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Il segno grafico dolce e voluttuoso, in Pratt il veneziano come in Manara il veronese, è sinonimo di vita, di bellezza della vita, pur essendo opposti per tutto il resto. Ma questa comunanza spirituale del segno è tanto più importante per i due straordinari romanzi a fumetti realizzati dalla coppia e qui riuniti per la prima volta,
Tutto ricominciò con un’estate indiana
(del 1986) ambientato nel Nordamerica del seicento non lontano da Salem, ed
El Gaucho
(del 1995), ambientato a inizio ottocento con la presa di Buenos Aires da parte degli inglesi, che tentano di rifarsi della perdita delle colonie americane. Sono due storie di morte. La morte è addirittura fondativa. Lo è in
El Gaucho
, notevole narrazione di come la macchina militare, sempre spietata in Pratt, sia sinonimo di un colonialismo che falcidia tutti o quasi. Ma lo è soprattutto in
Tutto ricominciò con un’estate indiana
, che si apre con una lunga e celebre sequenza senza testo: lo stupro di una ragazza bianca da parte di due giovani nativi tra le dune, a cui segue la morte brutale dei due ragazzi. La sensualità materica del segno di Manara rovescia il represso di un mondo puritano fino alla spietatezza e unisce insieme vita e morte. Ed esprime la dimensione da fiaba sognante, da leggenda fuori dal tempo: quella di un nuovo Eden, con lo sguardo dei primi pellegrini su quelle terre vergini. Con Pratt e Manara l’arte restituisce sempre il senso del bello.
Francesco Boille
Questo articolo è uscito sul
numero 1480
di Internazionale, a pagina 90.
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| Segni vitali in storie di morte | Continuano i misteriosi problemi di salute di chi lavora nelle ambasciate a Cuba |
Vietato **fumare all 'aperto **nel raggio di **5 metri** dalle altre persone a meno di esplicito consenso, e comunque mai in presenza di **donne incinte o bambini**. È la delibera approvata, il 15 aprile, dal **consiglio comunale di Torino** - proposta dal consigliere comunale dei Radicali **Silvio Viale** - che modifica il "regolamento di polizia urbana" introducendo un **divieto di fumo all 'aperto**.
Il comune ha definito il divieto una " **distanza di cortesia** per i fumatori". Oltre ai luoghi chiusi, non si potrà fumare anche in **coda** , alle **fermate dei bus** , alle **manifestazioni all 'aperto**, nei **parchi** e nei **dehors**. Il provvedimento riguarda le **sigarette** , il **sigaro** , la **pipa** , il **tabacco riscaldato** , ogni **prodotto a combustione** e le **sigarette elettroniche**.
"Può essere considerata una misura sanitaria ma è soprattutto una questione culturale di **rispetto** dei non fumatori e di **buona educazione** ", commenta sui social Viale. Una misura che, secondo il consigliere comunale, "contribuirà alla riduzione dell'impatto del fumo che rimane la principale causa di patologie mediche e oncologiche e favorirà un consumo più consapevole". "È una norma di **buon senso** e rispetto degli altri. Si tratta di rispettare coloro che non fumano ed è un modo anche per promuovere un cultura del rispetto reciproco", ha detto il sindaco di Torino **Stefano Lo Russo**.
Torino è la **seconda** grande città italiana a introdurre una misura simile. La prima, nel 2021, era stata **Milano** che aveva imposto il [divieto di fumare](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/18/da-domani-a-milano-non-si-potra-piu-fumare-nei-parchi-alla-fermata-dei-mezzi-e-allo-stadio/6069647/>) in alcuni luoghi all'aperto, imponendo un raggio di distanza di **10 metri** dalle altre persone nei parchi, alle fermate dei bus, nelle aree gioco per bambini, in quelle per cani, nei cimiteri e negli impianti sportivi come gli stadi.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
| Torino, scatta il divieto di fumo all'aperto a meno di 5 metri dalle altre persone. Lo Russo: "Norma di buon senso e rispetto degli altri" | Il primo video della caduta dell'autobus a Mestre |
E' un'isoletta nel mezzo del Danubio. Prima della guerra del 1991 erano in molti a recarvisi durante l'estate. Poi il nuovo confine tra Serbia e Croazia l'ha resa inaccessibile. Ma grazie ad un'intesa tra i sindaci di Vukovar e Bac in molti sono ritornati sulle sue spiagge
07/08/2006 -
Drago Hedl
Osjek
I cittadini di Vukovar, città che nella guerra tra Serbia e Croazia del 1991 ha pagato pesanti conseguenze e nella quale sono stati perpetrati tra i peggiori crimini di guerra sui territori della ex Jugoslavia, dopo 15 anni possono nuovamente usare il loro prediletto sito balneare sulle rive del Danubio, sull'isolotto di sabbia chiamato "Vukovarska ada".
Nei registri catastali quest'isola ricadeva, durante il tempo della ex Jugoslavia, sotto il comune di Vukovar. Dopo la guerra però la "Commissione Badinterova" sancì che a seguito della dissoluzione della Jugoslavia i confini dei nuovi Stati dovessero essere identici a quelli delle repubbliche interne alla Jugoslavia. Il confine tra Serbia e Croazia passava quindi nel mezzo del Danubio.
Ada, il preferito luogo balneare dei cittadini di Vukovar, è dunque ricaduta temporaneamente su territorio serbo sino a quando la Commissione intrastatale per i confini non avesse risolto il problema. Per i cittadini di Vukovar questo ha significato che per andare là a fare il bagno dovevano, passaporto in mano, passare prima confine croato e poi quello serbo, proprio come fa un qualsiasi straniero quando decide di andare all'estero.
Dal 31 luglio scorso però per andare a fare il bagno sull'isoletta ai cittadini delle due sponde serve solo il canotto. Il sindaco di Vukovar, Tomislav Sota, e il suo collega della riva serba del Danubio, presidente della municipalità di Bac, Tomislav Bogunovic, a seguito di trattative durate diversi mesi hanno raggiunto un accordo per il quale fino al 15 settembre si permette ai cittadini di Vukovar di raggiungere quello che prima della guerra era il prediletto luogo di balneazione, senza bisogno di alcuna formalità. "Ho portato qui i miei nipoti perché vedessero dove in passato avevano fatto il bagno i loro genitori e i loro nonni" racconta in maniera coincitata una cittadina di Vukovar, senza nascondere le lacrime. "E' la prima volta dopo 15 anni che vedo Vukovar dal Danubio", dice una donna che fin dalle prime ore ha sfruttato la nuova possibilità di poter andare sulla spiaggia della sua infanzia senza passaporto e formalità di confine.
E non era l'unica. Circa una decina di canotti hanno portato un centinaio di persone, quasi tutte in costume da bagno, dalla riva destra del Danubio sino all'isola. Tutti desiderosi di nuotare nelle acque del fiume e di prendere il sole sdraiati sulla spiaggia sabbiosa dell'isola fluviale.
Per rendere il tutto ancora più allegro ci si son messi anche i "tamburasi" - sia di Vukovar sia di Bac - che dopo tanto tempo hanno fatto riecheggiare sull'isola il suono della musica. Mentre alcuni cuochi di Vukovar hanno cucinato il tradizionale "cobanac" (ndt: piatto tipico della Slavonia, fatto con peperoni piccanti, papate e carne di manzo) e la "Riblja paprikas" (ndt: zuppa di pesce) tutti cibi che si preparano sul fuoco vivo all'aperto in pentolini di rame, mentre da Bac sono arrivati i dolci.
I due sindaci omonimi, Tomislav Sota di Vukovar e Tomislav Bogunovic di Bac, erano felici che le loro lunghe trattative avessero infine prodotto degli effetti positivi.
"Con questo accordo che permette ai cittadini di Vukovar di bagnarsi sulle spiagge sulle quali venivano sempre prima della guerra, abbiamo offerto uno stimolo alla Commissione interstatale sui confini affinché risolva quanto prima la questione. Abbiamo dato un esempio di come si può costruire un buon rapporto di vicinato e raggiungere una veloce normalizzazione dei rapporti tra Croazie e Serbia" ha dichiarato il sindaco di Vukovar, Tomislav Sota.
Croazia e Serbia hanno lungo il Danubio diversi punti di confine oggetto di contesa e l'isola "Vukovarska Ada" è solo una di essi. Sono 260 i chilometri di frontiera. Sulla Riva sinistra del Danubio, che adesso ricade sotto la Serbia, i croati possiedono circa 10.000 ettari di terreni, mentre sulla riva destra, riva croata del fiume, i serbi sono proprietari di circa 3.000 ettari di terreno.
Per contribuire a risolvere il problema il governo olandese assieme alle amministrazioni delle città di Vukovar e Bac ha avviato un progetto di collegamento delle due sponde che permetterebbe ai cittadini croati e serbi ma anche ai loro macchinari agricoli, di attraversare il Danubio e quindi i confini. La linea di navigazione fluviale, la cui costruzione è interamente finanziata dall'Olanda, è quasi conclusa e le autorità locali sulle due rive del fiume hanno collaborato in maniera stretta affinché si realizzasse il prima possibile.
Ed è proprio mentre si accordavano affinché si realizzasse una linea di traghetti che i due sindaci hanno capito che potevano anche da soli fare qualcosa per i propri cittadini. Per cui si sono trovati d'accordo a non attendere che i due Stati risolvessero le questioni di frontiera in sospeso e a concedere subito l'ingresso alle spiagge dell'isola. Questo accordo non implica la fine dei problemi ma incide sul piano della costruzione di buoni rapporti di vicinato e la ricostruzione della reciproca fiducia.
"Per noi è importante avere buoni rapporti con i nostri vicini più prossimi" ha dichiarato il sindaco di Bac, Tomislav Bogunovic. "Mettendo insieme le forze ripuliremo l'isola in modo che i bagnanti di entrambe le rive ne possano trarre il maggior piacere. Vorremmo che diventasse un'oasi ecologica e speriamo che la città di Vukovar non costruisca nulla sull'isola Ada. Facciamo in modo che quest'isola serva al benessere di tutti e lasciamo che i cittadini e le organizzazioni non governative ne progettino il miglior utilizzo".
Hrvoje Sabo, nato a Vukovar e tra i primi a venire su Ada dove, dice, è più bello che sul mare Adriatico, ha già pensato a come organizzarsi: "Farò il bagno e prenderò il sole su questa splendida e sottile sabbia di fiume e mi divertirò. Mi porterò anche l'attrezzatura per la pesca, perché oltre a venire a fare il bagno amavo venire a pescare. Sono contento che i due sindaci si siano messi d'accordo e che con questo abbiano alleggerito la vita a noi cittadini. Li rigrazio molto di questo. Chi non è mai stato qui, su quest'isola di fiume, non può sapere quanto essa sia importante per noi di Vukovar".
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| Bagni di fiume, bagni di riconciliazione | Gli Stati Uniti e il "Taxmageddon" |
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>> I titoli di apertura sui giornali di oggi riguardano principalmente l’incontro di ieri a Ginevra fra i presidenti della Russia Vladimir Putin e degli Stati Uniti Joe Biden, e le notizie sul coronavirus, con le discussioni sulla "vaccinazione eterologa"decisa dal governo per chi ha meno di sessanta anni e sulla possibilità di prorogare lo stato di emergenza oltre la scadenza attuale di fine luglio. Il Giornale e Avvenire aprono invece sui dati del rapporto dell'ISTAT sulla povertà, mentre i giornali sportivi festeggiano la seconda vittoria agli Europei di calcio dell'Italia, che ha battuto 3-0 la Svizzera.
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>> [ ](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/1_la_stampa-364/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/1_la_stampa-364/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/2_corriere_della_sera-365/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/3_la_repubblica-363/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/4_il_sole_24_ore-364/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/5_il_messaggero-362/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/nazionale-1-giorn-interni-pag-prima-17-06-21/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/7_manifesto-304/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/8_avvenire-304/>) [](<https://www.ilpost.it/2021/06/17/le-prime-pagine-di-oggi-2872/9_il_fatto_quotidiano-362/>) 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*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Le prime pagine di giovedì 17 giugno 2021 | Il numero tre del Pentagono svela la strategia USA in Ucraina |
Dopo due giorni di ricerche, nessuno degli almeno 100 minatori rimasti dispersi nella grave frana che [c’è stata](<https://www.ilpost.it/wp-admin/post-new.php>) sabato in una miniera di giada del Myanmar è stato trovato vivo. La frana è avvenuta a Hpakant, nel nord del paese, mentre i minatori stavano dormendo. [Secondo](<http://issuu.com/zawzaw5/docs/23_nov_15_gnlm>) il _Global New Light of Myanmar_ , un importante quotidiano locale, quando le ricerche sono state sospese nella notte di domenica, i soccorritori avevano recuperato 104 corpi.
[ ](<https://www.ilpost.it/2015/11/23/morti-dispersi-frana-miniera-giada-myanmar/myanmar-landslide/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2015/11/23/morti-dispersi-frana-miniera-giada-myanmar/myanmar-landslide/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/11/23/morti-dispersi-frana-miniera-giada-myanmar/myanmar-landslide-2/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/11/23/morti-dispersi-frana-miniera-giada-myanmar/myanmar-landslide-3/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/11/23/morti-dispersi-frana-miniera-giada-myanmar/myanmar-landslide-4/>)
Non è ancora chiaro che cosa abbia causato la frana: un cumulo di detriti degli scavi ha improvvisamente ceduto sommergendo una serie di baracche in cui dormivano i minatori. Non si conosce con precisione nemmeno il numero esatto dei lavoratori della miniera di Hpakant, ma si pensa fossero soprattutto cercatori, che vivono accanto alla zona degli scavi arrampicandosi ogni giorno sulle montagne di scarti della lavorazione della giada alla ricerca di frammenti. I funzionari della regione hanno parlato di circa 100 persone ancora disperse, dicendo anche che il bilancio delle vittime potrebbe aumentare. Il capo del dipartimento di Hpakant ha aggiunto: «Noi non sappiamo quante persone esattamente sono rimaste sepolte poiché non abbiamo dati sulle persone che vivono lì. Era una baraccopoli con questi lavoratori che vivevano in tende di fortuna».
Nel nord del Myanmar viene estratta un tipo di giada molto pregiata, le cui miniere danno lavoro a molte persone spesso sottopagate e costrette a lunghi turni di lavoro. Secondo _Reuters_ il business della giada in generale «è molto opaco: si ritiene che buona parte della giada scavata a Hpakant finisca per essere contrabbandata in Cina, dove la pietra ha un valore molto alto». All’inizio del 2015 un’altra frana a Hpakant aveva [causato 10 morti](<http://www.aljazeera.com/news/2015/11/deaths-reported-myanmar-jade-collapse-151122032719542.html>).
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Più di 100 persone sono morte nella miniera franata in Myanmar | L'ex calciatore croato Zvonimir Boban torna al Milan come dirigente |
>>
>> Giovedì 24 febbraio, il giorno in cui la Russia ha invaso l'Ucraina, a Milano era iniziata da due giorni la Settimana della moda, cioè un insieme di eventi e sfilate organizzate dalle case di moda più famose per promozione e vendita. Le aziende hanno dovuto gestire innanzitutto la comunicazione perché la frivolezza delle passerelle poteva sembrare imbarazzante in un contesto di guerra. Si tratta di eventi generalmente molto mondani e festosi, e la Settimana della moda di febbraio 2022 avrebbe dovuto esserlo particolarmente perché era la prima in presenza dopo due anni di pandemia.
>>
>> I dirigenti delle aziende di gran parte dell'industria della moda e del lusso invece hanno dovuto scegliere come comportarsi; nel giro di poche settimane, poi, sono cominciate le notevoli preoccupazioni su come e quanto le sanzioni che l'Occidente stava imponendo alla Russia avrebbero potuto influire sull'economia del settore. Ormai da mesi, le sanzioni stanno avendo effetti notevoli, ma in Russia il mercato del lusso sta tentando di aggirare i divieti di esportazione imposti dall'Occidente, riuscendo a ottenere discreti risultati soprattutto grazie alla disponibilità e alla complicità di paesi terzi, come la Cina e la Turchia, che si prestano a fare da intermediari per aggirare i divieti occidentali.
>>
>> Le sanzioni europee proibiscono di vendere, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, beni di lusso che superano i 300 euro di valore a qualunque persona fisica, legale o entità presente in Russia e per uso in Russia. Per la maggior parte dei marchi di moda di alto livello 300 euro sono una cifra che consente di comprare solo piccoli oggetti.
>>
>> A questo si sono aggiunte le chiusure volontarie dei punti vendita presenti in Russia da parte dei principali marchi di moda.
>>
>> All'inizio di marzo Hermès [era stata la prima azienda del lusso](<https://www.linkedin.com/posts/hermes-group_deeply-concerned-by-the-situation-in-europe-activity-6905436687229419520-Jo9s/?src=aff-lilpar&veh=aff_src.aff-lilpar_c.partners_pkw.10078_plc.Skimbit%20Ltd._pcrid.vanityfair.it_learning&trk=aff_src.aff-lilpar_c.partners_pkw.10078_plc.Skimbit%20Ltd._pcrid.vanityfair.it_learning&clickid=QhwTWnR8XxyIWQeSVkyWdSktUkGWYbTpF2dx1E0&mcid=6851962469594763264&irgwc=1>) ad annunciare la chiusura temporanea di tutti i suoi negozi in Russia e la sospensione delle attività commerciali nel paese, seguita da LVMH – il più grande conglomerato del lusso, che controlla tra gli altri Louis Vuitton, Christian Dior, Fendi e Givenchy – che ha chiuso tutti i suoi 120 negozi in Russia. Anche Chanel, Kering – l’altro grande gruppo del lusso francese che controlla Gucci, Balenciaga e Saint Laurent – e il gruppo svizzero Richemont – che possiede Cartier e Montblanc – hanno fatto lo stesso.
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>> Hanno seguito quasi tutti i grandi marchi: Prada, Moncler, Burberry, Nike, Adidas, fino alle catene di fast fashion (la moda più economica) come H&M, Inditex (il gruppo di Zara), che ha chiuso i suoi 502 negozi in Russia e 79 in Ucraina, e Mango che ha 120 punti vendita in Russia. Con un po' di ritardo rispetto agli altri e dopo molte critiche, ha chiuso i suoi 50 negozi anche la giapponese Uniqlo: il suo direttore esecutivo Tadashi Yanai aveva inizialmente dichiarato che «vestirsi è una necessità vitale e i russi hanno lo stesso diritto di vivere che abbiamo noi», ma poi si è ricreduto. Anche molti grossi rivenditori di abbigliamento online, come Farfetch, Mytheresa e Yoox Net-a-Porter, hanno smesso di vendere in Russia.
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>> Alcuni marchi di lusso hanno smesso di vendere ai russi anche in paesi dove i russi possono continuare a viaggiare e fare acquisti. È stato il caso di Chanel, la cui boutique di Dubai si è rifiutata di vendere i suoi prodotti all'interior designer russa Lisa Litvin, che non poteva dimostrare che non li avrebbe usati in Russia. La vicenda ha provocato una serie di reazioni di sdegno da parte di note influencer russe, che hanno iniziato a pubblicare post in cui distruggono borse di Chanel in segno di protesta.
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>> **– Leggi anche:** [La “politicizzazione” degli influencer russi](<https://www.ilpost.it/2022/04/12/influencer-russi-cosa-fanno/>)
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>> È una situazione che non piace molto ai russi, che di fatto si ritrovano esclusi da una parte enorme di mercato. Per questo, già a marzo la Russia aveva [legalizzato le importazioni parallele](<https://www.pambianconews.com/2022/03/22/la-russia-risponde-alle-sanzioni-dando-ok-al-parallelo-342229/>), permettendo così ai rivenditori e proprietari di negozi (online o fisici) di importare dall'estero prodotti di marchi terzi senza l’approvazione dei marchi in questione.
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>> Le importazioni parallele sono di solito illegali perché avvengono senza l'approvazione di chi detiene la proprietà intellettuale di un determinato bene, e abitualmente si servono di un intermediario. Nel caso della Russia, significa che un importatore russo prende accordi con un paese che non partecipa alle sanzioni occidentali, come per esempio la Turchia o la Cina (ma i paesi sono numerosi, le importazioni parallele per esempio vanno forte anche negli Emirati Arabi Uniti o in Kazakistan). L'importatore turco o cinese acquista beni di lusso dall'Occidente e poi li invia, senza il permesso del marchio, in Russia.
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>> Trattandosi di un fenomeno tutto sommato clandestino, è impossibile avere una misura precisa di quanto incidano sul settore le importazioni parallele verso la Russia, ma alcuni dati generali mostrano che il fenomeno sembra in crescita. Per esempio questa primavera le esportazioni complessive dalla Turchia verso la Russia [sono aumentate quasi del 50 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021](<https://www.ft.com/content/caee1ae3-41c5-4c85-8d66-a8d3eea3112d>).
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>> Un altro fenomeno che riguarda l'aggiramento delle sanzioni tramite intermediari è l'emergere anche in Russia della figura del _daigou._ Si tratta di un professionista dello shopping, già molto diffuso in Cina e in Asia: il _daigou_ compra per conto terzi una gran quantità di merci di lusso in Unione europea per poi rivenderla nel mercato asiatico a prezzi molto concorrenziali. Normalmente, in questi mercati i prezzi sono più alti anche per via delle barriere doganali, se il rivenditore acquista tramite canali legali. Dei _daigou_ ha parlato diffusamente un’inchiesta di _Panorama_ [citata dal sito di settore Pambianco](<https://www.pambianconews.com/2022/06/16/russia-spunta-il-fenomeno-dei-daigou-la-moda-si-fa-largo-tra-le-sanzioni-349294/>).
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>> Negli ultimi tempi ai _daigou_ cinesi si stanno affiancando alcune figure provenienti dalla Russia. È piuttosto plausibile che, se gli acquisti in Russia sono vietati, si arrivi sempre più a soluzioni alternative per aggirare le condizioni attuali del mercato.
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>> Questa situazione sta colpendo il settore della moda. Prendiamo quello italiano: secondo [le dichiarazioni](<https://www.adnkronos.com/ucraina-confindustria-moda-mercati-russo-e-ucraino-fermi-ma-industria-italiana-puo-reggere-colpo_6S8eRCuqDU3X7k4k7hdVWM>) di Cirillo Marcolin, ex presidente di Confindustria Moda, la Russia vale il 2,2 per cento delle esportazioni del settore, una quota tutto sommato piuttosto contenuta.
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>> All'interno del settore italiano della moda c'è però un comparto molto esposto, ossia quello calzaturiero. [Secondo Assocalzaturifici](<https://www.assocalzaturifici.it/wp-content/uploads/2022/10/Russia_Primi-6-mesi-2022-e-Anno-2021.pdf>), la Russia rappresenta uno dei mercati di riferimento con oltre 3 milioni e mezzo di paia di scarpe acquistate, per un fatturato di circa 250 milioni di euro l'anno. Nei primi sei mesi del 2022 è già stato perso oltre il 40 per cento del fatturato su questo mercato rispetto all'anno scorso.
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>> Con l'eccezione del calzaturiero però le esportazioni in Russia non erano così rilevanti per il settore. Ma a questo dato si deve sommare il mancato shopping turistico di chi, dalla Russia, si recava nel quadrilatero milanese o nelle maggiori città per poter acquistare in loco i prodotti delle proprie _maison_ preferite (spendendo complessivamente, secondo la Camera della Moda Italiana, tra i 250 e i 300 milioni di euro l'anno).
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>> **– Leggi anche:** [La Turchia sta vendendo la cittadinanza a molti russi](<https://www.ilpost.it/2022/08/13/turchia-cittadinanza-russi-vendita/>)
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*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Come la Russia cerca di aggirare le sanzioni su moda e lusso | Gli occhiali mentali di Gipi |
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>> [È morto](<https://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2024/02/26/news/ernesto_assante_un_maestro_nato_per_correre-422210053/>) a Roma dopo un ictus Ernesto Assante, uno dei giornalisti musicali italiani più esperti e stimati: aveva compiuto 66 anni due settimane fa. Assante lavorava da 45 anni al quotidiano _Repubblica_ , dove si era sempre interessato e aveva scritto non solo di musica, promuovendo in particolare i precoci progetti del giornale per le innovazioni digitali negli anni Novanta e seguendo con esperienza i cambiamenti nell'informazione online fino a oggi. La sua competenza lo aveva portato a lavorare a lungo in radio e come autore televisivo, a scrivere libri e ospitare eventi teatrali e pubblici, e a molte collaborazioni con il suo collega di _Repubblica_ Gino Castaldo. Di recente era [intervenuto](<https://www.ilpost.it/charlie/siamo-noi-i-giornalisti/>) con un articolo nel dibattito sulle responsabilità dei giornalisti nel raccontare correttamente i cambiamenti digitali. Su _Repubblica_ lo ha [ricordato](<https://www.repubblica.it/tecnologia/blog/stazione-futuro/2024/02/26/news/e_morto_ernesto_assante_era_pieno_di_vita-422209415/>) lunedì sera Riccardo Luna, con cui lavorava ad alcuni dei progetti digitali del giornale.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| È morto Ernesto Assante, giornalista di Repubblica | In Israele c'è il timore di una nuova serie di attacchi terroristici |
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> C'è un'ipotesi sul misterioso malessere provato da più di trenta diplomatici americani e loro familiari a Cuba e in Cina [tra la fine del 2016](<https://www.ilpost.it/2017/09/15/mistero-attacchi-sonori-contro-diplomatici-americani-cuba/>) e [lo scorso giugno](<https://www.ilpost.it/2018/06/07/attacchi-acustici-cina-diplomatici-statunitensi/>): non sarebbero stati attacchi sonori a far stare male i diplomatici, ma microonde, le radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda minore di quella delle onde radio e maggiore di quella degli infrarossi. La ragione per cui le persone colpite dal malessere avrebbero riferito di aver sentito degli strani suoni – forti stridii – prima di stare male sarebbe, secondo questa teoria proposta da uno studio del Center for Brain Injury and Repair dell'Università della Pennsylvania, il cosiddetto "effetto Frey". Le microonde, colpendo il cervello nella zona dei lobi temporali, cioè un po' sopra rispetto alle orecchie e sotto le tempie, possono creare false sensazioni uditive, non si sa bene perché. Da anni le agenzie di intelligence di vari paesi conoscono questo effetto ed è possibile che siano state sviluppate delle armi per sfruttarlo.
>
> **La storia del malessere dei diplomatici, dall 'inizio e in breve**
> Nell’estate del 2017 il Dipartimento di Stato americano annunciò l’espulsione di due diplomatici cubani in risposta ad alcuni “incidenti” presso l’ambasciata statunitense all'Avana, avvenuti alla fine del 2016. Gli “incidenti” avevano provocato dei sintomi al personale diplomatico statunitense, costringendolo a tornare in patria. Le persone coinvolte avevano segnalato di avere sviluppato un forte senso di nausea, mal di testa e vertigini dopo avere sentito strani rumori e vibrazioni nelle loro abitazioni e stanze d’albergo. I suoni riferiti dai diplomatici erano acuti e ripetitivi, [simili a quelli prodotti da insetti come i grilli](<https://www.ilpost.it/2017/10/13/suono-cui-sarebbero-stati-attaccati-diplomatici-americani-cuba/>).
>
> Temendo un attacco con una misteriosa arma sonora, l’FBI aveva avviato alcune indagini ma senza concludere molto. Si era tornati a parlare della faccenda a giugno, dopo che alcuni dipendenti delle sedi diplomatiche statunitensi in Cina furono rimpatriati per avere sintomi simili, ma tuttora non ci sono certezze su ciò che ha causato il malessere.
>
> A marzo, sulla rivista scientifica _Journal of the American Medical Association_ , fu pubblicato uno [studio dell’Università della Pennsylvania](<https://www.ilpost.it/2018/02/18/attacchi-sonori-cuba/>) realizzato analizzando 21 delle persone colpite da malessere. Non stabiliva con certezza cosa fosse successo, ma osservava che molti dei sintomi dei pazienti si verificano di solito dopo un trauma alla testa e ipotizzava che la loro causa potesse essere una nuova patologia ancora sconosciuta, sviluppata condividendo le stesse condizioni ambientali all’Avana, oppure una fonte di ultrasuoni o microonde. Secondo quattro lettere di altri medici inviati negli scorsi mesi al _Journal of the American Medical Association_ non si doveva escludere con troppa certezza la possibilità di un'autosuggestione dei pazienti.
>
> **L 'ipotesi microonde**
> Douglas Smith, direttore del centro specializzato in traumi cerebrali dell'Università della Pennsylvania e primo autore dello studio pubblicato a marzo, [ha spiegato al _New York Times_](<https://www.nytimes.com/2018/09/01/science/sonic-attack-cuba-microwave.html?action=click&module=Top%20Stories&pgtype=Homepage>) che ora c'è molto meno scetticismo sull'ipotesi secondo cui sarebbero state microonde a causare il malessere dei diplomatici, e sul fatto che abbiano subito dei reali danni cerebrali. Il Dipartimento di Stato ha detto che l'indagine in merito non ha ancora identificato la causa del malessere e l'FBI non ha voluto dare informazioni al quotidiano sullo stato delle indagini.
>
> L'ipotesi sulle microonde si basa su un effetto scoperto dal biologo americano Allan Frey. Negli anni Sessanta Frey lavorava per un centro della General Electric alla Cornell University. Un uomo che lavorava in uno stabilimento dell'azienda andò da lui per confidargli che udiva un rumore secondo lui provocato da segnali radar (le onde dei sistemi radar sono onde radio o microonde). Frey visitò lo stabilimento e scoprì che anche lui sentiva lo stesso suono, accertando che la fonte erano le microonde. Si mise perciò a indagare sull'effetto e nel 1961 pubblicò un articolo su questi falsi suoni, che non vengono sentiti dalle orecchie e per questo sono percepiti anche da persone sorde. Nel 1962 pubblicò un secondo articolo che localizzava il fenomeno uditivo nel lobo temporale della corteccia cerebrale, dopo il quale altri scienziati si misero a studiare la cosa.
>
> A sostegno dell'ipotesi secondo cui i diplomatici statunitensi a Cuba e in Cina sarebbero stati attaccati con le microonde ci sono le testimonianze di alcuni di loro, secondo cui quando sentirono i suoni misteriosi si coprirono le orecchie e la testa ma nonostante questo non percepirono un'attenuazione dei suoni.
>
> **Chi ha pensato di usare le microonde come armi**
> Tra chi che si interessò all'effetto Frey ci fu l'Unione Sovietica, che poco dopo la pubblicazione degli articoli di Frey lo invitò a tenere una lezione in merito e a visitare una base militare. Un [documento dei servizi segreti americani risalente al 1976](<http://www.dia.mil/FOIA/FOIA-Electronic-Reading-Room/FOIA-Reading-Room-Nuclear-Biological-and-Chemical/FileId/39946/>) dimostra che l'intelligence degli Stati Uniti sapeva che nell'Unione Sovietica le microonde venivano studiate in merito alla produzione di «percezioni sonore interne» e temeva che lo stato delle ricerche sull'argomento fosse promettente per creare dispositivi che influenzassero «il comportamento di militari e diplomatici».
>
> Anche negli Stati Uniti negli anni sono state condotte ricerche militari sull'uso delle microonde. In particolare la marina aveva finanziato degli studi su un sistema per paralizzare temporaneamente con le microonde le persone, con scarse probabilità di traumi permanenti o morte. Non si sa se armi del genere siano mai state usate dalle forze militari americane, ma si sa che il Pentagono ha costruito un'arma simile, l'Active Denial System, che inviando radiazioni invisibili genera delle sensazioni spiacevoli nei soggetti colpiti. C'è un video che mostra il funzionamento di quest'arma: la fonte delle radiazioni, montata su un veicolo militare, assomiglia a un'antenna satellitare.
>
> Il _New York Times_ spiega che sia la Russia che la Cina, come molti paesi europei, dovrebbero avere le conoscenze necessarie per costruire armi a microonde capaci di indebolire una persona, farle sentire dei falsi suoni o anche ucciderla. Secondo gli esperti si potrebbero anche far percepire delle parole ai soggetti. Solo le agenzie di intelligence però possono sapere quali paesi abbiano o abbiano usato armi simili.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[ NF]: Norfolk Island
| Furono microonde a causare il malessere dei diplomatici statunitensi a Cuba? | Solo la cooperazione può salvarci |
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>> Da calendario, venerdì è l’ultimo giorno della COP26, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si è tenuta nelle ultime due settimane a Glasgow. Molto probabilmente, però, i lavori andranno avanti ancora nel fine settimana, come è già successo diverse volte negli anni scorsi: per arrivare a un accordo finale è necessario il consenso unanime degli oltre 200 paesi partecipanti, e le posizioni sono ancora distanti su diversi temi, come gli impegni per la riduzione delle emissioni dei singoli paesi, il divario tra paesi poveri e ricchi e alcune decisioni sulla dismissione dei combustibili fossili.
>>
>> In generale, nonostante vari passi avanti e alcuni accordi importanti limitati a singoli settori, è ormai sicuro che gli impegni presi a Glasgow per la riduzione dei gas serra non saranno sufficienti per mantenere l’aumento delle temperature globali medie sotto 1,5 °C rispetto ai livelli pre-industriali, l’obiettivo più ambizioso dell’[Accordo di Parigi](<https://www.ilpost.it/2015/12/13/accordo-sul-clima/>).
>>
>> Nonostante questo, se l’accordo finale riuscirà a essere sufficientemente forte potrebbero comunque esserci diversi risultati notevoli, tra cui il primo appello a dismettere completamente i combustibili fossili nella storia dell’ONU e l’obbligo per i paesi di rivedere annualmente i loro impegni per la riduzione dei gas serra, e non ogni cinque anni come avviene adesso.
>>
>> Questi punti però sono ancora oggetto di una negoziazione piuttosto complessa, e non è detto che saranno presenti nell’accordo finale.
>>
>> **Le questioni da decidere**
> La questione più importante rimane quella dei Nationally Determined Contributions (NDC) per la neutralità carbonica, cioè le promesse dei paesi per arrivare alla condizione in cui si emettono tanti gas serra quanti se ne rimuovono dall’atmosfera.
>>
>> Secondo [un’analisi](<https://www.iea.org/commentaries/cop26-climate-pledges-could-help-limit-global-warming-to-1-8-c-but-implementing-them-will-be-the-key>) diffusa giovedì dall’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), se saranno rispettati i più recenti impegni sulla riduzione delle emissioni e le altre promesse fatte a Glasgow, si riuscirà a limitare l’aumento delle temperature globali a 1,8 °C. Non è una previsione del tutto negativa, perché l’Accordo di Parigi aveva come obiettivo principale mantenere l’aumento sotto i 2 gradi, pur compiendo sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi.
>>
>> Un’altra analisi [diffusa](<https://climateactiontracker.org/publications/glasgows-2030-credibility-gap-net-zeros-lip-service-to-climate-action/>) qualche giorno dopo dall’associazione Climate Action Tracker, però, ha mostrato dati molto più pessimistici.
>>
>> L’associazione ha preso in considerazione esclusivamente gli impegni a breve termine, quelli che saranno attuati nei prossimi dieci anni, che sono più dettagliati e che saranno realizzati con ragionevole certezza. Ha tralasciato invece gli impegni a lungo termine, che sono più aleatori e che potrebbero essere più facilmente trascurati. In questo contesto, le temperature aumenterebbero di 2,4 gradi entro la fine del secolo, ben oltre i limiti che provocherebbero conseguenze catastrofiche sull’ambiente.
>>
>> Alla COP26, nessuno dei grandi paesi produttori di gas serra ha rinnovato o migliorato i propri NDC, [a parte l’India](<https://www.ilpost.it/2021/11/04/emissioni-zero-paesi-via-di-sviluppo-india/>). Altri grossi paesi e regioni, come l’Unione Europea, gli Stati Uniti e la Cina, avevano annunciato i loro impegni negli anni passati, e non li hanno aggiornati a Glasgow.
>>
>> Una delle principali questioni in discussione in questi ultimi giorni di COP26 riguarda proprio la necessità di aggiornare gli NDC.
>>
>> Nelle varie bozze del documento finale che sono state rese pubbliche in questi giorni, si propone non soltanto di fare in modo che i paesi rivedano i loro impegni sulle emissioni per il 2030 in modo da renderli compatibili con gli obiettivi di Parigi, ma anche che questi propositi siano rivalutati tutti gli anni, in modo da tenere traccia dei progressi. Secondo l'Accordo di Parigi, gli NDC devono essere rivisti ogni cinque anni, cosa che li rende rapidamente obsoleti.
>>
>> Altri elementi di discussione riguardano il fatto che per la prima volta nelle bozze del documento finale si parla della necessità di dismettere il carbone e i sussidi pubblici che incentivano l’utilizzo di combustibili fossili, tema molto discusso soprattutto dai paesi che di questi sussidi fanno maggior uso, come i paesi produttori di petrolio del Medio Oriente. La parte sulla dismissione era presente nella prima versione della bozza del documento finale, ma è stata [ammorbidita nella seconda](<https://www.reuters.com/business/cop/cop26-publishes-new-draft-declaration-kicking-off-more-horse-trading-2021-11-12/>): non si parla più di dismettere i sussidi per i combustibili fossili, ma di dismettere i sussidi «inefficienti», e questa potrebbe essere una scappatoia per i paesi che vorranno continuare a finanziare i combustibili fossili.
>>
>> Altri temi riguardano le compensazioni finanziarie che i paesi più ricchi devono fare ai paesi più poveri per aiutarli nella transizione energetica, e che finora non sono stati sufficienti, e la costituzione di regole precise per il cosiddetto [mercato dei crediti di anidride carbonica](<https://www.ft.com/content/783356c3-3a1f-4569-8b59-ea99ec9d3577>), in cui le emissioni sono regolamentate da un sistema di permessi e in cui i paesi che mettono in pratica iniziative per la loro riduzione ricevono benefici.
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>> **Gli accordi settoriali**
> Se questi sono i problemi ancora da risolvere, nelle due settimane di negoziati sono stati comunque raggiunti diversi accordi cosiddetti “settoriali”, cioè riguardanti aspetti specifici della lotta al riscaldamento climatico, e stretti non all’unanimità ma tra vari gruppi di paesi.
>>
>> I leader di 100 paesi hanno raggiunto [un grosso accordo contro la deforestazione](<https://www.ilpost.it/2021/11/02/deforestazione-cop26/>), in cui promettono di fermare questo fenomeno entro il 2030, e stanziano, tra fondi pubblici e privati, quasi 20 miliardi di dollari per promuovere politiche contro la deforestazione.
>>
>> Un’altra [iniziativa](<https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_21_5766>), firmata da 108 paesi, compresi gli Stati Uniti e l’Unione Europea, prevede la promessa di ridurre del 30 per cento le emissioni di metano entro il 2030. Alcuni grossi paesi produttori di metano, come la Cina, l’India e la Russia, sono rimasti tuttavia [fuori dall’accordo](<https://www.scmp.com/news/china/science/article/3154812/cop26-more-100-nations-pledge-cut-methane-not-china>) (anche se la Cina ha detto in seguito che sta valutando di entrarvi).
>>
>> Una cinquantina di paesi ha inoltre raggiunto [un accordo sul carbone](<https://unfccc.int/news/end-of-coal-in-sight-at-cop26>), che prevede la dismissione delle centrali a carbone entro il 2030 (per i paesi più ricchi) o per il 2040 (per i paesi più poveri), e un’interruzione immediata alla costruzione di nuove centrali.
>>
>> Un altro accordo firmato tra 22 paesi prevede che tra il 2035 e il 2040 tutti i nuovi autoveicoli venduti saranno elettrici. Non hanno firmato tuttavia i principali paesi produttori di auto, come Germania, Giappone, Stati Uniti, Cina.
>>
>> In generale, secondo [un’analisi](<https://climateactiontracker.org/documents/1002/CAT_2021-11-11_Briefing_GlasgowSectorInitiatives.pdf>) di Climate Action Tracker, questi accordi settoriali avranno una portata soltanto «limitata», sia perché hanno ambizioni relativamente modeste sia perché in molti casi non sono stati firmati dai paesi più importanti. Alcuni firmatari si sono già tirati indietro: la ministra dell’Ambiente dell’Indonesia, paese che ospita la terza foresta pluviale più grande del mondo e che ha firmato l’accordo contro la deforestazione, ha già detto [che non lo rispetterà](<https://www.theguardian.com/world/2021/nov/05/indonesia-says-cop26-zero-deforestation-pledge-it-signed-unfair>), perché «inappropriato e ingiusto». «Il grande progetto di sviluppo del presidente Jokowi non si può fermare in nome delle emissioni o in nome della deforestazione», ha detto, citando il soprannome del presidente indonesiano Joko Widodo.
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>> **Gli accordi politici**
> Paradossalmente, per molti analisti uno dei risultati più interessanti della COP26 è un accordo che non prevede nessuna limitazione immediata delle emissioni, ma soltanto vaghe promesse.
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>> Si tratta dell’inaspettata [dichiarazione congiunta diffusa mercoledì da Stati Uniti e Cina](<https://www.ilpost.it/2021/11/11/stati-uniti-cina-accordo-cop26-clima/>), le due più grandi economie del mondo e i maggiori responsabili di emissioni. I due paesi si erano ignorati e criticati a vicenda per gran parte della conferenza, e il fatto che lavoreranno assieme per «rafforzare e accelerare l’azione e la cooperazione sul clima» è stato visto come un segnale politico notevole e positivo, anche se nessuno dei due ha preso nuovi impegni.
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>> Un altro accordo meno importante ma comunque da tenere d’occhio riguarda l’Alleanza Oltre il Petrolio e il Gas (BOGA), un’associazione di paesi fondata da Danimarca e Costa Rica che si impegna a bloccare i permessi per le esplorazioni e lo sfruttamento di giacimenti di idrocarburi, con l’obiettivo di eliminare del tutto la produzione di petrolio e gas nei loro territori. L’Alleanza era stata formata a settembre ma è stata rilanciata durante la COP26. I paesi firmatari (tra cui Francia, Irlanda, Svezia; l’Italia non ne fa parte ma si è detta “paese amico”) sono però pochi. Soprattutto, nessuno di loro ha una produzione di idrocarburi di qualche rilievo.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| Cosa si è deciso finora, e cosa no, alla COP26 | Un uomo di nome Francesco |
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>>>> [](<https://www.media.inaf.it/wp-content/uploads/2011/06/roberto-maiolino.jpg>)È in partenza per l’estero, e che sia un fior di scienziato non c’è dubbio. Ma questa volta non è un cervello in fuga. Se **Roberto Maiolino** , 44enne **astronomo associato all’INAF-Osservatorio astronomico di Roma** , nei primi mesi del 2012 lascerà l’Italia, non è per mancanza d’opportunità, ma per cogliere l’irripetibile occasione che gli si è presentata. Una di quelle alle quali proprio non si può dire di no: una _full professorship_ , ovvero una cattedra a tempo pieno, nel mitico **[Cavendish Laboratory](<http://www.phy.cam.ac.uk/>)** , il Dipartimento di Fisica dell’Università di Cambridge. Il sogno di ogni fisico, il luogo dal quale sono usciti i primi due Nobel dedicati esplicitamente a ricerche astronomiche: quelli conferiti nel 1974 a Martin Ryle e Antony Hewish per la radioastronomia.
>>>>
>>>> «Sono semplicemente entusiasta», è il commento a caldo di Maiolino, «Cambridge è una sorta di tempio della scienza. È impossibile dir di no a un’opportunità del genere. Fa un certo effetto avere una cattedra dove hanno lavorato Newton e Maxwell. E soprattutto in quel dipartimento, che ha dato il Nobel a quasi trenta scienziati. Un dipartimento, fra l’altro, che dispone di numerose risorse, tali da potermi consentire di portare avanti una serie di ricerche alle quali tengo molto». Ricerche come quelle riguardanti l’evoluzione delle galassie nell’universo lontano, alle quali Maiolino si è dedicato negli ultimi anni, utilizzando vari strumenti in diverse bande spettrali, specialmente radio e infrarosso.
>>>>
>>>> Altrettanto entusiasta per il nuovo “acquisto” il **direttore del Cavendish Laboratory, il professor James Stirling** : «Sono felice che Roberto venga a lavorare con noi come nuovo professore di Astrofisica sperimentale. Nel campo dell’astrofisica osservativa extragalattica, è uno fra gli scienziati più talentuosi della sua generazione, e porterà al nostro gruppo le sue competenze e nuovi, entusiasmanti, campi d’interesse. Speriamo anche che la sua nomina possa contribuire a rafforzare i legami fra le comunità astrofisiche italiane e quelle del Regno Unito».
>>>>
>>>> Certo, per l’astronomia italiana, e per l’INAF in particolare, all’orgoglio di aver contribuito a formare lo scienziato che siederà sulla «Chair of Experimental Astrophysics» dell’Università di Cambridge si somma il retrogusto amaro di vederlo partire. Ma la scienza è fatta così, è cosmopolita per natura. E i colleghi? «Tristi perché me ne vado, ma contenti per me. L’idea, comunque», promette Maiolino, «è quella di mantenere una stretta collaborazione con i ricercatori italiani, anzi: spero di continuare a venire spesso in Italia».
*[55 minuti fa]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.28
*[1 h]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.05
*[33 minuti fa]: 10.50
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*[HTML]: HyperText Markup Language
*[P:]: Phone
| Dall’INAF al Cavendish Laboratory | La mostra di Diane Arbus a Milano |
Comincio con il ricordare la vicenda di **Ilaria** **Salis** , per passare, come presto si vedrà, a un caso che riguarda l’intera Unione Europea e che lascia davvero **sgomenti** di fronte alla situazione di estrema difficoltà politica, geopolitica, economica, sociale e morale nella quale siamo venuti a trovarci.
Desidero innanzitutto ricordare che la vicenda di Ilaria Salis, la quale, dopo 13 mesi di detenzione preventiva, è stata portata in aula, incatenata mani e piedi come una **malfattrice** , per sentirsi negare per la seconda volta gli arresti domiciliari (essendo stata accusata di una aggressione giovanile antifascista), è un fatto **scandaloso** che offende in modo gravissimo la dignità di Ilaria e nello stesso tempo quella di tutti gli italiani. Si deve infatti ricordare al riguardo che l’articolo 2 della nostra Costituzione ritiene inscindibili i “diritti umani” della persona singola e quelli di tutti gli altri concittadini, sancendo che “la Repubblica riconosce e garantisce i **diritti inviolabili** dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. In altri termini la nostra Costituzione (quella che vale nel caso di specie) fa capire in modo semplice e chiaro che ogni cittadino è “parte” dell’intera ”Comunità italiana” e che, di conseguenza, la violazione della dignità di un singolo **è un 'offesa per l’intera Comunità**.
[ ](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/06/ilaria-salis-certa-destra-gioisce-a-vederla-in-catene-non-e-stato-cosi-per-i-loro-condannati/7502335/>)
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### [Ilaria Salis, certa destra gioisce a vederla in catene. Non è stato così per i loro condannati](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/06/ilaria-salis-certa-destra-gioisce-a-vederla-in-catene-non-e-stato-cosi-per-i-loro-condannati/7502335/>)
Di fronte a una opinione pubblica che ha condannato severamente il comportamento dei funzionari magiari, debole e poco dignitosa è stata la reazione del nostro governo, mentre assai **insignificante** è stata la risposta della Commissaria europea Mairead McGuinness, la quale ha affermato che (considerato che nell’Unione Europea sono in vigore “standard minimi” di trattamento dei detenuti in attesa di giudizio), “la Commissione non esiterà a lanciare **procedure di infrazione** se riscontrerà violazioni del diritto Ue”. Una risposta che appare alquanto evasiva.
E, a questo punto, devo porre in evidenza una notizia che non è emersa dai nostri media, ma che getta un’ombra molto **inquietante** sull’operato dell’intera Commissione Europea nei confronti dell’Ungheria, la quale (ed anche questo è un fatto molto poco noto), pur non avendo adottato l’euro, si avvantaggia comunque degli aiuti europei, e soprattutto non rispetta il principio fondamentale dello “Stato di diritto” e dei “diritti fondamentali”.
Quello che è davvero **impressionante** è che le nefandezze ungheresi non sono state affatto oggetto di attenzione da parte della Commissione Europea, ed è stato soltanto il Parlamento europeo, con “Risoluzione” del 1 giugno 2023” (2023/2691 (RSP)), a enumerarle, invitando la Commissione “a utilizzare tutti gli strumenti a disposizione dell’Ue” per evitare che le magagne ungheresi sul piano economico finiscano per influenzare le prossime **elezioni europee** , sottolineando che il caso ungherese costituirà un esempio sulla “efficienza del meccanismo europeo” e “costituirà un precedente sul modo in cui le Istituzioni dell’Ue garantiscono la tutela degli interessi finanziari dell’Ue” … e la capacità di “contrastare le violazioni dello Stato di diritto” (cioè dei diritti umani).
[ ](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/03/28/ilaria-salis-di-nuovo-in-catene-in-tribunale-in-aula-si-decidera-sui-domiciliari-fuori-legali-e-amici-minacciati-da-estremisti-di-destra/7494318/>)
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C’è quanto basta perché il nostro governo, pur avendo dimostrato in mille modi la sua simpatia per l’Ungheria di Orbàn, abbia uno **scatto di dignità nazionale** e, magari insieme ad altri Stati membri, adisca la Corte di giustizia dell’Unione europea, con un ricorso, cosiddetto “per carenza”, contro le omissioni (in specie quelle che riguardano la nostra connazionale Ilaria Salis) della Commissione Europea rispetto alle attività richieste dalla citata “Risoluzione” del Parlamento del 1 giugno 2023. I tempi stringono e il pericolo di un cambiamento della attuale composizione del Parlamento europeo potrebbe essere **fatale** per le sorti dei “diritti umani”.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
| Sul caso Ilaria Salis serve uno scatto di dignità nazionale | Il nuovo Pianeta delle Scimmie è un mezzo flop, troppa noia! Metamorphisis, carezza sul cuore |
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>> Carlo Cottarelli ha annunciato che la prossima settimana si dimetterà da senatore, carica per la quale era stato eletto per la prima volta con il Partito Democratico alle elezioni politiche dello 25 settembre del 2022. Cottarelli ha parlato della sua decisione nel corso della trasmissione di Rai 3 _Che tempo che fa_ e poi in una lettera pubblicata sul sito di _Repubblica._ Cottarelli ha spiegato che l'Università Cattolica di Milano gli ha chiesto di dirigere un programma per l'insegnamento delle scienze sociali ed economiche rivolto agli studenti delle scuole superiori e che «questa cosa purtroppo non è compatibile con il Senato».
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>> Nella lettera a [_Repubblica_](<https://www.repubblica.it/politica/2023/05/08/news/carlo_cottarelli_lascia_senato_pd_schlein-399163321/?ref=RHLF-BG-I399179511-P1-S1-T1>) Cottarelli ha detto che a spingerlo alle dimissioni hanno contribuito anche le divergenze su molti temi con la nuova segretaria del Partito Democratico Elly Schlein: «È innegabile (basta vedere la composizione della nuova Segreteria) che l’elezione di Elly Schlein abbia spostato il Pd più lontano dalle idee liberaldemocratiche in cui credo. Ho grande stima di Elly Schlein e non credo sbagli a spostare il Pd verso sinistra. La scelta alle primarie è stata netta e i sondaggi la premiano. Un Pd più a sinistra può trasmettere un messaggio più chiaro agli elettori, cosa essenziale per un partito politico. Ciò detto, mi trovo ora a disagio su diversi temi».
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>> Cottarelli ha 68 anni ed è un economista. Nel 2013 aveva ottenuto grande notorietà in Italia dopo che l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta lo aveva nominato commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica. Mantenne quell’incarico per un anno. Si parlò molto di lui anche dopo le elezioni del 4 marzo 2018, quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli conferì un mandato esplorativo da presidente del Consiglio per cercare una maggioranza di governo: dopo pochi giorni, però, Cottarelli rimise il mandato quando Lega e Movimento 5 Stelle annunciarono di avere raggiunto un accordo per la formazione di un governo politico [guidato da Giuseppe Conte](<https://www.ilpost.it/2018/05/31/governo-conte-cottarelli/>).
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>> https://twitter.com/chetempochefa/status/1655276114787418117?s=20
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Carlo Cottarelli si dimetterà da senatore | Non ancora pronti |
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>> Giovedì i ministri dell'Interno dei paesi dell'Unione Europea riuniti in Lussemburgo nel Consiglio dell'Unione Europea, l'organo in cui siedono i rappresentanti dei 27 governi dell'Unione, [hanno trovato un accordo](<https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/europa/2023/06/08/migranti-trovato-laccordo-al-consiglio-ue_f5d1bc9a-58ff-469d-83c3-a16d50bd6570.html>) sulla riforma del regolamento di Dublino, la norma europea che regola la gestione di migranti e richiedenti asilo. L'accordo è stato trovato al termine di un negoziato durato molti mesi, ma per entrare in vigore dovrà essere approvato nei prossimi mesi dal Parlamento Europeo.
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>> I contenuti dell'accordo non sono ancora stati diffusi dal Consiglio: i giornalisti che hanno letto le bozze parlano di una riforma assai meno ambiziosa di [quella proposta dal Parlamento Europeo nel 2018](<https://www.ilpost.it/2018/06/07/fallimento-riforma-dublino/>) e mai approvata dal Consiglio, cioè dai governi dell'Unione.
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>> La riforma approvata giovedì prevede che in caso di ingenti arrivi di richiedenti asilo una quota venga trasferita in altri paesi. Non tutti però parteciperanno a questi ricollocamenti: i governi potranno scegliere di pagare una certa cifra per ogni richiedente asilo che non accoglieranno. Nella proposta del 2018 i ricollocamenti erano obbligatori per tutti i paesi dell'Unione, punto molto osteggiato dai paesi dell'Est storicamente ostili alla migrazione dal Nord Africa e dal Medio Oriente.
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>> Ai paesi di frontiera come l'Italia, la Grecia e la Spagna verrà poi chiesto di rafforzare i controlli per evitare i cosiddetti movimenti secondari, cioè gli spostamenti dei richiedenti asilo verso i paesi del Nord: al momento il regolamento di Dublino prevede che la richiesta di asilo venga esaminata nel primo paese di ingresso, ma spesso questi paesi lasciano passare i richiedenti asilo per non assumersi l'onere di esaminare le loro richieste.
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>> L'Italia poi aveva chiesto maggiori garanzie sui cosiddetti "paesi terzi", cioè i paesi di transito dei migranti che cercano di arrivare in Europa, per favorire eventuali accordi sulla gestione dei migranti. Dal 2017 l'Italia ha accordi molto controversi con le autorità libiche affinché le milizie locali fermino le partenze dei migranti che cercano di arrivare via mare in Europa. Diverse inchieste giornalistiche e di organizzazioni internazionali hanno ricostruito che le milizie libiche gestiscono centri di detenzione per migranti in cui [le violenze, le torture e gli stupri sono sistematici](<https://www.ilpost.it/2018/12/24/libia-violenze-migranti/>). La cosiddetta Guardia costiera libica, finanziata dall'Italia e dall'Unione Europea, intercetta e riporta in questi centri i migranti che individua al largo delle proprie coste.
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>> A quanto sembra l'Italia ha ottenuto che in futuro questi accordi possano essere più semplici, come ha spiegato il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. «Volevamo che non passassero formulazioni dei testi che depotenziassero la possibilità di fare accordi con paesi terzi, sempre nell'attuazione della proiezione sulla dimensione esterna», ha detto Piantedosi alla fine dell'incontro del Consiglio.
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>> Nei giorni scorsi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto un viaggio di stato in Tunisia, che nel 2023 [è diventato il principale paese di partenza](<https://www.ilpost.it/2023/05/23/migranti-arrivi-tunisia/>) per i migranti che cercano di raggiungere via mare l'Italia. Il governo ha fatto capire che vorrebbe negoziare con la Tunisia accordi simili a quelli in vigore con la Libia, che prevedano inoltre procedure più rapide di respingimento per i migranti che a una valutazione superficiale non sembrano avere i requisiti per potere ottenere l'asilo. Da tempo gli esperti di migrazione e accoglienza ritengono che norme come questa possano impedire che una richiesta d'asilo venga esaminata con l'accuratezza prevista dalle norme italiane ed europee.
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>> L'accordo trovato giovedì sarà discusso nelle prossime settimane dal Parlamento Europeo. Per approvarlo definitivamente ci sarà tempo fino ai primi mesi del 2024: a giugno poi si terranno le elezioni europee, con cui verrà rinnovato il Parlamento Europeo.
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>> L'accordo di oggi è stato raggiunto con un voto a [maggioranza qualificata](<https://www.consilium.europa.eu/it/council-eu/voting-system/qualified-majority/>): non tutti i paesi hanno votato a favore. Negli anni scorsi si riteneva che sulla riforma di Dublino, come su tutte le riforme più importanti, il Consiglio si dovesse esprimere all'unanimità: non è chiaro se anche per il voto definitivo sulla riforma, se mai sarà approvata dal Parlamento Europeo, sarà sufficiente una maggioranza qualificata.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| I governi europei hanno trovato un accordo sulla riforma del Regolamento di Dublino | L’altro Silvio |
Nonostante gli indicatori favorevoli, è troppo presto per dire se negli Stati Uniti l’inflazione sia ora sotto controllo. In ogni caso, la recente crescita dei prezzi ci ha insegnato due cose. La prima è che i modelli standard degli economisti sono inutili, soprattutto quello dominante, basato sul presupposto che l’economia sia sempre in equilibrio. La seconda è che chi sosteneva che ci sarebbero voluti cinque anni di dolore per fermare l’inflazione è già stato smentito. L’inflazione è diminuita drasticamente e l’indice dei prezzi al consumo, aggiornato periodicamente, a dicembre del 2022 segnava un solo punto percentuale in più rispetto a giugno. Ci sono prove del fatto che l’inflazione fosse dovuta ai contraccolpi nell’offerta e ai cambiamenti nell’andamento della domanda dovuti alla pandemia, non a una domanda aggregata in eccesso né a una domanda supplementare determinata dalla spesa pubblica durante la pandemia. Chiunque avesse fiducia nell’economia di mercato sapeva che alla fine i problemi legati alle forniture si sarebbero risolti, ma nessuno poteva sapere quando sarebbe successo.
Dopotutto non abbiamo mai vissuto un arresto dell’economia dovuto a una pandemia, seguito da una rapida riapertura. Ecco perché i modelli basati sulle esperienze del passato erano inutili. Nonostante questo, potevamo prevedere che l’eliminazione dei colli di bottiglia dal lato dell’offerta avrebbe ridotto l’inflazione, anche se non era detto che l’avrebbe contrastata, data la tendenza dei mercati ad adeguarsi più velocemente a un aumento dei prezzi che al suo contrario.
I pericoli legati a un aumento dei tassi d’interesse sono chiari: un’economia globale fragile potrebbe essere spinta verso la recessione, provocando altre crisi del debito
I politici continuano a stare in equilibrio tra il rischio di fare troppo poco e quello di fare troppo. I pericoli legati a un aumento dei tassi d’interesse sono chiari. Un’economia globale fragile potrebbe essere spinta verso la recessione, provocando altre crisi del debito nel momento in cui le economie emergenti o quelle sviluppate ma indebitate dovranno far fronte alle difficoltà provocate da tre cose: un dollaro forte, una diminuzione delle entrate provenienti dalle esportazioni e dei tassi d’interesse più alti. Sarebbe una farsa.
Gli Stati Uniti, scegliendo di non condividere i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini contro il covid-19, hanno lasciato che molte persone morissero, e poi hanno adottato una politica che farà affondare le economie più vulnerabili del mondo. Di sicuro non è una strategia vincente per un paese che ha lanciato una nuova guerra fredda contro la Cina.
La cosa peggiore è che non si capisce nemmeno se questa strategia abbia anche un lato positivo. Di fatto aumentare i tassi d’interesse potrebbe provocare più danni che altro, rendendo più costoso per le aziende investire in soluzioni per superare le attuali difficoltà nella domanda. L’irrigidimento della politica monetaria della Federal reserve, la banca centrale statunitense, ha già ridimensionato l’edilizia, nonostante il fatto che un aumento dell’offerta servirebbe per arginare una delle principali cause dell’inflazione: il costo delle case.
Certo, una profonda recessione frenerebbe l’inflazione. Ma perché provocarla? Il presidente della banca centrale statunitense Jerome Powell e i suoi colleghi sembrano tifare contro l’economia. Nel frattempo i loro amici nel settore degli istituti di credito si stanno arricchendo a più non posso, ora che la Federal reserve paga il 4,4 per cento d’interessi su più di tremila miliardi di riserve bancarie. Per giustificare tutto questo la Federal reserve punta il dito contro i soliti spauracchi: inflazione, aspettative e spirale prezzi-salari. Ma dove sono queste minacce? Non solo l’inflazione si sta abbassando, ma i salari stanno aumentando più lentamente rispetto ai prezzi (quindi non c’è alcuna spirale) e le aspettative sull’inflazione restano sotto controllo.
Alcuni temono anche che non torneremo abbastanza velocemente al traguardo di un tasso d’inflazione del 2 per cento. Ma ricordiamoci che quel numero è stato tirato fuori dal nulla. Non ha alcun significato economico e non ci sono prove che sarebbe costoso per l’economia se l’inflazione dovesse variare tra il 2 e il 4 per cento. Al contrario, tenuto conto della necessità di cambiamenti strutturali nell’economia e della resistenza dei prezzi a scendere, sarebbe meglio porsi un traguardo leggermente più alto in termini d’inflazione.
È vero, è troppo presto per dire quando di preciso l’inflazione sarà sotto controllo. E nuove crisi potrebbero colpirci. Scommetto però sul fatto che il problema è temporaneo. Chi sostiene che l’inflazione si risolverà da sola, e che il processo potrebbe essere accelerato da politiche per allentare i vincoli nell’offerta, ha comunque prove più solide rispetto a chi chiede misure che avrebbero dei costi alti e benefici dubbi. ◆
gim
Questo articolo è uscito sul
numero 1497
di Internazionale, a pagina 38.
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| Il modo sbagliato di combattere l’inflazione | Manuale di come non gestire una crisi |
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>> Al largo della costa di Rimini, in Emilia-Romagna, ci sono due piattaforme che potrebbero estrarre complessivamente fino a 1,5 miliardi di metri cubi di gas dai giacimenti sotto il fondale del mar Adriatico. Si chiamano Giulia 1 e Benedetta 1: secondo il ministero della Transizione ecologica, la prima piattaforma è “inattiva”, la seconda “potenzialmente produttiva ma non erogante”. Giulia 1 è stata costruita nel 1980, Benedetta 1 nel 2006, ma non fruttano nemmeno un metro cubo di gas all'anno perché entrambe sono a meno di 12 miglia di distanza dalla costa, in una fascia dove non è possibile ottenere nuove autorizzazioni per l’estrazione.
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>> A causa di specifici problemi tecnici e burocratici nelle autorizzazioni, le due piattaforme non hanno ottenuto i necessari permessi entro il 2010, anno dopo il quale è stato introdotto il divieto di trovare nuovi giacimenti a poca distanza dalla costa.
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>> Oggi soltanto le piattaforme che avevano già tutte le autorizzazioni prima del divieto possono continuare a estrarre gas. Giulia 1 e Benedetta 1 non hanno quindi mai estratto gas, e sono soltanto due delle tante piattaforme pronte e non in funzione a causa di problemi legati alle autorizzazioni. Ma anche dove l’estrazione è consentita, oltre le 12 miglia dalla costa, lo sfruttamento è limitato: secondo le stime di geologi e ingegneri minerari, sotto il fondale dell’alto Adriatico ci sono in totale tra i 30 e i 40 miliardi di metri cubi di gas che non vengono estratti. Potrebbero contribuire in modo significativo alla produzione nazionale di energia, anche se andrebbero a coprire una parte marginale del fabbisogno complessivo.
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>> Il dibattito sull’opportunità di sfruttare questi giacimenti è stato per lo più ignorato negli ultimi anni. È tornato al centro delle discussioni all’inizio di quest’anno, quando l’oscillazione dei prezzi e le conseguenze della tensione tra Russia e Ucraina hanno rivelato la scarsa lungimiranza delle scelte politiche dell’ultimo decennio: la produzione nazionale di gas si è fortemente ridotta, la dipendenza dalle forniture estere è cresciuta e lo sfruttamento delle fonti rinnovabili è stato limitato.
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>> Con l’inizio dell'invasione russa in Ucraina e le conseguenti sanzioni decise a livello internazionale, la dipendenza italiana dalla Russia è stata ancora più evidente e ha portato il governo a studiare [alcune misure](<https://www.ilpost.it/2022/03/16/governo-eni-riduzione-dipendenza-gas-russo/>) sul medio-lungo periodo con l’obiettivo di rendere l’Italia più autonoma. In una fase di emergenza energetica, però, le soluzioni più immediate, come lo sfruttamento del sottosuolo, hanno avuto generalmente più attenzioni rispetto alle ragioni di chi sostiene che sia necessario cambiare prospettiva energetica puntando totalmente sulle fonti rinnovabili.
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>> **– Leggi anche:** [Se le piastrelle saranno diverse è per via dell’invasione in Ucraina](<https://www.ilpost.it/2022/03/16/ceramica-piastrelle-ucraina/>)
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>> Negli ultimi anni l’Italia ha consumato mediamente 70 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. La maggior parte viene importata dall’estero, mentre appena 3,3 miliardi di metri cubi sono garantiti dalla produzione nazionale. Nel 2021, a fronte di una crescita dei consumi di gas del 7,2 per cento, la produzione nazionale è diminuita del 18,6 per cento. Tra gli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila, l’Italia riusciva a estrarre quasi 20 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
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>> In Italia ci sono 1.298 pozzi da cui viene estratto il gas, sotto la terraferma e sotto il fondale marino: 514 sono classificati come “eroganti”, quindi attivi, mentre 752 sono “non eroganti”, quindi al momento non sfruttati. I restanti 32 sono impiegati come raccordi tra altri pozzi o per il controllo dei flussi. Tra i pozzi non eroganti ci sono anche Giulia 1 e Benedetta 1, nel mar Adriatico, dove c'è la maggiore concentrazione di piattaforme perché proprio lì si trovano i pozzi più ricchi. In tutta Italia le piattaforme marine sono 138, di cui il 40 per cento non è operativo; 94 piattaforme sono a meno di 12 miglia di distanza dalla costa. Non vengono smantellate subito perché agli operatori è stato concesso di dismetterle entro la fine della concessione.
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>> Il gas non estratto nell'Adriatico, stimato in alcune decine di miliardi di metri cubi complessivi, sicuramente aiuterebbe in un momento di grande necessità ma rappresenterebbe comunque una parte assai marginale del fabbisogno energetico nazionale, di circa 70 miliardi di metri cubi all'anno.
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>> A metà febbraio il governo [aveva approvato](<https://www.ilpost.it/2022/02/19/governo-decreto-energia-bollette/>) il decreto Bollette che tra le altre cose era stato pensato per incentivare la produzione nazionale: l’obiettivo è estrarre tra 2,2 e 2,5 miliardi di metri cubi l’anno in più rispetto ai 3,3 miliardi attuali. Aumentare la produzione non è semplice, perché richiede in alcuni casi un aggiornamento dei sistemi impiegati per estrarre il gas, dai macchinari alle infrastrutture per il suo trasporto, o di attendere di avere completamente operativi pozzi in fase di costruzione.
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>> Nella [conferenza stampa](<https://www.youtube.com/watch?v=BlYdQUq1tR0>) in cui è stato presentato il decreto Bollette, il presidente del Consiglio Mario Draghi aveva detto che la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico è un obiettivo indipendentemente da quello che accadrà alle forniture di gas russo: «non possiamo essere così dipendenti dalle decisioni di un solo paese. Ne va anche della nostra libertà, non solo della nostra prosperità».
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>> **– Leggi anche:** [Quanto è dipendente la Germania dal gas russo](<https://www.ilpost.it/2022/04/05/germania-gas-russo/>)
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>> Nonostante le dichiarazioni di Draghi, i provvedimenti presi dal governo non sono del tutto chiari. Anzi, in alcuni casi sono contraddittori. Una settimana prima dell’approvazione del decreto Bollette, infatti, il ministero della Transizione ecologica aveva pubblicato il [Pitesai](<https://unmig.mise.gov.it/images/docs/PiTESAI.pdf>), il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, che di fatto limita lo sfruttamento dei giacimenti italiani, soprattutto nell’alto Adriatico. Uno dei giacimenti più promettenti, chiamato Teodorico, al largo di Goro, in provincia di Ferrara, è stato classificato come area non idonea: avrebbe garantito 900 milioni di metri cubi di gas.
