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Traduci in volgare fiorentino:
Come a raggio di sol che puro mei per fratta nube, già prato di fiori vider, coverti d’ombra, li occhi miei; vid’io così più turbe di splendori, folgorate di sù da raggi ardenti, sanza veder principio di folgóri.
Come sotto un raggio di sole, che passi limpido attraverso una nube squarciata, i miei occhi protetti dall’ombra videro talvolta un prato di fiori; così vidi più schiere di anime splendenti, illuminate dall’alto dai raggi ardenti (=da Cristo), senza che si vedesse la fonte di tale sfolgorio.
Traduci in volgare fiorentino:
O benigna vertù che sì li ‘mprenti, sù t’essaltasti, per largirmi loco a li occhi lì che non t’eran possenti.
O benigna virtù (=Cristo) che così stampi su di loro la tua impronta, ti sollevasti verso l’alto (=verso l’empì reo), per dare spazio ai miei occhi, che [per la tua presenza] non erano capaci [di vederei beati].
Traduci in volgare fiorentino:
Il nome del bel fior ch’io sempre invoco e mane e sera, tutto mi ristrinse l’animo ad avvisar lo maggior foco; e come ambo le luci mi dipinse il quale e il quanto de la viva stella che là sù vince come qua giù vinse, per entro il cielo scese una facella, formata in cerchio a guisa di corona, e cinsela e girossi intorno ad ella.
Il nome della Vergine, il bel fiore che io sempre invoco mattina e sera, concentrò tutto il mio animo a fissare il fuoco più grande (=la Vergine stessa, dopo l’asce sa di Cristo). E come in ambedue i miei occhi si dipinsela qualità ela quantità della viva stella (=Maria) chelassù vince [tutti i beati] come quaggiù vinse [tutti gli uomini], attraverso il cielo discese una fiamma di luce (=l’arcangelo Gabriele), a forma di cerchio a guisa di corona, la cinse e si girò intorno ad ella.
Traduci in volgare fiorentino:
Qualunque melodia più dolce suona qua giù e più a sé l’anima tira, parrebbe nube che squarciata tona, comparata al sonar di quella lira onde si coronava il bel zaff iro del quale il ciel più chiaro s’inzaffira.
Qualunque melodia, che risuoni più dolce quaggiù (=sulla terra) e attiri l’anima più a sé, parrebbe un tuono che squarcia le nubi, se paragonata al canto di quella lira (=l’arcangelo Gabriele) che incoronava il bel zaffìro (=Maria), del quale il cielo p iù luminoso (=l’empìreo) s’ingemma.
Traduci in volgare fiorentino:
“Io sono amore angelico, che giro l’alta letizia che spira del ventre che fu albergo del nostro disiro; e girerommi, donna del ciel, mentre che seguirai tuo figlio, e farai dia più la spera suprema perché lì entre”.
«Io sono l’an gelo ardente d’amore e cingo l’alta letizia che spira dal ventre che fu dimora del nostro desiderio (=Cri sto); e continuerò a cingerti, o signora del cielo, fino a che seguirai tuo figlio e farai più fulgida la sfera suprema (=l’empìreo) perché tu vi entri.»
Traduci in volgare fiorentino:
Così la circulata melodia si sigillava, e tutti li altri lumi facean sonare il nome di Maria.
C osì la melodia della corona circolare (=l’arcangelo Gabriele) si concludeva e tutti gli altri spiriti splendenti facevano risuonare il nome di Maria.
Traduci in volgare fiorentino:
Lo real manto di tutti i volumi del mondo, che più ferve e più s’avviva ne l’alito di Dio enei costumi, avea sopra di noi l’interna riva tanto distante, che la sua parvenza, là dov’io era, ancor non appariva: però non ebber li occhi miei potenza di seguit ar la coronata fiamma che si levò appresso sua semenza.
Il manto reale (=il nono cielo, quello più esterno) di tutti i cieli del mondo, che più ferve e più si ravviva nell’alito e nelle leggi di Dio, aveva la superficie concava sopra di noi tanto distante, che la sua presenza, là dove io ero, non appariva ancora. Perciò i miei occhi non ebbero la capacità di seguire la fiamma incoronata [di Maria] che si levò dietro a suo figlio.
Traduci in volgare fiorentino:
E come fantolin che ‘nver’ la mamma tende le braccia, poi che ‘l latte prese, per l’animo che ‘nfin di fuor s’infiamma; ciascun di quei candori in sù si stese con la sua cima, sì che l’alto affetto ch’elli avieno a Maria mi fu palese.
