identità dello speditore nello Stato membro di spedizione e il periodo di validità dell’autorizzazione;
i)
nel caso di destinatari registrati di cui all’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2008/118/CE in possesso di un’autorizzazione a ricevere vino da speditori che beneficiano della deroga di cui all’articolo 40 della direttiva 2008/118/CE, è valido il contenuto dell'autorizzazione per quanto riguarda la quantità di prodotti soggetti ad accisa e il periodo di validità dell’autorizzazione. Nel registro figura in questo caso un riferimento alla deroga di cui all’articolo 40 della direttiva 2008/118/CE;
j)
per i depositi fiscali, il depositario autorizzato o l’elenco dei depositari autorizzati per il cui uso è autorizzato il deposito fiscale.
3. L’ufficio centrale di collegamento per le accise o un servizio di collegamento di ogni Stato membro provvede affinché le informazioni contenute nei registri nazionali siano complete, esatte e aggiornate.
4. Le informazioni contenute nei registri nazionali di cui al paragrafo 2 riguardanti operatori economici che movimentano prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall'accisa tra Stati membri sono scambiate automaticamente mediante un registro centrale.
La Commissione gestisce il registro nell’ambito del sistema informatizzato in modo da garantire in qualsiasi momento una panoramica precisa e aggiornata dell’insieme dei dati dei registri nazionali trasmessi da tutti gli Stati membri.
Gli uffici centrali di collegamento per le accise o i servizi di collegamento degli Stati membri comunicano in tempo utile alla Commissione il contenuto del registro nazionale e le sue eventuali modifiche.
Articolo 20
Accesso alle informazioni e rettifica delle informazioni
1. La Commissione provvede affinché le persone che intervengono nel movimento di prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa tra Stati membri possono ottenere conferma per via elettronica della validità dei numeri di accisa contenuti nel registro centrale di cui all’articolo 19, paragrafo 4. La Commissione trasmette le eventuali richieste presentate da un operatore economico di rettifica di tali informazioni all’ufficio centrale di collegamento per le accise o al servizio di collegamento competente per l’autorizzazione dell’operatore economico in questione.
2. Gli uffici centrali di collegamento per le accise o i servizi di collegamento degli Stati membri provvedono affinché gli operatori economici possono ottenere conferma delle informazioni ad essi attinenti detenute ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, e possono ottenere la rettifica di eventuali inesattezze.
3. L'autorità competente di uno Stato membro può, alle condizioni stabilite da tale Stato membro, autorizzare l'ufficio centrale di collegamento per le accise o i servizi di collegamento designati a comunicare una conferma delle informazioni detenute ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 2.
Articolo 21
Conservazione dei dati
1. Ogni Stato membro conserva le informazioni riguardanti i movimenti di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione e i dati contenuti nei registri nazionali di cui all’articolo 19 per un periodo minimo di cinque anni decorrente dalla fine dell’anno civile in cui ha avuto inizio il movimento, affinché tali informazioni possano essere utilizzate per le procedure previste dal presente regolamento. Tale periodo può essere limitato a tre anni per le informazioni introdotte nei registri nazionali anteriormente al 1o luglio 2012.
2. Le informazioni raccolte mediante il sistema informatizzato sono conservate in tale sistema in modo che sia possibile procedere alla loro estrazione e al successivo trattamento a seguito di una richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 8.
Articolo 22
Attuazione
La Commissione adotta atti di esecuzione per specificare:
a)
i dettagli tecnici relativi all’aggiornamento automatico delle banche dati di cui all’articolo 19, paragrafo 1, e del registro centrale di cui all’articolo 19, paragrafo 4;
b)
le regole e le procedure riguardanti l’accesso alle informazioni e la rettifica delle medesime ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
CAPO V
CONDIZIONI COMUNI IN MATERIA DI ASSISTENZA
Articolo 23
Regime linguistico
Le richieste di assistenza, comprese le richieste di notifica, e la documentazione acclusa possono essere formulate in qualsiasi lingua convenuta tra l’autorità interpellata e l’autorità richiedente. Una traduzione nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro in cui ha sede l’autorità interpellata è richiesta soltanto se quest’ultima giustifica la necessità della traduzione.
Articolo 24
Qualità del servizio
1. La Commissione e gli Stati membri provvedono affinché le parti del sistema informatizzato necessarie per lo scambio di informazioni previsto dal presente regolamento siano correttamente funzionanti e siano oggetto di adeguati interventi di manutenzione e sviluppo.
2. La Commissione e gli Stati membri concludono un accordo sul livello dei servizi e stabiliscono di comune accordo una politica di sicurezza per il sistema informatizzato. L’accordo sul livello dei servizi definisce la qualità tecnica e la quantità dei servizi da fornire a cura della Commissione e degli Stati membri per garantire il corretto funzionamento di tutte le parti del sistema informatizzato e del sistema di comunicazione elettronica e l'assegnazione delle responsabilità per quanto riguarda l’ulteriore sviluppo del sistema.
Articolo 25
Limitazioni generali degli obblighi dell’autorità interpellata
1. L’autorità interpellata fornisce all’autorità richiedente le informazioni richieste ai sensi del presente regolamento a condizione che:
a)
l’autorità richiedente abbia esaurito le consuete fonti di informazione di cui avrebbe potuto avvalersi, nelle circostanze in questione, per ottenere le informazioni richieste senza rischiare di compromettere il raggiungimento del risultato perseguito; e
b)
il numero e il tipo delle richieste di informazioni presentate in un determinato periodo di tempo dall'autorità richiedente non impongano all'autorità interpellata un onere amministrativo eccessivo.
2. Il presente regolamento non impone all'autorità competente di uno Stato membro l’obbligo di effettuare indagini o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la prassi amministrativa di tale Stato membro non consentano alle proprie autorità di effettuare tali indagini o di raccogliere o utilizzare tali informazioni per le esigenze proprie di detto Stato membro.
3. L’autorità competente di uno Stato membro può rifiutarsi di fornire informazioni se, per motivi di diritto, lo Stato membro richiedente non è in grado di fornire analoghe informazioni.
4. La trasmissione di informazioni può essere negata qualora comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale, di un procedimento commerciale o di un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico.
5. L’autorità interpellata informa l’autorità richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta di assistenza. A fini statistici, le autorità competenti comunicano annualmente alla Commissione le categorie di motivi per i quali è opposto il rifiuto.
6. I paragrafi 2, 3 o 4 non possono in nessun caso essere interpretati nel senso di autorizzare l’autorità interpellata a rifiutare di fornire informazioni solamente perché tali informazioni sono detenute da una banca, da un altro istituto finanziario, da una persona designata o che agisce in qualità di agente o fiduciario o perché si riferiscono agli interessi proprietari di una persona.
Articolo 26
Spese
Gli Stati membri rinunciano reciprocamente a qualsiasi richiesta di rimborso delle spese sostenute nell’applicazione del presente regolamento, ad eccezione di richieste relative a compensi versati a periti.
Articolo 27
Importo minimo
1. Una richiesta di assistenza può essere subordinata ad una soglia minima basata sulle accise potenzialmente dovute.
2. La Commissione può adottare atti di esecuzione per specificare la soglia di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 28
Segreto d’ufficio, protezione dei dati e uso delle informazioni trasmesse ai sensi del presente regolamento
1. Le informazioni comunicate o raccolte dagli Stati membri ai sensi del presente regolamento e tutte le informazioni cui abbia avuto accesso un funzionario, un altro agente o un contraente nell’esercizio delle sue funzioni sono coperte dal segreto d’ufficio e godono della protezione accordata a informazioni analoghe dalla legislazione dello Stato membro che riceve tali informazioni.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 possono essere utilizzate per gli scopi seguenti:
a)
accertamento della base imponibile delle accise;
b)
riscossione o controllo amministrativo delle accise;
c)
controllo dei movimenti dei prodotti soggetti ad accisa;
d)
analisi di rischio nel settore delle accise;
e)
indagini nel settore delle accise;
f)
accertamento di altre tasse, dazi e oneri contemplati dall’articolo 2 della direttiva 2010/24/UE.
Tuttavia, l’autorità competente dello Stato membro che fornisce le informazioni ne consente l’uso per altri scopi nello Stato membro dell’autorità richiedente se la legislazione dello Stato membro dell’autorità interpellata ne autorizza l’uso per scopi analoghi in tale Stato membro.
Nella misura consentita dalla legislazione nazionale, e fatto salvo l'articolo 1, paragrafo 2, le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo possono essere utilizzate in occasione di procedimenti giudiziari o amministrativi che possono comportare l’eventuale irrogazione di sanzioni, avviati a seguito di violazioni della normativa fiscale, fatte salve le norme che disciplinano i diritti dei convenuti e dei testimoni in siffatti procedimenti.
3. Quando l’autorità richiedente ritiene che le informazioni fornitele dall’autorità interpellata possano essere utili all’autorità competente di un altro Stato membro, può trasmetterle a quest’ultima. Essa informa al riguardo l’autorità interpellata.
L’autorità interpellata può subordinare la trasmissione delle informazioni a un altro Stato membro al suo consenso preventivo.
4. Ogni trattamento di dati personali da parte degli Stati membri ai sensi del presente regolamento è soggetto alle disposizioni nazionali di attuazione della direttiva 95/46/CE.
Ai fini della corretta applicazione del presente regolamento, gli Stati membri limitano la portata degli obblighi e dei diritti previsti all’articolo 10, all’articolo 11, paragrafo 1, all’articolo 12 e all’articolo 21 della direttiva 95/46/CE nella misura in cui ciò sia necessario per salvaguardare gli interessi di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera e), della medesima direttiva. Tali restrizioni sono proporzionate agli interessi in questione.
Articolo 29
Accesso alle informazioni autorizzato dalla Commissione
A persone debitamente autorizzate dalla Commissione può essere dato accesso alle informazioni di cui all’articolo 28, paragrafo 4, soltanto nella misura necessaria per l’assistenza, la manutenzione e lo sviluppo della rete CCN/CSI e per il funzionamento del registro centrale.
Tali persone sono tenute al segreto d’ufficio. Le informazioni cui è dato accesso sono protette come dati personali ai sensi del regolamento (CE) n. 45/2001.
Articolo 30
Valore probatorio delle informazioni
Le relazioni, gli attestati e qualsiasi altro documento, come pure le copie conformi o gli estratti degli stessi, comunicati dall’autorità competente di uno Stato membro all’autorità competente di un altro Stato membro ai sensi del presente regolamento possono essere addotti come elementi di prova dalle istanze competenti dell'altro Stato membro allo stesso titolo di documenti equivalenti trasmessi da un’altra autorità all'altro Stato membro.
Articolo 31
Obbligo di cooperazione
1. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, gli Stati membri adottano tutti i provvedimenti necessari a:
a)
garantire, sul piano interno, un efficace coordinamento fra le autorità di cui agli articoli da 3 a 5;
b)
istituire una cooperazione diretta fra le autorità abilitate ai fini del coordinamento di cui alla lettera a) del presente paragrafo;
c)
garantire il buon funzionamento del sistema di scambio di informazioni previsto dal presente regolamento.
2. La Commissione comunica senza indugio all’autorità competente di ogni Stato membro le informazioni che riceve e che è in grado di fornire, necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione in materia di accise.
Articolo 32
Relazioni con paesi terzi
1. Un’autorità competente di uno Stato membro che riceve informazioni da un paese terzo può trasmetterle alle autorità competenti di qualsiasi Stato membro che possa avere interesse a dette informazioni e, in particolare, alle autorità competenti che le richiedano, nella misura in cui sia consentito dagli accordi presi con quel particolare paese terzo in materia di assistenza. Tali informazioni possono essere trasmesse anche alla Commissione se presentano un interesse per l’Unione ai fini del presente regolamento.
2. Qualora il paese terzo interessato si sia giuridicamente impegnato a fornire l’assistenza necessaria per raccogliere gli elementi comprovanti l’irregolarità di operazioni che sembrano contrarie alla legislazione in materia di accise, le informazioni ottenute a norma del presente regolamento possono essergli comunicate dall'autorità competente di uno Stato membro a detto paese terzo, conformemente alla legislazione nazionale di detto Stato membro sui trasferimenti di dati personali a paesi terzi, ai fini della corretta applicazione di accise o tasse analoghe, dazi e oneri applicabili nel paese terzo, con il consenso delle autorità competenti che le hanno fornite e nel rispetto della loro legislazione nazionale.
Articolo 33
Assistenza agli operatori economici
1. Le autorità di uno Stato membro nel quale è stabilito uno speditore di prodotti soggetti ad accisa possono fornire assistenza a tale speditore qualora quest’ultimo non riceva la nota di ricevimento di cui all’articolo 24, paragrafo 4, della direttiva 2008/118/CE o la nota di esportazione di cui all'articolo 25, paragrafo 3, detta direttiva o, nelle situazioni di cui all’articolo 33, paragrafo 1 della stessa direttiva, la copia del documento di accompagnamento di cui all’articolo 34 della stessa.
Tale assistenza lascia impregiudicati gli obblighi fiscali dello speditore che ne fruisce.
2. Se, nel fornire assistenza ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, uno Stato membro ritiene necessario ottenere informazioni da un altro Stato membro, chiede tali informazioni a norma dell’articolo 8. L’altro Stato membro può rifiutarsi di procurare le informazioni richieste se lo speditore non ha esaurito tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere la prova della conclusione del movimento di prodotti soggetti ad accisa tra Stati membri.
CAPO VI
VALUTAZIONE E DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 34
Valutazione del sistema, raccolta di statistiche operative e relazioni
1. Gli Stati membri e la Commissione esaminano e valutano l’applicazione del presente regolamento. A tale scopo la Commissione riassume periodicamente le esperienze degli Stati membri al fine di migliorare il funzionamento del sistema istituito dal presente regolamento.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione quanto segue:
a)
tutte le informazioni disponibili in relazione all’esperienza acquisita nell’applicazione del presente regolamento, compresi i dati statistici necessari per la sua valutazione;
b)
tutte le informazioni disponibili in relazione ai metodi e alle pratiche effettivamente o presumibilmente utilizzati per contravvenire alla legislazione in materia di accise, se tali metodi o pratiche rivelano carenze o lacune nel funzionamento delle procedure definite nel presente regolamento.
Al fine di valutare l’efficacia del presente sistema di cooperazione amministrativa per quanto riguarda l’effettiva applicazione della legislazione in materia di accise e la lotta contro l’evasione e la frode nel settore delle accise, gli Stati membri possono comunicare alla Commissione ogni informazione disponibile diversa dalle informazioni di cui al primo comma.
La Commissione trasmette le informazioni comunicate dagli Stati membri agli altri Stati membri interessati.
L’obbligo di comunicare informazioni e dati statistici non deve comportare un aumento ingiustificato dell’onere amministrativo.
3. Fatto salvo l’articolo 28, la Commissione può estrarre direttamente informazioni, a fini diagnostici e statistici, dai messaggi generati dal sistema informatizzato.
4. Le informazioni comunicate dagli Stati membri o estratte dalla Commissione ai fini dei paragrafi da 1a 3 non devono contenere dati individuali o personali.
5. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, la Commissione adotta atti di esecuzione che definiscano i pertinenti dati statistici che devono essere comunicati dagli Stati membri, le informazioni che possono essere estratte dalla Commissione e le relazioni statistiche che devono essere elaborate dalla Commissione e dagli Stati membri.
Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 35, paragrafo 2.
Articolo 35
Comitato delle accise
1. La Commissione è assistita dal comitato delle accise istituito dall’articolo 43, paragrafo 1, della direttiva 2008/118/CE. Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 36
Abrogazione del regolamento (CE) n. 2073/2004
Il regolamento (CE) n. 2073/2004 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento conformemente alla tabella di concordanza di cui all’allegato del presente regolamento.
Articolo 37
Relazioni al Parlamento europeo e al Consiglio
Ogni cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento e sulla scorta, in particolare, delle informazioni fornite dagli Stati membri, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento.
Articolo 38
Accordi bilaterali
Se le autorità competenti raggiungono un accordo su questioni bilaterali contemplate dal presente regolamento, salvo per la soluzione di casi particolari, esse ne informano la Commissione il più rapidamente possibile. La Commissione, a sua volta, ne informa le autorità competenti degli altri Stati membri.
Articolo 39
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o luglio 2012.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 2 maggio 2012
Per il Consiglio
La presidente
M. VESTAGER
(1) Parere del 29 marzo 2012 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 68 del 6.3.2012, pag. 45.
(3) GU L 359 del 4.12.2004, pag. 1.
(4) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 12.
(5) GU L 162 dell'1.7.2003, pag. 5.
(6) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
(7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(8) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
(9) Parere del 18 gennaio 2012.
(10) GU L 162 dell'1.7.2003, pag. 5.
(11) GU L 84 del 31.3.2010, pag. 1.
(12) GU L 197 del 29.7.2009, pag. 24.
ALLEGATO
Concordanza del regolamento (CE) n. 2073/2004 con il regolamento (UE) n. 389/2012
Articolo numero nel regolamento (CE) n. 2073/2004
Articolo numero nel regolamento (UE) n. 389/2012
1
1
2
2
3
3, 4, 5, 6
4
7
5
8
6
9
7
7, 10
8
11
9
11
10
11
11
12
12
13
13
13
14
14
15
14
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14
17
15
18
15
19
16
20
17
21
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19, 20
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—
24
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9, 15, 16, 22
29
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25, 27, 28
31
28, 29, 32
32
30
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35
37
36
38
37
39
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Cooperazione amministrativa in materia di accise
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce:condizioni per la cooperazione tra le autorità nazionali e la Commissione europea nell’applicazione della legislazione in materia di accise; norme e procedure in materia di cooperazione e scambio di informazioni, per via elettronica o in altro modo, tra le autorità nazionali.
PUNTI CHIAVE
Ciascuno Stato membro dell’Unione europea (Unione) è responsabile di quanto segue:Nominare un’autorità per l’applicazione della legislazione e informare la Commissione che pubblica un elenco degli organismi di tale tipo sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. designare un ufficio centrale di collegamento per le accise che è principalmente responsabile:di mantenere i contatti con gli altri Stati membri, direttamente o tramite servizi e funzionari designati;di scambiare informazioni;di trasmettere le notifiche relative alle decisioni amministrative e ad altre misure;di presentare un ritorno d’informazione sulle azioni di follow-up (monitoraggio);di trasmettere dati statistici ed altre informazioni; di adottare le misure necessarie ad agevolare lo scambio di informazioni; di conservare per un periodo minimo di cinque anni le informazioni riguardanti i movimenti di prodotti soggetti ad accisa e i dati contenuti nei registri nazionali; di adottare tutte le misure necessarie a garantire:un efficace coordinamento, sul piano interno, e una cooperazione diretta tra le proprie autorità, nonchéil buon funzionamento del sistema di scambio di informazioni.Un’autorità di uno Stato membro può richiedere informazioni, compresa una specifica indagine amministrativa, all’omologa autorità di un altro Stato membro. Lo fa utilizzando, quando è possibile, il sistema d’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa e un documento di assistenza amministrativa reciproca.
Un’autorità destinataria di una richiesta (interpellata):fornisce le informazioni richieste, a condizione:che l’autorità richiedente abbia esaurito le consuete fonti di informazione eche il numero e il tipo delle richieste di informazioni presentate in un determinato periodo di tempo non impongano un onere amministrativo eccessivo; risponde il prima possibile e, comunque, entro e non oltre tre mesi; può rifiutarsi di fornire informazioni:se l’autorità richiedente non è in grado, per motivi di diritto, di fornire analoghe informazioni;qualora ciò comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale o di un procedimento commerciale oppurequalora la divulgazione di tali informazioni sia contraria all’ordine pubblico.Lo scambio di informazioni è obbligatorio:qualora si sia verificata o si sospetti che si sia verificata una violazione della legislazione in un altro Stato membro; qualora esista un rischio di frode o perdita di accise in un altro Stato membro; se si verifica la distruzione totale o la perdita di prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa*; se si verifica un evento eccezionale durante un movimento di prodotti soggetti ad accisa all’interno dell’Unione.È facoltativo quando le informazioni sono necessarie a garantire la corretta applicazione della legislazione.
Le informazioni comunicate o raccolte ai sensi del regolamento:sono coperte dal segreto d’ufficio; possono essere utilizzate:per accertare la base imponibile delle accise,per riscuotere o controllare in via amministrativa le accise;per controllare il movimento dei prodotti soggetti ad accisa;per condurre un’analisi di rischio;per accertare altre tasse, dazi e oneri.Una banca dati elettronica in ogni Stato membro:contiene registri con informazioni dettagliate:sugli operatori economici (depositari autorizzati, destinatari registrati, speditori registrati) esui luoghi autorizzati quali depositi fiscali; rimane aggiornata con informazioni complete ed esatte provenienti dagli uffici centrali di collegamento per le accise.La Commissione:gestisce un registro centrale, nell’ambito del sistema di informatizzazione, degli operatori economici che movimentano prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa o dei momenti in cui essi movimentano prodotti soggetti ad accisa immessi in consumo* tra Stati membri; garantisce che le persone che movimentano tali prodotti possano ottenere conferma per via elettronica della validità dei numeri di accisa contenuti nel registro centrale; esamina e valuta l’applicazione della legislazione insieme agli Stati membri; riassume periodicamente le esperienze nazionali al fine di migliorare il sistema; riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea ogni cinque anni riguardo all’utilizzo della legislazione; è assistita dal comitato delle accise; ha adottato due atti di esecuzione ai sensi del regolamento:regolamento di esecuzione (UE) n. 612/2013 sul funzionamento del registro degli operatori economici e dei depositi fiscali;regolamento di esecuzione (UE) 2016/323 sulle modalità di cooperazione e di scambio di informazioni.Il regolamento:non incide:sulle norme relative all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione;su altri obblighi bilaterali o multilaterali di reciproca assistenza; abroga il regolamento (CE) n. 2073/2004.Modifiche
Oltre agli atti di modifica inclusi nella versione consolidata del regolamento (UE) n. 389/2012, il regolamento (UE) 2020/261 e il regolamento (UE) 2021/774 riguardano la registrazione degli operatori economici che intervengono nel movimento di prodotti dopo l’immissione in consumo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica dal 1 luglio 2012.
CONTESTO
Il regolamento accelera la riscossione delle accise e migliora i controlli nazionali sul gettito generato. Il regime generale delle accise è previsto dalla direttiva 2008/118/CE (si veda la sintesi) che sarà abrogata dalla direttiva (UE) 2020/262 (si veda la sintesi) nel 2023. Per ulteriori informazioni, si veda:Imposizione di accise – Cooperazione tra le amministrazioni nazionali (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Regime di sospensione dall’accisa: un regime fiscale applicato alla produzione, alla trasformazione, alla detenzione o al movimento di prodotti soggetti ad accisa in base al quale l’accisa è sospesa.
Immissione in consumo: Lo svincolo, anche irregolare, di prodotti soggetti ad accisa da un regime di sospensione dall’accisa.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento del Consiglio (UE) n. 389/2012, del 2 maggio 2012, relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise e che abroga il Regolamento (CE) n. 2073/2004 (GU L 121 dell’8.5.2012, pag. 1).
Le successive modifiche del regolamento (UE) n. 389/2012 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2021/774 del Consiglio, del 10 maggio 2021, recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto dei registri elettronici (GU L 167 del 12.5.2021, pag. 1).
Regolamento (UE) 2020/261 del Consiglio, del 19 dicembre 2019, recante modifica del regolamento (UE) n. 389/2012 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise per quanto concerne il contenuto dei registri elettronici (GU L 58 del 27.2.2020, pag. 1).
Decisione (UE) 2020/263 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2020, relativa all’informatizzazione dei movimenti e dei controlli dei prodotti soggetti ad accisa (rifusione) (GU L 58 del 27.2.2020, pag. 43).
Direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU L 9 del 14.1.2009, pag. 12).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio, del 19 dicembre 2019, che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione) (GU L 58 del 27.2.2020, pag. 4).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento di esecuzione (UE) 2016/323 della Commissione, del 24 febbraio 2016, che stabilisce le modalità di cooperazione e di scambio di informazioni tra gli Stati membri per quanto riguarda i prodotti in sospensione dall’accisa a norma del regolamento (UE) n. 389/2012 del Consiglio (GU L 66 dell’11.3.2016, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento di esecuzione (UE) n. 612/2013 della Commissione, del 25 giugno 2013, sul funzionamento del registro degli operatori economici e dei depositi fiscali e sulle relative statistiche e relazioni a norma del regolamento (UE) n. 389/2012 del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa in materia di accise (GU L 173 del 26.6.2013, pag. 9).
Si veda la versione consolidata. |
Convenzione sull’assistenza alimentare
L’Unione europea (UE) contribuisce a soddisfare il fabbisogno alimentare e nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili nei paesi terzi. Questa convenzione rende la coordinazione dell’assistenza offerta dai paesi donatori più efficiente ed efficace a livello globale.
ATTO
Decisione del Consiglio 2012/738/UE relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, della convenzione sull’assistenza alimentare.
SINTESI
Di cosa si tratta?
La Convenzione sull’assistenza alimentare, la più recente di una serie di accordi multilaterali fra donatori, mira ad offrire un’assistenza alimentare adeguata ed efficace alle popolazioni vulnerabili nei paesi ammissibili, in base al fabbisogno individuato.
L’obiettivo della convenzione è di:
salvare vite umane
ridurre la fame
migliorare la sicurezza alimentare (*)
migliorare la qualità dell’alimentazione delle popolazioni più vulnerabili nei paesi ammissibili.
In linea con la politica umanitaria di assistenza alimentare dell’UE, la convenzione mira a migliorare l’accesso e il consumo, da parte delle popolazioni più vulnerabili, di alimenti adatti, sicuri e nutrienti grazie a un’adeguata analisi del fabbisogno.
Che cosa è cambiato?
Nel quadro della convenzione, le parti mettono informazioni in comune, cooperano e si relazionano le une con le altre. È inoltre un utile forum di discussione che permette loro di scambiare informazioni con altre parti su diverse questioni (ad esempio, gli insegnamenti appresi durante l’attuazione di un determinato tipo di programma), per contribuire ad assicurare che le risorse siano impiegate nel modo più efficace possibile.
Funzionamento: ciascuna parte stabilisce un impegno annuo minimo per l’assistenza alimentare, espresso in valore o in quantità. L’impegno dovrebbe essere assunto quanto più possibile sotto forma di doni.
Si sancisce chiaramente che l’assistenza alimentare non può essere vincolata in nessun modo a esportazioni commerciali di prodotti agricoli o di altri beni e servizi verso i paesi beneficiari.
I contributi possono essere forniti:
bilateralmente,
tramite organizzazioni intergovernative od altre organizzazioni internazionali, oppure
tramite altri partner dell’assistenza alimentare.
I paesi ammissibili includono:
qualsiasi paese figurante nell’elenco di beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo, stabilito dal Comitato per gli aiuti allo sviluppo (CAS) dell’OCSE, oppure
qualsiasi altro paese individuato dalle norme di procedura e attuazione.
Contesto: l’Unione europea aderisce all’Accordo internazionale sui cereali che comprende due distinti strumenti giuridici: la Convenzione sul commercio dei cereali e la Convenzione sull’assistenza alimentare. Altri paesi firmatari includono l’Australia, il Canada, il Giappone, gli Stati Uniti e la Svizzera.
Definizione
(*) Sicurezza alimentare: il vertice mondiale sull’alimentazione del 1996 ha definito la sicurezza alimentare come la situazione in cui «tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti [...] per condurre una vita attiva e sana».
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2012/738
13.11.2012
-
GU L 330 del 30.11.2012
ATTI CORRELATI
Decisione del Consiglio 2011/339/UE che stabilisce la posizione che deve essere adottata dall’Unione europea in sede di comitato per l’aiuto alimentare per quanto riguarda la proroga della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 .
Decisione del Consiglio 2010/316/UE che stabilisce la posizione da adottare, a nome dell’Unione europea, nel comitato per l’aiuto alimentare per quanto riguarda la proroga della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 .
Decisione del Consiglio 2011/224/UE che stabilisce la posizione che deve essere adottata dall’Unione europea in sede di Consiglio internazionale dei cereali con riguardo alla proroga della convenzione sul commercio dei cereali del 1995 .
Decisione del Consiglio 2000/421/CE relativa alla conclusione, in nome della Comunità europea, della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 . | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 13 novembre 2012
relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, della convenzione sull’assistenza alimentare
(2012/738/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 214, paragrafo 4, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l’approvazione del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione è parte della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 (1) («CAA 1999»), che scade il 1o luglio 2012.
(2)
Conformemente alla decisione 2012/511/UE del Consiglio (2), la convenzione sull’assistenza alimentare è stata firmata il 23 luglio 2012, con riserva della sua conclusione.
(3)
L’Unione ha interesse ad essere parte della convenzione in quanto quest’ultima dovrebbe favorire il conseguimento degli obiettivi nel settore dell’aiuto umanitario di cui all’articolo 214, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(4)
È opportuno approvare la convenzione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La convenzione sull’assistenza alimentare («convenzione») è approvata a nome dell’Unione.
Il testo della convenzione è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
La Commissione stabilisce l’impegno annuo da sottoscrivere a nome dell’Unione conformemente all’articolo 5 della convenzione, e lo comunica al segretariato del comitato.
Articolo 3
La Commissione presenta relazioni annuali e partecipa allo scambio di informazioni a nome dell’Unione conformemente all’articolo 6 della convenzione.
Articolo 4
Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a procedere, a nome dell’Unione, al deposito dello strumento di approvazione di cui all’articolo 12 della convenzione, al fine di esprimere il consenso dell’Unione ad essere vincolata dalla convenzione (3).
Articolo 5
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Fatto a Bruxelles, il 13 novembre 2012
Per il Consiglio
Il presidente
V. SHIARLY
(1) GU L 222 del 24.8.1999, pag. 40.
(2) GU L 256 del 22.9.2012, pag. 3.
(3) La data di entrata in vigore della convenzione sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea a cura del segretariato generale del Consiglio.
TRADUZIONE
CONVENZIONE SULL’ASSISTENZA ALIMENTARE
PREAMBOLO
LE PARTI DELLA PRESENTE CONVENZIONE,
CONFERMANDO il loro impegno costante riguardo agli obiettivi, tuttora validi, della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999, per contribuire alla sicurezza alimentare mondiale e a migliorare la capacità della comunità internazionale di far fronte alle situazioni di emergenza e agli altri bisogni alimentari dei paesi in via di sviluppo,
DESIDEROSE di migliorare l’efficacia, l’efficienza e la qualità dell’assistenza alimentare al fine di preservare le vite umane e alleviare le sofferenze delle popolazioni più vulnerabili, soprattutto in situazioni di emergenza, potenziando la cooperazione e il coordinamento internazionali, soprattutto tra le parti e i soggetti interessati,
RICONOSCENDO che le popolazioni vulnerabili hanno particolari bisogni alimentari e nutrizionali,
AFFERMANDO che gli Stati sono i principali responsabili della loro sicurezza alimentare e quindi della progressiva realizzazione del diritto a un’alimentazione adeguata, come definito dalle linee guida dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) «Voluntary Guidelines on the Progressive Realization of the Right to Adequate Food in the Context of National Food Security» (linee guida volontarie sulla realizzazione progressiva del diritto ad un’alimentazione adeguata nel contesto della sicurezza alimentare nazionale), adottate dal Consiglio della FAO nel novembre 2004,
INCENTIVANDO i governi dei paesi che versano in condizioni di insicurezza alimentare a elaborare e attuare strategie nazionali che affrontino le cause a monte dell’insicurezza alimentare, tramite misure di lungo respiro, e che garantiscano i nessi necessari tra le attività di soccorso, ripresa e sviluppo,
FONDANDOSI sul diritto internazionale umanitario e sui principi umanitari fondamentali di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza,
BASANDOSI sui «Principles and Good Practice of Humanitarian Donorship» (principi e buone pratiche per l’aiuto umanitario), firmati a Stoccolma il 17 giugno 2003,
RICONOSCENDO che le parti conducono politiche proprie per l’erogazione dell’assistenza alimentare in situazioni di emergenza e non,
TENENDO PRESENTI il piano d’azione del vertice mondiale sull’alimentazione adottato a Roma nel 1996, i cinque principi di Roma per una sicurezza alimentare globale sostenibile individuati dalla Dichiarazione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare del 2009, in particolare l’impegno a conseguire la sicurezza alimentare per tutti i paesi, e lo sforzo continuo per ridurre la povertà ed eliminare la fame ribadito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella Dichiarazione del millennio delle Nazioni Unite,
CONSIDERANDO gli impegni sottoscritti dai paesi donatori e beneficiari per migliorare l’efficacia degli aiuti allo sviluppo nel rispetto dei principi stabiliti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) nella dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti allo sviluppo adottata nel 2005,
INTENZIONATE ad agire nel rispetto degli obblighi derivanti dalla loro appartenenza all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), e in particolare di qualsiasi normativa dell’OMC sugli aiuti alimentari,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Obiettivi
La presente convenzione mira a salvare vite umane, a ridurre la fame, a migliorare la sicurezza alimentare e lo stato nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili:
a)
sopperendo al fabbisogno alimentare e nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili tramite gli impegni sottoscritti dalle parti di fornire un’assistenza alimentare che migliori l’accesso ad alimenti adeguati, sicuri e nutrienti, e che ne favorisca il consumo;
b)
facendo in modo che l’assistenza alimentare fornita alle popolazioni più vulnerabili sia adeguata, opportuna, efficace, efficiente e fondata sui bisogni e su principi comuni;
c)
facilitando lo scambio di informazioni, la cooperazione e il coordinamento e offrendo un forum di discussione al fine di migliorare l’utilizzazione efficace, efficiente e coerente delle risorse delle parti per soddisfare il fabbisogno.
Articolo 2
Principi dell’assistenza alimentare
Nel fornire ed erogare assistenza alimentare alle popolazioni più vulnerabili, le parti dovrebbero sempre rispettare i seguenti principi:
a)
principi generali dell’assistenza alimentare:
i)
l’assistenza alimentare è fornita solo quando rappresenta il mezzo più efficace e adeguato per soddisfare il fabbisogno alimentare o nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili;
ii)
l’assistenza alimentare è fornita tenendo presenti gli obiettivi a lungo termine di riabilitazione e sviluppo dei paesi beneficiari e nel perseguimento dell’obiettivo generale di garantire la sicurezza alimentare, ove appropriato;
iii)
l’assistenza alimentare è fornita in modo da tutelare la sussistenza e rafforzare l’autosufficienza e la resilienza delle popolazioni vulnerabili e delle comunità locali, e in modo da prevenire e attenuare le crisi di sicurezza alimentare e in modo da prepararsi e rispondere ad esse;
iv)
l’assistenza alimentare è fornita in modo da evitare la dipendenza e ridurre al minimo l’impatto negativo diretto e indiretto sui beneficiari e su ogni altro soggetto;
v)
l’assistenza alimentare è fornita in modo da non incidere negativamente sulla produzione locale, sulle condizioni di mercato, sulle strutture di commercializzazione e sugli scambi o sui prezzi dei beni di prima necessità per le popolazioni vulnerabili;
vi)
l’assistenza alimentare è fornita, ove possibile, esclusivamente sotto forma di doni;
b)
principi sull’efficacia dell’assistenza alimentare:
i)
i costi associati relativi all’assistenza alimentare alle popolazioni vulnerabili sono ridotti al minimo, al fine di aumentare l’importo disponibile per finanziare tale assistenza e di promuovere l’efficienza;
ii)
sono ricercati attivamente la cooperazione, il coordinamento e lo scambio di informazioni per migliorare l’efficacia e l’efficienza dei programmi di assistenza alimentare e la coerenza tra l’assistenza alimentare e i relativi settori e strumenti di politica connessi;
iii)
i prodotti alimentari e le altre componenti dell’assistenza alimentare sono acquistati sui mercati locali e regionali, ove possibile e opportuno;
iv)
l’assistenza alimentare è fornita sempre più sotto forma di aiuti svincolati in valuta, ove ciò sia possibilite e corrisponda ai bisogni;
v)
gli aiuti alimentari sono monetizzati solo in presenza di un’esigenza precisa e per migliorare la sicurezza alimentare delle popolazioni vulnerabili; la monetizzazione è basata su un’analisi di mercato trasparente e obiettiva e in modo da evitare qualsiasi distorsione commerciale;
vi)
l’assistenza alimentare non deve servire a promuovere gli obiettivi di sviluppo commerciale delle parti;
vii)
la riesportazione degli aiuti alimentari è evitata nella misura del possibile, a meno che non sia necessaria a prevenire o rispondere a situazioni di emergenza; la riesportazione di aiuti alimentari deve essere effettuata in modo da evitare qualsiasi distorsione commerciale;
viii)
sono riconosciuti, se del caso, il ruolo e la responsabilità primari delle autorità competenti o dei soggetti interessati per quanto riguarda i compiti relativi all’organizzazione, al coordinamento e all’attuazione delle operazioni di assistenza alimentare;
c)
principi relativi all’erogazione dell’assistenza alimentare:
i)
l’assistenza alimentare è fornita in funzione delle esigenze alimentari e nutrizionali delle popolazioni più vulnerabili;
ii)
i beneficiari, ed eventualmente altri soggetti interessati, sono coinvolti nella valutazione del fabbisogno dei beneficiari e nella definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione dell’assistenza alimentare;
iii)
l’assistenza alimentare rispetta le norme di sicurezza sanitaria e di qualità applicabili, le abitudini alimentari locali e culturali e il fabbisogno nutrizionale dei beneficiari;
iv)
l’assistenza alimentare è fornita nel rispetto della dignità dei beneficiari;
d)
principi sulla responsabilità dell’assistenza alimentare:
i)
la responsabilizzazione e la trasparenza delle politiche, dei programmi e delle operazioni di assistenza alimentare sono rafforzate con misure specifiche e adeguate;
ii)
i risultati e l’impatto delle attività di assistenza alimentare sono monitorati, valutati e comunicati in modo sistematico e trasparente per permettere di sviluppare ulteriormente le migliori pratiche e di massimizzarne l’efficacia.
Articolo 3
Rapporto con gli accordi dell’OMC
La presente convenzione lascia impregiudicati gli obblighi presenti o futuri che intercorrono tra le parti nell’ambito dell’OMC. In caso di conflitto tra tali obblighi e la presente convenzione, i primi prevalgono. La presente convenzione non pregiudica le posizioni che una parte può adottare nell’ambito di negoziati nell’OMC.
Articolo 4
Paesi, popolazioni vulnerabili, prodotti, attività ammissibili e costi associati
1. Per «paese ammissibile» si intende qualsiasi paese figurante nell’elenco dei beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo stabilito dal comitato per l'assistenza allo sviluppo (CAS) dell’OCSE, o qualsiasi altro paese individuato dalle regole di procedura e di attuazione.
2. Per «popolazioni vulnerabili ammissibili» si intendono le popolazioni vulnerabili di qualsiasi paese ammissibile.
3. Per «prodotti ammissibili» si intendono i prodotti destinati al consumo umano, conformi alle pertinenti politiche e normative nazionali del paese in cui si svolgono le operazioni e, se del caso, alle norme internazionali applicabili in materia di sicurezza e di qualità degli alimenti, e i prodotti che contribuiscono a soddisfare il fabbisogno alimentare e a salvaguardare la sussistenza nelle situazioni di emergenza e di ripresa rapida. L’elenco dei prodotti ammissibili è riportato nelle regole di procedura e di attuazione.
4. Le attività ammissibili ai fini dell’esecuzione dell’impegno annuo minimo di una parte conformemente all’articolo 5, sono conformi all’articolo 1 e includono almeno le seguenti attività:
a)
fornitura e distribuzione di prodotti ammissibili;
b)
versamento di contanti e distribuzione di buoni per acquisto alimentare;
c)
interventi nutrizionali.
Tali attività ammissibili sono descritte in modo più dettagliato nelle regole di procedura e di attuazione.
5. I costi associati ammissibili ai fini dell’esecuzione dell’impegno annuo minimo di ciascuna parte conformemente all’articolo 5, sono conformi all’articolo 1 e si limitano ai costi direttamente collegati alla prestazione delle attività ammissibili, come precisato nelle regole di procedura e di attuazione.
Articolo 5
Impegno
1. Per conseguire gli obiettivi della presente convenzione, ciascuna parte accetta di stabilire un impegno annuo per l’assistenza alimentare, conformemente alle proprie leggi e normative. Per «impegno annuo minimo» si intende l’impegno di ciascuna parte.
2. L’impegno annuo minimo è espresso in valore o in quantità, come ulteriormente specificato nelle regole di procedura e di attuazione. L’impegno delle parti può essere espresso in valore minimo, in quantità minima o combinando i due elementi.
3. Gli impegni annui minimi in valore possono essere espressi nella valuta prescelta da ciascuna parte. Gli impegni annui minimi in quantità possono essere espressi in tonnellate di equivalente cereali o in altre unità di misura previste dalle regole di procedura e di attuazione.
4. Ciascuna parte notifica l’impegno annuo minimo iniziale quanto prima al segretariato, e in ogni caso entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente convenzione, o entro tre mesi dalla sua adesione alla presente convenzione.
5. Ciascuna parte comunica al segretariato le eventuali modifiche che intende apportare negli anni successivi all’impegno annuo minimo entro il quindici dicembre dell’anno che precede la modifica.
6. Il segretariato comunica al più presto, e in ogni caso entro il primo gennaio di ogni anno, l’aggiornamento degli impegni annui minimi a tutte le parti.
7. I contributi destinati a raggiungere gli impegni annui minimi dovrebbero essere effettuati integralmente sotto forma di doni laddove possibile. Per quanto riguarda l’assistenza alimentare imputata all’esecuzione dell’impegno di ciascuna parte, è erogato integralmente sotto forma di doni almeno l’80 % dell’assistenza destinata ai paesi ammissibili e alle popolazioni vulnerabili ammissibili, come precisato nelle regole di procedura e di attuazione. Nei limiti del possibile, le parti si impegnano a superare progressivamente questa percentuale. Ciascuna parte rende conto nella relazione annuale dei contributi non erogati integralmente sotto forma di doni.
8. Le parti si impegnano a effettuare tutte le loro transazioni di assistenza alimentare nel quadro della presente convenzione in modo da evitare qualsiasi pregiudizio alla struttura normale di produzione e del commercio internazionale.
9. Le parti garantiscono che la fornitura di assistenza alimentare non sia vincolata direttamente o indirettamente, formalmente o informalmente, esplicitamente o implicitamente a esportazioni commerciali di prodotti agricoli o di altri beni e servizi verso i paesi beneficiari.
10. Le parti onorano l’impegno annuo minimo, espresso in valore o in quantità, con contributi conformi alla presente convenzione consistenti in fondi destinati a finanziare prodotti o attività ammissibili e costi associati, ai sensi dell’articolo 4 e come precisato nelle regole di procedura e di attuazione.
11. I contributi per raggiungere l’impegno annuo minimo in forza della presente convenzione possono essere diretti unicamente a paesi o popolazioni vulnerabili ammissibili, ai sensi dell’articolo 4 e come precisato nelle regole di procedura e di attuazione.
12. I contributi delle parti possono essere erogati bilateralmente, tramite organizzazioni intergovernative o altre organizzazioni internazionali o tramite altri partner nel settore dell’assistenza alimentare, ma non tramite altre parti.
13. Ciascuna parte si adopera al fine di garantire il raggiungimento del proprio impegno annuo minimo. La parte che non riesce, in un particolare anno, a raggiungere il proprio impegno annuo minimo, descrive le circostanze di tale inadempimento nella relazione annuale per l’anno in questione. La quota rimasta scoperta viene aggiunta al suo impegno annuo minimo per l’anno successivo, a meno che il comitato istituito a norma dell’articolo 7 non decida altrimenti o che la mancanza non sia giustificata da circostanze straordinarie.
14. Se una parte contribuisce oltre il proprio impegno annuo minimo, la quota in eccedenza, entro il limite del cinque per cento del suo contributo annuo minimo, può essere imputata al suo impegno per l’anno successivo.
Articolo 6
Relazioni annuali e scambio di informazioni
1. Entro novanta giorni dalla fine dell’anno civile, ciascuna parte inoltra al segretariato una relazione annuale, conformemente alle regole di procedura e di attuazione, che descrive in dettaglio come essa ha raggiunto l’impegno annuo minimo stabilito in forza della presente convenzione.
2. Tale relazione annuale contiene una sezione argomentativa che può includere delle informazioni relative al modo in cui le politiche, i programmi e le operazioni della parte nel settore dell’assistenza alimentare contribuiscono agli obiettivi e ai principi della presente convenzione.
3. Le parti dovrebbero scambiarsi regolarmente informazioni sulle loro politiche e sui loro programmi nel settore dell’assistenza alimentare nonché sui risultati delle relative valutazioni.
Articolo 7
Comitato di assistenza alimentare
1. È istituito un comitato di assistenza alimentare (il «comitato»), composto da tutte le parti della presente convenzione.
2. Il comitato delibera in sessioni formali e svolge le funzioni necessarie all’applicazione delle disposizioni della presente convenzione, nel rispetto dei principi e degli obiettivi da questa stabiliti.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno e può adottare regole che precisino le disposizioni della presente convenzione per assicurarne la corretta attuazione. Il documento FAC(11/12)1, del 25 aprile 2012, del comitato per l’aiuto alimentare istituito in forza della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 fungerà inizialmente da regole di procedura e di attuazione della presente convenzione. Il comitato può successivamente decidere di modificare tali regole di procedura e di attuazione.
4. Il comitato delibera per consenso, vale a dire che nessuna parte esprime alcuna opposizione formale alla proposta di decisione del comitato su una questione discussa durante una sessione formale. Un’opposizione formale può essere espressa durante la sessione formale o entro trenta giorni dalla trasmissione del verbale della sessione formale che contiene le proposte di decisioni interessate.
5. Ogni anno il segretariato prepara per il comitato una relazione di sintesi redatta, adottata e pubblicata conformemente alle regole di procedura e di attuazione.
6. Il comitato dovrebbe fungere da forum di discussione tra le parti su questioni riguardanti l’assistenza alimentare, come la necessità di ottenere impegni adeguati e opportuni in materia di risorse per soddisfare il fabbisogno alimentare e nutrizionale, soprattutto in particolari situazioni di emergenza o di crisi. Il comitato dovrebbe facilitare lo scambio e la divulgazione di informazioni con gli altri soggetti interessati, che può consultare e ai quali può chiedere informazioni per alimentare le discussioni.
7. Ciascuna parte nomina un proprio rappresentante al quale il segretariato invia le notifiche e le altre comunicazioni.
Articolo 8
Presidente e vicepresidente del comitato
1. Ogni anno, in occasione dell’ultima sessione formale, il comitato nomina un presidente e un vicepresidente per l’anno successivo.
2. Il presidente svolge i seguenti compiti:
a)
approva l’ordine del giorno provvisorio delle sessioni formali o delle riunioni informali;
b)
presiede le sessioni formali o le riunioni informali;
c)
avvia e conclude le sessioni formali o le riunioni informali;
d)
sottopone, all’inizio di ogni sessione formale o riunione informale, l’ordine del giorno provvisorio per l’approvazione da parte del comitato;
e)
dirige i dibattiti e assicura l’osservanza delle regole di procedura e di attuazione;
f)
accorda alle parti il diritto di parola;
g)
delibera su ogni mozione d’ordine conformemente alle pertinenti disposizioni delle regole di procedura e di attuazione;
h)
rivolge domande e annuncia decisioni.
3. Se non può partecipare in tutto o in parte a una sessione formale o a una riunione informale, o se è temporaneamente impossibilitato a svolgere le sue funzioni, il presidente è sostituito dal vicepresidente. In caso di assenza tanto del presidente quanto del vicepresidente, il comitato designa un presidente ad interim.
4. Se, per qualunque motivo, il presidente non può continuare ad esercitare il proprio mandato, il vicepresidente gli subentra nell’ufficio, fino alla fine dell’anno in corso.
Articolo 9
Sessioni formali e riunioni informali
1. Il comitato si riunisce in sessioni formali e in riunioni informali secondo le regole di procedura e di attuazione.
2. Il comitato si riunisce in sessione formale almeno una volta l’anno.
3. Ulteriori sessioni formali o riunioni informali del comitato sono convocate su richiesta del presidente o di almeno tre parti.
4. Il comitato può invitare a partecipare alle sue sessioni formali o riunioni informali osservatori o altri soggetti interessati che desiderino discutere particolari questioni riguardanti l’assistenza alimentare, conformemente alle regole di procedura e di attuazione.
5. Il comitato si riunisce nella sede stabilita secondo le regole di procedura e attuazione.
6. L’ordine del giorno delle sessioni formali e delle riunioni informali è stilato secondo le regole di procedura e di attuazione.
7. Il verbale di una sessione formale, che rende conto di qualsiasi proposta di decisione del comitato, è trasmesso entro trenta giorni dalla data della sessione.
Articolo 10
Segretariato
1. Il comitato nomina un segretariato e si avvale dei suoi servizi secondo le regole di procedura e di attuazione. Il comitato chiede al Consiglio internazionale dei cereali (CIC) che il segretariato di quest’ultimo funga inizialmente da segretariato del comitato.
2. Il segretariato esegue i compiti definiti dalla presente convenzione e dalle regole di procedura e di attuazione, svolge mansioni amministrative, compreso il trattamento e la distribuzione di documenti e relazioni, e assolve ad altre funzioni decise dal comitato.
Articolo 11
Composizione delle controversie
Il comitato si impegna a comporre eventuali controversie tra le parti sull’interpretazione o sull’attuazione della presente convenzione o delle regole di procedura e di attuazione e sul presunto inadempimento degli obblighi stabiliti nella presente convenzione.
Articolo 12
Firma e ratifica, accettazione o approvazione
La presente convenzione è aperta alla firma dell’Argentina, dell’Australia, della Repubblica d’Austria, del Regno del Belgio, della Repubblica di Bulgaria, del Canada, della Repubblica di Croazia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca, dell’Unione europea, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Finlandia, della Repubblica francese, della Repubblica federale di Germania, della Repubblica ellenica, dell’Ungheria, dell’Irlanda, della Repubblica italiana, del Giappone, della Repubblica di Lettonia, Repubblica di Lituania, del Granducato del Lussemburgo, della Repubblica di Malta, del Regno dei Paesi Bassi, del Regno di Norvegia, della Repubblica di Polonia, della Repubblica portoghese, della Romania, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Slovenia, del Regno di Spagna, del Regno di Svezia, della Confederazione svizzera, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d’America, presso la sede delle Nazioni Unite a New York, dall’11 giugno 2012 al 31 dicembre 2012. La presente convenzione è soggetta alla ratifica, all’accettazione o all’approvazione da parte di ogni firmatario. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione sono depositati presso il depositario.
Articolo 13
Adesione
1. Qualsiasi Stato elencato all’articolo 12 che non abbia firmato la presente convenzione entro la scadenza del periodo previsto per la firma, o l’Unione europea se non l’ha firmata entro tale termine, può aderire alla presente convenzione in qualsiasi momento successivo a tale periodo. Gli strumenti di adesione sono depositati presso il depositario.
2. Dopo l’entrata in vigore conformemente all’articolo 15, la presente convenzione è aperta all’adesione di qualsiasi Stato diverso da quelli elencati all’articolo 12 e di qualsiasi territorio doganale separato, che goda di piena autonomia nella gestione delle relazioni commerciali estere, ritenuto ammissibile da una decisione del comitato. Gli strumenti di adesione sono depositati presso il depositario.
Articolo 14
Notifica dell’applicazione a titolo provvisorio
Qualsiasi Stato elencato all’articolo 12, o l’Unione europea, che intenda ratificare, accettare o approvare la presente convenzione o aderirvi, o qualsiasi Stato o territorio doganale separato ritenuto ammissibile all’adesione da una decisione del comitato a norma dell’articolo 13, paragrafo 2, ma che non abbia ancora depositato il proprio strumento, può depositare in qualsiasi momento presso il depositario una notifica di applicazione a titolo provvisorio della presente convenzione. La convenzione si applica in via provvisoria a tale Stato, a tale territorio doganale separato o all’Unione europea a decorrere dalla data di deposito della notifica.
Articolo 15
Entrata in vigore
1. La presente convenzione entra in vigore il 1o gennaio 2013 se, entro il 30 novembre 2012, cinque firmatari hanno depositato gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione.
2. Se la presente convenzione non entra in vigore conformemente al paragrafo 1, i firmatari della presente convenzione che hanno depositato gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione e gli Stati, o l’Unione europea, che hanno depositato gli strumenti di adesione conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, possono decidere all’unanimità che essa entra in vigore tra loro stessi.
3. Ove uno Stato, un territorio doganale separato, o l’Unione europea, ratifichi, accetti, approvi la presente convenzione o vi aderisca dopo la sua entrata in vigore, la presente convenzione entra in vigore nei suoi confronti alla data del deposito del suo strumento di ratifica, approvazione, accettazione o adesione.
Articolo 16
Procedura di valutazione e modifica
1. In qualsiasi momento dopo l’entrata in vigore della presente convenzione, una parte può proporre di valutarne la pertinenza e proporre modifiche. Le modifiche proposte sono trasmesse dal segretariato a tutte le parti con almeno sei mesi di anticipo e sono discusse in occasione della prima sessione formale del comitato dopo la scadenza di tale periodo di preavviso.
2. Qualsiasi proposta di modifica della presente convenzione è adottata tramite decisione del comitato. Qualsiasi proposta di modifica adottata dal comitato è comunicata dal segretariato a tutte le parti e al depositario, che trasmette le modifiche adottate a tutte le parti.
3. Le notifiche di accettazione delle modifiche sono inviate al depositario. Per le parti che hanno inviato tale notifica, la modifica adottata entra in vigore novanta giorni dopo la data in cui il depositario ha ricevuto le notifiche provenienti da parti che rappresentino almeno quattro quinti del numero delle parti della presente convenzione alla data di adozione da parte dal comitato della modifica proposta. Per le altre parti la modifica adottata entra in vigore novanta giorni dopo che ciascuna parte ha depositato la propria notifica al depositario. Il comitato può decidere di cambiare la soglia delle notifiche richieste affinché una specifica modifica entri in vigore. Il segretariato comunica tale decisione a tutte le parti e al depositario.
Articolo 17
Ritiro e estinzione
1. Qualsiasi parte può ritirarsi dalla presente convenzione alla fine di ogni anno dandone notifica scritta al depositario e al comitato almeno novanta giorni prima della fine dell’anno in questione. Tale parte continua ad essere soggetta all’impegno annuo minimo e all’obbligo di informazione, sottoscritti in forza della presente convenzione fino a quando ne è stata parte, che risultano inadempiuti entro la fine dell’anno in questione.
2. Ciascuna parte può proporre di porre fine alla presente convenzione in qualsiasi momento dalla sua entrata in vigore. Tale proposta è comunicata per iscritto al segretariato che la trasmette a tutte le parti almeno sei mesi prima di essere discussa dal comitato.
Articolo 18
Depositario
1. Il segretario generale delle Nazioni Unite è designato depositario della presente convenzione.
2. Il depositario riceve notifica di ogni firma, ratifica, accettazione, approvazione, applicazione a titolo provvisorio e adesione alla presente convenzione e informa tutte le parti e i firmatari delle notifiche ricevute.
Articolo 19
Testi autentici
Gli originali della presente convenzione, i cui testi in lingua francese e inglese fanno ugualmente fede, sono depositati presso il segretario generale delle Nazioni Unite.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, debitamente autorizzati a questo fine, hanno firmato la presente convenzione.
Fatto a Londra, il 25 aprile 2012
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 13 novembre 2012
relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, della convenzione sull’assistenza alimentare
(2012/738/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 214, paragrafo 4, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l’approvazione del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione è parte della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 (1) («CAA 1999»), che scade il 1o luglio 2012.
(2)
Conformemente alla decisione 2012/511/UE del Consiglio (2), la convenzione sull’assistenza alimentare è stata firmata il 23 luglio 2012, con riserva della sua conclusione.
(3)
L’Unione ha interesse ad essere parte della convenzione in quanto quest’ultima dovrebbe favorire il conseguimento degli obiettivi nel settore dell’aiuto umanitario di cui all’articolo 214, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(4)
È opportuno approvare la convenzione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La convenzione sull’assistenza alimentare («convenzione») è approvata a nome dell’Unione.
Il testo della convenzione è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
La Commissione stabilisce l’impegno annuo da sottoscrivere a nome dell’Unione conformemente all’articolo 5 della convenzione, e lo comunica al segretariato del comitato.
Articolo 3
La Commissione presenta relazioni annuali e partecipa allo scambio di informazioni a nome dell’Unione conformemente all’articolo 6 della convenzione.
Articolo 4
Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a procedere, a nome dell’Unione, al deposito dello strumento di approvazione di cui all’articolo 12 della convenzione, al fine di esprimere il consenso dell’Unione ad essere vincolata dalla convenzione (3).
Articolo 5
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Fatto a Bruxelles, il 13 novembre 2012
Per il Consiglio
Il presidente
V. SHIARLY
(1) GU L 222 del 24.8.1999, pag. 40.
(2) GU L 256 del 22.9.2012, pag. 3.
(3) La data di entrata in vigore della convenzione sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea a cura del segretariato generale del Consiglio.
TRADUZIONE
CONVENZIONE SULL’ASSISTENZA ALIMENTARE
PREAMBOLO
LE PARTI DELLA PRESENTE CONVENZIONE,
CONFERMANDO il loro impegno costante riguardo agli obiettivi, tuttora validi, della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999, per contribuire alla sicurezza alimentare mondiale e a migliorare la capacità della comunità internazionale di far fronte alle situazioni di emergenza e agli altri bisogni alimentari dei paesi in via di sviluppo,
DESIDEROSE di migliorare l’efficacia, l’efficienza e la qualità dell’assistenza alimentare al fine di preservare le vite umane e alleviare le sofferenze delle popolazioni più vulnerabili, soprattutto in situazioni di emergenza, potenziando la cooperazione e il coordinamento internazionali, soprattutto tra le parti e i soggetti interessati,
RICONOSCENDO che le popolazioni vulnerabili hanno particolari bisogni alimentari e nutrizionali,
AFFERMANDO che gli Stati sono i principali responsabili della loro sicurezza alimentare e quindi della progressiva realizzazione del diritto a un’alimentazione adeguata, come definito dalle linee guida dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) «Voluntary Guidelines on the Progressive Realization of the Right to Adequate Food in the Context of National Food Security» (linee guida volontarie sulla realizzazione progressiva del diritto ad un’alimentazione adeguata nel contesto della sicurezza alimentare nazionale), adottate dal Consiglio della FAO nel novembre 2004,
INCENTIVANDO i governi dei paesi che versano in condizioni di insicurezza alimentare a elaborare e attuare strategie nazionali che affrontino le cause a monte dell’insicurezza alimentare, tramite misure di lungo respiro, e che garantiscano i nessi necessari tra le attività di soccorso, ripresa e sviluppo,
FONDANDOSI sul diritto internazionale umanitario e sui principi umanitari fondamentali di umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza,
BASANDOSI sui «Principles and Good Practice of Humanitarian Donorship» (principi e buone pratiche per l’aiuto umanitario), firmati a Stoccolma il 17 giugno 2003,
RICONOSCENDO che le parti conducono politiche proprie per l’erogazione dell’assistenza alimentare in situazioni di emergenza e non,
TENENDO PRESENTI il piano d’azione del vertice mondiale sull’alimentazione adottato a Roma nel 1996, i cinque principi di Roma per una sicurezza alimentare globale sostenibile individuati dalla Dichiarazione del vertice mondiale sulla sicurezza alimentare del 2009, in particolare l’impegno a conseguire la sicurezza alimentare per tutti i paesi, e lo sforzo continuo per ridurre la povertà ed eliminare la fame ribadito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella Dichiarazione del millennio delle Nazioni Unite,
CONSIDERANDO gli impegni sottoscritti dai paesi donatori e beneficiari per migliorare l’efficacia degli aiuti allo sviluppo nel rispetto dei principi stabiliti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) nella dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti allo sviluppo adottata nel 2005,
INTENZIONATE ad agire nel rispetto degli obblighi derivanti dalla loro appartenenza all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), e in particolare di qualsiasi normativa dell’OMC sugli aiuti alimentari,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Obiettivi
La presente convenzione mira a salvare vite umane, a ridurre la fame, a migliorare la sicurezza alimentare e lo stato nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili:
a)
sopperendo al fabbisogno alimentare e nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili tramite gli impegni sottoscritti dalle parti di fornire un’assistenza alimentare che migliori l’accesso ad alimenti adeguati, sicuri e nutrienti, e che ne favorisca il consumo;
b)
facendo in modo che l’assistenza alimentare fornita alle popolazioni più vulnerabili sia adeguata, opportuna, efficace, efficiente e fondata sui bisogni e su principi comuni;
c)
facilitando lo scambio di informazioni, la cooperazione e il coordinamento e offrendo un forum di discussione al fine di migliorare l’utilizzazione efficace, efficiente e coerente delle risorse delle parti per soddisfare il fabbisogno.
Articolo 2
Principi dell’assistenza alimentare
Nel fornire ed erogare assistenza alimentare alle popolazioni più vulnerabili, le parti dovrebbero sempre rispettare i seguenti principi:
a)
principi generali dell’assistenza alimentare:
i)
l’assistenza alimentare è fornita solo quando rappresenta il mezzo più efficace e adeguato per soddisfare il fabbisogno alimentare o nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili;
ii)
l’assistenza alimentare è fornita tenendo presenti gli obiettivi a lungo termine di riabilitazione e sviluppo dei paesi beneficiari e nel perseguimento dell’obiettivo generale di garantire la sicurezza alimentare, ove appropriato;
iii)
l’assistenza alimentare è fornita in modo da tutelare la sussistenza e rafforzare l’autosufficienza e la resilienza delle popolazioni vulnerabili e delle comunità locali, e in modo da prevenire e attenuare le crisi di sicurezza alimentare e in modo da prepararsi e rispondere ad esse;
iv)
l’assistenza alimentare è fornita in modo da evitare la dipendenza e ridurre al minimo l’impatto negativo diretto e indiretto sui beneficiari e su ogni altro soggetto;
v)
l’assistenza alimentare è fornita in modo da non incidere negativamente sulla produzione locale, sulle condizioni di mercato, sulle strutture di commercializzazione e sugli scambi o sui prezzi dei beni di prima necessità per le popolazioni vulnerabili;
vi)
l’assistenza alimentare è fornita, ove possibile, esclusivamente sotto forma di doni;
b)
principi sull’efficacia dell’assistenza alimentare:
i)
i costi associati relativi all’assistenza alimentare alle popolazioni vulnerabili sono ridotti al minimo, al fine di aumentare l’importo disponibile per finanziare tale assistenza e di promuovere l’efficienza;
ii)
sono ricercati attivamente la cooperazione, il coordinamento e lo scambio di informazioni per migliorare l’efficacia e l’efficienza dei programmi di assistenza alimentare e la coerenza tra l’assistenza alimentare e i relativi settori e strumenti di politica connessi;
iii)
i prodotti alimentari e le altre componenti dell’assistenza alimentare sono acquistati sui mercati locali e regionali, ove possibile e opportuno;
iv)
l’assistenza alimentare è fornita sempre più sotto forma di aiuti svincolati in valuta, ove ciò sia possibilite e corrisponda ai bisogni;
v)
gli aiuti alimentari sono monetizzati solo in presenza di un’esigenza precisa e per migliorare la sicurezza alimentare delle popolazioni vulnerabili; la monetizzazione è basata su un’analisi di mercato trasparente e obiettiva e in modo da evitare qualsiasi distorsione commerciale;
vi)
l’assistenza alimentare non deve servire a promuovere gli obiettivi di sviluppo commerciale delle parti;
vii)
la riesportazione degli aiuti alimentari è evitata nella misura del possibile, a meno che non sia necessaria a prevenire o rispondere a situazioni di emergenza; la riesportazione di aiuti alimentari deve essere effettuata in modo da evitare qualsiasi distorsione commerciale;
viii)
sono riconosciuti, se del caso, il ruolo e la responsabilità primari delle autorità competenti o dei soggetti interessati per quanto riguarda i compiti relativi all’organizzazione, al coordinamento e all’attuazione delle operazioni di assistenza alimentare;
c)
principi relativi all’erogazione dell’assistenza alimentare:
i)
l’assistenza alimentare è fornita in funzione delle esigenze alimentari e nutrizionali delle popolazioni più vulnerabili;
ii)
i beneficiari, ed eventualmente altri soggetti interessati, sono coinvolti nella valutazione del fabbisogno dei beneficiari e nella definizione, attuazione, monitoraggio e valutazione dell’assistenza alimentare;
iii)
l’assistenza alimentare rispetta le norme di sicurezza sanitaria e di qualità applicabili, le abitudini alimentari locali e culturali e il fabbisogno nutrizionale dei beneficiari;
iv)
l’assistenza alimentare è fornita nel rispetto della dignità dei beneficiari;
d)
principi sulla responsabilità dell’assistenza alimentare:
i)
la responsabilizzazione e la trasparenza delle politiche, dei programmi e delle operazioni di assistenza alimentare sono rafforzate con misure specifiche e adeguate;
ii)
i risultati e l’impatto delle attività di assistenza alimentare sono monitorati, valutati e comunicati in modo sistematico e trasparente per permettere di sviluppare ulteriormente le migliori pratiche e di massimizzarne l’efficacia.
Articolo 3
Rapporto con gli accordi dell’OMC
La presente convenzione lascia impregiudicati gli obblighi presenti o futuri che intercorrono tra le parti nell’ambito dell’OMC. In caso di conflitto tra tali obblighi e la presente convenzione, i primi prevalgono. La presente convenzione non pregiudica le posizioni che una parte può adottare nell’ambito di negoziati nell’OMC.
Articolo 4
Paesi, popolazioni vulnerabili, prodotti, attività ammissibili e costi associati
1. Per «paese ammissibile» si intende qualsiasi paese figurante nell’elenco dei beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo stabilito dal comitato per l'assistenza allo sviluppo (CAS) dell’OCSE, o qualsiasi altro paese individuato dalle regole di procedura e di attuazione.
2. Per «popolazioni vulnerabili ammissibili» si intendono le popolazioni vulnerabili di qualsiasi paese ammissibile.
3. Per «prodotti ammissibili» si intendono i prodotti destinati al consumo umano, conformi alle pertinenti politiche e normative nazionali del paese in cui si svolgono le operazioni e, se del caso, alle norme internazionali applicabili in materia di sicurezza e di qualità degli alimenti, e i prodotti che contribuiscono a soddisfare il fabbisogno alimentare e a salvaguardare la sussistenza nelle situazioni di emergenza e di ripresa rapida. L’elenco dei prodotti ammissibili è riportato nelle regole di procedura e di attuazione.
4. Le attività ammissibili ai fini dell’esecuzione dell’impegno annuo minimo di una parte conformemente all’articolo 5, sono conformi all’articolo 1 e includono almeno le seguenti attività:
a)
fornitura e distribuzione di prodotti ammissibili;
b)
versamento di contanti e distribuzione di buoni per acquisto alimentare;
c)
interventi nutrizionali.
Tali attività ammissibili sono descritte in modo più dettagliato nelle regole di procedura e di attuazione.
5. I costi associati ammissibili ai fini dell’esecuzione dell’impegno annuo minimo di ciascuna parte conformemente all’articolo 5, sono conformi all’articolo 1 e si limitano ai costi direttamente collegati alla prestazione delle attività ammissibili, come precisato nelle regole di procedura e di attuazione.
Articolo 5
Impegno
1. Per conseguire gli obiettivi della presente convenzione, ciascuna parte accetta di stabilire un impegno annuo per l’assistenza alimentare, conformemente alle proprie leggi e normative. Per «impegno annuo minimo» si intende l’impegno di ciascuna parte.
2. L’impegno annuo minimo è espresso in valore o in quantità, come ulteriormente specificato nelle regole di procedura e di attuazione. L’impegno delle parti può essere espresso in valore minimo, in quantità minima o combinando i due elementi.
3. Gli impegni annui minimi in valore possono essere espressi nella valuta prescelta da ciascuna parte. Gli impegni annui minimi in quantità possono essere espressi in tonnellate di equivalente cereali o in altre unità di misura previste dalle regole di procedura e di attuazione.
4. Ciascuna parte notifica l’impegno annuo minimo iniziale quanto prima al segretariato, e in ogni caso entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente convenzione, o entro tre mesi dalla sua adesione alla presente convenzione.
5. Ciascuna parte comunica al segretariato le eventuali modifiche che intende apportare negli anni successivi all’impegno annuo minimo entro il quindici dicembre dell’anno che precede la modifica.
6. Il segretariato comunica al più presto, e in ogni caso entro il primo gennaio di ogni anno, l’aggiornamento degli impegni annui minimi a tutte le parti.
7. I contributi destinati a raggiungere gli impegni annui minimi dovrebbero essere effettuati integralmente sotto forma di doni laddove possibile. Per quanto riguarda l’assistenza alimentare imputata all’esecuzione dell’impegno di ciascuna parte, è erogato integralmente sotto forma di doni almeno l’80 % dell’assistenza destinata ai paesi ammissibili e alle popolazioni vulnerabili ammissibili, come precisato nelle regole di procedura e di attuazione. Nei limiti del possibile, le parti si impegnano a superare progressivamente questa percentuale. Ciascuna parte rende conto nella relazione annuale dei contributi non erogati integralmente sotto forma di doni.
8. Le parti si impegnano a effettuare tutte le loro transazioni di assistenza alimentare nel quadro della presente convenzione in modo da evitare qualsiasi pregiudizio alla struttura normale di produzione e del commercio internazionale.
9. Le parti garantiscono che la fornitura di assistenza alimentare non sia vincolata direttamente o indirettamente, formalmente o informalmente, esplicitamente o implicitamente a esportazioni commerciali di prodotti agricoli o di altri beni e servizi verso i paesi beneficiari.
10. Le parti onorano l’impegno annuo minimo, espresso in valore o in quantità, con contributi conformi alla presente convenzione consistenti in fondi destinati a finanziare prodotti o attività ammissibili e costi associati, ai sensi dell’articolo 4 e come precisato nelle regole di procedura e di attuazione.
11. I contributi per raggiungere l’impegno annuo minimo in forza della presente convenzione possono essere diretti unicamente a paesi o popolazioni vulnerabili ammissibili, ai sensi dell’articolo 4 e come precisato nelle regole di procedura e di attuazione.
12. I contributi delle parti possono essere erogati bilateralmente, tramite organizzazioni intergovernative o altre organizzazioni internazionali o tramite altri partner nel settore dell’assistenza alimentare, ma non tramite altre parti.
13. Ciascuna parte si adopera al fine di garantire il raggiungimento del proprio impegno annuo minimo. La parte che non riesce, in un particolare anno, a raggiungere il proprio impegno annuo minimo, descrive le circostanze di tale inadempimento nella relazione annuale per l’anno in questione. La quota rimasta scoperta viene aggiunta al suo impegno annuo minimo per l’anno successivo, a meno che il comitato istituito a norma dell’articolo 7 non decida altrimenti o che la mancanza non sia giustificata da circostanze straordinarie.
14. Se una parte contribuisce oltre il proprio impegno annuo minimo, la quota in eccedenza, entro il limite del cinque per cento del suo contributo annuo minimo, può essere imputata al suo impegno per l’anno successivo.
Articolo 6
Relazioni annuali e scambio di informazioni
1. Entro novanta giorni dalla fine dell’anno civile, ciascuna parte inoltra al segretariato una relazione annuale, conformemente alle regole di procedura e di attuazione, che descrive in dettaglio come essa ha raggiunto l’impegno annuo minimo stabilito in forza della presente convenzione.
2. Tale relazione annuale contiene una sezione argomentativa che può includere delle informazioni relative al modo in cui le politiche, i programmi e le operazioni della parte nel settore dell’assistenza alimentare contribuiscono agli obiettivi e ai principi della presente convenzione.
3. Le parti dovrebbero scambiarsi regolarmente informazioni sulle loro politiche e sui loro programmi nel settore dell’assistenza alimentare nonché sui risultati delle relative valutazioni.
Articolo 7
Comitato di assistenza alimentare
1. È istituito un comitato di assistenza alimentare (il «comitato»), composto da tutte le parti della presente convenzione.
2. Il comitato delibera in sessioni formali e svolge le funzioni necessarie all’applicazione delle disposizioni della presente convenzione, nel rispetto dei principi e degli obiettivi da questa stabiliti.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno e può adottare regole che precisino le disposizioni della presente convenzione per assicurarne la corretta attuazione. Il documento FAC(11/12)1, del 25 aprile 2012, del comitato per l’aiuto alimentare istituito in forza della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 fungerà inizialmente da regole di procedura e di attuazione della presente convenzione. Il comitato può successivamente decidere di modificare tali regole di procedura e di attuazione.
4. Il comitato delibera per consenso, vale a dire che nessuna parte esprime alcuna opposizione formale alla proposta di decisione del comitato su una questione discussa durante una sessione formale. Un’opposizione formale può essere espressa durante la sessione formale o entro trenta giorni dalla trasmissione del verbale della sessione formale che contiene le proposte di decisioni interessate.
5. Ogni anno il segretariato prepara per il comitato una relazione di sintesi redatta, adottata e pubblicata conformemente alle regole di procedura e di attuazione.
6. Il comitato dovrebbe fungere da forum di discussione tra le parti su questioni riguardanti l’assistenza alimentare, come la necessità di ottenere impegni adeguati e opportuni in materia di risorse per soddisfare il fabbisogno alimentare e nutrizionale, soprattutto in particolari situazioni di emergenza o di crisi. Il comitato dovrebbe facilitare lo scambio e la divulgazione di informazioni con gli altri soggetti interessati, che può consultare e ai quali può chiedere informazioni per alimentare le discussioni.
7. Ciascuna parte nomina un proprio rappresentante al quale il segretariato invia le notifiche e le altre comunicazioni.
Articolo 8
Presidente e vicepresidente del comitato
1. Ogni anno, in occasione dell’ultima sessione formale, il comitato nomina un presidente e un vicepresidente per l’anno successivo.
2. Il presidente svolge i seguenti compiti:
a)
approva l’ordine del giorno provvisorio delle sessioni formali o delle riunioni informali;
b)
presiede le sessioni formali o le riunioni informali;
c)
avvia e conclude le sessioni formali o le riunioni informali;
d)
sottopone, all’inizio di ogni sessione formale o riunione informale, l’ordine del giorno provvisorio per l’approvazione da parte del comitato;
e)
dirige i dibattiti e assicura l’osservanza delle regole di procedura e di attuazione;
f)
accorda alle parti il diritto di parola;
g)
delibera su ogni mozione d’ordine conformemente alle pertinenti disposizioni delle regole di procedura e di attuazione;
h)
rivolge domande e annuncia decisioni.
3. Se non può partecipare in tutto o in parte a una sessione formale o a una riunione informale, o se è temporaneamente impossibilitato a svolgere le sue funzioni, il presidente è sostituito dal vicepresidente. In caso di assenza tanto del presidente quanto del vicepresidente, il comitato designa un presidente ad interim.
4. Se, per qualunque motivo, il presidente non può continuare ad esercitare il proprio mandato, il vicepresidente gli subentra nell’ufficio, fino alla fine dell’anno in corso.
Articolo 9
Sessioni formali e riunioni informali
1. Il comitato si riunisce in sessioni formali e in riunioni informali secondo le regole di procedura e di attuazione.
2. Il comitato si riunisce in sessione formale almeno una volta l’anno.
3. Ulteriori sessioni formali o riunioni informali del comitato sono convocate su richiesta del presidente o di almeno tre parti.
4. Il comitato può invitare a partecipare alle sue sessioni formali o riunioni informali osservatori o altri soggetti interessati che desiderino discutere particolari questioni riguardanti l’assistenza alimentare, conformemente alle regole di procedura e di attuazione.
5. Il comitato si riunisce nella sede stabilita secondo le regole di procedura e attuazione.
6. L’ordine del giorno delle sessioni formali e delle riunioni informali è stilato secondo le regole di procedura e di attuazione.
7. Il verbale di una sessione formale, che rende conto di qualsiasi proposta di decisione del comitato, è trasmesso entro trenta giorni dalla data della sessione.
Articolo 10
Segretariato
1. Il comitato nomina un segretariato e si avvale dei suoi servizi secondo le regole di procedura e di attuazione. Il comitato chiede al Consiglio internazionale dei cereali (CIC) che il segretariato di quest’ultimo funga inizialmente da segretariato del comitato.
2. Il segretariato esegue i compiti definiti dalla presente convenzione e dalle regole di procedura e di attuazione, svolge mansioni amministrative, compreso il trattamento e la distribuzione di documenti e relazioni, e assolve ad altre funzioni decise dal comitato.
Articolo 11
Composizione delle controversie
Il comitato si impegna a comporre eventuali controversie tra le parti sull’interpretazione o sull’attuazione della presente convenzione o delle regole di procedura e di attuazione e sul presunto inadempimento degli obblighi stabiliti nella presente convenzione.
Articolo 12
Firma e ratifica, accettazione o approvazione
La presente convenzione è aperta alla firma dell’Argentina, dell’Australia, della Repubblica d’Austria, del Regno del Belgio, della Repubblica di Bulgaria, del Canada, della Repubblica di Croazia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica ceca, del Regno di Danimarca, dell’Unione europea, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Finlandia, della Repubblica francese, della Repubblica federale di Germania, della Repubblica ellenica, dell’Ungheria, dell’Irlanda, della Repubblica italiana, del Giappone, della Repubblica di Lettonia, Repubblica di Lituania, del Granducato del Lussemburgo, della Repubblica di Malta, del Regno dei Paesi Bassi, del Regno di Norvegia, della Repubblica di Polonia, della Repubblica portoghese, della Romania, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Slovenia, del Regno di Spagna, del Regno di Svezia, della Confederazione svizzera, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d’America, presso la sede delle Nazioni Unite a New York, dall’11 giugno 2012 al 31 dicembre 2012. La presente convenzione è soggetta alla ratifica, all’accettazione o all’approvazione da parte di ogni firmatario. Gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione sono depositati presso il depositario.
Articolo 13
Adesione
1. Qualsiasi Stato elencato all’articolo 12 che non abbia firmato la presente convenzione entro la scadenza del periodo previsto per la firma, o l’Unione europea se non l’ha firmata entro tale termine, può aderire alla presente convenzione in qualsiasi momento successivo a tale periodo. Gli strumenti di adesione sono depositati presso il depositario.
2. Dopo l’entrata in vigore conformemente all’articolo 15, la presente convenzione è aperta all’adesione di qualsiasi Stato diverso da quelli elencati all’articolo 12 e di qualsiasi territorio doganale separato, che goda di piena autonomia nella gestione delle relazioni commerciali estere, ritenuto ammissibile da una decisione del comitato. Gli strumenti di adesione sono depositati presso il depositario.
Articolo 14
Notifica dell’applicazione a titolo provvisorio
Qualsiasi Stato elencato all’articolo 12, o l’Unione europea, che intenda ratificare, accettare o approvare la presente convenzione o aderirvi, o qualsiasi Stato o territorio doganale separato ritenuto ammissibile all’adesione da una decisione del comitato a norma dell’articolo 13, paragrafo 2, ma che non abbia ancora depositato il proprio strumento, può depositare in qualsiasi momento presso il depositario una notifica di applicazione a titolo provvisorio della presente convenzione. La convenzione si applica in via provvisoria a tale Stato, a tale territorio doganale separato o all’Unione europea a decorrere dalla data di deposito della notifica.
Articolo 15
Entrata in vigore
1. La presente convenzione entra in vigore il 1o gennaio 2013 se, entro il 30 novembre 2012, cinque firmatari hanno depositato gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione.
2. Se la presente convenzione non entra in vigore conformemente al paragrafo 1, i firmatari della presente convenzione che hanno depositato gli strumenti di ratifica, accettazione o approvazione e gli Stati, o l’Unione europea, che hanno depositato gli strumenti di adesione conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, possono decidere all’unanimità che essa entra in vigore tra loro stessi.
3. Ove uno Stato, un territorio doganale separato, o l’Unione europea, ratifichi, accetti, approvi la presente convenzione o vi aderisca dopo la sua entrata in vigore, la presente convenzione entra in vigore nei suoi confronti alla data del deposito del suo strumento di ratifica, approvazione, accettazione o adesione.
Articolo 16
Procedura di valutazione e modifica
1. In qualsiasi momento dopo l’entrata in vigore della presente convenzione, una parte può proporre di valutarne la pertinenza e proporre modifiche. Le modifiche proposte sono trasmesse dal segretariato a tutte le parti con almeno sei mesi di anticipo e sono discusse in occasione della prima sessione formale del comitato dopo la scadenza di tale periodo di preavviso.
2. Qualsiasi proposta di modifica della presente convenzione è adottata tramite decisione del comitato. Qualsiasi proposta di modifica adottata dal comitato è comunicata dal segretariato a tutte le parti e al depositario, che trasmette le modifiche adottate a tutte le parti.
3. Le notifiche di accettazione delle modifiche sono inviate al depositario. Per le parti che hanno inviato tale notifica, la modifica adottata entra in vigore novanta giorni dopo la data in cui il depositario ha ricevuto le notifiche provenienti da parti che rappresentino almeno quattro quinti del numero delle parti della presente convenzione alla data di adozione da parte dal comitato della modifica proposta. Per le altre parti la modifica adottata entra in vigore novanta giorni dopo che ciascuna parte ha depositato la propria notifica al depositario. Il comitato può decidere di cambiare la soglia delle notifiche richieste affinché una specifica modifica entri in vigore. Il segretariato comunica tale decisione a tutte le parti e al depositario.
Articolo 17
Ritiro e estinzione
1. Qualsiasi parte può ritirarsi dalla presente convenzione alla fine di ogni anno dandone notifica scritta al depositario e al comitato almeno novanta giorni prima della fine dell’anno in questione. Tale parte continua ad essere soggetta all’impegno annuo minimo e all’obbligo di informazione, sottoscritti in forza della presente convenzione fino a quando ne è stata parte, che risultano inadempiuti entro la fine dell’anno in questione.
2. Ciascuna parte può proporre di porre fine alla presente convenzione in qualsiasi momento dalla sua entrata in vigore. Tale proposta è comunicata per iscritto al segretariato che la trasmette a tutte le parti almeno sei mesi prima di essere discussa dal comitato.
Articolo 18
Depositario
1. Il segretario generale delle Nazioni Unite è designato depositario della presente convenzione.
2. Il depositario riceve notifica di ogni firma, ratifica, accettazione, approvazione, applicazione a titolo provvisorio e adesione alla presente convenzione e informa tutte le parti e i firmatari delle notifiche ricevute.
Articolo 19
Testi autentici
Gli originali della presente convenzione, i cui testi in lingua francese e inglese fanno ugualmente fede, sono depositati presso il segretario generale delle Nazioni Unite.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, debitamente autorizzati a questo fine, hanno firmato la presente convenzione.
Fatto a Londra, il 25 aprile 2012
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Convenzione sull’assistenza alimentare
L’Unione europea (UE) contribuisce a soddisfare il fabbisogno alimentare e nutrizionale delle popolazioni più vulnerabili nei paesi terzi. Questa convenzione rende la coordinazione dell’assistenza offerta dai paesi donatori più efficiente ed efficace a livello globale.
ATTO
Decisione del Consiglio 2012/738/UE relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, della convenzione sull’assistenza alimentare.
SINTESI
Di cosa si tratta?
La Convenzione sull’assistenza alimentare, la più recente di una serie di accordi multilaterali fra donatori, mira ad offrire un’assistenza alimentare adeguata ed efficace alle popolazioni vulnerabili nei paesi ammissibili, in base al fabbisogno individuato.
L’obiettivo della convenzione è di:
salvare vite umane
ridurre la fame
migliorare la sicurezza alimentare (*)
migliorare la qualità dell’alimentazione delle popolazioni più vulnerabili nei paesi ammissibili.
In linea con la politica umanitaria di assistenza alimentare dell’UE, la convenzione mira a migliorare l’accesso e il consumo, da parte delle popolazioni più vulnerabili, di alimenti adatti, sicuri e nutrienti grazie a un’adeguata analisi del fabbisogno.
Che cosa è cambiato?
Nel quadro della convenzione, le parti mettono informazioni in comune, cooperano e si relazionano le une con le altre. È inoltre un utile forum di discussione che permette loro di scambiare informazioni con altre parti su diverse questioni (ad esempio, gli insegnamenti appresi durante l’attuazione di un determinato tipo di programma), per contribuire ad assicurare che le risorse siano impiegate nel modo più efficace possibile.
Funzionamento: ciascuna parte stabilisce un impegno annuo minimo per l’assistenza alimentare, espresso in valore o in quantità. L’impegno dovrebbe essere assunto quanto più possibile sotto forma di doni.
Si sancisce chiaramente che l’assistenza alimentare non può essere vincolata in nessun modo a esportazioni commerciali di prodotti agricoli o di altri beni e servizi verso i paesi beneficiari.
I contributi possono essere forniti:
bilateralmente,
tramite organizzazioni intergovernative od altre organizzazioni internazionali, oppure
tramite altri partner dell’assistenza alimentare.
I paesi ammissibili includono:
qualsiasi paese figurante nell’elenco di beneficiari dell’aiuto pubblico allo sviluppo, stabilito dal Comitato per gli aiuti allo sviluppo (CAS) dell’OCSE, oppure
qualsiasi altro paese individuato dalle norme di procedura e attuazione.
Contesto: l’Unione europea aderisce all’Accordo internazionale sui cereali che comprende due distinti strumenti giuridici: la Convenzione sul commercio dei cereali e la Convenzione sull’assistenza alimentare. Altri paesi firmatari includono l’Australia, il Canada, il Giappone, gli Stati Uniti e la Svizzera.
Definizione
(*) Sicurezza alimentare: il vertice mondiale sull’alimentazione del 1996 ha definito la sicurezza alimentare come la situazione in cui «tutte le persone, in ogni momento, hanno accesso ad alimenti sufficienti, sicuri e nutrienti [...] per condurre una vita attiva e sana».
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2012/738
13.11.2012
-
GU L 330 del 30.11.2012
ATTI CORRELATI
Decisione del Consiglio 2011/339/UE che stabilisce la posizione che deve essere adottata dall’Unione europea in sede di comitato per l’aiuto alimentare per quanto riguarda la proroga della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 .
Decisione del Consiglio 2010/316/UE che stabilisce la posizione da adottare, a nome dell’Unione europea, nel comitato per l’aiuto alimentare per quanto riguarda la proroga della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 .
Decisione del Consiglio 2011/224/UE che stabilisce la posizione che deve essere adottata dall’Unione europea in sede di Consiglio internazionale dei cereali con riguardo alla proroga della convenzione sul commercio dei cereali del 1995 .
Decisione del Consiglio 2000/421/CE relativa alla conclusione, in nome della Comunità europea, della convenzione sull’aiuto alimentare del 1999 . |
Accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso dei dati del codice di prenotazione dei passeggeri aerei
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
Scopo dell’accordo è stabilire un quadro giuridico per il trasferimento di registrazioni dei dati del codice di prenotazione (Passenger Name Record - PNR) da parte dei vettori che effettuano voli passeggeri tra l’Unione europea (Unione) e gli Stati Uniti al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (DHS) e il conseguente uso di tali dati da parte del DHS.
Lo scopo principale è quello di prevenire, individuare, indagare e perseguire i reati di terrorismo e i reati connessi, nonché altri gravi reati transnazionali punibili con una pena detentiva di almeno tre anni.
La decisione (UE) 2012/471 autorizza la firma dell’accordo da parte dell’Unione europea. La decisione 2012/472/UE del Consiglio approva l’accordo stesso.
PUNTI CHIAVE
I dati PNR sono le informazioni fornite volontariamente dai passeggeri e raccolte dai vettori aerei durante le procedure di prenotazione e di check-in. Sono comprese informazioni quali nome, date e itinerario di viaggio, informazioni sui biglietti, informazioni di contatto, informazioni di pagamento/fatturazione, agenzia di viaggio, numero di posto e informazioni relative al bagaglio.
I punti chiave dell’accordo tra Unione e Stati Uniti sono i seguenti:l’uso dei dati PNR sarà limitato alla prevenzione, individuazione, indagine e perseguimento dei reati di terrorismo o di criminalità transnazionale; Vi sarà un impegno giuridicamente vincolante da parte del dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna a informare gli Stati membri e le autorità dell’Unione in merito a qualsiasi informazione rilevante per l’Unione, derivante dall’analisi di questi dati PNR; un solido regime di protezione dei dati, con forti requisiti di sicurezza e di integrità dei dati; le persone avranno il diritto di accedere ai propri dati PNR archiviati negli Stati Uniti e, se le informazioni sono imprecise, dovranno essere modificate o rimosse; un uso limitato dei dati PNR per un periodo di dieci anni per la criminalità transnazionale e di 15 anni per terrorismo. Dopo sei mesi le informazioni personali dei dati PNR saranno mascherate e dopo cinque anni i dati PNR saranno spostati in una banca dati inattiva con controlli aggiuntivi.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1o luglio 2012.
CONTESTO
Il PNR identifica le informazioni che i passeggeri forniscono alla compagnia aerea o all’agenzia di viaggio al momento della prenotazione di un volo. Queste informazioni sono state usate dalle autorità di polizia di tutto il mondo per molti anni per identificare pericolosi criminali e terroristi. Sono state utilizzate, ad esempio, per catturare i terroristi legati al piano di un attentato suicida nella metropolitana di New York nel 2009. Sono stati inoltre utilizzati dopo gli attacchi terroristici del 2008 a Mumbai e per catturare la mente dietro l’attacco pianificato a Times Square nel 2010. Tali informazioni sono anche uno strumento estremamente importante per identificare i trafficanti di droga.
L’accordo UE-USA del 2012 sui dati PNR sostituisce l’accordo UE-USA del 2007.
Per maggiori informazioni, si veda:Passenger Name Record (PNR) (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (GU L 215 dell’11.8.2012, pag. 5).
Decisione 2012/471/UE del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (GU L 215, dell’11.8.2012, pag. 1).
Decisione 2012/472/UE del Consiglio, del 26 aprile 2012, relativa alla conclusione dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (GU L 215 dell’11.8.2012, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Informazione relativa alla data di entrata in vigore dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e sul trasferimento del codice di prenotazione (Passenger Name Record — PNR) al Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti (GU L 174 del 4.7.2012, pag. 1). | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 26 aprile 2012
relativa alla conclusione dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna
(2012/472/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 1, lettera d), e l'articolo 87, paragrafo 2, lettera a), in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il 2 dicembre 2010 il Consiglio ha adottato una decisione, unitamente a direttive di negoziato, che autorizza la Commissione ad avviare i negoziati tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America sul trasferimento e l’uso delle registrazioni dei nominativi dei paasseggeri (Passenger Name Record — PNR) per prevenire e combattere il terrorismo e altri reati gravi di natura transnazionale.
(2)
Conformemente alla decisione 2012/471/UE del Consiglio (2), l’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna («l'accordo»), è stato firmato in data 14 dicembre 2011, con riserva della sua conclusione.
(3)
L’accordo rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, segnatamente il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare di cui all'articolo 7, il diritto alla protezione dei dati di carattere personale di cui all'articolo 8 e il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale di cui all'articolo 47 della Carta. È opportuno applicare l’accordo in conformità di tali diritti e principi.
(4)
A norma dell'articolo 3 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente decisione.
(5)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, l’Irlanda non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(6)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è vincolata dall'accordo, né è soggetta alla sua applicazione.
(7)
È opportuno approvare l'accordo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle regsitrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna è approvato a nome dell'Unione.
Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a procedere, a nome dell’Unione, allo scambio delle notifiche previste all'articolo 27 dell'accordo, per esprimere il consenso dell'Unione ad essere vincolata dall'accordo.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, il 26 aprile 2012
Per il Consiglio
Il presidente
M. BØDSKOV
(1) Approvazione del 19 aprile 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) Cfr. pag. 1 della presente Gazzetta ufficiale.
11.8.2012
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 215/5
TRADUZIONE
ACCORDO
tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna
GLI STATI UNITI D'AMERICA
in seguito parimenti denominati gli «Stati Uniti», e
L'UNIONE EUROPEA
in seguito parimenti denominata «UE»,
in seguito denominati le «parti»,
DESIDEROSI di prevenire e combattere efficacemente il terrorismo e i reati gravi di natura transnazionale al fine di proteggere le rispettive società democratiche e i valori comuni;
NEL TENTATIVO di rafforzare e incoraggiare la cooperazione tra le parti nello spirito del partenariato transatlantico;
RICONOSCENDO il diritto e la responsabilità degli Stati di garantire la sicurezza dei propri cittadini e di proteggere le proprie frontiere e tenendo presente la responsabilità che incombe a tutte le nazioni di proteggere la vita e l’incolumità delle persone, anche di quelle che usano sistemi di trasporto internazionale;
CONVINTI che lo scambio delle informazioni è una componente fondamentale della lotta al terrorismo e ai reati gravi di natura transnazionale e che, in tale contesto, il trattamento e l'uso delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri (Passenger Name Record — PNR) costituiscono uno strumento necessario che fornisce informazioni non ottenibili con altri mezzi;
RISOLUTI a prevenire e combattere i reati di terrorismo e la criminalità transnazionale nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e riconoscendo l’importanza della vita privata, della protezione dei dati personali e dell’informazione;
VISTI gli strumenti internazionali, le leggi e i regolamenti degli Stati Uniti che impongono a ciascun vettore aereo che effettua voli passeggeri nel trasporto aereo estero da o per gli Stati Uniti di mettere a disposizione del dipartimento degli Stati uniti per la sicurezza interna (Department of Homeland Security — DHS) i PNR nella misura in cui questi sono raccolti e conservati nei sistemi automatizzati di prenotazione/controllo delle partenze del vettore aereo, nonché i requisiti analoghi che sono o possono essere applicati nell'UE;
CONSTATANDO che il DHS tratta e usa i PNR per prevenire, accertare, indagare e perseguire i reati di terrorismo e la criminalità transnazionale nel rispetto delle salvaguardie per la vita privata, la protezione dei dati personali e le informazioni previste dal presente accordo;
SOTTOLINEANDO l’importanza che gli Stati Uniti scambino i PNR e le informazioni analitiche pertinenti e appropriate da questi ottenute con le competenti autorità di polizia e giudiziarie degli Stati membri dell'Unione europea («Stati membri dell'UE») ed Europol o Eurojust, quale strumento per promuovere la cooperazione di polizia e giudiziaria internazionale;
RICONOSCENDO le tradizioni di lunga data per il rispetto della vita privata di entrambe le parti, come risulta dalle loro leggi e atti fondativi;
TENENDO PRESENTE gli impegni dell’UE ai sensi dell’articolo 6 del trattato sull’Unione europea relativo al rispetto dei diritti fondamentali, il diritto al rispetto della vita privata con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale ai sensi dell'articolo 16 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, i principi di proporzionalità e necessità concernenti il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il rispetto della riservatezza e la protezione dei dati di carattere personale ai sensi dell’articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la convenzione n. 108 del Consiglio d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale e relativo protocollo addizionale n. 181, nonché gli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
TENENDO PRESENTE che il DHS attualmente applica procedure rigorose per proteggere la vita privata e per garantire l’integrità dei dati, compresa la sicurezza fisica, il controllo degli accessi, la separazione e la cifratura dei dati, le capacità di audit e misure di responsabilità efficaci;
RICONOSCENDO l’importanza di assicurare la qualità, l’esattezza, l’integrità e la sicurezza dei dati e di istituire misure di responsabilità appropriate per garantire il rispetto di tali principi;
PRESO ATTO in particolare del principio della trasparenza e dei vari mezzi con cui gli Stati Uniti assicurano che i passeggeri il cui PNR è raccolto dal DHS siano informati della necessità e dell’uso dei loro PNR;
RICONOSCENDO inoltre che la raccolta e l’analisi dei PNR sono necessarie al DHS per assolvere la missione di sicurezza delle frontiere, garantendo nel contempo che la raccolta e l'uso dei PNR rimangano pertinenti e necessari ai fini per i quali sono raccolti;
RICONOSCENDO che, in virtù del presente accordo e della sua attuazione, il DHS risulta assicurare un livello adeguato di protezione dei dati in relazione al trattamento e all’uso dei PNR che gli sono stati trasferiti;
TENENDO PRESENTE che gli Stati Uniti e l’Unione europea sono impegnati a garantire, nella lotta alla criminalità e al terrorismo, un livello elevato di protezione dei dati personali e sono determinati a raggiungere, senza indugio, un accordo per proteggere globalmente i dati personali scambiati nell'ambito della lotta alla criminalità e al terrorismo in modo da favorire gli obiettivi reciproci;
PRENDENDO ATTO dell’esito positivo delle revisioni congiunte del 2005 e del 2010 degli accordi tra le parti sul trasferimento dei PNR del 2004 e del 2007;
PRESO ATTO dell'interesse delle parti, nonché degli Stati membri dell'UE, allo scambio di informazioni relative al metodo di trasmissione dei PNR nonché al loro trasferimento successivo come previsto dal pertinente articolo del presente accordo, e preso altresì atto dell'interesse dell'UE a che tale aspetto sia affrontato nell'ambito del processo di consultazione e verifica previsto dal presente accordo;
AFFERMANDO che il presente accordo non costituisce un precedente per eventuali disposizioni future tra le parti o tra una delle due parti e un’altra parte in materia di trattamento, uso o trasferimento di PNR o di altri tipi di dati, ovvero in materia di protezione dei dati;
RICONOSCENDO i principi correlati di proporzionalità nonché di pertinenza e necessità che presiedono al presente accordo e alla sua attuazione da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti; e
VISTA la possibilità per le parti di discutere ulteriormente il trasferimento dei dati PNR nel trasporto marittimo,
CONVENGONO QUANTO SEGUE:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Scopo
1. Scopo del presente accordo è garantire la sicurezza e proteggere la vita e l’incolumità delle persone.
2. A tal fine, il presente accordo prevede le responsabilità delle parti in relazione alle condizioni in cui i PNR possono essere trasferiti, trattati e usati e protetti.
Articolo 2
Campo di applicazione
1. Per «PNR», secondo le linee guida dell'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale, si intende la registrazione creata dai vettori aerei, o da loro agenti autorizzati, per ogni viaggio prenotato da un passeggero o per suo conto, e registrato in sistemi di prenotazione dei vettori, in sistemi di controllo delle partenze o in sistemi equivalenti aventi le stesse funzionalità (denominati collettivamente nel presente accordo «sistemi di prenotazione»). In particolare, ai sensi del presente accordo, il PNR comprende i tipi di dati previsti in allegato («allegato»).
2. Il presente accordo si applica ai vettori che effettuano voli passeggeri tra l’Unione europea e gli Stati Uniti.
3. Il presente accordo si applica inoltre ai vettori che sono registrati nell’Unione europea o che conservano dati nell’Unione europea e che effettuano voli passeggeri da o per gli Stati Uniti.
Articolo 3
Trasmissione dei PNR
Le parti concordano che i vettori trasmettano al DHS i PNR contenuti nei loro sistemi di prenotazione, come richiesto dal DHS e conformemente alle norme del DHS e in linea con il presente accordo. Qualora nei PNR trasferiti dai vettori siano compresi altri dati oltre a quelli elencati in allegato, il DHS li cancella non appena li riceve.
Articolo 4
Uso dei PNR
1. Gli Stati Uniti raccolgono, usano e trattano i PNR al fine di prevenire, accertare, indagare e perseguire:
a)
i reati di terrorismo e i reati connessi, comprendenti:
i)
la condotta che:
1)
comporti un atto violento o un atto pericoloso per la vita umana, la proprietà o le infrastrutture; e che
2)
abbia in apparenza lo scopo di:
a)
intimidire o sopraffare la popolazione civile;
b)
influenzare la politica di un governo con l'intimidazione o la coercizione; o
c)
colpire l'azione di un governo con la distruzione di massa, l'assassinio, il rapimento o la presa di ostaggi;
ii)
le attività che configurano reato ai sensi e secondo le definizioni delle convenzioni e dei protocolli internazionali applicabili relativi al terrorismo;
iii)
la fornitura o raccolta di fondi, in qualunque modo, direttamente o indirettamente, con l'intenzione di utilizzarli o sapendo che devono essere utilizzati, in tutto o in parte, per compiere uno degli atti di cui ai punti i) o ii), o sapendo che saranno utilizzati a tal fine;
iv)
il tentativo di commettere uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
v)
la partecipazione come complice nella commissione di uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
vi)
l'organizzazione o l'esecuzione, tramite altre persone, di uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
vii)
qualunque altro contributo alla commissione di uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
viii)
la minaccia di commettere uno degli atti di cui al punto i) in circostanze che indicano che la minaccia è credibile;
b)
altri reati punibili con una pena detentiva non inferiore a tre anni e aventi natura transnazionale.
Un reato è considerato di natura transnazionale in particolare se:
i)
è commesso in più di uno Stato;
ii)
è commesso in uno Stato ma preparato, pianificato, diretto o controllato in misura sostanziale in un altro Stato;
iii)
è commesso in uno Stato ma vi è implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato;
iv)
è commesso in uno Stato ma ha effetti sostanziali in un altro Stato; o
v)
è commesso in uno Stato e l’autore del reato si trova oppure intende recarsi in un altro Stato.
2. I PNR possono essere usati e trattati caso per caso se necessario in vista di una minaccia grave e per salvaguardare gli interessi vitali di ciascun individuo o se disposto dall’autorità giudiziaria.
3. Il DHS può usare e trattare i PNR per individuare i soggetti che potrebbero essere sottoposti a interrogatorio o esame approfondito al momento dell’arrivo o della partenza dagli Stati Uniti oppure richiedere un ulteriore esame.
4. I paragrafi 1, 2 e 3 non pregiudicano le competenze delle autorità di pubblica sicurezza e giudiziarie nazionali, o i procedimenti, qualora siano individuate altre violazioni del diritto o indizi di violazione durante l'uso e il trattamento dei PNR.
CAPO II
SALVAGUARDIE APPLICABILI ALL’USO DEI PNR
Articolo 5
Sicurezza dei dati
1. Il DHS provvede affinché siano attuate appropriate misure tecniche e modalità organizzative per proteggere i dati e le informazioni personali contenuti nel PNR dalla distruzione, perdita, comunicazione, alterazione o dall’accesso, trattamento o uso accidentali, illeciti o non autorizzati.
2. Il DHS ricorre alle tecnologie appropriate per garantire la protezione, la sicurezza, la riservatezza e l’integrità dei dati. In particolare, il DHS provvede affinché:
a)
siano applicate le procedure di cifratura, autorizzazione e documentazione riconosciute dalle autorità competenti. In particolare, l’accesso ai PNR è sicuro e limitato a funzionari specificatamente autorizzati;
b)
i PNR siano conservati in ambiente fisico sicuro e protetti con funzioni di controllo delle intrusioni; e
c)
sussista un meccanismo per garantire che le interrogazioni dei PNR siano condotte in conformità dell’articolo 4.
3. In caso di incidente a danno della vita privata (compresi l’accesso o la comunicazione non autorizzati), il DHS prende misure ragionevoli per informare opportunamente gli interessati, mitigare il rischio di danno da comunicazione non autorizzata di dati e informazioni personali e, ove tecnicamente realizzabile, disporre misure correttive.
4. Nell'ambito del presente accordo, il DHS comunica senza indebito ritardo alle autorità europee competenti gli incidenti gravi a danno della vita privata riguardanti il PNR di cittadini dell’UE o di persone residenti nell’UE causati da distruzione accidentale o illecita o perdita accidentale, da alterazione, divulgazione o accesso non autorizzati, o da qualunque forma illecita di trattamento o uso.
5. Gli Stati Uniti confermano che efficaci misure di esecuzione a livello amministrativo, civile e penale sono disponibili ai sensi della normativa degli Stati Uniti, in caso di incidenti a danno della vita privata. Il DHS può prendere provvedimenti disciplinari a carico dei responsabili di tali incidenti a danno della vita privata, quali, a seconda del caso, il diniego di accesso al sistema, censure formali, la sospensione, la retrocessione di grado o la rimozione dall’incarico.
6. Tutti gli accessi ai PNR, nonché il loro trattamento e uso sono registrati o documentati presso il DHS. I registri o la documentazione sono usati esclusivamente a fini di controllo, audit e manutenzione del sistema o negli altri casi previsti dalla legge.
Articolo 6
Dati sensibili
1. Qualora nel PNR di un passeggero siano compresi dati sensibili (ossia dati e informazioni personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, o dati relativi alla salute e alla vita sessuale della persona), il DHS si serve di sistemi automatizzati per filtrarli e mascherarli dal PNR. In aggiunta, il DHS si astiene dal loro trattamento o uso ulteriore, salvo se in conformità dei paragrafi 3 e 4.
2. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente accordo il DHS trasmette alla Commissione europea un elenco dei codici e dei termini che identificano i dati sensibili da filtrare.
3. L’accesso ai dati sensibili nonché il loro trattamento e uso sono consentiti in casi eccezionali di pericolo o seria minaccia per la vita di una persona. Tali dati sono accessibili esclusivamente caso per caso, mediante procedure restrittive, previa approvazione di un alto funzionario del DHS.
4. I dati sensibili sono cancellati definitivamente entro trenta giorni dacché il DHS ha ricevuto per l'ultima volta i PNR contenenti tali dati. Tuttavia, i dati sensibili possono essere conservati per il periodo prescritto dalla normativa degli Stati Uniti ai fini di un'indagine, azione penale o esecuzione specifica.
Articolo 7
Decisioni individuali automatizzate
Gli Stati Uniti non prendono decisioni che comportino azioni significativamente negative per gli interessi giuridici degli interessati, basate soltanto sul trattamento e uso automatizzato del PNR.
Articolo 8
Conservazione dei dati
1. Il DHS conserva i PNR in una banca dati attiva per un periodo massimo di cinque anni. Dopo i primi sei mesi, i PNR sono spersonalizzati e mascherati conformemente al paragrafo 2 del presente articolo. L’accesso a detta banca dati attiva è limitato a un numero ristretto di funzionari specificamente autorizzati, salvo altrimenti disposto dal presente accordo.
2. Al fine di spersonalizzare i dati, sono mascherate le informazioni ricollegabili a un soggetto specifico contenute nei seguenti tipi di dati PNR:
a)
il nome o i nomi;
b)
altri nomi figuranti nel PNR;
c)
tutte le informazioni di contatto disponibili (incluse le informazioni sull’originatore);
d)
osservazioni generali, comprese le altre informazioni supplementari (OSI), le informazioni di servizi speciali (SSI) e le richieste di servizi speciali (SSR); e
e)
i dati del sistema di trasmissione anticipata dei dati relativi alle persone trasportate (APIS) eventualmente raccolti.
3. A seguito di detto periodo attivo i PNR sono trasferiti in una banca dati inattiva per un periodo massimo di dieci anni. Tale banca dati inattiva è soggetta a controlli supplementari, tra cui un numero più ristretto di personale abilitato nonché un livello di approvazione da parte delle autorità di vigilanza più elevato per accedervi. I PNR contenuti nella banca dati inattiva non sono ripersonalizzati, salvo per operazioni di pubblica sicurezza e in tal caso solo in relazione a un caso, una minaccia o un rischio identificabili. Per quanto riguarda i fini di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i PNR contenuti nella banca dati inattiva possono essere ripersonalizzati solo per un periodo massimo di cinque anni.
4. A seguito del periodo di inattività, i dati conservati devono essere resi completamente anonimi cancellando tutti i tipi di dati che potrebbero servire per individuare il passeggero cui si riferisce il PNR, senza possibilità di ripersonalizzarli.
5. I dati connessi a un caso o a un’indagine specifici possono essere conservati in una banca dati PNR attiva fino a quando il caso o l’indagine sono archiviati. Il presente paragrafo non pregiudica i requisiti di conservazione dei dati previsti per gli archivi di singole indagini o azioni penali.
6. Le parti convengono di esaminare, nel quadro della valutazione di cui all’articolo 23, paragrafo 1, l'opportunità di conservazione per un periodo di inattività di dieci anni.
Articolo 9
Non discriminazione
Gli Stati Uniti provvedono affinché le salvaguardie applicabili al trattamento e all’uso dei PNR ai sensi del presente accordo si applichino a tutti i passeggeri su base paritaria senza discriminazioni illegittime.
Articolo 10
Trasparenza
1. Il DHS informa i viaggiatori dell’uso e trattamento del PNR mediante:
a)
pubblicazioni nel registro federale;
b)
pubblicazioni sul suo sito web;
c)
avvisi che i vettori possono inserire nei contratti di trasporto;
d)
relazioni al Congresso obbligatorie per legge; e
e)
altre misure appropriate eventualmente predisposte.
2. Il DHS pubblica e trasmette all’UE per eventuale pubblicazione le proprie procedure e modalità di accesso, correzione o rettifica e le procedure di ricorso.
3. Le parti collaborano con l’industria dell'aviazione al fine di incoraggiare una maggiore visibilità per i viaggiatori, al momento della prenotazione, della finalità della raccolta, del trattamento e dell’uso dei PNR da parte del DHS e le modalità per richiedere l’accesso e la correzione e presentare ricorso.
Articolo 11
Accesso degli individui
1. Conformemente alle disposizioni della legge sulla libertà di informazione (Freedom of Information Act), ogni individuo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza, ha il diritto di chiedere al DHS il proprio PNR. Il DHS fornisce detti PNR tempestivamente, fatte salve le disposizioni dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo.
2. La comunicazione delle informazioni contenute nel PNR può essere soggetta a ragionevoli limitazioni giuridiche applicabili in forza della normativa degli Stati Uniti, incluse limitazioni eventualmente necessarie per salvaguardare informazioni sensibili protette dalla normativa sulla vita privata o relative alla sicurezza nazionale e all'applicazione della legge.
3. Qualsiasi rifiuto o restrizione dell’accesso è motivato per iscritto e comunicato al richiedente tempestivamente. Detta comunicazione precisa la base giuridica secondo cui l'informazione è stata trattenuta e informa l'interessato dei mezzi di ricorso contemplati dalla normativa degli Stati Uniti.
4. Il DHS non rivela i PNR al pubblico, fuorché ai soggetti i cui PNR sono stati trattati e usati o ai loro rappresentanti, o nei casi prescritti dalla normativa degli Stati Uniti.
Articolo 12
Correzione o rettifica richiesta dagli individui
1. Ogni individuo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza, ha il diritto di chiedere al DHS la correzione o la rettifica, compresa la possibilità di cancellazione o il blocco, del proprio PNR secondo le modalità descritte nel presente accordo.
2. Senza indebito ritardo, il DHS informa per iscritto il richiedente della decisione di correggere o rettificare il PNR in questione.
3. Qualsiasi rifiuto o restrizione della correzione o della rettifica è motivato per iscritto e comunicato al richiedente tempestivamente. Detta comunicazione precisa la base giuridica su cui si fonda il rifiuto o la restrizione e informa l'interessato dei mezzi di ricorso contemplati dalla normativa degli Stati Uniti.
Articolo 13
Ricorso degli individui
1. Ogni individuo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza, i cui dati e informazioni personali sono stati trattati e usati in modo non conforme al presente accordo, ha il diritto a un ricorso effettivo in sede amministrativa e giudiziaria, conformemente alla normativa degli Stati Uniti.
2. Ogni individuo ha il diritto di contestare in sede amministrativa le decisioni del DHS relative all’uso e al trattamento dei PNR.
3. Ai sensi della legge sulle procedure amministrative (Administrative Procedure Act) e altre leggi applicabili, ogni individuo ha il diritto di chiedere il controllo giurisdizionale, presso una corte federale degli Stati Uniti, di una decisione definitiva del DHS. Inoltre, a ogni individuo è dato il diritto di chiedere il controllo giurisdizionale conformemente alla normativa applicabile e alle disposizioni pertinenti:
a)
della legge sulla libertà di informazione;
b)
della legge sulle frodi e sugli abusi informatici (Computer Fraud and Abuse Act);
c)
della legge sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (Electronic Communications Privacy Act); e
d)
di altra normativa degli Stati Uniti applicabile.
4. In particolare, il DHS mette a disposizione di tutti gli individui uno strumento amministrativo (attualmente il programma Traveler Redress Inquiry Program — TRIP del DHS) per rispondere alle contestazioni connesse ai viaggi, incluse quelle relative all’uso dei PNR. Il TRIP del DHS costituisce un mezzo di ricorso per quanti affermano di aver subito ritardi nell'imbarco o di non essere stati imbarcati su un aeromobile civile perché erroneamente considerati una minaccia. Ai sensi della legge sulle procedure amministrative e del titolo 49 del codice degli Stati Uniti (United States Code), sezione 46110, un soggetto così leso ha il diritto di chiedere un controllo giurisdizionale, presso una corte federale degli Stati Uniti, di una decisione definitiva del DHS relativa a tali questioni.
Articolo 14
Supervisione
1. Il rispetto delle salvaguardie per la protezione della vita privata previste dal presente accordo è soggetto alla verifica e alla supervisione indipendenti dei funzionari di dipartimento preposti alla protezione della vita privata (Department Privacy Officers), quale il responsabile della protezione della vita privata (Chief Privacy Officer) del DHS, che:
a)
abbiano una comprovata autonomia;
b)
esercitino effettivi poteri di supervisione, indagine, intervento e verifica; e
c)
abbiano il potere di segnalare le violazioni di legge connesse al presente accordo ai fini di un’azione giudiziaria o disciplinare, a seconda dei casi.
In particolare, garantiscono che siano ricevuti i reclami relativi all’inosservanza del presente accordo, siano fatte le debite indagini, sia data una risposta e previsto un rimedio adeguato. Chiunque può proporre tale reclamo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza.
2. In aggiunta, l’applicazione del presente accordo da parte degli Stati Uniti è soggetta alla verifica e alla supervisione indipendenti di uno o più dei seguenti enti:
a)
l'ufficio dell’ispettorato generale del DHS;
b)
l’ufficio per la responsabilità governativa (Government Accountability Office) istituito dal Congresso; e
c)
il Congresso degli Stati Uniti.
Detta supervisione può rispecchiarsi nei risultati e nelle raccomandazioni di relazioni pubbliche, audizioni pubbliche e analisi.
CAPO III
MODALITÀ DEI TRASFERIMENTI
Articolo 15
Metodo di trasmissione dei PNR
1. Ai fini del presente accordo, i vettori sono tenuti a trasferire i PNR al DHS con il metodo «push», in risposta all'esigenza di esattezza, tempestività e completezza dei dati.
2. I vettori sono tenuti a trasferire i PNR al DHS con mezzi elettronici sicuri conformemente ai requisiti tecnici del DHS.
3. I vettori sono tenuti a trasferire i PNR al DHS conformemente ai paragrafi 1 e 2, la prima volta novantasei ore prima della partenza prevista del volo e in aggiunta in tempo reale o per un numero fisso di trasferimenti di routine prestabiliti, come specificato dal DHS.
4. In ogni caso, le parti convengono che tutti i vettori sono tenuti ad acquisire la capacità tecnica di usare il metodo «push» entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del presente accordo.
5. Ove necessario il DHS può esigere, caso per caso, che il vettore trasferisca il PNR tra due trasferimenti o in seguito ai trasferimenti regolari di cui al paragrafo 3. Qualora, per motivi tecnici, i vettori non siano in grado di rispondere tempestivamente alle richieste di cui al presente articolo conformemente alle norme del DHS, oppure, in circostanze eccezionali, al fine di rispondere a una minaccia specifica, urgente e grave, il DHS può esigere che i vettori forniscano l’accesso in altro modo.
Articolo 16
Scambio interno di dati
1. Il DHS può scambiare i PNR solo previo attento accertamento del rispetto delle seguenti salvaguardie:
a)
esclusivamente in conformità dell’articolo 4;
b)
solo con autorità governative statunitensi che agiscono per uno degli usi di cui all’articolo 4;
c)
se le autorità riceventi riconoscono ai PNR salvaguardie equivalenti o comparabili a quelle previste dal presente accordo; e
d)
solo a sostegno dei casi oggetto di esame o di indagine e conformemente alle intese scritte e alla normativa degli Stati Uniti sullo scambio d'informazioni tra autorità governative nazionali.
2. Nel trasferire informazioni analitiche ottenute dal PNR ai sensi del presente accordo sono rispettate le salvaguardie previste al paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 17
Trasferimento successivo
1. Gli Stati Uniti possono trasferire i PNR alle autorità governative competenti di paesi terzi solo ai sensi di disposizioni conformi al presente accordo e solo previo accertamento che l’uso previsto dal destinatario è in linea con tali disposizioni.
2. Salvo in casi di emergenza, i trasferimenti successivi sono effettuati in conformità di intese esplicite che contemplano disposizioni a tutela dei dati personali analoghe a quelle applicate dal DHS ai PNR, secondo il presente accordo.
3. I PNR sono scambiati solo a sostegno dei casi oggetto di esame o di indagine.
4. Qualora il DHS sia a conoscenza del trasferimento del PNR di un cittadino o un residente di uno Stato membro dell’UE, le autorità competenti dello Stato membro interessato ne sono informate quanto prima della questione.
5. Nel trasferire informazioni analitiche ottenute dal PNR ai sensi del presente accordo sono rispettate le salvaguardie previste ai paragrafi da 1 a 4.
Articolo 18
Cooperazione di polizia, di pubblica sicurezza e giudiziaria
1. In linea con gli accordi o intese vigenti in materia di pubblica sicurezza o scambio delle informazioni tra gli Stati Uniti e qualunque Stato membro dell’UE, Europol o Eurojust, il DHS provvede affinché, non appena possibile, siano messe a disposizione delle competenti autorità di polizia, di altre autorità specializzate di pubblica sicurezza o giudiziarie degli Stati membri dell'UE e di Europol e di Eurojust, nell’ambito delle rispettive competenze, le informazioni analitiche pertinenti e appropriate ottenute dal PNR nei casi oggetto di esame o di indagine, al fine di prevenire, accertare, indagare e perseguire nell’UE reati di terrorismo e reati connessi o reati aventi natura transnazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b).
2. Un'autorità di polizia o giudiziaria di uno Stato membro dell’UE, o Europol o Eurojust, nell’ambito delle rispettive competenze, possono chiedere l’accesso ai PNR o alle informazioni analitiche pertinenti da questi ottenute, che sono necessarie in casi specifici per prevenire, accertare, indagare e perseguire nell’Unione europea reati di terrorismo e reati connessi o reati aventi natura transnazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b). Il DHS, nel rispetto degli accordi o intese di cui al paragrafo 1 del presente articolo, mette a disposizione tali informazioni.
3. Ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, il DHS scambia i PNR solo previo accertamento del rispetto delle seguenti salvaguardie:
a)
esclusivamente in conformità dell’articolo 4;
b)
solo quando agisce a sostegno degli usi di cui all’articolo 4; e
c)
se le autorità riceventi riconoscono ai PNR salvaguardie equivalenti o comparabili a quelle previste dal presente accordo.
4. Nel trasferire informazioni analitiche ottenute dal PNR ai sensi del presente accordo sono rispettate le salvaguardie previste ai paragrafi da 1 a 3 del presente articolo.
CAPO IV
DISPOSIZIONI ESECUTIVE E FINALI
Articolo 19
Adeguatezza
Ai fini del presente accordo e della sua attuazione, si presume che il DHS assicuri, ai sensi della pertinente legislazione dell’UE in materia di protezione dei dati, un livello adeguato di protezione in relazione al trattamento e all’uso dei PNR. Al riguardo, si presume che i vettori che hanno trasferito i PNR al DHS in conformità del presente accordo abbiano rispettato i requisiti giuridici applicabili nell’UE relativi al trasferimento di tali dati dall’UE agli Stati Uniti.
Articolo 20
Reciprocità
1. Le parti promuovono attivamente, nel rispettivo ordinamento giuridico, la cooperazione dei vettori con qualunque sistema PNR operativo o che potrebbe essere adottato nell’ordinamento giuridico dell’altra parte, in linea con il presente accordo.
2. Poiché l’istituzione di un sistema PNR dell’UE potrebbe avere ripercussioni concrete sugli obblighi incombenti alle parti ai sensi del presente accordo, nell’ipotesi che sia istituito un tale sistema le parti si consultano per stabilire se il presente accordo debba essere adeguato di conseguenza per garantire la piena reciprocità. Tali consultazioni esamineranno in particolare se l’eventuale sistema PNR dell’UE applichi norme di protezione dei dati meno rigorose di quelle previste nel presente accordo e se, di conseguenza, il presente accordo debba essere modificato.
Articolo 21
Attuazione e inderogabilità
1. Il presente accordo non crea né conferisce, ai sensi della normativa degli Stati Uniti, diritti o benefici a persone o enti, pubblici o privati. Ciascuna parte garantisce che le disposizioni del presente accordo siano attuate correttamente.
2. Nessuna disposizione del presente accordo deroga agli obblighi incombenti agli Stati Uniti e agli Stati membri dell'UE, inclusi quelli ai sensi dell’accordo sulla mutua assistenza giudiziaria tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, del 25 giugno 2003, e dei connessi strumenti bilaterali di assistenza giuridica tra gli Stati Uniti e gli Stati membri dell'UE.
Articolo 22
Comunicazione di modifiche nel diritto interno
Le parti si informano reciprocamente in merito all’adozione di qualunque normativa che possa avere ripercussioni concrete sull’attuazione del presente accordo.
Articolo 23
Verifica e valutazione
1. Un anno dopo l’entrata in vigore del presente accodo e in seguito periodicamente secondo quanto concordato, le parti procedono a una verifica congiunta dell’attuazione del presente accordo. Inoltre, quattro anni dopo la sua entrata in vigore le parti procedono a una sua valutazione congiunta.
2. Le parti convengono in anticipo le modalità e i termini della verifica congiunta e si comunicano la composizione dei rispettivi gruppi. Ai fini della verifica congiunta, l’Unione europea è rappresentata dalla Commissione europea e gli Stati Uniti sono rappresentati dal DHS. I gruppi possono comprendere esperti di protezione dei dati e pubblica sicurezza. Fatta salva la normativa applicabile, i partecipanti alla verifica congiunta devono avere le idonee autorizzazioni di sicurezza e rispettare la riservatezza delle discussioni. Ai fini della verifica congiunta, il DHS assicura un accesso adeguato alla documentazione, ai sistemi pertinenti e al personale competente.
3. In seguito alla verifica congiunta, la Commissione europea presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea. Gli Stati Uniti possono formulare osservazioni scritte da accludere alla relazione.
Articolo 24
Risoluzione delle controversie e sospensione dell’accordo
1. In caso di controversia sull’attuazione del presente accordo e per qualunque aspetto connesso, le parti si consultano al fine di giungere a una soluzione reciprocamente accettabile, che preveda la possibilità per ciascuna parte di porre rimedio entro un termine ragionevole.
2. Qualora le consultazioni non portino alla risoluzione della controversia, ciascuna parte può sospendere l'applicazione del presente accordo mediante notifica scritta per via diplomatica, con effetto decorsi novanta giorni dalla data della notifica, salvo diversa data altrimenti convenuta dalle parti.
3. Nonostante la sospensione del presente accordo, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi del presente accordo prima della sua sospensione continuano ad essere trattati e usati nel rispetto delle salvaguardie disposte da detto accordo.
Articolo 25
Denuncia
1. Ciascuna parte può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento, mediante notifica scritta per via diplomatica.
2. La denuncia ha effetto decorsi centoventi giorni dalla data della notifica, salvo diversa data altrimenti convenuta dalle parti.
3. Prima dell’eventuale denuncia del presente accordo, le parti si consultano in modo da disporre di tempo sufficiente per giungere a una soluzione reciprocamente accettabile.
4. Nonostante la denuncia del presente accordo, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi del presente accordo prima della sua denuncia continuano ad essere trattati e usati nel rispetto delle salvaguardie disposte da detto accordo.
Articolo 26
Durata
1. Fatto salvo l'articolo 25, il presente accordo resta in vigore per un periodo di sette anni decorrente dalla data della sua entrata in vigore.
2. Allo scadere del periodo di cui al paragrafo 1 del presente articolo, nonché di ogni eventuale rinnovo ai sensi del presente paragrafo, l’accordo si rinnova per un periodo successivo di sette anni salvo che una parte notifichi all'altra per iscritto per via diplomatica, con preavviso di almeno dodici mesi, l’intenzione di non rinnovare l'accordo.
3. Nonostante la scadenza del presente accordo, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi del presente accordo continuano ad essere trattati e usati conformemente alle salvaguardie disposte da detto accordo. Analogamente, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi dell’accordo tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea sul trattamento e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri (PNR) da parte dei vettori aerei al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (DHS), firmato a Bruxelles e a Washington, il 23 e il 26 luglio 2007, continuano ad essere trattati e usati conformemente alle salvaguardie previste da tale accordo.
Articolo 27
Disposizioni finali
1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti si sono scambiate le notifiche di avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne a tal fine necessarie.
2. A decorrere dalla sua entrata in vigore il presente accordo sostituisce l’accordo del 23 e 26 luglio 2007.
3. Il presente accordo si applica ai territori di Danimarca, Regno Unito o Irlanda solo se la Commissione europea notifica per iscritto agli Stati Uniti che la Danimarca, il Regno Unito o l'Irlanda hanno scelto di vincolarsi al presente accordo.
4. Se prima dell'entrata in vigore del presente accordo la Commissione europea notifica agli Stati Uniti che esso si applicherà ai territori di Danimarca, Regno Unito o Irlanda, il presente accordo si applica al territorio dello Stato in questione a decorrere dalla data fissata per gli altri Stati membri dell'UE obbligati dal presente accordo.
5. Se dopo l'entrata in vigore del presente accordo la Commissione europea notifica agli Stati Uniti che esso si applica ai territori di Danimarca, Regno Unito o Irlanda, il presente accordo si applica al territorio dello Stato in questione a decorrere dal primo giorno successivo al ricevimento della notifica da parte degli Stati Uniti.
Fatto a Bruxelles, addì quattordici dicembre duemilaundici, in due originali.
Ai sensi del diritto dell’UE, il presente accordo è redatto dall’UE in lingua bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca e ungherese.
Per l’Unione europea
Per gli Stati Uniti d’America
ALLEGATO
TIPI DI DATI PNR
1.
Codice PNR di identificazione della pratica
2.
Data di prenotazione/emissione del biglietto
3.
Data o date previste di viaggio
4.
Nome o nomi
5.
Informazioni sui viaggiatori abituali e benefici vari (biglietti gratuiti, passaggi di classe ecc.)
6.
Altri nomi che compaiono nel PNR, incluso il numero di viaggiatori ivi inseriti
7.
Tutte le informazioni di contatto disponibili (incluse le informazioni sull’originatore)
8.
Tutte le informazioni disponibili su pagamento/fatturazione (esclusi altri dettagli relativi alla transazione connessi a una carta di credito o a un conto e non riconducibili alla transazione stessa)
9.
Itinerario per specifico PNR
10.
Agenzia/agente di viaggio
11.
Informazioni sulla condivisione di codici
12.
Informazioni separate/divise
13.
Status di viaggio del passeggero (incluse conferme e check-in)
14.
Dati sull’emissione del biglietto, compresi numero, biglietti di sola andata e dati ATFQ
15.
Tutte le informazioni relative al bagaglio
16.
Informazioni sul posto, compreso il numero di posto assegnato
17.
Osservazioni generali comprese le informazioni OSI, SSI e SSR
18.
Informazioni APIS eventualmente assunte
19.
Cronistoria delle modifiche del PNR di cui ai punti da 1 a 18.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 26 aprile 2012
relativa alla conclusione dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna
(2012/472/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 1, lettera d), e l'articolo 87, paragrafo 2, lettera a), in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il 2 dicembre 2010 il Consiglio ha adottato una decisione, unitamente a direttive di negoziato, che autorizza la Commissione ad avviare i negoziati tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America sul trasferimento e l’uso delle registrazioni dei nominativi dei paasseggeri (Passenger Name Record — PNR) per prevenire e combattere il terrorismo e altri reati gravi di natura transnazionale.
(2)
Conformemente alla decisione 2012/471/UE del Consiglio (2), l’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna («l'accordo»), è stato firmato in data 14 dicembre 2011, con riserva della sua conclusione.
(3)
L’accordo rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, segnatamente il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare di cui all'articolo 7, il diritto alla protezione dei dati di carattere personale di cui all'articolo 8 e il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale di cui all'articolo 47 della Carta. È opportuno applicare l’accordo in conformità di tali diritti e principi.
(4)
A norma dell'articolo 3 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente decisione.
(5)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e fatto salvo l’articolo 4 di tale protocollo, l’Irlanda non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(6)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è vincolata dall'accordo, né è soggetta alla sua applicazione.
(7)
È opportuno approvare l'accordo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle regsitrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna è approvato a nome dell'Unione.
Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a procedere, a nome dell’Unione, allo scambio delle notifiche previste all'articolo 27 dell'accordo, per esprimere il consenso dell'Unione ad essere vincolata dall'accordo.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, il 26 aprile 2012
Per il Consiglio
Il presidente
M. BØDSKOV
(1) Approvazione del 19 aprile 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) Cfr. pag. 1 della presente Gazzetta ufficiale.
11.8.2012
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 215/5
TRADUZIONE
ACCORDO
tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna
GLI STATI UNITI D'AMERICA
in seguito parimenti denominati gli «Stati Uniti», e
L'UNIONE EUROPEA
in seguito parimenti denominata «UE»,
in seguito denominati le «parti»,
DESIDEROSI di prevenire e combattere efficacemente il terrorismo e i reati gravi di natura transnazionale al fine di proteggere le rispettive società democratiche e i valori comuni;
NEL TENTATIVO di rafforzare e incoraggiare la cooperazione tra le parti nello spirito del partenariato transatlantico;
RICONOSCENDO il diritto e la responsabilità degli Stati di garantire la sicurezza dei propri cittadini e di proteggere le proprie frontiere e tenendo presente la responsabilità che incombe a tutte le nazioni di proteggere la vita e l’incolumità delle persone, anche di quelle che usano sistemi di trasporto internazionale;
CONVINTI che lo scambio delle informazioni è una componente fondamentale della lotta al terrorismo e ai reati gravi di natura transnazionale e che, in tale contesto, il trattamento e l'uso delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri (Passenger Name Record — PNR) costituiscono uno strumento necessario che fornisce informazioni non ottenibili con altri mezzi;
RISOLUTI a prevenire e combattere i reati di terrorismo e la criminalità transnazionale nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e riconoscendo l’importanza della vita privata, della protezione dei dati personali e dell’informazione;
VISTI gli strumenti internazionali, le leggi e i regolamenti degli Stati Uniti che impongono a ciascun vettore aereo che effettua voli passeggeri nel trasporto aereo estero da o per gli Stati Uniti di mettere a disposizione del dipartimento degli Stati uniti per la sicurezza interna (Department of Homeland Security — DHS) i PNR nella misura in cui questi sono raccolti e conservati nei sistemi automatizzati di prenotazione/controllo delle partenze del vettore aereo, nonché i requisiti analoghi che sono o possono essere applicati nell'UE;
CONSTATANDO che il DHS tratta e usa i PNR per prevenire, accertare, indagare e perseguire i reati di terrorismo e la criminalità transnazionale nel rispetto delle salvaguardie per la vita privata, la protezione dei dati personali e le informazioni previste dal presente accordo;
SOTTOLINEANDO l’importanza che gli Stati Uniti scambino i PNR e le informazioni analitiche pertinenti e appropriate da questi ottenute con le competenti autorità di polizia e giudiziarie degli Stati membri dell'Unione europea («Stati membri dell'UE») ed Europol o Eurojust, quale strumento per promuovere la cooperazione di polizia e giudiziaria internazionale;
RICONOSCENDO le tradizioni di lunga data per il rispetto della vita privata di entrambe le parti, come risulta dalle loro leggi e atti fondativi;
TENENDO PRESENTE gli impegni dell’UE ai sensi dell’articolo 6 del trattato sull’Unione europea relativo al rispetto dei diritti fondamentali, il diritto al rispetto della vita privata con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale ai sensi dell'articolo 16 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, i principi di proporzionalità e necessità concernenti il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare, il rispetto della riservatezza e la protezione dei dati di carattere personale ai sensi dell’articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la convenzione n. 108 del Consiglio d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati a carattere personale e relativo protocollo addizionale n. 181, nonché gli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
TENENDO PRESENTE che il DHS attualmente applica procedure rigorose per proteggere la vita privata e per garantire l’integrità dei dati, compresa la sicurezza fisica, il controllo degli accessi, la separazione e la cifratura dei dati, le capacità di audit e misure di responsabilità efficaci;
RICONOSCENDO l’importanza di assicurare la qualità, l’esattezza, l’integrità e la sicurezza dei dati e di istituire misure di responsabilità appropriate per garantire il rispetto di tali principi;
PRESO ATTO in particolare del principio della trasparenza e dei vari mezzi con cui gli Stati Uniti assicurano che i passeggeri il cui PNR è raccolto dal DHS siano informati della necessità e dell’uso dei loro PNR;
RICONOSCENDO inoltre che la raccolta e l’analisi dei PNR sono necessarie al DHS per assolvere la missione di sicurezza delle frontiere, garantendo nel contempo che la raccolta e l'uso dei PNR rimangano pertinenti e necessari ai fini per i quali sono raccolti;
RICONOSCENDO che, in virtù del presente accordo e della sua attuazione, il DHS risulta assicurare un livello adeguato di protezione dei dati in relazione al trattamento e all’uso dei PNR che gli sono stati trasferiti;
TENENDO PRESENTE che gli Stati Uniti e l’Unione europea sono impegnati a garantire, nella lotta alla criminalità e al terrorismo, un livello elevato di protezione dei dati personali e sono determinati a raggiungere, senza indugio, un accordo per proteggere globalmente i dati personali scambiati nell'ambito della lotta alla criminalità e al terrorismo in modo da favorire gli obiettivi reciproci;
PRENDENDO ATTO dell’esito positivo delle revisioni congiunte del 2005 e del 2010 degli accordi tra le parti sul trasferimento dei PNR del 2004 e del 2007;
PRESO ATTO dell'interesse delle parti, nonché degli Stati membri dell'UE, allo scambio di informazioni relative al metodo di trasmissione dei PNR nonché al loro trasferimento successivo come previsto dal pertinente articolo del presente accordo, e preso altresì atto dell'interesse dell'UE a che tale aspetto sia affrontato nell'ambito del processo di consultazione e verifica previsto dal presente accordo;
AFFERMANDO che il presente accordo non costituisce un precedente per eventuali disposizioni future tra le parti o tra una delle due parti e un’altra parte in materia di trattamento, uso o trasferimento di PNR o di altri tipi di dati, ovvero in materia di protezione dei dati;
RICONOSCENDO i principi correlati di proporzionalità nonché di pertinenza e necessità che presiedono al presente accordo e alla sua attuazione da parte dell’Unione europea e degli Stati Uniti; e
VISTA la possibilità per le parti di discutere ulteriormente il trasferimento dei dati PNR nel trasporto marittimo,
CONVENGONO QUANTO SEGUE:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Scopo
1. Scopo del presente accordo è garantire la sicurezza e proteggere la vita e l’incolumità delle persone.
2. A tal fine, il presente accordo prevede le responsabilità delle parti in relazione alle condizioni in cui i PNR possono essere trasferiti, trattati e usati e protetti.
Articolo 2
Campo di applicazione
1. Per «PNR», secondo le linee guida dell'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale, si intende la registrazione creata dai vettori aerei, o da loro agenti autorizzati, per ogni viaggio prenotato da un passeggero o per suo conto, e registrato in sistemi di prenotazione dei vettori, in sistemi di controllo delle partenze o in sistemi equivalenti aventi le stesse funzionalità (denominati collettivamente nel presente accordo «sistemi di prenotazione»). In particolare, ai sensi del presente accordo, il PNR comprende i tipi di dati previsti in allegato («allegato»).
2. Il presente accordo si applica ai vettori che effettuano voli passeggeri tra l’Unione europea e gli Stati Uniti.
3. Il presente accordo si applica inoltre ai vettori che sono registrati nell’Unione europea o che conservano dati nell’Unione europea e che effettuano voli passeggeri da o per gli Stati Uniti.
Articolo 3
Trasmissione dei PNR
Le parti concordano che i vettori trasmettano al DHS i PNR contenuti nei loro sistemi di prenotazione, come richiesto dal DHS e conformemente alle norme del DHS e in linea con il presente accordo. Qualora nei PNR trasferiti dai vettori siano compresi altri dati oltre a quelli elencati in allegato, il DHS li cancella non appena li riceve.
Articolo 4
Uso dei PNR
1. Gli Stati Uniti raccolgono, usano e trattano i PNR al fine di prevenire, accertare, indagare e perseguire:
a)
i reati di terrorismo e i reati connessi, comprendenti:
i)
la condotta che:
1)
comporti un atto violento o un atto pericoloso per la vita umana, la proprietà o le infrastrutture; e che
2)
abbia in apparenza lo scopo di:
a)
intimidire o sopraffare la popolazione civile;
b)
influenzare la politica di un governo con l'intimidazione o la coercizione; o
c)
colpire l'azione di un governo con la distruzione di massa, l'assassinio, il rapimento o la presa di ostaggi;
ii)
le attività che configurano reato ai sensi e secondo le definizioni delle convenzioni e dei protocolli internazionali applicabili relativi al terrorismo;
iii)
la fornitura o raccolta di fondi, in qualunque modo, direttamente o indirettamente, con l'intenzione di utilizzarli o sapendo che devono essere utilizzati, in tutto o in parte, per compiere uno degli atti di cui ai punti i) o ii), o sapendo che saranno utilizzati a tal fine;
iv)
il tentativo di commettere uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
v)
la partecipazione come complice nella commissione di uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
vi)
l'organizzazione o l'esecuzione, tramite altre persone, di uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
vii)
qualunque altro contributo alla commissione di uno degli atti di cui ai punti i), ii) o iii);
viii)
la minaccia di commettere uno degli atti di cui al punto i) in circostanze che indicano che la minaccia è credibile;
b)
altri reati punibili con una pena detentiva non inferiore a tre anni e aventi natura transnazionale.
Un reato è considerato di natura transnazionale in particolare se:
i)
è commesso in più di uno Stato;
ii)
è commesso in uno Stato ma preparato, pianificato, diretto o controllato in misura sostanziale in un altro Stato;
iii)
è commesso in uno Stato ma vi è implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato;
iv)
è commesso in uno Stato ma ha effetti sostanziali in un altro Stato; o
v)
è commesso in uno Stato e l’autore del reato si trova oppure intende recarsi in un altro Stato.
2. I PNR possono essere usati e trattati caso per caso se necessario in vista di una minaccia grave e per salvaguardare gli interessi vitali di ciascun individuo o se disposto dall’autorità giudiziaria.
3. Il DHS può usare e trattare i PNR per individuare i soggetti che potrebbero essere sottoposti a interrogatorio o esame approfondito al momento dell’arrivo o della partenza dagli Stati Uniti oppure richiedere un ulteriore esame.
4. I paragrafi 1, 2 e 3 non pregiudicano le competenze delle autorità di pubblica sicurezza e giudiziarie nazionali, o i procedimenti, qualora siano individuate altre violazioni del diritto o indizi di violazione durante l'uso e il trattamento dei PNR.
CAPO II
SALVAGUARDIE APPLICABILI ALL’USO DEI PNR
Articolo 5
Sicurezza dei dati
1. Il DHS provvede affinché siano attuate appropriate misure tecniche e modalità organizzative per proteggere i dati e le informazioni personali contenuti nel PNR dalla distruzione, perdita, comunicazione, alterazione o dall’accesso, trattamento o uso accidentali, illeciti o non autorizzati.
2. Il DHS ricorre alle tecnologie appropriate per garantire la protezione, la sicurezza, la riservatezza e l’integrità dei dati. In particolare, il DHS provvede affinché:
a)
siano applicate le procedure di cifratura, autorizzazione e documentazione riconosciute dalle autorità competenti. In particolare, l’accesso ai PNR è sicuro e limitato a funzionari specificatamente autorizzati;
b)
i PNR siano conservati in ambiente fisico sicuro e protetti con funzioni di controllo delle intrusioni; e
c)
sussista un meccanismo per garantire che le interrogazioni dei PNR siano condotte in conformità dell’articolo 4.
3. In caso di incidente a danno della vita privata (compresi l’accesso o la comunicazione non autorizzati), il DHS prende misure ragionevoli per informare opportunamente gli interessati, mitigare il rischio di danno da comunicazione non autorizzata di dati e informazioni personali e, ove tecnicamente realizzabile, disporre misure correttive.
4. Nell'ambito del presente accordo, il DHS comunica senza indebito ritardo alle autorità europee competenti gli incidenti gravi a danno della vita privata riguardanti il PNR di cittadini dell’UE o di persone residenti nell’UE causati da distruzione accidentale o illecita o perdita accidentale, da alterazione, divulgazione o accesso non autorizzati, o da qualunque forma illecita di trattamento o uso.
5. Gli Stati Uniti confermano che efficaci misure di esecuzione a livello amministrativo, civile e penale sono disponibili ai sensi della normativa degli Stati Uniti, in caso di incidenti a danno della vita privata. Il DHS può prendere provvedimenti disciplinari a carico dei responsabili di tali incidenti a danno della vita privata, quali, a seconda del caso, il diniego di accesso al sistema, censure formali, la sospensione, la retrocessione di grado o la rimozione dall’incarico.
6. Tutti gli accessi ai PNR, nonché il loro trattamento e uso sono registrati o documentati presso il DHS. I registri o la documentazione sono usati esclusivamente a fini di controllo, audit e manutenzione del sistema o negli altri casi previsti dalla legge.
Articolo 6
Dati sensibili
1. Qualora nel PNR di un passeggero siano compresi dati sensibili (ossia dati e informazioni personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, o dati relativi alla salute e alla vita sessuale della persona), il DHS si serve di sistemi automatizzati per filtrarli e mascherarli dal PNR. In aggiunta, il DHS si astiene dal loro trattamento o uso ulteriore, salvo se in conformità dei paragrafi 3 e 4.
2. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente accordo il DHS trasmette alla Commissione europea un elenco dei codici e dei termini che identificano i dati sensibili da filtrare.
3. L’accesso ai dati sensibili nonché il loro trattamento e uso sono consentiti in casi eccezionali di pericolo o seria minaccia per la vita di una persona. Tali dati sono accessibili esclusivamente caso per caso, mediante procedure restrittive, previa approvazione di un alto funzionario del DHS.
4. I dati sensibili sono cancellati definitivamente entro trenta giorni dacché il DHS ha ricevuto per l'ultima volta i PNR contenenti tali dati. Tuttavia, i dati sensibili possono essere conservati per il periodo prescritto dalla normativa degli Stati Uniti ai fini di un'indagine, azione penale o esecuzione specifica.
Articolo 7
Decisioni individuali automatizzate
Gli Stati Uniti non prendono decisioni che comportino azioni significativamente negative per gli interessi giuridici degli interessati, basate soltanto sul trattamento e uso automatizzato del PNR.
Articolo 8
Conservazione dei dati
1. Il DHS conserva i PNR in una banca dati attiva per un periodo massimo di cinque anni. Dopo i primi sei mesi, i PNR sono spersonalizzati e mascherati conformemente al paragrafo 2 del presente articolo. L’accesso a detta banca dati attiva è limitato a un numero ristretto di funzionari specificamente autorizzati, salvo altrimenti disposto dal presente accordo.
2. Al fine di spersonalizzare i dati, sono mascherate le informazioni ricollegabili a un soggetto specifico contenute nei seguenti tipi di dati PNR:
a)
il nome o i nomi;
b)
altri nomi figuranti nel PNR;
c)
tutte le informazioni di contatto disponibili (incluse le informazioni sull’originatore);
d)
osservazioni generali, comprese le altre informazioni supplementari (OSI), le informazioni di servizi speciali (SSI) e le richieste di servizi speciali (SSR); e
e)
i dati del sistema di trasmissione anticipata dei dati relativi alle persone trasportate (APIS) eventualmente raccolti.
3. A seguito di detto periodo attivo i PNR sono trasferiti in una banca dati inattiva per un periodo massimo di dieci anni. Tale banca dati inattiva è soggetta a controlli supplementari, tra cui un numero più ristretto di personale abilitato nonché un livello di approvazione da parte delle autorità di vigilanza più elevato per accedervi. I PNR contenuti nella banca dati inattiva non sono ripersonalizzati, salvo per operazioni di pubblica sicurezza e in tal caso solo in relazione a un caso, una minaccia o un rischio identificabili. Per quanto riguarda i fini di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), i PNR contenuti nella banca dati inattiva possono essere ripersonalizzati solo per un periodo massimo di cinque anni.
4. A seguito del periodo di inattività, i dati conservati devono essere resi completamente anonimi cancellando tutti i tipi di dati che potrebbero servire per individuare il passeggero cui si riferisce il PNR, senza possibilità di ripersonalizzarli.
5. I dati connessi a un caso o a un’indagine specifici possono essere conservati in una banca dati PNR attiva fino a quando il caso o l’indagine sono archiviati. Il presente paragrafo non pregiudica i requisiti di conservazione dei dati previsti per gli archivi di singole indagini o azioni penali.
6. Le parti convengono di esaminare, nel quadro della valutazione di cui all’articolo 23, paragrafo 1, l'opportunità di conservazione per un periodo di inattività di dieci anni.
Articolo 9
Non discriminazione
Gli Stati Uniti provvedono affinché le salvaguardie applicabili al trattamento e all’uso dei PNR ai sensi del presente accordo si applichino a tutti i passeggeri su base paritaria senza discriminazioni illegittime.
Articolo 10
Trasparenza
1. Il DHS informa i viaggiatori dell’uso e trattamento del PNR mediante:
a)
pubblicazioni nel registro federale;
b)
pubblicazioni sul suo sito web;
c)
avvisi che i vettori possono inserire nei contratti di trasporto;
d)
relazioni al Congresso obbligatorie per legge; e
e)
altre misure appropriate eventualmente predisposte.
2. Il DHS pubblica e trasmette all’UE per eventuale pubblicazione le proprie procedure e modalità di accesso, correzione o rettifica e le procedure di ricorso.
3. Le parti collaborano con l’industria dell'aviazione al fine di incoraggiare una maggiore visibilità per i viaggiatori, al momento della prenotazione, della finalità della raccolta, del trattamento e dell’uso dei PNR da parte del DHS e le modalità per richiedere l’accesso e la correzione e presentare ricorso.
Articolo 11
Accesso degli individui
1. Conformemente alle disposizioni della legge sulla libertà di informazione (Freedom of Information Act), ogni individuo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza, ha il diritto di chiedere al DHS il proprio PNR. Il DHS fornisce detti PNR tempestivamente, fatte salve le disposizioni dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo.
2. La comunicazione delle informazioni contenute nel PNR può essere soggetta a ragionevoli limitazioni giuridiche applicabili in forza della normativa degli Stati Uniti, incluse limitazioni eventualmente necessarie per salvaguardare informazioni sensibili protette dalla normativa sulla vita privata o relative alla sicurezza nazionale e all'applicazione della legge.
3. Qualsiasi rifiuto o restrizione dell’accesso è motivato per iscritto e comunicato al richiedente tempestivamente. Detta comunicazione precisa la base giuridica secondo cui l'informazione è stata trattenuta e informa l'interessato dei mezzi di ricorso contemplati dalla normativa degli Stati Uniti.
4. Il DHS non rivela i PNR al pubblico, fuorché ai soggetti i cui PNR sono stati trattati e usati o ai loro rappresentanti, o nei casi prescritti dalla normativa degli Stati Uniti.
Articolo 12
Correzione o rettifica richiesta dagli individui
1. Ogni individuo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza, ha il diritto di chiedere al DHS la correzione o la rettifica, compresa la possibilità di cancellazione o il blocco, del proprio PNR secondo le modalità descritte nel presente accordo.
2. Senza indebito ritardo, il DHS informa per iscritto il richiedente della decisione di correggere o rettificare il PNR in questione.
3. Qualsiasi rifiuto o restrizione della correzione o della rettifica è motivato per iscritto e comunicato al richiedente tempestivamente. Detta comunicazione precisa la base giuridica su cui si fonda il rifiuto o la restrizione e informa l'interessato dei mezzi di ricorso contemplati dalla normativa degli Stati Uniti.
Articolo 13
Ricorso degli individui
1. Ogni individuo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza, i cui dati e informazioni personali sono stati trattati e usati in modo non conforme al presente accordo, ha il diritto a un ricorso effettivo in sede amministrativa e giudiziaria, conformemente alla normativa degli Stati Uniti.
2. Ogni individuo ha il diritto di contestare in sede amministrativa le decisioni del DHS relative all’uso e al trattamento dei PNR.
3. Ai sensi della legge sulle procedure amministrative (Administrative Procedure Act) e altre leggi applicabili, ogni individuo ha il diritto di chiedere il controllo giurisdizionale, presso una corte federale degli Stati Uniti, di una decisione definitiva del DHS. Inoltre, a ogni individuo è dato il diritto di chiedere il controllo giurisdizionale conformemente alla normativa applicabile e alle disposizioni pertinenti:
a)
della legge sulla libertà di informazione;
b)
della legge sulle frodi e sugli abusi informatici (Computer Fraud and Abuse Act);
c)
della legge sulla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (Electronic Communications Privacy Act); e
d)
di altra normativa degli Stati Uniti applicabile.
4. In particolare, il DHS mette a disposizione di tutti gli individui uno strumento amministrativo (attualmente il programma Traveler Redress Inquiry Program — TRIP del DHS) per rispondere alle contestazioni connesse ai viaggi, incluse quelle relative all’uso dei PNR. Il TRIP del DHS costituisce un mezzo di ricorso per quanti affermano di aver subito ritardi nell'imbarco o di non essere stati imbarcati su un aeromobile civile perché erroneamente considerati una minaccia. Ai sensi della legge sulle procedure amministrative e del titolo 49 del codice degli Stati Uniti (United States Code), sezione 46110, un soggetto così leso ha il diritto di chiedere un controllo giurisdizionale, presso una corte federale degli Stati Uniti, di una decisione definitiva del DHS relativa a tali questioni.
Articolo 14
Supervisione
1. Il rispetto delle salvaguardie per la protezione della vita privata previste dal presente accordo è soggetto alla verifica e alla supervisione indipendenti dei funzionari di dipartimento preposti alla protezione della vita privata (Department Privacy Officers), quale il responsabile della protezione della vita privata (Chief Privacy Officer) del DHS, che:
a)
abbiano una comprovata autonomia;
b)
esercitino effettivi poteri di supervisione, indagine, intervento e verifica; e
c)
abbiano il potere di segnalare le violazioni di legge connesse al presente accordo ai fini di un’azione giudiziaria o disciplinare, a seconda dei casi.
In particolare, garantiscono che siano ricevuti i reclami relativi all’inosservanza del presente accordo, siano fatte le debite indagini, sia data una risposta e previsto un rimedio adeguato. Chiunque può proporre tale reclamo, indipendentemente dalla cittadinanza, dal paese di origine o dal luogo di residenza.
2. In aggiunta, l’applicazione del presente accordo da parte degli Stati Uniti è soggetta alla verifica e alla supervisione indipendenti di uno o più dei seguenti enti:
a)
l'ufficio dell’ispettorato generale del DHS;
b)
l’ufficio per la responsabilità governativa (Government Accountability Office) istituito dal Congresso; e
c)
il Congresso degli Stati Uniti.
Detta supervisione può rispecchiarsi nei risultati e nelle raccomandazioni di relazioni pubbliche, audizioni pubbliche e analisi.
CAPO III
MODALITÀ DEI TRASFERIMENTI
Articolo 15
Metodo di trasmissione dei PNR
1. Ai fini del presente accordo, i vettori sono tenuti a trasferire i PNR al DHS con il metodo «push», in risposta all'esigenza di esattezza, tempestività e completezza dei dati.
2. I vettori sono tenuti a trasferire i PNR al DHS con mezzi elettronici sicuri conformemente ai requisiti tecnici del DHS.
3. I vettori sono tenuti a trasferire i PNR al DHS conformemente ai paragrafi 1 e 2, la prima volta novantasei ore prima della partenza prevista del volo e in aggiunta in tempo reale o per un numero fisso di trasferimenti di routine prestabiliti, come specificato dal DHS.
4. In ogni caso, le parti convengono che tutti i vettori sono tenuti ad acquisire la capacità tecnica di usare il metodo «push» entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del presente accordo.
5. Ove necessario il DHS può esigere, caso per caso, che il vettore trasferisca il PNR tra due trasferimenti o in seguito ai trasferimenti regolari di cui al paragrafo 3. Qualora, per motivi tecnici, i vettori non siano in grado di rispondere tempestivamente alle richieste di cui al presente articolo conformemente alle norme del DHS, oppure, in circostanze eccezionali, al fine di rispondere a una minaccia specifica, urgente e grave, il DHS può esigere che i vettori forniscano l’accesso in altro modo.
Articolo 16
Scambio interno di dati
1. Il DHS può scambiare i PNR solo previo attento accertamento del rispetto delle seguenti salvaguardie:
a)
esclusivamente in conformità dell’articolo 4;
b)
solo con autorità governative statunitensi che agiscono per uno degli usi di cui all’articolo 4;
c)
se le autorità riceventi riconoscono ai PNR salvaguardie equivalenti o comparabili a quelle previste dal presente accordo; e
d)
solo a sostegno dei casi oggetto di esame o di indagine e conformemente alle intese scritte e alla normativa degli Stati Uniti sullo scambio d'informazioni tra autorità governative nazionali.
2. Nel trasferire informazioni analitiche ottenute dal PNR ai sensi del presente accordo sono rispettate le salvaguardie previste al paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 17
Trasferimento successivo
1. Gli Stati Uniti possono trasferire i PNR alle autorità governative competenti di paesi terzi solo ai sensi di disposizioni conformi al presente accordo e solo previo accertamento che l’uso previsto dal destinatario è in linea con tali disposizioni.
2. Salvo in casi di emergenza, i trasferimenti successivi sono effettuati in conformità di intese esplicite che contemplano disposizioni a tutela dei dati personali analoghe a quelle applicate dal DHS ai PNR, secondo il presente accordo.
3. I PNR sono scambiati solo a sostegno dei casi oggetto di esame o di indagine.
4. Qualora il DHS sia a conoscenza del trasferimento del PNR di un cittadino o un residente di uno Stato membro dell’UE, le autorità competenti dello Stato membro interessato ne sono informate quanto prima della questione.
5. Nel trasferire informazioni analitiche ottenute dal PNR ai sensi del presente accordo sono rispettate le salvaguardie previste ai paragrafi da 1 a 4.
Articolo 18
Cooperazione di polizia, di pubblica sicurezza e giudiziaria
1. In linea con gli accordi o intese vigenti in materia di pubblica sicurezza o scambio delle informazioni tra gli Stati Uniti e qualunque Stato membro dell’UE, Europol o Eurojust, il DHS provvede affinché, non appena possibile, siano messe a disposizione delle competenti autorità di polizia, di altre autorità specializzate di pubblica sicurezza o giudiziarie degli Stati membri dell'UE e di Europol e di Eurojust, nell’ambito delle rispettive competenze, le informazioni analitiche pertinenti e appropriate ottenute dal PNR nei casi oggetto di esame o di indagine, al fine di prevenire, accertare, indagare e perseguire nell’UE reati di terrorismo e reati connessi o reati aventi natura transnazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b).
2. Un'autorità di polizia o giudiziaria di uno Stato membro dell’UE, o Europol o Eurojust, nell’ambito delle rispettive competenze, possono chiedere l’accesso ai PNR o alle informazioni analitiche pertinenti da questi ottenute, che sono necessarie in casi specifici per prevenire, accertare, indagare e perseguire nell’Unione europea reati di terrorismo e reati connessi o reati aventi natura transnazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b). Il DHS, nel rispetto degli accordi o intese di cui al paragrafo 1 del presente articolo, mette a disposizione tali informazioni.
3. Ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, il DHS scambia i PNR solo previo accertamento del rispetto delle seguenti salvaguardie:
a)
esclusivamente in conformità dell’articolo 4;
b)
solo quando agisce a sostegno degli usi di cui all’articolo 4; e
c)
se le autorità riceventi riconoscono ai PNR salvaguardie equivalenti o comparabili a quelle previste dal presente accordo.
4. Nel trasferire informazioni analitiche ottenute dal PNR ai sensi del presente accordo sono rispettate le salvaguardie previste ai paragrafi da 1 a 3 del presente articolo.
CAPO IV
DISPOSIZIONI ESECUTIVE E FINALI
Articolo 19
Adeguatezza
Ai fini del presente accordo e della sua attuazione, si presume che il DHS assicuri, ai sensi della pertinente legislazione dell’UE in materia di protezione dei dati, un livello adeguato di protezione in relazione al trattamento e all’uso dei PNR. Al riguardo, si presume che i vettori che hanno trasferito i PNR al DHS in conformità del presente accordo abbiano rispettato i requisiti giuridici applicabili nell’UE relativi al trasferimento di tali dati dall’UE agli Stati Uniti.
Articolo 20
Reciprocità
1. Le parti promuovono attivamente, nel rispettivo ordinamento giuridico, la cooperazione dei vettori con qualunque sistema PNR operativo o che potrebbe essere adottato nell’ordinamento giuridico dell’altra parte, in linea con il presente accordo.
2. Poiché l’istituzione di un sistema PNR dell’UE potrebbe avere ripercussioni concrete sugli obblighi incombenti alle parti ai sensi del presente accordo, nell’ipotesi che sia istituito un tale sistema le parti si consultano per stabilire se il presente accordo debba essere adeguato di conseguenza per garantire la piena reciprocità. Tali consultazioni esamineranno in particolare se l’eventuale sistema PNR dell’UE applichi norme di protezione dei dati meno rigorose di quelle previste nel presente accordo e se, di conseguenza, il presente accordo debba essere modificato.
Articolo 21
Attuazione e inderogabilità
1. Il presente accordo non crea né conferisce, ai sensi della normativa degli Stati Uniti, diritti o benefici a persone o enti, pubblici o privati. Ciascuna parte garantisce che le disposizioni del presente accordo siano attuate correttamente.
2. Nessuna disposizione del presente accordo deroga agli obblighi incombenti agli Stati Uniti e agli Stati membri dell'UE, inclusi quelli ai sensi dell’accordo sulla mutua assistenza giudiziaria tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America, del 25 giugno 2003, e dei connessi strumenti bilaterali di assistenza giuridica tra gli Stati Uniti e gli Stati membri dell'UE.
Articolo 22
Comunicazione di modifiche nel diritto interno
Le parti si informano reciprocamente in merito all’adozione di qualunque normativa che possa avere ripercussioni concrete sull’attuazione del presente accordo.
Articolo 23
Verifica e valutazione
1. Un anno dopo l’entrata in vigore del presente accodo e in seguito periodicamente secondo quanto concordato, le parti procedono a una verifica congiunta dell’attuazione del presente accordo. Inoltre, quattro anni dopo la sua entrata in vigore le parti procedono a una sua valutazione congiunta.
2. Le parti convengono in anticipo le modalità e i termini della verifica congiunta e si comunicano la composizione dei rispettivi gruppi. Ai fini della verifica congiunta, l’Unione europea è rappresentata dalla Commissione europea e gli Stati Uniti sono rappresentati dal DHS. I gruppi possono comprendere esperti di protezione dei dati e pubblica sicurezza. Fatta salva la normativa applicabile, i partecipanti alla verifica congiunta devono avere le idonee autorizzazioni di sicurezza e rispettare la riservatezza delle discussioni. Ai fini della verifica congiunta, il DHS assicura un accesso adeguato alla documentazione, ai sistemi pertinenti e al personale competente.
3. In seguito alla verifica congiunta, la Commissione europea presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea. Gli Stati Uniti possono formulare osservazioni scritte da accludere alla relazione.
Articolo 24
Risoluzione delle controversie e sospensione dell’accordo
1. In caso di controversia sull’attuazione del presente accordo e per qualunque aspetto connesso, le parti si consultano al fine di giungere a una soluzione reciprocamente accettabile, che preveda la possibilità per ciascuna parte di porre rimedio entro un termine ragionevole.
2. Qualora le consultazioni non portino alla risoluzione della controversia, ciascuna parte può sospendere l'applicazione del presente accordo mediante notifica scritta per via diplomatica, con effetto decorsi novanta giorni dalla data della notifica, salvo diversa data altrimenti convenuta dalle parti.
3. Nonostante la sospensione del presente accordo, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi del presente accordo prima della sua sospensione continuano ad essere trattati e usati nel rispetto delle salvaguardie disposte da detto accordo.
Articolo 25
Denuncia
1. Ciascuna parte può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento, mediante notifica scritta per via diplomatica.
2. La denuncia ha effetto decorsi centoventi giorni dalla data della notifica, salvo diversa data altrimenti convenuta dalle parti.
3. Prima dell’eventuale denuncia del presente accordo, le parti si consultano in modo da disporre di tempo sufficiente per giungere a una soluzione reciprocamente accettabile.
4. Nonostante la denuncia del presente accordo, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi del presente accordo prima della sua denuncia continuano ad essere trattati e usati nel rispetto delle salvaguardie disposte da detto accordo.
Articolo 26
Durata
1. Fatto salvo l'articolo 25, il presente accordo resta in vigore per un periodo di sette anni decorrente dalla data della sua entrata in vigore.
2. Allo scadere del periodo di cui al paragrafo 1 del presente articolo, nonché di ogni eventuale rinnovo ai sensi del presente paragrafo, l’accordo si rinnova per un periodo successivo di sette anni salvo che una parte notifichi all'altra per iscritto per via diplomatica, con preavviso di almeno dodici mesi, l’intenzione di non rinnovare l'accordo.
3. Nonostante la scadenza del presente accordo, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi del presente accordo continuano ad essere trattati e usati conformemente alle salvaguardie disposte da detto accordo. Analogamente, tutti i PNR ottenuti dal DHS ai sensi dell’accordo tra gli Stati Uniti d'America e l'Unione europea sul trattamento e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri (PNR) da parte dei vettori aerei al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (DHS), firmato a Bruxelles e a Washington, il 23 e il 26 luglio 2007, continuano ad essere trattati e usati conformemente alle salvaguardie previste da tale accordo.
Articolo 27
Disposizioni finali
1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti si sono scambiate le notifiche di avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne a tal fine necessarie.
2. A decorrere dalla sua entrata in vigore il presente accordo sostituisce l’accordo del 23 e 26 luglio 2007.
3. Il presente accordo si applica ai territori di Danimarca, Regno Unito o Irlanda solo se la Commissione europea notifica per iscritto agli Stati Uniti che la Danimarca, il Regno Unito o l'Irlanda hanno scelto di vincolarsi al presente accordo.
4. Se prima dell'entrata in vigore del presente accordo la Commissione europea notifica agli Stati Uniti che esso si applicherà ai territori di Danimarca, Regno Unito o Irlanda, il presente accordo si applica al territorio dello Stato in questione a decorrere dalla data fissata per gli altri Stati membri dell'UE obbligati dal presente accordo.
5. Se dopo l'entrata in vigore del presente accordo la Commissione europea notifica agli Stati Uniti che esso si applica ai territori di Danimarca, Regno Unito o Irlanda, il presente accordo si applica al territorio dello Stato in questione a decorrere dal primo giorno successivo al ricevimento della notifica da parte degli Stati Uniti.
Fatto a Bruxelles, addì quattordici dicembre duemilaundici, in due originali.
Ai sensi del diritto dell’UE, il presente accordo è redatto dall’UE in lingua bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca e ungherese.
Per l’Unione europea
Per gli Stati Uniti d’America
ALLEGATO
TIPI DI DATI PNR
1.
Codice PNR di identificazione della pratica
2.
Data di prenotazione/emissione del biglietto
3.
Data o date previste di viaggio
4.
Nome o nomi
5.
Informazioni sui viaggiatori abituali e benefici vari (biglietti gratuiti, passaggi di classe ecc.)
6.
Altri nomi che compaiono nel PNR, incluso il numero di viaggiatori ivi inseriti
7.
Tutte le informazioni di contatto disponibili (incluse le informazioni sull’originatore)
8.
Tutte le informazioni disponibili su pagamento/fatturazione (esclusi altri dettagli relativi alla transazione connessi a una carta di credito o a un conto e non riconducibili alla transazione stessa)
9.
Itinerario per specifico PNR
10.
Agenzia/agente di viaggio
11.
Informazioni sulla condivisione di codici
12.
Informazioni separate/divise
13.
Status di viaggio del passeggero (incluse conferme e check-in)
14.
Dati sull’emissione del biglietto, compresi numero, biglietti di sola andata e dati ATFQ
15.
Tutte le informazioni relative al bagaglio
16.
Informazioni sul posto, compreso il numero di posto assegnato
17.
Osservazioni generali comprese le informazioni OSI, SSI e SSR
18.
Informazioni APIS eventualmente assunte
19.
Cronistoria delle modifiche del PNR di cui ai punti da 1 a 18.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso dei dati del codice di prenotazione dei passeggeri aerei
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
Scopo dell’accordo è stabilire un quadro giuridico per il trasferimento di registrazioni dei dati del codice di prenotazione (Passenger Name Record - PNR) da parte dei vettori che effettuano voli passeggeri tra l’Unione europea (Unione) e gli Stati Uniti al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (DHS) e il conseguente uso di tali dati da parte del DHS.
Lo scopo principale è quello di prevenire, individuare, indagare e perseguire i reati di terrorismo e i reati connessi, nonché altri gravi reati transnazionali punibili con una pena detentiva di almeno tre anni.
La decisione (UE) 2012/471 autorizza la firma dell’accordo da parte dell’Unione europea. La decisione 2012/472/UE del Consiglio approva l’accordo stesso.
PUNTI CHIAVE
I dati PNR sono le informazioni fornite volontariamente dai passeggeri e raccolte dai vettori aerei durante le procedure di prenotazione e di check-in. Sono comprese informazioni quali nome, date e itinerario di viaggio, informazioni sui biglietti, informazioni di contatto, informazioni di pagamento/fatturazione, agenzia di viaggio, numero di posto e informazioni relative al bagaglio.
I punti chiave dell’accordo tra Unione e Stati Uniti sono i seguenti:l’uso dei dati PNR sarà limitato alla prevenzione, individuazione, indagine e perseguimento dei reati di terrorismo o di criminalità transnazionale; Vi sarà un impegno giuridicamente vincolante da parte del dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna a informare gli Stati membri e le autorità dell’Unione in merito a qualsiasi informazione rilevante per l’Unione, derivante dall’analisi di questi dati PNR; un solido regime di protezione dei dati, con forti requisiti di sicurezza e di integrità dei dati; le persone avranno il diritto di accedere ai propri dati PNR archiviati negli Stati Uniti e, se le informazioni sono imprecise, dovranno essere modificate o rimosse; un uso limitato dei dati PNR per un periodo di dieci anni per la criminalità transnazionale e di 15 anni per terrorismo. Dopo sei mesi le informazioni personali dei dati PNR saranno mascherate e dopo cinque anni i dati PNR saranno spostati in una banca dati inattiva con controlli aggiuntivi.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1o luglio 2012.
CONTESTO
Il PNR identifica le informazioni che i passeggeri forniscono alla compagnia aerea o all’agenzia di viaggio al momento della prenotazione di un volo. Queste informazioni sono state usate dalle autorità di polizia di tutto il mondo per molti anni per identificare pericolosi criminali e terroristi. Sono state utilizzate, ad esempio, per catturare i terroristi legati al piano di un attentato suicida nella metropolitana di New York nel 2009. Sono stati inoltre utilizzati dopo gli attacchi terroristici del 2008 a Mumbai e per catturare la mente dietro l’attacco pianificato a Times Square nel 2010. Tali informazioni sono anche uno strumento estremamente importante per identificare i trafficanti di droga.
L’accordo UE-USA del 2012 sui dati PNR sostituisce l’accordo UE-USA del 2007.
Per maggiori informazioni, si veda:Passenger Name Record (PNR) (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (GU L 215 dell’11.8.2012, pag. 5).
Decisione 2012/471/UE del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla firma, a nome dell’Unione, dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (GU L 215, dell’11.8.2012, pag. 1).
Decisione 2012/472/UE del Consiglio, del 26 aprile 2012, relativa alla conclusione dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e il trasferimento delle registrazioni dei nominativi dei passeggeri al dipartimento degli Stati Uniti per la sicurezza interna (GU L 215 dell’11.8.2012, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Informazione relativa alla data di entrata in vigore dell’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sull’uso e sul trasferimento del codice di prenotazione (Passenger Name Record — PNR) al Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti (GU L 174 del 4.7.2012, pag. 1). |
Tracciabilità dei prodotti alimentari preconfezionati
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
—
Fa in modo che i consumatori possano rintracciare l’origine dei prodotti alimentari preconfezionati.
—
Richiede che questi prodotti siano etichettati in modo tale che i consumatori possano vedere da quale partita provengono.
—
Permette alle autorità pubbliche preposte alla sicurezza sanitaria e alimentare di scoprire l’origine e l’identità dei prodotti alimentari preconfezionati nel caso in cui questi siano oggetto di una controversia o rappresentino un pericolo per la salute dei consumatori.
—
Stabilisce le norme per i produttori, i fabbricanti, i confezionatori e gli importatori in materia di etichettatura di questi prodotti, utilizzando un sistema comune di identificazione delle partite.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva si applica a tutti i prodotti alimentari preconfezionati, esclusi:
—
i prodotti agricoli:
—
che si trovano in centri di deposito, di preparazione o di confezionamento;
—
avviati verso organizzazioni di produttori; o
—
raccolti per essere immediatamente trasformati.
—
i prodotti alimentari che non sono preconfezionati quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, sono confezionati su richiesta dell’acquirente o preconfezionati ai fini della loro vendita immediata;
—
le confezioni o i recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2;
—
le porzioni individuali di gelato confezionato insieme, laddove l’indicazione che consente di identificare la partita figura sulla parte esterna delle confezioni multiple.
Etichettatura delle partite
—
Ciascuna partita deve essere etichettata dal produttore, dal fabbricante o dal confezionatore, oppure dal primo venditore stabilito all’interno dell’UE se viene importata.
—
L’identificazione della partita deve essere preceduta dalla lettera «L», a meno che non sia chiaramente distinguibile dalle altre informazioni in etichetta.
—
Le informazioni sull’etichetta devono essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili.
—
Non è necessario indicare la partita se la data limite di consumo figura in etichetta.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 5 gennaio 2012.
TERMINI CHIAVE
* Partita: un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare prodotto, fabbricato o confezionato in circostanze praticamente identiche
ATTO
Direttiva 2011/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (GU L 334 del 16.12.2011, pagg. 1-5) | DIRETTIVA 2011/91/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 13 dicembre 2011
relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare
(codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 89/396/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva.
(2)
Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
(3)
Gli scambi di derrate alimentari occupano un posto molto importante nel mercato interno.
(4)
L’indicazione della partita alla quale appartiene una derrata alimentare risponde alla preoccupazione di garantire una migliore informazione sull’identità dei prodotti. Essa costituisce pertanto una fonte di informazione utile, quando certe derrate sono oggetto di controversie o presentano un pericolo per la salute dei consumatori.
(5)
La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (5), non prevede indicazioni relative all’identificazione delle partite.
(6)
A livello internazionale, il riferimento alla partita di fabbricazione o di condizionamento delle derrate alimentari preconfezionate costituisce un obbligo generalizzato. L’Unione è tenuta a contribuire allo sviluppo del commercio internazionale.
(7)
È pertanto opportuno prevedere le norme, di carattere generale e orizzontale, che devono presiedere alla gestione di un sistema comune di identificazione delle partite.
(8)
L’efficacia di un tale sistema dipende dalla sua applicazione alle diverse fasi della commercializzazione. È tuttavia opportuno escludere taluni prodotti e operazioni, soprattutto quelle che hanno luogo all’inizio del circuito di commercializzazione dei prodotti agricoli.
(9)
Conviene tener conto che il consumo immediato dopo l’acquisto di alcune derrate alimentari, come i gelati alimentari in porzioni individuali, rende inutile l’indicazione della partita direttamente sulla confezione individuale. Tuttavia, per questi prodotti l’indicazione della partita dovrebbe figurare obbligatoriamente sulle confezioni multiple.
(10)
La definizione di partita implica che varie unità di vendita della stessa derrata alimentare presentino caratteristiche praticamente identiche di produzione, fabbricazione o condizionamento. Questa definizione non dovrebbe pertanto applicarsi ai prodotti presentati alla rinfusa o ai prodotti che, per la loro specificità individuale o il loro carattere eterogeneo, non si possono considerare come un insieme omogeneo.
(11)
Data la diversità dei metodi di identificazione utilizzati, dovrebbe spettare all’operatore economico individuare la partita e apporvi la dicitura o la marca corrispondente.
(12)
Per soddisfare le esigenze di informazione per le quali è stata concepita, è opportuno che tale dicitura sia facile a distinguersi e possa venire chiaramente riconosciuta come tale.
(13)
Il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo, conformemente alla direttiva 2000/13/CE, possono fungere da indicazione che consente di identificare la partita, a condizione che siano segnalati in modo preciso.
(14)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva concerne l’indicazione che consente di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare.
2. Si intende per «partita», ai sensi della presente direttiva, un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche.
Articolo 2
1. Una derrata alimentare può essere commercializzata solo se accompagnata da un’indicazione come previsto dall’articolo 1, paragrafo 1.
2. Il paragrafo 1 non si applica:
a)
ai prodotti agricoli che, all’uscita dall’azienda agricola, sono:
i)
venduti o consegnati a centri di deposito, di preparazione o di confezionamento;
ii)
avviati verso organizzazioni di produttori; o
iii)
raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o trasformazione;
b)
quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, le derrate alimentari non sono preconfezionate, sono confezionate su richiesta dell’acquirente o sono preconfezionate ai fini della loro vendita immediata;
c)
alle confezioni o ai recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2;
d)
alle porzioni individuali di gelato alimentare. L’indicazione che consente di identificare la partita figura sulle confezioni multiple.
Articolo 3
La partita è determinata in ciascun caso dal produttore, fabbricante o confezionatore del prodotto alimentare di cui trattasi o dal primo venditore stabilito all’interno dell’Unione.
Le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono determinate e apposte sotto la responsabilità di uno dei summenzionati operatori. Esse sono precedute dalla lettera «L», salvo nel caso in cui si distinguono chiaramente dalle altre indicazioni in etichetta.
Articolo 4
Quando le derrate alimentari sono preconfezionate, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta che a esso si accompagna.
Quando le derrate alimentari non sono preconfezionate, le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio o sul recipiente o, in mancanza, sui relativi documenti commerciali.
Esse figurano in tutti i casi in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili.
Articolo 5
Quando il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo figurano in etichetta, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, può non accompagnare la derrata alimentare, purché la data indichi chiaramente e nell’ordine almeno il giorno e il mese.
Articolo 6
La presente direttiva si applica fatte salve le indicazioni previste dalle disposizioni specifiche dell’Unione.
La Commissione pubblica e aggiorna l’elenco delle disposizioni in questione.
Articolo 7
La direttiva 89/396/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II.
Articolo 8
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 9
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 13 dicembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
M. SZPUNAR
(1) GU C 54 del 19.2.2011, pag. 34.
(2) Posizione del Parlamento europeo dell’11 maggio 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’8 novembre 2011.
(3) GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21.
(4) Cfr. allegato I, parte A.
(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata con elenco delle modificazioni successive
(di cui all’articolo 7)
Direttiva 89/396/CEE del Consiglio
(GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21).
Direttiva 91/238/CEE del Consiglio
(GU L 107 del 27.4.1991, pag. 50).
Direttiva 92/11/CEE del Consiglio
(GU L 65 dell’11.3.1992, pag. 32).
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 7)
Direttiva
Termine di recepimento
89/396/CEE
20 giugno 1990 (1)
91/238/CEE
—
92/11/CEE
—
(1) Ai sensi dell’articolo 7, primo comma, della direttiva 89/396/CEE, come modificata dalla direttiva 92/11/CEE:
«Gli Stati membri modificano, se del caso, le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in modo da:
—
permettere il commercio dei prodotti conformi alla presente direttiva entro il 20 giugno 1990,
—
vietare il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 1o luglio 1992. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di tale data e non conformi alla presente direttiva possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.»
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Direttiva 89/396/CEE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafi 1 e 2
Articolo 2, paragrafi 1 e 2
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articoli da 3 a 6
Articoli da 3 a 6
Articolo 7
—
—
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2011/91/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 13 dicembre 2011
relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare
(codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 89/396/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva.
(2)
Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
(3)
Gli scambi di derrate alimentari occupano un posto molto importante nel mercato interno.
(4)
L’indicazione della partita alla quale appartiene una derrata alimentare risponde alla preoccupazione di garantire una migliore informazione sull’identità dei prodotti. Essa costituisce pertanto una fonte di informazione utile, quando certe derrate sono oggetto di controversie o presentano un pericolo per la salute dei consumatori.
(5)
La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (5), non prevede indicazioni relative all’identificazione delle partite.
(6)
A livello internazionale, il riferimento alla partita di fabbricazione o di condizionamento delle derrate alimentari preconfezionate costituisce un obbligo generalizzato. L’Unione è tenuta a contribuire allo sviluppo del commercio internazionale.
(7)
È pertanto opportuno prevedere le norme, di carattere generale e orizzontale, che devono presiedere alla gestione di un sistema comune di identificazione delle partite.
(8)
L’efficacia di un tale sistema dipende dalla sua applicazione alle diverse fasi della commercializzazione. È tuttavia opportuno escludere taluni prodotti e operazioni, soprattutto quelle che hanno luogo all’inizio del circuito di commercializzazione dei prodotti agricoli.
(9)
Conviene tener conto che il consumo immediato dopo l’acquisto di alcune derrate alimentari, come i gelati alimentari in porzioni individuali, rende inutile l’indicazione della partita direttamente sulla confezione individuale. Tuttavia, per questi prodotti l’indicazione della partita dovrebbe figurare obbligatoriamente sulle confezioni multiple.
(10)
La definizione di partita implica che varie unità di vendita della stessa derrata alimentare presentino caratteristiche praticamente identiche di produzione, fabbricazione o condizionamento. Questa definizione non dovrebbe pertanto applicarsi ai prodotti presentati alla rinfusa o ai prodotti che, per la loro specificità individuale o il loro carattere eterogeneo, non si possono considerare come un insieme omogeneo.
(11)
Data la diversità dei metodi di identificazione utilizzati, dovrebbe spettare all’operatore economico individuare la partita e apporvi la dicitura o la marca corrispondente.
(12)
Per soddisfare le esigenze di informazione per le quali è stata concepita, è opportuno che tale dicitura sia facile a distinguersi e possa venire chiaramente riconosciuta come tale.
(13)
Il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo, conformemente alla direttiva 2000/13/CE, possono fungere da indicazione che consente di identificare la partita, a condizione che siano segnalati in modo preciso.
(14)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva concerne l’indicazione che consente di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare.
2. Si intende per «partita», ai sensi della presente direttiva, un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche.
Articolo 2
1. Una derrata alimentare può essere commercializzata solo se accompagnata da un’indicazione come previsto dall’articolo 1, paragrafo 1.
2. Il paragrafo 1 non si applica:
a)
ai prodotti agricoli che, all’uscita dall’azienda agricola, sono:
i)
venduti o consegnati a centri di deposito, di preparazione o di confezionamento;
ii)
avviati verso organizzazioni di produttori; o
iii)
raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o trasformazione;
b)
quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, le derrate alimentari non sono preconfezionate, sono confezionate su richiesta dell’acquirente o sono preconfezionate ai fini della loro vendita immediata;
c)
alle confezioni o ai recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2;
d)
alle porzioni individuali di gelato alimentare. L’indicazione che consente di identificare la partita figura sulle confezioni multiple.
Articolo 3
La partita è determinata in ciascun caso dal produttore, fabbricante o confezionatore del prodotto alimentare di cui trattasi o dal primo venditore stabilito all’interno dell’Unione.
Le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono determinate e apposte sotto la responsabilità di uno dei summenzionati operatori. Esse sono precedute dalla lettera «L», salvo nel caso in cui si distinguono chiaramente dalle altre indicazioni in etichetta.
Articolo 4
Quando le derrate alimentari sono preconfezionate, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta che a esso si accompagna.
Quando le derrate alimentari non sono preconfezionate, le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio o sul recipiente o, in mancanza, sui relativi documenti commerciali.
Esse figurano in tutti i casi in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili.
Articolo 5
Quando il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo figurano in etichetta, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, può non accompagnare la derrata alimentare, purché la data indichi chiaramente e nell’ordine almeno il giorno e il mese.
Articolo 6
La presente direttiva si applica fatte salve le indicazioni previste dalle disposizioni specifiche dell’Unione.
La Commissione pubblica e aggiorna l’elenco delle disposizioni in questione.
Articolo 7
La direttiva 89/396/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II.
Articolo 8
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 9
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 13 dicembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
M. SZPUNAR
(1) GU C 54 del 19.2.2011, pag. 34.
(2) Posizione del Parlamento europeo dell’11 maggio 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’8 novembre 2011.
(3) GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21.
(4) Cfr. allegato I, parte A.
(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata con elenco delle modificazioni successive
(di cui all’articolo 7)
Direttiva 89/396/CEE del Consiglio
(GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21).
Direttiva 91/238/CEE del Consiglio
(GU L 107 del 27.4.1991, pag. 50).
Direttiva 92/11/CEE del Consiglio
(GU L 65 dell’11.3.1992, pag. 32).
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 7)
Direttiva
Termine di recepimento
89/396/CEE
20 giugno 1990 (1)
91/238/CEE
—
92/11/CEE
—
(1) Ai sensi dell’articolo 7, primo comma, della direttiva 89/396/CEE, come modificata dalla direttiva 92/11/CEE:
«Gli Stati membri modificano, se del caso, le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in modo da:
—
permettere il commercio dei prodotti conformi alla presente direttiva entro il 20 giugno 1990,
—
vietare il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 1o luglio 1992. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di tale data e non conformi alla presente direttiva possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.»
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Direttiva 89/396/CEE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafi 1 e 2
Articolo 2, paragrafi 1 e 2
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articoli da 3 a 6
Articoli da 3 a 6
Articolo 7
—
—
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Tracciabilità dei prodotti alimentari preconfezionati
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
—
Fa in modo che i consumatori possano rintracciare l’origine dei prodotti alimentari preconfezionati.
—
Richiede che questi prodotti siano etichettati in modo tale che i consumatori possano vedere da quale partita provengono.
—
Permette alle autorità pubbliche preposte alla sicurezza sanitaria e alimentare di scoprire l’origine e l’identità dei prodotti alimentari preconfezionati nel caso in cui questi siano oggetto di una controversia o rappresentino un pericolo per la salute dei consumatori.
—
Stabilisce le norme per i produttori, i fabbricanti, i confezionatori e gli importatori in materia di etichettatura di questi prodotti, utilizzando un sistema comune di identificazione delle partite.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva si applica a tutti i prodotti alimentari preconfezionati, esclusi:
—
i prodotti agricoli:
—
che si trovano in centri di deposito, di preparazione o di confezionamento;
—
avviati verso organizzazioni di produttori; o
—
raccolti per essere immediatamente trasformati.
—
i prodotti alimentari che non sono preconfezionati quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, sono confezionati su richiesta dell’acquirente o preconfezionati ai fini della loro vendita immediata;
—
le confezioni o i recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2;
—
le porzioni individuali di gelato confezionato insieme, laddove l’indicazione che consente di identificare la partita figura sulla parte esterna delle confezioni multiple.
Etichettatura delle partite
—
Ciascuna partita deve essere etichettata dal produttore, dal fabbricante o dal confezionatore, oppure dal primo venditore stabilito all’interno dell’UE se viene importata.
—
L’identificazione della partita deve essere preceduta dalla lettera «L», a meno che non sia chiaramente distinguibile dalle altre informazioni in etichetta.
—
Le informazioni sull’etichetta devono essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili.
—
Non è necessario indicare la partita se la data limite di consumo figura in etichetta.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 5 gennaio 2012.
TERMINI CHIAVE
* Partita: un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare prodotto, fabbricato o confezionato in circostanze praticamente identiche
ATTO
Direttiva 2011/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (GU L 334 del 16.12.2011, pagg. 1-5) |
Norme per il risarcimento delle imprese vittime di cartelli e di pratiche anticoncorrenziali
L’Unione europea (UE) ha adottato regole per consentire alle imprese di ricevere un pieno risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante subito a causa dell’azione di un cartello nel loro settore. Sebbene gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabiliscano il diritto al pieno risarcimento, fino ad ora la loro applicazione pratica è stata difficoltosa.
ATTO
Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea.
SINTESI
L’Unione europea (UE) ha adottato regole per consentire alle imprese di ricevere un pieno risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante subito a causa dell’azione di un cartello nel loro settore. Sebbene gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabiliscano il diritto al pieno risarcimento, fino ad ora la loro applicazione pratica è stata difficoltosa.
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce nuove norme per consentire alle imprese vittime di un cartello o di violazioni antitrust di essere risarcite dei danni subiti. Essa mira inoltre a migliorare l’efficienza dei programmi di clemenza (ossia i casi in cui le imprese ammettono il loro coinvolgimento in un cartello o l’abuso delle loro posizioni di mercato dominanti, ricevendo in cambio una riduzione dell’ammenda o l’immunità).
PUNTI CHIAVE
Divulgazione delle prove: I paesi dell’UE provvedono affinché i giudici nazionali possano ordinare alle imprese la divulgazione delle prove quando le vittime richiedono il risarcimento. Le informazioni riservate relative all’impresa devono essere protette.
Domande di risarcimento: si deve concedere alle vittime un periodo di almeno cinque anni per presentare richiesta di rimborso successivamente alla decisione definitiva dell’autorità garante della concorrenza.
Prova della violazione: la decisione definitiva dell’autorità nazionale garante della concorrenza relativa a una violazione costituisce prova della violazione dinanzi al giudice del paese dell’UE in cui è stata perpetrata la violazione.
Trasferimento del sovrapprezzo: qualsiasi impresa che abbia subito danni può fare richiesta di rimborso, sia essa un acquirente diretto o un acquirente indiretto. L’attore deve farsi carico dell’onere della prova per il trasferimento del sovrapprezzo.
Responsabilità in solido: laddove più imprese violano congiuntamente le norme in materia di concorrenza, sono considerate responsabili in solido per l’intero ammontare del danno causato. Se un coautore della violazione ha pagato più della parte che gli spetta, ha il diritto di ottenere un contributo da altri coautori della violazione. La determinazione della parte corrispondente e i criteri rilevanti (quali il fatturato, la quota di mercato o il ruolo nel cartello), sono disciplinati dal tribunale ai sensi del diritto nazionale applicabile.
Effetto delle decisioni nazionali: le decisioni nazionali definitive sulle violazioni possono essere presentate come prova dinanzi ai giudici nazionali di un altro paese dell’UE, ai sensi del diritto nazionale di tale paese. Ciò rafforza la posizione delle vittime che richiedono il risarcimento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 25 dicembre 2014 e deve essere recepita dalle legislazioni nazionali entro il 27 dicembre 2016.
Per ulteriori informazioni, consultare la pagina web della Commissione europea sulla direttiva relativa al risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust.
TERMINI CHIAVE
Cartello: un gruppo di imprese simili ma indipendenti che si accordano per fissare i prezzi, limitare la produzione o ripartire fra loro mercati o clienti.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2014/104/UE
25.12.2014
27.12.2016
GU L 349 del 5.12.2014, pag. 1-19 | DIRETTIVA 2014/104/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 novembre 2014
relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 103 e 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) sono elementi di ordine pubblico e dovrebbero essere applicati efficacemente in tutta l'Unione al fine di garantire che la concorrenza nel mercato interno non sia distorta.
(2)
L'applicazione a livello pubblicistico degli articoli 101 e 102 TFUE compete alla Commissione in virtù dei poteri ad essa conferiti dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (3). A seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, gli articoli 81 e 82 del trattato che istituisce la Comunità europea sono diventati gli articoli 101 e 102 TFUE e restano sostanzialmente identici. Provvedono all'applicazione a livello pubblicistico anche le autorità nazionali garanti della concorrenza, che possono adottare le decisioni elencate all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1/2003. A norma di tale regolamento, gli Stati membri dovrebbero poter designare autorità sia amministrative che giudiziarie preposte all'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE quali autorità pubbliche competenti e all'espletamento delle varie funzioni conferite alle autorità garanti della concorrenza da detto regolamento.
(3)
Gli articoli 101 e 102 TFUE producono effetti diretti nei rapporti tra singoli e attribuiscono ai singoli interessati diritti ed obblighi che le autorità giudiziarie nazionali devono applicare. Le autorità giudiziarie nazionali hanno quindi un ruolo di pari importanza da svolgere nell'applicazione delle regole di concorrenza (applicazione a livello privatistico). Esse tutelano i diritti soggettivi garantiti dal diritto dell'Unione nelle controversie fra privati, ad esempio accordando risarcimenti alle vittime delle violazioni. Per una piena efficacia degli articoli 101 e 102 TFUE, ed in particolare per realizzare l'effetto concreto dei divieti da essi previsti, è necessario che chiunque, compresi consumatori e imprese o autorità pubbliche, possa richiedere un risarcimento dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali per i danni subiti a causa di una violazione di tali disposizioni. Il diritto al risarcimento previsto dal diritto dell'Unione si applica anche alle violazioni degli articoli 101 e 102 TFUE commesse da imprese pubbliche e da imprese cui gli Stati membri hanno accordato diritti speciali o esclusivi ai sensi dell'articolo 106 TFUE.
(4)
Il diritto al risarcimento previsto dal diritto dell'Unione per i danni derivanti dalle violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione e nazionale richiede che ciascuno Stato membro disponga di norme procedurali che garantiscano l'effettivo esercizio di tale diritto. La necessità di mezzi di ricorso procedurali efficaci deriva anche dal diritto a una tutela giurisdizionale effettiva come previsto all'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, del trattato sull'Unione europea (TUE) e all'articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Gli Stati membri dovrebbero assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione.
(5)
Le azioni per il risarcimento del danno sono solo uno degli elementi che assicurano un sistema efficace di applicazione a livello privatistico per le violazioni del diritto della concorrenza, a cui fanno da complemento vie alternative di ristoro, quali forme consensuali di risoluzione delle controversie e decisioni di applicazione a livello pubblicistico che incentivano le parti a riconoscere il risarcimento.
(6)
Per garantire un'efficace applicazione a livello privatistico a norma del diritto civile e un'efficace applicazione a livello pubblicistico da parte delle autorità garanti della concorrenza, i due canali devono interagire in modo da assicurare la massima efficacia delle regole di concorrenza. È necessario dettare regole per coordinare in modo coerente queste due forme di applicazione, ad esempio in relazione alle modalità di accesso a documenti in possesso delle autorità garanti della concorrenza. Tale coordinamento a livello di Unione permetterà inoltre di evitare divergenze fra le norme applicabili, che potrebbero compromettere il corretto funzionamento del mercato interno.
(7)
A norma dell'articolo 26, paragrafo 2, TFUE, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Esistono marcate differenze fra gli Stati membri per quanto riguarda le norme che disciplinano le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale. Tali differenze causano incertezza riguardo alle condizioni a cui i soggetti danneggiati possono esercitare il diritto al risarcimento conferito loro dal TFUE e compromettono l'effettivo esercizio di tale diritto. Poiché i soggetti danneggiati spesso scelgono lo Stato membro in cui sono stabiliti quale foro in cui presentare la domanda di risarcimento del danno, le discrepanze fra le norme nazionali portano a condizioni disomogenee per quanto riguarda le azioni per il risarcimento del danno e possono pertanto incidere sulla concorrenza nei mercati in cui operano tali soggetti danneggiati così come le imprese autrici della violazione.
(8)
Le imprese stabilite e operanti in Stati membri diversi sono soggette a differenti norme procedurali che incidono fortemente sulla misura in cui possono essere considerate responsabili di violazioni del diritto della concorrenza. Questa applicazione disomogenea del diritto al risarcimento garantito dal diritto dell'Unione non solo può portare a un vantaggio concorrenziale per certe imprese che hanno violato gli articoli 101 o 102 TFUE, ma può altresì disincentivare l'esercizio del diritto di stabilimento e di fornitura di beni e servizi negli Stati membri in cui il diritto al risarcimento è applicato in modo più efficace. Poiché le differenze fra i regimi di responsabilità applicabili negli Stati membri possono quindi incidere negativamente sia sulla concorrenza che sul corretto funzionamento del mercato interno, è opportuno fondare la presente direttiva sulla duplice base giuridica degli articoli 103 e 114 TFUE.
(9)
È necessario, tenuto conto che le violazioni su vasta scala del diritto della concorrenza presentano spesso un elemento transfrontaliero, garantire condizioni più uniformi per le imprese operanti nel mercato interno e migliorare le condizioni alle quali i consumatori possono esercitare i diritti che derivano loro dal mercato interno. È opportuno aumentare la certezza del diritto e ridurre le differenze fra gli Stati membri riguardo alle norme nazionali che regolano le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni sia del diritto della concorrenza dell'Unione che del diritto della concorrenza nazionale, laddove quest'ultimo sia applicato parallelamente al diritto della concorrenza dell'Unione. Un ravvicinamento di tali norme contribuirà a prevenire l'aumento di differenze fra le disposizioni degli Stati membri che disciplinano le azioni per il risarcimento del danno nei casi relativi alla concorrenza.
(10)
Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, «quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano il diritto nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell'articolo [101, paragrafo 1, TFUE] che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l'articolo [101 TFUE] a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano il diritto nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall'articolo [102 TFUE], esse applicano anche l'articolo [102 TFUE]». Ai fini del corretto funzionamento del mercato interno e nell'ottica di una maggiore certezza del diritto e di condizioni più uniformi per le imprese e i consumatori, è opportuno che l'ambito di applicazione della presente direttiva si estenda alle azioni per il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto nazionale della concorrenza quando esso è applicato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003. L'applicazione di norme differenti in materia di responsabilità civile per le violazioni dell'articolo 101 o 102 TFUE e con riguardo alle violazioni delle norme del diritto della concorrenza nazionale che devono essere applicate negli stessi casi e parallelamente al diritto della concorrenza dell'Unione nuocerebbe altrimenti alla posizione degli attori nello stesso caso e all'ambito delle loro richieste, e costituirebbe un ostacolo al corretto funzionamento del mercato interno. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le azioni per il risarcimento del danno relative a violazioni del diritto nazionale della concorrenza che non incidono sul commercio tra Stati membri ai sensi dell'articolo 101 o 102 TFUE.
(11)
In mancanza di una legislazione dell'Unione, le azioni per il risarcimento del danno sono disciplinate dalle norme e procedure nazionali degli Stati membri. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Corte di giustizia), chiunque può chiedere il risarcimento di un danno subito ove sussista un nesso di causalità tra tale danno ed una violazione del diritto della concorrenza. Tutte le norme nazionali che disciplinano l'esercizio del diritto al risarcimento del danno causato da una violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE, comprese quelle relative ad aspetti non trattati nella presente direttiva quale la nozione di nesso causale fra la violazione e il danno, devono rispettare i principi di efficacia e di equivalenza. Questo significa che esse non dovrebbero essere formulate o applicate in modo da rendere eccessivamente difficile o praticamente impossibile l'esercizio del diritto al risarcimento garantito dal TFUE o essere applicate in maniera meno favorevole rispetto a quelle applicabili ad azioni nazionali simili. Qualora gli Stati membri nel loro diritto nazionale prevedano altre condizioni per il risarcimento, quali imputabilità, adeguatezza o colpevolezza, essi dovrebbero poter mantenere tali condizioni nella misura in cui siano conformi alla giurisprudenza della Corte di giustizia, ai principi di efficacia e di equivalenza e alla presente direttiva.
(12)
La presente direttiva ribadisce l'acquis comunitario relativo al diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione, in particolare per quanto riguarda la legittimazione ad agire e la definizione di danno, come statuito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, e non ne pregiudica alcun ulteriore sviluppo. Chiunque abbia subito un danno causato da una tale violazione può chiedere un risarcimento per il danno emergente (damnum emergens), per il guadagno di cui è stato privato (lucro cessante o lucrum cessans), oltre agli interessi indipendentemente dal fatto che tali categorie siano definite separatamente o unitariamente dal diritto nazionale. Il pagamento degli interessi è una componente essenziale del risarcimento per indennizzare il danno subito tenendo conto del decorso del tempo, e dovrebbe essere corrisposto con decorrenza dal momento in cui il danno si è prodotto fino al momento dell'effettivo risarcimento, restando impregiudicata la qualifica di siffatto interesse come interesse compensativo o interesse di mora a norma del diritto nazionale e indipendentemente dal fatto che il decorso del tempo sia considerato come una categoria separata (interesse) o come una parte costitutiva del danno emergente o del lucro cessante. Spetta agli Stati membri stabilire le norme da applicare a tal fine.
(13)
Il diritto al risarcimento è riconosciuto a ogni persona fisica o giuridica
consumatori, imprese e pubbliche autorità
a prescindere dall'esistenza di un rapporto contrattuale diretto con l'impresa autrice della violazione, e a prescindere dal fatto che un'autorità garante della concorrenza abbia o meno preventivamente constatato una violazione. È opportuno che la presente direttiva non imponga agli Stati membri di introdurre meccanismi di ricorso collettivo per l'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Fatto salvo il risarcimento del danno da perdita di opportunità, il pieno risarcimento a norma della presente direttiva non dovrebbe comportare una sovracompensazione, che sia a titolo di risarcimento punitivo, multiplo o di altra natura.
(14)
Le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale richiedono di norma una complessa analisi fattuale ed economica. Gli elementi di prova necessari per comprovare la fondatezza di una domanda di risarcimento del danno sono spesso detenuti esclusivamente dalla controparte o da terzi e non sono sufficientemente noti o accessibili all'attore. In tali circostanze, rigide disposizioni giuridiche che prevedano che gli attori debbano precisare dettagliatamente tutti i fatti relativi al proprio caso all'inizio di un'azione e presentare elementi di prova esattamente specificati possono impedire in maniera indebita l'esercizio efficace del diritto al risarcimento garantito dal TFUE.
(15)
La prova è un elemento importante per intentare un'azione per il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto dell'Unione o nazionale della concorrenza. Tuttavia, poiché il contenzioso in materia di diritto della concorrenza è caratterizzato da un'asimmetria informativa, è opportuno garantire agli attori il diritto di ottenere la divulgazione delle prove rilevanti per la loro richiesta, senza che sia necessario, da parte loro, specificarne i singoli elementi. Onde garantire che le controparti dispongano di strumenti equivalenti, anche i convenuti delle azioni per il risarcimento del danno dovrebbero disporre di tali mezzi, in modo da poter chiedere la divulgazione di prove da parte degli attori. I giudici nazionali dovrebbero anche poter ordinare la divulgazione delle prove da parte di terzi, comprese le pubbliche autorità. Quando i giudici nazionali intendano ordinare la divulgazione delle prove da parte della Commissione, si applicano il principio di leale cooperazione fra l'Unione e gli Stati membri di cui all'articolo 4, paragrafo 3, TUE, e l'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 sulle richieste di informazioni. Laddove i giudici nazionali ordinino alle pubbliche autorità di divulgare le prove, si applicano i principi di cooperazione giuridica e amministrativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale.
(16)
Su richiesta di una parte, il giudice nazionale dovrebbe poter ordinare la divulgazione di specifici elementi di prova o categorie di prove, esercitando un controllo rigoroso, in particolare per quanto riguarda la necessità e la proporzionalità di tale misura. Dall'esigenza di proporzionalità deriva che la divulgazione può essere ingiunta solo qualora un attore abbia asserito in modo plausibile
sulla base di fatti ragionevolmente disponibili per tale attore
di aver subito un danno causato dal convenuto. Laddove una richiesta di divulgazione sia intesa ad ottenere una categoria di prove, quest'ultima dovrebbe essere individuata attraverso il riferimento a caratteristiche comuni dei suoi elementi costitutivi, come la natura, l'oggetto o il contenuto dei documenti di cui è richiesta la divulgazione, il periodo durante il quale sono stati redatti o altri criteri, purché gli elementi di prova rientranti nella categoria siano pertinenti ai sensi della presente direttiva. Tali categorie dovrebbero essere definite nel modo più preciso e circoscritto possibile sulla base di fatti ragionevolmente disponibili.
(17)
Qualora l'autorità giudiziaria in uno Stato membro chieda che l'autorità giudiziaria competente di un altro Stato membro proceda all'assunzione delle prove o chieda di procedere direttamente all'assunzione delle prove in un altro Stato membro, si applicano le disposizioni del regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio (4).
(18)
Seppure le prove pertinenti che contengono segreti aziendali o altre informazioni riservate dovrebbero, in linea di principio, essere disponibili nell'ambito di azioni per il risarcimento del danno, tali informazioni riservate devono essere adeguatamente protette. I giudici nazionali dovrebbero quindi avere a disposizione una serie di misure per tutelare tali informazioni riservate contro ogni divulgazione nel corso del procedimento. Tali misure possono comprendere la possibilità di non rendere visibili parti riservate di un documento, condurre audizioni a porte chiuse, limitare il numero di persone autorizzate a prendere visione delle prove e conferire ad esperti l'incarico di redigere sintesi delle informazioni in forma aggregata o in altra forma non riservata. Le misure che tutelano i segreti aziendali ed altre informazioni riservate non dovrebbero comunque impedire l'esercizio del diritto al risarcimento.
(19)
La presente direttiva non ha effetti sulla possibilità prevista dalle legislazioni degli Stati membri di impugnare gli ordini di divulgazione, né sulle condizioni per proporre tali impugnazioni.
(20)
Il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) disciplina l'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione ed è volto a conferire al pubblico un diritto di accesso il più ampio possibile ai documenti di tali istituzioni. Tale diritto è nondimeno assoggettato a determinati limiti basati su motivi di interesse pubblico o privato. Ne deriva che il regime delle eccezioni previsto dall'articolo 4 di tale regolamento è fondato su una ponderazione degli interessi contrapposti in una data situazione, ossia, da un lato, gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall'altro, quelli che sarebbero pregiudicati da tale divulgazione. La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicate tali norme e pratiche previste dal regolamento (CE) n. 1049/2001.
(21)
L'efficacia e la coerenza dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte della Commissione e delle autorità nazionali garanti della concorrenza richiedono un approccio comune a livello di Unione per quanto riguarda la divulgazione delle prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza. È opportuno che la divulgazione delle prove non comprometta indebitamente l'efficace applicazione del diritto della concorrenza da parte di un'autorità garante della concorrenza. La presente direttiva non contempla la divulgazione dei documenti interni delle autorità garanti della concorrenza e la corrispondenza tra tali autorità.
(22)
Al fine di garantire la tutela effettiva del diritto al risarcimento, non è necessario che ogni documento relativo a procedimenti avviati in virtù degli articoli 101 o 102 TFUE sia divulgato ad un attore esclusivamente a motivo del fatto che egli intende promuovere un'azione di risarcimento del danno, poiché è altamente improbabile che tale azione debba essere basata su tutte le prove contenute nel fascicolo relativo a tali procedimenti.
(23)
L'esigenza di proporzionalità dovrebbe essere valutata attentamente quando la divulgazione delle prove rischia di compromettere la strategia di indagine di un'autorità garante della concorrenza rivelando quali documenti facciano parte del fascicolo o rischia di avere un effetto negativo sul modo in cui le imprese cooperano con le autorità garanti della concorrenza. È opportuno prestare una particolare attenzione per prevenire tentativi di acquisizione generalizzata di informazioni, ossia la ricerca in base a criteri non sufficientemente determinati o eccessivamente ampi di informazioni che probabilmente non rivestono interesse per le parti del procedimento. Le richieste di divulgazione non dovrebbero quindi essere considerate proporzionate quando riguardano una trasmissione generica dei documenti del fascicolo di un'autorità garante della concorrenza relativamente a un determinato caso o la divulgazione generica di documenti presentati da una parte nel contesto di un caso particolare. Richieste di queste tipo, riguardanti una divulgazione ampia, non sarebbero compatibili con l'obbligo della parte richiedente di specificare in maniera quanto più possibile precisa e circoscritta le prove o categorie di prova.
(24)
La presente direttiva non pregiudica il diritto dei giudici di considerare, a norma del diritto dell'Unione o nazionale, l'interesse all'efficace applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza allorquando ordinano la divulgazione di prove di qualsiasi tipo, diverse dalle dichiarazioni rese nell'ambito di un programma di clemenza e dalle proposte di transazione.
(25)
Una deroga dovrebbe inoltre applicarsi con riguardo ad ogni divulgazione che, laddove concessa, interferisca in modo indebito con un'indagine in corso da parte di un'autorità garante della concorrenza in merito ad una violazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale. Le informazioni preparate da un'autorità garante della concorrenza nel corso di un suo procedimento d'applicazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale e trasmesse alle parti di tale procedimento (come una comunicazione degli addebiti) oppure preparate da una parte del procedimento (come le risposte alle richieste di informazioni dell'autorità garante della concorrenza o le deposizioni testimoniali) dovrebbero quindi essere divulgabili, nelle azioni per il risarcimento del danno, solo dopo che l'autorità garante della concorrenza abbia chiuso il procedimento, ad esempio adottando una decisione a norma dell'articolo 5 o a norma del capitolo III del regolamento (CE) n. 1/2003, ad eccezione delle decisioni che dispongono misure cautelari.
(26)
I programmi di clemenza e le procedure di transazione sono strumenti importanti per l'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza dell'Unione, poiché contribuiscono ad individuare e perseguire efficacemente e sanzionare le violazioni più gravi di tali norme. Inoltre, poiché molte decisioni delle autorità garanti della concorrenza nei casi riguardanti cartelli si basano su richieste di clemenza e le azioni per il risarcimento del danno nei casi riguardanti cartelli sono in genere successive a tali decisioni, i programmi di clemenza sono importanti anche per assicurare l'efficacia delle azioni per il risarcimento del danno nei casi riguardanti cartelli. Le imprese potrebbero essere dissuase dal collaborare con le autorità garanti della concorrenza nell'ambito di programmi di clemenza e di procedure di transazione se dichiarazioni contenenti prove autoincriminanti, quali le dichiarazioni legate a un programma di clemenza e le proposte di transazione predisposte soltanto ai fini della collaborazione con le autorità garanti della concorrenza venissero divulgate. Tale divulgazione comporterebbe il rischio di esporre le imprese che collaborano o il loro personale con funzioni di amministrazione o direzione a responsabilità civile o penale a condizioni peggiori di quelle dei coautori della violazione che non collaborano con le autorità garanti della concorrenza. Per garantire che le imprese continuino ad essere disposte a rivolgersi volontariamente alle autorità garanti della concorrenza presentando dichiarazioni legate a un programma di clemenza o proposte di transazione, è opportuno che tali documenti siano esclusi dall'ordine della divulgazione delle prove. Tale esclusione dovrebbe altresì applicarsi alle citazioni letterali di una dichiarazione legata a un programma di clemenza o di una proposta di transazione contenute in altri documenti. Tali limitazioni quanto alla divulgazione delle prove non dovrebbero impedire alle autorità garanti della concorrenza di pubblicare le loro decisioni conformemente al diritto dell'Unione o nazionale applicabile. Per assicurare che tale deroga non interferisca in modo indebito con il diritto al risarcimento dei soggetti danneggiati, essa dovrebbe essere circoscritta alle suddette dichiarazioni volontarie e autoincriminanti legate a un programma di clemenza e a proposte di transazione.
(27)
Le norme della presente direttiva in materia di divulgazione di documenti diversi dalle dichiarazioni legate a un programma di clemenza e dalle proposte di transazione garantiscono che i soggetti danneggiati mantengano mezzi alternativi sufficienti per avere accesso alle pertinenti prove necessarie ad esperire le loro azioni per il risarcimento del danno. I giudici nazionali dovrebbero avere la possibilità, su richiesta dell'attore, di accedere essi stessi a documenti per i quali è invocata la deroga al fine di verificare se il loro contenuto esuli dalle definizioni di dichiarazione legata a un programma di clemenza e di proposta di transazione previste dalla presente direttiva. Qualsiasi contenuto che vada oltre tali definizioni dovrebbe essere divulgabile alle condizioni stabilite.
(28)
I giudici nazionali dovrebbero poter ordinare in qualsiasi momento, nel contesto di un'azione per il risarcimento del danno, la divulgazione delle prove che esistono indipendentemente dal procedimento avviato dall'autorità garante della concorrenza («informazioni preesistenti»).
(29)
La divulgazione delle prove dovrebbe essere ordinata ad un'autorità garante della concorrenza soltanto allorquando tali prove non possono essere ragionevolmente ottenute da un'altra parte o da terzi.
(30)
A norma dell'articolo 15, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003, le autorità garanti della concorrenza possono, agendo d'ufficio, presentare osservazioni scritte alle giurisdizioni nazionali in merito a questioni relative all'applicazione dell'articolo 101 o 102 TFUE. Al fine di preservare il contributo all'attuazione di tali articoli apportato dall'applicazione a livello pubblicistico, le autorità garanti della concorrenza dovrebbero poter ugualmente presentare, agendo d'ufficio, le proprie osservazioni a un giudice nazionale ai fini della valutazione della proporzionalità della divulgazione delle prove incluse nel fascicolo delle autorità, alla luce dell'impatto che una tale divulgazione produrrebbe sull'efficacia dell'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza. Gli Stati membri dovrebbero poter istituire un sistema in base al quale un'autorità garante della concorrenza sia informata delle richieste di divulgazione delle informazioni qualora la persona che richiede la divulgazione o la persona alla quale è richiesta la divulgazione sia coinvolta nell'indagine di tale autorità relativa alla presunta violazione, fatte salve le norme nazionali sulle procedure senza contraddittorio.
(31)
Ogni persona fisica o giuridica che ottenga delle prove grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza dovrebbe poter usare tali prove ai fini di un'azione per il risarcimento del danno di cui è parte. Tale uso dovrebbe anche essere consentito alla persona fisica o giuridica che le sia succeduta nei diritti e negli obblighi, anche attraverso il rilevamento della sua domanda. Laddove le prove siano state ottenute da una persona giuridica facente parte di un gruppo societario che costituisce una sola impresa ai fini dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, l'uso di tali prove dovrebbe essere consentito anche alle altre persone giuridiche appartenenti alla stessa impresa.
(32)
Tuttavia, l'uso delle prove ottenute mediante l'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza non dovrebbe ostacolare indebitamente l'efficace applicazione del diritto della concorrenza da parte di un'autorità garante. Al fine di garantire che le limitazioni alla divulgazione di documenti di cui alla presente direttiva non siano pregiudicate, l'uso delle prove del tipo indicato ai considerando 24 e 25 ottenute solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza dovrebbe essere limitato in base alle medesime condizioni. La limitazione dovrebbe prendere la forma di un'inammissibilità nelle azioni per il risarcimento del danno o consistere in altra forma di protezione secondo le norme nazionali applicabili atte a garantire la piena efficacia dei limiti alla divulgazione di tali tipi di prove. Le prove ottenute tramite un'autorità garante della concorrenza non dovrebbero inoltre diventare oggetto di scambio. È quindi opportuno che la possibilità di usare prove ottenute solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza sia limitata alla persona fisica o giuridica cui è stato originariamente accordato l'accesso e ai suoi successori legali. Tale limitazione volta a evitare il commercio di prove, tuttavia, non impedisce a un giudice nazionale di ordinare la divulgazione di tali prove alle condizioni previste nella presente direttiva.
(33)
La presentazione di una domanda di risarcimento del danno, o l'avvio di un'indagine da parte di un'autorità garante della concorrenza, comporta il rischio che le persone interessate possano distruggere od occultare prove utili ai soggetti danneggiati per comprovare la domanda di risarcimento. Onde impedire la distruzione di prove rilevanti e garantire che vengano rispettate le decisioni giudiziarie di divulgazione, i giudici nazionali dovrebbero poter applicare sanzioni sufficientemente dissuasive. Per quanto riguarda le parti del procedimento, il rischio che siano tratte conclusioni sfavorevoli nel procedimento per il risarcimento del danno può essere una sanzione particolarmente efficace e può contribuire a evitare ritardi. Dovrebbero essere disponibili sanzioni anche per l'inosservanza degli obblighi di tutelare le informazioni riservate e per l'utilizzo abusivo di informazioni ottenute attraverso la divulgazione. Analogamente, è opportuno prevedere sanzioni nel caso di utilizzo abusivo, in un'azione per il risarcimento del danno, di informazioni ottenute tramite l'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza.
(34)
Per assicurare l'efficacia e la coerenza dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte della Commissione e delle autorità nazionali garanti della concorrenza occorre un approccio comune a livello dell'Unione per quanto riguarda gli effetti delle decisioni definitive delle autorità nazionali garanti della concorrenza relative e a una violazione sulle successive azioni per il risarcimento del danno. Tali decisioni sono adottate solamente dopo che la Commissione è stata informata della decisione prevista oppure, in mancanza di essa, di qualsiasi altro documento che esponga la linea d'azione proposta a norma dell'articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 e nel caso in cui la Commissione non abbia privato l'autorità nazionale garante della concorrenza della sua competenza tramite l'avvio di un procedimento, conformemente all'articolo 11, paragrafo 6, di tale regolamento. La Commissione dovrebbe garantire l'applicazione coerente del diritto della concorrenza dell'Unione fornendo alle autorità nazionali garanti della concorrenza orientamenti a livello bilaterale e nell'ambito della rete europea della concorrenza. Per migliorare la certezza del diritto, evitare contraddizioni nell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, aumentare l'efficacia e l'efficienza procedurale delle azioni per il risarcimento del danno e promuovere il funzionamento del mercato interno per le imprese e i consumatori, la constatazione di una violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE in una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso non dovrebbe essere rimessa in discussione in successive azioni per il risarcimento del danno. Pertanto, siffatta constatazione dovrebbe essere ritenuta definitivamente accertata in azioni per il risarcimento del danno riguardanti la violazione in questione intentate nello Stato membro dell'autorità nazionale garante della concorrenza o del giudice del ricorso. L'effetto della constatazione dovrebbe, tuttavia, riguardare soltanto la natura della violazione e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, come determinata dall'autorità garante della concorrenza o dal giudice del ricorso nell'esercizio della sua giurisdizione. Anche laddove una decisione abbia constatato una violazione di disposizioni del diritto nazionale della concorrenza in casi in cui le norme del diritto della concorrenza dell'Unione e nazionale sono applicate nello stesso caso e in parallelo, tale violazione dovrebbe considerarsi inconfutabilmente accertata.
(35)
Qualora un'azione per il risarcimento del danno sia intentata in uno Stato membro diverso da quello dell'autorità nazionale garante della concorrenza o del giudice del ricorso che hanno constatato la violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE a cui si riferisce l'azione, tale constatazione formulata in una decisione definitiva dell'autorità nazionale garante della concorrenza o del giudice del ricorso dovrebbe potere essere presentata dinanzi a un giudice nazionale almeno a titolo di prova prima facie del fatto che è avvenuta una violazione del diritto della concorrenza e può, se del caso, essere valutata insieme ad altri elementi di prova presentati dalle parti. Gli effetti delle decisioni adottate dalle autorità nazionali garanti della concorrenza e dal giudice del ricorso che accertano una violazione delle norme in materia di concorrenza lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi dell'articolo 267 TFUE.
(36)
Le norme nazionali riguardanti l'inizio, la durata, la sospensione o l'interruzione dei termini di prescrizione non dovrebbero ostacolare in maniera eccessiva la proposizione di azioni per il risarcimento del danno. Questo è particolarmente importante per le azioni che si basano sulla constatazione di una violazione da parte di un'autorità garante della concorrenza o di un giudice del ricorso. A tal fine, dovrebbe essere possibile intentare un'azione per il risarcimento del danno successivamente ad un procedimento condotto da un'autorità garante della concorrenza ai fini dell'applicazione del diritto nazionale della concorrenza e dell'Unione. Il termine di prescrizione non dovrebbe iniziare a decorrere prima che la violazione sia cessata e prima che un attore sia a conoscenza, ovvero prima che si possa ragionevolmente presumere che egli sia a conoscenza, del comportamento che costituisce la violazione, del fatto che la violazione gli ha causato un danno e dell'identità dell'autore della violazione. Gli Stati membri dovrebbero poter mantenere o introdurre termini di prescrizione assoluti di applicazione generale, purché la durata di tali termini assoluti di prescrizione non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile esercitare il diritto al pieno risarcimento.
(37)
Per il caso in cui più imprese violino insieme le norme in materia di concorrenza, come nel caso di un cartello, è opportuno prevedere che i coautori della violazione siano considerati responsabili in solido per l'intero ammontare del danno causato dal loro comportamento illecito. Se un coautore della violazione ha pagato più della parte che gli spetta, dovrebbe avere il diritto di ottenere un contributo da altri coautori della violazione. La determinazione della parte corrispondente alla responsabilità relativa di un dato autore della violazione e i criteri rilevanti, quali il fatturato, la quota di mercato o il ruolo nel cartello, sono disciplinate dal diritto nazionale applicabile, fermo restando il rispetto dei principi di efficacia e di equivalenza.
(38)
Le imprese che collaborano con le autorità garanti della concorrenza nell'ambito di un programma di clemenza svolgono un ruolo determinante nell'individuazione delle violazioni commesse sotto forma di cartelli segreti e nella loro cessazione, permettendo spesso di arginare il danno che sarebbe stato causato se la violazione fosse continuata. È pertanto opportuno prevedere disposizioni che proteggano le imprese che hanno ottenuto da un'autorità garante della concorrenza un'immunità dalle ammende nel quadro di un programma di clemenza da un'esposizione ingiustificata alle domande di risarcimento, tenendo presente che per il beneficiario dell'immunità le decisioni delle autorità garanti della concorrenza che constatano una violazione possono diventare definitive prima che per altre imprese non beneficiarie dell'immunità, rendendo il beneficiario dell'immunità possibile bersaglio preferenziale di contenzioso. È quindi opportuno che il beneficiario dell'immunità sia in linea di principio sollevato dalla responsabilità in solido per quanto riguarda la totalità del danno e che ogni contributo che esso debba versare nei confronti dei coautori della violazione non superi l'ammontare del danno causato ai suoi propri acquirenti diretti o indiretti o, nel caso di un cartello relativo agli acquisti, ai suoi fornitori diretti o indiretti. Nella misura in cui un cartello ha danneggiato soggetti diversi dai clienti o fornitori degli autori della violazione, il contributo del beneficiario dell'immunità non dovrebbe superare l'importo corrispondente alla sua responsabilità relativa per il danno causato dal cartello. Tale quota dovrebbe essere determinata conformemente alle stesse regole utilizzate per stabilire i contributi fra gli autori della violazione. Il beneficiario dell'immunità dovrebbe restare pienamente responsabile verso i soggetti danneggiati che non siano i suoi acquirenti o fornitori diretti o indiretti solo qualora essi si trovino nell'impossibilità di ottenere il pieno risarcimento dagli altri autori della violazione.
(39)
Il danno nella forma di danno emergente può risultare dalla differenza tra il prezzo che è stato effettivamente pagato e quanto sarebbe stato altrimenti pagato in assenza della violazione. Quando un soggetto danneggiato ha ridotto il danno emergente trasferendolo, interamente o in parte, sui propri acquirenti, il danno trasferito non costituisce più un danno per il quale tale parte debba essere risarcita. È pertanto opportuno, in linea di principio, permettere all'autore di una violazione di invocare a propria difesa l'avvenuto trasferimento del danno emergente a fronte di una domanda di risarcimento del danno. Occorre prevedere disposizioni che stabiliscano che l'autore della violazione, nella misura in cui invoca l'eccezione del trasferimento, debba dimostrare l'esistenza e l'entità del trasferimento del sovrapprezzo. Tale onere della prova non dovrebbe avere effetti sulla possibilità che l'autore della violazione utilizzi prove diverse da quelle in suo possesso, come le prove già acquisite nel procedimento o le prove in possesso di altre parti o di terzi.
(40)
Nei casi in cui il trasferimento ha dato luogo a una riduzione delle vendite e quindi a un danno nella forma di un lucro cessante, dovrebbe restare impregiudicato il diritto a chiedere un risarcimento di siffatto lucro cessante.
(41)
A seconda delle condizioni in cui operano le imprese, può essere prassi commerciale trasferire gli aumenti di prezzo a valle della catena di approvvigionamento. I consumatori o le imprese sui quali è stato così trasferito il danno emergente subiscono il danno derivante dalla violazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale. Il danno dovrebbe essere rimborsato dall'autore della violazione: può essere tuttavia particolarmente difficile comprovarne la portata per i consumatori o le imprese che non hanno acquistato direttamente da tale soggetto. Quando l'esistenza di una domanda di risarcimento del danno o l'importo dei danni da attribuire dipendono dal fatto che il sovrapprezzo pagato da un acquirente diretto dell'autore della violazione sia stato trasferito o meno sull'acquirente indiretto, e in che misura, è quindi opportuno stabilire che si ritiene che l'acquirente indiretto abbia provato tale trasferimento del sovrapprezzo dall'acquirente diretto al suo livello se è in grado di dimostrare prima facie che tale trasferimento è avvenuto. Tale presunzione relativa si applica a meno che l'autore della violazione non sia in grado di dimostrare in modo credibile e ritenuto adeguato dal giudice che il danno emergente non è stato trasferito o non è stato trasferito interamente sull'acquirente indiretto. È inoltre opportuno definire a quali condizioni si ritiene che l'acquirente indiretto abbia fornito a tale riguardo prove prima facie. Per quanto riguarda la quantificazione di tale trasferimento, il giudice nazionale dovrebbe avere la facoltà di stimare quale parte del sovrapprezzo sia stata trasferita al livello degli acquirenti indiretti nella controversia di cui è investito.
(42)
La Commissione dovrebbe emettere linee guida chiare, semplici ed esaustive per i giudici nazionali in ordine alle modalità di stima della parte del sovrapprezzo trasferita sugli acquirenti indiretti.
(43)
Le violazioni del diritto della concorrenza spesso riguardano le condizioni e il prezzo a cui i beni o i servizi sono venduti, e portano a un sovrapprezzo, e ad altri danni, per i clienti degli autori della violazione. La violazione può anche riguardare le forniture all'autore della violazione (ad esempio nel caso di un cartello fra acquirenti). In siffatti casi, il danno emergente potrebbe derivare da un prezzo inferiore pagato dagli autori della violazione ai loro fornitori. La presente direttiva e in particolare le disposizioni relative al trasferimento del sovrapprezzo dovrebbero applicarsi di conseguenza a tali casi.
(44)
Le azioni per il risarcimento del danno possono essere intentate sia da soggetti che hanno acquistato beni o servizi dall'autore della violazione che dagli acquirenti che si trovano in un punto successivo della catena di approvvigionamento. Per promuovere la coerenza tra decisioni giudiziarie relative a procedimenti tra loro connessi ed evitare pertanto che il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale non sia pienamente risarcito o che all'autore della violazione si richieda di risarcire danni che non sono stati subiti, i giudici nazionali dovrebbero avere la facoltà di stimare la proporzione di eventuali sovrapprezzi a carico degli acquirenti diretti o indiretti nelle controversie di cui sono investiti. In tale contesto, i giudici nazionali dovrebbero poter tenere nella dovuta considerazione, tramite i mezzi procedurali o sostanziali previsti dal diritto dell'Unione e dal diritto nazionale, eventuali azioni connesse e le relative decisioni giudiziarie, in particolare qualora venga comprovato che è avvenuto il trasferimento del sovrapprezzo. I giudici nazionali dovrebbero disporre di adeguati mezzi procedurali, come la riunione delle azioni, per garantire che il risarcimento per il danno emergente riconosciuto a un dato livello della catena di approvvigionamento non superi il danno da sovrapprezzo causato a tale livello. Detti mezzi dovrebbero altresì essere disponibili nei casi transfrontalieri. Questa possibilità di tener debito conto dei giudizi non dovrebbe compromettere né i diritti fondamentali alla difesa, né il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale per coloro che non erano parti di tali procedimenti giudiziari, e non dovrebbe compromettere le norme in materia di valore probatorio delle decisioni adottate in quel determinato contesto. È possibile per le azioni pendenti dinanzi a giudici di Stati membri diversi essere considerate connesse ai sensi dell'articolo 30 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Ai sensi di tale articolo, il giudice nazionale successivamente adito può sospendere il procedimento o, in determinate circostanze, dichiarare la propria incompetenza. La presente direttiva lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi di tale regolamento.
(45)
Un soggetto danneggiato che abbia dimostrato di aver subito un danno a seguito di una violazione del diritto della concorrenza deve, oltre a ciò, dimostrare l'entità del danno ai fini dell'ottenimento del risarcimento. La quantificazione dei danni nelle cause in materia di concorrenza è un processo che richiede l'analisi di un gran numero di elementi fattuali e che può esigere l'applicazione di modelli economici complessi. Ciò è spesso molto costoso e gli attori incontrano difficoltà nell'ottenere i dati necessari a comprovare le loro domande. La quantificazione dei danni nelle cause in materia di concorrenza può quindi costituire un considerevole ostacolo che impedisce l'efficacia delle domande di risarcimento.