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>> Il piano del ministero ha confermato anche le limitazioni all’estrazione nel mare verso la zona di Venezia, dove nel 2008 venne vietato l’avvio o il proseguimento dell’attività estrattiva per via del temuto rischio di abbassamento del suolo (“subsidenza”), che avrebbe potuto interessare un’area estremamente delicata come quella della Laguna veneta.
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>> _In questa mappa pubblicata dal ministero della Transizione ecologica vengono mostrate in verde le aree idonee alla ricerca di nuovi giacimenti e in grigio le aree non idonee._
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>> Con il decreto Energia, [pubblicato](<https://www.mise.gov.it/index.php/it/notizie-stampa/2043260-le-misure-per-le-imprese-nel-decreto-energia>) all’inizio di marzo, il governo aveva poi chiesto agli operatori di fornire un elenco di possibili sviluppi, incrementi o ripristini delle produzioni di gas naturale, di prevedere in quanto tempo sarebbe possibile produrre più gas, di quanti soldi servano e soprattutto quanto nuovo gas si potrebbe estrarre.
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>> Il decreto potrebbe autorizzare molte delle richieste presentate negli ultimi anni al ministero e finora bloccate, ma dovranno comunque rispettare le regole e le limitazioni del Pitesai. Nonostante siano giacimenti già individuati e sfruttabili da subito, i pozzi sotto alle piattaforme Giulia 1 e Benedetta 1, per esempio, non potrebbero essere aperti perché il Pitesai ha confermato il divieto di estrarre a meno di 12 miglia dalla costa.
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>> Secondo uno [studio](<https://www.assorisorse.org/newsroom/news/si-torna-a-parlare-di-gas/>) presentato a novembre 2021 da Assorisorse, l’associazione che rappresenta le aziende dell’industria mineraria, in Emilia-Romagna con un investimento di 332 milioni di euro si potrebbe raddoppiare la produzione annuale di gas da 800 milioni di metri cubi a 1,6 miliardi all’anno, ma solo sui giacimenti già presenti, senza ricorrere all’ampia disponibilità non ancora sfruttata.
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>> Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, ricercatore e docente alla facoltà di ingegneria dell’università Alma Mater di Bologna, sostiene che il mancato sfruttamento dei giacimenti del mar Adriatico sia un «delitto economico».
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>> Le nuove estrazioni e un maggiore sfruttamento dei giacimenti già scoperti, dice, consentirebbero di ridurre la dipendenza dalla Russia e farebbero risparmiare moltissimi soldi all’Italia. «In tutta Italia potremmo produrre 10 miliardi di metri cubi di gas in più ogni anno, 10 miliardi di sviluppo italiano che lasciamo sottoterra, di mancata occupazione, di mancata tassazione», dice. «Per rispondere all’emergenza dovuta all’invasione dell’Ucraina è sicuramente tardi. In ogni caso, anche se Putin non avesse ordinato l’invasione, sarebbe stato opportuno diminuire la dipendenza dalla Russia. L’unico modo per farlo in tempi ragionevoli è attraverso l’aumento della produzione nazionale».
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>> Uno dei motivi che spingono Tabarelli a definire un paradosso la scelta di vietare l’estrazione di gas nell’alto Adriatico è il corposo investimento fatto dalla compagnia energetica croata Ina per cercare e sfruttare giacimenti nello stesso mare, a pochi chilometri di distanza dal punto in cui iniziano le limitazioni in Italia. L’Agenzia croata per gli idrocarburi (AZU) punta ad estrarre 285 milioni di metri cubi in più rispetto agli attuali 2,7 miliardi annui raggiungendo il 40 per cento del fabbisogno nazionale.
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>> Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, ha detto che è necessario «fare ciò che questa emergenza ci impone», cioè aumentare la produzione nazionale. Anche Bonaccini sostiene che le limitazioni siano poco sensate in presenza di attività estrattiva a un chilometro dal confine con le acque della Croazia, ma a differenza di Tabarelli dice che il gas va cercato nelle concessioni già rilasciate, senza la ricerca di nuovi giacimenti. «Non si pensi di abbandonare il gas da un giorno all’altro», [ha detto](<https://www.ilrestodelcarlino.it/economia/gas-adriatico-1.7382859>) a febbraio durante la conferenza Stato-Regioni.
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>> Le ragioni di Bonaccini e Tabarelli, nelle loro diverse sfumature, sono prevalenti nel dibattito, mentre a causa dell’emergenza sono state poco considerate le posizioni più critiche nei confronti dell’attuale politica energetica italiana e delle prospettive indicate dal governo. Molte associazioni ambientaliste, per esempio, hanno ribadito il dissenso già emerso negli ultimi anni rispetto allo slancio limitato verso la ricerca e l'applicazione nelle fonti rinnovabili, e al contemporaneo aumento degli approvvigionamenti di gas e petrolio. La transizione energetica, dicono molte associazioni, è troppo lenta.
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>> Davide Ferraresi, presidente di Legambiente Emilia-Romagna, conferma quello che l’associazione chiede da anni: chiudere il prima possibile le concessioni nel mar Adriatico e iniziare lo smantellamento delle piattaforme non più produttive. In un [dossier](<https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/oltre-al-fossile-in-Adriatico-del-futuro.pdf>) intitolato “Oltre il fossile: energia e lavoro nell’Adriatico del futuro”, Legambiente Emilia-Romagna definisce lo sfruttamento dei bassi fondali adriatici «una visione economicamente poco attraente e di corto respiro».
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>> **– Leggi anche:** [Il compromesso per l’eolico, nel Mugello](<https://www.ilpost.it/2021/06/24/impianto-eolico-mugello/>)
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>> La crisi climatica, dice Ferraresi, impone di lasciare gli idrocarburi nel sottosuolo per puntare sulle energie rinnovabili: «non vanno incentivati solo i grandi impianti, ma anche quelli medio-piccoli per favorire l’autoconsumo. C’è anche un tema di risparmio energetico che spesso viene sottovalutato. Come stiamo usando la nostra energia? Quanta ne potremmo risparmiare?»
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>> Spingere sulle rinnovabili non è sempre semplice. Nelle ultime settimane Legambiente Emilia-Romagna [ha sostenuto](<https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/energia/2022/03/29/energialegambiente-parco-eolico-rimini-si-faccia-presto_b1088632-05e2-4603-91b0-d4c65658039c.html>) con decisione il progetto di un parco eolico off-shore proposto dall'azienda Energia Wind 2000 che, dopo le prime proteste degli enti locali per la sua vicinanza alla costa, aveva presentato una soluzione alternativa con le pale a 9 miglia di distanza dalla riva. I progettisti stimano di produrre in totale 710 gigawattora (GWh) annui, pari al fabbisogno di una grande città. Molti politici locali e anche associazioni ambientaliste come Italia Nostra hanno però confermato la contrarietà al progetto.
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>> **– Leggi anche:** [L’ambizioso progetto per produrre energia in mare, a Ravenna](<https://www.ilpost.it/2021/06/03/agnes-ravenna-energia-mare/>)
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>> Anche secondo Enrico Gagliano, portavoce del coordinamento No-Triv, i comitati contro le trivellazioni, è inutile continuare a cercare gas perché anche nell’Adriatico i volumi sono scarsi rispetto al fabbisogno energetico nazionale. «Tutto il dibattito ruota attorno al gas», dice. «Purtroppo i danni che affrontiamo in questa fase sono colpa dell’inerzia dei governi che non hanno spinto verso un diverso sistema energetico e che ci hanno costretto a dipendere da una risorsa di cui il paese è povero». Gagliano sostiene che il referendum sulle trivellazioni del 2016 avrebbe potuto essere un’occasione per un ripensamento profondo su come è strutturato il sistema energetico italiano, ma allora il dibattito [si concentrò](<https://www.ilpost.it/2016/01/21/referendum-trivelle-trivellazioni/>) prevalentemente sulla contrapposizione tra sì e no e il risultato è stato che negli anni successivi, fino ad oggi, la politica e l’opinione pubblica hanno trascurato un problema fondamentale per la crescita del paese e il contrasto al cambiamento climatico.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[ NF]: Norfolk Island
| Cosa fare con il gas dell’Adriatico | Eutanasia per i detenuti? |
Hanno scelto di chiamarsi “Collettivo 5.37”. Un numero che, tradotto in euro, indica la paga oraria (lorda) del contratto applicato ai lavoratori del Polo museale della Lombardia, che comprende in tutto 11 realtà, tra cui tre importanti poli museali della Val Camonica: il Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane a Capo di Ponte, il Museo archeologico nazionale di Cividate Camuno e il Museo nazionale della preistoria. Luoghi visitati ogni anno da migliaia di persone interessate ad ammirare e scoprire le incisioni rupestri, riconosciute nel 1979 dall’Unesco come Patrimonio dell’umanità.
“Il nostro obiettivo è creare sul territorio un dibattito pubblico e critico sul lavoro povero e precario -spiega ad _Altreconomia_ Elisa, che fa parte del collettivo-. Siamo partiti dalla cultura perché l’iniziativa è nata dalla mobilitazione dei lavoratori esterni dei musei della Valle Camonica, ma vogliamo allargarci a tutte le sfere lavorative”.
La principale finalità del “[Collettivo 5.37](<https://www.facebook.com/p/Lavoratori-esterni-Musei-Nazionali-Valle-Camonica-100089706106535/>)” è far conoscere a quante più persone possibili le condizioni di chi ha a che fare con un lavoro precario e povero. E il fatto che questa mobilitazione nasca all’interno di un gruppo di professionisti la cui presenza è fondamentale per il funzionamento di tre importanti poli museali è particolarmente significativa nell’anno in cui la città di Brescia (insieme a Bergamo) è stata nominata capitale della cultura italiana.
La mobilitazione dei dipendenti dei musei della Val Camonica è iniziata il primo dicembre dello scorso anno con uno sciopero che ha portato alla chiusura del Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane e del Museo archeologico. “Questi siti fanno capo al ministero della Cultura e al loro interno è presente personale ministeriale al quale sono affiancati 11 lavoratori esterni, assunti da ditte o cooperative, che periodicamente partecipano alle gare d’appalto -racconta Elisa-. Le nostre mansioni attività in molti casi si sovrappongono perfettamente a quelle svolte dai dipendenti ministeriali. A volte siamo chiamati anche a svolgere le attività di apertura e chiusura dei siti, cosa che dovrebbe competere esclusivamente al personale interno”.
Proprio in occasione dell’ultimo rinnovo dell'appalto, appunto a fine 2022, i lavoratori si sono visti sottoporre un contratto peggiorativo rispetto a quello precedente da parte della cooperativa che si era aggiudicata il bando regionale. Ovvero una proposta iniziale fissata a 5,37 euro lordi all’ora. Inoltre, le organizzazioni sindacali sono state coinvolte nella trattativa con la ditta aggiudicataria solo alle 15.30 del 30 novembre 2022, quando il nuovo contratto avrebbe dovuto entrare in vigore il primo dicembre. I lavoratori, invece, sono stati contattati dal rappresentante della ditta tre ore più tardi per firmare i contratti di lavoro “tra l’altro nei pressi del parcheggio di un centro commerciale”, come si legge nella nota diffusa da Cgil e Cisl in quei giorni. Dopo aver atteso per due ore inutilmente, non essendosi presentato nessuno, i lavoratori sono tornati a casa senza contratto, che è stato inviato via _mail_ alle 21.15 con la richiesta da parte della ditta di firmarlo entro le prime ore della mattina successiva. Una farsa.
“Da quel momento è iniziata la contrattazione sindacale che è durata una settimana e ha permesso di ottenere dei miglioramenti -continua Elisa-. Abbiamo raggiunto un accordo per 6,25 euro lordi all’ora, leggermente migliore rispetto a quello che avevamo in precedenza. Ma non abbiamo mai considerato questo risultato come un successo: siamo rientrati al lavoro anche per senso di responsabilità verso i visitatori, dal momento che senza di noi i siti sarebbero rimasti chiusi”.
Da anni i lavoratori dei poli museali del bresciano chiedono che venga loro applicato il contratto di Federculture: “Ci permetterebbe di avere maggiori garanzie, pur restando lavoratori esternalizzati. Invece ci viene proposto quello del settore Servizi fiduciari, che si applica ad esempio per i servizi di portierato”, aggiunge Elisa.
La vicenda dei lavoratori bresciani è stata sollevata anche dalla deputata Valentina Barzotti il 16 aprile di quest'anno in un’interpellanza per chiedere al ministero della Cultura “se non ritenga utile e urgente imporre nelle procedure di gara previste per l’appalto di servizi afferenti alle strutture museali nazionali il contratto collettivo nazionale Federculture per il pieno riconoscimento di tutte le professioni culturali”.
“Da quasi dieci anni noi lavoratori precari siamo essenziali per l’apertura e la gestione di questi importanti poli museali e culturali del bresciano, eppure veniamo ancora considerati come lavoratori stagionali con un monte ore minimo di 16 ore a settimana, ma le ore effettive di lavoro aumentano molto durante l’estate o se dobbiamo fare fronte a imprevisti, ad esempio se i colleghi assunti alle dipendenze del ministero si ammalano -continua Elisa-. Ci viene richiesta la massima flessibilità e queste condizioni, unite alla mancanza di sicurezza, rendono difficile anche gestire un secondo lavoro, essenziale per riuscire a raggiungere uno stipendio mensile decente”.
_© riproduzione riservata_
| Il precariato nei musei della Capitale italiana della cultura. Il caso della Val Camonica | Google: 10 interessantissime curiosità |
Lo scorso 28 marzo **Jeffrey Donaldson** , leader del **Dup** , il principale **partito unionista** nordirlandese di Belfast, era stato costretto a **dimettersi** perché arrestato con **l 'accusa di stupro e di vari abusi** risalenti a diversi anni fa. Ora su Donaldson spuntano anche sospetti di **pedofilia**. È uno degli ultimi scandali a fondo sessuale della politica britannica accaduto questa volta in **Irlanda del Nord**. Il caso è approdato oggi in tribunale per una breve **udienza preliminare**. Il 61enne Donaldson è comparso per pochi minuti assieme a sua moglie **Eleanor** , coimputata nella vicenda: la donna è accusata di **favoreggiamento** per aver cercato di aiutarlo a **insabbiare** le denunce. La coppia è stata accolta da una selva di giornalisti e telecamere e, in aula, i due si sono limitati a declinare di fronte al giudice della Newry Courthouse nordirlandese le loro generalità e a concordare il pagamento di una **cauzione di 350 sterline** ciascuno prima di ritornare a casa. La dichiarazione formale di colpevolezza o innocenza sarà fatta nella **prossima udienza**.
Donaldson aveva inizialmente **negato le accuse** più gravi ai media. Poi il 29 marzo scorso sono arrivate le sue **dimissioni** dalla leadership del partito e la sospensione dal gruppo parlamentare del Dup. Ma al momento il politico 61enne **resta deputato a Westminster** dove vanta una militanza trentennale alla Camera dei Comuni. Donaldson è in attesa di **valutazioni disciplinari** che, a questo punto, dovranno dare la precedenza all'inchiesta penale. I capi d'imputazione, letti in aula oggi, gettano ulteriori gravi ombre sul caso destinato ad alimentare lo shock nel mondo politico della più piccola nazione del Regno Unito. Stando all'atto dell'accusa, Donaldson deve rispondere di un **episodio di sospetto stupro e di 9 molestie che si sono consumate ai danni di una presunta vittima maggiorenne**. Non solo. Si aggiunge anche una **molestia nei confronti di una seconda persona** , che ha denunciato il politico, la cui identità e genere sessuale restano coperti dal riserbo. Ma il fascicolo parla di " **child** ", cioè **minore** (all'epoca dei fatti) inteso come "bambini o bambina" **sotto i 16 anni** nel linguaggio legale britannico. Gli abusi sarebbero avvenuti, invece, in un lungo arco di tempo compreso **fra il 1985 e il 2006**.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
| Regno Unito, l'ex leader del partito unionista Jeffrey Donaldson a giudizio per stupro. La moglie è accusata di favoreggiamento | Mercoledì 24 maggio |
“ _Rivedi il secondo giorno dei tuoi funerali. Donne che cantano, ballano e piangono intorno a te, tanto affascinanti che perdi l’abituale imperturbabilità delle salme. A stento trattieni la voglia di alzarti dal letto di morte, di cingere con il braccio la vita della più bella ed eseguire con lei la famosa danza dei Bembé, il_ Muntutu _._ ”
_**Sdraiati in affari**_ **, di Alain Mabanckou** (traduzione di Marco Lapenna; 66thand2nd), è un noir visionario, sui generis, che vede nel trapasso nel mondo dei morti la sua climax. Protagonista della storia è Liwa Ekimakingaï, aiuto cuoco al Victory Palace a Pointe-Noire, la capitale economica della Repubblica del Congo, che viene catapultato nel mondo dei morti dopo aver partecipato alla festa dell’Indipendenza celebrata in una discoteca. Liwa partecipa ai **rituali** del suo funerale e si ritrova di fianco alla sua lapide al Frère-Lachaise, il cimitero dei poveri.
Tra flashback e aneddoti vari, Liwa ripercorre la propria vita e quella della collettività intorno a lui, creando un indimenticabil **e spaccato di Pointe-Noire** e della sua gente, un ritratto che rivendica la lotta di classe e l’appartenenza a qualcosa di concreto. Una storia costruita in modo molto simile a _Le sette lune di Maali Almeida_ , di Shehan Karunatilaka (anche nella storia dell’autore cingalese la narrazione è in seconda persona e il protagonista è morto e non sa perché, e anche nel libro di Karunatilaka c’è una sottotraccia con un messaggio politico ben definito). Tra i tanti romanzi di Alain Mabanckou, _Sdraiati in affari_ è, a mio avviso, **uno di quelli più strutturati e riusciti.**
“ _Senza i cronisti di pugilato, il mio amore per Muhammad Ali non sarebbe sbocciato. Potreste dire che mi innamorai della scrittura più che del pugilato. Dopotutto, non ho mai visto Ali tirare di boxe. Tutto ciò che sapevo su di lui mi giungeva dalla radio; era tutto di seconda mano, sulla pagina._ ”
_**La distanza**_ **, di Ivan Vladislavić** (traduzione di Carmen Concilio; Utopia Editore), è un riuscito romanzo a due voci (e mezzo), che ruota attorno a Cassius Clay/Muhammad Ali e a due fratelli, Joe e Branko. Joe, il minore, è un lettore vorace ed è appassionato del potere iconico della boxe, Branko, il maggiore, ama il cinema e il ciclismo. I **due fratell** i vivono nella Pretoria degli anni Settanta, in un contesto piccoloborghese ma privo di televisione.
Grazie a questa mancanza, Joe imparerà la potenza della **carta stampata** e delle voci alla radio, parole e toni che lo porteranno all’infatuazione totale per Cassius Clay/Muhammad Ali, tanto da fargli raccogliere, per anni, ritagli di giornale dedicati al pugile statunitense che diviene, nel romanzo, il pretesto per raccontare la storia del **Sudafrica** e il razzismo strisciante che lo percorre, con i suoi orrori e le sue stupidità ataviche.
“ _Io mi chiamo così per via di un cavallo da corsa. L’ho saputo fin da piccolo e lo consideravo un segno di distinzione. A mio padre non feci molte domande su Gerald l’equino. Dopo la sua morte, comunque, venni a sapere da uno dei suoi fratelli che il mio eponimo da giovane era stata una promessa ma in seguito si era rivelato una tale delusione che i suoi proprietari lo avevano venduto._ ”
**_Qualcosa per il dolore_ , di Gerald Murnane** (traduzione di Roberto Serrai; Safarà Editore), è un memoir dedicato agli ippodromi, ai suoi adepti e ai rituali in essi contenuti. Murnane, che è stato definito dal _New York Times_ come "uno dei migliori scrittori di lingua inglese viventi di cui la maggior parte delle persone non ha sentito parlare", per gran parte della sua vita ha scritto di scommesse e di gare.
Bipede sedentario, Murnane, ha scritto dell’ **Australia** , e della sua avversità per lo spostamento fisico, prendendo come icona il cavallo, animale per eccellenza della corsa e del movimento. L’autore trova nel mondo dell’ippica ciò che la religione e qualsiasi altra istituzione non avrebbe mai potuto dargli, analizza la psicologia degli habitué degli ippodromi, narra la sua vita di non cavallerizzo e sviluppa in forma letteraria le sensazioni provate durante le gare. Con una scrittura ipnotica, informale e lontana dall’adulazione per un modello _mainstream_ , Murnane ha scritto **un libro intenso e originale.**
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
| Congo, Sudafrica, Australia: tre libri da leggere da tre luoghi lontani | Lunedì 18 novembre |
L'accusa di [**associazione a delinquere** ](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/04/15/padova-gli-ecoattivisti-di-ultima-generazione-indagati-per-associazione-a-delinquere/7131387/>)contro cinque attivisti dell'associazione ambientalista **Ultima Generazione** è stata **archiviata** dalla Procura di Padova. I manifestanti sono finiti sotto accusa per alcuni fatti dell’aprile del 2022, quando hanno organizzato due blocchi stradali, e del successivo mese di maggio quando hanno imbrattato un muro del **centro culturale San Gaetano** , oltre ad parete di una sede della Lega. Il blitz più contestato è stato compiuto infine nell’agosto 2022, nella Cappella degli Scrovegni con gli affreschi di Giotto.
Il gip ha ritenuto che **non ci fossero le basi** per processare gli attivisti per associazione a delinquere. Un **reato** per cui - se si è ritenuti colpevoli - si rischiano **fino a sette anni di reclusione**. Gli attivisti saranno comunque processati per **blocco stradale** , **manifestazione non autorizzata** e **mancato rispetto del foglio di via**. "Siamo soddisfatti che la Procura di Padova abbia mutato la propria valutazione dei fatti contestati - ha detto l'avvocato **Leonardo De Luca** che ha seguito Ultima Generazione. "Fin da subito avevamo evidenziato come non sussistessero i presupposti per una contestazione simile e di tale gravità".
In un comunicato, trasmesso dagli stessi attivisti alla stampa, Ultima Generazione fa sapere di "avere in serbo **grandi cose per questo maggio**. Si parte con una grande **manifestazione** **l '11 maggio a Roma**". Le proteste, continuano gli attivisti, "vanno intese come un atto dovuto **in difesa della nostra Costituzione, laddove l 'art. 9 tutela l'ambiente**, la biodiversità, gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni". E, hanno concluso nella nota: **" La nostra libertà di manifestazione è ogni giorno di più un miraggio**, appannaggio solo di chi è vicino al governo Meloni, mentre chi ha idee politiche diverse ottiene multe esorbitanti, leggi ad hoc e manganellate".
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
| Ultima Generazione, cade l'accusa di associazione a delinquere per cinque attivisti a Padova | Juventus-Milan 2-1 |
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>> Matteo Orfini, responsabile Cultura del Partito democratico e membro della segreteria nazionale, ha [anticipato al _Foglio_](<http://www.ilfoglio.it/soloqui/12226>) i contenuti di un progetto «per un nuovo Pd» che verrà presentato durante un seminario a porte chiuse organizzato a Roma il primo marzo.
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>> I promotori del documento, oltre a Matteo Orfini, sono Stefano Fassina e Andrea Orlando, il responsabile dell'Economia e il responsabile della Giustizia del Pd. A loro dovrebbero aggiungersi nei prossimi mesi i segretari regionali del Partito democratico, alcuni governatori di regione e altri esponenti della segreteria. Matteo Orfini ha spiegato di voler riscrivere «il Dna del partito»:
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>>> Il punto è che non è pensabile che il Pd debba diventare una specie di Udc un pochino più di sinistra. Non è così. Non è più così. E per questo il nostro partito dovrà prepararsi alle elezioni contrapponendosi in modo chiaro al Ppe italiano, all’Udc più il Pdl, dimenticandosi ciò che è stato il ‘Lingotto’ e configurandosi sempre di più come fosse un grande Pse italiano: anche per portare a compimento il percorso che dovrà trasformare lo stesso Partito socialista europeo nella casa di tutti i democratici europei.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Matteo Orfini e il progetto per un nuovo Pd | La Dante’s renaissance è made in China |
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> Ci sono tante cose con cui [Calvin Klein](<https://www.ilpost.it/tag/calvin-klein/>) – lo stilista americano fondatore dell'omonimo marchio e che oggi compie 75 anni – [ha lasciato un segno nella moda](<https://www.vanityfair.com/culture/2008/04/calvin200804>) degli ultimi 30 anni: quelle a cui tutti lo associamo, più o meno inconsapevolmente, sono le pubblicità estremamente sensuali e provocatorie e l'aver plasmato l'idea di bellezza ed erotismo degli anni Novanta. [Scrive](<https://www.nytimes.com/2017/10/25/fashion/calvin-klein-book-provocation.html>) Vanessa Friedman, la critica di moda del _New York Times_ , che
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>> «Nessuno ha saputo sfruttare il sesso meglio di Calvin Klein. In un'epoca precedente a internet ha costruito un'azienda di successo in tutto il mondo sulla potenza di immagini incredibilmente provocatorie. Le sue campagne pubblicitarie furono virali prima ancora che esistesse il concetto, montando sulla marea dell'indignazione e dell'ossessione per l'aspetto fisico».
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> [ ](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/calvin-klein-fashion/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/calvin-klein-fashion/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/calvin-klein1-1/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/usa-calvin-klein-advertising/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/rector-klein/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/kate-moss-e-calvin-klein/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/dustin-hoffman-44/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/guest-trump-klein/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/betty-ford-meets-calvin-klein/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/klein-ad-times-square-zipper/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/ad-billboard/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/modeschoepfer-calvin-klein-wird-70-jahre-alt/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/moda-calvin-klein/>)
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> Queste immagini di corpi seminudi – muscolosi o emaciati come nelle foto cosiddette "heroin-chic" – intensamente omoerotiche e spesso accusate di sfiorare la pornografia e la pedopornografia per la giovane età delle modelle, pubblicizzano uno stile minimale, pulito e semplice, fatto di vestiti comodi, camicie bianche, colori tenui, oltre ai celebri jeans. L'intuizione di Calvin Klein è aver messo insieme questi due ideali in apparente contrasto – stile casual e peccaminoso erotismo – per creare la nuova idea di sensualità americana: senza orpelli, comoda, quasi utilitaristica, lontana dai capi tradizionalmente sexy come pizzi, latex e volant. È per esempio facendoli indossare a Mark Wahlberg in una pubblicità con Kate Moss nel 1992 che riuscì a trasformare i suoi boxer – semplicissimi e [quasi puritani](<https://i-d.vice.com/en_us/article/nebpbd/why-calvin-klein-underwear-is-forever>), riconoscibili per il nome sull'elastico – in un capo tuttora desiderato e alla moda. Klein ha costruito questo successo lavorando con molti leggendari fotografi di moda, come Herb Ritts, Peter Lindbergh, Steven Meisel, Bruce Weber, e il risultato si può apprezzare sfogliando il libro [_Calvin Klein_](<http://amzn.to/2zPXi7S>) da poco uscito per Rizzoli New York, che lui stesso ha messo insieme in tre anni: 150 pagine che raccontano con 40 mila immagini i suoi trent'anni di carriera.
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> Le diverse copertine di _Calvin Klein_ © CALVIN KLEIN by Calvin Klein, Rizzoli New York, 2017
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> Klein, che era nato nel Bronx a New York il 19 novembre 1942, fondò l'azienda nel 1968 insieme all'amico di infanzia Barry Schwartz; all'epoca aveva 27 anni, si era laureato al prestigioso Fashion Institute of Technology di New York, e aveva lavorato come apprendista in un'azienda che produceva cappotti. Inizialmente Calvin Klein produceva solo vestiti sportivi da uomo, ma visto il successo incluse anche le linee da donna con «vestiti rilassati, facili da portare, sexy ma con un gusto sempre casual» come disse a _Vogue_ nel 1975. Il successo arrivò negli anni Ottanta, soprattutto grazie alle campagne pubblicitarie che avevano per protagonisti personaggi famosi come una 15enne Brooke Shields ritratta da Richard Avedon; in quel periodo vinse tre volte, nel 1982, 1983 e 1986, il premio come miglior stilista dal Council of Fashion Designers, il sindacato degli stilisti americani.
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> [ ](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/calvin-klein0-2/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/calvin-klein0-2/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/calvin-klein1-2/>) [](<https://www.ilpost.it/2017/11/19/calvin-klein-pubblicita-controverse/calvin-klein2-2/>)
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> Fu però negli anni Novanta che Calvin Klein divenne qualcosa di imprescindibile, probabilmente il simbolo della moda americana insieme a Tommy Hilfiger, e una delle aziende più rappresentative dello spirito degli anni Novanta grazie alle campagne pubblicitarie con Kate Moss; l'apice fu la collezione primavera/estate 1994, una perfetta espressione dell'epoca. Nel frattempo Klein divenne celebre anche per i profumi, si sposò due volte, ebbe problemi di abuso di droghe e si disintossicò. Klein si ritirò nel 2003, a 60 anni, quando vendette l'azienda per 400 milioni di dollari a PVH, un gruppo di abbigliamento americano che controlla Van Heusen, Tommy Hilfiger e le licenze di marchi come Michael Kors. Klein ha spiegato: «me ne andai perché pensavo di aver fatto tutto quello che volevo dal punto di vista creativo». Il direttore creativo è ora lo stilista belga [Raf Simons ](<https://www.ilpost.it/tag/raf-simons/>)considerato, per il suo minimalismo, un degno erede del fondatore.
>
> È un [momento delicato](<https://www.ilpost.it/tag/molestie/>) per parlare di Calvin Klein e della cultura sensualizzata che ha contribuito a creare, con gigantografie di nudi srotolate sui palazzi e manifesti con scene di sesso appesi sugli autobus, e in molti si chiedono se abbia avuto un ruolo nel favorire l'immagine oggettificata della donna. Klein, che ebbe alcune campagne censurate dalla tv americana e criticate dall'allora presidente Bill Clinton, è convinto che ci sia una grossa differenza tra promuovere delle immagini utilizzando il sesso e praticare violenza su qualcuno, e ha spiegato che le sue immagini hanno sempre voluto far sentire le donne attraenti e sono nate nella cultura degli anni Settanta: «Gli anni Settanta furono un momento davvero folle a New York. Ci fu Berlino negli anni Venti, Parigi negli anni Trenta e New York negli anni Settanta. La campagna con un'immagine orgiastica mi venne in mente mentre pensavo allo [Studio 54](<https://www.ilpost.it/2015/11/22/studio-54-new-york/>) [una delle più famose discoteche di New York, ndr]. La gente mi chiede se fosse davvero così. Probabilmente sì». Queste di seguito sono alcune delle campagne più celebri e controverse di Calvin Klein.
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> **Brooke Shields, 1981**
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> Lei aveva 15 anni e sussurrava «Sai cosa c'è tra me e i miei Calvins? Niente». Venne censurata dalle emittenti televisive americane ABC e da CBS a New York, criticata dalla giornalista femminista Gloria Steinem e _Vogue_ si rifiutò di pubblicarla. Lo slogan era di Doon Arbus, figlio della famosa fotografa [Diane Arbus](<https://www.ilpost.it/tag/Diane-Arbus/>), le foto di [Richard Avedon](<https://www.ilpost.it/tag/richard-avedon/>).
>
> **Tomás Hintnaus, 1982**
> Per la campagna di intimo maschile Klein chiamò il celebre fotografo Bruce Weber, che scattò questa foto al saltatore con l'asta olimpico Tomás Hintnaus su un tetto di Santorini, in Grecia. Era stato lo stesso Klein [a notare ](<http://www.vogue.it/en/news/vogue-arts/2017/11/07/interview-calvin-klein-vogue-italia-november-2017/>)Hintnaus mentre correva sul Sunset Boulevard di Los Angeles: lo fermò, e gli propose di posare per lui. Fu così che per la prima volta anche l'intimo maschile divenne sexy: l'immagine venne appesa su 25 autobus a due piani di New York e nella notte i poster vennero tutti rubati. Si parlò così tanto di questa pubblicità che i negozi non avevano scorte sufficienti per rispondere alle richieste dei clienti: più di 30 anni dopo il bandone elastico con il nome di Calvin Klein va ancora di moda e l'azienda continua a ingaggiare personaggi famosi ritratti in pose [sempre più sensuali](<https://www.ilpost.it/2016/05/10/pubblicita-calvin-klein/>) per reclamizzarle.
>
> **Kate Moss e Mark Wahlberg, 1992**
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> Furono fotografati dal celebre [Herb Ritts](<https://www.ilpost.it/tag/Herb-Ritts>) per pubblicizzare intimo e jeans: fece scandalo per il topless di Kate Moss, che allora aveva 17 anni. Foto di questo tipo sono ancora di moda: su Instagram l'hashtag #mycalvins mostra più di 300 mila immagini di adolescenti con addosso niente tranne i jeans Calvin Klein.
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> Klein ha raccontato come iniziò a lavorare con Kate Moss, che contribuì a rendere famosa e che è stata il volto dell'azienda negli anni Novanta:
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>> «Andai a Parigi per vedere come lavoravano gli altri stilisti, andai alle sfilate di Chanel e pochi altri, e vidi tutte quelle donne che pensavo fossero davvero speciali ed erano le stesse in ogni sfilata. Così iniziai a pensare: non sono davvero così speciali. Sempre in quel periodo molte modelle avevano iniziato a gonfiarsi il seno e fare altre cose folli ai loro corpi, cosa che trovavo piuttosto offensiva. Così tornai da Parigi pensando che dovevo fare qualcosa di diverso. Dopo un po' Patrick Demarchelier chiamò e disse che pensava di aver trovato la persona che stavamo cercando e ci mandò Kate. Aveva delle fotografie personali che Mario Sorrenti, all'epoca suo fidanzato, le aveva fatto. Allora non era neanche un fotografo professionista. Così chiesi di incontrarlo, gli diedi una macchina fotografica e li spedii su un'isola insieme».
>
> **Ancora Kate Moss, 1994**
> Calvin Klein è anche famosissimo per i profumi: questa è la pubblicità di Obsession, che mostra sempre una giovanissima Kate Moss in topless. L'idea di bellezza che promuoveva è il cosiddetto _heroin-chic_ : modelle magre e quasi emaciate, con occhiaie e un aspetto misterioso e malsano, lontano dalla bellezza salutistica degli anni Ottanta.
>
> **La campagna di Steven Meisel, 1995**
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> È una delle più controverse, realizzata da Steven Meisel e accusata di essere "teen porn", porno con adolescenti: venne criticata dall'allora presidente Bill Clinton e messa sotto indagine dal Dipartimento della giustizia americano per l'età dei modelli. Alla fine l'indagine venne chiusa visto che Klein riuscì a dimostrare che i modelli erano tutti maggiorenni; le immagini vennero comunque ritirate.
>
> **L 'intimo per bambini, 1999**
> Di nuovo la campagna pubblicitaria dell'intimo per bambini, tutta in bianco e nero, venne accusata di ricordare la pornografia infantile.
>
> **Eva Mendes, 2008**
> Un nuovo video per pubblicizzare il profumo Obsession, stavolta con Eva Mendes che si rotola a letto tra le lenzuola, mezza nuda. Lo spot venne considerato troppo provocante e censurato da alcune tv statunitensi. Mendes rispose così: «Significa che è proprio una pubblicità Calvin Klein, totalmente provocatoria e un po' controversa».
>
> **Steven Meisel, 2009**
>
> È una scena di sesso esplicita tra più persone, un'orgia insomma. L'azienda non si fece troppi problemi ad appendere una gigantografia di 15 metri su un palazzo di SoHo a New York: venne denunciata dall'Associazione delle famiglie americane e in molti si misero a boicottare il marchio, che ricevette anche 15mila mail di protesta.
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> **Lara Stone, 2011**
>
> Ha per protagonista la modella olandese Lara Stone ed è scattata da Steven Meisel per pubblicizzare il profumo CK One: facendo attenzione si legge la parola FUCK, vaffanculo, con la F composta dal tavolo, la U dalla curva del reggiseno o delle mutande e infine dalle iniziali dell'azienda.
>
> **Justin Bieber e Kendall Jenner, 2016**
> Le foto e i video sono realizzati dal filmmaker Tyrone Lebon, i protagonisti sono attori, musicisti, modelli e artisti contemporanei come il cantante Justin Bieber, la modella Kendall Jenner, il rapper Kendrick Lamar e la modella Adwoa Aboah. Come al solito è molto provocante, se n'è parlato soprattutto per il corpo di Justin Bieber.
>
> **Erotica, 2016**
> Scattata dalla fotografa Harley Weir ha per protagonisti Kendall Jenner, l’attrice Klara Kristin, l’attrice Abbey Lee Kershaw e l’artista Saskia de Brauw, ed è una delle campagne [più sensuali ed esplicite](<https://www.ilpost.it/2016/05/10/pubblicita-calvin-klein/>) degli ultimi anni. Una foto per esempio mostra un sedere nudo che spunta da un paio di jeans sbottonati, ed è l’unica immagine in cui non si conosce l’identità della modella; in un’altra Jenner stringe in mano un pompelmo tagliato in due che allude ai genitali femminili.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[ NF]: Norfolk Island
| Cosa ha cambiato Calvin Klein | Airbnb permetterà che sulla sua piattaforma ci siano gli annunci per affittare le case nei territori occupati in Cisgiordania |
Saint-Pierre-de-Clages: un nome lungo e ampolloso (troppo lungo e troppo ampolloso) per un villaggio svizzero di seicento anime, uno come tanti nel cantone francofono del Vallese. A metà strada tra le cittadine (ben più appariscenti) di Martigny e di Sion, ai piedi delle Alpi svizzere (come recitano i dépliant turistici), ammantato dagli immancabili vigneti svizzeri (ma cosa ne faranno mai di tanto vino, gli Svizzeri?), con una tipica popolazione contadina svizzera… Un piccolissimo centro, insomma, che non fa neppure Comune, non degno di nota particolare sulle guide della Confederazione, che il turista in cerca di sensazioni forti e di ricordi imperituri, potrebbe tranquillamente “saltare” sulla strada che conduce da una parte al Colle del Gran San Bernardo, dall’altra verso Zermatt o Saas-Fee.
Vero è che il minuscolo borgo ospita una chiesa romanica del XII secolo (conservata come un gioiello di famiglia) che negli anni del Terrore rivoluzionario diede rifugio ad una comunità di monaci trappisti cacciati dalla Repubblica di Robespierre, ma neppure questo, di per sé, basterebbe a fare la gloria di Saint-Pierre…
Gli è che il turista attirato per qualche motivo a Saint-Pierre scopre – e qui la scoperta si fa sensazionale – che il villaggio “contiene” ben cinque librerie aperte tutto l’anno (quante librerie dovrebbe avere una media città di provincia italiana per rispettare la proporzione?) e che perdipiù i gestori di tali librerie sono amanti puri del Libro, con scaffali ricolmi di libri altrove introvabili, di rarità, di stranezze, pronti oltretutto ad offrire consigli, a chiacchierare con i clienti, a cercare (o a promettere che cercheranno) il libro che insegui da anni, insensibili all’ultima novità di successo, agli instant books, alle hit parades dell’industria editoriale mondiale… “Purtroppo (“malheureusement”) – mi dice l’ attempata proprietaria della prima libreria che visito, una sorta di seminterrato dove ci si muove a fatica tra pile di libri da sistemare, da inventariare – ora siamo rimasti soltanto in cinque; un collega ha chiuso di recente… Con i tempi che corrono…”.
Un posto così quale festa poteva mai inventare? Chi rispondesse “Una festa del Libro” avrebbe indovinato (e vinto un libro…) ma non è sufficiente: non si tratta di un festival del libro qualunque, ma di qualcosa di molto più particolare: il Libro da festeggiare dovrà possedere tre caratteristiche: in primo luogo, essere un Libro “vero” (di carta! i libroidi sono razzisticamente esclusi); in secondo luogo, essere scritto o tradotto in lingua francese; in terzo, dovrà essere usato (meglio ancora se letto) da qualcuno.
A questa triplice condizione, Saint-Pierre-de-Clages da ventisei anni (ininterrotti) festeggia il suo amore per la passione incartata: ogni anno, l’ultimo fine settimana di Agosto per tre giorni, cinquanta espositori si sistemano sull’arteria principale del paese (l’unica!) ed espongono di tutto: da Molière alle bandes dessinées, dai classici della filosofia ai ricettari, dai libri per ragazzi alle enciclopedie storiche, dagli studi teologici (di tutte le teologie) ai volumi gloriosi della Pléiade… Attorno, tutto attorno, per tre giorni manifestazioni per i cultori della religione del Libro: caffè degli scrittori, presentazioni, incontri, dibattiti, i “Mestieri del Libro” (quest’anno invitato lo “Studio Restauro Wick” di Firenze). E il pubblico, ogni anno, arriva: dagli altri cantoni francofoni (Vaud, Neuchâtel soprattutto), dalla non lontanissima Francia, qualcuno (perfino) dalla vicinissima Italia.
Rientrando a casa con il mio piccolo bottino (dodici libri, uno per ogni mese dell’anno, fino all’anno prossimo) noto che il paese è lindo come lo era di primo mattino: non una plastica, non un avanzo di panino, le vigne sono intatte. Siamo in Svizzera, signori.
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| Saint-Pierre-de-Clages | Si temono 100 morti in un naufragio in Libia |
Da diverso tempo le forze di pace delle Nazioni Unite sono [accusate](<https://www.washingtonpost.com/world/africa/un-says-some-of-its-peacekeepers-were-paying-13-year-olds-for-sex/2016/01/11/504e48a8-b493-11e5-8abc-d09392edc612_story.html>) di commettere abusi sessuali contro le donne dei paesi in cui sono inviate per delle operazioni di "protezione". Negli ultimi anni sono stati denunciati casi del genere in Mali, Sud Sudan, Liberia e Congo, ma ci sono testimonianze di abusi da parte dei caschi blu almeno dal 1990 nelle missioni di pace in Bosnia-Erzegovina, Cambogia, Timor Est, Haiti e Sierra Leone. Le notizie più recenti riguardano la Repubblica Centrafricana, che avrebbero sfruttato sessualmente delle bambine anche di tredici anni.
I fatti sarebbero avvenuti in un campo per sfollati vicino all'aeroporto internazionale di Bangui, la capitale del paese. Nel campo, chiamato M'poko, vivono circa 20 mila persone in un agglomerato di tende bianche piantate intorno a vecchi aeroplani. Le Nazioni Unite non hanno parlato della nazionalità dei soldati accusati e non hanno fornito pubblicamente dettagli sui presunti abusi; ma il _Washington Post_ , che cita dei funzionari delle Nazioni Unite che hanno voluto mantenere l'anonimato perché le indagini sono ancora in corso, scrive che le forze di pace coinvolte provengono da Gabon, Marocco, Burundi e Francia. Lo sfruttamento si basava sull'offerta di somme che andavano dai 50 centesimi ai tre dollari.
Negli ultimi quattordici mesi, sempre nella Repubblica Centrafricana, i caschi blu sono stati coinvolti in altri 22 casi di presunta violenza o sfruttamento sessuale (le vittime erano donne, bambine anche di 12 dodici anni e bambini di età compresa tra i 9 e i 15 anni). Nella Repubblica Centrafricana le Nazioni Unite sono state inviate nel 2014 per contribuire a porre fine alla guerra civile con un'operazione chiamata MINUSCA. «Le sanzioni saranno esemplari per coloro che si sono resi colpevoli di abusi sessuali, non appena sarà fatta luce su questi fatti incresciosi», ha detto Parfait Onanga-Anyanga, capo della missione dell’ONU nella Repubblica Centrafricana dallo scorso agosto, quando il segretario Generale Ban Ki-moon aveva chiesto le dimissioni del suo predecessore a seguito di una serie di denunce per violenze sessuali nei confronti di minori da parte di caschi blu.
Le Nazioni Unite sono presenti in Africa con nove operazioni di pace che coinvolgono più di 100 mila persone tra militari e civili, e queste accuse rischiano di minacciare la legittimità del loro lavoro e dell'organizzazione stessa. Qualche mese fa Ban Ki-moon aveva definito queste accuse «un cancro nel nostro sistema» e si era impegnato in una politica di "tolleranza zero". Lo scorso dicembre le Nazioni Unite avevano pubblicato un [rapporto](<http://www.un.org/News/dh/infocus/centafricrepub/Independent-Review-Report.pdf>) indipendente molto atteso su questi crimini. Nell'indagine si legge che la scarsa applicazione delle politiche in atto per scoraggiare e segnalare gli abusi ha fatto in modo che «la credibilità delle operazioni delle Nazioni Unite e il mantenimento della pace siano in pericolo». La relazione chiede anche che le Nazioni Unite comincino a trattare lo sfruttamento e gli abusi sessuali per quello che sono: crimini e violazioni dei diritti umani, piuttosto che valutarli come problemi di condotta o disciplina.
Commentando il rapporto, Sarah Taylor di _Human Rights Watch_ ha [scritto](<https://www.hrw.org/news/2015/12/22/dispatches-year-reckoning-sexual-abuse-un-peacekeepers>) che nonostante i proclami, le nuove politiche e le varie indagini nel corso degli anni, quello della trasparenza non è stato un obiettivo che si possa definire raggiunto. Non è semplice scoprire né le accuse, né contro chi sono state rivolte, né se abbiano poi portato a indagini o azioni penali. Spesso, spiega Taylor, «i presunti autori delle violenze sono mandati a casa prima di intraprendere nei loro confronti qualsiasi tipo di azione. Le vittime sono spesso lasciate allo sbando, ricevono poca assistenza in termini di servizi medici, di consulenza o di sostegni finanziari e si hanno pochissime informazioni sull'avanzamento dei loro casi». Ancora più problematico, secondo diversi esperti, è il fatto che il perseguimento dei presunti colpevoli spetta ai governi dei paesi che forniscono le forze di pace e che spesso questi governi non lo fanno con determinazione. La percezione diffusa è insomma che ci sia impunità nei confronti di chi commette degli abusi.
Il numero dei presunti casi di sfruttamento e abusi sessuali commessi dal personale delle Nazioni Unite è sceso rispetto a qualche anno fa: nel 2008 erano stati segnalati 83 casi, nel 2014 invece 51. Questa, secondo i funzionari delle Nazioni Unite, sarebbe la prova di un intervento sempre più efficace su questi crimini. Ma i critici dicono che quei numeri sono incompleti e che molti casi i fatti non vengono denunciati: le vittime potrebbero temere ritorsioni da parte dei responsabili, che in alcuni casi sono soldati e portano un'arma.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
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*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Ci sono nuove accuse di abusi sessuali contro i soldati delle Nazioni Unite | Giovedì 17 dicembre |
>>
>> Mercoledì il Tribunale dell'Unione Europea, uno dei due organi giurisdizionali della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ha revocato l'immunità parlamentare all'ex presidente della Catalogna, ora deputato del Parlamento Europeo, Carles Puigdemont; la decisione riguarda anche altri due eurodeputati catalani, Antoni Comín e Clara Ponsatí.
>>
>> Puigdemont era stato eletto al Parlamento Europeo assieme a Comín e Ponsati nel 2019, ottenendo l’immunità prevista dalle norme europee. Grazie a quella erano stati protetti dalle richieste di estradizione che il Tribunale supremo spagnolo aveva avanzato nei loro confronti: erano accusati infatti insieme ad altri leader indipendentisti catalani di avere elaborato un piano per la secessione della Catalogna dalla Spagna con la [proclamazione dell’indipendenza](<https://www.ilpost.it/2017/10/27/dichiarazione-indipendenza-catalogna-voto-parlamento/>) da parte del parlamento catalano in seguito al [referendum dell’ottobre 2017](<https://www.ilpost.it/2017/10/01/referendum-catalogna-voto-indipendenza/>) (considerato illegale dallo stato spagnolo).
>>
>> Il Tribunale dell'Unione Europea si è espresso in merito a un ricorso presentato da Puigdemont, Comín e Ponsati contro una decisione con cui il Parlamento Europeo nel marzo del 2021 aveva deciso autonomamente iniziativa di revocare l'immunità dei tre. Nel frattempo nel maggio del 2022 la Corte di giustizia (l'altro organo che compone la Corte di giustizia dell'Unione Europea insieme al Tribunale) [aveva però ordinato](<https://elpais.com/espana/2022-05-24/la-justicia-europea-restituye-la-inmunidad-a-puigdemont-de-forma-cautelar.html>) di ripristinare provvisoriamente la loro immunità parlamentare: l'ordine della Corte ha cessato di avere efficacia con la decisione di mercoledì. L'ex presidente della Catalogna ha annunciato sul proprio profilo Twitter che presenterà ricorso.
>>
>> Dopo la revoca dell'immunità il Tribunale supremo spagnolo potrebbe emettere un nuovo mandato di arresto europeo nei confronti di Puigdemont, Comín e Ponsati, che attualmente vivono in Belgio, paese che in passato aveva già negato la loro estradizione.
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| Il Tribunale dell'Unione Europea ha revocato l'immunità da europarlamentare all’ex presidente catalano Carles Puigdemont | Davvero Mohamed Salah ha preso “oltre un milione di voti” alle presidenziali in Egitto? |
>
> Il 26 dicembre del 1968, all’Auditorium Arena di Denver, in Colorado, era in programma un concerto dei Vanilla Fudge, una popolare band di rock psichedelico che aveva già pubblicato tre dischi. Dieci giorni prima di quel concerto un agente dei Led Zeppelin, una band inglese formatasi da poco, chiamò l’organizzatore per convincerlo a far suonare anche loro prima dell'altro gruppo spalla, gli Spirit. Dopo un primo rifiuto, l'organizzatore e l’agente trattarono sui soldi e alla fine i Led Zeppelin furono coinvolti. Quando dal palco vennero annunciati «ci fu una modesta quantità di applausi, quelli che si fanno per educazione. Poi, Robert Plant, il frontman, iniziò a cantare e tutti rimasero di sasso. Francamente, non so come fecero gli Spirit a suonare dopo di loro. Non ci voleva un genio per capire che gli Zeppelin avrebbero spaccato tutto. Gesù, la gente andò fuori di testa».
>
> Fu il primo concerto dei Led Zeppelin negli Stati Uniti: negli anni successivi la band inglese divenne leggendaria e tra le più famose del mondo, con Plant come frontman per tutti i suoi dodici anni di attività, fino al 1980, anno in cui i Led Zeppelin si sciolsero dopo la morte di uno di loro, il batterista John Bonham.
>
> _Oggi, nel giorno del settantesimo compleanno di Plant, che dopo i Led Zeppelin ha fatto tante altre cose, vale la pena riascoltare le quattordici canzoni migliori della sua band, quelle che il peraltro direttore del Post Luca Sofri aveva scelto per il suo libro[Playlist, la musica è](<http://amzn.to/2xOSChb>)[ cambiata.](<http://amzn.to/2xOSChb>)_
>
> **Led Zeppelin _(1968 -1980; Londra, Inghilterra)_**
>
> Passano come i papà dell’hard rock (e i Deep Purple le mamme), ma è un’immagine assai riduttiva: nessuno dei loro emuli ha mai saputo fare canzoni altrettanto immediate e ascoltabili (e altrettanto varie e complesse). Erano quattro, leggendari, e avevano preso il nome da una battuta di Keith Moon degli Who a proposito del progetto di una superband («bella idea, precipiterà come un dirigibile di piombo», “a lead zeppelin”). Tutto il repertorio mitico del rock degli anni Settanta – groupies, aerei privati, concerti massacranti, droga, risse, alberghi distrutti – erano loro, i Led Zeppelin. Si sono riuniti per una tournée nel 2008, con il figlio di John Bonham al suo posto.
>
> **Babe, I’m gonna leave you**
> (Led Zeppelin I, 1969)
>
> Il primo disco dei Led Zeppelin, nel 1969, suggerì al rock che si poteva tenere un piede nella staffa delle ballate acustiche e uno in quella del fracasso virtuosistico, contemporaneamente: qui, in un’esecuzione lunga e teatrale della parte dell’uomo che non ce la fa a restare fermo in questo posto. “Babe I’m gonna leave you” era un pezzo folk scritto da Annie Bredon, e già cantato da Joan Baez. I Led Zeppelin lo spacciarono a lungo come “tradizionale” prima di riconoscere all’autrice ciò che era suo.
>
> **Thank you**
> (II, 1969)
>
> I Led Zeppelin hanno sempre attinto molto ai canoni classici, sia per la musica che per i testi: “se il sole non splendesse più, ti amerei lo stesso”. “Thank you” fu scritta da Robert Plant per sua moglie. L’organo finale ritorna in una postilla di una manciata di secondi, dopo una lunga pausa. Ne fece poi una cover Tori Amos.
>
> **Tangerine**
> (III, 1970)
>
> “Tangerine” risaliva ai tempi in cui Jimmy Page stava con gli Yardbirds, la band a cui appartennero anche Jeff Beck ed Eric Clapton, e da cui poi nacquero i Led Zeppelin.
>
> **Stairway to heaven**
> (IV, 1971)
>
> Prima che i miti divenissero dinosauri, “Stairway to heaven” vinceva tutte le classifiche per la più grande canzone rock della storia. Una specie di idolo adorato, che condensava formidabilmente la passione dei fans per un bel baccano rock e la loro vena sentimentale. Allora c’era sempre quello che sapeva suonare la prima parte di “Stairway to heaven”, e di solito giravano in due: lui, e quello che sapeva rollare le canne (nel film Wayne’s world ci si scherza su, allestendo un divieto di suonare “Stairway to heaven” in un negozio di strumenti musicali). La canzone è divisa in due: una ballata che ora suona persino troppo sdolcinata, e poi uno spettacolo sensazionale di chitarre elettriche e batteria, di potenza eterna. Il titolo era una citazione biblica, ma altri riferimenti del tema spirituale sono più paganamente celtici (oltre a cose di occultismo, che hanno dato luogo a grandi speculazioni sui messaggi satanici registrati all’incontrario, le solite cose). L’attacco era stato copiato da “Taurus” degli Spirit, che avevano suonato in tournée con i Led Zeppelin.
>
> **The song remains the same**
> (Houses of the holy, 1973)
>
> Jimmy Page che si diverte come un matto, in uno schitarramento leggendario. Robert Plant canta che a momenti pare Peter Gabriel ai primi tempi, grazie a un ritocco durante la produzione. “The song remains the same” divenne il titolo di un famoso film-concerto dei Led Zeppelin, ripreso al Madison Square Garden nel 1973.
>
> **The rain song**
> (Houses of the holy, 1973)
>
> Una leggenda vuole che George Harrison avesse detto a Jimmy Page che i Led Zeppelin erano una grande band ma avrebbero dovuto scrivere qualche ballata romantica in più. E loro fecero “The rain song”, meravigliosa: che in effetti ha persino momenti beatlesiani, troppa grazia. Ma dura sette minuti e la sua parte più forte è quella centrale, strumentale e ipnotica.
>
> **Over the hills and far away**
> (Houses of the holy, 1973)
>
> Il procedimento è ancora quello di “Stairway to heaven”. Una prima parte dolce e acustica con un grande giro di chitarra, e poi bùm!, e che bùm! E John Paul Jones che fa una grande cosa di basso. Poco tempo dopo, la voce di Plant non avrebbe più saputo raggiungere questi acuti e le esecuzioni dal vivo le avrebbero preso le misure.
>
> **D’yer mak’er**
> (Houses of the holy, 1973)
>
> Un fantastico trastullo reggae, in cui John Bonham picchia sulla batteria tutto il tempo, che chissà come hanno fatto poi a spegnerlo. Il titolo viene dalla trascrizione di un intraducibile gioco di parole (si pronuncia come “jamaica”) alla base di una vecchia barzelletta.
>
> **Kashmir**
> (Physical graffiti, 1975)
>
> Capolavoro ansiogeno e teatrale, tutto in salita con influenze orientali varie, e che Robert Plant ha definito la più efficace spiegazione della sua band. Quando Puff Daddy ne fece una specie di cover per la colonna sonora di Godzilla fu l’unica volta in cui i Led Zeppelin frequentarono una notorietà moderna, mentre il resto del loro repertorio è totalmente trascurato dal giro contemporaneo: per le loro canzoni nessuna cover, nessuno spot, nessuna ripresa in un film, nessun campionamento.
>
> **Ten years gone**
> (Physical graffiti, 1975)
>
> Esibizione chitarristica che a momenti ricorda “Band on the run” dei Wings: i dieci anni di cui si parla sono quelli passati da quando la ragazza di Robert Plant gli disse “o me o la musica”. Lui scelse come si sa, ma la sogna ancora; lei va’ a sapere come si è sistemata.
>
> **Down by the seaside**
> (Physical graffiti, 1975)
>
> I Led Zeppelin che si divertono a fare i Beach Boys (per la precisione, la canzone è tutta una citazione di “Down by the river” di Neil Young). Poi a un certo punto si stufano, e mettono a ferro a fuoco la spiaggia: pare di vedere i surfers in braghette che corrono a cercare rifugio dietro le sdraio. Roba di pochi secondi, come le trombe d’aria che portano via gli ombrelloni, poi torna la pace.
>
> **Fool in the rain**
> (In through the out door, 1979)
>
> Papa-papà parara, papa papà parà… Al loro ultimo disco ( John Bonham morirà soffocato dopo un abuso di alcool, l’anno seguente), i Led Zeppelin ormai facevano altro: pianoforte e addirittura impazzimenti carioca con i fischietti e tutto. Anche se a un certo punto gli scappava sempre la mano su chitarre e batteria.
>
> **All my love**
> (In through the out door, 1979)
>
> I Led Zeppelin che fanno una canzone: con le strofe, il refrain, un suono buono per le radio, tutto quanto. Roba di tastiere, John Paul Jones in primo piano. Dedicata al figlio di Robert Plant, che era morto a cinque anni per un’infezione respiratoria.
>
> **I’m gonna crawl**
> (In through the out door, 1979)
>
> Pezzone soul che concludeva l’ultimo disco della band. Anche il titolo, il testo (“I get down on my knees”) e come Plant la canta, sono tutte fedeli e sapienti citazioni del repertorio soul. Certo, poi Jimmy Page non è che lo si potesse ammanettare.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| 14 canzoni per i 70 anni di Robert Plant | Alle elezioni in Lettonia ha vinto il centrodestra |
>>
>> Oggi [Facebook debutta in borsa](<https://www.ilpost.it/2012/05/18/12-cose-su-facebook-e-la-borsa/> "12 cose su Facebook e la Borsa"), a Wall Street. La società aveva annunciato la propria offerta pubblica iniziale a febbraio e, secondo gli analisti, il valore delle sue azioni fissato a 38 dollari potrebbe aumentare considerevolmente già nelle prime ore di contrattazione. La società dovrebbe raccogliere 16 miliardi di dollari grazie alla propria quotazione in borsa e il suo valore di mercato complessivo dovrebbe arrivare intorno ai 104 miliardi di dollari.
>>
>> Grafico perFTSE MIB \(FTSEMIB.MI\)
>>
>> (fonte: [Yahoo! Finanza](<http://it.finance.yahoo.com/echarts?s=FB#symbol=fb;range=1d;compare=;indicator=volume;charttype=area;crosshair=on;ohlcvalues=0;logscale=off;source=;>))
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*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Quanto valgono le azioni di Facebook | Fa più caldo e spunta la prima neve |
Il _Guardian_ dice che nei Panama Papers è coinvolto anche Gianni Infantino, attuale presidente della FIFA: quando era capo dei servizio legali della UEFA avrebbe avuto un ruolo in accordi relativi ai diritti tv affidati a società off shore. Infantino aveva sempre negato di essere coinvolto in quella vicenda che aveva portato alle dimissioni dell'ex presidente della FIFA Sepp Blatter.
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| Il Guardian dice che nei Panama Papers è coinvolto anche Gianni Infantino, presidente della FIFA: avrebbe avuto un ruolo in accordi relativi ai diritti tv affidati a società off shore | Il caso dell'Inter spiega molte cose del calcio femminile in Italia |
Alcuni mesi fa _National Geographic_ ha raccontato in un documentario le morti e i pericoli corsi da centinaia di lavoratori in Bangladesh che si occupano dello smantellamento di navi di grandi dimensioni provenienti da diverse parti del mondo. Il Bangladesh [è il primo paese al mondo](<http://ngm.nationalgeographic.com/2014/05/shipbreakers/gwin-text>) per quantità di navi accolte per questo genere di lavoro, principalmente per i costi inferiori rispetto ad altri paesi che rispettano standard di sicurezza. Nel 2013 sono state smantellate in Bangladesh 194 navi. Nel porto di Chittagong, sul Golfo del Bengala, si trovano 80 cantieri di demolizione distribuiti lungo circa 13 chilometri di costa, intorno ai quali ci sono recinti di protezione e guardie che impediscono l'accesso ai cantieri per i non lavoratori. Da tempo i gestori dei cantieri sono accusati da diversi media internazionali di anteporre i propri interessi economici alla sicurezza dei lavoratori. Ogni giorno uomini di diverse età, anche molto giovani (sfruttando le loro piccole dimensioni), si occupano di tutte le fasi dello smantellamento della nave correndo grandi rischi per la propria vita e la propria salute.
Il documentario è stato girato per _National Geographic_ dal fotografo e documentarista statunitense [Mike Hettwer](<http://www.hettwer.com/>). Molte delle navi destinate alla demolizione per il recupero dei materiali risalgono agli anni Ottanta e hanno tra i 25 e i 30 anni di vita: fanno questa fine perché il costo per la loro manutenzione è superiore ai possibili profitti derivanti dal loro utilizzo. I pericoli principali per i lavoratori sono dovuti all'eventualità non infrequente che grosse e pesanti parti delle fiancate, staccandosi dal blocco unico, precipitino sui lavoratori stessi che si occupano del taglio dei metalli. Altri rischi significativi per la salute in genere ricorrono nelle prime fasi dello smantellamento, quando alcuni lavoratori sono incaricati del taglio dei metalli delle fiancate dall'interno della nave, tramite fiamma ossidrica e senza maschere di protezione. Durante questa operazione vengono liberate sostanze tossiche molto nocive, perché le navi sono spesso costruite con materiali come l'amianto e il piombo.
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*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Dove vengono demolite le grandi navi | L'Albania delle minoranze |
_Mauro Pistis, avvocato, è da decenni impegnato a documentare la più grave delle tante tragedie verificatesi nelle miniere di Sardegna. Grazie ad una sua proposta, La Presidenza della Repubblica ha onorato le centinaia di minatori morti nel Sulcis con una medaglia al valore civile. La tragedia nella miniera carbonifera di Schisòrgiu (Giampaolo Cirronis editore) rinnova il ricordo di quattordici vite umane, schiacciate e obliate dalla propaganda fascista._
**Dottor Pistis, la vicenda che Lei racconta in questo libro, smaschera quanti e quali miti sul fascismo?**
In un certo senso, smaschera proprio il mito più importante, quello dell’interventismo economico, che non ebbe affatto l’efficienza auspicata o propagandata dal regime. Il fascismo investì moltissimo nei centri abitati industriali e minerari, usando la più avanzata tecnologia allora disponibile. Furono messi in campo copiosi finanziamenti per ottenere la massima produzione possibile. Eppure, con la caduta del fascismo e con l’apertura dei mercati internazionali, il fallimento della politica autarchica emerse in maniera evidente.
**In che senso parla di fallimento?**
Il carbone del Sulcis, estratto nella zona di Carbonia, senza i suddetti aiuti pubblici, derivanti da una politica di protezionismo statale, si dimostrò subito di pessima qualità rispetto agli altri carboni presenti sul mercato internazionale. Era antieconomico, aveva costi di produzione elevatissimi e non veniva mai richiesto e venduto al di fuori del nostro Paese.
**Lei ci racconta della produzione febbrile e irresponsabile cui venivano sottoposte le miniere del Sulcis e di Arsia, in Istria, entrambe gestite da un’unica organizzazione pubblica statale, l’A.CAI, l’azienda carboni italiani …**
Le miniere di lignite dell’Arsa e del Sulcis furono sottoposte a uno sfruttamento intensivo. La produzione raggiunse in breve tempo il milione di tonnellate di carbone all’anno per Bacino carbonifero, con il conseguente incremento degli incidenti minerari (spesso mortali). Furono impiegati nei due bacini, dal 1935 al 1943, migliaia di dipendenti fino a raggiungere quasi 30.000 addetti.
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**In questa produzione febbrile e irresponsabile naturalmente si sacrificò la sicurezza dei lavoratori …**
Il maggior numero di infortuni avvenne proprio nel brevissimo periodo del regime fascista, quando si attuò il famigerato metodo o sistema “Bedaux”. Questo si basava sulla stima della quantità di lavoro che un operaio era in grado di compiere, con un certo sforzo, in un minuto, chiamato anche “60 di passo”. Un minatore doveva raggiungere il cosiddetto “60 di passo”, cioè doveva trasportare un determinato numero di carrelli, caricare una certa quantità di minerale, scavare un determinato numero di metri …
**Se l’operaio non fosse riuscito a raggiungere il “passo?**
Sarebbe stato licenziato.
**Che cosa avvenne a Schisòrgiu in quel martedì di ottobre del 1937?**
Avvenne l’incidente più grave e temuto che possa verificarsi in una miniera di carbone: “un colpo di polveri”. In determinate condizioni, le polveri sottili di carbone sospese in aria, bruciano rapidamente e violentemente, provocando una deflagrazione che può trasmettersi a distanza anche di decine di chilometri dal punto di innesco. Quel giorno accadde proprio questo. Morirono quattordici minatori e ne rimasero feriti otto. Nove morirono immediatamente, altri cinque nei giorni successivi. Non sopravvissero alle terribili ustioni e alle lesioni prodotte dai gas venefici inalati ad alta temperatura.
**A cosa erano dovuti gli incidenti?**
L’Ing. Enrico Cori, Capo del Distretto Minerario, in una missiva che io ho avuto modo di studiare, elencava tre cause fondamentali: il rapido incremento della produzione carbonifera giornaliera, l’impiego di manodopera non specializzata e la deficienza di personale tecnico direttivo.
**Che differenze ha trovato tra i documenti ufficiali e quelli originali e riservati?**
In base all’art. 41 del _Regolamento 10 gennaio 1907, per l’applicazione della legge 30 marzo 1893 n. 184 sulla Polizia delle miniere, delle cave e delle torbiere_ , si aveva l’obbligo di redigere il Verbale di Constatazione di Infortunio sugli incidenti minerari sia mortali sia con soli feriti, e di inviarlo a diverse autorità. Eppure, nessun dirigente minerario fu mai ritenuto responsabile, fu mai sottoposto ad indagine giudiziaria, mai processato e quindi mai condannato, perché nel Verbale di Constatazione di Infortunio si attribuiva quasi sempre la causa dell’incidente alla fatalità, oppure all’imperizia dei minatori, che non avevano osservato le norme regolamentari oppure rispettato le disposizioni gerarchiche dei superiori.
**È vero che Schisòrgiu aveva una camera mortuaria?**
Tutte le miniere carbonifere ne avevano una. Questo significa che il rischio era presente e tollerato come fatto di normale amministrazione.
**Chi erano e da dove provenivano i minatori di Carbonia e delle sue frazioni?**
Provenivano da diverse parti d’Italia (quasi tutte le province italiane di allora erano rappresentate). Mantenevano la cultura, la tradizione e il dialetto nell’ambito familiare o nel gruppo di paesani presenti in città. La lingua italiana, con la tipica inflessione dialettale, era utilizzata nei rapporti con le autorità e al di fuori delle comunicazioni familiari. Ma il terribile sfruttamento subìto fece di questa massa eterogenea di cittadini una vera comunità, unita e solidale, resa più compatta dalle numerose lotte per il lavoro e la sicurezza e poi dai matrimoni misti.
**Di tutto questo mondo sotterraneo, di questo ipogeo infernale, che cosa è rimasto nella realtà e nella memoria della Sardegna?**
Esclusa la miniera ancora attiva di Nuraxi Figus, nel complesso minerario di Monte Sinni, gli impianti minerari e industriali del Bacino carbonifero del Sulcis sono oggi dismessi o abbandonati.
**Orwell scrisse che il lavoro del minatore è così “esageratamente orribile, così virtualmente necessario, così lontano dalla nostra esperienza, così invisibile (…) che siamo capaci di dimenticarlo come dimentichiamo il sangue che ci scorre nelle vene” …**
La teoria che il lavoro del minatore fosse molto pericoloso e tanto terribile fu sostenuta, nel tempo, da molti politici, poeti e letterati (Giuseppe Ungaretti, Carlo Bo, Leone Piccioni, Domenico Rea, Giorgio Caproni), i quali giunsero nelle miniere di Carbonia nel 1955. Ma questa concezione un po’ pietistica fu sempre rifiutata dalla gran massa dei minatori e dalle loro organizzazioni sindacali, che avevano sempre rivendicato un lavoro in sicurezza adeguatamente pagato. In realtà, la vita del minatore, per quanto terribile e pericolosa, veniva scelta da molti sardi perché il lavoro da contadino o pastore non dava garanzia di sopravvivenza in quel periodo.