E come il bambino che tende le braccia verso la mamma, dopo che ha preso il latte, per [esprimere] l’affetto che prorompe anche di fuori (=nei gesti); ciascuna di quelle luci splendenti si protese verso l’alto con la sua fiamma, così che mi fu manifesto il profondo affetto che essi avevano per Maria.
Traduci in volgare fiorentino:
Indi rimaser lì nel mio cospetto, ‘Regina celi ’ cantando sì dolce, che mai da me non si partì ‘l diletto.
Quindi rimasero lì davanti ai miei occhi, cantando così dolcemente O regina del cielo, che [da allora] il diletto [di quel canto] non si è mai allontanato dal mio animo.
Traduci in volgare fiorentino:
Oh quanta è l’ubertà che si soffolce in quelle arche ricchissime che fuoro a seminar qua giù buone bobo lce! Quivi si vive e gode del tesoro che s’acquistò piangendo ne lo essilio di Babillòn, ove si lasciò l’oro.
Oh quant’è grande e feconda la beatitudine che si raccoglie in quei forzieri ricchi ssimi (= i beati), che furono buoni bifolchi (=contadini) a seminare quaggiù! Qui [in cielo] si vive e si godedi quel tesoro (=i meriti) che nell’esilio di Babilonia (=sulla terra) fu acquistato versando lacrime edisprezzando l’oro.
Traduci in volgare fiorentino:
Quivi triunfa, sotto l’alto Filio di Dio e di Maria, di sua vitto ria, e con l’antico e col novo concilio, colui che tien le chiavi di tal gloria.
Qui sotto Cristo, il sublime Figlio di Dio e di Maria, e coni beati dell’ Antico e del Nuovo testamento, trionfa per la vittoria [sulle tentazioni terrene e sul peccato] colui (=san Pi etro) che tiene le chiavi di tale gloria.
Traduci in volgare fiorentino:
“O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba sì, che la vostra voglia è sempre piena, se per grazia di Dio questi preliba di quel che cade de la vostra mensa, prima che morte tempo li pr escriba, ponete mente a l’affezione immensa e roratelo alquanto: voi bevete sempre del fonte onde vien quel ch’ei pensa”.
«O voi che come compagni siete stati scelti per la grande cena dell’Agnello benedetto, il quale vi ciba così, che il vostro desiderio è sempre appagato, se per grazia di Dio questi (=Dante) pregusta le briciole che ca dono dalla vostra mensa, prima che il tempo gli prescriva la morte, ponete mente all’immenso desiderio [che prova] e irroratelo un po’ [con quella rugiada che estingue la sete]: voi bevete sempre dalla sorgente [della sapienza] da cui proviene quel che egli pensa.»
Traduci in volgare fiorentino:
Così Beatrice; e quelle anime liete si fero spere sopra fissi poli, fiammando, a volte, a guisa di comete.
Così disse Beatrice. Quelle anime lietesi disposero come sfere che giravano sopra un asse fisso, fiammeggiando, a volte, a guisa di comete.
Traduci in volgare fiorentino:
E come cerchi in tempra d’oriuoli si giran sì, che ‘l primo a chi pon mente quieto pare, e l’ultimo che voli; così quelle carole, differe nte- mente danzando, de la suaricchezza mi facieno stimar, veloci e lente.
E, come le ruote nei congegni degli orologi girano tanto velocemente, che a chi osserva la prima appare immobile e l’ultima che voli; così quelle anime, danzando in modo diverso, mi facevano stimare il loro grado di beatitudine, secondo la loro v elocità ela loro lentezza.
Traduci in volgare fiorentino:
Di quella ch’io notai di più carezza vid’io uscire un foco sì felice, che nullo vi lasciò di più chiarezza; e tre fiate intorno di Beatrice si volse con un canto tanto divo, che la mia fantasia nol mi ridice.
Da quella ruota, che io notai di più pregio, io vidi uscire un fuoco (=san Pi etro) così felice, che non ne lasciò alcun altro più splendente. Per tre volte ruotò intorno a Beatrice con un canto tanto divino, che la mia fantasia non è capace di ripetere.
Traduci in volgare fiorentino:
Però salta la penna e non lo scrivo: ché l’imagine nostra a cotai pieghe, non che ‘l parlare, è troppo c olor vivo.
Perciò la mia penna salta [oltre] e non lo descrivo: la nostra immaginazione, nonché le nostre parole, hacolori troppo vivaci per [riprodurre] tali sfumature.