(46)
In mancanza di norme dell'Unione sulla quantificazione del danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza, spetta all'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro stabilire le proprie norme sulla quantificazione del danno e agli Stati membri e ai giudici nazionali stabilire quali condizioni l'attore deve soddisfare per dimostrare l'ammontare del danno subito, quali metodi possono essere usati per quantificare tale importo e quali conseguenze comporta il mancato pieno rispetto di tali condizioni. Tuttavia, le condizioni del diritto nazionale riguardo alla quantificazione del danno nelle cause in materia di concorrenza non dovrebbero essere meno favorevoli di quelle che disciplinano azioni nazionali simili (principio di equivalenza), né dovrebbero rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto al risarcimento conferito dall'Unione (principio di efficacia). È opportuno tenere conto di ogni asimmetria informativa fra le parti e del fatto che quantificare il danno significa valutare quale sarebbe stato l'andamento del mercato in questione in assenza della violazione. Tale valutazione implica un confronto con una situazione per definizione ipotetica e non potrà mai, quindi, essere totalmente esatta. È pertanto opportuno assicurare che ai giudici nazionali sia conferito il potere di stimare l'ammontare del danno causato dalle violazioni del diritto della concorrenza. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che, su richiesta, le autorità nazionali garanti della concorrenza possano fornire orientamenti riguardo alla quantificazione. Per garantire coerenza e prevedibilità, la Commissione dovrebbe fornire orientamenti generali a livello di Unione.
(47)
Per rimediare all'asimmetria informativa e ad alcune delle difficoltà che presenta la quantificazione del danno nelle cause in materia di concorrenza e per garantire l'efficacia delle domande di risarcimento, è opportuno presumere che da una violazione sotto forma di cartello derivi un danno, in particolare attraverso un effetto sui prezzi. A seconda degli elementi fattuali del caso, i cartelli determinano un aumento dei prezzi o impediscono una loro riduzione, che si sarebbe invece verificata in assenza di cartello. Tale presunzione non dovrebbe riguardare l'effettivo ammontare del danno. Gli autori della violazione dovrebbero avere il diritto di confutare questa presunzione. È opportuno limitare ai cartelli questa presunzione relativa, dato il loro carattere segreto che aumenta l'asimmetria informativa e rende più difficile per l'attore ottenere le prove necessarie per dimostrare il danno subito.
(48)
È auspicabile pervenire ad una transazione «definitiva» per i convenuti al fine di ridurre le incertezze per gli autori della violazione e i soggetti danneggiati. Pertanto, gli autori della violazione e i soggetti danneggiati dovrebbero essere incoraggiati a concordare il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza per mezzo di meccanismi di composizione consensuale delle controversie, come le transazioni stragiudiziali (comprese quelle in cui un giudice può dichiarare vincolante una transazione), l'arbitrato, la mediazione o la conciliazione. Tale composizione consensuale delle controversie dovrebbe interessare il maggior numero possibile di soggetti danneggiati e di autori di violazioni consentito dall'ordinamento. Le disposizioni della presente direttiva sulla composizione consensuale delle controversie sono pertanto volte a facilitare il ricorso a tali meccanismi e ad aumentarne l'efficacia.
(49)
I termini di prescrizione per intentare un'azione per il risarcimento del danno possono essere tali da non lasciare ai soggetti danneggiati e agli autori della violazione tempo sufficiente per giungere a un accordo sul risarcimento da corrispondere. Per dare a entrambe le parti una reale possibilità di procedere a una composizione consensuale delle controversie prima di intentare un'azione dinanzi al giudice nazionale, il termine di prescrizione deve quindi essere sospeso per la durata della procedura di composizione consensuale.
(50)
Inoltre, quando le parti decidono di ricorrere alla composizione consensuale delle controversie dopo aver intentato per la stessa domanda un'azione davanti al giudice nazionale, tale giudice dovrebbe poter sospendere il procedimento pendente per la durata della procedura di composizione consensuale. Nel considerare se sospendere il procedimento, il giudice nazionale dovrebbe tenere conto dei vantaggi che presenta una procedura rapida.
(51)
Per incoraggiare le transazioni consensuali l'autore di una violazione che paghi un risarcimento a seguito di una composizione consensuale non dovrebbe ritrovarsi in una situazione peggiore, rispetto ai coautori della violazione, di quella in cui si troverebbe altrimenti se non avesse fatto ricorso a questo tipo di transazione. Ciò potrebbe accadere se l'autore di una violazione e parte di una transazione, anche dopo una composizione consensuale, continuasse a essere responsabile in solido per il danno causato dalla violazione. In linea di principio, l'autore di una violazione che partecipi a una transazione non dovrebbe quindi essere tenuto al pagamento del contributo ai coautori della violazione che non sono parti della transazione e che hanno pagato il risarcimento al soggetto danneggiato con cui egli ha già trovato un accordo. Il corollario di questa regola del non-contributo è che la parte del danno causata dall'autore della violazione che opta per la transazione dovrebbe essere dedotta dall'importo del risarcimento cui ha diritto il soggetto danneggiato, indipendentemente dal fatto che l'ammontare della transazione sia pari o differente dalla relativa parte del danno che il coautore della violazione partecipante alla transazione ha cagionato al soggetto danneggiato partecipante alla transazione. Tale quota relativa dovrebbe essere determinata conformemente alle stesse regole altrimenti utilizzate per stabilire i contributi fra gli autori della violazione. Senza una tale riduzione, gli autori della violazione non partecipanti alla transazione sarebbero indebitamente penalizzati dalla transazione di cui non sono parte. Tuttavia, al fine di garantire il diritto al pieno risarcimento, il coautore della violazione partecipante alla transazione dovrebbe comunque pagare i danni qualora ciò sia l'unico modo, per il soggetto danneggiato che partecipa alla transazione, di ottenere il risarcimento per il danno corrispondente al resto della domanda di risarcimento. Il resto della domanda si riferisce all'importo del risarcimento cui ha diritto il soggetto danneggiato partecipante alla transazione diminuito della parte, imputabile al coautore della violazione partecipante alla transazione, del danno cagionato dalla violazione al soggetto danneggiato partecipante alla transazione. Quest'ultima possibilità di richiedere i danni all'autore della violazione partecipante alla transazione esiste, a meno che ciò non sia espressamente escluso in base alla transazione consensuale.
(52)
È opportuno evitare situazioni in cui i coautori partecipanti alla transazione, con la corresponsione di un contributo ai coautori della violazione non partecipanti alla transazione per danni da essi pagati a soggetti danneggiati non partecipanti alla transazione, paghino un importo totale di risarcimento superiore alla loro responsabilità relativa per il danno causato dalla violazione. Pertanto, quando i coautori di una violazione partecipanti a una transazione sono invitati a contribuire al risarcimento dei soggetti danneggiati non partecipanti alla transazione pagato successivamente dai coautori della violazione non partecipanti alla transazione, il giudice nazionale dovrebbe prendere in considerazione il risarcimento già versato a titolo della transazione consensuale, tenendo conto del fatto che non tutti i coautori della violazione sono necessariamente coinvolti allo stesso grado nell'insieme della violazione, dal punto di vista materiale, temporale e geografico.
(53)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
(54)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, ossia stabilire norme relative alle azioni per il risarcimento del danno a seguito di violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione al fine di garantire la piena attuazione degli articoli 101 e 102 TFUE e il corretto funzionamento del mercato interno per le imprese e i consumatori, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, per raggiungere il livello richiesto di efficacia e coerenza nell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(55)
Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (7), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, ove ciò sia giustificato, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti intesi a chiarire il rapporto tra le componenti di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.
(56)
È opportuno prevedere norme relative all'applicazione temporale della presente direttiva,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
OGGETTO, AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce alcune norme necessarie per garantire che chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o un'associazione di imprese possa esercitare in maniera efficace il diritto di chiedere a tale impresa o associazione il pieno risarcimento di tale danno. Essa stabilisce norme per promuovere una concorrenza non falsata nel mercato interno e per eliminare gli ostacoli al suo corretto funzionamento, garantendo a qualsiasi soggetto che abbia subito danni di questo tipo una protezione equivalente in tutta l'Unione.
2. La presente direttiva stabilisce norme per il coordinamento fra l'applicazione delle regole di concorrenza da parte delle autorità garanti della concorrenza e l'applicazione di tali regole nelle azioni per il risarcimento del danno dinanzi ai giudici nazionali.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «violazione del diritto della concorrenza»: una violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE o del diritto nazionale della concorrenza;
2) «autore della violazione»: l'impresa o l'associazione di imprese che ha commesso la violazione del diritto della concorrenza;
3) «diritto nazionale della concorrenza»: le disposizioni del diritto nazionale che perseguono principalmente lo stesso obiettivo degli articoli 101 e 102 TFUE e che sono applicate nello stesso caso e parallelamente al diritto della concorrenza dell'Unione ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, escluse le disposizioni del diritto nazionale che impongono sanzioni penali a persone fisiche, salvo qualora tali sanzioni penali costituiscano gli strumenti tramite i quali sono attuate le regole di concorrenza applicabili alle imprese;
4) «azione per il risarcimento del danno»: un'azione ai sensi del diritto nazionale con cui una domanda di risarcimento del danno è proposta dinanzi ad un'autorità giudiziaria nazionale da un presunto soggetto danneggiato, o da una persona che agisce per conto di uno o più presunti soggetti danneggiati, qualora il diritto dell'Unione o nazionale preveda tale possibilità, o da una persona fisica o giuridica che è succeduta nel diritto del presunto soggetto danneggiato, inclusa la persona che ha rilevato la sua domanda;
5) «domanda di risarcimento del danno»: una domanda di risarcimento del danno subito a causa di una violazione del diritto della concorrenza;
6) «soggetto danneggiato»: una persona che ha subito un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza;
7) «autorità nazionale garante della concorrenza»: un'autorità designata da uno Stato membro a norma dell'articolo 35 del regolamento (CE) n. 1/2003 come responsabile dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE;
8) «autorità garante della concorrenza»: la Commissione o un'autorità nazionale garante della concorrenza, ovvero entrambe a seconda del contesto;
9) «giudice nazionale»: una giurisdizione di uno Stato membro ai sensi dell'articolo 267 TFUE;
10) «giudice del ricorso»: un giudice nazionale che ha il potere, in seguito alla proposizione di mezzi di impugnazione ordinari, di rivedere le decisioni emesse da un'autorità nazionale garante della concorrenza o le pronunce giurisdizionali formulate su tali decisioni, indipendentemente dal fatto che tale giudice abbia il potere di constatare una violazione del diritto della concorrenza;
11) «decisione relativa a una violazione»: una decisione di un'autorità garante della concorrenza o di un giudice del ricorso che constata una violazione del diritto della concorrenza;
12) «decisione definitiva relativa a una violazione»: una decisione relativa a una violazione che non può o non può più essere impugnata con mezzi ordinari;
13) «prove»: tutti i tipi di mezzi di prova ammissibili dinanzi al giudice nazionale adito, in particolare documenti e tutti gli altri oggetti contenenti informazioni, indipendentemente dal supporto sul quale le informazioni sono registrate;
14) «cartello»: un accordo o una pratica concordata fra due o più concorrenti, volta a coordinare il loro comportamento concorrenziale sul mercato o a influire sui pertinenti parametri di concorrenza mediante pratiche consistenti, tra l'altro, nel fissare o coordinare i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni di transazione, anche in relazione a diritti di proprietà intellettuale, nell'allocare quote di produzione o di vendita, nel ripartire i mercati e i clienti, tra l'altro mediante manipolazione delle gare d'appalto, restrizioni delle importazioni o delle esportazioni o azioni anticoncorrenziali dirette contro altre imprese concorrenti;
15) «programma di clemenza»: un programma relativo all'applicazione dell'articolo 101 TFUE o a una disposizione corrispondente del diritto nazionale in base a cui un partecipante a un cartello segreto, indipendentemente dalle altre imprese coinvolte nel cartello, collabora a un'indagine dell'autorità garante della concorrenza rappresentando volontariamente elementi di propria conoscenza del cartello e il ruolo svolto al suo interno, ricevendo in cambio, per decisione o sospensione del procedimento, l'immunità dalle ammende irrogate per il suo coinvolgimento nel cartello o una loro riduzione;
16) «dichiarazione legata a un programma di clemenza»: una dichiarazione orale o scritta presentata volontariamente da parte o per conto di un'impresa o di una persona fisica a un'autorità garante della concorrenza, o una registrazione di una tale dichiarazione, che descrive la conoscenza dell'impresa o della persona fisica in merito a un cartello e descrive il ruolo da essa svolto al suo interno, predisposta specificamente per essere presentata all'autorità garante della concorrenza allo scopo di ottenere l'immunità o una riduzione delle ammende ai sensi di un programma di clemenza e che non comprende le informazioni preesistenti;
17) «informazioni preesistenti»: le prove esistenti indipendentemente dal procedimento di un'autorità garante della concorrenza, a prescindere dalla presenza o meno di siffatte informazioni nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza;
18) «proposta di transazione»: la dichiarazione volontaria da parte o per conto di un'impresa a un'autorità garante della concorrenza, in cui l'impresa riconosce o rinuncia a contestare la sua partecipazione a una violazione del diritto della concorrenza e la propria responsabilità in detta violazione del diritto della concorrenza, predisposta specificamente per consentire all'autorità garante della concorrenza di applicare una procedura semplificata o accelerata;
19) «beneficiario dell'immunità»: un'impresa o una persona fisica che ha ottenuto l'immunità dalle ammende da un'autorità garante della concorrenza nell'ambito di un programma di clemenza;
20) «sovrapprezzo»: la differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il prezzo che sarebbe altrimenti prevalso in assenza di una violazione del diritto della concorrenza;
21) «composizione consensuale delle controversie»: qualsiasi meccanismo che consenta una risoluzione stragiudiziale di una controversia riguardante una richiesta di risarcimento dei danni;
22) «transazione consensuale»: un accordo raggiunto tramite una composizione consensuale delle controversie;
23) «acquirente diretto»: una persona fisica o giuridica che ha acquistato direttamente da un autore della violazione beni o servizi oggetto di una violazione del diritto della concorrenza;
24) «acquirente indiretto»: una persona fisica o giuridica che ha acquistato non direttamente da un autore della violazione, ma da un acquirente diretto o da un acquirente successivo beni o servizi oggetto di una violazione del diritto della concorrenza, oppure beni o servizi che li incorporano o che derivano dagli stessi.
Articolo 3
Diritto a un pieno risarcimento
1. Gli Stati membri provvedono a che qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia subito un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza possa chiedere e ottenere il pieno risarcimento per tale danno.
2. Il pieno risarcimento pone una persona che abbia subito un danno nella situazione in cui si sarebbe trovata se la violazione del diritto della concorrenza non fosse stata commessa. Esso comprende quindi il diritto al risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante, oltre al pagamento di interessi.
3. Il pieno risarcimento ai sensi della presente direttiva non conduce a una sovra-compensazione del danno subito, sia sotto forma di risarcimento punitivo che di risarcimento multiplo o di altra natura.
Articolo 4
Principi di efficacia e di equivalenza
A norma del principio di efficacia, gli Stati membri provvedono affinché tutte le norme e procedure nazionali relative all'esercizio del diritto di chiedere il risarcimento del danno siano concepite e applicate in modo da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficoltoso l'esercizio del diritto, conferito dall'Unione, al pieno risarcimento per il danno causato da una violazione del diritto della concorrenza. A norma del principio di equivalenza le norme e procedure nazionali relative alle azioni per il risarcimento del danno a seguito di violazioni dell'articolo 101 o 102 TFUE non devono essere meno favorevoli, per i presunti soggetti danneggiati, di quelle che disciplinano azioni simili per danni derivanti da violazioni del diritto nazionale.
CAPO II
DIVULGAZIONE DELLE PROVE
Articolo 5
Divulgazione delle prove
1. Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a un'azione per il risarcimento del danno nell'Unione, su istanza di un attore che abbia presentato una richiesta motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della sua domanda di risarcimento del danno, i giudici nazionali possano ordinare al convenuto o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti che rientrino nel controllo di tale soggetto, alle condizioni precisate nel presente capo. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano, su richiesta del convenuto, ingiungere all'attore o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti.
Il presente paragrafo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi del regolamento (CE) n. 1206/2001.
2. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano ordinare la divulgazione di specifici elementi di prova o rilevanti categorie di prove definiti nel modo più preciso e circoscritto possibile sulla base dei fatti ragionevolmente disponibili nella richiesta motivata.
3. Gli Stati membri garantiscono che i giudici nazionali limitino la divulgazione delle prove a quanto è proporzionato. Nel determinare se una divulgazione richiesta da una parte è proporzionata, i giudici nazionali prendono in considerazione gli interessi legittimi di tutte le parti e di tutti i terzi interessati. In particolare:
a)
esaminano in quale misura la domanda di risarcimento o gli argomenti di difesa siano corroborati da fatti e prove disponibili che giustificano la domanda di divulgazione delle prove;
b)
esaminano la portata e i costi della divulgazione, in particolare per i terzi interessati, anche al fine di prevenire la ricerca generica di informazioni verosimilmente non rilevanti per le parti nel procedimento;
c)
valutano se le prove di cui è richiesta la divulgazione contengano informazioni riservate, in particolare riguardanti parti terze, e le modalità atte a proteggere tali informazioni riservate.
4. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali dispongano del potere di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano rilevanti ai fini delle azioni per il risarcimento del danno. Gli Stati membri provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, i giudici nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle.
5. L'interesse delle imprese a evitare azioni per il risarcimento del danno in seguito a una violazione del diritto della concorrenza non costituisce un interesse meritevole di tutela.
6. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali garantiscano appieno la riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti prevista dal diritto dell'Unione o nazionale allorquando ordinano la divulgazione delle prove.
7. Gli Stati membri provvedono affinché coloro ai quali è chiesta la divulgazione abbiano la possibilità di essere sentiti prima che il giudice nazionale ordini la divulgazione a norma del presente articolo.
8. Fermi restando i paragrafi 4 e 7 e l'articolo 6, il presente articolo non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre norme che prevedano una divulgazione più ampia delle prove.
Articolo 6
Divulgazione delle prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza
1. Gli Stati membri provvedono affinché, ai fini delle azioni per il risarcimento del danno, allorquando i giudici nazionali ordinano la divulgazione di prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza, si applichi, oltre all'articolo 5, il presente articolo.
2. Il presente articolo non pregiudica le norme e prassi in materia di accesso del pubblico ai documenti previste dal regolamento (CE) n. 1049/2001.
3. Il presente articolo non pregiudica le norme e prassi previste dal diritto dell'Unione o nazionale sulla protezione dei documenti interni delle autorità garanti della concorrenza e della corrispondenza fra tali autorità.
4. Nel valutare, a norma dell'articolo 5, paragrafo 3, la proporzionalità di un ordine di divulgazione di informazioni, i giudici nazionali considerano altresì:
a)
se la richiesta sia stata formulata in modo specifico quanto alla natura, all'oggetto o al contenuto dei documenti presentati a un'autorità garante della concorrenza o contenuti nel fascicolo di tale autorità, piuttosto che con una domanda generica attinente a documenti presentati a un'autorità garante della concorrenza;
b)
se la parte stia richiedendo la divulgazione in relazione a un'azione per il risarcimento del danno intentata dinanzi a un giudice nazionale; e
c)
con riferimento ai paragrafi 5 e 10, o su richiesta di un'autorità garante della concorrenza ai sensi del paragrafo 11, se sia necessario salvaguardare l'efficacia dell'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza.
5. I giudici nazionali possono ordinare la divulgazione delle categorie di prove sotto indicate solo dopo che l'autorità garante della concorrenza abbia chiuso il suo procedimento adottando una decisione o in altro modo:
a)
informazioni elaborate da persone fisiche o giuridiche specificamente ai fini di un procedimento di un'autorità garante della concorrenza;
b)
informazioni che l'autorità garante della concorrenza ha redatto e comunicato alle parti nel corso del suo procedimento; e
c)
proposte di transazione che sono state ritirate.
6. Gli Stati membri provvedono affinché, ai fini delle azioni per il risarcimento del danno, i giudici nazionali non possano in alcun momento ordinare a una parte o a un terzo di divulgare prove rientranti nelle seguenti categorie:
a)
dichiarazioni legate a un programma di clemenza; e
b)
proposte di transazione.
7. Un attore può presentare una richiesta motivata affinché un giudice nazionale acceda alle prove indicate al paragrafo 6, lettera a) o b), al solo scopo di garantire che il loro contenuto corrisponda alle definizioni di cui all'articolo 2, punti 16 e 18. Nell'ambito di tale valutazione, il giudice nazionale può chiedere l'assistenza solo della competente autorità garante della concorrenza. Anche gli autori dei documenti interessati possono avere la possibilità di essere sentiti. In nessun caso, il giudice concede alle altre parti o a terzi l'accesso a tali prove.
8. Laddove il paragrafo 6 trovi applicazione solo riguardo ad alcune parti delle prove richieste, le parti restanti sono divulgate, in funzione della categoria in cui rientrano, conformemente ai pertinenti paragrafi del presente articolo.
9. La divulgazione di prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza e che non rientrano in nessuna delle categorie di cui al presente articolo può essere ordinata in ogni momento ai fini delle azioni per il risarcimento del danno, fatto salvo quanto previsto dal presente articolo.
10. Gli Stati membri provvedono affinché il giudice nazionale chieda a un'autorità garante della concorrenza la divulgazione delle prove contenute nel fascicolo di quest'ultima solo qualora nessuna parte o nessun terzo sia ragionevolmente in grado di fornire tale prova.
11. Nella misura in cui un'autorità garante della concorrenza intenda fornire il proprio parere sulla proporzionalità delle richieste di divulgazione, essa, agendo d'ufficio, può presentare osservazioni al giudice nazionale cui è richiesto un ordine di divulgazione.
Articolo 7
Limiti nell'uso delle prove ottenute solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza
1. Gli Stati membri provvedono affinché le prove rientranti in una delle categorie elencate all'articolo 6, paragrafo 6, ottenute da una persona fisica o giuridica solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza, siano ritenute inammissibili nelle azioni per il risarcimento del danno o siano altrimenti protette secondo le norme nazionali applicabili per garantire la piena efficacia dei limiti relativi alla divulgazione delle prove di cui all'articolo 6.
2. Gli Stati membri provvedono affinché, fino a quando l'autorità garante della concorrenza non abbia chiuso il procedimento adottando una decisione o in altro modo, le prove rientranti nelle categorie elencate all'articolo 6, paragrafo 5, ottenute da una persona fisica o giuridica solo grazie all'accesso al fascicolo di tale autorità, siano ritenute inammissibili nelle azioni per il risarcimento del danno o siano altrimenti protette secondo le norme nazionali applicabili per garantire la piena efficacia dei limiti relativi alla divulgazione delle prove di cui all'articolo 6.
3. Gli Stati membri provvedono affinché le prove ottenute da una persona fisica o giuridica solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza e che non rientrano nell'ambito di applicazione dei paragrafi 1 e 2, possano essere usate nelle azioni per il risarcimento del danno solo da tale persona o dalla persona fisica o giuridica che le è succeduta nei diritti, inclusa la persona che ha rilevato la sua domanda.
Articolo 8
Sanzioni
1. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano applicare efficacemente sanzioni alle parti, ai terzi e ai loro rappresentanti legali in caso di:
a)
mancato rispetto o rifiuto di rispettare l'ordine di divulgazione di un giudice nazionale;
b)
distruzione di prove rilevanti;
c)
mancato rispetto o rifiuto di rispettare gli obblighi imposti dall'ordine di un giudice nazionale a tutela di informazioni riservate; o
d)
violazione dei limiti all'uso delle prove previsti nel presente capo.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le sanzioni che possono essere imposte dai giudici nazionali siano efficaci, proporzionate e dissuasive. Le sanzioni di cui dispongono i giudici nazionali comprendono, per quanto riguarda il comportamento di una parte nel procedimento relativo a un'azione per il risarcimento del danno, la possibilità di trarre conclusioni negative, quali presumere che la questione sia stata provata o respingere in tutto o in parte domande e eccezioni, e la possibilità di ordinare il pagamento delle spese.
CAPO III
EFFETTO DELLE DECISIONI NAZIONALI, TERMINI DI PRESCRIZIONE E RESPONSABILITÀ IN SOLIDO
Articolo 9
Effetto delle decisioni nazionali
1. Gli Stati membri provvedono affinché una violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso sia ritenuta definitivamente accertata ai fini dell'azione per il risarcimento del danno proposta dinanzi ai loro giudici nazionali ai sensi dell'articolo 101 o 102 TFUE o ai sensi del diritto nazionale della concorrenza.
2. Gli Stati membri provvedono affinché una decisione definitiva ai sensi del paragrafo 1 adottata in un altro Stato membro possa, conformemente al rispettivo diritto nazionale, essere presentata dinanzi ai propri giudici nazionali, almeno a titolo di prova prima facie, del fatto che è avvenuta una violazione del diritto della concorrenza e possa, se del caso, essere valutata insieme ad altre prove addotte dalle parti.
3. Il presente articolo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi delle giurisdizioni nazionali di cui all'articolo 267 TFUE.
Articolo 10
Termini di prescrizione
1. Gli Stati membri stabiliscono, conformemente al presente articolo, norme riguardanti i termini di prescrizione per intentare azioni per il risarcimento del danno. Tali norme determinano quando inizia a decorrere il termine di prescrizione, la durata del termine e le circostanze nelle quali il termine è interrotto o sospeso.
2. Il termine di prescrizione non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata e prima che l'attore sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza:
a)
della condotta e del fatto che tale condotta costituisce una violazione del diritto della concorrenza;
b)
del fatto che la violazione del diritto della concorrenza gli ha causato un danno;
c)
dell'identità dell'autore della violazione.
3. Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione applicabile alle azioni per il risarcimento del danno sia almeno di cinque anni.
4. Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione sia sospeso o, a seconda del diritto nazionale, interrotto se un'autorità garante della concorrenza interviene a fini di indagine o di istruttoria avviata in relazione alla violazione del diritto della concorrenza cui si riferisce l'azione per il risarcimento del danno. La sospensione non può protrarsi oltre un anno dal momento in cui la decisione relativa a una violazione è diventata definitiva o dopo che il procedimento si è chiuso in altro modo.
Articolo 11
Responsabilità in solido
1. Gli Stati membri provvedono affinché le imprese che hanno violato congiuntamente il diritto della concorrenza con il proprio comportamento siano responsabili in solido per il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza, con l'effetto che ciascuna di tali imprese è tenuta a risarcire il danno nella sua integralità e il soggetto danneggiato ha il diritto di esigere il pieno risarcimento da ognuna di loro fino ad essere totalmente risarcito.
2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché, fatto salvo il diritto al pieno risarcimento di cui all'articolo 3, nel caso in cui la violazione sia stata commessa da una piccola o media impresa (PMI), come definita nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (8), l'autore della violazione sia responsabile solo nei confronti dei propri acquirenti diretti ed indiretti se:
a)
la sua quota nel mercato rilevante era inferiore al 5 % per tutto il tempo in cui ha avuto luogo la violazione del diritto della concorrenza; e
b)
l'applicazione delle ordinarie regole in materia di responsabilità solidale determinerebbe un pregiudizio irreparabile per la sua solidità economica e la totale perdita di valore delle sue attività.
3. La deroga di cui al paragrafo 2 non si applica se:
a)
la PMI ha svolto un ruolo di guida nella violazione del diritto della concorrenza o costretto altre imprese a parteciparvi; o
b)
la PMI risulta aver commesso in precedenza una violazione del diritto della concorrenza.
4. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché il beneficiario dell'immunità sia responsabile in solido:
a)
nei confronti dei suoi acquirenti o fornitori diretti o indiretti; e
b)
nei confronti di altri soggetti danneggiati solo qualora questi non possano ottenere il pieno risarcimento dalle altre imprese coinvolte nella stessa violazione del diritto della concorrenza.
Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione applicabile ai casi di cui al presente paragrafo sia ragionevole e sufficiente a consentire ai soggetti danneggiati di intentare le azioni di risarcimento.
5. Gli Stati membri provvedono affinché l'autore di una violazione possa recuperare da ogni altro autore della violazione un contributo il cui importo è determinato alla luce delle loro responsabilità relative per il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza. L'importo del contributo di un autore della violazione che ha ottenuto l'immunità dalle ammende nell'ambito di un programma di clemenza non supera l'importo del danno che esso ha causato ai propri acquirenti o fornitori diretti o indiretti.
6. Gli Stati membri provvedono affinché, nella misura in cui la violazione del diritto della concorrenza abbia causato un danno a soggetti diversi dagli acquirenti o fornitori diretti o indiretti degli autori della violazione, l'importo del contributo dal beneficiario dell'immunità agli altri autori della violazione sia determinato alla luce della sua responsabilità relativa per tale danno.
CAPO IV
TRASFERIMENTO DEL SOVRAPPREZZO
Articolo 12
Trasferimento del sovrapprezzo e diritto al pieno risarcimento
1. Per garantire la piena efficacia del diritto al pieno risarcimento di cui all'articolo 3, gli Stati membri provvedono affinché, in conformità delle norme stabilite nel presente capo, il risarcimento del danno possa essere chiesto da chiunque lo abbia subito, indipendentemente dal fatto che si tratti di acquirenti diretti o indiretti dell'autore della violazione, e affinché siano evitati sia un risarcimento del danno superiore al danno causato all'attore dalla violazione del diritto della concorrenza sia l'assenza di responsabilità in capo all'autore della violazione.
2. Al fine di evitare una sovra-compensazione, gli Stati membri stabiliscono le opportune norme procedurali per garantire che il risarcimento per il danno emergente versato a un dato livello della catena di approvvigionamento non superi il danno da sovrapprezzo subito a tale livello.
3. Il presente capo lascia impregiudicato il diritto di un soggetto danneggiato di chiedere e ottenere un risarcimento per il lucro cessante dovuto al trasferimento integrale o parziale del sovrapprezzo.
4. Gli Stati membri provvedono affinché le norme stabilite nel presente capo si applichino nello stesso modo qualora la violazione del diritto della concorrenza riguardi una fornitura all'autore della violazione.
5. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali abbiano la facoltà di stimare a norma delle procedure nazionali quale parte del sovrapprezzo è stata trasferita.
Articolo 13
Eccezione del trasferimento
Gli Stati membri provvedono affinché il convenuto in un'azione per il risarcimento del danno possa invocare, contro una domanda di risarcimento del danno, il fatto che l'attore abbia trasferito in tutto o in parte il sovrapprezzo derivante dalla violazione del diritto della concorrenza. L'onere della prova del fatto che il sovrapprezzo è stato trasferito spetta al convenuto che può ragionevolmente richiedere la divulgazione di prove all'attore o a terzi.
Articolo 14
Acquirenti indiretti
1. Qualora, in un'azione per il risarcimento del danno, l'esistenza di una domanda di risarcimento del danno o l'importo da accordare a tale titolo dipendano dal fatto che il sovrapprezzo sia stato trasferito o meno sull'attore — e in quale misura — tenuto conto della prassi commerciale di trasferire gli aumenti di prezzo a valle della catena di approvvigionamento, gli Stati membri provvedono affinché l'onere di dimostrare l'esistenza e la portata di tale trasferimento incomba all'attore, che può ragionevolmente richiedere la divulgazione di prove al convenuto o a terzi.
2. Nella situazione di cui al paragrafo 1, si ritiene che l'acquirente indiretto abbia dimostrato l'avvenuto trasferimento su di sé qualora tale acquirente indiretto dimostri che:
a)
il convenuto ha commesso una violazione del diritto della concorrenza;
b)
la violazione del diritto della concorrenza ha determinato un sovrapprezzo per l'acquirente diretto del convenuto; e
c)
l'acquirente indiretto ha acquistato beni o servizi oggetto della violazione del diritto della concorrenza o ha acquistato beni o servizi che derivano dagli stessi o che li incorporano.
Il presente paragrafo non si applica nel caso in cui il convenuto sia in grado di dimostrare in modo verosimile e ritenuto adeguato dal giudice che il sovrapprezzo non è stato trasferito, o non è stato trasferito interamente, sull'acquirente indiretto.
Articolo 15
Azioni per il risarcimento del danno intentate da attori a diversi livelli nella catena di approvvigionamento
1. Al fine di evitare che, per effetto di azioni per il risarcimento del danno intentate da attori a diversi livelli nella catena di approvvigionamento, si determinino pluralità di responsabilità o un'assenza di responsabilità da parte dell'autore della violazione, gli Stati membri provvedono affinché, nel valutare se l'onere della prova risultante dall'applicazione degli articoli 13 e 14 sia soddisfatto, i giudici nazionali investiti di un'azione per il risarcimento del danno possano, tramite gli strumenti previsti dal diritto dell'Unione o dal diritto nazionale, tenere debito conto:
a)
delle azioni per il risarcimento del danno connesse alla stessa violazione del diritto della concorrenza, ma intentate da attori che si trovano a un altro livello della catena di approvvigionamento;
b)
delle decisioni giudiziarie risultanti da azioni per il risarcimento del danno di cui alla lettera a);
c)
delle pertinenti informazioni di dominio pubblico risultanti dall'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza.
2. Il presente articolo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi dell'articolo 30 del regolamento (UE) n. 1215/2012.
Articolo 16
Linee guida per i giudici nazionali
La Commissione emana linee guida per i giudici nazionali in ordine alle modalità di stima della parte del sovrapprezzo trasferita sull'acquirente indiretto.
CAPO V
QUANTIFICAZIONE DEL DANNO
Articolo 17
Quantificazione del danno
1. Gli Stati membri garantiscono che né l'onere della prova né il grado di rilevanza della prova richiesti per la quantificazione del danno rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto al risarcimento. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali abbiano il potere, a norma delle procedure nazionali, di stimare l'ammontare del danno se è accertato che l'attore ha subito un danno ma è praticamente impossibile o eccessivamente difficile quantificare con esattezza il danno subito sulla base delle prove disponibili.
2. Si presume che le violazioni consistenti in cartelli causino un danno. L'autore della violazione ha il diritto di fornire prova contraria a tale presunzione.
3. Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a un'azione per il risarcimento del danno, un'autorità nazionale garante della concorrenza possa, su richiesta di un giudice nazionale, prestare a questo assistenza con riguardo alla determinazione quantitativa del danno qualora l'autorità nazionale garante della concorrenza consideri appropriata tale assistenza.
CAPO VI
COMPOSIZIONE CONSENSUALE DELLE CONTROVERSIE
Articolo 18
Effetto sospensivo e altri effetti della composizione consensuale delle controversie
1. Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione per intentare un'azione per il risarcimento del danno sia sospeso per la durata del procedimento di composizione consensuale delle controversie. La sospensione del termine di prescrizione si applica solo nei confronti delle parti che sono o sono state coinvolte o rappresentate in tale procedimento.
2. Fatte salve le disposizioni di diritto nazionale in materia di arbitrato, gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali investiti di un'azione per il risarcimento del danno possano sospendere il procedimento fino a due anni se le parti di detto procedimento partecipano a una composizione consensuale delle controversie riguardante la richiesta interessata dall'azione per il risarcimento del danno.
3. Un'autorità garante della concorrenza può considerare un fattore attenuante il risarcimento versato a seguito di una transazione consensuale e prima della sua decisione di infliggere un'ammenda.
Articolo 19
Effetto delle transazioni consensuali sulle successive azioni per il risarcimento del danno
1. Gli Stati membri provvedono affinché, a seguito di una transazione consensuale, dalla richiesta del soggetto danneggiato che ha partecipato a tale transazione sia sottratta la parte di danno del coautore della violazione del diritto della concorrenza che ha a sua volta partecipato alla transazione consensuale.
2. Il resto della domanda di risarcimento del soggetto danneggiato che ha partecipato alla transazione è esercitato soltanto nei confronti dei coautori della violazione che non hanno partecipato alla transazione. I coautori della violazione che non hanno partecipato alla transazione non possono chiedere ai coautori della violazione che vi hanno partecipato il contributo per il resto della domanda di risarcimento.
3. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri provvedono affinché, quando i coautori della violazione che non hanno partecipato alla transazione non possono pagare il danno corrispondente al resto della domanda di risarcimento del soggetto danneggiato che ha partecipato alla transazione, quest'ultimo possa rivalersi del danno corrispondente al resto della domanda di risarcimento nei confronti dei coautori della violazione che hanno partecipato alla transazione.
La deroga richiamata al primo comma può essere espressamente esclusa in base alla transazione consensuale.
4. Nel determinare l'importo del contributo che un coautore della violazione può chiedere a ciascuno degli altri coautori della violazione in funzione della loro responsabilità relativa per il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza, i giudici nazionali tengono in debita considerazione eventuali risarcimenti versati nell'ambito di una transazione consensuale precedente a cui ha partecipato il coautore interessato.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 20
Riesame
1. La Commissione riesamina la presente direttiva e presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 27 dicembre 2020.
2. La relazione di cui al paragrafo 1 include, tra l'altro, le seguenti informazioni:
a)
il possibile impatto degli oneri finanziari derivanti dal pagamento di ammende inflitte da un'autorità garante della concorrenza per una violazione del diritto della concorrenza sulla possibilità per i soggetti danneggiati di ottenere il pieno risarcimento per il danno causato da tale violazione del diritto della concorrenza;
b)
la misura in cui i soggetti che hanno intentato un'azione per il risarcimento del danno causato da una violazione del diritto della concorrenza accertata da una decisione relativa a una violazione adottata da un'autorità garante della concorrenza di uno Stato membro non sono in grado di dimostrare dinanzi al giudice nazionale di un altro Stato membro che tale violazione del diritto della concorrenza è avvenuta;
c)
la misura in cui il risarcimento per il danno emergente ha superato il danno da sovrapprezzo causato dalla violazione del diritto della concorrenza o il danno subito a qualsiasi livello della catena di approvvigionamento.
3. Ove opportuno, la relazione di cui al paragrafo 1 è corredata di una proposta legislativa.
Articolo 21
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 dicembre 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 22
Applicazione temporale
1. Gli Stati membri assicurano che le misure nazionali adottate ai sensi dell'articolo 21 al fine di rispettare le disposizioni sostanziali della presente direttiva non si applichino retroattivamente.
2. Gli Stati membri assicurano che ogni misura nazionale adottata ai sensi dell'articolo 21, diversa da quelle di cui al paragrafo 1, non si applichi ad azioni per il risarcimento del danno per le quali un giudice nazionale sia stato adito anteriormente al 26 dicembre 2014.
Articolo 23
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 24
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 26 novembre 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
S. GOZI
(1) GU C 67 del 6.3.2014, pag. 83.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 17 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 10 novembre 2014.
(3) Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
(4) Regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale (GU L 174 del 27.6.2001, pag. 1).
(5) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
(6) Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 1).
(7) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
(8) Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2014/104/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 26 novembre 2014
relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 103 e 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) sono elementi di ordine pubblico e dovrebbero essere applicati efficacemente in tutta l'Unione al fine di garantire che la concorrenza nel mercato interno non sia distorta.
(2)
L'applicazione a livello pubblicistico degli articoli 101 e 102 TFUE compete alla Commissione in virtù dei poteri ad essa conferiti dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (3). A seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, gli articoli 81 e 82 del trattato che istituisce la Comunità europea sono diventati gli articoli 101 e 102 TFUE e restano sostanzialmente identici. Provvedono all'applicazione a livello pubblicistico anche le autorità nazionali garanti della concorrenza, che possono adottare le decisioni elencate all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1/2003. A norma di tale regolamento, gli Stati membri dovrebbero poter designare autorità sia amministrative che giudiziarie preposte all'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE quali autorità pubbliche competenti e all'espletamento delle varie funzioni conferite alle autorità garanti della concorrenza da detto regolamento.
(3)
Gli articoli 101 e 102 TFUE producono effetti diretti nei rapporti tra singoli e attribuiscono ai singoli interessati diritti ed obblighi che le autorità giudiziarie nazionali devono applicare. Le autorità giudiziarie nazionali hanno quindi un ruolo di pari importanza da svolgere nell'applicazione delle regole di concorrenza (applicazione a livello privatistico). Esse tutelano i diritti soggettivi garantiti dal diritto dell'Unione nelle controversie fra privati, ad esempio accordando risarcimenti alle vittime delle violazioni. Per una piena efficacia degli articoli 101 e 102 TFUE, ed in particolare per realizzare l'effetto concreto dei divieti da essi previsti, è necessario che chiunque, compresi consumatori e imprese o autorità pubbliche, possa richiedere un risarcimento dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali per i danni subiti a causa di una violazione di tali disposizioni. Il diritto al risarcimento previsto dal diritto dell'Unione si applica anche alle violazioni degli articoli 101 e 102 TFUE commesse da imprese pubbliche e da imprese cui gli Stati membri hanno accordato diritti speciali o esclusivi ai sensi dell'articolo 106 TFUE.
(4)
Il diritto al risarcimento previsto dal diritto dell'Unione per i danni derivanti dalle violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione e nazionale richiede che ciascuno Stato membro disponga di norme procedurali che garantiscano l'effettivo esercizio di tale diritto. La necessità di mezzi di ricorso procedurali efficaci deriva anche dal diritto a una tutela giurisdizionale effettiva come previsto all'articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, del trattato sull'Unione europea (TUE) e all'articolo 47, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Gli Stati membri dovrebbero assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione.
(5)
Le azioni per il risarcimento del danno sono solo uno degli elementi che assicurano un sistema efficace di applicazione a livello privatistico per le violazioni del diritto della concorrenza, a cui fanno da complemento vie alternative di ristoro, quali forme consensuali di risoluzione delle controversie e decisioni di applicazione a livello pubblicistico che incentivano le parti a riconoscere il risarcimento.
(6)
Per garantire un'efficace applicazione a livello privatistico a norma del diritto civile e un'efficace applicazione a livello pubblicistico da parte delle autorità garanti della concorrenza, i due canali devono interagire in modo da assicurare la massima efficacia delle regole di concorrenza. È necessario dettare regole per coordinare in modo coerente queste due forme di applicazione, ad esempio in relazione alle modalità di accesso a documenti in possesso delle autorità garanti della concorrenza. Tale coordinamento a livello di Unione permetterà inoltre di evitare divergenze fra le norme applicabili, che potrebbero compromettere il corretto funzionamento del mercato interno.
(7)
A norma dell'articolo 26, paragrafo 2, TFUE, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. Esistono marcate differenze fra gli Stati membri per quanto riguarda le norme che disciplinano le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale. Tali differenze causano incertezza riguardo alle condizioni a cui i soggetti danneggiati possono esercitare il diritto al risarcimento conferito loro dal TFUE e compromettono l'effettivo esercizio di tale diritto. Poiché i soggetti danneggiati spesso scelgono lo Stato membro in cui sono stabiliti quale foro in cui presentare la domanda di risarcimento del danno, le discrepanze fra le norme nazionali portano a condizioni disomogenee per quanto riguarda le azioni per il risarcimento del danno e possono pertanto incidere sulla concorrenza nei mercati in cui operano tali soggetti danneggiati così come le imprese autrici della violazione.
(8)
Le imprese stabilite e operanti in Stati membri diversi sono soggette a differenti norme procedurali che incidono fortemente sulla misura in cui possono essere considerate responsabili di violazioni del diritto della concorrenza. Questa applicazione disomogenea del diritto al risarcimento garantito dal diritto dell'Unione non solo può portare a un vantaggio concorrenziale per certe imprese che hanno violato gli articoli 101 o 102 TFUE, ma può altresì disincentivare l'esercizio del diritto di stabilimento e di fornitura di beni e servizi negli Stati membri in cui il diritto al risarcimento è applicato in modo più efficace. Poiché le differenze fra i regimi di responsabilità applicabili negli Stati membri possono quindi incidere negativamente sia sulla concorrenza che sul corretto funzionamento del mercato interno, è opportuno fondare la presente direttiva sulla duplice base giuridica degli articoli 103 e 114 TFUE.
(9)
È necessario, tenuto conto che le violazioni su vasta scala del diritto della concorrenza presentano spesso un elemento transfrontaliero, garantire condizioni più uniformi per le imprese operanti nel mercato interno e migliorare le condizioni alle quali i consumatori possono esercitare i diritti che derivano loro dal mercato interno. È opportuno aumentare la certezza del diritto e ridurre le differenze fra gli Stati membri riguardo alle norme nazionali che regolano le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni sia del diritto della concorrenza dell'Unione che del diritto della concorrenza nazionale, laddove quest'ultimo sia applicato parallelamente al diritto della concorrenza dell'Unione. Un ravvicinamento di tali norme contribuirà a prevenire l'aumento di differenze fra le disposizioni degli Stati membri che disciplinano le azioni per il risarcimento del danno nei casi relativi alla concorrenza.
(10)
Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, «quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano il diritto nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell'articolo [101, paragrafo 1, TFUE] che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l'articolo [101 TFUE] a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano il diritto nazionale in materia di concorrenza agli sfruttamenti abusivi vietati dall'articolo [102 TFUE], esse applicano anche l'articolo [102 TFUE]». Ai fini del corretto funzionamento del mercato interno e nell'ottica di una maggiore certezza del diritto e di condizioni più uniformi per le imprese e i consumatori, è opportuno che l'ambito di applicazione della presente direttiva si estenda alle azioni per il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto nazionale della concorrenza quando esso è applicato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003. L'applicazione di norme differenti in materia di responsabilità civile per le violazioni dell'articolo 101 o 102 TFUE e con riguardo alle violazioni delle norme del diritto della concorrenza nazionale che devono essere applicate negli stessi casi e parallelamente al diritto della concorrenza dell'Unione nuocerebbe altrimenti alla posizione degli attori nello stesso caso e all'ambito delle loro richieste, e costituirebbe un ostacolo al corretto funzionamento del mercato interno. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le azioni per il risarcimento del danno relative a violazioni del diritto nazionale della concorrenza che non incidono sul commercio tra Stati membri ai sensi dell'articolo 101 o 102 TFUE.
(11)
In mancanza di una legislazione dell'Unione, le azioni per il risarcimento del danno sono disciplinate dalle norme e procedure nazionali degli Stati membri. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Corte di giustizia), chiunque può chiedere il risarcimento di un danno subito ove sussista un nesso di causalità tra tale danno ed una violazione del diritto della concorrenza. Tutte le norme nazionali che disciplinano l'esercizio del diritto al risarcimento del danno causato da una violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE, comprese quelle relative ad aspetti non trattati nella presente direttiva quale la nozione di nesso causale fra la violazione e il danno, devono rispettare i principi di efficacia e di equivalenza. Questo significa che esse non dovrebbero essere formulate o applicate in modo da rendere eccessivamente difficile o praticamente impossibile l'esercizio del diritto al risarcimento garantito dal TFUE o essere applicate in maniera meno favorevole rispetto a quelle applicabili ad azioni nazionali simili. Qualora gli Stati membri nel loro diritto nazionale prevedano altre condizioni per il risarcimento, quali imputabilità, adeguatezza o colpevolezza, essi dovrebbero poter mantenere tali condizioni nella misura in cui siano conformi alla giurisprudenza della Corte di giustizia, ai principi di efficacia e di equivalenza e alla presente direttiva.
(12)
La presente direttiva ribadisce l'acquis comunitario relativo al diritto di ottenere un risarcimento per il danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione, in particolare per quanto riguarda la legittimazione ad agire e la definizione di danno, come statuito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, e non ne pregiudica alcun ulteriore sviluppo. Chiunque abbia subito un danno causato da una tale violazione può chiedere un risarcimento per il danno emergente (damnum emergens), per il guadagno di cui è stato privato (lucro cessante o lucrum cessans), oltre agli interessi indipendentemente dal fatto che tali categorie siano definite separatamente o unitariamente dal diritto nazionale. Il pagamento degli interessi è una componente essenziale del risarcimento per indennizzare il danno subito tenendo conto del decorso del tempo, e dovrebbe essere corrisposto con decorrenza dal momento in cui il danno si è prodotto fino al momento dell'effettivo risarcimento, restando impregiudicata la qualifica di siffatto interesse come interesse compensativo o interesse di mora a norma del diritto nazionale e indipendentemente dal fatto che il decorso del tempo sia considerato come una categoria separata (interesse) o come una parte costitutiva del danno emergente o del lucro cessante. Spetta agli Stati membri stabilire le norme da applicare a tal fine.
(13)
Il diritto al risarcimento è riconosciuto a ogni persona fisica o giuridica
consumatori, imprese e pubbliche autorità
a prescindere dall'esistenza di un rapporto contrattuale diretto con l'impresa autrice della violazione, e a prescindere dal fatto che un'autorità garante della concorrenza abbia o meno preventivamente constatato una violazione. È opportuno che la presente direttiva non imponga agli Stati membri di introdurre meccanismi di ricorso collettivo per l'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Fatto salvo il risarcimento del danno da perdita di opportunità, il pieno risarcimento a norma della presente direttiva non dovrebbe comportare una sovracompensazione, che sia a titolo di risarcimento punitivo, multiplo o di altra natura.
(14)
Le azioni per il risarcimento del danno causato da violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale richiedono di norma una complessa analisi fattuale ed economica. Gli elementi di prova necessari per comprovare la fondatezza di una domanda di risarcimento del danno sono spesso detenuti esclusivamente dalla controparte o da terzi e non sono sufficientemente noti o accessibili all'attore. In tali circostanze, rigide disposizioni giuridiche che prevedano che gli attori debbano precisare dettagliatamente tutti i fatti relativi al proprio caso all'inizio di un'azione e presentare elementi di prova esattamente specificati possono impedire in maniera indebita l'esercizio efficace del diritto al risarcimento garantito dal TFUE.
(15)
La prova è un elemento importante per intentare un'azione per il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto dell'Unione o nazionale della concorrenza. Tuttavia, poiché il contenzioso in materia di diritto della concorrenza è caratterizzato da un'asimmetria informativa, è opportuno garantire agli attori il diritto di ottenere la divulgazione delle prove rilevanti per la loro richiesta, senza che sia necessario, da parte loro, specificarne i singoli elementi. Onde garantire che le controparti dispongano di strumenti equivalenti, anche i convenuti delle azioni per il risarcimento del danno dovrebbero disporre di tali mezzi, in modo da poter chiedere la divulgazione di prove da parte degli attori. I giudici nazionali dovrebbero anche poter ordinare la divulgazione delle prove da parte di terzi, comprese le pubbliche autorità. Quando i giudici nazionali intendano ordinare la divulgazione delle prove da parte della Commissione, si applicano il principio di leale cooperazione fra l'Unione e gli Stati membri di cui all'articolo 4, paragrafo 3, TUE, e l'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 sulle richieste di informazioni. Laddove i giudici nazionali ordinino alle pubbliche autorità di divulgare le prove, si applicano i principi di cooperazione giuridica e amministrativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale.
(16)
Su richiesta di una parte, il giudice nazionale dovrebbe poter ordinare la divulgazione di specifici elementi di prova o categorie di prove, esercitando un controllo rigoroso, in particolare per quanto riguarda la necessità e la proporzionalità di tale misura. Dall'esigenza di proporzionalità deriva che la divulgazione può essere ingiunta solo qualora un attore abbia asserito in modo plausibile
sulla base di fatti ragionevolmente disponibili per tale attore
di aver subito un danno causato dal convenuto. Laddove una richiesta di divulgazione sia intesa ad ottenere una categoria di prove, quest'ultima dovrebbe essere individuata attraverso il riferimento a caratteristiche comuni dei suoi elementi costitutivi, come la natura, l'oggetto o il contenuto dei documenti di cui è richiesta la divulgazione, il periodo durante il quale sono stati redatti o altri criteri, purché gli elementi di prova rientranti nella categoria siano pertinenti ai sensi della presente direttiva. Tali categorie dovrebbero essere definite nel modo più preciso e circoscritto possibile sulla base di fatti ragionevolmente disponibili.
(17)
Qualora l'autorità giudiziaria in uno Stato membro chieda che l'autorità giudiziaria competente di un altro Stato membro proceda all'assunzione delle prove o chieda di procedere direttamente all'assunzione delle prove in un altro Stato membro, si applicano le disposizioni del regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio (4).
(18)
Seppure le prove pertinenti che contengono segreti aziendali o altre informazioni riservate dovrebbero, in linea di principio, essere disponibili nell'ambito di azioni per il risarcimento del danno, tali informazioni riservate devono essere adeguatamente protette. I giudici nazionali dovrebbero quindi avere a disposizione una serie di misure per tutelare tali informazioni riservate contro ogni divulgazione nel corso del procedimento. Tali misure possono comprendere la possibilità di non rendere visibili parti riservate di un documento, condurre audizioni a porte chiuse, limitare il numero di persone autorizzate a prendere visione delle prove e conferire ad esperti l'incarico di redigere sintesi delle informazioni in forma aggregata o in altra forma non riservata. Le misure che tutelano i segreti aziendali ed altre informazioni riservate non dovrebbero comunque impedire l'esercizio del diritto al risarcimento.
(19)
La presente direttiva non ha effetti sulla possibilità prevista dalle legislazioni degli Stati membri di impugnare gli ordini di divulgazione, né sulle condizioni per proporre tali impugnazioni.
(20)
Il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) disciplina l'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione ed è volto a conferire al pubblico un diritto di accesso il più ampio possibile ai documenti di tali istituzioni. Tale diritto è nondimeno assoggettato a determinati limiti basati su motivi di interesse pubblico o privato. Ne deriva che il regime delle eccezioni previsto dall'articolo 4 di tale regolamento è fondato su una ponderazione degli interessi contrapposti in una data situazione, ossia, da un lato, gli interessi che sarebbero favoriti dalla divulgazione dei documenti in questione e, dall'altro, quelli che sarebbero pregiudicati da tale divulgazione. La presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicate tali norme e pratiche previste dal regolamento (CE) n. 1049/2001.
(21)
L'efficacia e la coerenza dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte della Commissione e delle autorità nazionali garanti della concorrenza richiedono un approccio comune a livello di Unione per quanto riguarda la divulgazione delle prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza. È opportuno che la divulgazione delle prove non comprometta indebitamente l'efficace applicazione del diritto della concorrenza da parte di un'autorità garante della concorrenza. La presente direttiva non contempla la divulgazione dei documenti interni delle autorità garanti della concorrenza e la corrispondenza tra tali autorità.
(22)
Al fine di garantire la tutela effettiva del diritto al risarcimento, non è necessario che ogni documento relativo a procedimenti avviati in virtù degli articoli 101 o 102 TFUE sia divulgato ad un attore esclusivamente a motivo del fatto che egli intende promuovere un'azione di risarcimento del danno, poiché è altamente improbabile che tale azione debba essere basata su tutte le prove contenute nel fascicolo relativo a tali procedimenti.
(23)
L'esigenza di proporzionalità dovrebbe essere valutata attentamente quando la divulgazione delle prove rischia di compromettere la strategia di indagine di un'autorità garante della concorrenza rivelando quali documenti facciano parte del fascicolo o rischia di avere un effetto negativo sul modo in cui le imprese cooperano con le autorità garanti della concorrenza. È opportuno prestare una particolare attenzione per prevenire tentativi di acquisizione generalizzata di informazioni, ossia la ricerca in base a criteri non sufficientemente determinati o eccessivamente ampi di informazioni che probabilmente non rivestono interesse per le parti del procedimento. Le richieste di divulgazione non dovrebbero quindi essere considerate proporzionate quando riguardano una trasmissione generica dei documenti del fascicolo di un'autorità garante della concorrenza relativamente a un determinato caso o la divulgazione generica di documenti presentati da una parte nel contesto di un caso particolare. Richieste di queste tipo, riguardanti una divulgazione ampia, non sarebbero compatibili con l'obbligo della parte richiedente di specificare in maniera quanto più possibile precisa e circoscritta le prove o categorie di prova.
(24)
La presente direttiva non pregiudica il diritto dei giudici di considerare, a norma del diritto dell'Unione o nazionale, l'interesse all'efficace applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza allorquando ordinano la divulgazione di prove di qualsiasi tipo, diverse dalle dichiarazioni rese nell'ambito di un programma di clemenza e dalle proposte di transazione.
(25)
Una deroga dovrebbe inoltre applicarsi con riguardo ad ogni divulgazione che, laddove concessa, interferisca in modo indebito con un'indagine in corso da parte di un'autorità garante della concorrenza in merito ad una violazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale. Le informazioni preparate da un'autorità garante della concorrenza nel corso di un suo procedimento d'applicazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale e trasmesse alle parti di tale procedimento (come una comunicazione degli addebiti) oppure preparate da una parte del procedimento (come le risposte alle richieste di informazioni dell'autorità garante della concorrenza o le deposizioni testimoniali) dovrebbero quindi essere divulgabili, nelle azioni per il risarcimento del danno, solo dopo che l'autorità garante della concorrenza abbia chiuso il procedimento, ad esempio adottando una decisione a norma dell'articolo 5 o a norma del capitolo III del regolamento (CE) n. 1/2003, ad eccezione delle decisioni che dispongono misure cautelari.
(26)
I programmi di clemenza e le procedure di transazione sono strumenti importanti per l'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza dell'Unione, poiché contribuiscono ad individuare e perseguire efficacemente e sanzionare le violazioni più gravi di tali norme. Inoltre, poiché molte decisioni delle autorità garanti della concorrenza nei casi riguardanti cartelli si basano su richieste di clemenza e le azioni per il risarcimento del danno nei casi riguardanti cartelli sono in genere successive a tali decisioni, i programmi di clemenza sono importanti anche per assicurare l'efficacia delle azioni per il risarcimento del danno nei casi riguardanti cartelli. Le imprese potrebbero essere dissuase dal collaborare con le autorità garanti della concorrenza nell'ambito di programmi di clemenza e di procedure di transazione se dichiarazioni contenenti prove autoincriminanti, quali le dichiarazioni legate a un programma di clemenza e le proposte di transazione predisposte soltanto ai fini della collaborazione con le autorità garanti della concorrenza venissero divulgate. Tale divulgazione comporterebbe il rischio di esporre le imprese che collaborano o il loro personale con funzioni di amministrazione o direzione a responsabilità civile o penale a condizioni peggiori di quelle dei coautori della violazione che non collaborano con le autorità garanti della concorrenza. Per garantire che le imprese continuino ad essere disposte a rivolgersi volontariamente alle autorità garanti della concorrenza presentando dichiarazioni legate a un programma di clemenza o proposte di transazione, è opportuno che tali documenti siano esclusi dall'ordine della divulgazione delle prove. Tale esclusione dovrebbe altresì applicarsi alle citazioni letterali di una dichiarazione legata a un programma di clemenza o di una proposta di transazione contenute in altri documenti. Tali limitazioni quanto alla divulgazione delle prove non dovrebbero impedire alle autorità garanti della concorrenza di pubblicare le loro decisioni conformemente al diritto dell'Unione o nazionale applicabile. Per assicurare che tale deroga non interferisca in modo indebito con il diritto al risarcimento dei soggetti danneggiati, essa dovrebbe essere circoscritta alle suddette dichiarazioni volontarie e autoincriminanti legate a un programma di clemenza e a proposte di transazione.
(27)
Le norme della presente direttiva in materia di divulgazione di documenti diversi dalle dichiarazioni legate a un programma di clemenza e dalle proposte di transazione garantiscono che i soggetti danneggiati mantengano mezzi alternativi sufficienti per avere accesso alle pertinenti prove necessarie ad esperire le loro azioni per il risarcimento del danno. I giudici nazionali dovrebbero avere la possibilità, su richiesta dell'attore, di accedere essi stessi a documenti per i quali è invocata la deroga al fine di verificare se il loro contenuto esuli dalle definizioni di dichiarazione legata a un programma di clemenza e di proposta di transazione previste dalla presente direttiva. Qualsiasi contenuto che vada oltre tali definizioni dovrebbe essere divulgabile alle condizioni stabilite.
(28)
I giudici nazionali dovrebbero poter ordinare in qualsiasi momento, nel contesto di un'azione per il risarcimento del danno, la divulgazione delle prove che esistono indipendentemente dal procedimento avviato dall'autorità garante della concorrenza («informazioni preesistenti»).
(29)
La divulgazione delle prove dovrebbe essere ordinata ad un'autorità garante della concorrenza soltanto allorquando tali prove non possono essere ragionevolmente ottenute da un'altra parte o da terzi.
(30)
A norma dell'articolo 15, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1/2003, le autorità garanti della concorrenza possono, agendo d'ufficio, presentare osservazioni scritte alle giurisdizioni nazionali in merito a questioni relative all'applicazione dell'articolo 101 o 102 TFUE. Al fine di preservare il contributo all'attuazione di tali articoli apportato dall'applicazione a livello pubblicistico, le autorità garanti della concorrenza dovrebbero poter ugualmente presentare, agendo d'ufficio, le proprie osservazioni a un giudice nazionale ai fini della valutazione della proporzionalità della divulgazione delle prove incluse nel fascicolo delle autorità, alla luce dell'impatto che una tale divulgazione produrrebbe sull'efficacia dell'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza. Gli Stati membri dovrebbero poter istituire un sistema in base al quale un'autorità garante della concorrenza sia informata delle richieste di divulgazione delle informazioni qualora la persona che richiede la divulgazione o la persona alla quale è richiesta la divulgazione sia coinvolta nell'indagine di tale autorità relativa alla presunta violazione, fatte salve le norme nazionali sulle procedure senza contraddittorio.
(31)
Ogni persona fisica o giuridica che ottenga delle prove grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza dovrebbe poter usare tali prove ai fini di un'azione per il risarcimento del danno di cui è parte. Tale uso dovrebbe anche essere consentito alla persona fisica o giuridica che le sia succeduta nei diritti e negli obblighi, anche attraverso il rilevamento della sua domanda. Laddove le prove siano state ottenute da una persona giuridica facente parte di un gruppo societario che costituisce una sola impresa ai fini dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, l'uso di tali prove dovrebbe essere consentito anche alle altre persone giuridiche appartenenti alla stessa impresa.
(32)
Tuttavia, l'uso delle prove ottenute mediante l'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza non dovrebbe ostacolare indebitamente l'efficace applicazione del diritto della concorrenza da parte di un'autorità garante. Al fine di garantire che le limitazioni alla divulgazione di documenti di cui alla presente direttiva non siano pregiudicate, l'uso delle prove del tipo indicato ai considerando 24 e 25 ottenute solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza dovrebbe essere limitato in base alle medesime condizioni. La limitazione dovrebbe prendere la forma di un'inammissibilità nelle azioni per il risarcimento del danno o consistere in altra forma di protezione secondo le norme nazionali applicabili atte a garantire la piena efficacia dei limiti alla divulgazione di tali tipi di prove. Le prove ottenute tramite un'autorità garante della concorrenza non dovrebbero inoltre diventare oggetto di scambio. È quindi opportuno che la possibilità di usare prove ottenute solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza sia limitata alla persona fisica o giuridica cui è stato originariamente accordato l'accesso e ai suoi successori legali. Tale limitazione volta a evitare il commercio di prove, tuttavia, non impedisce a un giudice nazionale di ordinare la divulgazione di tali prove alle condizioni previste nella presente direttiva.
(33)
La presentazione di una domanda di risarcimento del danno, o l'avvio di un'indagine da parte di un'autorità garante della concorrenza, comporta il rischio che le persone interessate possano distruggere od occultare prove utili ai soggetti danneggiati per comprovare la domanda di risarcimento. Onde impedire la distruzione di prove rilevanti e garantire che vengano rispettate le decisioni giudiziarie di divulgazione, i giudici nazionali dovrebbero poter applicare sanzioni sufficientemente dissuasive. Per quanto riguarda le parti del procedimento, il rischio che siano tratte conclusioni sfavorevoli nel procedimento per il risarcimento del danno può essere una sanzione particolarmente efficace e può contribuire a evitare ritardi. Dovrebbero essere disponibili sanzioni anche per l'inosservanza degli obblighi di tutelare le informazioni riservate e per l'utilizzo abusivo di informazioni ottenute attraverso la divulgazione. Analogamente, è opportuno prevedere sanzioni nel caso di utilizzo abusivo, in un'azione per il risarcimento del danno, di informazioni ottenute tramite l'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza.
(34)
Per assicurare l'efficacia e la coerenza dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE da parte della Commissione e delle autorità nazionali garanti della concorrenza occorre un approccio comune a livello dell'Unione per quanto riguarda gli effetti delle decisioni definitive delle autorità nazionali garanti della concorrenza relative e a una violazione sulle successive azioni per il risarcimento del danno. Tali decisioni sono adottate solamente dopo che la Commissione è stata informata della decisione prevista oppure, in mancanza di essa, di qualsiasi altro documento che esponga la linea d'azione proposta a norma dell'articolo 11, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 e nel caso in cui la Commissione non abbia privato l'autorità nazionale garante della concorrenza della sua competenza tramite l'avvio di un procedimento, conformemente all'articolo 11, paragrafo 6, di tale regolamento. La Commissione dovrebbe garantire l'applicazione coerente del diritto della concorrenza dell'Unione fornendo alle autorità nazionali garanti della concorrenza orientamenti a livello bilaterale e nell'ambito della rete europea della concorrenza. Per migliorare la certezza del diritto, evitare contraddizioni nell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, aumentare l'efficacia e l'efficienza procedurale delle azioni per il risarcimento del danno e promuovere il funzionamento del mercato interno per le imprese e i consumatori, la constatazione di una violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE in una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso non dovrebbe essere rimessa in discussione in successive azioni per il risarcimento del danno. Pertanto, siffatta constatazione dovrebbe essere ritenuta definitivamente accertata in azioni per il risarcimento del danno riguardanti la violazione in questione intentate nello Stato membro dell'autorità nazionale garante della concorrenza o del giudice del ricorso. L'effetto della constatazione dovrebbe, tuttavia, riguardare soltanto la natura della violazione e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, come determinata dall'autorità garante della concorrenza o dal giudice del ricorso nell'esercizio della sua giurisdizione. Anche laddove una decisione abbia constatato una violazione di disposizioni del diritto nazionale della concorrenza in casi in cui le norme del diritto della concorrenza dell'Unione e nazionale sono applicate nello stesso caso e in parallelo, tale violazione dovrebbe considerarsi inconfutabilmente accertata.
(35)
Qualora un'azione per il risarcimento del danno sia intentata in uno Stato membro diverso da quello dell'autorità nazionale garante della concorrenza o del giudice del ricorso che hanno constatato la violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE a cui si riferisce l'azione, tale constatazione formulata in una decisione definitiva dell'autorità nazionale garante della concorrenza o del giudice del ricorso dovrebbe potere essere presentata dinanzi a un giudice nazionale almeno a titolo di prova prima facie del fatto che è avvenuta una violazione del diritto della concorrenza e può, se del caso, essere valutata insieme ad altri elementi di prova presentati dalle parti. Gli effetti delle decisioni adottate dalle autorità nazionali garanti della concorrenza e dal giudice del ricorso che accertano una violazione delle norme in materia di concorrenza lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi dell'articolo 267 TFUE.
(36)
Le norme nazionali riguardanti l'inizio, la durata, la sospensione o l'interruzione dei termini di prescrizione non dovrebbero ostacolare in maniera eccessiva la proposizione di azioni per il risarcimento del danno. Questo è particolarmente importante per le azioni che si basano sulla constatazione di una violazione da parte di un'autorità garante della concorrenza o di un giudice del ricorso. A tal fine, dovrebbe essere possibile intentare un'azione per il risarcimento del danno successivamente ad un procedimento condotto da un'autorità garante della concorrenza ai fini dell'applicazione del diritto nazionale della concorrenza e dell'Unione. Il termine di prescrizione non dovrebbe iniziare a decorrere prima che la violazione sia cessata e prima che un attore sia a conoscenza, ovvero prima che si possa ragionevolmente presumere che egli sia a conoscenza, del comportamento che costituisce la violazione, del fatto che la violazione gli ha causato un danno e dell'identità dell'autore della violazione. Gli Stati membri dovrebbero poter mantenere o introdurre termini di prescrizione assoluti di applicazione generale, purché la durata di tali termini assoluti di prescrizione non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile esercitare il diritto al pieno risarcimento.
(37)
Per il caso in cui più imprese violino insieme le norme in materia di concorrenza, come nel caso di un cartello, è opportuno prevedere che i coautori della violazione siano considerati responsabili in solido per l'intero ammontare del danno causato dal loro comportamento illecito. Se un coautore della violazione ha pagato più della parte che gli spetta, dovrebbe avere il diritto di ottenere un contributo da altri coautori della violazione. La determinazione della parte corrispondente alla responsabilità relativa di un dato autore della violazione e i criteri rilevanti, quali il fatturato, la quota di mercato o il ruolo nel cartello, sono disciplinate dal diritto nazionale applicabile, fermo restando il rispetto dei principi di efficacia e di equivalenza.
(38)
Le imprese che collaborano con le autorità garanti della concorrenza nell'ambito di un programma di clemenza svolgono un ruolo determinante nell'individuazione delle violazioni commesse sotto forma di cartelli segreti e nella loro cessazione, permettendo spesso di arginare il danno che sarebbe stato causato se la violazione fosse continuata. È pertanto opportuno prevedere disposizioni che proteggano le imprese che hanno ottenuto da un'autorità garante della concorrenza un'immunità dalle ammende nel quadro di un programma di clemenza da un'esposizione ingiustificata alle domande di risarcimento, tenendo presente che per il beneficiario dell'immunità le decisioni delle autorità garanti della concorrenza che constatano una violazione possono diventare definitive prima che per altre imprese non beneficiarie dell'immunità, rendendo il beneficiario dell'immunità possibile bersaglio preferenziale di contenzioso. È quindi opportuno che il beneficiario dell'immunità sia in linea di principio sollevato dalla responsabilità in solido per quanto riguarda la totalità del danno e che ogni contributo che esso debba versare nei confronti dei coautori della violazione non superi l'ammontare del danno causato ai suoi propri acquirenti diretti o indiretti o, nel caso di un cartello relativo agli acquisti, ai suoi fornitori diretti o indiretti. Nella misura in cui un cartello ha danneggiato soggetti diversi dai clienti o fornitori degli autori della violazione, il contributo del beneficiario dell'immunità non dovrebbe superare l'importo corrispondente alla sua responsabilità relativa per il danno causato dal cartello. Tale quota dovrebbe essere determinata conformemente alle stesse regole utilizzate per stabilire i contributi fra gli autori della violazione. Il beneficiario dell'immunità dovrebbe restare pienamente responsabile verso i soggetti danneggiati che non siano i suoi acquirenti o fornitori diretti o indiretti solo qualora essi si trovino nell'impossibilità di ottenere il pieno risarcimento dagli altri autori della violazione.
(39)
Il danno nella forma di danno emergente può risultare dalla differenza tra il prezzo che è stato effettivamente pagato e quanto sarebbe stato altrimenti pagato in assenza della violazione. Quando un soggetto danneggiato ha ridotto il danno emergente trasferendolo, interamente o in parte, sui propri acquirenti, il danno trasferito non costituisce più un danno per il quale tale parte debba essere risarcita. È pertanto opportuno, in linea di principio, permettere all'autore di una violazione di invocare a propria difesa l'avvenuto trasferimento del danno emergente a fronte di una domanda di risarcimento del danno. Occorre prevedere disposizioni che stabiliscano che l'autore della violazione, nella misura in cui invoca l'eccezione del trasferimento, debba dimostrare l'esistenza e l'entità del trasferimento del sovrapprezzo. Tale onere della prova non dovrebbe avere effetti sulla possibilità che l'autore della violazione utilizzi prove diverse da quelle in suo possesso, come le prove già acquisite nel procedimento o le prove in possesso di altre parti o di terzi.
(40)
Nei casi in cui il trasferimento ha dato luogo a una riduzione delle vendite e quindi a un danno nella forma di un lucro cessante, dovrebbe restare impregiudicato il diritto a chiedere un risarcimento di siffatto lucro cessante.
(41)
A seconda delle condizioni in cui operano le imprese, può essere prassi commerciale trasferire gli aumenti di prezzo a valle della catena di approvvigionamento. I consumatori o le imprese sui quali è stato così trasferito il danno emergente subiscono il danno derivante dalla violazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale. Il danno dovrebbe essere rimborsato dall'autore della violazione: può essere tuttavia particolarmente difficile comprovarne la portata per i consumatori o le imprese che non hanno acquistato direttamente da tale soggetto. Quando l'esistenza di una domanda di risarcimento del danno o l'importo dei danni da attribuire dipendono dal fatto che il sovrapprezzo pagato da un acquirente diretto dell'autore della violazione sia stato trasferito o meno sull'acquirente indiretto, e in che misura, è quindi opportuno stabilire che si ritiene che l'acquirente indiretto abbia provato tale trasferimento del sovrapprezzo dall'acquirente diretto al suo livello se è in grado di dimostrare prima facie che tale trasferimento è avvenuto. Tale presunzione relativa si applica a meno che l'autore della violazione non sia in grado di dimostrare in modo credibile e ritenuto adeguato dal giudice che il danno emergente non è stato trasferito o non è stato trasferito interamente sull'acquirente indiretto. È inoltre opportuno definire a quali condizioni si ritiene che l'acquirente indiretto abbia fornito a tale riguardo prove prima facie. Per quanto riguarda la quantificazione di tale trasferimento, il giudice nazionale dovrebbe avere la facoltà di stimare quale parte del sovrapprezzo sia stata trasferita al livello degli acquirenti indiretti nella controversia di cui è investito.
(42)
La Commissione dovrebbe emettere linee guida chiare, semplici ed esaustive per i giudici nazionali in ordine alle modalità di stima della parte del sovrapprezzo trasferita sugli acquirenti indiretti.
(43)
Le violazioni del diritto della concorrenza spesso riguardano le condizioni e il prezzo a cui i beni o i servizi sono venduti, e portano a un sovrapprezzo, e ad altri danni, per i clienti degli autori della violazione. La violazione può anche riguardare le forniture all'autore della violazione (ad esempio nel caso di un cartello fra acquirenti). In siffatti casi, il danno emergente potrebbe derivare da un prezzo inferiore pagato dagli autori della violazione ai loro fornitori. La presente direttiva e in particolare le disposizioni relative al trasferimento del sovrapprezzo dovrebbero applicarsi di conseguenza a tali casi.
(44)
Le azioni per il risarcimento del danno possono essere intentate sia da soggetti che hanno acquistato beni o servizi dall'autore della violazione che dagli acquirenti che si trovano in un punto successivo della catena di approvvigionamento. Per promuovere la coerenza tra decisioni giudiziarie relative a procedimenti tra loro connessi ed evitare pertanto che il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza dell'Unione o nazionale non sia pienamente risarcito o che all'autore della violazione si richieda di risarcire danni che non sono stati subiti, i giudici nazionali dovrebbero avere la facoltà di stimare la proporzione di eventuali sovrapprezzi a carico degli acquirenti diretti o indiretti nelle controversie di cui sono investiti. In tale contesto, i giudici nazionali dovrebbero poter tenere nella dovuta considerazione, tramite i mezzi procedurali o sostanziali previsti dal diritto dell'Unione e dal diritto nazionale, eventuali azioni connesse e le relative decisioni giudiziarie, in particolare qualora venga comprovato che è avvenuto il trasferimento del sovrapprezzo. I giudici nazionali dovrebbero disporre di adeguati mezzi procedurali, come la riunione delle azioni, per garantire che il risarcimento per il danno emergente riconosciuto a un dato livello della catena di approvvigionamento non superi il danno da sovrapprezzo causato a tale livello. Detti mezzi dovrebbero altresì essere disponibili nei casi transfrontalieri. Questa possibilità di tener debito conto dei giudizi non dovrebbe compromettere né i diritti fondamentali alla difesa, né il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale per coloro che non erano parti di tali procedimenti giudiziari, e non dovrebbe compromettere le norme in materia di valore probatorio delle decisioni adottate in quel determinato contesto. È possibile per le azioni pendenti dinanzi a giudici di Stati membri diversi essere considerate connesse ai sensi dell'articolo 30 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Ai sensi di tale articolo, il giudice nazionale successivamente adito può sospendere il procedimento o, in determinate circostanze, dichiarare la propria incompetenza. La presente direttiva lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi di tale regolamento.
(45)
Un soggetto danneggiato che abbia dimostrato di aver subito un danno a seguito di una violazione del diritto della concorrenza deve, oltre a ciò, dimostrare l'entità del danno ai fini dell'ottenimento del risarcimento. La quantificazione dei danni nelle cause in materia di concorrenza è un processo che richiede l'analisi di un gran numero di elementi fattuali e che può esigere l'applicazione di modelli economici complessi. Ciò è spesso molto costoso e gli attori incontrano difficoltà nell'ottenere i dati necessari a comprovare le loro domande. La quantificazione dei danni nelle cause in materia di concorrenza può quindi costituire un considerevole ostacolo che impedisce l'efficacia delle domande di risarcimento.
(46)
In mancanza di norme dell'Unione sulla quantificazione del danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza, spetta all'ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro stabilire le proprie norme sulla quantificazione del danno e agli Stati membri e ai giudici nazionali stabilire quali condizioni l'attore deve soddisfare per dimostrare l'ammontare del danno subito, quali metodi possono essere usati per quantificare tale importo e quali conseguenze comporta il mancato pieno rispetto di tali condizioni. Tuttavia, le condizioni del diritto nazionale riguardo alla quantificazione del danno nelle cause in materia di concorrenza non dovrebbero essere meno favorevoli di quelle che disciplinano azioni nazionali simili (principio di equivalenza), né dovrebbero rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto al risarcimento conferito dall'Unione (principio di efficacia). È opportuno tenere conto di ogni asimmetria informativa fra le parti e del fatto che quantificare il danno significa valutare quale sarebbe stato l'andamento del mercato in questione in assenza della violazione. Tale valutazione implica un confronto con una situazione per definizione ipotetica e non potrà mai, quindi, essere totalmente esatta. È pertanto opportuno assicurare che ai giudici nazionali sia conferito il potere di stimare l'ammontare del danno causato dalle violazioni del diritto della concorrenza. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che, su richiesta, le autorità nazionali garanti della concorrenza possano fornire orientamenti riguardo alla quantificazione. Per garantire coerenza e prevedibilità, la Commissione dovrebbe fornire orientamenti generali a livello di Unione.
(47)
Per rimediare all'asimmetria informativa e ad alcune delle difficoltà che presenta la quantificazione del danno nelle cause in materia di concorrenza e per garantire l'efficacia delle domande di risarcimento, è opportuno presumere che da una violazione sotto forma di cartello derivi un danno, in particolare attraverso un effetto sui prezzi. A seconda degli elementi fattuali del caso, i cartelli determinano un aumento dei prezzi o impediscono una loro riduzione, che si sarebbe invece verificata in assenza di cartello. Tale presunzione non dovrebbe riguardare l'effettivo ammontare del danno. Gli autori della violazione dovrebbero avere il diritto di confutare questa presunzione. È opportuno limitare ai cartelli questa presunzione relativa, dato il loro carattere segreto che aumenta l'asimmetria informativa e rende più difficile per l'attore ottenere le prove necessarie per dimostrare il danno subito.
(48)
È auspicabile pervenire ad una transazione «definitiva» per i convenuti al fine di ridurre le incertezze per gli autori della violazione e i soggetti danneggiati. Pertanto, gli autori della violazione e i soggetti danneggiati dovrebbero essere incoraggiati a concordare il risarcimento del danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza per mezzo di meccanismi di composizione consensuale delle controversie, come le transazioni stragiudiziali (comprese quelle in cui un giudice può dichiarare vincolante una transazione), l'arbitrato, la mediazione o la conciliazione. Tale composizione consensuale delle controversie dovrebbe interessare il maggior numero possibile di soggetti danneggiati e di autori di violazioni consentito dall'ordinamento. Le disposizioni della presente direttiva sulla composizione consensuale delle controversie sono pertanto volte a facilitare il ricorso a tali meccanismi e ad aumentarne l'efficacia.
(49)
I termini di prescrizione per intentare un'azione per il risarcimento del danno possono essere tali da non lasciare ai soggetti danneggiati e agli autori della violazione tempo sufficiente per giungere a un accordo sul risarcimento da corrispondere. Per dare a entrambe le parti una reale possibilità di procedere a una composizione consensuale delle controversie prima di intentare un'azione dinanzi al giudice nazionale, il termine di prescrizione deve quindi essere sospeso per la durata della procedura di composizione consensuale.
(50)
Inoltre, quando le parti decidono di ricorrere alla composizione consensuale delle controversie dopo aver intentato per la stessa domanda un'azione davanti al giudice nazionale, tale giudice dovrebbe poter sospendere il procedimento pendente per la durata della procedura di composizione consensuale. Nel considerare se sospendere il procedimento, il giudice nazionale dovrebbe tenere conto dei vantaggi che presenta una procedura rapida.
(51)
Per incoraggiare le transazioni consensuali l'autore di una violazione che paghi un risarcimento a seguito di una composizione consensuale non dovrebbe ritrovarsi in una situazione peggiore, rispetto ai coautori della violazione, di quella in cui si troverebbe altrimenti se non avesse fatto ricorso a questo tipo di transazione. Ciò potrebbe accadere se l'autore di una violazione e parte di una transazione, anche dopo una composizione consensuale, continuasse a essere responsabile in solido per il danno causato dalla violazione. In linea di principio, l'autore di una violazione che partecipi a una transazione non dovrebbe quindi essere tenuto al pagamento del contributo ai coautori della violazione che non sono parti della transazione e che hanno pagato il risarcimento al soggetto danneggiato con cui egli ha già trovato un accordo. Il corollario di questa regola del non-contributo è che la parte del danno causata dall'autore della violazione che opta per la transazione dovrebbe essere dedotta dall'importo del risarcimento cui ha diritto il soggetto danneggiato, indipendentemente dal fatto che l'ammontare della transazione sia pari o differente dalla relativa parte del danno che il coautore della violazione partecipante alla transazione ha cagionato al soggetto danneggiato partecipante alla transazione. Tale quota relativa dovrebbe essere determinata conformemente alle stesse regole altrimenti utilizzate per stabilire i contributi fra gli autori della violazione. Senza una tale riduzione, gli autori della violazione non partecipanti alla transazione sarebbero indebitamente penalizzati dalla transazione di cui non sono parte. Tuttavia, al fine di garantire il diritto al pieno risarcimento, il coautore della violazione partecipante alla transazione dovrebbe comunque pagare i danni qualora ciò sia l'unico modo, per il soggetto danneggiato che partecipa alla transazione, di ottenere il risarcimento per il danno corrispondente al resto della domanda di risarcimento. Il resto della domanda si riferisce all'importo del risarcimento cui ha diritto il soggetto danneggiato partecipante alla transazione diminuito della parte, imputabile al coautore della violazione partecipante alla transazione, del danno cagionato dalla violazione al soggetto danneggiato partecipante alla transazione. Quest'ultima possibilità di richiedere i danni all'autore della violazione partecipante alla transazione esiste, a meno che ciò non sia espressamente escluso in base alla transazione consensuale.
(52)
È opportuno evitare situazioni in cui i coautori partecipanti alla transazione, con la corresponsione di un contributo ai coautori della violazione non partecipanti alla transazione per danni da essi pagati a soggetti danneggiati non partecipanti alla transazione, paghino un importo totale di risarcimento superiore alla loro responsabilità relativa per il danno causato dalla violazione. Pertanto, quando i coautori di una violazione partecipanti a una transazione sono invitati a contribuire al risarcimento dei soggetti danneggiati non partecipanti alla transazione pagato successivamente dai coautori della violazione non partecipanti alla transazione, il giudice nazionale dovrebbe prendere in considerazione il risarcimento già versato a titolo della transazione consensuale, tenendo conto del fatto che non tutti i coautori della violazione sono necessariamente coinvolti allo stesso grado nell'insieme della violazione, dal punto di vista materiale, temporale e geografico.
(53)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
(54)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, ossia stabilire norme relative alle azioni per il risarcimento del danno a seguito di violazioni del diritto della concorrenza dell'Unione al fine di garantire la piena attuazione degli articoli 101 e 102 TFUE e il corretto funzionamento del mercato interno per le imprese e i consumatori, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, per raggiungere il livello richiesto di efficacia e coerenza nell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(55)
Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (7), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, ove ciò sia giustificato, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti intesi a chiarire il rapporto tra le componenti di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata.
(56)
È opportuno prevedere norme relative all'applicazione temporale della presente direttiva,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
OGGETTO, AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce alcune norme necessarie per garantire che chiunque abbia subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o un'associazione di imprese possa esercitare in maniera efficace il diritto di chiedere a tale impresa o associazione il pieno risarcimento di tale danno. Essa stabilisce norme per promuovere una concorrenza non falsata nel mercato interno e per eliminare gli ostacoli al suo corretto funzionamento, garantendo a qualsiasi soggetto che abbia subito danni di questo tipo una protezione equivalente in tutta l'Unione.
2. La presente direttiva stabilisce norme per il coordinamento fra l'applicazione delle regole di concorrenza da parte delle autorità garanti della concorrenza e l'applicazione di tali regole nelle azioni per il risarcimento del danno dinanzi ai giudici nazionali.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) «violazione del diritto della concorrenza»: una violazione dell'articolo 101 o 102 TFUE o del diritto nazionale della concorrenza;
2) «autore della violazione»: l'impresa o l'associazione di imprese che ha commesso la violazione del diritto della concorrenza;
3) «diritto nazionale della concorrenza»: le disposizioni del diritto nazionale che perseguono principalmente lo stesso obiettivo degli articoli 101 e 102 TFUE e che sono applicate nello stesso caso e parallelamente al diritto della concorrenza dell'Unione ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003, escluse le disposizioni del diritto nazionale che impongono sanzioni penali a persone fisiche, salvo qualora tali sanzioni penali costituiscano gli strumenti tramite i quali sono attuate le regole di concorrenza applicabili alle imprese;
4) «azione per il risarcimento del danno»: un'azione ai sensi del diritto nazionale con cui una domanda di risarcimento del danno è proposta dinanzi ad un'autorità giudiziaria nazionale da un presunto soggetto danneggiato, o da una persona che agisce per conto di uno o più presunti soggetti danneggiati, qualora il diritto dell'Unione o nazionale preveda tale possibilità, o da una persona fisica o giuridica che è succeduta nel diritto del presunto soggetto danneggiato, inclusa la persona che ha rilevato la sua domanda;
5) «domanda di risarcimento del danno»: una domanda di risarcimento del danno subito a causa di una violazione del diritto della concorrenza;
6) «soggetto danneggiato»: una persona che ha subito un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza;
7) «autorità nazionale garante della concorrenza»: un'autorità designata da uno Stato membro a norma dell'articolo 35 del regolamento (CE) n. 1/2003 come responsabile dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE;
8) «autorità garante della concorrenza»: la Commissione o un'autorità nazionale garante della concorrenza, ovvero entrambe a seconda del contesto;
9) «giudice nazionale»: una giurisdizione di uno Stato membro ai sensi dell'articolo 267 TFUE;
10) «giudice del ricorso»: un giudice nazionale che ha il potere, in seguito alla proposizione di mezzi di impugnazione ordinari, di rivedere le decisioni emesse da un'autorità nazionale garante della concorrenza o le pronunce giurisdizionali formulate su tali decisioni, indipendentemente dal fatto che tale giudice abbia il potere di constatare una violazione del diritto della concorrenza;
11) «decisione relativa a una violazione»: una decisione di un'autorità garante della concorrenza o di un giudice del ricorso che constata una violazione del diritto della concorrenza;
12) «decisione definitiva relativa a una violazione»: una decisione relativa a una violazione che non può o non può più essere impugnata con mezzi ordinari;
13) «prove»: tutti i tipi di mezzi di prova ammissibili dinanzi al giudice nazionale adito, in particolare documenti e tutti gli altri oggetti contenenti informazioni, indipendentemente dal supporto sul quale le informazioni sono registrate;
14) «cartello»: un accordo o una pratica concordata fra due o più concorrenti, volta a coordinare il loro comportamento concorrenziale sul mercato o a influire sui pertinenti parametri di concorrenza mediante pratiche consistenti, tra l'altro, nel fissare o coordinare i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni di transazione, anche in relazione a diritti di proprietà intellettuale, nell'allocare quote di produzione o di vendita, nel ripartire i mercati e i clienti, tra l'altro mediante manipolazione delle gare d'appalto, restrizioni delle importazioni o delle esportazioni o azioni anticoncorrenziali dirette contro altre imprese concorrenti;
15) «programma di clemenza»: un programma relativo all'applicazione dell'articolo 101 TFUE o a una disposizione corrispondente del diritto nazionale in base a cui un partecipante a un cartello segreto, indipendentemente dalle altre imprese coinvolte nel cartello, collabora a un'indagine dell'autorità garante della concorrenza rappresentando volontariamente elementi di propria conoscenza del cartello e il ruolo svolto al suo interno, ricevendo in cambio, per decisione o sospensione del procedimento, l'immunità dalle ammende irrogate per il suo coinvolgimento nel cartello o una loro riduzione;
16) «dichiarazione legata a un programma di clemenza»: una dichiarazione orale o scritta presentata volontariamente da parte o per conto di un'impresa o di una persona fisica a un'autorità garante della concorrenza, o una registrazione di una tale dichiarazione, che descrive la conoscenza dell'impresa o della persona fisica in merito a un cartello e descrive il ruolo da essa svolto al suo interno, predisposta specificamente per essere presentata all'autorità garante della concorrenza allo scopo di ottenere l'immunità o una riduzione delle ammende ai sensi di un programma di clemenza e che non comprende le informazioni preesistenti;
17) «informazioni preesistenti»: le prove esistenti indipendentemente dal procedimento di un'autorità garante della concorrenza, a prescindere dalla presenza o meno di siffatte informazioni nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza;
18) «proposta di transazione»: la dichiarazione volontaria da parte o per conto di un'impresa a un'autorità garante della concorrenza, in cui l'impresa riconosce o rinuncia a contestare la sua partecipazione a una violazione del diritto della concorrenza e la propria responsabilità in detta violazione del diritto della concorrenza, predisposta specificamente per consentire all'autorità garante della concorrenza di applicare una procedura semplificata o accelerata;
19) «beneficiario dell'immunità»: un'impresa o una persona fisica che ha ottenuto l'immunità dalle ammende da un'autorità garante della concorrenza nell'ambito di un programma di clemenza;
20) «sovrapprezzo»: la differenza tra il prezzo effettivamente pagato e il prezzo che sarebbe altrimenti prevalso in assenza di una violazione del diritto della concorrenza;
21) «composizione consensuale delle controversie»: qualsiasi meccanismo che consenta una risoluzione stragiudiziale di una controversia riguardante una richiesta di risarcimento dei danni;
22) «transazione consensuale»: un accordo raggiunto tramite una composizione consensuale delle controversie;
23) «acquirente diretto»: una persona fisica o giuridica che ha acquistato direttamente da un autore della violazione beni o servizi oggetto di una violazione del diritto della concorrenza;
24) «acquirente indiretto»: una persona fisica o giuridica che ha acquistato non direttamente da un autore della violazione, ma da un acquirente diretto o da un acquirente successivo beni o servizi oggetto di una violazione del diritto della concorrenza, oppure beni o servizi che li incorporano o che derivano dagli stessi.
Articolo 3
Diritto a un pieno risarcimento
1. Gli Stati membri provvedono a che qualsiasi persona fisica o giuridica che abbia subito un danno causato da una violazione del diritto della concorrenza possa chiedere e ottenere il pieno risarcimento per tale danno.
2. Il pieno risarcimento pone una persona che abbia subito un danno nella situazione in cui si sarebbe trovata se la violazione del diritto della concorrenza non fosse stata commessa. Esso comprende quindi il diritto al risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante, oltre al pagamento di interessi.
3. Il pieno risarcimento ai sensi della presente direttiva non conduce a una sovra-compensazione del danno subito, sia sotto forma di risarcimento punitivo che di risarcimento multiplo o di altra natura.
Articolo 4
Principi di efficacia e di equivalenza
A norma del principio di efficacia, gli Stati membri provvedono affinché tutte le norme e procedure nazionali relative all'esercizio del diritto di chiedere il risarcimento del danno siano concepite e applicate in modo da non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficoltoso l'esercizio del diritto, conferito dall'Unione, al pieno risarcimento per il danno causato da una violazione del diritto della concorrenza. A norma del principio di equivalenza le norme e procedure nazionali relative alle azioni per il risarcimento del danno a seguito di violazioni dell'articolo 101 o 102 TFUE non devono essere meno favorevoli, per i presunti soggetti danneggiati, di quelle che disciplinano azioni simili per danni derivanti da violazioni del diritto nazionale.
CAPO II
DIVULGAZIONE DELLE PROVE
Articolo 5
Divulgazione delle prove
1. Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a un'azione per il risarcimento del danno nell'Unione, su istanza di un attore che abbia presentato una richiesta motivata comprendente fatti e prove ragionevolmente disponibili che siano sufficienti a sostenere la plausibilità della sua domanda di risarcimento del danno, i giudici nazionali possano ordinare al convenuto o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti che rientrino nel controllo di tale soggetto, alle condizioni precisate nel presente capo. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano, su richiesta del convenuto, ingiungere all'attore o a un terzo la divulgazione delle prove rilevanti.
Il presente paragrafo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi del regolamento (CE) n. 1206/2001.
2. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano ordinare la divulgazione di specifici elementi di prova o rilevanti categorie di prove definiti nel modo più preciso e circoscritto possibile sulla base dei fatti ragionevolmente disponibili nella richiesta motivata.
3. Gli Stati membri garantiscono che i giudici nazionali limitino la divulgazione delle prove a quanto è proporzionato. Nel determinare se una divulgazione richiesta da una parte è proporzionata, i giudici nazionali prendono in considerazione gli interessi legittimi di tutte le parti e di tutti i terzi interessati. In particolare:
a)
esaminano in quale misura la domanda di risarcimento o gli argomenti di difesa siano corroborati da fatti e prove disponibili che giustificano la domanda di divulgazione delle prove;
b)
esaminano la portata e i costi della divulgazione, in particolare per i terzi interessati, anche al fine di prevenire la ricerca generica di informazioni verosimilmente non rilevanti per le parti nel procedimento;
c)
valutano se le prove di cui è richiesta la divulgazione contengano informazioni riservate, in particolare riguardanti parti terze, e le modalità atte a proteggere tali informazioni riservate.
4. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali dispongano del potere di ordinare la divulgazione delle prove che contengono informazioni riservate ove le ritengano rilevanti ai fini delle azioni per il risarcimento del danno. Gli Stati membri provvedono affinché, allorquando ordinano la divulgazione di siffatte informazioni, i giudici nazionali dispongano di misure efficaci per tutelarle.
5. L'interesse delle imprese a evitare azioni per il risarcimento del danno in seguito a una violazione del diritto della concorrenza non costituisce un interesse meritevole di tutela.
6. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali garantiscano appieno la riservatezza delle comunicazioni tra avvocati e clienti prevista dal diritto dell'Unione o nazionale allorquando ordinano la divulgazione delle prove.
7. Gli Stati membri provvedono affinché coloro ai quali è chiesta la divulgazione abbiano la possibilità di essere sentiti prima che il giudice nazionale ordini la divulgazione a norma del presente articolo.
8. Fermi restando i paragrafi 4 e 7 e l'articolo 6, il presente articolo non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre norme che prevedano una divulgazione più ampia delle prove.
Articolo 6
Divulgazione delle prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza
1. Gli Stati membri provvedono affinché, ai fini delle azioni per il risarcimento del danno, allorquando i giudici nazionali ordinano la divulgazione di prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza, si applichi, oltre all'articolo 5, il presente articolo.
2. Il presente articolo non pregiudica le norme e prassi in materia di accesso del pubblico ai documenti previste dal regolamento (CE) n. 1049/2001.
3. Il presente articolo non pregiudica le norme e prassi previste dal diritto dell'Unione o nazionale sulla protezione dei documenti interni delle autorità garanti della concorrenza e della corrispondenza fra tali autorità.
4. Nel valutare, a norma dell'articolo 5, paragrafo 3, la proporzionalità di un ordine di divulgazione di informazioni, i giudici nazionali considerano altresì:
a)
se la richiesta sia stata formulata in modo specifico quanto alla natura, all'oggetto o al contenuto dei documenti presentati a un'autorità garante della concorrenza o contenuti nel fascicolo di tale autorità, piuttosto che con una domanda generica attinente a documenti presentati a un'autorità garante della concorrenza;
b)
se la parte stia richiedendo la divulgazione in relazione a un'azione per il risarcimento del danno intentata dinanzi a un giudice nazionale; e
c)
con riferimento ai paragrafi 5 e 10, o su richiesta di un'autorità garante della concorrenza ai sensi del paragrafo 11, se sia necessario salvaguardare l'efficacia dell'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza.
5. I giudici nazionali possono ordinare la divulgazione delle categorie di prove sotto indicate solo dopo che l'autorità garante della concorrenza abbia chiuso il suo procedimento adottando una decisione o in altro modo:
a)
informazioni elaborate da persone fisiche o giuridiche specificamente ai fini di un procedimento di un'autorità garante della concorrenza;
b)
informazioni che l'autorità garante della concorrenza ha redatto e comunicato alle parti nel corso del suo procedimento; e
c)
proposte di transazione che sono state ritirate.
6. Gli Stati membri provvedono affinché, ai fini delle azioni per il risarcimento del danno, i giudici nazionali non possano in alcun momento ordinare a una parte o a un terzo di divulgare prove rientranti nelle seguenti categorie:
a)
dichiarazioni legate a un programma di clemenza; e
b)
proposte di transazione.
7. Un attore può presentare una richiesta motivata affinché un giudice nazionale acceda alle prove indicate al paragrafo 6, lettera a) o b), al solo scopo di garantire che il loro contenuto corrisponda alle definizioni di cui all'articolo 2, punti 16 e 18. Nell'ambito di tale valutazione, il giudice nazionale può chiedere l'assistenza solo della competente autorità garante della concorrenza. Anche gli autori dei documenti interessati possono avere la possibilità di essere sentiti. In nessun caso, il giudice concede alle altre parti o a terzi l'accesso a tali prove.
8. Laddove il paragrafo 6 trovi applicazione solo riguardo ad alcune parti delle prove richieste, le parti restanti sono divulgate, in funzione della categoria in cui rientrano, conformemente ai pertinenti paragrafi del presente articolo.
9. La divulgazione di prove incluse nel fascicolo di un'autorità garante della concorrenza e che non rientrano in nessuna delle categorie di cui al presente articolo può essere ordinata in ogni momento ai fini delle azioni per il risarcimento del danno, fatto salvo quanto previsto dal presente articolo.
10. Gli Stati membri provvedono affinché il giudice nazionale chieda a un'autorità garante della concorrenza la divulgazione delle prove contenute nel fascicolo di quest'ultima solo qualora nessuna parte o nessun terzo sia ragionevolmente in grado di fornire tale prova.
11. Nella misura in cui un'autorità garante della concorrenza intenda fornire il proprio parere sulla proporzionalità delle richieste di divulgazione, essa, agendo d'ufficio, può presentare osservazioni al giudice nazionale cui è richiesto un ordine di divulgazione.
Articolo 7
Limiti nell'uso delle prove ottenute solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza
1. Gli Stati membri provvedono affinché le prove rientranti in una delle categorie elencate all'articolo 6, paragrafo 6, ottenute da una persona fisica o giuridica solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza, siano ritenute inammissibili nelle azioni per il risarcimento del danno o siano altrimenti protette secondo le norme nazionali applicabili per garantire la piena efficacia dei limiti relativi alla divulgazione delle prove di cui all'articolo 6.
2. Gli Stati membri provvedono affinché, fino a quando l'autorità garante della concorrenza non abbia chiuso il procedimento adottando una decisione o in altro modo, le prove rientranti nelle categorie elencate all'articolo 6, paragrafo 5, ottenute da una persona fisica o giuridica solo grazie all'accesso al fascicolo di tale autorità, siano ritenute inammissibili nelle azioni per il risarcimento del danno o siano altrimenti protette secondo le norme nazionali applicabili per garantire la piena efficacia dei limiti relativi alla divulgazione delle prove di cui all'articolo 6.
3. Gli Stati membri provvedono affinché le prove ottenute da una persona fisica o giuridica solo grazie all'accesso al fascicolo di un'autorità garante della concorrenza e che non rientrano nell'ambito di applicazione dei paragrafi 1 e 2, possano essere usate nelle azioni per il risarcimento del danno solo da tale persona o dalla persona fisica o giuridica che le è succeduta nei diritti, inclusa la persona che ha rilevato la sua domanda.
Articolo 8
Sanzioni
1. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali possano applicare efficacemente sanzioni alle parti, ai terzi e ai loro rappresentanti legali in caso di:
a)
mancato rispetto o rifiuto di rispettare l'ordine di divulgazione di un giudice nazionale;
b)
distruzione di prove rilevanti;
c)
mancato rispetto o rifiuto di rispettare gli obblighi imposti dall'ordine di un giudice nazionale a tutela di informazioni riservate; o
d)
violazione dei limiti all'uso delle prove previsti nel presente capo.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le sanzioni che possono essere imposte dai giudici nazionali siano efficaci, proporzionate e dissuasive. Le sanzioni di cui dispongono i giudici nazionali comprendono, per quanto riguarda il comportamento di una parte nel procedimento relativo a un'azione per il risarcimento del danno, la possibilità di trarre conclusioni negative, quali presumere che la questione sia stata provata o respingere in tutto o in parte domande e eccezioni, e la possibilità di ordinare il pagamento delle spese.
CAPO III
EFFETTO DELLE DECISIONI NAZIONALI, TERMINI DI PRESCRIZIONE E RESPONSABILITÀ IN SOLIDO
Articolo 9
Effetto delle decisioni nazionali
1. Gli Stati membri provvedono affinché una violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione definitiva di un'autorità nazionale garante della concorrenza o di un giudice del ricorso sia ritenuta definitivamente accertata ai fini dell'azione per il risarcimento del danno proposta dinanzi ai loro giudici nazionali ai sensi dell'articolo 101 o 102 TFUE o ai sensi del diritto nazionale della concorrenza.
2. Gli Stati membri provvedono affinché una decisione definitiva ai sensi del paragrafo 1 adottata in un altro Stato membro possa, conformemente al rispettivo diritto nazionale, essere presentata dinanzi ai propri giudici nazionali, almeno a titolo di prova prima facie, del fatto che è avvenuta una violazione del diritto della concorrenza e possa, se del caso, essere valutata insieme ad altre prove addotte dalle parti.
3. Il presente articolo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi delle giurisdizioni nazionali di cui all'articolo 267 TFUE.
Articolo 10
Termini di prescrizione
1. Gli Stati membri stabiliscono, conformemente al presente articolo, norme riguardanti i termini di prescrizione per intentare azioni per il risarcimento del danno. Tali norme determinano quando inizia a decorrere il termine di prescrizione, la durata del termine e le circostanze nelle quali il termine è interrotto o sospeso.
2. Il termine di prescrizione non inizia a decorrere prima che la violazione del diritto della concorrenza sia cessata e prima che l'attore sia a conoscenza o si possa ragionevolmente presumere che sia a conoscenza:
a)
della condotta e del fatto che tale condotta costituisce una violazione del diritto della concorrenza;
b)
del fatto che la violazione del diritto della concorrenza gli ha causato un danno;
c)
dell'identità dell'autore della violazione.
3. Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione applicabile alle azioni per il risarcimento del danno sia almeno di cinque anni.
4. Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione sia sospeso o, a seconda del diritto nazionale, interrotto se un'autorità garante della concorrenza interviene a fini di indagine o di istruttoria avviata in relazione alla violazione del diritto della concorrenza cui si riferisce l'azione per il risarcimento del danno. La sospensione non può protrarsi oltre un anno dal momento in cui la decisione relativa a una violazione è diventata definitiva o dopo che il procedimento si è chiuso in altro modo.
Articolo 11
Responsabilità in solido
1. Gli Stati membri provvedono affinché le imprese che hanno violato congiuntamente il diritto della concorrenza con il proprio comportamento siano responsabili in solido per il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza, con l'effetto che ciascuna di tali imprese è tenuta a risarcire il danno nella sua integralità e il soggetto danneggiato ha il diritto di esigere il pieno risarcimento da ognuna di loro fino ad essere totalmente risarcito.
2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché, fatto salvo il diritto al pieno risarcimento di cui all'articolo 3, nel caso in cui la violazione sia stata commessa da una piccola o media impresa (PMI), come definita nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione (8), l'autore della violazione sia responsabile solo nei confronti dei propri acquirenti diretti ed indiretti se:
a)
la sua quota nel mercato rilevante era inferiore al 5 % per tutto il tempo in cui ha avuto luogo la violazione del diritto della concorrenza; e
b)
l'applicazione delle ordinarie regole in materia di responsabilità solidale determinerebbe un pregiudizio irreparabile per la sua solidità economica e la totale perdita di valore delle sue attività.
3. La deroga di cui al paragrafo 2 non si applica se:
a)
la PMI ha svolto un ruolo di guida nella violazione del diritto della concorrenza o costretto altre imprese a parteciparvi; o
b)
la PMI risulta aver commesso in precedenza una violazione del diritto della concorrenza.
4. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché il beneficiario dell'immunità sia responsabile in solido:
a)
nei confronti dei suoi acquirenti o fornitori diretti o indiretti; e
b)
nei confronti di altri soggetti danneggiati solo qualora questi non possano ottenere il pieno risarcimento dalle altre imprese coinvolte nella stessa violazione del diritto della concorrenza.
Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione applicabile ai casi di cui al presente paragrafo sia ragionevole e sufficiente a consentire ai soggetti danneggiati di intentare le azioni di risarcimento.
5. Gli Stati membri provvedono affinché l'autore di una violazione possa recuperare da ogni altro autore della violazione un contributo il cui importo è determinato alla luce delle loro responsabilità relative per il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza. L'importo del contributo di un autore della violazione che ha ottenuto l'immunità dalle ammende nell'ambito di un programma di clemenza non supera l'importo del danno che esso ha causato ai propri acquirenti o fornitori diretti o indiretti.
6. Gli Stati membri provvedono affinché, nella misura in cui la violazione del diritto della concorrenza abbia causato un danno a soggetti diversi dagli acquirenti o fornitori diretti o indiretti degli autori della violazione, l'importo del contributo dal beneficiario dell'immunità agli altri autori della violazione sia determinato alla luce della sua responsabilità relativa per tale danno.
CAPO IV
TRASFERIMENTO DEL SOVRAPPREZZO
Articolo 12
Trasferimento del sovrapprezzo e diritto al pieno risarcimento
1. Per garantire la piena efficacia del diritto al pieno risarcimento di cui all'articolo 3, gli Stati membri provvedono affinché, in conformità delle norme stabilite nel presente capo, il risarcimento del danno possa essere chiesto da chiunque lo abbia subito, indipendentemente dal fatto che si tratti di acquirenti diretti o indiretti dell'autore della violazione, e affinché siano evitati sia un risarcimento del danno superiore al danno causato all'attore dalla violazione del diritto della concorrenza sia l'assenza di responsabilità in capo all'autore della violazione.
2. Al fine di evitare una sovra-compensazione, gli Stati membri stabiliscono le opportune norme procedurali per garantire che il risarcimento per il danno emergente versato a un dato livello della catena di approvvigionamento non superi il danno da sovrapprezzo subito a tale livello.
3. Il presente capo lascia impregiudicato il diritto di un soggetto danneggiato di chiedere e ottenere un risarcimento per il lucro cessante dovuto al trasferimento integrale o parziale del sovrapprezzo.
4. Gli Stati membri provvedono affinché le norme stabilite nel presente capo si applichino nello stesso modo qualora la violazione del diritto della concorrenza riguardi una fornitura all'autore della violazione.
5. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali abbiano la facoltà di stimare a norma delle procedure nazionali quale parte del sovrapprezzo è stata trasferita.
Articolo 13
Eccezione del trasferimento
Gli Stati membri provvedono affinché il convenuto in un'azione per il risarcimento del danno possa invocare, contro una domanda di risarcimento del danno, il fatto che l'attore abbia trasferito in tutto o in parte il sovrapprezzo derivante dalla violazione del diritto della concorrenza. L'onere della prova del fatto che il sovrapprezzo è stato trasferito spetta al convenuto che può ragionevolmente richiedere la divulgazione di prove all'attore o a terzi.
Articolo 14
Acquirenti indiretti
1. Qualora, in un'azione per il risarcimento del danno, l'esistenza di una domanda di risarcimento del danno o l'importo da accordare a tale titolo dipendano dal fatto che il sovrapprezzo sia stato trasferito o meno sull'attore — e in quale misura — tenuto conto della prassi commerciale di trasferire gli aumenti di prezzo a valle della catena di approvvigionamento, gli Stati membri provvedono affinché l'onere di dimostrare l'esistenza e la portata di tale trasferimento incomba all'attore, che può ragionevolmente richiedere la divulgazione di prove al convenuto o a terzi.
2. Nella situazione di cui al paragrafo 1, si ritiene che l'acquirente indiretto abbia dimostrato l'avvenuto trasferimento su di sé qualora tale acquirente indiretto dimostri che:
a)
il convenuto ha commesso una violazione del diritto della concorrenza;
b)
la violazione del diritto della concorrenza ha determinato un sovrapprezzo per l'acquirente diretto del convenuto; e
c)
l'acquirente indiretto ha acquistato beni o servizi oggetto della violazione del diritto della concorrenza o ha acquistato beni o servizi che derivano dagli stessi o che li incorporano.
Il presente paragrafo non si applica nel caso in cui il convenuto sia in grado di dimostrare in modo verosimile e ritenuto adeguato dal giudice che il sovrapprezzo non è stato trasferito, o non è stato trasferito interamente, sull'acquirente indiretto.
Articolo 15
Azioni per il risarcimento del danno intentate da attori a diversi livelli nella catena di approvvigionamento
1. Al fine di evitare che, per effetto di azioni per il risarcimento del danno intentate da attori a diversi livelli nella catena di approvvigionamento, si determinino pluralità di responsabilità o un'assenza di responsabilità da parte dell'autore della violazione, gli Stati membri provvedono affinché, nel valutare se l'onere della prova risultante dall'applicazione degli articoli 13 e 14 sia soddisfatto, i giudici nazionali investiti di un'azione per il risarcimento del danno possano, tramite gli strumenti previsti dal diritto dell'Unione o dal diritto nazionale, tenere debito conto:
a)
delle azioni per il risarcimento del danno connesse alla stessa violazione del diritto della concorrenza, ma intentate da attori che si trovano a un altro livello della catena di approvvigionamento;
b)
delle decisioni giudiziarie risultanti da azioni per il risarcimento del danno di cui alla lettera a);
c)
delle pertinenti informazioni di dominio pubblico risultanti dall'applicazione a livello pubblicistico del diritto della concorrenza.
2. Il presente articolo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi dei giudici nazionali ai sensi dell'articolo 30 del regolamento (UE) n. 1215/2012.
Articolo 16
Linee guida per i giudici nazionali
La Commissione emana linee guida per i giudici nazionali in ordine alle modalità di stima della parte del sovrapprezzo trasferita sull'acquirente indiretto.
CAPO V
QUANTIFICAZIONE DEL DANNO
Articolo 17
Quantificazione del danno
1. Gli Stati membri garantiscono che né l'onere della prova né il grado di rilevanza della prova richiesti per la quantificazione del danno rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio del diritto al risarcimento. Gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali abbiano il potere, a norma delle procedure nazionali, di stimare l'ammontare del danno se è accertato che l'attore ha subito un danno ma è praticamente impossibile o eccessivamente difficile quantificare con esattezza il danno subito sulla base delle prove disponibili.
2. Si presume che le violazioni consistenti in cartelli causino un danno. L'autore della violazione ha il diritto di fornire prova contraria a tale presunzione.
3. Gli Stati membri provvedono affinché, nei procedimenti relativi a un'azione per il risarcimento del danno, un'autorità nazionale garante della concorrenza possa, su richiesta di un giudice nazionale, prestare a questo assistenza con riguardo alla determinazione quantitativa del danno qualora l'autorità nazionale garante della concorrenza consideri appropriata tale assistenza.
CAPO VI
COMPOSIZIONE CONSENSUALE DELLE CONTROVERSIE
Articolo 18
Effetto sospensivo e altri effetti della composizione consensuale delle controversie
1. Gli Stati membri provvedono affinché il termine di prescrizione per intentare un'azione per il risarcimento del danno sia sospeso per la durata del procedimento di composizione consensuale delle controversie. La sospensione del termine di prescrizione si applica solo nei confronti delle parti che sono o sono state coinvolte o rappresentate in tale procedimento.
2. Fatte salve le disposizioni di diritto nazionale in materia di arbitrato, gli Stati membri provvedono affinché i giudici nazionali investiti di un'azione per il risarcimento del danno possano sospendere il procedimento fino a due anni se le parti di detto procedimento partecipano a una composizione consensuale delle controversie riguardante la richiesta interessata dall'azione per il risarcimento del danno.
3. Un'autorità garante della concorrenza può considerare un fattore attenuante il risarcimento versato a seguito di una transazione consensuale e prima della sua decisione di infliggere un'ammenda.
Articolo 19
Effetto delle transazioni consensuali sulle successive azioni per il risarcimento del danno
1. Gli Stati membri provvedono affinché, a seguito di una transazione consensuale, dalla richiesta del soggetto danneggiato che ha partecipato a tale transazione sia sottratta la parte di danno del coautore della violazione del diritto della concorrenza che ha a sua volta partecipato alla transazione consensuale.
2. Il resto della domanda di risarcimento del soggetto danneggiato che ha partecipato alla transazione è esercitato soltanto nei confronti dei coautori della violazione che non hanno partecipato alla transazione. I coautori della violazione che non hanno partecipato alla transazione non possono chiedere ai coautori della violazione che vi hanno partecipato il contributo per il resto della domanda di risarcimento.
3. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri provvedono affinché, quando i coautori della violazione che non hanno partecipato alla transazione non possono pagare il danno corrispondente al resto della domanda di risarcimento del soggetto danneggiato che ha partecipato alla transazione, quest'ultimo possa rivalersi del danno corrispondente al resto della domanda di risarcimento nei confronti dei coautori della violazione che hanno partecipato alla transazione.
La deroga richiamata al primo comma può essere espressamente esclusa in base alla transazione consensuale.
4. Nel determinare l'importo del contributo che un coautore della violazione può chiedere a ciascuno degli altri coautori della violazione in funzione della loro responsabilità relativa per il danno causato dalla violazione del diritto della concorrenza, i giudici nazionali tengono in debita considerazione eventuali risarcimenti versati nell'ambito di una transazione consensuale precedente a cui ha partecipato il coautore interessato.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 20
Riesame
1. La Commissione riesamina la presente direttiva e presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 27 dicembre 2020.
2. La relazione di cui al paragrafo 1 include, tra l'altro, le seguenti informazioni:
a)
il possibile impatto degli oneri finanziari derivanti dal pagamento di ammende inflitte da un'autorità garante della concorrenza per una violazione del diritto della concorrenza sulla possibilità per i soggetti danneggiati di ottenere il pieno risarcimento per il danno causato da tale violazione del diritto della concorrenza;
b)
la misura in cui i soggetti che hanno intentato un'azione per il risarcimento del danno causato da una violazione del diritto della concorrenza accertata da una decisione relativa a una violazione adottata da un'autorità garante della concorrenza di uno Stato membro non sono in grado di dimostrare dinanzi al giudice nazionale di un altro Stato membro che tale violazione del diritto della concorrenza è avvenuta;
c)
la misura in cui il risarcimento per il danno emergente ha superato il danno da sovrapprezzo causato dalla violazione del diritto della concorrenza o il danno subito a qualsiasi livello della catena di approvvigionamento.
3. Ove opportuno, la relazione di cui al paragrafo 1 è corredata di una proposta legislativa.
Articolo 21
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 dicembre 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 22
Applicazione temporale
1. Gli Stati membri assicurano che le misure nazionali adottate ai sensi dell'articolo 21 al fine di rispettare le disposizioni sostanziali della presente direttiva non si applichino retroattivamente.
2. Gli Stati membri assicurano che ogni misura nazionale adottata ai sensi dell'articolo 21, diversa da quelle di cui al paragrafo 1, non si applichi ad azioni per il risarcimento del danno per le quali un giudice nazionale sia stato adito anteriormente al 26 dicembre 2014.
Articolo 23
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 24
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 26 novembre 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
S. GOZI
(1) GU C 67 del 6.3.2014, pag. 83.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 17 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 10 novembre 2014.
(3) Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
(4) Regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale (GU L 174 del 27.6.2001, pag. 1).
(5) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
(6) Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 1).
(7) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
(8) Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Norme per il risarcimento delle imprese vittime di cartelli e di pratiche anticoncorrenziali
L’Unione europea (UE) ha adottato regole per consentire alle imprese di ricevere un pieno risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante subito a causa dell’azione di un cartello nel loro settore. Sebbene gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabiliscano il diritto al pieno risarcimento, fino ad ora la loro applicazione pratica è stata difficoltosa.
ATTO
Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea.
SINTESI
L’Unione europea (UE) ha adottato regole per consentire alle imprese di ricevere un pieno risarcimento per il danno emergente e per il lucro cessante subito a causa dell’azione di un cartello nel loro settore. Sebbene gli articoli 101 e 102 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabiliscano il diritto al pieno risarcimento, fino ad ora la loro applicazione pratica è stata difficoltosa.
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce nuove norme per consentire alle imprese vittime di un cartello o di violazioni antitrust di essere risarcite dei danni subiti. Essa mira inoltre a migliorare l’efficienza dei programmi di clemenza (ossia i casi in cui le imprese ammettono il loro coinvolgimento in un cartello o l’abuso delle loro posizioni di mercato dominanti, ricevendo in cambio una riduzione dell’ammenda o l’immunità).
PUNTI CHIAVE
Divulgazione delle prove: I paesi dell’UE provvedono affinché i giudici nazionali possano ordinare alle imprese la divulgazione delle prove quando le vittime richiedono il risarcimento. Le informazioni riservate relative all’impresa devono essere protette.
Domande di risarcimento: si deve concedere alle vittime un periodo di almeno cinque anni per presentare richiesta di rimborso successivamente alla decisione definitiva dell’autorità garante della concorrenza.
Prova della violazione: la decisione definitiva dell’autorità nazionale garante della concorrenza relativa a una violazione costituisce prova della violazione dinanzi al giudice del paese dell’UE in cui è stata perpetrata la violazione.
Trasferimento del sovrapprezzo: qualsiasi impresa che abbia subito danni può fare richiesta di rimborso, sia essa un acquirente diretto o un acquirente indiretto. L’attore deve farsi carico dell’onere della prova per il trasferimento del sovrapprezzo.
Responsabilità in solido: laddove più imprese violano congiuntamente le norme in materia di concorrenza, sono considerate responsabili in solido per l’intero ammontare del danno causato. Se un coautore della violazione ha pagato più della parte che gli spetta, ha il diritto di ottenere un contributo da altri coautori della violazione. La determinazione della parte corrispondente e i criteri rilevanti (quali il fatturato, la quota di mercato o il ruolo nel cartello), sono disciplinati dal tribunale ai sensi del diritto nazionale applicabile.
Effetto delle decisioni nazionali: le decisioni nazionali definitive sulle violazioni possono essere presentate come prova dinanzi ai giudici nazionali di un altro paese dell’UE, ai sensi del diritto nazionale di tale paese. Ciò rafforza la posizione delle vittime che richiedono il risarcimento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 25 dicembre 2014 e deve essere recepita dalle legislazioni nazionali entro il 27 dicembre 2016.
Per ulteriori informazioni, consultare la pagina web della Commissione europea sulla direttiva relativa al risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust.
TERMINI CHIAVE
Cartello: un gruppo di imprese simili ma indipendenti che si accordano per fissare i prezzi, limitare la produzione o ripartire fra loro mercati o clienti.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2014/104/UE
25.12.2014
27.12.2016
GU L 349 del 5.12.2014, pag. 1-19 |
Norme procedurali in materia di aiuti di Stato
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le procedure per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato* dell’Unione europea.
PUNTI CHIAVE
In linea generale, l’aiuto di Stato è vietato ai sensi del diritto dell’UE perché può avvantaggiare un’impresa o associazione di imprese sulle altre, distorcendo così la concorrenza all’interno dell’UE. In determinate circostanze, tuttavia, l’aiuto di Stato viene concesso per sostenere determinati settori economici in difficoltà. Il presente regolamento stabilisce le norme procedurali pertinenti per l’applicazione dell’aiuto di Stato dell’UE. Procedura relativa agli aiuti notificati: i paesi dell’UE devono notificare alla Commissione europea qualsiasi progetto di concessione di un nuovo aiuto. In questi casi, le procedure comprendono l’obbligo da parte della Commissione di informare il paese dell’UE in questione, senza ritardo, del ricevimento della notifica e di decidere entro due mesi se l’aiuto sia legittimo o se sia necessario un ulteriore procedimento d’indagine. In relazione a tale procedimento d’indagine, la Commissione può richiedere a qualsiasi paese dell’UE, impresa o associazione di imprese, di fornire tutte le informazioni di mercato necessarie per consentirle di decidere sulla legittimità dell’aiuto ai sensi delle norme unionali. Può imporre ammende alle imprese se queste forniscono informazioni inesatte o fuorvianti. La Commissione deve produrre una decisione entro 18 mesi dall’apertura del procedimento di indagine. Procedura relativa agli aiuti illegali: la Commissione può, di propria iniziativa, esaminare informazioni su presunti aiuti illegali provenienti da qualsiasi fonte. In questi casi le procedure includono il diritto della Commissione di ottenere tutte le informazioni necessarie per adottare una decisione. Può anche emettere ingiunzioni che richiedono a un paese dell’UE di fornire le informazioni pertinenti (ingiunzione di fornire informazioni) o di sospendere qualsiasi aiuto illegale fino a quando la Commissione non abbia preso una decisione sulla compatibilità degli aiuti con il mercato interno (ingiunzione di sospensione). Termine di prescrizione: il potere della Commissione di recuperare l’aiuto è limitato a dieci anni a decorrere dal giorno in cui l’aiuto illegale è stato concesso all’impresa o associazione di imprese. Indagini per settori economici: la Commissione può condurre un’indagine qualora sospetti che l’aiuto di Stato concesso a un particolare settore economico possa distorcere la concorrenza. Può richiedere informazioni sui paesi dell’UE e sulle relative imprese. Nel farlo, deve dichiarare i motivi della sua indagine e pubblicare una relazione sui suoi risultati.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA QUESTO REGOLAMENTO?
È in vigore dal 14 ottobre 2015.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Controllo sugli aiuti di Stato sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINI CHIAVE
Aiuti di Stato: qualsiasi tipo di vantaggio (ad esempio una concessione, uno sgravio fiscale o di interessi), dato a una società da parte di un paese dell’UE, che conferisce a tale impresa un vantaggio economico rispetto ai suoi concorrenti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 9). | REGOLAMENTO (UE) 2015/1589 DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2015
recante modalità di applicazione dell'articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 109,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio (2) ha subito varie e sostanziali modifiche (3). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua alla codificazione.
(2)
Fatte salve le norme procedurali speciali previste nei regolamenti per taluni settori, il presente regolamento andrebbe applicato agli aiuti in tutti i settori. Ai fini dell'applicazione degli articoli 93 e 107 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'articolo 108 attribuisce alla Commissione la competenza specifica a decidere in merito alla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato interno quando si tratti di esaminare i regimi esistenti, di decidere su aiuti da istituire o modificare e di intervenire in caso di mancato rispetto delle sue decisioni o dell'obbligo di notifica.
(3)
Nel quadro di un sistema modernizzato di norme in materia di aiuti di Stato volto a contribuire all'attuazione della strategia Europa 2020 per la crescita e al risanamento di bilancio, è opportuno applicare l'articolo 107 TFUE in modo efficace e uniforme in tutta l'Unione. Il regolamento (CE) n. 659/1999 ha consolidato e rafforzato la precedente prassi della Commissione di accrescere la certezza del diritto e sostenere lo sviluppo di una politica in materia di aiuti di Stato in un contesto trasparente.
(4)
Per garantire la certezza del diritto, è opportuno che siano definite le condizioni alle quali gli aiuti possono essere considerati aiuti esistenti. Il completamento e il rafforzamento del mercato interno costituiscono un processo graduale che si riflette nello sviluppo permanente della politica in materia di aiuti di Stato. In base a tali sviluppi, talune misure, che quando sono state varate non costituivano aiuto di Stato, possono in seguito essere divenute tali.
(5)
A norma dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, i progetti diretti ad istituire nuovi aiuti vanno notificati alla Commissione e non potrebbe essere data loro esecuzione prima che la Commissione li abbia autorizzati.
(6)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea (TUE), gli Stati membri sono tenuti a collaborare con la Commissione e a fornirle tutte le informazioni necessarie per consentirle di svolgere i compiti previsti dal presente regolamento.
(7)
È opportuno che il termine entro il quale la Commissione deve concludere l'esame preliminare degli aiuti notificati sia fissato a due mesi dal ricevimento della notifica completa o dal ricevimento di una comunicazione debitamente motivata dello Stato membro interessato secondo cui esso considera la notifica completa, in quanto le informazioni supplementari richieste dalla Commissione non sono disponibili o sono già state fornite. Per ragioni di certezza del diritto, detto esame deve concludersi con una decisione.
(8)
In tutti i casi in cui, dopo l'esame preliminare, la Commissione non sia in grado di dichiarare che l'aiuto è compatibile con il mercato interno, occorrerebbe avviare il procedimento di indagine formale volto a consentire alla Commissione di ottenere le informazioni necessarie per stabilire la compatibilità dell'aiuto stesso e a dar modo agli interessati di trasmettere le proprie osservazioni. Il procedimento di indagine formale ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE assicura la migliore tutela dei diritti degli interessati.
(9)
Per valutare la compatibilità con il mercato interno di qualsiasi aiuto di Stato notificato o illegale per il quale la Commissione ha la competenza esclusiva a norma dell'articolo 108 TFUE, è opportuno garantire che la Commissione abbia il potere, ai fini dell'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato, di chiedere tutte le informazioni di mercato necessarie a qualsiasi Stato membro, impresa o associazione di imprese, qualora nutra dubbi circa la compatibilità della misura in questione con le norme dell'Unione e abbia quindi avviato un procedimento di indagine formale. In particolare, la Commissione dovrebbe avvalersi di tale potere nei casi in cui appare necessaria una valutazione sostanziale complessa. Nel decidere se avvalersi di detto potere, la Commissione dovrebbe tenere debito conto della durata dell'esame preliminare.
(10)
Ai fini della valutazione della compatibilità di una misura di aiuto a seguito dell'avvio del procedimento di indagine formale, in particolare in casi tecnicamente complessi soggetti a una valutazione sostanziale, la Commissione dovrebbe poter richiedere, mediante semplice domanda o decisione, a qualsiasi Stato membro, impresa o associazione di imprese, tutte le informazioni di mercato necessarie per completare la sua valutazione, qualora le informazioni fornite dallo Stato membro interessato nel corso dell'esame preliminare non siano sufficienti, tenendo debito conto del principio di proporzionalità, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
(11)
Alla luce del rapporto particolare tra i beneficiari di aiuti e lo Stato membro interessato, la Commissione dovrebbe poter richiedere informazioni a un beneficiario di aiuti unicamente con il consenso dello Stato membro interessato. La fornitura di informazioni da parte del beneficiario della misura di aiuto in questione non costituisce una base giuridica per negoziati bilaterali tra la Commissione e il beneficiario interessato.
(12)
La Commissione dovrebbe selezionare i destinatari delle richieste di informazioni sulla base di criteri oggettivi, appropriati per ciascun caso, assicurando nel contempo che, in caso di richiesta rivolta ad un campione di imprese o associazioni di imprese, il campione selezionato sia rappresentativo di ciascuna categoria. Le informazioni richieste dovrebbero consistere, in particolare, in dati aziendali e di mercato fattuali e in un'analisi del funzionamento del mercato basata sui fatti.
(13)
La Commissione, in quanto promotrice del procedimento, dovrebbe essere responsabile di verificare sia la trasmissione di informazioni da parte degli Stati membri, delle imprese o delle associazioni di imprese sia l'asserita riservatezza delle informazioni da divulgare.
(14)
La Commissione dovrebbe poter esigere l'adempimento delle richieste di informazioni che essa presenta a qualsiasi impresa o associazione di imprese, se del caso mediante ammende e penalità di mora proporzionate. Nel fissare gli importi di ammende e penalità di mora, la Commissione dovrebbe tenere debito conto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese. È opportuno tutelare i diritti delle parti invitate a fornire informazioni dando loro l'opportunità di esprimersi prima che sia adottata qualsiasi decisione sull'applicazione di ammende o penalità di mora. La Corte di giustizia dell'Unione europea dovrebbe avere una competenza giurisdizionale anche di merito per quanto riguarda le ammende e le penalità di mora, conformemente all'articolo 261 TFUE.
(15)
Tenendo debito conto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, la Commissione dovrebbe poter ridurre le penalità di mora o rinunciarvi completamente qualora i destinatari delle richieste forniscano le informazioni richieste, anche una volta scaduto il termine.
(16)
Le ammende e le penalità di mora non sono applicabili agli Stati membri in quanto, conformemente all'articol 4, paragrafo 3, TUE essi sono tenuti a cooperare lealmente con la Commissione e a fornirle tutte le informazioni necessarie per consentirle di adempiere ai compiti previsti dal presente regolamento.
(17)
Dopo aver preso in considerazione le osservazioni degli interessati, la Commissione dovrebbe concludere il suo esame adottando una decisione finale non appena le perplessità siano state eliminate. È opportuno, ove detto esame non sia concluso dopo un periodo di diciotto mesi dall'avvio della procedura, che lo Stato membro interessato abbia la possibilità di chiedere una decisione che la Commissione deve adottare entro due mesi.
(18)
Affinché siano tutelati i diritti di difesa dello Stato membro interessato, quest'ultimo dovrebbe ricevere copia delle richieste di informazioni inviate ad altri Stati membri, a imprese o associazioni di imprese e poter presentare le sue osservazioni sui commenti pervenuti. Esso dovrebbe inoltre essere informato dei nomi delle imprese e delle associazioni di imprese consultate, qualora queste non abbiano dimostrato un legittimo interesse alla protezione della propria identità.
(19)
La Commissione dovrebbe tener debito conto dei legittimi interessi delle imprese alla protezione dei segreti aziendali. Essa non dovrebbe poter utilizzare, in una decisione, le informazioni riservate fornite in risposta ad una richiesta d'informazioni che non è possibile aggregare o altrimenti rendere anonime, tranne ove abbia precedentemente ottenuto il consenso degli interessati alla divulgazione di tali informazioni allo Stato membro interessato.
(20)
Per i casi di informazioni contrassegnate come riservate che non sembrano protette da segreto professionale, è opportuno istituire un meccanismo per cui la Commissione possa decidere in quale misura tali informazioni siano divulgabili. Qualsiasi decisione che respinge la richiesta di considerare tali informazioni riservate dovrebbe precisare un termine oltre il quale le informazioni saranno divulgate, di modo che il destinatario possa avvalersi di ogni tutela giudiziaria disponibile, anche mediante misure provvisorie.
(21)
Al fine di assicurare un'applicazione corretta ed efficace delle norme in materia di aiuti di Stato, la Commissione dovrebbe avere la possibilità di revocare una decisione basata su informazioni inesatte.
(22)
Al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 108TFUE, in particolare dell'obbligo di notifica e della clausola di sospensione di cui all'articolo 108, paragrafo 3, la Commissione dovrebbe esaminare tutti i casi di aiuti illegali. Ai fini di trasparenza e di certezza del diritto, è necessario stabilire le procedure da seguire in tali casi. Qualora uno Stato membro non abbia rispettato l'obbligo di notifica o la clausola di sospensione, la Commissione non dovrebbe essere vincolata al rispetto di termini.
(23)
Occorre che la Commissione possa, di propria iniziativa, esaminare informazioni su aiuti illegali di qualsiasi fonte, al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 108 TFUE, in particolare degli obblighi di notifica e della clausola di sospensione di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE e di valutare la compatibilità di un aiuto con il mercato interno.
(24)
In caso di aiuti illegali, la Commissione dovrebbe avere il diritto di ottenere tutte le informazioni necessarie per consentirle di adottare una decisione e, se del caso, di ripristinare immediatamente una concorrenza senza distorsioni. È pertanto opportuno consentire alla Commissione di adottare misure provvisorie nei confronti degli Stati membri interessati. Tali misure provvisorie possono assumere la forma di ingiunzioni di fornire informazioni, di ingiunzioni di sospensione e di ingiunzioni di recupero. La Commissione, in caso di mancato rispetto di un'ingiunzione di fornire informazioni, dovrebbe avere la possibilità di decidere in base alle informazioni disponibili e, in caso di mancato rispetto di ingiunzioni di sospensione o di recupero, di adire direttamente la Corte di giustizia, a norma dell'articolo 108, paragrafo 2, secondo comma, TFUE.
(25)
In caso di aiuti illegali non compatibili con il mercato interno occorrerebbe ripristinare la concorrenza effettiva. A tal fine, è necessario che l'aiuto, compresi gli interessi, venga recuperato senza indugio È opportuno che il recupero avvenga nel rispetto delle procedure di legge nazionali. L'applicazione di tali procedure non dovrebbe impedire, facendo ostacolo ad un'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione, il ripristino della concorrenza effettiva. Per ottenere detto risultato, gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per garantire l'efficacia della decisione della Commissione.
(26)
Per ragioni di certezza del diritto, è opportuno prevedere un termine di 10 anni in caso di aiuto illegale alla scadenza del quale non può più essere ingiunto il recupero.
(27)
Per motivi di certezza del diritto, è opportuno prevedere termini di prescrizione per l'irrogazione e l'inflizione di ammende e penalità di mora.
(28)
Gli aiuti attuati in modo abusivo possono produrre sul funzionamento del mercato interno effetti simili a quelli degli aiuti illegali e, pertanto, andrebbero loro applicate procedure analoghe. Contrariamente agli aiuti illegali, gli aiuti eventualmente attuati in modo abusivo sono aiuti precedentemente autorizzati dalla Commissione. Pertanto, la Commissione non dovrebbe poter ricorrere ad un'ingiunzione di recupero per quanto riguarda gli aiuti attuati in modo abusivo.
(29)
A norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE la Commissione è tenuta a procedere, in collaborazione con gli Stati membri, all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti. Per ragioni di trasparenza e di certezza del diritto è opportuno precisare la portata della cooperazione disposta da tale articolo.
(30)
Al fine di assicurare la compatibilità dei regimi di aiuti esistenti con il mercato interno, ed a norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE la Commissione dovrebbe proporre le opportune misure, qualora i regimi di aiuti già esistenti non siano o non siano più compatibili con il mercato interno, ed avviare il procedimento ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE se lo Stato membro interessato rifiuta di attuare le misure proposte.
(31)
È opportuno stabilire tutte le possibilità di cui dispongono i terzi per difendere i loro interessi in procedimenti in materia di aiuti di Stato.
(32)
Le denunce rappresentano una fondamentale fonte di informazione per rilevare le violazioni alla normativa dell'Unione sugli aiuti di Stato. Per garantire la qualità delle denunce presentate alla Commissione e al contempo la trasparenza e certezza del diritto, è opportuno stabilire le condizioni che una denuncia dovrebbe rispettare affinché la Commissione possa entrare in possesso di informazioni su presunti aiuti illegali e avviare un esame preliminare. Le comunicazioni di informazioni non rispondenti a tali condizioni dovrebbero essere trattate come informazioni generali di mercato e non dovrebbero necessariamente condurre ad indagini d'ufficio.
(33)
È opportuno che sia fatto obbligo ai denuncianti di dimostrare di essere parti interessate ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell'articolo 1, lettera h), del presente regolamento. È altresì opportuno che essi siano tenuti a fornire un certo numero di informazioni in un formato che la Commissione dovrebbe avere facoltà di stabilire con disposizioni di attuazione. Per non scoraggiare possibili denuncianti, tali disposizioni di attuazione dovrebbero tenere conto del fatto che i requisiti imposti alle parti interessate per la presentazione di una denuncia non dovrebbero essere onerosi.
(34)
Al fine di garantire un trattamento coerente da parte della Commissione di questioni simili in tutto il mercato interno, è opportuno prevedere una base giuridica specifica per l'avvio delle indagini per settori economici e per taluni strumenti di aiuto nei diversi Stati membri. Per motivi di proporzionalità e alla luce dei pesanti oneri amministrativi connessi a tali indagini, le indagini settoriali dovrebbero essere svolte solo quando le informazioni disponibili avvalorino il ragionevole sospetto che le misure di aiuto di Stato in un particolare settore possano comportare rilevanti restrizioni o distorsioni della concorrenza nel mercato interno di diversi Stati membri o che misure di aiuto esistenti in un particolare settore in diversi Stati membri non siano o non siano più compatibili con il mercato interno. Tali indagini consentirebbero alla Commissione di trattare in modo efficiente e trasparente i problemi di aiuti di Stato di tipo orizzontale e di ottenere una visione di insieme ex ante del settore interessato.
(35)
Al fine di consentire alla Commissione di vigilare efficacemente sul rispetto delle sue decisioni e di agevolare la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri per quanto concerne l'esame permanente di tutti i regimi di aiuti esistenti negli Stati membri, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE, è necessario che venga stabilito un obbligo generale di presentare relazioni sui regimi di aiuti esistenti.
(36)
La Commissione, qualora nutra forti dubbi sul rispetto delle sue decisioni, dovrebbe disporre di ulteriori strumenti che le consentano di ottenere le informazioni necessarie per verificare se le decisioni in questione sono effettivamente rispettate. A tale scopo, le ispezioni in loco rappresentano uno strumento adeguato e utile, in particolare nei casi in cui l'aiuto potrebbe essere stato attuato in modo abusivo. Pertanto, occorre che la Commissione abbia la facoltà di effettuare ispezioni in loco e ottenere la cooperazione delle autorità competenti degli Stati membri qualora un'impresa si opponga allo svolgimento di siffatta ispezione.
(37)
L'applicazione coerente delle norme in materia di aiuti di Stato richiede l'istituzione di meccanismi di cooperazione fra i giudicidegli Stati membri e la Commissione. Tale cooperazione investe tutti i giudici degli Stati membri che applicano l'articolo 107, paragrafo 1, e l'articolo 108, TFUE. In particolare, i giudici nazionali dovrebbero poter rivolgersi alla Commissione per ottenere informazioni o un parere sull'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato. Anche la Commissione dovrebbe poter formulare osservazioni per iscritto o oralmente ai giudici chiamati ad applicare l'articolo 107, paragrafo 1, o l'articolo 108, TFUE. Nel fornire assistenza ai giudici nazionali in tale contesto, la Commissione dovrebbe agire conformemente al dovere di difendere l'interesse pubblico.
(38)
Tali osservazioni e pareri della Commissione non dovrebbero pregiudicare l'articolo 267 TFUE e non essere giuridicamente vincolanti per i giudici nazionali. Esse dovrebbero essere presentate nel quadro delle regole di procedura e prassi nazionali, comprese quelle intese a tutelare i diritti delle parti, nel pieno rispetto dell'indipendenza dei giudici nazionali. Le osservazioni presentate di propria iniziativa dalla Commissione dovrebbero essere limitate a casi che rivestono importanza per l'applicazione coerente dell'articolo 107, paragrafo 1, o dell'articolo 108, TFUE, in particolare a casi rilevanti per l'applicazione o l'ulteriore sviluppo della giurisprudenza dell'Unione in materia di aiuti di Stato.
(39)
Per ragioni di trasparenza e di certezza del diritto è opportuno dare pubblicità alle decisioni della Commissione, fermo restando al tempo stesso il principio per cui le decisioni riguardanti i casi di aiuti di Stato vanno indirizzate allo Stato membro interessato. È pertanto opportuno pubblicare tutte le decisioni che potrebbero ledere gli interessi degli interessati per esteso o in sintesi o mettere a disposizione di questi ultimi copie di tali decisioni, ove esse non siano state pubblicate o non siano state pubblicate per esteso.
(40)
Nel dare pubblicità alle proprie decisioni, occorre che la Commissione rispetti le norme riguardanti il segreto professionale, compresa la protezione di tutte le informazioni riservate e dei dati personali, conformemente all'articolo 339 TFUE.
(41)
La Commissione, in stretto collegamento con il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato, dovrebbe essere autorizzata ad adottare disposizioni di attuazione per stabilire le modalità relative alle procedure di cui al presente regolamento,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
ASPETTI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:
a) «aiuti»: qualsiasi misura che risponda a tutti i criteri stabiliti all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE;
b) «aiuti esistenti»:
i)
fatti salvi gli articoli 144 e 172 dell'atto di adesione di Austria, Finlandia e Svezia, il punto 3 e l'appendice dell'allegato IV dell'atto di adesione di Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia, i punti 2 e 3, lettera b), e l'appendice dell'allegato V dell'atto di adesione di Bulgaria e Romania, e i punti 2 e 3, lett. b) e l'appendice dell'allegato IV dell'atto di adesione della Croazia, tutte le misure di aiuto esistenti in uno Stato membro prima dell'entrata in vigore del TFUE, ossia tutti i regimi di aiuti e gli aiuti individuali ai quali è stata data esecuzione prima dell'entrata in vigore del TFUE e che sono ancora applicabili dopo tale entrata in vigore;
ii)
gli aiuti autorizzati, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;
iii)
gli aiuti che si presumono autorizzati a norma dell'articolo 4, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 659/1999, o dell'articolo 4, paragrafo 6, del presente regolamento o anteriormente al regolamento (CE) n. 659/1999, ma secondo la procedura prevista dal presente regolamento;
iv)
gli aiuti considerati aiuti esistenti ai sensi dell'articolo 17 del presente regolamento;
v)
gli aiuti considerati aiuti esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell'evoluzione del mercato interno e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un'attività da parte del diritto dell'Unione, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione;
c) «nuovi aiuti»: tutti gli aiuti, ossia regimi di aiuti e aiuti individuali, che non siano aiuti esistenti, comprese le modifiche degli aiuti esistenti;
d) «regime di aiuti»: atto in base al quale, senza che siano necessarie ulteriori misure di attuazione, possono essere adottate singole misure di aiuto a favore di imprese definite nell'atto in linea generale e astratta e qualsiasi atto in base al quale l'aiuto, che non è legato a uno specifico progetto, può essere concesso a una o più imprese per un periodo di tempo indefinito e/o per un ammontare indefinito;
e) «aiuti individuali»: gli aiuti non concessi nel quadro di un regime di aiuti e gli aiuti soggetti a notifica concessi nel quadro di un regime;
f) «aiuti illegali»: i nuovi aiuti attuati in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE;
g) «aiuti attuati in modo abusivo»: gli aiuti utilizzati dal beneficiario in violazione di una decisione adottata a norma dell'articolo 4, paragrafo 3, o dell'articolo 7, paragrafi 3 o 4, del regolamento (CE) n. 659/1999 o dell'articolo 4, paragrafo 3, o dell'articolo 9, paragrafi 3 o 4, del presente regolamento;
h) «interessati»: qualsiasi Stato membro e qualsiasi persona, impresa o associazione d'imprese i cui interessi possono essere lesi dalla concessione di aiuti, in particolare il beneficiario, le imprese concorrenti e le organizzazioni professionali.
CAPO II
PROCEDURE RELATIVE AGLI AIUTI NOTIFICATI
Articolo 2
Notifica di nuovi aiuti
1. Salvo disposizione contraria dei regolamenti adottati a norma dell'articolo 109 TFUE o di altre disposizioni pertinenti dello stesso, qualsiasi progetto di concessione di un nuovo aiuto deve essere notificato tempestivamente alla Commissione dallo Stato membro interessato. La Commissione informa immediatamente lo Stato membro interessato della ricezione della notifica.
2. Nella notifica lo Stato membro interessato fornisce tutte le informazioni atte a consentire alla Commissione di adottare una decisione a norma degli articoli 4 e 9 («notifica completa»).
Articolo 3
Clausola di sospensione
Agli aiuti soggetti a notifica, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, non può essere data esecuzione prima che la Commissione abbia adottato, o sia giustificato ritenere che abbia adottato una decisione di autorizzazione dell'aiuto.
Articolo 4
Esame preliminare della notifica e decisioni della Commissione
1. La Commissione procede all'esame della notifica non appena questa le è pervenuta. Fatto salvo l'articolo 10, la Commissione adotta una decisione a norma dei paragrafi 2, 3 o 4 del presente articolo.
2. La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione.
3. La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che non sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura notificata, nei limiti in cui essa rientri nell'ambito di applicazione dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la dichiara compatibile con il mercato interno («decisione di non sollevare obiezioni»). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del TFUE.
4. La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura notificata, decide di avviare il procedimento ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE («decisione di avviare il procedimento d'indagine formale»).
5. Le decisioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo devono essere adottate entro due mesi. Tale termine inizia a decorrere dal giorno successivo a quello di ricezione di una notifica completa. La notifica è ritenuta completa se entro due mesi dalla sua ricezione, o dalla ricezione di ogni informazione supplementare richiesta, la Commissione non richiede ulteriori informazioni. Il termine può essere prorogato con il consenso della Commissione e dello Stato membro interessato. Se opportuno, la Commissione può fissare scadenze più ravvicinate.
6. Se la Commissione non provvede ad adottare una decisione ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4 entro il termine stabilito al paragrafo 5, si ritiene che l'aiuto sia stato autorizzato dalla Commissione. Lo Stato membro interessato, dopo averne informato la Commissione, può quindi attuare le misure in questione, a meno che la Commissione non adotti una decisione a norma del presente articolo entro quindici giorni lavorativi dalla ricezione della notifica.
Articolo 5
Richiesta di informazioni allo Stato membro notificante
1. La Commissione, se ritiene che le informazioni fornite dallo Stato membro interessato in relazione ad una misura notificata a norma dell'articolo 2 siano incomplete, chiede a detto Stato tutte le informazioni supplementari necessarie. Se lo Stato membro risponde a tale richiesta, la Commissione lo informa della ricezione della risposta.
2. Se lo Stato membro interessato non fornisce le informazioni richieste nel termine stabilito dalla Commissione o fornisce informazioni incomplete, la Commissione invia un sollecito fissando un adeguato termine supplementare entro il quale le informazioni stesse devono essere fornite.
3. La notifica è considerata ritirata se le informazioni richieste non sono fornite entro il termine stabilito, a meno che, prima della scadenza, tale termine non sia stato prorogato con il consenso della Commissione e dello Stato membro interessato, ovvero lo Stato membro interessato non informi la Commissione, con una comunicazione debitamente motivata, di considerare la notifica completa, in quanto le informazioni supplementari richieste non sono disponibili o sono già state fornite. In tal caso, il termine di cui all'articolo 4, paragrafo 5, decorre dal giorno successivo alla ricezione della comunicazione. Se la notifica è considerata ritirata, la Commissione ne informa lo Stato membro.
Articolo 6
Procedimento d'indagine formale
1. La decisione di avvio del procedimento d'indagine formale espone sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contiene una valutazione preliminare della Commissione relativa al carattere di aiuto della misura prevista ed espone i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato interno. La decisione invita lo Stato membro e tutti gli altri interessati a formulare le loro osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine.
2. Le osservazioni ricevute sono comunicate allo Stato membro interessato. Se un interessato ne fa richiesta, adducendo un danno potenziale, la sua identità non è rivelata allo Stato membro interessato. Quest'ultimo può a sua volta rispondere alle osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine.
Articolo 7
Richiesta di informazioni ad altre fonti
1. Dopo l'avvio del procedimento d'indagine formale di cui all'articolo 6, in particolare in casi tecnicamente complessi soggetti a una valutazione sostanziale, la Commissione, se le informazioni fornite dallo Stato membro interessato nel corso dell'esame preliminare non sono sufficienti, può richiedere a un altro Stato membro, a un'impresa o a un'associazione di imprese di fornire tutte le informazioni di mercato necessarie per consentirle di completare la valutazione della misura in questione, tenendo debito conto del principio di proporzionalità, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
2. La Commissione può richiedere informazioni unicamente:
a)
se la richiesta è limitata a procedimenti d'indagine formale fino a quel momento considerati inefficaci dalla Commissione; e
b)
per quanto riguarda i beneficiari di aiuti, se lo Stato membro interessato acconsente alla richiesta.
3. Le imprese o associazioni di imprese che forniscono informazioni a seguito di una richiesta di informazioni di mercato della Commissione ai sensi dei paragrafi 6 e 7 trasmettono la loro risposta simultaneamente alla Commissione e allo Stato membro interessato, qualora i documenti forniti non contengano informazioni riservate nei confronti di tale Stato membro.
La Commissione dirige e controlla la trasmissione di informazioni tra gli Stati membri, le imprese o le associazioni di imprese interessati e verifica l'asserita riservatezza delle informazioni trasmesse.
4. La Commissione richiede soltanto informazioni a disposizione degli Stati membri, delle imprese o delle associazioni di imprese interessati dalla richiesta.
5. Gli Stati membri forniscono le informazioni sulla base di una semplice richiesta ed entro un termine stabilito dalla Commissione che di norma non dovrebbe superare un mese. Se uno Stato membro non fornisce le informazioni richieste entro detto termine o fornisce informazioni incomplete, la Commissione invia un sollecito.
6. La Commissione, mediante semplice domanda, può richiedere informazioni a un'impresa o associazione di imprese. Nell'inviare una semplice domanda d'informazioni a un'impresa o associazione di imprese, la Commissione indica la base giuridica e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce un termine adeguato entro il quale le informazioni devono essere fornite. Essa fa riferimento altresì alle sanzioni previste dall'articolo 8, paragrafo 1, nel caso in cui siano fornite informazioni inesatte o fuorvianti.
7. La Commissione, mediante decisione, può richiedere informazioni a un'impresa o associazione di imprese. Quando richiede a un'impresa o associazione di imprese di comunicare informazioni mediante decisione, la Commissione indica la base giuridica e lo scopo della richiesta, precisa le informazioni richieste e stabilisce un termine adeguato entro il quale le informazioni devono essere fornite. Essa indica altresì le sanzioni previste dall'articolo 8, paragrafo 1, e indica o irroga le penalità di mora di cui all'articolo 8, paragrafo 2, ove opportuno. Inoltre, essa fa menzione del diritto dell'impresa o dell'associazione di imprese di presentare ricorso contro la decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
8. Quando presenta una richiesta a norma del paragrafo 1 o 6 del presente articolo o adotta una decisione a norma del paragrafo 7, la Commissione simultaneamente ne fornisce anche una copia allo Stato membro interessato. La Commissione indica i criteri in base ai quali essa ha selezionato i destinatari della richiesta o della decisione.
9. I proprietari delle imprese o i loro rappresentanti o, se si tratta di persone giuridiche, di società, o di associazioni non dotate di personalità giuridica, coloro che, per legge o in base allo statuto, ne hanno la rappresentanza forniscono le informazioni richieste o necessarie a loro nome. Le persone debitamente incaricate possono fornire le informazioni a nome dei loro clienti. Questi ultimi sono tuttavia considerati pienamente responsabili qualora le informazioni fornite siano inesatte, incomplete o fuorvianti.
Articolo 8
Ammende e penalità di mora
1. La Commissione può, se ritenuto necessario e proporzionato, irrogare mediante decisione alle imprese o associazioni di imprese ammende di importo non superiore all'1 % del loro fatturato totale realizzato durante l'esercizio sociale precedente, quando esse, intenzionalmente o per negligenza grave:
a)
forniscono informazioni inesatte o fuorvianti in risposta a una richiesta rivolta a norma dell'articolo 7, paragrafo 6;
b)
in risposta a una decisione adottata a norma dell'articolo 7, paragrafo 7, forniscono informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti oppure non forniscono le informazioni entro il termine stabilito.
2. La Commissione può, mediante decisione, irrogare penalità di mora alle imprese o associazioni di imprese quando un'impresa o un'associazione di imprese non fornisce informazioni complete ed esatte, come richiesto dalla Commissione mediante decisione adottata a norma dell'articolo 7, paragrafo 7.
Le penalità di mora non sono superiori al 5 % del fatturato medio giornaliero dell'impresa o dell'associazione interessata, realizzato durante l'esercizio sociale precedente per ogni giorno lavorativo di ritardo, calcolato a decorrere dalla data fissata nella decisione, finché essa non fornisca informazioni complete ed esatte, come richiesto o prescritto dalla Commissione.
3. Nel determinare l'ammontare dell'ammenda o della penalità di mora, si considerano la natura, la gravità e la durata dell'infrazione, tenendo debito conto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
4. Quando le imprese o associazioni di imprese hanno adempiuto all'obbligo per la cui osservanza è stata inflitta la penalità di mora, la Commissione può ridurre l'ammontare definitivo della penalità di mora rispetto a quella a norma della decisione originaria che irroga tali penalità. La Commissione può anche rinunciare al pagamento di ogni penalità di mora.
5. Prima di adottare una decisione conformemente al paragrafo 1 o 2 del presente articolo, la Commissione fissa un termine di due settimane per ricevere le informazioni di mercato mancanti dalle imprese o associazioni di imprese interessate e dà loro inoltre modo di esprimersi.
6. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell'articolo 261 TFUE per controllare le ammende o penalità di mora irrogate dalla Commissione. Essa può annullare, ridurre o aumentare l'ammenda o la penalità di mora irrogata.
Articolo 9
Decisioni della Commissione che concludono il procedimento d'indagine formale
1. Fatto salvo l'articolo 10, il procedimento d'indagine formale si conclude con una decisione ai sensi dei paragrafi da 2 a 5 del presente articolo.
2. La Commissione, se constata, eventualmente dopo che lo Stato membro interessato vi abbia apportato modifiche, che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione.
3. La Commissione, se constata, eventualmente dopo che lo Stato membro interessato vi abbia apportato modifiche, che i dubbi relativi alla compatibilità della misura notificata con il mercato interno non sussistono più, decide che l'aiuto è compatibile con il mercato interno («decisione positiva»). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del TFUE.
4. La Commissione può subordinare una decisione positiva a condizioni che consentano di considerare l'aiuto compatibile con il mercato interno e ad obblighi che consentano di controllare il rispetto della decisione stessa («decisione condizionale»).
5. La Commissione, se constata che l'aiuto notificato non è compatibile con il mercato interno, decide che all'aiuto in questione non può essere data esecuzione («decisione negativa»).
6. Le decisioni adottate a norma dei paragrafi da 2 a 5 devono intervenire non appena risultino eliminati i dubbi di cui all'articolo 4, paragrafo 4.Per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro diciotto mesi dall'avvio della procedura.Tale termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.
7. Una volta scaduto il termine di cui al paragrafo 6 del presente articolo, e se lo Stato membro interessato ne fa richiesta, la Commissione, entro due mesi, adotta una decisione in base alle informazioni in suo possesso. Se del caso, qualora le informazioni fornite non siano sufficienti per stabilire la compatibilità, la Commissione adotta una decisione negativa.
8. Prima di adottare una decisione conformemente ai paragrafi da 2 a 5, la Commissione dà allo Stato membro interessato l'opportunità di esprimersi, entro un termine di norma non superiore ad un mese, sulle informazioni da essa ricevute e fornite allo Stato membro interessato a norma dell'articolo 7, paragrafo 3.
9. La Commissione non utilizza, in una decisione adottata conformemente ai paragrafi da 2 a 5 del presente articolo, le informazioni riservate fornite in risposta ad una richiesta d'informazioni che non è possibile aggregare o altrimenti rendere anonime, salvo ove abbia ottenuto il consenso degli interessati alla divulgazione di tali informazioni allo Stato membro interessato. La Commissione può adottare una decisione motivata, che è notificata all'impresa o associazione di imprese interessata, in cui constata che le informazioni fornite in risposta ad una richiesta d'informazioni e contrassegnate come riservate non sono protette e fissa una data dopo la quale le informazioni saranno divulgate. Tale termine non può essere inferiore a un mese.
10. La Commissione tiene debito conto dei legittimi interessi delle imprese alla protezione del segreto aziendale e di altre informazioni riservate. Un'impresa o un'associazione di imprese che fornisca informazioni a norma dell'articolo 7 e che non sia beneficiaria della misura di aiuto di Stato in questione può richiedere, adducendo un danno potenziale, che la propria identità non sia rivelata allo Stato membro interessato.
Articolo 10
Ritiro della notifica
1. Lo Stato membro interessato può ritirare la notifica di cui all'articolo 2 prima che la Commissione abbia adottato una decisione a norma dell'articolo 4 o dell'articolo 9.
2. Nel caso in cui la Commissione abbia avviato il procedimento d'indagine formale, essa provvede a dichiararlo chiuso.
Articolo 11
Revoca di una decisione
La Commissione può revocare una decisione adottata a norma dell'articolo 4, paragrafi 2 o 3, o dell'articolo 9, paragrafi 2, 3 o 4, dopo aver dato allo Stato membro interessato la possibilità di presentare osservazioni, se tale decisione si basava su informazioni inesatte fornite nel corso del procedimento e determinanti ai fini della decisione. Prima di revocare una decisione e di adottarne una nuova, la Commissione avvia il procedimento di indagine formale di cui all'articolo 4, paragrafo 4.Si applicano in tal caso, con i necessari adattamenti, gli articoli 6, 9, 12, l'articolo 13, paragrafo 1, e gli articoli 15, 16 e 17.
CAPO III
PROCEDURA RELATIVA AGLI AIUTI ILLEGALI
Articolo 12
Esame, richiesta d'informazioni e ingiunzione di fornire informazioni
1. Fatto salvo l'articolo 24, la Commissione può, di propria iniziativa, esaminare informazioni su presunti aiuti illegali provenienti da qualsiasi fonte.
La Commissione esamina senza indebito ritardo la denuncia presentata da una parte interessata conformemente all'articolo 24, paragrafo 2, e assicura che lo Stato membro interessato sia pienamente e regolarmente informato dei progressi e del risultato dell'esame.
2. Se necessario, la Commissione richiede informazioni allo Stato membro interessato. Si applicano in tal caso, mutatis mutandis, l'articolo 2, paragrafo 2, e l'articolo 5, paragrafi 1 e 2.
Una volta avviato il procedimento di indagine formale, la Commissione può anche richiedere informazioni ad un altro Stato membro, ad un'impresa o ad un'associazione di imprese conformemente agli articoli 7 e 8, che si applicano mutatis mutandis.
3. Se lo Stato membro interessato, nonostante un sollecito a norma dell'articolo 5, paragrafo 2, non fornisce le informazioni richieste nel termine stabilito dalla Commissione o fornisce informazioni incomplete, la Commissione adotta una decisione con la quale richiede tali informazioni («ingiunzione di fornire informazioni»). La decisione specifica le informazioni richieste e stabilisce un termine adeguato entro il quale devono essere fornite.
Articolo 13
Ingiunzione di sospendere o di recuperare a titolo provvisorio gli aiuti
1. Dopo aver dato allo Stato membro interessato l'opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di sospendere l'erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell'aiuto con il mercato interno («ingiunzione di sospensione»).
2. Dopo aver dato allo Stato membro interessato l'opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di recuperare a titolo provvisorio ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell'aiuto con il mercato interno («ingiunzione di recupero»), se vengono rispettati i seguenti criteri:
a)
in base a una pratica consolidata non sussistono dubbi circa il carattere di aiuto della misura in questione;
b)
occorre affrontare una situazione di emergenza;
c)
esiste un grave rischio di danno consistente e irreparabile ad un concorrente.
Il recupero viene eseguito secondo la procedura di cui all'articolo 16, paragrafi 2 e 3. Dopo l'effettivo recupero dell'aiuto la Commissione adotta una decisione entro i termini applicabili agli aiuti notificati.
La Commissione può autorizzare lo Stato membro ad abbinare il recupero dell'aiuto alla corresponsione di un aiuto di emergenza all'impresa in questione.
Le disposizioni del presente paragrafo si applicano esclusivamente agli aiuti illegali erogati dopo l'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 659/1999.
Articolo 14
Mancato rispetto di una decisione d'ingiunzione
Se uno Stato membro non si conforma ad un'ingiunzione di sospensione o ad un'ingiunzione di recupero, la Commissione, pur continuando a esaminare il caso nel merito in base alle informazioni a sua disposizione, può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea perché essa dichiari che il mancato rispetto della decisione configura una violazione del TFUE.
Articolo 15
Decisioni della Commissione
1. L'esame di presunti aiuti illegali dà luogo ad una decisione a norma dell'articolo 4, paragrafi 2, 3 o 4.Nel caso di decisioni di avvio del procedimento d'indagine formale, il procedimento si conclude con una decisione a norma dell'articolo 9.In caso di mancato rispetto, da parte d'uno Stato membro, dell'ingiunzione di fornire informazioni, tale decisione è adottata in base alle informazioni disponibili.
2. Nel caso di presunti aiuti illegali, fatto salvo l'articolo 13, paragrafo 2, la Commissione non è vincolata al rispetto del termine stabilito all'articolo 4, paragrafo 5, e all'articolo 9, paragrafi 6 e 7.
3. L'articolo 11 si applica per quanto compatibile.
Articolo 16
Recupero degli aiuti
1. Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario («decisione di recupero»). La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell'Unione.
2. All'aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l'aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data del recupero.
3. Fatta salva un'eventuale ordinanza della Corte di giustizia dell'Unione emanata ai sensi dell'articolo 278 TFUE, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto dell'Unione.
CAPO IV
PRESCRIZIONE
Articolo 17
Prescrizione per il recupero degli aiuti
1. I poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un termine di prescrizione di dieci anni.
2. Il termine di prescrizione inizia a decorrere il giorno in cui l'aiuto illegale viene concesso al beneficiario come aiuto individuale o come aiuto rientrante in un regime di aiuti. Qualsiasi azione intrapresa dalla Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della Commissione, nei confronti dell'aiuto illegale interrompe il termine di prescrizione. Ogni interruzione fa decorrere nuovamente il termine da principio. Il termine di prescrizione viene sospeso per il tempo in cui la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione.
3. Ogni aiuto per il quale è scaduto il termine di prescrizione è considerato un aiuto esistente.
Articolo 18
Prescrizione in materia di irrogazione di ammende e penalità di mora
1. I poteri conferiti alla Commissione dall'articolo 8 sono soggetti a un termine di prescrizione di tre anni.
2. Il termine previsto al paragrafo 1 decorre dal giorno in cui è commessa l'infrazione di cui all'articolo 8. Tuttavia, per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, il termine decorre dal giorno in cui cessa l'infrazione.
3. La prescrizione riguardante l'irrogazione di ammende o di penalità di mora si interrompe con qualsiasi atto della Commissione destinato all'accertamento o alla repressione dell'infrazione di cui all'articolo 8, a decorrere dal giorno in cui l'atto è notificato all'impresa o associazione di imprese interessata.
4. Dopo ogni interruzione inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione. La prescrizione opera tuttavia al più tardi allo spirare di sei anni del termine, senza che la Commissione abbia irrogato un'ammenda o una penalità di mora. Detto termine è prolungato della durata della sospensione della prescrizione conformemente al paragrafo 5 del presente articolo.
5. La prescrizione in materia di irrogazione di ammende o di penalità di mora è sospesa fin quando la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
Articolo 19
Prescrizione in materia d'esecuzione di ammende e penalità di mora
1. Il potere della Commissione di procedere all'esecuzione delle decisioni adottate a norma dell'articolo 8 è soggetto ad un termine di prescrizione di cinque anni.
2. Il termine previsto al paragrafo 1 inizia a decorrere dal giorno in cui la decisione adottata a norma dell'articolo 8 diventa definitiva.
3. La prescrizione prevista al paragrafo 1 del presente articolo è interrotta:
a)
dalla notificazione di una decisione che modifica l'importo iniziale dell'ammenda o della penalità di mora, oppure respinge una domanda di modifica;
b)
da ogni atto compiuto da uno Stato membro, su richiesta della Commissione, o dalla Commissione ai fini dell'esecuzione forzata dell'ammenda o della penalità di mora.
4. Dopo ogni interruzione inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione.
5. La prescrizione di cui al paragrafo 1 del presente articolo è sospesa fino a quando:
a)
dura il termine per il pagamento concesso al destinatario;
b)
l'esecuzione forzata è sospesa in virtù di una decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea.
CAPO V
PROCEDURA RELATIVA AGLI AIUTI ATTUATI IN MODO ABUSIVO
Articolo 20
Aiuti attuati in modo abusivo
Fatto salvo l'articolo 28, la Commissione può, nei casi di aiuti attuati in modo abusivo, avviare il procedimento d'indagine formale di cui all'articolo 4, paragrafo 4. Si applicano, mutatis mutandis, gli articoli da 6 a, 9, 11 e 12, l'articolo 13, paragrafo 1 e gli articoli da 14 a 17.
CAPO VI
PROCEDURA RELATIVA AI REGIMI DI AIUTI ESISTENTI
Articolo 21
Cooperazione a norma dell'articolo 108, paragrafo 1 TFUE
1. La Commissione ottiene dallo Stato membro interessato tutte le informazioni necessarie alla revisione, in collaborazione con lo Stato membro, dei regimi di aiuti esistenti a norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE.
2. Se la Commissione ritiene che un regime di aiuti non sia, o non sia più, compatibile con il mercato interno, informa lo Stato membro interessato della sua posizione preliminare, dandogli l'opportunità di presentare le proprie osservazioni entro il termine di un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine.
Articolo 22
Proposta di opportune misure
Se la Commissione, alla luce delle informazioni fornite dallo Stato membro a norma dell'articolo 21, conclude che il regime di aiuti esistente non è, ovvero non è più, compatibile con il mercato interno, emette una raccomandazione in cui propone opportune misure allo Stato membro interessato. La raccomandazione può in particolare proporre:
a)
modificazioni sostanziali del regime di aiuti; o
b)
l'introduzione di obblighi procedurali; o
c)
l'abolizione del regime di aiuti.
Articolo 23
Conseguenze giuridiche di una proposta di opportune misure
1. Se lo Stato membro interessato accetta le misure proposte dalla Commissione e ne informa quest'ultima, la Commissione ne prende atto e ne informa lo Stato membro. A seguito della sua accettazione, lo Stato membro è tenuto a dare applicazione alle opportune misure.
2. Se lo Stato membro interessato rifiuta di attuare le misure proposte e la Commissione, dopo aver considerato gli argomenti dello Stato membro, continua a ritenere necessaria tale attuazione, la Commissione avvia il procedimento di cui all'articolo 4, paragrafo 4.Si applicano in tal caso, con gli opportuni adattamenti, gli articoli 6, 9 e 11.
CAPO VII
PARTI INTERESSATE
Articolo 24
Diritti degli interessati
1. Ogni parte interessata può presentare osservazioni, a norma dell'articolo 6, in seguito ad una decisione della Commissione di dare inizio al procedimento d'indagine formale. A ogni parte interessata che abbia presentato osservazioni e a ogni beneficiario di aiuti individuali viene trasmessa copia della decisione adottata dalla Commissione a norma dell'articolo 9.
2. Ogni parte interessata può presentare denuncia per informare la Commissione di presunti aiuti illegali o della presunta attuazione abusiva di aiuti. A tal fine, la parte interessata compila un modulo, in un formato stabilito con le disposizioni di attuazione di cui all'articolo 33, e fornisce le informazioni obbligatorie ivi richieste.
La Commissione, se ritiene che la parte interessata non rispetta l'obbligo di ricorrere al modulo di denuncia o gli elementi di fatto e di diritto presentati dalla parte interessata non sono sufficienti a dimostrare, in base a un esame prima facie, l'esistenza di un aiuto illegale o l'attuazione abusiva di aiuti, ne informa la parte interessata invitandola a presentare osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. Se la parte interessata non presenta osservazioni entro il termine stabilito, la denuncia può considerarsi ritirata. La Commissione informa lo Stato membro interessato si considera che una denuncia è stata ritirata.
La Commissione invia copia al denunciante della decisione adottata su un caso riguardante l'oggetto della denuncia.
3. A sua richiesta, ogni parte interessata ottiene copia di qualsiasi decisione adottata a norma degli articoli 4 e 9, dell'articolo 12, paragrafo 3, e dell'articolo 13.
CAPO VIII
INDAGINI PER SETTORI ECONOMICI E PER STRUMENTI DI AIUTO
Articolo 25
Indagini per settori economici e per strumenti di aiuto
1. Se le informazioni disponibili avvalorano il ragionevole sospetto che le misure di aiuto di Stato in un particolare settore o basate su un particolare strumento di aiuto comportano rilevanti restrizioni o distorsioni della concorrenza nel mercato interno di diversi Stati membri, oppure che misure di aiuto esistenti in un particolare settore in diversi Stati membri non sono o non sono più compatibili con il mercato interno, la Commissione può svolgere un'indagine in diversi Stati membri in un settore economico o riguardo all'uso di uno strumento di aiuto. Nel corso di tale indagine la Commissione può richiedere agli Stati membri e/o alle imprese o associazioni di imprese interessate di fornire le informazioni necessarie per l'applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE, tenendo debito conto del principio di proporzionalità.
La Commissione motiva l'indagine e la scelta dei destinatari in tutte le richieste di informazioni inviate a norma del presente articolo.
La Commissione pubblica una relazione sui risultati della sua indagine in particolari settori dell'economia o per particolare strumento di aiuto in diversi Stati membri e invita gli Stati membri e le imprese o associazioni di imprese interessate a presentare osservazioni.
2. Le informazioni ottenute da indagini settoriali possono essere utilizzate nel quadro delle procedure ai sensi del presente regolamento.
3. Si applicano, mutatis mutandis, gli articoli 5, 7 e 8, del presente regolamento,.
CAPO IX
CONTROLLO
Articolo 26
Relazioni annuali
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali su tutti i regimi di aiuti esistenti non assoggettati a obblighi specifici in tal senso nell'ambito di una decisione condizionale a norma dell'articolo 9, paragrafo 4.
2. Qualora lo Stato membro interessato, nonostante sia stato sollecitato, non presenti una relazione annuale, la Commissione può procedere a norma dell'articolo 22 nei confronti del regime di aiuti in questione.
Articolo 27
Controlli in loco
1. Qualora la Commissione nutra forti dubbi sul rispetto, da parte di uno Stato membro, di una decisione di non sollevare obiezioni, di una decisione positiva o di una decisione condizionale per quanto riguarda gli aiuti individuali, detto Stato membro, dopo aver avuto l'opportunità di presentare le proprie osservazioni, deve consentirle di effettuare ispezioni in loco.
2. Per verificare l'osservanza della decisione in questione, gli agenti autorizzati dalla Commissione dispongono dei seguenti poteri:
a)
accedere a tutti i locali e terreni dell'impresa interessata;
b)
chiedere spiegazioni orali sul posto;
c)
controllare i registri e gli altri documenti aziendali, nonché eseguire o richiedere copie degli stessi.
Se necessario, la Commissione può farsi assistere da esperti indipendenti.
3. La Commissione informa per iscritto e con sufficiente anticipo lo Stato membro interessato dell'ispezione in loco e comunica l'identità degli agenti e degli esperti incaricati di effettuarla. Qualora lo Stato membro faccia valere obiezioni debitamente giustificate in merito alla scelta degli esperti operata dalla Commissione, la nomina degli esperti stessi avviene di comune accordo con lo Stato membro. Detti agenti ed esperti, incaricati dei controlli in loco, presentano un'autorizzazione scritta in cui sono specificati l'oggetto e lo scopo dell'ispezione.
4. Agenti autorizzati dallo Stato membro nel quale deve essere effettuata l'ispezione possono assistervi.
5. La Commissione fornisce allo Stato membro una copia delle relazioni prodotte a seguito dell'ispezione.
6. Quando un'impresa si oppone allo svolgimento di un'ispezione disposta con una decisione della Commissione a norma del presente articolo, lo Stato membro interessato presta agli agenti ed agli esperti autorizzati dalla Commissione l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento dei controlli.
Articolo 28
Mancato rispetto di decisioni e di sentenze
1. Qualora lo Stato membro interessato non si conformi ad una decisione condizionale o negativa, in particolare nei casi di cui all'articolo 16 del presente regolamento, la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE.
2. La Commissione, se ritiene che lo Stato membro interessato non si sia conformato ad una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, può procedere nei suoi confronti ai sensi dell'articolo 260, TFUE.
CAPO X
COOPERAZIONE CON I GIUDICI NAZIONALI
Articolo 29
Cooperazione con i giudici nazionali
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 107, paragrafo 1, e dell'articolo 108 TFUE, i giudici degli Stati membri possono chiedere alla Commissione di trasmettere loro le informazioni in suo possesso o i suoi pareri su questioni relative all'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato.
2. Ove necessario ai fini dell'applicazione coerente dell'articolo 107, paragrafo 1, o dell'articolo 108 TFUE, la Commissione può, di propria iniziativa, presentare osservazioni scritte ai giudici degli Stati membri responsabili dell'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato. Essa, previa autorizzazione del giudice in questione, può inoltre presentare osservazioni orali.
Prima di presentare formalmente osservazioni, la Commissione informa lo Stato membro interessato della sua intenzione di farlo.
Al fine esclusivo della preparazione delle sue osservazioni, la Commissione può chiedere al giudice competente dello Stato membro di trasmetterle i documenti a sua disposizione necessari alla Commissione per la valutazione della questione.
CAPO XI
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
Articolo 30
Segreto professionale
La Commissione e gli Stati membri, nonché i loro funzionari e altri agenti, inclusi gli esperti indipendenti nominati dalla Commissione, sono tenuti a non divulgare le informazioni protette dal segreto professionale acquisite in applicazione del presente regolamento.
Articolo 31
Destinatario delle decisioni
1. Le decisioni adottate a norma dell'articolo 7, paragrafo 7, dell'articolo 8, paragrafi 1 e 2, e dell'articolo 9, paragrafo 9, sono indirizzate all'impresa o associazione di imprese interessata. La Commissione notifica la decisione al destinatario senza indugio e gli dà l'opportunità di indicarle quali informazioni ritiene debbano essere protette da segreto professionale.
2. Tutte le altre decisioni della Commissione adottate a norma dei capi II, III, V, VI e IX sono indirizzate allo Stato membro interessato. La Commissione gli notifica senza indugio le decisioni e gli dà l'opportunità di indicarle quali informazioni ritiene debbano essere coperte da segreto professionale.
Articolo 32
Pubblicazione delle decisioni
1. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea un'informazione sintetica delle decisioni da essa adottate a norma dell'articolo 4, paragrafi 2 e 3, e del combinato disposto degli articoli 22 e 23, paragrafo 1. Tale informazione sintetica precisa che è possibile ottenere copia del testo integrale della decisione nella lingua o nelle lingue facenti fede.
2. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea le decisioni da essa adottate ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, nella lingua facente fede. Nelle Gazzette ufficiali pubblicate in lingue diverse dalla lingua facente fede, la decisione è pubblicata nella lingua facente fede ed è corredata di una sintesi significativa nella lingua della Gazzetta ufficiale.
3. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea le decisioni da essa adottate a norma dell'articolo 8, paragrafi 1 e 2, e dell'articolo 9.
4. Nei casi di cui all'articolo 4, paragrafo 6, o all'articolo 10, paragrafo 2, un avviso è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
5. Il Consiglio, deliberando all'unanimità, può decidere di pubblicare le decisioni di cui all'articolo 108, paragrafo 2, terzo comma, TFUE nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 33
Disposizioni di attuazione
La Commissione è autorizzata ad adottare, secondo la procedura di cui all'articolo 34, disposizioni di attuazione riguardanti:
a)
la forma, il contenuto e le altre modalità delle notificazioni;
b)
la forma, il contenuto e le altre modalità delle relazioni annuali;
c)
la forma, il contenuto e le altre modalità delle denunce presentate a norma dell'articolo 12, paragrafo 1, e dell'articolo 24, paragrafo 2;
d)
le modalità dei termini e il calcolo dei termini; e
e)
il tasso di interesse di cui all'articolo 16, paragrafo 2.
Articolo 34
Consultazione del comitato consultivo in materia di aiuti di Stato
1. La Commissione consulta il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato («comitato»), istituito dal regolamento (UE) 2015/1588 del Consiglio (4) prima di adottare qualsiasi disposizione di attuazione a norma dell'articolo 33.
2. La consultazione del comitato avviene in una riunione convocata dalla Commissione. I progetti e i documenti da esaminare sono allegati alla convocazione. La riunione ha luogo non prima di due mesi dall'invio della convocazione. Detto termine può essere ridotto in caso di urgenza.
3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione.
4. Il parere è iscritto a verbale. Inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale. Il comitato può raccomandare di pubblicare il suo parere nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere.
Articolo 35
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 659/1999 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II.
Articolo 36
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Parere del 29 aprile 2015 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1).
(3) Cfr. allegato I.
(4) Regolamento (UE) 2015/1588 del Consiglio, del 13 luglio 2015, sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali (cfr. pag. 1 della presente Gazzetta ufficiale).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CE) n. 659/1999
(GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1).
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto 5, paragrafo 6
Regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 517/2013 del Consiglio
(GU L 158 del 10.6.2013, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 734/2013 del Consiglio
(GU L 204 del 31.7.2013, pag. 15).
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 659/1999
Presente regolamento
Articoli da 1 a 6
Articoli da 1 a 6
Articolo 6 bis
Articolo 7
Articolo 6 ter
Articolo 8
Articolo 7
Articolo 9
Articolo 8
Articolo 10
Articolo 9
Articolo 11
Articolo 10
Articolo 12
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, trattino
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, primo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, lettera a)
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, terzo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Articolo 11, paragrafo 2, secondo, terzo e quarto comma
Articolo 13, paragrafo 2, secondo, terzo e quarto comma
Articolo 12
Articolo 14
Articolo 13
Articolo 15
Articolo 14
Articolo 16
Articolo 15
Articolo 17
Articolo 15 bis
Articolo 18
Articolo 15 ter
Articolo 19
Articolo 16
Articolo 20
Articolo 17
Articolo 21
Articolo 18
Articolo 22
Articolo 19
Articolo 23
Articolo 20
Articolo 24
Articolo 20 bis
Articolo 25
Articolo 21
Articolo 26
Articolo 22
Articolo 27
Articolo 23
Articolo 28
Articolo 23 bis
Articolo 29
Articolo 24
Articolo 30
Articolo 25
Articolo 31
Articolo 26, paragrafi 1 e 2
Articolo 32, paragrafi 1 e 2
Articolo 26, paragrafo 2 bis
Articolo 32, paragrafo 3
Articolo 26, paragrafo 3
Articolo 32, paragrafo 3
Articolo 26, paragrafo 4
Articolo 32, paragrafo 4
Articolo 26, paragrafo 5
Articolo 32, paragrafo 5
Articolo 27
Articolo 33
Articolo 28
—
Articolo 29
Articolo 34
—
Articolo 35
Articolo 30
Articolo 36
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) 2015/1589 DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2015
recante modalità di applicazione dell'articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 109,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio (2) ha subito varie e sostanziali modifiche (3). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua alla codificazione.
(2)
Fatte salve le norme procedurali speciali previste nei regolamenti per taluni settori, il presente regolamento andrebbe applicato agli aiuti in tutti i settori. Ai fini dell'applicazione degli articoli 93 e 107 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'articolo 108 attribuisce alla Commissione la competenza specifica a decidere in merito alla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato interno quando si tratti di esaminare i regimi esistenti, di decidere su aiuti da istituire o modificare e di intervenire in caso di mancato rispetto delle sue decisioni o dell'obbligo di notifica.
(3)
Nel quadro di un sistema modernizzato di norme in materia di aiuti di Stato volto a contribuire all'attuazione della strategia Europa 2020 per la crescita e al risanamento di bilancio, è opportuno applicare l'articolo 107 TFUE in modo efficace e uniforme in tutta l'Unione. Il regolamento (CE) n. 659/1999 ha consolidato e rafforzato la precedente prassi della Commissione di accrescere la certezza del diritto e sostenere lo sviluppo di una politica in materia di aiuti di Stato in un contesto trasparente.
(4)
Per garantire la certezza del diritto, è opportuno che siano definite le condizioni alle quali gli aiuti possono essere considerati aiuti esistenti. Il completamento e il rafforzamento del mercato interno costituiscono un processo graduale che si riflette nello sviluppo permanente della politica in materia di aiuti di Stato. In base a tali sviluppi, talune misure, che quando sono state varate non costituivano aiuto di Stato, possono in seguito essere divenute tali.
(5)
A norma dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, i progetti diretti ad istituire nuovi aiuti vanno notificati alla Commissione e non potrebbe essere data loro esecuzione prima che la Commissione li abbia autorizzati.
(6)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea (TUE), gli Stati membri sono tenuti a collaborare con la Commissione e a fornirle tutte le informazioni necessarie per consentirle di svolgere i compiti previsti dal presente regolamento.
(7)
È opportuno che il termine entro il quale la Commissione deve concludere l'esame preliminare degli aiuti notificati sia fissato a due mesi dal ricevimento della notifica completa o dal ricevimento di una comunicazione debitamente motivata dello Stato membro interessato secondo cui esso considera la notifica completa, in quanto le informazioni supplementari richieste dalla Commissione non sono disponibili o sono già state fornite. Per ragioni di certezza del diritto, detto esame deve concludersi con una decisione.
(8)
In tutti i casi in cui, dopo l'esame preliminare, la Commissione non sia in grado di dichiarare che l'aiuto è compatibile con il mercato interno, occorrerebbe avviare il procedimento di indagine formale volto a consentire alla Commissione di ottenere le informazioni necessarie per stabilire la compatibilità dell'aiuto stesso e a dar modo agli interessati di trasmettere le proprie osservazioni. Il procedimento di indagine formale ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE assicura la migliore tutela dei diritti degli interessati.
(9)
Per valutare la compatibilità con il mercato interno di qualsiasi aiuto di Stato notificato o illegale per il quale la Commissione ha la competenza esclusiva a norma dell'articolo 108 TFUE, è opportuno garantire che la Commissione abbia il potere, ai fini dell'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato, di chiedere tutte le informazioni di mercato necessarie a qualsiasi Stato membro, impresa o associazione di imprese, qualora nutra dubbi circa la compatibilità della misura in questione con le norme dell'Unione e abbia quindi avviato un procedimento di indagine formale. In particolare, la Commissione dovrebbe avvalersi di tale potere nei casi in cui appare necessaria una valutazione sostanziale complessa. Nel decidere se avvalersi di detto potere, la Commissione dovrebbe tenere debito conto della durata dell'esame preliminare.
(10)
Ai fini della valutazione della compatibilità di una misura di aiuto a seguito dell'avvio del procedimento di indagine formale, in particolare in casi tecnicamente complessi soggetti a una valutazione sostanziale, la Commissione dovrebbe poter richiedere, mediante semplice domanda o decisione, a qualsiasi Stato membro, impresa o associazione di imprese, tutte le informazioni di mercato necessarie per completare la sua valutazione, qualora le informazioni fornite dallo Stato membro interessato nel corso dell'esame preliminare non siano sufficienti, tenendo debito conto del principio di proporzionalità, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
(11)
Alla luce del rapporto particolare tra i beneficiari di aiuti e lo Stato membro interessato, la Commissione dovrebbe poter richiedere informazioni a un beneficiario di aiuti unicamente con il consenso dello Stato membro interessato. La fornitura di informazioni da parte del beneficiario della misura di aiuto in questione non costituisce una base giuridica per negoziati bilaterali tra la Commissione e il beneficiario interessato.
(12)
La Commissione dovrebbe selezionare i destinatari delle richieste di informazioni sulla base di criteri oggettivi, appropriati per ciascun caso, assicurando nel contempo che, in caso di richiesta rivolta ad un campione di imprese o associazioni di imprese, il campione selezionato sia rappresentativo di ciascuna categoria. Le informazioni richieste dovrebbero consistere, in particolare, in dati aziendali e di mercato fattuali e in un'analisi del funzionamento del mercato basata sui fatti.
(13)
La Commissione, in quanto promotrice del procedimento, dovrebbe essere responsabile di verificare sia la trasmissione di informazioni da parte degli Stati membri, delle imprese o delle associazioni di imprese sia l'asserita riservatezza delle informazioni da divulgare.
(14)
La Commissione dovrebbe poter esigere l'adempimento delle richieste di informazioni che essa presenta a qualsiasi impresa o associazione di imprese, se del caso mediante ammende e penalità di mora proporzionate. Nel fissare gli importi di ammende e penalità di mora, la Commissione dovrebbe tenere debito conto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese. È opportuno tutelare i diritti delle parti invitate a fornire informazioni dando loro l'opportunità di esprimersi prima che sia adottata qualsiasi decisione sull'applicazione di ammende o penalità di mora. La Corte di giustizia dell'Unione europea dovrebbe avere una competenza giurisdizionale anche di merito per quanto riguarda le ammende e le penalità di mora, conformemente all'articolo 261 TFUE.
(15)
Tenendo debito conto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, la Commissione dovrebbe poter ridurre le penalità di mora o rinunciarvi completamente qualora i destinatari delle richieste forniscano le informazioni richieste, anche una volta scaduto il termine.
(16)
Le ammende e le penalità di mora non sono applicabili agli Stati membri in quanto, conformemente all'articol 4, paragrafo 3, TUE essi sono tenuti a cooperare lealmente con la Commissione e a fornirle tutte le informazioni necessarie per consentirle di adempiere ai compiti previsti dal presente regolamento.
(17)
Dopo aver preso in considerazione le osservazioni degli interessati, la Commissione dovrebbe concludere il suo esame adottando una decisione finale non appena le perplessità siano state eliminate. È opportuno, ove detto esame non sia concluso dopo un periodo di diciotto mesi dall'avvio della procedura, che lo Stato membro interessato abbia la possibilità di chiedere una decisione che la Commissione deve adottare entro due mesi.
(18)
Affinché siano tutelati i diritti di difesa dello Stato membro interessato, quest'ultimo dovrebbe ricevere copia delle richieste di informazioni inviate ad altri Stati membri, a imprese o associazioni di imprese e poter presentare le sue osservazioni sui commenti pervenuti. Esso dovrebbe inoltre essere informato dei nomi delle imprese e delle associazioni di imprese consultate, qualora queste non abbiano dimostrato un legittimo interesse alla protezione della propria identità.
(19)
La Commissione dovrebbe tener debito conto dei legittimi interessi delle imprese alla protezione dei segreti aziendali. Essa non dovrebbe poter utilizzare, in una decisione, le informazioni riservate fornite in risposta ad una richiesta d'informazioni che non è possibile aggregare o altrimenti rendere anonime, tranne ove abbia precedentemente ottenuto il consenso degli interessati alla divulgazione di tali informazioni allo Stato membro interessato.
(20)
Per i casi di informazioni contrassegnate come riservate che non sembrano protette da segreto professionale, è opportuno istituire un meccanismo per cui la Commissione possa decidere in quale misura tali informazioni siano divulgabili. Qualsiasi decisione che respinge la richiesta di considerare tali informazioni riservate dovrebbe precisare un termine oltre il quale le informazioni saranno divulgate, di modo che il destinatario possa avvalersi di ogni tutela giudiziaria disponibile, anche mediante misure provvisorie.
(21)
Al fine di assicurare un'applicazione corretta ed efficace delle norme in materia di aiuti di Stato, la Commissione dovrebbe avere la possibilità di revocare una decisione basata su informazioni inesatte.
(22)
Al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 108TFUE, in particolare dell'obbligo di notifica e della clausola di sospensione di cui all'articolo 108, paragrafo 3, la Commissione dovrebbe esaminare tutti i casi di aiuti illegali. Ai fini di trasparenza e di certezza del diritto, è necessario stabilire le procedure da seguire in tali casi. Qualora uno Stato membro non abbia rispettato l'obbligo di notifica o la clausola di sospensione, la Commissione non dovrebbe essere vincolata al rispetto di termini.
(23)
Occorre che la Commissione possa, di propria iniziativa, esaminare informazioni su aiuti illegali di qualsiasi fonte, al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 108 TFUE, in particolare degli obblighi di notifica e della clausola di sospensione di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE e di valutare la compatibilità di un aiuto con il mercato interno.
(24)
In caso di aiuti illegali, la Commissione dovrebbe avere il diritto di ottenere tutte le informazioni necessarie per consentirle di adottare una decisione e, se del caso, di ripristinare immediatamente una concorrenza senza distorsioni. È pertanto opportuno consentire alla Commissione di adottare misure provvisorie nei confronti degli Stati membri interessati. Tali misure provvisorie possono assumere la forma di ingiunzioni di fornire informazioni, di ingiunzioni di sospensione e di ingiunzioni di recupero. La Commissione, in caso di mancato rispetto di un'ingiunzione di fornire informazioni, dovrebbe avere la possibilità di decidere in base alle informazioni disponibili e, in caso di mancato rispetto di ingiunzioni di sospensione o di recupero, di adire direttamente la Corte di giustizia, a norma dell'articolo 108, paragrafo 2, secondo comma, TFUE.
(25)
In caso di aiuti illegali non compatibili con il mercato interno occorrerebbe ripristinare la concorrenza effettiva. A tal fine, è necessario che l'aiuto, compresi gli interessi, venga recuperato senza indugio È opportuno che il recupero avvenga nel rispetto delle procedure di legge nazionali. L'applicazione di tali procedure non dovrebbe impedire, facendo ostacolo ad un'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione, il ripristino della concorrenza effettiva. Per ottenere detto risultato, gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per garantire l'efficacia della decisione della Commissione.
(26)
Per ragioni di certezza del diritto, è opportuno prevedere un termine di 10 anni in caso di aiuto illegale alla scadenza del quale non può più essere ingiunto il recupero.
(27)
Per motivi di certezza del diritto, è opportuno prevedere termini di prescrizione per l'irrogazione e l'inflizione di ammende e penalità di mora.
(28)
Gli aiuti attuati in modo abusivo possono produrre sul funzionamento del mercato interno effetti simili a quelli degli aiuti illegali e, pertanto, andrebbero loro applicate procedure analoghe. Contrariamente agli aiuti illegali, gli aiuti eventualmente attuati in modo abusivo sono aiuti precedentemente autorizzati dalla Commissione. Pertanto, la Commissione non dovrebbe poter ricorrere ad un'ingiunzione di recupero per quanto riguarda gli aiuti attuati in modo abusivo.
(29)
A norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE la Commissione è tenuta a procedere, in collaborazione con gli Stati membri, all'esame permanente dei regimi di aiuti esistenti. Per ragioni di trasparenza e di certezza del diritto è opportuno precisare la portata della cooperazione disposta da tale articolo.
(30)
Al fine di assicurare la compatibilità dei regimi di aiuti esistenti con il mercato interno, ed a norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE la Commissione dovrebbe proporre le opportune misure, qualora i regimi di aiuti già esistenti non siano o non siano più compatibili con il mercato interno, ed avviare il procedimento ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE se lo Stato membro interessato rifiuta di attuare le misure proposte.
(31)
È opportuno stabilire tutte le possibilità di cui dispongono i terzi per difendere i loro interessi in procedimenti in materia di aiuti di Stato.
(32)
Le denunce rappresentano una fondamentale fonte di informazione per rilevare le violazioni alla normativa dell'Unione sugli aiuti di Stato. Per garantire la qualità delle denunce presentate alla Commissione e al contempo la trasparenza e certezza del diritto, è opportuno stabilire le condizioni che una denuncia dovrebbe rispettare affinché la Commissione possa entrare in possesso di informazioni su presunti aiuti illegali e avviare un esame preliminare. Le comunicazioni di informazioni non rispondenti a tali condizioni dovrebbero essere trattate come informazioni generali di mercato e non dovrebbero necessariamente condurre ad indagini d'ufficio.
(33)
È opportuno che sia fatto obbligo ai denuncianti di dimostrare di essere parti interessate ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell'articolo 1, lettera h), del presente regolamento. È altresì opportuno che essi siano tenuti a fornire un certo numero di informazioni in un formato che la Commissione dovrebbe avere facoltà di stabilire con disposizioni di attuazione. Per non scoraggiare possibili denuncianti, tali disposizioni di attuazione dovrebbero tenere conto del fatto che i requisiti imposti alle parti interessate per la presentazione di una denuncia non dovrebbero essere onerosi.
(34)
Al fine di garantire un trattamento coerente da parte della Commissione di questioni simili in tutto il mercato interno, è opportuno prevedere una base giuridica specifica per l'avvio delle indagini per settori economici e per taluni strumenti di aiuto nei diversi Stati membri. Per motivi di proporzionalità e alla luce dei pesanti oneri amministrativi connessi a tali indagini, le indagini settoriali dovrebbero essere svolte solo quando le informazioni disponibili avvalorino il ragionevole sospetto che le misure di aiuto di Stato in un particolare settore possano comportare rilevanti restrizioni o distorsioni della concorrenza nel mercato interno di diversi Stati membri o che misure di aiuto esistenti in un particolare settore in diversi Stati membri non siano o non siano più compatibili con il mercato interno. Tali indagini consentirebbero alla Commissione di trattare in modo efficiente e trasparente i problemi di aiuti di Stato di tipo orizzontale e di ottenere una visione di insieme ex ante del settore interessato.
(35)
Al fine di consentire alla Commissione di vigilare efficacemente sul rispetto delle sue decisioni e di agevolare la cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri per quanto concerne l'esame permanente di tutti i regimi di aiuti esistenti negli Stati membri, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE, è necessario che venga stabilito un obbligo generale di presentare relazioni sui regimi di aiuti esistenti.
(36)
La Commissione, qualora nutra forti dubbi sul rispetto delle sue decisioni, dovrebbe disporre di ulteriori strumenti che le consentano di ottenere le informazioni necessarie per verificare se le decisioni in questione sono effettivamente rispettate. A tale scopo, le ispezioni in loco rappresentano uno strumento adeguato e utile, in particolare nei casi in cui l'aiuto potrebbe essere stato attuato in modo abusivo. Pertanto, occorre che la Commissione abbia la facoltà di effettuare ispezioni in loco e ottenere la cooperazione delle autorità competenti degli Stati membri qualora un'impresa si opponga allo svolgimento di siffatta ispezione.
(37)
L'applicazione coerente delle norme in materia di aiuti di Stato richiede l'istituzione di meccanismi di cooperazione fra i giudicidegli Stati membri e la Commissione. Tale cooperazione investe tutti i giudici degli Stati membri che applicano l'articolo 107, paragrafo 1, e l'articolo 108, TFUE. In particolare, i giudici nazionali dovrebbero poter rivolgersi alla Commissione per ottenere informazioni o un parere sull'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato. Anche la Commissione dovrebbe poter formulare osservazioni per iscritto o oralmente ai giudici chiamati ad applicare l'articolo 107, paragrafo 1, o l'articolo 108, TFUE. Nel fornire assistenza ai giudici nazionali in tale contesto, la Commissione dovrebbe agire conformemente al dovere di difendere l'interesse pubblico.
(38)
Tali osservazioni e pareri della Commissione non dovrebbero pregiudicare l'articolo 267 TFUE e non essere giuridicamente vincolanti per i giudici nazionali. Esse dovrebbero essere presentate nel quadro delle regole di procedura e prassi nazionali, comprese quelle intese a tutelare i diritti delle parti, nel pieno rispetto dell'indipendenza dei giudici nazionali. Le osservazioni presentate di propria iniziativa dalla Commissione dovrebbero essere limitate a casi che rivestono importanza per l'applicazione coerente dell'articolo 107, paragrafo 1, o dell'articolo 108, TFUE, in particolare a casi rilevanti per l'applicazione o l'ulteriore sviluppo della giurisprudenza dell'Unione in materia di aiuti di Stato.
(39)
Per ragioni di trasparenza e di certezza del diritto è opportuno dare pubblicità alle decisioni della Commissione, fermo restando al tempo stesso il principio per cui le decisioni riguardanti i casi di aiuti di Stato vanno indirizzate allo Stato membro interessato. È pertanto opportuno pubblicare tutte le decisioni che potrebbero ledere gli interessi degli interessati per esteso o in sintesi o mettere a disposizione di questi ultimi copie di tali decisioni, ove esse non siano state pubblicate o non siano state pubblicate per esteso.
(40)
Nel dare pubblicità alle proprie decisioni, occorre che la Commissione rispetti le norme riguardanti il segreto professionale, compresa la protezione di tutte le informazioni riservate e dei dati personali, conformemente all'articolo 339 TFUE.
(41)
La Commissione, in stretto collegamento con il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato, dovrebbe essere autorizzata ad adottare disposizioni di attuazione per stabilire le modalità relative alle procedure di cui al presente regolamento,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
ASPETTI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:
a) «aiuti»: qualsiasi misura che risponda a tutti i criteri stabiliti all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE;
b) «aiuti esistenti»:
i)
fatti salvi gli articoli 144 e 172 dell'atto di adesione di Austria, Finlandia e Svezia, il punto 3 e l'appendice dell'allegato IV dell'atto di adesione di Repubblica ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia, i punti 2 e 3, lettera b), e l'appendice dell'allegato V dell'atto di adesione di Bulgaria e Romania, e i punti 2 e 3, lett. b) e l'appendice dell'allegato IV dell'atto di adesione della Croazia, tutte le misure di aiuto esistenti in uno Stato membro prima dell'entrata in vigore del TFUE, ossia tutti i regimi di aiuti e gli aiuti individuali ai quali è stata data esecuzione prima dell'entrata in vigore del TFUE e che sono ancora applicabili dopo tale entrata in vigore;
ii)
gli aiuti autorizzati, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;
iii)
gli aiuti che si presumono autorizzati a norma dell'articolo 4, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 659/1999, o dell'articolo 4, paragrafo 6, del presente regolamento o anteriormente al regolamento (CE) n. 659/1999, ma secondo la procedura prevista dal presente regolamento;
iv)
gli aiuti considerati aiuti esistenti ai sensi dell'articolo 17 del presente regolamento;
v)
gli aiuti considerati aiuti esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell'evoluzione del mercato interno e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un'attività da parte del diritto dell'Unione, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione;
c) «nuovi aiuti»: tutti gli aiuti, ossia regimi di aiuti e aiuti individuali, che non siano aiuti esistenti, comprese le modifiche degli aiuti esistenti;
d) «regime di aiuti»: atto in base al quale, senza che siano necessarie ulteriori misure di attuazione, possono essere adottate singole misure di aiuto a favore di imprese definite nell'atto in linea generale e astratta e qualsiasi atto in base al quale l'aiuto, che non è legato a uno specifico progetto, può essere concesso a una o più imprese per un periodo di tempo indefinito e/o per un ammontare indefinito;
e) «aiuti individuali»: gli aiuti non concessi nel quadro di un regime di aiuti e gli aiuti soggetti a notifica concessi nel quadro di un regime;
f) «aiuti illegali»: i nuovi aiuti attuati in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE;
g) «aiuti attuati in modo abusivo»: gli aiuti utilizzati dal beneficiario in violazione di una decisione adottata a norma dell'articolo 4, paragrafo 3, o dell'articolo 7, paragrafi 3 o 4, del regolamento (CE) n. 659/1999 o dell'articolo 4, paragrafo 3, o dell'articolo 9, paragrafi 3 o 4, del presente regolamento;
h) «interessati»: qualsiasi Stato membro e qualsiasi persona, impresa o associazione d'imprese i cui interessi possono essere lesi dalla concessione di aiuti, in particolare il beneficiario, le imprese concorrenti e le organizzazioni professionali.
CAPO II
PROCEDURE RELATIVE AGLI AIUTI NOTIFICATI
Articolo 2
Notifica di nuovi aiuti
1. Salvo disposizione contraria dei regolamenti adottati a norma dell'articolo 109 TFUE o di altre disposizioni pertinenti dello stesso, qualsiasi progetto di concessione di un nuovo aiuto deve essere notificato tempestivamente alla Commissione dallo Stato membro interessato. La Commissione informa immediatamente lo Stato membro interessato della ricezione della notifica.
2. Nella notifica lo Stato membro interessato fornisce tutte le informazioni atte a consentire alla Commissione di adottare una decisione a norma degli articoli 4 e 9 («notifica completa»).
Articolo 3
Clausola di sospensione
Agli aiuti soggetti a notifica, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, non può essere data esecuzione prima che la Commissione abbia adottato, o sia giustificato ritenere che abbia adottato una decisione di autorizzazione dell'aiuto.
Articolo 4
Esame preliminare della notifica e decisioni della Commissione
1. La Commissione procede all'esame della notifica non appena questa le è pervenuta. Fatto salvo l'articolo 10, la Commissione adotta una decisione a norma dei paragrafi 2, 3 o 4 del presente articolo.
2. La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione.
3. La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che non sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura notificata, nei limiti in cui essa rientri nell'ambito di applicazione dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la dichiara compatibile con il mercato interno («decisione di non sollevare obiezioni»). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del TFUE.
4. La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura notificata, decide di avviare il procedimento ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE («decisione di avviare il procedimento d'indagine formale»).
5. Le decisioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo devono essere adottate entro due mesi. Tale termine inizia a decorrere dal giorno successivo a quello di ricezione di una notifica completa. La notifica è ritenuta completa se entro due mesi dalla sua ricezione, o dalla ricezione di ogni informazione supplementare richiesta, la Commissione non richiede ulteriori informazioni. Il termine può essere prorogato con il consenso della Commissione e dello Stato membro interessato. Se opportuno, la Commissione può fissare scadenze più ravvicinate.
6. Se la Commissione non provvede ad adottare una decisione ai sensi dei paragrafi 2, 3 o 4 entro il termine stabilito al paragrafo 5, si ritiene che l'aiuto sia stato autorizzato dalla Commissione. Lo Stato membro interessato, dopo averne informato la Commissione, può quindi attuare le misure in questione, a meno che la Commissione non adotti una decisione a norma del presente articolo entro quindici giorni lavorativi dalla ricezione della notifica.
Articolo 5
Richiesta di informazioni allo Stato membro notificante
1. La Commissione, se ritiene che le informazioni fornite dallo Stato membro interessato in relazione ad una misura notificata a norma dell'articolo 2 siano incomplete, chiede a detto Stato tutte le informazioni supplementari necessarie. Se lo Stato membro risponde a tale richiesta, la Commissione lo informa della ricezione della risposta.
2. Se lo Stato membro interessato non fornisce le informazioni richieste nel termine stabilito dalla Commissione o fornisce informazioni incomplete, la Commissione invia un sollecito fissando un adeguato termine supplementare entro il quale le informazioni stesse devono essere fornite.
3. La notifica è considerata ritirata se le informazioni richieste non sono fornite entro il termine stabilito, a meno che, prima della scadenza, tale termine non sia stato prorogato con il consenso della Commissione e dello Stato membro interessato, ovvero lo Stato membro interessato non informi la Commissione, con una comunicazione debitamente motivata, di considerare la notifica completa, in quanto le informazioni supplementari richieste non sono disponibili o sono già state fornite. In tal caso, il termine di cui all'articolo 4, paragrafo 5, decorre dal giorno successivo alla ricezione della comunicazione. Se la notifica è considerata ritirata, la Commissione ne informa lo Stato membro.
Articolo 6
Procedimento d'indagine formale
1. La decisione di avvio del procedimento d'indagine formale espone sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contiene una valutazione preliminare della Commissione relativa al carattere di aiuto della misura prevista ed espone i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato interno. La decisione invita lo Stato membro e tutti gli altri interessati a formulare le loro osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine.
2. Le osservazioni ricevute sono comunicate allo Stato membro interessato. Se un interessato ne fa richiesta, adducendo un danno potenziale, la sua identità non è rivelata allo Stato membro interessato. Quest'ultimo può a sua volta rispondere alle osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine.
Articolo 7
Richiesta di informazioni ad altre fonti
1. Dopo l'avvio del procedimento d'indagine formale di cui all'articolo 6, in particolare in casi tecnicamente complessi soggetti a una valutazione sostanziale, la Commissione, se le informazioni fornite dallo Stato membro interessato nel corso dell'esame preliminare non sono sufficienti, può richiedere a un altro Stato membro, a un'impresa o a un'associazione di imprese di fornire tutte le informazioni di mercato necessarie per consentirle di completare la valutazione della misura in questione, tenendo debito conto del principio di proporzionalità, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
2. La Commissione può richiedere informazioni unicamente:
a)
se la richiesta è limitata a procedimenti d'indagine formale fino a quel momento considerati inefficaci dalla Commissione; e
b)
per quanto riguarda i beneficiari di aiuti, se lo Stato membro interessato acconsente alla richiesta.
3. Le imprese o associazioni di imprese che forniscono informazioni a seguito di una richiesta di informazioni di mercato della Commissione ai sensi dei paragrafi 6 e 7 trasmettono la loro risposta simultaneamente alla Commissione e allo Stato membro interessato, qualora i documenti forniti non contengano informazioni riservate nei confronti di tale Stato membro.
La Commissione dirige e controlla la trasmissione di informazioni tra gli Stati membri, le imprese o le associazioni di imprese interessati e verifica l'asserita riservatezza delle informazioni trasmesse.
4. La Commissione richiede soltanto informazioni a disposizione degli Stati membri, delle imprese o delle associazioni di imprese interessati dalla richiesta.
5. Gli Stati membri forniscono le informazioni sulla base di una semplice richiesta ed entro un termine stabilito dalla Commissione che di norma non dovrebbe superare un mese. Se uno Stato membro non fornisce le informazioni richieste entro detto termine o fornisce informazioni incomplete, la Commissione invia un sollecito.
6. La Commissione, mediante semplice domanda, può richiedere informazioni a un'impresa o associazione di imprese. Nell'inviare una semplice domanda d'informazioni a un'impresa o associazione di imprese, la Commissione indica la base giuridica e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce un termine adeguato entro il quale le informazioni devono essere fornite. Essa fa riferimento altresì alle sanzioni previste dall'articolo 8, paragrafo 1, nel caso in cui siano fornite informazioni inesatte o fuorvianti.
7. La Commissione, mediante decisione, può richiedere informazioni a un'impresa o associazione di imprese. Quando richiede a un'impresa o associazione di imprese di comunicare informazioni mediante decisione, la Commissione indica la base giuridica e lo scopo della richiesta, precisa le informazioni richieste e stabilisce un termine adeguato entro il quale le informazioni devono essere fornite. Essa indica altresì le sanzioni previste dall'articolo 8, paragrafo 1, e indica o irroga le penalità di mora di cui all'articolo 8, paragrafo 2, ove opportuno. Inoltre, essa fa menzione del diritto dell'impresa o dell'associazione di imprese di presentare ricorso contro la decisione dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
8. Quando presenta una richiesta a norma del paragrafo 1 o 6 del presente articolo o adotta una decisione a norma del paragrafo 7, la Commissione simultaneamente ne fornisce anche una copia allo Stato membro interessato. La Commissione indica i criteri in base ai quali essa ha selezionato i destinatari della richiesta o della decisione.
9. I proprietari delle imprese o i loro rappresentanti o, se si tratta di persone giuridiche, di società, o di associazioni non dotate di personalità giuridica, coloro che, per legge o in base allo statuto, ne hanno la rappresentanza forniscono le informazioni richieste o necessarie a loro nome. Le persone debitamente incaricate possono fornire le informazioni a nome dei loro clienti. Questi ultimi sono tuttavia considerati pienamente responsabili qualora le informazioni fornite siano inesatte, incomplete o fuorvianti.
Articolo 8
Ammende e penalità di mora
1. La Commissione può, se ritenuto necessario e proporzionato, irrogare mediante decisione alle imprese o associazioni di imprese ammende di importo non superiore all'1 % del loro fatturato totale realizzato durante l'esercizio sociale precedente, quando esse, intenzionalmente o per negligenza grave:
a)
forniscono informazioni inesatte o fuorvianti in risposta a una richiesta rivolta a norma dell'articolo 7, paragrafo 6;
b)
in risposta a una decisione adottata a norma dell'articolo 7, paragrafo 7, forniscono informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti oppure non forniscono le informazioni entro il termine stabilito.
2. La Commissione può, mediante decisione, irrogare penalità di mora alle imprese o associazioni di imprese quando un'impresa o un'associazione di imprese non fornisce informazioni complete ed esatte, come richiesto dalla Commissione mediante decisione adottata a norma dell'articolo 7, paragrafo 7.
Le penalità di mora non sono superiori al 5 % del fatturato medio giornaliero dell'impresa o dell'associazione interessata, realizzato durante l'esercizio sociale precedente per ogni giorno lavorativo di ritardo, calcolato a decorrere dalla data fissata nella decisione, finché essa non fornisca informazioni complete ed esatte, come richiesto o prescritto dalla Commissione.
3. Nel determinare l'ammontare dell'ammenda o della penalità di mora, si considerano la natura, la gravità e la durata dell'infrazione, tenendo debito conto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza, in particolare per quanto riguarda le piccole e medie imprese.
4. Quando le imprese o associazioni di imprese hanno adempiuto all'obbligo per la cui osservanza è stata inflitta la penalità di mora, la Commissione può ridurre l'ammontare definitivo della penalità di mora rispetto a quella a norma della decisione originaria che irroga tali penalità. La Commissione può anche rinunciare al pagamento di ogni penalità di mora.
5. Prima di adottare una decisione conformemente al paragrafo 1 o 2 del presente articolo, la Commissione fissa un termine di due settimane per ricevere le informazioni di mercato mancanti dalle imprese o associazioni di imprese interessate e dà loro inoltre modo di esprimersi.
6. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell'articolo 261 TFUE per controllare le ammende o penalità di mora irrogate dalla Commissione. Essa può annullare, ridurre o aumentare l'ammenda o la penalità di mora irrogata.
Articolo 9
Decisioni della Commissione che concludono il procedimento d'indagine formale
1. Fatto salvo l'articolo 10, il procedimento d'indagine formale si conclude con una decisione ai sensi dei paragrafi da 2 a 5 del presente articolo.
2. La Commissione, se constata, eventualmente dopo che lo Stato membro interessato vi abbia apportato modifiche, che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione.
3. La Commissione, se constata, eventualmente dopo che lo Stato membro interessato vi abbia apportato modifiche, che i dubbi relativi alla compatibilità della misura notificata con il mercato interno non sussistono più, decide che l'aiuto è compatibile con il mercato interno («decisione positiva»). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del TFUE.
4. La Commissione può subordinare una decisione positiva a condizioni che consentano di considerare l'aiuto compatibile con il mercato interno e ad obblighi che consentano di controllare il rispetto della decisione stessa («decisione condizionale»).
5. La Commissione, se constata che l'aiuto notificato non è compatibile con il mercato interno, decide che all'aiuto in questione non può essere data esecuzione («decisione negativa»).
6. Le decisioni adottate a norma dei paragrafi da 2 a 5 devono intervenire non appena risultino eliminati i dubbi di cui all'articolo 4, paragrafo 4.Per quanto possibile, la Commissione si adopera per adottare una decisione entro diciotto mesi dall'avvio della procedura.Tale termine può essere prorogato di comune accordo tra la Commissione e lo Stato membro interessato.
7. Una volta scaduto il termine di cui al paragrafo 6 del presente articolo, e se lo Stato membro interessato ne fa richiesta, la Commissione, entro due mesi, adotta una decisione in base alle informazioni in suo possesso. Se del caso, qualora le informazioni fornite non siano sufficienti per stabilire la compatibilità, la Commissione adotta una decisione negativa.
8. Prima di adottare una decisione conformemente ai paragrafi da 2 a 5, la Commissione dà allo Stato membro interessato l'opportunità di esprimersi, entro un termine di norma non superiore ad un mese, sulle informazioni da essa ricevute e fornite allo Stato membro interessato a norma dell'articolo 7, paragrafo 3.
9. La Commissione non utilizza, in una decisione adottata conformemente ai paragrafi da 2 a 5 del presente articolo, le informazioni riservate fornite in risposta ad una richiesta d'informazioni che non è possibile aggregare o altrimenti rendere anonime, salvo ove abbia ottenuto il consenso degli interessati alla divulgazione di tali informazioni allo Stato membro interessato. La Commissione può adottare una decisione motivata, che è notificata all'impresa o associazione di imprese interessata, in cui constata che le informazioni fornite in risposta ad una richiesta d'informazioni e contrassegnate come riservate non sono protette e fissa una data dopo la quale le informazioni saranno divulgate. Tale termine non può essere inferiore a un mese.
10. La Commissione tiene debito conto dei legittimi interessi delle imprese alla protezione del segreto aziendale e di altre informazioni riservate. Un'impresa o un'associazione di imprese che fornisca informazioni a norma dell'articolo 7 e che non sia beneficiaria della misura di aiuto di Stato in questione può richiedere, adducendo un danno potenziale, che la propria identità non sia rivelata allo Stato membro interessato.
Articolo 10
Ritiro della notifica
1. Lo Stato membro interessato può ritirare la notifica di cui all'articolo 2 prima che la Commissione abbia adottato una decisione a norma dell'articolo 4 o dell'articolo 9.
2. Nel caso in cui la Commissione abbia avviato il procedimento d'indagine formale, essa provvede a dichiararlo chiuso.
Articolo 11
Revoca di una decisione
La Commissione può revocare una decisione adottata a norma dell'articolo 4, paragrafi 2 o 3, o dell'articolo 9, paragrafi 2, 3 o 4, dopo aver dato allo Stato membro interessato la possibilità di presentare osservazioni, se tale decisione si basava su informazioni inesatte fornite nel corso del procedimento e determinanti ai fini della decisione. Prima di revocare una decisione e di adottarne una nuova, la Commissione avvia il procedimento di indagine formale di cui all'articolo 4, paragrafo 4.Si applicano in tal caso, con i necessari adattamenti, gli articoli 6, 9, 12, l'articolo 13, paragrafo 1, e gli articoli 15, 16 e 17.
CAPO III
PROCEDURA RELATIVA AGLI AIUTI ILLEGALI
Articolo 12
Esame, richiesta d'informazioni e ingiunzione di fornire informazioni
1. Fatto salvo l'articolo 24, la Commissione può, di propria iniziativa, esaminare informazioni su presunti aiuti illegali provenienti da qualsiasi fonte.
La Commissione esamina senza indebito ritardo la denuncia presentata da una parte interessata conformemente all'articolo 24, paragrafo 2, e assicura che lo Stato membro interessato sia pienamente e regolarmente informato dei progressi e del risultato dell'esame.
2. Se necessario, la Commissione richiede informazioni allo Stato membro interessato. Si applicano in tal caso, mutatis mutandis, l'articolo 2, paragrafo 2, e l'articolo 5, paragrafi 1 e 2.
Una volta avviato il procedimento di indagine formale, la Commissione può anche richiedere informazioni ad un altro Stato membro, ad un'impresa o ad un'associazione di imprese conformemente agli articoli 7 e 8, che si applicano mutatis mutandis.
3. Se lo Stato membro interessato, nonostante un sollecito a norma dell'articolo 5, paragrafo 2, non fornisce le informazioni richieste nel termine stabilito dalla Commissione o fornisce informazioni incomplete, la Commissione adotta una decisione con la quale richiede tali informazioni («ingiunzione di fornire informazioni»). La decisione specifica le informazioni richieste e stabilisce un termine adeguato entro il quale devono essere fornite.
Articolo 13
Ingiunzione di sospendere o di recuperare a titolo provvisorio gli aiuti
1. Dopo aver dato allo Stato membro interessato l'opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di sospendere l'erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell'aiuto con il mercato interno («ingiunzione di sospensione»).
2. Dopo aver dato allo Stato membro interessato l'opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di recuperare a titolo provvisorio ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell'aiuto con il mercato interno («ingiunzione di recupero»), se vengono rispettati i seguenti criteri:
a)
in base a una pratica consolidata non sussistono dubbi circa il carattere di aiuto della misura in questione;
b)
occorre affrontare una situazione di emergenza;
c)
esiste un grave rischio di danno consistente e irreparabile ad un concorrente.
Il recupero viene eseguito secondo la procedura di cui all'articolo 16, paragrafi 2 e 3. Dopo l'effettivo recupero dell'aiuto la Commissione adotta una decisione entro i termini applicabili agli aiuti notificati.
La Commissione può autorizzare lo Stato membro ad abbinare il recupero dell'aiuto alla corresponsione di un aiuto di emergenza all'impresa in questione.
Le disposizioni del presente paragrafo si applicano esclusivamente agli aiuti illegali erogati dopo l'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 659/1999.
Articolo 14
Mancato rispetto di una decisione d'ingiunzione
Se uno Stato membro non si conforma ad un'ingiunzione di sospensione o ad un'ingiunzione di recupero, la Commissione, pur continuando a esaminare il caso nel merito in base alle informazioni a sua disposizione, può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea perché essa dichiari che il mancato rispetto della decisione configura una violazione del TFUE.
Articolo 15
Decisioni della Commissione
1. L'esame di presunti aiuti illegali dà luogo ad una decisione a norma dell'articolo 4, paragrafi 2, 3 o 4.Nel caso di decisioni di avvio del procedimento d'indagine formale, il procedimento si conclude con una decisione a norma dell'articolo 9.In caso di mancato rispetto, da parte d'uno Stato membro, dell'ingiunzione di fornire informazioni, tale decisione è adottata in base alle informazioni disponibili.
2. Nel caso di presunti aiuti illegali, fatto salvo l'articolo 13, paragrafo 2, la Commissione non è vincolata al rispetto del termine stabilito all'articolo 4, paragrafo 5, e all'articolo 9, paragrafi 6 e 7.
3. L'articolo 11 si applica per quanto compatibile.
Articolo 16
Recupero degli aiuti
1. Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l'aiuto dal beneficiario («decisione di recupero»). La Commissione non impone il recupero dell'aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell'Unione.
2. All'aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l'aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data del recupero.
3. Fatta salva un'eventuale ordinanza della Corte di giustizia dell'Unione emanata ai sensi dell'articolo 278 TFUE, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l'esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi alle autorità giudiziarie nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto dell'Unione.
CAPO IV
PRESCRIZIONE
Articolo 17
Prescrizione per il recupero degli aiuti
1. I poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un termine di prescrizione di dieci anni.
2. Il termine di prescrizione inizia a decorrere il giorno in cui l'aiuto illegale viene concesso al beneficiario come aiuto individuale o come aiuto rientrante in un regime di aiuti. Qualsiasi azione intrapresa dalla Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della Commissione, nei confronti dell'aiuto illegale interrompe il termine di prescrizione. Ogni interruzione fa decorrere nuovamente il termine da principio. Il termine di prescrizione viene sospeso per il tempo in cui la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione.
3. Ogni aiuto per il quale è scaduto il termine di prescrizione è considerato un aiuto esistente.
Articolo 18
Prescrizione in materia di irrogazione di ammende e penalità di mora
1. I poteri conferiti alla Commissione dall'articolo 8 sono soggetti a un termine di prescrizione di tre anni.
2. Il termine previsto al paragrafo 1 decorre dal giorno in cui è commessa l'infrazione di cui all'articolo 8. Tuttavia, per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, il termine decorre dal giorno in cui cessa l'infrazione.
3. La prescrizione riguardante l'irrogazione di ammende o di penalità di mora si interrompe con qualsiasi atto della Commissione destinato all'accertamento o alla repressione dell'infrazione di cui all'articolo 8, a decorrere dal giorno in cui l'atto è notificato all'impresa o associazione di imprese interessata.
4. Dopo ogni interruzione inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione. La prescrizione opera tuttavia al più tardi allo spirare di sei anni del termine, senza che la Commissione abbia irrogato un'ammenda o una penalità di mora. Detto termine è prolungato della durata della sospensione della prescrizione conformemente al paragrafo 5 del presente articolo.
5. La prescrizione in materia di irrogazione di ammende o di penalità di mora è sospesa fin quando la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
Articolo 19
Prescrizione in materia d'esecuzione di ammende e penalità di mora
1. Il potere della Commissione di procedere all'esecuzione delle decisioni adottate a norma dell'articolo 8 è soggetto ad un termine di prescrizione di cinque anni.
2. Il termine previsto al paragrafo 1 inizia a decorrere dal giorno in cui la decisione adottata a norma dell'articolo 8 diventa definitiva.
3. La prescrizione prevista al paragrafo 1 del presente articolo è interrotta:
a)
dalla notificazione di una decisione che modifica l'importo iniziale dell'ammenda o della penalità di mora, oppure respinge una domanda di modifica;
b)
da ogni atto compiuto da uno Stato membro, su richiesta della Commissione, o dalla Commissione ai fini dell'esecuzione forzata dell'ammenda o della penalità di mora.
4. Dopo ogni interruzione inizia a decorrere un nuovo termine di prescrizione.
5. La prescrizione di cui al paragrafo 1 del presente articolo è sospesa fino a quando:
a)
dura il termine per il pagamento concesso al destinatario;
b)
l'esecuzione forzata è sospesa in virtù di una decisione della Corte di giustizia dell'Unione europea.
CAPO V
PROCEDURA RELATIVA AGLI AIUTI ATTUATI IN MODO ABUSIVO
Articolo 20
Aiuti attuati in modo abusivo
Fatto salvo l'articolo 28, la Commissione può, nei casi di aiuti attuati in modo abusivo, avviare il procedimento d'indagine formale di cui all'articolo 4, paragrafo 4. Si applicano, mutatis mutandis, gli articoli da 6 a, 9, 11 e 12, l'articolo 13, paragrafo 1 e gli articoli da 14 a 17.
CAPO VI
PROCEDURA RELATIVA AI REGIMI DI AIUTI ESISTENTI
Articolo 21
Cooperazione a norma dell'articolo 108, paragrafo 1 TFUE
1. La Commissione ottiene dallo Stato membro interessato tutte le informazioni necessarie alla revisione, in collaborazione con lo Stato membro, dei regimi di aiuti esistenti a norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE.
2. Se la Commissione ritiene che un regime di aiuti non sia, o non sia più, compatibile con il mercato interno, informa lo Stato membro interessato della sua posizione preliminare, dandogli l'opportunità di presentare le proprie osservazioni entro il termine di un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine.
Articolo 22
Proposta di opportune misure
Se la Commissione, alla luce delle informazioni fornite dallo Stato membro a norma dell'articolo 21, conclude che il regime di aiuti esistente non è, ovvero non è più, compatibile con il mercato interno, emette una raccomandazione in cui propone opportune misure allo Stato membro interessato. La raccomandazione può in particolare proporre:
a)
modificazioni sostanziali del regime di aiuti; o
b)
l'introduzione di obblighi procedurali; o
c)
l'abolizione del regime di aiuti.
Articolo 23
Conseguenze giuridiche di una proposta di opportune misure
1. Se lo Stato membro interessato accetta le misure proposte dalla Commissione e ne informa quest'ultima, la Commissione ne prende atto e ne informa lo Stato membro. A seguito della sua accettazione, lo Stato membro è tenuto a dare applicazione alle opportune misure.
2. Se lo Stato membro interessato rifiuta di attuare le misure proposte e la Commissione, dopo aver considerato gli argomenti dello Stato membro, continua a ritenere necessaria tale attuazione, la Commissione avvia il procedimento di cui all'articolo 4, paragrafo 4.Si applicano in tal caso, con gli opportuni adattamenti, gli articoli 6, 9 e 11.
CAPO VII
PARTI INTERESSATE
Articolo 24
Diritti degli interessati
1. Ogni parte interessata può presentare osservazioni, a norma dell'articolo 6, in seguito ad una decisione della Commissione di dare inizio al procedimento d'indagine formale. A ogni parte interessata che abbia presentato osservazioni e a ogni beneficiario di aiuti individuali viene trasmessa copia della decisione adottata dalla Commissione a norma dell'articolo 9.
2. Ogni parte interessata può presentare denuncia per informare la Commissione di presunti aiuti illegali o della presunta attuazione abusiva di aiuti. A tal fine, la parte interessata compila un modulo, in un formato stabilito con le disposizioni di attuazione di cui all'articolo 33, e fornisce le informazioni obbligatorie ivi richieste.
La Commissione, se ritiene che la parte interessata non rispetta l'obbligo di ricorrere al modulo di denuncia o gli elementi di fatto e di diritto presentati dalla parte interessata non sono sufficienti a dimostrare, in base a un esame prima facie, l'esistenza di un aiuto illegale o l'attuazione abusiva di aiuti, ne informa la parte interessata invitandola a presentare osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. Se la parte interessata non presenta osservazioni entro il termine stabilito, la denuncia può considerarsi ritirata. La Commissione informa lo Stato membro interessato si considera che una denuncia è stata ritirata.
La Commissione invia copia al denunciante della decisione adottata su un caso riguardante l'oggetto della denuncia.
3. A sua richiesta, ogni parte interessata ottiene copia di qualsiasi decisione adottata a norma degli articoli 4 e 9, dell'articolo 12, paragrafo 3, e dell'articolo 13.
CAPO VIII
INDAGINI PER SETTORI ECONOMICI E PER STRUMENTI DI AIUTO
Articolo 25
Indagini per settori economici e per strumenti di aiuto
1. Se le informazioni disponibili avvalorano il ragionevole sospetto che le misure di aiuto di Stato in un particolare settore o basate su un particolare strumento di aiuto comportano rilevanti restrizioni o distorsioni della concorrenza nel mercato interno di diversi Stati membri, oppure che misure di aiuto esistenti in un particolare settore in diversi Stati membri non sono o non sono più compatibili con il mercato interno, la Commissione può svolgere un'indagine in diversi Stati membri in un settore economico o riguardo all'uso di uno strumento di aiuto. Nel corso di tale indagine la Commissione può richiedere agli Stati membri e/o alle imprese o associazioni di imprese interessate di fornire le informazioni necessarie per l'applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE, tenendo debito conto del principio di proporzionalità.