Foto [Youtube | ](<https://www.youtube.com/watch?v=TFQFhov2bZM>)[Giampaolo Cirronis](<https://www.youtube.com/@giampaolocirronis3673>)
| "La tragedia nella miniera carbonifera di Schisòrgiu" di Mauro Pistis | Potevo essere io, Elliot Rodger |
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>> Nuove analisi sull’andamento della pandemia in Israele confermano i [dati incoraggianti sull’effetto della vaccinazione](<https://www.ilpost.it/2021/01/22/vaccino-coronavirus-effetti-efficacia/>), avviata nel paese lo scorso 19 dicembre. Oltre un terzo della popolazione in Israele (9 milioni in tutto) ha ricevuto almeno una dose del vaccino contro il coronavirus di Pfizer-BioNTech, e circa il 20 per cento degli abitanti ha già completato la vaccinazione ricevendo anche la seconda dose. Israele è di gran lunga il paese in cui la campagna vaccinale è proceduta più speditamente, al punto da essere diventato una sorta di grande laboratorio per valutare l’efficacia del vaccino più impiegato finora negli Stati Uniti e nell’Unione Europea.
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>> Secondo un’analisi realizzata presso l’Istituto Weizmann per le Scienze (Rehovot), i casi di COVID-19 stanno diminuendo in modo significativo tra le persone con più di 60 anni di età, tra le prime interessate dalla campagna vaccinale in Israele. Il dato più rilevante è una riduzione del 26 per cento nei ricoveri per questa fascia di età, rispetto al picco che era stato fatto registrare il 19 gennaio scorso. Lo stesso non è avvenuto nella fascia di età 40-59 anni, a priorità più bassa nella vaccinazione e quindi con accesso ancora limitato ai vaccini. In questa fascia, i casi gravi di COVID-19 sono aumentati del 13 per cento.
>>
>> I ricercatori ritengono che sia stato il vaccino ad avere questi effetti positivi negli individui con più di 60 anni di età, rispetto al nuovo lockdown deciso a fine dicembre dal governo israeliano e poi reso ancora più severo a inizio gennaio. Un ulteriore miglioramento dei dati nelle prossime settimane dovrebbe fornire conferme a queste prime valutazioni, che vanno naturalmente prese in considerazione con qualche cautela.
>>
>> **– Leggi anche:** [Gli anticorpi monoclonali contro la COVID-19](<https://www.ilpost.it/2021/02/04/anticorpi-monoclonali-covid-19-coronavirus/>)
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>> Israele ha intensificato la campagna vaccinale, arrivando a vaccinare il 2 per cento della popolazione quotidianamente per diversi giorni, ma la strada è ancora lunga. Il 65 per cento delle persone con più di 60 anni ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino di Pfizer-BioNTech. La prima dose è stata distribuita a meno di un terzo degli individui con più di 30 anni, ritenuti meno a rischio nel caso in cui sviluppino i sintomi da COVID-19.
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>>> Israel: Early signs of vaccine effectiveness on pandemic dynamics
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>>> The 60+ years old (first to vaccinate), in the past 3 weeks:
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>>> ~41% less cases
> ~31% less hospitalizations
> ~24% less critically ill
>>>
>>> Preprint (1st rushed version): <https://t.co/0v1N3jg22v>
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>>> *** Not peer reviewed *** [pic.twitter.com/Y5hcsPNec2](<https://t.co/Y5hcsPNec2>)
>>>
>>> -- Eran Segal (@segal_eran) [February 3, 2021](<https://twitter.com/segal_eran/status/1357073473097658369?ref_src=twsrc%5Etfw>)
>>
>> Israele ha potuto vaccinare così in fretta anche grazie a una massiccia fornitura di dosi da parte di Pfizer-BioNTech. Nei mesi scorsi il governo israeliano aveva infatti stretto un accordo per avere forniture ingenti, in cambio di una collaborazione scientifica per fornire più dati alle due aziende farmaceutiche, utili per analizzare l’andamento del vaccino nella comunità e confrontare i dati con quelli ottenuti nei test clinici. Durante la sperimentazione, il vaccino di Pfizer-BioNTech aveva fatto rilevare un’efficacia del 95 per cento nel proteggere dalla COVID-19, ma di solito l’efficacia nella comunità - quindi su un numero molto più alto di persone rispetto ai test clinici - tende a essere inferiore.
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>> Il vaccino sembra confermare la propria capacità di proteggere dalla COVID-19, mentre è presto per dire se riduca la diffusione del coronavirus e quindi il rischio di nuovi contagi. Sui risultati della campagna vaccinale in Israele stanno inoltre influendo altri fattori. Il governo ha chiuso l’unico aeroporto internazionale del paese lo scorso 24 gennaio, quando ormai si erano già diffuse alcune varianti che sembrano rendere più contagioso il coronavirus.
>>
>> Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha mostrato una certa riluttanza nel riprendere o sanzionare chi non rispetta le regole del lockdown, per esempio per motivi religiosi. In primavera ci saranno le elezioni politiche e Netanyahu vorrebbe arrivarci con il maggior numero possibile di vaccini somministrati, anche per sfruttare politicamente l’eventuale risultato raggiunto.
>>
>> **– Leggi anche:** [L’ultima speranza della sinistra israeliana](<https://www.ilpost.it/2021/02/04/lultima-speranza-della-sinistra-israeliana/>)
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| In Israele la vaccinazione sembra funzionare | Gli affari sono una scelta di campo |
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>>>> È già in viaggio la squadra italiana che rappresenterà il nostro paese alle XXI [Olimpiadi Internazionali di Astronomia](<http://www.issp.ac.ru/iao/>), che si terranno a Pamporovo, in Bulgaria, dal 5 al 13 ottobre. Pamporovo è una moderna località sciistica, situata nel cuore dei monti Rodopi, a 85 km da Plovdiv, la seconda città per numero di abitanti della Bulgaria.
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>>>> [Il team in partenza, al gate per il volo verso Sofia. Da sinistra: Vincenzo Sorrentino, Lorenzo Pica Ciamarra, Pietro Benotto, Augusto Giuseppe Suraci, Maria Pia Di Mauro, Jacopo Guoyi Chen, Flavio Salvati, Gaetano Valentini.](<https://www.media.inaf.it/wp-content/uploads/2016/10/team-olympic.jpg>)
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>>>> Il team in partenza, al gate per il volo verso Sofia. Da sinistra: Vincenzo Sorrentino, Lorenzo Pica Ciamarra, Pietro Benotto, Augusto Giuseppe Suraci, Maria Pia Di Mauro, Jacopo Guoyi Chen, Flavio Salvati, Gaetano Valentini.
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>>>> Le Olimpiadi Internazionali di Astronomia sono una competizione che si svolge annualmente tra studenti delle scuole secondarie di età compresa tra i 14 e i 17 anni e che vede fronteggiarsi squadre di circa 20 nazioni su argomenti che riguardano l’astronomia e l’astrofisica. Le competizione è individuale, ma è sempre molto sentito lo spirito di Squadra. I partecipanti affronteranno tre prove di 4 ore ciascuna: una prova teorica, una prova pratica e una osservativa che prevede l’uso di telescopi o di altri strumenti astronomici.
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>>>> La squadra italiana (vedi foto) è il risultato di [una severa selezione](<https://www.media.inaf.it/2016/04/21/ecco-i-magnifici-10/>) tenutasi in ogni regione durante lo scorso anno scolastico e i suoi componenti sono i vincitori della [Finale nazionale 2016](<https://www.media.inaf.it/2016/04/18/finale-olimpiadi-astronomia/>) svoltasi a Milano lo scorso mese di aprile presso l’I.I.S. Statale “L. Cremona”. La **squadra è formata da 6 studenti** , tre per la categoria _senior_ e tre per la categoria _junior_. A caccia di una medaglia saranno **Pietro Benotto** (I.I.S.S. “G. Vallauri” di Fossano - CN), **Jacopo Guoyi Chen** (Liceo Scientifico Statale “A. Landi” di Velletri – RM) e **Flavio Salvati** (Liceo Scientifico Statale “Leonardo da Vinci” di Fiumicino - RM) per i _senior_ , mentre il terzetto _junior_ è formato da **Lorenzo Pica Ciamarra** (Liceo Classico Statale “Vittorio Emanuele II” di Napoli), **Augusto Giuseppe Suraci** (Liceo Scientifico Statale “Leonardo da Vinci” di Reggio Calabria) e da **Vincenzo Sorrentino** (Liceo Scientifico "M. Guerrisi" di Cittanova - RC), il più giovane (compirà 15 anni a dicembre) del gruppo. Ad accompagnare i ragazzi ci siamo io ( **Maria Pia Di Mauro** , dell'INAF – Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali di Roma), in qualità di _team leader_ , e **Gaetano Valentini** (INAF – Osservatorio Astronomico di Teramo), che farà parte della giuria internazionale.
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>>>> I ragazzi sono stati “allenati” nel corso di due stage formativi, [uno presso il Telescopio nazionale Galileo](<https://www.media.inaf.it/2016/06/14/ritiro-alle-canarie-olimpiadi-astronomia/>) e l’altro a Stilo (RC). Sono molto preparati, ma la competizione internazionale e sempre di altissimo livello e dovranno confrontarsi con squadre molto agguerrite e altrettanto preparate. Molto temuti in particolare i rappresentanti di Cina, Corea del Sud e India, anche se nazioni come Russia e Bulgaria schierano sempre squadre estremamente competitive. Il mio parere è che quest’anno abbiamo una squadra fortissima e sono sicura che torneranno vittoriosi… e ancora una volta mi commuoverò per l’emozione, come già mi è successo alla finale nazionale di Milano.
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>>>> E i ragazzi, cosa ne pensano? Pietro, il nostro “veterano” – ha vinto una medaglia d’argento nell’edizione 2015 – è dichiaratamente ottimista: «Sono sicuro che anche quest’anno vinceremo, a meno che non ci siano da disegnare troppi orsi polari [ _ndr_ : a volte per le soluzioni dei problemi si chiede di fare dei disegni, in alcuni casi curiosi; gli orsi polari sono tra i più gettonati], ma in ogni caso ho la certezza che sarà per tutti noi un’esperienza indimenticabile». Altrettanto fiducioso Flavio, che afferma: «È arrivato il momento di partire per le internazionali, un desiderio che si avvera e di cui, solo ora, percepisco il vero significato. L’obiettivo della squadra è di vincere e, grazie al nostro impegno e all’esperienza di chi ci ha seguito nella preparazione, ce la faremo!». Per finire il più ottimista di tutti, Jacopo, che con un sorrisetto ironico dice: «Mi sento di poter affermare che quest’anno non sarà difficile vincere, sarà difficile non vincere. Se poi dovesse capitare l’improbabile evento della mancanza di medaglie, ci saranno stati comunque momenti di divertimento da ricordare per sempre!».
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>>>> Il **diario di viaggio** e delle gare verrà pubblicato “in diretta” sul [sito ufficiale delle Olimpiadi Italiane di Astronomia](<http://www.olimpiadiastronomia.it>), dove i giovani olimpionici e noi accompagnatori racconteremo la loro avventura, che terminerà con la cerimonia di premiazione prevista per il 12 ottobre. Cerimonia dove confidiamo, come in tutte le precedenti edizioni, di poter vedere sventolare sul palco la bandiera italiana.
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>>>> **Per conoscere la squadra italiana, guarda il video preparato da Maria Pia Di Mauro:**
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>>>> _Le Olimpiadi Italiane di Astronomia sono promosse dalla Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la Valutazione del Sistema Nazionale di Istruzione-MIUR e organizzate dalla Società Astronomica Italiana e dall’Istituto Nazionale di Astrofisica nell’ambito del protocollo di intesa MIUR-SAIt e sotto l’egida del Comitato di Coordinamento delle Olimpiadi Internazionali di Astronomia (International Astronomy Olympiad of the Euro-Asian Astronomical Society). L’elenco degli studenti vincitori delle Olimpiadi Nazionali di Astronomia è inserito nell’Albo Nazionale delle Eccellenze._
*[55 minuti fa]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.28
*[1 h]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.05
*[33 minuti fa]: 10.50
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| Olimpionici già in volo per la Bulgaria | La tecnologia sta cambiando l’importanza della mano dominante |
Laura Gasparini -
Gianni Berengo Gardin è un notissimo fotografo italiano attivo dal 1953, prima come fotoamatore e in seguito come professionista. Forse è meno noto come collezionista, ad eccezione della sua ponderosa raccolta di libri fotografici, ma non per le numerose altre collezioni. Cosa ti spinge a collezionare? Cosa significa per te l'atto di collezionare?
Gianni Berengo Gardin - Sinceramente non saprei dirtelo, non ci ho mai pensato più di tanto. È un atto istintivo, una passione che non so bene da dove nasca. Ho cominciato già da ragazzino con le figurine Liebig, i modellini di navi o di aerei, i dischi, i libri. Le mie sono collezioni estemporanee, nate per caso. Non c’è specializzazione. Quando mi piace un oggetto, vado alla ricerca delle sue varianti. Certo, c’è quel piacere unico che ti dà la “caccia”, e poi il momento in cui l’oggetto è tra le tue mani.
La tua collezione è composita: collezione di libri fotografici, soldatini, i film che hanno fatto la storia del cinema, quelli rigorosamente in bianco e nero, dipinti naif, modellini di barche, aerei, dimentico altro?
Ci sono gli ex-voto, gli oggetti della cultura popolare o quelli kitsch, i dischi, le pipe. E poi le magnifiche sculture in legno del mio amico Adolf Vallazza. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non mi piace invece collezionare fotografie.
Quali connessioni vi sono tra queste diverse tipologie di collezioni?
Va da sé che le collezioni delle medaglie e dei trofei che hai conseguito partecipando ai concorsi fotografici sono un ricordo preciso di una tua attività legata alla fotografia, attività che poi, per te, è diventata una professione.
Non ci ho mai pensato, a dirti la verità non lo so. Se vuoi cercare una connessione, escluse la collezioni legate alla professione, è che si tratta in genere di oggetti legati alla cultura popolare e materiale.
Gianni Berengo Gardin, Forma per la fotografia, 2017.
Osservando le tue collezioni, tu non segui, nel costruirle, il criterio di “rarità”: qual è il criterio principale? Ve ne è più di uno? Se sì, quali sono?
La varietà nella moltiplicazione, direi. D’altra parte non si tratta mai di oggetti di valore. E spesso è il caso che me li fa incontrare.
Hai inoltre una collezione, ovviamente, di macchine fotografiche che conservi in una vetrina, ma questa non è esposta a fianco delle altre collezioni, ma in una stanza a parte. Qual è il motivo?
Si tratta esclusivamente delle macchine fotografiche che ho usato nel tempo, dalla prima macchina avuta in prestito da mia madre, alla Kodak Retina, Weltini, Condor, per poi passare alle macchine professionali, Nikon, Hasselblad, Exakta, Linhof, Rolleiflex, Speed Grafic. Per le Leica è un discorso a parte, perché sono le macchine che ho sempre previlegiato, dalla serie III C alla serie M. Uso tuttora una M7, naturalmente a pellicola. Forse sono un po’ feticista, le amo in modo particolare e, a parte mia moglie, sono state le compagne della mia vita, quindi stanno nella camera dove dormo!
La tua camera oscura, inoltre, è arredata con quadri e dipinti, non si presenta come un locale tecnico. Mi ha colpito.
Anche se da qualche anno non stampo più, la camera oscura è stata a lungo il luogo dello studio in cui passavo la maggior parte del mio tempo, non era solo un luogo tecnico ma un ambiente come gli altri, anzi, forse il più intimo. Ora in quella stanza lavora mia figlia Susanna, che si occupa del mio archivio.
Tra le collezioni più note c’è quella dei libri fotografici. Puoi parlarcene?
I primi libri veramente importanti della mia collezione, sono i libri dei fotografi americani che mi inviava su suggerimento di Cornell Capa, suo grande amico, uno zio d’America, Fritz Redel. Alcuni di questi libri erano dei doppioni che arrivavano addirittura dalla biblioteca di Magnum. A questi si sono aggiunti i libri dei grandi maestri, in particolare francesi, a cominciare da Willy Ronis che mi ha insegnato la professione. E quindi tutti gli altri, secondo i momenti, gli incontri, le occasioni. Ci sono poi i libri degli amici, come Scianna, Basilico, Kudelka, Salgado e tanti altri. Credo che per un fotografo sia fondamentale conoscere e studiare il lavoro degli altri. Purtroppo ormai lo spazio dello studio è saturo, e devo centellinare i nuovi acquisti.
Ma anche la collezione di edizioni rare di letteratura non passa inosservata. Infatti in una intervista hai dichiarato che ciò che ti ha influenzato maggiormente nel fotografare è stata la lettura, in particolare la letteratura americana e che in seguito, quando hai visto le fotografie della Farm Security Administration, ti sei riconosciuto nelle cose lette.
Esatto. L’amore per la letteratura mi è stata passata da mio padre. Molte delle collezioni di libri che si vedono nelle foto provengono dalla sua biblioteca. I miei gusti naturalmente erano diversi dai suoi, in particolare dopo la guerra la scoperta degli autori americani è stata per me fondamentale, mi sono riconosciuto nel loro modo di raccontare. E quando sono andato negli USA sapevo già cosa volevo fotografare. Un autore, poi, che mi è particolarmente caro è Simenon, non quello di Maigret, ma quello dei romanzi, che hanno molto influenzato certe mie fotografie della Francia.
Gianni Berengo Gardin, Forma per la fotografia, 2017.
Tra le diverse tipologie delle tue collezioni non è presente quella fotografica e cioè la collezione di fotografie di altri fotografi che hai incontrato durante la tua lunga carriera come Robert Doisneau, Edouard Boubat, Henri Cartier-Bresson, Willy Ronis con il quale hai stretto una vera amicizia, Salgado, per citarne solo alcuni. È stata una scelta precisa dettata da quale motivo?
Di un fotografo non mi interessa possedere una singola fotografia, voglio conoscere e possedere il suo lavoro nel modo più completo possibile e quale strumento migliore dei libri?
Walter Benjamin scrive: “
Ciò che nel collezionismo è decisivo è che l’oggetto sia sciolto da tutte le sue funzioni originarie per entrare nel rapporto più stretto possibile con gli oggetti a lui simili. Questo rapporto è l’esatto opposto dell’utilità, e sta sotto la singolare categoria della completezza
”.
Nel tuo caso, invece, non si tratta della sfera della completezza, ma del possedere un oggetto o una serie di oggetti che hanno contribuito al tuo percorso di fotografo, d'autore. È così?
Diciamo che nel mio caso, professione e passione sono una cosa sola. Questo si riflette anche nelle cose che colleziono, molte di queste hanno contribuito utilmente al mio percorso di fotografo.
Durante la visita guidata della mostra
Dall'archivio al mondo. L'archivio di Gianni Berengo Gardin
a cura di Alessandra Mauro per Fotografia Europea 2017 a Reggio Emilia ti sei soffermato davanti ad alcune tue immagini, in particolare quelle sul lavoro, e hai affermato che tu hai documentato volti degli italiani che “ora non ci sono più” sottintendendo che le tue fotografie, quelle in particolare, sono uniche, sono documenti e a distanza di tempo una testimonianza. Il tuo archivio lo si può considerare una collezione di volti oltre che una testimonianza?
Anche di volti, anche se non si tratta quasi mai di ritratti veri e propri, le persone sono sempre fotografate nel loro ambiente di lavoro o di vita. Raccontano, insieme, una storia e testimoniano, insieme, un mondo che è profondamente cambiato.
Di nuovo dobbiamo citare Benjamin a proposito dei volti, vado a memoria, quando nel 1931 scrive, commentando il lavoro di Sander
: “Da un momento all'altro opere come quelle di Sander potrebbero acquistare un'attualità imprevista… Che si venga da destra o da sinistra, bisognerà abituarsi a essere guardati in faccia per sapere da dove veniamo
”.
Il suo, mi pare proprio un invito a collezionare sguardi oltre che volti. È in definitiva lo spirito che ti ha sempre accompagnato nel tuo lavoro di documentazione, di non porti dei limiti e credere con fiducia nella prospettiva storica
.
Sì, hai ragione.
Gianni Berengo Gardin, Forma per la fotografia, 2017.
Quanto tempo dedichi alla tua passione da collezionista?
Una volta molto di più, mi piaceva andare a curiosare per mercatini e botteghe di vecchi oggetti, sia in Italia, sia all’estero. Ora, con l’età, mi sono dato una calmata. Anche perché non c’è più un angolo libero. Certo, se m’imbatto in un oggetto che mi attrae, resistere è durissima, a volte non resisto.
Gli oggetti, i libri, o i film che ti sono più cari occupano un posto speciale nella tua collezione?
Direi di no, se escludi le macchine fotografiche.
Parlaci dello spazio della tua collezione. Non hai uno spazio dedicato. Esse sono conservate nel tuo archivio fotografico, ma che è anche studio, atelier, camera oscura, biblioteca e molto altro.
Sì, è tutto mescolato insieme. Non c’è distinzione tra lo spazio delle passioni e quello del lavoro, che poi come ho già detto è una passione anche quello.
Spesso hai affermato che non sei un artista, ma che ti ritieni un artigiano. Nel tuo atelier c'è un banco da lavoro perfettamente organizzato e chi visita il tuo atelier-archivio rimane colpito da quell'angolo.
Sin da ragazzo ho costruito modellini di navi e di aerei. Mi è sempre piaciuto lavorare con le mani, ho costruito la mia prima borsa fotografica, perché allora non se ne trovavano in commercio, e il mio primo ingranditore. Poi mi è rimasta la passione per il bricolage, ho sempre aggiustato io le cose in casa, ho fatto impianti elettrici e costruito finestre. Poi, se ci pensi, il lavoro in camera oscura è un lavoro da artigiano, totalmente manuale.
Torniamo allo spazio dove lavori e dove conservi le tue collezioni. Esso è anche il tuo archivio, archivio non solo come luogo di conservazione, ma anche come luogo di pensiero e di creazione dove hai sviluppato i tuoi progetti e le tue numerose pubblicazioni.
L’importanza di un archivio è anche questa, non un luogo di solo deposito della memoria, ma qualcosa di vivo e sempre attuale, da cui possono nascere nuovi progetti e idee. Come questa mostra per
Fotografia Europea
. E come il mio ultimo libro,
In festa
, nato proprio riguardando i materiali d’archivio in occasione di una mostra sulle feste popolari in Italia pensata per il festival
Pistoia – Dialoghi sull’uomo
, inaugurata qualche giorno fa e con molte foto inedite.
Nella mostra
Dall'archivio al mondo
, non solo hai presentato alcune tue celebri fotografie, ma hai scattato appositamente delle immagini del tuo studio-atelier, e probabilmente hai esposto, forse per la prima volta, allo sguardo del pubblico l'aspetto più intimo e privato della tua vita d'autore.
In effetti è così. In genere io sono molto riservato. Dato il tema di
Fotografia Europea
,
Mappe del tempo. Memoria, archivi, futuro
, mi è stato detto che sarebbe stato interessante documentare anche lo spazio reale in cui si svolge la mia attività. E prima che ci pensassi più di tanto, ero già lì con la macchina fotografica in mano che mi aggiravo per lo studio.
Gianni Berengo Gardin, Forma per la fotografia, 2017.
È un processo e un'analisi che forse tu ben conosci avendo fotografato lo studio-atelier e la collezione di bottiglie di Giorgio Morandi, immagini realizzate rigorosamente in bianco e nero. Cosa è significato per te entrare nell'intimità dell'artista e restituirla in un libro?
Avevo già visto il bellissimo lavoro dell’amico Ghirri. Io sono stato l’ultimo a fotografare lo studio prima che venisse smantellato per essere ricostruito altrove. Un lavoro di documentazione, che però mi ha dato grande emozione. Mi sentivo un po’ in soggezione a entrare nello spazio intimo di un così grande autore, ma quel rigore, quella luce particolare e quella meticolosa accumulazione di oggetti mi hanno subito conquistato e ho lavorato con naturalezza, quasi sentissi delle assonanze, senza voler essere presuntuoso. È stata anche una sorpresa, ho potuto documentare per primo la scoperta di uno sgabuzzino completamente sconosciuto, che conteneva una moltitudine di vasi e oggetti che si vedono nei suoi quadri.
Si afferma che l'archivio e lo studio di un autore sono il suo specchio, l'autoritratto dell'artista. Ti riconosci in questa affermazione?
Direi di sì.
Con l'avvento del digitale l'archivio e l'atelier assumeranno un aspetto del tutto differente e smaterializzeranno i particolari e i dettagli che ora raccontano molto dell'autore. Che previsioni fai per il futuro?
Nere. Ne parlavo giusto l’altro giorno con un soprintendente ai Beni Artistici che è della mia stessa opinione, con questa corsa alla digitalizzazione si porranno in futuro grossissimi problemi di lettura dei materiali conservati, la tecnologia cambia così velocemente e non sempre il nuovo comunica con il vecchio. E poi, questi archivi che non si vedono, non si toccano, non hanno odore, dentro cui non puoi entrare, non è triste?
Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e
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| Conversazione con il fotografo | “Così i libici attaccano le ONG”. Il racconto del marinaio di Proactiva |
" **Le proteste pro Palestina alla Sapienza e negli altri atenei? Non sono certamente gli scontri studenteschi del '68 e del '69**, ma **liberi manifestazioni** su una tragedia. **Per fortuna ci sono ancora dei giovani che si interessano a tragedie** come quelle di **Gaza** ". Sono le parole pronunciate ai microfoni di _**Uno, Nessuno, 100Mila**_ n (Radio24) dal filosofo **Massimo Cacciari,** che puntualizza: "Possiamo discutere delle forme e degli obiettivi delle contestazioni finché si vuole, ma che ci siano almeno **alcuni giovani e alcuni settori della nostra opinione pubblica** che non pensano soltanto agli scontri tra **Salvini e Meloni** o alle gaffe dei vari **Emiliano** e vedano le decine di migliaia di morti a Gaza, la tragedia israelo-palestinese e la minaccia della **terza guerra mondiale** mi sembra **un 'ottima notizia**".
[ ](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/18/feltri-le-manganellate-sono-uno-strumento-didattico-lo-scrittore-raimo-lascia-gli-studi-di-la7-e-cecchi-paone-lo-attacca-e-bagarre/7518365/>)
###### Vedi Anche
### [Feltri: "Le manganellate sono uno strumento didattico". Lo scrittore Raimo lascia gli studi di La7 e Cecchi Paone lo attacca: è bagarre](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/18/feltri-le-manganellate-sono-uno-strumento-didattico-lo-scrittore-raimo-lascia-gli-studi-di-la7-e-cecchi-paone-lo-attacca-e-bagarre/7518365/>)
Alla domanda di **Leonardo Manera** che gli chiede come mai la guerra in **Ucraina** non sia così altrettanto sentita dai giovani, il filosofo risponde: "Effettivamente è così, eppure il conflitto in Ucraina per noi è forse più pericoloso della guerra israelo-palestinese, perché secondo me **è più facile che la guerra mondiale possa esplodere da lì piuttosto che dal Medio Oriente** ".
E auspica la nascita di "un movimento studentesco che affronti nella sua globalità i grandi pericoli della guerra". "E li devono affrontare - spiega Cacciari - come si fa in una sede universitaria, cioè con seminari, con convegni, con approfondimenti, cercando di conoscere prima di protestare. L'università dovrebbe essere la sede di una libera discussione e di critica su tutto ciò che avviene in ogni momento. Purtroppo non è così".
[ ](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/18/lite-mieli-montanari-a-la7-antisionismo-e-voler-buttare-a-mare-israele-sciocchezza-storica-significa-essere-contro-sua-politica-colonialista/7518114/>)
###### Vedi Anche
### [Lite Mieli-Montanari a La7. "Antisionismo è voler buttare a mare Israele". "Sciocchezza storica, significa essere contro sua politica colonialista"](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/18/lite-mieli-montanari-a-la7-antisionismo-e-voler-buttare-a-mare-israele-sciocchezza-storica-significa-essere-contro-sua-politica-colonialista/7518114/>)
Il filosofo critica le parole del rettore dell'Università Aldo Moro di Bari, **Stefano Bronzini** , che, intervistato sulla _Stampa_ , si è pronunciato sulle proteste studentesche: "Ho pensato che sono degli **scontrini** , mi sembrano molto ingigantiti. Sono gruppi con cui nella mia università abbiamo dialogato. (…) Non condividevo nulla di quello che dicevano ma in un’università statale bisogna garantire che possano dirlo. (…)Mi hanno gridato di essere complice del genocidio. **Le pare che io possa polemizzare con dei ragazzi?** Cerco di rispondere portando il discorso sul piano del diritto internazionale e della storia, ma non mi posso offendere".
Cacciari non condivide il tono eccessivamente paternalistico, a suo dire, del rettore: "Ma che vada a spasso, per carità. **Bisogna discutere sempre con le ragazze e coi ragazzi in quanto persone**. E quindi, senza nessun paternalismo, dico agli studenti che impedire o respingere rapporti di tipo culturale e scientifico con le università israeliane è totalmente sbagliato. L'obiettivo, invece - chiosa - dovrebbe essere quello di **moltiplicare i rapporti con tutte le università: israeliane, iraniane, russe, ucraine.** L'università dovrebbe essere un luogo di libero confronto e di discussione".
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
| Proteste alla Sapienza, Cacciari: "Non sono certamente gli scontri del '68, è una fortuna che ci siano giovani sensibili alla tragedia di Gaza" | A chi era rivolta la commentata frase di Medvedev |
>>
>> _[Aggiornamento: la legge che istituisce il Green Pass in Svizzera[è stata confermata](<https://www.ilpost.it/2021/11/28/svizzera-referendum-green-pass-risultato/>) con oltre il 60 per cento dei voti]_
>>
>> Domenica in Svizzera [si voterà](<https://www.thelocal.ch/20211109/whats-at-stake-in-switzerlands-covid-referendum-on-november-28th/>) il secondo referendum contro la cosiddetta “legge COVID-19”, che istituisce nel paese le restrizioni dovute alla pandemia da coronavirus: in particolare, il referendum di domenica propone di abolire la parte della legge che, fra le altre cose, aveva normato il rilascio dei “certificati COVID”, l’equivalente del nostro Green Pass, e ne aveva reso obbligatorio l’utilizzo per accedere in molti luoghi e servizi. Se passerà il “NO”, e dunque parte della legge sarà abrogata, il governo non sarà più in grado di emettere certificati nuovi a partire da marzo prossimo.
>>
>> Il referendum è stato proposto da un’associazione di protesta chiamata Amici della costituzione, che è contraria alle restrizioni, con il sostegno dell’Unione democratica di centro, partito che nonostante il nome è di estrema destra e ha posizioni populiste e spesso scettiche nei confronti dei vaccini.
>>
>> La “legge COVID-19” era stata approvata dal parlamento svizzero a settembre 2020, e dà al governo i poteri necessari per imporre lo stato d’emergenza e per prendere altri provvedimenti per il contenimento della pandemia. Gli svizzeri avevano già votato in un referendum su questa legge lo scorso giugno, e l’avevano confermata ad ampia maggioranza.
>>
>> Il referendum di domenica riguarda invece modifiche specifiche fatte alla legge nel marzo del 2021, che tra le altre cose introdussero il certificato COVID. Nei mesi successivi il governo ha reso il certificato obbligatorio per accedere in molti luoghi, come ristoranti, cinema e buona parte delle attività che si svolgono al chiuso. Se dovesse vincere il “NO” decadrebbero tutte le modifiche fatte a marzo alla “legge COVID-19”. Tra queste, ci sono per esempio alcune indennità giornaliere supplementari per le persone disoccupate. Ma soprattutto il governo svizzero non potrebbe più emettere certificati COVID.
>>
>> Questo creerebbe una serie di problemi, soprattutto per i viaggi internazionali, visto che molti paesi richiedono i certificati COVID per poter entrare.
>>
>> La vittoria del “NO” al referendum non significherebbe la fine delle restrizioni, ma soltanto la fine delle restrizioni legate al certificato COVID. Come spiega il governo [nella sua pagina ufficiale](<https://www.edi.admin.ch/edi/it/home/dokumentation/abstimmungen/covid-19-gesetz.html>), potrebbe essere ancora possibile limitare l’accesso a ristoranti e ad altri luoghi esclusivamente a chi è vaccinato o guarito: non sarà più possibile però controllare i certificati COVID, e quindi sarà necessario ricorrere ad altri sistemi di verifica.
>>
>> Inoltre, i risultati del referendum diventerebbero effettivi soltanto a marzo 2022, cioè a un anno di distanza dall’approvazione delle modifiche legislative, come previsto per le leggi urgenti: significa che in ogni caso i certificati COVID rimarranno attivi per tutto l’inverno.
>>
>> [Secondo i sondaggi](<https://www.thelocal.ch/20211126/polling-covid-19-law-looks-set-to-win-approval-of-swiss-voters/>), circa i due terzi degli svizzeri dovrebbero votare a favore della legge, mantenendo così la possibilità per il governo di emettere certificati COVID. Nonostante questo, negli ultimi mesi in Svizzera il dibattito sulle restrizioni è stato molto duro e ci sono state forti divisioni. Ci sono state grandi manifestazioni di persone scettiche nei confronti dei vaccini, e varie personalità politiche, tra cui il ministro della Salute Alain Berset, hanno ricevuto una protezione supplementare da parte della polizia a causa delle minacce di morte ricevute.
>>
>> Anche il tasso di persone completamente vaccinate è piuttosto basso: circa il 65 per cento della popolazione (in Italia siamo al 77 per cento), cosa che sta portanto nelle ultime settimane a un forte aumento dei casi.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| In Svizzera si vota sul Green Pass | È stato licenziato Saverio Tateo, l’ex primario del reparto di Ginecologia dell’ospedale di Trento in cui lavorava Sara Pedri, scomparsa a marzo |
Google [ha aggiornato](<http://googleblog.blogspot.it/2015/01/hallo-hola-ola-more-powerful-translate.html>) la sua applicazione Traduttore per Android e iOS, aggiungendo alcune nuove funzionalità per rendere più semplice e rapida la traduzione di testi, cartelli, frasi e conversazioni quando si devono fare i conti con una lingua sconosciuta. Alcune di queste funzionalità erano già disponibili su Android, ma sono state migliorate ed estese anche per chi utilizza i dispositivi mobili di Apple.
**Traduzione istantanea**
Utilizzando la tecnologia di Word Lens sviluppata da Quest Visual, un’azienda acquisita da Google a maggio del 2014, è stata aggiunta a Traduttore la possibilità di tradurre istantaneamente i testi attraverso la fotocamera del proprio smartphone. In pratica basta attivare l’applicazione, cliccare sull’icona della fotocamera, inquadrare un cartello o una parte di testo e il sistema trasforma la scritta visualizzata nella lingua sconosciuta nella propria. Come già faceva Word Lens, la trasformazione avviene in “realtà aumentata”: l’app cerca cioè di sovrapporre il testo tradotto a quello originale, mantenendone lo stile e le caratteristiche grafiche.
Per ora la traduzione istantanea tramite la fotocamera può essere utilizzata solo per tradurre testi dall’inglese al francese, al tedesco, all’italiano, al portoghese, al russo, allo spagnolo e viceversa. Google ha comunque confermato di essere al lavoro per estendere la funzionalità ad altre lingue nei prossimi mesi.
**Conversazioni in tempo reale**
Google ha migliorato e reso più affidabile il sistema, già sperimentato da qualche tempo su Android, per tradurre intere frasi mentre si sta conversando con qualcuno che parla una lingua diversa dalla propria. Dopo avere premuto l’icona del microfono, basta pronunciare una frase per vederla trascritta sullo schermo e tradotta nella lingua desiderata. Il sistema permette di conversare rapidamente con qualcuno, per esempio per chiedere informazioni su dove si trova un determinato posto.
L’aggiornamento di Traduttore è in fase di diffusione in queste ore, ma potrebbero essere necessari alcuni giorni prima di essere disponibile per tutti.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Le traduzioni istantanee di Google Traduttore | Uccide un 32enne in strada a Villafranca Padovana: un vicino poliziotto lo vede, lo insegue e lo ferma insieme ai carabinieri |
**In principio fu _Sex and The City_. E fu una vera e propria rivoluzione.** C’erano New York, gli accessori fashion e i locali altrettanto alla moda. Soprattutto c’era il sesso, raccontato per la prima volta in tv in modo schietto e diretto. È il 1998 e sul piccolo schermo, grazie alla serie lanciata da HBO, **i personaggi femminili assumono un’altra dimensione: sono donne libere, emancipate e in carriera.** Diventano reali, accattivanti, _media friends_ e, in fondo, non sono poi così diverse da noi che stiamo a casa sedute sul divano a guardarle. Le quattro protagoniste - **Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha** - lavorano, amano, sperimentano, piangono, si confidano, si consolano. Tra mille peripezie **mostrano cose che, alla fine degli anni Novanta, evidentemente ancora non erano tanto ovvie:** essere single non significa essere delle zitelle sfigate; una donna può non saper cucinare, lavare, pulire e stirare; parlare di autoerotismo, vibratori, ménage à trois non è un tabù; fare sesso può essere qualcosa che va al di là dell’amore romantico e, soprattutto: essere scarica- te può essere un dramma, ma non è mai una tragedia.
> «Benvenuti nell’era dell’anti-innocenza: nessuno fa Colazione da Tiffany e nessuno ha relazioni da ricordare; facciamo colazione alle sette e abbiamo storie che cerchiamo di dimenticare il più in fretta possibile. Cupido ha preso il volo dal condominio»
È con queste parole che Carrie Bradshaw, ci accoglie nella sua scintillante Manhattan.
Nei primi anni Duemila ** _Sex and The City_ , con le sue morali antiromantiche e le sue, altrettanto ciniche pillole di saggezza, è diventato** un manuale di educazione sentimentale per le ragazze moderne e **un galateo sessuale anche per le generazioni successive.**
**carrie_quote**
Dopo il successo delle avventure di Carrie & co i palinsesti hanno cominciato a popolarsi di serie tutte al femminile, meno fortunate e graffianti dell’originale, ma sempre intenzionate a parlare con la stessa schiettezza di cosa significa essere donne. Ci sono stati _Cashmere Mafia_ e _Lipstik jungle_ , dove le protagoniste, che qualcuno definirebbe scabrosamente “con le palle”, tentano di coniugare vita sentimentale e carriera senza rinunciare a nulla; poi sono arrivati _Mistress_ , _Carrie’s diaries_ , il prequel che racconta la vita della Bradshaw ventenne, e finalmente **_Girls_. A quasi vent’anni dalla messa in onda del primo episodio di _Sex and The City_** , le cose sono molto cambiate. O meglio, sono **le ragazze, con le loro vite sentimentali, a essere cambiate.**
**In _Girls_ , a differenza di _Sex and The City_ , non c’è traccia di quell’identità collettiva femminile** che aveva lottato per l’affermazione di uno stile di vita diverso e manca totalmente il confronto fra identità maschile e femminile. **La protagonista Hannah Horvath** - interpretata da Lena Dunham una specie di enfant prodige che a soli 25 anni è sceneggiatrice, attrice, regista della serie e scrittrice di culto - **non ha niente a che vedere con Carrie.** È goffa, brutta, in sovrappeso, concentrata su se stessa, veste solo abiti vintage da mercatino dell’usato, non frequenta posti alla moda e il più delle volte la vediamo bighellonare sciatta in mutande per casa per casa o mentre mangia junk food in pigiama. Ad Hannah e alle sue amiche capita di incontrare dei “Mr. Big”, ma non li trovano interessanti e li catalogano immediatamente come non attraenti. **I Mr. Big infatti sono il prodotto di un’altra generazione, parlano un linguaggio diverso, e con “le ragazze” si capiscono a fatica.** Se per Carrie erano scapoli d’oro, capaci di far innamorare anche la single più accanita, in _Girls_ diventano semplicemente degli **sfigati con un bel appartamento.** L’educazione sentimentale di Hannah oscilla tra continui dubbi e incertezze, tra l’impegno e la fuga, tra l’amorale e il bigotto. Si mostra un mondo fatto di individualità e stranezze, irregolare e non convenzionale anche quando si parla di sesso e emozioni, al punto che per le protagoniste, **a differenza di Carrie, è impossibile razionalizzare e trovare una qualche massima** o un qualsivoglia galateo amoroso a cui aggrapparsi per definire la situazione e sapere come agire. **A guidare le millenials** nell’intricato groviglio dei sentimenti **è l’istinto del momento** e, se bisogna riconquistare il ragazzo che in quell’istante si è convinte di amare, ogni remora o pudore si cancella in un attimo. Tanto il tempo scorre veloce e le cose si dimenticano in fretta. **Tutto passa e allora chi se ne frega se si manda un messaggio di troppo, ci si trasforma in stalker o ci si rende ridicole** (vedi ad esempio Hannah che, nel cuore della notte, corre sotto casa di Adam vestita, o svestita a seconda dei casi, nei modi più assurdi).
girls_quote
In _Girls_ le protagoniste sono costantemente in preda al caos, alla paura di essere soli e di non essere più libere. Come se le ragazze del nuovo millennio avessero studiato e imparato le regole sui volumi della Bradshaw e ora si trovassero scisse tra la teoria e la pratica. Costrette a viversi giorno per giorno quello che accade, magari trovandosi a specificare, con un **revival di bigottismo 2.0: «Non sono quel tipo di ragazza!»** , che, non a caso, è anche il titolo dell’ultimo libro della Dhunam. Nuova icona di un’intera generazione che non sa bene dove andare e passa la vita a "fare cose" e gironzolare. In pigiama o in mutande, dopo tutto è lo stesso.
[_(da Left numero 8)_](<http://sfogliatore.left.it/singolo-numero?edizione=08>)
**[social_link type= "twitter" url="http://twitter.com/GioGolightly" target="on" ][/social_link] [@GioGolightly](<http://twitter.com/GioGolightly>)**
*[(1)]: Alberto Fenoglio, A caccia di tesori, Piemonte in Bancarella, Torino 1970, pp. 103-6.
*[(2)]: Calendario generale pe’ regii stati, Giuseppe Pomba, Torino 1826, p. 586.
*[(3)]: Vedi qui le ricostruzioni topografiche dei Vigili del Fuoco
*[(4)]: J.-B. B. d’Anville, Notice de l’ancienne Gaule, Desaint & Saillant, Parigi 1760, pp. 537-8.
*[ (5)]: Rama è citata lungo il percorso 29 da Mansio Ebrodunum (Embrun) a Mediolanum (Milano) in Charles Athanase Walckenaer, Géographie ancienne historique et comparée des Gaules cisalpine et transalpine, Vol. 3, P. Dufart, Parigi 1839, pp. 24-5 e lungo il percorso 55 da Brigantio (Briançon) a Vapincum (Gap) a p. 42.
*[(6)]: Matilde Dell’Oro Hermil, Roc Maol e Mompantero, Tabor Edizioni, Susa 2018 (I ed. 1897), p. 60.
*[(7)]: ASTo, Corte, Materie Economiche, Miniere, m. 2, n. 11, s.d. ma circa 1608 trascritto in appendice a Maurizio Gomez Serito, “Pietre e marmi per le architetture piemontesi: cantieri urbani affacciati sul territorio” in Mauro Volpiano (ed.), Il cantiere sabaudo tra capitale, provincia e residenze di corte, Torino 2013, p. 203.
*[(8)]: Calendario generale pe’ regii stati, Giuseppe Pomba, Torino 1826, p. 586.
*[(9)]: Vincenzo Barelli, Cenni di statistica mineralogica degli stati di S.M. il re di Sardegna, Giuseppe Fodratti, Torino 1835, pp. 68-9.
*[(10)]: Hermil 2018, p. 6.
| Gli anni 90, i telefilm e il nuovo sesso delle millennials | Georgia, Russia, Abkhazia e Ossezia del sud: 10 anni dopo |
>>
>> Il [Chicago History Museum](<http://chicagohs.org/>) ha organizzato una mostra sulla città di Chicago che si intitola "Mapping Chicago: The Past and the Possible". Una parte della mostra è dedicata a Replogle Globes Inc., che da 77 anni produce mappamondi a Chicago. Replogle è il più grande produttore mondiale di mappamondi: hanno realizzato un video in cui spiegano come se ne costruisce uno.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Come si fanno i mappamondi | La nave incagliata sulla costa della Francia |
**Mi piace pensare che in quella necessit a di un rilancio morale invocato recentemente dal Presidente della Repubblica Napolitano,** si possa ritenere incluso un riferimento al riscatto dalle condizioni di degrado cui giunsero - come emerge dalle crude parole della sentenza definitiva della Cassazione appena depositata - i corpi di polizia e i loro referenti politici in occasione del G8 di Genova.
Anche se cosi non fosse stato nelle intenzioni della massima magistratura repubblicana, occorrerebbe invece auspicarlo da parte dei cittadini che hanno a cuore le istituzioni, perche ora nessuno puo dire di non sapere quello che e avvenuto. **La pronuncia della Cassazione mette in luce l 'aspetto piu inquietante del raid poliziesco alla scuola Diaz, che si e pervicacemente cercato di esorcizzare stigmatizzando l'azzardo degli asseriti teoremi dei magistrati che nelle loro indagini avevano guardato oltre cio che lo schieramento politico di maggioranza e di opposizione riteneva fossero i confini delle compatibilita del sistema. **
I Giudici hanno cosi ritenuto accertato sulla base di prove solide che vi fu non solo "macelleria messicana" ad opera di una minoranza della truppa impazzita, come si era giunti ad ammettere senza peraltro affrontare le cause di quella violenza deviata, **ma una "scellerata operazione mistificatoria", secondo le lapidarie parole del Supremo Collegio, ad opera di funzionari eccellenti, lungo una catena di comando che conduceva fino al Capo della Polizia. **
Non solo la pratica della tortura, che ha azzerato di colpo gli approdi democratici faticosamente conquistati negli anni, ma la successiva deliberata copertura di quell'abominevole crimine ad opera dei vertici di un'istituzione, come nelle peggiori dittature.
Il riscatto passa per la nuda consapevolezza di questa realta. **In gran parte i delitti commessi rimarranno per sempre impuniti, anche per l 'ingiustificabile inadempimento del legislatore all'obbligo assunto sul piano internazionale d'incriminazione della tortura, omissione cui non si e rimediato in questi lunghi anni in cui la vicenda giudiziaria si e compiuta;** un segnale ancor piu negativo che ancora una volta mette in evidenza quanta riluttanza ci sia non solo a reprimere, ma addirittura a evitare che fatti del genere si possano ripetere.
I crimini dei comandanti che avevano l'obbligo di reprimere i responsabili della violenza e non di proteggerli e di ingannare i giudici e l'opinione pubblica, aggiungendo per le vittime l'ulteriore umiliazione dell'arresto illegale e della calunnia, non avranno purtroppo adeguata sanzione.
L'inarrestabile decorso della prescrizione e l'applicazione dell'ennesimo atto di clemenza premiale dell'indulto, due istituti che sanciscono la mantenuta impotenza del sistema penale italiano, hanno di fatto snaturato l'esito di condanna. Restera infatti da scontare solo una piccola parte della grave sanzione irrogata dai giudici, che non hanno riconosciuto alcuna attenuante ai condannati, responsabili di aver tradito i valori cui avevano giurato fedelta. **Una sanzione residua che in concreto non e adeguata rispetto agli standards richiesti dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, che imporrebbero l'irrogazione di effettiva e proporzionata pena per le violazioni dei diritti avvenute alla scuola Diaz, ma almeno una traccia tangibile della reazione dell'ordinamento necessaria per il ripristino della fiducia nella legalita. **
Nello stesso tempo sgomenta rendersi conto di quale percorso inverso si era seguito, in coerenza con l'operazione mistificatoria e in suo sostegno: carriere inarrestabili e un arroccamento dietro l'altro.
**L 'inversione di marcia a partire dalla straordinaria durezza dei giudizi espressi nelle motivazioni della Cassazione e cosi tutt'altro che scontata, senza il ricorso ai valori traditi dagli uomini che hanno corrotto le istituzioni. **Se i nostri governanti e i nostri rappresentanti politici e, prima di loro, a Genova quei funzionari di polizia fossero ricorsi allo scudo della nostra Costituzione e delle sue leggi, non solo avrebbero sostenuto meglio i nostri valori democratici nei confronti dei violenti contestatori, ma sarebbero stati forse piu efficaci nel contrasto alla violenza antisistema, per reprimerla non meno che prevenirla.
E' una lezione che il G8 di Genova poteva insegnare ancor prima dei disastri che su scala internazionale avrebbe provocato la "guerra al terrore" dopo l'11 settembre, con le giustificazioni di prassi ancor piu devianti in altri sistemi democratici. E' amaro constatare che i nostri apparati erano gia adusi alla devianza e per molto meno. **Chi ha sostenuto contro l 'evidenza i responsabili dell'operazione Diaz, non ha cosi sostenuto l'istituzione, ma solo quel potere che ha mostrato nello scempio dei diritti cinica indifferenza anche per la sofferenza che infliggeva, come la Cassazione non manca di stigmatizzare. **
Il messaggio della Suprema Corte e alto ed e sul piano dei valori, per chi lo vuole intendere. Corruzione per nobile causa e stata definita quella devianza che porta il poliziotto a commettere reati non per interesse personale ma per assicurare un fine istituzionale. Ma quando l'istituzione s'identifica con le persone, la distinzione si fa evanescente. **E ' la cultura dei diritti che sola puo fare la differenza tra un modo di fare polizia e un altro e quella cultura si manifesta anche soccorrendo una persona colpita a terra, come nessuno dei funzionari condannati ha fatto quella notte del 21 luglio 2001 a Genova. **
La scelta e tra promuovere il progresso democratico delle istituzioni, esigendo da ciascuno il rispetto dei valori costituzionali in ogni situazione o assicurarsi, per il potere, referenti cui affidarsi alla bisogna.
| Diaz, una "scellerata operazione mistificatoria" | L’ipocrisia dell’Unione Europea sul gas |
[](<https://www.media.inaf.it/wp-content/uploads/2020/06/molecola.jpg>)
>>>>
>>>> L’immagine di fondo della zona del centro della nostra galassia è stata presa col telescopio spaziale della Nasa Spitzer, in particolare con la camera IRAC4 (Infrared Array Camera) osservando a 8 microns. La stella gialla indica la posizione del centro galattico e la stella celeste corrisponde alla posizione della sorgente che è stata studiata, la nube molecolare G+0.693-0.027. In questa regione è stata rilevata per prima volta la molecola propargil-immina (HCCCHNH), in basso a destra, dopo averla studiata per prima volta al laboratorio di spettroscopia CASAC all’Istituto per la Fisica extraterrestre del Max Planck di Monaco.
> Crediti: Nasa Spitzer Space Telescope, camera IRAC4 (8 microns), MPE.- CASAC experiment, Víctor M. Rivilla (INAF-Firenze).
>>>>
>>>> Grazie alla stretta collaborazione tra esperimenti di laboratorio, condotti presso il Cas ([Centre for Astrochemical Studies](<http://www.mpe.mpg.de/CAS>)) dell'Istituto per la Fisica extraterrestre Max-Planck a Monaco, e a diverse osservazioni astronomiche, guidate dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, è stata identificata una nuova molecola nella [nube interstellare](<https://it.wikipedia.org/wiki/Nube_interstellare>) **G+0.693-0.027** situata nei pressi del centro della [Via Lattea](<https://it.wikipedia.org/wiki/Via_Lattea>). Si tratta della la **propargil-immina** , la cui formula è HCCCHNH. Secondo gli esperti, che hanno descritto la scoperta in un articolo accettato per la pubblicazione sulla rivista _Astronomy & Astrophysics_, **questa specie chimica può giocare un ruolo rilevante nella formazione di[amminoacidi](<https://it.wikipedia.org/wiki/Amminoacido>)**, tra gli ingredienti chiave per la vita come la conosciamo.
>>>>
>>>> «Quando una molecola gira o vibra nel [mezzo interstellare](<https://it.wikipedia.org/wiki/Mezzo_interstellare>) emette fotoni a delle frequenze molto precise, e questo, confrontando i dati che ricaviamo con i grandi radiotelescopi, ci permette di sapere se una molecola è presente o meno nel mezzo interstellare, e in particolare nelle[ nubi molecolari](<https://it.wikipedia.org/wiki/Nube_molecolare>) che in futuro formeranno nuove stelle e sistemi planetari», spiega **Víctor M. Rivilla** , ricercatore dell'Inaf di Firenze con un contratto _Marie Skłodowska-Curie nell’ambito_ del [programma AstroFIt2](<https://www.astrofit2.inaf.it/>). Rivilla ha guidato per l’Inaf le osservazioni astronomiche che hanno confermato la presenza della molecola all’interno della nube G+0.693-0.027.
>>>>
>>>> Ogni molecola emette radiazione a specifiche lunghezze d’onda: una caratteristica che le identifica in modo univoco, proprio come le impronte digitali nell’uomo. Con lo scopo di scoprire se nello spazio fosse presente anche la propargil-immina, nei laboratori del Max Planck è stato accuratamente ricostruito il suo “identikit” grazie alla tecnica della spettroscopia. Poi, i dati raccolti sono stati confrontati con quelli ottenuti dal radiotelescopio di 30 metri della Sierra Nevada, in Spagna. Rivilla aggiunge: «Questa molecola era già lì, nei dati che avevamo ottenuto della nube molecolare G+0.693-0.027, ma non potevamo sapere che fosse davvero lei perché ci mancava la sua spettroscopia, cioè informazioni precise sulle frequenze a cui emette fotoni. Appena l'abbiamo identificata, grazie alle misure di laboratorio, ci siamo resi conto che, in effetti, la propargil-immina era chiaramente lì: stava solo aspettando che qualcuno la riconoscesse».
>>>>
>>>> La propargil-immina è un composto instabile, impossibile da isolare nelle condizioni ordinarie dell'atmosfera terrestre, ma prospera invece alle basse densità e temperature tipiche del mezzo interstellare. **Luca Bizzocchi** , primo autore dello studio e ricercatore dell’Istituto Max-Planck che ha studiato la spettroscopia di questa molecola, sottolinea: «La peculiarità di questa specie chimica è proprio il legame imminico CH=NH, le cui caratteristiche di reattività lo rendono un importante elemento della catena chimica che porta dalle molecole più semplici e abbondanti nello spazio come formaldeide (H2CO) e ammoniaca (NH3), verso specie complesse come gli amminoacidi che sono i mattoni fondamentali della biologia terrestre».
>>>>
>>>> Le [immine](<https://it.wikipedia.org/wiki/Immine>) sono coinvolte, infatti, nella [sintesi di Strecker](<https://it.wikipedia.org/wiki/Sintesi_di_Strecker>), un processo chimico usato proprio per sintetizzare gli amminoacidi in laboratorio. Queste reazioni si pensa avvengano, in certe condizioni favorevoli, anche in alcuni ambienti extraterrestri, come i mantelli ghiacciati delle polveri interstellari o le superfici degli asteroidi, come dimostra la recente scoperta della glicina, l'amminoacido più semplice, nella coda della cometa [67P Churyumov-Gerasimenko](<https://it.wikipedia.org/wiki/67P/Churyumov-Gerasimenko>).
>>>>
>>>> «Questa collaborazione tra laboratorio e osservazioni è fondamentale per scoprire nello spazio nuove molecole che, nelle condizioni favorevoli in cui si è formata la nostra Terra, sono state sicuramente importanti per innescare la chimica necessaria che poi ha portato alla vita che conosciamo oggi», conclude Rivilla.
>>>>
>>>> **Per saperne di più:**
>>>>
>>>> * L’articolo _[“Propargylimine in the laboratory and in space: millimetre-wave spectroscopy and first detection in the ISM”](<https://arxiv.org/abs/2006.08401>)_ , di Luca Bizzocchi, Domenico Prudenzano, Victor M. Rivilla, Andrea Pietropolli-Charmet, Barbara M. Giuliano, Paola Caselli, Jesus Martín-Pintado, Izaskun Jiménez-Serra, Sergio Martín, Miguel A. Requena-Torres, Fernando Rico-Villas, Shaoshan Zeng e Jean-Claude Guillemin, è stato accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophysics.
*[55 minuti fa]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.28
*[1 h]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.05
*[33 minuti fa]: 10.50
*[attr]: attribute
*[HTML]: HyperText Markup Language
*[P:]: Phone
| Scoperta molecola organica nel mezzo interstellare | Un pupazzo di neve tra gli asteroidi |
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> Dovendo restare in casa, è possibile che stiate indossando più spesso del solito indumenti comodi e confortevoli, per esempio la felpa con il cappuccio. La sua storia inizia quasi cent'anni fa e attraversa il mondo dei giocatori di football, dei college statunitensi degli anni Sessanta, dei writers del Bronx fino alle recenti passerelle delle aziende di lusso, [come ha raccontato il _Wall Street Journal_](<https://www.wsj.com/articles/hoodies-the-ultimate-insiders-guide-11587722425>).
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> I primi vestiti con cappuccio, lontani parenti della felpe con cappuccio, furono le cocolle, le tuniche che indossavano i monaci medievali, e i capperoni, le mantelle indossate dai contadini e da chi in generale faceva lavori all'aperto nel Basso medioevo: avevano un cappuccio che terminava con una coda molto lunga, che veniva usata per ripararsi in caso di maltempo. Dal Trecento e soprattutto nel Quattrocento il [capperone](<https://vestioevo.com/2015/06/24/il-capperone-dal-chaperon/>) era portato anche dalle classi nobili, che arrotolavano la coda fino a formare un voluminoso turbante.
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> Il _Wall Street Journal_ fa notare che un [pastore dipinto da Giotto](<https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/c/cc/Giotto_-_Scrovegni_-_-05-_-_Joachim%27s_Dream.jpg>) nella cappella degli Scrovegni a Padova, affrescata nei primi anni del Trecento, indossa un cappuccio dall'aria «incredibilmente moderna». Sempre in quel periodo si diffuse l'iconografia della morte incappucciata e con la falce.
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> **– Leggi anche:** [È il momento di comprarvi un paio di Crocs](<https://www.ilpost.it/2020/04/30/crocs-vendite-coronavirus/>)
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> Il passo successivo è stata l'invenzione della felpa, avvenuta negli anni Venti nella Russell Manufacturing Company, in Alabama. Era un'azienda tessile che fabbricava soprattutto intimo in cotone e in maglia per donne e bambini. Nel 1926 Benjamin Russell Jr., figlio del fondatore e giocatore di football, chiese al padre di studiare una soluzione alternativa ai maglioni di lana, indossati all'epoca dai giocatori, che pizzicavano e irritavano la pelle. Così il pezzo di sopra dell'intimo da donna, fatto con un cotone rasato, cioè privato della peluria (tecnicamente con un tessuto a maglia in catena rasato) venne trasformato nella nuova divisa dei giocatori di football: una felpa dallo scollo tondo e con il caratteristico triangolino di tessuto che serviva per raccogliere il sudore dal collo (in inglese felpa si dice _sweatshirt_ , maglietta raccogli-sudore).
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> La felpa con il cappuccio venne inventata negli anni Trenta dalla Knickerbocker Knitting Mills, il nome con cui venne fondata, a Rochester nel 1919, l'azienda di abbigliamento sportivo Champion. L'idea di applicare il cappuccio alla felpa «fu dettata dalla necessità: Champion si trova nello Stato di New York, dove il freddo è brutale», ha spiegato al _Wall Street Journal_ l'attuale vicepresidente, Matt Waterman.
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> I giocatori di football, ormai abituati a usare le felpe per giocare, furono tra i primi a indossare la versione col cappuccio, che si diffuse anche tra i lavoratori nei magazzini e all'aperto. Champion iniziò a produrle anche per i soldati americani, che la portavano durante gli allenamenti. Negli anni Quaranta fu sempre Champion a inventare la felpa con la tasca davanti, detta anche "tasca canguro", dall'inglese _kangaroo pocket_ ; prima di allora le felpe non avevano tasche, neanche quelle laterali.
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> **– Leggi anche:** [Il coronavirus ha schiantato la moda](<https://www.ilpost.it/2020/04/13/moda-coronavirus/>)
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> Negli anni Cinquanta e Sessanta le squadra di football dei college americani iniziarono a imprimere il nome dell'istituto sulla felpa, che divenne quindi un simbolo di appartenenza e iniziò a essere portata anche dalle ragazze, diventando un indumento popolare. Champion si mise a produrre e vendere felpe anche per i non atleti.
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> In quegli anni anche le grandi aziende di moda si interessarono alla felpa con cappuccio. Nel 1967 la rivista _Vogue_ pubblicò un servizio che ne mostrava una elegante, in cashmere e dotata zip. Qualche anno dopo, la stilista britannica Vivienne Westwood fece sfilare modelle vestite di felpe con cappuccio, strette come corsetti e decorate con stampe vittoriane. Negli anni Settanta la felpa venne proposta anche da altri stilisti, tra cui Norma Kamali, famosa anche [per aver inventato](<https://www.ilpost.it/2019/11/10/storia-piumino-kamali-moncler/>), nel 1973, lo _sleeping bag coat_ , un cappotto lungo fino alle caviglie considerato antesignano del piumino.
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> In quel periodo, la felpa con cappuccio si diffuse tra gli adolescenti ribelli delle sottoculture, soprattutto perché permetteva di coprire il viso. Keanan Duffty, che insegna moda alla New York’s Parsons School of Design, ha raccontato al _Wall Street Journal_ che la portavano «gli skaters incappucciati in California quando facevano skate nelle piscine vuote, e i ragazzini del Bronx che a New York disegnavano graffiti sui muri». Era indossata dai rapper e dai ballerini di breakdance dell'hip hop allora nascente e dai ragazzini delle periferie disagiate delle città: in breve divenne un simbolo di un'intera cultura.
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> Nel 1976 la rese popolare anche il personaggio di Rocky Balboa, che si allenava nelle gelide strade di Philadelphia con una felpa grigia con cappuccio. Il _Wall Street Journal_ scrive che una delle felpe più costose di sempre è un modello indossato in _Rocky IV_ , che fu venduto a un'asta del 2015, a Los Angeles, per 37.500 dollari dell'epoca.
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> Negli anni Novanta venne coniato il termine _hoodie_ , che nel mondo anglosassone indica appunto la felpa con cappuccio. All'epoca aveva ormai un significato negativo, era associata alla microcriminalità e ai movimenti delle sottoculture; negli Stati Unti era spesso indossata dai ragazzini neri e dai bianchi delle famiglie povere e disagiate.
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> Nel 2005 il centro commerciale Bluewater nel Kent, in Regno Unito, vietò l'ingresso a chi indossava una felpa con cappuccio, pur continuando a venderle nei suoi negozi. Un anno dopo, David Cameron – allora ministro dell'Istruzione del [governo ombra](<https://it.wikipedia.org/wiki/Governo_ombra>) britannico – tenne un discorso, poi diventato famoso, per cambiare la percezione negativa verso chi indossava gli hoodie: invitò gli adulti a essere più comprensivi verso gli adolescenti e disse che spesso coprirsi la faccia con un cappuccio non era un gesto aggressivo, ma di difesa.
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> Balmain, Parigi, 18 gennaio 2019 (Pascal Le Segretain/Getty Images)
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> L'opera d'arte più famosa dedicata a una felpa si inserisce in questo clima. [In the Hood](<https://news.artnet.com/market/david-hammons-at-mnuchin-482738>), realizzata dall'artista americano David Hammons nel 1993, è un cappuccio ritagliato da una felpa usata e inchiodato al muro. L'opera venne interpretata come un commento sulla discriminazione razziale contro gli adolescenti neri americani, che spesso indossavano gli hoodie e che erano presi di mira e fermati dai poliziotti bianchi. Altri la definirono profetica dopo l'uccisione del 17enne Trayvon Martin, avvenuta in Florida nel 2012, da parte di George Zimmerman, un vigilante volontario delle ronde di quartiere. Martin era uscito da un negozio, aveva con sé una bibita e un pacco di confetti al cioccolato e indossava una felpa con cappuccio che gli copriva il viso; questo e il colore della pelle [avrebbero convinto Zimmerman](<https://www.ilpost.it/2013/07/14/la-sentenza-sul-caso-trayvon-martin/>) che fosse un ladro da inseguire.
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> Dagli anni Duemila, la felpa con cappuccio è entrata anche nella moda di lusso, come tutti gli indumenti dello streetwear in generale, cioè il modo di vestire della strada, quello di rapper e skater, fatto di pantaloni larghi, scarpe da ginnastica, berretti, magliette e, appunto, felpe. Tra i primi ad aver presentato alle sfilate felpe di lusso ci fu il giapponese Yohji Yamamoto nella collezione Y-3, realizzata in collaborazione con Adidas, fino a quelle più recenti del belga Raf Simons, dello statunitense Rick Owens, del britannico John Galliano da Maison Margiela, di Pierpaolo Piccioli da Valentino.
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> Valentino, Parigi, 19 giugno 2019 (AP Photo/Francois Mori)
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Storia della felpa col cappuccio | "È la direzione sbagliata": la nuova regola della Mls contro le perdite di tempo ha fatto infuriare Messi |
La ricerca di terre disponibili è diventata, a partire dal ventunesimo secolo, uno delle necessità imprescindibile del ciclo economico mondiale. Il possesso delle risorse naturali è sempre state uno dei motori della competizione globale, ma negli ultimi due decenni si presenta con caratteristiche del tutto nuove rispetto al “tradizionale colonialismo”. Tale fenomeno viene etichettato con il termine Land Grabbing o più semplicemente “accaparramento di terra”. Gli elementi di novità sono riconducibili sostanzialmente a due aspetti la crisi finanziaria e la crisi energetica, fattori in stretta connessione l’uno con l’altro. Prima di analizzare singolarmente le due cause del fenomeno occorre darne una dimensione e tratteggiare quali sono gli attori del processo. Secondo la World Bank solo tra il 2008 ed il 2009 sarebbero stati affittati o ceduti circa 56 milioni di ettari di terra coltivabile, quasi il doppio del territorio italiano (30,1 milioni di ettari). La stima di Land Matrix ( il più accreditato osservatorio indipendente che raccoglie e monitora da tempo gli investimenti nell’agro business) indica già nel 2012 ben 227 milioni di ettari oggetto di transazione. Gli “investitori” principali si individuano nei seguenti paesi Usa (per 10,1 milioni di ettari), Malesia (per 4,1) Singapore (3,2), Cina (3,1), Brasile (2,4), Emirati Arabi (2,3), Regno Unito (2,1), India ( 2,1), Olanda (1,8), Arabia saudita (1,6). Questi numeri ci suggeriscono una osservazione importante che fa del Land Grabbing un fenomeno del tutto nuovo rispetto al tradizionale colonialismo dei secoli precedenti. Si è spostato l’asse Nord (ricco) Sud (povero) ora il percorso è in orizzontale. I paesi “ in vendita” (Target Countries) sono in gran parte africani Repubblica Democratica Del Congo (per 7,1 milioni di ettari di superficie venduta) Sud Sudan (2,6mln), Mozambico (2,5mln), Congo (2,3mln), Russia (2,2mln), Liberia (1,8mln). Le compagnie private rappresentano la categoria di acquirenti più attive. Gli investimenti sono regolamentati attraverso contratti di leasing, la cui durata può variare da 30 a 99 anni, di cessione od uso della terra. Nella generalità i territori sono allocati da un governo centrale ad una multinazionale estera. Analizziamo le due principali cause del land Grabbing prendendo ora in considerazione la
crisi finanziaria
. In un quadro di deterioramento dei classici asset finanziari (investimenti azionari od obbligazionari), le cosiddette commodity ( beni materiali), soprattutto quelle agricole, rappresentano da circa un ventennio una sponda più sicura rispetto all’investimento in titoli. Nel 2007 i beni alimentari in termini di remunerazione hanno superato altri beni, come il petrolio e il metallo. Due fattori sono stati decisivi Il prezzo della terra estremamente basso e i prezzi alimentari in forte rialzo determinato da un nuovo ed inatteso fenomeno la finanziarizzazzione della terra. La borsa di Chicago, la principale piazza mondiale nelle transazioni agricole, ha conseguito un implemento dei contratti del 65%.. Le risorse per l’acquisto della terra provengono in gran parte dai fondi di investimenti ( le casseforti di liquidità a livello globale delle quali i fondi pensioni rappresentano una parte significativa) attraverso lo strumento tipico della speculazione finanziaria i derivati o futures. La spinta alla finanziarizzazione della terra è certificata dal fatto che solo il 2% dei contratti dei futures nell’acquisto di terra sono legati al reale trasferimento di beni fisici. Nel periodo 2002-2008 il valore dei derivati nel campo alimentare si è incrementato di circa 20 volte raggiungendo quota 13.000 miliardi di dollari. La partita esclusivamente finanziaria ha fatto sì che sono mutati i soggetti del mercato alimentare. infatti il mercato delle commody futures è stato controllato sin dall’inizio da tre grandi banche, la Goldman Sachs, la Morgan Stanley, la JP Morgan. In conclusione si è creata una borsa fittizia dei beni alimentari il cui prezzo non è più determinato dalla fisica disponibilità dei beni e dalla richiesta dei consumatori ma solo dai profitti duella speculazione. Per rimarcare l’aspetto speculativo totalmente avulso delle logiche di investimento produttivo, facciamo notare, secondo uno studio della banca Mondiale, che su 56 milioni di ettari oggetto del land grabbing l’80% è rimasto inutilizzato. Il quadro non sarebbe completo se non si prendesse in considerazione la
crisi energetica
che ha inevitabilmente spinto per la ricerca di energia alternativa rispetto ai tradizionali combustibili fossili. Ricordiamo che l’Unione Europea ha posto come obiettivo energetico che entro il 2020 i carburanti devono derivare da risorse rinnovabili per una quota di ameno il 10%. La risposta è arrivata dal settore agricolo attraverso i biocarburanti, elemento del tutto nuovo rispetto al passato che ha contribuito in maniera decisiva alla corsa all’“accaparramento della terra”.