Traduci in volgare fiorentino:
“O santa suora mia che sì ne prieghe divota, per lo tuo ardente affetto da quella bella spera mi d isleghe”.
«O mia santa sorella, che con tanta devozione ci preghi, per il tuo ardente affetto mi spingi a staccarmi da quella bella sfera [di be ati].»
Traduci in volgare fiorentino:
Poscia fermato, il foco benedetto a la mia donna dirizzò lo spiro, che favellò così com’i’ ho detto.
Dopo essersi fermato, il fuoco benedetto indiri zzò la parola alla mia donna, che parlò così come io ho detto.
Traduci in volgare fiorentino:
Ed ella: “O luce etterna del gran viro a cui Nostro Segnor lasciò le chiavi, ch’ei portò giù, di questo gaudio miro, tenta costui di punti lievi e gravi, come ti piace, intorno de la fede, per la qual tu su per lo mare andavi.
Ed ella: «O luce eterna di quel grande uomo acui Nostro Signore lasciò le chiavi, che egli portò sulla terra, di questo gaudio meraviglioso [che è il paradiso], esamina costui, come ti piace, sui punti lievi e gravi che riguardano la fede, per la quale tu camminavi sopra il mare.
Traduci in volgare fiorentino:
S’elli ama bene e bene spera e crede, non t’è occulto, perché ‘l viso hai quivi dov’ogne cosa dipinta si vede; ma perché questo regno ha fatto civi per la verace fede, a gloria rla, di lei parlare è ben ch’a lui arrivi”.
Non ti è nascosto se egli ama bene (=correttamente), spera bene e crede [bene], perché hai gli occhi fissi qui (=in Dio) dove ogni cosa si vede riflessa [come in uno specchio]. Ma, poiché questo regno ha acquistato i suoi cittadini per mezzo della vera fede, è bene che egli abbia l’occasione di parlare di lei, per glorificarla».
Traduci in volgare fiorentino:
Sì come il baccialier s’arma e non parla fin che ‘l maestro la question propone, per approvarla, non per term inarla, così m’armava io d’ogne ragione mentre ch’ella dicea, pere sser presto a tal querente ea tal professione.
Come il baccelliere (=l’assistent e), in attesa che il maestro proponga la questione, siarma e non parla, per raccogliere [nella sua memoria] le prove, non per trarre le conclusioni; così io mi armavo di ogni argomento, mentre ella parlava, per esser pronto [a rispondere] a tale inquirente ea tale professione [di fede].
Traduci in volgare fiorentino:
“Di’, buon Cristiano, fatti manifesto: fede che è?”. Ond’io levai la fronte in quella luce onde spirava qu esto; poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte sembianze femmi perch’io spandessi l’acqua di fuor del mio interno fonte.
«Dimmi, o buon cristiano, fatti manifesto: che cos’è la fede?» Perciò io alzai la fronte verso quella luce da cui spirava questa domanda; poi mi volsi verso Beatrice, ed essa mi fece sùbito cenno di mandare fuori l’acqua dal mio fonte interno (=di rispondere).
Traduci in volgare fiorentino:
“La Grazia che mi dà ch’io mi confessi”, comincia’ io, “da l’alto primipilo, faccia li miei concetti bene espressi”.
«La Grazia divina, che mi permette di fare la mia professione di fede» io cominciai, «davanti al suo primo campione (=sanPietro), faccia che i miei concetti siano bene espressi [dalle par ole].»
Traduci in volgare fiorentino:
E seguitai: “Come ‘l verace st ilo ne scrisse, padre, del tuo caro frate che mise teco Roma nel buon filo, fede è sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi; e questa pare a me sua quid itate”.
E seguitai: «O padre, come ci ha lasciato scritto la penna veritiera del tuo caro fratello (=san Paolo), che insieme con te mise Roma sulla retta via [della salvezza], la fede è la sostanza (=il fondamento) delle cose che speriamo e l’ argomento (=la prova) delle cose che non appaiono [ai nostri sensi]. Questa a me sembra la sua essenza».
Traduci in volgare fiorentino:
Allora udi’ : “Dirittamente senti, se bene intendi perché la ripu ose tra le sustanze, e poi tra li argomenti”.
Allora udii: «Tu senti in modo corretto, se intendi bene perché egli (=san Paolo) la pose prima tra le sostanze e poi tra gli argomenti».
Traduci in volgare fiorentino:
E io appresso: “Le profonde cose che mi largiscon qui la lor parvenza, a li occhi di là giù son sì ascose, che l’esser loro v’è in sola credenza, sopra la qual si fonda l’alta spene; e però di sustanza prende intenza.