La Commissione motiva l'indagine e la scelta dei destinatari in tutte le richieste di informazioni inviate a norma del presente articolo.
La Commissione pubblica una relazione sui risultati della sua indagine in particolari settori dell'economia o per particolare strumento di aiuto in diversi Stati membri e invita gli Stati membri e le imprese o associazioni di imprese interessate a presentare osservazioni.
2. Le informazioni ottenute da indagini settoriali possono essere utilizzate nel quadro delle procedure ai sensi del presente regolamento.
3. Si applicano, mutatis mutandis, gli articoli 5, 7 e 8, del presente regolamento,.
CAPO IX
CONTROLLO
Articolo 26
Relazioni annuali
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali su tutti i regimi di aiuti esistenti non assoggettati a obblighi specifici in tal senso nell'ambito di una decisione condizionale a norma dell'articolo 9, paragrafo 4.
2. Qualora lo Stato membro interessato, nonostante sia stato sollecitato, non presenti una relazione annuale, la Commissione può procedere a norma dell'articolo 22 nei confronti del regime di aiuti in questione.
Articolo 27
Controlli in loco
1. Qualora la Commissione nutra forti dubbi sul rispetto, da parte di uno Stato membro, di una decisione di non sollevare obiezioni, di una decisione positiva o di una decisione condizionale per quanto riguarda gli aiuti individuali, detto Stato membro, dopo aver avuto l'opportunità di presentare le proprie osservazioni, deve consentirle di effettuare ispezioni in loco.
2. Per verificare l'osservanza della decisione in questione, gli agenti autorizzati dalla Commissione dispongono dei seguenti poteri:
a)
accedere a tutti i locali e terreni dell'impresa interessata;
b)
chiedere spiegazioni orali sul posto;
c)
controllare i registri e gli altri documenti aziendali, nonché eseguire o richiedere copie degli stessi.
Se necessario, la Commissione può farsi assistere da esperti indipendenti.
3. La Commissione informa per iscritto e con sufficiente anticipo lo Stato membro interessato dell'ispezione in loco e comunica l'identità degli agenti e degli esperti incaricati di effettuarla. Qualora lo Stato membro faccia valere obiezioni debitamente giustificate in merito alla scelta degli esperti operata dalla Commissione, la nomina degli esperti stessi avviene di comune accordo con lo Stato membro. Detti agenti ed esperti, incaricati dei controlli in loco, presentano un'autorizzazione scritta in cui sono specificati l'oggetto e lo scopo dell'ispezione.
4. Agenti autorizzati dallo Stato membro nel quale deve essere effettuata l'ispezione possono assistervi.
5. La Commissione fornisce allo Stato membro una copia delle relazioni prodotte a seguito dell'ispezione.
6. Quando un'impresa si oppone allo svolgimento di un'ispezione disposta con una decisione della Commissione a norma del presente articolo, lo Stato membro interessato presta agli agenti ed agli esperti autorizzati dalla Commissione l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento dei controlli.
Articolo 28
Mancato rispetto di decisioni e di sentenze
1. Qualora lo Stato membro interessato non si conformi ad una decisione condizionale o negativa, in particolare nei casi di cui all'articolo 16 del presente regolamento, la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE.
2. La Commissione, se ritiene che lo Stato membro interessato non si sia conformato ad una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, può procedere nei suoi confronti ai sensi dell'articolo 260, TFUE.
CAPO X
COOPERAZIONE CON I GIUDICI NAZIONALI
Articolo 29
Cooperazione con i giudici nazionali
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 107, paragrafo 1, e dell'articolo 108 TFUE, i giudici degli Stati membri possono chiedere alla Commissione di trasmettere loro le informazioni in suo possesso o i suoi pareri su questioni relative all'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato.
2. Ove necessario ai fini dell'applicazione coerente dell'articolo 107, paragrafo 1, o dell'articolo 108 TFUE, la Commissione può, di propria iniziativa, presentare osservazioni scritte ai giudici degli Stati membri responsabili dell'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato. Essa, previa autorizzazione del giudice in questione, può inoltre presentare osservazioni orali.
Prima di presentare formalmente osservazioni, la Commissione informa lo Stato membro interessato della sua intenzione di farlo.
Al fine esclusivo della preparazione delle sue osservazioni, la Commissione può chiedere al giudice competente dello Stato membro di trasmetterle i documenti a sua disposizione necessari alla Commissione per la valutazione della questione.
CAPO XI
DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE
Articolo 30
Segreto professionale
La Commissione e gli Stati membri, nonché i loro funzionari e altri agenti, inclusi gli esperti indipendenti nominati dalla Commissione, sono tenuti a non divulgare le informazioni protette dal segreto professionale acquisite in applicazione del presente regolamento.
Articolo 31
Destinatario delle decisioni
1. Le decisioni adottate a norma dell'articolo 7, paragrafo 7, dell'articolo 8, paragrafi 1 e 2, e dell'articolo 9, paragrafo 9, sono indirizzate all'impresa o associazione di imprese interessata. La Commissione notifica la decisione al destinatario senza indugio e gli dà l'opportunità di indicarle quali informazioni ritiene debbano essere protette da segreto professionale.
2. Tutte le altre decisioni della Commissione adottate a norma dei capi II, III, V, VI e IX sono indirizzate allo Stato membro interessato. La Commissione gli notifica senza indugio le decisioni e gli dà l'opportunità di indicarle quali informazioni ritiene debbano essere coperte da segreto professionale.
Articolo 32
Pubblicazione delle decisioni
1. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea un'informazione sintetica delle decisioni da essa adottate a norma dell'articolo 4, paragrafi 2 e 3, e del combinato disposto degli articoli 22 e 23, paragrafo 1. Tale informazione sintetica precisa che è possibile ottenere copia del testo integrale della decisione nella lingua o nelle lingue facenti fede.
2. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea le decisioni da essa adottate ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, nella lingua facente fede. Nelle Gazzette ufficiali pubblicate in lingue diverse dalla lingua facente fede, la decisione è pubblicata nella lingua facente fede ed è corredata di una sintesi significativa nella lingua della Gazzetta ufficiale.
3. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea le decisioni da essa adottate a norma dell'articolo 8, paragrafi 1 e 2, e dell'articolo 9.
4. Nei casi di cui all'articolo 4, paragrafo 6, o all'articolo 10, paragrafo 2, un avviso è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
5. Il Consiglio, deliberando all'unanimità, può decidere di pubblicare le decisioni di cui all'articolo 108, paragrafo 2, terzo comma, TFUE nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 33
Disposizioni di attuazione
La Commissione è autorizzata ad adottare, secondo la procedura di cui all'articolo 34, disposizioni di attuazione riguardanti:
a)
la forma, il contenuto e le altre modalità delle notificazioni;
b)
la forma, il contenuto e le altre modalità delle relazioni annuali;
c)
la forma, il contenuto e le altre modalità delle denunce presentate a norma dell'articolo 12, paragrafo 1, e dell'articolo 24, paragrafo 2;
d)
le modalità dei termini e il calcolo dei termini; e
e)
il tasso di interesse di cui all'articolo 16, paragrafo 2.
Articolo 34
Consultazione del comitato consultivo in materia di aiuti di Stato
1. La Commissione consulta il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato («comitato»), istituito dal regolamento (UE) 2015/1588 del Consiglio (4) prima di adottare qualsiasi disposizione di attuazione a norma dell'articolo 33.
2. La consultazione del comitato avviene in una riunione convocata dalla Commissione. I progetti e i documenti da esaminare sono allegati alla convocazione. La riunione ha luogo non prima di due mesi dall'invio della convocazione. Detto termine può essere ridotto in caso di urgenza.
3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione.
4. Il parere è iscritto a verbale. Inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale. Il comitato può raccomandare di pubblicare il suo parere nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere.
Articolo 35
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 659/1999 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II.
Articolo 36
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Parere del 29 aprile 2015 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell'articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1).
(3) Cfr. allegato I.
(4) Regolamento (UE) 2015/1588 del Consiglio, del 13 luglio 2015, sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali (cfr. pag. 1 della presente Gazzetta ufficiale).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CE) n. 659/1999
(GU L 83 del 27.3.1999, pag. 1).
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto 5, paragrafo 6
Regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 517/2013 del Consiglio
(GU L 158 del 10.6.2013, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 734/2013 del Consiglio
(GU L 204 del 31.7.2013, pag. 15).
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 659/1999
Presente regolamento
Articoli da 1 a 6
Articoli da 1 a 6
Articolo 6 bis
Articolo 7
Articolo 6 ter
Articolo 8
Articolo 7
Articolo 9
Articolo 8
Articolo 10
Articolo 9
Articolo 11
Articolo 10
Articolo 12
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, trattino
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, primo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, lettera a)
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Articolo 11, paragrafo 2, primo comma, terzo trattino
Articolo 13, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Articolo 11, paragrafo 2, secondo, terzo e quarto comma
Articolo 13, paragrafo 2, secondo, terzo e quarto comma
Articolo 12
Articolo 14
Articolo 13
Articolo 15
Articolo 14
Articolo 16
Articolo 15
Articolo 17
Articolo 15 bis
Articolo 18
Articolo 15 ter
Articolo 19
Articolo 16
Articolo 20
Articolo 17
Articolo 21
Articolo 18
Articolo 22
Articolo 19
Articolo 23
Articolo 20
Articolo 24
Articolo 20 bis
Articolo 25
Articolo 21
Articolo 26
Articolo 22
Articolo 27
Articolo 23
Articolo 28
Articolo 23 bis
Articolo 29
Articolo 24
Articolo 30
Articolo 25
Articolo 31
Articolo 26, paragrafi 1 e 2
Articolo 32, paragrafi 1 e 2
Articolo 26, paragrafo 2 bis
Articolo 32, paragrafo 3
Articolo 26, paragrafo 3
Articolo 32, paragrafo 3
Articolo 26, paragrafo 4
Articolo 32, paragrafo 4
Articolo 26, paragrafo 5
Articolo 32, paragrafo 5
Articolo 27
Articolo 33
Articolo 28
—
Articolo 29
Articolo 34
—
Articolo 35
Articolo 30
Articolo 36
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Norme procedurali in materia di aiuti di Stato
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le procedure per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato* dell’Unione europea.
PUNTI CHIAVE
In linea generale, l’aiuto di Stato è vietato ai sensi del diritto dell’UE perché può avvantaggiare un’impresa o associazione di imprese sulle altre, distorcendo così la concorrenza all’interno dell’UE. In determinate circostanze, tuttavia, l’aiuto di Stato viene concesso per sostenere determinati settori economici in difficoltà. Il presente regolamento stabilisce le norme procedurali pertinenti per l’applicazione dell’aiuto di Stato dell’UE. Procedura relativa agli aiuti notificati: i paesi dell’UE devono notificare alla Commissione europea qualsiasi progetto di concessione di un nuovo aiuto. In questi casi, le procedure comprendono l’obbligo da parte della Commissione di informare il paese dell’UE in questione, senza ritardo, del ricevimento della notifica e di decidere entro due mesi se l’aiuto sia legittimo o se sia necessario un ulteriore procedimento d’indagine. In relazione a tale procedimento d’indagine, la Commissione può richiedere a qualsiasi paese dell’UE, impresa o associazione di imprese, di fornire tutte le informazioni di mercato necessarie per consentirle di decidere sulla legittimità dell’aiuto ai sensi delle norme unionali. Può imporre ammende alle imprese se queste forniscono informazioni inesatte o fuorvianti. La Commissione deve produrre una decisione entro 18 mesi dall’apertura del procedimento di indagine. Procedura relativa agli aiuti illegali: la Commissione può, di propria iniziativa, esaminare informazioni su presunti aiuti illegali provenienti da qualsiasi fonte. In questi casi le procedure includono il diritto della Commissione di ottenere tutte le informazioni necessarie per adottare una decisione. Può anche emettere ingiunzioni che richiedono a un paese dell’UE di fornire le informazioni pertinenti (ingiunzione di fornire informazioni) o di sospendere qualsiasi aiuto illegale fino a quando la Commissione non abbia preso una decisione sulla compatibilità degli aiuti con il mercato interno (ingiunzione di sospensione). Termine di prescrizione: il potere della Commissione di recuperare l’aiuto è limitato a dieci anni a decorrere dal giorno in cui l’aiuto illegale è stato concesso all’impresa o associazione di imprese. Indagini per settori economici: la Commissione può condurre un’indagine qualora sospetti che l’aiuto di Stato concesso a un particolare settore economico possa distorcere la concorrenza. Può richiedere informazioni sui paesi dell’UE e sulle relative imprese. Nel farlo, deve dichiarare i motivi della sua indagine e pubblicare una relazione sui suoi risultati.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA QUESTO REGOLAMENTO?
È in vigore dal 14 ottobre 2015.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Controllo sugli aiuti di Stato sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINI CHIAVE
Aiuti di Stato: qualsiasi tipo di vantaggio (ad esempio una concessione, uno sgravio fiscale o di interessi), dato a una società da parte di un paese dell’UE, che conferisce a tale impresa un vantaggio economico rispetto ai suoi concorrenti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 9). |
Categorie di aiuti di Stato esenti da notifica
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso consente alla Commissione europea di adottare regolamenti per esentare alcune categorie di aiuti di Stato dall’obbligo generale di previa notifica alla Commissione per la sua approvazione. Sostituisce, a partire dal 14 ottobre 2015, il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio sull’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (ovvero aiuti di Stato che si applicano a tutti i settori e non solo ad alcuni).
PUNTI CHIAVE
In generale, tutti gli aiuti di Stato concessi dai paesi dell’Unione europea (UE) alle imprese devono essere notificati alla Commissione per la previa approvazione. Questo regolamento consente alla Commissione di adottare regolamenti, noti come regolamenti di esenzione per categoria, dove si dichiara che determinate categorie di aiuti sono compatibili con gli articoli 107 e 108 del TFUE e pertanto esenti dall’obbligo di notifica normale. Le categorie di aiuti esentati comprendono finanziamenti erogati da strumenti finanziari gestiti a livello centrale dell’UE e progetti finanziati da programmi di cooperazione territoriale dell’UE. Per ciascuna categoria di aiuti oggetto dell’esenzione, il regolamento deve includere alcune informazioni di base compreso lo scopo degli aiuti e i beneficiari. Parimenti, altri tipi di aiuti possono essere esentati dagli usuali requisiti di notifica degli aiuti di Stato, qualora l’aiuto all’impresa in questione in un determinato arco di tempo non superi un importo prestabilito, la cosiddetta regola de minimis. I paesi dell’UE devono garantire la trasparenza e il controllo dell’aiuto oggetto dell’esenzione. Ciò include la pubblicazione sul sito della Commissione degli aiuti in questione e la presentazione da parte del paese dell’UE alla Commissione di una relazione annuale sull’applicazione degli aiuti. Il regolamento che consente l’esenzione deve applicarsi solo per un determinato arco di tempo. Tale periodo può essere modificato se una qualsiasi delle circostanze che hanno determinato l’esenzione muta in maniera significativa. La Commissione, quando intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto per dar modo alle parti interessate di presentare eventuali osservazioni. Il regolamento prevede l’istituzione di un comitato consultivo in materia di aiuti di Stato composto di rappresentanti di paesi dell’UE e presieduto dalla Commissione. La Commissione consulta il Comitato al momento di pubblicare un progetto di regolamento di esenzione di qualsiasi categoria di aiuti e anche prima dell’adozione finale del regolamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
È in vigore dal 14 ottobre 2015.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Legislazione sugli aiuti di stato (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2015/1588 della Commissione, del 13 luglio 2015, sull’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2015/1588 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | REGOLAMENTO (UE) 2015/1588 DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2015
sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 109,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 994/98 (2) ha subito sostanziali modifiche (3). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
A norma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la valutazione della compatibilità degli aiuti con il mercato interno spetta essenzialmente alla Commissione.
(3)
Il buon funzionamento del mercato interno richiede un'applicazione rigorosa ed efficace delle regole di concorrenza in materia di aiuti di Stato.
(4)
È opportuno abilitare la Commissione a dichiarare, mediante regolamenti, nei settori in cui dispone di esperienza sufficiente a definire criteri generali di compatibilità, che determinate categorie di aiuti sono compatibili con il mercato interno a norma di una o più disposizioni dell'articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE e sono dispensate dalla procedura di cui all'articolo 108, paragrafo 3.
(5)
I regolamenti di esenzione per categoria garantiscono la trasparenza e la certezza del diritto. Essi possono essere direttamente applicati dai giudici nazionali, fatti salvi l'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea e l'articolo 267 TFUE.
(6)
L'aiuto di Stato è una nozione oggettiva definita all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Il potere della Commissione di adottare esenzioni per categoria previsto dal presente regolamento si applica soltanto alle misure che soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e che costituiscono pertanto un aiuto di Stato. L'inserimento di una determinata categoria di aiuti nel presente regolamento o in un regolamento di esenzione non predefinisce la qualifica di una misura come aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE.
(7)
È opportuno abilitare la Commissione a dichiarare che, a determinate condizioni, sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica gli aiuti a favore delle piccole e medie imprese, gli aiuti in favore della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, gli aiuti in favore della tutela dell'ambiente, gli aiuti in favore dell'occupazione e della formazione e gli aiuti conformi alla mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l'erogazione degli aiuti a finalità regionale.
(8)
L'innovazione è diventata una priorità politica dell'Unione nel quadro de «L'Unione dell'innovazione», una delle iniziative faro della strategia Europa 2020. Molte misure di aiuto a favore dell'innovazione hanno inoltre una portata relativamente ridotta e non determinano significative distorsioni della concorrenza.
(9)
Nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio, alcune misure adottate dagli Stati membri potrebbero non costituire aiuti in quanto non soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ad esempio perché il beneficiario non svolge un'attività economica o perché non vi sono effetti sugli scambi tra Stati membri. Tuttavia, a condizione che le misure nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio costituiscano effettivamente un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è opportuno abilitare la Commissione a dichiarare che, a determinate condizioni, tali aiuti sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE. I piccoli progetti relativi alla cultura, alla creazione artistica e alla conservazione del patrimonio di norma non danno luogo a una distorsione significativa della concorrenza e hanno effetti limitati sugli scambi, come dimostrato recentemente da alcuni casi.
(10)
Le esenzioni nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio potrebbero essere concepite in base all'esperienza della Commissione illustrata negli orientamenti, come per le opere cinematografiche e audiovisive, o elaborate caso per caso. Nel formulare tali esenzioni per categoria, la Commissione dovrebbe tener conto del fatto che esse dovrebbero riguardare soltanto le misure che costituiscono aiuti di Stato, che dovrebbero in teoria focalizzarsi su misure che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi della «Modernizzazione degli aiuti di Stato dell'UE» e che l'esenzione per categoria si applica soltanto agli aiuti per cui la Commissione ha già una notevole esperienza. Si dovrebbe inoltre tenere conto della competenza primaria degli Stati membri nel settore della cultura, della tutela speciale di cui gode la diversità culturale a norma dell'articolo 167, paragrafo 1, TFUE, e del particolare carattere della cultura.
(11)
Per quanto riguarda le misure di aiuto di Stato destinate a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali e quelle destinate a ovviare ai danni arrecati alle attività della pesca da talune avverse condizioni metereologiche, gli importi concessi in tali ambiti sono in genere limitati ed è possibile definire chiare condizioni di compatibilità. È opportuno che il presente regolamento abiliti la Commissione ad esentare tali aiuti dall'obbligo di notifica. In base all'esperienza della Commissione, tali aiuti non danno luogo a distorsioni significative della concorrenza ed è possibile definire chiare condizioni di compatibilità sulla base dell'esperienza acquisita.
(12)
Conformemente all'articolo 42 TFUE, le norme in materia di aiuti di Stato non si applicano, a determinate condizioni, a talune misure di aiuto a favore di prodotti agricoli elencati nell'allegato I del TFUE. L'articolo 42 non si applica alla silvicoltura o ai prodotti non elencati in tale allegato. La Commissione dovrebbe avere la possibilità di esentare taluni tipi di aiuti a favore della silvicoltura, compresi gli aiuti contenuti nei programmi di sviluppo rurale e anche quelli che favoriscono la promozione e la pubblicità di prodotti nel settore alimentare non elencati nell'allegato I del TFUE qualora, in base all'esperienza della Commissione, le distorsioni della concorrenza siano limitate e sia possibile definire chiare condizioni di compatibilità.
(13)
Conformemente all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, (4) gli articoli 107, 108 e 109 TFUE si applicano agli aiuti concessi dagli Stati membri alle imprese del settore della pesca, ad eccezione dei pagamenti erogati dagli Stati membri a norma e in conformità del regolamento (CE) n. 1198/2006. Aiuti di Stato supplementari per la conservazione delle risorse biologiche del mare e di acqua dolce hanno solitamente effetti limitati sugli scambi tra Stati membri, contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione nel campo della politica marittima e della pesca e non creano gravi distorsioni della concorrenza. Gli importi concessi in questo ambito sono in genere limitati ed è possibile definire chiare condizioni di compatibilità.
(14)
Nel settore dello sport, in particolare nell'ambito delle attività sportive amatoriali, alcune misure adottate dagli Stati membri potrebbero non costituire un aiuto in quanto non soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ad esempio perché il beneficiario non svolge un'attività economica o perché non vi sono effetti sugli scambi tra Stati membri. Tuttavia, a condizione che le misure nel settore dello sport costituiscano effettivamente un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è opportuno che la Commissione sia abilitata a dichiarare che, a determinate condizioni, tali aiuti sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica. Spesso le misure di aiuto di Stato a favore dello sport, specie quelle nell'ambito delle attività sportive amatoriali o quelle di portata limitata, hanno effetti limitati sugli scambi tra Stati membri e non creano gravi distorsioni della concorrenza. Anche gli importi concessi sono in genere limitati. È possibile definire chiare condizioni di compatibilità sulla base dell'esperienza maturata in modo da garantire che gli aiuti a favore dello sport non diano luogo ad alcuna distorsione significativa.
(15)
Per quanto riguarda gli aiuti nel settore del trasporto aereo e marittimo, in base all'esperienza della Commissione, gli aiuti a carattere sociale per i trasporti a favore dei residenti in regioni remote quali isole e regioni ultraperiferiche, compresi gli Stati membri insulari regionali e le regioni scarsamente popolate, non danno luogo a distorsioni significative della concorrenza, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'identità del vettore. Inoltre, è possibile definire chiare condizioni di compatibilità.
(16)
Per quanto riguarda gli aiuti a favore di infrastrutture a banda larga, negli ultimi anni la Commissione ha acquisito una vasta esperienza e ha elaborato orientamenti in materia (5). In base all'esperienza della Commissione, gli aiuti per determinati tipi di infrastruttura a banda larga non danno luogo a distorsioni significative della concorrenza e potrebbero beneficiare di un'esenzione per categoria a condizione che siano rispettate determinate condizioni di compatibilità e che l'infrastruttura sia sviluppata in «aree bianche», che sono zone in cui non esistono infrastrutture della stessa categoria [a banda larga o reti di accesso di prossima generazione (NGA) ad altissima velocità] e dove è improbabile che siano sviluppate nel prossimo futuro, come accennato nei criteri elaborati negli orientamenti. Si tratta in questo caso di aiuti relativi alla fornitura di banda larga di base, nonché di aiuti per misure individuali di piccola entità che riguardano reti NGA e di aiuti per opere di ingegneria civile relative alla banda larga e per infrastrutture passive a banda larga.
(17)
Per quanto riguarda le infrastrutture, alcune misure adottate dagli Stati membri potrebbero non costituire un aiuto in quanto non soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ad esempio perché il beneficiario non svolge un'attività economica, perché non ci sono effetti sugli scambi tra Stati membri o perché la misura costituisce una compensazione per un servizio di interesse economico generale che risponde a tutti i criteri della giurisprudenza sul caso Altmark (6). Tuttavia, a condizione che il finanziamento delle infrastrutture costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è opportuno che la Commissione sia abilitata a dichiarare che, a determinate condizioni, tali aiuti sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica. Per quanto riguarda le infrastrutture, aiuti di importo limitato per progetti infrastrutturali possono rappresentare un modo efficace di sostenere gli obiettivi dell'Unione a condizione che i costi siano ridotti al minimo e che le potenziali distorsioni della concorrenza siano limitate. La Commissione dovrebbe pertanto poter esentare gli aiuti di Stato per i progetti infrastrutturali a sostegno degli obiettivi menzionati nel presente regolamento e a sostegno di altri obiettivi di interesse comune, in particolare gli obiettivi della strategia Europa 2020 (7). Vi potrebbe rientrare il sostegno a progetti che comportano reti o strutture multisettoriali per i quali sono necessari aiuto di importo relativamente limitato. Tuttavia, i progetti infrastrutturali possono beneficiare di esenzioni per categoria solo se la Commissione avrà maturato un'esperienza sufficiente per poter definire criteri di compatibilità chiari e rigorosi, tali da garantire che il rischio di potenziale distorsione della concorrenza sia limitato e che gli aiuti di notevole entità restino soggetti all'obbligo di notifica a norma dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE.
(18)
È opportuno che la Commissione, in sede di adozione dei regolamenti di esenzione per determinate categorie di aiuti dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, specifichi le finalità dell'aiuto, le categorie di beneficiari, i massimali destinati ad evitare che gli aiuti oggetto dell'esenzione superino determinate soglie calcolate in funzione del totale dei costi ammissibili o determinati importi massimi, le condizioni relative al cumulo degli aiuti nonché le condizioni di controllo, al fine di garantire la compatibilità con il mercato interno degli aiuti oggetto del presente regolamento.
(19)
Per ciascuna categoria di aiuto per la quale la Commissione adotta un regolamento di esenzione per categoria, i massimali possono essere espressi o in termini di intensità dell'aiuto in relazione ad un insieme di costi ammissibili o in termini di importi massimi. Inoltre, è opportuno che la Commissione sia abilitata ad applicare esenzioni per categoria a taluni tipi di misure di aiuto di Stato le quali, vista la loro particolare impostazione, non possono essere espresse con esattezza in termini di intensità o di importi massimi dell'aiuto, come avviene ad esempio per gli strumenti di ingegneria finanziaria o per alcune forme di misure destinate a promuovere gli investimenti in capitale di rischio. Tali misure complesse possono comportare aiuti a diversi livelli: beneficiari diretti, beneficiari intermedi e beneficiari indiretti. Vista l'importanza crescente di tali misure e il loro contributo alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione, è opportuno che si possano esentare dall'obbligo di notifica. Dovrebbe pertanto essere possibile, per quanto riguarda tali misure, definire i massimali per una particolare erogazione di aiuti in termini di livelli massimi di sostegno statale a favore di o in relazione a dette misure. I livelli massimi di sostegno statale possono comprendere un elemento di sostegno, che può non essere aiuto di Stato, purché la misura adottata preveda almeno alcuni elementi che contengono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e che non costituiscono elementi marginali.
(20)
Può essere opportuno fissare massimali o altre condizioni pertinenti per la notifica dei casi di erogazione di aiuti, al fine di consentire alla Commissione di esaminare individualmente l'effetto di certi aiuti sulla concorrenza e sugli scambi fra Stati membri e la loro compatibilità con il mercato interno.
(21)
È opportuno autorizzare la Commissione, in sede di adozione dei regolamenti di esenzione per determinate categorie di aiuti dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, ad aggiungere altre condizioni dettagliate al fine di garantire la compatibilità con il mercato interno degli aiuti oggetto del presente regolamento.
(22)
La Commissione, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato interno, dovrebbe essere abilitata a stabilire, mediante regolamento, che taluni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e sono, pertanto, dispensati dalla procedura di notifica prevista dall'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, purché gli aiuti concessi ad una stessa impresa in un arco di tempo determinato non superino un importo prestabilito.
(23)
A norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha l'obbligo di procedere con gli Stati membri all'esame permanente di tutti i regimi di aiuti esistenti. A tal fine, e per garantire il maggior grado possibile di trasparenza e un adeguato controllo, è opportuno che la Commissione provveda ad istituire un sistema affidabile di registrazione e di memorizzazione delle informazioni sull'applicazione dei regolamenti da essa adottati, al quale tutti gli Stati membri abbiano accesso, e che riceva dagli Stati membri tutte le informazioni sull'applicazione degli aiuti esentati dall'obbligo di notifica, che possano essere discusse e valutate con gli Stati membri in sede di comitato consultivo in materia di aiuti di Stato. A tal fine è altresì opportuno che la Commissione possa richiedere l'invio delle informazioni necessarie a garantire l'efficacia di tale esame.
(24)
Gli Stati membri dovrebbero trasmettere una sintesi delle informazioni relative ai regimi di aiuto da essi attuati che rientrano in un regolamento di esenzione. La pubblicazione di tali sintesi è necessaria per garantire la trasparenza delle misure adottate dagli Stati membri. Con l'aumento dei mezzi di comunicazione elettronici, la pubblicazione delle sintesi sul sito Internet della Commissione è un metodo rapido ed efficace che garantisce trasparenza a beneficio delle parti interessate. Pertanto, tali sintesi dovrebbero essere pubblicate sul sito internet della Commissione.
(25)
Il controllo sull'erogazione degli aiuti comporta molteplici problemi pratici, giuridici ed economici di carattere molto complesso in un contesto in costante evoluzione. È opportuno pertanto che la Commissione sottoponga a riesame periodico le categorie di aiuti che devono essere dispensate dall'obbligo di notifica. La Commissione dovrebbe poter abrogare o modificare i regolamenti da essa adottati a norma del presente regolamento nei casi in cui siano mutate le circostanze relative ad uno qualsiasi dei fatti che ne ha determinato l'adozione o in cui tale abrogazione o modifica sia resa necessaria dal progressivo sviluppo o funzionamento del mercato interno.
(26)
È opportuno che la Commissione, in collegamento stretto e costante con gli Stati membri, possa definire precisamente l'ambito di applicazione di tali regolamenti e le relative condizioni. Al fine di promuovere la collaborazione tra la Commissione e le autorità competenti degli Stati membri, è opportuno che il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato sia consultato prima che la Commissione adotti regolamenti in base al presente regolamento.
(27)
È opportuno che i progetti di regolamenti e altri documenti che devono essere esaminati dal comitato consultivo in materia di aiuti di Stato conformemente al presente regolamento siano pubblicati sul sito internet della Commissione, al fine di garantire trasparenza.
(28)
È opportuno che il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato sia consultato prima della pubblicazione di un progetto di regolamento. Tuttavia, a fini di trasparenza, è opportuno che il progetto di regolamento sia pubblicato sul sito internet della Commissione nello stesso momento in cui la Commissione consulta il comitato consultivo per la prima volta,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Esenzioni per categoria
1. La Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all'articolo 8 del presente regolamento e a norma dell'articolo 107 TFUE, dichiarare che le seguenti categorie di aiuti sono compatibili con il mercato interno e non soggette all'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE:
a)
gli aiuti a favore:
i)
delle piccole e medie imprese;
ii)
della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione;
iii)
della tutela dell'ambiente;
iv)
dell'occupazione e della formazione;
v)
della cultura e della conservazione del patrimonio;
vi)
della riparazione dei danni arrecati dalle calamità naturali;
vii)
della riparazione dei danni arrecati da determinate condizioni meteorologiche avverse nel settore della pesca;
viii)
della silvicoltura;
ix)
della promozione di prodotti nel settore alimentare non elencati nell'allegato I del TFUE;
x)
della conservazione delle risorse biologiche del mare e di acqua dolce;
xi)
dello sport;
xii)
dei residenti in regioni remote, per i trasporti, a condizione che tali aiuti abbiano carattere sociale e siano erogati senza discriminazioni determinate dall'identità del vettore;
xiii)
di infrastrutture a banda larga di base, di misure individuali di piccola entità per infrastrutture che riguardano reti di accesso di prossima generazione, di opere di ingegneria civile relative alla banda larga e di infrastrutture passive a banda larga, in aree in cui non esistono tali infrastrutture e dove è improbabile che tali infrastrutture siano sviluppate nel prossimo futuro;
xiv)
di infrastrutture a sostegno degli obiettivi elencati ai punti da i) a xiii) e alla lettera b) del presente paragrafo e a sostegno di altri obiettivi di interesse comune, in particolare gli obiettivi della strategia Europa 2020;
b)
gli aiuti che rispettano la mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l'erogazione degli aiuti a finalità regionale.
2. I regolamenti di cui al paragrafo 1 devono specificare per ciascuna categoria di aiuti:
a)
la finalità dell'aiuto;
b)
le categorie di beneficiari;
c)
i massimali espressi in termini di intensità dell'aiuto in relazione ad un insieme di costi ammissibili o in termini di importi massimi o, per taluni tipi di aiuto per i quali può essere difficile individuare con esattezza l'intensità o l'ammontare dell'aiuto, in particolare gli strumenti di ingegneria finanziaria o gli investimenti in capitale di rischio o altri di natura simile, in termini di livelli massimi di sostegno statale a favore o in relazione a dette misure, fatta salva la qualifica delle misure interessate alla luce dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE;
d)
le condizioni relative al cumulo degli aiuti;
e)
le condizioni del controllo di cui all'articolo 3.
3. Inoltre, i regolamenti di cui al paragrafo 1 possono in particolare:
a)
fissare massimali o altre condizioni per la notifica dei casi di erogazione di singoli aiuti;
b)
escludere certi settori dal loro ambito di applicazione;
c)
subordinare ad ulteriori condizioni la compatibilità dell'aiuto esentato ai sensi dei regolamenti stessi.
Articolo 2
De minimis
1. La Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all'articolo 8 del presente regolamento, decidere che, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato interno, alcuni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, a condizione che gli aiuti concessi ad una stessa impresa in un determinato arco di tempo non superino un importo prestabilito.
2. Gli Stati membri comunicano in qualsiasi momento alla Commissione, su sua richiesta, ogni ulteriore informazione relativa agli aiuti esentati a norma del paragrafo 1.
Articolo 3
Trasparenza e controllo
1. All'atto dell'adozione dei regolamenti in applicazione dell'articolo 1, la Commissione impone agli Stati membri norme precise per garantire la trasparenza e il controllo degli aiuti esentati dall'obbligo di notifica ai sensi degli stessi regolamenti. Dette norme consistono in particolare negli obblighi definiti nei paragrafi 2, 3 e 4.
2. Non appena sono messi in atto regimi di aiuti o singoli aiuti concessi al di fuori di un regime, esentati a norma dei regolamenti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, gli Stati membri trasmettono alla Commissione, ai fini della pubblicazione sul sito Internet della stessa, una sintesi delle informazioni relative a tali regimi di aiuti o singoli aiuti che non rientrano in un regime di aiuto esentato.
3. Gli Stati membri registrano ed elaborano tutte le informazioni riguardanti l'applicazione delle esenzioni per categoria. Se la Commissione dispone di elementi che danno adito a dubbi sulla corretta applicazione di un regolamento di esenzione, gli Stati membri le comunicano tutte le informazioni che essa reputi necessarie per valutare la conformità di un aiuto con detto regolamento.
4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, almeno una volta all'anno, una relazione sull'applicazione delle esenzioni per categoria, preferibilmente in forma elettronica, conformemente alle esigenze specifiche della Commissione. La Commissione rende tali relazioni accessibili a tutti gli Stati membri. Una volta l'anno, le relazioni sono esaminate e valutate dal comitato di cui all'articolo 7.
Articolo 4
Periodo di validità e modifica dei regolamenti
1. I regolamenti adottati a norma degli articoli 1 e 2 si applicano per un periodo di tempo determinato. Gli aiuti esentati mediante regolamento adottato a norma degli articoli 1 e 2 sono esentati per il periodo di validità di detto regolamento e per il periodo di adeguamento di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo.
2. I regolamenti adottati a norma degli articoli 1 e 2 possono essere abrogati o modificati se cambiano le circostanze relative ad uno qualsiasi dei fatti che hanno determinato la loro adozione o se tale modifica o abrogazione è resa necessaria dal progressivo sviluppo o funzionamento del mercato interno. In questo caso il nuovo regolamento stabilisce un periodo di adeguamento di sei mesi per l'aggiustamento degli aiuti rientranti nel regolamento precedente.
3. I regolamenti adottati a norma degli articoli 1 e 2 prevedono un periodo quale quello indicato nel paragrafo 2 del presente articolo nel caso in cui, alla loro scadenza, non se ne proroghi l'applicazione.
Articolo 5
Relazione di valutazione
Ogni cinque anni la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento. Un progetto di relazione è da essa sottoposto per esame al comitato di cui all'articolo 7.
Articolo 6
Audizione delle parti interessate
La Commissione, quando intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto per dar modo a tutte le persone e le organizzazioni interessate di presentare le proprie osservazioni entro un termine ragionevole da essa fissato e che non può in nessun caso essere inferiore ad un mese.
Articolo 7
Comitato consultivo in materia di aiuti di Stato
È istituito il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato («comitato»), composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.
Articolo 8
Consultazione del comitato
1. La Commissione consulta il comitato:
a)
al momento di pubblicare un progetto di regolamento conformemente all'articolo 6;
b)
prima di adottare un regolamento.
2. La consultazione del comitato ha luogo durante una riunione su invito della Commissione. I progetti e i documenti da esaminare sono allegati a tale invito e possono essere pubblicati sul sito Internet della Commissione. La riunione ha luogo non prima di due mesi dopo l'invio della convocazione.
Tale termine può essere ridotto nel caso delle consultazioni di cui al paragrafo 1, lettera b), nonché in caso di urgenza e di semplice proroga di un regolamento.
3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione.
4. Il parere è iscritto a verbale. Inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale. Il comitato può raccomandare la pubblicazione di tale parere nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere.
Articolo 9
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 994/98 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.
Articolo 10
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Parere del 29 aprile 2015 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1).
(3) Cfr. allegato I.
(4) Regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo europeo per la pesca (GU L 223 del 15.8.2006, pag. 1).
(5) Comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti dell'Unione europea per l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga» (GU C 25 del 26.1.2013, pag. 1).
(6) Sentenza della Corte di giustizia del 24 luglio 2003 nella causa C-280/00, Altmark Trans GmbH e Regierungspräsidium Magdeburg contro Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH (Racc. 2003, pag. I-7747).
(7) Cfr. raccomandazione 2010/410/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, sugli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione (GU L 191 del 23.7.2010, pag. 28) e decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46).
ALLEGATO I
REGOLAMENTO ABROGATO E RELATIVA MODIFICA
Regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio
(GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1).
Regolamento (EU) n. 733/2013 del Consiglio
(GU L 204 del 31.7.2013, pag. 11).
ALLEGATO II
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CE) n. 994/98
Presente regolamento
Articoli da 1 a 8
Articoli da 1 a 8
—
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) 2015/1588 DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2015
sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 109,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 994/98 (2) ha subito sostanziali modifiche (3). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
A norma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la valutazione della compatibilità degli aiuti con il mercato interno spetta essenzialmente alla Commissione.
(3)
Il buon funzionamento del mercato interno richiede un'applicazione rigorosa ed efficace delle regole di concorrenza in materia di aiuti di Stato.
(4)
È opportuno abilitare la Commissione a dichiarare, mediante regolamenti, nei settori in cui dispone di esperienza sufficiente a definire criteri generali di compatibilità, che determinate categorie di aiuti sono compatibili con il mercato interno a norma di una o più disposizioni dell'articolo 107, paragrafi 2 e 3, TFUE e sono dispensate dalla procedura di cui all'articolo 108, paragrafo 3.
(5)
I regolamenti di esenzione per categoria garantiscono la trasparenza e la certezza del diritto. Essi possono essere direttamente applicati dai giudici nazionali, fatti salvi l'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea e l'articolo 267 TFUE.
(6)
L'aiuto di Stato è una nozione oggettiva definita all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Il potere della Commissione di adottare esenzioni per categoria previsto dal presente regolamento si applica soltanto alle misure che soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e che costituiscono pertanto un aiuto di Stato. L'inserimento di una determinata categoria di aiuti nel presente regolamento o in un regolamento di esenzione non predefinisce la qualifica di una misura come aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE.
(7)
È opportuno abilitare la Commissione a dichiarare che, a determinate condizioni, sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica gli aiuti a favore delle piccole e medie imprese, gli aiuti in favore della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, gli aiuti in favore della tutela dell'ambiente, gli aiuti in favore dell'occupazione e della formazione e gli aiuti conformi alla mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l'erogazione degli aiuti a finalità regionale.
(8)
L'innovazione è diventata una priorità politica dell'Unione nel quadro de «L'Unione dell'innovazione», una delle iniziative faro della strategia Europa 2020. Molte misure di aiuto a favore dell'innovazione hanno inoltre una portata relativamente ridotta e non determinano significative distorsioni della concorrenza.
(9)
Nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio, alcune misure adottate dagli Stati membri potrebbero non costituire aiuti in quanto non soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ad esempio perché il beneficiario non svolge un'attività economica o perché non vi sono effetti sugli scambi tra Stati membri. Tuttavia, a condizione che le misure nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio costituiscano effettivamente un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è opportuno abilitare la Commissione a dichiarare che, a determinate condizioni, tali aiuti sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE. I piccoli progetti relativi alla cultura, alla creazione artistica e alla conservazione del patrimonio di norma non danno luogo a una distorsione significativa della concorrenza e hanno effetti limitati sugli scambi, come dimostrato recentemente da alcuni casi.
(10)
Le esenzioni nel settore della cultura e della conservazione del patrimonio potrebbero essere concepite in base all'esperienza della Commissione illustrata negli orientamenti, come per le opere cinematografiche e audiovisive, o elaborate caso per caso. Nel formulare tali esenzioni per categoria, la Commissione dovrebbe tener conto del fatto che esse dovrebbero riguardare soltanto le misure che costituiscono aiuti di Stato, che dovrebbero in teoria focalizzarsi su misure che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi della «Modernizzazione degli aiuti di Stato dell'UE» e che l'esenzione per categoria si applica soltanto agli aiuti per cui la Commissione ha già una notevole esperienza. Si dovrebbe inoltre tenere conto della competenza primaria degli Stati membri nel settore della cultura, della tutela speciale di cui gode la diversità culturale a norma dell'articolo 167, paragrafo 1, TFUE, e del particolare carattere della cultura.
(11)
Per quanto riguarda le misure di aiuto di Stato destinate a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali e quelle destinate a ovviare ai danni arrecati alle attività della pesca da talune avverse condizioni metereologiche, gli importi concessi in tali ambiti sono in genere limitati ed è possibile definire chiare condizioni di compatibilità. È opportuno che il presente regolamento abiliti la Commissione ad esentare tali aiuti dall'obbligo di notifica. In base all'esperienza della Commissione, tali aiuti non danno luogo a distorsioni significative della concorrenza ed è possibile definire chiare condizioni di compatibilità sulla base dell'esperienza acquisita.
(12)
Conformemente all'articolo 42 TFUE, le norme in materia di aiuti di Stato non si applicano, a determinate condizioni, a talune misure di aiuto a favore di prodotti agricoli elencati nell'allegato I del TFUE. L'articolo 42 non si applica alla silvicoltura o ai prodotti non elencati in tale allegato. La Commissione dovrebbe avere la possibilità di esentare taluni tipi di aiuti a favore della silvicoltura, compresi gli aiuti contenuti nei programmi di sviluppo rurale e anche quelli che favoriscono la promozione e la pubblicità di prodotti nel settore alimentare non elencati nell'allegato I del TFUE qualora, in base all'esperienza della Commissione, le distorsioni della concorrenza siano limitate e sia possibile definire chiare condizioni di compatibilità.
(13)
Conformemente all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, (4) gli articoli 107, 108 e 109 TFUE si applicano agli aiuti concessi dagli Stati membri alle imprese del settore della pesca, ad eccezione dei pagamenti erogati dagli Stati membri a norma e in conformità del regolamento (CE) n. 1198/2006. Aiuti di Stato supplementari per la conservazione delle risorse biologiche del mare e di acqua dolce hanno solitamente effetti limitati sugli scambi tra Stati membri, contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione nel campo della politica marittima e della pesca e non creano gravi distorsioni della concorrenza. Gli importi concessi in questo ambito sono in genere limitati ed è possibile definire chiare condizioni di compatibilità.
(14)
Nel settore dello sport, in particolare nell'ambito delle attività sportive amatoriali, alcune misure adottate dagli Stati membri potrebbero non costituire un aiuto in quanto non soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ad esempio perché il beneficiario non svolge un'attività economica o perché non vi sono effetti sugli scambi tra Stati membri. Tuttavia, a condizione che le misure nel settore dello sport costituiscano effettivamente un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è opportuno che la Commissione sia abilitata a dichiarare che, a determinate condizioni, tali aiuti sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica. Spesso le misure di aiuto di Stato a favore dello sport, specie quelle nell'ambito delle attività sportive amatoriali o quelle di portata limitata, hanno effetti limitati sugli scambi tra Stati membri e non creano gravi distorsioni della concorrenza. Anche gli importi concessi sono in genere limitati. È possibile definire chiare condizioni di compatibilità sulla base dell'esperienza maturata in modo da garantire che gli aiuti a favore dello sport non diano luogo ad alcuna distorsione significativa.
(15)
Per quanto riguarda gli aiuti nel settore del trasporto aereo e marittimo, in base all'esperienza della Commissione, gli aiuti a carattere sociale per i trasporti a favore dei residenti in regioni remote quali isole e regioni ultraperiferiche, compresi gli Stati membri insulari regionali e le regioni scarsamente popolate, non danno luogo a distorsioni significative della concorrenza, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'identità del vettore. Inoltre, è possibile definire chiare condizioni di compatibilità.
(16)
Per quanto riguarda gli aiuti a favore di infrastrutture a banda larga, negli ultimi anni la Commissione ha acquisito una vasta esperienza e ha elaborato orientamenti in materia (5). In base all'esperienza della Commissione, gli aiuti per determinati tipi di infrastruttura a banda larga non danno luogo a distorsioni significative della concorrenza e potrebbero beneficiare di un'esenzione per categoria a condizione che siano rispettate determinate condizioni di compatibilità e che l'infrastruttura sia sviluppata in «aree bianche», che sono zone in cui non esistono infrastrutture della stessa categoria [a banda larga o reti di accesso di prossima generazione (NGA) ad altissima velocità] e dove è improbabile che siano sviluppate nel prossimo futuro, come accennato nei criteri elaborati negli orientamenti. Si tratta in questo caso di aiuti relativi alla fornitura di banda larga di base, nonché di aiuti per misure individuali di piccola entità che riguardano reti NGA e di aiuti per opere di ingegneria civile relative alla banda larga e per infrastrutture passive a banda larga.
(17)
Per quanto riguarda le infrastrutture, alcune misure adottate dagli Stati membri potrebbero non costituire un aiuto in quanto non soddisfano tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, ad esempio perché il beneficiario non svolge un'attività economica, perché non ci sono effetti sugli scambi tra Stati membri o perché la misura costituisce una compensazione per un servizio di interesse economico generale che risponde a tutti i criteri della giurisprudenza sul caso Altmark (6). Tuttavia, a condizione che il finanziamento delle infrastrutture costituisca un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è opportuno che la Commissione sia abilitata a dichiarare che, a determinate condizioni, tali aiuti sono compatibili con il mercato interno e non sono soggetti all'obbligo di notifica. Per quanto riguarda le infrastrutture, aiuti di importo limitato per progetti infrastrutturali possono rappresentare un modo efficace di sostenere gli obiettivi dell'Unione a condizione che i costi siano ridotti al minimo e che le potenziali distorsioni della concorrenza siano limitate. La Commissione dovrebbe pertanto poter esentare gli aiuti di Stato per i progetti infrastrutturali a sostegno degli obiettivi menzionati nel presente regolamento e a sostegno di altri obiettivi di interesse comune, in particolare gli obiettivi della strategia Europa 2020 (7). Vi potrebbe rientrare il sostegno a progetti che comportano reti o strutture multisettoriali per i quali sono necessari aiuto di importo relativamente limitato. Tuttavia, i progetti infrastrutturali possono beneficiare di esenzioni per categoria solo se la Commissione avrà maturato un'esperienza sufficiente per poter definire criteri di compatibilità chiari e rigorosi, tali da garantire che il rischio di potenziale distorsione della concorrenza sia limitato e che gli aiuti di notevole entità restino soggetti all'obbligo di notifica a norma dell'articolo 108, paragrafo 3, TFUE.
(18)
È opportuno che la Commissione, in sede di adozione dei regolamenti di esenzione per determinate categorie di aiuti dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, specifichi le finalità dell'aiuto, le categorie di beneficiari, i massimali destinati ad evitare che gli aiuti oggetto dell'esenzione superino determinate soglie calcolate in funzione del totale dei costi ammissibili o determinati importi massimi, le condizioni relative al cumulo degli aiuti nonché le condizioni di controllo, al fine di garantire la compatibilità con il mercato interno degli aiuti oggetto del presente regolamento.
(19)
Per ciascuna categoria di aiuto per la quale la Commissione adotta un regolamento di esenzione per categoria, i massimali possono essere espressi o in termini di intensità dell'aiuto in relazione ad un insieme di costi ammissibili o in termini di importi massimi. Inoltre, è opportuno che la Commissione sia abilitata ad applicare esenzioni per categoria a taluni tipi di misure di aiuto di Stato le quali, vista la loro particolare impostazione, non possono essere espresse con esattezza in termini di intensità o di importi massimi dell'aiuto, come avviene ad esempio per gli strumenti di ingegneria finanziaria o per alcune forme di misure destinate a promuovere gli investimenti in capitale di rischio. Tali misure complesse possono comportare aiuti a diversi livelli: beneficiari diretti, beneficiari intermedi e beneficiari indiretti. Vista l'importanza crescente di tali misure e il loro contributo alla realizzazione degli obiettivi dell'Unione, è opportuno che si possano esentare dall'obbligo di notifica. Dovrebbe pertanto essere possibile, per quanto riguarda tali misure, definire i massimali per una particolare erogazione di aiuti in termini di livelli massimi di sostegno statale a favore di o in relazione a dette misure. I livelli massimi di sostegno statale possono comprendere un elemento di sostegno, che può non essere aiuto di Stato, purché la misura adottata preveda almeno alcuni elementi che contengono aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e che non costituiscono elementi marginali.
(20)
Può essere opportuno fissare massimali o altre condizioni pertinenti per la notifica dei casi di erogazione di aiuti, al fine di consentire alla Commissione di esaminare individualmente l'effetto di certi aiuti sulla concorrenza e sugli scambi fra Stati membri e la loro compatibilità con il mercato interno.
(21)
È opportuno autorizzare la Commissione, in sede di adozione dei regolamenti di esenzione per determinate categorie di aiuti dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, ad aggiungere altre condizioni dettagliate al fine di garantire la compatibilità con il mercato interno degli aiuti oggetto del presente regolamento.
(22)
La Commissione, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato interno, dovrebbe essere abilitata a stabilire, mediante regolamento, che taluni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e sono, pertanto, dispensati dalla procedura di notifica prevista dall'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, purché gli aiuti concessi ad una stessa impresa in un arco di tempo determinato non superino un importo prestabilito.
(23)
A norma dell'articolo 108, paragrafo 1, TFUE, la Commissione ha l'obbligo di procedere con gli Stati membri all'esame permanente di tutti i regimi di aiuti esistenti. A tal fine, e per garantire il maggior grado possibile di trasparenza e un adeguato controllo, è opportuno che la Commissione provveda ad istituire un sistema affidabile di registrazione e di memorizzazione delle informazioni sull'applicazione dei regolamenti da essa adottati, al quale tutti gli Stati membri abbiano accesso, e che riceva dagli Stati membri tutte le informazioni sull'applicazione degli aiuti esentati dall'obbligo di notifica, che possano essere discusse e valutate con gli Stati membri in sede di comitato consultivo in materia di aiuti di Stato. A tal fine è altresì opportuno che la Commissione possa richiedere l'invio delle informazioni necessarie a garantire l'efficacia di tale esame.
(24)
Gli Stati membri dovrebbero trasmettere una sintesi delle informazioni relative ai regimi di aiuto da essi attuati che rientrano in un regolamento di esenzione. La pubblicazione di tali sintesi è necessaria per garantire la trasparenza delle misure adottate dagli Stati membri. Con l'aumento dei mezzi di comunicazione elettronici, la pubblicazione delle sintesi sul sito Internet della Commissione è un metodo rapido ed efficace che garantisce trasparenza a beneficio delle parti interessate. Pertanto, tali sintesi dovrebbero essere pubblicate sul sito internet della Commissione.
(25)
Il controllo sull'erogazione degli aiuti comporta molteplici problemi pratici, giuridici ed economici di carattere molto complesso in un contesto in costante evoluzione. È opportuno pertanto che la Commissione sottoponga a riesame periodico le categorie di aiuti che devono essere dispensate dall'obbligo di notifica. La Commissione dovrebbe poter abrogare o modificare i regolamenti da essa adottati a norma del presente regolamento nei casi in cui siano mutate le circostanze relative ad uno qualsiasi dei fatti che ne ha determinato l'adozione o in cui tale abrogazione o modifica sia resa necessaria dal progressivo sviluppo o funzionamento del mercato interno.
(26)
È opportuno che la Commissione, in collegamento stretto e costante con gli Stati membri, possa definire precisamente l'ambito di applicazione di tali regolamenti e le relative condizioni. Al fine di promuovere la collaborazione tra la Commissione e le autorità competenti degli Stati membri, è opportuno che il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato sia consultato prima che la Commissione adotti regolamenti in base al presente regolamento.
(27)
È opportuno che i progetti di regolamenti e altri documenti che devono essere esaminati dal comitato consultivo in materia di aiuti di Stato conformemente al presente regolamento siano pubblicati sul sito internet della Commissione, al fine di garantire trasparenza.
(28)
È opportuno che il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato sia consultato prima della pubblicazione di un progetto di regolamento. Tuttavia, a fini di trasparenza, è opportuno che il progetto di regolamento sia pubblicato sul sito internet della Commissione nello stesso momento in cui la Commissione consulta il comitato consultivo per la prima volta,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Esenzioni per categoria
1. La Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all'articolo 8 del presente regolamento e a norma dell'articolo 107 TFUE, dichiarare che le seguenti categorie di aiuti sono compatibili con il mercato interno e non soggette all'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE:
a)
gli aiuti a favore:
i)
delle piccole e medie imprese;
ii)
della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione;
iii)
della tutela dell'ambiente;
iv)
dell'occupazione e della formazione;
v)
della cultura e della conservazione del patrimonio;
vi)
della riparazione dei danni arrecati dalle calamità naturali;
vii)
della riparazione dei danni arrecati da determinate condizioni meteorologiche avverse nel settore della pesca;
viii)
della silvicoltura;
ix)
della promozione di prodotti nel settore alimentare non elencati nell'allegato I del TFUE;
x)
della conservazione delle risorse biologiche del mare e di acqua dolce;
xi)
dello sport;
xii)
dei residenti in regioni remote, per i trasporti, a condizione che tali aiuti abbiano carattere sociale e siano erogati senza discriminazioni determinate dall'identità del vettore;
xiii)
di infrastrutture a banda larga di base, di misure individuali di piccola entità per infrastrutture che riguardano reti di accesso di prossima generazione, di opere di ingegneria civile relative alla banda larga e di infrastrutture passive a banda larga, in aree in cui non esistono tali infrastrutture e dove è improbabile che tali infrastrutture siano sviluppate nel prossimo futuro;
xiv)
di infrastrutture a sostegno degli obiettivi elencati ai punti da i) a xiii) e alla lettera b) del presente paragrafo e a sostegno di altri obiettivi di interesse comune, in particolare gli obiettivi della strategia Europa 2020;
b)
gli aiuti che rispettano la mappa approvata dalla Commissione per ciascuno Stato membro per l'erogazione degli aiuti a finalità regionale.
2. I regolamenti di cui al paragrafo 1 devono specificare per ciascuna categoria di aiuti:
a)
la finalità dell'aiuto;
b)
le categorie di beneficiari;
c)
i massimali espressi in termini di intensità dell'aiuto in relazione ad un insieme di costi ammissibili o in termini di importi massimi o, per taluni tipi di aiuto per i quali può essere difficile individuare con esattezza l'intensità o l'ammontare dell'aiuto, in particolare gli strumenti di ingegneria finanziaria o gli investimenti in capitale di rischio o altri di natura simile, in termini di livelli massimi di sostegno statale a favore o in relazione a dette misure, fatta salva la qualifica delle misure interessate alla luce dell'articolo 107, paragrafo 1, TFUE;
d)
le condizioni relative al cumulo degli aiuti;
e)
le condizioni del controllo di cui all'articolo 3.
3. Inoltre, i regolamenti di cui al paragrafo 1 possono in particolare:
a)
fissare massimali o altre condizioni per la notifica dei casi di erogazione di singoli aiuti;
b)
escludere certi settori dal loro ambito di applicazione;
c)
subordinare ad ulteriori condizioni la compatibilità dell'aiuto esentato ai sensi dei regolamenti stessi.
Articolo 2
De minimis
1. La Commissione può, mediante regolamenti adottati secondo la procedura di cui all'articolo 8 del presente regolamento, decidere che, visto lo sviluppo e il funzionamento del mercato interno, alcuni aiuti non soddisfano tutti i criteri di cui all'articolo 107, paragrafo 1, TFUE e sono pertanto dispensati dalla procedura di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, TFUE, a condizione che gli aiuti concessi ad una stessa impresa in un determinato arco di tempo non superino un importo prestabilito.
2. Gli Stati membri comunicano in qualsiasi momento alla Commissione, su sua richiesta, ogni ulteriore informazione relativa agli aiuti esentati a norma del paragrafo 1.
Articolo 3
Trasparenza e controllo
1. All'atto dell'adozione dei regolamenti in applicazione dell'articolo 1, la Commissione impone agli Stati membri norme precise per garantire la trasparenza e il controllo degli aiuti esentati dall'obbligo di notifica ai sensi degli stessi regolamenti. Dette norme consistono in particolare negli obblighi definiti nei paragrafi 2, 3 e 4.
2. Non appena sono messi in atto regimi di aiuti o singoli aiuti concessi al di fuori di un regime, esentati a norma dei regolamenti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, gli Stati membri trasmettono alla Commissione, ai fini della pubblicazione sul sito Internet della stessa, una sintesi delle informazioni relative a tali regimi di aiuti o singoli aiuti che non rientrano in un regime di aiuto esentato.
3. Gli Stati membri registrano ed elaborano tutte le informazioni riguardanti l'applicazione delle esenzioni per categoria. Se la Commissione dispone di elementi che danno adito a dubbi sulla corretta applicazione di un regolamento di esenzione, gli Stati membri le comunicano tutte le informazioni che essa reputi necessarie per valutare la conformità di un aiuto con detto regolamento.
4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, almeno una volta all'anno, una relazione sull'applicazione delle esenzioni per categoria, preferibilmente in forma elettronica, conformemente alle esigenze specifiche della Commissione. La Commissione rende tali relazioni accessibili a tutti gli Stati membri. Una volta l'anno, le relazioni sono esaminate e valutate dal comitato di cui all'articolo 7.
Articolo 4
Periodo di validità e modifica dei regolamenti
1. I regolamenti adottati a norma degli articoli 1 e 2 si applicano per un periodo di tempo determinato. Gli aiuti esentati mediante regolamento adottato a norma degli articoli 1 e 2 sono esentati per il periodo di validità di detto regolamento e per il periodo di adeguamento di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo.
2. I regolamenti adottati a norma degli articoli 1 e 2 possono essere abrogati o modificati se cambiano le circostanze relative ad uno qualsiasi dei fatti che hanno determinato la loro adozione o se tale modifica o abrogazione è resa necessaria dal progressivo sviluppo o funzionamento del mercato interno. In questo caso il nuovo regolamento stabilisce un periodo di adeguamento di sei mesi per l'aggiustamento degli aiuti rientranti nel regolamento precedente.
3. I regolamenti adottati a norma degli articoli 1 e 2 prevedono un periodo quale quello indicato nel paragrafo 2 del presente articolo nel caso in cui, alla loro scadenza, non se ne proroghi l'applicazione.
Articolo 5
Relazione di valutazione
Ogni cinque anni la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento. Un progetto di relazione è da essa sottoposto per esame al comitato di cui all'articolo 7.
Articolo 6
Audizione delle parti interessate
La Commissione, quando intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto per dar modo a tutte le persone e le organizzazioni interessate di presentare le proprie osservazioni entro un termine ragionevole da essa fissato e che non può in nessun caso essere inferiore ad un mese.
Articolo 7
Comitato consultivo in materia di aiuti di Stato
È istituito il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato («comitato»), composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.
Articolo 8
Consultazione del comitato
1. La Commissione consulta il comitato:
a)
al momento di pubblicare un progetto di regolamento conformemente all'articolo 6;
b)
prima di adottare un regolamento.
2. La consultazione del comitato ha luogo durante una riunione su invito della Commissione. I progetti e i documenti da esaminare sono allegati a tale invito e possono essere pubblicati sul sito Internet della Commissione. La riunione ha luogo non prima di due mesi dopo l'invio della convocazione.
Tale termine può essere ridotto nel caso delle consultazioni di cui al paragrafo 1, lettera b), nonché in caso di urgenza e di semplice proroga di un regolamento.
3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione.
4. Il parere è iscritto a verbale. Inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale. Il comitato può raccomandare la pubblicazione di tale parere nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
5. La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere.
Articolo 9
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 994/98 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.
Articolo 10
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Parere del 29 aprile 2015 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1).
(3) Cfr. allegato I.
(4) Regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006, relativo al Fondo europeo per la pesca (GU L 223 del 15.8.2006, pag. 1).
(5) Comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti dell'Unione europea per l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga» (GU C 25 del 26.1.2013, pag. 1).
(6) Sentenza della Corte di giustizia del 24 luglio 2003 nella causa C-280/00, Altmark Trans GmbH e Regierungspräsidium Magdeburg contro Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH (Racc. 2003, pag. I-7747).
(7) Cfr. raccomandazione 2010/410/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, sugli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione (GU L 191 del 23.7.2010, pag. 28) e decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46).
ALLEGATO I
REGOLAMENTO ABROGATO E RELATIVA MODIFICA
Regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio
(GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1).
Regolamento (EU) n. 733/2013 del Consiglio
(GU L 204 del 31.7.2013, pag. 11).
ALLEGATO II
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CE) n. 994/98
Presente regolamento
Articoli da 1 a 8
Articoli da 1 a 8
—
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10
—
Allegato I
—
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Categorie di aiuti di Stato esenti da notifica
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso consente alla Commissione europea di adottare regolamenti per esentare alcune categorie di aiuti di Stato dall’obbligo generale di previa notifica alla Commissione per la sua approvazione. Sostituisce, a partire dal 14 ottobre 2015, il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio sull’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (ovvero aiuti di Stato che si applicano a tutti i settori e non solo ad alcuni).
PUNTI CHIAVE
In generale, tutti gli aiuti di Stato concessi dai paesi dell’Unione europea (UE) alle imprese devono essere notificati alla Commissione per la previa approvazione. Questo regolamento consente alla Commissione di adottare regolamenti, noti come regolamenti di esenzione per categoria, dove si dichiara che determinate categorie di aiuti sono compatibili con gli articoli 107 e 108 del TFUE e pertanto esenti dall’obbligo di notifica normale. Le categorie di aiuti esentati comprendono finanziamenti erogati da strumenti finanziari gestiti a livello centrale dell’UE e progetti finanziati da programmi di cooperazione territoriale dell’UE. Per ciascuna categoria di aiuti oggetto dell’esenzione, il regolamento deve includere alcune informazioni di base compreso lo scopo degli aiuti e i beneficiari. Parimenti, altri tipi di aiuti possono essere esentati dagli usuali requisiti di notifica degli aiuti di Stato, qualora l’aiuto all’impresa in questione in un determinato arco di tempo non superi un importo prestabilito, la cosiddetta regola de minimis. I paesi dell’UE devono garantire la trasparenza e il controllo dell’aiuto oggetto dell’esenzione. Ciò include la pubblicazione sul sito della Commissione degli aiuti in questione e la presentazione da parte del paese dell’UE alla Commissione di una relazione annuale sull’applicazione degli aiuti. Il regolamento che consente l’esenzione deve applicarsi solo per un determinato arco di tempo. Tale periodo può essere modificato se una qualsiasi delle circostanze che hanno determinato l’esenzione muta in maniera significativa. La Commissione, quando intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto per dar modo alle parti interessate di presentare eventuali osservazioni. Il regolamento prevede l’istituzione di un comitato consultivo in materia di aiuti di Stato composto di rappresentanti di paesi dell’UE e presieduto dalla Commissione. La Commissione consulta il Comitato al momento di pubblicare un progetto di regolamento di esenzione di qualsiasi categoria di aiuti e anche prima dell’adozione finale del regolamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
È in vigore dal 14 ottobre 2015.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Legislazione sugli aiuti di stato (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2015/1588 della Commissione, del 13 luglio 2015, sull’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2015/1588 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. |
Cooperazione dell’Unione europea con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico: 11o Fondo europeo di sviluppo
Il Fondo europeo di sviluppo (FES) è il principale strumento dell’Unione europea (UE) per fornire aiuti allo sviluppo ai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e ai paesi e ai territori d’oltremare (PTOM) ai sensi dell’accordo di Cotonou.
ATTO
Regolamento (UE) n. 2015/322 del Consiglio, del 2 marzo 2015, relativo all’esecuzione dell’11o Fondo europeo di sviluppo
SINTESI
Il Fondo europeo di sviluppo (FES) è il principale strumento dell’Unione europea (UE) per fornire aiuti allo sviluppo ai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e ai paesi e ai territori d’oltremare (PTOM) ai sensi dell’accordo di Cotonou.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Garantisce che il FES finanzi attività di cooperazione sulla base dei termini dell’accordo di Cotonou. L’obiettivo primario delle attività di cooperazione dell’UE è la riduzione e, a termine, l’eliminazione della povertà .
La cooperazione deve inoltre contribuire a quanto segue:
—
promuovere uno sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile e inclusivo;
—
consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, il buon governo, i diritti umani e i principi pertinenti del diritto internazionale;
—
applicare un approccio basato sui diritti che includa tutti i diritti umani.
PUNTI CHIAVE
Il FES è finanziato dai contributi diretti dei paesi dell’UE sulla base di quote di contributi specifiche («criteri di ripartizione») ed è regolato da norme finanziarie proprie. Non rientra nel bilancio dell’UE.
Le risorse finanziarie totali dell’11o FES ammontano a 30,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2020.
La Banca europea per gli investimenti metterà a disposizione altri 2,6 miliardi di euro delle proprie risorse sotto forma di prestiti.
Ai sensi dell’11o FES, i «criteri di ripartizione» dei paesi dell’UE sono stati allineati ai criteri usati per il bilancio dell’Unione (sulla base del prodotto interno lordo pro capite).
La Commissione europea decide gli stanziamenti finanziari destinati a ogni paese e regione ACP sulla base di criteri stabiliti nell’accordo di Cotonou. Le assegnazioni ai paesi ACP sono stabilite secondo un approccio atto a garantire una cooperazione specifica e su misura che tenga conto:
—
delle esigenze;
—
della capacità di generare risorse finanziarie e di accedervi e della capacità di assorbimento;
—
degli impegni e delle prestazioni;
—
dell’impatto potenziale dell’assistenza dell’Unione.
Il processo di assegnazione delle risorse dà priorità ai paesi più bisognosi, in particolare quelli meno sviluppati, quelli a basso reddito e quelli in situazioni di crisi, post-crisi, fragilità e vulnerabilità.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
A decorrere dal 6 marzo 2015 fino alla data finale di applicazione dell’accordo interno sull’11o FES.
CONTESTO
Istituito nel 1957 dal trattato di Roma e reso operativo nel 1959, il FES è il principale strumento dell’UE per l’assistenza ai paesi ACP. Ogni FES dura diversi anni.
Il 10o FES è durato sei anni, dal 2008 al 2013, con una dotazione finanziaria di 22,7 miliardi di euro, che rappresentava circa il 30 % della spesa dell’UE per gli aiuti allo sviluppo, mentre i fondi restanti provenivano direttamente dal bilancio dell’Unione. Per il 9o FES erano stati inizialmente stanziati 13,8 miliardi di euro per il periodo 2000-2007.
La prima convenzione di partenariato fra l’UE e i paesi ACP è stata conclusa nel 1964 (convenzione Yaoundé I). L’accordo di Cotonou ha una durata di 20 anni, da marzo 2000 a febbraio 2020. Una prima versione rivista è entrata in vigore il 1o luglio 2008. Una seconda revisione dell’accordo è avvenuta l’11 marzo 2010, al fine di adattarlo alle nuove sfide dei cambiamenti climatici, della sicurezza alimentare, dell’integrazione regionale, della fragilità degli Stati e dell’efficacia degli aiuti.
TERMINI CHIAVE
Accordo di Cotonou: l’accordo di partenariato fra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico e l’Unione europea firmato il 23 giugno 2000 a Cotonou, Benin. È il quadro che regola le relazioni dell’UE con 79 paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Il partenariato si basa su tre pilastri complementari:
—
cooperazione allo sviluppo,
—
cooperazione economica e commerciale,
—
dimensione politica.
Per maggiori informazioni, consultare le pagine riguardanti il Fondo europeo di sviluppo sul sito Internet della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 2015/322
6.3.2015
-
GU L 58 del 3.3.2015, pag. 1-16
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2015/323 del Consiglio, del 2 marzo 2015, recante il regolamento finanziario per l’11 oFondo europeo di sviluppo (GU L 58 del 3.3.2015, pag. 17-38). | REGOLAMENTO (UE) 2015/322 DEL CONSIGLIO
del 2 marzo 2015
relativo all'esecuzione dell'11o Fondo europeo di sviluppo
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, quale modificato da ultimo (1) («accordo di partenariato ACP-UE»),
visto l'accordo interno tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri dell'Unione europea, riuniti in sede di Consiglio, relativo al finanziamento degli aiuti dell'Unione europea forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 in applicazione dell'accordo di partenariato ACP-UE e all'assegnazione di assistenza finanziaria ai paesi e territori d'oltremare cui si applicano le disposizioni della parte quarta del trattato sul funzionamento dell'UE (2) («accordo interno»), in particolare l'articolo 10, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere della Banca europea per gli investimenti,
considerando quanto segue:
(1)
La decisione n. 1/2013 del Consiglio dei ministri ACP-UE (3) ha stabilito il quadro finanziario pluriennale per la cooperazione con i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) per il periodo dal 2014 al 2020 mediante l'inserimento di un nuovo allegato I quater dell'accordo di partenariato ACP-UE.
(2)
L'accordo interno stabilisce le varie dotazioni finanziarie dell'11o Fondo europeo di sviluppo (FES), il criterio di ripartizione e i contributi all'11o FES, istituisce il comitato FES e il comitato del Fondo investimenti («comitato FI») e determina la ponderazione dei voti e la regola della maggioranza qualificata in seno a tali comitati.
(3)
L'accordo interno stabilisce inoltre l'importo complessivo degli aiuti dell'Unione a favore del gruppo degli Stati ACP («Stati ACP») (esclusa la Repubblica del Sudafrica) e dei paesi e territori d'oltremare («PTOM») per il periodo di sette anni dal 2014 al 2020, pari a 30 506 milioni di EUR finanziati dagli Stati membri. Di tale importo 29 089 milioni di EUR sono assegnati agli Stati ACP, come specificato nel quadro finanziario pluriennale 2014-2020 di cui all'allegato I quater dell'accordo di partenariato ACP-UE, 364,5 milioni di EUR sono assegnati ai PTOM e 1 052,5 milioni di EUR sono assegnati alla Commissione per le spese di supporto in cui incorre nella programmazione ed esecuzione del FES; di questi almeno 76,3 milioni di EUR saranno assegnati alla Commissione per le misure intese a migliorare l'impatto dei programmi del FES di cui all'articolo 6, paragrafo 3, dell'accordo interno.
(4)
L'assegnazione dell'11o FES a favore dei PTOM è disciplinata dalla decisione 2013/755/UE del Consiglio (4) e dalle relative modalità d'esecuzione e successivi aggiornamenti.
(5)
Le misure contemplate e ammesse a beneficiare dei finanziamenti in forza del regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio (5) dovrebbero essere finanziate dall'11o FES solo nei casi eccezionali in cui l'assistenza si riveli necessaria per garantire la continuità della cooperazione nel passaggio da situazioni di crisi a condizioni di stabilità per lo sviluppo e non possa essere finanziata dal bilancio generale dell'Unione.
(6)
L'11 aprile 2006 il Consiglio ha approvato il principio di finanziare il Fondo per la pace in Africa attingendo al FES e ha convenuto le modalità e la struttura future di tale Fondo.
(7)
Gli Stati ACP potranno essere inoltre ammessi all'assistenza dell'Unione nell'ambito dei programmi tematici previsti dal regolamento (UE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), dal regolamento (UE) n. 234/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), dal regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e dal regolamento (UE) n. 235/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). Questi programmi dovrebbero avere un valore aggiunto e essere coerenti e complementari con i programmi finanziati nell'ambito dell'11o FES.
(8)
Come indicato al considerando 8 del regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (10), per promuovere la dimensione internazionale dell'istruzione superiore il Fondo europeo di sviluppo può rendere disponibili finanziamenti, conformemente alle norme che lo disciplinano, ad per azioni sulla mobilità a fini di apprendimento da e verso paesi terzi, nonché per la cooperazione e il dialogo politico con autorità, istituzioni e organizzazioni di tali paesi. Le disposizioni del regolamento (UE) n. 1288/2013 si applicheranno all'utilizzo di tali fondi.
(9)
È opportuno promuovere ulteriormente la cooperazione regionale fra gli Stati ACP, i PTOM e le regioni ultraperiferiche dell'Unione. A norma dell'articolo 10, paragrafo 1, dell'accordo interno il regolamento di esecuzione dovrebbe contenere misure appropriate che consentano di combinare gli stanziamenti dell'11o FES e del Fondo europeo di sviluppo regionale per finanziare progetti di cooperazione tra le regioni ultraperiferiche dell'Unione e gli Stati ACP e i PTOM nei Caraibi, nell'Africa occidentale e nell'Oceano Indiano, in particolare meccanismi semplificati per la gestione congiunta di questi progetti.
(10)
Ai fini dell'esecuzione dell'11o FES è opportuno definire la procedura di programmazione, esame e approvazione degli aiuti e stabilire precise modalità di controllo per il loro utilizzo.
(11)
Il consenso europeo sullo sviluppo del 22 dicembre 2005 e le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012«Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento» dovrebbero definire il quadro strategico generale che orienterà la programmazione e l'esecuzione dell'11o FES, insieme ai principi internazionalmente convenuti sull'efficacia degli aiuti, come quelli stabiliti nella dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005), al codice di condotta dell'UE in materia di divisione dei compiti nell'ambito della politica di sviluppo (2007), agli orientamenti dell'UE per il programma d'azione di Accra (2008), alla posizione comune dell'UE, anche sulla garanzia di trasparenza UE e sugli altri aspetti della trasparenza e della responsabilità, per il quarto forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti di Busan, che ha portato, fra l'altro, al documento finale di Busan (2011), al piano d'azione per l'azione esterna in materia di parità di genere (2010) e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, sottoscritta dall'Unione.
(12)
Il 14 maggio 2012 il Consiglio ha adottato conclusioni intitolate «Il futuro approccio al sostegno dell'Unione europea al bilancio dei paesi terzi», in cui ha affermato il proprio impegno a utilizzare il sostegno al bilancio in maniera efficace per sostenere la riduzione della povertà e il ricorso ai sistemi nazionali, rendere gli aiuti meglio prevedibili e rafforzare la titolarità da parte dei paesi partner delle politiche e riforme in materia di sviluppo, in linea con il consenso europeo in materia di sviluppo, il programma di cambiamento nonché il programma internazionale sull'efficacia degli aiuti.
(13)
È opportuno che l'Unione promuova un approccio globale in risposta a crisi, catastrofi e situazioni di conflitto e fragilità, comprese le situazioni di transizione. Un tale approccio dovrebbe basarsi in particolare sulle conclusioni del Consiglio sulla sicurezza e lo sviluppo, su una risposta dell'Unione alle situazioni di fragilità e sulla prevenzione dei conflitti, nonché su eventuali conclusioni successive in questo ambito. L'Unione dovrebbe adottare l'approccio e i principi del «New Deal» per l'impegno negli Stati fragili. Ciò dovrebbe contribuire anche a garantire il giusto equilibrio tra gli approcci di sicurezza, di sviluppo e diplomatico e quello umanitario e a creare un collegamento tra risposta a breve termine e sostegno istituzionale a lungo termine.
(14)
Nelle conclusioni del 12 dicembre 2013 sulla «Relazione della Commissione sul sostegno dell'UE alla governance democratica, con particolare attenzione all'iniziativa sulla governance», il Consiglio rilevava che, nonostante le esigenze del paese partner e l'impegno dell'Unione di fornire un finanziamento prevedibile, gli elementi di un approccio basato sugli incentivi nella programmazione possono stimolare progressi e risultati nella governance democratica e dovrebbero rispondere in modo dinamico al livello di impegni e di progressi per quanto riguarda i diritti umani, la democrazia, lo Stato di diritto e il buon governo. Il Consiglio constatava altresì che, se è vero che gli incentivi finanziari non sono sufficienti per promuovere riforme democratiche, non di meno un approccio basato sugli incentivi funziona meglio laddove, per produrre risultati ed effetti di rilievo, è disponibile una massa critica di finanziamenti, qualora gli stanziamenti facciano parte di una strategia più ampia dell'impegno dell'Unione. Un approccio basato sugli incentivi dovrebbe tener conto delle precedenti esperienze e lezioni apprese relativamente a meccanismi fondati sui risultati quali l'iniziativa sulla governance del 10o FES.
(15)
Nel 2013 il comitato FES istituito in forza dell'accordo interno sul 10o FES (11) ha proceduto a numerosi scambi di opinioni iniziali sul metodo per stabilire l'assegnazione indicativa pluriennale delle risorse dell'11o FES. Tali lavori hanno posto le basi per l'approvazione definitiva degli stanziamenti indicativi nazionali.
(16)
È opportuno che l'Unione si adoperi per utilizzare le risorse disponibili nel modo più efficace, al fine di ottimizzare l'impatto della sua azione esterna. Quest'obiettivo dovrebbe essere realizzato attraverso la coerenza e la complementarità tra gli strumenti dell'azione esterna dell'Unione, nonché l'eventuale utilizzo di strumenti finanziari con effetto leva. L'Unione dovrebbe inoltre mirare ad assicurare la coerenza con altri settori dell'azione esterna all'atto di formulare la propria politica di cooperazione allo sviluppo e la relativa pianificazione strategica, programmazione e attuazione di misure.
(17)
Tra le grandi sfide che l'Unione deve affrontare, la lotta ai cambiamenti climatici e la tutela dell'ambiente fanno urgentemente appello all'intervento internazionale. In linea con l'indirizzo stabilito dalla Commissione nella comunicazione del 29 giugno 2011 intitolata «Un bilancio per la strategia Europa 2020», che sottolinea l'impegno dell'Unione a promuovere nell'ambito delle sue politiche interne ed esterne una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva coniugando i pilastri economico, sociale e ambientale, il presente regolamento dovrebbe contribuire quanto più possibile all'obiettivo di destinare almeno il 20 % dei fondi complessivi dell'Unione all'azione per il clima, rispettando al tempo stesso il principio del partenariato con i paesi ACP sancito nell'accordo di partenariato ACP-UE. Perché abbiano un impatto maggiore, le azioni mirate a una società a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici dovrebbero, laddove possibile, sostenersi a vicenda.
(18)
L'Unione e gli Stati membri dovrebbero migliorare la coerenza e la complementarità delle rispettive politiche di cooperazione allo sviluppo, soprattutto rispondendo alle priorità dei paesi e delle regioni partner a livello nazionale e regionale. Per garantire che la politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione e quella degli Stati membri si completino e si rafforzino reciprocamente, è opportuno puntare su programmazioni pluriennali congiunte e relative tappe successive a livello locale, in particolare analisi congiunte, risposte congiunte, divisione dei compiti, assegnazioni finanziarie indicative e, ove opportuno, un quadro di riferimento congiunto dei risultati.
(19)
Il partenariato strategico Africa-UE, adottato al vertice UE-Africa del dicembre 2007, è stato confermato al vertice UE-Africa del novembre 2010. Il Consiglio ha inoltre adottato le conclusioni sulla strategia comune relativa al partenariato Caraibi-UE del 19 novembre 2012, che sostituiscono le conclusioni del Consiglio dell'11 aprile 2006 sul partenariato UE-Caraibi. Per il Pacifico, il 14 maggio 2012 il Consiglio ha adottato le conclusioni su un partenariato rinnovato per lo sviluppo, che aggiornano e completano la strategia adottata nel 2006 (conclusioni del Consiglio del 17 luglio 2006).
(20)
Gli interessi finanziari dell'Unione dovrebbero essere tutelati durante l'intero ciclo di spesa attraverso misure proporzionate, ivi comprese la prevenzione, l'individuazione e l'investigazione di irregolarità, il recupero dei fondi perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni. Tali misure dovrebbero essere applicate conformemente agli accordi vigenti con organizzazioni internazionali e paesi terzi.
(21)
L'organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l'azione esterna sono fissati nella decisione 2010/427/UE del Consiglio (12),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
TITOLO I
OBIETTIVI E PRINCIPI GENERALI
Articolo 1
Obiettivi e criteri di ammissibilità
1. La cooperazione geografica con i paesi e le regioni ACP nell'ambito dell'11o FES si fonda sugli obiettivi, i principi e i valori di base sanciti nelle disposizioni generali dell'accordo di partenariato ACP-UE.
2. In particolare, in linea con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione, del consenso europeo sullo sviluppo e del programma di cambiamento, e successive modifiche e integrazioni:
a)
la cooperazione nell'ambito del presente regolamento è mirata principalmente a ridurre e, a termine, eliminare la povertà;
b)
la cooperazione nell'ambito del presente regolamento contribuirà anche a:
i)
promuovere uno sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile ed inclusivo;
ii)
consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, il buon governo, i diritti umani e i principi pertinenti del diritto internazionale; e
iii)
applicare un approccio basato sui diritti che includa tutti i diritti umani.
La realizzazione degli obiettivi di cui al primo comma è misurata tramite pertinenti indicatori, tra cui indicatori di sviluppo umano e, più nello specifico, l'obiettivo di sviluppo del millennio (OSM) 1 per la lettera a) di tale comma e gli OSM da 1 a 8 per la lettera b) dello stesso e, dopo il 2015, tramite altri indicatori convenuti dall'Unione e dagli Stati membri in ambito internazionale.
3. La programmazione è concepita in modo da rispondere quanto più possibile ai criteri dell'aiuto pubblico allo sviluppo («APS») stabiliti dal Comitato di aiuto allo sviluppo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici («OCSE/CAS»), tenendo conto dell'obiettivo dell'Unione di assicurare che, per il periodo 2014-2020, almeno il 90 % della sua assistenza esterna globale sia considerato APS.
4. Le azioni rientranti nel regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio e ammissibili al finanziamento in forza del medesimo non possono, in linea di principio, essere finanziate dal presente regolamento, se non per garantire la continuità della cooperazione nel passaggio da situazioni di crisi a condizioni di stabilità per lo sviluppo. In tali casi viene prestata particolare attenzione a garantire un legame efficace tra aiuti umanitari, risanamento e assistenza allo sviluppo, e che tutti questi elementi contribuiscano alla riduzione del rischio di catastrofi e alla resilienza a tale rischio.
Articolo 2
Principi generali
1. Nell'esecuzione del presente regolamento sono garantite la coerenza con gli altri settori dell'azione esterna dell'Unione e con le altre politiche dell'Unione interessate e la coerenza dello politiche per lo sviluppo, conformemente all'articolo 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). A tal fine le misure finanziate ai sensi del presente regolamento, comprese quelle gestite dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), si basano sulle politiche di cooperazione definite nell'ambito di strumenti quali accordi, dichiarazioni e piani d'azione tra l'Unione e i paesi terzi o le regioni interessati, e sulle decisioni, gli interessi specifici, le priorità politiche e le strategie dell'Unione europea.
2. L'Unione e gli Stati membri puntano su programmazioni pluriennali congiunte imperniate sulle strategie di riduzione della povertà o strategie di sviluppo equivalenti dei paesi partner. Essi possono intraprendere azioni congiunte, incluse analisi congiunte e risposte congiunte a tali strategie in cui si individuano settori prioritari d'intervento e si stabilisce una divisione dei compiti a livello di paese, mediante missioni congiunte estese a tutti i donatori e con il ricorso a accordi di cofinanziamento e di cooperazione delegata.
3. L'Unione promuove un approccio multilaterale alle sfide mondiali e collabora a tal fine con gli Stati membri e i paesi partner. Se del caso, incoraggia la cooperazione con le organizzazioni e gli organismi internazionali e con altri donatori bilaterali.
4. Le relazioni tra l'Unione e gli Stati membri e i paesi partner hanno come fondamento e mirano a promuovere i valori condivisi dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto, come anche i principi della titolarità e della responsabilità reciproca. Il sostegno ai partner sarà adattato in funzione della loro situazione in termini di sviluppo e dei loro impegni e progressi a favore dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto e del buon governo.
Inoltre, le relazioni con i paesi partner tengono conto del loro impegno e dei risultati conseguiti nel dare attuazione agli accordi internazionali e alle relazioni contrattuali con l'Unione, anche nel settore della migrazione, come stipulato dall'accordo di partenariato ACP-UE.
5. L'Unione promuove una cooperazione efficace con i paesi e le regioni partner, in linea con le migliori prassi internazionali. Ove possibile l'Unione allinea il proprio sostegno alle strategie di sviluppo nazionali o regionali, alle politiche e alle procedure di riforma dei partner e sostiene la titolarità democratica e la responsabilità interna e reciproca. A tal fine l'Unione promuove:
a)
un processo di sviluppo trasparente, sotto la direzione e la titolarità del paese o della regione partner, mirato anche a incentivare le competenze locali;
b)
un approccio basato sui diritti, che comprenda tutti i diritti umani, sia civili che politici, economici, sociali e culturali, al fine di integrare i principi dei diritti umani nell'attuazione del presente regolamento, aiutare i paesi partner ad ottemperare ai loro obblighi internazionali in materia di diritti umani e sostenere i detentori di diritti, con particolare attenzione per i gruppi poveri e vulnerabili, nel far valere i loro diritti;
c)
la partecipazione alle decisioni della popolazione dei paesi partner, approcci allo sviluppo inclusivi e partecipativi e un ampio coinvolgimento di tutti i settori della società nel processo di sviluppo e nel dialogo nazionale e regionale, compreso il dialogo politico. Particolare attenzione è accordata ai ruoli rispettivi dei parlamenti, delle autorità locali e della società civile, anche in materia di partecipazione, supervisione e responsabilità;
d)
modalità e strumenti di cooperazione efficaci in linea con le migliori prassi dell'OCSE/CAS, compreso il ricorso a strumenti innovativi quali combinazioni di prestiti e sovvenzioni e altri dispositivi di condivisione dei rischi, in settori e paesi selezionati, e l'impegno del settore privato, tenendo debitamente conto delle questioni della sostenibilità del debito e del numero di tali meccanismi e dell'obbligo di valutazione sistematica dell'impatto in conformità degli obiettivi del presente regolamento, in particolare la riduzione della povertà, come pure specifici meccanismi di sostegno di bilancio, ad esempio i contratti di potenziamento istituzionale. Tutti i programmi, gli interventi, le modalità e gli strumenti di cooperazione, adattati alle circostanze particolari di ciascun paese o regione partner, sono incentrati su approcci per programma, sull'erogazione di aiuti finanziari prevedibili, sulla mobilitazione di risorse private, provenienti anche dal settore privato locale, sull'accesso universale e non discriminatorio ai servizi di base e sullo sviluppo e l'impiego di sistemi per paese;
e)
la mobilitazione delle entrate nazionali e il rafforzamento delle politiche di bilancio dei paesi partner onde ridurre la povertà e la dipendenza dagli aiuti;
f)
un migliore impatto delle politiche e della programmazione attraverso il coordinamento, la coerenza e l'armonizzazione tra donatori al fine di creare sinergie, ridurre sovrapposizioni e doppioni, migliorare la complementarità e sostenere iniziative estese a tutti i donatori, nonché attraverso il coordinamento nei paesi e nelle regioni partner secondo gli orientamenti e i principi delle migliori prassi convenuti in materia di coordinamento e efficacia degli aiuti;
g)
approcci di sviluppo basati sui risultati, anche tramite quadri di riferimento trasparenti condotti dai paesi e imperniati, ove opportuno, su traguardi internazionalmente convenuti e indicatori comparabili e aggregabili, come quelli degli OSM, per valutare e comunicare esiti, inclusi risultati, realizzazioni e ripercussioni degli aiuti allo sviluppo.
6. L'Unione sostiene, secondo le circostanze, la cooperazione e il dialogo bilaterali, regionali e multilaterali, la dimensione di sviluppo degli accordi di partenariato e la cooperazione triangolare. L'Unione promuove la cooperazione sud-sud.
7. Nel condurre le attività di cooperazione allo sviluppo, l'Unione utilizza e condivide le esperienze di riforma e di transizione degli Stati membri e gli insegnamenti tratti, a seconda delle circostanze.
8. L'Unione provvede a attivare scambi sistematici di informazioni con gli attori del partenariato, in linea con l'articolo 4 dell'accordo di partenariato ACP-UE.
TITOLO II
PROGRAMMAZIONE E ASSEGNAZIONE DEI FONDI
Articolo 3
Quadro generale dell'assegnazione dei fondi
1. La Commissione stabilisce l'assegnazione indicativa pluriennale delle risorse per ciascun paese e regione ACP e per la cooperazione intra-ACP sulla base dei criteri stabiliti all'allegato IV, articoli 3, 9 e 12 quater, dell'accordo di partenariato ACP-UE, entro i limiti finanziari di cui all'articolo 2 dell'accordo interno.
2. Le assegnazioni indicative nazionali sono stabilite secondo un approccio differenziato ai paesi partner atto a garantire un cooperazione specifica e su misura che tenga conto:
a)
delle esigenze;
b)
della capacità di generare risorse finanziarie e di accedervi e della capacità di assorbimento;
c)
degli impegni e delle prestazioni; e
d)
dell'impatto potenziale dell'assistenza dell'Unione.
Il processo di assegnazione delle risorse dà priorità ai paesi più bisognosi, in particolare quelli meno sviluppati, quelli a basso reddito e quelli in situazioni di crisi, post-crisi, fragilità e vulnerabilità.
L'Unione adatterà la sua assistenza attraverso misure dinamiche, orientate ai risultati e specifiche per ciascun paese, come indicato all'articolo 7, paragrafo 2, in funzione della situazione dei paesi come pure dei loro impegni e progressi a favore, tra le altre cose, del buon governo, dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto nonché della capacità di introdurre riforme e soddisfare le richieste e le necessità della popolazione.
3. Il comitato FES tiene uno scambio di opinioni sul metodo per stabilire l'assegnazione indicativa pluriennale delle risorse di cui al paragrafo 1.
Articolo 4
Quadro generale della programmazione
1. Il processo di programmazione dell'assistenza ai paesi e alle regioni ACP nell'ambito dell'accordo di partenariato ACP-UE è condotto in linea con i principi generali di cui all'allegato IV, articoli da 1 a 14, dell'accordo e agli articoli 1 e 2 del presente regolamento.
2. La programmazione, tranne nei casi previsti al paragrafo 3, sarà realizzata in comune con il paese o la regione partner interessati e si allineerà progressivamente alle loro strategie di riduzione della povertà o equivalenti.
Nelle prime fasi e per tutta la durata del processo di programmazione, l'Unione e gli Stati membri si consultano a vicenda onde favorire coesione, complementarità e coerenza tra le rispettive attività di cooperazione. Queste consultazioni possono portare ad una programmazione congiunta con gli Stati membri rappresentati localmente. La programmazione congiunta dovrebbe basarsi sui vantaggi comparativi dei donatori dell'Unione. Gli altri Stati membri sono invitati a contribuire per potenziare l'azione esterna comune dell'Unione.
Le operazioni di finanziamento della BEI contribuiscono ai principi generali dell'Unione, in particolare quelli definiti all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE), nonché agli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE, ad esempio ridurre la povertà attraverso una crescita e uno sviluppo economico, sociale e ambientale inclusivi e sostenibili. Ove opportuno, la BEI e la Commissione dovrebbero cercare di ottimizzare le sinergie nell'ambito del processo di programmazione dell'11o FES. La BEI è consultata nelle prime fasi per le questioni attinenti alle sue competenze e operazioni per rafforzare la coesione dell'azione esterna dell'Unione.
Sono altresì consultati altri donatori e attori dello sviluppo, compresi i rappresentanti della società civile e le autorità regionali e locali.
3. In circostanze quali quelle di cui all'allegato IV, articolo 3, paragrafo 3, e articolo 4, paragrafo 5, dell'accordo di partenariato ACP-UE, la Commissione può stabilire disposizioni specifiche per programmare e attuare gli aiuti allo sviluppo gestendo essa stessa le risorse assegnate allo Stato in questione, in linea con le pertinenti politiche dell'Unione.
4. Nell'ambito dell'assistenza bilaterale, l'assistenza dell'Unione si concentrerà su un massimo di tre settori da concordare con i paesi partner.
Articolo 5
Documenti di programmazione
1. I documenti di strategia, elaborati dall'Unione e dal paese o dalla regione partner interessati, definiscono un quadro strategico coerente per la cooperazione allo sviluppo, in linea con le finalità globali, l'ambito di applicazione, gli obiettivi e i principi generali dell'accordo di partenariato ACP-UE e con i principi di cui all'allegato IV, articoli 2, 8 e 12 bis, dell'accordo.
La preparazione e l'attuazione dei documenti di strategia rispettano i principi sull'efficacia degli aiuti: titolarità nazionale, partenariato, coordinamento, armonizzazione, allineamento ai sistemi del paese beneficiario o ai sistemi regionali, trasparenza, responsabilità reciproca e orientamento ai risultati, come previsto all'articolo 2 del presente regolamento. Il periodo di programmazione dev'essere, in linea di principio, sincronizzato con i cicli strategici dei paesi partner.
2. Con il consenso del paese o della regione partner interessati, non sono richiesti documenti di strategia:
a)
quando il paese o la regione hanno elaborato una strategia di sviluppo sotto forma di piano di sviluppo, o documento simile, accettato dalla Commissione quale base per il corrispondente programma indicativo pluriennale al momento dell'adozione dello stesso;
b)
nel caso di paesi o regioni con i quali l'Unione e gli Stati membri hanno concordato un documento di programmazione pluriennale congiunta;
c)
nel caso di paesi o regioni in cui esiste già un documento quadro congiunto (DQC) che individua l'approccio globale dell'Unione alle relazioni con quel paese o quella regione partner e che abbraccia la politica di sviluppo dell'Unione;
d)
per le regioni che hanno convenuto con l'Unione una strategia congiunta;
e)
per i paesi nei quali l'Unione intende sincronizzare la propria strategia con un nuovo ciclo nazionale che inizi prima del 1o gennaio 2017. In questi casi il programma indicativo pluriennale per il periodo transitorio compreso tra il 2014 e l'inizio del nuovo ciclo nazionale conterrà la risposta dell'Unione per quel paese.
3. I documenti di strategia non sono richiesti per i paesi o le regioni che ricevono un'assegnazione iniziale di fondi dell'Unione nell'ambito del presente regolamento non superiore a 50 milioni di EUR per il periodo 2014-2020. In questi casi i programmi indicativi pluriennali conterranno la risposta dell'Unione per tali paesi o regioni.
Un documento di strategia è elaborato nel caso in cui le opzioni di cui ai paragrafi 2 e 3 non siano accettabili per il paese o la regione partner.
4. Salvo nelle circostanze di cui all'articolo 4, paragrafo 3, i programmi indicativi pluriennali si basano su un dialogo con il paese o la regione partner e sono elaborati in base ai documenti di strategia o documenti simili di cui al presente articolo e saranno frutto di un accordo con il paese o la regione interessati.
Ai fini del presente regolamento, il documento di programmazione pluriennale congiunta di cui al presente articolo, paragrafo 2, lettera b), può, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, sostituire il programma indicativo pluriennale, d'intesa con il paese o la regione partner, se rispetta i principi e le condizioni di cui al presente paragrafo, anche per quanto riguarda l'assegnazione indicativa di fondi.
5. I programmi indicativi pluriennali precisano i settori individuati come prioritari per il finanziamento dell'Unione, gli obiettivi specifici, i risultati attesi, gli indicatori di rendimento e l'assegnazione finanziaria indicativa, sia complessiva che per settore prioritario. Verrà inoltre spiegato in che modo i programmi proposti contribuiranno, da un lato, alla strategia complessiva nazionale di cui al presente articolo e, dall'altro, alla realizzazione del programma di cambiamento.
Conformemente ai principi di efficacia degli aiuti, la strategia intra-ACP evita la frammentazione e garantisce la complementarità e l'effettivo valore aggiunto dei programmi regionali e nazionali.
6. Oltre ai documenti di programmazione per paese e per regione, la Commissione e gli Stati ACP, tramite il segretariato ACP, elaborano congiuntamente un documento di strategia intra-ACP e il relativo programma indicativo pluriennale in linea con i principi di cui all'allegato IV, articoli 12, 13 e 14, dell'accordo di partenariato ACP-UE.
7. Le disposizioni specifiche di cui all'articolo 4, paragrafo 3, possono consistere in programmi speciali di sostegno, alla luce delle considerazioni particolari di cui all'articolo 6, paragrafo 1.
Articolo 6
Programmazione per i paesi e le regioni in situazioni di crisi, post-crisi o fragilità
1. Nell'elaborare i documenti di programmazione per i paesi e le regioni in situazioni di crisi, post-crisi o fragilità, o esposti alle catastrofi naturali, vengono tenute debitamente in considerazione la vulnerabilità, le esigenze e le circostanze speciali delle popolazioni, dei paesi o delle regioni interessati.
L'Unione ribadisce il suo pieno impegno ad attuare il «New Deal» per l'impegno negli Stati fragili e i suoi principi, segnatamente concentrandosi sui cinque obiettivi per il consolidamento della pace e dello Stato, garantendo la titolarità locale e istituendo una stretta corrispondenza con i piani nazionali elaborati nell'ambito dell'attuazione del «New Deal».
Sarà data la debita attenzione alle misure di prevenzione e risoluzione dei conflitti, di consolidamento dello Stato e della pace nonché di riconciliazione e di ricostruzione post-conflitto, concentrandosi in particolare su politiche inclusive e legittime, sicurezza, giustizia, fondamenti economici e sviluppo delle capacità per una fornitura di servizi equa e responsabile. In tali processi, particolare attenzione sarà accordata al ruolo delle donne e alla prospettiva dei bambini.
Quando un paese o una regione partner sono direttamente coinvolti o colpiti da una situazione di crisi, post-crisi o fragilità, viene data particolare attenzione al potenziamento del coordinamento tra aiuti, risanamento e sviluppo fra tutti i pertinenti attori, comprese le iniziative politiche, per favorire la transizione da una situazione di emergenza alla fase di sviluppo. I programmi per i paesi e le regioni in una situazione di fragilità o regolarmente soggetti a catastrofi naturali prevedono interventi di preparazione e prevenzione delle catastrofi e di gestione delle conseguenze di questi fenomeni, affrontano il problema della vulnerabilità agli shock e rafforzano la resilienza.
2. Per i paesi o le regioni in situazioni di crisi, post-crisi e fragilità, può essere condotta una revisione ad hoc della strategia di cooperazione nazionale o regionale. Detta revisione può proporre una strategia specifica e adattata per garantire la transizione verso la cooperazione e lo sviluppo di lungo termine, promuovere un coordinamento migliore e il passaggio dagli strumenti della politica umanitaria a quelli della politica di sviluppo.
Articolo 7
Approvazione e modifica dei documenti di programmazione
1. I documenti di programmazione, comprese le assegnazioni indicative, sono approvati dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 14.
La Commissione trasmette i documenti di programmazione al comitato FES e contemporaneamente all'assemblea parlamentare paritetica per conoscenza, rispettando appieno la procedura decisionale in conformità del titolo IV del presente regolamento.
I documenti di programmazione sono successivamente approvati dal paese o dalla regione ACP interessati, come stipulato nell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-UE. Paesi o regioni con cui non è stato firmato un documento di programmazione possono comunque beneficiare dei finanziamenti alle condizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 3, del presente regolamento.
2. I documenti di strategia e i programmi indicativi pluriennali, comprese le relative assegnazioni indicative, possono essere adeguati alla luce delle revisioni di cui all'allegato IV, articoli 5, 11 e 14, dell'accordo di partenariato ACP-UE.
In linea con le disposizioni dell'articolo 2, paragrafo 4, e dell'articolo 3, paragrafo 2, del presente regolamento, e sulla base del precedente FES e di altre esperienze acquisite sugli incentivi, compresi gli insegnamenti tratti, le assegnazioni indicative per paese possono essere completate mediante, tra le altre cose, un meccanismo fondato sui risultati. A tal riguardo, riconoscendo che viene concesso un trattamento speciale per gli Stati fragili e vulnerabili per garantire che si tenga debito conto delle loro esigenze specifiche, devono essere messe a disposizione risorse, se possibile fino al valore della quota di incentivazione per la governance prevista dal 10o FES, al fine di fornire incentivi per riforme orientate ai risultati in linea con il programma di cambiamento e allo scopo di adempiere agli impegni stabiliti dall'accordo di partenariato ACP-UE. Il comitato FES, in conformità dell'articolo 14, paragrafo 2, del presente regolamento, tiene uno scambio di pareri sul meccanismo fondato sui risultati.
3. La procedura di cui all'articolo 14 si applica anche alle modifiche sostanziali che incidono in misura significativa sulla strategia, i documenti di programmazione e/o l'assegnazione delle risorse programmabili. Ove applicabile, le corrispondenti aggiunte ai documenti di programmazione sono successivamente approvate dal paese o dalla regione ACP interessati.
4. I documenti di programmazione di cui all'articolo 5 possono essere modificati conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 4, per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, quali crisi o minacce immediate per la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali, e nei casi previsti all'articolo 6, paragrafo 2.
TITOLO III
ESECUZIONE
Articolo 8
Quadro generale di esecuzione
L'assistenza ai paesi e alle regioni ACP, gestita dalla Commissione e dalla BEI nel quadro dell'accordo di partenariato ACP-UE, è attuata in conformità del regolamento finanziario di cui all'articolo 10, paragrafo 2, dell'accordo interno («regolamento finanziario del FES»).
Articolo 9
Adozione di programmi d'azione, misure individuali e misure speciali
1. La Commissione adotta programmi d'azione annuali fondati sui documenti di programmazione indicativa di cui all'articolo 5.
Nel caso di azioni ricorrenti, la Commissione può anche adottare programmi d'azione pluriennali per un periodo massimo di tre anni.
Se del caso e debitamente giustificata, un'azione può essere adottata come misura individuale prima o dopo l'adozione dei programmi d'azione annuali o pluriennali.
2. I programmi d'azione e le misure individuali sono elaborati dalla Commissione con il paese o la regione partner interessati, coinvolgendo gli Stati membri rappresentati localmente e coordinandosi, ove opportuno, con altri donatori, in particolare nei casi di programmazione congiunta, e con la BEI. Gli Stati membri che non sono rappresentati localmente saranno informati circa gli interventi organizzati nel settore.
I programmi d'azione contengono una descrizione specifica di ciascuna operazione prevista. Tale descrizione preciserà gli obiettivi perseguiti, i risultati attesi e i principali interventi.
La descrizione espone i risultati attesi in termini di esiti, realizzazioni e ripercussioni, con obiettivi quantificati o qualificati, e fornirà spiegazioni circa i legami tra ciascun elemento e con gli obiettivi stabiliti dal programma indicativo pluriennale. Gli esiti e, in linea di principio, le realizzazioni hanno indicatori specifici, misurabili e realistici, con valori base e parametri di riferimento temporali, il più possibile allineati agli esiti e ai parametri di riferimento del paese o della regione partner. Ove opportuno sarà completata un'analisi costi-benefici.
La descrizione presenta i rischi, con proposte in merito alla loro mitigazione ove opportuno, l'analisi del contesto settoriale specifico e i principali soggetti interessati, i metodi di attuazione, il bilancio e il calendario indicativo e, in caso di sostegno di bilancio, i criteri di erogazione dei pagamenti, incluse le eventuali quote variabili. La descrizione precisa altresì le eventuali misure di sostegno connesse e le modalità di controllo, revisione e valutazione.
Ove opportuno la descrizione indica la complementarità con le attività della BEI, in corso o previste, nel paese o nella regione partner.
3. Nei casi di cui all'articolo 4, paragrafo 3, e per rispondere a necessità impreviste e debitamente giustificate o in casi eccezionali, la Commissione può adottare misure speciali, comprese misure volte a facilitare la transizione dagli aiuti di emergenza agli interventi di sviluppo a lungo termine, oppure misure per preparare meglio la popolazione ad affrontare crisi ricorrenti.
4. I programmi d'azione e le misure individuali di cui al paragrafo 1 per i quali l'assistenza finanziaria dell'Unione è superiore a 5 milioni di EUR e le misure speciali per le quali l'assistenza finanziaria dell'Unione è superiore a 10 milioni di EUR sono adottati dalla Commissione conformemente alla procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento. Tale procedura non si applica ai programmi d'azione e alle misure al di sotto di queste soglie, e alle relative modifiche non sostanziali. Per modifiche non sostanziali si intendono adeguamenti tecnici quali la proroga del periodo di attuazione, la riassegnazione di fondi all'interno del bilancio di previsione, gli aumenti o le riduzioni del bilancio inferiori al 20 % del bilancio iniziale, ma che non superano i 10 milioni di EUR, purché non incidano sostanzialmente sugli obiettivi del programma d'azione o della misura iniziale. In questi casi la Commissione adotta i programmi d'azione, le misure o le relative modifiche non sostanziali e li comunica al comitato FES entro un mese dall'adozione.
Ciascuno Stato membro può chiedere il ritiro di un progetto o di un programma da un programma d'azione presentato al comitato FES secondo la procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento. Se tale richiesta è appoggiata da una minoranza di blocco di Stati membri, secondo quanto previsto dall'articolo 8, paragrafo 3, in combinato disposto con l'articolo 8, paragrafo 2, dell'accordo interno, il programma d'azione è adottato dalla Commissione senza il progetto o programma in questione. A meno che la Commissione, in linea con i pareri degli Stati membri in seno al comitato FES, non desideri bloccare il ritiro del progetto o del programma, questo è ripresentato al comitato del FES, in una fase successiva, al di fuori del programma d'azione sotto forma di misura individuale che la Commissione adotta successivamente secondo la procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento.
Per imperativi motivi d'urgenza debitamente giustificati, quali crisi, catastrofi naturali o provocate dall'uomo o minacce immediate per la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani o le libertà fondamentali, la Commissione può adottare misure individuali o speciali o modifiche dei programmi d'azione e delle misure vigenti, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 4, del presente regolamento.
5. La Commissione adotta programmi d'azione specifici per le spese di sostegno di cui all'articolo 6 dell'accordo interno conformemente alla procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento. Eventuali modifiche dei programmi d'azione per le spese di sostegno sono adottate secondo la stessa procedura.
6. Per i progetti sensibili dal punto di vista ambientale, in particolare qualora possano avere effetti negativi importanti sull'ambiente e/o sul tessuto sociale e laddove tali effetti siano sensibili, eterogenei o senza precedenti, è effettuata un'idonea analisi ambientale, anche in riferimento all'incidenza sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità e, conseguentemente, sul tessuto sociale, comprendente nei casi pertinenti la valutazione dell'impatto ambientale (VIA). Detta analisi è condotta sulla base di pratiche riconosciute a livello internazionale. Ove pertinente, nell'ambito dell'attuazione dei programmi settoriali sono utilizzate le valutazioni ambientali strategiche (VAS). Sono garantiti la partecipazione dei soggetti interessati alle valutazioni ambientali e l'accesso pubblico ai risultati.
Articolo 10
Contributi supplementari degli Stati membri
1. Gli Stati membri possono fornire, di propria iniziativa, alla Commissione o alla BEI contributi volontari conformemente all'articolo 1, paragrafo 9, dell'accordo interno per contribuire al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE al di fuori del cofinanziamento congiunto. Tali contributi non incidono sull'assegnazione globale di fondi nell'ambito dell'11o FES. Essi sono considerati alla stregua dei contributi regolari degli Stati membri previsti all'articolo 1, paragrafo 2, dell'accordo interno, tranne per quanto concerne le disposizioni degli articoli 6 e 7 dell'accordo interno per le quali possono essere stabilite modalità specifiche in accordi bilaterali di contributo.
2. La destinazione dei contributi volontari si limita a casi debitamente giustificati, ad esempio per far fronte alle circostanze eccezionali di cui all'articolo 4, paragrafo 3. In tal caso i contributi volontari affidati alla Commissione sono considerati entrate con destinazione specifica ai sensi del regolamento finanziario del FES.
3. I contributi supplementari sono inclusi nel processo di programmazione e revisione e nei programmi d'azione annuali, nelle misure individuali e nelle misure speciali di cui al presente regolamento e rispecchiano la titolarità del paese o della regione partner.
4. La Commissione adotta le conseguenti modifiche dei programmi d'azione, delle misure individuali o delle misure speciali in conformità dell'articolo 9.
5. Gli Stati membri informano preventivamente il Consiglio e il comitato FES o il comitato FI circa i contributi volontari supplementari affidati alla Commissione o alla BEI per contribuire al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE.
Articolo 11
Imposte, tasse, dazi e oneri
L'assistenza dell'Unione non genera né attiva la riscossione di imposte, tasse, dazi o oneri specifici.
Fatto salvo l'allegato IV, articolo 31, dell'accordo di partenariato ACP-UE, tali imposte, tasse, dazi e oneri sono ammissibili alle condizioni previste dal regolamento finanziario del FES.
Articolo 12
Tutela degli interessi finanziari dell'Unione
1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nella realizzazione delle azioni finanziate ai sensi del presente regolamento, gli interessi finanziari dell'Unione siano tutelati mediante l'applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero oppure, ove opportuno, la restituzione delle somme indebitamente versate e, se del caso, mediante sanzioni amministrative e finanziarie efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. La Commissione o i suoi rappresentanti e la Corte dei conti hanno potere di revisione contabile o, nel caso di organizzazioni internazionali, potere di verifica conformemente agli accordi con esse stabiliti, esercitabile sulla base di documenti e controlli sul posto, su tutti i beneficiari di sovvenzioni, contraenti e subcontraenti che hanno ottenuto finanziamenti dell'Unione nell'ambito del presente regolamento.
3. L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può effettuare indagini, inclusi controlli e verifiche sul posto, conformemente alle disposizioni e alle procedure stabilite dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (13) e dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (14), per accertare eventuali frodi, casi di corruzione o altre attività illecite lesive degli interessi finanziari dell'Unione in relazione a convenzioni o decisioni di sovvenzione o a contratti finanziati nel quadro del presente regolamento.
4. Fatti salvi i paragrafi 1, 2 e 3, gli accordi di cooperazione con paesi terzi e con organizzazioni internazionali, i contratti, le convenzioni e le decisioni di sovvenzione conclusi in applicazione del presente regolamento contengono disposizioni che abilitano espressamente la Commissione, la Corte dei conti e l'OLAF a svolgere tali revisioni, controlli e verifiche sul posto nei limiti delle rispettive competenze.
Articolo 13
Norme in materia di cittadinanza e origine per le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, le procedure di concessione di sovvenzioni e le altre procedure di attribuzione
Le norme in materia di cittadinanza e origine per le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, le procedure di concessione di sovvenzioni e le altre procedure di attribuzione sono definite all'allegato IV, articolo 20, dell'accordo di partenariato ACP-UE.
TITOLO IV
PROCEDURE DECISIONALI
Articolo 14
Competenze del comitato FES
1. Il comitato FES istituito dall'articolo 8 dell'accordo interno esprime pareri secondo la procedura di cui al presente articolo, paragrafi 3 e 4.
Un osservatore della BEI partecipa ai lavori del comitato FES per le questioni concernenti la BEI.
2. I compiti del comitato FES riguardano le competenze stabilite ai titoli II e III del presente regolamento:
a)
programmazione degli aiuti dell'Unione nel quadro dell'11o FES e revisioni della programmazione, con particolare riguardo alle strategie nazionali, regionali e intra-ACP;
b)
monitoraggio dell'attuazione e valutazione degli aiuti dell'Unione, compresi, tra l'altro, l'impatto dell'assistenza mirata alla riduzione della povertà, gli aspetti settoriali, le questioni trasversali, il funzionamento del coordinamento sul campo con gli Stati membri e altri donatori e i progressi nell'applicazione dei principi sull'efficacia degli aiuti di cui all'articolo 2.
Per i programmi di sostegno di bilancio sui quali il comitato FES ha espresso parere positivo, ma che sono sospesi durante l'attuazione, la Commissione informa preventivamente il comitato circa la sospensione e la successiva decisione di ripristinare i pagamenti.
Ciascuno Stato membro può, in qualsiasi momento, invitare la Commissione a fornire informazioni al comitato FES e avere uno scambio di opinioni sulle questioni connesse ai compiti di cui al presente paragrafo. Tale scambio di opinioni può condurre alla formulazione di raccomandazioni degli Stati membri, di cui la Commissione tiene conto.
3. Quando il comitato FES è chiamato a esprimere un parere, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato FES, entro i termini fissati nella decisione del Consiglio sul regolamento interno del comitato FES di cui all'articolo 8, paragrafo 5, dell'accordo interno, un progetto delle misure da adottare. Il comitato FES formula il proprio parere entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame ma che non supera i 30 giorni. La BEI partecipa allo scambio di opinioni. I pareri sono adottati a maggioranza qualificata, come indicato all'articolo 8, paragrafo 3, dell'accordo interno, e secondo la ponderazione dei voti degli Stati membri specificata all'articolo 8, paragrafo 2, dell'accordo interno.
Dopo che il comitato FES ha espresso il suo parere, la Commissione adotta misure che si applicano immediatamente.
Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato FES, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione differisce l'applicazione delle misure per un periodo che, in linea di principio, non supera i 30 giorni a decorrere da tale comunicazione, periodo che tuttavia può essere prorogato sino a 30 giorni in circostanze eccezionali. Il Consiglio può adottare una decisione diversa entro il periodo suddetto, deliberando alla stessa maggioranza qualificata del comitato FES.
4. Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, come stabilito all'articolo 7, paragrafo 4, e all'articolo 9, paragrafo 4, la Commissione adotta le misure, che si applicano immediatamente, senza essere presentate prima al comitato FES, e rimangono in vigore per la durata del documento, del programma d'azione o della misura adottati o modificati.
Il presidente sottopone le misure al parere del comitato FES entro quattordici giorni dall'adozione.
Se il comitato FES formula parere negativo conformemente al presente articolo, paragrafo 3, la Commissione abroga immediatamente le misure adottate a norma del presente paragrafo, primo comma.
Articolo 15
Fondo per la pace in Africa
I programmi indicativi intra-ACP assegnano determinate risorse a favore del Fondo per la pace in Africa. Tale finanziamento può essere completato dai programmi indicativi regionali. Si applica una procedura specifica:
a)
su richiesta dell'Unione africana, approvata dal comitato degli ambasciatori ACP, la Commissione elabora i programmi d'azione pluriennali precisando gli obiettivi perseguiti, la portata e la natura dei possibili interventi e le modalità di attuazione. Viene precisata, a livello d'intervento, una struttura comune dell'elaborazione delle relazioni. Le procedure decisionali specifiche per ciascun tipo di intervento possibile in funzione della natura, del volume e dell'urgenza dell'intervento sono descritte in un allegato del programma d'azione;
b)
prima di essere adottati dalla Commissione, i programmi d'azione, compresi l'allegato di cui alla lettera a) e eventuali modifiche, sono discussi dai competenti gruppi di lavoro preparatori del Consiglio e dal Comitato politico e di sicurezza e approvati dal Coreper a maggioranza qualificata, come stabilito all'articolo 8, paragrafo 3, dell'accordo interno;
c)
i programmi d'azione, escluso l'allegato di cui alla lettera a), costituiscono la base dell'accordo di finanziamento che viene concluso tra la Commissione e l'Unione africana;
d)
ciascun intervento da attuare nell'ambito dell'accordo di finanziamento è soggetto alla previa approvazione del Comitato politico e di sicurezza. I competenti gruppi di lavoro preparatori del Consiglio sono informati o, almeno quando devono essere finanziate nuove operazioni di pace, consultati in tempo utile prima della trasmissione delle misure previste al Comitato politico e di sicurezza, secondo le specifiche procedure decisionali di cui alla lettera a), in modo da garantire che, oltre alla dimensione militare e di sicurezza, siano prese in considerazione anche le questioni connesse allo sviluppo e ai finanziamenti. Fatto salvo il finanziamento alle operazioni di pace, particolare attenzione è accordata alle attività riconosciute come APS;
e)
ogni anno, e su richiesta del Consiglio o del comitato FES, la Commissione redige una relazione di attività sull'uso dei fondi destinata, per informazione, al Consiglio e al comitato FES, nella quale distingue tra impegni e pagamenti collegati o meno all'APS.
Al termine del primo programma d'azione pluriennale, l'Unione e i suoi Stati membri esamineranno i risultati e le procedure del Fondo per la pace in Africa e discuteranno le opzioni praticabili per le future possibilità di finanziamento. In questo contesto, e al fine di consolidare le basi del Fondo per la pace in Africa, l'Unione e i suoi Stati membri avvieranno discussioni sui finanziamenti alle operazioni di pace, comprese quelle finanziate dal FES, e sul sostegno sostenibile dell'Unione alle operazioni di pace condotte dall'Africa dopo il 2020. La Commissione procederà inoltre ad una valutazione del Fondo non oltre il 2018.
Articolo 16
Il comitato del Fondo investimenti
1. Il comitato del Fondo investimenti, istituito sotto l'egida della BEI in forza dell'articolo 9 dell'accordo interno, è composto dai rappresentanti degli Stati membri e da un rappresentante della Commissione. Sono invitati a partecipare un osservatore del segretariato generale del Consiglio e un osservatore del servizio europeo per l'azione esterna. Ciascuno Stato membro e la Commissione designano un rappresentante e un supplente. Per assicurare la continuità, il presidente del comitato FI è designato tra i membri del comitato ed eletto dagli stessi per un mandato di due anni. La BEI provvede al segretariato e ai servizi di sostegno. Hanno diritto di voto solo i membri del comitato FI designati dagli Stati membri o i loro supplenti.
Il Consiglio, deliberando all'unanimità, adotta il regolamento interno del comitato FI sulla base di una proposta della BEI e previa consultazione della Commissione.
Il comitato FI delibera a maggioranza qualificata secondo la ponderazione dei voti specificata all'articolo 8 dell'accordo interno.
Il comitato FI si riunisce almeno quattro volte l'anno. Possono essere indette riunioni supplementari su richiesta della BEI o dei membri del comitato FI secondo quanto stabilito dal regolamento interno. Il comitato FI può inoltre formulare un parere con procedura scritta, in conformità del regolamento interno.
2. Il comitato FI approva:
a)
gli orientamenti operativi sull'attuazione del FI;
b)
le strategie di investimento e i programmi di attività del FI, compresi gli indicatori di rendimento, sulla base degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE e dei principi generali della politica di sviluppo dell'Unione;
c)
le relazioni annuali del FI;
d)
qualsiasi documento di indirizzo generale riguardante il FI, comprese le relazioni di valutazione.
3. Il comitato FI formula inoltre pareri sulle:
a)
proposte relative alla concessione di sovvenzioni in conto interessi di cui all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, e articolo 4, paragrafo 2, lettera b), dell'accordo di partenariato ACP-UE. In tal caso il comitato formula anche un parere sull'impiego delle suddette sovvenzioni;
b)
proposte di intervento del Fondo investimenti in progetti su cui la Commissione ha espresso parere negativo;
c)
altre proposte riguardanti il Fondo investimenti e basate sui principi generali enunciati negli orientamenti operativi del Fondo investimenti;
d)
proposte relative allo sviluppo del quadro per la misurazione dei risultati della BEI, nella misura in cui tale quadro si applica alle operazioni ai sensi dell'accordo di partenariato ACP-UE.
Per agevolare il processo di approvazione delle operazioni di piccola entità, il comitato FI può formulare un parere favorevole sulle proposte della BEI riguardanti un'assegnazione globale (sovvenzioni in conto interessi e assistenza tecnica) o un'autorizzazione globale (prestiti e equity) che successivamente, senza ulteriore parere del comitato FI e/o della Commissione, la Banca può ripartire in sottoassegnazioni a favore di singoli progetti secondo i criteri indicati nell'assegnazione o nell'autorizzazione globale, compresa la sottoassegnazione massima per progetto.
Gli organi direttivi della BEI possono inoltre chiedere, di tanto in tanto, al comitato FI di pronunciarsi su tutte le proposte di finanziamento o su alcune categorie di proposte di finanziamento.
4. La BEI sottopone in tempo utile al comitato FI le questioni che ne richiedono l'approvazione o il parere, secondo quanto previsto rispettivamente ai paragrafi 2 e 3. Le proposte presentate per parere al comitato FI sono formulate conformemente ai pertinenti criteri e principi enunciati negli orientamenti operativi del FI.
5. La BEI coopera strettamente con la Commissione e, se del caso, coordina le operazioni con i donatori. In particolare la BEI:
a)
prepara o rivede insieme alla Commissione gli orientamenti operativi del Fondo investimenti di cui al paragrafo 2, lettera a); la BEI è responsabile del rispetto degli orientamenti e garantisce che i progetti finanziati rispettino le norme sociali e ambientali internazionali e siano coerenti con gli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE, con i principi generali della politica di sviluppo dell'Unione e con le pertinenti strategie di cooperazione nazionali o regionali;
b)
chiede il parere della Commissione quando mette a punto le strategie d'investimento, i programmi di attività e i documenti di indirizzo generale;
c)
informa la Commissione sui progetti che amministra a norma dell'articolo 18, paragrafo 1. Nella fase di valutazione di un progetto, la BEI chiede il parere della Commissione sulla sua coerenza con le pertinenti strategie di cooperazione nazionali o regionali o eventualmente con gli obiettivi generali del Fondo investimenti;
d)
salvo nei casi delle sovvenzioni in conto interessi che rientrano nell'assegnazione globale di cui al paragrafo 3, lettera a), nella fase di valutazione di un progetto chiede l'accordo della Commissione su tutte le proposte di sovvenzioni in conto interessi ricevute dal comitato FI con riguardo alla loro conformità all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, e articolo 4, paragrafo 2, dell'accordo di partenariato ACP-UE e ai criteri definiti negli orientamenti operativi del FI.
Se la Commissione non notifica un parere negativo entro tre settimane dalla presentazione di una proposta, si ritiene che abbia espresso parere favorevole o che la abbia approvata. Per quanto riguarda i pareri sui progetti del settore finanziario o del settore pubblico e l'accordo sulle sovvenzioni in conto interessi, la Commissione può chiedere che la proposta finale di progetto le sia presentata, per parere o approvazione, due settimane prima di essere inviata al comitato FI.
6. La BEI non procede a nessuna azione di cui al paragrafo 3, lettere a), b) e c), senza il parere favorevole del comitato FI.
Se il comitato FI esprime parere favorevole, la BEI decide in merito alla proposta secondo le proprie procedure. In particolare la BEI può decidere di non dar seguito alla proposta. La BEI comunica periodicamente al comitato FI e alla Commissione i casi in cui decide di non dar seguito alla proposta.
Per i prestiti sulle risorse proprie e per gli investimenti del FI per i quali non è richiesto il parere del comitato FI, la BEI decide sulla proposta secondo le proprie procedure e, nel caso del Fondo investimenti, conformemente agli orientamenti operativi del Fondo investimenti e alle strategie di investimento approvate dal comitato FI.
Se il comitato FI esprime un parere negativo su una proposta di concessione di sovvenzioni in conto interessi, la BEI può accordare il prestito in questione non in conto interessi. La BEI comunica periodicamente al comitato FI e alla Commissione tutti i casi in cui decide di procedere in tal modo.
Alle condizioni stabilite negli orientamenti operativi del Fondo investimenti e purché l'obiettivo essenziale del prestito o dell'investimento del Fondo investimenti in questione rimanga invariato, la BEI può decidere di modificare i termini di un prestito o di un investimento del Fondo investimenti su cui il comitato FI ha espresso parere favorevole ai sensi del paragrafo 3 o di un prestito con abbuono di interessi su cui il comitato FI ha espresso parere favorevole. In particolare la BEI può decidere un aumento fino al 20 % dell'importo del prestito o dell'investimento del Fondo investimenti.
Per i progetti con sovvenzioni in conto interessi di cui all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, dell'accordo di partenariato ACP-UE, un tale aumento può risultare nell'aumento proporzionale del valore della sovvenzione in conto interessi. La BEI comunica periodicamente al comitato FI e alla Commissione tutti i casi in cui decide di procedere in tal modo. Se, per i progetti di cui all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, dell'accordo di partenariato ACP-UE, è richiesto un aumento del valore della sovvenzione, la BEI chiede al comitato FI di formulare un parere prima di concederlo.
7. La BEI gestisce gli investimenti e tutti i fondi detenuti per conto del Fondo investimenti in linea con gli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE. In particolare può partecipare agli organi di gestione e di controllo delle persone giuridiche in cui il FI investe e può impegnare e modificare i diritti detenuti dal Fondo investimenti e dare il relativo scarico, conformemente agli orientamenti operativi del Fondo investimenti.
TITOLO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 17
Partecipazione di un paese o di una regione terzi
Per garantire coerenza e efficacia all'assistenza dell'Unione, la Commissione può decidere che paesi in via di sviluppo non ACP e organismi di integrazione regionale cui partecipano gli Stati ACP che promuovono la cooperazione e l'integrazione regionali e possono beneficiare dell'assistenza dell'Unione prevista da altri strumenti finanziari dell'Unione per l'azione esterna possano beneficiare dei fondi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), punto i), dell'accordo interno se il progetto o il programma in esame è di natura regionale o transfrontaliera e se è conforme all'allegato IV, articolo 6, dell'accordo di partenariato ACP-UE. I PTOM ammissibili all'assistenza dell'Unione in forza della decisione 2013/755/UE e le regioni ultraperiferiche dell'Unione possono anch'essi partecipare ai progetti e ai programmi di cooperazione regionale; il finanziamento inteso a consentirne la partecipazione si aggiunge ai fondi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), punto i), dell'accordo interno. Dovrebbe essere tenuto presente l'obiettivo di una cooperazione rafforzata tra gli Stati membri, le regioni ultraperiferiche dell'Unione, i PTOM e gli Stati ACP e, se necessario, dovrebbero essere creati meccanismi di coordinamento. I documenti di strategia, i programmi indicativi pluriennali, i programmi d'azione e le misure di cui all'articolo 9 del presente regolamento possono contenere disposizioni su tale finanziamento e sui tipi di finanziamento previsti dal regolamento (UE) 2015/323 del Consiglio (15).
Articolo 18
Monitoraggio, relazioni e valutazione dell'assistenza FES
1. La Commissione e la BEI monitorano periodicamente le proprie azioni e le misure finanziate e riesaminano i progressi compiuti verso il conseguimento dei risultati attesi. La Commissione eseguirà inoltre valutazioni d'impatto e valuterà l'efficacia delle proprie azioni e politiche settoriali e l'efficacia della programmazione, eventualmente tramite valutazioni esterne indipendenti. Si terrà debitamente conto delle proposte del Consiglio in merito a valutazioni esterne indipendenti. Le valutazioni dovrebbero essere basate sui principi delle buone prassi dell'OCSE/CAS, cercando di verificare la realizzazione degli obiettivi specifici, in termini di uguaglianza di genere, formulando raccomandazioni e fornendo elementi di prova per meglio trarre insegnamenti, allo scopo di migliorare gli interventi futuri. Tali valutazioni sono effettuate sulla base di indicatori predefiniti chiari, trasparenti e, se del caso, specifici per ciascun paese e misurabili.
La BEI informa periodicamente la Commissione e gli Stati membri circa l'attuazione dei progetti finanziati con le risorse dell'11o FES che amministra, secondo le procedure definite negli orientamenti operativi del Fondo investimenti.
2. La Commissione trasmette per informazione le relazioni di valutazione, unitamente alla risposta dei servizi alle principali raccomandazioni, agli Stati membri, tramite il comitato FES, e alla BEI. Le valutazioni, comprese le raccomandazioni e le azioni di follow-up, possono essere discusse in seno al comitato FES su richiesta di uno Stato membro. In questi casi la Commissione riferirà al comitato FES, un anno dopo, circa l'attuazione delle azioni di follow-up concordate. Gli esiti sono tenuti in considerazione al momento di concepire i programmi e di decidere l'assegnazione delle risorse.
3. Nella fase di valutazione dell'assistenza dell'Unione erogata ai sensi del presente regolamento, la Commissione coinvolge in misura opportuna tutti gli interessati e, se del caso, può effettuare valutazioni congiunte con Stati membri, altri donatori e partner dello sviluppo.
4. La Commissione esamina i progressi compiuti nell'esecuzione dell'11o FES, compresi i programmi indicativi pluriennali, e a partire dal 2016 presenta al Consiglio una relazione annuale sull'esecuzione. Detta relazione includerà un'analisi dei principali risultati e realizzazioni e, ove possibile, il contributo dell'assistenza finanziaria dell'Unione sulle ripercussioni. A tal fine sarà creato un quadro di riferimento dei risultati. La relazione è trasmessa anche al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni.
5. La relazione annuale rende conto inoltre, per l'esercizio precedente, delle misure finanziate, dei risultati di verifiche e valutazioni, del coinvolgimento dei partner dello sviluppo interessati e dell'esecuzione degli impegni e stanziamenti di pagamento suddivisi per paese, regione e settore di cooperazione. La relazione contiene altresì un'analisi qualitativa dei risultati inizialmente previsti e di quelli raggiunti sulla base, tra le altre cose, dei dati provenienti dai sistemi di monitoraggio, nonché un seguito degli insegnamenti tratti.
6. La relazione si avvale, per quanto possibile, di indicatori specifici e misurabili che rendono conto del suo contributo al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE. La relazione rende conto dei principali insegnamenti tratti e del seguito dato alle raccomandazioni delle valutazioni degli esercizi precedenti. La relazione valuta inoltre, ove possibile e opportuno, il rispetto dei principi di efficacia degli aiuti, compresi gli strumenti finanziari innovativi.
7. L'Unione e gli Stati membri procedono, entro la fine del 2018, a un esame di rendimento, valutando il grado di esecuzione degli impegni e dei pagamenti nonché i risultati e l'incidenza dell'aiuto fornito mediante indicatori di risultati, realizzazioni e ripercussioni che misurino l'efficienza dell'uso delle risorse come pure l'efficacia del FES. L'esame valuta inoltre il contributo delle misure finanziate al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE e alle priorità dell'Unione, come previsto dal programma di cambiamento. L'esame è effettuato in base a una proposta elaborata dalla Commissione.
8. La BEI informa il comitato FI dei progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi del FI. Conformemente all'allegato II, articolo 6 ter, dell'accordo di partenariato ACP-UE, a metà e al termine del periodo di applicazione dell'11o FES si procede a una valutazione congiunta dell'efficienza globale del Fondo investimenti. La valutazione intermedia è effettuata da un esperto esterno indipendente, in cooperazione con la BEI, e messa a disposizione del comitato FI.
Articolo 19
Spesa per l'azione per il clima e la biodiversità
Sulla scorta dei documenti di programmazione indicativa adottati, è effettuata una stima annua della spesa complessiva per l'azione per il clima e la biodiversità. I finanziamenti assegnati nel quadro del FES sono oggetto di un sistema annuale di rilevamento fondato sulla metodologia dell'OCSE («marcatori di Rio»), senza escludere il ricorso a metodologie più precise ove siano disponibili, integrato nella metodologia vigente per la gestione del rendimento dei programmi dell'Unione europea, al fine di quantificare la spesa connessa all'azione per il clima e la biodiversità al livello dei programmi d'azione, delle misure individuali e delle misure speciali di cui all'articolo 9, e sono registrati nell'ambito delle valutazioni e delle relazioni annuali.
Articolo 20
Servizio europeo per l'azione esterna
Il presente regolamento si applica conformemente alla decisione 2010/427/UE.
Articolo 21
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2015
Per il Consiglio
Il presidente
D. REIZNIECE-OZOLA
(1) GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.
(2) GU L 210 del 6.8.2013, pag. 1.
(3) GU L 173 del 26.6.2013, pag. 67.
(4) Decisione 2013/755/UE del Consiglio, del 25 novembre 2013, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare all'Unione europea («Decisione sull'associazione d'oltremare») (GU L 344 del 19.12.2013, pag. 1).
(5) Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all'aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1).
(6) Regolamento (UE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo per il periodo 2014-2020 (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 44).
(7) Regolamento (UE) n. 234/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di partenariato per la cooperazione con i paesi terzi (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 77).
(8) Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 235/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e i diritti umani nel mondo (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 85).
(10) Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 50).
(11) Accordo interno tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, riguardante il finanziamento degli aiuti comunitari forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2008-2013 in applicazione dell'accordo di partenariato ACP-CE e lo stanziamento degli aiuti finanziari ai paesi e territori d'oltremare ai quali si applica la parte quarta del trattato CE (GU L 247 del 9.9.2006, pag. 32).
(12) Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l'organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l'azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30).
(13) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
(14) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
(15) Regolamento (UE) 2015/323, del 2 marzo 2015, recante il regolamento finanziario per l'11o Fondo europeo di sviluppo (Cfr. pagina 17 della presente Gazzetta ufficiale).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO (UE) 2015/322 DEL CONSIGLIO
del 2 marzo 2015
relativo all'esecuzione dell'11o Fondo europeo di sviluppo
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea e il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto l'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, quale modificato da ultimo (1) («accordo di partenariato ACP-UE»),
visto l'accordo interno tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri dell'Unione europea, riuniti in sede di Consiglio, relativo al finanziamento degli aiuti dell'Unione europea forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020 in applicazione dell'accordo di partenariato ACP-UE e all'assegnazione di assistenza finanziaria ai paesi e territori d'oltremare cui si applicano le disposizioni della parte quarta del trattato sul funzionamento dell'UE (2) («accordo interno»), in particolare l'articolo 10, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere della Banca europea per gli investimenti,
considerando quanto segue:
(1)
La decisione n. 1/2013 del Consiglio dei ministri ACP-UE (3) ha stabilito il quadro finanziario pluriennale per la cooperazione con i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) per il periodo dal 2014 al 2020 mediante l'inserimento di un nuovo allegato I quater dell'accordo di partenariato ACP-UE.
(2)
L'accordo interno stabilisce le varie dotazioni finanziarie dell'11o Fondo europeo di sviluppo (FES), il criterio di ripartizione e i contributi all'11o FES, istituisce il comitato FES e il comitato del Fondo investimenti («comitato FI») e determina la ponderazione dei voti e la regola della maggioranza qualificata in seno a tali comitati.
(3)
L'accordo interno stabilisce inoltre l'importo complessivo degli aiuti dell'Unione a favore del gruppo degli Stati ACP («Stati ACP») (esclusa la Repubblica del Sudafrica) e dei paesi e territori d'oltremare («PTOM») per il periodo di sette anni dal 2014 al 2020, pari a 30 506 milioni di EUR finanziati dagli Stati membri. Di tale importo 29 089 milioni di EUR sono assegnati agli Stati ACP, come specificato nel quadro finanziario pluriennale 2014-2020 di cui all'allegato I quater dell'accordo di partenariato ACP-UE, 364,5 milioni di EUR sono assegnati ai PTOM e 1 052,5 milioni di EUR sono assegnati alla Commissione per le spese di supporto in cui incorre nella programmazione ed esecuzione del FES; di questi almeno 76,3 milioni di EUR saranno assegnati alla Commissione per le misure intese a migliorare l'impatto dei programmi del FES di cui all'articolo 6, paragrafo 3, dell'accordo interno.
(4)
L'assegnazione dell'11o FES a favore dei PTOM è disciplinata dalla decisione 2013/755/UE del Consiglio (4) e dalle relative modalità d'esecuzione e successivi aggiornamenti.
(5)
Le misure contemplate e ammesse a beneficiare dei finanziamenti in forza del regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio (5) dovrebbero essere finanziate dall'11o FES solo nei casi eccezionali in cui l'assistenza si riveli necessaria per garantire la continuità della cooperazione nel passaggio da situazioni di crisi a condizioni di stabilità per lo sviluppo e non possa essere finanziata dal bilancio generale dell'Unione.
(6)
L'11 aprile 2006 il Consiglio ha approvato il principio di finanziare il Fondo per la pace in Africa attingendo al FES e ha convenuto le modalità e la struttura future di tale Fondo.
(7)
Gli Stati ACP potranno essere inoltre ammessi all'assistenza dell'Unione nell'ambito dei programmi tematici previsti dal regolamento (UE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), dal regolamento (UE) n. 234/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), dal regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e dal regolamento (UE) n. 235/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). Questi programmi dovrebbero avere un valore aggiunto e essere coerenti e complementari con i programmi finanziati nell'ambito dell'11o FES.
(8)
Come indicato al considerando 8 del regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (10), per promuovere la dimensione internazionale dell'istruzione superiore il Fondo europeo di sviluppo può rendere disponibili finanziamenti, conformemente alle norme che lo disciplinano, ad per azioni sulla mobilità a fini di apprendimento da e verso paesi terzi, nonché per la cooperazione e il dialogo politico con autorità, istituzioni e organizzazioni di tali paesi. Le disposizioni del regolamento (UE) n. 1288/2013 si applicheranno all'utilizzo di tali fondi.
(9)
È opportuno promuovere ulteriormente la cooperazione regionale fra gli Stati ACP, i PTOM e le regioni ultraperiferiche dell'Unione. A norma dell'articolo 10, paragrafo 1, dell'accordo interno il regolamento di esecuzione dovrebbe contenere misure appropriate che consentano di combinare gli stanziamenti dell'11o FES e del Fondo europeo di sviluppo regionale per finanziare progetti di cooperazione tra le regioni ultraperiferiche dell'Unione e gli Stati ACP e i PTOM nei Caraibi, nell'Africa occidentale e nell'Oceano Indiano, in particolare meccanismi semplificati per la gestione congiunta di questi progetti.
(10)
Ai fini dell'esecuzione dell'11o FES è opportuno definire la procedura di programmazione, esame e approvazione degli aiuti e stabilire precise modalità di controllo per il loro utilizzo.
(11)
Il consenso europeo sullo sviluppo del 22 dicembre 2005 e le conclusioni del Consiglio del 14 maggio 2012«Potenziare l'impatto della politica di sviluppo dell'UE: un programma di cambiamento» dovrebbero definire il quadro strategico generale che orienterà la programmazione e l'esecuzione dell'11o FES, insieme ai principi internazionalmente convenuti sull'efficacia degli aiuti, come quelli stabiliti nella dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti (2005), al codice di condotta dell'UE in materia di divisione dei compiti nell'ambito della politica di sviluppo (2007), agli orientamenti dell'UE per il programma d'azione di Accra (2008), alla posizione comune dell'UE, anche sulla garanzia di trasparenza UE e sugli altri aspetti della trasparenza e della responsabilità, per il quarto forum ad alto livello sull'efficacia degli aiuti di Busan, che ha portato, fra l'altro, al documento finale di Busan (2011), al piano d'azione per l'azione esterna in materia di parità di genere (2010) e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, sottoscritta dall'Unione.
(12)
Il 14 maggio 2012 il Consiglio ha adottato conclusioni intitolate «Il futuro approccio al sostegno dell'Unione europea al bilancio dei paesi terzi», in cui ha affermato il proprio impegno a utilizzare il sostegno al bilancio in maniera efficace per sostenere la riduzione della povertà e il ricorso ai sistemi nazionali, rendere gli aiuti meglio prevedibili e rafforzare la titolarità da parte dei paesi partner delle politiche e riforme in materia di sviluppo, in linea con il consenso europeo in materia di sviluppo, il programma di cambiamento nonché il programma internazionale sull'efficacia degli aiuti.
(13)
È opportuno che l'Unione promuova un approccio globale in risposta a crisi, catastrofi e situazioni di conflitto e fragilità, comprese le situazioni di transizione. Un tale approccio dovrebbe basarsi in particolare sulle conclusioni del Consiglio sulla sicurezza e lo sviluppo, su una risposta dell'Unione alle situazioni di fragilità e sulla prevenzione dei conflitti, nonché su eventuali conclusioni successive in questo ambito. L'Unione dovrebbe adottare l'approccio e i principi del «New Deal» per l'impegno negli Stati fragili. Ciò dovrebbe contribuire anche a garantire il giusto equilibrio tra gli approcci di sicurezza, di sviluppo e diplomatico e quello umanitario e a creare un collegamento tra risposta a breve termine e sostegno istituzionale a lungo termine.
(14)
Nelle conclusioni del 12 dicembre 2013 sulla «Relazione della Commissione sul sostegno dell'UE alla governance democratica, con particolare attenzione all'iniziativa sulla governance», il Consiglio rilevava che, nonostante le esigenze del paese partner e l'impegno dell'Unione di fornire un finanziamento prevedibile, gli elementi di un approccio basato sugli incentivi nella programmazione possono stimolare progressi e risultati nella governance democratica e dovrebbero rispondere in modo dinamico al livello di impegni e di progressi per quanto riguarda i diritti umani, la democrazia, lo Stato di diritto e il buon governo. Il Consiglio constatava altresì che, se è vero che gli incentivi finanziari non sono sufficienti per promuovere riforme democratiche, non di meno un approccio basato sugli incentivi funziona meglio laddove, per produrre risultati ed effetti di rilievo, è disponibile una massa critica di finanziamenti, qualora gli stanziamenti facciano parte di una strategia più ampia dell'impegno dell'Unione. Un approccio basato sugli incentivi dovrebbe tener conto delle precedenti esperienze e lezioni apprese relativamente a meccanismi fondati sui risultati quali l'iniziativa sulla governance del 10o FES.
(15)
Nel 2013 il comitato FES istituito in forza dell'accordo interno sul 10o FES (11) ha proceduto a numerosi scambi di opinioni iniziali sul metodo per stabilire l'assegnazione indicativa pluriennale delle risorse dell'11o FES. Tali lavori hanno posto le basi per l'approvazione definitiva degli stanziamenti indicativi nazionali.
(16)
È opportuno che l'Unione si adoperi per utilizzare le risorse disponibili nel modo più efficace, al fine di ottimizzare l'impatto della sua azione esterna. Quest'obiettivo dovrebbe essere realizzato attraverso la coerenza e la complementarità tra gli strumenti dell'azione esterna dell'Unione, nonché l'eventuale utilizzo di strumenti finanziari con effetto leva. L'Unione dovrebbe inoltre mirare ad assicurare la coerenza con altri settori dell'azione esterna all'atto di formulare la propria politica di cooperazione allo sviluppo e la relativa pianificazione strategica, programmazione e attuazione di misure.
(17)
Tra le grandi sfide che l'Unione deve affrontare, la lotta ai cambiamenti climatici e la tutela dell'ambiente fanno urgentemente appello all'intervento internazionale. In linea con l'indirizzo stabilito dalla Commissione nella comunicazione del 29 giugno 2011 intitolata «Un bilancio per la strategia Europa 2020», che sottolinea l'impegno dell'Unione a promuovere nell'ambito delle sue politiche interne ed esterne una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva coniugando i pilastri economico, sociale e ambientale, il presente regolamento dovrebbe contribuire quanto più possibile all'obiettivo di destinare almeno il 20 % dei fondi complessivi dell'Unione all'azione per il clima, rispettando al tempo stesso il principio del partenariato con i paesi ACP sancito nell'accordo di partenariato ACP-UE. Perché abbiano un impatto maggiore, le azioni mirate a una società a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici dovrebbero, laddove possibile, sostenersi a vicenda.
(18)
L'Unione e gli Stati membri dovrebbero migliorare la coerenza e la complementarità delle rispettive politiche di cooperazione allo sviluppo, soprattutto rispondendo alle priorità dei paesi e delle regioni partner a livello nazionale e regionale. Per garantire che la politica di cooperazione allo sviluppo dell'Unione e quella degli Stati membri si completino e si rafforzino reciprocamente, è opportuno puntare su programmazioni pluriennali congiunte e relative tappe successive a livello locale, in particolare analisi congiunte, risposte congiunte, divisione dei compiti, assegnazioni finanziarie indicative e, ove opportuno, un quadro di riferimento congiunto dei risultati.
(19)
Il partenariato strategico Africa-UE, adottato al vertice UE-Africa del dicembre 2007, è stato confermato al vertice UE-Africa del novembre 2010. Il Consiglio ha inoltre adottato le conclusioni sulla strategia comune relativa al partenariato Caraibi-UE del 19 novembre 2012, che sostituiscono le conclusioni del Consiglio dell'11 aprile 2006 sul partenariato UE-Caraibi. Per il Pacifico, il 14 maggio 2012 il Consiglio ha adottato le conclusioni su un partenariato rinnovato per lo sviluppo, che aggiornano e completano la strategia adottata nel 2006 (conclusioni del Consiglio del 17 luglio 2006).
(20)
Gli interessi finanziari dell'Unione dovrebbero essere tutelati durante l'intero ciclo di spesa attraverso misure proporzionate, ivi comprese la prevenzione, l'individuazione e l'investigazione di irregolarità, il recupero dei fondi perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni. Tali misure dovrebbero essere applicate conformemente agli accordi vigenti con organizzazioni internazionali e paesi terzi.
(21)
L'organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l'azione esterna sono fissati nella decisione 2010/427/UE del Consiglio (12),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
TITOLO I
OBIETTIVI E PRINCIPI GENERALI
Articolo 1
Obiettivi e criteri di ammissibilità
1. La cooperazione geografica con i paesi e le regioni ACP nell'ambito dell'11o FES si fonda sugli obiettivi, i principi e i valori di base sanciti nelle disposizioni generali dell'accordo di partenariato ACP-UE.
2. In particolare, in linea con i principi e gli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione, del consenso europeo sullo sviluppo e del programma di cambiamento, e successive modifiche e integrazioni:
a)
la cooperazione nell'ambito del presente regolamento è mirata principalmente a ridurre e, a termine, eliminare la povertà;
b)
la cooperazione nell'ambito del presente regolamento contribuirà anche a:
i)
promuovere uno sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile ed inclusivo;
ii)
consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, il buon governo, i diritti umani e i principi pertinenti del diritto internazionale; e
iii)
applicare un approccio basato sui diritti che includa tutti i diritti umani.
La realizzazione degli obiettivi di cui al primo comma è misurata tramite pertinenti indicatori, tra cui indicatori di sviluppo umano e, più nello specifico, l'obiettivo di sviluppo del millennio (OSM) 1 per la lettera a) di tale comma e gli OSM da 1 a 8 per la lettera b) dello stesso e, dopo il 2015, tramite altri indicatori convenuti dall'Unione e dagli Stati membri in ambito internazionale.
3. La programmazione è concepita in modo da rispondere quanto più possibile ai criteri dell'aiuto pubblico allo sviluppo («APS») stabiliti dal Comitato di aiuto allo sviluppo dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici («OCSE/CAS»), tenendo conto dell'obiettivo dell'Unione di assicurare che, per il periodo 2014-2020, almeno il 90 % della sua assistenza esterna globale sia considerato APS.
4. Le azioni rientranti nel regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio e ammissibili al finanziamento in forza del medesimo non possono, in linea di principio, essere finanziate dal presente regolamento, se non per garantire la continuità della cooperazione nel passaggio da situazioni di crisi a condizioni di stabilità per lo sviluppo. In tali casi viene prestata particolare attenzione a garantire un legame efficace tra aiuti umanitari, risanamento e assistenza allo sviluppo, e che tutti questi elementi contribuiscano alla riduzione del rischio di catastrofi e alla resilienza a tale rischio.
Articolo 2
Principi generali
1. Nell'esecuzione del presente regolamento sono garantite la coerenza con gli altri settori dell'azione esterna dell'Unione e con le altre politiche dell'Unione interessate e la coerenza dello politiche per lo sviluppo, conformemente all'articolo 208 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). A tal fine le misure finanziate ai sensi del presente regolamento, comprese quelle gestite dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), si basano sulle politiche di cooperazione definite nell'ambito di strumenti quali accordi, dichiarazioni e piani d'azione tra l'Unione e i paesi terzi o le regioni interessati, e sulle decisioni, gli interessi specifici, le priorità politiche e le strategie dell'Unione europea.
2. L'Unione e gli Stati membri puntano su programmazioni pluriennali congiunte imperniate sulle strategie di riduzione della povertà o strategie di sviluppo equivalenti dei paesi partner. Essi possono intraprendere azioni congiunte, incluse analisi congiunte e risposte congiunte a tali strategie in cui si individuano settori prioritari d'intervento e si stabilisce una divisione dei compiti a livello di paese, mediante missioni congiunte estese a tutti i donatori e con il ricorso a accordi di cofinanziamento e di cooperazione delegata.
3. L'Unione promuove un approccio multilaterale alle sfide mondiali e collabora a tal fine con gli Stati membri e i paesi partner. Se del caso, incoraggia la cooperazione con le organizzazioni e gli organismi internazionali e con altri donatori bilaterali.
4. Le relazioni tra l'Unione e gli Stati membri e i paesi partner hanno come fondamento e mirano a promuovere i valori condivisi dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto, come anche i principi della titolarità e della responsabilità reciproca. Il sostegno ai partner sarà adattato in funzione della loro situazione in termini di sviluppo e dei loro impegni e progressi a favore dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto e del buon governo.
Inoltre, le relazioni con i paesi partner tengono conto del loro impegno e dei risultati conseguiti nel dare attuazione agli accordi internazionali e alle relazioni contrattuali con l'Unione, anche nel settore della migrazione, come stipulato dall'accordo di partenariato ACP-UE.
5. L'Unione promuove una cooperazione efficace con i paesi e le regioni partner, in linea con le migliori prassi internazionali. Ove possibile l'Unione allinea il proprio sostegno alle strategie di sviluppo nazionali o regionali, alle politiche e alle procedure di riforma dei partner e sostiene la titolarità democratica e la responsabilità interna e reciproca. A tal fine l'Unione promuove:
a)
un processo di sviluppo trasparente, sotto la direzione e la titolarità del paese o della regione partner, mirato anche a incentivare le competenze locali;
b)
un approccio basato sui diritti, che comprenda tutti i diritti umani, sia civili che politici, economici, sociali e culturali, al fine di integrare i principi dei diritti umani nell'attuazione del presente regolamento, aiutare i paesi partner ad ottemperare ai loro obblighi internazionali in materia di diritti umani e sostenere i detentori di diritti, con particolare attenzione per i gruppi poveri e vulnerabili, nel far valere i loro diritti;
c)
la partecipazione alle decisioni della popolazione dei paesi partner, approcci allo sviluppo inclusivi e partecipativi e un ampio coinvolgimento di tutti i settori della società nel processo di sviluppo e nel dialogo nazionale e regionale, compreso il dialogo politico. Particolare attenzione è accordata ai ruoli rispettivi dei parlamenti, delle autorità locali e della società civile, anche in materia di partecipazione, supervisione e responsabilità;
d)
modalità e strumenti di cooperazione efficaci in linea con le migliori prassi dell'OCSE/CAS, compreso il ricorso a strumenti innovativi quali combinazioni di prestiti e sovvenzioni e altri dispositivi di condivisione dei rischi, in settori e paesi selezionati, e l'impegno del settore privato, tenendo debitamente conto delle questioni della sostenibilità del debito e del numero di tali meccanismi e dell'obbligo di valutazione sistematica dell'impatto in conformità degli obiettivi del presente regolamento, in particolare la riduzione della povertà, come pure specifici meccanismi di sostegno di bilancio, ad esempio i contratti di potenziamento istituzionale. Tutti i programmi, gli interventi, le modalità e gli strumenti di cooperazione, adattati alle circostanze particolari di ciascun paese o regione partner, sono incentrati su approcci per programma, sull'erogazione di aiuti finanziari prevedibili, sulla mobilitazione di risorse private, provenienti anche dal settore privato locale, sull'accesso universale e non discriminatorio ai servizi di base e sullo sviluppo e l'impiego di sistemi per paese;
e)
la mobilitazione delle entrate nazionali e il rafforzamento delle politiche di bilancio dei paesi partner onde ridurre la povertà e la dipendenza dagli aiuti;
f)
un migliore impatto delle politiche e della programmazione attraverso il coordinamento, la coerenza e l'armonizzazione tra donatori al fine di creare sinergie, ridurre sovrapposizioni e doppioni, migliorare la complementarità e sostenere iniziative estese a tutti i donatori, nonché attraverso il coordinamento nei paesi e nelle regioni partner secondo gli orientamenti e i principi delle migliori prassi convenuti in materia di coordinamento e efficacia degli aiuti;
g)
approcci di sviluppo basati sui risultati, anche tramite quadri di riferimento trasparenti condotti dai paesi e imperniati, ove opportuno, su traguardi internazionalmente convenuti e indicatori comparabili e aggregabili, come quelli degli OSM, per valutare e comunicare esiti, inclusi risultati, realizzazioni e ripercussioni degli aiuti allo sviluppo.
6. L'Unione sostiene, secondo le circostanze, la cooperazione e il dialogo bilaterali, regionali e multilaterali, la dimensione di sviluppo degli accordi di partenariato e la cooperazione triangolare. L'Unione promuove la cooperazione sud-sud.
7. Nel condurre le attività di cooperazione allo sviluppo, l'Unione utilizza e condivide le esperienze di riforma e di transizione degli Stati membri e gli insegnamenti tratti, a seconda delle circostanze.
8. L'Unione provvede a attivare scambi sistematici di informazioni con gli attori del partenariato, in linea con l'articolo 4 dell'accordo di partenariato ACP-UE.
TITOLO II
PROGRAMMAZIONE E ASSEGNAZIONE DEI FONDI
Articolo 3
Quadro generale dell'assegnazione dei fondi
1. La Commissione stabilisce l'assegnazione indicativa pluriennale delle risorse per ciascun paese e regione ACP e per la cooperazione intra-ACP sulla base dei criteri stabiliti all'allegato IV, articoli 3, 9 e 12 quater, dell'accordo di partenariato ACP-UE, entro i limiti finanziari di cui all'articolo 2 dell'accordo interno.
2. Le assegnazioni indicative nazionali sono stabilite secondo un approccio differenziato ai paesi partner atto a garantire un cooperazione specifica e su misura che tenga conto:
a)
delle esigenze;
b)
della capacità di generare risorse finanziarie e di accedervi e della capacità di assorbimento;
c)
degli impegni e delle prestazioni; e
d)
dell'impatto potenziale dell'assistenza dell'Unione.
Il processo di assegnazione delle risorse dà priorità ai paesi più bisognosi, in particolare quelli meno sviluppati, quelli a basso reddito e quelli in situazioni di crisi, post-crisi, fragilità e vulnerabilità.
L'Unione adatterà la sua assistenza attraverso misure dinamiche, orientate ai risultati e specifiche per ciascun paese, come indicato all'articolo 7, paragrafo 2, in funzione della situazione dei paesi come pure dei loro impegni e progressi a favore, tra le altre cose, del buon governo, dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto nonché della capacità di introdurre riforme e soddisfare le richieste e le necessità della popolazione.
3. Il comitato FES tiene uno scambio di opinioni sul metodo per stabilire l'assegnazione indicativa pluriennale delle risorse di cui al paragrafo 1.
Articolo 4
Quadro generale della programmazione
1. Il processo di programmazione dell'assistenza ai paesi e alle regioni ACP nell'ambito dell'accordo di partenariato ACP-UE è condotto in linea con i principi generali di cui all'allegato IV, articoli da 1 a 14, dell'accordo e agli articoli 1 e 2 del presente regolamento.
2. La programmazione, tranne nei casi previsti al paragrafo 3, sarà realizzata in comune con il paese o la regione partner interessati e si allineerà progressivamente alle loro strategie di riduzione della povertà o equivalenti.
Nelle prime fasi e per tutta la durata del processo di programmazione, l'Unione e gli Stati membri si consultano a vicenda onde favorire coesione, complementarità e coerenza tra le rispettive attività di cooperazione. Queste consultazioni possono portare ad una programmazione congiunta con gli Stati membri rappresentati localmente. La programmazione congiunta dovrebbe basarsi sui vantaggi comparativi dei donatori dell'Unione. Gli altri Stati membri sono invitati a contribuire per potenziare l'azione esterna comune dell'Unione.
Le operazioni di finanziamento della BEI contribuiscono ai principi generali dell'Unione, in particolare quelli definiti all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE), nonché agli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE, ad esempio ridurre la povertà attraverso una crescita e uno sviluppo economico, sociale e ambientale inclusivi e sostenibili. Ove opportuno, la BEI e la Commissione dovrebbero cercare di ottimizzare le sinergie nell'ambito del processo di programmazione dell'11o FES. La BEI è consultata nelle prime fasi per le questioni attinenti alle sue competenze e operazioni per rafforzare la coesione dell'azione esterna dell'Unione.
Sono altresì consultati altri donatori e attori dello sviluppo, compresi i rappresentanti della società civile e le autorità regionali e locali.
3. In circostanze quali quelle di cui all'allegato IV, articolo 3, paragrafo 3, e articolo 4, paragrafo 5, dell'accordo di partenariato ACP-UE, la Commissione può stabilire disposizioni specifiche per programmare e attuare gli aiuti allo sviluppo gestendo essa stessa le risorse assegnate allo Stato in questione, in linea con le pertinenti politiche dell'Unione.
4. Nell'ambito dell'assistenza bilaterale, l'assistenza dell'Unione si concentrerà su un massimo di tre settori da concordare con i paesi partner.
Articolo 5
Documenti di programmazione
1. I documenti di strategia, elaborati dall'Unione e dal paese o dalla regione partner interessati, definiscono un quadro strategico coerente per la cooperazione allo sviluppo, in linea con le finalità globali, l'ambito di applicazione, gli obiettivi e i principi generali dell'accordo di partenariato ACP-UE e con i principi di cui all'allegato IV, articoli 2, 8 e 12 bis, dell'accordo.
La preparazione e l'attuazione dei documenti di strategia rispettano i principi sull'efficacia degli aiuti: titolarità nazionale, partenariato, coordinamento, armonizzazione, allineamento ai sistemi del paese beneficiario o ai sistemi regionali, trasparenza, responsabilità reciproca e orientamento ai risultati, come previsto all'articolo 2 del presente regolamento. Il periodo di programmazione dev'essere, in linea di principio, sincronizzato con i cicli strategici dei paesi partner.
2. Con il consenso del paese o della regione partner interessati, non sono richiesti documenti di strategia:
a)
quando il paese o la regione hanno elaborato una strategia di sviluppo sotto forma di piano di sviluppo, o documento simile, accettato dalla Commissione quale base per il corrispondente programma indicativo pluriennale al momento dell'adozione dello stesso;
b)
nel caso di paesi o regioni con i quali l'Unione e gli Stati membri hanno concordato un documento di programmazione pluriennale congiunta;
c)
nel caso di paesi o regioni in cui esiste già un documento quadro congiunto (DQC) che individua l'approccio globale dell'Unione alle relazioni con quel paese o quella regione partner e che abbraccia la politica di sviluppo dell'Unione;
d)
per le regioni che hanno convenuto con l'Unione una strategia congiunta;
e)
per i paesi nei quali l'Unione intende sincronizzare la propria strategia con un nuovo ciclo nazionale che inizi prima del 1o gennaio 2017. In questi casi il programma indicativo pluriennale per il periodo transitorio compreso tra il 2014 e l'inizio del nuovo ciclo nazionale conterrà la risposta dell'Unione per quel paese.
3. I documenti di strategia non sono richiesti per i paesi o le regioni che ricevono un'assegnazione iniziale di fondi dell'Unione nell'ambito del presente regolamento non superiore a 50 milioni di EUR per il periodo 2014-2020. In questi casi i programmi indicativi pluriennali conterranno la risposta dell'Unione per tali paesi o regioni.
Un documento di strategia è elaborato nel caso in cui le opzioni di cui ai paragrafi 2 e 3 non siano accettabili per il paese o la regione partner.
4. Salvo nelle circostanze di cui all'articolo 4, paragrafo 3, i programmi indicativi pluriennali si basano su un dialogo con il paese o la regione partner e sono elaborati in base ai documenti di strategia o documenti simili di cui al presente articolo e saranno frutto di un accordo con il paese o la regione interessati.
Ai fini del presente regolamento, il documento di programmazione pluriennale congiunta di cui al presente articolo, paragrafo 2, lettera b), può, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, sostituire il programma indicativo pluriennale, d'intesa con il paese o la regione partner, se rispetta i principi e le condizioni di cui al presente paragrafo, anche per quanto riguarda l'assegnazione indicativa di fondi.
5. I programmi indicativi pluriennali precisano i settori individuati come prioritari per il finanziamento dell'Unione, gli obiettivi specifici, i risultati attesi, gli indicatori di rendimento e l'assegnazione finanziaria indicativa, sia complessiva che per settore prioritario. Verrà inoltre spiegato in che modo i programmi proposti contribuiranno, da un lato, alla strategia complessiva nazionale di cui al presente articolo e, dall'altro, alla realizzazione del programma di cambiamento.
Conformemente ai principi di efficacia degli aiuti, la strategia intra-ACP evita la frammentazione e garantisce la complementarità e l'effettivo valore aggiunto dei programmi regionali e nazionali.
6. Oltre ai documenti di programmazione per paese e per regione, la Commissione e gli Stati ACP, tramite il segretariato ACP, elaborano congiuntamente un documento di strategia intra-ACP e il relativo programma indicativo pluriennale in linea con i principi di cui all'allegato IV, articoli 12, 13 e 14, dell'accordo di partenariato ACP-UE.
7. Le disposizioni specifiche di cui all'articolo 4, paragrafo 3, possono consistere in programmi speciali di sostegno, alla luce delle considerazioni particolari di cui all'articolo 6, paragrafo 1.
Articolo 6
Programmazione per i paesi e le regioni in situazioni di crisi, post-crisi o fragilità
1. Nell'elaborare i documenti di programmazione per i paesi e le regioni in situazioni di crisi, post-crisi o fragilità, o esposti alle catastrofi naturali, vengono tenute debitamente in considerazione la vulnerabilità, le esigenze e le circostanze speciali delle popolazioni, dei paesi o delle regioni interessati.
L'Unione ribadisce il suo pieno impegno ad attuare il «New Deal» per l'impegno negli Stati fragili e i suoi principi, segnatamente concentrandosi sui cinque obiettivi per il consolidamento della pace e dello Stato, garantendo la titolarità locale e istituendo una stretta corrispondenza con i piani nazionali elaborati nell'ambito dell'attuazione del «New Deal».
Sarà data la debita attenzione alle misure di prevenzione e risoluzione dei conflitti, di consolidamento dello Stato e della pace nonché di riconciliazione e di ricostruzione post-conflitto, concentrandosi in particolare su politiche inclusive e legittime, sicurezza, giustizia, fondamenti economici e sviluppo delle capacità per una fornitura di servizi equa e responsabile. In tali processi, particolare attenzione sarà accordata al ruolo delle donne e alla prospettiva dei bambini.
Quando un paese o una regione partner sono direttamente coinvolti o colpiti da una situazione di crisi, post-crisi o fragilità, viene data particolare attenzione al potenziamento del coordinamento tra aiuti, risanamento e sviluppo fra tutti i pertinenti attori, comprese le iniziative politiche, per favorire la transizione da una situazione di emergenza alla fase di sviluppo. I programmi per i paesi e le regioni in una situazione di fragilità o regolarmente soggetti a catastrofi naturali prevedono interventi di preparazione e prevenzione delle catastrofi e di gestione delle conseguenze di questi fenomeni, affrontano il problema della vulnerabilità agli shock e rafforzano la resilienza.
2. Per i paesi o le regioni in situazioni di crisi, post-crisi e fragilità, può essere condotta una revisione ad hoc della strategia di cooperazione nazionale o regionale. Detta revisione può proporre una strategia specifica e adattata per garantire la transizione verso la cooperazione e lo sviluppo di lungo termine, promuovere un coordinamento migliore e il passaggio dagli strumenti della politica umanitaria a quelli della politica di sviluppo.
Articolo 7
Approvazione e modifica dei documenti di programmazione
1. I documenti di programmazione, comprese le assegnazioni indicative, sono approvati dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 14.
La Commissione trasmette i documenti di programmazione al comitato FES e contemporaneamente all'assemblea parlamentare paritetica per conoscenza, rispettando appieno la procedura decisionale in conformità del titolo IV del presente regolamento.
I documenti di programmazione sono successivamente approvati dal paese o dalla regione ACP interessati, come stipulato nell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-UE. Paesi o regioni con cui non è stato firmato un documento di programmazione possono comunque beneficiare dei finanziamenti alle condizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 3, del presente regolamento.
2. I documenti di strategia e i programmi indicativi pluriennali, comprese le relative assegnazioni indicative, possono essere adeguati alla luce delle revisioni di cui all'allegato IV, articoli 5, 11 e 14, dell'accordo di partenariato ACP-UE.
In linea con le disposizioni dell'articolo 2, paragrafo 4, e dell'articolo 3, paragrafo 2, del presente regolamento, e sulla base del precedente FES e di altre esperienze acquisite sugli incentivi, compresi gli insegnamenti tratti, le assegnazioni indicative per paese possono essere completate mediante, tra le altre cose, un meccanismo fondato sui risultati. A tal riguardo, riconoscendo che viene concesso un trattamento speciale per gli Stati fragili e vulnerabili per garantire che si tenga debito conto delle loro esigenze specifiche, devono essere messe a disposizione risorse, se possibile fino al valore della quota di incentivazione per la governance prevista dal 10o FES, al fine di fornire incentivi per riforme orientate ai risultati in linea con il programma di cambiamento e allo scopo di adempiere agli impegni stabiliti dall'accordo di partenariato ACP-UE. Il comitato FES, in conformità dell'articolo 14, paragrafo 2, del presente regolamento, tiene uno scambio di pareri sul meccanismo fondato sui risultati.
3. La procedura di cui all'articolo 14 si applica anche alle modifiche sostanziali che incidono in misura significativa sulla strategia, i documenti di programmazione e/o l'assegnazione delle risorse programmabili. Ove applicabile, le corrispondenti aggiunte ai documenti di programmazione sono successivamente approvate dal paese o dalla regione ACP interessati.
4. I documenti di programmazione di cui all'articolo 5 possono essere modificati conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 4, per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, quali crisi o minacce immediate per la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali, e nei casi previsti all'articolo 6, paragrafo 2.
TITOLO III
ESECUZIONE
Articolo 8
Quadro generale di esecuzione
L'assistenza ai paesi e alle regioni ACP, gestita dalla Commissione e dalla BEI nel quadro dell'accordo di partenariato ACP-UE, è attuata in conformità del regolamento finanziario di cui all'articolo 10, paragrafo 2, dell'accordo interno («regolamento finanziario del FES»).
Articolo 9
Adozione di programmi d'azione, misure individuali e misure speciali
1. La Commissione adotta programmi d'azione annuali fondati sui documenti di programmazione indicativa di cui all'articolo 5.
Nel caso di azioni ricorrenti, la Commissione può anche adottare programmi d'azione pluriennali per un periodo massimo di tre anni.
Se del caso e debitamente giustificata, un'azione può essere adottata come misura individuale prima o dopo l'adozione dei programmi d'azione annuali o pluriennali.
2. I programmi d'azione e le misure individuali sono elaborati dalla Commissione con il paese o la regione partner interessati, coinvolgendo gli Stati membri rappresentati localmente e coordinandosi, ove opportuno, con altri donatori, in particolare nei casi di programmazione congiunta, e con la BEI. Gli Stati membri che non sono rappresentati localmente saranno informati circa gli interventi organizzati nel settore.
I programmi d'azione contengono una descrizione specifica di ciascuna operazione prevista. Tale descrizione preciserà gli obiettivi perseguiti, i risultati attesi e i principali interventi.
La descrizione espone i risultati attesi in termini di esiti, realizzazioni e ripercussioni, con obiettivi quantificati o qualificati, e fornirà spiegazioni circa i legami tra ciascun elemento e con gli obiettivi stabiliti dal programma indicativo pluriennale. Gli esiti e, in linea di principio, le realizzazioni hanno indicatori specifici, misurabili e realistici, con valori base e parametri di riferimento temporali, il più possibile allineati agli esiti e ai parametri di riferimento del paese o della regione partner. Ove opportuno sarà completata un'analisi costi-benefici.
La descrizione presenta i rischi, con proposte in merito alla loro mitigazione ove opportuno, l'analisi del contesto settoriale specifico e i principali soggetti interessati, i metodi di attuazione, il bilancio e il calendario indicativo e, in caso di sostegno di bilancio, i criteri di erogazione dei pagamenti, incluse le eventuali quote variabili. La descrizione precisa altresì le eventuali misure di sostegno connesse e le modalità di controllo, revisione e valutazione.
Ove opportuno la descrizione indica la complementarità con le attività della BEI, in corso o previste, nel paese o nella regione partner.
3. Nei casi di cui all'articolo 4, paragrafo 3, e per rispondere a necessità impreviste e debitamente giustificate o in casi eccezionali, la Commissione può adottare misure speciali, comprese misure volte a facilitare la transizione dagli aiuti di emergenza agli interventi di sviluppo a lungo termine, oppure misure per preparare meglio la popolazione ad affrontare crisi ricorrenti.
4. I programmi d'azione e le misure individuali di cui al paragrafo 1 per i quali l'assistenza finanziaria dell'Unione è superiore a 5 milioni di EUR e le misure speciali per le quali l'assistenza finanziaria dell'Unione è superiore a 10 milioni di EUR sono adottati dalla Commissione conformemente alla procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento. Tale procedura non si applica ai programmi d'azione e alle misure al di sotto di queste soglie, e alle relative modifiche non sostanziali. Per modifiche non sostanziali si intendono adeguamenti tecnici quali la proroga del periodo di attuazione, la riassegnazione di fondi all'interno del bilancio di previsione, gli aumenti o le riduzioni del bilancio inferiori al 20 % del bilancio iniziale, ma che non superano i 10 milioni di EUR, purché non incidano sostanzialmente sugli obiettivi del programma d'azione o della misura iniziale. In questi casi la Commissione adotta i programmi d'azione, le misure o le relative modifiche non sostanziali e li comunica al comitato FES entro un mese dall'adozione.
Ciascuno Stato membro può chiedere il ritiro di un progetto o di un programma da un programma d'azione presentato al comitato FES secondo la procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento. Se tale richiesta è appoggiata da una minoranza di blocco di Stati membri, secondo quanto previsto dall'articolo 8, paragrafo 3, in combinato disposto con l'articolo 8, paragrafo 2, dell'accordo interno, il programma d'azione è adottato dalla Commissione senza il progetto o programma in questione. A meno che la Commissione, in linea con i pareri degli Stati membri in seno al comitato FES, non desideri bloccare il ritiro del progetto o del programma, questo è ripresentato al comitato del FES, in una fase successiva, al di fuori del programma d'azione sotto forma di misura individuale che la Commissione adotta successivamente secondo la procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento.
Per imperativi motivi d'urgenza debitamente giustificati, quali crisi, catastrofi naturali o provocate dall'uomo o minacce immediate per la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani o le libertà fondamentali, la Commissione può adottare misure individuali o speciali o modifiche dei programmi d'azione e delle misure vigenti, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 4, del presente regolamento.
5. La Commissione adotta programmi d'azione specifici per le spese di sostegno di cui all'articolo 6 dell'accordo interno conformemente alla procedura di cui all'articolo 14 del presente regolamento. Eventuali modifiche dei programmi d'azione per le spese di sostegno sono adottate secondo la stessa procedura.
6. Per i progetti sensibili dal punto di vista ambientale, in particolare qualora possano avere effetti negativi importanti sull'ambiente e/o sul tessuto sociale e laddove tali effetti siano sensibili, eterogenei o senza precedenti, è effettuata un'idonea analisi ambientale, anche in riferimento all'incidenza sui cambiamenti climatici, sulla biodiversità e, conseguentemente, sul tessuto sociale, comprendente nei casi pertinenti la valutazione dell'impatto ambientale (VIA). Detta analisi è condotta sulla base di pratiche riconosciute a livello internazionale. Ove pertinente, nell'ambito dell'attuazione dei programmi settoriali sono utilizzate le valutazioni ambientali strategiche (VAS). Sono garantiti la partecipazione dei soggetti interessati alle valutazioni ambientali e l'accesso pubblico ai risultati.
Articolo 10
Contributi supplementari degli Stati membri
1. Gli Stati membri possono fornire, di propria iniziativa, alla Commissione o alla BEI contributi volontari conformemente all'articolo 1, paragrafo 9, dell'accordo interno per contribuire al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE al di fuori del cofinanziamento congiunto. Tali contributi non incidono sull'assegnazione globale di fondi nell'ambito dell'11o FES. Essi sono considerati alla stregua dei contributi regolari degli Stati membri previsti all'articolo 1, paragrafo 2, dell'accordo interno, tranne per quanto concerne le disposizioni degli articoli 6 e 7 dell'accordo interno per le quali possono essere stabilite modalità specifiche in accordi bilaterali di contributo.
2. La destinazione dei contributi volontari si limita a casi debitamente giustificati, ad esempio per far fronte alle circostanze eccezionali di cui all'articolo 4, paragrafo 3. In tal caso i contributi volontari affidati alla Commissione sono considerati entrate con destinazione specifica ai sensi del regolamento finanziario del FES.
3. I contributi supplementari sono inclusi nel processo di programmazione e revisione e nei programmi d'azione annuali, nelle misure individuali e nelle misure speciali di cui al presente regolamento e rispecchiano la titolarità del paese o della regione partner.
4. La Commissione adotta le conseguenti modifiche dei programmi d'azione, delle misure individuali o delle misure speciali in conformità dell'articolo 9.
5. Gli Stati membri informano preventivamente il Consiglio e il comitato FES o il comitato FI circa i contributi volontari supplementari affidati alla Commissione o alla BEI per contribuire al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE.
Articolo 11
Imposte, tasse, dazi e oneri
L'assistenza dell'Unione non genera né attiva la riscossione di imposte, tasse, dazi o oneri specifici.
Fatto salvo l'allegato IV, articolo 31, dell'accordo di partenariato ACP-UE, tali imposte, tasse, dazi e oneri sono ammissibili alle condizioni previste dal regolamento finanziario del FES.
Articolo 12
Tutela degli interessi finanziari dell'Unione
1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nella realizzazione delle azioni finanziate ai sensi del presente regolamento, gli interessi finanziari dell'Unione siano tutelati mediante l'applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero oppure, ove opportuno, la restituzione delle somme indebitamente versate e, se del caso, mediante sanzioni amministrative e finanziarie efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. La Commissione o i suoi rappresentanti e la Corte dei conti hanno potere di revisione contabile o, nel caso di organizzazioni internazionali, potere di verifica conformemente agli accordi con esse stabiliti, esercitabile sulla base di documenti e controlli sul posto, su tutti i beneficiari di sovvenzioni, contraenti e subcontraenti che hanno ottenuto finanziamenti dell'Unione nell'ambito del presente regolamento.
3. L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può effettuare indagini, inclusi controlli e verifiche sul posto, conformemente alle disposizioni e alle procedure stabilite dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (13) e dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (14), per accertare eventuali frodi, casi di corruzione o altre attività illecite lesive degli interessi finanziari dell'Unione in relazione a convenzioni o decisioni di sovvenzione o a contratti finanziati nel quadro del presente regolamento.
4. Fatti salvi i paragrafi 1, 2 e 3, gli accordi di cooperazione con paesi terzi e con organizzazioni internazionali, i contratti, le convenzioni e le decisioni di sovvenzione conclusi in applicazione del presente regolamento contengono disposizioni che abilitano espressamente la Commissione, la Corte dei conti e l'OLAF a svolgere tali revisioni, controlli e verifiche sul posto nei limiti delle rispettive competenze.
Articolo 13
Norme in materia di cittadinanza e origine per le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, le procedure di concessione di sovvenzioni e le altre procedure di attribuzione
Le norme in materia di cittadinanza e origine per le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, le procedure di concessione di sovvenzioni e le altre procedure di attribuzione sono definite all'allegato IV, articolo 20, dell'accordo di partenariato ACP-UE.
TITOLO IV
PROCEDURE DECISIONALI
Articolo 14
Competenze del comitato FES
1. Il comitato FES istituito dall'articolo 8 dell'accordo interno esprime pareri secondo la procedura di cui al presente articolo, paragrafi 3 e 4.
Un osservatore della BEI partecipa ai lavori del comitato FES per le questioni concernenti la BEI.
2. I compiti del comitato FES riguardano le competenze stabilite ai titoli II e III del presente regolamento:
a)
programmazione degli aiuti dell'Unione nel quadro dell'11o FES e revisioni della programmazione, con particolare riguardo alle strategie nazionali, regionali e intra-ACP;
b)
monitoraggio dell'attuazione e valutazione degli aiuti dell'Unione, compresi, tra l'altro, l'impatto dell'assistenza mirata alla riduzione della povertà, gli aspetti settoriali, le questioni trasversali, il funzionamento del coordinamento sul campo con gli Stati membri e altri donatori e i progressi nell'applicazione dei principi sull'efficacia degli aiuti di cui all'articolo 2.
Per i programmi di sostegno di bilancio sui quali il comitato FES ha espresso parere positivo, ma che sono sospesi durante l'attuazione, la Commissione informa preventivamente il comitato circa la sospensione e la successiva decisione di ripristinare i pagamenti.
Ciascuno Stato membro può, in qualsiasi momento, invitare la Commissione a fornire informazioni al comitato FES e avere uno scambio di opinioni sulle questioni connesse ai compiti di cui al presente paragrafo. Tale scambio di opinioni può condurre alla formulazione di raccomandazioni degli Stati membri, di cui la Commissione tiene conto.
3. Quando il comitato FES è chiamato a esprimere un parere, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato FES, entro i termini fissati nella decisione del Consiglio sul regolamento interno del comitato FES di cui all'articolo 8, paragrafo 5, dell'accordo interno, un progetto delle misure da adottare. Il comitato FES formula il proprio parere entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame ma che non supera i 30 giorni. La BEI partecipa allo scambio di opinioni. I pareri sono adottati a maggioranza qualificata, come indicato all'articolo 8, paragrafo 3, dell'accordo interno, e secondo la ponderazione dei voti degli Stati membri specificata all'articolo 8, paragrafo 2, dell'accordo interno.
Dopo che il comitato FES ha espresso il suo parere, la Commissione adotta misure che si applicano immediatamente.
Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato FES, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione differisce l'applicazione delle misure per un periodo che, in linea di principio, non supera i 30 giorni a decorrere da tale comunicazione, periodo che tuttavia può essere prorogato sino a 30 giorni in circostanze eccezionali. Il Consiglio può adottare una decisione diversa entro il periodo suddetto, deliberando alla stessa maggioranza qualificata del comitato FES.
4. Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, come stabilito all'articolo 7, paragrafo 4, e all'articolo 9, paragrafo 4, la Commissione adotta le misure, che si applicano immediatamente, senza essere presentate prima al comitato FES, e rimangono in vigore per la durata del documento, del programma d'azione o della misura adottati o modificati.
Il presidente sottopone le misure al parere del comitato FES entro quattordici giorni dall'adozione.
Se il comitato FES formula parere negativo conformemente al presente articolo, paragrafo 3, la Commissione abroga immediatamente le misure adottate a norma del presente paragrafo, primo comma.
Articolo 15
Fondo per la pace in Africa
I programmi indicativi intra-ACP assegnano determinate risorse a favore del Fondo per la pace in Africa. Tale finanziamento può essere completato dai programmi indicativi regionali. Si applica una procedura specifica:
a)
su richiesta dell'Unione africana, approvata dal comitato degli ambasciatori ACP, la Commissione elabora i programmi d'azione pluriennali precisando gli obiettivi perseguiti, la portata e la natura dei possibili interventi e le modalità di attuazione. Viene precisata, a livello d'intervento, una struttura comune dell'elaborazione delle relazioni. Le procedure decisionali specifiche per ciascun tipo di intervento possibile in funzione della natura, del volume e dell'urgenza dell'intervento sono descritte in un allegato del programma d'azione;
b)
prima di essere adottati dalla Commissione, i programmi d'azione, compresi l'allegato di cui alla lettera a) e eventuali modifiche, sono discussi dai competenti gruppi di lavoro preparatori del Consiglio e dal Comitato politico e di sicurezza e approvati dal Coreper a maggioranza qualificata, come stabilito all'articolo 8, paragrafo 3, dell'accordo interno;
c)
i programmi d'azione, escluso l'allegato di cui alla lettera a), costituiscono la base dell'accordo di finanziamento che viene concluso tra la Commissione e l'Unione africana;
d)
ciascun intervento da attuare nell'ambito dell'accordo di finanziamento è soggetto alla previa approvazione del Comitato politico e di sicurezza. I competenti gruppi di lavoro preparatori del Consiglio sono informati o, almeno quando devono essere finanziate nuove operazioni di pace, consultati in tempo utile prima della trasmissione delle misure previste al Comitato politico e di sicurezza, secondo le specifiche procedure decisionali di cui alla lettera a), in modo da garantire che, oltre alla dimensione militare e di sicurezza, siano prese in considerazione anche le questioni connesse allo sviluppo e ai finanziamenti. Fatto salvo il finanziamento alle operazioni di pace, particolare attenzione è accordata alle attività riconosciute come APS;
e)
ogni anno, e su richiesta del Consiglio o del comitato FES, la Commissione redige una relazione di attività sull'uso dei fondi destinata, per informazione, al Consiglio e al comitato FES, nella quale distingue tra impegni e pagamenti collegati o meno all'APS.
Al termine del primo programma d'azione pluriennale, l'Unione e i suoi Stati membri esamineranno i risultati e le procedure del Fondo per la pace in Africa e discuteranno le opzioni praticabili per le future possibilità di finanziamento. In questo contesto, e al fine di consolidare le basi del Fondo per la pace in Africa, l'Unione e i suoi Stati membri avvieranno discussioni sui finanziamenti alle operazioni di pace, comprese quelle finanziate dal FES, e sul sostegno sostenibile dell'Unione alle operazioni di pace condotte dall'Africa dopo il 2020. La Commissione procederà inoltre ad una valutazione del Fondo non oltre il 2018.
Articolo 16
Il comitato del Fondo investimenti
1. Il comitato del Fondo investimenti, istituito sotto l'egida della BEI in forza dell'articolo 9 dell'accordo interno, è composto dai rappresentanti degli Stati membri e da un rappresentante della Commissione. Sono invitati a partecipare un osservatore del segretariato generale del Consiglio e un osservatore del servizio europeo per l'azione esterna. Ciascuno Stato membro e la Commissione designano un rappresentante e un supplente. Per assicurare la continuità, il presidente del comitato FI è designato tra i membri del comitato ed eletto dagli stessi per un mandato di due anni. La BEI provvede al segretariato e ai servizi di sostegno. Hanno diritto di voto solo i membri del comitato FI designati dagli Stati membri o i loro supplenti.
Il Consiglio, deliberando all'unanimità, adotta il regolamento interno del comitato FI sulla base di una proposta della BEI e previa consultazione della Commissione.
Il comitato FI delibera a maggioranza qualificata secondo la ponderazione dei voti specificata all'articolo 8 dell'accordo interno.
Il comitato FI si riunisce almeno quattro volte l'anno. Possono essere indette riunioni supplementari su richiesta della BEI o dei membri del comitato FI secondo quanto stabilito dal regolamento interno. Il comitato FI può inoltre formulare un parere con procedura scritta, in conformità del regolamento interno.
2. Il comitato FI approva:
a)
gli orientamenti operativi sull'attuazione del FI;
b)
le strategie di investimento e i programmi di attività del FI, compresi gli indicatori di rendimento, sulla base degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE e dei principi generali della politica di sviluppo dell'Unione;
c)
le relazioni annuali del FI;
d)
qualsiasi documento di indirizzo generale riguardante il FI, comprese le relazioni di valutazione.
3. Il comitato FI formula inoltre pareri sulle:
a)
proposte relative alla concessione di sovvenzioni in conto interessi di cui all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, e articolo 4, paragrafo 2, lettera b), dell'accordo di partenariato ACP-UE. In tal caso il comitato formula anche un parere sull'impiego delle suddette sovvenzioni;
b)
proposte di intervento del Fondo investimenti in progetti su cui la Commissione ha espresso parere negativo;
c)
altre proposte riguardanti il Fondo investimenti e basate sui principi generali enunciati negli orientamenti operativi del Fondo investimenti;
d)
proposte relative allo sviluppo del quadro per la misurazione dei risultati della BEI, nella misura in cui tale quadro si applica alle operazioni ai sensi dell'accordo di partenariato ACP-UE.
Per agevolare il processo di approvazione delle operazioni di piccola entità, il comitato FI può formulare un parere favorevole sulle proposte della BEI riguardanti un'assegnazione globale (sovvenzioni in conto interessi e assistenza tecnica) o un'autorizzazione globale (prestiti e equity) che successivamente, senza ulteriore parere del comitato FI e/o della Commissione, la Banca può ripartire in sottoassegnazioni a favore di singoli progetti secondo i criteri indicati nell'assegnazione o nell'autorizzazione globale, compresa la sottoassegnazione massima per progetto.
Gli organi direttivi della BEI possono inoltre chiedere, di tanto in tanto, al comitato FI di pronunciarsi su tutte le proposte di finanziamento o su alcune categorie di proposte di finanziamento.
4. La BEI sottopone in tempo utile al comitato FI le questioni che ne richiedono l'approvazione o il parere, secondo quanto previsto rispettivamente ai paragrafi 2 e 3. Le proposte presentate per parere al comitato FI sono formulate conformemente ai pertinenti criteri e principi enunciati negli orientamenti operativi del FI.
5. La BEI coopera strettamente con la Commissione e, se del caso, coordina le operazioni con i donatori. In particolare la BEI:
a)
prepara o rivede insieme alla Commissione gli orientamenti operativi del Fondo investimenti di cui al paragrafo 2, lettera a); la BEI è responsabile del rispetto degli orientamenti e garantisce che i progetti finanziati rispettino le norme sociali e ambientali internazionali e siano coerenti con gli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE, con i principi generali della politica di sviluppo dell'Unione e con le pertinenti strategie di cooperazione nazionali o regionali;
b)
chiede il parere della Commissione quando mette a punto le strategie d'investimento, i programmi di attività e i documenti di indirizzo generale;
c)
informa la Commissione sui progetti che amministra a norma dell'articolo 18, paragrafo 1. Nella fase di valutazione di un progetto, la BEI chiede il parere della Commissione sulla sua coerenza con le pertinenti strategie di cooperazione nazionali o regionali o eventualmente con gli obiettivi generali del Fondo investimenti;
d)
salvo nei casi delle sovvenzioni in conto interessi che rientrano nell'assegnazione globale di cui al paragrafo 3, lettera a), nella fase di valutazione di un progetto chiede l'accordo della Commissione su tutte le proposte di sovvenzioni in conto interessi ricevute dal comitato FI con riguardo alla loro conformità all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, e articolo 4, paragrafo 2, dell'accordo di partenariato ACP-UE e ai criteri definiti negli orientamenti operativi del FI.
Se la Commissione non notifica un parere negativo entro tre settimane dalla presentazione di una proposta, si ritiene che abbia espresso parere favorevole o che la abbia approvata. Per quanto riguarda i pareri sui progetti del settore finanziario o del settore pubblico e l'accordo sulle sovvenzioni in conto interessi, la Commissione può chiedere che la proposta finale di progetto le sia presentata, per parere o approvazione, due settimane prima di essere inviata al comitato FI.
6. La BEI non procede a nessuna azione di cui al paragrafo 3, lettere a), b) e c), senza il parere favorevole del comitato FI.
Se il comitato FI esprime parere favorevole, la BEI decide in merito alla proposta secondo le proprie procedure. In particolare la BEI può decidere di non dar seguito alla proposta. La BEI comunica periodicamente al comitato FI e alla Commissione i casi in cui decide di non dar seguito alla proposta.
Per i prestiti sulle risorse proprie e per gli investimenti del FI per i quali non è richiesto il parere del comitato FI, la BEI decide sulla proposta secondo le proprie procedure e, nel caso del Fondo investimenti, conformemente agli orientamenti operativi del Fondo investimenti e alle strategie di investimento approvate dal comitato FI.
Se il comitato FI esprime un parere negativo su una proposta di concessione di sovvenzioni in conto interessi, la BEI può accordare il prestito in questione non in conto interessi. La BEI comunica periodicamente al comitato FI e alla Commissione tutti i casi in cui decide di procedere in tal modo.
Alle condizioni stabilite negli orientamenti operativi del Fondo investimenti e purché l'obiettivo essenziale del prestito o dell'investimento del Fondo investimenti in questione rimanga invariato, la BEI può decidere di modificare i termini di un prestito o di un investimento del Fondo investimenti su cui il comitato FI ha espresso parere favorevole ai sensi del paragrafo 3 o di un prestito con abbuono di interessi su cui il comitato FI ha espresso parere favorevole. In particolare la BEI può decidere un aumento fino al 20 % dell'importo del prestito o dell'investimento del Fondo investimenti.
Per i progetti con sovvenzioni in conto interessi di cui all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, dell'accordo di partenariato ACP-UE, un tale aumento può risultare nell'aumento proporzionale del valore della sovvenzione in conto interessi. La BEI comunica periodicamente al comitato FI e alla Commissione tutti i casi in cui decide di procedere in tal modo. Se, per i progetti di cui all'allegato II, articolo 2, paragrafo 7, dell'accordo di partenariato ACP-UE, è richiesto un aumento del valore della sovvenzione, la BEI chiede al comitato FI di formulare un parere prima di concederlo.
7. La BEI gestisce gli investimenti e tutti i fondi detenuti per conto del Fondo investimenti in linea con gli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE. In particolare può partecipare agli organi di gestione e di controllo delle persone giuridiche in cui il FI investe e può impegnare e modificare i diritti detenuti dal Fondo investimenti e dare il relativo scarico, conformemente agli orientamenti operativi del Fondo investimenti.
TITOLO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 17
Partecipazione di un paese o di una regione terzi
Per garantire coerenza e efficacia all'assistenza dell'Unione, la Commissione può decidere che paesi in via di sviluppo non ACP e organismi di integrazione regionale cui partecipano gli Stati ACP che promuovono la cooperazione e l'integrazione regionali e possono beneficiare dell'assistenza dell'Unione prevista da altri strumenti finanziari dell'Unione per l'azione esterna possano beneficiare dei fondi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), punto i), dell'accordo interno se il progetto o il programma in esame è di natura regionale o transfrontaliera e se è conforme all'allegato IV, articolo 6, dell'accordo di partenariato ACP-UE. I PTOM ammissibili all'assistenza dell'Unione in forza della decisione 2013/755/UE e le regioni ultraperiferiche dell'Unione possono anch'essi partecipare ai progetti e ai programmi di cooperazione regionale; il finanziamento inteso a consentirne la partecipazione si aggiunge ai fondi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), punto i), dell'accordo interno. Dovrebbe essere tenuto presente l'obiettivo di una cooperazione rafforzata tra gli Stati membri, le regioni ultraperiferiche dell'Unione, i PTOM e gli Stati ACP e, se necessario, dovrebbero essere creati meccanismi di coordinamento. I documenti di strategia, i programmi indicativi pluriennali, i programmi d'azione e le misure di cui all'articolo 9 del presente regolamento possono contenere disposizioni su tale finanziamento e sui tipi di finanziamento previsti dal regolamento (UE) 2015/323 del Consiglio (15).
Articolo 18
Monitoraggio, relazioni e valutazione dell'assistenza FES
1. La Commissione e la BEI monitorano periodicamente le proprie azioni e le misure finanziate e riesaminano i progressi compiuti verso il conseguimento dei risultati attesi. La Commissione eseguirà inoltre valutazioni d'impatto e valuterà l'efficacia delle proprie azioni e politiche settoriali e l'efficacia della programmazione, eventualmente tramite valutazioni esterne indipendenti. Si terrà debitamente conto delle proposte del Consiglio in merito a valutazioni esterne indipendenti. Le valutazioni dovrebbero essere basate sui principi delle buone prassi dell'OCSE/CAS, cercando di verificare la realizzazione degli obiettivi specifici, in termini di uguaglianza di genere, formulando raccomandazioni e fornendo elementi di prova per meglio trarre insegnamenti, allo scopo di migliorare gli interventi futuri. Tali valutazioni sono effettuate sulla base di indicatori predefiniti chiari, trasparenti e, se del caso, specifici per ciascun paese e misurabili.
La BEI informa periodicamente la Commissione e gli Stati membri circa l'attuazione dei progetti finanziati con le risorse dell'11o FES che amministra, secondo le procedure definite negli orientamenti operativi del Fondo investimenti.
2. La Commissione trasmette per informazione le relazioni di valutazione, unitamente alla risposta dei servizi alle principali raccomandazioni, agli Stati membri, tramite il comitato FES, e alla BEI. Le valutazioni, comprese le raccomandazioni e le azioni di follow-up, possono essere discusse in seno al comitato FES su richiesta di uno Stato membro. In questi casi la Commissione riferirà al comitato FES, un anno dopo, circa l'attuazione delle azioni di follow-up concordate. Gli esiti sono tenuti in considerazione al momento di concepire i programmi e di decidere l'assegnazione delle risorse.
3. Nella fase di valutazione dell'assistenza dell'Unione erogata ai sensi del presente regolamento, la Commissione coinvolge in misura opportuna tutti gli interessati e, se del caso, può effettuare valutazioni congiunte con Stati membri, altri donatori e partner dello sviluppo.
4. La Commissione esamina i progressi compiuti nell'esecuzione dell'11o FES, compresi i programmi indicativi pluriennali, e a partire dal 2016 presenta al Consiglio una relazione annuale sull'esecuzione. Detta relazione includerà un'analisi dei principali risultati e realizzazioni e, ove possibile, il contributo dell'assistenza finanziaria dell'Unione sulle ripercussioni. A tal fine sarà creato un quadro di riferimento dei risultati. La relazione è trasmessa anche al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni.
5. La relazione annuale rende conto inoltre, per l'esercizio precedente, delle misure finanziate, dei risultati di verifiche e valutazioni, del coinvolgimento dei partner dello sviluppo interessati e dell'esecuzione degli impegni e stanziamenti di pagamento suddivisi per paese, regione e settore di cooperazione. La relazione contiene altresì un'analisi qualitativa dei risultati inizialmente previsti e di quelli raggiunti sulla base, tra le altre cose, dei dati provenienti dai sistemi di monitoraggio, nonché un seguito degli insegnamenti tratti.
6. La relazione si avvale, per quanto possibile, di indicatori specifici e misurabili che rendono conto del suo contributo al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE. La relazione rende conto dei principali insegnamenti tratti e del seguito dato alle raccomandazioni delle valutazioni degli esercizi precedenti. La relazione valuta inoltre, ove possibile e opportuno, il rispetto dei principi di efficacia degli aiuti, compresi gli strumenti finanziari innovativi.
7. L'Unione e gli Stati membri procedono, entro la fine del 2018, a un esame di rendimento, valutando il grado di esecuzione degli impegni e dei pagamenti nonché i risultati e l'incidenza dell'aiuto fornito mediante indicatori di risultati, realizzazioni e ripercussioni che misurino l'efficienza dell'uso delle risorse come pure l'efficacia del FES. L'esame valuta inoltre il contributo delle misure finanziate al conseguimento degli obiettivi dell'accordo di partenariato ACP-UE e alle priorità dell'Unione, come previsto dal programma di cambiamento. L'esame è effettuato in base a una proposta elaborata dalla Commissione.
8. La BEI informa il comitato FI dei progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi del FI. Conformemente all'allegato II, articolo 6 ter, dell'accordo di partenariato ACP-UE, a metà e al termine del periodo di applicazione dell'11o FES si procede a una valutazione congiunta dell'efficienza globale del Fondo investimenti. La valutazione intermedia è effettuata da un esperto esterno indipendente, in cooperazione con la BEI, e messa a disposizione del comitato FI.
Articolo 19
Spesa per l'azione per il clima e la biodiversità
Sulla scorta dei documenti di programmazione indicativa adottati, è effettuata una stima annua della spesa complessiva per l'azione per il clima e la biodiversità. I finanziamenti assegnati nel quadro del FES sono oggetto di un sistema annuale di rilevamento fondato sulla metodologia dell'OCSE («marcatori di Rio»), senza escludere il ricorso a metodologie più precise ove siano disponibili, integrato nella metodologia vigente per la gestione del rendimento dei programmi dell'Unione europea, al fine di quantificare la spesa connessa all'azione per il clima e la biodiversità al livello dei programmi d'azione, delle misure individuali e delle misure speciali di cui all'articolo 9, e sono registrati nell'ambito delle valutazioni e delle relazioni annuali.
Articolo 20
Servizio europeo per l'azione esterna
Il presente regolamento si applica conformemente alla decisione 2010/427/UE.
Articolo 21
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 2 marzo 2015
Per il Consiglio
Il presidente
D. REIZNIECE-OZOLA
(1) GU L 317 del 15.12.2000, pag. 3.
(2) GU L 210 del 6.8.2013, pag. 1.
(3) GU L 173 del 26.6.2013, pag. 67.
(4) Decisione 2013/755/UE del Consiglio, del 25 novembre 2013, relativa all'associazione dei paesi e territori d'oltremare all'Unione europea («Decisione sull'associazione d'oltremare») (GU L 344 del 19.12.2013, pag. 1).
(5) Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all'aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1).
(6) Regolamento (UE) n. 233/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo per il periodo 2014-2020 (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 44).
(7) Regolamento (UE) n. 234/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di partenariato per la cooperazione con i paesi terzi (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 77).
(8) Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 235/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e i diritti umani nel mondo (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 85).
(10) Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 50).
(11) Accordo interno tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, riguardante il finanziamento degli aiuti comunitari forniti nell'ambito del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2008-2013 in applicazione dell'accordo di partenariato ACP-CE e lo stanziamento degli aiuti finanziari ai paesi e territori d'oltremare ai quali si applica la parte quarta del trattato CE (GU L 247 del 9.9.2006, pag. 32).
(12) Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l'organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l'azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30).
(13) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
(14) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
(15) Regolamento (UE) 2015/323, del 2 marzo 2015, recante il regolamento finanziario per l'11o Fondo europeo di sviluppo (Cfr. pagina 17 della presente Gazzetta ufficiale).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Cooperazione dell’Unione europea con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico: 11o Fondo europeo di sviluppo
Il Fondo europeo di sviluppo (FES) è il principale strumento dell’Unione europea (UE) per fornire aiuti allo sviluppo ai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e ai paesi e ai territori d’oltremare (PTOM) ai sensi dell’accordo di Cotonou.
ATTO
Regolamento (UE) n. 2015/322 del Consiglio, del 2 marzo 2015, relativo all’esecuzione dell’11o Fondo europeo di sviluppo
SINTESI
Il Fondo europeo di sviluppo (FES) è il principale strumento dell’Unione europea (UE) per fornire aiuti allo sviluppo ai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) e ai paesi e ai territori d’oltremare (PTOM) ai sensi dell’accordo di Cotonou.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Garantisce che il FES finanzi attività di cooperazione sulla base dei termini dell’accordo di Cotonou. L’obiettivo primario delle attività di cooperazione dell’UE è la riduzione e, a termine, l’eliminazione della povertà .
La cooperazione deve inoltre contribuire a quanto segue:
—
promuovere uno sviluppo economico, sociale e ambientale sostenibile e inclusivo;
—
consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, il buon governo, i diritti umani e i principi pertinenti del diritto internazionale;
—
applicare un approccio basato sui diritti che includa tutti i diritti umani.
PUNTI CHIAVE
Il FES è finanziato dai contributi diretti dei paesi dell’UE sulla base di quote di contributi specifiche («criteri di ripartizione») ed è regolato da norme finanziarie proprie. Non rientra nel bilancio dell’UE.
Le risorse finanziarie totali dell’11o FES ammontano a 30,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2020.
La Banca europea per gli investimenti metterà a disposizione altri 2,6 miliardi di euro delle proprie risorse sotto forma di prestiti.
Ai sensi dell’11o FES, i «criteri di ripartizione» dei paesi dell’UE sono stati allineati ai criteri usati per il bilancio dell’Unione (sulla base del prodotto interno lordo pro capite).
La Commissione europea decide gli stanziamenti finanziari destinati a ogni paese e regione ACP sulla base di criteri stabiliti nell’accordo di Cotonou. Le assegnazioni ai paesi ACP sono stabilite secondo un approccio atto a garantire una cooperazione specifica e su misura che tenga conto:
—
delle esigenze;
—
della capacità di generare risorse finanziarie e di accedervi e della capacità di assorbimento;
—
degli impegni e delle prestazioni;
—
dell’impatto potenziale dell’assistenza dell’Unione.
Il processo di assegnazione delle risorse dà priorità ai paesi più bisognosi, in particolare quelli meno sviluppati, quelli a basso reddito e quelli in situazioni di crisi, post-crisi, fragilità e vulnerabilità.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
A decorrere dal 6 marzo 2015 fino alla data finale di applicazione dell’accordo interno sull’11o FES.
CONTESTO
Istituito nel 1957 dal trattato di Roma e reso operativo nel 1959, il FES è il principale strumento dell’UE per l’assistenza ai paesi ACP. Ogni FES dura diversi anni.
Il 10o FES è durato sei anni, dal 2008 al 2013, con una dotazione finanziaria di 22,7 miliardi di euro, che rappresentava circa il 30 % della spesa dell’UE per gli aiuti allo sviluppo, mentre i fondi restanti provenivano direttamente dal bilancio dell’Unione. Per il 9o FES erano stati inizialmente stanziati 13,8 miliardi di euro per il periodo 2000-2007.
La prima convenzione di partenariato fra l’UE e i paesi ACP è stata conclusa nel 1964 (convenzione Yaoundé I). L’accordo di Cotonou ha una durata di 20 anni, da marzo 2000 a febbraio 2020. Una prima versione rivista è entrata in vigore il 1o luglio 2008. Una seconda revisione dell’accordo è avvenuta l’11 marzo 2010, al fine di adattarlo alle nuove sfide dei cambiamenti climatici, della sicurezza alimentare, dell’integrazione regionale, della fragilità degli Stati e dell’efficacia degli aiuti.
TERMINI CHIAVE
Accordo di Cotonou: l’accordo di partenariato fra i membri del gruppo degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico e l’Unione europea firmato il 23 giugno 2000 a Cotonou, Benin. È il quadro che regola le relazioni dell’UE con 79 paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Il partenariato si basa su tre pilastri complementari:
—
cooperazione allo sviluppo,
—
cooperazione economica e commerciale,
—
dimensione politica.
Per maggiori informazioni, consultare le pagine riguardanti il Fondo europeo di sviluppo sul sito Internet della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 2015/322
6.3.2015
-
GU L 58 del 3.3.2015, pag. 1-16
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2015/323 del Consiglio, del 2 marzo 2015, recante il regolamento finanziario per l’11 oFondo europeo di sviluppo (GU L 58 del 3.3.2015, pag. 17-38). |
Diritto dell’Unione europea in materia di marchi di impresa (registrazioni nazionali)
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
La direttiva allinea le legislazioni nazionali dell’UE e le norme procedurali per la registrazione dei marchi d’impresa.
È parte di un pacchetto di riforme che comprende la revisione del regolamento (CE) n. 207/2009 sul marchio dell’Unione europea (ex marchio comunitario). Questo pacchetto è pensato per rendere i sistemi di registrazione dei marchi più accessibili ed efficienti per le imprese in tutta l’UE.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce le basi dell’adozione delle legislazioni nazionali per i marchi di impresa in materia di beni e servizi, che sono:
oggetto di registrazione come marchi di impresa singoli, marchi collettivi*, marchi di garanzia o di certificazione in un paese dell’UE, o presso l’Ufficio del Benelux per la proprietà intellettuale;
oggetto di registrazione internazionale avente effetto in un paese dell’UE.
Formato
Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente (in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento). I segni devono essere adatti a distinguere i prodotti o i servizi di una persona o di un’impresa da quelli di altri.
Impedimenti alla registrazione
Per diversi motivi, possono essere esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:
i marchi privi di carattere distintivo;
i marchi descrittivi;
i marchi di impresa composti da segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente del commercio;
i marchi di impresa contrari ai principi che sono alla base delle leggi e dei regolamenti nazionali o al buon costume;
i marchi di impresa che possono indurre in errore il pubblico, per esempio sulla natura, qualità o origini geografiche del prodotto o del servizio.
Inoltre, un marchio di impresa è escluso dalla registrazione o può essere dichiarato nullo se è identico o simile a un marchio di impresa depositato anteriormente.
Diritti
Il titolare di un marchio di impresa ha un diritto esclusivo sul marchio creato.
Può vietare a chiunque di usare un segno identico o simile tale da causare un rischio di confusione nella mente dei consumatori.
Il titolare non può però vietare l’uso del marchio da parte di coloro che agiscono nel corso della loro attività, se si tratta di indicare:
un nome o un indirizzo di una parte terza, qualora si tratti di una persona fisica;
una caratteristica dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio;
la destinazione di un prodotto o servizio.
Uso
Il titolare del marchio deve farne un uso effettivo entro cinque anni dalla data di registrazione.
L'interruzione dell'uso per un periodo continuato di cinque anni espone il marchio a sanzioni per il mancato uso.
Procedura di registrazione
Le domande devono contenere:
la richiesta di registrazione;
indicazioni che permettano di identificare il richiedente;
l’elenco dei prodotti o dei servizi per i quali si richiede la registrazione;
una rappresentazione del marchio che permetta sia alle autorità competenti sia al pubblico di accertare cosa viene tutelato.
La domanda è soggetta al pagamento di un corrispettivo determinato dal paese dell’UE interessato.
Durata e rinnovo
I marchi sono registrati per un periodo di dieci anni a partire dalla data di deposito della domanda.
Possono essere rinnovati per un ulteriore periodo di dieci anni su richiesta del titolare, dietro pagamento di una tassa di rinnovo. In previsione della scadenza del suo marchio, il titolare verrà informato dall’ufficio nazionale marchi con sei mesi di anticipo.
La presente direttiva abroga e sostituisce la direttiva 2008/95/CE a decorrere dal 14 gennaio 2019.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 12 gennaio 2016. I paesi dell’UE devono integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 14 gennaio 2019.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare la pagina «Protezione dei marchi di impresa nell’UE» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINE CHIAVE
* Marchi collettivi: quando viene depositata una domanda di registrazione, è possibile designare un marchio come collettivo. Le associazioni, quali quelle di fabbricanti, produttori o fornitori di servizi, possono fare domanda per questo tipo di marchio.
ATTO
Direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 336 del 23.12.2015, pag. 1-26)
Le successive modifiche alla direttiva (UE) 2015/2436 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. | DIRETTIVA (UE) 2015/2436 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 dicembre 2015
sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Poiché si rendono necessarie varie modifiche della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2)
La direttiva 2008/95/CE ha armonizzato disposizioni fondamentali del diritto sostanziale riguardante i marchi d'impresa che, all'epoca della sua adozione, erano considerate tali da incidere nel modo più diretto sul funzionamento del mercato interno, ostacolando la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione.
(3)
La protezione del marchio d'impresa offerta negli Stati membri coesiste con quella disponibile a livello dell'Unione tramite il marchio dell'Unione europea («marchio UE») di carattere unitario e valido in tutta l'Unione a norma del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio (4). La coesistenza e l'equilibrio dei sistemi dei marchi d'impresa a livello nazionale e dell'Unione costituiscono di fatto una pietra angolare dell'impostazione dell'Unione in materia di tutela della proprietà intellettuale.
(4)
A seguito della sua comunicazione della Commissione del 16 luglio 2008, sulla strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale, la Commissione ha svolto un'ampia valutazione del funzionamento complessivo del sistema del marchio d'impresa in Europa, prendendo in esame sia il livello dell'Unione che quello nazionale e le interrelazioni tra essi.
(5)
Nelle conclusioni del 25 maggio 2010 sulla futura revisione del sistema del marchio nell'Unione europea, il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare proposte di revisione del regolamento (CE) n. 207/2009 e della direttiva 2008/95/CE. È opportuno che tale direttiva sia riveduta anche per essere resa più coerente con il regolamento (CE) n. 207/2009 in modo da ridurre gli elementi di divergenza nell'ambito del sistema del marchio in Europa nel suo complesso, pur mantenendo la protezione dei marchi a livello nazionale come opzione attraente per i richiedenti. In tale contesto, dovrebbe essere garantita la relazione complementare fra il sistema del marchio UE e i sistemi nazionali.
(6)
Nella sua comunicazione del 24 maggio 2011 intitolata «Un mercato unico dei diritti di proprietà intellettuale», la Commissione è giunta alla conclusione che, al fine di rispondere alle richieste crescenti delle parti interessate di sistemi di registrazione dei marchi più rapidi, di qualità più elevata, più razionali e che siano anche più uniformi, di facile uso, accessibili pubblicamente e tecnologicamente aggiornati, occorre modernizzare il sistema del marchio nell'Unione nel suo complesso e adattarlo all'era di Internet.
(7)
Dalle consultazioni e valutazioni svolte ai fini della presente direttiva è emerso che, malgrado la precedente parziale armonizzazione delle legislazioni nazionali, restano settori in cui un'ulteriore armonizzazione potrebbe avere un impatto positivo sulla competitività e la crescita.
(8)
Al fine di perseguire l'obiettivo di promuovere e creare un mercato interno ben funzionante e per facilitare l'acquisizione e la protezione dei marchi nell'Unione a beneficio della crescita e della competitività delle imprese europee, in particolare le piccole e medie imprese, è necessario andare al di là del ravvicinamento limitato realizzato dalla direttiva 2008/95/CE ed estendere il ravvicinamento ad altri aspetti del diritto sostanziale dei marchi protetti mediante la registrazione a norma del regolamento (CE) n. 207/2009.
(9)
Perché le registrazioni dei marchi siano più facili da ottenere e da gestire in tutta l'Unione, è essenziale ravvicinare non solo le disposizioni di diritto sostanziale, ma anche le norme procedurali. Pertanto, è opportuno allineare le principali norme procedurali in materia di registrazione del marchio d'impresa degli Stati membri e del sistema del marchio UE. Per quanto riguarda le procedure del diritto nazionale, è sufficiente stabilire principi generali, lasciando agli Stati membri la facoltà di stabilire norme più specifiche.
(10)
È di essenziale importanza garantire che i marchi d'impresa registrati abbiano la stessa protezione negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri. In linea con l'ampia protezione riconosciuta ai marchi UE che abbiano acquisito una notorietà nell'Unione, è opportuno garantire un'ampia tutela a livello nazionale anche a tutti i marchi d'impresa registrati che abbiano acquisito una notorietà nello Stato membro interessato.
(11)
La presente direttiva non dovrebbe privare gli Stati membri del diritto di continuare a tutelare i marchi d'impresa acquisiti attraverso l'uso, ma dovrebbe disciplinare detti marchi solo per ciò che attiene ai loro rapporti con i marchi d'impresa acquisiti attraverso la registrazione.
(12)
Il conseguimento degli obiettivi del presente ravvicinamento delle legislazioni presuppone che l'acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio d'impresa registrato siano in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni.
(13)
A tale scopo occorre un elenco esemplificativo di segni in grado di costituire un marchio d'impresa, i quali consentano di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese. Per raggiungere gli obiettivi del sistema di registrazione dei marchi d'impresa, vale a dire garantire la certezza del diritto e un'amministrazione solida, è altresì essenziale prescrivere che il segno sia suscettibile di essere rappresentato in modo chiaro, preciso, autonomo, facilmente accessibile, intelligibile, durevole e oggettivo. Il segno dovrebbe poter essere rappresentato in qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia generalmente disponibile, e quindi non necessariamente mediante strumenti grafici, purché la rappresentazione offra sufficienti garanzie in tal senso.
(14)
Inoltre, gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità dovuti al marchio d'impresa stesso, compresa l'assenza di carattere distintivo, ovvero inerenti ai conflitti tra il marchio d'impresa e i diritti anteriori dovrebbero essere enumerati esaurientemente, anche se per alcuni di essi il recepimento resta facoltativo da parte degli Stati membri, i quali dovrebbero quindi poterli mantenere o introdurre nelle rispettive legislazioni.
(15)
Al fine di garantire che il livello di protezione accordato alle indicazioni geografiche dalla legislazione dell'Unione e dal diritto nazionale sia applicato in modo uniforme e completo nell'esame degli impedimenti assoluti e relativi alla registrazione in tutta l'Unione, è opportuno che in relazione alle indicazioni geografiche la presente direttiva includa le stesse disposizioni del regolamento (CE) n. 207/2009. È inoltre opportuno garantire che la portata degli impedimenti assoluti sia estesa in modo da includere anche menzioni tradizionali protette per i vini e le specialità tradizionali garantite.
(16)
La tutela che è accordata dal marchio d'impresa registrato e che mira in particolare a garantire la funzione d'origine del marchio d'impresa dovrebbe essere assoluta nel caso in cui vi sia identità tra il marchio d'impresa e il segno corrispondente, nonché tra i prodotti o servizi. La tutela dovrebbe essere accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio d'impresa e il segno e tra i prodotti o servizi. È indispensabile interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione. Il rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio d'impresa sul mercato, dall'associazione che può essere fatta tra il marchio d'impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio d'impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati, dovrebbe costituire la condizione specifica della tutela. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le norme procedurali nazionali alle quali spetta disciplinare i mezzi grazie a cui può essere constatato il rischio di confusione, e in particolare il relativo onere della prova.
(17)
Per garantire la certezza del diritto e il pieno rispetto del principio di priorità, secondo il quale il marchio registrato anteriormente prevale su marchi registrati posteriormente, è necessario stabilire che l'esercizio dei diritti conferiti da un marchio d'impresa non dovrebbe pregiudicare i diritti del titolare acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio. Tale approccio è conforme all'articolo 16, paragrafo 1, dell'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, del 15 aprile 1994 («accordo TRIPS»).
(18)
È opportuno prevedere che la contraffazione di un marchio d'impresa possa essere dichiarata soltanto se si accerta che il marchio o segno in questione è utilizzato nel commercio per contraddistinguere i prodotti o i servizi. È opportuno che l'uso del segno per motivi diversi da quello di contraddistinguere i prodotti o servizi sia soggetto alle disposizioni del diritto nazionale.
(19)
È opportuno che il concetto di contraffazione di un marchio d'impresa comprenda anche l'uso del segno come nome commerciale o designazione simile purché tale uso serva a contraddistinguere i prodotti o servizi.
(20)
Per garantire la certezza del diritto e il pieno rispetto della legislazione dell'Unione in materia, è opportuno che il titolare di un marchio d'impresa abbia il diritto di vietare ai terzi l'uso di un segno nella pubblicità comparativa, quando tale pubblicità è contraria alla direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(21)
Al fine di rafforzare la protezione dei marchi d'impresa e lottare più efficacemente contro la contraffazione, nonché in linea con gli obblighi internazionali degli Stati membri nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), in particolare l'articolo V dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) sulla libertà di transito e, per quanto riguarda i farmaci generici, la «dichiarazione sull'accordo TRIPS e la salute pubblica» adottata dalla conferenza ministeriale dell'OMC a Doha il 14 novembre 2001, è opportuno che il titolare di un marchio d'impresa abbia il diritto di vietare ai terzi di introdurre prodotti, in ambito commerciale, nello Stato membro di registrazione del marchio senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato, quando tali prodotti provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio identico o sostanzialmente identico al marchio registrato in relazione a tali prodotti.
(22)
A tal fine, dovrebbe essere consentito ai titolari di marchi d'impresa impedire l'ingresso di prodotti contraffatti e la loro immissione in tutte le situazioni doganali, compresi, in particolare, il transito, il trasbordo, il deposito, le zone franche, la custodia temporanea, il perfezionamento attivo o l'ammissione temporanea, anche nel caso in cui detti prodotti non sono destinati ad essere immessi sul mercato dello Stato membro interessato. Nell'effettuare i controlli doganali è opportuno che le autorità doganali si avvalgano dei poteri e delle procedure di cui al regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), anche su richiesta dei titolari dei diritti. In particolare, le autorità doganali dovrebbero effettuare i controlli del caso sulla base di criteri di analisi del rischio.
(23)
Al fine di conciliare la necessità di garantire l'efficace esercizio dei diritti di marchio d'impresa con la necessità di evitare di ostacolare la libera circolazione degli scambi di prodotti legali, il diritto del titolare del marchio d'impresa dovrebbe estinguersi laddove, nel corso del successivo procedimento avviato dinanzi all'autorità giudiziaria o altra autorità competente a decidere nel merito circa l'effettiva violazione del marchio d'impresa registrato, il dichiarante o il detentore dei prodotti sia in grado di dimostrare che il titolare del marchio registrato non ha diritto a vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel paese di destinazione finale.
(24)
L'articolo 28 del regolamento (UE) n. 608/2013 prevede che il titolare del diritto sia responsabile dei danni nei confronti del detentore dei prodotti se, tra l'altro, emerge in seguito che i prodotti in questione non violano un diritto di proprietà intellettuale.
(25)
Dovrebbero essere adottate misure appropriate al fine di garantire il transito regolare dei farmaci generici. Riguardo alle denominazioni comuni internazionali (DCI) in quanto nomi generici riconosciuti a livello mondiale di sostanze attive dei prodotti farmaceutici, è indispensabile tenere debitamente conto delle restrizioni esistenti all'efficacia dei diritti di marchio d'impresa. Di conseguenza, il titolare di un marchio d'impresa non dovrebbe avere il diritto di vietare a terzi di immettere prodotti in uno Stato membro di registrazione del marchio senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato sulla base di somiglianze fra la DCI del principio attivo dei farmaci e il marchio d'impresa.
(26)
Al fine di consentire ai titolari di marchi d'impresa registrati di lottare più efficacemente contro la contraffazione, è opportuno che essi abbiano il diritto di vietare l'apposizione di un marchio d'impresa contraffatto sui prodotti e taluni atti preparatori compiuti precedentemente a tale apposizione.
(27)
È opportuno che i diritti esclusivi conferiti dal marchio d'impresa non permettano al titolare di vietare l'uso da parte di terzi di segni o indicazioni utilizzati correttamente e quindi conformemente alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale. Al fine di creare condizioni di parità per i nomi commerciali e i marchi d'impresa, tenendo conto che ai nomi commerciali è di norma concessa una protezione illimitata rispetto ai marchi d'impresa posteriori, è opportuno considerare che tale uso comprenda solo l'uso del nome di persona di un terzo. È opportuno inoltre che esso consenta l'impiego di segni o indicazioni descrittivi o non distintivi in generale. È opportuno, inoltre, che il titolare non abbia il diritto di vietare un uso corretto e leale del marchio d'impresa al fine di identificare e menzionare prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare. L'uso di un marchio d'impresa da parte di terzi allo scopo di attirare l'attenzione dei consumatori sulla rivendita di prodotti autentici che erano originariamente venduti dal titolare del marchio o con il suo consenso nell'Unione dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in ambito industriale e commerciale. L'uso di un marchio d'impresa da parte di terzi per fini di espressione artistica dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale. Inoltre, la presente direttiva dovrebbe essere applicata in modo tale da assicurare il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare della libertà di espressione.
(28)
Discende dal principio della libera circolazione delle merci che il titolare di un marchio d'impresa non dovrebbe poterne vietare l'uso a terzi in relazione a prodotti che sono stati messi in circolazione nell'Unione con il marchio dal titolare stesso o con il suo consenso, salvo che il titolare abbia motivi legittimi per opporsi all'ulteriore commercializzazione dei prodotti.
(29)
La certezza del diritto impone che il titolare di un marchio d'impresa anteriore, senza che i suoi interessi siano ingiustamente lesi, non possa più richiedere la nullità ovvero opporsi all'uso di un marchio d'impresa posteriore al proprio, qualora ne abbia coscientemente tollerato l'uso per un lungo periodo, tranne ove il marchio d'impresa posteriore sia stato richiesto in malafede.
(30)
Al fine di garantire la certezza del diritto e salvaguardare i diritti di marchio d'impresa legittimamente acquisiti, è opportuno e necessario disporre che, fatto salvo il principio che il marchio posteriore non può essere opposto al marchio anteriore, i titolari di marchi anteriori non debbano essere legittimati ad impedire la registrazione o ad ottenere la nullità o ad opporsi all'uso di un marchio d'impresa posteriore se il marchio d'impresa posteriore è stato acquisito in un momento in cui il marchio anteriore poteva essere dichiarato nullo o decaduto, per esempio perché non aveva ancora acquisito un carattere distintivo attraverso l'uso, o se il marchio anteriore non poteva essere opposto al marchio d'impresa posteriore in quanto le condizioni necessarie non erano applicabili, per esempio perché il marchio anteriore non aveva ancora acquisito notorietà.
(31)
I marchi d'impresa raggiungono la loro finalità di distinguere prodotti o servizi e di consentire ai consumatori di effettuare scelte informate solo quando sono effettivamente utilizzati sul mercato. Il requisito dell'uso è altresì necessario per ridurre il numero totale dei marchi d'impresa registrati e protetti nell'Unione, e di conseguenza il numero di conflitti che insorgono tra loro. È pertanto essenziale prescrivere che i marchi d'impresa registrati siano effettivamente utilizzati in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali sono registrati o che, se non utilizzati in relazione a questi entro cinque anni dalla data di conclusione della procedura di registrazione, possano decadere.
(32)
Di conseguenza, è opportuno che un marchio d'impresa registrato sia protetto solo nella misura in cui sia effettivamente utilizzato e un marchio d'impresa registrato anteriormente non consenta al suo titolare di opporsi o ottenere la nullità di un marchio d'impresa posteriore se detto titolare non ha fatto un uso effettivo del suo marchio. Inoltre, è opportuno che gli Stati membri prevedano che un marchio d'impresa non possa essere fatto valere con successo in un procedimento per contraffazione se si è stabilita, dietro eccezione, la dichiarabilità della decadenza del marchio o, in caso di azione presentata contro un diritto posteriore, se si è stabilita la dichiarabilità della decadenza del marchio al momento dell'acquisizione del diritto posteriore.
(33)
È opportuno prevedere che, quando la preesistenza di un marchio d'impresa nazionale o di un marchio d'impresa oggetto di una registrazione internazionale con effetto nello Stato membro è stata fatta valere nei confronti di un marchio UE e qualora il marchio che ha portato alla rivendicazione della preesistenza sia stato successivamente oggetto di rinuncia o di estinzione, la validità di tale marchio possa ancora essere contestata. Tale contestazione dovrebbe essere limitata ai casi in cui il marchio d'impresa avrebbe potuto essere dichiarato nullo o decaduto al momento in cui è stato cancellato dal registro.
(34)
Per motivi di coerenza e per facilitare lo sfruttamento commerciale dei marchi d'impresa nell'Unione, le norme applicabili ai marchi d'impresa come oggetti di proprietà dovrebbero essere allineate nella misura adeguata a quelle già in vigore per i marchi UE e dovrebbero riguardare altresì il trasferimento e la cessione, la concessione di licenze, i diritti reali e le esecuzioni forzate.
(35)
I marchi collettivi si sono rivelati uno strumento utile per promuovere prodotti o servizi con specifiche proprietà comuni. È quindi opportuno sottoporre i marchi collettivi nazionali a norme simili a quelle applicabili ai marchi collettivi dell'Unione europea.
(36)
Per migliorare e agevolare l'accesso alla protezione del marchio d'impresa e per accrescere la certezza e la prevedibilità del diritto, la procedura per la registrazione dei marchi d'impresa negli Stati membri dovrebbe essere efficace e trasparente e seguire regole analoghe a quelle applicabili ai marchi UE.
(37)
Al fine di garantire la certezza del diritto per quanto riguarda la portata dei diritti di marchio d'impresa e per agevolare l'accesso alla protezione del marchio, la designazione e la classificazione dei prodotti e dei servizi coperti da una domanda di marchio dovrebbero rispettare le stesse norme in tutti gli Stati membri ed essere allineate a quelle applicabili ai marchi UE. Al fine di consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare l'estensione della protezione del marchio d'impresa solo sulla base della domanda, la designazione dei prodotti e dei servizi dovrebbe essere sufficientemente chiara e precisa. È opportuno che l'uso di termini generali sia interpretato come inclusivo solo di prodotti e servizi chiaramente coperti dal significato letterale di un termine. Ai fini della chiarezza e della certezza del diritto, gli uffici centrali della proprietà industriale degli Stati membri e l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale dovrebbero, in cooperazione tra loro, cercare di compilare un elenco che rifletta le rispettive pratiche amministrative per quanto riguarda la classificazione dei prodotti e dei servizi.