Infatti solo il 7% delle terre interessate dal Land Grabbing sono destinati a culture alimentari, mentre il 62% del totale è destinato ai biocombustibili, il 31% ad uso flessibile multiuso. L’Africa SubSahariana è la regione dove si registrano i maggiori investimenti nel campo bioenergetico. La banca Mondiale ha stimato che il 33% dei progetti presi in considerazione per la zona SubSahariana riguardavano investimenti agricoli per la produzione di biocarburanti. Il Centre for International research ha rilevato che in tale regione sono stati realizzati 109 progetti di biofuel da parte di investitori nordamericani ed europei per un totale di 18,1 milioni di ettari (oltre la metà del suolo dell’Italia). Nel 2012 la quota complessiva destinata alla produzione di biocarburanti si attestava sui 78.000 KM quadrati , in pratica l’intera estensione di Belgio ed Olanda. Si è calcolato che tale superficie se fosse stata coltivata a grano o mais avrebbe permesso il sostentamento di circa 127milioni di persone. Si stima che, salvo correzioni di rotta nella politica di produzione dei biocarburanti, nel 2030 quasi 600.000Km quadrati di terra potrebbero essere destinati alla produzione di biocarburanti , un area pari alla Francia. A detta dell’International Energy Agency (IEA) gli ettari destinati a bio carburanti sono circa 30 milioni. Le stime sul consumo di biocarburante per il 2040 attestano in 100 milioni ( tre volte l’Italia) gli ettari di terra necessari per soddisfare le necessità di biocarburanti. Ciò si tradurrà in un incremento del 333% della terra oggi impiegato per questo specifico scopo. Detta in altra modo senza l’utilizzo di biocarburanti, tra il 2000 ed il 20020 si avrebbe a disposizione per l’alimentazione umana 90 milioni di ettari. Un ruolo sempre più importante soprattutto nel continente africano sta assumendo la coltivazione della Jatropha Curcas sono circa 5,5 i milioni di ettari coltivati soprattutto nell’East Africa Etiopia, Mozambico, Tanzania. La prova evidente di quanto gli eco carburanti abbiano un peso economico rilevante è dato dalle dimensione delle lobby dell’industria europea di riferimento. Oxfam, la confederazione internazionale delle organizzazioni non profit, stima che nel 2015 gli attori coinvolti nell’intera filiera, dai coltivatori della materia prima ai produttori, hanno speso circa 44,1 milioni di Euro ed ingaggiato quasi seicento persone per svolgere attività di lobbing presso l’Unione Europea, ponendo la lobby dei biocarburanti sullo stesso livello della lobby del tabacco. A partire dal 2009 il Parlamento Europeo ed i governi nazionali, grazie anche alle pressioni delle dell’industria degli eco combustibili hanno concordato l’introduzione di un obiettivo vincolante; entro il 2020, del 10% dei trasporti si avvarranno del
bio fuel. I ritorni economici sono stati immediati e conseguenti considerato che la produzione e consumo di bio energia si è incrementa dai 1,5milioni di tonnellata del 2005 ai 12 milioni di tonnellate del 2018 con l’obbiettivo di circa 14 milioni di tonnellate per il 2020. In Tanzania tra il 2005 ed il 2008 circa quattro milioni di ettari ( circa la stessa superficie dell’Olanda) sono stati destinati a progetti commerciali relativi agli eco combustibili. La società BioShape Holding BV, con sede in Olanda, ha acquisito tramite una succursale tanzana 34mila ettari di terra nel distretto meridionale di Kilwa per la produzione di biodisel tramite la produzione della jatropha. La terra apparteneva a quattro villaggi Mavuji, Migeregere, Nainokwe e Liwiti. Gli abitanti diedero il loro assenso ma fu a loro taciuti le dimensioni dell’accordo in particolare il confine e l’estensione totale della terra ceduta e soprattutto il fatto che il controllo della terra sarebbe stato a loro sottratto per essere trasferito al governo centrale il quale lo avrebbe poi successivamente assegnato alla società. In tal modo fu tolto alle comunità il diritto consuetudinario perpetuo all’uso della terra senza il loro preventivo consenso e senza un risarcimento adeguato. In tale contesto si registra anche un fenomeno del tutto nuovo nell’utilizzo della terra ovvero il flex-crops ed il multiple uses. Tale tecniche permettono un uso ambivalente delle coltivazioni sia per produzione di cibo che per altri scopi specie bio carburanti. Ad esempio la coltivazione della canna da zucchero permette al produttore di destinare il prodotto sia al consumo alimentare che al mercato energetico in relazione alla fluttuazione dei prezzi dei due settori. In sintesi si ha un uso del prodotto che ancora una volta risponde a criteri “finanziari” e non ad altri scopi. La produzione di “energia verde” contribuisce all’inquinamento atmosferico. I biocarburanti da materia prima alimentare emettono in media oltre il 50% di gas serra in più rispetto ai combustibili fossili. Il biodisel da olio da palma emette il triplo di CO2 rispetto ai diesel da materia fossile. Il biodisel ricavato dai semi di colza ed il bioetanolo ottenuto dall’orzo emettono una quantità di CO2 pari a circa il 20% in più della benzina, così come il biofuel da semi di girasole e l’etanolo estratto dal grano sono all’incirca altrettanto inquinanti del combustibile fossile. Uno dei fattori che hanno contribuito al consolidarsi del land Grabbing è quello del marcato dei crediti in carbonio. Nel quadro dell’accordo di Kyoto i paesi industrializzati si sono impegnati a contenere le immissioni gas ad effetto serra. In tale contesto i paesi ricevono crediti di emissione se a loro volta si impegnano nei progetti volti alla riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo. Tale meccanismo ha indotto le imprese internazionali ad acquisire il controllo di foreste o terreni disboscati per la riforestazione. Il tutto è regolato da un programma Nazioni Unite denominato REDD (reducing Emission From deforestation and forest Degradation) . Di fatto si tratta uno schema di compensazione dei mercati del carbonio e come tale produce crediti in carbonio. Le quote sono rappresentate da progetti e programmi che hanno l’obiettivo di conservare aree al altro stock di carbonio. Ciò permette di creare crediti di carbonio che possono essere utilizzati da paesi ed imprese per raggiungere i loro obiettivo di risparmio per le emissioni o possono essere utilizzati nella commercializzazione nei mercati finanziari del carbonio. In altre parole inquino qui perché sono stato ecologicamente corretto altrove. Possiamo affermare che il Land Grabbing costituisce un fenomeno di accentramento della produzione terriera e degli spazi agricoli nelle mani di poche imprese mosse sopratutto da interessi finanziari che nulla hanno a spartire con l’alimentazione del pianeta. Tali pratiche stanno contribuendo, come vedremo nel prossimo articolo nel quale ci soffermeremo sulle conseguenze sociali e di genere del Land Grabbing, ad annullare quelle pratiche comunitarie agricole che hanno permesso quanto meno la sussistenza di centinai di milioni di contadini e la salvaguardia di un ecosistema del tutto sostenibile per le esigenze dei locali. Emigrazione, inquinamento, concentrazione della terra e delle ricchezze nelle mani di un numero di soggetti sempre più ristretto ed un modello di consumo sempre più illogico sono le inevitabile conseguenze.
Daniele Ratti
| Land Grabbing - | Qualcuno sta lasciando buste piene di soldi in un paesino spagnolo |
['Ieri centinaia di persone sono scese in piazza a Derna, la città massacrata ', 'dall’inondazione', ' causata dal cedimento di due dighe sotto la violenza della tempesta Daniel, gridando slogan contro l’incapacità del governo di gestire la crisi e chiedendo conto alle autorità per le responsabilità mancate. In una ', 'dichiarazione', ' letta durante la ', 'manifestazione', " a nome degli “abitanti di Derna”, si chiede “una rapida indagine e un’azione legale contro i responsabili del disastro”, oltre all'”istituzione urgente di un ufficio di supporto delle Nazioni Unite a Derna” e l’avvio del “processo di ricostruzione della città e di risarcimento dei residenti colpiti”. La dichiarazione chiede anche lo scioglimento dell’attuale consiglio comunale e un’indagine sui bilanci precedenti della città.", '', '', '“Aguila non ti vogliamo! Tutti i libici sono fratelli!” è uno dei cori dei manifestanti che ieri inneggiavano ', 'alle dimissioni o alla caduta del governo libico orientale', ' e del capo del parlamento, Aguila Saleh. La rabbia ha preso il posto del dolore, le proteste quello dei riti funebri. “No est, no ovest, Libia unita” si ascolta nei video pubblicati sui social, “Abbasso il Parlamento”. Si inneggia all’unità nazionale dopo un decennio di divisione interna e caos, ma il focus principale rimane la ricerca di giustizia verso chi viene considerato corresponsabile della catastrofe. Più tardi, nella serata, alcuni manifestanti hanno ', 'dato fuoco', ' alla casa di Abdulmenen al-Ghaithi, il sindaco di Derna durante l’inondazione destituito pochi giorni fa. Le grida “Il sangue dei martiri non è stato versato invano” fanno da sottofondo alle immagini largamente diffuse sui social media e anche dai canali di informazione libici. Secondo quanto riportato dalla televisione libica al-Masar, poche ore dopo la manifestazione il capo dell’esecutivo della Libia orientale, Osama Hamad, ha sciolto il consiglio comunale di Derna e ha ordinato un’indagine sulla questione.', '', '', 'Ancora si scava per estrarre i corpi dalle macerie lasciate dall’alluvione che nella notte tra il 10 e l’11 settembre ha causato', ' più di 3.900 morti accertati', ', ', '7mila feriti', ' e oltre ', '10mila dispersi', ', devastando una buona parte della città di Derna. Ma si calcola che possano arrivare a superare i 20mila i morti solo nella città simbolo della Cirenaica. Le onde provocate dalla rottura delle due dighe a monte di Derna hanno portato via tutto: edifici, strade, macchine, persone. Sono migliaia i corpi ancora non ritrovati o portati al largo dal fiume in piena, diventato tsunami. La tempesta Daniel si è formata intorno al 4 settembre nel Mediterraneo; ha toccato prima la Grecia, poi la Turchia e la Bulgaria. Arriva in Libia il 10 settembre, dove scoppia il disastro. Due dighe cedono sotto il peso delle piogge, creando delle onde alte quasi 20 metri che distruggono circa un quarto della città. Erano le 3.30 di notte. Tutti dormivano.', '', '', 'Ma il massacro non è solo colpa della tempesta, ', 'la responsabilità è anche politica', '. Le autorità libiche ', 'non hanno compiuto lavori di ristrutturazioni', ' su queste infrastrutture, vecchie di oltre 50 anni, rimproverano i manifestanti. Nel 2022, l’ultimo ', 'studio', ' che aveva previsto il disastro. “La situazione attuale impone ai responsabili di mettere in campo delle misure immediate per procedere alla manutenzione delle dighe. Questo perché, in caso di forti inondazioni, le conseguenze saranno catastrofiche per gli abitanti e per la città” dice nero su bianco la ricerca dell’università libica Omar Al-Mukhtar, pubblicata sulle pagine del ', 'Sebha Uiversity Journal of Pure & Applied Sciences. ', '“Ci sono stati avvertimenti prima di questo. Lo Stato lo sapeva bene, sia attraverso gli esperti della Commissione pubblica per l’acqua sia attraverso le società straniere che sono venute a valutare la diga”, ha affermato l’idrologo Abdul Wanis Ashour', ',', ' autore dello studio, a ', 'Reuters', '. “Il governo libico sapeva cosa stava succedendo nella valle del fiume Derna e la pericolosità della situazione da molto tempo”. Le autorità avevano pensato di riparare le dighe sopra Derna già nel 2007, quando una società turca si è aggiudicata un contratto per la ristrutturazione.', '', '', 'Nel 2011, però, Muammar Gheddafi, il sovrano di lungo corso della Libia, è stato rovesciato. Scoppia una lunga guerra civile sostenuta dalla NATO e per anni Derna è stata in mano a una successione di fazioni islamiste militanti, tra cui Al Qaeda e lo Stato Islamico. L’azienda turca ', 'Arsel', ' riporta sul suo sito web un progetto di riparazione delle dighe di Derna iniziato nel 2007 e completato nel 2012. L’azienda non ha risposto alle chiamate di ', 'Reuters', ' e nemmeno alle richieste di commento inviate via e-mail.', '', '', 'Omar al-Moghairbi, portavoce di una commissione del ministero delle Risorse idriche che sta indagando sul crollo delle dighe, ha ', 'dichiarato', ' che l’appaltatore non è stato in grado di completare i lavori a causa della situazione di insicurezza della città e non è tornato quando richiesto. “Sono stati stanziati dei budget, ma l’appaltatore non c’era”.', '', 'Anche se i lavori di ristrutturazione fossero stati eseguiti, le dighe avrebbero ceduto, ha detto Moghairbi, perché il livello dell’acqua dopo la tempesta Daniel ha superato la capacità della struttura. Ma i danni alla città non sarebbero stati così gravi.', '', '', 'Nel 2021, un rapporto dell’Audit Bureau libico ha citato ', '“l’inazione” del ministero delle Risorse idriche', ', affermando che non è riuscito a portare avanti i lavori di manutenzione delle due dighe principali sopra Derna. Il rapporto affermava che erano stati stanziati 2,3 milioni di euro per la manutenzione e la riabilitazione delle dighe, ma solo una parte dei fondi era stata detratta. Non è stato detto se tali fondi siano stati spesi o per cosa.', '', '', 'L’instabile situazione geopolitica della Libia – favorita dagli interessi occidentali e della NATO – ne è stata corresponsabile, insieme alla mala gestione e alla probabile corruzione. La divisione territoriale in due governi ha provocato forti dispute all’assegnazione dei fondi, tra cui quelli che dovrebbero riguardare le infrastrutture, su cui non ci sono investimenti da anni. Nessuno dei due governi ha infatti i soldi e la legittimazione politica per fare interventi infrastrutturali e fare piani a lungo termine. I responsabili sono vari, e l’inchiesta ancora deve arrivare al termine.', '', '', '[di Monica Cillerai]', '', ''] | In Libia dopo l’alluvione è esplosa la rabbia della popolazione | “È ora di svegliarvi dal sonno” |
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> Di recente Eurostat, l'ufficio dell'Unione Europea che si occupa di raccogliere dati e statistiche dai paesi dell'Unione, [ha diffuso](<http://ec.europa.eu/eurostat/news/themes-in-the-spotlight/citizenship-2016>) una serie di dati sull'acquisizione della cittadinanza nei paesi europei: risalgono al 2016 e sono gli ultimi dati che abbiamo a disposizione per capire quali e quanti cittadini abbiano ottenuto la cittadinanza in ciascuno stato europeo. Abbiamo raccolto i più interessanti che riguardano soprattutto l'Italia.
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> Per capirli al meglio va tenuto conto che un adulto può ottenere la cittadinanza italiana soltanto in un modo (visto che la riforma sullo ius soli [non è stata approvata dalla scorsa legislatura](<https://www.ilpost.it/2017/12/24/ius-soli-numero-legale/>)): [nella stragrande maggioranza dei casi](<https://www.ilpost.it/2017/03/14/chi-sono-i-g2/>) può richiederla dopo dieci anni di residenza e al contempo dimostrare di avere reddito sufficiente e di non avere accumulato precedenti penali. Il riconoscimento non è scontato: [nel 2014](<http://www.libertaciviliimmigrazione.dlci.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/anno_2014.pdf>), ad esempio, 1464 richieste sono state respinte e 740 sono state giudicate inammissibili. **Occhio:** in questi conteggi non sono incluse le persone che hanno dei permessi di soggiorno temporanei o di lungo periodo, cioè i migranti e richiedenti asilo arrivati in Italia negli ultimi anni.
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> Il numero totale di cittadinanze europee rilasciate nel 2016 è **994.800**. Nel 2015 erano state 841.200. L'Italia è il paese che più di tutti ha rilasciato nuove cittadinanze: nel 2016 sono state **201.591** , il 20 per cento del totale. In pratica, un nuovo cittadino europeo su cinque ha ottenuto la cittadinanza italiana.
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> Fra i paesi da dove arrivano le persone che nel 2016 hanno ottenuto la cittadinanza italiana, al primo posto c'è l'Albania, da dove provengono **36.920** nuovi italiani. Al secondo posto c'è il Marocco con **35.212**. Entrambi i paesi negli anni Novanta hanno avuto un imponente flusso di migranti verso l'Italia. Fra i paesi più sorprendenti che si trovano ai primi posti c'è anche l'India (quarta con **9.527** persone) e la Macedonia, settima con **6.771** persone.
>
> Eurostat ha raccolto dei dati anche per macro-regioni; l'area da dove arriva la maggior parte dei nuovi cittadini italiani è il Nord Africa (soprattutto per via del Marocco), seguita dall'Asia meridionale (India, Pakistan, Bangladesh) e dal Sud America.
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> I cambi di cittadinanza all'interno dell'Unione Europea sono piuttosto rari, dato che le leggi europee prevedono che un cittadino comunitario abbia gli stessi diritti in tutti i paesi dell'Unione: rappresentano solamente il 12 per cento delle cittadinanze rilasciate nel 2016 in tutta l'UE. Il paese comunitario da dove arriva il maggior numero di nuovi cittadini italiani è la Romania, un altro paese dove da anni è attivo un importante flusso verso l'Italia: nel 2016, **12.967** ex cittadini rumeni hanno ottenuto la cittadinanza italiana.
>
> I paesi europei da cui arrivano meno cittadini italiani, almeno nel 2016, sono stati due: Cipro e Norvegia. Da entrambi i paesi sono arrivati **2** nuovi cittadini italiani. Agli ultimi posti di questa classifica ci sono anche Austria, Danimarca e Finlandia ( **4** a testa). Dalla Svizzera, un paese che non fa parte dell'Unione Europea ma che condivide un lungo confine con l'Italia, sono arrivati appena **68** nuovi cittadini italiani: un decimo rispetto a quelli arrivati ad esempio dalla Turchia ( **627** ). Categoria paesi particolari: nel 2016 sono diventati italiani **3** ex cittadini nordcoreani, **14** persone originarie di San Marino e **1** dalle Comore, un minuscolo stato insulare africano che si trova nell'Oceano Indiano.
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> Questa invece è la lista di paesi da cui **non provengono** le persone straniere che nel 2016 sono diventate italiane: Lussemburgo, Liechtenstein, Andorra, Principato di Monaco, Città del Vaticano, Lesotho, Antigua e Barbuda, Antille Olandesi, Curaçao, Saint Kitts and Nevis, Suriname, Brunei, Singapore, Timor est, Bahrein, Qatar, Arabia Saudita, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone, Vanuatu, Kiribati, Micronesia, Nauru, Palau, Tuvalu.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Chi sono i nuovi cittadini italiani | L'uomo accusato della morte di Yara Gambirasio è presunto innocente, spiega il procuratore |
Da alcuni decenni, sono cresciute le nostre difficoltà di comprensione delle dinamiche di evoluzione della società. Lo sviluppo ipertrofico dei processi di globalizzazione e comunicazione ha reso infatti il mondo culturale e sociale contemporaneo sempre più complesso e difficile da capire. Così, le società occidentali contemporanee evidenziano spesso ai nostri occhi una natura incomprensibile e le persone che le abitano incontrano delle notevoli difficoltà nell’attribuire loro dei significati. Ma è possibile comunque mettere a punto e perfezionare degli strumenti in grado di consentirci d’illuminare almeno in parte i processi di cambiamento in corso. Degli strumenti d’analisi cioè, i quali possano consentire alle persone di orientarsi in maniera efficace rispetto alle dinamiche evolutive della società, pur nella consapevolezza delle difficoltà interpretative che comunque tali dinamiche comportano.
In Italia, sono stati effettuati vari tentativi di questo tipo da parte di diversi soggetti. Coop è uno di quelli che ha perseguito con maggiore costanza un progetto di analisi dell’evoluzione sociale. Infatti, ha creato e progressivamente perfezionato un portale dedicato alla raccolta di informazioni relative alla vita quotidiana degli italiani (
www.italiani.coop
) e un rapporto annuale sui principali cambiamenti che intervengono in tale ambito. È da poco uscita l’ultima versione di tale rapporto, il
Rapporto Coop 2021 - Economia, consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani
, realizzata dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) con la collaborazione scientifica di Nomisma, il supporto di analisi di Nielsen e i contributi originali di Gfk, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, Npd, Crif, Tetra Pak Italia. Per dare vita a tale rapporto, si è fatto ricorso a numerosi dati provenienti da molteplici fonti, ma ci si è avvalsi anche di due differenti indagini appositamente condotte nello scorso mese di agosto e relative a due campioni statistici, uno di popolazione e uno composto di opinion leader.
Naturalmente, il
Rapporto Coop 2021
aveva la necessità di confrontarsi con l’attuale fase sociale in cui le conseguenze sociali determinate dalla pandemia di Covid-19 sembrano aver superato il loro momento acuto per lasciare spazio a una fase di progressiva “normalizzazione”. E infatti dal
Rapporto Coop
di quest’anno emerge principalmente che nel nostro Paese è in atto una significativa ripresa. Ripresa di cui gli italiani sono consapevoli, sebbene percepiscano che rimangono ancora diversi problemi da risolvere, a cominciare da quello riguardante la disoccupazione. Pertanto, l’attuale momento positivo dell’economia italiana non si traduce ancora in una elevata espansione dei consumi. Comunque, se messi a confronto con i loro colleghi europei, gli italiani evidenziano di essere tra i più ottimisti, decisamente più dei tedeschi, dei francesi e degli spagnoli.
Ma come si stanno trasformando i nostri connazionali secondo il
Rapporto Coop 2021
? Hanno molta fiducia nelle opinioni degli scienziati e nei medici, probabilmente in conseguenza della recente esperienza pandemica. Sono però anche sempre più consapevoli dell’importanza di tutelare i diritti civili. Basti pensare che, in Europa, sono uno dei popoli più favorevoli al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Sono inoltre sempre più sintonici con il mondo digitale e fanno sempre più ricorso al commercio elettronico, sebbene il totale degli acquisti effettuati in questo ambito sia ancora contenuto. Ma sono anche sempre più ecologisti: acquistano in misura crescente auto ibride ed elettriche, utilizzano biciclette elettriche e si lasciano coinvolgere dal modello alimentare vegetariano. Si pensi che l’88% dichiara di fare scelte guidate da criteri di sostenibilità ambientale quando acquista dei prodotti alimentari o delle bevande. Ciò probabilmente spiega perché gli italiani stanno diventando anche più infedeli nei confronti delle tradizionali marche industriali, forse percepite come non in grado di offrire dei prodotti con livelli di rispetto dell’ambiente e della salute paragonabili a quelli delle piccole imprese.
Questi sono soltanto alcuni concetti di sintesi che emergono con chiarezza dall’analisi dei numerosi risultati presenti nel
Rapporto Coop 2021
. Chi è interessato potrà trovarne altri esplorando il rapporto liberamente disponibile sul sito di Coop. Quello che è invece è importante sottolineare qui è che, come si è affermato in precedenza, questo rapporto, analogamente ad altri tentativi simili, è uno strumento di comprensione della realtà sociale sicuramente utile ed efficace, ma anche parziale e limitato. Infatti, come si è detto, è basato su dati raccolti da varie fonti e due indagini campionarie appositamente realizzate. Due indagini dove le persone intervistate si sono direttamente espresse. È noto però che una metodologia di questo tipo presenta dei vantaggi, ma anche dei limiti sul piano dell’affidabilità scientifica. E che dunque può essere “corretta” e migliorata costruendo e impiegando anche degli indicatori di tipo indiretto. Indicatori che una ormai lunga tradizione relativa all’ambito delle ricerche sul cambiamento sociale ha mostrato essere efficaci e sicuri dal punto di vista dei risultati ottenuti.
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| Rapporto Coop 2021 | Pilastro Draghi |
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> Il Tribunale Arbitrarle dello Sport di Losanna (TAS) ha accolto il ricorso dell'Organizzazione Nazionale Anti Doping (NADO) e ha esteso a dieci mesi la squalifica per doping alla tennista italiana Sara Errani. Errani era stata trovata positiva a una sostanza dopante lo scorso agosto ed era stata squalificata per due mesi dalla federazione internazionale di tennis. La NADO si era successivamente opposta alla squalifica presentando un ricorso per l'estensione a dieci mesi. Errani ha già scontato due mesi (ed era anche già tornata a giocare) ma ora dovrà restare ferma fino a febbraio del prossimo anno, oltre a pagare una multa di 4.000 franchi svizzeri. Le sentenza del TAS è inoltre inappellabile.
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> Errani [era risultata](<https://www.ilpost.it/2017/08/07/sara-errani-doping/>) positiva al Letrozolo in un test delle urine effettuato il 16 febbraio del 2017, poco dopo gli Australian Open. Il Letrozolo è un farmaco usato principalmente per il trattamento del cancro al seno – il suo nome commerciale in Italia è Femara – e fa parte delle sostanze proibite della WADA, l’organizzazione mondiale antidoping che ha eseguito i test sui campioni di urine. Errani aveva dato la sua versione dei fatti spiegando di non aver mai assunto volontariamente sostanze dopanti nel corso della sua carriera e di essere sicura di non aver assunto volontariamente il Letrozolo, che è però una delle medicine che prende sua madre, con la quale viveva. Errani sosteneva che la positività fosse avvenuta per una sorta di contaminazione, e che una minima dose di Letrozolo sia entrata nel suo corpo indirettamente attraverso gli alimenti cucinati dalla madre.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| La squalifica per doping a Sara Errani è stata estesa da due a dieci mesi | Le accuse contro Vincenzo Maruccio |
La blasfemia è punita in moltissimi Paesi del mondo, con pene che vanno da sanzioni pecuniarie (come nel nostro) fino alla pena di morte. Ma il “sacro” merita davvero una tutela speciale? E chi stabilisce cosa è blasfemo e cosa no? Pubblichiamo il video del dialogo tra Moni Ovadia ed Emanuela Marmo svoltosi durante le [Giornate della laicità di Reggio Emilia](<https://www.giornatedellalaicita.com/>), 8-12 giugno 2022.
| Scherza coi fanti ma lascia stare i santi! dialogo tra Moni Ovadia ed Emanuela Marmo | Il settimo Roland Garros di Nadal |
Per quasi tutti i giornali di oggi la notizia di apertura è la data del referendum costituzionale, fissato dal Consiglio dei ministri per il prossimo 4 dicembre, fra le proteste dell’opposizione per non essere stata consultata prima della decisione. La Stampa, Libero e il Giornale invece titolano sulla manovra economica e sui vincoli previsti dall'Unione Europea con il patto di stabilità, mentre i quotidiani sportivi si dividono fra il quarantesimo compleanno di Francesco Totti e la partita di stasera della Juventus con la Dinamo Zagabria in Champions League.
[ ](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/stampa-1420/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/stampa-1420/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/corriere_della_sera-1222/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/repubblica-1448/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/sole_24_ore-691/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/messaggero-1385/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/ribattuta1-1-giorninternipag-prima-270916/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/unita-1181/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/manifesto-915/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/libero-1550/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/fatto-1022/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/avvenire-1146/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/verita-7/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/osservatore_romano-960/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/prima-standard-250/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/secolo_xix-1174/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/mattino-1214/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/tempo-1067/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/mf-805/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/italia_oggi-527/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/gazzettino-1230/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/messaggeroveneto_udine-1186/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/giornale_di_brescia-823/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/lanuovaferrara_ferrara-1182/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/leggo-666/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/giornale_di_sicilia-542/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/ilpiccolo_trieste-1186/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/lacittadisalerno_salerno-1069/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/gazzetta_del_mezzogiorno-982/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/lanuovasardegna_sassari-1181/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/ilcentro_pescara-1183/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/xsm4e05/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/mattinopadova_padova-1182/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/iltirreno_livorno-1189/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/gazzetta_dello_sport-1145/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/corriere_dello_sport-1202/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/09/27/le-prime-pagine-di-oggi-1393/tuttosport-1660/>)
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Le prime pagine di martedì 27 settembre 2016 | Watergate, la cronologia |
03 maggio 2021 11:42
Afana Dieudonne ripete spesso di non essere un supereroe. È il suo modo di ammettere che per sopravvivere ha fatto cose di cui non va fiero, come avrebbe fatto chiunque si fosse trovato nella sua situazione. In aereo dal suo paese, il Camerun, alla Tunisia, poi in macchina e a piedi attraverso il deserto per entrare in Libia, e infine su un gommone nel Mediterraneo, Dieudonne ha superato molte prove di sopravvivenza.
In Libia, ricorda, i trafficanti che gestivano il centro di raccolta dei migranti gli chiedevano dei favori. Lui parla un po’ d’inglese e non voleva problemi. I trafficanti erano spesso su di giri per la droga ed erano sempre armati. A volte Dieudonne distribuiva da mangiare e da bere agli altri migranti. O denunciava chi non aveva eseguito gli ordini. Ricorda anche di essere stato costretto a usare la violenza sui compagni. Se non fosse toccato a loro, sarebbe toccato a lui, pensava.
Il 30 settembre 2014 i trafficanti ammassarono Dieudonne e altre 91 persone su un barcone. Nella notte videro le luci della costa libica svanire nell’oscurità. Dopo un giorno in mare il gommone sovraccarico era un po’ sgonfio e cominciava a imbarcare acqua. I passeggeri furono salvati dalla nave di un’ong e poi trasferiti su un’imbarcazione della guardia costiera italiana, dove Dieudonne fu separato dagli altri e portato in una stanza per essere interrogato. Ricorda che inizialmente le domande erano rapide, quasi di routine. Nome, età, nazionalità. Poi cambiarono: gli agenti volevano sapere come funzionava il traffico di esseri umani in Libia per arrestare le persone coinvolte. Volevano capire chi guidava il gommone e chi teneva in mano la bussola per navigare. “Gli ho detto e raccontato tutto, e gli ho mostrato anche chi era il ‘capitano’, tra virgolette, perché non c’è un capitano. Anche chi si ritrova a fare il capitano non lo fa per scelta”. Per i trafficanti, spiega Dieudonne, “noi siamo i clienti, e siamo anche la merce”.
Per anni gli sforzi del governo italiano e dell’Unione europea per affrontare i flussi migratori nel Mediterraneo centrale si sono concentrati sulle persone in Libia – chiamate in modo interscambiabile, a seconda di chi parla, “facilitatori”, “trafficanti”, “contrabbandieri” o “miliziani” – che aiutano ad arrivare in Europa chi può farlo solo in modo irregolare. I migranti pagano queste persone perché organizzino un viaggio estremamente pericoloso, che negli anni ha causato decine di migliaia di morti.
Gli sforzi europei per smantellare le reti di trafficanti di esseri umani hanno avuto una guida improbabile: la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna), un ufficio specializzato di magistrati con sede a Roma, diventato famoso negli anni novanta e all’inizio degli anni duemila per aver smantellato gran parte delle attività mafiose in Sicilia e in altre parti d’Italia. Secondo alcuni documenti interni mai pubblicati finora, la Dna ha assunto un ruolo di primo piano nella gestione del confine marittimo meridionale dell’Europa, in coordinamento con Frontex, l’agenzia che sorveglia le frontiere dell’Unione, e con le missioni militari europee al largo delle coste libiche.
Nel 2013, sotto la guida di Franco Roberti, un procuratore con una lunga esperienza nell’antimafia, la Dna ha sperimentato una strategia unica: da quel momento l’immigrazione irregolare in Europa è stata affrontata con gli stessi metodi usati contro la criminalità organizzata. Con questo sistema le polizie, le guardie costiere e le marine di vari paesi d’Europa – obbligate dal diritto internazionale a salvare le navi di migranti in difficoltà – avrebbero potuto compiere qualche arresto e ottenere delle condanne. L’idea era di arrestare elementi di basso livello nell’organizzazione, gli “scafisti”, per ottenere informazioni sui vertici del traffico di esseri umani, anche convincendoli a collaborare con gli inquirenti come avveniva con i collaboratori di giustizia nei processi di mafia. In questo modo si pensava che gli investigatori della polizia avrebbero potuto risalire la catena di comando e smantellare le organizzazioni dei trafficanti in Libia. Ogni volta che un barcone raggiungeva le coste italiane la polizia faceva una serie di arresti. Chiunque avesse avuto un ruolo attivo durante la traversata, dal timoniere all’addetto alla bussola fino alle persone che distribuivano acqua o che avevano riparato una falla, poteva essere arrestato in base alle nuove linee guida adottate dalla Dna di Roberti. Le accuse variavano dal semplice traffico di esseri umani all’associazione a delinquere internazionale, fino all’omicidio nel caso in cui qualcuno fosse morto soffocato sotto coperta o fosse annegato durante un naufragio. Secondo fonti giudiziarie, dal 2013 le persone arrestate sono state migliaia.
Per la polizia, gli inquirenti e i politici coinvolti, gli arresti erano un importante risultato politico sul fronte interno. All’epoca l’opinione pubblica italiana stava sviluppando una certa ostilità nei confronti degli immigrati, e le foto segnaletiche dei presunti trafficanti finivano regolarmente sulle prime pagine dei giornali. Eppure i verbali delle conversazioni a porte chiuse tra alcune persone che gestivano i casi – ottenuti da The Intercept in base alla legge italiana sulla libertà d’informazione – indicano che la maggior parte dei procedimenti della direzione antimafia si concentrava solo su figure di basso profilo, spesso semplici migranti che avevano pagato per il viaggio. In pochi casi sono stati condannati esponenti di spicco del traffico di esseri umani. I documenti relativi a una decina di processi consultati da The Intercept mostrano che alcuni procedimenti sembrano essersi basati su indagini sommarie e precipitose.
Negli anni successivi la direzione antimafia ha fatto il possibile per non interrompere gli arresti. Nel resoconto di una riunione della Dna del 2017 alcuni procuratori dicevano che le “indagini sono andate incontro a uno stallo perché non hanno potuto svolgere accertamenti in forma anticipata”, cioè non avevano potuto svolgere attività di polizia giudiziaria sulle imbarcazioni delle organizzazioni umanitarie che salvavano vite nel Mediterraneo. Per questo si esprimeva la necessità di “disciplinare l’intervento delle navi ong”. La stessa Dna ha supervisionato il processo di creazione e formazione di una nuova guardia costiera libica, sapendo che alcuni dei componenti di quel corpo militare erano d’accordo con gli stessi trafficanti che in teoria avrebbero dovuto combattere.
Fin dall’inizio delle operazioni la Dna ha potuto contare su strumenti investigativi senza precedenti. I documenti rivelano nel dettaglio come, insieme ad altri funzionari italiani ed europei, la direzione antimafia abbia indagato e perseguito i presunti trafficanti, pur riconoscendo a porte chiuse che molti di loro erano semplici migranti in fuga dalla povertà e dalla violenza.
La Dna è nata all’inizio degli anni novanta, dopo un decennio segnato dall’escalation della violenza mafiosa. All’epoca centinaia di magistrati, politici, giornalisti e agenti di polizia erano stati vittime di attentati e rapimenti, e molti altri avevano subìto le pressioni delle famiglie della criminalità organizzata che agivano in Italia e all’estero. A Palermo il giudice Giovanni Falcone era l’astro nascente della magistratura italiana. Falcone aveva ottenuto risultati senza precedenti con un metodo basato sull’analisi dei flussi finanziari, il sequestro dei beni e la centralizzazione delle prove raccolte dagli inquirenti di tutta la Sicilia. Ma la mafia stava allungando i suoi tentacoli sul resto d’Europa e gli sforzi di Falcone non furono sufficienti. Nel settembre del 1990 un commando mafioso arrivò in Sicilia dalla Germania per uccidere Rosario Livatino, un magistrato di 37 anni. Poche settimane dopo, a un posto di blocco a Napoli, fu intercettato un siciliano residente in Germania che guidava un camion carico di armi, esplosivi e droga. Un mese dopo l’arresto, Falcone andò in Germania per creare un meccanismo di condivisione delle informazioni con le autorità tedesche e portò con sé un giovane collega di Napoli, Franco Roberti.
“Ci trovammo di fronte un muro”, ricorda Roberti, ancora amareggiato nonostante siano passati trent’anni. Ha accettato di incontrarci in un bar di Napoli. Con la voce roca da fumatore, Roberti, 73 anni, descrive il problema delle mafie in Italia con un linguaggio diretto. Si lamenta della mancanza di cooperazione internazionale, che a suo dire continua ancora oggi: “Sostenevano che non c’era bisogno di fare indagini in Germania, che eravamo noi a dover indagare sugli italiani che in Germania occasionalmente erano anche mafiosi”.
Tragedia e opportunità
Mentre tornavano in Italia a mani vuote, ricorda Roberti, Falcone gli disse che avrebbero avuto bisogno di “un organo centralizzato italiano che potesse interloquire direttamente con le autorità giudiziarie straniere, e coordinare le indagini in Italia. Da lì nacque l’idea del procuratore nazionale antimafia”, spiega Roberti. I due cominciarono a costruire quella che sarebbe diventata la prima forza nazionale antimafia. All’epoca il progetto incontrò una forte opposizione. Alcuni sostenevano che Falcone e Roberti stessero creando dei “superprocuratori”, i quali avrebbero esercitato un potere esterno sui tribunali e allo stesso tempo avrebbero subìto pressioni dal governo. Agli occhi degli oppositori era un matrimonio tra polizia e giustizia, tra interessi politici e tribunali, teoricamente indipendenti: insomma era un’idea utile per ottenere condanne di mafiosi, ma pericolosa per la democrazia.
Nel gennaio del 1992 il progetto fu approvato dal parlamento. Falcone, però, non ebbe mai la possibilità di guidare il nuovo ufficio: pochi mesi dopo, un’autobomba uccise lui, la moglie e tre agenti della scorta. L’attentato cancellò anche le ultime critiche al progetto di Falcone. La Direzione nazionale antimafia è diventata una delle istituzioni più importanti del paese, l’autorità su tutte le questioni legate alla criminalità organizzata, capace di liberare in parte l’Italia da una piaga antica. Nei decenni successivi alla morte di Falcone la Dna è riuscita a fare quello che molti in Italia ritenevano impossibile: sconfiggere in buona parte le cinque principali famiglie criminali italiane, dimezzando il tasso di omicidi di stampo mafioso.
Tuttavia, quando nel 2013 Roberti assunse il controllo della Dna, erano passati anni dall’ultimo grande processo di mafia, e l’influenza di quest’ufficio stava diminuendo. Intanto l’Italia doveva affrontare l’arrivo dal mare di un numero senza precedenti di migranti. E così Roberti ebbe un’idea: la Dna si sarebbe occupata di quella che ai suoi occhi era una mafia di tipo diverso. E concentrò la sua attenzione sulla Libia. “Pensammo che si dovesse fare qualcosa di più coordinato per contrastare questi traffici”, ricorda Roberti. “Così misi tutti intorno a un tavolo”.
“L’obiettivo principale era salvare vite, sequestrare navi e catturare scafisti. Cosa che facemmo”, dice.
Mare nostro
Nell’agosto del 2014 Dieudonne arrivò nella città portuale libica di Zuwara. Gli mancava l’ultima tappa del suo viaggio: attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. I trafficanti che aveva pagato per portarlo sull’altra sponda gli avevano portato via tutto ciò che aveva e lo avevano rinchiuso in un edificio abbandonato dove avrebbe aspettato il momento di partire.
Dieudonne ci racconta la sua storia nel piccolo ufficio di Bari da cui gestisce una cooperativa che aiuta gli immigrati appena arrivati in Italia a iscriversi a scuola. È incisivo e carismatico. Si muove in continuazione: parla, scrive messaggi, telefona, gesticola. Ogni volta che dice una cosa importante batte le nocche sul tavolo ritmicamente. Ha insistito perché pubblicassimo il suo vero nome. Altri migranti che hanno compiuto il suo stesso viaggio più recentemente – e sono ancora in attesa di una decisione sul permesso di soggiorno o lo status di rifugiato – sono meno disposti a parlare apertamente.
Zawiya, Libia, maggio 2017. Migranti nel centro di detenzione di Al Nasr.
(Lorenzo Tugnoli, The Washington Post/Contrasto)
Dieudonne ricorda il nascondiglio di Zuwara come un posto di continue violenze. I trafficanti arrivavano una volta al giorno per portare da mangiare, e ogni giorno chiedevano chi non aveva rispettato gli ordini, cioè di stare tranquilli e non creare problemi. Le persone rinchiuse nell’edificio abbandonato sapevano che lì avevano meno possibilità di essere scoperte dalla polizia o dai trafficanti rivali, ma non erano libere di allontanarsi. “Una volta hanno messo un ragazzo nel frigorifero davanti a tutti noi, per far vedere come avrebbero trattato il prossimo che si comportava male”, ricorda con rabbia Dieudonne. Ha assistito a torture, spari, stupri. “La prima volta fa male. La seconda volta un po’ meno. La terza”, spiega alzando le spalle, “diventa la normalità. Perché è l’unico modo per sopravvivere, l’unica cosa che conta”.
“Per questo mi fa ridere quando vanno ad arrestare il capitano di un barcone e lo trattano da trafficante”, dice. Altri migranti che hanno fatto il viaggio fino all’Italia
raccontano di essere stati costretti
a guidare l’imbarcazione con una pistola puntata contro. “Lo fai solo per essere sicuro che non morirai lì”, spiega Dieudonne.
Nel 2013, due anni dopo la caduta del governo di Muammar Gheddafi, gran parte della costa nordoccidentale della Libia era sotto il controllo di trafficanti che organizzavano le traversate verso l’Europa su grandi pescherecci di legno. Quando le barche – troppo cariche, poco potenti e guidate da persone inesperte – finivano inevitabilmente per ribaltarsi, le vittime si contavano a centinaia. Nell’ottobre di quell’anno due naufragi al largo delle coste di Lampedusa causarono la morte di più di quattrocento persone, suscitando proteste in tutt’Europa. In risposta lo stato italiano mise in atto due piani, uno pubblico, l’altro riservato.
“Ci fu un grande shock quando avvenne la tragedia di Lampedusa”, ricorda la senatrice italiana Emma Bonino, all’epoca ministra degli esteri. Il presidente del consiglio “convocò una riunione d’emergenza e decidemmo di lanciare immediatamente un’operazione di salvataggio”, racconta. “Qualcuno voleva chiamarla ‘mari sicuri’, ma mi opposi alla parola ‘sicuri’, perché di certo avremmo avuto altre tragedie. Proposi di chiamarla Mare nostrum”.
Mare nostrum (“il nostro mare”, in latino) è stata una missione di salvataggio in acque internazionali al largo della costa libica, è durata un anno e ha permesso di salvare più di 150mila persone. L’operazione portò più vicino che mai alle coste libiche le navi, gli aerei e i sottomarini italiani. Roberti, nominato da appena due mesi a capo della direzione antimafia, pensò che era un’occasione unica per estendere il raggio d’azione giudiziario dell’Italia e infliggere un colpo letale alle organizzazioni dei trafficanti in Libia.
Cinque giorni dopo l’inizio di Mare nostrum, Roberti lanciò la seconda operazione, quella riservata: una serie di incontri coordinati tra i vertici della polizia, della marina, della guardia costiera e della magistratura. Sotto la guida di Roberti, questi incontri sono andati avanti per quattro anni e hanno coinvolto rappresentanti di Frontex, di Europol, dell’operazione Sophia e perfino delle autorità libiche.
I verbali di cinque incontri, presentati da Roberti a una commissione parlamentare italiana e ottenuti da The Intercept, permettono di capire come sono stati analizzati dietro le quinte gli eventi al confine meridionale dell’Europa dopo i naufragi di Lampedusa. Nel primo incontro, organizzato nell’ottobre del 2013, Roberti disse ai partecipanti che gli uffici dell’antimafia di Catania avevano sviluppato un metodo innovativo per affrontare il traffico di migranti. Trattando i trafficanti libici come avevano trattato i mafiosi italiani, gli inquirenti potevano rivendicare la giurisdizione sulle acque internazionali oltre i confini italiani. Secondo Roberti questo significava poter finalmente salire a bordo e sequestrare le imbarcazioni in alto mare, condurre indagini e usare le prove in tribunale.
Le autorità italiane avevano da tempo riconosciuto che in base al diritto marittimo internazionale erano obbligate a salvare le persone in fuga dalla Libia su barconi sovraffollati e a trasferirle in un posto sicuro. Mentre il numero di persone che tentavano la traversata aumentava, la guardia costiera italiana e gli inquirenti si erano convinti che i trafficanti facessero affidamento su queste operazioni di salvataggio per portare a termine i loro piani. Di conseguenza, secondo l’antimafia, chiunque agisse come membro dell’equipaggio o inviasse una richiesta d’aiuto da una barca carica di migranti poteva essere considerato complice dei trafficanti libici e soggetto alla giurisdizione italiana. Questo nuovo approccio s’ispirava alle dottrine legali sviluppate negli Stati Uniti negli anni ottanta per fermare il traffico di droga.
Dieudonne non capisce perché l’Italia punisca le persone che fuggono dalla povertà
All’epoca i leader europei non riuscivano a trovare una soluzione a quella che consideravano una crisi migratoria. Gli italiani pensavano di aver trovato una risposta e giustificarono pubblicamente le loro decisioni sostenendo che avrebbero permesso di evitare naufragi. Tuttavia, secondo i verbali dell’incontro dell’antimafia nel 2013, la nuova strategia precedette di almeno una settimana i naufragi di Lampedusa. Gli inquirenti italiani avevano già scritto il piano per contrastare l’immigrazione nel Mediterraneo, ma non avevano gli strumenti e il sostegno dell’opinione pubblica per metterlo in azione. Dopo la tragedia di Lampedusa e la creazione di Mare nostrum, improvvisamente ebbero entrambi.
Nelle acque internazionali al largo della Libia, Dieudonne e altri 91 migranti furono salvati dall’ong Migrant offshore aid station (Moas). Trascorsero due giorni a bordo della nave del Moas, prima di essere trasferiti a bordo della nave Dattilo della guardia costiera italiana. A bordo della Dattilo, gli agenti della guardia costiera chiesero a Dieudonne perché aveva deciso di lasciare il Camerun. Dieudonne ricorda che gli mostrarono una fotografia del gommone scattata dall’alto. “Mi hanno chiesto chi guidava, i ruoli e tutto”, ricorda. “Poi mi hanno chiesto se potevo raccontare come si svolge il traffico in Libia, e loro mi avrebbero dato dei documenti”. Dieudonne inizialmente era riluttante a collaborare. Non voleva accusare i suoi compagni, ma era anche preoccupato di poter essere un sospettato. Dopo tutto aveva aiutato il timoniere diverse volte durante la traversata. “Ho pensato: ‘Se non collaboro possono farmi del male’”, ricorda. “Non del male fisicamente, ma mi possono considerare come una persona non onesta, come una persona che fa parte del giro”.
Ancora oggi Dieudonne non capisce perché l’Italia debba punire persone che fuggono dalla povertà e dalla violenza politica in Africa occidentale. Fa una rapida lista di eventi dell’ultimo anno: siccità, carestie, corruzione, milizie armate, attacchi contro le scuole: “Come si fa a condannare una persona che è riuscita ad andare via da quelle situazioni?”. La nave della guardia costiera lasciò Dieudonne a Vibo Valentia, in Calabria. Durante le operazioni di sbarco un agente della polizia riferì a un giornalista che erano state arrestate cinque persone. Il giornalista
volle sapere
come aveva fatto la polizia a identificarle. “Molto ha fatto la guardia costiera che li ha raccolti due giorni fa, quindi è riuscita a individuarli”, spiegò l’agente. “Poi abbiamo le testimonianze e dei video”.
Stato di necessità
Secondo Gigi Modica, un giudice siciliano che si è occupato spesso d’immigrazione irregolare, casi simili, in cui gli arresti sono effettuati sulla base di fotografie, video e dichiarazioni di testimoni come Dieudonne, sono molto comuni. “È la stessa storia che si ripete. Fermano tre o quattro persone, non di più. Gli fanno due domande: chi guidava l’imbarcazione e chi usava la bussola”, spiega Modica. “Finisce lì. Ottengono dei nomi e non s’interessano ad altro”.
Modica è stato uno dei primi giudici italiani ad assolvere delle persone accusate di aver manovrato i barconi ritenendo che fossero state costrette a farlo. Queste sentenze basate sullo “stato di necessità” sono diventate sempre più numerose. Modica ha compilato un elenco di irregolarità che ha rilevato in questi casi: razzismo strutturale, testimonianze che in un secondo momento i migranti dicono di non aver rilasciato, interrogatori effettuati senza un traduttore o un avvocato. Ci sono anche persone che hanno riferito di essere state invitate dalla polizia a firmare documenti con cui rinunciavano al diritto di chiedere asilo. “Spesso questi presunti scafisti sono persone normali che sono state costrette a guidare una barca dai veri trafficanti in Libia”, spiega Modica.
I documenti relativi a più di una decina di processi, esaminati da The Intercept, mostrano procedimenti basati soprattutto su testimonianze di migranti a cui è stato promesso un permesso di soggiorno in cambio della collaborazione. In mare i testimoni sono interrogati dalla polizia poche ore dopo il salvataggio, spesso quando sono ancora in stato di shock dopo essere sopravvissuti a un naufragio. In molti casi dichiarazioni identiche, compresi i refusi, sono state attribuite a diversi testimoni e copiate in diversi rapporti della polizia. A volte questi rapporti sono stati sufficienti a ottenere lunghe condanne al carcere. In altre occasioni, al momento del controinterrogatorio in tribunale, i testimoni hanno smentito le dichiarazioni raccolte in precedenza dalla polizia o addirittura negato di averne mai rilasciata una.
A partire dal 2015 i partecipanti agli incontri della Dna hanno cominciato a discutere i problemi relativi a questi procedimenti. In un incontro che si è svolto nel febbraio di quell’anno, Giovanni Salvi, all’epoca procuratore di Catania, ha ammesso che gli scafisti abbandonavano spesso i barconi nelle acque internazionali. Nonostante questo la polizia italiana andava avanti perseguendo le persone rimaste a bordo. Questi procedimenti erano talmente importanti che la guardia costiera italiana ha in qualche caso ritardato il soccorso, evitando di contattare le navi vicine in modo da “consentire l’arrivo di imbarcazioni istituzionali che possono eseguire l’arresto”, ha spiegato in una riunione un comandante della guardia costiera. Ritardare i soccorsi, per qualsiasi motivo, va contro il diritto italiano e internazionale. Secondo alcuni avvocati europei specializzati nella difesa dei diritti umani questa condotta potrebbe comportare una responsabilità penale della guardia costiera italiana.
La guardia costiera, a cui abbiamo chiesto conto dei commenti del comandante, ha fatto sapere che “in nessuna occasione” ha mai ritardato un’operazione di salvataggio.
Amici dei trafficanti
L’Italia mise fine all’operazione Mare nostrum dopo un anno di attività, giustificando la decisione con i limiti di bilancio e la mancanza di collaborazione da parte dell’Europa. Sulla scia di Mare nostrum, l’Unione europea creò due nuove operazioni, una gestita dall’agenzia Frontex; e l’altra di natura militare, l’operazione Sophia. Non si sono concentrate sui soccorsi, ma sulla sicurezza dei confini e sul contrasto al traffico di esseri umani dalla Libia. A partire dal 2015 i rappresentanti di Frontex e dell’operazione Sophia furono inclusi negli incontri della Dna, in cui gli inquirenti italiani facevano in modo che seguissero le nuove linee guida investigative.
Per le indagini erano fondamentali le foto dei salvataggi, come l’immagine dall’alto che la guardia costiera aveva mostrato a Dieudonne, che aiutavano la polizia a identificare chi guidava i barconi e chi aiutava nella navigazione. In assenza di navi da soccorso governative, una flotta di imbarcazioni civili di ong cominciò a salvare un gran numero di migranti nelle acque internazionali al largo della Libia. Queste navi, anche se erano coordinate dalla centrale operativa della guardia costiera a Roma, rendevano più difficile la raccolta di prove per gli inquirenti e la polizia giudiziaria. Secondo i verbali delle riunioni della Dna, alcune ong (tra cui Moas) consegnavano abitualmente fotografie alla polizia italiana e a Frontex. Altre ong si rifiutavano di farlo sostenendo che non è il compito degli operatori umanitari raccogliere e fornire informazioni di polizia sui soccorsi, perché questo potrebbe minare l’efficacia del loro intervento e la loro neutralità.
Tripoli, Libia, maggio 2019. Un uomo mostra i segni delle torture sul petto.
(Lorenzo Tugnoli, The Washington Post/Contrasto)
Nel 2017 l’operazione Sophia stimava che la flotta delle ong avesse fatto più di un terzo dei salvataggi nel Mediterraneo centrale. In un rapporto riservato dell’operazione c’era scritto che, a causa della mancata raccolta d’informazioni da dare alla polizia da parte delle ong, non era stato possibile “acquisire informazioni indispensabili per comprendere meglio il modello di business dei trafficanti”. In un incontro successivo della Dna, sei procuratori ribadivano la stessa preoccupazione. I salvataggi delle ong significavano che la polizia non poteva interrogare i migranti in mare e che i procedimenti saltavano per mancanza di prove. Un ammiraglio della guardia costiera concordava con questa posizione, spiegando l’importanza di condurre interrogatori subito dopo il salvataggio, quando “si è stabilito un momento di empatia”. “Non è possibile svolgere questo compito se l’intervento di soccorso viene effettuato dalle navi delle ong”, dichiarava l’ammiraglio.
Le ong erano un problema per la strategia della Dna. Durante gli incontri gli inquirenti italiani e i rappresentanti della guardia costiera, della marina e del ministero dell’interno discutevano le possibili azioni per limitare l’attività delle organizzazioni umanitarie. Contemporaneamente diverse procure cominciavano a indagare direttamente sul loro operato.
Alla fine del 2016 un rapporto interno di Frontex –
pubblicato integralmente
da The Intercept nel 2017 – accusò un’ong di aver preso a bordo dei migranti da un’imbarcazione di trafficanti libici, attribuendo l’informazione alle “autorità italiane”. L’accusa fu smentita da prove filmate e dall’equipaggio della nave.
Alcuni mesi dopo Carmelo Zuccaro, procuratore di Catania, confermò pubblicamente che stava indagando sulle ong. “Insieme a Frontex e alla marina militare stiamo cercando di monitorare tutte queste ong che hanno dimostrato di avere una grande disponibilità finanziaria”,
dichiarò
Zuccaro al quotidiano La Repubblica. La notizia ebbe una grande risonanza sui mezzi d’informazione italiani ed europei. “Amici dei trafficanti” e “taxi del mare” diventarono insulti molto comuni che i politici ostili all’immigrazione e l’estrema destra italiana rivolgevano alle ong. In seguito Zuccaro
fece marcia indietro
, dichiarando a una commissione parlamentare che all’epoca stava solo formulando un’ipotesi e che non aveva prove che la sostenessero. In
un’intervista
concessa al giornale tedesco Die Welt nel febbraio del 2017, il direttore di Frontex Fabrice Leggeri non criticò esplicitamente l’operato delle ong, ma dichiarò che la loro attività intralciava le indagini della polizia nel Mediterraneo. Mentre le organizzazioni umanitarie si facevano carico di una percentuale più alta di salvataggi, secondo Leggeri diventava “sempre più difficile per le autorità di sicurezza europee scoprire qualcosa di più sulle reti dei trafficanti attraverso gli interrogatori dei migranti e lanciare nuove indagini”.
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“Quella campagna diffamatoria fu molto aggressiva”, ricorda Emma Bonino. Riferendosi a Marco Minniti, all’epoca ministro dell’interno, aggiunge: “Cercavo di convincere Minniti a non essere così ossessionato dalle persone che arrivavano, e a creare invece una politica d’integrazione in Italia. Ma lui si concentrava solo sulla Libia, sul traffico e la criminalizzazione delle ong con l’aiuto delle procure”. Bonino spiega che l’azione contro le ong faceva parte di un piano più vasto per cambiare la politica europea nel Mediterraneo centrale. Il primo passo è stato spostare l’attenzione dai salvataggi per ragioni umanitarie alla sicurezza dei confini e alla lotta al traffico di esseri umani. Il secondo passo “è stato accusare le ong o arrestare i loro operatori, una specie di sporca campagna contro di loro”, precisa Bonino. “Il risultato è che dopo tutti questi anni non ci sono state condanne né processi”.
Stesse uniformi e navi
Il terzo passo, infine, è stato creare una nuova guardia costiera in Libia che potesse fare ciò che agli europei era impedito dal diritto internazionale: intercettare i migranti in mare e riportarli in Libia, il paese da cui erano appena fuggiti. Inizialmente i dirigenti di Frontex si mostrarono piuttosto cauti. “Dal punto di vista di Frontex osserviamo la Libia con preoccupazione: non è un paese stabile”, dichiarò nel 2017 Leggeri. “Stiamo contribuendo ad addestrare sessanta agenti di una possibile guardia costiera libica da creare in futuro. Ma è solo l’inizio”. Bonino vedeva le cose diversamente: “Hanno cominciato a fornire supporto alla loro cosiddetta guardia costiera, che sostanzialmente era formata da trafficanti in abiti diversi”.
Al sicuro sulla terraferma in Italia, Dieudonne non è mai stato chiamato a testimoniare in tribunale. Spera che nessuno dei suoi compagni di viaggio sia finito in prigione e sottolinea che sarebbe felice di testimoniare contro i trafficanti. A bordo della nave della guardia costiera, ricorda Dieudonne, “ho dato alla polizia il numero di telefono dei trafficanti, e i loro nomi”.
La tratta di esseri umani in Libia avveniva alla luce del sole, ma la polizia italiana non poteva andare oltre le acque internazionali. Alcuni documenti riservati dell’operazione Sophia descrivono anni di tentativi da parte degli europei per fare in modo che la polizia libica arrestasse i responsabili. A porte chiuse alcuni alti funzionari italiani ed europei hanno ammesso che i trafficanti si erano infiltrati nella nuova guardia costiera libica che l’Europa stava creando, e che collaborare con i libici rappresentava probabilmente una violazione del diritto internazionale.
Il governo italiano lavorava con delle persone che sapeva essere dei trafficanti
Fin dal 2015 molti partecipanti agli incontri della Dna hanno sottolineato che alcuni trafficanti erano vicini in modo preoccupante a esponenti del governo libico. “Le milizie utilizzano stesse uniformi e mezzi della guardia costiera libica che la stessa marina militare italiana sta addestrando”, ha dichiarato nel 2017 Enrico Credendino, ammiraglio che all’epoca era a capo dell’operazione Sophia. Secondo Credendino il capo della guardia costiera libica e il ministro della difesa libico, entrambi alleati del governo italiano, erano “in stretto rapporto con alcuni capi delle milizie”.
Uno degli ufficiali della guardia costiera libica che facevano il doppio gioco era Abd al Rahman al Milad, conosciuto come Bija. Nel 2019 il quotidiano italiano Avvenire
ha rivelato
che nel maggio del 2017 Bija aveva partecipato con la polizia di frontiera italiana e alcuni agenti dei servizi a un incontro in Sicilia, il cui obiettivo era fermare l’immigrazione dalla Libia. Un mese dopo il Consiglio di sicurezza dell’Onu
ha riconosciuto
in un rapporto il ruolo di primo piano di Bija in una potente milizia specializzata nel traffico di esseri umani dalla città costiera di Zawiya, accusandolo di “aver affondato barche cariche di migranti utilizzando armi da fuoco”.
Secondo
alcuni documenti riservati
dell’operazione Sophia, gli agenti della guardia costiera comandati da Bija erano stati addestrati dall’Unione europea tra il 2016 e il 2018. Mentre perseguiva i presunti trafficanti in Italia, il governo italiano lavorava con persone che sapeva essere trafficanti in Libia. Minniti
ha giustificato
questi accordi dichiarando che la prospettiva di un’immigrazione di massa dall’Africa lo spingeva a temere “per la tenuta democratica del paese”.
Tripoli, Libia, maggio 2019. In una scuola trasformata in un rifugio per migranti.
(Lorenzo Tugnoli, The Washington Post/Contrasto)
In un incontro della Dna nel 2017, un rappresentante del ministero dell’interno, Vittorio Pisani, ha esposto in termini chiari un piano che prevedeva un coordinamento diretto della nuova guardia costiera libica. Sarebbe stata creata “una sala operativa in Libia (…) che effettua uno scambio di dati con il ministero dell’interno”, spiegava Pisani, “principalmente sulla posizione delle navi ong e delle loro condotte di soccorso, al fine di impiegare proficuamente in tale contesto la guardia costiera libica nelle proprie acque nazionali”.
In questo modo è cominciata la terza fase della manovra. Alla fine di quell’incontro, Roberti ha suggerito che il gruppo invitasse i rappresentanti della polizia libica alla riunione successiva. In un’intervista con The Intercept, Roberti ha confermato che i libici hanno partecipato ad almeno due incontri della Dna, e di aver personalmente incontrato Bija in Libia un mese dopo la pubblicazione del rapporto del Consiglio di sicurezza dell’Onu. L’anno dopo, la commissione sulla Libia del Consiglio di sicurezza
ha sottoposto Bija a sanzioni
, congelandone i beni e vietandogli di spostarsi all’estero.
“Era indispensabile il concorso, la partecipazione di soggetti delle istituzioni libiche. Che non controllavano, perché prendevano soldi dai trafficanti”, ci ha spiegato Roberti nel bar di Napoli. “Erano essi stessi i trafficanti”.
Un posto sicuro
Nel 2017 Roberti è andato in pensione e ha lasciato la guida della Dna. Dice che sotto il suo comando l’organizzazione ha saputo porre le basi per la gestione dell’immigrazione in Europa. Eppure ammette che l’espansione del raggio d’azione della Dna ai problemi legati all’immigrazione ha dato risultati contrastanti. Come il suo viaggio in Germania negli anni novanta in compagnia di Giovanni Falcone, anche la strategia della Dna ha dovuto fare i conti con la mancanza di collaborazione: con le ong, con gli altri governi europei e con la Libia. “Non funziona la cooperazione a livello europeo”, spiega Roberti, che sulla Libia aggiunge: “Noi abbiamo cercato, io ho creduto che fosse giusto fare gli accordi. Ma alla fine si è rivelato fallimentare”.
Da allora la Dna ha allargato le sue operazioni. Tra il 2017 e il 2019 il governo italiano ha approvato due leggi che assegnano alla direzione antimafia la gestione di quasi tutte le questioni legate all’immigrazione irregolare. Dal 2017 cinque procuratori siciliani, ciascuno dei quali ha partecipato ad almeno una delle riunioni di coordinamento dell’antimafia,
hanno avviato
quindici procedimenti contro operatori delle ong. Finora non ci sono state condanne: tre casi sono stati archiviati e gli altri sono ancora aperti.
Il 2 aprile 2021 si è diffusa
la notizia
che a partire dal 2017 gli inquirenti siciliani avevano intercettato alcuni giornalisti e avvocati, ascoltando conversazioni legalmente protette con fonti e clienti. Le intercettazioni facevano parte di un’indagine sulla presunta collusione tra le ong e i trafficanti libici. Dopo la notizia, il ministero della giustizia ha aperto un’indagine su questo fatto, che secondo alcuni esperti di diritto italiani potrebbe avere risvolti penali. Il procuratore responsabile delle intercettazioni era presente ad almeno uno degli incontri della Dna in cui sono state discusse approfonditamente le indagini sulle ong.
Con l’ampliamento delle prerogative della Dna, alcuni partecipanti agli incontri di coordinamento hanno scalato i ranghi delle istituzioni italiane ed europee. Uno dei suoi procuratori, Federico Cafiero de Raho, oggi guida la direzione antimafia. Giovanni Salvi, ex procuratore capo di Catania, è diventato procuratore generale. Vittorio Pisani, l’ex rappresentante del ministero dell’interno, è uno dei vicedirettori dei servizi d’intelligence italiani. Roberti è deputato del parlamento europeo.
Cafiero de Raho, che ha preso il posto di Roberti a capo della direzione antimafia, difende le indagini e gli arresti compiuti dalla Dna nel corso degli anni. Dice che gli incontri di coordinamento sono stati uno strumento essenziale per i procuratori e la polizia in un momento difficile. Alle domande su alcuni commenti che ha fatto nel corso di quegli incontri – in particolare sul fatto che le ong devono essere regolamentate e le ripetute ammissioni che alcuni membri della guardia costiera libica fossero coinvolti nel traffico di esseri umani – Cafiero de Raho dice che quelle affermazioni devono essere valutate all’interno del loro contesto, cioè in un periodo in cui l’Italia e l’Unione europea stavano lavorando per costruire una guardia costiera in una parte della Libia che era controllata dalle milizie locali. Il suo obiettivo finale, dice il procuratore, era quello che negli incontri di coordinamento della Dna ha chiamato “soluzione extragiudiziaria”: tentativi di provare l’esistenza di crimini contro l’umanità in Libia in modo da poter inviare “forze delle Nazioni Unite per smantellare i campi di migranti allestiti dai trafficanti, ove venivano commessi crimini contro l’umanità, e per riprendere il controllo di quel territorio”.
Oggi la maggior parte delle imbarcazioni è intercettata dalla guardia costiera libica
Un responsabile dello European Union external action service, l’organismo da cui dipendeva l’operazione Sophia, si è rifiutato di commentare le prove del fatto che i capi dell’operazione militare europea sapevano che parti della nuova guardia costiera istituita con il loro contributo erano coinvolti nella tratta dei migranti, ma ha solo fatto notare che Bija non era stato addestrato dall’Unione europea. Un portavoce di Frontex ha rilevato che l’agenzia “non era stata coinvolta nella selezione degli ufficiali da addestrare”.
Nel 2019 la strategia europea sull’immigrazione è cambiata di nuovo. Allo stato attuale la maggior parte delle imbarcazioni è intercettata dalla guardia costiera libica e riportata in Libia. Nel marzo del 2019 l’operazione Sophia ha ritirato tutte le sue navi dall’area di ricerca e soccorso, e si è concentrata sui pattugliamenti aerei che, come risulta da
alcune inchieste giornalistiche
, dovevano servire a coordinare i libici per i salvataggi. Gli avvocati per la difesa dei diritti umani in Europa hanno depositato sei esposti contro l’Italia e l’Unione europea, accusandole di “respingimenti per procura”, ovvero di facilitare il ritorno dei migranti in contesti pericolosi, violando il diritto internazionale.
Nel corso di quattro anni di incontri di coordinamento, i funzionari italiani ed europei hanno ammesso in privato che riportare i migranti in Libia sarebbe stato illegale. “La violazione in Libia dei fondamentali diritti umani determina l’impossibilità di operare il respingimento verso le coste libiche di migranti”, spiegava Pisani nel 2015.
Due anni dopo lo stesso Pisani illustrava un piano che avrebbe ottenuto precisamente quel risultato.
Per puro caso
Dieudonne sa di essere stato fortunato. La linea che separa il sospettato dalla vittima può dipendere dalle prime impressioni di un agente di polizia pochi minuti o poche ore dopo un salvataggio. Secondo i rapporti di polizia usati nei procedimenti giudiziari, attributi fisici come avere “una pelle più chiara” o comportamenti a bordo della nave come seguire i movimenti della polizia “con uno strano interesse” sono stati sufficienti ad alimentare un sospetto.
In una sentenza del 2019 che ha assolto sette presunti trafficanti dopo tre anni di detenzione preventiva, i giudici hanno scritto che restava il dubbio che “l’individuazione dei sospettati da un canto e dei dichiaranti dall’altro, con la sola eccezione del guidatore, sia stata il frutto di una mera casualità”. Altri migranti hanno pagato con lunghe condanne al carcere l’aver eseguito gli ordini dei libici. Nel settembre del 2019 un guineano di 22 anni, soprannominato Suarez, è stato arrestato appena arrivato in Italia. Quattro testimoni avevano riferito alla polizia che il ragazzo aveva collaborato con le guardie del centro di detenzione di Zawiya gestito da Bija.