Ed io di rimando: «I profondi misteri che qui [in cielo] mi mostrano il loro aspetto, agli occhi di laggiù (=degli uomini) sono così nascosti, che la loro verità è ammessa soltanto per fede, sopra la quale si fonda la speranza [della beatitudine celeste]. Perciò la fede prende il nome di sostanza.
Traduci in volgare fiorentino:
E da questa credenza ci conv ene silogizzar, sanz’avere altra vista: però intenza d’argomento t ene”.
E da questa fede ci conviene sillogizzare (=è necessario che noi procediamo con le deduzioni), senza poter contare su altri occhi [per vedere]. Perciò essa assume il nome di argomento».
Traduci in volgare fiorentino:
Allora udi’ : “Se quantunque s’acquista giù per dottrina, fosse così ‘nteso, non lì avria loco ingegno di s ofista” .
Allora udii: «Se tutto ciò, che giù [tra gli uomini] si acquista attraverso l’insegnamento, fosse compreso bene [come lo hai compreso tu], lì non ci sarebbe spazio per le discussioni inutili dei sofisti».
Traduci in volgare fiorentino:
Così spirò di quello amore acceso; indi soggiunse: “Assai bene è trascorsa d’esta moneta già la lega e ‘l peso; ma dimmi se tu l’hai ne la tua borsa”. Ond’io: “Sì ho, sì lucida e sì tonda, che nel suo conio nulla mi s’inforsa”.
Così parlò quello [spirito] acceso d’amore; poi soggiunse: «Hai passato molto bene [tra le tue mani] la lega e il pesodi questa moneta (=hai esaminato molto benela fede). Ma dimmi se tu ce l’hai nella tua borsa (=la moneta ela fede)». Ed io: «Sì, ce l’ho, così lucida e così rotonda, che non ho alcun dubbio sul suo conio (=sulla sua autenticità)».
Traduci in volgare fiorentino:
Appresso uscì de la luce profonda che lì splendeva: “Questa cara gioia sopra la quale ogne virtù si fonda, onde ti venne?”. E io: “La larga ploia de lo Spirito Santo, ch’è diffusa in su le vecchie e ‘n su le nu ove cuoia, è silogismo che la m’ha conchiusa acutamente sì, che ‘nverso d’ella ogne dimostrazion mi pareo ttusa”.
Dalla luce profonda che lì splendeva uscì questa risposta: «Questa cara gioia (=la gemma preziosa della fede), sopra la quale ogni virtù si fonda, da dove ti venne?». Ed io: «L’ispira zione dello Spirito Santo, che, come pioggia abbondante, è diffusa sulle vecchie e sulle nuove pergamene(= Vecchio e Nuovo testamento), è un sillogismo (=argomento) che me lo ha fatto concludere in modo così stringente che in proposito ogni altra dimostrazione mi pare superflua».
Traduci in volgare fiorentino:
Io udi’ poi: “L’antica ela novella proposizion che così ti conchiude, perché l’hai tu per divina f avella?”.
Io udii poi: «L’Antico e il Nuovo testamento, che ti fanno così concludere, pe rché tu li consideri ispirati da Dio?».
Traduci in volgare fiorentino:
E io: “La prova che ‘l ver mi dischiude, son l’opere seguite, a che natura non scalda ferro mai né batte incude”.
E io: «La prova, che mi dischiude il vero, sono le opere seguìte (=i miracoli), per le quali la natura non scalda mai il ferro né batte l’incudine».
Traduci in volgare fiorentino:
Risposto fummi: “Di’, chi t’assicura che quell’opere fosser? Quel medesmo che vuol provarsi, non altri, il ti giura”.
Mi rispose: «Dimmi, chi ti assicura che quelle opere si ano avvenute? Te lo giura (=dimostra) quello stesso libro (=la Bibbia) che si vuole provare, non altri».
Traduci in volgare fiorentino:
“Se ‘l mondo si rivolse al cristianesmo”, diss’io, “sanza miracoli, quest’uno è tal, che li altri non sono il centesmo: ché tu intrasti povero edigiuno in campo, a seminar la buona pianta che fu già vite e ora è fatta pruno”.
«Se il mondo pagano si rivolse al cristianesimo» dissi, «senza miracoli, quest’unico miracolo è tale, che glialtri non valgono la centesima parte di esso: tu entrasti nel campo povero e senza mezzi, per seminare la buona pianta che un tempo fu vite (=fu ben coltivata) e che ora è divenuta pruno (=è selvat ica).»