(38)
Al fine di assicurare l'efficace protezione del marchio d'impresa, è opportuno che gli Stati membri rendano disponibile una procedura amministrativa di opposizione efficace, che consenta quantomeno al titolare di diritti di marchio d'impresa anteriori e ad ogni persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti derivanti da una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta di opporsi alla registrazione di una domanda di marchio d'impresa. Inoltre, al fine di offrire un mezzo efficace per dichiarare decaduti i marchi d'impresa o per dichiararli nulli, è opportuno che gli Stati membri prevedano una procedura amministrativa per la decadenza o la dichiarazione di nullità entro un periodo di recepimento più lungo, di sette anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva.
(39)
È auspicabile che gli uffici centrali della proprietà industriale degli Stati membri e l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale cooperino tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale in tutti gli ambiti della registrazione e dell'amministrazione dei marchi d'impresa, al fine di promuovere la convergenza delle pratiche e degli strumenti, come la creazione e l'aggiornamento di banche dati e portali comuni o connessi a fini di consultazione e ricerca. Gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che i loro uffici cooperino tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale in tutte le altre aree delle loro attività che siano rilevanti per la protezione dei marchi d'impresa nell'Unione.
(40)
La presente direttiva non dovrebbe escludere che siano applicate ai marchi d'impresa norme del diritto degli Stati membri diverse dalle norme del diritto dei marchi d'impresa, come le disposizioni sulla concorrenza sleale, sulla responsabilità civile o sulla tutela dei consumatori.
(41)
Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale («convenzione di Parigi») e dell'accordo TRIPS. È necessario che la presente direttiva sia in perfetta armonia con detta convenzione e detto accordo. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare gli obblighi degli Stati membri derivanti da tale convenzione e da tale accordo. Se del caso, è opportuno applicare l'articolo 351, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
(42)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, segnatamente la promozione e la creazione di un mercato interno ben funzionante e la facilitazione della registrazione, amministrazione e protezione dei marchi d'impresa nell'Unione a vantaggio della crescita e della competitività, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(43)
La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), disciplina il trattamento dei dati personali effettuato negli Stati membri nel contesto della presente direttiva.
(44)
Il Garante europeo della protezione dei dati è stato consultato conformemente all'articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e ha espresso un parere in data 11 luglio 2013.
(45)
L'obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva precedente. L'obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.
(46)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri ai sensi della direttiva 2008/95/CE relativi al termine di recepimento della direttiva 89/104/CEE (9) nel diritto interno indicati nell'allegato I, parte B, della direttiva 2008/95/CE,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica a tutti i marchi d'impresa relativi a prodotti o servizi che formano oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione come marchi d'impresa individuali, marchi di garanzia o di certificazione, ovvero marchi collettivi in uno Stato membro o presso l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «ufficio»: l'ufficio centrale della proprietà industriale dello Stato membro o l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale ai quali è affidata la registrazione dei marchi d'impresa;
b) «registro»: il registro dei marchi d'impresa tenuto da un ufficio.
CAPO 2
DIRITTO SOSTANZIALE IN MATERIA DI MARCHIO D'IMPRESA
SEZIONE 1
Segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa
Articolo 3
Segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa
Sono suscettibili di costituire marchi d'impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, la forma del prodotto o del suo confezionamento, oppure i suoni, a condizione che tali segni siano adatti:
a)
a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese; e
b)
a essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare precisamente ed esattamente l'oggetto della protezione garantita al suo titolare.
SEZIONE 2
Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità
Articolo 4
Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità assoluti
1. Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:
a)
i segni che non possono costituire un marchio d'impresa;
b)
i marchi d'impresa privi di carattere distintivo;
c)
i marchi d'impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;
d)
i marchi d'impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio;
e)
i segni costituiti esclusivamente:
i)
dalla forma, o altra caratteristica, imposta dalla natura stessa del prodotto;
ii)
dalla forma, o altra caratteristica, del prodotto, necessaria per ottenere un risultato tecnico;
iii)
dalla forma, o altra caratteristica, dei prodotti, che dà un valore sostanziale al prodotto;
f)
i marchi d'impresa contrari all'ordine pubblico o al buon costume;
g)
i marchi d'impresa che possono indurre in errore il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio;
h)
i marchi d'impresa che, in mancanza di autorizzazione delle autorità competenti, devono essere esclusi dalla registrazione o dichiarati nulli a norma dell'articolo 6 ter della convenzione di Parigi;
i)
i marchi d'impresa che sono esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'Unione, al diritto nazionale dello Stato membro interessato o ad accordi internazionali di cui l'Unione o lo Stato membro interessato è parte, relativi alla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche;
j)
i marchi d'impresa esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'Unione relativa alla protezione delle menzioni tradizionali per i vini o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte;
k)
i marchi d'impresa esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'Unione relativa alla protezione delle specialità tradizionali garantite o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte;
l)
i marchi d'impresa che sono costituiti da o che riproducono nei loro elementi essenziali una denominazione di varietà vegetale anteriore registrata ai sensi della legislazione dell'Unione, del diritto nazionale dello Stato membro interessato o di accordi internazionali di cui l'Unione o lo Stato membro interessato è parte, relativi alla protezione della privativa per varietà vegetali e che riguardano varietà vegetali della stessa specie o di specie apparentate.
2. Il marchio d'impresa è suscettibile di essere dichiarato nullo se la domanda di registrazione è stata presentata dal richiedente in mala fede. Ogni Stato membro può anche disporre che tale marchio sia escluso dalla registrazione.
3. Ogni Stato membro può prevedere che un marchio d'impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:
a)
l'uso di tale marchio d'impresa possa essere vietato ai sensi di norme giuridiche diverse dalle norme del diritto in materia di marchi d'impresa dello Stato membro interessato o dell'Unione;
b)
il marchio d'impresa contenga un segno di alto valore simbolico, in particolare un simbolo religioso;
c)
il marchio d'impresa contenga simboli, emblemi e stemmi che siano diversi da quelli di cui all'articolo 6 ter della convenzione di Parigi e che rivestano un interesse pubblico, a meno che l'autorità competente non ne abbia autorizzato la registrazione conformemente al diritto dello Stato membro in questione.
4. Un marchio d'impresa non è escluso dalla registrazione ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se, prima della data della domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, ha acquisito un carattere distintivo. Per gli stessi motivi, un marchio d'impresa non è dichiarato nullo se, prima della domanda di dichiarazione di nullità, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, ha acquisito un carattere distintivo.
5. Gli Stati membri possono disporre che il paragrafo 4 debba essere applicato anche quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la data della domanda di registrazione, ma prima della data di registrazione stessa.
Articolo 5
Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità relativi
1. Un marchio d'impresa è escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo se:
a)
il marchio d'impresa è identico a un marchio d'impresa anteriore e se i prodotti o servizi per cui il marchio d'impresa è stato richiesto o è stato registrato sono identici a quelli per cui il marchio d'impresa anteriore è tutelato;
b)
l'identità o la somiglianza di detto marchio d'impresa col marchio d'impresa anteriore e l'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dai due marchi d'impresa può dar adito a un rischio di confusione per il pubblico comportante anche un rischio di associazione tra il marchio d'impresa e il marchio d'impresa anteriore.
2. Per «marchi d'impresa anteriori», ai sensi del paragrafo 1, si intendono:
a)
i marchi d'impresa la cui domanda di registrazione sia anteriore alla domanda di registrazione del marchio d'impresa, tenuto conto, ove occorra, del diritto di priorità invocato per i medesimi e che appartengano alle categorie seguenti:
i)
i marchi UE;
ii)
i marchi d'impresa registrati nello Stato membro interessato o, per quanto riguarda il Belgio, il Lussemburgo e i Paesi Bassi, presso l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale;
iii)
i marchi d'impresa oggetto di una registrazione internazionale con effetto nello Stato membro interessato;
b)
i marchi UE che, conformemente al regolamento (CE) n. 207/2009, rivendicano validamente la preesistenza di un marchio d'impresa di cui ai punti ii) e iii) della lettera a), anche ove quest'ultimo marchio sia stato oggetto di una rinuncia o si sia estinto;
c)
le domande di marchi d'impresa di cui alle lettere a) e b), sempre che siano registrati;
d)
i marchi d'impresa che, alla data di presentazione della domanda di registrazione o, se del caso, alla data della priorità invocata a sostegno della domanda di marchio, sono «notoriamente conosciuti» nello Stato membro interessato ai sensi dell'articolo 6 bis della convenzione di Parigi.
3. Inoltre, un marchio è escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo se:
a)
è identico o simile ad un marchio d'impresa anteriore indipendentemente dal fatto che i prodotti o i servizi per i quali è richiesto o registrato siano identici, simili o non simili a quelli per cui è registrato il marchio d'impresa anteriore, quando il marchio d'impresa anteriore gode di notorietà nello Stato membro in relazione al quale è richiesta la registrazione o in cui è registrato il marchio d'impresa o, nel caso di un marchio UE, nell'Unione e l'uso del marchio d'impresa posteriore senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi;
b)
l'agente o il rappresentante del titolare del marchio presenta la domanda di registrazione a proprio nome senza l'autorizzazione del titolare, a meno che tale agente o rappresentante non giustifichi il proprio modo di agire; e
c)
nella misura in cui, ai sensi della legislazione dell'Unione o del diritto dello Stato membro interessato in materia di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche:
i)
era già stata presentata una domanda di denominazione di origine o di indicazione geografica conformemente alla legislazione dell'Unione o al diritto dello Stato membro interessato prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchio d'impresa o della data di priorità invocata a sostegno della domanda, fatta salva la sua successiva registrazione;
ii)
detta denominazione di origine o indicazione geografica conferisce alla persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti da essa derivanti il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa posteriore.
4. Ogni Stato membro può disporre che un marchio d'impresa debba essere escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:
a)
siano stati acquisiti diritti a un marchio d'impresa non registrato o a un altro segno utilizzato nel commercio prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchio d'impresa posteriore o, se del caso, prima della data di priorità invocata a sostegno della domanda di registrazione del marchio d'impresa posteriore, e tale marchio d'impresa non registrato o altro segno dia al suo titolare il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa posteriore;
b)
sia possibile vietare l'uso del marchio d'impresa in base a un diritto anteriore, diverso dai diritti di cui al paragrafo 2, e alla lettera a), del presente paragrafo, in particolare in base a:
i)
un diritto al nome;
ii)
un diritto all'immagine;
iii)
un diritto d'autore;
iv)
un diritto di proprietà industriale;
c)
il marchio d'impresa si presti a essere confuso con un marchio anteriore protetto all'estero, a condizione che, alla data di presentazione della domanda, il richiedente abbia agito in malafede.
5. Gli Stati membri provvedono affinché, in determinate circostanze, non si debba necessariamente escludere dalla registrazione o dichiarare nullo un marchio d'impresa ove il titolare del marchio d'impresa anteriore o di un diritto anteriore consenta alla registrazione del marchio d'impresa posteriore.
6. In deroga ai paragrafi da 1 a 5, gli Stati membri possono prevedere che gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità applicabili in uno Stato membro anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 89/104/CEE siano applicabili ai marchi d'impresa depositati anteriormente a quella data.
Articolo 6
Constatazione a posteriori della nullità o della decadenza di un marchio d'impresa
Quando rispetto ad un marchio UE si invoca la preesistenza di un marchio nazionale o di un marchio oggetto di una registrazione internazionale con effetto nello Stato membro, che siano stati oggetto di rinuncia o di estinzione, è possibile constatare a posteriori la nullità o la decadenza del marchio che ha portato alla rivendicazione della preesistenza, a condizione che la nullità o la decadenza potessero essere dichiarate al momento in cui il marchio è stato oggetto di rinuncia o di estinzione. In tal caso, la preesistenza cessa di produrre i suoi effetti.
Articolo 7
Impedimenti alla registrazione e motivi di nullità soltanto per una parte dei prodotti o servizi
Se un impedimento alla registrazione o motivi di nullità di un marchio d'impresa sussistono soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio d'impresa è richiesto o registrato, l'impedimento alla registrazione o la nullità riguardano solo i prodotti o servizi di cui trattasi.
Articolo 8
Mancanza di carattere distintivo o di notorietà di un marchio d'impresa anteriore che preclude la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa registrato
Una domanda di dichiarazione di nullità sulla base di un marchio anteriore non è accolta alla data di presentazione della domanda di nullità se, alla data di deposito o alla data di priorità del marchio d'impresa posteriore, non fosse accolta per una delle seguenti ragioni:
a)
il marchio d'impresa anteriore, dichiarabile nullo ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere b), c) o d), non aveva ancora acquisito un carattere distintivo di cui all'articolo 4, paragrafo 4;
b)
la domanda di dichiarazione di nullità è basata sull'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), e il marchio d'impresa anteriore non aveva ancora acquisito un carattere sufficientemente distintivo per poter sostenere l'esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b);
c)
la domanda di dichiarazione di nullità è basata sull'articolo 5, paragrafo 3, lettera a), e il marchio d'impresa anteriore non aveva ancora acquisito notorietà ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, lettera a).
Articolo 9
Preclusione di una dichiarazione di nullità per tolleranza
1. Il titolare di un marchio d'impresa anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 2, o all'articolo 5, paragrafo 3, lettera a), il quale, durante cinque anni consecutivi, abbia tollerato l'uso in uno Stato membro di un marchio d'impresa posteriore registrato in tale Stato membro, di cui era a conoscenza, non può più domandare la dichiarazione di nullità del marchio d'impresa posteriore sulla base del proprio marchio d'impresa anteriore per i prodotti o servizi per i quali è stato utilizzato il marchio d'impresa posteriore, salvo ove il marchio d'impresa posteriore sia stato domandato in malafede.
2. Gli Stati membri possono prevedere che il paragrafo 1 del presente articolo debba essere applicato al titolare di qualsiasi altro diritto anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 4, lettera a) o b).
3. Nei casi di cui ai paragrafi 1 o 2, il titolare di un marchio d'impresa registrato posteriormente non può opporsi all'uso del diritto anteriore, benché detto diritto non possa più essere fatto valere contro il marchio d'impresa posteriore.
SEZIONE 3
Diritti conferiti e limitazioni
Articolo 10
Diritti conferiti dal marchio d'impresa
1. La registrazione di un marchio d'impresa conferisce al titolare diritti esclusivi.
2. Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio registrato, il titolare di tale marchio registrato ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno che:
a)
sia identico al marchio d'impresa ed è utilizzato per prodotti o servizi identici a quelli per cui è stato registrato;
b)
sia identico o simile al marchio d'impresa ed è utilizzato in relazione a prodotti o servizi che sono identici o simili ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio d'impresa è registrato, se può dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un'associazione tra il segno e il marchio d'impresa;
c)
sia identico o simile al marchio d'impresa a prescindere dal fatto che sia utilizzato per prodotti o servizi che sono identici, simili o non simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio d'impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l'uso immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa o reca pregiudizio agli stessi.
3. Si può in particolare vietare a norma del paragrafo 2:
a)
di apporre il segno sui prodotti o sul loro imballaggio;
b)
di offrire o immettere in commercio o stoccare a tali fini i prodotti ovvero offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;
c)
di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;
d)
di utilizzare il segno come nome commerciale o denominazione sociale o come parte di essi;
e)
di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità;
f)
di utilizzare il segno nella pubblicità comparativa secondo modalità contrarie alla direttiva 2006/114/CE.
4. Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio d'impresa registrato, il titolare di tale marchio registrato ha anche il diritto di vietare ai terzi di introdurre prodotti, in ambito commerciale, nello Stato membro di registrazione del marchio, senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato, quando tali prodotti, compreso il loro imballaggio, provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio che è identico al marchio registrato in relazione a tali prodotti o che non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali da detto marchio.
Il diritto del titolare del marchio d'impresa conformemente al primo comma si estingue se, nel corso del procedimento volto a stabilire se il marchio d'impresa registrato è stato contraffatto, avviato conformemente al regolamento (UE) n. 608/2013, il dichiarante o il detentore dei prodotti dimostra che il titolare del marchio d'impresa registrato non ha diritto a vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel paese di destinazione finale.
5. Se, anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 89/104/CEE, il diritto di uno Stato membro non permetteva di vietare l'uso di un segno alle condizioni di cui al paragrafo 2, lettera b) o c), il diritto conferito dal marchio d'impresa non è opponibile all'ulteriore uso del segno.
6. I paragrafi 1, 2, 3 e 5 non pregiudicano le disposizioni applicabili in uno Stato membro per la tutela contro l'uso di un segno fatto a fini diversi da quello di contraddistinguere i prodotti o servizi, quando l'uso di tale segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa o reca pregiudizio agli stessi.
Articolo 11
Diritto a vietare atti preparatori in relazione all'uso di imballaggi o altri mezzi
Se vi è il rischio che l'imballaggio, le etichette, i cartellini, le caratteristiche o i dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui è apposto il marchio d'impresa possano essere utilizzati per prodotti o servizi e che tale utilizzo costituisca una violazione dei diritti del titolare di un marchio d'impresa a norma dell'articolo 10, paragrafi 2 e 3, il titolare di tale marchio d'impresa ha il diritto di vietare i seguenti atti se posti in essere in ambito commerciale:
a)
l'apposizione di un segno identico o simile al marchio d'impresa sull'imballaggio, le etichette, i cartellini, le caratteristiche o i dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui il marchio può essere apposto;
b)
l'offerta o l'immissione in commercio, o lo stoccaggio per tali fini, o l'importazione o l'esportazione di imballaggi, etichette, cartellini, caratteristiche o dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui il marchio è apposto.
Articolo 12
Riproduzione dei marchi d'impresa nei dizionari
Se la riproduzione di un marchio d'impresa in un dizionario, in un'enciclopedia o in un'opera di consultazione analoga in formato cartaceo o elettronico dà l'impressione che esso costituisca il nome generico dei prodotti o servizi per i quali è registrato il marchio, su richiesta del titolare del marchio d'impresa l'editore dell'opera provvede affinché la riproduzione del marchio sia, tempestivamente e al più tardi nell'edizione successiva in caso di opere in formato cartaceo, corredata dell'indicazione che si tratta di un marchio registrato.
Articolo 13
Divieto d'uso del marchio d'impresa registrato a nome di un agente o rappresentante
1. Se un marchio d'impresa è registrato, senza l'assenso del titolare, a nome dell'agente o rappresentante del titolare, quest'ultimo ha il diritto di avvalersi di una delle seguenti alternative o di entrambi:
a)
opporsi all'uso del marchio d'impresa da parte del suo agente o rappresentante;
b)
esigere la cessione del marchio a proprio favore.
2. Il paragrafo 1 non si applica se l'agente o il rappresentante giustifica il suo modo di agire.
Articolo 14
Limitazione degli effetti del marchio d'impresa
1. Il diritto conferito da un marchio d'impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio:
a)
del nome o dell'indirizzo del terzo, qualora si tratti di una persona fisica;
b)
di segni o indicazioni che non sono distintivi o che riguardano la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, l'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio;
c)
del marchio d'impresa per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, specie se l'uso del marchio è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.
2. Il paragrafo 1 si applica solo se l'uso fatto dal terzo è conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale.
3. Un marchio d'impresa non dà diritto al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio di un diritto anteriore di portata locale, qualora tale diritto sia riconosciuto dalla legislazione dello Stato membro interessato e l'uso di tale diritto rientri nei limiti del territorio in cui è riconosciuto.
Articolo 15
Esaurimento dei diritti conferiti dal marchio d'impresa
1. Un marchio d'impresa non dà diritto al titolare dello stesso di vietarne l'uso per prodotti immessi in commercio nell'Unione con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.
2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio.
Articolo 16
Uso del marchio d'impresa
1. Se, entro cinque anni dalla data di conclusione della procedura di registrazione, il marchio d'impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo continuo di cinque anni, il marchio d'impresa è sottoposto ai limiti e alle sanzioni previste all'articolo 17, all'articolo 19, paragrafo 1, all'articolo 44, paragrafi 1 e 2, e all'articolo 46, paragrafi 3 e 4, salvo motivo legittimo per il mancato uso.
2. Qualora uno Stato membro preveda una procedura di opposizione successivamente alla registrazione, il termine di cinque anni di cui al paragrafo 1 è calcolato a decorrere dalla data in cui il marchio non può più essere oggetto di opposizione o, nel caso in cui l'opposizione sia stata presentata, dalla data in cui la decisione che chiude la procedura di opposizione è diventata definitiva o l'opposizione è stata ritirata.
3. Per quanto riguarda i marchi d'impresa oggetto di una registrazione internazionale e con effetto nello Stato membro, il termine di cinque anni di cui al paragrafo 1 è calcolato a decorrere dalla data in cui il marchio non può più essere escluso dalla registrazione o oggetto di opposizione. Se è stata presentata un'opposizione oppure se è stata notificata un'obiezione per impedimenti assoluti o relativi alla registrazione, il periodo è calcolato a decorrere dalla data in cui la decisione che chiude la procedura di opposizione o che statuisce sugli impedimenti assoluti o relativi alla registrazione è diventata definitiva o l'opposizione è stata ritirata.
4. La data di decorrenza del periodo di cinque anni di cui ai paragrafi 1 e 2 è iscritta nel registro.
5. Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerati come uso:
a)
l'uso del marchio d'impresa in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui è stato registrato, a prescindere dal fatto che anche il marchio nella forma utilizzata sia o meno registrato a nome del titolare;
b)
l'apposizione del marchio d'impresa sui prodotti o sul loro imballaggio nello Stato membro interessato solo ai fini dell'esportazione.
6. Si considera come uso del marchio d'impresa da parte del titolare l'uso del marchio d'impresa col consenso del titolare.
Articolo 17
Mancato uso come difesa in un'azione per contraffazione
Il titolare di un marchio d'impresa ha il diritto di vietare l'uso di un segno solo nella misura in cui non possa essere incorso nella decadenza dai suoi diritti a norma dell'articolo 19 nel momento in cui è avviata l'azione per contraffazione. Su richiesta del convenuto, il titolare del marchio d'impresa fornisce la prova che, nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data in cui è stata avviata l'azione, il marchio d'impresa è stato oggetto di uso effettivo a norma dell'articolo 16 per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda l'azione, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso, a condizione che la procedura di registrazione del marchio, alla data in cui l'azione è stata avviata, fosse conclusa da almeno cinque anni.
Articolo 18
Protezione del diritto del titolare di un marchio d'impresa registrato posteriormente nelle azioni per contraffazione
1. Nell'ambito di azioni per contraffazione, il titolare di un marchio d'impresa non ha il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa registrato posteriormente quando tale marchio posteriore non sarebbe dichiarato nullo ai sensi dell'articolo 8, dell'articolo 9, paragrafi 1 o 2, o dell'articolo 46, paragrafo 3.
2. Nell'ambito di azioni per contraffazione, il titolare di un marchio d'impresa non ha il diritto di vietare l'uso di un marchio UE registrato posteriormente quando tale marchio posteriore non sarebbe dichiarato nullo ai sensi dell'articolo 53, paragrafi 1 o 4, dell'articolo 54, paragrafi 1 o 2, o dell'articolo 57, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009.
3. Qualora il titolare di un marchio d'impresa non abbia il diritto di vietare l'uso di un marchio registrato posteriormente ai sensi del paragrafo 1 o 2, il titolare del marchio registrato posteriormente non ha il diritto di vietare l'uso del marchio d'impresa anteriore nel quadro di un'azione per contraffazione anche se i diritti conferiti dal marchio anteriore non possono più essere fatti valere contro il marchio posteriore.
SEZIONE 4
Decadenza dei diritti di marchio d'impresa
Articolo 19
Mancanza di uso effettivo come motivo di decadenza
1. Il marchio d'impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e se non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso.
2. Nessuno può affermare che un titolare di un marchio d'impresa sia decaduto dai diritti ad esso relativi qualora, tra la scadenza di detto periodo di cinque anni e la presentazione della domanda di decadenza, sia iniziato o ripreso l'uso effettivo del marchio d'impresa.
3. L'inizio o la ripresa dell'uso del marchio d'impresa nei tre mesi precedenti la presentazione della domanda di decadenza e non prima dello scadere del termine ininterrotto di cinque anni di mancato uso non sono presi in considerazione qualora i preparativi a tal fine siano stati avviati solo dopo che il titolare abbia saputo che poteva essere presentata una domanda di decadenza.
Articolo 20
Marchio d'impresa divenuto generico o indicazione ingannevole come motivi di decadenza
Il marchio d'impresa è suscettibile di decadenza qualora, dopo la data di registrazione:
a)
sia divenuto, per il fatto dell'attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato;
b)
sia idoneo a indurre in errore il pubblico, in particolare circa la natura, la qualità o la provenienza geografica dei suddetti prodotti o servizi, a causa dell'uso che ne viene fatto dal titolare del marchio d'impresa o con l'assenso del titolare per i prodotti o servizi per i quali è registrato.
Articolo 21
Decadenza soltanto per una parte dei prodotti o servizi
Se motivi di decadenza di un marchio d'impresa sussistono soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio d'impresa è registrato, la decadenza riguarda solo i prodotti o servizi di cui trattasi.
SEZIONE 5
Marchio d'impresa come oggetto di proprietà
Articolo 22
Trasferimento di marchi d'impresa registrati
1. Indipendentemente dal trasferimento dell'impresa, il marchio d'impresa può essere trasferito per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato.
2. Il trasferimento della totalità dell'impresa implica il trasferimento del marchio d'impresa, salvo se diversamente concordato o se le circostanze impongano chiaramente il contrario. Tale disposizione si applica all'obbligo contrattuale di trasferire l'impresa.
3. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione dei trasferimenti nei loro registri.
Articolo 23
Diritti reali
1. Il marchio d'impresa può, indipendentemente dall'impresa, essere dato in pegno o essere oggetto di un altro diritto reale.
2. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione dei diritti reali nei loro registri.
Articolo 24
Esecuzione forzata
1. Il marchio d'impresa può essere oggetto di misure di esecuzione forzata.
2. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione dell'esecuzione forzata nei loro registri.
Articolo 25
Licenza
1. Il marchio d'impresa può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o parte del territorio di uno Stato membro. Le licenze possono essere esclusive o non esclusive.
2. Il titolare di un marchio d'impresa può far valere i diritti conferiti da tale marchio contro un licenziatario che trasgredisca una disposizione del contratto di licenza per quanto riguarda:
a)
la sua durata;
b)
la forma oggetto della registrazione nella quale si può usare il marchio d'impresa;
c)
la natura dei prodotti o servizi per i quali la licenza è rilasciata;
d)
il territorio al cui interno il marchio d'impresa può essere apposto; o
e)
la qualità dei prodotti fabbricati o dei servizi forniti dal licenziatario.
3. Fatte salve le clausole del contratto di licenza, il licenziatario può avviare un'azione per contraffazione di un marchio d'impresa soltanto con il consenso del titolare del medesimo. Il titolare di una licenza esclusiva può tuttavia avviare una siffatta azione se il titolare del marchio, previa messa in mora, non avvia lui stesso un'azione per contraffazione entro termini appropriati.
4. Un licenziatario può intervenire nell'azione per contraffazione avviata dal titolare del marchio d'impresa per ottenere il risarcimento del danno da lui subito.
5. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione delle licenze nei loro registri.
Articolo 26
Domanda di marchio d'impresa come oggetto di proprietà
Gli articoli da 22 a 25 si applicano alla domanda di marchio d'impresa.
SEZIONE 6
Marchi di garanzia odi certificazione e marchi collettivi
Articolo 27
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a) «marchio di garanzia o di certificazione»: un marchio d'impresa così designato all'atto del deposito della domanda e idoneo a distinguere i prodotti o servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione dei servizi, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche da prodotti e servizi che non sono certificati;
b) «marchio collettivo»: un marchio d'impresa così designato all'atto del deposito e idoneo a distinguere i prodotti o servizi dei membri dell'associazione titolare da quelli di altre imprese.
Articolo 28
Marchi di garanzia odi certificazione
1. Gli Stati membri possono prevedere la registrazione di marchi di garanzia o di certificazione.
2. Qualsiasi persona fisica o giuridica, tra cui istituzioni, autorità e organismi di diritto pubblico, può presentare domanda di marchio di garanzia o di certificazione a condizione che detta persona non svolga un'attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato.
Gli Stati membri possono disporre che un marchio di garanzia o di certificazione non debba essere registrato a meno che il richiedente non sia competente a certificare i prodotti o i servizi per i quali il marchio deve essere registrato.
3. Gli Stati membri possono disporre che i marchi di garanzia o di certificazione debbano essere esclusi dalla registrazione, che si dichiari la loro decadenza o che si dichiari la loro nullità per motivi diversi da quelli di cui agli articoli 4, 19 e 20, nella misura in cui la funzione di detti marchi lo richieda.
4. In deroga all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono disporre che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi di garanzia o di certificazione. Tale marchio di garanzia o di certificazione non autorizza il titolare a vietare a un terzo l'uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché l'uso da parte di detto terzo sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale. In particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica.
5. I requisiti stabiliti dall'articolo 16 sono soddisfatti quando l'uso effettivo di un marchio di garanzia o di certificazione a norma dell'articolo 16 è fatto da una qualsiasi persona abilitata a utilizzarlo.
Articolo 29
Marchi collettivi
1. Gli Stati membri prevedono la registrazione di marchi collettivi.
2. Possono depositare domanda di marchio collettivo le associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti che, conformemente al diritto loro applicabile, hanno la capacità, a proprio nome, di essere titolari di diritti e obblighi, di stipulare contratti o compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio, nonché le persone giuridiche di diritto pubblico.
3. In deroga all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono disporre che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi collettivi. Tali marchi collettivi non autorizzano il titolare a vietare a un terzo l'uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché l'uso da parte di detto terzo sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale. In particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica.
Articolo 30
Regolamento per l'uso del marchio collettivo
1. Il richiedente di un marchio collettivo presenta all'ufficio il regolamento per il suo uso.
2. Nel regolamento d'uso si devono indicare quantomeno le persone abilitate a usare il marchio, le condizioni di appartenenza all'associazione e le condizioni per l'utilizzazione del marchio, comprese le sanzioni. Il regolamento d'uso di un marchio di cui all'articolo 29, paragrafo 3, autorizza qualsiasi persona i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione a diventare membro dell'associazione titolare del marchio, a condizione che detta persona soddisfi tutte le altre condizioni del regolamento.
Articolo 31
Rigetto di una domanda
1. Oltre che per gli impedimenti alla registrazione di un marchio d'impresa previsti dall'articolo 4, ove opportuno, ad eccezione dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), riguardante i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi e dall'articolo 5, fatto salvo il diritto di un ufficio a non procedere all'esame d'ufficio degli impedimenti relativi alla registrazione, una domanda di marchio collettivo è respinta se non soddisfa le disposizioni di cui all'articolo 27, lettera b), dell'articolo 29 o dell'articolo 30, ovvero se il regolamento d'uso di tale marchio collettivo è contrario all'ordine pubblico o al buon costume.
2. Una domanda di marchio collettivo è inoltre respinta se il pubblico rischia di essere indotto in errore circa il carattere o il significato del marchio, in particolare quando questo non sembri un marchio collettivo.
3. Una domanda non è respinta se il richiedente, mediante modificazione del regolamento d'uso del marchio collettivo, soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi 1 e 2.
Articolo 32
Uso del marchio collettivo
I requisiti di cui all'articolo 16 sono soddisfatti quando l'uso effettivo di un marchio collettivo a norma di tale articolo è effettuato da una persona abilitata a utilizzarlo.
Articolo 33
Modifiche del regolamento d'uso del marchio collettivo
1. Il titolare del marchio collettivo sottopone all'ufficio ogni modifica del regolamento d'uso.
2. Ogni modifica del regolamento d'uso è menzionata nel registro salvo se il regolamento d'uso modificato è contrario alle disposizioni dell'articolo 30 o comporta uno degli impedimenti di cui all'articolo 31.
3. Ai fini dell'applicazione della presente direttiva, le modifiche del regolamento d'uso acquistano effetto soltanto a decorrere dalla data di iscrizione di tali modifiche nel registro.
Articolo 34
Esercizio dell'azione per contraffazione
1. Le disposizioni dell'articolo 25, paragrafi 3 e 4, si applicano a ogni persona abilitata a utilizzare un marchio collettivo.
2. Il titolare di un marchio collettivo può chiedere il risarcimento per conto delle persone abilitate a utilizzare il marchio, se esse hanno subito un danno in conseguenza dell'utilizzazione non autorizzata dello stesso.
Articolo 35
Ulteriori motivi di decadenza
Oltre che per i motivi previsti agli articoli 19 e 20, il titolare di un marchio collettivo è dichiarato decaduto dai suoi diritti quando:
a)
il titolare non adotta misure ragionevoli per prevenire un'utilizzazione del marchio che non sia compatibile con le condizioni previste dal regolamento d'uso, comprese eventuali modifiche di cui sia fatta menzione nel registro;
b)
il modo in cui le persone autorizzate hanno utilizzato il marchio rischia di indurre in errore il pubblico ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 2;
c)
la modifica del regolamento d'uso del marchio è stata iscritta nel registro in contrasto con il disposto dell'articolo 33, paragrafo 2, salvo che il titolare del marchio si conformi a dette disposizioni con una nuova modifica del regolamento d'uso.
Articolo 36
Ulteriori motivi di nullità
Oltre che per i motivi di nullità di cui all'articolo 4, ove opportuno, ad eccezione dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), riguardante i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi, nonché per i motivi di nullità di cui all'articolo 5, il marchio collettivo è dichiarato nullo se la sua registrazione non è conforme all'articolo 31, salvo che il titolare del marchio si conformi a dette disposizioni modificando il regolamento d'uso.
CAPO 3
PROCEDURE
SEZIONE 1
Domanda e registrazione
Articolo 37
Elementi essenziali della domanda
1. La domanda di registrazione del marchio d'impresa contiene almeno tutti i seguenti elementi:
a)
una richiesta di registrazione;
b)
informazioni che permettano di identificare il richiedente;
c)
l'elenco dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione;
d)
una rappresentazione del marchio che soddisfa i requisiti di cui all'articolo 3, lettera b).
2. La domanda di marchio d'impresa comporta il pagamento di una tassa stabilita dallo Stato membro interessato.
Articolo 38
Data di deposito
1. La data di deposito della domanda di marchio d'impresa è quella in cui la documentazione contenente gli elementi informativi di cui all'articolo 37, paragrafo 1, è presentata dal richiedente all'ufficio.
2. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la convalida della data di deposito sia soggetta al pagamento della tassa di cui all'articolo 37, paragrafo 2.
Articolo 39
Designazione e classificazione dei prodotti e dei servizi
1. I prodotti e i servizi per i quali è chiesta la registrazione di un marchio d'impresa sono classificati secondo il sistema stabilito dall'accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957 («classificazione di Nizza»).
2. I prodotti e i servizi per i quali è chiesta la protezione sono identificati dal richiedente con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare, esclusivamente su tale base, la portata della protezione richiesta.
3. Ai fini dell'applicazione del paragrafo 2, possono essere utilizzate le indicazioni generali incluse nei titoli delle classi della classificazione di Nizza o altri termini generali, a condizione che siano conformi alle prescrizioni normative di chiarezza e di precisione stabilite nel presente articolo.
4. L'ufficio respinge una domanda che contenga indicazioni o termini poco chiari o imprecisi se il richiedente non propone una formulazione accettabile entro un termine fissato dall'ufficio a tal fine.
5. Se si utilizzano termini generali, comprese le indicazioni generali dei titoli delle classi della classificazione di Nizza, questi sono interpretati come comprendenti tutti i prodotti o servizi chiaramente coperti dal significato letterale dell'indicazione o del termine. Tali termini o indicazioni non sono interpretati come comprendenti prodotti o servizi che non possono essere intesi come tali.
6. Se chiede la registrazione per più classi, il richiedente raggruppa i prodotti e i servizi secondo le classi della classificazione di Nizza, numerando ogni gruppo con il numero della classe cui esso appartiene e indicando i gruppi nell'ordine delle classi.
7. Prodotti e servizi non sono considerati simili tra loro per il fatto che figurano nella stessa classe nell'ambito della classificazione di Nizza. Prodotti e servizi non sono considerati diversi gli uni dagli altri per il motivo che risultano in classi distinte nel quadro della classificazione di Nizza.
Articolo 40
Osservazioni dei terzi
1. Gli Stati membri possono disporre che, prima della registrazione di un marchio d'impresa, le persone fisiche o giuridiche, nonché i gruppi o gli organismi che rappresentano fabbricanti, produttori, prestatori di servizi, commercianti o consumatori possano indirizzare all'ufficio osservazioni scritte, specificando i motivi per i quali il marchio dovrebbe essere escluso d'ufficio dalla registrazione.
Le persone e i gruppi o gli organismi di cui al primo comma non acquistano la qualità di parti nella procedura dinanzi all'ufficio.
2. Oltre ai motivi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, le persone fisiche o giuridiche e i gruppi o gli organismi che rappresentano fabbricanti, produttori, prestatori di servizi, commercianti o consumatori possono presentare all'ufficio osservazioni scritte fondate sui motivi specifici per i quali la domanda di marchio collettivo dovrebbe essere respinta a norma dell'articolo 31, paragrafi 1 e 2. Tale disposizione può essere estesa ai marchi di garanzia e di certificazione, se regolamentati negli Stati membri.
Articolo 41
Divisione delle domande e delle registrazioni
Il richiedente o il titolare può dividere una domanda o una registrazione di marchio d'impresa nazionale in due o più domande o registrazioni separate inviando una dichiarazione all'ufficio e indicando per ciascuna domanda o registrazione parziale i prodotti o servizi contemplati dalla domanda o registrazione originaria che devono essere inclusi nelle domande o registrazioni parziali.
Articolo 42
Tasse per classe di prodotto
Gli Stati membri possono prevedere che la domanda e il rinnovo di un marchio d'impresa debbano essere soggetti ad una tassa supplementare per ciascuna classe di prodotti e servizi oltre la prima classe.
SEZIONE 2
Procedure di opposizione, decadenza e nullità
Articolo 43
Procedura di opposizione
1. Gli Stati membri prevedono una procedura amministrativa efficiente e rapida per opporsi dinanzi ai loro uffici alla registrazione di una domanda di marchio d'impresa per i motivi di cui all'articolo 5.
2. La procedura amministrativa di cui al paragrafo 1 del presente articolo dispone almeno che il titolare di un marchio d'impresa anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e articolo 5, paragrafo 3, lettera a), e la persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti conferiti da una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera c), possano presentare opposizione. L'opposizione può essere presentata sulla base di uno o più diritti anteriori, a condizione che tutti appartengano allo stesso titolare e sulla base di una parte o della totalità dei prodotti e servizi per i quali il diritto anteriore è registrato o richiesto, e può anche vertere su una parte o sulla totalità dei prodotti o servizi per i quali il marchio contestato è richiesto.
3. Alle parti è concesso, su richiesta congiunta, un periodo minimo di due mesi nel procedimento di opposizione al fine di consentire la possibilità di una composizione amichevole tra la controparte e il richiedente.
Articolo 44
Mancato uso come difesa in procedimenti di opposizione
1. In procedimenti di opposizione ai sensi dell'articolo 43, se alla data di deposito o di priorità del marchio d'impresa posteriore il termine di cinque anni entro il quale il marchio anteriore deve aver formato oggetto di uso effettivo ai sensi dell'articolo 16 è scaduto, su richiesta del richiedente il titolare del marchio d'impresa anteriore che abbia presentato opposizione dimostra che il marchio d'impresa anteriore ha formato oggetto di uso effettivo ai sensi dell'articolo 16 nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di deposito o di priorità del marchio d'impresa posteriore, o che sussistevano motivi legittimi per il suo mancato uso. In mancanza di prove in tal senso, l'opposizione è respinta.
2. Se il marchio d'impresa anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per cui è stato registrato, ai fini dell'esame dell'opposizione di cui al paragrafo 1 si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.
3. I paragrafi 1 e 2 del presente articolo si applicano anche nel caso in cui il marchio d'impresa anteriore sia un marchio UE. In tal caso l'uso effettivo del marchio UE è determinato a norma dell'articolo 15 del regolamento (CE) n. 207/2009.
Articolo 45
Procedura per la decadenza o la dichiarazione di nullità
1. Fatto salvo il diritto delle parti al ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali, gli Stati membri prevedono una procedura amministrativa efficiente e rapida per la decadenza o la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa da espletare dinanzi ai loro uffici.
2. La procedura amministrativa per la decadenza prevede che il marchio d'impresa debba decadere per i motivi di cui agli articoli 19 e 20.
3. La procedura amministrativa per la nullità prevede che il marchio debba essere dichiarato nullo almeno per i seguenti motivi:
a)
il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato in quanto non soddisfa i requisiti di cui all'articolo 4;
b)
il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato a causa dell'esistenza di un diritto anteriore ai sensi dell'articolo 5, paragrafi dall'1 al 3.
4. La procedura amministrativa prevede che almeno i seguenti soggetti debbano poter presentare domanda di decadenza o di dichiarazione di nullità:
a)
nei casi di cui al paragrafo 2 e al paragrafo 3, lettera a), le persone fisiche o giuridiche e i gruppi o gli organismi costituiti per rappresentare gli interessi di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi, commercianti o consumatori e che, a norma del diritto applicabile, hanno la capacità di stare in giudizio in nome proprio;
b)
nel caso di cui al paragrafo 3, lettera b), del presente articolo il titolare di un marchio d'impresa anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e articolo 5, paragrafo 3, lettera a), e la persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti conferiti da una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera (c).
5. Una domanda di decadenza o di dichiarazione di nullità può vertere su una parte o sulla totalità dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio contestato è registrato.
6. Una domanda di dichiarazione di nullità può essere presentata sulla base di uno o più diritti anteriori, a condizione che appartengano tutti allo stesso titolare.
Articolo 46
Mancato uso come difesa in procedimenti per la dichiarazione di nullità
1. In procedimenti per la dichiarazione di nullità basata su un marchio d'impresa registrato con una data di deposito o di priorità anteriore, se il titolare del marchio d'impresa posteriore lo chiede, il titolare del marchio d'impresa anteriore fornisce la prova che, nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, il marchio d'impresa anteriore è stato oggetto di uso effettivo a norma dell'articolo 16 per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda la domanda, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso, a condizione che la procedura di registrazione del marchio anteriore, alla data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, fosse conclusa da almeno cinque anni.
2. Qualora, alla data di deposito o di priorità del marchio d'impresa posteriore, il termine di cinque anni durante il quale il marchio d'impresa anteriore doveva essere oggetto di uso effettivo ai sensi dell'articolo 16, sia scaduto, il titolare del marchio d'impresa anteriore, oltre alla prova a norma del paragrafo 1 del presente articolo, fornisce la prova che il marchio è stato oggetto di uso effettivo nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di deposito o di priorità, o che sussistevano motivi legittimi per il suo mancato uso.
3. In mancanza delle prove di cui ai paragrafi 1 e 2, una domanda di dichiarazione di nullità sulla base di un marchio anteriore è respinta.
4. Se il marchio d'impresa anteriore è stato usato conformemente all'articolo 16 solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell'esame della domanda di dichiarazione di nullità si intende registrato soltanto per tale parte dei prodotti o servizi.
5. I paragrafi da 1 a 4 del presente articolo si applicano anche nel caso in cui il marchio d'impresa anteriore sia un marchio UE. In tal caso, l'uso effettivo del marchio UE è determinato a norma dell'articolo 15 del regolamento (CE) n. 207/2009.
Articolo 47
Effetti della decadenza e della nullità
1. Nella misura in cui il titolare sia dichiarato decaduto dai suoi diritti, un marchio d'impresa registrato è considerato privo degli effetti di cui alla presente direttiva a decorrere dalla data della domanda di decadenza. Su richiesta di una parte, nella decisione sulla domanda di decadenza può essere fissata una data anteriore nella quale è sopravvenuta una delle cause di decadenza.
2. Un marchio d'impresa registrato è considerato fin dall'inizio privo degli effetti di cui alla presente direttiva nella misura in cui il marchio sia stato dichiarato nullo.
SEZIONE 3
Durata e rinnovo della registrazione
Articolo 48
Durata della registrazione
1. La durata di registrazione del marchio d'impresa è di dieci anni a decorrere dalla data di deposito della domanda.
2. Conformemente all'articolo 49, la registrazione è rinnovabile per periodi di dieci anni.
Articolo 49
Rinnovo
1. La registrazione di un marchio d'impresa è rinnovata su richiesta del titolare del marchio o di qualsiasi persona autorizzata per legge o contrattualmente, purché le tasse di rinnovo siano state pagate. Gli Stati membri possono stabilire che l'avvenuto pagamento delle tasse costituisca richiesta di rinnovo.
2. L'ufficio informa della scadenza della registrazione il titolare del marchio d'impresa almeno sei mesi prima della suddetta scadenza. L'ufficio non è ritenuto responsabile qualora ometta di fornire tali informazioni.
3. La domanda di rinnovo è presentata in un periodo di almeno sei mesi immediatamente precedenti la scadenza della registrazione e le relative tasse sono pagate nello stesso termine. In caso contrario, la domanda può essere presentata entro un termine supplementare di sei mesi immediatamente decorrente dalla scadenza della registrazione o del successivo rinnovo. Le tasse di rinnovo e una tassa aggiuntiva sono versate entro tale termine.
4. Se la domanda di rinnovo o le tasse pagate si riferiscono soltanto a una parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio d'impresa è registrato, la registrazione è rinnovata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi.
5. Il rinnovo acquista effetto il giorno successivo alla data di scadenza della registrazione esistente. Il rinnovo viene iscritto nel registro.
SEZIONE 4
Comunicazione con l'ufficio
Articolo 50
Comunicazione con l'ufficio
Le parti al procedimento o, se nominati, i loro rappresentanti designano un indirizzo ufficiale per tutte le comunicazioni ufficiali con l'ufficio. Gli Stati membri hanno il diritto di esigere che tale indirizzo ufficiale sia situato all'interno dello Spazio economico europeo.
CAPO 4
COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA
Articolo 51
Cooperazione in materia di registrazione e amministrazione dei marchi d'impresa
Gli uffici hanno la facoltà di cooperare efficacemente tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale al fine di promuovere la convergenza delle pratiche e degli strumenti in relazione all'esame e alla registrazione dei marchi d'impresa.
Articolo 52
Cooperazione in altri settori
Gli uffici hanno la facoltà di cooperare efficacemente tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale in tutti i settori delle loro attività diversi da quelli di cui all'articolo 51 che siano rilevanti ai fini della protezione dei marchi d'impresa nell'Unione.
CAPO 5
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 53
Protezione dei dati
Il trattamento di qualsiasi dato personale effettuato negli Stati membri nel quadro della presente direttiva è soggetto alle normative nazionali di attuazione della direttiva 95/46/CE.
Articolo 54
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 3 a 6, agli articoli da 8 a 14, agli articoli 16, 17 e 18, agli articoli da 22 a 39, all'articolo 41, agli articoli da 43 a 50 entro il 14 gennaio 2019. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi all'articolo 45 entro il 14 gennaio 2023. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l'indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva si intendono fatti a quest'ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell'indicazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 55
Abrogazione
La direttiva 2008/95/CE è abrogata a decorrere dal 15 gennaio 2019, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno della direttiva 89/104/CEE di cui all'allegato I, parte B della direttiva 2008/95/CE.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato.
Articolo 56
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Gli articoli 1, 7, 15, 19, 20, 21 e da 54 a 57 si applicano dal 15 gennaio 2019.
Articolo 57
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 16 dicembre 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
N. SCHMIT
(1) GU C 327 del 12.11.2013, pag. 42.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 10 novembre 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 15 dicembre 2015.
(3) Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU L 299 dell'8.11.2008, pag. 25).
(4) Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78 del 24.3.2009, pag. 1).
(5) Direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21).
(6) Regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali e che abroga il regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio (GU L 181 del 29.6.2013, pag. 15).
(7) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(8) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(9) Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 1).
ALLEGATO
Tavola di concordanza
Direttiva 2008/95/CE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
—
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a h)
Articolo 4, paragrafo 1, lettere da a) a h)
—
Articolo 4, paragrafo 1, lettere da i) a l)
Articolo 3, paragrafo 2, lettere da a) a c)
Articolo 4, paragrafo 3, lettere da a) a c)
Articolo 3, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 3, prima frase
Articolo 4, paragrafo 4, prima frase
—
Articolo 4, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 3, paragrafo 3, seconda frase
Articolo 4, paragrafo 5
Articolo 3, paragrafo 4
—
Articolo 4, paragrafi 1 e 2
Articolo 5, paragrafi 1 e 2
Articolo 4, paragrafi 3 e 4, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 3, lettera a)
—
Articolo 5, paragrafo 3, lettera b)
—
Articolo 5, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 4, lettere b) e c)
Articolo 5, paragrafo 4, lettere a) e b)
Articolo 4, paragrafo 4, lettere da d) a f)
—
Articolo 4, paragrafo 4, lettera g)
Articolo 5, paragrafo 4, lettera c)
Articolo 4, paragrafi 5 e 6
Articolo 5, paragrafo 5 e 6
—
Articolo 8
Articolo 5, paragrafo 1, prima frase introduttiva
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2, parte introduttiva della frase
Articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b)
Articolo 10, paragrafo 2, lettere a) e b)
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 10, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 3, lettere da a) a c)
Articolo 10, paragrafo 3, lettere da a) a c)
—
Articolo 10, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 10, paragrafo 3, lettera e)
—
Articolo 10, paragrafo 3, lettera f)
—
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafi 4 e 5
Articolo 10, paragrafi 5 e 6
—
Articolo 11
—
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 6, paragrafo 1, lettere da a) a c)
Articolo 14, paragrafo 1, lettere da a) a c), e paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafo 3
Articolo 7
Articolo 15
Articolo 8, paragrafi 1 e 2
Articolo 25, paragrafi 1 e 2
—
Articolo 25, paragrafi da 3 a 5
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10, paragrafo 1, primo comma
Articolo 16, paragrafo 1
—
Articolo 16, paragrafi da 2 a 4
Articolo 10, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 16, paragrafo 5
Articolo 10, paragrafo 2
Articolo 16, paragrafo 6
Articolo 10, paragrafo 3
—
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 46, paragrafi da 1 a 3
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 44, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 3
Articolo 17
Articolo 11, paragrafo 4
Articoli 17, 44, paragrafo 2 e articolo 46, paragrafo 4
—
Articolo 18
Articolo 12, paragrafo 1, primo comma
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 19, paragrafo 2
Articolo 12, paragrafo 1, terzo comma
Articolo 19, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 20
Articolo 13
Articoli 7 e 21
Articolo 14
Articolo 6
—
Articoli da 22 a 24
—
Articolo 26
—
Articolo 27
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 28, paragrafi 1 e 3
Articolo 15, paragrafo 2
Articolo 28, paragrafo 4
—
Articolo 28, paragrafi 2 e 5
—
Articoli da 29 a 54, paragrafo 1
Articolo 16
Articolo 54, paragrafo 2
Articolo 17
Articolo 55
Articolo 18
Articolo 56
Articolo 19
Articolo 57
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA (UE) 2015/2436 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 dicembre 2015
sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Poiché si rendono necessarie varie modifiche della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2)
La direttiva 2008/95/CE ha armonizzato disposizioni fondamentali del diritto sostanziale riguardante i marchi d'impresa che, all'epoca della sua adozione, erano considerate tali da incidere nel modo più diretto sul funzionamento del mercato interno, ostacolando la libera circolazione dei prodotti e la libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione.
(3)
La protezione del marchio d'impresa offerta negli Stati membri coesiste con quella disponibile a livello dell'Unione tramite il marchio dell'Unione europea («marchio UE») di carattere unitario e valido in tutta l'Unione a norma del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio (4). La coesistenza e l'equilibrio dei sistemi dei marchi d'impresa a livello nazionale e dell'Unione costituiscono di fatto una pietra angolare dell'impostazione dell'Unione in materia di tutela della proprietà intellettuale.
(4)
A seguito della sua comunicazione della Commissione del 16 luglio 2008, sulla strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale, la Commissione ha svolto un'ampia valutazione del funzionamento complessivo del sistema del marchio d'impresa in Europa, prendendo in esame sia il livello dell'Unione che quello nazionale e le interrelazioni tra essi.
(5)
Nelle conclusioni del 25 maggio 2010 sulla futura revisione del sistema del marchio nell'Unione europea, il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare proposte di revisione del regolamento (CE) n. 207/2009 e della direttiva 2008/95/CE. È opportuno che tale direttiva sia riveduta anche per essere resa più coerente con il regolamento (CE) n. 207/2009 in modo da ridurre gli elementi di divergenza nell'ambito del sistema del marchio in Europa nel suo complesso, pur mantenendo la protezione dei marchi a livello nazionale come opzione attraente per i richiedenti. In tale contesto, dovrebbe essere garantita la relazione complementare fra il sistema del marchio UE e i sistemi nazionali.
(6)
Nella sua comunicazione del 24 maggio 2011 intitolata «Un mercato unico dei diritti di proprietà intellettuale», la Commissione è giunta alla conclusione che, al fine di rispondere alle richieste crescenti delle parti interessate di sistemi di registrazione dei marchi più rapidi, di qualità più elevata, più razionali e che siano anche più uniformi, di facile uso, accessibili pubblicamente e tecnologicamente aggiornati, occorre modernizzare il sistema del marchio nell'Unione nel suo complesso e adattarlo all'era di Internet.
(7)
Dalle consultazioni e valutazioni svolte ai fini della presente direttiva è emerso che, malgrado la precedente parziale armonizzazione delle legislazioni nazionali, restano settori in cui un'ulteriore armonizzazione potrebbe avere un impatto positivo sulla competitività e la crescita.
(8)
Al fine di perseguire l'obiettivo di promuovere e creare un mercato interno ben funzionante e per facilitare l'acquisizione e la protezione dei marchi nell'Unione a beneficio della crescita e della competitività delle imprese europee, in particolare le piccole e medie imprese, è necessario andare al di là del ravvicinamento limitato realizzato dalla direttiva 2008/95/CE ed estendere il ravvicinamento ad altri aspetti del diritto sostanziale dei marchi protetti mediante la registrazione a norma del regolamento (CE) n. 207/2009.
(9)
Perché le registrazioni dei marchi siano più facili da ottenere e da gestire in tutta l'Unione, è essenziale ravvicinare non solo le disposizioni di diritto sostanziale, ma anche le norme procedurali. Pertanto, è opportuno allineare le principali norme procedurali in materia di registrazione del marchio d'impresa degli Stati membri e del sistema del marchio UE. Per quanto riguarda le procedure del diritto nazionale, è sufficiente stabilire principi generali, lasciando agli Stati membri la facoltà di stabilire norme più specifiche.
(10)
È di essenziale importanza garantire che i marchi d'impresa registrati abbiano la stessa protezione negli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri. In linea con l'ampia protezione riconosciuta ai marchi UE che abbiano acquisito una notorietà nell'Unione, è opportuno garantire un'ampia tutela a livello nazionale anche a tutti i marchi d'impresa registrati che abbiano acquisito una notorietà nello Stato membro interessato.
(11)
La presente direttiva non dovrebbe privare gli Stati membri del diritto di continuare a tutelare i marchi d'impresa acquisiti attraverso l'uso, ma dovrebbe disciplinare detti marchi solo per ciò che attiene ai loro rapporti con i marchi d'impresa acquisiti attraverso la registrazione.
(12)
Il conseguimento degli obiettivi del presente ravvicinamento delle legislazioni presuppone che l'acquisizione e la conservazione del diritto sul marchio d'impresa registrato siano in linea di massima subordinate, in tutti gli Stati membri, alle stesse condizioni.
(13)
A tale scopo occorre un elenco esemplificativo di segni in grado di costituire un marchio d'impresa, i quali consentano di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese. Per raggiungere gli obiettivi del sistema di registrazione dei marchi d'impresa, vale a dire garantire la certezza del diritto e un'amministrazione solida, è altresì essenziale prescrivere che il segno sia suscettibile di essere rappresentato in modo chiaro, preciso, autonomo, facilmente accessibile, intelligibile, durevole e oggettivo. Il segno dovrebbe poter essere rappresentato in qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia generalmente disponibile, e quindi non necessariamente mediante strumenti grafici, purché la rappresentazione offra sufficienti garanzie in tal senso.
(14)
Inoltre, gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità dovuti al marchio d'impresa stesso, compresa l'assenza di carattere distintivo, ovvero inerenti ai conflitti tra il marchio d'impresa e i diritti anteriori dovrebbero essere enumerati esaurientemente, anche se per alcuni di essi il recepimento resta facoltativo da parte degli Stati membri, i quali dovrebbero quindi poterli mantenere o introdurre nelle rispettive legislazioni.
(15)
Al fine di garantire che il livello di protezione accordato alle indicazioni geografiche dalla legislazione dell'Unione e dal diritto nazionale sia applicato in modo uniforme e completo nell'esame degli impedimenti assoluti e relativi alla registrazione in tutta l'Unione, è opportuno che in relazione alle indicazioni geografiche la presente direttiva includa le stesse disposizioni del regolamento (CE) n. 207/2009. È inoltre opportuno garantire che la portata degli impedimenti assoluti sia estesa in modo da includere anche menzioni tradizionali protette per i vini e le specialità tradizionali garantite.
(16)
La tutela che è accordata dal marchio d'impresa registrato e che mira in particolare a garantire la funzione d'origine del marchio d'impresa dovrebbe essere assoluta nel caso in cui vi sia identità tra il marchio d'impresa e il segno corrispondente, nonché tra i prodotti o servizi. La tutela dovrebbe essere accordata anche in caso di somiglianza tra il marchio d'impresa e il segno e tra i prodotti o servizi. È indispensabile interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione. Il rischio di confusione, la cui valutazione dipende da numerosi fattori, e segnatamente dalla notorietà del marchio d'impresa sul mercato, dall'associazione che può essere fatta tra il marchio d'impresa e il segno usato o registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio d'impresa e il segno e tra i prodotti o servizi designati, dovrebbe costituire la condizione specifica della tutela. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le norme procedurali nazionali alle quali spetta disciplinare i mezzi grazie a cui può essere constatato il rischio di confusione, e in particolare il relativo onere della prova.
(17)
Per garantire la certezza del diritto e il pieno rispetto del principio di priorità, secondo il quale il marchio registrato anteriormente prevale su marchi registrati posteriormente, è necessario stabilire che l'esercizio dei diritti conferiti da un marchio d'impresa non dovrebbe pregiudicare i diritti del titolare acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio. Tale approccio è conforme all'articolo 16, paragrafo 1, dell'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, del 15 aprile 1994 («accordo TRIPS»).
(18)
È opportuno prevedere che la contraffazione di un marchio d'impresa possa essere dichiarata soltanto se si accerta che il marchio o segno in questione è utilizzato nel commercio per contraddistinguere i prodotti o i servizi. È opportuno che l'uso del segno per motivi diversi da quello di contraddistinguere i prodotti o servizi sia soggetto alle disposizioni del diritto nazionale.
(19)
È opportuno che il concetto di contraffazione di un marchio d'impresa comprenda anche l'uso del segno come nome commerciale o designazione simile purché tale uso serva a contraddistinguere i prodotti o servizi.
(20)
Per garantire la certezza del diritto e il pieno rispetto della legislazione dell'Unione in materia, è opportuno che il titolare di un marchio d'impresa abbia il diritto di vietare ai terzi l'uso di un segno nella pubblicità comparativa, quando tale pubblicità è contraria alla direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(21)
Al fine di rafforzare la protezione dei marchi d'impresa e lottare più efficacemente contro la contraffazione, nonché in linea con gli obblighi internazionali degli Stati membri nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), in particolare l'articolo V dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) sulla libertà di transito e, per quanto riguarda i farmaci generici, la «dichiarazione sull'accordo TRIPS e la salute pubblica» adottata dalla conferenza ministeriale dell'OMC a Doha il 14 novembre 2001, è opportuno che il titolare di un marchio d'impresa abbia il diritto di vietare ai terzi di introdurre prodotti, in ambito commerciale, nello Stato membro di registrazione del marchio senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato, quando tali prodotti provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio identico o sostanzialmente identico al marchio registrato in relazione a tali prodotti.
(22)
A tal fine, dovrebbe essere consentito ai titolari di marchi d'impresa impedire l'ingresso di prodotti contraffatti e la loro immissione in tutte le situazioni doganali, compresi, in particolare, il transito, il trasbordo, il deposito, le zone franche, la custodia temporanea, il perfezionamento attivo o l'ammissione temporanea, anche nel caso in cui detti prodotti non sono destinati ad essere immessi sul mercato dello Stato membro interessato. Nell'effettuare i controlli doganali è opportuno che le autorità doganali si avvalgano dei poteri e delle procedure di cui al regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), anche su richiesta dei titolari dei diritti. In particolare, le autorità doganali dovrebbero effettuare i controlli del caso sulla base di criteri di analisi del rischio.
(23)
Al fine di conciliare la necessità di garantire l'efficace esercizio dei diritti di marchio d'impresa con la necessità di evitare di ostacolare la libera circolazione degli scambi di prodotti legali, il diritto del titolare del marchio d'impresa dovrebbe estinguersi laddove, nel corso del successivo procedimento avviato dinanzi all'autorità giudiziaria o altra autorità competente a decidere nel merito circa l'effettiva violazione del marchio d'impresa registrato, il dichiarante o il detentore dei prodotti sia in grado di dimostrare che il titolare del marchio registrato non ha diritto a vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel paese di destinazione finale.
(24)
L'articolo 28 del regolamento (UE) n. 608/2013 prevede che il titolare del diritto sia responsabile dei danni nei confronti del detentore dei prodotti se, tra l'altro, emerge in seguito che i prodotti in questione non violano un diritto di proprietà intellettuale.
(25)
Dovrebbero essere adottate misure appropriate al fine di garantire il transito regolare dei farmaci generici. Riguardo alle denominazioni comuni internazionali (DCI) in quanto nomi generici riconosciuti a livello mondiale di sostanze attive dei prodotti farmaceutici, è indispensabile tenere debitamente conto delle restrizioni esistenti all'efficacia dei diritti di marchio d'impresa. Di conseguenza, il titolare di un marchio d'impresa non dovrebbe avere il diritto di vietare a terzi di immettere prodotti in uno Stato membro di registrazione del marchio senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato sulla base di somiglianze fra la DCI del principio attivo dei farmaci e il marchio d'impresa.
(26)
Al fine di consentire ai titolari di marchi d'impresa registrati di lottare più efficacemente contro la contraffazione, è opportuno che essi abbiano il diritto di vietare l'apposizione di un marchio d'impresa contraffatto sui prodotti e taluni atti preparatori compiuti precedentemente a tale apposizione.
(27)
È opportuno che i diritti esclusivi conferiti dal marchio d'impresa non permettano al titolare di vietare l'uso da parte di terzi di segni o indicazioni utilizzati correttamente e quindi conformemente alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale. Al fine di creare condizioni di parità per i nomi commerciali e i marchi d'impresa, tenendo conto che ai nomi commerciali è di norma concessa una protezione illimitata rispetto ai marchi d'impresa posteriori, è opportuno considerare che tale uso comprenda solo l'uso del nome di persona di un terzo. È opportuno inoltre che esso consenta l'impiego di segni o indicazioni descrittivi o non distintivi in generale. È opportuno, inoltre, che il titolare non abbia il diritto di vietare un uso corretto e leale del marchio d'impresa al fine di identificare e menzionare prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare. L'uso di un marchio d'impresa da parte di terzi allo scopo di attirare l'attenzione dei consumatori sulla rivendita di prodotti autentici che erano originariamente venduti dal titolare del marchio o con il suo consenso nell'Unione dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in ambito industriale e commerciale. L'uso di un marchio d'impresa da parte di terzi per fini di espressione artistica dovrebbe essere considerato corretto a condizione di essere al tempo stesso conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale. Inoltre, la presente direttiva dovrebbe essere applicata in modo tale da assicurare il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare della libertà di espressione.
(28)
Discende dal principio della libera circolazione delle merci che il titolare di un marchio d'impresa non dovrebbe poterne vietare l'uso a terzi in relazione a prodotti che sono stati messi in circolazione nell'Unione con il marchio dal titolare stesso o con il suo consenso, salvo che il titolare abbia motivi legittimi per opporsi all'ulteriore commercializzazione dei prodotti.
(29)
La certezza del diritto impone che il titolare di un marchio d'impresa anteriore, senza che i suoi interessi siano ingiustamente lesi, non possa più richiedere la nullità ovvero opporsi all'uso di un marchio d'impresa posteriore al proprio, qualora ne abbia coscientemente tollerato l'uso per un lungo periodo, tranne ove il marchio d'impresa posteriore sia stato richiesto in malafede.
(30)
Al fine di garantire la certezza del diritto e salvaguardare i diritti di marchio d'impresa legittimamente acquisiti, è opportuno e necessario disporre che, fatto salvo il principio che il marchio posteriore non può essere opposto al marchio anteriore, i titolari di marchi anteriori non debbano essere legittimati ad impedire la registrazione o ad ottenere la nullità o ad opporsi all'uso di un marchio d'impresa posteriore se il marchio d'impresa posteriore è stato acquisito in un momento in cui il marchio anteriore poteva essere dichiarato nullo o decaduto, per esempio perché non aveva ancora acquisito un carattere distintivo attraverso l'uso, o se il marchio anteriore non poteva essere opposto al marchio d'impresa posteriore in quanto le condizioni necessarie non erano applicabili, per esempio perché il marchio anteriore non aveva ancora acquisito notorietà.
(31)
I marchi d'impresa raggiungono la loro finalità di distinguere prodotti o servizi e di consentire ai consumatori di effettuare scelte informate solo quando sono effettivamente utilizzati sul mercato. Il requisito dell'uso è altresì necessario per ridurre il numero totale dei marchi d'impresa registrati e protetti nell'Unione, e di conseguenza il numero di conflitti che insorgono tra loro. È pertanto essenziale prescrivere che i marchi d'impresa registrati siano effettivamente utilizzati in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali sono registrati o che, se non utilizzati in relazione a questi entro cinque anni dalla data di conclusione della procedura di registrazione, possano decadere.
(32)
Di conseguenza, è opportuno che un marchio d'impresa registrato sia protetto solo nella misura in cui sia effettivamente utilizzato e un marchio d'impresa registrato anteriormente non consenta al suo titolare di opporsi o ottenere la nullità di un marchio d'impresa posteriore se detto titolare non ha fatto un uso effettivo del suo marchio. Inoltre, è opportuno che gli Stati membri prevedano che un marchio d'impresa non possa essere fatto valere con successo in un procedimento per contraffazione se si è stabilita, dietro eccezione, la dichiarabilità della decadenza del marchio o, in caso di azione presentata contro un diritto posteriore, se si è stabilita la dichiarabilità della decadenza del marchio al momento dell'acquisizione del diritto posteriore.
(33)
È opportuno prevedere che, quando la preesistenza di un marchio d'impresa nazionale o di un marchio d'impresa oggetto di una registrazione internazionale con effetto nello Stato membro è stata fatta valere nei confronti di un marchio UE e qualora il marchio che ha portato alla rivendicazione della preesistenza sia stato successivamente oggetto di rinuncia o di estinzione, la validità di tale marchio possa ancora essere contestata. Tale contestazione dovrebbe essere limitata ai casi in cui il marchio d'impresa avrebbe potuto essere dichiarato nullo o decaduto al momento in cui è stato cancellato dal registro.
(34)
Per motivi di coerenza e per facilitare lo sfruttamento commerciale dei marchi d'impresa nell'Unione, le norme applicabili ai marchi d'impresa come oggetti di proprietà dovrebbero essere allineate nella misura adeguata a quelle già in vigore per i marchi UE e dovrebbero riguardare altresì il trasferimento e la cessione, la concessione di licenze, i diritti reali e le esecuzioni forzate.
(35)
I marchi collettivi si sono rivelati uno strumento utile per promuovere prodotti o servizi con specifiche proprietà comuni. È quindi opportuno sottoporre i marchi collettivi nazionali a norme simili a quelle applicabili ai marchi collettivi dell'Unione europea.
(36)
Per migliorare e agevolare l'accesso alla protezione del marchio d'impresa e per accrescere la certezza e la prevedibilità del diritto, la procedura per la registrazione dei marchi d'impresa negli Stati membri dovrebbe essere efficace e trasparente e seguire regole analoghe a quelle applicabili ai marchi UE.
(37)
Al fine di garantire la certezza del diritto per quanto riguarda la portata dei diritti di marchio d'impresa e per agevolare l'accesso alla protezione del marchio, la designazione e la classificazione dei prodotti e dei servizi coperti da una domanda di marchio dovrebbero rispettare le stesse norme in tutti gli Stati membri ed essere allineate a quelle applicabili ai marchi UE. Al fine di consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare l'estensione della protezione del marchio d'impresa solo sulla base della domanda, la designazione dei prodotti e dei servizi dovrebbe essere sufficientemente chiara e precisa. È opportuno che l'uso di termini generali sia interpretato come inclusivo solo di prodotti e servizi chiaramente coperti dal significato letterale di un termine. Ai fini della chiarezza e della certezza del diritto, gli uffici centrali della proprietà industriale degli Stati membri e l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale dovrebbero, in cooperazione tra loro, cercare di compilare un elenco che rifletta le rispettive pratiche amministrative per quanto riguarda la classificazione dei prodotti e dei servizi.
(38)
Al fine di assicurare l'efficace protezione del marchio d'impresa, è opportuno che gli Stati membri rendano disponibile una procedura amministrativa di opposizione efficace, che consenta quantomeno al titolare di diritti di marchio d'impresa anteriori e ad ogni persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti derivanti da una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta di opporsi alla registrazione di una domanda di marchio d'impresa. Inoltre, al fine di offrire un mezzo efficace per dichiarare decaduti i marchi d'impresa o per dichiararli nulli, è opportuno che gli Stati membri prevedano una procedura amministrativa per la decadenza o la dichiarazione di nullità entro un periodo di recepimento più lungo, di sette anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva.
(39)
È auspicabile che gli uffici centrali della proprietà industriale degli Stati membri e l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale cooperino tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale in tutti gli ambiti della registrazione e dell'amministrazione dei marchi d'impresa, al fine di promuovere la convergenza delle pratiche e degli strumenti, come la creazione e l'aggiornamento di banche dati e portali comuni o connessi a fini di consultazione e ricerca. Gli Stati membri dovrebbero inoltre garantire che i loro uffici cooperino tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale in tutte le altre aree delle loro attività che siano rilevanti per la protezione dei marchi d'impresa nell'Unione.
(40)
La presente direttiva non dovrebbe escludere che siano applicate ai marchi d'impresa norme del diritto degli Stati membri diverse dalle norme del diritto dei marchi d'impresa, come le disposizioni sulla concorrenza sleale, sulla responsabilità civile o sulla tutela dei consumatori.
(41)
Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale («convenzione di Parigi») e dell'accordo TRIPS. È necessario che la presente direttiva sia in perfetta armonia con detta convenzione e detto accordo. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare gli obblighi degli Stati membri derivanti da tale convenzione e da tale accordo. Se del caso, è opportuno applicare l'articolo 351, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
(42)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, segnatamente la promozione e la creazione di un mercato interno ben funzionante e la facilitazione della registrazione, amministrazione e protezione dei marchi d'impresa nell'Unione a vantaggio della crescita e della competitività, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(43)
La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7), disciplina il trattamento dei dati personali effettuato negli Stati membri nel contesto della presente direttiva.
(44)
Il Garante europeo della protezione dei dati è stato consultato conformemente all'articolo 28, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e ha espresso un parere in data 11 luglio 2013.
(45)
L'obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alla direttiva precedente. L'obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente.
(46)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri ai sensi della direttiva 2008/95/CE relativi al termine di recepimento della direttiva 89/104/CEE (9) nel diritto interno indicati nell'allegato I, parte B, della direttiva 2008/95/CE,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica a tutti i marchi d'impresa relativi a prodotti o servizi che formano oggetto di una registrazione o di una domanda di registrazione come marchi d'impresa individuali, marchi di garanzia o di certificazione, ovvero marchi collettivi in uno Stato membro o presso l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale o che sono oggetto di una registrazione internazionale che produce effetti in uno Stato membro.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) «ufficio»: l'ufficio centrale della proprietà industriale dello Stato membro o l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale ai quali è affidata la registrazione dei marchi d'impresa;
b) «registro»: il registro dei marchi d'impresa tenuto da un ufficio.
CAPO 2
DIRITTO SOSTANZIALE IN MATERIA DI MARCHIO D'IMPRESA
SEZIONE 1
Segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa
Articolo 3
Segni suscettibili di costituire un marchio d'impresa
Sono suscettibili di costituire marchi d'impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, o i disegni, le lettere, le cifre, i colori, la forma del prodotto o del suo confezionamento, oppure i suoni, a condizione che tali segni siano adatti:
a)
a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese; e
b)
a essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare precisamente ed esattamente l'oggetto della protezione garantita al suo titolare.
SEZIONE 2
Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità
Articolo 4
Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità assoluti
1. Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:
a)
i segni che non possono costituire un marchio d'impresa;
b)
i marchi d'impresa privi di carattere distintivo;
c)
i marchi d'impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che nel commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;
d)
i marchi d'impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio;
e)
i segni costituiti esclusivamente:
i)
dalla forma, o altra caratteristica, imposta dalla natura stessa del prodotto;
ii)
dalla forma, o altra caratteristica, del prodotto, necessaria per ottenere un risultato tecnico;
iii)
dalla forma, o altra caratteristica, dei prodotti, che dà un valore sostanziale al prodotto;
f)
i marchi d'impresa contrari all'ordine pubblico o al buon costume;
g)
i marchi d'impresa che possono indurre in errore il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio;
h)
i marchi d'impresa che, in mancanza di autorizzazione delle autorità competenti, devono essere esclusi dalla registrazione o dichiarati nulli a norma dell'articolo 6 ter della convenzione di Parigi;
i)
i marchi d'impresa che sono esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'Unione, al diritto nazionale dello Stato membro interessato o ad accordi internazionali di cui l'Unione o lo Stato membro interessato è parte, relativi alla protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche;
j)
i marchi d'impresa esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'Unione relativa alla protezione delle menzioni tradizionali per i vini o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte;
k)
i marchi d'impresa esclusi dalla registrazione conformemente alla legislazione dell'Unione relativa alla protezione delle specialità tradizionali garantite o ad accordi internazionali in materia di cui l'Unione è parte;
l)
i marchi d'impresa che sono costituiti da o che riproducono nei loro elementi essenziali una denominazione di varietà vegetale anteriore registrata ai sensi della legislazione dell'Unione, del diritto nazionale dello Stato membro interessato o di accordi internazionali di cui l'Unione o lo Stato membro interessato è parte, relativi alla protezione della privativa per varietà vegetali e che riguardano varietà vegetali della stessa specie o di specie apparentate.
2. Il marchio d'impresa è suscettibile di essere dichiarato nullo se la domanda di registrazione è stata presentata dal richiedente in mala fede. Ogni Stato membro può anche disporre che tale marchio sia escluso dalla registrazione.
3. Ogni Stato membro può prevedere che un marchio d'impresa sia escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:
a)
l'uso di tale marchio d'impresa possa essere vietato ai sensi di norme giuridiche diverse dalle norme del diritto in materia di marchi d'impresa dello Stato membro interessato o dell'Unione;
b)
il marchio d'impresa contenga un segno di alto valore simbolico, in particolare un simbolo religioso;
c)
il marchio d'impresa contenga simboli, emblemi e stemmi che siano diversi da quelli di cui all'articolo 6 ter della convenzione di Parigi e che rivestano un interesse pubblico, a meno che l'autorità competente non ne abbia autorizzato la registrazione conformemente al diritto dello Stato membro in questione.
4. Un marchio d'impresa non è escluso dalla registrazione ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se, prima della data della domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, ha acquisito un carattere distintivo. Per gli stessi motivi, un marchio d'impresa non è dichiarato nullo se, prima della domanda di dichiarazione di nullità, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, ha acquisito un carattere distintivo.
5. Gli Stati membri possono disporre che il paragrafo 4 debba essere applicato anche quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la data della domanda di registrazione, ma prima della data di registrazione stessa.
Articolo 5
Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità relativi
1. Un marchio d'impresa è escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo se:
a)
il marchio d'impresa è identico a un marchio d'impresa anteriore e se i prodotti o servizi per cui il marchio d'impresa è stato richiesto o è stato registrato sono identici a quelli per cui il marchio d'impresa anteriore è tutelato;
b)
l'identità o la somiglianza di detto marchio d'impresa col marchio d'impresa anteriore e l'identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dai due marchi d'impresa può dar adito a un rischio di confusione per il pubblico comportante anche un rischio di associazione tra il marchio d'impresa e il marchio d'impresa anteriore.
2. Per «marchi d'impresa anteriori», ai sensi del paragrafo 1, si intendono:
a)
i marchi d'impresa la cui domanda di registrazione sia anteriore alla domanda di registrazione del marchio d'impresa, tenuto conto, ove occorra, del diritto di priorità invocato per i medesimi e che appartengano alle categorie seguenti:
i)
i marchi UE;
ii)
i marchi d'impresa registrati nello Stato membro interessato o, per quanto riguarda il Belgio, il Lussemburgo e i Paesi Bassi, presso l'ufficio Benelux per la proprietà intellettuale;
iii)
i marchi d'impresa oggetto di una registrazione internazionale con effetto nello Stato membro interessato;
b)
i marchi UE che, conformemente al regolamento (CE) n. 207/2009, rivendicano validamente la preesistenza di un marchio d'impresa di cui ai punti ii) e iii) della lettera a), anche ove quest'ultimo marchio sia stato oggetto di una rinuncia o si sia estinto;
c)
le domande di marchi d'impresa di cui alle lettere a) e b), sempre che siano registrati;
d)
i marchi d'impresa che, alla data di presentazione della domanda di registrazione o, se del caso, alla data della priorità invocata a sostegno della domanda di marchio, sono «notoriamente conosciuti» nello Stato membro interessato ai sensi dell'articolo 6 bis della convenzione di Parigi.
3. Inoltre, un marchio è escluso dalla registrazione o, se registrato, può essere dichiarato nullo se:
a)
è identico o simile ad un marchio d'impresa anteriore indipendentemente dal fatto che i prodotti o i servizi per i quali è richiesto o registrato siano identici, simili o non simili a quelli per cui è registrato il marchio d'impresa anteriore, quando il marchio d'impresa anteriore gode di notorietà nello Stato membro in relazione al quale è richiesta la registrazione o in cui è registrato il marchio d'impresa o, nel caso di un marchio UE, nell'Unione e l'uso del marchio d'impresa posteriore senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi;
b)
l'agente o il rappresentante del titolare del marchio presenta la domanda di registrazione a proprio nome senza l'autorizzazione del titolare, a meno che tale agente o rappresentante non giustifichi il proprio modo di agire; e
c)
nella misura in cui, ai sensi della legislazione dell'Unione o del diritto dello Stato membro interessato in materia di tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche:
i)
era già stata presentata una domanda di denominazione di origine o di indicazione geografica conformemente alla legislazione dell'Unione o al diritto dello Stato membro interessato prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchio d'impresa o della data di priorità invocata a sostegno della domanda, fatta salva la sua successiva registrazione;
ii)
detta denominazione di origine o indicazione geografica conferisce alla persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti da essa derivanti il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa posteriore.
4. Ogni Stato membro può disporre che un marchio d'impresa debba essere escluso dalla registrazione o, se registrato, possa essere dichiarato nullo se e nella misura in cui:
a)
siano stati acquisiti diritti a un marchio d'impresa non registrato o a un altro segno utilizzato nel commercio prima della data di presentazione della domanda di registrazione del marchio d'impresa posteriore o, se del caso, prima della data di priorità invocata a sostegno della domanda di registrazione del marchio d'impresa posteriore, e tale marchio d'impresa non registrato o altro segno dia al suo titolare il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa posteriore;
b)
sia possibile vietare l'uso del marchio d'impresa in base a un diritto anteriore, diverso dai diritti di cui al paragrafo 2, e alla lettera a), del presente paragrafo, in particolare in base a:
i)
un diritto al nome;
ii)
un diritto all'immagine;
iii)
un diritto d'autore;
iv)
un diritto di proprietà industriale;
c)
il marchio d'impresa si presti a essere confuso con un marchio anteriore protetto all'estero, a condizione che, alla data di presentazione della domanda, il richiedente abbia agito in malafede.
5. Gli Stati membri provvedono affinché, in determinate circostanze, non si debba necessariamente escludere dalla registrazione o dichiarare nullo un marchio d'impresa ove il titolare del marchio d'impresa anteriore o di un diritto anteriore consenta alla registrazione del marchio d'impresa posteriore.
6. In deroga ai paragrafi da 1 a 5, gli Stati membri possono prevedere che gli impedimenti alla registrazione o i motivi di nullità applicabili in uno Stato membro anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 89/104/CEE siano applicabili ai marchi d'impresa depositati anteriormente a quella data.
Articolo 6
Constatazione a posteriori della nullità o della decadenza di un marchio d'impresa
Quando rispetto ad un marchio UE si invoca la preesistenza di un marchio nazionale o di un marchio oggetto di una registrazione internazionale con effetto nello Stato membro, che siano stati oggetto di rinuncia o di estinzione, è possibile constatare a posteriori la nullità o la decadenza del marchio che ha portato alla rivendicazione della preesistenza, a condizione che la nullità o la decadenza potessero essere dichiarate al momento in cui il marchio è stato oggetto di rinuncia o di estinzione. In tal caso, la preesistenza cessa di produrre i suoi effetti.
Articolo 7
Impedimenti alla registrazione e motivi di nullità soltanto per una parte dei prodotti o servizi
Se un impedimento alla registrazione o motivi di nullità di un marchio d'impresa sussistono soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio d'impresa è richiesto o registrato, l'impedimento alla registrazione o la nullità riguardano solo i prodotti o servizi di cui trattasi.
Articolo 8
Mancanza di carattere distintivo o di notorietà di un marchio d'impresa anteriore che preclude la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa registrato
Una domanda di dichiarazione di nullità sulla base di un marchio anteriore non è accolta alla data di presentazione della domanda di nullità se, alla data di deposito o alla data di priorità del marchio d'impresa posteriore, non fosse accolta per una delle seguenti ragioni:
a)
il marchio d'impresa anteriore, dichiarabile nullo ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere b), c) o d), non aveva ancora acquisito un carattere distintivo di cui all'articolo 4, paragrafo 4;
b)
la domanda di dichiarazione di nullità è basata sull'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), e il marchio d'impresa anteriore non aveva ancora acquisito un carattere sufficientemente distintivo per poter sostenere l'esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b);
c)
la domanda di dichiarazione di nullità è basata sull'articolo 5, paragrafo 3, lettera a), e il marchio d'impresa anteriore non aveva ancora acquisito notorietà ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, lettera a).
Articolo 9
Preclusione di una dichiarazione di nullità per tolleranza
1. Il titolare di un marchio d'impresa anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 2, o all'articolo 5, paragrafo 3, lettera a), il quale, durante cinque anni consecutivi, abbia tollerato l'uso in uno Stato membro di un marchio d'impresa posteriore registrato in tale Stato membro, di cui era a conoscenza, non può più domandare la dichiarazione di nullità del marchio d'impresa posteriore sulla base del proprio marchio d'impresa anteriore per i prodotti o servizi per i quali è stato utilizzato il marchio d'impresa posteriore, salvo ove il marchio d'impresa posteriore sia stato domandato in malafede.
2. Gli Stati membri possono prevedere che il paragrafo 1 del presente articolo debba essere applicato al titolare di qualsiasi altro diritto anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 4, lettera a) o b).
3. Nei casi di cui ai paragrafi 1 o 2, il titolare di un marchio d'impresa registrato posteriormente non può opporsi all'uso del diritto anteriore, benché detto diritto non possa più essere fatto valere contro il marchio d'impresa posteriore.
SEZIONE 3
Diritti conferiti e limitazioni
Articolo 10
Diritti conferiti dal marchio d'impresa
1. La registrazione di un marchio d'impresa conferisce al titolare diritti esclusivi.
2. Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio registrato, il titolare di tale marchio registrato ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno che:
a)
sia identico al marchio d'impresa ed è utilizzato per prodotti o servizi identici a quelli per cui è stato registrato;
b)
sia identico o simile al marchio d'impresa ed è utilizzato in relazione a prodotti o servizi che sono identici o simili ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio d'impresa è registrato, se può dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un'associazione tra il segno e il marchio d'impresa;
c)
sia identico o simile al marchio d'impresa a prescindere dal fatto che sia utilizzato per prodotti o servizi che sono identici, simili o non simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio d'impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l'uso immotivato del segno consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa o reca pregiudizio agli stessi.
3. Si può in particolare vietare a norma del paragrafo 2:
a)
di apporre il segno sui prodotti o sul loro imballaggio;
b)
di offrire o immettere in commercio o stoccare a tali fini i prodotti ovvero offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;
c)
di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;
d)
di utilizzare il segno come nome commerciale o denominazione sociale o come parte di essi;
e)
di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità;
f)
di utilizzare il segno nella pubblicità comparativa secondo modalità contrarie alla direttiva 2006/114/CE.
4. Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio d'impresa registrato, il titolare di tale marchio registrato ha anche il diritto di vietare ai terzi di introdurre prodotti, in ambito commerciale, nello Stato membro di registrazione del marchio, senza la loro immissione in libera pratica in tale Stato, quando tali prodotti, compreso il loro imballaggio, provengono da paesi terzi e recano senza autorizzazione un marchio che è identico al marchio registrato in relazione a tali prodotti o che non può essere distinto nei suoi aspetti essenziali da detto marchio.
Il diritto del titolare del marchio d'impresa conformemente al primo comma si estingue se, nel corso del procedimento volto a stabilire se il marchio d'impresa registrato è stato contraffatto, avviato conformemente al regolamento (UE) n. 608/2013, il dichiarante o il detentore dei prodotti dimostra che il titolare del marchio d'impresa registrato non ha diritto a vietare l'immissione in commercio dei prodotti nel paese di destinazione finale.
5. Se, anteriormente alla data di entrata in vigore delle disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 89/104/CEE, il diritto di uno Stato membro non permetteva di vietare l'uso di un segno alle condizioni di cui al paragrafo 2, lettera b) o c), il diritto conferito dal marchio d'impresa non è opponibile all'ulteriore uso del segno.
6. I paragrafi 1, 2, 3 e 5 non pregiudicano le disposizioni applicabili in uno Stato membro per la tutela contro l'uso di un segno fatto a fini diversi da quello di contraddistinguere i prodotti o servizi, quando l'uso di tale segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio d'impresa o reca pregiudizio agli stessi.
Articolo 11
Diritto a vietare atti preparatori in relazione all'uso di imballaggi o altri mezzi
Se vi è il rischio che l'imballaggio, le etichette, i cartellini, le caratteristiche o i dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui è apposto il marchio d'impresa possano essere utilizzati per prodotti o servizi e che tale utilizzo costituisca una violazione dei diritti del titolare di un marchio d'impresa a norma dell'articolo 10, paragrafi 2 e 3, il titolare di tale marchio d'impresa ha il diritto di vietare i seguenti atti se posti in essere in ambito commerciale:
a)
l'apposizione di un segno identico o simile al marchio d'impresa sull'imballaggio, le etichette, i cartellini, le caratteristiche o i dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui il marchio può essere apposto;
b)
l'offerta o l'immissione in commercio, o lo stoccaggio per tali fini, o l'importazione o l'esportazione di imballaggi, etichette, cartellini, caratteristiche o dispositivi di sicurezza o autenticazione o qualsiasi altro mezzo su cui il marchio è apposto.
Articolo 12
Riproduzione dei marchi d'impresa nei dizionari
Se la riproduzione di un marchio d'impresa in un dizionario, in un'enciclopedia o in un'opera di consultazione analoga in formato cartaceo o elettronico dà l'impressione che esso costituisca il nome generico dei prodotti o servizi per i quali è registrato il marchio, su richiesta del titolare del marchio d'impresa l'editore dell'opera provvede affinché la riproduzione del marchio sia, tempestivamente e al più tardi nell'edizione successiva in caso di opere in formato cartaceo, corredata dell'indicazione che si tratta di un marchio registrato.
Articolo 13
Divieto d'uso del marchio d'impresa registrato a nome di un agente o rappresentante
1. Se un marchio d'impresa è registrato, senza l'assenso del titolare, a nome dell'agente o rappresentante del titolare, quest'ultimo ha il diritto di avvalersi di una delle seguenti alternative o di entrambi:
a)
opporsi all'uso del marchio d'impresa da parte del suo agente o rappresentante;
b)
esigere la cessione del marchio a proprio favore.
2. Il paragrafo 1 non si applica se l'agente o il rappresentante giustifica il suo modo di agire.
Articolo 14
Limitazione degli effetti del marchio d'impresa
1. Il diritto conferito da un marchio d'impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio:
a)
del nome o dell'indirizzo del terzo, qualora si tratti di una persona fisica;
b)
di segni o indicazioni che non sono distintivi o che riguardano la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, l'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio;
c)
del marchio d'impresa per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, specie se l'uso del marchio è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.
2. Il paragrafo 1 si applica solo se l'uso fatto dal terzo è conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale e commerciale.
3. Un marchio d'impresa non dà diritto al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio di un diritto anteriore di portata locale, qualora tale diritto sia riconosciuto dalla legislazione dello Stato membro interessato e l'uso di tale diritto rientri nei limiti del territorio in cui è riconosciuto.
Articolo 15
Esaurimento dei diritti conferiti dal marchio d'impresa
1. Un marchio d'impresa non dà diritto al titolare dello stesso di vietarne l'uso per prodotti immessi in commercio nell'Unione con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.
2. Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all'ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio.
Articolo 16
Uso del marchio d'impresa
1. Se, entro cinque anni dalla data di conclusione della procedura di registrazione, il marchio d'impresa non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo continuo di cinque anni, il marchio d'impresa è sottoposto ai limiti e alle sanzioni previste all'articolo 17, all'articolo 19, paragrafo 1, all'articolo 44, paragrafi 1 e 2, e all'articolo 46, paragrafi 3 e 4, salvo motivo legittimo per il mancato uso.
2. Qualora uno Stato membro preveda una procedura di opposizione successivamente alla registrazione, il termine di cinque anni di cui al paragrafo 1 è calcolato a decorrere dalla data in cui il marchio non può più essere oggetto di opposizione o, nel caso in cui l'opposizione sia stata presentata, dalla data in cui la decisione che chiude la procedura di opposizione è diventata definitiva o l'opposizione è stata ritirata.
3. Per quanto riguarda i marchi d'impresa oggetto di una registrazione internazionale e con effetto nello Stato membro, il termine di cinque anni di cui al paragrafo 1 è calcolato a decorrere dalla data in cui il marchio non può più essere escluso dalla registrazione o oggetto di opposizione. Se è stata presentata un'opposizione oppure se è stata notificata un'obiezione per impedimenti assoluti o relativi alla registrazione, il periodo è calcolato a decorrere dalla data in cui la decisione che chiude la procedura di opposizione o che statuisce sugli impedimenti assoluti o relativi alla registrazione è diventata definitiva o l'opposizione è stata ritirata.
4. La data di decorrenza del periodo di cinque anni di cui ai paragrafi 1 e 2 è iscritta nel registro.
5. Ai sensi del paragrafo 1 sono inoltre considerati come uso:
a)
l'uso del marchio d'impresa in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui è stato registrato, a prescindere dal fatto che anche il marchio nella forma utilizzata sia o meno registrato a nome del titolare;
b)
l'apposizione del marchio d'impresa sui prodotti o sul loro imballaggio nello Stato membro interessato solo ai fini dell'esportazione.
6. Si considera come uso del marchio d'impresa da parte del titolare l'uso del marchio d'impresa col consenso del titolare.
Articolo 17
Mancato uso come difesa in un'azione per contraffazione
Il titolare di un marchio d'impresa ha il diritto di vietare l'uso di un segno solo nella misura in cui non possa essere incorso nella decadenza dai suoi diritti a norma dell'articolo 19 nel momento in cui è avviata l'azione per contraffazione. Su richiesta del convenuto, il titolare del marchio d'impresa fornisce la prova che, nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data in cui è stata avviata l'azione, il marchio d'impresa è stato oggetto di uso effettivo a norma dell'articolo 16 per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda l'azione, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso, a condizione che la procedura di registrazione del marchio, alla data in cui l'azione è stata avviata, fosse conclusa da almeno cinque anni.
Articolo 18
Protezione del diritto del titolare di un marchio d'impresa registrato posteriormente nelle azioni per contraffazione
1. Nell'ambito di azioni per contraffazione, il titolare di un marchio d'impresa non ha il diritto di vietare l'uso di un marchio d'impresa registrato posteriormente quando tale marchio posteriore non sarebbe dichiarato nullo ai sensi dell'articolo 8, dell'articolo 9, paragrafi 1 o 2, o dell'articolo 46, paragrafo 3.
2. Nell'ambito di azioni per contraffazione, il titolare di un marchio d'impresa non ha il diritto di vietare l'uso di un marchio UE registrato posteriormente quando tale marchio posteriore non sarebbe dichiarato nullo ai sensi dell'articolo 53, paragrafi 1 o 4, dell'articolo 54, paragrafi 1 o 2, o dell'articolo 57, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009.
3. Qualora il titolare di un marchio d'impresa non abbia il diritto di vietare l'uso di un marchio registrato posteriormente ai sensi del paragrafo 1 o 2, il titolare del marchio registrato posteriormente non ha il diritto di vietare l'uso del marchio d'impresa anteriore nel quadro di un'azione per contraffazione anche se i diritti conferiti dal marchio anteriore non possono più essere fatti valere contro il marchio posteriore.
SEZIONE 4
Decadenza dei diritti di marchio d'impresa
Articolo 19
Mancanza di uso effettivo come motivo di decadenza
1. Il marchio d'impresa è suscettibile di decadenza se entro un periodo ininterrotto di cinque anni esso non ha formato oggetto di uso effettivo nello Stato membro interessato per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e se non sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso.
2. Nessuno può affermare che un titolare di un marchio d'impresa sia decaduto dai diritti ad esso relativi qualora, tra la scadenza di detto periodo di cinque anni e la presentazione della domanda di decadenza, sia iniziato o ripreso l'uso effettivo del marchio d'impresa.
3. L'inizio o la ripresa dell'uso del marchio d'impresa nei tre mesi precedenti la presentazione della domanda di decadenza e non prima dello scadere del termine ininterrotto di cinque anni di mancato uso non sono presi in considerazione qualora i preparativi a tal fine siano stati avviati solo dopo che il titolare abbia saputo che poteva essere presentata una domanda di decadenza.
Articolo 20
Marchio d'impresa divenuto generico o indicazione ingannevole come motivi di decadenza
Il marchio d'impresa è suscettibile di decadenza qualora, dopo la data di registrazione:
a)
sia divenuto, per il fatto dell'attività o inattività del suo titolare, la generica denominazione commerciale di un prodotto o servizio per il quale è registrato;
b)
sia idoneo a indurre in errore il pubblico, in particolare circa la natura, la qualità o la provenienza geografica dei suddetti prodotti o servizi, a causa dell'uso che ne viene fatto dal titolare del marchio d'impresa o con l'assenso del titolare per i prodotti o servizi per i quali è registrato.
Articolo 21
Decadenza soltanto per una parte dei prodotti o servizi
Se motivi di decadenza di un marchio d'impresa sussistono soltanto per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio d'impresa è registrato, la decadenza riguarda solo i prodotti o servizi di cui trattasi.
SEZIONE 5
Marchio d'impresa come oggetto di proprietà
Articolo 22
Trasferimento di marchi d'impresa registrati
1. Indipendentemente dal trasferimento dell'impresa, il marchio d'impresa può essere trasferito per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato.
2. Il trasferimento della totalità dell'impresa implica il trasferimento del marchio d'impresa, salvo se diversamente concordato o se le circostanze impongano chiaramente il contrario. Tale disposizione si applica all'obbligo contrattuale di trasferire l'impresa.
3. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione dei trasferimenti nei loro registri.
Articolo 23
Diritti reali
1. Il marchio d'impresa può, indipendentemente dall'impresa, essere dato in pegno o essere oggetto di un altro diritto reale.
2. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione dei diritti reali nei loro registri.
Articolo 24
Esecuzione forzata
1. Il marchio d'impresa può essere oggetto di misure di esecuzione forzata.
2. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione dell'esecuzione forzata nei loro registri.
Articolo 25
Licenza
1. Il marchio d'impresa può essere oggetto di licenza per la totalità o parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato e per la totalità o parte del territorio di uno Stato membro. Le licenze possono essere esclusive o non esclusive.
2. Il titolare di un marchio d'impresa può far valere i diritti conferiti da tale marchio contro un licenziatario che trasgredisca una disposizione del contratto di licenza per quanto riguarda:
a)
la sua durata;
b)
la forma oggetto della registrazione nella quale si può usare il marchio d'impresa;
c)
la natura dei prodotti o servizi per i quali la licenza è rilasciata;
d)
il territorio al cui interno il marchio d'impresa può essere apposto; o
e)
la qualità dei prodotti fabbricati o dei servizi forniti dal licenziatario.
3. Fatte salve le clausole del contratto di licenza, il licenziatario può avviare un'azione per contraffazione di un marchio d'impresa soltanto con il consenso del titolare del medesimo. Il titolare di una licenza esclusiva può tuttavia avviare una siffatta azione se il titolare del marchio, previa messa in mora, non avvia lui stesso un'azione per contraffazione entro termini appropriati.
4. Un licenziatario può intervenire nell'azione per contraffazione avviata dal titolare del marchio d'impresa per ottenere il risarcimento del danno da lui subito.
5. Gli Stati membri devono disporre di procedure per consentire l'iscrizione delle licenze nei loro registri.
Articolo 26
Domanda di marchio d'impresa come oggetto di proprietà
Gli articoli da 22 a 25 si applicano alla domanda di marchio d'impresa.
SEZIONE 6
Marchi di garanzia odi certificazione e marchi collettivi
Articolo 27
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a) «marchio di garanzia o di certificazione»: un marchio d'impresa così designato all'atto del deposito della domanda e idoneo a distinguere i prodotti o servizi certificati dal titolare del marchio in relazione al materiale, al procedimento di fabbricazione dei prodotti o alla prestazione dei servizi, alla qualità, alla precisione o ad altre caratteristiche da prodotti e servizi che non sono certificati;
b) «marchio collettivo»: un marchio d'impresa così designato all'atto del deposito e idoneo a distinguere i prodotti o servizi dei membri dell'associazione titolare da quelli di altre imprese.
Articolo 28
Marchi di garanzia odi certificazione
1. Gli Stati membri possono prevedere la registrazione di marchi di garanzia o di certificazione.
2. Qualsiasi persona fisica o giuridica, tra cui istituzioni, autorità e organismi di diritto pubblico, può presentare domanda di marchio di garanzia o di certificazione a condizione che detta persona non svolga un'attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato.
Gli Stati membri possono disporre che un marchio di garanzia o di certificazione non debba essere registrato a meno che il richiedente non sia competente a certificare i prodotti o i servizi per i quali il marchio deve essere registrato.
3. Gli Stati membri possono disporre che i marchi di garanzia o di certificazione debbano essere esclusi dalla registrazione, che si dichiari la loro decadenza o che si dichiari la loro nullità per motivi diversi da quelli di cui agli articoli 4, 19 e 20, nella misura in cui la funzione di detti marchi lo richieda.
4. In deroga all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono disporre che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi di garanzia o di certificazione. Tale marchio di garanzia o di certificazione non autorizza il titolare a vietare a un terzo l'uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché l'uso da parte di detto terzo sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale. In particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica.
5. I requisiti stabiliti dall'articolo 16 sono soddisfatti quando l'uso effettivo di un marchio di garanzia o di certificazione a norma dell'articolo 16 è fatto da una qualsiasi persona abilitata a utilizzarlo.
Articolo 29
Marchi collettivi
1. Gli Stati membri prevedono la registrazione di marchi collettivi.
2. Possono depositare domanda di marchio collettivo le associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti che, conformemente al diritto loro applicabile, hanno la capacità, a proprio nome, di essere titolari di diritti e obblighi, di stipulare contratti o compiere altri atti giuridici e di stare in giudizio, nonché le persone giuridiche di diritto pubblico.
3. In deroga all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono disporre che i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi costituiscano marchi collettivi. Tali marchi collettivi non autorizzano il titolare a vietare a un terzo l'uso nel commercio di siffatti segni o indicazioni, purché l'uso da parte di detto terzo sia conforme alle consuetudini di lealtà in campo industriale o commerciale. In particolare un siffatto marchio non può essere opposto a un terzo abilitato a utilizzare una denominazione geografica.
Articolo 30
Regolamento per l'uso del marchio collettivo
1. Il richiedente di un marchio collettivo presenta all'ufficio il regolamento per il suo uso.
2. Nel regolamento d'uso si devono indicare quantomeno le persone abilitate a usare il marchio, le condizioni di appartenenza all'associazione e le condizioni per l'utilizzazione del marchio, comprese le sanzioni. Il regolamento d'uso di un marchio di cui all'articolo 29, paragrafo 3, autorizza qualsiasi persona i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione a diventare membro dell'associazione titolare del marchio, a condizione che detta persona soddisfi tutte le altre condizioni del regolamento.
Articolo 31
Rigetto di una domanda
1. Oltre che per gli impedimenti alla registrazione di un marchio d'impresa previsti dall'articolo 4, ove opportuno, ad eccezione dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), riguardante i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi e dall'articolo 5, fatto salvo il diritto di un ufficio a non procedere all'esame d'ufficio degli impedimenti relativi alla registrazione, una domanda di marchio collettivo è respinta se non soddisfa le disposizioni di cui all'articolo 27, lettera b), dell'articolo 29 o dell'articolo 30, ovvero se il regolamento d'uso di tale marchio collettivo è contrario all'ordine pubblico o al buon costume.
2. Una domanda di marchio collettivo è inoltre respinta se il pubblico rischia di essere indotto in errore circa il carattere o il significato del marchio, in particolare quando questo non sembri un marchio collettivo.
3. Una domanda non è respinta se il richiedente, mediante modificazione del regolamento d'uso del marchio collettivo, soddisfa le condizioni di cui ai paragrafi 1 e 2.
Articolo 32
Uso del marchio collettivo
I requisiti di cui all'articolo 16 sono soddisfatti quando l'uso effettivo di un marchio collettivo a norma di tale articolo è effettuato da una persona abilitata a utilizzarlo.
Articolo 33
Modifiche del regolamento d'uso del marchio collettivo
1. Il titolare del marchio collettivo sottopone all'ufficio ogni modifica del regolamento d'uso.
2. Ogni modifica del regolamento d'uso è menzionata nel registro salvo se il regolamento d'uso modificato è contrario alle disposizioni dell'articolo 30 o comporta uno degli impedimenti di cui all'articolo 31.
3. Ai fini dell'applicazione della presente direttiva, le modifiche del regolamento d'uso acquistano effetto soltanto a decorrere dalla data di iscrizione di tali modifiche nel registro.
Articolo 34
Esercizio dell'azione per contraffazione
1. Le disposizioni dell'articolo 25, paragrafi 3 e 4, si applicano a ogni persona abilitata a utilizzare un marchio collettivo.
2. Il titolare di un marchio collettivo può chiedere il risarcimento per conto delle persone abilitate a utilizzare il marchio, se esse hanno subito un danno in conseguenza dell'utilizzazione non autorizzata dello stesso.
Articolo 35
Ulteriori motivi di decadenza
Oltre che per i motivi previsti agli articoli 19 e 20, il titolare di un marchio collettivo è dichiarato decaduto dai suoi diritti quando:
a)
il titolare non adotta misure ragionevoli per prevenire un'utilizzazione del marchio che non sia compatibile con le condizioni previste dal regolamento d'uso, comprese eventuali modifiche di cui sia fatta menzione nel registro;
b)
il modo in cui le persone autorizzate hanno utilizzato il marchio rischia di indurre in errore il pubblico ai sensi dell'articolo 31, paragrafo 2;
c)
la modifica del regolamento d'uso del marchio è stata iscritta nel registro in contrasto con il disposto dell'articolo 33, paragrafo 2, salvo che il titolare del marchio si conformi a dette disposizioni con una nuova modifica del regolamento d'uso.
Articolo 36
Ulteriori motivi di nullità
Oltre che per i motivi di nullità di cui all'articolo 4, ove opportuno, ad eccezione dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), riguardante i segni o le indicazioni che, nel commercio, possono servire a designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi, nonché per i motivi di nullità di cui all'articolo 5, il marchio collettivo è dichiarato nullo se la sua registrazione non è conforme all'articolo 31, salvo che il titolare del marchio si conformi a dette disposizioni modificando il regolamento d'uso.
CAPO 3
PROCEDURE
SEZIONE 1
Domanda e registrazione
Articolo 37
Elementi essenziali della domanda
1. La domanda di registrazione del marchio d'impresa contiene almeno tutti i seguenti elementi:
a)
una richiesta di registrazione;
b)
informazioni che permettano di identificare il richiedente;
c)
l'elenco dei prodotti o dei servizi per i quali si chiede la registrazione;
d)
una rappresentazione del marchio che soddisfa i requisiti di cui all'articolo 3, lettera b).
2. La domanda di marchio d'impresa comporta il pagamento di una tassa stabilita dallo Stato membro interessato.
Articolo 38
Data di deposito
1. La data di deposito della domanda di marchio d'impresa è quella in cui la documentazione contenente gli elementi informativi di cui all'articolo 37, paragrafo 1, è presentata dal richiedente all'ufficio.
2. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la convalida della data di deposito sia soggetta al pagamento della tassa di cui all'articolo 37, paragrafo 2.
Articolo 39
Designazione e classificazione dei prodotti e dei servizi
1. I prodotti e i servizi per i quali è chiesta la registrazione di un marchio d'impresa sono classificati secondo il sistema stabilito dall'accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957 («classificazione di Nizza»).
2. I prodotti e i servizi per i quali è chiesta la protezione sono identificati dal richiedente con chiarezza e precisione sufficienti a consentire alle autorità competenti e agli operatori economici di determinare, esclusivamente su tale base, la portata della protezione richiesta.
3. Ai fini dell'applicazione del paragrafo 2, possono essere utilizzate le indicazioni generali incluse nei titoli delle classi della classificazione di Nizza o altri termini generali, a condizione che siano conformi alle prescrizioni normative di chiarezza e di precisione stabilite nel presente articolo.
4. L'ufficio respinge una domanda che contenga indicazioni o termini poco chiari o imprecisi se il richiedente non propone una formulazione accettabile entro un termine fissato dall'ufficio a tal fine.
5. Se si utilizzano termini generali, comprese le indicazioni generali dei titoli delle classi della classificazione di Nizza, questi sono interpretati come comprendenti tutti i prodotti o servizi chiaramente coperti dal significato letterale dell'indicazione o del termine. Tali termini o indicazioni non sono interpretati come comprendenti prodotti o servizi che non possono essere intesi come tali.
6. Se chiede la registrazione per più classi, il richiedente raggruppa i prodotti e i servizi secondo le classi della classificazione di Nizza, numerando ogni gruppo con il numero della classe cui esso appartiene e indicando i gruppi nell'ordine delle classi.
7. Prodotti e servizi non sono considerati simili tra loro per il fatto che figurano nella stessa classe nell'ambito della classificazione di Nizza. Prodotti e servizi non sono considerati diversi gli uni dagli altri per il motivo che risultano in classi distinte nel quadro della classificazione di Nizza.
Articolo 40
Osservazioni dei terzi
1. Gli Stati membri possono disporre che, prima della registrazione di un marchio d'impresa, le persone fisiche o giuridiche, nonché i gruppi o gli organismi che rappresentano fabbricanti, produttori, prestatori di servizi, commercianti o consumatori possano indirizzare all'ufficio osservazioni scritte, specificando i motivi per i quali il marchio dovrebbe essere escluso d'ufficio dalla registrazione.
Le persone e i gruppi o gli organismi di cui al primo comma non acquistano la qualità di parti nella procedura dinanzi all'ufficio.
2. Oltre ai motivi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, le persone fisiche o giuridiche e i gruppi o gli organismi che rappresentano fabbricanti, produttori, prestatori di servizi, commercianti o consumatori possono presentare all'ufficio osservazioni scritte fondate sui motivi specifici per i quali la domanda di marchio collettivo dovrebbe essere respinta a norma dell'articolo 31, paragrafi 1 e 2. Tale disposizione può essere estesa ai marchi di garanzia e di certificazione, se regolamentati negli Stati membri.
Articolo 41
Divisione delle domande e delle registrazioni
Il richiedente o il titolare può dividere una domanda o una registrazione di marchio d'impresa nazionale in due o più domande o registrazioni separate inviando una dichiarazione all'ufficio e indicando per ciascuna domanda o registrazione parziale i prodotti o servizi contemplati dalla domanda o registrazione originaria che devono essere inclusi nelle domande o registrazioni parziali.
Articolo 42
Tasse per classe di prodotto
Gli Stati membri possono prevedere che la domanda e il rinnovo di un marchio d'impresa debbano essere soggetti ad una tassa supplementare per ciascuna classe di prodotti e servizi oltre la prima classe.
SEZIONE 2
Procedure di opposizione, decadenza e nullità
Articolo 43
Procedura di opposizione
1. Gli Stati membri prevedono una procedura amministrativa efficiente e rapida per opporsi dinanzi ai loro uffici alla registrazione di una domanda di marchio d'impresa per i motivi di cui all'articolo 5.
2. La procedura amministrativa di cui al paragrafo 1 del presente articolo dispone almeno che il titolare di un marchio d'impresa anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e articolo 5, paragrafo 3, lettera a), e la persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti conferiti da una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera c), possano presentare opposizione. L'opposizione può essere presentata sulla base di uno o più diritti anteriori, a condizione che tutti appartengano allo stesso titolare e sulla base di una parte o della totalità dei prodotti e servizi per i quali il diritto anteriore è registrato o richiesto, e può anche vertere su una parte o sulla totalità dei prodotti o servizi per i quali il marchio contestato è richiesto.
3. Alle parti è concesso, su richiesta congiunta, un periodo minimo di due mesi nel procedimento di opposizione al fine di consentire la possibilità di una composizione amichevole tra la controparte e il richiedente.
Articolo 44
Mancato uso come difesa in procedimenti di opposizione
1. In procedimenti di opposizione ai sensi dell'articolo 43, se alla data di deposito o di priorità del marchio d'impresa posteriore il termine di cinque anni entro il quale il marchio anteriore deve aver formato oggetto di uso effettivo ai sensi dell'articolo 16 è scaduto, su richiesta del richiedente il titolare del marchio d'impresa anteriore che abbia presentato opposizione dimostra che il marchio d'impresa anteriore ha formato oggetto di uso effettivo ai sensi dell'articolo 16 nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di deposito o di priorità del marchio d'impresa posteriore, o che sussistevano motivi legittimi per il suo mancato uso. In mancanza di prove in tal senso, l'opposizione è respinta.
2. Se il marchio d'impresa anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per cui è stato registrato, ai fini dell'esame dell'opposizione di cui al paragrafo 1 si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.
3. I paragrafi 1 e 2 del presente articolo si applicano anche nel caso in cui il marchio d'impresa anteriore sia un marchio UE. In tal caso l'uso effettivo del marchio UE è determinato a norma dell'articolo 15 del regolamento (CE) n. 207/2009.
Articolo 45
Procedura per la decadenza o la dichiarazione di nullità
1. Fatto salvo il diritto delle parti al ricorso dinanzi agli organi giurisdizionali, gli Stati membri prevedono una procedura amministrativa efficiente e rapida per la decadenza o la dichiarazione di nullità di un marchio d'impresa da espletare dinanzi ai loro uffici.
2. La procedura amministrativa per la decadenza prevede che il marchio d'impresa debba decadere per i motivi di cui agli articoli 19 e 20.
3. La procedura amministrativa per la nullità prevede che il marchio debba essere dichiarato nullo almeno per i seguenti motivi:
a)
il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato in quanto non soddisfa i requisiti di cui all'articolo 4;
b)
il marchio d'impresa non avrebbe dovuto essere registrato a causa dell'esistenza di un diritto anteriore ai sensi dell'articolo 5, paragrafi dall'1 al 3.
4. La procedura amministrativa prevede che almeno i seguenti soggetti debbano poter presentare domanda di decadenza o di dichiarazione di nullità:
a)
nei casi di cui al paragrafo 2 e al paragrafo 3, lettera a), le persone fisiche o giuridiche e i gruppi o gli organismi costituiti per rappresentare gli interessi di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi, commercianti o consumatori e che, a norma del diritto applicabile, hanno la capacità di stare in giudizio in nome proprio;
b)
nel caso di cui al paragrafo 3, lettera b), del presente articolo il titolare di un marchio d'impresa anteriore di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e articolo 5, paragrafo 3, lettera a), e la persona autorizzata dal diritto pertinente ad esercitare i diritti conferiti da una denominazione di origine o un'indicazione geografica protetta di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera (c).
5. Una domanda di decadenza o di dichiarazione di nullità può vertere su una parte o sulla totalità dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio contestato è registrato.
6. Una domanda di dichiarazione di nullità può essere presentata sulla base di uno o più diritti anteriori, a condizione che appartengano tutti allo stesso titolare.
Articolo 46
Mancato uso come difesa in procedimenti per la dichiarazione di nullità
1. In procedimenti per la dichiarazione di nullità basata su un marchio d'impresa registrato con una data di deposito o di priorità anteriore, se il titolare del marchio d'impresa posteriore lo chiede, il titolare del marchio d'impresa anteriore fornisce la prova che, nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, il marchio d'impresa anteriore è stato oggetto di uso effettivo a norma dell'articolo 16 per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato e su cui si fonda la domanda, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso, a condizione che la procedura di registrazione del marchio anteriore, alla data di presentazione della domanda di dichiarazione di nullità, fosse conclusa da almeno cinque anni.
2. Qualora, alla data di deposito o di priorità del marchio d'impresa posteriore, il termine di cinque anni durante il quale il marchio d'impresa anteriore doveva essere oggetto di uso effettivo ai sensi dell'articolo 16, sia scaduto, il titolare del marchio d'impresa anteriore, oltre alla prova a norma del paragrafo 1 del presente articolo, fornisce la prova che il marchio è stato oggetto di uso effettivo nel corso del termine dei cinque anni precedenti la data di deposito o di priorità, o che sussistevano motivi legittimi per il suo mancato uso.
3. In mancanza delle prove di cui ai paragrafi 1 e 2, una domanda di dichiarazione di nullità sulla base di un marchio anteriore è respinta.
4. Se il marchio d'impresa anteriore è stato usato conformemente all'articolo 16 solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell'esame della domanda di dichiarazione di nullità si intende registrato soltanto per tale parte dei prodotti o servizi.
5. I paragrafi da 1 a 4 del presente articolo si applicano anche nel caso in cui il marchio d'impresa anteriore sia un marchio UE. In tal caso, l'uso effettivo del marchio UE è determinato a norma dell'articolo 15 del regolamento (CE) n. 207/2009.
Articolo 47
Effetti della decadenza e della nullità
1. Nella misura in cui il titolare sia dichiarato decaduto dai suoi diritti, un marchio d'impresa registrato è considerato privo degli effetti di cui alla presente direttiva a decorrere dalla data della domanda di decadenza. Su richiesta di una parte, nella decisione sulla domanda di decadenza può essere fissata una data anteriore nella quale è sopravvenuta una delle cause di decadenza.
2. Un marchio d'impresa registrato è considerato fin dall'inizio privo degli effetti di cui alla presente direttiva nella misura in cui il marchio sia stato dichiarato nullo.
SEZIONE 3
Durata e rinnovo della registrazione
Articolo 48
Durata della registrazione
1. La durata di registrazione del marchio d'impresa è di dieci anni a decorrere dalla data di deposito della domanda.
2. Conformemente all'articolo 49, la registrazione è rinnovabile per periodi di dieci anni.
Articolo 49
Rinnovo
1. La registrazione di un marchio d'impresa è rinnovata su richiesta del titolare del marchio o di qualsiasi persona autorizzata per legge o contrattualmente, purché le tasse di rinnovo siano state pagate. Gli Stati membri possono stabilire che l'avvenuto pagamento delle tasse costituisca richiesta di rinnovo.
2. L'ufficio informa della scadenza della registrazione il titolare del marchio d'impresa almeno sei mesi prima della suddetta scadenza. L'ufficio non è ritenuto responsabile qualora ometta di fornire tali informazioni.
3. La domanda di rinnovo è presentata in un periodo di almeno sei mesi immediatamente precedenti la scadenza della registrazione e le relative tasse sono pagate nello stesso termine. In caso contrario, la domanda può essere presentata entro un termine supplementare di sei mesi immediatamente decorrente dalla scadenza della registrazione o del successivo rinnovo. Le tasse di rinnovo e una tassa aggiuntiva sono versate entro tale termine.
4. Se la domanda di rinnovo o le tasse pagate si riferiscono soltanto a una parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio d'impresa è registrato, la registrazione è rinnovata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi.
5. Il rinnovo acquista effetto il giorno successivo alla data di scadenza della registrazione esistente. Il rinnovo viene iscritto nel registro.
SEZIONE 4
Comunicazione con l'ufficio
Articolo 50
Comunicazione con l'ufficio
Le parti al procedimento o, se nominati, i loro rappresentanti designano un indirizzo ufficiale per tutte le comunicazioni ufficiali con l'ufficio. Gli Stati membri hanno il diritto di esigere che tale indirizzo ufficiale sia situato all'interno dello Spazio economico europeo.
CAPO 4
COOPERAZIONE AMMINISTRATIVA
Articolo 51
Cooperazione in materia di registrazione e amministrazione dei marchi d'impresa
Gli uffici hanno la facoltà di cooperare efficacemente tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale al fine di promuovere la convergenza delle pratiche e degli strumenti in relazione all'esame e alla registrazione dei marchi d'impresa.
Articolo 52
Cooperazione in altri settori
Gli uffici hanno la facoltà di cooperare efficacemente tra loro e con l'ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale in tutti i settori delle loro attività diversi da quelli di cui all'articolo 51 che siano rilevanti ai fini della protezione dei marchi d'impresa nell'Unione.
CAPO 5
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 53
Protezione dei dati
Il trattamento di qualsiasi dato personale effettuato negli Stati membri nel quadro della presente direttiva è soggetto alle normative nazionali di attuazione della direttiva 95/46/CE.
Articolo 54
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 3 a 6, agli articoli da 8 a 14, agli articoli 16, 17 e 18, agli articoli da 22 a 39, all'articolo 41, agli articoli da 43 a 50 entro il 14 gennaio 2019. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi all'articolo 45 entro il 14 gennaio 2023. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l'indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva si intendono fatti a quest'ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell'indicazione sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 55
Abrogazione
La direttiva 2008/95/CE è abrogata a decorrere dal 15 gennaio 2019, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno della direttiva 89/104/CEE di cui all'allegato I, parte B della direttiva 2008/95/CE.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato.
Articolo 56
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Gli articoli 1, 7, 15, 19, 20, 21 e da 54 a 57 si applicano dal 15 gennaio 2019.
Articolo 57
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 16 dicembre 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
N. SCHMIT
(1) GU C 327 del 12.11.2013, pag. 42.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 10 novembre 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 15 dicembre 2015.
(3) Direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU L 299 dell'8.11.2008, pag. 25).
(4) Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78 del 24.3.2009, pag. 1).
(5) Direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21).
(6) Regolamento (UE) n. 608/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali e che abroga il regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio (GU L 181 del 29.6.2013, pag. 15).
(7) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(8) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(9) Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 1).
ALLEGATO
Tavola di concordanza
Direttiva 2008/95/CE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
—
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a h)
Articolo 4, paragrafo 1, lettere da a) a h)
—
Articolo 4, paragrafo 1, lettere da i) a l)
Articolo 3, paragrafo 2, lettere da a) a c)
Articolo 4, paragrafo 3, lettere da a) a c)
Articolo 3, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 3, prima frase
Articolo 4, paragrafo 4, prima frase
—
Articolo 4, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 3, paragrafo 3, seconda frase
Articolo 4, paragrafo 5
Articolo 3, paragrafo 4
—
Articolo 4, paragrafi 1 e 2
Articolo 5, paragrafi 1 e 2
Articolo 4, paragrafi 3 e 4, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 3, lettera a)
—
Articolo 5, paragrafo 3, lettera b)
—
Articolo 5, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 4, lettere b) e c)
Articolo 5, paragrafo 4, lettere a) e b)
Articolo 4, paragrafo 4, lettere da d) a f)
—
Articolo 4, paragrafo 4, lettera g)
Articolo 5, paragrafo 4, lettera c)
Articolo 4, paragrafi 5 e 6
Articolo 5, paragrafo 5 e 6
—
Articolo 8
Articolo 5, paragrafo 1, prima frase introduttiva
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2, parte introduttiva della frase
Articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b)
Articolo 10, paragrafo 2, lettere a) e b)
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 10, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 3, lettere da a) a c)
Articolo 10, paragrafo 3, lettere da a) a c)
—
Articolo 10, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 10, paragrafo 3, lettera e)
—
Articolo 10, paragrafo 3, lettera f)
—
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 5, paragrafi 4 e 5
Articolo 10, paragrafi 5 e 6
—
Articolo 11
—
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 6, paragrafo 1, lettere da a) a c)
Articolo 14, paragrafo 1, lettere da a) a c), e paragrafo 2
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafo 3
Articolo 7
Articolo 15
Articolo 8, paragrafi 1 e 2
Articolo 25, paragrafi 1 e 2
—
Articolo 25, paragrafi da 3 a 5
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10, paragrafo 1, primo comma
Articolo 16, paragrafo 1
—
Articolo 16, paragrafi da 2 a 4
Articolo 10, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 16, paragrafo 5
Articolo 10, paragrafo 2
Articolo 16, paragrafo 6
Articolo 10, paragrafo 3
—
Articolo 11, paragrafo 1
Articolo 46, paragrafi da 1 a 3
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 44, paragrafo 1
Articolo 11, paragrafo 3
Articolo 17
Articolo 11, paragrafo 4
Articoli 17, 44, paragrafo 2 e articolo 46, paragrafo 4
—
Articolo 18
Articolo 12, paragrafo 1, primo comma
Articolo 19, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 19, paragrafo 2
Articolo 12, paragrafo 1, terzo comma
Articolo 19, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 20
Articolo 13
Articoli 7 e 21
Articolo 14
Articolo 6
—
Articoli da 22 a 24
—
Articolo 26
—
Articolo 27
Articolo 15, paragrafo 1
Articolo 28, paragrafi 1 e 3
Articolo 15, paragrafo 2
Articolo 28, paragrafo 4
—
Articolo 28, paragrafi 2 e 5
—
Articoli da 29 a 54, paragrafo 1
Articolo 16
Articolo 54, paragrafo 2
Articolo 17
Articolo 55
Articolo 18
Articolo 56
Articolo 19
Articolo 57
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Diritto dell’Unione europea in materia di marchi di impresa (registrazioni nazionali)
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
La direttiva allinea le legislazioni nazionali dell’UE e le norme procedurali per la registrazione dei marchi d’impresa.
È parte di un pacchetto di riforme che comprende la revisione del regolamento (CE) n. 207/2009 sul marchio dell’Unione europea (ex marchio comunitario). Questo pacchetto è pensato per rendere i sistemi di registrazione dei marchi più accessibili ed efficienti per le imprese in tutta l’UE.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce le basi dell’adozione delle legislazioni nazionali per i marchi di impresa in materia di beni e servizi, che sono:
oggetto di registrazione come marchi di impresa singoli, marchi collettivi*, marchi di garanzia o di certificazione in un paese dell’UE, o presso l’Ufficio del Benelux per la proprietà intellettuale;
oggetto di registrazione internazionale avente effetto in un paese dell’UE.
Formato
Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente (in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento). I segni devono essere adatti a distinguere i prodotti o i servizi di una persona o di un’impresa da quelli di altri.
Impedimenti alla registrazione
Per diversi motivi, possono essere esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:
i marchi privi di carattere distintivo;
i marchi descrittivi;
i marchi di impresa composti da segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente del commercio;
i marchi di impresa contrari ai principi che sono alla base delle leggi e dei regolamenti nazionali o al buon costume;
i marchi di impresa che possono indurre in errore il pubblico, per esempio sulla natura, qualità o origini geografiche del prodotto o del servizio.
Inoltre, un marchio di impresa è escluso dalla registrazione o può essere dichiarato nullo se è identico o simile a un marchio di impresa depositato anteriormente.
Diritti
Il titolare di un marchio di impresa ha un diritto esclusivo sul marchio creato.
Può vietare a chiunque di usare un segno identico o simile tale da causare un rischio di confusione nella mente dei consumatori.
Il titolare non può però vietare l’uso del marchio da parte di coloro che agiscono nel corso della loro attività, se si tratta di indicare:
un nome o un indirizzo di una parte terza, qualora si tratti di una persona fisica;
una caratteristica dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio;
la destinazione di un prodotto o servizio.
Uso
Il titolare del marchio deve farne un uso effettivo entro cinque anni dalla data di registrazione.
L'interruzione dell'uso per un periodo continuato di cinque anni espone il marchio a sanzioni per il mancato uso.
Procedura di registrazione
Le domande devono contenere:
la richiesta di registrazione;
indicazioni che permettano di identificare il richiedente;
l’elenco dei prodotti o dei servizi per i quali si richiede la registrazione;
una rappresentazione del marchio che permetta sia alle autorità competenti sia al pubblico di accertare cosa viene tutelato.
La domanda è soggetta al pagamento di un corrispettivo determinato dal paese dell’UE interessato.
Durata e rinnovo
I marchi sono registrati per un periodo di dieci anni a partire dalla data di deposito della domanda.
Possono essere rinnovati per un ulteriore periodo di dieci anni su richiesta del titolare, dietro pagamento di una tassa di rinnovo. In previsione della scadenza del suo marchio, il titolare verrà informato dall’ufficio nazionale marchi con sei mesi di anticipo.
La presente direttiva abroga e sostituisce la direttiva 2008/95/CE a decorrere dal 14 gennaio 2019.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 12 gennaio 2016. I paesi dell’UE devono integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 14 gennaio 2019.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare la pagina «Protezione dei marchi di impresa nell’UE» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINE CHIAVE
* Marchi collettivi: quando viene depositata una domanda di registrazione, è possibile designare un marchio come collettivo. Le associazioni, quali quelle di fabbricanti, produttori o fornitori di servizi, possono fare domanda per questo tipo di marchio.
ATTO
Direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 336 del 23.12.2015, pag. 1-26)
Le successive modifiche alla direttiva (UE) 2015/2436 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. |
Sanzioni penali in caso di abusi di mercato
La presente normativa dell'Unione europea ha lo scopo di migliorare l'integrità dei mercati finanziari europei.
ATTO
Direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato).
SINTESI
Gli abusi che hanno luogo sui mercati finanziari, per esempio quando i partecipanti al mercato diffondono informazioni false sui prezzi dei prodotti finanziari, possono essere molto dannosi per i consumatori, gli investitori e l'economia nel complesso.
La presente legge stabilisce sanzioni penali per gli abusi di mercato più gravi,commessi intenzionalmente. Le nuove norme dovrebbero essere applicabili entro e non oltre il mese di luglio 2016, in tutti i paesi dell'UE.
PUNTI CHIAVE
1.
Sanzioni per le persone fisiche - Condanne alla reclusione
Secondo le nuove norme, l'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato, le due principali forme di abuso di mercato, sono punibili con una pena massima di reclusione di almeno quattro anni.
La manipolazione del mercato consiste nel manipolare artificiosamente i prezzi dei prodotti finanziari. Per esempio, ciò può succedere quando un soggetto diffonde informazioni false sulla fornitura, la domanda o il prezzo di un prodotto finanziario.
L'abuso di informazioni privilegiate avviene quando un soggetto commercia un prodotto finanziario con accesso a «informazioni privilegiate». Si tratta di informazioni riservate riguardanti il prodotto finanziario commerciato o la società che lo ha immesso sul mercato. L'accesso a questo tipo di informazioni dà al soggetto un vantaggio iniquo.
Anche la comunicazione illecita di«informazioni privilegiate» è considerata come un reato, punibile con una pena massima di reclusione di almeno due anni. Ciò avviene quando un soggetto comunica «informazioni privilegiate» ad altre persone, salvo tale comunicazione avvenga nel regolare esercizio della sua professione.
2.
Sanzioni per le persone giuridiche (società ritenute responsabili)
Le norme prevedono che le società ritenute responsabili di reati di abuso di mercato siano soggette a sanzioni pecuniarie, penali o non penali. Possono essere applicate altre sanzioni, come l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa.
Il regolamento (UE) n. 596/2014, adottato unitamente a queste nuove norme inasprisce le sanzioni amministrative che possono altresì essere imposte per abusi di mercato. Esso rafforza inoltre i poteri investigativi degli organismi nazionali di regolamentazione per rilevare gli abusi sui mercati finanziari.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2014/57/UE
2.7.2014
3.7.2016
GU L 173 del 12.6.2014
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione (GU L 173 del 12.6.2014). | DIRETTIVA 2014/57/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 aprile 2014
relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 83, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Un mercato finanziario integrato ed efficiente e una maggiore fiducia degli investitori richiedono un mercato integro. Il regolare funzionamento dei mercati mobiliari e la fiducia del pubblico nei mercati costituiscono fattori essenziali di crescita e di benessere economico. Gli abusi di mercato ledono l’integrità dei mercati finanziari e compromettono la fiducia del pubblico nei valori mobiliari, negli strumenti derivati e negli indici di riferimento (benchmarks).
(2)
La direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) ha completato e aggiornato il quadro giuridico dell’Unione a tutela dell’integrità del mercato. Ha altresì imposto agli Stati membri l’obbligo di garantire che le autorità competenti dispongano del potere necessario per identificare gli abusi di mercato e svolgere le relative indagini. Fatto salvo il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali, la direttiva 2003/6/CE impone agli Stati membri anche l’obbligo di provvedere affinché possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili delle violazioni delle disposizioni nazionali di attuazione di tale direttiva.
(3)
La relazione del 25 febbraio 2009 del gruppo di esperti ad alto livello sulla vigilanza finanziaria nell’Unione europea, presieduto da Jacques de Larosière (il «gruppo de Larosière»), raccomandava che un quadro solido in materia prudenziale e di condotta negli affari per il settore finanziario deve basarsi su regimi di vigilanza e sanzionatori forti. A tal fine il gruppo de Larosière riteneva che le autorità di vigilanza dovessero essere dotate dei poteri necessari per intervenire e che dovessero esservi regimi sanzionatori uniformi, severi e dissuasivi per tutti i reati finanziari, sanzioni che dovrebbero essere attuate efficacemente, al fine di preservare l’integrità del mercato. Il gruppo de Larosière concludeva che i regimi sanzionatori degli Stati membri sono in genere deboli ed eterogenei.
(4)
Per funzionare correttamente il quadro legislativo relativo agli abusi di mercato deve essere attuato efficacemente. Da una valutazione dei regimi nazionali delle sanzioni amministrative effettuata a norma della direttiva 2003/6/CE è emerso che non tutte le autorità nazionali competenti disponevano dei poteri necessari per rispondere agli abusi di mercato con le sanzioni appropriate. In particolare, non tutti gli Stati membri prevedevano sanzioni amministrative pecuniarie per l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato e il livello delle sanzioni variava considerevolmente da uno Stato membro all’altro. È pertanto necessario un nuovo atto legislativo al fine di garantire norme minime comuni nell’Unione.
(5)
L’adozione di sanzioni amministrative da parte degli Stati membri si è finora rivelata insufficiente a garantire il rispetto delle norme intese a prevenire e combattere gli abusi di mercato.
(6)
È essenziale rafforzare il rispetto delle norme sugli abusi di mercato istituendo sanzioni penali, che dimostrino una forma più forte di disapprovazione sociale rispetto alle sanzioni amministrative. Introducendo sanzioni penali almeno per le forme gravi di abusi di mercato, si stabiliscono confini chiari per i tipi di comportamenti che sono ritenuti particolarmente inaccettabili e si trasmette al pubblico e ai potenziali contravventori il messaggio che tali comportamenti sono considerati molto seriamente dalle autorità competenti.
(7)
Non tutti gli Stati membri hanno previsto sanzioni penali per alcune forme di violazioni gravi della normativa nazionale di attuazione della direttiva 2003/6/CE. Approcci differenti degli Stati membri recano pregiudizio all’uniformità delle condizioni operative nel mercato interno e possono fornire un incentivo ad attuare abusi di mercato negli Stati membri che non prevedono sanzioni penali per tali reati. Inoltre, finora non è stato stabilito a livello dell’Unione quale condotta sia da considerare una violazione grave delle norme sugli abusi di mercato. È pertanto opportuno stabilire norme minime con riguardo alla definizione di reati commessi da persone fisiche, sulla responsabilità delle persone giuridiche e sulle relative sanzioni. L’adozione di norme minime comuni renderebbe inoltre possibile ricorrere a metodi più efficaci di indagine e consentirebbe una cooperazione più efficace a livello nazionale e tra Stati membri. Alla luce della crisi finanziaria, è evidente che la manipolazione del mercato può comportare danni significativi per la vita di milioni di persone. Lo scandalo del Libor, relativo a un grave caso di manipolazione di un indice di riferimento (benchmark), ha dimostrato che problemi e carenze importanti si ripercuotono seriamente sulla fiducia nei mercati e possono determinare perdite consistenti per gli investitori, nonché distorsioni dell’economia reale. L’assenza di un regime comune di sanzioni penali nell’Unione offre l’opportunità agli autori di abusi di mercato di approfittare dei regimi meno rigorosi in alcuni Stati membri. L’irrogazione di sanzioni penali per gli abusi di mercato avrà un effetto dissuasivo maggiore sui potenziali contravventori.
(8)
L’introduzione, da parte di tutti gli Stati membri, di sanzioni penali almeno per i reati gravi di abusi di mercato è pertanto essenziale per garantire l’attuazione efficace della politica dell’Unione in materia.
(9)
Per armonizzare l’ambito di applicazione della presente direttiva con quello del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), è opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva le negoziazioni di azioni proprie effettuate nell’ambito di programmi di riacquisto di azioni proprie e le negoziazioni di valori mobiliari o strumenti collegati per la stabilizzazione di valori mobiliari; operazioni, ordini o condotte nell’ambito della politica monetaria, della politica dei cambi o nella gestione del debito pubblico; attività relative alle quote di emissioni intraprese nell’ambito della politica climatica dell’Unione; e attività intraprese nell’ambito della politica agricola comune e della politica comune della pesca dell’Unione.
(10)
Agli Stati membri dovrebbe essere imposto di considerare come reati almeno i casi gravi di abuso di informazioni privilegiate, di manipolazione del mercato e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate, quando sono commessi dolosamente.
(11)
Ai fini della presente direttiva, l’abuso di informazioni privilegiate e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate dovrebbero essere considerati gravi in casi come quelli in cui è di livello elevato l’impatto sull’integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ritratto ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato ovvero il valore complessivo degli strumenti finanziari negoziati. Altre circostanze di cui si potrebbe tenere conto sono, per esempio, quelle in cui un reato sia stato commesso nell’ambito di un’organizzazione criminale o in cui la persona abbia già commesso in passato reati di questo genere.
(12)
Ai fini della presente direttiva, la manipolazione del mercato dovrebbe essere considerata grave in casi come quelli in cui è di livello elevato l’impatto sull’integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ritratto ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato, dell’alterazione del valore dello strumento finanziario o del contratto a pronti su merci ovvero l’ammontare dei fondi utilizzati in origine oppure quando la manipolazione è commessa da soggetti impiegati o che lavorano all’interno del settore finanziario ovvero presso un’autorità di vigilanza o di regolamentazione.
(13)
Poiché il tentativo di abuso di informazioni privilegiate o di manipolazione del mercato ha ripercussioni negative sui mercati finanziari e sulla fiducia degli investitori in tali mercati, è opportuno che anche tali condotte siano punibili come reati.
(14)
La presente direttiva dovrebbe obbligare gli Stati membri a prevedere, nei rispettivi ordinamenti nazionali, sanzioni penali per l’abuso di informazioni privilegiate, la manipolazione di mercato e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate cui la presente direttiva si applica. La presente direttiva non dovrebbe creare obblighi concernenti l’applicazione di tali sanzioni o di qualsiasi altra misura repressiva in relazione a casi concreti.
(15)
La presente direttiva dovrebbe inoltre richiedere che gli Stati membri prevedano che anche l’induzione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione dei reati possano essere punibili.
(16)
Affinché le sanzioni previste per i reati di cui alla presente direttiva siano effettive e dissuasive, è opportuno che la presente direttiva preveda un livello minimo per la pena detentiva massima.
(17)
La presente direttiva dovrebbe essere applicata tenendo conto del quadro normativo stabilito dal regolamento (UE) n. 596/2014 e delle relative misure applicative.
(18)
Per garantire l’attuazione efficace della politica europea intesa ad assicurare l’integrità dei mercati finanziari stabilita nel regolamento (UE) n. 596/2014, è opportuno che gli Stati membri estendano alle persone giuridiche la responsabilità in relazione ai reati previsti nella presente direttiva attraverso l’irrogazione di sanzioni penali o non penali o altre misure che siano effettive, proporzionate e dissuasive, ad esempio quelle previste nel regolamento (UE) n. 596/2014. Tali sanzioni o altre misure possono comprendere la pubblicazione di una decisione finale su una sanzione che includa l’identità della persona giuridica responsabile, tenendo conto dei diritti fondamentali, del principio di proporzionalità e dei rischi per la stabilità dei mercati finanziari e per le indagini in corso. È opportuno che gli Stati membri, se del caso e qualora il diritto nazionale preveda la responsabilità penale delle persone giuridiche, estendano tale responsabilità penale, conformemente al diritto nazionale, ai reati previsti dalla presente direttiva. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare la possibilità per gli Stati membri di pubblicare decisioni finali in materia di responsabilità o sanzioni.
(19)
Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che le autorità preposte all’applicazione della legge, le autorità giudiziarie e le altre autorità competenti preposte alle indagini o al perseguimento dei reati previsti dalla presente direttiva dispongano della capacità di ricorrere a strumenti investigativi efficaci. Tenuto conto, tra l’altro, del principio di proporzionalità, il ricorso a tali strumenti conformemente al diritto nazionale dovrebbe essere commisurato alla natura e alla gravità dei reati oggetto d’indagine.
(20)
Poiché la presente direttiva prevede norme minime, gli Stati membri sono liberi di adottare o mantenere norme di diritto penale più severe in materia di abusi di mercato.
(21)
Gli Stati membri possono, ad esempio, stabilire che la manipolazione del mercato commessa con grave colpa o negligenza costituisca reato.
(22)
Gli obblighi previsti nella presente direttiva di prevedere negli ordinamenti nazionali pene per le persone fisiche e sanzioni per le persone giuridiche non esonerano gli Stati membri dall’obbligo di contemplare in tali ordinamenti nazionali sanzioni amministrative e altre misure per le violazioni previste nel regolamento (UE) n. 596/2014, salvo che gli Stati membri non abbiano deciso, conformemente al regolamento (UE) n. 596/2014, di prevedere per tali violazioni unicamente sanzioni penali nel loro ordinamento nazionale.
(23)
L’ambito di applicazione della presente direttiva è determinato in modo tale da integrare e garantire l’effettiva attuazione del regolamento (UE) n. 596/2014. Mentre le condotte illecite commesse con dolo dovrebbero essere punite conformemente alla presente direttiva, almeno nei casi gravi, le sanzioni per le violazioni del regolamento (UE) n. 596/2014 non richiedono che sia comprovato il dolo o che gli illeciti siano qualificati come gravi. Nell’applicare la normativa nazionale di recepimento della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire che l’irrogazione di sanzioni penali per i reati ai sensi dalla presente direttiva e di sanzioni amministrative ai sensi del regolamento (UE) n. 596/2014 non violi il principio del ne bis in idem.
(24)
Fatte salve le norme generali del diritto penale nazionale in materia di applicazione ed esecuzione delle sentenze in considerazione delle circostanze concrete di ogni singolo caso, l’irrogazione delle sanzioni penali dovrebbe essere proporzionata, tenendo conto dei profitti ritratti o delle perdite evitate dalle persone giudicate responsabili, nonché del danno cagionato dal reato a terzi e, ove possibile, di quello cagionato al funzionamento dei mercati o all’economia in generale.
(25)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire garantire all’interno dell’Unione l’esistenza di sanzioni penali almeno per le condotte più gravi di abuso di mercato, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti della presente direttiva, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(26)
L’aumento delle attività transfrontaliere richiede una cooperazione efficiente ed efficace tra le autorità nazionali competenti per le indagini e il perseguimento dei reati di abuso di mercato. L’organizzazione e le competenze delle autorità nazionali nei diversi Stati membri non dovrebbero costituire un ostacolo per la loro cooperazione.
(27)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la Carta), quali riconosciuti nel TUE. In particolare, dovrebbe essere applicata con il dovuto rispetto del diritto alla protezione dei dati di carattere personale (articolo 8), della libertà di espressione e di informazione (articolo 11), della libertà d’impresa (articolo 16), del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (articolo 47), della presunzione di innocenza e dei diritti della difesa (articolo 48), dei principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene (articolo 49) e del diritto di non essere giudicato o punito due volte in procedimenti penali e per lo stesso reato (articolo 50).
(28)
Nell’attuare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire il rispetto dei diritti procedurali degli indagati o imputati in procedimenti penali. Gli obblighi gravanti su di loro ai sensi della presente direttiva lasciano impregiudicati gli obblighi previsti dal diritto dell’Unione in materia di diritti procedurali nei procedimenti penali. La presente direttiva non è in alcun modo intesa a limitare la libertà di stampa o la libertà di espressione dei mezzi di comunicazione nella misura in cui sono garantiti nell’Unione e negli Stati membri, in particolare dall’articolo 11 della Carta e da altre disposizioni pertinenti. Ciò dovrebbe essere messo in rilievo, in particolare, per quanto riguarda la comunicazione di informazioni privilegiate conformemente alle disposizioni su tale comunicazione contenute nella presente direttiva.
(29)
Fatto salvo l’articolo 4 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il Regno Unito non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.
(30)
A norma degli articoli 1, 2, 3 e 4 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, l’Irlanda ha notificato che intende partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva.
(31)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(32)
Il Garante europeo della protezione dei dati ha espresso un parere il 10 febbraio 2012 (6),
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce le norme minime per le sanzioni penali applicabili all’abuso di informazioni privilegiate, alla comunicazione illecita di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, al fine di assicurare l’integrità dei mercati finanziari all’interno dell’Unione e di rafforzare la protezione degli investitori e la fiducia in tali mercati.
2. La presente direttiva si applica:
a)
agli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato;
b)
agli strumenti finanziari negoziati su un sistema multilaterale di negoziazione (MTF), ammessi alla negoziazione su un MTF o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione al MTF;
c)
agli strumenti finanziari negoziati su un sistema organizzato di negoziazione (OTF);
d)
agli strumenti finanziari non contemplati dalle lettere a), b) o c), il cui prezzo o valore dipende dal prezzo o dal valore di uno strumento finanziario di cui alle suddette lettere, ovvero ha un effetto su di essi, compresi, ma non in via esclusiva, i credit default swap e i contratti differenziali.
La presente direttiva si applica anche alle condotte o alle operazioni, comprese le offerte, relative ad aste o a piattaforme d’asta autorizzate come un mercato regolamentato di quote di emissioni o di altri prodotti oggetto d’asta correlati, anche quando i prodotti oggetto d’asta non sono strumenti finanziari, ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione (7). Fatte salve le disposizioni specifiche relative alle offerte presentate nell’ambito di un’asta, le disposizioni della presente direttiva che fanno riferimento a ordini di compravendita si applicano a tali offerte.
3. La presente direttiva non si applica:
a)
alle negoziazioni di azioni proprie nell’ambito di programmi di riacquisto di azioni proprie, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3, del regolamento (UE) n. 596/2014;
b)
alle negoziazioni di valori mobiliari o strumenti collegati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento (UE) n 596/2014 per la stabilizzazione di valori mobiliari, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 4 e 5, di tale regolamento;
c)
alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate nell’ambito della politica monetaria, della politica dei cambi o nella gestione del debito pubblico conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 596/2014, alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, di tale regolamento, alle attività nell’ambito della politica climatica dell’Unione conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, di detto regolamento o alle attività nell’ambito della politica agricola comune o della politica comune della pesca dell’Unione, conformemente all’articolo 6, paragrafo 4, di detto regolamento.
4. L’articolo 5 si applica anche:
a)
ai contratti a pronti su merci che non sono prodotti energetici all’ingrosso, quando l’operazione, l’ordine di compravendita o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore di uno strumento finanziario di cui al paragrafo 2 del presente articolo;
b)
ai tipi di strumenti finanziari, compresi i contratti derivati o gli strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito, se l’operazione, l’ordine di compravendita, l’offerta o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore di un contratto a pronti su merci, qualora il prezzo o il valore dipenda dal prezzo o dal valore di tali strumenti finanziari;
c)
a condotte attinenti a indici di riferimento (benchmark).
5. La presente direttiva si applica a qualsiasi operazione, ordine o altra condotta relativi agli strumenti finanziari di cui ai paragrafi 2 e 4, indipendentemente dal fatto che tale operazione, ordine o condotta avvenga in una sede di negoziazione (trading venue).
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1) «strumento finanziario»: lo strumento finanziario quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 15), della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);
2) «contratto a pronti su merci»: un contratto a pronti su merci quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 15), del regolamento (UE) n. 596/2014;
3) «programma di riacquisto di azioni proprie»: la negoziazione di azioni proprie ai sensi degli articoli da 21 a 27 della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9);
4) «informazione privilegiata»: l’informazione contemplata dall’articolo 7, paragrafi da 1 a 4, del regolamento (UE) n. 596/2014;
5) «quota di emissione»: la quota di emissione quale definita nell’allegato I, sezione C, punto 11), della direttiva 2014/65/UE;
6) «indice di riferimento (benchmark)»: l’indice di riferimento (benchmark) quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 29), del regolamento (UE) n. 596/2014;
7) «prassi di mercato ammessa»: una specifica prassi di mercato ammessa dall’autorità competente di uno Stato membro conformemente all’articolo 13 del regolamento (UE) n. 596/2014;
8) «stabilizzazione»: la stabilizzazione quale definita nell’articolo 3, paragrafo 2), lettera d), del regolamento (UE) n. 596/2014;
9) «mercato regolamentato»: il mercato regolamentato quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 21), della direttiva 2014/65/UE;
10) «sistema multilaterale di negoziazione» o «MTF»: il sistema multilaterale di negoziazione quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 22), della direttiva 2014/65/UE;
11) «sistema organizzato di negoziazione» o «OTF»: il sistema organizzato di negoziazione quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 23), della direttiva 2014/65/UE;
12) «sede di negoziazione (trading venue)»: la sede di negoziazione (trading venue) quale definita nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 24), della direttiva 2014/65/UE;
13) «prodotto energetico all’ingrosso»: il prodotto energetico all’ingrosso quale definito nell’articolo 2, punto 4), del regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10);
14) «emittente»: l’emittente quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 21), del regolamento (UE) n. 596/2014.
Articolo 3
Abuso di informazioni privilegiate, raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’abuso di informazioni privilegiate, la raccomandazione o l’induzione di altri alla commissione di un abuso di informazioni privilegiate di cui ai paragrafi da 2 a 8, costituiscano reati, almeno nei casi gravi e allorquando siano commessi con dolo.
2. Ai fini della presente direttiva, si ha abuso di informazioni privilegiate quando una persona in possesso di informazioni privilegiate utilizza tali informazioni acquisendo o cedendo, per conto proprio o per conto di terzi, direttamente o indirettamente, gli strumenti finanziari cui tali informazioni si riferiscono.
3. Il presente articolo si applica a chiunque possieda informazioni privilegiate:
a)
in quanto membro di organi amministrativi, di direzione o di controllo dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni;
b)
in ragione della sua partecipazione al capitale dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni;
c)
in quanto avente accesso a tali informazioni nell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione ovvero di una funzione o ufficio; oppure
d)
in ragione del suo coinvolgimento in attività delittuose.
Il presente articolo si applica anche a chiunque abbia ottenuto informazioni privilegiate anche in ragione di circostanze diverse da quelle indicate al primo comma e sia a conoscenza del carattere privilegiato di tali informazioni.
4. È considerato abuso di informazioni privilegiate anche l’utilizzo di informazioni privilegiate tramite annullamento o modifica di un ordine concernente uno strumento finanziario al quale le informazioni si riferiscono quando tale ordine è stato inoltrato prima che la persona interessata entrasse in possesso di dette informazioni privilegiate.
5. In relazione alle aste di quote di emissioni o di altri prodotti correlati che si tengono ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010, l’utilizzo di informazioni privilegiate di cui al paragrafo 4 del presente articolo si configura anche quando una persona presenta, modifica o ritira un’offerta per conto proprio o per conto di terzi.
6. Ai fini della presente direttiva, raccomandare ad altri di commettere un abuso di informazioni privilegiate ovvero indurre altri a commettere un abuso di informazioni privilegiate si configura allorché una persona possiede tali informazioni e:
a)
raccomanda, sulla base di tali informazioni, ad altri di acquisire o cedere strumenti finanziari cui le informazioni si riferiscono o induce altri a compiere tale acquisizione o cessione; oppure
b)
raccomanda, sulla base di tali informazioni, ad altri di annullare o modificare un ordine concernente uno strumento finanziario cui le informazioni si riferiscono o induce altri a compiere tale annullamento o modifica.
7. L’utilizzo della raccomandazione o dell’induzione di cui al paragrafo 6 costituisce abuso di informazioni privilegiate quando la persona che sfrutta la raccomandazione o l’induzione è a conoscenza del fatto che queste si basano su informazioni privilegiate.
8. Ai fini del presente articolo, dalla mera circostanza che una persona possieda o abbia posseduto informazioni privilegiate non dovrà farsi discendere la conseguenza che tale persona abbia usato tali informazioni e abbia in questo modo commesso un abuso di informazioni privilegiate attraverso operazioni di acquisizione o cessione, quando la sua condotta può qualificarsi come legittima ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (UE) n. 596/2014.
Articolo 4
Comunicazione illecita di informazioni privilegiate
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la comunicazione illecita di informazioni privilegiate di cui ai paragrafi da 2 a 5 costituisca reato, almeno nei casi gravi e se commessa con dolo.
2. Ai fini della presente direttiva, costituisce comunicazione illecita di informazioni privilegiate la condotta con la quale una persona in possesso di informazioni privilegiate comunica tali informazioni a qualsiasi altra persona, al di fuori del normale esercizio di un lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio, ovvero al di fuori dei casi in cui la comunicazione può qualificarsi come sondaggio di mercato effettuato ai sensi dell’articolo 11, paragrafi da 1 a 8, del regolamento (UE) n. 596/2014.
3. Il presente articolo si applica a chiunque possieda informazioni privilegiate in ragione delle situazioni o delle circostanze di cui all’articolo 3, paragrafo 3.
4. Ai fini della presente direttiva, raccomandare o indurre altri ad abusare di informazioni privilegiate ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, costituisce comunicazione illecita di informazioni privilegiate ai sensi del presente articolo, quando la persona che raccomanda o induce altri al compimento dell’abuso è a conoscenza del fatto che la raccomandazione o l’induzione si basano su informazioni privilegiate.
5. Il presente articolo deve essere applicato compatibilmente con l’esigenza di tutelare la libertà di stampa e la libertà di espressione.
Articolo 5
Manipolazione del mercato
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la manipolazione del mercato di cui al paragrafo 2 costituisca reato, almeno nei casi gravi e se commessa con dolo.
2. Ai fini della presente direttiva, costituiscono manipolazione del mercato le seguenti condotte:
a)
conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o qualsiasi altra condotta che;
i)
fornisce segnali falsi o fuorvianti relativi all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato; o
ii)
fissa il prezzo di uno o più strumenti finanziari, o di un contratto a pronti su merci collegato, a un livello anomalo o artificiale;
salvo che le ragioni per le quali la persona ha posto in essere l’operazione o inoltrato un ordine di compravendita siano legittime e che tali operazioni o ordini di compravendita siano conformi alle prassi di mercato ammesse nella sede di negoziazione interessata;
b)
conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o il compimento di qualsiasi altra attività o condotta che, attraverso l’uso di artifizi o di ogni altro tipo di inganno o espediente, incide sul prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato;
c)
divulgazione di informazioni, attraverso i media, incluso Internet, o con qualsiasi altro mezzo, che forniscono segnali falsi o fuorvianti riguardo all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato, o che assicurano il prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato a un livello anomalo o artificiale, quando ne consegue vantaggio o profitto per colui che ha divulgato le informazioni ovvero per altri; o
d)
trasmissione di informazioni false o fuorvianti, o comunicazione di dati falsi o fuorvianti ovvero ogni altra condotta che manipola il calcolo di un indice di riferimento (benchmark).
Articolo 6
Induzione, favoreggiamento e concorso e tentativo
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione a reati di cui all’articolo 3, paragrafi da 2 a 5, e agli articoli 4 e 5, siano punibili come reati.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il tentativo di commettere uno dei reati di cui all’articolo 3, paragrafi da 2 a 5 e paragrafo 7, e all’articolo 5 sia punibile come reato.
3. Si applica mutatis mutandis l’articolo 3, paragrafo 8.
Articolo 7
Sanzioni penali per le persone fisiche
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli da 3 a 6 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli 3 e 5 siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima non inferiore ad anni quattro.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il reato di cui all’articolo 4 sia punibile con la pena della reclusione per una durata massima non inferiore ad anni due.
Articolo 8
Responsabilità delle persone giuridiche
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli da 3 a 6 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all’interno della persona giuridica, in virtù:
a)
del potere di rappresentanza di detta persona giuridica;
b)
del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure
c)
dell’esercizio del controllo all’interno della persona giuridica.
2. Gli Stati membri adottano altresì le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli da 3 a 6 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità.
3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l’esercizio dell’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli da 3 a 6.
Articolo 9
Sanzioni per le persone giuridiche
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la persona giuridica ritenuta responsabile in relazione a un reato ai sensi dell’articolo 8 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale e possono comprendere altre sanzioni quali:
a)
l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici;
b)
l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività d’impresa;
c)
l’assoggettamento a controllo giudiziario;
d)
provvedimenti giudiziari di liquidazione;
e)
la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato.
Articolo 10
Competenza giurisdizionale
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a stabilire la propria competenza per un reato di cui agli articoli da 3 a 6 commesso:
a)
in tutto o in parte nel loro territorio; oppure
b)
da un loro cittadino, quanto meno nei casi in cui l’atto costituisce un reato nel luogo in cui è stato commesso.
2. Uno Stato membro informa la Commissione qualora decida di stabilire la propria competenza anche per i reati di cui agli articoli da 3 a 6 anche quando siano commessi al di fuori del suo territorio e nella ipotesi in cui:
a)
l’autore del reato risiede abitualmente nel suo territorio; oppure
b)
il reato sia commesso a vantaggio di una persona giuridica che ha sede nel suo territorio.
Articolo 11
Formazione
Fatta salva l’indipendenza dell’autorità giudiziaria e le differenze nella sua organizzazione all’interno dell’Unione, gli Stati membri impongono ai soggetti responsabili della formazione di giudici, procuratori, forze di polizia, personale giudiziario e personale delle autorità competenti coinvolti nei procedimenti penali e nelle indagini di provvedere a una formazione adeguata riguardo agli obiettivi della presente direttiva.
Articolo 12
Relazione
Entro il 4 luglio 2018, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sul funzionamento della presente direttiva e, se del caso, sulla necessità di modificarla, anche con riguardo all’interpretazione dei casi gravi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 1, al livello delle sanzioni introdotte dagli Stati membri e alla effettiva misura in cui gli elementi opzionali di cui alla presente direttiva sono stati adottati.
La relazione della Commissione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa.
Articolo 13
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 luglio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 3 luglio 2016 con riserva dell’entrata in vigore del regolamento (UE) n 596/2014.
Le disposizioni adottate dagli Stato membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 14
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 15
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati.
Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 161 del 7.6.2012, pag. 3.
(2) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 64.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 aprile 2014.
(4) Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) (GU L 96 del 12.4.2003, pag. 16).
(5) Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (abusi di mercato) e che modifica la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive della Commissione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE (cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale).
(6) GU C 177 del 20.6.2012, pag. 1.
(7) Regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione, del 12 novembre 2010, relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita all’asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 302 del 18.11.2010, pag. 1).
(8) Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa a mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2011/61/UE e la direttiva 2002/92/CE (cfr. pagina 349 della presente Gazzetta ufficiale).
(9) Direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 74).
(10) Regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, concernente l’integrità e la trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso (GU L 326 dell’8.12.2011, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2014/57/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 aprile 2014
relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 83, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Un mercato finanziario integrato ed efficiente e una maggiore fiducia degli investitori richiedono un mercato integro. Il regolare funzionamento dei mercati mobiliari e la fiducia del pubblico nei mercati costituiscono fattori essenziali di crescita e di benessere economico. Gli abusi di mercato ledono l’integrità dei mercati finanziari e compromettono la fiducia del pubblico nei valori mobiliari, negli strumenti derivati e negli indici di riferimento (benchmarks).
(2)
La direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) ha completato e aggiornato il quadro giuridico dell’Unione a tutela dell’integrità del mercato. Ha altresì imposto agli Stati membri l’obbligo di garantire che le autorità competenti dispongano del potere necessario per identificare gli abusi di mercato e svolgere le relative indagini. Fatto salvo il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali, la direttiva 2003/6/CE impone agli Stati membri anche l’obbligo di provvedere affinché possano essere adottate le opportune misure amministrative o irrogate le opportune sanzioni amministrative a carico delle persone responsabili delle violazioni delle disposizioni nazionali di attuazione di tale direttiva.
(3)
La relazione del 25 febbraio 2009 del gruppo di esperti ad alto livello sulla vigilanza finanziaria nell’Unione europea, presieduto da Jacques de Larosière (il «gruppo de Larosière»), raccomandava che un quadro solido in materia prudenziale e di condotta negli affari per il settore finanziario deve basarsi su regimi di vigilanza e sanzionatori forti. A tal fine il gruppo de Larosière riteneva che le autorità di vigilanza dovessero essere dotate dei poteri necessari per intervenire e che dovessero esservi regimi sanzionatori uniformi, severi e dissuasivi per tutti i reati finanziari, sanzioni che dovrebbero essere attuate efficacemente, al fine di preservare l’integrità del mercato. Il gruppo de Larosière concludeva che i regimi sanzionatori degli Stati membri sono in genere deboli ed eterogenei.
(4)
Per funzionare correttamente il quadro legislativo relativo agli abusi di mercato deve essere attuato efficacemente. Da una valutazione dei regimi nazionali delle sanzioni amministrative effettuata a norma della direttiva 2003/6/CE è emerso che non tutte le autorità nazionali competenti disponevano dei poteri necessari per rispondere agli abusi di mercato con le sanzioni appropriate. In particolare, non tutti gli Stati membri prevedevano sanzioni amministrative pecuniarie per l’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato e il livello delle sanzioni variava considerevolmente da uno Stato membro all’altro. È pertanto necessario un nuovo atto legislativo al fine di garantire norme minime comuni nell’Unione.
(5)
L’adozione di sanzioni amministrative da parte degli Stati membri si è finora rivelata insufficiente a garantire il rispetto delle norme intese a prevenire e combattere gli abusi di mercato.
(6)
È essenziale rafforzare il rispetto delle norme sugli abusi di mercato istituendo sanzioni penali, che dimostrino una forma più forte di disapprovazione sociale rispetto alle sanzioni amministrative. Introducendo sanzioni penali almeno per le forme gravi di abusi di mercato, si stabiliscono confini chiari per i tipi di comportamenti che sono ritenuti particolarmente inaccettabili e si trasmette al pubblico e ai potenziali contravventori il messaggio che tali comportamenti sono considerati molto seriamente dalle autorità competenti.
(7)
Non tutti gli Stati membri hanno previsto sanzioni penali per alcune forme di violazioni gravi della normativa nazionale di attuazione della direttiva 2003/6/CE. Approcci differenti degli Stati membri recano pregiudizio all’uniformità delle condizioni operative nel mercato interno e possono fornire un incentivo ad attuare abusi di mercato negli Stati membri che non prevedono sanzioni penali per tali reati. Inoltre, finora non è stato stabilito a livello dell’Unione quale condotta sia da considerare una violazione grave delle norme sugli abusi di mercato. È pertanto opportuno stabilire norme minime con riguardo alla definizione di reati commessi da persone fisiche, sulla responsabilità delle persone giuridiche e sulle relative sanzioni. L’adozione di norme minime comuni renderebbe inoltre possibile ricorrere a metodi più efficaci di indagine e consentirebbe una cooperazione più efficace a livello nazionale e tra Stati membri. Alla luce della crisi finanziaria, è evidente che la manipolazione del mercato può comportare danni significativi per la vita di milioni di persone. Lo scandalo del Libor, relativo a un grave caso di manipolazione di un indice di riferimento (benchmark), ha dimostrato che problemi e carenze importanti si ripercuotono seriamente sulla fiducia nei mercati e possono determinare perdite consistenti per gli investitori, nonché distorsioni dell’economia reale. L’assenza di un regime comune di sanzioni penali nell’Unione offre l’opportunità agli autori di abusi di mercato di approfittare dei regimi meno rigorosi in alcuni Stati membri. L’irrogazione di sanzioni penali per gli abusi di mercato avrà un effetto dissuasivo maggiore sui potenziali contravventori.
(8)
L’introduzione, da parte di tutti gli Stati membri, di sanzioni penali almeno per i reati gravi di abusi di mercato è pertanto essenziale per garantire l’attuazione efficace della politica dell’Unione in materia.
(9)
Per armonizzare l’ambito di applicazione della presente direttiva con quello del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), è opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva le negoziazioni di azioni proprie effettuate nell’ambito di programmi di riacquisto di azioni proprie e le negoziazioni di valori mobiliari o strumenti collegati per la stabilizzazione di valori mobiliari; operazioni, ordini o condotte nell’ambito della politica monetaria, della politica dei cambi o nella gestione del debito pubblico; attività relative alle quote di emissioni intraprese nell’ambito della politica climatica dell’Unione; e attività intraprese nell’ambito della politica agricola comune e della politica comune della pesca dell’Unione.
(10)
Agli Stati membri dovrebbe essere imposto di considerare come reati almeno i casi gravi di abuso di informazioni privilegiate, di manipolazione del mercato e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate, quando sono commessi dolosamente.
(11)
Ai fini della presente direttiva, l’abuso di informazioni privilegiate e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate dovrebbero essere considerati gravi in casi come quelli in cui è di livello elevato l’impatto sull’integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ritratto ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato ovvero il valore complessivo degli strumenti finanziari negoziati. Altre circostanze di cui si potrebbe tenere conto sono, per esempio, quelle in cui un reato sia stato commesso nell’ambito di un’organizzazione criminale o in cui la persona abbia già commesso in passato reati di questo genere.
(12)
Ai fini della presente direttiva, la manipolazione del mercato dovrebbe essere considerata grave in casi come quelli in cui è di livello elevato l’impatto sull’integrità del mercato, il profitto effettivo o potenziale ritratto ovvero la perdita evitata, la misura del danno cagionato al mercato, dell’alterazione del valore dello strumento finanziario o del contratto a pronti su merci ovvero l’ammontare dei fondi utilizzati in origine oppure quando la manipolazione è commessa da soggetti impiegati o che lavorano all’interno del settore finanziario ovvero presso un’autorità di vigilanza o di regolamentazione.
(13)
Poiché il tentativo di abuso di informazioni privilegiate o di manipolazione del mercato ha ripercussioni negative sui mercati finanziari e sulla fiducia degli investitori in tali mercati, è opportuno che anche tali condotte siano punibili come reati.
(14)
La presente direttiva dovrebbe obbligare gli Stati membri a prevedere, nei rispettivi ordinamenti nazionali, sanzioni penali per l’abuso di informazioni privilegiate, la manipolazione di mercato e la comunicazione illecita di informazioni privilegiate cui la presente direttiva si applica. La presente direttiva non dovrebbe creare obblighi concernenti l’applicazione di tali sanzioni o di qualsiasi altra misura repressiva in relazione a casi concreti.
(15)
La presente direttiva dovrebbe inoltre richiedere che gli Stati membri prevedano che anche l’induzione, il favoreggiamento e il concorso nella commissione dei reati possano essere punibili.
(16)
Affinché le sanzioni previste per i reati di cui alla presente direttiva siano effettive e dissuasive, è opportuno che la presente direttiva preveda un livello minimo per la pena detentiva massima.
(17)
La presente direttiva dovrebbe essere applicata tenendo conto del quadro normativo stabilito dal regolamento (UE) n. 596/2014 e delle relative misure applicative.
(18)
Per garantire l’attuazione efficace della politica europea intesa ad assicurare l’integrità dei mercati finanziari stabilita nel regolamento (UE) n. 596/2014, è opportuno che gli Stati membri estendano alle persone giuridiche la responsabilità in relazione ai reati previsti nella presente direttiva attraverso l’irrogazione di sanzioni penali o non penali o altre misure che siano effettive, proporzionate e dissuasive, ad esempio quelle previste nel regolamento (UE) n. 596/2014. Tali sanzioni o altre misure possono comprendere la pubblicazione di una decisione finale su una sanzione che includa l’identità della persona giuridica responsabile, tenendo conto dei diritti fondamentali, del principio di proporzionalità e dei rischi per la stabilità dei mercati finanziari e per le indagini in corso. È opportuno che gli Stati membri, se del caso e qualora il diritto nazionale preveda la responsabilità penale delle persone giuridiche, estendano tale responsabilità penale, conformemente al diritto nazionale, ai reati previsti dalla presente direttiva. La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare la possibilità per gli Stati membri di pubblicare decisioni finali in materia di responsabilità o sanzioni.
(19)
Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che le autorità preposte all’applicazione della legge, le autorità giudiziarie e le altre autorità competenti preposte alle indagini o al perseguimento dei reati previsti dalla presente direttiva dispongano della capacità di ricorrere a strumenti investigativi efficaci. Tenuto conto, tra l’altro, del principio di proporzionalità, il ricorso a tali strumenti conformemente al diritto nazionale dovrebbe essere commisurato alla natura e alla gravità dei reati oggetto d’indagine.
(20)
Poiché la presente direttiva prevede norme minime, gli Stati membri sono liberi di adottare o mantenere norme di diritto penale più severe in materia di abusi di mercato.
(21)
Gli Stati membri possono, ad esempio, stabilire che la manipolazione del mercato commessa con grave colpa o negligenza costituisca reato.
(22)
Gli obblighi previsti nella presente direttiva di prevedere negli ordinamenti nazionali pene per le persone fisiche e sanzioni per le persone giuridiche non esonerano gli Stati membri dall’obbligo di contemplare in tali ordinamenti nazionali sanzioni amministrative e altre misure per le violazioni previste nel regolamento (UE) n. 596/2014, salvo che gli Stati membri non abbiano deciso, conformemente al regolamento (UE) n. 596/2014, di prevedere per tali violazioni unicamente sanzioni penali nel loro ordinamento nazionale.
(23)
L’ambito di applicazione della presente direttiva è determinato in modo tale da integrare e garantire l’effettiva attuazione del regolamento (UE) n. 596/2014. Mentre le condotte illecite commesse con dolo dovrebbero essere punite conformemente alla presente direttiva, almeno nei casi gravi, le sanzioni per le violazioni del regolamento (UE) n. 596/2014 non richiedono che sia comprovato il dolo o che gli illeciti siano qualificati come gravi. Nell’applicare la normativa nazionale di recepimento della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire che l’irrogazione di sanzioni penali per i reati ai sensi dalla presente direttiva e di sanzioni amministrative ai sensi del regolamento (UE) n. 596/2014 non violi il principio del ne bis in idem.
(24)
Fatte salve le norme generali del diritto penale nazionale in materia di applicazione ed esecuzione delle sentenze in considerazione delle circostanze concrete di ogni singolo caso, l’irrogazione delle sanzioni penali dovrebbe essere proporzionata, tenendo conto dei profitti ritratti o delle perdite evitate dalle persone giudicate responsabili, nonché del danno cagionato dal reato a terzi e, ove possibile, di quello cagionato al funzionamento dei mercati o all’economia in generale.
(25)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire garantire all’interno dell’Unione l’esistenza di sanzioni penali almeno per le condotte più gravi di abuso di mercato, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti della presente direttiva, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(26)
L’aumento delle attività transfrontaliere richiede una cooperazione efficiente ed efficace tra le autorità nazionali competenti per le indagini e il perseguimento dei reati di abuso di mercato. L’organizzazione e le competenze delle autorità nazionali nei diversi Stati membri non dovrebbero costituire un ostacolo per la loro cooperazione.
(27)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (la Carta), quali riconosciuti nel TUE. In particolare, dovrebbe essere applicata con il dovuto rispetto del diritto alla protezione dei dati di carattere personale (articolo 8), della libertà di espressione e di informazione (articolo 11), della libertà d’impresa (articolo 16), del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (articolo 47), della presunzione di innocenza e dei diritti della difesa (articolo 48), dei principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene (articolo 49) e del diritto di non essere giudicato o punito due volte in procedimenti penali e per lo stesso reato (articolo 50).
(28)
Nell’attuare la presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire il rispetto dei diritti procedurali degli indagati o imputati in procedimenti penali. Gli obblighi gravanti su di loro ai sensi della presente direttiva lasciano impregiudicati gli obblighi previsti dal diritto dell’Unione in materia di diritti procedurali nei procedimenti penali. La presente direttiva non è in alcun modo intesa a limitare la libertà di stampa o la libertà di espressione dei mezzi di comunicazione nella misura in cui sono garantiti nell’Unione e negli Stati membri, in particolare dall’articolo 11 della Carta e da altre disposizioni pertinenti. Ciò dovrebbe essere messo in rilievo, in particolare, per quanto riguarda la comunicazione di informazioni privilegiate conformemente alle disposizioni su tale comunicazione contenute nella presente direttiva.
(29)
Fatto salvo l’articolo 4 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il Regno Unito non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione.
(30)
A norma degli articoli 1, 2, 3 e 4 del protocollo n. 21 sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda rispetto allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, allegato al TUE e al TFUE, l’Irlanda ha notificato che intende partecipare all’adozione e all’applicazione della presente direttiva.
(31)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(32)
Il Garante europeo della protezione dei dati ha espresso un parere il 10 febbraio 2012 (6),
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva stabilisce le norme minime per le sanzioni penali applicabili all’abuso di informazioni privilegiate, alla comunicazione illecita di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, al fine di assicurare l’integrità dei mercati finanziari all’interno dell’Unione e di rafforzare la protezione degli investitori e la fiducia in tali mercati.
2. La presente direttiva si applica:
a)
agli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione su un mercato regolamentato;
b)
agli strumenti finanziari negoziati su un sistema multilaterale di negoziazione (MTF), ammessi alla negoziazione su un MTF o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione al MTF;
c)
agli strumenti finanziari negoziati su un sistema organizzato di negoziazione (OTF);
d)
agli strumenti finanziari non contemplati dalle lettere a), b) o c), il cui prezzo o valore dipende dal prezzo o dal valore di uno strumento finanziario di cui alle suddette lettere, ovvero ha un effetto su di essi, compresi, ma non in via esclusiva, i credit default swap e i contratti differenziali.
La presente direttiva si applica anche alle condotte o alle operazioni, comprese le offerte, relative ad aste o a piattaforme d’asta autorizzate come un mercato regolamentato di quote di emissioni o di altri prodotti oggetto d’asta correlati, anche quando i prodotti oggetto d’asta non sono strumenti finanziari, ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione (7). Fatte salve le disposizioni specifiche relative alle offerte presentate nell’ambito di un’asta, le disposizioni della presente direttiva che fanno riferimento a ordini di compravendita si applicano a tali offerte.
3. La presente direttiva non si applica:
a)
alle negoziazioni di azioni proprie nell’ambito di programmi di riacquisto di azioni proprie, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3, del regolamento (UE) n. 596/2014;
b)
alle negoziazioni di valori mobiliari o strumenti collegati di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento (UE) n 596/2014 per la stabilizzazione di valori mobiliari, quando tali negoziazioni sono effettuate conformemente all’articolo 5, paragrafi 4 e 5, di tale regolamento;
c)
alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate nell’ambito della politica monetaria, della politica dei cambi o nella gestione del debito pubblico conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 596/2014, alle operazioni, agli ordini eseguiti o alle condotte attuate conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, di tale regolamento, alle attività nell’ambito della politica climatica dell’Unione conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, di detto regolamento o alle attività nell’ambito della politica agricola comune o della politica comune della pesca dell’Unione, conformemente all’articolo 6, paragrafo 4, di detto regolamento.
4. L’articolo 5 si applica anche:
a)
ai contratti a pronti su merci che non sono prodotti energetici all’ingrosso, quando l’operazione, l’ordine di compravendita o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore di uno strumento finanziario di cui al paragrafo 2 del presente articolo;
b)
ai tipi di strumenti finanziari, compresi i contratti derivati o gli strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito, se l’operazione, l’ordine di compravendita, l’offerta o altra condotta ha un effetto sul prezzo o sul valore di un contratto a pronti su merci, qualora il prezzo o il valore dipenda dal prezzo o dal valore di tali strumenti finanziari;
c)
a condotte attinenti a indici di riferimento (benchmark).
5. La presente direttiva si applica a qualsiasi operazione, ordine o altra condotta relativi agli strumenti finanziari di cui ai paragrafi 2 e 4, indipendentemente dal fatto che tale operazione, ordine o condotta avvenga in una sede di negoziazione (trading venue).
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1) «strumento finanziario»: lo strumento finanziario quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 15), della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);
2) «contratto a pronti su merci»: un contratto a pronti su merci quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 15), del regolamento (UE) n. 596/2014;
3) «programma di riacquisto di azioni proprie»: la negoziazione di azioni proprie ai sensi degli articoli da 21 a 27 della direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9);
4) «informazione privilegiata»: l’informazione contemplata dall’articolo 7, paragrafi da 1 a 4, del regolamento (UE) n. 596/2014;
5) «quota di emissione»: la quota di emissione quale definita nell’allegato I, sezione C, punto 11), della direttiva 2014/65/UE;
6) «indice di riferimento (benchmark)»: l’indice di riferimento (benchmark) quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 29), del regolamento (UE) n. 596/2014;
7) «prassi di mercato ammessa»: una specifica prassi di mercato ammessa dall’autorità competente di uno Stato membro conformemente all’articolo 13 del regolamento (UE) n. 596/2014;
8) «stabilizzazione»: la stabilizzazione quale definita nell’articolo 3, paragrafo 2), lettera d), del regolamento (UE) n. 596/2014;
9) «mercato regolamentato»: il mercato regolamentato quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 21), della direttiva 2014/65/UE;
10) «sistema multilaterale di negoziazione» o «MTF»: il sistema multilaterale di negoziazione quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 22), della direttiva 2014/65/UE;
11) «sistema organizzato di negoziazione» o «OTF»: il sistema organizzato di negoziazione quale definito nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 23), della direttiva 2014/65/UE;
12) «sede di negoziazione (trading venue)»: la sede di negoziazione (trading venue) quale definita nell’articolo 4, paragrafo 1, punto 24), della direttiva 2014/65/UE;
13) «prodotto energetico all’ingrosso»: il prodotto energetico all’ingrosso quale definito nell’articolo 2, punto 4), del regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10);
14) «emittente»: l’emittente quale definito nell’articolo 3, paragrafo 1, punto 21), del regolamento (UE) n. 596/2014.
Articolo 3
Abuso di informazioni privilegiate, raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’abuso di informazioni privilegiate, la raccomandazione o l’induzione di altri alla commissione di un abuso di informazioni privilegiate di cui ai paragrafi da 2 a 8, costituiscano reati, almeno nei casi gravi e allorquando siano commessi con dolo.
2. Ai fini della presente direttiva, si ha abuso di informazioni privilegiate quando una persona in possesso di informazioni privilegiate utilizza tali informazioni acquisendo o cedendo, per conto proprio o per conto di terzi, direttamente o indirettamente, gli strumenti finanziari cui tali informazioni si riferiscono.
3. Il presente articolo si applica a chiunque possieda informazioni privilegiate:
a)
in quanto membro di organi amministrativi, di direzione o di controllo dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni;
b)
in ragione della sua partecipazione al capitale dell’emittente o del partecipante al mercato delle quote di emissioni;
c)
in quanto avente accesso a tali informazioni nell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione ovvero di una funzione o ufficio; oppure
d)
in ragione del suo coinvolgimento in attività delittuose.
Il presente articolo si applica anche a chiunque abbia ottenuto informazioni privilegiate anche in ragione di circostanze diverse da quelle indicate al primo comma e sia a conoscenza del carattere privilegiato di tali informazioni.
4. È considerato abuso di informazioni privilegiate anche l’utilizzo di informazioni privilegiate tramite annullamento o modifica di un ordine concernente uno strumento finanziario al quale le informazioni si riferiscono quando tale ordine è stato inoltrato prima che la persona interessata entrasse in possesso di dette informazioni privilegiate.
5. In relazione alle aste di quote di emissioni o di altri prodotti correlati che si tengono ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010, l’utilizzo di informazioni privilegiate di cui al paragrafo 4 del presente articolo si configura anche quando una persona presenta, modifica o ritira un’offerta per conto proprio o per conto di terzi.
6. Ai fini della presente direttiva, raccomandare ad altri di commettere un abuso di informazioni privilegiate ovvero indurre altri a commettere un abuso di informazioni privilegiate si configura allorché una persona possiede tali informazioni e:
a)
raccomanda, sulla base di tali informazioni, ad altri di acquisire o cedere strumenti finanziari cui le informazioni si riferiscono o induce altri a compiere tale acquisizione o cessione; oppure
b)
raccomanda, sulla base di tali informazioni, ad altri di annullare o modificare un ordine concernente uno strumento finanziario cui le informazioni si riferiscono o induce altri a compiere tale annullamento o modifica.
7. L’utilizzo della raccomandazione o dell’induzione di cui al paragrafo 6 costituisce abuso di informazioni privilegiate quando la persona che sfrutta la raccomandazione o l’induzione è a conoscenza del fatto che queste si basano su informazioni privilegiate.
8. Ai fini del presente articolo, dalla mera circostanza che una persona possieda o abbia posseduto informazioni privilegiate non dovrà farsi discendere la conseguenza che tale persona abbia usato tali informazioni e abbia in questo modo commesso un abuso di informazioni privilegiate attraverso operazioni di acquisizione o cessione, quando la sua condotta può qualificarsi come legittima ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (UE) n. 596/2014.
Articolo 4
Comunicazione illecita di informazioni privilegiate
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la comunicazione illecita di informazioni privilegiate di cui ai paragrafi da 2 a 5 costituisca reato, almeno nei casi gravi e se commessa con dolo.
2. Ai fini della presente direttiva, costituisce comunicazione illecita di informazioni privilegiate la condotta con la quale una persona in possesso di informazioni privilegiate comunica tali informazioni a qualsiasi altra persona, al di fuori del normale esercizio di un lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio, ovvero al di fuori dei casi in cui la comunicazione può qualificarsi come sondaggio di mercato effettuato ai sensi dell’articolo 11, paragrafi da 1 a 8, del regolamento (UE) n. 596/2014.
3. Il presente articolo si applica a chiunque possieda informazioni privilegiate in ragione delle situazioni o delle circostanze di cui all’articolo 3, paragrafo 3.
4. Ai fini della presente direttiva, raccomandare o indurre altri ad abusare di informazioni privilegiate ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, costituisce comunicazione illecita di informazioni privilegiate ai sensi del presente articolo, quando la persona che raccomanda o induce altri al compimento dell’abuso è a conoscenza del fatto che la raccomandazione o l’induzione si basano su informazioni privilegiate.
5. Il presente articolo deve essere applicato compatibilmente con l’esigenza di tutelare la libertà di stampa e la libertà di espressione.
Articolo 5
Manipolazione del mercato
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la manipolazione del mercato di cui al paragrafo 2 costituisca reato, almeno nei casi gravi e se commessa con dolo.
2. Ai fini della presente direttiva, costituiscono manipolazione del mercato le seguenti condotte:
a)
conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o qualsiasi altra condotta che;
i)
fornisce segnali falsi o fuorvianti relativi all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato; o
ii)
fissa il prezzo di uno o più strumenti finanziari, o di un contratto a pronti su merci collegato, a un livello anomalo o artificiale;
salvo che le ragioni per le quali la persona ha posto in essere l’operazione o inoltrato un ordine di compravendita siano legittime e che tali operazioni o ordini di compravendita siano conformi alle prassi di mercato ammesse nella sede di negoziazione interessata;
b)
conclusione di un’operazione, immissione di un ordine di compravendita o il compimento di qualsiasi altra attività o condotta che, attraverso l’uso di artifizi o di ogni altro tipo di inganno o espediente, incide sul prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato;
c)
divulgazione di informazioni, attraverso i media, incluso Internet, o con qualsiasi altro mezzo, che forniscono segnali falsi o fuorvianti riguardo all’offerta, alla domanda o al prezzo di uno strumento finanziario o di un contratto a pronti su merci collegato, o che assicurano il prezzo di uno o più strumenti finanziari o di un contratto a pronti su merci collegato a un livello anomalo o artificiale, quando ne consegue vantaggio o profitto per colui che ha divulgato le informazioni ovvero per altri; o
d)
trasmissione di informazioni false o fuorvianti, o comunicazione di dati falsi o fuorvianti ovvero ogni altra condotta che manipola il calcolo di un indice di riferimento (benchmark).
Articolo 6
Induzione, favoreggiamento e concorso e tentativo
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione a reati di cui all’articolo 3, paragrafi da 2 a 5, e agli articoli 4 e 5, siano punibili come reati.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il tentativo di commettere uno dei reati di cui all’articolo 3, paragrafi da 2 a 5 e paragrafo 7, e all’articolo 5 sia punibile come reato.
3. Si applica mutatis mutandis l’articolo 3, paragrafo 8.
Articolo 7
Sanzioni penali per le persone fisiche
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli da 3 a 6 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i reati di cui agli articoli 3 e 5 siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima non inferiore ad anni quattro.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché il reato di cui all’articolo 4 sia punibile con la pena della reclusione per una durata massima non inferiore ad anni due.
Articolo 8
Responsabilità delle persone giuridiche
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli da 3 a 6 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all’interno della persona giuridica, in virtù:
a)
del potere di rappresentanza di detta persona giuridica;
b)
del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure
c)
dell’esercizio del controllo all’interno della persona giuridica.
2. Gli Stati membri adottano altresì le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli da 3 a 6 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità.
3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l’esercizio dell’azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli da 3 a 6.
Articolo 9
Sanzioni per le persone giuridiche
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la persona giuridica ritenuta responsabile in relazione a un reato ai sensi dell’articolo 8 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale e possono comprendere altre sanzioni quali:
a)
l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici;
b)
l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività d’impresa;
c)
l’assoggettamento a controllo giudiziario;
d)
provvedimenti giudiziari di liquidazione;
e)
la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato.
Articolo 10
Competenza giurisdizionale
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a stabilire la propria competenza per un reato di cui agli articoli da 3 a 6 commesso:
a)
in tutto o in parte nel loro territorio; oppure
b)
da un loro cittadino, quanto meno nei casi in cui l’atto costituisce un reato nel luogo in cui è stato commesso.
2. Uno Stato membro informa la Commissione qualora decida di stabilire la propria competenza anche per i reati di cui agli articoli da 3 a 6 anche quando siano commessi al di fuori del suo territorio e nella ipotesi in cui:
a)
l’autore del reato risiede abitualmente nel suo territorio; oppure
b)
il reato sia commesso a vantaggio di una persona giuridica che ha sede nel suo territorio.
Articolo 11
Formazione
Fatta salva l’indipendenza dell’autorità giudiziaria e le differenze nella sua organizzazione all’interno dell’Unione, gli Stati membri impongono ai soggetti responsabili della formazione di giudici, procuratori, forze di polizia, personale giudiziario e personale delle autorità competenti coinvolti nei procedimenti penali e nelle indagini di provvedere a una formazione adeguata riguardo agli obiettivi della presente direttiva.
Articolo 12
Relazione
Entro il 4 luglio 2018, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sul funzionamento della presente direttiva e, se del caso, sulla necessità di modificarla, anche con riguardo all’interpretazione dei casi gravi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 1, al livello delle sanzioni introdotte dagli Stati membri e alla effettiva misura in cui gli elementi opzionali di cui alla presente direttiva sono stati adottati.
La relazione della Commissione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa.
Articolo 13
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 luglio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 3 luglio 2016 con riserva dell’entrata in vigore del regolamento (UE) n 596/2014.
Le disposizioni adottate dagli Stato membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 14
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 15
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati.
Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 161 del 7.6.2012, pag. 3.
(2) GU C 181 del 21.6.2012, pag. 64.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 4 febbraio 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 aprile 2014.
(4) Direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato (abusi di mercato) (GU L 96 del 12.4.2003, pag. 16).
(5) Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (abusi di mercato) e che modifica la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive della Commissione 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE (cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale).
(6) GU C 177 del 20.6.2012, pag. 1.
(7) Regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione, del 12 novembre 2010, relativo ai tempi, alla gestione e ad altri aspetti della vendita all’asta delle quote di emissioni dei gas a effetto serra a norma della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità (GU L 302 del 18.11.2010, pag. 1).
(8) Direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa a mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2011/61/UE e la direttiva 2002/92/CE (cfr. pagina 349 della presente Gazzetta ufficiale).
(9) Direttiva 2012/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sul coordinamento delle garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 54, secondo paragrafo, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 74).
(10) Regolamento (UE) n. 1227/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, concernente l’integrità e la trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso (GU L 326 dell’8.12.2011, pag. 1).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sanzioni penali in caso di abusi di mercato
La presente normativa dell'Unione europea ha lo scopo di migliorare l'integrità dei mercati finanziari europei.
ATTO
Direttiva 2014/57/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato).
SINTESI
Gli abusi che hanno luogo sui mercati finanziari, per esempio quando i partecipanti al mercato diffondono informazioni false sui prezzi dei prodotti finanziari, possono essere molto dannosi per i consumatori, gli investitori e l'economia nel complesso.
La presente legge stabilisce sanzioni penali per gli abusi di mercato più gravi,commessi intenzionalmente. Le nuove norme dovrebbero essere applicabili entro e non oltre il mese di luglio 2016, in tutti i paesi dell'UE.
PUNTI CHIAVE
1.
Sanzioni per le persone fisiche - Condanne alla reclusione
Secondo le nuove norme, l'abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato, le due principali forme di abuso di mercato, sono punibili con una pena massima di reclusione di almeno quattro anni.
La manipolazione del mercato consiste nel manipolare artificiosamente i prezzi dei prodotti finanziari. Per esempio, ciò può succedere quando un soggetto diffonde informazioni false sulla fornitura, la domanda o il prezzo di un prodotto finanziario.
L'abuso di informazioni privilegiate avviene quando un soggetto commercia un prodotto finanziario con accesso a «informazioni privilegiate». Si tratta di informazioni riservate riguardanti il prodotto finanziario commerciato o la società che lo ha immesso sul mercato. L'accesso a questo tipo di informazioni dà al soggetto un vantaggio iniquo.
Anche la comunicazione illecita di«informazioni privilegiate» è considerata come un reato, punibile con una pena massima di reclusione di almeno due anni. Ciò avviene quando un soggetto comunica «informazioni privilegiate» ad altre persone, salvo tale comunicazione avvenga nel regolare esercizio della sua professione.
2.
Sanzioni per le persone giuridiche (società ritenute responsabili)
Le norme prevedono che le società ritenute responsabili di reati di abuso di mercato siano soggette a sanzioni pecuniarie, penali o non penali. Possono essere applicate altre sanzioni, come l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa.
Il regolamento (UE) n. 596/2014, adottato unitamente a queste nuove norme inasprisce le sanzioni amministrative che possono altresì essere imposte per abusi di mercato. Esso rafforza inoltre i poteri investigativi degli organismi nazionali di regolamentazione per rilevare gli abusi sui mercati finanziari.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2014/57/UE
2.7.2014
3.7.2016
GU L 173 del 12.6.2014
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativo agli abusi di mercato (regolamento sugli abusi di mercato) e che abroga la direttiva 2003/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e le direttive 2003/124/CE, 2003/125/CE e 2004/72/CE della Commissione (GU L 173 del 12.6.2014). |
Quadro per l’appalto dell’Eurosistema
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’INDIRIZZO?
La decisione stabilisce le regole e le pratiche per l’appalto congiunto da parte di banche centrali nazionali (BCN) di beni e servizi necessari allo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema e i ruoli dell’Ufficio di coordinamento dell’appalto dell’Eurosistema (EPCO) e delle altre autorità pubbliche coinvolte. L’indirizzo definisce le regole per garantire che le diverse tipologie di stamperie nel settore privato e pubblico possano partecipare alle procedure di appalto per la produzione di banconote in euro organizzate ed eseguite all’interno dell’Unione europea (UE) a condizioni paritarie.
PUNTI CHIAVE
Quando l’EPCO vede la necessità di un appalto congiunto per beni e servizi (per l’efficienza in termini di costi e di effettività, o per le norme e i requisiti armonizzati) invita le BCN a partecipare a procedure congiunte di appalto. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) approva la procedura e la banca centrale capofila proposta dall’EPCO. La banca centrale capofila attua la procedura d’appalto congiunto a beneficio delle banche centrali che vi partecipano, in linea con le regole d’appalto alle quali è sottoposta la banca centrale capofila.
La partecipazione delle BCN nelle attività dell’EPCO e nelle procedure d’appalto congiunto* è volontaria.
L’EPCO è ospitato da una BCN nominata dal Consiglio direttivo della BCE ogni cinque anni. La BCN del Lussemburgo detiene attualmente questa posizione (dal 1o gennaio 2020 al 31 dicembre 2024). Le banche centrali finanziano il bilancio preventivo dell’EPCO su base annuale o pluriennale.
Per la produzione e l’appalto di banconote in euro, viene istituito il Sistema di produzione e appalto dell’Eurosistema. Esso copre la produzione di banconote in euro da parte delle BCN che utilizzano una stamperia interna e la produzione e l’appalto di banconote in euro da parte delle BCN che non utilizzano stamperie interne.
Le BCN sono responsabili della produzione e dell’appalto delle banconote in euro loro attribuite secondo le quote detenute dalle BCN nel capitale della BCE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E L’INDIRIZZO?
La decisione 2008/893/UE si applica dal 1o dicembre 2008. Le banche centrali dell’Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015.
CONTESTO
Il Consiglio direttivo della BCE ha il potere, ai sensi dello statuto della BCE (articolo 12, paragrafo 1), di adottare indirizzi e prendere decisioni per assicurare l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Esso ha inoltre il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’UE e di attribuire la responsabilità della produzione di banconote in euro alle BCN. Nel luglio 2007 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di istituire l’EPCO con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione all’interno dell’Eurosistema nel campo degli appalti. Lo ha reso permanente nel 2019.
TERMINI CHIAVE
Procedura d’appalto congiunto: procedura per l’appalto congiunto di beni e servizi messa a punto dalla banca centrale capofila a beneficio delle banche centrali che partecipano alla procedura d’appalto congiunto.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2008/893/CE della Banca centrale europea, del 17 novembre 2008, che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2008/17) (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 76).
Le modifiche successive alla decisione 2008/893/CE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Indirizzo (UE) 2015/280 della Banca centrale europea, del 13 novembre 2014, sull’istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell’Eurosistema (BCE/2014/44) (GU L 47 del 20.2.2015, pag. 29).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2020/628 della Banca centrale europea, del 4 maggio 2020, che modifica la decisione BCE/2008/17 che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2020/27) (GU L 146 dell’8.5.2020, pag. 11). | INDIRIZZO (UE) 2015/280 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 13 novembre 2014
sull'istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (BCE/2014/44)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 128, paragrafo 1,
visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 14.3 e l'articolo 16,
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 128 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito, «il trattato») e l'articolo 16 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo statuto del SEBC») attribuiscono al Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. Tale diritto esclusivo comprende la competenza a definire il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro. La BCE può attribuire la responsabilità di produrre le banconote in euro alle banche centrali nazionali degli Stati membri che hanno adottato l'euro (di seguito «le BCN») secondo le quote percentuali detenute dalle BCN nel capitale sottoscritto della BCE per l'esercizio finanziario di riferimento, calcolate applicando le ponderazioni nello schema di cui all'articolo 29.1 dello statuto del SEBC (di seguito «lo schema di capitale»). Il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve, da un lato, rispettare i requisiti previsti dall'articolo 127, paragrafo 1, del trattato e dall'articolo 2 dello statuto del SEBC, perché l'Eurosistema agisca in conformità al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse e, d'altro lato, tener conto della particolare natura delle banconote in euro, che sono prodotte al fine di essere emesse dall'Eurosistema come mezzo di pagamento sicuro. Inoltre, il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve altresì tenere in considerazione il fatto che alcune BCN si avvalgono di proprie stamperie interne per produrre le banconote in euro.
(2)
In considerazione dei summenzionati principi, il 10 luglio 2003 il Consiglio direttivo ha deciso che un approccio concorrenziale in materia di appalti, comune all'Eurosistema (di seguito «procedura unica d'appalto dell'Eurosistema»), dovesse applicarsi all'appalto di banconote in euro a partire dal 1o gennaio 2012, come stabilito nell'Indirizzo BCE/2004/18 (1). Nel marzo 2011, il Consiglio direttivo ha deciso di posticipare l'avvio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema al 1o gennaio 2014, salvo che fosse determinata una data diversa nel frattempo e fatta salva un'ulteriore verifica della situazione (2). Nel dicembre del 2013, il Consiglio direttivo ha deciso ulteriormente che la procedura unica d'appalto dell'Eurosistema sarebbe iniziata in una data da stabilirsi a causa del mutamento dei presupposti sulla base dei quali la data di inizio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema era stata fissata (3).
(3)
Tenuto conto del fatto che il mercato è divenuto più competitivo rispetto al 2004 e che al momento non sussiste alcun vantaggio tangibile nell'utilizzo della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema invece degli attuali strumenti, il Consiglio direttivo ha deciso che un sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (di seguito «SPAE») debba essere considerato una possibile alternativa.
(4)
Al fine di garantire la continuità della fornitura, mantenere le competenze maturate all'interno dell'Eurosistema, promuovere la concorrenza e ridurre i costi a livello dell'Eurosistema, nonché trarre vantaggio dalle innovazioni nel settore privato e pubblico, lo SPAE dovrebbe essere composto da due pilastri: un gruppo di BCN che producono le proprie banconote in euro utilizzando una stamperia interna (di seguito «BCN del gruppo con stamperia interna»), e un gruppo di BCN che affidano in appalto la produzione delle proprie banconote in euro (di seguito «BCN del gruppo appaltante»). Lo SPAE dovrebbe promuovere la produzione efficiente di banconote in euro nell'Eurosistema. Inoltre, lo SPAE richiederà l'ulteriore allineamento dei requisiti legali applicabili alle BCN del gruppo appaltante, quali quelli relativi all'uso di criteri di idoneità nella procedura d'appalto e di termini e condizioni contrattuali. I requisiti fissati in relazione allo SPAE dovrebbero essere volti a garantire condizioni paritarie negli appalti per la produzione di banconote in euro.
(5)
Le BCN del gruppo appaltante rimarranno responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Per adempiere i propri obblighi, tali BCN affideranno in appalto la produzione di banconote in euro e bandiranno procedure d'appalto, singolarmente o congiuntamente ad altre BCN, in conformità alle norme in materia di appalti applicabili. Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante dovrebbero cercare di allineare i propri requisiti in materia di appalti, in conformità ai requisiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti.
(6)
Le BCN del gruppo con stamperia interna rimarranno responsabili della produzione delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Tenuto conto della necessità di garantire condizioni paritarie tra tutte le stamperie, tali BCN dovrebbero assicurare che le stamperie interne non partecipino a procedure d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzate e realizzate all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna.
(7)
Qualora intraprendano forme di cooperazione, le BCN del gruppo con stamperia interna devono rispettare le normative nazionali applicabili e il diritto dell'Unione. Ove sia costituita una persona giuridica distinta al fine di realizzare tale cooperazione, una BCN può diventare una BCN del gruppo con stamperia interna se esercita congiuntamente il controllo su tale persona giuridica ai sensi del presente indirizzo.
(8)
Le banconote in euro presentano caratteristiche tecnologicamente avanzate e di natura sensibile. Pertanto, esse devono essere prodotte in un ambiente completamente sicuro, controllato e riservato, che garantisca una fornitura affidabile, di elevata qualità e continuata nel tempo. Inoltre, l'Eurosistema deve tenere in debito conto il possibile impatto della produzione delle banconote in euro sulla sanità e sicurezza pubbliche nonché sull'ambiente.
(9)
Il Consiglio direttivo effettuerà un controllo sistematico degli sviluppi relativi alle materie prime essenziali e ai fattori di produzione coinvolti nell'appalto e nella produzione delle banconote in euro e, se necessario, adotterà le misure adeguate al fine di assicurare che essi siano selezionati e/o forniti in modo da garantire la continuità della fornitura delle banconote in euro e impedire l'abuso di posizione dominante sul mercato da parte di qualunque appaltatore o fornitore, fatti salvi la disciplina dell'Unione in materia di concorrenza e i poteri della Commissione europea.
(10)
Le disposizioni del presente indirizzo dovrebbero essere interpretate, laddove necessario, in conformità alle regole contenute nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, a decorrere dal 18 aprile 2016, nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5),
HA ADOTTATO IL PRESENTE INDIRIZZO:
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente indirizzo, si applicano le seguenti definizioni.
1.
Per «principio di piena concorrenza» si intendono disposizioni interne effettive che assicurino piena separazione tra i conti di una stamperia pubblica e quelli della rispettiva autorità pubblica e il rimborso da parte di una stamperia pubblica dei costi di tutto il sostegno amministrativo e organizzativo che essa riceve dalla rispettiva autorità pubblica. Al fine di garantire una leale concorrenza quando le stamperie pubbliche partecipano a bandi di gara, è necessario che le attività di stampa delle banconote in euro siano completamente separate dal punto di vista finanziario dalle altre attività, al fine di garantire che non sia fornito, né direttamente né indirettamente, alcun aiuto di Stato che sia in qualunque modo incompatibile con il trattato. Tale separazione finanziaria è verificata e certificata annualmente da un revisore esterno indipendente, e ne è informato il Consiglio direttivo.
2.
Per «stamperia interna» si intende qualsiasi stamperia che sia a) giuridicamente e organizzativamente parte di una BCN; o b) una persona giuridica separata, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative:
i)
la BCN o le BCN esercitino sulla persona giuridica in questione un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie articolazioni interne;
ii)
la persona giuridica controllata svolga più dell'80 % delle proprie attività nell'esecuzione di compiti a essa affidati dalla BCN o dalle BCN controllanti;
iii)
nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta da parte di privati.
Per determinare la percentuale delle attività di cui alla lettera b), punto ii), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o un'idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica in questione per servizi, forniture e lavori nei tre anni precedenti l'aggiudicazione del contratto.
Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell'attività della persona giuridica in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull'attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell'attività, che la misura dell'attività è credibile.
Si ritiene che una BCN eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello da essa esercitato sulle proprie articolazioni interne, ai sensi del primo comma, lettera b), punto i), quando essa esercita un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.
Si ritiene che le BCN esercitino congiuntamente un controllo su una persona giuridica qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni cumulative: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le BCN partecipanti; singoli rappresentanti possono rappresentare diverse o tutte le BCN partecipanti; b) tali BCN sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata; e c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle BCN controllanti.
3.
Per «autorità pubbliche» si intendono tutte le autorità pubbliche, ivi inclusi lo Stato e le autorità regionali, locali o altre autorità territoriali, e le banche centrali.
4.
Per «stamperia pubblica» si intende qualsiasi stamperia sulla quale le autorità pubbliche possano, direttamente o indirettamente, esercitare un'influenza dominante in virtù della proprietà di essa, della loro partecipazione finanziaria o delle norme che la governano. L'influenza dominante da parte delle autorità pubbliche si presume qualora rispetto a una data stamperia tali autorità, direttamente o indirettamente: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto: b) controllino la maggioranza dei voti collegati alle azioni emesse dalla stessa; ovvero c) possano nominare oltre la metà dei membri dei suoi organi amministrativi, direzionali o di supervisione.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. Lo SPAE istituisce un modello per la produzione e l'appalto di banconote in euro basato su due pilastri. Esso include l'appalto della produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo appaltante, nonché la produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo con stamperia interna, che utilizzano una stamperia interna.
2. Le BCN sono responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale.
TITOLO II
BCN DEL GRUPPO APPALTANTE
Articolo 3
Principi generali
Le BCN che non hanno stamperie interne fanno parte del gruppo appaltante (BCN del gruppo appaltante).
Articolo 4
Procedure d'appalto
1. Ciascuna delle BCN del gruppo appaltante è responsabile dell'appalto della produzione di banconote in euro e svolge procedure d'appalto singolarmente o congiuntamente con altre BCN del gruppo appaltante, secondo le norme sugli appalti applicabili e in linea con i requisiti dettati dal presente indirizzo.
2. Al fine di preservare la concorrenza nel mercato della produzione di banconote in euro, in linea di principio e fatta salva la normativa nazionale sugli appalti applicabile, le BCN del gruppo appaltante suddividono gli appalti in diversi lotti, e al medesimo offerente o ai medesimi offerenti non dovrebbero essere aggiudicati più lotti.
3. Le BCN del gruppo appaltante dichiarano nella documentazione di gara dell'appalto che le stamperie pubbliche, per essere idonee ad un appalto, devono aver dato attuazione al principio di piena concorrenza prima di partecipare allo stesso.
Articolo 5
Armonizzazione dei requisiti
Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante cercano di allineare i propri requisiti in materia di appalto, inclusi i criteri di idoneità, conformemente ai requisiti della normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti.
TITOLO III
BCN DEL GRUPPO CON STAMPERIA INTERNA
Articolo 6
Principi generali
1. Le BCN che producono banconote in euro utilizzando una stamperia interna fanno parte del gruppo con stamperia interna (BCN del gruppo con stamperia interna).
2. Le BCN del gruppo con stamperia interna assicurano che le proprie stamperie interne non partecipino a nessuna procedura d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzata e realizzata all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna.
Articolo 7
Cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna
1. Per migliorare il rapporto costo/efficienza della produzione di banconote in euro, le BCN del gruppo con stamperia interna prendono in considerazione l'instaurazione di forme di cooperazione appropriate, quali acquisti congiunti e la condivisione e attuazione di buone prassi per i processi produttivi, al fine di adempiere nel miglior modo possibile la loro funzione pubblica di produzione di banconote.
2. Le BCN del gruppo con stamperia interna possono decidere di partecipare o meno a tali forme di cooperazione, a condizione che, nel caso lo facciano, si impegnino a rimanere coinvolte nelle iniziative in questione per almeno tre anni (salvo che, in tale periodo, diventino una BCN del gruppo appaltante), data la necessità di garantire continuità e in considerazione degli investimenti compiuti dalle parti.
Articolo 8
Costituzione di una persona giuridica distinta, o di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata, per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche
1. Per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche, le BCN del gruppo con stamperia interna valutano a) la costituzione di una persona giuridica distinta composta dalle loro stamperie interne; oppure b) l'instaurazione di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata sulla base di un accordo di cooperazione.
2. Alle forme di cooperazione di cui al paragrafo 1 si applicano le seguenti condizioni:
a)
qualora una persona giuridica, costituita ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), si aggiudichi direttamente un contratto per la produzione di banconote in euro, essa deve essere controllata congiuntamente dalle BCN interessate, secondo la definizione di controllo congiunto di cui al punto 2 dell'articolo 1;
b)
gli accordi conclusi ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), rispettano le seguenti condizioni cumulative:
i)
l'accordo istituisce o dà attuazione alla cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna con lo scopo di garantire che i servizi pubblici che esse devono svolgere siano forniti con il fine di raggiungere i comuni obiettivi;
ii)
l'attuazione di tale cooperazione è governata esclusivamente da considerazioni riguardanti l'interesse pubblico;
iii)
le BCN del gruppo con stamperia interna svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla cooperazione. Per determinare la percentuale delle attività summenzionate si applicano coerentemente il secondo e il terzo paragrafo del punto 2 dell'articolo 1.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 9
Abrogazione
L'Indirizzo BCE/2004/18 è abrogato a decorrere dal 1o gennaio 2015.
Articolo 10
Efficacia e attuazione
Gli effetti del presente indirizzo decorrono dal giorno della notifica alle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. Le banche centrali dell'Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015.
Articolo 11
Periodo transitorio relativo all'applicazione dell'articolo 4, paragrafo 3
In deroga all'articolo 4, paragrafo 3, le procedure d'appalto bandite prima del 1o luglio 2015 possono applicare requisiti diversi circa l'esclusione di partecipanti alla gara d'appalto.
Articolo 12
Revisione
Il Consiglio direttivo procede alla revisione del presente indirizzo all'inizio del 2017 e successivamente ogni due anni.
Articolo 13
Destinatari
Tutte le banche centrali dell'Eurosistema sono destinatarie del presente indirizzo.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 13 novembre 2014
Per il Consiglio direttivo della BCE
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) Indirizzo BCE/2004/18, del 16 settembre 2004, sull'appalto di banconote in euro (GU L 320 del 21.10.2004, pag. 21).
(2) Indirizzo BCE/2011/3, del 18 marzo 2011, sull'appalto di banconote in euro (GU L 86 dell'1.4.2011, pag. 77).
(3) Indirizzo BCE/2013/49, del 18 dicembre 2013, che modifica l'indirizzo BCE/2004/18 sull'appalto di banconote in euro (GU L 32 dell'1.2.2014, pag. 36).
(4) Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114).
(5) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | INDIRIZZO (UE) 2015/280 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 13 novembre 2014
sull'istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (BCE/2014/44)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 128, paragrafo 1,
visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 14.3 e l'articolo 16,
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 128 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito, «il trattato») e l'articolo 16 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo statuto del SEBC») attribuiscono al Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. Tale diritto esclusivo comprende la competenza a definire il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro. La BCE può attribuire la responsabilità di produrre le banconote in euro alle banche centrali nazionali degli Stati membri che hanno adottato l'euro (di seguito «le BCN») secondo le quote percentuali detenute dalle BCN nel capitale sottoscritto della BCE per l'esercizio finanziario di riferimento, calcolate applicando le ponderazioni nello schema di cui all'articolo 29.1 dello statuto del SEBC (di seguito «lo schema di capitale»). Il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve, da un lato, rispettare i requisiti previsti dall'articolo 127, paragrafo 1, del trattato e dall'articolo 2 dello statuto del SEBC, perché l'Eurosistema agisca in conformità al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse e, d'altro lato, tener conto della particolare natura delle banconote in euro, che sono prodotte al fine di essere emesse dall'Eurosistema come mezzo di pagamento sicuro. Inoltre, il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve altresì tenere in considerazione il fatto che alcune BCN si avvalgono di proprie stamperie interne per produrre le banconote in euro.
(2)
In considerazione dei summenzionati principi, il 10 luglio 2003 il Consiglio direttivo ha deciso che un approccio concorrenziale in materia di appalti, comune all'Eurosistema (di seguito «procedura unica d'appalto dell'Eurosistema»), dovesse applicarsi all'appalto di banconote in euro a partire dal 1o gennaio 2012, come stabilito nell'Indirizzo BCE/2004/18 (1). Nel marzo 2011, il Consiglio direttivo ha deciso di posticipare l'avvio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema al 1o gennaio 2014, salvo che fosse determinata una data diversa nel frattempo e fatta salva un'ulteriore verifica della situazione (2). Nel dicembre del 2013, il Consiglio direttivo ha deciso ulteriormente che la procedura unica d'appalto dell'Eurosistema sarebbe iniziata in una data da stabilirsi a causa del mutamento dei presupposti sulla base dei quali la data di inizio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema era stata fissata (3).
(3)
Tenuto conto del fatto che il mercato è divenuto più competitivo rispetto al 2004 e che al momento non sussiste alcun vantaggio tangibile nell'utilizzo della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema invece degli attuali strumenti, il Consiglio direttivo ha deciso che un sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (di seguito «SPAE») debba essere considerato una possibile alternativa.
(4)
Al fine di garantire la continuità della fornitura, mantenere le competenze maturate all'interno dell'Eurosistema, promuovere la concorrenza e ridurre i costi a livello dell'Eurosistema, nonché trarre vantaggio dalle innovazioni nel settore privato e pubblico, lo SPAE dovrebbe essere composto da due pilastri: un gruppo di BCN che producono le proprie banconote in euro utilizzando una stamperia interna (di seguito «BCN del gruppo con stamperia interna»), e un gruppo di BCN che affidano in appalto la produzione delle proprie banconote in euro (di seguito «BCN del gruppo appaltante»). Lo SPAE dovrebbe promuovere la produzione efficiente di banconote in euro nell'Eurosistema. Inoltre, lo SPAE richiederà l'ulteriore allineamento dei requisiti legali applicabili alle BCN del gruppo appaltante, quali quelli relativi all'uso di criteri di idoneità nella procedura d'appalto e di termini e condizioni contrattuali. I requisiti fissati in relazione allo SPAE dovrebbero essere volti a garantire condizioni paritarie negli appalti per la produzione di banconote in euro.
(5)
Le BCN del gruppo appaltante rimarranno responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Per adempiere i propri obblighi, tali BCN affideranno in appalto la produzione di banconote in euro e bandiranno procedure d'appalto, singolarmente o congiuntamente ad altre BCN, in conformità alle norme in materia di appalti applicabili. Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante dovrebbero cercare di allineare i propri requisiti in materia di appalti, in conformità ai requisiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti.
(6)
Le BCN del gruppo con stamperia interna rimarranno responsabili della produzione delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Tenuto conto della necessità di garantire condizioni paritarie tra tutte le stamperie, tali BCN dovrebbero assicurare che le stamperie interne non partecipino a procedure d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzate e realizzate all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna.
(7)
Qualora intraprendano forme di cooperazione, le BCN del gruppo con stamperia interna devono rispettare le normative nazionali applicabili e il diritto dell'Unione. Ove sia costituita una persona giuridica distinta al fine di realizzare tale cooperazione, una BCN può diventare una BCN del gruppo con stamperia interna se esercita congiuntamente il controllo su tale persona giuridica ai sensi del presente indirizzo.
(8)
Le banconote in euro presentano caratteristiche tecnologicamente avanzate e di natura sensibile. Pertanto, esse devono essere prodotte in un ambiente completamente sicuro, controllato e riservato, che garantisca una fornitura affidabile, di elevata qualità e continuata nel tempo. Inoltre, l'Eurosistema deve tenere in debito conto il possibile impatto della produzione delle banconote in euro sulla sanità e sicurezza pubbliche nonché sull'ambiente.
(9)
Il Consiglio direttivo effettuerà un controllo sistematico degli sviluppi relativi alle materie prime essenziali e ai fattori di produzione coinvolti nell'appalto e nella produzione delle banconote in euro e, se necessario, adotterà le misure adeguate al fine di assicurare che essi siano selezionati e/o forniti in modo da garantire la continuità della fornitura delle banconote in euro e impedire l'abuso di posizione dominante sul mercato da parte di qualunque appaltatore o fornitore, fatti salvi la disciplina dell'Unione in materia di concorrenza e i poteri della Commissione europea.
(10)
Le disposizioni del presente indirizzo dovrebbero essere interpretate, laddove necessario, in conformità alle regole contenute nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, a decorrere dal 18 aprile 2016, nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5),
HA ADOTTATO IL PRESENTE INDIRIZZO:
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente indirizzo, si applicano le seguenti definizioni.
1.
Per «principio di piena concorrenza» si intendono disposizioni interne effettive che assicurino piena separazione tra i conti di una stamperia pubblica e quelli della rispettiva autorità pubblica e il rimborso da parte di una stamperia pubblica dei costi di tutto il sostegno amministrativo e organizzativo che essa riceve dalla rispettiva autorità pubblica. Al fine di garantire una leale concorrenza quando le stamperie pubbliche partecipano a bandi di gara, è necessario che le attività di stampa delle banconote in euro siano completamente separate dal punto di vista finanziario dalle altre attività, al fine di garantire che non sia fornito, né direttamente né indirettamente, alcun aiuto di Stato che sia in qualunque modo incompatibile con il trattato. Tale separazione finanziaria è verificata e certificata annualmente da un revisore esterno indipendente, e ne è informato il Consiglio direttivo.
2.
Per «stamperia interna» si intende qualsiasi stamperia che sia a) giuridicamente e organizzativamente parte di una BCN; o b) una persona giuridica separata, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative:
i)
la BCN o le BCN esercitino sulla persona giuridica in questione un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie articolazioni interne;
ii)
la persona giuridica controllata svolga più dell'80 % delle proprie attività nell'esecuzione di compiti a essa affidati dalla BCN o dalle BCN controllanti;
iii)
nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta da parte di privati.
Per determinare la percentuale delle attività di cui alla lettera b), punto ii), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o un'idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica in questione per servizi, forniture e lavori nei tre anni precedenti l'aggiudicazione del contratto.
Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell'attività della persona giuridica in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull'attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell'attività, che la misura dell'attività è credibile.
Si ritiene che una BCN eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello da essa esercitato sulle proprie articolazioni interne, ai sensi del primo comma, lettera b), punto i), quando essa esercita un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.
Si ritiene che le BCN esercitino congiuntamente un controllo su una persona giuridica qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni cumulative: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le BCN partecipanti; singoli rappresentanti possono rappresentare diverse o tutte le BCN partecipanti; b) tali BCN sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata; e c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle BCN controllanti.
3.
Per «autorità pubbliche» si intendono tutte le autorità pubbliche, ivi inclusi lo Stato e le autorità regionali, locali o altre autorità territoriali, e le banche centrali.
4.
Per «stamperia pubblica» si intende qualsiasi stamperia sulla quale le autorità pubbliche possano, direttamente o indirettamente, esercitare un'influenza dominante in virtù della proprietà di essa, della loro partecipazione finanziaria o delle norme che la governano. L'influenza dominante da parte delle autorità pubbliche si presume qualora rispetto a una data stamperia tali autorità, direttamente o indirettamente: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto: b) controllino la maggioranza dei voti collegati alle azioni emesse dalla stessa; ovvero c) possano nominare oltre la metà dei membri dei suoi organi amministrativi, direzionali o di supervisione.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. Lo SPAE istituisce un modello per la produzione e l'appalto di banconote in euro basato su due pilastri. Esso include l'appalto della produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo appaltante, nonché la produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo con stamperia interna, che utilizzano una stamperia interna.
2. Le BCN sono responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale.
TITOLO II
BCN DEL GRUPPO APPALTANTE
Articolo 3
Principi generali
Le BCN che non hanno stamperie interne fanno parte del gruppo appaltante (BCN del gruppo appaltante).
Articolo 4
Procedure d'appalto
1. Ciascuna delle BCN del gruppo appaltante è responsabile dell'appalto della produzione di banconote in euro e svolge procedure d'appalto singolarmente o congiuntamente con altre BCN del gruppo appaltante, secondo le norme sugli appalti applicabili e in linea con i requisiti dettati dal presente indirizzo.
2. Al fine di preservare la concorrenza nel mercato della produzione di banconote in euro, in linea di principio e fatta salva la normativa nazionale sugli appalti applicabile, le BCN del gruppo appaltante suddividono gli appalti in diversi lotti, e al medesimo offerente o ai medesimi offerenti non dovrebbero essere aggiudicati più lotti.
3. Le BCN del gruppo appaltante dichiarano nella documentazione di gara dell'appalto che le stamperie pubbliche, per essere idonee ad un appalto, devono aver dato attuazione al principio di piena concorrenza prima di partecipare allo stesso.
Articolo 5
Armonizzazione dei requisiti
Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante cercano di allineare i propri requisiti in materia di appalto, inclusi i criteri di idoneità, conformemente ai requisiti della normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti.
TITOLO III
BCN DEL GRUPPO CON STAMPERIA INTERNA
Articolo 6
Principi generali
1. Le BCN che producono banconote in euro utilizzando una stamperia interna fanno parte del gruppo con stamperia interna (BCN del gruppo con stamperia interna).
2. Le BCN del gruppo con stamperia interna assicurano che le proprie stamperie interne non partecipino a nessuna procedura d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzata e realizzata all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna.
Articolo 7
Cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna
1. Per migliorare il rapporto costo/efficienza della produzione di banconote in euro, le BCN del gruppo con stamperia interna prendono in considerazione l'instaurazione di forme di cooperazione appropriate, quali acquisti congiunti e la condivisione e attuazione di buone prassi per i processi produttivi, al fine di adempiere nel miglior modo possibile la loro funzione pubblica di produzione di banconote.
2. Le BCN del gruppo con stamperia interna possono decidere di partecipare o meno a tali forme di cooperazione, a condizione che, nel caso lo facciano, si impegnino a rimanere coinvolte nelle iniziative in questione per almeno tre anni (salvo che, in tale periodo, diventino una BCN del gruppo appaltante), data la necessità di garantire continuità e in considerazione degli investimenti compiuti dalle parti.
Articolo 8
Costituzione di una persona giuridica distinta, o di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata, per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche
1. Per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche, le BCN del gruppo con stamperia interna valutano a) la costituzione di una persona giuridica distinta composta dalle loro stamperie interne; oppure b) l'instaurazione di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata sulla base di un accordo di cooperazione.
2. Alle forme di cooperazione di cui al paragrafo 1 si applicano le seguenti condizioni:
a)
qualora una persona giuridica, costituita ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), si aggiudichi direttamente un contratto per la produzione di banconote in euro, essa deve essere controllata congiuntamente dalle BCN interessate, secondo la definizione di controllo congiunto di cui al punto 2 dell'articolo 1;
b)
gli accordi conclusi ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), rispettano le seguenti condizioni cumulative:
i)
l'accordo istituisce o dà attuazione alla cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna con lo scopo di garantire che i servizi pubblici che esse devono svolgere siano forniti con il fine di raggiungere i comuni obiettivi;
ii)
l'attuazione di tale cooperazione è governata esclusivamente da considerazioni riguardanti l'interesse pubblico;
iii)
le BCN del gruppo con stamperia interna svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla cooperazione. Per determinare la percentuale delle attività summenzionate si applicano coerentemente il secondo e il terzo paragrafo del punto 2 dell'articolo 1.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 9
Abrogazione
L'Indirizzo BCE/2004/18 è abrogato a decorrere dal 1o gennaio 2015.
Articolo 10
Efficacia e attuazione
Gli effetti del presente indirizzo decorrono dal giorno della notifica alle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. Le banche centrali dell'Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015.
Articolo 11
Periodo transitorio relativo all'applicazione dell'articolo 4, paragrafo 3
In deroga all'articolo 4, paragrafo 3, le procedure d'appalto bandite prima del 1o luglio 2015 possono applicare requisiti diversi circa l'esclusione di partecipanti alla gara d'appalto.
Articolo 12
Revisione
Il Consiglio direttivo procede alla revisione del presente indirizzo all'inizio del 2017 e successivamente ogni due anni.
Articolo 13
Destinatari
Tutte le banche centrali dell'Eurosistema sono destinatarie del presente indirizzo.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 13 novembre 2014
Per il Consiglio direttivo della BCE
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) Indirizzo BCE/2004/18, del 16 settembre 2004, sull'appalto di banconote in euro (GU L 320 del 21.10.2004, pag. 21).
(2) Indirizzo BCE/2011/3, del 18 marzo 2011, sull'appalto di banconote in euro (GU L 86 dell'1.4.2011, pag. 77).
(3) Indirizzo BCE/2013/49, del 18 dicembre 2013, che modifica l'indirizzo BCE/2004/18 sull'appalto di banconote in euro (GU L 32 dell'1.2.2014, pag. 36).
(4) Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114).
(5) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Quadro per l’appalto dell’Eurosistema
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’INDIRIZZO?
La decisione stabilisce le regole e le pratiche per l’appalto congiunto da parte di banche centrali nazionali (BCN) di beni e servizi necessari allo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema e i ruoli dell’Ufficio di coordinamento dell’appalto dell’Eurosistema (EPCO) e delle altre autorità pubbliche coinvolte. L’indirizzo definisce le regole per garantire che le diverse tipologie di stamperie nel settore privato e pubblico possano partecipare alle procedure di appalto per la produzione di banconote in euro organizzate ed eseguite all’interno dell’Unione europea (UE) a condizioni paritarie.
PUNTI CHIAVE
Quando l’EPCO vede la necessità di un appalto congiunto per beni e servizi (per l’efficienza in termini di costi e di effettività, o per le norme e i requisiti armonizzati) invita le BCN a partecipare a procedure congiunte di appalto. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) approva la procedura e la banca centrale capofila proposta dall’EPCO. La banca centrale capofila attua la procedura d’appalto congiunto a beneficio delle banche centrali che vi partecipano, in linea con le regole d’appalto alle quali è sottoposta la banca centrale capofila.
La partecipazione delle BCN nelle attività dell’EPCO e nelle procedure d’appalto congiunto* è volontaria.
L’EPCO è ospitato da una BCN nominata dal Consiglio direttivo della BCE ogni cinque anni. La BCN del Lussemburgo detiene attualmente questa posizione (dal 1o gennaio 2020 al 31 dicembre 2024). Le banche centrali finanziano il bilancio preventivo dell’EPCO su base annuale o pluriennale.
Per la produzione e l’appalto di banconote in euro, viene istituito il Sistema di produzione e appalto dell’Eurosistema. Esso copre la produzione di banconote in euro da parte delle BCN che utilizzano una stamperia interna e la produzione e l’appalto di banconote in euro da parte delle BCN che non utilizzano stamperie interne.
Le BCN sono responsabili della produzione e dell’appalto delle banconote in euro loro attribuite secondo le quote detenute dalle BCN nel capitale della BCE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E L’INDIRIZZO?
La decisione 2008/893/UE si applica dal 1o dicembre 2008. Le banche centrali dell’Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015.
CONTESTO
Il Consiglio direttivo della BCE ha il potere, ai sensi dello statuto della BCE (articolo 12, paragrafo 1), di adottare indirizzi e prendere decisioni per assicurare l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Esso ha inoltre il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’UE e di attribuire la responsabilità della produzione di banconote in euro alle BCN. Nel luglio 2007 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di istituire l’EPCO con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione all’interno dell’Eurosistema nel campo degli appalti. Lo ha reso permanente nel 2019.
TERMINI CHIAVE
Procedura d’appalto congiunto: procedura per l’appalto congiunto di beni e servizi messa a punto dalla banca centrale capofila a beneficio delle banche centrali che partecipano alla procedura d’appalto congiunto.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2008/893/CE della Banca centrale europea, del 17 novembre 2008, che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2008/17) (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 76).
Le modifiche successive alla decisione 2008/893/CE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Indirizzo (UE) 2015/280 della Banca centrale europea, del 13 novembre 2014, sull’istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell’Eurosistema (BCE/2014/44) (GU L 47 del 20.2.2015, pag. 29).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2020/628 della Banca centrale europea, del 4 maggio 2020, che modifica la decisione BCE/2008/17 che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2020/27) (GU L 146 dell’8.5.2020, pag. 11). |
Veicoli elettrici e alimentati a gas: stazioni di ricarica/rifornimento
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
—
Stabilisce norme standard in merito alla realizzazione dell’infrastruttura per i combustibili alternativi* dell’Unione europea (UE) (ossia stazioni di ricarica di automobili elettriche o punti di rifornimento di gas naturale) nei diversi paesi dell’UE.
—
Stabilisce requisiti minimi per la costruzione di tale infrastruttura, da attuarsi come parte del quadro strategico nazionale di ogni paese dell’UE.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono adottare strategie nazionali che mirino a sviluppare il mercato per quanto concerne i combustibili alternativi per il trasporto e l’infrastruttura necessaria a sostenerli. Nella definizione di tali strategie, i paesi dell’UE devono:
—
effettuare una valutazione dello stato attuale del mercato e delle prospettive di sviluppo futuro;
—
definire obiettivi nazionali per lo sviluppo dell’infrastruttura e le misure necessarie per conseguirli;
—
designare reti per tale infrastruttura.
Date da rispettare
I paesi devono fornire quanto segue, entro le date che seguono:
—
2020
— stazioni di ricarica sufficienti per permettere ad automobili elettriche di viaggiare in aree densamente popolate all’interno della rete determinata;
—
2025
(fine) — stazioni di ricarica di idrogeno sufficienti (per ciascun paese che decida di includere l’idrogeno nel suo quadro strategico nazionale);
—
2025
(fine) — quantità sufficiente di stazioni di gas naturale liquefatto (GNL) presso i porti, per accogliere le navi alimentate a GNL.
Relazioni
I paesi dell’UE sono tenuti a presentare una relazione sui progressi alla Commissione europea in merito all’attuazione dei loro quadri nazionali entro il 2019 e ogni tre anni successivamente a tale data.