“Anche Suarez è un prigioniero. Lui prima era prigioniero, poi ha fatto quel lavoro”, ha dichiarato in tribunale un testimone. Un altro testimone ha raccontato che consegnare i pasti o occuparsi della sicurezza è quello che fanno i migranti che non possono pagare il riscatto preteso per ottenere la libertà. “Purtroppo devi essere lì per capire la situazione”, ha precisato il primo testimone. Suarez è stato condannato a vent’anni di prigione, recentemente ridotti a dodici in appello.
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Dieudonne ricorda ancora in modo vivido il viaggio in mare, ma si mantiene sorprendentemente calmo. Quando la barca aveva cominciato a imbarcare acqua, aveva cercato di dare una mano: “Bisogna collaborare per dare un aiuto dove serve”. Nel suo ufficio di Bari Dieudonne si piega in avanti e muove le braccia come se stesse cercando di far uscire l’acqua da una barca.
“Quindi cosa facciamo? Dovrebbero condannare anche me perché ho collaborato?”, chiede. Gli sembra paradossale che lo scorso ottobre siano stati proprio i libici ad arrestare Bija con l’accusa di traffico di esseri umani. Gli italiani e gli europei, sottolinea con una risata, erano troppo occupati a collaborare con il corrotto comandante della guardia costiera. Questo mese Bija è stato rilasciato dal carcere dopo che un tribunale libico l’ha assolto da tutte le accuse. Ha ricevuto una promozione ed è tornato al lavoro nella guardia costiera.
Dieudonne pensa spesso alle persone che ha identificato a bordo della nave della guardia costiera, in mare aperto: “Ho detto la verità. Ma se la mia collaborazione va a finire con la condanna di una persona innocente, non va bene. Io so che quella persona non ha fatto niente. Anzi ci ha salvato la vita guidando quel gommone”.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è uscito sul
numero 1407
di Internazionale. Era stato pubblicato sul sito investigativo statunitense
The Intercept
.
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Nonostante le minacciose richieste di evacuazione da parte della City di Londra e le dimissioni di tre importanti rappresentanti della Chiesa inglese (Giles Fraser, Fraser Dyer e Graeme Knowles, rispettivamente canonico, cappellano e decano della cattedrale di Saint Paul) Occupy London sembra aver resistito alle intemperie della scorsa settimana e anzi ha conquistato nuovo terreno. A distanza di quasi tre settimane dal tentativo di occupare Paternoster Square, sede del London Stock Exchange, l’accampamento degli indignati insediatosi ai piedi di Saint Paul è di fatto cresciuto in misura, organizzazione e contenuti. Occupy London LSX conta oggi più di 200 tende e un’occupazione gemella a Finsbury Square (Occupy LFS).
Sebbene sia difficile affermare che la Chiesa inglese abbia giocato un ruolo nella scelta della
Corporation
of London
di offrire una tregua ai manifestanti fino all’anno prossimo, è vero d’altro canto che la solidarietà manifestata dalle autorità religiose nei confronti dell’occupazione e del suo carattere pacifista, sembra aver esercitato una certa influenza nell'evitare un intervento della polizia e altre misure repressive.
Ma cos’è Occupy London e perché ha scelto di occupare le piazze della City?
Iniziato come movimento di protesta contro le banche, l’avidità delle grandi imprese private e il sistema di tassazione che le protegge, Occupy London è un gruppo crescente di dimostranti collegato al movimento degli
indignados
spagnoli ed alle altre proteste anti-capitaliste diffuse a livello mondiale.
La scelta di colpire le banche porta necessariamente i manifestanti al centro del più importante distretto finanziario di Londra, la City, un’area urbana di circa un miglio quadrato, governata dalla
Corporation of London
(detta anche
The
City of London Corporation
). La
Corporation
è un’istituzione antica, da sempre
enclave
di una classe privilegiata, retta da un proprio ordinamento giuridico e dotata di un corpo di polizia: una sorta di Stato dentro lo Stato, che rappresenta per certi versi un’anomalia legislativa rispetto alle altre realtà municipali londinesi.
Per citare un esempio di come la
Corporation
sia riuscita a mantenere tutt’oggi un sistema a dir poco privilegiato se non antidemocratico basti pensare al cosiddetto voto dei non-residenti (
non-residential vote
o
business vote
), ovvero al diritto di rappresentanza concesso ad un elettorato costituito prevalentemente da imprese private con sede nella City e non, come accade nel resto del Paese, da cittadini residenti nelle varie circoscrizioni comunali.
È su queste disparità che Occupy London dirige il proprio dissenso e organizza giorno per giorno la propria protesta. Nella dichiarazione di intenti datata 16 ottobre 2011 leggiamo: “il sistema presente è insostenibile. È antidemocratico e ingiusto. Abbiamo bisogno di alternative. Questo è il luogo dove lavoriamo insieme per ottenerle (…). Rifiutiamo di pagare per la crisi delle banche (…). Domandiamo la fine all’ingiustizia fiscale mondiale. Vogliano un cambiamento strutturale ai fini di una vera e propria eguaglianza globale”.
Ma come è organizzato il campo di Occupy London?
Sono andata nella piazza per entrare nel vivo della situazione e partecipare ad alcuni incontri. Il primo impatto, devo ammettere, è stato di puro disorientamento. Sebbene esista un ufficio informazioni e una bacheca con l’ordine del giorno, non ci si reca lì in visita organizzata. Navigare dentro il campo di Occupy London richiede uno sforzo: leggere ed assorbire i mille messaggi e pensieri affissi ovunque, identificare i diversi gruppi di lavoro, soprattutto ascoltare e partecipare alle assemblee generali programmate quotidianamente sugli scalini di Saint Paul.
A livello logistico esiste un
media centre
che regola i rapporti con la stampa, una cucina, un centro per la raccolta differenziata e, non ultima, una grande tenda bianca che porta la scritta
Tent City University
. Come in una vera
free university
, solo molto più precaria, qui vengono ospitati ogni giorno, a ritmo ininterrotto, workshop e lezioni di economia politica affidati a gruppi di attivisti, giornalisti e ricercatori. Io ho assistito a un workshop organizzato da un gruppo di
indignados
spagnoli del movimento M15, dedicato alle differenze tra il sistema democratico spagnolo e quello inglese. Venuti a Londra in supporto di Occupy London, gli
indignados
hanno organizzato molti workshop volti ad illustrare le procedure dell’assemblea generale, l’organismo decisionale basato sul principio della democrazia diretta adottato in Spagna come a Londra. Dimostrazione di come un vero e proprio sistema democratico (
democrazia real
) dovrebbe operare.
Sempre alla Tent City University ho partecipato ad un altro workshop, coordinato da un rappresentante di
boycottworkfare
(la campagna contro il lavoro socialmente utile). Ho ascoltato la triste testimonianza di un disoccupato sulle condizioni imposte dalle nuove misure di
workfare
(“lavoro socialmente utile”) introdotte di recente in Gran Bretagna. In modo simile a quanto è accaduto negli Stati Uniti, l’accordo tra privati e governo ha favorito il pagamento di grandi aziende inglesi, come la catena di supermercati Tesco, nel gestire direttamente il reinserimento nel mondo del lavoro di molti disoccupati, senza offrire loro né stipendio né alcuna tutela contrattuale.
Oggi leggo nel
blog
di Occupy London la nuova proposta dei dimostranti di fondare un centro di assistenza (
Welfare Centre
) per aiutare i senza tetto e le persone con problemi fisici e mentali rimaste senza supporto statale a causa dei tagli alla sanità pubblica. Fuori dalle tende, nella piazza, ho visto giovani e meno giovani, studenti, mamme con bambini, senza tetto, preti, unirsi all’assemblea e radunarsi in gruppo per discutere le diverse mozioni prodotte quotidianamente dal cosiddetto
process meeting
, la riunione dove vengono trascritte e ridiscusse le mozioni stesse.
Ad un primo sguardo è arduo affermare quale sia lo spettro demografico di Occupy London. L’occupazione sembra funzionare di fatto come un perfetto catalizzatore per una varietà di gruppi e individui uniti dall’urgenza di denunciare le ingiustizie sociali che, in Gran Bretagna come altrove, sono frutto della crisi e dei tagli. È un movimento locale quanto globale, che vuole dare vita ad un altro modo di esercitare i diritti dei cittadini, partendo dalla voce dei cittadini stessi e non da leader preposti a rappresentare raggruppamenti politici.
Ciò che mi ha colpito in particolare nel partecipare alle assemblee è la costante produzione di analisi e idee prodotte collettivamente nonché lo sforzo di tradurre questo lavoro in un documento comune da sottoscrivere con gli altri gruppi di protesta. Questo – e non le difficoltà pratiche e/o logistiche di gestire l’accampamento – mi sembra la sfida più ambiziosa di Occupy London. A questo proposito mi viene da chiedere: sarà questa carta comune una dichiarazione di intenti che alimenterà la protesta? O è questo il primo passo di una rivolta organizzata? Possiamo davvero definire questo movimento una protesta anticapitalista a tutti gli effetti o è nel suo insieme un movimento che paventa una serie di riforme a livello costituzionale e/o fiscale?
Se è vero, come ha affermato l’ex broker Max Kaiser, intervistato dal The Occupied Times (il giornale prodotto da Occupy London), che la differenza tra il movimento antiglobalizzazione della passata decade e il movimento presente consiste nel fatto che il target in questo momento sono le banche, è vero anche che termini quali capitalismo, anticapitalismo, rivolta e lotta di classe sono da qualche anno al centro di una fervente revisione critica. Penso ad esempio alla lettura offerta da John Holloway, autore di
Crack Capitalism
, apparsa su Variant Magazine la scorsa primavera (
In, against and beyond labour
).
Penso inoltre alle proteste che hanno preceduto Occupy London. In primo luogo all’apporto fondamentale del movimento studentesco nello sperimentare forme di auto-organizzazione e di attivismo che hanno riflettuto sulle condizioni di precarietà nel settore culturale e in generale nel campo dell’educazione. (Vedi per esempio l’analisi della sociologa inglese Angela McRobbie sempre su Variant,
Re-Thinking Creative Economy as Radical Social Enterprise
.
Penso infine alle rivolte urbane dello scorso agosto quale concreta manifestazione del disagio sociale che colpisce i giovanissimi. Tutto questo sta accadendo alla vigilia dei Giochi Olimpici in programma per la prossima estate e in parallelo allo smantellamento dello stato sociale. Le scadenze quasi coincidono. Entro il 2013, gli effetti della riforma in corso si riverseranno su molte fasce della popolazione inglese. Il disagio sociale non sarà un fenomeno isolato e isolabile, bensì la condizione presente di un paese che non godrà più di nessuna forma di sussidio statale (assegni familiari, disoccupazione, etc.) e non garantirà accesso equo a educazione e sanità.
Occupy London nasce dunque da queste premesse, mirando ad un bersaglio, le banche, che può apparire poco ambizioso rispetto all’idea di fondo di scalfire l’intero sistema capitalista, ma che suo malgrado rappresenta un passo decisivo nel denunciare le vere fonti d’ingiustizia sociale. Inquadrare questa nuova ondata di proteste entro facili definizioni mi sembra pertanto prematuro e controproducente per il semplice fatto che istanze riformiste (come la proposta di tassare le transazioni internazionali, la cosiddetta
Financial Transaction Tax
), anticapitaliste o comunque non omologate sono al lavoro per trovare insieme delle alternative e un linguaggio che accomuna, come dice lo slogan, il 99% della popolazione.
Non è infatti la scomparsa dello striscione
Capitalism is crisis
(“capitalismo è crisi”) che dovrebbe preoccupare le anime estremiste che frequentano Occupy London, bensì il modo in cui questo 99% invocato dalla protesta sarà in grado di partecipare e fornire nuove idee. Lo sforzo richiesto consiste, dopotutto, nell’imparare disimparando proprio dai modelli esistenti.
Vorrei concludere questo breve resoconto con alcune immagini che ritornano all’occupazione. In mezzo alla piazza è stato installato un gigantesco Monopoli, il famoso gioco che insegna a fare soldi con la compravendita di terreni. Venerdì scorso, altri come me si sono radunati davanti al Monopoli per seguire un tour in bicicletta che avrebbe mostrato le sedi delle maggiori imprese e banche della City. Ammetto di non aver mai giocato a Monopoli e quindi di essermi trovata in imbarazzo nell’unirmi al contro-gioco. Non è stato difficile. Protestare nelle strade può essere in fondo molto più divertente e creativo di oziare a un tavolo da gioco. E se il Monopoli insegna le regole del capitalismo, la vena ludica e creativa di Occupy London insegna a riappropriarsi degli spazi pubblici che banche e imprese private hanno ridisegnato a loro immagine.
Passando ore seduta sui gradini della cattedrale di Saint Paul e partecipando sia pure timidamente ai dibattiti nella City Tent University ho imparato che esiste un modo ancora più elementare di sentirsi partecipi alla protesta: agire ascoltando.
Il coraggio, la determinazione, il desiderio di agire risiede credo nella capacità e volontà di ascoltare e riflettere insieme agli altri. Lo chiamano
temperature check
(“controllo della temperatura”) e significa in breve che se sei d’accordo con quanto discusso o proposto durante l’assemblea generale puoi esprimere il tuo feedback in tempo reale, senza interrompere il flusso del dibattito o interrompere chi sta parlando. Basta semplicemente far fluttuare le mani verso l’alto.
L’ascolto collettivo può essere matrice di una nuova intelligenza, quell’intelligenza politica negletta dall’individualismo e dal carrierismo prodotto dal pensiero neoliberale. Depauperato e allo stesso tempo fagocitato dai cosiddetti
social media
, l’ascolto collettivo si fonda sul semplice principio di ascoltare e dare spazio materiale ad una pluralità di voci. Una modalità di fare politica che ristabilisce il principio della democrazia diretta nel riconoscere ciò che la filosofa Adriana Cavarero ha definito “l’ontologia vocalica dell’unicità”.
All’interno di questa pluralità non c’è spazio solo per slogan, pensieri, tattiche diverse. Pluralità qui significa riconoscere l’unicità nella pluralità e non attenersi strettamente al pluralismo inteso come rispetto verso le differenze (etniche, culturali, sessuali).
Come ho potuto osservare a Occupy London lo scorso sabato in occasione del sermone multireligioso, anarchici, anglicani, umanisti, protestanti, dissidenti, socialisti, ambientalisti, gnostici si sono riuniti per esprimere a voce la loro solidarietà verso i dimostranti. Nel rispetto delle diverse ideologie, credenze, etnie, hanno parlato davanti a un pubblico altrettanto variopinto. Ho visto molte persone ascoltare, e molte radunarsi in gruppo per esprimere la propria opinione e interagire gli uni con gli altri.
Questa reciprocità di parola e ascolto è forse l’immagine più autentica della dimensione politica trasmessa da Occupy London. Come recita il verso del poeta inglese John Donne, chiamato in causa durante l’incontro di sabato scorso:
No man is an island entire of itself; every man is a piece of the continent
. Nessun essere umano è un’isola; ogni essere umano è parte del mondo.
Se continuiamo a tenere vivo questo spazio è grazie a te. Anche un solo euro per noi significa molto. Torna presto a leggerci e
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| Occupy London Stock Exchange: la protesta a Londra | Riepilogo ONG: Salvini mente, Siracusa smentisce Zuccaro ma la chiarezza la chiedono tutti (ONG incluse) |
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>> Nel febbraio del 2017, il Parlamento Europeo votò una risoluzione presentata dalla commissione giuridica che conteneva una serie di raccomandazioni rivolte alla Commissione europea in materia di «diritto civile sulla robotica» e suggeriva, tra le altre cose, l’istituzione di uno status giuridico specifico per i robot e la stesura di un codice etico per chi li progetta. Uno degli obiettivi dichiarati nel [testo](<https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52017IP0051&from=IT>) era quello di rendere possibile un’attribuzione di responsabilità nel caso in cui macchine sempre più complesse e sofisticate provochino danni nel prendere decisioni autonome interagendo all’interno di determinati ambienti.
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>> Il presupposto alla base della risoluzione del Parlamento Europeo, come di molte altre riflessioni sulla necessità di avviare un discorso sullo status giuridico dei sistemi di Intelligenza artificiale, è che «più i robot sono autonomi, meno possono essere considerati meri strumenti nelle mani di altri agenti», che siano essi le aziende produttrici, le persone proprietarie o gli utenti finali.
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>> Questo pone la questione se e in che misura le categorie tradizionali di responsabilità siano adatte a definire quelle dei diversi agenti nel caso di azioni o omissioni imputabili alle macchine e le cui cause non siano facilmente riconducibili a un soggetto umano specifico, come ha in parte dimostrato l’esempio del primo [incidente](<https://www.ilpost.it/2018/03/20/uber-incidente-tempe-donna-investita/>) in cui una persona sia morta dopo essere stata investita da un’auto a guida autonoma, avvenuto in Arizona nel marzo 2018. La causa dell’incidente fu infine [collegata](<https://www.ilpost.it/2019/11/06/uber-auto-guida-autonoma-problemi-software/>) a un malfunzionamento del software dell’auto, ma la responsabilità fu [attribuita](<https://www.theguardian.com/us-news/2020/sep/16/uber-self-driving-car-death-safety-driver-charged>) alla disattenzione dell’“autista di sicurezza”, ossia il conducente umano seduto al posto guida e tenuto a monitorare la strada durante il viaggio (il processo, molto controverso, è ancora in corso).
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>> Esiste da tempo un dibattito più generale ed esteso sui diritti delle macchine, che comprende ma non si limita a quello sulla responsabilità giuridica derivante dalle azioni dei robot. È un dibattito che ha subìto una costante accelerazione negli ultimi anni, determinata dai notevoli progressi compiuti dalla ricerca tecnologica nel campo dell’intelligenza artificiale. Progressi che hanno portato, tra le altre cose, allo sviluppo di sistemi in grado di svolgere attività tipicamente umane e di sfruttare processi cognitivi assimilabili a quelli degli umani, come la capacità di apprendere dall’esperienza sulla base di determinati “input” e di prendere decisioni in autonomia.
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>> **– Leggi anche:** [Come l’Europa vuole regolamentare le intelligenze artificiali](<https://www.ilpost.it/2021/04/22/commissione-europea-intelligenza-artificiale/>)
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>> I risultati di questi progressi hanno reso più familiare e facile da immaginare anche tra i meno appassionati di fantascienza la prospettiva di un futuro in cui la specie umana potrebbe convivere con esseri artificiali profondamente integrati nel tessuto sociale e con abilità e qualità difficilmente distinguibili da quelle di un qualsiasi essere umano. Esistono già oggi robot utilizzati nelle [strutture sanitarie](<https://readwrite.com/2021/05/06/how-ai-robotics-are-transforming-the-health-care-industry/>), robot sociali per l’assistenza e la [compagnia](<https://www.ilpost.it/2021/06/27/robot-sociali-anziani/>) delle persone anziane, e addirittura [sacerdoti robot](<https://www.bbc.com/news/av/technology-58983047>).
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>> Di conseguenza risultano oggi meno bizzarre che in passato anche questioni etiche apparentemente prive di un senso pratico immediato, come quelle che si occupano, per esempio, del problema se favorire oppure no lo sviluppo di [capacità emotive](<https://www.psychologytoday.com/gb/blog/hot-thought/201712/will-robots-ever-have-emotions>) nei sistemi di Intelligenza artificiale, e come considerare i robot in relazione alle loro possibili sofferenze, se dovessero un giorno essere in grado di soffrire.
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>> Le difficoltà ad affrontare sul serio questo tema derivano comunemente dall’apparente solidità di due argomenti, [secondo](<https://theconversation.com/ethics-of-ai-how-should-we-treat-rational-sentient-robots-if-they-existed-118647>) Hugh McLachlan, docente emerito di Filosofia pratica (la filosofia che si occupa dei problemi dell’agire e del sapere che lo governa) alla Glasgow Caledonian University. Il primo è l’idea che esseri artificiali capaci di rendere sensate e necessarie simili questioni etiche non siano possibili. E il secondo è che soltanto gli esseri dotati di corpi e organi vitali siano suscettibili di considerazioni di ordine morale.
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>> Il primo argomento è in genere sostenuto dalla nostra tendenza a supporre che i «fenomeni mentali» – coscienza, sentimenti, pensieri – siano in qualche modo irriducibilmente diversi dai fenomeni materiali. E da qui deriva la conclusione secondo cui gli elementi che costituiscono computer e macchine costruite dagli esseri umani siano fondamentalmente qualcosa di diverso da una mente cosciente. Ma a prescindere dalla solidità di questa convinzione, sostiene McLachlan, pure ammettendo che esista un’irriducibile incommensurabilità tra gli elementi costitutivi delle macchine e una mente cosciente, questo non sarebbe sufficiente a escludere che persone senzienti e dotate di coscienza create artificialmente possano esistere, e che non possa verificarsi per quelle persone qualcosa che vale già per gli esseri umani.
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>> diritti dei robot
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>> Una testa del robot Sophia, sviluppato dallo studio Hanson Robotics di Hong Kong (AP/Vincent Yu)
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>> Come [affermato](<https://books.google.it/books?id=iYjRGxLHX4oC&pg=PA69#v=onepage&q&f=false>) tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento dall’influente sociologo francese Émile Durkheim, fenomeni come il linguaggio, la morale o il diritto, non possono essere ricondotti ai singoli individui che compongono la società: sono proprietà che «emergono» dall’aggregazione sociale e che non potrebbero esistere senza l’interazione dei singoli esseri umani con le loro particolari caratteristiche psicologiche e biologiche. Il che significa che quei fenomeni non possono essere spiegati soltanto a partire da quelle caratteristiche, e che in un certo senso occorre pensarli come funzioni dell’organismo sociale necessarie all’integrazione e alla coesistenza tra gli individui.
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>> Lo stesso discorso riguardo alla possibilità di proprietà «emergenti», secondo McLachlan, si può applicare a tutte le scienze. È chiaro che non esisterebbero computer né altri dispositivi elettronici senza componenti in silicio, cavi e altri materiali. Ma è altrettanto chiaro che le operazioni di un computer non possono essere spiegate soltanto in termini di caratteristiche di quei componenti: è la particolare interazione e combinazione di quei componenti con altri fenomeni – l’elettricità, per esempio – a far “emergere” il computer come fenomeno di tipo nuovo rispetto alle parti di cui è composto. A loro volta, i computer interagiscono poi in modo tale da rendere possibile Internet, altro fenomeno di tipo diverso da un singolo computer fisico e tangibile.
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>> In questo senso, dovremmo probabilmente supporre che anche ciò che definiamo una mente cosciente non sia qualcosa di riducibile al cervello, alle molecole e agli altri elementi necessari per il suo funzionamento. Potrebbe essere un fenomeno di tipo diverso, secondo McLachlan, ma che emerge a partire dalla particolare interazione e combinazione di enti fisici. E non c’è quindi una ragione logica ovvia per cui la coscienza tipica degli esseri umani – «la capacità di pensare e prendere decisioni» – non possa un giorno emergere da macchine prodotte dagli esseri umani, dall’interazione tra quelle macchine e dal loro adattamento a determinati contesti di interazione con gli esseri umani.
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>> **– Leggi anche:** [I robot sociali per gli anziani soli](<https://www.ilpost.it/2021/06/27/robot-sociali-anziani/>)
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>> Il secondo argomento che induce molte persone a ritenere inapplicabile ai robot la categoria del diritto civile e inadatte le questioni etiche è che le macchine siano prive di “vita”, non abbiano un corpo umano e non siano esseri viventi, o che potrebbero esserlo ma in un senso comunque molto controverso. Ma anche questa ragione, secondo McLachlan, perde gran parte della sua fondatezza non appena si consideri un fatto in realtà molto poco controverso, e cioè che sono normalmente oggetto della nostra considerazione morale, del nostro rispetto e della nostra benevolenza sia le persone defunte che quelle non ancora nate, intese come generazioni future. Né le une né le altre sono propriamente viventi, ed entrambi i gruppi non hanno ancora un corpo o non ce l’hanno più, né naturale né artificiale.
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>> Negare a una popolazione di persone artificiali – al momento difficile da realizzare ma facile da immaginare – il rispetto morale sulla base del fatto che quelle persone avrebbero, nel caso, un corpo artificiale anziché uno naturale sarebbe in un certo senso un atto arbitrario, e richiederebbe una giustificazione meno ovvia di quanto possa sembrare. «Un giorno, forse prima di quanto pensiamo, una riflessione sull’etica del trattamento delle macchine razionali e senzienti potrebbe rivelarsi più di un astratto esercizio accademico», conclude McLachlan.
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>> Un’analogia già piuttosto frequente all’interno delle riflessioni sui diritti delle macchine è quella tra i robot e gli animali non umani, rispetto ai quali il discorso sui diritti è da tempo considerato appropriato e, in una certa misura, necessario.
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>> Se avere abilità cognitive simili alle nostre è considerato un fattore rilevante nella definizione dei nostri standard morali verso altre specie animali e nella concessione di determinati diritti a quelle specie – come pure è un fattore la nostra condizione di superiorità morale e quindi di responsabilità nei loro confronti – non si capisce perché non dovrebbero rientrare sotto quella considerazione morale anche forme di vita artificiale molto avanzate e in qualche modo poste sotto una tutela umana, affermava il giornalista Nathan Heller nel 2016 in un [articolo](<https://www.newyorker.com/magazine/2016/11/28/if-animals-have-rights-should-robots>) del _New Yorker_.
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>> diritti robot philip dick
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>> Un giornalista intervista un robot dalle sembianze dello scrittore di fantascienza Philip K. Dick, sviluppato da Hanson Robotics e mostrato alla fiera di design NextFest a Chicago, Illinois, il 24 giugno 2005 (Scott Olson/Getty Images)
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>> «Finché non saremo in grado di individuare cosa ci è richiesto dagli animali, non avremo chiaro ciò che dobbiamo ai robot – o ciò che loro devono a noi», scrisse Heller. E prese l’esempio dei pesci: numerose ricerche, come [quelle](<https://www.youtube.com/watch?v=B-mzvFxfFCQ>) dell’etologo inglese Jonathan Balcombe, indicano che alcune specie siano capaci di provare emozioni come paura, stress, gioia e curiosità, cosa che potrebbe effettivamente apparire strana «alle persone che guardano un branzino fisso negli occhi e non vedono niente».
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>> **– Leggi anche:** [Dovremmo ripensare a come uccidiamo i pesci?](<https://www.ilpost.it/2018/10/21/pesci-allevamento-metodi-uccisione/>)
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>> In base a questi studi, dovremmo concludere che il nostro atteggiamento riflette soltanto un pregiudizio, dal momento che l’«esperienza del pesce, e quella di molte creature di ordine inferiore, è più vicina alla nostra di quanto si possa pensare». Questo pregiudizio, secondo Balcombe, è dovuto al fatto che ci riesce più facile entrare in empatia con un criceto, che sbatte le palpebre e tiene il cibo tra le zampe, che con un pesce senza dita e senza ciglia. E per quanto il cervello dei pesci sia effettivamente piccolo, presumere che ciò implichi la loro stupidità, è «come sostenere che i palloncini non possano volare perché non hanno ali». Se invece considerassimo i pesci come nostri «pari» sul piano cognitivo, dovremmo includerli nella nostra cerchia di doveri morali.
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>> Un’altra caratteristica in relazione alla quale tendiamo a tracciare il confine dei nostri doveri morali, secondo Heller, è la capacità di provare dolore. «La maggior parte delle persone a cui venisse chiesto di annegare un gattino proverebbe una dolorosa angoscia morale», e questo indica che, a un determinato livello, consideriamo la sofferenza come qualcosa di importante. Il problema di questo approccio è che le nostre «antenne per il dolore» altrui sono notevolmente inaffidabili, come peraltro dimostrano i casi sperimentali in cui proviamo angoscia anche rispetto alle sofferenze dei robot, notoriamente incapaci di soffrire.
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>> Nell’estate del 2014, un gruppo di sviluppatori e ricercatori canadesi elaborò un esperimento sociale dopo aver costruito un [robot “autostoppista”](<https://www.vox.com/2015/8/2/11615286/hitchbot-gets-mugged-in-city-of-brotherly-love-en-route-to-san>), chiamato hitchBOT e programmato per intrattenersi in brevi conversazioni, per misurare «quanto i robot possano fidarsi degli esseri umani».
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>> Diventato relativamente popolare dopo un lungo viaggio in autostop in Europa e un altro anche in Canada, da costa a costa, hitchBOT fu distrutto nell’agosto 2015 in un atto di vandalismo a Filadelfia durante il suo terzo viaggio, negli Stati Uniti. La notizia fu seguita e commentata con una certa partecipazione e con sconforto: «Non posso mentire. Sono ancora devastato dalla morte di hitchBOT», commentò un giornalista su Twitter.
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>> Un altro caso citato dal _New Yorker_ come esempio dei sentimenti in gioco nella valutazione delle sofferenze di altri esseri non umani, inclusi quelli artificiali, è quello di un robot simile a un millepiedi realizzato nel 2007 da un ingegnere statunitense del Los Alamos National Laboratory, uno dei più vasti istituti multidisciplinari al mondo, nel New Mexico. Era programmato per liberare dalle mine tratti di terreni in operazioni di guerra, strisciando in avanti finché non avesse perso tutte le “zampe”. Durante un’esercitazione militare in Arizona, un colonnello dell’esercito ordinò di interromperla [definendo](<https://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2007/05/05/AR2007050501009_pf.html>) «disumana» la violenza sul robot.
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>> Casi come questi, secondo il _New Yorker_ , dimostrano in generale quanto sia complicato adottare il criterio della «parità morale» di altre entità nell’articolazione del discorso sui diritti, perché non è chiaro quali siano i confini di quella parità e perché gli sforzi per comprenderlo sono soggetti ai nostri pregiudizi e alle nostre percezioni errate.
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>> **– Leggi anche:** [L’allevamento di insetti è una buona idea?](<https://www.ilpost.it/2021/08/30/allevamento-insetti/>)
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>> In generale, secondo Kate Darling, ricercatrice del Massachusetts Institute of Technology (MIT) specializzata in etica dei robot e interazione tra robot ed esseri umani, autrice del libro [_The New Breed: How to Think About Robots_](<https://www.amazon.it/New-Breed-Think-Robots-English-ebook/dp/B08NY35249/?tag=ilpo-21>), l’analogia tra le macchine e gli animali non umani è comunque utile per diverse ragioni. Prima di tutto ci allontana dalla persistente inclinazione a utilizzare gli esseri umani come misura delle abilità dei robot, predisponendoci a una valutazione probabilmente più utile delle varie possibilità di coesistenza e collaborazione, come è storicamente avvenuto con il processo di addomesticamento degli animali. Quello dei buoi per arare i campi o dei piccioni per trasportare dei messaggi, per esempio.
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>> Anche rispetto alla diffusa opinione che le macchine stiano già sostituendo gli esseri umani nel lavoro e potrebbero farlo sempre di più in futuro, l’analogia con gli animali è utile a comprendere che abbiamo sempre una serie di possibilità. Così come hanno sfruttato in passato le abilità degli animali in determinati modi, sono ancora le persone a decidere come sfruttare le tecnologie, se come supplemento al lavoro umano o come automatizzazione di quel lavoro. «Il pericolo per i posti di lavoro delle persone non sono i robot: sono le decisioni aziendali, che sono guidate da un più ampio sistema economico e politico di capitalismo aziendale», [ha detto](<https://www.theguardian.com/technology/2021/apr/17/ai-ethicist-kate-darling-robots-can-be-our-partners>) Darling.
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>> L’analogia tra robot e animali può inoltre servire ad articolare in termini più corretti e appropriati il discorso sulle responsabilità delle macchine in caso di danni provocati dalle loro azioni, evitando che possano ripetersi storie attestate nel Medioevo come i [processi agli animali](<https://www.wired.com/2014/09/fantastically-wrong-europes-insane-history-putting-animals-trial-executing/>) avvenuti in Europa tra il XII e il XVIII secolo.
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>> processi animali
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>> Un’illustrazione tratta dal libro “Chambers Book of Days”, pubblicato nel 1864 dell’autore scozzese Robert Chambers ([Archive.org](<https://archive.org/stream/bookofdaysmiscel01cham#page/128/mode/2up>))
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>> «Lo abbiamo fatto per centinaia di anni di storia occidentale, con maiali, cavalli, cani, locuste e anche topi», [ha detto](<https://www.theguardian.com/technology/2021/apr/17/ai-ethicist-kate-darling-robots-can-be-our-partners>) Darling al _Guardian_ , per quanto assurdo possa apparire assumendo la prospettiva moderna degli attuali sistemi giuridici, che ritengono gli animali non umani privi di arbitrio morale e quindi moralmente non responsabili delle loro azioni. Il suo timore è che qualcosa del genere possa avvenire anche con i robot, a forza di paragonare le macchine alle persone e tentare di applicare in altri contesti categorie sviluppate a partire da modelli umani. «Stiamo già cominciando a vederne tracce, quando sentiamo aziende e governi dire: “Non è stata colpa nostra, è stato l’algoritmo”», ha aggiunto Darling.
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>> L’argomento generalmente utilizzato dalle aziende è che non dovrebbero essere ritenute responsabili dei processi di apprendimento relativi alle tecnologie da loro sviluppate, poiché è per loro impossibile prevederne ogni possibilità. Ma anche in questo caso, secondo Darling, può essere utile riflettere sui modelli storici che abbiamo adottato nel tempo per appurare le responsabilità quando a provocare danni imprevisti sono gli animali. E può avere senso, per esempio, pensare alle distinzioni che normalmente facciamo tra animali pericolosi e altri più sicuri, con ampi margini di flessibilità nella valutazione degli eventi a seconda del contesto.
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>> «Se il tuo piccolo barboncino morde qualcuno per strada, in modo del tutto inaspettato e per la prima volta, non sarai punito come lo saresti se al posto del barboncino ci fosse un ghepardo», ha detto Darling, aggiungendo che il punto fondamentale del discorso è capire che il comportamento imprevedibile non è un problema nuovo e non dovrebbe essere permesso alle aziende sostenere che lo sia.
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>> Darling non esclude che i robot possano un giorno meritare dei diritti, nel caso in cui diventassero coscienti o senzienti, ma ritiene comunque questa prospettiva ancora abbastanza remota. Anche relativamente a questo aspetto crede comunque che l’analogia con gli animali possa essere un indicatore più affidabile di come, nella pratica, potrebbe svilupparsi in futuro questo dibattito nei paesi occidentali, riflettendo probabilmente una certa «ipocrisia» di fondo. «Ci piace pensare di preoccuparci della sofferenza degli animali, ma osservando il nostro comportamento effettivo siamo attratti dalla protezione degli animali a cui siamo collegati emotivamente e culturalmente», ha detto.
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>> È quindi probabile, secondo lei, che con i robot possa finire allo stesso modo: daremo diritti ad alcuni e non ad altri. Potremmo, per esempio, trovare più sensato riservare trattamenti preferenziali a quei robot costruiti con caratteristiche esteriori antropomorfe, con cui risulterà probabilmente più facile empatizzare rispetto a macchine anche uguali per componentistica e funzionamento, ma magari dall'apparenza di semplici scatole metalliche.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Come pensare ai diritti dei robot | Il mito italiano del signor Rossi |
['Le banche fanno sempre più utili, segnando numeri da record. Ma lo Stato italiano, da tale exploit, non riesce a ricavare nemmeno un euro. Nel suo complesso, il sistema bancario è riuscito a ', 'incamerare', ' nel corso del 2023 oltre ', '40 miliardi di euro', ': i primi cinque istituti di credito, nel 2023, hanno raccolto ben 21 miliardi di euro di profitti, con Unicredit e Intesa Sanapaolo che hanno chiuso l’anno con profitti addirittura pari a 8,6 e 7,7 miliardi di euro. A seguire, banca Mps (2 miliardi), Bper (1,5 miliardi) e Banco Bpm (1,2 miliardi). Risultati che vanno a migliorare anche i lauti guadagni del 2022, ma che non producono alcun effetto benefico per l’erario. La tassa sugli extraprofitti presentata la scorsa estate dal governo è stata infatti ', 'fortemente depotenziata', ', per non dire completamente cassata. La sua ultima versione, poi approvata, ha infatti consentito agli istituti di credito di scegliere se versare la tassa nelle casse dello Stato oppure utilizzare quel denaro ', 'per il rafforzamento del proprio capitale', '. Le banche hanno scelto, ovviamente, la seconda proposta.', '', '', 'Grazie all’annichilimento della tassa degli extraprofitti da parte del governo italiano, attuata per mezzo di un emendamento al decreto legge 104 del 2023, gli istituti di credito hanno potuto rafforzare il proprio patrimonio ', 'optando', ' per l’accantonamento a riserva non distribuibile per un ammontare di ', '2,5 volte l’importo teorico del prelievo fiscale', '. Evitando, così, di versare l’imposta straordinaria e tenendo tutto il malloppo. Se la norma non fosse stata sgonfiata del suo contenuto, lo Stato – che è ovviamente rimasto a mani vuote – avrebbe potuto ottenere circa 4 miliardi. Oltre che per gli incrementi dei tassi stabiliti dalla BCE, le cinque maggiori banche hanno ottenuto questi importanti risultati grazie ad una ', 'crescita del margine di interesse del 56,7%', ' rispetto alla stessa fase dell’anno precedente. A sembrare paradossale è il dato che vede il computo totale dei prestiti in essere delle 5 “big” più basso di circa 50 miliardi rispetto a un anno fa (a dicembre 2023, i prestiti al settore privato sono diminuiti del 2,8% sui dodici mesi, quelli alle famiglie dell’1,3% e quelli alle società non finanziarie addirittura del 3,7%). Segno evidente che il motivo dell’incremento dei guadagni per gli istituti di credito sia da individuare nei ', 'maggiori costi', ' in capo ai (sempre meno) contraenti.', '', '', 'A spingere per l’approvazione dell’emendamento alla legge sugli extraprofitti – poi effettivamente passato lo scorso 23 settembre – fu soprattutto un ', 'coordinamento tra la Banca d’Italia, Tesoro e Banca Centrale Europea', '. Quest’ultima aveva infatti ', 'indirizzato', ' al Tesoro un parere critico sull’imposta, evidenziando il fatto che, in una fase di riduzione dei crediti dovuta al rialzo dei tassi, la sua entrata in vigore senza modifiche avrebbe potuto contribuire al ', 'peggioramento del patrimonio bancario e dell’economia', ', disincentivare il sostegno degli istituti di credito a Btp e simili e mettere a rischio, nella sua fase di rilancio, la riprivatizzazione di MPS concordata con l’Unione Europea. Così, tutti i principali istituti di credito, tra cui Unicredit, Intesa San Paolo, Bpm, Bper, Credem, Mediobanca eMediolanum (controllata per il 30% dalla famiglia Berlusconi, la cui “protesi” politica, Forza Italia, si è infatti subito detta contraria al provvedimento) ', 'non hanno aderito alla misura', '. Nemmeno MPS, controllata al 64% dal Tesoro, né Mediocredito-Banca del Mezzogiorno, partecipato al 100% da Invitalia (interamente controllata dal Ministero dell’Economia) hanno versato un solo euro all’erario.', '', '', '[di Stefano Baudino]', '', ''] | Profitti record delle banche italiane: 40 miliardi nel 2023, ma allo Stato niente | Sabato 5 novembre |
La parte di assistenza psicologica a bordo delle navi quarantena è una delle più delicate e complesse. Con la terza a ultima intervista ai testimoni diretti all’interno dell’[ **inchiesta sulle navi quarantena**](<https://www.micromega.net/immigrazione-navi-quarantena-inchiesta/>)proviamo a raccontare il lavoro che avviene a bordo, come viene deciso se una persona è “vulnerabile” o meno, come dovrebbero essere divise le persone sulla base del sesso e dell’origine, cosa che spesso non avviene.
“Ho mandato il mio curriculum, sono stato richiamato e in poco tempo ero a bordo. È stato semplice. Ho esperienza nelle emergenze ma nessuno mi ha chiesto che tipo di lavori avessi svolto in precedenza. A bordo salgono anche colleghi con poca o nessuna esperienza e questo è un problema perché fanno fatica a gestire la grande mole di lavoro che abbiamo”. Fabrizio (nome di fantasia) è uno psicologo che ha partecipato a una missione a bordo delle navi quarantena del governo italiano e in questa terza intervista parliamo degli aspetti psicologici, sia per l’equipaggio che per gli ospiti a bordo.
“Il problema dell’inesperienza è che oltre ad assistere centinaia di ospiti dovresti essere anche il sostegno psicologico dell’equipaggio, cosa molto difficile da fare perché tu stesso ne sei parte e non hai nemmeno una supervisione. Il rischio di andare in _burnout_ o di commettere errori è altissimo”.
**Che tipo di errori?
**Per esempio l’errore di scavare nella psiche delle persone quando non ci sono i tempi e non si è sedimentato tutto, voler per forza salvare qualcuno che in quel momento non può o non vuole essere salvato. I traumi sono così recenti che se si va troppo a fondo si può solo peggiorare la situazione. **
** La figura dello psicologo serve principalmente per individuare persone con problemi e necessità di sostegno; ovviamente è a disposizione di chi vuole parlare ma la priorità è quella di segnalare prima dello sbarco le _vulnerabilità_ , termine con il quale si indicano persone che hanno bisogno di essere seguite con maggiore attenzione. **
** Ma sai che non ci sono linee guida per le vulnerabilità? Tutto dipende dal capomissione, nel senso che nel corso della missione sono cambiati più capimissione e da ciascuno di loro ho avuto direttive diverse. Io mi volevo attenere alle linee guida delle organizzazioni dove ho lavorato in precedenza perché sono chiare, ma non ho potuto.
**E come vengono scelte di volta in volta? Perché se una persona è vulnerabile non può essere una scelta soggettiva.
**Appunto, ma purtroppo è stato così. Per riconoscere una vulnerabilità viene prodotta una relazione a 360 gradi, cioè con la valutazione di tutte le figure professionali a bordo. Questo però non sempre è possibile per la mancanza di tempo, di mediatori disponibili, anche loro costantemente impegnati in attività extra a discapito del loro ruolo, o che parlino la stessa lingua della persona interessata. Quello che succede è che poi degli oltre 700 ospiti a bordo pochissimi o nessuno risultava vulnerabile.
Il silenzio che si crea al tavolo del bar dove ci siamo incontrati è più eloquente di tante parole: una procedura di questo tipo non rispetterebbe il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra.
La testimonianza di Fabrizio descrive bene il meccanismo frettoloso con il quale un gruppo di due psicologi dovrebbe lavorare e chiudere le pratiche, perché “la burocrazia non ha i tempi della terapia” ci dice. “In cinque giorni il team deve approcciarsi con la persona, capire meglio la situazione con due o tre colloqui e poi, il quinto o il sesto giorno, comunicare le vulnerabilità. Se non rientri in quei tempi perché non hai riscontrato prima la vulnerabilità di una persona è difficilissimo comunicarla successivamente.
Non hai il tempo di instaurare il rapporto, soprattutto con le donne che hanno spesso storie di violenze alle spalle e non ne parlano per vergogna. Le mie colleghe vorrebbero fare di più ma è complicato”.
Proprio questo è uno dei temi che anche nelle altre puntate abbiamo già affrontato: la separazione tra uomini e donne a bordo che non viene garantita e che mette a repentaglio sia il percorso di assistenza, sia la loro sicurezza a bordo.
“Chiedono sempre di essere messe con altre donne in un corridoio separato ma questo non è possibile, così le sistemano nelle prime cabine del corridoio ma il luogo è talmente piccolo che chi è vittima di tratta viaggia con chi la sfrutta, finendo anche per prostituirsi a bordo; chi è sola rischia di essere abusata e chi vuole denunciare di essere vittima di abuso non può farlo, perché non potremmo garantirle uno spazio diverso dove stare dopo la denuncia”. Fabrizio ha fatto spesso riunioni con le colleghe per capire come poter aiutare le donne a uscire dalla tratta, ma il problema inizia già durante il colloquio, al quale oltre alla psicologa partecipa un mediatore culturale, spesso uomo e originario dello stesso Paese della ragazza. “Non si fidano, pensano che potrebbero parlare con i loro sfruttatori; non è facile quando la tua famiglia è ostaggio della rete di trafficanti”.
Essendo una nave quarantena “c’è l’idea di fondo che a bordo non ci debbano essere contraccettivi e il problema sta negli spazi ristretti dove il distanziamento sociale è impossibile. Così, quando una ragazza chiede aiuto dopo un rapporto, spesso non voluto ma subìto, non si può fare nulla, neanche somministrare la pillola del giorno dopo”.
Inoltre “non dividono le persone neanche sulla base della provenienza, cosa che comporta problemi di convivenza in quegli spazi ristretti” racconta Fabrizio. “Libici, tunisini, maliani, somali, nigeriani o bengalesi, tutti insieme per dieci giorni in un corridoio stretto e senza uscite con delle cabine da condividere”.
Quella descritta è una situazione in cui si sentono “le mani legate, una condizione di emergenza dove potenzialmente si potrebbe fare molto ma per motivi amministrativi, burocratici e organizzativi si fa poco.”
Uno dei motivi che rendono il lavoro difficile “sono i costanti turni di guardia, a volte anche notturni” che il team di psicologi è costretto a fare. “Immagina di fare un turno di notte e poi, verso le 7 del mattino, iniziare i colloqui. Non sei fresco e se riesci a fare circa venti colloqui, la sera sei distrutto e devi iniziare a compilare le carte, sempre che non ci sia un imbarco o uno sbarco” perché “i gruppi vengono imbarcati in momenti diversi e con poco personale a disposizione significa che quasi ogni giorno c’è un imbarco o uno sbarco da seguire, operazione che richiede molto tempo. Alla fine, quanto tempo posso dedicare agli ospiti?”.
La domanda retorica di Fabrizio rimette al centro la questione che abbiamo affrontato nelle puntate precedenti di questa inchiesta: per chi sono pensate queste navi quarantena? L’impressione è che i diritti e la cura delle persone migranti siano all’ultimo posto e che prima ci siano tante altri fattori, ritenuti più importanti.
L’ultimo tema che tocchiamo è quello delle molestie sessuali a bordo o, come le ha chiamate Giulia nella prima puntata, “predazioni sessuali”.
Fabrizio racconta di aver parlato molto con le colleghe donne e di aver provato a organizzare dei gruppi di sostegno con le donne dell’equipaggio, anche per le psicologhe stesse. “Più colleghe mi hanno riferito che durante i colloqui colleghi un po’ di tutte le aree professionali ci provavano con loro in modo esplicito. Oltre alle molestie hanno creato anche un danno professionale e di immagine della collega davanti agli ospiti”.
Mediatori e altri membri dell’equipaggio che si sono resi protagonisti delle molestie sono stati segnalati più volte, ma Fabrizio conferma quello che ci diceva Giulia: non sono mai stati richiamati, sanzionati o allontanati.
| Navi quarantena, la denuncia di uno psicologo: “Impossibile assistere le persone” | L'ordine di rimuovere lo striscione contro Salvini è arrivato "da molto in alto", dice un sindacalista |
Wikileaks ha pubblicato oggi 1.707.499 documenti della diplomazia statunitense che vanno dal 1973 al 1976 e che riguardano le comunicazioni tra Henry Kissinger, prima consigliere per la sicurezza nazionale e poi Segretario di Stato, e le ambasciate di tutto il mondo. A differenza dei cablogrammi pubblicati per la prima volta da Wikileaks nel 2010, questi documenti sono stati desecretati dallo stesso governo americano: il gruppo di Julian Assange si è limitato ad assemblarli in un database, chiamato "[PlusD](<http://wikileaks.org/plusd/about/>)" (che sta per "Public Library of the United States Diplomacy") e a renderli cercabili per parole chiave. Wikileaks ha fornito accesso esclusivo a questi documenti a un gruppo di 19 media internazionali, tra cui l' _Espresso_ in Italia, _Pagina 12_ in Argentina, l' _Hindu_ in India e _The Age_ in Australia.
Il fatto che i documenti fossero già desecretati non rende inutile il lavoro di Wikileaks. Se il governo americano ritiene che certi documenti possono danneggiare gli interessi nazionali, infatti, può decidere di secretarli di nuovo, anche se le informazioni contenute sono già finite nei libri di storia o sui giornali di tutto il mondo. Questo successe per esempio nel 2006 quando l'amministrazione di George W. Bush decise di secretare oltre 55.000 documenti che erano stati diffusi anni prima.
In realtà si sta parlando poco dei "Kissinger Cables", sulla stampa internazionale, anche se alcune delle testate contattate da Wikileaks hanno riportato diversi documenti che riguardano i loro paesi. I documenti visionati dall' _Espresso_ riguardano per lo più i difficili rapporti tra gli americani e il Partito Comunista Italiano (PCI).
**La vicenda del visto negato a Giorgio Napolitano**
Nell'agosto del 1975 l'allora ambasciatore americano in Italia, John Volpe, [scriveva](<http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quel-comunista-non-deve-entrare/2204228//1>): «Nell'aprile scorso abbiamo raccomandato di non rilasciare un visto a Giorgio Napolitano, che voleva recarsi negli Stati Uniti per tenere conferenze in quattro università». In quegli anni la diffidenza americana nei confronti del PCI era nota, anche se meno marcata rispetto all'immediato dopoguerra. Nel 1976 fu lo stesso Kissinger a scrivere però che «i comunisti non sono tutti uguali», e distinguere gli intellettuali comunisti che non disprezzavano lo stalinismo da quelli come Napolitano, che «ha confessato le proprie perplessità su come sviluppare il socialismo all'interno di uno stato democratico, tenuto conto della specificità dell'esperimento sovietico».
Nonostante l'apertura di Kissinger, però, il visto a Napolitano non venne concesso. Fu lo stesso Kissinger a spiegare che in base alla legge "Immigration and Nationality Act" del 1952, i membri di tutti i partiti comunisti erano impossibilitati a ricevere un visto di entrata negli Stati Uniti. Esistevano eccezioni, aggiunse Kissinger, ma nel caso di Napolitano non venne concessa alcuna deroga. I motivi di questa scelta non sono mai stati chiariti ufficialmente, anche se l'ambasciatore Volpe fornì una spiegazione molto credibile dell'intera vicenda: concedere i visti a esponenti del PCI poteva essere vista come "una sorta di presunta indicazione del fatto che il governo americano ha accettato le credenziali democratiche del PCI".
**Indro Montanelli sulla Democrazia Cristiana**
Era il 1975, si erano appena concluse le [elezioni regionali](<http://it.wikipedia.org/wiki/Elezioni_regionali_italiane_del_1975>) del 15 e 16 giugno, quelle in cui la DC si fermò al 35 per cento e il PCI arrivò a oltre il 33 per cento. Montanelli era molto deluso, credeva nella possibilità che l'Italia finisse sotto un regime stalinista. Scrisse agli americani le sue impressioni sulla Democrazia Cristiana: «I democristiani sono senza leader. È un partito che non ha mai capito la democrazia e dopo De Gasperi, che invece la capiva, è semplicemente diventato un parassita nel corpo della politica». Montanelli aggiunse: «Fanfani aveva il merito di avere le palle, gli altri manco quelle».
**Gli americani e Comunione e Liberazione di don Giussani**
Nel dicembre 1975, lo stesso anno delle elezioni regionali in cui il PCI guadagnò moltissimi consensi, gli americani incontrarono don Giussani, fondatore del movimento Comunione e Liberazione (CL). Giussani spiegò che il braccio politico di CL era il "Movimento Unitario Popolare", il MUP, fondato tra gli altri da Roberto Formigoni, che in quegli anni raccoglieva molte adesioni da parte soprattutto di giovani e militanti della DC. Il MUP però non aveva soldi, e Giussani chiese al console americano a Milano un aiuto per rafforzare il braccio mediatico di CL e del MUP: «C'è disperatamente bisogno di un settimanale non cattolico», disse Giussani, perché Famiglia Cristiana si rifiutava di sostenere il suo gruppo. «La forza trainante dietro il Movimento Unitario Popolare è Formigoni con don Scola e Santo Bagnoli della Jaca Book».
**Il Vaticano e il colpo di stato in Cile di Pinochet**
Dopo il colpo di stato di Pinochet in Cile dell'11 settembre 1973, la stampa internazionale riportò le atrocità compiute dalla nuova giunta militare cilena. Una delle poche istituzioni che non credettero alle ricostruzioni sulla natura del nuovo governo cileno fu il Vaticano. L'ambasciata americana a Roma [scrisse un messaggio](<http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-vaticano-e-i-dittatori-le-relazioni-pericolose/2204261//0>) al Dipartimento di Stato che riferiva il contenuto di una conversazione con l'arcivescovo Benelli, vice segretario di stato della Santa Sede. Benelli etichettava le "esagerazioni" della stampa come "probabilmente il più grande successo della propaganda comunista", sottolineando che perfino i circoli conservatori e moderati sembravano piuttosto disposti a credere alle più grosse bugie sugli eccessi della giunta cilena.
Tre anni dopo il colpo di stato di Pinochet, riporta l' _Espresso_ , l'isolamento del Cile era fortissimo, l'Inghilterra aveva ritirato il suo ambasciatore dal paese, e perfino il governo americano non poteva più essere annoverato tra quelli che appoggiavano il Cile della giunta militare. Ma il Vaticano era ancora lì, con la sua «pressione esercitata con discrezione».
**I rapporti tra il Vaticano e la dittatura della giunta militare argentina**
Sui rapporti tra la dittatura argentina e il Vaticano Wikileaks non riporta molte informazioni, perché il colpo di stato della giunta militare di Videla venne fatto il 24 marzo 1976, e i cable si fermano al dicembre 1976. I documenti dei "Kissinger Cables" [dimostrano](<http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-vaticano-e-i-dittatori-le-relazioni-pericolose/2204261//1>) però un rapporto molto stretto - anche questo già molto noto e famoso - tra il nunzio apostolico Pio Laghi e l'ammiraglio Massera, uno dei responsabili del golpe. In un rapporto del novembre 1975 l'ambasciata americana di Buenos Aires informò il Dipartimento di Stato che «secondo l'analisi del nunzio, la signora Peron se ne deve andare il prima possibile o con un congedo, o dimettendosi, oppure con un colpo di stato. Neppure i militari vogliono l'ultima opzione e la implementeranno come ultima risorsa». La signora Peron era Isabel Peron, moglie dell'ex presidente argentino Juan Peron morto nel 1974, che venne effettivamente destituita da un colpo di stato nel marzo 1976.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Che cosa c'è nei "Kissinger Cables" | Racconti nel cassetto, ne hai scritto uno? Mandacelo |
['Quella del centro antiviolenza ', 'Lucha y Siesta', ', in via Lucio Sestio 10 a Roma, è allo stesso tempo una storia di speranza e sconforto. La Presidente della casa rifugio, da anni un immobile destinato ad accogliere centinaia di ', 'donne che scappano da situazioni di violenza', ', è sotto processo per l’occupazione dell’edificio. Se contestualizzate nello storico dell’immobile, ', 'la denuncia arrivata da parte di ATAC', ' (Azienda pubblica per la mobilità di Roma Capitale) e l’udienza che si terrà il 26 aprile, hanno dell’assurdo.', '', '', 'Il centro nasce nel 2008 nel quartiere Tuscolano di Roma, quando un gruppo di 300 donne entra nello stabile di via Lucio Sestio, di proprietà di ATAC ma abbandonato da anni, ', 'lo ripulisce e gli dà una nuova vita', ', trasformandolo in un luogo di accoglienza per donne vittime di abusi. Per più di dieci anni la struttura offre a centinaia di loro ospitalità, ', 'sostegno psicologico e legale', ', si prodiga a reinserirle nel mercato del lavoro e organizza attività culturali e laboratori. Nel settembre del 2019 però la Casa delle Donne comincia a subire ', 'minacce di sgombero da parte di ATAC', ', che dice di dover vendere l’immobile per risanare i debiti ed evitare il fallimento dell’azienda.', '', '', '', '', '', '', 'Lucha y Siesta non è un palazzo da vendere al miglior offerente ma un ', '#benecomunetransfemminista', ' che appartiene già alla comunità cittadina che la anima. Lucha è già di tuttə. I luoghi delle donne e delle libere soggettività non si svendono, si moltiplicano. ', '#luchaallacittà', ' ', 'pic.twitter.com/04EHAQChIb', '', '', '— luchaysiesta (@luchaysiesta) ', 'July 15, 2021', '', ''] | Lucha y Siesta, il centro antiviolenza delle donne romane finisce sotto processo | Lo sguardo del giornalismo sulle vite degli altri |
12 marzo 2016 13:09
Josh Singer ha scritto
Spotlight
con il regista Tom McCarthy e in
un’intervista
ha affermato:
“
Non è una storia di smascheramento della chiesa cattolica, la nostra missione non era quella di far vacillare la fede della gente”. La missione era, infatti, quella di ridare vita alla fede in un’altra, laica religione. Cioè in quel giornale che, secondo il famoso aforisma di Hegel, ha sostituito “la preghiera del mattino per l’uomo moderno”.
In realtà il filosofo tedesco sostiene che tanto il giornale quanto la preghiera “danno la stessa sicurezza di sapere come vanno le cose”. Per la Città le due principali
autorità spirituali
sono la Chiesa e il Giornale: il film di McCarthy le mette a confronto, rappresentando in modo esplicito la crisi della prima e il trionfo della seconda. Ma sotto la superficie troviamo la consapevolezza che i successi del team Spotlight del Boston Globe sono collegati a condizioni che stanno per svanire. Anzi, all’epoca dei fatti raccontati dal film, la crisi materiale e spirituale del giornalismo è già cominciata, anche se non è ancora chiaramente percepita.
Spotlight
, continua Singer, racconta con accuratezza gli abusi sessuali commessi da alcuni preti di Boston coperti dai costanti silenzi del cardinale Law, al fine di “mostrare il potere di un certo tipo di stampa, oggi in gran parte scomparso” e di “riaccendere l’interesse per il giornalismo preciso e responsabile,
accountable journalism
”. Perché questo tipo di informazione prodotta dai grandi quotidiani locali come il Boston Globe è importante e ha “un effetto duraturo sul pubblico”.
Non è il film sui preti pedofili di Boston, bensì sull’informazione che ha svelato quelle violenze
Anche il Watergate “era una storia locale divenuta nazionale”. Lo stesso problema della pedofilia nella chiesa è divenuto tema pressante negli Stati Uniti grazie all’interesse suscitato dal team Spotlight (letteralmente riflettore, e quindi luce della verità). Poi si è allargato a questione mondiale, infine riconosciuta dalla stessa istituzione ecclesiastica al più alto livello. Nei titoli di coda scorrono, ordinati in fitte colonne, i luoghi dove sono stati scoperti abusi sessuali e il film ha ricevuto in Italia molti apprezzamenti proprio da ambienti cattolici.
Spotlight
non è quindi “il film sui preti pedofili di Boston”, bensì sull’informazione che ha svelato quelle violenze e insabbiamenti. Inoltre trasforma definitivamente i film sull’inchiesta giornalistica in un genere storico, anzi storico-mitologico, come il western e il peplum. Il titolo italiano,
Il caso Spotlight
, è inesatto nella sostanza ma involontariamente preciso nell’immaginario: il vero caso raccontato è quello su come si conduce una grande inchiesta giornalistica, su quanto sia difficile e rilevante.
Cosa resta del quarto potere
La pellicola mette in scena questo processo e rappresenta un mondo che è in gran parte scomparso. Thomas Sotinel conclude la sua recensione su Le Monde con questa perfetta e malinconica formula: “Oltre a un elogio, è un’elegia per quella che fu l’età dell’oro del giornalismo”. Proprio il quotidiano francese in queste settimane, con le rivelazioni sull’impegno francese in Libia, è però riuscito a mostrare al meglio il ruolo dell’informazione tradizionale.
Quando di un film sappiamo solo che è un western non possiamo dire se in esso ci saranno gli indiani e se saranno buoni o cattivi, ma possiamo essere sicuri che non gestiranno casinò: vivranno in un mondo di cavalli, diligenze e accampamenti, in un paesaggio lontano anche nelle idee e nei valori, dove i nativi americani sono appunto “indiani” e “pellerossa”.
Certo abbiamo numerosi racconti western trasportati nelle metropoli di oggi o perfino in un futuro postapocalittico (l’ultimo
Mad Max
deve non poco a
Ombre rosse
di John Ford) ma è precisamente la potenza mitica del modello originale a sostenere le forzature e autorizzare le derivazioni.
Allo stesso modo oggi, con
Spotlight
, cominciamo a comprendere che il film sull’inchiesta giornalistica potrà pure venire adattato ai tempi digitali (soprattutto per rappresentare le vicende di Assange, Manning, Snowden e dei loro futuri continuatori), la sua forma pura richiede però il mondo del passato. L’età dell’oro, dove tutto ruota intorno alla solidità e centralità dell’istituzione giornalistica, che si realizza in essenza e in emblema nella carta.
Spotlight
è ambientato in gran parte nel 2001: i vestiti dei reporter e le facciate delle case sono molto simili a quelli di oggi e non molto lontani da quelli di
Tutti gli uomini del presidente
, il film del 1976 sul Watergate. Ma questa superficie familiare e conservatrice non può nascondere che dalla metà degli anni settanta, e pure dall’inizio di questo secolo, a oggi sono mutate radicalmente le condizioni del fare e fruire informazione.
Il mondo intero dell’informazione è fatto di carta: robusta e paziente
L’epilogo di
Tutti gli uomini del presidente
mostra Dustin Hoffman che batte a macchina al suo tavolo nella sede del Washington Post; e la prima rivoluzione digitale del giornalismo comincia giusto qualche anno dopo, con il computer che entra nelle redazioni più innovative e la preparazione di una “prima copia” elettronica del giornale.
La squadra di Spotlight nel 2001 sta già affrontando “la grande sfida del digitale” – per citare le parole che pure in Italia ogni nuovo direttore di quotidiano si trova con imbarazzata puntualità a ripetere da oltre un decennio, come se fosse la prima volta. I giornalisti del Boston Globe usano, naturalmente, il computer e non disdegnano le email, le banche dati del giornale sono in parte digitalizzate, e proprio in conclusione si cita il “world wide web” come veicolo di pubblicazione per contenuti aggiuntivi a quelli del cartaceo. Insomma l’avvenire digitale è già in corso, e sta provocando sconquassi, anche se non sono ancora ben compresi.
In una conversazione con Walter “Robby” Robertson, il giornalista a capo di Spotlight, il nuovo direttore Marty Baron annuncia tempi duri e tagli al personale anche a causa di quella internet dove sono migrati in gran parte gli annunci
classified
, fino ad allora importante entrata dei giornali. Vale la pena di ricordare che l’informazione professionale negli Stati Uniti non ha mai goduto di forme di finanziamento pubblico ampie e diversificate, caratteristica di molti stati europei, e la sua salute economica dipende in buona parte dalla pubblicità.
Le tecnologie e le reti digitali al Boston Globe di quindici anni fa sono già ben insediate ma il giornale è ancora fatto di carta.
Giornale
non significa solo il prodotto finale, il nuovo numero che arriva in edicola ogni mattina, anche se nella conclusione del film le rotative in azione e i camion che caricano le copie stampate mostrano, in un simbolo molto riconoscibile e amato, il potere del giornalismo e della verità che si propaga. Il mondo intero dell’informazione è fatto di carta: robusta e paziente.
Di carta sono i taccuini che costituiscono la base del lavoro dei reporter; in
Spotlight
mancano ovviamente smartphone con app per registrare e trascrivere la voce, anzi non ci sono neppure registratori a nastro. Gli archivi del Boston Globe si fondano su una quantità enorme di ritagli accuratamente catalogati. Cartacei sono pure i faldoni con gli importanti documenti ufficiali che i tenaci giornalisti dopo mille difficoltà riescono infine a visionare.
L’età dell’oro, o della carta
Non c’è spazio per indagini su motori di ricerca, tanto meno per passeggiate sui social network allora ancora in fase embrionale. Ed è con un cerchio di penna su un foglio che un avvocato conferma a Robertson un lungo elenco di nomi di preti pedofili e di coperture ecclesiastiche: il foglio è la stampa di una tabella elettronica ma questa a proprio volta deriva da un tenace e lento lavoro di righello.
I giornalisti di Spotlight hanno scorso – una riga alla volta, una colonna alla volta, una pagina alla volta – voluminosi tomi della diocesi di Boston alla ricerca di particolari denominazioni ufficiali, involontario segnale di preti coinvolti in abusi sessuali. Insomma perfino quel
data journalism
oggi fondato tutto su documenti elettronici
in the cloud
ed elaborazioni informatiche viene fatto con umilissimi strumenti analogici.
Tutto parte dalla carta e tutto ritorna alla carta. Scorrere per ore e giorni pagine con un righello alla ricerca di un certo testo pare un intollerabile spreco, a noi che in un attimo con un bottone scoviamo tutti i risultati dentro un file o una pagina web. La lentezza non rappresenta solo il limite negativo di una tecnologia arcaica: è anche pazienza, giudizio e determinazione. È una delle caratteristiche di un mondo dove alcuni giornalisti, pur impiegati da un’istituzione che ogni giorno deve produrre un nuovo numero, possono avere mesi o perfino anni per un’indagine complessa.
In quel mondo e in quel modo di produzione un grande giornale può addirittura ritardare la pubblicazione di un’inchiesta già forte fino a quando questa raggiunge il massimo impatto.
Spotlight
non fa quindi l’elogio del righello in sé e per sé, viene mostrato un processo che ha imperfezioni e costrizioni pesanti ma fa parte di un sistema che – il film sembra dire – offriva un agio e una profondità oggi molto difficilmente concesse al giornalismo. Perché i tempi sono sempre più compressi e veloci e soprattutto perché la “grande sfida del digitale” ha reso molto meno economicamente solidi i giornali tradizionali.
Con una profondità inusuale il film narra pure un’altra inchiesta, quella sul giornalismo stesso
Il tono elegiaco e la messa in scena classica di
Spotlight
invitano al rimpianto per la solidissima informazione tradizionale che quindici anni fa non vedeva ancora lucidamente quali sconvolgimenti la attendessero. Ma con una profondità inusuale (per il cinema americano) il film narra pure un’altra inchiesta, quella sul giornalismo stesso e la sua missione.
Spotlight
fa luce anche all’interno del Boston Globe, mostrando progressivamente che i dati fondamentali sugli abusi sessuali dei preti e l’efficace sistema di coperture erano già stati portati alla loro conoscenza. I pezzi avrebbero potuto essere evidenziati e connessi molto tempo prima.
Il film adotta un punto di vista maturo, né ingenuo né cinico, su quello che è spesso considerato il valore fondamentale del giornalismo: l’indipendenza. Questa non nasce dal nulla, non è magicamente concessa, ma deriva proprio dalla rilevanza dell’informazione professionale per la vita comune e quindi da una posizione di influenza. L’informazione è un potere che sta in un rapporto costante con gli altri e si inserisce in una fitta serie di relazioni.
Nel caso di un quotidiano locale come il Boston Globe queste sono immediatamente visibili nelle biografie degli stessi giornalisti, per esempio nella scuola cattolica e nelle partite di golf di Robertson. L’indipendenza è una possibilità continuamente e implicitamente contrattata, non certo un automatismo e una necessità. La struttura solida e la forza economica dell’informazione industriale consentono in principio il giornalismo più scomodo, quello che a Boston, città di buoni cattolici e buone relazioni, indaga sugli abusi sessuali commessi dai preti e sull’influentissimo cardinale Law. Consentono in principio questo giornalismo e al tempo stesso tendono a frenarlo nell’agire quotidiano.
Senza compromessi
Spotlight
chiarisce che non vi è alcun corso obbligato delle cose a produrre la grande inchiesta. Anzi, perché questa si avvii, continui e arrivi al fondo ci devono essere continue forzature e strappi. A cominciare dal nuovo direttore, uno straniero, anzi “un uomo non sposato di fede ebraica che odia il baseball”, venuto da fuori a turbare i perfetti equilibri e la quieta armonia.
È infatti Marty Baron a spingere per un’inchiesta approfondita e poi a ritardarne la pubblicazione fino a quando questa è in grado di dimostrare non solo i singoli abusi ma l’intero sistema di protezioni. L’avvocato delle vittime Mitchell Garabedian, di origine armena, parlando di se stesso e di Baron spiega a un giornalista di Spotlight che per casi come questi “ci vuole un outsider”.
Ci vuole pure una squadra specializzata all’interno del giornale per fare ciò che agli altri giornalisti non è possibile o non è permesso, e all’interno di questa squadra ci vuole la speciale determinazione di non fermarsi alle verità parziali o di comodo. Ci vuole il coraggio di andare anche contro i propri interessi: a Robertson una sorta di consigliere di Law ricorda che Baron starà in città giusto per qualche anno, poi si sposterà in un altro giornale, e quindi gli chiede: “Ma tu dove andrai?”.