Traduci in volgare fiorentino:
Finito questo, l’alta corte santa risonò per le spere un ‘Dio la udamo’ ne la melode che là sù si canta.
Quando finii di parlare, la santa corte cel este si mise a cantare in tutti i gruppi il salmo Ti lo-diamo, oDio con quella dolce melodia che lassù si canta.
Traduci in volgare fiorentino:
E quel baron che sì di ramo in ramo, essaminando, già tratto m’avea, che a l’ultime fronde appressavamo, ricominciò: “La Grazia, che donnea con la tua mente, la bocca t’aperse infino a qui come aprirsi dovea, sì ch’io approvo ciò che fuori emerse; ma or conviene espremer quel che credi, e onde a la credenza tua s’offerse”.
E quel principe che, esaminandomi nella fede [passando] di domanda in domanda, mi aveva ormai tratto al punto in cui ci avvicinavamo alle ultime fronde (=le conclusioni fin ali), ricominciò: «La Grazia divina, che guida con amore la tua mente, ti ha fatto parlare come si doveva pa rl perciò io approvo ciò che hai detto. Ma ora conviene esprimere (=è necessario che tu esprima) quel che tu credi e da dove si offerse alla tua fede».
Traduci in volgare fiorentino:
“O santo padre, e spirito che vedi ciò che credesti sì, che tu vincesti ver’ lo sepulcro più giovani piedi”, comincia’ io, “tu vuo’ ch’io manifesti la forma qui del pronto creder mio, e anche la cagion di lui chiedesti.
«O padre santo e spirito beato, che vedi ciò che credesti così che, [correndo] verso il sepolcro di Cristo, tu vincesti i piedi più giovani [di Giovanni]» cominciai, «tu vuoi che io qui manifesti la forma della mia pronta fede emi hai chiesto anche la causa di essa.
Traduci in volgare fiorentino:
E io rispondo: Io credo in uno Dio solo ed etterno, che tutto ‘l ciel move, non moto, con amore e con disio; ea tal creder non ho io pur prove fisice e metafisice, ma dalmi anche la verità che quinci piove per Moisè, per profeti e per salmi, per l’Ev angelio e per voi che scriveste poi che l’ardente Spirto vi fé almi; e credo in tre persone etterne, e queste credo una essenza sì una e sì trina, che soffera congiunto ‘sono’ ed ‘este’.
Io rispondo: io credo in un Dio unico ed eterno, che con l’amore [che prova verso le creature] e con il desiderio [che suscita in esse verso di Lui] muove tutto il cielo, senza esserne mosso. E di tale fede io non ho soltanto prove fisiche e metafisiche, ma me le dà anchela verità [rivelata], che discende dal cielo attraverso i libri di Mosè, dei profeti e dei salmi, del Vangelo e di voi apostoli, che scriveste dopo che lo Spirito Santo vi nutrì. Credo in tre persone eterne e credo che esse abbiano un’essenza una e trina, che congiunga “io sono” ed “egli è” (=la prima ela terza persona).
Traduci in volgare fiorentino:
De la profonda condizion divina ch’io tocco mo, la mente mi sigilla più volte l’evangelica dottrina.
Di qu esta profonda condizione divina (=che Dio è uno e trino), acui io ora ho accennato, la dottrina, che si trova in più luoghi del Vangelo, m’imprime [la certezza] nella mente.
Traduci in volgare fiorentino:
Quest’è ‘l principio, quest’è la favilla che si dilata in fiamma poi vivace, e come stella in cielo in me scintilla”.
Questa mia fede è il principio, questa è la favilla che poi si dilata in viva fiamma e scintilla in me come una stella in cielo.»
Traduci in volgare fiorentino:
Come ‘l segnor ch’ascolta quel che i piace, da indi abbraccia il servo, gratulando per la novella, tosto ch’el si tace; così, benedicendomi cantando, tre volte cinse me, sì com’io tacqui, l’appostolico lume al cui comando io avea detto: sì nel dir li piacqui! “Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio, tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura.
Come il signore che ascolta quel che gli piace [sentire] e che perciò abbraccia il servo, congratulandosi con lui per la li eta notizia [che gli ha dato], nonappena questi tace; così, benedicendomi e cantando, per tre volte mi girò intorno, come io tacqui, la luce dell’apostolo al cui comando io avevo risposto: a tal punto fu sod-disfatto delle mie parole! «O Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e grande più che [ogni altra] creatura, termine (=scopo) fissato dall’eterno decreto [di Dio], tu sei colei che nobilitasti così la natura umana, che il suo creatore (=il Verbo) non disdegnò di farsi sua creatura.