CONTESTO
Cfr. anche la sezione dedicata a:
—
Combustibili alternativi
—
Tabella di marcia sul trasporto sostenibile (2011)
—
Direttiva 2009/28/CE (obiettivo del 10 % per quanto riguarda la quota di mercato delle energie rinnovabili presenti nei combustibili per il trasporto)
TERMINI CHIAVE
*Combustibili alternativi indica combustibili o fonti di energia che servono, almeno in parte, da sostituto delle fonti di petrolio fossile. Esempi includono l’elettricità, l’idrogeno, i biocarburanti, il gas naturale liquefatto (GNL) o il gas di petrolio liquefatto (GPL).
ATTO
Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2014/94/UE
17.11.2014
18.11.2016
GU L 307 del 28.10.2014, pagg. 1-20. | DIRETTIVA 2014/94/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 22 ottobre 2014
sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 91,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Nella sua comunicazione del 3 marzo 2010 intitolata «Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», la Commissione ha illustrato misure per migliorare la competitività e garantire la sicurezza energetica mediante un uso più efficiente dell'energia e delle risorse.
(2)
Il Libro bianco della Commissione del 28 marzo 2011 intitolato «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» ha esortato a ridurre la dipendenza dal petrolio nel settore dei trasporti. È necessario conseguire tale obiettivo attraverso una serie di iniziative strategiche, ivi incluso mediante l'elaborazione di una strategia sostenibile per i combustibili alternativi e la relativa infrastruttura. Il Libro bianco della Commissione ha proposto inoltre una riduzione del 60 % rispetto ai livelli del 1990 delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti, da conseguire entro il 2050.
(3)
La direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), ha fissato un obiettivo del 10 % per quanto riguarda la quota di mercato delle energie rinnovabili presenti nei combustibili per il trasporto.
(4)
Sulla base della consultazione delle parti interessate e degli esperti nazionali e delle competenze acquisite, confluite nella comunicazione della Commissione del 24 gennaio 2013, intitolata «Energia pulita per il trasporto, una strategia europea in materia di combustibili alternativi», l'elettricità, l'idrogeno, i biocarburanti, il gas naturale e il gas di petrolio liquefatto (GPL) sono stati identificati, attualmente, come i principali combustibili alternativi con potenzialità di lungo termine in termini di alternativa al petrolio, anche alla luce del loro possibile utilizzo simultaneo e combinato mediante, ad esempio, sistemi che impiegano la tecnologia a doppia alimentazione.
(5)
Per fonti di energia si intendono tutte le fonti energetiche alternative per i trasporti, quali l'elettricità e l'idrogeno, che non sono state generate da combustione o ossidazione in assenza di combustione.
(6)
I combustibili sintetici, che sostituiscono diesel, benzina e jet fuel, possono essere prodotti a partire da diverse materie prime, convertendo biomassa, gas, carbone o rifiuti di plastica in combustibili liquidi, metano e dimetiletere (DME). I combustibili diesel sintetici paraffinici, quali oli vegetali idrotrattati (HVO) e diesel Fischer-Tropsch, sono fungibili e possono essere miscelati con combustibili fossili diesel ad un tasso di miscelazione molto alto o possono essere usati puri in tutti i veicoli diesel esistenti o futuri. Questi combustibili possono pertanto essere distribuiti, stoccati e usati con le infrastrutture esistenti. I combustibili sintetici che sostituiscono la benzina, come il metanolo e altri alcol, possono essere miscelati con la benzina e tecnicamente usati con l'attuale tecnologia dei veicoli apportando lievi adattamenti. Il metanolo può essere usato anche per la navigazione interna e per il trasporto marittimo a corto raggio. I combustibili sintetici e paraffinici possono ridurre il ricorso alle fonti di petrolio nella fornitura di energia per il trasporto.
(7)
Il GPL è un combustibile alternativo derivato dal trattamento del gas naturale e della raffinazione del petrolio, con una minore impronta di carbonio e emissioni inquinanti significativamente minori rispetto ai combustibili convenzionali. Il bio GPL ottenuto da varie fonti di biomassa dovrebbe emergere come tecnologia economicamente valida a medio lungo termine. Il GPL può essere usato per il trasporto stradale (autovetture e autocarri) per tutti i tipi di distanze. Può essere usato anche per la navigazione interna e per il trasporto marittimo a corto raggio. L'infrastruttura GPL è relativamente ben sviluppata ed esiste già nell'Unione un numero significativo di stazioni di rifornimento (circa 29 000). Tuttavia, la distribuzione di tali stazioni di rifornimento è disomogenea, con una scarsa penetrazione in un certo numero di paesi.
(8)
Fatto salvo l'elenco dei combustibili alternativi della presente direttiva, è opportuno sottolineare che esistono altri tipi di combustibili puliti che possono rappresentare potenziali alternative ai combustibili fossili. Nella selezione di nuovi tipi di combustibili alternativi, è opportuno tenere conto dei promettenti risultati delle attività di ricerca e sviluppo. È opportuno che le norme e la legislazione siano elaborate senza privilegiare alcun particolare tipo di tecnologia, in modo da non ostacolare l'ulteriore sviluppo di combustibili e vettori energetici alternativi.
(9)
La relazione del gruppo di alto livello CARS 21 del 6 giugno 2012 ha indicato che la mancanza di un'infrastruttura per i combustibili alternativi armonizzata a livello dell'Unione ostacola l'introduzione sul mercato di veicoli alimentati con combustibili alternativi e ne ritarda i benefici per l'ambiente. Nella sua comunicazione dell'8 novembre 2012, intitolata «CARS 2020: piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa», la Commissione ha fatto proprie le principali raccomandazioni del gruppo di alto livello CARS 21 e ha presentato un piano d'azione basato su queste ultime. La presente direttiva costituisce una delle azioni principali riguardante l'infrastruttura per i combustibili alternativi preannunciate dalla Commissione.
(10)
È opportuno evitare la frammentazione del mercato interno dovuta all'introduzione non coordinata sul mercato di combustibili alternativi. Il coordinamento dei quadri strategici di tutti gli Stati membri dovrebbe garantire, pertanto, la sicurezza a lungo termine necessaria per favorire gli investimenti pubblici e privati nelle tecnologie dei veicoli e dei carburanti e per la costruzione dell'infrastruttura, al fine di perseguire il duplice obiettivo di rendere minima la dipendenza dal petrolio e attenuare l'impatto ambientale dei trasporti. È opportuno, pertanto, che gli Stati membri elaborino quadri strategici nazionali in cui illustrano i propri obiettivi nazionali e le relative azioni di supporto, in materia di sviluppo del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi, compreso lo sviluppo della necessaria infrastruttura da realizzare, in stretta collaborazione con le autorità regionali e locali e con il settore interessato, tenendo altresì conto delle esigenze delle piccole e medie imprese. Ove necessario, gli Stati membri dovrebbero cooperare con gli altri Stati membri confinanti a livello regionale o macroregionale, mediante consultazioni o quadri strategici comuni, soprattutto quando ciò sia necessario per garantire la continuità della copertura infrastrutturale per i combustibili alternativi sui due lati dei confini nazionali o per la costruzione di nuove infrastrutture in prossimità dei confini nazionali, comprese diverse opzioni di accesso non discriminatorio per i punti di ricarica e di rifornimento. Il coordinamento dei quadri strategici nazionali citati e la loro coerenza a livello di Unione dovrebbe essere sostenuto mediante la cooperazione fra Stati membri e la valutazione e informazione da parte della Commissione. La Commissione dovrebbe adottare orientamenti non vincolanti al fine di agevolare le relazioni degli Stati membri sulle informazioni di cui all'allegato I.
(11)
È necessario un approccio coordinato al fine di soddisfare le necessità energetiche a lungo termine di tutti i modi di trasporto. Più specificamente, le politiche dovrebbero basarsi sul ricorso ai combustibili alternativi, prestando particolare attenzione alle specifiche necessità di ciascun modo di trasporto. Nell'elaborazione dei quadri strategici nazionali sarebbe opportuno tenere conto delle necessità dei differenti modi di trasporto esistenti sul territorio dello Stato membro interessato, inclusi quelli per i quali sono disponibili alternative limitate ai combustibili fossili.
(12)
Lo sviluppo e l'attuazione dei quadri strategici nazionali degli Stati membri dovrebbero essere facilitati dalla Commissione attraverso lo scambio di informazioni e buone prassi tra gli Stati membri.
(13)
Al fine di promuovere i combustibili alternativi e di sviluppare la pertinente infrastruttura, i quadri strategici nazionali possono consistere di diversi piani, strategie o altra documentazione sulla pianificazione elaborata separatamente o in modo integrato, ovvero in altra forma e a livello amministrativo, a seconda delle decisioni degli Stati membri.
(14)
È opportuno che i combustibili ripresi nei piani strategici nazionali siano ammessi a beneficiare delle misure di sostegno unionali e nazionali destinate all'infrastruttura per i combustibili alternativi allo scopo di far confluire il sostegno pubblico verso uno sviluppo coordinato del mercato interno che consenta di realizzare in tutta l'Unione una mobilità basata su veicoli e imbarcazioni che utilizzano combustibili alternativi.
(15)
La presente direttiva non mira a imporre ulteriori oneri finanziari agli Stati membri o alle autorità regionali e locali. Dovrebbe essere possibile per gli Stati membri attuare la presente direttiva utilizzando un'ampia gamma di incentivi e misure regolamentari e non regolamentari, in stretta collaborazione con gli attori del settore privato, che dovrebbero svolgere un ruolo chiave nel sostenere lo sviluppo di un'infrastruttura per i combustibili alternativi.
(16)
In conformità del regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), lo sviluppo di nuove tecnologie e dell'innovazione, soprattutto a favore della decarbonizzazione dei trasporti, è ammissibile al finanziamento dell'Unione. Detto regolamento prevede inoltre la concessione di un ulteriore finanziamento per le azioni che sfruttano le sinergie tra almeno due dei settori da esso contemplati (trasporti, energia e telecomunicazioni). Infine, la Commissione è assistita dal comitato di coordinamento del meccanismo per collegare l'Europa (CEF) nel coordinamento dei programmi di lavoro al fine di consentire l'adozione di inviti a presentare proposte multisettoriali onde sfruttare al massimo le possibili sinergie tra questi settori. Il CEF contribuirebbe pertanto alla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi.
(17)
Inoltre, il programma quadro Orizzonte 2020, istituito dal regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), sosterrà la ricerca e l'innovazione per quanto riguarda i veicoli alimentati con combustibili alternativi e le relative infrastrutture, specialmente attraverso la sfida sociale «Trasporti intelligenti, ecosostenibili e integrati». È opportuno che tale fonte specifica di finanziamento contribuisca anche allo sviluppo di un'infrastruttura per i combustibili alternativi, e che sia presa pienamente in considerazione come un'opportunità supplementare per garantire un mercato della mobilità sostenibile in tutta l'Unione.
(18)
Per stimolare gli investimenti nei trasporti sostenibili e per sostenere la realizzazione, nell'Unione, di una rete continua di infrastrutture per i combustibili alternativi, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero sostenere le azioni di sviluppo nazionali e regionali in tale settore. Dovrebbero incoraggiare lo scambio di migliori prassi nella realizzazione e gestione delle infrastrutture per i combustibili alternativi tra le iniziative di sviluppo locali e regionali e, promuovere, a tal fine, il ricorso ai Fondi strutturali e di investimento europei, in particolare, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo di coesione.
(19)
Le misure di sostegno all'infrastruttura per i combustibili alternativi dovrebbero essere applicate nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato contenute nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Gli Stati membri possono ritenere necessario fornire un sostegno agli operatori interessati dalla presente direttiva conformemente alle norme in vigore in materia di aiuti di Stato. Ogni eventuale misura di sostegno nazionale all'infrastruttura per i combustibili alternativi, notificata alla Commissione, dovrebbe essere valutata senza indugi.
(20)
Gli orientamenti della rete transeuropea di trasporto (TEN-T) riconoscono che i combustibili alternativi servono, almeno in parte, da sostituto delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia per il trasporto, contribuiscono alla sua decarbonizzazione e migliorano le prestazioni ambientali nel settore dei trasporti. Gli orientamenti TEN-T prescrivono, in relazione alle nuove tecnologie e innovazioni, che le TEN-T consentano la decarbonizzazione di tutti i modi di trasporto attraverso l'efficienza energetica e l'introduzione di sistemi di propulsione alternativi e la fornitura dell'infrastruttura corrispondente. Gli orientamenti TEN-T prescrivono inoltre che i porti interni e marittimi, gli aeroporti e le strade della rete centrale, stabiliti dal regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) («rete centrale TEN-T») prevedano la disponibilità di combustibili alternativi. Nel CEF, lo strumento di finanziamento della TEN-T rende ammissibile alle sovvenzioni la realizzazione nella rete centrale TEN-T di tali nuove tecnologie e innovazioni, compresa l'infrastruttura per combustibili puliti alternativi. Inoltre, la realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili puliti alternativi nella rete globale potrà beneficiare dell'assistenza finanziaria del CEF in forma di appalti e strumenti finanziari, quali le obbligazioni per il finanziamento di progetti.
(21)
I biocarburanti, quali definiti nella direttiva 2009/28/CE, con una quota del 4,7 % del totale dei carburanti consumati nel settore dei trasporti dell'Unione nel 2011, costituiscono oggi la tipologia principale di combustibile alternativo. Essi possono anche contribuire in modo sostanziale alla riduzione delle emissioni globali di CO2, purché siano prodotti in modo sostenibile. I biocarburanti potrebbero garantire energia pulita a tutte le forme di trasporto.
(22)
L'assenza di uno sviluppo armonizzato dell'infrastruttura per i combustibili alternativi nell'Unione impedisce la realizzazione di economie di scala sul versante dell'offerta e la mobilità diffusa all'interno dell'UE sul versante della domanda. È necessario costruire nuove reti infrastrutturali, ad esempio per l'elettricità, il gas naturale (gas naturale liquefatto (GNL) e gas naturale compresso (GNC) e, se del caso, l'idrogeno. È importante riconoscere le diverse fasi di sviluppo di ciascuna tecnologia dei combustibili e delle relative infrastrutture, tra cui la maturità dei modelli di business per gli investitori privati, la disponibilità dei combustibili alternativi e la loro accettazione da parte degli utenti. È opportuno garantire la neutralità tecnologica e i quadri strategici nazionali dovrebbero tenere debitamente conto della necessità di sostenere lo sviluppo commerciale di combustibili alternativi. È opportuno inoltre che la densità demografica e le caratteristiche geografiche siano prese in considerazione nell'elaborazione dei quadri strategici nazionali.
(23)
L'elettricità può aumentare l'efficienza energetica dei veicoli stradali e contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 nei trasporti. È una fonte di energia indispensabile per la diffusione dei veicoli elettrici, compresi i veicoli della categoria L di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e al regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (9), con vantaggi in termini di miglioramento della qualità dell'aria e riduzione dell'inquinamento acustico negli agglomerati urbani/suburbani, delle altre zone densamente popolate. Gli Stati membri dovrebbero fare in modo che siano creati punti di ricarica accessibili al pubblico in quantità tale da garantire una copertura adeguata, al fine di consentire ai veicoli elettrici di circolare almeno negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate e, se del caso, nelle reti stabilite dagli Stati membri. Il numero di tali punti di ricarica dovrebbe essere stabilito tenendo conto del numero stimato di veicoli elettrici immatricolati entro la fine del 2020 in ciascuno Stato membro. A titolo indicativo, il numero medio adeguato di punti di ricarica dovrebbe essere equivalente ad almeno un punto di ricarica per 10 autovetture, anche tenuto conto del tipo di autovettura, della tecnologia di ricarica e dei punti di ricarica privati disponibili. Un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico dovrebbe essere installato, in particolare, nelle stazioni di trasporto pubblico, come terminali portuali per passeggeri, aeroporti o stazioni ferroviarie. I proprietari privati di veicoli elettrici dipendono in larga misura dall'accesso ai punti di ricarica ubicati in parcheggi collettivi di condomini, uffici e zone commerciali. È opportuno che le autorità pubbliche adottino misure per assistere gli utilizzatori di tali veicoli, garantendo che i progettisti e i gestori dei siti citati mettano a disposizione l'infrastruttura adeguata con un numero sufficiente di punti di ricarica per veicoli elettrici.
(24)
Gli Stati membri dovrebbero garantire la costruzione di un'infrastruttura accessibile a tutti per la fornitura di elettricità ai veicoli a motore. Al fine di stabilire il numero appropriato di punti di ricarica accessibili al pubblico nei rispettivi piani strategici nazionali, dovrebbe essere possibile per gli Stati membri di tener conto del numero di punti di ricarica accessibili al pubblico esistenti nel proprio territorio e delle relative specifiche, e di decidere se concentrare gli sforzi di introduzione su punti di ricarica di potenza standard o elevata.
(25)
L'elettromobilità è un settore in rapido sviluppo. Le attuali tecnologie dell'interfaccia di ricarica includono connettori per cavi ma devono anche essere prese in considerazione le future tecnologie di interfaccia, come la ricarica senza fili o la sostituzione di batterie. La normativa deve assicurarsi che l'innovazione tecnologica sia agevolata. La presente direttiva dovrebbe pertanto essere aggiornata, se del caso, per tener conto delle norme future per le tecnologie come la ricarica senza fili o la sostituzione di batterie.
(26)
Un punto di ricarica o di rifornimento accessibile al pubblico può includere ad esempio punti o dispositivi privati di ricarica o di rifornimento accessibili al pubblico a mezzo di carte di registrazione o pagamento di oneri, punti di ricarica o di rifornimento per sistemi di auto condivisa che consentono l'accesso di utenti terzi mediante abbonamento, o punti di ricarica o di rifornimento nei parcheggi pubblici. I punti di ricarica o di rifornimento che consentono agli utenti privati di accedere fisicamente mediante autorizzazione o abbonamento dovrebbero essere considerati punti di ricarica o di rifornimento accessibili al pubblico.
(27)
L'elettricità e l'idrogeno sono fonti di energia idonee in particolare per favorire la diffusione dei veicoli elettrici/a celle a combustibile, compresi i veicoli della categoria L negli agglomerati urbani/suburbani e in altre aree densamente popolate con vantaggi in termini di miglioramento della qualità dell'aria e riduzione dell'inquinamento acustico. L'elettromobilità contribuisce in maniera rilevante al conseguimento degli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea in materia di clima ed energia per il 2020. In effetti la direttiva 2009/28/CE, recepita dagli Stati membri entro il 5 dicembre 2010, fissa obiettivi obbligatori per tutti gli Stati membri in relazione alla quota di energia da fonti rinnovabili allo scopo di raggiungere, entro il 2020, l'obiettivo dell'Unione di una quota del 20 % almeno di energia da fonti rinnovabili e di una quota del 10 % di energia rinnovabile specificamente nel settore dei trasporti.
(28)
La ricarica dei veicoli elettrici nei punti di ricarica, ove tecnicamente possibile e finanziariamente ragionevole, dovrebbe avvalersi di sistemi di misurazione intelligenti per contribuire alla stabilità della rete elettrica ricaricando le batterie in periodi di domanda generale di elettricità ridotta e consentire una gestione sicura e flessibile dei dati. A lungo termine ciò può consentire anche ai veicoli elettrici di reimmettere nella rete l'elettricità contenuta nelle batterie in fasi di elevata domanda generale di elettricità. I sistemi di misurazione intelligenti quali definiti alla direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) forniscono dati in tempo reale necessari per garantire la stabilità della rete e per incoraggiare un uso razionale dei servizi di ricarica. I sistemi di misurazione intelligenti forniscono informazioni precise e trasparenti sul costo e la disponibilità dei servizi di ricarica, incoraggiando in tal modo la ricarica in periodi non di punta, il che significa in periodi di scarsa domanda generale di elettricità e prezzi dell'energia bassi. Il ricorso ai sistemi di misurazione intelligente ottimizza la ricarica, con vantaggi per la rete elettrica e i per consumatori.
(29)
Per quanto riguarda i punti di ricarica per veicoli elettrici che non sono accessibili a tutti, è opportuno che gli Stati membri mirino a esplorare la fattibilità tecnica e finanziaria delle sinergie grazie a piani di diffusione di contatori intelligenti in ottemperanza agli obblighi di cui all'allegato I.2 della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11). Gli operatori dei sistemi di distribuzione svolgono un ruolo importante in relazione ai punti di ricarica. Nello sviluppo delle loro mansioni, i gestori dei sistemi di distribuzione, alcuni dei quali possono far parte di un'impresa verticalmente integrata che possiede o gestisce i punti di ricarica, dovrebbero cooperare in modo non discriminatorio con qualsiasi altro proprietario o operatore di punti di ricarica, in particolare fornendo loro le informazioni necessarie per un accesso e un utilizzo efficienti del sistema.
(30)
Nel predisporre l'infrastruttura per i veicoli elettrici l'interazione di tale infrastruttura con la rete elettrica come pure la politica dell'Unione in materia di energia elettrica dovrebbero essere coerenti con i principi stabiliti nel quadro della direttiva 2009/72/CE. La creazione e il funzionamento dei punti di ricarica dei veicoli elettrici dovrebbero essere ispirati ai principi di un mercato concorrenziale con accesso aperto a tutte le parti interessate nello sviluppo ovvero nell'esercizio delle infrastrutture di ricarica.
(31)
L'accesso dei fornitori di energia elettrica dell'Unione ai punti di ricarica dovrebbe lasciare impregiudicate le deroghe previste all'articolo 44 della direttiva 2009/72/CE.
(32)
Nel 2010, la Commissione ha assegnato un mandato (M468) agli organismi europei di normazione al fine di definire nuove norme o di riesaminare quelle esistenti allo scopo di garantire l'interoperabilità e la connettività tra i punti di fornitura di elettricità e i caricatori dei veicoli elettrici. Il CEN/CENELEC ha costituito un gruppo di riflessione che ha pubblicato una relazione nell'ottobre 2011. Per quanto la relazione contenesse una serie di raccomandazioni, non è stato raggiunto un accordo sulla scelta di un'interfaccia standard. Sono pertanto necessari ulteriori interventi strategici al fine di individuare una soluzione non proprietaria per garantire l'interoperabilità nell'Unione.
(33)
L'interfaccia per la ricarica di veicoli elettrici potrebbe comprendere diverse prese fisse o connettori per veicoli, nella misura in cui uno di essi sia conforme alle specifiche tecniche di cui alla presente direttiva, in modo da consentire la ricarica multistandard. Tuttavia, la scelta effettuata dalla presente direttiva dei connettori comuni a livello di Unione per i veicoli elettrici (tipo 2 e Combo 2), non dovrebbe andare a scapito degli Stati membri che abbiano già investito nella diffusione di altre tecnologie standardizzate per i punti di ricarica e non dovrebbe influire sui punti di ricarica esistenti introdotti prima dell'entrata in vigore della presente direttiva. I veicoli elettrici già in circolazione prima dell'entrata in vigore della presente direttiva dovrebbero poter essere ricaricati, anche se sono stati progettati per essere ricaricati in punti di ricarica non conformi alle specifiche tecniche stabilite nella presente direttiva. La scelta di apparecchiature per punti di ricarica di potenza standard ed elevata dovrebbe rispettare i requisiti specifici in materia di sicurezza in vigore a livello nazionale.
(34)
I punti di rifornimento di elettricità situati lungo le coste possono garantire una fornitura di energia pulita per il trasporto marittimo e per le vie navigabili interne, in particolare nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna con livelli scadenti di qualità dell'aria o elevati di inquinamento acustico. La rete elettrica situata lungo le coste può contribuire a ridurre l'impatto ambientale delle navi adibite alla navigazione marittima e delle navi adibite alla navigazione interna.
(35)
La standardizzazione della fornitura di elettricità lungo le coste non dovrebbe impedire l'utilizzo dei sistemi già esistenti prima dell'entrata in vigore della presente direttiva. In particolare, gli Stati membri dovrebbero consentire la manutenzione e l'aggiornamento dei sistemi esistenti al fine di assicurare un loro utilizzo efficiente lungo tutto il ciclo di vita, senza richiedere la piena conformità alle specifiche tecniche stabilite nella presente direttiva.
(36)
La fornitura di energia elettrica destinata agli aerei in stazionamento negli aeroporti può ridurre il consumo di carburante e l'inquinamento acustico, migliorare la qualità dell'aria e ridurre l'impatto sul cambiamento climatico. Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che sia presa in considerazione, nei rispettivi quadri strategici nazionali, la necessità di dotare gli aeroporti di collegamenti con la rete elettrica.
(37)
I veicoli a motore alimentati a idrogeno, compresi i veicoli della categoria L alimentati a idrogeno, presentano al momento tassi di penetrazione del mercato molto ridotti; la costruzione di una sufficiente infrastruttura di rifornimento per l'idrogeno è pertanto essenziale per rendere possibile una diffusione su larga scala dei veicoli a motore alimentati a idrogeno.
(38)
Gli Stati membri che decidono di includere punti di rifornimento per l'idrogeno nei loro quadri strategici nazionali dovrebbero garantire la costruzione di un'infrastruttura accessibile a tutti per il rifornimento dei veicoli a motore a idrogeno, garantendo la circolazione dei veicoli a motore alimentati a idrogeno su tutte le reti stabilite dagli Stati membri. Se del caso, dovrebbero essere presi in considerazione collegamenti transfrontalieri in modo che i veicoli a motore alimentati a idrogeno possano circolare in tutta l'Unione.
(39)
Nell'Unione sono attualmente operativi circa 3 000 punti di rifornimento per i veicoli che funzionano a gas naturale. È possibile creare altri punti di rifornimento e alimentarli grazie alla rete di distribuzione capillare del gas naturale esistente nell'Unione, a condizione che la qualità del gas sia adeguato per l'uso nei veicoli a gas di tecnologia attuale e avanzata. L'attuale rete di distribuzione del gas naturale potrebbe essere integrata con punti di rifornimento locali che utilizzano biometano prodotto localmente.
(40)
Un'infrastruttura comune per il gas naturale richiede specifiche tecniche comuni per il suo hardware come pure per la qualità del gas. La qualità del gas naturale utilizzato nell'Unione dipende dall'origine, dai componenti, per esempio il biometano miscelato nel gas naturale, e dal modo in cui il gas naturale è trattato lungo la catena di distribuzione. Pertanto, caratteristiche tecniche molto ampie potrebbero impedire l'uso ottimale dei motori e ridurre la loro efficienza energetica. A tale riguardo, il comitato tecnico CEN/TC 408 — comitato di progetto sta elaborando una serie di specifiche di qualità del gas naturale utilizzato nei trasporti e per l'iniezione di biometano nella rete del gas naturale.
(41)
Gli Stati membri dovrebbero garantire, attraverso i loro quadri strategici nazionali, la costruzione di un adeguato numero di punti di rifornimento accessibili al pubblico per la fornitura di GNC o biometano compresso ai veicoli a motore, in modo da garantire che i veicoli a motore alimentati a GNC possano circolare negli agglomerati urbani/suburbani e in altre aree densamente popolate come pure in tutta l'Unione, almeno lungo la rete centrale esistente della TEN-T. Nel creare le loro reti per la fornitura di GNC ai veicoli a motore, gli Stati membri dovrebbero garantire la realizzazione di punti di rifornimento accessibili al pubblico, tenendo conto dell'autonomia minima dei veicoli a motore alimentati a GNC. A titolo indicativo, la distanza media necessaria tra i punti di rifornimento dovrebbe essere approssimativamente di 150 km. Per garantire il funzionamento e l'interoperabilità del mercato, tutti i punti di rifornimento di GNC per veicoli a motore dovrebbero fornire gas della qualità necessaria per l'uso nei veicoli alimentati a GNC di tecnologia attuale e avanzata.
(42)
Il GNL costituisce un combustibile alternativo attraente per consentire alle navi di soddisfare i requisiti di riduzione del tenore di zolfo nei combustibili per uso marittimo nelle zone di controllo delle emissioni di SOx, che interessano la metà delle navi che operano nel trasporto marittimo europeo a corto raggio, come stabilito dalla direttiva 2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12). È opportuno che entro la fine rispettivamente del 2025 e del 2030 sia disponibile una rete centrale di punti di rifornimento per il GNL per le navi che operano nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna. I punti di rifornimento per il GNL includono, fra l'altro, terminali, serbatoi e container mobili di GNL nonché navi e chiatte cisterna. L'obiettivo iniziale di creare una rete centrale non dovrebbe tuttavia escludere che il GNL sia disponibile, in una prospettiva di lungo termine, anche in porti al di fuori di tale rete, in particolare in quelli che rivestono importanza per le navi che non effettuano operazioni di trasporto. È opportuno basare la decisione sull'ubicazione dei punti di rifornimento per il GNL nei porti su un'analisi costi-benefici, incluso una valutazione dei benefici per l'ambiente. Si dovrebbe tener conto anche delle disposizioni applicabili relative alla sicurezza. È opportuno che la realizzazione dell'infrastruttura per il GNL di cui alla presente direttiva non ostacoli lo sviluppo di altri combustibili alternativi che potrebbero essere introdotti in un prossimo futuro ed essere efficienti sul piano energetico.
(43)
La Commissione e gli Stati membri dovrebbero cercare di modificare l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne, concluso a Ginevra il 26 maggio 2000, quale modificato (ADN), per consentire il trasporto su vasta scala di GNL sulle vie navigabili interne. Le modifiche richieste a tal fine dovrebbero essere rese applicabili a tutti i trasporti nel territorio dell'Unione adeguando l'allegato III, sezione III.1 della direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (13). La direttiva 2006/87/CE (14) dovrebbe pertanto essere modificata, se del caso, per consentire un uso efficace e sicuro del GNL per la propulsione delle navi sulle vie navigabili interne. Le modifiche proposte non dovrebbero porsi in conflitto con le disposizioni dell'ADN applicabile nel territorio dell'Unione a norma dell'allegato III, sezione III.1 della direttiva 2008/68/CE.
(44)
Gli Stati membri dovrebbero garantire un sistema di distribuzione adeguato tra gli stabilimenti di stoccaggio e i punti di rifornimento per il GNL. Per quanto riguarda il trasporto su strada, la disponibilità e l'ubicazione geografica dei punti di carico per i veicoli cisterna di GNL sono essenziali per lo sviluppo di una mobilità basata sul GNL economicamente sostenibile.
(45)
Il GNL, incluso il biometano liquefatto, può inoltre costituire una tecnologia efficiente ed economica per consentire ai veicoli pesanti di rispettare i rigorosi limiti in materia di emissioni inquinanti previsti dalle norme Euro VI di cui al regolamento (CE) n. 595/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (15).
(46)
La rete centrale della TEN-T dovrebbe costituire la base per lo sviluppo dell'infrastruttura per il GNL, in quanto coincide con i principali flussi di traffico e garantisce i benefici derivanti dalla rete. Nel creare le loro reti per la fornitura di GNL ai veicoli pesanti alimentati a GNL, gli Stati membri dovrebbero garantire la realizzazione di punti di rifornimento accessibili al pubblico, almeno lungo la rete centrale della TEN-T in un raggio di distanze adeguate tenendo conto dell'autonomia minima dei veicoli pesanti alimentati a GNL. A titolo indicativo, la distanza media necessaria tra i punti di rifornimento dovrebbe essere approssimativamente di 400 km.
(47)
La realizzazione dei punti di rifornimento per il GNL e per il GNC dovrebbe essere adeguatamente coordinata con l'attuazione della rete centrale della TEN-T.
(48)
Entro il 31 dicembre 2025 dovrebbe essere predisposto un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL e per il GNC accessibili al pubblico almeno lungo la rete centrale della TEN-T esistente a tale data e, successivamente a tale data, sulle altre parti della rete centrale della TEN-T resi accessibili ai veicoli.
(49)
Alla luce della crescente diversità dei combustibili utilizzati per i veicoli a motore e la crescita costante della mobilità stradale dei cittadini all'interno dell'Unione, è necessario fornire agli utilizzatori dei veicoli informazioni chiare e facilmente comprensibili sui combustibili disponibili alle stazioni di rifornimento e sulla compatibilità dei loro veicoli con i differenti combustibili o punti di ricarica nel mercato dell'Unione, fatta salva la direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (16). Gli Stati membri dovrebbero poter decidere di attuare tali azioni di informazione anche per i veicoli in circolazione.
(50)
In assenza di una norma europea per un dato combustibile alternativo, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di utilizzare altre norme in materia di informazioni agli utenti ed etichettatura.
(51)
Informazioni semplici e facilmente confrontabili sui prezzi dei diversi combustibili potrebbero avere un ruolo importante nel consentire agli utilizzatori di veicoli di valutare meglio il costo relativo dei singoli combustibili disponibili sul mercato. Pertanto, quando nelle stazioni di rifornimento sono affissi i prezzi dei combustibili, specie per il gas naturale e l'idrogeno, dovrebbe essere possibile il raffronto dei prezzi unitari rispetto ai combustibili convenzionali, ad esempio «al litro equivalente benzina», da indicare per informazione.
(52)
Alla luce della crescente diversificazione del tipo di carburanti per i veicoli a motore, è necessario fornire agli utilizzatori di veicoli dati riguardanti l'ubicazione geografica dei punti di rifornimento e ricarica accessibili al pubblico di combustibili alternativi contemplati dalla presente direttiva. Pertanto, se le società o i siti internet forniscono tali informazioni, le stesse dovrebbero essere accessibili a tutti gli utenti su base aperta e non discriminatoria.
(53)
Ciò riveste particolare importanza per il processo decisionale a tutti i livelli, basato sui fatti, volto a mettere insieme migliori prassi e dati coordinati tramite attività di monitoraggio, come il portale Clean Vehicle e l'Osservatorio europeo per l'elettromobilità.
(54)
Nell'ambito del sistema di trasporto intelligente, i servizi di informazione sul traffico e la mobilità dovrebbero includere, se opportuno, le informazioni chiave concernenti la disponibilità dei punti di rifornimento e ricarica e qualsiasi altra informazione necessaria alla mobilità in tutta l'Unione.
(55)
Al fine di garantire l'adeguamento delle disposizioni della presente direttiva all'andamento del mercato e al progresso tecnico, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE per quanto riguarda le specifiche tecniche dei punti di rifornimento e ricarica e le norme pertinenti. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(56)
L'Organizzazione marittima internazionale (IMO) elabora, nel settore dei trasporti marittimi, norme in materia di sicurezza e di tutela dell'ambiente uniformi e riconosciute a livello internazionale. È opportuno evitare conflitti con le norme internazionali considerata la natura globale dei trasporti marittimi. Pertanto l'Unione europea dovrebbe garantire la coerenza delle specifiche tecniche per i trasporti marittimi adottate in conformità della presente direttiva con le norme internazionali adottate dall'IMO.
(57)
È opportuno che le specifiche tecniche per l'interoperabilità dei punti di ricarica e di rifornimento siano stabilite da norme europee o internazionali. È opportuno che gli organismi europei di normazione adottino le norme europee in conformità dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (17) e che le norme in parola siano basate su norme internazionali attualmente in vigore o, se del caso, sul lavoro di normazione in corso a livello internazionale. Nel caso di norme non ancora adottate, è opportuno che i lavori si basino su norme in fase di sviluppo: «Linee guida per sistemi ed impianti per l'approvvigionamento di GNL come combustibile alle navi» (ISO/DTS 18683), «Stazioni di rifornimento di gas naturale — Stazioni di rifornimento GNL per veicoli» (ISO/DIS 16924) e «Stazioni di rifornimento di gas naturale — Stazioni di rifornimento GNC per veicoli» (ISO/DIS 16923). Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di aggiornare, mediante atti delegati, i riferimenti alle specifiche tecniche contenuti nelle norme europee o internazionali.
(58)
Nell'applicazione della direttiva è opportuno che la Commissione svolga consultazioni con i pertinenti gruppi di esperti, incluso almeno il gruppo europeo di esperti sui carburanti da trazione del futuro, composto da esperti del settore industriale e della società civile come pure il gruppo congiunto di esperti «Trasporti e ambiente», che riunisce esperti degli Stati membri.
(59)
La Commissione ha istituito un gruppo di esperti, denominato «Forum europeo per il trasporto marittimo sostenibile» (ESSF) per assisterla nell'attuazione delle attività dell'Unione nel settore della sostenibilità dei trasporti marittimi. In seno all'ESSF è stato istituito un sottogruppo sul GNL marino, con il mandato di proporre allo stesso ESSF l'elaborazione di norme o regole per il GNL marino come combustibile navale che contemplino gli aspetti tecnici, operativi, di sicurezza, di formazione e ambientali del bunkeraggio di GNL marino. Parimenti, è stato istituito un comitato europeo per la creazione di norme tecniche (CESTE) che si occupa di norme tecniche nel settore della navigazione interna. È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi l'ESSF e il CESTE prima di adottare atti delegati sui requisiti in materia di bunkeraggio di GNL, inclusi i relativi aspetti di sicurezza.
(60)
La commissione centrale per la navigazione sul Reno (CCNR) è un'organizzazione internazionale che tratta tutte le questioni inerenti alla navigazione interna. La Commissione del Danubio è un'organizzazione intergovernativa internazionale che garantisce la libera navigazione sul Danubio. È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi il CCNR e la Commissione del Danubio prima di adottare atti delegati sulla navigazione interna.
(61)
Ogniqualvolta esperti, svolgendo in tal modo il ruolo di gruppi di esperti, esaminino questioni relative alla presente direttiva, ad eccezione della sua attuazione o di sue violazioni, il Parlamento europeo dovrebbe ricevere tutte le informazioni e la documentazione, nonché, se del caso, l'invito a partecipare alle pertinenti riunioni.
(62)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione affinché possa definire procedure e specifiche comuni. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (18).
(63)
Per garantire che i combustibili alternativi per i trasporti abbiano la qualità necessaria per essere utilizzati nei motori prodotti secondo la tecnologia attuale e futura e che offrano un alto livello di prestazioni ambientali per quanto concerne le emissioni di CO2 e altre emissioni inquinanti, la Commissione dovrebbe monitorarne l'introduzione sul mercato. A tal fine la Commissione dovrebbe, se del caso, proporre i provvedimenti giuridici necessari per garantire un livello elevato di qualità dei carburanti in tutta l'Unione.
(64)
Per pervenire all'utilizzo più vasto possibile di carburanti alternativi per i trasporti, pur garantendo la neutralità tecnologica, e promuovere una mobilità elettrica sostenibile in tutta l'Unione, la Commissione dovrebbe, se lo considera appropriato, prendere misure adeguate come l'adozione di un piano d'azione per l'attuazione della strategia illustrata nella comunicazione intitolata «Energia pulita per il trasporto, una strategia europea in materia di combustibili alternativi». A questo fine la Commissione potrebbe tener conto delle esigenze e degli sviluppi del mercato propri ai vari Stati membri.
(65)
Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire la promozione dello sviluppo di un ampio mercato dei combustibili alternativi, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri individualmente ma, essendo necessaria un'azione volta a soddisfare la domanda relativa al raggiungimento di una massa critica di veicoli alimentati con combustibili alternativi e allo sviluppo di progetti con un buon rapporto costo-efficacia da parte delle imprese europee del settore, nonché a motivo della necessità di garantire la mobilità in tutta l'Unione dei veicoli alimentati con combustibili alternativi, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce un quadro comune di misure per la realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi nell'Unione per ridurre al minimo la dipendenza dal petrolio e attenuare l'impatto ambientale nel settore dei trasporti. La presente direttiva stabilisce requisiti minimi per la costruzione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi, inclusi i punti di ricarica per veicoli elettrici e i punti di rifornimento di gas naturale (GNL e GNC) e idrogeno, da attuarsi mediante i quadri strategici nazionali degli Stati membri, nonché le specifiche tecniche comuni per tali punti di ricarica e di rifornimento, e requisiti concernenti le informazioni agli utenti.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
1) «combustibili alternativi»: combustibili o fonti di energia che fungono, almeno in parte, da sostituti delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia per il trasporto e che possono contribuire alla sua decarbonizzazione e migliorare le prestazioni ambientali del settore dei trasporti. Essi comprendono, tra l'altro:
—
elettricità,
—
idrogeno,
—
biocarburanti, quali definiti all'articolo 2, punto i), della direttiva 2009/28/CE,
—
combustibili sintetici e paraffinici,
—
gas naturale, compreso il biometano, in forma gassosa (gas naturale compresso — GNC) e liquefatta (gas naturale liquefatto — GNL) e
—
gas di petrolio liquefatto (GPL);
2) «veicolo elettrico»: un veicolo a motore dotato di un gruppo propulsore contenente almeno una macchina elettrica non periferica come convertitore di energia con sistema di accumulo di energia ricaricabile, che può essere ricaricato esternamente;
3) «punto di ricarica»: un'interfaccia in grado di caricare un veicolo elettrico alla volta o sostituire la batteria di un veicolo elettrico alla volta;
4) «punto di ricarica di potenza standard»: un punto di ricarica che consente il trasferimento di elettricità a un veicolo elettrico di potenza pari o inferiore a 22 kW, esclusi i dispositivi di potenza pari o inferiore a 3,7 kW, che sono installati in abitazioni private o il cui scopo principale non è ricaricare veicoli elettrici, e che non sono accessibili al pubblico;
5) «punto di ricarica di potenza elevata»: un punto di ricarica che consente il trasferimento di elettricità a un veicolo elettrico di potenza superiore a 22 kW;
6) «fornitura di elettricità lungo le coste»: la fornitura di alimentazione elettrica lungo le coste alle navi adibite alla navigazione marittima o alle navi adibite alla navigazione interna ormeggiate, effettuata attraverso un'interfaccia standardizzata;
7) «punto di ricarica o di rifornimento accessibile al pubblico»: un punto di ricarica o di rifornimento per la fornitura di combustibile alternativo che garantisce, a livello di Unione, un accesso non discriminatorio a tutti gli utenti. L'accesso non discriminatorio può comprendere condizioni diverse di autenticazione, uso e pagamento;
8) «punto di rifornimento»: un impianto di rifornimento per la fornitura di qualsiasi combustibile, ad eccezione del GNL, mediante un'installazione fissa o mobile;
9) «punto di rifornimento per il GNL»: un impianto di rifornimento per la fornitura di GNL, consistente in un impianto fisso o mobile, un impianto offshore o un altro sistema.
Articolo 3
Quadri strategici nazionali
1. Ciascuno Stato membro adotta un quadro strategico nazionale per lo sviluppo del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi nel settore dei trasporti e la realizzazione della relativa infrastruttura. Esso comprende quantomeno i seguenti elementi:
—
una valutazione dello stato attuale e degli sviluppi futuri del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi nel settore dei trasporti, anche alla luce del loro possibile utilizzo simultaneo e combinato, e dello sviluppo dell'infrastruttura per i combustibili alternativi, considerando, se del caso, la continuità transfrontaliera,
—
gli obiettivi nazionali a norma dell'articolo 4, paragrafi 1, 3 e 5, dell'articolo 6, paragrafi 1, 2, 3, 4, 6, 7 e 8, e, ove applicabile, dell'articolo 5, paragrafo 1, per la realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi. Questi obiettivi nazionali sono stabiliti e possono essere riveduti sulla base di una valutazione della domanda nazionale, regionale o a livello di Unione, pur garantendo il rispetto dei requisiti minimi dell'infrastruttura illustrati nella presente direttiva,
—
le misure necessarie per assicurare che siano raggiunti gli obiettivi nazionali contenuti nel rispettivo quadro strategico nazionale,
—
le misure che possono promuovere la realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi nei servizi di trasporto pubblico,
—
la designazione degli agglomerati urbani/suburbani, delle altre zone densamente popolate e delle reti, che, a seconda delle esigenze del mercato, saranno dotati di punti di ricarica accessibili al pubblico conformemente all'articolo 4, paragrafo 1,
—
la designazione degli agglomerati urbani/suburbani, delle altre zone densamente popolate e delle reti, che, a seconda delle esigenze del mercato, saranno dotati di punti di rifornimento per il GNC conformemente all'articolo 6, paragrafo 7,
—
la valutazione della necessità di installare punti di rifornimento per il GNL nei porti all'esterno della rete centrale della TEN-T,
—
la valutazione della necessità di installare fornitura di elettricità negli aeroporti per l'utilizzo da parte degli aerei in stazionamento.
2. Gli Stati membri garantiscono che i quadri strategici nazionali tengano conto delle necessità dei differenti modi di trasporto esistenti sul proprio territorio, inclusi quelli per i quali sono disponibili alternative limitate ai combustibili fossili.
3. I quadri strategici nazionali tengono conto, ove opportuno, degli interessi delle autorità regionali e locali, nonché di quelli delle parti interessate.
4. Se necessario, gli Stati membri cooperano tra di loro mediante consultazioni o quadri strategici comuni, per garantire che le misure necessarie per conseguire gli obiettivi della presente direttiva siano coerenti e coordinate.
5. Le misure di sostegno all'infrastruttura per i combustibili alternativi sono applicate nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato contenute nel TFUE.
6. I quadri strategici nazionali sono in linea con la vigente normativa dell'Unione in materia di protezione dell'ambiente e del clima.
7. Gli Stati membri notificano alla Commissione i rispettivi quadri strategici nazionali entro il 18 novembre 2016.
8. Sulla base dei quadri strategici nazionali, la Commissione pubblica e aggiorna periodicamente le informazioni sugli obiettivi nazionali presentate da ciascuno Stato membro in relazione ai seguenti aspetti:
—
numero di punti di ricarica accessibili al pubblico,
—
punti di rifornimento per il GNL nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna,
—
punti di rifornimento per il GNL accessibili al pubblico per i veicoli a motore,
—
punti di rifornimento per il GNC accessibili al pubblico per i veicoli a motore.
Se del caso, sono pubblicate anche le informazioni riguardanti i seguenti aspetti:
—
numero di punti di rifornimento di idrogeno accessibili al pubblico,
—
infrastruttura per la fornitura di elettricità lungo le coste nei porti marittimi e interni,
—
infrastruttura per la fornitura di elettricità per gli aerei in stazionamento.
9. La Commissione assiste gli Stati membri nella presentazione di relazioni sui quadri strategici nazionali tramite gli orientamenti di cui all'articolo 10, paragrafo 4, valuta la coerenza dei quadri strategici nazionali a livello di Unione e assiste gli Stati membri nel processo di cooperazione di cui al paragrafo 4 del presente articolo.
Articolo 4
Fornitura di elettricità per il trasporto
1. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri garantiscono la creazione, entro il 31 dicembre 2020, di un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico in modo da garantire che i veicoli elettrici circolino almeno negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate e, se del caso, nelle reti stabilite dagli Stati membri. Il numero di tali punti di ricarica è stabilito tenendo conto, fra l'altro, del numero stimato di veicoli elettrici che saranno immatricolati entro la fine del 2020, indicato nei rispettivi quadri strategici nazionali, nonché delle migliori prassi e raccomandazioni formulate dalla Commissione. Se del caso, si tiene conto delle esigenze particolari connesse all'installazione di punti di ricarica accessibili al pubblico nelle stazioni di trasporto pubblico.
2. La Commissione valuta l'applicazione delle prescrizioni di cui al paragrafo 1 e, se del caso, presenta una proposta volta a modificare la presente direttiva, tenendo conto dello sviluppo del mercato dei veicoli elettrici, per garantire che un ulteriore numero di posti di ricarica accessibili al pubblico sia realizzato in ciascuno Stato membro entro il 31 dicembre 2025, almeno sulla rete centrale della TEN-T, negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate.
3. Gli Stati membri possono inoltre adottare, nei loro quadri strategici nazionali, misure volte a incoraggiare e agevolare la realizzazione di punti di ricarica non accessibili al pubblico.
4. Gli Stati membri assicurano che i punti di ricarica di potenza standard per i veicoli elettrici, escluse le unità senza fili o a induzione, introdotti o rinnovati a decorrere dal 18 novembre 2017 siano almeno conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1.1, e ai requisiti specifici di sicurezza in vigore a livello nazionale.
Gli Stati membri assicurano che i punti di ricarica di potenza elevata per i veicoli elettrici, escluse le unità senza fili o a induzione, introdotti o rinnovati a decorrere dal 18 novembre 2017 siano almeno conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1.2.
5. Gli Stati membri assicurano che sia valutata nei rispettivi quadri strategici nazionali la necessità di fornitura di elettricità lungo le coste per le navi adibite alla navigazione interna e le navi adibite alla navigazione marittima nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna. Tale fornitura di elettricità lungo le coste è installata, entro il 31 dicembre 2025, quale priorità nei porti della rete centrale della TEN-T, e negli altri porti, a meno che non vi sia alcuna domanda e i costi siano sproporzionati rispetto ai benefici, inclusi i benefici ambientali.
6. Gli Stati membri assicurano che le installazioni per la fornitura di elettricità per il trasporto marittimo ubicate lungo le coste, introdotte o rinnovate a decorrere dal 18 novembre 2017 siano almeno conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1.7.
7. La ricarica dei veicoli elettrici nei punti di ricarica accessibili al pubblico, ove tecnicamente possibile ed economicamente ragionevole, si avvale di sistemi di misurazione intelligenti, quali definiti all'articolo 2, punto 28, della direttiva 2012/27/UE ed è conforme ai requisiti di cui all'articolo 9, paragrafo 2, di tale direttiva.
8. Gli Stati membri assicurano che gli operatori dei punti di ricarica accessibili al pubblico siano liberi di acquistare energia elettrica da qualsiasi fornitore dell'Unione, ove questi accetti. Gli operatori dei punti di ricarica sono autorizzati a fornire ai clienti servizi di ricarica per veicoli elettrici su base contrattuale, anche a nome e per conto di altri fornitori di servizi.
9. Tutti i punti di ricarica accessibili al pubblico prevedono, inoltre, modalità di ricarica ad hoc per gli utilizzatori di veicoli elettrici, senza la necessità di dover concludere contratti con i fornitori di energia elettrica o gli operatori interessati.
10. Gli Stati membri assicurano che i prezzi praticati dagli operatori dei punti di ricarica accessibili al pubblico siano ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili, trasparenti e non discriminatori.
11. Gli Stati membri assicurano che gli operatori dei sistemi di distribuzione cooperino su base non discriminatoria con qualsiasi persona che apra o gestisca punti di ricarica accessibili al pubblico.
12. Gli Stati membri assicurano che il quadro giuridico preveda la possibilità che la fornitura di energia elettrica a un punto di ricarica formi oggetto di un contratto con fornitori diversi rispetto all'entità fornitrice dell'abitazione o della sede in cui sono ubicati detti punti di ricarica.
13. Fatto salvo il regolamento (UE) n. 1025/2012, l'Unione persegue l'elaborazione da parte degli organismi di normazione competenti di norme europee contenenti specifiche tecniche dettagliate, per i punti di ricarica senza fili e la sostituzione di batterie per i veicoli a motore, e per i punti di ricarica per i veicoli a motore della categoria L e per gli autobus elettrici.
14. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 al fine di:
a)
integrare il presente articolo e l'allegato II, punti 1.3, 1.4, 1.5, 1.6 e 1.8, al fine di esigere il rispetto, da parte dell'infrastruttura da installare o rinnovare, delle specifiche tecniche contenute nelle norme europee che saranno elaborate ai sensi del paragrafo 13 del presente articolo, se i competenti organismi europei di normazione hanno raccomandato un'unica soluzione tecnica con specifiche tecniche come descritto nella pertinente norma europea;
b)
aggiornare i riferimenti alle norme menzionate nelle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1, qualora dette norme siano sostituite da nuove versioni adottate dai competenti organismi di normazione.
È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare tali atti delegati.
Tali atti delegati prevedono periodi transitori di almeno 24 mesi prima che le specifiche tecniche ivi contenute o le loro versioni modificate diventino vincolanti in relazione all'infrastruttura da installare o rinnovare.
Articolo 5
Fornitura di idrogeno per il trasporto stradale
1. Gli Stati membri che decidono di includere nei propri quadri strategici nazionali punti di rifornimento per l'idrogeno accessibili al pubblico assicurano, entro il 31 dicembre 2025, la disponibilità di un numero adeguato di tali punti, per consentire la circolazione di veicoli a motore alimentati a idrogeno, compresi i veicoli che utilizzano celle a combustibile, nelle reti stabilite da detti Stati membri, inclusi, se del caso, collegamenti transfrontalieri.
2. Gli Stati membri assicurano che i punti di rifornimento per l'idrogeno accessibili al pubblico per i veicoli a motore introdotti o rinnovati a decorrere dal 18 novembre 2017 siano conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 2.
3. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 per aggiornare i riferimenti alle norme menzionate nelle specifiche tecniche stabilite nell'allegato II, punto 2, qualora dette norme siano sostituite da nuove versioni adottate dai competenti organismi di normazione.
È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare tali atti delegati.
Tali atti delegati prevedono periodi transitori di almeno 24 mesi prima che le specifiche tecniche ivi contenute o le loro versioni modificate diventino vincolanti in relazione all'infrastruttura da installare o rinnovare.
Articolo 6
Fornitura di gas naturale per il trasporto
1. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano che, entro il 31 dicembre 2025, nei porti marittimi sia realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la circolazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL nella rete centrale della TEN-T. Gli Stati membri cooperano, se del caso, con gli Stati membri confinanti per assicurare l'adeguata copertura della rete centrale della TEN-T.
2. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano che, entro il 31 dicembre 2030, nei porti della navigazione interna sia realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la circolazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL nella rete centrale della TEN-T. Gli Stati membri cooperano se del caso con gli Stati membri confinanti per assicurare l'adeguata copertura della rete centrale della TEN-T.
3. Gli Stati membri designano nei quadri strategici nazionali i porti marittimi e nei porti della navigazione interna che garantiscono l'accesso ai punti di rifornimento per il GNL di cui ai paragrafi 1 e 2, tenendo conto anche delle reali necessità del mercato.
4. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano che, entro il 31 dicembre 2025, sia realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL accessibili al pubblico almeno lungo la rete centrale della TEN-T per assicurare la circolazione in tutta l'Unione dei veicoli pesanti alimentati a GNL, a condizione che esista una domanda, a meno che i costi non siano sproporzionati rispetto ai benefici, inclusi i benefici per l'ambiente.
5. La Commissione valuta l'applicazione delle prescrizioni di cui al paragrafo 4 e, se del caso, presenta, entro il 31 dicembre 2027, una proposta volta a modificare la presente direttiva, tenuto conto del mercato dei veicoli pesanti alimentati a GNL, per garantire la realizzazione di un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL accessibili al pubblico in ciascuno Stato membro.
6. Gli Stati membri garantiscono che un sistema di distribuzione adeguato per la fornitura di GNL sia disponibile nel loro territorio, comprese le strutture di carico per i veicoli cisterna di GNL, al fine di rifornire i punti di rifornimento di cui ai paragrafi 1, 2 e 4. A titolo di deroga, gli Stati membri confinanti, nell'ambito del loro quadro strategico nazionale, possono formare un raggruppamento al fine di ottemperare alla presente prescrizione. Tali accordi sono soggetti agli obblighi di rendicontazione degli Stati membri, a norma della presente direttiva.
7. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri garantiscono la creazione, entro il 31 dicembre 2020, di un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico in modo da garantire, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, sesto trattino, la circolazione dei veicoli alimentati a GNC negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate e, se del caso, nelle reti stabilite dagli Stati membri.
8. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano la realizzazione, entro il 31 dicembre 2025, di un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNC accessibili al pubblico almeno lungo la rete centrale esistente della TEN-T per assicurare la circolazione in tutta l'Unione dei veicoli alimentati a GNC.
9. Gli Stati membri assicurano che i punti di rifornimento per il GNC per i veicoli a motore introdotti o rinnovati dal 18 novembre 2017 siano conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 3.4.
10. Fatto salvo il regolamento (UE) n. 1025/2012, l'Unione persegue l'elaborazione da parte dei competenti organismi europei o internazionali di normazione di norme, comprese specifiche tecniche dettagliate, per:
a)
i punti di rifornimento di GNL per il trasporto marittimo e per vie navigabili interne;
b)
i punti di rifornimento di GNL e GNC per i veicoli a motore.
11. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 al fine di:
a)
integrare il presente articolo e l'allegato II, punti 3.1, 3.2 e 3.4, al fine di esigere il rispetto, da parte dell'infrastruttura da installare o rinnovare, delle specifiche tecniche contenute nelle norme elaborate ai sensi del presente articolo, paragrafo 10, lettere a) e b), qualora i competenti organismi europei di normazione abbiano raccomandato un'unica soluzione tecnica con specifiche tecniche come descritto in una norma europea pertinente, compatibile con le relative norme internazionali, ove applicabili;
b)
aggiornare i riferimenti alle norme menzionate nelle specifiche tecniche stabilite o da stabilire all'allegato II, punto 3, qualora dette norme siano sostituite da nuove versioni adottate dai competenti organismi europei o internazionali di normazione.
È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare tali atti delegati.
Tali atti delegati prevedono periodi transitori di almeno 24 mesi prima che le specifiche tecniche ivi specificate o le loro versioni modificate diventino vincolanti in relazione all'infrastruttura da installare o rinnovare.
12. In assenza di una norma contenente le specifiche tecniche dettagliate per i punti di rifornimento di GNL per il trasporto marittimo e per vie navigabili interne, di cui al paragrafo 10, lettera a), e in particolare in assenza di quelle specifiche relative al bunkeraggio di GNL, alla Commissione è conferito il potere, tenuto conto dei lavori in corso in seno all'IMO, alla CCNR, alla Commissione del Danubio e agli altri pertinenti consessi internazionali, di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 che definiscono:
—
i requisiti concernenti le interfacce di trasferimento nelle operazioni di bunkeraggio di GNL per il trasporto marittimo e lungo le vie navigabili interne,
—
i requisiti inerenti agli aspetti di sicurezza dello stoccaggio terrestre e della procedura di bunkeraggio del GNL nel trasporto marittimo e per vie navigabili interne.
È di particolare importanza che, prima di adottare tali atti delegati, la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con i pertinenti gruppi di esperti del trasporto marittimo e del trasporto per vie navigabili interne, compresi gli esperti provenienti dalle autorità nazionali della navigazione marittima o interna.
Articolo 7
Informazioni per gli utenti
1. Fatta salva la direttiva 2009/30/CE, gli Stati membri assicurano che siano rese disponibili informazioni chiare, coerenti e pertinenti per quanto riguarda i veicoli a motore che possono utilizzare regolarmente determinati combustibili immessi sul mercato o essere ricaricati tramite punti di ricarica. Tali informazioni sono rese disponibili nei manuali dei veicoli a motore, nei punti di rifornimento e ricarica, sui veicoli a motore e presso i concessionari di veicoli a motore ubicati sul loro territorio. Tale prescrizione si applica a tutti i veicoli a motore, e ai loro manuali, immessi sul mercato dopo il 18 novembre 2016.
2. La comunicazione delle informazioni di cui al paragrafo 1 si basa sulle disposizioni in materia di etichettatura per quando riguarda la conformità dei combustibili alle norme degli organismi europei di normazione che definiscono le specifiche tecniche dei combustibili. Qualora tali norme riguardino una rappresentazione grafica, incluso un sistema cromatico di codifica, la rappresentazione grafica è semplice e facile da comprendere, e collocata in maniera chiaramente visibile:
a)
sui corrispondenti apparecchi di distribuzione e relative pistole di tutti i punti di rifornimento, a partire dalla data in cui i combustibili sono immessi sul mercato;
b)
sui tappi dei serbatoi di carburante, o nelle immediate vicinanze, di tutti i veicoli a motore raccomandati e compatibili con tale combustibile e nei manuali dei veicoli a motore, quando tali veicoli a motore sono immessi sul mercato dopo il 18 novembre 2016.
3. Ove opportuno, e in particolare per il gas naturale e l'idrogeno, quando nelle stazioni di rifornimento sono affissi i prezzi dei combustibili, è indicato a scopo informativo il raffronto tra i relativi prezzi unitari. L'indicazione di tali informazioni non induce in errore o ingenera confusione nell'utente.
Per accrescere la consapevolezza dei consumatori e prevedere la trasparenza riguardo ai prezzi dei combustibili in modo coerente in tutta l'Unione, alla Commissione è conferito il potere di adottare, mediante atti di esecuzione, una metodologia comune per il raffronto dei prezzi unitari dei combustibili alternativi.
4. Qualora le norme degli organismi europei di normazione che definiscono le specifiche tecniche di un combustibile non includano disposizioni in materia di etichettatura per quanto riguarda la conformità alle norme in questione, se le disposizioni in materia di etichettatura non riguardano una rappresentazione grafica, inclusi sistemi cromatici di codifica, o se le disposizioni in materia di etichettatura non sono idonee al conseguimento degli obiettivi della presente direttiva, la Commissione può, ai fini dell'esecuzione uniforme dei paragrafi 1 e 2, incaricare gli organismi europei di normazione di elaborare specifiche concernenti l'etichettatura sulla compatibilità o adottare atti di esecuzione per definire la rappresentazione grafica, incluso un sistema cromatico di codifica, della compatibilità per i combustibili introdotti sul mercato dell'Unione che, sulla base di una valutazione della Commissione, raggiungano l'1 % del volume totale delle vendite in più di uno Stato membro.
5. Se le disposizioni in materia di etichettatura delle rispettive norme degli organismi europei di normazione sono aggiornate o se sono adottati atti delegati riguardo all'etichettatura o sono elaborate, ove necessario, nuove norme degli organismi europei di normazione per i combustibili alternativi, i corrispondenti requisiti in materia di etichettatura si applicano a tutti i punti di rifornimento e ricarica e a tutti i veicoli a motore immatricolati nel territorio degli Stati membri dopo 24 mesi dal rispettivo aggiornamento o dalla rispettiva adozione.
6. Gli atti di esecuzione di cui al presente articolo sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 9, paragrafo 2.
7. Gli Stati membri assicurano che, ove disponibili, i dati riportanti l'ubicazione geografica dei punti di rifornimento e ricarica accessibili al pubblico di combustibili alternativi contemplati dalla presente direttiva sono accessibili a tutti gli utenti su base aperta e non discriminatoria. Per i punti di ricarica i dati, ove disponibili, possono includere informazioni sull'accessibilità in tempo reale e informazioni sulla ricarica storiche e in tempo reale.
Articolo 8
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui agli articoli 4, 5 e 6 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 17 novembre 2014. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui agli articoli 4, 5 e 6 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L'atto delegato adottato ai sensi degli articoli 4, 5 e 6 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di tre mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 9
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Laddove il parere del comitato debba essere ottenuto con procedura scritta, detta procedura si conclude senza esito quando, entro il termine per la formulazione del parere, il presidente del comitato decida in tal senso o la maggioranza semplice dei membri del comitato lo richieda.
Articolo 10
Relazioni e riesame
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione del quadro strategico nazionale entro il 18 novembre 2019 e, successivamente, con cadenza triennale. Tali relazioni comprendono le informazioni elencate all'allegato I e, se del caso, includono una giustificazione pertinente concernente il livello di conseguimento degli obiettivi nazionali di cui all'articolo 3, paragrafo 1.
2. Entro il 18 novembre 2017 la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione dei quadri strategici nazionali e della loro coerenza a livello di Unione, compresa una valutazione del livello di conseguimento degli obiettivi nazionali di cui all'articolo 3, paragrafo 1.
3. La Commissione presenta una relazione sull'applicazione della presente direttiva al Parlamento europeo e al Consiglio con cadenza triennale a decorrere dal 18 novembre 2020.
La relazione della Commissione contiene i seguenti elementi:
—
una valutazione degli interventi attuati dagli Stati membri,
—
una valutazione degli effetti della presente direttiva sullo sviluppo del mercato per quanto riguarda l'infrastruttura per i combustibili alternativi e del suo contributo al mercato dei combustibili alternativi per il trasporto nonché il suo impatto sull'economia e l'ambiente,
—
informazioni sul progresso tecnico e lo sviluppo del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi nel settore dei trasporti e la relativa infrastruttura di cui alla presente direttiva e di qualsiasi altro combustibile alternativo.
La Commissione ha la facoltà di illustrare esempi di migliori prassi e di formulare raccomandazioni adeguate.
La relazione della Commissione verifica anche i requisiti e le date di cui alla presente direttiva in relazione alla realizzazione dell'infrastruttura e all'applicazione delle specifiche, tenendo conto degli sviluppi a livello tecnico, economico e di mercato dei rispettivi combustibili alternativi ed è corredata, se del caso, da una proposta legislativa.
4. La Commissione adotta orientamenti concernenti le relazioni degli Stati membri sugli elementi elencati all'allegato I.
5. Entro il 31 dicembre 2020, la Commissione riesamina l'attuazione della presente direttiva e, se del caso, presenta una proposta intesa a modificarla mediante nuove specifiche tecniche comuni per un'infrastruttura per i combustibili alternativi nell'ambito di applicazione della presente direttiva.
6. Se lo ritiene opportuno, entro il 31 dicembre 2018 la Commissione adotta un piano d'azione per l'attuazione della strategia illustrata nella comunicazione intitolata «Energia pulita per il trasporto, una strategia europea in materia di combustibili alternativi» al fine di pervenire al più ampio uso possibile di combustibili alternativi per i trasporti, garantendo al contempo la neutralità tecnologica, e promuovere una mobilità elettrica sostenibile in tutta l'Unione. A tal fine, la Commissione potrebbe tener conto delle esigenze e degli sviluppi del mercato propri ai vari Stati membri.
Articolo 11
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 novembre 2016. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
2. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 22 ottobre 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
B. DELLA VEDOVA
(1) GU C 271 del 19.9.2013, pag. 111.
(2) GU C 280 del 27.9.2013, pag. 66.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 29 settembre 2014.
(4) Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16).
(5) Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa e che modifica il regolamento (UE) n. 913/2010 e che abroga i regolamenti (CE) n. 680/2007 e (CE) n. 67/2010 (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 129).
(6) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104).
(7) Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).
(8) Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (GU L 60 del 2.3.2013, pag. 52).
(10) Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).
(11) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211 del 14.8.2009, pag. 55).
(12) Direttiva 2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo (GU L 327 del 27.11.2012, pag. 1).
(13) Direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13).
(14) Direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna e che abroga la direttiva 82/714/CEE del Consiglio (GU L 389 del 30.12.2006, pag. 1).
(15) Regolamento (CE) n. 595/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, relativo all'omologazione dei veicoli a motore e dei motori riguardo alle emissioni dei veicoli pesanti (euro VI) e all'accesso alle informazioni relative alla riparazione e alla manutenzione del veicolo e che modifica il regolamento (CE) n. 715/2007 e la direttiva 2007/46/CE e che abroga le direttive 80/1269/CEE, 2005/55/CE e 2005/78/CE (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 1).
(16) Direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 88).
(17) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).
(18) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
ALLEGATO I
RELAZIONE
La relazione contiene la descrizione delle misure adottate in uno Stato membro a sostegno della creazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi. La relazione include almeno gli elementi seguenti:
1. Misure giuridiche
Le informazioni sulle misure giuridiche, che possono consistere in misure legislative, regolamentari o amministrative a sostegno della realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi, quali licenze edilizie, licenze per la costruzione di parcheggi, certificazione ambientale delle imprese e concessioni per le stazioni di rifornimento.
2. Misure strategiche a supporto dell'attuazione del piano strategico nazionale
Le informazioni su tali misure includono i seguenti elementi:
—
incentivi diretti per l'acquisto di mezzi di trasporto alimentati con combustibili alternativi, o per la costruzione dell'infrastruttura,
—
disponibilità di incentivi fiscali per promuovere i mezzi di trasporto alimentati con combustibili alternativi e l'infrastruttura pertinente,
—
uso di appalti pubblici a sostegno dei combustibili alternativi, compresi gli appalti congiunti,
—
incentivi non finanziari sul versante della domanda: ad esempio, accesso preferenziale ad aree a circolazione limitata, politica dei parcheggi, corsie dedicate,
—
valutazione della necessità di punti di rifornimento di jet fuel rinnovabile negli aeroporti della rete centrale della TEN-T,
—
procedure tecniche e amministrative e normativa in relazione all'autorizzazione della fornitura di combustibili alternativi al fine di agevolarne il processo autorizzativo.
3. Misure a sostegno della realizzazione e della produzione
Stanziamenti nei bilanci pubblici annuali destinati alla realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi, ripartiti per combustibile alternativo e per modo di trasporto (strada, ferrovia, vie navigabili e trasporto aereo).
Stanziamenti nei bilanci pubblici annuali destinati al sostegno degli impianti di produzione delle tecnologie per i combustibili alternativi, ripartiti per combustibile alternativo e per modo di trasporto.
Valutazione di eventuali esigenze particolari durante la fase iniziale della realizzazione delle infrastrutture per i combustibili alternativi.
4. Ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione
Stanziamenti nei bilanci pubblici annuali destinati al sostegno di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione sui combustibili alternativi, ripartiti per combustibile e per modo di trasporto.
5. Obiettivi
—
stima del numero di veicoli che utilizzano combustibili alternativi previsti entro il 2020, 2025 e 2030,
—
livello di conseguimento degli obiettivi nazionali per la diffusione dei combustibili alternativi nei differenti modi di trasporto (strada, ferrovia, vie navigabili e trasporto aereo),
—
livello di conseguimento degli obiettivi nazionali, anno per anno, per la realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi nei differenti modi di trasporto,
—
informazione sulla metodologia applicata per tener conto dell'efficienza di ricarica dei punti di ricarica di potenza elevata.
6. Sviluppi delle infrastrutture per i combustibili alternativi
Evoluzione della domanda (capacità effettivamente utilizzata) e dell'offerta (capacità supplementare dell'infrastruttura).
ALLEGATO II
SPECIFICHE TECNICHE
1. Specifiche tecniche per i punti di ricarica
1.1.
Punti di ricarica di potenza standard per veicoli a motore
I punti di ricarica di potenza standard a corrente alternata (AC) per veicoli elettrici sono muniti, a fini di interoperabilità, almeno di prese fisse o connettori per veicoli del tipo 2, quali descritti nella norma EN62196-2. Mantenendo la compatibilità del tipo 2, tali prese fisse possono essere munite di dispositivi quali otturatori meccanici.
1.2.
Punti di ricarica di potenza elevata per veicoli a motore
I punti di ricarica di potenza elevata a corrente alternata (AC) per veicoli elettrici sono muniti, a fini di interoperabilità, almeno di connettori del tipo 2, quali descritti nella norma EN62196-2.
I punti di ricarica di potenza elevata a corrente continua DC) per veicoli elettrici sono muniti, a fini di interoperabilità, almeno di connettori del sistema di ricarica combinato «Combo 2», quali descritti nella norma EN62196-3.
1.3.
Punti di ricarica senza fili per veicoli a motore
1.4.
Sostituzione di batterie per veicoli a motore
1.5.
Punti di ricarica per veicoli a motore della categoria L
1.6.
Punti di ricarica per autobus elettrici
1.7.
Fornitura di elettricità lungo le coste destinata a navi adibite alla navigazione marittima
Fornitura di elettricità lungo le coste destinata a navi adibite alla navigazione marittima, nonché la progettazione, il montaggio e le prove dei sistemi, sono conformi alle specifiche tecniche della norma IEC/ISO/IEEE 80005-1.
1.8.
Fornitura di elettricità lungo le coste destinata a navi adibite alla navigazione interna.
2. Specifiche tecniche dei punti di rifornimento di idrogeno per veicoli a motore
2.1.
I punti di rifornimento di idrogeno in zone aperte che forniscono idrogeno allo stato gassoso usato come carburante nei veicoli a motore sono conformi alle specifiche tecniche della norma ISO/TS 20100 relativa all'idrogeno allo stato gassoso utilizzato come combustibile.
2.2.
La purezza dell'idrogeno fornito nei punti di rifornimento è conforme alle specifiche tecniche della norma ISO 14687-2.
2.3.
I punti di rifornimento di idrogeno utilizzano algoritmi per i carburanti e apparecchiature conformi alla norma ISO/TS 20100 relativa all'idrogeno allo stato gassoso utilizzato come combustibile.
2.4.
I connettori per veicoli a motore per l'alimentazione con idrogeno allo stato gassoso sono conformi alla norma ISO 17268 relativa ai connettori per il rifornimento dei veicoli a motore alimentati con idrogeno allo stato gassoso.
3. Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di gas naturale
3.1.
Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di GNL per navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima
3.2.
Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di GNL per veicoli a motore
3.3.
Specifiche tecniche per i connettori/serbatoi per GNC
I connettori/serbatoi per GNC devono essere conformi al regolamento n. 110 dell'UNECE (che fa riferimento alle parti I e II della norma ISO 14469).
3.4
Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di GNC per veicoli a motore
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2014/94/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 22 ottobre 2014
sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 91,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Nella sua comunicazione del 3 marzo 2010 intitolata «Europa 2020: una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», la Commissione ha illustrato misure per migliorare la competitività e garantire la sicurezza energetica mediante un uso più efficiente dell'energia e delle risorse.
(2)
Il Libro bianco della Commissione del 28 marzo 2011 intitolato «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» ha esortato a ridurre la dipendenza dal petrolio nel settore dei trasporti. È necessario conseguire tale obiettivo attraverso una serie di iniziative strategiche, ivi incluso mediante l'elaborazione di una strategia sostenibile per i combustibili alternativi e la relativa infrastruttura. Il Libro bianco della Commissione ha proposto inoltre una riduzione del 60 % rispetto ai livelli del 1990 delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti, da conseguire entro il 2050.
(3)
La direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), ha fissato un obiettivo del 10 % per quanto riguarda la quota di mercato delle energie rinnovabili presenti nei combustibili per il trasporto.
(4)
Sulla base della consultazione delle parti interessate e degli esperti nazionali e delle competenze acquisite, confluite nella comunicazione della Commissione del 24 gennaio 2013, intitolata «Energia pulita per il trasporto, una strategia europea in materia di combustibili alternativi», l'elettricità, l'idrogeno, i biocarburanti, il gas naturale e il gas di petrolio liquefatto (GPL) sono stati identificati, attualmente, come i principali combustibili alternativi con potenzialità di lungo termine in termini di alternativa al petrolio, anche alla luce del loro possibile utilizzo simultaneo e combinato mediante, ad esempio, sistemi che impiegano la tecnologia a doppia alimentazione.
(5)
Per fonti di energia si intendono tutte le fonti energetiche alternative per i trasporti, quali l'elettricità e l'idrogeno, che non sono state generate da combustione o ossidazione in assenza di combustione.
(6)
I combustibili sintetici, che sostituiscono diesel, benzina e jet fuel, possono essere prodotti a partire da diverse materie prime, convertendo biomassa, gas, carbone o rifiuti di plastica in combustibili liquidi, metano e dimetiletere (DME). I combustibili diesel sintetici paraffinici, quali oli vegetali idrotrattati (HVO) e diesel Fischer-Tropsch, sono fungibili e possono essere miscelati con combustibili fossili diesel ad un tasso di miscelazione molto alto o possono essere usati puri in tutti i veicoli diesel esistenti o futuri. Questi combustibili possono pertanto essere distribuiti, stoccati e usati con le infrastrutture esistenti. I combustibili sintetici che sostituiscono la benzina, come il metanolo e altri alcol, possono essere miscelati con la benzina e tecnicamente usati con l'attuale tecnologia dei veicoli apportando lievi adattamenti. Il metanolo può essere usato anche per la navigazione interna e per il trasporto marittimo a corto raggio. I combustibili sintetici e paraffinici possono ridurre il ricorso alle fonti di petrolio nella fornitura di energia per il trasporto.
(7)
Il GPL è un combustibile alternativo derivato dal trattamento del gas naturale e della raffinazione del petrolio, con una minore impronta di carbonio e emissioni inquinanti significativamente minori rispetto ai combustibili convenzionali. Il bio GPL ottenuto da varie fonti di biomassa dovrebbe emergere come tecnologia economicamente valida a medio lungo termine. Il GPL può essere usato per il trasporto stradale (autovetture e autocarri) per tutti i tipi di distanze. Può essere usato anche per la navigazione interna e per il trasporto marittimo a corto raggio. L'infrastruttura GPL è relativamente ben sviluppata ed esiste già nell'Unione un numero significativo di stazioni di rifornimento (circa 29 000). Tuttavia, la distribuzione di tali stazioni di rifornimento è disomogenea, con una scarsa penetrazione in un certo numero di paesi.
(8)
Fatto salvo l'elenco dei combustibili alternativi della presente direttiva, è opportuno sottolineare che esistono altri tipi di combustibili puliti che possono rappresentare potenziali alternative ai combustibili fossili. Nella selezione di nuovi tipi di combustibili alternativi, è opportuno tenere conto dei promettenti risultati delle attività di ricerca e sviluppo. È opportuno che le norme e la legislazione siano elaborate senza privilegiare alcun particolare tipo di tecnologia, in modo da non ostacolare l'ulteriore sviluppo di combustibili e vettori energetici alternativi.
(9)
La relazione del gruppo di alto livello CARS 21 del 6 giugno 2012 ha indicato che la mancanza di un'infrastruttura per i combustibili alternativi armonizzata a livello dell'Unione ostacola l'introduzione sul mercato di veicoli alimentati con combustibili alternativi e ne ritarda i benefici per l'ambiente. Nella sua comunicazione dell'8 novembre 2012, intitolata «CARS 2020: piano d'azione per un'industria automobilistica competitiva e sostenibile in Europa», la Commissione ha fatto proprie le principali raccomandazioni del gruppo di alto livello CARS 21 e ha presentato un piano d'azione basato su queste ultime. La presente direttiva costituisce una delle azioni principali riguardante l'infrastruttura per i combustibili alternativi preannunciate dalla Commissione.
(10)
È opportuno evitare la frammentazione del mercato interno dovuta all'introduzione non coordinata sul mercato di combustibili alternativi. Il coordinamento dei quadri strategici di tutti gli Stati membri dovrebbe garantire, pertanto, la sicurezza a lungo termine necessaria per favorire gli investimenti pubblici e privati nelle tecnologie dei veicoli e dei carburanti e per la costruzione dell'infrastruttura, al fine di perseguire il duplice obiettivo di rendere minima la dipendenza dal petrolio e attenuare l'impatto ambientale dei trasporti. È opportuno, pertanto, che gli Stati membri elaborino quadri strategici nazionali in cui illustrano i propri obiettivi nazionali e le relative azioni di supporto, in materia di sviluppo del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi, compreso lo sviluppo della necessaria infrastruttura da realizzare, in stretta collaborazione con le autorità regionali e locali e con il settore interessato, tenendo altresì conto delle esigenze delle piccole e medie imprese. Ove necessario, gli Stati membri dovrebbero cooperare con gli altri Stati membri confinanti a livello regionale o macroregionale, mediante consultazioni o quadri strategici comuni, soprattutto quando ciò sia necessario per garantire la continuità della copertura infrastrutturale per i combustibili alternativi sui due lati dei confini nazionali o per la costruzione di nuove infrastrutture in prossimità dei confini nazionali, comprese diverse opzioni di accesso non discriminatorio per i punti di ricarica e di rifornimento. Il coordinamento dei quadri strategici nazionali citati e la loro coerenza a livello di Unione dovrebbe essere sostenuto mediante la cooperazione fra Stati membri e la valutazione e informazione da parte della Commissione. La Commissione dovrebbe adottare orientamenti non vincolanti al fine di agevolare le relazioni degli Stati membri sulle informazioni di cui all'allegato I.
(11)
È necessario un approccio coordinato al fine di soddisfare le necessità energetiche a lungo termine di tutti i modi di trasporto. Più specificamente, le politiche dovrebbero basarsi sul ricorso ai combustibili alternativi, prestando particolare attenzione alle specifiche necessità di ciascun modo di trasporto. Nell'elaborazione dei quadri strategici nazionali sarebbe opportuno tenere conto delle necessità dei differenti modi di trasporto esistenti sul territorio dello Stato membro interessato, inclusi quelli per i quali sono disponibili alternative limitate ai combustibili fossili.
(12)
Lo sviluppo e l'attuazione dei quadri strategici nazionali degli Stati membri dovrebbero essere facilitati dalla Commissione attraverso lo scambio di informazioni e buone prassi tra gli Stati membri.
(13)
Al fine di promuovere i combustibili alternativi e di sviluppare la pertinente infrastruttura, i quadri strategici nazionali possono consistere di diversi piani, strategie o altra documentazione sulla pianificazione elaborata separatamente o in modo integrato, ovvero in altra forma e a livello amministrativo, a seconda delle decisioni degli Stati membri.
(14)
È opportuno che i combustibili ripresi nei piani strategici nazionali siano ammessi a beneficiare delle misure di sostegno unionali e nazionali destinate all'infrastruttura per i combustibili alternativi allo scopo di far confluire il sostegno pubblico verso uno sviluppo coordinato del mercato interno che consenta di realizzare in tutta l'Unione una mobilità basata su veicoli e imbarcazioni che utilizzano combustibili alternativi.
(15)
La presente direttiva non mira a imporre ulteriori oneri finanziari agli Stati membri o alle autorità regionali e locali. Dovrebbe essere possibile per gli Stati membri attuare la presente direttiva utilizzando un'ampia gamma di incentivi e misure regolamentari e non regolamentari, in stretta collaborazione con gli attori del settore privato, che dovrebbero svolgere un ruolo chiave nel sostenere lo sviluppo di un'infrastruttura per i combustibili alternativi.
(16)
In conformità del regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), lo sviluppo di nuove tecnologie e dell'innovazione, soprattutto a favore della decarbonizzazione dei trasporti, è ammissibile al finanziamento dell'Unione. Detto regolamento prevede inoltre la concessione di un ulteriore finanziamento per le azioni che sfruttano le sinergie tra almeno due dei settori da esso contemplati (trasporti, energia e telecomunicazioni). Infine, la Commissione è assistita dal comitato di coordinamento del meccanismo per collegare l'Europa (CEF) nel coordinamento dei programmi di lavoro al fine di consentire l'adozione di inviti a presentare proposte multisettoriali onde sfruttare al massimo le possibili sinergie tra questi settori. Il CEF contribuirebbe pertanto alla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi.
(17)
Inoltre, il programma quadro Orizzonte 2020, istituito dal regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), sosterrà la ricerca e l'innovazione per quanto riguarda i veicoli alimentati con combustibili alternativi e le relative infrastrutture, specialmente attraverso la sfida sociale «Trasporti intelligenti, ecosostenibili e integrati». È opportuno che tale fonte specifica di finanziamento contribuisca anche allo sviluppo di un'infrastruttura per i combustibili alternativi, e che sia presa pienamente in considerazione come un'opportunità supplementare per garantire un mercato della mobilità sostenibile in tutta l'Unione.
(18)
Per stimolare gli investimenti nei trasporti sostenibili e per sostenere la realizzazione, nell'Unione, di una rete continua di infrastrutture per i combustibili alternativi, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero sostenere le azioni di sviluppo nazionali e regionali in tale settore. Dovrebbero incoraggiare lo scambio di migliori prassi nella realizzazione e gestione delle infrastrutture per i combustibili alternativi tra le iniziative di sviluppo locali e regionali e, promuovere, a tal fine, il ricorso ai Fondi strutturali e di investimento europei, in particolare, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo di coesione.
(19)
Le misure di sostegno all'infrastruttura per i combustibili alternativi dovrebbero essere applicate nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato contenute nel trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Gli Stati membri possono ritenere necessario fornire un sostegno agli operatori interessati dalla presente direttiva conformemente alle norme in vigore in materia di aiuti di Stato. Ogni eventuale misura di sostegno nazionale all'infrastruttura per i combustibili alternativi, notificata alla Commissione, dovrebbe essere valutata senza indugi.
(20)
Gli orientamenti della rete transeuropea di trasporto (TEN-T) riconoscono che i combustibili alternativi servono, almeno in parte, da sostituto delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia per il trasporto, contribuiscono alla sua decarbonizzazione e migliorano le prestazioni ambientali nel settore dei trasporti. Gli orientamenti TEN-T prescrivono, in relazione alle nuove tecnologie e innovazioni, che le TEN-T consentano la decarbonizzazione di tutti i modi di trasporto attraverso l'efficienza energetica e l'introduzione di sistemi di propulsione alternativi e la fornitura dell'infrastruttura corrispondente. Gli orientamenti TEN-T prescrivono inoltre che i porti interni e marittimi, gli aeroporti e le strade della rete centrale, stabiliti dal regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) («rete centrale TEN-T») prevedano la disponibilità di combustibili alternativi. Nel CEF, lo strumento di finanziamento della TEN-T rende ammissibile alle sovvenzioni la realizzazione nella rete centrale TEN-T di tali nuove tecnologie e innovazioni, compresa l'infrastruttura per combustibili puliti alternativi. Inoltre, la realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili puliti alternativi nella rete globale potrà beneficiare dell'assistenza finanziaria del CEF in forma di appalti e strumenti finanziari, quali le obbligazioni per il finanziamento di progetti.
(21)
I biocarburanti, quali definiti nella direttiva 2009/28/CE, con una quota del 4,7 % del totale dei carburanti consumati nel settore dei trasporti dell'Unione nel 2011, costituiscono oggi la tipologia principale di combustibile alternativo. Essi possono anche contribuire in modo sostanziale alla riduzione delle emissioni globali di CO2, purché siano prodotti in modo sostenibile. I biocarburanti potrebbero garantire energia pulita a tutte le forme di trasporto.
(22)
L'assenza di uno sviluppo armonizzato dell'infrastruttura per i combustibili alternativi nell'Unione impedisce la realizzazione di economie di scala sul versante dell'offerta e la mobilità diffusa all'interno dell'UE sul versante della domanda. È necessario costruire nuove reti infrastrutturali, ad esempio per l'elettricità, il gas naturale (gas naturale liquefatto (GNL) e gas naturale compresso (GNC) e, se del caso, l'idrogeno. È importante riconoscere le diverse fasi di sviluppo di ciascuna tecnologia dei combustibili e delle relative infrastrutture, tra cui la maturità dei modelli di business per gli investitori privati, la disponibilità dei combustibili alternativi e la loro accettazione da parte degli utenti. È opportuno garantire la neutralità tecnologica e i quadri strategici nazionali dovrebbero tenere debitamente conto della necessità di sostenere lo sviluppo commerciale di combustibili alternativi. È opportuno inoltre che la densità demografica e le caratteristiche geografiche siano prese in considerazione nell'elaborazione dei quadri strategici nazionali.
(23)
L'elettricità può aumentare l'efficienza energetica dei veicoli stradali e contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 nei trasporti. È una fonte di energia indispensabile per la diffusione dei veicoli elettrici, compresi i veicoli della categoria L di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e al regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (9), con vantaggi in termini di miglioramento della qualità dell'aria e riduzione dell'inquinamento acustico negli agglomerati urbani/suburbani, delle altre zone densamente popolate. Gli Stati membri dovrebbero fare in modo che siano creati punti di ricarica accessibili al pubblico in quantità tale da garantire una copertura adeguata, al fine di consentire ai veicoli elettrici di circolare almeno negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate e, se del caso, nelle reti stabilite dagli Stati membri. Il numero di tali punti di ricarica dovrebbe essere stabilito tenendo conto del numero stimato di veicoli elettrici immatricolati entro la fine del 2020 in ciascuno Stato membro. A titolo indicativo, il numero medio adeguato di punti di ricarica dovrebbe essere equivalente ad almeno un punto di ricarica per 10 autovetture, anche tenuto conto del tipo di autovettura, della tecnologia di ricarica e dei punti di ricarica privati disponibili. Un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico dovrebbe essere installato, in particolare, nelle stazioni di trasporto pubblico, come terminali portuali per passeggeri, aeroporti o stazioni ferroviarie. I proprietari privati di veicoli elettrici dipendono in larga misura dall'accesso ai punti di ricarica ubicati in parcheggi collettivi di condomini, uffici e zone commerciali. È opportuno che le autorità pubbliche adottino misure per assistere gli utilizzatori di tali veicoli, garantendo che i progettisti e i gestori dei siti citati mettano a disposizione l'infrastruttura adeguata con un numero sufficiente di punti di ricarica per veicoli elettrici.
(24)
Gli Stati membri dovrebbero garantire la costruzione di un'infrastruttura accessibile a tutti per la fornitura di elettricità ai veicoli a motore. Al fine di stabilire il numero appropriato di punti di ricarica accessibili al pubblico nei rispettivi piani strategici nazionali, dovrebbe essere possibile per gli Stati membri di tener conto del numero di punti di ricarica accessibili al pubblico esistenti nel proprio territorio e delle relative specifiche, e di decidere se concentrare gli sforzi di introduzione su punti di ricarica di potenza standard o elevata.
(25)
L'elettromobilità è un settore in rapido sviluppo. Le attuali tecnologie dell'interfaccia di ricarica includono connettori per cavi ma devono anche essere prese in considerazione le future tecnologie di interfaccia, come la ricarica senza fili o la sostituzione di batterie. La normativa deve assicurarsi che l'innovazione tecnologica sia agevolata. La presente direttiva dovrebbe pertanto essere aggiornata, se del caso, per tener conto delle norme future per le tecnologie come la ricarica senza fili o la sostituzione di batterie.
(26)
Un punto di ricarica o di rifornimento accessibile al pubblico può includere ad esempio punti o dispositivi privati di ricarica o di rifornimento accessibili al pubblico a mezzo di carte di registrazione o pagamento di oneri, punti di ricarica o di rifornimento per sistemi di auto condivisa che consentono l'accesso di utenti terzi mediante abbonamento, o punti di ricarica o di rifornimento nei parcheggi pubblici. I punti di ricarica o di rifornimento che consentono agli utenti privati di accedere fisicamente mediante autorizzazione o abbonamento dovrebbero essere considerati punti di ricarica o di rifornimento accessibili al pubblico.
(27)
L'elettricità e l'idrogeno sono fonti di energia idonee in particolare per favorire la diffusione dei veicoli elettrici/a celle a combustibile, compresi i veicoli della categoria L negli agglomerati urbani/suburbani e in altre aree densamente popolate con vantaggi in termini di miglioramento della qualità dell'aria e riduzione dell'inquinamento acustico. L'elettromobilità contribuisce in maniera rilevante al conseguimento degli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea in materia di clima ed energia per il 2020. In effetti la direttiva 2009/28/CE, recepita dagli Stati membri entro il 5 dicembre 2010, fissa obiettivi obbligatori per tutti gli Stati membri in relazione alla quota di energia da fonti rinnovabili allo scopo di raggiungere, entro il 2020, l'obiettivo dell'Unione di una quota del 20 % almeno di energia da fonti rinnovabili e di una quota del 10 % di energia rinnovabile specificamente nel settore dei trasporti.
(28)
La ricarica dei veicoli elettrici nei punti di ricarica, ove tecnicamente possibile e finanziariamente ragionevole, dovrebbe avvalersi di sistemi di misurazione intelligenti per contribuire alla stabilità della rete elettrica ricaricando le batterie in periodi di domanda generale di elettricità ridotta e consentire una gestione sicura e flessibile dei dati. A lungo termine ciò può consentire anche ai veicoli elettrici di reimmettere nella rete l'elettricità contenuta nelle batterie in fasi di elevata domanda generale di elettricità. I sistemi di misurazione intelligenti quali definiti alla direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) forniscono dati in tempo reale necessari per garantire la stabilità della rete e per incoraggiare un uso razionale dei servizi di ricarica. I sistemi di misurazione intelligenti forniscono informazioni precise e trasparenti sul costo e la disponibilità dei servizi di ricarica, incoraggiando in tal modo la ricarica in periodi non di punta, il che significa in periodi di scarsa domanda generale di elettricità e prezzi dell'energia bassi. Il ricorso ai sistemi di misurazione intelligente ottimizza la ricarica, con vantaggi per la rete elettrica e i per consumatori.
(29)
Per quanto riguarda i punti di ricarica per veicoli elettrici che non sono accessibili a tutti, è opportuno che gli Stati membri mirino a esplorare la fattibilità tecnica e finanziaria delle sinergie grazie a piani di diffusione di contatori intelligenti in ottemperanza agli obblighi di cui all'allegato I.2 della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11). Gli operatori dei sistemi di distribuzione svolgono un ruolo importante in relazione ai punti di ricarica. Nello sviluppo delle loro mansioni, i gestori dei sistemi di distribuzione, alcuni dei quali possono far parte di un'impresa verticalmente integrata che possiede o gestisce i punti di ricarica, dovrebbero cooperare in modo non discriminatorio con qualsiasi altro proprietario o operatore di punti di ricarica, in particolare fornendo loro le informazioni necessarie per un accesso e un utilizzo efficienti del sistema.
(30)
Nel predisporre l'infrastruttura per i veicoli elettrici l'interazione di tale infrastruttura con la rete elettrica come pure la politica dell'Unione in materia di energia elettrica dovrebbero essere coerenti con i principi stabiliti nel quadro della direttiva 2009/72/CE. La creazione e il funzionamento dei punti di ricarica dei veicoli elettrici dovrebbero essere ispirati ai principi di un mercato concorrenziale con accesso aperto a tutte le parti interessate nello sviluppo ovvero nell'esercizio delle infrastrutture di ricarica.
(31)
L'accesso dei fornitori di energia elettrica dell'Unione ai punti di ricarica dovrebbe lasciare impregiudicate le deroghe previste all'articolo 44 della direttiva 2009/72/CE.
(32)
Nel 2010, la Commissione ha assegnato un mandato (M468) agli organismi europei di normazione al fine di definire nuove norme o di riesaminare quelle esistenti allo scopo di garantire l'interoperabilità e la connettività tra i punti di fornitura di elettricità e i caricatori dei veicoli elettrici. Il CEN/CENELEC ha costituito un gruppo di riflessione che ha pubblicato una relazione nell'ottobre 2011. Per quanto la relazione contenesse una serie di raccomandazioni, non è stato raggiunto un accordo sulla scelta di un'interfaccia standard. Sono pertanto necessari ulteriori interventi strategici al fine di individuare una soluzione non proprietaria per garantire l'interoperabilità nell'Unione.
(33)
L'interfaccia per la ricarica di veicoli elettrici potrebbe comprendere diverse prese fisse o connettori per veicoli, nella misura in cui uno di essi sia conforme alle specifiche tecniche di cui alla presente direttiva, in modo da consentire la ricarica multistandard. Tuttavia, la scelta effettuata dalla presente direttiva dei connettori comuni a livello di Unione per i veicoli elettrici (tipo 2 e Combo 2), non dovrebbe andare a scapito degli Stati membri che abbiano già investito nella diffusione di altre tecnologie standardizzate per i punti di ricarica e non dovrebbe influire sui punti di ricarica esistenti introdotti prima dell'entrata in vigore della presente direttiva. I veicoli elettrici già in circolazione prima dell'entrata in vigore della presente direttiva dovrebbero poter essere ricaricati, anche se sono stati progettati per essere ricaricati in punti di ricarica non conformi alle specifiche tecniche stabilite nella presente direttiva. La scelta di apparecchiature per punti di ricarica di potenza standard ed elevata dovrebbe rispettare i requisiti specifici in materia di sicurezza in vigore a livello nazionale.
(34)
I punti di rifornimento di elettricità situati lungo le coste possono garantire una fornitura di energia pulita per il trasporto marittimo e per le vie navigabili interne, in particolare nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna con livelli scadenti di qualità dell'aria o elevati di inquinamento acustico. La rete elettrica situata lungo le coste può contribuire a ridurre l'impatto ambientale delle navi adibite alla navigazione marittima e delle navi adibite alla navigazione interna.
(35)
La standardizzazione della fornitura di elettricità lungo le coste non dovrebbe impedire l'utilizzo dei sistemi già esistenti prima dell'entrata in vigore della presente direttiva. In particolare, gli Stati membri dovrebbero consentire la manutenzione e l'aggiornamento dei sistemi esistenti al fine di assicurare un loro utilizzo efficiente lungo tutto il ciclo di vita, senza richiedere la piena conformità alle specifiche tecniche stabilite nella presente direttiva.
(36)
La fornitura di energia elettrica destinata agli aerei in stazionamento negli aeroporti può ridurre il consumo di carburante e l'inquinamento acustico, migliorare la qualità dell'aria e ridurre l'impatto sul cambiamento climatico. Gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che sia presa in considerazione, nei rispettivi quadri strategici nazionali, la necessità di dotare gli aeroporti di collegamenti con la rete elettrica.
(37)
I veicoli a motore alimentati a idrogeno, compresi i veicoli della categoria L alimentati a idrogeno, presentano al momento tassi di penetrazione del mercato molto ridotti; la costruzione di una sufficiente infrastruttura di rifornimento per l'idrogeno è pertanto essenziale per rendere possibile una diffusione su larga scala dei veicoli a motore alimentati a idrogeno.
(38)
Gli Stati membri che decidono di includere punti di rifornimento per l'idrogeno nei loro quadri strategici nazionali dovrebbero garantire la costruzione di un'infrastruttura accessibile a tutti per il rifornimento dei veicoli a motore a idrogeno, garantendo la circolazione dei veicoli a motore alimentati a idrogeno su tutte le reti stabilite dagli Stati membri. Se del caso, dovrebbero essere presi in considerazione collegamenti transfrontalieri in modo che i veicoli a motore alimentati a idrogeno possano circolare in tutta l'Unione.
(39)
Nell'Unione sono attualmente operativi circa 3 000 punti di rifornimento per i veicoli che funzionano a gas naturale. È possibile creare altri punti di rifornimento e alimentarli grazie alla rete di distribuzione capillare del gas naturale esistente nell'Unione, a condizione che la qualità del gas sia adeguato per l'uso nei veicoli a gas di tecnologia attuale e avanzata. L'attuale rete di distribuzione del gas naturale potrebbe essere integrata con punti di rifornimento locali che utilizzano biometano prodotto localmente.
(40)
Un'infrastruttura comune per il gas naturale richiede specifiche tecniche comuni per il suo hardware come pure per la qualità del gas. La qualità del gas naturale utilizzato nell'Unione dipende dall'origine, dai componenti, per esempio il biometano miscelato nel gas naturale, e dal modo in cui il gas naturale è trattato lungo la catena di distribuzione. Pertanto, caratteristiche tecniche molto ampie potrebbero impedire l'uso ottimale dei motori e ridurre la loro efficienza energetica. A tale riguardo, il comitato tecnico CEN/TC 408 — comitato di progetto sta elaborando una serie di specifiche di qualità del gas naturale utilizzato nei trasporti e per l'iniezione di biometano nella rete del gas naturale.
(41)
Gli Stati membri dovrebbero garantire, attraverso i loro quadri strategici nazionali, la costruzione di un adeguato numero di punti di rifornimento accessibili al pubblico per la fornitura di GNC o biometano compresso ai veicoli a motore, in modo da garantire che i veicoli a motore alimentati a GNC possano circolare negli agglomerati urbani/suburbani e in altre aree densamente popolate come pure in tutta l'Unione, almeno lungo la rete centrale esistente della TEN-T. Nel creare le loro reti per la fornitura di GNC ai veicoli a motore, gli Stati membri dovrebbero garantire la realizzazione di punti di rifornimento accessibili al pubblico, tenendo conto dell'autonomia minima dei veicoli a motore alimentati a GNC. A titolo indicativo, la distanza media necessaria tra i punti di rifornimento dovrebbe essere approssimativamente di 150 km. Per garantire il funzionamento e l'interoperabilità del mercato, tutti i punti di rifornimento di GNC per veicoli a motore dovrebbero fornire gas della qualità necessaria per l'uso nei veicoli alimentati a GNC di tecnologia attuale e avanzata.
(42)
Il GNL costituisce un combustibile alternativo attraente per consentire alle navi di soddisfare i requisiti di riduzione del tenore di zolfo nei combustibili per uso marittimo nelle zone di controllo delle emissioni di SOx, che interessano la metà delle navi che operano nel trasporto marittimo europeo a corto raggio, come stabilito dalla direttiva 2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12). È opportuno che entro la fine rispettivamente del 2025 e del 2030 sia disponibile una rete centrale di punti di rifornimento per il GNL per le navi che operano nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna. I punti di rifornimento per il GNL includono, fra l'altro, terminali, serbatoi e container mobili di GNL nonché navi e chiatte cisterna. L'obiettivo iniziale di creare una rete centrale non dovrebbe tuttavia escludere che il GNL sia disponibile, in una prospettiva di lungo termine, anche in porti al di fuori di tale rete, in particolare in quelli che rivestono importanza per le navi che non effettuano operazioni di trasporto. È opportuno basare la decisione sull'ubicazione dei punti di rifornimento per il GNL nei porti su un'analisi costi-benefici, incluso una valutazione dei benefici per l'ambiente. Si dovrebbe tener conto anche delle disposizioni applicabili relative alla sicurezza. È opportuno che la realizzazione dell'infrastruttura per il GNL di cui alla presente direttiva non ostacoli lo sviluppo di altri combustibili alternativi che potrebbero essere introdotti in un prossimo futuro ed essere efficienti sul piano energetico.
(43)
La Commissione e gli Stati membri dovrebbero cercare di modificare l'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne, concluso a Ginevra il 26 maggio 2000, quale modificato (ADN), per consentire il trasporto su vasta scala di GNL sulle vie navigabili interne. Le modifiche richieste a tal fine dovrebbero essere rese applicabili a tutti i trasporti nel territorio dell'Unione adeguando l'allegato III, sezione III.1 della direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (13). La direttiva 2006/87/CE (14) dovrebbe pertanto essere modificata, se del caso, per consentire un uso efficace e sicuro del GNL per la propulsione delle navi sulle vie navigabili interne. Le modifiche proposte non dovrebbero porsi in conflitto con le disposizioni dell'ADN applicabile nel territorio dell'Unione a norma dell'allegato III, sezione III.1 della direttiva 2008/68/CE.
(44)
Gli Stati membri dovrebbero garantire un sistema di distribuzione adeguato tra gli stabilimenti di stoccaggio e i punti di rifornimento per il GNL. Per quanto riguarda il trasporto su strada, la disponibilità e l'ubicazione geografica dei punti di carico per i veicoli cisterna di GNL sono essenziali per lo sviluppo di una mobilità basata sul GNL economicamente sostenibile.
(45)
Il GNL, incluso il biometano liquefatto, può inoltre costituire una tecnologia efficiente ed economica per consentire ai veicoli pesanti di rispettare i rigorosi limiti in materia di emissioni inquinanti previsti dalle norme Euro VI di cui al regolamento (CE) n. 595/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (15).
(46)
La rete centrale della TEN-T dovrebbe costituire la base per lo sviluppo dell'infrastruttura per il GNL, in quanto coincide con i principali flussi di traffico e garantisce i benefici derivanti dalla rete. Nel creare le loro reti per la fornitura di GNL ai veicoli pesanti alimentati a GNL, gli Stati membri dovrebbero garantire la realizzazione di punti di rifornimento accessibili al pubblico, almeno lungo la rete centrale della TEN-T in un raggio di distanze adeguate tenendo conto dell'autonomia minima dei veicoli pesanti alimentati a GNL. A titolo indicativo, la distanza media necessaria tra i punti di rifornimento dovrebbe essere approssimativamente di 400 km.
(47)
La realizzazione dei punti di rifornimento per il GNL e per il GNC dovrebbe essere adeguatamente coordinata con l'attuazione della rete centrale della TEN-T.
(48)
Entro il 31 dicembre 2025 dovrebbe essere predisposto un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL e per il GNC accessibili al pubblico almeno lungo la rete centrale della TEN-T esistente a tale data e, successivamente a tale data, sulle altre parti della rete centrale della TEN-T resi accessibili ai veicoli.
(49)
Alla luce della crescente diversità dei combustibili utilizzati per i veicoli a motore e la crescita costante della mobilità stradale dei cittadini all'interno dell'Unione, è necessario fornire agli utilizzatori dei veicoli informazioni chiare e facilmente comprensibili sui combustibili disponibili alle stazioni di rifornimento e sulla compatibilità dei loro veicoli con i differenti combustibili o punti di ricarica nel mercato dell'Unione, fatta salva la direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (16). Gli Stati membri dovrebbero poter decidere di attuare tali azioni di informazione anche per i veicoli in circolazione.
(50)
In assenza di una norma europea per un dato combustibile alternativo, agli Stati membri dovrebbe essere consentito di utilizzare altre norme in materia di informazioni agli utenti ed etichettatura.
(51)
Informazioni semplici e facilmente confrontabili sui prezzi dei diversi combustibili potrebbero avere un ruolo importante nel consentire agli utilizzatori di veicoli di valutare meglio il costo relativo dei singoli combustibili disponibili sul mercato. Pertanto, quando nelle stazioni di rifornimento sono affissi i prezzi dei combustibili, specie per il gas naturale e l'idrogeno, dovrebbe essere possibile il raffronto dei prezzi unitari rispetto ai combustibili convenzionali, ad esempio «al litro equivalente benzina», da indicare per informazione.
(52)
Alla luce della crescente diversificazione del tipo di carburanti per i veicoli a motore, è necessario fornire agli utilizzatori di veicoli dati riguardanti l'ubicazione geografica dei punti di rifornimento e ricarica accessibili al pubblico di combustibili alternativi contemplati dalla presente direttiva. Pertanto, se le società o i siti internet forniscono tali informazioni, le stesse dovrebbero essere accessibili a tutti gli utenti su base aperta e non discriminatoria.
(53)
Ciò riveste particolare importanza per il processo decisionale a tutti i livelli, basato sui fatti, volto a mettere insieme migliori prassi e dati coordinati tramite attività di monitoraggio, come il portale Clean Vehicle e l'Osservatorio europeo per l'elettromobilità.
(54)
Nell'ambito del sistema di trasporto intelligente, i servizi di informazione sul traffico e la mobilità dovrebbero includere, se opportuno, le informazioni chiave concernenti la disponibilità dei punti di rifornimento e ricarica e qualsiasi altra informazione necessaria alla mobilità in tutta l'Unione.
(55)
Al fine di garantire l'adeguamento delle disposizioni della presente direttiva all'andamento del mercato e al progresso tecnico, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE per quanto riguarda le specifiche tecniche dei punti di rifornimento e ricarica e le norme pertinenti. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(56)
L'Organizzazione marittima internazionale (IMO) elabora, nel settore dei trasporti marittimi, norme in materia di sicurezza e di tutela dell'ambiente uniformi e riconosciute a livello internazionale. È opportuno evitare conflitti con le norme internazionali considerata la natura globale dei trasporti marittimi. Pertanto l'Unione europea dovrebbe garantire la coerenza delle specifiche tecniche per i trasporti marittimi adottate in conformità della presente direttiva con le norme internazionali adottate dall'IMO.
(57)
È opportuno che le specifiche tecniche per l'interoperabilità dei punti di ricarica e di rifornimento siano stabilite da norme europee o internazionali. È opportuno che gli organismi europei di normazione adottino le norme europee in conformità dell'articolo 10 del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (17) e che le norme in parola siano basate su norme internazionali attualmente in vigore o, se del caso, sul lavoro di normazione in corso a livello internazionale. Nel caso di norme non ancora adottate, è opportuno che i lavori si basino su norme in fase di sviluppo: «Linee guida per sistemi ed impianti per l'approvvigionamento di GNL come combustibile alle navi» (ISO/DTS 18683), «Stazioni di rifornimento di gas naturale — Stazioni di rifornimento GNL per veicoli» (ISO/DIS 16924) e «Stazioni di rifornimento di gas naturale — Stazioni di rifornimento GNC per veicoli» (ISO/DIS 16923). Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di aggiornare, mediante atti delegati, i riferimenti alle specifiche tecniche contenuti nelle norme europee o internazionali.
(58)
Nell'applicazione della direttiva è opportuno che la Commissione svolga consultazioni con i pertinenti gruppi di esperti, incluso almeno il gruppo europeo di esperti sui carburanti da trazione del futuro, composto da esperti del settore industriale e della società civile come pure il gruppo congiunto di esperti «Trasporti e ambiente», che riunisce esperti degli Stati membri.
(59)
La Commissione ha istituito un gruppo di esperti, denominato «Forum europeo per il trasporto marittimo sostenibile» (ESSF) per assisterla nell'attuazione delle attività dell'Unione nel settore della sostenibilità dei trasporti marittimi. In seno all'ESSF è stato istituito un sottogruppo sul GNL marino, con il mandato di proporre allo stesso ESSF l'elaborazione di norme o regole per il GNL marino come combustibile navale che contemplino gli aspetti tecnici, operativi, di sicurezza, di formazione e ambientali del bunkeraggio di GNL marino. Parimenti, è stato istituito un comitato europeo per la creazione di norme tecniche (CESTE) che si occupa di norme tecniche nel settore della navigazione interna. È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi l'ESSF e il CESTE prima di adottare atti delegati sui requisiti in materia di bunkeraggio di GNL, inclusi i relativi aspetti di sicurezza.
(60)
La commissione centrale per la navigazione sul Reno (CCNR) è un'organizzazione internazionale che tratta tutte le questioni inerenti alla navigazione interna. La Commissione del Danubio è un'organizzazione intergovernativa internazionale che garantisce la libera navigazione sul Danubio. È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi il CCNR e la Commissione del Danubio prima di adottare atti delegati sulla navigazione interna.
(61)
Ogniqualvolta esperti, svolgendo in tal modo il ruolo di gruppi di esperti, esaminino questioni relative alla presente direttiva, ad eccezione della sua attuazione o di sue violazioni, il Parlamento europeo dovrebbe ricevere tutte le informazioni e la documentazione, nonché, se del caso, l'invito a partecipare alle pertinenti riunioni.
(62)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione affinché possa definire procedure e specifiche comuni. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (18).
(63)
Per garantire che i combustibili alternativi per i trasporti abbiano la qualità necessaria per essere utilizzati nei motori prodotti secondo la tecnologia attuale e futura e che offrano un alto livello di prestazioni ambientali per quanto concerne le emissioni di CO2 e altre emissioni inquinanti, la Commissione dovrebbe monitorarne l'introduzione sul mercato. A tal fine la Commissione dovrebbe, se del caso, proporre i provvedimenti giuridici necessari per garantire un livello elevato di qualità dei carburanti in tutta l'Unione.
(64)
Per pervenire all'utilizzo più vasto possibile di carburanti alternativi per i trasporti, pur garantendo la neutralità tecnologica, e promuovere una mobilità elettrica sostenibile in tutta l'Unione, la Commissione dovrebbe, se lo considera appropriato, prendere misure adeguate come l'adozione di un piano d'azione per l'attuazione della strategia illustrata nella comunicazione intitolata «Energia pulita per il trasporto, una strategia europea in materia di combustibili alternativi». A questo fine la Commissione potrebbe tener conto delle esigenze e degli sviluppi del mercato propri ai vari Stati membri.
(65)
Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire la promozione dello sviluppo di un ampio mercato dei combustibili alternativi, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri individualmente ma, essendo necessaria un'azione volta a soddisfare la domanda relativa al raggiungimento di una massa critica di veicoli alimentati con combustibili alternativi e allo sviluppo di progetti con un buon rapporto costo-efficacia da parte delle imprese europee del settore, nonché a motivo della necessità di garantire la mobilità in tutta l'Unione dei veicoli alimentati con combustibili alternativi, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce un quadro comune di misure per la realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi nell'Unione per ridurre al minimo la dipendenza dal petrolio e attenuare l'impatto ambientale nel settore dei trasporti. La presente direttiva stabilisce requisiti minimi per la costruzione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi, inclusi i punti di ricarica per veicoli elettrici e i punti di rifornimento di gas naturale (GNL e GNC) e idrogeno, da attuarsi mediante i quadri strategici nazionali degli Stati membri, nonché le specifiche tecniche comuni per tali punti di ricarica e di rifornimento, e requisiti concernenti le informazioni agli utenti.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
1) «combustibili alternativi»: combustibili o fonti di energia che fungono, almeno in parte, da sostituti delle fonti di petrolio fossile nella fornitura di energia per il trasporto e che possono contribuire alla sua decarbonizzazione e migliorare le prestazioni ambientali del settore dei trasporti. Essi comprendono, tra l'altro:
—
elettricità,
—
idrogeno,
—
biocarburanti, quali definiti all'articolo 2, punto i), della direttiva 2009/28/CE,
—
combustibili sintetici e paraffinici,
—
gas naturale, compreso il biometano, in forma gassosa (gas naturale compresso — GNC) e liquefatta (gas naturale liquefatto — GNL) e
—
gas di petrolio liquefatto (GPL);
2) «veicolo elettrico»: un veicolo a motore dotato di un gruppo propulsore contenente almeno una macchina elettrica non periferica come convertitore di energia con sistema di accumulo di energia ricaricabile, che può essere ricaricato esternamente;
3) «punto di ricarica»: un'interfaccia in grado di caricare un veicolo elettrico alla volta o sostituire la batteria di un veicolo elettrico alla volta;
4) «punto di ricarica di potenza standard»: un punto di ricarica che consente il trasferimento di elettricità a un veicolo elettrico di potenza pari o inferiore a 22 kW, esclusi i dispositivi di potenza pari o inferiore a 3,7 kW, che sono installati in abitazioni private o il cui scopo principale non è ricaricare veicoli elettrici, e che non sono accessibili al pubblico;
5) «punto di ricarica di potenza elevata»: un punto di ricarica che consente il trasferimento di elettricità a un veicolo elettrico di potenza superiore a 22 kW;
6) «fornitura di elettricità lungo le coste»: la fornitura di alimentazione elettrica lungo le coste alle navi adibite alla navigazione marittima o alle navi adibite alla navigazione interna ormeggiate, effettuata attraverso un'interfaccia standardizzata;
7) «punto di ricarica o di rifornimento accessibile al pubblico»: un punto di ricarica o di rifornimento per la fornitura di combustibile alternativo che garantisce, a livello di Unione, un accesso non discriminatorio a tutti gli utenti. L'accesso non discriminatorio può comprendere condizioni diverse di autenticazione, uso e pagamento;
8) «punto di rifornimento»: un impianto di rifornimento per la fornitura di qualsiasi combustibile, ad eccezione del GNL, mediante un'installazione fissa o mobile;
9) «punto di rifornimento per il GNL»: un impianto di rifornimento per la fornitura di GNL, consistente in un impianto fisso o mobile, un impianto offshore o un altro sistema.
Articolo 3
Quadri strategici nazionali
1. Ciascuno Stato membro adotta un quadro strategico nazionale per lo sviluppo del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi nel settore dei trasporti e la realizzazione della relativa infrastruttura. Esso comprende quantomeno i seguenti elementi:
—
una valutazione dello stato attuale e degli sviluppi futuri del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi nel settore dei trasporti, anche alla luce del loro possibile utilizzo simultaneo e combinato, e dello sviluppo dell'infrastruttura per i combustibili alternativi, considerando, se del caso, la continuità transfrontaliera,
—
gli obiettivi nazionali a norma dell'articolo 4, paragrafi 1, 3 e 5, dell'articolo 6, paragrafi 1, 2, 3, 4, 6, 7 e 8, e, ove applicabile, dell'articolo 5, paragrafo 1, per la realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi. Questi obiettivi nazionali sono stabiliti e possono essere riveduti sulla base di una valutazione della domanda nazionale, regionale o a livello di Unione, pur garantendo il rispetto dei requisiti minimi dell'infrastruttura illustrati nella presente direttiva,
—
le misure necessarie per assicurare che siano raggiunti gli obiettivi nazionali contenuti nel rispettivo quadro strategico nazionale,
—
le misure che possono promuovere la realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi nei servizi di trasporto pubblico,
—
la designazione degli agglomerati urbani/suburbani, delle altre zone densamente popolate e delle reti, che, a seconda delle esigenze del mercato, saranno dotati di punti di ricarica accessibili al pubblico conformemente all'articolo 4, paragrafo 1,
—
la designazione degli agglomerati urbani/suburbani, delle altre zone densamente popolate e delle reti, che, a seconda delle esigenze del mercato, saranno dotati di punti di rifornimento per il GNC conformemente all'articolo 6, paragrafo 7,
—
la valutazione della necessità di installare punti di rifornimento per il GNL nei porti all'esterno della rete centrale della TEN-T,
—
la valutazione della necessità di installare fornitura di elettricità negli aeroporti per l'utilizzo da parte degli aerei in stazionamento.
2. Gli Stati membri garantiscono che i quadri strategici nazionali tengano conto delle necessità dei differenti modi di trasporto esistenti sul proprio territorio, inclusi quelli per i quali sono disponibili alternative limitate ai combustibili fossili.
3. I quadri strategici nazionali tengono conto, ove opportuno, degli interessi delle autorità regionali e locali, nonché di quelli delle parti interessate.
4. Se necessario, gli Stati membri cooperano tra di loro mediante consultazioni o quadri strategici comuni, per garantire che le misure necessarie per conseguire gli obiettivi della presente direttiva siano coerenti e coordinate.
5. Le misure di sostegno all'infrastruttura per i combustibili alternativi sono applicate nel rispetto delle norme sugli aiuti di Stato contenute nel TFUE.
6. I quadri strategici nazionali sono in linea con la vigente normativa dell'Unione in materia di protezione dell'ambiente e del clima.
7. Gli Stati membri notificano alla Commissione i rispettivi quadri strategici nazionali entro il 18 novembre 2016.
8. Sulla base dei quadri strategici nazionali, la Commissione pubblica e aggiorna periodicamente le informazioni sugli obiettivi nazionali presentate da ciascuno Stato membro in relazione ai seguenti aspetti:
—
numero di punti di ricarica accessibili al pubblico,
—
punti di rifornimento per il GNL nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna,
—
punti di rifornimento per il GNL accessibili al pubblico per i veicoli a motore,
—
punti di rifornimento per il GNC accessibili al pubblico per i veicoli a motore.
Se del caso, sono pubblicate anche le informazioni riguardanti i seguenti aspetti:
—
numero di punti di rifornimento di idrogeno accessibili al pubblico,
—
infrastruttura per la fornitura di elettricità lungo le coste nei porti marittimi e interni,
—
infrastruttura per la fornitura di elettricità per gli aerei in stazionamento.
9. La Commissione assiste gli Stati membri nella presentazione di relazioni sui quadri strategici nazionali tramite gli orientamenti di cui all'articolo 10, paragrafo 4, valuta la coerenza dei quadri strategici nazionali a livello di Unione e assiste gli Stati membri nel processo di cooperazione di cui al paragrafo 4 del presente articolo.
Articolo 4
Fornitura di elettricità per il trasporto
1. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri garantiscono la creazione, entro il 31 dicembre 2020, di un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico in modo da garantire che i veicoli elettrici circolino almeno negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate e, se del caso, nelle reti stabilite dagli Stati membri. Il numero di tali punti di ricarica è stabilito tenendo conto, fra l'altro, del numero stimato di veicoli elettrici che saranno immatricolati entro la fine del 2020, indicato nei rispettivi quadri strategici nazionali, nonché delle migliori prassi e raccomandazioni formulate dalla Commissione. Se del caso, si tiene conto delle esigenze particolari connesse all'installazione di punti di ricarica accessibili al pubblico nelle stazioni di trasporto pubblico.
2. La Commissione valuta l'applicazione delle prescrizioni di cui al paragrafo 1 e, se del caso, presenta una proposta volta a modificare la presente direttiva, tenendo conto dello sviluppo del mercato dei veicoli elettrici, per garantire che un ulteriore numero di posti di ricarica accessibili al pubblico sia realizzato in ciascuno Stato membro entro il 31 dicembre 2025, almeno sulla rete centrale della TEN-T, negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate.
3. Gli Stati membri possono inoltre adottare, nei loro quadri strategici nazionali, misure volte a incoraggiare e agevolare la realizzazione di punti di ricarica non accessibili al pubblico.
4. Gli Stati membri assicurano che i punti di ricarica di potenza standard per i veicoli elettrici, escluse le unità senza fili o a induzione, introdotti o rinnovati a decorrere dal 18 novembre 2017 siano almeno conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1.1, e ai requisiti specifici di sicurezza in vigore a livello nazionale.
Gli Stati membri assicurano che i punti di ricarica di potenza elevata per i veicoli elettrici, escluse le unità senza fili o a induzione, introdotti o rinnovati a decorrere dal 18 novembre 2017 siano almeno conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1.2.
5. Gli Stati membri assicurano che sia valutata nei rispettivi quadri strategici nazionali la necessità di fornitura di elettricità lungo le coste per le navi adibite alla navigazione interna e le navi adibite alla navigazione marittima nei porti marittimi e nei porti della navigazione interna. Tale fornitura di elettricità lungo le coste è installata, entro il 31 dicembre 2025, quale priorità nei porti della rete centrale della TEN-T, e negli altri porti, a meno che non vi sia alcuna domanda e i costi siano sproporzionati rispetto ai benefici, inclusi i benefici ambientali.
6. Gli Stati membri assicurano che le installazioni per la fornitura di elettricità per il trasporto marittimo ubicate lungo le coste, introdotte o rinnovate a decorrere dal 18 novembre 2017 siano almeno conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1.7.
7. La ricarica dei veicoli elettrici nei punti di ricarica accessibili al pubblico, ove tecnicamente possibile ed economicamente ragionevole, si avvale di sistemi di misurazione intelligenti, quali definiti all'articolo 2, punto 28, della direttiva 2012/27/UE ed è conforme ai requisiti di cui all'articolo 9, paragrafo 2, di tale direttiva.
8. Gli Stati membri assicurano che gli operatori dei punti di ricarica accessibili al pubblico siano liberi di acquistare energia elettrica da qualsiasi fornitore dell'Unione, ove questi accetti. Gli operatori dei punti di ricarica sono autorizzati a fornire ai clienti servizi di ricarica per veicoli elettrici su base contrattuale, anche a nome e per conto di altri fornitori di servizi.
9. Tutti i punti di ricarica accessibili al pubblico prevedono, inoltre, modalità di ricarica ad hoc per gli utilizzatori di veicoli elettrici, senza la necessità di dover concludere contratti con i fornitori di energia elettrica o gli operatori interessati.
10. Gli Stati membri assicurano che i prezzi praticati dagli operatori dei punti di ricarica accessibili al pubblico siano ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili, trasparenti e non discriminatori.
11. Gli Stati membri assicurano che gli operatori dei sistemi di distribuzione cooperino su base non discriminatoria con qualsiasi persona che apra o gestisca punti di ricarica accessibili al pubblico.
12. Gli Stati membri assicurano che il quadro giuridico preveda la possibilità che la fornitura di energia elettrica a un punto di ricarica formi oggetto di un contratto con fornitori diversi rispetto all'entità fornitrice dell'abitazione o della sede in cui sono ubicati detti punti di ricarica.
13. Fatto salvo il regolamento (UE) n. 1025/2012, l'Unione persegue l'elaborazione da parte degli organismi di normazione competenti di norme europee contenenti specifiche tecniche dettagliate, per i punti di ricarica senza fili e la sostituzione di batterie per i veicoli a motore, e per i punti di ricarica per i veicoli a motore della categoria L e per gli autobus elettrici.
14. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 al fine di:
a)
integrare il presente articolo e l'allegato II, punti 1.3, 1.4, 1.5, 1.6 e 1.8, al fine di esigere il rispetto, da parte dell'infrastruttura da installare o rinnovare, delle specifiche tecniche contenute nelle norme europee che saranno elaborate ai sensi del paragrafo 13 del presente articolo, se i competenti organismi europei di normazione hanno raccomandato un'unica soluzione tecnica con specifiche tecniche come descritto nella pertinente norma europea;
b)
aggiornare i riferimenti alle norme menzionate nelle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 1, qualora dette norme siano sostituite da nuove versioni adottate dai competenti organismi di normazione.
È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare tali atti delegati.
Tali atti delegati prevedono periodi transitori di almeno 24 mesi prima che le specifiche tecniche ivi contenute o le loro versioni modificate diventino vincolanti in relazione all'infrastruttura da installare o rinnovare.
Articolo 5
Fornitura di idrogeno per il trasporto stradale
1. Gli Stati membri che decidono di includere nei propri quadri strategici nazionali punti di rifornimento per l'idrogeno accessibili al pubblico assicurano, entro il 31 dicembre 2025, la disponibilità di un numero adeguato di tali punti, per consentire la circolazione di veicoli a motore alimentati a idrogeno, compresi i veicoli che utilizzano celle a combustibile, nelle reti stabilite da detti Stati membri, inclusi, se del caso, collegamenti transfrontalieri.
2. Gli Stati membri assicurano che i punti di rifornimento per l'idrogeno accessibili al pubblico per i veicoli a motore introdotti o rinnovati a decorrere dal 18 novembre 2017 siano conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 2.
3. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 per aggiornare i riferimenti alle norme menzionate nelle specifiche tecniche stabilite nell'allegato II, punto 2, qualora dette norme siano sostituite da nuove versioni adottate dai competenti organismi di normazione.
È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare tali atti delegati.
Tali atti delegati prevedono periodi transitori di almeno 24 mesi prima che le specifiche tecniche ivi contenute o le loro versioni modificate diventino vincolanti in relazione all'infrastruttura da installare o rinnovare.
Articolo 6
Fornitura di gas naturale per il trasporto
1. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano che, entro il 31 dicembre 2025, nei porti marittimi sia realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la circolazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL nella rete centrale della TEN-T. Gli Stati membri cooperano, se del caso, con gli Stati membri confinanti per assicurare l'adeguata copertura della rete centrale della TEN-T.
2. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano che, entro il 31 dicembre 2030, nei porti della navigazione interna sia realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL per consentire la circolazione di navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima alimentate a GNL nella rete centrale della TEN-T. Gli Stati membri cooperano se del caso con gli Stati membri confinanti per assicurare l'adeguata copertura della rete centrale della TEN-T.
3. Gli Stati membri designano nei quadri strategici nazionali i porti marittimi e nei porti della navigazione interna che garantiscono l'accesso ai punti di rifornimento per il GNL di cui ai paragrafi 1 e 2, tenendo conto anche delle reali necessità del mercato.
4. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano che, entro il 31 dicembre 2025, sia realizzato un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL accessibili al pubblico almeno lungo la rete centrale della TEN-T per assicurare la circolazione in tutta l'Unione dei veicoli pesanti alimentati a GNL, a condizione che esista una domanda, a meno che i costi non siano sproporzionati rispetto ai benefici, inclusi i benefici per l'ambiente.
5. La Commissione valuta l'applicazione delle prescrizioni di cui al paragrafo 4 e, se del caso, presenta, entro il 31 dicembre 2027, una proposta volta a modificare la presente direttiva, tenuto conto del mercato dei veicoli pesanti alimentati a GNL, per garantire la realizzazione di un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNL accessibili al pubblico in ciascuno Stato membro.
6. Gli Stati membri garantiscono che un sistema di distribuzione adeguato per la fornitura di GNL sia disponibile nel loro territorio, comprese le strutture di carico per i veicoli cisterna di GNL, al fine di rifornire i punti di rifornimento di cui ai paragrafi 1, 2 e 4. A titolo di deroga, gli Stati membri confinanti, nell'ambito del loro quadro strategico nazionale, possono formare un raggruppamento al fine di ottemperare alla presente prescrizione. Tali accordi sono soggetti agli obblighi di rendicontazione degli Stati membri, a norma della presente direttiva.
7. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri garantiscono la creazione, entro il 31 dicembre 2020, di un numero adeguato di punti di ricarica accessibili al pubblico in modo da garantire, a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, sesto trattino, la circolazione dei veicoli alimentati a GNC negli agglomerati urbani/suburbani e in altre zone densamente popolate e, se del caso, nelle reti stabilite dagli Stati membri.
8. Attraverso i rispettivi quadri strategici nazionali, gli Stati membri assicurano la realizzazione, entro il 31 dicembre 2025, di un numero adeguato di punti di rifornimento per il GNC accessibili al pubblico almeno lungo la rete centrale esistente della TEN-T per assicurare la circolazione in tutta l'Unione dei veicoli alimentati a GNC.
9. Gli Stati membri assicurano che i punti di rifornimento per il GNC per i veicoli a motore introdotti o rinnovati dal 18 novembre 2017 siano conformi alle specifiche tecniche di cui all'allegato II, punto 3.4.
10. Fatto salvo il regolamento (UE) n. 1025/2012, l'Unione persegue l'elaborazione da parte dei competenti organismi europei o internazionali di normazione di norme, comprese specifiche tecniche dettagliate, per:
a)
i punti di rifornimento di GNL per il trasporto marittimo e per vie navigabili interne;
b)
i punti di rifornimento di GNL e GNC per i veicoli a motore.
11. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 al fine di:
a)
integrare il presente articolo e l'allegato II, punti 3.1, 3.2 e 3.4, al fine di esigere il rispetto, da parte dell'infrastruttura da installare o rinnovare, delle specifiche tecniche contenute nelle norme elaborate ai sensi del presente articolo, paragrafo 10, lettere a) e b), qualora i competenti organismi europei di normazione abbiano raccomandato un'unica soluzione tecnica con specifiche tecniche come descritto in una norma europea pertinente, compatibile con le relative norme internazionali, ove applicabili;
b)
aggiornare i riferimenti alle norme menzionate nelle specifiche tecniche stabilite o da stabilire all'allegato II, punto 3, qualora dette norme siano sostituite da nuove versioni adottate dai competenti organismi europei o internazionali di normazione.
È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare tali atti delegati.
Tali atti delegati prevedono periodi transitori di almeno 24 mesi prima che le specifiche tecniche ivi specificate o le loro versioni modificate diventino vincolanti in relazione all'infrastruttura da installare o rinnovare.
12. In assenza di una norma contenente le specifiche tecniche dettagliate per i punti di rifornimento di GNL per il trasporto marittimo e per vie navigabili interne, di cui al paragrafo 10, lettera a), e in particolare in assenza di quelle specifiche relative al bunkeraggio di GNL, alla Commissione è conferito il potere, tenuto conto dei lavori in corso in seno all'IMO, alla CCNR, alla Commissione del Danubio e agli altri pertinenti consessi internazionali, di adottare atti delegati conformemente all'articolo 8 che definiscono:
—
i requisiti concernenti le interfacce di trasferimento nelle operazioni di bunkeraggio di GNL per il trasporto marittimo e lungo le vie navigabili interne,
—
i requisiti inerenti agli aspetti di sicurezza dello stoccaggio terrestre e della procedura di bunkeraggio del GNL nel trasporto marittimo e per vie navigabili interne.
È di particolare importanza che, prima di adottare tali atti delegati, la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con i pertinenti gruppi di esperti del trasporto marittimo e del trasporto per vie navigabili interne, compresi gli esperti provenienti dalle autorità nazionali della navigazione marittima o interna.
Articolo 7
Informazioni per gli utenti
1. Fatta salva la direttiva 2009/30/CE, gli Stati membri assicurano che siano rese disponibili informazioni chiare, coerenti e pertinenti per quanto riguarda i veicoli a motore che possono utilizzare regolarmente determinati combustibili immessi sul mercato o essere ricaricati tramite punti di ricarica. Tali informazioni sono rese disponibili nei manuali dei veicoli a motore, nei punti di rifornimento e ricarica, sui veicoli a motore e presso i concessionari di veicoli a motore ubicati sul loro territorio. Tale prescrizione si applica a tutti i veicoli a motore, e ai loro manuali, immessi sul mercato dopo il 18 novembre 2016.
2. La comunicazione delle informazioni di cui al paragrafo 1 si basa sulle disposizioni in materia di etichettatura per quando riguarda la conformità dei combustibili alle norme degli organismi europei di normazione che definiscono le specifiche tecniche dei combustibili. Qualora tali norme riguardino una rappresentazione grafica, incluso un sistema cromatico di codifica, la rappresentazione grafica è semplice e facile da comprendere, e collocata in maniera chiaramente visibile:
a)
sui corrispondenti apparecchi di distribuzione e relative pistole di tutti i punti di rifornimento, a partire dalla data in cui i combustibili sono immessi sul mercato;
b)
sui tappi dei serbatoi di carburante, o nelle immediate vicinanze, di tutti i veicoli a motore raccomandati e compatibili con tale combustibile e nei manuali dei veicoli a motore, quando tali veicoli a motore sono immessi sul mercato dopo il 18 novembre 2016.
3. Ove opportuno, e in particolare per il gas naturale e l'idrogeno, quando nelle stazioni di rifornimento sono affissi i prezzi dei combustibili, è indicato a scopo informativo il raffronto tra i relativi prezzi unitari. L'indicazione di tali informazioni non induce in errore o ingenera confusione nell'utente.
Per accrescere la consapevolezza dei consumatori e prevedere la trasparenza riguardo ai prezzi dei combustibili in modo coerente in tutta l'Unione, alla Commissione è conferito il potere di adottare, mediante atti di esecuzione, una metodologia comune per il raffronto dei prezzi unitari dei combustibili alternativi.
4. Qualora le norme degli organismi europei di normazione che definiscono le specifiche tecniche di un combustibile non includano disposizioni in materia di etichettatura per quanto riguarda la conformità alle norme in questione, se le disposizioni in materia di etichettatura non riguardano una rappresentazione grafica, inclusi sistemi cromatici di codifica, o se le disposizioni in materia di etichettatura non sono idonee al conseguimento degli obiettivi della presente direttiva, la Commissione può, ai fini dell'esecuzione uniforme dei paragrafi 1 e 2, incaricare gli organismi europei di normazione di elaborare specifiche concernenti l'etichettatura sulla compatibilità o adottare atti di esecuzione per definire la rappresentazione grafica, incluso un sistema cromatico di codifica, della compatibilità per i combustibili introdotti sul mercato dell'Unione che, sulla base di una valutazione della Commissione, raggiungano l'1 % del volume totale delle vendite in più di uno Stato membro.
5. Se le disposizioni in materia di etichettatura delle rispettive norme degli organismi europei di normazione sono aggiornate o se sono adottati atti delegati riguardo all'etichettatura o sono elaborate, ove necessario, nuove norme degli organismi europei di normazione per i combustibili alternativi, i corrispondenti requisiti in materia di etichettatura si applicano a tutti i punti di rifornimento e ricarica e a tutti i veicoli a motore immatricolati nel territorio degli Stati membri dopo 24 mesi dal rispettivo aggiornamento o dalla rispettiva adozione.
6. Gli atti di esecuzione di cui al presente articolo sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 9, paragrafo 2.
7. Gli Stati membri assicurano che, ove disponibili, i dati riportanti l'ubicazione geografica dei punti di rifornimento e ricarica accessibili al pubblico di combustibili alternativi contemplati dalla presente direttiva sono accessibili a tutti gli utenti su base aperta e non discriminatoria. Per i punti di ricarica i dati, ove disponibili, possono includere informazioni sull'accessibilità in tempo reale e informazioni sulla ricarica storiche e in tempo reale.
Articolo 8
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui agli articoli 4, 5 e 6 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 17 novembre 2014. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui agli articoli 4, 5 e 6 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L'atto delegato adottato ai sensi degli articoli 4, 5 e 6 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di tre mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 9
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Laddove il parere del comitato debba essere ottenuto con procedura scritta, detta procedura si conclude senza esito quando, entro il termine per la formulazione del parere, il presidente del comitato decida in tal senso o la maggioranza semplice dei membri del comitato lo richieda.
Articolo 10
Relazioni e riesame
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione del quadro strategico nazionale entro il 18 novembre 2019 e, successivamente, con cadenza triennale. Tali relazioni comprendono le informazioni elencate all'allegato I e, se del caso, includono una giustificazione pertinente concernente il livello di conseguimento degli obiettivi nazionali di cui all'articolo 3, paragrafo 1.
2. Entro il 18 novembre 2017 la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione dei quadri strategici nazionali e della loro coerenza a livello di Unione, compresa una valutazione del livello di conseguimento degli obiettivi nazionali di cui all'articolo 3, paragrafo 1.
3. La Commissione presenta una relazione sull'applicazione della presente direttiva al Parlamento europeo e al Consiglio con cadenza triennale a decorrere dal 18 novembre 2020.
La relazione della Commissione contiene i seguenti elementi:
—
una valutazione degli interventi attuati dagli Stati membri,
—
una valutazione degli effetti della presente direttiva sullo sviluppo del mercato per quanto riguarda l'infrastruttura per i combustibili alternativi e del suo contributo al mercato dei combustibili alternativi per il trasporto nonché il suo impatto sull'economia e l'ambiente,
—
informazioni sul progresso tecnico e lo sviluppo del mercato per quanto riguarda i combustibili alternativi nel settore dei trasporti e la relativa infrastruttura di cui alla presente direttiva e di qualsiasi altro combustibile alternativo.
La Commissione ha la facoltà di illustrare esempi di migliori prassi e di formulare raccomandazioni adeguate.
La relazione della Commissione verifica anche i requisiti e le date di cui alla presente direttiva in relazione alla realizzazione dell'infrastruttura e all'applicazione delle specifiche, tenendo conto degli sviluppi a livello tecnico, economico e di mercato dei rispettivi combustibili alternativi ed è corredata, se del caso, da una proposta legislativa.
4. La Commissione adotta orientamenti concernenti le relazioni degli Stati membri sugli elementi elencati all'allegato I.
5. Entro il 31 dicembre 2020, la Commissione riesamina l'attuazione della presente direttiva e, se del caso, presenta una proposta intesa a modificarla mediante nuove specifiche tecniche comuni per un'infrastruttura per i combustibili alternativi nell'ambito di applicazione della presente direttiva.
6. Se lo ritiene opportuno, entro il 31 dicembre 2018 la Commissione adotta un piano d'azione per l'attuazione della strategia illustrata nella comunicazione intitolata «Energia pulita per il trasporto, una strategia europea in materia di combustibili alternativi» al fine di pervenire al più ampio uso possibile di combustibili alternativi per i trasporti, garantendo al contempo la neutralità tecnologica, e promuovere una mobilità elettrica sostenibile in tutta l'Unione. A tal fine, la Commissione potrebbe tener conto delle esigenze e degli sviluppi del mercato propri ai vari Stati membri.
Articolo 11
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 novembre 2016. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
2. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 22 ottobre 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
B. DELLA VEDOVA
(1) GU C 271 del 19.9.2013, pag. 111.
(2) GU C 280 del 27.9.2013, pag. 66.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 29 settembre 2014.
(4) Direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16).
(5) Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa e che modifica il regolamento (UE) n. 913/2010 e che abroga i regolamenti (CE) n. 680/2007 e (CE) n. 67/2010 (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 129).
(6) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell' 11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104).
(7) Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).
(8) Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 168/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'omologazione e alla vigilanza del mercato dei veicoli a motore a due o tre ruote e dei quadricicli (GU L 60 del 2.3.2013, pag. 52).
(10) Direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 1).
(11) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211 del 14.8.2009, pag. 55).
(12) Direttiva 2012/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo (GU L 327 del 27.11.2012, pag. 1).
(13) Direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13).
(14) Direttiva 2006/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna e che abroga la direttiva 82/714/CEE del Consiglio (GU L 389 del 30.12.2006, pag. 1).
(15) Regolamento (CE) n. 595/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, relativo all'omologazione dei veicoli a motore e dei motori riguardo alle emissioni dei veicoli pesanti (euro VI) e all'accesso alle informazioni relative alla riparazione e alla manutenzione del veicolo e che modifica il regolamento (CE) n. 715/2007 e la direttiva 2007/46/CE e che abroga le direttive 80/1269/CEE, 2005/55/CE e 2005/78/CE (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 1).
(16) Direttiva 2009/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 88).
(17) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).
(18) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
ALLEGATO I
RELAZIONE
La relazione contiene la descrizione delle misure adottate in uno Stato membro a sostegno della creazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi. La relazione include almeno gli elementi seguenti:
1. Misure giuridiche
Le informazioni sulle misure giuridiche, che possono consistere in misure legislative, regolamentari o amministrative a sostegno della realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi, quali licenze edilizie, licenze per la costruzione di parcheggi, certificazione ambientale delle imprese e concessioni per le stazioni di rifornimento.
2. Misure strategiche a supporto dell'attuazione del piano strategico nazionale
Le informazioni su tali misure includono i seguenti elementi:
—
incentivi diretti per l'acquisto di mezzi di trasporto alimentati con combustibili alternativi, o per la costruzione dell'infrastruttura,
—
disponibilità di incentivi fiscali per promuovere i mezzi di trasporto alimentati con combustibili alternativi e l'infrastruttura pertinente,
—
uso di appalti pubblici a sostegno dei combustibili alternativi, compresi gli appalti congiunti,
—
incentivi non finanziari sul versante della domanda: ad esempio, accesso preferenziale ad aree a circolazione limitata, politica dei parcheggi, corsie dedicate,
—
valutazione della necessità di punti di rifornimento di jet fuel rinnovabile negli aeroporti della rete centrale della TEN-T,
—
procedure tecniche e amministrative e normativa in relazione all'autorizzazione della fornitura di combustibili alternativi al fine di agevolarne il processo autorizzativo.
3. Misure a sostegno della realizzazione e della produzione
Stanziamenti nei bilanci pubblici annuali destinati alla realizzazione dell'infrastruttura per i combustibili alternativi, ripartiti per combustibile alternativo e per modo di trasporto (strada, ferrovia, vie navigabili e trasporto aereo).
Stanziamenti nei bilanci pubblici annuali destinati al sostegno degli impianti di produzione delle tecnologie per i combustibili alternativi, ripartiti per combustibile alternativo e per modo di trasporto.
Valutazione di eventuali esigenze particolari durante la fase iniziale della realizzazione delle infrastrutture per i combustibili alternativi.
4. Ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione
Stanziamenti nei bilanci pubblici annuali destinati al sostegno di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione sui combustibili alternativi, ripartiti per combustibile e per modo di trasporto.
5. Obiettivi
—
stima del numero di veicoli che utilizzano combustibili alternativi previsti entro il 2020, 2025 e 2030,
—
livello di conseguimento degli obiettivi nazionali per la diffusione dei combustibili alternativi nei differenti modi di trasporto (strada, ferrovia, vie navigabili e trasporto aereo),
—
livello di conseguimento degli obiettivi nazionali, anno per anno, per la realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi nei differenti modi di trasporto,
—
informazione sulla metodologia applicata per tener conto dell'efficienza di ricarica dei punti di ricarica di potenza elevata.
6. Sviluppi delle infrastrutture per i combustibili alternativi
Evoluzione della domanda (capacità effettivamente utilizzata) e dell'offerta (capacità supplementare dell'infrastruttura).
ALLEGATO II
SPECIFICHE TECNICHE
1. Specifiche tecniche per i punti di ricarica
1.1.
Punti di ricarica di potenza standard per veicoli a motore
I punti di ricarica di potenza standard a corrente alternata (AC) per veicoli elettrici sono muniti, a fini di interoperabilità, almeno di prese fisse o connettori per veicoli del tipo 2, quali descritti nella norma EN62196-2. Mantenendo la compatibilità del tipo 2, tali prese fisse possono essere munite di dispositivi quali otturatori meccanici.
1.2.
Punti di ricarica di potenza elevata per veicoli a motore
I punti di ricarica di potenza elevata a corrente alternata (AC) per veicoli elettrici sono muniti, a fini di interoperabilità, almeno di connettori del tipo 2, quali descritti nella norma EN62196-2.
I punti di ricarica di potenza elevata a corrente continua DC) per veicoli elettrici sono muniti, a fini di interoperabilità, almeno di connettori del sistema di ricarica combinato «Combo 2», quali descritti nella norma EN62196-3.
1.3.
Punti di ricarica senza fili per veicoli a motore
1.4.
Sostituzione di batterie per veicoli a motore
1.5.
Punti di ricarica per veicoli a motore della categoria L
1.6.
Punti di ricarica per autobus elettrici
1.7.
Fornitura di elettricità lungo le coste destinata a navi adibite alla navigazione marittima
Fornitura di elettricità lungo le coste destinata a navi adibite alla navigazione marittima, nonché la progettazione, il montaggio e le prove dei sistemi, sono conformi alle specifiche tecniche della norma IEC/ISO/IEEE 80005-1.
1.8.
Fornitura di elettricità lungo le coste destinata a navi adibite alla navigazione interna.
2. Specifiche tecniche dei punti di rifornimento di idrogeno per veicoli a motore
2.1.
I punti di rifornimento di idrogeno in zone aperte che forniscono idrogeno allo stato gassoso usato come carburante nei veicoli a motore sono conformi alle specifiche tecniche della norma ISO/TS 20100 relativa all'idrogeno allo stato gassoso utilizzato come combustibile.
2.2.
La purezza dell'idrogeno fornito nei punti di rifornimento è conforme alle specifiche tecniche della norma ISO 14687-2.
2.3.
I punti di rifornimento di idrogeno utilizzano algoritmi per i carburanti e apparecchiature conformi alla norma ISO/TS 20100 relativa all'idrogeno allo stato gassoso utilizzato come combustibile.
2.4.
I connettori per veicoli a motore per l'alimentazione con idrogeno allo stato gassoso sono conformi alla norma ISO 17268 relativa ai connettori per il rifornimento dei veicoli a motore alimentati con idrogeno allo stato gassoso.
3. Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di gas naturale
3.1.
Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di GNL per navi adibite alla navigazione interna o navi adibite alla navigazione marittima
3.2.
Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di GNL per veicoli a motore
3.3.
Specifiche tecniche per i connettori/serbatoi per GNC
I connettori/serbatoi per GNC devono essere conformi al regolamento n. 110 dell'UNECE (che fa riferimento alle parti I e II della norma ISO 14469).
3.4
Specifiche tecniche per i punti di rifornimento di GNC per veicoli a motore
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Veicoli elettrici e alimentati a gas: stazioni di ricarica/rifornimento
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
—
Stabilisce norme standard in merito alla realizzazione dell’infrastruttura per i combustibili alternativi* dell’Unione europea (UE) (ossia stazioni di ricarica di automobili elettriche o punti di rifornimento di gas naturale) nei diversi paesi dell’UE.
—
Stabilisce requisiti minimi per la costruzione di tale infrastruttura, da attuarsi come parte del quadro strategico nazionale di ogni paese dell’UE.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono adottare strategie nazionali che mirino a sviluppare il mercato per quanto concerne i combustibili alternativi per il trasporto e l’infrastruttura necessaria a sostenerli. Nella definizione di tali strategie, i paesi dell’UE devono:
—
effettuare una valutazione dello stato attuale del mercato e delle prospettive di sviluppo futuro;
—
definire obiettivi nazionali per lo sviluppo dell’infrastruttura e le misure necessarie per conseguirli;
—
designare reti per tale infrastruttura.
Date da rispettare
I paesi devono fornire quanto segue, entro le date che seguono:
—
2020
— stazioni di ricarica sufficienti per permettere ad automobili elettriche di viaggiare in aree densamente popolate all’interno della rete determinata;
—
2025
(fine) — stazioni di ricarica di idrogeno sufficienti (per ciascun paese che decida di includere l’idrogeno nel suo quadro strategico nazionale);
—
2025
(fine) — quantità sufficiente di stazioni di gas naturale liquefatto (GNL) presso i porti, per accogliere le navi alimentate a GNL.
Relazioni
I paesi dell’UE sono tenuti a presentare una relazione sui progressi alla Commissione europea in merito all’attuazione dei loro quadri nazionali entro il 2019 e ogni tre anni successivamente a tale data.
CONTESTO
Cfr. anche la sezione dedicata a:
—
Combustibili alternativi
—
Tabella di marcia sul trasporto sostenibile (2011)
—
Direttiva 2009/28/CE (obiettivo del 10 % per quanto riguarda la quota di mercato delle energie rinnovabili presenti nei combustibili per il trasporto)
TERMINI CHIAVE
*Combustibili alternativi indica combustibili o fonti di energia che servono, almeno in parte, da sostituto delle fonti di petrolio fossile. Esempi includono l’elettricità, l’idrogeno, i biocarburanti, il gas naturale liquefatto (GNL) o il gas di petrolio liquefatto (GPL).
ATTO
Direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2014/94/UE
17.11.2014
18.11.2016
GU L 307 del 28.10.2014, pagg. 1-20. |
Sistemi di pagamento di importanza sistemica (SPIS)
QUALI SONO GLI SCOPI DEL REGOLAMENTO E DELLE DECISIONI?
Il regolamento (UE) n. 795/2014 stabilisce i requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (SPIS). La decisione (UE) 2019/1349 stabilisce le procedure e le condizioni per l’esercizio da parte delle autorità competenti di determinati poteri di esecuzione in materia di sorveglianza degli SPIS. La decisione (UE) 2017/2098 stabilisce gli aspetti procedurali relativi all’imposizione di misure correttive in caso di inosservanza del regolamento (UE) n. 795/2014. La decisione (UE) 2017/2097 stabilisce la metodologia di calcolo delle sanzioni per violazioni dei requisiti di sorveglianza per gli SPIS.
PUNTI CHIAVE
Ai sensi del regolamento (UE) n. 795/2014, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) adotta decisioni motivate che identificano quali sistemi di pagamento* si qualificano come SPIS. Il processo per identificare un sistema di pagamento come SPIS è chiaramente delineato. La BCE effettua un esercizio di revisione e di identificazione su base annuale e l’elenco degli SPIS viene riportato sul sito web della BCE.
Un sistema di pagamento è identificato come SPIS se:può essere notificato come sistema ai sensi della direttiva 98/26/CE relativa ai sistemi di pagamento e di regolamento titoli (cfr. sintesi); soddisfa determinati criteri quantitativi nell’arco di un anno civile.Inoltre, in casi eccezionali, il Consiglio direttivo della BCE può identificare uno SPIS sulla base di una sentenza valida e motivata.
I gestori dello SPIS* sono tenuti a:garantire che i quadri giuridici in cui operano offrano un elevato grado di certezza per le loro attività; avere obiettivi documentati che privilegino la sicurezza e l’efficienza del loro sistema; disporre di meccanismi di governance efficaci e documentati; garantire ruoli e responsabilità chiaramente definiti per i loro consigli di amministrazione o di vigilanza. La composizione dei consigli di amministrazione e la loro gestione assicura l’integrità e un’adeguata combinazione di competenze tecniche, conoscenze ed esperienze sia degli SPIS che dei mercati finanziari in generale.I gestori dello SPIS devono:stabilire e mantenere un quadro solido per individuare, misurare, monitorare e gestire in modo completo i rischi, compreso il rischio di liquidità o di credito e i rischi commerciali generali o operativi che possono sorgere; accettare come garanzia solo contante o attività con basso rischio di credito di liquidità e di mercato che soddisfano determinate condizioni; applicare norme e procedure per:garantire che il regolamento definitivo avvenga in moneta di banca centrale o in attività con un rischio di credito e di liquidità basso o nullo, entro la data di scadenza;consentire loro di continuare a rispettare i loro obblighi in caso di inadempienza di un partecipante;stabilire procedure per garantire il regolamento monetario; stabilire procedure per garantire il regolamento monetario; detenere attività proprie e dei partecipanti presso soggetti vigilati e regolamentati (noti come «custodi») che sono competenti a proteggere pienamente tali attività; determinare la propria strategia di investimento, garantita da debitori* di alto profilo; stabilire e divulgare criteri di accesso e partecipazione ai propri servizi che non siano discriminatori e siano sottoposti a revisione annuale; disporre di un processo per individuare e soddisfare le esigenze dei mercati che servono; adottare norme e procedure chiare e complete che siano pienamente comunicate ai partecipanti.Qualora un gestore dello SPIS non abbia rispettato il regolamento, l’autorità competente* può imporre misure correttive e/o la BCE può imporre sanzioni. Le decisioni (UE) 2017/2098 e (UE) 2017/2097 forniscono il quadro a tal fine.
Ai sensi della decisione (UE) 2019/1349 della BCE, le autorità competenti possono:richiedere ai gestori dello SPIS di:fornire tutte le informazioni e i documenti necessari per garantire il rispetto della regolamentazione o il buon funzionamento del sistema di pagamento;nominare un esperto indipendente per indagare o riesaminare il funzionamento dello SPIS; effettuare una sorveglianza continua e/o caso per caso per garantire che i gestori dello SPIS rispettino tutti i requisiti; cooperare con altre autorità al fine di esercitare le competenze previste dalla decisione.Ai sensi della decisione (UE) 2017/2098, l’autorità competente può imporre misure correttive a un gestore dello SIPS per inosservanza del regolamento (UE) n. 795/2014. La decisione definisce gli aspetti procedurali pertinenti al riguardo. La mancata attuazione delle misure correttive da parte del gestore dello SPIS può comportare l’imposizione di una sanzione da parte della BCE.
La decisione (UE) 2017/2097 stabilisce la metodologia che la BCE deve seguire per calcolare l’importo delle sanzioni da imporre al gestore dello SPIS in caso di violazione del regolamento (UE) n. 795/2014. Tale decisione fissa l’importo di base come 50 % della somma dei seguenti importi:1 % del fatturato; 0,0001 % del valore dei pagamenti trattati.La decisione fissa inoltre i limiti all’importo delle sanzioni e alla durata delle penalità di mora da imporre.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO IL REGOLAMENTO E LE DECISIONI?
Il regolamento (UE) n. 795/2014 si applica dal 12 agosto 2014. La decisione (UE) 2019/1349 è in vigore dal 5 settembre 2019. La decisione (UE) 2017/2098 e la decisione (UE) 2017/2097 si applicano dal 6 dicembre 2017.Da allora sono state modificate per tener conto degli sviluppi.
CONTESTO
I sistemi di pagamento svolgono un ruolo importante nella stabilità e nell’efficienza del settore finanziario e dell’economia dell’area euro nel suo complesso. In gran parte invisibili, garantiscono il flusso sicuro dei pagamenti elettronici dal pagatore al beneficiario e tra istituti finanziari. Garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento è uno dei compiti statutari dell’Eurosistema. In base ai principi generali per le infrastrutture dei mercati finanziari, gli SPIS dovrebbero essere soggetti a un controllo efficace perché potrebbero potenzialmente innescare rischi sistemici* se non sono sufficientemente protetti contro i rischi ai quali sono esposti. Inoltre, le autorità competenti hanno bisogno di poteri e risorse sufficienti per svolgere i rispettivi compiti, anche adottando misure correttive. La BCE ritiene che un sistema di pagamento sia di importanza sistemica qualora l’interruzione all’interno di esso sia in grado di provocare perturbazioni tra i partecipanti o più in generale nel sistema finanziario. Oltre a una manciata di sistemi di pagamento di importanza sistemica, nell’area euro vi sono 38 sistemi non di importanza sistemica. Per maggiori informazioni, si veda:Sistemi di pagamento (Banca centrale europea)Metodologia di valutazione riveduta dell’Eurosistema per i sistemi di pagamento (Banca centrale europea).
TERMINI CHIAVE
Sistema di pagamento: accordo formale tra tre o più partecipanti con regole comuni e procedure standardizzate per l’esecuzione di ordini di trasferimento tra i partecipanti.
Gestore dello SPIS: l’entità giuridica responsabile della gestione dello SPIS.
Debitore: persona che deve o assume un obbligo contrattuale ad un altro.
Autorità competente: la Banca centrale europea o una banca centrale nazionale dell’Eurosistema responsabile in via principale della sorveglianza.
Rischio sistemico: il rischio che un partecipante o il gestore dello SPIS non adempia ai rispettivi obblighi in uno SPIS farà sì che altri partecipanti e/o il gestore dello SPIS non sia in grado di adempiere ai propri obblighi al momento della scadenza, con potenziali effetti di ricaduta che minacciano la stabilità o la fiducia nel sistema finanziario.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento della Banca centrale europea (UE) n. 795/2014, del 3 luglio 2014, sui requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (BCE/2014/28) (GU L 217 del 23.7.2014, pag. 16).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 795/2014 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (UE) 2019/1349 della Banca centrale europea, del 26 luglio 2019, relativa alla procedura e alle condizioni per l’esercizio da parte di un’autorità competente di determinati poteri in materia di sorveglianza dei sistemi di pagamento di importanza sistemica (BCE/2019/25) (GU L 214 del 16.8.2019, pag. 16).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (UE) 2017/2098 della Banca centrale europea, del 3 novembre 2017, su aspetti procedurali relativi all’imposizione di misure correttive in caso di inosservanza del regolamento (UE) n. 795/2014 (BCE/2017/33) (GU L 299 del 16.11.2017, pag. 34).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (UE) 2017/2097 della Banca centrale europea, del 3 novembre 2017, sulla metodologia di calcolo delle sanzioni per violazioni dei requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (BCE/2017/35) (GU L 299 del 16.11.2017, pag. 31).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli (GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 45).
Si veda la versione consolidata. | REGOLAMENTO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA (UE) N. 795/2014
del 3 luglio 2014
sui requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica
(BCE/2014/28)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 127, paragrafo 2,
visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare l'articolo 3.1, l'articolo 22 e il primo trattino dell'articolo 34.1,
considerando quanto segue
(1)
Il quarto trattino dell'articolo 127, paragrafo 2 del trattato e il quarto trattino dell'articolo 3.1 dello Statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo Statuto del SEBC») attribuiscono all'Eurosistema il compito di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.
(2)
L'Eurosistema promuove il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento, tra l'altro, mediante l'esercizio di compiti di sorveglianza.
(3)
Nel gennaio 2001, l'Eurosistema ha adottato i Principi Fondamentali per i sistemi di pagamento di importanza sistemica elaborati dal Comitato sui sistemi di pagamento e di regolamento (Committee on Payment and Settlement Systems, CPSS) della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) come requisiti minimi per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (SPIS) (1).
(4)
Nell'aprile 2012 i Principi Fondamentali per i sistemi di pagamento di importanza sistemica sono stati sostituiti dai principi per le infrastrutture dei mercati finanziari del CPSS e del Comitato tecnico dell'organizzazione internazionale delle commissioni dei valori immobiliari (International Organization of Securities Commissions, IOSCO) (di seguito, i «Principi CPSS-IOSCO») (2) che armonizzano e rafforzano gli standard internazionali di sorveglianza anche relativi agli SPIS.
(5)
Secondo i Principi CPSS-IOSCO, gli SPIS, in quanto suscettibili di determinare rischi sistemici ove privi di sufficiente protezione contro i rischi a cui sono esposti, dovrebbero essere sottoposti a controlli efficaci sulla base di criteri chiaramente definiti e divulgati. Inoltre, le autorità competenti dovrebbero essere dotate di poteri e risorse sufficienti ad adempiere i rispettivi compiti, incluso quello di adottare azioni correttive. Da parte del CPSS e dello IOSCO si raccomanda l'attuazione di questi principi nella misura massima consentita dal quadro giuridico e regolamentare nazionale.
(6)
Pertanto, al fine di assicurare l'efficienza e la solidità degli SPIS, la Banca centrale europea (BCE) ha deciso di dare attuazione ai Principi CPSS-IOSCO per mezzo di un regolamento. Si prevede che anche le autorità di altri paesi introducano e diano applicazione ai Principi CPSS-IOSCO all'interno del rispettivo quadro giuridico e regolamentare nella misura massima consentita.
(7)
Il presente regolamento riguarda gli SPIS, che comprendono i sistemi di pagamento di importo rilevante e quelli al dettaglio di importanza sistemica. Esso si applica sia ai sistemi di pagamento gestiti da banche centrali, sia a quelli gestiti da operatori privati. Sulla base dei Principi CPSS-IOSCO è ammessa, in casi eccezionali, un'applicazione differenziata dei medesimi ai sistemi di pagamento gestiti da banche centrali, in ragione dei requisiti imposti dalle pertinenti leggi, regolamenti o policy. L'Eurosistema ha obiettivi di interesse pubblico, compiti e assetto istituzionale definiti nel trattato e nello Statuto del SEBC; ne deriva che gli SPIS dell'Eurosistema potrebbero essere esentati da taluni degli obblighi imposti dal presente regolamento. In questo contesto, gli SPIS dell'Eurosistema possono essere esentati da specifici obblighi relativi a assetti di governo societario, piani di liquidazione, capitale proprio e attività liquide, garanzie e rischi di investimento che si riferiscono ai medesimi aspetti coperti dai corrispondenti requisiti formalmente adottati dal Consiglio direttivo. Tali esenzioni sono specificate in diverse disposizioni del regolamento.
(8)
Ai sensi dell'Indirizzo BCE/2012/27, del 5 dicembre 2012, relativo ad un sistema di trasferimento espresso transeuropeo automatizzato di regolamento lordo in tempo reale (TARGET2) (3), TARGET2 ha una struttura decentralizzata che collega tra loro una molteplicità di sistemi di pagamento. I sistemi componenti di TARGET2 sono armonizzati nella misura più ampia possibile, con alcune eccezioni in caso di restrizioni imposte dal diritto nazionale. Inoltre, TARGET2 è caratterizzato da una piattaforma tecnica unica denominata piattaforma unica condivisa (Single Shared Platform, SSP). Il Consiglio direttivo ha competenza ultima rispetto a TARGET2 e ne tutela la funzione pubblica. Tale assetto di governo societario si riflette sulla sorveglianza di TARGET2.
(9)
L'efficienza e la solidità di uno SPIS esige il rispetto della normativa nazionale applicabile e richiede altresì norme, procedure e contratti trasparenti che ne regolino il funzionamento. Il rispetto della normativa si riferisce a tutti gli ordinamenti giuridici dei paesi nei quali il gestore dello SPIS o i suoi partecipanti operano.
(10)
L'efficienza e la solidità di uno SPIS dipende altresì dalla trasparenza e dall'adeguatezza del suo assetto di governo societario, che deve essere documentato chiaramente.
(11)
Un quadro solido e flessibile di gestione integrata dei rischi legali, di credito, di liquidità, operativi, di impresa, di custodia, di investimento e di altra natura risulta essenziale per identificare, misurare, monitorare e gestire l'intera gamma di rischi generati o sopportati dal gestore dello SPIS. Ciò vale anche per la solidità e resilienza sistema di gestione delle garanzie, delle regole e delle procedure da seguire in caso di inadempimento dei partecipanti e dei piani di continuità operativa adottati dai gestori degli SPIS.
(12)
La riduzione del rischio sistemico richiede, tra l'altro, la definitività del regolamento. L'Unione ha adottato la direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli (4). La direttiva 98/26/CE rimette alle regole del sistema la determinazione del momento di immissione (dopo il quale gli ordini di trasferimento divengono giuridicamente vincolanti e, in caso di apertura di una procedura d'insolvenza nei confronti di un partecipante, opponibili ai terzi) e del momento in cui i medesimi divengono irrevocabili. Il regolamento infragiornaliero o in tempo reale può essere consigliabile, ove compatibile con il modello imprenditoriale, e necessario per consentire al gestore dello SPIS e ai partecipanti di gestire i rispettivi rischi di credito e di liquidità.
(13)
Criteri di partecipazione a uno SPIS che risultino obiettivi, basati sul rischio e pubblici, tali da permettere l'equo e, fatta salva l'osservanza di validi criteri di controllo dei rischi, libero accesso a uno SPIS, promuovono la sicurezza e l'efficienza dello SPIS e dei mercati per i quali opera, senza restrizioni sproporzionate alla libera prestazione di servizi.
(14)
Le disposizioni del presente regolamento che obbligano un gestore di SPIS a raccogliere, elaborare e trasmettere dati non dovrebbero pregiudicare le norme applicabili in tema di protezione dei dati relativi a partecipanti o clienti.
(15)
Uno SPIS complessivamente efficiente ed efficace, con obiettivi e finalità chiaramente definiti, misurabili e conseguibili si trova nella posizione migliore per soddisfare le esigenze dei propri partecipanti e dei mercati per i quali opera.
(16)
La BCE può avvalersi delle banche centrali nazionali per espletare i compiti del SEBC nella misura ritenuta possibile e appropriata.
(17)
Gli obblighi imposti dal presente regolamento sono proporzionati ai rischi specifici e all'esposizione degli SPIS.
(18)
La possibilità per le autorità competenti di richiedere misure correttive per rimediare a casi di inosservanza del presente regolamento ovvero per evitare che questi si ripetano e la possibilità per la BCE di irrogare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazioni del presente regolamento costituiscono un elemento essenziale nell'attuazione dei principi CPSS-IOSCO nella misura massima consentita dal trattato e dallo Statuto del SEBC.
(19)
È necessario subordinare l'osservanza dei requisiti di sorveglianza imposti dal presente regolamento ad un periodo transitorio che permetta ai gestori di SPIS di familiarizzare con detti requisiti e darvi attuazione.
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce i requisiti di sorveglianza relativi agli SPIS.
2. Il Consiglio direttivo adotta una decisione con la quale identifica i sistemi di pagamento soggetti al presente regolamento, i rispettivi gestori e le autorità competenti. La lista sarà mantenuta sul sito Internet della BCE e aggiornata a ogni cambiamento.
3. Un sistema di pagamento è identificato come SPIS se: a) è idoneo a essere notificato ai sensi della direttiva 98/26/CE da parte di uno Stato membro la cui moneta è l'euro ovvero il suo gestore è insediato nell'area dell'euro o ivi stabilito attraverso una succursale che provvede alla gestione del sistema; e b) almeno due delle seguenti condizioni siano soddisfatte nell'anno civile considerato:
i)
il valore medio totale giornaliero dei pagamenti denominati in euro trattati è pari o superiore all'importo di 10 miliardi di euro;
ii)
la sua quota di mercato è pari o superiore ad almeno una di quelle di seguito indicate:
—
15 % del volume totale dei pagamenti denominati in euro,
—
5 % del volume totale dei pagamenti transfrontalieri denominati in euro,
—
75 % del volume totale dei pagamenti denominati in euro a livello dello Stato membro la cui moneta è l'euro;
iii)
la sua attività transfrontaliera (ossia con partecipanti insediati in un paese diverso da quello del gestore dello SPIS e/o mediante collegamenti transfrontalieri con altri sistemi di pagamento), coinvolge cinque o più paesi e genera come minimo il 33 % del volume totale dei pagamenti denominati in euro elaborati da quel SPIS;
iv)
è utilizzato per il regolamento di altre IFM.
4. I gestori di SPIS garantiscono che lo SPIS da loro gestito rispetti gli i requisiti imposti dagli articoli da 3 a 21.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento:
1)
per «sistema di pagamento» si intende un accordo formale fra tre o più partecipanti, senza contare eventuali banche di regolamento, controparti centrali, stanze di compensazione o partecipanti indiretti, con regole comuni e procedure standardizzate per l'esecuzione di ordini di trasferimento tra i partecipanti;
2)
«ordine di pagamento» ha il medesimo significato di cui all'articolo 2, punto i), primo trattino della direttiva 98/26/CE;
3)
per «rischio sistemico» si intende il rischio che l'incapacità di un partecipante o di un gestore di uno SPIS di adempiere alla scadenza ai propri obblighi impedisca ad altri partecipanti e/o gestori di uno SPIS di adempiere i propri entro il termine prescritto, con potenziali ripercussioni negative che mettano a repentaglio la stabilità del sistema finanziario o la fiducia nello stesso;
4)
per «gestore dello SPIS» si intende il soggetto giuridico responsabile della gestione di uno SPIS;
5)
per «autorità competente» si intende la banca centrale dell'Eurosistema responsabile in via principale della sorveglianza, identificata come tale a norma dell'articolo 1, paragrafo 2;
6)
per «SPIS dell'Eurosistema»si intende uno SPIS di proprietà e gestito da una banca centrale dell'Eurosistema;
7)
per «rischio legale» si intende il rischio determinato dall'applicazione di leggi o regolamenti, al quale consegue di solito una perdita;
8)
per «rischio di credito» si intende il rischio che una controparte, sia essa un partecipante o un diverso soggetto, risulti incapace di adempiere ai propri obblighi di natura finanziaria alla scadenza o in futuro;
9)
per «rischio di liquidità» si intende il rischio che una controparte, sia essa un partecipante o un diverso soggetto, non disponga di fondi sufficienti per adempiere ai propri obblighi di natura finanziaria alla scadenza ancorché possa disporre di fondi sufficienti per adempiervi in futuro;
10)
per «rischio operativo» si intende il rischio che carenze nei sistemi informativi o procedure interne, errori umani, carenze gestionali o turbative provocate da eventi esterni o da servizi esternalizzati provochino la riduzione, il deterioramento o la sospensione dei servizi forniti da uno SPIS;
11)
per «rischio di custodia» si intende il rischio di perdite sulle attività detenute in custodia in caso di insolvenza di un custode o subcustode, negligenza, frode, cattiva gestione o errori contabili;
12)
per «rischio di investimento» si intende la perdita sopportata dal gestore dello SPIS o da un partecipante quando il gestore dello SPIS investe le proprie risorse o quelle dei suoi partecipanti, ad esempio le garanzie;
13)
per «rischio di mercato» si intende il rischio di perdite su posizioni iscritte a bilancio o fuori bilancio, determinate da oscillazioni dei prezzi di mercato;
14)
per sistema di regolamento differito su base netta (Deferred Net Settlement, DNS) si intende un sistema che provvede al regolamento su base netta al termine di un ciclo di regolamento predefinito, ad esempio al termine o durante la giornata lavorativa;
15)
per «garanzia transfrontaliera» si intende una garanzia rispetto alla quale, dal punto di vista del paese nel quale detta attività è accettata in garanzia, almeno uno dei seguenti elementi è estero: a) la valuta di denominazione; b) il paese nel quale le attività sono ubicate; ovvero c) il paese nel quale ha sede l'emittente;
16)
per «pagamento transfrontaliero» si intende un pagamento effettuato tra partecipanti insediati in differenti paesi;
17)
per «infrastruttura del mercato finanziario» (IMF) si intende un sistema multilaterale tra le istituzioni partecipanti, compreso il gestore del sistema, utilizzato per compensare, regolare o registrare pagamenti, titoli, derivati o altre transazioni finanziarie;
18)
per «partecipante» si intende un soggetto che è identificato o riconosciuto da un sistema di pagamento e autorizzato, direttamente o indirettamente, a inviare e ricevere ordini di pagamento verso o dal sistema;
19)
per «Consiglio» si intende il consiglio di amministrazione o di sorveglianza del gestore di uno SPIS o entrambi, secondo la legislazione nazionale;
20)
per «dirigenza» si intendono gli amministratori con incarichi esecutivi, ad esempio i membri dell'organo di amministrazione impegnato nella gestione corrente del gestore dello SPIS costituito in forma di società a struttura monistica, e i membri di un consiglio di gestione del gestore dello SPIS costituito in forma di società a struttura dualistica;
21)
per «soggetti interessati» si intendono i partecipanti e le IMF che concorrono a determinare il rischio in uno SPIS e, in base a una valutazione condotta caso per caso, gli altri attori del mercato interessati;
22)
per «esposizione creditizia» si intende un somma o un valore rispetto al quale sussiste il rischio che un partecipante non provveda al regolamento integrale, alla scadenza o in un momento successivo;
23)
per «garanzia» si intende un'attività o l'impegno assunto da un terzo utilizzato dal datore della garanzia per garantire un'obbligazione nei confronti del beneficiario di essa. Le garanzie comprendono sia quelle nazionali sia quelle transfrontaliere;
24)
per «fornitore di liquidità» si intende il fornitore di contante ai sensi degli articoli 5, paragrafo 3, 6, paragrafo 5, 8, paragrafi 1, 9 e 11 ovvero di attività ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 4, compresi i partecipanti allo SPIS o soggetti esterni;
25)
per «condizioni di mercato estreme, ma plausibili» si intende una serie di condizioni storiche e ipotetiche, ivi compresi i periodi caratterizzati da più elevata volatilità, registrate sui mercati serviti dallo SPIS;
26)
per «data di regolamento prevista» si intende la data immessa nel SPIS come data di regolamento da parte del mittente di un ordine di trasferimento;
27)
per «rischio di impresa» si intende qualsiasi potenziale deterioramento della posizione finanziaria dello SPIS dal punto di vista commerciale a causa di una diminuzione delle entrate o di un aumento delle spese tale da determinare un'eccedenza delle spese rispetto alle entrate e sfociare in una perdita da imputare al capitale;
28)
per «piano di risanamento» si intende un piano elaborato da un gestore di SPIS per ripristinarne il regolare funzionamento;
29)
per «piano di liquidazione ordinata» si intende un piano elaborato da un gestore di SPIS per l'ordinata cessazione della sua attività;
30)
l'aggettivo «rilevante» qualifica un rischio, un rapporto di dipendenza e/o un cambiamento suscettibili di influenzare la capacità di un soggetto di prestare o fornire i servizi previsti;
31)
per «autorità rilevanti»si intendono le autorità che hanno un interesse legittimo ad accedere alle informazioni di uno SPIS per adempiere ai propri obblighi di legge, ad esempio le autorità di risoluzione delle crisi e i soggetti che esercitano la vigilanza sui partecipanti principali;
32)
per «rischio di capitale» si intende il rischio che una controparte perda l'intero valore impegnato nell'operazione, ad esempio il rischio che il venditore di un'attività finanziaria consegni l'attività irrevocabilmente senza ricevere in cambio il pagamento o il rischio che il compratore di un'attività finanziaria paghi per essa, ma non la riceva;
33)
per «banca depositaria» si intende la banca che detiene e custodisce le attività finanziarie di terze parti;
34)
per «banca di regolamento» si intende la banca presso la quale sono accesi i conti relativi ai pagamenti sui quali ha luogo l'adempimento delle obbligazioni originate da un sistema di pagamento;
35)
per «agente nostro» si intende una banca utilizzata dai partecipanti di uno SPIS per il regolamento;
36)
per «pagamento unilaterale» si intende un pagamento che interessa un solo trasferimento di fondi in un'unica valuta;
37)
per «pagamento bilaterale» si intende un pagamento che interessa due trasferimenti di fondi in differenti valute in un sistema di regolamento con scambio di attività verso corrispettivo;
38)
per «rischio di correlazione sfavorevole» si intende il rischio scaturito dall'esposizione di un partecipante o di un emittente ove la garanzia prestata da quel partecipante o emessa da quell'emittente è strettamente correlata al suo rischio di credito;
39)
«giorno lavorativo» ha lo stesso significato di cui all'articolo 2, lettera n), della direttiva 98/26/CE.
Articolo 3
Solidità giuridica
1. Il gestore dello SPIS verifica se la legge applicabile in tutti gli ordinamenti giuridici interessati garantisce un elevato grado di certezza rispetto a tutti gli aspetti sostanziali dell'attività dello SPIS e fornisce per essi un adeguato supporto.
2. Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure e stipula contratti chiari e coerenti con la disciplina applicabile in tutti gli ordinamenti giuridici interessati.
3. Il gestore dello SPIS deve essere in grado di specificare in modo chiaro e comprensibile la legge applicabile, le regole, le procedure e i contratti per il funzionamento dello SPIS all'autorità competente, ai partecipanti e, se del caso, ai clienti dei partecipanti.
4. Il gestore dello SPIS adotta misure idonee ad assicurare che le regole e le procedure adottate e i contratti siano legalmente vincolanti in tutti gli ordinamenti giuridici interessati e che le azioni intraprese in forza di dette regole, procedure e contratti non siano annullate, rese inefficaci o sospese.
5. Il gestore dello SPIS che esercita la propria attività in più ordinamenti giuridici identifica e limita i rischi che derivano da disposizioni normative potenzialmente confliggenti.
6. Il gestore dello SPIS si adopera per assicurare la designazione dello SPIS ai sensi della direttiva 98/26/CE.
Articolo 4
Governo societario
1. Il gestore dello SPIS stabilisce obiettivi formalizzati che attribuiscano massima priorità alla sicurezza e all'efficienza dello SPIS. Gli obiettivi fanno esplicita menzione del sostegno alla stabilità finanziaria e ad altre pertinenti considerazioni di interesse pubblico, in particolare all'apertura e all'efficienza dei mercati finanziari.
2. Il gestore dello SPIS stabilisce assetti di governo societario che delineino con chiarezza competenze e responsabilità in appositi documenti. Tali assetti sono resi accessibili all'autorità competente, ai proprietari e ai partecipanti. La relativa documentazione è pubblicata dal gestore dello SPIS in versione sintetica.
3. Il ruolo e le responsabilità del Consiglio sono chiaramente definiti. Il ruolo e le responsabilità del Consiglio includono:
a)
l'individuazione di chiari obiettivi strategici per lo SPIS;
b)
l'istituzione di procedure documentate per il funzionamento dello SPIS, ivi incluse le procedure per individuare, affrontare e gestire i conflitti di interesse dei membri del Consiglio;
c)
ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, la predisposizione di misure efficaci di selezione, controllo e, se del caso, rimozione dei membri della dirigenza;
d)
ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, la fissazione di idonee linee di condotta in tema di remunerazione coerenti con le migliori pratiche e basate su risultati di lungo periodo.
4. Ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, il Consiglio verifica il proprio rendimento complessivo e quello individuale dei suoi membri con cadenza almeno annuale.
5. La composizione del Consiglio assicura l'integrità e, ad eccezione degli SPIS dell'Eurosistema, una combinazione ottimale di competenze tecniche, conoscenza ed esperienza sia in materia di SPIS, sia in materia di mercati finanziari in genere tali da permettere al Consiglio di svolgere il proprio ruolo e adempiere ai propri compiti. La composizione dipende altresì dai criteri generali di suddivisione delle responsabilità ai sensi della legislazione nazionale. Ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, ove consentito dalla legislazione nazionale, il Consiglio include membri non esecutivi.
6. Ruolo, responsabilità e rapporti gerarchici della dirigenza sono chiaramente definiti. La loro composizione assicura l'integrità e la combinazione ottimale di competenze tecniche, conoscenza ed esperienza sia in materia di SPIS sia, in materia di mercati finanziari in genere, tali da permettere alla dirigenza di adempiere ai propri compiti relativi al funzionamento e alla gestione del rischio del gestore dello SPIS. Tra le responsabilità della dirigenza rientrano quelle di assicurare, sotto la direzione del Consiglio:
a)
che le attività gestore dello SPIS siano coerenti con i suoi obiettivi, la sua strategia e la sua tolleranza del rischio;
b)
che i controlli interni e le relative procedure siano adeguatamente concepite, attuate e sorvegliate in modo tale da promuovere gli obiettivi del gestore dello SPIS;
c)
che i controlli interni e le relative procedure siano soggette a regolare revisione e verifica da parte di funzioni di controllo del rischio e di revisione interna dotate di personale sufficiente e adeguatamente formato;
d)
il coinvolgimento attivo nelle procedure di gestione del rischio;
e)
che al quadro di gestione del rischio dello SPIS siano destinate risorse sufficienti.
7. Il Consiglio istituisce e sorveglia un quadro documentato per la gestione del rischio che:
a)
comprende le politiche di tolleranza del rischio del gestore dello SPIS;
b)
attribuisce competenze e responsabilità per le decisioni inerenti al rischio;
c)
disciplina il processo decisionale in situazioni di crisi e di emergenza;
d)
disciplina le funzioni di controllo interno.
Il Consiglio assicura che alle funzioni di gestione del rischio e di controllo interno siano attribuite sufficienti autorità, indipendenza risorse e accesso al Consiglio.
8. Il Consiglio assicura che le decisioni più rilevanti sull'assetto tecnico e funzionale, sulle regole e sulla strategia complessiva dello SPIS, in particolare per ciò che attiene alla scelta del sistema di compensazione e regolamento, della struttura operativa, dell'ambito dei prodotti compensati o regolati e sull'utilizzo di tecnologie e procedure rispondano in modo adeguato all'interesse legittimo dei soggetti interessati dello SPIS. I soggetti interessati e, ove opportuno, il pubblico sono consultati con ragionevole anticipo in merito a tali decisioni.
Articolo 5
Quadro per la gestione integrata dei rischi
1. Il gestore dello SPIS istituisce e mantiene un solido quadro per la gestione del rischio al fine di identificare, misurare, monitorare e gestire in modo integrato la gamma dei rischi insorti nello SPIS o quelli a cui il medesimo è esposto. Il quadro per la gestione del rischio è soggetto a revisione almeno con periodicità annuale. Il quadro per la gestione del rischio:
a)
comprende le politiche di tolleranza del rischio del gestore dello SPIS e strumenti adeguati di gestione del rischio;
b)
attribuisce competenze e responsabilità per le decisioni inerenti al rischio;
c)
disciplina il processo decisionale in situazioni di emergenza relative allo SPIS, compresi gli sviluppi nei mercati finanziari potenzialmente pregiudizievoli per la liquidità del mercato e per la stabilità del sistema finanziario negli Stati membri la cui moneta è l'euro in cui hanno sede il gestore dello SPIS o uno dei suoi partecipanti.
2. Il gestore dello SPIS incentiva i partecipanti e, se del caso, i loro clienti a gestire e limitare i rischi che essi possono determinare per lo SPIS o a cui questo li espone. Per quanto concerne i partecipanti tali incentivi comprendono un regime di sanzioni finanziarie efficaci, proporzionate e dissuasive e/o accordi di ripartizione delle perdite.
3. Il gestore dello SPIS rivede con periodicità almeno annuale i rischi rilevanti che genera nei confronti di altri soggetti o quelli in cui incorre per causa loro ivi compresi, tra gli altri, altre IFM, banche di regolamento, fornitori di liquidità e prestatori di servizi per effetto di interdipendenze. Il gestore dello SPIS sviluppa strumenti di gestione del rischio robusti e proporzionati al livello di rischio riscontrato.
4. Il gestore dello SPIS definisce le operazioni e servizi critici dello stesso SPIS. Il gestore dello SPIS individua specifici scenari che possano pregiudicarne la capacità di continuare a effettuare tali operazioni o prestare tali servizi e verifica l'efficacia di tutte le opzioni finalizzate al risanamento o, ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, a un'ordinata liquidazione. I servizi e le operazioni critiche dello SPIS sono rivisti con periodicità almeno annuale. Sulla base di tale valutazione, il gestore dello SPIS elabora un piano finalizzato al risanamento dello SPIS e, ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, alla sua ordinata liquidazione. Il piano di risanamento e di ordinata liquidazione, tra l'altro, presenta in modo sintetico e concreto le principali strategie di risanamento e ordinata liquidazione, riafferma le operazioni e i servizi critici dello SPIS e descrive le misure necessarie ad attuare le principali strategie. Il gestore dello SPIS, se del caso, fornisce alle autorità rilevanti le informazioni necessarie ai fini del piano di risoluzione delle crisi. Il piano di risanamento e di ordinata liquidazione è soggetto a revisione con periodicità almeno annuale.
Articolo 6
Rischio di credito
1. Il gestore dello SPIS istituisce un solido quadro per misurare, monitorare e gestire le proprie esposizioni creditizie nei confronti dei partecipanti e quelle tra partecipanti originate dai processi di pagamento, compensazione e regolamento.
2. Il gestore dello SPIS individua tutte le fonti di rischio di credito. La misurazione e il monitoraggio delle esposizioni creditizie ha luogo nel corso dell'intera giornata, mediante l'utilizzo di informazioni tempestive e strumenti idonei di gestione del rischio.
3. Il gestore dello SPIS, ivi compreso quello che gestisce un sistema di regolamento netto differito (DNS) con garanzia di regolamento, che incorra in un'esposizione creditizia nei confronti dei propri partecipanti, copre detta esposizione nei confronti di ciascun partecipante mediante l'utilizzo di garanzie reali, fondi a garanzia, capitale (previa deduzione delle somme destinate a copertura del rischio di impresa) o altre risorse finanziarie equivalenti.
4. Il gestore dello SPIS, ivi compreso quello che gestisce un DNS senza garanzia di regolamento, ma i cui partecipanti siano esposti a rischi creditizi determinati da pagamenti, compensazioni e regolamenti effettuati nell'ambito dello SPIS, adotta regole o conclude accordi contrattuali con tali partecipanti. Le regole e gli accordi contrattuali assicurano che i partecipanti forniscano risorse sufficienti, nell'accezione di cui al paragrafo 3, a copertura dell'esposizione creditizia derivante dai processi di pagamento, compensazione e regolamento dello SPIS relativa ai due partecipanti che, insieme alle loro consociate, hanno la maggiore esposizione creditizia.
5. Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure per ovviare alle perdite dirette causate da inadempimenti delle rispettive obbligazioni nei confronti dello SPIS da parte di uno o più partecipanti. Tali regole e procedure disciplinano la ripartizione di perdite potenzialmente non garantite, incluso il rimborso di fondi presi in prestito da fornitori di liquidità. Queste includono le regole e le procedure adottate dal gestore dello SPIS per riportare le risorse finanziarie utilizzate dallo SPIS nel corso di un evento di stress al livello stabilito al paragrafo 3.
Articolo 7
Garanzie
1. Il gestore dello SPIS accetta in garanzia esclusivamente le seguenti attività: a) contante; e b) attività con basso rischio di credito di liquidità e di mercato, ad esempio attività per le quali il gestore dello SPIS, sulla base di un'adeguata verifica interna, possa comprovare all'autorità competente che sono soddisfatte le condizioni di seguito elencate:
i)
sono emesse da un emittente a basso rischio di credito;
ii)
sono liberamente trasferibili senza alcun vincolo giuridico o pretesa da parte terzi;
iii)
sono denominate in una valuta il cui rischio è gestito dal gestore dello SPIS;
iv)
dati affidabili relativi al loro prezzo sono pubblicati regolarmente;
v)
non sono altrimenti soggette al rischio di correlazione sfavorevole;
vi)
non sono emesse dal partecipante prestatore di garanzia né da un soggetto che fa parte dello stesso gruppo di detto partecipante, eccezion fatta per le obbligazioni garantite ed esclusivamente nel caso in cui le attività dell'aggregato di copertura siano adeguatamente segregate in un robusto quadro giuridico e soddisfino i requisiti indicati ai punti da i) a v).
Nel dar corso alla verifica interna di cui ai punti da i) a vi), il gestore dello SPIS definisce, documenta e applica una metodologia oggettiva.
2. Il gestore dello SPIS stabilisce e attua politiche e procedure per monitorare la qualità creditizia, la liquidità del mercato e la volatilità del prezzo di ciascuna delle attività accettate in garanzia. Il gestore dello SPIS monitora con regolarità e con periodicità almeno annuale l'adeguatezza delle proprie politiche e procedure di valutazione. Tale revisione è effettuata ogni qual volta si verifica un cambiamento rilevante che influenza l'esposizione al rischio dello SPIS. Il gestore dello SPIS verifica il valore di mercato delle proprie garanzie con periodicità almeno giornaliera.
3. Il gestore dello SPIS stabilisce scarti di garanzia stabili e prudenti, li sottopone a verifica con periodicità almeno annuale e tiene conto di condizioni di mercato critiche. Le procedure relative agli scarti di garanzia sono convalidate da personale diverso da quello che le ha formulate ed applicate con periodicità almeno annuale.
4. Il gestore dello SPIS adotta misure idonee ad evitare concentrazioni nella detenzione di talune attività ove queste pregiudichino in misura significativa la possibilità di liquidarle in modo rapido senza rilevanti effetti negativi sui prezzi.
5. Il gestore dello SPIS che accetta garanzie transfrontaliere individua e contiene i rischi associati al loro impiego e assicura che le garanzie transfrontaliere possano essere impiegate tempestivamente.
6. Il gestore dello SPIS utilizza un sistema di gestione delle garanzie efficace e flessibile sul piano operativo.
7. Il paragrafo 1 non si applica agli SPIS dell'Eurosistema.
Articolo 8
Rischio di liquidità
1. Il gestore dello SPIS definisce un quadro integrato per la gestione dei rischi di liquidità determinati dai partecipanti allo SPIS, dalle banche di regolamento, dagli agenti nostro, dalle banche depositarie, dai fornitori di liquidità e da altri soggetti significativi.
2. Il gestore dello SPIS predispone strumenti operativi ed analitici efficaci per identificare, misurare e monitorare in modo continuativo e tempestivo i flussi di regolamento e finanziamento, compreso l'uso di liquidità infragiornaliera.
3. Il gestore dello SPIS detiene o si assicura che i partecipanti detengano sempre liquidità sufficiente in tutte le valute nelle quali opera per effettuare regolamenti in giornata di obbligazioni di pagamento in un ampia gamma di scenari di stress potenziali. Se del caso, in tale ipotesi sono compresi regolamenti infragiornalieri e plurigiornalieri. Tali scenari di stress includono: a) un inadempimento, in condizioni di mercato estreme ma plausibili, del partecipante che insieme alle proprie consociate, detiene gli obblighi di pagamento aggregati di ammontare più elevato; e b) altri scenari in conformità con il paragrafo 11.
4. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti unilaterali in euro detiene, ovvero si assicura che i partecipanti detengano, liquidità sufficiente, in conformità con il paragrafo 3, a provvedere al regolamento tempestivo degli obblighi di pagamento in caso di inadempimento del partecipante che insieme alle proprie consociate, ha gli obblighi di pagamento aggregati di ammontare più elevato determinati in base al paragrafo 3, lettera a) in uno dei seguenti modi:
a)
in contante presso l'Eurosistema; ovvero
b)
in garanzie idonee come definite nel sistema di garanzie dell'Eurosistema stabilito dall'Indirizzo BCE/2011/14, del 20 settembre 2011, sugli strumenti e sulle procedure di politica monetaria dell'Eurosistema (5), in particolare se il gestore dello SPIS ha accesso alle operazioni dell'Eurosistema attivabili su iniziativa delle controparti.
5. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti unilaterali in euro detiene, o si assicura che i partecipanti detengano, liquidità sufficiente, in conformità con il paragrafo 3, lettera b), in uno dei modi definiti al paragrafo 4 ovvero presso una banca commerciale con adeguato merito di credito o in uno o più dei seguenti strumenti:
a)
linee di credito irrevocabili;
b)
swap in valuta predefiniti;
c)
pronti contro termine predefiniti;
d)
attività definite all'articolo 7, paragrafo 1, detenute da un depositario;
e)
investimenti che sono prontamente disponibili e convertibili in contante mediante accordi di finanziamento prestabiliti per il quali il gestore dello SPIS può dimostrare all'autorità competente, in base ad un'adeguata valutazione interna, che gli accordi di finanziamento sono altamente affidabili anche in condizioni di mercato estreme, ma plausibili.
Il gestore dello SPIS è pronto a fornire prova all'autorità competente, sulla base di un'adeguata valutazione interna, che la banca commerciale presenta un merito di credito adeguato.
6. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti bilaterali o pagamenti unilaterali in valute diverse dall'euro detiene, ovvero si assicura che i partecipanti detengano, risorse liquide, secondo quanto previsto dal paragrafo 3 con le modalità definite nel paragrafo 5.
7. Ove il gestore dello SPIS integri le risorse di cui al paragrafo 3 con altre attività, queste ultime devono essere presumibilmente negoziabili o accettabili in garanzia (ad esempio per linee di credito, swap o pronti contro termine) in base ad una valutazione condotta caso per caso in ipotesi di inadempimento, anche se ciò non possa essere predeterminato o con certezza o garantito in caso di condizioni di mercato estreme ma plausibili. Qualora un partecipante integri le risorse di cui al paragrafo 3 con altre attività, il gestore dello SPIS garantisce che tali attività rispettino i requisiti di cui al primo periodo. Le attività si presumono negoziabili o idonee a essere accettate a garanzia se il gestore dello SPIS ha tenuto conto delle norme e delle prassi della relativa banca centrale sull'idoneità delle garanzie.
8. Il gestore dello SPIS non deve presumere l'erogazione di credito d'urgenza da parte di autorità bancarie centrali.
9. Il gestore dello SPIS adopera la dovuta diligenza per verificare che ciascun fornitore di liquidità in favore dello SPIS ai sensi del paragrafo 3: a), disponga di informazioni sufficienti e aggiornate per comprendere e gestire i propri rischi di liquidità associati alla fornitura di contante o altre attività; e b) abbia la capacità di fornire contante o attività come richiesto. Il gestore dello SPIS verifica con periodicità almeno annuale la propria ottemperanza all'obbligo di dovuta diligenza. Sono accettati come fornitori di liquidità solo soggetti che hanno accesso al credito della banca centrale di emissione. Il gestore dello SPIS sottopone a regolare verifica le proprie procedure di accesso alle risorse liquide dello SPIS.
10. Il gestore dello SPIS avente accesso a conti, servizi di pagamento o servizi titoli offerti dalla banca centrale provvede a farne uso, ove possibile.
11. Il gestore dello SPIS determina mediante prove di stress rigorose il fabbisogno di contante e delle altre attività necessario a soddisfare gli obblighi di cui ai paragrafi 3 e 4. Tale fabbisogno è sottoposto a regolari verifiche considerando, tra l'altro, un'ampia gamma di scenari che includono:
a)
i picchi di volatilità dei prezzo delle predette attività registrati storicamente;
b)
variazioni di altri fattori di mercato inclusi, tra gli altri, determinanti dei prezzi e curve dei rendimenti;
c)
l'inadempimento di uno o più partecipanti nello stesso giorno o in giorni consecutivi;
d)
pressioni simultanee sui mercati monetari e finanziari;
e)
uno spettro di futuri scenari di stress in una varietà di condizioni di mercato estreme ma plausibili.
Tali scenari devono altresì tenere in considerazione l'architettura e le regole di funzionamento dello SPIS, esaminare tutti i soggetti che espongono lo SPIS a rilevanti rischi di liquidità inclusi tra gli altri, banche di regolamento, banche corrispondenti (agenti nostro), banche depositarie, fornitori di liquidità e IMF collegate e coprire, se del caso, periodi di più giorni.
12. Il gestore dello SPIS documenta le ragioni per le quali detiene un certo ammontare di contante e di altre attività mantenute presso di sé o di altri partecipanti e predispone adeguati meccanismi finalizzati alla loro gestione. Esso istituisce procedure chiare per segnalare al Consiglio l'esito delle prove di stress. Il gestore utilizza tali risultati per valutare l'adeguatezza del quadro per la gestione dei rischi di liquidità e per apportarvi modifiche.
13. Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure chiare per consentire allo SPIS di assicurare il regolamento stesso giorno di obblighi di pagamento e, se del caso, di provvedervi tempestivamente su base infragiornaliera o plurigiornaliera in caso di inadempimento di uno o più partecipanti. Tali regole e procedure:
a)
fronteggiano carenze di liquidità impreviste e potenzialmente non coperte;
b)
sono finalizzate ad evitare ricalcoli, revoche o ritardi nel regolamento in giornata di obblighi di pagamento;
c)
indicano le modalità per riportare il contante e le altre attività utilizzare dallo SPIS nel corso di un evento di stress al livello stabilito ai sensi dei paragrafi da 3 a 5.
Articolo 9
Regolamento definitivo
Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure per consentire il regolamento definitivo non oltre la fine della giornata stabilita per il regolamento.
Articolo 10
Regolamento monetario
1. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti unilaterali in euro si assicura che il regolamento definitivo abbia corso in moneta di banca centrale.
2. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti bilaterali o unilaterali in valute diverse dall'euro assicura che il regolamento definitivo abbia corso in moneta di banca centrale, ove tale opzione risulti praticabile e possibile.
3. Ove non sia utilizzata moneta di banca centrale, il gestore dello SPIS si assicura che i regolamenti monetari abbiano corso mediante l'utilizzo di un'attività con rischio di liquidità basso o nullo.
4. Ove il regolamento abbia corso in moneta di banca commerciale, il gestore dello SPIS monitora, gestisce e limita i rischi di liquidità e di credito che derivano dalle banche commerciali di regolamento. In particolare, il gestore dello SPIS stabilisce e monitora per le proprie banche di regolamento l'adesione a rigidi criteri che tengono conto, tra l'altro, del loro regime regolamentare e di vigilanza, merito di credito, capitalizzazione, accesso alla liquidità e affidabilità operativa. Il gestore dello SPIS monitora e gestisce altresì la concentrazione dell'esposizione di credito e di liquidità dello SPIS nei confronti delle banche di regolamento.
5. Se il gestore dello SPIS effettua il regolamento in moneta di banca commerciale mediante scritturazioni sui propri registri contabili, minimizza e monitora strettamente i propri rischi di credito e di liquidità.
6. Se il regolamento ha corso in moneta di banca commerciale, gli accordi del gestore dello SPIS con le banche commerciali di regolamento stabiliscono con chiarezza:
a)
quando avvengono i trasferimenti sui registri contabili delle singole banche di regolamento commerciale;
b)
che i trasferimenti, una volta effettuati, sono definitivi;
c)
che i fondi ricevuti sono trasferibili nel minor tempo possibile, come minimo entro la fine della giornata.
Articolo 11
Pagamento contro pagamento
Il gestore dello SPIS che utilizza un meccanismo di pagamento contro pagamento elimina il rischio di capitale assicurando che il regolamento definitivo di un'obbligazione abbia corso se e solo se ha corso il regolamento definitivo dell'altra obbligazione. Tale regola deve essere rispettata indipendentemente dalla circostanza che il regolamento avvenga su base lorda o netta e dal momento in cui si verifica la definitività.
Articolo 12
Regole e procedure sull'inadempienza dei partecipanti
1. Nelle regole e procedure dello SPIS il gestore stabilisce una definizione di inadempienza del partecipante che contempli, almeno, il mancato adempimento del partecipante ai propri obblighi finanziari alla relativa scadenza, in conseguenza, tra l'altro, di ragioni di carattere operativo, inadempimenti contrattuali o avvio di procedure di insolvenza nei suoi confronti. Il gestore dello SPIS distingue tra fattispecie di inadempienza di natura automatica e di natura discrezionale. In caso di fattispecie di inadempienza di natura discrezionale il gestore dello SPIS specifica il soggetto deputato a esercitare tale discrezionalità. Tale definizione è soggetta a revisione con periodicità almeno annuale.
2. Il gestore dello SPIS si dota di regole e procedure in materia di inadempienze che gli permettano di continuare ad adempiere ai propri obblighi in caso di inadempienza di un partecipante e che disciplinino la ricostituzione delle risorse a seguito di essa. Le regole e procedure definiscono, almeno, i seguenti elementi:
a)
le azioni che il gestore dello SPIS può intraprendere quanto si verifica un'inadempienza;
b)
se tali azioni siano automatiche o discrezionali e i mezzi mediante i quali tale discrezionalità è esercitata;
c)
i possibili cambiamenti nelle normali prassi di regolamento del gestore dello SPIS finalizzati ad assicurare il regolamento tempestivo;
d)
la gestione di pagamenti nelle diverse fasi di elaborazione;
e)
la sequenza probabile delle azioni;
f)
il ruolo, gli obblighi e le responsabilità delle parti interessate, ivi compresi i partecipanti non inadempienti;
g)
altri meccanismi da attivare per limitare l'impatto di un'inadempienza.
3. Il gestore dello SPIS è pronto a dare attuazione alle proprie regole e procedure in caso di inadempienze, ivi comprese le appropriate procedure discrezionali previste dalle proprie regole. Il gestore dello SPIS, provvede, tra l'altro: a) a munirsi della capacità operativa, ivi compresa una sufficiente dotazione di personale adeguatamente formato, necessaria ad attuare tempestivamente le procedure delineate al paragrafo 2; e b) a disciplinare nelle regole e procedure dello SPIS le necessità inerenti a documentazione, informazione e comunicazione e, ove risultino coinvolte più IFM o altre autorità, coordinamento.
4. Il gestore dello SPIS rende pubblici gli elementi essenziali delle regole e procedure delineate nel paragrafo 2, ivi compresi, almeno, i seguenti elementi:
a)
le circostanze nelle quali sono intraprese azioni;
b)
i soggetti preposti ad intraprenderle;
c)
l'ambito delle azioni da intraprendere;
d)
il meccanismo predisposto per regolare gli obblighi del gestore dello SPIS nei confronti dei partecipanti non inadempienti.
5. Il gestore dello SPIS provvede a verificare e rivedere le regole e procedure dello SPIS delineate al paragrafo 2 con periodicità almeno annuale o dopo ogni cambiamento rilevante apportato allo SPIS che incida su tali regole o procedure. I partecipanti allo SPIS e i soggetti interessati sono coinvolti dal gestore dello SPIS nel processo di verifica e revisione.
Articolo 13
Rischio di impresa
1. Il gestore dello SPIS stabilisce un solido sistema di controllo e gestione per identificare, monitorare e gestire i rischi di impresa, comprese perdite derivanti dalla inadeguata attuazione di strategie commerciali, flussi di cassa negativi o spese operative inattese o eccessive.
2. Il gestore dello SPIS detiene attività liquide nette finanziate da capitale proprio, ad esempio da azioni ordinarie, riserve dichiarate o altri utili non distribuiti, così da poter continuare ad operare e prestare servizi ove incorra in perdite di esercizio. L'ammontare di tali attività è determinato in base al profilo di rischio di impresa e dal lasso di tempo richiesto per attuare un risanamento o una liquidazione ordinata dei servizi e delle operazioni critiche una volta intraprese tali azioni.
3. Il gestore dello SPIS si dota di piani di risanamento attuabili e, eccezion fatta per gli SPIS dell'Eurosistema, di liquidazione ordinata.
4. Il gestore dello SPIS detiene attività liquide nette finanziate da capitale proprio sufficienti ad attuare il piano di cui al paragrafo 3. Il gestore dello SPIS detiene attività liquide nette finanziate da capitale proprio per un ammontare minimo pari alle spese operative correnti semestrali. Tali attività si aggiungono alle risorse detenute a copertura di inadempienze dei partecipanti o di altri rischi coperti ai sensi degli articoli 6 e 8. Al fine di evitare la duplicazione dei requisiti di solvibilità può esservi compreso il capitale proprio detenuto in base a requisiti patrimoniali internazionali basati sul rischio.
5. Le attività detenute a copertura del rischio di impresa sono sufficientemente liquide e di qualità elevata da assicurarne la tempestiva disponibilità. Il gestore dello SPIS deve essere in grado di realizzare tali attività con effetti negativi sul prezzo minimi o nulli, così da poter continuare ad operare in caso di perdite commerciali.
6. Il gestore dello SPIS elabora un piano attuabile per raccogliere capitale aggiuntivo ove il capitale proprio si avvicini o scenda al di sotto dei requisiti di cui al paragrafo 4. Il piano è presentato in Consiglio per l'approvazione ed è aggiornato con periodicità almeno annuale.
7. Agli SPIS dell'Eurosistema non si applicano il paragrafo 2 e quelli da 4 a 6.
Articolo 14
Custodia e rischi di investimento
1. Il gestore dello SPIS detiene le attività proprie e quelle dei suoi partecipanti presso soggetti vigilati e regolamentati (di seguito, «custodi») dotati di pratiche contabili, procedure di custodia e controlli interni che assicurino un'integrale protezione di tali attività contro il rischio di perdita in caso di insolvenza, negligenza, frode, cattiva amministrazione o errori contabili del custode o del subcustode.
2. Il gestore dello SPIS ha tempestivo accesso alle attività proprie e a quelle fornite dai partecipanti.
3. Il gestore dello SPIS valuta e apprezza la propria esposizione verso le banche depositarie tenendo conto dell'intero ambito delle relazioni intrattenute con ciascuna di esse.
4. Il gestore dello SPIS determina la propria strategia di investimento in modo coerente con la propria strategia globale di gestione del rischio e ne dà integrale comunicazione ai partecipanti. La strategia di investimento è soggetta revisione con periodicità almeno annuale.
5. Gli investimenti del gestore dello SPIS nel quadro della sua strategia di investimento sono garantiti da debitori di alto profilo o dalla possibilità di un'azione di rivalsa su questi ultimi. Il gestore dello SPIS definisce i criteri per individuare i debitori di alto profilo. Gli investimenti sono effettuati in strumenti con minimo rischio di credito, di mercato e di liquidità.
6. I paragrafi da 3 a 5 non si applicano agli SPIS dell'Eurosistema.
Articolo 15
Rischio operativo
1. Il gestore dello SPIS stabilisce un solido quadro con sistemi, politiche, procedure e controlli appropriate per identificare, monitorare e gestire i rischi operativi.
2. Il gestore dello SPIS si prefigge obiettivi in termini di livelli di servizio e di affidabilità operativa e adotta politiche preordinate a conseguirli. Tali obiettivi e politiche sono soggetti a revisione con periodicità almeno annuale.
3. Il gestore dello SPIS assicura che lo SPIS sia costantemente dotato di capacità scalabili per trattare incrementi nel numero dei pagamenti che si verifichino in occasione di eventi di stress e che sia capace di conseguire i suoi obiettivi in termini di livelli di servizio.
4. Il gestore dello SPIS definisce politiche globali per la sicurezza fisica e informativa tali da identificare, verificare e gestire in modo appropriato tutti i potenziali punti deboli e minacce. Tali politiche sono soggette a revisione con periodicità almeno annuale.
5. Il gestore dello SPIS elabora un piano di continuità operativa per fronteggiare eventi idonei a determinare un rilevante rischio di turbativa per l'operatività dello SPIS. Il piano include l'uso di un sito secondario ed è concepito per assicurare che i sistemi informatici critici possano riprendere a operare entro due ore da tali eventi. Il piano è concepito in modo che lo SPIS sia costantemente capace di regolare tutti i pagamenti dovuti entro la fine della giornata lavorativa nella quale il malfunzionamento si è verificato. Il gestore dello SPIS verifica il piano e lo sottopone a revisione con periodicità almeno annuale.
6. Il gestore dello SPIS identifica i partecipanti critici sulla base, in particolare, del numero dei pagamenti, del loro valore e del loro potenziale impatto su altri partecipanti e sullo SPIS nel suo insieme, in caso tali partecipanti incorrano in un problema operativo significativo.
7. Il gestore dello SPIS identifica, monitora e gestisce i rischi a cui i partecipanti critici, altre IMF e fornitori di servizi e utenze possono esporre l'operatività dello SPIS.
Articolo 16
Criteri di accesso e partecipazione
1. Il gestore dello SPIS stabilisce e divulga criteri di accesso e partecipazione ai servizi del SIPS non discriminatori per i partecipanti diretti e, se del caso, per quelli indiretti e per le altre IMF. Tali criteri sono soggetti a revisione con periodicità almeno annuale.
2. I criteri di accesso e partecipazione di cui al paragrafo 1 devono essere giustificati in termini di sicurezza ed efficienza dello SPIS e dei mercati serviti e adattati e commisurati ai rischi specifici dello SPIS. In osservanza del principio di proporzionalità, il gestore dello SPIS stabilisce requisiti che impongano restrizioni minime all'accesso. Se il gestore dello SPIS nega l'accesso a un soggetto, è tenuto a comunicare per iscritto le ragioni del diniego basate su un'analisi globale del rischio.
3. Il gestore dello SPIS verifica costantemente che i partecipanti rispettino i criteri di accesso e partecipazione allo SPIS. Esso stabilisce e divulga procedure non discriminatorie per agevolare la sospensione e la revoca ordinata del diritto di partecipazione di un partecipante ove questi non soddisfi i criteri di accesso e partecipazione. Tali procedure sono soggette a revisione con periodicità almeno annuale.
Articolo 17
Modalità di partecipazione a più livelli
1. Al fine della gestione del rischio, il gestore dello SPIS assicura che le regole, le procedure e gli accordi contrattuali dello SPIS gli consentano di raccogliere informazioni relative alla partecipazione indiretta al fine di identificare, monitorare gestire i rischi rilevanti per lo SPIS che derivano da tale partecipazione. Tali informazioni riguardano almeno gli aspetti di seguito indicati:
a)
la quota di attività svolta dai partecipanti diretti per conto di quelli indiretti;
b)
il numero di partecipanti indiretti che provvedono al regolamento tramite singoli partecipanti diretti;
c)
il volume o il valore dei pagamenti nello SPIS originati da ciascun partecipante indiretto;
d)
il volume o il valore dei pagamenti di cui al punto c) in rapporto a quelli del partecipante diretto mediante il quale il partecipante indiretto accede allo SPIS.
2. Il gestore dello SPIS individua interdipendenze significative tra partecipanti diretti ed indiretti suscettibili di influenzare lo SPIS.
3. Il gestore dello SPIS identifica i partecipanti indiretti che pongono rischi rilevanti per lo SPIS e i partecipanti diretti attraverso i quali essi accedono al sistema allo scopo di gestire tali rischi.
4. Il gestore dello SPIS sottopone a revisione i rischi determinati da meccanismi di partecipazione a più livelli con periodicità almeno annuale. Ove ciò si renda necessario per assicurare l'adeguata gestione dei rischi, esso intraprende azioni idonee a contenerli.
Articolo 18
Efficienza ed efficacia
1. Il gestore dello SPIS adotta un'apposita procedura per identificare e soddisfare le necessità dei mercati per i quali lo SPIS opera con particolare riguardo:
a)
alla scelta del meccanismo di compensazione e regolamento;
b)
alla struttura operativa;
c)
alla gamma dei prodotti compensati o regolati;
d)
all'utilizzo di tecnologie e procedure.
2. Il gestore dello SPIS si prefigge scopi e obiettivi chiaramente definiti, misurabili e conseguibili in aree quali quelle dei livelli minimi di servizio, delle aspettative inerenti alla gestione del rischio e alle priorità imprenditoriali.
3. Il gestore dello SPIS istituisce meccanismi per la regolare revisione, con periodicità almeno annuale, dei requisiti imposti dai paragrafi 1 e 2.
Articolo 19
Norme e procedure di comunicazione
Il gestore dello SPIS utilizza o consente l'uso di norme e procedure di comunicazione accettate a livello internazionale al fine di agevolare pagamenti, compensazioni, regolamenti e registrazioni efficienti.
Articolo 20
Comunicazione di regole, procedure principali e dati di mercato
1. Il gestore dello SPIS adotta regole e procedure chiare ed esaurienti e le comunica in forma integrale ai partecipanti. Le regole e le procedure principali sono altresì rese pubbliche.
2. Il gestore dello SPIS fornisce una chiara descrizione della struttura e delle operazioni del sistema oltre che dei diritti e obblighi del gestore dello SPIS e dei partecipanti, per consentire a questi ultimi di valutare i rischi in cui possono incorrere partecipando allo SPIS:
3. Il gestore dello SPIS fornisce tutta la documentazione e la formazione necessaria e adeguata per agevolare la comprensione da parte dei partecipanti delle regole e delle procedure dello SPIS e dei rischi cui questi si espongono in conseguenza della partecipazione.
4. Il gestore dello SPIS pubblica le tariffe dello SPIS per i singoli servizi offerti nonché le proprie politiche di sconti. Il gestore dello SPIS fornisce una descrizione chiara dei servizi a pagamento a fini della loro comparazione.
5. Il gestore dello SPIS compila e pubblica le risposte al quadro informativo CPSS-IOSCO per le infrastrutture dei mercati finanziari. Esso aggiorna le sue risposte a seguito di cambiamenti rilevanti apportati al sistema o al contesto nel quale opera e, comunque, con periodicità almeno biennale. Inoltre, il gestore dello SPIS divulga almeno le informazioni essenziali relative al numero e al valore delle operazioni.
Articolo 21
Comunicazione alle autorità competenti
L'autorità competente ha diritto di ottenere dal gestore dello SPIS tutte le informazioni e la documentazione necessarie per verificare la conformità ai requisiti imposti dal presente regolamento. Il gestore dello SPIS comunica le informazioni specifiche all'autorità competente.
Articolo 22
Misure correttive
1. Ove il gestore dello SPIS non osservi il presente regolamento, l'autorità competente:
a)
informa il gestore dello SPIS della natura dell'inosservanza; e
b)
offre al gestore dello SPIS l'opportunità di essere sentito e fornire spiegazioni.
2. Sulla base delle informazioni fornite dal gestore dello SPIS, l'autorità competente può ordinargli di attuare specifiche misure correttive al fine di rimediare all'inosservanza e/o evitare che questa si ripeta.
3. L'autorità competente può immediatamente imporre misure correttive ove riscontri, con parere motivato, che l'inosservanza è di gravità tale da richiedere l'adozione di provvedimenti immediati.
4. L'autorità competente informa immediatamente la BCE delle misure correttive imposte al gestore dello SPIS.
5. Misure correttive possono essere imposte indipendentemente o congiuntamente alle sanzioni di cui al regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (6).
Articolo 23
Sanzioni
In caso di violazione del presente regolamento, la BCE irroga sanzioni in conformità al regolamento (CE) n. 2532/98 e del Regolamento (CE) n. 2157/1999 della Banca centrale europea, del 23 settembre 1999, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (BCE/1999/4) (7). La BCE pubblica una nota sulla metodologia per il calcolo dell'importo delle sanzioni.
Articolo 24
Riesame
Il Consiglio direttivo riesamina l'applicazione generale del presente regolamento non oltre i due anni successivi alla data in cui esso entra in vigore e, successivamente, ogni due anni, e valuta la necessità di introdurre delle modifiche.
Articolo 25
Disposizioni finali
1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. Entro un anno dalla notifica della decisione del Consiglio direttivo ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, i gestori di SPIS si adeguano ai requisiti imposti dal presente regolamento.
3. Il presente regolamento è vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, conformemente ai Trattati.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 3 luglio 2014
Per il Consiglio direttivo della BCE
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) Reperibile sul sito della BRI all'indirizzo www.bis.org.
(2) Reperibile sul sito della BRI all'indirizzo www.bis.org.
(3) GU L 30 del 30.1.2013, pag. 1.
(4) GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 45.
(5) GU L 331 del 14.12.2011, pag. 1.
(6) GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.
(7) GU L 264, 12.10.1999, pag. 21.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | REGOLAMENTO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA (UE) N. 795/2014
del 3 luglio 2014
sui requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica
(BCE/2014/28)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 127, paragrafo 2,
visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare l'articolo 3.1, l'articolo 22 e il primo trattino dell'articolo 34.1,
considerando quanto segue
(1)
Il quarto trattino dell'articolo 127, paragrafo 2 del trattato e il quarto trattino dell'articolo 3.1 dello Statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo Statuto del SEBC») attribuiscono all'Eurosistema il compito di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento.
(2)
L'Eurosistema promuove il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento, tra l'altro, mediante l'esercizio di compiti di sorveglianza.
(3)
Nel gennaio 2001, l'Eurosistema ha adottato i Principi Fondamentali per i sistemi di pagamento di importanza sistemica elaborati dal Comitato sui sistemi di pagamento e di regolamento (Committee on Payment and Settlement Systems, CPSS) della Banca dei regolamenti internazionali (BRI) come requisiti minimi per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (SPIS) (1).
(4)
Nell'aprile 2012 i Principi Fondamentali per i sistemi di pagamento di importanza sistemica sono stati sostituiti dai principi per le infrastrutture dei mercati finanziari del CPSS e del Comitato tecnico dell'organizzazione internazionale delle commissioni dei valori immobiliari (International Organization of Securities Commissions, IOSCO) (di seguito, i «Principi CPSS-IOSCO») (2) che armonizzano e rafforzano gli standard internazionali di sorveglianza anche relativi agli SPIS.
(5)
Secondo i Principi CPSS-IOSCO, gli SPIS, in quanto suscettibili di determinare rischi sistemici ove privi di sufficiente protezione contro i rischi a cui sono esposti, dovrebbero essere sottoposti a controlli efficaci sulla base di criteri chiaramente definiti e divulgati. Inoltre, le autorità competenti dovrebbero essere dotate di poteri e risorse sufficienti ad adempiere i rispettivi compiti, incluso quello di adottare azioni correttive. Da parte del CPSS e dello IOSCO si raccomanda l'attuazione di questi principi nella misura massima consentita dal quadro giuridico e regolamentare nazionale.
(6)
Pertanto, al fine di assicurare l'efficienza e la solidità degli SPIS, la Banca centrale europea (BCE) ha deciso di dare attuazione ai Principi CPSS-IOSCO per mezzo di un regolamento. Si prevede che anche le autorità di altri paesi introducano e diano applicazione ai Principi CPSS-IOSCO all'interno del rispettivo quadro giuridico e regolamentare nella misura massima consentita.
(7)
Il presente regolamento riguarda gli SPIS, che comprendono i sistemi di pagamento di importo rilevante e quelli al dettaglio di importanza sistemica. Esso si applica sia ai sistemi di pagamento gestiti da banche centrali, sia a quelli gestiti da operatori privati. Sulla base dei Principi CPSS-IOSCO è ammessa, in casi eccezionali, un'applicazione differenziata dei medesimi ai sistemi di pagamento gestiti da banche centrali, in ragione dei requisiti imposti dalle pertinenti leggi, regolamenti o policy. L'Eurosistema ha obiettivi di interesse pubblico, compiti e assetto istituzionale definiti nel trattato e nello Statuto del SEBC; ne deriva che gli SPIS dell'Eurosistema potrebbero essere esentati da taluni degli obblighi imposti dal presente regolamento. In questo contesto, gli SPIS dell'Eurosistema possono essere esentati da specifici obblighi relativi a assetti di governo societario, piani di liquidazione, capitale proprio e attività liquide, garanzie e rischi di investimento che si riferiscono ai medesimi aspetti coperti dai corrispondenti requisiti formalmente adottati dal Consiglio direttivo. Tali esenzioni sono specificate in diverse disposizioni del regolamento.
(8)
Ai sensi dell'Indirizzo BCE/2012/27, del 5 dicembre 2012, relativo ad un sistema di trasferimento espresso transeuropeo automatizzato di regolamento lordo in tempo reale (TARGET2) (3), TARGET2 ha una struttura decentralizzata che collega tra loro una molteplicità di sistemi di pagamento. I sistemi componenti di TARGET2 sono armonizzati nella misura più ampia possibile, con alcune eccezioni in caso di restrizioni imposte dal diritto nazionale. Inoltre, TARGET2 è caratterizzato da una piattaforma tecnica unica denominata piattaforma unica condivisa (Single Shared Platform, SSP). Il Consiglio direttivo ha competenza ultima rispetto a TARGET2 e ne tutela la funzione pubblica. Tale assetto di governo societario si riflette sulla sorveglianza di TARGET2.
(9)
L'efficienza e la solidità di uno SPIS esige il rispetto della normativa nazionale applicabile e richiede altresì norme, procedure e contratti trasparenti che ne regolino il funzionamento. Il rispetto della normativa si riferisce a tutti gli ordinamenti giuridici dei paesi nei quali il gestore dello SPIS o i suoi partecipanti operano.
(10)
L'efficienza e la solidità di uno SPIS dipende altresì dalla trasparenza e dall'adeguatezza del suo assetto di governo societario, che deve essere documentato chiaramente.
(11)
Un quadro solido e flessibile di gestione integrata dei rischi legali, di credito, di liquidità, operativi, di impresa, di custodia, di investimento e di altra natura risulta essenziale per identificare, misurare, monitorare e gestire l'intera gamma di rischi generati o sopportati dal gestore dello SPIS. Ciò vale anche per la solidità e resilienza sistema di gestione delle garanzie, delle regole e delle procedure da seguire in caso di inadempimento dei partecipanti e dei piani di continuità operativa adottati dai gestori degli SPIS.
(12)
La riduzione del rischio sistemico richiede, tra l'altro, la definitività del regolamento. L'Unione ha adottato la direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli (4). La direttiva 98/26/CE rimette alle regole del sistema la determinazione del momento di immissione (dopo il quale gli ordini di trasferimento divengono giuridicamente vincolanti e, in caso di apertura di una procedura d'insolvenza nei confronti di un partecipante, opponibili ai terzi) e del momento in cui i medesimi divengono irrevocabili. Il regolamento infragiornaliero o in tempo reale può essere consigliabile, ove compatibile con il modello imprenditoriale, e necessario per consentire al gestore dello SPIS e ai partecipanti di gestire i rispettivi rischi di credito e di liquidità.
(13)
Criteri di partecipazione a uno SPIS che risultino obiettivi, basati sul rischio e pubblici, tali da permettere l'equo e, fatta salva l'osservanza di validi criteri di controllo dei rischi, libero accesso a uno SPIS, promuovono la sicurezza e l'efficienza dello SPIS e dei mercati per i quali opera, senza restrizioni sproporzionate alla libera prestazione di servizi.
(14)
Le disposizioni del presente regolamento che obbligano un gestore di SPIS a raccogliere, elaborare e trasmettere dati non dovrebbero pregiudicare le norme applicabili in tema di protezione dei dati relativi a partecipanti o clienti.
(15)
Uno SPIS complessivamente efficiente ed efficace, con obiettivi e finalità chiaramente definiti, misurabili e conseguibili si trova nella posizione migliore per soddisfare le esigenze dei propri partecipanti e dei mercati per i quali opera.
(16)
La BCE può avvalersi delle banche centrali nazionali per espletare i compiti del SEBC nella misura ritenuta possibile e appropriata.
(17)
Gli obblighi imposti dal presente regolamento sono proporzionati ai rischi specifici e all'esposizione degli SPIS.
(18)
La possibilità per le autorità competenti di richiedere misure correttive per rimediare a casi di inosservanza del presente regolamento ovvero per evitare che questi si ripetano e la possibilità per la BCE di irrogare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazioni del presente regolamento costituiscono un elemento essenziale nell'attuazione dei principi CPSS-IOSCO nella misura massima consentita dal trattato e dallo Statuto del SEBC.
(19)
È necessario subordinare l'osservanza dei requisiti di sorveglianza imposti dal presente regolamento ad un periodo transitorio che permetta ai gestori di SPIS di familiarizzare con detti requisiti e darvi attuazione.
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce i requisiti di sorveglianza relativi agli SPIS.
2. Il Consiglio direttivo adotta una decisione con la quale identifica i sistemi di pagamento soggetti al presente regolamento, i rispettivi gestori e le autorità competenti. La lista sarà mantenuta sul sito Internet della BCE e aggiornata a ogni cambiamento.
3. Un sistema di pagamento è identificato come SPIS se: a) è idoneo a essere notificato ai sensi della direttiva 98/26/CE da parte di uno Stato membro la cui moneta è l'euro ovvero il suo gestore è insediato nell'area dell'euro o ivi stabilito attraverso una succursale che provvede alla gestione del sistema; e b) almeno due delle seguenti condizioni siano soddisfatte nell'anno civile considerato:
i)
il valore medio totale giornaliero dei pagamenti denominati in euro trattati è pari o superiore all'importo di 10 miliardi di euro;
ii)
la sua quota di mercato è pari o superiore ad almeno una di quelle di seguito indicate:
—
15 % del volume totale dei pagamenti denominati in euro,
—
5 % del volume totale dei pagamenti transfrontalieri denominati in euro,
—
75 % del volume totale dei pagamenti denominati in euro a livello dello Stato membro la cui moneta è l'euro;
iii)
la sua attività transfrontaliera (ossia con partecipanti insediati in un paese diverso da quello del gestore dello SPIS e/o mediante collegamenti transfrontalieri con altri sistemi di pagamento), coinvolge cinque o più paesi e genera come minimo il 33 % del volume totale dei pagamenti denominati in euro elaborati da quel SPIS;
iv)
è utilizzato per il regolamento di altre IFM.