Ci vuole, infine, la pazienza di non pubblicare fino a quando l’indagine non è tanto robusta da reggere qualsiasi tentativo di ridimensionamento e nonostante il rischio di venir “bruciati” in uno scoop dal giornale concorrente. L’elenco potrebbe continuare, e mostrerebbe quanto sia arduo, anche per un grande giornale nell’età dell’oro del giornalismo, compiere la propria missione.
Questo riconoscimento dei compromessi e delle compromissioni è, come ho scritto, non troppo frequente nei film statunitensi sul giornalismo, sul mito del giornalismo. Possiamo invece affermare che costituisca un luogo comune per quelli italiani, dove il cronista onesto – o genericamente colui che vuole far conoscere la verità – è molto spesso bloccato dal “sistema”.
Almeno per la rappresentazione cinematografica la condizione italiana, anche nell’età dell’oro, è quella dell’informazione che viene fermata un attimo prima di andare in stampa. È
Signore & signori
di Pietro Germi (1966) dove al giornalista della testata locale che sta per fare i nomi di uno scandalo cittadino arrivano con perfetto tempismo le telefonate dei notabili, prete e direttore della testata compresi. L’articolo viene quindi tirato via dalla macchina da scrivere e buttato in un cestino: a conferma, solo negativa, dell’antico potere della carta stampata.
Cinema
Giornalisti
| Spotlight e la nostalgia del giornalismo | La giunta militare del Myanmar ha approvato una nuova legge che renderà molto difficile per nuovi partiti presentarsi alle elezioni |
20 gennaio 2018 14:20
Jonny Greenwood,
The hem
Quando si pensa ai progetti paralleli dei musicisti dei Radiohead, vengono in mente i dischi solisti di Thom Yorke. Ma quello che fa le cose più interessanti al di fuori della casa madre in realtà è Jonny Greenwood. A partire da
Bodysong
nel 2003, fino al più recente
progetto Junun
, il polistrumentista di Oxford ha dato prova di una versatilità impressionante, flirtando con il jazz, le musiche del mondo, la classica e la contemporanea.
La sua specialità sono le colonne sonore. Non è un caso che da qualche anno il regista Paul Thomas Anderson l’abbia scelto per accompagnare i suoi film. I due hanno cominciato a collaborare per
There will be blood
(tradotto in italiano con il più banale titolo
Il petroliere
) e da quel momento sono diventati inseparabili (le musiche di
Inherent vice
sono clamorose, andate a ripescarle se ve le siete perse).
Ora, per prepararci all’uscita di
Phantom thread
(
Il filo nascosto
in italiano), il nuovo film di Anderson in uscita nelle sale il 22 febbraio, possiamo ascoltarci i brani di Greenwood, che sono già disponibili.
Il filo nascosto
è ambientato nel Regno Unito negli anni cinquanta e forse è per questo che le musiche di Greenwood (anche stavolta il musicista ha ammesso di essersi ispirato soprattutto al compositore polacco Krzysztof Penderecki) sono ancora più colte, ambiziose e ricche di riferimenti rispetto a quelle precedenti. Greenwood, più che il chitarrista di un gruppo rock, sembra ormai un compositore esperto.
A un certo punto però, in particolare in
Catch hold
, per chi come me è fan dei Radiohead è difficile non immaginare la voce di Thom Yorke accompagnata da quel pianoforte. E tornano in mente certi passaggi della splendida
Daydreaming
.
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Standing On The Corner,
Red burns
Il nuovo mixtape dei newyorchesi Standing On The Corner è diviso in due parti da circa mezz’ora:
Side x
e
Side y
. Il sito Pitchfork, che ha dedicato alla band l’apertura della sua home page per qualche ora, li
ha catalogati come “post-post-genre”
, che vuol dire tutto e niente. Di sicuro dentro la musica degli Standing On The Corner ci sono parecchie cose, messe insieme in questo tipo collage: hip hop, soul, jazz, rnb, pop, mescolati a frammenti audio estratti dalla radio.
Non c’è niente di radicalmente nuovo nello stile del duo, guidato dal giovane portoricano Gio Escobar. Ma il risultato finale di
Red burns
, che è più sperimentale del disco precedente, è un caleidoscopio sonoro interessante e paradossalmente meditativo.
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Black Rebel Motorcycle Club,
Spook
Ai Black Rebel Motorcycle Club non gliene frega niente delle mode. La band di San Francisco continua a fare rock’n’roll, con in testa i Jesus and Mary Chain, i Kyuss e i Rolling Stones. Da un certo punto di vista è un bene, perché le canzoni del nuovo disco
Wrong creatures
a tratti suonano sincere come quelle del loro esordio nel 2001, quando
già cantavano
: “I gave my soul to a new religion, whatever happened to you? Whatever happened to our rock ‘n roll?”.
A quei tempi, insieme agli Strokes, i Brmc diedero una scossa alla scena rock mondiale. Nel frattempo però lo scenario è cambiato ed essere impermeabili al cambiamento non è sempre giusto. A diversi brani di
Wrong creatures
infatti manca freschezza e sembra che la band voglia rifugiarsi troppo nelle sue sicurezze.
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Chris Dave and the Drumhedz,
Black hole (feat. Anderson .Paak)
Il batterista Chris Dave ha suonato, tra gli altri, con Adele, Justin Bieber, D’Angelo e Robert Glasper. Il 26 gennaio pubblicherà il suo primo album da leader di una band, i Drumhedz. Nel disco ci sono diversi ospiti, come il cantante e rapper californiano
Anderson .Paak
, che presta la sua voce a due brani del disco. Il singolo
Black hole
regala ampie dosi di funk e afrobeat. Le premesse per l’album, in uscita il 26 gennaio, sono buone.
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Young Fathers,
In my view
Scozia, Nigeria, Ghana, Liberia. Gli Young Fathers hanno sangue meticcio e fanno un hip hop contaminato. Nel 2014 hanno vinto il prestigioso Mercury Prize per il loro disco d’esordio,
Dead
, e il 9 marzo torneranno con il nuovo album
Cocoa sugar
, registrato a Edimburgo nello studio della band.
In my view
è il primo singolo estratto.
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P.S. Ho aggiornato la playlist del 2018, dove raccoglierò tutte le canzoni del weekend.
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Musica
| L’ambizione di Jonny Greenwood | È morto Michel Hidalgo, allenatore della Francia campione d'Europa nel 1984 |
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> Stamattina la Guardia di Finanza italiana [ha oscurato](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/09/18/pirateria-tv-online-maxi-operazione-in-tutta-europa-sequestrata-ed-oscurata-la-piattaforma-abusiva-xtream-codes/5459831/?utm_campaign=cronaca&utm_medium=twitter&utm_source=twitter>) Xtream Codes, una nota piattaforma online che consentiva lo streaming illegale di vari contenuti a pagamento, tra cui soprattutto partite di calcio, nell'ambito di un'inchiesta portata avanti in tutta Europa.
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> La misura è stata presa nell'ambito di un'operazione contro le cosiddette IPTV (Internet Protocol Television), cioè le piattaforme che permettono di ottenere illegalmente su internet contenuti a pagamento diffusi tramite la tv satellitare: è il sistema alla base del [cosiddetto "pezzotto"](<https://www.ilpost.it/2019/04/01/pezzotto-abbonamenti-illegali-sky-dazn/>), con cui in Italia decine di migliaia di persone guardano illegalmente le partite della Serie A. [Secondo una recente stima del _Corriere della Sera_](<https://www.corriere.it/cronache/19_marzo_31/abbonamenti-illegali-sport-tv-8d125d1c-53f3-11e9-96c3-69d40ecc7f9b.shtml>), è un mercato che solo in Italia vale 200 milioni di euro all'anno. Oltre all'oscuramento del sito, l'indagine ha individuato circa 25 sospettati in tutta Europa.
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> La piattaforma Xtream ospitava varie IPTV, sostanzialmente canali in streaming che diffondevano illegalmente tv a pagamento, gestite attraverso un meccanismo piramidale che alla base aveva diversi rivenditori di pacchetti, che costavano pochi euro e permettevano di ricevere i contenuti di servizi a pagamento come Sky Sport, DAZN ma anche Netflix e Mediaset Premium, a volte tramite l'acquisto di un decoder (detto "pezzotto"). Secondo gli investigatori, operazioni del genere erano particolarmente diffuse in Lombardia, Veneto, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Solo in Italia gli investigatori stimano che ci fossero circa 5 milioni di utenti.
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> Risalendo la piramide agivano alcuni intermediari che convertivano il segnale televisivo in un flusso di dati disponibile su Internet e lo facevano passare attraverso di decine di server in giro per il mondo. A tenere in piedi la struttura c'era una società bulgara, la Xtream Codes Ltd, gestita da due cittadini greci. Al momento dell'oscuramento, secondo la Guardia di Finanza stavano usando la piattaforma di Xtream circa 700mila utenti in tutta Europa. Giovanni Reccia, comandante del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, durante la conferenza stampa in cui ha presentato l'operazione [ha spiegato](<https://www.repubblica.it/economia/2019/09/18/news/blitz_europeo_contro_la_pirateria_tv_oscurata_xtream_codes_-236292772/>) che tutti i clienti di Xtream rischiano di essere incriminati per reati che prevedono fino a tre anni di carcere e 28mila euro di multa (anche se sembra improbabile che decine di migliaia di persone possano effettivamente finire a processo).
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> In contemporanea all'operazione della Guardia di Finanza, sono stati eseguiti vari altri controlli nei Paesi Bassi, in Francia, Grecia, Germania e Bulgaria, e all'operazione hanno collaborato le agenzie europee Eurojust ed Europol.
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*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| È stata oscurata Xtream Codes | Pedofilia, il sociologo Marzano: Così la Chiesa italiana si autoassolve |
“Non so se e quando il card. Zuppi andrà a Mosca ma questa vicenda in qualche modo rende più semplice in senso di motivazioni, la missione della Santa Sede perché i russi sono così isolati, anche dal punto di vista ecclesiastico, che Roma, il Papa, rimane l’unico amico che hanno”. E’ quanto osserva **don Stefano Caprio** , missionario in Russia dal 1989 al 2002 e docente di storia e cultura russa al Pontificio Istituto Orientale di Roma (Pio), commentando al Sir l’impatto che il tentato golpe di sabato 24 giugno può avere anche sulla seconda tappa – dopo quella in Ucraina – della missione di pace del card. Matteo Zuppi a Mosca a nome del Santo Padre. “E’ chiaro – argomenta l’esperto – che andare adesso a Mosca a parlare di pace in Ucraina non ha senso. Se vai adesso a Mosca, devi chiedere ai russi di stare tranquilli tra di loro. In questo senso, paradossalmente, la divisione e la debolezza interna della Russia quasi favoriscono la missione di Zuppi perché lui non deve proporre trattative di pace – queste sono questioni politiche e militari. Lui deve invitare, ascoltando, ad uno spirito di pace all’intero e al di fuori dei paesi. E’ un messaggio quindi più profondo e universale”.
**La Santa Sede si presenta in questo momento quasi come interlocutore unico.** “A livello ecclesiastico – fa notare il sacerdote – i russi hanno fatto ormai rottura totale con Costantinopoli e tutte le altre chiese ortodosse, anche quelle più amiche, non si espongono a favore di Mosca, oppure si sono espresse chiaramente contro. Non hanno quindi neanche più questo sostegno morale a livello religioso, spirituale, universale. "Nel mondo appaiono ormai come un Paese canaglia, una Chiesa canaglia, che ha rovinato tutta la rinascita religiosa degli ultimi 30 anni. Quindi se la Santa Sede si prende la responsabilità di continuare un dialogo con loro, è quasi un atto di carità nei loro confronti”. Insomma, “i russi non possono fare a meno del dialogo con Roma” e la Santa Sede può portare un messaggio importante per la Russia in questo particolare momento storico che è quello di “recuperare l’anima vera della Russia, l’anima della sua religione ortodossa, della sua cultura, della sua tradizione universale, vissuta però non in conflitto con il mondo, ma come messaggio di unità e comprensione mondiale”.
**Don Caprio osserva anche che un “Putin indebolito” comporta anche “un Patriarca debole”.** Anche se la carica di Patriarca è a vita, Kirill potrebbe risentire del fatto di aver “esagerato con la retorica” nell’ultimo anno. “Ultimamente si è indebolito con la storia della icona di Rublev della Santissima Trinità” e del suo trasferimento forzato dal museo alla chiesa". Una decisione – racconta Caprio – che "ha creato moltissimo malumore tra gli stessi fedeli, non solo per i possibili danni all’opera ma anche perché è evidente che non si può trattare così un capolavoro dell’arte solo per fare propaganda”. Fanno discutere anche le scomuniche di una serie di sacerdoti che si sono espressi a favore della pace. “Anche il Patriarca capisce – commenta don Caprio - che la situazione gli sta sfuggendo di mano”. Il missionario italiano racconta infine di aver sentito in questi giorni diverse persone, a Mosca e in altre parti della Russia. “La maggior parte della gente comune cerca di stare il più possibile dalla larga da quanto sta accadendo. Molti sanno che qualunque parola, scambiata anche tra amici al bar, addirittura in contesti privatissimi, potrebbe creare conseguenze. Si ha paura addirittura a parlare anche in famiglia. E’ quindi una condizione molto pesante”.
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| Don Caprio (Pio) su missione card. Zuppi, “il Papa rimane per i russi l’unico amico che hanno” | Nel suo viaggio in Europa Biden dovrà fare molta diplomazia |
In un discorso tenuto sabato pomeriggio, il presidente statunitense Barack Obama [ha detto](<http://www.nytimes.com/2014/08/10/world/middleeast/us-airstrikes-on-militants-in-iraq.html?smid=tw-bna>) che gli attacchi aerei cominciati venerdì in Iraq contro alcune postazioni di artiglieria dello Stato Islamico (IS) - prima conosciuto come Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) - potrebbero andare avanti per mesi. Gli Stati Uniti potrebbero quindi proseguire l'offensiva aerea per frenare l'avanzata dei miliziani dello Stato Islamico verso Erbil, la capitale del Kurdistan Iracheno. Nel frattempo, ha detto Obama, andranno avanti gli sforzi per cercare di favorire un accordo per la formazione di un nuovo governo a Baghdad, con un primo ministro che sostituisca Nuri al-Maliki, ormai inviso a tutte le forze politiche irachene. Obama ha anche detto che i soldati americani contribuiranno a creare una specie di "corridoio di sicurezza" sulle montagne di Sinjar, nel nord-ovest dell’Iraq, per permettere alle centinaia di famiglie intrappolate lì da diversi giorni di scendere e mettersi in salvo. Le migliaia di persone di etnia yazidi ora sulle montagne erano state allontanate dalle loro case proprio dai miliziani dello Stato Islamico. Venerdì, oltre gli attacchi aerei, è cominciato anche il lancio di aiuti umanitari alla popolazione irachena, e in particolare agli yazidi sulle montagne di Sinjar.
Gli attacchi compiuti finora - che sono la maggiore operazione militare americana in Iraq dal ritiro dei soldati statunitensi nel 2011 - sono stati fatti con dei caccia F-18 e dei droni Predator: si sono diretti contro delle postazioni mobili di artiglieria usate dall’IS per attaccare i curdi nei pressi di Erbil, dove tra le altre cose vivono migliaia di americani. Per il momento, quindi, l’obiettivo militare americano in Iraq [è molto limitato](<http://www.nytimes.com/2014/08/09/world/middleeast/iraq.html>) e non prevede l’eliminazione completa dello Stato Islamico.
[ ](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-24/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-24/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-25/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-29/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-26/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-27/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-35/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-28/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-30/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-31/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-32/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-33/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-34/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-36/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-37/>) [](<https://www.ilpost.it/2014/08/09/attacchi-aerei-americani-iraq/iraq-38/>)
Il portavoce del dipartimento della Difesa, il contrammiraglio John Kirby, ha detto che i combattenti dello Stato Islamico che si trovavano vicino alle postazione di artiglieria colpite sono state “eliminati con successo”, anche se non ha specificato il numero delle persone uccise. Funzionari curdi hanno detto che la prima serie di attacchi statunitensi, quelli compiuti nel primo pomeriggio di venerdì, sono stati diretti attorno a Mahmour, una città vicino a Erbil. I caccia americani sono partiti dalla portaerei George H.W. Bush che si trova nel Mare Arabico. Intanto i britannici, stretti alleati degli americani nelle guerre in Iraq e in Afghanistan, hanno detto che non parteciperanno all’azione militare, ma che forniranno aiuto umanitario e tecnico alle operazioni di soccorso della popolazione in difficoltà. Anche la Turchia, paese membro della NATO e confinante con il nord dell’Iraq, ha detto che aumenterà gli aiuti umanitari nella regione.
Nell’ultima settimana l’[avanzata dello Stato Islamico in Iraq](<https://www.ilpost.it/2014/08/08/cosa-succede-in-iraq/>) e nell’est della Siria - è stata molto rapida e inaspettata anche per il governo statunitense. In Iraq i miliziani del gruppo si sono scontrati direttamente con i “Peshmerga”, le milizie curde che fanno riferimento al governo del Kurdistan Iracheno, una cosa che fino a quel momento non era ancora successa con grande intensità (sia l’IS che i curdi si erano concentrati più a sfidare l’esercito iracheno e le milizie sciite che lo sostengono). Prima degli attacchi aerei statunitensi, i miliziani dell’IS erano arrivati a circa 40 chilometri da Erbil, dove la situazione era piuttosto tranquilla. L’avanzata dello Stato Islamico ha creato molta apprensione in Kurdistan: alcuni giornalisti hanno scritto che moltissimi curdi si sono diretti all’aeroporto di Erbil nel tentativo di prendere un aereo per Baghdad, capitale dell’Iraq a maggioranza sciita ancora sotto il solido controllo del governo iracheno.
Venerdì 8 agosto un [account Twitter](<https://twitter.com/isllamiic/status/497691608322551808>) legato allo Stato Islamico ha fatto ricircolare un messaggio diretto agli Stati Uniti e attribuito al leader dell'IS, Abu Bakr al-Baghdadi, che il 5 luglio scorso ha fatto la sua [prima apparizione in video](<https://www.ilpost.it/2014/07/05/il-primo-video-al-baghdadi/>) nella città di Mosul, in Iraq (di lui esistevano fino a quel momento solo un paio di vecchie foto). Nel video diffuso dall’IS si sente: «Dovreste saperlo, voi difensori della croce, che lasciare che gli altri combattano per voi non porterà a niente in Siria, tanto meno in Iraq. E molto presto sarete coinvolti in uno scontro diretto - forzati a entrarci, se Dio vuole. Quindi aspettate, e aspetteremo anche noi».
Un’altra cosa che preoccupa molto gli iracheni e gli americani è la recente conquista dello Stato Islamico [della diga di Mosul](<http://www.nytimes.com/2014/08/08/world/middleeast/isis-forces-in-iraq.html>), a nord della città di Mosul, una delle infrastrutture più importanti di tutto il paese. Controllare la diga di Mosul significa soprattutto per i miliziani dell’IS gestire l’acqua - fornendola ai territori sotto il loro controllo e limitandola ai territori sotto il controllo governativo - e avere in mano una potenziale arma che potrebbe fare dei danni enormi in territorio iracheno, anche fino a Baghdad (alcuni giornalisti hanno fatto notare che la distruzione della diga avrebbe effetti devastanti sulla popolazione).
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| Obama e gli attacchi aerei sull'Iraq | Gli euro dell’Estonia |
20 marzo 2017 17:14
“La Siria è diventata il posto più pericoloso della terra per il personale sanitario”, scrivono Samer Jabbour e colleghi su The Lancet.
L’articolo
si concentra sugli effetti di una strategia adottata dal governo, ma anche da altri attori del conflitto siriano: usare il bisogno di cure mediche della popolazione come un’arma, negando in modo violento la possibilità di curarsi.
Questa strategia si è trasformata nell’uccisione di centinaia di medici, infermieri, farmacisti, autisti di autoambulanze, personale medico, nella loro incarcerazione e tortura. La negazione delle cure mediche è stata attuata anche con l’attacco intenzionale e sistematico a centinaia di strutture sanitarie. Secondo l’articolo, tra il marzo del 2011 e il febbraio del 2017 sono stati uccisi 814 membri del personale sanitario, tra cui 247 medici e 176 infermieri. Gli attacchi alle strutture sanitarie sono stati 199 nel 2016, in crescita rispetto ai 91 del 2012. Il governo siriano e i suoi alleati sono responsabili del 94 per cento degli attacchi. Questa strategia è stata sostenuta dal governo a livello legale con il varo, nel luglio del 2012, di una legge che criminalizza le cure mediche fornite a persone colpite dalle forze governative. Durante il conflitto non è stato rispettato il principio di fornire cure mediche ai combattenti feriti, in modo imparziale, indipendente e neutrale, codificato nel 1864 con la prima convenzione di Ginevra.
Infine, la raccolta di dati su questi abusi, organizzata dall’Organizzazionemondiale della sanità, non prevede l’identificazione dei responsabili delle violazioni, aumentando il senso di impunità. L’articolo è una collaborazione di The Lancet e dell’American University of Beirut.
Siria
| In Siria medici e infermieri sono un obiettivo di guerra | Scampia, provincia afgana |
La maggior parte dei quotidiani di oggi dedica l'apertura alle parole di Papa Francesco che durante un incontro in Vaticano con una delegazione di suore ha annunciato la possibilità di far accedere al diaconato anche le donne. Aprono diversamente il Messaggero e l'Unità, che si occupano dei guai giudiziari del Movimento 5 Stelle dopo la notizia che anche il sindaco di Parma Pizzarotti è indagato, il Manifesto, che titola sulla sospensione da presidente del Brasile di Dilma Rousseff decisa dal parlamento, e il Fatto, che continua la sua campagna sull'ineleggibilità del candidato sindaco di Milano Sala.
[ ](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/stampa-1297/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/stampa-1297/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/corriere_della_sera-1117/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/repubblica-1333/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/sole_24_ore-585/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/messaggero-1291/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/nazionale-1-manifestoprimapaginapag01-1305-3/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/avvenire-1040/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/libero-1424/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/unita-1064/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/giornale-1186/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/fatto-911/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/osservatore_romano-876/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/prima-standard-165/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/secolo_xix-1070/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/mattino-1106/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/tempo-950/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/mf-715/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/italia_oggi-424/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/gazzetta_del_mezzogiorno-878/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/ilpiccolo_trieste-1085/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/giornale_di_brescia-720/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/iltirreno_livorno-1087/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/gazzettino-1107/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/messaggeroveneto_udine-1085/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/lanuovaferrara_ferrara-1083/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/leggo-595/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/lacittadisalerno_salerno-968/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/lanuovasardegna_sassari-1081/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/xsmec76/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/mattinopadova_padova-1084/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/ilcentro_pescara-1085/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/gazzetta_dello_sport-1040/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/corriere_dello_sport-1097/>) [](<https://www.ilpost.it/2016/05/13/le-prime-pagine-di-oggi-1257/tuttosport-1534/>)
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
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| Le prime pagine di venerdì 13 maggio 2016 | Le prime pagine di martedì 27 febbraio 2018 |
È iniziato il 15 marzo “Corde: concerto per sole chitarre”, nuovo tour di Alessandro Mannarino, cantautore romano autore dei dischi “Bar della Rabbia”, “Supersantos”, e di una tournée americana nell'ambito dell'Hit Week Festival. Tornato da New York Mannarino porta da Orvieto a Napoli, per tutta la primavera, uno spettacolo intimo: è con la chitarra che nascono le sue canzoni, «il progetto per sole chitarre è un pensiero che avevo in mente da almeno due anni: l'intento era quello di rendere le canzoni in modo diverso, canzoni scritte solo con la chitarra in mano che si adattano, per questo, ancora di più all'atmosfera del teatro. Ho avuto la fortuna di poterle fare con grandi musicisti e mi sono reso conto che, lavorando sugli arrangiamenti, nemmeno ci si rende conto della mancanza di alcuni strumenti: le canzoni funzionano. Il lavoro mi sta dando molte soddisfazioni, in alcuni pezzi esco di più, è una cosa diversa, più teatrale», spiega Mannarino.
Nel progetto è accompagnato da eccellenti chitarristi come Alessandro Chimienti, membro della sua band, Tony Canto, grande musicista siciliano, e Fausto Mesolella, polistrumentista e fondatore con Peppe Servillo degli Avion Travel. Ecco come e perché hanno cominciato a collaborare: «Con Tony Canto ho lavorato alla produzione dei miei dischi, lo conoscevo già da tempo; Mesolella invece ho avuto il piacere di incontrarlo al Premio Gaber, ci siamo ritrovati sui palchi e una sera parlando con Tony di questo progetto abbiamo pensato di coinvolgere anche Fausto. È stato contentissimo ed eccoci qua, a suonare tra amici a teatro».
Dopo “L'ultimo giorno dell'umanità” il tour della primavera scorsa, Mannarino ha scelto di nuovo il teatro: «È il luogo deputato all'ascolto, al sogno: si apre il sipario, si spengono le luci, chiudi gli occhi e puoi sognare. Qualsiasi cosa può essere credibile e vera. In altri posti questo non succede perché sei circondato dalla realtà, della piazza o del locale che sia. È un linguaggio diverso: in piazza crei una festa ed ha la sua bellezza, a teatro lavori sulle immagini, sulla fantasia, sul sogno. Quello che vorrei fare è portare la gente della piazza a teatro: il piacere di suonare si unirebbe all'idea di ampliare il pubblico dei teatri. Non mi piacerebbe vedere a teatro solo la gente che è solita frequentarlo. L'unica nota un po' amara per me e per la quale mi sono battuto molto è il costo del biglietto: ho cercato di mantenere un prezzo popolare, “da piazza”, ma purtroppo non dipende solo da me. Nel biglietto è compreso quello che dalla platea non si vede, il lavoro dei tecnici, di chi si occupa della scenografia e degli arrangiamenti».
Accompagnati da una scenografia di chitarre che pendono dal cielo, i quattro musicisti proseguono il tour il 15 aprile al Teatro Nazionale di Milano, il 18 a Lecce, il 19 al Teatro Nuovo di Martina Franca, il 24 a Reggio Calabria, il 25 a Messina, il 26 a Palermo, il 4 maggio a Padova e il 6 a Napoli.
_(foto Andrea Martella)_
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
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*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Il tour di Alessandro Mannarino | La protesta dei dipendenti di Hachette contro il libro di Woody Allen |
[ ](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/reservoirs-in-south-west-as-environment-secretary-warns-uk-may-need-standpipes/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/reservoirs-in-south-west-as-environment-secretary-warns-uk-may-need-standpipes/>) Chew Valley, Regno Unito [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/a-young-woman-carries-personal-belonging-2/>) General Diaz, Chaco, Paraguay [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/colombian-special-forces-conduct-a-milit-2/>) Melgar, regione di Tolima, Colombia [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/a-woman-plays-accordion-in-front-of-a-cl/>) Parigi, Francia [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/sri-lanka-dance/>) Colombo, Sri Lanka [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/sbarco-di-clandestini-sulle-coste-salentine/>) Santa Maria di Leuca, Italia [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/scheune-und-wohnhaus-brennen-in-ehringhausen/>) Ehringhausen, Germania [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/jered-weaver-gail-waver-kristin-weaver/>) Anaheim, California, Stati Uniti [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/a-farmer-and-his-little-girl-drive-cattl/>) La Montanita, Caqueta, Colombia [](<https://www.ilpost.it/2012/05/03/giovedi-3-maggio/buddhist-monks-prepare-for-vesak-day/>) Magelang, indonesia
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Giovedì 3 maggio | Strage di Casteldaccia, da contratto gli operai non avrebbero dovuto scendere sotto terra. Lavori affidati in subappalto |
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> Chiara Valerio, scrittrice, matematica, direttrice culturale della passata edizione della fiera "Tempo di Libri", ha scritto per la prima pagina della Stampa una serie di riflessioni letterario-scientifiche sul problema di matematica nel compito per la maturità scientifica che si è tenuto giovedì e che ha attratto molte attenzioni, quello della "bicicletta con le ruote quadrate".
>
>> Un primo, necessario, chiarimento. Il primo problema della prova di matematica dell’esame di Stato 2017 non è un problema su una bicicletta con le ruote quadrate e su come è possibile che una bicicletta con le ruote quadrate avanzi. È uno studio di funzione classico al quale è stato aggiunto, per renderlo più attraente, divertente, spettacolare, l’immagine circense di un uomo in sella a una bicicletta con le ruote quadrate.
> Dunque, sul problema in sé e sulla sua plausibilità riguardo i programmi ministeriali non c’è nulla da dire. Anzi, di solito le composizioni di funzioni esponenziali per gli studenti (anche per me quando lo ero) sono piuttosto tranquillizzanti. L’immagine dell’uomo è appunto circense (papillon, bretelle, cappello di paglia) e la bicicletta con le ruote quadrate che avanza appare come un fenomeno, un numero, una meraviglia, un miracolo addirittura. Esattamente il contrario della matematica. La scienza non è un fenomeno magico-religioso davanti al quale non si può fare altro che rimanere a bocca aperta. La scienza chiede, richiede, e fornisce (talvolta) una comprensione. Che la bicicletta con le ruote quadrate cammini su una superficie che ha quella forma regolare e ondeggiata non è un numero da circo, non è un miracolo, anzi è una cosa perfettamente logica (sulla connessione tra miracolo e logica ha detto assai meglio di me, e dunque anche per me, Saramago ne Il Vangelo secondo Gesù: «Il miracolo non è una cosa tanto buona se bisogna modificare la ragione intima delle cose per renderle migliori»).
>
> (continua a leggere [sulla rassegna stampa](<http://www.cinquantamila.it/storyTellerArticolo.php?storyId=594cc4825037d>) di _Cinquantamila_ )
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[ NF]: Norfolk Island
| La quadratura dei cerchioni | Come due giornali parlano di animali |
['Nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, è stato annunciato il ', 'divieto di disboscamento per creare una nuova area protetta', ' per i koala e salvare la popolazione locale dall’estinzione. Lo stop proteggerà circa 8.400 ettari di foresta in cui si trovano 106 centri ', 'hot spot', ' e diventerà una parte fondamentale del Parco Nazionale dei grandi Koala, un progetto più grande che mira a salvaguardare la specie nell’intero Stato. Dal 2022, il koala è stato inserito nella lista di specie a rischio estinzione in due stati australiani e nel territorio della capitale. ', 'Brad Smith', ', amministratore delegato ad interim del Nature Conservation Council – organizzazione non governativa e senza scopo di lucro che rappresenta più di 100 gruppi ambientalisti comunitari in tutto il Nuovo Galles del Sud – ha descritto l’area come «l’habitat per i koala più importante al mondo». Ha poi aggiunto: «Si tratta di un passo in avanti storico, che è anche un riconoscimento del fatto che il disboscamento ha un impatto devastante sui koala e sulla biodiversità».', '', '', 'Il koala (anche detto fascolarto) è un mammifero marsupiale australiano che', ' trascorre quasi tutta la vita sugli alberi', ' di eucalipto, che sono anche la sua principale fonte d’alimentazione. Le maggiori concentrazioni di koala si trovano lungo la costa orientale dell’Australia, da Adelaide fino alla base della Penisola di Capo York. La specie, nonostante all’inizio del secolo scorso era formata da centinaia di migliaia di individui, sta ormai affrontando da decenni seri problemi d’estinzione: già nel 2012 la specie', ' era stata dichiarata', ' “vulnerabile” dal Governo Federale australiano e nel 2019 l’ente di beneficienza Australian Koala Foundation ', 'ha stimato', ' una popolazione residua di circa 80mila esemplari, dichiarando di «credere che ', 'i koala potrebbero essere funzionalmente estinti', '», ovvero non più in grado di mantenere una varietà genetica adatta alla sopravvivenza della specie. A seguito degli ', 'incendi', ' del 2019-2020, il numero si è ulteriormente ridotto e le stime ', 'hanno rilevato', ' un forte rischio di estinzione entro il 2050. Dal 2022, il governo australiano ', 'ha inserito', ' i koala nella ', 'lista delle specie a rischio d’estinzione', ' del Queensland, nel Nuovo Galles del Sud e nell’Australian Capital Territory, vale a dire gran parte del loro habitat naturale.', '', '', 'Secondo', ' Stuart Blanch, il portavoce del WWF (World Wide Fund for Nature) Australia, il numero di koala nel Nuovo Galles del Sud ha subito un drammatico calo, diminuendo di ', 'oltre il 50% solamente tra il 2000 e il 2020 a causa proprio della deforestazione', ', della siccità e dei devastanti incendi boschivi. «La scelta del governo è perciò un’opportunità per ribaltare questa tragedia. Se vogliamo salvare i koala dall’estinzione in questo secolo, allora abbiamo bisogno di nuove e enormi aree protette che coprano milioni di ettari di foreste», ha poi aggiunto. Tuttavia, la portavoce dei Verdi Sue Higginson ha definito l’iniziativa come «un regalo all’industria del legno». ', 'Secondo', ' Higginson, il 58% della popolazione di koala dell’area proposta rimarrebbe non protetta dal divieto ed «', 'è probabile che il disboscamento continui', ' in tutta l’area del Great Koala National Park almeno fino al 2025, a causa del lungo periodo di tempo in cui il governo metterà in atto questi divieti». Ha poi concluso: «Il governo deve lavorare adesso per iniziare la transizione dell’industria forestale pubblica nativa prima che sia troppo tardi per i koala e troppo tardi per le altre specie che in passato dipendevano dalla foresta». Il governo statale ', 'ha riferito', ' che presto avvierà le consultazioni con l’agenzia per il legname Forestry Corporation del Nuovo Galles del Sud per «determinare le opzioni di fornitura del legname».', '', '', '[di Roberto Demaio]', '', ''] | In Australia si mettono limiti alla deforestazione per salvare i koala | Cinque mostre di fotografia da vedere nel weekend |
14 luglio 2020 17:10
Gentile bibliopatologo,
l’amore tra mio marito e me – nato tra i libri, di libri nutritosi per quasi vent’anni – è finito. Tuttavia, con due ragazzine da crescere (già forti lettrici anche loro) e una casa-biblioteca ristrutturata insieme, finora continuare a coabitare ci è parsa la soluzione più semplice. E oggi, finalmente, ho spostato alcuni miei romanzi perché avessero lo spazio che meritano, in mezzo a migliaia di saggi e di volumi non miei. Basteranno, questi piccoli aggiustamenti biblioteconomici, a salvare il salvabile?
– Alessandra
Gentile bibliopatologo,
amo i libri e vorrei che tutti i miei cari li amassero come li amo io. Il marito non li ama alla follia, ma ne è incuriosito. Per far sì che la scintilla si accenda anche in lui, con fare disinvolto gli propongo letture selezionate, lo scruto speranzosa quando affronta il tomo, lo stimolo con domande discrete, ma puntuali. Se però “quel meraviglioso capolavoro” non lo smuove, io soffro. Che cura consiglia?
– Miriana
Monna Alessandra e Monna Miriana,
la mia omonimia con Cavalcanti purtroppo non mi dà titolo a ragionar d’amore, e l’unico Lapo che conosco può tutt’al più guairne o abbaiarne, trattandosi di un vecchio beagle bighellone che va a zonzo nel mio quartiere; anzi, sospetto che lui e il mio cagnolino, quando s’incrociano, dopo le annusate di rito ragionino appunto d’amore, ma non saprei tradurre i loro versi canini in endecasillabi.
Certo che fate un bel chiasmo medievale, voi due: la casa-biblioteca di Alessandra come ultima fortificazione non ancora espugnata dagli assedi che, a ondate successive, scandiscono la capitolazione di un amore; le pozioni di carta e inchiostro della maga Miriana somministrate con discrezione perché il marito si scopra innamorato, oltre che di lei, dei meravigliosi capolavori che lei ama. Ascoltate allora il vostro mago Merlino.
Nel regno di mezzo
Galeotti o meno, tutti i libri sono oggetti magici. Il luogo che abitano è infatti quel regno di mezzo, né reale né immaginario, né mentale né materiale, né interiore né esteriore, sotto la cui giurisdizione fino al rinascimento cadevano l’amore e la magia. Questo implica che ogni operazione compiuta con i libri, sui libri e per mezzo dei libri – mescolarli, separarli, suggerirli, prestarli, regalarli, bruciarli, perfino leggerli – è un’operazione magica.
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Alessandra, attenta! Cambiare l’ordine dei libri in una biblioteca è come permutare l’ordine delle lettere della Torah, una cabala da cui possono discendere le conseguenze più imprevedibili e nefaste, e se un Golem di notte viene a bussare alla tua porta poi non venire a lamentarti con me.
E tu Miriana, apprendista stregona, non pasticciare troppo alla leggera con gli incantesimi: il tomo che metti sotto il naso di tuo marito ti si può ritorcere contro, e avvelenarti con il risentimento della donna incompresa.
Ora però se permettete faccio io pure un bell’incantesimo alla Harry Potter –
evanesco!
– e scompaio per prendermi qualche settimana di vacanza.
Il bibliopatologo risponde
è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.
Libri
Il bibliopatologo risponde
| Tutti i libri sono oggetti magici | Il Museo archeologico nazionale di Cividale del Friuli |
Dagli impossibili 27 metri di altezza della piattaforma per i tuffi, circa nove piani di un edificio che si alza dal fiume russo Kanzanka, gli spericolati atleti dello "high diving" – disciplina in italiano nota come "tuffi da grandi altezze" – vedono cose che gli altri non possono vedere: la guglia accecante del Cremlino di Kazan, la città russa dove si stanno tenendo i [Mondiali di nuoto](<https://www.ilpost.it/tag/mondiali-nuoto-2015/>); i minareti dorati della moschea Qol-Şärif, la principale moschea del Tatarstan, la Repubblica russa che ha per capitale Kazan; il punto dove si incontrano il Kazanka e il Volga, il più lungo fiume europeo; il Palazzo dei Contadini con le sue colonne bianche e la sua statua simbolica in bronzo che raffigura un albero; e, oltre Kazan, la vasta campagna del Tatarstan.
[ ](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-2/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-3/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-7/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-6/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-4/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-5/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-14/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-8/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-11/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-9/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-12/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-16/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-10/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-13/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-15/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-17/>) [](<https://www.ilpost.it/2015/08/06/tuffi-high-diving/high-diving-18/>)
Dalla piattaforma dei 27 metri gli atleti vedono sotto di loro tre puntini neri: sono dei sub posizionati attorno al punto in cui si prevede che il tuffatore impatterà l’acqua, pronti a intervenire in caso di emergenza. Oltre ai sub, vedono il personale medico a bordo di una barca, vicino alla quale è parcheggiata un’ambulanza. Il tuffatore statunitense Andy Jones ha detto: «Se sbagli qualcosa in un tuffo da 27 metri, probabilmente andrai all’ospedale». A Jones, 20 anni, è capitato di sbagliare qualcosa ed è finito all’ospedale: si è incrinato delle costole, ha avuto un’emorragia esofagea e a maggio ha riportato dei danni ai nervi del plesso brachiale che hanno lasciato intorpidito il suo braccio per tre settimane. In quell’occasione Jones è stato portato fuori dall’acqua dai sub incaricati di intervenire in caso di emergenza.
Mercoledì pomeriggio Jones e i suoi due compagni di nazionale, David Colturi e Steve LoBue, sono saliti sopra la piattaforma di 27 metri per gareggiare nella finale maschile dello high diving. Si sono classificati rispettivamente quinto, quarto e settimo. La medaglia d’oro è andata al britannico Gary Hunt, che ha eseguito un triplo avanti con tre avvitamenti e mezzo (un video ad alta risoluzione dell'ultimo spettacolare tuffo di Hunt [si può vedere qui](<http://video.it.eurosport.com/tuffi/gary-hunt-sua-maesta-nei-tuffi-grandi-altezze-oro-da-27-metri_vid382987/video.shtml>)).
Martedì Rachelle Simpson, un'altra statunitense, aveva vinto la medaglia d’oro nella gara femminile, dove però la piattaforma è posizionata a 20 metri, invece che a 27. Gli atleti in gara ai Mondiali di nuoto in Russia nella gara dello high diving erano 20 uomini e 10 donne, provenienti da 16 paesi e con esperienze alle spalle molte diverse tra loro. Jones per esempio si esibisce a Las Vegas con il Cirque de Soleil. Simpson è un ex ginnasta. Ma la maggior parte degli altri – tra cui Colturi e LoBue – sono ex tuffatori dalla piattaforma dei 10 metri. Colturi ha detto: «È uno sport estremo e tutti pensano che siamo dei pazzi dipendenti dall’adrenalina. In realtà siamo tutti atleti molto attenti a calcolare i rischi di quello che facciamo. C’è una grande scienza dietro ai nostri tuffi».
Questo è il secondo Mondiale nel quale lo high diving viene ammesso come disciplina dalla FINA, l’organo di governo mondiale degli sport acquatici. È stata una decisione molto importante per uno sport che ha le sue “radici spirituali” nei tuffi dalle scogliere e che si sviluppa ancora attorno alle Red Bull Cliff Diving World Series, una serie di gare di tuffi da 26-28 metri che si tengono in diversi luoghi del mondo e che stabiliscono un vincitore della disciplina ogni anno. Colturi ha detto: «Se uno ci pensa, il nostro è il più vecchio sport estremo del pianeta. Da quando esistono le scogliere da cui ci si può tuffare, gli uomini hanno cominciato a farlo. È uno sport estremo molto naturale. Non ci sono joystick, né motori, né equipaggiamenti particolari. Siamo solo noi che voliamo nell’aria».
**I tuffi da 27 metri, visti da terra**
Il prossimo passo, sperano i tuffatori, è ottenere una piena certificazione dalla FINA nella speranza che lo high diving venga ammesso alle Olimpiadi: se non a Tokyo nel 2020 almeno ai Giochi Olimpici del 2024. Negli ultimi anni il Comitato Olimpico Internazionale ha ammesso alle Olimpiadi diversi sport invernali estremi: lo high diving ha comunque meno possibilità di essere completamente accettato dalla FINA, anche per la sua difficoltà ad attrarre atleti da molti paesi diversi e per la scarsità di donne che lo praticano. Julio Maglione, il presidente della FINA, ha detto: «Abbiamo bisogno di più paesi che competano in questo sport, come succede nel nuoto, nella pallanuoto e nel nuoto sincronizzato». Maglione ha aggiunto che lo high diving «è nuovo. È eccitante. Ma la realtà è la realtà».
A Kazan i tuffatori dello high diving si muovono per lo più fuori dai canali ufficiali. Colturi, Jones e LoBue si allenano sotto l’organizzazione USA Diving, ma non hanno ufficialmente allenatori o personale medico affidati a loro. Si aiutano tra loro come possono. Hunt, il campione britannico, è rimasto stupito e molto colpito nel ricevere una lettera dalla federazione del suo paese che diceva che lui e i suoi compagni di squadra non erano considerati membri ufficiali della delegazione. Hunt ha detto: «Non ci hanno nemmeno dato una maglietta del Regno Unito».
Se non avessero bisogno del riconoscimento olimpico per guadagnare qualcosa in più, i tuffatori dello high diving potrebbero anche preferire il loro status attuale. Bisogna essere un certo tipo di atleta per essere disposto a lanciarsi da una piattaforma di 27 metri facendo delle torsioni e delle capriole mentre si è in aria e sperando di entrare in acqua prima con i piedi, l’unico modo sicuro per affrontare l’impatto e anche l’unico ammesso nelle regole dello high diving.
**Un tuffo di Gary Hunt, con una videocamera in mano (dal minuto 3:20)**
Nel mondo c’è solo una piattaforma permanente da 27 metri: si trova sulle montagne dell’Austria ed è accessibile sono durante i mesi estivi. I tuffatori di high diving generalmente si allenano e perfezionano i loro movimenti dalle piattaforme di 10 metri. Dividono i loro tuffi in tre momenti: il lancio – quando i piedi lasciano la piattaforma – le rotazioni da compiere in aria e l’entrata in acqua. Lavorano e si allenano molto dai 10 metri prima di affrontare i tuffi da 27 metri. La vista dall’alto, quando si è sulla piattaforma, è una delle gratificazioni più belle di questo lavoro. Colturi ha detto: «Mi prendo sempre un attimo per guardare dove sono, e solo dopo mi concentro sul tuffo».
Ma la paura non va mai via. Colturi, che nella finale di mercoledì è arrivato secondo dietro Hunt, pratica lo high diving da quasi cinque anni e prova ancora paura prima di ogni tuffo. È una costante e in un certo senso è una cosa sana dello sport. LoBue, 30 anni, ha detto: «La paura devi rispettarla. Diciamo sempre che ti devi tenere la paura a un livello sano, perché se il livello è troppo basso rischi di fare qualcosa di stupido, se è troppo alto potresti essere troppo nervoso e non concentrarti abbastanza sulla meccanica e su quello che devi fare per completare il tuffo in sicurezza».
La paura che provano i familiari dei tuffatori è una questione completamente diversa. Colturi ha detto che la sua bisnonna gli chiede sempre dove si vede tra tre anni, «sperando che io dica, “di nuovo a scuola”, oppure “a fare un lavoro vero”», ha raccontato Colturi. Ma la strategia migliore che hanno elaborato i tuffatori è invitare i loro famigliari ad assistere alle gare, invece che lasciarli a casa a pensare che potrebbe succedere il peggio. Jones ha detto: «Una volta che loro vedono per davvero quello che facciamo e come riusciamo a guidare il nostro corpo in acqua e rimetterci in posizione, loro provano conforto. Possono vedere che tutto sommato siamo sicuri e che non ci stiamo solo lanciando nel vuoto da là in alto».
©Washington Post 2015
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
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*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Gli spericolati tuffatori di "high diving" | Lunedì 28 maggio |
Adriano Sofri scrive su _Repubblica_ della [morte di sette persone](<https://www.ilpost.it/2013/12/02/incendio-capannone-cinesi-prato/>) - cinque uomini e due donne, tutti di origine cinese - a causa di un incendio nella zona industriale del Macrolotto di Prato, in Toscana. I cinesi che lavorano a Prato, dice il sindaco Roberto Cenni, sono ufficialmente 16mila ma in realtà potrebbero essere fino a 50mila: lavorano 15 o 16 ore al giorno, se va bene, con una paga bassissima e inseriti in un complesso sistema di usura, ricatti ed estorsioni. Sofri è stato dentro al capannone del Macrolotto insieme al presidente della regione Enrico Rossi, e una delle cose che l'ha più colpito sono stati i bottoni: centinaia, migliaia di bottoni disseminati sul pavimento nero di acqua e cenere.
> La commozione è arbitraria, anche in mezzo a una tragedia vi sopraffà con un dettaglio. Sul pavimento nero di acqua e cenere erano i bottoni: centinaia, migliaia di bottoni disseminati di ogni misura e colore. Archeologia contemporanea, un tappeto di bottoni alla deriva per una Pompei di cinesi a Prato. Un’altra cosa colpiva e quasi esasperava: che, di qua dai cordoni tesi per proteggere la fatica dei soccorritori, gli italiani –e telecamere fotografi e cronisti- stessero nei propri capannelli, e i cinesi, giovani quasi tutti, donne e uomini, e qualche bambino, nei loro. Eppure faceva molto freddo e tirava un gran vento, lo stesso freddo e lo stesso vento per cinesi e italiani. Non credo né al cinismo né all’ottusità, piuttosto a un’abitudine a pensare che gli altri non vogliano avere a che fare con noi, che se ne stiano fra loro. Lo pensiamo senz’altro dei cinesi –non senza buone ragioni- e probabilmente lo pensano i cinesi di noi, e anche loro hanno qualche ragione… Però ieri erano lì per i loro morti, e bisognava andargli in mezzo, dar loro la mano, abbracciarli, con rispetto, ma senza esitazione. Si sarebbe scoperto che erano pronti a fare altrettanto. Che avrebbero usato il loro italiano, quelli che ce l’hanno, per dirvi che là c’era un fratello, uno zio, una cugina, e se sapeste niente dei morti, quanti, e come si chiamassero. Sarebbe stato il giorno di una tragedia terribile, ma anche il giorno in cui gli italiani e i cinesi si abbracciarono. Forse però lo si è fatto, e comunque oggi si è ancora in tempo.
_Continua a leggere[sulla pagina Facebook di Adriano Sofri](<https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10151741625241879&id=86556801878>)_
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
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*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| I bottoni di Prato | Gaza e le proteste nelle università: rivedi la diretta con Peter Gomez e Tomaso Montanari |
**A Busto Arsizio si diceva che "anca i murum fan l'uga", e s'intendeva dire che dai gelsi (murum) era possibile ricavare il vino,** come se fosse uva (uga). La Cascina Burattana, una corte del Seicento circondata da undici ettari di terreni agricoli, una volta cinti da 1.800 piante di gelso, e un esempio del passato rurale della citta in provincia di Varese, 80mila abitanti, stretta tra Legnano (MI) e Gallarate (VA). Di fronte alla crisi dell'industria, a partire da quella tessile, qui celebrata con un Museo -www.comune.bustoarsizio.va.it/museotessile-, la storia di Cascina Burattana rappresenta anche un futuro possibile. Da due anni, infatti, una porzione dei terreni agricoli intorno alla corte sono coltivati, seguendo i precetti dell'agricoltura biodinamica, da una **cooperativa sociale di tipo B, che si chiama "Cascina Burattana"** ([www.cascinaburattana.it](<http://www.cascinaburattana.it>)). "Il Comune, che ha acquistato la proprieta alla meta degli anni Novanta, ci ha affittato 2,5 ettari. Abbiamo firmato il contratto a fine 2011 -racconta Enrica Cagnoni, presidente della cooperativa-, ma una parte dei terreni era occupata abusivamente, ed abbiamo potuto 'entrare' davvero solo a giugno 2012". La cooperativa gemma da un'associazione, Amici della Cascina Burattana, nata alla fine dal 2006 per tutelare -in particolare- il patrimonio architettonico, i 4mila metri quadrati di edifici affacciati sulla corte abbandonati dal Comune di Busto Arsizio, che da anni non realizza gli interventi di manutenzione. Negli anni 70 del Novecento alla Cascina Burattana vivevano 70 persone, oggi sta letteralmente crollando: "Abbiamo richiesto al Comune di assegnarci l'immobile -racconta Giuseppe Montalto, uno dei 23 soci della cooperativa-: immagino un affitto simbolico, di un euro all'anno per 99 anni, che ci permetterebbe di investire per mettere in sicurezza l'immobile e trasformarlo in un'oasi di benessere aperta ai cittadini di Busto Arsizio". L'idea, racconta Enrica Cagnoni, e quella di "creare opportunita che supportino l'attivita agricola". S'immaginano un bed&breakfast, una struttura in grado di ospitare i Wwoofer (giovani volontari che fanno esperienze all'interno di aziende agricole biologiche e biodinamiche, www.wwoof.it), un asilo steineriano. Se chiudo gli occhi, per un attimo riesco a immaginare questa corte viva, ma quando li riapro Giuseppe Montalto m'invita ad alzarli per guardare la crepa che s'allarga tra gli archi del fienile del Seicento, proprio accanto a un'altra porzione crollata a inizio aprile. Dopo un mese ci sono ancora i calcinacci, che potrebbero vedere tutti quei cittadini di Busto Arsizio che ogni venerdi, sabato e domenica raggiungono la Cascina Burattana -un paio di chilometri a Sud-est dal centro, in direazione di Borsano-, per acquistare le cassette di verdure prodotte della cooperativa agricola, che oggi "impiega" tre persone, un socio-lavoratore volontario (Mortaza, un rifugiato afghano) e due giovani che ricevono una borsa-lavoro e seguono un percorso d'inserimento lavorativo. Un altro socio, Vincenzo, segue le arnie, "che a noi servono anche per l'impollinazione" spiega Matteo Di Mattei, il socio della cooperativa che coordina tutta l'attivita agricola. È lui -consigliere dell'Associazione per l'agricoltura biodinamica, www.biodinamica.org- a "condurre" Cascina Burattana, e spiega che oggi la superficie coltivata e di poco piu di un ettaro, anche perche quando sono entrati hanno trovato una situazione "da bonificare": "La dove vedi il tunnel per l'insalata -racconta Matteo- abbiamo trovato 5 strati di moquette, che veniva usata per la pacciamatura. Quel terreno era morto". Oggi, invece, in uno dei campi fanno bella mostra 600 quintali di letame, messo a maturare per un anno sotto il fieno. È fondamentale per nutrire il terreno, che e l'essenza dell'agricoltura biodinamica: "Le piante hanno una densita inferiore, e un ettaro, che e piu o meno la superficie che coltiviamo oggi, puo arrivare a produrre un reddito di 30-32mila euro". A terra ci sono gia insalate, pomodori, zucchini, spinaci, finocchi, e a breve verranno seminate anche melanzane e peperoni. "Sono sementi biologiche adatte alla montagna, perche c'e una forte escursione termica. Abbiamo anche recuperato i semi di una segale autoctona, che cresce fino a due metri d'altezza".
Le parcelle sono divise da qualche albero di gelso, perche Matteo vorrebbe riportare alla Cascina Burattana l'albero "tradizionale". "Sto anche cercando dei polloni di 'clinto' -aggiunge-, che era un vino autoctono di Busto Arsizio", oggi scomparso.
Giuseppe Montalto ed Enrica Cagnoni, che sono i titolari del laboratorio di cosmesi biologica "Montalto" ([www.montaltobio.it](<http://www.montaltobio.it>)), pensano di affidare alla cooperativa la coltivazione di alcune piante utilizzate nelle ricette dei cosmetici, ma la Cascina Burattana dovrebbe avere piu terreni a disposizione.
Il Comune di Busto Arsizio, pero, tergiversa, e l'unica certezza al momento e un contratto d'affitto che scade il 31 dicembre 2015. --
| La rinascita della cascina | Di Canio al Sunderland fa dimettere David Miliband |
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> Una piccola ong tedesca è sotto indagine, e la sua imbarcazione è stata sequestrata: dopo mesi di ipotesi e di [indagini che non hanno prodotto risultati](<https://www.ilpost.it/2017/05/17/caso-ong-chiuso/>), oggi sembra che ci sia qualcosa di più solido, e si è tornato molto a parlare delle ong che salvano i migranti nel Mediterraneo centrale e del loro rapporto con gli scafisti.
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> **1\. Chi è coinvolto?**
> Una piccola ong tedesca, Jugend Rettet, fondata da un gruppo di studenti e ragazzi tedeschi, è sospettata di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina dai magistrati di Trapani; la sua imbarcazione, il piccolo peschereccio Iuventa, è stata sequestrata. Secondo i magistrati, in tre distinte occasioni la Iuventa ha caricato a bordo migranti che si trovano in imbarcazioni che non erano in immediato pericolo di affondare e che erano scortate da vicino da quelli che sembravano degli scafisti e da imbarcazioni della Guardia costiera libica, che sembravano non interferire nell'operazione.
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> **2\. Di cosa è accusata?**
> Secondo i magistrati di Trapani, che indagano sulla ong da maggio, l'equipaggio della Jugend Rettet avrebbe commesso il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina perché in tre occasioni avrebbe caricato a bordo dei migranti non in situazioni di pericolo, ma durante quello che ai magistrati è sembrato uno "scambio" con gli scafisti. In una delle tre occasioni sembra che l'equipaggio della Iuventa abbia riportato vicino alle acque territoriali libiche le imbarcazioni su cui si trovavano i migranti in modo che potessero essere recuperate.
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> **3\. Come è iniziata l 'indagine?**
> L'intera indagine è partita in seguito alla denuncia di alcuni addetti alla sicurezza che lavorano a bordo della nave di un'altra ong, Save the children. Secondo diverse testimonianze da parte del personale di altre ong e di ex membri dell'equipaggio della stessa Iuventa, Jugend Rettet era una delle ong più spericolate e determinate nel suo lavoro, al punto da avere un rapporto conflittuale con la Guardia costiera italiana e tutte le altre autorità ufficiali, accusate di non voler davvero aiutare i migranti. Per questa ragione l'ong era vista con sospetto anche dagli altri operatori umanitari.
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> **4\. Che prove ci sono?**
> Al momento non ci sono moltissime informazioni sull'indagine. La procura di Trapani ha fatto una conferenza stampa e diversi giornalisti hanno ottenuto accesso all'ordinanza con cui si dispone il sequestro della Iuventa, un documento nel quale i magistrati hanno inserito parte di quello che hanno scoperto. Gli elementi principali sembrano essere le fotografie e le testimonianze di un poliziotto in borghese imbarcato sulla nave dell'ong Save the children, che ha fotografo i tre incontri sospetti della Iuventa con gli scafisti. Ci sono anche diverse intercettazioni ambientali e telefoniche, in cui membri di Jugend Rettet parlano della loro ostilità nei confronti delle autorità italiane e internazionali e del fatto che non intendono collaborare alle indagini della magistratura italiana sugli scafisti.
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> **5\. Jugend Rettet era d 'accordo con gli scafisti?**
> Al momento non è chiaro fino a che punto l'ong tedesca fosse d'accordo con gli scafisti. Per il momento non sembra ci siano prove di contatti telefonici diretti tra gli uni e gli altri, né di scambi di denaro. Oggi i giornali parlano di un'ipotetica chat di WhatsApp condivisa da diversi team di soccorso in cui, secondo alcune testimonianze, sarebbero comparse anche segnalazioni di partenze di migranti. Non è chiaro però se questa chat esistesse veramente, né come e quando sia stata usata né da chi. Nella conferenza stampa il procuratore di Trapani Ambrogio Cartosio ha detto che, a suo avviso, la ong tedesca operava al limite delle regole per ragioni ideologiche – salvare più persone possibile – e per ottenere maggiori donazioni con cui proseguire il suo lavoro.
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> **6\. Come si difendono le ong?**
> Jugend Rettet non aveva una buona fama tra le altre ong e in questi giorni sono state pubblicate diverse testimonianze di persone che si dicevano preoccupate dal suo modo di operare. Save the children, per esempio, ha sottolineato che restituire le imbarcazioni è sbagliato e che gommoni e altre imbarcazioni andrebbero affondati dopo il recupero; una pratica però non condivisa da tutte le ong. Per quanto riguarda i trasferimenti di migranti in situazioni "non di emergenza", molti hanno ricordato, anche nei mesi scorsi quando iniziò la polemica, che qualsiasi imbarcazione carica oltre i limiti di sicurezza è da considerare in una situazione di emergenza. Se le ong aspettassero per intervenire solo il momento in cui le imbarcazioni cominciano ad affondare, il bilancio dei morti sarebbe ancora più grave. In altre parole, a meno che non si trovino le prove di un accordo tra scafisti e ong, sostengono, la questione del "favoreggiamento" è più ambigua di quanto si potrebbe pensare.
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> **7\. Cosa c 'entra il codice delle ong?**
> In un primo momento era sembrato che la Iuventa fosse stata fermata per non aver firmato il [codice delle ong](<https://www.ilpost.it/2017/08/01/codice-ong/>), un regolamento scritto dal governo italiano e appoggiato dall'Unione Europea in cui si impongono una serie di comportamenti alle ong. Soltanto quattro ong sulle dieci che operano regolarmente a largo della Libia lo hanno firmato. Dopo il fermo però è arrivato l'ordine di sequestro dei giudici di Trapani. Sembra che quindi il codice con questo episodio non c'entri nulla.
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> **8\. Aveva ragione il pm Zuccaro?**
> Del caso ong [si era parlato soprattutto alcuni mesi fa](<https://www.ilpost.it/2017/05/03/zuccaro-migranti-economici/>), quando il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro diede diverse interviste e dichiarò nel corso di alcune audizioni di avere prove «non giudiziarie» di comportamenti scorretti da parte delle ong, di collaborazioni, anche economiche, tra scafisti e ong, e del suo sospetto che le ong potessero essere in combutta con gruppi di interesse che hanno lo scopo di usare i migranti allo scopo di «destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi». Per il momento non sono emerse prove di questo tipo di legami.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Otto risposte sul caso ong | L’Italia è Vlady e Filippo |
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>>>> Illustrazione del microlensing di una sorgente singola da parte di una lente che ospita un sistema planetario (a sinistra) e una sorgente binaria da una lente singola (a destra). In basso le curve di luce, che possono essere nei due casi molto simili. Crediti:
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>>>> Il 95 per cento dei pianeti extrasolari è stato scoperto col [metodo dei transiti](<https://it.wikipedia.org/wiki/Metodi_di_individuazione_di_pianeti_extrasolari#Transito>) o quello delle [velocità radiali](<https://it.wikipedia.org/wiki/Metodi_di_individuazione_di_pianeti_extrasolari#Metodo_delle_velocit%C3%A0_radiali>). Queste due tecniche osservative si concentrano però sulle regioni interne dei sistemi planetari, dai giganti gassosi infuocati fino alla zona abitabile delle stelle più piccole. Rispetto a esse, la tecnica del _[microlensing](<https://it.wikipedia.org/wiki/Microlenti_gravitazionali>)_ è ancora indietro per il numero di pianeti scoperti, ma su di essa si concentrano le [grandi aspettative per i prossimi anni](<https://www.media.inaf.it/2021/01/28/microlensing-xallarap-nancy-roman-telescope/>). Il _microlensing_ è infatti l’unico metodo in grado di indagare le regioni intermedie dei sistemi planetari, dalla zona abitabile di stelle simili al Sole, fino ai mondi di ghiaccio delle fredde periferie, passando per i giganti gassosi simili a Giove o Saturno. Grazie al _microlensing_ , superiamo la cosiddetta “ _[snow line](<https://it.wikipedia.org/wiki/Frost_line>)_ ” oltre la quale i pianeti si formano aggregando anche il ghiaccio e crescono molto più rapidamente rispetto a quanto accade vicino alla stella. Poter confrontare i modelli di formazione planetaria delle aride regioni interne con quelle ghiacciate consentirà un grande balzo in avanti nella nostra conoscenza sulla varietà di mondi che popolano l’universo. È per questo che la Nasa investirà buona parte del tempo del [Nancy Grace Roman Telescope](<https://it.wikipedia.org/wiki/Telescopio_spaziale_Nancy_Grace_Roman>), che nel 2025 intraprenderà una _survey_ del centro galattico con lo scopo di trovare migliaia di pianeti col metodo del _microlensing_.
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>>>> Il _microlensing_ si basa sull’amplificazione della luce di una stella-sorgente lontana causata da una stella-lente che si interpone sulla linea di vista e che agisce da lente gravitazionale. La luce della stella-sorgente subisce un’amplificazione che può durare da alcuni giorni a qualche mese, a seconda della massa e della velocità della stella-lente. Se la stella-lente è accompagnata da un pianeta, il campo gravitazionale del pianeta può indurre “anomalie” sulla curva di luce, con caratteristici picchi secondari oppure depressioni. Le deboli anomalie indotte da piccoli pianeti sono però difficili da distinguere da altri effetti. Il caso dell’evento (così gli astrofisici chiamano il passaggio di una “lente” davanti a una “sorgente”) Moa-2006-Blg-074 è emblematico da questo punto di vista. Segnalato come anomalo in un’analisi retrospettiva della collaborazione Microlensing Observations in Astrophysics ([Moa](<https://en.wikipedia.org/wiki/Microlensing_Observations_in_Astrophysics>)), che opera al telescopio di Mount John in Nuova Zelanda, è stato subito selezionato come un candidato planetario di tipo nettuniano da ben tre piattaforme di analisi diverse: una basata al Goddard Space Flight Center della Nasa, una dell’Università di Osaka in Giappone e una dell’Università di Salerno in Italia.
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>>>> [](<https://www.media.inaf.it/wp-content/uploads/2021/07/FotoVBozza.jpg>)
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>>>> Valerio Bozza (Università degli studi di Salerno), coautore dello studio
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>>>> A questo punto, è partita l’analisi dettagliata dell’evento, condotta da un team di ricercatori guidati dall’Università di Salerno. Gli entusiasmi iniziali si sono tuttavia raffreddati quando è emerso un moto orbitale troppo rapido per poter dare luogo ad un sistema planetario fisicamente consistente. Evidentemente, quelle piccole anomalie riscontrate dal telescopio di Moa dovevano avere una spiegazione diversa da quella suggerita dalle analisi preliminari. Dopo aver vagliato diverse possibilità, è stata individuata una spiegazione alternativa: la sorgente era parte di un [sistema binario](<https://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_binario_\(astronomia\)>) con una compagna molto più debole.
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>>>> «Non è la prima volta che in un evento di _microlensing_ si trova una sorgente binaria. A volte viene amplificata anche la compagna della sorgente principale, altre volte, invece, la compagna lascia il segno sulla curva di _microlensing_ attraverso il moto orbitale della sorgente principale intorno al centro di massa comune», sottolinea **Valerio Bozza** , professore associato all'Università di Salerno e coautore dell’articolo, pubblicato la settimana scorsa su _The Astronomical Journal,_ che riporta i risultati dello studio.
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>>>> Gli astronomi hanno trovato un nome curioso per questo fenomeno: _xallarap_ – come ‘parallasse’ scritto al contrario. Infatti, l’[effetto di parallasse](<https://it.wikipedia.org/wiki/Parallasse>) è dovuto al moto orbitale dell’osservatore solidale con la Terra, mentre l’[effetto di xallarap](<https://en.wikipedia.org/wiki/Xallarap>) è dovuto al moto orbitale della sorgente e, in qualche modo, si configura come il caso opposto alla parallasse.
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>>>> Paolo Rota, dottorando dell’Università di Salerno e primo autore dello studio pubblicato su The Astronomical Journal
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>>>> «Alla fine, tutti i parametri fisici per Moa-2006-Blg-074 tornano e sono consistenti con lo scenario di sorgente binaria: le masse, le luminosità delle due componenti, il periodo e il raggio orbitale. Insomma, non c’è più alcun dubbio», dice **Paolo Rota** , dottorando dell’Università di Salerno nel gruppo di Valerio Bozza e primo autore della pubblicazione. «La componente primaria ha una massa di 1.3 masse solari, la secondaria 0.44 masse solari. Le due stelle orbitano a una distanza di 0.14 unità astronomiche con un periodo di 14 giorni».
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>>>> Tra le migliaia di pianeti che scoprirà Roman, non sarà raro ritrovarsi casi simili a quello di Moa-2006-Blg-074. La statistica sui piccoli pianeti potrebbe essere contaminata da sorgenti binarie e allora occorrerà aumentare le contromisure per identificare questi sistemi, concludono i ricercatori. Il software sviluppato dall’Università di Salerno avrà un ruolo centrale nell’analisi dei dati del telescopio Roman e l’esperienza maturata in casi come questi servirà a predisporre una piattaforma di analisi solida e affidabile – a prova di sorgenti binarie.
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>>>> **Per saperne di più:**
>>>>
>>>> * Leggi su _The Astronomical Journal_ l’articolo “[MOA-2006-BLG-074: Recognizing Xallarap Contaminants in Planetary Microlensing](<https://iopscience.iop.org/article/10.3847/1538-3881/ac0155?gridset=show>)” di P. Rota, Y. Hirao, V. Bozza, F. Abe, R. Barry, D. P. Bennett, A. Bhattacharya, I. A. Bond, M. Donachie, A. Fukui, H. Fujii, S. Ishitani Silva, Y. Itow4, R. Kirikawa, N. Koshimoto, M. C. A. Li, Y. Matsubara, S. Miyazaki, Y. Muraki, G. Olmschenk, C. Ranc, Y. Satoh, T. Sumi, D. Suzuki, P. J. Tristram e A. Yonehara
*[55 minuti fa]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.28
*[1 h]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.05
*[33 minuti fa]: 10.50
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*[HTML]: HyperText Markup Language
*[P:]: Phone
| Sotto la microlente, un sistema binario | Democrazia da asporto |
>>
>> Secondo le previsioni meteo domani, martedì primo febbraio, sarà una giornata prevalentemente serena o poco nuvolosa al Centro-Nord e nuvolosa con piogge sparse al Sud. Al mattino pioverà in Calabria, nella Puglia meridionale, nella Sicilia nord-orientale e nevicherà in Molise. Nel pomeriggio le piogge si estenderanno al resto della Sicilia, alla Basilicata e all'Abruzzo. Alla sera ci saranno piogge residue in Sicilia e nevicate sulle Alpi lombarde e venete. Nella notte pioverà nell'alta Lombardia e in Valle d'Aosta.