Traduci in volgare fiorentino:
Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore.
Nel ventre tuo si riaccese l’amore [divino], per il cui calore nell’eterna pace [del cielo] è germogliato qu esto fiore (=la candida rosa).
Traduci in volgare fiorentino:
Qui se’ a noi meridiana face di caritate, e giuso, intra ‘ mortali, se’ di speranza fontana vivace.
Qui sei per noi fiaccola ardente di carità, e giù fra i mortali sei viva fontana di speranza.
Traduci in volgare fiorentino:
Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ea te non ricorre sua disianza vuol volar sanz’ali.
O Signora, sei tanto grande e tanto vali, che colui che vuole grazia e non ricorre a te, vuole che il suo desiderio voli senz’ali (=non sia soddisfatto).
Traduci in volgare fiorentino:
La tua benignità non pur soccorre a chi dom anda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre.
La tua benignità non soccorre soltanto chi domanda, ma molte volte liberamente precede il domandare.
Traduci in volgare fiorentino:
In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quantunque in creatura è di bontate.
In te la misericordia, in te la pietà, in te la magnificenza, in te s’aduna tutto ciò che vi è di buono nelle creature (=uomini e angeli).
Traduci in volgare fiorentino:
Or questi, che da l’infima lacuna de l’universo infin qui ha vedute le vite spiritali aduna aduna, supplica a te, per grazia, di virtute tanto, che possa con li occhi levarsi più alto verso l’ultima salute.
Ora costui, che dall’infima laguna dell’universo (=l’inferno) fin qui ha veduto le vite degli spiriti ad una ad una, ti supplica di ottenergli per grazia tanta virtù, che possa con gli occhi levarsi più in alto verso l’ultima salvezza.
Traduci in volgare fiorentino:
E io, che mai per mio veder non arsi più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi ti porgo, e priego che non sieno scarsi, perché tu ogne nube li disleghi di sua mortalità co’ prieghi tuoi, sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.
Ed io, che mai non arsi di vedere [Dio] più di quanto non faccio perché lo veda lui, ti porgo tutte le mie preghiere – e prego che non siano scarse – , affinché con le tue preghiere lo sleghi da ogni nube (=impedimento) del suo stato mortale, così che il sommo piacere( =Dio) gli si dispieghi (=manifesti).
Traduci in volgare fiorentino:
Ancor ti priego, regina, che puoi ciò che tu vuoli, che conservi sani, dopo tanto veder, li affetti suoi.
Ancora ti prego, o regina, che puoi ciò che vuoi, [ti prego] che conservi sani (=puri) i suoi affetti (=il cuore ela volontà) dopo una visione così grande.
Traduci in volgare fiorentino:
Vinca tua guardia i movimenti umani: vedi Beatrice con quanti beati per li miei prieghi ti chiudon le mani!”.
La tua protezione vinca le passioni umane: vedi che Beatrice e tutti i beati congiungono a te le mani, a ffinché tu esaudisca le mie preghiere!»
Traduci in volgare fiorentino:
Li occhi da Dio diletti e venerati, fissi ne l’orator, ne dimostraro quanto i devoti prieghi le son grati; indi a l’etterno lume s’addrizzaro, nel qual non si dee creder che s’invii per creatura l’occhio tanto chiaro.
Gli occhi da Dio prediletti e venerati, fissi in san Bernardo pregante, ci dimostrarono quanto le son gradite le preghiere devote. Quindi si drizzarono all’et erna luce, nella quale non si deve credere che si avvii [a ltret]tanto chiaramente occhio di creatura mortale.
Traduci in volgare fiorentino:
E io ch’al fine di tutt’i disii appropinquava, sì com’io dovea, l’ardor del desiderio in me finii.
Ed io, che al fine di tutti idesideri mi avvicinavo – così come dovevo – , espressi con tutte le mie forze l’ardore del desiderio.
Traduci in volgare fiorentino:
Bernardo m’accennava, e sorr idea, perch’io guardassi suso; ma io era già per me stesso tal qual ei volea : ché la mia vista, venendo sincera, e più e più intrava per lo raggio de l’alta luce che da sé è vera.
Bernardo mi accennava emi sorrideva, affinché io guardassi in su; ma io ero già da me in quell’atteggia mento, che egli voleva. Ela mia vista, divenendo limpida, penetrava sempre più dentro il raggio di quell’alta luce, che da sé è vera.