4. I gestori di SPIS garantiscono che lo SPIS da loro gestito rispetti gli i requisiti imposti dagli articoli da 3 a 21.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento:
1)
per «sistema di pagamento» si intende un accordo formale fra tre o più partecipanti, senza contare eventuali banche di regolamento, controparti centrali, stanze di compensazione o partecipanti indiretti, con regole comuni e procedure standardizzate per l'esecuzione di ordini di trasferimento tra i partecipanti;
2)
«ordine di pagamento» ha il medesimo significato di cui all'articolo 2, punto i), primo trattino della direttiva 98/26/CE;
3)
per «rischio sistemico» si intende il rischio che l'incapacità di un partecipante o di un gestore di uno SPIS di adempiere alla scadenza ai propri obblighi impedisca ad altri partecipanti e/o gestori di uno SPIS di adempiere i propri entro il termine prescritto, con potenziali ripercussioni negative che mettano a repentaglio la stabilità del sistema finanziario o la fiducia nello stesso;
4)
per «gestore dello SPIS» si intende il soggetto giuridico responsabile della gestione di uno SPIS;
5)
per «autorità competente» si intende la banca centrale dell'Eurosistema responsabile in via principale della sorveglianza, identificata come tale a norma dell'articolo 1, paragrafo 2;
6)
per «SPIS dell'Eurosistema»si intende uno SPIS di proprietà e gestito da una banca centrale dell'Eurosistema;
7)
per «rischio legale» si intende il rischio determinato dall'applicazione di leggi o regolamenti, al quale consegue di solito una perdita;
8)
per «rischio di credito» si intende il rischio che una controparte, sia essa un partecipante o un diverso soggetto, risulti incapace di adempiere ai propri obblighi di natura finanziaria alla scadenza o in futuro;
9)
per «rischio di liquidità» si intende il rischio che una controparte, sia essa un partecipante o un diverso soggetto, non disponga di fondi sufficienti per adempiere ai propri obblighi di natura finanziaria alla scadenza ancorché possa disporre di fondi sufficienti per adempiervi in futuro;
10)
per «rischio operativo» si intende il rischio che carenze nei sistemi informativi o procedure interne, errori umani, carenze gestionali o turbative provocate da eventi esterni o da servizi esternalizzati provochino la riduzione, il deterioramento o la sospensione dei servizi forniti da uno SPIS;
11)
per «rischio di custodia» si intende il rischio di perdite sulle attività detenute in custodia in caso di insolvenza di un custode o subcustode, negligenza, frode, cattiva gestione o errori contabili;
12)
per «rischio di investimento» si intende la perdita sopportata dal gestore dello SPIS o da un partecipante quando il gestore dello SPIS investe le proprie risorse o quelle dei suoi partecipanti, ad esempio le garanzie;
13)
per «rischio di mercato» si intende il rischio di perdite su posizioni iscritte a bilancio o fuori bilancio, determinate da oscillazioni dei prezzi di mercato;
14)
per sistema di regolamento differito su base netta (Deferred Net Settlement, DNS) si intende un sistema che provvede al regolamento su base netta al termine di un ciclo di regolamento predefinito, ad esempio al termine o durante la giornata lavorativa;
15)
per «garanzia transfrontaliera» si intende una garanzia rispetto alla quale, dal punto di vista del paese nel quale detta attività è accettata in garanzia, almeno uno dei seguenti elementi è estero: a) la valuta di denominazione; b) il paese nel quale le attività sono ubicate; ovvero c) il paese nel quale ha sede l'emittente;
16)
per «pagamento transfrontaliero» si intende un pagamento effettuato tra partecipanti insediati in differenti paesi;
17)
per «infrastruttura del mercato finanziario» (IMF) si intende un sistema multilaterale tra le istituzioni partecipanti, compreso il gestore del sistema, utilizzato per compensare, regolare o registrare pagamenti, titoli, derivati o altre transazioni finanziarie;
18)
per «partecipante» si intende un soggetto che è identificato o riconosciuto da un sistema di pagamento e autorizzato, direttamente o indirettamente, a inviare e ricevere ordini di pagamento verso o dal sistema;
19)
per «Consiglio» si intende il consiglio di amministrazione o di sorveglianza del gestore di uno SPIS o entrambi, secondo la legislazione nazionale;
20)
per «dirigenza» si intendono gli amministratori con incarichi esecutivi, ad esempio i membri dell'organo di amministrazione impegnato nella gestione corrente del gestore dello SPIS costituito in forma di società a struttura monistica, e i membri di un consiglio di gestione del gestore dello SPIS costituito in forma di società a struttura dualistica;
21)
per «soggetti interessati» si intendono i partecipanti e le IMF che concorrono a determinare il rischio in uno SPIS e, in base a una valutazione condotta caso per caso, gli altri attori del mercato interessati;
22)
per «esposizione creditizia» si intende un somma o un valore rispetto al quale sussiste il rischio che un partecipante non provveda al regolamento integrale, alla scadenza o in un momento successivo;
23)
per «garanzia» si intende un'attività o l'impegno assunto da un terzo utilizzato dal datore della garanzia per garantire un'obbligazione nei confronti del beneficiario di essa. Le garanzie comprendono sia quelle nazionali sia quelle transfrontaliere;
24)
per «fornitore di liquidità» si intende il fornitore di contante ai sensi degli articoli 5, paragrafo 3, 6, paragrafo 5, 8, paragrafi 1, 9 e 11 ovvero di attività ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 4, compresi i partecipanti allo SPIS o soggetti esterni;
25)
per «condizioni di mercato estreme, ma plausibili» si intende una serie di condizioni storiche e ipotetiche, ivi compresi i periodi caratterizzati da più elevata volatilità, registrate sui mercati serviti dallo SPIS;
26)
per «data di regolamento prevista» si intende la data immessa nel SPIS come data di regolamento da parte del mittente di un ordine di trasferimento;
27)
per «rischio di impresa» si intende qualsiasi potenziale deterioramento della posizione finanziaria dello SPIS dal punto di vista commerciale a causa di una diminuzione delle entrate o di un aumento delle spese tale da determinare un'eccedenza delle spese rispetto alle entrate e sfociare in una perdita da imputare al capitale;
28)
per «piano di risanamento» si intende un piano elaborato da un gestore di SPIS per ripristinarne il regolare funzionamento;
29)
per «piano di liquidazione ordinata» si intende un piano elaborato da un gestore di SPIS per l'ordinata cessazione della sua attività;
30)
l'aggettivo «rilevante» qualifica un rischio, un rapporto di dipendenza e/o un cambiamento suscettibili di influenzare la capacità di un soggetto di prestare o fornire i servizi previsti;
31)
per «autorità rilevanti»si intendono le autorità che hanno un interesse legittimo ad accedere alle informazioni di uno SPIS per adempiere ai propri obblighi di legge, ad esempio le autorità di risoluzione delle crisi e i soggetti che esercitano la vigilanza sui partecipanti principali;
32)
per «rischio di capitale» si intende il rischio che una controparte perda l'intero valore impegnato nell'operazione, ad esempio il rischio che il venditore di un'attività finanziaria consegni l'attività irrevocabilmente senza ricevere in cambio il pagamento o il rischio che il compratore di un'attività finanziaria paghi per essa, ma non la riceva;
33)
per «banca depositaria» si intende la banca che detiene e custodisce le attività finanziarie di terze parti;
34)
per «banca di regolamento» si intende la banca presso la quale sono accesi i conti relativi ai pagamenti sui quali ha luogo l'adempimento delle obbligazioni originate da un sistema di pagamento;
35)
per «agente nostro» si intende una banca utilizzata dai partecipanti di uno SPIS per il regolamento;
36)
per «pagamento unilaterale» si intende un pagamento che interessa un solo trasferimento di fondi in un'unica valuta;
37)
per «pagamento bilaterale» si intende un pagamento che interessa due trasferimenti di fondi in differenti valute in un sistema di regolamento con scambio di attività verso corrispettivo;
38)
per «rischio di correlazione sfavorevole» si intende il rischio scaturito dall'esposizione di un partecipante o di un emittente ove la garanzia prestata da quel partecipante o emessa da quell'emittente è strettamente correlata al suo rischio di credito;
39)
«giorno lavorativo» ha lo stesso significato di cui all'articolo 2, lettera n), della direttiva 98/26/CE.
Articolo 3
Solidità giuridica
1. Il gestore dello SPIS verifica se la legge applicabile in tutti gli ordinamenti giuridici interessati garantisce un elevato grado di certezza rispetto a tutti gli aspetti sostanziali dell'attività dello SPIS e fornisce per essi un adeguato supporto.
2. Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure e stipula contratti chiari e coerenti con la disciplina applicabile in tutti gli ordinamenti giuridici interessati.
3. Il gestore dello SPIS deve essere in grado di specificare in modo chiaro e comprensibile la legge applicabile, le regole, le procedure e i contratti per il funzionamento dello SPIS all'autorità competente, ai partecipanti e, se del caso, ai clienti dei partecipanti.
4. Il gestore dello SPIS adotta misure idonee ad assicurare che le regole e le procedure adottate e i contratti siano legalmente vincolanti in tutti gli ordinamenti giuridici interessati e che le azioni intraprese in forza di dette regole, procedure e contratti non siano annullate, rese inefficaci o sospese.
5. Il gestore dello SPIS che esercita la propria attività in più ordinamenti giuridici identifica e limita i rischi che derivano da disposizioni normative potenzialmente confliggenti.
6. Il gestore dello SPIS si adopera per assicurare la designazione dello SPIS ai sensi della direttiva 98/26/CE.
Articolo 4
Governo societario
1. Il gestore dello SPIS stabilisce obiettivi formalizzati che attribuiscano massima priorità alla sicurezza e all'efficienza dello SPIS. Gli obiettivi fanno esplicita menzione del sostegno alla stabilità finanziaria e ad altre pertinenti considerazioni di interesse pubblico, in particolare all'apertura e all'efficienza dei mercati finanziari.
2. Il gestore dello SPIS stabilisce assetti di governo societario che delineino con chiarezza competenze e responsabilità in appositi documenti. Tali assetti sono resi accessibili all'autorità competente, ai proprietari e ai partecipanti. La relativa documentazione è pubblicata dal gestore dello SPIS in versione sintetica.
3. Il ruolo e le responsabilità del Consiglio sono chiaramente definiti. Il ruolo e le responsabilità del Consiglio includono:
a)
l'individuazione di chiari obiettivi strategici per lo SPIS;
b)
l'istituzione di procedure documentate per il funzionamento dello SPIS, ivi incluse le procedure per individuare, affrontare e gestire i conflitti di interesse dei membri del Consiglio;
c)
ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, la predisposizione di misure efficaci di selezione, controllo e, se del caso, rimozione dei membri della dirigenza;
d)
ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, la fissazione di idonee linee di condotta in tema di remunerazione coerenti con le migliori pratiche e basate su risultati di lungo periodo.
4. Ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, il Consiglio verifica il proprio rendimento complessivo e quello individuale dei suoi membri con cadenza almeno annuale.
5. La composizione del Consiglio assicura l'integrità e, ad eccezione degli SPIS dell'Eurosistema, una combinazione ottimale di competenze tecniche, conoscenza ed esperienza sia in materia di SPIS, sia in materia di mercati finanziari in genere tali da permettere al Consiglio di svolgere il proprio ruolo e adempiere ai propri compiti. La composizione dipende altresì dai criteri generali di suddivisione delle responsabilità ai sensi della legislazione nazionale. Ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, ove consentito dalla legislazione nazionale, il Consiglio include membri non esecutivi.
6. Ruolo, responsabilità e rapporti gerarchici della dirigenza sono chiaramente definiti. La loro composizione assicura l'integrità e la combinazione ottimale di competenze tecniche, conoscenza ed esperienza sia in materia di SPIS sia, in materia di mercati finanziari in genere, tali da permettere alla dirigenza di adempiere ai propri compiti relativi al funzionamento e alla gestione del rischio del gestore dello SPIS. Tra le responsabilità della dirigenza rientrano quelle di assicurare, sotto la direzione del Consiglio:
a)
che le attività gestore dello SPIS siano coerenti con i suoi obiettivi, la sua strategia e la sua tolleranza del rischio;
b)
che i controlli interni e le relative procedure siano adeguatamente concepite, attuate e sorvegliate in modo tale da promuovere gli obiettivi del gestore dello SPIS;
c)
che i controlli interni e le relative procedure siano soggette a regolare revisione e verifica da parte di funzioni di controllo del rischio e di revisione interna dotate di personale sufficiente e adeguatamente formato;
d)
il coinvolgimento attivo nelle procedure di gestione del rischio;
e)
che al quadro di gestione del rischio dello SPIS siano destinate risorse sufficienti.
7. Il Consiglio istituisce e sorveglia un quadro documentato per la gestione del rischio che:
a)
comprende le politiche di tolleranza del rischio del gestore dello SPIS;
b)
attribuisce competenze e responsabilità per le decisioni inerenti al rischio;
c)
disciplina il processo decisionale in situazioni di crisi e di emergenza;
d)
disciplina le funzioni di controllo interno.
Il Consiglio assicura che alle funzioni di gestione del rischio e di controllo interno siano attribuite sufficienti autorità, indipendenza risorse e accesso al Consiglio.
8. Il Consiglio assicura che le decisioni più rilevanti sull'assetto tecnico e funzionale, sulle regole e sulla strategia complessiva dello SPIS, in particolare per ciò che attiene alla scelta del sistema di compensazione e regolamento, della struttura operativa, dell'ambito dei prodotti compensati o regolati e sull'utilizzo di tecnologie e procedure rispondano in modo adeguato all'interesse legittimo dei soggetti interessati dello SPIS. I soggetti interessati e, ove opportuno, il pubblico sono consultati con ragionevole anticipo in merito a tali decisioni.
Articolo 5
Quadro per la gestione integrata dei rischi
1. Il gestore dello SPIS istituisce e mantiene un solido quadro per la gestione del rischio al fine di identificare, misurare, monitorare e gestire in modo integrato la gamma dei rischi insorti nello SPIS o quelli a cui il medesimo è esposto. Il quadro per la gestione del rischio è soggetto a revisione almeno con periodicità annuale. Il quadro per la gestione del rischio:
a)
comprende le politiche di tolleranza del rischio del gestore dello SPIS e strumenti adeguati di gestione del rischio;
b)
attribuisce competenze e responsabilità per le decisioni inerenti al rischio;
c)
disciplina il processo decisionale in situazioni di emergenza relative allo SPIS, compresi gli sviluppi nei mercati finanziari potenzialmente pregiudizievoli per la liquidità del mercato e per la stabilità del sistema finanziario negli Stati membri la cui moneta è l'euro in cui hanno sede il gestore dello SPIS o uno dei suoi partecipanti.
2. Il gestore dello SPIS incentiva i partecipanti e, se del caso, i loro clienti a gestire e limitare i rischi che essi possono determinare per lo SPIS o a cui questo li espone. Per quanto concerne i partecipanti tali incentivi comprendono un regime di sanzioni finanziarie efficaci, proporzionate e dissuasive e/o accordi di ripartizione delle perdite.
3. Il gestore dello SPIS rivede con periodicità almeno annuale i rischi rilevanti che genera nei confronti di altri soggetti o quelli in cui incorre per causa loro ivi compresi, tra gli altri, altre IFM, banche di regolamento, fornitori di liquidità e prestatori di servizi per effetto di interdipendenze. Il gestore dello SPIS sviluppa strumenti di gestione del rischio robusti e proporzionati al livello di rischio riscontrato.
4. Il gestore dello SPIS definisce le operazioni e servizi critici dello stesso SPIS. Il gestore dello SPIS individua specifici scenari che possano pregiudicarne la capacità di continuare a effettuare tali operazioni o prestare tali servizi e verifica l'efficacia di tutte le opzioni finalizzate al risanamento o, ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, a un'ordinata liquidazione. I servizi e le operazioni critiche dello SPIS sono rivisti con periodicità almeno annuale. Sulla base di tale valutazione, il gestore dello SPIS elabora un piano finalizzato al risanamento dello SPIS e, ad esclusione degli SPIS dell'Eurosistema, alla sua ordinata liquidazione. Il piano di risanamento e di ordinata liquidazione, tra l'altro, presenta in modo sintetico e concreto le principali strategie di risanamento e ordinata liquidazione, riafferma le operazioni e i servizi critici dello SPIS e descrive le misure necessarie ad attuare le principali strategie. Il gestore dello SPIS, se del caso, fornisce alle autorità rilevanti le informazioni necessarie ai fini del piano di risoluzione delle crisi. Il piano di risanamento e di ordinata liquidazione è soggetto a revisione con periodicità almeno annuale.
Articolo 6
Rischio di credito
1. Il gestore dello SPIS istituisce un solido quadro per misurare, monitorare e gestire le proprie esposizioni creditizie nei confronti dei partecipanti e quelle tra partecipanti originate dai processi di pagamento, compensazione e regolamento.
2. Il gestore dello SPIS individua tutte le fonti di rischio di credito. La misurazione e il monitoraggio delle esposizioni creditizie ha luogo nel corso dell'intera giornata, mediante l'utilizzo di informazioni tempestive e strumenti idonei di gestione del rischio.
3. Il gestore dello SPIS, ivi compreso quello che gestisce un sistema di regolamento netto differito (DNS) con garanzia di regolamento, che incorra in un'esposizione creditizia nei confronti dei propri partecipanti, copre detta esposizione nei confronti di ciascun partecipante mediante l'utilizzo di garanzie reali, fondi a garanzia, capitale (previa deduzione delle somme destinate a copertura del rischio di impresa) o altre risorse finanziarie equivalenti.
4. Il gestore dello SPIS, ivi compreso quello che gestisce un DNS senza garanzia di regolamento, ma i cui partecipanti siano esposti a rischi creditizi determinati da pagamenti, compensazioni e regolamenti effettuati nell'ambito dello SPIS, adotta regole o conclude accordi contrattuali con tali partecipanti. Le regole e gli accordi contrattuali assicurano che i partecipanti forniscano risorse sufficienti, nell'accezione di cui al paragrafo 3, a copertura dell'esposizione creditizia derivante dai processi di pagamento, compensazione e regolamento dello SPIS relativa ai due partecipanti che, insieme alle loro consociate, hanno la maggiore esposizione creditizia.
5. Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure per ovviare alle perdite dirette causate da inadempimenti delle rispettive obbligazioni nei confronti dello SPIS da parte di uno o più partecipanti. Tali regole e procedure disciplinano la ripartizione di perdite potenzialmente non garantite, incluso il rimborso di fondi presi in prestito da fornitori di liquidità. Queste includono le regole e le procedure adottate dal gestore dello SPIS per riportare le risorse finanziarie utilizzate dallo SPIS nel corso di un evento di stress al livello stabilito al paragrafo 3.
Articolo 7
Garanzie
1. Il gestore dello SPIS accetta in garanzia esclusivamente le seguenti attività: a) contante; e b) attività con basso rischio di credito di liquidità e di mercato, ad esempio attività per le quali il gestore dello SPIS, sulla base di un'adeguata verifica interna, possa comprovare all'autorità competente che sono soddisfatte le condizioni di seguito elencate:
i)
sono emesse da un emittente a basso rischio di credito;
ii)
sono liberamente trasferibili senza alcun vincolo giuridico o pretesa da parte terzi;
iii)
sono denominate in una valuta il cui rischio è gestito dal gestore dello SPIS;
iv)
dati affidabili relativi al loro prezzo sono pubblicati regolarmente;
v)
non sono altrimenti soggette al rischio di correlazione sfavorevole;
vi)
non sono emesse dal partecipante prestatore di garanzia né da un soggetto che fa parte dello stesso gruppo di detto partecipante, eccezion fatta per le obbligazioni garantite ed esclusivamente nel caso in cui le attività dell'aggregato di copertura siano adeguatamente segregate in un robusto quadro giuridico e soddisfino i requisiti indicati ai punti da i) a v).
Nel dar corso alla verifica interna di cui ai punti da i) a vi), il gestore dello SPIS definisce, documenta e applica una metodologia oggettiva.
2. Il gestore dello SPIS stabilisce e attua politiche e procedure per monitorare la qualità creditizia, la liquidità del mercato e la volatilità del prezzo di ciascuna delle attività accettate in garanzia. Il gestore dello SPIS monitora con regolarità e con periodicità almeno annuale l'adeguatezza delle proprie politiche e procedure di valutazione. Tale revisione è effettuata ogni qual volta si verifica un cambiamento rilevante che influenza l'esposizione al rischio dello SPIS. Il gestore dello SPIS verifica il valore di mercato delle proprie garanzie con periodicità almeno giornaliera.
3. Il gestore dello SPIS stabilisce scarti di garanzia stabili e prudenti, li sottopone a verifica con periodicità almeno annuale e tiene conto di condizioni di mercato critiche. Le procedure relative agli scarti di garanzia sono convalidate da personale diverso da quello che le ha formulate ed applicate con periodicità almeno annuale.
4. Il gestore dello SPIS adotta misure idonee ad evitare concentrazioni nella detenzione di talune attività ove queste pregiudichino in misura significativa la possibilità di liquidarle in modo rapido senza rilevanti effetti negativi sui prezzi.
5. Il gestore dello SPIS che accetta garanzie transfrontaliere individua e contiene i rischi associati al loro impiego e assicura che le garanzie transfrontaliere possano essere impiegate tempestivamente.
6. Il gestore dello SPIS utilizza un sistema di gestione delle garanzie efficace e flessibile sul piano operativo.
7. Il paragrafo 1 non si applica agli SPIS dell'Eurosistema.
Articolo 8
Rischio di liquidità
1. Il gestore dello SPIS definisce un quadro integrato per la gestione dei rischi di liquidità determinati dai partecipanti allo SPIS, dalle banche di regolamento, dagli agenti nostro, dalle banche depositarie, dai fornitori di liquidità e da altri soggetti significativi.
2. Il gestore dello SPIS predispone strumenti operativi ed analitici efficaci per identificare, misurare e monitorare in modo continuativo e tempestivo i flussi di regolamento e finanziamento, compreso l'uso di liquidità infragiornaliera.
3. Il gestore dello SPIS detiene o si assicura che i partecipanti detengano sempre liquidità sufficiente in tutte le valute nelle quali opera per effettuare regolamenti in giornata di obbligazioni di pagamento in un ampia gamma di scenari di stress potenziali. Se del caso, in tale ipotesi sono compresi regolamenti infragiornalieri e plurigiornalieri. Tali scenari di stress includono: a) un inadempimento, in condizioni di mercato estreme ma plausibili, del partecipante che insieme alle proprie consociate, detiene gli obblighi di pagamento aggregati di ammontare più elevato; e b) altri scenari in conformità con il paragrafo 11.
4. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti unilaterali in euro detiene, ovvero si assicura che i partecipanti detengano, liquidità sufficiente, in conformità con il paragrafo 3, a provvedere al regolamento tempestivo degli obblighi di pagamento in caso di inadempimento del partecipante che insieme alle proprie consociate, ha gli obblighi di pagamento aggregati di ammontare più elevato determinati in base al paragrafo 3, lettera a) in uno dei seguenti modi:
a)
in contante presso l'Eurosistema; ovvero
b)
in garanzie idonee come definite nel sistema di garanzie dell'Eurosistema stabilito dall'Indirizzo BCE/2011/14, del 20 settembre 2011, sugli strumenti e sulle procedure di politica monetaria dell'Eurosistema (5), in particolare se il gestore dello SPIS ha accesso alle operazioni dell'Eurosistema attivabili su iniziativa delle controparti.
5. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti unilaterali in euro detiene, o si assicura che i partecipanti detengano, liquidità sufficiente, in conformità con il paragrafo 3, lettera b), in uno dei modi definiti al paragrafo 4 ovvero presso una banca commerciale con adeguato merito di credito o in uno o più dei seguenti strumenti:
a)
linee di credito irrevocabili;
b)
swap in valuta predefiniti;
c)
pronti contro termine predefiniti;
d)
attività definite all'articolo 7, paragrafo 1, detenute da un depositario;
e)
investimenti che sono prontamente disponibili e convertibili in contante mediante accordi di finanziamento prestabiliti per il quali il gestore dello SPIS può dimostrare all'autorità competente, in base ad un'adeguata valutazione interna, che gli accordi di finanziamento sono altamente affidabili anche in condizioni di mercato estreme, ma plausibili.
Il gestore dello SPIS è pronto a fornire prova all'autorità competente, sulla base di un'adeguata valutazione interna, che la banca commerciale presenta un merito di credito adeguato.
6. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti bilaterali o pagamenti unilaterali in valute diverse dall'euro detiene, ovvero si assicura che i partecipanti detengano, risorse liquide, secondo quanto previsto dal paragrafo 3 con le modalità definite nel paragrafo 5.
7. Ove il gestore dello SPIS integri le risorse di cui al paragrafo 3 con altre attività, queste ultime devono essere presumibilmente negoziabili o accettabili in garanzia (ad esempio per linee di credito, swap o pronti contro termine) in base ad una valutazione condotta caso per caso in ipotesi di inadempimento, anche se ciò non possa essere predeterminato o con certezza o garantito in caso di condizioni di mercato estreme ma plausibili. Qualora un partecipante integri le risorse di cui al paragrafo 3 con altre attività, il gestore dello SPIS garantisce che tali attività rispettino i requisiti di cui al primo periodo. Le attività si presumono negoziabili o idonee a essere accettate a garanzia se il gestore dello SPIS ha tenuto conto delle norme e delle prassi della relativa banca centrale sull'idoneità delle garanzie.
8. Il gestore dello SPIS non deve presumere l'erogazione di credito d'urgenza da parte di autorità bancarie centrali.
9. Il gestore dello SPIS adopera la dovuta diligenza per verificare che ciascun fornitore di liquidità in favore dello SPIS ai sensi del paragrafo 3: a), disponga di informazioni sufficienti e aggiornate per comprendere e gestire i propri rischi di liquidità associati alla fornitura di contante o altre attività; e b) abbia la capacità di fornire contante o attività come richiesto. Il gestore dello SPIS verifica con periodicità almeno annuale la propria ottemperanza all'obbligo di dovuta diligenza. Sono accettati come fornitori di liquidità solo soggetti che hanno accesso al credito della banca centrale di emissione. Il gestore dello SPIS sottopone a regolare verifica le proprie procedure di accesso alle risorse liquide dello SPIS.
10. Il gestore dello SPIS avente accesso a conti, servizi di pagamento o servizi titoli offerti dalla banca centrale provvede a farne uso, ove possibile.
11. Il gestore dello SPIS determina mediante prove di stress rigorose il fabbisogno di contante e delle altre attività necessario a soddisfare gli obblighi di cui ai paragrafi 3 e 4. Tale fabbisogno è sottoposto a regolari verifiche considerando, tra l'altro, un'ampia gamma di scenari che includono:
a)
i picchi di volatilità dei prezzo delle predette attività registrati storicamente;
b)
variazioni di altri fattori di mercato inclusi, tra gli altri, determinanti dei prezzi e curve dei rendimenti;
c)
l'inadempimento di uno o più partecipanti nello stesso giorno o in giorni consecutivi;
d)
pressioni simultanee sui mercati monetari e finanziari;
e)
uno spettro di futuri scenari di stress in una varietà di condizioni di mercato estreme ma plausibili.
Tali scenari devono altresì tenere in considerazione l'architettura e le regole di funzionamento dello SPIS, esaminare tutti i soggetti che espongono lo SPIS a rilevanti rischi di liquidità inclusi tra gli altri, banche di regolamento, banche corrispondenti (agenti nostro), banche depositarie, fornitori di liquidità e IMF collegate e coprire, se del caso, periodi di più giorni.
12. Il gestore dello SPIS documenta le ragioni per le quali detiene un certo ammontare di contante e di altre attività mantenute presso di sé o di altri partecipanti e predispone adeguati meccanismi finalizzati alla loro gestione. Esso istituisce procedure chiare per segnalare al Consiglio l'esito delle prove di stress. Il gestore utilizza tali risultati per valutare l'adeguatezza del quadro per la gestione dei rischi di liquidità e per apportarvi modifiche.
13. Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure chiare per consentire allo SPIS di assicurare il regolamento stesso giorno di obblighi di pagamento e, se del caso, di provvedervi tempestivamente su base infragiornaliera o plurigiornaliera in caso di inadempimento di uno o più partecipanti. Tali regole e procedure:
a)
fronteggiano carenze di liquidità impreviste e potenzialmente non coperte;
b)
sono finalizzate ad evitare ricalcoli, revoche o ritardi nel regolamento in giornata di obblighi di pagamento;
c)
indicano le modalità per riportare il contante e le altre attività utilizzare dallo SPIS nel corso di un evento di stress al livello stabilito ai sensi dei paragrafi da 3 a 5.
Articolo 9
Regolamento definitivo
Il gestore dello SPIS stabilisce regole e procedure per consentire il regolamento definitivo non oltre la fine della giornata stabilita per il regolamento.
Articolo 10
Regolamento monetario
1. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti unilaterali in euro si assicura che il regolamento definitivo abbia corso in moneta di banca centrale.
2. Il gestore dello SPIS che regola pagamenti bilaterali o unilaterali in valute diverse dall'euro assicura che il regolamento definitivo abbia corso in moneta di banca centrale, ove tale opzione risulti praticabile e possibile.
3. Ove non sia utilizzata moneta di banca centrale, il gestore dello SPIS si assicura che i regolamenti monetari abbiano corso mediante l'utilizzo di un'attività con rischio di liquidità basso o nullo.
4. Ove il regolamento abbia corso in moneta di banca commerciale, il gestore dello SPIS monitora, gestisce e limita i rischi di liquidità e di credito che derivano dalle banche commerciali di regolamento. In particolare, il gestore dello SPIS stabilisce e monitora per le proprie banche di regolamento l'adesione a rigidi criteri che tengono conto, tra l'altro, del loro regime regolamentare e di vigilanza, merito di credito, capitalizzazione, accesso alla liquidità e affidabilità operativa. Il gestore dello SPIS monitora e gestisce altresì la concentrazione dell'esposizione di credito e di liquidità dello SPIS nei confronti delle banche di regolamento.
5. Se il gestore dello SPIS effettua il regolamento in moneta di banca commerciale mediante scritturazioni sui propri registri contabili, minimizza e monitora strettamente i propri rischi di credito e di liquidità.
6. Se il regolamento ha corso in moneta di banca commerciale, gli accordi del gestore dello SPIS con le banche commerciali di regolamento stabiliscono con chiarezza:
a)
quando avvengono i trasferimenti sui registri contabili delle singole banche di regolamento commerciale;
b)
che i trasferimenti, una volta effettuati, sono definitivi;
c)
che i fondi ricevuti sono trasferibili nel minor tempo possibile, come minimo entro la fine della giornata.
Articolo 11
Pagamento contro pagamento
Il gestore dello SPIS che utilizza un meccanismo di pagamento contro pagamento elimina il rischio di capitale assicurando che il regolamento definitivo di un'obbligazione abbia corso se e solo se ha corso il regolamento definitivo dell'altra obbligazione. Tale regola deve essere rispettata indipendentemente dalla circostanza che il regolamento avvenga su base lorda o netta e dal momento in cui si verifica la definitività.
Articolo 12
Regole e procedure sull'inadempienza dei partecipanti
1. Nelle regole e procedure dello SPIS il gestore stabilisce una definizione di inadempienza del partecipante che contempli, almeno, il mancato adempimento del partecipante ai propri obblighi finanziari alla relativa scadenza, in conseguenza, tra l'altro, di ragioni di carattere operativo, inadempimenti contrattuali o avvio di procedure di insolvenza nei suoi confronti. Il gestore dello SPIS distingue tra fattispecie di inadempienza di natura automatica e di natura discrezionale. In caso di fattispecie di inadempienza di natura discrezionale il gestore dello SPIS specifica il soggetto deputato a esercitare tale discrezionalità. Tale definizione è soggetta a revisione con periodicità almeno annuale.
2. Il gestore dello SPIS si dota di regole e procedure in materia di inadempienze che gli permettano di continuare ad adempiere ai propri obblighi in caso di inadempienza di un partecipante e che disciplinino la ricostituzione delle risorse a seguito di essa. Le regole e procedure definiscono, almeno, i seguenti elementi:
a)
le azioni che il gestore dello SPIS può intraprendere quanto si verifica un'inadempienza;
b)
se tali azioni siano automatiche o discrezionali e i mezzi mediante i quali tale discrezionalità è esercitata;
c)
i possibili cambiamenti nelle normali prassi di regolamento del gestore dello SPIS finalizzati ad assicurare il regolamento tempestivo;
d)
la gestione di pagamenti nelle diverse fasi di elaborazione;
e)
la sequenza probabile delle azioni;
f)
il ruolo, gli obblighi e le responsabilità delle parti interessate, ivi compresi i partecipanti non inadempienti;
g)
altri meccanismi da attivare per limitare l'impatto di un'inadempienza.
3. Il gestore dello SPIS è pronto a dare attuazione alle proprie regole e procedure in caso di inadempienze, ivi comprese le appropriate procedure discrezionali previste dalle proprie regole. Il gestore dello SPIS, provvede, tra l'altro: a) a munirsi della capacità operativa, ivi compresa una sufficiente dotazione di personale adeguatamente formato, necessaria ad attuare tempestivamente le procedure delineate al paragrafo 2; e b) a disciplinare nelle regole e procedure dello SPIS le necessità inerenti a documentazione, informazione e comunicazione e, ove risultino coinvolte più IFM o altre autorità, coordinamento.
4. Il gestore dello SPIS rende pubblici gli elementi essenziali delle regole e procedure delineate nel paragrafo 2, ivi compresi, almeno, i seguenti elementi:
a)
le circostanze nelle quali sono intraprese azioni;
b)
i soggetti preposti ad intraprenderle;
c)
l'ambito delle azioni da intraprendere;
d)
il meccanismo predisposto per regolare gli obblighi del gestore dello SPIS nei confronti dei partecipanti non inadempienti.
5. Il gestore dello SPIS provvede a verificare e rivedere le regole e procedure dello SPIS delineate al paragrafo 2 con periodicità almeno annuale o dopo ogni cambiamento rilevante apportato allo SPIS che incida su tali regole o procedure. I partecipanti allo SPIS e i soggetti interessati sono coinvolti dal gestore dello SPIS nel processo di verifica e revisione.
Articolo 13
Rischio di impresa
1. Il gestore dello SPIS stabilisce un solido sistema di controllo e gestione per identificare, monitorare e gestire i rischi di impresa, comprese perdite derivanti dalla inadeguata attuazione di strategie commerciali, flussi di cassa negativi o spese operative inattese o eccessive.
2. Il gestore dello SPIS detiene attività liquide nette finanziate da capitale proprio, ad esempio da azioni ordinarie, riserve dichiarate o altri utili non distribuiti, così da poter continuare ad operare e prestare servizi ove incorra in perdite di esercizio. L'ammontare di tali attività è determinato in base al profilo di rischio di impresa e dal lasso di tempo richiesto per attuare un risanamento o una liquidazione ordinata dei servizi e delle operazioni critiche una volta intraprese tali azioni.
3. Il gestore dello SPIS si dota di piani di risanamento attuabili e, eccezion fatta per gli SPIS dell'Eurosistema, di liquidazione ordinata.
4. Il gestore dello SPIS detiene attività liquide nette finanziate da capitale proprio sufficienti ad attuare il piano di cui al paragrafo 3. Il gestore dello SPIS detiene attività liquide nette finanziate da capitale proprio per un ammontare minimo pari alle spese operative correnti semestrali. Tali attività si aggiungono alle risorse detenute a copertura di inadempienze dei partecipanti o di altri rischi coperti ai sensi degli articoli 6 e 8. Al fine di evitare la duplicazione dei requisiti di solvibilità può esservi compreso il capitale proprio detenuto in base a requisiti patrimoniali internazionali basati sul rischio.
5. Le attività detenute a copertura del rischio di impresa sono sufficientemente liquide e di qualità elevata da assicurarne la tempestiva disponibilità. Il gestore dello SPIS deve essere in grado di realizzare tali attività con effetti negativi sul prezzo minimi o nulli, così da poter continuare ad operare in caso di perdite commerciali.
6. Il gestore dello SPIS elabora un piano attuabile per raccogliere capitale aggiuntivo ove il capitale proprio si avvicini o scenda al di sotto dei requisiti di cui al paragrafo 4. Il piano è presentato in Consiglio per l'approvazione ed è aggiornato con periodicità almeno annuale.
7. Agli SPIS dell'Eurosistema non si applicano il paragrafo 2 e quelli da 4 a 6.
Articolo 14
Custodia e rischi di investimento
1. Il gestore dello SPIS detiene le attività proprie e quelle dei suoi partecipanti presso soggetti vigilati e regolamentati (di seguito, «custodi») dotati di pratiche contabili, procedure di custodia e controlli interni che assicurino un'integrale protezione di tali attività contro il rischio di perdita in caso di insolvenza, negligenza, frode, cattiva amministrazione o errori contabili del custode o del subcustode.
2. Il gestore dello SPIS ha tempestivo accesso alle attività proprie e a quelle fornite dai partecipanti.
3. Il gestore dello SPIS valuta e apprezza la propria esposizione verso le banche depositarie tenendo conto dell'intero ambito delle relazioni intrattenute con ciascuna di esse.
4. Il gestore dello SPIS determina la propria strategia di investimento in modo coerente con la propria strategia globale di gestione del rischio e ne dà integrale comunicazione ai partecipanti. La strategia di investimento è soggetta revisione con periodicità almeno annuale.
5. Gli investimenti del gestore dello SPIS nel quadro della sua strategia di investimento sono garantiti da debitori di alto profilo o dalla possibilità di un'azione di rivalsa su questi ultimi. Il gestore dello SPIS definisce i criteri per individuare i debitori di alto profilo. Gli investimenti sono effettuati in strumenti con minimo rischio di credito, di mercato e di liquidità.
6. I paragrafi da 3 a 5 non si applicano agli SPIS dell'Eurosistema.
Articolo 15
Rischio operativo
1. Il gestore dello SPIS stabilisce un solido quadro con sistemi, politiche, procedure e controlli appropriate per identificare, monitorare e gestire i rischi operativi.
2. Il gestore dello SPIS si prefigge obiettivi in termini di livelli di servizio e di affidabilità operativa e adotta politiche preordinate a conseguirli. Tali obiettivi e politiche sono soggetti a revisione con periodicità almeno annuale.
3. Il gestore dello SPIS assicura che lo SPIS sia costantemente dotato di capacità scalabili per trattare incrementi nel numero dei pagamenti che si verifichino in occasione di eventi di stress e che sia capace di conseguire i suoi obiettivi in termini di livelli di servizio.
4. Il gestore dello SPIS definisce politiche globali per la sicurezza fisica e informativa tali da identificare, verificare e gestire in modo appropriato tutti i potenziali punti deboli e minacce. Tali politiche sono soggette a revisione con periodicità almeno annuale.
5. Il gestore dello SPIS elabora un piano di continuità operativa per fronteggiare eventi idonei a determinare un rilevante rischio di turbativa per l'operatività dello SPIS. Il piano include l'uso di un sito secondario ed è concepito per assicurare che i sistemi informatici critici possano riprendere a operare entro due ore da tali eventi. Il piano è concepito in modo che lo SPIS sia costantemente capace di regolare tutti i pagamenti dovuti entro la fine della giornata lavorativa nella quale il malfunzionamento si è verificato. Il gestore dello SPIS verifica il piano e lo sottopone a revisione con periodicità almeno annuale.
6. Il gestore dello SPIS identifica i partecipanti critici sulla base, in particolare, del numero dei pagamenti, del loro valore e del loro potenziale impatto su altri partecipanti e sullo SPIS nel suo insieme, in caso tali partecipanti incorrano in un problema operativo significativo.
7. Il gestore dello SPIS identifica, monitora e gestisce i rischi a cui i partecipanti critici, altre IMF e fornitori di servizi e utenze possono esporre l'operatività dello SPIS.
Articolo 16
Criteri di accesso e partecipazione
1. Il gestore dello SPIS stabilisce e divulga criteri di accesso e partecipazione ai servizi del SIPS non discriminatori per i partecipanti diretti e, se del caso, per quelli indiretti e per le altre IMF. Tali criteri sono soggetti a revisione con periodicità almeno annuale.
2. I criteri di accesso e partecipazione di cui al paragrafo 1 devono essere giustificati in termini di sicurezza ed efficienza dello SPIS e dei mercati serviti e adattati e commisurati ai rischi specifici dello SPIS. In osservanza del principio di proporzionalità, il gestore dello SPIS stabilisce requisiti che impongano restrizioni minime all'accesso. Se il gestore dello SPIS nega l'accesso a un soggetto, è tenuto a comunicare per iscritto le ragioni del diniego basate su un'analisi globale del rischio.
3. Il gestore dello SPIS verifica costantemente che i partecipanti rispettino i criteri di accesso e partecipazione allo SPIS. Esso stabilisce e divulga procedure non discriminatorie per agevolare la sospensione e la revoca ordinata del diritto di partecipazione di un partecipante ove questi non soddisfi i criteri di accesso e partecipazione. Tali procedure sono soggette a revisione con periodicità almeno annuale.
Articolo 17
Modalità di partecipazione a più livelli
1. Al fine della gestione del rischio, il gestore dello SPIS assicura che le regole, le procedure e gli accordi contrattuali dello SPIS gli consentano di raccogliere informazioni relative alla partecipazione indiretta al fine di identificare, monitorare gestire i rischi rilevanti per lo SPIS che derivano da tale partecipazione. Tali informazioni riguardano almeno gli aspetti di seguito indicati:
a)
la quota di attività svolta dai partecipanti diretti per conto di quelli indiretti;
b)
il numero di partecipanti indiretti che provvedono al regolamento tramite singoli partecipanti diretti;
c)
il volume o il valore dei pagamenti nello SPIS originati da ciascun partecipante indiretto;
d)
il volume o il valore dei pagamenti di cui al punto c) in rapporto a quelli del partecipante diretto mediante il quale il partecipante indiretto accede allo SPIS.
2. Il gestore dello SPIS individua interdipendenze significative tra partecipanti diretti ed indiretti suscettibili di influenzare lo SPIS.
3. Il gestore dello SPIS identifica i partecipanti indiretti che pongono rischi rilevanti per lo SPIS e i partecipanti diretti attraverso i quali essi accedono al sistema allo scopo di gestire tali rischi.
4. Il gestore dello SPIS sottopone a revisione i rischi determinati da meccanismi di partecipazione a più livelli con periodicità almeno annuale. Ove ciò si renda necessario per assicurare l'adeguata gestione dei rischi, esso intraprende azioni idonee a contenerli.
Articolo 18
Efficienza ed efficacia
1. Il gestore dello SPIS adotta un'apposita procedura per identificare e soddisfare le necessità dei mercati per i quali lo SPIS opera con particolare riguardo:
a)
alla scelta del meccanismo di compensazione e regolamento;
b)
alla struttura operativa;
c)
alla gamma dei prodotti compensati o regolati;
d)
all'utilizzo di tecnologie e procedure.
2. Il gestore dello SPIS si prefigge scopi e obiettivi chiaramente definiti, misurabili e conseguibili in aree quali quelle dei livelli minimi di servizio, delle aspettative inerenti alla gestione del rischio e alle priorità imprenditoriali.
3. Il gestore dello SPIS istituisce meccanismi per la regolare revisione, con periodicità almeno annuale, dei requisiti imposti dai paragrafi 1 e 2.
Articolo 19
Norme e procedure di comunicazione
Il gestore dello SPIS utilizza o consente l'uso di norme e procedure di comunicazione accettate a livello internazionale al fine di agevolare pagamenti, compensazioni, regolamenti e registrazioni efficienti.
Articolo 20
Comunicazione di regole, procedure principali e dati di mercato
1. Il gestore dello SPIS adotta regole e procedure chiare ed esaurienti e le comunica in forma integrale ai partecipanti. Le regole e le procedure principali sono altresì rese pubbliche.
2. Il gestore dello SPIS fornisce una chiara descrizione della struttura e delle operazioni del sistema oltre che dei diritti e obblighi del gestore dello SPIS e dei partecipanti, per consentire a questi ultimi di valutare i rischi in cui possono incorrere partecipando allo SPIS:
3. Il gestore dello SPIS fornisce tutta la documentazione e la formazione necessaria e adeguata per agevolare la comprensione da parte dei partecipanti delle regole e delle procedure dello SPIS e dei rischi cui questi si espongono in conseguenza della partecipazione.
4. Il gestore dello SPIS pubblica le tariffe dello SPIS per i singoli servizi offerti nonché le proprie politiche di sconti. Il gestore dello SPIS fornisce una descrizione chiara dei servizi a pagamento a fini della loro comparazione.
5. Il gestore dello SPIS compila e pubblica le risposte al quadro informativo CPSS-IOSCO per le infrastrutture dei mercati finanziari. Esso aggiorna le sue risposte a seguito di cambiamenti rilevanti apportati al sistema o al contesto nel quale opera e, comunque, con periodicità almeno biennale. Inoltre, il gestore dello SPIS divulga almeno le informazioni essenziali relative al numero e al valore delle operazioni.
Articolo 21
Comunicazione alle autorità competenti
L'autorità competente ha diritto di ottenere dal gestore dello SPIS tutte le informazioni e la documentazione necessarie per verificare la conformità ai requisiti imposti dal presente regolamento. Il gestore dello SPIS comunica le informazioni specifiche all'autorità competente.
Articolo 22
Misure correttive
1. Ove il gestore dello SPIS non osservi il presente regolamento, l'autorità competente:
a)
informa il gestore dello SPIS della natura dell'inosservanza; e
b)
offre al gestore dello SPIS l'opportunità di essere sentito e fornire spiegazioni.
2. Sulla base delle informazioni fornite dal gestore dello SPIS, l'autorità competente può ordinargli di attuare specifiche misure correttive al fine di rimediare all'inosservanza e/o evitare che questa si ripeta.
3. L'autorità competente può immediatamente imporre misure correttive ove riscontri, con parere motivato, che l'inosservanza è di gravità tale da richiedere l'adozione di provvedimenti immediati.
4. L'autorità competente informa immediatamente la BCE delle misure correttive imposte al gestore dello SPIS.
5. Misure correttive possono essere imposte indipendentemente o congiuntamente alle sanzioni di cui al regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (6).
Articolo 23
Sanzioni
In caso di violazione del presente regolamento, la BCE irroga sanzioni in conformità al regolamento (CE) n. 2532/98 e del Regolamento (CE) n. 2157/1999 della Banca centrale europea, del 23 settembre 1999, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni (BCE/1999/4) (7). La BCE pubblica una nota sulla metodologia per il calcolo dell'importo delle sanzioni.
Articolo 24
Riesame
Il Consiglio direttivo riesamina l'applicazione generale del presente regolamento non oltre i due anni successivi alla data in cui esso entra in vigore e, successivamente, ogni due anni, e valuta la necessità di introdurre delle modifiche.
Articolo 25
Disposizioni finali
1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. Entro un anno dalla notifica della decisione del Consiglio direttivo ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, i gestori di SPIS si adeguano ai requisiti imposti dal presente regolamento.
3. Il presente regolamento è vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, conformemente ai Trattati.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 3 luglio 2014
Per il Consiglio direttivo della BCE
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) Reperibile sul sito della BRI all'indirizzo www.bis.org.
(2) Reperibile sul sito della BRI all'indirizzo www.bis.org.
(3) GU L 30 del 30.1.2013, pag. 1.
(4) GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 45.
(5) GU L 331 del 14.12.2011, pag. 1.
(6) GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.
(7) GU L 264, 12.10.1999, pag. 21.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sistemi di pagamento di importanza sistemica (SPIS)
QUALI SONO GLI SCOPI DEL REGOLAMENTO E DELLE DECISIONI?
Il regolamento (UE) n. 795/2014 stabilisce i requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (SPIS). La decisione (UE) 2019/1349 stabilisce le procedure e le condizioni per l’esercizio da parte delle autorità competenti di determinati poteri di esecuzione in materia di sorveglianza degli SPIS. La decisione (UE) 2017/2098 stabilisce gli aspetti procedurali relativi all’imposizione di misure correttive in caso di inosservanza del regolamento (UE) n. 795/2014. La decisione (UE) 2017/2097 stabilisce la metodologia di calcolo delle sanzioni per violazioni dei requisiti di sorveglianza per gli SPIS.
PUNTI CHIAVE
Ai sensi del regolamento (UE) n. 795/2014, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) adotta decisioni motivate che identificano quali sistemi di pagamento* si qualificano come SPIS. Il processo per identificare un sistema di pagamento come SPIS è chiaramente delineato. La BCE effettua un esercizio di revisione e di identificazione su base annuale e l’elenco degli SPIS viene riportato sul sito web della BCE.
Un sistema di pagamento è identificato come SPIS se:può essere notificato come sistema ai sensi della direttiva 98/26/CE relativa ai sistemi di pagamento e di regolamento titoli (cfr. sintesi); soddisfa determinati criteri quantitativi nell’arco di un anno civile.Inoltre, in casi eccezionali, il Consiglio direttivo della BCE può identificare uno SPIS sulla base di una sentenza valida e motivata.
I gestori dello SPIS* sono tenuti a:garantire che i quadri giuridici in cui operano offrano un elevato grado di certezza per le loro attività; avere obiettivi documentati che privilegino la sicurezza e l’efficienza del loro sistema; disporre di meccanismi di governance efficaci e documentati; garantire ruoli e responsabilità chiaramente definiti per i loro consigli di amministrazione o di vigilanza. La composizione dei consigli di amministrazione e la loro gestione assicura l’integrità e un’adeguata combinazione di competenze tecniche, conoscenze ed esperienze sia degli SPIS che dei mercati finanziari in generale.I gestori dello SPIS devono:stabilire e mantenere un quadro solido per individuare, misurare, monitorare e gestire in modo completo i rischi, compreso il rischio di liquidità o di credito e i rischi commerciali generali o operativi che possono sorgere; accettare come garanzia solo contante o attività con basso rischio di credito di liquidità e di mercato che soddisfano determinate condizioni; applicare norme e procedure per:garantire che il regolamento definitivo avvenga in moneta di banca centrale o in attività con un rischio di credito e di liquidità basso o nullo, entro la data di scadenza;consentire loro di continuare a rispettare i loro obblighi in caso di inadempienza di un partecipante;stabilire procedure per garantire il regolamento monetario; stabilire procedure per garantire il regolamento monetario; detenere attività proprie e dei partecipanti presso soggetti vigilati e regolamentati (noti come «custodi») che sono competenti a proteggere pienamente tali attività; determinare la propria strategia di investimento, garantita da debitori* di alto profilo; stabilire e divulgare criteri di accesso e partecipazione ai propri servizi che non siano discriminatori e siano sottoposti a revisione annuale; disporre di un processo per individuare e soddisfare le esigenze dei mercati che servono; adottare norme e procedure chiare e complete che siano pienamente comunicate ai partecipanti.Qualora un gestore dello SPIS non abbia rispettato il regolamento, l’autorità competente* può imporre misure correttive e/o la BCE può imporre sanzioni. Le decisioni (UE) 2017/2098 e (UE) 2017/2097 forniscono il quadro a tal fine.
Ai sensi della decisione (UE) 2019/1349 della BCE, le autorità competenti possono:richiedere ai gestori dello SPIS di:fornire tutte le informazioni e i documenti necessari per garantire il rispetto della regolamentazione o il buon funzionamento del sistema di pagamento;nominare un esperto indipendente per indagare o riesaminare il funzionamento dello SPIS; effettuare una sorveglianza continua e/o caso per caso per garantire che i gestori dello SPIS rispettino tutti i requisiti; cooperare con altre autorità al fine di esercitare le competenze previste dalla decisione.Ai sensi della decisione (UE) 2017/2098, l’autorità competente può imporre misure correttive a un gestore dello SIPS per inosservanza del regolamento (UE) n. 795/2014. La decisione definisce gli aspetti procedurali pertinenti al riguardo. La mancata attuazione delle misure correttive da parte del gestore dello SPIS può comportare l’imposizione di una sanzione da parte della BCE.
La decisione (UE) 2017/2097 stabilisce la metodologia che la BCE deve seguire per calcolare l’importo delle sanzioni da imporre al gestore dello SPIS in caso di violazione del regolamento (UE) n. 795/2014. Tale decisione fissa l’importo di base come 50 % della somma dei seguenti importi:1 % del fatturato; 0,0001 % del valore dei pagamenti trattati.La decisione fissa inoltre i limiti all’importo delle sanzioni e alla durata delle penalità di mora da imporre.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO IL REGOLAMENTO E LE DECISIONI?
Il regolamento (UE) n. 795/2014 si applica dal 12 agosto 2014. La decisione (UE) 2019/1349 è in vigore dal 5 settembre 2019. La decisione (UE) 2017/2098 e la decisione (UE) 2017/2097 si applicano dal 6 dicembre 2017.Da allora sono state modificate per tener conto degli sviluppi.
CONTESTO
I sistemi di pagamento svolgono un ruolo importante nella stabilità e nell’efficienza del settore finanziario e dell’economia dell’area euro nel suo complesso. In gran parte invisibili, garantiscono il flusso sicuro dei pagamenti elettronici dal pagatore al beneficiario e tra istituti finanziari. Garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento è uno dei compiti statutari dell’Eurosistema. In base ai principi generali per le infrastrutture dei mercati finanziari, gli SPIS dovrebbero essere soggetti a un controllo efficace perché potrebbero potenzialmente innescare rischi sistemici* se non sono sufficientemente protetti contro i rischi ai quali sono esposti. Inoltre, le autorità competenti hanno bisogno di poteri e risorse sufficienti per svolgere i rispettivi compiti, anche adottando misure correttive. La BCE ritiene che un sistema di pagamento sia di importanza sistemica qualora l’interruzione all’interno di esso sia in grado di provocare perturbazioni tra i partecipanti o più in generale nel sistema finanziario. Oltre a una manciata di sistemi di pagamento di importanza sistemica, nell’area euro vi sono 38 sistemi non di importanza sistemica. Per maggiori informazioni, si veda:Sistemi di pagamento (Banca centrale europea)Metodologia di valutazione riveduta dell’Eurosistema per i sistemi di pagamento (Banca centrale europea).
TERMINI CHIAVE
Sistema di pagamento: accordo formale tra tre o più partecipanti con regole comuni e procedure standardizzate per l’esecuzione di ordini di trasferimento tra i partecipanti.
Gestore dello SPIS: l’entità giuridica responsabile della gestione dello SPIS.
Debitore: persona che deve o assume un obbligo contrattuale ad un altro.
Autorità competente: la Banca centrale europea o una banca centrale nazionale dell’Eurosistema responsabile in via principale della sorveglianza.
Rischio sistemico: il rischio che un partecipante o il gestore dello SPIS non adempia ai rispettivi obblighi in uno SPIS farà sì che altri partecipanti e/o il gestore dello SPIS non sia in grado di adempiere ai propri obblighi al momento della scadenza, con potenziali effetti di ricaduta che minacciano la stabilità o la fiducia nel sistema finanziario.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento della Banca centrale europea (UE) n. 795/2014, del 3 luglio 2014, sui requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (BCE/2014/28) (GU L 217 del 23.7.2014, pag. 16).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 795/2014 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (UE) 2019/1349 della Banca centrale europea, del 26 luglio 2019, relativa alla procedura e alle condizioni per l’esercizio da parte di un’autorità competente di determinati poteri in materia di sorveglianza dei sistemi di pagamento di importanza sistemica (BCE/2019/25) (GU L 214 del 16.8.2019, pag. 16).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (UE) 2017/2098 della Banca centrale europea, del 3 novembre 2017, su aspetti procedurali relativi all’imposizione di misure correttive in caso di inosservanza del regolamento (UE) n. 795/2014 (BCE/2017/33) (GU L 299 del 16.11.2017, pag. 34).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (UE) 2017/2097 della Banca centrale europea, del 3 novembre 2017, sulla metodologia di calcolo delle sanzioni per violazioni dei requisiti di sorveglianza per i sistemi di pagamento di importanza sistemica (BCE/2017/35) (GU L 299 del 16.11.2017, pag. 31).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e nei sistemi di regolamento titoli (GU L 166 dell’11.6.1998, pag. 45).
Si veda la versione consolidata. |
Gioco d'azzardo online: tutelare i consumatori, i giocatori e i bambini
La presente raccomandazione della Commissione europea sui servizi di gioco d'azzardo online incoraggia i paesi dell'UE ad adottare alcuni principi in relazione alla pubblicità e le sponsorizzazioni di questi servizi. Tali principi dovrebbero proteggere le persone dai danni che possono derivare da un gioco d'azzardo eccessivo o compulsivo, sia per la loro salute che per le loro finanze.
ATTO
Raccomandazione della Commissione 2014/478/UE, del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo online e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo online. (GU L 214 del 19.7.2014, pag. 38)
SINTESI
La presente raccomandazione della Commissione europea sui servizi di gioco d'azzardo online incoraggia i paesi dell'UE ad adottare alcuni principi in relazione alla pubblicità e le sponsorizzazioni di questi servizi. Tali principi dovrebbero proteggere le persone dai danni che possono derivare da un gioco d'azzardo eccessivo o compulsivo, sia per la loro salute che per le loro finanze.
COSA FA QUESTA RACCOMANDAZIONE?
Questa raccomandazione mira a proteggere i consumatori, i giocatori e i bambini dai rischi connessi con il gioco d'azzardo online. Si propone di mobilitare i paesi dell'Unione europea (UE) e, attraverso di loro, altri soggetti come gli operatori di gioco d'azzardo online ad assumersi le proprie responsabilità e a garantire elevati standard di tutela dei consumatori in questo settore in rapida crescita.
PUNTI CHIAVE
Obblighi di informazione
Assicurarsi che i consumatori siano consapevoli e informati dei rischi connessi con il gioco d'azzardo, sia per quanto riguarda i siti Internet di gioco d'azzardo, sia per quanto riguarda la pubblicità.
Minori e bambini
Non dovrebbero avere la possibilità di giocare d'azzardo online.
Sono necessarie regole per ridurre al minimo la loro esposizione alla pubblicità o alla promozione di servizi di gioco d'azzardo.
Processo di registrazione
Per aprire un conto, i giocatori devono fornire i propri dati di identità e l'età. Tali informazioni devono essere controllate dagli operatori.
Assistenza ai giocatori
Strumenti che permettono ai giocatori di tenere sotto controllo il loro gioco (ad esempio, informazioni su quanto stanno vincendo/perdendo mentre giocano, fissazione di limiti di spesa ecc.).
Facile accesso ai numeri di emergenza per ricevere una consulenza sul loro comportamento di gioco.
Formazione per i dipendenti degli operatori di gioco d'azzardo online per assicurare che comprendano le problematiche connesse con il gioco d'azzardo e reagiscano in modo adeguato nei contatti con i giocatori.
Pubblicità/Promozione
Deve essere non ambigua, socialmente responsabile e trasparente.
QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE?
La raccomandazione è stata adottata il 14 luglio 2014. I paesi dell'UE sono invitati a comunicare alla Commissione le misure adottate ai sensi della raccomandazione entro il 19 gennaio 2016. La Commissione dovrà valutarne l'attuazione entro il 19 gennaio 2017.
CONTESTO
Il gioco d'azzardo online nell'UE è soggetto a molteplici normative nazionali (o, in alcuni casi, a nessuna normativa). Poiché i paesi dell'UE devono affrontare sfide simili e il gioco d'azzardo online ha spesso una dimensione transfrontaliera, affrontare la questione insieme a livello unionale assume un forte significato. Nel 2012, la Commissione ha adottato un piano d'azione sul gioco d'azzardo online che ha preannunciato questa raccomandazione.
Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della direzione generale per il Mercato interno della Commissione.
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d'azzardo online [COM(2012) 596 final del 23.10.2012]. | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 14 luglio 2014
sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo on line e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo on line
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2014/478/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Nel 2011 la Commissione ha tenuto una consultazione pubblica sul suo «Libro verde sul gioco d'azzardo on line nel mercato interno» (1), che ha individuato gli obiettivi comuni degli Stati membri riguardo alla regolamentazione dei servizi di gioco d'azzardo on line e ha contribuito a individuare i principali settori in cui l'Unione europea deve intervenire in via prioritaria.
(2)
Nella sua comunicazione «Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d'azzardo on line», adottata il 23 ottobre 2012 (2), la Commissione ha proposto una serie di azioni che cercano di rispondere ai problemi di ordine normativo, sociale e tecnologico legati al gioco d'azzardo on line. In particolare, la Commissione ha annunciato che avrebbe presentato raccomandazioni sulla tutela dei consumatori nel campo dei servizi di gioco d'azzardo on line, compresa la tutela dei minori, e sulla comunicazione commerciale responsabile dei servizi di gioco d'azzardo on line. La presente raccomandazione è intesa a riunire i due argomenti, a migliorare la tutela dei consumatori, dei giocatori e dei minori e ad evitare che i minori abbiano accesso al gioco d'azzardo on line. Essa mira a garantire che il gioco d'azzardo resti una fonte di intrattenimento, che ai consumatori sia garantito un ambiente di gioco sicuro e che siano previste misure per far fronte al rischio di danni finanziari o sociali e per intraprendere le azioni necessarie per impedire ai minori di accedere al gioco d'azzardo on line.
(3)
Nella sua risoluzione del 10 settembre 2013 sul gioco d'azzardo on line nel mercato interno, il Parlamento europeo (3) ha invitato la Commissione a esplorare la possibilità di interoperabilità tra registri nazionali di autoesclusione, a introdurre misure di sensibilizzazione sui rischi di dipendenza dal gioco d'azzardo e a prendere in considerazione l'attuazione di controlli obbligatori dell'identificazione da parte di terzi. Il Parlamento europeo ha anche chiesto di imporre agli operatori di gioco d'azzardo l'obbligo di fornire sui siti Internet di gioco d'azzardo informazioni sulle autorità di regolamentazione e avvisi per i minori, nonché di promuovere l'utilizzo di autolimitazioni. Inoltre, il Parlamento europeo ha chiesto di definire principi comuni per comunicazioni commerciali responsabili, raccomandando che le comunicazioni commerciali contengano informazioni chiare in merito alle conseguenze del gioco d'azzardo compulsivo e ai rischi di dipendenza. Le comunicazioni commerciali non dovrebbero essere eccessive né comparire all'interno di contenuti destinati specificamente ai minori o dove vi è un elevato rischio di raggiungere i minori.
(4)
Anche il Comitato economico e sociale europeo ha chiesto alla Commissione di intervenire per migliorare la tutela dei consumatori riguardo al gioco d'azzardo on line e per tutelare i minori (4).
(5)
In assenza di armonizzazione a livello di Unione europea, in via di principio gli Stati membri sono liberi di definire gli obiettivi delle rispettive politiche sui giochi di sorte e di fissare il livello di tutela che intendono offrire allo scopo di proteggere la salute dei consumatori. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha fornito orientamenti generali sull'interpretazione delle libertà fondamentali del mercato interno nel settore del gioco d'azzardo (on line), tenendo conto della specificità delle attività di gioco. Pur potendo restringere o limitare l'offerta transnazionale di servizi di gioco d'azzardo on line sulla base degli obiettivi di interesse generale che cercano di proteggere, gli Stati membri sono tuttavia tenuti a dimostrare l'opportunità e la necessità delle misure restrittive. Essi hanno infatti il dovere di dimostrare che gli obiettivi di interesse generale sono perseguiti in modo coerente e sistematico (5).
(6)
La Corte di giustizia dell'Unione europea ha anche stabilito norme di base per le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo e, in particolare, su quelli forniti in condizioni di monopolio. La pubblicità effettuata dal titolare di un monopolio pubblico deve essere contenuta e strettamente limitata a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate. Tale pubblicità non può avere lo scopo di incoraggiare la naturale propensione al gioco dei consumatori stimolando la loro partecipazione attiva al medesimo, ad esempio banalizzando il gioco o aumentandone l'attrattività attraverso messaggi pubblicitari accattivanti che facciano balenare la prospettiva di vincite ragguardevoli. In particolare, dovrebbe essere operata una distinzione tra le strategie del titolare di un monopolio unicamente intese ad informare potenziali clienti circa l'esistenza di prodotti e a garantire un accesso regolare ai giochi d'azzardo in circuiti controllati, e le strategie che invitano e sollecitano una partecipazione attiva a tali giochi (6).
(7)
La tutela dei consumatori e della salute sono i principali obiettivi di interesse generale degli Stati membri nel contesto dei rispettivi quadri nazionali per il gioco d'azzardo intesi a promuovere la prevenzione di problematiche legate al gioco d'azzardo e la tutela dei minori.
(8)
Le norme e le politiche introdotte dagli Stati membri per perseguire obiettivi di interesse pubblico variano in misura considerevole. L'intervento a livello UE incoraggia gli Stati membri a garantire un elevato livello di protezione in tutta l'UE, in particolare alla luce dei rischi associati al gioco d'azzardo che comprendono lo sviluppo di patologie legate al gioco d'azzardo o altre conseguenze negative sul piano personale e sociale.
(9)
Lo scopo della presente raccomandazione è salvaguardare la salute dei consumatori e dei giocatori, e quindi anche ridurre al minimo eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo. A tale fine, raccomanda principi per realizzare un elevato livello di protezione di consumatori, giocatori e minori in relazione ai servizi di gioco d'azzardo on line. Per elaborare la presente raccomandazione, la Commissione si è ispirata alle buone pratiche seguite negli Stati membri.
(10)
I servizi di gioco d'azzardo on line sono ampiamente offerti e utilizzati. Nel 2012 essi hanno realizzato proventi per 10,54 miliardi di EUR. Gli sviluppi tecnologici, l'aumento della disponibilità di Internet e la comodità delle tecnologie mobili favoriscono l'accessibilità e la crescita del gioco d'azzardo on line. È tuttavia possibile quando le informazioni non siano sufficientemente chiare o trasparenti, operare scelte disinformate. Inoltre, quando percepiscono la mancanza di offerte allettanti, i giocatori on line ricercano opportunità di gioco alternative.
(11)
Esistono numerosi mezzi d'informazione che contribuiscono all'esposizione alle comunicazioni commerciali relative al gioco d'azzardo, come ad esempio la stampa, la posta diretta, i mezzi audiovisivi, la pubblicità esterna e le sponsorizzazioni. La conseguenza può essere che gruppi vulnerabili come i minori siano attratti dal gioco d'azzardo. Nel contempo, le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell'orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate, ad esempio fornendo l'identità dell'operatore e dando informazioni corrette sul gioco d'azzardo, compresi i rischi delle problematiche ad esso legate, nonché messaggi di avvertimento.
(12)
Alcune persone dedite al gioco d'azzardo possono avere problemi dovuti al loro comportamento, arrivando al punto di compromettere i rapporti personali o familiari, mentre altre possono subire danni molto gravi causati dal gioco d'azzardo patologico. Si stima che una percentuale compresa tra lo 0,1 % e lo 0,8 % della popolazione adulta generale soffra di una patologia legata al gioco d'azzardo e che un'ulteriore percentuale compresa tra lo 0,1 % e il 2,2 % presenti un coinvolgimento nel gioco d'azzardo potenzialmente problematico (7). Pertanto, sono necessarie misure preventive per garantire che i servizi di gioco d'azzardo on line siano offerti e promossi in modo socialmente responsabile, in particolare affinché il gioco d'azzardo resti una fonte di divertimento e di attività ricreativa.
(13)
I minori sono frequentemente esposti al gioco d'azzardo attraverso Internet, attraverso applicazioni per telefoni cellulari e mezzi d'informazione che riportano messaggi pubblicitari sul gioco d'azzardo e attraverso forme di pubblicità esterna. Inoltre, i minori assistono a gare sportive sponsorizzate da società legate al gioco d'azzardo o che propongono pubblicità che rimandano ad attività di gioco d'azzardo. Pertanto, la presente raccomandazione è anche intesa a impedire che i minori siano danneggiati o sfruttati dal gioco d'azzardo.
(14)
Sempre più spesso, gli operatori di gioco d'azzardo on line stabiliti nell'Unione sono intestatari di una molteplicità di licenze in diversi Stati membri che per il gioco d'azzardo hanno scelto sistemi basati sulle licenze. Potrebbero trarre vantaggio da un approccio più comune a livello di Unione. Inoltre, il moltiplicarsi dei requisiti di conformità può creare un'inutile duplicazione delle infrastrutture e dei costi per obiettivi essenzialmente simili, con il risultato di oneri amministrativi superflui per le autorità di regolamentazione.
(15)
È opportuno invitare gli Stati membri a definire norme sulle informazioni da fornire ai consumatori riguardo al gioco d'azzardo on line. Tali norme dovrebbero prevenire lo sviluppo di patologie legate al gioco d'azzardo, evitare che i minori abbiano accesso ai locali di gioco d'azzardo e distogliere i consumatori dalle offerte non permesse e quindi potenzialmente dannose.
(16)
Ove opportuno, i principi della presente raccomandazione dovrebbero valere non solo per gli operatori, ma anche per i terzi, compresi i cosiddetti "affiliati", che sono autorizzati a promuovere i servizi di gioco d'azzardo on line per conto dell'operatore.
(17)
È opportuno informare in maniera più adeguata i consumatori e i giocatori sull'esistenza di servizi di gioco d'azzardo on line che, secondo il diritto dell'Unione, non sono permessi dalla legge dello Stato membro in cui si riceve il servizio di gioco d'azzardo on line, nonché agire contro detti servizi. In questo contesto, gli Stati membri che non permettono uno specifico servizio di gioco d'azzardo on line non dovrebbero permettere le comunicazioni commerciali intese a promuovere tale servizio.
(18)
La procedura di registrazione per aprire un conto di gioco serve ad accertare l'identità della persona e a consentire di tenere traccia del comportamento del giocatore. È essenziale che la registrazione sia concepita in modo tale da impedire ai consumatori anche di eludere la procedura e di accedere a siti Internet di gioco d'azzardo non regolamentati.
(19)
Sebbene la procedura di registrazione non sia uniforme in tutti gli Stati membri, prevedendo talvolta fasi off-line o manuali nel processo di verifica, gli Stati membri dovrebbero comunque garantire che i dati di identificazione possano essere efficacemente controllati per facilitare il completamento della procedura di registrazione.
(20)
È importante che i conti di gioco diventino permanenti solo dopo la convalida dei dati identificativi forniti dai giocatori. È auspicabile che ai giocatori sia consentito, prima che il conto diventi permanente, di utilizzare conti temporanei. Data la loro natura, i conti temporanei dovrebbero avere un valore nominale fisso e i giocatori non dovrebbero avere la possibilità di ritirare i depositi o le vincite.
(21)
Al fine di tutelare i giocatori e i loro fondi e di garantire la trasparenza, dovrebbero essere previste procedure per la verifica dei conti di gioco che non sono stati attivi per un determinato periodo di tempo e per la chiusura o la sospensione di un conto di gioco. Inoltre, qualora il giocatore risultasse minore, il conto di gioco dovrebbe essere annullato.
(22)
Riguardo agli avvisi informativi, se del caso, durante la sessione di gioco dovrebbe essere visibilmente proposta al giocatore la possibilità di utilizzare un timer.
(23)
In merito all'assistenza ai giocatori, oltre a fissare limiti per i depositi, potrebbero essere previste altre misure di tutela, come la possibilità di stabilire limiti per le puntate o le perdite.
(24)
Al fine di prevenire lo sviluppo di una patologia legata al gioco d'azzardo, in caso di comportamento di gioco non abituale, un operatore dovrebbe avere la possibilità di indicare al giocatore di fare una pausa o di escluderlo. In tali circostanze, l'operatore dovrebbe comunicare i motivi al giocatore e aiutarlo a ricevere assistenza o cure.
(25)
Gli operatori sono importanti sponsor di squadre ed eventi sportivi in Europa. Per rendere i fornitori di servizi di gioco d'azzardo on line più responsabili nelle sponsorizzazioni, le prescrizioni in materia dovrebbero chiarire che le sponsorizzazioni devono essere trasparenti ed effettuate in modo responsabile. In particolare, dovrebbero essere stabilite prescrizioni più chiare per evitare che le sponsorizzazioni degli operatori di gioco d'azzardo abbiano effetti negativi sui minori.
(26)
È inoltre necessario sensibilizzare i consumatori sui rischi intrinseci dei siti Internet di gioco d'azzardo correnti, come ad esempio la frode, che eludono qualsiasi forma di controllo a livello di Unione.
(27)
È necessaria un'efficace vigilanza per garantire un'adeguata tutela degli obiettivi di interesse pubblico. Gli Stati membri dovrebbero designare autorità competenti, stabilire orientamenti chiari per gli operatori e fornire informazioni facilmente accessibili per i consumatori, i giocatori e i gruppi vulnerabili, compresi i minori.
(28)
I codici di condotta possono svolgere un ruolo importante ai fini dell'efficacia dell'applicazione, e del controllo, dei principi sulle comunicazioni commerciali enunciati nella presente raccomandazione.
(29)
La presente raccomandazione lascia impregiudicate la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e la direttiva 93/13/CEE del Consiglio (9).
(30)
L'applicazione dei principi stabiliti nella presente raccomandazione implica il trattamento di dati personali. Sono pertanto applicabili la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11),
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
I. SCOPO
1.
Si raccomanda agli Stati membri di adottare principi per i servizi di gioco d'azzardo on line e per le comunicazioni commerciali responsabili relative a tali servizi, allo scopo di garantire ai consumatori, ai giocatori ed ai minori un elevato livello di tutela, inteso a salvaguardare la salute e a ridurre al minimo gli eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo.
2.
La presente raccomandazione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di regolamentare i servizi di gioco d'azzardo.
II. DEFINIZIONI
3.
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a) «servizio di gioco d'azzardo on line»: un servizio che implichi una posta pecuniaria in giochi di sorte, compresi quelli con un elemento di abilità, come le lotterie, i giochi da casinò, il poker e le scommesse, che venga fornito con qualsiasi mezzo a distanza, mediante strumenti elettronici o altra tecnologia che faciliti la comunicazione e su richiesta individuale di un destinatario di servizi;
b) «consumatore»: qualsiasi persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della propria attività commerciale o professionale;
c) «giocatore»: qualsiasi persona fisica che è titolare di un conto di gioco presso l'operatore e partecipa al servizio di gioco d'azzardo on line;
d) «conto di gioco»: il conto aperto dal giocatore in cui sono registrate tutte le transazioni con l'operatore;
e) «minore»: qualsiasi persona di età inferiore a quella minima stabilita, conformemente al diritto nazionale applicabile, per partecipare a un servizio di gioco d'azzardo on line;
f) «operatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica alla quale sia permesso di fornire un servizio di gioco d'azzardo on line e chiunque agisca in nome o per conto di tale persona;
g) «comunicazione commerciale»: qualsiasi forma di comunicazione intesa a promuovere, direttamente o indirettamente, i prodotti, i servizi o l'immagine di un operatore;
h) «sponsorizzazione»: un rapporto contrattuale tra un operatore e una parte sponsorizzata in base al quale l'operatore fornisce finanziamenti o altro sostegno per eventi, organizzazioni, squadre o singoli in campo sportivo o artistico allo scopo di creare un'associazione tra l'immagine, i marchi o i prodotti dell'operatore e l'oggetto sponsorizzato, in cambio di comunicazioni commerciali o altri vantaggi.
III. PRESCRIZIONI RELATIVE ALLE INFORMAZIONI
4.
Le seguenti informazioni dovrebbero essere ben visibili sulla pagina di destinazione (landing page) del sito Internet dell'operatore di gioco d'azzardo e accessibili da tutte le pagine di detto sito:
a)
i dati della società o altre informazioni che garantiscano che l'operatore è identificabile e può essere contattato, fra cui:
i)
la denominazione della società;
ii)
la sua sede legale;
iii)
il suo indirizzo di posta elettronica;
b)
un avviso sul quale sia indicato che il gioco d'azzardo è vietato ai minori e che riporti l'età minima al di sotto della quale il gioco d'azzardo non è ammesso;
c)
un messaggio di "gioco responsabile" che con un semplice clic del mouse fornisca:
i)
informazioni sul fatto che il gioco d'azzardo può essere deleterio se non controllato,
ii)
informazioni sulle misure di assistenza ai giocatori disponibili sul sito Internet,
iii)
test di autovalutazione per consentire ai giocatori di controllare il loro comportamento di gioco;
d)
un link che rimandi almeno ad un'organizzazione che fornisca informazioni e assistenza riguardo alle patologie legate al gioco d'azzardo.
5.
I termini e le condizioni del rapporto contrattuale tra l'operatore e il consumatore dovrebbero essere presentati in modo conciso e leggibile e avere le seguenti caratteristiche:
a)
contenere informazioni almeno sui tempi e sui limiti dei prelievi dal conto di gioco, eventuali costi per le transazioni sul conto di gioco e un link alle percentuali delle vincite applicabili per ogni gioco;
b)
essere accettati e confermati dal consumatore durante la procedura di registrazione di cui alla sezione V;
c)
essere resi disponibili con mezzi elettronici, in modo tale da consentire al consumatore di memorizzarli e ricercarli. Tutte le eventuali modifiche dovrebbero essere comunicate al consumatore.
6.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che al consumatore siano rese disponibili le informazioni sulle norme riguardanti i giochi e le scommesse riportate sul sito Internet di gioco dell'operatore.
7.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che il sito Internet di gioco dell'operatore riporti i dati dell'autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo, per dimostrare che l'operatore è autorizzato.
IV. MINORI
8.
Nessun minore dovrebbe poter giocare su un sito Internet di gioco d'azzardo o avere un conto di gioco.
9.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore disponga di procedure intese a impedire ai minori di accedere ai servizi di gioco d'azzardo, anche attraverso controlli per accertare l'età durante la procedura di registrazione di cui alla sezione V.
10.
Per impedire ai minori di avere accesso ai siti Internet di gioco d'azzardo, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la presenza, sui siti Internet di gioco d'azzardo, di link a programmi di controllo parentale.
11.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali per i servizi di gioco d'azzardo on line non nuocciano ai minori o non li inducano a considerare il gioco d'azzardo un elemento naturale delle loro attività ricreative.
12.
Le comunicazioni commerciali dovrebbero riportare chiaramente un messaggio che indichi che il gioco d'azzardo è vietato ai minori e precisi l'età minima al di sotto della quale il gioco d'azzardo non è ammissibile.
13.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali non siano trasmesse, presentate o consentite nei seguenti modi:
a)
sui mezzi d'informazione, o nei programmi, rispetto ai quali è probabile i minori siano il pubblico principale;
b)
sui siti Internet tipicamente frequentati da minori;
c)
in forte prossimità dei luoghi abitualmente frequentati da minori e dove è probabile che essi siano il pubblico principale, comprese almeno le scuole.
14.
Le comunicazioni commerciali non dovrebbero avere le seguenti caratteristiche:
a)
sfruttare l'inesperienza o la mancanza di conoscenze dei minori;
b)
usare immagini di minori o di giovani o fare uso di campagne che attraggano in modo particolare i minori;
c)
attirare i minori o i giovani associando il gioco d'azzardo alle attività culturali giovanili;
d)
lasciare intendere che il gioco d'azzardo segni il passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
V. REGISTRAZIONE DEI GIOCATORI E CONTO DI GIOCO
15.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che una persona possa partecipare a un servizio di gioco d'azzardo on line solo se si registra come giocatore ed è titolare di un conto di gioco presso l'operatore.
16.
Nella procedura di registrazione da eseguire per aprire un conto dovrebbero essere richieste le seguenti informazioni:
a)
nome;
b)
indirizzo;
c)
data di nascita;
d)
indirizzo di posta elettronica o numero di telefono cellulare.
17.
L'indirizzo di posta elettronica o il numero di telefono cellulare fornito dovrebbero essere confermati dal giocatore o verificati dall'operatore. Tali dati servono all'operatore e al giocatore per contattarsi e comunicare tra loro in modo efficace e diretto.
18.
I dati identificativi del giocatore dovrebbero essere verificati. Qualora una verifica elettronica diretta non sia possibile o non sia disponibile, gli Stati membri sono invitati a facilitare l'accesso a registri, banche dati o altri documenti ufficiali nazionali rispetto ai quali l'operatore dovrebbe verificare i dati identificativi.
19.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che ogniqualvolta non si riesca ad accertare l'identità o l'età di una persona, la procedura di registrazione per l'apertura di un conto di gioco, anche se temporaneo, venga annullata.
20.
Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare sistemi di identificazione elettronici nella procedura di registrazione.
21.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che:
a)
la procedura di registrazione consenta di completare l'accertamento dell'identità entro un tempo ragionevole e non sia eccessivamente onerosa per i consumatori o gli operatori;
b)
i sistemi di registrazione prevedano mezzi alternativi per accertare l'identità, in particolare quando il consumatore non è in possesso di un numero identificativo nazionale in uno Stato membro che lo richiede o in caso di indisponibilità temporanea delle banche dati.
22.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i giocatori dispongano di quanto segue:
a)
accesso a un conto temporaneo presso l'operatore con il quale è stato aperto il conto fino al completamento della procedura di accertamento dell'identità;
b)
un identificativo univoco e una password o un altro strumento che garantisca la sicurezza dell'accesso presso l'operatore con il quale è stato aperto il conto.
23.
Gli Stati membri dovrebbero disporre di norme intese a:
a)
garantire che i fondi dei giocatori siano protetti e possano essere pagati unicamente ai giocatori e siano tenuti separati dai fondi propri dell'operatore;
b)
evitare la collusione tra giocatori e i trasferimenti di denaro tra gli stessi, comprese norme riguardanti l'annullamento dei trasferimenti o il recupero dei fondi dai conti di gioco qualora si rilevi un caso di collusione o di frode.
VI. ATTIVITÀ DEI GIOCATORI E ASSISTENZA
24.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che, nella fase di registrazione sul sito Internet dell'operatore, un giocatore possa, in base a impostazioni predefinite, fissare limiti per i depositi di denaro e limiti di tempo.
25.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che un giocatore possa sempre avere facile accesso, sul sito Internet di gioco d'azzardo dell'operatore, a quanto segue:
a)
il saldo del conto di gioco;
b)
una funzione di assistenza ai giocatori che promuova il gioco responsabile, attraverso moduli on line o un contatto personale che comprenda almeno una conversazione via chat o via telefonico;
c)
linee telefoniche di assistenza che rimandino alle organizzazioni che forniscono informazioni e assistenza di cui al punto 4, lettera d).
26.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet di un operatore un giocatore possa, in base a impostazioni predefinite, ricevere a intervalli regolari avvisi informativi sulle vincite e le perdite accumulate durante un gioco o una scommessa e sul tempo trascorso a giocare. Il giocatore dovrebbe essere invitato a confermare l'avviso informativo e avere la possibilità di sospendere il gioco o di continuare.
27.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet di gioco d'azzardo dell'operatore un giocatore non possa:
a)
effettuare depositi oltre il limite fissato per i depositi di denaro per il periodo di tempo specificato,
b)
partecipare al gioco salvo che il conto di gioco contenga i fondi necessari per pagare il gioco o la scommessa.
28.
Gli Stati membri non dovrebbero consentire all'operatore di concedere un credito al giocatore.
29.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet dell'operatore un giocatore possa:
a)
ridurre il limite di deposito, con effetto immediato;
b)
aumentare il limite di deposito. La richiesta dovrebbe avere effetto solo dopo almeno ventiquattro ore dalla richiesta del giocatore;
c)
fare una pausa e autoescludersi.
30.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore disponga di politiche e procedure che facilitino l'interazione con i giocatori ogniqualvolta il loro comportamento di gioco indichi un rischio di sviluppo di una patologia legata al gioco d'azzardo.
31.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore tenga un registro almeno dei depositi e delle vincite del giocatore per un determinato periodo di tempo. I dati registrati dovrebbero essere messi a disposizione del giocatore su richiesta.
VII. PAUSE E AUTOESCLUSIONE
32.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet dell'operatore il giocatore possa sempre attivare una pausa o l'autoesclusione da uno specifico servizio di gioco d'azzardo on line o da tutti i tipi di servizi.
33.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che:
a)
le pause servano a sospendere il gioco per almeno ventiquattro ore;
b)
l'autoesclusione riguardo a un operatore sia possibile per non meno di sei mesi.
34.
Gli Stati membri dovrebbero garantire la chiusura del conto di gioco in caso di autoesclusione.
35.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che una nuova registrazione del giocatore sia possibile solo su richiesta dello stesso, per iscritto o in forma elettronica, e in ogni caso solo dopo il periodo di autoesclusione.
36.
Gli Stati membri dovrebbero disporre di norme riguardo alle richieste rivolte ad un operatore da parte di terzi interessati per escludere un giocatore da un sito Internet di gioco d'azzardo.
37.
Gli Stati membri sono invitati a stabilire un registro nazionale dei giocatori autoesclusi.
38.
Gli Stati membri dovrebbero favorire l'accesso degli operatori ai registri nazionali dei giocatori autoesclusi, se disponibili, e garantire che gli operatori li consultino regolarmente al fine di impedire ai giocatori autoesclusi di continuare a giocare.
VIII. COMUNICAZIONI COMMERCIALI
39.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore per conto del quale viene effettuata una comunicazione commerciale sia chiaramente identificabile.
40.
Se del caso, gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo on line contengano messaggi concreti e trasparenti che riportino almeno i rischi per la salute derivanti dalle problematiche legate al gioco d'azzardo.
41.
Le comunicazioni commerciali non dovrebbero:
a)
contenere dichiarazioni infondate sulle possibilità di vincita o sul rendimento che i giocatori possono aspettarsi di ottenere dal gioco;
b)
lasciare intendere che le capacità possono influire sull'esito del gioco, quando ciò non risponde al vero;
c)
incitare al gioco o denigrare l'astensione dal gioco, sfruttando il momento o il luogo in cui esse vengono diffuse o la loro natura;
d)
descrivere il gioco d'azzardo come socialmente attraente o approvato da personalità famose o celebrità, lasciando intendere che il gioco d'azzardo contribuisce al successo sociale;
e)
lasciare intendere che il gioco d'azzardo possa risolvere problemi di carattere sociale, professionale o personale;
f)
lasciare intendere che il gioco d'azzardo possa essere un'alternativa a un lavoro, una soluzione ai problemi finanziari o una forma d'investimento finanziario.
42.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i giochi gratuiti usati nelle comunicazioni commerciali siano soggetti alle stesse regole e condizioni tecniche dei corrispondenti giochi a pagamento.
43.
Le comunicazioni commerciali non dovrebbero rivolgersi a giocatori vulnerabili, in particolare utilizzando comunicazioni commerciali non richieste indirizzate a giocatori che si sono autoesclusi dal gioco o sono stati esclusi dalla ricezione di servizi di gioco d'azzardo on line per motivi di problematiche legate al gioco d'azzardo problematico.
44.
Gli Stati membri che consentono l'invio di comunicazioni commerciali non richieste mediante posta elettronica devono garantire:
a)
che dette comunicazioni commerciali siano identificabili come tali in modo chiaro e inequivocabile;
b)
che l'operatore rispetti i registri «opt-out» ai quali possono iscriversi le persone fisiche che non desiderano ricevere tali comunicazioni commerciali.
45.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali tengano conto del rischio potenziale del servizio di gioco d'azzardo on line che esse promuovono.
IX. SPONSORIZZAZIONI
46.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le sponsorizzazioni da parte degli operatori siano trasparenti e che l'operatore sia chiaramente identificabile come sponsor.
47.
Le sponsorizzazioni non dovrebbero avere un'influenza negativa sui minori. Gli Stati membri sono invitati a garantire:
a)
che non siano consentite sponsorizzazioni di eventi destinati o rivolti principalmente ai minori;
b)
che il materiale promozionale dello sponsor non sia utilizzato in attività di merchandising destinate o rivolte principalmente ai minori.
48.
Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le parti sponsorizzate a verificare se la sponsorizzazione è autorizzata, conformemente al diritto nazionale, nello Stato membro in cui dovrebbe essere effettuata la sponsorizzazione.
X. EDUCAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE
49.
Gli Stati membri, se opportuno con le associazioni dei consumatori e con gli operatori, sono invitati a organizzare o a promuovere regolarmente campagne di educazione e di sensibilizzazione pubblica per informare i consumatori e i gruppi vulnerabili, fra cui i minori, sul gioco d'azzardo on line.
50.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che gli operatori e l'autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo siano tenuti a informare i rispettivi dipendenti che si occupano di attività legate al gioco d'azzardo sui rischi associati al gioco d'azzardo on line. I dipendenti che interagiscono direttamente con i giocatori dovrebbero essere formati in modo tale da comprendere le questioni legate al gioco d'azzardo e sapere come affrontarle.
XI. VIGILANZA
51.
Gli Stati membri sono invitati a designare, nel quadro dell'applicazione dei principi di cui alla presente raccomandazione, autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo che garantiscano e controllino in maniera indipendente l'effettiva conformità alle misure nazionali adottate a sostegno dei principi stabiliti nella presente raccomandazione.
XII. RELAZIONI
52.
Gli Stati membri sono invitati a notificare alla Commissione le misure adottate ai sensi della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2016, per consentirle di valutare l'attuazione della raccomandazione stessa.
53.
Gli Stati membri sono invitati a raccogliere dati annuali attendibili a fini statistici su quanto segue:
a)
le misure di protezione applicabili, in particolare sul numero dei conti di gioco (aperti e chiusi), sul numero dei giocatori autoesclusi, sul numero di quelli con una patologia legata al gioco d'azzardo e delle denunce dei giocatori;
b)
le comunicazioni commerciali sulle violazioni dei principi, per categoria e per tipo.
Gli Stati membri sono invitati a comunicare tali informazioni alla Commissione per la prima volta entro il 19 luglio 2016
54.
La Commissione dovrebbe valutare l'attuazione della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2017.
Fatto a Bruxelles, il 14 luglio 2014
Per la Commissione
Michel BARNIER
Vicepresidente
(1) COM(2011) 128 definitivo.
(2) COM(2012) 596 final.
(3) P7_TA(2013)0348.
(4) 2012/2322(INI).
(5) Cause C-186/11 e C-209/11 Stanleybet International, C-316/07 Stoss e altri e giurisprudenza ivi citata.
(6) Causa C-347/09 Dickinger e Omer e giurisprudenza ivi citata.
(7) Serie di documenti politici di ALICE RAP: «Gambling: two sides of the same coin — recreational activity and public health problem» (Gioco d'azzardo: due facce della stessa medaglia — attività ricreativa e problema per la salute pubblica). ALICE RAP è un progetto di ricerca finanziato nell'ambito del Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo (www.alicerap.eu).
(8) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22).
(9) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29).
(10) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(11) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002 relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 14 luglio 2014
sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo on line e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo on line
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2014/478/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Nel 2011 la Commissione ha tenuto una consultazione pubblica sul suo «Libro verde sul gioco d'azzardo on line nel mercato interno» (1), che ha individuato gli obiettivi comuni degli Stati membri riguardo alla regolamentazione dei servizi di gioco d'azzardo on line e ha contribuito a individuare i principali settori in cui l'Unione europea deve intervenire in via prioritaria.
(2)
Nella sua comunicazione «Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d'azzardo on line», adottata il 23 ottobre 2012 (2), la Commissione ha proposto una serie di azioni che cercano di rispondere ai problemi di ordine normativo, sociale e tecnologico legati al gioco d'azzardo on line. In particolare, la Commissione ha annunciato che avrebbe presentato raccomandazioni sulla tutela dei consumatori nel campo dei servizi di gioco d'azzardo on line, compresa la tutela dei minori, e sulla comunicazione commerciale responsabile dei servizi di gioco d'azzardo on line. La presente raccomandazione è intesa a riunire i due argomenti, a migliorare la tutela dei consumatori, dei giocatori e dei minori e ad evitare che i minori abbiano accesso al gioco d'azzardo on line. Essa mira a garantire che il gioco d'azzardo resti una fonte di intrattenimento, che ai consumatori sia garantito un ambiente di gioco sicuro e che siano previste misure per far fronte al rischio di danni finanziari o sociali e per intraprendere le azioni necessarie per impedire ai minori di accedere al gioco d'azzardo on line.
(3)
Nella sua risoluzione del 10 settembre 2013 sul gioco d'azzardo on line nel mercato interno, il Parlamento europeo (3) ha invitato la Commissione a esplorare la possibilità di interoperabilità tra registri nazionali di autoesclusione, a introdurre misure di sensibilizzazione sui rischi di dipendenza dal gioco d'azzardo e a prendere in considerazione l'attuazione di controlli obbligatori dell'identificazione da parte di terzi. Il Parlamento europeo ha anche chiesto di imporre agli operatori di gioco d'azzardo l'obbligo di fornire sui siti Internet di gioco d'azzardo informazioni sulle autorità di regolamentazione e avvisi per i minori, nonché di promuovere l'utilizzo di autolimitazioni. Inoltre, il Parlamento europeo ha chiesto di definire principi comuni per comunicazioni commerciali responsabili, raccomandando che le comunicazioni commerciali contengano informazioni chiare in merito alle conseguenze del gioco d'azzardo compulsivo e ai rischi di dipendenza. Le comunicazioni commerciali non dovrebbero essere eccessive né comparire all'interno di contenuti destinati specificamente ai minori o dove vi è un elevato rischio di raggiungere i minori.
(4)
Anche il Comitato economico e sociale europeo ha chiesto alla Commissione di intervenire per migliorare la tutela dei consumatori riguardo al gioco d'azzardo on line e per tutelare i minori (4).
(5)
In assenza di armonizzazione a livello di Unione europea, in via di principio gli Stati membri sono liberi di definire gli obiettivi delle rispettive politiche sui giochi di sorte e di fissare il livello di tutela che intendono offrire allo scopo di proteggere la salute dei consumatori. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha fornito orientamenti generali sull'interpretazione delle libertà fondamentali del mercato interno nel settore del gioco d'azzardo (on line), tenendo conto della specificità delle attività di gioco. Pur potendo restringere o limitare l'offerta transnazionale di servizi di gioco d'azzardo on line sulla base degli obiettivi di interesse generale che cercano di proteggere, gli Stati membri sono tuttavia tenuti a dimostrare l'opportunità e la necessità delle misure restrittive. Essi hanno infatti il dovere di dimostrare che gli obiettivi di interesse generale sono perseguiti in modo coerente e sistematico (5).
(6)
La Corte di giustizia dell'Unione europea ha anche stabilito norme di base per le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo e, in particolare, su quelli forniti in condizioni di monopolio. La pubblicità effettuata dal titolare di un monopolio pubblico deve essere contenuta e strettamente limitata a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate. Tale pubblicità non può avere lo scopo di incoraggiare la naturale propensione al gioco dei consumatori stimolando la loro partecipazione attiva al medesimo, ad esempio banalizzando il gioco o aumentandone l'attrattività attraverso messaggi pubblicitari accattivanti che facciano balenare la prospettiva di vincite ragguardevoli. In particolare, dovrebbe essere operata una distinzione tra le strategie del titolare di un monopolio unicamente intese ad informare potenziali clienti circa l'esistenza di prodotti e a garantire un accesso regolare ai giochi d'azzardo in circuiti controllati, e le strategie che invitano e sollecitano una partecipazione attiva a tali giochi (6).
(7)
La tutela dei consumatori e della salute sono i principali obiettivi di interesse generale degli Stati membri nel contesto dei rispettivi quadri nazionali per il gioco d'azzardo intesi a promuovere la prevenzione di problematiche legate al gioco d'azzardo e la tutela dei minori.
(8)
Le norme e le politiche introdotte dagli Stati membri per perseguire obiettivi di interesse pubblico variano in misura considerevole. L'intervento a livello UE incoraggia gli Stati membri a garantire un elevato livello di protezione in tutta l'UE, in particolare alla luce dei rischi associati al gioco d'azzardo che comprendono lo sviluppo di patologie legate al gioco d'azzardo o altre conseguenze negative sul piano personale e sociale.
(9)
Lo scopo della presente raccomandazione è salvaguardare la salute dei consumatori e dei giocatori, e quindi anche ridurre al minimo eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo. A tale fine, raccomanda principi per realizzare un elevato livello di protezione di consumatori, giocatori e minori in relazione ai servizi di gioco d'azzardo on line. Per elaborare la presente raccomandazione, la Commissione si è ispirata alle buone pratiche seguite negli Stati membri.
(10)
I servizi di gioco d'azzardo on line sono ampiamente offerti e utilizzati. Nel 2012 essi hanno realizzato proventi per 10,54 miliardi di EUR. Gli sviluppi tecnologici, l'aumento della disponibilità di Internet e la comodità delle tecnologie mobili favoriscono l'accessibilità e la crescita del gioco d'azzardo on line. È tuttavia possibile quando le informazioni non siano sufficientemente chiare o trasparenti, operare scelte disinformate. Inoltre, quando percepiscono la mancanza di offerte allettanti, i giocatori on line ricercano opportunità di gioco alternative.
(11)
Esistono numerosi mezzi d'informazione che contribuiscono all'esposizione alle comunicazioni commerciali relative al gioco d'azzardo, come ad esempio la stampa, la posta diretta, i mezzi audiovisivi, la pubblicità esterna e le sponsorizzazioni. La conseguenza può essere che gruppi vulnerabili come i minori siano attratti dal gioco d'azzardo. Nel contempo, le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo on line possono svolgere un ruolo importante nell'orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate, ad esempio fornendo l'identità dell'operatore e dando informazioni corrette sul gioco d'azzardo, compresi i rischi delle problematiche ad esso legate, nonché messaggi di avvertimento.
(12)
Alcune persone dedite al gioco d'azzardo possono avere problemi dovuti al loro comportamento, arrivando al punto di compromettere i rapporti personali o familiari, mentre altre possono subire danni molto gravi causati dal gioco d'azzardo patologico. Si stima che una percentuale compresa tra lo 0,1 % e lo 0,8 % della popolazione adulta generale soffra di una patologia legata al gioco d'azzardo e che un'ulteriore percentuale compresa tra lo 0,1 % e il 2,2 % presenti un coinvolgimento nel gioco d'azzardo potenzialmente problematico (7). Pertanto, sono necessarie misure preventive per garantire che i servizi di gioco d'azzardo on line siano offerti e promossi in modo socialmente responsabile, in particolare affinché il gioco d'azzardo resti una fonte di divertimento e di attività ricreativa.
(13)
I minori sono frequentemente esposti al gioco d'azzardo attraverso Internet, attraverso applicazioni per telefoni cellulari e mezzi d'informazione che riportano messaggi pubblicitari sul gioco d'azzardo e attraverso forme di pubblicità esterna. Inoltre, i minori assistono a gare sportive sponsorizzate da società legate al gioco d'azzardo o che propongono pubblicità che rimandano ad attività di gioco d'azzardo. Pertanto, la presente raccomandazione è anche intesa a impedire che i minori siano danneggiati o sfruttati dal gioco d'azzardo.
(14)
Sempre più spesso, gli operatori di gioco d'azzardo on line stabiliti nell'Unione sono intestatari di una molteplicità di licenze in diversi Stati membri che per il gioco d'azzardo hanno scelto sistemi basati sulle licenze. Potrebbero trarre vantaggio da un approccio più comune a livello di Unione. Inoltre, il moltiplicarsi dei requisiti di conformità può creare un'inutile duplicazione delle infrastrutture e dei costi per obiettivi essenzialmente simili, con il risultato di oneri amministrativi superflui per le autorità di regolamentazione.
(15)
È opportuno invitare gli Stati membri a definire norme sulle informazioni da fornire ai consumatori riguardo al gioco d'azzardo on line. Tali norme dovrebbero prevenire lo sviluppo di patologie legate al gioco d'azzardo, evitare che i minori abbiano accesso ai locali di gioco d'azzardo e distogliere i consumatori dalle offerte non permesse e quindi potenzialmente dannose.
(16)
Ove opportuno, i principi della presente raccomandazione dovrebbero valere non solo per gli operatori, ma anche per i terzi, compresi i cosiddetti "affiliati", che sono autorizzati a promuovere i servizi di gioco d'azzardo on line per conto dell'operatore.
(17)
È opportuno informare in maniera più adeguata i consumatori e i giocatori sull'esistenza di servizi di gioco d'azzardo on line che, secondo il diritto dell'Unione, non sono permessi dalla legge dello Stato membro in cui si riceve il servizio di gioco d'azzardo on line, nonché agire contro detti servizi. In questo contesto, gli Stati membri che non permettono uno specifico servizio di gioco d'azzardo on line non dovrebbero permettere le comunicazioni commerciali intese a promuovere tale servizio.
(18)
La procedura di registrazione per aprire un conto di gioco serve ad accertare l'identità della persona e a consentire di tenere traccia del comportamento del giocatore. È essenziale che la registrazione sia concepita in modo tale da impedire ai consumatori anche di eludere la procedura e di accedere a siti Internet di gioco d'azzardo non regolamentati.
(19)
Sebbene la procedura di registrazione non sia uniforme in tutti gli Stati membri, prevedendo talvolta fasi off-line o manuali nel processo di verifica, gli Stati membri dovrebbero comunque garantire che i dati di identificazione possano essere efficacemente controllati per facilitare il completamento della procedura di registrazione.
(20)
È importante che i conti di gioco diventino permanenti solo dopo la convalida dei dati identificativi forniti dai giocatori. È auspicabile che ai giocatori sia consentito, prima che il conto diventi permanente, di utilizzare conti temporanei. Data la loro natura, i conti temporanei dovrebbero avere un valore nominale fisso e i giocatori non dovrebbero avere la possibilità di ritirare i depositi o le vincite.
(21)
Al fine di tutelare i giocatori e i loro fondi e di garantire la trasparenza, dovrebbero essere previste procedure per la verifica dei conti di gioco che non sono stati attivi per un determinato periodo di tempo e per la chiusura o la sospensione di un conto di gioco. Inoltre, qualora il giocatore risultasse minore, il conto di gioco dovrebbe essere annullato.
(22)
Riguardo agli avvisi informativi, se del caso, durante la sessione di gioco dovrebbe essere visibilmente proposta al giocatore la possibilità di utilizzare un timer.
(23)
In merito all'assistenza ai giocatori, oltre a fissare limiti per i depositi, potrebbero essere previste altre misure di tutela, come la possibilità di stabilire limiti per le puntate o le perdite.
(24)
Al fine di prevenire lo sviluppo di una patologia legata al gioco d'azzardo, in caso di comportamento di gioco non abituale, un operatore dovrebbe avere la possibilità di indicare al giocatore di fare una pausa o di escluderlo. In tali circostanze, l'operatore dovrebbe comunicare i motivi al giocatore e aiutarlo a ricevere assistenza o cure.
(25)
Gli operatori sono importanti sponsor di squadre ed eventi sportivi in Europa. Per rendere i fornitori di servizi di gioco d'azzardo on line più responsabili nelle sponsorizzazioni, le prescrizioni in materia dovrebbero chiarire che le sponsorizzazioni devono essere trasparenti ed effettuate in modo responsabile. In particolare, dovrebbero essere stabilite prescrizioni più chiare per evitare che le sponsorizzazioni degli operatori di gioco d'azzardo abbiano effetti negativi sui minori.
(26)
È inoltre necessario sensibilizzare i consumatori sui rischi intrinseci dei siti Internet di gioco d'azzardo correnti, come ad esempio la frode, che eludono qualsiasi forma di controllo a livello di Unione.
(27)
È necessaria un'efficace vigilanza per garantire un'adeguata tutela degli obiettivi di interesse pubblico. Gli Stati membri dovrebbero designare autorità competenti, stabilire orientamenti chiari per gli operatori e fornire informazioni facilmente accessibili per i consumatori, i giocatori e i gruppi vulnerabili, compresi i minori.
(28)
I codici di condotta possono svolgere un ruolo importante ai fini dell'efficacia dell'applicazione, e del controllo, dei principi sulle comunicazioni commerciali enunciati nella presente raccomandazione.
(29)
La presente raccomandazione lascia impregiudicate la direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e la direttiva 93/13/CEE del Consiglio (9).
(30)
L'applicazione dei principi stabiliti nella presente raccomandazione implica il trattamento di dati personali. Sono pertanto applicabili la direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (11),
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
I. SCOPO
1.
Si raccomanda agli Stati membri di adottare principi per i servizi di gioco d'azzardo on line e per le comunicazioni commerciali responsabili relative a tali servizi, allo scopo di garantire ai consumatori, ai giocatori ed ai minori un elevato livello di tutela, inteso a salvaguardare la salute e a ridurre al minimo gli eventuali danni economici che possono derivare da un gioco compulsivo o eccessivo.
2.
La presente raccomandazione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di regolamentare i servizi di gioco d'azzardo.
II. DEFINIZIONI
3.
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a) «servizio di gioco d'azzardo on line»: un servizio che implichi una posta pecuniaria in giochi di sorte, compresi quelli con un elemento di abilità, come le lotterie, i giochi da casinò, il poker e le scommesse, che venga fornito con qualsiasi mezzo a distanza, mediante strumenti elettronici o altra tecnologia che faciliti la comunicazione e su richiesta individuale di un destinatario di servizi;
b) «consumatore»: qualsiasi persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della propria attività commerciale o professionale;
c) «giocatore»: qualsiasi persona fisica che è titolare di un conto di gioco presso l'operatore e partecipa al servizio di gioco d'azzardo on line;
d) «conto di gioco»: il conto aperto dal giocatore in cui sono registrate tutte le transazioni con l'operatore;
e) «minore»: qualsiasi persona di età inferiore a quella minima stabilita, conformemente al diritto nazionale applicabile, per partecipare a un servizio di gioco d'azzardo on line;
f) «operatore»: qualsiasi persona fisica o giuridica alla quale sia permesso di fornire un servizio di gioco d'azzardo on line e chiunque agisca in nome o per conto di tale persona;
g) «comunicazione commerciale»: qualsiasi forma di comunicazione intesa a promuovere, direttamente o indirettamente, i prodotti, i servizi o l'immagine di un operatore;
h) «sponsorizzazione»: un rapporto contrattuale tra un operatore e una parte sponsorizzata in base al quale l'operatore fornisce finanziamenti o altro sostegno per eventi, organizzazioni, squadre o singoli in campo sportivo o artistico allo scopo di creare un'associazione tra l'immagine, i marchi o i prodotti dell'operatore e l'oggetto sponsorizzato, in cambio di comunicazioni commerciali o altri vantaggi.
III. PRESCRIZIONI RELATIVE ALLE INFORMAZIONI
4.
Le seguenti informazioni dovrebbero essere ben visibili sulla pagina di destinazione (landing page) del sito Internet dell'operatore di gioco d'azzardo e accessibili da tutte le pagine di detto sito:
a)
i dati della società o altre informazioni che garantiscano che l'operatore è identificabile e può essere contattato, fra cui:
i)
la denominazione della società;
ii)
la sua sede legale;
iii)
il suo indirizzo di posta elettronica;
b)
un avviso sul quale sia indicato che il gioco d'azzardo è vietato ai minori e che riporti l'età minima al di sotto della quale il gioco d'azzardo non è ammesso;
c)
un messaggio di "gioco responsabile" che con un semplice clic del mouse fornisca:
i)
informazioni sul fatto che il gioco d'azzardo può essere deleterio se non controllato,
ii)
informazioni sulle misure di assistenza ai giocatori disponibili sul sito Internet,
iii)
test di autovalutazione per consentire ai giocatori di controllare il loro comportamento di gioco;
d)
un link che rimandi almeno ad un'organizzazione che fornisca informazioni e assistenza riguardo alle patologie legate al gioco d'azzardo.
5.
I termini e le condizioni del rapporto contrattuale tra l'operatore e il consumatore dovrebbero essere presentati in modo conciso e leggibile e avere le seguenti caratteristiche:
a)
contenere informazioni almeno sui tempi e sui limiti dei prelievi dal conto di gioco, eventuali costi per le transazioni sul conto di gioco e un link alle percentuali delle vincite applicabili per ogni gioco;
b)
essere accettati e confermati dal consumatore durante la procedura di registrazione di cui alla sezione V;
c)
essere resi disponibili con mezzi elettronici, in modo tale da consentire al consumatore di memorizzarli e ricercarli. Tutte le eventuali modifiche dovrebbero essere comunicate al consumatore.
6.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che al consumatore siano rese disponibili le informazioni sulle norme riguardanti i giochi e le scommesse riportate sul sito Internet di gioco dell'operatore.
7.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che il sito Internet di gioco dell'operatore riporti i dati dell'autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo, per dimostrare che l'operatore è autorizzato.
IV. MINORI
8.
Nessun minore dovrebbe poter giocare su un sito Internet di gioco d'azzardo o avere un conto di gioco.
9.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore disponga di procedure intese a impedire ai minori di accedere ai servizi di gioco d'azzardo, anche attraverso controlli per accertare l'età durante la procedura di registrazione di cui alla sezione V.
10.
Per impedire ai minori di avere accesso ai siti Internet di gioco d'azzardo, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare la presenza, sui siti Internet di gioco d'azzardo, di link a programmi di controllo parentale.
11.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali per i servizi di gioco d'azzardo on line non nuocciano ai minori o non li inducano a considerare il gioco d'azzardo un elemento naturale delle loro attività ricreative.
12.
Le comunicazioni commerciali dovrebbero riportare chiaramente un messaggio che indichi che il gioco d'azzardo è vietato ai minori e precisi l'età minima al di sotto della quale il gioco d'azzardo non è ammissibile.
13.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali non siano trasmesse, presentate o consentite nei seguenti modi:
a)
sui mezzi d'informazione, o nei programmi, rispetto ai quali è probabile i minori siano il pubblico principale;
b)
sui siti Internet tipicamente frequentati da minori;
c)
in forte prossimità dei luoghi abitualmente frequentati da minori e dove è probabile che essi siano il pubblico principale, comprese almeno le scuole.
14.
Le comunicazioni commerciali non dovrebbero avere le seguenti caratteristiche:
a)
sfruttare l'inesperienza o la mancanza di conoscenze dei minori;
b)
usare immagini di minori o di giovani o fare uso di campagne che attraggano in modo particolare i minori;
c)
attirare i minori o i giovani associando il gioco d'azzardo alle attività culturali giovanili;
d)
lasciare intendere che il gioco d'azzardo segni il passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
V. REGISTRAZIONE DEI GIOCATORI E CONTO DI GIOCO
15.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che una persona possa partecipare a un servizio di gioco d'azzardo on line solo se si registra come giocatore ed è titolare di un conto di gioco presso l'operatore.
16.
Nella procedura di registrazione da eseguire per aprire un conto dovrebbero essere richieste le seguenti informazioni:
a)
nome;
b)
indirizzo;
c)
data di nascita;
d)
indirizzo di posta elettronica o numero di telefono cellulare.
17.
L'indirizzo di posta elettronica o il numero di telefono cellulare fornito dovrebbero essere confermati dal giocatore o verificati dall'operatore. Tali dati servono all'operatore e al giocatore per contattarsi e comunicare tra loro in modo efficace e diretto.
18.
I dati identificativi del giocatore dovrebbero essere verificati. Qualora una verifica elettronica diretta non sia possibile o non sia disponibile, gli Stati membri sono invitati a facilitare l'accesso a registri, banche dati o altri documenti ufficiali nazionali rispetto ai quali l'operatore dovrebbe verificare i dati identificativi.
19.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che ogniqualvolta non si riesca ad accertare l'identità o l'età di una persona, la procedura di registrazione per l'apertura di un conto di gioco, anche se temporaneo, venga annullata.
20.
Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare sistemi di identificazione elettronici nella procedura di registrazione.
21.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che:
a)
la procedura di registrazione consenta di completare l'accertamento dell'identità entro un tempo ragionevole e non sia eccessivamente onerosa per i consumatori o gli operatori;
b)
i sistemi di registrazione prevedano mezzi alternativi per accertare l'identità, in particolare quando il consumatore non è in possesso di un numero identificativo nazionale in uno Stato membro che lo richiede o in caso di indisponibilità temporanea delle banche dati.
22.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i giocatori dispongano di quanto segue:
a)
accesso a un conto temporaneo presso l'operatore con il quale è stato aperto il conto fino al completamento della procedura di accertamento dell'identità;
b)
un identificativo univoco e una password o un altro strumento che garantisca la sicurezza dell'accesso presso l'operatore con il quale è stato aperto il conto.
23.
Gli Stati membri dovrebbero disporre di norme intese a:
a)
garantire che i fondi dei giocatori siano protetti e possano essere pagati unicamente ai giocatori e siano tenuti separati dai fondi propri dell'operatore;
b)
evitare la collusione tra giocatori e i trasferimenti di denaro tra gli stessi, comprese norme riguardanti l'annullamento dei trasferimenti o il recupero dei fondi dai conti di gioco qualora si rilevi un caso di collusione o di frode.
VI. ATTIVITÀ DEI GIOCATORI E ASSISTENZA
24.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che, nella fase di registrazione sul sito Internet dell'operatore, un giocatore possa, in base a impostazioni predefinite, fissare limiti per i depositi di denaro e limiti di tempo.
25.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che un giocatore possa sempre avere facile accesso, sul sito Internet di gioco d'azzardo dell'operatore, a quanto segue:
a)
il saldo del conto di gioco;
b)
una funzione di assistenza ai giocatori che promuova il gioco responsabile, attraverso moduli on line o un contatto personale che comprenda almeno una conversazione via chat o via telefonico;
c)
linee telefoniche di assistenza che rimandino alle organizzazioni che forniscono informazioni e assistenza di cui al punto 4, lettera d).
26.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet di un operatore un giocatore possa, in base a impostazioni predefinite, ricevere a intervalli regolari avvisi informativi sulle vincite e le perdite accumulate durante un gioco o una scommessa e sul tempo trascorso a giocare. Il giocatore dovrebbe essere invitato a confermare l'avviso informativo e avere la possibilità di sospendere il gioco o di continuare.
27.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet di gioco d'azzardo dell'operatore un giocatore non possa:
a)
effettuare depositi oltre il limite fissato per i depositi di denaro per il periodo di tempo specificato,
b)
partecipare al gioco salvo che il conto di gioco contenga i fondi necessari per pagare il gioco o la scommessa.
28.
Gli Stati membri non dovrebbero consentire all'operatore di concedere un credito al giocatore.
29.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet dell'operatore un giocatore possa:
a)
ridurre il limite di deposito, con effetto immediato;
b)
aumentare il limite di deposito. La richiesta dovrebbe avere effetto solo dopo almeno ventiquattro ore dalla richiesta del giocatore;
c)
fare una pausa e autoescludersi.
30.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore disponga di politiche e procedure che facilitino l'interazione con i giocatori ogniqualvolta il loro comportamento di gioco indichi un rischio di sviluppo di una patologia legata al gioco d'azzardo.
31.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore tenga un registro almeno dei depositi e delle vincite del giocatore per un determinato periodo di tempo. I dati registrati dovrebbero essere messi a disposizione del giocatore su richiesta.
VII. PAUSE E AUTOESCLUSIONE
32.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che sul sito Internet dell'operatore il giocatore possa sempre attivare una pausa o l'autoesclusione da uno specifico servizio di gioco d'azzardo on line o da tutti i tipi di servizi.
33.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che:
a)
le pause servano a sospendere il gioco per almeno ventiquattro ore;
b)
l'autoesclusione riguardo a un operatore sia possibile per non meno di sei mesi.
34.
Gli Stati membri dovrebbero garantire la chiusura del conto di gioco in caso di autoesclusione.
35.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che una nuova registrazione del giocatore sia possibile solo su richiesta dello stesso, per iscritto o in forma elettronica, e in ogni caso solo dopo il periodo di autoesclusione.
36.
Gli Stati membri dovrebbero disporre di norme riguardo alle richieste rivolte ad un operatore da parte di terzi interessati per escludere un giocatore da un sito Internet di gioco d'azzardo.
37.
Gli Stati membri sono invitati a stabilire un registro nazionale dei giocatori autoesclusi.
38.
Gli Stati membri dovrebbero favorire l'accesso degli operatori ai registri nazionali dei giocatori autoesclusi, se disponibili, e garantire che gli operatori li consultino regolarmente al fine di impedire ai giocatori autoesclusi di continuare a giocare.
VIII. COMUNICAZIONI COMMERCIALI
39.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che l'operatore per conto del quale viene effettuata una comunicazione commerciale sia chiaramente identificabile.
40.
Se del caso, gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo on line contengano messaggi concreti e trasparenti che riportino almeno i rischi per la salute derivanti dalle problematiche legate al gioco d'azzardo.
41.
Le comunicazioni commerciali non dovrebbero:
a)
contenere dichiarazioni infondate sulle possibilità di vincita o sul rendimento che i giocatori possono aspettarsi di ottenere dal gioco;
b)
lasciare intendere che le capacità possono influire sull'esito del gioco, quando ciò non risponde al vero;
c)
incitare al gioco o denigrare l'astensione dal gioco, sfruttando il momento o il luogo in cui esse vengono diffuse o la loro natura;
d)
descrivere il gioco d'azzardo come socialmente attraente o approvato da personalità famose o celebrità, lasciando intendere che il gioco d'azzardo contribuisce al successo sociale;
e)
lasciare intendere che il gioco d'azzardo possa risolvere problemi di carattere sociale, professionale o personale;
f)
lasciare intendere che il gioco d'azzardo possa essere un'alternativa a un lavoro, una soluzione ai problemi finanziari o una forma d'investimento finanziario.
42.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i giochi gratuiti usati nelle comunicazioni commerciali siano soggetti alle stesse regole e condizioni tecniche dei corrispondenti giochi a pagamento.
43.
Le comunicazioni commerciali non dovrebbero rivolgersi a giocatori vulnerabili, in particolare utilizzando comunicazioni commerciali non richieste indirizzate a giocatori che si sono autoesclusi dal gioco o sono stati esclusi dalla ricezione di servizi di gioco d'azzardo on line per motivi di problematiche legate al gioco d'azzardo problematico.
44.
Gli Stati membri che consentono l'invio di comunicazioni commerciali non richieste mediante posta elettronica devono garantire:
a)
che dette comunicazioni commerciali siano identificabili come tali in modo chiaro e inequivocabile;
b)
che l'operatore rispetti i registri «opt-out» ai quali possono iscriversi le persone fisiche che non desiderano ricevere tali comunicazioni commerciali.
45.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le comunicazioni commerciali tengano conto del rischio potenziale del servizio di gioco d'azzardo on line che esse promuovono.
IX. SPONSORIZZAZIONI
46.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che le sponsorizzazioni da parte degli operatori siano trasparenti e che l'operatore sia chiaramente identificabile come sponsor.
47.
Le sponsorizzazioni non dovrebbero avere un'influenza negativa sui minori. Gli Stati membri sono invitati a garantire:
a)
che non siano consentite sponsorizzazioni di eventi destinati o rivolti principalmente ai minori;
b)
che il materiale promozionale dello sponsor non sia utilizzato in attività di merchandising destinate o rivolte principalmente ai minori.
48.
Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare le parti sponsorizzate a verificare se la sponsorizzazione è autorizzata, conformemente al diritto nazionale, nello Stato membro in cui dovrebbe essere effettuata la sponsorizzazione.
X. EDUCAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE
49.
Gli Stati membri, se opportuno con le associazioni dei consumatori e con gli operatori, sono invitati a organizzare o a promuovere regolarmente campagne di educazione e di sensibilizzazione pubblica per informare i consumatori e i gruppi vulnerabili, fra cui i minori, sul gioco d'azzardo on line.
50.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che gli operatori e l'autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo siano tenuti a informare i rispettivi dipendenti che si occupano di attività legate al gioco d'azzardo sui rischi associati al gioco d'azzardo on line. I dipendenti che interagiscono direttamente con i giocatori dovrebbero essere formati in modo tale da comprendere le questioni legate al gioco d'azzardo e sapere come affrontarle.
XI. VIGILANZA
51.
Gli Stati membri sono invitati a designare, nel quadro dell'applicazione dei principi di cui alla presente raccomandazione, autorità di regolamentazione del gioco d'azzardo che garantiscano e controllino in maniera indipendente l'effettiva conformità alle misure nazionali adottate a sostegno dei principi stabiliti nella presente raccomandazione.
XII. RELAZIONI
52.
Gli Stati membri sono invitati a notificare alla Commissione le misure adottate ai sensi della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2016, per consentirle di valutare l'attuazione della raccomandazione stessa.
53.
Gli Stati membri sono invitati a raccogliere dati annuali attendibili a fini statistici su quanto segue:
a)
le misure di protezione applicabili, in particolare sul numero dei conti di gioco (aperti e chiusi), sul numero dei giocatori autoesclusi, sul numero di quelli con una patologia legata al gioco d'azzardo e delle denunce dei giocatori;
b)
le comunicazioni commerciali sulle violazioni dei principi, per categoria e per tipo.
Gli Stati membri sono invitati a comunicare tali informazioni alla Commissione per la prima volta entro il 19 luglio 2016
54.
La Commissione dovrebbe valutare l'attuazione della presente raccomandazione entro il 19 gennaio 2017.
Fatto a Bruxelles, il 14 luglio 2014
Per la Commissione
Michel BARNIER
Vicepresidente
(1) COM(2011) 128 definitivo.
(2) COM(2012) 596 final.
(3) P7_TA(2013)0348.
(4) 2012/2322(INI).
(5) Cause C-186/11 e C-209/11 Stanleybet International, C-316/07 Stoss e altri e giurisprudenza ivi citata.
(6) Causa C-347/09 Dickinger e Omer e giurisprudenza ivi citata.
(7) Serie di documenti politici di ALICE RAP: «Gambling: two sides of the same coin — recreational activity and public health problem» (Gioco d'azzardo: due facce della stessa medaglia — attività ricreativa e problema per la salute pubblica). ALICE RAP è un progetto di ricerca finanziato nell'ambito del Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo (www.alicerap.eu).
(8) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU L 149 dell'11.6.2005, pag. 22).
(9) Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29).
(10) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(11) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002 relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Gioco d'azzardo online: tutelare i consumatori, i giocatori e i bambini
La presente raccomandazione della Commissione europea sui servizi di gioco d'azzardo online incoraggia i paesi dell'UE ad adottare alcuni principi in relazione alla pubblicità e le sponsorizzazioni di questi servizi. Tali principi dovrebbero proteggere le persone dai danni che possono derivare da un gioco d'azzardo eccessivo o compulsivo, sia per la loro salute che per le loro finanze.
ATTO
Raccomandazione della Commissione 2014/478/UE, del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo online e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo online. (GU L 214 del 19.7.2014, pag. 38)
SINTESI
La presente raccomandazione della Commissione europea sui servizi di gioco d'azzardo online incoraggia i paesi dell'UE ad adottare alcuni principi in relazione alla pubblicità e le sponsorizzazioni di questi servizi. Tali principi dovrebbero proteggere le persone dai danni che possono derivare da un gioco d'azzardo eccessivo o compulsivo, sia per la loro salute che per le loro finanze.
COSA FA QUESTA RACCOMANDAZIONE?
Questa raccomandazione mira a proteggere i consumatori, i giocatori e i bambini dai rischi connessi con il gioco d'azzardo online. Si propone di mobilitare i paesi dell'Unione europea (UE) e, attraverso di loro, altri soggetti come gli operatori di gioco d'azzardo online ad assumersi le proprie responsabilità e a garantire elevati standard di tutela dei consumatori in questo settore in rapida crescita.
PUNTI CHIAVE
Obblighi di informazione
Assicurarsi che i consumatori siano consapevoli e informati dei rischi connessi con il gioco d'azzardo, sia per quanto riguarda i siti Internet di gioco d'azzardo, sia per quanto riguarda la pubblicità.
Minori e bambini
Non dovrebbero avere la possibilità di giocare d'azzardo online.
Sono necessarie regole per ridurre al minimo la loro esposizione alla pubblicità o alla promozione di servizi di gioco d'azzardo.
Processo di registrazione
Per aprire un conto, i giocatori devono fornire i propri dati di identità e l'età. Tali informazioni devono essere controllate dagli operatori.
Assistenza ai giocatori
Strumenti che permettono ai giocatori di tenere sotto controllo il loro gioco (ad esempio, informazioni su quanto stanno vincendo/perdendo mentre giocano, fissazione di limiti di spesa ecc.).
Facile accesso ai numeri di emergenza per ricevere una consulenza sul loro comportamento di gioco.
Formazione per i dipendenti degli operatori di gioco d'azzardo online per assicurare che comprendano le problematiche connesse con il gioco d'azzardo e reagiscano in modo adeguato nei contatti con i giocatori.
Pubblicità/Promozione
Deve essere non ambigua, socialmente responsabile e trasparente.
QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE?
La raccomandazione è stata adottata il 14 luglio 2014. I paesi dell'UE sono invitati a comunicare alla Commissione le misure adottate ai sensi della raccomandazione entro il 19 gennaio 2016. La Commissione dovrà valutarne l'attuazione entro il 19 gennaio 2017.
CONTESTO
Il gioco d'azzardo online nell'UE è soggetto a molteplici normative nazionali (o, in alcuni casi, a nessuna normativa). Poiché i paesi dell'UE devono affrontare sfide simili e il gioco d'azzardo online ha spesso una dimensione transfrontaliera, affrontare la questione insieme a livello unionale assume un forte significato. Nel 2012, la Commissione ha adottato un piano d'azione sul gioco d'azzardo online che ha preannunciato questa raccomandazione.
Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito web della direzione generale per il Mercato interno della Commissione.
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Verso un quadro normativo europeo approfondito relativo al gioco d'azzardo online [COM(2012) 596 final del 23.10.2012]. |
Banca centrale europea — Collaborazione stretta nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico con i paesi terzi
QUAL È LO SCOPO DI QUESTI ATTI LEGISLATIVI?
Stabiliscono i principi e le procedure per una collaborazione stretta nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (MVU) tra la Banca centrale europea (BCE) e i Stati membri dell’Unione europea (Unione) la cui moneta non è l’euro.
Bulgaria e Croazia sono i primi due paesi dell’Unione non appartenenti all’area dell’euro che hanno sottoscritto la cooperazione stretta a decorrere dal 1° ottobre 2020.
PUNTI CHIAVE
Il sistema di vigilanza bancaria europea (MVU) è stato istituito quale sistema di vigilanza composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti (ANC) degli Stati membri dell’Unione partecipanti, per garantire la sicurezza e la solidità delle banche, un sistema finanziario stabile e integrato e una vigilanza coerente di tutte le banche. Tutti i paesi dell’area dell’euro partecipano automaticamente alla vigilanza bancaria europea.
Gli Stati membri dell’Unione la cui moneta non è l’euro possono prendere parte all’MVU richiedendo l’instaurazione di una collaborazione stretta fra la BCE e le proprie ANC. Una volta instaurata la collaborazione stretta, questi Stati membri possono partecipare sia all’MVU che al meccanismo di risoluzione unico, che garantisce una risoluzione controllata per le banche in fallimento.
In base alla collaborazione stretta, le ANC sono obbligate ad adottare tutte le misure in relazione alle entità vigilate su richiesta della BCE. Gli atti legislativi adottati dalla BCE sono vincolanti ed esecutivi e le ANC devono fornire alla BCE tutte le informazioni necessarie ai fini dello svolgimento delle mansioni ad essa conferite nell’ambito dell’MVU.
Il regolamento MVU, il regolamento quadro sull’MVU e la decisione BCE sulla cooperazione stretta, descrivono il processo di instaurazione della collaborazione stretta e il suo funzionamento.
Passaggi per l’instaurazione della collaborazione stretta:1.lo Stato membro non appartenente all’area dell’euro richiede formalmente di aderire all’MVU; 2.lo Stato membro non appartenente all’area dell’euro prepara e adotta la legislazione nazionale in modo tale da consentire alla BCE di esercitare la propria vigilanza nel quadro della cooperazione stretta e la BCE valuta tale legislazione; 3.la BCE conduce una valutazione approfondita degli enti creditizi dello Stato membro interessato, simile a quella condotta sulle banche al di fuori dell’area dell’euro nel 2014, prima che fosse istituito l’MVU; 4.la BCE adotta una decisione che indica come i compiti in materia di vigilanza saranno trasferiti alla BCE e quando verrà avviata la collaborazione stretta.Vigilanza in base alla cooperazione stretta.Una volta instaurata la collaborazione stretta, lo Stato membro dell’Unione diventa membro dell’MVU e la sua ANC ricopre una posizione paritetica rispetto a tutte le altre ANC degli Stati membri dell’Unione partecipanti all’MVU. Ciò significa che gli enti creditizi significativi nei paesi partecipanti alla collaborazione stretta saranno vigilati dalla BCE in base alle istruzioni fornite alle ANC e gli enti creditizi classificati come meno significativi continueranno a essere vigilati dalle ANC e dalla BCE che ricopre un ruolo di sorveglianza.Sospensione o cessazione della collaborazione stretta.La BCE può sospendere la collaborazione stretta per un periodo non superiore ai 6 mesi, fornendo motivazioni alla sua decisione; la cessazione della collaborazione stretta sarà avviata dalla BCE o dallo Stato membro dell’Unione con cui è stata instaurata tale collaborazione.L’instaurazione della collaborazione stretta contribuisce alla sicurezza e alla solidità delle banche e promuove il processo di integrazione finanziaria nell’ambito del mercato unico.
DA QUANDO È IN VIGORE LA LEGISLAZIONE?
Il regolamento (UE) n. 1024/2013 si applica dal 3 novembre 2013. Il regolamento (UE) n. 468/2014 si applica dal 15 maggio 2014. La decisione 2014/434/UE è entrata in vigore il 27 febbraio 2014. La decisione (UE) 2020/1015 e la decisione (UE) 2020/1016 si applicano dal 1° ottobre 2020.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Collaborazione stretta con la BCE: la via d’accesso all’unione bancaria (Banca centrale europea) Unione bancaria (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63).
Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU) (BCE/2014/17) (GU L 141 del 14.5.2014, pag. 1).
Decisione 2014/434/UE della Banca centrale europea, del 31 gennaio 2014 sulla cooperazione stretta con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro (BCE/2014/5) (GU L 198 del 5.7.2014, pag. 7).
Decisione (UE) 2020/1015 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (BCE/2020/30) (GU L 224 I del 13.7.2020, pag. 1).
Decisione (UE) 2020/1016 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Hrvatska narodna banka (BCE/2020/31) (GU L 224 I del 13.7.2020, pag. 4). | DECISIONE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 31 gennaio 2014
sulla cooperazione stretta con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l'euro
(BCE/2014/5)
(2014/434/UE)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
Visto il Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (1), in particolare l'articolo 7,
considerando quanto segue:
(1)
Stati membri la cui moneta non è l'euro possono voler partecipare al Meccanismo di vigilanza unico (MVU). A tal fine essi possono richiedere alla Banca centrale europea (BCE) di instaurare una cooperazione stretta relativamente all'esercizio dei compiti di cui agli articoli 4 e 5 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 per tutti gli enti creditizi in esso stabiliti.
(2)
La cooperazione stretta è instaurata mediante una decisione della BCE, purché siano soddisfatte le condizioni dettate dall'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013.
(3)
È necessario precisare gli aspetti procedurali relativi a) alle richieste degli Stati membri la cui moneta non è l'euro (di seguito gli «Stati membri non appartenenti all'area dell'euro») di instaurare una cooperazione stretta, b) alla valutazione di tali richieste da parte della BCE, e c) alla decisione della BCE con la quale è instaurata una cooperazione stretta con il singolo Stato membro.
(4)
Il Regolamento (UE) n. 1024/2013 stabilisce altresì i casi nei quali la BCE può sospendere o porre fine a una cooperazione stretta. È necessario precisare gli aspetti procedurali relativi all'eventuale sospensione o cessazione di una cooperazione stretta.
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
TITOLO 1
PROCEDURA PER L'INSTAURAZIONE DI UNA COOPERAZIONE STRETTA
Articolo 1
Definizioni
Ai fini della presente decisione:
1)
per «soggetto vigilato meno significativo» si intende un soggetto vigilato a) stabilito in uno Stato membro non appartenente all'area dell'euro che sia uno Stato membro partecipante ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, e b) che non si qualifichi come soggetto vigilato significativo in forza di una decisione della BCE ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, o dell'articolo 6, paragrafo 5, lettera b, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
2)
per «autorità nazionale competente» si intende ogni autorità nazionale competente come definita all'articolo 2, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
3)
per «autorità nazionale designata» si intende ogni autorità nazionale designata come definita all'articolo 2, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
4)
per «Stato membro non partecipante» si intende ogni Stato membro che non è uno Stato membro partecipante come definito all'articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
5)
Per «Stato membro richiedente» si intende uno Stato membro non partecipante che ha notificato alla BCE, ai sensi dell'articolo 2 della presente decisione, una richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
6)
per «soggetto vigilato significativo» si intende un soggetto vigilato a) stabilito in uno Stato membro non appartenente all'area dell'euro che sia uno Stato membro partecipante e b) che si qualifichi come soggetto vigilato significativo in forza di una decisione della BCE ai sensi dell'articolo articolo 6, paragrafo 4, o dell'articolo 6, paragrafo 5, lettera b, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
7)
per «soggetto vigilato» si intende un ente creditizio, una società di partecipazione finanziaria o una società di partecipazione finanziaria mista, come definita nel Regolamento (UE) n. 1024/2013, stabilito nello Stato membro richiedente, nonché una succursale stabilita in uno Stato membro richiedente da parte di un ente creditizio insediato in uno Stato membro non partecipante.
Articolo 2
Richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta
1. Uno Stato membro non partecipante che intende partecipare all'MVU richiede alla BCE di instaurare una cooperazione stretta utilizzando il modello di cui all'allegato I.
2. Tale richiesta è effettuata almeno cinque mesi prima della data in cui lo Stato membro non partecipante intende partecipare all'MVU.
Articolo 3
Contenuto della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta
1. La richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta include:
a)
l'impegno dello Stato membro richiedente di assicurare che la propria autorità nazionale competente e la propria autorità nazionale designata si conformino alle istruzioni, orientamenti o richieste formulati dalla BCE dalla data di instaurazione della cooperazione stretta;
b)
l'impegno dello Stato membro richiedente di fornire tutte le informazioni sugli enti creditizi stabiliti in tale Stato membro di cui la BCE può aver bisogno per sottoporli ad una valutazione approfondita. Lo Stato membro richiedente si assicura che le informazioni necessarie a valutare la significatività degli enti creditizi stabiliti in tale Stato membro e a sottoporli a una valutazione approfondita ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 possano essere fornite non appena sia stata notificata alla BCE la richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta;
c)
un impegno a fornire alla BCE tutte le informazioni riservate richieste dalla BCE per portare a termine le proprie attività preparatorie.
2. Alla richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta è allegata la seguente documentazione:
a)
l'impegno dello Stato membro richiedente ad adottare la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili nello Stato membro richiedente e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano obbligate ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
b)
una copia della legislazione nazionale pertinente con la relativa traduzione inglese e una richiesta di parere della BCE in merito al progetto di disposizioni legislative predette;
c)
un impegno a dare immediata comunicazione alla BCE dell'entrata in vigore della legislazione nazionale pertinente e un impegno a dare conferma ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 utilizzando il modello di cui all'allegato II alla presente decisione. La conferma include un parere giuridico soddisfacente per la BCE attestante che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 sono vincolanti e applicabili nello Stato membro richiedente e che la legislazione nazionale pertinente obbliga l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata a conformarsi alle istruzioni specifiche, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relativi ai soggetti vigilati significativi nonché alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure della BCE relativi a soggetti vigilati meno significativi entro il termine stabilito dalla BCE, ove specificato.
3. Lo Stato membro richiedente fornisce alla BCE tutta la documentazione rilevante che questa reputa idonea per valutare la richiesta. Lo Stato membro richiedente assicura altresì che siano fornite alla BCE tutte le informazioni che la BCE ritiene appropriate per valutare la significatività degli enti creditizi e per condurre la valutazione approfondita richiesta dal Regolamento (UE) n. 1024/2013.
Articolo 4
Valutazione da parte della BCE della richiesta di instaurare una cooperazione stretta
1. La BCE accusa ricezione per iscritto della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta da parte di uno Stato membro.
2. La BCE può richiedere tutte le informazioni aggiuntive ritenute idonee per valutare la richiesta dello Stato membro, ivi incluse quelle necessarie a valutare la significatività di enti creditizi e per condurre la valutazione approfondita.
Ove lo Stato membro richiedente abbia già condotto una valutazione approfondita degli enti creditizi stabiliti nella propria giurisdizione, esso fornisce informazione dettagliate in merito ai risultati. La BCE può decidere che nessuna ulteriore valutazione è necessaria purché a) la qualità e la metodologia della valutazione condotta dalle autorità nazionali corrisponda agli standard della BCE e b) a suo giudizio la valutazione effettuata dalle autorità nazionali sia ancora aggiornata e nessuna modifica sostanziale intervenuta nella situazione degli enti creditizi stabilite nello Stato membro richiedente renda necessaria un'ulteriore valutazione.
3. Nel valutare la legislazione nazionale pertinente, la BCE tiene altresì conto della sua attuazione pratica.
4. Non oltre tre mesi dalla ricezione da parte della BCE della conferma di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera c), ovvero, se del caso, delle informazioni aggiuntive richieste dalla BCE ai sensi del paragrafo 2, la BCE comunica allo Stato membro la propria valutazione preliminare. Lo Stato membro richiedente ha la possibilità di esprimere il proprio parere entro 20 giorni dalla ricezione della valutazione preliminare. Tale corrispondenza tra la BCE e lo Stato membro richiedente è riservata.
Articolo 5
Decisione che instaura una cooperazione stretta
1. Ove la BCE concluda, sulla base delle informazioni fornite dallo Stato membro richiedente che quest'ultimo soddisfa i criteri enunciati dall'articolo 7, paragrafo 2, lettere da a) a c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 per l'instaurazione di una cooperazione stretta, e una volta che sia stata portata a termine la valutazione approfondita e data conferma ai sensi dell'allegato II alla presente decisione, la BCE adotta una decisione in base all'articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, indirizzata allo Stato membro richiedente, che instaura una cooperazione stretta.
2. La decisione di cui al paragrafo 1 indica le modalità di trasferimento dei compiti di in materia di vigilanza alla BCE e la data di inizio della cooperazione stretta, che è subordinata, se del caso, ai progressi compiuti da parte dello Stato membro richiedente nell'attuazione delle misure richieste in relazione ai risultati della valutazione approfondita.
3. Ove la BCE concluda che lo Stato membro richiedente, sulla base delle informazioni da questo fornite, non soddisfa i criteri enunciati dall'articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 ovvero la BCE non riceva le informazioni necessarie a effettuare la propria valutazione entro un anno dalla notifica della richiesta da parte dello Stato membro, essa può dottare una decisione indirizzata allo Stato membro che rigetta la richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta.
4. Le decisioni di cui ai paragrafi 1 e 3 enunciano le motivazioni su cui si fondano.
5. Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, qualsiasi decisione che instaura una cooperazione stretta è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e si applica 14 giorni dopo la sua pubblicazione.
TITOLO 2
SOSPENSIONE O CESSAZIONE DELLA COOPERAZIONE STRETTA
Articolo 6
Sospensione o cessazione
1. Ove la BCE decida di sospendere una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, o dell'articolo 7, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, essa motiva la propria decisione precisandone gli effetti e indicando la data a partire dalla quale la sospensione ha effetto e la relativa durata. La durata della sospensione non può superare i sei mesi. La BCE può prorogarla una sola volta se ricorrono circostanze eccezionali.
2. Ove le cause della sospensione ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 non siano stati eliminate ovvero ove la BCE decida di porre fine a una cooperazione stretta, la BCE pone fine alla cooperazione stretta adottando una nuova decisione a tale effetto.
3. Ove la BCE decida di porre fine a una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, o dell'articolo 7, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, essa ne dà motivazione precisando gli effetti di tale decisione e indicando la data dalla quale la cessazione ha effetto.
4. Qualsiasi decisione della BCE di sospensione o cessazione di una cooperazione stretta disciplina altresì le modalità di pagamento dei contributi dovuti dai soggetti vigilati aventi sede nello Stato membro interessato.
5. Ove lo Stato membro con il quale è stata instaurata una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 richieda alla BCE di porre fine alla cooperazione alle condizioni previste dall'articolo 7, paragrafo 6, e dell'articolo 7, paragrafo 8, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, la BCE adotta una decisione che precisa gli effetti di tale decisione di cessazione indicando altresì la data a partire dalla quale la cessazione ha effetto.
6. Qualsiasi decisione della BCE adottata in relazione a soggetti vigilati nello Stato membro con il quale è stata instaurata un cooperazione stretta, in vigore prima della cessazione della cooperazione stretta, rimane valida nonostante la cessazione.
7. Le decisioni di sospendere o porre fine a una cooperazione stretta sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 7
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il 27 febbraio 2014.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 31 gennaio 2014
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63.
ALLEGATO I
MODELLO DI RICHIESTA DI INSTAURAZIONE DI UNA COOPERAZIONE STRETTA AI SENSI DELL'ARTICOLO 7 DEL REGOLAMENTO (UE) N. 1024/2013
Da
[Stato membro richiedente]
Comunicazione alla BCE di una richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013
1.
Il/La [Stato membro richiedente] richiede con il presente atto di instaurare una cooperazione stretta con la Banca centrale europea (BCE) ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 e conformemente a quanto disposto dalla Decisione BCE/2014/5, del 31 gennaio 2014, sulla cooperazione con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l'euro.
2.
Il/La [Stato membro richiedente] con il presente atto si impegna:
a)
ad assicurare che la propria autorità nazionale competente e la propria autorità nazionale designata si conformino alle istruzioni, agli orientamenti o alle richieste formulati dalla BCE rispetto ai soggetti vigilati (come definiti nella Decisione BCE/2014/5);
in particolare, la legislazione nazionale pertinente assicurerà che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano tenute all'osservanza delle istruzioni specifiche, delle richieste e delle misure della BCE relativi a soggetti vigilati significativi e alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relativi a soggetti vigilati meno significativi. Al riguardo, lo Stato membro richiedente, si impegna:
—
ad adottare la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano tenute ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
—
a dare comunicazione alla BCE della data di entrata in vigore della legislazione nazionale pertinente;
b)
a fornire, dopo la comunicazione alla BCE della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta e prima della sua instaurazione e su richiesta della BCE, e successivamente, anche tutte le informazioni sui soggetti vigilati stabiliti nello Stato membro richieste dalla Banca centrale europea al fine di sottoporli a una valutazione approfondita, ivi incluse quelle riservate.
Le informazioni che devono essere fornite alla BCE includono:
i)
una copia della legislazione nazionale pertinente;
ii)
informazioni aggiornate sugli enti stabiliti nello Stato membro richiedente comprendenti almeno un elenco completo dei soggetti insediati nello Stato membro di seguito elencati:
—
enti creditizi,
—
società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista al massimo livello di consolidamento dei gruppi vigilati, e
—
succursali transfrontaliere di enti creditizi di altri paesi,
indicando per ciascun soggetto il totale delle attività.
Per gli enti creditizi che siano filiazioni e per le succursali, è indicato l'ente impresa madre diretto e quello di vertice.
Per gruppi vigilati aventi sede in uno Stato membro ed ivi soggetti a vigilanza, sono indicate le componenti estere del gruppo;
iii)
le persone che fungono da referenti per l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata ai quali indirizzare le richieste di ulteriori informazioni da parte della BCE
Per lo Stato membro
[Firma]
cc:
i)
la Commissione europea,
ii)
l'Autorità bancaria europea
iii)
gli altri Stati membri
ALLEGATO II
MODELLO DI CONFERMA AI SENSI DELL'ARTICOLO 7, PARAGRAFO 2, LETTERA c), DEL REGOLAMENTO (UE) N. 1024/2013
Da
[Stato membro richiedente]
A
Banca centrale europea (BCE)
Conferma ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 relativa alla richiesta
Il/La [Stato membro interessato] con la presente dichiarazione conferma di aver adottato la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano obbligati ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 nonché che detta legislazione nazionale pertinente è entrata in vigore il [INSERIRE LA DATA].
Si allega, inoltre, un parere giuridico attestante che la legislazione nazionale pertinente assicura altresì che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata sono tenute a conformarsi alle istruzioni specifiche, agli orientamenti, alle richieste e alle misure della BCE relative a soggetti vigilati significativi e alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relative a soggetti vigilati meno significativi.
Per lo Stato membro
[Firma]
Appendice
:
Copia della legislazione nazionale pertinente adottata dallo Stato membro richiedente per assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 sono vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata sono obbligati ad adottare le misure richieste dalla BCE.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 31 gennaio 2014
sulla cooperazione stretta con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l'euro
(BCE/2014/5)
(2014/434/UE)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
Visto il Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (1), in particolare l'articolo 7,
considerando quanto segue:
(1)
Stati membri la cui moneta non è l'euro possono voler partecipare al Meccanismo di vigilanza unico (MVU). A tal fine essi possono richiedere alla Banca centrale europea (BCE) di instaurare una cooperazione stretta relativamente all'esercizio dei compiti di cui agli articoli 4 e 5 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 per tutti gli enti creditizi in esso stabiliti.
(2)
La cooperazione stretta è instaurata mediante una decisione della BCE, purché siano soddisfatte le condizioni dettate dall'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013.
(3)
È necessario precisare gli aspetti procedurali relativi a) alle richieste degli Stati membri la cui moneta non è l'euro (di seguito gli «Stati membri non appartenenti all'area dell'euro») di instaurare una cooperazione stretta, b) alla valutazione di tali richieste da parte della BCE, e c) alla decisione della BCE con la quale è instaurata una cooperazione stretta con il singolo Stato membro.
(4)
Il Regolamento (UE) n. 1024/2013 stabilisce altresì i casi nei quali la BCE può sospendere o porre fine a una cooperazione stretta. È necessario precisare gli aspetti procedurali relativi all'eventuale sospensione o cessazione di una cooperazione stretta.
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
TITOLO 1
PROCEDURA PER L'INSTAURAZIONE DI UNA COOPERAZIONE STRETTA
Articolo 1
Definizioni
Ai fini della presente decisione:
1)
per «soggetto vigilato meno significativo» si intende un soggetto vigilato a) stabilito in uno Stato membro non appartenente all'area dell'euro che sia uno Stato membro partecipante ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, e b) che non si qualifichi come soggetto vigilato significativo in forza di una decisione della BCE ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, o dell'articolo 6, paragrafo 5, lettera b, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
2)
per «autorità nazionale competente» si intende ogni autorità nazionale competente come definita all'articolo 2, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
3)
per «autorità nazionale designata» si intende ogni autorità nazionale designata come definita all'articolo 2, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
4)
per «Stato membro non partecipante» si intende ogni Stato membro che non è uno Stato membro partecipante come definito all'articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
5)
Per «Stato membro richiedente» si intende uno Stato membro non partecipante che ha notificato alla BCE, ai sensi dell'articolo 2 della presente decisione, una richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
6)
per «soggetto vigilato significativo» si intende un soggetto vigilato a) stabilito in uno Stato membro non appartenente all'area dell'euro che sia uno Stato membro partecipante e b) che si qualifichi come soggetto vigilato significativo in forza di una decisione della BCE ai sensi dell'articolo articolo 6, paragrafo 4, o dell'articolo 6, paragrafo 5, lettera b, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
7)
per «soggetto vigilato» si intende un ente creditizio, una società di partecipazione finanziaria o una società di partecipazione finanziaria mista, come definita nel Regolamento (UE) n. 1024/2013, stabilito nello Stato membro richiedente, nonché una succursale stabilita in uno Stato membro richiedente da parte di un ente creditizio insediato in uno Stato membro non partecipante.
Articolo 2
Richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta
1. Uno Stato membro non partecipante che intende partecipare all'MVU richiede alla BCE di instaurare una cooperazione stretta utilizzando il modello di cui all'allegato I.
2. Tale richiesta è effettuata almeno cinque mesi prima della data in cui lo Stato membro non partecipante intende partecipare all'MVU.
Articolo 3
Contenuto della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta
1. La richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta include:
a)
l'impegno dello Stato membro richiedente di assicurare che la propria autorità nazionale competente e la propria autorità nazionale designata si conformino alle istruzioni, orientamenti o richieste formulati dalla BCE dalla data di instaurazione della cooperazione stretta;
b)
l'impegno dello Stato membro richiedente di fornire tutte le informazioni sugli enti creditizi stabiliti in tale Stato membro di cui la BCE può aver bisogno per sottoporli ad una valutazione approfondita. Lo Stato membro richiedente si assicura che le informazioni necessarie a valutare la significatività degli enti creditizi stabiliti in tale Stato membro e a sottoporli a una valutazione approfondita ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera b), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 possano essere fornite non appena sia stata notificata alla BCE la richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta;
c)
un impegno a fornire alla BCE tutte le informazioni riservate richieste dalla BCE per portare a termine le proprie attività preparatorie.
2. Alla richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta è allegata la seguente documentazione:
a)
l'impegno dello Stato membro richiedente ad adottare la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili nello Stato membro richiedente e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano obbligate ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
b)
una copia della legislazione nazionale pertinente con la relativa traduzione inglese e una richiesta di parere della BCE in merito al progetto di disposizioni legislative predette;
c)
un impegno a dare immediata comunicazione alla BCE dell'entrata in vigore della legislazione nazionale pertinente e un impegno a dare conferma ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 utilizzando il modello di cui all'allegato II alla presente decisione. La conferma include un parere giuridico soddisfacente per la BCE attestante che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 sono vincolanti e applicabili nello Stato membro richiedente e che la legislazione nazionale pertinente obbliga l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata a conformarsi alle istruzioni specifiche, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relativi ai soggetti vigilati significativi nonché alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure della BCE relativi a soggetti vigilati meno significativi entro il termine stabilito dalla BCE, ove specificato.
3. Lo Stato membro richiedente fornisce alla BCE tutta la documentazione rilevante che questa reputa idonea per valutare la richiesta. Lo Stato membro richiedente assicura altresì che siano fornite alla BCE tutte le informazioni che la BCE ritiene appropriate per valutare la significatività degli enti creditizi e per condurre la valutazione approfondita richiesta dal Regolamento (UE) n. 1024/2013.
Articolo 4
Valutazione da parte della BCE della richiesta di instaurare una cooperazione stretta
1. La BCE accusa ricezione per iscritto della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta da parte di uno Stato membro.
2. La BCE può richiedere tutte le informazioni aggiuntive ritenute idonee per valutare la richiesta dello Stato membro, ivi incluse quelle necessarie a valutare la significatività di enti creditizi e per condurre la valutazione approfondita.
Ove lo Stato membro richiedente abbia già condotto una valutazione approfondita degli enti creditizi stabiliti nella propria giurisdizione, esso fornisce informazione dettagliate in merito ai risultati. La BCE può decidere che nessuna ulteriore valutazione è necessaria purché a) la qualità e la metodologia della valutazione condotta dalle autorità nazionali corrisponda agli standard della BCE e b) a suo giudizio la valutazione effettuata dalle autorità nazionali sia ancora aggiornata e nessuna modifica sostanziale intervenuta nella situazione degli enti creditizi stabilite nello Stato membro richiedente renda necessaria un'ulteriore valutazione.
3. Nel valutare la legislazione nazionale pertinente, la BCE tiene altresì conto della sua attuazione pratica.
4. Non oltre tre mesi dalla ricezione da parte della BCE della conferma di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera c), ovvero, se del caso, delle informazioni aggiuntive richieste dalla BCE ai sensi del paragrafo 2, la BCE comunica allo Stato membro la propria valutazione preliminare. Lo Stato membro richiedente ha la possibilità di esprimere il proprio parere entro 20 giorni dalla ricezione della valutazione preliminare. Tale corrispondenza tra la BCE e lo Stato membro richiedente è riservata.
Articolo 5
Decisione che instaura una cooperazione stretta
1. Ove la BCE concluda, sulla base delle informazioni fornite dallo Stato membro richiedente che quest'ultimo soddisfa i criteri enunciati dall'articolo 7, paragrafo 2, lettere da a) a c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 per l'instaurazione di una cooperazione stretta, e una volta che sia stata portata a termine la valutazione approfondita e data conferma ai sensi dell'allegato II alla presente decisione, la BCE adotta una decisione in base all'articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, indirizzata allo Stato membro richiedente, che instaura una cooperazione stretta.
2. La decisione di cui al paragrafo 1 indica le modalità di trasferimento dei compiti di in materia di vigilanza alla BCE e la data di inizio della cooperazione stretta, che è subordinata, se del caso, ai progressi compiuti da parte dello Stato membro richiedente nell'attuazione delle misure richieste in relazione ai risultati della valutazione approfondita.
3. Ove la BCE concluda che lo Stato membro richiedente, sulla base delle informazioni da questo fornite, non soddisfa i criteri enunciati dall'articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 ovvero la BCE non riceva le informazioni necessarie a effettuare la propria valutazione entro un anno dalla notifica della richiesta da parte dello Stato membro, essa può dottare una decisione indirizzata allo Stato membro che rigetta la richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta.
4. Le decisioni di cui ai paragrafi 1 e 3 enunciano le motivazioni su cui si fondano.
5. Ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, qualsiasi decisione che instaura una cooperazione stretta è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea e si applica 14 giorni dopo la sua pubblicazione.
TITOLO 2
SOSPENSIONE O CESSAZIONE DELLA COOPERAZIONE STRETTA
Articolo 6
Sospensione o cessazione
1. Ove la BCE decida di sospendere una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, o dell'articolo 7, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, essa motiva la propria decisione precisandone gli effetti e indicando la data a partire dalla quale la sospensione ha effetto e la relativa durata. La durata della sospensione non può superare i sei mesi. La BCE può prorogarla una sola volta se ricorrono circostanze eccezionali.
2. Ove le cause della sospensione ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 non siano stati eliminate ovvero ove la BCE decida di porre fine a una cooperazione stretta, la BCE pone fine alla cooperazione stretta adottando una nuova decisione a tale effetto.
3. Ove la BCE decida di porre fine a una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 5, o dell'articolo 7, paragrafo 7, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, essa ne dà motivazione precisando gli effetti di tale decisione e indicando la data dalla quale la cessazione ha effetto.
4. Qualsiasi decisione della BCE di sospensione o cessazione di una cooperazione stretta disciplina altresì le modalità di pagamento dei contributi dovuti dai soggetti vigilati aventi sede nello Stato membro interessato.
5. Ove lo Stato membro con il quale è stata instaurata una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 richieda alla BCE di porre fine alla cooperazione alle condizioni previste dall'articolo 7, paragrafo 6, e dell'articolo 7, paragrafo 8, del Regolamento (UE) n. 1024/2013, la BCE adotta una decisione che precisa gli effetti di tale decisione di cessazione indicando altresì la data a partire dalla quale la cessazione ha effetto.
6. Qualsiasi decisione della BCE adottata in relazione a soggetti vigilati nello Stato membro con il quale è stata instaurata un cooperazione stretta, in vigore prima della cessazione della cooperazione stretta, rimane valida nonostante la cessazione.
7. Le decisioni di sospendere o porre fine a una cooperazione stretta sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 7
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il 27 febbraio 2014.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 31 gennaio 2014
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63.
ALLEGATO I
MODELLO DI RICHIESTA DI INSTAURAZIONE DI UNA COOPERAZIONE STRETTA AI SENSI DELL'ARTICOLO 7 DEL REGOLAMENTO (UE) N. 1024/2013
Da
[Stato membro richiedente]
Comunicazione alla BCE di una richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013
1.
Il/La [Stato membro richiedente] richiede con il presente atto di instaurare una cooperazione stretta con la Banca centrale europea (BCE) ai sensi dell'articolo 7 del Regolamento (UE) n. 1024/2013 e conformemente a quanto disposto dalla Decisione BCE/2014/5, del 31 gennaio 2014, sulla cooperazione con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l'euro.
2.
Il/La [Stato membro richiedente] con il presente atto si impegna:
a)
ad assicurare che la propria autorità nazionale competente e la propria autorità nazionale designata si conformino alle istruzioni, agli orientamenti o alle richieste formulati dalla BCE rispetto ai soggetti vigilati (come definiti nella Decisione BCE/2014/5);
in particolare, la legislazione nazionale pertinente assicurerà che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano tenute all'osservanza delle istruzioni specifiche, delle richieste e delle misure della BCE relativi a soggetti vigilati significativi e alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relativi a soggetti vigilati meno significativi. Al riguardo, lo Stato membro richiedente, si impegna:
—
ad adottare la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano tenute ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013;
—
a dare comunicazione alla BCE della data di entrata in vigore della legislazione nazionale pertinente;
b)
a fornire, dopo la comunicazione alla BCE della richiesta di instaurazione di una cooperazione stretta e prima della sua instaurazione e su richiesta della BCE, e successivamente, anche tutte le informazioni sui soggetti vigilati stabiliti nello Stato membro richieste dalla Banca centrale europea al fine di sottoporli a una valutazione approfondita, ivi incluse quelle riservate.
Le informazioni che devono essere fornite alla BCE includono:
i)
una copia della legislazione nazionale pertinente;
ii)
informazioni aggiornate sugli enti stabiliti nello Stato membro richiedente comprendenti almeno un elenco completo dei soggetti insediati nello Stato membro di seguito elencati:
—
enti creditizi,
—
società di partecipazione finanziaria o società di partecipazione finanziaria mista al massimo livello di consolidamento dei gruppi vigilati, e
—
succursali transfrontaliere di enti creditizi di altri paesi,
indicando per ciascun soggetto il totale delle attività.
Per gli enti creditizi che siano filiazioni e per le succursali, è indicato l'ente impresa madre diretto e quello di vertice.
Per gruppi vigilati aventi sede in uno Stato membro ed ivi soggetti a vigilanza, sono indicate le componenti estere del gruppo;
iii)
le persone che fungono da referenti per l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata ai quali indirizzare le richieste di ulteriori informazioni da parte della BCE
Per lo Stato membro
[Firma]
cc:
i)
la Commissione europea,
ii)
l'Autorità bancaria europea
iii)
gli altri Stati membri
ALLEGATO II
MODELLO DI CONFERMA AI SENSI DELL'ARTICOLO 7, PARAGRAFO 2, LETTERA c), DEL REGOLAMENTO (UE) N. 1024/2013
Da
[Stato membro richiedente]
A
Banca centrale europea (BCE)
Conferma ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2, lettera c), del Regolamento (UE) n. 1024/2013 relativa alla richiesta
Il/La [Stato membro interessato] con la presente dichiarazione conferma di aver adottato la normativa nazionale pertinente necessaria ad assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 siano vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata siano obbligati ad adottare le misure richieste dalla BCE in relazione ai soggetti vigilati, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 4, del Regolamento (UE) n. 1024/2013 nonché che detta legislazione nazionale pertinente è entrata in vigore il [INSERIRE LA DATA].
Si allega, inoltre, un parere giuridico attestante che la legislazione nazionale pertinente assicura altresì che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata sono tenute a conformarsi alle istruzioni specifiche, agli orientamenti, alle richieste e alle misure della BCE relative a soggetti vigilati significativi e alle istruzioni generali, agli orientamenti, alle richieste e alle misure relative a soggetti vigilati meno significativi.
Per lo Stato membro
[Firma]
Appendice
:
Copia della legislazione nazionale pertinente adottata dallo Stato membro richiedente per assicurare che gli atti giuridici adottati dalla BCE ai sensi del Regolamento (UE) n. 1024/2013 sono vincolanti e applicabili in/nel/nella [Stato membro richiedente] e che l'autorità nazionale competente e l'autorità nazionale designata sono obbligati ad adottare le misure richieste dalla BCE.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Banca centrale europea — Collaborazione stretta nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico con i paesi terzi
QUAL È LO SCOPO DI QUESTI ATTI LEGISLATIVI?
Stabiliscono i principi e le procedure per una collaborazione stretta nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico (MVU) tra la Banca centrale europea (BCE) e i Stati membri dell’Unione europea (Unione) la cui moneta non è l’euro.
Bulgaria e Croazia sono i primi due paesi dell’Unione non appartenenti all’area dell’euro che hanno sottoscritto la cooperazione stretta a decorrere dal 1° ottobre 2020.
PUNTI CHIAVE
Il sistema di vigilanza bancaria europea (MVU) è stato istituito quale sistema di vigilanza composto dalla BCE e dalle autorità nazionali competenti (ANC) degli Stati membri dell’Unione partecipanti, per garantire la sicurezza e la solidità delle banche, un sistema finanziario stabile e integrato e una vigilanza coerente di tutte le banche. Tutti i paesi dell’area dell’euro partecipano automaticamente alla vigilanza bancaria europea.
Gli Stati membri dell’Unione la cui moneta non è l’euro possono prendere parte all’MVU richiedendo l’instaurazione di una collaborazione stretta fra la BCE e le proprie ANC. Una volta instaurata la collaborazione stretta, questi Stati membri possono partecipare sia all’MVU che al meccanismo di risoluzione unico, che garantisce una risoluzione controllata per le banche in fallimento.
In base alla collaborazione stretta, le ANC sono obbligate ad adottare tutte le misure in relazione alle entità vigilate su richiesta della BCE. Gli atti legislativi adottati dalla BCE sono vincolanti ed esecutivi e le ANC devono fornire alla BCE tutte le informazioni necessarie ai fini dello svolgimento delle mansioni ad essa conferite nell’ambito dell’MVU.
Il regolamento MVU, il regolamento quadro sull’MVU e la decisione BCE sulla cooperazione stretta, descrivono il processo di instaurazione della collaborazione stretta e il suo funzionamento.
Passaggi per l’instaurazione della collaborazione stretta:1.lo Stato membro non appartenente all’area dell’euro richiede formalmente di aderire all’MVU; 2.lo Stato membro non appartenente all’area dell’euro prepara e adotta la legislazione nazionale in modo tale da consentire alla BCE di esercitare la propria vigilanza nel quadro della cooperazione stretta e la BCE valuta tale legislazione; 3.la BCE conduce una valutazione approfondita degli enti creditizi dello Stato membro interessato, simile a quella condotta sulle banche al di fuori dell’area dell’euro nel 2014, prima che fosse istituito l’MVU; 4.la BCE adotta una decisione che indica come i compiti in materia di vigilanza saranno trasferiti alla BCE e quando verrà avviata la collaborazione stretta.Vigilanza in base alla cooperazione stretta.Una volta instaurata la collaborazione stretta, lo Stato membro dell’Unione diventa membro dell’MVU e la sua ANC ricopre una posizione paritetica rispetto a tutte le altre ANC degli Stati membri dell’Unione partecipanti all’MVU. Ciò significa che gli enti creditizi significativi nei paesi partecipanti alla collaborazione stretta saranno vigilati dalla BCE in base alle istruzioni fornite alle ANC e gli enti creditizi classificati come meno significativi continueranno a essere vigilati dalle ANC e dalla BCE che ricopre un ruolo di sorveglianza.Sospensione o cessazione della collaborazione stretta.La BCE può sospendere la collaborazione stretta per un periodo non superiore ai 6 mesi, fornendo motivazioni alla sua decisione; la cessazione della collaborazione stretta sarà avviata dalla BCE o dallo Stato membro dell’Unione con cui è stata instaurata tale collaborazione.L’instaurazione della collaborazione stretta contribuisce alla sicurezza e alla solidità delle banche e promuove il processo di integrazione finanziaria nell’ambito del mercato unico.
DA QUANDO È IN VIGORE LA LEGISLAZIONE?
Il regolamento (UE) n. 1024/2013 si applica dal 3 novembre 2013. Il regolamento (UE) n. 468/2014 si applica dal 15 maggio 2014. La decisione 2014/434/UE è entrata in vigore il 27 febbraio 2014. La decisione (UE) 2020/1015 e la decisione (UE) 2020/1016 si applicano dal 1° ottobre 2020.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Collaborazione stretta con la BCE: la via d’accesso all’unione bancaria (Banca centrale europea) Unione bancaria (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63).
Regolamento (UE) n. 468/2014 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (Regolamento quadro sull’MVU) (BCE/2014/17) (GU L 141 del 14.5.2014, pag. 1).
Decisione 2014/434/UE della Banca centrale europea, del 31 gennaio 2014 sulla cooperazione stretta con le autorità nazionali competenti degli Stati membri partecipanti la cui moneta non è l’euro (BCE/2014/5) (GU L 198 del 5.7.2014, pag. 7).
Decisione (UE) 2020/1015 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Българска народна банка (Banca nazionale di Bulgaria) (BCE/2020/30) (GU L 224 I del 13.7.2020, pag. 1).
Decisione (UE) 2020/1016 della Banca centrale europea, del 24 giugno 2020, sull’instaurazione di una cooperazione stretta tra la Banca centrale europea e la Hrvatska narodna banka (BCE/2020/31) (GU L 224 I del 13.7.2020, pag. 4). |
Programma europeo di reinsediamento dei rifugiati
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Questa raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento* fa parte di una prima serie di misure che rientrano nell’Agenda europea sulla migrazione, presentata dalla Commissione europea nel maggio 2015.
Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a reinsediare 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sul proprio territorio e a offrire loro forme di protezione internazionale, come ad esempio lo status di rifugiato, al fine di evitare che questi profughi debbano ricorrere ai trafficanti per raggiungere l’UE.
PUNTI CHIAVE
Che cos’è una misura di reinsediamento?
Il reinsediamento è il processo mediante il quale, dietro proposta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), i profughi bisognosi di protezione internazionale vengono trasferiti da un paese extra UE e stabiliti in un paese dell’UE con una forma di protezione legale. Ciascun paese dell’UE rimane responsabile per le singole decisioni di ammissione.
Il reinsediamento non va confuso con le misure di ricollocazione*, sempre proposte dall’Agenda sulla migrazione, che fornisce un meccanismo di distribuzione delle persone bisognose di protezione internazionale all’interno dell’UE.
Le regioni prioritarie di origine delle persone da reinsediare nell’UE nel quadro di questa raccomandazione includono il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d’Africa.
Chiave di distribuzione
I posti di reinsediamento devono essere distribuiti tra i paesi dell’UE in funzione di una chiave di distribuzione basata sui seguenti criteri:
il prodotto interno lordo del paese dell’UE, per valutare la sua capacità economica di ospitare rifugiati (40 %);
la popolazione, per considerare la sua capacità di assorbire un determinato numero di rifugiati (40 %);
il tasso di disoccupazione, come indicatore della sua capacità di integrare rifugiati (10 %);
il numero di richieste di asilo presentate in passato e il numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti tra il 2010 e il 2014, dati che rispecchiano gli sforzi fatti dal paese dell’UE nel passato recente (10 %).
Sulla base di questa chiave, la Germania reinsedierà il maggior numero di persone (3 086 ovvero il 15,4 %), seguita da Francia (2 375 ovvero l’11,8 %), Regno Unito (2 309 ovvero l’11,5 %) e Italia (1 989 ovvero il 9,9 %).
Dotazione finanziaria
Per supportare questo programma, verranno utilizzati altri 50 milioni di EUR del bilancio UE per il 2015. Verranno aggiunti altri fondi dal programma UE di reinsediamento (distribuiti uniformemente tra il 2015 e il 2016) dallo speciale Fondo Asilo, migrazione e integrazione.
Attuazione
La partecipazione al programma di reinsediamento è volontaria. Ai paesi dell’UE è stato richiesto di rispettare i posti di reinsediamento consigliati entro settembre 2015.
L’UNHCR e altre organizzazioni coinvolte assisteranno l’UE nell’attuazione del programma (con misure quali l’identificazione e il trasferimento dei richiedenti asilo). Anche l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo verrà coinvolto nel programma.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE?
La durata proposta per il programma è pari a due anni a partire dalla data di adozione della raccomandazione (8 giugno 2015).
CONTESTO
A seguito di varie tragedie nelle quali hanno perso la vita migliaia di persone cercando di raggiungere le coste europee del Mediterraneo, l’UE ha messo a punto una risposta congiunta alla migrazione.
Nel maggio 2015, la Commissione ha presentato l’Agenda UE sulla migrazione, che istituisce un approccio completo comprensivo di un primo pacchetto di misure di attuazione, ovvero:
questo schema di reinsediamento per 20 000 persone provenienti da paesi extra UE;
la ricollocazione di 40 000 richiedenti asilo a vantaggio di Italia e Grecia;
un piano d’azione sul traffico di migranti;
l’attuazione delle operazioni in mare Triton e Poseidon, dirette da Frontex, per salvare più vite nel Mar Mediterraneo.
Questa raccomandazione ha preceduto un incontro sulle Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, tenutosi il 20 luglio 2015 per reinsediare, attraverso programmi multilaterali e nazionali, 22 504 persone bisognose di protezione internazionale. I posti di reinsediamento sono stati distribuiti tra i paesi dell’UE e Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, in base agli impegni indicati nell’allegato alle conclusioni e non in funzione della chiave di distribuzione esposta nella raccomandazione.
La Commissione ha proposto un’ulteriore serie di misure sulla migrazione nel settembre 2015. Queste comprendono una proposta di ricollocazione d’emergenza per 120 000 persone bisognose di protezione (da Grecia, Ungheria e Italia) e un meccanismo permanente di gestione delle crisi di ricollocazione per tutti i paesi dell’UE.
Per maggiori informazioni, si veda:
Migrazione - Kit per la stampa;
Scheda descrittiva sulla ricollocazione e il reinsediamento nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Reinsediamento: programma attraverso il quale i paesi dell’UE forniscono protezione internazionale e una soluzione a lungo termine nei propri territori ai rifugiati e ai profughi. L’UNHCR identifica queste persone come idonee per il reinsediamento con l’intento di garantire loro lo status legale di rifugiati. I paesi dell’UE rimangono responsabili per le singole decisioni di ammissione.
Ricollocazione: il trasferimento di persone che hanno bisogno, o che stanno già usufruendo di una forma di protezione internazionale in un paese dell’UE, verso un altro paese dell’UE in cui possano ottenere un livello di protezione simile. La ricollocazione è una misura di solidarietà dell’UE concepita per aiutare i paesi dell’UE che si trovano a dovere far fronte a un grande flusso di richiedenti asilo o rifugiati.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione (UE) 2015/914 della Commissione, dell’8 giugno 2015, relativa a un programma di reinsediamento europeo (GU L 148 del 13.6.2015, pag. 32-37)
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Agenda europea sulla migrazione [COM(2015) 240 final del 13.5.2015] | RACCOMANDAZIONE (UE) 2015/914 DELLA COMMISSIONE
dell'8 giugno 2015
relativa a un programma di reinsediamento europeo
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292, quarta frase,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo, riunito in sessione straordinaria il 23 aprile 2015, ha ricordato la gravità della situazione nel Mediterraneo e ha espresso la sua determinazione a far sì che l'Unione si adoperi con ogni mezzo a sua disposizione per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare e per affrontare le cause profonde dell'emergenza umana. Il Consiglio europeo si è inoltre impegnato a istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione che offra posti alle persone ammissibili alla protezione (1).
(2)
Nella risoluzione del 29 aprile 2015 il Parlamento europeo invita gli Stati membri a potenziare i loro contributi a favore dei programmi di reinsediamento esistenti e sottolinea la necessità di garantire un accesso sicuro e legale al sistema di asilo dell'Unione (2).
(3)
Attualmente esiste un notevole squilibrio tra Stati membri per quanto riguarda l'impegno a favore del reinsediamento. Solo quindici Stati membri e tre Stati associati hanno un proprio programma di reinsediamento (più un ulteriore Stato membro che ne ha annunciato l'avvio) e tre Stati membri e uno Stato associato hanno provveduto a reinsediare persone su base ad hoc, contrariamente a tutti gli altri che non hanno mai effettuato reinsediamenti.
(4)
Nel 2014 il numero di richiedenti asilo nell'Unione ha raggiunto un picco di 626 000 persone e sono stati reinsediati nell'Unione 6 380 cittadini di paesi terzi bisognosi di protezione internazionale (3). Nel 2013, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il numero dei rifugiati, richiedenti asilo e sfollati in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone (4).
(5)
Le conclusioni del Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014 riconoscono che «[…] tenendo presenti gli sforzi compiuti dagli Stati membri interessati da flussi migratori, tutti gli Stati membri dovrebbero dare il loro contributo [al reinsediamento] in modo equo ed equilibrato» (5).
(6)
Il 13 maggio 2015 la Commissione ha presentato l'Agenda europea sulla migrazione (6), un documento completo che definisce, fra l'altro, una serie di misure immediate in risposta alla tragedia umana in atto in tutto il Mediterraneo.
(7)
Per evitare che profughi bisognosi di protezione internazionale debbano ricorrere a reti criminali di trafficanti, l'agenda invita l'Unione europea a intensificare gli sforzi di reinsediamento. La Commissione emette dunque la presente raccomandazione in cui propone un programma di reinsediamento dell'UE per offrire 20 000 posti sulla base di una chiave di distribuzione.
(8)
Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare, la chiave di distribuzione e la ripartizione per singolo Stato membro e Stato associato partecipante saranno adeguate di conseguenza.
(9)
Sulla scorta delle discussioni tenutesi nella riunione del 25 novembre 2014 durante il Forum su reinsediamento e ricollocazione, è auspicabile che la chiave di distribuzione si basi sui seguenti elementi: a) popolazione (40 %); b) PIL totale (40 %); c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (10 %) e d) tasso di disoccupazione (10 %).
(10)
Le persone da ammettere nell'Unione su un periodo di due anni di applicazione del programma da parte degli Stati membri dovrebbero essere 20 000 in totale. La responsabilità di accogliere tali persone dovrebbe spettare esclusivamente agli Stati partecipanti, in linea con le pertinenti norme internazionali e dell'Unione. Si risponderebbe in tal modo all'appello lanciato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che ha esortato i paesi europei a impegnarsi maggiormente nell'accoglienza dei rifugiati con programmi di reinsediamento sostenibili, nell'ambito della campagna dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e di cinque organizzazioni non governative.
(11)
Nell'individuare le regioni prioritarie è opportuno tener conto della situazione nei paesi vicini e dei flussi migratori attuali, in particolare dei collegamenti con i programmi di sviluppo e protezione regionale nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nel Corno d'Africa.
(12)
È auspicabile fare appello all'esperienza e alla competenza dell'UNHCR e di altri organismi rilevanti, tra cui l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, affinché prestino assistenza nell'attuazione del programma di reinsediamento.
(13)
Andrebbero disposte misure per evitare i movimenti secondari dei reinsediati dallo Stato di reinsediamento verso altri Stati membri e Stati associati partecipanti.
(14)
La Commissione prevede di erogare a favore del programma un contributo supplementare di 50 milioni di EUR nel 2015 e nel 2016 nell'ambito del programma di reinsediamento dell'Unione di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). Per sfruttare al meglio gli incentivi finanziari, la Commissione adeguerà le somme forfettarie e le priorità di reinsediamento previste in quest'ultimo programma con atto delegato, a norma dell'articolo 17, paragrafi 4 e 10, del regolamento (UE) n. 516/2014. Qualora gli Stati associati decidano di partecipare al programma di reinsediamento, non potranno beneficiare di somme forfettarie in forza del regolamento (UE) n. 516/2014 a titolo di compensazione per gli impegni assunti,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
PROGRAMMA EUROPEO DI REINSEDIAMENTO
1.
La Commissione raccomanda che gli Stati membri reinsedino 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sulla base delle condizioni e della chiave di distribuzione di cui alla presente raccomandazione.
DEFINIZIONE E PORTATA DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
2.
Per «reinsediamento» si intende il trasferimento di singoli profughi con evidente bisogno di protezione internazionale, effettuato su richiesta dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, da un paese terzo in uno Stato membro consenziente, allo scopo di proteggerli dal respingimento e di riconoscere loro il diritto di soggiorno e tutti gli altri diritti analoghi a quelli riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale.
3.
Il programma europeo di reinsediamento dovrebbe riguardare tutti gli Stati membri.
CONTENUTO DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
4.
Il programma dovrebbe consistere in un impegno europeo unico di 20 000 posti di reinsediamento per le persone da reinsediare. Dovrebbe avere una durata di due anni a decorrere dalla data di adozione della raccomandazione.
5.
Il totale dei posti di reinsediamento offerti andrebbe ripartito tra gli Stati membri in base alla chiave di distribuzione di cui all'allegato. Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare al programma, la chiave di distribuzione cambierebbe di conseguenza.
6.
Le regioni prioritarie per il reinsediamento dovrebbero ricomprendere il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d'Africa, con particolare attenzione ai paesi di attuazione dei programmi di sviluppo e protezione regionale.
7.
Gli Stati membri e gli Stati associati partecipanti dovrebbero conservare la responsabilità delle singole decisioni di ammissione, previ controlli medici e di sicurezza adeguati, mentre all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati spetterebbe la responsabilità di valutare i candidati al reinsediamento nelle regioni prioritarie e di presentare proposte per il reinsediamento negli Stati membri e negli Stati associati partecipanti.
8.
Allorché una persona reinsediata è ammessa nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato partecipante, detto Stato dovrebbe provvedere a espletare una procedura formale di protezione internazionale, anche rilevando le impronte digitali, rapidamente e in conformità alla normativa vigente, in particolare al regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), alla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio (10), alla direttiva 2003/9/CE del Consiglio (11) e, a partire dal 20 luglio 2015, alle direttive 2013/32/UE (12) e 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (13).
9.
Al termine di tale processo, se uno Stato membro riconosce la protezione internazionale o uno status di protezione nazionale a un reinsediato, questi dovrebbe beneficiare, nello Stato membro di reinsediamento, dei diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE o di diritti analoghi garantiti dalla legislazione nazionale. In tale contesto la libera circolazione all'interno dell'Unione soggiacerebbe alle medesime condizioni e restrizioni che si applicano ai cittadini di paesi terzi legalmente residenti negli Stati membri. Nel caso della partecipazione di Stati associati, si applicherebbe la legislazione nazionale equivalente.
10.
I candidati al reinsediamento dovrebbero essere informati dei loro diritti e obblighi, nell'ambito del programma di reinsediamento nonché a norma della pertinente legislazione nazionale e dell'Unione in materia di asilo, prima di essere ammessi nel territorio degli Stati membri o degli Stati associati partecipanti, in particolare delle conseguenze di movimenti successivi all'interno dell'Unione e/o degli Stati associati partecipanti e del fatto che sono legittimati solo ai diritti collegati allo status di protezione internazionale o nazionale nello Stato di reinsediamento.
11.
I reinsediati che entrano nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato diverso dallo Stato di reinsediamento senza autorizzazione, in attesa dell'espletamento della procedura formale di protezione internazionale o dopo il riconoscimento della protezione internazionale, dovrebbero essere rinviati nello Stato di reinsediamento in conformità al combinato disposto del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15).
12.
È opportuno che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo partecipi effettivamente all'attuazione del programma, in particolare per dare un sostegno speciale agli Stati membri e agli Stati associati partecipanti e soprattutto a quelli che non hanno esperienza di reinsediamento. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo dovrebbe monitorare l'attuazione del programma e riferire periodicamente sulla sua attuazione.
13.
È opportuno prevedere una dotazione finanziaria a favore degli Stati membri, proporzionale al numero di reinsediati nel loro territorio e in conformità alle somme forfettarie di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014, adeguate dal regolamento delegato (UE) n. xxx/2015 (16).
DESTINATARI
14.
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, l'8 giugno 2015
Per la Commissione
Dimitris AVRAMOPOULOS
Membro della Commissione
(1) Punto 3, lettera q), della dichiarazione del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, EUCO 18/15.
(2) Punti 8 e 10 della risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2015, 2015/2660 (RSP).
(3)
Fonte: Eurostat.
(4)
Fonte: Global Trend 2013 Report, UNHCR
(5) Conclusioni del Consiglio «Adoperarsi per una migliore gestione dei flussi migratori», Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014.
(6) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Agenda europea sulla migrazione, 13 maggio 2015 COM(2015) 240 final.
(7) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 168).
(8) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 1).
(9) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9).
(10) Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13).
(11) Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18).
(12) Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60).
(13) Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 96).
(14) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 31).
(15) Articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98).
(16) Da presentare.
ALLEGATO
Stati membri
Chiave
(%)
Ripartizione
Austria
2,22
444
Belgio
2,45
490
Bulgaria
1,08
216
Croazia
1,58
315
Cipro
0,34
69
Repubblica ceca
2,63
525
Danimarca
1,73
345
Estonia
1,63
326
Finlandia
1,46
293
Francia
11,87
2 375
Germania
15,43
3 086
Grecia
1,61
323
Ungheria
1,53
307
Irlanda
1,36
272
Italia
9,94
1 989
Lettonia
1,10
220
Lituania
1,03
207
Lussemburgo
0,74
147
Malta
0,60
121
Paesi Bassi
3,66
732
Polonia
4,81
962
Portogallo
3,52
704
Romania
3,29
657
Slovacchia
1,60
319
Slovenia
1,03
207
Spagna
7,75
1 549
Svezia
2,46
491
Regno Unito
11,54
2 309
La chiave si basa sui seguenti criteri (1)
(2):
a)
la popolazione (dati 2014, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la capacità di uno Stato membro di assorbire un determinato numero di rifugiati;
b)
PIL totale (dati 2013, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la ricchezza in termini assoluti di un paese e pertanto la capacità di un'economia di assorbire e integrare rifugiati;
c)
media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia gli sforzi compiuti dagli Stati membri negli ultimi anni;
d)
tasso di disoccupazione (dati 2014, ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia la capacità di integrare i rifugiati.
(1) I calcoli si basano sui dati statistici forniti da Eurostat (consultati l'8 aprile 2015).
(2) Le percentuali sono state calcolate al quinto decimale e arrotondate per eccesso o per difetto al secondo decimale per la presentazione nella tabella; la ripartizione numerica è stata calcolata sulla base delle cifre complete al quinto decimale.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | RACCOMANDAZIONE (UE) 2015/914 DELLA COMMISSIONE
dell'8 giugno 2015
relativa a un programma di reinsediamento europeo
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292, quarta frase,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo, riunito in sessione straordinaria il 23 aprile 2015, ha ricordato la gravità della situazione nel Mediterraneo e ha espresso la sua determinazione a far sì che l'Unione si adoperi con ogni mezzo a sua disposizione per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare e per affrontare le cause profonde dell'emergenza umana. Il Consiglio europeo si è inoltre impegnato a istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione che offra posti alle persone ammissibili alla protezione (1).
(2)
Nella risoluzione del 29 aprile 2015 il Parlamento europeo invita gli Stati membri a potenziare i loro contributi a favore dei programmi di reinsediamento esistenti e sottolinea la necessità di garantire un accesso sicuro e legale al sistema di asilo dell'Unione (2).
(3)
Attualmente esiste un notevole squilibrio tra Stati membri per quanto riguarda l'impegno a favore del reinsediamento. Solo quindici Stati membri e tre Stati associati hanno un proprio programma di reinsediamento (più un ulteriore Stato membro che ne ha annunciato l'avvio) e tre Stati membri e uno Stato associato hanno provveduto a reinsediare persone su base ad hoc, contrariamente a tutti gli altri che non hanno mai effettuato reinsediamenti.
(4)
Nel 2014 il numero di richiedenti asilo nell'Unione ha raggiunto un picco di 626 000 persone e sono stati reinsediati nell'Unione 6 380 cittadini di paesi terzi bisognosi di protezione internazionale (3). Nel 2013, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il numero dei rifugiati, richiedenti asilo e sfollati in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone (4).
(5)
Le conclusioni del Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014 riconoscono che «[…] tenendo presenti gli sforzi compiuti dagli Stati membri interessati da flussi migratori, tutti gli Stati membri dovrebbero dare il loro contributo [al reinsediamento] in modo equo ed equilibrato» (5).
(6)
Il 13 maggio 2015 la Commissione ha presentato l'Agenda europea sulla migrazione (6), un documento completo che definisce, fra l'altro, una serie di misure immediate in risposta alla tragedia umana in atto in tutto il Mediterraneo.
(7)
Per evitare che profughi bisognosi di protezione internazionale debbano ricorrere a reti criminali di trafficanti, l'agenda invita l'Unione europea a intensificare gli sforzi di reinsediamento. La Commissione emette dunque la presente raccomandazione in cui propone un programma di reinsediamento dell'UE per offrire 20 000 posti sulla base di una chiave di distribuzione.
(8)
Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare, la chiave di distribuzione e la ripartizione per singolo Stato membro e Stato associato partecipante saranno adeguate di conseguenza.
(9)
Sulla scorta delle discussioni tenutesi nella riunione del 25 novembre 2014 durante il Forum su reinsediamento e ricollocazione, è auspicabile che la chiave di distribuzione si basi sui seguenti elementi: a) popolazione (40 %); b) PIL totale (40 %); c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (10 %) e d) tasso di disoccupazione (10 %).
(10)
Le persone da ammettere nell'Unione su un periodo di due anni di applicazione del programma da parte degli Stati membri dovrebbero essere 20 000 in totale. La responsabilità di accogliere tali persone dovrebbe spettare esclusivamente agli Stati partecipanti, in linea con le pertinenti norme internazionali e dell'Unione. Si risponderebbe in tal modo all'appello lanciato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che ha esortato i paesi europei a impegnarsi maggiormente nell'accoglienza dei rifugiati con programmi di reinsediamento sostenibili, nell'ambito della campagna dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e di cinque organizzazioni non governative.
(11)
Nell'individuare le regioni prioritarie è opportuno tener conto della situazione nei paesi vicini e dei flussi migratori attuali, in particolare dei collegamenti con i programmi di sviluppo e protezione regionale nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nel Corno d'Africa.
(12)
È auspicabile fare appello all'esperienza e alla competenza dell'UNHCR e di altri organismi rilevanti, tra cui l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, affinché prestino assistenza nell'attuazione del programma di reinsediamento.
(13)
Andrebbero disposte misure per evitare i movimenti secondari dei reinsediati dallo Stato di reinsediamento verso altri Stati membri e Stati associati partecipanti.
(14)
La Commissione prevede di erogare a favore del programma un contributo supplementare di 50 milioni di EUR nel 2015 e nel 2016 nell'ambito del programma di reinsediamento dell'Unione di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). Per sfruttare al meglio gli incentivi finanziari, la Commissione adeguerà le somme forfettarie e le priorità di reinsediamento previste in quest'ultimo programma con atto delegato, a norma dell'articolo 17, paragrafi 4 e 10, del regolamento (UE) n. 516/2014. Qualora gli Stati associati decidano di partecipare al programma di reinsediamento, non potranno beneficiare di somme forfettarie in forza del regolamento (UE) n. 516/2014 a titolo di compensazione per gli impegni assunti,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
PROGRAMMA EUROPEO DI REINSEDIAMENTO
1.
La Commissione raccomanda che gli Stati membri reinsedino 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sulla base delle condizioni e della chiave di distribuzione di cui alla presente raccomandazione.
DEFINIZIONE E PORTATA DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
2.
Per «reinsediamento» si intende il trasferimento di singoli profughi con evidente bisogno di protezione internazionale, effettuato su richiesta dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, da un paese terzo in uno Stato membro consenziente, allo scopo di proteggerli dal respingimento e di riconoscere loro il diritto di soggiorno e tutti gli altri diritti analoghi a quelli riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale.
3.
Il programma europeo di reinsediamento dovrebbe riguardare tutti gli Stati membri.
CONTENUTO DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
4.
Il programma dovrebbe consistere in un impegno europeo unico di 20 000 posti di reinsediamento per le persone da reinsediare. Dovrebbe avere una durata di due anni a decorrere dalla data di adozione della raccomandazione.
5.
Il totale dei posti di reinsediamento offerti andrebbe ripartito tra gli Stati membri in base alla chiave di distribuzione di cui all'allegato. Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare al programma, la chiave di distribuzione cambierebbe di conseguenza.
6.
Le regioni prioritarie per il reinsediamento dovrebbero ricomprendere il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d'Africa, con particolare attenzione ai paesi di attuazione dei programmi di sviluppo e protezione regionale.
7.
Gli Stati membri e gli Stati associati partecipanti dovrebbero conservare la responsabilità delle singole decisioni di ammissione, previ controlli medici e di sicurezza adeguati, mentre all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati spetterebbe la responsabilità di valutare i candidati al reinsediamento nelle regioni prioritarie e di presentare proposte per il reinsediamento negli Stati membri e negli Stati associati partecipanti.
8.
Allorché una persona reinsediata è ammessa nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato partecipante, detto Stato dovrebbe provvedere a espletare una procedura formale di protezione internazionale, anche rilevando le impronte digitali, rapidamente e in conformità alla normativa vigente, in particolare al regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), alla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio (10), alla direttiva 2003/9/CE del Consiglio (11) e, a partire dal 20 luglio 2015, alle direttive 2013/32/UE (12) e 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (13).
9.
Al termine di tale processo, se uno Stato membro riconosce la protezione internazionale o uno status di protezione nazionale a un reinsediato, questi dovrebbe beneficiare, nello Stato membro di reinsediamento, dei diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE o di diritti analoghi garantiti dalla legislazione nazionale. In tale contesto la libera circolazione all'interno dell'Unione soggiacerebbe alle medesime condizioni e restrizioni che si applicano ai cittadini di paesi terzi legalmente residenti negli Stati membri. Nel caso della partecipazione di Stati associati, si applicherebbe la legislazione nazionale equivalente.
10.
I candidati al reinsediamento dovrebbero essere informati dei loro diritti e obblighi, nell'ambito del programma di reinsediamento nonché a norma della pertinente legislazione nazionale e dell'Unione in materia di asilo, prima di essere ammessi nel territorio degli Stati membri o degli Stati associati partecipanti, in particolare delle conseguenze di movimenti successivi all'interno dell'Unione e/o degli Stati associati partecipanti e del fatto che sono legittimati solo ai diritti collegati allo status di protezione internazionale o nazionale nello Stato di reinsediamento.
11.
I reinsediati che entrano nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato diverso dallo Stato di reinsediamento senza autorizzazione, in attesa dell'espletamento della procedura formale di protezione internazionale o dopo il riconoscimento della protezione internazionale, dovrebbero essere rinviati nello Stato di reinsediamento in conformità al combinato disposto del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15).
12.
È opportuno che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo partecipi effettivamente all'attuazione del programma, in particolare per dare un sostegno speciale agli Stati membri e agli Stati associati partecipanti e soprattutto a quelli che non hanno esperienza di reinsediamento. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo dovrebbe monitorare l'attuazione del programma e riferire periodicamente sulla sua attuazione.
13.
È opportuno prevedere una dotazione finanziaria a favore degli Stati membri, proporzionale al numero di reinsediati nel loro territorio e in conformità alle somme forfettarie di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014, adeguate dal regolamento delegato (UE) n. xxx/2015 (16).
DESTINATARI
14.
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, l'8 giugno 2015
Per la Commissione
Dimitris AVRAMOPOULOS
Membro della Commissione
(1) Punto 3, lettera q), della dichiarazione del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, EUCO 18/15.
(2) Punti 8 e 10 della risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2015, 2015/2660 (RSP).
(3)
Fonte: Eurostat.
(4)
Fonte: Global Trend 2013 Report, UNHCR
(5) Conclusioni del Consiglio «Adoperarsi per una migliore gestione dei flussi migratori», Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014.
(6) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Agenda europea sulla migrazione, 13 maggio 2015 COM(2015) 240 final.
(7) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 168).
(8) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 1).
(9) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9).
(10) Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13).
(11) Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18).
(12) Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60).
(13) Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 96).
(14) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 31).
(15) Articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98).
(16) Da presentare.
ALLEGATO
Stati membri
Chiave
(%)
Ripartizione
Austria
2,22
444
Belgio
2,45
490
Bulgaria
1,08
216
Croazia
1,58
315
Cipro
0,34
69
Repubblica ceca
2,63
525
Danimarca
1,73
345
Estonia
1,63
326
Finlandia
1,46
293
Francia
11,87
2 375
Germania
15,43
3 086
Grecia
1,61
323
Ungheria
1,53
307
Irlanda
1,36
272
Italia
9,94
1 989
Lettonia
1,10
220
Lituania
1,03
207
Lussemburgo
0,74
147
Malta
0,60
121
Paesi Bassi
3,66
732
Polonia
4,81
962
Portogallo
3,52
704
Romania
3,29
657
Slovacchia
1,60
319
Slovenia
1,03
207
Spagna
7,75
1 549
Svezia
2,46
491
Regno Unito
11,54
2 309
La chiave si basa sui seguenti criteri (1)
(2):
a)
la popolazione (dati 2014, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la capacità di uno Stato membro di assorbire un determinato numero di rifugiati;
b)
PIL totale (dati 2013, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la ricchezza in termini assoluti di un paese e pertanto la capacità di un'economia di assorbire e integrare rifugiati;
c)
media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia gli sforzi compiuti dagli Stati membri negli ultimi anni;
d)
tasso di disoccupazione (dati 2014, ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia la capacità di integrare i rifugiati.
(1) I calcoli si basano sui dati statistici forniti da Eurostat (consultati l'8 aprile 2015).
(2) Le percentuali sono state calcolate al quinto decimale e arrotondate per eccesso o per difetto al secondo decimale per la presentazione nella tabella; la ripartizione numerica è stata calcolata sulla base delle cifre complete al quinto decimale.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Programma europeo di reinsediamento dei rifugiati
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Questa raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento* fa parte di una prima serie di misure che rientrano nell’Agenda europea sulla migrazione, presentata dalla Commissione europea nel maggio 2015.
Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a reinsediare 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sul proprio territorio e a offrire loro forme di protezione internazionale, come ad esempio lo status di rifugiato, al fine di evitare che questi profughi debbano ricorrere ai trafficanti per raggiungere l’UE.
PUNTI CHIAVE
Che cos’è una misura di reinsediamento?
Il reinsediamento è il processo mediante il quale, dietro proposta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), i profughi bisognosi di protezione internazionale vengono trasferiti da un paese extra UE e stabiliti in un paese dell’UE con una forma di protezione legale. Ciascun paese dell’UE rimane responsabile per le singole decisioni di ammissione.
Il reinsediamento non va confuso con le misure di ricollocazione*, sempre proposte dall’Agenda sulla migrazione, che fornisce un meccanismo di distribuzione delle persone bisognose di protezione internazionale all’interno dell’UE.
Le regioni prioritarie di origine delle persone da reinsediare nell’UE nel quadro di questa raccomandazione includono il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d’Africa.
Chiave di distribuzione
I posti di reinsediamento devono essere distribuiti tra i paesi dell’UE in funzione di una chiave di distribuzione basata sui seguenti criteri:
il prodotto interno lordo del paese dell’UE, per valutare la sua capacità economica di ospitare rifugiati (40 %);
la popolazione, per considerare la sua capacità di assorbire un determinato numero di rifugiati (40 %);
il tasso di disoccupazione, come indicatore della sua capacità di integrare rifugiati (10 %);
il numero di richieste di asilo presentate in passato e il numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti tra il 2010 e il 2014, dati che rispecchiano gli sforzi fatti dal paese dell’UE nel passato recente (10 %).
Sulla base di questa chiave, la Germania reinsedierà il maggior numero di persone (3 086 ovvero il 15,4 %), seguita da Francia (2 375 ovvero l’11,8 %), Regno Unito (2 309 ovvero l’11,5 %) e Italia (1 989 ovvero il 9,9 %).
Dotazione finanziaria
Per supportare questo programma, verranno utilizzati altri 50 milioni di EUR del bilancio UE per il 2015. Verranno aggiunti altri fondi dal programma UE di reinsediamento (distribuiti uniformemente tra il 2015 e il 2016) dallo speciale Fondo Asilo, migrazione e integrazione.
Attuazione
La partecipazione al programma di reinsediamento è volontaria. Ai paesi dell’UE è stato richiesto di rispettare i posti di reinsediamento consigliati entro settembre 2015.
L’UNHCR e altre organizzazioni coinvolte assisteranno l’UE nell’attuazione del programma (con misure quali l’identificazione e il trasferimento dei richiedenti asilo). Anche l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo verrà coinvolto nel programma.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE?
La durata proposta per il programma è pari a due anni a partire dalla data di adozione della raccomandazione (8 giugno 2015).
CONTESTO
A seguito di varie tragedie nelle quali hanno perso la vita migliaia di persone cercando di raggiungere le coste europee del Mediterraneo, l’UE ha messo a punto una risposta congiunta alla migrazione.
Nel maggio 2015, la Commissione ha presentato l’Agenda UE sulla migrazione, che istituisce un approccio completo comprensivo di un primo pacchetto di misure di attuazione, ovvero:
questo schema di reinsediamento per 20 000 persone provenienti da paesi extra UE;
la ricollocazione di 40 000 richiedenti asilo a vantaggio di Italia e Grecia;
un piano d’azione sul traffico di migranti;
l’attuazione delle operazioni in mare Triton e Poseidon, dirette da Frontex, per salvare più vite nel Mar Mediterraneo.
Questa raccomandazione ha preceduto un incontro sulle Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, tenutosi il 20 luglio 2015 per reinsediare, attraverso programmi multilaterali e nazionali, 22 504 persone bisognose di protezione internazionale. I posti di reinsediamento sono stati distribuiti tra i paesi dell’UE e Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, in base agli impegni indicati nell’allegato alle conclusioni e non in funzione della chiave di distribuzione esposta nella raccomandazione.
La Commissione ha proposto un’ulteriore serie di misure sulla migrazione nel settembre 2015. Queste comprendono una proposta di ricollocazione d’emergenza per 120 000 persone bisognose di protezione (da Grecia, Ungheria e Italia) e un meccanismo permanente di gestione delle crisi di ricollocazione per tutti i paesi dell’UE.
Per maggiori informazioni, si veda:
Migrazione - Kit per la stampa;
Scheda descrittiva sulla ricollocazione e il reinsediamento nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Reinsediamento: programma attraverso il quale i paesi dell’UE forniscono protezione internazionale e una soluzione a lungo termine nei propri territori ai rifugiati e ai profughi. L’UNHCR identifica queste persone come idonee per il reinsediamento con l’intento di garantire loro lo status legale di rifugiati. I paesi dell’UE rimangono responsabili per le singole decisioni di ammissione.
Ricollocazione: il trasferimento di persone che hanno bisogno, o che stanno già usufruendo di una forma di protezione internazionale in un paese dell’UE, verso un altro paese dell’UE in cui possano ottenere un livello di protezione simile. La ricollocazione è una misura di solidarietà dell’UE concepita per aiutare i paesi dell’UE che si trovano a dovere far fronte a un grande flusso di richiedenti asilo o rifugiati.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione (UE) 2015/914 della Commissione, dell’8 giugno 2015, relativa a un programma di reinsediamento europeo (GU L 148 del 13.6.2015, pag. 32-37)
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Agenda europea sulla migrazione [COM(2015) 240 final del 13.5.2015] |
Inquinamento atmosferico originato da impianti di combustione medi
SINTESI
CHE COSA FA QUESTA DIRETTIVA?
Stabilisce norme atte a controllare le emissioni nell’atmosfera di anidride solforosa (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri (particelle) originate da impianti di combustione medi*, nonché norme tese a monitorare le emissioni di monossido di carbonio (CO) provenienti da tali impianti.
L’obiettivo è quello di ridurre i possibili effetti nocivi per la salute umana e l’ambiente.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che:
tutti i nuovi impianti di combustione medi, ossia quelli messi in funzione dopo il 19 dicembre 2018, dispongano di un’autorizzazione o siano registrati;
entro il 1o gennaio 2024, tutti gli impianti esistenti con una potenza termica nominale (o capacità) superiore a 5 megawatt (MW) dispongano di un’autorizzazione o siano registrati;
entro il 1o gennaio 2029, tutti gli impianti esistenti con una potenza termica nominale inferiore o uguale a 5 MW dispongano di un’autorizzazione o siano registrati.
L’autorità competente di ciascun paese dell’UE deve tenere un registro accessibile al pubblico, contenente informazioni su tutti gli impianti, come ad esempio il tipo di combustibile impiegato e il numero previsto di ore di funzionamento annuali.
La normativa stabilisce i valori limite di emissione per categoria di combustibile, distinguendo inoltre tra impianti nuovi ed esistenti. Alcuni impianti possono essere esonerati dall’obbligo di osservare tali limiti.
I valori limite si applicano dal 20 dicembre 2018 per gli impianti nuovi e dal 2025 o dal 2030 per quelli esistenti, in base alle loro dimensioni.
I gestori degli impianti devono:
monitorare le loro emissioni;
tenere un registro, per almeno sei anni, contenente i risultati del monitoraggio delle emissioni, le ore di funzionamento, i tipi e le quantità di combustibili utilizzati e i dettagli relativi a eventuali malfunzionamenti o guasti.
I paesi dell’UE devono:
svolgere ispezioni efficaci volte a verificare la conformità con i valori limite di emissione;
entro il 1o gennaio 2021, inviare una relazione alla Commissione europea indicante una stima del quantitativo annuo totale di emissioni di CO;
entro il 1o ottobre 2026, fornire alla Commissione informazioni qualitative e quantitative sull’attuazione della direttiva. Queste devono includere una stima delle emissioni totali annue di SO2, NOx e polveri (particelle) originate dagli impianti, in base al tipo, al combustibile utilizzato e alla capacità;
entro il 1o ottobre 2031, presentare alla Commissione una seconda relazione sull’attuazione.
La Commissione:
presenterà una relazione di sintesi al Parlamento europeo e al Consiglio entro 12 mesi dalla ricezione delle relazioni nazionali sull’attuazione;
entro il 1o gennaio 2020, riesaminerà i progressi fatti in relazione all’efficienza energetica degli impianti di combustione medi e valuterà i vantaggi legati alla fissazione di norme minime di efficienza energetica;
entro il 1o gennaio 2023, valuterà la necessità di riesaminare alcuni aspetti della normativa, come ad esempio la fissazione di valori limite di emissione più restrittivi per i nuovi impianti e la regolamentazione delle emissioni di CO.
La direttiva non si applica a determinati impianti di combustione, quali ad esempio:
la batteria di forni per il coke;
le turbine e i motori a gas usati off-shore;
i reattori utilizzati nell’industria chimica;
gli impianti già disciplinati da altre normative riguardanti le emissioni, come ad esempio la direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento).
La direttiva non si applica alle attività accessorie di ricerca, sviluppo e sperimentazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 18 dicembre 2015. I paesi dell’UE devono recepirla nel diritto nazionale entro il 19 dicembre 2017.
CONTESTO
La legislazione colma il vuoto normativo esistente tra i grandi impianti di combustione (oltre 50 megawatt), contemplati nella direttiva sulle emissioni industriali, e attrezzature di dimensioni più piccole, come ad esempio caloriferi e caldaie, rientranti nella direttiva sulla progettazione ecocompatibile.
Gli impianti di combustione medi vengono utilizzati per una vasta gamma di applicazioni (produzione di energia elettrica, riscaldamento e climatizzazione domestici/residenziali, fornitura di calore/vapore per processi industriali e così via).
Per maggiori informazioni, consultare la «direttiva sugli impianti di combustione medi» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINE CHIAVE
* Impianto di combustione media: un impianto che brucia combustibile e utilizza il calore generato, con una potenza termica nominale uguale o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW, indipendentemente dal tipo di combustibile impiegato.
ATTO
Direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi (GU L 313 del 28.11.2015, pag. 1-19)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17-119)
Le successive modifiche alla direttiva 2010/75/UE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. | DIRETTIVA (UE) 2015/2193 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 25 novembre 2015
relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
La decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) (programma d'azione) riconosce che le emissioni di inquinanti nell'aria sono state ridotte in misura significativa negli ultimi decenni, ma al tempo stesso i livelli di inquinamento dell'aria sono ancora critici in molte parti d'Europa e i cittadini dell'Unione continuano a essere esposti agli inquinanti atmosferici, potenzialmente nocivi per la loro salute e il loro benessere. Secondo il programma d'azione, gli ecosistemi sono tutt'ora colpiti da depositi eccessivi di azoto e zolfo associati a emissioni originate dal settore dei trasporti, da pratiche agricole non sostenibili e dalla produzione di energia elettrica. In molte zone dell'Unione i livelli di inquinamento dell'aria rimangono ancora al di sopra dei limiti fissati dall'Unione e gli standard di qualità dell'aria dell'Unione non rispettano nemmeno gli obiettivi individuati dall'Organizzazione mondiale della sanità.
(2)
Al fine di garantire un ambiente sano per tutti, il programma d'azione prevede che gli interventi a livello locale siano integrati da politiche adeguate sia a livello nazionale che dell'Unione. Esso prevede in particolare il rafforzamento dell'impegno per raggiungere la piena conformità alla normativa dell'Unione sulla qualità dell'aria e la definizione di obiettivi e azioni strategiche oltre il 2020.
(3)
Le valutazioni scientifiche indicano che la perdita in termini di durata di vita media dei cittadini dell'Unione imputabile all'inquinamento atmosferico è di otto mesi.
(4)
In generale, le emissioni di inquinanti originate dalla combustione di combustibile negli impianti medi non sono disciplinate a livello dell'Unione, sebbene contribuiscano in misura sempre maggiore all'inquinamento atmosferico, in particolare a causa di un più ampio ricorso alla biomassa, indotto dalla politica climatica ed energetica.
(5)
La combustione di combustibile in determinate attrezzature e determinati impianti di combustione di piccole dimensioni è disciplinata dalle misure di esecuzione di cui alla direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Vi è l'urgente necessità di ulteriori misure ai sensi della direttiva 2009/125/CE al fine di colmare il vuoto normativo che permane. Dal 7 gennaio 2013 la combustione di combustibile nei grandi impianti di combustione rientra nel campo di applicazione della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), mentre la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7) continuerà ad applicarsi ai grandi impianti di combustione di cui all'articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE fino al 31 dicembre 2015.
(6)
Nella relazione al Parlamento europeo e al Consiglio del 17 maggio 2013 sui riesami effettuati ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 9, e dell'articolo 73 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali e volta ad affrontare il problema delle emissioni provenienti da allevamenti intensivi e da impianti di combustione, la Commissione ha concluso che per la combustione di combustibili in impianti medi è stata dimostrata l'esistenza di un chiaro potenziale di abbattimento economicamente vantaggioso delle emissioni nell'atmosfera.
(7)
Gli impegni assunti dall'UE a livello internazionale in materia di inquinamento atmosferico, destinati a ridurre l'acidificazione, l'eutrofizzazione, l'ozono troposferico e le emissioni di particolato sono stati concordati nell'ambito del protocollo di Göteborg della Convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, modificato nel 2012 per rafforzare gli impegni assunti in precedenza per la riduzione dell'anidride solforosa, degli ossidi di azoto, dell'ammoniaca e dei composti organici volatili e per introdurre nuovi impegni relativi alla riduzione del particolato sottile (PM 2.5), da raggiungere a partire dal 2020.
(8)
Nella comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 18 dicembre 2013, dal titolo «Programma Aria pulita per l'Europa», la Commissione esorta ad adottare misure di controllo delle emissioni di sostanze inquinanti per l'atmosfera originate da impianti di combustione medi e a completare, in tal modo, il quadro normativo per il settore della combustione. Il programma «Aria pulita» completa il programma di riduzione dell'inquinamento per il 2020 definito nella comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 21 settembre 2005, dal titolo «Strategia tematica sull'inquinamento atmosferico» e sviluppa obiettivi di riduzione dell'impatto per il periodo fino al 2030. Per conseguire tutti quegli obiettivi strategici è opportuno stabilire un programma di regolamentazione che comprenda misure per il controllo delle emissioni originate dagli impianti di combustione medi.
(9)
Gli impianti di combustione medi dovrebbero essere sviluppati e funzionare in modo tale da promuovere l'efficienza energetica. È opportuno tenere particolarmente conto di siffatte considerazioni, così come di quelle a carattere economico, delle possibilità tecniche e del ciclo di vita degli impianti di combustione medi esistenti in caso di interventi di ammodernamento di tali impianti o di decisioni su investimenti importanti.
(10)
Al fine di assicurare che il funzionamento di un impianto di combustione medio non comporti un deterioramento della qualità dell'aria, le misure adottate per limitare le emissioni nell'aria di anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri non dovrebbero comportare l'aumento delle emissioni di altri inquinanti, quali il monossido di carbonio.
(11)
Gli impianti di combustione medi che sono già soggetti alle prescrizioni minime a livello di Unione, come gli impianti ai quali si applica una norma di aggregazione di cui al capo III della direttiva 2010/75/UE, o gli impianti che inceneriscono o coinceneriscono rifiuti solidi o liquidi e sono pertanto disciplinati dal capo IV della direttiva in parola, dovrebbero essere esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva.
(12)
È auspicabile inoltre che taluni altri impianti di combustione medi siano esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva, sulla base delle loro caratteristiche tecniche o del loro uso per particolari attività.
(13)
Poiché gli impianti di combustione medi alimentati con combustibili di raffineria, da soli o con altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas e le caldaie di recupero nelle installazioni per la produzione della pasta di legno sono soggetti ai livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT) indicati nelle conclusioni sulle BAT già elaborate a norma della direttiva 2010/75/UE, la presente direttiva non dovrebbe applicarsi a tali impianti.
(14)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi agli impianti di combustione, inclusi gli insiemi formati da due o più nuovi impianti di combustione medi, aventi una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW. I singoli impianti di combustione aventi una potenza termica nominale inferiore a 1 MW non dovrebbero essere presi in considerazione ai fini del calcolo della potenza termica nominale totale di un insieme di impianti di combustione. Allo scopo di evitare un vuoto normativo, la presente direttiva dovrebbe applicarsi anche a un insieme formato da nuovi impianti di combustione medi la cui potenza termica nominale totale è pari o superiore a 50 MW, fatto salvo il capo III della direttiva 2010/75/UE.
(15)
Onde garantire il controllo delle emissioni nell'aria di anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri è opportuno che ogni impianto di combustione medio sia operativo solo se autorizzato o registrato dall'autorità competente, sulla base delle informazioni presentate dal gestore.
(16)
Ai fini del controllo delle emissioni nell'aria originate da impianti di combustione medi, è opportuno che la presente direttiva stabilisca valori limite di emissione e requisiti in materia di monitoraggio.
(17)
Non è opportuno che i valori limite di emissione fissati all'allegato II si applichino agli impianti di combustione medi ubicati nelle Isole Canarie, nei dipartimenti francesi d'oltremare, nelle Azzorre e a Madera, in considerazione dei problemi tecnici e logistici associati all'ubicazione isolata di tali impianti. Gli Stati membri interessati dovrebbero fissare i valori limite di emissione per tali impianti al fine di ridurne le emissioni nell'atmosfera e i rischi potenziali per la salute umana e per l'ambiente.
(18)
Per concedere agli impianti di combustione medi esistenti un periodo di tempo sufficiente per adeguarsi sul piano tecnico alle prescrizioni della presente direttiva, è opportuno che i valori limite di emissione si applichino a tali impianti dopo un determinato periodo di tempo a decorrere dalla data di applicazione della presente direttiva.
(19)
Per tenere conto di talune circostanze particolari in cui l'applicazione dei valori limite di emissione comporterebbe costi sproporzionatamente elevati rispetto ai benefici ambientali, è opportuno che gli Stati membri possano esonerare gli impianti di combustione medi utilizzati in caso di emergenza e attivi per limitati periodi di tempo dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(20)
In considerazione dei limiti infrastrutturali cui devono far fronte gli impianti di combustione medi esistenti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati nonché della necessità di agevolare la loro interconnessione, è opportuno concedere ai predetti impianti maggior tempo per adeguarsi ai valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(21)
Alla luce dei benefici complessivi del teleriscaldamento in termini di contributo alla riduzione del consumo domestico di combustibili responsabili di elevati livelli di inquinamento atmosferico e in termini di migliore efficienza energetica e di riduzione delle emissioni di CO2, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di concedere maggior tempo agli impianti di combustione medi esistenti che forniscono una parte cospicua della loro produzione di calore utile a una rete pubblica di teleriscaldamento per adeguarsi ai valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(22)
In considerazione dei recenti investimenti in impianti a biomassa volti ad aumentare l'utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, e che hanno già portato a una riduzione delle emissione di inquinanti, e onde tenere conto dei relativi cicli d'investimento, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di concedere agli impianti in parola maggior tempo per adeguarsi ai valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(23)
Alla luce del ruolo essenziale delle stazioni di compressione di gas ai fini dell'affidabilità e della sicurezza del funzionamento delle reti nazionali di trasporto del gas nonché dei vincoli specifici relativi al loro ammodernamento, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di concedere agli impianti di combustione medi che fanno funzionare tali stazioni maggior tempo per adeguarsi ai valori limite di emissione di ossidi di azoto stabiliti nella presente direttiva.
(24)
Conformemente all'articolo 193 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la presente direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. Tali misure possono risultare necessarie ad esempio nelle zone non conformi ai valori limite di qualità dell'aria. In tali casi gli Stati membri dovrebbero valutare la necessità di applicare valori limite di emissione più restrittivi rispetto ai requisiti stabiliti nella presente direttiva nel quadro dell'elaborazione di piani di qualità dell'aria a norma della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8). Tali valutazioni dovrebbero tenere conto dell'esito di uno scambio di informazioni sulle migliori prestazioni in materia di riduzione delle emissioni realizzabili con le migliori tecnologie disponibili e quelle emergenti. La Commissione dovrebbe organizzare un simile scambio di opinioni con gli Stati membri, i settori interessati, ivi compresi i gestori e i fornitori di tecnologie, nonché le organizzazioni non governative, tra cui quelle che promuovono la tutela dell'ambiente.
(25)
È opportuno che gli Stati membri provvedano affinché il gestore di un impianto di combustione medio adotti le misure necessarie in caso di inosservanza delle disposizioni della presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero introdurre un sistema per accertare la conformità degli impianti di combustione medi ai requisiti della presente direttiva.
(26)
Al fine di garantire l'efficace attuazione ed esecuzione della presente direttiva, le ispezioni dovrebbero, ove possibile, essere coordinate con quelle prescritte da altri atti legislativi dell'Unione, a seconda dei casi.
(27)
Le disposizioni della presente direttiva concernenti l'accesso alle informazioni relative alla sua attuazione dovrebbero applicarsi in modo tale da assicurare la piena efficacia della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9).
(28)
Al fine di limitare l'onere per le piccole e medie imprese che gestiscono impianti di combustione medi, è auspicabile che gli obblighi amministrativi relativi alla fornitura di informazione, monitoraggio e comunicazione imposti ai gestori siano proporzionati ed evitino una duplicazione, pur consentendo un'effettiva verifica della conformità da parte dell'autorità competente.
(29)
Al fine di garantire l'uniformità e la coerenza delle informazioni fornite dagli Stati membri sull'attuazione della presente direttiva e di promuovere lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione, è opportuno che la Commissione, coadiuvata dall'Agenzia europea dell'ambiente, sviluppi uno strumento elettronico di comunicazione disponibile anche per uso interno da parte degli Stati membri per fini nazionali di comunicazione e di gestione dei dati.
(30)
La Commissione dovrebbe valutare la necessità di modificare i valori limite di emissione fissati all'allegato II per i nuovi impianti di combustione, sulla base delle tecnologie più avanzate. In tale contesto, è opportuno che la Commissione valuti altresì la necessità di stabilire valori limite di emissione specifici per altri inquinanti, quali il monossido di carbonio, ed eventuali norme minime in materia di efficienza energetica.
(31)
Al fine di consentire l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico, è auspicabile che il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE per adeguare le disposizioni in materia di valutazione della conformità di cui all'allegato III, parte 2, punto 2, sia delegato alla Commissione. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati, la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(32)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva e semplificare e snellire gli obblighi di comunicazione degli Stati membri, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione riguardo alla precisazione dei formati tecnici per la comunicazione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
(33)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire il miglioramento della qualità ambientale e della salute umana, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(34)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta»). In particolare, la presente direttiva mira a garantire l'applicazione dell'articolo 37 della Carta relativo alla tutela dell'ambiente.
(35)
Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (11), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi giustificati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi costitutivi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce norme per il controllo delle emissioni nell'aria di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri da impianti di combustione medi al fine di ridurre le emissioni nell'aria e i rischi potenziali per la salute umana e per l'ambiente derivanti da tali emissioni.
La presente direttiva stabilisce inoltre norme per il monitoraggio delle emissioni di monossido di carbonio (CO).
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica agli impianti di combustione aventi una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW («impianti di combustione medi»), indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato.
2. La presente direttiva si applica inoltre a un insieme formato da nuovi impianti di combustione medi conformemente all'articolo 4, anche qualora la potenza termica nominale totale di tale insieme sia pari o superiore a 50 MW, a meno che detto insieme non costituisca un impianto di combustione disciplinato dal capo III della direttiva 2010/75/UE.
3. La presente direttiva non si applica:
a)
agli impianti di combustione disciplinati dal capo III o del capo IV della direttiva 2010/75/UE;
b)
agli impianti di combustione disciplinati dalla direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (12);
c)
agli impianti di combustione in azienda con una potenza termica nominale totale inferiore o pari a 5 MW, che utilizzano esclusivamente stallatico non trasformato ottenuto da volatili, di cui all'articolo 9, lettera a), del regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (13), come combustibile;
d)
agli impianti di combustione in cui i gas di combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, per l'essiccazione o per qualsiasi altro trattamento di oggetti o materiali;
e)
agli impianti di combustione in cui i gas di combustione sono impiegati per il riscaldamento a gas diretto utilizzato per riscaldare gli spazi interni ai fini del miglioramento delle condizioni sul posto di lavoro;
f)
agli impianti di postcombustione destinati alla depurazione dei gas di scarico originati da processi industriali mediante combustione che non sono gestiti come impianti di combustione indipendenti;
g)
a qualsiasi apparecchio tecnico usato per la propulsione di un veicolo, di una nave o di un aeromobile;
h)
alle turbine a gas e ai motori a gas e diesel se usati su piattaforme off-shore;
i)
ai dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico;
j)
ai dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
k)
ai reattori utilizzati nell'industria chimica;
l)
alla batteria di forni per il coke;
m)
ai cowpers degli altiforni;
n)
agli impianti di cremazione;
o)
agli impianti di combustione alimentati con combustibili di raffineria, da soli o con altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas;
p)
alle caldaie di recupero nelle installazioni per la produzione della pasta di legno.
4. La presente direttiva non si applica alle attività di ricerca, alle attività di sviluppo o alle attività di sperimentazione relative agli impianti di combustione medi. Gli Stati membri possono stabilire condizioni specifiche per l'applicazione del presente paragrafo.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1)
«emissione», lo scarico nell'aria di sostanze provenienti dall'impianto di combustione;
2)
«valore limite di emissione», la quantità di una data sostanza, contenuta negli scarichi gassosi dell'impianto di combustione, che si può immettere nell'atmosfera in un determinato periodo;
3)
«ossidi di azoto» (NOx), l'ossido nitrico e il biossido di azoto espressi come biossido di azoto (NO2);
4)
«polveri», particelle, di qualsiasi forma, struttura o densità, disperse in fase gassosa alle condizioni del punto di campionamento che possono essere raccolte mediante filtrazione in determinate condizioni dopo il prelievo di campioni rappresentativi del gas da analizzare, e che restano a monte del filtro e sul filtro dopo essiccazione in determinate condizioni;
5)
«impianto di combustione», qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto;
6)
«impianto di combustione esistente», un impianto di combustione messo in funzione prima del 20 dicembre 2018 o per il quale è stata concessa un'autorizzazione prima del 19 dicembre 2017 conformemente alla legislazione nazionale, a condizione che l'impianto sia messo in funzione non oltre il 20 dicembre 2018;
7)
«nuovo impianto di combustione», un impianto diverso da un impianto di combustione esistente;
8)
«motore», un motore a gas, diesel o a doppia alimentazione;
9)
«motore a gas», un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo Otto e utilizza l'accensione comandata per bruciare il combustibile;
10)
«motore diesel», un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo diesel e utilizza l'accensione spontanea per bruciare il combustibile;
11)
«motore a doppia alimentazione», un motore a combustione interna che utilizza l'accensione spontanea e funziona secondo il ciclo diesel quando brucia combustibili liquidi e secondo il ciclo Otto quando brucia combustibili gassosi;
12)
«turbina a gas», qualsiasi macchina rotante che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, un dispositivo termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e una turbina; sono incluse le turbine a gas a ciclo aperto, le turbine a gas a ciclo combinato e le turbine a gas in regime di cogenerazione, tutte con o senza bruciatore supplementare;
13)
«piccolo sistema isolato», un piccolo sistema isolato quale definito all'articolo 2, punto 26, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14);
14)
«microsistema isolato», un microsistema isolato quale definito all'articolo 2, punto 27, della direttiva 2009/72/CE;
15)
«combustibile», qualsiasi materia combustibile solida, liquida o gassosa;
16)
«combustibile di raffineria», materiale combustibile solido, liquido o gassoso risultante dalle fasi di distillazione e conversione della raffinazione del petrolio greggio, incluso gas di raffineria, gas di sintesi, oli di raffineria e coke di petrolio;
17)
«rifiuto», rifiuto definito tale all'articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15);
18)
«biomassa»:
a)
prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile per recuperarne il contenuto energetico;
b)
i seguenti rifiuti:
i)
rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;
ii)
rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se è recuperata l'energia termica;
iii)
rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;
iv)
rifiuti di sughero;
v)
rifiuti di legno a eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;
19)
«gasolio»:
a)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui ai codici NC 2710 19 25, 2710 19 29, 2710 19 47, 2710 19 48, 2710 20 17 o 2710 20 19; o
b)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui meno del 65 % in volume (comprese le perdite) distilla a 250 °C e del quale almeno l'85 % in volume (comprese le perdite) distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;
20)
«gas naturale», metano presente in natura con non più del 20 % (in volume) di inerti e altri costituenti;
21)
«olio combustibile pesante»:
a)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui al codice NC da 2710 19 51 a 2710 19 68, 2710 20 31, 2710 20 35, o 2710 20 39; o
b)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, diverso dal gasolio di cui al punto 19, che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati a essere usati come combustibile e di cui meno del 65 % in volume (comprese le perdite) distilla a 250 °C con il metodo ASTM D86. Se la distillazione non può essere determinata con il metodo ASTM D86, il prodotto petrolifero rientra ugualmente nella categoria degli oli combustibili pesanti;
22)
«ore operative», il tempo, espresso in ore, durante il quale un impianto di combustione è in funzione e scarica emissioni nell'aria, esclusi i periodi di avvio e di arresto;
23)
«gestore», qualsiasi persona fisica o giuridica che gestisce o controlla l'impianto di combustione o, se previsto dalla normativa nazionale, a cui sia stato delegato un potere economico determinante sul funzionamento tecnico dell'impianto;
24)
«zona», parte del territorio di uno Stato membro da esso delimitata, ai fini della valutazione e della gestione della qualità dell'aria, come stabilito nella direttiva 2008/50/CE.
Articolo 4
Aggregazione
L'insieme formato da due o più nuovi impianti di combustione medi è considerato un unico impianto di combustione medio ai fini della presente direttiva e la loro potenza termica nominale è sommata ai fini del calcolo della potenza termica nominale totale dell'impianto se:
—
gli scarichi gassosi di tali impianti di combustione medi sono emessi attraverso un camino comune, o
—
tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, gli scarichi gassosi di tali impianti di combustione medi potrebbero, a giudizio dell'autorità competente, essere emessi attraverso un camino comune.
Articolo 5
Autorizzazioni e registrazione
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché nessun nuovo impianto di combustione medio sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché a decorrere dal 1o gennaio 2024 nessun impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale superiore a 5 MW sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché a decorrere dal 1o gennaio 2029 nessun impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale inferiore o pari a 5 MW sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato.
3. Gli Stati membri specificano la procedura per la concessione di un'autorizzazione o per la registrazione degli impianti di combustione medi. Tali procedure comprendono almeno l'obbligo per il gestore di informare l'autorità competente del funzionamento o dell'intenzione di mettere in funzione un impianto di combustione medio e di fornire almeno le informazioni elencate nell'allegato I.
4. L'autorità competente procede alla registrazione dell'impianto di combustione medio o avvia la procedura per la concessione dell'autorizzazione entro un mese dalla presentazione da parte del gestore delle informazioni di cui al paragrafo 3. L'autorità competente informa il gestore in merito a detta registrazione o all'avvio della procedura per la concessione dell'autorizzazione.
5. L'autorità competente tiene un registro con le informazioni relative a ciascun impianto di combustione medio comprese le informazioni elencate nell'allegato I e le informazioni ottenute a norma dell'articolo 9. Gli impianti di combustione medi esistenti sono inclusi nel registro a partire dalla data di registrazione o dalla data di autorizzazione conformemente alla presente direttiva. L'autorità competente rende disponibile al pubblico, anche via Internet, le informazioni contenute nel registro, conformemente alla direttiva 2003/4/CE.
6. Fatto salvo l'obbligo per gli impianti di combustione medi di essere in possesso di un'autorizzazione o di essere registrati, gli Stati membri possono inserire requisiti per talune categorie di impianti di combustione medi sotto forma di disposizioni generali vincolanti. Ove siano adottate disposizioni generali vincolanti, l'autorizzazione o la registrazione può contenere semplicemente un riferimento alle disposizioni stesse.
7. Per gli impianti di combustione medi che sono parte di un'installazione contemplata dal capo II della direttiva 2010/75/UE, le prescrizioni del presente articolo si ritengono rispettate conformandosi a tale direttiva.
8. Qualsiasi autorizzazione concessa o registrazione effettuata conformemente a un'altra normativa nazionale o dell'Unione può essere combinata con l'autorizzazione o la registrazione richiesta a norma del paragrafo 1 per formare un'unica autorizzazione o registrazione purché questa contenga le informazioni richieste a norma del presente articolo.
Articolo 6
Valori limite di emissione
1. Fatte salve le disposizioni del capo II della direttiva 2010/75/UE, laddove applicabili, i valori limite di emissione fissati nell'allegato II della presente direttiva si applicano agli impianti di combustione medi.
I valori limite di emissione fissati nell'allegato II non si applicano agli impianti di combustione medi ubicati nelle Isole Canarie, nei dipartimenti francesi d'oltremare, nelle Azzorre e a Madera. Gli Stati membri interessati fissano valori limite di emissione per tali impianti al fine di ridurne le emissioni nell'atmosfera e i rischi potenziali per la salute umana e per l'ambiente.
2. A decorrere dal 1o gennaio 2025 le emissioni nell'atmosfera di SO2, NOx e polveri originate da un impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale superiore a 5 MW non superano i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 2 e 3 della parte 1 dell'allegato II.
A decorrere dal 1o gennaio 2030 le emissioni nell'atmosfera di SO2, NOx e polveri originate da un impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale di 5 MW pari o inferiore non superano i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 1 e 3 della parte 1 dell'allegato II.
3. Gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi esistenti che non funzionano per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su un periodo di cinque anni, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 1, 2 e 3 della parte 1 dell'allegato II.
Gli Stati membri possono estendere il limite di cui al primo comma a 1 000 ore operative nei seguenti casi di emergenza o di condizioni straordinarie:
—
per la produzione di elettricità di emergenza nelle isole connesse in caso di interruzione dell'alimentazione elettrica principale di un'isola,
—
per gli impianti di combustione medi utilizzati per la produzione di calore in caso di condizioni metereologiche eccezionalmente fredde.
In tutti i casi di cui al presente paragrafo, per gli impianti alimentati a combustibili solidi si applica un valore limite di emissione per le polveri pari a 200 mg/Nm3.
4. Gli impianti di combustione medi esistenti che sono parte di un piccolo sistema isolato o di un microsistema isolato rispettano i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 1, 2 e 3 della parte 1 dell'allegato II a decorrere dal 1o gennaio 2030.
5. Fino al 1o gennaio 2030, gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi esistenti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione fissati nell'allegato II, a condizione che almeno il 50 % della produzione di calore utile dell'impianto, calcolata in media mobile su un periodo di cinque anni, sia fornito a una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda. Qualora tale esonerazione sia concessa, i valori limite di emissione fissati dalle autorità competenti sono pari al massimo a 1 100 mg/Nm3 per le emissioni di SO2 e a 150 mg/Nm3 per le polveri.
Fino al 1o gennaio 2030, gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi alimentati principalmente a biomassa solida, situati in zone nelle quali, secondo valutazioni effettuate a norma della direttiva 2008/50/CE, è garantita la conformità ai valori limite di tale direttiva, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione per le polveri fissati nell'allegato II della presente direttiva. Qualora tale esonerazione sia concessa, i valori limite di emissione fissati dall'autorità competente sono pari al massimo a 150 mg/Nm3 per le polveri.
L'autorità competente garantisce comunque che non si verifichino eventi inquinanti di rilievo e che si realizzi nel complesso un elevato grado di tutela ambientale.
6. Fino al 1o gennaio 2030, gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi esistenti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW, utilizzati per il funzionamento di stazioni di compressione di gas necessarie per garantire la protezione e la sicurezza di un sistema nazionale di trasporto del gas, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione per i NOx fissati nella tabella 3 della parte 1 dell'allegato II.