>>
>> [ ](<https://www.ilpost.it/2022/01/31/meteo-previsioni-martedi-1-febbraio/meteo-martedi-primo-febbraio-mattino/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2022/01/31/meteo-previsioni-martedi-1-febbraio/meteo-martedi-primo-febbraio-mattino/>) Mattino [](<https://www.ilpost.it/2022/01/31/meteo-previsioni-martedi-1-febbraio/meteo-martedi-primo-febbraio-pomeriggio/>) Pomeriggio [](<https://www.ilpost.it/2022/01/31/meteo-previsioni-martedi-1-febbraio/meteo-martedi-primo-febbraio-sera/>) Sera [](<https://www.ilpost.it/2022/01/31/meteo-previsioni-martedi-1-febbraio/meteo-martedi-primo-febbraio-notte/>) Notte
>>
>> ***
>>
>> _Le mappe e le previsioni arrivano dal[sito dell’Aeronautica Militare](<http://www.meteoam.it/>), quello che dovete visitare se volete previsioni affidabili (e leggermente aggiornate rispetto a quelle di questo articolo) e [stare alla larga](<https://www.ilpost.it/2017/08/09/meteo-siti-per-informarsi-previsioni/>) da allarmismi inutili._
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
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*[ NF]: Norfolk Island
| Le previsioni meteo per martedì primo febbraio | Le notizie di scienza della settimana |
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>>> Mentre il governo cerca di risparmiare soldi togliendoli a obiettivi assolutamente prioritari per il futuro dell'Italia - come scuola, ricerca, giustizia - molti propongono altri ambiti in cui operare dei risparmi costruttivi e ridurre le inefficienze pubbliche. Ma se i tagli alle province sono stati travolti da interessi intoccabili, se la riduzione del numero dei parlamentari è roba ancora da fantascienza e se le riduzioni delle spese militari vengono considerate "demagogie", sono e amministrazioni locali - responsabili anch'esse di gravi e diffusi sprechi - a cominciare a dare qualche buon esempio. Le buone notizie di oggi - piccole, un inizio - riguardano Bologna e Palermo.
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>>> Vasco Errani, governatore dell'Emilia Romagna, in risposta alla catastrofica vicenda dell'ex sindaco bolognese Delbono, ha [annunciato](<http://bologna.repubblica.it/cronaca/2010/06/19/news/regione_errani_taglia_le_missioni_rimborsi_solo_con_la_ricevuta-4971721/>) ieri una drastica stretta sulle spese per i viaggi degli amministratori.
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>>>> Si volta pagina, insomma, e si dice addio alla corsa ai viaggi istituzionali che garantivano un'ulteriore indennità per ogni giorno di missione. E finisce l'era dei rimborsi sulla parola come quelli firmati dall'allora vicepresidente Delbono e finiti nell'inchiesta della procura della Repubblica che ha chiesto il rinvio a giudizio per peculato e truffa aggravata nei confronti dell'ex sindaco di Bologna. Intanto per ridurre le spese di funzionamento della Regione, dall'8 giugno è scattato un altro provvedimento importante: la riduzione del 10% degli stipendi di presidente e assessori.
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>>> Intervento parziale, dirà qualcuno: ma intanto prendiamocelo. E nel frattempo a Palermo sembra risolta una [questione](<http://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/06/19/news/comune_addio_all_auto_blu_agli_assessori_solo_la_punto-4977444/?rss>) che aveva generato sfacciate resistenze: il taglio delle auto blu per gli assessori.
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>>>> Da ieri gli assessori della giunta comunale non hanno più le auto blu: le macchine, Alfa 159 per le quali ogni anno il Comune pagava un leasing di 167 mila euro, sono state riconsegnate due sere fa. Ieri mattina per i componenti dell'esecutivo è cominciata una nuova vita. A bordo di una Punto, bianca e usata. Il bilancio non è stato ancora approvato e, di soldi per affittare altre macchine, sono in programma le Grandi Punto, proprio non ce ne sono.
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>>> Con cautela rispetto a controproducenti scelte di piccola demagogia (ci sono presunti "privilegi" che a volte sono essenziali per il lavoro degli amministratori: ma non questi), cominciamo ad archiviare queste due notizie in un cassetto apposito.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| I tagli giusti | La Cassazione ha finito di controllare i voti e ha comunicato i nomi dei parlamentari eletti |
Foto di Fabrizio Giraldi
Dopo anni di tira e molla, in Slovenia sembra essere finalmente in chiusura la dolorosa vicenda dei "cancellati". Lo scorso marzo è stata approvata la normativa, voluta dal ministro degli Interni Katarina Kresal, che dovrebbe regolarizzare la posizione delle migliaia di persone delle ex repubbliche jugoslave cancellate dagli elenchi dei residenti nel 1992
02/08/2010 -
Stefano Lusa
Capodistria
L’annosa questione oramai risale a quasi vent’anni fa. Il 26 febbraio 1992 le autorità slovene cancellarono dall’evidenza dei residenti 25.761 cittadini delle altre ex repubbliche jugoslave che non avevano chiesto o non avevano ottenuto la cittadinanza slovena. Queste persone, così, d’un tratto diventarono veri e propri clandestini e persero il diritto alla casa, al lavoro, alla sanità.
Già nel 1999 la Corte costituzionale giudicò quell’atto incostituzionale e chiese alla classe politica Slovena di porre rimedio alla questione. Si aprì subito un violento scontro tra chi riteneva che bisognasse risolvere la faccenda e tra coloro che invece ritenevano che non si dovesse avere pietà per quelli che non sarebbero stati altro che profittatori in cerca di risarcimenti e oppositori giurati dell’indipendenza del paese.
Lo scontro si fece subito acceso. Del resto non era difficile rendersi conto che ci si trovava di fronte alla più palese violazione dei diritti umani dall’indipendenza del paese e che quella cancellazione era avvenuta con un consenso sociale altissimo. Ammettere l’errore significava accettare che nemmeno il processo di indipendenza del paese è stato senza macchia.
La classe politica a stento cercò di correre ai ripari e lo fece con una serie di provvedimenti che sanavano solo parzialmente la situazione. Dopo anni di tira e molla quella che invece si è subito dimostrata intenzionata a chiudere una volta per tutte la vicenda è stata la ministra degli Interni Katarina Kresal.
Prima il ministero degli Esteri ha applicato direttamente le delibere della Corte costituzionale ed ha riconosciuto l’ininterrotta residenza in Slovenia ai cancellati che avevano già regolarizzato il loro status, poi ha provveduto a presentare una legge che avrebbe risolto la questione anche per gli altri.
La normativa era stata approvata nel marzo scorso, ma l’opposizione avrebbe voluto indire un referendum. Già in passato proprio il referendum era servito a non far applicare una legge approvata dal parlamento. All’epoca ci si dimenticò di tirare in ballo la Corte costituzionale, che questa volta invece è stata subito interpellata e ha sancito l’inammissibilità del referendum.
La legge in questione consentirà anche a quelle persone che non hanno ancora regolarizzato il loro status, a quelli che erano stati espulsi dalla Slovenia o che non avevano potuto farvi ritorno a causa della cancellazione di riottenere la residenza. Avranno 3 anni di tempo per presentare domanda. La normativa comunque non risolve in maniera automatica ed in blocco la faccenda, ma prevede una trattazione caso per caso.
Dei complessivi 25.761 cancellati sarebbero ancora 13.000 quelli che non avrebbero ancora regolarizzato il loro status. Nessuno sa quanti di essi ancora vivono in Slovenia e quanti, dopo anni passati all’estero, siano ancora effettivamente interessati a riottenere la residenza.
Il ministero degli Interni ha provveduto a stampare un apposito opuscolo in cui sono contenute tutte le informazioni per presentare la documentazione necessaria. Il testo è stato elaborato in collaborazione con alcune delle organizzazioni che da anni si battono per i diritti dei cancellati e si può trovare negli uffici disseminati in tutto il paese del ministero degli Interni e nelle rappresentanze diplomatiche slovene nell’area dell’ex federazione. A tale proposito è stato chiesto ai diplomatici che operano in queste repubbliche di pubblicizzare il provvedimento.
L’opuscolo, comunque, è anche scaricabile da internet all’indirizzo:
http://infotujci.si/
. Il testo comunque è solo in sloveno – hanno spiegato in maniera poco convincete i funzionari – considerato che le pratiche in Slovenia debbono essere presentate in sloveno e che anche la relativa domanda per l’ottenimento dello status dovrà essere presentata in sloveno.
Probabilmente però se il ministero avesse agito in maniera diversa ciò sarebbe servito come pretesto per ulteriori attacchi al ministro degli Interni, che proprio per le sue posizioni sui cancellati è diventata un bersaglio privilegiato dell’opposizione di centrodestra.
Ad ogni modo in soccorso è venuta anche una recente sentenza del Tribunale europeo per i diritti dell’uomo, che ha nuovamente tirato le orecchie alla Slovenia per la mancata soluzione del problema dei cancellati. Il paese, è stato detto, viola la Convenzione europea sui diritti umani. La Kresal dal canto suo ha laconicamente commentato la sentenza dicendo che “c’era da aspettarselo”. Il tribunale comunque non ha preso ancora posizione sugli eventuali risarcimenti che spetterebbero ai cancellati.
Proprio la questione dei “principeschi” indennizzi che lo stato dovrebbe loro pagare è stata uno dei cavalli di battaglia che l’opposizione di centrodestra ha spesso usato in questi ultimi mesi.
D’altro canto la Kresal ed i suoi collaboratori hanno precisato che le leggi in questione non garantiscono alcun indennizzo e che semmai saranno i tribunali che prenderanno in esame caso per caso.
I cancellati guardano a questi provvedimenti con sentimenti contrastanti. Si ammette che le soluzioni proposte sono buone, anche se non ancora ottimali, ma si sottolinea anche che le autorità dovranno fare ancora molto per porre rimedio ai torti subiti. Non è ovviamente una questione di soldi (o solo una questione di soldi) c’è infatti anche chi si aspetta le scuse delle più alte cariche dello stato.
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| Cancellati, verso l'epilogo | L'ordine dei Gesuiti spagnolo ha ammesso abusi su decine di minori e adulti a partire dal 1927 |
La deindustrializzazione è un fenomeno che viene da lontano, dai primi passi della globalizzazione negli anni '70. Ma è negli anni '00 che le conseguenze sulle dinamiche sociali ed economiche hanno iniziato a farsi sentire con tutta la loro forza. E' nell'ultimo decennio, infatti, che le carriere di decine di migliaia di nuovi laureati si sono indirizzate verso le professioni dei settori culturali e creativi: quelle sfere di produzione immateriale che, almeno in teoria, avrebbero dovuto sopperire al crollo del valore prodotto dal settore industriale in molti paesi occidentali.
Le vicende europee dal 2008 ad oggi ci ha insegnato che si tratta di tutt'altro che un facile automatismo. Eppure, in un momento in cui la scure dei tagli cala su moltissimi settori, il nuovo Programma Quadro Europa Creativa implementa i finanziamenti alla cultura del 9% in più rispetto al periodo precedente (
raggiungendo così la cifra considerevole di 1.46 miliardi di Euro
).
Riuscirà l'Italia, a partire da questi nuovi stimoli, a sviluppare dei percorsi di impresa culturale diffusa che superino la logica perdente della mera rendita di posizione poggiata sul nostro straordinario patrimonio culturale?
C'è un intero settore non facilmente visibile di nuovi attori che stanno cercando di trovare la risposta, nutrito proprio dalle figure di progettisti e operatori culturali nate nell'ultimo decennio. Questi tentativi adattivi vengono definit i, con sempre maggior frequenza, “start up culturali”: un termine con il quale si indicano in realtà fenomeni molto diversi tra loro, accomunati dalla ricerca di nuovi modi di pensare e praticare l'impresa culturale. Doppiozero è stato tra gli apripista di questa trasformazione con il premio cheFare da 100.000 euro per progetti d'innovazione culturale – la cui seconda edizione raccoglie progetti su
www.che-fare.com
fino al 9 dicembre - assieme ad altri bandi il cui obiettivo era quello di indagare e finanziare le nuove forme possibili di economia culturale, come
Innovazione Culturale
,
Culturability
,
Funder35
e
Premio Ars
.
Ma cosa vuol dire veramente “start up culturale”? Il termine è utilizzato in modo ricorrente, e spesso al di fuori della sua accezione letterale. Il
sistema tipico delle Start Up
, infatti, è dominato da fondi d'investimento di capitali privati che finanziano nuove aziende tecnologiche con una serie di turni (“round”) incrementali, promettendo agli investitori ritorni molto elevati grazie alle impennate di valore ottenute da quelle imprese che “sfonderanno” nel mercato. Questo sistema economico, diffusissimo in economie più dinamiche della nostra, in Italia sta ancora muovendo i suoi primi passi.
Nel nostro paese non esiste, infatti, un ecosistema come quello della Sylicon Valley californiana; e se alcune, pochissime, start up tecnologiche italiane sono riuscite a compiere un ciclo di vita completo che le ha portate in pochi anni dal lavorare ai tavoli dei caffé Starbucks ad essere acquisite per cifre stratosferiche da Facebook (come nel caso del servizio di georeferenziazione social
Glancee
), è certo che tempi e modi della crescita delle nuove imprese in ambito culturale in Italia saranno radicalmente diversi.
Dietro all'uso reiterato di questa etichetta c'è l'esigenza diffusa di permettere ad attori ibridi, nuovi, veloci e dinamici di trasformare un campo della produzione culturale che è ancora troppo simile a quello analizzato da Pierre Bourdieu nei suoi studi di sociologia che rimontano ancora agli anni '60 e '70. Come succede nel caso di altri termini come “open”, “smart” e “innovazione”, l'utilizzo dell'etichetta generale di “start up” è l'indicatore di necessità ancora inespresse, di pratiche dai contorni ancora non definiti, che vengono raccolte sotto questi termini-ombrello per dar loro una forma, anche provvisoria.
L'esigenza che sottende la diffusione del termine “start up culturali” è quella di trovare modelli e strategie in grado di gestire la nuova complessità degli ecosistemi sociali, economici e comunicativi, nella consapevolezza che “il pubblico di una volta” sta perdendo progressivamente la sua posizione di supremazia rispetto ai “nuovi pubblici” che dall'esperienza culturale si aspettano partecipazione e condivisione.
E' una definizione in qualche modo paradossale, che riassume in sé molte delle contraddizioni dell'epoca di continua trasformazione nella quale viviamo.
“Cultura” è infatti un termine utilizzato per indicare moltissime cose diverse tra loro, ma l'etimologia ci rimanda sempre alla sua natura più semplice e diretta, quella del “coltivare” della vita contadina, che è vincolato allo scorrere del tempo e delle stagioni; un processo inevitabilmente lento nel quale la conoscenza si dà del tempo per osservare e trovare le connessioni. “Start up”, al contrario, rimanda alle dinamiche del turbo-capitalismo che si nutre e prospera nei tempi accelerati delle economie digitali, dove piccole e grandi fortune si costruiscono e crollano nel giro di pochi mesi.
E' il tema del tempo, quindi, quello su cui occorre lavorare. Ancora non si sa quali possano essere i tempi delle start up culturali, ma è certo che non saranno mai al fulmicotone. Costruire percorsi critici, trasformarli in pratiche curatoriali, intercettare dei pubblici con i quali elaborare un dialogo, renderli progressivamente “pubblici produttivi” in una relazione di continuo scambio virtuoso: tutto questo si sedimenta in dinamiche di media e lunga durata, come ha mostrato magistralmente A.J. Scott nei suoi studi sull'economia culturale degli spazi urbani (“
Città e regioni nel nuovo capitalismo
”, Oxford University Press 2008).
Quello di cui c'è bisogno per rispondere alla sfida del Programma Quadro sono nuove forme di progettazione, produzione e distribuzione di servizi e prodotti culturali. Non c'è nessun Sacro Graal da scoprire, nessuna ricetta magica e nessuna strada facile. Si tratta, piuttosto, di costruire nuovi ecosistemi nei quali il terzo settore, l'associazionismo, le istutuzioni e le imprese si inseriscano in governance articolate capaci di dialogare con nuove forme di imprese sociali culturali.
Bertram Niessen su Twitter
Questo articolo è precedentemente apparso su
Il Sole 24 Ore
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>>
>> Lo sapevi che…
>>
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>> - Le unghie delle mani crescono quattro volte più in fretta di quelle dei piedi.
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>> - L’unghia che cresce più velocemente è quella del dito medio.
>>
>> - Per farci compiere un passo, il nostro [cervello](<https://www.focusjunior.it/video/10-incredibili-curiosita-sul-cervello-umano/>) attiva ben 200 diversi muscoli.
>>
>> Quante ne sapevi?
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| Strano ma vero: 5 segreti del corpo umano (VIDEO) | La rivolta delle arabe contro la dittatura del patriarcato |
['Uno studio indipendente commissionato dal Parlamento europeo nell’ambito della redazione del rapporto sulla revisione della legislazione farmaceutica dell’Ue, proposta dalla Commissione nei mesi scorsi, è stato cancellato dal sito istituzionale a soli tre giorni dalla pubblicazione. Si tratta di un’importante ricerca che individua una strada concreta per riequilibrare il disallineamento attuale tra le priorità dell’industria farmaceutica e gli ', 'obiettivi di salute pubblica', ' e per favorire la circolazione della conoscenza in direzione di una “Salute bene comune”. A denunciarlo è il Forum Diseguaglianze e Diversità (FDD), autorevole fondazione che al suo interno vede soggetti come ActionAid, Caritas Italiana e Cittadinanzattiva. La vicenda appare particolarmente grave, perché lo studio, come altri rapporti commissionati dall’Unione, serviva per ', 'alimentare il dibattito', ' in vista della nuova direttiva sull’accesso ai farmaci che è attualmente in discussione.', '', '', 'Il rapporto, dal titolo “', 'Improving access to medicines and promoting pharmaceutical innovation', '”, pubblicato sul portale ufficiale venerdì 27 ottobre e poi ', 'rimosso', ' lunedì 30, sottolinea nello specifico “il ', 'parziale disallineamento', ' tra priorità dell’industria in materia di ricerca e sviluppo e gli obiettivi di salute pubblica”, evidenziando la possibilità di “rafforzare il coordinamento dell’Ue su diritti di proprietà intellettuale e approvvigionamento dei farmaci” e suggerendo “la riduzione della durata dei brevetti”, nonché “la creazione di un’infrastruttura pubblica attiva durante il processo di ricerca e sviluppo dei farmaci”. Secondo le prime indiscrezioni, a indurre il presidente del comitato Stoa (Science and Technology Options Assessment) Christian Ehler sarebbe stata Pernille Weiss, parlamentare danese del Partito Popolare Europeo. L’ufficio stampa dell’Europarlamento ha invece dichiarato che lo studio è stato “', 'erroneamente pubblicato', ' prima della finalizzazione e dell’aggiunta di chiarimenti metodologici”, ', 'affermando', ' che “non si tratta in alcun modo di una decisione individuale di un membro, ma del rispetto della procedura in vigore per la pubblicazione dei gruppi e degli studi Stoa”. A cercare di offrire una giustificazione per la cancellazione del documento è stato direttamente lo Stoa, che sul social network X (ex Twitter) ha scritto che il rapporto “è stato pubblicato troppo presto e per errore”, poiché non era stata ancora completata la ', 'procedura di approvazione', ' del Panel che sarebbe stata necessaria per la pubblicazione ufficiale. Dal punto di vista delle informazioni diramate dalle autorità, il testo risulta dunque al momento “in revisione”.', '', '', 'Gli autori dello studio sono ', 'tre economisti italiani', '. Si tratta di Simona Gamba, ricercatrice di Scienze delle finanze all’Università degli Studi di Milano, Laura Magazzini, professoressa associata di Econometria presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e Paolo Pertile, professore ordinario di Scienza delle finanze all’Università di Verona. Da tempo il Forum Diseguaglianze e Diversità promuove, insieme ad una fetta dei Verdi europei, la ', 'proposta di un’infrastruttura pubblica', ' per la ricerca su farmaci e vaccini. Le istituzioni europee ne stanno ora discutendo in vista della riforma della normativa Ue sui farmaci, su cui metterà il timbro definitivo il nuovo Europarlamento che andrà a formarsi nel giugno 2024 dopo le elezioni.', '', '', '«Che uno studio rigoroso commissionato dal Parlamento europeo, che dimostra le debolezze nell’assicurare l’accessibilità e la trasparenza dei prezzi di farmaci essenziali e l’opportunità di ricorrere anche a un’infrastruttura pubblica europea, venga pubblicato e poi cancellato su un sito istituzionale è un fatto in sé sorprendente – ha dichiarato ', 'Fabrizio Barca', ', ex ministro per il Sud e la coesione territoriale della Repubblica Italiana e attuale co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità -. Chiediamo agli europarlamentari di accertare le ragioni di tale decisione e di assicurarsi che essa non derivi da ', 'interferenze degli interessi di associazioni dell’industria farmaceutica', ', cosa che rappresenterebbe una lesione delle procedure democratiche». Ad ogni modo, il Forum Disuguaglianze e Diversità ha deciso di rendere nuovamente accessibile a tutti il ', 'testo', ' della ricerca eliminata dal portale ufficiale Ue.', '', '', '[di Stefano Baudino]', '', ''] | Bruxelles censura: cancellato lo studio che chiede più controllo pubblico sui farmaci | Come si vende un libro all'estero |
>
> È morta Ida Colucci, giornalista ed ex direttrice del Tg2. Aveva 58 anni e, [scrivono i giornali](<https://www.repubblica.it/cronaca/2019/08/19/news/morta_giornalista_ida_colucci-233917057/>), era malata da tempo. Colucci, nata a Roma nel 1960, aveva iniziato a lavorare in Rai nel 1991 e nell'anno successivo era entrata nella redazione del Tg2. Dal 2005 era stata inviata del telegiornale, di cui era diventata vicedirettrice nel 2009 e direttrice nell'agosto 2016 al posto di Marcello Masi, su proposta dell'allora direttore generale Antonio Campo Dall'Orto. Era stata a sua volta sostituita nell'ottobre 2018 da Gennaro Sangiuliano.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
| È morta la giornalista Ida Colucci, ex direttrice del Tg2 | È morta Joan Fontaine |
>
> Il Fair Work Ombudsman, l'agenzia statale che in Australia si occupa di lavoro, ha [stabilito](<https://www.ft.com/content/dd7db4bc-88ce-11e9-a028-86cea8523dc2?list=intlhomepage>) che i conducenti di Uber non sono dei dipendenti, ma dei lavoratori autonomi e che quindi non hanno diritto né al salario minimo né alle ferie retribuite. La decisione potrebbe avere conseguenze sulle autorità di regolamentazione sul lavoro di tutto il mondo.
>
> I conducenti sono considerati fornitori indipendenti, possiedono una loro automobile e ricevono una percentuale basata sul numero di corse che effettuano. Soprattutto in Europa molti autisti hanno però fatto causa ad Uber, sostenendo che il loro lavoro costituisse in realtà un vero e proprio rapporto subordinato e non una semplice fornitura di un servizio. L'inchiesta australiana del Fair Work Ombudsman è durata due anni e ha concluso che i conducenti non sono soggetti ad alcun obbligo formale o operativo verso Uber. La decisione elimina il rischio che il Fair Work Ombudsman intraprenda delle azioni legali contro Uber.
>
> Lo scorso dicembre, invece, un tribunale del Regno Unito aveva confermato la sentenza di un tribunale del lavoro che aveva stabilito che i conducenti di Uber erano dei dipendenti e che avrebbero di conseguenza dovuto ricevere una retribuzione minima e altri diritti. Uber ha fatto appello alla Corte Suprema del Regno Unito.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| L'agenzia statale che in Australia si occupa di lavoro ha stabilito che i conducenti di Uber non sono dei dipendenti | L'appartamento di Seinfeld ricreato a New York |
Questa settimana esce _Una notte da leoni 3_ , l'ultimo film della saga con Bradley Cooper, Ed Helms e Zach Galifianakis: dopo le avventure a Las Vegas e Bangkok dei primi due film, stavolta il gruppo non se la vede con matrimoni e addii al celibato ma affronta un viaggio. _Solo Dio Perdona - Only God Forviges_ è il nuovo film di Nicolas Winding Refn, il regista di _Drive_ , di cui è di nuovo protagonista Ryan Gosling: è la storia di due fratelli che gestiscono un club di boxe thailandese a Bangkok; quando uno dei due viene ucciso, l’altro, Julian (interpretato da Gosling), cerca di vendicarsi.
_Tutti pazzi per Rose_ è una commedia francese ambientata negli anni Cinquanta: racconta la storia di Rose, una ragazza della provincia che sogna di fare la segretaria e che riesce a farsi assumere dal proprietario di una compagnia di assicurazioni, grazie alla sua incredibile velocità a battere a macchina. Altra commedia francese è _Benvenuti a Saint Tropez_ , con Monica Bellucci, su due fratelli con un rapporto difficile che peggiora a causa di una strana coincidenza: il funerale della moglie di uno si celebra lo stesso giorno del matrimonio della figlia dell'altro.
Escono infine _Ti ho cercata in tutti i necrologi_ , diretto e interpretato da Giancarlo Giannini, su un tassista che si presta a fare da vittima in una "caccia all'uomo" per saldare un debito di gioco, e _Una notte agli Studios_ , un fantasy sulla storia di due comparse che devono salvare gli studios di Cinecittà andando a spasso per i generi cinematografici.
**Una notte da leoni 3**
**Regia:** Todd Phillips
**Attori:** Bradley Cooper, Ed Helms, Zach Galifianakis, Ken Jeong, Heather Graham
**Solo Dio Perdona - Only God Forviges**
**Regia:** Nicolas Winding Refn
**Attori:** Ryan Gosling, Kristin Scott Thomas, Tom Burke, Vithaya Pansringarm, Yaya Ying
**Tutti pazzi per Rose**
**Regia:** Régis Roinsard
**Attori:** Romain Duris, Déborah François, Bérénice Bejo, Mélanie Bernier
**Benvenuti a Saint Tropez**
**Regia:** Danièle Thompson
**Attori:** Kad Mérad, Eric Elmosnino, Sylvie Vartan, Monica Bellucci, Valérie Bonneton
**Ti ho cercata in tutti i necrologi**
**Regia:** Giancarlo Giannini
**Attori:** Giancarlo Giannini, F. Murray Abraham, Silvia De Santis, Jeffrey R. Smith, Jonathan Malen
**Una notte agli Studios**
**Regia:** Claudio Insegno
**Attori:** Giorgia Wurth, Enrico Silvestrin, Sandra Milo, Francesca Nunzi, Claudio Insegno
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| I film del weekend | Forse domani |
Il Comune di Stazzema ed il Parco nazionale della pace istituiscono l’anagrafe nazionale antifascista. Si potrà aderire all’inizio del 2018. «L’obiettivo è diventare il comune più grande d’Italia» dice Maurizio Verona, il sindaco della cittadina toscana intervistato da [TgRegione.it](<https://www.tgregione.it/cronaca-versilia/stazzema-lanagrafe-nazionale-antifascista-si-potra-aderire-dal-2018/>), ideatore dell'iniziativa.
A Sant'Anna di Stazzema fu commesso uno dei crimini più vigliacchi perpetrati dalle SS naziste e dai collaborazionisti fascisti nei confronti della popolazione civile italiana tra il 1943 e il 1945. All'alba del 12 agosto 1944 fino al pomeriggio, la 16. SS-panzergrenadier-division reichsführer SS, comandata dal generale Max Simon, e la 36ª brigata Mussolini, i cui militi erano travestiti con divise tedesche, **fucilarono 560 persone, tra cui 130 bambini**. È dunque molto più che simbolica la proposta lanciata da Maurizio Verona in difesa dei valori della Costituzione a settanta anni dalla sua entrata in vigore (1 gennaio 1948). L’idea è di istituire una anagrafe degli antifascisti in Italia, arriva peraltro nel momento in cui si diffondono sempre più episodi di intolleranza, di razzismo, di discriminazione, oltre alla rievocazione del Ventennio persino nella scuola pubblica a opera di movimenti neofascisti “giovanili” ([vedi](<https://left.it/prodotto/left-502017-16-dicembre/>) Left del 16 dicembre 2017) nel solco dei totalitarismi dello scorso secolo, che fecero della violenza lo strumento di affermazione contro oppositori politici, minoranze etniche e religiose. Per entrare a far parte del Comune virtuale antifascista basterà sottoscrivere un form on line o mandare una mail o scrivere al Parco Nazionale della Pace così da raccogliere tutti coloro che condividono i valori che sono propri dell’antifascismo e che sono alla base della convivenza civile tra i cittadini. Potranno aderire tutti coloro che sottoscriveranno i principi della Carta che verrà predisposta nei prossimi giorni e che sarà attiva dal prossimo anno.
«Il nostro riferimento è la nostra Costituzione - dice ancora il sindaco Verona -, i cui valori da tempo abbiamo espresso e recepito nel nostro statuto comunale con un riferimento chiaro a questi principi che devono e sono di tutti coloro che si riconoscono nella nostra democrazia. Da anni parliamo ai giovani sulla necessità di ricordare per costruire un mondo in cui non si ripresentino i totalitarismi. Lo facciamo nel Parco nazionale della pace di Sant’Anna di Stazzema che è un luogo di dialogo, di incontro e di confronto e non di scontro».
_Info: santannadistazzema.org; www.comune.stazzema.lu.it_
*[(1)]: Alberto Fenoglio, A caccia di tesori, Piemonte in Bancarella, Torino 1970, pp. 103-6.
*[(2)]: Calendario generale pe’ regii stati, Giuseppe Pomba, Torino 1826, p. 586.
*[(3)]: Vedi qui le ricostruzioni topografiche dei Vigili del Fuoco
*[(4)]: J.-B. B. d’Anville, Notice de l’ancienne Gaule, Desaint & Saillant, Parigi 1760, pp. 537-8.
*[ (5)]: Rama è citata lungo il percorso 29 da Mansio Ebrodunum (Embrun) a Mediolanum (Milano) in Charles Athanase Walckenaer, Géographie ancienne historique et comparée des Gaules cisalpine et transalpine, Vol. 3, P. Dufart, Parigi 1839, pp. 24-5 e lungo il percorso 55 da Brigantio (Briançon) a Vapincum (Gap) a p. 42.
*[(6)]: Matilde Dell’Oro Hermil, Roc Maol e Mompantero, Tabor Edizioni, Susa 2018 (I ed. 1897), p. 60.
*[(7)]: ASTo, Corte, Materie Economiche, Miniere, m. 2, n. 11, s.d. ma circa 1608 trascritto in appendice a Maurizio Gomez Serito, “Pietre e marmi per le architetture piemontesi: cantieri urbani affacciati sul territorio” in Mauro Volpiano (ed.), Il cantiere sabaudo tra capitale, provincia e residenze di corte, Torino 2013, p. 203.
*[(8)]: Calendario generale pe’ regii stati, Giuseppe Pomba, Torino 1826, p. 586.
*[(9)]: Vincenzo Barelli, Cenni di statistica mineralogica degli stati di S.M. il re di Sardegna, Giuseppe Fodratti, Torino 1835, pp. 68-9.
*[(10)]: Hermil 2018, p. 6.
| 1 gennaio 1948-2018: Nasce l'anagrafe nazionale antifascista | Da oggi le canzoni degli AC/DC sono disponibili su tre servizi musicali on demand: Spotify, Rdio e il nuovo Apple Music |
È l’uomo più ricco della Serbia ed uno dei più potenti. Fino a pochi giorni fa Miroslav Mišković sembrava un intoccabile, oggi è agli arresti e sotto indagine della magistratura per privatizzazioni sospette
20/12/2012 -
Cecilia Ferrara
“In Serbia è sempre meglio non chiedere da dove viene il primo milione”. Questo il detto popolare che ti riferiscono a Belgrado quando parli dei tycoons che sono diventati ricchi durante gli anni dell'embargo. Proverbio molto appropriato se si parla di Miroslav Mišković “il tycoon” per antonomasia, che nel 2007 secondo la rivista
Forbes
aveva un patrimonio stimato in un miliardo di euro, l'uomo più ricco della Serbia, ormai ben lontano da quel primo milione.
Mišković, padrone della Delta holding, il più grosso gruppo privato del paese, è stato arrestato il 12 dicembre e successivamente una corte ha stabilito per lui una misura di custodia cautelare della durata di 30 giorni. Il ricorso dell'avvocato contro le misure di custodia è stato respinto martedì 18 dicembre.
A molti è parsa la caduta degli dei. Il Paperon de' Paperoni serbo infatti è sempre stato un intoccabile; passato dal regime di Milošević alla transizione democratica senza una macchia anzi diventando sempre più ricco e comprandosi, letteralmente, la Serbia grazie alle privatizzazioni poco trasparenti degli anni 2000; senza disdegnare di fare “spesa” anche nei paesi limitrofi: Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Montenegro.
Mišković non è più intoccabile
Dopo essere stato interrogato il 3 dicembre, contemporaneamente all'imprenditore Milo Đurašković, e dopo che il figlio, Marko Mišković, era stato fermato all'aeroporto mentre partiva per Londra, con conseguente ritiro di passaporto, si è capito che l'immunità del più potente businessman di Serbia stava vacillando.
La mattina del 12 dicembre Miroslav Mišković è stato arrestato in un'operazione che ha visto l'arresto di altre 9 persone tra cui il figlio Marko, proprietario della Mera Investement Fund e Milo Đurašković, capo della Niebens Group e proprietario di Sheer Corporation e della PTP Niš. Secondo le prime notizie l'accusa per i tre principali indagati è di aver guadagnato illegalmente circa 30 milioni di euro tra il 2005 e il 2010 dalla privatizzazione delle compagnie che si occupano di costruzione e manutenzione stradale.
“C'erano voci che Milo Đurašković fosse solo un prestanome e che dietro di lui ci fosse in realtà Mišković – spiega il giornalista di
Republika
Ivan Zlatić – evidentemente qualcuno ha trovato le prove. Le prime privatizzazioni di queste compagnie di manutenzione stradale sono iniziate con Đurašković che ha comprato la PZP (Preduzeće za puteve) Niš senza aver mai lavorato nel settore. Interessante che dopo questa prima privatizzazione il governo ha cambiato le regole dicendo che solo chi aveva già un'azienda che si occupava di manutenzione stradale avrebbe potuto ottenere nella privatizzazione le analoghe aziende ancora di proprietà dello Stato. A quel punto Đurašković ha avuto mano libera su molte di esse”.
Attraverso la prima azienda, dunque, Đurašković ha preso tutte le altre “PZP”: "Beograd", "Kragujevac", "Vranje", "Srem put", "Bačka put" ed altre. Đurašković è sotto processo in un altro caso di corruzione in cui è accusato di aver danneggiato per 35 milioni di euro la FAM company di Kruševac.
Indagini in corso
Il Procuratore serbo contro il crimine organizzato Milko Radisaljević ha annunciato che le indagini saranno lunghe e che è stata avviata anche un’indagine finanziaria sulle compagnie legate a Mišković. Si parla di indagini che riguardano anche altre privatizzazioni delle 24 che secondo l'Unione europea risultano controverse. Tra queste le più importanti sono quelle relative alla privatizzazione del C-Market (la più grande catena di vendita al dettaglio in Serbia) e il Porto di Belgrado. In entrambe Mišković e Milan Beko, l'altro grande tycoon serbo, avrebbero collaborato nell'acquisizione delle compagnie tramite compagnie di facciata basate in Lussemburgo.
Aleksandar Vučić contro i tycoon
Ma il vero protagonista degli arresti di questi giorni non è la procura contro il crimine organizzato bensì il vice primo ministro Aleksandar Vučić numero due dell'SNS, il partito del presidente Tomislav Nikolić, che ha dichiarato da quest'estate guerra alla corruzione.
Dopo l’arresto il vice premier tuonava su tutti i principali mezzi di informazione: “Due cose sono state dimostrate in Serbia: che nessuno è protetto e intoccabile e che lo Stato è più forte di qualsiasi individuo”. Anzi adesso il vice primo ministro dichiara ai giornali che “Mišković deve fare i nomi dei politici” ovvero di quelle persone che secondo Vučić e altri sono al soldo del magnate.
Secondo la stampa al momento dell'arresto Mišković avrebbe addirittura lanciato minacce di morte al vicepremier portando all'innalzamento delle misure di sicurezza per Vučić . E l'interessato avrebbe risposto con un orgoglioso tweet e post di Facebook: “Nessuno può battere la Serbia e nemmeno lo farà Miroslav Mišković”.
L'Unione Europea si congratula per la forte posizione presa contro la corruzione mentre c'è chi pensa ad una mera operazione di facciata come il leader dell'LDP Čedomir Jovanović che afferma : “La lotta alla corruzione si fa garantendo l'inviolabilità della corte, l'indipendenza della procura e leggi chiare ed efficaci. Niente di tutto questo è stato fatto”.
“Vedremo dove finirà l'inchiesta, e il lavoro della “squadra anti-corruzione” messo in piedi da Vučić . Per ora nessuno lo può dire – dice il giornalista Ivan Zlatić – certo è che le dichiarazioni del vicepremier non sono molto consolanti in tal senso. Vučić dice che l'arresto di Mišković è un esempio per tutti gli altri, che si faranno indagini e arresti, ma non dice nulla su un cambiamento del sistema per prevenire la corruzione. Dalle leggi al sistema giudiziario”.
Continua Zlatić: “Le abbiamo già viste queste cose come nel 2005 quando Dragoljub Karić è stato arrestato, era il padrone di una grossa compagnia telefonica, la Mobtel. Allora Mlađan Dinkić era il ministro delle Finanze e diceva 'Adesso che tutti vedono che mettiamo i potenti in prigione nessuno vorrà più violare la legge', ma così non è stato”.
Chi è Mišković?
Miroslav Mišković nato nel 1945 a Kruševac, entra in scena nel 1990 quando per un breve periodo è stato vicepremier di Milošević. Si inventa durante i suoi sei mesi di governo il “Fond za razvoj”, Fondo per lo sviluppo, che distribuisce soldi ad imprese private. A capo del Fond ci sarà per un periodo molto lungo Olivera Božić subito dopo andata a guidare il Porto di Belgrado privatizzato. Come dire prima lavoro per Mišković nella cosa pubblica e dopo nel privato. Lui fonda la Delta Bank che sarà al centro di molte illazioni negli anni novanta per il riciclaggio di denaro sporco del regime e le transazioni verso Cipro, paradiso fiscale usato dai tycoon serbi.
Nel 2005 Banca Intesa acquisirà il 75% di Delta Bank che diventa Banka Intesa Beograd, questo nonostante per gli anni dell'embargo il nome di Mišković fosse tra quelli a cui era bandito l'arrivo in Europa e la Delta Bank era bandita dagli USA.
Oggi le cose sono molto cambiate e il magnate serbo era accanto a Joe Biden segretario di stato americano durante la sua visita nel 2008. Nel 2001 fu vittima di un breve rapimento di cui si accusano i membri del potente clan mafioso di Zemun. Molte sono state le speculazioni sull'ammontare del riscatto pagato.
Assieme a Milan Beko è stato uno degli attori, e profittatori, delle grosse privatizzazioni degli anni 2000: il C-Market che è diventato la popolare catena di supermercati “Maxi” appartenente al gruppo DELTA e del Porto di Belgrado. Finanziatore occulto di partiti politici e di molta stampa serba, oggi minaccia di rivelarne i nomi.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto
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TOL
I crimini di guerra sono stati elementi fondanti della nascita di alcuni Stati, Entità, Province risultate dalla disgregazione della ex Jugoslavia. Questo non dovrebbe impedire loro di normalizzare le proprie relazioni. Un editoriale tratto da TOL
20/05/2005 -
Anonymous User
TOL
Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani
Un'ondata veemente, ma prevedibile, di reazioni è stata causata la scorsa settimana in Croazia dalle notizie provenienti dall'Aja. Quando la notizia che la Procuratrice generale del Tribunale dell'Aja aveva richiesto di allargare l'incriminazione a carico di due generali croati coinvolgendo nell'accusa di "impresa criminale" un migliaio di altri ufficiali ha raggiunto Zagabria le associazioni dei veterani, la gente comune e i politici appartenenti all'intero spettro parlamentare hanno definito la mossa come inaccettabile.
L'incriminazione redatta da Carla del Ponte riguarda l'operazione "Oluja", Tempesta, realizzata dalle forze croate nell'agosto del 1995.
I critici accusano il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (ICTY) di tentare di criminalizzare un'operazione militare che la maggior parte dei croati vede non solo come un'azione legittima per liberare territori occupati ma anche come eroica. Florence Hartmann, portavoce della Procuratrice generale, ha negato che l'allargamento dell'incriminazione sia volta ad una condanna dell'operazione Tempesta nel suo complesso. Ha comunque confermato che la procura ha il compito di chiarire che alcune delle atrocità realizzate durante l'operazione Tempesta erano state premeditate.
Ma queste argomentazioni non convincono la Croazia, un Paese che si prepara a celebrare il decimo anniversario di un'operazione militare che occupa un ruolo centrale nella mitologia della genesi della nazione. Probabilmente non si sbaglia quando si afferma che il Primo ministro ha ben interpretato il comune sentire della nazione affermando che i piani della procura generale dell'Aja "superato il limite".
"L'operazione Tempesta è stata un'azione brillante e storica dell'esercito e della polizia della quale possiamo andare fieri, operazione che ha liberato parti cruciali della Croazia che erano occupate dai serbi", ha affermato Sanader.
La Procuratrice generale Carla del Ponte ha sottoposto l'incriminazione allargata nei confronti dei generali Ivan Cermak e Mladen Markac all'approvazione della corte il 6 maggio. La mossa è conseguenza della richiesta dei giudici ai pubblici ministeri di chiarire chi fossero esattamente i membri dell' "impresa criminale" che i procuratori accusano di aver concepito e portato a termine l'espulsione della comunità serba dalla Croazia. Quasi l'intera popolazione della regione della Krajna, controllata dai serbi - si stima 150.000 persone - fuggì dalla Croazia durante l'operazione Tempesta.
Partecipi a quest' "impresa criminale" sono considerati anche l'ex Presidente della Croazia Franjo Tudjman e l'ex Ministro della difesa Gojko Susak, ma anche il generale Ante Gotovina, attualmente latitante. L'emendamento all'incriminazione aggiunge due altri ufficiali, ora defunti, il generale Janko Bobetko e Zvonimir Cervenko e membri del Ministero croato della difesa e di quello degli interni, dell'HDZ allora al potere e funzionari locali. Anche se questi ultimi vengono citati come partecipi dell'impresa criminale, nel caso in cui gli emendamenti all'atto di accusa vengano accettati dalla corte, non verranno giudicati dal Tribunale dell'Aja. I procuratori si augurano invece che, come previsto nella strategia di ridimensionamento del Tribunale dell'Aja, siano le corti locali a portare avanti le incriminazioni nei confronti degli ufficiali di più basso livello. Il Tribunale dell'Aja prevede di completare tutti i processi entro il 2010.
Ma non sono forse le reazioni di Zagabria della scorsa settimana un po' sorprendenti dato che la procura dell'ICTY già molto tempo fa aveva chiarito come anche lo stesso "padre della nazione", Tudjman, sarebbe stato incriminato se non fosse morto? Già in tutte le incriminazioni relative all'operazione Tempesta non c'erano forse state descrizioni di quanto accaduto che Zagabria aveva già più volte contestato? Non è forse vero che tutti i governi croati, come gran parte del resto dei partiti d'opposizione, si sono sempre opposti all'interpretazione del Tribunale, come del resto di gran parte del mondo, che vedeva quale uno degli scopi dell'operazione Tempesta quello dell'espulsione dei serbi locali? E forse non ha forse la procura sempre risposto che il suo punto di vista non metteva in discussione la legittimità dell'operazione di per se stessa? Soprattutto, non si sono stancati i croati di discutere con il resto del mondo in merito all'operazione Tempesta?
La ragione principale del perché i croati non si sono stancati e probabilmente non si stancheranno nemmeno in futuro di questo gioco è l'enorme investimento emotivo fatto in merito ad una Croazia indipendente. Ovviamente molti hanno anche subito lutti familiari. Ma anche coloro i quali non li hanno subiti, hanno partecipato al dramma, almeno come spettatori molto coinvolti le cui urla di incoraggiamento hanno condizionato l'azione sul campo. E' stato un dramma nel quale erano protagonisti ed è un dramma che rivive tutt'ora.
E' stato anche un dramma dal quale è nato il mondo nel quale vivono anche ora, un modo nel quale sono senza dubbio i principali portatori di interesse. E' vero che non sono in molti ad essere entusiasti delle condizioni della Croazia attuale ma ciononostante pochi sono pronti a tollerare il dipingere il percorso della Croazia verso l'indipendenza di tonalità negative, in particolare perché sono stati loro stessi i protagonisti di questo percorso.
Altri elementi che terranno vivo il dibattito su questa questione specifica hanno a che fare con le contraddizioni intrinseche ad ogni tentativo giuridico, politico o sociale di affrontare il recente passato della regione. I politici croati hanno colpito nel cuore del problema la scorsa settimana affermando che l'allargamento dell'incriminazione nei confronti di Markac e Cermak potesse far sembrare che la Croazia fosse uno Stato nato sui crimini di guerra. Una questione, quest'ultima, che un certo numero di Stati, Entità e Province nate dalla dissoluzione della Yugoslavia dovranno affrontare nei prossimi decenni. Messo in modo semplice, si potrebbe facilmente argomentare che i crimini di guerra siano parte integrante della loro genesi.
Alcune Entità politiche sono state letteralmente rese possibili dai crimini di guerra. Questo è vero soprattutto per la Republika Srpska, l'Entità serba della Bosnia è nata infatti grazie alla sistematica pulizia etnica nei confronti delle comunità bosgnacche e croate. Metodi simili hanno contribuito alla nascita della Herceg Bosna, l'entità croato-bosniaca degli anni della guerra costituita da pezzetti di territorio svuotati di bosgnacchi e serbi. E lo stesso accadde per la Repubblica serba della Krajina - l'entità spazzata via dalla Tempesta - che era stata ripulita della maggior parte dei croati.
Le caratteristiche di altri stati e territori dei nostri giorni sono state modellate radicalmente da crimini di guerra, anche se la loro esistenza è da collocarsi precedentemente a quei crimini. La maggior parte del tessuto etnico e sociale del Kosovo attuale è stato costruito successivamente all'intervento NATO del 1999, grazie a campagne organizzate d'uccisioni e violenze che avevano l'obiettivo di cacciare via i serbi, i rom e le altre minoranze. E' anche giusto ricordare che quelle campagne erano almeno in parte conseguenza dei crimini di guerra commessi dal regime di Milosevic nella campagna del 1998-99 contro l'Esercito di liberazione del Kosovo (UCK).
Anche se non vi sono prove che dimostrano che la leadership bosgnacca avesse programmato azioni di massa di pulizia etnica nei territori a maggioranza bosgnacca della Bosnia i numerosi crimini di guerra commessi, nonostante siano stati comparativamente di una magnitudo inferiore, senza dubbio contribuirono alla fuga di serbi e croati da questi territori durante la guerra del 1992-95.
Mentre la Croazia è un Paese creato secoli fa che avrebbe continuato ad esistere con o senza i crimini di guerra, il suo carattere interno è stato profondamente modificato dai crimini di guerra, o, più precisamente, da politiche che si è potuto implementare solo grazie ai crimini di guerra. Tudjman ed i suoi aiutanti non hanno mai creduto in una Croazia indipendente dove la comunità croata e quella serba, che prima della guerra costituivano circa il 12% della popolazione, potessero coesistere pacificamente.
Tudjman ha frequentemente chiarito in pubblico questa sua posizione. Una delle prime mosse che ha fatto dopo aver guadagnato il potere nel 1990 è stata sbarazzarsi della clausola costituzionale che riconosceva la comunità serba come elemento costituente della Repubblica. Tudjman vedeva l'influenza, i numeri, la distribuzione geografica dei serbi in Croazia semplicemente come ostacolo all'indipendenza ed ha lasciato un sorprendente numero di prove in merito a cosa intendeva fare. La procura dell'Aja riuscirebbe in modo molte facile a dimostrare che Tudjman ed i suoi molti collaboratori intendevano l'operazione Tempesta come un modo per buttar fuori dal Paese i civili serbi. Tra le altre cose Tudjman ha video-registrato molti incontri durante i quali si discussero questi piani. Quando con l'operazione Tempesta si raggiunse ciò che Tudjman intendeva quale sua missione storica, ha dichiarato ai suoi generali: "Abbiamo risolto la questione serba. Non vi sarà più il 12% di serbi ... come in passato. Il 3 o 5% di loro non costituiranno un pericolo per lo Stato croato".
Ciò che rende tutto questo complicato è che, parlando in modo spiccio, la visione di Tudjman dei serbi di Croazia come ostacolo all'indipendenza non era sbagliata. Quasi tutti loro naturalmente preferivano rimanere nella Jugoslavia. Nei primi anni '90 Tudjman avrà temuto che i serbi assieme a quei croati che nella Jugoslavia non stavano così male avrebbero potuto rendere il suo sogno irrealizzabile. Ciò che però ha reso più semplice la sua posizione è stata la posizione di molti serbi in Croazia ed altrove che hanno tentato di anticipare i piani di indipendenza di Tudjman creando la Repubblica serba di Krajna. In altre parole, una Croazia multietnica ed armoniosa non è mai stata invocata da nessuno che avesse un po' d'influenza. Dalla prospettiva di Tudjman e dei suoi oppositori serbi, la sola Croazia indipendente possibile sembrava essere una Croazia con un numero radicalmente ridotto di serbi e con quasi tutti i serbi cacciati via dalle posizioni più influenti.
Convincere i traumatizzati serbi di Krajina a fuggire dalla Croazia nel 1995 non è stato così difficile, ma nonostante questo sono servite una serie di azioni attentamente pianificate, tutte risultate in crimini atroci che il diritto internazionale classifica come crimini di guerra. Ma questo significa che la Croazia è uno Stato nato sui crimini di guerra, come molti croati affermano ritenga la procura dell'Aja? E, nel caso fosse così, si può dire lo stesso per gli altri della regione? Si può inoltre argomentare che molte comunità dei Balcani vivono nella negazione del loro stesso passato? E si può credere al Tribunale dell'Aja quando afferma che le incriminazioni non incrinano la legittimità dell'operazione Tempesta pur proponendosi di dimostrare che alla base di quest'ultima vi siano stato crimini di guerra prima pianificati e poi realizzati?
Si può facilmente dare facile risposta a queste domande, semplicemente perché è del tutto ovvio che molte delle attuali caratteristiche della regione siano state modellate da crimini di guerra e che molti dei protagonisti e degli agitatori degli anni '90 erano effettivamente dei criminali di guerra. Ma è altrettanto ovvio che una risposta così semplicistica non serve a nessuno. Infatti risposte appropriate implicano complessità e probabilmente risulteranno migliori se "cucinate" a freddo da buoni storici.
Questo non significa che il Tribunale dell'Aja non debba preoccuparsi di ragionare su queste questioni. La corte si occupa d responsabilità criminali individuali e non dovrebbe esitare ad individuare questa responsabilità ad ogni livello possibile, noncurante di come questi atti vengano visti in merito alle fondamenta di uno o dell'altro Stato e entità e senza badare se le incriminazioni o i verdetti vadano a ferire le diverse sensibilità patriottiche o addirittura vadano a rafforzare gli estremisti, come argomentato da molti analisti in merito alle proposte di allargamento dell'incriminazione Markac-Cermak.
Ma l'ICTY non avrà l'ultima parola nella ricerca in corso della regione verso un significato da dare al suo recente passato, nonostante le sue sentenze potrebbero avere effetto sul modo di pensare nella regione. La verità è comunque che i politici, gli accademici e la gente comune difficilmente inizieranno a concordare nel futuro prossimo sulle grandi questioni degli anni '90. Questo non dovrebbe però impedirli dal normalizzare profondamente le loro relazioni. Se vi sarà sufficiente volontà, innanzitutto volontà politica, queste questioni possono essere superate senza necessariamente essere risolte. Le comunità dei Balcani dovrebbero guardare a molti altri esempi europei di buoni vicini che hanno imparato a vivere felicemente nonostante i propri punti di vista radicalmente divisi su vicende storiche non troppo distanti nel tempo. In altre parole le comunità dei Balcani dovrebbero essere incoraggiate ad iniziare a vedere i loro disaccordi ed i loro punti di vista differenti come dati di fatto, come fatti della vita sui quali, nonostante siano controversi, non si deve insistere.
I politici hanno a questo proposito responsabilità ben precise. Non dovrebbero politicizzare queste questioni, nonostante questo possa attrarre per i possibili guadagni che se ne ricaverebbero. Se vi sono pochi dubbi sul fatto che le dichiarazioni di Sanader e molti altri politici in merito alla proposta di allargamento dell'incriminazione siano sincere, si è avuta anche l'impressione che questi ultimi abbiano visto le notizie provenienti dall'Aja come una palla perfetta da calciare nella porta avversaria alla vigilia delle elezioni amministrative tenutesi poi la scorsa settimana. Ma questo non sembra aver affatto influenzato il risultato elettorale. Come ci si aspettava, è emerso un generale calo dei voti per l'HDZ di Sanader e qualche guadagno per i partiti di centro-sinistra.
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| Fondati sui crimini di guerra? | La Cassazione ha confermato la condanna a Marcello Dell'Utri |
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>> Questo mese **Peppy Miller** , la mia jack russell, mi ha suggerito di dedicare questo prezioso spazio a raccontarti come proporre al tuo cane un gioco divertentissimo (il suo preferito in assoluto): il **frisbee**!
>>
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>>
>> [Giocare con il cane, i video di Adrian Stoica: giocami addosso](<https://www.focusjunior.it/animali/animali-domestici/i-video-di-adrian-stoica-giocami-addosso/>)
>>
>> [Giocare con il cane, i video di Adrian Stoica: giochi col frisbee - il Backhand (VIDEO)](<https://www.focusjunior.it/animali/animali-domestici/i-video-di-adrian-stoica-giochi-col-frisbee-il-backhand/>)
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>> [Giocare con il cane, i video di Adrian Stoica: Twist e Spin (VIDEO)](<https://www.focusjunior.it/animali/animali-domestici/i-video-di-adrian-stoica-twist-e-spin-video/>)
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>> [Giocare con il cane, i video di Adrian Stoica: Vado, giro e torno (VIDEO)](<https://www.focusjunior.it/animali/adozioni/i-video-di-adrian-stoica-vado-giro-e-torno-video/>)
>>
>> [Giocare con il cane, i video di Adrian Stoica: "saltami in braccio" (VIDEO)](<https://www.focusjunior.it/animali/animali-domestici/i-video-di-adrian-stoica-saltami-in-braccio-video/>)
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[ NF]: Norfolk Island
| Giocare con il cane, i video di Adrian Stoica - il roller | Gli accordicchi sulle autostrade (vuote) |
>>
>> Nella mattina di domenica (quando in Italia era la notte tra sabato e domenica) la Corea del Nord ha lanciato due missili balistici verso il mar del Giappone. Lo ha fatto sapere il Joint Chief of Staff della Corea del Sud, l'organo più importante delle forze armate sudcoreane. Si tratterebbe di missili balistici a medio raggio, secondo quanto riferito dalle autorità della Corea del Sud: sono stati lanciati a circa 50 minuti l'uno dall'altro e hanno viaggiato fino a un'altitudine massima di 550 chilometri prima di finire in mare, a circa 500 chilometri dal punto di lancio.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| La Corea del Nord ha lanciato due missili balistici verso il mar del Giappone | Il Gran Premio di MotoGP di Austria in streaming e in TV |
Nei campi di accoglienza per i migranti di Röszke – in territorio ungherese a poca distanza dal confine con la Serbia – migliaia di persone [attendono da giorni](<https://www.ilpost.it/2015/09/10/ungheria-migranti-barriera-serbia/>) di potere continuare il loro viaggio verso l’Austria, raggiungendo poi la Germania e gli altri paesi del nord Europa dove in molti faranno domanda d’asilo e si ricongiungeranno con amici e parenti che già vivono lì. Il governo dell’Ungheria sta inasprendo le regole per quanto riguarda il transito dei migranti, cosa che porta al rallentamento nella loro gestione e a un maggior numero di respingimenti, spesso verso la Serbia.
Il sovraffollamento in alcuni campi a Röszke sta portando a seri problemi di gestione. Nelle ultime ore è stato molto ripreso dai siti di informazione un video che mostra la polizia ungherese mentre lancia razioni di cibo ai migranti. Alcune centinaia di persone si accalcano verso i poliziotti, alcuni si arrampicano sulle reti utilizzate come divisori dei vari settori del campo, cercando in questo modo di raccogliere al volo un sacchetto. La distribuzione del cibo non è organizzata e, da cosa si vede nel video, solo in pochi riescono a recuperare le razioni. Secondo il direttore dell’associazione Human Rights Watch i migranti nel campo di accoglienza [sono stati trattati](<http://qz.com/500317/video-hungarian-police-treat-refugees-like-animals-caging-them-and-throwing-food/>) come “bestiame”.
Michaela Spritzendorfer, l’autrice del video, [ha raccontato](<http://www.bbc.com/news/world-europe-34216883>) a _BBC:_ «quelle persone sono alle prese con un viaggio terribile da tre mesi: molti di loro hanno attraversato il mare, sono stati in mezzo alle foreste e hanno dovuto superare cose orribili e noi, come Europa, li teniamo in questi campi come animali. È davvero responsabilità dei politici europei aprire i confini ora». La polizia ungherese impedisce ai giornalisti di entrare all’interno dei campi. Per questo molte delle notizie sono di seconda mano o riferite da volontari delle organizzazioni umanitarie che riescono ad accedervi.
In più occasioni il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha detto che l’Ungheria ha il dovere di tutelare il confine dell’Unione europea e che per questo motivo il suo paese deve adottare politiche rigide quando si tratta di accogliere i migranti. Il governo ungherese sta valutando l’introduzione di leggi più dure che puniscano con il carcere e le espulsioni gli ingressi illegali nel paese.
In Ungheria sta proseguendo intanto la costruzione della barriera alta circa 4 metri e con il filo spinato lungo il confine con la Serbia. L’iniziativa era stata annunciata a inizio estate e da allora è stata duramente criticata da diversi leader europei. Il governo della Macedonia [sta valutando la possibilità di creare](<http://america.aljazeera.com/articles/2015/9/11/macedonia-mulls-border-fence-as-central-europe-fms-meet-over-refugees.html>) una propria barriera lungo il confine con la Grecia per arrestare in parte l’afflusso di migranti. Nell’ultima settimana il governo macedone ha comunque calmierato gli ingressi, con la conseguenza di lunghe code di migranti alla frontiera che spesso devono attendere giorni in condizioni precarie prima di avere la possibilità di [entrare in Macedonia dalla Grecia](<https://www.ilpost.it/2015/09/11/video-polizia-macedone-manganelli-migranti/>) e proseguire verso la Serbia. Per ora la barriera macedone è solo una proposta e non è chiaro se sarà realizzata, né con che tempi.
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Alcune migliaia di migranti nelle ultime ore sono comunque riuscite a superare il confine tra Ungheria e Austria: molte lo hanno fatto a piedi, confidando di potere proseguire poi in treno verso la Germania. Ieri la compagnia ferroviaria austriaca ha provvisoriamente sospeso la vendita dei biglietti per alcuni treni da e verso l’Ungheria, a causa del grande affollamento sui convogli. E proprio la riduzione del traffico ferroviario ha portato i migranti a proseguire a piedi: come accaduto in altre circostanze, qualcuno ha iniziato la marcia e in breve altre centinaia di persone si sono accodate, in direzione di Vienna da dove partono i treni per la Germania.
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM), i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo da inizio anno a oggi [sono stati più di 430mila](<https://twitter.com/SkyNewsBreak/status/642334192987176960>), più del doppio rispetto al 2014. La maggior parte dei migranti proviene dalla Siria, ma ci sono persone provenienti da [molti altri paesi](<http://www.theguardian.com/world/2015/sep/10/refugee-crisis-apart-from-syrians-who-else-is-travelling-to-europe>) come Afghanistan, Eritrea, Nigeria, Somalia, Pakistan, Iraq e Sudan. Per arrivare in Europa affrontano viaggi piuttosto tortuosi e pericolosi, rischiando spesso la vita nell’attraversamento sui barconi nel Mediterraneo.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| I migranti nei campi ungheresi | L'uragano Patricia visto dallo spazio |
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>> Ti volevo raccontare una bella cosa che ho scoperto in questi giorni e che magari può esserti utile per scrivere un articolo.
> Su **un grattacielo di Milano** c’è un nido di una famiglia di falchi pellegrini con tre cuccioli (che in realtà si chiamano pulli) nati più o meno 25 giorni fa.
>>
>> La mamma e il papà si chiamano Giò e Giulia.
>>
>> Ci sono **due telecamere sempre accese che permettono alle persone di vederli giorno e notte** : io li ho visti crescere, dormire e in questi giorni **cambiare le piume**.
> Ma la cosa più bella, se per l’ora di cena (forse anche un po’ prima) vai su questo link **https://mediaportal.regione.lombardia.it/portal/watch/live/17**
> potrai vedere che **il loro papà o la loro mamma danno il cibo ai loro cuccioli**. Ormai i pulli ogni tanto sono in volo con i loro genitori.
> Per gli appassionati della natura è molto interessante!
>>
>> **Anna**
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| Junior reporter, la natura in città con i falchi pellegrini di Milano | Liliana Segre boccia il premierato: "Separazione dei poteri e bilanciamenti sono argini per non ricadere nelle autocrazie" - L'intervento integrale |
30 settembre 2017 09:51
Improvvisamente, tutto è un computer. I telefoni, naturalmente, e i televisori. Ma anche tostapane, lucchetti, monitor per controllare i bambini, spremiagrumi, campanelli di casa e griglie a gas. Perfino
rubinetti
,
tubi per annaffiare
e
spinner
. I gadget cosiddetti intelligenti sono ovunque, e contribuiscono a diffondere il vangelo informatico anche negli oggetti di uso quotidiano.
Questo basta per far sembrare nuovi oggetti già noti, almeno per un po’, finché non arrivano i dubbi. Nessuno ha davvero bisogno di lucchetti intelligenti o bombole del gas intelligenti. E sicuramente nessuno ha bisogno di oggetti meno sicuri di quelli precedenti. Eppure le persone continuano a desiderarli. Esistono
miliardi di dispositivi
connessi a internet e il loro mercato
potrebbe raggiungere un valore di 250 miliardi di dollari
entro il 2020.
Perché? Una risposta è che i consumatori comprano quello che trovano in vendita e i produttori sono smaniosi di rendere i loro dispositivi più tecnologici. In questo modo ottengono più profitti, più controllo e possono sfruttare a loro vantaggio l’obsolescenza programmata degli oggetti. Inoltre, attraverso questi dispositivi creano un mercato secondario per la raccolta dei dati. Roomba, per esempio,
spera di ricavare
dal movimento dei suoi aspirapolvere robotizzati delle planimetrie degli appartamenti da rivendere come dati commerciali.
Le imposizioni del mercato, tuttavia, non sono l’unica spiegazione. Il lato informatico degli oggetti è diventato un obiettivo a sé stante, e non più un mezzo per raggiungere un obiettivo. Mano a mano che si trasmette dalle scrivanie alle tasche, alle macchine fotografiche, alle auto e ai lucchetti, il piacere che le persone dimostrano per i computer si trasferisce velocemente ad altri oggetti ordinari. E più usiamo i computer per fare qualunque cosa, più la vita sembra incompleta quando non li usiamo.
Nuovi tostapane promettono di aiutare le persone a tostare in modo più intelligente
Qualche tempo fa
ho scritto un articolo
su un dispositivo chiamato GasWatch, un misuratore di bombole del gas collegato all’app di uno smartphone che aiuta a non rimanere senza gas durante una grigliata all’aperto.
Avevo sempre pensato che dispositivi del genere fossero ridicoli e che chi li aveva progettati non se ne rendeva conto, oppure non se ne preoccupava. Perché usare un computer per misurare i livelli del gas
quando esistono apparecchi
molto più economici?
Ma ora che i dispositivi e i servizi connessi a internet sono sempre più la norma, il senso del ridicolo è ormai superato. Nuovi tostapane promettono di aiutare le persone a “tostare in modo più intelligente”. Lucchetti per bici connessi agli smartphone promettono di “eliminare il fastidio e la frustrazione di perdere le chiavi o dimenticare la combinazione” alla modica cifra di 150 dollari. Poi c’è Nest, il termostato intelligente creato dall’ingegnere che ha progettato l’iPod. L’azienda, comprata da Google, produce anche delle telecamere di sicurezza domestica collegate alla rete che possono trasmettere video al telefono dei proprietari. Marchingegni un tempo di nicchia, come i monitor per controllare i bambini, oggi promuovono l’accesso a internet come un servizio essenziale.
La tendenza si è diffusa rapidamente. Alcuni anni fa un albergo elegante nel quale alloggiavo pubblicizzava il fatto che le sue chiavi elettroniche sarebbero state presto sostituite dagli smartphone. Oggi qualsiasi stanza della catena Hampton Inn può essere aperta con l’app della Hilton. Sono disponibili anche versioni elettroniche delle chiavi di casa.
Una di queste misura
per quanto tempo le porte rimangono chiuse: un dato del quale non avevo mai considerato la utilità.
Come ha ironizzato lo scrittore Nicholas Carr, non sono questi i robot che ci avevano promesso
Questi dispositivi pongono numerosi problemi. Il primo è il costo. Un lucchetto per la bicicletta, proprio come un misuratore di gas a basso costo, è un oggetto di uso comune. Di solito costa tra i dieci e 15 dollari, un decimo del prezzo di un lucchetto tecnologico come quello della Nokē.
Un altro problema è quello della privacy e della sicurezza. È stato detto che
la Cia potesse spiare
, attraverso un accesso riservato, i televisori Samsung. Ci sono stati casi in cui
degli squilibrati hanno parlato
con dei bambini tramite dei monitor di controllo. Un botnet ha fatto sì che
migliaia di dispositivi dell’internet delle cose
poco protetti lanciassero un attacco contro un sistema di nomi di dominio
.
L’affidabilità è un problema anche dei gadget connessi a internet. Quando la rete è inaccessibile, o il servizio dell’app non è raggiungibile, oppure il comportamento di altri software interferisce, i prodotti spesso smettono di funzionare correttamente, o addirittura del tutto.
Prendete i campanelli delle porte. Quelli normali chiudono un circuito che attiva un elettromagnete, il quale muove un pistone che fa suonare un campanello. Un campanello intelligente chiamato Ring invece sostituisce questo bottone con una scatola che contiene un sensore di movimento e una telecamera. Bella idea. Ma secondo alcuni utenti, Ring a volte non è in grado di suonare il campanello, oppure lo fa con un discreto ritardo, o addirittura in assenza di visitatori, come un poltergeist. Questo genere di cose è così comune che esiste un account Twitter,
Internet of shit
, che elenca i difetti dei gadget connessi.
Come ha recentemente ironizzato lo scrittore Nicholas Carr,
non sono questi i robot che ci avevano promesso
. Auto volanti, case robotizzate e viaggi più veloci della luce non esistono ancora. Nel frattempo, i nuovi sogni del futuro prossimo prevedono che esseri umani e macchine possano fondersi, attraverso il biohacking o la coscienza simulata. Anche questo futuro sembra molto lontano, forse impossibile. Questa sua lontananza potrebbe attenuare la paura di un’apocalisse legata all’intelligenza artificiale, ma anche oscurare una certa verità sul ruolo delle macchine nel destino dell’umanità. E cioè che i computer sono già dominanti, che la vita umana si svolge già all’interno dei loro confini e che le persone sono soddisfatte di questa situazione.
***
Il divario tra gli usi ordinari e straordinari dei computer è emerso quasi settant’anni fa, quando Alan Turing elaborò un trucco che contribuì casualmente a creare il campo dell’intelligenza artificiale. Turing immaginò che le macchine sarebbero diventate più efficaci se fossero diventate compagni credibili, il che è essenzialmente quello che fanno gli smartphone (e i tostapane intelligenti) di oggi. Ma gli informatici hanno travisato il suo ragionamento distorcendo l’esperimento di Turing sul pensiero in una sfida che simulasse o sostituisse la mente umana.
Nel suo articolo del 1950 Turing
descriveva il “gioco dell’imitazione”. Due persone, un uomo e una donna, si sistemavano dietro due porte chiuse, mentre un’altra persona all’esterno gli rivolgeva delle domande nel tentativo di capire chi fosse chi. Turing immaginò poi una versione nella quale uno dei giocatori dietro le porte fosse un essere umano e l’altro una macchina, per esempio un computer. Quest’ultimo supera la prova se l’interlocutore umano non riesce a dire chi sia chi. Nella sua versione istituzionalizzata il test di Turing, come è noto, ha finito per concentrarsi su personaggi computerizzati, i precursori delle
chatbot
che troviamo oggi su Twitter e Facebook Messenger. Esiste persino
una gara annuale dedicata a loro
. Alcune persone continuano ancora oggi a considerare questo test un metodo legittimo per individuare un’intelligenza artificiale.