Traduci in volgare fiorentino:
Da quinci innanzi il mio veder fu maggio che ‘l parlar mostra, ch’a tal vista cede, e cede la memoria a tanto oltraggio.
Da questo momento in poi ciò che vidi fu più grande di quanto possano dire le nostre parole, che devono cedere a tale vista, e cede [anche] la memoria davanti a tanto eccesso.
Traduci in volgare fiorentino:
Qual è colui che sognando vede, che dopo ‘l sogno la passione impressa rimane, e l’altro a la mente non riede, cotal son io, ché quasi tutta cessa mia visione, e ancor mi distilla nel core il dolce che nacque da essa.
Qual è colui che vede in sogno ciò che, dopo il sogno, lasciaimpressa una [forte] emozione, mentre il resto non ritorna alla memoria; tale sono io, perché la mia visione scompare quasi completamente e [tuttavia] mi distilla ancora nel cuore la dolcezza che nacque da essa.
Traduci in volgare fiorentino:
Così la neve al sol si disigilla; così al vento ne le foglie levi si perdea la sentenza di Sibilla.
Così la neve si scioglie al sole, così al vento nelle foglie leggere si perdeva la sentenza della Sibilla.
Traduci in volgare fiorentino:
O somma luce che tanto ti levi da’ concetti mortali, a la mia mente ripresta un poco di quel che parevi, e fa la lingua mia tanto possente, ch’una favilla sol de la tua gloria possa lasciare a la futura gente; ché, per tornare alquanto a mia memoria e per sonare un poco in questi versi, più si conceperà di tua vittoria.
O somma luce, che tanto ti alzi soprai concetti mortali (=la concezione che gli uomini hanno di te), alla mia memoria riporgi un poco di quel che apparivi e fa’ la mia lingua tanto possente, che una sola favilla della tua gloria io possa lascia re alle gente future, perché, se torna un po’ alla memoria e risuona un po’ in questi versi, più [facilmente] si concepirà la tua superiorità [su tutto].
Traduci in volgare fiorentino:
Io credo, per l’acume ch’io soffersi del vivo raggio, ch’i’ sarei smarrito, se li occhi miei da lui fossero aversi.
Io credo che per l’in tensità del vivo raggio, che io sopportai, sarei rimasto abbagliato, sei miei occhi si fossero distolti daLui.
Traduci in volgare fiorentino:
E’ mi ricorda ch’io fui più ardito per questo a sostener, tanto ch’i’ giunsi l’aspetto mio col valore infinito.
Mi ricordo che per questo motivo io fui più ardito a sostener [quella luce], tanto che io congiunsi il mio sguardo con l’essenza infinita.
Traduci in volgare fiorentino:
Oh abbondante grazia ond’io presunsi ficcar lo viso per la luce e tterna, tanto che la veduta vi consunsi! Nel suo profondo vidi che s’interna legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume, quasi conflati insieme, per tal modo che ciò ch’i’ dico è un semplice lume.
Oh [quanto fu] abbondante la grazia [divina], per la qualeio ebbi l’ardire di fissareil viso dentro l’eterna luce, tanto che vi consumai (=v’impiegai completamente) la vista! Nel suo profondo vidi che sta congiunto in un volume (=in unità assoluta) legato con amore ciò che si squaderna (=dispiega) per l’universo: [vidi] le so stanze egli accidenti ei loro rapporti, quasi fusi insieme, in modo tale che ciò, cheio dico, è un semplice barlume.
Traduci in volgare fiorentino:
La forma universal di questo nodo credo ch’i’ vidi, perché più di largo, dicendo questo, mi sento ch’i’ godo.
La forma universale di questa u-nione sono sicuro che io vidi, perché, dicendo qu esto, sento che provo una beatitudine p iù intensa.
Traduci in volgare fiorentino:
Un punto solo m’è maggior letargo che venticinque secoli a la ‘mpresa, che fé Nettuno ammirar l’ombra d’Argo.
Un istante solo mi causò un oblìo più grande [dell’o blìo] che venticinque secoli [causarono] all’impresa [degli argonauti], la quale fece che Nettuno guardasse con stupore l’ombra della nave Argo.
Traduci in volgare fiorentino:
Così la mente mia, tutta sospesa, mirava fissa, immobile e attenta, e sempre di mirar faceasi accesa.