7. Dal 20 dicembre 2018 le emissioni nell'aria di SO2, NOx e polveri originate da un nuovo impianto di combustione medio non superano i valori limite di emissione fissati nella parte 2 dell'allegato II.
8. Gli Stati membri possono esonerare i nuovi impianti di combustione medi che non funzionano per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su un periodo di tre anni, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione fissati nella parte 2 dell'allegato II. Qualora tale esonerazione sia concessa si applica, agli impianti alimentati a combustibili solidi, un valore limite di emissione per le polveri pari a 100 mg/Nm3.
9. Nelle zone, o parti di esse, che non rispettano i valori limite per la qualità dell'aria di cui alla direttiva 2008/50/CE, gli Stati membri valutano la necessità di applicare, per i singoli impianti di combustione medi delle zone in questione o in parti delle stesse, valori limite di emissione più restrittivi rispetto a quelli fissati nella presente direttiva, nel quadro dell'elaborazione di piani per la qualità dell'aria di cui all'articolo 23 della direttiva 2008/50/CE, tenendo conto dei risultati dello scambio di informazioni di cui al paragrafo 10 del presente articolo, a condizione che l'applicazione di tali valori limite di emissione contribuisca concretamente a un sensibile miglioramento della qualità dell'aria.
10. La Commissione organizza uno scambio di informazioni con gli Stati membri, i settori interessati e le organizzazioni non governative sui livelli di emissione raggiungibili con le migliori tecnologie disponibili ed emergenti e sui costi correlati.
La Commissione pubblica i risultati dello scambio di informazioni.
11. L'autorità competente può accordare una deroga per un periodo massimo di sei mesi all'obbligo di osservanza dei valori limite di emissione di cui ai paragrafi 2 e 7 relativamente alla SO2 in impianti di combustione medi che normalmente utilizzano un combustibile a basso tenore di zolfo, se il gestore si trova nell'impossibilità di rispettare tali valori limite a causa dell'interruzione della fornitura del combustibile summenzionato dovuta a una situazione di grave penuria.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro un mese, ogni deroga concessa a norma del primo comma.
12. L'autorità competente può accordare una deroga all'obbligo di rispettare i valori limite di emissione di cui ai paragrafi 2 e 7, qualora un impianto di combustione medio che utilizza esclusivamente combustibile gassoso, debba ricorrere eccezionalmente all'uso di altri combustibili a causa di un'improvvisa interruzione della fornitura di gas e per tale motivo debba essere dotato di un dispositivo di abbattimento secondario. Il periodo per il quale è concessa una deroga non supera i dieci giorni, salvo il caso in cui il gestore dimostri all'autorità competente che è giustificata una proroga.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione entro un mese in merito a ogni deroga concessa a norma del primo comma.
13. Qualora un impianto di combustione medio faccia uso simultaneamente di due o più combustibili, il valore limite di emissione relativo a ciascun inquinante è calcolato:
a)
considerando il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile di cui all'allegato II;
b)
determinando il valore limite di emissione ponderato per combustibile; tale valore si ottiene moltiplicando il singolo valore limite di emissione di cui alla lettera a) per la potenza termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;
c)
addizionando i valori limite di emissione ponderati per combustibile.
Articolo 7
Obblighi del gestore
1. Gli Stati membri provvedono affinché il gestore effettui il monitoraggio delle emissioni a norma, come minimo, dell'allegato III, parte 1.
2. Per gli impianti di combustione medi che utilizzano combustibili diversi, il monitoraggio delle emissioni è effettuato mentre si fa uso di un combustibile o di una miscela di combustibili che potrebbe originare il massimo livello di emissioni e durante un periodo rappresentativo delle condizioni normali di funzionamento.
3. Il gestore registra ed elabora tutti i risultati del monitoraggio in modo tale da consentire la verifica dell'osservanza dei valori limite di emissione conformemente alle disposizioni dell'allegato III, parte 2.
4. Per gli impianti di combustione medi che fanno uso di un dispositivo di abbattimento secondario al fine di rispettare i valori limite di emissione, il gestore registra o conserva le informazioni che dimostrano il funzionamento effettivo e continuo di tale dispositivo.
5. Il gestore di un impianto di combustione medio conserva i documenti seguenti:
a)
l'autorizzazione o la prova della registrazione da parte dell'autorità competente e, se del caso, la sua versione aggiornata e le informazioni connesse;
b)
i risultati del monitoraggio e le informazioni di cui ai paragrafi 3 e 4;
c)
se del caso, un documento in cui è registrato il numero di ore operative di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 8;
d)
un documento in cui sono registrati il tipo e il quantitativo di combustibili utilizzati nell'impianto e gli eventuali malfunzionamenti o guasti del dispositivo di abbattimento secondario;
e)
un documento in cui figurano i casi di non conformità e le misure adottate, come indicato al paragrafo 7.
I dati e le informazioni di cui alle lettere da b) a e) del primo comma sono conservati per un periodo di almeno sei anni.
6. Il gestore mette a disposizione dell'autorità competente, senza indebito ritardo e su richiesta di quest'ultima, i dati e le informazioni di cui al paragrafo 5. L'autorità competente può formulare una tale richiesta allo scopo di verificare l'osservanza dei requisiti della presente direttiva. L'autorità competente formula una tale richiesta qualora un cittadino chieda l'accesso ai dati o alle informazioni di cui al paragrafo 5.
7. In caso di non conformità ai valori limite di emissione di cui all'allegato II, il gestore adotta le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità nel più breve tempo possibile, fatte salve le misure di cui all'articolo 8. Gli Stati membri stabiliscono norme per quanto riguarda il tipo, la frequenza e il formato delle informazioni relative ai casi di non conformità che i gestori devono fornire all'autorità competente.
8. Il gestore fornisce all'autorità competente tutta l'assistenza necessaria per effettuare qualsiasi ispezione e visita in loco, prelevare campioni e raccogliere ogni informazione necessaria all'assolvimento dei suoi compiti, ai fini della presente direttiva.
9. Il gestore garantisce che i periodi di avvio e di arresto degli impianti di combustione medi siano della durata più breve possibile.
Articolo 8
Controlli di conformità
1. Gli Stati membri provvedono affinché i valori per le emissioni monitorate a norma dell'allegato III non superino i valori limite di emissione fissati nell'allegato II.
2. Gli Stati membri organizzano un sistema efficace, basato su ispezioni ambientali o altre misure, per accertare la conformità ai requisiti della presente direttiva.
3. In caso di non conformità, oltre alle misure adottate dal gestore a norma dell'articolo 7, paragrafo 7, gli Stati membri garantiscono che l'autorità competente imponga al gestore di adottare ogni misura necessaria per assicurare il tempestivo rispristino della conformità.
Se la non conformità comporta un significativo peggioramento della qualità dell'aria locale, il funzionamento dell'impianto di combustione medio è sospeso fino a che la conformità non viene ripristinata.
Articolo 9
Modifiche agli impianti di combustione medi
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il gestore informi l'autorità competente, senza indebito ritardo, di tutte le modifiche previste all'impianto di combustione medio che possano incidere sui valori limite di emissione applicabili.
L'autorità competente aggiorna di conseguenza l'autorizzazione o la registrazione, a seconda del caso.
Articolo 10
Autorità competenti
Gli Stati membri designano le autorità competenti responsabili dell'adempimento degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
Articolo 11
Relazioni
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione, entro il 1o ottobre 2026 e il 1o ottobre 2031, una relazione con le informazioni qualitative e quantitative relative all'attuazione della presente direttiva, su qualsiasi azione intrapresa per verificare la conformità del funzionamento degli impianti di combustione medi alla presente direttiva e su ogni azione di esecuzione intrapresa ai fini della stessa.
La prima relazione di cui al primo comma comprende una stima delle emissioni totali annue SO2, NOx e polveri originate da impianti di combustione medi, raggruppate per tipo di impianto, tipo di combustibile e classe di capacità.
2. Gli Stati membri presentano altresì alla Commissione, entro il 1o gennaio 2021, una relazione contenente una stima delle emissioni totali annue di CO e qualsiasi informazione disponibile sulla concentrazione delle emissioni di CO originate da impianti di combustione medi, raggruppati per tipo di combustibile e classe di capacità.
3. Ai fini delle relazioni di cui ai paragrafi 1 e 2, la Commissione mette a disposizione degli Stati membri uno strumento elettronico di comunicazione.
La Commissione, mediante atti di esecuzione, specifica i formati tecnici per la comunicazione al fine di semplificare e integrare gli obblighi di comunicazione per gli Stati membri per quanto riguarda le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 15.
4. La Commissione, entro dodici mesi dalla data di ricezione delle relazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo trasmesse dagli Stati membri, presenta una relazione di sintesi al Parlamento europeo e al Consiglio, tenendo conto delle informazioni rese disponibili a norma dell'articolo 6, paragrafo 11, e dell'articolo 6, paragrafo 12.
5. Nello svolgimento dei suoi compiti ai sensi dei paragrafi 3 e 4, la Commissione è coadiuvata dall'Agenzia europea dell'ambiente.
Articolo 12
Riesame
1. Entro il 1o gennaio 2020, la Commissione esamina i progressi compiuti in relazione all'efficienza energetica degli impianti di combustione medi e valuta i vantaggi della fissazione di norme minime di efficienza energetica in linea con le migliori tecniche disponibili.
2. Entro il 1o gennaio 2023, la Commissione valuta la necessità di riesaminare le disposizioni relative agli impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati, come pure la parte 2 dell'allegato II, sulla base delle tecnologie più avanzate.
Nell'ambito del riesame, la Commissione valuta inoltre se, per certi tipi o per la totalità degli impianti di combustione medi, occorra regolamentare le emissioni di CO.
Successivamente, si effettua un riesame ogni dieci anni. Tale riesame include una valutazione dell'opportunità di fissare valori limite di emissione più restrittivi, in particolare per i nuovi impianti di combustione medi.
3. La Commissione presenta una relazione sui risultati dei riesami di cui ai paragrafi 1 e 2 al Parlamento europeo e al Consiglio corredandoli, se del caso, di una proposta legislativa.
Articolo 13
Modifica degli allegati
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 14 al fine di adeguare il punto 2 della parte 2 dell'allegato III al progresso tecnico e scientifico.
Articolo 14
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 13 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 18 dicembre 2015. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all'articolo 13 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 13 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 15
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 75, paragrafo 1, della direttiva 2010/75/UE. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 16
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione, entro il 19 dicembre 2017, e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali successive modifiche.
Articolo 17
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 19 dicembre 2017. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 19
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 25 novembre 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
N. SCHMIT
(1) GU C 451 del 16.12.2014, pag. 134.
(2) GU C 415 del 20.11.2014, pag. 23.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 7 ottobre 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 10 novembre 2015.
(4) Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 171).
(5) Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
(6) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
(7) Direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (GU L 309 del 27.11.2001, pag. 1).
(8) Direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa (GU L 152 dell'11.6.2008, pag. 1).
(9) Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26).
(10) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(11) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
(12) Direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali (GU L 59 del 27.2.1998, pag. 1).
(13) Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale) (GU L 300 del 14.11.2009, pag. 1).
(14) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211 del 14.8.2009, pag. 55).
(15) Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3).
ALLEGATO I
INFORMAZIONI CHE IL GESTORE È TENUTO A FORNIRE ALL'AUTORITÀ COMPETENTE
1.
Potenza termica nominale (in MW) dell'impianto di combustione medio.
2.
Tipo di impianto di combustione medio (motore diesel, turbina a gas, motore a doppia alimentazione, altro motore o altro impianto di combustione medio).
3.
Tipo e percentuale di combustibili utilizzati, classificati in base alle categorie di cui all'allegato II.
4.
Data di messa in funzione dell'impianto di combustione medio oppure, nel caso in cui non si conosca la data esatta di messa in funzione, la prova del fatto che la messa in funzione è avvenuta prima del 20 dicembre 2018.
5.
Settore di attività dell'impianto di combustione medio o del complesso o del complesso industriale, in cui è utilizzato (codice NACE).
6.
Numero previsto di ore operative annue dell'impianto di combustione medio e carico medio in esercizio.
7.
Nel caso in cui venga fatto uso dell'esonerazione a norma dell'articolo 6, paragrafo 3 o 8, una dichiarazione firmata dal gestore che l'impianto di combustione medio sarà in funzione per un numero di ore non superiore a quello indicato in tali paragrafi.
8.
Nome e sede legale del gestore e, nel caso degli impianti di combustione medi fissi, indirizzo del luogo in cui si trova l'impianto.
ALLEGATO II
VALORI LIMITE DI EMISSIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 6
Tutti i valori limite di emissione indicati nel presente allegato sono definiti a una temperatura di 273,15 K, a una pressione di 101,3 kPa e previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli scarichi gassosi e a un tenore standard di O2 pari al 6 % per gli impianti di combustione medi che utilizzano combustibili solidi, al 3 % per gli impianti di combustione medi diversi dai motori e dalle turbine a gas che utilizzano combustibili liquidi e gassosi e al 15 % per i motori e le turbine a gas.
PARTE 1
Valori limite di emissione per gli impianti di combustione medi esistenti
Tabella 1
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per gli impianti di combustione medi esistenti, con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW, diversi dai motori e dalle turbine a gas
Sostanza inquinante
Biomassa solida
Altri combustibili solidi
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
200 (1)
(2)
1 100
—
350
—
200 (3)
NOx
650
650
200
650
250
250
Polveri
50
50
—
50
—
—
Tabella 2
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per gli impianti di combustione medi esistenti, con una potenza termica nominale superiore a 5 MW, diversi dai motori e dalle turbine a gas
Sostanza inquinante
Biomassa solida
Altri combustibili solidi
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
200 (4)
(5)
400 (6)
—
350 (7)
—
35 (8)
(9)
NOX
650
650
200
650
200
250
Polveri
30 (10)
30 (10)
—
30
—
—
Tabella 3
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per motori e turbine a gas esistenti
Sostanza inquinante
Tipo di impianto di combustione medio
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
Motori e turbine a gas
—
120
—
15 (11)
(12)
NOX
Motori
190 (13)
(14)
190 (13)
(15)
190 (16)
190 (16)
Turbine a gas (17)
200
200
150
200
Polveri
Motori e turbine a gas
—
10 (18)
—
—
PARTE 2
Valori limite di emissione per i nuovi impianti di combustione medi
Tabella 1
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per i nuovi impianti di combustione medi diversi dai motori e dalle turbine a gas
Sostanza inquinante
Biomassa solida
Altri combustibili solidi
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
200 (19)
400
—
350 (20)
—
35 (21)
(22)
NOx
300 (23)
300 (23)
200
300 (24)
100
200
Polveri
20 (25)
20 (25)
—
20 (26)
—
—
Tabella 2
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per motori e turbine a gas nuovi
Sostanza inquinante
Tipo di impianto di combustione medio
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
Motori e turbine a gas
—
120 (27)
—
15 (28)
NOX
Motori (29)
(30)
190 (31)
190 (31)
(32)
95 (33)
190
Turbine a gas (34)
75
75 (35)
50
75
Polveri
Motori e turbine a gas
—
10 (36)
(37)
—
—
(1) Il valore non si applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(2) 300 mg/Nm3 in caso di impianti alimentati a paglia.
(3) 400 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgica.
(4) Il valore non si applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(5) 300 mg/Nm3 in caso di impianti alimentati a paglia.
(6) 1 100 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(7) Fino al 1o gennaio 2030, 850 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW, alimentati a olio combustibile pesante.
(8) 400 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 200 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico d'altoforno (industria siderurgica).
(9) 170 mg/Nm3 in caso di biogas.
(10) 50 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(11) 60 mg/Nm3 in caso di biogas.
(12) 130 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 65 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico d'altoforno (industria siderurgica).
(13) 1 850 mg/Nm3 nei seguenti casi:
i)
per motori diesel la cui costruzione è iniziata prima del 18 maggio 2006;
ii)
per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.
(14) 250 mg/Nm3 in caso di motori con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
(15) 250 mg/Nm3 in caso di motori con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW; 225 mg/Nm3 in caso di motori con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(16) 380 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione in modalità a gas.
(17) I valori limite di emissione si applicano soltanto con un carico superiore al 70 %.
(18) 20 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(19) Il valore non si applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(20) Fino al 1o gennaio 2025, 1 700 mg/Nm3 in caso di impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(21) 400 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 200 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.
(22) 100 mg/Nm3 in caso di biogas.
(23) 500 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
(24) Fino al 1o gennaio 2025, 450 mg/Nm3 quando alimentati a olio combustibile pesante contenente fra 0,2 % e 0,3 % N e 360 mg/Nm3 quando alimentati a olio combustibile pesante contenente meno di 0,2 % N in caso di impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi pari o inferiore a 5 MW; 30 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(25) 50 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(26) 50 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
(27) Fino al 1o gennaio 2025, 590 mg/Nm3 per i motori diesel che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(28) 40 mg/Nm3 in caso di biogas.
(29) I motori che funzionano fra 500 e 1 500 ore all'anno possono essere esonerati dall'obbligo di osservare tali valori limite di emissione se applicano misure principali per limitare le emissioni di NOx e rispettare i valori limite di emissione di cui alla nota 4.
(30) Fino al 1o gennaio 2025 in piccoli sistemi isolati e in microsistemi isolati, 1 850 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido e 380 mg/Nm3 in modalità a gas; 1 300 mg/Nm3 per i motori diesel a ≤ 1 200 giri al minuto con una potenza termica nominale totale inferiore o pari a 20 MW e 1 850 mg/Nm3 per i motori diesel con una potenza termica nominale totale superiore a 20 MW; 750 mg/Nm3 per i motori diesel a > 1 200 giri al minuto.
(31) 225 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.
(32) 225 mg/Nm3 per i motori diesel con una potenza termica nominale totale inferiore o pari a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.
(33) 190 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione in modalità a gas.
(34) I valori limite di emissione si applicano soltanto con un carico superiore al 70 %.
(35) Fino al 1o gennaio 2025, 550 mg/Nm3 per gli impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(36) Fino al 1o gennaio 2025, 75 mg/Nm3 per i motori diesel che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(37) 20 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
ALLEGATO III
MONITORAGGIO DELLE EMISSIONI E VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ
PARTE 1
Monitoraggio delle emissioni da parte del gestore
1.
Sono richieste misurazioni periodiche almeno:
—
ogni tre anni per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore o pari a 20 MW,
—
ogni anno per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale superiore a 20 MW.
2.
In alternativa alle periodicità di cui al paragrafo 1, nel caso di impianti di combustione medi soggetti all'articolo 6, paragrafo 3 o 8, possono essere richieste misurazioni periodiche almeno ogni volta che è trascorso il seguente numero di ore operative:
—
il triplo del numero massimo di ore operative medie annue, a norma dell'articolo 6, paragrafo 3 o 8, per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore o pari a 20 MW,
—
al raggiungimento del numero massimo di ore operative medie annue, applicabili conformemente all'articolo 6, paragrafo 3, o paragrafo 8, per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale superiore a 20 MW.
La frequenza delle misurazioni periodiche non è in ogni caso inferiore a cinque anni.
3.
Le misurazioni sono obbligatorie solo per:
a)
le sostanze inquinanti per le quali nella presente direttiva è specificato un valore limite di emissione per l'impianto interessato;
b)
CO per tutti gli impianti.
4.
Le prime misurazioni sono effettuate entro quattro mesi dalla più recente tra la data di concessione dell'autorizzazione o di registrazione dell'impianto e la data della messa in servizio.
5.
In alternativa alle misurazioni di SO2 di cui ai punti 1, 2 e al punto 3, lettera a), si possono usare altre procedure, verificate e approvate dall'autorità competente, per determinare le emissioni di SO2.
6.
In alternativa alle misurazioni periodiche di cui al punto 1, gli Stati membri possono richiedere misurazioni in continuo.
In caso di misurazioni in continuo, i sistemi di misurazione automatici sono soggetti a verifica mediante misurazioni parallele con i metodi di riferimento almeno una volta all'anno e il gestore informa l'autorità competente dei risultati di dette verifiche.
7.
Il campionamento e l'analisi delle sostanze inquinanti e le misurazioni dei parametri di processo, nonché le eventuali misurazioni eseguite ricorrendo alle procedure alternative di cui ai punti 5 e 6, sono basati su metodi che consentano di ottenere risultati affidabili, rappresentativi e comparabili. Si presume che i metodi che rispettano le norme EN armonizzate soddisfino questo requisito. Durante ciascuna misurazione, l'impianto opera in condizioni stabili con un carico equilibrato rappresentativo. In tale contesto, sono esclusi i periodi di avvio e di arresto.
PARTE 2
Valutazione della conformità
1.
In caso di misurazioni periodiche, i valori limite di emissione di cui all'articolo 6 sono considerati rispettati se i risultati di ogni serie di misurazioni o delle altre procedure, definiti e determinati conformemente alle modalità stabilite dall'autorità competente, non superano il valore limite di emissione pertinente.
2.
In caso di misurazioni in continuo, la conformità ai valori limite di emissione di cui all'articolo 6 è valutata conformemente a quanto disposto alla parte 4, punto 1, dell'allegato V della direttiva 2010/75/UE.
I valori medi convalidati sono determinati conformemente a quanto disposto alla parte 3, punti 9 e 10, dell'allegato V della direttiva 2010/75/UE.
3.
Ai fini del calcolo dei valori medi di emissione, non si tiene conto dei valori misurati durante i periodi di cui all'articolo 6, paragrafi 11 e 12, né di quelli misurati durante i periodi di avvio e di arresto.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA (UE) 2015/2193 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 25 novembre 2015
relativa alla limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
La decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) (programma d'azione) riconosce che le emissioni di inquinanti nell'aria sono state ridotte in misura significativa negli ultimi decenni, ma al tempo stesso i livelli di inquinamento dell'aria sono ancora critici in molte parti d'Europa e i cittadini dell'Unione continuano a essere esposti agli inquinanti atmosferici, potenzialmente nocivi per la loro salute e il loro benessere. Secondo il programma d'azione, gli ecosistemi sono tutt'ora colpiti da depositi eccessivi di azoto e zolfo associati a emissioni originate dal settore dei trasporti, da pratiche agricole non sostenibili e dalla produzione di energia elettrica. In molte zone dell'Unione i livelli di inquinamento dell'aria rimangono ancora al di sopra dei limiti fissati dall'Unione e gli standard di qualità dell'aria dell'Unione non rispettano nemmeno gli obiettivi individuati dall'Organizzazione mondiale della sanità.
(2)
Al fine di garantire un ambiente sano per tutti, il programma d'azione prevede che gli interventi a livello locale siano integrati da politiche adeguate sia a livello nazionale che dell'Unione. Esso prevede in particolare il rafforzamento dell'impegno per raggiungere la piena conformità alla normativa dell'Unione sulla qualità dell'aria e la definizione di obiettivi e azioni strategiche oltre il 2020.
(3)
Le valutazioni scientifiche indicano che la perdita in termini di durata di vita media dei cittadini dell'Unione imputabile all'inquinamento atmosferico è di otto mesi.
(4)
In generale, le emissioni di inquinanti originate dalla combustione di combustibile negli impianti medi non sono disciplinate a livello dell'Unione, sebbene contribuiscano in misura sempre maggiore all'inquinamento atmosferico, in particolare a causa di un più ampio ricorso alla biomassa, indotto dalla politica climatica ed energetica.
(5)
La combustione di combustibile in determinate attrezzature e determinati impianti di combustione di piccole dimensioni è disciplinata dalle misure di esecuzione di cui alla direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Vi è l'urgente necessità di ulteriori misure ai sensi della direttiva 2009/125/CE al fine di colmare il vuoto normativo che permane. Dal 7 gennaio 2013 la combustione di combustibile nei grandi impianti di combustione rientra nel campo di applicazione della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), mentre la direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7) continuerà ad applicarsi ai grandi impianti di combustione di cui all'articolo 30, paragrafo 2, della direttiva 2010/75/UE fino al 31 dicembre 2015.
(6)
Nella relazione al Parlamento europeo e al Consiglio del 17 maggio 2013 sui riesami effettuati ai sensi dell'articolo 30, paragrafo 9, e dell'articolo 73 della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali e volta ad affrontare il problema delle emissioni provenienti da allevamenti intensivi e da impianti di combustione, la Commissione ha concluso che per la combustione di combustibili in impianti medi è stata dimostrata l'esistenza di un chiaro potenziale di abbattimento economicamente vantaggioso delle emissioni nell'atmosfera.
(7)
Gli impegni assunti dall'UE a livello internazionale in materia di inquinamento atmosferico, destinati a ridurre l'acidificazione, l'eutrofizzazione, l'ozono troposferico e le emissioni di particolato sono stati concordati nell'ambito del protocollo di Göteborg della Convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, modificato nel 2012 per rafforzare gli impegni assunti in precedenza per la riduzione dell'anidride solforosa, degli ossidi di azoto, dell'ammoniaca e dei composti organici volatili e per introdurre nuovi impegni relativi alla riduzione del particolato sottile (PM 2.5), da raggiungere a partire dal 2020.
(8)
Nella comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 18 dicembre 2013, dal titolo «Programma Aria pulita per l'Europa», la Commissione esorta ad adottare misure di controllo delle emissioni di sostanze inquinanti per l'atmosfera originate da impianti di combustione medi e a completare, in tal modo, il quadro normativo per il settore della combustione. Il programma «Aria pulita» completa il programma di riduzione dell'inquinamento per il 2020 definito nella comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 21 settembre 2005, dal titolo «Strategia tematica sull'inquinamento atmosferico» e sviluppa obiettivi di riduzione dell'impatto per il periodo fino al 2030. Per conseguire tutti quegli obiettivi strategici è opportuno stabilire un programma di regolamentazione che comprenda misure per il controllo delle emissioni originate dagli impianti di combustione medi.
(9)
Gli impianti di combustione medi dovrebbero essere sviluppati e funzionare in modo tale da promuovere l'efficienza energetica. È opportuno tenere particolarmente conto di siffatte considerazioni, così come di quelle a carattere economico, delle possibilità tecniche e del ciclo di vita degli impianti di combustione medi esistenti in caso di interventi di ammodernamento di tali impianti o di decisioni su investimenti importanti.
(10)
Al fine di assicurare che il funzionamento di un impianto di combustione medio non comporti un deterioramento della qualità dell'aria, le misure adottate per limitare le emissioni nell'aria di anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri non dovrebbero comportare l'aumento delle emissioni di altri inquinanti, quali il monossido di carbonio.
(11)
Gli impianti di combustione medi che sono già soggetti alle prescrizioni minime a livello di Unione, come gli impianti ai quali si applica una norma di aggregazione di cui al capo III della direttiva 2010/75/UE, o gli impianti che inceneriscono o coinceneriscono rifiuti solidi o liquidi e sono pertanto disciplinati dal capo IV della direttiva in parola, dovrebbero essere esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva.
(12)
È auspicabile inoltre che taluni altri impianti di combustione medi siano esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva, sulla base delle loro caratteristiche tecniche o del loro uso per particolari attività.
(13)
Poiché gli impianti di combustione medi alimentati con combustibili di raffineria, da soli o con altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas e le caldaie di recupero nelle installazioni per la produzione della pasta di legno sono soggetti ai livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT) indicati nelle conclusioni sulle BAT già elaborate a norma della direttiva 2010/75/UE, la presente direttiva non dovrebbe applicarsi a tali impianti.
(14)
La presente direttiva dovrebbe applicarsi agli impianti di combustione, inclusi gli insiemi formati da due o più nuovi impianti di combustione medi, aventi una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW. I singoli impianti di combustione aventi una potenza termica nominale inferiore a 1 MW non dovrebbero essere presi in considerazione ai fini del calcolo della potenza termica nominale totale di un insieme di impianti di combustione. Allo scopo di evitare un vuoto normativo, la presente direttiva dovrebbe applicarsi anche a un insieme formato da nuovi impianti di combustione medi la cui potenza termica nominale totale è pari o superiore a 50 MW, fatto salvo il capo III della direttiva 2010/75/UE.
(15)
Onde garantire il controllo delle emissioni nell'aria di anidride solforosa, ossidi di azoto e polveri è opportuno che ogni impianto di combustione medio sia operativo solo se autorizzato o registrato dall'autorità competente, sulla base delle informazioni presentate dal gestore.
(16)
Ai fini del controllo delle emissioni nell'aria originate da impianti di combustione medi, è opportuno che la presente direttiva stabilisca valori limite di emissione e requisiti in materia di monitoraggio.
(17)
Non è opportuno che i valori limite di emissione fissati all'allegato II si applichino agli impianti di combustione medi ubicati nelle Isole Canarie, nei dipartimenti francesi d'oltremare, nelle Azzorre e a Madera, in considerazione dei problemi tecnici e logistici associati all'ubicazione isolata di tali impianti. Gli Stati membri interessati dovrebbero fissare i valori limite di emissione per tali impianti al fine di ridurne le emissioni nell'atmosfera e i rischi potenziali per la salute umana e per l'ambiente.
(18)
Per concedere agli impianti di combustione medi esistenti un periodo di tempo sufficiente per adeguarsi sul piano tecnico alle prescrizioni della presente direttiva, è opportuno che i valori limite di emissione si applichino a tali impianti dopo un determinato periodo di tempo a decorrere dalla data di applicazione della presente direttiva.
(19)
Per tenere conto di talune circostanze particolari in cui l'applicazione dei valori limite di emissione comporterebbe costi sproporzionatamente elevati rispetto ai benefici ambientali, è opportuno che gli Stati membri possano esonerare gli impianti di combustione medi utilizzati in caso di emergenza e attivi per limitati periodi di tempo dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(20)
In considerazione dei limiti infrastrutturali cui devono far fronte gli impianti di combustione medi esistenti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati nonché della necessità di agevolare la loro interconnessione, è opportuno concedere ai predetti impianti maggior tempo per adeguarsi ai valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(21)
Alla luce dei benefici complessivi del teleriscaldamento in termini di contributo alla riduzione del consumo domestico di combustibili responsabili di elevati livelli di inquinamento atmosferico e in termini di migliore efficienza energetica e di riduzione delle emissioni di CO2, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di concedere maggior tempo agli impianti di combustione medi esistenti che forniscono una parte cospicua della loro produzione di calore utile a una rete pubblica di teleriscaldamento per adeguarsi ai valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(22)
In considerazione dei recenti investimenti in impianti a biomassa volti ad aumentare l'utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, e che hanno già portato a una riduzione delle emissione di inquinanti, e onde tenere conto dei relativi cicli d'investimento, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di concedere agli impianti in parola maggior tempo per adeguarsi ai valori limite di emissione stabiliti nella presente direttiva.
(23)
Alla luce del ruolo essenziale delle stazioni di compressione di gas ai fini dell'affidabilità e della sicurezza del funzionamento delle reti nazionali di trasporto del gas nonché dei vincoli specifici relativi al loro ammodernamento, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di concedere agli impianti di combustione medi che fanno funzionare tali stazioni maggior tempo per adeguarsi ai valori limite di emissione di ossidi di azoto stabiliti nella presente direttiva.
(24)
Conformemente all'articolo 193 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la presente direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti per una protezione ancora maggiore. Tali misure possono risultare necessarie ad esempio nelle zone non conformi ai valori limite di qualità dell'aria. In tali casi gli Stati membri dovrebbero valutare la necessità di applicare valori limite di emissione più restrittivi rispetto ai requisiti stabiliti nella presente direttiva nel quadro dell'elaborazione di piani di qualità dell'aria a norma della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8). Tali valutazioni dovrebbero tenere conto dell'esito di uno scambio di informazioni sulle migliori prestazioni in materia di riduzione delle emissioni realizzabili con le migliori tecnologie disponibili e quelle emergenti. La Commissione dovrebbe organizzare un simile scambio di opinioni con gli Stati membri, i settori interessati, ivi compresi i gestori e i fornitori di tecnologie, nonché le organizzazioni non governative, tra cui quelle che promuovono la tutela dell'ambiente.
(25)
È opportuno che gli Stati membri provvedano affinché il gestore di un impianto di combustione medio adotti le misure necessarie in caso di inosservanza delle disposizioni della presente direttiva. Gli Stati membri dovrebbero introdurre un sistema per accertare la conformità degli impianti di combustione medi ai requisiti della presente direttiva.
(26)
Al fine di garantire l'efficace attuazione ed esecuzione della presente direttiva, le ispezioni dovrebbero, ove possibile, essere coordinate con quelle prescritte da altri atti legislativi dell'Unione, a seconda dei casi.
(27)
Le disposizioni della presente direttiva concernenti l'accesso alle informazioni relative alla sua attuazione dovrebbero applicarsi in modo tale da assicurare la piena efficacia della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9).
(28)
Al fine di limitare l'onere per le piccole e medie imprese che gestiscono impianti di combustione medi, è auspicabile che gli obblighi amministrativi relativi alla fornitura di informazione, monitoraggio e comunicazione imposti ai gestori siano proporzionati ed evitino una duplicazione, pur consentendo un'effettiva verifica della conformità da parte dell'autorità competente.
(29)
Al fine di garantire l'uniformità e la coerenza delle informazioni fornite dagli Stati membri sull'attuazione della presente direttiva e di promuovere lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione, è opportuno che la Commissione, coadiuvata dall'Agenzia europea dell'ambiente, sviluppi uno strumento elettronico di comunicazione disponibile anche per uso interno da parte degli Stati membri per fini nazionali di comunicazione e di gestione dei dati.
(30)
La Commissione dovrebbe valutare la necessità di modificare i valori limite di emissione fissati all'allegato II per i nuovi impianti di combustione, sulla base delle tecnologie più avanzate. In tale contesto, è opportuno che la Commissione valuti altresì la necessità di stabilire valori limite di emissione specifici per altri inquinanti, quali il monossido di carbonio, ed eventuali norme minime in materia di efficienza energetica.
(31)
Al fine di consentire l'adeguamento al progresso tecnico e scientifico, è auspicabile che il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE per adeguare le disposizioni in materia di valutazione della conformità di cui all'allegato III, parte 2, punto 2, sia delegato alla Commissione. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati, la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(32)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva e semplificare e snellire gli obblighi di comunicazione degli Stati membri, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione riguardo alla precisazione dei formati tecnici per la comunicazione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
(33)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire il miglioramento della qualità ambientale e della salute umana, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(34)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta»). In particolare, la presente direttiva mira a garantire l'applicazione dell'articolo 37 della Carta relativo alla tutela dell'ambiente.
(35)
Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi (11), gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi giustificati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi costitutivi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce norme per il controllo delle emissioni nell'aria di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri da impianti di combustione medi al fine di ridurre le emissioni nell'aria e i rischi potenziali per la salute umana e per l'ambiente derivanti da tali emissioni.
La presente direttiva stabilisce inoltre norme per il monitoraggio delle emissioni di monossido di carbonio (CO).
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica agli impianti di combustione aventi una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW («impianti di combustione medi»), indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato.
2. La presente direttiva si applica inoltre a un insieme formato da nuovi impianti di combustione medi conformemente all'articolo 4, anche qualora la potenza termica nominale totale di tale insieme sia pari o superiore a 50 MW, a meno che detto insieme non costituisca un impianto di combustione disciplinato dal capo III della direttiva 2010/75/UE.
3. La presente direttiva non si applica:
a)
agli impianti di combustione disciplinati dal capo III o del capo IV della direttiva 2010/75/UE;
b)
agli impianti di combustione disciplinati dalla direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (12);
c)
agli impianti di combustione in azienda con una potenza termica nominale totale inferiore o pari a 5 MW, che utilizzano esclusivamente stallatico non trasformato ottenuto da volatili, di cui all'articolo 9, lettera a), del regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (13), come combustibile;
d)
agli impianti di combustione in cui i gas di combustione sono utilizzati per il riscaldamento diretto, per l'essiccazione o per qualsiasi altro trattamento di oggetti o materiali;
e)
agli impianti di combustione in cui i gas di combustione sono impiegati per il riscaldamento a gas diretto utilizzato per riscaldare gli spazi interni ai fini del miglioramento delle condizioni sul posto di lavoro;
f)
agli impianti di postcombustione destinati alla depurazione dei gas di scarico originati da processi industriali mediante combustione che non sono gestiti come impianti di combustione indipendenti;
g)
a qualsiasi apparecchio tecnico usato per la propulsione di un veicolo, di una nave o di un aeromobile;
h)
alle turbine a gas e ai motori a gas e diesel se usati su piattaforme off-shore;
i)
ai dispositivi di rigenerazione dei catalizzatori di cracking catalitico;
j)
ai dispositivi di conversione del solfuro di idrogeno in zolfo;
k)
ai reattori utilizzati nell'industria chimica;
l)
alla batteria di forni per il coke;
m)
ai cowpers degli altiforni;
n)
agli impianti di cremazione;
o)
agli impianti di combustione alimentati con combustibili di raffineria, da soli o con altri combustibili, per la produzione di energia nelle raffinerie di petrolio e gas;
p)
alle caldaie di recupero nelle installazioni per la produzione della pasta di legno.
4. La presente direttiva non si applica alle attività di ricerca, alle attività di sviluppo o alle attività di sperimentazione relative agli impianti di combustione medi. Gli Stati membri possono stabilire condizioni specifiche per l'applicazione del presente paragrafo.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1)
«emissione», lo scarico nell'aria di sostanze provenienti dall'impianto di combustione;
2)
«valore limite di emissione», la quantità di una data sostanza, contenuta negli scarichi gassosi dell'impianto di combustione, che si può immettere nell'atmosfera in un determinato periodo;
3)
«ossidi di azoto» (NOx), l'ossido nitrico e il biossido di azoto espressi come biossido di azoto (NO2);
4)
«polveri», particelle, di qualsiasi forma, struttura o densità, disperse in fase gassosa alle condizioni del punto di campionamento che possono essere raccolte mediante filtrazione in determinate condizioni dopo il prelievo di campioni rappresentativi del gas da analizzare, e che restano a monte del filtro e sul filtro dopo essiccazione in determinate condizioni;
5)
«impianto di combustione», qualsiasi dispositivo tecnico in cui sono ossidati combustibili al fine di utilizzare il calore così prodotto;
6)
«impianto di combustione esistente», un impianto di combustione messo in funzione prima del 20 dicembre 2018 o per il quale è stata concessa un'autorizzazione prima del 19 dicembre 2017 conformemente alla legislazione nazionale, a condizione che l'impianto sia messo in funzione non oltre il 20 dicembre 2018;
7)
«nuovo impianto di combustione», un impianto diverso da un impianto di combustione esistente;
8)
«motore», un motore a gas, diesel o a doppia alimentazione;
9)
«motore a gas», un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo Otto e utilizza l'accensione comandata per bruciare il combustibile;
10)
«motore diesel», un motore a combustione interna che funziona secondo il ciclo diesel e utilizza l'accensione spontanea per bruciare il combustibile;
11)
«motore a doppia alimentazione», un motore a combustione interna che utilizza l'accensione spontanea e funziona secondo il ciclo diesel quando brucia combustibili liquidi e secondo il ciclo Otto quando brucia combustibili gassosi;
12)
«turbina a gas», qualsiasi macchina rotante che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, un dispositivo termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e una turbina; sono incluse le turbine a gas a ciclo aperto, le turbine a gas a ciclo combinato e le turbine a gas in regime di cogenerazione, tutte con o senza bruciatore supplementare;
13)
«piccolo sistema isolato», un piccolo sistema isolato quale definito all'articolo 2, punto 26, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (14);
14)
«microsistema isolato», un microsistema isolato quale definito all'articolo 2, punto 27, della direttiva 2009/72/CE;
15)
«combustibile», qualsiasi materia combustibile solida, liquida o gassosa;
16)
«combustibile di raffineria», materiale combustibile solido, liquido o gassoso risultante dalle fasi di distillazione e conversione della raffinazione del petrolio greggio, incluso gas di raffineria, gas di sintesi, oli di raffineria e coke di petrolio;
17)
«rifiuto», rifiuto definito tale all'articolo 3, punto 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15);
18)
«biomassa»:
a)
prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile per recuperarne il contenuto energetico;
b)
i seguenti rifiuti:
i)
rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;
ii)
rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se è recuperata l'energia termica;
iii)
rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se sono coinceneriti sul luogo di produzione e se l'energia termica generata è recuperata;
iv)
rifiuti di sughero;
v)
rifiuti di legno a eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento inclusi in particolare i rifiuti di legno di questo genere derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione;
19)
«gasolio»:
a)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui ai codici NC 2710 19 25, 2710 19 29, 2710 19 47, 2710 19 48, 2710 20 17 o 2710 20 19; o
b)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui meno del 65 % in volume (comprese le perdite) distilla a 250 °C e del quale almeno l'85 % in volume (comprese le perdite) distilla a 350 °C secondo il metodo ASTM D86;
20)
«gas naturale», metano presente in natura con non più del 20 % (in volume) di inerti e altri costituenti;
21)
«olio combustibile pesante»:
a)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio di cui al codice NC da 2710 19 51 a 2710 19 68, 2710 20 31, 2710 20 35, o 2710 20 39; o
b)
qualsiasi combustibile liquido derivato dal petrolio, diverso dal gasolio di cui al punto 19, che, per i suoi limiti di distillazione, rientra nella categoria degli oli pesanti destinati a essere usati come combustibile e di cui meno del 65 % in volume (comprese le perdite) distilla a 250 °C con il metodo ASTM D86. Se la distillazione non può essere determinata con il metodo ASTM D86, il prodotto petrolifero rientra ugualmente nella categoria degli oli combustibili pesanti;
22)
«ore operative», il tempo, espresso in ore, durante il quale un impianto di combustione è in funzione e scarica emissioni nell'aria, esclusi i periodi di avvio e di arresto;
23)
«gestore», qualsiasi persona fisica o giuridica che gestisce o controlla l'impianto di combustione o, se previsto dalla normativa nazionale, a cui sia stato delegato un potere economico determinante sul funzionamento tecnico dell'impianto;
24)
«zona», parte del territorio di uno Stato membro da esso delimitata, ai fini della valutazione e della gestione della qualità dell'aria, come stabilito nella direttiva 2008/50/CE.
Articolo 4
Aggregazione
L'insieme formato da due o più nuovi impianti di combustione medi è considerato un unico impianto di combustione medio ai fini della presente direttiva e la loro potenza termica nominale è sommata ai fini del calcolo della potenza termica nominale totale dell'impianto se:
—
gli scarichi gassosi di tali impianti di combustione medi sono emessi attraverso un camino comune, o
—
tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, gli scarichi gassosi di tali impianti di combustione medi potrebbero, a giudizio dell'autorità competente, essere emessi attraverso un camino comune.
Articolo 5
Autorizzazioni e registrazione
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché nessun nuovo impianto di combustione medio sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché a decorrere dal 1o gennaio 2024 nessun impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale superiore a 5 MW sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché a decorrere dal 1o gennaio 2029 nessun impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale inferiore o pari a 5 MW sia attivo senza autorizzazione o senza essere registrato.
3. Gli Stati membri specificano la procedura per la concessione di un'autorizzazione o per la registrazione degli impianti di combustione medi. Tali procedure comprendono almeno l'obbligo per il gestore di informare l'autorità competente del funzionamento o dell'intenzione di mettere in funzione un impianto di combustione medio e di fornire almeno le informazioni elencate nell'allegato I.
4. L'autorità competente procede alla registrazione dell'impianto di combustione medio o avvia la procedura per la concessione dell'autorizzazione entro un mese dalla presentazione da parte del gestore delle informazioni di cui al paragrafo 3. L'autorità competente informa il gestore in merito a detta registrazione o all'avvio della procedura per la concessione dell'autorizzazione.
5. L'autorità competente tiene un registro con le informazioni relative a ciascun impianto di combustione medio comprese le informazioni elencate nell'allegato I e le informazioni ottenute a norma dell'articolo 9. Gli impianti di combustione medi esistenti sono inclusi nel registro a partire dalla data di registrazione o dalla data di autorizzazione conformemente alla presente direttiva. L'autorità competente rende disponibile al pubblico, anche via Internet, le informazioni contenute nel registro, conformemente alla direttiva 2003/4/CE.
6. Fatto salvo l'obbligo per gli impianti di combustione medi di essere in possesso di un'autorizzazione o di essere registrati, gli Stati membri possono inserire requisiti per talune categorie di impianti di combustione medi sotto forma di disposizioni generali vincolanti. Ove siano adottate disposizioni generali vincolanti, l'autorizzazione o la registrazione può contenere semplicemente un riferimento alle disposizioni stesse.
7. Per gli impianti di combustione medi che sono parte di un'installazione contemplata dal capo II della direttiva 2010/75/UE, le prescrizioni del presente articolo si ritengono rispettate conformandosi a tale direttiva.
8. Qualsiasi autorizzazione concessa o registrazione effettuata conformemente a un'altra normativa nazionale o dell'Unione può essere combinata con l'autorizzazione o la registrazione richiesta a norma del paragrafo 1 per formare un'unica autorizzazione o registrazione purché questa contenga le informazioni richieste a norma del presente articolo.
Articolo 6
Valori limite di emissione
1. Fatte salve le disposizioni del capo II della direttiva 2010/75/UE, laddove applicabili, i valori limite di emissione fissati nell'allegato II della presente direttiva si applicano agli impianti di combustione medi.
I valori limite di emissione fissati nell'allegato II non si applicano agli impianti di combustione medi ubicati nelle Isole Canarie, nei dipartimenti francesi d'oltremare, nelle Azzorre e a Madera. Gli Stati membri interessati fissano valori limite di emissione per tali impianti al fine di ridurne le emissioni nell'atmosfera e i rischi potenziali per la salute umana e per l'ambiente.
2. A decorrere dal 1o gennaio 2025 le emissioni nell'atmosfera di SO2, NOx e polveri originate da un impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale superiore a 5 MW non superano i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 2 e 3 della parte 1 dell'allegato II.
A decorrere dal 1o gennaio 2030 le emissioni nell'atmosfera di SO2, NOx e polveri originate da un impianto di combustione medio esistente con una potenza termica nominale di 5 MW pari o inferiore non superano i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 1 e 3 della parte 1 dell'allegato II.
3. Gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi esistenti che non funzionano per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su un periodo di cinque anni, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 1, 2 e 3 della parte 1 dell'allegato II.
Gli Stati membri possono estendere il limite di cui al primo comma a 1 000 ore operative nei seguenti casi di emergenza o di condizioni straordinarie:
—
per la produzione di elettricità di emergenza nelle isole connesse in caso di interruzione dell'alimentazione elettrica principale di un'isola,
—
per gli impianti di combustione medi utilizzati per la produzione di calore in caso di condizioni metereologiche eccezionalmente fredde.
In tutti i casi di cui al presente paragrafo, per gli impianti alimentati a combustibili solidi si applica un valore limite di emissione per le polveri pari a 200 mg/Nm3.
4. Gli impianti di combustione medi esistenti che sono parte di un piccolo sistema isolato o di un microsistema isolato rispettano i valori limite di emissione fissati nelle tabelle 1, 2 e 3 della parte 1 dell'allegato II a decorrere dal 1o gennaio 2030.
5. Fino al 1o gennaio 2030, gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi esistenti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione fissati nell'allegato II, a condizione che almeno il 50 % della produzione di calore utile dell'impianto, calcolata in media mobile su un periodo di cinque anni, sia fornito a una rete pubblica di teleriscaldamento sotto forma di vapore o di acqua calda. Qualora tale esonerazione sia concessa, i valori limite di emissione fissati dalle autorità competenti sono pari al massimo a 1 100 mg/Nm3 per le emissioni di SO2 e a 150 mg/Nm3 per le polveri.
Fino al 1o gennaio 2030, gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi alimentati principalmente a biomassa solida, situati in zone nelle quali, secondo valutazioni effettuate a norma della direttiva 2008/50/CE, è garantita la conformità ai valori limite di tale direttiva, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione per le polveri fissati nell'allegato II della presente direttiva. Qualora tale esonerazione sia concessa, i valori limite di emissione fissati dall'autorità competente sono pari al massimo a 150 mg/Nm3 per le polveri.
L'autorità competente garantisce comunque che non si verifichino eventi inquinanti di rilievo e che si realizzi nel complesso un elevato grado di tutela ambientale.
6. Fino al 1o gennaio 2030, gli Stati membri possono esonerare gli impianti di combustione medi esistenti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW, utilizzati per il funzionamento di stazioni di compressione di gas necessarie per garantire la protezione e la sicurezza di un sistema nazionale di trasporto del gas, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione per i NOx fissati nella tabella 3 della parte 1 dell'allegato II.
7. Dal 20 dicembre 2018 le emissioni nell'aria di SO2, NOx e polveri originate da un nuovo impianto di combustione medio non superano i valori limite di emissione fissati nella parte 2 dell'allegato II.
8. Gli Stati membri possono esonerare i nuovi impianti di combustione medi che non funzionano per più di 500 ore operative all'anno, calcolate in media mobile su un periodo di tre anni, dall'obbligo di osservare i valori limite di emissione fissati nella parte 2 dell'allegato II. Qualora tale esonerazione sia concessa si applica, agli impianti alimentati a combustibili solidi, un valore limite di emissione per le polveri pari a 100 mg/Nm3.
9. Nelle zone, o parti di esse, che non rispettano i valori limite per la qualità dell'aria di cui alla direttiva 2008/50/CE, gli Stati membri valutano la necessità di applicare, per i singoli impianti di combustione medi delle zone in questione o in parti delle stesse, valori limite di emissione più restrittivi rispetto a quelli fissati nella presente direttiva, nel quadro dell'elaborazione di piani per la qualità dell'aria di cui all'articolo 23 della direttiva 2008/50/CE, tenendo conto dei risultati dello scambio di informazioni di cui al paragrafo 10 del presente articolo, a condizione che l'applicazione di tali valori limite di emissione contribuisca concretamente a un sensibile miglioramento della qualità dell'aria.
10. La Commissione organizza uno scambio di informazioni con gli Stati membri, i settori interessati e le organizzazioni non governative sui livelli di emissione raggiungibili con le migliori tecnologie disponibili ed emergenti e sui costi correlati.
La Commissione pubblica i risultati dello scambio di informazioni.
11. L'autorità competente può accordare una deroga per un periodo massimo di sei mesi all'obbligo di osservanza dei valori limite di emissione di cui ai paragrafi 2 e 7 relativamente alla SO2 in impianti di combustione medi che normalmente utilizzano un combustibile a basso tenore di zolfo, se il gestore si trova nell'impossibilità di rispettare tali valori limite a causa dell'interruzione della fornitura del combustibile summenzionato dovuta a una situazione di grave penuria.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro un mese, ogni deroga concessa a norma del primo comma.
12. L'autorità competente può accordare una deroga all'obbligo di rispettare i valori limite di emissione di cui ai paragrafi 2 e 7, qualora un impianto di combustione medio che utilizza esclusivamente combustibile gassoso, debba ricorrere eccezionalmente all'uso di altri combustibili a causa di un'improvvisa interruzione della fornitura di gas e per tale motivo debba essere dotato di un dispositivo di abbattimento secondario. Il periodo per il quale è concessa una deroga non supera i dieci giorni, salvo il caso in cui il gestore dimostri all'autorità competente che è giustificata una proroga.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione entro un mese in merito a ogni deroga concessa a norma del primo comma.
13. Qualora un impianto di combustione medio faccia uso simultaneamente di due o più combustibili, il valore limite di emissione relativo a ciascun inquinante è calcolato:
a)
considerando il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile di cui all'allegato II;
b)
determinando il valore limite di emissione ponderato per combustibile; tale valore si ottiene moltiplicando il singolo valore limite di emissione di cui alla lettera a) per la potenza termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;
c)
addizionando i valori limite di emissione ponderati per combustibile.
Articolo 7
Obblighi del gestore
1. Gli Stati membri provvedono affinché il gestore effettui il monitoraggio delle emissioni a norma, come minimo, dell'allegato III, parte 1.
2. Per gli impianti di combustione medi che utilizzano combustibili diversi, il monitoraggio delle emissioni è effettuato mentre si fa uso di un combustibile o di una miscela di combustibili che potrebbe originare il massimo livello di emissioni e durante un periodo rappresentativo delle condizioni normali di funzionamento.
3. Il gestore registra ed elabora tutti i risultati del monitoraggio in modo tale da consentire la verifica dell'osservanza dei valori limite di emissione conformemente alle disposizioni dell'allegato III, parte 2.
4. Per gli impianti di combustione medi che fanno uso di un dispositivo di abbattimento secondario al fine di rispettare i valori limite di emissione, il gestore registra o conserva le informazioni che dimostrano il funzionamento effettivo e continuo di tale dispositivo.
5. Il gestore di un impianto di combustione medio conserva i documenti seguenti:
a)
l'autorizzazione o la prova della registrazione da parte dell'autorità competente e, se del caso, la sua versione aggiornata e le informazioni connesse;
b)
i risultati del monitoraggio e le informazioni di cui ai paragrafi 3 e 4;
c)
se del caso, un documento in cui è registrato il numero di ore operative di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 8;
d)
un documento in cui sono registrati il tipo e il quantitativo di combustibili utilizzati nell'impianto e gli eventuali malfunzionamenti o guasti del dispositivo di abbattimento secondario;
e)
un documento in cui figurano i casi di non conformità e le misure adottate, come indicato al paragrafo 7.
I dati e le informazioni di cui alle lettere da b) a e) del primo comma sono conservati per un periodo di almeno sei anni.
6. Il gestore mette a disposizione dell'autorità competente, senza indebito ritardo e su richiesta di quest'ultima, i dati e le informazioni di cui al paragrafo 5. L'autorità competente può formulare una tale richiesta allo scopo di verificare l'osservanza dei requisiti della presente direttiva. L'autorità competente formula una tale richiesta qualora un cittadino chieda l'accesso ai dati o alle informazioni di cui al paragrafo 5.
7. In caso di non conformità ai valori limite di emissione di cui all'allegato II, il gestore adotta le misure necessarie per garantire il ripristino della conformità nel più breve tempo possibile, fatte salve le misure di cui all'articolo 8. Gli Stati membri stabiliscono norme per quanto riguarda il tipo, la frequenza e il formato delle informazioni relative ai casi di non conformità che i gestori devono fornire all'autorità competente.
8. Il gestore fornisce all'autorità competente tutta l'assistenza necessaria per effettuare qualsiasi ispezione e visita in loco, prelevare campioni e raccogliere ogni informazione necessaria all'assolvimento dei suoi compiti, ai fini della presente direttiva.
9. Il gestore garantisce che i periodi di avvio e di arresto degli impianti di combustione medi siano della durata più breve possibile.
Articolo 8
Controlli di conformità
1. Gli Stati membri provvedono affinché i valori per le emissioni monitorate a norma dell'allegato III non superino i valori limite di emissione fissati nell'allegato II.
2. Gli Stati membri organizzano un sistema efficace, basato su ispezioni ambientali o altre misure, per accertare la conformità ai requisiti della presente direttiva.
3. In caso di non conformità, oltre alle misure adottate dal gestore a norma dell'articolo 7, paragrafo 7, gli Stati membri garantiscono che l'autorità competente imponga al gestore di adottare ogni misura necessaria per assicurare il tempestivo rispristino della conformità.
Se la non conformità comporta un significativo peggioramento della qualità dell'aria locale, il funzionamento dell'impianto di combustione medio è sospeso fino a che la conformità non viene ripristinata.
Articolo 9
Modifiche agli impianti di combustione medi
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il gestore informi l'autorità competente, senza indebito ritardo, di tutte le modifiche previste all'impianto di combustione medio che possano incidere sui valori limite di emissione applicabili.
L'autorità competente aggiorna di conseguenza l'autorizzazione o la registrazione, a seconda del caso.
Articolo 10
Autorità competenti
Gli Stati membri designano le autorità competenti responsabili dell'adempimento degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
Articolo 11
Relazioni
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione, entro il 1o ottobre 2026 e il 1o ottobre 2031, una relazione con le informazioni qualitative e quantitative relative all'attuazione della presente direttiva, su qualsiasi azione intrapresa per verificare la conformità del funzionamento degli impianti di combustione medi alla presente direttiva e su ogni azione di esecuzione intrapresa ai fini della stessa.
La prima relazione di cui al primo comma comprende una stima delle emissioni totali annue SO2, NOx e polveri originate da impianti di combustione medi, raggruppate per tipo di impianto, tipo di combustibile e classe di capacità.
2. Gli Stati membri presentano altresì alla Commissione, entro il 1o gennaio 2021, una relazione contenente una stima delle emissioni totali annue di CO e qualsiasi informazione disponibile sulla concentrazione delle emissioni di CO originate da impianti di combustione medi, raggruppati per tipo di combustibile e classe di capacità.
3. Ai fini delle relazioni di cui ai paragrafi 1 e 2, la Commissione mette a disposizione degli Stati membri uno strumento elettronico di comunicazione.
La Commissione, mediante atti di esecuzione, specifica i formati tecnici per la comunicazione al fine di semplificare e integrare gli obblighi di comunicazione per gli Stati membri per quanto riguarda le informazioni di cui ai paragrafi 1 e 2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 15.
4. La Commissione, entro dodici mesi dalla data di ricezione delle relazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo trasmesse dagli Stati membri, presenta una relazione di sintesi al Parlamento europeo e al Consiglio, tenendo conto delle informazioni rese disponibili a norma dell'articolo 6, paragrafo 11, e dell'articolo 6, paragrafo 12.
5. Nello svolgimento dei suoi compiti ai sensi dei paragrafi 3 e 4, la Commissione è coadiuvata dall'Agenzia europea dell'ambiente.
Articolo 12
Riesame
1. Entro il 1o gennaio 2020, la Commissione esamina i progressi compiuti in relazione all'efficienza energetica degli impianti di combustione medi e valuta i vantaggi della fissazione di norme minime di efficienza energetica in linea con le migliori tecniche disponibili.
2. Entro il 1o gennaio 2023, la Commissione valuta la necessità di riesaminare le disposizioni relative agli impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati, come pure la parte 2 dell'allegato II, sulla base delle tecnologie più avanzate.
Nell'ambito del riesame, la Commissione valuta inoltre se, per certi tipi o per la totalità degli impianti di combustione medi, occorra regolamentare le emissioni di CO.
Successivamente, si effettua un riesame ogni dieci anni. Tale riesame include una valutazione dell'opportunità di fissare valori limite di emissione più restrittivi, in particolare per i nuovi impianti di combustione medi.
3. La Commissione presenta una relazione sui risultati dei riesami di cui ai paragrafi 1 e 2 al Parlamento europeo e al Consiglio corredandoli, se del caso, di una proposta legislativa.
Articolo 13
Modifica degli allegati
Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 14 al fine di adeguare il punto 2 della parte 2 dell'allegato III al progresso tecnico e scientifico.
Articolo 14
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 13 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 18 dicembre 2015. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all'articolo 13 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 13 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 15
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 75, paragrafo 1, della direttiva 2010/75/UE. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Qualora il comitato non esprima alcun parere, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione e si applica l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 16
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l'attuazione. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione, entro il 19 dicembre 2017, e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali successive modifiche.
Articolo 17
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 19 dicembre 2017. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 19
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 25 novembre 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
N. SCHMIT
(1) GU C 451 del 16.12.2014, pag. 134.
(2) GU C 415 del 20.11.2014, pag. 23.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 7 ottobre 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 10 novembre 2015.
(4) Decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, su un programma generale di azione dell'Unione in materia di ambiente fino al 2020 «Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta» (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 171).
(5) Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
(6) Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17).
(7) Direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di combustione (GU L 309 del 27.11.2001, pag. 1).
(8) Direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa (GU L 152 dell'11.6.2008, pag. 1).
(9) Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26).
(10) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(11) GU C 369 del 17.12.2011, pag. 14.
(12) Direttiva 97/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da adottare contro l'emissione di inquinanti gassosi e particolato inquinante prodotti dai motori a combustione interna destinati all'installazione su macchine mobili non stradali (GU L 59 del 27.2.1998, pag. 1).
(13) Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 (regolamento sui sottoprodotti di origine animale) (GU L 300 del 14.11.2009, pag. 1).
(14) Direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU L 211 del 14.8.2009, pag. 55).
(15) Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3).
ALLEGATO I
INFORMAZIONI CHE IL GESTORE È TENUTO A FORNIRE ALL'AUTORITÀ COMPETENTE
1.
Potenza termica nominale (in MW) dell'impianto di combustione medio.
2.
Tipo di impianto di combustione medio (motore diesel, turbina a gas, motore a doppia alimentazione, altro motore o altro impianto di combustione medio).
3.
Tipo e percentuale di combustibili utilizzati, classificati in base alle categorie di cui all'allegato II.
4.
Data di messa in funzione dell'impianto di combustione medio oppure, nel caso in cui non si conosca la data esatta di messa in funzione, la prova del fatto che la messa in funzione è avvenuta prima del 20 dicembre 2018.
5.
Settore di attività dell'impianto di combustione medio o del complesso o del complesso industriale, in cui è utilizzato (codice NACE).
6.
Numero previsto di ore operative annue dell'impianto di combustione medio e carico medio in esercizio.
7.
Nel caso in cui venga fatto uso dell'esonerazione a norma dell'articolo 6, paragrafo 3 o 8, una dichiarazione firmata dal gestore che l'impianto di combustione medio sarà in funzione per un numero di ore non superiore a quello indicato in tali paragrafi.
8.
Nome e sede legale del gestore e, nel caso degli impianti di combustione medi fissi, indirizzo del luogo in cui si trova l'impianto.
ALLEGATO II
VALORI LIMITE DI EMISSIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 6
Tutti i valori limite di emissione indicati nel presente allegato sono definiti a una temperatura di 273,15 K, a una pressione di 101,3 kPa e previa detrazione del tenore di vapore acqueo degli scarichi gassosi e a un tenore standard di O2 pari al 6 % per gli impianti di combustione medi che utilizzano combustibili solidi, al 3 % per gli impianti di combustione medi diversi dai motori e dalle turbine a gas che utilizzano combustibili liquidi e gassosi e al 15 % per i motori e le turbine a gas.
PARTE 1
Valori limite di emissione per gli impianti di combustione medi esistenti
Tabella 1
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per gli impianti di combustione medi esistenti, con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW, diversi dai motori e dalle turbine a gas
Sostanza inquinante
Biomassa solida
Altri combustibili solidi
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
200 (1)
(2)
1 100
—
350
—
200 (3)
NOx
650
650
200
650
250
250
Polveri
50
50
—
50
—
—
Tabella 2
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per gli impianti di combustione medi esistenti, con una potenza termica nominale superiore a 5 MW, diversi dai motori e dalle turbine a gas
Sostanza inquinante
Biomassa solida
Altri combustibili solidi
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
200 (4)
(5)
400 (6)
—
350 (7)
—
35 (8)
(9)
NOX
650
650
200
650
200
250
Polveri
30 (10)
30 (10)
—
30
—
—
Tabella 3
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per motori e turbine a gas esistenti
Sostanza inquinante
Tipo di impianto di combustione medio
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
Motori e turbine a gas
—
120
—
15 (11)
(12)
NOX
Motori
190 (13)
(14)
190 (13)
(15)
190 (16)
190 (16)
Turbine a gas (17)
200
200
150
200
Polveri
Motori e turbine a gas
—
10 (18)
—
—
PARTE 2
Valori limite di emissione per i nuovi impianti di combustione medi
Tabella 1
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per i nuovi impianti di combustione medi diversi dai motori e dalle turbine a gas
Sostanza inquinante
Biomassa solida
Altri combustibili solidi
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
200 (19)
400
—
350 (20)
—
35 (21)
(22)
NOx
300 (23)
300 (23)
200
300 (24)
100
200
Polveri
20 (25)
20 (25)
—
20 (26)
—
—
Tabella 2
Valori limite di emissione (mg/Nm3) per motori e turbine a gas nuovi
Sostanza inquinante
Tipo di impianto di combustione medio
Gasolio
Combustibili liquidi diversi dal gasolio
Gas naturale
Combustibili gassosi diversi dal gas naturale
SO2
Motori e turbine a gas
—
120 (27)
—
15 (28)
NOX
Motori (29)
(30)
190 (31)
190 (31)
(32)
95 (33)
190
Turbine a gas (34)
75
75 (35)
50
75
Polveri
Motori e turbine a gas
—
10 (36)
(37)
—
—
(1) Il valore non si applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(2) 300 mg/Nm3 in caso di impianti alimentati a paglia.
(3) 400 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderurgica.
(4) Il valore non si applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(5) 300 mg/Nm3 in caso di impianti alimentati a paglia.
(6) 1 100 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(7) Fino al 1o gennaio 2030, 850 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW, alimentati a olio combustibile pesante.
(8) 400 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 200 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico d'altoforno (industria siderurgica).
(9) 170 mg/Nm3 in caso di biogas.
(10) 50 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(11) 60 mg/Nm3 in caso di biogas.
(12) 130 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 65 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico d'altoforno (industria siderurgica).
(13) 1 850 mg/Nm3 nei seguenti casi:
i)
per motori diesel la cui costruzione è iniziata prima del 18 maggio 2006;
ii)
per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.
(14) 250 mg/Nm3 in caso di motori con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
(15) 250 mg/Nm3 in caso di motori con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW; 225 mg/Nm3 in caso di motori con una potenza termica nominale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(16) 380 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione in modalità a gas.
(17) I valori limite di emissione si applicano soltanto con un carico superiore al 70 %.
(18) 20 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(19) Il valore non si applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(20) Fino al 1o gennaio 2025, 1 700 mg/Nm3 in caso di impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(21) 400 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 200 mg/Nm3 in caso di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.
(22) 100 mg/Nm3 in caso di biogas.
(23) 500 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
(24) Fino al 1o gennaio 2025, 450 mg/Nm3 quando alimentati a olio combustibile pesante contenente fra 0,2 % e 0,3 % N e 360 mg/Nm3 quando alimentati a olio combustibile pesante contenente meno di 0,2 % N in caso di impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi pari o inferiore a 5 MW; 30 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale superiore a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
(25) 50 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e applica in caso di impianti alimentati esclusivamente a biomassa solida legnosa.
(26) 50 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
(27) Fino al 1o gennaio 2025, 590 mg/Nm3 per i motori diesel che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(28) 40 mg/Nm3 in caso di biogas.
(29) I motori che funzionano fra 500 e 1 500 ore all'anno possono essere esonerati dall'obbligo di osservare tali valori limite di emissione se applicano misure principali per limitare le emissioni di NOx e rispettare i valori limite di emissione di cui alla nota 4.
(30) Fino al 1o gennaio 2025 in piccoli sistemi isolati e in microsistemi isolati, 1 850 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido e 380 mg/Nm3 in modalità a gas; 1 300 mg/Nm3 per i motori diesel a ≤ 1 200 giri al minuto con una potenza termica nominale totale inferiore o pari a 20 MW e 1 850 mg/Nm3 per i motori diesel con una potenza termica nominale totale superiore a 20 MW; 750 mg/Nm3 per i motori diesel a > 1 200 giri al minuto.
(31) 225 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido.
(32) 225 mg/Nm3 per i motori diesel con una potenza termica nominale totale inferiore o pari a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.
(33) 190 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione in modalità a gas.
(34) I valori limite di emissione si applicano soltanto con un carico superiore al 70 %.
(35) Fino al 1o gennaio 2025, 550 mg/Nm3 per gli impianti che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(36) Fino al 1o gennaio 2025, 75 mg/Nm3 per i motori diesel che fanno parte di piccoli sistemi isolati o di microsistemi isolati.
(37) 20 mg/Nm3 in caso di impianti con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.
ALLEGATO III
MONITORAGGIO DELLE EMISSIONI E VALUTAZIONE DELLA CONFORMITÀ
PARTE 1
Monitoraggio delle emissioni da parte del gestore
1.
Sono richieste misurazioni periodiche almeno:
—
ogni tre anni per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore o pari a 20 MW,
—
ogni anno per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale superiore a 20 MW.
2.
In alternativa alle periodicità di cui al paragrafo 1, nel caso di impianti di combustione medi soggetti all'articolo 6, paragrafo 3 o 8, possono essere richieste misurazioni periodiche almeno ogni volta che è trascorso il seguente numero di ore operative:
—
il triplo del numero massimo di ore operative medie annue, a norma dell'articolo 6, paragrafo 3 o 8, per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e inferiore o pari a 20 MW,
—
al raggiungimento del numero massimo di ore operative medie annue, applicabili conformemente all'articolo 6, paragrafo 3, o paragrafo 8, per gli impianti di combustione medi con potenza termica nominale superiore a 20 MW.
La frequenza delle misurazioni periodiche non è in ogni caso inferiore a cinque anni.
3.
Le misurazioni sono obbligatorie solo per:
a)
le sostanze inquinanti per le quali nella presente direttiva è specificato un valore limite di emissione per l'impianto interessato;
b)
CO per tutti gli impianti.
4.
Le prime misurazioni sono effettuate entro quattro mesi dalla più recente tra la data di concessione dell'autorizzazione o di registrazione dell'impianto e la data della messa in servizio.
5.
In alternativa alle misurazioni di SO2 di cui ai punti 1, 2 e al punto 3, lettera a), si possono usare altre procedure, verificate e approvate dall'autorità competente, per determinare le emissioni di SO2.
6.
In alternativa alle misurazioni periodiche di cui al punto 1, gli Stati membri possono richiedere misurazioni in continuo.
In caso di misurazioni in continuo, i sistemi di misurazione automatici sono soggetti a verifica mediante misurazioni parallele con i metodi di riferimento almeno una volta all'anno e il gestore informa l'autorità competente dei risultati di dette verifiche.
7.
Il campionamento e l'analisi delle sostanze inquinanti e le misurazioni dei parametri di processo, nonché le eventuali misurazioni eseguite ricorrendo alle procedure alternative di cui ai punti 5 e 6, sono basati su metodi che consentano di ottenere risultati affidabili, rappresentativi e comparabili. Si presume che i metodi che rispettano le norme EN armonizzate soddisfino questo requisito. Durante ciascuna misurazione, l'impianto opera in condizioni stabili con un carico equilibrato rappresentativo. In tale contesto, sono esclusi i periodi di avvio e di arresto.
PARTE 2
Valutazione della conformità
1.
In caso di misurazioni periodiche, i valori limite di emissione di cui all'articolo 6 sono considerati rispettati se i risultati di ogni serie di misurazioni o delle altre procedure, definiti e determinati conformemente alle modalità stabilite dall'autorità competente, non superano il valore limite di emissione pertinente.
2.
In caso di misurazioni in continuo, la conformità ai valori limite di emissione di cui all'articolo 6 è valutata conformemente a quanto disposto alla parte 4, punto 1, dell'allegato V della direttiva 2010/75/UE.
I valori medi convalidati sono determinati conformemente a quanto disposto alla parte 3, punti 9 e 10, dell'allegato V della direttiva 2010/75/UE.
3.
Ai fini del calcolo dei valori medi di emissione, non si tiene conto dei valori misurati durante i periodi di cui all'articolo 6, paragrafi 11 e 12, né di quelli misurati durante i periodi di avvio e di arresto.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Inquinamento atmosferico originato da impianti di combustione medi
SINTESI
CHE COSA FA QUESTA DIRETTIVA?
Stabilisce norme atte a controllare le emissioni nell’atmosfera di anidride solforosa (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri (particelle) originate da impianti di combustione medi*, nonché norme tese a monitorare le emissioni di monossido di carbonio (CO) provenienti da tali impianti.
L’obiettivo è quello di ridurre i possibili effetti nocivi per la salute umana e l’ambiente.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che:
tutti i nuovi impianti di combustione medi, ossia quelli messi in funzione dopo il 19 dicembre 2018, dispongano di un’autorizzazione o siano registrati;
entro il 1o gennaio 2024, tutti gli impianti esistenti con una potenza termica nominale (o capacità) superiore a 5 megawatt (MW) dispongano di un’autorizzazione o siano registrati;
entro il 1o gennaio 2029, tutti gli impianti esistenti con una potenza termica nominale inferiore o uguale a 5 MW dispongano di un’autorizzazione o siano registrati.
L’autorità competente di ciascun paese dell’UE deve tenere un registro accessibile al pubblico, contenente informazioni su tutti gli impianti, come ad esempio il tipo di combustibile impiegato e il numero previsto di ore di funzionamento annuali.
La normativa stabilisce i valori limite di emissione per categoria di combustibile, distinguendo inoltre tra impianti nuovi ed esistenti. Alcuni impianti possono essere esonerati dall’obbligo di osservare tali limiti.
I valori limite si applicano dal 20 dicembre 2018 per gli impianti nuovi e dal 2025 o dal 2030 per quelli esistenti, in base alle loro dimensioni.
I gestori degli impianti devono:
monitorare le loro emissioni;
tenere un registro, per almeno sei anni, contenente i risultati del monitoraggio delle emissioni, le ore di funzionamento, i tipi e le quantità di combustibili utilizzati e i dettagli relativi a eventuali malfunzionamenti o guasti.
I paesi dell’UE devono:
svolgere ispezioni efficaci volte a verificare la conformità con i valori limite di emissione;
entro il 1o gennaio 2021, inviare una relazione alla Commissione europea indicante una stima del quantitativo annuo totale di emissioni di CO;
entro il 1o ottobre 2026, fornire alla Commissione informazioni qualitative e quantitative sull’attuazione della direttiva. Queste devono includere una stima delle emissioni totali annue di SO2, NOx e polveri (particelle) originate dagli impianti, in base al tipo, al combustibile utilizzato e alla capacità;
entro il 1o ottobre 2031, presentare alla Commissione una seconda relazione sull’attuazione.
La Commissione:
presenterà una relazione di sintesi al Parlamento europeo e al Consiglio entro 12 mesi dalla ricezione delle relazioni nazionali sull’attuazione;
entro il 1o gennaio 2020, riesaminerà i progressi fatti in relazione all’efficienza energetica degli impianti di combustione medi e valuterà i vantaggi legati alla fissazione di norme minime di efficienza energetica;
entro il 1o gennaio 2023, valuterà la necessità di riesaminare alcuni aspetti della normativa, come ad esempio la fissazione di valori limite di emissione più restrittivi per i nuovi impianti e la regolamentazione delle emissioni di CO.
La direttiva non si applica a determinati impianti di combustione, quali ad esempio:
la batteria di forni per il coke;
le turbine e i motori a gas usati off-shore;
i reattori utilizzati nell’industria chimica;
gli impianti già disciplinati da altre normative riguardanti le emissioni, come ad esempio la direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento).
La direttiva non si applica alle attività accessorie di ricerca, sviluppo e sperimentazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 18 dicembre 2015. I paesi dell’UE devono recepirla nel diritto nazionale entro il 19 dicembre 2017.
CONTESTO
La legislazione colma il vuoto normativo esistente tra i grandi impianti di combustione (oltre 50 megawatt), contemplati nella direttiva sulle emissioni industriali, e attrezzature di dimensioni più piccole, come ad esempio caloriferi e caldaie, rientranti nella direttiva sulla progettazione ecocompatibile.
Gli impianti di combustione medi vengono utilizzati per una vasta gamma di applicazioni (produzione di energia elettrica, riscaldamento e climatizzazione domestici/residenziali, fornitura di calore/vapore per processi industriali e così via).
Per maggiori informazioni, consultare la «direttiva sugli impianti di combustione medi» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINE CHIAVE
* Impianto di combustione media: un impianto che brucia combustibile e utilizza il calore generato, con una potenza termica nominale uguale o superiore a 1 MW e inferiore a 50 MW, indipendentemente dal tipo di combustibile impiegato.
ATTO
Direttiva (UE) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi (GU L 313 del 28.11.2015, pag. 1-19)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17-119)
Le successive modifiche alla direttiva 2010/75/UE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. |
Traffico illecito di stupefacenti — Elenco delle sostanze psicoattive
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
Mirano a istituire misure di controllo e sanzioni penali volte a contrastare il traffico di nuove sostanze psicoattive (NSP)*.
PUNTI CHIAVE
L’elenco delle NSP include: 1.la P-Metiltioanfetamina o 4-Metiltioanfetamina di cui alla decisione 1999/615/GAI del Consiglio; 2.la parametossimetilamfetamina o N-metil-1-(4-metossifenil)-2-aminopropano di cui alla decisione 2002/188/GAI del Consiglio; 3.la 2,5 dimetossi-4-iodofenetilamina, la 2,5-dimetossi-4-etiltiofenetilamina, la 2,5 dimetossi-4-(n)-propiltiofenetilamina e la 2,4,5-trimetossianfetamina di cui alla decisione 2003/847/GAI del Consiglio; 4.la 1-benzilpiperazina o 1-benzil-1,4-diazacicloesano, N-benzilpiperazina o benzilpiperazina di cui alla decisione 2008/206/GAI del Consiglio; 5.il 4-methylmethcathinone di cui alla decisione 2010/759/UE del Consiglio; 6.la 4-metil-5-(4-metilfenil)-4,5-diidroossazol-2-amina (4,4′-DMAR) e la 1-cicloesil-4-(1,2-difeniletil)-piperazina (MT-45) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio; 7.la 4-metilanfetamina di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio; 8.la 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), il 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), il 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e il 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1875 del Consiglio; 9.il 5-(2-amminopropil)indolo di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio; 10.la 1-fenil-2-(pirrolidin-1-il)pentan-1-one (α-pirrolidinovalerofenone, α-PVP) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio; 11.il metil-2-[[1-(cicloesilmetil)-1H-indolo-3- carbonil]ammino]-3,3-dimetilbutanoato (MDMB-CHMICA) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio; 12.l’N-(1-fenetilpiperidin-4-yl)-N-fenilacrilammide (acrilofentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio; 13.l’N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio; 14.l’N-(1-ammino-3,3-dimetil-1-ossobutan-2-il)-1-(cicloesilmetil)-1H-indazol-3-carbossiammide (ADB-CHMINACA) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio; 15.l’1-(4-cianobutil)-N-(2-fenilpropan-2-il)-1H-indazolo-3-carbossiammide di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio; 16.l’N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il] ciclopropancarbossiammide (ciclopropilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio; 17.il 2-metossi-N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il]acetammide (metossiacetilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio; La Commissione europea può aggiungere altre NSP all’elenco per mezzo di un atto delegato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI?
Le decisioni sono in vigore da:
Decisione 1999/615/GAI del Consiglio
17 settembre 1999
Decisione 2002/188/GAI del Consiglio
7 marzo 2002
Decisione 2003/847/GAI del Consiglio
7 dicembre 2003
Decisione 2008/206/GAI del Consiglio
8 marzo 2008
Decisione 2010/759/UE del Consiglio
9 dicembre 2010
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1875 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio
3 luglio 2016
Decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio
4 marzo 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio
30 settembre 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio
23 novembre 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio
23 maggio 2018
Decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio
23 maggio 2018
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio
2 ottobre 2018
CONTESTO
La strategia dell’UE in materia di droga per il periodo 2013-2020 è attuata attraverso due piani d’azione quadriennali consecutivi.
Per ulteriori informazioni consultare:Politica antidroga (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Nuova sostanza psicoattiva: una sostanza allo stato puro o in forma di preparato non contemplata dalla Convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, o dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1971 sulle sostanze psicotrope, che può presentare rischi sanitari o sociali simili a quelli posti dalle sostanze coperte da tali convenzioni.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 1999/615/GAI del Consiglio, del 13 settembre 1999, che definisce la 4-MTA quale nuova droga sintetica da sottoporre a misure di controllo e a sanzioni penali (GU L 244 del 16.9.1999, pag. 1).
Decisione 2002/188/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, avente ad oggetto misure di controllo e sanzioni penali relative alla nuova droga sintetica PMMA (GU L 63 del 6.3.2002, pag. 14).
Decisione 2003/847/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2003, avente ad oggetto misure di controllo e sanzioni penali in relazione alle nuove droghe sintetiche 2C-I, 2C-T-2, 2C-T-7 e TMA-2 (GU L 321 del 6.12.2003, pag. 64).
Decisione 2008/206/GAI del Consiglio, del 3 marzo 2008, che definisce la 1-benzilpiperazina (BZP) quale nuova droga sintetica da sottoporre a misure di controllo e a sanzioni penali (GU L 63 del 7.3.2008, pag. 45).
Decisione 2010/759/UE del Consiglio, del 2 dicembre 2010, sull’opportunità di sottoporre a misure di controllo il 4-methylmethcathinone (mefedrone) (GU L 322 dell’8.12.2010, pag. 44).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-metil-5-(4-metilfenil)-4,5-diidroossazol-2-amina (4,4′-DMAR) e 1-cicloesil-4-(1,2-difeniletil)-piperazina (MT-45) (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 32).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo la 4-metilanfetamina (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 35).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1875, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 38).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo il 5-(2-amminopropil)indolo (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 43).
Decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio, del 27 giugno 2016, che sottopone a misure di controllo la 1-fenil-2-(pirrolidin-1-il)pentan-1-one (α-pirrolidinovalerofenone, α-PVP) (GU L 178 del 2.7.2016, pag. 18).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio, del 27 febbraio 2017, che sottopone a misure di controllo il metil-2-[[1-(cicloesilmetil)-1H-indolo-3- carbonil]ammino]-3,3-dimetilbutanoato (MDMB-CHMICA) (GU L 56 del 3.3.2017, pag. 210).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio, del 25 settembre 2017, che sottopone a misure di controllo l’N-(1-fenetilpiperidin-4-yl)-N-fenilacrilammide (acrilofentanil) (GU L 251 del 29.9.2017, pag. 21).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio, del 15 novembre 2017, relativa a misure di controllo sul N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) (GU L 306 del 22.11.2017, pag. 19).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio, del 14 maggio 2018, che sottopone a misure di controllo la nuova sostanza psicoattiva N-(1-ammino-3,3-dimetil-1-ossobutan-2-il)-1-(cicloesilmetil)-1H-indazol-3-carbossiammide (ADB-CHMINACA) (GU L 125 del 22.5.2018, pag. 8).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio, del 14 maggio 2018, che sottopone a misure di controllo la nuova sostanza psicoattiva 1-(4-cianobutil)-N-(2-fenilpropan-2-il)-1H-indazolo-3-carbossiammide (CUMYL-4CN-BINACA) (GU L 125 del 22.5.2018, pag. 10).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio, del 28 settembre 2018, che assoggetta a misure di controllo le nuove sostanze psicoattive N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il] ciclopropancarbossiammide (ciclopropilfentanil) e 2-metossi-N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il]acetammide (metossiacetilfentanil) (GU L 245 dell’1.10.2018, pag. 9).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva delegata (UE) 2019/369 della Commissione, del 13 dicembre 2018, che modifica l’allegato della decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio per quanto riguarda l’inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «stupefacenti» (GU L 66 del 7.3.2019, pag. 3).
Regolamento (EU) 2017/2101 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica il regolamento (CE) nr. 1920/2006 per quanto riguarda lo scambio di informazioni e un sistema di allarme rapido e una procedura di valutazione dei rischi per le nuove sostanze psicoattive (GU L 305 del 21.11.2017, pag. 1).
Direttiva (UE) 2017/2103 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica la Decisione Quadro 2004/757/GAI del Consiglio al fine di includere nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanza stupefacente» e che abroga la Decisione 2005/387/GAI del Consiglio (GU L 305 del 21.11.2017, pag. 12).
Strategia dell’UE in materia di droga (2013-2020) (GU C 402 del 29.12.2012, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1920/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo all’istituzione di un Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (rifusione) (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 1).
Successive modifiche al regolamento (CE) n. 1920/2006 sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, recante le disposizioni minime sugli elementi costitutivi degli atti penali e delle sanzioni nel settore del traffico illecito di droga (GU L 335 dell’11.11.2004, pag. 8).
Consultare la versione consolidata. | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2015/1875 DEL CONSIGLIO
dell'8 ottobre 2015
che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la decisione 2005/387/GAI del Consiglio, del 10 maggio 2005, relativa allo scambio di informazioni, alla valutazione dei rischi e al controllo delle nuove sostanze psicoattive (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando che:
(1)
Il comitato scientifico allargato dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), riunito in sessione straordinaria, ha redatto, a norma della decisione 2005/387/GAI, una relazione di valutazione dei rischi connessi alle nuove sostanze psicoattive 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), che è stata trasmessa alla Commissione e al Consiglio il 23 aprile 2014.
(2)
Le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina non erano state oggetto di valutazione a livello delle Nazioni Unite nel momento in cui la valutazione dei rischi è stata richiesta a livello dell'Unione, ma sono state valutate nel giugno 2014 dal comitato di esperti per la farmacodipendenza dell'Organizzazione mondiale della sanità.
(3)
Le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina non hanno alcuna proprietà terapeutica per uso umano o veterinario provata o riconosciuta. A parte il loro utilizzo in materiali di riferimento analitici e nella ricerca scientifica che ne studia le caratteristiche chimiche, farmacologiche e tossicologiche a seguito della loro comparsa sul mercato delle droghe — e, nel caso della molecola 25I-NBOMe, anche nel settore della neurochimica — nessun altro elemento indica che siano usate ad altri fini.
(4)
La sostanza 25I-NBOMe è un potente derivato sintetico della sostanza 2,5-dimetossi-4-iodofenetilamina (2C-I), un allucinogeno serotoninergico classico, che è stato oggetto di una valutazione del rischio, nonché di misure di controllo e sanzioni penali a livello di Unione dal 2003 in forza della decisione 2003/847/GAI del Consiglio (2).
(5)
Gli specifici effetti fisici della sostanza 25I-NBOMe sono difficili da stabilire, poiché non sono stati pubblicati studi che ne valutino la tossicità acuta e cronica, gli effetti psicologici e comportamentali e il potenziale di dipendenza, e anche a causa della limitata disponibilità di informazioni e dati. Le osservazioni cliniche di persone che hanno assunto tale sostanza suggeriscono che essa abbia effetti allucinogeni e il potenziale di provocare stati gravi di agitazione, confusione, allucinazioni visive e uditive acute, aggressività, episodi di aggressività e traumi autoindotti.
(6)
Quattro decessi associati alla sostanza 25I-NBOMe sono stati registrati in tre Stati membri. Una grave tossicità collegata al suo consumo è stata segnalata in quattro Stati membri, che hanno comunicato 32 casi di intossicazioni non mortali. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli. Non esistono informazioni disponibili sui rischi sociali legati alla sostanza 25I-NBOMe.
(7)
Ventidue Stati membri e la Norvegia hanno riferito all'OEDT e all'Ufficio europeo di polizia (Europol) di aver segnalato l'individuazione della sostanza 25I-NBOMe. Non sono disponibili dati sulla prevalenza d'uso della sostanza 25I-NBOMe, ma le limitate informazioni esistenti indicano che il suo consumo può avvenire in una vasta gamma di ambienti: a casa, nei bar, nei locali notturni, nei festival di musica.
(8)
La sostanza 25I-NBOMe è liberamente commercializzata e venduta su Internet come «prodotto chimico utilizzato per la ricerca» e le informazioni ottenute da sequestri, campioni raccolti, siti web di consumatori e distributori su Internet fanno supporre che la sostanza sia venduta come droga in quanto tale e commercializzata come sostituto «legale» dell'LSD. L'OEDT ha individuato oltre quindici distributori su Internet che vendono tale sostanza, che possono essere stabiliti all'interno dell'Unione e in Cina.
(9)
La relazione di valutazione dei rischi indica che esistono poche prove scientifiche sulla 25I-NBOMe e sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali rappresentati dalla sostanza. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre la sostanza 25I-NBOMe a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, la sostanza 25I-NBOMe dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(10)
Dato che sei Stati membri controllano la sostanza 25I-NBOMe in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e che sette Stati membri la controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli nell'applicazione della legge e nella cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(11)
La sostanza AH-7921 è un analgesico oppioide sintetico dalla struttura atipica, generalmente conosciuto come «doxylam» dai fornitori su Internet, i siti web di consumatori e i media. Può essere facilmente confusa con la dossilamina, un antistaminico con proprietà sedative e ipnotiche che potrebbe comportare overdose involontarie.
(12)
Gli specifici effetti fisici dell'AH-7921 sono difficili da stabilire, poiché non sono stati pubblicati studi che ne valutino la tossicità acuta e cronica, gli effetti psicologici, comportamentali e il potenziale di dipendenza, nonché a causa della limitata disponibilità di informazioni e dati. Stando a quanto riportato dai consumatori, gli effetti dell'AH-7921 sembrano essere analoghi a quelli degli oppioidi classici che inducono una sensazione di moderata euforia, prurito e rilassamento. La comparsa di nausea sembra essere un tipico effetto negativo. Oltre all'auto-sperimentazione e al «consumo ricreativo» dell'AH-7921, i consumatori hanno dichiarato di aver assunto di propria iniziativa tale nuova droga come antidolorifico o per alleviare i sintomi di astinenza dovuti alla disassuefazione da altri oppioidi. Ciò può indicare il potenziale dell'AH-7921 di diffondersi tra la popolazione che fa uso intravenoso di oppioidi.
(13)
Non sono disponibili dati sulla prevalenza d'uso dell'AH-7921, ma le informazioni disponibili indicano che non è ampiamente utilizzata e, quando è utilizzata, è consumata in ambienti privati.
(14)
Tra dicembre 2012 e settembre 2013 sono stati registrati, in tre Stati membri, quindici decessi nei cui campioni post mortem è stata rilevata l'AH-7921, da sola o associata ad altre sostanze. Anche se non è possibile stabilire con certezza il ruolo dell'AH-7921 in tutti questi decessi, in alcuni casi tuttavia la sostanza è stata specificamente indicata nelle cause del decesso. Uno Stato membro ha segnalato sei intossicazioni non mortali connesse all'AH-7921. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli. Non esistono informazioni disponibili sui rischi sociali legati all'AH-7921.
(15)
La relazione di valutazione dei rischi indica che esistono poche prove scientifiche sull'AH-7921 e sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali rappresentati dalla sostanza. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre l'AH-7921 a misure di controllo in tutta l'Unione. Alla luce dei rischi per la salute che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, l'AH-7921 dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(16)
Dato che uno Stato membro controlla l'AH-7921 in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e cinque Stati membri la controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(17)
L'MDPV è un derivato sintetico del catinone con sostituzione sull'anello aromatico, chimicamente correlato al pirovalerone, entrambi oggetto di misure di controllo in base alla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971.
(18)
Le informazioni sulla tossicità cronica e acuta del MDPV, nonché sui suoi effetti psicologici e comportamentali, e il rischio di dipendenza, non sono raccolte in modo uniforme in tutta l'Unione. Le informazioni provenienti da ricerche pubblicate, confermate da casi clinici, indicano che il profilo psicofarmacologico osservato dell'MDPV è simile a quello della cocaina e della metanfetamina, sebbene gli effetti della sostanza siano più potenti e duraturi. Inoltre, l'MDPV si è rivelato dieci volte più potente nell'indurre attivazione locomotoria, tachicardia e ipertensione.
(19)
I siti web di consumatori indicano che la tossicità acuta della sostanza può produrre effetti nocivi sugli esseri umani, simili a quelli di altri stimolanti. Tali effetti includono psicosi paranoide, tachicardia, ipertensione, diaforesi, problemi respiratori, grave agitazione, allucinazioni uditive e visive, ansia profonda, ipertermia, episodi di aggressività e disfunzioni organiche multiple.
(20)
Tra settembre 2009 e agosto 2013 in otto Stati membri e in Norvegia sono stati registrati 108 decessi in cui la sostanza MDPV è stata rilevata in campioni biologici post mortem o individuata come concausa del decesso. Otto Stati membri hanno registrato complessivamente 525 intossicazioni non mortali connesse all'MDPV. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli.
(21)
Dal 2009 quattro Stati membri hanno inoltre segnalato di aver individuato l'MDPV in campioni biologici prelevati a seguito di incidenti stradali mortali e non mortali o in casi di guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti.
(22)
L'MDPV è disponibile sul mercato delle droghe dell'Unione dal novembre 2008 e 27 Stati membri, oltre a Norvegia e Turchia, ne hanno effettuato sequestri per diversi chili. L'MDPV è venduto come sostanza in quanto tale, ma è anche stato individuato in combinazione con altre sostanze, ed è ampiamente disponibile presso fornitori e distributori su Internet, negozi specializzati («head shops») e piccoli spacciatori di strada. Alcune indicazioni fanno pensare che esista un certo grado di organizzazione nella fabbricazione di compresse e nella distribuzione della sostanza nell'Unione.
(23)
La relazione di valutazione dei rischi indica che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali che l'MDPV comporta. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre l'MDPV a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunto inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, l'MDPV dovrebbe essere sottoposto a misure di controllo in tutta l'Unione.
(24)
Dato che ventuno Stati membri controllano l'MDPV in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e che quattro Stati membri lo controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(25)
La metossietamina è una sostanza arilcicloesilaminica chimicamente simile alla ketamina e alla fenciclidina (PCP), sostanza soggetta a controllo a livello internazionale. Analogamente alla ketamina e alla PCP, la metossietamina possiede proprietà dissociative.
(26)
Non esistono studi che valutino la tossicità cronica e acuta associata alla metossietamina, né i suoi effetti psicologici e comportamentali o il rischio di dipendenza che presenta. Le esperienze dichiarate dagli stessi consumatori nei loro siti web indicano che gli effetti negativi sono simili a quelli di un'intossicazione da ketamina. Tali effetti includono nausea e vomito abbondante, difficoltà respiratorie, attacchi, disorientamento, ansia, catatonia, aggressività, allucinazioni, paranoia e psicosi. Inoltre, l'intossicazione acuta da metossietamina può avere effetti stimolanti (agitazione, tachicardia e ipertensione) e provocare disordini cerebrali che non sono generalmente riscontrabili nei casi di intossicazione acuta da ketamina.
(27)
Sei Stati membri hanno segnalato circa venti decessi collegati alla metossietamina, rilevata in campioni post mortem. Utilizzata da sola o in combinazione con altre sostanze, la metossietamina è stata individuata in venti casi di intossicazioni non mortali segnalati da cinque Stati membri. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli.
(28)
Dal novembre 2010 ventitré Stati membri, oltre a Turchia e Norvegia, hanno riferito di aver segnalato l'individuazione della metossietamina. Le informazioni disponibili fanno supporre che la metossietamina sia venduta e utilizzata come sostanza in quanto tale e anche come sostituto «legale» della ketamina dai distributori su Internet, i negozi specializzati («head shops») e dai piccoli spacciatori di strada.
(29)
Numerosi chili di metossietamina in polvere sono stati sequestrati nell'Unione, ma non esistono informazioni su un possibile coinvolgimento di organizzazioni criminali. La fabbricazione di metossietamina non richiede attrezzature sofisticate.
(30)
I dati sulla prevalenza si limitano a studi non rappresentativi condotti in due Stati membri. Tali studi suggeriscono che la prevalenza d'uso della metossietamina è inferiore a quella della ketamina. Le informazioni disponibili indicano che il suo consumo può avvenire in una vasta gamma di ambienti: a casa, nei bar, nei locali notturni, nei festival di musica.
(31)
La relazione di valutazione dei rischi sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali che tale sostanza comporta. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre la metossietamina a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, la metossietamina dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(32)
Dato che nove Stati membri controllano la metossietamina in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e nove Stati membri controllano la sostanza mediante altre misure legislative, sottoporla a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(33)
La decisione 2005/387/GAI conferisce al Consiglio competenze di esecuzione al fine di fornire a livello di Unione una risposta rapida e basata sulle competenze tecniche all'emergere di nuove sostanze psicoattive rilevate e segnalate dagli Stati membri, sottoponendo tali sostanze a misure di controllo in tutta l'Unione. Poiché sono state soddisfatte le condizioni e la procedura per avviare l'esercizio di tali competenze di esecuzione, dovrebbe essere adottata una decisione di esecuzione al fine di porre sotto controllo le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina in tutta l'Unione.
(34)
Nella sentenza del 16 aprile 2015 nelle cause riunite C-317/13 e C-679/13 (3) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha sostenuto che prima di adottare una decisione di esecuzione ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387/GAI, il Consiglio dovrebbe consultare il Parlamento europeo. La decisione di esecuzione 2014/688/UE del Consiglio (4) è stata adottata senza tale consultazione preventiva e, di conseguenza, è inficiata da un vizio di procedura. La decisione 2014/688/EU dovrebbe pertanto essere sostituita dalla presente decisione.
(35)
Al fine di garantire la continuità di misure di controllo in tutta l'Unione, nonché il rispetto degli obblighi che incombono agli Stati membri in virtù della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971 e della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 per quanto concerne le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), la presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativamente al termine entro cui sottoporre tali nuove sostanze psicoattive a misure di controllo e alle sanzioni penali previste dalle rispettive legislazioni, ai sensi dell'articolo 2 della decisione 2014/688/UE.
(36)
La Danimarca è vincolata dalla decisione 2005/387/GAI e partecipa pertanto all'adozione e all'applicazione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI.
(37)
L'Irlanda è vincolata dalla decisione 2005/387/GAI e partecipa pertanto all'adozione e all'applicazione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI.
(38)
Il Regno Unito non è vincolato dalla decisione 2005/387/GAI e non partecipa pertanto all'adozione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Le seguenti nuove sostanze psicoattive sono sottoposte a misure di controllo in tutta l'Unione:
a)
4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil) fenetilammina (25I-NBOMe);
b)
3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)-cicloesil)metil] benzamide (AH-7921);
c)
3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV);
d)
2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina).
Articolo 2
La decisione 2014/688/UE è sostituita, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine entro cui sottoporre le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), a misure di controllo e alle sanzioni penali previste dalle rispettive legislazioni, ai sensi dell'articolo 2 della decisione 2014/688/UE.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
La presente decisione si applica conformemente ai trattati.
Fatto a Lussemburgo, l'8 ottobre 2015
Per il Consiglio
Il presidente
J. ASSELBORN
(1) GU L 127 del 20.5.2005, pag. 32.
(2) Decisione 2003/847/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativa a misure di controllo e sanzioni penali in relazione alle nuove droghe sintetiche 2C-I, 2C-T-2, 2C-T-7 e TMA-2 (GU L 321 del 6.12.2003, pag. 64).
(3) Sentenza della Corte di giustizia del16 aprile 2015, Parlamento contro Consiglio, cause riunite C-317/13 e C-679/13, ECLI:EU:C:2015:223.
(4) Decisione di esecuzione 2014/688/UE del Consiglio, del 25 settembre 2014, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) (GU L 287 dell'1.10.2014, pag. 22).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2015/1875 DEL CONSIGLIO
dell'8 ottobre 2015
che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la decisione 2005/387/GAI del Consiglio, del 10 maggio 2005, relativa allo scambio di informazioni, alla valutazione dei rischi e al controllo delle nuove sostanze psicoattive (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando che:
(1)
Il comitato scientifico allargato dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), riunito in sessione straordinaria, ha redatto, a norma della decisione 2005/387/GAI, una relazione di valutazione dei rischi connessi alle nuove sostanze psicoattive 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), che è stata trasmessa alla Commissione e al Consiglio il 23 aprile 2014.
(2)
Le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina non erano state oggetto di valutazione a livello delle Nazioni Unite nel momento in cui la valutazione dei rischi è stata richiesta a livello dell'Unione, ma sono state valutate nel giugno 2014 dal comitato di esperti per la farmacodipendenza dell'Organizzazione mondiale della sanità.
(3)
Le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina non hanno alcuna proprietà terapeutica per uso umano o veterinario provata o riconosciuta. A parte il loro utilizzo in materiali di riferimento analitici e nella ricerca scientifica che ne studia le caratteristiche chimiche, farmacologiche e tossicologiche a seguito della loro comparsa sul mercato delle droghe — e, nel caso della molecola 25I-NBOMe, anche nel settore della neurochimica — nessun altro elemento indica che siano usate ad altri fini.
(4)
La sostanza 25I-NBOMe è un potente derivato sintetico della sostanza 2,5-dimetossi-4-iodofenetilamina (2C-I), un allucinogeno serotoninergico classico, che è stato oggetto di una valutazione del rischio, nonché di misure di controllo e sanzioni penali a livello di Unione dal 2003 in forza della decisione 2003/847/GAI del Consiglio (2).
(5)
Gli specifici effetti fisici della sostanza 25I-NBOMe sono difficili da stabilire, poiché non sono stati pubblicati studi che ne valutino la tossicità acuta e cronica, gli effetti psicologici e comportamentali e il potenziale di dipendenza, e anche a causa della limitata disponibilità di informazioni e dati. Le osservazioni cliniche di persone che hanno assunto tale sostanza suggeriscono che essa abbia effetti allucinogeni e il potenziale di provocare stati gravi di agitazione, confusione, allucinazioni visive e uditive acute, aggressività, episodi di aggressività e traumi autoindotti.
(6)
Quattro decessi associati alla sostanza 25I-NBOMe sono stati registrati in tre Stati membri. Una grave tossicità collegata al suo consumo è stata segnalata in quattro Stati membri, che hanno comunicato 32 casi di intossicazioni non mortali. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli. Non esistono informazioni disponibili sui rischi sociali legati alla sostanza 25I-NBOMe.
(7)
Ventidue Stati membri e la Norvegia hanno riferito all'OEDT e all'Ufficio europeo di polizia (Europol) di aver segnalato l'individuazione della sostanza 25I-NBOMe. Non sono disponibili dati sulla prevalenza d'uso della sostanza 25I-NBOMe, ma le limitate informazioni esistenti indicano che il suo consumo può avvenire in una vasta gamma di ambienti: a casa, nei bar, nei locali notturni, nei festival di musica.
(8)
La sostanza 25I-NBOMe è liberamente commercializzata e venduta su Internet come «prodotto chimico utilizzato per la ricerca» e le informazioni ottenute da sequestri, campioni raccolti, siti web di consumatori e distributori su Internet fanno supporre che la sostanza sia venduta come droga in quanto tale e commercializzata come sostituto «legale» dell'LSD. L'OEDT ha individuato oltre quindici distributori su Internet che vendono tale sostanza, che possono essere stabiliti all'interno dell'Unione e in Cina.
(9)
La relazione di valutazione dei rischi indica che esistono poche prove scientifiche sulla 25I-NBOMe e sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali rappresentati dalla sostanza. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre la sostanza 25I-NBOMe a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, la sostanza 25I-NBOMe dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(10)
Dato che sei Stati membri controllano la sostanza 25I-NBOMe in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e che sette Stati membri la controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli nell'applicazione della legge e nella cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(11)
La sostanza AH-7921 è un analgesico oppioide sintetico dalla struttura atipica, generalmente conosciuto come «doxylam» dai fornitori su Internet, i siti web di consumatori e i media. Può essere facilmente confusa con la dossilamina, un antistaminico con proprietà sedative e ipnotiche che potrebbe comportare overdose involontarie.
(12)
Gli specifici effetti fisici dell'AH-7921 sono difficili da stabilire, poiché non sono stati pubblicati studi che ne valutino la tossicità acuta e cronica, gli effetti psicologici, comportamentali e il potenziale di dipendenza, nonché a causa della limitata disponibilità di informazioni e dati. Stando a quanto riportato dai consumatori, gli effetti dell'AH-7921 sembrano essere analoghi a quelli degli oppioidi classici che inducono una sensazione di moderata euforia, prurito e rilassamento. La comparsa di nausea sembra essere un tipico effetto negativo. Oltre all'auto-sperimentazione e al «consumo ricreativo» dell'AH-7921, i consumatori hanno dichiarato di aver assunto di propria iniziativa tale nuova droga come antidolorifico o per alleviare i sintomi di astinenza dovuti alla disassuefazione da altri oppioidi. Ciò può indicare il potenziale dell'AH-7921 di diffondersi tra la popolazione che fa uso intravenoso di oppioidi.
(13)
Non sono disponibili dati sulla prevalenza d'uso dell'AH-7921, ma le informazioni disponibili indicano che non è ampiamente utilizzata e, quando è utilizzata, è consumata in ambienti privati.
(14)
Tra dicembre 2012 e settembre 2013 sono stati registrati, in tre Stati membri, quindici decessi nei cui campioni post mortem è stata rilevata l'AH-7921, da sola o associata ad altre sostanze. Anche se non è possibile stabilire con certezza il ruolo dell'AH-7921 in tutti questi decessi, in alcuni casi tuttavia la sostanza è stata specificamente indicata nelle cause del decesso. Uno Stato membro ha segnalato sei intossicazioni non mortali connesse all'AH-7921. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli. Non esistono informazioni disponibili sui rischi sociali legati all'AH-7921.
(15)
La relazione di valutazione dei rischi indica che esistono poche prove scientifiche sull'AH-7921 e sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali rappresentati dalla sostanza. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre l'AH-7921 a misure di controllo in tutta l'Unione. Alla luce dei rischi per la salute che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, l'AH-7921 dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(16)
Dato che uno Stato membro controlla l'AH-7921 in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e cinque Stati membri la controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(17)
L'MDPV è un derivato sintetico del catinone con sostituzione sull'anello aromatico, chimicamente correlato al pirovalerone, entrambi oggetto di misure di controllo in base alla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971.
(18)
Le informazioni sulla tossicità cronica e acuta del MDPV, nonché sui suoi effetti psicologici e comportamentali, e il rischio di dipendenza, non sono raccolte in modo uniforme in tutta l'Unione. Le informazioni provenienti da ricerche pubblicate, confermate da casi clinici, indicano che il profilo psicofarmacologico osservato dell'MDPV è simile a quello della cocaina e della metanfetamina, sebbene gli effetti della sostanza siano più potenti e duraturi. Inoltre, l'MDPV si è rivelato dieci volte più potente nell'indurre attivazione locomotoria, tachicardia e ipertensione.
(19)
I siti web di consumatori indicano che la tossicità acuta della sostanza può produrre effetti nocivi sugli esseri umani, simili a quelli di altri stimolanti. Tali effetti includono psicosi paranoide, tachicardia, ipertensione, diaforesi, problemi respiratori, grave agitazione, allucinazioni uditive e visive, ansia profonda, ipertermia, episodi di aggressività e disfunzioni organiche multiple.
(20)
Tra settembre 2009 e agosto 2013 in otto Stati membri e in Norvegia sono stati registrati 108 decessi in cui la sostanza MDPV è stata rilevata in campioni biologici post mortem o individuata come concausa del decesso. Otto Stati membri hanno registrato complessivamente 525 intossicazioni non mortali connesse all'MDPV. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli.
(21)
Dal 2009 quattro Stati membri hanno inoltre segnalato di aver individuato l'MDPV in campioni biologici prelevati a seguito di incidenti stradali mortali e non mortali o in casi di guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti.
(22)
L'MDPV è disponibile sul mercato delle droghe dell'Unione dal novembre 2008 e 27 Stati membri, oltre a Norvegia e Turchia, ne hanno effettuato sequestri per diversi chili. L'MDPV è venduto come sostanza in quanto tale, ma è anche stato individuato in combinazione con altre sostanze, ed è ampiamente disponibile presso fornitori e distributori su Internet, negozi specializzati («head shops») e piccoli spacciatori di strada. Alcune indicazioni fanno pensare che esista un certo grado di organizzazione nella fabbricazione di compresse e nella distribuzione della sostanza nell'Unione.
(23)
La relazione di valutazione dei rischi indica che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali che l'MDPV comporta. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre l'MDPV a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunto inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, l'MDPV dovrebbe essere sottoposto a misure di controllo in tutta l'Unione.
(24)
Dato che ventuno Stati membri controllano l'MDPV in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e che quattro Stati membri lo controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(25)
La metossietamina è una sostanza arilcicloesilaminica chimicamente simile alla ketamina e alla fenciclidina (PCP), sostanza soggetta a controllo a livello internazionale. Analogamente alla ketamina e alla PCP, la metossietamina possiede proprietà dissociative.
(26)
Non esistono studi che valutino la tossicità cronica e acuta associata alla metossietamina, né i suoi effetti psicologici e comportamentali o il rischio di dipendenza che presenta. Le esperienze dichiarate dagli stessi consumatori nei loro siti web indicano che gli effetti negativi sono simili a quelli di un'intossicazione da ketamina. Tali effetti includono nausea e vomito abbondante, difficoltà respiratorie, attacchi, disorientamento, ansia, catatonia, aggressività, allucinazioni, paranoia e psicosi. Inoltre, l'intossicazione acuta da metossietamina può avere effetti stimolanti (agitazione, tachicardia e ipertensione) e provocare disordini cerebrali che non sono generalmente riscontrabili nei casi di intossicazione acuta da ketamina.
(27)
Sei Stati membri hanno segnalato circa venti decessi collegati alla metossietamina, rilevata in campioni post mortem. Utilizzata da sola o in combinazione con altre sostanze, la metossietamina è stata individuata in venti casi di intossicazioni non mortali segnalati da cinque Stati membri. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli.
(28)
Dal novembre 2010 ventitré Stati membri, oltre a Turchia e Norvegia, hanno riferito di aver segnalato l'individuazione della metossietamina. Le informazioni disponibili fanno supporre che la metossietamina sia venduta e utilizzata come sostanza in quanto tale e anche come sostituto «legale» della ketamina dai distributori su Internet, i negozi specializzati («head shops») e dai piccoli spacciatori di strada.
(29)
Numerosi chili di metossietamina in polvere sono stati sequestrati nell'Unione, ma non esistono informazioni su un possibile coinvolgimento di organizzazioni criminali. La fabbricazione di metossietamina non richiede attrezzature sofisticate.
(30)
I dati sulla prevalenza si limitano a studi non rappresentativi condotti in due Stati membri. Tali studi suggeriscono che la prevalenza d'uso della metossietamina è inferiore a quella della ketamina. Le informazioni disponibili indicano che il suo consumo può avvenire in una vasta gamma di ambienti: a casa, nei bar, nei locali notturni, nei festival di musica.
(31)
La relazione di valutazione dei rischi sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali che tale sostanza comporta. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre la metossietamina a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, la metossietamina dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(32)
Dato che nove Stati membri controllano la metossietamina in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e nove Stati membri controllano la sostanza mediante altre misure legislative, sottoporla a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(33)
La decisione 2005/387/GAI conferisce al Consiglio competenze di esecuzione al fine di fornire a livello di Unione una risposta rapida e basata sulle competenze tecniche all'emergere di nuove sostanze psicoattive rilevate e segnalate dagli Stati membri, sottoponendo tali sostanze a misure di controllo in tutta l'Unione. Poiché sono state soddisfatte le condizioni e la procedura per avviare l'esercizio di tali competenze di esecuzione, dovrebbe essere adottata una decisione di esecuzione al fine di porre sotto controllo le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina in tutta l'Unione.
(34)
Nella sentenza del 16 aprile 2015 nelle cause riunite C-317/13 e C-679/13 (3) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha sostenuto che prima di adottare una decisione di esecuzione ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387/GAI, il Consiglio dovrebbe consultare il Parlamento europeo. La decisione di esecuzione 2014/688/UE del Consiglio (4) è stata adottata senza tale consultazione preventiva e, di conseguenza, è inficiata da un vizio di procedura. La decisione 2014/688/EU dovrebbe pertanto essere sostituita dalla presente decisione.
(35)
Al fine di garantire la continuità di misure di controllo in tutta l'Unione, nonché il rispetto degli obblighi che incombono agli Stati membri in virtù della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971 e della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 per quanto concerne le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), la presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativamente al termine entro cui sottoporre tali nuove sostanze psicoattive a misure di controllo e alle sanzioni penali previste dalle rispettive legislazioni, ai sensi dell'articolo 2 della decisione 2014/688/UE.
(36)
La Danimarca è vincolata dalla decisione 2005/387/GAI e partecipa pertanto all'adozione e all'applicazione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI.
(37)
L'Irlanda è vincolata dalla decisione 2005/387/GAI e partecipa pertanto all'adozione e all'applicazione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI.
(38)
Il Regno Unito non è vincolato dalla decisione 2005/387/GAI e non partecipa pertanto all'adozione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Le seguenti nuove sostanze psicoattive sono sottoposte a misure di controllo in tutta l'Unione:
a)
4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil) fenetilammina (25I-NBOMe);
b)
3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)-cicloesil)metil] benzamide (AH-7921);
c)
3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV);
d)
2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina).
Articolo 2
La decisione 2014/688/UE è sostituita, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine entro cui sottoporre le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), a misure di controllo e alle sanzioni penali previste dalle rispettive legislazioni, ai sensi dell'articolo 2 della decisione 2014/688/UE.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
La presente decisione si applica conformemente ai trattati.
Fatto a Lussemburgo, l'8 ottobre 2015
Per il Consiglio
Il presidente
J. ASSELBORN
(1) GU L 127 del 20.5.2005, pag. 32.
(2) Decisione 2003/847/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativa a misure di controllo e sanzioni penali in relazione alle nuove droghe sintetiche 2C-I, 2C-T-2, 2C-T-7 e TMA-2 (GU L 321 del 6.12.2003, pag. 64).
(3) Sentenza della Corte di giustizia del16 aprile 2015, Parlamento contro Consiglio, cause riunite C-317/13 e C-679/13, ECLI:EU:C:2015:223.
(4) Decisione di esecuzione 2014/688/UE del Consiglio, del 25 settembre 2014, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) (GU L 287 dell'1.10.2014, pag. 22).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Traffico illecito di stupefacenti — Elenco delle sostanze psicoattive
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
Mirano a istituire misure di controllo e sanzioni penali volte a contrastare il traffico di nuove sostanze psicoattive (NSP)*.
PUNTI CHIAVE
L’elenco delle NSP include: 1.la P-Metiltioanfetamina o 4-Metiltioanfetamina di cui alla decisione 1999/615/GAI del Consiglio; 2.la parametossimetilamfetamina o N-metil-1-(4-metossifenil)-2-aminopropano di cui alla decisione 2002/188/GAI del Consiglio; 3.la 2,5 dimetossi-4-iodofenetilamina, la 2,5-dimetossi-4-etiltiofenetilamina, la 2,5 dimetossi-4-(n)-propiltiofenetilamina e la 2,4,5-trimetossianfetamina di cui alla decisione 2003/847/GAI del Consiglio; 4.la 1-benzilpiperazina o 1-benzil-1,4-diazacicloesano, N-benzilpiperazina o benzilpiperazina di cui alla decisione 2008/206/GAI del Consiglio; 5.il 4-methylmethcathinone di cui alla decisione 2010/759/UE del Consiglio; 6.la 4-metil-5-(4-metilfenil)-4,5-diidroossazol-2-amina (4,4′-DMAR) e la 1-cicloesil-4-(1,2-difeniletil)-piperazina (MT-45) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio; 7.la 4-metilanfetamina di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio; 8.la 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), il 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), il 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e il 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1875 del Consiglio; 9.il 5-(2-amminopropil)indolo di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio; 10.la 1-fenil-2-(pirrolidin-1-il)pentan-1-one (α-pirrolidinovalerofenone, α-PVP) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio; 11.il metil-2-[[1-(cicloesilmetil)-1H-indolo-3- carbonil]ammino]-3,3-dimetilbutanoato (MDMB-CHMICA) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio; 12.l’N-(1-fenetilpiperidin-4-yl)-N-fenilacrilammide (acrilofentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio; 13.l’N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio; 14.l’N-(1-ammino-3,3-dimetil-1-ossobutan-2-il)-1-(cicloesilmetil)-1H-indazol-3-carbossiammide (ADB-CHMINACA) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio; 15.l’1-(4-cianobutil)-N-(2-fenilpropan-2-il)-1H-indazolo-3-carbossiammide di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio; 16.l’N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il] ciclopropancarbossiammide (ciclopropilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio; 17.il 2-metossi-N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il]acetammide (metossiacetilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio; La Commissione europea può aggiungere altre NSP all’elenco per mezzo di un atto delegato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI?
Le decisioni sono in vigore da:
Decisione 1999/615/GAI del Consiglio
17 settembre 1999
Decisione 2002/188/GAI del Consiglio
7 marzo 2002
Decisione 2003/847/GAI del Consiglio
7 dicembre 2003
Decisione 2008/206/GAI del Consiglio
8 marzo 2008
Decisione 2010/759/UE del Consiglio
9 dicembre 2010
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1875 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio
3 luglio 2016
Decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio
4 marzo 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio
30 settembre 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio
23 novembre 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio
23 maggio 2018
Decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio
23 maggio 2018
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio
2 ottobre 2018
CONTESTO
La strategia dell’UE in materia di droga per il periodo 2013-2020 è attuata attraverso due piani d’azione quadriennali consecutivi.
Per ulteriori informazioni consultare:Politica antidroga (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Nuova sostanza psicoattiva: una sostanza allo stato puro o in forma di preparato non contemplata dalla Convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, o dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1971 sulle sostanze psicotrope, che può presentare rischi sanitari o sociali simili a quelli posti dalle sostanze coperte da tali convenzioni.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 1999/615/GAI del Consiglio, del 13 settembre 1999, che definisce la 4-MTA quale nuova droga sintetica da sottoporre a misure di controllo e a sanzioni penali (GU L 244 del 16.9.1999, pag. 1).
Decisione 2002/188/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, avente ad oggetto misure di controllo e sanzioni penali relative alla nuova droga sintetica PMMA (GU L 63 del 6.3.2002, pag. 14).
Decisione 2003/847/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2003, avente ad oggetto misure di controllo e sanzioni penali in relazione alle nuove droghe sintetiche 2C-I, 2C-T-2, 2C-T-7 e TMA-2 (GU L 321 del 6.12.2003, pag. 64).
Decisione 2008/206/GAI del Consiglio, del 3 marzo 2008, che definisce la 1-benzilpiperazina (BZP) quale nuova droga sintetica da sottoporre a misure di controllo e a sanzioni penali (GU L 63 del 7.3.2008, pag. 45).
Decisione 2010/759/UE del Consiglio, del 2 dicembre 2010, sull’opportunità di sottoporre a misure di controllo il 4-methylmethcathinone (mefedrone) (GU L 322 dell’8.12.2010, pag. 44).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-metil-5-(4-metilfenil)-4,5-diidroossazol-2-amina (4,4′-DMAR) e 1-cicloesil-4-(1,2-difeniletil)-piperazina (MT-45) (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 32).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo la 4-metilanfetamina (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 35).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1875, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 38).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo il 5-(2-amminopropil)indolo (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 43).
Decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio, del 27 giugno 2016, che sottopone a misure di controllo la 1-fenil-2-(pirrolidin-1-il)pentan-1-one (α-pirrolidinovalerofenone, α-PVP) (GU L 178 del 2.7.2016, pag. 18).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio, del 27 febbraio 2017, che sottopone a misure di controllo il metil-2-[[1-(cicloesilmetil)-1H-indolo-3- carbonil]ammino]-3,3-dimetilbutanoato (MDMB-CHMICA) (GU L 56 del 3.3.2017, pag. 210).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio, del 25 settembre 2017, che sottopone a misure di controllo l’N-(1-fenetilpiperidin-4-yl)-N-fenilacrilammide (acrilofentanil) (GU L 251 del 29.9.2017, pag. 21).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio, del 15 novembre 2017, relativa a misure di controllo sul N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) (GU L 306 del 22.11.2017, pag. 19).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio, del 14 maggio 2018, che sottopone a misure di controllo la nuova sostanza psicoattiva N-(1-ammino-3,3-dimetil-1-ossobutan-2-il)-1-(cicloesilmetil)-1H-indazol-3-carbossiammide (ADB-CHMINACA) (GU L 125 del 22.5.2018, pag. 8).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio, del 14 maggio 2018, che sottopone a misure di controllo la nuova sostanza psicoattiva 1-(4-cianobutil)-N-(2-fenilpropan-2-il)-1H-indazolo-3-carbossiammide (CUMYL-4CN-BINACA) (GU L 125 del 22.5.2018, pag. 10).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio, del 28 settembre 2018, che assoggetta a misure di controllo le nuove sostanze psicoattive N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il] ciclopropancarbossiammide (ciclopropilfentanil) e 2-metossi-N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il]acetammide (metossiacetilfentanil) (GU L 245 dell’1.10.2018, pag. 9).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva delegata (UE) 2019/369 della Commissione, del 13 dicembre 2018, che modifica l’allegato della decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio per quanto riguarda l’inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «stupefacenti» (GU L 66 del 7.3.2019, pag. 3).
Regolamento (EU) 2017/2101 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica il regolamento (CE) nr. 1920/2006 per quanto riguarda lo scambio di informazioni e un sistema di allarme rapido e una procedura di valutazione dei rischi per le nuove sostanze psicoattive (GU L 305 del 21.11.2017, pag. 1).
Direttiva (UE) 2017/2103 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica la Decisione Quadro 2004/757/GAI del Consiglio al fine di includere nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanza stupefacente» e che abroga la Decisione 2005/387/GAI del Consiglio (GU L 305 del 21.11.2017, pag. 12).
Strategia dell’UE in materia di droga (2013-2020) (GU C 402 del 29.12.2012, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1920/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo all’istituzione di un Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (rifusione) (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 1).
Successive modifiche al regolamento (CE) n. 1920/2006 sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, recante le disposizioni minime sugli elementi costitutivi degli atti penali e delle sanzioni nel settore del traffico illecito di droga (GU L 335 dell’11.11.2004, pag. 8).
Consultare la versione consolidata. |
Negoziati delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Fornisce l’approvazione formale dell’Unione europea (UE) all’accordo raggiunto durante la conferenza di Doha tenutasi nel dicembre 2012 per stabilire un secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto. Il secondo periodo di impegno va dal 1o gennaio 2013 al 31 dicembre 2020.
PUNTI CHIAVE
38 parti, compresa l’UE, sono coinvolte nella seconda fase e nella missione di ridurre le emissioni dei gas serra di una percentuale minima pari al 18 % in meno rispetto ai livelli del 1990, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2020.
L’UE, i paesi dell’UE e l’Islanda si sono impegnati a raggiungere congiuntamente una riduzione del 20 % delle emissioni combinate di gas serra per il periodo 2013-2020 rispetto al livello del 1990 o dell’anno scelto come riferimento. L’obiettivo riflette le emissioni totali di gas serra consentite durante il periodo 2013-2020 ai sensi del pacchetto «clima ed energia».
L’impegno congiunto del 20 % è condiviso dall’UE, dai paesi dell’UE e dall’Islanda.
Le misure necessarie affinché l’UE e i paesi dell’UE tengano fede all’impegno relativo alla riduzione sono già state attuate attraverso il pacchetto «clima ed energia» per il 2020.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è entrata in vigore il 7 agosto 2015. L’emendamento di Doha del protocollo di Kyoto non è ancora entrato in vigore.
CONTESTO
Fino alla conferenza di Parigi sul clima tenutasi a dicembre 2015, il protocollo di Kyoto era l’unico accordo mondiale giuridicamente vincolante per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra. Adottato nel mese di dicembre 1997, contiene gli impegni dei paesi industrializzati partecipanti a ridurre di almeno il 5 % le loro emissioni di sei gas serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) nel primo periodo di impegno 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990.
In occasione della conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha nel 2012, le parti del protocollo di Kyoto hanno adottato l’emendamento di Doha, stabilendo un secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto (2013-2020). La seconda fase del protocollo di Kyoto funge da ponte verso un accordo globale sui cambiamenti climatici post 2020.
Poiché l’Islanda non è un paese dell’UE, i termini dell’adempimento congiunto riguardante la sua partecipazione sono stati fissati in un accordo internazionale separato [decisione (UE) 2015/1340 del Consiglio].
Kyoto, secondo periodo di impegno (2013-2020) sul sito Internet della Commissione europea
ATTO
Decisione (UE) 2015/1339 del Consiglio, del 13 luglio 2015, concernente la conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 207 del 4.8.2015, pagg. 1-5)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002 riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130 del 15.5.2002, pagg. 1-3)
Decisione (UE) 2015/1340 del Consiglio, del 13 luglio 2015 relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’accordo tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Islanda, dall’altra, per quanto concerne la partecipazione dell’Islanda all’adempimento congiunto degli impegni dell’Unione europea, dei suoi Stati membri e dell’Islanda per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 207 del 4.8.2015, pagg. 15-16) | DECISIONE (UE) 2015/1339 DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2015
concernente la conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Alla conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha nel dicembre 2012, le parti del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (il «protocollo di Kyoto») hanno adottato l'emendamento di Doha, che istituisce il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto, che inizia il 1o gennaio 2013 e termina il 31 dicembre 2020 (l'«emendamento di Doha»). L'emendamento di Doha modifica l'allegato B del protocollo di Kyoto, imponendo ulteriori impegni giuridicamente vincolanti in materia di mitigazione per le parti elencate in tale allegato e modificando e definendo ulteriori disposizioni sull'attuazione degli impegni in materia di mitigazione durante il secondo periodo di impegno.
(2)
L'Unione e i suoi Stati membri hanno accettato l'emendamento di Doha come parte di un pacchetto mediante cui le parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (la «convenzione») hanno accettato di adottare, entro la fine del 2015, un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato convenuto giuridicamente vincolante nell'ambito della convenzione applicabile a tutte le parti, che dovrebbe entrare in vigore ed essere attuato a partire dal 2020. I negoziati concernenti questo strumento giuridicamente vincolante sono in corso nell'ambito del gruppo di lavoro ad hoc sulla piattaforma di Durban per un'azione rafforzata.
(3)
L'emendamento di Doha è soggetto all'accettazione delle parti del protocollo di Kyoto, ed entrerà in vigore, per le parti che lo accettano, il novantesimo giorno successivo alla data di ricevimento da parte del depositario della convenzione degli strumenti di accettazione di almeno tre quarti delle parti del protocollo di Kyoto. Complessivamente occorrono 144 strumenti di accettazione per l'entrata in vigore dell'emendamento di Doha.
(4)
Nelle conclusioni del 9 marzo 2012, il Consiglio ha accettato di proporre per l'Unione ed i suoi Stati membri un impegno quantificato congiunto di riduzione delle emissioni del 20 % per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto. Tale impegno è stato determinato in base alle emissioni complessive di gas a effetto serra autorizzate per il periodo 2013-2020 nell'ambito del pacchetto «clima ed energia» (2).
(5)
In linea con questo approccio, il Consiglio ha inoltre convenuto che gli obblighi di riduzione delle emissioni dei singoli Stati membri non devono superare gli obblighi loro imposti dalla legislazione dell'Unione e che l'impegno deve essere basato sul totale delle emissioni dell'anno di riferimento degli Stati membri conformemente al protocollo di Kyoto. Di conseguenza, l'Unione e i suoi Stati membri hanno concordato alla conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha un impegno quantificato di riduzione delle emissioni che limita le loro emissioni medie annue di gas serra durante il secondo periodo di impegno all'80 % del totale dei loro emissioni dell'anno di riferimento. Questo impegno è ripreso nell'emendamento di Doha.
(6)
In linea con le conclusioni del Consiglio del 9 marzo 2012, l'Unione ed i suoi Stati membri hanno inoltre proposto di portare al 30 % l'obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, nell'ambito di un accordo mondiale globale per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri paesi industrializzati si impegnino a realizzare riduzioni comparabili e che i paesi in via di sviluppo contribuiscano adeguatamente, in funzione delle loro responsabilità e capacità. Questa proposta è altresì ripresa nell'emendamento di Doha.
(7)
Gli obiettivi stabiliti per l'Unione e i suoi Stati membri sono elencati nell'emendamento di Doha con una nota a piè di pagina che precisa che tali obiettivi si fondano sul presupposto che saranno conseguiti congiuntamente dall'Unione europea e dai suoi Stati membri, ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto. L'Unione, gli Stati membri, la Croazia e l'Islanda, dopo l'adozione dell'emendamento di Doha, hanno elaborato una dichiarazione congiunta nella quale esprimono la loro intenzione di rispettare congiuntamente gli impegni per il secondo periodo di impegno. La dichiarazione è menzionata nella relazione della conferenza ed à stata ribadita nelle conclusioni del Consiglio del 17 dicembre 2012.
(8)
Nel decidere di adempiere congiuntamente agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto, l'Unione e i suoi Stati membri sono congiuntamente responsabili, ai sensi del paragrafo 6 di tale articolo e a norma dell'articolo 24, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto, dell'adempimento dell'impegno quantificato di riduzione delle emissioni assunto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1 bis, del protocollo di Kyoto. Di conseguenza, conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, gli Stati membri, a titolo individuale e collettivamente, hanno l'obbligo di adottare tutte le misure appropriate, di carattere generale o particolare, per assicurare l'esecuzione degli obblighi risultanti dagli atti delle istituzioni dell'Unione, facilitare l'adempimento di tale impegno e astenersi da qualsiasi misura che rischi di comprometterne la realizzazione.
(9)
Nella stessa dichiarazione, l'Unione, i suoi Stati membri, la Croazia e l'Islanda hanno dichiarato, conformemente all'articolo 4, paragrafo 1, del protocollo di Kyoto che autorizza le parti ad adempiere congiuntamente agli impegni assunti a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto, che l'articolo 3, paragrafo 7 ter, del protocollo di Kyoto si applicherà alla quantità assegnata congiuntamente conformemente all'accordo sull'adempimento congiunto da parte dell'Unione, dei suoi Stati membri, della Croazia e dell'Islanda, ma non si applicherà agli Stati membri, alla Croazia o all'Islanda considerati individualmente. Il Consiglio, in occasione della riunione del 15 dicembre 2009, ha accolto favorevolmente la richiesta da parte dell'Islanda di adempiere ai suoi impegni nell'ambito di un secondo periodo di impegno congiuntamente con l'Unione e i suoi Stati membri e ha invitato la Commissione a presentare una raccomandazione concernente l'avvio dei negoziati necessari in vista di un accordo con l'Islanda, che sia in linea con i principi e i criteri stabiliti nel pacchetto «clima ed energia» dell'Unione. L'accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra parte, per quanto riguarda la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto (3), definisce le modalità di tale partecipazione («accordo con l'Islanda»).
(10)
Il protocollo di Kyoto stabilisce che le parti che decidono di adempiere congiuntamente ai loro impegni a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto, sono tenute a definire in tale accordo per l'adempimento congiunto il livello rispettivo di emissioni assegnato a ciascuna delle parti. L'articolo 4 del protocollo di Kyoto impone alle parti di un accordo sull'adempimento congiunto di notificare al segretariato della convenzione i termini di tale accordo al momento del deposito dei loro strumenti di ratifica o di approvazione.
(11)
A norma della convenzione e del protocollo di Kyoto, gli Stati membri sono i principali responsabili delle loro emissioni. Al fine di agevolare la contabilità ed il rispetto degli obblighi nel corso del secondo periodo di impegno, essi hanno deciso di affidare all'Unione la gestione di parte delle unità di quantità assegnate istituendo una quantità assegnata per l'Unione.
(12)
In linea con la legislazione vigente dell'Unione, il livello rispettivo di emissioni assegnato all'Unione riguarda le emissioni di gas a effetto serra disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), nella misura in cui tali emissioni sono riprese nell'allegato A del protocollo di Kyoto.
(13)
I rispettivi livelli di emissioni degli Stati membri e dell'Islanda riguardano le emissioni di gas a effetto serra dalle fonti e gli assorbimenti tramite pozzi che si verificano nel loro territorio, laddove queste fonti e questi assorbimenti non sono disciplinati dalla direttiva 2003/87/CE, ma contemplati dal protocollo di Kyoto. Ciò include tutte le emissioni provenienti da fonti e gli assorbimenti tramite pozzi risultanti da attività umane legate alla destinazione dei suoli, al cambiamento della destinazione dei suoli e alla silvicoltura (LULUCF — land use, land-use change and forestry) di cui all'articolo 3, paragrafi 3 e 4, del protocollo di Kyoto, prese in considerazione dai rispettivi Stati membri e dall'Islanda, e dell'insieme delle emissioni di trifluoruro di azoto (NF3).
(14)
Eventuali quantità di emissioni nette dovute alle attività LULUCF e di NF3 in uno Stato membro possono essere compensate mediante risultati superiori registrati da tale Stato membro in altri settori non coperti dal sistema di scambio di quote di emissione dell'Unione europea o mediante l'utilizzo dei meccanismi di flessibilità del protocollo di Kyoto. Uno Stato membro può anche utilizzare dei diritti di emissione eccedentari riportati dal primo periodo di impegno e conservati nella riserva di unità eccedentarie del periodo precedente per coprire emissioni dovute alle attività LULUCF e di NF3, nella misura in cui le sue emissioni superano le sue unità di quantità assegnate. Qualora emerga che uno Stato membro, pur attuando politiche efficaci per limitarle, si trova comunque a far fronte ad emissioni nette significative ed impreviste dovute alle attività LULUCF e di NF3, la Commissione dovrebbe valutare ulteriori opzioni per assistere tali Stati membri.
(15)
In linea con le conclusioni del Consiglio del 9 marzo 2012 e la proposta dell'Unione e dei suoi Stati membri di assumersi un obiettivo dell'80 % nell'ambito del secondo periodo d'impegno, i livelli di emissione degli Stati membri corrispondono alla somma delle loro assegnazioni annuali di quote di emissione per il periodo dal 2013 al 2020, determinate a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Tale quantitativo è calcolato sulla base dei valori di potenziale di riscaldamento globale tratti dalla quarta relazione di valutazione dell'IPCC, come stabilito nell'allegato II della decisione 2013/162/UE della Commissione (6) e adeguato in base alla decisione di esecuzione 2013/634/UE della Commissione (7). Il livello delle emissioni per l'Islanda è stato stabilito nell'accordo con l'Islanda.
(16)
In conformità del considerando 11 le unità di quantità assegnate disponibili nel registro dell'Unione alla fine del secondo periodo di impegno dovrebbero essere restituite ai registri degli Stati membri dopo che l'Unione ha assolto al suo obbligo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e fatto salvo l'articolo 10, paragrafo 7, di tale regolamento. La ripartizione delle unità di quantità assegnate restituite riguarda le circostanze eccezionali della ratifica dell'emendamento di Doha e non è applicabile ad un'eventuale ripartizione degli sforzi tra Stati membri in altri contesti, né la pregiudica, sul piano sia internazionale sia dell'Unione.
(17)
Ai sensi del regolamento (UE) n. 525/2013, gli Stati membri sono tenuti a riferire la ripartizione effettiva o stimata delle emissioni verificate comunicate dagli impianti e dagli operatori ai sensi della direttiva 2003/87/CE tra le categorie di fonti riprese nell'inventario nazionale dei gas a effetto serra, ove possibile, e la percentuale di tali emissioni verificate rispetto al totale delle emissioni di gas serra comunicate per queste categorie di fonti. Ciò consente agli Stati membri di dichiarare separatamente le emissioni coperte dai loro livelli di emissioni. È opportuno che la parte della relazione dell'Unione concernente la quantità assegnata all'Unione precisi le quantità di emissioni verificatesi in ciascun Stato membro che sono contabilizzate nella quantità assegnata all'Unione.
(18)
La conferenza delle parti nella sua funzione di riunione delle parti del protocollo di Kyoto ha deciso che le parti che si sono assunte degli impegni per il secondo periodo di impegno dovrebbero presentare, entro il 15 aprile 2015, al segretariato della convenzione, una relazione destinata ad agevolare il calcolo della quantità assegnata. La Commissione dovrebbe elaborare una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata dell'Unione e una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata congiuntamente dell'Unione, degli Stati membri e dell'Islanda. È opportuno che, entro il 15 aprile 2015, la Commissione, gli Stati membri e l'Islanda presentino le loro relazioni che consentiranno di determinare le quantità loro assegnate corrispondenti ai loro livelli di emissione, definiti nell'elenco di cui all'allegato I della presente decisione.
(19)
Per sottolineare l'impegno dell'Unione e dei suoi Stati membri a favore di una tempestiva entrata in vigore dell'emendamento di Doha, l'Unione, i suoi Stati membri e l'Islanda dovrebbero fare il possibile per ratificarlo entro il terzo trimestre del 2015.
(20)
È opportuno approvare l'emendamento di Doha a nome dell'Unione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l'8 dicembre 2012 a Doha, è approvato a nome dell'Unione.
Il testo dell'emendamento di Doha figura in allegato alla presente decisione.
Articolo 2
L'Unione e i suoi Stati membri adempiono agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto e dell'emendamento di Doha, conformemente alla notifica dei termini dell'accordo per adempiere congiuntamente agli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto in conformità dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto («la notifica»), di cui all'allegato I della presente decisione.
Articolo 3
1. Le quantità assegnate degli Stati membri e dell'Islanda corrispondono ai livelli di emissione stabiliti nella notifica. Entro il 15 aprile 2015, ogni Stato membro presenta al segretariato della convenzione le relazioni per facilitare il calcolo delle quote assegnate a ciascuno di essi, conformemente alle disposizioni del protocollo di Kyoto, dell'emendamento di Doha e delle decisioni adottate a norma di tali strumenti.
2. La Commissione prepara una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata dell'Unione e una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata congiuntamente dell'Unione, degli Stati membri e dell'Islanda, («la quantità assegnata congiuntamente»), in conformità delle disposizioni del protocollo di Kyoto, dell'emendamento di Doha e delle decisioni adottate a norma di tali strumenti. La Commissione trasmette tali relazioni al segretariato della convenzione entro il 15 aprile 2015.
Articolo 4
1. Tutte le unità di quantità assegnate rilasciate per il secondo periodo di impegno disponibili nel registro dell'Unione dopo che quest'ultima ha assolto al suo obbligo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 525/2013 e una volta effettuati eventuali trasferimenti di unità di quantità assegnate ai sensi degli atti di esecuzione adottati in base all'articolo 10, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 525/2013 («eccedenza dell'Unione») saranno restituite agli Stati membri alla fine del secondo periodo di impegno.
2. L'eccedenza dell'Unione sarà ripartita tra gli Stati membri come segue:
a)
un sesto dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri che hanno ridotto le loro emissioni annuali medie totali di una percentuale superiore al 20 % rispetto all'anno o periodo di riferimento di ciascuno di essi ai sensi del protocollo di Kyoto entro la fine del secondo periodo di impegno, in modo proporzionale al superamento del loro obiettivo, in tonnellate;
b)
un terzo dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri che ricevono un trasferimento ai sensi della lettera a) e aventi un PIL pro capite (PIL nel 2013 in euro a prezzi di mercato) inferiore al 60 % della media dell'Unione, in modo proporzionale al superamento del loro obiettivo, in tonnellate;
c)
un terzo dell'eccedenza dell'Unione a tutti gli Stati membri, in modo proporzionale ai loro livelli totali di emissioni, come indicato nella tabella 1 dell'allegato I della presente decisione;
d)
un sesto dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri aventi un PIL pro capite (PIL nel 2013 in euro a prezzi di mercato) inferiore al 90 % della media dell'Unione, in modo proporzionale ai loro livelli totali di emissioni, come indicato nella tabella 1 dell'allegato I della presente decisione.
Articolo 5
1. Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, lo strumento di accettazione presso il segretario generale delle Nazioni Unite a norma dell'articolo 20, paragrafo 4, e dell'articolo 21, paragrafo 7, del protocollo di Kyoto, insieme alla dichiarazione di competenza di cui all'allegato II della presente decisione, a norma dell'articolo 24, paragrafo 3, del protocollo di Kyoto.
2. Il presidente del Consiglio designa inoltre la persona o le persone abilitate a trasmettere, a nome dell'Unione, la notifica al segretariato della convenzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto.
Articolo 6
1. Gli Stati membri si adoperano per adottare le misure necessarie al fine di depositare i loro strumenti di approvazione simultaneamente allo strumento di approvazione dell'Unione, e, nei limiti del possibile, nel terzo trimestre del 2015. All'atto del deposito degli strumenti di accettazione, gli Stati membri notificano, a loro nome, la notifica al segretariato della convenzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto.
2. Gli Stati membri informano la Commissione, prima della terza sessione del gruppo ad hoc sulla piattaforma di Durban per un'azione rafforzata che si terrà dall'8 al 13 febbraio 2015, delle loro decisioni di accettare l'emendamento di Doha o, a seconda dei casi, della probabile data di conclusione delle relative procedure per tale accettazione. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, conviene una data per il deposito simultaneo dei rispettivi strumenti di approvazione o di accettazione.
Articolo 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Articolo 8
La presente decisione entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Approvazione del 10 giugno 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) Direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 63) e la decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(3) Cfr. pag. 17 della presente Gazzetta ufficiale.
(4) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(5) Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(6) Decisione 2013/162/UE della Commissione, del 26 marzo 2013, che determina le assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 90 del 28.3.2013, pag. 106).
(7) Decisione di esecuzione 2013/634/UE della Commissione, del 31 ottobre 2013, sugli adeguamenti delle assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 292 dell'1.11.2013, pag. 19).
(8) Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 13).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE (UE) 2015/1339 DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2015
concernente la conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'adempimento congiunto dei relativi impegni
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Alla conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha nel dicembre 2012, le parti del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (il «protocollo di Kyoto») hanno adottato l'emendamento di Doha, che istituisce il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto, che inizia il 1o gennaio 2013 e termina il 31 dicembre 2020 (l'«emendamento di Doha»). L'emendamento di Doha modifica l'allegato B del protocollo di Kyoto, imponendo ulteriori impegni giuridicamente vincolanti in materia di mitigazione per le parti elencate in tale allegato e modificando e definendo ulteriori disposizioni sull'attuazione degli impegni in materia di mitigazione durante il secondo periodo di impegno.
(2)
L'Unione e i suoi Stati membri hanno accettato l'emendamento di Doha come parte di un pacchetto mediante cui le parti della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (la «convenzione») hanno accettato di adottare, entro la fine del 2015, un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato convenuto giuridicamente vincolante nell'ambito della convenzione applicabile a tutte le parti, che dovrebbe entrare in vigore ed essere attuato a partire dal 2020. I negoziati concernenti questo strumento giuridicamente vincolante sono in corso nell'ambito del gruppo di lavoro ad hoc sulla piattaforma di Durban per un'azione rafforzata.
(3)
L'emendamento di Doha è soggetto all'accettazione delle parti del protocollo di Kyoto, ed entrerà in vigore, per le parti che lo accettano, il novantesimo giorno successivo alla data di ricevimento da parte del depositario della convenzione degli strumenti di accettazione di almeno tre quarti delle parti del protocollo di Kyoto. Complessivamente occorrono 144 strumenti di accettazione per l'entrata in vigore dell'emendamento di Doha.
(4)
Nelle conclusioni del 9 marzo 2012, il Consiglio ha accettato di proporre per l'Unione ed i suoi Stati membri un impegno quantificato congiunto di riduzione delle emissioni del 20 % per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto. Tale impegno è stato determinato in base alle emissioni complessive di gas a effetto serra autorizzate per il periodo 2013-2020 nell'ambito del pacchetto «clima ed energia» (2).
(5)
In linea con questo approccio, il Consiglio ha inoltre convenuto che gli obblighi di riduzione delle emissioni dei singoli Stati membri non devono superare gli obblighi loro imposti dalla legislazione dell'Unione e che l'impegno deve essere basato sul totale delle emissioni dell'anno di riferimento degli Stati membri conformemente al protocollo di Kyoto. Di conseguenza, l'Unione e i suoi Stati membri hanno concordato alla conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha un impegno quantificato di riduzione delle emissioni che limita le loro emissioni medie annue di gas serra durante il secondo periodo di impegno all'80 % del totale dei loro emissioni dell'anno di riferimento. Questo impegno è ripreso nell'emendamento di Doha.
(6)
In linea con le conclusioni del Consiglio del 9 marzo 2012, l'Unione ed i suoi Stati membri hanno inoltre proposto di portare al 30 % l'obiettivo di riduzione delle emissioni entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, nell'ambito di un accordo mondiale globale per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri paesi industrializzati si impegnino a realizzare riduzioni comparabili e che i paesi in via di sviluppo contribuiscano adeguatamente, in funzione delle loro responsabilità e capacità. Questa proposta è altresì ripresa nell'emendamento di Doha.
(7)
Gli obiettivi stabiliti per l'Unione e i suoi Stati membri sono elencati nell'emendamento di Doha con una nota a piè di pagina che precisa che tali obiettivi si fondano sul presupposto che saranno conseguiti congiuntamente dall'Unione europea e dai suoi Stati membri, ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto. L'Unione, gli Stati membri, la Croazia e l'Islanda, dopo l'adozione dell'emendamento di Doha, hanno elaborato una dichiarazione congiunta nella quale esprimono la loro intenzione di rispettare congiuntamente gli impegni per il secondo periodo di impegno. La dichiarazione è menzionata nella relazione della conferenza ed à stata ribadita nelle conclusioni del Consiglio del 17 dicembre 2012.
(8)
Nel decidere di adempiere congiuntamente agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto, l'Unione e i suoi Stati membri sono congiuntamente responsabili, ai sensi del paragrafo 6 di tale articolo e a norma dell'articolo 24, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto, dell'adempimento dell'impegno quantificato di riduzione delle emissioni assunto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1 bis, del protocollo di Kyoto. Di conseguenza, conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, gli Stati membri, a titolo individuale e collettivamente, hanno l'obbligo di adottare tutte le misure appropriate, di carattere generale o particolare, per assicurare l'esecuzione degli obblighi risultanti dagli atti delle istituzioni dell'Unione, facilitare l'adempimento di tale impegno e astenersi da qualsiasi misura che rischi di comprometterne la realizzazione.
(9)
Nella stessa dichiarazione, l'Unione, i suoi Stati membri, la Croazia e l'Islanda hanno dichiarato, conformemente all'articolo 4, paragrafo 1, del protocollo di Kyoto che autorizza le parti ad adempiere congiuntamente agli impegni assunti a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto, che l'articolo 3, paragrafo 7 ter, del protocollo di Kyoto si applicherà alla quantità assegnata congiuntamente conformemente all'accordo sull'adempimento congiunto da parte dell'Unione, dei suoi Stati membri, della Croazia e dell'Islanda, ma non si applicherà agli Stati membri, alla Croazia o all'Islanda considerati individualmente. Il Consiglio, in occasione della riunione del 15 dicembre 2009, ha accolto favorevolmente la richiesta da parte dell'Islanda di adempiere ai suoi impegni nell'ambito di un secondo periodo di impegno congiuntamente con l'Unione e i suoi Stati membri e ha invitato la Commissione a presentare una raccomandazione concernente l'avvio dei negoziati necessari in vista di un accordo con l'Islanda, che sia in linea con i principi e i criteri stabiliti nel pacchetto «clima ed energia» dell'Unione. L'accordo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Islanda, dall'altra parte, per quanto riguarda la partecipazione dell'Islanda all'adempimento congiunto degli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto (3), definisce le modalità di tale partecipazione («accordo con l'Islanda»).
(10)
Il protocollo di Kyoto stabilisce che le parti che decidono di adempiere congiuntamente ai loro impegni a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto, sono tenute a definire in tale accordo per l'adempimento congiunto il livello rispettivo di emissioni assegnato a ciascuna delle parti. L'articolo 4 del protocollo di Kyoto impone alle parti di un accordo sull'adempimento congiunto di notificare al segretariato della convenzione i termini di tale accordo al momento del deposito dei loro strumenti di ratifica o di approvazione.
(11)
A norma della convenzione e del protocollo di Kyoto, gli Stati membri sono i principali responsabili delle loro emissioni. Al fine di agevolare la contabilità ed il rispetto degli obblighi nel corso del secondo periodo di impegno, essi hanno deciso di affidare all'Unione la gestione di parte delle unità di quantità assegnate istituendo una quantità assegnata per l'Unione.
(12)
In linea con la legislazione vigente dell'Unione, il livello rispettivo di emissioni assegnato all'Unione riguarda le emissioni di gas a effetto serra disciplinate dalla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), nella misura in cui tali emissioni sono riprese nell'allegato A del protocollo di Kyoto.
(13)
I rispettivi livelli di emissioni degli Stati membri e dell'Islanda riguardano le emissioni di gas a effetto serra dalle fonti e gli assorbimenti tramite pozzi che si verificano nel loro territorio, laddove queste fonti e questi assorbimenti non sono disciplinati dalla direttiva 2003/87/CE, ma contemplati dal protocollo di Kyoto. Ciò include tutte le emissioni provenienti da fonti e gli assorbimenti tramite pozzi risultanti da attività umane legate alla destinazione dei suoli, al cambiamento della destinazione dei suoli e alla silvicoltura (LULUCF — land use, land-use change and forestry) di cui all'articolo 3, paragrafi 3 e 4, del protocollo di Kyoto, prese in considerazione dai rispettivi Stati membri e dall'Islanda, e dell'insieme delle emissioni di trifluoruro di azoto (NF3).
(14)
Eventuali quantità di emissioni nette dovute alle attività LULUCF e di NF3 in uno Stato membro possono essere compensate mediante risultati superiori registrati da tale Stato membro in altri settori non coperti dal sistema di scambio di quote di emissione dell'Unione europea o mediante l'utilizzo dei meccanismi di flessibilità del protocollo di Kyoto. Uno Stato membro può anche utilizzare dei diritti di emissione eccedentari riportati dal primo periodo di impegno e conservati nella riserva di unità eccedentarie del periodo precedente per coprire emissioni dovute alle attività LULUCF e di NF3, nella misura in cui le sue emissioni superano le sue unità di quantità assegnate. Qualora emerga che uno Stato membro, pur attuando politiche efficaci per limitarle, si trova comunque a far fronte ad emissioni nette significative ed impreviste dovute alle attività LULUCF e di NF3, la Commissione dovrebbe valutare ulteriori opzioni per assistere tali Stati membri.
(15)
In linea con le conclusioni del Consiglio del 9 marzo 2012 e la proposta dell'Unione e dei suoi Stati membri di assumersi un obiettivo dell'80 % nell'ambito del secondo periodo d'impegno, i livelli di emissione degli Stati membri corrispondono alla somma delle loro assegnazioni annuali di quote di emissione per il periodo dal 2013 al 2020, determinate a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Tale quantitativo è calcolato sulla base dei valori di potenziale di riscaldamento globale tratti dalla quarta relazione di valutazione dell'IPCC, come stabilito nell'allegato II della decisione 2013/162/UE della Commissione (6) e adeguato in base alla decisione di esecuzione 2013/634/UE della Commissione (7). Il livello delle emissioni per l'Islanda è stato stabilito nell'accordo con l'Islanda.
(16)
In conformità del considerando 11 le unità di quantità assegnate disponibili nel registro dell'Unione alla fine del secondo periodo di impegno dovrebbero essere restituite ai registri degli Stati membri dopo che l'Unione ha assolto al suo obbligo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e fatto salvo l'articolo 10, paragrafo 7, di tale regolamento. La ripartizione delle unità di quantità assegnate restituite riguarda le circostanze eccezionali della ratifica dell'emendamento di Doha e non è applicabile ad un'eventuale ripartizione degli sforzi tra Stati membri in altri contesti, né la pregiudica, sul piano sia internazionale sia dell'Unione.
(17)
Ai sensi del regolamento (UE) n. 525/2013, gli Stati membri sono tenuti a riferire la ripartizione effettiva o stimata delle emissioni verificate comunicate dagli impianti e dagli operatori ai sensi della direttiva 2003/87/CE tra le categorie di fonti riprese nell'inventario nazionale dei gas a effetto serra, ove possibile, e la percentuale di tali emissioni verificate rispetto al totale delle emissioni di gas serra comunicate per queste categorie di fonti. Ciò consente agli Stati membri di dichiarare separatamente le emissioni coperte dai loro livelli di emissioni. È opportuno che la parte della relazione dell'Unione concernente la quantità assegnata all'Unione precisi le quantità di emissioni verificatesi in ciascun Stato membro che sono contabilizzate nella quantità assegnata all'Unione.
(18)
La conferenza delle parti nella sua funzione di riunione delle parti del protocollo di Kyoto ha deciso che le parti che si sono assunte degli impegni per il secondo periodo di impegno dovrebbero presentare, entro il 15 aprile 2015, al segretariato della convenzione, una relazione destinata ad agevolare il calcolo della quantità assegnata. La Commissione dovrebbe elaborare una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata dell'Unione e una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata congiuntamente dell'Unione, degli Stati membri e dell'Islanda. È opportuno che, entro il 15 aprile 2015, la Commissione, gli Stati membri e l'Islanda presentino le loro relazioni che consentiranno di determinare le quantità loro assegnate corrispondenti ai loro livelli di emissione, definiti nell'elenco di cui all'allegato I della presente decisione.
(19)
Per sottolineare l'impegno dell'Unione e dei suoi Stati membri a favore di una tempestiva entrata in vigore dell'emendamento di Doha, l'Unione, i suoi Stati membri e l'Islanda dovrebbero fare il possibile per ratificarlo entro il terzo trimestre del 2015.
(20)
È opportuno approvare l'emendamento di Doha a nome dell'Unione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l'8 dicembre 2012 a Doha, è approvato a nome dell'Unione.
Il testo dell'emendamento di Doha figura in allegato alla presente decisione.
Articolo 2
L'Unione e i suoi Stati membri adempiono agli impegni assunti ai sensi dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto e dell'emendamento di Doha, conformemente alla notifica dei termini dell'accordo per adempiere congiuntamente agli impegni dell'Unione europea, dei suoi Stati membri e dell'Islanda a norma dell'articolo 3 del protocollo di Kyoto in conformità dell'articolo 4 del protocollo di Kyoto («la notifica»), di cui all'allegato I della presente decisione.
Articolo 3
1. Le quantità assegnate degli Stati membri e dell'Islanda corrispondono ai livelli di emissione stabiliti nella notifica. Entro il 15 aprile 2015, ogni Stato membro presenta al segretariato della convenzione le relazioni per facilitare il calcolo delle quote assegnate a ciascuno di essi, conformemente alle disposizioni del protocollo di Kyoto, dell'emendamento di Doha e delle decisioni adottate a norma di tali strumenti.
2. La Commissione prepara una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata dell'Unione e una relazione volta ad agevolare il calcolo della quantità assegnata congiuntamente dell'Unione, degli Stati membri e dell'Islanda, («la quantità assegnata congiuntamente»), in conformità delle disposizioni del protocollo di Kyoto, dell'emendamento di Doha e delle decisioni adottate a norma di tali strumenti. La Commissione trasmette tali relazioni al segretariato della convenzione entro il 15 aprile 2015.
Articolo 4
1. Tutte le unità di quantità assegnate rilasciate per il secondo periodo di impegno disponibili nel registro dell'Unione dopo che quest'ultima ha assolto al suo obbligo ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 525/2013 e una volta effettuati eventuali trasferimenti di unità di quantità assegnate ai sensi degli atti di esecuzione adottati in base all'articolo 10, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 525/2013 («eccedenza dell'Unione») saranno restituite agli Stati membri alla fine del secondo periodo di impegno.
2. L'eccedenza dell'Unione sarà ripartita tra gli Stati membri come segue:
a)
un sesto dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri che hanno ridotto le loro emissioni annuali medie totali di una percentuale superiore al 20 % rispetto all'anno o periodo di riferimento di ciascuno di essi ai sensi del protocollo di Kyoto entro la fine del secondo periodo di impegno, in modo proporzionale al superamento del loro obiettivo, in tonnellate;
b)
un terzo dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri che ricevono un trasferimento ai sensi della lettera a) e aventi un PIL pro capite (PIL nel 2013 in euro a prezzi di mercato) inferiore al 60 % della media dell'Unione, in modo proporzionale al superamento del loro obiettivo, in tonnellate;
c)
un terzo dell'eccedenza dell'Unione a tutti gli Stati membri, in modo proporzionale ai loro livelli totali di emissioni, come indicato nella tabella 1 dell'allegato I della presente decisione;
d)
un sesto dell'eccedenza dell'Unione agli Stati membri aventi un PIL pro capite (PIL nel 2013 in euro a prezzi di mercato) inferiore al 90 % della media dell'Unione, in modo proporzionale ai loro livelli totali di emissioni, come indicato nella tabella 1 dell'allegato I della presente decisione.
Articolo 5
1. Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, lo strumento di accettazione presso il segretario generale delle Nazioni Unite a norma dell'articolo 20, paragrafo 4, e dell'articolo 21, paragrafo 7, del protocollo di Kyoto, insieme alla dichiarazione di competenza di cui all'allegato II della presente decisione, a norma dell'articolo 24, paragrafo 3, del protocollo di Kyoto.
2. Il presidente del Consiglio designa inoltre la persona o le persone abilitate a trasmettere, a nome dell'Unione, la notifica al segretariato della convenzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto.
Articolo 6
1. Gli Stati membri si adoperano per adottare le misure necessarie al fine di depositare i loro strumenti di approvazione simultaneamente allo strumento di approvazione dell'Unione, e, nei limiti del possibile, nel terzo trimestre del 2015. All'atto del deposito degli strumenti di accettazione, gli Stati membri notificano, a loro nome, la notifica al segretariato della convenzione a norma dell'articolo 4, paragrafo 2, del protocollo di Kyoto.
2. Gli Stati membri informano la Commissione, prima della terza sessione del gruppo ad hoc sulla piattaforma di Durban per un'azione rafforzata che si terrà dall'8 al 13 febbraio 2015, delle loro decisioni di accettare l'emendamento di Doha o, a seconda dei casi, della probabile data di conclusione delle relative procedure per tale accettazione. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, conviene una data per il deposito simultaneo dei rispettivi strumenti di approvazione o di accettazione.
Articolo 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Articolo 8
La presente decisione entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 13 luglio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
F. ETGEN
(1) Approvazione del 10 giugno 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) Direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 63) e la decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(3) Cfr. pag. 17 della presente Gazzetta ufficiale.
(4) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32).
(5) Decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 136).
(6) Decisione 2013/162/UE della Commissione, del 26 marzo 2013, che determina le assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 90 del 28.3.2013, pag. 106).
(7) Decisione di esecuzione 2013/634/UE della Commissione, del 31 ottobre 2013, sugli adeguamenti delle assegnazioni annuali di emissioni degli Stati membri per il periodo dal 2013 al 2020 a norma della decisione n. 406/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 292 dell'1.11.2013, pag. 19).
(8) Regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici a livello nazionale e dell'Unione europea e che abroga la decisione n. 280/2004/CE (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 13).
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Negoziati delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Fornisce l’approvazione formale dell’Unione europea (UE) all’accordo raggiunto durante la conferenza di Doha tenutasi nel dicembre 2012 per stabilire un secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto. Il secondo periodo di impegno va dal 1o gennaio 2013 al 31 dicembre 2020.
PUNTI CHIAVE
38 parti, compresa l’UE, sono coinvolte nella seconda fase e nella missione di ridurre le emissioni dei gas serra di una percentuale minima pari al 18 % in meno rispetto ai livelli del 1990, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2020.
L’UE, i paesi dell’UE e l’Islanda si sono impegnati a raggiungere congiuntamente una riduzione del 20 % delle emissioni combinate di gas serra per il periodo 2013-2020 rispetto al livello del 1990 o dell’anno scelto come riferimento. L’obiettivo riflette le emissioni totali di gas serra consentite durante il periodo 2013-2020 ai sensi del pacchetto «clima ed energia».
L’impegno congiunto del 20 % è condiviso dall’UE, dai paesi dell’UE e dall’Islanda.
Le misure necessarie affinché l’UE e i paesi dell’UE tengano fede all’impegno relativo alla riduzione sono già state attuate attraverso il pacchetto «clima ed energia» per il 2020.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è entrata in vigore il 7 agosto 2015. L’emendamento di Doha del protocollo di Kyoto non è ancora entrato in vigore.
CONTESTO
Fino alla conferenza di Parigi sul clima tenutasi a dicembre 2015, il protocollo di Kyoto era l’unico accordo mondiale giuridicamente vincolante per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra. Adottato nel mese di dicembre 1997, contiene gli impegni dei paesi industrializzati partecipanti a ridurre di almeno il 5 % le loro emissioni di sei gas serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) nel primo periodo di impegno 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990.
In occasione della conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha nel 2012, le parti del protocollo di Kyoto hanno adottato l’emendamento di Doha, stabilendo un secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto (2013-2020). La seconda fase del protocollo di Kyoto funge da ponte verso un accordo globale sui cambiamenti climatici post 2020.
Poiché l’Islanda non è un paese dell’UE, i termini dell’adempimento congiunto riguardante la sua partecipazione sono stati fissati in un accordo internazionale separato [decisione (UE) 2015/1340 del Consiglio].
Kyoto, secondo periodo di impegno (2013-2020) sul sito Internet della Commissione europea
ATTO
Decisione (UE) 2015/1339 del Consiglio, del 13 luglio 2015, concernente la conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’emendamento di Doha del protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 207 del 4.8.2015, pagg. 1-5)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002 riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni (GU L 130 del 15.5.2002, pagg. 1-3)
Decisione (UE) 2015/1340 del Consiglio, del 13 luglio 2015 relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’accordo tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Islanda, dall’altra, per quanto concerne la partecipazione dell’Islanda all’adempimento congiunto degli impegni dell’Unione europea, dei suoi Stati membri e dell’Islanda per il secondo periodo di impegno del protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 207 del 4.8.2015, pagg. 15-16) |
Accordo quadro tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo fornisce una base per il rafforzamento della cooperazione economica e politica tra l’UE e la Corea del Sud, grazie a una serie di obiettivi tra cui:convenire una visione futura per il rafforzamento del partenariato e dei progetti comuni volti ad attuarne la visione;promuovere la cooperazione economica nei settori di reciproco interesse;promuovere il ruolo e il profilo dell’altra parte nella propria regione. La decisione 2013/40/UE segna la firma dell’accordo, mentre le decisioni 2014/278/UE e 2014/279/UE concludono l’accordo a nome dell’UE. La decisione 2014/279/UE riguarda esclusivamente la riammissione, ovvero gli obblighi e le procedure che le autorità della Corea del Sud e dei paesi dell’UE devono seguire per quanto riguarda i tempi e le modalità di rientro delle persone che risiedono irregolarmente nei rispettivi paesi.
PUNTI CHIAVE
La cooperazione tra l’UE e la Corea del Sud si basa su diversi principi, tra cui l’impegno per:i principi democratici, i diritti umani e le libertà fondamentali; la Carta delle Nazioni Unite; lo sviluppo sostenibile; il buon governo e la lotta contro la corruzione.Settori di cooperazione
Le parti inoltre convengono di sviluppare la cooperazione e il dialogo su tutte le questioni d’interesse comune, ma con particolare attenzione a settori specifici:1.Dialogo e cooperazione strategici su questioni quali:i diritti dell’uomo; la non proliferazione delle armi di distruzione di massa; la lotta contro il terrorismo; la partecipazione a organizzazioni regionali e internazionali. 2.Sviluppo economico su questioni quali:i settori relativi al commercio e agli investimenti di reciproco interesse; la cooperazione economica; l’imposizione fiscale; le questioni doganali; la società dell’informazione; i trasporti; l’energia. 3.Sviluppo sostenibile su questioni quali:la salute; l’occupazione e gli affari sociali; l’ambiente e i cambiamenti climatici; l’agricoltura e la pesca; 4.Cultura e istruzione su questioni quali:audiovisivi e media; servizi di informazione e comunicazione. 5.Giustizia, libertà e sicurezza su questioni quali:la protezione dei dati personali; la cooperazione giuridica; la criminalità organizzata e la corruzione; il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo; la lotta contro le droghe illecite. 6.Altri settori quali:il turismo; la società civile; la pubblica amministrazione.Vigilanza
L’accordo istituisce un Comitato misto composto da rappresentanti dei membri del Consiglio dell’UE e della Commissione europea e da rappresentanti della Corea del Sud, che ha il compito di garantire l’efficace funzionamento dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’1o giugno 2014.
CONTESTO
La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 20 del 23.1.2013, pag. 2).
Decisione 2013/40/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, relativa alla firma a nome dell’Unione europea e all’applicazione provvisoria dell’accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 20 del 23.1.2013, pag. 1).
Decisione 2014/278/UE del Consiglio, del 12 maggio 2014, relativa alla conclusione dell’accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra, ad esclusione delle questioni relative alla riammissione (GU L 145 del 16.5.2014, pag. 1).
Decisione 2014/279/UE del Consiglio, del 12 maggio 2014, relativa alla conclusione dell’accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra, per quanto riguarda le questioni relative alla riammissione (GU L 145 del 16.5.2014, pag. 3). | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 10 maggio 2010
relativa alla firma a nome dell'Unione europea e all'applicazione provvisoria dell'accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra
(2013/40/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 207 e 212, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 7 maggio 2008 il Consiglio ha autorizzato la Commissione europea a negoziare con la Repubblica di Corea un accordo quadro («l'accordo»).
(2)
I negoziati si sono conclusi e l'accordo è stato siglato il 14 ottobre 2009.
(3)
Fatta salva la sua conclusione in una data successiva, è opportuno che l'accordo sia firmato e applicato a titolo provvisorio,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La firma dell'accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, è approvata a nome dell'Unione, fatta salva la conclusione di tale accordo.
Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
In attesa del completamento delle procedure necessarie per la sua entrata in vigore, l'accordo si applica in via provvisoria, con decorrenza dal primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le Parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure necessarie a tal fine.
Articolo 3
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la o le persone abilitate a firmare l'accordo a nome dell'Unione.
Articolo 4
La presente decisione entra in vigore il giorno della sua adozione.
Articolo 5
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 10 maggio 2010
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
ACCORDO QUADRO
tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra
L'UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «Unione»,
e
IL REGNO DEL BELGIO,
LA REPUBBLICA DI BULGARIA,
LA REPUBBLICA CECA,
IL REGNO DI DANIMARCA,
LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,
LA REPUBBLICA DI ESTONIA,
L'IRLANDA,
LA REPUBBLICA ELLENICA,
IL REGNO DI SPAGNA,
LA REPUBBLICA FRANCESE,
LA REPUBBLICA ITALIANA,
LA REPUBBLICA DI CIPRO,
LA REPUBBLICA DI LETTONIA,
LA REPUBBLICA DI LITUANIA,
IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,
LA REPUBBLICA DI UNGHERIA,
MALTA,
IL REGNO DEI PAESI BASSI,
LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,
LA REPUBBLICA DI POLONIA,
LA REPUBBLICA PORTOGHESE,
LA ROMANIA,
LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,
LA REPUBBLICA SLOVACCA,
LA REPUBBLICA DI FINLANDIA,
IL REGNO DI SVEZIA,
IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,
parti contraenti del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in seguito denominati «Stati membri»,
da una parte, e
LA REPUBBLICA DI COREA,
dall'altra,
in seguito denominate congiuntamente «Parti»,
CONSIDERANDO i tradizionali vincoli di amicizia e i legami storici, politici ed economici che le uniscono;
RAMMENTANDO l'accordo quadro di commercio e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Corea, dall'altro, firmato a Lussemburgo il 28 ottobre 1996 ed entrato in vigore il 1o aprile 2001;
TENENDO CONTO del rapido processo mediante il quale l'Unione europea sta acquisendo la propria identità nella politica estera e nei settori della sicurezza e della giustizia;
CONSAPEVOLI del ruolo e delle responsabilità sempre maggiori che la Repubblica di Corea assume in seno alla comunità internazionale;
SOTTOLINEANDO l'ampia natura delle loro relazioni e l'importanza di un impegno costante per preservarne la coerenza generale;
CONFERMANDO il desiderio di mantenere e sviluppare il loro regolare dialogo politico, basato su valori e aspirazioni comuni;
ESPRIMENDO la comune volontà di elevare le loro relazioni al livello di partenariato rafforzato, in particolare nei settori politico, economico, sociale e culturale;
DETERMINATE, a questo riguardo, a consolidare, approfondire e diversificare le relazioni nei settori di reciproco interesse a livello bilaterale, regionale e mondiale e su basi di parità, rispetto della sovranità, non discriminazione e mutui vantaggi;
RIAFFERMANDO il loro fermo impegno al rispetto dei principi democratici e dei diritti umani enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e in altri pertinenti strumenti internazionali in materia di diritti umani, nonché dei principi dello Stato di diritto e del buon governo;
RIAFFERMANDO la loro determinazione a lottare contro i crimini gravi di rilevanza internazionale e la convinzione che si debba assicurare l'effettivo perseguimento dei crimini più gravi di rilevanza internazionale adottando provvedimenti a livello nazionale e rafforzando la cooperazione internazionale;
CONSIDERANDO che il terrorismo è una minaccia per la sicurezza mondiale, auspicando d'intensificare il dialogo e la cooperazione nella lotta contro il terrorismo, conformemente agli strumenti internazionali pertinenti, in particolare la risoluzione 1373 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e riaffermando che il rispetto dei diritti umani e lo Stato di diritto costituiscono le basi fondamentali della lotta contro il terrorismo;
CONCORDANDO nel ritenere che la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei loro vettori costituisca una grave minaccia per la sicurezza internazionale, riconoscendo l'impegno della comunità internazionale nella lotta contro tale proliferazione, tradottosi nell'adozione delle pertinenti convenzioni e risoluzioni internazionali del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare la risoluzione 1540, e desiderose di rafforzare il dialogo e la cooperazione in questo settore;
RICONOSCENDO la necessità di una maggiore cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza;
RAMMENTANDO a tale riguardo che le disposizioni dell'accordo rientranti nell'ambito di applicazione della parte III, titolo V del trattato sul funzionamento dell'Unione europea vincolano il Regno Unito e l'Irlanda in quanto parti contraenti distinte e non in quanto parte dell'Unione europea, fino al momento in cui l'Unione europea notifichi alla Repubblica di Corea che l'uno o l'altro di tali Stati è vincolato in tal senso in quanto membro dell'Unione europea, conformemente al protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e che altrettanto vale per la Danimarca, conformemente al pertinente protocollo allegato ai suddetti trattati;
RICONOSCENDO il loro desiderio di promuovere lo sviluppo sostenibile nelle sue dimensioni economica, sociale e ambientale;
ESPRIMENDO l'impegno a garantire un livello elevato di tutela ambientale e la determinazione a cooperare nella lotta contro il cambiamento climatico;
RAMMENTANDO il loro sostegno a un'equa globalizzazione e agli obiettivi di un'occupazione piena e produttiva e di un lavoro dignitoso per tutti;
RICONOSCENDO che gli scambi e i flussi d'investimenti fra le Parti hanno prosperato sulla base di un sistema commerciale disciplinato da regole mondiali sotto l'egida dell'Organizzazione mondiale per il commercio (OMC);
DESIDEROSE di assicurare le condizioni necessarie e di dare impulso all'incremento e allo sviluppo sostenibili del commercio e degli investimenti fra le Parti a reciproco vantaggio, tra l'altro istituendo una zona di libero scambio;
CONCORDI sull'esigenza di profondere sforzi collettivi in risposta a questioni di portata mondiale come il terrorismo, i crimini gravi di rilevanza internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei loro vettori, il cambiamento climatico, l'insicurezza in materia di energia e risorse, la povertà e la crisi finanziaria;
DETERMINATE a rafforzare la cooperazione nei settori di reciproco interesse, in particolare la promozione dei principi democratici e il rispetto dei diritti umani, la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la lotta contro il traffico illecito in armi leggere e di piccolo calibro, l'adozione di provvedimenti contro i crimini più gravi di rilevanza per la comunità internazionale, la lotta contro il terrorismo, la cooperazione nelle organizzazioni regionali e internazionali, il commercio e gli investimenti, il dialogo sulla politica economica, la cooperazione fra le imprese, la fiscalità, le dogane, la politica della concorrenza, la società dell’informazione, la scienza e la tecnologia, l’energia, i trasporti, la politica dei trasporti marittimi, la politica dei consumatori, la salute, l'occupazione e gli affari sociali, l'ambiente e le risorse naturali, il cambiamento climatico, l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la silvicoltura, l'ambiente marino e la pesca, gli aiuti allo sviluppo, la cultura, l'informazione, la comunicazione, i mezzi audiovisivi e i media, l'istruzione, lo Stato di diritto, la cooperazione giuridica, la protezione dei dati personali, la migrazione, la lotta contro le droghe illecite, la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione, la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, la lotta contro la criminalità informatica, l'attività di contrasto, il turismo, la società civile, la pubblica amministrazione e le statistiche;
CONSAPEVOLI dell'importanza di agevolare la partecipazione alla cooperazione dei singoli e delle entità direttamente interessati, in particolare gli operatori economici e gli organismi che li rappresentano;
RICONOSCENDO l'opportunità che ciascuna delle Parti promuova il ruolo e il profilo dell'altra nella propria regione e di promuovere i contatti personali fra le Parti;
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
TITOLO I
FONDAMENTO E CAMPO DI APPLICAZIONE
Articolo 1
Fondamento della cooperazione
1. Le Parti confermano il loro impegno al rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto. Il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e in altri pertinenti strumenti internazionali in materia di diritti umani, che riflettono il principio dello Stato di diritto, è alla base delle politiche interna e internazionale di entrambe le Parti e costituisce un elemento fondamentale del presente accordo.
2. Le Parti confermano la loro fedeltà alla Carta delle Nazioni Unite e il loro sostegno ai valori condivisi ivi espressi.
3. Le Parti ribadiscono il proprio impegno a promuovere lo sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni e la crescita economica, a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo concordati a livello internazionale e a cooperare per affrontare le sfide ambientali mondiali, in particolar modo il cambiamento climatico.
4. Le Parti riaffermano la propria adesione ai principi del buon governo e della lotta contro la corruzione, in particolare tenendo conto dei loro obblighi internazionali.
5. Le Parti sottolineano il comune attaccamento al carattere globale delle relazioni bilaterali e al mantenimento della coerenza generale a tale riguardo.
6. Le Parti convengono di elevare le loro relazioni al livello di partenariato rafforzato e di sviluppare i settori di cooperazione ai livelli bilaterale, regionale e mondiale.
7. L'attuazione del presente accordo tra Parti animate da rispetto e valori comuni si basa pertanto sui principi del dialogo, del rispetto reciproco, del partenariato equo, del multilateralismo, del consenso e del rispetto del diritto internazionale.
Articolo 2
Obiettivi della cooperazione
1. Per rafforzare la loro cooperazione, le Parti s'impegnano a intensificare il dialogo politico e a migliorare ulteriormente le loro relazioni economiche, mirando in particolare a:
a)
convenire una visione futura per il rafforzamento del partenariato e sviluppare progetti comuni volti ad attuare tale visione;
b)
condurre un regolare dialogo politico;
c)
promuovere gli sforzi collettivi in tutti i consessi e le organizzazioni regionali e internazionali competenti per dare risposta alle questioni di portata mondiale;
d)
promuovere la cooperazione economica nei settori di reciproco interesse, compresa la cooperazione scientifica e tecnologica, allo scopo di diversificare gli scambi a reciproco vantaggio;
e)
incentivare la cooperazione tra imprese agevolando gli investimenti da entrambi i lati e promuovendo una migliore comprensione reciproca;
f)
rafforzare la partecipazione rispettiva di ciascuna Parte ai programmi di cooperazione aperti all'altra;
g)
promuovere il ruolo e il profilo dell'altra Parte nella propria regione attraverso vari mezzi, compresi gli scambi culturali, l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e l'istruzione;
h)
promuovere i contatti personali e la comprensione.
2. Sulla base del loro partenariato consolidato e dei loro valori comuni, le Parti convengono di sviluppare la cooperazione e il dialogo su tutte le questioni d'interesse comune, mirando in particolare a:
a)
rafforzare il dialogo politico e la cooperazione, in particolare per quanto riguarda i diritti umani, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, le armi leggere e di piccolo calibro, i crimini più gravi di rilevanza per la comunità internazionale e la lotta contro il terrorismo;
b)
rafforzare la cooperazione in tutti i settori di reciproco interesse concernenti gli scambi e gli investimenti e assicurare le condizioni per un incremento sostenibile degli scambi e investimenti tra le Parti a reciproco vantaggio;
c)
rafforzare la cooperazione nel settore economico, in particolare per quanto riguarda il dialogo sulla politica economica, la cooperazione tra imprese, la fiscalità, le dogane, la politica della concorrenza, la società dell’informazione, la scienza e la tecnologia, l’energia, i trasporti, la politica dei trasporti marittimi e la politica dei consumatori;
d)
rafforzare la cooperazione nel settore dello sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda la salute, l'occupazione e gli affari sociali, l'ambiente e le risorse naturali, il cambiamento climatico, l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la silvicoltura, l'ambiente marino e la pesca e gli aiuti allo sviluppo;
e)
rafforzare la cooperazione nei settori della cultura, dell'informazione, della comunicazione, dei mezzi audiovisivi e media e dell'istruzione;
f)
rafforzare la cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza, in particolare per quanto riguarda lo Stato di diritto, la cooperazione giuridica, la protezione dei dati personali, la migrazione, la lotta contro le droghe illecite, la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione, la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, la lotta contro la criminalità informatica e l'attività di contrasto;
g)
rafforzare la cooperazione in altri settori d'interesse comune, in particolare il turismo, la società civile, la pubblica amministrazione e le statistiche.
TITOLO II
DIALOGO POLITICO E COOPERAZIONE
Articolo 3
Dialogo politico
1. L'Unione europea e la Repubblica di Corea avviano un regolare dialogo politico basato su valori e aspirazioni comuni. Il dialogo si svolge secondo le procedure concordate tra la Repubblica di Corea e l'Unione europea.
2. Il dialogo politico ha l'obiettivo di:
a)
sottolineare l'impegno delle Parti a favore della democrazia e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
b)
promuovere soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali o regionali e il rafforzamento delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali;
c)
intensificare le consultazioni politiche su questioni di sicurezza internazionale come il controllo degli armamenti e il disarmo, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa e il trasferimento internazionale di armi convenzionali;
d)
riflettere sulle principali questioni internazionali d'interesse comune intensificando lo scambio d'informazioni pertinenti tra le Parti e nei consessi internazionali;
e)
intensificare le consultazioni su questioni di particolare interesse per i paesi delle regioni dell'Asia-Pacifico ed europea, al fine di promuovere la pace, la stabilità e la prosperità in entrambe le regioni.
3. Il dialogo tra le Parti avviene tramite contatti, scambi e consultazioni, in particolare nelle seguenti forme:
a)
incontri di vertice a livello di capi di Stato e di governo ogniqualvolta le Parti lo ritengano necessario;
b)
consultazioni annuali a livello ministeriale in sedi da concordarsi tra le Parti;
c)
incontri informativi sui principali sviluppi internazionali e nazionali a livello di alti funzionari;
d)
dialoghi settoriali su questioni d'interesse comune;
e)
scambi di delegazioni tra il Parlamento europeo e l'Assemblea nazionale della Repubblica di Corea.
Articolo 4
Lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa
1. Le Parti considerano la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, a livello di attori statali e non statali, una delle più gravi minacce per la stabilità e la sicurezza internazionali.
2. Le Parti convengono pertanto di cooperare e di contribuire alla lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori tramite la piena attuazione dei rispettivi obblighi giuridici vigenti in materia di disarmo e non proliferazione e di altri strumenti pertinenti concordati dalle Parti. Le Parti convengono che questa disposizione costituisce un elemento fondamentale del presente accordo.
3. Le Parti convengono inoltre di cooperare e di contribuire alla lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori mediante:
a)
l'adozione delle misure necessarie per firmare, ratificare o aderire, secondo il caso, e attuare integralmente tutti gli altri strumenti internazionali pertinenti;
b)
l'istituzione di un sistema nazionale efficace di controllo delle esportazioni per prevenire la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei beni e tecnologie a esse correlati, inclusi controlli sugli utilizzatori finali e adeguate sanzioni civili e penali in caso di violazione dei controlli all'esportazione.
4. Le Parti convengono che il dialogo politico accompagni e consolidi i suddetti elementi.
Articolo 5
Armi leggere e di piccolo calibro
1. Le Parti riconoscono che la fabbricazione, il trasferimento e la circolazione illegali di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni nonché la loro eccessiva accumulazione, le carenze nella gestione, depositi non sufficientemente sicuri e la diffusione incontrollata continuano a rappresentare una grave minaccia per la pace e la sicurezza internazionali.
2. Le Parti convengono di attuare i rispettivi impegni in materia di contrasto al commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni nell'ambito degli strumenti internazionali, tra cui il programma d'azione dell'ONU volto a prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti e lo strumento internazionale volto a consentire agli Stati d'identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, armi leggere e di piccolo calibro (ITI), nonché gli obblighi che derivano loro dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
3. Le Parti s'impegnano a cooperare e ad assicurare il coordinamento, la complementarità e la sinergia delle loro azioni di contrasto al commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni a livello mondiale, regionale, subregionale e nazionale.
Articolo 6
Crimini più gravi di rilevanza per la comunità internazionale
1. Le Parti ribadiscono che i crimini più gravi di rilevanza per l'intera comunità internazionale non devono rimanere impuniti e che deve essere assicurato il loro effettivo perseguimento adottando provvedimenti a livello nazionale e, se opportuno, rafforzando la cooperazione internazionale, anche nell'ambito della Corte penale internazionale. Le Parti convengono di sostenere pienamente l'universalità e l'integrità dello statuto di Roma della Corte penale internazionale e relativi strumenti.
2. Le Parti convengono che sarebbe proficuo un dialogo tra di esse a tale riguardo.
Articolo 7
Cooperazione nella lotta contro il terrorismo
1. Ribadendo l'importanza della lotta contro il terrorismo e conformemente alle convenzioni internazionali applicabili, compresi il diritto internazionale umanitario e quello in materia di diritti umani e dei rifugiati, nonché alle rispettive legislazioni e normative e tenuto conto della strategia globale contro il terrorismo di cui alla risoluzione 60/288 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite dell'8 settembre 2006, le Parti convengono di cooperare nella prevenzione e repressione degli atti di terrorismo.
2. In particolare, le Parti agiscono in tal senso:
a)
nel quadro dell'attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e degli obblighi che derivano loro da altri strumenti e convenzioni internazionali pertinenti;
b)
mediante scambi d'informazioni su gruppi terroristici e sulle loro reti di sostegno a norma del diritto internazionale e nazionale;
c)
mediante scambi di pareri sui mezzi e sui metodi utilizzati per contrastare il terrorismo, anche dal punto di vista tecnico e della formazione, e scambi di esperienze in materia di prevenzione del terrorismo;
d)
mediante una cooperazione volta a rafforzare il consenso internazionale sulla lotta contro il terrorismo, compresa la definizione giuridica degli atti terroristici, e adoperandosi in particolare per giungere a un accordo sulla convenzione globale contro il terrorismo internazionale;
e)
attraverso la condivisione delle migliori pratiche nel settore della tutela dei diritti umani nella lotta contro il terrorismo.
TITOLO III
COOPERAZIONE NELL'AMBITO DELLE ORGANIZZAZIONI REGIONALI E INTERNAZIONALI
Articolo 8
Cooperazione nell'ambito delle organizzazioni regionali e internazionali
Le Parti s'impegnano a cooperare e a scambiare opinioni nell'ambito di consessi e organizzazioni regionali e internazionali quali le Nazioni Unite, l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), l'OMC, il vertice Asia-Europa (ASEM) e il forum regionale dell'ASEAN.
TITOLO IV
COOPERAZIONE IN MATERIA DI SVILUPPO ECONOMICO
Articolo 9
Commercio e investimenti
1. Le Parti s'impegnano a cooperare per assicurare le condizioni necessarie e dare impulso all'incremento e allo sviluppo sostenibili del commercio e degli investimenti a reciproco vantaggio. Le Parti avviano un dialogo e rafforzano la cooperazione in tutti i settori di reciproco interesse correlati al commercio e agli investimenti, allo scopo di agevolare flussi commerciali e di investimenti sostenibili, prevenire ed eliminare gli ostacoli al commercio e agli investimenti e far progredire il sistema commerciale multilaterale.
2. A tal fine, le Parti attuano la cooperazione nel settore commerciale e degli investimenti tramite l'accordo che istituisce una zona di libero scambio. Detto accordo costituisce un accordo specifico ai sensi dell'articolo 43 che mette in atto le disposizioni commerciali del presente accordo.
3. Le Parti si tengono reciprocamente informate e scambiano opinioni sullo sviluppo del commercio bilaterale e internazionale, sugli investimenti e sulle politiche e problematiche correlate.
Articolo 10
Dialogo sulla politica economica
1. Le Parti convengono di rafforzare il dialogo fra le rispettive autorità e di promuovere lo scambio d'informazioni e la condivisione di esperienze in materia di politiche e tendenze macroeconomiche.
2. Le Parti convengono di rafforzare il dialogo e la cooperazione al fine di migliorare i sistemi contabili, di revisione dei conti, di vigilanza e di regolamentazione nei settori bancario e assicurativo e in altri comparti del settore finanziario.
Articolo 11
Cooperazione tra imprese
1. Le Parti, tenendo conto delle rispettive politiche e dei rispettivi obiettivi economici, convengono di promuovere la cooperazione in materia di politica industriale in tutti i settori ritenuti opportuni, in particolare allo scopo di migliorare la competitività delle piccole e medie imprese (PMI), tra l'altro mediante:
a)
scambi d'informazioni e di esperienze sulla realizzazione di un contesto favorevole al miglioramento della competitività delle PMI e sulle procedure per la loro creazione;
b)
la promozione di contatti tra operatori economici, l'incentivazione di coinvestimenti e la costituzione di joint ventures e di reti d'informazione, in particolare attraverso i programmi esistenti;
c)
la facilitazione dell'accesso ai finanziamenti e ai mercati, la fornitura di informazioni e la promozione dell'innovazione;
d)
l'agevolazione delle attività avviate dalle PMI di entrambe le Parti;
e)
la promozione della responsabilità e rendicontazione sociale delle imprese e di pratiche commerciali responsabili, inclusi il consumo e la produzione sostenibili.
2. Le Parti agevolano le pertinenti attività di cooperazione avviate dal settore privato di entrambe.
Articolo 12
Fiscalità
Al fine di rafforzare e sviluppare le attività economiche tenendo conto nel contempo della necessità di sviluppare un quadro normativo adeguato, le Parti riconoscono e s'impegnano ad attuare nel settore della fiscalità i principi della trasparenza, dello scambio d'informazioni e della leale concorrenza fiscale. A tal fine, secondo le rispettive competenze, le Parti migliorano la cooperazione internazionale in materia fiscale, agevolano la riscossione del gettito fiscale legittimo e sviluppano misure finalizzate a un'efficace attuazione dei suddetti principi.
Articolo 13
Dogane
Le Parti cooperano nel settore doganale su base bilaterale e multilaterale. A tal fine, condividono in particolare le esperienze ed esaminano le possibilità di semplificare le procedure, aumentare la trasparenza e sviluppare la cooperazione. Esse ricercano inoltre una convergenza di opinioni e un'azione comune nei pertinenti ambiti internazionali.
Articolo 14
Politica della concorrenza
1. Le Parti promuovono la concorrenza leale nelle attività economiche applicando integralmente la propria normativa in materia di concorrenza.
2. Nel perseguire l'obiettivo di cui al paragrafo 1 del presente articolo e conformemente all'accordo tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea concernente la cooperazione in merito ad attività anticoncorrenziali, le Parti s'impegnano a cooperare per:
a)
riconoscere l'importanza del diritto della concorrenza e delle autorità preposte alla concorrenza e puntare ad applicare in modo proattivo la legge al fine di creare un clima di concorrenza leale;
b)
condividere informazioni e migliorare la cooperazione tra le autorità preposte alla concorrenza.
Articolo 15
Società dell'informazione
1. Riconoscendo che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono elementi essenziali della vita moderna e rivestono un'importanza vitale per lo sviluppo economico e sociale, le Parti convengono di scambiare opinioni sulle rispettive politiche in questo settore.
2. La cooperazione in questo settore si incentra, tra l'altro:
a)
sugli scambi di opinioni in merito ai diversi aspetti della società dell'informazione, in particolare le politiche e le normative riguardanti le comunicazioni elettroniche, compresi il servizio universale, le licenze e le autorizzazioni generali, la tutela della vita privata e dei dati personali, nonché l'indipendenza e l'efficienza dell'autorità di regolamentazione;
b)
sull'interconnessione e l'interoperabilità delle reti e dei servizi di ricerca, anche in un contesto regionale;
c)
sulla standardizzazione e la diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
d)
sulla promozione della cooperazione tra le Parti nella ricerca riguardante le tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
e)
sugli aspetti delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione legati alla sicurezza, inclusi la promozione della sicurezza in rete, la lotta contro la criminalità informatica e l'uso improprio delle tecnologie dell'informazione e di tutti i mezzi di comunicazione elettronica.
3. È incoraggiata la cooperazione tra imprese.
Articolo 16
Scienza e tecnologia
Le Parti promuovono, sviluppano e agevolano le attività di cooperazione nei settori della scienza e della tecnologia a scopo pacifico, conformemente all'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea.
Articolo 17
Energia
1. Le Parti riconoscono l'importanza del settore dell'energia per lo sviluppo economico e sociale e si adoperano, nell'ambito delle rispettive competenze, per migliorare la cooperazione in questo settore al fine di:
a)
diversificare gli approvvigionamenti energetici per rafforzare la sicurezza energetica e sviluppare forme di energia nuove, sostenibili, innovative e rinnovabili, compresi, tra l'altro, i biocombustibili e le biomasse e l'energia eolica, solare e idrica;
b)
sostenere lo sviluppo di politiche volte ad accrescere la competitività delle energie rinnovabili;
c)
pervenire a un utilizzo razionale dell'energia con contributi dal lato sia della domanda che dell'offerta, promuovendo l'efficienza energetica nella produzione, nel trasporto, nella distribuzione e nell'uso finale dell'energia:
d)
incentivare i trasferimenti di tecnologia ai fini della produzione e dell'utilizzo sostenibili di energia;
e)
migliorare lo sviluppo delle capacità e agevolare gli investimenti nel settore dell'energia, tenendo conto dei principi di trasparenza, non discriminazione e compatibilità di mercato;
f)
promuovere la concorrenza nel mercato dell'energia;
g)
scambiare opinioni sugli sviluppi nei mercati mondiali dell'energia, compresa l'incidenza sui paesi in via di sviluppo.
2. A tal fine, le Parti prendono le opportune iniziative per promuovere, in particolare nei contesti regionali e internazionali esistenti, le seguenti attività di cooperazione:
a)
cooperazione nell'elaborazione delle politiche energetiche e scambio d'informazioni attinenti alle politiche energetiche:
b)
scambio d'informazioni sulla situazione e sulle tendenze del mercato, dell'industria e delle tecnologie nel settore dell'energia;
c)
realizzazione di studi e ricerche comuni;
d)
aumento del commercio e degli investimenti nel settore dell'energia.
Articolo 18
Trasporti
1. Le Parti si adoperano per cooperare in tutti i settori pertinenti della politica dei trasporti, compresa la politica dei trasporti integrata, nell'intento di migliorare la circolazione delle merci e dei passeggeri, di promuovere la sicurezza dei trasporti marittimi e aerei e la tutela dell'ambiente e di rendere più efficienti i rispettivi sistemi di trasporti.
2. La cooperazione fra le Parti in questo settore è volta a promuovere:
a)
gli scambi d'informazioni sulle rispettive politiche e pratiche in materia di trasporti, in particolare per quanto concerne i trasporti urbani, rurali, fluviali, aerei e marittimi, comprese la loro logistica e l'interconnessione e interoperabilità delle reti di trasporto multimodali nonché la gestione delle strade, delle ferrovie, dei porti e degli aeroporti;
b)
un dialogo e azioni comuni nel settore del trasporto aereo in ambiti di reciproco interesse, compresi l'accordo su taluni aspetti dei servizi aerei e l'esame delle possibilità di maggiore sviluppo delle relazioni, la cooperazione tecnica e normativa in materia di sicurezza e protezione nel settore aereo, ambiente, gestione del traffico aereo, applicazione del diritto della concorrenza e regolamentazione economica dell'industria del trasporto aereo, nell'intento di promuovere la convergenza normativa e di rimuovere gli ostacoli alle attività economiche. Su questa base, le Parti valutano la possibilità di una più ampia cooperazione nel settore dell'aviazione civile;
c)
la cooperazione per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti;
d)
la cooperazione nei consessi internazionali che si occupano di trasporti;
e)
l'applicazione di norme in materia di sicurezza e protezione e di prevenzione dell'inquinamento, in particolare per quanto concerne i trasporti marittimi e aerei, conformemente alle pertinenti convenzioni internazionali applicabili a entrambe le Parti, compresa la cooperazione nei consessi internazionali competenti al fine di garantire una migliore applicazione delle normative internazionali.
3. Per quanto riguarda la navigazione satellitare globale civile, le Parti cooperano a norma dell'accordo di cooperazione relativo a un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS) tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra.
Articolo 19
Politica dei trasporti marittimi
1. Le Parti s'impegnano a perseguire l'obiettivo dell'accesso illimitato al mercato e al traffico marittimo internazionale in condizioni di concorrenza leale e su base commerciale conformemente al disposto del presente articolo.
2. Per conseguire l'obiettivo di cui al paragrafo 1, le Parti:
a)
si astengono dall'introdurre clausole di ripartizione del carico nei futuri accordi bilaterali con paesi terzi sui servizi di trasporto marittimo, inclusi i trasporti sfusi di merci liquide o solide e i trasporti di linea, e dall'applicare tali clausole se contenute in precedenti accordi bilaterali;
b)
si astengono dall'applicare, dall'entrata in vigore del presente accordo, misure amministrative, tecniche e legislative suscettibili di creare discriminazioni tra i propri cittadini o società e quelli dell'altra Parte nella prestazione di servizi di trasporto marittimo internazionale;
c)
concedono alle navi gestite da cittadini o società dell'altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello riservato alle proprie navi per quanto riguarda l'accesso ai porti aperti al commercio internazionale, l'utilizzo delle infrastrutture e dei servizi marittimi ausiliari dei porti, i relativi diritti e oneri, le agevolazioni doganali e l'assegnazione di ormeggi e d'infrastrutture per il carico e lo scarico;
d)
autorizzano la presenza commerciale di società di navigazione dell'altra Parte sul proprio territorio applicando, per l'insediamento e le attività di tali società, condizioni non meno favorevoli di quelle concesse alle proprie società oppure alle consociate e alle filiali di società di paesi terzi, nel caso che a queste ultime siano concesse condizioni migliori.
3. Ai fini del presente articolo, l'accesso al mercato marittimo internazionale comprende, tra l'altro, il diritto per i vettori marittimi internazionali di ciascuna Parte di organizzare servizi di trasporto porta a porta comprendenti una tratta marittima e, a tal fine, di concludere contratti direttamente con i gestori locali di modi di trasporto diversi da quello marittimo sul territorio dell'altra Parte, fatte salve le restrizioni in materia di cittadinanza previste per il trasporto di merci e passeggeri con tali altri modi di trasporto.
4. Il disposto del presente articolo si applica alle società dell'Unione europea e della Corea e alle società di navigazione aventi sede fuori dell'Unione europea e della Repubblica di Corea controllate da cittadini di uno Stato membro o della Repubblica di Corea, se le loro navi sono registrate in tale Stato membro o nella Repubblica di Corea secondo le rispettive norme di legge.
5. Le attività delle società di navigazione nell'Unione europea e nella Repubblica di Corea sono disciplinate, se del caso, da accordi specifici.
6. Le Parti conducono un dialogo nel settore della politica dei trasporti marittimi.
Articolo 20
Politica dei consumatori
Le Parti si adoperano per cooperare nel settore della politica dei consumatori al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori. Le Parti convengono che, per quanto possibile, la cooperazione in questo settore può mirare a:
a)
accrescere la compatibilità tra le normative di protezione dei consumatori, per evitare barriere commerciali assicurando nel contempo un livello elevato di protezione dei consumatori;
b)
promuovere lo scambio d'informazioni sui sistemi di protezione dei consumatori, inclusi le leggi a protezione dei consumatori, la sicurezza dei prodotti di consumo, l'applicazione delle leggi, l'educazione e il rafforzamento dei mezzi di azione dei consumatori e i mezzi di ricorso a loro disposizione;
c)
favorire lo sviluppo di associazioni indipendenti di consumatori e di contatti tra i rappresentanti dei consumatori.
TITOLO V
COOPERAZIONE NEL SETTORE DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Articolo 21
Salute
1. Le Parti convengono di promuovere la cooperazione reciproca e lo scambio d'informazioni nei settori della salute e della gestione efficace dei problemi sanitari a carattere transfrontaliero.
2. Le Parti s'impegnano a promuovere gli scambi d'informazioni e la cooperazione reciproca, tra l'altro, tramite:
a)
lo scambio d'informazioni sulla sorveglianza delle malattie infettive, incluse le pandemie influenzali, e sull'allarme precoce e le contromisure;
b)
lo scambio d'informazioni sulle strategie sanitarie e sui piani sanitari pubblici;
c)
lo scambio d'informazioni sulle politiche di promozione della salute, come le campagne contro il fumo, la prevenzione dell'obesità e il controllo delle malattie;
d)
lo scambio d'informazioni, per quanto possibile, nel settore della sicurezza e dell'approvazione dei farmaci;
e)
lo scambio d'informazioni, per quanto possibile, e la ricerca comune nel settore della sicurezza degli alimenti, per esempio in riferimento alle leggi e ai regolamenti in materia di alimenti, ai sistemi di allarme rapido, ecc.;
f)
la cooperazione nel settore della ricerca e sviluppo, per esempio in riferimento alle terapie avanzate e ai medicinali orfani e innovativi;
g)
lo scambio d'informazioni e la cooperazione in materia di politica dei servizi sanitari in rete.
3. Le Parti si adoperano per promuovere l'applicazione degli accordi sanitari internazionali, quali i regolamenti sanitari internazionali e la convenzione quadro per il controllo del tabacco.
Articolo 22
Occupazione e affari sociali
1. Le Parti convengono di rafforzare la cooperazione nel settore dell'occupazione e degli affari sociali, anche nel contesto della globalizzazione e dell'evoluzione demografica. Esse si sforzano di promuovere la cooperazione e gli scambi d'informazioni e di esperienze sui temi dell'occupazione e del lavoro. I settori di cooperazione possono comprendere la coesione regionale e sociale, l'integrazione sociale, i sistemi di previdenza sociale, l'acquisizione di competenze lungo tutto l'arco della vita, la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, la parità di genere e il lavoro dignitoso.
2. Le Parti ribadiscono la necessità di sostenere un processo di globalizzazione a vantaggio di tutti e di promuovere l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso quali elementi chiave dello sviluppo sostenibile e della riduzione della povertà.
3. Le Parti ribadiscono il loro impegno a rispettare, promuovere e applicare le norme sociali e del lavoro riconosciute a livello internazionale, sancite in particolare dalla dichiarazione dell'OIL relativa ai principi e ai diritti fondamentali del lavoro.
4. Le forme di cooperazione possono comprendere, tra l'altro, programmi e progetti specifici concordati congiuntamente, il dialogo, la cooperazione e iniziative su temi d'interesse comune a livello bilaterale o multilaterale.
Articolo 23
Ambiente e risorse naturali
1. Le Parti convengono che è necessario salvaguardare e gestire in modo sostenibile le risorse naturali e la diversità biologica come basi per lo sviluppo delle generazioni attuali e future.
2. Le Parti si adoperano per proseguire e rafforzare la cooperazione in materia di protezione dell'ambiente, anche in un contesto regionale, in particolare per quanto concerne:
a)
il cambiamento climatico e l'efficienza energetica;
b)
la consapevolezza ambientale;
c)
l'adesione agli accordi ambientali multilaterali, compresi quelli riguardanti la biodiversità e la biosicurezza e la Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, e la loro attuazione;
d)
la promozione di tecnologie, prodotti e servizi ambientali, compresi i sistemi di gestione ambientale e l'etichettatura ambientale;
e)
la prevenzione dei movimenti transfrontalieri illeciti di sostanze pericolose, rifiuti pericolosi e altri tipi di rifiuti;
f)
il controllo della conservazione dell'ambiente costiero e marino e la lotta contro il suo inquinamento e degrado;
g)
la partecipazione a livello locale alla protezione dell'ambiente quale elemento chiave dello sviluppo sostenibile;
h)
la gestione dei suoli e dei terreni;
i)
lo scambio d'informazioni, di conoscenze specialistiche e di pratiche.
3. Si tiene opportunamente conto dei risultati del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile e dell'applicazione dei pertinenti accordi ambientali multilaterali.
Articolo 24
Cambiamento climatico
1. Le Parti riconoscono la minaccia comune rappresentata a livello mondiale dal cambiamento climatico e la necessità di adottare misure per la riduzione delle emissioni al fine di stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello tale da prevenire una pericolosa interferenza antropica nel sistema climatico. Nell'ambito delle rispettive competenze, e fatte salve le discussioni sul cambiamento climatico in altre sedi, quali la convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), le Parti rafforzano la cooperazione in questo settore. Tale cooperazione ha come scopo:
a)
la lotta contro il cambiamento climatico, con l'obiettivo generale di una rapida transizione verso società a bassa emissione di carbonio, mediante adeguate azioni nazionali di mitigazione e adattamento;
b)
la promozione dell'impiego efficiente delle risorse, anche attraverso il diffuso utilizzo delle migliori tecnologie a basse emissioni di carbonio disponibili ed economicamente convenienti e norme per la mitigazione e l'adattamento;
c)
lo scambio di conoscenze specialistiche e informazioni sui benefici e sulla struttura dei sistemi di scambio dei diritti di emissione;
d)
il miglioramento degli strumenti di finanziamento dei settori pubblico e privato, inclusi i meccanismi di mercato e i partenariati pubblico-privato atti a contribuire efficacemente all'azione volta a combattere il cambiamento climatico;
e)
la collaborazione in materia di ricerca, sviluppo, diffusione, applicazione e trasferimento di tecnologie a basse emissioni di carbonio, allo scopo di mitigare le emissioni di gas a effetto serra preservando, nel contempo, la crescita economica;
f)
se del caso, lo scambio di esperienze e di conoscenze specialistiche in materia di controllo e analisi degli effetti dei gas a effetto serra e di sviluppo di programmi di mitigazione e adattamento;
g)
se del caso, il sostegno alle azioni di mitigazione e adattamento dei paesi in via di sviluppo, anche attraverso i meccanismi di flessibilità del Protocollo di Kyoto.
2. A tal fine, le Parti convengono d'intensificare il dialogo e la cooperazione a livello politico, strategico e tecnico.
Articolo 25
Agricoltura, sviluppo rurale e silvicoltura
Le Parti convengono di favorire la cooperazione nei settori dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della silvicoltura. In particolare, le Parti scambiano informazioni e sviluppano la cooperazione nei seguenti campi:
a)
la politica agricola e forestale e le prospettive dell'agricoltura e della silvicoltura a livello internazionale in generale;
b)
la registrazione e la tutela delle indicazioni geografiche;
c)
la produzione biologica;
d)
la ricerca nei settori dell'agricoltura e della silvicoltura;
e)
la politica di sviluppo delle zone rurali e segnatamente la diversificazione e la ristrutturazione dei settori agricoli;
f)
l'agricoltura sostenibile, la silvicoltura e l'integrazione delle esigenze ambientali nella politica agricola;
g)
i nessi tra l'agricoltura, la silvicoltura e l'ambiente e la politica di sviluppo delle zone rurali;
h)
le attività di promozione dei prodotti agroalimentari;
i)
la gestione sostenibile delle foreste, allo scopo d'impedire la deforestazione e di favorire la creazione di nuove aree boschive, tenendo in debita considerazione gli interessi dei paesi in via di sviluppo esportatori di legname.
Articolo 26
Ambiente marino e pesca
Le Parti favoriscono la cooperazione, a livello bilaterale e multilaterale, in materia di ambiente marino e di pesca, allo scopo di promuovere uno sviluppo e una gestione sostenibili e responsabili dell'ambiente marino e della pesca. La cooperazione può comprendere:
a)
gli scambi d'informazioni;
b)
il sostegno a una politica a lungo termine sostenibile e responsabile in materia di ambiente marino e di pesca, comprese la conservazione e la gestione delle risorse costiere e marine; e
c)
la promozione delle azioni volte a prevenire e combattere le attività di pesca illegali, non dichiarate e non regolamentate.
Articolo 27
Aiuti allo sviluppo
1. Le Parti convengono di scambiare informazioni sulle rispettive politiche di aiuti allo sviluppo al fine di instaurare un dialogo regolare sugli obiettivi di tali politiche e sui rispettivi programmi di aiuto allo sviluppo nei paesi terzi. Esse valutano la fattibilità di una cooperazione più sostanziale conformemente alle rispettive legislazioni e alle condizioni previste per l'attuazione di tali programmi.
2. Le Parti ribadiscono l'impegno a rispettare la dichiarazione di Parigi del 2005 sull'efficacia degli aiuti e concordano d'intensificare la cooperazione allo scopo di migliorare ulteriormente i risultati nel settore dello sviluppo.
TITOLO VI
COOPERAZIONE NEL SETTORE DELL'ISTRUZIONE E DELLA CULTURA
Articolo 28
Cooperazione nei settori della cultura, dell'informazione, della comunicazione, dei mezzi audiovisi e dei media
1. Le Parti concordano di promuovere la cooperazione al fine di accrescere la comprensione reciproca e la conoscenza delle rispettive culture.
2. Le Parti si adoperano per adottare misure adeguate intese a promuovere gli scambi culturali e per intraprendere iniziative comuni in questo settore.
3. Le Parti convengono di cooperare strettamente in seno ai consessi internazionali competenti, quali l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) e l'ASEM, al fine di perseguire obiettivi comuni e promuovere la diversità culturale, nel rispetto delle disposizioni della convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali.
4. Le Parti valutano le modalità per favorire gli scambi, la cooperazione e il dialogo tra le istituzioni competenti nei settori dei mezzi audiovisivi e dei media.
Articolo 29
Istruzione
1. Le Parti riconoscono il contributo cruciale dell'istruzione e della formazione allo sviluppo di risorse umane in grado di partecipare all'economia mondiale basata sulla conoscenza e riconoscono di avere un interesse comune a cooperare nel settore dell'istruzione e della formazione.
2. Conformemente ai reciproci interessi e agli scopi delle loro politiche in materia d'istruzione, le Parti s'impegnano a sostenere congiuntamente opportune attività di cooperazione nei settori dell'istruzione, della formazione e della gioventù, con particolare riguardo all'istruzione superiore. In particolare, questa cooperazione può attuarsi sotto forma di:
a)
sostegno a progetti comuni di cooperazione tra istituti d'istruzione e di formazione dell'Unione europea e della Repubblica di Corea, nell'intento di promuovere lo sviluppo dei piani di studio, programmi di studio comuni e la mobilità degli studenti;
b)
dialogo, studi e scambi d'informazioni e di conoscenze tecniche nel settore della politica dell'istruzione;
c)
promozione di scambi di studenti, di personale accademico e amministrativo degli istituti d'istruzione superiore e di animatori giovanili, anche mediante l'attuazione del programma Erasmus Mundus;
d)
la cooperazione nei settori dell'istruzione d'interesse comune.
TITOLO VII
COOPERAZIONE NEL SETTORE DELLA GIUSTIZIA, LIBERTÀ E SICUREZZA
Articolo 30
Stato di diritto
Nel quadro della cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza, le Parti annettono particolare importanza alla promozione dello Stato di diritto, compresi l'indipendenza della magistratura, l'accesso alla giustizia e il diritto a un processo equo.
Articolo 31
Cooperazione giuridica
1. Le Parti convengono di sviluppare la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, in particolare per quanto concerne la ratifica e l'attuazione di convenzioni multilaterali sulla cooperazione giudiziaria in materia civile, incluse le convenzioni della Conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato relative alla cooperazione giuridica e alle controversie a livello internazionale e alla protezione dei minori.
2. Le Parti convengono di agevolare e incoraggiare il ricorso all'arbitrato per comporre le controversie civili e commerciali private ogniqualvolta gli strumenti internazionali applicabili lo consentano.
3. Per quanto concerne la cooperazione giudiziaria in materia penale, le Parti si adoperano per migliorare gli accordi sull'assistenza giuridica reciproca e sull'estradizione, il che comprende eventualmente l'adesione ai pertinenti strumenti internazionali delle Nazioni Unite, tra cui lo statuto di Roma della Corte penale internazionale di cui all'articolo 6 del presente accordo, e l'applicazione di tali strumenti.
Articolo 32
Protezione dei dati personali
1. Le Parti convengono di cooperare per migliorare il livello di protezione dei dati personali in conformità alle più rigorose norme internazionali, come quelle contenute negli orientamenti delle Nazioni Unite per la gestione degli schedari computerizzati di dati personali (risoluzione 45/95 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 14 dicembre 1990).
2. La cooperazione in materia di protezione dei dati personali può comprendere, tra l'altro, scambi d'informazioni e di conoscenze specialistiche.
Articolo 33
Migrazione
1. Le Parti convengono di rafforzare e intensificare la cooperazione nei settori della migrazione clandestina e del traffico e della tratta di esseri umani nonché d'includere le questioni connesse alla migrazione nelle strategie nazionali per lo sviluppo economico e sociale delle regioni di provenienza dei migranti.
2. Nel quadro della cooperazione volta a prevenire e controllare l'immigrazione clandestina, le Parti convengono di riammettere i propri cittadini in situazione di soggiorno irregolare nel territorio dell'altra Parte. Le Parti forniscono ai propri cittadini documenti d'identità appropriati a tal fine. In caso di dubbi circa la cittadinanza, le Parti convengono d'identificare i loro presunti cittadini.
3. Le Parti si adoperano per concludere, se necessario, un accordo che regoli gli obblighi specifici di riammissione dei propri cittadini. Tale accordo comprenderà anche le condizioni applicabili ai cittadini di altri paesi e agli apolidi.
Articolo 34
Lotta contro le droghe illecite
1. Nel rispetto delle rispettive leggi e normative, le Parti mirano a ridurre l'offerta, il traffico e la domanda di droghe illecite e il loro impatto sui consumatori di droga e sulla società nel suo complesso e a prevenire con maggiore efficacia la diversione dei precursori di droghe utilizzati per la produzione illecita di stupefacenti e sostanze psicotrope. Nell'ambito di tale cooperazione, le Parti assicurano l'adozione di un'impostazione globale ed equilibrata per il raggiungimento di detti obiettivi tramite la regolamentazione dei mercati legali e un'azione e un coordinamento efficaci tra le autorità competenti, anche nei settori della salute, dell'istruzione, dell'attività di contrasto e della giustizia.
2. Le Parti concordano i metodi di cooperazione per conseguire tali obiettivi e basano le loro azioni su principi concordati rispondenti alle convenzioni internazionali pertinenti, alla dichiarazione politica e alla dichiarazione speciale sugli orientamenti per ridurre la domanda di droga adottate dalla ventesima sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel giugno 1998.
Articolo 35
Lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione
Le Parti convengono di cooperare e di contribuire alla lotta contro la criminalità organizzata, economica e finanziaria, la corruzione, la contraffazione e le transazioni illegali adempiendo pienamente ai loro obblighi internazionali reciproci in tale settore, compresa la cooperazione effettiva per il recupero di beni o fondi derivanti da atti di corruzione. Le Parti promuovono l'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale e relativi protocolli aggiuntivi e della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.
Articolo 36
Lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo
1. Le Parti convengono sulla necessità di agire e cooperare per impedire che i propri sistemi finanziari siano utilizzati per il riciclaggio dei proventi di attività illecite, quali il traffico di droga e la corruzione, e per il finanziamento del terrorismo. Tale cooperazione si estende al recupero di beni o fondi derivanti da atti delittuosi.
2. Le Parti possono scambiare informazioni pertinenti nell'ambito delle rispettive disposizioni di legge e applicare norme appropriate per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, equivalenti a quelle adottate dagli organismi internazionali competenti attivi in tale settore, come il Gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio del denaro (FATF).
Articolo 37
Lotta contro la criminalità informatica
1. Le Parti rafforzano la cooperazione al fine di prevenire e combattere la criminalità ad alta tecnologia, informatica ed elettronica e la diffusione di contenuti terroristici su internet mediante lo scambio d'informazioni e di esperienze pratiche nel rispetto delle rispettive legislazioni nazionali e nei limiti della propria competenza.
2. Le Parti scambiano informazioni nei settori dell'istruzione e della formazione di investigatori specializzati nella criminalità informatica, delle indagini sulla criminalità informatica e della scienza forense digitale.
Articolo 38
Cooperazione nell'attività di contrasto
Le Parti convengono di assicurare la cooperazione tra le autorità, le agenzie e i servizi di contrasto e di contribuire a sventare e sconfiggere le minacce della criminalità transnazionale per entrambe le Parti. La cooperazione tra autorità, agenzie e servizi di contrasto può attuarsi sotto forma di assistenza reciproca nelle indagini, di condivisione di tecniche investigative, di corsi di formazione e di addestramento comuni per gli operatori preposti all'attività di contrasto e di ogni altro tipo di attività congiunta e di assistenza concordato tra le Parti.
TITOLO VIII
COOPERAZIONE IN ALTRI SETTORI
Articolo 39
Turismo
Le Parti s'impegnano a instaurare una cooperazione nel settore del turismo al fine di accrescere e migliorare la comprensione reciproca e promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile del turismo.
In particolare, questa cooperazione può attuarsi sotto forma di:
a)
scambio d'informazioni su questioni d'interesse comune concernenti il turismo;
b)
organizzazione di eventi turistici;
c)
scambi turistici;
d)
cooperazione per la salvaguardia e la gestione del patrimonio culturale;
e)
cooperazione nella gestione del turismo.
Articolo 40
Società civile
Le Parti riconoscono il ruolo e il potenziale contributo di una società civile organizzata nel processo di dialogo e di cooperazione previsto dal presente accordo e convengono di promuovere un dialogo effettivo con la società civile organizzata e la sua partecipazione concreta.
Articolo 41
Pubblica amministrazione
Le Parti convengono di cooperare, mediante lo scambio di esperienze e migliori pratiche e sulla base di iniziative già in atto, in relazione alla modernizzazione della pubblica amministrazione sotto i seguenti aspetti:
a)
miglioramento dell'efficienza organizzativa;
b)
maggiore efficienza delle istituzioni nella prestazione di servizi;
c)
gestione trasparente delle risorse pubbliche e rendicontazione;
d)
miglioramento del quadro giuridico e istituzionale;
e)
progettazione e attuazione delle politiche.
Articolo 42
Statistiche
1. Le Parti sviluppano e rafforzano la loro cooperazione sulle questioni statistiche, contribuendo in tal modo all'obiettivo a lungo termine di fornire tempestivamente dati statistici comparabili a livello internazionale e affidabili. Ci si attende che sistemi statistici sostenibili, efficienti e professionalmente indipendenti forniscano ai cittadini, alle imprese e ai decisori delle Parti, informazioni pertinenti che permettano loro di prendere decisioni informate. Le Parti si scambiano, tra l'altro, informazioni ed esperienze e sviluppano la cooperazione tenendo conto dell'esperienza già acquisita.
Tale cooperazione ha come scopo:
a)
la progressiva armonizzazione dei sistemi statistici delle Parti;
b)
il perfezionamento dello scambio di dati tra le Parti, tenendo conto delle pertinenti metodologie applicate a livello internazionale;
c)
il miglioramento delle capacità professionali degli operatori statistici, per consentire loro di applicare gli standard statistici pertinenti;
d)
la promozione dello scambio di esperienze tra le Parti sullo sviluppo delle competenze tecniche in materia di statistiche.
2. Le forme di cooperazione possono comprendere, tra l'altro, programmi e progetti specifici concordati congiuntamente, il dialogo, la cooperazione e iniziative su temi d'interesse comune a livello bilaterale o multilaterale.
TITOLO IX
QUADRO ISTITUZIONALE
Articolo 43
Altri accordi
1. L'accordo quadro di commercio e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Corea, dall'altro, firmato a Lussemburgo il 28 ottobre 1996 ed entrato in vigore il 1o aprile 2001 è abrogato.
2. Il presente accordo aggiorna e sostituisce il suddetto accordo. I riferimenti a tale accordo in tutti gli altri accordi tra le Parti s'intendono fatti al presente accordo.
3. Le Parti possono integrare il presente accordo concludendo accordi specifici in qualsiasi settore di cooperazione rientrante nel suo campo di applicazione. Tali accordi specifici sono parte integrante delle relazioni bilaterali generali disciplinate dal presente accordo e rientrano in un quadro istituzionale comune.
4. Sono parimenti considerati parte delle relazioni bilaterali generali disciplinate dal presente accordo e rientranti in un quadro istituzionale comune gli accordi in vigore concernenti settori specifici di cooperazione rientranti nel campo di applicazione del presente accordo.
Articolo 44
Comitato misto
1. Nell'ambito del presente accordo, le Parti istituiscono un comitato misto composto di rappresentanti dei membri del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea, da una parte, e della Repubblica di Corea, dall'altra.
2. In sede di comitato misto si tengono consultazioni volte ad agevolare l'attuazione del presente accordo e conseguirne gli obiettivi generali e a mantenere la coerenza generale delle relazioni e assicurare il corretto funzionamento di qualsiasi altro accordo tra le Parti.
3. Il comitato misto ha i seguenti compiti:
a)
assicurare il corretto funzionamento del presente accordo;
b)
seguire lo sviluppo delle relazioni complessive tra le Parti;
c)
chiedere, se del caso, informazioni ai comitati o ad altri organismi istituiti nell'ambito di altri accordi rientranti nel quadro istituzionale comune ed esaminare le relazioni da essi presentate;
d)
scambiare opinioni e formulare proposte sulle questioni d'interesse comune, comprese le azioni future e le risorse disponibili per realizzarle;
e)
stabilire priorità in relazione agli obiettivi del presente accordo;
f)
individuare metodi adeguati per prevenire eventuali problemi nei settori oggetto del presente accordo;
g)
comporre per consenso, a norma dell'articolo 45, paragrafo 3, eventuali controversie sorte nell'applicazione o interpretazione del presente accordo;
h)
esaminare tutte le informazioni presentate da una Parte concernenti il mancato adempimento degli obblighi e tenere consultazioni con l'altra Parte per trovare una soluzione accettabile per entrambe le Parti a norma dell'articolo 45, paragrafo 3.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta all'anno, alternativamente a Bruxelles e a Seul. A richiesta di una delle Parti vengono indette riunioni straordinarie. Il comitato misto è presieduto a turno da ciascuna delle Parti e si riunisce, di norma, a livello di alti funzionari.
Articolo 45
Modalità di attuazione
1. Le Parti adottano qualsiasi provvedimento generale o specifico necessario per adempiere agli obblighi che derivano loro dal presente accordo e ne assicurano la conformità con gli obiettivi stabiliti da quest'ultimo.
2. L'attuazione è fondata sul consenso e il dialogo. Tuttavia, in caso di divergenze di opinioni riguardo all'applicazione o all'interpretazione del presente accordo, ciascuna delle Parti può sottoporre la questione al comitato misto.
3. Se una Parte ritiene che l'altra non abbia adempiuto agli obblighi che le derivano dal presente accordo, può adottare le misure del caso a norma del diritto internazionale. Prima di procedere in tal senso, fatta eccezione per i casi particolarmente urgenti, essa fornisce al comitato misto tutte le informazioni necessarie per un esame approfondito della situazione. Le Parti procedono a consultazioni in seno al comitato misto e, se entrambe vi acconsentono, tali consultazioni possono essere facilitate da un mediatore nominato dal comitato misto.
4. In casi particolarmente urgenti, la misura è notificata immediatamente all'altra Parte. Su richiesta dell'altra Parte, le consultazioni si tengono per un periodo non superiore a venti (20) giorni. Al termine di questo periodo si procede all'applicazione della misura. In tal caso, l'altra Parte può chiedere un arbitrato a norma dell'articolo 46 affinché venga esaminato qualsiasi aspetto della misura o il suo fondamento.
Articolo 46
Procedura di arbitrato
1. Il collegio arbitrale è composto di tre (3) arbitri. Ciascuna Parte nomina un arbitro e il comitato misto nomina un terzo arbitro entro quattordici (14) giorni, secondo il caso, con decorrenza dalla richiesta di arbitrato presentata da una delle Parti. La nomina dell'arbitro scelto da una delle Parti è notificata immediatamente all'altra Parte per iscritto e tramite i canali diplomatici. La decisione arbitrale è presa a maggioranza. Gli arbitri si adoperano per giungere a una decisione nei tempi più brevi possibili e, in ogni caso, entro tre (3) mesi dalla loro nomina. Il comitato misto concorda le procedure dettagliate per un rapido svolgimento dell'arbitrato.
2. Ciascuna Parte della controversia deve adottare le misure necessarie per dare attuazione alla decisione arbitrale. Se richiesto, gli arbitri formulano raccomandazioni sulle modalità di attuazione della loro decisione al fine di ristabilire l'equilibrio di diritti e obblighi nell'ambito del presente accordo.
TITOLO X
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 47
Definizione
Ai fini del presente accordo, per «parti» si intendono l'Unione europea o i suoi Stati membri oppure l'Unione europea e i suoi Stati membri, secondo le rispettive competenze, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra.
Articolo 48
Sicurezza nazionale e divulgazione di informazioni
Nessuna disposizione del presente accordo deve essere interpretata nel senso che obbliga una delle Parti a fornire informazioni la cui divulgazione sia considerata contraria ai suoi interessi essenziali in materia di sicurezza.
Articolo 49
Entrata in vigore, durata e denuncia
1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le Parti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto completamento delle procedure giuridiche necessarie a tal fine.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, in attesa dell'entrata in vigore il presente accordo si applica a titolo provvisorio. L'applicazione provvisoria ha inizio il primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le Parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure necessarie.
3. Il presente accordo è concluso per un periodo illimitato. Ciascuna delle due Parti può comunicare per iscritto all'altra Parte la propria intenzione di denunciarlo. La denuncia prende effetto sei mesi dopo la notifica.
Articolo 50
Notifiche
Le notifiche a norma dell'articolo 49 sono indirizzate, rispettivamente, al Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea e al ministro degli Affari esteri e del Commercio della Repubblica di Corea.
Articolo 51
Dichiarazioni e allegati
Le dichiarazioni e gli allegati del presente accordo ne costituiscono parte integrante.
Articolo 52
Applicazione territoriale
Il presente accordo si applica ai territori in cui si applica il trattato sull'Unione europea e alle condizioni ivi specificate, da una parte, e al territorio della Repubblica di Corea, dall'altra.
Articolo 53
Testi facenti fede
Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, romena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e coreana, ciascun testo facente ugualmente fede.
Съставено в Брюксел на десети май две хиляди и десета година.
Hecho en Bruselas, el diez de mayo de dos mil diez.
V Bruselu dne desátého května dva tisíce deset
Udfærdiget i Bruxelles den tiende maj to tusind og ti.
Geschehen zu Brüssel am zehnten Mai zweitausendzehn.
Kahe tuhande kümnenda aasta maikuu kümnendal päeval Brüsselis.
Έγινε στις Βρυξέλλες, στις δέκα Μαΐου δύο χιλιάδες δέκα.
Done at Brussels on the tenth day of May in the year two thousand and ten.
Fait à Bruxelles, le dix mai deux mille dix.
Fatto a Bruxelles, addì dieci maggio duemiladieci.
Briselē, divtūkstoš desmitā gada desmitajā maijā.
Priimta du tūkstančiai dešimtų metų gegužės dešimtą dieną Briuselyje.
Kelt Brüsszelben, a kétezer-tizedik év május tizedik napján.
Magħmul fi Brussell, fl-għaxar jum ta' Mejju tas-sena elfejn u għaxra.
Gedaan te Brussel, de tiende mei tweeduizend tien.
Sporządzono w Brukseli dnia dziesiątego maja roku dwa tysiące dziesiątego.
Feito em Bruxelas, em dez de Maio de dois mil e dez.
Întocmit la Bruxelles, la zece mai douã mii zece.
V Bruseli dňa desiateho mája dvetisícdesať.
V Bruslju, dne desetega maja leta dva tisoč deset.
Tehty Brysselissä kymmenentenä päivänä toukokuuta vuonna kaksituhattakymmenen.
Som skedde i Bryssel den tionde maj tjugohundratio.
Voor het Koninkrijk België
Pour le Royaume de Belgique
Für das Königreich Belgien
Deze handtekening verbindt eveneens de Vlaamse Gemeenschap, de Franse Gemeenschap, de Duitstalige Gemeenschap, het Vlaamse Gewest, het Waalse Gewest en het Brussels Hoofdstedelijk Gewest.
Cette signature engage également la Communauté française, la Communauté flamande, la Communauté germanophone, la Région wallone, la Région flamande et la Région de Bruxelles-Capitale.
Diese Unterschrift bindet zugleich die Deutschsprachige Gemeinschaft, die Flämische Gemeinschaft, die Französische Gemeinschaft, die Wallonische Region, die Flämische Region und die Region Brüssel-Hauptstadt.
За Република България
Za Českou republiku
På Kongeriget Danmarks vegne
Für die Bundesrepublik Deutschland
Eesti Vabariigi nimel
Thar cheann Na hÉireann
For Ireland
Για την Ελληνική Δημοκρατία
Por el Reino de España
Pour la République française
Per la Repubblica italiana
Για την Κυπριακή Δημοκρατία
Latvijas Republikas vārdā
Lietuvos Respublikos vardu
Pour le Grand-Duché de Luxembourg
A Magyar Köztársaság részéről
Għal Malta
Voor het Koninkrijk der Nederlanden
Für die Republik Österreich
W imieniu Rzeczypospolitej Polskiej
Pela República Portuguesa
Pentru România
Za Republiko Slovenijo
Za Slovenskú republiku
Suomen tasavallan puolesta
För Republiken Finland
För Konungariket Sverige
For the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
За Европейския сьюз
Por la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
DICHIARAZIONE COMUNE RELATIVA ALL'INTERPRETAZIONE DEGLI ARTICOLI 45 E 46
Le Parti sono Stati democratici. Esse desiderano lavorare insieme per promuovere nel mondo i valori che condividono. Il loro accordo è un segnale della comune determinazione a promuovere la democrazia, i diritti umani, la non proliferazione e la lotta contro il terrorismo in tutto il mondo. L'attuazione del presente accordo tra Parti che condividono gli stessi valori si fonda pertanto sui principi del dialogo, del rispetto reciproco, del partenariato equo, del multilateralismo, del consenso e del rispetto del diritto internazionale.