Ma Turing non ha mai affermato che le macchine possano pensare, e tantomeno che possano farlo come la mente umana. Ha semmai ipotizzato che le macchine siano in grado di esibire un comportamento persuasivo. Cioè che le macchine siano capaci
di spacciarsi per qualcosa di diverso
. Con i progressi dell’informatica, “superare” il test di Turing è diventato sinonimo di successo, come in un’esame di abilitazione professionale, invece che di capacità di interpretare un ruolo in modo verosimile.
Scegliamo i computer come intermediari per il piacere di usarli, non solo perché ci aiutano a risolvere dei problemi
Questa errata interpretazione potrebbe aver segnato la fine della visione di Turing sui computer come macchine credibili. Ma Turing ha anche fatto sì che la persuasione diventasse un ingrediente strutturale degli hardware dei computer. Nel 1936 elaborò una macchina concettuale che manipola dei simboli su un nastro in base a una serie finita di regole. La macchina possiede una testina capace di leggere e scrivere simboli su alcune porzioni del nastro. Ogni simbolo corrisponde a un compito, come scrivere o cancellare, che la macchina esegue prima di muoversi su un’altra porzione del nastro.
Questo procedimento, noto come
la macchina di Turing universale
, è diventato un modello di procedura informatica. Dopo una serie di revisioni effettuate da John von Neumann e altre persone, la procedura si è evoluta diventando il computer a programma memorizzato, ovvero una macchina che conserva nella sua memoria non solo i dati ma anche le istruzioni di programmazione.
Nella storia dell’informatica, la macchina di Turing è generalmente considerata un’innovazione autonoma rispetto al test di Turing. Ma le due cose sono collegate. Nella scienza informatica generale è previsto che una macchina sia in grado di simulare una qualsiasi macchina di Turing. Una macchina di Turing, e quindi un computer, è una macchina che finge di essere un’altra macchina.
Pensate ai sistemi informatici che usate ogni giorno. Rappresentano tutti un tentativo di simulare qualcos’altro. Così come le macchine pensanti originali di Turing si sforzavano di farsi passare per un uomo o una donna, un computer cerca di spacciarsi, in un certo senso, per qualcos’altro. Come una calcolatrice, per esempio, oppure un diario di bordo, una macchina da scrivere, un telefono, una macchina fotografica, una vetrina o un bar.
Dopo un certo tempo, le macchine efficacemente simulate prendono il posto delle macchine che hanno originariamente imitato. Il programma di videoscrittura non è più solo la simulazione di una macchina da scrivere o di una segretaria, ma uno strumento a pieno titolo usato per produrre materiali scritti di ogni tipo. Quando prosperano, le macchine simulate diventano semplicemente delle macchine.
Oggi è questa l’attività principale di tutto il mondo dell’informatica. Non esistono molte attività lavorative o ludiche di cui i computer non si occupino. E così facendo il computer si allontana dalle sue origini, quando era un mezzo per ottenere la manipolazione di simboli con finalità produttive e creative, e diventa un’attività a pieno titolo. Oggi le persone non si rivolgono ai computer per svolgere delle attività, ma fanno delle cose che gli permettono di usare i computer.
***
Quando l’uso dei computer non è più collegato alle sue finalità e diventa uno stile di vita, obiettivi e problemi appaiono validi solo quando possono essere trattati e risolti da sistemi informatici. I gadget dell’internet delle cose rappresentano un esempio di questo nuovo ideale. Un altro è il modo in cui, sostanzialmente, le aziende tecnologiche della Silicon valley concepiscono i loro prodotti e servizi.
Prendete per esempio i comportamenti violenti sui social network. Quest’anno Chris Moody, il vicepresidente della strategia dei dati di Twitter,
ha ammesso
: “Sulla nostra piattaforma si sono registrati alcuni abusi”, aggiungendo poi, “ma è una sfida dura, molto dura”. Per vincerla Twitter si è convinta a ricorrere a Watson, un sistema d’intelligenza artificiale di Ibm, affinché rilevasse gli incitamenti all’odio. Anche Google ha intrapreso uno sforzo simile. Uno dei suoi laboratori ha sviluppato
Perspective
, una “api (interfaccia di programmazione di un’applicazione) che usa l’apprendimento automatico per individuare la violenza e le molestie in rete”.
In certi casi, per le aziende tecnologiche azioni simili sono una questione di sostenibilità aziendale, un modo per trovare soluzioni “modulari” per beni e servizi. Quando ho chiesto a Twitter di commentare l’affermazione di Moody, un portavoce mi ha detto che l’azienda usa una combinazione di sistemi umani e informatici quando analizza la sicurezza dei contenuti, ma non mi ha fornito troppi dettagli.
La cosa sembra interessante, ma i risultati sono altalenanti.
Twitter sostiene che la sua lotta agli abusi
è sempre più efficace, ma oggi sembra ancora
continuare a ignorare
anche i casi più clamorosi. E Perspective
può essere ingannato
ricorrendo a semplici errori di battitura e negazioni.
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Anche se queste aziende hanno tutto l’interesse a risolvere subito questi problemi, si ritiene che per rendere gli spazi in rete più sicuri serva una risposta informatica. L’attività di moderazione è notoriamente difficile per gli esseri umani, come ammettono gli stessi moderatori. E il volume dei contenuti è tale che c’è bisogno di sistemi informatici per gestirli.
Ma forse gli abusi di gestione rappresentano una “sfida dura, molto dura” proprio a causa di questo assunto. L’idea stessa di una rete globale di persone in grado d’interagire tra loro in modo anonimo rende vano l’intervento umano. La risposta di Twitter presuppone che la loro piattaforma, che è quasi interamente gestita da applicazioni e server, vada benissimo così com’è, e che serva solo individuare il metodo giusto per gestirla. Se l’automazione informatica è considerata la migliore o unica risposta, allora è ovvio che a essere considerate sostenibili sono solo le soluzioni tecnologiche.
In fin dei conti è per lo stesso motivo che gli utenti di GasWatch non sceglierebbero un misuratore economico e analogico per pianificare le loro grigliate. Perché mai uno dovrebbe scegliere una soluzione non informatica, quando ci sono dei computer a disposizione? Le bombole di gas e i lucchetti delle bici sono casi limite ma i servizi digitali ordinari funzionano allo stesso modo: i servizi che le persone cercano sono quelli che permettono di usare i computer per fare delle cose, come trovare informazioni, chiamare un taxi oppure ordinare del cibo a domicilio. In questo, le motivazioni estetiche contano quanto quelle economiche. Le persone scelgono i computer come intermediari per il piacere sensuale di usarli, non solo perché sono mezzi pratici ed efficienti per risolvere dei problemi.
È così che si può capire la funzione di tutti quei servizi, app e dispositivi dell’internet delle cose apparentemente senza senso o non funzionanti: inseriscono un computer laddove prima mancava. Trasformano esperienze del mondo reale in esperienze informatiche. Oggi le macchine non si spacciano più per esseri umani. Oggi le macchine sperano che gli esseri umani le considerino davvero dei computer. È una specie di test di Turing alla rovescia.
***
Ed è così che viene chiamato questo fenomeno: il “test di Turing alla rovescia”. I
captcha
, quei codici che appaiono nei formulari online e che servono a filtrare i bot automatici, sono dei test di Turing alla rovescia nel quale i computer stabiliscono se un utente è un essere umano. Esistono anche test di Turing alla rovescia nei quali le persone cercano di stabilire quale attore, in un gruppo di computer, è in realtà un essere umano.
Questi strumenti usano il test di Turing come un’esperienza a sé stante, più che come un modo di misurare l’intelligenza. C’è un precedente che risale agli albori dell’informatica. Uno dei più famosi esempi di chatterbot che pratica un gioco dell’imitazione è il programma del 1966 di Joseph Weizenbaum,
ELIZA
. Il programma agisce come un terapeuta rogersiano, ispirato cioè a un genere di psicoterapia nel quale i pazienti ricevono le stesse domande che essi hanno formulato. Si tratta di uno schema facile da imitare, anche a metà degli anni sessanta, ma non si tratta esattamente d’intelligenza, artificiale o meno che sia. Il test di Turing funziona meglio quando tutti sanno che l’interlocutore è un computer ma traggono comunque piacere dal processo.
“Essere un computer” significa qualcosa di diverso oggi rispetto agli anni cinquanta, quando Turing introdusse il gioco d’imitazione. In contraddizione con i prerequisiti tecnici dell’intelligenza artificiale, agire come un computer significa spesso poco più che muovere alcuni bit di dati, oppure agire come un controllore o un esecutore. Griglie come computer, lucchetti per bici come computer, televisioni come computer. Un intermediario, insomma.
Prendete Uber. Il suo successo economico è dovuto al fatto
di ignorare la forza lavoro
e gli obblighi a cui sono normalmente sottoposte le aziende di trasporto. Ma il suo “successo estetico” deriva dalla capacità di permettere alle persone di chiamare un’automobile con uno smartphone. Non dover parlare con nessuno al telefono fa parte del suo fascino. Ma anche il fatto di vedere un’auto che si avvicina su una mappa digitale. Allo stesso modo
gli appassionati di veicoli automatici
sono attratti non solo dal fatto che questi liberano le persone dalle fatiche e dai pericoli della guida, ma anche perché rendono le automobili più simili a un computer.
Oggi l’assorbimento informatico è un ideale cui tendere. Il sogno più elevato è essere sempre online
Oppure ripensiamo ai campanelli delle case. Lasciamo stare Ring: i campanelli hanno già lasciato via libera ai computer. Quando gli amici dei miei figli vengono a farci visita, si limitano a mandare un messaggio in cui chiedono di venire ad aprire la porta. Il campanello è diventato un sistema computerizzato senza nemmeno dover essere collegato a un’app o a internet. Si può parlare di trasformazione se volete, ma non si può dire che campanelli, automobili e taxi scompaiano in questo processo. Semplicemente vengono spostati all’interno dei computer, dove possono attirare nuovi sentimenti positivi.
Uno di questi è il piacere dell’essere connessi. Le persone non vogliono stare offline. Perché dovrebbero volere che il loro tostapane o il loro campanello subiscano la stessa sorte? Oggi l’assorbimento informatico è un ideale cui tendere. Il sogno più elevato è essere costantemente online, o almeno collegati a una qualche forma di macchina informatica.
Non è questo il destino dei computer che alcuni avevano immaginato. Alcuni precoci scenari distopici mettevano in guardia contro la prospettiva che i computer diventassero dei burocrati o dei fascisti, riducendo il comportamento degli esseri umani alle capacità predeterminate di macchine poco complesse. Oppure che un uso ossessivo dei computer avrebbe addormentato gli esseri umani, spingendoli a un sonnolento distacco.
Questi timori continuano in una certa misura a esistere, anche perché si sono parzialmente avverati. Ma hanno anche avuto un esito opposto. È l’essere staccati dai computer che oggi appare come una limitazione, non l’essere attaccati visceralmente a essi. E quindi le azioni intraprese dai computer diventano autoreferenziali: per prolungare questo legame, sempre più cose vengono trasformate in computer.
***
Questa nuova distopia cyberpunk assomiglia più a
La fabbrica delle mogli
che a William Gibson. Tutto continua a essere come prima, ma le persone trattano la realtà come se fosse un computer.
Se viste in questa luce, molte delle questioni della cultura tecnologica contemporanea – l’aggregazione di dati aziendali, la privacy, o quello che in passato ho definito
“iperimpiego”
(il lavoro invisibile che le persone donano gratuitamente a Facebook, Google e altre aziende) – non costituiscono più sfruttamento ma solo una condizione che le persone hanno scelto, volontariamente o meno.
Tra i futurologi, la promessa (o la minaccia) di una rivoluzione informatica è sempre stata condizionata dagli eventuali grandi progressi dell’intelligenza artificiale. Il filosofo Nick Bostrom ha definito “superintelligenza” l’intelligenza artificiale priva di capacità umane. Quando si arriverà a questa superintelligenza, l’umanità sarà a un passo dal liberarsi per sempre dalla schiavitù del lavoro oppure a un passo dalla distruzione tramite apocalisse robotica.
Un’altra prospettiva, sostenuta dal filosofo David Chalmers e dall’informatico Ray Kurzwell, è la “singolarità”, l’idea che, con una sufficiente potenza di calcolo, i computer saranno in grado di simulare il cervello umano. Se così fosse le persone potrebbero caricare le loro coscienze sulle macchine e, in teoria, vivere per sempre, almeno secondo una certa definizione di vita. Kurzwell lavora oggi per Google, dove esiste un settore che si occupa
d’immortalità umana
.
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Alcuni sono invece convinti che la superintelligenza sia una tecnologia del passato, e non del futuro. Nel corso di milioni di anni sarebbe possibile sviluppare una simulazione informatica sufficientemente potente e complessa da comprendere la totalità di quello che oggi i terrestri chiamano l’universo. L’ipotesi di simulazione, questo il nome con cui è nota questa teoria, rientra nella ricca tradizione d’ipotesi secondo le quali la realtà non è altro che un’illusione.
Ma lo status presente e reale delle macchine intelligenti è al contempo banale e più potente di qualsiasi futura apocalissi robotica. Turing è spesso definito il padre dell’intelligenza artificiale, ma si è limitato a dire che le macchine potrebbero diventare abbastanza intelligenti da stimolare un’interazione. La cosa si può a malapena definire intelligenza, sia essa artificiale o reale. Ed è anche molto più facile da ottenere. I computer hanno già convinto le persone a trasferire le proprie vite al loro interno. Le macchine non hanno avuto bisogno di rendere le persone immortali, di promettere di esaudire ogni loro capriccio, o di minacciare di distruggerle arbitrariamente. Hanno solo avuto bisogno di diventare una parte di tutto ciò che fanno gli esseri umani, facendo sì che questi ultimi non siano più in grado, o non vogliano, fare più quelle stesse cose senza i computer.
Questo futuro ha qualcosa di tragico. E non è il fatto che le persone potrebbero non essere preparate a un’apocalissi robotica, o che potrebbero morire invece di caricare i loro dati. La vera minaccia che proviene dai computer non sta nel fatto che potrebbero sostituire e distruggere l’umanità con i loro poteri e la loro intelligenza. È che potrebbero rimanere banali e impotenti come sono oggi, ma essere comunque in grado di prendere il nostro posto.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è stato pubblicato da
The Atlantic
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The Atlantic
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| Viviamo già dentro un computer | Il video dell'aggressione all'aeroporto di Parigi Orly |
Ieri è scaduto il termine fissato dall'ENAC, l'Ente nazionale per l'aviazione civile, entro cui la compagnia aerea Alitalia doveva acquisire definitivamente la compagnia siciliana low cost WindJet che è a rischio fallimento. L'operazione di integrazione tra le due compagnie aeree è iniziata ad aprile, ma si è complicata dopo che l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha posto alcune condizioni ad Alitalia. L'ENAC ha convocato per oggi i dirigenti della WindJet: dovranno garantire, nel periodo che ci sarà tra la stipula dell'accordo e la sua entrata in vigore, un piano operativo sicuro, senza cancellazioni e ritardi dei voli. L'accordo, probabilmente, ci sarà. L'ENAC, mettendo da parte l'ultimatum imposto per ieri, ha concesso ancora qualche giorno di tempo alle due compagnie per definire l'accordo.
Secondo Vito Riggio, il presidente dell'ENAC, WindJet non avrebbe le risorse finanziarie sufficienti per continuare la propria attività e pagare i fornitori. L'ENAC, infatti, ha il compito di sorvegliare che una compagnia aerea venda biglietti senza ritrovarsi in condizioni finanziarie negative, che potrebbero impedire la partenza degli aerei in futuro.
WindJet è stata fondata nel 2003 ed è la quarta compagnia aerea per quota di mercato in Italia. Ha una flotta di dodici aerei e 504 dipendenti. Nel 2011 ha trasportato 2,8 milioni di viaggiatori. Il 13 aprile scorso Alitalia aveva fatto sapere in un [comunicato](<http://corporate.alitalia.it/it/Images/Alitalia%20e%20Wind%20Jet%20firmano%20il%20contratto%20di%20acquisizione%20_tcm6-40110.pdf>) di aver firmato un accordo di acquisizione di WindJet per allargare la propria offerta e per essere più competitiva nel settore dei voli a basso costo, quello dove in Italia operano già compagnie come Ryanair ed EasyJet.
Ieri il Comitato esecutivo di Alitalia ha dato il parere positivo alla conclusione dell'accordo, ma ad una condizione: che WindJet presenti le garanzie che ancora mancano. Si tratta dei debiti della compagnia fatti negli ultimi mesi, con i gestori aereoportuali e con i gestori del traffico aereo. Il presidente di WindJet, Antonino Pulvirenti, contava invece su Alitalia per onorare i debiti contratti.
Rispetto all'accordo di aprile, Alitalia ha cambiato la sua posizione dopo che l'Autorità garante, il mese scorso, ha chiesto di modificare alcune condizioni: Alitalia deve cedere degli "slot", cioè alcune fasce orarie di decollo e di atterraggio nell'aeroporto di Linate, diminuendo i voli sulle tratte Catania-Milano e Palermo-Milano. Ma rinunciando a questi collegamenti, la compagnia del presidente Roberto Colaninno avrebbe delle perdite di circa 2 milioni di euro. E quindi anche Alitalia ha sospeso l'accordo per rivedere le condizioni dell'acquisizione.
I debiti di WindJet, una cifra intorno ai dieci milioni di euro, sono stati generati, oltre che da una generale crisi del settore che ha colpito anche le altre compagnie aeree, dal forte aumento del carburante. Il 26 aprile WindJet ha avviato le procedure della cassa integrazione per tutti i suoi dipendenti (504). L'accordo con Alitalia, che si aggirava su un investimento di circa 2,7 milioni di euro, prevedeva l'assorbimento di 400 persone.
Il 7 giugno l'Autorità garante [ha avviato](<http://www.agcm.it/stampa/news/6058-trasporto-aereo-avviata-istruttoria-sull-acquisizione-di-windjet-da-parte-di-alitalia-cai.html>) un'istruttoria per verificare se l'acquisizione di WindJet da parte di Alitalia rischiasse «di eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza». Inoltre, l'acquisizione avrebbe comportato una sovrapposizione su alcune tratte fra i voli delle compagnie che agevola Alitalia rispetto alla concorrenza, perché aumenterebbe il numero e la frequenza delle tratte: si tratta in particolare dei voli Catania-Bologna, Catania-Milano Linate, Catania-Milano Malpensa, Catania-Pisa, Catania-Roma, Catania-Venezia, Palermo-Milano, Palermo-Roma e Palermo-Torino.
L'Autorità garante ha chiesto quindi ad Alitalia di tagliarne alcune, e non di limitarsi a sommare le sue attuali tratte con quelle di WindJet. Il termine dell'istruttoria era di 45 giorni ed era stato fissato il 19 luglio. Proprio in quella data l'Autorità garante ha deciso di dare il via libera all'acquisizione, a condizione che venissero rispettate le sue indicazioni. Alitalia ha confermato il suo interesse all'acquisizione, ma la questione, oltre alla perdita economica riferita alle tratte che dovrà vendere, riguarda anche il personale di WindJet da assorbire.
Il presidente dell'ENAC Vito Riggio ha stabilito che entro oggi Alitalia deve comunicare la sua decisione definitiva rispetto alle condizioni previste dall'Ente. Nel frattempo Alitalia sta analizzando i documentati presentati da WindJet sulla sua situazione economica, per capire se alcuni dei debiti nei confronti dei fornitori, dei gestori aereoportuali e del traffico aereo sono stati ripagati.
Riggio [ha detto](<http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-08-07/windjet-fondersi-alitalia-enac-112142.shtml?uuid=AbbhdpKG>) che l'eventuale sospensione della licenza a WindJet non è legata a «problemi di sicurezza, ma alla mancanza dei requisiti stabiliti dalla normativa europea, secondo cui la compagnia deve avere risorse finanziarie sufficienti per sostenere l'attività» nei prossimi mesi. Nel caso in cui oggi l'accordo di acquisizione da parte di Alitalia non sarà firmato, l'ENAC ritirerà la licenza e ne rilascerà una provvisoria per consentire a WindJet di smaltire i voli per i quali sono stati già venduti i biglietti.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Alitalia compra WindJet? | Il piano criminale di Jair Bolsonaro |
Non sta facendo il clamore che dovrebbe il fatto che in Italia la giornalista Nancy Porsia, esperta di Libia, sia stata illegalmente intercettata nell'inchiesta di Trapani sulle Ong nel 2017. Partiamo da un punto fermo: Nancy Porsia non è mai stata indagata eppure un giudice, su richiesta della polizia giudiziaria, ha deciso che si potesse scavalcare la legge: nel documento di 22 pagine - datato 27 luglio 2017, firmato Sco, squadra mobile e comando generale della Guardia costiera - ci sono fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti in un’area considerata tra le più pericolose dell’Africa del nord. La notizia è [stata data](<https://www.editorialedomani.it/fatti/inchiesta-contro-ong-intercettati-giornalisti-porsia-scavo-mannocchi-v3quj6pm>) dal quotidiano _Domani_ che racconta come indirettamente, oltre a Porsia, siano stati ascoltati anche il giornalista dell' _Avvenire_ Nello Scavo, conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, il cronista di _Radio Radicale_ Sergio Scandurra mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti, Fausto Biloslavo de _Il Giornale_ e Claudia Di Pasquale di _Report_.
Primo punto fondamentale: in uno Stato di diritto che non venga rispettato il diritto per intercettare giornalisti che parlano con le loro fonti (nel caso di Porsia addirittura vengono intercettate anche telefonate con l'avvocata Ballerini, la stessa che si occupa della vicenda Regeni) significa che il potere giudiziario (su mandato politico, poi ci arriviamo) scavalca le regole per controllare coloro che per mestiere controllano i poteri per una sana democrazia. È un fatto enorme. E non funziona la difesa di Guido Crosetto (il destrorso "potabile" che è il braccio destro di Giorgia Meloni) quando dice che anche i politici vengono intercettati: si intercetta qualcuno dopo averlo iscritto nel registro degli indagati e soprattutto in uno Stato di diritto si proteggono le fonti dei giornalisti, con buona pace di Crosetto e compagnia cantante.
C'è un altro aspetto, tutto politico: in quel 2017 gli agenti di sicurezza presenti a bordo della nave Vos Hestia dell’Ong Save the Children portano foto e prove (che poi si sono rivelate più che fallaci visto che tutto si è concluso in una bolla) prima a Matteo Salvini, prima ancora che alle autorità giudiziarie. È scritto nero su bianco che proprio Salvini su quelle informazioni ci ha costruito tutta la sua campagna elettorale. Un giornalista, Antonio Massari, [racconta](<https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/04/03/il-caso-della-giornalista-nancy-porsia-spiata-dai-pm-di-trapani-riguarda-la-democrazia-cioe-tutti-noi/6154686/>) la vicenda su _Il Fatto Quotidiano_ e costringe Salvini ad ammettere di avere avuto contatti, prima delle forze dell'ordine, proprio con i due vigilantes che puntavano a ottenere in cambio qualche collocazione, magari politica. Salvini, conviene ricordarlo diventerà ministro all'Interno.
Rimaniamo sulla politica: l'ordine di indagare sulle Ong [parte](<https://www.editorialedomani.it/politica/italia/inchiesta-ong-trapani-minniti-migranti-libia-giornalisti-intercettati-ef323den>) dal ministero dell'Interno dell'epoca di cui era responsabile Marco Minniti. Ci si continua a volere dimenticare (perché è fin troppo comodo farlo) che proprio da Minniti parte la campagna di colpevolizzazione delle Ong che verrà poi usata così spregiudicatamente da Salvini e compagnia. Ad indagare sull'immigrazione clandestina viene applicato il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato, il servizio di eccellenza degli investigatori solitamente impegnato in indagini che riguardano le mafie. Anche questa è una precisa scelta politica.
Rimane il sospetto insomma che politica e magistratura si siano terribilmente impegnate per legittimare una tesi precostituita. Di solito (giustamente) ci si indigna tutti di fronte a una situazione del genere e invece questa volta poco quasi niente. Anzi, a pensarci bene la narrazione comunque è passata.
È gravissimo e incredibile eppure accade qui, ora.
Buon martedì.
*[(1)]: Alberto Fenoglio, A caccia di tesori, Piemonte in Bancarella, Torino 1970, pp. 103-6.
*[(2)]: Calendario generale pe’ regii stati, Giuseppe Pomba, Torino 1826, p. 586.
*[(3)]: Vedi qui le ricostruzioni topografiche dei Vigili del Fuoco
*[(4)]: J.-B. B. d’Anville, Notice de l’ancienne Gaule, Desaint & Saillant, Parigi 1760, pp. 537-8.
*[ (5)]: Rama è citata lungo il percorso 29 da Mansio Ebrodunum (Embrun) a Mediolanum (Milano) in Charles Athanase Walckenaer, Géographie ancienne historique et comparée des Gaules cisalpine et transalpine, Vol. 3, P. Dufart, Parigi 1839, pp. 24-5 e lungo il percorso 55 da Brigantio (Briançon) a Vapincum (Gap) a p. 42.
*[(6)]: Matilde Dell’Oro Hermil, Roc Maol e Mompantero, Tabor Edizioni, Susa 2018 (I ed. 1897), p. 60.
*[(7)]: ASTo, Corte, Materie Economiche, Miniere, m. 2, n. 11, s.d. ma circa 1608 trascritto in appendice a Maurizio Gomez Serito, “Pietre e marmi per le architetture piemontesi: cantieri urbani affacciati sul territorio” in Mauro Volpiano (ed.), Il cantiere sabaudo tra capitale, provincia e residenze di corte, Torino 2013, p. 203.
*[(8)]: Calendario generale pe’ regii stati, Giuseppe Pomba, Torino 1826, p. 586.
*[(9)]: Vincenzo Barelli, Cenni di statistica mineralogica degli stati di S.M. il re di Sardegna, Giuseppe Fodratti, Torino 1835, pp. 68-9.
*[(10)]: Hermil 2018, p. 6.
| Lo Stato di diritto (e di rovescio) | Le proteste in Sudafrica contro i pedaggi |
[Due galassie in contrasto- NGC 1316 e NGC 1317. Immagine presa dal telescopio da 2,2 metri dell'MPG/ESO all'Osservatorio di La Silla in Cile. Crediti: ESO](<https://www.media.inaf.it/wp-content/uploads/2014/04/Due-galassie-in-contrasto-NGC-1316-e-NGC-1317-.jpg>)
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>>>> Due galassie in contrasto- NGC 1316 e NGC 1317. Immagine presa dal telescopio da 2,2 metri dell'MPG/ESO all'Osservatorio di La Silla in Cile. Crediti: ESO
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>>>> Questa nuova immagine presa dal **telescopio da 2,2 metri dell 'MPG/ESO all'Osservatorio di La Silla** in Cile mostra due galassie contrastanti: **NGC 1316** e la sua vicina più piccola, **NGC 1317**. Le due sono molto vicine nello spazio, ma provengono da due storie molto diverse. La piccola spirale NGC 1317 ha trascorso una vita senza incidenti, mentre **NGC 1316 ha fagocitato molte altre galassie durante la sua vita violenta** e mostra le cicatrici di queste battaglie.
>>>>
>>>> Molti indizi nella struttura di NGC 1316 rivelano il suo passato turbolento: per esempio alcune insolite bande di polvere nascoste da un inviluppo più grande di stelle e una popolazione di ammassi globulari stranamente piccoli, che potrebbero suggerire che la galassia abbia ingurgitato una galassia a spirale, ricca di polvere, già tre miliardi di anni fa. Queste bande di polvere sono state [riprese in dettaglio](<http://www.spacetelescope.org/images/opo0511a/>) dal telscopio Spaziale Hubble di NASA/ESA.
>>>>
>>>> Intorno alla galassia si vedono anche delle **deboli code mareali** - ciuffi e gusci di stelle che sono state strappate dalle posizioni originali e lanciate nello spazio intergalattico. Queste strutture sono prodotte da effetti gravitazionali complessi sull'orbita delle stelle quando un'altra galassia si avvicina troppo. Tutti questi indizi puntano a un passato violento in cui NGC 1316 si è annessa altre galassie e suggeriscono che il **comportamento distruttivo** stia continuando.
>>>>
>>>> [Questa immagine mostra il cielo intorno alla coppia di galassie NGC 1316 e NGC 1317, a partire da immagini della DSS2 \(Digitized Sky Survey 2\). Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2 ](<https://www.media.inaf.it/wp-content/uploads/2014/04/Panoramica-del-cielo-intorno-alle-galassie-NGC-1316-e-NGC-1317-.jpg>)
>>>>
>>>> Questa immagine mostra il cielo intorno alla coppia di galassie NGC 1316 e NGC 1317, a partire da immagini della DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2
>>>>
>>>> **NGC 1316 si trova a circa 60 milioni di anni luce dalla Terra** , nella costellazione australe della Fornace. Porta anche il nome di [Fornax A,](<http://en.wikipedia.org/wiki/NGC_1316>) dal fatto che è la radio sorgente più brillante nella costellazione - e in effetti la quarta sorgente più brillante di tutto il cielo. Ciò è vero alla frequenza radio di 1400 MHz, mentre ad altre frequenze l'ordine è diverso. Questa emissione radio viene alimentata dalla materia che cade nel buco nero supermassiccio nel cuore della galassia, probabilmente rifornito dall'interazione con altre galassie.
>>>>
>>>> Questa nuova immagine dettagliata dal [telescopio da 2,2 metri dell'MPG/ESO](<http://www.eso.org/public/teles-instr/lasilla/mpg22/>) all'Osservatorio di La Silla in Cile è stata composta combinando molte immagini singole dell'[archivio dell'ESO.](<http://archive.eso.org/>) Lo scopo delle osservazioni originali era di rivelare le strutture più deboli e studiare le perturbazioni di questo interessante sistema. In aggiunta, questa nuova fotografia ci fornisce una finestra sull'Universo lontano, molto al di là delle due galassie brillanti in primo piano. La maggior parte dei punti sfuocati nella foto sono galassie molto distanti - se ne vede una concentrazione particolarmente densa appena a sinistra di NGC 1316.
>>>>
>>>> httpvh://youtu.be/WJ7Ba5njP-M
>>>>
>>>> [Fonte: [Eso](<http://www.eso.org/>)]
*[55 minuti fa]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.28
*[1 h]: Lunedì 19 gennaio 2015 alle ore 10.05
*[33 minuti fa]: 10.50
*[attr]: attribute
*[HTML]: HyperText Markup Language
*[P:]: Phone
| La vita turbolenta di NGC 1316 | Frodi sui fondi del Pnrr, tra gli arrestati l'ex campione di sci altoatesino Alex Mair |
Dopo
Triumphs, Laments and Other Processions,
mostra monografica del 2016, William Kentridge torna negli spazi della galleria Lia Rumma di Milano con
Waiting for the Sybil and Other Stories
. Il sodalizio ventennale tra l’artista e la galleria si rinnova con l’esposizione del progetto commissionato a Kentridge dal Teatro dell’Opera di Roma nel 2019 per affiancare
Work in Progress
, unica produzione teatrale interamente realizzata da Alexander Calder nel 1968 per il teatro romano.
La performance, diretta originariamente da Filippo Crivelli (per l’occasione chiamato nuovamente alla regia), rappresentava una summa del lavoro di Calder, una danza di elementi visivi disegnati dall’artista e messi in scena da Giovanni Caradente su musiche elettroniche di Niccolò Castiglioni, Aldo Clementi e Bruno Maderna, una rapsodia di forme geometriche, attori, segni, simboli e colori.
All’esperimento teatrale di Calder, Kentridge fa seguire il suo
Waiting for the Sybil
, una produzione che nasce dall’osservazione dei movimenti circolari che caratterizzano il moto delle “macchine” dell’artista statunitense. Nell’omonimo video d’animazione e nei disegni presentati da Lia Rumma, Kentridge trasforma il movimento rotatorio delle opere di Calder nel vento a cui la leggendaria Sibilla Cumana affida i propri vaticini, dopo averli scritti su foglie di quercia. La Sibilla, nei tratti d’inchiostro o a carboncino che compongono i frame del video, è raffigurata come una danzatrice africana che si muove sullo sfondo di vecchie pagine di libri e della
Divina Commedia,
sui quali si materializzano le misteriose profezie.
Così la neve al sol si disigilla;
così al vento ne le foglie levi
si perdea la sentenza di Sibilla.
(verso 66, Canto XXXIII del
Paradiso)
Ph Roberto Marossi.
La Sibilla di Dante viene evocata da Kentridge e incarnata nello “spirito del tempo presente” per suggerire come la conoscenza, trasformata oggi in una massa di dati digitali, sia amministrata dalle logiche implacabili di un algoritmo che influenza il destino degli esseri umani. Le paure, le angosce e le speranze che trovano espressione nelle frasi raccolte nel video, sono accompagnate dalla danza della Sibilla sulle note ipnotiche del canto di Nhlanhla Mahlangu e sulle musiche del compositore Kyle Sheperd, dall’incessante susseguirsi di alberi, foglie ed elementi geometrici che richiamano direttamente la grammatica visiva di Calder e contrappongono la forza vitale del libero arbitrio al controllo annichilente esercitato dalla cosiddetta “predictive society” – la società algoritmica – la cui premessa intrinseca è rappresentata dalla cancellazione dell’incertezza e della precarietà che segnano la condizione esistenziale umana.
Nell’opera di Kentridge, al contrario, il concetto di trasformazione, la variabilità sono gli assi di un’estetica che ha trovato nel linguaggio dell’animazione l’espressione di un’idea del segno come traccia impermanente, manifestazione di un divenire incessante e mutevole. La fascinazione per l’indeterminatezza si traduce in una figurazione che potremmo definire
antifragile,
nella quale i temi cari all’artista – l’iconografia della processione, il lavoro, le disuguaglianze sociali, il tempo e la storia, la connessione tra attuale e remoto – si trasformano in epos, in un’opera totale che va osservata nel suo dispiegarsi nel tempo ancor più che nei singoli episodi, per quanto compiuti e del tutto autosufficienti.
Colpisce allora
Untitled (Leaning on air, 2020)
l’enorme disegno situato all’ingresso dello spazio espositivo: si avverte come l’albero non sia solo una metafora che abita il racconto della mostra, quanto una vera e propria morfologia, un’arborescenza che racchiude in sé tutti i singoli momenti creativi della carriera di Kentridge.
L’iconografia dell’albero, che da un lato si riallaccia alle foglie della Sibilla, viene qui rovesciata e,
secondo le parole dell’artista
, diventa metafora di una morte che si sviluppa e cresce rigogliosamente insieme all'uomo, fino a compiersi in pienezza, una “buona morte” che trova il proprio senso all’interno del ciclo della vita. Migliaia di disegni, le sculture e i cut-out, i film e le performance compongono un unico corpo coerente che si sviluppa temporalmente in termini di ampiezza e profondità. Così come le radici dell’albero si spingono in basso nel terreno e creano una relazione simbiotica con il luogo in cui dimorano, traendone informazioni e sostentamento vitale, così il lavoro di Kentridge scende nelle profondità della propria cultura d’origine e nella storia dell’arte, rivitalizzando le matrici su cui si fonda; contemporaneamente, la discesa nella terra è bilanciata da una progressiva espansione nello spazio e verso l’alto, attraverso una produzione di immagini che si può equiparare alla chioma di un albero i cui rami e foglie si protendono verso il mondo e ne diventano un elemento partecipe, ristorativo e pienamente consapevole del proprio ruolo nell’eterno ciclo di fine e rinascita.
La percezione di essere di fronte a un corpo vivo si riflette anche nella sensazione di una sottile costrizione esercitata dallo spazio espositivo sulle opere in mostra: le sale di Lia Rumma sono maestose per dimensioni e ampiezza e rappresentano una collocazione ideale per lavori di grande formato, dalla vocazione spettacolare; allo stesso tempo, la possibilità che gli spazi espositivi (e museali) mettano in atto un profondo rinnovamento che li porti a superare definitivamente la funzione di contenimento e conservazione delle collezioni a favore di una nuova soggettività permeabile, mutevole e relazionale si mostra come un’esigenza sempre più concreta, che si evidenzia di fronte a opere come quelle di Kentridge, che sembrano chiedere una fruizione che si sposti oltre la dimensione della galleria, in un luogo concettualmente aperto, in grado di amplificarne il respiro.
Ph Roberto Marossi.
Visitando il primo piano dell’esposizione, dove si trovano una serie di sculture in bronzo e alluminio allineate come
Lexicon
(2017) e
Paragraph II
(2018), si avverte una specie di rallentamento temporale e i manufatti appaiono come dei prelievi, elementi filmici che rimangono costretti in una fissità che si vorrebbe forzare. L’opera in bronzo collocata presso la parete più ampia, intitolata
Processione di Riparazionisti
(2019), riproduce in scala l’installazione che si trova presso le OGR di Torino e dialoga con i relativi disegni in maniera efficace, mantenendo uno spiccato carattere grafico determinato dalla monocromia e dalla struttura a silhouette, che richiama a tutti gli effetti il fumetto e il teatro delle ombre, altra forma espressiva cara a Kentridge.
I veri protagonisti della mostra risultano essere ancora una volta i disegni, che strutturano l’intero processo creativo. Sebbene la produzione scultorea rappresenti una delle declinazioni formali di un pensiero articolato e mobile, di fronte alla forza dei film e del lavoro grafico sembra scontare un ritardo fisiologico. Il lavoro plastico, anche quando concepito in maniera autonoma, nel tentativo di incorporare quel principio dinamico che connota tutta l’opera di Kentridge si ritrova ad agire su un piano subalterno rispetto alla produzione grafica, come impossibilitato a spiccare quel volo che invece si rinnova nei disegni a carbone e nelle animazioni che ne discendono. Il principio dinamico e la riflessione sul tempo che anima il lavoro di Kentridge, una volta tradotti nel linguaggio plastico, sembrano subire una compressione, mentre l’opera grafico/pittorica e quella filmica, a cui è possibile attribuire un ruolo primario, procedono su un piano sinergico e sono portatrici di uno stesso ritmo visivo.
Ph Roberto Marossi.
Al secondo piano della galleria è allestita una piccola sala cinematografica per la proiezione di
KABOOM!
, film del 2018 tratto dall’opera teatrale
The Head and The Load
(il titolo rimanda a un proverbio ghanese) presentata in anteprima nella Turbine Hall della Tate Modern di Londra. L’opera riporta alla luce un episodio che condensa in sé l’assurdità della vicenda coloniale: durante il primo conflitto mondiale, le vie consuete di collegamento da Città del Capo al lago Tanganika divennero inutilizzabili e così si decise di smembrare una nave e farne trasportare i pezzi sulla testa dei portatori africani. Questa folle processione è stata rievocata da Kentridge portando in scena attori in carne e ossa e sculture, che proiettano enormi ombre su uno sfondo di disegni animati. Una performance su scala monumentale, così come accade nell’opera
Triumph and Laments
, fregio di 550 metri realizzato sulle sponde del Tevere che ripercorre e rivisita la storia di Roma, inaugurato nel 2016 con una performance teatrale composta da un doppio corteo di attori e musicisti.
KABOOM!
è un lavoro incentrato sulla memoria rimossa dei lavoratori africani che prestarono servizio alle truppe francesi, inglesi e tedesche durante la Prima Guerra Mondiale. I facchini e i portatori, a cui non era consentito portare armi per il timore che si ribellassero contro le truppe europee, morirono a centinaia di stenti. Nel video, Kentridge mescola e giustappone materiali differenti che formano una sequenza di azioni ipnotiche e ripetitive che ricordano il loop perturbante delle GIF animate ma anche gli automatismi di chi subisce un trauma violento, una coazione a ripetere che restituisce allo spettatore un’atmosfera di costrizione e di parossismo, recuperando il portato delle poesie sonore del Dada, movimento nato in concomitanza e opposizione alla Grande Guerra, e il lavoro di Kurt Schwitters. Kentridge ritorna ad affrontare le vicende del colonialismo e le conseguenti lacerazioni causate dall’impatto della guerra voluta dall’Europa sul continente africano: un cambio di prospettiva che l’artista sudafricano condensa in un video dal ritmo serrato, dove la logica formale lascia emergere una pulsione irrazionale e primitiva, un non-senso che rievoca le sperimentazioni dadaiste, fautrici di una proposta estetica radicale in grado di evidenziare l’insensatezza della guerra e della società borghese che ne è l’incubatrice.
Politico e poetico, con
Waiting for the Sybil and Other Stories
l’artista sudafricano aggiunge un ulteriore tassello all’ininterrotta riflessione sulle contraddizioni che caratterizzano il presente globale. Attingendo al repertorio storico-mitologico e costruendo un lessico figurativo al contempo personale e popolare, Kentridge si conferma artista capace di oltrepassare il perimetro dell’arte contemporanea per attestarsi come una delle figure più importanti della cultura visiva contemporanea. Si potrebbe definire già un classico, se non si rischiasse di fargli torto tradendo la sua fede nell’impermanente.
La mostra di William Kentridge, in corso presso la Galleria Lia Rumma di Milano, resterà aperta fino al 17 ottobre. Tutte le fotografie sono di Roberto Marossi.
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| Lia Rumma | Cosa fare con i Picasso di Oslo |
**Le hanno chiamate["vessazioni"](<http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-07-09/cantieri-chiusi-vessazioni-063844.shtml?uuid=Abv8zYCI>), e le hanno contate: sono (almeno) 100. **Ed e per protestare contro il proliferare di troppe leggi e contro i costi della burocrazia che lunedi **i "caschi gialli"** -una sessantina di sigle del comparto costruzioni, non solo gli operai dell'industria edile- sono scesi in piazza per la seconda "giornata della collera", scegliendo la _location_ di **Piazza Affari** , a **Milano** , per lanciare il proprio grido di dolore, e al contempo un monito al governo: ci vuole un po' di deregulation, serve "semplificazione" per ripartire (sottinteso: se ripartiamo noi, riparte il Paese).
Al di la dei numeri in picchiata dell'intero comparto -dove sarebbero andati persi **446mila posti di lavoro** , mentre il numero dei permessi a costruire nuove abitazioni negli ultimi sette anni e crollato del 70%-, colpisce la determinazione con cui s'individua "il problema" nel protagonismo del legislatore, a livello nazionale e locale.
C'e chi come **Carlo De Albertis** , presidente dei costruttori delle province di Milano, Lodi e Monza, lamenta (lo riporta _Il Sole 24 ore_ ) le 80 leggi e regolamenti regionali in materia urbanistica approvati in Lombardia in cinque anni, che avrebbero causato ritardi eccessivi nell'apertura dei cantieri, e creato "grande confusione sotto il cielo".
Se dalla Lombardia allarghiamo lo sguardo al Paese, e alle scelte del governo nazionale, troviamo si un sacco di interventi che riguardano il settore, ma sono tutte norme che -a nostro avviso- vanno "a sostegno" del settore edilizia-infrastrutture. Qui non c'e spazio di descriverle, ma solo di elencarle: **si va dal project bond, obbligazioni di progetto per favorire chi realizza grandi e medie infrastrutture, alla previsione di "sconti fiscali", dai finanziamenti a fondo perduto previsti del "Decreto del fare" alla "liberazione dei capitali" del Fondo iniziative per l'abitare di Cassa depositi e prestiti, dal "Piano citta" per finire con il (legittimo) decreto per sbloccare i crediti delle pubbliche amministrazioni.**
Appare chiaro, pero, che l'intero comparto dovrebbe fare **autocritica** : perche la "straordinaria" capacita di crescita del comparto costruzioni si e insinuata, nel corso degli anni, grazie ad un altrettanto "straordinaria" ed eccessiva ripartizione delle competenze in materia urbanistica ed edilizia tra Stato ed enti locali, che e la causa dell'eccesso di regole. Regole che paiono pero fatte apposta per non pianificare, per creare confusione e rendere impossibile "definire" una programmazione nello sviluppo e nella gestione del territorio.
Oggi, appare evidente -a tutti, compresi i protagonisti del settore- come questo "eccesso normativo", senz'altro favorito da una azione di _lobby_ a piu livelli (da quello municipale agli esecutivi di turno) si traduca (anche) in un limite per il settore. Per anni, pero, questa e stata "la ragione del nostro successo".
Come cio sia avvenuto lo spiega in modo inappuntabile il **professor Salvatore Settis** , in un saggio contento nel libro [**" Costituzione incompiuta"**](<http://www.einaudi.it/libri/libro/alice-leone-paolo-maddalena-tomaso-montanari-salvatore-/costituzione-incompiuta/978880621381>), curato da Tomaso Montanari per Einaudi: tutto questo e frutto della scelta, che si e rivelata infausta, di suddividere le competenze su ambiente, territorio e paesaggio/beni culturali tra Comuni, Regioni e Stato nazionale. Ecco che cosa ha "definito" il contesto che oggi ci troviamo a vivere.
L'urbanista **Vezio De Lucia** , nel libro **["Nella citta dolente"](<http://rx.castelvecchieditore.com/?q=Nella%20citt%C3%A0%20dolente>) **(Castelvecchi), spiega l'evoluzione nell'Italia del boom economico, dedicando il suo libro alla fragorosa bocciatura della "legge Sullo": **Fiorentino Sullo** era un ministro democristiano, che nel 1963 aveva cercato di frenare il sacco delle citta italiane con una riforma urbanistica che avrebbe salvaguardato l'interesse pubblico su quello privato. Lo aveva fatto valutando nel decennio 1951-1961 "la popolazione dei capoluoghi si [era] accresciuta di circa tre milioni di abitanti, passando dai 13 milioni e 378.000 del 1951 ai 16 milioni e 73.000 del 1961". Fiorentino Sullo venne allontanato dal governo, sconfessato dai suoi compagni di partito. Ed il risultato e, e continua ad essere, sotto gli occhi di tutti.
Invece della "collera", prevalga il **" buon senso"**. Quello mostrato, ad esempio, dalla **Fillea** : negli ultimi giorni il sindacato degli edili della Cgil ha firmato un documento congiunto con il **Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio** , che spiega:
"A partire da 'adesso' riteniamo che gli Enti Locali, in coerenza con l'obiettivo di ridurre il consumo di suolo, debbano rivalutare le scelte operate che comportano l'utilizzo del suolo non impermeabilizzato.
Convinti di essere all'interno dei solchi degli **articoli 9, 41, 44 e 137 della Costituzione** , ci sembra che le proposte di cui sopra possano essere assunte 'velocemente e adesso' da tutti gli Enti Locali che hanno formale competenza sul 'GOVERNO DEL TERRITORIO E DELLE AREE URBANE'.
**Il pubblico pu o decidere sul pubblico, e puo decidere se una superficie deve essere impermeabilizzata e no. **Sulla terra e sul suolo, a differenza dell'acqua e dell'aria, da secoli gli esseri umani vantano diritti di proprieta e di uso. Ma su di essi e la Costituzione, nei modi previsti, che esercita un diritto pubblico primario".
| Edilizia: sulla collera prevalga il buon senso. Le regole servono | Meteo: le previsioni per venerdì 3 luglio |
Tutte le prime pagine dei giornali sono dedicate alla [scissione del centrodestra](<https://www.ilpost.it/2013/11/16/forza-italia-nuovo-centrodestra-silvio-berlusconi/>): ieri Silvio Berlusconi ha annunciato che il Popolo della Libertà cambierà nome e ritornerà a chiamarsi Forza Italia, mentre Alfano non ha partecipato al consiglio nazionale e ha annunciato la nascita di un nuovo partito, "Nuovo Centrodestra". _Repubblica_ e la _Stampa_ mettono in prima pagina anche [la storia di Batkid](<https://www.ilpost.it/2013/11/16/batkid-san-francisco/>), una giornata da "aiutante di Batman" organizzata da una fondazione di San Francisco - con la collaborazione di migliaia di persone - per un bambino malato di leucemia.
[ ](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/repubblica-634/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/repubblica-634/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/lastampa-33/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/sole24ore-128/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/giornale-492/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/libero-721/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/avvenire-396/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/osservatore_romano-408/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/messaggero-562/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/unita-605/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/manifesto-487/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/messaggero-veneto-86/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/lacitta-19/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/giornale_sicilia-9/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/tempo-215/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/gazzetta_mezzogiorno-2/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/tirreno-37/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/gazzettino-427/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/la_sicilia-108/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/nuova-sardegna-5/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/tuttosport-776/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/gazzetta-sport-2/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/corriere-sport-11/>) [](<https://www.ilpost.it/2013/11/17/le-prime-pagine-oggi-3/romanista-95/>)
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Le prime pagine di domenica 17 novembre 2013 | Israele, la contestazione a Molinari e il mondo sottosopra: qui il dissenso lo chiamano violenza |
[ ](<https://www.ilpost.it/2013/02/09/sabato-9-febbraio/nitro-circus-live-wellington/> "vai alla fotogallery") [](<https://www.ilpost.it/2013/02/09/sabato-9-febbraio/nitro-circus-live-wellington/>) Wellington, Nuova Zelanda [](<https://www.ilpost.it/2013/02/09/sabato-9-febbraio/aptopix-brazil-carnival-2/>) San Paolo, Brasile [](<https://www.ilpost.it/2013/02/09/sabato-9-febbraio/torino-pd-iniziativa-renaissance-for-europe/>) Torino, Italia [](<https://www.ilpost.it/2013/02/09/sabato-9-febbraio/yatta-cisgiordania-2/>) Yatta, Cisgiordania
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| Sabato 9 febbraio | Le frontiere d’Europa si stanno trasformando in una fortezza high-tech |
[ Royan, Francia ](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/royan-francia/> "vai alla fotogallery") [Royan, Francia](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/royan-francia/>) Royan, Francia [L'Avana, Cuba](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/aptopix-cuba-daily-life-7/>) L'Avana, Cuba [San Paolo, Brasile](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/san-paolo-brasile-22/>) San Paolo, Brasile [Pechino, Cina](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/pechino-cina-179/>) Pechino, Cina [New Delhi, India](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/new-delhi-india-104/>) New Delhi, India [Mariupol', Ucraina](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/mariupol-ucraina/>) Mariupol', Ucraina [Rafah, Striscia di Gaza](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/rafah-striscia-di-gaza-4/>) Rafah, Striscia di Gaza [Yangyang, Corea del Sud](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/yangyang-corea-del-sud/>) Yangyang, Corea del Sud [Kilis, Turchia](<https://www.ilpost.it/2018/02/01/giovedi-1-febbraio-foto/kilis-turchia/>) Kilis, Turchia
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| Le migliori foto di ieri | È tornata la pioggia, ma non è detto che risolverà la siccità |
>
> Gli ultimi risultati sulla ricerca del bosone di Higgs sono stati esposti oggi al CERN di Ginevra dai responsabili degli esperimenti ATLAS e CMS: il bosone di Higgs è la particella del cosiddetto "modello standard" la cui esistenza deve essere ancora dimostrata. Entrambi gli esperimenti hanno [osservato l'esistenza di una nuova particella](<http://press.web.cern.ch/press/PressReleases/Releases2012/PR17.12E.html>) tra i 125 e 126 GeV (gigaelettronvolt, l'unità di misura dell'energia per misurare la massa delle particelle elementari). I nuovi risultati restringono di molto l'intervallo che era stato segnalato lo scorso dicembre, quando i ricercatori [avevano comunicato](<https://www.ilpost.it/2011/12/13/quindi-il-bosone-di-higgs-esiste/>) di aver ridotto il campo per il bosone di Higgs tra 116 e 130 GeV. In pratica, la scoperta di un nuovo bosone è quasi del tutto certa, ma serviranno nuovi studi e approfondimenti per capire se si tratti effettivamente del bosone di Higgs. Il direttore del CERN, Rolf Heuer, di solito molto prudente, è stato chiaro: "Penso sia stato trovato". Per molti, è una conferma più che sufficiente della scoperta.
>
> Per descrivere l'esistenza e il comportamento delle particelle, nel corso degli anni i fisici hanno elaborato il "modello standard". Questo comprende tre delle quattro forze fondamentali note (interazione forte, elettromagnetica e debole) e le particelle elementari relative. Il modello non dà però la risposta, al momento, a una domanda fondamentale: perché buona parte delle particelle elementari sono dotate di una massa? Se non ce l'avessero, tutte le cose che ci circondano sarebbero estremamente diverse da come le conosciamo.
>
> Se, per esempio, gli elettroni fossero privi di massa, gli atomi non esisterebbero per come sono ora noti. La materia non avrebbe le attuali forme e non ci sarebbero le scienze che studiamo oggi, gli animali, gli esseri umani e tutto il resto. Non ci sarebbero probabilmente nemmeno le stelle per come le conosciamo: brillano grazie alle interazioni tra le forze fondamentali della natura, che sarebbero molto molto diverse se le particelle non avessero massa.
>
> [](<https://www.ilpost.it/2012/07/04/trovato-bosone-higgs-cern/higgs/>)
>
> Peter Higgs (Getty)
>
> Il problema è che il concetto di massa non si adatta molto al modello standard, le cui equazioni di base sembrano richiedere che tutte le particelle ne siano prive. Nei primi anni Sessanta, Peter Higgs e altri fisici proposero un sistema per integrare le equazioni del modello standard, rendendole compatibili con il fatto che le particelle elementari hanno una massa. Questa integrazione viene chiamata "meccanismo di Higgs" e ha consentito ai ricercatori di approfondire le loro conoscenze sulla materia, formulando diverse previsioni anche sulla massa della particella più pesante fino a ora conosciuta, il top quark. Empiricamente, grazie a una serie di esperimenti, i fisici hanno poi trovato questa particella proprio nella posizione che era stata prevista teoricamente con il meccanismo di Higgs.
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> Higgs ipotizzò la presenza di una particella mai osservata prima per far funzionare il meccanismo che porta il suo nome. Questa particella ipotetica, che forse ora è sotto il naso dei fisici alla ricerca delle ultime conferme, è il bosone di Higgs e si ipotizza che conferisca la massa alle altre particelle interagendo con loro. Il bosone di Higgs non è però mai stato osservato con certezza in via sperimentale e lo stesso meccanismo di Higss non permette di sapere quale massa debba avere, offrendo solamente alcune ipotesi. Per rilevarlo, i fisici devono quindi cercare le tracce che lascia e da quelle risalire alla caratteristica della sua massa. La ricerca avviene principalmente utilizzando il Large Hadron Collider (LHC), un enorme acceleratore di particelle gestito dal CERN di Ginevra.
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> Come era già avvenuto a dicembre con il precedente aggiornamento, anche durante il seminario di oggi i ricercatori non hanno affermato di aver trovato il bosone di Higgs, ma le scoperte illustrate sono ugualmente molto importanti perché indicano che ormai manca pochissimo per avere le ultime conferme. Joe Incandela, il portavoce dell'esperimento CMS, ha spiegato che i risultati sono ancora preliminari, ma che il suo team ha comunque scoperto una nuova particella, che con ogni probabilità è il bosone più pesante mai rilevato e che si trova nel "posto" in cui si ipotizza possa esserci il bosone di Higgs. Fabiola Gianotti, la responsabile dell'esperimento concorrente ATLAS, ha confermato la scoperta di una nuova particella, ricordando comunque che servirà ancora un po' di tempo per mettere insieme tutti i risultati e pubblicare una ricerca scientifica sull'importante novità.
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> I due esperimenti continueranno a raccogliere dati grazie a LHC nel corso delle prossime settimane. Sulla base dei nuovi dati sarà approfondito lo studio della nuova particella per capire se si tratti o meno del bosone di Higgs. Le cautele ci sono ancora, da parte dei responsabili di ATLAS e CMS, ma a giudicare dalla qualità dei risultati la scoperta della particella sembra essere infine avvenuta dopo decenni di ricerche.
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
*[) ]: Rigore
*[Rig), 63′ ]: Rigore
*[ NF]: Norfolk Island
*[22 minuti, 47 secondi fa]: 2016-07-30T20:21:38+00:00
| Il bosone di Higgs, forse | Sotto il segno di Hiroshima |
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>> **L 'estate e in piena attivita**: quale migliore occasione per divertirsi e scattare un po' di fotografie con lo smartphone? Magari approfittando del prossimo rientro a scuola! Ecco allora, per voi focusini, una maxi guida in 3 puntate dove vi diremo tutto quello che c'e da sapere per:
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>> **1 - fare foto super-belle
> 2 - correggere gli errori piu comuni
> 3 - migliorare la tecnica e la comprensione del funzionamento dello smartphone**
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>> Ci sara (poca) teoria, un sacco di foto esempio, molti aspetti pratici e ovviamente… molti di trucchi! **I consigli che ti diamo in questa guida su come fotografare con lo smartphone, valgono anche per le foto fatte con la macchina fotografica e con il tablet. ** Allora cosa aspetti? Iniziamo subito!
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>> Cosa succede quando si scatta una foto?
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>> **Lo smartphone e un apparecchio fotografico digitale** a tutti gli effetti e tale va considerato. Ma cosa succede quando scatta una foto? La **LENTE** dello smartphone cattura un **SOGGETTO** e il **MICROPROCESSORE** trasforma le informazioni trasmesse dalla lente ( **e dal sensore di immagine** ) in dati digitali, cioe in **FILE** immagine ( spesso in formato .JPG).
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>> Cosi come gli apparecchi fotografici "tradizionali" non tutti gli smartphone hanno la stessa qualita. Infatti, questa dipende principalmente da 2 fattori:
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>> 1 - **la qualit a dell'ottica, ossia dell'obiettivo**: quanto e valida e buona la lente che cattura il soggetto
> 2 - **la risoluzione grafica** : quanti dettagli del soggetto vengono catturati dal sensore di immagine
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>> Per fare belle fotografie ho bisogno di uno smartphone potente e costoso?
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>> **U** **na bella foto e fatta all'85% dalla bravura del fotografo** e per il 15% dalla qualita dello smartphone. Puoi avere l'apparecchio piu sofisticato e costoso al mondo e fare foto orrende! Meglio dunque sfruttare il tuo talento … e seguire **la nostra guida a come fotografare con lo smartphone.**
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>> | Cinque trucchi facili per iniziare
> a tua carriera di fotografo 🙂
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>> **1 - La modalita automatica**
> Per scattare una foto e necessario **regolare vari ** **parametri dello smartphone** , ** ** che andranno a influenzare il risultato. I parametri fondamentali **sono regolati al meglio dal telefono** messo nella modalita detta **AUTOMATICA**. In questa condizione (che e quella normale, di solito **indicata dalla lettera A** in un angolino dello schermo del telefono), e l'apparecchio stesso che valuta da solo come impostarsi in maniera ottimale.
> Se non hai molta esperienza di fotografia ti consiglio di **lasciare tutto in AUTOMATICO** , non bisogna assolutamente vergognarsi: ormai la modalita automatica dei telefonini e molto intelligente e riesce a capire bene la maggior parte delle situazioni che dovrai affrontare (poca luce, buio, interno, controluce, ecc..).
> Quando prenderai piu fiducia sara allora possibile passare in modalita **MANUALE** e immettere i parametri a tuo giudizio e gusto.
>>
>> **2 - Puliamo la lente **
> Di solito ficchiamo lo smart ovunque : in tasca, sul tavolo da pranzo **vicino al prosciutto** , sul letto, per non parlare delle dita paffutelle-unte del nostro fratellino , che toccano tutto. In queste condizioni la lente dello smart ne… **vede di tutti i colori e si sporca**. È importante non toccare la lente con le dita ma pulirla usando un panno morbido (tipo quelli degli occhiali) se non vuoi rischiare di avere - per sempre - foto sfuocate e poco nitide.
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>> **3 - Aumenta la risoluzione **
> Molti smartphone possono scattare foto a diversa **risoluzione**. La risoluzione indica **il numero di punti orizzontali e verticali** che compongono la foto. **Questi punti sono chiamati pixel** .
> La regola base e: **pi u e alta la risoluzione, piu definita sara la foto,** perche conterra maggiori informazioni con i dettagli dell'immagine (sono i pixel). **Lo svantaggio delle foto ad alta risoluzione** e che occupano piu spazio nella memoria del telefonino e sono piu complesse da condividere o **manipolare con il fotoritocco** (ossia con i software di elaborazione grafica).
> Se vuoi **foto pi u dettagliate e piu belle** vai nel menu di regolazione della fotocamera del tuo smart e **seleziona la modalit a grafica con la piu elevata qualita indicata ** (per es: 2.048 x 1.536 pixel e un valore migliore di 1.600 x 1.200 pixel).
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>> **4 - Esci di casa**
> Spesso, per fare belle foto… basta uscire ! Esci di casa, vai al parco, in spiaggia: in questi luoghi le luci sono migliori e, spesso, particolarmente interessanti. **La luce naturale del giorno e la tua amica per scattare** belle foto senza difficolta e senza troppi rischi di "sbagliare". Nella prossima puntata vedremo anche come gestire e posizionarsi rispetto al Sole.
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>> **5 - Educazione **
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>> È vero che, per strada, nessuna legge ti proibisce di fotografare quello che vuoi (tranne, per la verita, le caserme, gli edifici militari, le auto della polizia e all'interno delle stazioni). Tuttavia con le persone e diverso : se vuoi fotografare una persona (a maggior ragione se non la conosci), **chiedile prima il permesso**. Non sia mai che capiti con un adulto incavolato e brontolone! Insomma, non fare il paparazzo 🙂 Prima di fare le foto chiedi sempre: magari, le persone ti faranno anche un bel sorriso!
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>> Leggi a questo link la [seconda puntata della superguida alle foto con lo smartphone](<http://www.focusjunior.it/tecnologia/super-guida-come-fotografare-con-lo-smartphone-parte-2-3>)
*[MASAF]: Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste
*[ICQRF]: Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari
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| Super guida | Come fare bellissime foto con lo smartphone (parte 1) | Presentazione di Guerra o Pace – I Destini del Mondo (Roma,14 Dicembre) |
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> **Aggiornamento** : nel pomeriggio del 6 febbraio Kemmerich [ha detto](<https://www.ilpost.it/2020/02/06/thomas-kemmerich-dimissioni/>) che si dimetterà, così da rendere possibili nuove elezioni.
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> Mercoledì in Turingia, stato della Germania centro-orientale, Thomas Kemmerich, politico del Partito Liberale Democratico (Fdp), [è stato eletto](<https://www.dw.com/en/far-right-afd-kingmakers-in-german-state-election/a-52268385>) nuovo governatore della regione dal parlamento locale. Durante il terzo turno di voto, in cui bastava la maggioranza semplice per essere eletti, Kemmerich ha preso 45 voti, mentre il candidato del partito di sinistra Die Linke, Bodo Ramelow, la cui rielezione sembrava scontata, si è fermato a 44. Per Kemmerich hanno votato il suo partito e alcuni deputati dei Cristiano-democratici (Cdu), il partito della cancelliera Angela Merkel, ma il voto decisivo è arrivato dai deputati del partito di estrema destra Afd, che fino alla votazione precedente aveva sostenuto un candidato indipendente. È stata la prima volta che un politico sostenuto da un partito di estrema destra viene nominato governatore in Germania.
>
> L'elezione di Kemmerich con i voti dell'estrema destra è stata molto criticata dalla Linke, che ha accusato il Fdp di «preferire governare con i fascisti che non governare affatto». Molte critiche sono arrivate anche dai vertici della Cdu, sia dalla presidente del partito Annegret Kramp-Karrenbauer, che dal segretario Paul Ziemiak, con quest'ultimo che ha detto che «le elezioni di oggi, con i voti di AfD, non sono una base per un governo stabile», aggiungendo che «cooperare con l'AfD sarebbe un tradimento dei nostri valori cristiano-democratici», e chiedendo che nella regione si tengano nuove elezioni.
>
> Nelle [elezioni regionali in Turingia](<https://wahlen.thueringen.de/datenbank/wahl1/wahl.asp?wahlart=LW&wJahr=2019&zeigeErg=Land>) dello scorso ottobre, il partito che aveva ottenuto più voti [era stato](<https://www.dw.com/en/germanys-left-party-tops-thuringia-election-far-right-afd-surges-to-second/a-51010071>) Die Linke, di sinistra, con il 32,2 per cento, mentre il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (Afd) aveva ottenuto il 22 per cento delle preferenze, superando l’Unione cristiano-democratica (Cdu) della cancelliera Angela Merkel, ferma al 21 per cento. I socialdemocratici dell’Spd invece, erano passati dal 12,4 per cento di cinque anni fa all’8 per cento, mentre i Verdi erano scesi dal 6 al 5 per cento. Die Linke, Spd e Verdi non hanno ottenuto però i numeri per formare nuovamente un governo di coalizione, e avrebbero bisogno del sostegno della Cdu, che finora si era sempre rifiutata di appoggiare Die Linke.
>
> Nelle elezioni del 2014 la Cdu era stato il partito più votato (con il 33,5 per cento delle preferenze), ma a governare da lì in poi era stata una coalizione formata da Die Linke, Spd e Verdi, che elessero Bodo Ramelow governatore. L’Afd, invece, aveva ottenuto solo il 10,6 per cento dei voti in quell’occasione. Il candidato dell’Afd, Bjoern Hoecke, è un personaggio molto controverso per le sue posizioni sull’Olocausto (due anni fa definì il Memoriale dell’Olocausto di Berlino un «monumento della vergogna»), e ha commentato la vittoria così: «Il sole sta sorgendo sopra l’Est, e presto lo faremo risplendere anche su tutta la Germania».
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| Per la prima volta in Germania un governatore è stato eletto grazie ai voti dell'estrema destra | Vette conquistate, maestri mancati e colpi di grazia |
Un anno di pandemia ha interpellato in profondità le nostre Chiese locali, su più fronti. Dopo un primo periodo di disorientamento, proprio nella Quaresima e per la Pasqua del 2020, le nostre comunità si sono tirate su le maniche e si sono rimesse al lavoro, con modalità nuove e con il desiderio - quello di sempre - di stare accanto alle persone, per condividere i problemi e trovare soluzioni dentro le comunità locali.
La vicinanza spirituale, anche quando le celebrazioni liturgiche erano impossibili; la preghiera a distanza e attraverso i media; i tanti aiuti materiali messi in campo dalle Caritas locali e nazionale, specie nei momenti in cui tardavano i ristori e i bonus dello Stato. E ancora, catechesi e incontri resi possibili dalle tecnologie, seppur nella distanza fisica; il ritorno degli spazi estivi per i più piccoli anche se con una doppia formazione di educatori e animatori, con la necessità di una preparazione anche sui protocolli anti-contagio; il sacrificio - ancora in atto - di non poter riprendere tutta una serie di attività aggregative in presenza di gruppi, movimenti e associazioni, pronti però per ripartire subito quando questo sarà di nuovo possibile.
Incessante la preghiera, soprattutto nell’invocare la fine della pandemia. Come quella realizzata dalle otto Chiese diocesane umbre unite insieme idealmente dal filo della “24 ore per il Signore”. Nelle cattedrali e nelle chiese dell’Umbria, l’iniziativa voluta da Papa Francesco è stata l’occasione per trovarsi uniti tutti nell’invocare l’intervento di Dio per la liberazione dal virus.
“Siamo grati alla ricerca degli scienziati e alla medicina – diceva l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente dei vescovi umbri, mons. Renato Boccardo -, ma vogliamo allo stesso tempo non dimenticare che c’è un padre, Dio, che si prende cura dei suoi figli”.
Non solo preghiera. Incessante infatti anche l’impegno della Chiesa sul fronte della carità e della prossimità. Già nell’autunno scorso si erano aperti gli spazi di parrocchie, oratori e complessi ecclesiali per ospitare classi scolastiche in difficoltà con aule e distanziamento. Un impegno che, come ricordava il presidente della Cei, il cardinale Bassetti, ha aperto per la Chiesa italiana “un tempo nuovo di responsabilità che non è ancora terminato”.
A tutto questo infatti si aggiunge la disponibilità alla collaborazione per la campagna vaccinale nazionale anti-Covid, come ipotizzato dal nuovo commissario straordinario, il generale Figliuolo. Una conferma di quanto “la Chiesa che è in Italia – ribadiva il presidente dei vescovi italiani – saprà dare un ulteriore segno concreto di prossimità attraverso la possibilità tangibile di fornire un nuovo contributo di carità”.
Non una novità quindi ma un ulteriore passo nel segno della continuità visto che sono sempre di più le diocesi che hanno consentito e consentono l’utilizzo delle proprie strutture per medici, infermieri, protezione civile, persone in quarantena, malati, poveri e quanti soffrono a causa della pandemia.
Ecco, tutto questo abbiamo provato a raccontare quest’anno, attraverso strumenti di comunicazione vecchi e nuovi.
> Abbiamo raccontato la missione della Chiesa:
accompagnare e stare accanto alle persone, accogliere, ascoltare e dare speranza. Una missione che esercita da sempre divenuta però più forte in questa crisi straordinaria.
*Direttore de “La Voce”
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| La Voce: "Abbiamo raccontato la missione della Chiesa, senza perdere la speranza" | Calcio e Kultur: note sul concetto di forma a partire dal tempo europeo |