Così la mia mente, tutta presa dalla meraviglia, guardava fissa, immobile, attenta, e si faceva sempre [più] accesa [del desiderio] di guardare [in Dio].
Traduci in volgare fiorentino:
A quella luce cotal si diventa, che volgersi da lei per altro aspetto è impossibil che mai si consenta; però che ‘l ben, ch’è del volere obietto, tutto s’accoglie in lei, e fuor di quella è defettivo ciò ch’è lì perfetto.
A [guardar] quella luce si diventa tali, che volgersi da lei, per [guardar] altra cosa è impossibile che mai si acconsenta, perch é il bene, che è oggetto del volere, si raccoglie tutto in lei e fuori di essa è imperfetto ciò che lì è perfetto.
Traduci in volgare fiorentino:
Omai sarà più corta mia favella, pur a quel ch’io ricordo, che d’un fante che bagni ancor la lingua a la mammella.
Ormai la mia parola, anche soltanto a[dire] quel che io ricordo, sarà più insufficiente [della parola] di un bambino, che bagni ancor la lingua alla mammella.
Traduci in volgare fiorentino:
Non perché più ch’un semplice sembiante fosse nel vivo lume ch’io mirava, che tal è sempre qual s’era davante; ma per la vista che s’avvalorava in me guardando, una sola parvenza, mutan dom’io, a me si travagli ava.
Non pe rché più che un semplice aspetto ci fosse nella viva luce che io guardavo – Egli è sempre tale qual era prima (=è immutabile) –; ma perché la mia vista diventava in me più forte, mentre guardavo, una sola apparenza passava davanti ai miei occhi [in molteplici visioni], mutando io (=via via che si modificava la mia cap acità visiva).
Traduci in volgare fiorentino:
Ne la profonda e chiara sussistenza de l’alto lume parvermi tre giri di tre colori e d’una contenenza; e l’un da l’altro come iri da iri parea reflesso, e ‘l terzo parea foco che quinci e quindi igualmente si spiri.
Nella profonda e chiara sussistenza dell’alta luce mi apparvero tre giri di tre colori e della stessa grandezza; e l’uno (=il Padre) dall’al tro (=il Figlio) come iride (=arcobaleno) da iride appariva riflesso, e il terzo (=Spirito Santo) appariva fuoco, che spirasse ugualmente da questo e da quello.
Traduci in volgare fiorentino:
Oh quanto è corto il dire e come fioco al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi, è tanto, che non basta a dicer ‘poco’.
Oh, quant'è insufficiente la parola e come essa è inadeguata al mio concetto (=all’immagine che ne ho nella memo ria)! E questo è tanto [inadeguato] a quel che io vidi, che non basta dire che lo è poco!
Traduci in volgare fiorentino:
O luce etterna che sola in te sidi, sola t’intendi, e da te inte lletta e intendente te ami e arridi! Quella circulazion che sì concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto ci rcunspetta, dentro da sé, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.
O luce eterna, che sola in te sussisti, sola t’intendi [perfettamente] e da te intelletta [quale Figlio] e intendente [quale Padre] ami e sorridi a te [quale Spi rito Santo]! Quel cerchio, che in te appariva concepito come luce riflessa (=il Figlio), guardato per un po’ dai miei occhi, dentro di sé, del suo stesso colore, mi apparve dipinto con la nostra effigie, pe rciò la mia vista si fissò tutta in lui.
Traduci in volgare fiorentino:
Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige per misurar lo cerchio, e non ritrova, pensando, quel principio ond’elli indi ge, tal era io a quella vista nova: veder voleva come si convenne l’imago al cerchio e come vi s’indova; ma non eran da ciò le proprie penne: se non che la mia mente fu percossa da un fulgore in che sua voglia venne.
Qual è il geometra, che tutto si applica per m isurar il cerchio e che, per quanto pensi, non ritrova quel principio di cui ha bisogno, tale ero io davanti a quella visione straordinaria: volevo vedere come l’immagine [umana] si congiunge al cerchio [divino] e come si colloca inesso. Ma non erano capaci di ciò le nostre piume (=capacità): se non che la mia mente fu percossa da un fulgore (=una luce abbagliante), nel quale si co mpì il suo desiderio.
Traduci in volgare fiorentino:
A l’alta fantasia qui ma ncò possa; ma già volgeva il mio disio e ‘l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e l’altre stelle.
All’alta fantasia qui mancarono le forze; ma già volgeva [a sé] il mio desiderio e il mio volere, così come una ruota che è mossa ugualmente [nelle sue parti], l’amore che muove il sole e le altre stelle.