Ai fini della corretta interpretazione e dell'applicazione pratica del presente accordo, le Parti convengono che per «misure del caso» di cui all'articolo 45, paragrafo 3, si intendono misure proporzionate al mancato adempimento degli obblighi previsti dal presente accordo. Le misure possono essere adottate in riferimento al presente accordo oppure a un accordo specifico rientrante nel quadro istituzionale comune. Nella scelta delle misure, si accorda la priorità a quelle che meno inficiano il funzionamento degli accordi, prendendo in considerazione l'eventuale utilizzo delle vie di ricorso interne, ove disponibili.
Ai fini della corretta interpretazione e dell'applicazione pratica del presente accordo, le Parti convengono che per «casi particolarmente urgenti» di cui all'articolo 45, paragrafo 4, si intendono i casi di violazione sostanziale dell'accordo ad opera di una delle Parti. Una violazione sostanziale dell'accordo consiste o in una denuncia dell'accordo non sancita dalle norme generali del diritto internazionale o nell'inosservanza particolarmente grave e sostanziale di un elemento essenziale dell'accordo. Le Parti valutano un'eventuale violazione sostanziale dell'articolo 4, paragrafo 2, prendendo in considerazione l'eventuale posizione ufficiale dei competenti organismi internazionali.
Per quanto attiene all'articolo 46, se sono state adottate misure in relazione a uno specifico accordo rientrante nel quadro istituzionale comune, per l'attuazione della decisione del collegio arbitrale nei casi in cui gli arbitri decidano che la misura in questione non fosse giustificata o proporzionata, si applicano le pertinenti procedure di composizione delle controversie definite nell'accordo specifico.
DICHIARAZIONE UNILATERALE DELL'UNIONE EUROPEA SULL'ARTICOLO 12
I plenipotenziari degli Stati membri e il plenipotenziario della Repubblica di Corea prendono atto della seguente dichiarazione unilaterale:
L'Unione europea dichiara che gli Stati membri s'impegnano a norma dell'articolo 12 soltanto se hanno sottoscritto tali principi di buon governo in materia fiscale a livello dell'Unione europea.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 10 maggio 2010
relativa alla firma a nome dell'Unione europea e all'applicazione provvisoria dell'accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra
(2013/40/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 207 e 212, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 7 maggio 2008 il Consiglio ha autorizzato la Commissione europea a negoziare con la Repubblica di Corea un accordo quadro («l'accordo»).
(2)
I negoziati si sono conclusi e l'accordo è stato siglato il 14 ottobre 2009.
(3)
Fatta salva la sua conclusione in una data successiva, è opportuno che l'accordo sia firmato e applicato a titolo provvisorio,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La firma dell'accordo quadro tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, è approvata a nome dell'Unione, fatta salva la conclusione di tale accordo.
Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
In attesa del completamento delle procedure necessarie per la sua entrata in vigore, l'accordo si applica in via provvisoria, con decorrenza dal primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le Parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure necessarie a tal fine.
Articolo 3
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la o le persone abilitate a firmare l'accordo a nome dell'Unione.
Articolo 4
La presente decisione entra in vigore il giorno della sua adozione.
Articolo 5
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 10 maggio 2010
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
ACCORDO QUADRO
tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra
L'UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «Unione»,
e
IL REGNO DEL BELGIO,
LA REPUBBLICA DI BULGARIA,
LA REPUBBLICA CECA,
IL REGNO DI DANIMARCA,
LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,
LA REPUBBLICA DI ESTONIA,
L'IRLANDA,
LA REPUBBLICA ELLENICA,
IL REGNO DI SPAGNA,
LA REPUBBLICA FRANCESE,
LA REPUBBLICA ITALIANA,
LA REPUBBLICA DI CIPRO,
LA REPUBBLICA DI LETTONIA,
LA REPUBBLICA DI LITUANIA,
IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,
LA REPUBBLICA DI UNGHERIA,
MALTA,
IL REGNO DEI PAESI BASSI,
LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,
LA REPUBBLICA DI POLONIA,
LA REPUBBLICA PORTOGHESE,
LA ROMANIA,
LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,
LA REPUBBLICA SLOVACCA,
LA REPUBBLICA DI FINLANDIA,
IL REGNO DI SVEZIA,
IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,
parti contraenti del trattato sull'Unione europea e del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in seguito denominati «Stati membri»,
da una parte, e
LA REPUBBLICA DI COREA,
dall'altra,
in seguito denominate congiuntamente «Parti»,
CONSIDERANDO i tradizionali vincoli di amicizia e i legami storici, politici ed economici che le uniscono;
RAMMENTANDO l'accordo quadro di commercio e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Corea, dall'altro, firmato a Lussemburgo il 28 ottobre 1996 ed entrato in vigore il 1o aprile 2001;
TENENDO CONTO del rapido processo mediante il quale l'Unione europea sta acquisendo la propria identità nella politica estera e nei settori della sicurezza e della giustizia;
CONSAPEVOLI del ruolo e delle responsabilità sempre maggiori che la Repubblica di Corea assume in seno alla comunità internazionale;
SOTTOLINEANDO l'ampia natura delle loro relazioni e l'importanza di un impegno costante per preservarne la coerenza generale;
CONFERMANDO il desiderio di mantenere e sviluppare il loro regolare dialogo politico, basato su valori e aspirazioni comuni;
ESPRIMENDO la comune volontà di elevare le loro relazioni al livello di partenariato rafforzato, in particolare nei settori politico, economico, sociale e culturale;
DETERMINATE, a questo riguardo, a consolidare, approfondire e diversificare le relazioni nei settori di reciproco interesse a livello bilaterale, regionale e mondiale e su basi di parità, rispetto della sovranità, non discriminazione e mutui vantaggi;
RIAFFERMANDO il loro fermo impegno al rispetto dei principi democratici e dei diritti umani enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e in altri pertinenti strumenti internazionali in materia di diritti umani, nonché dei principi dello Stato di diritto e del buon governo;
RIAFFERMANDO la loro determinazione a lottare contro i crimini gravi di rilevanza internazionale e la convinzione che si debba assicurare l'effettivo perseguimento dei crimini più gravi di rilevanza internazionale adottando provvedimenti a livello nazionale e rafforzando la cooperazione internazionale;
CONSIDERANDO che il terrorismo è una minaccia per la sicurezza mondiale, auspicando d'intensificare il dialogo e la cooperazione nella lotta contro il terrorismo, conformemente agli strumenti internazionali pertinenti, in particolare la risoluzione 1373 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e riaffermando che il rispetto dei diritti umani e lo Stato di diritto costituiscono le basi fondamentali della lotta contro il terrorismo;
CONCORDANDO nel ritenere che la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei loro vettori costituisca una grave minaccia per la sicurezza internazionale, riconoscendo l'impegno della comunità internazionale nella lotta contro tale proliferazione, tradottosi nell'adozione delle pertinenti convenzioni e risoluzioni internazionali del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare la risoluzione 1540, e desiderose di rafforzare il dialogo e la cooperazione in questo settore;
RICONOSCENDO la necessità di una maggiore cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza;
RAMMENTANDO a tale riguardo che le disposizioni dell'accordo rientranti nell'ambito di applicazione della parte III, titolo V del trattato sul funzionamento dell'Unione europea vincolano il Regno Unito e l'Irlanda in quanto parti contraenti distinte e non in quanto parte dell'Unione europea, fino al momento in cui l'Unione europea notifichi alla Repubblica di Corea che l'uno o l'altro di tali Stati è vincolato in tal senso in quanto membro dell'Unione europea, conformemente al protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e che altrettanto vale per la Danimarca, conformemente al pertinente protocollo allegato ai suddetti trattati;
RICONOSCENDO il loro desiderio di promuovere lo sviluppo sostenibile nelle sue dimensioni economica, sociale e ambientale;
ESPRIMENDO l'impegno a garantire un livello elevato di tutela ambientale e la determinazione a cooperare nella lotta contro il cambiamento climatico;
RAMMENTANDO il loro sostegno a un'equa globalizzazione e agli obiettivi di un'occupazione piena e produttiva e di un lavoro dignitoso per tutti;
RICONOSCENDO che gli scambi e i flussi d'investimenti fra le Parti hanno prosperato sulla base di un sistema commerciale disciplinato da regole mondiali sotto l'egida dell'Organizzazione mondiale per il commercio (OMC);
DESIDEROSE di assicurare le condizioni necessarie e di dare impulso all'incremento e allo sviluppo sostenibili del commercio e degli investimenti fra le Parti a reciproco vantaggio, tra l'altro istituendo una zona di libero scambio;
CONCORDI sull'esigenza di profondere sforzi collettivi in risposta a questioni di portata mondiale come il terrorismo, i crimini gravi di rilevanza internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei loro vettori, il cambiamento climatico, l'insicurezza in materia di energia e risorse, la povertà e la crisi finanziaria;
DETERMINATE a rafforzare la cooperazione nei settori di reciproco interesse, in particolare la promozione dei principi democratici e il rispetto dei diritti umani, la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la lotta contro il traffico illecito in armi leggere e di piccolo calibro, l'adozione di provvedimenti contro i crimini più gravi di rilevanza per la comunità internazionale, la lotta contro il terrorismo, la cooperazione nelle organizzazioni regionali e internazionali, il commercio e gli investimenti, il dialogo sulla politica economica, la cooperazione fra le imprese, la fiscalità, le dogane, la politica della concorrenza, la società dell’informazione, la scienza e la tecnologia, l’energia, i trasporti, la politica dei trasporti marittimi, la politica dei consumatori, la salute, l'occupazione e gli affari sociali, l'ambiente e le risorse naturali, il cambiamento climatico, l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la silvicoltura, l'ambiente marino e la pesca, gli aiuti allo sviluppo, la cultura, l'informazione, la comunicazione, i mezzi audiovisivi e i media, l'istruzione, lo Stato di diritto, la cooperazione giuridica, la protezione dei dati personali, la migrazione, la lotta contro le droghe illecite, la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione, la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, la lotta contro la criminalità informatica, l'attività di contrasto, il turismo, la società civile, la pubblica amministrazione e le statistiche;
CONSAPEVOLI dell'importanza di agevolare la partecipazione alla cooperazione dei singoli e delle entità direttamente interessati, in particolare gli operatori economici e gli organismi che li rappresentano;
RICONOSCENDO l'opportunità che ciascuna delle Parti promuova il ruolo e il profilo dell'altra nella propria regione e di promuovere i contatti personali fra le Parti;
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
TITOLO I
FONDAMENTO E CAMPO DI APPLICAZIONE
Articolo 1
Fondamento della cooperazione
1. Le Parti confermano il loro impegno al rispetto dei principi democratici, dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto. Il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e in altri pertinenti strumenti internazionali in materia di diritti umani, che riflettono il principio dello Stato di diritto, è alla base delle politiche interna e internazionale di entrambe le Parti e costituisce un elemento fondamentale del presente accordo.
2. Le Parti confermano la loro fedeltà alla Carta delle Nazioni Unite e il loro sostegno ai valori condivisi ivi espressi.
3. Le Parti ribadiscono il proprio impegno a promuovere lo sviluppo sostenibile in tutte le sue dimensioni e la crescita economica, a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo concordati a livello internazionale e a cooperare per affrontare le sfide ambientali mondiali, in particolar modo il cambiamento climatico.
4. Le Parti riaffermano la propria adesione ai principi del buon governo e della lotta contro la corruzione, in particolare tenendo conto dei loro obblighi internazionali.
5. Le Parti sottolineano il comune attaccamento al carattere globale delle relazioni bilaterali e al mantenimento della coerenza generale a tale riguardo.
6. Le Parti convengono di elevare le loro relazioni al livello di partenariato rafforzato e di sviluppare i settori di cooperazione ai livelli bilaterale, regionale e mondiale.
7. L'attuazione del presente accordo tra Parti animate da rispetto e valori comuni si basa pertanto sui principi del dialogo, del rispetto reciproco, del partenariato equo, del multilateralismo, del consenso e del rispetto del diritto internazionale.
Articolo 2
Obiettivi della cooperazione
1. Per rafforzare la loro cooperazione, le Parti s'impegnano a intensificare il dialogo politico e a migliorare ulteriormente le loro relazioni economiche, mirando in particolare a:
a)
convenire una visione futura per il rafforzamento del partenariato e sviluppare progetti comuni volti ad attuare tale visione;
b)
condurre un regolare dialogo politico;
c)
promuovere gli sforzi collettivi in tutti i consessi e le organizzazioni regionali e internazionali competenti per dare risposta alle questioni di portata mondiale;
d)
promuovere la cooperazione economica nei settori di reciproco interesse, compresa la cooperazione scientifica e tecnologica, allo scopo di diversificare gli scambi a reciproco vantaggio;
e)
incentivare la cooperazione tra imprese agevolando gli investimenti da entrambi i lati e promuovendo una migliore comprensione reciproca;
f)
rafforzare la partecipazione rispettiva di ciascuna Parte ai programmi di cooperazione aperti all'altra;
g)
promuovere il ruolo e il profilo dell'altra Parte nella propria regione attraverso vari mezzi, compresi gli scambi culturali, l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e l'istruzione;
h)
promuovere i contatti personali e la comprensione.
2. Sulla base del loro partenariato consolidato e dei loro valori comuni, le Parti convengono di sviluppare la cooperazione e il dialogo su tutte le questioni d'interesse comune, mirando in particolare a:
a)
rafforzare il dialogo politico e la cooperazione, in particolare per quanto riguarda i diritti umani, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, le armi leggere e di piccolo calibro, i crimini più gravi di rilevanza per la comunità internazionale e la lotta contro il terrorismo;
b)
rafforzare la cooperazione in tutti i settori di reciproco interesse concernenti gli scambi e gli investimenti e assicurare le condizioni per un incremento sostenibile degli scambi e investimenti tra le Parti a reciproco vantaggio;
c)
rafforzare la cooperazione nel settore economico, in particolare per quanto riguarda il dialogo sulla politica economica, la cooperazione tra imprese, la fiscalità, le dogane, la politica della concorrenza, la società dell’informazione, la scienza e la tecnologia, l’energia, i trasporti, la politica dei trasporti marittimi e la politica dei consumatori;
d)
rafforzare la cooperazione nel settore dello sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda la salute, l'occupazione e gli affari sociali, l'ambiente e le risorse naturali, il cambiamento climatico, l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la silvicoltura, l'ambiente marino e la pesca e gli aiuti allo sviluppo;
e)
rafforzare la cooperazione nei settori della cultura, dell'informazione, della comunicazione, dei mezzi audiovisivi e media e dell'istruzione;
f)
rafforzare la cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza, in particolare per quanto riguarda lo Stato di diritto, la cooperazione giuridica, la protezione dei dati personali, la migrazione, la lotta contro le droghe illecite, la lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione, la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, la lotta contro la criminalità informatica e l'attività di contrasto;
g)
rafforzare la cooperazione in altri settori d'interesse comune, in particolare il turismo, la società civile, la pubblica amministrazione e le statistiche.
TITOLO II
DIALOGO POLITICO E COOPERAZIONE
Articolo 3
Dialogo politico
1. L'Unione europea e la Repubblica di Corea avviano un regolare dialogo politico basato su valori e aspirazioni comuni. Il dialogo si svolge secondo le procedure concordate tra la Repubblica di Corea e l'Unione europea.
2. Il dialogo politico ha l'obiettivo di:
a)
sottolineare l'impegno delle Parti a favore della democrazia e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
b)
promuovere soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali o regionali e il rafforzamento delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali;
c)
intensificare le consultazioni politiche su questioni di sicurezza internazionale come il controllo degli armamenti e il disarmo, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa e il trasferimento internazionale di armi convenzionali;
d)
riflettere sulle principali questioni internazionali d'interesse comune intensificando lo scambio d'informazioni pertinenti tra le Parti e nei consessi internazionali;
e)
intensificare le consultazioni su questioni di particolare interesse per i paesi delle regioni dell'Asia-Pacifico ed europea, al fine di promuovere la pace, la stabilità e la prosperità in entrambe le regioni.
3. Il dialogo tra le Parti avviene tramite contatti, scambi e consultazioni, in particolare nelle seguenti forme:
a)
incontri di vertice a livello di capi di Stato e di governo ogniqualvolta le Parti lo ritengano necessario;
b)
consultazioni annuali a livello ministeriale in sedi da concordarsi tra le Parti;
c)
incontri informativi sui principali sviluppi internazionali e nazionali a livello di alti funzionari;
d)
dialoghi settoriali su questioni d'interesse comune;
e)
scambi di delegazioni tra il Parlamento europeo e l'Assemblea nazionale della Repubblica di Corea.
Articolo 4
Lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa
1. Le Parti considerano la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori, a livello di attori statali e non statali, una delle più gravi minacce per la stabilità e la sicurezza internazionali.
2. Le Parti convengono pertanto di cooperare e di contribuire alla lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori tramite la piena attuazione dei rispettivi obblighi giuridici vigenti in materia di disarmo e non proliferazione e di altri strumenti pertinenti concordati dalle Parti. Le Parti convengono che questa disposizione costituisce un elemento fondamentale del presente accordo.
3. Le Parti convengono inoltre di cooperare e di contribuire alla lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei relativi vettori mediante:
a)
l'adozione delle misure necessarie per firmare, ratificare o aderire, secondo il caso, e attuare integralmente tutti gli altri strumenti internazionali pertinenti;
b)
l'istituzione di un sistema nazionale efficace di controllo delle esportazioni per prevenire la proliferazione delle armi di distruzione di massa e dei beni e tecnologie a esse correlati, inclusi controlli sugli utilizzatori finali e adeguate sanzioni civili e penali in caso di violazione dei controlli all'esportazione.
4. Le Parti convengono che il dialogo politico accompagni e consolidi i suddetti elementi.
Articolo 5
Armi leggere e di piccolo calibro
1. Le Parti riconoscono che la fabbricazione, il trasferimento e la circolazione illegali di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni nonché la loro eccessiva accumulazione, le carenze nella gestione, depositi non sufficientemente sicuri e la diffusione incontrollata continuano a rappresentare una grave minaccia per la pace e la sicurezza internazionali.
2. Le Parti convengono di attuare i rispettivi impegni in materia di contrasto al commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni nell'ambito degli strumenti internazionali, tra cui il programma d'azione dell'ONU volto a prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti e lo strumento internazionale volto a consentire agli Stati d'identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, armi leggere e di piccolo calibro (ITI), nonché gli obblighi che derivano loro dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
3. Le Parti s'impegnano a cooperare e ad assicurare il coordinamento, la complementarità e la sinergia delle loro azioni di contrasto al commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni a livello mondiale, regionale, subregionale e nazionale.
Articolo 6
Crimini più gravi di rilevanza per la comunità internazionale
1. Le Parti ribadiscono che i crimini più gravi di rilevanza per l'intera comunità internazionale non devono rimanere impuniti e che deve essere assicurato il loro effettivo perseguimento adottando provvedimenti a livello nazionale e, se opportuno, rafforzando la cooperazione internazionale, anche nell'ambito della Corte penale internazionale. Le Parti convengono di sostenere pienamente l'universalità e l'integrità dello statuto di Roma della Corte penale internazionale e relativi strumenti.
2. Le Parti convengono che sarebbe proficuo un dialogo tra di esse a tale riguardo.
Articolo 7
Cooperazione nella lotta contro il terrorismo
1. Ribadendo l'importanza della lotta contro il terrorismo e conformemente alle convenzioni internazionali applicabili, compresi il diritto internazionale umanitario e quello in materia di diritti umani e dei rifugiati, nonché alle rispettive legislazioni e normative e tenuto conto della strategia globale contro il terrorismo di cui alla risoluzione 60/288 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite dell'8 settembre 2006, le Parti convengono di cooperare nella prevenzione e repressione degli atti di terrorismo.
2. In particolare, le Parti agiscono in tal senso:
a)
nel quadro dell'attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e degli obblighi che derivano loro da altri strumenti e convenzioni internazionali pertinenti;
b)
mediante scambi d'informazioni su gruppi terroristici e sulle loro reti di sostegno a norma del diritto internazionale e nazionale;
c)
mediante scambi di pareri sui mezzi e sui metodi utilizzati per contrastare il terrorismo, anche dal punto di vista tecnico e della formazione, e scambi di esperienze in materia di prevenzione del terrorismo;
d)
mediante una cooperazione volta a rafforzare il consenso internazionale sulla lotta contro il terrorismo, compresa la definizione giuridica degli atti terroristici, e adoperandosi in particolare per giungere a un accordo sulla convenzione globale contro il terrorismo internazionale;
e)
attraverso la condivisione delle migliori pratiche nel settore della tutela dei diritti umani nella lotta contro il terrorismo.
TITOLO III
COOPERAZIONE NELL'AMBITO DELLE ORGANIZZAZIONI REGIONALI E INTERNAZIONALI
Articolo 8
Cooperazione nell'ambito delle organizzazioni regionali e internazionali
Le Parti s'impegnano a cooperare e a scambiare opinioni nell'ambito di consessi e organizzazioni regionali e internazionali quali le Nazioni Unite, l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), l'OMC, il vertice Asia-Europa (ASEM) e il forum regionale dell'ASEAN.
TITOLO IV
COOPERAZIONE IN MATERIA DI SVILUPPO ECONOMICO
Articolo 9
Commercio e investimenti
1. Le Parti s'impegnano a cooperare per assicurare le condizioni necessarie e dare impulso all'incremento e allo sviluppo sostenibili del commercio e degli investimenti a reciproco vantaggio. Le Parti avviano un dialogo e rafforzano la cooperazione in tutti i settori di reciproco interesse correlati al commercio e agli investimenti, allo scopo di agevolare flussi commerciali e di investimenti sostenibili, prevenire ed eliminare gli ostacoli al commercio e agli investimenti e far progredire il sistema commerciale multilaterale.
2. A tal fine, le Parti attuano la cooperazione nel settore commerciale e degli investimenti tramite l'accordo che istituisce una zona di libero scambio. Detto accordo costituisce un accordo specifico ai sensi dell'articolo 43 che mette in atto le disposizioni commerciali del presente accordo.
3. Le Parti si tengono reciprocamente informate e scambiano opinioni sullo sviluppo del commercio bilaterale e internazionale, sugli investimenti e sulle politiche e problematiche correlate.
Articolo 10
Dialogo sulla politica economica
1. Le Parti convengono di rafforzare il dialogo fra le rispettive autorità e di promuovere lo scambio d'informazioni e la condivisione di esperienze in materia di politiche e tendenze macroeconomiche.
2. Le Parti convengono di rafforzare il dialogo e la cooperazione al fine di migliorare i sistemi contabili, di revisione dei conti, di vigilanza e di regolamentazione nei settori bancario e assicurativo e in altri comparti del settore finanziario.
Articolo 11
Cooperazione tra imprese
1. Le Parti, tenendo conto delle rispettive politiche e dei rispettivi obiettivi economici, convengono di promuovere la cooperazione in materia di politica industriale in tutti i settori ritenuti opportuni, in particolare allo scopo di migliorare la competitività delle piccole e medie imprese (PMI), tra l'altro mediante:
a)
scambi d'informazioni e di esperienze sulla realizzazione di un contesto favorevole al miglioramento della competitività delle PMI e sulle procedure per la loro creazione;
b)
la promozione di contatti tra operatori economici, l'incentivazione di coinvestimenti e la costituzione di joint ventures e di reti d'informazione, in particolare attraverso i programmi esistenti;
c)
la facilitazione dell'accesso ai finanziamenti e ai mercati, la fornitura di informazioni e la promozione dell'innovazione;
d)
l'agevolazione delle attività avviate dalle PMI di entrambe le Parti;
e)
la promozione della responsabilità e rendicontazione sociale delle imprese e di pratiche commerciali responsabili, inclusi il consumo e la produzione sostenibili.
2. Le Parti agevolano le pertinenti attività di cooperazione avviate dal settore privato di entrambe.
Articolo 12
Fiscalità
Al fine di rafforzare e sviluppare le attività economiche tenendo conto nel contempo della necessità di sviluppare un quadro normativo adeguato, le Parti riconoscono e s'impegnano ad attuare nel settore della fiscalità i principi della trasparenza, dello scambio d'informazioni e della leale concorrenza fiscale. A tal fine, secondo le rispettive competenze, le Parti migliorano la cooperazione internazionale in materia fiscale, agevolano la riscossione del gettito fiscale legittimo e sviluppano misure finalizzate a un'efficace attuazione dei suddetti principi.
Articolo 13
Dogane
Le Parti cooperano nel settore doganale su base bilaterale e multilaterale. A tal fine, condividono in particolare le esperienze ed esaminano le possibilità di semplificare le procedure, aumentare la trasparenza e sviluppare la cooperazione. Esse ricercano inoltre una convergenza di opinioni e un'azione comune nei pertinenti ambiti internazionali.
Articolo 14
Politica della concorrenza
1. Le Parti promuovono la concorrenza leale nelle attività economiche applicando integralmente la propria normativa in materia di concorrenza.
2. Nel perseguire l'obiettivo di cui al paragrafo 1 del presente articolo e conformemente all'accordo tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea concernente la cooperazione in merito ad attività anticoncorrenziali, le Parti s'impegnano a cooperare per:
a)
riconoscere l'importanza del diritto della concorrenza e delle autorità preposte alla concorrenza e puntare ad applicare in modo proattivo la legge al fine di creare un clima di concorrenza leale;
b)
condividere informazioni e migliorare la cooperazione tra le autorità preposte alla concorrenza.
Articolo 15
Società dell'informazione
1. Riconoscendo che le tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono elementi essenziali della vita moderna e rivestono un'importanza vitale per lo sviluppo economico e sociale, le Parti convengono di scambiare opinioni sulle rispettive politiche in questo settore.
2. La cooperazione in questo settore si incentra, tra l'altro:
a)
sugli scambi di opinioni in merito ai diversi aspetti della società dell'informazione, in particolare le politiche e le normative riguardanti le comunicazioni elettroniche, compresi il servizio universale, le licenze e le autorizzazioni generali, la tutela della vita privata e dei dati personali, nonché l'indipendenza e l'efficienza dell'autorità di regolamentazione;
b)
sull'interconnessione e l'interoperabilità delle reti e dei servizi di ricerca, anche in un contesto regionale;
c)
sulla standardizzazione e la diffusione delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
d)
sulla promozione della cooperazione tra le Parti nella ricerca riguardante le tecnologie dell'informazione e della comunicazione;
e)
sugli aspetti delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione legati alla sicurezza, inclusi la promozione della sicurezza in rete, la lotta contro la criminalità informatica e l'uso improprio delle tecnologie dell'informazione e di tutti i mezzi di comunicazione elettronica.
3. È incoraggiata la cooperazione tra imprese.
Articolo 16
Scienza e tecnologia
Le Parti promuovono, sviluppano e agevolano le attività di cooperazione nei settori della scienza e della tecnologia a scopo pacifico, conformemente all'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea.
Articolo 17
Energia
1. Le Parti riconoscono l'importanza del settore dell'energia per lo sviluppo economico e sociale e si adoperano, nell'ambito delle rispettive competenze, per migliorare la cooperazione in questo settore al fine di:
a)
diversificare gli approvvigionamenti energetici per rafforzare la sicurezza energetica e sviluppare forme di energia nuove, sostenibili, innovative e rinnovabili, compresi, tra l'altro, i biocombustibili e le biomasse e l'energia eolica, solare e idrica;
b)
sostenere lo sviluppo di politiche volte ad accrescere la competitività delle energie rinnovabili;
c)
pervenire a un utilizzo razionale dell'energia con contributi dal lato sia della domanda che dell'offerta, promuovendo l'efficienza energetica nella produzione, nel trasporto, nella distribuzione e nell'uso finale dell'energia:
d)
incentivare i trasferimenti di tecnologia ai fini della produzione e dell'utilizzo sostenibili di energia;
e)
migliorare lo sviluppo delle capacità e agevolare gli investimenti nel settore dell'energia, tenendo conto dei principi di trasparenza, non discriminazione e compatibilità di mercato;
f)
promuovere la concorrenza nel mercato dell'energia;
g)
scambiare opinioni sugli sviluppi nei mercati mondiali dell'energia, compresa l'incidenza sui paesi in via di sviluppo.
2. A tal fine, le Parti prendono le opportune iniziative per promuovere, in particolare nei contesti regionali e internazionali esistenti, le seguenti attività di cooperazione:
a)
cooperazione nell'elaborazione delle politiche energetiche e scambio d'informazioni attinenti alle politiche energetiche:
b)
scambio d'informazioni sulla situazione e sulle tendenze del mercato, dell'industria e delle tecnologie nel settore dell'energia;
c)
realizzazione di studi e ricerche comuni;
d)
aumento del commercio e degli investimenti nel settore dell'energia.
Articolo 18
Trasporti
1. Le Parti si adoperano per cooperare in tutti i settori pertinenti della politica dei trasporti, compresa la politica dei trasporti integrata, nell'intento di migliorare la circolazione delle merci e dei passeggeri, di promuovere la sicurezza dei trasporti marittimi e aerei e la tutela dell'ambiente e di rendere più efficienti i rispettivi sistemi di trasporti.
2. La cooperazione fra le Parti in questo settore è volta a promuovere:
a)
gli scambi d'informazioni sulle rispettive politiche e pratiche in materia di trasporti, in particolare per quanto concerne i trasporti urbani, rurali, fluviali, aerei e marittimi, comprese la loro logistica e l'interconnessione e interoperabilità delle reti di trasporto multimodali nonché la gestione delle strade, delle ferrovie, dei porti e degli aeroporti;
b)
un dialogo e azioni comuni nel settore del trasporto aereo in ambiti di reciproco interesse, compresi l'accordo su taluni aspetti dei servizi aerei e l'esame delle possibilità di maggiore sviluppo delle relazioni, la cooperazione tecnica e normativa in materia di sicurezza e protezione nel settore aereo, ambiente, gestione del traffico aereo, applicazione del diritto della concorrenza e regolamentazione economica dell'industria del trasporto aereo, nell'intento di promuovere la convergenza normativa e di rimuovere gli ostacoli alle attività economiche. Su questa base, le Parti valutano la possibilità di una più ampia cooperazione nel settore dell'aviazione civile;
c)
la cooperazione per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra nel settore dei trasporti;
d)
la cooperazione nei consessi internazionali che si occupano di trasporti;
e)
l'applicazione di norme in materia di sicurezza e protezione e di prevenzione dell'inquinamento, in particolare per quanto concerne i trasporti marittimi e aerei, conformemente alle pertinenti convenzioni internazionali applicabili a entrambe le Parti, compresa la cooperazione nei consessi internazionali competenti al fine di garantire una migliore applicazione delle normative internazionali.
3. Per quanto riguarda la navigazione satellitare globale civile, le Parti cooperano a norma dell'accordo di cooperazione relativo a un sistema globale di navigazione satellitare civile (GNSS) tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra.
Articolo 19
Politica dei trasporti marittimi
1. Le Parti s'impegnano a perseguire l'obiettivo dell'accesso illimitato al mercato e al traffico marittimo internazionale in condizioni di concorrenza leale e su base commerciale conformemente al disposto del presente articolo.
2. Per conseguire l'obiettivo di cui al paragrafo 1, le Parti:
a)
si astengono dall'introdurre clausole di ripartizione del carico nei futuri accordi bilaterali con paesi terzi sui servizi di trasporto marittimo, inclusi i trasporti sfusi di merci liquide o solide e i trasporti di linea, e dall'applicare tali clausole se contenute in precedenti accordi bilaterali;
b)
si astengono dall'applicare, dall'entrata in vigore del presente accordo, misure amministrative, tecniche e legislative suscettibili di creare discriminazioni tra i propri cittadini o società e quelli dell'altra Parte nella prestazione di servizi di trasporto marittimo internazionale;
c)
concedono alle navi gestite da cittadini o società dell'altra Parte un trattamento non meno favorevole di quello riservato alle proprie navi per quanto riguarda l'accesso ai porti aperti al commercio internazionale, l'utilizzo delle infrastrutture e dei servizi marittimi ausiliari dei porti, i relativi diritti e oneri, le agevolazioni doganali e l'assegnazione di ormeggi e d'infrastrutture per il carico e lo scarico;
d)
autorizzano la presenza commerciale di società di navigazione dell'altra Parte sul proprio territorio applicando, per l'insediamento e le attività di tali società, condizioni non meno favorevoli di quelle concesse alle proprie società oppure alle consociate e alle filiali di società di paesi terzi, nel caso che a queste ultime siano concesse condizioni migliori.
3. Ai fini del presente articolo, l'accesso al mercato marittimo internazionale comprende, tra l'altro, il diritto per i vettori marittimi internazionali di ciascuna Parte di organizzare servizi di trasporto porta a porta comprendenti una tratta marittima e, a tal fine, di concludere contratti direttamente con i gestori locali di modi di trasporto diversi da quello marittimo sul territorio dell'altra Parte, fatte salve le restrizioni in materia di cittadinanza previste per il trasporto di merci e passeggeri con tali altri modi di trasporto.
4. Il disposto del presente articolo si applica alle società dell'Unione europea e della Corea e alle società di navigazione aventi sede fuori dell'Unione europea e della Repubblica di Corea controllate da cittadini di uno Stato membro o della Repubblica di Corea, se le loro navi sono registrate in tale Stato membro o nella Repubblica di Corea secondo le rispettive norme di legge.
5. Le attività delle società di navigazione nell'Unione europea e nella Repubblica di Corea sono disciplinate, se del caso, da accordi specifici.
6. Le Parti conducono un dialogo nel settore della politica dei trasporti marittimi.
Articolo 20
Politica dei consumatori
Le Parti si adoperano per cooperare nel settore della politica dei consumatori al fine di assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori. Le Parti convengono che, per quanto possibile, la cooperazione in questo settore può mirare a:
a)
accrescere la compatibilità tra le normative di protezione dei consumatori, per evitare barriere commerciali assicurando nel contempo un livello elevato di protezione dei consumatori;
b)
promuovere lo scambio d'informazioni sui sistemi di protezione dei consumatori, inclusi le leggi a protezione dei consumatori, la sicurezza dei prodotti di consumo, l'applicazione delle leggi, l'educazione e il rafforzamento dei mezzi di azione dei consumatori e i mezzi di ricorso a loro disposizione;
c)
favorire lo sviluppo di associazioni indipendenti di consumatori e di contatti tra i rappresentanti dei consumatori.
TITOLO V
COOPERAZIONE NEL SETTORE DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Articolo 21
Salute
1. Le Parti convengono di promuovere la cooperazione reciproca e lo scambio d'informazioni nei settori della salute e della gestione efficace dei problemi sanitari a carattere transfrontaliero.
2. Le Parti s'impegnano a promuovere gli scambi d'informazioni e la cooperazione reciproca, tra l'altro, tramite:
a)
lo scambio d'informazioni sulla sorveglianza delle malattie infettive, incluse le pandemie influenzali, e sull'allarme precoce e le contromisure;
b)
lo scambio d'informazioni sulle strategie sanitarie e sui piani sanitari pubblici;
c)
lo scambio d'informazioni sulle politiche di promozione della salute, come le campagne contro il fumo, la prevenzione dell'obesità e il controllo delle malattie;
d)
lo scambio d'informazioni, per quanto possibile, nel settore della sicurezza e dell'approvazione dei farmaci;
e)
lo scambio d'informazioni, per quanto possibile, e la ricerca comune nel settore della sicurezza degli alimenti, per esempio in riferimento alle leggi e ai regolamenti in materia di alimenti, ai sistemi di allarme rapido, ecc.;
f)
la cooperazione nel settore della ricerca e sviluppo, per esempio in riferimento alle terapie avanzate e ai medicinali orfani e innovativi;
g)
lo scambio d'informazioni e la cooperazione in materia di politica dei servizi sanitari in rete.
3. Le Parti si adoperano per promuovere l'applicazione degli accordi sanitari internazionali, quali i regolamenti sanitari internazionali e la convenzione quadro per il controllo del tabacco.
Articolo 22
Occupazione e affari sociali
1. Le Parti convengono di rafforzare la cooperazione nel settore dell'occupazione e degli affari sociali, anche nel contesto della globalizzazione e dell'evoluzione demografica. Esse si sforzano di promuovere la cooperazione e gli scambi d'informazioni e di esperienze sui temi dell'occupazione e del lavoro. I settori di cooperazione possono comprendere la coesione regionale e sociale, l'integrazione sociale, i sistemi di previdenza sociale, l'acquisizione di competenze lungo tutto l'arco della vita, la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, la parità di genere e il lavoro dignitoso.
2. Le Parti ribadiscono la necessità di sostenere un processo di globalizzazione a vantaggio di tutti e di promuovere l'occupazione piena e produttiva e il lavoro dignitoso quali elementi chiave dello sviluppo sostenibile e della riduzione della povertà.
3. Le Parti ribadiscono il loro impegno a rispettare, promuovere e applicare le norme sociali e del lavoro riconosciute a livello internazionale, sancite in particolare dalla dichiarazione dell'OIL relativa ai principi e ai diritti fondamentali del lavoro.
4. Le forme di cooperazione possono comprendere, tra l'altro, programmi e progetti specifici concordati congiuntamente, il dialogo, la cooperazione e iniziative su temi d'interesse comune a livello bilaterale o multilaterale.
Articolo 23
Ambiente e risorse naturali
1. Le Parti convengono che è necessario salvaguardare e gestire in modo sostenibile le risorse naturali e la diversità biologica come basi per lo sviluppo delle generazioni attuali e future.
2. Le Parti si adoperano per proseguire e rafforzare la cooperazione in materia di protezione dell'ambiente, anche in un contesto regionale, in particolare per quanto concerne:
a)
il cambiamento climatico e l'efficienza energetica;
b)
la consapevolezza ambientale;
c)
l'adesione agli accordi ambientali multilaterali, compresi quelli riguardanti la biodiversità e la biosicurezza e la Convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, e la loro attuazione;
d)
la promozione di tecnologie, prodotti e servizi ambientali, compresi i sistemi di gestione ambientale e l'etichettatura ambientale;
e)
la prevenzione dei movimenti transfrontalieri illeciti di sostanze pericolose, rifiuti pericolosi e altri tipi di rifiuti;
f)
il controllo della conservazione dell'ambiente costiero e marino e la lotta contro il suo inquinamento e degrado;
g)
la partecipazione a livello locale alla protezione dell'ambiente quale elemento chiave dello sviluppo sostenibile;
h)
la gestione dei suoli e dei terreni;
i)
lo scambio d'informazioni, di conoscenze specialistiche e di pratiche.
3. Si tiene opportunamente conto dei risultati del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile e dell'applicazione dei pertinenti accordi ambientali multilaterali.
Articolo 24
Cambiamento climatico
1. Le Parti riconoscono la minaccia comune rappresentata a livello mondiale dal cambiamento climatico e la necessità di adottare misure per la riduzione delle emissioni al fine di stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell'atmosfera a un livello tale da prevenire una pericolosa interferenza antropica nel sistema climatico. Nell'ambito delle rispettive competenze, e fatte salve le discussioni sul cambiamento climatico in altre sedi, quali la convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), le Parti rafforzano la cooperazione in questo settore. Tale cooperazione ha come scopo:
a)
la lotta contro il cambiamento climatico, con l'obiettivo generale di una rapida transizione verso società a bassa emissione di carbonio, mediante adeguate azioni nazionali di mitigazione e adattamento;
b)
la promozione dell'impiego efficiente delle risorse, anche attraverso il diffuso utilizzo delle migliori tecnologie a basse emissioni di carbonio disponibili ed economicamente convenienti e norme per la mitigazione e l'adattamento;
c)
lo scambio di conoscenze specialistiche e informazioni sui benefici e sulla struttura dei sistemi di scambio dei diritti di emissione;
d)
il miglioramento degli strumenti di finanziamento dei settori pubblico e privato, inclusi i meccanismi di mercato e i partenariati pubblico-privato atti a contribuire efficacemente all'azione volta a combattere il cambiamento climatico;
e)
la collaborazione in materia di ricerca, sviluppo, diffusione, applicazione e trasferimento di tecnologie a basse emissioni di carbonio, allo scopo di mitigare le emissioni di gas a effetto serra preservando, nel contempo, la crescita economica;
f)
se del caso, lo scambio di esperienze e di conoscenze specialistiche in materia di controllo e analisi degli effetti dei gas a effetto serra e di sviluppo di programmi di mitigazione e adattamento;
g)
se del caso, il sostegno alle azioni di mitigazione e adattamento dei paesi in via di sviluppo, anche attraverso i meccanismi di flessibilità del Protocollo di Kyoto.
2. A tal fine, le Parti convengono d'intensificare il dialogo e la cooperazione a livello politico, strategico e tecnico.
Articolo 25
Agricoltura, sviluppo rurale e silvicoltura
Le Parti convengono di favorire la cooperazione nei settori dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della silvicoltura. In particolare, le Parti scambiano informazioni e sviluppano la cooperazione nei seguenti campi:
a)
la politica agricola e forestale e le prospettive dell'agricoltura e della silvicoltura a livello internazionale in generale;
b)
la registrazione e la tutela delle indicazioni geografiche;
c)
la produzione biologica;
d)
la ricerca nei settori dell'agricoltura e della silvicoltura;
e)
la politica di sviluppo delle zone rurali e segnatamente la diversificazione e la ristrutturazione dei settori agricoli;
f)
l'agricoltura sostenibile, la silvicoltura e l'integrazione delle esigenze ambientali nella politica agricola;
g)
i nessi tra l'agricoltura, la silvicoltura e l'ambiente e la politica di sviluppo delle zone rurali;
h)
le attività di promozione dei prodotti agroalimentari;
i)
la gestione sostenibile delle foreste, allo scopo d'impedire la deforestazione e di favorire la creazione di nuove aree boschive, tenendo in debita considerazione gli interessi dei paesi in via di sviluppo esportatori di legname.
Articolo 26
Ambiente marino e pesca
Le Parti favoriscono la cooperazione, a livello bilaterale e multilaterale, in materia di ambiente marino e di pesca, allo scopo di promuovere uno sviluppo e una gestione sostenibili e responsabili dell'ambiente marino e della pesca. La cooperazione può comprendere:
a)
gli scambi d'informazioni;
b)
il sostegno a una politica a lungo termine sostenibile e responsabile in materia di ambiente marino e di pesca, comprese la conservazione e la gestione delle risorse costiere e marine; e
c)
la promozione delle azioni volte a prevenire e combattere le attività di pesca illegali, non dichiarate e non regolamentate.
Articolo 27
Aiuti allo sviluppo
1. Le Parti convengono di scambiare informazioni sulle rispettive politiche di aiuti allo sviluppo al fine di instaurare un dialogo regolare sugli obiettivi di tali politiche e sui rispettivi programmi di aiuto allo sviluppo nei paesi terzi. Esse valutano la fattibilità di una cooperazione più sostanziale conformemente alle rispettive legislazioni e alle condizioni previste per l'attuazione di tali programmi.
2. Le Parti ribadiscono l'impegno a rispettare la dichiarazione di Parigi del 2005 sull'efficacia degli aiuti e concordano d'intensificare la cooperazione allo scopo di migliorare ulteriormente i risultati nel settore dello sviluppo.
TITOLO VI
COOPERAZIONE NEL SETTORE DELL'ISTRUZIONE E DELLA CULTURA
Articolo 28
Cooperazione nei settori della cultura, dell'informazione, della comunicazione, dei mezzi audiovisi e dei media
1. Le Parti concordano di promuovere la cooperazione al fine di accrescere la comprensione reciproca e la conoscenza delle rispettive culture.
2. Le Parti si adoperano per adottare misure adeguate intese a promuovere gli scambi culturali e per intraprendere iniziative comuni in questo settore.
3. Le Parti convengono di cooperare strettamente in seno ai consessi internazionali competenti, quali l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) e l'ASEM, al fine di perseguire obiettivi comuni e promuovere la diversità culturale, nel rispetto delle disposizioni della convenzione dell'UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali.
4. Le Parti valutano le modalità per favorire gli scambi, la cooperazione e il dialogo tra le istituzioni competenti nei settori dei mezzi audiovisivi e dei media.
Articolo 29
Istruzione
1. Le Parti riconoscono il contributo cruciale dell'istruzione e della formazione allo sviluppo di risorse umane in grado di partecipare all'economia mondiale basata sulla conoscenza e riconoscono di avere un interesse comune a cooperare nel settore dell'istruzione e della formazione.
2. Conformemente ai reciproci interessi e agli scopi delle loro politiche in materia d'istruzione, le Parti s'impegnano a sostenere congiuntamente opportune attività di cooperazione nei settori dell'istruzione, della formazione e della gioventù, con particolare riguardo all'istruzione superiore. In particolare, questa cooperazione può attuarsi sotto forma di:
a)
sostegno a progetti comuni di cooperazione tra istituti d'istruzione e di formazione dell'Unione europea e della Repubblica di Corea, nell'intento di promuovere lo sviluppo dei piani di studio, programmi di studio comuni e la mobilità degli studenti;
b)
dialogo, studi e scambi d'informazioni e di conoscenze tecniche nel settore della politica dell'istruzione;
c)
promozione di scambi di studenti, di personale accademico e amministrativo degli istituti d'istruzione superiore e di animatori giovanili, anche mediante l'attuazione del programma Erasmus Mundus;
d)
la cooperazione nei settori dell'istruzione d'interesse comune.
TITOLO VII
COOPERAZIONE NEL SETTORE DELLA GIUSTIZIA, LIBERTÀ E SICUREZZA
Articolo 30
Stato di diritto
Nel quadro della cooperazione nel settore della giustizia, libertà e sicurezza, le Parti annettono particolare importanza alla promozione dello Stato di diritto, compresi l'indipendenza della magistratura, l'accesso alla giustizia e il diritto a un processo equo.
Articolo 31
Cooperazione giuridica
1. Le Parti convengono di sviluppare la cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, in particolare per quanto concerne la ratifica e l'attuazione di convenzioni multilaterali sulla cooperazione giudiziaria in materia civile, incluse le convenzioni della Conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato relative alla cooperazione giuridica e alle controversie a livello internazionale e alla protezione dei minori.
2. Le Parti convengono di agevolare e incoraggiare il ricorso all'arbitrato per comporre le controversie civili e commerciali private ogniqualvolta gli strumenti internazionali applicabili lo consentano.
3. Per quanto concerne la cooperazione giudiziaria in materia penale, le Parti si adoperano per migliorare gli accordi sull'assistenza giuridica reciproca e sull'estradizione, il che comprende eventualmente l'adesione ai pertinenti strumenti internazionali delle Nazioni Unite, tra cui lo statuto di Roma della Corte penale internazionale di cui all'articolo 6 del presente accordo, e l'applicazione di tali strumenti.
Articolo 32
Protezione dei dati personali
1. Le Parti convengono di cooperare per migliorare il livello di protezione dei dati personali in conformità alle più rigorose norme internazionali, come quelle contenute negli orientamenti delle Nazioni Unite per la gestione degli schedari computerizzati di dati personali (risoluzione 45/95 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, del 14 dicembre 1990).
2. La cooperazione in materia di protezione dei dati personali può comprendere, tra l'altro, scambi d'informazioni e di conoscenze specialistiche.
Articolo 33
Migrazione
1. Le Parti convengono di rafforzare e intensificare la cooperazione nei settori della migrazione clandestina e del traffico e della tratta di esseri umani nonché d'includere le questioni connesse alla migrazione nelle strategie nazionali per lo sviluppo economico e sociale delle regioni di provenienza dei migranti.
2. Nel quadro della cooperazione volta a prevenire e controllare l'immigrazione clandestina, le Parti convengono di riammettere i propri cittadini in situazione di soggiorno irregolare nel territorio dell'altra Parte. Le Parti forniscono ai propri cittadini documenti d'identità appropriati a tal fine. In caso di dubbi circa la cittadinanza, le Parti convengono d'identificare i loro presunti cittadini.
3. Le Parti si adoperano per concludere, se necessario, un accordo che regoli gli obblighi specifici di riammissione dei propri cittadini. Tale accordo comprenderà anche le condizioni applicabili ai cittadini di altri paesi e agli apolidi.
Articolo 34
Lotta contro le droghe illecite
1. Nel rispetto delle rispettive leggi e normative, le Parti mirano a ridurre l'offerta, il traffico e la domanda di droghe illecite e il loro impatto sui consumatori di droga e sulla società nel suo complesso e a prevenire con maggiore efficacia la diversione dei precursori di droghe utilizzati per la produzione illecita di stupefacenti e sostanze psicotrope. Nell'ambito di tale cooperazione, le Parti assicurano l'adozione di un'impostazione globale ed equilibrata per il raggiungimento di detti obiettivi tramite la regolamentazione dei mercati legali e un'azione e un coordinamento efficaci tra le autorità competenti, anche nei settori della salute, dell'istruzione, dell'attività di contrasto e della giustizia.
2. Le Parti concordano i metodi di cooperazione per conseguire tali obiettivi e basano le loro azioni su principi concordati rispondenti alle convenzioni internazionali pertinenti, alla dichiarazione politica e alla dichiarazione speciale sugli orientamenti per ridurre la domanda di droga adottate dalla ventesima sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel giugno 1998.
Articolo 35
Lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione
Le Parti convengono di cooperare e di contribuire alla lotta contro la criminalità organizzata, economica e finanziaria, la corruzione, la contraffazione e le transazioni illegali adempiendo pienamente ai loro obblighi internazionali reciproci in tale settore, compresa la cooperazione effettiva per il recupero di beni o fondi derivanti da atti di corruzione. Le Parti promuovono l'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale e relativi protocolli aggiuntivi e della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.
Articolo 36
Lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo
1. Le Parti convengono sulla necessità di agire e cooperare per impedire che i propri sistemi finanziari siano utilizzati per il riciclaggio dei proventi di attività illecite, quali il traffico di droga e la corruzione, e per il finanziamento del terrorismo. Tale cooperazione si estende al recupero di beni o fondi derivanti da atti delittuosi.
2. Le Parti possono scambiare informazioni pertinenti nell'ambito delle rispettive disposizioni di legge e applicare norme appropriate per la lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, equivalenti a quelle adottate dagli organismi internazionali competenti attivi in tale settore, come il Gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio del denaro (FATF).
Articolo 37
Lotta contro la criminalità informatica
1. Le Parti rafforzano la cooperazione al fine di prevenire e combattere la criminalità ad alta tecnologia, informatica ed elettronica e la diffusione di contenuti terroristici su internet mediante lo scambio d'informazioni e di esperienze pratiche nel rispetto delle rispettive legislazioni nazionali e nei limiti della propria competenza.
2. Le Parti scambiano informazioni nei settori dell'istruzione e della formazione di investigatori specializzati nella criminalità informatica, delle indagini sulla criminalità informatica e della scienza forense digitale.
Articolo 38
Cooperazione nell'attività di contrasto
Le Parti convengono di assicurare la cooperazione tra le autorità, le agenzie e i servizi di contrasto e di contribuire a sventare e sconfiggere le minacce della criminalità transnazionale per entrambe le Parti. La cooperazione tra autorità, agenzie e servizi di contrasto può attuarsi sotto forma di assistenza reciproca nelle indagini, di condivisione di tecniche investigative, di corsi di formazione e di addestramento comuni per gli operatori preposti all'attività di contrasto e di ogni altro tipo di attività congiunta e di assistenza concordato tra le Parti.
TITOLO VIII
COOPERAZIONE IN ALTRI SETTORI
Articolo 39
Turismo
Le Parti s'impegnano a instaurare una cooperazione nel settore del turismo al fine di accrescere e migliorare la comprensione reciproca e promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile del turismo.
In particolare, questa cooperazione può attuarsi sotto forma di:
a)
scambio d'informazioni su questioni d'interesse comune concernenti il turismo;
b)
organizzazione di eventi turistici;
c)
scambi turistici;
d)
cooperazione per la salvaguardia e la gestione del patrimonio culturale;
e)
cooperazione nella gestione del turismo.
Articolo 40
Società civile
Le Parti riconoscono il ruolo e il potenziale contributo di una società civile organizzata nel processo di dialogo e di cooperazione previsto dal presente accordo e convengono di promuovere un dialogo effettivo con la società civile organizzata e la sua partecipazione concreta.
Articolo 41
Pubblica amministrazione
Le Parti convengono di cooperare, mediante lo scambio di esperienze e migliori pratiche e sulla base di iniziative già in atto, in relazione alla modernizzazione della pubblica amministrazione sotto i seguenti aspetti:
a)
miglioramento dell'efficienza organizzativa;
b)
maggiore efficienza delle istituzioni nella prestazione di servizi;
c)
gestione trasparente delle risorse pubbliche e rendicontazione;
d)
miglioramento del quadro giuridico e istituzionale;
e)
progettazione e attuazione delle politiche.
Articolo 42
Statistiche
1. Le Parti sviluppano e rafforzano la loro cooperazione sulle questioni statistiche, contribuendo in tal modo all'obiettivo a lungo termine di fornire tempestivamente dati statistici comparabili a livello internazionale e affidabili. Ci si attende che sistemi statistici sostenibili, efficienti e professionalmente indipendenti forniscano ai cittadini, alle imprese e ai decisori delle Parti, informazioni pertinenti che permettano loro di prendere decisioni informate. Le Parti si scambiano, tra l'altro, informazioni ed esperienze e sviluppano la cooperazione tenendo conto dell'esperienza già acquisita.
Tale cooperazione ha come scopo:
a)
la progressiva armonizzazione dei sistemi statistici delle Parti;
b)
il perfezionamento dello scambio di dati tra le Parti, tenendo conto delle pertinenti metodologie applicate a livello internazionale;
c)
il miglioramento delle capacità professionali degli operatori statistici, per consentire loro di applicare gli standard statistici pertinenti;
d)
la promozione dello scambio di esperienze tra le Parti sullo sviluppo delle competenze tecniche in materia di statistiche.
2. Le forme di cooperazione possono comprendere, tra l'altro, programmi e progetti specifici concordati congiuntamente, il dialogo, la cooperazione e iniziative su temi d'interesse comune a livello bilaterale o multilaterale.
TITOLO IX
QUADRO ISTITUZIONALE
Articolo 43
Altri accordi
1. L'accordo quadro di commercio e di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Corea, dall'altro, firmato a Lussemburgo il 28 ottobre 1996 ed entrato in vigore il 1o aprile 2001 è abrogato.
2. Il presente accordo aggiorna e sostituisce il suddetto accordo. I riferimenti a tale accordo in tutti gli altri accordi tra le Parti s'intendono fatti al presente accordo.
3. Le Parti possono integrare il presente accordo concludendo accordi specifici in qualsiasi settore di cooperazione rientrante nel suo campo di applicazione. Tali accordi specifici sono parte integrante delle relazioni bilaterali generali disciplinate dal presente accordo e rientrano in un quadro istituzionale comune.
4. Sono parimenti considerati parte delle relazioni bilaterali generali disciplinate dal presente accordo e rientranti in un quadro istituzionale comune gli accordi in vigore concernenti settori specifici di cooperazione rientranti nel campo di applicazione del presente accordo.
Articolo 44
Comitato misto
1. Nell'ambito del presente accordo, le Parti istituiscono un comitato misto composto di rappresentanti dei membri del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea, da una parte, e della Repubblica di Corea, dall'altra.
2. In sede di comitato misto si tengono consultazioni volte ad agevolare l'attuazione del presente accordo e conseguirne gli obiettivi generali e a mantenere la coerenza generale delle relazioni e assicurare il corretto funzionamento di qualsiasi altro accordo tra le Parti.
3. Il comitato misto ha i seguenti compiti:
a)
assicurare il corretto funzionamento del presente accordo;
b)
seguire lo sviluppo delle relazioni complessive tra le Parti;
c)
chiedere, se del caso, informazioni ai comitati o ad altri organismi istituiti nell'ambito di altri accordi rientranti nel quadro istituzionale comune ed esaminare le relazioni da essi presentate;
d)
scambiare opinioni e formulare proposte sulle questioni d'interesse comune, comprese le azioni future e le risorse disponibili per realizzarle;
e)
stabilire priorità in relazione agli obiettivi del presente accordo;
f)
individuare metodi adeguati per prevenire eventuali problemi nei settori oggetto del presente accordo;
g)
comporre per consenso, a norma dell'articolo 45, paragrafo 3, eventuali controversie sorte nell'applicazione o interpretazione del presente accordo;
h)
esaminare tutte le informazioni presentate da una Parte concernenti il mancato adempimento degli obblighi e tenere consultazioni con l'altra Parte per trovare una soluzione accettabile per entrambe le Parti a norma dell'articolo 45, paragrafo 3.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta all'anno, alternativamente a Bruxelles e a Seul. A richiesta di una delle Parti vengono indette riunioni straordinarie. Il comitato misto è presieduto a turno da ciascuna delle Parti e si riunisce, di norma, a livello di alti funzionari.
Articolo 45
Modalità di attuazione
1. Le Parti adottano qualsiasi provvedimento generale o specifico necessario per adempiere agli obblighi che derivano loro dal presente accordo e ne assicurano la conformità con gli obiettivi stabiliti da quest'ultimo.
2. L'attuazione è fondata sul consenso e il dialogo. Tuttavia, in caso di divergenze di opinioni riguardo all'applicazione o all'interpretazione del presente accordo, ciascuna delle Parti può sottoporre la questione al comitato misto.
3. Se una Parte ritiene che l'altra non abbia adempiuto agli obblighi che le derivano dal presente accordo, può adottare le misure del caso a norma del diritto internazionale. Prima di procedere in tal senso, fatta eccezione per i casi particolarmente urgenti, essa fornisce al comitato misto tutte le informazioni necessarie per un esame approfondito della situazione. Le Parti procedono a consultazioni in seno al comitato misto e, se entrambe vi acconsentono, tali consultazioni possono essere facilitate da un mediatore nominato dal comitato misto.
4. In casi particolarmente urgenti, la misura è notificata immediatamente all'altra Parte. Su richiesta dell'altra Parte, le consultazioni si tengono per un periodo non superiore a venti (20) giorni. Al termine di questo periodo si procede all'applicazione della misura. In tal caso, l'altra Parte può chiedere un arbitrato a norma dell'articolo 46 affinché venga esaminato qualsiasi aspetto della misura o il suo fondamento.
Articolo 46
Procedura di arbitrato
1. Il collegio arbitrale è composto di tre (3) arbitri. Ciascuna Parte nomina un arbitro e il comitato misto nomina un terzo arbitro entro quattordici (14) giorni, secondo il caso, con decorrenza dalla richiesta di arbitrato presentata da una delle Parti. La nomina dell'arbitro scelto da una delle Parti è notificata immediatamente all'altra Parte per iscritto e tramite i canali diplomatici. La decisione arbitrale è presa a maggioranza. Gli arbitri si adoperano per giungere a una decisione nei tempi più brevi possibili e, in ogni caso, entro tre (3) mesi dalla loro nomina. Il comitato misto concorda le procedure dettagliate per un rapido svolgimento dell'arbitrato.
2. Ciascuna Parte della controversia deve adottare le misure necessarie per dare attuazione alla decisione arbitrale. Se richiesto, gli arbitri formulano raccomandazioni sulle modalità di attuazione della loro decisione al fine di ristabilire l'equilibrio di diritti e obblighi nell'ambito del presente accordo.
TITOLO X
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 47
Definizione
Ai fini del presente accordo, per «parti» si intendono l'Unione europea o i suoi Stati membri oppure l'Unione europea e i suoi Stati membri, secondo le rispettive competenze, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra.
Articolo 48
Sicurezza nazionale e divulgazione di informazioni
Nessuna disposizione del presente accordo deve essere interpretata nel senso che obbliga una delle Parti a fornire informazioni la cui divulgazione sia considerata contraria ai suoi interessi essenziali in materia di sicurezza.
Articolo 49
Entrata in vigore, durata e denuncia
1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le Parti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto completamento delle procedure giuridiche necessarie a tal fine.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, in attesa dell'entrata in vigore il presente accordo si applica a titolo provvisorio. L'applicazione provvisoria ha inizio il primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le Parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure necessarie.
3. Il presente accordo è concluso per un periodo illimitato. Ciascuna delle due Parti può comunicare per iscritto all'altra Parte la propria intenzione di denunciarlo. La denuncia prende effetto sei mesi dopo la notifica.
Articolo 50
Notifiche
Le notifiche a norma dell'articolo 49 sono indirizzate, rispettivamente, al Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea e al ministro degli Affari esteri e del Commercio della Repubblica di Corea.
Articolo 51
Dichiarazioni e allegati
Le dichiarazioni e gli allegati del presente accordo ne costituiscono parte integrante.
Articolo 52
Applicazione territoriale
Il presente accordo si applica ai territori in cui si applica il trattato sull'Unione europea e alle condizioni ivi specificate, da una parte, e al territorio della Repubblica di Corea, dall'altra.
Articolo 53
Testi facenti fede
Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, romena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e coreana, ciascun testo facente ugualmente fede.
Съставено в Брюксел на десети май две хиляди и десета година.
Hecho en Bruselas, el diez de mayo de dos mil diez.
V Bruselu dne desátého května dva tisíce deset
Udfærdiget i Bruxelles den tiende maj to tusind og ti.
Geschehen zu Brüssel am zehnten Mai zweitausendzehn.
Kahe tuhande kümnenda aasta maikuu kümnendal päeval Brüsselis.
Έγινε στις Βρυξέλλες, στις δέκα Μαΐου δύο χιλιάδες δέκα.
Done at Brussels on the tenth day of May in the year two thousand and ten.
Fait à Bruxelles, le dix mai deux mille dix.
Fatto a Bruxelles, addì dieci maggio duemiladieci.
Briselē, divtūkstoš desmitā gada desmitajā maijā.
Priimta du tūkstančiai dešimtų metų gegužės dešimtą dieną Briuselyje.
Kelt Brüsszelben, a kétezer-tizedik év május tizedik napján.
Magħmul fi Brussell, fl-għaxar jum ta' Mejju tas-sena elfejn u għaxra.
Gedaan te Brussel, de tiende mei tweeduizend tien.
Sporządzono w Brukseli dnia dziesiątego maja roku dwa tysiące dziesiątego.
Feito em Bruxelas, em dez de Maio de dois mil e dez.
Întocmit la Bruxelles, la zece mai douã mii zece.
V Bruseli dňa desiateho mája dvetisícdesať.
V Bruslju, dne desetega maja leta dva tisoč deset.
Tehty Brysselissä kymmenentenä päivänä toukokuuta vuonna kaksituhattakymmenen.
Som skedde i Bryssel den tionde maj tjugohundratio.
Voor het Koninkrijk België
Pour le Royaume de Belgique
Für das Königreich Belgien
Deze handtekening verbindt eveneens de Vlaamse Gemeenschap, de Franse Gemeenschap, de Duitstalige Gemeenschap, het Vlaamse Gewest, het Waalse Gewest en het Brussels Hoofdstedelijk Gewest.
Cette signature engage également la Communauté française, la Communauté flamande, la Communauté germanophone, la Région wallone, la Région flamande et la Région de Bruxelles-Capitale.
Diese Unterschrift bindet zugleich die Deutschsprachige Gemeinschaft, die Flämische Gemeinschaft, die Französische Gemeinschaft, die Wallonische Region, die Flämische Region und die Region Brüssel-Hauptstadt.
За Република България
Za Českou republiku
På Kongeriget Danmarks vegne
Für die Bundesrepublik Deutschland
Eesti Vabariigi nimel
Thar cheann Na hÉireann
For Ireland
Για την Ελληνική Δημοκρατία
Por el Reino de España
Pour la République française
Per la Repubblica italiana
Για την Κυπριακή Δημοκρατία
Latvijas Republikas vārdā
Lietuvos Respublikos vardu
Pour le Grand-Duché de Luxembourg
A Magyar Köztársaság részéről
Għal Malta
Voor het Koninkrijk der Nederlanden
Für die Republik Österreich
W imieniu Rzeczypospolitej Polskiej
Pela República Portuguesa
Pentru România
Za Republiko Slovenijo
Za Slovenskú republiku
Suomen tasavallan puolesta
För Republiken Finland
För Konungariket Sverige
For the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland
За Европейския сьюз
Por la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l'Union européenne
Per l'Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
DICHIARAZIONE COMUNE RELATIVA ALL'INTERPRETAZIONE DEGLI ARTICOLI 45 E 46
Le Parti sono Stati democratici. Esse desiderano lavorare insieme per promuovere nel mondo i valori che condividono. Il loro accordo è un segnale della comune determinazione a promuovere la democrazia, i diritti umani, la non proliferazione e la lotta contro il terrorismo in tutto il mondo. L'attuazione del presente accordo tra Parti che condividono gli stessi valori si fonda pertanto sui principi del dialogo, del rispetto reciproco, del partenariato equo, del multilateralismo, del consenso e del rispetto del diritto internazionale.
Ai fini della corretta interpretazione e dell'applicazione pratica del presente accordo, le Parti convengono che per «misure del caso» di cui all'articolo 45, paragrafo 3, si intendono misure proporzionate al mancato adempimento degli obblighi previsti dal presente accordo. Le misure possono essere adottate in riferimento al presente accordo oppure a un accordo specifico rientrante nel quadro istituzionale comune. Nella scelta delle misure, si accorda la priorità a quelle che meno inficiano il funzionamento degli accordi, prendendo in considerazione l'eventuale utilizzo delle vie di ricorso interne, ove disponibili.
Ai fini della corretta interpretazione e dell'applicazione pratica del presente accordo, le Parti convengono che per «casi particolarmente urgenti» di cui all'articolo 45, paragrafo 4, si intendono i casi di violazione sostanziale dell'accordo ad opera di una delle Parti. Una violazione sostanziale dell'accordo consiste o in una denuncia dell'accordo non sancita dalle norme generali del diritto internazionale o nell'inosservanza particolarmente grave e sostanziale di un elemento essenziale dell'accordo. Le Parti valutano un'eventuale violazione sostanziale dell'articolo 4, paragrafo 2, prendendo in considerazione l'eventuale posizione ufficiale dei competenti organismi internazionali.
Per quanto attiene all'articolo 46, se sono state adottate misure in relazione a uno specifico accordo rientrante nel quadro istituzionale comune, per l'attuazione della decisione del collegio arbitrale nei casi in cui gli arbitri decidano che la misura in questione non fosse giustificata o proporzionata, si applicano le pertinenti procedure di composizione delle controversie definite nell'accordo specifico.
DICHIARAZIONE UNILATERALE DELL'UNIONE EUROPEA SULL'ARTICOLO 12
I plenipotenziari degli Stati membri e il plenipotenziario della Repubblica di Corea prendono atto della seguente dichiarazione unilaterale:
L'Unione europea dichiara che gli Stati membri s'impegnano a norma dell'articolo 12 soltanto se hanno sottoscritto tali principi di buon governo in materia fiscale a livello dell'Unione europea.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Accordo quadro tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo fornisce una base per il rafforzamento della cooperazione economica e politica tra l’UE e la Corea del Sud, grazie a una serie di obiettivi tra cui:convenire una visione futura per il rafforzamento del partenariato e dei progetti comuni volti ad attuarne la visione;promuovere la cooperazione economica nei settori di reciproco interesse;promuovere il ruolo e il profilo dell’altra parte nella propria regione. La decisione 2013/40/UE segna la firma dell’accordo, mentre le decisioni 2014/278/UE e 2014/279/UE concludono l’accordo a nome dell’UE. La decisione 2014/279/UE riguarda esclusivamente la riammissione, ovvero gli obblighi e le procedure che le autorità della Corea del Sud e dei paesi dell’UE devono seguire per quanto riguarda i tempi e le modalità di rientro delle persone che risiedono irregolarmente nei rispettivi paesi.
PUNTI CHIAVE
La cooperazione tra l’UE e la Corea del Sud si basa su diversi principi, tra cui l’impegno per:i principi democratici, i diritti umani e le libertà fondamentali; la Carta delle Nazioni Unite; lo sviluppo sostenibile; il buon governo e la lotta contro la corruzione.Settori di cooperazione
Le parti inoltre convengono di sviluppare la cooperazione e il dialogo su tutte le questioni d’interesse comune, ma con particolare attenzione a settori specifici:1.Dialogo e cooperazione strategici su questioni quali:i diritti dell’uomo; la non proliferazione delle armi di distruzione di massa; la lotta contro il terrorismo; la partecipazione a organizzazioni regionali e internazionali. 2.Sviluppo economico su questioni quali:i settori relativi al commercio e agli investimenti di reciproco interesse; la cooperazione economica; l’imposizione fiscale; le questioni doganali; la società dell’informazione; i trasporti; l’energia. 3.Sviluppo sostenibile su questioni quali:la salute; l’occupazione e gli affari sociali; l’ambiente e i cambiamenti climatici; l’agricoltura e la pesca; 4.Cultura e istruzione su questioni quali:audiovisivi e media; servizi di informazione e comunicazione. 5.Giustizia, libertà e sicurezza su questioni quali:la protezione dei dati personali; la cooperazione giuridica; la criminalità organizzata e la corruzione; il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo; la lotta contro le droghe illecite. 6.Altri settori quali:il turismo; la società civile; la pubblica amministrazione.Vigilanza
L’accordo istituisce un Comitato misto composto da rappresentanti dei membri del Consiglio dell’UE e della Commissione europea e da rappresentanti della Corea del Sud, che ha il compito di garantire l’efficace funzionamento dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’1o giugno 2014.
CONTESTO
La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 20 del 23.1.2013, pag. 2).
Decisione 2013/40/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, relativa alla firma a nome dell’Unione europea e all’applicazione provvisoria dell’accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 20 del 23.1.2013, pag. 1).
Decisione 2014/278/UE del Consiglio, del 12 maggio 2014, relativa alla conclusione dell’accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra, ad esclusione delle questioni relative alla riammissione (GU L 145 del 16.5.2014, pag. 1).
Decisione 2014/279/UE del Consiglio, del 12 maggio 2014, relativa alla conclusione dell’accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra, per quanto riguarda le questioni relative alla riammissione (GU L 145 del 16.5.2014, pag. 3). |
Rilevazioni statistiche dei trasporti di merci e di passeggeri via mare
QUAL È LO SCOPO DELLA PRESENTE DIRETTIVA?
Stabilisce il modo in cui i paesi dell’Unione europea (UE) devono produrre statistiche comunitarie sui trasporti di merci e di passeggeri effettuati da navi che fanno scalo nei porti dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
I dati
Tali dati statistici si riferiscono alle informazioni sulle merci e sui passeggeri, e alle informazioni sulla nave stessa. Gli allegati alla presente direttiva specificano le caratteristiche della raccolta dei dati, includendo:
peso lordo e descrizione delle merci,
porto dichiarante,
tipo di classificazione del carico,
numero di passeggeri,
tipo e dimensioni delle navi.
Le navi di stazza lorda inferiore a 100 tonnellate possono essere escluse dalla raccolta di dati.
Raccolta
La Commissione europea è responsabile della stesura di un elenco di tutti i porti dell’UE per i quali devono essere forniti dati sommari. Inoltre, ciascun paese dell’UE deve selezionare da questo elenco qualsiasi porto che:
tratta più di un milione di tonnellate di merci; oppure
registra più di 200 000 movimenti di passeggeri.
Tali porti selezionati sono soggetti a una raccolta di dati più dettagliata.
Trasmissione dei dati
I paesi dell’UE devono trasmettere i risultati della raccolta alla Commissione (Eurostat):
entro cinque mesi dalla fine del periodo di osservazione per i dati raccolti trimestralmente;
entro otto mesi per i dati raccolti annualmente.
I paesi dell’UE comunicano a Eurostat i metodi utilizzati per la produzione dei dati, nonché qualsiasi modifica sostanziale apportata ai metodi utilizzati. Eurostat dovrà poi pubblicare le statistiche appropriate raccolte.
La direttiva è stata modificata dal regolamento (UE) n. 1090/2010 al fine di allineare i dati raccolti sulle merci trasportate dalle navi a quelli di altre modalità di trasporto.
La decisione 2010/216/UE ha modificato alcune caratteristiche tecniche in relazione alla raccolta dei dati, compresi i codici da utilizzare per la nazionalità di registrazione delle navi e la struttura per gli insiemi di dati.
La decisione 2012/186/UE ha modificato alcune delle variabili statistiche utilizzate per la raccolta dei dati e chiarito alcune definizioni e tipologie di classificazione carico.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 26 giugno 2009. E una versione di rifusione della direttiva 95/64/CE e delle sue successive modifiche, che doveva venire integrata nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 1996.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare (rifusione) (GU L 141 del 6.6.2009, pag. 29-47)
Successive modifiche alla direttiva 2009/42/CE sono state incorporate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma del regolamento (UE) n. 1090/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/42/CE concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare [COM(2015)362 final del 28.7.2015] | DIRETTIVA 2009/42/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 6 maggio 2009
concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 95/64/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 1995, concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare (2), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (3). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
Per assolvere ai compiti ad essa affidati nell’ambito della politica comune dei trasporti marittimi, la Commissione (Eurostat) dovrebbe disporre di statistiche comparabili, affidabili, sincronizzate e regolari sull’ampiezza e lo sviluppo dei trasporti di merci e di passeggeri via mare in partenza dalla Comunità e verso la medesima, tra Stati membri e all’interno degli Stati membri.
(3)
Occorre inoltre sottolineare l’importanza di una buona conoscenza del mercato dei trasporti marittimi per gli Stati membri e gli operatori economici.
(4)
La raccolta di dati statistici comunitari, su una base comparabile o armonizzata, consente l’istituzione di un sistema integrato in grado di fornire informazioni affidabili, compatibili e aggiornate.
(5)
I dati relativi ai trasporti di merci e di passeggeri via mare devono essere resi comparabili da uno Stato membro all’altro e tra i vari modi di trasporto.
(6)
Conformemente al principio di sussidiarietà, la creazione di norme statistiche comuni che permettano di produrre informazioni armonizzate può essere trattata efficacemente solo a livello comunitario. La raccolta di dati statistici sarà effettuata in ciascuno Stato membro sotto l’autorità degli organismi e delle istituzioni responsabili per l’elaborazione delle statistiche ufficiali.
(7)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4).
(8)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare determinate modalità di attuazione della presente direttiva. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(9)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano esclusivamente le procedure di comitato. Non sono pertanto necessari provvedimenti di recepimento da parte degli Stati membri.
(10)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento della direttiva indicati nell’allegato IX, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Raccolta di dati statistici
Gli Stati membri raccolgono statistiche comunitarie sui trasporti di merci e di passeggeri effettuati da navi che fanno scalo nei porti situati sul loro territorio.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) «trasporto di merci e di passeggeri via mare»: i movimenti di merci e di passeggeri per mezzo di navi, su rotte seguite, totalmente o parzialmente, per mare.
L’ambito di applicazione della presente direttiva comprende altresì le merci:
Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva i depositi e i rifornimenti messi a disposizione delle navi;
b) «nave marittima»: una nave diversa da quelle che navigano esclusivamente nelle acque interne, nelle acque protette o nelle acque adiacenti alle acque protette o alle zone in cui si applicano i regolamenti portuali.
Le navi da pesca e le navi-officina per trattamento del pesce, le navi da trivellazione e da esplorazione, i rimorchiatori, gli spintori, le draghe, le navi per la ricerca e l’esplorazione, le navi da guerra e le imbarcazioni utilizzate unicamente a fini non commerciali non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva;
c) «porto»: un luogo munito di installazioni che consentono alle navi commerciali di attraccare e di scaricare o caricare merci, nonché di sbarcare o imbarcare passeggeri da o verso una nave;
d) «nazionalità dell’operatore di trasporto marittimo»: la nazionalità del paese in cui ha sede il centro reale dell’attività commerciale dell’operatore di trasporto;
e) «operatore di trasporto marittimo»: ogni persona tramite la quale o in nome della quale è concluso un contratto di trasporto di merci o di persone via mare con uno spedizioniere marittimo o un passeggero.
Articolo 3
Caratteristiche della raccolta di dati
1. Gli Stati membri rilevano i dati relativi alle:
a)
informazioni in merito alle merci e ai passeggeri;
b)
informazioni in merito alla nave.
Possono essere escluse dalla raccolta di dati le navi di stazza lorda inferiore a 100.
2. Le caratteristiche della raccolta di dati, ossia le variabili statistiche di ciascun settore, le nomenclature per la loro classificazione e la loro frequenza di osservazione, sono indicate negli allegati da I a VIII.
3. La raccolta di dati si basa, per quanto possibile, sulle fonti disponibili, in modo da limitare l’onere per i rispondenti.
4. La Commissione adegua le caratteristiche della raccolta di dati e il contenuto degli allegati da I a VIII ai progressi economici e tecnici nella misura in cui tale adeguamento non comporta un sostanziale aumento dei costi per gli Stati membri e/o dell’onere per i rispondenti.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3.
Articolo 4
Porti
1. Ai fini della presente direttiva, la Commissione redige un elenco di porti codificati e classificati per paese e per zone costiere marittime.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3.
2. Ogni Stato membro seleziona dall’elenco di cui al paragrafo 1 i porti che trattano annualmente più di un milione di tonnellate di merci o che registrano più di 200 000 movimenti di passeggeri.
Per ogni porto selezionato devono essere forniti dati dettagliati, conformemente all’allegato VIII, per i settori (merci, passeggeri) per i quali il porto rispetta il criterio di selezione ed, eventualmente, i dati sommari per l’altro settore.
3. Per porti dell’elenco non selezionati sono forniti dati sommari, conformemente all’allegato VIII, insieme di dati A3.
Articolo 5
Accuratezza delle statistiche
I metodi per la raccolta di dati sono tali da garantire che i dati statistici comunitari sul trasporto marittimo abbiano il grado di precisione richiesto per l’insieme dei dati statistici descritti all’allegato VIII.
La Commissione stabilisce le norme di accuratezza.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3.
Articolo 6
Trattamento dei risultati della raccolta di dati
Gli Stati membri trattano le informazioni statistiche raccolte in base all’articolo 3, in modo da ottenere statistiche comparabili, che abbiano il grado di accuratezza di cui all’articolo 5.
Articolo 7
Trasmissione dei risultati della raccolta di dati
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i risultati della raccolta di dati di cui all’articolo 3, compresi i dati dichiarati riservati dagli Stati membri a norma della legislazione o delle prassi nazionali in materia di riservatezza statistica, conformemente al regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (5).
2. I risultati sono trasmessi conformemente alla struttura degli insiemi di dati statistici definita nell’allegato VIII. Le modalità tecniche per la trasmissione dei risultati sono stabilite secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
3. La trasmissione dei risultati avviene entro un termine di cinque mesi a decorrere dalla fine del periodo di osservazione per i dati la cui frequenza è trimestrale e di otto mesi per i dati la cui frequenza è annuale.
La prima trasmissione copre il primo trimestre dell’anno 1997.
Articolo 8
Relazioni
Gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) tutte le pertinenti informazioni relative ai metodi impiegati per la produzione dei dati. Se necessario, gli Stati membri comunicano anche i mutamenti sostanziali apportati ai metodi di raccolta utilizzati.
Articolo 9
Diffusione dei dati statistici
La Commissione (Eurostat) diffonde i dati statistici appropriati con frequenza analoga a quella delle trasmissioni dei risultati.
Le modalità di pubblicazione o di diffusione dei dati statistici da parte della Commissione (Eurostat) sono determinate secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
Articolo 10
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 11
Comunicazione delle disposizioni nazionali
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Abrogazione
La direttiva 95/64/CE, modificata dagli atti di cui all’allegato IX, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento in diritto interno della direttiva indicati all’allegato IX, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato X.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 6 maggio 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. KOHOUT
(1) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 aprile 2009.
(2) GU L 320 del 30.12.1995, pag. 25.
(3) V. allegato IX, parte A.
(4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(5) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164.
ALLEGATO I
VARIABILI E DEFINIZIONI
1. Variabili statistiche
a) Informazioni relative alle merci e ai passeggeri:
—
peso lordo in tonnellate delle merci;
—
tipo di carico, secondo la nomenclatura di cui all'allegato II;
—
descrizione delle merci, secondo la nomenclatura di cui all'allegato III;
—
porto dichiarante;
—
direzione del movimento, entrata o uscita;
—
per le entrate di merci: il porto di carico (il porto, cioè, in cui le merci sono state caricate sulla nave con la quale esse sono arrivate nel porto dichiarante) utilizzando i porti individuali dei paesi dello Spazio economico europeo (SEE) figuranti nell'elenco dei porti e, al di fuori dei paesi del SEE, le zone costiere marittime di cui all'allegato IV;
—
per le uscite di merci: il porto di scarico (il porto, cioè, in cui le merci devono essere scaricate dalla nave con la quale hanno lasciato il porto dichiarante) utilizzando i porti individuali dei paesi del SEE figuranti nell'elenco dei porti e, al di fuori dei paesi del SEE, le zone costiere marittime di cui all'allegato IV;
—
numero di passeggeri che cominciano o terminano una traversata e numero di croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera.
Per le merci trasportate in container o su unità roro, vanno rilevate le seguenti caratteristiche supplementari:
—
numero complessivo dei container (con o senza carico);
—
numero dei container senza carico;
—
numero complessivo di unità mobili (roro) con e senza carico;
—
numero di unità mobili (roro) senza carico.
b) Informazioni relative alle navi:
—
numero di navi;
—
tonnellate di portata lorda (deadweight) o stazza lorda delle navi;
—
paese o territorio di registrazione delle navi, secondo la nomenclatura di cui all'allegato V;
—
tipi di nave, secondo la nomenclatura di cui all'allegato VI;
—
classe di grandezza delle navi, secondo la nomenclatura di cui all'allegato VII.
2. Definizioni
a)
«Container per trasporto»: elemento di un'attrezzatura da trasporto
1)
di carattere durevole e, dunque, abbastanza solido da sopportare un uso prolungato;
2)
concepito in maniera da agevolare il trasporto di merci da parte di uno o più modi di trasporto senza rottura del carico;
3)
munito di accessori tali da consentire una sua rapida movimentazione e, in particolare, il suo trasferimento da un modo di trasporto ad un altro;
4)
concepito in modo da essere caricato e scaricato;
5)
di lunghezza pari o superiore a 20 piedi.
b)
«Unità roro»: elemento montato su un dispositivo munito di ruote, destinato al trasporto di merci, come un autocarro o un rimorchio, che può essere condotto o rimorchiato su una nave. In questa definizione vengono compresi i rimorchi che appartengano ai porti o alle navi. Le classificazioni devono ottemperare alla raccomandazione UNECE n. 21 «Codici dei tipi di carico, degli imballaggi e dei materiali d'imballaggio».
c)
«Carico in contenitore» contenitori con carico o senza carico imbarcati su navi che li trasportano per mare o da queste sbarcati.
d)
«Carico roro»: unità roro e merci (in contenitori, oppure no) in unità roro, che salgono su navi che le trasportano per mare o scendono da queste.
e)
«Tonnellaggio lordo di merci»: tonnellaggio delle merci trasportate, compresi gli imballaggi ma esclusa la tara dei contenitori e delle unità roro.
f)
«Tonnellaggio di portata lorda (TPL)»: differenza espressa in tonnellate fra il dislocamento di una nave, consentito dal bordo libero estivo, in acqua con un peso specifico di 1,025 e il peso a vuoto della nave stessa, ossia il suo dislocamento senza carico, combustibile, lubrificante, acqua di zavorra, acqua fresca e acqua potabile contenuta in serbatoi, provviste soggette a consumo, passeggeri, equipaggio e loro effetti personali.
g)
«Stazza lorda»: la misura delle dimensioni totali di una nave determinata conformemente alla convenzione internazionale del 1969 sulla stazzatura delle navi mercantili.
h)
«Crocerista»: il passeggero marittimo che compie un viaggio per mare su una nave da crociera. Sono esclusi i passeggeri di navi che effettuano escursioni giornaliere.
i)
«Nave da crociera»: la nave per passeggeri destinata a prestare un servizio turistico completo. Tutti i passeggeri sono alloggiati in cabine. Sono incluse le strutture d'intrattenimento a bordo. Sono escluse le navi che effettuano normale servizio di traghetto, anche se alcuni passeggeri percepiscono tale servizio come una crociera. Sono inoltre escluse le navi da carico in grado di trasportare un numero molto limitato di passeggeri alloggiati in cabine. Sono escluse anche le navi che effettuano unicamente escursioni giornaliere.
j)
«Escursione di un crocerista»: la breve visita compiuta a una attrazione turistica associata a un porto da un crocerista che conserva la sua cabina a bordo della nave.
ALLEGATO II
CLASSIFICAZIONE DEL TIPO DI CARICO
Categoria (1)
Codice
a una cifra
Codice
a due cifre
Descrizione
Tonnellaggio
Numero
Rinfusa liquida
1
1X
Merci alla rinfusa, liquide (mancano le unità di carico)
X
11
Gas liquidi
X
12
Petrolio greggio
X
13
Prodotti petroliferi
X
19
Altre merci alla rinfusa, liquide
X
Rinfusa solida
2
2X
Merci alla rinfusa, a secco (mancano le unità di carico)
X
21
Minerale
X
22
Carbone
X
23
Prodotti agricoli (per esempio: cereali, soia, tapioca)
X
29
Altre merci alla rinfusa, a secco
X
Container
3
3X
Grandi container
X (2)
X
31
Unità di carico da 20 piedi
X (2)
X
32
Unità di carico da 40 piedi
X (2)
X
33
Unità di carico > 20 piedi e < 40 piedi
X (2)
X
34
Unità di carico > 40 piedi
X (2)
X
Roro
(semoventi)
5
5X
Unità semoventi mobili
X
X
51
Autoveicoli stradali destinati al trasporto di merci, anche accompagnati da rimorchi
X (2)
X
52
Autovetture private, anche accompagnate da rimorchi e roulotte, e motocicli
X (3)
53
Autobus
X (3)
54
Veicoli commerciali (inclusi veicoli in importazione/esportazione)
X
X (3)
56
Animali vivi «in piedi»
X
X (3)
59
Altre unità mobili semoventi
X
X
Roro
(non semoventi)
6
6X
Unità non semoventi mobili
X
X
61
Rimorchi e semirimorchi stradali per il trasporto di merci, non accompagnati
X (2)
X
62
Roulotte e altri veicoli stradali, agricoli e industriali non accompagnati
X (3)
63
Vagoni ferroviari, rimorchi per il trasporto marittimo trasportati da navi e chiatte per il trasporto di merci trasportate da navi
X (2)
X
69
Altre unità non semoventi mobili
X
X
Altro carico generale
(compresi i piccoli container)
9
9X
Altro carico non classificato altrove
X
91
Prodotti forestali
X
92
Prodotti ferrosi ed acciaio
X
99
Altro carico generale
X
(1) Queste categorie sono compatibili con la raccomandazione UNECE n. 21.
(2) La quantità da registrare è rappresentata dal peso lordo delle merci, compreso l'imballaggio ma escluso il peso dei container e delle unità roro.
(3) Solo il numero totale di unità.
ALLEGATO III
NST 2007
Divisione
Designazione
01
Prodotti dell’agricoltura, della caccia e della silvicoltura; pesci e altri prodotti della pesca
02
Carboni fossili e ligniti; petrolio greggio e gas naturale
03
Minerali metalliferi e altri prodotti delle miniere e delle cave; torba; uranio e torio
04
Prodotti alimentari, bevande e tabacchi
05
Prodotti dell’industria tessile e dell’industria dell’abbigliamento; cuoio e prodotti in cuoio
06
Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili); articoli di paglia e materiali da intreccio; pasta da carta, carta e prodotti di carta; stampati e supporti registrati
07
Coke e prodotti petroliferi raffinati
08
Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali; articoli in gomma e in materie plastiche; combustibili nucleari
09
Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
10
Metalli di base; manufatti in metallo, escluse le macchine e gli apparecchi meccanici
11
Macchine e apparecchi meccanici n.c.a.; macchine per ufficio, elaboratori e sistemi informatici; macchine e apparecchi elettrici n.c.a.; apparecchi radiotelevisivi e apparecchiature per le comunicazioni; apparecchi medicali, apparecchi di precisione e strumenti ottici; orologi
12
Mezzi di trasporto
13
Mobili; altri manufatti n.c.a.
14
Materie prime secondarie; rifiuti urbani e altri rifiuti
15
Posta, pacchi
16
Attrezzature e materiali utilizzati nel trasporto di merci
17
Merci trasportate nell’ambito di traslochi (uffici e abitazioni); bagagli trasportati separatamente dai passeggeri; autoveicoli trasportati per riparazione; altre merci non destinabili alla vendita n.c.a.
18
Merci raggruppate: merci di vario tipo trasportate insieme
19
Merci non individuabili: merci che per un qualunque motivo non possono essere individuate e quindi non possono essere attribuite ai gruppi da 01 a 16
20
Altre merci n.c.a.
ALLEGATO IV
ZONE COSTIERE MARITTIME
Va utilizzata la geonomenclatura [nomenclatura dei paesi e dei territori per le statistiche del commercio estero della Comunità e del commercio tra gli Stati membri della stessa, istituita in base all’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1172/95 del Consiglio, del 22 maggio 1995, relativo alle statistiche degli scambi di beni della Comunità e dei suoi Stati membri con i paesi terzi (1)] in vigore l’anno cui si riferiscono i dati.
Il codice è a 4 cifre: il codice alfabetico standard ISO a due cifre per ciascun paese della suddetta nomenclatura, seguito da due zeri (ad esempio, per la Grecia codice GR00), tranne per i paesi divisi in due o più zone costiere marittime, caratterizzate a loro volta da una quarta cifra diversa da zero (da 1 a 7), come indicato di seguito:
Codice
Zone costiere marittime
FR01
Francia: Atlantico/Mare del
FR02
Francia: Mediterraneo
FR03
Dipartimenti francesi d'oltremare: Guyana francese
FR04
Dipartimenti francesi d'oltremare: Martinica e Guadalupa
FR05
Dipartimenti francesi d'oltremare: Riunione
DE01
Germania: Mare del Nord
DE02
Germania: Mar Baltico
DE03
Germania: Vie d'acqua interne
GB01
Regno Unito
GB02
Isola di Man
GB03
Isole del Canale
ES01
Spagna: Atlantico settentrionale
ES02
Spagna: Mediterraneo e Atlantico meridionale, incluse le isole Baleari e le isole Canarie
SE01
Svezia: Mar Baltico
SE02
Svezia: Mare del Nord
TR01
Turchia: Mar Nero
TR02
Turchia: Mediterraneo
RU01
Russia: Mar Nero
RU02
Russia: Mar Baltico
RU03
Russia: Asia
MA01
Marocco: Mediterraneo
MA02
Marocco: Africa occidentale
EG01
Egitto: Mediterraneo
EG02
Egitto: Mar Rosso
IL01
Israele: Mediterraneo
IL02
Israele: Mar Rosso
SA01
Arabia Saudita: Mar Rosso
SA02
Arabia Saudita: Golfo
US01
Stati Uniti d'America: Atlantico settentrionale
US02
Stati Uniti d'America: Atlantico meridionale
US03
Stati Uniti d'America: Golfo
US04
Stati Uniti d'America: Pacifico meridionale
US05
Stati Uniti d'America: Pacifico settentrionale
US06
Stati Uniti d'America: Grandi laghi
US07
Portorico
CA01
Canada: Atlantico
CA02
Canada: Grandi laghi e alto corso del San Lorenzo
CA03
Canada: Costa occidentale
CO01
Colombia: Costa settentrionale
CO02
Colombia: Costa occidentale
Con i codici supplementari
ZZ01
Impianti off-shore
ZZ02
Aggregati e zone non descritte altrove
(1) GU L 118 del 25.5.1995, pag. 10.
ALLEGATO V
NAZIONALITÀ DI REGISTRAZIONE DELLA NAVE
La nomenclatura da utilizzare è la geonomenclatura [nomenclatura dei paesi e dei territori per le statistiche del commercio estero della Comunità e del commercio tra gli Stati membri della stessa, istituita sulla base dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1172/95] in vigore nell’anno cui si riferiscono i dati.
Il codice è a 4 cifre: il codice alfabetico standard ISO a due cifre per ciascun paese della suddetta nomenclatura, seguito da due zeri (ad esempio, per la Grecia codice GR00), tranne per i paesi che hanno più registri, contraddistinti da una quarta cifra diversa da zero, come indicato di seguito:
FR01
Francia
FR02
Territorio antartico francese (di cui isole Kerguelen)
IT01
Italia — Primo registro
IT02
Italia — Registro internazionale
GB01
Regno Unito
GB02
Isola di Man
GB03
Isole del Canale
GB04
Gibilterra
DK01
Danimarca
DK02
Danimarca (DIS)
PT01
Portogallo
PT02
Portogallo (MAR)
ES01
Spagna
ES02
Spagna (Rebeca)
NO01
Norvegia
NO02
Norvegia (NIS)
US01
Stati Uniti d'America
US02
Portorico
ALLEGATO VI
CLASSIFICAZIONE DEL TIPO DI NAVE (ICST-COM)
Tipo
Categorie comprese in ciascun tipo di nave
10
Rinfuse liquide
Petroliera
Nave cisterna per prodotti chimici
Trasportatore di gas liquefatti
Chiatta-cisterna
Altre navi cisterna
20
Rinfuse secche
Petroliera/cargo
Cargo
31
Container
Porta container integrale
32
Trasportatore specializzato
Portachiatte
Trasportatore di prodotti chimici
Trasportatore di combustibili irraggiati
Trasportatore di bestiame
Trasportatore di veicoli
Altro trasportatore specializzato
33
Merci varie, non specializzato
Nave frigorifera
Nave da trasporto roro, anche per passeggeri
Porta container roro
Altri carichi roro
Trasportatore misto di merci varie/passeggeri
Trasportatore misto di merci varie/container
Trasportatore di merci varie ad un ponte solo
Trasportatore di merci varie a più ponti
34
Chiatta per carichi secchi
Chiatta pontata
Bettolina a pozzo
Chiatta di tipo lash-seabee
Chiatta scoperta da carico secco
Chiatta coperta da carico secco
Altre chiatte da carico secco
35
Passeggeri
Nave passeggeri (escluse le navi da crociera)
36
Crociera
Esclusivamente le navi da crociera
41
Pesca
Nave da pesca (1)
Nave officina per il trattamento del pesce (1)
42
Attività off-shore
Trivellamento ed esplorazione (1)
Approvvigionamento off-shore (1)
43
Rimorchiatori
Rimorchiatori (1)
Spintori (1)
49
Varie
Draghe (1)
Da ricerca/esplorazione (1)
Altre navi e imbarcazioni non definite altrove (1)
XX
Sconosciuto
Nave di tipo sconosciuto
(1) Non comprese nella presente direttiva.
ALLEGATO VII
CLASSI DI GRANDEZZA DELLE NAVI
espresse in tonnellate di portata lorda (DWT) o in stazza lorda (SL)
Questa nomenclatura riguarda unicamente le navi di stazza lorda pari o maggiore a 100.
Gruppo
Limite inferiore
Limite superiore
DWT
SL
DWT
SL
01
—
100
fino a 499
fino a 499
02
500
500
999
999
03
1 000
1 000
1 999
1 999
04
2 000
2 000
2 999
2 999
05
3 000
3 000
3 999
3 999
06
4 000
4 000
4 999
4 999
07
5 000
5 000
5 999
5 999
08
6 000
6 000
6 999
6 999
09
7 000
7 000
7 999
7 999
10
8 000
8 000
8 999
8 999
11
9 000
9 000
9 999
9 999
12
10 000
10 000
19 999
19 999
13
20 000
20 000
29 999
29 999
14
30 000
30 000
39 999
39 999
15
40 000
40 000
49 999
49 999
16
50 000
50 000
79 999
79 999
17
80 000
80 000
99 999
99 999
18
100 000
100 000
149 999
149 999
19
150 000
150 000
199 999
199 999
20
200 000
200 000
249 999
249 999
21
250 000
250 000
299 999
299 999
22
300 000 e oltre
300 000 e oltre
—
—
Nota: Nel caso in cui la presente direttiva tenesse conto anche delle navi di stazza lorda inferiore a 100, a queste verrà attribuito un codice di gruppo «99».
ALLEGATO VIII
STRUTTURA DEGLI INSIEMI DI DATI STATISTICI
Gli insiemi di dati specificati in questo allegato definiscono la frequenza delle statistiche sul trasporto marittimo richieste dalla Comunità. Ogni insieme definisce una distribuzione incrociata su un numero limitato di dimensioni di vari livelli delle nomenclature, con aggregazione su tutte le altre dimensioni e per la quale sono necessarie statistiche di buona qualità.
Le condizioni di raccolta dell’insieme di dati B1 sono decise dal Consiglio su proposta della Commissione, tenuto conto dei risultati dello studio pilota condotto durante un periodo transitorio di tre anni a norma dell’articolo10 della direttiva 95/64/CE, in merito alla fattibilità e al costo, per gli Stati membri e per i rispondenti, della raccolta di tali dati.
STATISTICHE SOMMARIE E DETTAGLIATE
—
Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sulle merci e i passeggeri sono: A1, A2, B1, C1, D1, E1, F1 e/o F2.
—
Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sulle merci, ma non sui passeggeri, sono: A1, A2, A3, B1, C1, E1, F1 e/o F2.
—
Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sui passeggeri, ma non sulle merci, sono: A3, D1, F1 e/o F2.
—
Per i porti selezionati e non selezionati (né per le merci né per i passeggeri) l’insieme di dati da fornire è: A3.
Insieme di dati A1
:
Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico e relazione
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
A1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
1 carattere alfanumerico
Tipo di carico, allegato II
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati A2
:
Trasporti marittimi, che non avvengono in container o unità mobili, nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico e relazione
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
A2
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
2 caratteri alfanumerici
Tipo di carico, allegato II (esclusi container e roro) (sottocategorie 1X, 11, 12, 13, 19, 2X, 21, 22, 23, 29, 9X, 91, 92 e 99)
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati A3
:
Informazioni relative ai porti selezionati e ai porti per i quali non sono richieste statistiche dettagliate (cfr. articolo 4, paragrafo 3)
Frequenza
:
annuale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
A3
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(0)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Tutti i porti nell'elenco
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Dati:
peso lordo delle merci in tonnellate.
Numero di passeggeri (esclusi i croceristi).
Numero di croceristi che iniziano e finiscono una crociera.
Numero di croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera: direzione: solo entrata (1) (facoltativo).
Insieme di dati B1
:
Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, merci e relazione
Frequenza
:
annuale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
B1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(0)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
1 carattere alfanumerico
Tipo di carico, allegato II
Merce
2 caratteri alfanumerici
Nomenclatura delle merci, allegato III
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati C1
:
Trasporti marittimi in container o roro, nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, relazione e situazione del carico
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
C1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
2 caratteri alfanumerici
Tipo di carico, allegato II (unicamente container e roro) (sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 52, 53, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69)
Dati:
peso lordo delle merci in tonnellate (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69).
Numero di unità (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 52, 53, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69).
Numero di unità senza carico (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 59, 6X, 61, 63 e 69).
Insieme di dati D1
:
Trasporti di passeggeri nei principali porti europei suddivisi per relazione e nazionalità di registrazione della nave
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
D1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Nazionalità di registrazione della nave
4 caratteri alfanumerici
Nazionalità di registrazione della nave, allegato V
Dati: numero di passeggeri esclusi i croceristi che iniziano e finiscono una crociera, e croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera.
Insieme di dati E1
:
Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, relazione e nazionalità di registrazione della nave
Frequenza
:
annuale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
E1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(0)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
1 carattere alfanumerico
Tipo di carico, allegato II
Nazionalità di registrazione della nave
4 caratteri alfanumerici
Nazionalità di registrazione della nave, allegato V
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati F1
:
Traffico portuale dei principali porti europei per porto, tipo e dimensione della nave che imbarca o sbarca il carico o che imbarca o sbarca passeggeri (inclusi i croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera)
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
F1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Tipo di nave
2 caratteri alfanumerici
Tipo di nave, allegato VI
Dimensione della nave TPL
2 caratteri alfanumerici
Classe di portata lorda (deadweight), allegato VII
Dati:
numero di navi.
Tonnellate di portata lorda delle navi.
Insieme di dati F2
:
Traffico portuale dei principali porti europei per porto, tipo e dimensione della nave che imbarca o sbarca il carico o che imbarca o sbarca passeggeri (inclusi i croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera)
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
F2
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Tipo di nave
2 caratteri alfanumerici
Tipo di nave, allegato VI
Dimensione della nave SL
2 caratteri alfanumerici
Classe di stazza lorda, allegato VII
Dati:
numero di navi.
Stazza lorda delle navi.
ALLEGATO IX
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 12)
Direttiva 95/64/CE del Consiglio
(GU L 320 del 30.12.1995, pag. 25).
Decisione 98/385/CE della Commissione
(GU L 174 del 18.6.1998, pag. 1).
limitatamente all’articolo 3
Decisione 2000/363/CE della Commissione
(GU L 132 del 5.6.2000, pag. 1).
limitatamente all’articolo 1
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
limitatamente all’allegato II, punto 20
Decisione 2005/366/CE della Commissione
(GU L 123 del 17.5.2005, pag. 1).
limitatamente all’articolo 1
Regolamento (CE) n. 1304/2007 della Commissione
(GU L 290 dell’8.11.2007, pag. 14).
limitatamente all’articolo 1
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 12)
Direttiva
Termine di recepimento
95/64/CE
31 dicembre 1996
ALLEGATO X
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 95/64/CE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, punto 1, primo comma
Articolo 2, lettera a), primo comma
Articolo 2, punto 1, secondo comma, lettere a) e b)
Articolo 2, lettera a), secondo comma, punti i) e ii)
Articolo 2, punto 1, terzo comma
Articolo 2, lettera a), terzo comma
Articolo 2, punti da 2 a 5
Articolo 2, lettere da b) a e)
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 4, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articoli 5, 6 e 7
Articoli 5, 6 e 7
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8
Articolo 8, paragrafo 2
—
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10
—
Articolo 11
—
Articolo 12,
—
Articolo 13, paragrafi 1 e 2
Articolo 10, paragrafi 1 e 2
—
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 13, paragrafo 3
—
Articolo 14, paragrafo 1
—
Articolo 14, paragrafo 2
Articolo 11
—
Articolo 12
Articolo 15
Articolo 13
Articolo 16
Articolo 14
Allegati da I a VIII
Allegati da I a VIII
—
Allegato IX
—
Allegato X
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/42/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 6 maggio 2009
concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 95/64/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 1995, concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare (2), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (3). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
Per assolvere ai compiti ad essa affidati nell’ambito della politica comune dei trasporti marittimi, la Commissione (Eurostat) dovrebbe disporre di statistiche comparabili, affidabili, sincronizzate e regolari sull’ampiezza e lo sviluppo dei trasporti di merci e di passeggeri via mare in partenza dalla Comunità e verso la medesima, tra Stati membri e all’interno degli Stati membri.
(3)
Occorre inoltre sottolineare l’importanza di una buona conoscenza del mercato dei trasporti marittimi per gli Stati membri e gli operatori economici.
(4)
La raccolta di dati statistici comunitari, su una base comparabile o armonizzata, consente l’istituzione di un sistema integrato in grado di fornire informazioni affidabili, compatibili e aggiornate.
(5)
I dati relativi ai trasporti di merci e di passeggeri via mare devono essere resi comparabili da uno Stato membro all’altro e tra i vari modi di trasporto.
(6)
Conformemente al principio di sussidiarietà, la creazione di norme statistiche comuni che permettano di produrre informazioni armonizzate può essere trattata efficacemente solo a livello comunitario. La raccolta di dati statistici sarà effettuata in ciascuno Stato membro sotto l’autorità degli organismi e delle istituzioni responsabili per l’elaborazione delle statistiche ufficiali.
(7)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4).
(8)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare determinate modalità di attuazione della presente direttiva. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(9)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano esclusivamente le procedure di comitato. Non sono pertanto necessari provvedimenti di recepimento da parte degli Stati membri.
(10)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento della direttiva indicati nell’allegato IX, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Raccolta di dati statistici
Gli Stati membri raccolgono statistiche comunitarie sui trasporti di merci e di passeggeri effettuati da navi che fanno scalo nei porti situati sul loro territorio.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) «trasporto di merci e di passeggeri via mare»: i movimenti di merci e di passeggeri per mezzo di navi, su rotte seguite, totalmente o parzialmente, per mare.
L’ambito di applicazione della presente direttiva comprende altresì le merci:
Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva i depositi e i rifornimenti messi a disposizione delle navi;
b) «nave marittima»: una nave diversa da quelle che navigano esclusivamente nelle acque interne, nelle acque protette o nelle acque adiacenti alle acque protette o alle zone in cui si applicano i regolamenti portuali.
Le navi da pesca e le navi-officina per trattamento del pesce, le navi da trivellazione e da esplorazione, i rimorchiatori, gli spintori, le draghe, le navi per la ricerca e l’esplorazione, le navi da guerra e le imbarcazioni utilizzate unicamente a fini non commerciali non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva;
c) «porto»: un luogo munito di installazioni che consentono alle navi commerciali di attraccare e di scaricare o caricare merci, nonché di sbarcare o imbarcare passeggeri da o verso una nave;
d) «nazionalità dell’operatore di trasporto marittimo»: la nazionalità del paese in cui ha sede il centro reale dell’attività commerciale dell’operatore di trasporto;
e) «operatore di trasporto marittimo»: ogni persona tramite la quale o in nome della quale è concluso un contratto di trasporto di merci o di persone via mare con uno spedizioniere marittimo o un passeggero.
Articolo 3
Caratteristiche della raccolta di dati
1. Gli Stati membri rilevano i dati relativi alle:
a)
informazioni in merito alle merci e ai passeggeri;
b)
informazioni in merito alla nave.
Possono essere escluse dalla raccolta di dati le navi di stazza lorda inferiore a 100.
2. Le caratteristiche della raccolta di dati, ossia le variabili statistiche di ciascun settore, le nomenclature per la loro classificazione e la loro frequenza di osservazione, sono indicate negli allegati da I a VIII.
3. La raccolta di dati si basa, per quanto possibile, sulle fonti disponibili, in modo da limitare l’onere per i rispondenti.
4. La Commissione adegua le caratteristiche della raccolta di dati e il contenuto degli allegati da I a VIII ai progressi economici e tecnici nella misura in cui tale adeguamento non comporta un sostanziale aumento dei costi per gli Stati membri e/o dell’onere per i rispondenti.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3.
Articolo 4
Porti
1. Ai fini della presente direttiva, la Commissione redige un elenco di porti codificati e classificati per paese e per zone costiere marittime.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3.
2. Ogni Stato membro seleziona dall’elenco di cui al paragrafo 1 i porti che trattano annualmente più di un milione di tonnellate di merci o che registrano più di 200 000 movimenti di passeggeri.
Per ogni porto selezionato devono essere forniti dati dettagliati, conformemente all’allegato VIII, per i settori (merci, passeggeri) per i quali il porto rispetta il criterio di selezione ed, eventualmente, i dati sommari per l’altro settore.
3. Per porti dell’elenco non selezionati sono forniti dati sommari, conformemente all’allegato VIII, insieme di dati A3.
Articolo 5
Accuratezza delle statistiche
I metodi per la raccolta di dati sono tali da garantire che i dati statistici comunitari sul trasporto marittimo abbiano il grado di precisione richiesto per l’insieme dei dati statistici descritti all’allegato VIII.
La Commissione stabilisce le norme di accuratezza.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3.
Articolo 6
Trattamento dei risultati della raccolta di dati
Gli Stati membri trattano le informazioni statistiche raccolte in base all’articolo 3, in modo da ottenere statistiche comparabili, che abbiano il grado di accuratezza di cui all’articolo 5.
Articolo 7
Trasmissione dei risultati della raccolta di dati
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i risultati della raccolta di dati di cui all’articolo 3, compresi i dati dichiarati riservati dagli Stati membri a norma della legislazione o delle prassi nazionali in materia di riservatezza statistica, conformemente al regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (5).
2. I risultati sono trasmessi conformemente alla struttura degli insiemi di dati statistici definita nell’allegato VIII. Le modalità tecniche per la trasmissione dei risultati sono stabilite secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
3. La trasmissione dei risultati avviene entro un termine di cinque mesi a decorrere dalla fine del periodo di osservazione per i dati la cui frequenza è trimestrale e di otto mesi per i dati la cui frequenza è annuale.
La prima trasmissione copre il primo trimestre dell’anno 1997.
Articolo 8
Relazioni
Gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) tutte le pertinenti informazioni relative ai metodi impiegati per la produzione dei dati. Se necessario, gli Stati membri comunicano anche i mutamenti sostanziali apportati ai metodi di raccolta utilizzati.
Articolo 9
Diffusione dei dati statistici
La Commissione (Eurostat) diffonde i dati statistici appropriati con frequenza analoga a quella delle trasmissioni dei risultati.
Le modalità di pubblicazione o di diffusione dei dati statistici da parte della Commissione (Eurostat) sono determinate secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
Articolo 10
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 11
Comunicazione delle disposizioni nazionali
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Abrogazione
La direttiva 95/64/CE, modificata dagli atti di cui all’allegato IX, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento in diritto interno della direttiva indicati all’allegato IX, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato X.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 6 maggio 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. KOHOUT
(1) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 aprile 2009.
(2) GU L 320 del 30.12.1995, pag. 25.
(3) V. allegato IX, parte A.
(4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(5) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164.
ALLEGATO I
VARIABILI E DEFINIZIONI
1. Variabili statistiche
a) Informazioni relative alle merci e ai passeggeri:
—
peso lordo in tonnellate delle merci;
—
tipo di carico, secondo la nomenclatura di cui all'allegato II;
—
descrizione delle merci, secondo la nomenclatura di cui all'allegato III;
—
porto dichiarante;
—
direzione del movimento, entrata o uscita;
—
per le entrate di merci: il porto di carico (il porto, cioè, in cui le merci sono state caricate sulla nave con la quale esse sono arrivate nel porto dichiarante) utilizzando i porti individuali dei paesi dello Spazio economico europeo (SEE) figuranti nell'elenco dei porti e, al di fuori dei paesi del SEE, le zone costiere marittime di cui all'allegato IV;
—
per le uscite di merci: il porto di scarico (il porto, cioè, in cui le merci devono essere scaricate dalla nave con la quale hanno lasciato il porto dichiarante) utilizzando i porti individuali dei paesi del SEE figuranti nell'elenco dei porti e, al di fuori dei paesi del SEE, le zone costiere marittime di cui all'allegato IV;
—
numero di passeggeri che cominciano o terminano una traversata e numero di croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera.
Per le merci trasportate in container o su unità roro, vanno rilevate le seguenti caratteristiche supplementari:
—
numero complessivo dei container (con o senza carico);
—
numero dei container senza carico;
—
numero complessivo di unità mobili (roro) con e senza carico;
—
numero di unità mobili (roro) senza carico.
b) Informazioni relative alle navi:
—
numero di navi;
—
tonnellate di portata lorda (deadweight) o stazza lorda delle navi;
—
paese o territorio di registrazione delle navi, secondo la nomenclatura di cui all'allegato V;
—
tipi di nave, secondo la nomenclatura di cui all'allegato VI;
—
classe di grandezza delle navi, secondo la nomenclatura di cui all'allegato VII.
2. Definizioni
a)
«Container per trasporto»: elemento di un'attrezzatura da trasporto
1)
di carattere durevole e, dunque, abbastanza solido da sopportare un uso prolungato;
2)
concepito in maniera da agevolare il trasporto di merci da parte di uno o più modi di trasporto senza rottura del carico;
3)
munito di accessori tali da consentire una sua rapida movimentazione e, in particolare, il suo trasferimento da un modo di trasporto ad un altro;
4)
concepito in modo da essere caricato e scaricato;
5)
di lunghezza pari o superiore a 20 piedi.
b)
«Unità roro»: elemento montato su un dispositivo munito di ruote, destinato al trasporto di merci, come un autocarro o un rimorchio, che può essere condotto o rimorchiato su una nave. In questa definizione vengono compresi i rimorchi che appartengano ai porti o alle navi. Le classificazioni devono ottemperare alla raccomandazione UNECE n. 21 «Codici dei tipi di carico, degli imballaggi e dei materiali d'imballaggio».
c)
«Carico in contenitore» contenitori con carico o senza carico imbarcati su navi che li trasportano per mare o da queste sbarcati.
d)
«Carico roro»: unità roro e merci (in contenitori, oppure no) in unità roro, che salgono su navi che le trasportano per mare o scendono da queste.
e)
«Tonnellaggio lordo di merci»: tonnellaggio delle merci trasportate, compresi gli imballaggi ma esclusa la tara dei contenitori e delle unità roro.
f)
«Tonnellaggio di portata lorda (TPL)»: differenza espressa in tonnellate fra il dislocamento di una nave, consentito dal bordo libero estivo, in acqua con un peso specifico di 1,025 e il peso a vuoto della nave stessa, ossia il suo dislocamento senza carico, combustibile, lubrificante, acqua di zavorra, acqua fresca e acqua potabile contenuta in serbatoi, provviste soggette a consumo, passeggeri, equipaggio e loro effetti personali.
g)
«Stazza lorda»: la misura delle dimensioni totali di una nave determinata conformemente alla convenzione internazionale del 1969 sulla stazzatura delle navi mercantili.
h)
«Crocerista»: il passeggero marittimo che compie un viaggio per mare su una nave da crociera. Sono esclusi i passeggeri di navi che effettuano escursioni giornaliere.
i)
«Nave da crociera»: la nave per passeggeri destinata a prestare un servizio turistico completo. Tutti i passeggeri sono alloggiati in cabine. Sono incluse le strutture d'intrattenimento a bordo. Sono escluse le navi che effettuano normale servizio di traghetto, anche se alcuni passeggeri percepiscono tale servizio come una crociera. Sono inoltre escluse le navi da carico in grado di trasportare un numero molto limitato di passeggeri alloggiati in cabine. Sono escluse anche le navi che effettuano unicamente escursioni giornaliere.
j)
«Escursione di un crocerista»: la breve visita compiuta a una attrazione turistica associata a un porto da un crocerista che conserva la sua cabina a bordo della nave.
ALLEGATO II
CLASSIFICAZIONE DEL TIPO DI CARICO
Categoria (1)
Codice
a una cifra
Codice
a due cifre
Descrizione
Tonnellaggio
Numero
Rinfusa liquida
1
1X
Merci alla rinfusa, liquide (mancano le unità di carico)
X
11
Gas liquidi
X
12
Petrolio greggio
X
13
Prodotti petroliferi
X
19
Altre merci alla rinfusa, liquide
X
Rinfusa solida
2
2X
Merci alla rinfusa, a secco (mancano le unità di carico)
X
21
Minerale
X
22
Carbone
X
23
Prodotti agricoli (per esempio: cereali, soia, tapioca)
X
29
Altre merci alla rinfusa, a secco
X
Container
3
3X
Grandi container
X (2)
X
31
Unità di carico da 20 piedi
X (2)
X
32
Unità di carico da 40 piedi
X (2)
X
33
Unità di carico > 20 piedi e < 40 piedi
X (2)
X
34
Unità di carico > 40 piedi
X (2)
X
Roro
(semoventi)
5
5X
Unità semoventi mobili
X
X
51
Autoveicoli stradali destinati al trasporto di merci, anche accompagnati da rimorchi
X (2)
X
52
Autovetture private, anche accompagnate da rimorchi e roulotte, e motocicli
X (3)
53
Autobus
X (3)
54
Veicoli commerciali (inclusi veicoli in importazione/esportazione)
X
X (3)
56
Animali vivi «in piedi»
X
X (3)
59
Altre unità mobili semoventi
X
X
Roro
(non semoventi)
6
6X
Unità non semoventi mobili
X
X
61
Rimorchi e semirimorchi stradali per il trasporto di merci, non accompagnati
X (2)
X
62
Roulotte e altri veicoli stradali, agricoli e industriali non accompagnati
X (3)
63
Vagoni ferroviari, rimorchi per il trasporto marittimo trasportati da navi e chiatte per il trasporto di merci trasportate da navi
X (2)
X
69
Altre unità non semoventi mobili
X
X
Altro carico generale
(compresi i piccoli container)
9
9X
Altro carico non classificato altrove
X
91
Prodotti forestali
X
92
Prodotti ferrosi ed acciaio
X
99
Altro carico generale
X
(1) Queste categorie sono compatibili con la raccomandazione UNECE n. 21.
(2) La quantità da registrare è rappresentata dal peso lordo delle merci, compreso l'imballaggio ma escluso il peso dei container e delle unità roro.
(3) Solo il numero totale di unità.
ALLEGATO III
NST 2007
Divisione
Designazione
01
Prodotti dell’agricoltura, della caccia e della silvicoltura; pesci e altri prodotti della pesca
02
Carboni fossili e ligniti; petrolio greggio e gas naturale
03
Minerali metalliferi e altri prodotti delle miniere e delle cave; torba; uranio e torio
04
Prodotti alimentari, bevande e tabacchi
05
Prodotti dell’industria tessile e dell’industria dell’abbigliamento; cuoio e prodotti in cuoio
06
Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili); articoli di paglia e materiali da intreccio; pasta da carta, carta e prodotti di carta; stampati e supporti registrati
07
Coke e prodotti petroliferi raffinati
08
Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali; articoli in gomma e in materie plastiche; combustibili nucleari
09
Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
10
Metalli di base; manufatti in metallo, escluse le macchine e gli apparecchi meccanici
11
Macchine e apparecchi meccanici n.c.a.; macchine per ufficio, elaboratori e sistemi informatici; macchine e apparecchi elettrici n.c.a.; apparecchi radiotelevisivi e apparecchiature per le comunicazioni; apparecchi medicali, apparecchi di precisione e strumenti ottici; orologi
12
Mezzi di trasporto
13
Mobili; altri manufatti n.c.a.
14
Materie prime secondarie; rifiuti urbani e altri rifiuti
15
Posta, pacchi
16
Attrezzature e materiali utilizzati nel trasporto di merci
17
Merci trasportate nell’ambito di traslochi (uffici e abitazioni); bagagli trasportati separatamente dai passeggeri; autoveicoli trasportati per riparazione; altre merci non destinabili alla vendita n.c.a.
18
Merci raggruppate: merci di vario tipo trasportate insieme
19
Merci non individuabili: merci che per un qualunque motivo non possono essere individuate e quindi non possono essere attribuite ai gruppi da 01 a 16
20
Altre merci n.c.a.
ALLEGATO IV
ZONE COSTIERE MARITTIME
Va utilizzata la geonomenclatura [nomenclatura dei paesi e dei territori per le statistiche del commercio estero della Comunità e del commercio tra gli Stati membri della stessa, istituita in base all’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1172/95 del Consiglio, del 22 maggio 1995, relativo alle statistiche degli scambi di beni della Comunità e dei suoi Stati membri con i paesi terzi (1)] in vigore l’anno cui si riferiscono i dati.
Il codice è a 4 cifre: il codice alfabetico standard ISO a due cifre per ciascun paese della suddetta nomenclatura, seguito da due zeri (ad esempio, per la Grecia codice GR00), tranne per i paesi divisi in due o più zone costiere marittime, caratterizzate a loro volta da una quarta cifra diversa da zero (da 1 a 7), come indicato di seguito:
Codice
Zone costiere marittime
FR01
Francia: Atlantico/Mare del
FR02
Francia: Mediterraneo
FR03
Dipartimenti francesi d'oltremare: Guyana francese
FR04
Dipartimenti francesi d'oltremare: Martinica e Guadalupa
FR05
Dipartimenti francesi d'oltremare: Riunione
DE01
Germania: Mare del Nord
DE02
Germania: Mar Baltico
DE03
Germania: Vie d'acqua interne
GB01
Regno Unito
GB02
Isola di Man
GB03
Isole del Canale
ES01
Spagna: Atlantico settentrionale
ES02
Spagna: Mediterraneo e Atlantico meridionale, incluse le isole Baleari e le isole Canarie
SE01
Svezia: Mar Baltico
SE02
Svezia: Mare del Nord
TR01
Turchia: Mar Nero
TR02
Turchia: Mediterraneo
RU01
Russia: Mar Nero
RU02
Russia: Mar Baltico
RU03
Russia: Asia
MA01
Marocco: Mediterraneo
MA02
Marocco: Africa occidentale
EG01
Egitto: Mediterraneo
EG02
Egitto: Mar Rosso
IL01
Israele: Mediterraneo
IL02
Israele: Mar Rosso
SA01
Arabia Saudita: Mar Rosso
SA02
Arabia Saudita: Golfo
US01
Stati Uniti d'America: Atlantico settentrionale
US02
Stati Uniti d'America: Atlantico meridionale
US03
Stati Uniti d'America: Golfo
US04
Stati Uniti d'America: Pacifico meridionale
US05
Stati Uniti d'America: Pacifico settentrionale
US06
Stati Uniti d'America: Grandi laghi
US07
Portorico
CA01
Canada: Atlantico
CA02
Canada: Grandi laghi e alto corso del San Lorenzo
CA03
Canada: Costa occidentale
CO01
Colombia: Costa settentrionale
CO02
Colombia: Costa occidentale
Con i codici supplementari
ZZ01
Impianti off-shore
ZZ02
Aggregati e zone non descritte altrove
(1) GU L 118 del 25.5.1995, pag. 10.
ALLEGATO V
NAZIONALITÀ DI REGISTRAZIONE DELLA NAVE
La nomenclatura da utilizzare è la geonomenclatura [nomenclatura dei paesi e dei territori per le statistiche del commercio estero della Comunità e del commercio tra gli Stati membri della stessa, istituita sulla base dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1172/95] in vigore nell’anno cui si riferiscono i dati.
Il codice è a 4 cifre: il codice alfabetico standard ISO a due cifre per ciascun paese della suddetta nomenclatura, seguito da due zeri (ad esempio, per la Grecia codice GR00), tranne per i paesi che hanno più registri, contraddistinti da una quarta cifra diversa da zero, come indicato di seguito:
FR01
Francia
FR02
Territorio antartico francese (di cui isole Kerguelen)
IT01
Italia — Primo registro
IT02
Italia — Registro internazionale
GB01
Regno Unito
GB02
Isola di Man
GB03
Isole del Canale
GB04
Gibilterra
DK01
Danimarca
DK02
Danimarca (DIS)
PT01
Portogallo
PT02
Portogallo (MAR)
ES01
Spagna
ES02
Spagna (Rebeca)
NO01
Norvegia
NO02
Norvegia (NIS)
US01
Stati Uniti d'America
US02
Portorico
ALLEGATO VI
CLASSIFICAZIONE DEL TIPO DI NAVE (ICST-COM)
Tipo
Categorie comprese in ciascun tipo di nave
10
Rinfuse liquide
Petroliera
Nave cisterna per prodotti chimici
Trasportatore di gas liquefatti
Chiatta-cisterna
Altre navi cisterna
20
Rinfuse secche
Petroliera/cargo
Cargo
31
Container
Porta container integrale
32
Trasportatore specializzato
Portachiatte
Trasportatore di prodotti chimici
Trasportatore di combustibili irraggiati
Trasportatore di bestiame
Trasportatore di veicoli
Altro trasportatore specializzato
33
Merci varie, non specializzato
Nave frigorifera
Nave da trasporto roro, anche per passeggeri
Porta container roro
Altri carichi roro
Trasportatore misto di merci varie/passeggeri
Trasportatore misto di merci varie/container
Trasportatore di merci varie ad un ponte solo
Trasportatore di merci varie a più ponti
34
Chiatta per carichi secchi
Chiatta pontata
Bettolina a pozzo
Chiatta di tipo lash-seabee
Chiatta scoperta da carico secco
Chiatta coperta da carico secco
Altre chiatte da carico secco
35
Passeggeri
Nave passeggeri (escluse le navi da crociera)
36
Crociera
Esclusivamente le navi da crociera
41
Pesca
Nave da pesca (1)
Nave officina per il trattamento del pesce (1)
42
Attività off-shore
Trivellamento ed esplorazione (1)
Approvvigionamento off-shore (1)
43
Rimorchiatori
Rimorchiatori (1)
Spintori (1)
49
Varie
Draghe (1)
Da ricerca/esplorazione (1)
Altre navi e imbarcazioni non definite altrove (1)
XX
Sconosciuto
Nave di tipo sconosciuto
(1) Non comprese nella presente direttiva.
ALLEGATO VII
CLASSI DI GRANDEZZA DELLE NAVI
espresse in tonnellate di portata lorda (DWT) o in stazza lorda (SL)
Questa nomenclatura riguarda unicamente le navi di stazza lorda pari o maggiore a 100.
Gruppo
Limite inferiore
Limite superiore
DWT
SL
DWT
SL
01
—
100
fino a 499
fino a 499
02
500
500
999
999
03
1 000
1 000
1 999
1 999
04
2 000
2 000
2 999
2 999
05
3 000
3 000
3 999
3 999
06
4 000
4 000
4 999
4 999
07
5 000
5 000
5 999
5 999
08
6 000
6 000
6 999
6 999
09
7 000
7 000
7 999
7 999
10
8 000
8 000
8 999
8 999
11
9 000
9 000
9 999
9 999
12
10 000
10 000
19 999
19 999
13
20 000
20 000
29 999
29 999
14
30 000
30 000
39 999
39 999
15
40 000
40 000
49 999
49 999
16
50 000
50 000
79 999
79 999
17
80 000
80 000
99 999
99 999
18
100 000
100 000
149 999
149 999
19
150 000
150 000
199 999
199 999
20
200 000
200 000
249 999
249 999
21
250 000
250 000
299 999
299 999
22
300 000 e oltre
300 000 e oltre
—
—
Nota: Nel caso in cui la presente direttiva tenesse conto anche delle navi di stazza lorda inferiore a 100, a queste verrà attribuito un codice di gruppo «99».
ALLEGATO VIII
STRUTTURA DEGLI INSIEMI DI DATI STATISTICI
Gli insiemi di dati specificati in questo allegato definiscono la frequenza delle statistiche sul trasporto marittimo richieste dalla Comunità. Ogni insieme definisce una distribuzione incrociata su un numero limitato di dimensioni di vari livelli delle nomenclature, con aggregazione su tutte le altre dimensioni e per la quale sono necessarie statistiche di buona qualità.
Le condizioni di raccolta dell’insieme di dati B1 sono decise dal Consiglio su proposta della Commissione, tenuto conto dei risultati dello studio pilota condotto durante un periodo transitorio di tre anni a norma dell’articolo10 della direttiva 95/64/CE, in merito alla fattibilità e al costo, per gli Stati membri e per i rispondenti, della raccolta di tali dati.
STATISTICHE SOMMARIE E DETTAGLIATE
—
Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sulle merci e i passeggeri sono: A1, A2, B1, C1, D1, E1, F1 e/o F2.
—
Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sulle merci, ma non sui passeggeri, sono: A1, A2, A3, B1, C1, E1, F1 e/o F2.
—
Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sui passeggeri, ma non sulle merci, sono: A3, D1, F1 e/o F2.
—
Per i porti selezionati e non selezionati (né per le merci né per i passeggeri) l’insieme di dati da fornire è: A3.
Insieme di dati A1
:
Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico e relazione
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
A1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
1 carattere alfanumerico
Tipo di carico, allegato II
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati A2
:
Trasporti marittimi, che non avvengono in container o unità mobili, nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico e relazione
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
A2
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
2 caratteri alfanumerici
Tipo di carico, allegato II (esclusi container e roro) (sottocategorie 1X, 11, 12, 13, 19, 2X, 21, 22, 23, 29, 9X, 91, 92 e 99)
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati A3
:
Informazioni relative ai porti selezionati e ai porti per i quali non sono richieste statistiche dettagliate (cfr. articolo 4, paragrafo 3)
Frequenza
:
annuale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
A3
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(0)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Tutti i porti nell'elenco
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Dati:
peso lordo delle merci in tonnellate.
Numero di passeggeri (esclusi i croceristi).
Numero di croceristi che iniziano e finiscono una crociera.
Numero di croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera: direzione: solo entrata (1) (facoltativo).
Insieme di dati B1
:
Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, merci e relazione
Frequenza
:
annuale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
B1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(0)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
1 carattere alfanumerico
Tipo di carico, allegato II
Merce
2 caratteri alfanumerici
Nomenclatura delle merci, allegato III
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati C1
:
Trasporti marittimi in container o roro, nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, relazione e situazione del carico
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
C1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
2 caratteri alfanumerici
Tipo di carico, allegato II (unicamente container e roro) (sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 52, 53, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69)
Dati:
peso lordo delle merci in tonnellate (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69).
Numero di unità (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 52, 53, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69).
Numero di unità senza carico (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 59, 6X, 61, 63 e 69).
Insieme di dati D1
:
Trasporti di passeggeri nei principali porti europei suddivisi per relazione e nazionalità di registrazione della nave
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
D1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Nazionalità di registrazione della nave
4 caratteri alfanumerici
Nazionalità di registrazione della nave, allegato V
Dati: numero di passeggeri esclusi i croceristi che iniziano e finiscono una crociera, e croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera.
Insieme di dati E1
:
Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, relazione e nazionalità di registrazione della nave
Frequenza
:
annuale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
E1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(0)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Porto di carico/scarico
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE di cui all'elenco dei porti
Relazione
4 caratteri alfanumerici
Zone costiere marittime, allegato IV
Tipo di carico
1 carattere alfanumerico
Tipo di carico, allegato II
Nazionalità di registrazione della nave
4 caratteri alfanumerici
Nazionalità di registrazione della nave, allegato V
Dati: peso lordo delle merci in tonnellate.
Insieme di dati F1
:
Traffico portuale dei principali porti europei per porto, tipo e dimensione della nave che imbarca o sbarca il carico o che imbarca o sbarca passeggeri (inclusi i croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera)
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
F1
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Tipo di nave
2 caratteri alfanumerici
Tipo di nave, allegato VI
Dimensione della nave TPL
2 caratteri alfanumerici
Classe di portata lorda (deadweight), allegato VII
Dati:
numero di navi.
Tonnellate di portata lorda delle navi.
Insieme di dati F2
:
Traffico portuale dei principali porti europei per porto, tipo e dimensione della nave che imbarca o sbarca il carico o che imbarca o sbarca passeggeri (inclusi i croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera)
Frequenza
:
trimestrale
Variabili
Dettaglio dei codici
Nomenclatura
Dimensioni
Insieme di dati
2 caratteri alfanumerici
F2
Anno di riferimento
4 caratteri alfanumerici
(ad esempio, 1997)
Trimestre di riferimento
1 carattere alfanumerico
(1, 2, 3, 4)
Porto dichiarante
5 caratteri alfanumerici
Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti
Direzione
1 carattere alfanumerico
Entrata, uscita (1, 2)
Tipo di nave
2 caratteri alfanumerici
Tipo di nave, allegato VI
Dimensione della nave SL
2 caratteri alfanumerici
Classe di stazza lorda, allegato VII
Dati:
numero di navi.
Stazza lorda delle navi.
ALLEGATO IX
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 12)
Direttiva 95/64/CE del Consiglio
(GU L 320 del 30.12.1995, pag. 25).
Decisione 98/385/CE della Commissione
(GU L 174 del 18.6.1998, pag. 1).
limitatamente all’articolo 3
Decisione 2000/363/CE della Commissione
(GU L 132 del 5.6.2000, pag. 1).
limitatamente all’articolo 1
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
limitatamente all’allegato II, punto 20
Decisione 2005/366/CE della Commissione
(GU L 123 del 17.5.2005, pag. 1).
limitatamente all’articolo 1
Regolamento (CE) n. 1304/2007 della Commissione
(GU L 290 dell’8.11.2007, pag. 14).
limitatamente all’articolo 1
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 12)
Direttiva
Termine di recepimento
95/64/CE
31 dicembre 1996
ALLEGATO X
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 95/64/CE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, punto 1, primo comma
Articolo 2, lettera a), primo comma
Articolo 2, punto 1, secondo comma, lettere a) e b)
Articolo 2, lettera a), secondo comma, punti i) e ii)
Articolo 2, punto 1, terzo comma
Articolo 2, lettera a), terzo comma
Articolo 2, punti da 2 a 5
Articolo 2, lettere da b) a e)
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 4, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articoli 5, 6 e 7
Articoli 5, 6 e 7
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8
Articolo 8, paragrafo 2
—
Articolo 9
Articolo 9
Articolo 10
—
Articolo 11
—
Articolo 12,
—
Articolo 13, paragrafi 1 e 2
Articolo 10, paragrafi 1 e 2
—
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 13, paragrafo 3
—
Articolo 14, paragrafo 1
—
Articolo 14, paragrafo 2
Articolo 11
—
Articolo 12
Articolo 15
Articolo 13
Articolo 16
Articolo 14
Allegati da I a VIII
Allegati da I a VIII
—
Allegato IX
—
Allegato X
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Rilevazioni statistiche dei trasporti di merci e di passeggeri via mare
QUAL È LO SCOPO DELLA PRESENTE DIRETTIVA?
Stabilisce il modo in cui i paesi dell’Unione europea (UE) devono produrre statistiche comunitarie sui trasporti di merci e di passeggeri effettuati da navi che fanno scalo nei porti dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
I dati
Tali dati statistici si riferiscono alle informazioni sulle merci e sui passeggeri, e alle informazioni sulla nave stessa. Gli allegati alla presente direttiva specificano le caratteristiche della raccolta dei dati, includendo:
peso lordo e descrizione delle merci,
porto dichiarante,
tipo di classificazione del carico,
numero di passeggeri,
tipo e dimensioni delle navi.
Le navi di stazza lorda inferiore a 100 tonnellate possono essere escluse dalla raccolta di dati.
Raccolta
La Commissione europea è responsabile della stesura di un elenco di tutti i porti dell’UE per i quali devono essere forniti dati sommari. Inoltre, ciascun paese dell’UE deve selezionare da questo elenco qualsiasi porto che:
tratta più di un milione di tonnellate di merci; oppure
registra più di 200 000 movimenti di passeggeri.
Tali porti selezionati sono soggetti a una raccolta di dati più dettagliata.
Trasmissione dei dati
I paesi dell’UE devono trasmettere i risultati della raccolta alla Commissione (Eurostat):
entro cinque mesi dalla fine del periodo di osservazione per i dati raccolti trimestralmente;
entro otto mesi per i dati raccolti annualmente.
I paesi dell’UE comunicano a Eurostat i metodi utilizzati per la produzione dei dati, nonché qualsiasi modifica sostanziale apportata ai metodi utilizzati. Eurostat dovrà poi pubblicare le statistiche appropriate raccolte.
La direttiva è stata modificata dal regolamento (UE) n. 1090/2010 al fine di allineare i dati raccolti sulle merci trasportate dalle navi a quelli di altre modalità di trasporto.
La decisione 2010/216/UE ha modificato alcune caratteristiche tecniche in relazione alla raccolta dei dati, compresi i codici da utilizzare per la nazionalità di registrazione delle navi e la struttura per gli insiemi di dati.
La decisione 2012/186/UE ha modificato alcune delle variabili statistiche utilizzate per la raccolta dei dati e chiarito alcune definizioni e tipologie di classificazione carico.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 26 giugno 2009. E una versione di rifusione della direttiva 95/64/CE e delle sue successive modifiche, che doveva venire integrata nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 1996.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare (rifusione) (GU L 141 del 6.6.2009, pag. 29-47)
Successive modifiche alla direttiva 2009/42/CE sono state incorporate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma del regolamento (UE) n. 1090/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/42/CE concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare [COM(2015)362 final del 28.7.2015] |
Assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi
La presente direttiva stabilisce un quadro giuridico in materia di assicurazione degli armatori per i crediti marittimi al fine di responsabilizzare maggiormente gli operatori economici e innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile.
ATTO
Direttiva 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi.
SINTESI
La presente direttiva crea un quadro giuridico armonizzato in materia di assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi.
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. Non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato per servizi pubblici a fini non commerciali.
Obblighi degli armatori
Ciascuno Stato membro deve prescrivere che:
gli armatori * delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi;
le navi battenti bandiera di un altro paese siano coperte da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla loro giurisdizione.
Gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, possono imporre il rispetto di tale obbligo alle navi che transitano nelle loro acque territoriali.
L’assicurazione * copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996 * e deve consentire una copertura pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità previsto da questa convenzione.
Accesso ai porti
Ciascuno Stato membro deve assicurarsi che le navi in un porto soggetto alla sua giurisdizione abbiano a bordo un certificato di assicurazione. Fatte salve le disposizioni della direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, la presente direttiva permette all’autorità competente di emanare un ordine di espulsione della nave. Tale ordine è notificato alla Commissione e agli altri Stati membri. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine, alla nave sarà negato l’accesso in tutti i porti dell’Unione europea (UE) fino alla notificazione del certificato da parte dell’armatore.
Certificati di assicurazione
Il o i certificati di assicurazione devono recare le informazioni seguenti:
nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione;
nome e luogo della sede principale dell’armatore;
tipo e durata dell’assicurazione;
sede principale del fornitore dell’assicuratore.
Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo deve essere tradotto almeno in una di queste lingue.
Sanzioni
Gli Stati membri devono stabilire un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva.
Contesto
La presente direttiva si inserisce nell’ambito della volontà dell’Unione europea e dell’OMI (EN) di responsabilizzare gli operatori economici e migliorare in tal modo la qualità del trasporto marittimo mercantile.
Termini chiave dell’atto
«armatore», il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave;
«assicurazione», l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe;
«convenzione del 1996», il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2009/20/CE
29.5.2009
1.1.2012
GU L 131 del 28.5.2009 | DIRETTIVA 2009/20/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
Uno degli elementi della politica comunitaria dei trasporti marittimi consiste nell’innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile responsabilizzando maggiormente tutti gli operatori economici.
(2)
Misure dissuasive sono già state adottate con la direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni (4).
(3)
Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano unanimemente l’importanza dell’applicazione del protocollo del 1996 della convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi da parte di tutti gli Stati membri.
(4)
L’obbligo dell’assicurazione dovrebbe assicurare una migliore protezione delle vittime. Dovrebbe inoltre contribuire ad eliminare le navi non conformi alle norme e permettere di ripristinare la concorrenza tra gli operatori. Inoltre, nella risoluzione A.898(21) l’Organizzazione marittima internazionale ha invitato gli Stati ad esortare gli armatori ad essere adeguatamente assicurati.
(5)
L’inosservanza delle disposizioni della presente direttiva dovrebbe essere corretta. La direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sul controllo da parte dello Stato di approdo (rifusione) (5), prevede già il fermo delle navi in caso di mancanza dei certificati che devono essere presenti a bordo. È tuttavia opportuno contemplare la possibilità di espellere una nave che non detenga un certificato di assicurazione. Le modalità dell’espulsione dovrebbero consentire di porre rimedio alla situazione entro un termine ragionevole.
(6)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, cioè l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica del trasporto marittimo, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva disciplina taluni aspetti degli obblighi cui sono soggetti gli armatori riguardo all’assicurazione per i crediti marittimi.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate.
2. La presente direttiva non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato impiegate per servizi pubblici a fini non commerciali.
3. La presente direttiva fa salve le discipline fissate dagli strumenti in vigore nello Stato membro interessato ed elencate in allegato.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
a)
«armatore» il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave;
b)
«assicurazione» l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe;
c)
«convenzione del 1996» il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996.
Articolo 4
Assicurazione per i crediti marittimi
1. Ciascuno Stato membro prescrive che gli armatori delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi.
2. Ciascuno Stato membro prescrive agli armatori delle navi battenti bandiera di un altro paese di essere coperti da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla giurisdizione dello Stato membro in questione. Ciò non osta a che gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, impongano il rispetto di tale obbligo quando dette navi si trovano nelle loro acque territoriali.
3. L’assicurazione di cui ai paragrafi 1 e 2 copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996. L’importo dell’assicurazione per ciascuna nave per evento è pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità conformemente a quanto stabilito nella convenzione del 1996.
Articolo 5
Ispezioni, conformità, espulsione dai porti e rifiuto di accesso ai porti
1. Ciascuno Stato membro provvede affinché ogni ispezione di una nave in un porto soggetto alla sua giurisdizione in conformità della direttiva 2009/16/CE includa la verifica della presenza a bordo del certificato di cui all’articolo 6.
2. Se il certificato di cui all’articolo 6 non è a bordo e fatta salva la direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, l’autorità competente può emanare nei confronti della nave un ordine di espulsione, il quale è notificato alla Commissione, agli altri Stati membri e allo Stato di bandiera interessato. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine di espulsione, ciascuno Stato membro rifiuta l’accesso di detta nave ai suoi porti fino alla notificazione del certificato di cui all’articolo 6 da parte dell’armatore.
Articolo 6
Certificati di assicurazione
1. L’esistenza dell’assicurazione di cui all’articolo 4 è comprovata da uno o più certificati rilasciati dal suo fornitore e presenti a bordo della nave.
2. I certificati rilasciati dal fornitore dell’assicurazione recano le informazioni seguenti:
a)
nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione;
b)
nome e luogo della sede principale dell’armatore;
c)
tipo e durata dell’assicurazione;
d)
nome e sede principale del fornitore dell’assicurazione e, se del caso, sede presso la quale l’assicurazione è stata stipulata.
3. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo include una traduzione in una di queste lingue.
Articolo 7
Sanzioni
Ai fini dell’articolo 4, paragrafo 1, gli Stati membri stabiliscono il sistema di sanzioni applicabile in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 8
Relazioni
Ogni tre anni, e per la prima volta anteriormente al 1o gennaio 2015, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
Articolo 9
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 10
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 11
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38.
(3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 166), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 7) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 11.
(5) Cfr. pagina 57 della presente Gazzetta ufficiale.
ALLEGATO
—
Convenzione internazionale del 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi
—
Convenzione internazionale del 1996 sulla responsabilità e l’indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (convenzione HNS)
—
Convenzione internazionale del 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall’inquinamento determinato dal carburante delle navi (convenzione «Bunker Oil»)
—
Convenzione internazionale di Nairobi del 2007 sulla rimozione dei relitti (convenzione «rimozione dei relitti»)
—
Regolamento (CE) n. 392/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/20/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
Uno degli elementi della politica comunitaria dei trasporti marittimi consiste nell’innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile responsabilizzando maggiormente tutti gli operatori economici.
(2)
Misure dissuasive sono già state adottate con la direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni (4).
(3)
Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano unanimemente l’importanza dell’applicazione del protocollo del 1996 della convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi da parte di tutti gli Stati membri.
(4)
L’obbligo dell’assicurazione dovrebbe assicurare una migliore protezione delle vittime. Dovrebbe inoltre contribuire ad eliminare le navi non conformi alle norme e permettere di ripristinare la concorrenza tra gli operatori. Inoltre, nella risoluzione A.898(21) l’Organizzazione marittima internazionale ha invitato gli Stati ad esortare gli armatori ad essere adeguatamente assicurati.
(5)
L’inosservanza delle disposizioni della presente direttiva dovrebbe essere corretta. La direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sul controllo da parte dello Stato di approdo (rifusione) (5), prevede già il fermo delle navi in caso di mancanza dei certificati che devono essere presenti a bordo. È tuttavia opportuno contemplare la possibilità di espellere una nave che non detenga un certificato di assicurazione. Le modalità dell’espulsione dovrebbero consentire di porre rimedio alla situazione entro un termine ragionevole.
(6)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, cioè l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica del trasporto marittimo, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva disciplina taluni aspetti degli obblighi cui sono soggetti gli armatori riguardo all’assicurazione per i crediti marittimi.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate.
2. La presente direttiva non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato impiegate per servizi pubblici a fini non commerciali.
3. La presente direttiva fa salve le discipline fissate dagli strumenti in vigore nello Stato membro interessato ed elencate in allegato.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
a)
«armatore» il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave;
b)
«assicurazione» l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe;
c)
«convenzione del 1996» il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996.
Articolo 4
Assicurazione per i crediti marittimi
1. Ciascuno Stato membro prescrive che gli armatori delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi.
2. Ciascuno Stato membro prescrive agli armatori delle navi battenti bandiera di un altro paese di essere coperti da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla giurisdizione dello Stato membro in questione. Ciò non osta a che gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, impongano il rispetto di tale obbligo quando dette navi si trovano nelle loro acque territoriali.
3. L’assicurazione di cui ai paragrafi 1 e 2 copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996. L’importo dell’assicurazione per ciascuna nave per evento è pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità conformemente a quanto stabilito nella convenzione del 1996.
Articolo 5
Ispezioni, conformità, espulsione dai porti e rifiuto di accesso ai porti
1. Ciascuno Stato membro provvede affinché ogni ispezione di una nave in un porto soggetto alla sua giurisdizione in conformità della direttiva 2009/16/CE includa la verifica della presenza a bordo del certificato di cui all’articolo 6.
2. Se il certificato di cui all’articolo 6 non è a bordo e fatta salva la direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, l’autorità competente può emanare nei confronti della nave un ordine di espulsione, il quale è notificato alla Commissione, agli altri Stati membri e allo Stato di bandiera interessato. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine di espulsione, ciascuno Stato membro rifiuta l’accesso di detta nave ai suoi porti fino alla notificazione del certificato di cui all’articolo 6 da parte dell’armatore.
Articolo 6
Certificati di assicurazione
1. L’esistenza dell’assicurazione di cui all’articolo 4 è comprovata da uno o più certificati rilasciati dal suo fornitore e presenti a bordo della nave.
2. I certificati rilasciati dal fornitore dell’assicurazione recano le informazioni seguenti:
a)
nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione;
b)
nome e luogo della sede principale dell’armatore;
c)
tipo e durata dell’assicurazione;
d)
nome e sede principale del fornitore dell’assicurazione e, se del caso, sede presso la quale l’assicurazione è stata stipulata.
3. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo include una traduzione in una di queste lingue.
Articolo 7
Sanzioni
Ai fini dell’articolo 4, paragrafo 1, gli Stati membri stabiliscono il sistema di sanzioni applicabile in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 8
Relazioni
Ogni tre anni, e per la prima volta anteriormente al 1o gennaio 2015, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
Articolo 9
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 10
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 11
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38.
(3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 166), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 7) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 11.
(5) Cfr. pagina 57 della presente Gazzetta ufficiale.
ALLEGATO
—
Convenzione internazionale del 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi
—
Convenzione internazionale del 1996 sulla responsabilità e l’indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (convenzione HNS)
—
Convenzione internazionale del 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall’inquinamento determinato dal carburante delle navi (convenzione «Bunker Oil»)
—
Convenzione internazionale di Nairobi del 2007 sulla rimozione dei relitti (convenzione «rimozione dei relitti»)
—
Regolamento (CE) n. 392/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi
La presente direttiva stabilisce un quadro giuridico in materia di assicurazione degli armatori per i crediti marittimi al fine di responsabilizzare maggiormente gli operatori economici e innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile.
ATTO
Direttiva 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi.
SINTESI
La presente direttiva crea un quadro giuridico armonizzato in materia di assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi.
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. Non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato per servizi pubblici a fini non commerciali.
Obblighi degli armatori
Ciascuno Stato membro deve prescrivere che:
gli armatori * delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi;
le navi battenti bandiera di un altro paese siano coperte da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla loro giurisdizione.
Gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, possono imporre il rispetto di tale obbligo alle navi che transitano nelle loro acque territoriali.
L’assicurazione * copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996 * e deve consentire una copertura pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità previsto da questa convenzione.
Accesso ai porti
Ciascuno Stato membro deve assicurarsi che le navi in un porto soggetto alla sua giurisdizione abbiano a bordo un certificato di assicurazione. Fatte salve le disposizioni della direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, la presente direttiva permette all’autorità competente di emanare un ordine di espulsione della nave. Tale ordine è notificato alla Commissione e agli altri Stati membri. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine, alla nave sarà negato l’accesso in tutti i porti dell’Unione europea (UE) fino alla notificazione del certificato da parte dell’armatore.
Certificati di assicurazione
Il o i certificati di assicurazione devono recare le informazioni seguenti:
nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione;
nome e luogo della sede principale dell’armatore;
tipo e durata dell’assicurazione;
sede principale del fornitore dell’assicuratore.
Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo deve essere tradotto almeno in una di queste lingue.
Sanzioni
Gli Stati membri devono stabilire un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva.
Contesto
La presente direttiva si inserisce nell’ambito della volontà dell’Unione europea e dell’OMI (EN) di responsabilizzare gli operatori economici e migliorare in tal modo la qualità del trasporto marittimo mercantile.
Termini chiave dell’atto
«armatore», il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave;
«assicurazione», l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe;
«convenzione del 1996», il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2009/20/CE
29.5.2009
1.1.2012
GU L 131 del 28.5.2009 |
Sicurezza marittima: disposizioni e norme per le ispezioni delle navi e le attività delle amministrazioni marittime
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce le norme e le condizioni in base alle quali un paese dell’Unione europea (l’Unione), in quanto Stato di bandiera, può autorizzare un organismo riconosciuto
* al fine di eseguire ispezioni e certificazioni statutarie per suo conto.
PUNTI CHIAVE
Autorizzazione degli organismi riconosciuti
I paesi dell’Unione devono garantire che le proprie amministrazioni mettano in atto le pertinenti convenzioni internazionali
* per quanto concerne l’ispezione e la certificazione delle navi battenti la propria bandiera.
Un paese dell’Unione può autorizzare gli organismi a eseguire, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli relativi all’emissione e al rinnovo dei certificati statutari
* delle navi. Può affidare questi incarichi unicamente a organismi riconosciuti.
Il rilascio dei certificati di sicurezza radiofonica per navi da carico può tuttavia essere affidato a organismi privati riconosciuti che dispongono di sufficiente esperienza e di personale qualificato.
Un paese dell’Unione non deve rifiutarsi di autorizzare un organismo riconosciuto. Esso può tuttavia decidere di limitare il numero degli organismi da autorizzare sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.
Le organizzazioni site in paesi terzi possono essere riconosciute a livello dell’Unione e conseguentemente autorizzate dalle amministrazioni dei paesi dell’Unione. In questi casi, possono essere richiesti accordi reciproci di autorizzazione.
Rapporti funzionali
Quando un paese dell’Unione autorizza un organismo riconosciuto, crea un «rapporto funzionale» con esso. Tale rapporto è disciplinato da un contratto contenente clausole relative alla responsabilità finanziaria, al controllo periodico degli incarichi, alla possibilità di effettuare approfondite ispezioni a campione delle navi e alla comunicazione obbligatoria delle informazioni legate alla classe (la «classe» è un gruppo di navi aventi la medesima struttura). È possibile che sia richiesto agli organismi autorizzati di avere una rappresentanza locale presso il paese interessato.
I paesi dell’Unione devono informare la Commissione europea in merito ai rapporti funzionali che instaurano.
Un paese dell’Unione potrebbe dover sospendere o revocare l’autorizzazione a un organismo riconosciuto se ritiene che l’organismo non soddisfi più le condizioni per l’adempimento dei suoi obblighi.
Monitoraggio
I paesi dell’Unione devono garantire che gli organismi riconosciuti che operano per loro conto svolgano gli incarichi in modo efficiente. Devono pertanto monitorarli ogni due anni e comunicare i risultati delle attività di monitoraggio ai paesi dell’Unione e alla Commissione.
Quando esegue il monitoraggio delle navi quale Stato di approdo, ogni paese dell’Unione dovrà informare la Commissione e gli altri paesi dell’Unione qualora:
una nave in possesso di certificato statutario valido non risulti conforme ai requisiti pertinenti delle convenzioni internazionali;
una nave in possesso di un certificato di classe
* valido risulti carente in relazione agli elementi oggetto del certificato.
Il paese dell’Unione è tenuto a segnalare esclusivamente i casi di navi che rappresentano una minaccia grave per la sicurezza e per l’ambiente o che rivelano un comportamento particolarmente negligente da parte degli organismi riconosciuti. Gli organismi devono essere informati in merito, affinché possano adottare le misure correttive necessarie.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 17 giugno 2009 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 17 giugno 2011.
CONTESTO
Questa direttiva è stata adottata parallelamente al regolamento (CE) n. 391/2009 relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi. Tali strumenti abrogano la direttiva 94/57/CE. Il regolamento crea un sistema di autorizzazione a livello dell’Unione, che è un prerequisito per qualsiasi organismo che deve essere autorizzato da un paese dell’Unione nel contesto della direttiva 2009/15/CE.
Per maggiori informazioni, si consulti:
Azioni dell’Unione riguardanti la protezione ambientale e la sicurezza (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Organismo riconosciuto: un organismo riconosciuto in conformità con il regolamento (CE) n. 391/2009 relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (consultare la sezione Contesto).
Convenzioni internazionali: la Convenzione internazionale sulla salvaguardia della vita umana in mare del 1° novembre 1974 (SOLAS 74) eccetto il capitolo XI-2 del relativo allegato, la Convenzione internazionale sulla linea di carico del 5 aprile 1966, la Convenzione internazionale sulla prevenzione dell’inquinamento causato da navi del 2 novembre 1973 (MARPOL), insieme ai protocolli, alle modifiche e ai corrispondenti codici di carattere obbligatorio in tutti i paesi dell’Unione, fatta eccezione per i paragrafi 16.1, 18.1 e 19 della parte 2 del Codice per l’attuazione degli strumenti IMO e per le sezioni 1.1, 1.3, 3.9.3.1, 3.9.3.2 e 3.9.3.3 della parte 2 del Codice IMO per gli organismi riconosciuti nella versione aggiornata.
Certificato statutario: un certificato rilasciato da o per conto di uno Stato di bandiera conformemente alle convenzioni internazionali.
Certificato di classe: un certificato attestante l’adeguatezza di una nave per un uso o servizio particolare in conformità alle norme e alle procedure stabilite da un organismo riconosciuto.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/15/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 11).
Si veda la versione consolidata. | DIRETTIVA 2009/15/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo, 80 paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle Regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, alla luce del testo comune approvato dal comitato di conciliazione il 3 febbraio 2009 (3),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (4),ha subito diverse e sostanziali modifiche. In occasione di nuove modifiche è opportuno, per un'esigenza di chiarezza, procedere alla rifusione.
(2)
In considerazione della natura delle disposizioni della direttiva 94/57/CE, appare opportuno procedere alla rifusione delle sue disposizioni in due diversi atti giuridici comunitari, vale a dire una direttiva ed un regolamento.
(3)
Nella risoluzione dell'8 giugno 1993 per una politica comune della sicurezza dei mari, il Consiglio si è prefisso l'obiettivo di allontanare dalle acque comunitarie tutte le navi non conformi alle norme e ha dato la priorità a iniziative comunitarie intese a garantire l'attuazione efficace ed uniforme delle norme internazionali mediante la definizione di norme comuni per le società di classificazione.
(4)
È possibile migliorare la sicurezza e la prevenzione dell'inquinamento in mare applicando rigorosamente le convenzioni, i codici e le risoluzioni internazionali, perseguendo nel contempo l'obiettivo della libera prestazione dei servizi.
(5)
Il controllo della conformità delle navi alle norme internazionali uniformi in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento in mare spetta agli Stati di bandiera e di approdo.
(6)
Gli Stati membri sono responsabili del rilascio di certificati internazionali in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento a norma di convenzioni quali la convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 1o novembre 1974 (SOLAS 74), la convenzione internazionale sulla linea di carico del 5 aprile 1966 e la convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento del mare causato da navi del 2 novembre 1973 (MARPOL), nonché dell'attuazione delle suddette convenzioni.
(7)
Secondo dette convenzioni tutti gli Stati membri possono in varia misura autorizzare organismi riconosciuti per la certificazione della conformità e possono delegare il rilascio dei pertinenti certificati di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento.
(8)
A livello mondiale numerosi organismi riconosciuti dalle parti contraenti dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) non sono in grado di applicare adeguatamente le norme, né sono sufficientemente attendibili quando operano a nome dei governi nazionali, dato che non dispongono di adeguate ed affidabili strutture e competenze necessarie per svolgere i compiti loro affidati a livello professionale.
(9)
Conformemente alla convenzione SOLAS 74, capitolo II-1, Parte A-1, regola 3-1, gli Stati membri hanno la responsabilità di assicurare che la progettazione, la costruzione e la manutenzione delle navi battenti la loro bandiera rispettino i requisiti strutturali, meccanici ed elettrici degli organismi riconosciuti dalle amministrazioni. Tali organismi pertanto elaborano ed attuano norme per la progettazione, la costruzione, la manutenzione e l'ispezione delle navi e hanno la responsabilità di ispezionare le navi per conto degli Stati di bandiera e di certificare che tali navi rispettino le prescrizioni delle convenzioni internazionali per il rilascio dei certificati pertinenti. Affinché possano svolgere tale compito in modo soddisfacente, gli organismi devono essere assolutamente indipendenti e devono avere una competenza tecnica estremamente elevata e una rigorosa gestione della qualità.
(10)
Le organizzazioni dedite alle ispezioni delle navi e ai controlli rivestono un ruolo importante nella normativa comunitaria in materia di sicurezza marittima.
(11)
È opportuno che gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi siano in grado di offrire i loro servizi in tutta la Comunità e competere fra loro, dando al tempo stesso uguali livelli di sicurezza e di tutela dell'ambiente. È, pertanto, opportuno fissare ed applicare uniformemente in tutta la Comunità le norme professionali necessarie per le loro attività.
(12)
Il rilascio del certificato di sicurezza radiofonica per navi da carico può essere affidato a organismi privati che dispongono di sufficiente esperienza e di personale qualificato.
(13)
Uno Stato membro può limitare il numero degli organismi riconosciuti da esso autorizzati in base alle sue esigenze, motivate in modo oggettivo e trasparente, sotto il controllo esercitato dalla Commissione secondo una procedura di comitato.
(14)
La presente direttiva dovrebbe garantire la libera prestazione dei servizi nella Comunità. Di conseguenza la Comunità dovrebbe accordarsi con i paesi terzi nei quali hanno sede alcuni organismi riconosciuti al fine di garantire una parità di trattamento nei confronti degli organismi riconosciuti situati nella Comunità.
(15)
È necessaria una rigorosa partecipazione dei governi nazionali alle visite di controllo delle navi e al rilascio dei certificati pertinenti affinché le norme internazionali in materia di sicurezza siano applicate correttamente, anche qualora lo Stato membro affidi ad organismi riconosciuti esterni alla propria organizzazione il compito di adempiere gli obblighi di legge. È pertanto opportuno stabilire uno stretto rapporto funzionale tra governi e organismi riconosciuti da essi autorizzati, prevedendo che questi ultimi abbiano una rappresentanza locale nel territorio dello Stato membro per conto del quale svolgono i loro compiti.
(16)
Quando un organismo riconosciuto, i suoi ispettori o il suo personale tecnico provvedono al rilascio dei certificati obbligatori per conto dell'amministrazione, gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità di permettere loro, per quanto concerne tali attività delegate, di essere soggetti a garanzie giuridiche commisurate e ad una protezione giurisdizionale, incluso l'esercizio di adeguate azioni di difesa, eccezion fatta per l'immunità, prerogativa che può essere invocata dai soli Stati membri, quale inseparabile diritto di sovranità che come tale non può essere delegato.
(17)
La divergenza dei regimi di responsabilità finanziaria tra gli organismi riconosciuti che operano a nome degli Stati membri ostacolerebbe l'attuazione corretta della presente direttiva. Per contribuire a risolvere il problema è opportuno, a livello comunitario, ottenere un grado di armonizzazione, a livello comunitario della responsabilità derivante da un qualsiasi sinistro marittimo causato da un organismo riconosciuto, stabilita da un organo giurisdizionale, compresa la composizione di controversie attraverso procedure arbitrali.
(18)
Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(19)
In particolare la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare la presente direttiva al fine di integrarla con le successive modifiche delle convenzioni, dei protocolli, dei codici e delle risoluzioni internazionali ad essa attinenti. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(20)
È opportuno che gli Stati membri abbiano comunque la possibilità di sospendere o revocare l'autorizzazione accordata ad un organismo riconosciuto, informando tuttavia la Commissione e gli altri Stati membri delle decisioni prese e precisandone i motivi.
(21)
Gli Stati membri dovrebbero valutare periodicamente le prestazioni degli organismi riconosciuti operanti per loro conto e comunicare alla Commissione e a tutti gli altri Stati membri informazioni particolareggiate in merito.
(22)
Gli Stati membri, in qualità di Stati di approdo, devono migliorare le condizioni di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento nelle acque comunitarie mediante l'ispezione prioritaria di navi con certificati di organismi che non soddisfano i criteri comuni, garantendo che le navi battenti bandiera di un paese terzo non abbiano un trattamento più favorevole.
(23)
Attualmente non esistono norme internazionali uniformi alle quali debbano conformarsi tutte le navi nella fase di costruzione e nell'intero periodo in cui sono in servizio per quanto riguarda lo scafo, i macchinari e gli impianti elettrici e di controllo. Dette norme possono essere fissate secondo i regolamenti degli organismi riconosciuti o le norme equivalenti che le amministrazioni nazionali devono decidere secondo la procedura di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che stabilisce una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (6).
(24)
Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire stabilire le misure che devono essere adottate gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi che operano nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, vista l'entità dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(25)
L'obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono modifiche sostanziali della direttiva 94/57/CE. L'obbligo di recepire le disposizioni rimaste immutate nella sostanza deriva dalla direttiva in questione.
(26)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B.
(27)
Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento.
(28)
Le misure che devono adottare gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi figurano nel regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo (rifusione) (8),
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce le misure che devono adottare gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi per conformarsi alle convenzioni internazionali sulla sicurezza in mare e sulla prevenzione dell'inquinamento marino pur perseguendo l'obiettivo della libera prestazione di servizi. Ciò comprende lo sviluppo e l'applicazione dei requisiti di sicurezza per lo scafo, per i macchinari e per gli impianti elettrici e di controllo delle navi che rientrano nell'ambito di applicazione delle convenzioni internazionali.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) «nave»: qualsiasi nave che rientri nell'ambito di applicazione delle convenzioni internazionali;
b) «nave battente bandiera di uno Stato membro»: una nave registrata in uno Stato membro e battente bandiera di uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo. Le navi che non corrispondono a questa definizione sono equiparate alle navi battenti bandiera di un paese terzo;
c) «ispezioni e controlli»: ispezioni e controlli che sono obbligatori in forza delle convenzioni internazionali;
d) «convenzioni internazionali»: la convenzione internazionale del 1o novembre 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 74) ad eccezione del capo XI-2 del relativo allegato, la convenzione internazionale del 5 aprile 1966 sulla linea di carico e la convenzione internazionale del 2 novembre 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL), con i relativi protocolli ed emendamenti e i codici aventi valore vincolante in tutti gli Stati membri nelle loro versioni aggiornate;
e) «organismo»: un soggetto giuridico, le sue controllate e qualsiasi altro soggetto sotto il suo controllo che, congiuntamente o separatamente, svolgono compiti che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva;
f) «controllo»: ai fini del punto e): i diritti, i contratti o ogni altro mezzo, giuridico o di fatto che, separatamente o in combinazione tra di loro, conferiscono la possibilità di esercitare un'influenza decisiva su un soggetto giuridico oppure consentono a tale soggetto di svolgere i compiti che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva;
g) «organismo riconosciuto»: qualsiasi organismo riconosciuto a norma del regolamento (CE) n. 391/2009;
h) «autorizzazione»: l'atto con cui uno Stato membro autorizza o delega un organismo riconosciuto;
i) «certificato statutario»: il certificato rilasciato da uno Stato di bandiera oppure per suo conto conformemente alle convenzioni internazionali;
j) «norme e procedure»: le prescrizioni fissate da un organismo riconosciuto per la progettazione, la costruzione, l'equipaggiamento, la manutenzione e il controllo tecnico delle navi;
k) «certificato di classe»: il documento rilasciato da un organismo riconosciuto che certifica l'idoneità delle navi a determinati impieghi o servizi secondo le norme e le procedure fissate e rese pubbliche dall'organismo stesso;
l) «certificato di sicurezza radio per navi da carico»: il certificato introdotto dal protocollo del 1988 che modifica la SOLAS, adottato dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO).
Articolo 3
1. Gli Stati membri, nell'esercizio delle responsabilità e nell'adempimento degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali, si adoperano affinché le loro amministrazioni competenti diano adeguata esecuzione alle relative norme, in particolare riguardo alle ispezioni e al controllo delle navi e al rilascio dei certificati statutari, nonché dei certificati di esenzione a norma delle convenzioni internazionali. Gli Stati membri operano secondo le pertinenti disposizioni dell'allegato e dell'appendice della risoluzione IMO A.847 (20) relativa agli orientamenti per assistere gli Stati di bandiera nell'attuazione degli strumenti IMO.
2. Lo Stato membro che, ai sensi del paragrafo 1, decide, per le navi battenti la propria bandiera:
i)
di autorizzare determinati organismi ad eseguire, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli relativi ai certificati statutari, compresi quelli necessari per valutare la conformità alle norme di cui all'articolo 11, paragrafo 2 e, se del caso, a rilasciare o rinnovare i relativi certificati; ovvero
ii)
di affidare ad organismi, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli di cui al punto i);
affida questi incarichi unicamente ad organismi riconosciuti.
Il primo rilascio del certificato di esenzione è comunque soggetto all'approvazione dell'amministrazione competente.
Tuttavia, per quanto riguarda il certificato di sicurezza radiofonica per navi da carico, detti compiti possono essere affidati ad un ente privato riconosciuto da un'amministrazione competente e avente competenze adeguate e personale qualificato per effettuare, per conto di tale amministrazione, accertamenti specifici di sicurezza in materia di radiocomunicazioni.
3. Il presente articolo non si applica alla certificazione di apparecchiature navali specifiche.
Articolo 4
1. Gli Stati membri, quando agiscono in applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, non devono, in linea di massima, rifiutare di autorizzare un organismo riconosciuto a svolgere dette funzioni, salve le disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo e degli articoli 5 e 9. Possono tuttavia, in funzione delle loro esigenze qualora vi siano motivi obiettivi e trasparenti, limitare il numero degli organismi da essi autorizzati.
Su richiesta di uno Stato membro, la Commissione adotta le misure appropriate secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2, per garantire la corretta applicazione del primo comma del presente paragrafo riguardo al rifiuto delle autorizzazioni e dell'articolo 8 riguardo ai casi in cui le autorizzazioni sono sospese o ritirate.
2. Per autorizzare un organismo riconosciuto situato in un paese terzo a svolgere per intero o in parte i compiti indicati nell'articolo 3, gli Stati membri possono chiedere allo Stato terzo interessato di accordare un trattamento reciproco agli organismi riconosciuti con sede nella Comunità.
Inoltre, la Comunità può esigere che lo Stato terzo nel quale ha sede l'organismo riconosciuto accordi un trattamento reciproco agli organismi riconosciuti con sede nella Comunità.
Articolo 5
1. Gli Stati membri che prendano una decisione come illustrato nell'articolo 3, paragrafo 2, instaurano un rapporto funzionale tra l'amministrazione nazionale competente e gli organismi che agiscono per loro conto.
2. Il rapporto funzionale è disciplinato da un patto scritto formale e non discriminatorio o da un atto giuridico equivalente che definisca gli specifici compiti e le funzioni dell'organismo e contenga quantomeno:
a)
le disposizioni dell'appendice II della risoluzione IMO A.739 (18) relativa agli orientamenti in materia di autorizzazione degli organismi che operano per conto dell'amministrazione, ispirandosi nel contempo all'allegato, alle appendici e altri elementi dei documenti IMO MSC/Circular 710 e MEPC/Circular 307 sul modello di accordo per il rilascio di autorizzazioni a favore di organismi che operano per conto dell'amministrazione;
b)
le seguenti disposizioni in materia di responsabilità finanziaria:
i)
qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di indennizzare le parti lese, in caso di perdite o danni materiali, lesioni personali o morte di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione volontaria ovvero da una colpa grave dell'organismo riconosciuto, dei suoi servizi, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto a un indennizzo da parte dell'organismo riconosciuto nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le perdite, i danni materiali, le lesioni o la morte siano dovuti all'organismo riconosciuto;
ii)
qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di risarcire le parti lese, in caso di lesioni personali o morte di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione negligente o imprudente dell'organismo riconosciuto, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto ad un indennizzo, da parte dell'organismo riconosciuto, nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le lesioni personali o la morte siano dovute all'organismo riconosciuto; gli Stati membri possono limitare l'importo massimo dovuto dall'organismo riconosciuto, che tuttavia non può essere inferiore a 4 milioni di EUR;
iii)
qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di risarcire le parti lese, in caso di perdite o danni materiali di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione negligente o imprudente dell'organismo riconosciuto, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto ad un indennizzo, da parte dell'organismo riconosciuto, nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le lesioni personali o la morte siano dovute all'organismo riconosciuto; gli Stati membri possono limitare l'importo massimo dovuto dall'organismo riconosciuto, che tuttavia non può essere inferiore a 2 milioni di EUR;
c)
disposizioni relative ad un controllo periodico ad opera dell'amministrazione o di un ente imparziale esterno designato da quest'ultima sui compiti che gli organismi svolgono per suo conto come stabilito all'articolo 9, paragrafo 1;
d)
disposizioni relative alla possibilità di approfondite ispezioni a campione delle navi;
e)
disposizioni per la comunicazione obbligatoria delle informazioni essenziali sulla propria flotta classificata e su modifiche, sospensioni e ritiri della classe.
3. L'accordo o l'intesa giuridica equivalente può stabilire il requisito che l'organismo riconosciuto abbia una rappresentanza locale nel territorio dello Stato membro per conto del quale svolge i compiti di cui all'articolo 3. Una rappresentanza locale con personalità giuridica conformemente alle leggi dello Stato membro e soggetta alla competenza delle sue giurisdizioni nazionali può soddisfare siffatto requisito.
4. I singoli Stati membri forniscono alla Commissione informazioni precise sul rapporto funzionale instaurato ai sensi del presente articolo. La Commissione ne informa successivamente gli altri Stati membri.
Articolo 6
1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS), istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (9).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 7
1. La presente direttiva può essere modificata, senza che ne risulti esteso l'ambito d'applicazione, per:
a)
integrare, ai fini della presente direttiva, le modifiche, successivamente entrate in vigore, delle convenzioni, dei protocolli, dei codici e delle risoluzioni internazionali di cui all’articolo 2, lettera d), all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 2;
b)
modificare gli importi di cui ai punti ii) e iii) dell'articolo 5, paragrafo 2, lettera b).
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
2. Dopo l'adozione di nuovi strumenti o protocolli delle convenzioni internazionali di cui all'articolo 2, lettera d), il Consiglio, su proposta della Commissione, decide, tenuto conto delle procedure parlamentari degli Stati membri nonché delle pertinenti procedure seguite nell'ambito dell'IMO, in merito alle modalità dettagliate di ratifica di questi nuovi strumenti o protocolli e vigila a che siano applicati uniformemente e simultaneamente negli Stati membri.
Le modifiche degli strumenti internazionali di cui all'articolo 2, lettera d), e all'articolo 5, possono essere escluse dall'ambito di applicazione della presente direttiva in forza dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002.
Articolo 8
In deroga ai criteri minimi specificati nell'allegato I del regolamento (CE) n. 391/2009, quando uno Stato membro considera che l'organismo riconosciuto non possa più essere autorizzato a svolgere per suo conto i compiti indicati all'articolo 3, può sospendere o revocare tale autorizzazione. In tal caso lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri della propria decisione e indica gli elementi che l'hanno motivata.
Articolo 9
1. Ciascuno Stato membro deve accertarsi che gli organismi riconosciuti che agiscono per suo conto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, svolgano efficacemente le funzioni specificate in detto articolo con soddisfazione dell'amministrazione competente.
2. Al fine di effettuare il controllo di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro, almeno ogni due anni, controlla gli organismi riconosciuti delegati e trasmette agli altri Stati membri ed alla Commissione una relazione sui risultati di tali verifiche al più tardi entro il 31 marzo dell'anno successivo all'anno in cui vengono effettuate.
Articolo 10
Nell'esercizio dei loro diritti e nell'adempimento degli obblighi in materia di ispezione quali Stati di approdo, gli Stati membri comunicano alla Commissione ed agli altri Stati membri se hanno accertato il rilascio di certificati statutari validi da parte di organismi riconosciuti operanti per conto di uno Stato di bandiera a navi non conformi ai requisiti pertinenti delle convenzioni internazionali, oppure nel caso di eventuali difetti di navi aventi un certificato di classe valido, relativi ad elementi oggetto del certificato, e ne informano lo Stato di bandiera interessato. Solo i casi di navi che rappresentano una minaccia grave per la sicurezza e per l'ambiente o che rivelano un comportamento particolarmente negligente da parte degli organismi riconosciuti sono soggetti all'obbligo di informazione di cui al presente articolo. L'organismo riconosciuto è informato in merito al caso in questione al momento dell'ispezione iniziale di modo che esso possa adottare immediatamente appropriate misure di follow-up.
Articolo 11
1. Gli Stati membri si assicurano che le navi battenti la loro bandiera siano progettate, costruite, equipaggiate e mantenute in efficienza conformemente alle relative norme e procedure in materia di scafo, macchinari e impianti elettrici e di controllo fissati da un organismo riconosciuto.
2. Uno Stato membro può decidere di valersi di norme da esso ritenute equivalenti alle norme e alle procedure di un organismo riconosciuto purché le notifichi immediatamente alla Commissione, secondo la procedura di regolamentazione di cui alla direttiva 98/34/CE e agli altri Stati membri e purché gli altri Stati membri o la Commissione non abbiano obiezioni al riguardo e le norme non risultino, secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della presente direttiva, non essere equivalenti.
3. Gli Stati membri cooperano con gli organismi riconosciuti da essi autorizzati nello sviluppo delle norme e delle procedure degli organismi stessi. Essi consultano gli organismi riconosciuti ai fini di un'interpretazione coerente delle convenzioni internazionali.
Articolo 12
La Commissione informa ogni due anni il Parlamento europeo e il Consiglio in merito ai progressi compiuti nell'attuazione della presente direttiva negli Stati membri.
Articolo 13
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Esse contengono inoltre una dichiarazione in base alla quale i riferimenti fatti, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative esistenti, alle direttive abrogate dalla presente direttiva s'intendono fatti alla presente direttiva. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 14
La direttiva 94/57/CE, come modificata dalle direttive elencate nell'allegato I, parte A, è abrogata con effetto dal 17 giugno 2009, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini per il recepimento nell'ordinamento nazionale delle direttive indicate nell'allegato I, parte B.
I riferimenti alle direttive abrogate si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di corrispondenza di cui all'allegato II.
Articolo 15
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 16
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38.
(3) Parere del Parlamento europeo del 25 aprile 2007 (GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 633), posizione comune del Consiglio del 6 giugno 2008 (GU C 184 E del 22.7.2008, pag. 11), posizione del Parlamento europeo del 24 settembre 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale), decisione del Consiglio del 26 febbraio 2009 e risoluzione legislativa del Parlamento europeo dell'11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37.
(7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(8) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale.
(9) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata e sue successive modifiche
(menzionate all'articolo 14)
Direttiva 94/57/CE del Consiglio
GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20
Direttiva 97/58/CE della Commissione
GU L 274 del 7.10.1997, pag. 8
Direttiva 2001/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
GU L 19 del 22.1.2002, pag. 9
Direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53
PARTE B
Elenco dei termini per il recepimento nell'ordinamento nazionale
(menzionati all'articolo 14)
Direttiva
Termine per il recepimento
94/57/CE
31 dicembre 1995
97/58/CE
30 settembre 1998
2001/105/CE
22 luglio 2003
2002/84/CE
23 novembre 2003
ALLEGATO II
Tavola di corrispondenza
Direttiva 94/57/CE
La presente direttiva
Regolamento (CE) n. 391/2009
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, lettera b)
—
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, lettera c)
—
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, lettera c)
—
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, lettera i)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, lettera i)
Articolo 2, lettera k)
Articolo 2, lettera i)
—
Articolo 2, lettera j)
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, lettera j)
Articolo 2, lettera l)
—
Articolo 2, lettera k)
—
Articolo 2, lettera j)
Articolo 3
Articolo 3
—
Articolo 4, paragrafo 1, prima frase
—
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1, seconda frase
—
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 1, terza frase
—
—
Articolo 4, paragrafo 1, quarta frase
—
Articolo 4, paragrafo 1
—
—
Articolo 3, paragrafo 3
—
—
Articolo 4, paragrafi 2, 3 e 4
—
—
Articolo 5
—
—
Articolo 6
—
—
Articolo 7
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1
—
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafi 1, 2, 3 e 4
Articolo 5, paragrafi 1, 2, 3 e 4
—
Articolo 6, paragrafo 5
—
—
Articolo 7
Articolo 6
Articolo 12
Articolo 8, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
—
Articolo 8, paragrafo 1, secondo trattino
—
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b)
—
—
Articolo 7, paragrafo 1 secondo comma
Articolo 13, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2
—
Articolo 8, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 1
—
—
Articolo 9, paragrafo 2
—
—
Articolo 10, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 8
—
Articolo 10, paragrafo 1, lettere a), b), c), e paragrafi 2, 3 e 4
—
—
Articolo 11, paragrafi 1 e 2
Articolo 9, paragrafi 1 e 2
—
Articolo 11, paragrafi 3 e 4
—
Articolo 8, paragrafi 1 e 2
Articolo 12
Articolo 10
—
Articolo 13
—
—
Articolo 14
Articolo 11, paragrafi 1 e 2
—
—
Articolo 11, paragrafo 3
—
—
Articolo 12
—
—
—
Articolo 9
Articolo 15, paragrafo 1
—
—
—
—
Articolo 10, paragrafi 1 e 2
Articolo 15, paragrafo 2
—
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 3
—
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 15, paragrafo 4
—
Articolo 10, paragrafo 5
Articolo 15, paragrafo 5
—
Articolo 10, paragrafo 6, primo, secondo, terzo e quinto comma
—
—
Articolo 10, paragrafo 6, quarto comma
Articolo 16
Articolo 13
—
Articolo 17
Articolo 16
—
—
Articolo 14
—
—
Articolo 15
—
—
—
Articolo 11
—
—
Articolo 14
—
—
Articolo 15
—
—
Articolo 16
—
—
Articolo 17
—
—
Articolo 18
—
—
Articolo 19
Allegato
—
Allegato I
—
Allegato I
—
—
Allegato II
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/15/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo, 80 paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle Regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, alla luce del testo comune approvato dal comitato di conciliazione il 3 febbraio 2009 (3),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (4),ha subito diverse e sostanziali modifiche. In occasione di nuove modifiche è opportuno, per un'esigenza di chiarezza, procedere alla rifusione.
(2)
In considerazione della natura delle disposizioni della direttiva 94/57/CE, appare opportuno procedere alla rifusione delle sue disposizioni in due diversi atti giuridici comunitari, vale a dire una direttiva ed un regolamento.
(3)
Nella risoluzione dell'8 giugno 1993 per una politica comune della sicurezza dei mari, il Consiglio si è prefisso l'obiettivo di allontanare dalle acque comunitarie tutte le navi non conformi alle norme e ha dato la priorità a iniziative comunitarie intese a garantire l'attuazione efficace ed uniforme delle norme internazionali mediante la definizione di norme comuni per le società di classificazione.
(4)
È possibile migliorare la sicurezza e la prevenzione dell'inquinamento in mare applicando rigorosamente le convenzioni, i codici e le risoluzioni internazionali, perseguendo nel contempo l'obiettivo della libera prestazione dei servizi.
(5)
Il controllo della conformità delle navi alle norme internazionali uniformi in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento in mare spetta agli Stati di bandiera e di approdo.
(6)
Gli Stati membri sono responsabili del rilascio di certificati internazionali in materia di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento a norma di convenzioni quali la convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 1o novembre 1974 (SOLAS 74), la convenzione internazionale sulla linea di carico del 5 aprile 1966 e la convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento del mare causato da navi del 2 novembre 1973 (MARPOL), nonché dell'attuazione delle suddette convenzioni.
(7)
Secondo dette convenzioni tutti gli Stati membri possono in varia misura autorizzare organismi riconosciuti per la certificazione della conformità e possono delegare il rilascio dei pertinenti certificati di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento.
(8)
A livello mondiale numerosi organismi riconosciuti dalle parti contraenti dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) non sono in grado di applicare adeguatamente le norme, né sono sufficientemente attendibili quando operano a nome dei governi nazionali, dato che non dispongono di adeguate ed affidabili strutture e competenze necessarie per svolgere i compiti loro affidati a livello professionale.
(9)
Conformemente alla convenzione SOLAS 74, capitolo II-1, Parte A-1, regola 3-1, gli Stati membri hanno la responsabilità di assicurare che la progettazione, la costruzione e la manutenzione delle navi battenti la loro bandiera rispettino i requisiti strutturali, meccanici ed elettrici degli organismi riconosciuti dalle amministrazioni. Tali organismi pertanto elaborano ed attuano norme per la progettazione, la costruzione, la manutenzione e l'ispezione delle navi e hanno la responsabilità di ispezionare le navi per conto degli Stati di bandiera e di certificare che tali navi rispettino le prescrizioni delle convenzioni internazionali per il rilascio dei certificati pertinenti. Affinché possano svolgere tale compito in modo soddisfacente, gli organismi devono essere assolutamente indipendenti e devono avere una competenza tecnica estremamente elevata e una rigorosa gestione della qualità.
(10)
Le organizzazioni dedite alle ispezioni delle navi e ai controlli rivestono un ruolo importante nella normativa comunitaria in materia di sicurezza marittima.
(11)
È opportuno che gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi siano in grado di offrire i loro servizi in tutta la Comunità e competere fra loro, dando al tempo stesso uguali livelli di sicurezza e di tutela dell'ambiente. È, pertanto, opportuno fissare ed applicare uniformemente in tutta la Comunità le norme professionali necessarie per le loro attività.
(12)
Il rilascio del certificato di sicurezza radiofonica per navi da carico può essere affidato a organismi privati che dispongono di sufficiente esperienza e di personale qualificato.
(13)
Uno Stato membro può limitare il numero degli organismi riconosciuti da esso autorizzati in base alle sue esigenze, motivate in modo oggettivo e trasparente, sotto il controllo esercitato dalla Commissione secondo una procedura di comitato.
(14)
La presente direttiva dovrebbe garantire la libera prestazione dei servizi nella Comunità. Di conseguenza la Comunità dovrebbe accordarsi con i paesi terzi nei quali hanno sede alcuni organismi riconosciuti al fine di garantire una parità di trattamento nei confronti degli organismi riconosciuti situati nella Comunità.
(15)
È necessaria una rigorosa partecipazione dei governi nazionali alle visite di controllo delle navi e al rilascio dei certificati pertinenti affinché le norme internazionali in materia di sicurezza siano applicate correttamente, anche qualora lo Stato membro affidi ad organismi riconosciuti esterni alla propria organizzazione il compito di adempiere gli obblighi di legge. È pertanto opportuno stabilire uno stretto rapporto funzionale tra governi e organismi riconosciuti da essi autorizzati, prevedendo che questi ultimi abbiano una rappresentanza locale nel territorio dello Stato membro per conto del quale svolgono i loro compiti.
(16)
Quando un organismo riconosciuto, i suoi ispettori o il suo personale tecnico provvedono al rilascio dei certificati obbligatori per conto dell'amministrazione, gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità di permettere loro, per quanto concerne tali attività delegate, di essere soggetti a garanzie giuridiche commisurate e ad una protezione giurisdizionale, incluso l'esercizio di adeguate azioni di difesa, eccezion fatta per l'immunità, prerogativa che può essere invocata dai soli Stati membri, quale inseparabile diritto di sovranità che come tale non può essere delegato.
(17)
La divergenza dei regimi di responsabilità finanziaria tra gli organismi riconosciuti che operano a nome degli Stati membri ostacolerebbe l'attuazione corretta della presente direttiva. Per contribuire a risolvere il problema è opportuno, a livello comunitario, ottenere un grado di armonizzazione, a livello comunitario della responsabilità derivante da un qualsiasi sinistro marittimo causato da un organismo riconosciuto, stabilita da un organo giurisdizionale, compresa la composizione di controversie attraverso procedure arbitrali.
(18)
Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(19)
In particolare la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare la presente direttiva al fine di integrarla con le successive modifiche delle convenzioni, dei protocolli, dei codici e delle risoluzioni internazionali ad essa attinenti. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(20)
È opportuno che gli Stati membri abbiano comunque la possibilità di sospendere o revocare l'autorizzazione accordata ad un organismo riconosciuto, informando tuttavia la Commissione e gli altri Stati membri delle decisioni prese e precisandone i motivi.
(21)
Gli Stati membri dovrebbero valutare periodicamente le prestazioni degli organismi riconosciuti operanti per loro conto e comunicare alla Commissione e a tutti gli altri Stati membri informazioni particolareggiate in merito.
(22)
Gli Stati membri, in qualità di Stati di approdo, devono migliorare le condizioni di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento nelle acque comunitarie mediante l'ispezione prioritaria di navi con certificati di organismi che non soddisfano i criteri comuni, garantendo che le navi battenti bandiera di un paese terzo non abbiano un trattamento più favorevole.
(23)
Attualmente non esistono norme internazionali uniformi alle quali debbano conformarsi tutte le navi nella fase di costruzione e nell'intero periodo in cui sono in servizio per quanto riguarda lo scafo, i macchinari e gli impianti elettrici e di controllo. Dette norme possono essere fissate secondo i regolamenti degli organismi riconosciuti o le norme equivalenti che le amministrazioni nazionali devono decidere secondo la procedura di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che stabilisce una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (6).
(24)
Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire stabilire le misure che devono essere adottate gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi che operano nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, vista l'entità dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(25)
L'obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto nazionale dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono modifiche sostanziali della direttiva 94/57/CE. L'obbligo di recepire le disposizioni rimaste immutate nella sostanza deriva dalla direttiva in questione.
(26)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B.
(27)
Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento.
(28)
Le misure che devono adottare gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi figurano nel regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo (rifusione) (8),
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce le misure che devono adottare gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi per conformarsi alle convenzioni internazionali sulla sicurezza in mare e sulla prevenzione dell'inquinamento marino pur perseguendo l'obiettivo della libera prestazione di servizi. Ciò comprende lo sviluppo e l'applicazione dei requisiti di sicurezza per lo scafo, per i macchinari e per gli impianti elettrici e di controllo delle navi che rientrano nell'ambito di applicazione delle convenzioni internazionali.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a) «nave»: qualsiasi nave che rientri nell'ambito di applicazione delle convenzioni internazionali;
b) «nave battente bandiera di uno Stato membro»: una nave registrata in uno Stato membro e battente bandiera di uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo. Le navi che non corrispondono a questa definizione sono equiparate alle navi battenti bandiera di un paese terzo;
c) «ispezioni e controlli»: ispezioni e controlli che sono obbligatori in forza delle convenzioni internazionali;
d) «convenzioni internazionali»: la convenzione internazionale del 1o novembre 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 74) ad eccezione del capo XI-2 del relativo allegato, la convenzione internazionale del 5 aprile 1966 sulla linea di carico e la convenzione internazionale del 2 novembre 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL), con i relativi protocolli ed emendamenti e i codici aventi valore vincolante in tutti gli Stati membri nelle loro versioni aggiornate;
e) «organismo»: un soggetto giuridico, le sue controllate e qualsiasi altro soggetto sotto il suo controllo che, congiuntamente o separatamente, svolgono compiti che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva;
f) «controllo»: ai fini del punto e): i diritti, i contratti o ogni altro mezzo, giuridico o di fatto che, separatamente o in combinazione tra di loro, conferiscono la possibilità di esercitare un'influenza decisiva su un soggetto giuridico oppure consentono a tale soggetto di svolgere i compiti che rientrano nell'ambito d'applicazione della presente direttiva;
g) «organismo riconosciuto»: qualsiasi organismo riconosciuto a norma del regolamento (CE) n. 391/2009;
h) «autorizzazione»: l'atto con cui uno Stato membro autorizza o delega un organismo riconosciuto;
i) «certificato statutario»: il certificato rilasciato da uno Stato di bandiera oppure per suo conto conformemente alle convenzioni internazionali;
j) «norme e procedure»: le prescrizioni fissate da un organismo riconosciuto per la progettazione, la costruzione, l'equipaggiamento, la manutenzione e il controllo tecnico delle navi;
k) «certificato di classe»: il documento rilasciato da un organismo riconosciuto che certifica l'idoneità delle navi a determinati impieghi o servizi secondo le norme e le procedure fissate e rese pubbliche dall'organismo stesso;
l) «certificato di sicurezza radio per navi da carico»: il certificato introdotto dal protocollo del 1988 che modifica la SOLAS, adottato dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO).
Articolo 3
1. Gli Stati membri, nell'esercizio delle responsabilità e nell'adempimento degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali, si adoperano affinché le loro amministrazioni competenti diano adeguata esecuzione alle relative norme, in particolare riguardo alle ispezioni e al controllo delle navi e al rilascio dei certificati statutari, nonché dei certificati di esenzione a norma delle convenzioni internazionali. Gli Stati membri operano secondo le pertinenti disposizioni dell'allegato e dell'appendice della risoluzione IMO A.847 (20) relativa agli orientamenti per assistere gli Stati di bandiera nell'attuazione degli strumenti IMO.
2. Lo Stato membro che, ai sensi del paragrafo 1, decide, per le navi battenti la propria bandiera:
i)
di autorizzare determinati organismi ad eseguire, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli relativi ai certificati statutari, compresi quelli necessari per valutare la conformità alle norme di cui all'articolo 11, paragrafo 2 e, se del caso, a rilasciare o rinnovare i relativi certificati; ovvero
ii)
di affidare ad organismi, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli di cui al punto i);
affida questi incarichi unicamente ad organismi riconosciuti.
Il primo rilascio del certificato di esenzione è comunque soggetto all'approvazione dell'amministrazione competente.
Tuttavia, per quanto riguarda il certificato di sicurezza radiofonica per navi da carico, detti compiti possono essere affidati ad un ente privato riconosciuto da un'amministrazione competente e avente competenze adeguate e personale qualificato per effettuare, per conto di tale amministrazione, accertamenti specifici di sicurezza in materia di radiocomunicazioni.
3. Il presente articolo non si applica alla certificazione di apparecchiature navali specifiche.
Articolo 4
1. Gli Stati membri, quando agiscono in applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, non devono, in linea di massima, rifiutare di autorizzare un organismo riconosciuto a svolgere dette funzioni, salve le disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo e degli articoli 5 e 9. Possono tuttavia, in funzione delle loro esigenze qualora vi siano motivi obiettivi e trasparenti, limitare il numero degli organismi da essi autorizzati.
Su richiesta di uno Stato membro, la Commissione adotta le misure appropriate secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2, per garantire la corretta applicazione del primo comma del presente paragrafo riguardo al rifiuto delle autorizzazioni e dell'articolo 8 riguardo ai casi in cui le autorizzazioni sono sospese o ritirate.
2. Per autorizzare un organismo riconosciuto situato in un paese terzo a svolgere per intero o in parte i compiti indicati nell'articolo 3, gli Stati membri possono chiedere allo Stato terzo interessato di accordare un trattamento reciproco agli organismi riconosciuti con sede nella Comunità.
Inoltre, la Comunità può esigere che lo Stato terzo nel quale ha sede l'organismo riconosciuto accordi un trattamento reciproco agli organismi riconosciuti con sede nella Comunità.
Articolo 5
1. Gli Stati membri che prendano una decisione come illustrato nell'articolo 3, paragrafo 2, instaurano un rapporto funzionale tra l'amministrazione nazionale competente e gli organismi che agiscono per loro conto.
2. Il rapporto funzionale è disciplinato da un patto scritto formale e non discriminatorio o da un atto giuridico equivalente che definisca gli specifici compiti e le funzioni dell'organismo e contenga quantomeno:
a)
le disposizioni dell'appendice II della risoluzione IMO A.739 (18) relativa agli orientamenti in materia di autorizzazione degli organismi che operano per conto dell'amministrazione, ispirandosi nel contempo all'allegato, alle appendici e altri elementi dei documenti IMO MSC/Circular 710 e MEPC/Circular 307 sul modello di accordo per il rilascio di autorizzazioni a favore di organismi che operano per conto dell'amministrazione;
b)
le seguenti disposizioni in materia di responsabilità finanziaria:
i)
qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di indennizzare le parti lese, in caso di perdite o danni materiali, lesioni personali o morte di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione volontaria ovvero da una colpa grave dell'organismo riconosciuto, dei suoi servizi, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto a un indennizzo da parte dell'organismo riconosciuto nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le perdite, i danni materiali, le lesioni o la morte siano dovuti all'organismo riconosciuto;
ii)
qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di risarcire le parti lese, in caso di lesioni personali o morte di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione negligente o imprudente dell'organismo riconosciuto, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto ad un indennizzo, da parte dell'organismo riconosciuto, nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le lesioni personali o la morte siano dovute all'organismo riconosciuto; gli Stati membri possono limitare l'importo massimo dovuto dall'organismo riconosciuto, che tuttavia non può essere inferiore a 4 milioni di EUR;
iii)
qualora l'amministrazione sia stata considerata responsabile di un sinistro marittimo da un organo giurisdizionale con sentenza definitiva o attraverso procedure arbitrali di soluzione di una controversia con conseguente obbligo di risarcire le parti lese, in caso di perdite o danni materiali di cui è provato, dinanzi all'organo giurisdizionale in questione, che risultano da un atto o da un'omissione negligente o imprudente dell'organismo riconosciuto, del suo personale, dei suoi agenti o di chiunque agisca in nome di tale organismo, l'amministrazione ha diritto ad un indennizzo, da parte dell'organismo riconosciuto, nella misura in cui l'organo giurisdizionale accerti che le lesioni personali o la morte siano dovute all'organismo riconosciuto; gli Stati membri possono limitare l'importo massimo dovuto dall'organismo riconosciuto, che tuttavia non può essere inferiore a 2 milioni di EUR;
c)
disposizioni relative ad un controllo periodico ad opera dell'amministrazione o di un ente imparziale esterno designato da quest'ultima sui compiti che gli organismi svolgono per suo conto come stabilito all'articolo 9, paragrafo 1;
d)
disposizioni relative alla possibilità di approfondite ispezioni a campione delle navi;
e)
disposizioni per la comunicazione obbligatoria delle informazioni essenziali sulla propria flotta classificata e su modifiche, sospensioni e ritiri della classe.
3. L'accordo o l'intesa giuridica equivalente può stabilire il requisito che l'organismo riconosciuto abbia una rappresentanza locale nel territorio dello Stato membro per conto del quale svolge i compiti di cui all'articolo 3. Una rappresentanza locale con personalità giuridica conformemente alle leggi dello Stato membro e soggetta alla competenza delle sue giurisdizioni nazionali può soddisfare siffatto requisito.
4. I singoli Stati membri forniscono alla Commissione informazioni precise sul rapporto funzionale instaurato ai sensi del presente articolo. La Commissione ne informa successivamente gli altri Stati membri.
Articolo 6
1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS), istituito dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (9).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 7
1. La presente direttiva può essere modificata, senza che ne risulti esteso l'ambito d'applicazione, per:
a)
integrare, ai fini della presente direttiva, le modifiche, successivamente entrate in vigore, delle convenzioni, dei protocolli, dei codici e delle risoluzioni internazionali di cui all’articolo 2, lettera d), all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 2;
b)
modificare gli importi di cui ai punti ii) e iii) dell'articolo 5, paragrafo 2, lettera b).
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
2. Dopo l'adozione di nuovi strumenti o protocolli delle convenzioni internazionali di cui all'articolo 2, lettera d), il Consiglio, su proposta della Commissione, decide, tenuto conto delle procedure parlamentari degli Stati membri nonché delle pertinenti procedure seguite nell'ambito dell'IMO, in merito alle modalità dettagliate di ratifica di questi nuovi strumenti o protocolli e vigila a che siano applicati uniformemente e simultaneamente negli Stati membri.
Le modifiche degli strumenti internazionali di cui all'articolo 2, lettera d), e all'articolo 5, possono essere escluse dall'ambito di applicazione della presente direttiva in forza dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002.
Articolo 8
In deroga ai criteri minimi specificati nell'allegato I del regolamento (CE) n. 391/2009, quando uno Stato membro considera che l'organismo riconosciuto non possa più essere autorizzato a svolgere per suo conto i compiti indicati all'articolo 3, può sospendere o revocare tale autorizzazione. In tal caso lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri della propria decisione e indica gli elementi che l'hanno motivata.
Articolo 9
1. Ciascuno Stato membro deve accertarsi che gli organismi riconosciuti che agiscono per suo conto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, svolgano efficacemente le funzioni specificate in detto articolo con soddisfazione dell'amministrazione competente.
2. Al fine di effettuare il controllo di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro, almeno ogni due anni, controlla gli organismi riconosciuti delegati e trasmette agli altri Stati membri ed alla Commissione una relazione sui risultati di tali verifiche al più tardi entro il 31 marzo dell'anno successivo all'anno in cui vengono effettuate.
Articolo 10
Nell'esercizio dei loro diritti e nell'adempimento degli obblighi in materia di ispezione quali Stati di approdo, gli Stati membri comunicano alla Commissione ed agli altri Stati membri se hanno accertato il rilascio di certificati statutari validi da parte di organismi riconosciuti operanti per conto di uno Stato di bandiera a navi non conformi ai requisiti pertinenti delle convenzioni internazionali, oppure nel caso di eventuali difetti di navi aventi un certificato di classe valido, relativi ad elementi oggetto del certificato, e ne informano lo Stato di bandiera interessato. Solo i casi di navi che rappresentano una minaccia grave per la sicurezza e per l'ambiente o che rivelano un comportamento particolarmente negligente da parte degli organismi riconosciuti sono soggetti all'obbligo di informazione di cui al presente articolo. L'organismo riconosciuto è informato in merito al caso in questione al momento dell'ispezione iniziale di modo che esso possa adottare immediatamente appropriate misure di follow-up.
Articolo 11
1. Gli Stati membri si assicurano che le navi battenti la loro bandiera siano progettate, costruite, equipaggiate e mantenute in efficienza conformemente alle relative norme e procedure in materia di scafo, macchinari e impianti elettrici e di controllo fissati da un organismo riconosciuto.
2. Uno Stato membro può decidere di valersi di norme da esso ritenute equivalenti alle norme e alle procedure di un organismo riconosciuto purché le notifichi immediatamente alla Commissione, secondo la procedura di regolamentazione di cui alla direttiva 98/34/CE e agli altri Stati membri e purché gli altri Stati membri o la Commissione non abbiano obiezioni al riguardo e le norme non risultino, secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, della presente direttiva, non essere equivalenti.
3. Gli Stati membri cooperano con gli organismi riconosciuti da essi autorizzati nello sviluppo delle norme e delle procedure degli organismi stessi. Essi consultano gli organismi riconosciuti ai fini di un'interpretazione coerente delle convenzioni internazionali.
Articolo 12
La Commissione informa ogni due anni il Parlamento europeo e il Consiglio in merito ai progressi compiuti nell'attuazione della presente direttiva negli Stati membri.
Articolo 13
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Esse contengono inoltre una dichiarazione in base alla quale i riferimenti fatti, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative esistenti, alle direttive abrogate dalla presente direttiva s'intendono fatti alla presente direttiva. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 14
La direttiva 94/57/CE, come modificata dalle direttive elencate nell'allegato I, parte A, è abrogata con effetto dal 17 giugno 2009, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini per il recepimento nell'ordinamento nazionale delle direttive indicate nell'allegato I, parte B.
I riferimenti alle direttive abrogate si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di corrispondenza di cui all'allegato II.
Articolo 15
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 16
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38.
(3) Parere del Parlamento europeo del 25 aprile 2007 (GU C 74 E del 20.3.2008, pag. 633), posizione comune del Consiglio del 6 giugno 2008 (GU C 184 E del 22.7.2008, pag. 11), posizione del Parlamento europeo del 24 settembre 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale), decisione del Consiglio del 26 febbraio 2009 e risoluzione legislativa del Parlamento europeo dell'11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37.
(7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(8) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale.
(9) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata e sue successive modifiche
(menzionate all'articolo 14)
Direttiva 94/57/CE del Consiglio
GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20
Direttiva 97/58/CE della Commissione
GU L 274 del 7.10.1997, pag. 8
Direttiva 2001/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
GU L 19 del 22.1.2002, pag. 9
Direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53
PARTE B
Elenco dei termini per il recepimento nell'ordinamento nazionale
(menzionati all'articolo 14)
Direttiva
Termine per il recepimento
94/57/CE
31 dicembre 1995
97/58/CE
30 settembre 1998
2001/105/CE
22 luglio 2003
2002/84/CE
23 novembre 2003
ALLEGATO II
Tavola di corrispondenza
Direttiva 94/57/CE
La presente direttiva
Regolamento (CE) n. 391/2009
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, lettera b)
—
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, lettera c)
—
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, lettera c)
—
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, lettera e)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, lettera f)
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, lettera i)
Articolo 2, lettera g)
Articolo 2, lettera i)
Articolo 2, lettera k)
Articolo 2, lettera i)
—
Articolo 2, lettera j)
Articolo 2, lettera h)
Articolo 2, lettera j)
Articolo 2, lettera l)
—
Articolo 2, lettera k)
—
Articolo 2, lettera j)
Articolo 3
Articolo 3
—
Articolo 4, paragrafo 1, prima frase
—
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1, seconda frase
—
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 1, terza frase
—
—
Articolo 4, paragrafo 1, quarta frase
—
Articolo 4, paragrafo 1
—
—
Articolo 3, paragrafo 3
—
—
Articolo 4, paragrafi 2, 3 e 4
—
—
Articolo 5
—
—
Articolo 6
—
—
Articolo 7
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1
—
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 2
—
Articolo 6, paragrafi 1, 2, 3 e 4
Articolo 5, paragrafi 1, 2, 3 e 4
—
Articolo 6, paragrafo 5
—
—
Articolo 7
Articolo 6
Articolo 12
Articolo 8, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
—
Articolo 8, paragrafo 1, secondo trattino
—
Articolo 13, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma, lettera b)
—
—
Articolo 7, paragrafo 1 secondo comma
Articolo 13, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2
—
Articolo 8, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 13, paragrafo 2
Articolo 9, paragrafo 1
—
—
Articolo 9, paragrafo 2
—
—
Articolo 10, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 8
—
Articolo 10, paragrafo 1, lettere a), b), c), e paragrafi 2, 3 e 4
—
—
Articolo 11, paragrafi 1 e 2
Articolo 9, paragrafi 1 e 2
—
Articolo 11, paragrafi 3 e 4
—
Articolo 8, paragrafi 1 e 2
Articolo 12
Articolo 10
—
Articolo 13
—
—
Articolo 14
Articolo 11, paragrafi 1 e 2
—
—
Articolo 11, paragrafo 3
—
—
Articolo 12
—
—
—
Articolo 9
Articolo 15, paragrafo 1
—
—
—
—
Articolo 10, paragrafi 1 e 2
Articolo 15, paragrafo 2
—
Articolo 10, paragrafo 3
Articolo 15, paragrafo 3
—
Articolo 10, paragrafo 4
Articolo 15, paragrafo 4
—
Articolo 10, paragrafo 5
Articolo 15, paragrafo 5
—
Articolo 10, paragrafo 6, primo, secondo, terzo e quinto comma
—
—
Articolo 10, paragrafo 6, quarto comma
Articolo 16
Articolo 13
—
Articolo 17
Articolo 16
—
—
Articolo 14
—
—
Articolo 15
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—
—
Articolo 11
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Articolo 14
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—
Articolo 15
—
—
Articolo 16
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Articolo 17
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—
Articolo 18
—
—
Articolo 19
Allegato
—
Allegato I
—
Allegato I
—
—
Allegato II
Allegato II
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Sicurezza marittima: disposizioni e norme per le ispezioni delle navi e le attività delle amministrazioni marittime
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce le norme e le condizioni in base alle quali un paese dell’Unione europea (l’Unione), in quanto Stato di bandiera, può autorizzare un organismo riconosciuto
* al fine di eseguire ispezioni e certificazioni statutarie per suo conto.
PUNTI CHIAVE
Autorizzazione degli organismi riconosciuti
I paesi dell’Unione devono garantire che le proprie amministrazioni mettano in atto le pertinenti convenzioni internazionali
* per quanto concerne l’ispezione e la certificazione delle navi battenti la propria bandiera.
Un paese dell’Unione può autorizzare gli organismi a eseguire, tutte o in parte, le ispezioni e i controlli relativi all’emissione e al rinnovo dei certificati statutari
* delle navi. Può affidare questi incarichi unicamente a organismi riconosciuti.
Il rilascio dei certificati di sicurezza radiofonica per navi da carico può tuttavia essere affidato a organismi privati riconosciuti che dispongono di sufficiente esperienza e di personale qualificato.
Un paese dell’Unione non deve rifiutarsi di autorizzare un organismo riconosciuto. Esso può tuttavia decidere di limitare il numero degli organismi da autorizzare sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.
Le organizzazioni site in paesi terzi possono essere riconosciute a livello dell’Unione e conseguentemente autorizzate dalle amministrazioni dei paesi dell’Unione. In questi casi, possono essere richiesti accordi reciproci di autorizzazione.
Rapporti funzionali
Quando un paese dell’Unione autorizza un organismo riconosciuto, crea un «rapporto funzionale» con esso. Tale rapporto è disciplinato da un contratto contenente clausole relative alla responsabilità finanziaria, al controllo periodico degli incarichi, alla possibilità di effettuare approfondite ispezioni a campione delle navi e alla comunicazione obbligatoria delle informazioni legate alla classe (la «classe» è un gruppo di navi aventi la medesima struttura). È possibile che sia richiesto agli organismi autorizzati di avere una rappresentanza locale presso il paese interessato.
I paesi dell’Unione devono informare la Commissione europea in merito ai rapporti funzionali che instaurano.
Un paese dell’Unione potrebbe dover sospendere o revocare l’autorizzazione a un organismo riconosciuto se ritiene che l’organismo non soddisfi più le condizioni per l’adempimento dei suoi obblighi.
Monitoraggio
I paesi dell’Unione devono garantire che gli organismi riconosciuti che operano per loro conto svolgano gli incarichi in modo efficiente. Devono pertanto monitorarli ogni due anni e comunicare i risultati delle attività di monitoraggio ai paesi dell’Unione e alla Commissione.
Quando esegue il monitoraggio delle navi quale Stato di approdo, ogni paese dell’Unione dovrà informare la Commissione e gli altri paesi dell’Unione qualora:
una nave in possesso di certificato statutario valido non risulti conforme ai requisiti pertinenti delle convenzioni internazionali;
una nave in possesso di un certificato di classe
* valido risulti carente in relazione agli elementi oggetto del certificato.
Il paese dell’Unione è tenuto a segnalare esclusivamente i casi di navi che rappresentano una minaccia grave per la sicurezza e per l’ambiente o che rivelano un comportamento particolarmente negligente da parte degli organismi riconosciuti. Gli organismi devono essere informati in merito, affinché possano adottare le misure correttive necessarie.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 17 giugno 2009 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 17 giugno 2011.
CONTESTO
Questa direttiva è stata adottata parallelamente al regolamento (CE) n. 391/2009 relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi. Tali strumenti abrogano la direttiva 94/57/CE. Il regolamento crea un sistema di autorizzazione a livello dell’Unione, che è un prerequisito per qualsiasi organismo che deve essere autorizzato da un paese dell’Unione nel contesto della direttiva 2009/15/CE.
Per maggiori informazioni, si consulti:
Azioni dell’Unione riguardanti la protezione ambientale e la sicurezza (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Organismo riconosciuto: un organismo riconosciuto in conformità con il regolamento (CE) n. 391/2009 relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (consultare la sezione Contesto).
Convenzioni internazionali: la Convenzione internazionale sulla salvaguardia della vita umana in mare del 1° novembre 1974 (SOLAS 74) eccetto il capitolo XI-2 del relativo allegato, la Convenzione internazionale sulla linea di carico del 5 aprile 1966, la Convenzione internazionale sulla prevenzione dell’inquinamento causato da navi del 2 novembre 1973 (MARPOL), insieme ai protocolli, alle modifiche e ai corrispondenti codici di carattere obbligatorio in tutti i paesi dell’Unione, fatta eccezione per i paragrafi 16.1, 18.1 e 19 della parte 2 del Codice per l’attuazione degli strumenti IMO e per le sezioni 1.1, 1.3, 3.9.3.1, 3.9.3.2 e 3.9.3.3 della parte 2 del Codice IMO per gli organismi riconosciuti nella versione aggiornata.
Certificato statutario: un certificato rilasciato da o per conto di uno Stato di bandiera conformemente alle convenzioni internazionali.
Certificato di classe: un certificato attestante l’adeguatezza di una nave per un uso o servizio particolare in conformità alle norme e alle procedure stabilite da un organismo riconosciuto.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/15/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 11).
Si veda la versione consolidata. |
Rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera
La presente direttiva ha lo scopo di assicurare che gli Stati membri dell'Unione europea ottemperino con più efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera. Mira inoltre a rafforzare la sicurezza marittima e a prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro.
ATTO
Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera.
SINTESI
La presente direttiva istituisce un quadro giuridico volto a migliorare i risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera.
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica all’amministrazione * dello Stato membro di cui la nave * batte bandiera.
Autorizzazione di esercizio delle navi battenti bandiera di uno Stato membro
Ciascuno Stato membro deve verificare, prima del rilascio dell’autorizzazione di esercizio, che una nave autorizzata a battere la sua bandiera ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave. Se necessario, consulta il precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza irrisolti. In tal caso, lo Stato membro consultato deve fornire tempestivamente i dettagli richiesti.
Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro
Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende le procedure stabilite a che la nave sia resa conforme alle convenzioni dell’IMO (Organizzazione marittima internazionale) (EN).
Misure di accompagnamento
Gli Stati membri assicurano che le seguenti informazioni siano prontamente accessibili e disponibili:
estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.);
date delle visite di controllo (comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari) e date degli audit;
identificazione degli organismi riconosciuti * coinvolti nella certificazione * e nella classificazione della nave, nonché dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo;
risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo e, se del caso, informazioni su deficienze e fermi o sui sinistri marittimi;
identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione.
Procedura di audit dello Stato di bandiera
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni. I risultati dell’audit vengono pubblicati in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Questa disposizione resta in applicazione sino all’entrata in vigore di un sistema obbligatorio dell’IMO.
Gestione della qualità e valutazione interna
Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro deve avere sviluppato un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera.
Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi (MOU di Parigi), devono presentare alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera. Questa relazione deve pervenire alla Commissione entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione deve presentare le ragioni che hanno condotto ai fermi e all’iscrizione nelle liste nera o grigia.
Relazioni
La Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio, con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
Procedura di comitato
La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS).
Contesto
La presente direttiva risponde alla necessità di un trasporto marittimo più sicuro e più rispettoso dell’ambiente. Si basa sul quadro giuridico sviluppato a livello internazionale dall’IMO nel settore della sicurezza marittima e della protezione dell’ambiente contro l’inquinamento marittimo.
Termini chiave dell’atto
«nave», una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato;
«amministrazione», le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera;
«organismo riconosciuto», un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009
«certificati», i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2009/21/CE
29.5.2009
17.6.2009
GU L 131 del 28.5.2009 | DIRETTIVA 2009/21/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
La sicurezza dei trasporti marittimi comunitari e dei cittadini che li utilizzano e la protezione dell’ambiente dovrebbero essere garantiti in via permanente.
(2)
Con riferimento al trasporto marittimo internazionale, l’adozione di varie convenzioni, di cui l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) è depositaria, ha consentito di istituire un quadro generale di regole che migliora la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente contro l’inquinamento provocato dalle navi.
(3)
A norma delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare (UNCLOS) e delle convenzioni di cui è depositaria l’IMO (convenzioni IMO), rientra fra le responsabilità degli Stati che sono parti di questi strumenti adottare norme legislative e regolamentari e adottare tutti gli altri provvedimenti necessari per dare piena e completa attuazione a detti strumenti affinché, dal punto di vista della sicurezza della vita in mare e della protezione dell’ambiente marino, le navi siano idonee al servizio cui sono destinate ed equipaggiate con personale marittimo competente.
(4)
Occorre tenere nella dovuta considerazione la convenzione sul lavoro marittimo, adottata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel 2006, che disciplina anche gli obblighi connessi allo Stato di bandiera.
(5)
Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano all’unanimità l’importanza dell’applicazione delle convenzioni internazionali relative agli obblighi degli Stati di bandiera al fine di migliorare la sicurezza marittima e di contribuire alla prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi.
(6)
L’attuazione delle procedure raccomandate dall’IMO nella circolare MSC/Circ. 1140/MEPC/Circ. 424 del 20 dicembre 2004 sul trasferimento delle navi fra Stati dovrebbe rafforzare le disposizioni delle convenzioni IMO e della normativa comunitaria sulla sicurezza marittima relative al cambiamento di bandiera e migliorare la trasparenza dei rapporti fra gli Stati di bandiera, a tutto vantaggio della sicurezza marittima.
(7)
La disponibilità di informazioni sulle navi battenti la bandiera di uno Stato membro e sulle navi che sono state cancellate dal registro di uno Stato membro dovrebbe migliorare la trasparenza delle prestazioni di una flotta di qualità elevata e contribuire a monitorare meglio il rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera, nonché ad assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni.
(8)
Per aiutare gli Stati membri a migliorare ulteriormente i loro risultati in quanto Stati di bandiera, le loro amministrazioni dovrebbero essere sottoposte periodicamente ad audit.
(9)
Una certificazione di qualità delle procedure amministrative in conformità delle norme dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) o di norme equivalenti dovrebbe ulteriormente assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni.
(10)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4).
(11)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica dei trasporti marittimi, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
1. La presente direttiva ha lo scopo di:
a)
assicurare che gli Stati membri ottemperino con efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera; e
b)
migliorare la sicurezza e prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro.
2. La presente direttiva lascia impregiudicata la normativa marittima comunitaria elencata all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) (5), nonché la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST) (6).
Articolo 2
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica all’amministrazione dello Stato membro di cui la nave batte bandiera.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:
a)
«nave» una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato;
b)
«amministrazione» le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera;
c)
«organismo riconosciuto» un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (rifusione) (7);
d)
«certificati» i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO;
e)
«audit IMO» un audit condotto in conformità delle disposizioni della risoluzione A.974(24) adottata dall’assemblea dell’IMO il 1o dicembre 2005.
Articolo 4
Condizioni per consentire l’esercizio di una nave al momento della concessione del diritto di battere bandiera di uno Stato membro
1. Prima di consentire l’esercizio di una nave cui è stato concesso il diritto di battere la sua bandiera, lo Stato membro interessato adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare che la nave in questione ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave con ogni mezzo ragionevole. Se necessario, consulta l’amministrazione del precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza da questo individuati e rimasti irrisolti.
2. Quando un altro Stato di bandiera richiede informazioni su una nave che ha in precedenza battuto bandiera di uno Stato membro, quest’ultimo fornisce tempestivamente allo Stato di bandiera richiedente i dettagli riguardanti anomalie irrisolte e ogni altra pertinente informazione connessa alla sicurezza.
Articolo 5
Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro
Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende, secondo le procedure da essa stabilite a tal fine, a che la nave sia resa conforme alle pertinenti convenzioni IMO.
Articolo 6
Misure di accompagnamento
Gli Stati membri assicurano che almeno le seguenti informazioni concernenti le navi battenti la loro bandiera siano prontamente accessibili ai fini della presente direttiva:
a)
estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.);
b)
date delle visite di controllo, comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari, e date degli audit;
c)
identificazione degli organismi riconosciuti coinvolti nella certificazione e nella classificazione della nave;
d)
identificazione dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo e date delle ispezioni;
e)
risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo (deficienze: sì o no, fermi: sì o no);
f)
informazioni sui sinistri marittimi;
g)
identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione negli ultimi dodici mesi.
Articolo 7
Procedura di audit dello Stato di bandiera
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni, subordinatamente a una risposta positiva dell’IMO ad una tempestiva richiesta dello Stato membro interessato, e pubblicano i risultati dell’audit in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza.
Il presente articolo cessa di avere vigore al più tardi il 17 giugno 2017, o prima di tale data, come stabilito dalla Commissione secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, se è entrato in vigore un sistema obbligatorio di audit degli Stati membri dell’IMO.
Articolo 8
Sistema di gestione della qualità e valutazione interna
1. Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro sviluppa, attua e mantiene un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Tale sistema è certificato conformemente alle norme di qualità internazionali applicabili.
2. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d’approdo (MOU di Parigi) presentano alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi.
La relazione individua e analizza le ragioni principali della mancata conformità che ha condotto ai fermi e alle deficienze all’origine dell’iscrizione nelle liste nera o grigia.
Articolo 9
Relazioni
Con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
Tale relazione contiene una valutazione dei risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera.
Articolo 10
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall’articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.
Articolo 11
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38.
(3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 140), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 13) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(5) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.
(6) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33.
(7) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: | DIRETTIVA 2009/21/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
La sicurezza dei trasporti marittimi comunitari e dei cittadini che li utilizzano e la protezione dell’ambiente dovrebbero essere garantiti in via permanente.
(2)
Con riferimento al trasporto marittimo internazionale, l’adozione di varie convenzioni, di cui l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) è depositaria, ha consentito di istituire un quadro generale di regole che migliora la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente contro l’inquinamento provocato dalle navi.
(3)
A norma delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare (UNCLOS) e delle convenzioni di cui è depositaria l’IMO (convenzioni IMO), rientra fra le responsabilità degli Stati che sono parti di questi strumenti adottare norme legislative e regolamentari e adottare tutti gli altri provvedimenti necessari per dare piena e completa attuazione a detti strumenti affinché, dal punto di vista della sicurezza della vita in mare e della protezione dell’ambiente marino, le navi siano idonee al servizio cui sono destinate ed equipaggiate con personale marittimo competente.
(4)
Occorre tenere nella dovuta considerazione la convenzione sul lavoro marittimo, adottata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel 2006, che disciplina anche gli obblighi connessi allo Stato di bandiera.
(5)
Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano all’unanimità l’importanza dell’applicazione delle convenzioni internazionali relative agli obblighi degli Stati di bandiera al fine di migliorare la sicurezza marittima e di contribuire alla prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi.
(6)
L’attuazione delle procedure raccomandate dall’IMO nella circolare MSC/Circ. 1140/MEPC/Circ. 424 del 20 dicembre 2004 sul trasferimento delle navi fra Stati dovrebbe rafforzare le disposizioni delle convenzioni IMO e della normativa comunitaria sulla sicurezza marittima relative al cambiamento di bandiera e migliorare la trasparenza dei rapporti fra gli Stati di bandiera, a tutto vantaggio della sicurezza marittima.
(7)
La disponibilità di informazioni sulle navi battenti la bandiera di uno Stato membro e sulle navi che sono state cancellate dal registro di uno Stato membro dovrebbe migliorare la trasparenza delle prestazioni di una flotta di qualità elevata e contribuire a monitorare meglio il rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera, nonché ad assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni.
(8)
Per aiutare gli Stati membri a migliorare ulteriormente i loro risultati in quanto Stati di bandiera, le loro amministrazioni dovrebbero essere sottoposte periodicamente ad audit.
(9)
Una certificazione di qualità delle procedure amministrative in conformità delle norme dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) o di norme equivalenti dovrebbe ulteriormente assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni.
(10)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4).
(11)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica dei trasporti marittimi, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
1. La presente direttiva ha lo scopo di:
a)
assicurare che gli Stati membri ottemperino con efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera; e
b)
migliorare la sicurezza e prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro.
2. La presente direttiva lascia impregiudicata la normativa marittima comunitaria elencata all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) (5), nonché la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST) (6).
Articolo 2
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica all’amministrazione dello Stato membro di cui la nave batte bandiera.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:
a)
«nave» una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato;
b)
«amministrazione» le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera;
c)
«organismo riconosciuto» un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (rifusione) (7);
d)
«certificati» i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO;
e)
«audit IMO» un audit condotto in conformità delle disposizioni della risoluzione A.974(24) adottata dall’assemblea dell’IMO il 1o dicembre 2005.
Articolo 4
Condizioni per consentire l’esercizio di una nave al momento della concessione del diritto di battere bandiera di uno Stato membro
1. Prima di consentire l’esercizio di una nave cui è stato concesso il diritto di battere la sua bandiera, lo Stato membro interessato adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare che la nave in questione ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave con ogni mezzo ragionevole. Se necessario, consulta l’amministrazione del precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza da questo individuati e rimasti irrisolti.
2. Quando un altro Stato di bandiera richiede informazioni su una nave che ha in precedenza battuto bandiera di uno Stato membro, quest’ultimo fornisce tempestivamente allo Stato di bandiera richiedente i dettagli riguardanti anomalie irrisolte e ogni altra pertinente informazione connessa alla sicurezza.
Articolo 5
Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro
Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende, secondo le procedure da essa stabilite a tal fine, a che la nave sia resa conforme alle pertinenti convenzioni IMO.
Articolo 6
Misure di accompagnamento
Gli Stati membri assicurano che almeno le seguenti informazioni concernenti le navi battenti la loro bandiera siano prontamente accessibili ai fini della presente direttiva:
a)
estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.);
b)
date delle visite di controllo, comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari, e date degli audit;
c)
identificazione degli organismi riconosciuti coinvolti nella certificazione e nella classificazione della nave;
d)
identificazione dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo e date delle ispezioni;
e)
risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo (deficienze: sì o no, fermi: sì o no);
f)
informazioni sui sinistri marittimi;
g)
identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione negli ultimi dodici mesi.
Articolo 7
Procedura di audit dello Stato di bandiera
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni, subordinatamente a una risposta positiva dell’IMO ad una tempestiva richiesta dello Stato membro interessato, e pubblicano i risultati dell’audit in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza.
Il presente articolo cessa di avere vigore al più tardi il 17 giugno 2017, o prima di tale data, come stabilito dalla Commissione secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, se è entrato in vigore un sistema obbligatorio di audit degli Stati membri dell’IMO.
Articolo 8
Sistema di gestione della qualità e valutazione interna
1. Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro sviluppa, attua e mantiene un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Tale sistema è certificato conformemente alle norme di qualità internazionali applicabili.
2. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d’approdo (MOU di Parigi) presentano alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi.
La relazione individua e analizza le ragioni principali della mancata conformità che ha condotto ai fermi e alle deficienze all’origine dell’iscrizione nelle liste nera o grigia.
Articolo 9
Relazioni
Con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
Tale relazione contiene una valutazione dei risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera.
Articolo 10
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall’articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.
Articolo 11
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38.
(3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 140), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 13) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(5) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.
(6) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33.
(7) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale.
Q: Puoi scrivere un riassunto appropriato per i paragrafi precedenti?
A: Rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera
La presente direttiva ha lo scopo di assicurare che gli Stati membri dell'Unione europea ottemperino con più efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera. Mira inoltre a rafforzare la sicurezza marittima e a prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro.
ATTO
Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera.
SINTESI
La presente direttiva istituisce un quadro giuridico volto a migliorare i risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera.
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica all’amministrazione * dello Stato membro di cui la nave * batte bandiera.
Autorizzazione di esercizio delle navi battenti bandiera di uno Stato membro
Ciascuno Stato membro deve verificare, prima del rilascio dell’autorizzazione di esercizio, che una nave autorizzata a battere la sua bandiera ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave. Se necessario, consulta il precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza irrisolti. In tal caso, lo Stato membro consultato deve fornire tempestivamente i dettagli richiesti.
Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro
Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende le procedure stabilite a che la nave sia resa conforme alle convenzioni dell’IMO (Organizzazione marittima internazionale) (EN).
Misure di accompagnamento
Gli Stati membri assicurano che le seguenti informazioni siano prontamente accessibili e disponibili:
estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.);
date delle visite di controllo (comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari) e date degli audit;
identificazione degli organismi riconosciuti * coinvolti nella certificazione * e nella classificazione della nave, nonché dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo;
risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo e, se del caso, informazioni su deficienze e fermi o sui sinistri marittimi;
identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione.
Procedura di audit dello Stato di bandiera
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni. I risultati dell’audit vengono pubblicati in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Questa disposizione resta in applicazione sino all’entrata in vigore di un sistema obbligatorio dell’IMO.
Gestione della qualità e valutazione interna
Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro deve avere sviluppato un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera.
Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi (MOU di Parigi), devono presentare alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera. Questa relazione deve pervenire alla Commissione entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione deve presentare le ragioni che hanno condotto ai fermi e all’iscrizione nelle liste nera o grigia.
Relazioni
La Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio, con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
Procedura di comitato
La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS).
Contesto
La presente direttiva risponde alla necessità di un trasporto marittimo più sicuro e più rispettoso dell’ambiente. Si basa sul quadro giuridico sviluppato a livello internazionale dall’IMO nel settore della sicurezza marittima e della protezione dell’ambiente contro l’inquinamento marittimo.
Termini chiave dell’atto
«nave», una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato;
«amministrazione», le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera;
«organismo riconosciuto», un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009
«certificati», i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2009/21/CE
29.5.2009
17.6.2009
GU L 131 del 28.5.2009 |